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Dettaglio seduta n.226 del 27/04/93 - Legislatura n. V - Sedute dal 6 maggio 1990 al 22 aprile 1995

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Argomento:


PRESIDENZA DEL PRESIDENTE SPAGNUOLO


Argomento:

Approvazione verbali precedenti sedute (rinvio)


PRESIDENTE

La seduta è aperta.
In merito al punto 1) all'o.d.g.: "Approvazione verbali precedenti sedute", comunico che sono stati distribuiti ai Consiglieri prima della seduta odierna i processi verbali delle adunanze consiliari dell'11 e 17 marzo, 14, 22 e 28 aprile, 5 e 12 maggio 1992.
Verranno posti in votazione nella prossima adunanza consiliare.


Argomento:

Comunicazioni del Presidente del Consiglio regionale


PRESIDENTE

In merito al punto 6) all'o.d.g.: "Comunicazioni del Presidente del Consiglio regionale", comunico:


Argomento:

Comunicazioni del Presidente del Consiglio regionale

Argomento:

a) Congedi


PRESIDENTE

Hanno chiesto congedo i Consiglieri Cantore, Coppo, Croso, Dameri Maccari, Sartoris e Zacchera.


Argomento:

b) Presentazione progetti di legge


PRESIDENTE

L'elenco dei progetti di legge presentati sarà riportato nel processo verbale dell'adunanza in corso.
Comunico che in data 21/4/1993 sono stati trasmessi dalla Giunta regionale gli emendamenti aggiuntivi al testo del disegno di legge n. 151 relativo a: "Delimitazioni e funzioni dell'area metropolitana".


Argomento: Varie

c) Visita a Torino del Presidente della Repubblica, Oscar Luigi Scalfaro


PRESIDENTE

Ricordo a tutti i Consiglieri regionali che domani è prevista la visita a Torino del Presidente della Repubblica, Oscar Luigi Scalfaro.
I Consiglieri regionali avranno modo di incontrare il Presidente della Repubblica nella sede del Teatro Regio, mentre in Prefettura è previsto l'incontro con i Sindaci del Piemonte. L'appuntamento è fissato alle ore 10,30.


Argomento: Parchi e riserve

Esame progetto di legge n. 337: "Modificazione alla L.R. n. 45/92 'Norme per l'utilizzo e la fruizione della Riserva naturale speciale del Sacro Monte di Orta'"


PRESIDENTE

Nella Conferenza dei Capigruppo è stato convenuto di svolgere nella seduta antimeridiana di oggi i punti inerenti i parchi.
Poiché non è presente in questo momento il Consigliere Rivalta che è relatore del progetto di legge n. 226, di cui al punto 7) all'o.d.g.
(primo progetto di legge relativo ai parchi), passiamo al progetto di legge n. 337, di cui al punto 8) all'o.d.g.
Relatore è il Consigliere Penasso che ha pertanto facoltà di intervenire.



PENASSO Alfredo, relatore

Non intendo illustrare l'intero progetto di legge. Abbiamo affrontato in Commissione, su sollecitazione delle parti in causa, l'esigenza di una lieve modificazione all'interno della legge istitutiva del parco.
La Commissione ha valutato con attenzione queste richieste che ha fatto proprie e le ha quindi deliberate.
Raccomando pertanto al Consiglio l'approvazione di tale progetto di legge.



PRESIDENTE

Sulla relazione del Consigliere Penasso è aperta la discussione.
Ha chiesto la parola il Consigliere Buzio; ne ha facoltà.



BUZIO Alberto

Questo progetto di legge viene a pochi mesi di distanza dall'approvazione della legge relativa all'utilizzo e la fruizione della Riserva naturale speciale del Sacro Monte di Orta, legge della quale tra l'altro ero stato relatore.
Abbiamo una certa perplessità nel vedere che questa modifica interviene a brevissima distanza da questa approvazione, anche perché ci pare che praticamente queste siano già delle norme regolamentari che hanno la dignità di legge proprio perché contengono le sanzioni che pare non si possano demandare agli enti interessati. Tra l'altro, abbiamo già fatto questa discussione e quindi scendere nel dettaglio sarebbe più opportuno che lo facesse la stessa riserva per quanto riguarda le modalità di fruizione, però la necessità della legge si impone anche per queste piccole modifiche.
Questa norma consente una certa elasticità per quanto riguarda le varie possibilità previste dall'art. 3. E' una norma che può essere rischiosa se interpretata in senso estensivo. Dalle consultazioni emerge che la riserva tutto sommato si dichiara favorevole, anche se la Sovrintendenza per la verità considera questa modifica inopportuna come aggiunta da farsi all'art. 3.
In linea di massima, noi riteniamo che queste perplessità non siano superate del tutto, per cui ci orienteremo verso un'astensione su questa modifica, ritenendo che debba essere poi il Consiglio direttivo a disciplinare più puntualmente tutte le varie fattispecie che si possono presentare. Dato che poi tutto questo si inquadra nel dibattito che abbiamo fatto sia per il Sacro Monte di Orta sia per l'allargamento della stessa Riserva del Buccione, ribadiamo tutte le nostre osservazioni fatte nel dibattito generale che riguarda anche il Consiglio direttivo di questi due enti. Sostanzialmente quindi ribadiamo la nostra astensione per esprimere tutti gli elementi di contrarietà da un lato, ma anche di perplessità per una norma che effettivamente non riteniamo opportuna fatta a così breve distanza dall'approvazione della legge.



PRESIDENTE

La parola al Consigliere Miglio.



MIGLIO Mario

Signor Presidente, colleghi Consiglieri, esprimiamo anche noi la posizione in merito alla proposta di modifica del Regolamento per l'accesso e la fruizione della Riserva naturale speciale del Sacro Monte di Orta. A noi - premetto - non convince assolutamente il contenuto del disegno di legge e voteremo contro tale modifica. Ne spiego i motivi, richiamando alcuni punti che sono parte sostanziale della relazione che accompagna il disegno di legge.
Si dice che "questa modifica viene introdotta allo scopo di dare soluzione a un problema applicativo della L.R. 4/11/1992, n. 45", che è quella che aveva stabilito e introdotto il Regolamento di fruizione di questa Riserva naturale speciale.
A nostro modo di vedere, in verità, non esiste alcun problema applicativo, nel senso che la norma è del tutto chiara e per l'appunto precisa quali persone possono accedere con un mezzo privato all'interno del cosiddetto recinto del Sacro Monte di Orta. Il problema, forse lo si capisce nelle righe successive: è che in verità si ritiene difficoltoso l'accesso al santuario situato sul Sacro Monte da parte dei fedeli e quindi, non più tanto dei soggetti disabili o comunque dei soggetti che hanno dei problemi di deambulazione. Qui si apre però una questione particolare, nel senso che non si vede per quale motivo i fedeli non possano camminare per circa 300 metri, peraltro su un vialetto interno al recinto stesso, e per un tempo di percorrenza che è stimabile in tre-cinque minuti. Diverso è introdurre un'eccezione ad un Regolamento che considera problemi obiettivamente riconoscibili di persone che hanno delle difficoltà di deambulazione, o perché handicappati o per l'età o per la condizione fisica particolare sussistente in quel momento, e non riescono, o hanno delle serie difficoltà, a percorrere uno spazio così definito, da una deroga così ampia e non giustificabile.
A noi pare che la scelta di dare la possibilità di sostare per un periodo, comunque limitato al tempo durante il quale si svolge la Santa Messa, sia un'opzione che apre spazi ad un accesso con veicoli a motore non controllabile. Infatti, ci chiediamo come i guardiaparco possano verificare se i soggetti che entrano con le auto per parcheggiare lungo il vialetto che conduce alla chiesa, siano dei fedeli realmente intenzionati ad andare ad assistere alla Messa. Bisogna chiedersi se è accettabile imporre ad un guardiaparco di sostare, soprattutto nei giorni di maggiore affluenza, per tutto l'arco della giornata, dove c'è la sbarra di accesso per verificare, di volta in volta, se sussistono o meno tali condizioni.
Il rischio, ad avviso dei Verdi, e non solo perché anche la Sovrintendenza ha espresso, per tramite di una precisa memoria scritta queste preoccupazioni, è che, in verità, la norma vada a complicare ulteriormente la gestione di tale particolare situazione, favorendo, in questo modo, l'ingresso con l'auto di altre persone, soprattutto nei momenti di maggiore affluenza, laddove non sussistano obiettivamente le necessità per attuare queste particolari deroghe e facilitazioni di accesso.
Bisogna anche considerare che il vialetto dove si permetterebbe il parcheggio delle auto, seppure per un periodo limitato, non è parte secondaria del recinto del Sacro Monte. Il tipo di selciato, la collocazione a ridosso della chiesa, ma anche ad alcune cappelle, nonché al pozzo che è un elemento simbolico per quanto attiene all'architettura dei Sacri Monti, in riferimento anche alla logica francescana, sono tutti elementi che dovrebbero essere maggiormente valutati. Riteniamo che tale norma, permettendo l'ingresso ad un maggior numero di auto rispetto a quelle di cui ai posti già previsti in altra collocazione, entra in conflitto con gli obiettivi di salvaguardia e valorizzazione di un patrimonio storico-artistico, ma anche naturalistico com'è quello del Sacro Monte di Orta.
Se veniamo alle ragioni che hanno portato la Giunta regionale a proporre di introdurre questa modifica nel Regolamento, approvato pochi mesi fa dal Consiglio regionale, ci sembra che l'esigenza sia veramente particolare, e per quanto abbiamo appreso l'origine sta nelle pressioni del Padre rettore del Santuario, che ha paura di perdere i proventi derivanti dalle offerte dei fedeli che vanno ad assistere alla Santa Messa, ma noi riteniamo soprattutto dai matrimoni, ora facilitati grazie alla possibilità introdotta per cui non solo l'auto della sposa, ma anche quelle degli invitati, accederebbero al recinto del Sacro Monte, se è vero che un matrimonio è anche celebrazione di funzione religiosa.
Ci pare che queste ragioni siano veramente poca cosa rispetto a quelle originarie ovvero l'introdurre, tramite la legge istitutiva, delle norme che favorissero e promuovessero la salvaguardia di tale bene culturale e ambientale.
Ci pare, infine, che esistano delle posizioni diverse, nel senso che la Curia Vescovile non ha caldeggiato la posizione del Padre rettore sostenendo un'altra tesi, in base alla quale la modifica del Regolamento non risulterebbe significativa proprio perché non supportata da ragioni condivisibili.
Alla luce di queste riflessioni, non possiamo che invitare la Giunta regionale e il Consiglio regionale a pensare seriamente sulla necessità di introdurre tale modifica. Se così non fosse, se cioè questo disegno di legge dovesse andare avanti con la votazione ultima da parte del Consiglio il nostro Gruppo voterà contro.



PRESIDENTE

La parola al Consigliere Bodrero.



BODRERO Antonio

Spiego il mio voto di astensione per le ragioni che ho già detto all'Assessore per i beni culturali esattamente ieri, durante un'illustrazione dell'Assessorato che egli ha fatto in una sede culturale di Torino. Non sono d'accordo circa tutto ciò che riguarda questi beni e anche altri settori della vita sociale. Ragione fondamentale è che questi beni non sono abbastanza tutelati e sorvegliati, soprattutto perché non si fa obbligo agli addetti alla sorveglianza della residenza permanente nei luoghi da sorvegliare giorno e notte, in particolare contro vandali e piromani, oltremodo protetti dalle infami leggi permissive. Sorveglianza che intendo armata, ovviamente.



PRESIDENTE

La parola al Consigliere Chiezzi.



CHIEZZI Giuseppe

Grazie Presidente, svolgerò una breve dichiarazione per motivare il voto contrario del mio Gruppo. La ragione fondamentale risiede nel fatto che l'accesso ai mezzi motorizzati non è legato a specifiche necessità, ma è rivolto "erga omnes" nel quadro di un accesso consentito per una speciale funzione.
Penso che i valori ambientali, così come sancito da una sentenza della Corte Costituzionale, debbano stare a monte delle scelte economiche o di altro tipo, che siano una priorità assoluta da rispettare. Quindi, per questo motivo, il libero accesso immotivato non vede il consenso del Gruppo di Rifondazione Comunista, che voterà contro.



PRESIDENTE

La parola all'Assessore Nerviani.



NERVIANI Enrico, Assessore regionale

Intendo presentare un modestissimo emendamento al punto c) dell'art. 1 del disegno di legge n. 337, che recita: "I mezzi muniti di contrassegno o di autorizzazione del personale della riserva per i disabili e gli ammalati con difficoltà di deambulazione". In sostanza si ripristina il vecchio testo, ma si limita l'accesso a coloro che hanno il contrassegno o l'autorizzazione del personale della riserva.
Molto spesso gli anziani che hanno difficoltà di deambulazione o gli ammalati, non hanno il contrassegno che è quello codificato e riferito a disabili permanenti. Pertanto, interpretando correttamente lo spirito delle richieste formulate, limitando però tutto all'ambito preciso dell'autorizzazione del personale della riserva o il riconoscimento ufficiale attraverso il contrassegno per i disabili, credo si medino le necessità di riconoscimento e la possibilità di accesso da parte di coloro che hanno obiettiva difficoltà di deambulazione. Questo è l'emendamento che presento formalmente.
Questa è stata una parte aggiunta, dopo le consultazioni, alla parte "centrale" sulla quale sono intervenuti i colleghi Chiezzi, Buzio e Miglio che sostengono l'inopportunità di una libertà di accesso al viale principale e al conseguente parcheggio in quell'area.
Sulla questione si può discutere a lungo. Mi spiace parlare di queste cose in Consiglio regionale; purtroppo, fin quando le leggi saranno così non potremo disgiungere questi aspetti minuti dagli aspetti più generali della legge. Anch'io sarei molto favorevole ad evitare, così come era stato pensato inizialmente, ogni possibile accesso a luoghi di grande prestigio e grande valore artistico (anche se danneggiamenti non sono possibili e non sono immaginabili, perché c'è un controllo sistematico e del personale religioso e del personale della Riserva).
Fatta questa premessa, essendo quindi soprattutto una questione di tipo estetico più che di tutela, avendo forte la richiesta di chi il Santuario ha da sempre nei secoli custodito e di chi vi opera in questo momento giorno e notte, ritengo che non sia possibile rispondere negativamente, a patto che vi siano norme precise per l'accesso. Credo davvero che non sia possibile rispondere in termini intransigentemente negativi.
Peraltro - va detto con franchezza - la condizione posta dalla comunità religiosa è quella dell'approvazione della modifica nel Regolamento, pena l'abbandono da parte del personale religioso della presenza al Sacro Monte.
Non ne faccio una questione di "aree culturali", penso che tutti capiscano bene le cose: certamente se andassero via i religiosi da questo Sacro Monte, il decadimento sarebbe mille volte superiore a quello immaginato da qualcuno per la presenza sul viale d'accesso di qualche macchina durante le funzioni religiose. Quindi è una mediazione realistica che credo sia raccomandabile al Consiglio e che risolve - speriamo che ci riesca - un conflitto che da tempo si è aperto fra Ente religioso e Riserva-Regione e che soltanto con la buona volontà penso si possa definitivamente eliminare.



PRESIDENTE

Non essendovi altri interventi, passiamo all'esame dell'articolato.
ART. 1 Emendamento presentato dall'Assessore Nerviani: la lettera c) dell'art. 3, comma quinto, è così modificata: "I mezzi, muniti di contrassegno o di autorizzazione, del personale della Riserva, per i disabili e gli ammalati con difficoltà di deambulazione".
Chi è favorevole è pregato di alzare la mano.
E' approvato con 24 voti favorevoli e 6 astensioni.
Si proceda alla votazione per appello nominale dell'articolo unico così emendato.
L'esito della votazione è il seguente: presenti e votanti 40 hanno risposto SI 25 Consiglieri hanno risposto NO 5 Consiglieri si sono astenuti 10 Consiglieri.
L'articolo unico, pertanto l'intero testo della legge, è approvato.


Argomento:

Iscrizione argomenti all'o.d.g.


PRESIDENTE

Propongo l'iscrizione all'o.d.g. del progetto di legge n. 339: "Istituzione della Riserva naturale speciale della Val Sarmassa".
Chi è favorevole è pregato di alzare la mano.
L'iscrizione è accolta all'unanimità dei 39 Consiglieri presenti.


Argomento: Parchi e riserve

Esame progetto di legge n. 226: "Modificazione della L.R. n. 28/90 'Istituzione del sistema delle aree protette della fascia fluviale del Po'"


PRESIDENTE

Passiamo ora all'esame del progetto di legge n. 226, di cui al punto 7) all'o.d.g.
Relatore è il Consigliere Rivalta, che ha quindi la parola.



