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Dettaglio seduta n.239 del 29/06/93 - Legislatura n. V - Sedute dal 6 maggio 1990 al 22 aprile 1995

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Argomento:


PRESIDENZA DEL PRESIDENTE SPAGNUOLO


Argomento: Pianificazione territoriale - Urbanistica: argomenti non sopra specificati

Interpellanza n. 1551 dei Consiglieri Chiezzi e Maggiorotti inerente l'inchiesta della Procura della Repubblica su illeciti edilizi effettuati ad Arona


PRESIDENTE

La seduta è aperta.
In merito al punto 2) all'o.d.g: "Interrogazioni ed interpellanze" considerata la presenza del Consigliere Chiezzi e dell'Assessore Cavallera esaminiano l'interpellanza n. 1551.
Risponde l'Assessore Cavallera.
CAVALLERA, Assessore regionale Con l'interpellanza n. 1551 del 30/10/1992, i Consiglieri regionali Piergiorgio Maggiorotti e Pino Chiezzi chiedono notizie su quanto accertato dal Servizio vigilanza urbanistica di questo Assessorato in riferimento ad irregolarità edilizie commesse nel Comune di Arona. In proposito si riferisce quanto segue.
Da alcuni mesi il Servizio competente è attivato su segnalazioni di irregolarità edilizie riguardanti il Comune di Arona. Gli accertamenti risultano particolarmente difficoltosi, non solo per la quantità dei casi segnalati, ma anche per il fatto che la documentazione riguardante la maggior parte dei casi risulta indisponibile agli uffici, in quanto sequestrata dall'autorità giudiziaria.
Il Servizio vigilanza urbanistica di questo Assessorato regionale non è quindi in grado attualmente di riferire sulla situazione nel suo complesso e sta procedendo con singole relazioni, quando ciò è reso possibile dalla disponibilità della documentazione. La quantità di casi segnalati in rapporto alle strutture impegnabili negli accertamenti, oltre alla già citata difficoltà di reperimento della documentazione, rende peraltro pressoché impossibile un accertamento generalizzato in tempi ragionevoli.
L'Assessorato sta pertanto prendendo in considerazione la possibilità di individuare, attraverso l'esame di un campione di situazioni, le violazioni alle norme urbanistiche commesse nel rilascio delle concessioni e - si suppone - ripetute in casi analoghi. Tale individuazione finalizzata a chiarire la corretta rispondenza degli interventi ammessi dal Piano regolatore nelle singole zone, dovrebbe consentire di stabilire con sufficiente chiarezza in via generale una modalità per controllare la legittimità delle rimanenti concessioni rilasciate, per le quali non è possibile alla Regione effettuare direttamente il controllo.
Questo verrà demandato sulla base dei criteri formulati dalla Regione alla stessa Amministrazione comunale, che ha l'obbligo di svolgerlo ai sensi dell'art. 4 della legge 28/2/1985, n. 47.



PRESIDENTE

La parola al Consigliere Chiezzi.
CHIEZZI Colleghe e colleghi, la risposta dell'Assessore all'interpellanza che richiamava gli illeciti edilizi nel Comune di Arona è assolutamente insoddisfacente. L'interpellanza è stata rivolta il 28/10/1992 e segnalava i numerosi atti illegittimi approvati dall'Amministrazione comunale di Arona. Dopo sette mesi da questa interpellanza l'Assessore viene a raccontarci che i presunti illeciti sono molto numerosi e che per molti di questi la documentazione non è disponibile perché sequestrata dalla Magistratura. Fa però capire che una certa documentazione esiste, ma quando esiste è troppo numerosa per essere valutata dal Servizio di vigilanza.
Dopo sette mesi, ci informa - bontà sua - che sta per prendere in considerazione (dopo sette mesi!) la possibilità di andare ad una vigilanza urbanistica a campione - ripeto, dopo sette mesi - e, in funzione di quanto viene accertato, di prendere dei provvedimenti o dare informazioni al Comune.
Questo mi pare assolutamente troppo poco. Significa che il Servizio vigilanza urbanistica non viene messo in grado di svolgere i compiti previsti dall'art. 68 della legge n. 56. Subito, di fronte ad una mole di lavoro relativa alla vigilanza urbanistica, deve venire in mente che misurate le forze dell'ufficio con il numero di pratiche da fare, da qualche parte si deve cominciare, in base ad un esame a campione.
Inoltre, la documentazione sequestrata dalla Magistratura è certamente indisponibile agli atti del Comune, ma è reperibile presso la Magistratura stessa. Quali rapporti avete avuto con la Magistratura per richiedere la possibilità di disporre di atti al fine di svolgere il vostro dovere di vigilanza urbanistica? La Magistratura ha la sua sfera di indipendenza nell'ambito delle funzioni che svolge, ma sia la Magistratura sia la Regione Piemonte con i propri uffici svolgono attività parallele e convergenti nell'ottenere un interesse pubblico.
Sugli atti sequestrati c'è un lavoro della Magistratura che tende ad accertare se reati sono stati commessi e a punire i colpevoli. Ma contemporaneamente, sugli stessi atti, la Regione Piemonte dovrebbe richiedere la documentazione relativa alla Magistratura senza pregiudicare il lavoro della Magistratura stessa, per il fatto che anche la Regione Piemonte vuole concorrere, per quanto di propria competenza, a far luce sugli illeciti e ad intervenire di conseguenza.
Assessore, avete fatto questo passo presso la Magistratura? Avete richiesto copia dei documenti sequestrati? La Magistratura vi ha risposto che nessun documento sequestrato può essere fornito in quanto pregiudicherebbe le indagini? Oppure non avete fatto un bel nulla di tutto questo? Se non avete fatto nulla di tutto questo, a mio parere avete agito con una colpevole inerzia, e su questo gradirei una replica da parte dell'Assessore. In caso negativo, chiederei che questa richiesta venga immediatamente formulata alla Magistratura, in modo da ottenere una risposta.
Siamo quindi in una situazione in cui la Regione Piemonte dimostra nei fatti la propria scarsa capacità di governo, quella capacità di governo che abbiamo già visto essere venuta meno per fatti molto più importanti dal punto di vista dell'azione di governo di questa Regione (tutti i programmi tutti i piani che non avete mai fatto). Anche questa sarà una vicenda di minore importanza dal punto di vista dello sviluppo di un ruolo regionale però dimostra che anche nelle piccole cose, anche nella necessaria vigilanza urbanistica, il comportamento dell'Amministrazione regionale, a mio avviso, è inadeguato rispetto ai compiti necessari.
Di fronte ad un Comune investito da numerose ipotesi di illecito edilizio sarebbe stato meglio disporre di una Regione Piemonte che avesse esaminato anche solo uno o due casi, quello che era possibile esaminare, e avesse, nel caso di rilievo di illeciti amministrativi, preso dei provvedimenti. Invece la Regione sta comodamente seduta al proprio posto, e di fronte ad una difficoltà di discernimento di pratiche e di scelta preferisce non fare nulla. Mi chiedo se questo è governare.



PRESIDENTE

La parola all'Assessore Cavallera.
CAVALLERA, Assessore regionale Probabilmente bisogna mantenere la procedura nella risposta alle interpellanze, perché se le osservazioni fossero state fatte prima, potevo tenerne conto nella risposta.
La risposta non ha voluto essere una risposta burocratica o notarile ma ha voluto dare atto di quello che sta facendo il Settore vigilanza della Regione Piemonte per quanto riguarda l'urbanistica. Il settore non sta dormendo, ma si sta organizzando per affrontare sempre meglio i compiti che i cittadini piemontesi si attendono. E' di queste settimane la decisione di dare priorità alle pratiche più importanti; ne abbiamo parlato in Giunta e ho mandato anche una comunicazione al Presidente della Commissione.



(Interruzione del Consigliere Chiezzi)



PRESIDENTE

CAVALLERA, Assessore regionale



PRESIDENTE

Lasciami finire, sono Assessore dal 7 aprile. Per rispetto verso i colleghi Consiglieri, sono andato immediatamente negli uffici e ho detto: "Datemi le interrogazioni e prepariamo subito le risposte". E' giusto, ho fatto anch'io il Consigliere, che i Consiglieri abbiano la risposta al più presto da parte della Giunta. Ho fotografato la situazione com'è e non è una situazione di inerzia. In Piemonte abbiamo 1.200 Comuni; a fronte di segnalazioni che meritano considerazioni, ci sono anche segnalazioni che attengono alla litigiosità tra vicini, di scarsa importanza, che è giusto demandare ai Comuni.
Sono d'accordo con i Consiglieri che richiamano alla Giunta la necessità di dare priorità ai controlli alle cose più importanti. Vi sono grossi piani particolareggiati, vi sono importanti concessioni edilizie interventi commerciali e tante situazioni di una certa complessità che vanno esaminate con le forze disponibili, proprio nell'ottica che diceva il Consigliere Chiezzi. I meccanismi procedurali di questa assemblea fanno sì che le risposte vengano lette dopo alcuni mesi, e mi rendo conto che possono essere superati sotto certi punti di vista. Ma sono convinto che da fine aprile ad oggi siamo andati avanti, non so come, ma senz'altro sarò in grado di integrare, perché questo è un controllo progressivo. Dovendo esaminare l'insieme e la complessità delle concessioni edilizie di Arona è necessario un certo periodo di tempo.
Per quanto riguarda i rapporti con la Magistratura abbiamo ogni giorno richieste di documentazioni, di collaborazione e di pareri da parte dell'autorità giudiziaria di qualsiasi livello, da quella penale a quella amministrativa, a quella contabile. Dobbiamo dare priorità a questi soggetti non perché le interrogazioni dei Consiglieri non meritano tutte le attenzioni, ma perché vengono formulate nell'ambito di procedure con termini perentori che non possiamo certamente eludere. Volevo prendere la parola non per ribadire quello che è già stato detto in modo sintetico anche se mi rendo conto che non è esaustivo, ma per riconfermare l'impegno della Giunta regionale e dell'Assessorato all'urbanistica sotto il profilo della vigilanza urbanistica; quindi, non si dorme, ma si è particolarmente attenti. Purtroppo siamo oggetto di segnalazioni di scarso valore che, in qualche modo, vengono demandate ai Comuni previa contemporanea segnalazione all'autorità giudiziaria. La vigilanza si fa per cercare di reprimere e di correggere delle storture, ma anche per trarre delle indicazioni di tipo politico ed amministrativo nel senso di modificare eventualmente la legislazione.
Volevo tranquillizzare il Consigliere Chiezzi che sta succedendo esattamente l'opposto di quello che lui sosteneva. Abbiamo un Servizio vigilanza particolarmente attento, tant'è che ha proposto - e la Giunta regionale ha accettato - una modificazione di priorità, nel senso che si andrà sempre più a concentrarsi sui casi importanti, demandando il resto ai Comuni - proprio perché la legge del 1985 impone al Sindaco la vigilanza e l'intervento a fronte di piccoli abusi, ma anche di qualsiasi tipo di abuso di cui venga a conoscenza.
Mi riservo, per quanto riguarda lo specifico, se richiesto dal collega Chiezzi, di dare eventuali ulteriori informazioni.



SEGRE ANNA


Argomento: Tutela dagli inquinamenti del suolo - smaltimento rifiuti

Interrogazione n. 1262 del Consigliere Marino ed interrogazione n. 1282 dei Consiglieri Chiezzi e Maggiorotti inerenti la discarica abusiva nel Comune di S. Mauro, località S. Anna


PRESIDENTE

Esaminiamo congiuntamente l'interrogazione n. 1262 presentata dal Consigliere Marino e l'interrogazione n. 1282 presentata dai Consiglieri Chiezzi e Maggiorotti.
Risponde l'Assessore Lombardi.
LOMBARDI, Assessore regionale In riferimento alle interrogazioni presentate dai Consiglieri Marino Chiezzi e Maggiorotti si fa presente, come risulta da informazioni assunte presso il Comune, che l'area interessata non è destinata all'edificazione ma esclusivamente alla realizzazione di interventi per servizi pubblici aree verdi, parcheggi, viabilità, secondo quanto indicato nel Piano particolareggiato esecutivo dell'area (deliberazione Consiglio comunale n.
38/90).
Trattasi quindi non di discarica, ma di riporto di materiali inerti, il cui controllo viene effettuato dalle Guardie ecologiche volontarie, per rialzare il piano di campagna onde evitare allagamenti provocati da acqua piovana, e per la futura realizzazione di quanto previsto dal suddetto Piano particolareggiato.
Tale caso rientra appieno nel punto 24), comma terzo, della circolare del Presidente della Giunta regionale n. 17/ECO del 5/8/1991, secondo cui gli inerti possono essere utilizzati nell'ambito di un progetto complessivo approvato dal Comune.



PRESIDENTE

La parola al Consigliere Marino.
MARINO La mia replica è brevissima. L'interrogazione risale a più di un anno fa, e quindi non sono aggiornato sulla situazione. Mi sembra che citare le circolari del Presidente della Giunta per quanto riguarda le problematiche dello smaltimento dei rifiuti sia un invito ad aprire una discussione molto più impegnativa di quella che si sta avviando in quest'aula.
La mia segnalazione riguarda il fatto che, seppure sia un atto di un Sindaco, non si può governare con la fantasia: un Sindaco non può inventare delle procedure (poi finalizzate anche a piccole problematiche di tipo personalistico) attraverso le quali si gestisce la problematica dei rifiuti, anche se in questo caso si tratta, almeno formalmente, di rifiuti di un certo tipo nel senso che quella zona di S. Mauro era o poteva addirittura essere legittimata come una discarica abusiva. Credo che un Sindaco non abbia la possibilità di svolgere quel tipo di ruolo, perché nel momento in cui si legittima una parte del territorio come punto di raccolta di rifiuti, seppure di tipo particolare, credo che questo non si possa fare fuori dalle procedure previste per qualunque tipo di discarica.
Da un anno ho la copia della deliberazione che ha citato l'Assessore.
Al di là di quello che si scrive su una deliberazione, nel momento in cui si crea un punto di raccolta di rifiuti se non c'è un controllo reale e molto preciso su chi, come e con quali procedure vada a scaricare rifiuti e quali tipi di rifiuti, si crea una situazione nella quale costruito il sito, alle 4 del mattino o alle 2 di notte si va a scaricare qualcosa, lo si ricopre con un po' di inerti, e così si risolvono tanti problemi! E' stata citata una circolare del Presidente della Giunta regionale ebbene, proprio la procedura delle circolari è assolutamente criticabile perché è un modo attraverso il quale, in questi anni, parecchie problematiche (che poi si sono mostrate rilevanti rispetto allo smaltimento dei rifiuti) sono state aggirate. Le leggi nazionali e le stesse leggi regionali vengono aggirate attraverso circolari che risolvono un problema e ne aprono altri dieci. Quindi, non ritengo sia stata corretta la procedura seguita dal Sindaco e dalla Giunta di S. Mauro. Non voglio fare una polemica, voglio semplicemente dire che non si può inventare una discarica attraverso la volontà di un Sindaco.



