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Dettaglio seduta n.232 del 18/05/93 - Legislatura n. V - Sedute dal 6 maggio 1990 al 22 aprile 1995

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Argomento:


PRESIDENZA DEL PRESIDENTE SPAGNUOLO


Argomento: Rapporti delle Regioni con l'ordinamento comunitario

Risposta scritta all'interrogazione n. 1013 dei Consiglieri Vaglio e Bodrero, inerente l'istituzione presso la CEE del Comitato delle Regioni

Argomento: Problemi generali - Problemi istituzionali - Rapporti con lo Stato:argomenti non sopra specificati

Risposta scritta all'interrogazione n. 1221 dei Consiglieri Rabellino Vaglio e Bodrero, inerente la lettera inoltrata dal Ministro Formica ai contribuenti in data 13/3/1992, verrà data risposta scritta da parte del Presidente della Giunta


PRESIDENTE

La seduta è aperta.
Comunico che all'interrogazione n. 1013 dei Consiglieri Vaglio e Bodrero, inerente l'istituzione presso la CEE del Comitato delle Regioni, e all'interrogazione n. 1221 dei Consiglieri Rabellino, Vaglio e Bodrero inerente la lettera inoltrata dal Ministro Formica ai contribuenti in data 13/3/1992, verrà data risposta scritta da parte del Presidente della Giunta.


Argomento: Protezione civile

Interpellanza n. 1243 dei Consiglieri Chiezzi e Maggiorotti inerente la composizione, compiti e gestione del Servizio regionale di Protezione civile


PRESIDENTE

Passiamo ora ad esaminare l'interpellanza n. 1243 presentata dai Consiglieri Chiezzi e Maggiorotti cui risponde il Presidente della Giunta Brizio.
BRIZIO, Presidente della Giunta regionale In risposta all'interpellanza n. 1243 si precisa quanto segue.
1) La vigente pianta organica del Servizio di Protezione civile risulta così composta: un posto di X qualifica, esperto un posto di IX qualifica, Capo Servizio due posti di VIII qualifica due posti di VI qualifica due posti di IV qualifica.
Attualmente i posti coperti sono i seguenti: un posto di X qualifica, esperto di Protezione civile, responsabile Progetto Aziende a rischio un posto di IX qualifica inserito a part-time nel Progetto Aziende a rischio un posto di VIII qualifica facente funzioni di Capo Servizio un posto di VIII qualifica tre posti di VI qualifica.
La struttura non è nella situazione ottimale né a livello di organico né a livello di posti effettivamente coperti per fornire le risposte necessarie a soddisfare le richieste che provengono dal territorio (enti locali cittadinanza, associazioni di volontariato, scuole, Università). Per ovviare a tali inconvenienti sono state avviate le necessarie richieste al fine di potenziare l'organico.
2) I compiti svolti dal Servizio di Protezione civile sono regolati dalle seguenti leggi: a) legge nazionale 24/2/1992 n. 225: "Istituzione del Servizio nazionale di protezione civile" b) legge regionale 3/9/1986 n. 41: "Disciplina degli interventi regionali in materia di protezione civile" c) legge regionale 12/3/1990 n. 10: "Valorizzazione e promozione del volontariato della protezione civile".
Le funzioni spettanti al Servizio di Protezione civile (come risulta dai piani di lavoro 1992) sono: attività di protezione civile finalizzate alla conoscenza del territorio e alla realizzazione del piano poliennale di protezione civile.
A tal fine sono stati istituiti n. 5 Comitati Tecnici consultivi: a) eventi naturali - n. 1 b) inquinamenti - n. 2 c) incendi e catastrofi - n. 3 d) nucleare - n. 4 e) previsione e coordinamento organizzato dell'emergenza finalizzata alla messa a punto della Sala operativa - n. 5.
Quest'ultimo Comitato si occupa dell'organizzazione della Sala operativa in collegamento con la Sala situazioni del Settore geologico, che consentirà al Servizio di coordinare le attività di protezione civile (previsione, prevenzione, soccorso e ripristino) con gli altri Assessorati regionali, con gli Enti locali e le Prefetture e di supportare l'attività di soccorso, in caso di emergenza coordinata dal Prefetto costituzione del Centro Operativo Regionale (COR), che sarà la struttura interassessorile che avrà il compito di organizzare, in modo coordinato, le attività sopracitate utilizzazione del lavoro dei Comitati soprattutto per la definizione delle mappe di rischio e i relativi indicatori. Tali studi sono finalizzati alla stesura del piano poliennale di protezione civile e per dare un contributo alla realizzazione dei piani comunali di protezione civile attività di analisi dei dati territoriali sul rischio e realizzazione di una banca dati di protezione civile (SIPROC) presso il CSI-Piemonte revisione della L.R. n. 41/86 alla luce delle competenze che la legge nazionale n. 225/92, art. 12, affida alle Regioni gestione della L.R. n. 10/90: "Valorizzazione e promozione del volontariato della protezione civile". A dicembre 1991 è stato costituito un Comitato regionale di coordinamento per il volontariato che ha avviato una serie di iniziative per coordinare, organizzare e promuovere le attività presenti sul territorio piemontese: iscrizione al Registro regionale del volontariato in base alla legge nazionale n. 266/91 organizzazione dei gruppi comunali di volontariato in base alla L.R.
n. 10/91 partecipazione ad esercitazioni di volontariato, promozione di convegni (Ecopoli - 5/13 dicembre 1992) sul volontariato e protezione civile pubblicazioni, manifesti, bollettino di informazione, per divulgare le attività di protezione civile e del volontariato di protezione civile.
3) Il Servizio di Protezione civile non ha mai gestito direttamente le somme assegnate alla Regione, che sono state invece gestite dai vari Assessorati: Assessorato opere pubbliche ed ambiente.
Il Servizio di Protezione civile, in collegamento con il Settore bilancio e ragioneria, sta mettendo a punto una procedura che consenta di quantificare in modo esatto gli introiti che vengono effettuati sul Fondo di Protezione Civile (capitolo di entrata con relative ordinanze) e definire, di conseguenza, una procedura di spesa con i capitoli di uscita gestiti dai vari Assessorati regionali (ambiente, opere pubbliche, ecc.) che consenta alla Protezione civile regionale e a quella nazionale di effettuare sui fondi erogati i controlli e le verifiche sulla pertinenza della spesa rispetto alle ordinanze ministeriali che tale spesa hanno realizzato.
Dal 1987 ad oggi le somme assegnate sono quantificabili, in base alle ordinanze ministeriali, in 200 miliardi circa.
4) I rapporti intercorrenti fra il Servizio di Protezione civile e gli Assessorati destinatari del finanziamento sono rivolti alla messa a punto di una procedura di rendicontazione sull'impiego delle somme erogate.
5) Un progetto di potenziamento è in corso ed è intendimento rifornire il Servizio di Protezione civile di personale in grado di gestire le attività di previsione e prevenzione che sono i compiti principali della Regione in materia di protezione civile.
E' in atto una trattativa con il personale, in base agli istituti contrattuali vigenti, per risolvere il problema delle presenze in Sala Operativa di dipendenti per le h. 24.
Con deliberazione di Giunta si sta costruendo il Centro Operativo Regionale (COR), formato dai funzionari degli Assessorati interessati ai problemi di protezione civile. Tale Centro ha il compito di fungere da supporto alla Sala Operativa.



PRESIDENTE

La parola al Consigliere Chiezzi.
CHIEZZI Grazie, Presidente. Colleghe e colleghi, il Presidente ha letto una risposta che mi pare tipica produzione dell'apparato interessato dall'interpellanza, e nulla ha aggiunto ad una lettura di governo a quanto contenuto in relazione.
La risposta giunge un anno dopo la presentazione dell'interpellanza che, un anno fa, sollevava problemi di non congruità dell'organizzazione del Servizio di Protezione civile rispetto ai compiti di istituto.
Probabilmente, questa stessa risposta il Presidente Brizio avrebbe potuto leggerla un anno fa: non so cosa sia cambiato. Dalla risposta del Presidente emerge che il Servizio non è adeguato né dal punto di vista dell'organico né dell'inserimento all'interno delle procedure alle quali il Servizio è chiamato a concorrere.
In particolare, a mio avviso, c'è un punto da analizzare con grande cura. Il Servizio - ha detto il Presidente - non ha mai gestito le somme a disposizione per interventi di protezione civile, che sono state invece gestite dagli Assessorati alle opere pubbliche e all'ambiente, anche se comunque, il Servizio rimane in qualche modo coinvolto da questi interventi.
Dalla risposta del Presidente emerge che il Servizio - direi la Regione non è in grado di quantificare in modo esatto alcunché di questa erogazione di finanziamenti né sul loro esito; sembra non esistere un quadro complessivo se non estremamente sintetico: 200 miliardi dal 1987 ad oggi senza alcuna procedura di controllo di queste spese - e le cifre non sono minime.
A me pare che il Servizio di Protezione civile abbia delle competenze all'interno di tali erogazioni di spesa, ma che le stesse, viceversa, non siano state completamente esercitate e che, conseguentemente, il Servizio di Protezione civile lavori in situazione di disagio e di imbarazzo probabilmente avendo responsabilità cui non riesce a far fronte in modo preciso. Questo era il senso primario dell'interpellanza.
Presidente, la vicenda mi preoccupa poiché le spese che si sostengono per interventi di Protezione civile sono tipiche spese che, per loro natura, esulano da possibili controlli programmatici. Sono spese che avvengono sulla base di eventi improvvisi - almeno così dovrebbe essere quindi di grande delicatezza perché sostenute sotto l'impulso della cosiddetta emergenza e straordinarietà.
Per questi motivi, quindi, nell'ambito di questo Servizio vi è la sensazione di essere all'interno di un procedimento di spesa sempre urgente, sempre eccezionale, e di esserne coinvolti senza poter disporre (per carenze di organico ed organizzative) di adeguati controlli che permettano di poter assumere con pienezza e certezza di comportamenti corretti tutte le responsabilità del caso.
Relativamente al futuro il Presidente ha semplicemente informato il Consiglio che sono in corso trattative per gestire la Sala operativa in modo migliore di quanto avvenga adesso; "è in corso": ma quando la vicenda giungerà a termine non è stato detto.
Esprimo quindi insoddisfazione per la risposta all'interpellanza, che si è limitata alla lettura di una relazione, scritta non so in quale data se l'altro ieri o nove-dieci mesi fa; di conseguenza, non so neppure valutare se di assoluta genericità e scarsità di speranze si debba parlare o se, viceversa, la relazione presupponga la definizione, in tempi che il Presidente non ha illustrato, di un migliore servizio di Protezione civile.



PRESIDENTE

La parola al Presidente della Giunta regionale, Brizio.
BRIZIO, Presidente della Giunta regionale Intervengo solo per una precisazione: mi riservo di aggiornare ulteriormente la relazione, che risale al novembre 1992, perché sono intervenuti fatti nuovi. Relazione che farò avere al Consigliere Chiezzi il quale, se non si ritenesse soddisfatto, potrà richiedere in aula ulteriori precisazioni.
CHIEZZI Posso avere il testo della risposta scritta? BRIZIO, Presidente della Giunta regionale Certo. Farò poi avere l'aggiornamento e nel contempo rimango a disposizione.


Argomento: Parchi e riserve

Interrogazione n. 1240 dei Consiglieri Chiezzi e Maggiorotti inerente la gestione del Parco La Mandria ed interrogazione n. 1309 del Consigliere Zacchera inerente l'abbattimento di animali selvatici all'interno del Parco La Mandria


PRESIDENTE

Passiamo all'esame congiunto dell'interrogazione n. 1240 presentata dai Consiglieri Chiezzi e Maggiorotti e dell'interrogazione n. 1309 presentata dal Consigliere Zacchera.
Risponde ad entrambe l'Assessore Nerviani.
NERVIANI, Assessore regionale La risposta si riferisce all'interrogazione n. 1240 dei Consiglieri Chiezzi e Maggiorotti e all'interrogazione n. 1309 del Consigliere Zacchera.
Le due interrogazioni in argomento pongono di fatto i medesimi quesiti e possono pertanto avere risposta comune. I Consiglieri interroganti chiedono infatti di conoscere se la Giunta si è informata sulla situazione faunistica del Parco della Mandria, ove verrebbero praticati abbattimenti di cervi, cinghiali e daini che risulterebbero essere eccessivi e finalizzati all'eliminazione di queste specie. In secondo luogo, si richiede di conoscere i termini dei rapporti convenzionali con la Provincia, che acquista dall'Ente di gestione del Parco animali (fagiani lepri e starne) allevati in allevamenti che non paiono compatibili con le finalità del parco. Infine, si richiede se non si ritenga opportuno intervenire sul Consiglio di amministrazione dell'azienda affinché il contenimento delle specie animali avvenga sulla base di una corretta valutazione di rapporto tra specie selvatiche e domestiche anche con sistemi di controllo delle nascite.
Sul primo punto deve essere preliminarmente precisato che gli abbattimenti, che riguardano esclusivamente ungulati (cervi, cinghiali e daini), trovano la loro principale motivazione nel fatto che per mancanza di interventi analoghi tra il 1976 e il 1989 la popolazione di queste specie ha raggiunto limiti intollerabili per un ambiente molto particolare qual è quello della Mandria, chiuso da un muro di cinta. I censimenti eseguiti dall'Università di Torino e dai guardiaparco nel corso del 1989 hanno potuto accertare una popolazione di ungulati, sui 1.300 ettari della proprietà regionale, superiore alle 1.000 unità e pertanto tale da arrecare un danno incalcolabile alla foresta della Mandria, principale risorsa alimentare dei cervi e dei daini che, per mancanza di rinnovazione, era ormai indirizzata ad una graduale distruzione, che avrebbe comportato la scomparsa, nel tempo, del più importante bosco planiziale del Piemonte (insieme alla Partecipanza dei Boschi di Trino) e di conseguenza un enorme danno per tutte le specie animali ivi presenti.
Sulla base di studi condotti dall'Università di Torino e più volte approvati dal Comitato tecnico-scientifico regionale dei parchi, che ne ha raccomandato l'effettuazione, si è pervenuti alla predisposizione di un apposito Piano di abbattimento, finalizzato al contenimento numerico delle specie, che era comunque indipendente, per la gravità della situazione nel 1989, dal carico di bestiame allevato nel parco. Il piano, esteso anche all'area del preparco ove i danni alle attività agricole causati dai cinghiali avevano indotto il Prefetto di Torino a sollecitare interventi regionali per il contenimento numerico degli stessi, è stato approvato nel 1989 dalla Giunta regionale su parere favorevole dell'Istituto Nazionale di Biologia della selvaggina e del Comitato tecnico-scientifico regionale dei parchi, in conformità alle disposizioni della L.R. 8/6/1989, n. 36: il piano prevedeva il solo intervento dei guardiaparco sia per le operazioni di abbattimento che per quelle di cattura. Il fine del piano era ed è quello di raggiungere il limite numerico tollerabile dall'ambiente del parco per le tre specie in questione: 120-150 cervi, alcune decine di daini e nessun cinghiale, specie del tutto estranea, oltre che dannosa all'ambiente naturale della zona.
Il costante e corretto intervento dei guardiaparco dal 1989 ad oggi ha consentito di ridurre, in modo coerente alle previsioni del piano (quinquennale), il carico di ungulati con effetti già visibili, in positivo, sulla foresta: attualmente il carico complessivo è infatti ridotto a poco meno della metà dei capi presenti nel 1989 e, se il piano sarà portato a termine nei modi previsti, si può ritenere che dal 1993-1994 non sarà più necessario intervenire con abbattimenti di tipo quantitativo.
Anche il contenimento della popolazione di cinghiali ha dato effetti positivi, riducendo consistentemente i danni all'agricoltura (danni che la Regione è comunque obbligata a risarcire tramite le Province).
Contestualmente al Piano di abbattimento delle specie selvatiche si è avviato un Piano di riduzione delle attività di allevamento bovino al fine di conseguire il risultato di un riequilibrio ambientale complessivo: anche in questo caso si è partiti da una situazione di carico di circa 1.000 bovini per scendere, a regime, a circa 150 capi.
In merito alla seconda questione - e cioè alla compatibilità degli allevamenti di selvaggina con le finalità del parco - la Giunta regionale condivide le perplessità degli interroganti tanto da aver dato disposizione al Consiglio di amministrazione di ridurre gli allevamenti (passati da una produzione di circa 100 mila capi a 20 mila) con il fine di chiudere gli allevamenti stessi. La cessione alla Provincia di Torino di capi di selvaggina da destinarsi ad attività venatoria è infatti ritenuta non consona alle attività proprie del parco e pertanto si dovrà pervenire, in termini di tempo il più ristretti possibile, all'abbandono di queste attività: i tempi di chiusura dovranno essere commisurati esclusivamente ai rapporti contrattuali in essere.
Per quanto concerne la questione etica, sollevata in particolare dai Consiglieri Chiezzi e Maggiorotti, in relazione alla possibilità di intervenire con sistemi di sterilizzazione degli ungulati anziché mediante gli abbattimenti, si può assicurare che, in termini scientifici, la questione è stata più volte affrontata, ma i danni complessivi alla stessa fauna sarebbero stati superiori ai presunti benefici.
Innanzitutto, sotto il profilo ambientale, la sterilizzazione dei più di 1.000 capi, ancorché possibile in modo non generalizzato, avrebbe comportato la persistenza dei danni alla foresta per alcuni anni ancora mentre l'intervento di tutela del bosco dall'azione degli ungulati era ormai drammatico e non più rinviabile; in secondo luogo, sotto il profilo biologico, una sterilizzazione diffusa avrebbe comportato e comporterebbe un danno etologico ed alla struttura di popolazione incalcolabile con individuati gradualmente sempre più vecchi e senza ricambio generazionale.
In situazioni quali quella venutasi a determinare alla Mandria non esiste altra soluzione tecnica e scientificamente corretta se non quella dell'abbattimento: basti pensare che, anche a livello mondiale, nei parchi africani per motivi analoghi (sovrappopolamento e riduzione delle foreste) si interviene con l'abbattimento su una specie a rischio di estinzione quale l'elefante. E' ormai internazionalmente dimostrato che, anche sotto il profilo etico, è più corretto intervenire con abbattimenti che non con sistemi sterilizzanti.
In conclusione, si assicura comunque l'attenzione della Giunta per conseguire, in tempi brevi, il risultato del riequilibrio ambientale nel Parco della Mandria, riequilibrio che ha per obiettivo l'eliminazione del problema degli abbattimenti quantitativi e dell'allevamento della selvaggina.