RIVALTA Luigi, relatore

Pur cercando di contenere il mio intervento, richiamerò alcuni elementi entro i quali si colloca una ragione generale di tutela dell'area del Meisino, della confluenza della Stura e del Po. Lo faccio anche per l'importanza che assume in generale, ma poi in particolare per la città di Torino, il provvedimento che stiamo per prendere.
Torino è situata nell'unico luogo ove il Po, lasciato il tratto alpino e sviluppato il suo percorso che per oltre 500 km lo porterà all'Adriatico attraverso la vasta Pianura Padana, percorre un tratto in cui è stretto in una zona pianeggiante che non supera i 10 km di larghezza. Le ragioni di questa ubicazione sono certo geo-politiche, militari, commerciali; il luogo è un crocevia fra la via padana e la via di Francia, però è certo che la stretta formata da un lato dalla collina morenica di Rivoli, con la retrostante dorsale alpina, e dall'altro lato da quella che ora chiamiamo collina torinese, frontespizio di un vasto comprensorio collinare di formazione orogenetica, determina un contesto ambientale di singolare e grande valore paesaggistico, ricco di relazioni visuali - e a questo far riferimento in seguito - dalla pianura all'alto dei versanti e dei colli che presentano con il passare delle stagioni variopinti colori e chiaroscuri, e dall'alto verso la pianura all'interno della quale c'è il Po, il suo corso e quello dei suoi affluenti. E' questo il contorno paesaggistico naturale entro il quale si colloca la città di Torino.
L'espansione urbana dell'antico centro romano, quando dal '500 con il trasferimento della sede capitale dei Savoia a Torino ha preso nuovo e continuo sviluppo, è stata influenzata, nell'evoluzione della sua struttura e delle sue architetture, da questo contesto ambientale.
Richiamo molto succintamente che già sulla collina di Moncalieri - dove nei primi decenni del '200 era stato fondato un nuovo insediamento, a seguito della distruzione di Testona, che era il centro forte sulla via padana, da parte di Chieri - esisteva un insediamento nel 1500, con un suo castello; un insediamento di tipo medievale esisteva anche sulla collina di Rivoli, cioè sui rilievi attorno a questa stretta pianura. Erano questi i due centri medievali di maggiore rilievo posti in una situazione di preminenza paesaggistica e visuale, all'interno della quale c'era questa Torino romana e medievale tutto sommato in una situazione di difficile vita.
E' certo sul finire del '500, nel '600 e nel '700, che questi centri Moncalieri e Rivoli, sono richiamati a nuovo fulgore con la ricostruzione di molti degli edifici di abitazione e dei due castelli di Rivoli e Moncalieri che hanno assunto la configurazione, che ancora oggi permane ad opera degli architetti di casa Savoia, Carlo e Amedeo di Castellamonte in particolare, e lo Juvarra, soprattutto a Rivoli e nella costruzione della Palazzina di caccia di Stupinigi e di Venaria.
Faccio questi richiami perché non sono estranei alle cose che dirò e che riguardano la decisione di stamattina. Intanto Torino si era ampliata ed avvicinata al Po, era stata costruita Via Po ed era sorto il castello del Valentino, affaccio diretto sul Po e dall'altra parte del Po, ancora qualche decennio prima, la Chiesa dei Cappuccini e poi la Villa della Regina.
Queste architetture, localizzate nei punti che ho richiamato, sono arricchite nel 1731 dall'inaugurazione della Basilica di Superga, fatto storico eccezionale: dovete sapere che Superga non era raggiungibile da Torino. Per costruire tutta l'operazione di sostegno della costruzione si doveva passare per le strade che giravano a Chieri. Con la costruzione di Superga e con il richiamo di quegli elementi architettonici di cui ho fatto cenno prima, si era venuto costruendo un reticolo attorno alla città di Torino che si stava espandendo, un reticolo ed una triangolazione formalizzata a terra da dei percorsi viari. Richiamo il fatto che dal castello di Moncalieri alla Palazzina di Stupinigi c'era una strada ancora oggi segnata sul territorio, che altre direttrici spesso rettilinee andavano da Stupinigi a Rivoli e da Rivoli il corso Francia, quest'ultimo sull'asse di Superga.
I colleghi probabilmente considereranno pedante il mio intervento, ma è mio intento spiegare, nella maniera più banale ma nello stesso tempo più concreta, come il contesto su cui è collocata Torino e i suoi dintorni questa stretta di dieci chilometri - abbia segnato il costruirsi della struttura urbana torinese, e come su un ambiente naturale fortemente caratterizzato sotto il profilo paesaggistico, si siano inseriti elementi architettonici che fanno da caposaldo e mettono in maggiore evidenza l'intero contesto.
Torino dopo il '700 ha continuato ad espandersi; in qualche misura comunque, nella sua espansione e nel suo rapporto con tale ambiente, in particolare con il fiume Po e con la collina, ha mantenuto un livello elevato di qualità, un livello aulico, che vive proprio dell'ambiente e del paesaggio: Piazza Vittorio, dell'inizio dell'800, la cortina che attorno al centro più vecchio di Torino si è andata costruendo sull'affaccio sul Po l'attuale Corso Cairoli - e il contraffaccio delle case adiacenti a Piazza Vittorio. Anche nell'Oltrepò sono rimasti segni di questa sua costruzione con un edificio non eccelso, ma certo significativo dal punto di vista del richiamo formale di questo rapporto ambientale, quale è la Basilica della Gran Madre.
Tutto questo, in qualche misura, emarginando il verde; poi, con la politica dell'800 si è teso a conservare le aree sulle quali non era ancora stato costruito. Ecco quindi la difesa di quanto è stato poi chiamato Valentino, attorno all'antico Castello, e qualche timido tentativo di espansione: la sistemazione della sponda opposta del Po e più recentemente "Italia '61". Non così è avvenuto formalmente sul lato sinistro, guardando la collina; il lungo Po Antonelli, ambientalmente zona di grande significato, è un pezzo di periferia di Torino.
Il fatto forse più negativo è che nel dopoguerra - fino al 1940 una certa politica del verde è stata attuata - a Torino non solo non si e più tenuto conto della qualità degli insediamenti lungo questa zona ambientale di grande pregio, ma si è cominciato, ogni qualvolta si presentava un'esigenza espansiva, ad andare ad occupare aree verdi fino ad allora difese. Basta pensare al Valentino, ad "Italia '61": non appena si è presentata la necessità di insediare qualche nuova struttura la si è collocata lì. Spesso si è trattato di strutture importanti, ma certo con densità ormai giunta a livelli tali da ridurre il valore del parco del Valentino; penso, ad esempio, alla pessima collocazione del Palazzo del Lavoro di Nervi, che ha spazzato via un ampio spazio del prolungamento del Valentino verso l'esterno; penso all'ampio salone sotterraneo costruito dal grande ingegnere Morandi, tra il Castello del Valentino e Palazzo Esposizioni: anch'esso ha privato Torino di un pezzo consistente del parco del Valentino.
Tutto questo per dire che Torino è stata caratterizzata da una certa attenzione all'ambiente, nel corso dei secoli, dal '500 in poi, scemata però soprattutto in quest'ultimo dopoguerra.
Certo, Palazzo Esposizioni è già degli anni '30, ma si tratta ancora di fatti isolati; nel dopoguerra, ci si "mangia" il verde, prima in qualche modo difeso.
Tutto ciò avviene con una quasi disattenzione delle istituzioni consentitemi di dirlo - fino agli anni 1975/1980. Bisogna dare atto al Consigliere Chiezzi, allora Assessore comunale al verde e allo sport, che il Comune di Torino ha cominciato in quegli anni un'azione di difesa ed espansione del verde cittadino. In quegli anni si recupera il senso delle sponde di un fiume certo molto inquinato, non più gradevole sotto questo profilo neppure alle passeggiate, avviando un'operazione di largo respiro.
E' di quegli anni, lo dico simbolicamente, la costruzione della pista ciclabile per percorrere il Po all'interno della città: Chiezzi ne fu ideatore e promotore, e credo che anche personalmente abbia contribuito molto a definirne la struttura; dello stesso periodo è l'espansione della sistemazione verde lungo la Stura, a partire dalla confluenza del Po, a macchia di leopardo per i punti di intervento possibile.
In quegli stessi anni la Regione Piemonte - proprio tra il 1975 e il 1980 - acquisì l'area delle Vallere, al di fuori del confine di Torino seppur limitrofa, ma nel comune di Moncalieri. Cito che sulle Vallere fu presentata la prima proposta di legge di parco piemontese: la presentammo nel 1984 di fronte al rischio che l'area venisse utilizzata, in un primo momento si disse per insediamenti universitari, poi commerciali o residenziali che avrebbero completamente distrutto e deturpato l'area infine unicamente per insediamenti commerciali. Con la presentazione della proposta di legge si aprì una grossa discussione sulla difesa dell'area nel periodo fra il 1975 e il 1980 la Regione approvò la legge di acquisizione dell'area, che inserì successivamente nel Piano dei parchi, e si promosse la politica di tutela.
Mi soffermo un attimo sulle Vallere. Una delle ragioni principali della tutela di quest'area, oltre a quelle più generali richiamate in questa mia relazione, timida ma significativa, sulla parte di Torino verso la collina verso il Po, era dovuta al fatto che alla sinistra di corso Polonia - alla destra vi erano costruzioni di periferia - esisteva un largo spazio verde in parte ancora intatto (verso Moncalieri occupato da attività davvero di poco rilievo, quali zone di stoccaggio e di esposizione di caravan e così via) dal quale si ha una delle visuali più belle sul contesto ambientale dell'area torinese: la visuale sul castello di Moncalieri e sul profilo antico, in qualche parte ancora segnato dall'origine medievale, del Comune di Moncalieri.
Non è facile, nell'area torinese e nella provincia di Torino, quella di pianura, avere una relazione visuale di così grande significato, un insediamento collinare del valore di quello di Moncalieri. Fu questa una delle ragioni per cui si difese quell'area da eventuali insediamenti.
Perché allora non operammo sul Meisino? Credo che questa domanda debba essere posta. Il Meisino rappresenta all'altro estremo della città e del percorso del Po, lungo la collina, gli stessi significati che ha l'area delle Vallere. Il Meisino è un altro affaccio di grande valore della città verso la collina e verso un grande monumento come quello di Superga.
Quindi era naturale che l'idea che è stata alla base dell'acquisizione delle Vallere e della sua destinazione - spero definitiva, non più intaccabile dopo le esperienze negative che hanno intaccato altri spazi verdi della città nei decenni passati - ci abbia spinti a difendere l'area del Meisino dove la città si affaccia sulla collina torinese, oserei dire nel punto più qualificante, che è il colle di Superga, circa 600 metri di altezza, poco meno del colle della Maddalena. Un colle assai impervio tanto che ancora oggi - nonostante i malgoverni del passato - questa collina agli occhi di chi la guarda dalla città, in particolare dalla Piazza Sofia della Barriera di Milano, la vede praticamente intatta. Gli insediamenti che pur ci sono, sono pochi relativamente all'estensione del verde della collina di Superga e sono coperti in modo naturale.
Lo spettacolo che si vede da Piazza Sofia - la prendo come punto più vicino di questa relazione visuale - è di grande livello. Definirei questo colle imperioso; la Basilica collocata in cima è un qualcosa di sovrano nell'ambiente, per la collocazione e per la caratterizzazione che Juvarra le ha voluto dare, spazio intermedio fra l'interno e l'esterno; ampio panorama che si affaccia da chi esce da Superga verso la pianura di Torino e verso le montagne.
Molti colleghi si domanderanno perché, avendo difeso le Vallere, non si sia difeso anche il Meisino; oggi stiamo finalmente approvando una legge di tutela del Meisino, dell'area della confluenza del Po con la Stura.
Non si siamo occupati di quell'area in quanto di competenza del Comune di Torino, mentre le Vallere era di competenza del Comune di Moncalieri e noi ci sentivamo pienamente responsabili ad intervenire su un comune di più piccole dimensioni, di più piccole possibilità.
Il Comune di Torino gestiva il parco del Valentino - Chiezzi aveva affrontato una politica di largo respiro lungo le sponde dei fiumi: Stura Dora, Sangone e Po - e in proprio in accordo con il Comune di Torino abbiamo lasciato che fosse il Comune stesso ad affrontare questo problema.
Ma - ahimè - quando Chiezzi se ne è andato, più nessuno ha affrontato il problema delle sponde dei fiumi, della sistemazione verde di questa rete fluviale. Ci si è limitati, nel periodo che va dal 1985/1990, a mettere vasi di gerani sui parapetti dei ponti, atto gentile da parte del Sindaco la compagna Magnani Noja. Si tratta di un atto di grande gentilezza quello di posizionare i gerani sui parapetti dei ponti, ma non fu presa più nessuna decisione nel merito della qualificazione dell'espansione del verde attrezzato lungo i fiumi. Non solo, siamo arrivati negli ultimi anni ancora una volta - questo è solo un caso, non cito gli altri - a vedere le aree predisposte al verde - Chiezzi aveva fatto operazioni sul Meisino di sistemazione, non era stato disattento, quella parte di parco non esisteva prima del 1975 - utilizzarle per insediamenti edificatori, certo di buona intenzione come quella di consentire insediamento di edilizia agevolata, ma a molti di noi è parso che tali insediamenti, pur di grande importanza dal punto di vista sociale, potessero trovare risposta in altra parte della città senza intaccare progetti di qualificazione e di tutela di quell'area.
Per questo si sono costituiti dei movimenti, movimenti di idee movimenti per la difesa del verde, della qualità di Torino, della sua storia, del suo ambiente e movimenti di azione che hanno portato a molteplici manifestazioni sia nella Barriera di Milano sia nella zona della Barriera di Casale. A queste manifestazioni hanno partecipato gli amanti del verde di tutta la città, vi sono anche state due petizioni, una riguardante la zona di confluenza Stura-Po, per chiedere che visto che non c'era stata un'attenzione sufficiente di tutela da parte dell'Amministrazione comunale la Regione intervenisse con un'azione di tutela legislativa propria della politica dei parchi regionali. L'altra petizione riguardava il parco della Stura in Torino, del quale si chiedeva il prolungamento come dettato alla base della proposta legislativa, in corso di discussione anche in Commissione.
Fu presentata alla fine del 1991 la proposta di legge per espandere il parco fluviale delle aree protette della fascia del Po a questa zona di confluenza della Stura e del Po. Questa proposta di legge fu firmata dalla collega Bresso, dalla collega Vetrino, dalla Presidente Spagnuolo, dai colleghi Miglio, Segre, Marino, Chiezzi e dal sottoscritto. Questa proposta di legge fu vista con attenzione in sede di Commissione. Fu considerato documento di discussione, stante il fatto che il Comune di Torino, non tenendo conto delle intenzioni che venivano espresse in una dimensione così larga dal punto di vista politico e culturale all'interno della Regione continuava ad insistere per l'insediamento; documento di discussione, nel senso che la volontà di un'istituzione come Torino non può mai essere disconosciuta, ma anche di grande partecipazione all'interno della Regione.
Voglio qui riconoscere il significato della disponibilità, della pazienza e anche della volontà che la Commissione ha avuto di capire fino in fondo il significato ambientale di quest'area. Infatti, incontrammo il Comune di Torino e si fecero dei sopralluoghi, a cui partecipò l'Assessore Nerviani; con qualche dubbio sorto persino agli amministratori di Torino nel corso di questi sopralluoghi, si addivenne alla decisione di dare conclusione a questa proposta di legge.
La stessa Giunta accettò, fatto non sempre comune, di lavorare su questa proposta di legge e si addivenne ad una soluzione unanime che sostanzialmente, tutela le aree, limitando ad una esigua striscia l'edificabilità proposta dal Comune di Torino. Su questo possiamo essere più o meno soddisfatti; forse molti di noi avrebbero voluto vedere nascere il parco senza neppure un'esigua striscia di edificazione, ma è soluzione che ritengo accettabile ed è quindi in aula per la sua approvazione.
Ho voluto richiamare queste cose, proprio perché la storia di queste aree, il loro significato, vale una sottolineatura particolare. Per tranquillizzare il collega Monticelli, voglio precisargli che nell'area di confluenza dei fiumi Po, Dora Riparia e Stura di Lanzo, difesa dagli ambientalisti (si è costituita l'Associazione "Il mio parco", che ha svolto un grande lavoro di sensibilizzazione e comunicazione con la popolazione, di guida alla lettura di quella situazione ambientale ed anche di sorveglianza) ormai da alcuni anni studiosi e appassionati naturalisti sono attirati dal fatto che numerose specie faunistiche sono tornate ad essere presenti. In particolare, sono state contate da questi studiosi oltre 80 specie di uccelli (alcune stanziali) che popolano nel corso delle varie stagioni quell'area.
Si tratta di un caso probabilmente unico di persistenza di un'oasi di alto valore naturalistico in ambiente urbano, metropolitano; un'oasi percorsa ai suoi confini da vie di grande viabilità. Infatti, giunge lì la penetrazione dall'oltrecollina chierese del Traforo del Pino; giungono lì le vie da Casale, nonché una diramazione degli svincoli dell'autostrada Torino-Milano (queste vie sono limitrofe). Tutto questo è stato possibile perché l'area, seppure aggredita progressivamente dagli insediamenti, ha mantenuto attorno al Po, attorno a quel piccolo, vero e proprio lago che si è formato alla confluenza della Stura del Po a seguito della diga artificiale dell'Azienda Elettrica, un'ampiezza tale da consentire a questa oasi di essere rifugio di tante specie animali. Continuare a ridurne la dimensione, significa mettere in pericolo queste presenze di animali che devono invece essere, per una città come Torino, un simbolo della sua possibile, riconquistata e riconquistabile qualità urbana.
Con l'approvazione di questa legge quindi - mi permetto di suggerirlo anche ai colleghi - si coglie un segno che ci è provenuto non spontaneamente (nel senso che richiamavo prima, l'azione di difesa fatta dagli "amici del mio parco" in quella zona), un segno della possibilità di un'inversione di rotta rispetto all'espansione urbana, che degrada e distrugge il suo rapporto con la natura. Vorrei che l'approvazione di questa legge venisse colta da tutti noi come un segno ed un impegno per lo sviluppo futuro di Torino, di dare una caratterizzazione ambientale di grande livello, come il recupero dell'area del Meisino ci dà.
Mi auguro che questa legge ci dia una prospettiva di difesa di quella collina, che è grande parte del contesto ambientale di cui ho parlato, e sia un impegno di ragionare per lo sviluppo di Torino. Certamente dopo il 6 giugno dovremo ragionarci tutti, al Comune di Torino in primo luogo i nuovi responsabili dell'amministrazione di quella città, ma anche la Regione Piemonte, affinché lo sviluppo economico che noi tutti vogliamo per una città come Torino e l'inserimento di nuove tecnologie che perseguiamo (molti di noi in questo Consiglio, al di là della maggioranza, perseguono una prospettiva di sviluppo per Torino che abbia come punto base la sua matrice industriale e produttiva) si caratterizzi anche partendo da questo segno di recupero che diamo all'interno della città di un'area ambientale come sviluppo fortemente, emblematicamente, simbolicamente di richiamo culturale a livello non solo nazionale, ma anche europeo, di richiamo per la convivenza di una città con un ambiente naturale che ha un valore paesaggistico di grande significato.



PRESIDENTE

E' aperto il dibattito.
Ha chiesto la parola il Consigliere Chiezzi; ne ha facoltà.