PRESIDENTE

La parola al Consigliere Chiezzi.
CHIEZZI Signor Presidente, colleghe e colleghi, oltre alle considerazioni - che condivido - del collega Marino, vorrei sottolineare all'attenzione dell'Assessore e del Presidente della Giunta regionale le seguenti altre considerazioni che erano contenute nell'interpellanza alla quale l'Assessore non ha dato risposta.
Siamo in presenza di una discarica per materiale inerte.
Tralascio le questioni relative alle procedure che queste discariche devono avere, perché l'ha trattato già il collega Marino. Mentre invece mi interessa sapere un'altra cosa. Questa discarica in un primo momento era abusiva, poi è stata sanata in qualche modo, ma anche fosse stata regolare dal punto di vista delle procedure il problema è questo: smaltire materiale inerte costa. Nella discarica per materiali inerti, si pesano i camion e si paga fior di quattrini. Scaricare materiale inerte è un costo. Il quesito è: quanto costa smaltire il materiale inerte in quella località di S.
Mauro? Tralascio la bontà del sito ai fini dell'edificazione, tralascio tutto il resto, l'ha trattato il collega Marino, però questo scarico di materiale inerte è oneroso o no? Se c'è un privato o una ditta privata che svolge lavoro per un privato e va a scaricare il materiale inerte che ne deriva a S. Mauro non ci sono problemi, ma l'interpellanza chiedeva proprio in relazione a questo tipo di discarica, se veniva accertato il tipo di materiale scaricato e se questo, ad esempio, derivava da appalti pubblici. Perché se questa ipotesi fosse vera un controllo sugli appalti da cui deriva il materiale inerte da smaltire dovrebbe essere effettuato e segnalato. Se una ditta vince un appalto per un'opera che comporta notevole materiale inerte da smaltire, se questo materiale inerte al momento dell'aggiudicazione dell'appalto doveva essere smaltito regolarmente in discarica, la ditta deve avere preso le proprie precauzioni e nell'offerta di prezzo deve avere segnalato ed imputato il prezzo dello smaltimento in discarica. Se successivamente all'indizione dell'appalto e dopo aver vinto la gara la ditta, invece di smaltire, come da contratto, del materiale con i costi conseguenti, dirotta i propri inerti in una discarica senza costo ne avrebbe un guadagno imprevisto. Bisognerebbe, a mio avviso, che la Regione Piemonte e il Comune sollecitassero le Amministrazioni che avevano un contratto con questa ditta a prendere nota che un costo non esiste più e quindi avviare delle trattative sul costo dei lavori. Questa richiesta era contenuta in modo preciso nell'interpellanza, si diceva "quale sia la provenienza dei materiali scaricati" con l'indicazione se fanno parte di lavori di appalti di Pubbliche Amministrazioni. Sollecito solo questa risposta: se l'Assessore non è in grado di darla, lo sollecito insieme al Presidente affinché avviino questo esame. Se la discarica è regolare e si paga, il problema non c'è; ma se fosse una di quelle discariche in cui chiunque, purché presenti materiale inerte, può scaricare, è un costo che si toglie ad eventuali appalti pubblici che deve essere, in qualche modo regolarizzato.


Argomento: Varie

Saluto agli insegnanti e alle studentesse del Centro di formazione CIOFS Corso per Esperti Stenotipisti di Torino


PRESIDENTE

Ho il dovere di informare l'assemblea che sono presenti in aula gli insegnanti e le studentesse del Centro di formazione CIOFS - Corso per Esperti Stenotipisti di Torino i quali avevano fatto richiesta di poter assistere ad una parte dei lavori consiliari, in modo particolare al lavoro delle nostre stenotipiste.
Siamo lieti di dare loro il benvenuto e soprattutto ci è gradito incoraggiare questi giovani con un sincero augurio per il loro futuro.
Grazie per la vostra partecipazione.


Argomento: Tutela dagli inquinamenti del suolo - smaltimento rifiuti

Interrogazione n. 1518 del Consigliere Monticelli ed interrogazione n. 1582 dei Consiglieri Chiezzi e Maggiorotti inerenti lo smaltimento rifiuti nei Comuni di Vinovo, Nichelino e Candiolo


PRESIDENTE

Passiamo all'esame dell'interrogazione n. 1518 presentata dal Consigliere Monticelli e dell'interrogazione n. 1582 presentata dai Consiglieri Chiezzi e Maggiorotti.
Risponde l'Assessore Lombardi.
LOMBARDI, Assessore regionale Signor Presidente, prima di rispondere alle interrogazioni, vorrei evidenziare, ancora una volta, il disagio nel quale si trova un Assessore che da mesi ha le risposte pronte e non ha la possibilità di presentarle in Consiglio per poi sentirsi dire di non essere puntuale. La mia borsa si è anche rotta a forza di portare tutte le risposte alle interrogazioni.
Questa mattina rispondo a queste due interrogazioni, ma ho altre dieci risposte pronte ed è logico che quando le presenterò al Consiglio non solo saranno date in ritardo, ma non saranno più attuali, e quindi giustamente il collega interrogante dirà che nel frattempo molte cose sono avvenute.
Questo non è il modo migliore per consentire un rapporto corretto fra la Giunta e il Consiglio. Bisogna approfondire l'aspetto e trovare delle soluzioni, magari dando delle risposte nelle Commissioni straordinarie anche scritte. Ho pronte una quindicina di risposte che non riuscirò a dare; magari non si possono dare perché è assente il Consigliere interrogante, ma quando il Consigliere interrogante sarà presente, mi dirà che ho dato la risposta con troppo ritardo.
Per quel che concerne invece una piccola chiosa al collega Chiezzi, è vero che a volte costa collocare i materiali inerti, ma a volte costa anche acquisire materiali inerti per iniziative necessarie, quindi non è vera solo un'ipotesi, è vera anche l'altra. In questo caso sembra che il Comune avesse un piano e usasse questi inerti per fare un lavoro che avrebbe dovuto fare acquisendo del materiale simile che avrebbe dovuto pagare.



(Interruzione del Consigliere Chiezzi)



PRESIDENTE

LOMBARDI, Assessore regionale



PRESIDENTE

E' logico, ma noi non siamo responsabili di tutto, c'è un Comune, c'è un Sindaco, c'è un'Amministrazione, che credo siano in grado di rispondere e qualora non lo facessero c'è la legge che ci pensa.



(Interruzione del Consigliere Chiezzi)



PRESIDENTE

LOMBARDI, Assessore regionale



PRESIDENTE

Secondo le informazioni ricevute il trasporto è gratuito, perché se ci fossero stati dei costi sarebbero stati segnalati. E' un interesse coincidente con quello di chi che deve smaltire del materiale utile ad un soggetto pubblico per sistemare un rilevato, una strada che fa parte di un progetto.
Non risponde al vero che la DGR n. 350-8516 dell'8/8/1991 "approvava la realizzazione di una discarica in Vinovo su un altro, nuovo, quarto sito".
Il Consorzio Torino-Sud ha redatto, per la discarica di Vinovo, ben tre progetti di impianto sul medesimo sito, che è stato prescelto dal Consorzio a seguito di un'indagine fatta d'intesa con le Amministrazioni comunali interessate (Vinovo, Nichelino e Candiolo). Questa indagine aveva ipotizzato la localizzazione dell'impianto nell'areale A (Stupinigi) nell'areale B (Tetti Calieri), nell'areale C (Vinovo), nell'areale D (Candiolo) e nell'areale E (S. Ponzio).
Lo studio geo-pedologico doveva esaminare le caratteristiche dei suoli dal punto di vista agronomico e pedologico, senza alcuna analisi circa l'impatto complessivo per l'ambiente.
Alla fine, d'accordo anche con il Comune di Vinovo, era stato scartato l'areale B (Tetti Calieri), in quanto la Società Acque Potabili di Torino aveva scavato dei pozzi proprio nelle vicinanze della sede della vecchia discarica comunale esaurita, e solo attraverso un esame di tutti gli impatti era stato individuato, dal Consorzio Torino-Sud d'intesa con il Comune di Vinovo, il sito posto nell'areale C (Vinovo).
Il primo progetto di discarica, esaminato nella Conferenza del 14/6/1990 con il favorevole parere del Comune di Vinovo, era stato respinto perché mancante di prove "in situ" sulla localizzazione della falda, nonch carente sui dati circa l'esondabilità del sito e sulla situazione dei pozzi della Società Acque Potabili.
Il sito di impianto era quello individuato nell'areale C, mappali 25 26, 27, 28, 57, 67, 68, 69, 70, 71, 72 e 73 del foglio 20 del NCT di Vinovo.
Il secondo progetto, esaminato nella Conferenza del 15/11/1990, pur avendo emendato le carenze circa falda, esondabilità e pozzi dell'Acquedotto, era stato respinto perché il sistema di smaltimento prescelto, denominato "Tana", non era stato sufficientemente dimostrato nella sua funzionalità.
In tale occasione, stranamente, il Comune di Vinovo, pur essendo state acquisite definitivamente certezze sull'idoneità del sito (ubicato catastalmente sempre come sopra) dal punto di vista dell'impatto ambientale, esprimeva parere contrario.
Sempre in sede di quella Conferenza, inoltre, era stato accennato ad una possibile interferenza del sito d'impianto con il torrente Chisola e ciò era stato fatto osservare dal tecnico del Comune di Candiolo.
Il Consorzio informava l'Assessorato che, prima di ripresentare una terza volta il progetto in Conferenza, in data 22/1/1991 il Consorzio Torino-Sud aveva inviato il definitivo elaborato, su loro esplicita richiesta, ai Comuni di Vinovo, Candiolo, Nichelino e all'USSL n. 33 di Nichelino, ma nessuna osservazione sul sito era stata fatta pervenire in seguito dal Comune di Vinovo, salvo però ad esprimere parere contrario nell'ultima Conferenza che si è tenuta il 27/6/1991.
Il sito rimaneva sempre quello (areale di Vinovo) solo che, per evitare interferenze con il torrente Chisola, era stato ridotto nella sua estensione, perdendo i mappali nn. 25, 26, 27, 28 e 69 del foglio 20 e riducendosi ai mappali 57, 67, 68, 70, 71, 72 e 73, sempre del foglio 20.
Dopo la Conferenza del 27/6/1991, appurate che erano state emendate anche le carenze rilevate nella precedente riunione del 15/11/1990 (mancata documentazione sulla funzionalità del sistema "Tana" ed eventuali interferenze con il torrente Chisola) il progetto veniva licenziato con deliberazione della Giunta regionale n. 350-8516 del 2/8/1991, non essendosi rilevate controindicazioni dal punto di vista tecnico ed ambientale alla sua approvazione.
Pertanto, sulla base dei dati in possesso dell'Assessorato e in considerazione di quanto sopra riportato, non si riesce a capire come si possa parlare di un "quarto sito", né tanto meno si rilevano irregolarità nell'operato dell'Assessorato e della Giunta che hanno recepito le risultanze delle Conferenze istruttorie oltreché le richieste, le impostazioni del Consorzio, del quale fanno parte i Comuni interessati alla costruzione della discarica.



PRESIDENTE

La parola al Consigliere Monticelli.
MONTICELLI Per la rottura della sua borsa potremmo fare una colletta qui in Consiglio; eventualmente come Ufficio di Presidenza me ne farò carico personalmente - mi scuso per la battuta.
Credo che la questione di ordine generale sui tempi di risposta alle interrogazioni, invece, sia una questione più che seria e dovremmo farcene carico tutti quanti. Anch'io mi farò carico di questo come Presidente incaricato della Commissione Regolamento del Consiglio. Suggerirei alla Giunta e all'Assessore, in via pragmatica e sperimentale, che quando vi sono questioni delicate, come questa ad esempio, di inviare appena pronta la risposta scritta ai Consiglieri interroganti perché questo è comunque un elemento utile di chiarimento. Poi starà ai Consiglieri interroganti mantenere il loro diritto, o rinunciare allo stesso, di avere la risposta orale in Consiglio, ma nel momento in cui la Giunta ufficialmente trasmette al Consiglio l'elenco delle risposte pronte, a quel momento potrebbe essere utile l'invio anche del testo della risposta scritta. Questo potrebbe essere un suggerimento utile per sfoltire il lungo elenco delle interrogazioni.
Per quanto riguarda, invece, l'argomento devo dire che ho cercato di seguire con la maggiore attenzione possibile la risposta dell'Assessore ricostruita in modo molto preciso, puntuale nei vari passaggi; confesso però che ho qualche difficoltà a seguire risposte così tecniche e circostanziate.
Restano comunque due interrogativi da risolvere.
Il primo è il seguente: come mai il Comune di Vinovo, che secondo la risposta fornita avrebbe fin dall'inizio approvato la scelta del sito, ad un certo punto in Conferenza dei servizi sostiene che quel sito non andava bene dal punto di vista ambientale? Secondo interrogativo: come mai il Comune di Vinovo che, stando a quanto ha ricostruito l'ufficio, l'Assessorato e l'Assessore, avrebbe dato parere favorevole - anche se poi smentito - ha poi proceduto addirittura con un ricorso al TAR contro la scelta di quel sito? Cosa è successo, perché lo stesso Comune, nel giro di poco tempo, ha assunto atteggiamenti così diversi? Resta comunque il fatto che la Giunta regionale ha continuato in questi anni ad approvare progetti di discariche di vario tipo, di vario ordine, di varia delicatezza - anche dal punto di vista dell'impatto ambientale molto spesso in presenza di pareri negativi, più o meno motivati, più o meno fondati, da parte delle Amministrazioni locali direttamente interessate.
Questo punto non è forse un problema politico di rilevante importanza? Non è un problema di rilevante importanza il fatto che - e l'Assessore Lombardi lo ha potuto constatare in un incontro con rappresentanti delle comunità locali proprio qualche tempo fa la comunità locale abbia espresso un'obiezione, una negazione alla costruzione di una discarica, manifestando a Vinovo con la partecipazione di migliaia e migliaia di persone? Anche in Consiglio abbiamo ricevuto due delegazioni e oggi ne arriverà un'altra. Quindi è chiaro che c'è un'opposizione locale fortissima su questo punto.
A me sinceramente interessa poco sapere se dal punto di vista formale è tutto a posto, se l'Assessore è sicuro, sono disposto a prenderne atto sono contento che sia tutto a posto; resta comunque un problema politico di primaria rilevanza. E' possibile continuare una politica dell'Amministrazione regionale sulle discariche, sul problema dei rifiuti assolutamente non in grado - ormai i fatti di questi tre anni lo dimostrano di gestire un minimo di consenso e di partecipazione convinta responsabile da parte delle Amministrazioni locali? E' possibile gestire una politica dei rifiuti e delle discariche in carenza di un minimo di programmazione regionale, inseguendo caso per caso progetti presentati o da soggetti pubblici o da soggetti parapubblici (definisco così certi consorzi degli enti locali)? E' vero che sono consorzi fra Comuni, però i rapporti tra i Comuni e gli organismi di quei consorzi a volte sono fortemente conflittuali, questo è il caso di Asti.
Sono casi che si ritrovano come costante in questo discorso e molto spesso sono, oltre che soggetti pubblici o parapubblici - scusatemi l'improprietà del termine - soggetti del tutto privati. La Regione insegue questi progetti senza un proprio programma di individuazione dei criteri e dei siti, trovando come unico momento di decisione queste Conferenze dei servizi, dove i rappresentanti delle Amministrazioni locali hanno detto di non essere d'accordo. Per cui la decisione successivamente tocca a due o tre funzionari della Giunta regionale, dell'Amministrazione regionale; sono loro che hanno deciso! Questo è il problema di ordine politico che ritroviamo anche in questo caso, come del resto ritroviamo in tutti gli altri.
Proprio per questa ragione, anche perché non c'è stato nella risposta dell'Assessore il minimo accenno a questo nodo di ordine più politico, mi dichiaro insoddisfatto della risposta.



PRESIDENTE

La parola al Consigliere Chiezzi.
CHIEZZI Signor Presidente, colleghe e colleghi Consiglieri, per quanto riguarda i ritardi nelle risposte alle interpellanze suggerisco anche un'altra cura: se tutti insieme iniziassimo i lavori puntualmente alle ore 9,30, saremmo in grado ogni settimana di rispondere ad almeno sei-sette interpellanze in più di quanto facciamo adesso.
Per quanto riguarda poi il merito della risposta - mi rivolgo all'Assessore Lombardi, perché oggi è di turno, ma potrei anche estendere queste considerazioni - pregherei gli Assessori di rispondere alle interpellanze aggiungendo anche un poco della loro intelligenza. In che senso? Nel senso che capisco che gli Assessori ricevono decine di interpellanze che vengono immediatamente trasferite agli uffici che rispondono per quanto di loro competenza e talune volte anche per quanto loro sanno (c'è quindi un limite tecnico nella risposta). Compito dell'Assessore dovrebbe o potrebbe essere quello, innanzitutto, di leggere l'interpellanza, e di verificare se la risposta fornita dagli uffici è congrua con le domande contenute nell'interpellanza, e ove non lo sia o richiedere agli uffici di completare oppure capire che gli uffici a certe questioni non sono in grado di rispondere ed attivarsi come Assessore per comunque dare una risposta.
In questa interpellanza si chiedeva come mai il Comune di Vinovo è ricorso alla Magistratura, e lo si chiedeva in modo esplicito all'Assessore. E' chiaro che probabilmente l'ufficio tecnico non è in grado di fornire questa risposta perché si tratta di dipanare gli eventuali rapporti tra l'Amministrazione di Vinovo e l'Amministrazione regionale.
Quindi, è un rapporto tra Assessori.
Su questo tema, che anche il collega Monticelli ha ripreso, l'Assessore non ha dato una risposta. A me è parso che abbia letto quello che gli uffici gli hanno passato. Allora, se quest'aula serve a confrontare opinioni e a discutere i fatti, invito tutti gli Assessori a non trascurare la lettura delle nostre interpellanze e a rispondere nel merito dei quesiti posti. Su questo quesito l'Assessore è rimasto silenzioso; anche per questo motivo la risposta, per quanto mi riguarda, è insoddisfacente.