PRESIDENTE

La parola al Consigliere Chiezzi.
CHIEZZI Colleghe e colleghi, sono abbastanza soddisfatto della risposta all'interrogazione, peraltro datata a circa un anno fa: le preoccupazioni che conteneva sono state infatti recepite dall'Assessore.
Al di là della polemica sul piano massiccio di abbattimento e sulle difficili, e forse inutili, discussioni sull'etica rapportata alla forma di soppressione dei capi ritenuti in eccedenza, forse l'unico aspetto di etica nella gestione del parco è di avere programmi di intervento che permettano di mantenere un equilibrio con l'ambiente. Oggi viviamo una situazione di sproporzione tra i capi e l'ambiente, l'Assessore - in merito a quanto i funzionari hanno scritto attraverso abbattimenti "etici" riporterà il rapporto tra capi ed ambiente ad un numero tollerabile dall'ambiente stesso. La domanda tuttora aperta è cosa succederà dopo.
Penso che la sollecitazione dell'Assessore sia da svilupparsi in direzione di una politica che consenta un comportamento etico nella gestione del parco, che permetta ad animali e flora di vivere in equilibrio, secondo leggi di natura.
Da questo punto di vista gli strumenti amministrativi e pratici per mantenere questo equilibrio dovrebbero essere verificati, discussi e decisi.
Nell'interpellanza il problema etico era riferito soprattutto all'allevamento intensivo, "industriale", di selvaggina; la linea di tendenza dell'Assessore concorda con quella dell'interrogazione: si tratta di un'attività incompatibile con le finalità di un parco. Rimane per aperto il problema di come si giunge alla cessazione di questa attività.
L'Assessore su questo punto è stato più sfumato; i capi erano centomila e bisognava ridurli, al limite portarli a zero. La risposta che però non è stata data è quella relativa al merito della convenzione con la Provincia una strada più chiara ed esplicita che potrebbe essere intrapresa sarebbe di contestare e rimettere in discussione la convenzione con la Provincia e non come mi è sembrato di cogliere dall'Assessore, "compatibilmente con quanto previsto nella convenzione, con i vari contratti, si vedrà di far cessare questa attività".
Personalmente, chiederei all'Assessore una maggiore decisione: rimettere in discussione la convenzione con la Provincia, in modo che questo tipo di attività, che in molti riteniamo incompatibile, possa essere chiusa rapidamente.



PRESIDENTE

Al Consigliere interrogante Zacchera, momentaneamente assente, verrà consegnata risposta scritta.


Argomento: Protezione della natura (fauna, flora, minerali, vigilanza, ecc.)

Interpellanza n. 1253 dei Consiglieri Chiezzi e Maggiorotti ed interrogazione n. 1274 dei Consiglieri Giuliano, Segre e Miglio inerenti la realizzazione di un impianto golfistico nel Comune di Capriata d'Orba


PRESIDENTE

La parola all'Assessore Nerviani che risponde congiuntamente all'interpellanza n. 1253 e all'interrogazione n. 1274.
NERVIANI, Assessore regionale Anche queste interpellanze sono piuttosto datate; la risposta è stata quindi per ben due o tre volte ricostruita in relazione alle notizie e decisioni assunte via via, nel tempo. Spero di riuscire a definire con esattezza la situazione che attualmente segna la questione.
In risposta all'interrogazione di cui all'oggetto, inerente il progetto di realizzazione di un campo di golf nel Comune di Capriata d'Orba, nel nutrire analoghe perplessità in merito alla prevista trasformazione del contesto ambientale e paesaggistico esistente, vista la complessità e l'articolazione degli interventi previsti, non ultimi quelli di ristrutturazione sui difficili interessi storico-culturali esistenti e la realizzazione di nuove costruzioni di impatto ambientale non indifferente si comunica di aver provveduto, con nota prot, n. 1552/93 di questo Assessorato di cui si allega copia, ad informare l'Amministrazione comunale della necessità di acquisire copia completa degli atti relativi alla proposta progettuale di massima in oggetto, con una documentazione fotografica, anche aerea, dell'intera porzione di territorio che dovrebbe essere interessato dall'intervento, considerando impossibile estrapolare nel caso specifico, le opere insistenti nella fascia del torrente Albedosa e quindi soggette a vincolo di tutela ambientale ai sensi dell'art. 1 della legge n. 431/85 della globalità dell'intervento, alla quale risulterebbero strettamente connesse.
In data 5/4/1993 il CTU ha esaminato la proposta di variante in PRG nel Comune di Capriata d'Orba, comprendente anche la realizzazione del suindicato campo da golf e ha manifestato il parere di accettare i rilievi formulati dall'arch. Pozzi con relazione in data 29/3/1993 prot, n. 8426/92 in merito alla variante adottata dal Comune di Capriata d'Orba, in provincia di Alessandria, con deliberazione consiliare n. 31 in data 17/7/1992, a condizione che il dispositivo finale di detta relazione venga formulato nei seguenti termini: "Tutto quanto sopra premesso e considerato questo Settore è dell'avviso che la variante al PRG del Comune di Capriata d'Orba, adottata con deliberazione consiliare n. 31 del 17/7/1992, sia meritevole di approvazione a condizione che, ai sensi del quindicesimo comma dell'art. 15 della L.R. n. 56/77 s.m.i., vengano apportate le modificazioni e le integrazioni richieste dalla presente relazione".
Il riferimento alla relazione è indirizzato al quarto comma che recita: "Ritenuto che uno dei punti su cui maggiormente tali opposizioni sono focalizzate è costituito dal rischio di edificazione nelle aree boscate esso non è giustificato né dalle previsioni della Variante così come adottata e pervenuta a questo Settore - in quanto il bosco viene individuato come area agricola vincolata E5 e come tale ne è prevista la conservazione e valorizzazione, cfr. N.T.A, art. 24 ter, anche se non viene espressamente esplicitata l'inedificabilità - né dalle disposizioni di cui all'art. 30 L.R. n. 56/77 e ai citati punti: a) in particolare, in sede controdeduttiva la normativa dell'art. 24 ter dovrà essere integrata sancendo non solo l'inedificabilità delle aree boscate, ma anche la loro conservazione 'viva' attraverso la stesura di un disciplinare che, in sede di definizione della convenzione dello strumento urbanistico di attuazione dell'area destinata a golf, garantisca l'impegno da parte della proprietà delle aree di periodici interventi di manutenzione forestale da eseguirsi sotto le direttive ed il controllo dei competenti uffici del Corpo Forestale dello Stato di Alessandria c) dovrà essere operata in sede controdeduttiva una puntuale verifica che quantifichi e dimostri l'autosufficienza e la compatibilità dell'area turistico-sportiva dal punto di vista della disponibilità idrica, sia riferita all'uso irriguo, quanto a quello potabile nel suo complesso".
Mi rendo conto che la risposta - per mia colpa è costruita male. In buona sostanza, però, vi sono due filoni principali.
Il primo è di carattere ambientale. Il Settore beni ambientali ha rilevato l'assoluta necessità - senza ancora alcuna autorizzazione, n avrebbe potuto predisporla, essendo il progetto non perfettamente definito che venga fornita una documentazione più dettagliata e precisa, che segnali la volontà di rispettare le valenze ambientali locali.
Sotto il profilo del Piano regolatore generale, che peraltro ho seguito avendo partecipato come Vicepresidente al Comitato Tecnico Urbanistico, è stata approvata la variante proposta dal Comune di Capriata d'Orba stralciandone però la parte che dovrà essere più dettagliatamente presentata, con la specificazione che nell'area boscata non potrà essere ammesso alcun insediamento, e che la stessa dovrà essere non soltanto mantenuta, ma rivitalizzata; in terzo luogo, ogni approvazione dipenderà dalla possibilità di un corretto approvvigionamento idrico, che non incida negativamente sui valori ambientali della zona.
E' noto che da tempo, personalmente così come altri colleghi preposti ad altri Assessorati, mi trovo di fronte alla questione "golf", di grande valenza ambientale e paesistica. La sto affrontando - se mi è consentito dirlo - con molta attenzione, lasciando però che i tempi decantino molte delle questioni aperte. L'atteggiamento primario è comunque quello di impedire che i campi da golf - insistentemente richiesti in molte parti del Piemonte - diventino occasioni di cementificazione di aree delicate del nostro Piemonte.
In questo senso, sono state presentate delle interrogazioni; avremo occasione, in Commissione prima e successivamente in aula, di approfondire il discorso degli impianti da golf, insistentemente richiesti - ripeto - in molte parti del Piemonte.



PRESIDENTE

La parola al Consigliere Giuliano.
GIULIANO Grazie, Presidente.
Ringrazio l'Assessore per la risposta alla nostra interrogazione datata da parecchi mesi. Pur nella confusione della stesura della risposta sottolineata dallo stesso Assessore - mi è parso di rilevare la particolare attenzione prestata alla salvaguardia del Bosco del Gazzolo che ci preoccupava molto, e che ci ha indotti a presentare l'interrogazione. Mi sembra di aver capito che, sia da parte degli uffici dell'Assessorato all'urbanistica sia grazie all'attenzione dell'Assessore in qualche maniera si voglia garantire la salvaguardia del bosco.
Sono invece molto preoccupato dalla proliferazione delle richieste di campi da golf; ricordo che quasi un anno fa, rispondendo ad analoga interrogazione, l'Assessore si era impegnato a vigilare sulla questione, ad istituire un censimendo delle richieste in Piemonte e, soprattutto, c'era stata una quasi promessa di addivenire ad un piano per il controllo e lo sviluppo di questo particolare tipo di nuove realizzazioni.
Dal punto di vista ambientale tali progetti ci preoccupano molto non soltanto in quanto possibili occasioni di cementificazione per impianti di tipo turistico in aree prevalentemente agricole, ma anche sotto il profilo strettamente ambientale, in quanto la predisposizione di campi da golf molto spesso prevede modificazioni del suolo per le modellazioni paesaggistiche necessarie allo sviluppo di questo tipo di sport.
Tutto questo interferisce sull'equilibrio idrogeologico di queste zone di campagna, assai delicate sotto questo profilo; inoltre, le necessità di gestione degli stessi campi possono in alcune occasioni influire sui microclimi locali, interferendo in modo anche pesante con le attività agricole delle zone circostanti.
Dal punto di vista paesaggistico il campo da golf può anche essere bello a vedersi; non sempre, però, questa bellezza paesaggistica ha caratteristiche di salvaguardia ambientale.
La Regione dovrebbe prestare molta attenzione; reitererei all'Assessore la richiesta di vigilare e predisporre un eventuale censimento delle richieste di nuovi progetti, in modo da avere una pianificazione anche di questo tipo di interventi.



PRESIDENTE

La parola al Consigliere Chiezzi.
CHIEZZI Grazie Presidente, colleghe e colleghi.
Nel merito del problema posto, un campo da golf ipotizzato nel Comune di Capriata, invito gli Assessori Nerviani e il collega dell'urbanistica a considerare la delicatezza della situazione e ad impedire l'insediamento di edifici all'interno delle preziose aree del Bosco del Gazzolo.
Per quanto riguarda il tema del golf, chiedo si faccia il punto della situazione. Nei confronti di questo sport occorre uscire dalle nebbie.
L'Assessore sostiene di ricevere moltissime richieste. E' vero: in Italia lo sport del golf sta crescendo di interesse; non vorrei però che a fronte di queste richieste si risponda in modo evasivo: sarebbe questo un modo di governare che potrebbe permettere a qualcuno dei colpi di mano.
L'unico modo è prendere la questione del golf così come la società la pone ed individuare una determinata politica in merito. Quanti campi da golf può ospitare il territorio piemontese nel rispetto della natura? Non dimentichiamo che il golf è un tipo di attività sportiva che consuma moltissimo spazio a favore di pochissimi utenti; è uno degli sport per il quale il consumo di spazio da parte di chi lo pratica è elevatissimo sia rispetto ai metri quadrati occupati sia rispetto al rapporto spazio-tempo: uno spazio occupato da poche persone per moltissimo tempo.
La diffusione della pratica del golf incoccia con limiti fisici geometrici e temporali della vita dell'uomo nel suo territorio; il Piemonte che, ad esempio, a differenza della vicina regione francese, ha alta densità di popolazione e molti insediamenti, è una regione che più difficilmente di altre può disporre di campi da golf senza grossi interventi di cambiamento dell'habitat e della morfologia.
Usciamo quindi da un'indecisione che consente, tra l'altro, di continuare a far credere che questo sport possa svilupparsi senza limiti: impediamo che troppe richieste continuino ad affastellarsi sul tavolo dell'Assessore. Scegliendo una politica e dando precise risposte anche il mercato del golf troverà un suo equilibrio.


Argomento: Tutela dagli inquinamenti del suolo - smaltimento rifiuti

Interpellanza n. 1815 dei Consiglieri Marino, Chiezzi e Marengo inerente gli interventi a salvaguardia del polo fermentativo-farmaceutico della Antibioticos-Montedison di Settimo Torinese


PRESIDENTE

Passiamo all'interpellanza n. 1815 presentata dai Consiglieri Marino Chiezzi e Marengo.
Ha chiesto la parola il Consigliere Chiezzi. Ne ha facoltà.
CHIEZZI Vorrei capire, Presidente. Sono consapevole che sia cambiata la Presidenza, ma abbiamo iniziato con una logic



PRESIDENTE

L'indicazione l'ho ricevuta dalla Presidente che presiedeva prima.
CHIEZZI Parlo a lei per la Presidente. Ho chiesto all'inizio della seduta di discutere l'interpellanza n. 1740: siamo presenti sia io che l'Assessore Fulcheri. Si seguiva un ordine cronologico; questa è la n. 1815.



PRESIDENTE

Le discutiamo tutte e due. Prima la n. 1815 e poi l'altra.
La parola all'Assessore Cerchio.
CERCHIO, Assessore regionale Faccio presente che alla Società Antibioticos - per memoria Farmitalia ma oggi si chiama Antibioticos - fanno capo due stabilimenti localizzati uno a Settimo Torinese e l'altro a Rodano, in provincia di Milano. Presso lo stabilimento di Rodano sono occupate circa seicento persone, così come in quello di Settimo Torinese, la cui occupazione si articola per un terzo ad impiegati e per due terzi a livello operaio, con una presenza di occupazione femminile inferiore al 20%.
Le produzioni prevalenti sono costituite da - termini un po' astrusi ma certamente noti per gli interroganti - cefalosporine, antitumorali e derivati dall'acido lisergico. Recentemente sono state attivate produzioni per conto di altre aziende (Syntex) con cui sono in via di definizione accordi commerciali e produttivi. Il ciclo produttivo dello stabilimento è schematicamente suddivisibile in tre fasi: fermentazione, estrazione e sintesi chimica.
Le sostanze intermedie per la farmaceutica, prodotte in questo stabilimento, vengono impiegate per circa il 30% dalla Farmitalia Carlo Erba (con unità produttive a Milano e Ascoli Piceno) detentrice delle licenze di produzione.
Secondo le Organizzazioni sindacali, che abbiamo incontrato nelle scorse settimane, con la cessione della Farmitalia al gruppo Kabi Procordia, si mette in forse la continuità dell'attuale rapporto di committenza fra queste due Società che diventano parte di due gruppi diversi.
Questa situazione è fonte - ed è stata segnalata - di particolare preoccupazione e le Organizzazioni sindacali temono un progressivo indebolimento della società.
Secondo quanto indicatoci dall'azienda, l'Antibioticos è orientata a porsi tra le Società più qualificate a livello mondiale per la produzione di intermedi per antibiotici, e sebbene il programma di investimenti abbia subìto un rallentamento si prevede il suo mantenimento nell'ordine di circa 60/70 miliardi entro il 1994/1995.
Gli investimenti nell'area di Settimo Torinese si caratterizzano per il loro indirizzo tecnico-produttivo ed ecologico.
Condividendo le preoccupazioni delle Organizzazioni sindacali, espresse in queste settimane sulla vicenda e sul futuribile dello stabilimento, e data la rilevanza delle problematiche, abbiamo richiesto un incontro sia al Ministro dell'Industria sia ai Presidenti della Commissione Industria e Attività Produttive del Senato e della Camera. Incontri richiesti per la dimensione sul territorio nazionale di queste unità produttive, per la loro ricaduta occupazionale e soprattutto per la dimensione che questa vicenda assume, soprattutto nell'area territoriale di Settimo, che vede in questi mesi una preoccupante caduta verticale della situazione occupazionale.
Il problema non è di immediata accelerazione, ma di fronte alle ovvie preoccupazioni espresse la scorsa settimana abbiamo richiesto un confronto all'Amministratore delegato della Antibioticos che si terrà nei prossimi giorni. Naturalmente avrò premura di informare i Consiglieri interroganti riguardo questi incontri non appena si verificheranno. Grazie.