CHIEZZI Giuseppe

Colleghe e colleghi, in una città come Torino, che dispone di 5-6 milioni di metri quadrati senza natura perché cementati, asfaltati edificati ed oggi abbandonati e in disuso; in una città che, accanto a questo, dispone nelle parti densamente costruite di poco verde tra le case e comunque dispone di poco verde sotto forma di grandi parchi urbani; in questa città, come è possibile riconoscere culturalmente e ambientalmente saggia la proposta di costruire nuove case sui prati oggi esistenti? E' ben difficile pensare a come proporre un ragionamento che porti a questo.
Un modo di farlo è quello fatto or ora dal compagno Rivalta, con 27 minuti di elogio del verde e dell'ambiente, partendo dal Monviso e arrivando all'Adriatico; passando in rivista tutto il bello che nella lunga storia di Torino l'uomo è riuscito a fare in città, sulle sponde dei fiumi e sulla sua collina; dedicando poi pochi minuti a sostenere l'assenso a costruire sul verde che c'è, in un lungo ed apprezzabile intervento nel quale mi è parso - spero di non sbagliarmi di sentire anche qualche imbarazzo e qualche rimpianto per quanto, in questa occasione, non si è riusciti a fare.
Ma accetto di buon grado un confronto anche con questa proposta. Oggi dobbiamo confrontarci non pensando ai meriti - compagno Rivalta - di un tempo che fu. Quello che abbiamo fatto lo sappiamo, rimane, ma purtroppo è una stagione che, per quanto riguarda grandi progetti di sostegno ambientale allo sviluppo della città, ha avuto una soluzione di continuità.
Dobbiamo misurarci sui problemi di oggi, su quanto oggi proponiamo per la nostra città. Vedo una grande distanza tra le belle e incantanti parole e i fatti.
Quante parole bisogna spendere per proporre - è questo che stiamo decidendo con questa legge - di costruire delle case su un prato della periferia di Torino! Perché di fronte a questo ci troviamo: costruire delle case sulla base di una scelta generale compiuta dall'Amministrazione di Torino che per anni ha abbandonato il tema dell'ambiente, in base ad una scelta che rientra tra le anticipazioni del Piano regolatore su cui si è disfatta la Giunta di Torino e che il Commissario dott. Malpica non ha firmato.
La logica di questa proposta sta nell'anticipazione del Piano regolatore, un Piano regolatore infarcito di belle parole. L'architetto Cagnardi, responsabile del Piano regolatore di Torino, è stato un maestro in questo, e spero che non faccia scuola. Questo Piano prevede di spaccare Torino in due con un'autostrada urbana a 4 corsie, ma questa - con una prassi di falsificazione orale della realtà delle cose degna di maggior filosofia - viene spacciata per il "nuovo boulevard" di Torino. Chi pu dire di no ad un boulevard? Torniamo ad appoggiare le parole alla realtà e a poter riconoscere nelle parole che sentiamo la realtà dei fatti. La realtà dei fatti è che questa anticipazione di Piano regolatore - che mi sembra abbia avuto in questi giorni anche dei risvolti amministrativi decisionali nell'ambito di provvedimenti approvati dalla Commissione Tecnico Urbanistica (e la cosa mi preoccupa, ma non so andare più in là con questo tipo di informazione) insieme al provvedimento che oggi la Regione Piemonte assume per rendere coerente i suoi comportamenti con quelle scelte di Piano regolatore, non fa dell'ambiente il punto focale del futuro di Torino. Tant'è che questa anticipazione, seppure modificata rispetto al passato, propone in una delle zone più belle di Torino e in uno degli spazi ancora liberi della città di costruire (come si dirà che questa proposta, in termini di metri cubi costruiti, è esigua?): una casa a sei piani fuori terra; sette case a cinque piani fuori terra; quattro case a quattro piani fuori terra e due case a tre piani fuori terra. Il tutto sui bordi del fiume Stura, su aree che, in una città che dispone di aree senza natura in abbondanza, sono libere e dedicabili ad un parco.
Il problema, a mio avviso, è quello di avere una strategia alternativa a quella proposta da questo Piano regolatore. Una strategia alternativa non consente una sia pur esigua compromissione degli spazi verdi. Ritengo che la forza di un'alternativa - Rivalta - se la sinistra è in grado di proporla, debba partire da un presupposto tutto diverso, e debba lasciare a chi in questi anni non ha sviluppato una politica del verde e oggi, per non aver parimenti sviluppato una politica di acquisizione dei suoli, si trova nella difficoltà di non poter utilizzare i finanziamenti per le abitazioni la responsabilità di compromettere il verde, di governare in questo malo modo gli spazi liberi presenti in città.
Viceversa, ritengo che chi nel passato ha dato un contributo, non a parole, ma con i metri quadrati di verde, per individuare una trasformazione urbana con l'ambiente al centro, debba rifiutarsi di concorrere all'edificazione di spazi liberi oggi destinati a prati. A mio avviso, solo partendo da un'idea diversa dei motori economici, dei modelli di vita, delle scelte culturali di questa città possiamo proporci di contrastare un disegno moderato che nei fatti, anche sul tema urbanistico e dello sviluppo della città, ha caratterizzato questi anni della politica e caratterizza questo Piano regolatore.
Sappiamo che la città di Torino voterà fra poche settimane un Sindaco (e io spero che non voti solo un Sindaco, una persona, ma anche una politica). Il confronto sul futuro di Torino passa anche attraverso le posizioni che su un provvedimento di questo genere, inserito in un Piano regolatore, le varie forze politiche assumono. Qui si passa da una colata di cemento molto grande ad una più ridotta, ma rimane sempre una colata di cemento, e nel più bel punto di Torino, in una zona - ho riletto gli atti di quel Convegno a cui avevo partecipato - in cui sono presenti ben 96 specie di uccelli. Al convegno, nella sua relazione, Giovanni Maffei del Gruppo piemontese Studi ornitologici qualifica questa come zona di valore da ritenersi eccezionale, difficilmente riscontrabile in altri settori di pari superficie della nostra Regione.
Allora, l'attività di edificazione ai livelli in cui l'ho citata (20 30 case sulle sponde della Stura) mette in pericolo un ambiente di eccezionale valore, perché vicino ad un ambiente urbanizzato delicatissimo, proprio perché è eccezionale. E' quindi passibile di annullamento ed eliminazione se, ad esempio, per un paio di anni si montano cantieri per una ventina di case a poche decine di metri da questo insediamento.
Questo problema, collega Rivalta, ci è stato sollevato da diverse associazioni, e ricordo che eravamo solo in due, ospiti della LIPU, ad andare a guardare i cormorani e gli aironi proprio lì. Queste Associazioni ci dicevano che l'attività edilizia in quella zona era distruttiva, proprio dal punto di vista del rumore.



(Commenti della Consigliera Bresso)



CHIEZZI Giuseppe

La Consigliera Bresso parlerà dopo: almeno permettiamo il confronto. Io non ho interrotto il Consigliere Rivalta.
Ricordo che nella Conferenza si segnalò il problema che le attività che si dovevano svolgere in conseguenza dell'edificazione delle case in quella zona avrebbero messo a grave repentaglio l'insediamento di queste 96 specie che si trovano nel parco prospiciente e nella garzaia a poche decine di metri da dove si vuole costruire. Allora questa attenzione va mantenuta, se pensiamo di fare uno sforzo culturale e politico per individuare nuove leve per lo sviluppo della nostra città. Se, invece, ci accodiamo semplicemente al progetto degli altri e diciamo: "Va bene, non avete un grande progetto in tasca e l'ambiente non è riconoscibile come leva fondamentale, allora vediamo di indurvi a costruire una casa in meno di qua e una casa in meno di là", mi sembra che non riusciamo a proporci ai cittadini e anche alle forze economiche e produttive come capaci di un disegno diverso per Torino per un'altra Torino che non sia questa che ci viene proposta.
Se la prospettiva è quella di individuare per una proposta di sinistra ambientalista delle forze, delle leve comprensibili dalla gente, la nostra fatica di amministratori e di uomini politici, a mio parere, è quella di non sedersi a questo tavolo proposto dalla Giunta regionale. Se essa intende far spendere i soldi a Torino su aree dedicate oggi a prato denunciamo questo fatto come l'incapacità non solo di dare sbocco a un futuro ambientale per Torino, ma perfino di spendere i soldi, pochi, che la Regione dispone per costruire case.
Allora, cambiare questi riferimenti economici, culturali, mettere al centro l'ambiente, non dovrebbe portare tutti noi, caro Gigi Rivalta, a dire di no a questi pasticcetti? A questo modo davvero grigissimo di gestire il tema dell'ambiente a Torino, salvandosi l'anima, dicendo: "Volevano costruire 50 case, ne fanno solo più 23 e quindi diciamo di sì"? Diciamo di no, Rivalta, a queste cose! Diciamo che il nostro è un cammino diverso; sarà un cammino più lungo, ma è un cammino che dice ai cittadini torinesi che spazi, metri quadrati per costruire, a Torino ce n'erano a milioni! E lì bisognava costruire anche le case! Per il futuro di Torino noi vogliamo individuare una politica e cercare tra la gente la forza per riuscire a proporla come maggioritaria, una politica che faccia del verde il futuro economico e culturale di Torino!



PRESIDENTE

Consigliere Chiezzi, le rammento i tempi.



CHIEZZI Giuseppe

Certo, Presidente; non sono comunque arrivato ai 32 minuti del collega Rivalta: sono solo a 15.



PRESIDENTE

Si trattava della relazione, collega Chiezzi.



CHIEZZI Giuseppe

Presidente, mi fermo immediatamente e la ringrazio per questo suo richiamo alle prescrizioni regolamentari.



PRESIDENTE

Consigliere Chiezzi, la ringrazio per il suo rispetto per le prescrizioni regolamentari, che è cosa che fa sempre piacere.
La parola al Consigliere Marino.



MARINO Massimo

Ho molto apprezzato la relazione del Consigliere Rivalta per l'ampiezza, lo spirito e la consistenza culturale, oltre che di esperienza che ne è emersa.
Devo dire però che da questa relazione non è emerso il problema politico rispetto al quale poi si possono fare le scelte che si ritiene di fare, il problema politico di grande rilevanza che sta dietro alla questione dell'allargamento dell'area del parco del Meisino.
Devo fare una premessa: questa proposta è stata licenziata dalla II Commissione - mi risulta - all'unanimità in un giorno in cui i Verdi erano assenti (io ero assente ed anche il Consigliere Miglio, per l'informazione che ne ho, era assente). Mi sono chiesto a lungo in questi ultimi giorni se l'ipotesi che emerge dalla proposta di modifica del perimetro del parco è un'ipotesi in qualche modo di compromesso di buon senso, perché non sempre le battaglie che si fanno su un obiettivo si fanno per perdere, ma devono tener conto delle diverse forze che si muovono, dei rapporti di forza, dei tempi con cui le battaglie si vincono che non sempre sono tempi rapidi.
Sono arrivato alla conclusione che questa è una battaglia così significativamente importante rispetto alla quale ritengo che probabilmente non è utile cercare, almeno per quanto ci riguarda come Verdi, dei compromessi. Nel senso che la storia di questa modifica del parco è più lunga e complessa di quella che fino ad oggi è emersa da questa discussione. L'ipotesi iniziale, come tutti sanno, estendeva la zona protetta a entrambe le parti che stanno attorno al perimetro, per capirsi: fra Piazza Sofia e il ponte Amedeo VIII; inizialmente questa proposta, sia dall'Assessore Nerviani sia da molti membri della maggioranza, venne sottoscritta con grande entusiasmo.
Nelle prime consultazioni che si fecero, forse per la prima volta tutti i soggetti presenti (ricordo bene per esempio la Coldiretti fra gli altri) si espressero a favore di quell'area di protezione "totale" da entrambi i lati rispetto a Piazza Sofia. L'unico soggetto che non era presente in quella consultazione era il Comune di Torino, se non per la presenza di un funzionario muto di un Assessore all'ambiente fantasma, il quale disse che non aveva alcuna opinione da esprimere perché nessuno gli aveva detto che opinione dovesse esprimere. La battaglia sulla questione E28 - in realtà era questa la questione - intanto proseguiva sia in Consiglio comunale da un lato sia da parte di una serie di associazioni comitati, con molte sfumature anche di differenza fra loro, sia ancora con iniziative molto significative di cittadini, di scuole, di alunni che in quella fase andarono a piantare 200 alberi proprio nella zona in cui si sarebbe fatta l'estensione del parco. L'Assessore Galasso non si fece sentire tranne che per una serie di interventi in televisioni locali e in altri ambiti nei quali sostanzialmente disse che il Piano regolatore in generale e in particolare le anticipazioni e le parti del Piano che riguardavano quell'area avrebbero di gran lunga aumentato e qualificato il verde di quella zona.
Personalmente ritengo quelle dichiarazioni, di cui alcune ho anche registrazione, sostanzialmente non attendibili, quando la discussione e la mobilitazione arrivò fino al punto per cui questa proposta di legge regionale davvero avrebbe potuto compromettere l'eventuale anticipazione cosiddetta E28. L'Assessore Galasso scoprì l'esistenza della Regione "improvvisamente", e scrisse una lettera alla II Commissione con la quale chiese, quattro o cinque mesi dopo le consultazioni alle quali avrebbe dovuto partecipare, di essere ascoltato. Seppure anomala, la richiesta venne accolta, e insieme a questo si chiese di fare, da parte dei membri della Commissione - molti dei quali non sono neppure torinesi - un sopralluogo sulla zona.
L'Assessore Galasso venne in Commissione, parlò all'incirca tre minuti forse meno, e si andò a fare il sopralluogo sulla zona. Erano presenti parecchi Consiglieri, l'Assessore Galasso, l'Assessore tecnico Bonadio e se non ricordo male, c'era anche l'Assessore Nerviani. Seppure non direttamente invitata, c'era anche una rappresentanza della Circoscrizione.
Si cercò di capire che cosa esattamente proponeva l'anticipazione del Piano regolatore e ricordo che i due Assessori presenti sostenevano due ipotesi diverse: l'Assessore Galasso ne sosteneva una e l'Assessore Bonadio ne sosteneva una più riduttiva rispetto alla valutazione, peraltro discutibile, di esigenza di costruzione di alloggi in quella zona. Le cartine, con le quali tutti noi girovagammo per un'ora e mezza attorno a Piazza Sofia, lasciarono qualche perplessità, in particolare nei rappresentanti della Circoscrizione. Successivamente si chiarì che le cartine che erano state date ai funzionari regionali non sembravano corrispondere alle cartine allegate al Piano regolatore per quanto riguarda l'anticipazione E28.
In particolare, non era chiaro se sul lato destro di Piazza Sofia venendo dal centro, nell'anticipazione fosse previsto o meno un parcheggio e la strada di accesso al parcheggio dalla parte di verde che andava verso il fiume. E' un quesito che, ad oggi, non ho ancora chiarito fino in fondo.
Devo dire che l'insieme di questi problemi rese abbastanza inutile quel sopralluogo. E' inutile soprattutto valutare la dimensione dell'impatto che avrebbe avuto la costruzione di alloggi in quella zona. Credo però che la questione vada molto più in là di questo. La questione di fondo (è il problema che abbiamo tutti in realtà) è la valutazione sulle logiche di fondo del Piano regolatore.
Il Piano regolatore è fatto di tre parti. In primo luogo, dalle anticipazioni, per le quali resta il quesito interessante se siano parti del vecchio Piano regolatore o se siano anticipazioni reali e quindi essenziali del nuovo Piano. Esiste inoltre una serie di altri interventi pesanti sulla città, più o meno accettabili e discutibili, che sono l'insieme del Piano regolatore, e dentro il Piano stesso esiste una serie di interventi di riqualificazione di aree degradate della città.
Penso che le anticipazioni, per come abbiamo vissuto l'esperienza di questi ultimi due anni, siano la sostanza immediata che si vuole ottenere dal Piano regolatore. Poi c'è l'insieme del Piano regolatore che si farà o meno a seconda delle risorse e del prevalere di interessi, che sono tanti e tutti diversi tra loro.
Esistono poi interventi di riqualificazione urbana, che sono quella parte di abbellimento del Piano regolatore che nella logica con cui è stato fatto sono evidentemente o una carta dei sogni o comunque il fondo, quello che viene alla fine. Il primo intervento reale, rispetto a tutto l'insieme delle questioni relative al Piano regolatore, sottrae quel poco verde urbano esistente per sostituirlo con abitazioni.
Chiedendomi se questo atteggiamento fosse estremista o coerente, sono arrivato alla conclusione che anche tale ipotesi di compromesso è discutibile. Cioè oggi non è pensabile accettare una logica per la quale c'è un libro dei sogni del futuro, ma nella pratica ci sono interventi che come primo obiettivo, hanno quello di sottrarre una parte più o meno consistente del verde urbano della città.
Sono personalmente contro tale logica fino in fondo. Credo sia un modo per fare partire di fatto un Piano regolatore, che invece va rapidamente modificato in alcune sue parti e filosofie di fondo. Accettare un compromesso sulla questione E28 vuol dire accettare un'ipotesi che è anche culturale, ma prima di tutto è un prevalere di interessi che, a mio parere non è accettabile.
Voglio permettermi di fare qualche flash su quella zona. La conosco perché l'ho frequentata negli ultimi sei anni, da quando mia figlia aveva sei mesi. E' nata e cresciuta in quel parco, e insieme a lei ho imparato a conoscerne parecchi angoli. Qualche anno fa proprio in quella parte attorno a Piazza Sofia esisteva una larghissima estensione di orti cosiddetti abusivi. Questa è una questione sulla quale ognuno di noi può avere delle valutazioni diverse. Era sicuramente una grande estensione di terreno abusivamente occupata sulla quale, nel corso degli anni, erano, in modo caotico e anche inaccettabile, cresciute delle baracche e soprattutto delle coltivazioni di alberi da frutta e di ortaggi vari. Era una cosa che coinvolgeva centinaia di famiglie che abitavano in quella zona e che avevano trovato uno strano modo di ricostruire un rapporto con il verde: andare il sabato e la domenica a coltivare il proprio pezzetto di terra.
Circa quattro anni fa il Comune mandò i Vigili Urbani a prendere i nomi di tutti i frequentatori di questi orti abusivi, frequentati da famiglie e bambini che avevano quella come unica occasione per scoprire che cos'era un albero di albicocche o vedere l'insalata e i carciofi che stavano crescendo. Scusate se sono così prolisso, ma credo che il significato generale di tutta la questione vada ricostruito fino in fondo. Arrivarono i vigili che comunicarono agli agricoltori abusivi che si dovevano radere al suolo tutti gli orti, perché lì sarebbe rapidamente nata una zona verde attrezzata, all'interno della quale tutte le famiglie di cui venne preso il nome avrebbero avuto la possibilità di avere il loro pezzetto di orto regolarizzato.
Risparmio di comunicare cosa pensai a quell'epoca. Questi orti vennero rasi al suolo con le gru e ad oggi, a distanza di quattro anni, quella zona è diventata un'area che si è ridegradata, all'interno della quale è sorta una discarica abusiva! Della riqualificazione urbana di quel pezzo significativo della città nulla è rimasto se non le chiacchiere di qualche Assessore che aveva altri interessi da difendere! Aggiungo un altro flash. L'Assessore Nerviani, una volta, ha fatto una battuta nei nostri confronti che mi ha colpito molto. Aveva detto: "Fate attenzione perché quando voi parlate dei parchi di carta potreste fare un discorso che si rivolge contro di voi e cioè nel momento in cui dite che si fanno dei parchi, che però di fatto non sono realmente aree protette potreste incentivare la logica di coloro che in realtà i parchi non li vogliono fare". La cosa mi colpì molto perché aveva alcuni elementi che fanno riflettere.
Faccio qualche accenno a quello che sta avvenendo nell'area del Meisino, in particolare a quello che è avvenuto nei mesi in cui abbiamo avuto il Commissario a Torino.
In questi mesi vi sono stati interventi che hanno progressivamente accelerato la degradazione di aree che sono già dentro la fascia protetta quella piccolissima fascia protetta, perché tutti sappiamo che dentro la città l'area protetta del Po è l'acqua e qualche metro fuori dall'acqua: questa è oggi l'area protetta all'interno della città! Ebbene, all'interno di quell'area protetta e nelle zone che adesso dovremmo proteggere, in questi mesi il processo di degrado è stato pesantissimo. Ci sono lettere e richieste di intervento fatte da una parte al Commissario Malpica dall'altra all'Assessore Nerviani. Posso citarne qualcuna fra le tante: "ulteriore estensione degli sfasciacarrozze", "scarichi di rifiuti di discarica". In tre diverse domeniche del mese di febbraio di quest'anno si sono svolte delle gare di pesca in quella zona. C'era un canneto che si estendeva per circa 200 metri, ma poiché si dovevano svolgere le gare di pesca, il canneto è stato raso al suolo e oggi c'è una bellissima e pulitissima sponda perché bisognava fare la gara di pesca! Allora, quando parliamo di parchi di carta o del fatto che su alcune questioni non ci può essere compromesso, nemmeno ci può essere separazione fra quello che discutiamo e votiamo in Consiglio e quello che avviene nella realtà. Mi riferisco a cose che sono purtroppo concrete. Resto della mia idea che i parchi vanno fatti sulla carta e vanno difesi e salvaguardati nella pratica. Le due cose, purtroppo non sempre, anzi spesso, non coincidono e nel caso del Meisino mi pare che siamo davanti a un esempio più significativo di altri. Da questo punto di vista ho firmato questo emendamento che è semplicissimo da illustrare: "Nelle zone verdi della città neanche un metro quadro deve essere distrutto".
Questa è la mia opinione dalla quale si può partire per ricostruire una cultura, una filosofia e il Piano regolatore di questa città.



PRESIDENZA DEL VICEPRESIDENTE MONTABONE



PRESIDENTE

La parola alla Consigliera Bresso.