PRESIDENZA DEL PRESIDENTE SPAGNUOLO


Argomento:

Comunicazioni del Presidente del Consiglio regionale


PRESIDENTE

In merito al punto 6) all'o.d.g.: "Comunicazioni del Presidente del Consiglio regionale", comunico:


Argomento:

Comunicazioni del Presidente del Consiglio regionale

Argomento:

a) Congedi


PRESIDENTE

Hanno chiesto congedo i Consiglieri Beltrami, Cantore, Coppo, Dameri Panella e Sartoris.


Argomento:

b) Presentazione progetti di legge


PRESIDENTE

L'elenco dei progetti di legge presentati sarà riportato nel processo verbale dell'adunanza in corso.


Argomento:

c) Apposizione visto Commissario del Governo


PRESIDENTE

L'elenco dei progetti di legge vistati dal Commissario del Governo sarà riportato nel processo verbale dell'adunanza in corso.


Argomento: Problemi generali - Problemi istituzionali - Rapporti con lo Stato:argomenti non sopra specificati

d) Primo seminario di studio sui problemi della riforma elettorale per le Regioni


PRESIDENTE

Il Consiglio regionale ha organizzato per il giorno 2 luglio alle ore 9,30 un primo seminario di studio sui problemi della riforma elettorale per le Regioni. E' materia che potrebbe essere di interesse per i Consiglieri regionali, per quelli che si ripresentano e per quelli che si presenteranno. Si tratta di un primo seminario di studio e di conoscenza della situazione, delle varie opportunità e relative conseguenze.


Argomento: Problemi del lavoro e della occupazione

Dibattito sulla situazione occupazionale in Piemonte Presentazione relativi ordini del giorno (seguito)


PRESIDENTE

Riprendiamo ora il dibattito sulla situazione occupazionale in Piemonte, di cui al punto 10) all'o.d.g.
E' iscritto a parlare il Consigliere Marengo; ne ha facoltà.
MARENGO Signor Presidente, colleghi Consiglieri, dalla relazione dell'Assessore Cerchio al Consiglio regionale è emersa la realtà dell'apparato produttivo industriale del Piemonte: FIAT, Pirelli, Olivetti Gruppo Finanziario Tessile, cioè tutte le grandi imprese strategiche per la nostra Regione, ma più in generale per tutto il Paese, i settori produttivi industriali, che tradizionalmente sono stati trainanti per l'economia piemontese e nazionale, sono in profonda crisi strutturale. Siamo di fronte ad un processo di deindustrializzazione molto accentuato che si diffonde sempre di più: intere aree industriali che erano le più industrializzate del Paese (penso ad aree come Settimo Torinese) vedono smantellare stabilimenti produttivi che fanno parte di grandi imprese strategiche penso alla Pirelli, ma anche alle difficoltà di aziende come la SIV e la CEAT, ma l'elenco potrebbe essere lungo; altre zone come Collegno e tutta l'area ovest sono in profonda crisi industriale.
C'è un processo di deindustrializzazione grave dal punto di vista quantitativo, ma credo che dovremmo analizzare più a fondo - e questo l'ho sentito poco nella relazione introduttiva dell'Assessore i problemi gravi da un punto di vista qualitativo, i motivi che hanno causato questo processo di deindustrializzazione. Non vi sono infatti delle imprese strategiche, quali quelle che citavo prima, che si stanno ristrutturando per rilanciare un nuovo modo di produrre o per innovazioni settoriali di produzione, quindi per una ricerca ed un lancio di nuovi prodotti, e non c'è nemmeno una riorganizzazione delle imprese adeguata a rilanciare lo sviluppo.
Siamo invece di fronte ad un processo di deindustrializzazione; alla chiusura e allo smantellamento di stabilimenti; a difficoltà strutturali, a partire dalla FIAT, per i problemi di competitività dei nostri prodotti sul mercato globale, sui mercati internazionali. Questo è l'elemento di qualità che credo debba farci riflettere a fondo sui problemi da affrontare.
L'altro elemento sul quale dobbiamo riflettere - questo soprattutto come Regione, come istituzione, per il ruolo e le competenze specifiche che abbiamo - è che è evidente che i problemi di competitività sul piano internazionale dei mercati non riguardano solo le imprese, anzi, sempre meno questi potranno essere affrontati dalla singola impresa, per quanto grande ed importante essa possa essere. La vera sfida in Europa e sul piano internazionale è tra aree e sistema, tra un sistema-paese e l'altro. Il governo della Regione, insieme con il Governo nazionale, deve affrontare questo problema, nel senso che la qualità del prodotto e il sistema-paese sono le cause vere di questo declino industriale che, in una regione come il Piemonte, proprio per la sua vocazione industriale, si sente di più, ma si sente in generale nel Paese.
Questa premessa, che è anche di ordine politico, perché occorrono delle scelte precise di politica economica e di politica industriale, è assolutamente indispensabile. Questo è il punto dal quale capire se c'è o meno un accordo. Altrimenti vedo il rischio molto grande che si compiano gli stessi errori degli anni '80 da parte delle imprese e da parte del Governo.
Negli anni '80 la ricetta che gli industriali proposero e che fu fatta propria dai Governi di allora - dai Governi Craxi e dagli altri Governi che si susseguirono in quegli anni - fu questa. Gli imputati della crisi industriale produttiva erano il costo del lavoro in primo luogo (anzi forse l'unico) e la questione della produttività. Negli anni tra l'80 e l'85 i livelli di produttività in fabbrica in questo Paese sono aumentati ad un ritmo superiore a quello giapponese; sul costo del lavoro stiamo verificando in questi giorni quali siano le difficoltà per arrivare ad un accordo. Credo che se vedessimo il problema costo del lavoro come unico problema da affrontare, andremmo in una direzione che non può che portarci ulteriormente allo sfascio del nostro sistema produttivo e industriale; ci pur essendoci sicuramente un problema che riguarda la struttura delle buste paga in questo Paese.
In questi ultimi mesi, dopo la cancellazione della scala mobile, con l'accordo sbagliato del 31 luglio dell'anno scorso, abbiamo avuto un aumento dei salari inferiore all'inflazione. Oggi quindi il problema certamente è quello di affrontare la struttura della busta paga eliminandone tutte le distorsioni che pesano anche sul costo del lavoro.
Insieme a questo, però, credo che il problema vero sia quello di ridefinire un processo di contrattazione che, a partire da quella aziendale, sia il punto intorno al quale si ricostruisce un sistema contrattuale. A mio parere questo non è un problema che riguarda solo le Organizzazioni sindacali e le parti sociali, ma riguarda le scelte del Governo e le scelte politiche. Per questo motivo, invito anche la Giunta ed il Consiglio regionale a prendere posizione su questo.
C'è un problema di recupero salariale per i lavoratori dipendenti, in modo particolare per i lavoratori dell'industria. Bisogna ripristinare un meccanismo di adeguamento salariale che permetta di recuperare perlomeno il peso dell'inflazione. A questo non possiamo sottrarci, altrimenti è pur vero che c'è un abbassamento dell'inflazione, ma aumenta la recessione attraverso l'abbassamento della domanda e dei consumi, che è conseguenza dell'abbassamento della tenuta del potere del salario. E' decisivo quindi, per una strategia di sviluppo, affrontare le questioni nei termini che ho cercato di spiegare prima e di politica industriale.
Non è pensabile, come pensano anche alcuni grandi imprenditori della nostra area, che si possano rincorrere, sul terreno del costo del lavoro, i Paesi del Terzo Mondo. Credo invece che il problema della competitività internazionale sia quello di riuscire ad affermare la qualità dei prodotti.
E' vero che questa investe anche il problema dei costi, ma è necessario privilegiare l'aspetto qualitativo, perché è evidente che sulla produzione di prodotti maturi il costo del lavoro nei Paesi del Terzo Mondo è molto più basso e quindi su questo piano la nostra concorrenzialità è pari a zero.
Noi oggi, in realtà, siamo spiazzati; la nostra produzione, il nostro apparato produttivo è spiazzato da Paesi che esportano con qualità ad alto contenuto tecnologico, insieme agli altri fattori di cui dicevo prima. Sono quindi necessari investimenti pubblici nonché una politica economica ed una spesa pubblica finalizzata a questi obiettivi; ciò unitamente al grande obiettivo della politica industriale che in questo Paese continua a non esserci e pare continui a non essere un problema neanche nelle scelte politiche compiute dal Governo.
Per affrontare tali questioni la Regione cosa fa? Abbiamo presentato una mozione, che alla fine di questo Consiglio sarà posta alla discussione e in votazione, in cui indichiamo alcuni problemi. La prima questione: capisco le difficoltà che ha avuto l'Assessore Cerchio, nel senso che ho rilevato dei limiti di ordine politico, di scelte politiche nella relazione da lui svolta al Consiglio regionale; capisco le difficoltà dell'Assessore Cerchio, Assessore al lavoro e all'industria, che è costretto a sviluppare questi ragionamenti e ad affrontare questi problemi senza avere un quadro dello sviluppo, senza avere un piano di sviluppo da parte della Giunta e del governo della Regione Piemonte.
Credo che la Giunta regionale non possa svolgere il ruolo di supplenza sindacale nei confronti delle trattative che ci sono tra le parti sociali delle aziende in crisi; a questo ci pensi l'Organizzazione sindacale con le parti sociali ed imprenditoriali. La Regione ha un altro compito, deve svolgere un altro ruolo! Ripeto, non quello di fare supplenza sindacale.
Non basta quindi un po' di attivismo soggettivo, non si può fare una politica attiva del lavoro senza una politica economica e produttiva, senza un quadro nel quale sia possibile collocare anche la stessa politica del lavoro. Altrimenti si sprecano solo delle risorse.
Credo che la Regione debba muoversi su diversi piani, affrontando così diversi problemi. Il primo riguarda il Piano di sviluppo e cioè la definizione di un quadro di indirizzi economici e produttivi della Regione che riguardi tutti, che possa diventare riferimento di tutti. Credo che non possa che corrispondere alle scelte di vocazione industriale che questa Regione continua ad avere. Non è pensabile - eppure questa illusione degli anni passati qualcuno continua ad averla anche oggi - che sia con il terziario che si risolvono i grandi problemi, ma non perché non sia necessario avere delle moderne infrastrutture terziarie a sostegno dell'apparato produttivo industriale, ma il centro, il motore dello sviluppo nella Regione non può che continuare ad essere l'apparato produttivo industriale. Così come non credo - come diceva già il Consigliere Tapparo nel suo intervento che sia con una scelta keynesiana quella dei lavori pubblici e delle grandi infrastrutture, che possiamo affrontare i problemi dello sviluppo e dell'occupazione, al di là del fatto che, in una situazione nella quale le risorse disponibili non sono più quelle di dieci-quindici anni fa, bisogna finalizzare e selezionare le stesse risorse pubbliche per riuscire ad incidere davvero rispetto allo sviluppo.
La seconda questione. Credo che la Giunta regionale debba confrontarsi con le grandi imprese strategiche della Regione, con la FIAT, in primo luogo, per conoscere, per confrontare, per contrattare le scelte di politica industriale e di insediamento nell'area piemontese da parte delle grandi imprese strategiche, e a questo rispondere con le strutture necessarie per riuscire a sostenere l'insediamento dell'apparato produttivo industriale. Quindi, scelte d'indirizzo, scelte economiche, di sviluppo, di concentrazione delle risorse che rispondano alle esigenze dell'impresa, attraverso un confronto che serva a conoscere le scelte di politica e di strategia industriale da parte delle grandi imprese.
In terzo luogo, credo si debba dare impulso allo sviluppo di servizi ambientali e di risparmio energetico sia rispetto alle imprese all'apparato produttivo sia rispetto alle famiglie, per riuscire ad avere da questo punto di vista, risorse finalizzate allo sviluppo.
In quarto luogo, vi è la politica del lavoro che sta dentro a questo quadro; se non c'è questo quadro credo che non sia possibile alcuna politica attiva del lavoro. Anche il miglior governo del mercato del lavoro non trova soluzioni e sbocchi rispetto ad un aumento dei livelli occupazionali, se non si riesce ad affrontare la questione nei termini che dicevo prima.
Per una politica attiva del lavoro è necessario coordinare, selezionare strumenti e risorse; gli strumenti, le otto-nove leggi che oggi ci sono in Regione rispetto alla politica attiva del lavoro, credo vadano selezionate.
Ci sono troppi contrasti tra livelli diversi di intervento, risorse che alla fine rischiano di diventare sprechi, proprio perché non coordinate e selezionate tra livelli ministeriali, livelli regionali, strumenti che, tra di loro, rischiano di confliggere unicamente per un problema di potere burocratico.
L'altra questione per una politica attiva del lavoro è la formazione professionale. Credo che la formazione professionale, rispetto alla quantità di soldi che si spendono nella Regione Piemonte, dia dei risultati assolutamente insufficienti rispetto alla situazione nella quale ci muoviamo oggi. Quindi, va fortemente riqualificata, soprattutto confrontata e verificata con tutti i soggetti sociali che ai problemi dell'occupazione e di una politica attiva del lavoro debbono rispondere. In questo senso, è necessaria anche una modifica legislativa nazionale, sulla quale penso che la Regione debba impegnarsi soprattutto rispetto ad un concetto che già in altri Paesi europei è fortemente presente nella struttura legislativa che governa i processi di mobilità, ad esempio quella delle responsabilità delle imprese.
Non penso che le imprese possano continuare a mettere lavoratori in mobilità senza avere alcuna responsabilità rispetto al percorso che questi lavoratori avranno nel loro futuro.
Penso sia necessario anche trovare degli strumenti alternativi alla cassa integrazione, sia ordinaria sia straordinaria, ai processi di mobilità. Credo che con la stessa quantità di risorse che oggi vengono spese per cassa integrazione e processi di mobilità dei lavoratori sia opportuno trovare delle soluzioni alternative indirizzate allo sviluppo e semmai ad un lavoro minimo garantito per i lavoratori, e non alla pura assistenza nei confronti delle imprese e dei lavoratori.
Un altro punto, che ritengo decisivo rispetto ad una politica attiva del lavoro, riguarda la questione degli orari sia rispetto ai problemi di riduzione - è questa una grande questione nazionale sulla quale credo che una Regione come il Piemonte debba impegnarsi anche in una battaglia politica - sia rispetto alla questione del sistema degli orari. Credo che riduzione degli orari e sistema degli orari debba rispondere a tre versanti; il versante occupazionale, il versante delle condizioni di lavoro, il versante della qualità della vita, collegandosi a tutta la questione del sistema dei servizi che può trovare, in una modifica del sistema degli orari ed un processo di riduzione, delle risposte vere e concrete.
Per concludere, credo che quello di cui c'è bisogno per affrontare questi problemi sia un'azione di governo da parte della Regione, azione che oggi non c'è. Le direttrici sulle quali impostare l'azione di governo sono la politica industriale, il sistema dei servizi, le risorse finalizzate allo sviluppo come priorità anche delle scelte di bilancio che questa Regione dovrà fare nelle prossime settimane. Credo che questi siano i cardini di una battaglia politica più generale per costruire la nuova Regione, per dare autonomie e poteri reali alle Regioni, ed è su questi problemi che si gioca concretamente il nuovo assetto istituzionale del Paese. Per questo motivo è indispensabile il governo e l'azione di governo della Regione se vogliamo dare un contributo di credibilità più generale al ruolo di questa istituzione.



