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Dettaglio seduta n.21 del 13/11/90 - Legislatura n. V - Sedute dal 6 maggio 1990 al 22 aprile 1995

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Argomento:


PRESIDENZA DEL PRESIDENTE SPAGNUOLO



PRESIDENTE

La seduta è aperta.
Proseguiamo il dibattito relativo alla comunicazione dell'Assessore Nerviani, di cui al punto 6) all'o.d.g.
La parola al Consigliere Cucco.



CUCCO Vincenzo

In merito alla comunicazione dell'Assessore Nerviani voglio innanzitutto rilevare i punti positivi: la disponibilità al confronto con il Consiglio, la proposta dell'incontro con i funzionari dell'IRES per entrare nel merito delle proposte avanzate e l'idea di struttura organizzativa diretta agli enti locali come propulsore dello spirito della riforma della legge n. 142.
Devo però dire che mi sarei aspettato una relazione di altro respiro pensavo infatti di ascoltare quello che i latini chiamano un "itinerarium mentis in res", purtroppo invece che "in res" è stato "intra res", cioè è stato uno slalom fra le vere e grosse questioni che la legge n. 142 ha posto all'attenzione dei politici.
Innanzitutto, non si possono usare eufemismi sulla gravissima sottovalutazione dell'ente regionale che dalla legge n. 142 traspare in modo esplicito. Sottostima assoluta e mancanza di un ruolo effettivo della Regione. I poteri previsti nella legge n. 142 a carico della Regione soprattutto in merito alla definizione dell'area metropolitana e al riordino della legislazione regionale vigente, sono in realtà dei falsi poteri, perché è comunque il Governo il depositario ultimo della definizione dell'area metropolitana e i poteri regionali di riordino della legislazione vigente - penso soprattutto alla legislazione urbanistica, a quella dei comitati di controllo e delle Comunità montane - in realtà si inseriscono in un quadro normativo gravemente limitato dall'inesistenza di una effettiva autonomia impositiva e gestionale che l'ente Regione sta pagando in questi anni.
E' veramente privo di qualsiasi fondamento parlare oggi di un nuovo disegno delle Regioni, di un nuovo ruolo delle Regioni all'interno costituzionale vigente senza che, in effetti, l'autonomia impositiva e la piena capacità di governo delle Regioni siano state definite.
L'altra questione che sollevo, e che l'Assessore Nerviani non ha citato, è quella che si richiama direttamente alla discussione che c'è stata nell'ultima seduta di Consiglio sulla vicenda delle Province di Biella e del Verbano Cusio - Ossola. Nel mio intervento motivavo la mia non partecipazione al voto. Vorrei riprendere il comma d) dell'art. 16 della legge n. 142 che dice appunto: "L'iniziativa dei Comuni, di cui all'art.
133 della Costituzione, deve conseguire l'adesione della maggioranza dei Comuni dell'area interessata, che rappresentino, comunque, la maggioranza della popolazione complessiva dell'area stessa, con delibera assunta a maggioranza assoluta dei Consiglieri assegnati". L'interpretazione di questo paragrafo non è così semplice. Laddove si parla di maggioranza assoluta dei Comuni non si specifica chiaramente se la provincia sarà costituita anche dai territori comunali di quei Comuni che non vogliono far parte di quella Provincia; questa interpretazione potrebbe essere fondata per i criteri di unicità della Provincia, per la necessaria programmazione unitaria socio economica e industriale. Questa è una questione di primaria importanza e non averla risolta significa ribaltare in quest'aula gli enormi conflitti a livello di amministrazioni comunali che ci sono e soprattutto che ci saranno nella delimitazione dell'area metropolitana e nella ridelimitazione della circoscrizione provinciale di Torino. La soluzione sarebbe quella di stabilire che l'area metropolitana torinese è la provincia di Torino. Mi sembra però una soluzione veramente poco nobile.
Cito brevemente altre questioni. Si prefigura un aspro conflitto fra le competenze della città metropolitana e le competenze dei Comuni che nell'area metropolitana, insistono in ordine alla pianificazione territoriale. La città metropolitana ha, grazie alla legge n. 142, il potere di procedere alla pianificazione territoriale ed ha anche il compito della redazione dei cosiddetti piani territoriali di coordinamento perch l'area metropolitana è una provincia, quindi ha competenze e funzioni della provincia.
Cosa significa dal punto di vista pratico inserire questo cumulo di competenze nel quadro già molto complesso, discusso e contestato delle leggi di pianificazione territoriale e urbanistica del Piemonte? In quale modo si Intende risolvere i problemi posti da questo cumulo di competenze? L'Assessore non ha accennato alla questione della suddivisione del sistema dei servizi dei "area vasta", come sono chiamati nella legge, fra città metropolitana e Comuni. Non voglio però anticipare problemi che verranno affrontati quando si discuterà di città metropolitana. In realtà occorre pensare alle possibili soluzioni, non dico di decidere già oggi quali sono i servizi che vanno ad un ente e quali all'altro, ma di impostare la discussione su questi temi.