BRESSO Mercedes

Comincio da una considerazione che il collega Marino ha fatto poco fa.
La considerazione è la seguente: i parchi non possono essere istituiti solo sulla carta, devono anche essere realizzati e continuamente difesi e tutelati.
Di questo sono profondamente convinta e questa è anche la ragione per cui, con il collega Rivalta e gli altri colleghi presenti in Commissione abbiamo deciso di votare l'istituzione di tale parco e di assumerci la responsabilità di questo compromesso. Compromesso di cui adesso credo sia il caso di parlare, perché molti di coloro che ci ascoltano forse pensano che di ben altro si tratti che di quello di cui in realtà si tratta.
Ci siamo assunti questa responsabilità perché la vicenda del Meisino deve essere chiusa e se non viene chiusa i rischi che la situazione peggiori e degradi sono davvero molto rilevanti. Questa legge, così come oggi l'approviamo, credo affronti in maniera giusta e corretta - certo poteva essere migliore e dirò adesso i termini in cui poteva esserlo - la tutela della parte delle sponde fluviali del Po, che non era stata inserita nel parco del Po in origine perché si riteneva che spettasse al Comune di Torino procedere a questa tutela. Verificato che invece l'unità del parco del Po deve fare premio su un'ipotesi di tutela da parte del Comune, che peraltro poi non si è realizzata, diventa adesso importantissimo procedere a questa riunificazione.
Devo dire che sono la prima firmataria del progetto di legge collettivo che abbiamo presentato tra esponenti dell'opposizione e della maggioranza per istituire questa riserva e questo allargamento del parco del Po, ma non ne sono l'autrice. L'autore vero di questo progetto di legge, come sanno i rappresentanti dell'Associazione "Il mio parco", è un gruppo di cittadini che da anni si battono per tutelare quest'area e per inserirla nel parco del Po allargando lo stesso. Questi cittadini si battono anche concretamente difendendo quest'area: facendola conoscere, portando le scolaresche a visitarla e così via, e ci hanno chiesto di fare questo intervento.
Quando agisco come rappresentante di una forza politica in questo Consiglio, agisco anche accogliendo le richieste che vengono da un movimento. Su questa proposta di modifica molto marginale del progetto originario, ho chiesto ai rappresentanti di questo movimento se la ritenevano accettabile. A me sembrava che potesse essere accettabile, ma io non mi sentirei di votare all'unanimità una proposta quando la richiesta viene da un gruppo di cittadini e questi cittadini mi dicono: "No, noi siamo gli esperti di quel territorio, su questo lavoriamo tutti i giorni e riteniamo che questa proposta non vada bene". Mi è stato detto che va bene, e ciò che conta è rapidamente chiudere questa vicenda, per evitare quei fenomeni di degrado a cui Marino faceva riferimento.
Peraltro, noi siamo quelli che in Commissione ci devono sempre essere perché è molto facile sostenere che si può non esserci e fare la maggioranza. La maggioranza in Commissione non assicura molto spesso i numeri, inoltre ha spesso progetti diversi e quindi o l'opposizione c'è e c'è fino in fondo, preoccupandosi di portare a termine il piano dei parchi in particolare quelli tra i più fragili che sono in corso, oppure l'inserimento nel piano dei parchi decadrà e non si arriverà a fare le leggi. In Commissione bisogna esserci, mi dispiace che alcuni dei colleghi che erano firmatari di questa proposta non ci fossero e non abbiano potuto in quella situazione esprimere la loro opinione, perché io non mi sento il portavoce di tutti i firmatari di quel progetto di legge; bisogna esserci perché al momento in cui si deve chiudere bisogna chiudere, dire si o no e prendersene la responsabilità. Io me la prendo, di aver approvato.
Chiunque guardi la carta senza occhi da opposizione a tutti i costi, e senza avere quell'equilibrio di giudizio che bisogna avere in casi di questo genere, vedrà che la questione che era oggetto della parte più contestata di questo parco, cioè la quinta di case davanti a Piazza Sofia verso il Po e la collina, è stata cancellata. Questo era l'oggetto del movimento contro una decisione del Piano regolatore, che non è certo tutto il movimento per la tutela dell'area del Meisino, che è molto più ampia che va al di là del Po, che comprende parti rilevantissime che non erano oggetto della battaglia urbanistica, bensì di quella di tutela naturalistica, quella che peraltro noi come Regione principalmente dobbiamo fare, perché è per questa ragione che allarghiamo il parco del Po, non per fare un intervento urbanistico. Da quel punto di vista spetterebbe al Comune di Torino, e caso mai all'Assessore all'urbanistica della Regione di contestare nei termini urbanistici.
Ciò che resta, cioè la modifica molto marginale apportata alla cartografia originaria, consiste in una striscia molto piccola di case piccola o grande è un fatto di opinione, ovviamente dall'altra parte della Piazza Sofia, lungo la strada che va verso l'aeroporto, in una situazione che certamente non è la situazione di grande fragilità e di affaccio rispetto all'area della riserva dove vivono le colonie di animali e quindi non pone quei problemi a cui, secondo me in maniera non precisa, faceva riferimento il collega Chiezzi, cioè il disturbo della colonia nella fase di costruzione. Io ci ho a lungo pensato, perché questa era la mia più grave preoccupazione; sono convinta che in questo caso, trattandosi di una striscia di case che è dall'altra parte della strada - quindi la colonia di aironi e di cormorani è separata, rispetto alla zona dove si costruisce dalla strada, oltretutto a fortissimo traffico l'elemento di disturbo che temevamo viene a cadere.
Resta una questione di opportunità urbanistica, su cui ognuno può avere la propria opinione e anch'io, se potessi scegliere, preferirei che questa quinta di case non venisse fatta, ma certo non viene risolta la questione principale che era quella della quinta di case verso la collina: quelle sì che si interponevano fra l'attuale situazione costruita e la zona che intendiamo proteggere, in particolare tutta la fascia che da lì va fino all'acqua, che è relativamente stretta e che è la più bella da questa parte del Po e merita certamente protezione. E' una discussione difficile da fare in aula, naturalmente perché i colleghi che non hanno la carta e che non hanno lavorato sulla cartografia probabilmente hanno difficoltà a capire.
Noi ci prendiamo la responsabilità di votare questa legge, però in questa situazione ce ne prendiamo anche l'orgoglio. Sono convinta che sia una scelta molto importante quella che oggi facciamo, che completa il complesso e importante iter istitutivo del parco del Po, iter che non è certamente definito, perché in qualunque momento potremo ancora tornare sui confini del parco del Po per migliorare, allargare, sistemare, rettificare.
E' un parco enorme, soggetto a molte tensioni d'uso e quindi ci obbligherà a chiarirci ancora molte volte sulle sue questioni. Non c'è dubbio, per che oggi nella scelta che facciamo noi, chiudiamo tutto l'iter che attraverso anni di lavoro ci ha portati a tutelare l'intera asta del Po piemontese. Mancava quest'area torinese, area che peraltro da approfondite analisi siamo arrivati a considerare una di quelle importanti proprio sul piano della tutela naturalistica, quindi credo che sia giusto che oggi noi la approviamo.
Sulle vicende del Piano regolatore, degli usi del suolo previsti dal Piano, credo invece che sarà importante tornare nei prossimi mesi, perch ci sono molte questioni ancora aperte che certamente non potrebbero essere in ogni caso, risolte dalla cancellazione di quella striscetta di case in Piazza Sofia al di là della strada. Credo che male facciano i colleghi a ritenere sempre che il meglio possa essere perseguito anche a costo di rischiare di non realizzare neppure il bene. Credo che questo bene, che oggi stiamo realizzando, contenga tutto l'essenziale degli obiettivi con cui abbiamo proposto l'allargamento del parco del Po e consenta effettivamente di giungere alla tutela di quegli aspetti naturalistici che ci stavano a cuore nel proporre questa istituzione. Per il resto, se il Consiglio è d'accordo, io sono sempre favorevole ad allargare, sia pure di poco, un'area protetta. Non credo però che l'area su cui l'emendamento verte, così come è stata ridimensionata, sia essenziale per gli obiettivi di tutela che ci siamo posti nel proporre l'allargamento. Di questo credo di potermene assumere la responsabilità in piena e tranquilla coscienza votando a favore del progetto di legge.



PRESIDENZA DEL PRESIDENTE SPAGNUOLO



PRESIDENTE

La parola al Consigliere Miglio.



MIGLIO Mario

Grazie, Presidente, sarò molto breve e i minuti che risparmio li utilizzerò poi per la discussione sul Piano paesistico di Pragelato.
Rispetto al disegno di legge in oggetto, la questione si riduce alla definizione dei nuovi confini della Riserva del Meisino. Mi pare si possano individuare due schieramenti che si sono formati, da subito, in relazione all'iniziale ipotesi del disegno di legge il cui primo firmatario era, per l'appunto, la collega Bresso. Da una parte si vedeva l'Ente del sistema delle aree protette del Po, i coltivatori diretti, le Associazioni ambientaliste, le Circoscrizioni, che sostenevano la validità della scelta proposta e la necessità di arrivare all'ampliamento dell'area protetta, per dare una maggiore efficacia agli interventi di valorizzazione del patrimonio faunistico e vegetativo, risparmiato dalla progressiva espansione dell'edificato della città di Torino. Dall'altra parte, fin da subito, si era schierato il Comune di Torino che in una sua memoria, in più punti e con giustificazioni a mio modo di vedere non accettabili, chiedeva di stralciare alcune zone la cui inclusione nell'area protetta non avrebbe più permesso di portare a termine interventi di cementificazione finalizzati a realizzare altre zone residenziali ed a servizi.
L'ampliamento del vincolo finiva col contraddire e contrastare alcune scelte che, seppur in prima istanza (sappiamo che il Piano Regolatore Generale di Torino ha avuto iter ben diverso da quello prospettato inizialmente dagli amministratori del Comune di Torino), erano state definite: da qui l'opposizione.
Rispetto a questa semplificazione, come Gruppo Verdi, ci collochiamo dalla parte di coloro che hanno difeso i confini originari proposti dal disegno di legge; anche in questa sede riteniamo utile continuare su questa strada. Infatti, ed approdo al secondo livello della discussione, pur essendo una zona territorialmente limitata riteniamo rappresenti il nodo simbolico del conflitto in atto per quanto attiene alla gestione e al concetto di sviluppo delle aree urbane.
E' parecchi anni che si sta discutendo, soprattutto da parte di chi si occupa di pianificazione del territorio, sull'utilizzo di aree libere o dismesse, quelle recuperabili in modo tale da poter rispondere alle esigenze tipiche di chi vive in un'area metropolitana. Riducendo il discorso al conflitto in atto, una delle due posizioni sostiene la necessità di realizzare il Piano particolareggiato riguardante Piazza Sofia, perché consentirebbe di migliorare e risistemare la tipologia edilizia preesistente presentando, così, al meglio, questa zona.
Allo stesso modo viene fatto presente che l'area è piccola e non incide negativamente una sua trasformazione come concepita dal citato Piano. In verità, dietro queste parole, si nasconde, a nostro modo di vedere, un unico interesse: quello di realizzare nuove quote di edificato.
Siamo in un momento in cui la qualità della vita si misura anche nella capacità di risparmiare dalla cementificazione aree verdi, nel recuperare le aree dismesse; ciò è reso necessario stante le condizioni venutesi a creare per errate scelte pregresse adottate da pianificatori e urbanisti.
Attivarsi in altro modo, riaffermando la necessità di preservare, di strappare al cemento aree come queste, seppur di limitata dimensione, è cosa necessaria al di là delle future linee del Piano Regolatore Generale non arrivato all'ultimazione del suo percorso.
Ridotto alla sostanza, per noi questo è l'obiettivo da conseguire e poco importa se si tratta di una piccola porzione di territorio. E' per questi motivi che abbiamo firmato l'emendamento presentato dal Consigliere Chiezzi insieme al collega Marino, ed è per questo che, in base al risultato del voto sull'emendamento, ci riserviamo di valutare il comportamento da tenere in merito alla votazione dell'intero testo di legge.



PRESIDENTE

La parola al Consigliere Bodrero.



BODRERO Antonio

Volevo dire che la posizione nostra sugli emendamenti può essere astenuta, ma nell'insieme contraria perché siamo contrari, appunto, a questo non voler usufruire delle aree abbandonate di cui si è parlato.
Soprattutto, teniamo conto del fatto che le megalopoli o città tentacolari come erano chiamate - sono poi quelle che distruggono e divorano le intere Regioni-Nazioni, compresa quindi anche quella Piemontese. La tendenza oggi, fortunatamente, penso anche proprio per ragioni ecologiche oltreché economiche, è un po' alla fuga dalle grandi città. Le statistiche dicono che Torino, e altre città di queste dimensioni, diminuiscono di popolazione. Quindi non si vede perché si debba distruggere altro ambiente naturale, dal momento che ci sarebbe il modo di risolvere l'eventuale diciamo eventuale - bisogno di case recuperando le aree abbandonate o dismesse che si dica.
A titolo di curiosità, faccio notare che "Meisino" è semplicemente la bellissima parola piemontese "meisin", che significa isola: la probabile o possibile etimologia sarebbe quella dell'essere il maschile di "meisin-a" che significa medicina.
Quindi, i nostri gloriosi antenati Piemontesi consideravano queste isole, diciamo tra fiume, come medicine per la salute umana; quindi, penso che devono essere rispettate e l'ambiente naturale dev'essere dilatato e non ridotto. Grazie.



PRESIDENTE

Gli interventi di carattere generale sono terminati.
Ha quindi la parola per la replica l'Assessore Nerviani.



NERVIANI Enrico, Assessore regionale

Signora Presidente, colleghe e colleghi Consiglieri, ho seguito con il doveroso rispetto e con la giusta attenzione sia la relazione del collega Rivalta sia gli interventi dei colleghi Chiezzi, Marino, Miglio, Bresso e Bodrero.
Penso che il disegno di legge presentato risponda integralmente alle esigenze espresse in particolare dal collega Rivalta, che nella sua relazione ha fatto riferimento alla difesa dei valori ambientali paesistici, naturalistici e storici di un'area già tutelata, ma che doveva esserlo ulteriormente almeno sotto il profilo della dimensione.
Credo che il disegno di legge risponda anche a delle richieste di natura sociale che si sono manifestate da parte di Associazioni ambientaliste o semplicemente di cittadini della zona.
Non ho capito la durezza dell'intervento del Consigliere Chiezzi incentrato su una piccolissima porzione del territorio - ipotizzato come destinato a riserva e ad aree di salvaguardia - quando invece il discorso doveva essere ampliato tenendo conto dello sforzo fatto per estendere l'attenzione a parti rilevanti, interessanti sotto il profilo ambientale e naturalistico, prima non difese e che oggi lo potrebbero essere se questo disegno di legge venisse approvato.
Mi è sembrato, Consigliere Chiezzi, che l'insistenza sui problemi urbanistici di Torino fosse eccessiva e che fosse trasportata in ambiti non perfettamente propri.
Non vorrei davvero che si estendesse sempre di più l'abitudine di utilizzare le leggi regionali sui parchi per intervenire puntualmente su questioni modeste attinenti alla politica urbanistica dei singoli Comuni della nostra Regione; se così fosse davvero, credo che ridurremmo il valore delle nostre considerazioni. Non credo che la E28 possa diventare il punto centrale di un dibattito sui parchi o su un parco del nostro territorio, a meno che non ci siano forti contingenze che ci spingono a fare ciò; allora tutti siamo giustificati per le situazioni eccezionali che si vanno proponendo e che interessano a questo o a quell'altro, in questo o in quel momento della nostra storia politica.
Inoltre - mi rivolgo ai Consiglieri Marino e Chiezzi - nel momento in cui noi escludiamo questa porzione minima dal territorio destinato ad aree di salvaguardia, a riserva naturale, non decidiamo affatto di consentire la costruzione su questo territorio, o meglio il Comune di Torino nella sua libertà e nel riesame del suo Piano regolatore può tranquillamente aggiungere questa porzione di territorio ai valori verdi che sono attigui.
Se la collega Bresso invoca la dignità, l'orgoglio di avere proposto questo disegno di legge, io invoco invece la dignità di una mediazione paziente che tenga conto delle esigenze dei proponenti il Piano regolatore e quindi del Comune di Torino, degli ambientalisti e del Consiglio regionale; l'edificare in una porzione piccolissima non credo comprometta la vita dell'ambiente in quella zona.
Non credo, Consigliere Chiezzi, che i cantieri che verranno realizzati cancelleranno o allontaneranno le specie di uccelli che si sono insediate nell'area del Meisino, oltretutto perché è stata ulteriormente tolta una porzione di territorio, quella che si affacciava sul Po, ed è rimasta soltanto un'area interna nella zona più urbanizzata che ha un rilievo assolutamente modesto nell'impianto generale della nostra proposta.
Voglio ribadire che nel 1990, quando il Piano dei parchi fu approvato in Consiglio regionale, l'estensione della riserva del Meisino e la definizione dell'area di salvaguardia non erano state affatto previste quindi questo intervento è un intervento eccezionale che si aggiunge ad un Piano dei parchi sicuramente già consistente che non può essere considerato trascurabile dagli ambientalisti presenti o da coloro che manifestano una particolare attenzione all'ambiente.
Io ero presente al sopralluogo e personalmente sarei stato favorevole anche alla realizzazione della parte che si affaccia sulla riserva naturale; credo che uno scambio di realizzazioni in quella zona con la salvaguardia generale ed il recupero di tutta l'area attigua ampiamente compromessa, sarebbe stato assolutamente dignitoso, positivo e non offensivo per i valori ambientali, per i valori urbani, per i valori urbanistici di questa città.



MARINO Massimo

Non c'è nessun intervento di recupero in quella zona!



NERVIANI Enrico, Assessore regionale

E' previsto dal Piano regolatore, così come è stato presentato l'intero recupero della zona e l'estensione degli interventi del Comune di Torino ma non voglio fare della Regione Piemonte il luogo in cui si dibattono problemi riguardanti il Comune di Torino nei dettagli più particolari perché non è diverso il Comune di Torino dal Comune di Alessandria, dal Comune di Asti, dal Comune di Cuneo e dal Comune di Novara. Concentrare il discorso sulla E28 in questa assemblea con questi toni è fuori posto.



CHIEZZI Giuseppe

Purtroppo c'entra.



NERVIANI Enrico, Assessore regionale

Non c'è ancora, si tratta di un'anticipazione che non è ancora stata approvata; mi auguro che su queste cose si sviluppi un dibattito attento ma - ripeto - mi sembra fuori posto parlare della E28 in un dibattito come questo.
Non voglio entrare nelle tensioni che esistono nelle aree politiche presenti in Consiglio regionale, non voglio aprire piaghe già ricucite voglio semplicemente, visto che la proposta è di rilievo regionale, che venga accolta; la mediazione avanzata in Commissione mi sembra assolutamente dignitosa e possa essere accolta o rifiutata, in questo ultimo caso non deve essere rifiutata usando questi toni indignati che fanno dell'opposizione una questione di scandalo. Mi sembra davvero di non meritare il tono di condanna risultato dalle parole dei Consiglieri Chiezzi e Marino.
Penso in ogni caso che si possa ancora ulteriormente ragionare nel momento in cui si tratterà di accettare, nelle sedi competenti, le anticipazioni del Piano regolatore del Comune di Torino. In quella sede si potrà ancora discutere sull'ultima parte che non è stata compresa in questo programma di intervento.
Mi pare che si possa dire che si è trovato tra i proponenti (la Commissione consiliare e la Giunta) un buon rapporto che consente di intervenire, anche se in modo un po' improprio, nelle questioni del Comune di Torino, con il quale, amico Marino, siamo entrati in aperto conflitto.
Credo che non sia stato facile, nel momento in cui il Piano era già stato approvato, fare intendere che la Regione si sovrapponeva in una sede che non è proprio quella dell'esame del Piano regolatore, ma è una sede parallela, quella della valutazione dell'opportunità di tutelare ambientalmente aree del nostro territorio.
Al di là delle cose che sono state dette, mi sembra che possiamo essere ampiamente soddisfatti del risultato che potremmo conseguire con questa proposta di legge. Credo di poter anche dire che si siano dimostrati il massimo rispetto e la massima attenzione a ciò che gruppi di cittadini hanno detto e proposto e che molti Consiglieri, attraverso la definizione della proposta di legge, hanno avanzato e presentato in Commissione affinché la Giunta tenesse in considerazione la questione.