PRESIDENTE

La parola al Consigliere Rossa.
ROSSA Vorrei partire dalla considerazione che questo dibattito, estremamente utile, ha messo in evidenza una serie di aspetti che riguardano la situazione generale di crisi nella quale si trova la nostra Regione.
E' una situazione non diversa da quella delle altre Regioni, ma per il livello di sviluppo economico e di industrializzazione che il Piemonte ha realizzato attraverso gli anni, è chiaro che si sta verificando una caduta che potremmo definire verticale, uno stato di deindustrializzazione che tocca una serie di settori e che trova il suo punto più alto nella crisi dell'auto: la chiusura della Lancia di Chivasso e tutta la parte della componentistica, i problemi dei settori aerospaziali, delle macchine utensili e dei sistemi di produzione. Il Piemonte, che è una Regione che vanta un primato per lo sviluppo tecnologico e per la realizzazione di prodotti ad alta qualità, certamente oggi si trova a dover affrontare i problemi di una crisi che tocca questi settori insieme a quelli tradizionali che vanno dalla siderurgia, alla fonderia, alla metallurgica e ad altri comparti minori. Ad essi sono collegati il settore elettrodomestico e addirittura quello dell'artigianato, che a loro volta si rifanno a grandi produzioni industriali quali quelle della gomma, della chimica e così via.
A questa situazione di crisi molto grave e preoccupante si aggiunge anche quella del settore edile. Lunedì prossimo ci sarà uno sciopero nazionale di questo settore per cercare di invertire una tendenza molto grave e negativa.
Di questa situazione c'è stata, anche prima di questo dibattito, una presa di coscienza generale. Non c'è Comune o Provincia nella quale non si sia costituito un comitato anticrisi, una specie di osservatorio in seduta permanente, un tavolo di concertazione tra le forze sindacali imprenditoriali e le istituzioni nel rispetto delle autonome iniziative che le parti sociali andranno a svolgere.
Da parte delle istituzioni c'è la necessità di capire l'origine della crisi che ha diverse matrici, nate da insufficiente realizzazione degli obiettivi della qualità totale. Sono obiettivi che ci consentono di competere nel mondo con problemi che riguardano un'incongruenza dei rapporti tra la produzione e il sistema di appoggio, i servizi e tutta una serie di questioni che aumentano il costo del lavoro più che da altre parti. Io non credo però che il costo del lavoro nel nostro Paese rappresenti l'ostacolo principale. Abbiamo cercato, anche nell'accordo stipulato con il sindacato l'anno scorso, un elemento che considero positivo per un concorso teso a realizzare alcuni obiettivi: razionalizzare il sistema Paese con la produzione, capire, attraverso una politica industriale, quali investimenti possono essere messi in atto fin da subito.
Da una parte, il problema è quello di essere in grado di competere sul piano europeo e sul piano mondiale - e per queste esigenze di carattere strategico dobbiamo lavorare; dall'altra parte, c'è il problema di fare fronte all'immediatezza della crisi e delle sue conseguenze e per fare questo è necessario un ruolo più incisivo della Regione.
Abbiamo la fotografia della realtà, dei punti di crisi delle aziende le difficoltà che esse attraversano per ragioni di mercato, a volte anche per strategie interne dirette a ridimensionarle per salvaguardare elevati profitti nei vari momenti di crisi. Ora però si tratta di vedere come si concluderà questo dibattito e quale sarà l'incisività della Regione e quale la strategia di attacco. C'è un problema immediato, c'è molta gente senza lavoro e l'edilizia è pressoché in crisi. Quali sono le opere sulle quali intendiamo esercitare l'autorevolezza della Regione nei confronti del settore, aprendo un dialogo costante a livello regionale, ma anche statale? Qual è il tipo di intervento? Alcuni mesi fa la Regione si era fatta parte diligente per raccogliere tutte le segnalazioni sollecitate a suo tempo dal Governo in base ad uno stanziamento di circa 50 mila miliardi per far fronte all'immediatezza delle conseguenze della crisi. Abbiamo segnalato una serie di progetti sollecitati ai Comuni e alle Province, e fino ad ora non conosco ancora le risposte. Si parlò di interventi di immediata cantierabilità e di destinare dei finanziamenti. Ma non voglio fare un discorso di alta teoria economica o di filosofia economica perché non sarei nemmeno in grado di farlo. Mi sento però di dire con tutta tranquillità a proposito delle politiche keynesiane, delle quali oggi si dice che non sarebbero più valide, che Keynes non avrebbe teorizzato una politica se non fosse stato certo che questa, nell'America degli Anni Trenta, avrebbe dato risultati positivi.
Cerchiamo quindi di capire quali sono stati i risultati raggiunti. Anche fare un buco inutile per poi ricoprirlo può essere meglio di una cassa integrazione pagata a chi non svolge alcun lavoro.



(Interruzioni in aula)



PRESIDENTE

ROSSA



PRESIDENTE

Voglio dire che qui si demonizza con troppa facilità questo tipo di politica, che fa leva sulle grandi opere. E' meglio tenere occupate delle persone anche solo a scavare un buco e a riempirlo, piuttosto che pagare dei lavoratori in cassa integrazione, che sicuramente hanno anche un secondo lavoro.
La ripresa di un'economia ha tanti punti di partenza, che non sono mai ben definiti, ma che, al momento buono, innescano un meccanismo che fa scattare la ripresa. Si deve avere presente che il quadro di sviluppo, in genere, è sempre molto variabile: parte con punte altissime, che in qualche modo rappresentano il fiore all'occhiello nel mondo, ma può anche approdare a produzioni considerate più marginali, nonostante che nei paesi del Terzo Mondo questi tipi di produzione siano paragonabili all'industria serica del 1800.
Anche da questo punto di vista non bisogna commettere l'errore che tutto ciò che faceva parte della prima industrializzazione oggi non abbia più titolo. Inoltre non buttiamo dalla finestra le capacità lavorative interne, preferendo quelle di altri Paesi che consideriamo dall'altra parte del mondo; per esempio, i giapponesi sono considerati dei mostri di lavoro.
Può anche darsi che i giapponesi siano lavoratori più attivi di quanto non lo siano gli europei o gli italiani, ma certe funzioni, nel mondo, gli uomini le portano avanti, sotto tutte le latitudini, nello stesso modo. C'è chi gioca velocemente e chi gioca meno velocemente. Questo spiega perché in certi settori siamo in grado di competere con altri Paesi, e in altri settori non siamo concorrenziali; anche gli altri Paesi fanno così nei nostri confronti! Per quanto riguarda la strategia, sono d'accordo con molte cose dette dal collega Marengo circa il lavoro costante, il rapporto costante con tutte le forze imprenditoriali. E' venuto il momento in cui o il Paese si salva dalla crisi, correggendo alcune politiche e abbandonando la demagogia, oppure certi settori rischiano di essere tagliati fuori dal sistema internazionale, cominciando dal grande gruppo FIAT, dalla chimica oppure dalla Olivetti, per arrivare anche alle attività più tradizionali.
Quindi, è necessario un rapporto costante e diretto con i Comuni e con le Province, e la Regione deve diventare sempre di più un governo al quale possano rivolgersi con interesse questi enti locali.
In molte occasioni abbiamo vivacemente discusso sulle opere necessarie: ricordo una discussione di un paio d'anni fa nella II Commissione, dove si parlò, fra tante opere, anche del completamento della tangenziale di Alessandria. Si affrontò il problema di altre opere che riguardavano Torino e Novara: ebbene, queste sono state approvate e, a distanza di due anni, il problema non è stato più affrontato. I problemi debbono essere valutati in termini pratici, al di là della teoria. Se siamo in grado di mettere in moto i lavori di completamento di una tangenziale o di un'opera già approvata, e di cui sembra ormai tutto pronto, se quell'opera costa 300 miliardi, per mettersi in movimento avrà bisogno di muratori, di architetti e di ingegneri. Sono questi i problemi con i quali si fa fronte alla disoccupazione. Se invece voi pensate di far fronte alla disoccupazione invocando qualche santo in paradiso, allora spiegatemi come si fa.
Quindi, per quanto riguarda le grandi opere chiederei al Presidente della Regione di farci sapere a che punto siano le segnalazioni che abbiamo fatto a Roma. Se non sappiamo a che punto sono apriamo un confronto con Roma per capire quali siano le disponibilità, per non invocare ogni tanto quello che ha detto il Ministro A o il Ministro B e nella sostanza la gente non trova lavoro. Non lo trovano quelli che sono in attesa della ristrutturazione di tutti i sistemi più sofisticati, perché hanno bisogno dei tempi, ma non lo trovano nemmeno quelli che attendono un lavoro più immediato, come quello del settore edilizio. Si dice sempre che l'edilizia è un grande volano che fa girare una serie di altri settori. Cerchiamo di non essere troppo nuovisti, semmai cerchiamo di vedere la realtà delle cose. Facciamo lo sforzo di individuare insieme i punti di convergenza fra maggioranza ed opposizione e dove possiamo lavorare insieme, apportando ognuno il proprio contributo per sciogliere una serie di nodi indipendentemente dalle formule sulle quali ciascuno può ragionare e sulle quali è necessario che intervenga una determinata maturazione.
C'è la possibilità di proporci, non solo a livello regionale, nei confronti delle parti sociali e delle nostre istituzioni. La Regione Piemonte ha la possibilità, con l'apporto di tutti, di proporsi come nuovo interlocutore nei confronti del Governo nazionale per porre i problemi in termini nuovi, in rapporti tali che consentano di non sopportare oltremodo le penalizzazioni che hanno bloccato parecchi nostri sforzi. Questo per evitare che arrivi un altro interlocutore, del quale non abbiamo bisogno non abbiamo bisogno né di Formentini, che scatena Milano contro il Governo di Roma, né di Bossi che cerca di scatenare Torino contro qualcun altro.
Siamo persone capaci, perché siamo cresciuti alla scuola della lotta per la vita, prima di quelli che oggi hanno scoperto la Lega e il movimento leghista.
Pertanto siamo in grado di mettere in campo le nostre idee e le nostre disponibilità per far sì che il Piemonte esca dallo stato di crisi e, nello stesso tempo, apporti un contributo al Paese, non solo per uscire della crisi, ma per entrare nello sviluppo economico dell'Europa.