Nell'ambito della sanità quali sono i servizi di area vasta? Ha senso individuare le grandi specialità sanitarie che fanno capo a tre o quattro ospedali, che sono di riferimento regionale e di competenza della città metropolitana? Sto parlando in assenza della riforma del sistema sanitario nazionale, che chissà quando arriverà e se arriverà.
Da questa relazione ci sono due assenti. Il primo è l'Europa. Non c'è alcun accenno alla dimensione europea che fra un anno l'Italia e tutta l'Europa dovranno necessariamente assumere.
La risposta all'interpellanza della Lega Nord sulla valorizzazione della cultura provenzale e l'esistenza di legami culturali, sociali, ma soprattutto economici, ci dovrebbe porre perlomeno in una diversa prospettiva. Non dico nell'indicazione di concrete soluzioni al problemi che si pongono, ma essenzialmente in una diversa prospettiva culturale rispetto all'apertura del mercato unico europeo e rispetto alla prossima inesistenza dei confini e alle relazioni che, necessariamente, ci saranno con le regioni limitrofe.
Il secondo assente è la partecipazione popolare. La legge di riforma dei procedimenti amministrativi n. 142, apre la possibilità importante per tutti i cittadini, di partecipazione e di presa diretta della vita di Comuni, delle Province, delle città metropolitane e delle regioni attraverso l'istituto del libero accesso.
L'Assessore non ha detto nulla su questo. Eppure, questa sarebbe una riforma molto semplice ed Immediata che non costa praticamente nulla e che darebbe, invece, un segnale importantissimo di rinnovamento e di apertura delle istituzioni al cittadini, destinatari delle riforme che dobbiamo eseguire.
Un'ultima considerazione generale. All'inizio di questa legislatura ho presentato una lettera alle forze politiche qui presenti nella quale proponevo un percorso per affrontare i problemi legati alla legge n. 142.
Dal vari interventi si sono susseguite cose previste nella lettera. Sono stato subito accusato di voler cancellare la differenza fra Consiglio e Giunta, ma il metodo proposto era in sostanza un metodo costituente.
Secondo me, siamo in una fase costituente per alcune questioni legate alla legge n. 142. Si è gridato allo scandalo perché non si rispettano le divisioni fra Giunta e Consiglio, ma il governo ha il potere ed il diritto dovere di esercitare tutte le proprie funzioni, quindi anche quella propositiva.
Con l'applicazione della legge n.142 nasceranno conflitti gravissimi e questo pone una questione fondamentale: chi avrà la capacità di comporre questi conflitti? Non credo che il governo regionale abbia la possibilità di comporre i conflitti che si creeranno fra i diversi livelli dell'amministrazione pubblica, soprattutto tra le forze economiche che stanno dietro al controllo dell'area metropolitana torinese e della Regione Piemonte. Il fallimento di questa legge risiede proprio qui. Il Consiglio regionale o il governo regionale non riuscirà a comporre i conflitti che si creeranno, per esempio, sulle leggi urbanistiche e sulla pianificazione territoriale.
L'Assessore sa meglio di me che l'area metropolitana torinese sarà decisa dai forti gruppi economici esistenti sul territorio, gruppi economici che avranno composto i propri conflitti sull'ortofrutticolo e sul grave problema dei trasporti del nodo ferroviario torinese e dell'alta velocità.
Queste cose non si dicono, perché bisogna metterle a tacere, perché si sa che su questi argomenti qualcun altro sta lavorando in una direzione invece che in un'altra. La comunicazione dell'Assessore Panella era addirittura propedeutica alla discussione sulla legge n. 142 perché l'alta velocità e II sistema dei trasporti e le relazioni con le altre Regioni sono fondamentali anche per il riassetto istituzionale della Regione Piemonte, delle amministrazioni locali e per la definizione dell'area metropolitana.
Se il potere effettivo di composizione del conflitti, che nasceranno dall'applicazione della legge n. 142, avviene fuori dalle sedi istituzionali, credo sia necessario, da parte delle forze politiche che credono nel ruolo istituzionale, riportare qui la sede della composizione dei conflitti e dell'attuazione della legge. I conflitti esistono, non si possono evitare ed è bene che esistano, perché dietro certi conflitti leciti ci sono interessi, il territorio e l'utilizzo delle risorse che possono essere conflittuali, ma che possono, anche in un'altra prospettiva fornire al governo regionale indicazioni utili per il proprio ruolo.
Ho iniziato il mio intervento con una citazione latina e vorrei concluderlo con un'altra citazione latina. Assessore Nerviani, lei sa che davanti al Cottolengo c'è scritto "Caritas Christi urget nos". Sono pervicacemente laico per formazione culturale e per provenienza politica però ho sempre apprezzato ciò che la cultura cristiana ha offerto ai cittadini. Una di queste è il concetto di carità, non inteso come beneficenza, ma come amore e vicinanza. "Caritas politicorum urget nos": cari politici, siate vicini al cittadini e cercate qui dentro perché questo è il parlamento che rappresenta i cittadini e i loro interessi di comporre quei conflitti gravissimi che la legge n. 142 ci ha regalato.