PRESIDENZA DEL PRESIDENTE SPAGNUOLO



PRESIDENTE

La parola al Consigliere Marino.
MARINO Credo che quello dell'Antibioticos-Farmitalia sia uno dei tanti casi di possibile attacco all'occupazione di cui in questi mesi siamo venuti a conoscenza. E' forse anche qualcosa in più: l'Antibioticos, o meglio la Farmitalia, azienda con un nome molto conosciuto da almeno un centinaio di anni, è il più significativo "pezzo" di chimica farmaceutica esistente in Italia, con brevetti e tecnologie significativi.
Il fatto che il gruppo Ferruzzi, probabilmente per sanare parte delle centinaia di milioni o forse dei miliardi di deficit, decida di vendere uno dei "pezzi" più significativi della chimica farmaceutica italiana ad una società svedese - se non ricordo male - è assai preoccupante e va al di là del caso e dell'attacco occupazionale specifico. I prodotti di questa azienda (le cefalosporine, le sostanze rosse dalle omicine ai lisergici) sono, come dire, prodotti "maturi", conosciuti da parecchi anni, ma con un mercato mondiale nel quale questa azienda italiana aveva e poteva svolgere un certo ruolo anche in futuro.
L'azienda ha creato grossi problemi di ordine ambientale negli ultimi decenni e, in qualche modo, soprattutto ed anche per la pressione dei lavoratori, del Consiglio di fabbrica, ecc., aveva progressivamente inserito le problematiche ambientali tra quelle delle quali era costretta ad interessarsi, acquisendo un'esperienza di certo non insignificante. Fra gli altri, esisteva anche un progetto di rilancio della cogenerazione attraverso la produzione di energia elettrica all'interno della fabbrica: obiettivo non indifferente, anche in termini di risparmio energetico.
Voglio far capire all'Assessore - che è un po' distratto in questo momento il significato della vendita di uno dei due "pezzi" dell'azienda ad una società svedese: esiste ampia possibilità che l'azienda svedese assuma in sè i contenuti tecnologici di alcune delle produzioni farmaceutiche fermentative ora attuate nell'azienda di Settimo, le porti in Svezia, le adatti al proprio sistema produttivo e, dopo sei mesi, chiuda tranquillamente la parte di azienda settimese. La ricchezza di questa azienda - che conosco bene è sostanzialmente di contenuto tecnologico, di know-how interno: prodotto di un lavoro anche di ricerca diffusa a Settimo a Milano, in una collegata spagnola, ecc.
A fronte di tale ricchezza si attua invece un'operazione finanziaria al fine di tappare una parte dei debiti Ferruzzi, particolarmente fallimentare sul piano della chimica italiana, per la quale il Ministro (che adesso credo sia cambiato) doveva in tempi rapidi presentare un piano. Ho l'impressione che se questo meccanismo procederà nel sostanziale disinteresse, non verrà presentato alcun piano della chimica, bensì un piano di chiusura della chimica italiana nel giro di qualche tempo, con tutti i problemi, che non ignoriamo, dell'impatto, dell'effetto che la chimica italiana ha sull'ambiente (magari non proprio in questo settore, ma in altri).
Nell'incontro che lo stesso Assessore Cerchio ha avuto con il Consiglio di fabbrica, con alcuni Consiglieri regionali ed alcuni parlamentari (che però data ad almeno due mesi fa) fu assunto l'impegno a segnalare al Ministro la specificità di tale questione. Mi rendo conto che, nel frattempo, c'è stato un cambio di Governo, però l'esperienza insegna che i Ministri cambiano ma i funzionari restano - e non solo al Governo. Vi è dunque l'urgenza che la Regione Piemonte, per le specifiche caratteristiche della questione, richieda un incontro con tutti i soggetti, ma in particolare con il Ministro, con quel Ministro che dovrebbe costruire un piano dello sviluppo della chimica italiana.
A distanza di due mesi, però, questo incontro non è avvenuto. Mi dichiaro dunque insoddisfatto della risposta dell'Assessore, anche se riconosco che il suo lavoro non è particolarmente facile e gradevole.
Sottolineo però la specificità della questione. Farmitalia e Antibioticos non possono non convivere, sono una collegata all'altra: nel momento in cui ne muore un pezzo, muore anche l'altro; venduto uno dei due pezzi, fra sei mesi, una volta assorbito il know-how dell'azienda, gli impianti di Settimo potranno tranquillamente essere chiusi. L'Assessore Cerchio dovrà quindi preoccuparsi non di seicento teorici posti di lavoro in pericolo, ma di seicento licenziamenti, una parte dei quali da un'azienda non italiana, e dunque con maggiori difficoltà di rapporto.



PRESIDENTE

La parola all'Assessore Cerchio per una breve replica.
CERCHIO, Assessore regionale In effetti, nell'incontro avvenuto in sede di Giunta regionale quasi due mesi fa abbiamo assunto questo impegno. La scorsa settimana, appena insediato il nuovo Governo, ho riproposto la richiesta.
Convengo con l'analisi che il collega proponeva, ma proprio per il fatto che il cambio di Governo ha in qualche modo dilazionato tempi (ancorché i funzionari rimangano), trattandosi di discorso di grande attenzione alla chimica nazionale, ho formalmente richiesto un incontro anche all'Amministratore delegato (che questa settimana non c'è), anche per un riferimento sulle ricadute territoriali di Settimo.
Informerò i Consiglieri non appena si presenterà questa nuova occasione di incontro.


Argomento: Spettacoli: teatro, musica, cinema, danza

Interpellanze n. 1740 e n. 1765 dei Consiglieri Chiezzi e Maggiorotti inerenti il sostegno alle attività teatrali in Piemonte


PRESIDENTE

Su richiesta del Consigliere Chiezzi, passiamo ad esaminare le interpellanze n. 1740 e n. 1765.
Risponde l'Assessore Fulcheri.
FULCHERI, Assessore regionale Con riferimento a quanto richiesto, si precisa quanto segue.
I finanziamenti assegnati dal Ministero del Turismo e Spettacolo, dalla Regione Piemonte e dagli enti locali (Province e Comuni) nel corso degli ultimi cinque anni a sostegno delle attività teatrali realizzate nella nostra Regione, come risulta dai dati riportati nella tabella allegata superano indicativamente i 16 miliardi l'anno, ad eccezione della stagione 1988/1989, dove l'ammontare dei contributi è superiore ai 18 miliardi.
Della stagione 1991/1992, non conoscendo ancora i dati ministeriali, si fornisce importo parziale.
Teniamo a precisare che, per quanto riguarda le assegnazioni degli enti locali, esse sono state desunte dalle dichiarazioni annuali delle sole Compagnie teatrali ammesse ai finanziamenti della L.R. n. 68/80, e sono pertanto da ritenersi certamente parziali rispetto ad un impegno complessivo, che si ipotizza più rilevante, dei Comuni e delle Province piemontesi nei confronti delle attività teatrali.
Per quanto concerne i risultati in termini di pubblico conseguiti dai soggetti teatrali attivi nella nostra Regione, un'indagine condotta lo scorso anno dall'Assessorato alla cultura ha rilevato, nel corso della stagione 1990/1991, una presenza complessiva agli spettacoli realizzati dal Teatro Stabile di Torino e dalle 26 principali strutture teatrali piemontesi, di 739.076 spettatori, dei quali 458.072 registrati in Piemonte. A questi devono aggiungersi ulteriori 20.745 presenze registrate in occasione di Asti Teatro, del Festival Internazionale del Nuovo Teatro di Chieri e del Festivale Teatro e Colline di Calamandrana.
Più difficilmente quantificabili sono invece i risultati di tipo economico: le attività teatrali, come la maggior parte delle attività di spettacolo, sono rese possibili, come noto, grazie ad interventi contributivi statali e regionali. Si ricorda a tale proposito come la politica di intervento finanziario ministeriale sia impostata in modo tale per cui l'assegnazione di fondi avviene solo nel caso in cui il bilancio di una struttura teatrale risulti in passivo.
Questo comporta necessariamente, da parte delle Compagnie, la dichiarazione aprioristica di bilanci in deficit. A titolo esemplificativo l'analisi effettuata in occasione dell'istruttoria delle richieste di finanziamento della L.R. n. 68/80, riferito sempre alla stagione teatrale 1990/1991, evidenzia per il Teatro Stabile di Torino e per 27 soggetti teatrali piemontesi, entrate per complessivi 32 miliardi e 800 milioni, a fronte di un totale di uscite pari a 38 miliardi e 600 milioni.
Per quanto concerne l'esigenza di "rendere trasparenti e pubblicamente conosciute le risorse impiegate nel settore teatrale", l'Assessorato alla cultura ha predisposto, in quest'ottica, un'apposita pubblicazione con tutti i dati relativi all'intervento finanziario regionale nel settore dello spettacolo dell'anno 1991, integrato dai dati, analitici ed aggregati, relativi alle principali strutture che svolgono nella nostra Regione attività musicali, teatrali, di danza e cinematografiche, ai festival di rilievo regionale, ai circuiti dello spettacolo e alle attività realizzate in questo settore dai venti principali Comuni piemontesi.
Questa pubblicazione, presentata ufficialmente in occasione del Convegno dedicato a "Lo spettacolo in Piemonte", tenutosi ad Alessandria in presenza del Ministro Boniver, è stata distribuita a tutti gli enti, le compagnie e le associazioni di settore, agli enti locali interessati ed ai giornali, e ha costituito occasione di dibattito pubblico e di interesse da parte della stampa. Una copia di questo materiale è stata altresì fornita a tutti i Consiglieri regionali membri della IV Commissione.
La politica di intervento regionale a sostegno delle attività teatrali perseguite in questi anni si articola in tutta una serie di interventi riconducibili ad alcune linee direttrici che vanno dal consolidamento dei circuiti di decentramento delle attività di spettacolo, in collaborazione con il Teatro Stabile di Torino e con il Coordinamento Teatro Ragazzi e Giovani Piemonte, al sostegno dei festival e delle rassegne di rilevanza regionale, al finanziamento di enti, associazioni, cooperative ed imprese teatrali, secondo quanto previsto dalla L.R. n. 68/80.
In particolare, per quanto concerne l'attribuzione di contributi a soggetti che operano con carattere di continuità e di professionalità in ambito teatrale, viene preventivamente espletata un'attenta ed analitica istruttoria, supportata da tutta una serie di dati forniti, a consuntivo dagli stessi soggetti, integrati dalle dichiarazioni liberatorie ENPALS attestanti l'effettivo numero di giornate lavorative prestate nel corso della stagione considerata.
L'analisi di questi dati non va disgiunta da valutazioni derivanti dalla conoscenza diretta dei problemi relativi alle singole strutture e al loro "trend" operativo, nonché degli spettacoli realizzati.
Per la determinazione delle proposte contributive si individuano inoltre dei parametri di riferimento cui vengono rapportati i dati relativi ai diversi soggetti teatrali, quali: l'ottenimento di riconoscimenti di sovvenzioni ministeriali il numero di giornate lavorative effettuate il numero di spettatori la realizzazione o meno di stagioni con spettacoli ospiti il numero di nuove produzioni allestite.
Riteniamo pertanto che il problema non sia davvero quello di "recidere logiche non esemplari", quanto piuttosto quello di portare avanti, con la massima serietà ed obiettività possibili, una politica in grado di sostenere realmente quelle strutture che dimostrano capacità artistiche professionalità ed impegno, soddisfacendo nel contempo le esigenze avanzate dagli enti locali interessati ad una programmazione delle attività teatrali di qualità.



PRESIDENTE

La parola al Consigliere Chiezzi.
CHIEZZI Signor Presidente, colleghe e colleghi Consiglieri, sono del tutto insoddisfatto della risposta dell'Assessore. L'interpellanza è scaturita da un articolo comparso su "La Repubblica" il 9 febbraio 1993 che pubblicava una lettera di Raffaella De Vita (che leggerò per stralci), motivazione alla base delle domande poste nell'interpellanza, alle quali l'Assessore ha risposto che in pratica va tutto bene, ma secondo me non è proprio così.
Scriveva Raffaella De Vita: "Si parla tanto di difendere il posto di lavoro degli operai, ma la nostra difesa chi la assume? Negli ultimi anni si è proceduto ad una lenta, sistematica soppressione di realtà come la mia. Ho tentato di resistere solo perché amavo e amo le tavole del palcoscenico, ma oggi a vent'anni di distanza dal mio debutto torinese il sipario scende per l'ultima volta. Non c'è più aria. Ho cominciato nel 1963, nel 1993 finisco, non senza prima lanciare un grido d'allarme (grido che io ho raccolto): squarciare il velo dell'arrivismo e dell'ignoranza che ha coperto vent'anni di politiche culturali. Coloro che hanno millantato crediti inesistenti, i superficiali, i corrotti, hanno un volto e un cognome: i Presidenti, i Vicepresidenti, i Direttori dello Stabile, i funzionari RAI, i politici ai quali, non senza vergogna e frustrazione, mi sono rivolta".
Letto tutto ciò, ho prodotto un'interpellanza per chiedere conto all'Assessore di queste dichiarazioni e per sollecitare una risposta. Mi pare che la risposta data tratti la situazione del teatro in Piemonte in modo edulcorato: non è così! A parte la denuncia di Raffaella De Vita sappiamo bene che il disagio nel settore del teatro è amplissimo e che l'insoddisfazione per il metodo di contribuzione pubblica è presente a molti soggetti. Se il ruolo dell'ente pubblico nel settore teatrale debba essere quello di elargire contributi o piuttosto quello di elevare lo standard di strutture che l'ente pubblico può mettere a disposizione di chi fa il teatro, è dibattito aperto da anni e non risolto.
A parte l'analisi su "come" e "a chi" siano stati concessi i contributi, secondo me la risposta dell'Assessore avrebbe dovuto anche illustrare una politica diversa da quella attuata fino adesso. L'Assessore ha invece riconfermato che i contributi costituiscono la politica dell'ente pubblico e ha affermato - ne risponde - che i contributi si danno nel modo migliore.
Contesto che i contributi siano l'unica politica; sosterrei invece una politica, nei confronti del settore teatrale, che cominciasse a parlare di strutture messe a disposizione dei privati che operano nel teatro strutture che invece non vengono predisposte.
Che questo malessere esista è dimostrato anche dall'ultima iniziativa dell'Assemblea Consorzio Teatro. Questo consorzio di alcune compagnie è nato proprio dalla volontà di superare la questua, di superare la frantumazione delle compagnie che, una per una, corrono presso il Ministero e lo Stato a chiedere contributi. E' un modo di denunciare una situazione che non è quella descritta dall'Assessore.
Ma c'è ancora un problema: il finanziamento pubblico copre e ripiana i grandi deficit, quelli dello Stabile ad esempio, e rimangono poche briciole per gli altri.
E' possibile, Assessore, affrontare il problema del Teatro Stabile? E' possibile discutere tutte le attività del Teatro Stabile? E' possibile mettere in discussione che forse non tutto quello che fa il Teatro Stabile deve necessariamente essere fatto dal Teatro Stabile - ad esempio, la scuola di recitazione, per dirne una? Le interpellanze che ho presentato (sono due) volevano riversare in quest'aula il tema del teatro, all'interno di una politica culturale che la Regione Piemonte dovrebbe a mio avviso ridefinire. Lo smantellamento, le difficoltà in cui versano numerosi settori della cultura in Piemonte sono gravi e sono indice di un degrado che, a mio parere, potrebbe viceversa essere contrastato: le risorse che si impiegano nella cultura non sono elevatissime e una seria politica che facesse della bandiera della cultura uno degli elementi anticrisi per dare un futuro alla nostra Regione potrebbe essere un fatto importante.
Ricordo solo la vicenda del Coro RAI, che continua a languire e per la quale non mi stanco di richiedere, in tutte le sedi, una definizione; spero si possa trovare un momento di riflessione. Quindi, Assessore, mentre mi dichiaro insoddisfatto della risposta, le chiederei che nella competente Commissione Cultura si tratti il tema specifico dell'attività della Regione Piemonte nei confronti del teatro, inserendolo in un'azione programmatica nuova nei confronti della vertenza-cultura in Piemonte che a mio avviso va aperta anche nei confronti del Ministero.



PRESIDENTE

La parola nuovamente all'Assessore Fulcheri, dopodiché riferir brevemente sul Coro RAI.
La parola all'Assessore Fulcheri.
FULCHERI, Assessore regionale Accolgo l'invito del Consigliere Chiezzi. In IV Commissione è giacente da quasi due anni, come disegno di legge, un progetto-teatro. Basterebbe trattare l'argomento e riordinarlo affinché quanto proposto dal Consigliere Chiezzi possa essere effettivamente realizzato.