PRESIDENTE

La parola al Consigliere Picchioni.
PICCHIONI Innanzitutto ringrazio gli Assessori Cantore e Cavallera per quel gioco di regia con cui una volta tanto si è cercato di dare un minimo di novità espositiva a questi dibattiti tante volte inutili e spesso sono espedienti per altre argomentazioni.
Il collega Sergio Marchini nel suo intervento della scorsa seduta, che è stato non tanto paraculturale quanto parapolitico, mi ha ripreso per aver ricordato il numero di aggettivi "epocali" da lui espressi: svolta epocale svolta epocale, svolta epocale.
Solo una battuta: non vorrei che questo fosse un termine subliminale per dire "svolta apicale".
Proprio per questo suo modo molto suggestivo, molto trasversalista di rapportare argomenti specifici, in modo non dialetticamente controllabile a delle tematiche più vaste, il suo intervento meriterebbe, al di là dell'argomento in questione, approfondimenti ulteriori.
Al di là di questo preambolo voglio rifarmi a quanto detto dal Consigliere Ferraris, parafrasando molti dei suoi concetti perché mi è parso che dalla sua diagnosi acuta, lucida e soprattutto organica, siano emerse delle osservazioni che non possono essere assolutamente sottintese.
Si parte dal peso del Piemonte sempre più scarso in Padania, ma anche in Italia, per popolazione, valore aggiunto, disoccupazione, proseguendo poi con il processo di deindustrializzazione in atto che è stata finora una parola estremamente improbabile - giustamente Ferrara lo ha ricordato una parola tabù quando c'è stato mesi fa il dibattito della FIAT. Salvo poi vedere riconfermata tale industrializzazione in maniera inequivocabile con un fatto che forse non abbiamo sufficientemente sottolineato: la preoccupante simmetria temporale fra Chivasso e Melfi. Al di là di tutte le dichiarazioni significative espresse vi è stata una declinazione totale di resa di responsabilità della FIAT nei confronti di questa nostra città.
Ma al di là di tutto questo, che cosa può fare la Regione con 100 miliardi scarsi? Molto poco, è come cercare di accendere un incendio senza avere nemmeno una scatola di fiammiferi in tasca. Contro questo declino però c'è il grosso problema - ripetuto sia dal Consigliere Marchini che dal Consigliere Ferraris - delle risorse umane. Quando poi terminiamo i nostri dibattiti con delle considerazioni finali che sono sempre a futura memoria o delle riassuntive dichiarazioni solenni e poi dissociativamente in discussioni particolari, limitate e circoscritte ad alcuni fatti significativi, come ad esempio il vecchio o il nuovo Politecnico, ci comportiamo in modo opposto. Che cosa possiamo dire di innovativo sul problema della qualificazione dei lavoratori, il problema dell'istruzione dei giovani? L'Unione Industriale di Torino dice che il differenziale di competitività tra le imprese presuppone uomini più motivati e preparati che abbiano maggiori deleghe, più autonomia, maggior coivolgimento. Da qui la necessità di una qualificazione delle risorse umane, non solo professionale, ma culturale, non solo a livello di quadri, bensì a tutti i livelli di responsabilità.
Il nodo delle risorse umane (dice l'IRES in uno studio del 1991) pu essere affrontato, ed eventualmente sciolto, tramite un sistema formativo che rappresenti il punto di contatto fra cultura delle istituzioni e cultura dell'impresa. Questo è il fatto nodale e non si può a questo proposito dimenticare la situazione carenziale in cui versa il Piemonte e l'Italia. Per non aver sciolto questo nodo il Piemonte e le sue capitali produttive non sono riuscite a mantenersi nella struttura reticolare di città intermedie forti ed espressioni di economie motrici forti.
Su questo punto la Fondazione Agnelli, con Piero Gastaldo, ha fatto una breve cernita nella quale si dice che nel giro di tre anni in Piemonte dovrebbero funzionare i primi parchi tecnologici, il polo Lingotto, Ivrea e Lago Maggiore, ecc. Tutto questo quando i nostri vicini della Rh"ne-Alpes hanno già una rete articolata di dieci parchi tecnologici, oltre tre parchi scientifici a Lione e tre a Grenoble, oltre 240 centri di elaborazione di ricerca. Questo è già il segno della crisi, indipendentemente dalla crisi mondiale e da tutte le considerazioni che si fanno sulla politica deflattiva della banca tedesca.
Per cui il grosso problema è l'investimento in intelligenza, in cultura, in informazione che non riesce assolutamente ad assecondare il nostro Piemonte. Novelli e i suoi compari di viaggio amano la città piccola, la città corta, la città povera, la città segnata dalle stigme del passato, dalle stigme para-ottocentesche, ma non vedono assolutamente che la città ha invece bisogno di essere un'attrazione di cultura, di ricerca di intelligenza. Il loro discorso è da passatisti ed è un discorso rovinoso per qualunque altra prospettiva che vogliamo fare o che vogliamo indicare.
Il gap c'è; nel passato credevamo che Tecnocity fosse un'esperienza da laboratorio, oppure semplicemente un luogo mentale, direi quasi metafisico per disegnare alcune cose, alcuni possibili sviluppi, mentre oggi vediamo che Tecnocity è geograficamente, concretamente materializzato, non nelle sue potenzialità, ma nella sua crisi.
Pertanto il discorso ci porta a vedere che, al di là della deindustrializzazione, le occasioni di ricerca, di scambio, la qualità dell'ambiente urbano, la forza motrice di alcune infrastrutture sono evidentemente necessarie affinché il Piemonte conosca il suo salto di qualità. Ma se pensiamo, non voglio fare una lesa maestà a nessuno, ad un certo permissivismo con cui l'Università di Torino e il Politecnico danno oggi le lauree ad honorem, quasi in un modo seriale, dove a gruppi di dieci si cerca quasi di contemperare lo scarso numero di laureati licenziati dobbiamo anche ricordare che l'Università di Torino è stata in passato fucina di alcuni premi Nobel, emigrati poi negli Stati Uniti e successivamente tornati in Italia, come Dulbecco e Montalcini. E' deludente che oggi tutto si riduca a tener alta la bandiera in funzione solo del pennone. Quando si presentano certi schemi del passato con la serialità di un francobollo fuori corso, capiamo come la battaglia a Torino su Castellani e Novelli sia stata una battaglia fra una modernità possibile e probabile ed un passato assolutamente chiuso su un muro.
La Fondazione Agnelli ha indicato quarantasei progetti possibili e ha predisposto un catalogo di opere che se fosse stato predisposto da noi come Regione, per quanto di nostra competenza, sarebbe stato un fatto propositivo assai interessante. Progetti finanziabili per 30 mila miliardi di cui, per ora, ve ne sono solo 4.600; questo potrebbe essere un cammino possibile, al di là della programmazione che deve, comunque, esserci.
Abbiamo quindi un quadro di riferimento abbastanza preciso, Presidente.
Ma la Regione è o non è crocevia istituzionale di rapporti con enti pubblici, privati, ed anche con la FIAT? FIAT che ricorda, per certi suoi personaggi, la favola della rana di Esopo. FIAT che, oggi, deve assumere scelte ben diverse, lontane dall'arroganza di chi dice che c'è una classe politica concussoria in questa città, quando poi, in questa stessa città per anni tutti dovevano essere succubi tayloristicamente della fabbrica e dei suoi interessi.
Quando esisterà la possibilità di contrattare in modo diverso? E quando, finalmente, il cammino del Comune potrà riprendere il suo passo naturale? Quando tutti questi fatti emergeranno bisognerà stare al timone della barca, sapendo qual è il punto di non ritorno, ma anche qual è la velocità della barca e conoscendo la carta di navigazione oggi possibile.
Oggi ci troviamo in un inghippo terribile in questa città personalmente, parlo da torinese e di questo mi scuso con i colleghi piemontesi: crisi di Torino, Piano regolatore, Tangentopoli, rientro del debito pubblico. Sono tantissime situazioni che portano effettivamente agli squilibri territoriali che esistono nelle diverse zone regionali. Anche in questi casi, però, la Regione deve essere forte: se non abbiamo i mezzi per assumere una politica abbiamo comunque una voce per indicarla. Per esempio sul Regolamento n. 2052, al di là di tutta la buona volontà dell'Assessore Cerchio, perché non c'è un contenzioso? Ma non un contenzioso, collega Rossa, "con Roma", per innalzare le solite bandierine, ma con la comunità attraverso i nostri canali politici e diplomatici, affinché vi sia un "problema Piemonte" anche a livello di sede comunitaria.
C'è un'altra cosa, che mi pare sia stata ricordata nella consultazione con la Federpiemonte: la semplificazione legislativa. Ci sono 133 leggi speciali; quante di esse sono valide e quante devono essere messe in soffitta? Quante possono essere decisamente naftalizzate? Se non è possibile fare dei programmi è possibile comunque semplificare tutte le procedure esistenti; un modo di grande e buon governo sarebbe già quello di non mortificare i cittadini. Se non abbiamo risorse mettiamo in campo tutte le nostre possibilità riformiste nei confronti delle leggi, in modo che n l'Amministrazione né il cittadino si possa sentire mortificato da lacci e lacciuoli che impediscono un minimo di certezza del diritto non solamente per il singolo, ma anche per le Amministrazioni e gli enti locali.
Hegel disse una volta che la Legge era lo spirito dello Stato; oggi possiamo invece dire che lo Stato (ossia la burocrazia) è la legge senza spirito. Quello che era anche un concetto di burocrazia positiva oggi diventa effettivamente un segno denominatore negativo, per cui ogni volta che il cittadino incontra lo Stato, incontra il nemico: lo Stato senza legge, lo Stato senza sensibilità, lo Stato senza apertura, lo Stato senza.
Anche per quanto riguarda il CREL bisogna stare attenti; signor Assessore, non facciamo del CREL una struttura in sedicesimo di qualche grande pletorico organismo romano. So che il problema è complesso; la rappresentanza degli interessi e delle istanze certamente non può che non essere riassuntiva. Stiamo però attenti affinché questo non sia una zeppa invece di un'accelerazione, una sede istituzionale pleonastica, invece di una sede propositiva.
Ritornando alla questione burocratica, le iniziative economiche, signor Presidente, necessitano di decisioni operative rapide: ad esempio l'aggiornamento degli strumenti urbanistici. Se il parco industriale di Chivasso non può espandersi - al di là del suo completamento, probabile entro un anno è perché l'iter (a parte il fatto che il Piano regolatore è stato bocciato dal Co.Re.Co: infortunio della locale Amministrazione) è un circolo vizioso e viziato: e tutto rimane così, com'era prima, sotto la polvere iniqua della nostra tetra rassegnazione. Ecco quindi che gli insediamenti economici finiranno per non avere alcuna speranza, alcuna possibilità di realizzazione.
E' stato detto che lo stato sociale è stato superato; mi pare che ieri all'incontro di Cernobbio, qualcuno abbia detto che si è registrato il fallimento della concezione del sistema delle garanzie come parte essenziale del sistema delle libertà - è una frase politica molto importante - mentre noi credevamo che il sistema delle libertà fosse concepito o basato sul sistema delle garanzie sociali per tutti. Oggi questo che poteva essere un assioma sembra sia fallito, o perlomeno tanti lo contestano. Le vecchie politiche keynesiane sono fallite nella misura in cui si usava lo Stato per stimolare il mercato.
Se tutto questo è il segno del nostro tempo, dobbiamo fare il possibile, affinché il nostro corpo giuridico normativo possa conoscere quelle accelerazioni, quelle riforme a costo zero di cui ci siamo tanto vantati. Se effettivamente si riuscisse ad arrivare ad un modello di contrattazione sul costo del lavoro e se quell'appello lanciato al mondo industriale per 500 mila posti di lavoro fosse un patto di sviluppo per il Piemonte, su cosa lo si vorrebbe stipulare? Signor Presidente, quando vi sono istituti bancari torinesi come l'Istituto S. Paolo con una sofferenza di migliaia di miliardi - circa 8.000 - sofferenza che riguarda industrie ed imprese in gran parte fuori dalla Regione, qual è la possibilità di concerto con questi grandi soggetti finanziari privati? Solo per lucrare sulla tesoreria della Regione? Solo per individuare qualche piccola politica di rattoppo? Su queste cose bisogna avere il coraggio di dire alcune crude verità.
Vorrei concludere su un aspetto legato al turismo, mi spiace però che non sia presente l'Assessore. Il turismo può essere effettivamente una parte importante del PIL; constatiamo però che tutta la valorizzazione del nostro patrimonio storico, archeologico e naturalistico rimane lettera morta! Abbiamo detto molte volte ai rispettivi Assessori che qualche cosa di diverso - e non sono riforme che costano moltissimo si può fare in Piemonte, perché questa Regione non può essere limitata concettualmente culturalmente alla piccola sagra da paese, mentre altre Regioni italiane come il Veneto e la stessa Campania, ci insegnano come è possibile sinergicamente valorizzare intere zone! La mostra del Cremlino non ha avuto forse una ricaduta di benefici effetti su tutto il Canavese? Non solamente dal punto di vista culturale, ma anche da quello economico, la zona del Canavese in gran parte è stata positivamente sconvolta dall'evento. Quante volte in quest'aula si è detto che ci potevano essere i circuiti delle dimore sabaude, i circuiti storici, naturalistici, geologici, letterari culturali ed artistici, delle tradizioni gastronomiche: ma non si è fatto nulla! Tutto rimane sotto una coltre di silenzio, un assenso garbato e cortese che recepisco come un fatto di buona educazione che però non mi soddisfa dal punto di vista dell'impegno politico e programmatico.



PRESIDENTE

La parola al Consigliere Chiezzi.
CHIEZZI Signor Presidente, colleghe e colleghi Consiglieri, a Torino e dintorni, in quello spazio compreso tra la collina di Torino e la collina di Rivoli e nella pianura in mezzo a queste due colline, tra un po' prima di La Loggia e un po' dopo S. Mauro, scorrono quattro fiumi: il Sangone, il Po, la Dora e la Stura. In tale spazio questi quattro fiumi sviluppano circa 150 chilometri di sponde. Se si procedesse ad un investimento dell'ordine di grandezza di 150 milioni per chilometro, che è un investimento con il quale le sponde possono essere sistemate dal punto di vista della morfologia del fiume, dal punto di vista della rinaturazione delle sponde, di sistemazione delle stesse ai fini di un utilizzo di questo ambiente naturale, effettueremmo un investimento di 22 miliardi e mezzo che, supposto un costo di 40 milioni l'anno per addetto, significherebbe dar vita a 562 nuovi posti di lavoro.
Sempre in quest'area, se consideriamo la collina e la parte piana del Comune di Torino e anche le parti piane oggi libere fra Torino e i Comuni che la circondano, noi possiamo disporre di aree non pubbliche, ma di aree disponibili ad interventi di tutela e sviluppo del patrimonio boschivo e tutela e sviluppo dell'ambiente e del verde in generale, pari a 2.600 ettari. Se pensiamo di spendere circa 10 milioni per ettaro, che è già una spesa che consente nelle parti collinari di pulire il bosco o di sostituire il bosco ceduo con una fustaia, di intervenire a livello di interventi idrogeologici di sistemazione, mentre in zona piana consente di sistemare e rinverdire il territorio, con un investimento di circa 26 miliardi potremmo dare vita a 650 nuovi posti di lavoro. In seguito a questo intervento, che assomma a meno di 50 miliardi, potremmo nell'area intorno a Torino, in questo centro dell'area piemontese, dare vita a 1.200 posti di lavoro.
Il problema che abbiamo di fronte oggi è dare lavoro a chi non ce l'ha: non solo, è anche quello di creare nuove occasioni di lavoro, di creare delle ragioni perché l'economia nazionale ed internazionale investa nella nostra regione e anche nell'area centrale della nostra regione. Penso partendo da questo esempio, che una politica e un progetto di sviluppo per la nostra regione e la nostra città possa avere concrete possibilità di successo se al centro di questo sviluppo si mettono nuovi riferimenti quali l'ambiente, e non i vecchi riferimenti legati a modelli di sviluppo che ritengo improponibili e non utili per il Piemonte.
L'area torinese è in crisi, ma la città di Torino è fuori dai provvedimenti di crisi. Come pensiamo di rilanciare la nostra regione e la nostra città? Evitiamo di fare polemiche facili sui termini e confrontiamoci invece sui progetti. Ho illustrato uno degli elementi di un progetto per la città di Torino e dintorni che consenta di dotare quest'area di nuove infrastrutture per le quali si richiedono meno risorse che per altre. Nuove infrastrutture che permettano di respirare meglio: l'aria pulita è una infrastruttura? L'acqua pulita è una infrastruttura? Il circolare complessivamente bene in un'area così densa, non solo lungo poche direzioni, ma il circolare complessivamente bene è un'infrastruttura? Tutte queste cose non sono infrastrutture che consentono all'area torinese di diventare appetibile a livello europeo e nazionale per vivere e lavorare per insediare in quest'area delle attività? E' un progetto alternativo a quello di uno sviluppo quantitativo basato sulle infrastrutture che come tali siamo abituati a riconoscere: le opere basate sui pietrischetti bitumati, sulle grandi opere di cemento sull'attività edilizia. Questo progetto alternativo di creare una città più bella e vivibile non è forse un progetto che può tirar fuori la nostra regione e la città di Torino dalla crisi? E non è in questa direzione che si possono spendere intelligenze, culture, politiche? O è vietato? O chi dice questo è passatista? Ritengo che questo progetto, che pure non è quello dominante oggi e potrebbe essere trasferito nel Piano regolatore, possa essere un progetto vincente per la società in generale, per questa nostra Torino che non ha bisogno di aree su cui costruire tante colonne e travi di cemento armato.
Le colonne e le travi che possono tirarci fuori dalla crisi, in questa nostra area, sono i servizi alle imprese, le tecnologie, le fibre ottiche che trasportano le informazioni, un ambiente in cui poter lavorare civilmente al livello in cui oggi chiediamo di poterlo fare. E allora, se questo progetto ha un minimo senso, le conseguenze che se ne dovrebbero trarre sono quelle di accettare un confronto non manicheo, tra vecchio e nuovo, tra chi guarda indietro e chi guarda avanti. Confrontiamoci sulle cose che si vogliono fare! Quando si parla del futuro di Torino e del suo Piano regolatore e del Sindaco, cerchiamo di vedere l'esito dei progetti che si confrontano oggi al di là dei pregiudizi e dei processi alle intenzioni. La città di Torino ha la possibilità o di usare i grandi spazi di cui dispone, finalizzando l'utilizzo di queste aree ad un progetto che privilegi i servizi ai cittadini, l'ambiente e i servizi all'impresa, oppure di finalizzare lo sviluppo di questa città ad un vecchio tipo di sviluppo, che tende a mettere sul mercato queste aree come aree potenzialmente edificabili sperando che qualcuno vi edifichi sopra qualcosa che serva.
Ritengo che, con la crisi economica attuale, mettere in campo questo progetto sia perdente e non faccia altro che congelare milioni di metri quadrati in capo a proprietà che attenderanno il momento buono per investire su queste aree in termini vecchi. Penso ad un progetto diverso un progetto che ritengo moderno e soprattutto capace di attrarre quegli investimenti che oggi non ci sono.
Lo stesso si può dire per i trasporti. Possiamo avere un progetto che privilegia in termini assoluti e mitici l'attrezzatura di una linea efficiente di trasporto, abbandonando inevitabilmente il resto del sistema per mancanza di risorse allo stato in cui è. E' la scelta del privilegio assoluto per il mito del metrò, accantonando il resto del sistema di trasporto pubblico. Viceversa si può dire ai cittadini torinesi che di metrò ne vorremmo a decine, se potessimo, ma che con i conti economici di cui oggi lo Stato dispone e con il costo che ha un'infrastruttura pesante di questo genere nelle città del 2000, è necessario regolare questa prospettiva con quella di un sistema dei trasporti nel suo insieme più efficiente. Così facendo si dà priorità non ad un sistema più debole, ma ad un sistema più forte, perché è un sistema che consente di muovere celermente i cittadini e le merci nella città di Torino ovunque si generino i loro spostamenti ed ovunque siano i punti di destinazione.
Questo è un sistema che rende efficiente un'area, che la rende tale da investire volentieri il proprio denaro per realizzare delle attività economiche. Ma questo discorso vale a livello del sistema dei trasporti dell'intera regione, pubblico o privato.
Quindi, è o non è moderno pensare ad un'intera regione nella quale le merci viaggiano di più su ferrovia in ogni direzione, senza tralasciare Acqui Terme, Ovada e la provincia sud del Piemonte? Costruire una rete piemontese di trasporti che faccia leva sul potenziamento del sistema ferroviario è o non è un grande progetto moderno, che individua la nostra regione non come una regione formata da un grande polo e poco altro? La regione è una metropoli tutta intera, nel cui territorio abbiamo costruito nei secoli i poli di sviluppo e di cultura. Allora, parliamo in termini concreti di questi progetti, confrontiamoli, non diciamo che sono eguali e che sono tutti possibili, perché in una situazione di carenza di risorse come quella esistente le scelte sono discriminanti tra loro.
Non è possibile dire che vogliamo tutto insieme: non si può. E allora bisogna scegliere le priorità dello sviluppo. La mia parte politica privilegia questa priorità dello sviluppo. Se viceversa si vuole imperniare lo sviluppo prevalentemente su grandi interventi vetero-infrastrutturali sostengo che ci terremo questi interventi e i loro benefici, ma saranno benefici che tarderanno a venire e che indurranno un tipo di sviluppo a mio parere velleitario e che non ha possibilità di realizzarsi.
E' per questo che a Torino avevamo cercato, coalizzando varie forze sul nome di Novelli, di individuare questo progetto, che evidentemente non ha avuto il consenso della maggioranza della popolazione. Ma di qua ad infierire su chi ha perso, nel modo in cui si sta facendo in questi giorni e anche oggi, con esempi che non sono adeguati, come quelli relativi alla modernità o meno legata alle attività culturali, ce ne vuole! Collega Picchioni, voglio dire una cosa: se il Consiglio regionale fosse stato convocato qualche giorno fa non avrei potuto dire queste cose.
Pura casualità, ma questo solo per segnalare che le polemiche sono belle e produttive quando avvengono sui fatti sostanziali e non sui fatti inventati. Sono d'accordo sul fatto che le lauree ad honorem vengano gestite in modo discutibile, però lascia stare Novelli! (Commenti del Consigliere Picchioni) CHIEZZI Dico questo perché hai detto che con Castellani c'è una modernità probabile, mentre con Novelli.