PRESIDENTE

Passiamo all'esame dell'articolo unico di cui è composto il progetto di legge.
ART. 1 Emendamento presentato dai Consiglieri Chiezzi, Marino, Miglio e Giuliano: l'allegato cartografico A è sostituito (per la parte interessata) dall'allegato cartografico A1.
Chi è favorevole è pregato di alzare la mano.
E' respinto con 7 voti favorevoli e 28 astensioni.
Si proceda alla votazione per appello nominale dell'articolo unico.
L'esito della votazione è il seguente: presenti e votanti 47 hanno risposto SI 37 Consiglieri hanno risposto NO 8 Consiglieri si sono astenuti 2 Consiglieri.
L'articolo unico, pertanto l'intero testo della legge, è approvato.



PORCELLANA FRANCESCO


Argomento: Celebrazioni Manifestazioni Anniversari Convegni - Resistenza

Esame progetto di legge n. 358: "Attività della Regione Piemonte per il Cinquantesimo Anniversario della Liberazione"


PRESIDENTE

Passiamo all'esame del progetto di legge n. 358, di cui al punto 9) all'o.d.g.
Relatore di maggioranza è il Consigliere Monticelli, che ha pertanto facoltà di intervenire.



MONTICELLI Antonio, relatore

La Regione Piemonte, fin dal 1973 - Trentesimo anniversario dell'inizio della Lotta di Liberazione e Venticinquesimo della Costituzione Repubblicana - ha promosso e realizzato iniziative tese a far rivivere nell'attualità delle vicende politiche, culturali e sociali della comunità piemontese, il patrimonio storico e ideale della Resistenza ed i principi della Carta Costituzionale. A partire dal 1976, tale attività ha ricevuto nuovo impulso e si è caratterizzata in termini di continuità e di sempre più alta qualificazione con l'entrata in vigore della L.R. 22/1/1976, n. 7 e con la conseguente istituzione del Comitato della Regione Piemonte per l'affermazione dei valori della Resistenza e dei principi della Costituzione Repubblicana.
Fra le tante iniziative realizzate sotto l'egida del Comitato convegni ricerche storiche, pubblicazioni, mostre - vale la pena di ricordare, in particolare, i viaggi ai campi di sterminio nazisti, realizzati in collaborazione con l'ANED (Associazione nazionale ex deportati) e con le Province piemontesi. Un'iniziativa che dal 1981 è abbinata ad un concorso su temi di storia contemporanea riservato agli studenti delle medie superiori del Piemonte, che ha coinvolto nell'attività di studio preliminare allo svolgimento del concorso circa 10.000 studenti e oltre 300 istituti scolastici, mentre sono più di 1.500 i giovani ed oltre 300 gli insegnanti che hanno partecipato personalmente ai viaggi.
Così come è doveroso ricordare il contributo essenziale e straordinario che il Comitato seppe dare, negli "anni di piombo" del terrorismo, alla mobilitazione delle istituzioni, delle organizzazioni sociali e dell'intera comunità piemontese per la difesa della convivenza civile e delle libertà democratiche.
Le attività del Comitato ormai "tradizionali", ma sempre aggiornate e attualizzate sotto il profilo dei contenuti (basti pensare al ciclo di lezioni appena conclusosi sulla Costituzione), proseguono anche quest'anno con il concorso ed i viaggi ai campi di sterminio, i cicli di film per le scuole, ricerche e pubblicazioni varie, sulla base del programma di massima già discusso e impegnando le risorse finanziarie a ciò destinate dall'Ufficio di Presidenza del Consiglio all'interno dei fondi disponibili al Capitolo 10220 (ex 60) del bilancio 1993 (280 milioni di lire).
Come i colleghi sanno, proprio quest'anno, il 1993, segna l'avvio delle celebrazioni del cinquantesimo anniversario della Lotta di Liberazione iniziata con gli scioperi del marzo 1943 e conclusasi con l'insurrezione popolare e la liberazione delle città e delle campagne piemontesi nell'aprile 1945. Un anniversario di eccezionale valore storico, ma anche di particolarissima attualità per le straordinarie vicende in corso nel nostro Paese ed in Europa. Vicende dell'oggi che sollecitano una riflessione critica su quelle di cinquant'anni fa, per segnarne somiglianze e differenze, per trarne insegnamenti e avvertimenti, ma soprattutto per riscoprirne e riproporne - con le parole e le sensibilità dei nostri tempi ideali e valori.
Il carattere del tutto speciale di questo Anniversario sollecita dunque, la creazione di uno strumento altrettanto "speciale": una legge regionale per il Cinquantesimo della Liberazione che, per i tre anni da qui al 1995, al fine di consentire l'elaborazione e la realizzazione di uno specifico programma di iniziative, integri e potenzi la L.R. 22/1/1976, n.
7 (legge con la quale fu istituito il Comitato della Regione Piemonte per l'affermazione dei valori della Resistenza e dei principi della Costituzione Repubblicana).
L'orientamento di presentare questa proposta di legge "speciale" per il cinquantesimo anniversario della Liberazione è maturato all'interno dell'Ufficio di Presidenza del Consiglio regionale (i cui componenti sono stati i proponenti della legge), sulla base degli stimoli ricevuti dal Comitato; si è definito in piena consonanza con l'opinione della Giunta regionale e, in particolare, dell'Assessore alla cultura, Fulcheri (che personalmente ringrazio per il contributo dato all'impostazione di questa proposta); inoltre, ha avuto anche una conferma decisiva dalla notizia che analoghe iniziative di legge sono in corso in altre Regioni e soprattutto a livello nazionale.
A confronto con la L.R. 22/1/1976, n. 7 prima richiamata, quella che qui si propone prevede un momento fondamentale di continuità: il ruolo centrale di proposta ed indirizzo attribuito al Comitato della Regione Piemonte per l'affermazione dei valori della Resistenza e dei principi della Costituzione Repubblicana; prevede tre momenti essenziali di integrazione e "specialità".
Il primo riguarda la definizione del programma delle attività. Un programma che preveda l'attuazione, la promozione e il sostegno di "attività finalizzate a diffondere e approfondire la conoscenza della storia della lotta armata e di popolo contro l'occupazione nazifascista cui le popolazioni piemontesi hanno dato un alto contributo, a rimeditare nella sua operante attualità il patrimonio storico, culturale e ideale della Resistenza, a riproporne i valori di libertà, pace, solidarietà e giustizia alle giovani generazioni del Piemonte in un momento di preoccupante insorgenza di nuove forme di intolleranza, xenofobia e razzismo, a promuovere la riflessione della comunità piemontese e delle sue espressioni sociali, culturali, politiche e istituzionali sui principi democratici trasfusi dalla Resistenza nella Costituzione della Repubblica italiana e sulla loro perdurante validità" (art. 1, comma secondo). E nel quale "rientreranno le attività, di livello sia regionale che locale, che per il loro rilievo culturale e istituzionale saranno considerate più adatte a caratterizzare le celebrazioni del Cinquantesimo Anniversario della Lotta di Liberazione" (art. 2, comma terzo); mentre "altre iniziative, di minore rilievo o caratteristiche dell'attività più tradizionale portata avanti dal Comitato in questi anni, rientreranno nei normali programmi delle attività attuate, promosse e sostenute ai sensi della legge regionale vigente 22/1/1976, n. 7" (art. 2, comma terzo).
Il secondo momento di novità riguarda gli strumenti di validazione scientifica e di coordinamento delle iniziative. "Al fine di coadiuvare il Comitato nella elaborazione del programma triennale e dei suoi aggiornamenti annuali, l'Ufficio di Presidenza del Consiglio istituisce con propria deliberazione, una Commissione Scientifica composta da studiosi ed esperti indicati dagli Istituti Storici della Resistenza del Piemonte dall'Archivio Cinematografico della Resistenza e dall'Università di Torino" (art. 4, comma primo). "Per sovraintendere alle iniziative, il Comitato dà vita ad una Commissione di coordinamento composta, oltreché da una rappresentanza del Comitato medesimo, dall'Assessore a ciò delegato dalla Regione e da un rappresentante di ogni Provincia del Piemonte" (art. 3 comma secondo).
A questo proposito, devo dire che sono già stati avviati ottimi e proficui rapporti con le Amministrazioni provinciali di tutta la Regione.
Infine è previsto che l'Ufficio di Presidenza del Consiglio operi "d'intesa con la Giunta regionale" sia per l'approvazione del programma, da effettuarsi dopo aver sentito la Commissione consiliare competente, sia per la sua realizzazione concreta.
Il terzo momento di integrazione riguarda il finanziamento delle iniziative. Si prevede, infatti, un finanziamento per il 1993 di L. 500 milioni, integrative rispetto ai fondi già destinati all'attività del Comitato, con l'istituzione di un apposito articolo nel bilancio di previsione del Consiglio denominato "Spese per celebrazioni Cinquantesimo Anniversario Liberazione" (art. 5, comma terzo). Inoltre si prevede un impegno di spesa ulteriore per i due esercizi successivi (1994 e 1995) di 1 miliardo e 500 milioni complessivamente.
Infine, l'art. 6 definisce l'ambito di applicazione della nuova legge rispetto a quella del 1976 e stabilisce il termine temporale della sua vigenza.
Nel proporre al Consiglio l'approvazione di questa legge, che ha visto il voto positivo, sia in IV Commissione (Commissione referente) sia in I (che ha avuto il compito di dare il parere sulla norma finanziaria) della grande maggioranza dei Commissari, mi sembra doveroso informare i Consiglieri delle prime idee emerse dalle discussioni avviate in queste settimane all'interno del Comitato per l'affermazione dei valori della Resistenza e dei principi della Costituzione Repubblicana sull'impostazione delle celebrazioni del Cinquantesimo Anniversario della Liberazione; ciò in modo da consentire al Consiglio di valutare assieme non soltanto lo strumento, ma anche di approcciarsi ai contenuti che quello strumento dovrà portare avanti.
Il Comitato ha individuato due obiettivi essenziali: il primo obiettivo è quello di parlare ai giovani, avviando un rapporto il più profondo possibile, con l'ambizione di lasciare un segno duraturo nella formazione culturale e nella coscienza degli studenti piemontesi. L'idea è quella di un grande Concorso regionale, per sollecitare lo studio e la ricerca sulla Resistenza nelle scuole medie superiori e nelle terze classi delle medie inferiori di tutto il Piemonte.
E, per fondare su solide basi culturali questo studio e questa ricerca l'idea è di promuovere, d'intesa con le autorità scolastiche, un'attività di aggiornamento degli insegnanti sulla storia contemporanea, sugli anni del fascismo, della Resistenza e della nascita della Repubblica.
Il secondo obiettivo è quello di salvaguardare, rielaborare e rendere disponibili le fonti storiche della Resistenza.L'idea è quella di sviluppare e completare ricerche storiche già in corso, e di curarne la diffusione attraverso apposite pubblicazioni, rivolte in particolare alle scuole. Ma è soprattutto quella di trasmettere alle nuove generazioni la conoscenza scientifica di questa fondamentale pagina della nostra storia (che resta estremamente attuale), attraverso la realizzazione di una grande mostra permanente e la creazione del Museo nazionale della Resistenza presso il Museo del Risorgimento nel Palazzo Carignano di Torino.
Evidentemente, le iniziative per il Cinquantesimo della Liberazione si intrecceranno con quelle che già da anni il Comitato porta avanti, in un rapporto sempre più stretto e vivo fra ricordo e attualità. Ricordo i viaggi ai campi di sterminio nazisti, che quest'anno, a maggio, porteranno a Mauthausen, in Austria, 200 studenti piemontesi. Ricordo le rassegne di film per le scuole, che quest'anno saranno dedicate al tema della lotta contro la mafia. E, per ultimo, ricordo le iniziative contro il risorgere del razzismo, come quella denominata "Le maschere del razzismo", promossa dia diverse associazioni piemontesi con il contributo del Consiglio regionale; si è conclusa proprio in questi giorni, il 22 e 23 aprile, con un Convegno sulla presenza dell'olocausto e della deportazione nell'insegnamento della storia, tenutosi nella sede del Consiglio regionale, a Palazzo Lascaris.
In conclusione, la Resistenza non è un'esperienza lontana da imbalsamare nel ricordo e nelle celebrazioni. E' una pagina tuttora viva nella nostra storia, che ancora oggi vale la pena di leggere e far leggere per capire e cercare di risolvere i problemi dei nostri giorni. Perché la Resistenza ha un insegnamento fondamentale, attualissimo, da trasmetterci: oggi, come allora, la via della rinascita nazionale e della democrazia è nelle mani del popolo italiano. Sono le grandi risorse morali del popolo italiano che possono portare la nostra società oltre la crisi, verso una nuova alba della democrazia. Proprio come cinquant'anni fa.
Queste sono le impostazioni già emerse e su queste, se la legge sarà approvata dal Consiglio, il Comitato proseguirà i suoi lavori. In questo modo mi auguro di aver trasmesso al Consiglio anche un'indicazione chiara.
Con questa legge, con queste celebrazioni, non ci si propone di fare un'attività di tipo effimero (come si dice a volte oggi), ma di fare delle attività che lascino segni il più possibile veri, profondi, nella cultura e nella coscienza soprattutto dei giovani piemontesi, che lascino dei segni per le nuove generazioni, quale potrebbe essere appunto il Museo della Resistenza a Palazzo Carignano di Torino.



PRESIDENZA DEL PRESIDENTE SPAGNUOLO



PRESIDENTE

La parola al relatore di minoranza, Consigliere Majorino.



MAJORINO Gaetano, relatore

Signor Presidente e colleghi Consiglieri, io e il collega Zacchera siamo contrari all'approvazione del disegno di legge n. 358, in quanto il filo conduttore che lo anima, attraverso il quale si snodano le normative che vengono proposte, è quello di mantenere ed esaltare un'innaturale e retrospettiva divisione fra gli italiani, che - ancora una volta, e dopo cinquant'anni si pretende di catalogare e dividere in "buoni o reprobi" a seconda della scelta ideale che fecero dopo il tragico 8 settembre 1943.
Così operando, si dimentica che il periodo della storia d'Italia settembre 1943 / aprile 1945 fu in realtà (e al di là di ogni diversa retorica attuale) una sanguinosa guerra civile, che vide scelte ideali e sacrifici di vite umane dall'una e dall'altra parte della barricata. Furono scelte e sacrifici che a nostro avviso meritano, le une e gli altri rispetto ed eguale alta considerazione sia umana che politica. Per tutti ricordo che c'è stato il sacrificio dei sette fratelli Cervi catturati dopo un rastrellamento durante la guerra partigiana e fucilati. Ma è altrettanto vero che c'è stato il tragico sacrificio dei sette fratelli Govoni "eliminati" (vedi la combinazione) a pochi chilometri di distanza dal luogo dell'uccisione dei fratelli Cervi, eliminati nell'immediato dopoguerra solo perché responsabili di avere simpatizzato per la Repubblica Sociale.
Qualora il Presidente Scalfaro fosse veramente il Presidente di tutti gli italiani, dovrebbe sentirsi in dovere, in occasione del cinquantenario, quindi nel 1995, di deporre un fiore oltre che sulla tomba dei fratelli Cervi anche sulle cripte che contengono i resti dei fratelli Govoni. Gli uni e gli altri erano italiani, e lo dico senza retorica perch sono considerazioni che veramente sento e che mi appaiono di tutta evidenza. Gli uni e gli altri erano italiani, anche se combatterono su opposte barricate durante la guerra civile, durante quella sanguinosa guerra civile nella quale in definitiva tutti fummo brutalmente coinvolti e trascinati per colpa storica del monarca, il quale stipulò l'armistizio dell'8 settembre nel peggiore dei modi: preoccupandosi, subito dopo avere lasciato gli italiani a scannarsi, di raggiungere Pescara con la sua collezione ben custodita di monete antiche, in tale maniera cancellando tutti quelli che erano stati i meriti ultracentenari di Casa Savoia.
Il cinquantenario a nostro avviso avrebbe potuto e dovuto essere un anniversario di pacificazione, di una stretta di mano fra coloro i quali avevano militato - mi si perdoni la retorica - in purità di intenti dall'una e dall'altra parte della barricata e in tal senso avrebbe potuto esserci un segnale significativo proprio da Palazzo Lascaris.
Così non è stato e così non è e desidero ricordare a questo proposito di pacificazione che ben diversamente un anno dopo la fine di quella guerra civile si comportò il "tiranno" Francisco Franco, il quale nella "Valle de Los Caidos", nei pressi di Madrid, come è noto, fece erigere una immensa basilica che vede allineate le cripte che contengono i resti di 50.000 caduti di quella sanguinosa guerra civile, forse ancora più sanguinosa della nostra, ma senza discriminazioni: gli uni accanto agli altri, i "Nazionali" e i "Repubblicani". Invece da noi avremo le celebrazioni dei vincitori all'insegna del "guai ai vinti".
Colleghi Consiglieri, non ho altro da aggiungere per spiegare le ragioni che accoratamente, con convinzione, ci sospingono a dire no, perch al di là delle normative e del contenuto delle celebrazioni, lo spirito che le anima è sicuramente quello che ho avuto modo brevemente di esporre.



PRESIDENTE

Sulle relazioni dei Consiglieri Monticelli e Majorino è aperto il dibattito.
Ha chiesto la parola il Consigliere Marchini; ne ha facoltà.