Argomento: Problemi del lavoro e della occupazione

Comunicazioni del Presidente del Consiglio regionale in merito al Coro RAI di Torino


PRESIDENTE

Voglio dire al Consigliere Chiezzi che la vicenda del Coro RAI non langue: proprio ieri, secondo le intese assunte nell'ultima riunione alla quale aveva partecipato lo stesso Consigliere Chiezzi, si è tenuta un'ulteriore riunione con la Sovrintendenza del Teatro Regio, alla presenza del Presidente della Giunta e dello stesso Assessore Fulcheri oltrech della Presidenza del Consiglio, nel corso della quale si è ulteriormente esaminata la questione alla luce delle considerazioni emerse nell'ultima riunione. Credo che nella giornata di oggi si possa fissare un brevissimo incontro informativo con i Consiglieri regionali che seguono la questione.
Abbiamo così concluso il punto relativo alle interrogazioni ed interpellanze, tra le quali alcune interrogazioni ed interpellanze richiamate in aula. Possiamo pertanto ritenere superati i punti 3), 4) e 5) all'o.d.g.


Argomento:

Comunicazioni del Presidente del Consiglio regionale


PRESIDENTE

In merito al punto 6) all'o.d.g.: "Comunicazioni del Presidente del Consiglio regionale", comunico:


Argomento:

Comunicazioni del Presidente del Consiglio regionale

Argomento:

Congedi


PRESIDENTE

Hanno chiesto congedo i Consiglieri Bergoglio, Bresso, Dameri, Ferrara Leo, Maccari, Maggiorotti e Sartoris.


Argomento: Parchi e riserve

Esame progetto di legge n. 356: "Istituzione della Riserva naturale speciale dell'area di Augusta Bagiennorum" - Votazione ordine del giorno n. 592


PRESIDENTE

Il punto 10) all'o.d.g. prevede l'esame del progetto di legge n. 356.
Relatore è il Consigliere Miglio, che ha facoltà di intervenire.
MIGLIO, relatore Do per letta la relazione, il cui testo, a mani dei Consiglieri recita: "Con il disegno di legge n. 356, presentato dalla Giunta regionale e licenziato dalla II Commissione consiliare il 6/5/1993, si propone al Consiglio regionale di dare luogo all'istituzione della Riserva naturale speciale dell'area di Augusta Bagiennorum.
Tale area, per il riconosciuto valore storico-archeologico nonch paesistico ambientale, veniva inclusa nel Piano regionale delle aree protette approvato, nella scorsa legislatura, dalla Giunta regionale con propria deliberazione, la n. 21-37617 del 15/5/1990.
Con l'approvazione del testo ora in esame si concluderebbe l'iter previsto per la promulgazione di una legge regionale mediante la quale, da una parte, le norme di salvaguardia già imposte con i vincoli monumentali vengono riconfermate ed al contempo ulteriormente articolate precisando gli interventi esclusi e quelli ammissibili; dall'altra, con l'individuazione delle finalità e dei soggetti che devono conseguire il raggiungimento di determinati obiettivi, si gettano le basi per passare da una tutela passiva ad una attiva.
E' necessario sottolineare l'importanza di affiancare ai vincoli statali di cui alla legge n. 1089/39 quelli regionali derivanti dall'istituzione di un'area protetta, in modo da favorire una gestione oculata di tale territorio alla luce della stretta dipendenza, per quanto attiene alla conservazione, tra i reperti archeologici e la destinazione agricola che deve svilupparsi in modo tale da costituire un'attività economico-produttiva conciliabile con la tutela dei valori culturali custoditi nel sottosuolo.
Al pari, un certo interesse riveste il circostante paesaggio rurale formato da una distesa piana intensamente coltivata con radi casolari di antica formazione e di aspetto tradizionale.
Questa area, vicina all'attuale abitato di Benevagienna, è il sito su cui si era sviluppato l'insediamento romano di Augusta Bagiennorum testimonianza di notevole importanza per il livello di conservazione che consente, a distanza di secoli, di ricostruire in modo sufficientemente preciso, la morfologia urbana e l'articolazione degli spazi e delle funzioni.
Oltre all'urbe di Augusta Bagiennorum, è utile ricordarlo, sull'asse viario della Valle del Tanaro, erano stati realizzati anche gli insediamenti di Pollentia, presso l'attuale Pollenzo di Bra, e di Alba Pompeia, esempi ugualmente significativi per il loro interesse storico, che permettono di ipotizzare la nascita, in un secondo momento, di un itinerario archeologico nella Provincia di Cuneo.
Per quanto attiene all'oggetto specifico di tale disegno di legge, la città romana voluta da Augusto si suppone sia stata abbandonata e forse distrutta parzialmente dopo il crollo dell'impero romano ma fortunatamente, il limitato saccheggio che si consumò in epoca recente quando i materiali vennero asportati per un loro reimpiego a livello locale in altre costruzioni, e il fatto che il nuovo insediamento di Benevagienna non si realizzò sopra all'originario ha fatto sì che l'impianto urbano soppravvivesse senza subire consistenti alterazioni.
Le informazioni più importanti sul sito archeologico sono fornite dallo studio del dott. Giuseppe Assandria e del prof. Giovanni Vacchetta tradotto in stampa, per la prima volta, nel 1925 e ristampato, a cura dell'Associazione Culturale Amici di Bene, nell'anno 1991. Grazie a tale volumetto gli stessi storici ripercorrono le vicende inerenti agli scavi descrivendo minuziosamente i reperti ritrovati, soprattutto quelli architettonici, ricostruendo graficamente, in proiezione planimetrica, la conseguente configurazione dell'abitato nel suo nucleo centrale e nella parte periferica.
Gli scavi effettuati risalgono al periodo 1892-1908 allorquando, per la prima volta, l'area dell'antica città romana di Augusta Begiennorum veniva individuata e riportata alla luce con esplorazioni del sottosuolo condotte in modo scientifico, raccogliendo i piccoli oggetti nel vicino museo e reinterrando le strutture murarie dopo aver effettuato i rilievi metrici.
L'integrazione delle informazioni desunte dai vari rilievi ha permesso di ricostruire la visione di insieme dell'area urbanizzata, che nei passi successivi verrà descritta in modo sintetico e per quanto possibile comprensibile a tutti.
Una via principale, il decumano, attraversava la città da nord a sud ed aveva come capisaldi le porte (la Pretoria e la Decumana) che sono state ritrovate assieme alle torri quadrate poste all'esterno ed a quelle rotonde collocate internamente al fossato (il vallum); quest'ultimo cingeva l'abitato disegnando la forma geometrica del rettangolo, probabilmente deformato secondo una disposizione angolare o a quarto di cerchio per contenere altri edifici posti al di fuori dell'astratta linea di congiunzione dei lati, ai cui vertici si trovavano le altre quattro torri.
All'incirca nel punto mediano del decumano, insistente con un lato sullo stesso, si trovava il foro, la piazza principale, con un selciato continuo, di forma rettangolare che includeva, al suo interno, il tempio maggiore. I lati del foro erano formati da un portico continuo, poggiato su di un marciapiede rialzato rispetto al piano di calpestio, dietro al quale si sviluppavano gli edifici formati dall'affiancarsi continuo di monolocali a forma di 'C' con il lato aperto verso la piazza, secondo la tipologia tradizionale dei luoghi pubblici adibiti a funzione mercatale. Tali locali risultavano essere riccamente decorati con intonaco dipinto a forti colori e ornati con fregi, tanto da poter ipotizzare un'alternanza di botteghe artigianali e negozi a uffici. All'interno dello spazio aperto del foro si trovava, a nord rispetto al decumano, il tempio, mentre il lato sud del foro era delimitato da un edificio che, per dimensione e tipologia, si ritiene essere stato una basilica.
Un'altra larga strada, perpendicolare al decumano, si sviluppava alla destra del foro e conduceva al teatro. I resti di questo edificio hanno permesso di ricostruire le dimensioni e l'articolazione degli spazi; quello scenico di 40 metri circa di larghezza e di 7,20 metri di profondità si apriva di fronte a quello per il pubblico, impostato secondo il tradizionale modello a forma di semicirconferenza per creare un ambiente raccolto e acusticamente favorevole, a diretto contatto con gli attori e soprattutto capiente, per la scelta di ridurre al minimo la larghezza dei posti a sedere. Una particolarità di questo teatro è la presenza, dietro allo spazio scenico, di una grande area che si ritiene fosse circondata da un portico grazie al quale si poteva dare riparo agli spettatori nel caso di maltempo.
Altro edificio di notevole interesse è collocato nella zona, esterna all'abitato, della torre di sud-ovest del vallum; si tratta di un anfiteatro planimetricamente impostato secondo semplici regole e proporzioni geometriche. La dimensione accertata tramite il rilievo archeologico è quella di uno spazio avente due assi di base, di 100 e 60 piedi al loro incrocio, sui quali è stata impostata la costruzione degli ovali che si espandono parallelamente verso l'esterno fino ad ottenere un edificio di 400 piedi in lunghezza e 310 in larghezza.
Alla sinistra del foro e a sud rispetto al decumano si trova un edificio la cui tipologia è tale da attribuirgli un uso a bagno pubblico o terme. E' stato riconosciuto un locale di forma rettangolare e abside semicircolare, il calidario, al di sotto del quale si sono ritrovati resti delle ceneri accumulatesi a seguito della combustione nel focolare del materiale utilizzato per produrre il valore necessario a scaldare le acque e creare i vapori.
Altro ambiente in cui ci si dedicava alla rigenerazione del corpo è stato ritrovato al fianco del decumano nel tratto che dal foro conduce alla porta est; la presenza di canali e canaletti nonché di una platea in battuto di coccio, secondo gli archeologi, è riscontro sufficiente per ipotizzare una destinazione a piscina e bagno estivo.
Nel territorio circostante al nucleo abitato sono state riportate alla luce, sempre grazie agli scavi di Assandria e Vacchetta, testimonianze architettoniche di un acquedotto e di un canale per le acque sporche, di un monumento funerario, di una necropoli e della strada romana verso la Gallia che costituiva naturale proseguimento del decumano.
La compresenza di un teatro e di un anfiteatro, il primo utilizzato per tenere rappresentazioni comiche o tragiche, il secondo adibito allo svolgimento di spettacoli popolari di forza e destrezza, a cui si aggiungono i due templi, le terme e la piscina, sono testimonianze chiare del ruolo di Augusta Bagiennorum e dell'importanza di tale insediamento sia in termini dimensionali che di composizione sociale ed economica. E' infatti impensabile che tali spazi collettivi fossero stati realizzati solo per intrattenere legionari o contadini non in grado di apprezzare o condurre un tipo di vita che richiedeva una certa agiatezza economica e un'ampia cultura.
Richiamati in modo sintetico i tratti caratteristici di Augusta Bagiennorum che, assieme alla particolarità del paesaggio agricolo costituisce il motivo fondante in base al quale si è ritenuto di dover istituire la Riserva e correlata Zona di salvaguardia, è utile ora passare alla descrizione dei contenuti del testo di legge.
L'art. 1 del disegno di legge istituice, ai sensi delle LL.RR. n. 12/90 e n. 36/92, la Riserva naturale speciale dell'area di Augusta Bagiennorum a fianco della quale si crea anche una Zona di salvaguardia, secondo le finalità previste dalla sopracitata legge quadro regionale in materia di aree protette. Per l'individuazione planimetrica dei confini dell'area viene fatto riferimento all'allegata planimetria che costituisce parte integrante della legge, come precisato dall'art. 2.
Le finalità istitutive sono elencate nell'art. 3. In aggiunta a quelle generali di cui all'art. 1 della L.R. n. 12/90 si prevede la promozione degli studi e ricerche, la diffusione dei dati inerenti al patrimonio culturale nonché l'incentivo alla fruizione a scopi culturali, quest'ultima in rapporto anche alle attività promozionali previste dalla L.R. n. 58/78 per i beni culturali.
L'art. 4 precisa le forme di gestione che sono demandate al nuovo Ente dei Parchi e delle Riserve naturali cuneesi, che sarà costituito dal Parco dell'Alta Valle Pesio e Tanaro, dall'Oasi di Crava-Morozzo, dall'Oasi del Ciciu del Villar e, ovviamente, della Riserva di Augusta Bagiennorum. In particolare, si prevede la stipula di una convenzione, tra l'Ente Parco, la Sovrintendenza e le Associazioni locali che si occupano della valorizzazione di tale bene culturale, che demanda ad un apposito Comitato il compito di delineare i programmi e i progetti attuativi, secondo una filosofia di compartecipazione tra soggetti diversi ma ugualmente interessati e di coinvolgimento della popolazione locale. Al contempo, per non deresponsabilizzare l'Ente, che potrebbe vedere come marginale l'Area di Benevagienna rispetto a quella della Valle Pesio, si introduce, con il comma secondo dell'art. 4, la clausola che impone la creazione in loco di una sede operativa dell'Ente presso la quale deve operare il personale dello stesso.
Gli artt. 6 e 7 stabiliscono le norme per la tutela delle due aree ed in particolare, oltre a quanto già imposto dalle leggi quadro in materia si impongono divieti e limitazioni che garantiscono una gestione controllata della Riserva e della Zona di salvaguardia, in forma differenziata a seconda dell'importanza e delle necessità socio-economiche.
Le verifiche di compatibilità degli interventi proposti sono svolte anche dalla Sovrintendenza Archeologica del Piemonte, mentre le norme relative alla conservazione dell'ambiente naturale saranno dettate per tramite del Piano naturalistico, strumento di governo del territorio previsto dalla legge quadro regionale inerente le aree protette.
L'art. 8 elenca il tipo e l'entità delle sanzioni che devono essere comminate in caso di violazione della legge istitutiva o di altre limitazioni imposte dal quadro complessivo regolamentante la gestione di tale particolare area.
La sorveglianza, come specificato dall'art. 8, è garantita dal personale dell'Ente, dagli agenti di polizia locale, dalle guardie di caccia e pesca, dal Corpo forestale dello Stato ed anche dalle guardie ecologiche volontarie di cui alla L.R. n. 32/82.
Per quanto attiene alla parte attuativa, si prevede la redazione del Piano naturalistico, strumento prevalente nei confronti di quelli della pianificazione ordinaria del territorio, che dovrà dettare norme ed indirizzi anche per lo svolgimento delle attività agricole e per l'attività edificatoria.
L'art. 11 precisa che le entrate derivanti dalle sanzioni saranno iscritte su apposito capitolo del bilancio".



PRESIDENTE

Ha chiesto la parola il Consigliere Riba per un intervento di carattere generale. Ne ha facoltà.
RIBA Sul progetto di legge istitutivo del Parco di Augusta Bagiennorum si è lungamente discusso in Commissione e vi è stato un confronto fra la stessa e i rappresentanti di movimenti culturali, sociali ed ambientalisti (in senso di cura ed interesse per l'ambiente dell'area di Benevagienna). Mi pare che dal lavoro siano emerse con ampia chiarezza la necessità e l'opportunità che, per le caratteristiche, la dimensione, la funzione specifica nell'ambito dei beni ambientali cuneesi, l'area di Benevagienna il cui problema è stato finalmente posto e affrontato a livello di progetto di tutela, fosse ascritta ad un'area a parco con la relativa autonomia gestionale e funzionale che è prevista per un parco.
Su questo punto non sono riuscito a capire la non disponibilità dell'Assessore Nerviani e della Giunta a costituire l'Ente Parco così com'era richiesto dalla comunità locale e come suggerito dall'opportunità.
Ricordo brevemente che il territorio di Benevagienna è ricco di preesistenze architettoniche disseminate su un'area vasta, che suggerisce l'istituzione di un parco per la tutela dell'insieme di questi antichi insediamenti. In più - come certamente sa l'Assessore Fulcheri, interessato oltreché per competenza di Assessorato anche per la sensibilità culturale (che del resto hanno anche gli altri Assessori) e per la sua provenienza dalla provincia di Cuneo - il territorio ricco di preesistenze romane non è racchiuso soltanto nell'area geografica di Benevagienna, ma si estende lungo tutta l'ansa del Tanaro, in pratica ricomprendendo il territorio delle tre grandi città romane del Tanaro: Alba Pompeia, Pollentia e Augusta Bagiennorum.
Si può obiettare che si tratta di monumenti, quindi di competenze di altro Settore e non di quello dei parchi, ma resta assolutamente acquisito che, anche rispetto a Pollenzo, si discute dell'area a parco e più in generale della tutela e della coltivazione ambientale delle risorse del Tanaro, il che suggerisce di realizzare in quella sede, partendo dalla prima opera di tutela che realizziamo, un Ente Parco autonomo.
Voglio perciò dare voce, a nome del Gruppo ma anche a nome di una sensibilità e di un interesse diffusi, alla preoccupazione che si faccia in modo mediocre ciò che può essere fatto in modo ottimale per gli interessi dell'area archeologica romana, delle anse e delle città del Tanaro.
Inoltre, pare che possa avere qualche possibilità di realizzazione l'idea di aggregare questa riserva ambientale alla gestione del Parco di Chiusa Pesio facendogli assumere anche la denominazione di "Ente Parchi della provincia di Cuneo", che mi sembra una definizione concettualmente del tutto inopportuna - per quanto riguarda i parchi potremmo anche avere l'Ente Parco del Piemonte. Abbiamo avuto in passato l'opportunità di valutare questa proposta a partire dal ragionamento proposto dallo stesso Assessore Nerviani, preoccupato da esigenze di contenimento della spesa e francamente non si capisce perché lo si voglia fare proprio lì e con quella funzione, dato che si tratta di inaugurare ed aprire un'area di protezione di studio di ambiente archeologico vasto.
E' del tutto evidente che nell'aggregare al Parco di Chiusa Pesio i Ciciu del Villar, l'Oasi di Crava-Morozzo, e adesso, eventualmente, la Riserva di Augusta Bagiennorum e magari, domani, l'Oasi di Racconigi, il Parco delle Cicogne e altro, noi non ne facciamo più una struttura attiva che sappia esprimere la capacità di una comunità di gestire e valorizzare un territorio, ma ne facciamo una struttura burocratica, che al massimo manderà un impiegato a fare un giro una volta a Benevagienna, un'altra volta a Crava-Morozzo, un'altra volta ai Ciciu del Villar, perdendo così completamente l'elemento di specializzazione e di sviluppo di una relazione con il territorio, con l'ambiente, con la cultura: motivazione essenziale per la quale si costituiscono parchi regionali a dimensione locale. Si prospetta l'apertura di un ufficio, il mantenimento di un Comitato: ma allora, se si tratta di avere una struttura da un punto di vista operativo a ridosso del territorio di Benevagienna, perché non dotarla di competenza e di propria autonomia funzionale, affinché possa essere un elemento propulsivo nei confronti dell'espansione del perimetro e del rilevamento culturale dell'area da proteggere? In questo senso richiediamo, anche in questa fase, che si rifletta ancora sull'inopportunità di procedere in maniera restrittiva. Non vorrei che nella Giunta finissero per avere eccessivo spazio interessi antitetici alla sensibilità politica e culturale che deve ispirare l'istituzione dei parchi. Mi riferisco alle posizioni delle Organizzazioni dei coltivatori peraltro scarsamente informati od opportunamente fuorviati nell'informazione o di altri soggetti, culturalmente ostili alla cultura del parco. In questa situazione, nell'ambito di un territorio di alto valore ambientale ed architettonico come quello esistente nel cuneese e nei segmenti cuneesi delle Alpi marittime, abbiamo avuto la fortuna di veder nascere a suo tempo i Parchi di Chiusa Pesio e i Parchi dell'Argentera (a parte la questione del Po), altrimenti paradossalmente ci ritroveremmo nella situazione più emarginata del Piemonte dal punto di vista della politica dei parchi e della valorizzazione delle zone protette e delle nostre risorse culturali, paesaggistiche ed ambientali.
Credo sia un grave errore collocare quest'area di protezione al livello di una riserva aggregata amministrativamente ed operativamente alla gestione del Parco di Chiusa Pesio. Sottolineo tra l'altro la contrarietà assoluta del Parco di Chiusa Pesio e degli esponenti, degli intellettuali dei cultori e dei soggetti interessati della comunità locale, che si è prodigata per la nascita di questo Ente Parco. Aggiungo che ci sono fondazioni, organismi di carattere economico che potrebbero essere coinvolti per sostenere questo progetto, penso alla Cassa di Risparmio alla Cassa Rurale di Benevagienna e ad altre strutture alle quali si potrebbe chiedere lo sforzo di creare un'organizzazione adeguata.
Resta da capire perché in una provincia con queste dimensioni, con questo territorio, dove operano solo due parchi, anziché sviluppare quest'area ci sia da un lato la reticenza e la contrarietà al Parco del Belbo, che dovrà essere declassato a qualcosa di minore e, dall'altro, su quello di Benevagienna - dove addirittura c'è il sostegno, la richiesta, la sollecitazione entusiastica della comunità locale che in tal senso si è prodigata - la Giunta voglia definire un'operazione umiliante rispetto alle esigenze e alle possibilità di una vera politica di tutela dell'ambiente e degli elementi paesaggistici e culturali di cui è ricco quel territorio.