PRESIDENTE

Novelli rappresenta dieci anni del suo lavoro passato: bisogna lasciarglielo stare! CHIEZZI Ma lasciatemi dire quello che mi preme dire, fatte queste premesse. Non facciamo i manichei: "quello è nuovo", "quello è vecchio", "Castellani è nuovo", "Novelli è vecchio". Laciamo stare queste cose: ognuno ha la sua storia, anche Castellani ha la sua. Ad esempio, sulle lauree ad honoris causam, che tanto ti turbano e mi turbano - una in particolare mi turba il Sindaco Castellani è stato uno dei fautori della laurea ad Ingegnere di Salza al Politecnico.



(Commenti in aula)



PRESIDENTE

CHIEZZI



PRESIDENTE

Questo è il passato di due mesi fa, quando si era già in campagna elettorale! Allora tutti siamo nuovi e tutti siamo vecchi. Insomma, a Salza si poteva dare una laurea in Economia e Commercio, non capisco perché una laurea del Politecnico. Nello scontro che c'è stato all'interno del Politecnico, dove la candidatura di Salza è stata respinta, Castellani, il nuovo, invece l'ha sostenuta. Ciò mi turba, ma non dico che Castellani sia vecchio; dico solo: lasciamo stare queste diatribe tra il vecchio e il nuovo legato alle persone.
La Regione Piemonte sul tema dell'occupazione può fare molto; può fare molto se, come diceva il Consigliere Ferrara, oltre a fare le piccole cose c'è un disegno complessivo.



(Commenti in aula)



PRESIDENTE

CHIEZZI



PRESIDENTE

Io l'ho saputo solo ieri, si vede che non ho dei canali informativi adeguati.
Dicevo che il ruolo della Regione - e torno all'esempio che ho fatto all'inizio - potrebbe far svolgere al Piemonte intero un salto di qualità.
Ma il salto di qualità - e qui torno al tema generale a mio parere non avviene se non vengono assunti i compiti di programmazione e di pianificazione.
Non capisco perché in quest'aula il compito di programmazione, sotto il nome di disegno complessivo, come l'ha chiamato Ferrara, sia degno, sia proponibile e privo di critiche se viene proposto da Ferrara, ed indegno se proposto dal sottoscritto.



(Commenti in aula)



PRESIDENTE

CHIEZZI



PRESIDENTE

Ma la legge sulla programmazione, cari amici, l'avete sul vostro tavolo di governo ormai da dieci anni. Che cosa avete aspettato? Perché non l'avete cambiata? Non programmate in base alla legge che c'è, ma non cambiate nemmeno la legge! Siete in mora! Non si possono fare le due parti in commedia! Se non vi andava bene, avete avuto dieci anni per cambiarla! Sostengo che il tema della programmazione sia fondamentale: non si pu non partire da questo! Il tema della programmazione, progettare il futuro e confrontarlo con gli altri pone il tema che proponeva il collega Bosio quando ha detto: "Ma qui c'è un po' di capogiro, perché non si capisce se questa nostra società e chi la governa voglia uscire dalla crisi diventando tutta Terzo Mondo o se invece voglia uscire dalla crisi diventando Europa".
Di certo, tenere i due termini insieme è un po' difficile e ricreare le gabbie salariali a Melfi per lottare sul costo del lavoro, abbattendo il costo del lavoro e il livello dei salari e della vita, è concorrere al livello del Terzo Mondo. Ci hanno già provato a comprimere il costo del lavoro e risultati benefici non sono intervenuti né sull'occupazione n sulla qualità.
Cos'è l'Europa a Torino? Di cosa si sostanzia l'Europa a Torino e in Piemonte? Sostengo che si sostanzi in un progetto che metta al centro del nuovo motore di sviluppo i temi dell'ambiente, anche al servizio dell'industria, e che gli investimenti e le risorse, che sono poche debbano privilegiare questo settore invece di altri.
Termino tralasciando le considerazioni generali presentate in un ordine del giorno, nel quale si invita la Giunta regionale ad un impegno generale sui temi dell'occupazione per compiti che non sono propri della Regione Piemonte, ma del Governo nazionale.
Penso che la Regione Piemonte debba andare oltre i propri compiti precisi; quindi, nell'ordine del giorno c'è il tema della riduzione dell'orario, della programmazione delle risorse a livello nazionale.
Nell'ordine del giorno ci sono poi alcuni inviti alla Giunta regionale per competenze e provvedimenti propri di questa Amministrazione. Quando si discuteranno gli ordini del giorno, illustrerò brevemente questi temi.



PRESIDENTE

La parola alla Consigliera Bresso.
BRESSO Credo sia molto importante affrontare questo dibattito, anche se purtroppo, il momento di difficoltà della Regione come istituzione finisce per rendere i nostri dibattiti, su cose così rilevanti come l'occupazione in Piemonte, forse un po' accademici, anche se non siamo in grado di dare delle lauree ad honoris causam.
Credo comunque opportuno farlo, anche perché ci dobbiamo preparare per un'indubbia ripresa del ruolo delle Regioni nei prossimi anni, e quindi è importante costruire strumenti anche su questioni che oggi non sono nelle nostre potestà legislative, di intervento e di governo.
La crisi occupazionale del Piemonte e dell'area torinese ha caratteristiche strutturali. Tutte le aree di grande e di antica industrializzazione nel nostro Paese, come in Europa e nel mondo, subiscono gli stessi processi di invecchiamento della struttura produttiva, in particolare delle strutture produttive di grande dimensione, e di decadimento complessivo di tutta l'economia, che sul modello della grande industria si era calcato.
Torino ha avuto, al tempo stesso, le caratteristiche, che molti hanno ricordato, di centro promotore di cultura per molte attività, ma non è certo una Regione nella quale si sia creato un solido e diffuso tessuto di piccole e medie imprese che possa, in sostanza, sostituire ciò che, a poco a poco, è destinato inevitabilmente, come grande impresa industriale, a ridursi in termini occupazionali e in termini di peso produttivo. Questo credo si debba sapere e la FIAT stessa lo sa.
Credo anche giusto che, nel nostro Paese, stiano avvenendo dei fenomeni che segnalano che stiamo per assistere all'industrializzazione del Mezzogiorno. Grazie al fatto che solo più alcune aree nel nostro Paese sono aiutate da provvidenze CEE, si stanno creando degli spontanei processi di trasferimento di pezzi delle attività produttive verso il sud che significheranno il riscatto da fenomeni di degenerazione sociale come la mafia, la 'ndrangheta, il banditismo, che avevano vissuto sulla povertà e su uno sviluppo distorto basato solo su trasferimenti dal nord e di tipo coloniale.
Recentemente sono stata ad un convegno in Sardegna e ho visto moltissimi imprenditori piemontesi che a fine settimana tornano a Torino dopo aver lavorato tutta la settimana in Sardegna. Questa è una realtà che dovrebbe costituire una forza per il Piemonte, se riesce a mantenere ci che le aree forti, e non solo quelle deboli e di deindustrializzazione riescono a mantenere, che sono i centri direzionali. Questa è la logica che deve ispirare l'accettazione dei processi di modifica strutturale dell'economia.
Il problema del Piemonte è quello di diventare sempre più un luogo propulsore di iniziative, ma non il luogo di insediamento di grandi attività produttive. Questo è difficile da immaginare, perché non fa più parte delle caratteristiche di Torino e del Piemonte. Però si possono promuovere e sollecitare attività ed iniziative proprie delle aree a maggiore sviluppo, e che solo da queste possono promanare ed insediarsi.
Sono convinta (e non a caso abbiamo ricevuto in questi giorni un numero speciale di "Mobilità e traffico" dedicato all'impresa ecologicamente responsabile) che nella partita della capacità competitiva sul piano ambientale del settore produttivo ci sia in gioco la carta - una delle più rilevanti in Europa - del rilancio delle zone di forte industrializzazione.
Per esempio, proporsi di trasformare il Piemonte, che ha una struttura produttiva e capacità tecniche di ricerca adeguate, in un punto forte di eccellenza in questo campo, potrebbe essere un'occasione per creare un tessuto connettivo di piccole e medie imprese non sempre solo dipendente dalla grande azienda com'è stato finora. Questo è un filone su cui credo si possa lavorare e su cui ci siamo anche impegnati come Consiglio regionale istituendo la Commissione per la riconversione ecologica che, in realtà sta diventando sempre più una Commissione che tende a trovare dei modelli di intervento che sviluppino le attività ecologicamente compatibili piuttosto che studiare lo stato del dissesto ambientale in Piemonte. Questo è il primo punto.
Collegato a questo, e lo abbiamo detto nella nostra mozione, c'è un aspetto che, nel nostro Paese, paradossalmente stiamo trascurando.
Nell'arco dello sviluppo industriale italiano ed europeo, calcandoci sul modello americano che necessita di grande abbondanza di risorse, si sono delineati modelli produttivi che hanno avuto come perno il risparmio e l'efficienza della forza lavoro, ma che sono ancora poco orientati verso il risparmio degli altri fattori produttivi (come l'energia e l'acqua) che nel nostro Paese sono già scarsissimi. In Piemonte l'acqua è relativamente meno scarsa, ma ormai è diventata un fattore di conflitto continuo per gli usi come il suolo e le materie prime.
Quindi, è del tutto possibile proporsi in termini di sistema fiscale (non abbiamo ancora una possibile fiscalità piemontese), ma è il tipo di fiscalità che potremmo cominciare a rivendicare; una fiscalità che, per una parte consistente, si basi essenzialmente sui consumi di risorse e sulle emissioni inquinanti e produzioni di rifiuti. Deve essere una fiscalità che tenda, quindi, a fare abbassare i consumi e le emissioni e nello stesso tempo scarichi la fiscalità sul lavoro che sta diventando intollerabile.
Un tentativo di questo genere potrebbe rendere più competitivo il fattore lavoro e produrre risparmi di risorse e di energia importanti per un Paese come è il nostro, che ha deficit strutturali di bilancia commerciale. Da sempre questo deficit esiste e ci impedisce di portare avanti autonome politiche produttive industriali. Siamo dipendenti dalla domanda estera, perché il nostro Paese è aperto verso i mercati di esportazione in maniera quasi parossistica per coprire gli immensi deficit dell'importazione. Quindi, una politica che tenda a risparmiare risorse è di grande rilevanza. Una fiscalità di questo tipo è proprio la fiscalità che una Regione come il Piemonte potrebbe rivendicare. Mentre la fiscalità sul reddito è tipicamente nazionale, la fiscalità sulle risorse, che riguarda, ad esempio, la tassazione sui consumi sulle emissioni, è la tipica fiscalità locale.
Una delle conclusioni di questo dibattito dovrebbe essere quella di ragionare su un ridisegno della fiscalità che tenda a sgravare il lavoro e a caricare consumi di risorse e fatti di inquinamento. In questo modo si può trovare un percorso autonomo ed originale verso la rivendicazione dell'autonomia impositiva che non può gravare sempre solo sulle famiglie e sul lavoro.
Se riuscissimo ad avviare tale processo, che ci consentirebbe di recuperare risorse tassando i consumi di capitale naturale, di capitale non rinnovabile e gli sprechi di risorse magari rinnovabili, ma disponibili in quantità limitata, potremmo produrre un nuovo orientamento del sistema produttivo verso le attività che lo consentono.
Di recente ho assistito ad una conferenza su alcune iniziative prese in California per avviare a tappeto un processo di modifica del sistema abitativo atto a ridurre drasticamente i consumi energetici. Un'iniziativa di questo genere crea possibilità di lavoro per un tessuto di piccole imprese artigiane. Gli artigiani infatti protestano per una serie di difficoltà tra le quali vi è il fatto che non ottengono alcun finanziamento. Attività di questo genere, che risparmiano petrolio importato dall'estero, producono parecchi posti di lavoro tecnico qualificato, non lavoro operaio, perché intervenire sulle caldaie, sulle coibentazioni, richiede competenze professionali, e questo tipo di opera non viene prestato da un operaio dequalificato. Gli operai dequalificati fanno parte di quella qualifica produttiva per la quale vi è sempre meno offerta di lavoratori e domanda di lavoro e i grandi problemi di riconversione e di nuova formazione professionale.
Presidente, sono state stanziate cifre notevoli per costruire la nuova diga di Combanera che alla fine produrrà l'acqua al costo di circa 2.000 lire al metro cubo. Quindi, la gente dovrà pagare l'acqua 2.000 lire al metro cubo e probabilmente il costo sarà anche maggiore, perché ci sarà un ricarico sullo stesso. Far pagare l'acqua 2.000 lire al metro cubo significa, agli attuali livelli di consumo, portare sulle famiglie un carico finanziario enorme con una rivolta inevitabile della gente.
A fronte di questo, sia con l'acqua già disponibile sia con quella che dovessimo procurarci ad un costo così elevato, potremmo avviare delle politiche di risparmio dell'acqua che consistono nell'installazione di semplici dispositivi per ridurre drasticamente i consumi delle famiglie.
Quindi, una fiscalità sulle risorse che aumenti il costo dell'acqua, ma che sia finalizzata a risparmiarla, e quindi a creare nel momento del risparmio posti di lavoro e attività produttive, diventa un momento importante per trasferire risorse dall'inutile spreco di materie prime importate verso la creazione di posti di lavoro.
Si potrebbero intraprendere moltissime inizitive di questo genere tutte rivolte ad un'area con una vocazione industriale, che non potrà rimanere legata alla grande fabbrica, perché ciò comporterebbe un declino.
Vogliamo contribuire a creare un tessuto forte di imprese performanti sul piano tecnologico? Ma come lo creiamo? Certamente non distribuendo i soldi ma creando le condizioni per convogliare le risorse in questi settori.
Con questi esempi volevo solo ribadire che i problemi occupazionali in parte derivano dal fatto che tutti noi, che saremmo deputati a preoccuparci dei nostri amministrati, talvolta teniamo troppo conto della realtà pensando sempre che l'unica cosa da fare sia quella di andare avanti nella normalità. Credo che non sia così, perché oggi ai gruppi dirigenti si chiede un grande sforzo innovativo. Penso che si possano trovare infinite opportunità sulla falsariga degli esempi che ho portato per dare degli impulsi alle società di intervento.
Ci sono enti strumentali che non sono delle vere società di intervento ma che semplicemente finanziano chi ha iniziative.
Perché non proviamo a creare delle vere società di intervento che utilizzino le iniziative per produrre ricchezza per gli altri, invece che essere delle società di pura distribuzione? La classe dirigente in un momento così difficile, non solo per Torino, perché il problema della deindustrializzazione riguarda tutta l'Europa, dovrebbe fare uno sforzo di immaginazione.