MARCHINI Sergio

Signor Presidente, colleghi Consiglieri, convengo sulla necessità che la Regione non sia latitante rispetto a un appuntamento, ma ritengo un preciso dovere quello di dare un contributo costruttivo, ma fortemente critico, alla legge così com'è impostata, cercando gli argomenti per trovare la disponibilità dei colleghi a ripensare questa legge pure nella esigenza e nel convincimento che l'obiettivo si debba perseguire e che le risorse debbano essere stanziate oggi, non domani, sapendo anche gli appuntamenti che abbiamo.
Signor Presidente del Consiglio, a lei che ha la responsabilità massima ed è il destinatario preferenziale, insieme all'Ufficio di Presidenza, di questo testo, dico che cinquant'anni sono un tempo e un'occasione tali da spostare le vicende dalla memoria alla storia, quindi noi dobbiamo avere la capacità di collocare nella storia queste vicende e sottrarle alla memoria, molte volte di parte, molte volte strumentale. La storia non è strumentale, è la oggettivizzazione delle vicende e lo sforzo di collocarle nella storia dell'uomo con i fatti che sono avvenuti prima e con quelli che sono venuti dopo. Dubito molto che questa legge, così com'è impiantata aiuti a spostare, a collocare queste vicende nella storia sottraendola alla memoria, ma che paradossalmente affidi la gestione di queste vicende alla cattiva memoria, o perché il tempo ha evidentemente corrotto la memoria, o perché qualcuno ha dimenticato di più, qualcuno ha dimenticato di meno e di qui la strumentalizzazione.
La mia osservazione è molto semplice e sintetica: a distanza di cinquant'anni, come Regione, come Consiglio regionale, non possiamo sbriciolare questa vicenda in 1.500 manifestazioni, in 1.500 testimonial che andranno in tutti i Comuni, in 1.500 dilettanti che scriveranno delle cose. Questo non possiamo permettercelo: è venire meno al ruolo che abbiamo di affidare alla storia questo pezzo della nostra storia, non più della nostra vicenda personale, caro collega. Devi avere la capacità insieme ad altri di fare uno sforzo perché la tua vicenda personale si spogli di quello che c'è di personale, e venga affidato ad un pezzo della storia.
Magari, a questo punto, dovremmo anche fare uno sforzo, perché oltre che spendere X lire all'anno per ricordare un pezzo di storia che è durata tre anni, si spenda qualcosa per ricordare un pezzo di storia che è durato dieci secoli. Se questo Paese esiste è perché da dieci secoli, qui a Torino e nel suo territorio, c'è stato uno Stato che ha anticipato grandi Stati per esempio la Germania, nella storia del mondo. Ma questo si vuole sempre dimenticare, perché ancora il nostro vissuto, la nostra interpretazione, la nostra strumentalizzazione di questo periodo c'impedisce di raccogliere le nostre radici. Se andiamo alle radici siamo anche in grado di capire da quali semi provengono i frutti.
Chiedo ai colleghi di riflettere sull'ipotesi di modificare l'impianto dei nostri lavori con un ordine del giorno che deliberi, in sostanza, due cose: che la Regione si occuperà di questi fatti, e che su questi stanzi una cifra, perché non vorrei che si tornasse indietro.
Ritengo che questa legge dovrebbe essere ripensata totalmente immaginando di investire le nostre risorse per la storia e per i giovani con le garanzie, Presidente, che fra tre anni i giovani abbiano un'informazione corretta, storicizzata nella nostra Regione. Questa garanzia culturale ed intellettuale sono in grado di darla cinque persone forse sono già ottimista. Tutti gli altri porteranno a questi giovani le loro nostalgie, le loro animosità, le loro strumentalizzazioni. Quindi, noi non solo non faremo storia, ma faremo un brutto servizio alle generazioni che ci seguiranno.
C'è un pezzo di questa legge che chiarisce cosa succederà. Si punta a dare contributi ai Comuni e alle Comunità Montane attivate dalle Province.
S'intende cioè provocare un processo a cascata, in base al quale in ogni Comune ci sarà qualcuno che andrà nelle scuole a illustrare la Resistenza.
Non è possibile, non è oggettivamente possibile. Si deve andare nelle scuole ad illustrare la Resistenza in termini storici, attraverso i prodotti della cultura dei soggetti che fanno cultura: il Centro storico per la Resistenza, l'Università, i filosofi, gli storici della nostra Regione e non solo della nostra Regione, e magari non solo italiani.
Chiedo alla cortesia dei colleghi, con una qualche sofferenza intellettuale, di fare uno sforzo per rendersi conto che forse questa legge non produce quello che abbiamo nella nostra testa. Sono quindi portato ad immaginare che le nostre risorse debbono essere gestite solo ed esclusivamente da noi. Gli enti locali, che sono soggetti che hanno risorse, saranno portati necessariamente ad investire sul loro particolare sul loro vissuto. Ogni Comune che ha avuto un'esperienza cercherà di ricordare; è bene che lo faccia, e magari attraverso le memorie appannate della nostalgia. Lo faccia pure, è nella sua libertà, ma non pu coinvolgere, nell'interpretazione magari appannata della nostalgia, la Regione. Non possiamo permetterlo.
Quindi, suggerisco che le risorse che oggi devono essere stanziate e l'obiettivo che va perseguito, e che oggi dobbiamo dire che vogliamo perseguire, si articoli attraverso una legge che, nella sostanza, affidi alla cultura la produzione di strumenti di conoscenza e di ricordo, che però siano il prodotto della cultura e non dell'improvvisazione, del dilettantismo, del protagonismo.
Nessuno di noi, Presidente, è in grado di sapere, in questo Paese, fra tre anni, quale tasso di solidarietà ci sarà ancora tra di noi, quale voglia di strumentalizzare ci sarà. Non lo sappiamo, siamo ad un passaggio del nostro modo di essere, della nostra società. Non possiamo oggi sapere come altri gestiranno la nostra volontà, non lo possiamo sapere, e quindi non possiamo permetterci di rischiare. Dobbiamo dare un contributo alla conoscenza della storia del nostro Paese, scrivendo questo pezzo di storia il che vuol dire affidare queste vicende alle testimonianze di chi le sa interpretare in termini storici e, a valle di questo sforzo di collocare nella storia delle vicende che per molti di noi sono ancora esistenziali tradurle in strumenti di comunicazione e di conoscenza e, se sarà il caso in fatti permanenti.
Va bene che ci sia un Museo della Resistenza, mi va benissimo che sia collocato con quello del Risorgimento che forse ci aiuta a guardare le radici; ma sono nettamente contrario, Presidente, a che gli zii e le madrine di Prima Linea e delle Brigate Rosse tornino nelle nostre scuole! Prego i colleghi di considerare questa mia affermazione non come un atto retorico, ma come un'esperienza di cui posso essere testimone insieme ad altri colleghi del Consiglio.



BOSIO Marco

Diglielo a tuo zio, per favore!



MARCHINI Sergio

Io questo rischio desidero che non si corra! Allora, esiste un rischio o non esiste? Io dico che il rischio esiste, perché sbriciolare la storia in 1.500 appuntamenti non significa fare storia, ma significa fare cronaca.
Pensavo di poter concludere, ma alcune mani alzate fanno pensare che si ritiene che, da parte mia, ci sia un intento polemico rispetto a questo non è così.
I primi fucilati a Torino sono di fede liberale; Amendola non era comunista, tanto per intenderci. Allora non ci divide niente su questo; ci divide magari qualche personale e molto recente esperienza fatta.
Rischiamo di tornare a sentire in queste aule le cose che abbiamo sentito dire rispetto ai cattivi maestri. Noi dobbiamo essere certi che ci saranno solo buoni maestri. E la responsabilità, collega, che ci siano solo buoni maestri deve assumerla e tenerla il Consiglio regionale, non pu delegarla ad altri! E tu su queste cose ridi, sono lieto che ti sia rimasta la voglia di ridere; qualcuno però ha fatto delle esperienze diverse dalle tue, magari da piccolo provinciale, può anche aver conosciuto una madre che ha il figlio al carcere "Le Nuove" per colpa dei cattivi maestri ed è una madre che conosce da cinquant'anni! Noi dobbiamo garantire i migliori maestri, e solo i migliori maestri! Fraternamente, se posso dirlo, questa legge va ripensata: questi obiettivi vanno perseguiti, garantendo e conservando istituzionalmente e legislativamente al Consiglio regionale questo ruolo. Non diciamo che è la nostra interpretazione, perché quando le risorse verranno sbriciolate e trasferite, la capacità di governo non ci sarà più, perché nessuno di noi sarà in grado di capire se il programma portato avanti da Tizio è buono o non è buono, non siamo in grado; oltretutto nessuno di noi ha la capacità di sapere se i 1.500 relatori, che sicuramente entreranno in pista su questo, sono bravi o cattivi. Non lo sei tu, non lo sono io.
Noi dobbiamo assicurare, alla generazione che aspetta questo nostro messaggio, dei buoni maestri e questo lo possiamo fare solo garantendo la gestione diretta di queste risorse e di questo pezzo di storia alla Regione e a nessun altro, lasciando che gli altri, ognuno per la propria parte, con proprie risorse e nella propria libertà di valutazione, avviino le iniziative che riterranno opportune, rispetto alle quali non coinvolgono il compito della Regione che è diverso rispetto a quello degli enti locali.
Voterò, evidentemente, qualunque tipo di soluzione, se si riterrà che questa mia riflessione non meriti uno sviluppo consequenziale e cioè il ritorno in Commissione della legge. All'approvazione, oggi, di un ordine del giorno definitivo dove si dice che le risorse vengono stanziate e che questo obiettivo viene perseguito, evidentemente non farò mancare il mio voto in termini di solidarietà rispetto a un obiettivo che è stato portato avanti dall'Ufficio di Presidenza. Così come sono disponibile a convenire sulle vostre ragioni, mi auguro che ci sia un minimo di attenzione alle mie preoccupazioni.



PRESIDENTE

Grazie, Consigliere Marchini; abbiamo seguito con molta attenzione il suo intervento.
Ha chiesto la parola il Consigliere Grosso; ne ha facoltà.



GROSSO Carlo Federico

Signora Presidente, colleghi Consiglieri, non è certo mia intenzione assumere un atteggiamento polemico nei confronti dell'intervento del Consigliere Marchini perché la sostanza di quanto egli ha detto pu trovarmi in larga misura d'accordo.
Sono assolutamente d'accordo sul fatto che questo impegno molto rilevante e doveroso del Consiglio regionale del Piemonte per ricordare con l'importanza che merita, il cinquantenario della Resistenza debba essere collocato nel solco di un'alta qualificazione scientifica e di una ricerca seria di verità. Mi sembra però che per larga misura l'ottica di questa legge risponda proprio a questa esigenza. Ci sono già alcune iniziative che probabilmente rientreranno anche in questa legge. Per esempio, la stesura di una storia dei nomi di coloro che hanno partecipato alla Resistenza è un'opera di alta qualificazione scientifica che costituirà la base scientifica - credo - per generazioni di storici della Resistenza perché farà un punto fermo su una certa realtà che ancora non è stata completamente ricostruita, una realtà di fatto, e questo è un dato estremamente importante.
Mi sembra che questa legge, nel prevedere questo giusto ampio stanziamento, si ancori però a una rigorosa direzione scientifica. Si prevede l'istituzione di un Comitato scientifico formato proprio da quegli esperti degli istituti storici della Resistenza e dell'Università che possono dare un contributo positivo e nello stesso tempo costituire un elemento di garanzia sulla correttezza delle diverse iniziative. Il fatto che si coinvolgano le diverse Province credo che debba essere interpretato come noi vogliamo, in senso positivo, nel senso che tutte le realtà della nostra Regione devono essere direttamente coinvolte in questa iniziativa.
Ovviamente penso e sono convinto che, sotto l'attenzione vigile dell'Ufficio di Presidenza e del Comitato per la tutela dei valori della Resistenza, le iniziative, che verranno realizzate nelle diverse realtà territoriali piemontesi, saranno sottoposte al controllo di questo Comitato scientifico e in questo senso credo che la garanzia ci sia.
Certo, vi è un pericolo, ma direi che è un pericolo che ho potuto constatare nel seguire, in questi due anni e mezzo, la vita del Comitato.
C'è il pericolo che vi siano le pressioni di alcune organizzazioni e associazioni che hanno una visione del tutto antitetica a quella che era la mia visione contro la quale ho cercato di operare in modo da incanalare le attività nell'altra direzione, proprio quella che indicava il Consigliere Marchini.
Sono convinto che questa legge, così come è scritta, consenta una giusta articolazione di iniziative, consenta di andare incontro alle legittime aspettative di tutte le realtà, che però nel contempo possa essere nel suo complesso rigorosamente controllata da questo organo di controllo scientifico che è previsto dalla legge.
In quest'ottica, concordando con quanto ha detto il Consigliere Marchini, sotto il profilo della necessità di fare un'opera di alta qualificazione storica e scientifica, ritengo che questa legge possa benissimo essere gestita, dato che ne contiene tutti i presupposti, proprio in questa direzione.



PRESIDENTE

Grazie, Consigliere Grosso, anche per il contributo di chiarimento che ha voluto portare.
Ha ora la parola il Consigliere Rivalta.



RIVALTA Luigi

Di norma non intervengo nei dibattiti che riguardano la Resistenza. Non l'ho mai fatto per rispetto a tanti Consiglieri regionali che la Resistenza avevano fatto e che giustamente intervenivano quando c'era occasione di parlarne.
Ho preso la parola perché considero il cinquantenario della Resistenza di un fatto di grande rilevanza - non sto qui a dire il perché, immagino che la gran parte dei Consiglieri l'abbia ben chiaro in testa e nel cuore un fatto importante che deve essere ricordato. Sotto questo profilo, di fronte al roboante intervento di Marchini, peraltro molto ambiguo (ci sono molte frasi dell'intervento di Marchini che non sono spiegabili se non con un'ambiguità di visione storica che lui sta facendo sotto la spinta degli eventi e dei fatti quotidiani), di fronte a questa ambiguità ho sentito il bisogno di alzarmi e di dire che condivido appieno l'iniziativa che l'Ufficio di Presidenza ha preso.
Mi chiedo cosa sarebbe mai questa Regione se l'Ufficio di Presidenza non avesse preso nei confronti del cinquantenario della Resistenza che incomincia il 25 luglio prossimo - non voglio riferirmi alla Resistenza clandestina precedente - un'iniziativa di questo genere. Un'iniziativa che preventivamente organizza il modo di parlare nel cinquantennale della Resistenza: organizza nel senso che la legge stessa è un momento organizzativo di questo richiamo alla Resistenza di cinquant'anni fa, lo organizza nel senso che si pone il problema di promuovere questa iniziativa attraverso il coordinamento della Regione con le Province e quindi è proprio il contrario, nello spirito, di quello che Marchini ha detto: spezzettarla in 1.500 rivoli. Responsabilmente questa Regione si pone il problema di dare organizzazione, in qualche misura di partecipare alla definizione e alla migliore espressione di questo richiamo storico cinquantennale.
E' proprio il contrario di quello che dice Marchini - ho partecipato alla discussione in Commissione - perché la legge prevede che la Commissione consiliare sia sentita, nei tempi e nei momenti dovuti, per poter essere partecipe della definizione di questo processo di ricordo e richiamo del cinquantennale della Resistenza.
Delle frasi ambigue di Marchini ne richiamo una sola: "Gli zii e le madrine del terrorismo". Nel momento in cui si parla di Resistenza, dire "zii e madrine del terrorismo" ha un significato non definito, ma certo l'ambiguità porta anche a pensare che Marchini considera chi ha fatto la Resistenza zie o madrine del terrorismo. Questa può essere un'interpretazione storica che qualcuno ha dato, ma che non è quella vera perché la Resistenza si è conclusa in tutt'altra direzione, in un processo di pacificazione e di affermazione della democrazia a cui hanno dato l'apporto tutte le varie correnti culturali e ideologiche che la Resistenza hanno fatto.
Ambiguità di questo genere non devono esisterne. Nel momento in cui approviamo questa legge deve essere chiaro che si ha serietà e serenità di giudizio nei confronti della Resistenza, pur da posizioni diverse. Ho sentito il bisogno di introdurre questa valutazione e questo giudizio di assoluta distinzione dall'intervento di Marchini.
Aggiungo solo una questione che ho già posto in Commissione: dobbiamo evitare di fare di questo processo biennale di richiamo alla Resistenza una sorta di susseguirsi di cerimonie. Non abbiamo bisogno di cerimonie paludate per richiamare la Resistenza, abbiamo soprattutto bisogno di parlare in direzione dei giovani. Se qualcuno ha avuto modo, non dico come interrogatorio, di parlare con loro, avrà scoperto che l'interpretazione storica della Resistenza è davvero molto complicata, non è percepita seriamente.
Si tratta di valutare come procedere in questo colloquio, in questo rapporto di richiamo storico con le nuove generazioni e qui la scientificità - ma è prevista dalla legge la formazione di un comitato scientifico - diventa un fatto basilare, sapendo che la scientificità nel richiamo storico è intanto la serietà del partire dai fatti e di interpretarli correttamente sulla base di dati oggettivi. Certo, la storia può essere interpretata in vari modi e c'è un modo di interpretare la storia che è quello di ricostruirla con la cultura del momento in cui sono avvenuti i fatti. Credo che questo sia anche giusto, perché altrimenti non spiegheremmo la Resistenza senza ricollocarla nel contesto storico in cui è avvenuta.
In questo senso dico anche che è l'ultima volta che una cerimonia, una ricorrenza di quelle canoniche (non si fanno i cinquantennali se non dopo cinquant'anni), potrà vedere partecipi soggetti che la Resistenza hanno fatto e quindi la ricostruzione del contesto storico mi sembra indispensabile e giusto riconoscimento alla partecipazione di chi la Resistenza ha fatto. Ma c'è anche bisogno che la Resistenza venga letta criticamente sulla base della cultura di oggi. Il Comitato scientifico ci deve garantire che questi due poli - mi scuso con chi si interessa di storia, io non sono uno storico - siano presenti e in qualche modo facciano una vera e propria ricostruzione della storia sui fatti di allora, sulla valutazione critica che oggi si può dare a quegli eventi. Suggerirei di considerare, ma questo è già lavoro della Commissione, che è importante il modo con cui comunichiamo i contenuti e qui ci sono anche mezzi e metodi scientifici di comunicazione che vanno tenuti in conto nell'azione che si dovrà seguire. E' un lavoro da fare, non è fatto, e quindi sta a noi Consiglio regionale e Commissione competente, dare ulteriori contributi perché questo lavoro sia costruito seriamente e non rappresenti una semplice cerimonia di richiami molto paludati, molto formali.



PRESIDENTE

La parola al Consigliere Chiezzi.



CHIEZZI Giuseppe

Grazie, Presidente. Colleghe e colleghi Consiglieri, esprimo piena adesione a questo disegno di legge che ha il merito, a mio avviso, di affrontare per tempo, in termini seri, il problema di impegnarsi nell'analizzare quelle che sono state le ragioni profonde che hanno dato vita alla nostra Repubblica. Propone di fare un percorso ben congeniato dal punto di vista dei soggetti interessati e teso, a mio avviso, non a una celebrazione rituale astratta dell'anniversario della Liberazione, ma ad una riflessione molto utile anche per la situazione italiana di oggi, nella quale si dice che quella cosa nata dalla Resistenza è ora finita.
Vorrei mettere in luce un aspetto importante di questa legge, che è quello relativo al fatto che in questi anni, sino al cinquantesimo, siamo sicuri che vi è ancora memoria dei fatti di cui si discute e questo, a mio avviso, è un elemento di eccezionale importanza e che non durerà più molto tempo. Questo cinquantesimo è un po' il limite oltre il quale le memorie saranno cancellate.
Dell'intervento del collega Marchini mi ha un po' sorpreso questa sorta di volontà di accelerare la cancellazione della memoria, quasi che dalla cancellazione della memoria non possa che nascerne chissà quale bene per tutti. La vista non diventa più acuta quando la memoria non c'è più, e quando abbiamo letto "I sommersi e i salvati" di Primo Levi, vedevamo la preoccupazione di chi aveva memoria, di chi aveva vissuto certi fatti, che scomparsi chi li aveva vissuti, scomparsa la memoria, la storia potesse essere reinventata e riscritta completamente, violentandola. Quindi, meno male che siamo ancora in grado di svolgere un programma triennale alla presenza di chi memoria ce l'ha, e se c'è memoria c'è anche veridicità nella storia. Quindi questo piano triennale di lavoro serva a costruire per le generazioni future, quelle che non disporranno più della memoria viva dei protagonisti, una storia della Resistenza seria e veridica.
Un ultimo aspetto è quello che riguarda i giovani. Chiedo all'Ufficio di Presidenza e alla Giunta di coinvolgere dal punto di vista organizzativo le scuole e l'Università, di avere un occhio rivolto anche in termini organizzativi ai due Ministeri, ai Provveditorati all'Istruzione perch parte di questo lavoro di studio e di impegno sia svolto all'interno delle organizzazioni scolastiche, sia dipendenti dal Ministero della Pubblica Istruzione, sia quelle dipendenti dal Ministero per la Ricerca scientifica.
Esprimo quindi pieno appoggio e il voto favorevole del Gruppo di Rifondazione Comunista.