PRESIDENTE

Non essendovi altri interventi, passiamo all'esame del relativo articolato.
ART. 1 - Si proceda alla votazione per alzata di mano, a norma dell'art.
44, secondo comma, dello Statuto.
L'esito della votazione è il seguente: presenti e votanti 36 voti favorevoli 36 L'art. 1 è approvato.
ART. 2 - Si proceda alla votazione per alzata di mano, a norma dell'art.
44, secondo comma, dello Statuto.
L'esito della votazione è il seguente: presenti e votanti 36 voti favorevoli 36 L'art. 2 è approvato.
ART. 3 - Si proceda alla votazione per alzata di mano, a norma dell'art.
44, secondo comma, dello Statuto.
L'esito della votazione è il seguente: presenti e votanti 36 voti favorevoli 36 L'art. 3 è approvato.
ART. 4 Chiede di parlare il Consigliere Rivalta. Ne ha facoltà.
RIVALTA Questo è l'articolo nodale per cui noi non voteremo a favore della legge, pur avendo votato i primi tre articoli che riguardano l'istituzione della Riserva naturale speciale di Benevagienna, i suoi confini e le finalità.
Non votiamo l'articolo per le ragioni che ha detto prima il Consigliere Riba e perché in realtà appare un articolo non chiaro: al primo comma si indica che le funzioni di direzione e di amministrazione dell'attività sono svolte dal Parco naturale dell'Alta Valle Pesio (che peraltro in questa occasione assume una nuova denominazione, quella dei parchi e riserve naturali cuneesi) e al comma secondo si parla della gestione degli aspetti tecnici caratterizzanti l'area di Augusta Bagiennorum. Francamente non riesco a capire come si colloca la dizione del comma secondo e la gestione degli aspetti tecnici rispetto alla dizione del comma primo dove si parla di funzioni di direzione e di amministrazione. Non essendo chiaro, sarà motivo, evidentemente, di una difficile definizione dei comportamenti.
Al di là di questa non chiarezza ribadisco il "no" a questo articolo di per sè, per tutte le ragioni che nello specifico del problema della tutela da svolgersi a Benevagienna ha già rilevato Lido Riba, e aggiungendo che questa linea di accorpamento in un unico ente della direzione di più parchi qui trova il massimo dell'incoerenza. Se da qualche altra parte è stato accettabile, qui non lo è assolutamente: un problema specifico come quello della tutela di un'area archeologica viene innestato su un parco che deve preoccuparsi di zone montane - come il Parco di Chiusa Pesio - nonché dell'Oasi di Crava-Morozzo e dei Ciciu di Villar S.
Costanzo.
La nostra impressione è che la questione del Parco di Benevagienna male si accomoderà all'interno di un interesse, di un'attenzione culturale ed anche gestionale e amministrativa che ha ben altri indirizzi e dimensione.
Ci sembra una politica del tutto burocratica che, come diceva il Consigliere Riba, rischia addirittura di metterne sottordine la specificità culturale.
Voteremo contro questo articolo; il Parco di Benevagienna si giustifica per l'insediamento archeologico di quel luogo, ma anche come punto di partenza di una politica culturale e di tutela dei beni naturalistici e degli immobili, dell'area del braidese, che a partire da Benevagienna toccano Cherasco, uno dei centri di maggiore significato storico architettonico e di impianto urbanistico del cuneese e del Piemonte, che hanno in Bra un altro centro di grande rilievo e interesse e nel parco di Pollenzo un altro riferimento.
Non ha alcun senso costituire la Riserva di Benevagienna, accorparla al Parco di Chiusa Pesio e non rilevare che Benevagienna vale di per sè, come punto di partenza di una politica culturale e di tutela degli insediamenti dell'area del braidese. Dico culturale, oltreché di tutela, perché proprio nel caso di Benevagienna, ma anche di Cherasco e di Bra, l'iniziativa pu assumere preminenza sotto il profilo dell'iniziativa culturale, della ricerca, della documentazione, della sistematizzazione e delle conoscenza più ancora che come pura politica di vincolo e tutela.
Votiamo quindi contro questo articolo, perché non corrisponde a quanto pensiamo dovrebbe essere la Riserva di Benevagienna, segnalando che si tratta di una politica di indirizzo di accorpamento basato su un'attenzione burocratica e non di merito.
Inoltre ci asterremo su tutti i successivi articoli della legge.



PRESIDENTE

La parola al Consigliere Miglio.
MIGLIO Ritengo opportuno che anche il Gruppo dei Verdi si esprima in merito all'art. 4 riguardante la gestione della Riserva di Augusta Bagiennorum ampliando leggermente il discorso.
Sappiamo che questa area è già sottoposta ad una serie di vincoli, in primo luogo quelli derivanti dalla legge n. 1089 del 30/9/1939, in quanto area archeologica. Quindi non si pone, nella sostanza, il problema della salvaguardia di questo territorio, perché ci sono già gli estremi sufficienti per impedire che vengano realizzate opere che ne snaturino i valori storico-archeologici.
Il problema non è quello di apporre dei vincoli, di non far decadere le norme di salvaguardia transitoria al finire dei mesi previsti dalla legge quadro regionale in materia di aree protette, quanto, semmai, di trovare la forma migliore per attivare ulteriori percorsi di valorizzazione di questo bene culturale. E' certo che i valori propri dell'area archeologica di Augusta Bagiennorum, rispetto ai valori degli altri parchi della zona del cuneese, in particolare quello della Valle Pesio, sono diversi; gli uni perché sono valori di tipo paesistico e naturalistico, gli altri perché più strettamente di tipo storico-archeologico. Ciò non toglie che potrebbe essere questa un'occasione per riflettere sul fatto che un ente, a cui è demandato il compito di gestire delle aree protette, può contemporaneamente occuparsi di zone con connotazioni e strutture tra loro diverse. Non vedo per quale motivo dovrebbe necessariamente sussistere un'incompatibilità sul piano gestionale tale da bloccare l'attività del Consiglio di amministrazione dell'Ente Parco e della sua Giunta esecutiva, che sarà prodotta dallo stesso Consiglio. Inoltre non possiamo, come Verdi, non pensare che sia possibile, nello stesso modo, attivare dei percorsi di valorizzazione sia per quelle aree che hanno connotazione strettamente paesistica e naturalistica sia per l'area di Augusta Bagiennorum, che ha valenze storico-archeologiche.
In questo senso, l'inclusione di questa Riserva nell'ambito del neonato Ente dei Parchi del cuneese, prosegue, a nostro avviso, anche se è stata condotta forse un po' confusamente fino a questo momento, quella linea politica tesa a ridurre le spese gestionali e favorire, quindi, il rilascio di nuove risorse economiche da dirottare sui veri e propri interventi di valorizzazione di questi beni. Il problema è, sostanzialmente, verificare se l'inclusione della Riserva all'interno di questo Ente conservi estremi minimi, tali da soddisfare le richieste avanzate a livello locale ed in particolare il raggiungimento di una politica di valorizzazione di quel bene storico-archeologico nonché la compartecipazione gestionale dei soggetti che da molti anni si preoccupano di far conoscere il più possibile i valori propri di quest'area, diffondendo informazioni, creando occasioni di incontro e attività di tutti i tipi legati anche ad aspetti diversi da quelli più propriamente dell'archeologia, come è in questo caso.
Rivendendo i contenuti dell'art. 4, riteniamo che sussistano gli estremi per ipotizzare una compartecipazione dei diversi soggetti, quali Regione, Ente Parco, Sovrintendenza ai Beni Archeologici e le Associazioni locali che si sono sempre occupate del problema della valorizzazione dell'area di Augusta Bagiennorum, proprio perché è prevista la stipula di una convenzione attraverso la quale si dovrà individuare, di comune accordo, un programma di intervento.
Inoltre, nel testo di legge, si indica come obbligo per l'Ente Parco di realizzare non una sede amministrativa, ma una sede operativa dove poter svolgere attività didattico-scientifiche e quindi creare le condizioni affinché non ci sia una deresponsabilizzazione dell'Ente nei confronti di una Riserva che potrebbe essere vista come marginale nell'ambito degli impegni dell'Ente rispetto alla gestione dell'area naturale della Valle Pesio.
Noi riteniamo che, per quanto riguarda il problema gestionale, le condizioni ottimali ci siano. Il problema sta poi nella capacità delle persone - che andranno a comporre l'Ente di gestione di quest'insieme di aree protette - di attivarsi realmente per valorizzare tutte le aree che compongono, ora, questo nuovo Ente. Sappiamo che le situazioni sono molto diverse: abbiamo casi in cui le componenti locali fanno seria opera di valorizzazione ed altri nei quali, paradossalmente, sarebbe meglio togliere la gestione delle aree protette alle realtà locali, in quanto prime protagoniste dell'affossamento della politica di valorizzazione di questi luoghi particolari.
In questo caso, a livello locale, si esprimono buone intenzioni; si tratta allora di aiutare tali Associazioni e a mio parere ciò può essere fatto non solo attraverso la gestione tramite l'Ente Parco, ma anche trattandosi di un bene storico-archeologico, mediante il ricorso agli strumenti dati dall'Assessorato all'istruzione e da quello ai beni culturali, che possono essere, al pari dell'Assessorato ai parchi, punti di riferimento per poter realizzare interventi sul territorio per la riqualificazione dei beni ivi presenti.
Per concludere, riteniamo di dover approvare questo articolo, così come l'intero disegno di legge, continuando la battaglia affinché i principi definiti nel testo legislativo trovino seria e reale applicazione in futuro, la qual cosa significa attivarsi per controllare quale politica effettivamente sarà svolta da questo Ente, in modo tale che la Riserva naturale di Augusta Bagiennorum non sia trascurata perché vista come area marginale dall'Ente delle aree protette del cuneese.



PRESIDENTE

La parola al Consigliere Marino.
MARINO Brevissimo intervento.
Personalmente sono abbastanza d'accordo con l'approccio al tema del Consigliere Miglio: essendo evidente la specificità della situazione inserita all'interno del sistema delle aree protette piemontesi definite da legge regionale, anch'io ritengo opportuno l'inserimento come Riserva naturale speciale. D'altra parte, però, esiste una specificità di questioni legate al significato particolare dell'area archeologica coinvolta da questo nuovo parco, rispetto alla quale associazioni e abitanti della zona sostanzialmente nutrono una preoccupazione e pongono una richiesta. La preoccupazione mi pare legata al fatto che la nascita della Riserva naturale speciale non rimanga solo sulla carta, ma sia reale strumento per il rilancio e la valorizzazione dell'intera area archeologica e delle iniziative culturali che ad essa possono essere collegate. Ricordo le richieste di costituire un Centro di documentazione, di riattivare strutture esistenti, ma pressoché abbandonate, ecc.
Mi pare che per i gruppi di residenti sensibili al rilancio del significato culturale della zona, e che in quest'ultima operano con attività volontaria, il problema sia questo.
D'altra parte, vi è la posizione espressa dai colleghi del PDS, che personalmente non condivido, la quale, a partire proprio dalla specifica caratteristica della zona, chiedono di fatto una deroga al criterio dell'accorpamento di parchi all'interno di Enti con più ampie strutture amministrative, al fine di ridurre da questo punto di vista le spese di gestione delle aree protette. La questione di fondo mi sembra capire cosa succede nel momento in cui la Riserva naturale speciale viene costituita.
Data la specificità della questione, premesso che voterò a favore dell'articolo - mi sembra che lo strumento della convenzione, così come indicato, possa potenzialmente essere idoneo - chiederei all'Assessore eventualmente mediante la stesura di un ordine del giorno, che entro un anno ci aggiorni su quanto avvenuto. Dal momento della costituzione del parco, mi pare che entro 90 giorni debba essere promossa la convenzione.
Una soluzione potrebbe essere che l'Assessore, entro un anno, in aula o in Commissione, ci faccia il punto della situazione, al fine di verificare se le esigenze - che personalmente ritengo positive - iscritte nelle richieste provenienti da residenti organizzati della zona, hanno trovato nella nascita reale di questa Riserva un riscontro positivo e conseguentemente un qualche tipo di rilancio delle potenzialità culturali della zona, oppure se tutto si è arenato.
La mia proposta è di una comunicazione entro dodici mesi, per capire se si è davvero avviata un'iniziativa o se il Consiglio regionale ha votato una legge in seguito alla quale nulla è accaduto.