PRESIDENTE

La parola all'Assessore Cerchio.
CERCHIO, Assessore regionale Credo che il dibattito, svoltosi in due giornate di Consiglio regionale, anche se ad oggi non ha avuto sostanziali ricadute sugli organi di informazione, sia stato interessante ed utile e per nulla rituale se sapremo trarre le ricadute e le conseguenze ovvie. E' importante, infatti che, anche in un momento in cui l'interesse politico si accentra sugli aspetti istituzionali, vi sia tra le forze politiche una comune consapevolezza e un serio confronto sui problemi da affrontare. Certamente quello dell'occupazione deve essere al centro dell'attenzione dell'istituzione regionale piemontese, che, come il governo nazionale, deve fare alcune proposte.
Dal dibattito è emersa un'analogia di considerazioni e di valutazioni sulla natura della crisi, sulla complessità delle sue cause e sulla gravità degli effetti sociali che ne derivano. Questo è molto significativo ed importante, in quanto l'analisi di una situazione omogenea costituisce il presupposto per impostare una comune strategia di intervento.
La crisi del Piemonte, per quanto con caratteristiche proprie e peculiari, si ricollega obiettivamente alla crisi che investe non solo il nostro Paese, ma l'insieme dei Paesi europei.
Non a caso il tema dell'occupazione è stato al centro dell'incontro dei dodici capi di governo della CEE, realizzatosi la scorsa settimana a Copenaghen. In quella sede si è convenuto sul carattere strutturale della crisi economica europea ed è stato conseguentemente previsto un programma di interventi volti a rafforzare i fondi strutturali, a sostenere il sistema della piccola e media impresa e a potenziare le grandi reti di infrastrutture europee.
La Regione Piemonte, pur con tante difficoltà e percorsi in salita, è comunque attenta - lo è stata in questi mesi di proposizione e lo è in questi giorni nel momento in cui ha dato al nuovo Sindaco del Comune di Torino molte indicazioni riportate anche dai giornali, ad essere, come il Comune di Torino, interlocutore e soggetto attivo nella ricerca di una riforma di fondi strutturali. La Regione è attenta ed è stata attenta a cogliere le opportunità che offre la Comunità europea.
Nel corso del dibattito alcuni interventi hanno evidenziato l'importanza del rapporto fra la Comunità e l'uso degli strumenti comunitari. Ritengo che l'Assessorato all'industria con l'impegnativo lavoro che sta portando avanti, in particolare con l'applicazione del Regolamento comunitario n. 2052 sulle aree a declino industriale, dimostri in concreto la volontà di sfruttare fino in fondo le possibilità offerte dalla Comunità europea. Continueremo questo nostro rapporto ed impegno - lo dico anche al collega Picchioni - pur di fronte alla difficoltà delle Regioni di essere interlocutori interessati ad un minimo comun denominatore. Invito quindi il Governo affinché il Ministro degli Esteri il Ministro del Bilancio, il Ministro dell'Industria e il Ministro delle Politiche Comunitarie recitino una parte unitaria ed una voce sola nel rapporto comparato con la Comunità europea.
Assicuro che continueremo questo nostro impegno, e al riguardo devo dire che il Regolamento n. 2052 consente, in un momento di crisi della finanza pubblica nazionale e locale, un apporto consistente di risorse finanziarie esterne che permettono di sfruttare meglio le limitate disponibilità interne e a determinare nel complesso un positivo effetto moltiplicatore. Voglio anche rilevare che alcune difficoltà di gestione, da qualcuno qui richiamate, non sempre dipendono da una mancanza di programmazione dell'Amministrazione regionale piemontese o da un'insufficiente chiarezza nella definizione degli obiettivi, ma hanno la loro origine nella limitata capacità progettuale dei soggetti pubblici e privati che nella fase della presentazione sono stati in qualche misura carenti. Tale carenza talora si è manifestata anche a livello locale soprattutto in quelle aree come la Valle di Susa o l'Ossola dove l'intensità della crisi e la radicalità del processo di deindustrializzazione in atto da tempo ha ridotto i soggetti, le risorse e le condizioni per avviare una progettualità efficace.
Debbo anche ribadire, poiché questo argomento è stato sollevato nel dibattito, che la Giunta regionale è consapevole della necessità di estendere l'intervento comunitario del Regolamento n. 2052 ad altre aree oltre che a quelle riconosciute. L'abbiamo fatto con coesione in queste settimane riproponendo non solo le aree indicate, ma anche il Comune di Torino che oggi più drammaticamente di quanto non avvenga per la Provincia di Torino ha tassi di disoccupazione elevati. Per quanto riguarda alcune aree dell'Alessandrino, l'intervento è stato portato avanti in coerenza con gli impegni assunti nel confronto decentrato con il territorio. Il Novese il Tortonese, la Valle Scrivia, il Vercellese, l'Astigiano ed altre aree in qualche misura, sono diventate l'oggetto della proposta ufficiale della Regione. Naturalmente il percorso non è facile, per il rapporto comparato e talvolta anche conflittuale con il Governo e con la Comunità europa.
Altro aspetto che mi pare opportuno riprendere è quello riguardante il contesto nazionale, già rilevato dal Consigliere Marengo nel suo intervento. Credo di essere in sintonia con le cose già dette riproponendo la necessità che il Governo diventi soggetto attivo anche nel campo delle politiche industriali.
In questi ultimi anni la legge n. 317 è stato l'unico intervento di politica industriale attivato a livello nazionale, mentre in questi giorni è diventato esecutivo sia il decreto attuativo dei distretti industriali sia quello relativo ai consorzi, sui quali lavoreremo nelle prossime settimane.
Credo che la considerazione sia abbastanza ovvia: il superamento della crisi del Piemonte richiede un'evoluzione positiva dell'intero Paese. Le grandi scelte di politica economica e finanziaria, le strategie di politica industriale e del lavoro, la riorganizzazione delle grandi reti infrastutturali - elementi ritenuti determinanti o comunque fondamentali per uscire dalla crisi - sono prevalentemente decise a livello nazionale.
L'azione della Regione è quindi condizionata, ma questo non deve diventare l'alibi per non attivare fino in fondo il nostro ruolo propositivo, anche in qualche modo provocatorio. Nell'attuale sistema di rapporti e di competenze ci dobbiamo impegnare maggiormente sui grandi obiettivi dell'occupazione, dell'innovazione dell'apparato produttivo, della qualificazione, del potenziamento delle infrastrutture.
E' ovvio che una certa precarietà o provvisorietà dei Governi nazionali negli ultimi tempi, anche legati ad aspetti che avevamo provocatoriamente e positivamente introdotto, ha frenato qualche momento di avvio. Credo che queste considerazioni non attutiscano il ruolo e l'impegno da assumere a livello locale affinché ci sia una Regione forte (come la chiamava il Consigliere Tapparo nel suo primo intervento della scorsa settimana), pur con tutte le condizioni e i limiti ai quali il Consigliere Marengo faceva riferimento relativi al difficile ruolo di un Assessore al lavoro all'industria e alla formazione professionale e a tante emergenze del Piemonte cui si sommano anche i limiti legati al discorso della programmazione.
Nella relazione introduttiva ho affermato la necessità di rafforzare il ruolo della Regione per seguire una politica di sviluppo e partendo dall'esperienza di lavoro concreta ho indicato gli interventi regionali soprattutto sui versanti della politica industriale, della politica attiva del lavoro e della formazione professionale. In un momento di grande difficoltà, di debolezza congiunturale e strutturale, occorre guardare la formazione professionale come uno strumento il più attuale possibile, per utilizzarlo in modo sempre più intelligente e flessibile.
Su questo versante non ci siamo limitati ad evidenziare semplicemente una mappatura dei problemi; certo è necessaria averla, ma abbiamo cercato anche di indicare le direzioni verso le quali ci stiamo muovendo e i possibili, ulteriori sviluppi delle nostre linee di azione nei prossimi mesi. Molti auspicano iniziative ulteriori; tuttavia il dibattito stesso dimostra come obiettivamente sia difficile realizzarle in concreto.
Per quanto riguarda le strategie molti colleghi hanno condiviso le mie indicazioni, presentando come proprie strategie le stesse sostanziali indicazioni che questa Giunta regionale aveva già proposto nella sua relazione. Mi riferisco in particolare alle sollecitazioni volte a rilanciare la programmazione regionale, che non avrà ancora un riferimento certo con il Piano regionale di sviluppo, ma sarà uno strumento indicato dal CREL non rigido come potrebbe essere un Piano regionale di sviluppo, ma uno strumento agile che periodicamente esaminerà i problemi di concerto con tutte le parti sociali.
Il Piemonte sta attraversando una fase risolutiva per il suo futuro l'obiettivo è quello di uscire dalla crisi con un sistema produttivo profondamente e dolorosamente cambiato, ma in grado in qualche modo di reggere la concorrenza delle altre aree forti europee.
Al di là delle differenze fra il Piano regolatore di una città metropolitana con quattro o cinque milioni di abitanti e quello proposto dalle forze politiche di Torino, peraltro non vincenti, per una città in riduzione di mezzo milione di abitanti, dobbiamo certamente muoverci con un'attenzione diversa. La Regione oggi deve essere un organismo di legislazione e di programmazione, un interlocutore attento nei confronti della nuova Amministrazione comunale di Torino.
In questo senso, la scorsa settimana, a nome anche dei colleghi, ho formalizzato un confronto con il nuovo Sindaco della città sul problema della industrializzazione e del recupero e della riforma dei fondi strutturali. Dal confronto (tra la città capoluogo e la Regione) sicuramente si determineranno dei risultati concretamente unitari.
Il Piemonte può percorrere con decisione la strada che porta alla soluzione della crisi che vada verso una visione di area forte europea; se non fosse così rischieremmo di imboccare la strada alternativa del lento declino.
La questione grave, già evidenziata da alcuni interventi, è relativa al mutamento della strategia economica del Piemonte che si sta palesando intorno all'evidente crisi della grande azienda FIAT. La domanda che rivolgo a me stesso è come incidere sui processi di diversificazione e di internazionalizzazione e come creare alternative produttive ed occupazionali per evitare che la realtà piemontese, tradizionale motore dello sviluppo nazionale, si arresti inesorabilmente.
Le strade fin qui tentate, oltre all'immediata iniziativa di allargamento delle aree di applicazione del Regolamento comunitario n.
2052, sono state quelle della concertazione, cui devono partecipare le grandi imprese e il Governo, mirante soprattutto a precisi accordi di programma. E' in questo senso il richiamo al decollo di uno strumento nuovo di esame e di programmazione. Invito il Consiglio regionale ad accelerare i tempi, in quanto è giacente da tre/quattro mesi il disegno di legge sul CREL. come sede in cui costruire un progetto-programma di più largo respiro.
L'alta progettualità auspicata deve partire dalle grandi infrastrutture e dalle reti di servizio nelle loro molteplici valenze, in primo luogo come volano dello sviluppo; in secondo luogo per l'abbattimento dei costi al fine di favorire la competitività delle imprese, riducendo i costi energetici, i costi di trasporto e, più in generale, tutti i costi relativi ai servizi di rete; infine, per creare un sistema di opportunità o di convenienza utile ad attrarre investimenti e a collocare la realtà piemontese nei grandi circuiti finanziari ed imprenditoriali europei. Se ciò non avviene, non serve "piangere" sulle occasioni perdute e sulla concorrenza delle contigue regioni francesi.
L'obiettivo è far conoscere tutti gli strumenti necessari per la ripresa dello sviluppo e per fornire alla regione padana un'area economica un sistema economico e finanziario contraddistinti da un'alta efficienza interna e dalle interdipendenze necessarie, per essere competitivi nei confronti delle altre grandi aree europee.
E' certamente un obiettivo non facile, ma ambizioso, che in questa fase di grave crisi si può raggiungere solo con il concorso di tutti gli operatori e delle parti sociali, e con la capacità di dar vita ad una progettualità alta, che accompagni la vocazione industriale ancora forte della regione ad un terziario che ne sia all'altezza.
Tutto ciò ha un presupposto importante: la massima valorizzazione delle risorse umane del Piemonte, che per essere efficace deve partire dalla scuola. Quindi è necessario incidere profondamente sulla formazione professionale.
L'innovazione è necessaria, ma non deve essere subìta passivamente dalle componenti interessate, e tanto meno dalla forza lavoro, che deve essere partecipe del continuo adeguamento professionale.
E' significativo il fatto che in previsione del dibattito odierno, alla vigilia della seduta del Consiglio regionale della scorsa settimana, siano unitariamente intervenute le Organizzazioni sindacali e l'Unione Industriale - era presente anche il Presidente della Giunta regionale - per proporre alla Regione un documento unitario per la realizzazione di grandi aree da destinare allo sviluppo industriale. In questo senso, e prescindendo dal merito, abbiamo già attivato una serie di confronti.
La crisi del Piemonte, come generalmente emerso dal dibattito, è certamente grave e sono forti i rischi di dovere pagare un prezzo pesante.
Credo comunque che il dibattito, al di là dei suoi limiti, abbia in questi due giorni evidenziato che non mancano nelle istituzioni le necessarie idee per far sì che le cose vadano diversamente; sarà compito ed impegno della Giunta e del Consiglio regionale, anche alla luce di una serie di documenti che verranno posti in votazione, compiere un ulteriore passaggio in termini di ricaduta operativa.
L'unico giornale che ha riportato, in sei righe, il dibattito della scorsa settimana, ha accreditato al mio amico e collega Tapparo una dichiarazione nei miei confronti secondo la quale io avrei svolto, in questi anni, un'attività notarile. Personalmente, ritengo di essere stato un attento osservatore; indipendentemente dalla battuta del collega, non ho vocazione notarile, sono un semplice laureato in legge e non esercito nemmeno la professione. Credo comunque che il notaio Cerchio da Baldissero così come magari il notaio Genovese da Valenza o il mio predecessore notaio Tapparo o il futuro collega che sarà Assessore al lavoro e alle emergenze si troveranno a svolgere anche il ruolo di notai o, come dice il mio Capogruppo, di "crocerossino". Come Assessori dobbiamo fare anche queste cose: nella quotidianità e nell'emergenza dobbiamo prestare attenzione anche a quanti vengono espulsi dai cicli produttivi e quindi alle singole realtà umane e personali. Credo però che il governo della Regione Piemonte che qualcuno reiteratamente continua a ritenere non abbia quadri di riferimento o di programmazione politica, avrà la forza di continuare nel proprio lavoro, e chi dopo di noi - e di me si troverà a svolgere la funzione di Assessore regionale alle tante emergenze, non troverà scheletri negli armadi, ma un po' po' di fieno.
Al collega Giuliano dico che, pur in mezzo alle difficoltà, non intendiamo ripercorrere strade antiche. Abbiamo cercato, e non è facile, di dare risposte non congiunturali ad una crisi strutturale; non abbiamo un ventaglio di strumenti sforacchiati come richiamava il collega Calligaro ma una serie di strumenti che tutti i soggetti, pubblici e privati potranno in qualche modo utilizzare a partire dalle opportunità a disposizione entro il 30 luglio - sapendo che entro il 1995 ci sarà una ricaduta sul territorio nella provincia di Torino e nell'Alto Novarese di circa 580 miliardi di investimenti.
Non ho alcun dubbio, infine, sull'utilità - uso una delle ultime battute del Consigliere Chiezzi - "ecologica" di intervenire sulle sponde di alcuni fiumi - il collega ne citava quattro; credo però che occorranno ben altre sponde allo sviluppo del Piemonte.
Non credo che in un momento di grande necessità quale quello attuale questo disegno sostanzialmente bucolico, virginiano, dello sviluppo intriso della tradizionale analisi marxista dell'economia che il collega Chiezzi ha indicato, possa tracciare una strada nuova per la ripresa del nostro Piemonte; strada sulla quale credo che questa Giunta non sia assolutamente d'accordo.