PRESIDENTE

La parola al Consigliere Giuliano.



GIULIANO Valter

Grazie, Presidente. Colleghe e colleghi Consiglieri, esprimo anch'io la piena adesione del Gruppo che rappresento al progetto di legge su cui siamo chiamati oggi ad esprimerci. Credo che le manifestazioni per ricordare, più che celebrare, l'anniversario della Liberazione dovrebbero essere, a nostro avviso, l'occasione non tanto per riaprire ferite e lacerazioni sulla storia trascorsa quanto l'opportunità di radicare, attraverso la formazione e l'informazione, nel tessuto culturale e sociale della nostra Regione, i principi della democrazia. Quella democrazia che, per dirla con Bobbio, è inclusiva; vale a dire, tende ad includere tutti coloro che ne stanno fuori, per allargare anche ad altri i propri benefici: un processo di democratizzazione che passa attraverso una graduale inclusione dei diversi ciò in alternanza al dispotismo inclusivo, al fascismo e a tutte le forme di dittatura.
Oggi occorre ricordare la storia recente del nostro Paese, anche perché da qualche tempo è drammaticamente riemerso in tutto il suo orrore il fantasma dell'intolleranza, di esperienze che si consideravano definitivamente sconfitte, a tal punto che alcune manifestazioni del fronte antifascista apparivano di fatto come raduni anacronistici.
Ho partecipato, non molte settimane fa, alla commemorazione della strage fascista di Torino del 1922, ed ho visto quasi solo dei visi anziani, e l'età media non scendeva per analoghe manifestazioni svoltesi in quest'aula. Corriamo il rischio che a quelle poche persone venga lasciato tutto intero il vessillo e, purtroppo, il peso della lotta all'intolleranza.
Di fronte ai recenti fatti di cronaca, ognuno di noi, singolarmente e l'intera collettività regionale nel suo complesso, deve riprendere coscienza del fatto che quel problema non è superato, quel percorso storico rischia di essere soltanto interrotto: se guardiamo l'Europa, ne abbiamo purtroppo certezza con gli avvenimenti che lacerano la ex-Jugoslavia. Ma anche nel nostro Paese, nella nostra Regione, si riaffacciano episodi gravi di razzismo e di antisemitismo, che hanno visto riapparire impuniti i simboli insanguinati del nazismo e del fascismo, quasi che la storia sia trascorsa invano.
Di più: sono comparse sciagurate ipotesi di faziosi ricercatori la cui impudenza si è spinta fino alla negazione dell'olocausto. E i rischi si moltiplicano davanti a problemi come quelli dell'immigrazione extracomunitaria, alla quale possono essere riservate accoglienze che si rifanno a quelle esperienze di intolleranza e di persecuzione razziale che dall'olio di ricino arrivarono ai lager.
A cinquant'anni da quella pagina di storia nazionale noi dobbiamo sforzarci non già di emettere o rinnovare condanne che la storia, caro Marchini, ha già pronunciato; dobbiamo cogliere quest'occasione, certo, per superare il passato, ma con altrettanta certezza per non dimenticarlo consegnando ad un revisionismo storico di dubbia scientificità una pagina oscura della vita politica non solo nazionale, ma mondiale.
Vedete, cari colleghi, l'anniversario della lotta di liberazione deve paradossalmente essere l'occasione per insegnare ai giovani e alle nuove generazioni a cercare di affermare la non violenza e l'arbitrato internazionale come mezzi atti a risolvere i conflitti tra gli uomini.
L'occasione per provare ad insegnare anche l'altra storia, quella caro collega Marchini - del popolo vessato, sfruttato, affamato in secoli di storia e non sempre, come invece accade, per insegnare la storia militare o quella delle classi privilegiate e vincenti, che su quelle disuguaglianze su quelle ingiustizie, su quelle vessazioni hanno costruito i secoli di storia piemontese cui ti riferisci.
Credo debba essere, cari colleghi, soprattutto un momento di scuola permanente per ognuno di poi, che sappia in un'epoca di egoismi crescenti recuperare quei valori di eguaglianza, giustizia e libertà che sicuramente nella stagione storica cui facciamo riferimento, stavano tutti inequivocabilmente da una parte. E quei valori vorremmo non solo non fossero dimenticati, ma si fosse sempre pronti a difenderli.
La vera democrazia non è la nostra, dell'opulenza e del consumismo, che rischia di essere una democrazia cieca e senza ideali. Abbiamo fortunatamente superato l'epoca delle cieche ideologie; dobbiamo fare in modo che non sia superata anche quella degli ideali, altrimenti rischieremmo di trovarci nella situazione ben illustrata, e che adesso proverò a raccontarvi, sicuramente malamente, da queste frasi di un pastore protestante, Martin Moeller, che così aveva scritto: "Essi vennero contro i comunisti e io nulla obiettai perché non ero comunista; essi vennero contro i socialisti e io nulla obiettai perché non ero un socialista; essi vennero contro i dirigenti sindacali e io nulla obiettai perché non ero un dirigente sindacale; essi vennero contro gli ebrei e io nulla obiettai perché non ero un ebreo; essi vennero contro di me e non c'era rimasto nessuno ad obiettare".



PRESIDENTE

La parola al Consigliere Cucco.



CUCCO Vincenzo

Grazie, Presidente.
Una semplice considerazione di carattere culturale - e non lo dico per spocchia, ma semplicemente perché spero e credo che il Consiglio regionale sappia porsi in questa prospettiva quando tratta determinati argomenti della massima importanza - che segue un'affermazione del Consigliere Rivalta, che per quanto giusta nel suo significato e nel contesto nella quale è stata espressa, in realtà ha bisogno di una specificazione (naturalmente dal mio punto di vista).
Giustamente il Consigliere Giuliano diceva: "Le celebrazioni, le manifestazioni che noi svolgiamo e organizziamo sono partecipate soltanto da persone di una certa età". Ma ciò deve essere considerato come un limite proprio di chi organizza tali iniziative e non necessariamente come una distanza, un disinteresse della gente, della popolazione, dei giovani, nei confronti di questi temi.
Il limite, secondo me, è raffigurato dalla spinta forse anche fisiologica di una parte degli uomini e delle donne che hanno fatto la Resistenza a unicamente celebrare questa parte importante della nostra storia e non a partecipare non soltanto dei valori, ma della storia passata e presente.
Cosa significa ciò? Significa che la storia è sempre revisione, da questo punto di vista; non posso pensare che il giudizio storico su una parte del nostro passato sia unico ed eterno. Non mi riferisco alle scempiaggini di un certo revisionismo - di origine anglosassone, peraltro su alcuni fatti della nostra storia, sto parlando e ragionando della necessaria opera di revisione. Revisione non significa cancellazione, ma riconsiderazione, con gli occhi di oggi, di quella che è stata la nostra storia e il significato della Resistenza.
Ho sentito solo una parte dell'intervento del collega Marchini, ma l'ho sentito pronunciarsi su questi argomenti altre volte. Ha ragione: non si può negare che le radici anche di una parte della nostra Resistenza sono nella storia del nostro Paese e, certamente, rintracciabili in alcune forze politiche e culturali che ben prima del fascismo vivevano. Se non si vuole considerare la storia come nata da un momento che si sviluppa soltanto in una direzione e quindi scoprire e spiegare i collegamenti e le ragioni di certe scelte, non soltanto storiche ma soprattutto politiche che nel periodo della Resistenza sono state fatte, bisognerà discutere e ragionare di certe argomentazioni. Le interpretazioni in sede storica di alcuni fatti e di alcune scelte nate nella Resistenza non sono univoche.
Questo progetto di legge individua un percorso che, secondo me, non garantisce quell'incisività che le celebrazioni di questo genere devono avere. La costituzione di questa serie di organismi dovrebbe mediare le varie posizioni esistenti in sede culturale. In realtà c'è un enorme numero di comitati e di sedi dove queste cose possono essere decise: l'Ufficio di Presidenza, la Giunta regionale, il Comitato regionale per l'affermazione dei valori della Resistenza e della Costituzione, il Comitato scientifico nominato dall'Ufficio di Presidenza. Mi sembra questo un numero enorme di sedi dove il significato della nostra Resistenza verrà mediato, ma non valorizzato.
Credo che le differenze debbano essere esaltate, differenze serie che hanno segnato nel nostro Paese la Resistenza e quegli anni di storia. Non mi riferisco ovviamente alle idiozie che sono state dette di revisionismo di quel certo tipo di revisionismo al quale faceva riferimento il Consigliere Giuliano, mi riferisco alle differenze storiche, serie, fondate che ci sono state anche nella Resistenza e devono essere esaltate.
Non posso che esprimere preoccupazione, ricordando per esempio tutto quello che è successo un anno e mezzo fa quando ci fu quella polemica per l'inserimento della medaglia d'oro della Resistenza, Edgardo Sogno, in alcuni programmi e iniziative organizzate dal Comitato: la risposta del Comitato fu di totale chiusura alla possibilità di dialogo. Era la riaffermazione, quella sì, di una sterile celebrazione del principio ripetizione di una litania che non è più sentita da nessuno semplicemente perché è una litania, ma non è più vissuta da nessuno perché non c'è il conflitto. Non è più rappresentato quel conflitto che divise le coscienza degli uomini e delle donne che parteciparono alla Resistenza, perché quello fu l'humus nel quale la Resistenza fu fatta, non unanimismo che non è mai esistito.
Anch'io nutro forti perplessità non sulla finalità di questa legge, ma sul meccanismo che secondo me non è garantista, ma semplicemente di controllo. Non so quanto culturalmente sia valido, dipenderà dalle persone che saranno individuate, ma politicamente sarà molto duro; è un controllo di conflitti e di posizioni anche antitetiche che invece devono essere ben rappresentate ed esaltate.
Il mio voto sarà a favore, perché non si spara sulla Croce Rossa comunque nutro forti perplessità nei confronti dell'Ufficio di Presidenza che spero tenga conto di queste considerazioni.



PRESIDENTE

La parola al Consigliere Rossa.



ROSSA Angelo

Signor Presidente e colleghi, noi siamo sostenitori convinti della proposta di legge presentata, atta a organizzare le iniziative per il cinquantesimo anniversario della Resistenza che cominceranno quest'anno e si concluderanno nel 1995. Siamo dei convinti sostenitori in quanto oggi è molto più importante che si celebri il cinquantesimo anniversario della Resistenza - faccio eco a quanto detto dai colleghi che mi hanno preceduto di quanto non lo fosse in passato.
Siccome la Resistenza, come la storia degli uomini, appartiene alle posizioni del proprio tempo, è chiaro che la passione politica di cinquant'anni fa era qualcosa di giustificato e di motivato che poteva anche andare oltre quelle che erano le ragioni ideali che hanno poi determinato la visione democratica dello sviluppo della costituzione della Repubblica. Quindi è naturale che allora ci potevano essere anche dei tentativi egemonici, di prevaricazione - fornendo un'interpretazione di un certo tipo - e ci furono, forse è ancora in atto il tentativo di attribuire una diversa lettura all'interno delle forze che hanno fatto la Resistenza.
Celebrare i cinquant'anni oggi, con il necessario distacco che occorre avere dalla passione politica per vedere le cose come stanno, ci consente di rinfrescare e rinverdire dei grandi ideali che probabilmente gli stessi "resistenti" di allora magari ne hanno intuito l'importanza senza averne però una visione precisa. Forse perché allora sottostavano a logiche politiche strette che erano di scontro durissimo, anche tra di loro; oggi cinquant'anni dopo, lo possiamo dire.
Si è detto di parlare ai giovani: è in questo momento storico, ovvero adesso che sta andando in crisi la Repubblica nata dalla Resistenza, che dovremmo illustrare ai giovani questo percorso.
Mi auguro che i valori che hanno accompagnato la Repubblica nata dalla Resistenza accompagnino anche questo processo, non dico della seconda Repubblica; sono anch'io d'accordo che non è un problema di seconda Repubblica, ma è un problema di adeguamento, di attualizzare le scelte di governo della Repubblica più che delle istituzioni. Mi auguro che in questi giorni in cui abbiamo celebrato il 25 aprile, questi valori che sono freschi come allora perché sono i valori della libertà, della pace, della democrazia, della comprensione, ci accompagnino e siano un punto di riferimento e la Resistenza resti quella che è stata, definita sia dai protagonisti sia dagli storici come il secondo Risorgimento e che ha consentito a questo Paese di diventare una grande nazione.
Questo discorso ci consentirà di vedere nella giusta luce storica eventi politici che hanno avuto, come tutti gli eventi politici, delle sbavature. Guai se si pensasse che quelle sono cose agiografiche, sarebbe un gravissimo errore; sono le linee di tendenza che contano. Le linee di tendenza, abbandonando le sbavature, abbandonando anche le interpretazioni faziose che ci sono state, sono state quelle che hanno gettato le basi di una convivenza democratica e sociale. E' chiaro che il far prevalere delle ideologie esclude ogni possibilità di dialogo tra le persone, bisognerà incominciare a ragionare in termini laici, perché l'ideologia portata alle estreme conseguenze nella politica esclude qualunque altra idea contraria.
Bisogna invece far emergere un'altra proposta ideale che è quella di una visione laica dello Stato, che è quello che sta avvenendo.
Pertanto dobbiamo articolare meglio affinché sia la Regione il punto di riferimento, promotrice con i Comuni, con le Comunità montane, con le Associazioni, con le forze vive di questo Piemonte, a realizzare questo arco di impegno ed iniziativa, a parlare alla gente in modo democratico e aperto, senza enfatizzare nulla, dicendo però che i risultati che abbiamo ottenuto sull'onda di quell'indirizzo, nato quasi cinquant'anni fa, sono grandi. Oggi, naturalmente, hanno bisogno di cambiamenti e modifiche quindi del nostro sostegno.
Altresì mi auguro che si arrivi ad affrontare il problema della funzione avuta dalla Resistenza lontani dalla passione politica per stabilire quali furono i rapporti esistenti tra le forze politiche anche allora.
Mi riallaccio a quello che diceva il collega Cucco, quando ricordava una polemica che, nella veste di Presidente del Consiglio, ebbi con l'allora Vicepresidente del Consiglio, Silvana Dameri. Fu una polemica durissima, che probabilmente nacque da atteggiamenti e posizioni in parte vere e in parte mal riportate. D'altro canto, così sono a volte i rapporti tra la gente viva, tra gli uomini. Uno disse: "Ho proposto Caio", e in quel caso si trattava di proporre Sogno; qualcun altro disse: "Sogno non ci sta bene, perché è uno che ha fatto la Resistenza in un altro modo".



(Commenti in aula)



ROSSA Angelo

Chi ha fatto delle obiezioni ha detto: "L'ha fatto in un modo diverso perché le cose hanno avuto degli sviluppi di altro tipo". Io non ho avuto alcuna esitazione a dire che se le cose stavano in quei termini si era compiuta un'ingiustizia nei confronti di Edgardo Sogno; prima di tutto perché è un uomo che ha fatto la Resistenza, caro Marchini. Poi non è detto che tutti quelli che hanno fatto la Resistenza siano diventati degli "stinchi di santo"; semmai si tratterà di vederli dopo. C'è anche gente che...



(Commenti in aula)



ROSSA Angelo

Inoltre Sogno è una medaglia d'oro.



PRESIDENTE

D'argento.



ROSSA Angelo

Certo, anche allora le medaglie d'oro furono assegnate con un certo criterio; non mi voglio sicuramente estraniare dalla realtà, dallo storicizzare quel momento. Le medaglie d'oro furono assegnate in un certo modo, tuttavia sono le medaglie d'oro viventi di questa nazione.
Mi auguro che nel celebrare il cinquantesimo anniversario, nel rinfrescare i valori della Resistenza, siano chiamati tutti e vengano abbandonate le vecchie passioni politiche; si guardi davvero alla storia ciascuno per ciò che ha fatto e - se volete - anche per gli errori che ha compiuto, interpretando il quadro politico diverso al quale aveva concorso con tutte le sue energie. Ci devono essere tutti, per dare una grande forza di convinzione di questi valori. Diversamente, correremmo il rischio di parlare di qualche cosa che i giovani non riescono a capire.
Io voglio invece farmi capire dai giovani; voglio spiegar loro spiegare alla gente che oggi stenta a capire che cosa c'è stato, quali sono stati i grandi valori e la bontà di quei tempi.



(Commenti del Consigliere Calligaro)



ROSSA Angelo

Caro Calligaro, io non condivido questa tua tesi, mi trovo nettamente in dissenso. Ecco un altro punto di discussione: non ritengo che la Resistenza sia stata tradita. In questi atteggiamenti vedo una visione pessimistica, che non coglie il significato profondo di ciò che la Resistenza ha fatto in questi cinquant'anni, anche con tutti i limiti e i problemi che oggi abbiamo di fronte.
Quindi, signora Presidente e signori Consiglieri, sono sempre più convinto che occorra dare i mezzi e fare le cose necessarie per poter, a cinquant'anni da quel grande evento, ristabilire nella giusta luce quei valori che dovranno accompagnarci, mi auguro, per altri cinquant'anni affinché questo popolo faccia i progressi fatti in questi anni.



PRESIDENTE

La parola al Consigliere Bodrero.