PRESIDENTE

La parola al Consigliere Rivalta.



RIVALTA Luigi

Intervengo per cercare di portare un contributo alla discussione partita dalla comunicazione dell'Assessore Nerviani, l'Assessore più attivo in questa prima parte della legislatura. Infatti, abbiamo già avuto modo di discutere con lui in questo Consiglio vari argomenti.
In merito alla sua relazione vorrei esprimere una prima considerazione positiva riguardante la dichiarazione nella insufficienza della legge n.
142, con riferimento ai problemi della Regione. Ancora una volta siamo in presenza di una situazione dove riforme istituzionali si aggiungono sul tessuto istituzionale del nostro Paese senza che una modificazione organica ed un adattamento organico della situazione esistente. Questo non potrà che avere delle ripercussioni difficili e gravi, già sperimentato attraverso la vita della Regione, istituzione costruita e inserita senza modificare il tessuto istituzionale esistente.
Tutto questo per dire che condivido e sottolineo l'esigenza che le Regioni, riprendendo un'abitudine di lavoro che nelle prime due legislature è stata molto viva, in accordo fra di loro, svolgano un'azione verso il Governo centrale ed il Parlamento perché si arrivi, al più presto, alla messa in atto della legge n. 142, alla modifica della legge regionale istitutiva delle Regioni per dare compiutezza ed aggiornare, alla concezione oggi necessaria, il senso della presenza regionalista. Inoltre far sì che questa riforma regionalista collochi, nel giusto modo l'istituto regionale nel contesto europeo. Sono d'accordo con quanto diceva il collega Cucco; anche qui non mi dilungo per non portare via tempo alla discussione e alle stesse cose che voglio dire.
Faccio invece un appunto sull'aspetto riguardante il problema della programmazione. E' vero che la legge n. 142 tende a far giustizia su una riforma regionalista, pian piano trasformata in riforma per un'istituzione di gestione, quando invece era partita come riforma per la programmazione e impone alla Regione compiti di programmazione. Questa Giunta, se vuoi cogliere lo spirito programmatorio introdotto in capo alla Regione dalla legge n. 142, deve rivedere alcuni suoi atteggiamenti politici, e non dico dei singoli Assessori, ma quelli contenuti nel documento di presentazione della Giunta. Ricorderete che lo criticammo in modo particolare proprio per questo aspetto. Quel documento nel suo spirito centrale e in qualche caso in modo esplicito, mi riferisco ai problemi della pianificazione territoriale, era un rifiuto della programmazione e del ruolo pianifica torio della Regione. Lo spirito della legge n. 142 richiede una modifica di questo atteggiamento, lo dico all'Assessore Nerviani, che ha competenze in materia almeno per quanto riguarda il territorio, perché ritengo che non sia solo il pronunciamento di un Assessore in questa direzione che risolva i problemi della programmazione e della pianificazione territoriale. Non abbiamo avuto modo di percepire intenzioni programmatorie e pianificatorie nei dibattiti finora svolti.
Condivido il problema della disponibilità dei finanziamenti. Chi non potrebbe condividerlo? C'è un impegno notevole da assolvere, la battaglia per l'autonomia impositiva delle Regioni, in senso davvero autonomista e non in senso riduttivo, in qualche modo addirittura pericoloso e rischioso dal punto di vista dell'immagine che, invece, è contenuta nella politica dell'aumento delle tasse automobilistiche.
Certo, dobbiamo avere più soldi per la programmazione, ma dobbiamo imparare a programmare l'ordinarlo di vita delle Regioni per gli anni futuri. Non possiamo pensare che la programmazione riguardi soltanto disponibilità di risorse, programmazione vuoi dire programmazione delle risorse disponibili, il confronto e la scelta fra i vari problemi presenti e la possibilità di risolverli. Sotto questo profilo c'è un'esigenza di ridefinizione di questo concetto e non un rinvio ad altri problemi per quello che riguarda l'applicazione della programmazione.