PRESIDENTE

La parola al Presidente della Giunta, Brizio.
BRIZIO, Presidente della Giunta regionale Signor Presidente, colleghi Consiglieri, qualche volta questo Consiglio regionale riesce a dare prove di straordinaria vitalità.
BOSIO Non è questo il caso! BRIZIO, Presidente della Giunta regionale Io dò un giudizio, Consigliere Bosio. Sono prove di straordinaria vitalità che contraddicono magari richieste di anticipato scioglimento. E dico di straordinaria vitalità e di singolare discussione perché seguo sempre tutti i dibattiti e devo dire che questa volta partendo dal tema occupazionale sono stati trattati tutti i temi della Regione relativi ai quattro documenti programmatici, come mai era stato fatto. Infatti questi documenti sono sempre stati oggetto di disattenzione - consentitemelo da parte del Consiglio nel suo complesso e forse anche da parte della Giunta che non ne ha chiesto tempestivamente la discussione, e si sono discusse invece reiterate richieste di dimissioni o altri argomenti di minore importanza.
Siamo in una situazione complessa perché guardando i riferimenti alla situazione internazionale - non parlo della crisi mondiale e neppure di quella europea - si può vedere come l'Europa sia tutta in B. Se prendiamo come riferimento gli indici di Maastricht, si nota che non c'è più un Paese che sia a posto con questi indici.
In presenza del Ministro Colombo in un passaggio del mio intervento su Maastricht ho riconfermato la mia opinione sulla grande validità politica di questo accordo, ma ho anche detto della sua grande debolezza tecnica.
Tale debolezza tecnica sta emergendo in un momento di crisi e dimostrerà probabilmente che gli indici vanno rivisti e che più degli indici conteranno ancora una volta i riferimenti alle economie reali. Il discorso andrà rivisto con attenzione ed è paradossale che l'Europa perda colpi mentre grandi economisti ipotizzano che vincerà la guerra del Duemila.
Questa è la situazione di oggi, complessa e difficile. In questa situazione di crisi dell'Italia c'è la crisi del Piemonte, regione produttrice a livello industriale. Al riguardo credo che il Piemonte non abbia bisogno di due cose: di un rilancio della cultura della crisi e della rassegnazione che, come è già stato citato in più di un intervento, ha caratterizzato un periodo storico della nostra vita con danni negativi rilevanti. Il Piemonte non ha bisogno inoltre di una nuova demonizzazione degli interventi infrastrutturali o di una ricerca esasperata di qualificazione diversa in questi interventi. Se è vero, come diceva il collega Tapparo, che non bastano gli interventi infrastrutturali, credo sia vero che occorrono comunque degli investimenti anche nelle strutture. Non bisogna esaltare il discorso della politica keynesiana, ma neanche penalizzarlo, dicendo "vince la politica dura degli indici", perché la soluzione del problema italiano ed europeo sta probabilmente nella realtà e nella pratica pragmatica delle situazioni degli interventi.
A questo discorso si lega anche il tema largamente criticato del mio costante ottimismo sulla situazione economica mondiale ed europea. E' un ottimismo che nasce non da superficialità, ma dalla convinzione che da questa situazione si può in qualche modo uscire se si superano la rassegnazione e l'incertezza.
Mi ha fatto molto piacere ieri, al dibattito dell'Unione Industriale al primo incontro ufficiale con il neo Sindaco Castellani, che questi abbia concluso il suo intervento dicendo: "in fondo c'è soprattutto bisogno di fiducia". Castellani ha testualmente detto: "La fiducia è la risorsa che si autoalimenta di più di ogni altra". Credo che non potevo avere più autentico sostenitore del nuovo Sindaco di Torino all'Unione Industriale e l'ho anche rilevato nel mio successivo intervento, riprendendo questo tema.
CHIEZZI E' il principio del moto perpetuo.
BRIZIO, Presidente della Giunta regionale Ognuno ha la sua teoria: lei, collega, pensa che gli investimenti nell'ambiente abbiano delle particolari valenze; io penso che ne abbiano certamente, ma non credo che si possa puntare allo sviluppo solo con investimenti nell'ambiente.
Il Piemonte ha il progetto, illustrato più volte, di puntare su un nuovo sviluppo al centro dell'Europa, lavorando sulla strutturazione della Regione, sul campo dell'economia e anche sulla reindustrializzazione, non dimenticando gli interventi nel settore sociale ed ambientale. Su questo terreno si svolge l'azione di governo della Giunta regionale, sia a livello delle risorse di bilancio sia a livello di azione politica, che non è marginale.
Le risorse di bilancio sono fortemente limitate. Se dovessimo limitare l'azione di sostegno dell'economia alle risorse di bilancio, che pure sono prioritarie nelle nostre scelte perché su quelle possiamo contare, potremmo fare ben poca cosa. Quando abbiamo incontrato il Governo nella Conferenza Stato-Regioni della settimana scorsa, il Ministro al Bilancio, Spinelli indipendente di sinistra, quindi non culturalmente legato ad una storia reazionaria, ha illustrato con il Presidente Ciampi l'impostazione della legge finanziaria 1994: spese correnti, incremento zero; spese in conto capitale, incremento zero (in numerario, vale a dire riduzione reale almeno del 3% delle risorse complessive che verranno messe a disposizione del Paese nel 1994).
Questo è il quadro che dobbiamo aspettarci. Nell'incontro con il Governo fissato per l'8 luglio affronteremo più a fondo gli aspetti della legge finanziaria, ma ci muoviamo su questo terreno. Quindi bisogna raccogliere tutte le energie, cercando di andare, per quello che ci riguarda, verso una programmazione lineare e semplice, cercando di eliminare, com'era nel nostro programma, una serie di leggi non gestibili.
La Giunta ha esaminato nella seduta di ieri, ed approverà nella prossima, un progetto di legge che semplifica completamente le procedure di programmazione: abolisce la L.R. n. 34, abolisce la parte programmatoria della L.R. n. 18, punta sul Fondo degli investimenti per l'occupazione utilizza e riprende il disegno del CREL. che era autonomo, e lo inserisce nella legge di programmazione. E' una legge agile che consegniamo all'attenzione di questo Consiglio come mezzo per programmare in base alla realtà le nostre risorse, perché programmare sui sogni è molto difficile; o meglio, è facile, ma rimane una programmazione che non conclude e che non porta a dei risultati. Questo lo connetteremo alla legge sul bilancio che è all'esame e sarà la nostra proposta operativa concreta in risposta alle esigenze del momento.
Naturalmente dobbiamo anche svolgere un'azione di governo di largo respiro, aumentare il peso della Regione Piemonte in un momento in cui si va delineando un'attenzione alle nuove risorse finanziarie. Con questo Governo - che io mi auguro sinceramente, al di là dei desideri di qualcuno duri più di quanto si ipotizza - noi abbiamo delle notevoli possibilità di appoggio da parte delle Regioni. Abbiamo innanzitutto un Ministro alle Regioni che è un regionalista, un costituzionalista di grande valore, l'on.
Paladin, e che ci sta dando un forte appoggio anche sul piano legislativo.
Ha annunciato in sede di Conferenza Stato-Regioni che punterà all'attuazione completa della legge n. 158, che è quella sulla finanza, che prevede una revisione del bilancio dello Stato e della redistribuzione delle risorse fra Regioni e potere centrale. Nel frattempo lo stesso Sottosegretario alla Presidenza del Consiglio, on. Maccanico, ha annunciato di riprendere operativamente questo tema e di averne parlato recentemente con il Presidente Ciampi. C'è ormai la convinzione - se sarà forte, tale da superare le difese della burocrazia centrale, potrà diventare operante che attraverso un decentramento della spesa si potrà ottenere maggiore efficacia e forse un contenimento di talune spese.
Questa è la carta che dobbiamo giocare in questo momento e che porteremo avanti come Regioni nel complesso e come Regione Piemonte in particolare.
Riprenderemo anche il tema dell'accordo di programma. Purtroppo da quando si è cominciato a parlare dell'accordo di programma con il Governo sono cambiati tre Ministri del Bilancio. Spinelli ha delegato al Sottosegretario Grillo la trattazione degli accordi di programma. La documentazione che ci è stata fornita in questi giorni dal Ministero del Bilancio è di grande interesse. C'è tutta una serie di progetti che possono anche essere finanziati rapidamente. Taluni di questi progetti sono poi gli stessi che vediamo apparire sul documento della Fondazione Agnelli o nell'elenco dei diciotto progetti di Salza, che non sono invenzioni diverse dai progetti degli enti locali e delle Province, che hanno già il loro corso. Tutto questo solo per dare a Cesare quello che è di Cesare, come mi pare sia giusto dare, cogliendo tutti gli apporti che ci vengono, ma rivendicando anche con forza il ruolo che la Regione sta svolgendo.
Siamo impegnati anche sul terreno della reindustrializzazione per creare le condizioni adatte alla stessa. Sempre più l'ente pubblico non è imprenditore, non agisce in proprio, ma deve creare, attraverso la sua politica, le condizioni perché ci siano gli insediamenti industriali. Allo scopo di creare queste condizioni ci siamo anche impegnati sul tema dell'immagine: Piemonte International è un esempio della ricerca attraverso Finpiemonte di creare un'immagine Piemonte.
Tutto questo si sta muovendo e non è aria fritta, sono cose che contano nelle aspettative industriali.
Nella sua relazione di ieri all'Unione Industriale, Rambaudi ha detto pur ammettendo le difficoltà del Piemomte e dell'industria piemontese, che soltanto nella provincia di Torino ci sono settanta richieste di apertura attività da parte di aziende. Ha posto in evidenza come il gap di competitività con la Regione francese Rhone-Alpes si stia fortemente riducendo. Se disporremo di aree industriali attrezzate a basso costo potremo aprire una campagna competitiva forte a livello di sistemi regionali.
In questo quadro si inserisce quanto detto dall'Assessore Cerchio sull'incontro che abbiamo avuto con i sindacati e con gli imprenditori, i quali hanno chiesto la nostra partecipazione alla ricerca di soluzioni concrete e di programmazione effettiva sul territorio. La nostra risposta è stata positiva, abbiamo però posto una condizione: che le aree che concretamente si vanno delineando si realizzino intorno a nuclei già vivi e che hanno perso vitalità, perché non possiamo intaccare ulteriormente il territorio sulla base di ipotesi astratte, come molto spesso si è fatto in passato (si veda il caso dell'AIAS di Vercelli che è stato un investimento a lungo ritorno). Oggi non possiamo fare investimenti a lungo ritorno quando ogni lira che lo Stato spende, siccome è una lira di debito pubblico, costa già 10 lire, pur con gli attuali bassi tassi di sconto.
Questa è la realtà.
Dobbiamo agire su un terreno molto pratico, e su questo terreno siamo disponibili ad usare anche gli strumenti che la Regione Piemonte si è data come per esempio il PTO sul campo urbanistico, con una legislazione che potrebbe essere, in questo momento, la vera prova dei fatti. Siccome la prova dei fatti di questo strumento urbanistico purtroppo non c'è stata anche se è stata una delle modifiche della L.R. n. 56/77 più positiva in linea teorica e più difficile in linea pratica, la faremo ora sul tentativo di rendere competitiva la Regione Piemonte anche sul terreno della reindustrializzazione.
Non basterà quello che possiamo fare noi, abbiamo bisogno che siano rifinanziate le leggi nazionali, che la legge del Mezzogiorno, che è stata finalmente modificata, consentendo anche degli interventi al nord, dia davvero la possibilità a questi interventi di concretizzarsi. Abbiamo bisogno che anche i famosi miliardi del Ministro Borghini vadano finalmente in porto e non rimangano sulla carta.
Su tutto questo siamo impegnati con forza per chiedere che il Piemonte non sia, in questo momento, in alcun modo dimenticato, e stiamo conducendo questa battaglia con poca attenzione da parte degli organi di stampa! Non ho avuto timore ieri ad esprimere questa posizione; l'ho espressa con molta chiarezza e ne è testimone la Presidente Spagnuolo che era al mio fianco.
Non può essere più accettato il fatto che quando il Piemonte esprime le sue posizioni, i detentori dell'opinione pubblica di questa Regione le snobbino! La questione RAI, per fare un esempio, è stata pubblicata su tutta la stampa nazionale; il nostro giornale considera di grande dignità la richiesta di Milano, naturalmente localistica la richiesta di Torino. Se questo è il livello dei sedicenti detentori dell'opinione pubblica la battaglia diventa difficile.
Diventa difficile anche per altre iniziative importanti, come quelle della formazione professionale al BIT. La formazione professionale superiore di carattere europeo con l'ONU è una proposta interessantissima.
Ci siamo candidati, ci siamo mossi. E' venuto Boutros Ghali, il Segretario delle Nazioni Unite, per parlare di questo tema. Questa proposta, che è certamente affascinante, incontra delle difficoltà, perché siamo in competizione con la Baviera. Nasce improvvisamente una candidatura di Milano che si presenta per l'Agenzia dell'ambiente in lotta contro Berlino.
Tutte e due non passeranno, allora penso - guardo Miglio negli occhi e rispondo implicitamente anche al Consigliere Chiezzi che sia più utile quella della formazione professionale che non quella dell'ambiente a Milano, nell'interesse non solo del Piemonte, ma dell'Italia intera, del lavoro e di quel grande tema della formazione delle risorse umane che ci interessa tanto e che si allarga poi al contatto con gli altri elementi di formazione professionale dell'est. L'allargamento ad est è la strada vincente dell'Europa, insieme ovviamente all'allargamento ad ovest.
Questo è il momento che viviamo. Se prevale la logica del pessimismo e la logica dell'autodenigrazione, del disfattismo e del disinteresse a qualunque iniziativa che parte in Piemonte, perché la si dà perdente, non convinta o non legata alle marce di Bossi, il discorso diventa complesso.
Anche questo è un tema sul quale dobbiamo riflettere; quello del Piemonte è un problema di vitalità che esiste e che va colto, ma non possiamo più regalare niente e dobbiamo muoverci con grande impegno, perché siamo una Regione che è una risorsa nazionale! Questo tema l'avevo sfiorato anche nell'intervento di fronte al Presidente della Repubblica. Credo che non sarà sfuggito a chi era presente. Questo tema lo ripeteremo con forza e ho avuto agio di esprimerlo anche nei contatti con i vari Ministri. Ho cercato di contattare tutti i Ministri dei settori di spesa operanti e ho avuto un incontro - cito quello che mi è interessato di più con il Ministro Colombo, dal quale sono andato con il Prorettore dell'Università, prof. Conte. Siamo andati per parlare del Centro di supercalcolo e dell'importanza di portare avanti questa iniziativa vitale, per far sì che anche le medie e le piccole industrie abbiano gli strumenti della qualificazione produttiva, che sono quelli della reindustrializzazione del Piemonte. Non possiamo pensare ad una reindustrializzazione del Piemonte su una qualità bassa. La qualità bassa è perdente; dobbiamo pensare ad una reindustrializzazione del Piemonte sulla qualità alta, e su questo terreno siamo andati a chiedere, non un aiuto assistenziale, ma un aiuto giusto per consentire anche al Piemonte di avere risorse necessarie per una formazione professionale di alto livello. Ci è stata assicurata grande attenzione; vedremo se saremo capaci di ottenere risposte positive.
Siamo impegnati a far questo sul concreto, con forza, per sostenere la ripresa del Piemonte e l'occupazione. Se si vogliono dare consigli migliori, indicazioni di atteggiamenti più positivi, siamo disponibili.
Finché avremo la responsabilità di condurre questa Giunta in un momento così difficile non ci sentiamo rassegnati: lavoriamo con grande impegno anche se da un lato dobbiamo fare molto "tamponamento" e dall'altro delle corse alla ricerca di investimenti.
Soprattutto siamo convinti che il ruolo del Piemonte vada difeso con forza e che ci sia in questo momento anche la possibilità di convogliare delle attenzioni verso la nostra Regione. Il discorso dell'Alta Velocità del sistema ferroviario e il discorso dell'autostrada che collega Cuneo ad Asti vanno tutti in questo senso. Non credo che si possa dire che questi investimenti hanno meno valenza di investimenti ambientali: hanno valenza vitale per la nostra Regione e lavorare per questi investimenti significa riproporre un Piemonte forte sul campo economico e sul campo occupazionale.



PRESIDENTE

Informo i Consiglieri che sono stati presentati diversi ordini del giorno. I Gruppi informalmente possono consultarsi e quindi oggi pomeriggio vedremo se potrà esserci qualche confluenza tra i vari documenti presentati o se invece rimarranno tali.
Alle ore 14,45, in sala A, ci sarà un incontro con l'Assessore Fulcheri e il Presidente della Giunta per i problemi del Coro della RAI, al quale possono partecipare tutti i Consiglieri interessati.
Ricordo che una delegazione di artigiani, che non si era preannunciata e che era venuta per parlare con l'Assessore all'agricoltura, ha chiesto di incontrare i Capigruppo. Poiché la riunione per il Coro della RAI si prevede brevissima, ritengo che alle ore 15 sarà possibile incontrare la delegazione di artigiani in Sala Viglione.
La sessione pomeridiana del Consiglio avrà inizio alle ore 15,30.
La seduta è tolta.



(La seduta ha termine alle ore 13.50)



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