PRESIDENTE

La parola al Consigliere Marchini.
MARCHINI Signor Presidente e colleghi Consiglieri, la discussione che si è avviata ci riporta ad un'antica questione: se sia possibile decidere se un bicchiere è mezzo pieno o mezzo vuoto.
A me sembra che dovremmo, in termini anche di solidarietà istituzionale, cominciare a dire che il bicchiere è mezzo pieno.
Anche i colleghi non entusiasti della soluzione proposta devono dare atto alla Giunta e alla Commissione che ha elaborato questo tipo di soluzione, che siamo ai margini della legge. Si è quindi voluto dare risposta, con un'attenzione puntuale che merita l'apprezzamento e il ringraziamento di tutti i Consiglieri, ad una questione in tempi relativamente stretti, ma non esaustiva: indubbiamente, si è riempito solo mezzo bicchiere. Si tratta di capire se occorrerà riempire il bicchiere interamente oppure se non sarà il caso di scegliere un bicchiere diverso.
In caso di whisky, è evidente che la quantità contenuta in metà bicchiere da barbera è sufficiente; evidentemente il whisky va servito in un bicchiere diverso.
Intendo dire che la questione fa pensare a come sia frustrante, per gli interessi in campo - in particolare per quelli, assai significativi oggi in gioco l'utilizzo di strumenti non sufficientemente specifici rispetto al problema. Mi chiedo se non sia il caso di immaginare che materie di questa natura trovino un loro sviluppo attraverso strumenti di natura diversa (spiace non sia presente l'Assessore al turismo; mi rivolgo quindi soprattutto al collega del PDS, l'unico attento a questo passaggio se si distrae anche lui non so più cosa parlo a fare).
Se ragionassimo sulla differenza fondamentale fra la promozione turistica, che vuol dire vendere un bene, e la valorizzazione turistica che è soprattutto un fatto culturale, probabilmente sarebbe possibile inventare qualcosa di nuovo, pensato per quelle aree che non hanno vocazione turistica tale da meritarne la promozione, ma che giustificano una loro valorizzazione: la nascita di soggetti sul territorio a valenza turistico-culturale per una fruizione e una valorizzazione del territorio stesso. Questi soggetti sarebbero più adatti, di quelli di tutela sui quali ragioniamo, a rispondere ad una aspettativa di tutela-valorizzazione e fruizione di angoli speciali e preziosi del nostro Piemonte, quali quelli in discussione.
Ritengo debba essere apprezzato lo sforzo di considerare comunque un problema quello di cercare di incanalare il lavoro di volontariato che è stato svolto, immaginando - ha detto bene il collega Marino - che di qui ad un anno si debba tornare sulla vicenda per capire se la strada è quella giusta, se l'abbiamo percorsa nel modo giusto o se non vada percorsa in modo più approfondito, magari diverso, oppure se la strada debba essere totalmente diversa.
Ritengo che proprio questo caso ci debba far riflettere sull'ipotesi di scindere nettamente due categorie di organizzazioni sul territorio: una per la promozione, le APT, e l'altra che determini la nascita sul territorio di quelli che i francesi chiamano i Syndacats d'initiative, che sono il precipitato di tutti gli interessi, le tensioni e le attenzioni sugli aspetti ambientali, turistici e culturali di territori che non hanno valenza e capacità tale da produrre un prodotto turistico, cioè tale da far muovere il fruitore del servizio turistico per lunghi percorsi e per molto tempo (il turismo oggi viene definito come quella attività economica che porta qualcuno a muoversi da grandi distanze e per molto tempo).
Il nostro Piemonte non ha molte aree che singolarmente possano muovere il turista per molto tempo e da distanze significative, mentre è ricco di occasioni che possono muovere per poco tempo e per tratti brevi molte persone. Dal punto di vista socio-economico, cioè della ricaduta della distribuzione della ricchezza sul territorio, è molto più interessante questo secondo fenomeno, che non ha bisogno di multinazionali.
Forse il dibattito sulle APT, che faremo sulla scorta delle esperienze fatte nel tentativo di forzare ai limiti possibili la nostra legge sui parchi e sulle aree protette, ci consentirà di chiedere all'Assessore al turismo e quindi a quello alla cultura di non immaginare che la riorganizzazione del sistema della presenza turistica sul territorio sia un'occasione per caricare su altri soggetti la tutela e la valorizzazione di aree che hanno più bisogno di tutela e valorizzazione culturale che non di tutela e valorizzazione di tipo paesistico ed ambientale.



PRESIDENTE

Non essendovi altre richieste di parola, ha facoltà di replicare l'Assessore Nerviani.
NERVIANI, Assessore regionale Ringrazio innanzitutto i colleghi per i contributi che sono stati dati come al solito radicati in esperienze autentiche o di area specifica a cui la materia appartiene o di carattere locale.
Sono un pochino dispiaciuto del fatto che vi sia questa distinzione peraltro annunciata in Commissione da parte di qualche forza politica del Consiglio regionale, sulla linea scelta per istituire la Riserva di Benevagienna, ovvero di costituire, con un corpo più ampio, il sistema dei parchi cuneesi, escludendo il principale, anche per le prospettive di natura interregionale ed internazionale che potrebbe avere.
Sono un po' dispiaciuto perché mi sembra che l'impegno a rispettare la specificità dell'esperienza culturale locale dei promotori (in parte) dell'iniziativa di Benevagienna sia stata del tutto rispettato. Il punto 2) dell'art. 4, che ricorda che "la gestione degli aspetti tecnici caratterizzanti l'area di Augusta Bagiennorum è effettuata in collaborazione fra l'Ente di gestione e le amministrazioni dello Stato competenti e le associazioni locali aventi finalità coerenti con quelle della riserva, sulla base di una convenzione che deve prevedere la costituzione di un Comitato con il compito di delineare programmi e progetti attuativi per l'area sottoposta a tutela", mi pare colga in pieno la necessità di riconoscere la forte identità all'esperienza culturale attivata a Benevagienna.
Devo anche dire che il nostro disegno di legge è ai limiti delle nostre specifiche competenze. Si tratta di un'area essenzialmente archeologica con valori naturalistici obiettivamente limitati e, in questo, andiamo ad assumerci una responsabilità che in parte è sostitutiva di qualche possibile assenza dello Stato, che peraltro ha sempre dichiarato di avere nei confronti di questo giacimento archeologico interesse particolare.
Stato comunque più volte sollecitato dagli operatori culturali locali che hanno dato un impulso eccezionale alle ricerche, alla catalogazione dei dati, all'attività turistica collegata a questa importante area archeologica del Piemonte. Quindi, per un verso, rispetto dell'identità dell'esperienza avviata; per altro verso, assunzione di una responsabilità di cui avremmo potuto caricarci con minore impegno.
In terzo luogo, vorrei ancora dire - affinché i colleghi un po' distratti lo sappiano - che un ente, per quanto piccolo possa essere dovrebbe prevedere un direttore, un quarto livello e - abitualmente così è un sesto livello. Tutto insieme, questo comporta una spesa di partenza minima di 100-120 milioni di lire. E probabilmente non basterebbero.
Preferisco dunque immaginare che io o altri che continueranno questo impegno destinino questi 120-150 milioni, che sarebbero riservati esclusivamente al personale, ad interventi significativi per quell'area, in un tempo in cui le risorse economiche disponibili sono davvero poche.
Ha ragione il Consigliere Marino quando mi richiama ad una verifica ad un anno dall'avvio dell'esperienza che è stata condotta. Può darsi che, nel frattempo, siano maturate altre realtà (a Pollenzo, per esempio) e che questo ci spinga a costruire qualcosa di nuovo.
Dichiaro qui che oggi, per quanto mi riguarda, fatta salva l'appendice delle sorgenti del Belbo, si chiude un periodo di costruzione del sistema dei parchi; con oggi (sostanzialmente - ripeto - rimane fuori la questione del Belbo) si completa, grazie alla collaborazione di tutti i Consiglieri presenti, il Piano dei parchi previsto nel 1990. Avremo fatto poche cose ma il lavoro è stato avviato e compiuto; in grande misura non si è svolto soltanto un lavoro di costruzione di parchi di carta: i parchi si sono istituiti davvero.
In una situazione economica così difficile, non posso immaginare che si istituiscano in futuro ulteriori nuovi parchi in Piemonte. Non escludo per che altri enti, in particolare le Province, che invocano competenze nella materia, possano chiedere di assumere (ad esempio, la Provincia di Cuneo) responsabilità nuove in materia, destinando a questo campo risorse fresche alle quali noi affiancheremo la nostra competenza e la nostra lunga esperienza da tutti abbondantemente riconosciuta.
Il disegno di legge mi sembra davvero una buona soluzione, che rispetta le difficoltà economiche esistenti, ma anche la necessità di rendere efficienti questi enti. Abbiamo constatato che, quando sono piccoli funzionano assai meno bene di quando sono grandi. Abbiamo la necessità di far vivere questo Comitato, di fare in fretta la convenzione tra Comitato ed Ente Parco, di stabilire un rapporto positivo con la Sovrintendenza: questo è il nostro compito del momento.
Credo che il collega Marchini abbia centrato il problema quando ha parlato di un Sindacato di iniziativa che pensi ad una politica turistica dei parchi, che pensi a quanto le piccole realtà non possono considerare come elemento su cui insistentemente far riferire gli impegni di lavoro spesso considerevoli, e che portano fuori dalla costruzione più ampia di un disegno di sfruttamento turistico e di utilizzazione culturale degli ambiti privilegiati con definizione di riserva o parco.
Ha ragione il Consigliere Marchini: si può vedere la vita in tutti i modi; i lavori fatti possono essere visti in tutti i modi. Alcuni vedono il bicchiere mezzo pieno (e questo credo sia l'orientamento prevalente della maggioranza); altri lo vedono mezzo vuoto. Vedere, alla fine di questo lavoro, un bicchiere mezzo vuoto - come diceva l'amico Riba - addirittura mezzo pieno di vino rancido, mi sembra sia un po' una forzatura.
Ma, al di là di queste considerazioni, voglio esprimere, fuori da ogni retorica e convenienza, un ringraziamento a tutti coloro che nella II Commissione hanno collaborato con me e con la Presidenza affinché il lavoro di creazione del sistema dei parchi si completasse. Questo è avvenuto.
Abbiamo ancora una piccola questione aperta, sulla quale ci confronteremo nei prossimi giorni. Mi auguro che anche per questa si possa trovare idonea soluzione.



PRESIDENTE

Non essendovi altre richieste di parola, si proceda alla votazione per alzata di mano dell'art. 4, a norma dell'art. 44, secondo comma, dello Statuto.
L'esito della votazione è il seguente: presenti e votanti 40 voti favorevoli 26 voti contrari 10 astensioni 4 L'art. 4 è approvato.
ART. 5 - Si proceda alla votazione per alzata di mano, a norma dell'art.
44, secondo comma, dello Statuto.
L'esito della votazione è il seguente: presenti e votanti 40 voti favorevoli 27 astensioni 13 L'art. 5 è approvato.
ART. 6 - Si proceda alla votazione per alzata di mano, a norma dell'art.
44, secondo comma, dello Statuto.
L'esito della votazione è il seguente: presenti e votanti 40 voti favorevoli 27 astensioni 13 L'art. 6 è approvato.
ART. 7 - Si proceda alla votazione per alzata di mano, a norma dell'art.
44, secondo comma, dello Statuto.
L'esito della votazione è il seguente: presenti e votanti 40 voti favorevoli 27 astensioni 13 L'art. 7 è approvato.
ART. 8 - Si proceda alla votazione per alzata di mano, a norma dell'art.
44, secondo comma, dello Statuto.
L'esito della votazione è il seguente: presenti e votanti 40 voti favorevoli 27 astensioni 13 L'art. 8 è approvato.
ART. 9 - Si proceda alla votazione per alzata di mano, a norma dell'art.
44, secondo comma, dello Statuto.
L'esito della votazione è il seguente: presenti e votanti 40 voti favorevoli 27 astensioni 13 L'art. 9 è approvato.
ART. 10 - Si proceda alla votazione per alzata di mano, a norma dell'art.
44, secondo comma, dello Statuto.
L'esito della votazione è il seguente: presenti e votanti 40 voti favorevoli 27 astensioni 13 L'art. 10 è approvato.
ART. 11 - Si proceda alla votazione per alzata di mano, a norma dell'art.
44, secondo comma, dello Statuto.
L'esito della votazione è il seguente: presenti e votanti 40 voti favorevoli 27 astensioni 13 L'art. 11 è approvato.
Passiamo alle dichiarazioni di voto.
La parola al Consigliere Rivalta.
RIVALTA Intervengo nuovamente per esprimere anch'io il compiacimento che si sia giunti ad una fase pressocché esaustiva del programma dei parchi contenuto nel piano regionale. Sottolineo che non solo va finalmente a termine il piano del 1990, perché siccome quello del 1990 ribadiva il piano del 1985 finalmente - uso correttamente la parola "finalmente" va a termine l'attuazione istituzionale, amministrativa, burocratica del secondo Piano dei parchi, così come si era configurato nel 1985. E' un compiacimento che dichiaro anche per la fatica che è stata fatta: sono passati, ormai, otto anni da quella data; assumo il tempo trascorso come il parametro di una fatica in qualche modo giunta a termine. E do atto all'Assessore Nerviani in questi tre anni, di aver fatto una parte consistente del cammino che dal 1985, per impegno dato dal Consiglio regionale, doveva essere compiuto.
Detto questo, molto bonariamente, senza accenti polemici, voglio dire che non considero quello di Nerviani un intervento che pone una pietra sul discorso dei parchi: "abbiamo terminato un impegno e tutto è fatto". Non può essere così; il Piano dei parchi può essere aggiornato su ragioni motivate; possono essere formulate altre leggi istitutive di parchi su esigenze specifiche di interventi di ulteriore tutela. Se mi consente Assessore Nerviani, interpreto così le sue parole e non nel senso che potevano anche far intendere: "adesso abbiamo finito: basta". Vedo che l'Assessore Nerviani è assente; avremo ancora delle cose da fare e sarà giusto farle sia come ampliamento di un piano di ulteriore tutela in prospettiva sia attraverso leggi singole.
In particolare, richiamo le sorgenti del Belbo; sollecito un impegno a trovare una soluzione per quest'area che ha un significato particolare dal punto di vista geologico. Questa valle ha un inizio pensile sulla più bassa Valle del Bormida, di una bellezza naturalistica e paesaggistica rilevante un ambiente molto ameno, che richiede una sua tutela, una sua sottolineatura. In questo caso credo sarebbe possibile l'accorpamento al Parco di Chiusa Pesio (accorpamento che abbiamo ritenuto opportuno per Benevagienna).
In questo senso quindi manteniamo la nostra posizione negativa e ci asterremo sull'intero disegno di legge. Abbiamo votato i primi tre articoli per sottolineare che siamo perché si vada avanti: le finalità e i confini di questa riserva li condividiamo. La nostra astensione mette in evidenza i problemi di una certa politica dell'accorpamento. L'Assessore Nerviani sembra un po' sorpreso, ma personalmente ho sempre manifestato non una mia irriducibile posizione contraria sull'accorpamento, ma l'esigenza di una grande cautela.
Chiudo rilevando che una qual certa cautela esiste - lo dico per i colleghi che si occupano dei parchi con grande impegno, mi riferisco ai colleghi Verdi e ai movimenti ecologisti in genere. I parchi sono in una situazione critica. Concludiamo una fase istituzionale, ma nel segno di una situazione critica dal punto di vista della loro politica attiva. In molti casi questi parchi segnalano carenze di realizzazione, di presenza, di attività istituzionale; non tutti, ve ne sono, infatti, che segnalano gestioni, direzioni di tutela e culturali di grande significato. Molti per ripeto - segnano situazioni critiche: stanno dilagando posizioni contrarie ai parchi, che tendono a "rimangiare" posizioni acquisite sul piano della tutela. E' molto importante riuscire a recuperare il consenso là dove lo abbiamo perso. Il consorziamento, l'accorpamento potrebbero rendere difficile il recupero e il consolidamento del consenso; in questo senso va usato con molta cautela e deve essere legato a ragioni di merito chiare. Laddove la gestione e la direzione dei parchi è strettamente legata alla realtà locale, si è riusciti a conquistare od ottenere situazioni di consenso. C'è bisogno di un rapporto diretto: la burocratizzazione della direzione e dell'amministrazione dei parchi a livello centralizzato potrebbe mettere in pericolo sia i rapporti consensuali che abbiamo ottenuto sia quelli che dobbiamo conquistare.
Metto in evidenza all'Assessore Nerviani un altro rischio: la linea di accorpamento che la Regione Piemonte sta perseguendo - che poi per ragioni geografiche si configura come linea di carattere territoriale sub-regionale può portare ad un disimpegno diretto della Regione dalla politica dei parchi vista la delega, il trasferimento, l'assegnazione dei parchi regionali accorpati in istituzioni di carattere provinciale alle Province.
Non metto in discussione questo possibile sbocco, ma lo rilevo perché è questione che dobbiamo discutere. Non dico che la posizione "parchi regionali" contrapposta a quella "provinciali" sia migliore (quando ne discuteremo entrerò nel merito); dico solo che una linea del genere potrebbe portare all'azienda dei parchi cuneesi e all'azienda dei parchi novaresi e, in modo strisciante, senza affrontare i relativi problemi di merito, potremmo trovarci di fronte ad un trasferimento dei parchi in sede provinciale. Se così deve essere è meglio che ne discutiamo serenamente prendendo in esame tutti gli aspetti, regionali o provinciali che siano: potrebbero essere ragioni di merito da considerare.



PRESIDENTE

La parola al Consigliere Zacchera.
ZACCHERA Signor Presidente, colleghi Consiglieri, una breve dichiarazione di voto del Gruppo MSI-DN per esprimere adesione alla proposta e, quindi, voto favorevole. Trascorsa metà legislatura, si può fare un bilancio sulla partita parchi: osservo che si è fatta veramente parecchia strada, forse una delle poche che la Giunta ha imboccato con una certa continuità. Il problema adesso si sposta su un altro piano: poste le bandierine dei confini dei parchi in un buon numero di zone della nostra Regione ora il problema è gestirli al meglio. Non vado a ripetere quanto ha già detto il collega che in larga parte condivido - ritengo però che la funzione di gestione del territorio dell'Assessorato non si esaurisca al discorso dei parchi. Se si ritiene esserci la necessità di vincoli abbastanza rigidi per i quali si è andati a tutelare zone specifiche, la funzione dell'Assessorato, adesso, deve svilupparsi attraverso Piani paesistici sulle zone del territorio per le quali non occorrono vincoli - adesso non è il caso di specificare se stretti o a maglie larghe - dando indicazioni di indirizzo ad evitare interventi che snaturino la coesistenza nell'ecosistema della gestione del territorio e del vivere il territorio da parte delle collettività residenti. Quindi, fissiamo dei limiti ad evitare un uso sbagliato di questo territorio.
Un altro aspetto che l'Assessore dovrebbe considerare è quello dei tempi: verificare serenamente cosa sia possibile fare da adesso a fine legislatura puntando, ora che i parchi sono sostanzialmente delineati, ad ottimizzare la loro gestione. Il costo della gestione è importante e ogni lira che riusciamo a risparmiare per una migliore gestione, è una lira in più che possiamo investire nei parchi. Volendo, gli investimenti possono essere enormi, proprio al fine di renderli più vicini alle necessità non più soltanto di questo Consiglio regionale, ma anche della mentalità generale, più attenta da parte dell'intera collettività.
Tornando sullo specifico, esprimiamo il nostro voto favorevole e anche una certa soddisfazione per come, nel complesso, sia stata gestita l'intera partita. Grazie.