La comunicazione dell'Assessore esprime una visione precisa, in qualche misura anche esauriente dal punto di vista tecnico-burocratico, ma pare rimandare ad osservazioni e ad elaborazioni tecnico-burocratiche la possibilità delle decisioni. Questo lo si ritrova dove si parla di revisione della precedente legislazione regionale in materia di competenze regionali, per la quale viene impegnato tutto l'apparato regionale.
Benissimo, venga impegnato tutto l'apparato regionale, ma vorrei sottolineare che la revisione della legislazione regionale richiesta dalla legge n. 142 non può essere considerata un semplice aggiornamento tecnico delle formulazioni. E' un fatto politico. Se davvero intendiamo la legge n.
142 come un passo di riforma sostanziale, dobbiamo sapere che gli indirizzi della rifondazione delle leggi regionali non possono che partire dal dibattito politico e dalle scelte politiche che in quella direzione si devono fare. L'Assessore Nerviani in questo senso è stato troppo cauto o addirittura reticente. Non solo non ha posto questo problema come un problema fondamentale, ma neppure ci ha dato degli indirizzi in questo senso.
L'aspetto puntuale e preciso, di carattere tecnico burocratico riguarda la delimitazione dell'area metropolitana. La questione non si può risolvere sulla base di una elaborazione, per quanto tecnicamente e scientificamente fondata. Sono d'accordo che sia stato dato l'incarico all'IRES per un'esplorazione della storia delle nostre delimitazioni istituzionali, dei progetti e delle prefigurazioni possibili, a partire da una serie di punti di vista disparati per i quali possiamo utilizzare della modulistica anche sofisticata. L'IRES, in questo, è stata certamente maestra.
Però la delimitazione dell'area metropolitana è una scelta che ha una matrice fondamentalmente politica, e la politica deve avvalersi delle elaborazioni tecniche e scientifiche, non può abdicare il proprio compito a queste elaborazioni. Quando dico politica, lo dico nel senso aulico, certo non nel senso delle concorrenze o delle correnti partitiche o addirittura dei collegi senatoriali, provinciali e così via.
L'Assessore, nella comunicazione relativa l'area metropolitana, dice che si tratta di un problema che non dovrebbe essere scisso dalla questione della ripartizione di funzioni amministrative tra la città metropolitana e i Comuni dell'area. Questo è il problema di fondo. Non è possibile pensare di individuare e delimitare l'area metropolitana se non si entra nel merito delle funzioni che quest'area deve assolvere. All'art. 19 della legge c'è un elenco delle funzioni che hanno anche le Province; c'è qualche termine che varia, ma è di dubbia interpretazione e di significato differenziale c'è qualcosa in aggiunta e qualcosa in meno, ma non c'è una grande differenza.
Quando parlo di funzioni non intendo l'elenco delle funzioni, anche se forse si può cercare di avere funzioni più complete e più vaste. Voglio dire che l'individuazione dell'area è connessa alle funzioni in quanto sono connesse alla vita di comunità: non esistono funzioni in astratto, bensì funzioni reali e concrete rapportabili alla vita di una comunità a cui queste funzioni devono corrispondere. Questo è l'anello politico che racchiude la questione e che non può essere delegato a nessuno, ma deve essere riportato nelle sedi di partecipazione delle rappresentanze politiche per assumere delle decisioni. Sotto questo profilo, non posso non rilevare che siamo al 13 novembre, che cinque mesi sono passati dalla emanazione della legge n. 142 e che ne abbiamo davanti solo sette per un compito difficile ed immane. Il collega Cucco ha parlato di Caritas. Non voglio fare ricorso a questo tipo di sentimenti, che non disprezzo, ma credo che nella vita politica di una assemblea si possa far ricorso ad altri tipi di impegni.