BODRERO Antonio

Ritengo giustissimo rievocare date come questa, ma penso sia altrettanto giusto chiarire alcuni argomenti.
Per quanto riguarda la parte nazifascista, è chiaro che si trattava di un'infatuazione dittatoriale, imperialistica, la quale non è nata come un fungo, ma discendeva direttamente dall'unificazione violenta, centralista e monarchica dello Stato italiano dell'800. La prova della verità di questo fatto sta in certe frasi, sulle quali troppo pochi fanno attenzione addirittura ne hanno fatto l'Inno nazionale (siamo un po' alla follia). Mi riferisco all'Inno di Mameli, che dice: "Dell'elmo di Scipio s'è cinta la testa, dov'è la vittoria, le porga la chioma, che schiava di Roma Iddio la creò". Qui c'è già il fascismo tale e quale.
Purtroppo molti nell'800 sognavano queste cose; pare che anche Garibaldi pendesse un pochino da questa parte. La tradizione della non libertà è molto antica in tutto il mondo, non è una novità; purtroppo è tipica degli Stati centralisti.
Del resto, tutte le unificazioni degli imperi europei (Francia, Gran Bretagna, Spagna, Russia, Germania e Italia) sono state fondate sulla violenza contro la volontà popolare e sul centralismo. La cosiddetta "Italia Unita" ha subito fatto fantasticare ai padroni del vapore - e non solo a quelli, purtroppo - l'impero romano, così come la cosiddetta Germania unita dal Kaiser (anche questa contro la volontà popolare) ha fatto fantasticare la restaurazione dell'Impero Germanico, con le orribili conseguenze ben note. Del resto anche Goethe era contrario all'"unità" germanica.
Purtroppo, nella Resistenza nostrana da una parte c'è stata l'esaltazione della dittatura staliniana e dall'altra della restaurazione monarchica. E' chiaro che il resistente si giudica per ciò che ha fatto: se si tratta di persone (sia da una parte che dall'altra) che non hanno torturato, che non hanno compiuto delitti efferati, sono credibili. Bisogna rilevare che i fascisti condannati giustamente in regolare processo sono poi stati - fatto gravissimo unico in Europa - liberati con l'amnistia Togliatti. Gente magari innocente (più o meno innocente, questo non si sa) è stata uccisa nei giorni immediatamente dopo la fine della guerra. I grandi torturatori sono invece stati liberati dall'amnistia Togliatti quindi le cose non sono andate proprio come dovevano.
Non si tratta di ottenere la perfezione: semmai le colpe più gravi vengono dopo. Conseguenza di tutto questo è la Costituzione Repubblicana centralista, con tre gravissimi difetti: l'ignoranza circa le nazioni regionali, un'immunità parlamentare scandalosa e - vorrei usare un aggettivo pesante ma non lo uso perché sono un po' vigliacco in questo momento - la Cassa del Mezzogiorno, e poi il confino di polizia e tutte le leggi permissive. Quindi si è veramente tradito l'ideale dei migliori esponenti della Resistenza. Perciò voterò contro.
So che il Presidente deve venire qui a Torino; non vado da lui, perch sarei obbligato a fargli due domande: è vero che lei percepisce la pensione da Magistrato avendolo fatto per alcuni mesi? Ha mandato sotto processo quei poliziotti che volevano percuotere lei e hanno percosso il capo della Polizia? Grazie.



PRESIDENTE

La parola al Consigliere Beltrami.



BELTRAMI Vittorio

Vorrei solo dire due parole come riflessione, non certo per concludere perché questo spetta al signor Presidente del Consiglio regionale. Abbiamo ascoltato una serie di interventi molto alti, qualcuno un po' da pot-pourri (con tutto il rispetto che va assegnato a questo termine). Io non sono difensore di alcuna persona, neanche di quella richiamata nell'ultimo intervento, e quindi assolutamente non mi sento di aprire la discussione in tal senso.
Vorrei solo dire, a mo' di riflessione, che i molti interventi fatti hanno un signicato alto, da quelli che erano stati preparati con forza e rigore, agli altri improvvisati. Sia negli interventi dei Consiglieri Chiezzi e Cucco (per citarne qualcuno) che in quello del Consigliere Marchini mi pare ci siano elementi per poter riflettere; ma questo potrebbe anche essere fatto in sede di conclusione. Condivido la parte dell'intervento del collega Marchini, il quale richiama il pericolo di uno sbriciolamento o di una ricaduta a pioggia, secondo un sistema che comunque è invalso anche altrove, su altre voci meno nobili di quella della Resistenza; il collega Marchini inoltre richiamava addirittura la possibilità che riemergano, a livello di sublimazione di un taglio dato alla loro vita, al loro modo di essere, coloro che, nei fatti, di certo non possono essere accostati alle spinte e ai moti della Resistenza. Quindi coloro che hanno operato all'interno delle Brigate Rosse, coloro che hanno scritto le nere pagine del terrorismo.
Non ricondurrei il discorso celebrativo del Cinquantesimo solo nell'alveo della storia, non lo vedrei come discorso catastrofico. Mi sono anche preoccupato di leggere questo disegno di legge, e mi parrebbe che larghe fasce di sicurezza e di cautela siano contenute nell'elaborato sottoposto all'approvazione dei colleghi del Consiglio regionale. Mi pare che questo tentativo abbia visto anche l'opera del nostro professore universitario, già Vicepresidente del Consiglio, che ha seguito a fondo il Comitato per l'esaltazione dei valori della Resistenza.
Mi pare poi cosa saggia la preoccupazione di ricondurre alla storia o comunque di violentare la storia che di queste cose in questi ultimi anni non ha inteso parlare troppo (e quindi plaudo ancora all'intervento del Consigliere Marchini); una storia che consenta anche di fare delle riflessioni, che magari consenta a quelli che sono sopravvissuti - e non sono più molti - a quel ciclo storico, a quei moti, di riproporre ai giovani, non in chiavi enfatiche o di grossa superficialità, di richiamo ai valori della bandiera, quei fatti e quegli elementi che hanno caratterizzato e determinato addirittura il sorgere di questa seconda Repubblica. Mi pare dunque che qualche riflessione a modo, da incanalare verso questo progetto storico, possa essere condotta nelle forme e nei modi che vengono richiamati all'art. 2.
Il discorso dei giovani ripreso dai Consiglieri Chiezzi e Cucco ha un grosso valore. Questi giovani, al di là di ogni altra considerazione, sono cresciuti in un momento di relativa tranquillità; la cartolina precetto arrivata a molti di loro li ha ricondotti semplicemente nelle caserme, dove talvolta, magari su sollecitazione ed iniziativa della Regione Piemonte hanno potuto incontrarsi con l'informatica, con i computer o con altri cenni di progresso della nostra società. Hanno comunque vissuto in una società che è risalita al quinto posto, pur con tutte le magagne di questi giorni, nella graduatoria del livello industriale europeo e mondiale accresciuto di ricchezze ed anche di risparmio, graduatoria che in qualche caso ha ulteriormente differenziato gli stati di povertà da quelli di ricchezza esistenti nel Paese. Questi giovani, che hanno talvolta vissuto un'esperienza permissiva, si ritraggono esterrefatti dal piano politico perché ritengono che la politica non sia quella che altri hanno sostenuto voluto e portato avanti; di fatto, quella che tentavamo di scrivere allora come memorie, quando diciottenni venimmo colti da questa impresa - ed uso un termine che non è certamente irriguardoso - facendoci trasformare, dalla sera al mattino, immediatamente in uomini, mettendoci a contatto con realtà veramente grosse e impegnative.
Quindi, affidare questa esperienza alla cultura è un giusto segnale che dobbiamo cogliere dalla seduta di oggi; la cultura quella vera, non quella di circostanza, non la cultura di regime o quella che fa delle svolte a 360 gradi a seconda di chi è il potente, il signorotto del tempo e dell'epoca.
Ma non vorrei andare più in là; certo, c'è anche quella tentazione. Queste celebrazioni tendono, quanto meno, a riproporre come memoria storica le radici attraverso le quali è stata generata, ha preso linfa, vigore la costruzione di questa Repubblica, anche attraverso le note deviazioni anche attraverso quanto di gramo fa penare molti di noi che in quei valori hanno creduto a fondo. Queste celebrazioni ci impongono di fermarci a riflettere su queste cose, sulla natura della nostra storia, dei valori su cui si basano - ripeto - le fondamenta della nostra civiltà.
Ritengo che le paure emerse anche dagli interventi svolti stamane siano fugate - e ho concluso - dall'art. 2 di questa legge, dove si affida sì al Comitato della Regione Piemonte la conduzione di molte iniziative, ma queste alla fine vengono ulteriormente condotte nella maniera indicata al comma sesto dello stesso art. 2: "Il programma triennale di massima ed i suoi aggiornamenti annuali sono proposti dal Comitato all'esame dell'Ufficio di Presidenza del Consiglio che, d'intesa con la Giunta regionale, sentita la Commissione consiliare competente, li approva e ne cura la realizzazione". C'è un filtro, una serie di setacci e di passaggi che non sono semplice garantismo, ma danno affidabilità anche a queste iniziative. Non richiamo le altre voci, ma chi volesse dare luogo ad un'attenta lettura di questo art. 2, potrebbe essere tranquillizzato. Per quanto mi consta, proporrei questo suggerimento di tranquillità anche a coloro che sono intervenuti, magari in chiave non del tutto positiva su questo argomento.



PRESIDENTE

La parola al Presidente della Giunta, Brizio.



BRIZIO Gian Paolo, Presidente della Giunta regionale

Ho ascoltato con molta attenzione il dibattito che si è svolto in aula.
Anch'io, come il Presidente Beltrami, devo dire che ho considerato con attenzione tutti gli interventi.



PICCHIONI Rolando

Beltrami non è più Presidente della Giunta.



BRIZIO Gian Paolo, Presidente della Giunta regionale

Semel President, quindi io l'ho chiamato secondo le regole del protocollo.
Dicevo che la Giunta ha ascoltato con attenzione il dibattito e quindi anche i rilievi critici, che non è che non facciano meditare, come quelli del Consigliere Marchini. Debbo però dire che la Giunta, avendo partecipato anche con la presenza attiva del Vicepresidente Fulcheri ai lavori del Comitato, ha ritenuto che la dizione dell'art. 2, comma sesto, che coinvolge sui programmi la Giunta e la dizione dell'art. 3, comma secondo che ancora dà una competenza per quello che riguarda il tema di sovraintendere alle iniziative, debba essere elemento che tutela lo svolgimento di queste manifestazioni in modo che abbiano quella serietà scientifica e quell'equilibrio che sono assolutamente necessari.
In un momento in cui si discute molto della vita della prima Repubblica, credo non sia sbagliato un riferimento attento a quello che comunque ha significato la Resistenza per la vita democratica di questi cinquant'anni, una vita democratica che ha portato la nostra nazione a livelli che erano allora impensabili anche sotto il profilo del clima di libertà nel nostro Paese. Ritengo quindi che approcciando questo tema non in modo superficiale, ma in modo scientifico e serio si possa dare un contributo alla storia e alla democrazia. Pertanto la Giunta è d'accordo sull'approvazione del disegno di legge in esame.
Per quanto riguarda il problema del bilancio, vedremo di fare tutto il possibile nell'ambito delle risorse peraltro limitate che voi sapete ci sono in questo momento e ancor più ci saranno - dobbiamo pensare - domani in un clima di attenzione alla situazione finanziaria.



PRESIDENTE

Ha chiesto la parola per la replica in qualità di relatore il Consigliere Monticelli; ne ha facoltà.



MONTICELLI Antonio

Sarà una replica brevissima che io sento di dovere a tutti i colleghi per questo dibattito che è stato davvero non di maniera su questo argomento che pure a volte rischia di dar vita ad interventi puramente formali. Non è stato così e io sento in particolare un debito verso il collega Marchini perché col suo intervento ha dato un contributo importante a una discussione seria e approfondita, per le cose di merito, perlomeno quasi tutte le cose di merito che ha sostenuto nel suo intervento, anche se mi ha colpito - questo lo devo dire con grande franchezza - il tono che è stato usato.
Sul merito però delle questioni che ha sollevato Marchini, ho ritrovato e vorrei che ci fosse questa comprensione reciproca, se possibile - molte delle cose sulle quali io stesso e l'Ufficio di Presidenza ha ragionato proprio nell'impostare la legge. Invito anche personalmente il Consigliere Marchini a fare fede di questa mia affermazione: noi ci siamo mossi proprio con questo spirito, quello di considerare le celebrazioni del Cinquantesimo, per tutta una serie di ragioni che altri colleghi hanno già detto, proprio come celebrazioni molto importanti per compiere, io credo forse più modestamente si possa usare la formula, per incominciare davvero a compiere il passaggio dalla memoria alla storia. Ho condiviso questa formula anche molto efficace che ha posto Marchini; userei il termine "incominciare" a passare dalla memoria alla storia, anche perché le celebrazioni del Cinquantesimo sono, per fortuna, le celebrazioni in cui avremo ancora la memoria dei protagonisti, ma saranno le ultime con queste caratteristiche, delle celebrazioni diciamo con questi zeri, con questo significato di solennità. E questa occasione dev'essere colta proprio per "incominciare" il passaggio alla storia.
Ho cercato nella relazione di far cogliere al Consiglio che il Comitato, nelle sue prime discussioni, ha proprio cercato di dare questo taglio: il taglio dell'attività di aggiornamento verso gli insegnanti sulla storia contemporanea, di un forte insediamento delle iniziative promosse dal Consiglio regionale nelle scuole non come iniziative di pura testimonianza, ma di inserimento organico di storia, di questa storia anche nella programmazione delle attività scolastiche; il taglio scientifico, il taglio della costruzione, che non è impresa da poco, di un museo di storia contemporanea, perché poi di questo si tratterebbe cercando di fare il museo della Resistenza. Si tratterebbe di misurarci con un tema estremamente impegnativo dal punto di vista culturale, che è quello di impostare un'attività museale sulla storia contemporanea che è cosa che si sta cercando di fare anche in altri Paesi d'Europa e credo che dovremo confrontarci con quelle esperienze al massimo livello scientifico e culturale possibile.
Ancora, la preoccupazione di Marchini, che è stata anche la nostra, di evitare di sbriciolare le iniziative. Mi pare che il collega abbia usato questo termine. Proprio per questo noi abbiamo cercato di trovare un ruolo anche importante delle Province: non come sedi per fare esplodere e in qualche modo sbriciolare le iniziative, ma come sedi di selezione, di filtro, di prequalificazione perlomeno delle iniziative prima che le proposte giungano al livello regionale, poi la costituzione del Comitato scientifico e questi momenti di coordinamento.
Io credo - e sinceramente mi sento, da questo punto di vista, in pace con me stesso - che queste intenzioni ci siano nella legge e siano state anche al meglio possibile formulate dal punto di vista della stesura del testo. Credo però, tuttavia, che proprio il dibattito che si è svolto oggi possa essere un utile binario per il lavoro che occorrerà fare. Occorrerà tener conto molto di queste osservazioni e di questi suggerimenti e anche da questo punto di vista sono grato ai colleghi per il contributo che hanno dato non soltanto per la scelta di oggi, ma anche per il lavoro che andrà fatto nei prossimi anni.



PRESIDENTE

Non ritengo di intervenire, vista anche l'ora, perché il dibattito è stato molto ampio; ringrazio tutti gli intervenuti.
Devo dire che sia l'intervento del Presidente della Giunta prima che in ultimo l'intervento del Vicepresidente del Consiglio, Monticelli, che ha riassunto l'approfondita analisi che abbiamo fatto anche in sede di Ufficio di Presidenza proprio rispetto ad alcune preoccupazioni che sono emerse in quest'aula, in particolare dal primo intervento del Consigliere Marchini fanno sì che io possa riconoscermi in quanto è stato richiamato.
Nell'elaborazione del programma che sarà poi approvato in quanto tale dall'Ufficio di Presidenza e dalla Giunta e sottoposto anche alla Commissione consiliare, credo che, con grandissima attenzione, tutte queste osservazioni dovranno essere oggetto del nostro lavoro nello spirito qui emerso.
Passiamo quindi all'esame del relativo articolato.
ART. 1 - Si proceda alla votazione per alzata di mano, ai sensi dell'art. 44, comma secondo, dello Statuto.
L'esito della votazione è il seguente: presenti e votanti 38 voti favorevoli 36 voti contrari 1 astensioni 1.
L'art. 1 è approvato.
ART. 2 - Si proceda alla votazione per alzata di mano, ai sensi dell'art. 44, comma secondo, dello Statuto.
L'esito della votazione è il seguente: presenti e votanti 38 voti favorevoli 36 voti contrari 1 astensioni 1.
L'art. 2 è approvato.
ART. 3 - Si proceda alla votazione per alzata di mano, ai sensi dell'art. 44, comma secondo, dello Statuto.
L'esito della votazione è il seguente: presenti e votanti 38 voti favorevoli 36 voti contrari 1 astensioni 1.
L'art. 3 è approvato.
ART. 4 - Si proceda alla votazione per alzata di mano, ai sensi dell'art. 44, comma secondo, dello Statuto.
L'esito della votazione è il seguente: presenti e votanti 38 voti favorevoli 36 voti contrari 1 astensioni 1.
L'art. 4 è approvato.
ART. 5 - Si proceda alla votazione per alzata di mano, ai sensi dell'art. 44, comma secondo, dello Statuto.
L'esito della votazione è il seguente: presenti e votanti 38 voti favorevoli 36 voti contrari 1 astensioni 1.
L'art. 5 è approvato.
ART. 6 - Si proceda alla votazione per alzata di mano, ai sensi dell'art. 44, comma secondo, dello Statuto.
L'esito della votazione è il seguente: presenti e votanti 38 voti favorevoli 36 voti contrari 1 astensioni 1.
L'art. 6 è approvato.
La parola al Consigliere Bodrero per dichiarazione di voto sull'intero testo della legge.



BODRERO Antonio

Voterò contro proprio perché vedo che questa proposta non contiene nessuna ammissione circa l'errore fondamentale di aver creduto di fondare una democrazia sul centralismo, nessun accenno al necessario federalismo e alla riforma profonda dello Stato: voterò contro solo per questo motivo.



PRESIDENTE

La parola al Consigliere Marchini.



MARCHINI Sergio

Coerentemente a quanto avevo anticipato, darò voto favorevole. Una breve motivazione per spiegare una posizione che può apparire contraddittoria.
Continuo ad immaginare che se le espressioni di opinioni hanno un ruolo nella società, non di organizzazione di società, è proprio quello di cercare di dare voce al dubbio e concorrere alla volontà.
Preso atto che la volontà è quella di continuare, diamo il nostro concorso alla volontà, ma mi sembra che l'aver dato voce anche al dubbio sia stata opera non inutile.
Ringrazio i colleghi dell'attenzione affettuosa con cui hanno seguito il mio intervento. Devo però dire che ho sentito un termine, cioè "revisionista", che è tipico della cultura integralista, il che mi fa ricordare che il dubbio del laico non è nei confronti del pensiero cattolico, lo è nella misura in cui quello cattolico è integralista, ma lo è nei confronti di qualunque pensiero integralista. Quindi, può provenire da chiunque nei confronti di chiunque altro, conché vengano poste a confronto le certezze e il dubbio che accompagna l'uomo moderno. Dato quindi il nostro contributo al dubbio, diamo il nostro contributo alla volontà di costruire.
Ma, al di là dell'affermazione di ordine filosofico, esiste un'esigenza politica che pregherei la Presidenza di voler raccogliere, quella cioè che fin quando prevarrà ancora, perché dubito che lo prevarrà per molto, quanto è stato espresso dal Consigliere Monticelli, diamo corpo all'approccio del collega Monticelli. Quindi, con questo programma partiamo subito, anche prima che sciagurate leggi elettorali, da questo punto di vista, guarda caso, cancellino dalle istituzioni gran parte dei protagonisti di queste vicende.



PRESIDENTE

Anche questa dichiarazione di voto è stata seguita con il massimo dell'attenzione.
La parola al Consigliere Majorino.



MAJORINO Gaetano

Richiamo integralmente le argomentazioni svolte per iscritto nella relazione di minoranza illustrata a voce a sostegno del voto contrario del Gruppo MSI-DN.



PRESIDENTE

Non essendovi altre dichiarazioni di voto, si proceda alla votazione per appello nominale dell'intero testo della legge.
L'esito della votazione è il seguente: presenti e votanti 39 hanno risposto SI 37 Consiglieri hanno risposto NO 2 Consiglieri.
La legge è approvata.
Ricordo che alle ore 15 si terrà la Conferenza dei Capigruppo.
La seduta è tolta.



(La seduta ha termine alle ore 14,30)



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