PRESIDENTE

La parola al Consigliere Marchini.
MARCHINI Una dichiarazione di voto favorevole da parte del Gruppo liberale ci consente, in relazione a quanto detto dal collega Rivalta, di cercare di far capire una questione che, in quanto mai affrontata compiutamente ma solo per pezzi, rischia di dividerci su questioni che, probabilmente divisi non ci vedono.
Ha detto correttamente il collega Zacchera che siamo sostanzialmente alla conclusione della fase di realizzazione del sistema dei parchi e che il modello scelto per la loro realizzazione è datato perché fortemente istituzionalizzato. I Comprensori hanno trovato la loro tomba nella loro istituzionalizzazione. Se fossimo riusciti a far sì che i Comprensori fossero aree di lettura dei processi socio-economici in termini preventivi e consuntivi dell'attività programmatoria regionale, aree con un osservatorio rappresentato, per esempio, dalla Conferenza degli amministratori, da occasioni di confronto con l'Amministrazione regionale senza l'esigenza di individuare maggioranza, Giunta, Assessore e Presidenti, probabilmente avremmo ancora i Comprensori.
Dobbiamo avere chiaro che la politica dei parchi è un'attività della Regione non delegabile; esiste un problema di economia e di efficienza che fa sì che i servizi nei parchi debbano essere resi non da tante aziende, ma da un'azienda sola. Per aziende si intende, nella dottrina, il complesso delle strutture, delle attrezzature del personale che l'imprenditore o comunque il soggetto predispone per la realizzazione dell'obiettivo.
Quindi, quando si dice che i parchi devono essere ricondotti ad unità aziendale non significa la soppressione dei singoli parchi, significa semplicemente che il complesso di servizi di personale, di risorse e di strumenti deve essere ricondotto ad una sola entità o ad alcune entità magari ridefinibili su scala provinciale. Questo il senso che, a mio modo di vedere, deve essere dato al tentativo della Giunta di riportare a razionalità alcuni elementi. Il progetto politico regionale non è concluso per il fatto che si sono realizzati i parchi: una politica di tutela e di valorizzazione comincia - e non finisce - con la realizzazione dei parchi.
La Regione non se ne può spogliare; dovrebbe inoltre far comprendere al fruitore la differenza fra un parco regionale e un parco provinciale. E qui cascherà l'asino: i parchi provinciali verranno letti in termini più di fruizione e frequentazione da picnic che non di alta tutela quale quella che noi vogliamo invece portare avanti per evitare che la fruizione e l'utilizzazione sia l'elemento di caratterizzazione del parco, e non, al contrario, quello della tutela e della valorizzazione ed in ultima analisi qualora si rivelasse utile ed opportuna a valle, la fruizione. Diventa delicatissimo non incidere sull'elemento datato storicamente e politicamente; storicamente perché è cultura molto vecchia, di vent'anni fa; politicamente perché si creerebbe sul territorio la concorrenza con i parchi provinciali. Dal punto di vista istituzionale dobbiamo immaginare qualcosa di diverso, che consenta la realizzazione di una politica regionale del riconoscimento del concorso delle attenzioni, delle sensibilità, della cultura e delle responsabilità degli amministratori, ma soprattutto della cultura dell'attenzione locale in un disegno radicalmente e contestualmente nuovo. Diversamente, se la tutela e la valorizzazione le si considerano realizzate una tantum con l'individuazione di certi confini trovato l'ufficio, assunte le guardie e costituito il Consiglio direttivo è evidente e fisiologico che poi si vada alla fruizione come vero oggetto dell'Ente Parco.
Con tutta la stima che posso avere per i piemontesi, non ritengo che i nostri parchi possano godere di un complesso di dirigenti che ne sappia cogliere la loro specificità ai fini di un quadro politico generale saranno "tirati per la giacca" sugli aspetti di natura fruitiva così come a suo tempo, i Comprensori non sono riusciti a sottrarsi ad un'esigenza di essere governo ed amministrazione anziché programmazione.
E' un passaggio di grande delicatezza in cui nessuno vuole mettere in discussione la specificità delle singole aree, la loro specifica vocazione nessuno intende ridurre il ruolo degli amministratori locali, soprattutto dei segmenti sensibili e attenti della società civile, ma, sicuramente, la fase 2) non può essere, dal punto di vista istituzionale e strutturale governata con la fase 1). Significherebbe immaginare di essere sulla scalata del Mont Ventoux: dopo aver spinto tutti insieme per arrivare in punta al Mont Ventoux, c'è la discesa: se ognuno va per conto suo probabilmente si andrebbe tutti fuori strada. Mi sono permesso di ricordare, soprattutto ai colleghi di non recentissima nomina, l'esperienza dei Comprensori: i Comprensori sono falliti perché iperistituzionalizzati.
Anziché abolire i Comprensori, se avessimo saputo fare il ragionamento che adesso insieme ad altri colleghi cerco di fare sui parchi, ovvero di ridurne l'aspetto istituzionale ed esaltarne la funzione consultiva, di conoscenza e di promozione, forse avremmo ancora i Comprensori. Non vorremmo, non cogliendo questo aspetto, trovarci fra poco il fiato sul collo delle Province che sicuramente realizzeranno parchi che per loro natura saranno forse più belli da vedere, più piacevoli da frequentare: avranno tanti tavoli tipo quelli dell'orso Yoghi. E' probabile, purtroppo che i parchi provinciali saranno soprattutto questo; e, paradossalmente c'è il rischio che l'opinione pubblica finisca per apprezzarli di più perché sono più vicini ad una cultura del quotidiano.
Per ragioni di natura politica, non dobbiamo accettare una concorrenza verso il basso, ma una concorrenza verso l'alto, rilanciando la politica regionale dell'ambiente attraverso i parchi, gestendo il massimo di disegno politico. In questo, evidentemente, con la capacità, riducendo gli elementi di carattere istituzionale, di non perdere i contributi che possono venire dagli amministratori e, come ho detto prima, dai segmenti sensibili e disponibili della società civile.



PRESIDENTE

Non essendovi altri iscritti a parlare per dichiarazione di voto, si proceda alla votazione per appello nominale delll'intero testo della legge.
L'esito della votazione è il seguente: presenti e votanti 46 hanno risposto SI 34 si sono astenuti 12 Consiglieri L'intero testo della legge è approvato.
Passiamo ora alla votazione dell'ordine del giorno n. 592, presentato dai Consiglieri Peano, Marino, Miglio, Chiezzi, Cucco e Marchini, collegato alla legge, il cui testo recita: "Il Consiglio regionale del Piemonte vista la specificità archeologica oltre che ambientale dell'area coinvolta dall'istituenda Riserva naturale speciale di Augusta Bagiennorum, inserita all'interno del nuovo 'Ente di gestione dei Parchi e delle Riserve naturali cuneesi' viste le richieste e le proposte che varie associazioni di cittadini della zona hanno espresso durante le consultazioni affinché la nascita della nuova Riserva naturale speciale sia occasione di rilancio e promozione dei valori culturali archeologici ed ambientali dell'area impegna l'Assessore competente e la Giunta regionale a fare il punto sulle iniziative e la funzionalità del nuovo Ente e dei soggetti riuniti in convenzione indicati all'art. 4 della legge attraverso una comunicazione in aula da effettuare entro un anno dall'approvazione della legge stessa".
Chi è favorevole è pregato di alzare la mano.
L'ordine del giorno è approvato all'unanimità dei 46 Consiglieri presenti.


Argomento:

Iscrizione argomenti all'o.d.g.


PRESIDENTE

Propongo di iscrivere all'o.d.g. i seguenti provvedimenti: mozione n. 594 in merito all'abolizione della pena di morte nel mondo progetto di legge n. 359: "Modifica della L.R. 23/1/1984, n. 9 'Norme sulla previdenza e l'indennità di fine mandato dei Consiglieri regionali del Piemonte'".
Chi è favorevole è pregato di alzare la mano.
I due provvedimenti sono iscritti con 46 voti favorevoli.


Argomento: Diritti umani

Esame mozione n. 594 in merito all'abolizione della pena di morte nel mondo


PRESIDENTE

Pongo pertanto in votazione la mozione n. 594, presentata dal Consigliere Cucco ed altri, testè iscritta all'o.d.g., il cui testo recita: "Il Consiglio regionale del Piemonte premesso che: dal 14 al 22 giugno 1993 si terrà a Vienna la Conferenza mondiale dell'ONU sui diritti umani. Sarà quella un'occasione importante per la campagna internazionale abolizionista della pena di morte richiamata e riconfermata la mozione n. 384 approvata da codesto Consiglio regionale in data 23 giugno 1992, con la quale si chiedeva, fra l'altro, all'ONU un'iniziativa straordinaria per la moratoria immediata delle pene di morte già decise e l'abolizione progressiva della stessa pena da tutti gli ordinamenti giuridici visto e condiviso l'Appello delle Nazioni Unite che il Comitato promotore della 'Lega parlamentare internazionale per l'abolizione della pena di morte entro il 2000', richiamandone in particolare i seguenti passi: '(omissis).., riteniamo che il diritto di ogni essere umano a non essere ucciso a seguito di una sentenza o misura giudiziaria, anche se emessa nel rispetto della legge, vada affermato nell'ambito di ogni ordinamento giuridico come nuovo, fondamentale diritto della persona.
Rivolgiamo alle Nazioni Unite l'appello ad operare subito perché questa nuova conquista nel campo del Diritto e delle leggi si realizzi, all'alba del nuovo millennio, ovunque nel mondo' decide di sostenere l'Appello delle Nazioni Unite citato impegnando l'Ufficio di Presidenza ad inviare l'Appello e i documenti relativi allegati alla presente mozione ai Sindaci dei Comuni della Regione, ai Presidenti delle Province sollecitandone la sottoscrizione ad aderire al Comitato promotore della 'Lega parlamentare internazionale per l'abolizione della pena di morte entro il 2000' invia il presente ordine del giorno al Presidente della Repubblica, al Presidente del Consiglio dei Ministri, ai Presidenti dei due rami del Parlamento, al Segretario generale delle Nazioni Unite, al Comitato promotore della 'Lega parlamentare internazionale per l'abolizione della pena di morte entro il 2000', ai Presidenti delle Province e ai Sindaci dei Comuni della Regione".
Chi è favorevole è pregato di alzare la mano.
La mozione è approvata con 45 voti favorevoli e 1 astensione.


Argomento: Opere pubbliche - Edilizia: argomenti non sopra specificati

Esame proposta di deliberazione n. 655: "Autorizzazione alla cessione in proprietà del patrimonio realizzato da cooperative a proprietà indivisa in attuazione dell'art. 18 della legge 17/2/1992, n. 179. Determinazioni in merito ai contributi regionali già erogati ai sensi della L.R. 17/5/1976 n. 28 e successive modifiche ed integrazioni" - Votazione questione sospensiva


PRESIDENTE

Passiamo al punto 24) all'o.d.g. che prevede l'esame della proposta di deliberazione n. 655.
La parola al Consigliere Chiezzi per dichiarazione di voto.
CHIEZZI Grazie, Presidente, colleghe e colleghi.
La deliberazione è stata esaminata in una seduta della II Commissione nella quale, insieme al compagno Rivalta, abbiamo chiesto ulteriori delucidazioni. Si tratta infatti di una deliberazione che avvia la vendita del patrimonio delle cooperative a proprietà indivisa.
Le spiegazioni che avevamo richiesto sono poi pervenute da parte dell'Assessorato, con una relazione a firma del dott. Parise, e la Commissione le ha poi esaminate, rinviando la deliberazione in aula.
Non ero presente in Commissione al momento della discussione perché la presenza delle forze politiche rappresentate nei Gruppi in Commissione era a mio parere, insufficiente per discutere un provvedimento di questo genere. Ho notato, purtroppo, in queste ultime sedute di Commissione, che a seguito dell'assunzione da parte di alcune minoranze di Presidenze e Vicepresidenze di Commissioni, la maggioranza che regge il governo regionale ha pensato bene di dileguarsi molto più di quanto facesse quando deteneva le Presidenze di tutte le Commissioni. Devo dire che l'accesso da parte delle minoranze alle Presidenze delle Commissioni ha prodotto la fuga di Consiglieri di maggioranza dalle Commissioni stesse.
A fronte di una Commissione in cui siano presenti solo rappresentanti del Gruppo DC e del Gruppo PSI, ritengo tale sede insufficiente per un dibattito di merito su questioni di una certa rilevanza. Porterò quindi in quest'aula la mia opinione sulla deliberazione.
La deliberazione - è la spiegazione data dalla relazione del dott.
Parise - evidenzia con molta chiarezza che stiamo - anzi state - per prendere una decisione senza conoscere un fatto fondamentale alla base della decisione stessa, cioè senza conoscere quale esito avrà, dal punto di vista finanziario, la vendita di questi alloggi. Questo è del tutto incomprensibile.
Nella relazione che avete consegnato, a pag. 5, si cita proprio questo fatto. La Regione, prima di avviare la vendita di questi alloggi, ha chiesto, con nota n. 1419 del 10/3/1993 - quindi non un anno fa ma poco tempo fa - al Ministero dei Lavori Pubblici l'interpretazione di un comma dalla quale interpretazione deriva il prezzo di cessione dell'alloggio. E sappiamo bene che dal prezzo di cessione dell'alloggio deriva la possibilità da parte dei soci di acquisire o no l'alloggio medesimo, quindi di decidere se diventare da soci a proprietari o se rimanere soci in affitto. Un elemento di conoscenza che sta alla base della decisione di acquistare o non acquistare gli alloggi, richiesto dalla Regione Piemonte non è noto. Ciò a marzo 1993.
Non conosco l'entità dei solleciti fatti dall'Assessorato al Ministero né se questi solleciti siano stati fatti. Quello che mi sembra certo è che sia incauto ed inopportuno prendere una decisione di questo genere senza aver completato la pratica aperta dalla Regione presso il Ministero. Perch si fa questo? Perché non si aspetta la risposta del Ministero sollecitandola? La si metta sul tavolo di lavoro e si dica ai Consiglieri regionali che, essendo nota l'interpretazione data dal Ministero, il prezzo di cessione degli alloggi sarà noto in termini precisi.
L'imbarazzo in cui mettete tutti i Consiglieri regionali è illustrato dalle stesse tabelle di raffronto che avete prodotto. Da queste tabelle si vede che, a seconda dell'interpretazione che darà il Ministero, il prezzo di cessione varia da uno a due: un alloggio può costare cento lire o duecento lire. E vi pare una cosa da poco? E vi pare di poter prendere questa decisione in assenza di questa conoscenza? Certe decisioni possono creare attese che rimarranno poi insoddisfatte.
Vi pare questo il modo di governare? Che fretta c'è di prendere questa deliberazione? Che fretta avete? E se avete fretta, è la fretta che deriva dal voto elettorale del 6 giugno? E' una pressione di tipo elettorale che vi porta a condurre in porto questa operazione prima delle elezioni a Torino? Non vorrei proprio fosse così: sarebbe ben grave! Invito dunque l'Assessore e i colleghi a riflettere su questo fatto e ad attendere per l'esame di questa deliberazione la conclusione dell'iter presso il Ministero competente. Viceversa, se questo non accadrà, non parteciperò neppure a questa votazione, che ritengo assolutamente inopportuna.



PRESIDENTE

La parola al Consigliere Rivalta.
RIVALTA Intervengo per precisare la posizione del Gruppo PDS, posizione che già avevo espresso nella riunione di Commissione richiamata con atteggiamento giustamente critico dal collega Chiezzi; in quella riunione eravamo presenti solamente io e il collega Cavallera, oltre a chi presiedeva, mi sembra il Consigliere Penasso. La posizione nostra è quella di procedere nei tempi e con le chiarezze dovute, verso l'applicazione della legge, che prevede la trasformazione di questa assegnazione da proprietà indivisa a proprietà divisa.
In Commissione ho spiegato che quando la Regione Piemonte, nella seconda legislatura, aveva dato corpo ad un - relativamente massiccio nel quadro del diritto residenziale pubblico finanziamento delle cooperative indivise, introducendo contributi aggiuntivi regionali a quelli nazionali in modo tale che la cooperazione indivisa fosse equiparata, dal punto di vista dei costi da sostenere da parte del soggetto attuatore, all'edilizia sovvenzionata (cioè ai costi degli IACP); quando introducemmo questo indirizzo politico-amministrativo, che ha dato vita alla costruzione di circa sei mila alloggi in Piemonte nella cooperazione indivisa (e quindi ad una popolazione di una media città piemontese di complessivamente 20-25 mila abitanti) l'abbiamo fatto non per ragioni ideologiche, ma per consentire a chi non era in condizione di sostenere la partecipazione dovuta per accedere all'edilizia agevolata in proprietà divisa, di poter comunque essere gestore di una fase attuativa. I costi erano pari a quelli degli IACP, ma con la caratterizzazione di un'assunzione di responsabilità da parte dei soci di cooperative nel realizzare l'intera procedura indispensabile per dar vita alla costruzione e poter entrare negli alloggi.
Credo sia stata una politica positiva; se si valutano i risultati negativamente accumulati ad esempio dallo IACP di Torino nell'attuazione della sua politica, dobbiamo invece rilevare che le cooperative indivise in generale - ci saranno sicuramente stati anche casi di difficoltà - hanno ottemperato al loro scopo. Responsabilizzate ad un fine che è proprio dei singoli soci, hanno dato vita a realizzazioni in tempi relativamente brevi rispetto al quadro della realizzazione dell'edilizia residenziale pubblica sovvenzionata, con buoni risultati, dal punto di vista economico, per i soci.
Chiarisco che in allora non c'era, da parte nostra, alcuna intenzione ideologica, ma un'intenzione pratica, aderente alla situazione reale di una parte della popolazione, che chiedeva la possibilità di gestirsi in proprio la realizzazione della casa dove sarebbe andata ad abitare, con condizioni più agevolate di quella della proprietà divisa. La strada consentita dalle leggi nazionali era quella della proprietà indivisa.
Il fatto che non fossimo, già allora, su posizioni ideologiche, ma legati ad una linea di operatività molto concreta, ci permette di dire senza tante meditazioni, che noi siamo perché oggi si applichi la legge e la proprietà indivisa - avendo svolto verso quei soci che abitano nelle case da anni la funzione che ci eravamo proposti, nel consentire loro di entrare in un ciclo di responsabilizzazione nel realizzarsi la casa alternativo a quello degli IACP - si trasformi, dove è richiesto, in proprietà divisa.
Detto questo, però, sono d'accordo con il collega Chiezzi. Sono convinto che la domanda di passaggio dalla proprietà indivisa alla proprietà divisa sarà molto estesa: nel nostro Paese c'è una cultura della proprietà della casa; tutto va, anche dal punto di vista economico finanziario, nella direzione di attribuire alla casa giornalisticamente "al mattone" - un significato di consolidamento dei risparmi, e spesso in misura anche significativa nel tempo, di una rivalutazione finanziaria. C'è una cultura della proprietà di cui bisogna tener conto. Personalmente me ne accorsi dal censimento del 1981. La variazione tra le famiglie che vivevano in casa di proprietà nel 1981 era raddoppiata rispetto al censimento del 1961; da una percentuale del 35% di popolazione che viveva in casa di proprietà, nel giro di vent'anni - dal 1961 al 1981 si era praticamente passati ai 2/3 della popolazione. Oggi, dai primi dati del censimento del 1991, sappiamo che la dimensione delle famiglie che vivono in proprietà ha raggiunto i 3/4 - un po' meno nelle aree di grande concentrazione urbana come, per esempio, Torino.
Mi sembra dunque giusto corrispondere ad una domanda reale, non fittizia; reale perché fonda le radici nella nostra cultura e in uno stato di fatto che si è venuto sempre più caratterizzando. Ma questo rapporto di cessione, che ha visto impegnato lo Stato con contributi agevolati superiori a quelli della proprietà divisa e la Regione impegnarsi sino a portare il livello di agevolazione pari a quello degli IACP, deve essere fatto in termini di estrema chiarezza.
In Commissione ho chiesto - e l'Assessore vi ha corrisposto - i dati relativi alle situazioni delle varie cooperative indivise (i contributi versati, quali i contributi ancora da versare e quindi l'entità del passaggio eventuale tra proprietà indivisa e proprietà divisa). Manca per la possibilità di applicazione di quei parametri di cui la Regione dispone sulla base di quel coefficiente che sarà introdotto a livello statale quello cui faceva riferimento il collega Chiezzi. Quindi la chiarezza su questo rapporto non l'avremo finché non arriverà la risposta che il Consigliere Chiezzi sollecitava.
Ha ragione il Consigliere Chiezzi, sono d'accordo con lui: in questa situazione - era già la mia posizione in Commissione non abbiamo urgenza di deliberare. Mi sembra responsabile che la Regione chiarisca fino in fondo il prezzo del passaggio dalla proprietà indivisa alla proprietà divisa e dica ai soci delle cooperative a proprietà indivisa quali sono le condizioni, senza creare illusioni, con il realismo delle cifre.
Probabilmente rimarrà un nucleo abbastanza piccolo di persone che aspira a rimanere in regime di cooperative a proprietà indivisa, certamente conveniente dal punto di vista economico immediato e forse anche relativamente al futuro, i soci delle cooperative a proprietà indivisa infatti, hanno venduto i loro alloggi praticamente a prezzo di mercato inoltre, anche se in una cooperativa a proprietà indivisa, sono sempre dei proprietari. Se però la domanda fosse alta, è bene si sappia quanti sono quelli che, alle condizioni che verranno prescritte, richiedono il passaggio dalla cooperativa a proprietà indivisa in proprietà divisa.
La Regione deve muoversi quindi in modo responsabile, senza creare attese o illusioni. La chiarezza è dovuta. In un Paese dove la non chiarezza ci ha portato - certo, per situazioni ben più gravi di quella di una mancanza di giusta informazione - alle situazioni attuali, alla non credibilità delle istituzioni, alla non credibilità verso le forze politiche, verso chi governa, credo sia davvero dovuto un rapporto - oggi a tutti i livelli di documentata definizione del costo di questo passaggio in attesa di conoscere i parametri fissati.
Anch'io sollecito l'Assessore e la Giunta a soprassedere da questa deliberazione (che poi approveremo di fronte alla chiarezza) fino a quando non saranno definiti - e non dipende da noi - questi parametri. Sarà chiaro per tutti. Nessuno si avvarrà demagogicamente, sul piano dei rapporti politici, dell'incertezza di merito del costo di una decisione di questo genere; tutti ci presenteremo con dati conosciuti nel rapporto con i soci delle cooperative.
Da parte nostra c'è l'impegno - chiarite le cose - di muoverci sulla strada di questa deliberazione, ma vogliamo che le cose siano definite: chiediamo che le cose siano definite.



PRESIDENZA DEL VICEPRESIDENTE MONTICELLI



PRESIDENTE

La parola al Consigliere Bodrero.
BODRERO In linea di principio sono favorevole all'iniziativa privata anche per l'edilizia popolare. Dalle nostre parti, abbiamo visto gente anche di modestissime possibilità economiche farsi la casa; certo, la casa che poteva esserci allora, quella che potevano farsi loro.
Penso che, se ci sono leggi istitutive di iniziative pubbliche, sia statali che parastatali, cooperative o cose del genere, questo sia un modo per deviare da questa socialità pubblica che, sia pure come raro esempio resta, per chi preferisce il pubblico al privato. Quindi non vedo perché si debba cedere già subito, così all'improvviso, a questo tentativo di socialità pubblica o pubblicistica.
Tutte queste manovre, come quella di privatizzare, di vendere gli alloggi degli IACP, sono completamente assurde, contrarie allo spirito delle leggi istitutive e contrarie anche al decantato e declamato spirito non so come chiamarlo pubblicistico di una certa sinistra; dico certa perché non sono così convinto che sia sempre progressista. Per queste ragioni, e in attesa, dichiaro il mio voto di astensione.



PRESIDENTE

Prima di dare la parola all'Assessore Cavallera per la replica, informo che i Consiglieri Chiezzi e Rivalta hanno formalizzato quanto illustrato nei loro interventi, presentando la seguente questione sospensiva: "Il Consiglio regionale del Piemonte ritenuto necessario sospendere l'esame della proposta di deliberazione n. 655 sino alla conclusione dell'iter informativo presso il Ministero competente rinvia, ai sensi dell'art. 63 del Regolamento consiliare, l'esame del provvedimento".
La parola all'Assessore Cavallera.
CAVALLERA, Assessore regionale I colleghi hanno richiamato in aula le considerazioni che avevano già svolto in Commissione. Devo innanzitutto precisare che le esigenze di chiarezza e di trasparenza che sono state qui ricordate sono anche della Giunta e dell'Assessorato e quindi ritengo che sia i membri della Commissione che tutti gli altri Consiglieri possano dare atto che su questa vicenda si è proceduto a stendere un promemoria articolato e completo che dà conto delle conseguenze immediate della deliberazione e anche di quelle che possono essere previste come conseguenze future sulle casse regionali che ovviamente vengono a sopportare minori oneri nel momento in cui questa deliberazione dovesse poi avere effettiva applicazione.
E' in corso un processo di chiarimento per quanto riguarda le vendite di questo patrimonio delle cooperative a proprietà indivisa - più che vendite diciamo cessioni agli assegnatari di questi alloggi. Tale processo di chiarimento inizia proprio da deliberazioni del tipo di quelle presentate dalla Giunta regionale e che vengono discusse oggi in aula.
Cosa andiamo a deliberare, in sostanza? Andiamo a deliberare ciò che prevede la legge nazionale, cioè che la Regione Piemonte, le Regioni in generale hanno la possibilità di confermare o di revocare in tutto o in parte i benefici accordati ai sensi delle leggi regionali, nel caso particolare ricordate dal Consigliere Rivalta, che sono state approvate a suo tempo per sostenere gli interventi nel settore delle cooperative a proprietà indivisa.
Ebbene, cosa propone la Giunta regionale? Propone che a coloro che acquistano, che entrano in proprietà come assegnatari di questi alloggi di edilizia cooperativa a proprietà indivisa, vengano mantenuti i benefici previsti dall'ordinamento per le cooperative a proprietà divisa ovviamente questo in prospettiva futura - e prevedendo anche il rimborso dei benefici maggiori che sono stati fin qui corrisposti a queste cooperative e che verranno rimborsati da ciascun singolo socio che diventa proprietario.
Decisione che deve essere assunta dal Consiglio regionale con una deliberazione; ecco la ragione per la quale ritengo necessario che si proceda in questa sede all'approvazione della deliberazione che, essendo completa, ha anche la finalità di stabilire le modalità operative per esercitare quel controllo che la legge demanda alla Regione in ordine all'accertamento dei requisiti. Requisiti che sono sostanziali: deve aver adottato la deliberazione il 51% dei soci della cooperativa, deve interessare l'operazione il 60% degli assegnatari: insomma, tutte le norme che abbiamo discusso in sede di Commissione e che quindi i colleghi conoscono benissimo.
Pertanto, vi è un'iniziativa da parte delle cooperative stesse che entro un determinato termine, ormai decorso da mesi, hanno presentato istanza alla Regione Piemonte e alle quali la Regione Piemonte deve una risposta.
Vi è poi la questione che riguarda i prezzi convenzionali di riferimento che, come i colleghi sanno, sono di competenza comunale. La Regione Piemonte ha ritenuto - e io condivido pienamente di interpellare in sede di coordinamento per conoscere gli orientamenti generali in materia, facendo quasi "l'avvocato del diavolo", il Ministero e per esso il CER per sapere se i mutui devono essere ritenuti patrimonio della cooperativa o devono invece attenere al socio.
So benissimo che questo può portare e porterà, alla fine, ad un'eventuale differenziazione di costi, però a mio avviso questa non è ragione sufficiente per fermare l'opera di chiarificazione e di manifestazione di volontà da parte della Regione Piemonte che questa deliberazione in sostanza inizia ad avviare. Dobbiamo prendere atto della richiesta di acquisizione che riguarda ben 4.000 alloggi nella Regione Piemonte; i benefici che prevediamo di mantenere porteranno le operazioni ad essere assimilate in termini economici a quelle che riguardano le cooperative a proprietà divisa. Viene previsto il rimborso con uno sconto del 50% dei benefici già ottenuti in precedenza, se versati in un'unica soluzione, oppure il mantenimento al 100% di quanto dovuto, rateizzato in dieci anni. Questa non è un'invenzione della Regione, è il mantenimento anche per i benefici regionali, delle disposizioni previste dalla legge per i benefici statali.
Ritengo ci si possa impegnare, come Assessorato, a tenere costantemente informata la Commissione, proprio per ragioni di trasparenza e di stretto rapporto in una materia delicata e a vasto riflesso sociale. Condivido ampiamente i giudizi in termini storici ed anche dal punto di vista economico-sociale del Consigliere Rivalta in ordine alla funzione e al ruolo che hanno avuto nella nostra Regione gli interventi di questo genere.
Nel momento in cui invito i Consiglieri a votare questa deliberazione ribadisco il mio impegno a tenere informata la Commissione degli sviluppi della situazione andando a riferire, motu proprio, nel momento in cui vi saranno fatti significativi da comunicare e ogni volta che il Presidente di quella Commissione riterrà opportuno convocare il sottoscritto in ordine a questi problemi.



PRESIDENZA DEL PRESIDENTE SPAGNUOLO



PRESIDENTE

La discussione di carattere generale è così conclusa.
Pongo in votazione la questione sospensiva presentata dai Consiglieri Chiezzi e Rivalta.
Chi è favorevole è pregato di alzare la mano.
E' respinta con 11 voti favorevoli, 24 contrari e 2 astensioni.
Prima di passare alla votazione della deliberazione ha chiesto la parola per dichiarazione di voto il Consigliere Rivalta. Ne ha facoltà.
RIVALTA Intervengo per dichiarazione di voto. Noi ci asterremo nei confronti di questa deliberazione che viene fatta passare con l'urgenza delle sollecitazioni "dell'intervallo". Ci asterremo perché non ci è chiaro quale sarà il prezzo che i soci dovranno pagare per il passaggio dalla proprietà indivisa alla proprietà divisa. Questa nostra astensione vale come atteggiamento che rimane fermamente a difesa degli interessi dei soci. Il che vuol dire che nella definizione che ci sarà su questo prezzo noi ci collocheremo a favore o contro a seconda che quel prezzo sia favorevole ai soci della cooperazione a proprietà indivisa oppure no. In quel momento ci misureremo con la Giunta e ove questo prezzo cui arriveremo non coglierà larga partecipazione opereremo politicamente affinché si modifichino le condizioni a favore dei soci. Quindi, abbiamo bisogno di sapere. Ho espresso la nostra posizione politica nell'intervento precedente, la ribadisco adesso per la questione di merito "prezzo". Ci collocheremo quindi in un'azione politica che difenda al massimo gli interessi dei soci e delle cooperative a proprietà indivisa. La Giunta lascia nell'incertezza di una variabilità di prezzo molto alta; il collega Chiezzi parlava da uno a due: è davvero un'incertezza troppo ampia.



PRESIDENTE

Se non vi sono altri interventi per dichiarazione di voto, pongo in votazione tale deliberazione, il cui testo è a mani dei Consiglieri e verrà trascritto nel processo verbale dell'adunanza in corso.
Chi è favorevole è pregato di alzare la mano.
La deliberazione è approvata con 24 voti favorevoli e 12 astensioni (non hanno partecipato alla votazione 2 Consiglieri).


Argomento: Commercio

Esame proposta di deliberazione n. 688: "Correzione di errori di coordinamento nel testo della deliberazione del Consiglio regionale n. 590 5783 del 7/4/1993"


PRESIDENTE

Il punto 16) all'o.d.g. prevede l'esame della proposta di deliberazione n. 688.
Pongo in votazione tale deliberazione, il cui testo è a mani dei Consiglieri e verrà trascritto nel processo verbale dell'adunanza in corso.
Chi è favorevole è pregato di alzare la mano.
La deliberazione è approvata all'unanimità dei 36 Consiglieri presenti.


Argomento: Parchi e riserve

Esame progetto di legge n. 345: "Modificazione alla L.R. 21/7/1992, n. 36 'Adeguamento delle norme regionali in materia di aree protette alla legge 8/6/1990, n. 142 e alla legge 6/12/1991, n. 394" (rinvio)


PRESIDENTE

Potremmo ora esaminare il punto 11) all'o.d.g. che prevede l'esame del progetto di legge n. 345.
RIVALTA Presidente, chiedo ci sia la sospensione. Stiamo procedendo a decisioni anche rilevanti in attesa di andare a pranzo. E' una posizione indecente.



PRESIDENTE

Prima di tutto, lei non ha chiesto la parola. Gliela do, comunque.



(Interruzione del Consigliere Rivalta)



PRESIDENTE

Lo abbiamo detto.



(Interruzione del Consigliere Rivalta)



PRESIDENTE

Non è la prima volta che lavoriamo fino alle ore 14. Consigliere, non si arrabbi così! Dato che è da questa mattina che sto dicendo che avremmo esaminato questo punto e poiché nessuno ha eccepito ho ritenuto di andare avanti: l'avrò detto, proprio questa mattina, almeno quattro volte! Questo è quanto.



(Interruzione del Consigliere Rivalta)



PRESIDENTE

Ma non devo mettere ai voti proprio niente! Lei conosce sempre tutto Consigliere Rivalta! Abbia pazienza se per una volta glielo dico!



(Interruzione del Consigliere Rivalta)



PRESIDENTE

Non è la fine del mondo. Se non vogliamo farlo, considerato il fatto che sono le 14,10, non lo facciamo, ma questa mattina, per quattro volte ho detto che lo avremmo svolto, non c'è alcun problema a farlo o a non farlo. Se il Consiglio ritiene di dover sospendere, sospendiamo. E' una questione che l'Assessore Nerviani mi aveva detto essere rapidissima.
RIVALTA



PRESIDENTE

Mi sento violentato nel mio diritto.



PRESIDENTE

Ci consenta di dire che non sempre lei è violentato.



(Interruzione del Consigliere Rivalta)



PRESIDENTE

Ci sono molti tipi di violenza.
Vista la situazione, la seduta è sospesa e riprenderà oggi pomeriggio.
La seduta è tolta.



(La seduta ha termine alle ore 14.10)



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