Qual è il rapporto fra comunità e funzioni che dobbiamo individuare per definire lo spazio entro cui si delimitano la comunità e le funzioni? Qual è il rapporto che ci può indirizzare ad una scelta di tipo territoriale? Ogni funzione che riprendiamo dall'alt. 19 ha sue scali territoriali di esercizio, di presenza di problemi varie. Non sto a fare tutta la casistica, certo però che ciascuna di queste può cambiare. Non possiamo neanche pensare di riferirci solo ad una e non ad un'altra, oppure di ritenere che dobbiamo prendere la scala territoriale, la più ampia possibile, per contenerle tutte, perché andremo facilmente non solo ad identificarci con la Provincia, ma ad allargare lo spazio e ad identificarci con lo stesso Piemonte e forse, in qualche caso, dovremo dire che la Val d'Aosta deve ritornare al Piemonte.
Il problema è un altro. Secondo me l'anello che ci permette di legare funzioni, comunità e territorio, è quello che ci porta alla riconoscibilità dell'istituzione da parte della comunità. Un'istituzione ha un senso e un valore quando una comunità la riconosce come istituzione che governa e che le fornisce dei servizi. Se non esiste questo rapporto, non esiste l'istituzione.
Il problema, quindi, è di individuare le funzioni che danno il massimo riconoscimento alle questioni che stiamo discutendo: area metropolitana fra comunità e governo. Se dovessimo costruire ancora una volta un'istituzione non riconosciuta dalla comunità, commetteremmo un ulteriore errore; è già stato commesso per le Province e per le Regioni e sarebbe grave se mettessimo in piedi un'altra istituzione che non ha un rapporto democratico vero e reale con la popolazione.
Sono d'accordo affinché questo anello di congiunzione tra funzioni comunità e territorio sia costruito nelle dimensioni che consentano il massimo rapporto di identità, di rappresentanza, di soluzione dei problemi più consistenti della vita comunitaria, dei problemi più frequenti e più sentiti dalla popolazione, dei problemi di vita quotidiana. La gente deve rendersi conto che l'istituzione può davvero risolvere i problemi dei trasporti, ma non quelli che portano a sciare in Val di Susa, bensì, i problemi del trasporto nell'intreccio denso di questa comunità, che è la parte più abitata; deve rendersi conto che può risolvere i problemi culturali di quella dimensione. Ho sentito parlare di residenze sabaude per delimitare l'area metropolitana, ma cosa significa cultura delle residenze sabaude? Mi sembra che bisogna restringere il campo a quelle funzioni che sono già di area vasta, ma di utilizzo quotidiano. La gente deve sapere che quella è l'istituzione che potrà risolvere una buona parte dei problemi di funzionalità di servizio e che darà le risposte alle domande sociali del contesto urbano in cui vive.
Nella relazione, l'Assessore fa riferimento alla Provincia, al Comprensorio e all'area-programma.
Sono preoccupato che la Giunta, dopo cinque mesi ancora, non si pronunci sugli indirizzi. Concordo per ravvicinarmi alle aree più strette e non starei a quelle più larghe. Se devo assumere dei confini tra la Provincia e la conurbazione torinese in senso stretto, sono perché l'area metropolitana si avvicini il più possibile alla conurbazione e non vada verso la Provincia. Lì vivono due milioni di abitanti, li ci sono i problemi dei trasporti, della scuola, della cultura in maniera densa, tutti quelli elencati dall'ari. 19. Dobbiamo avere l'umiltà di governare intanto quelle e di non preoccuparci di andare a governare Salbertrand o Chiomonte o altri Comuni di questo genere. Andranno costruite altre Province. Qui ci va coraggio. Stiamo nella storia. Il canavese è fatto da Ivrea e da Chivasso e può essere visto come Provincia. Incominciamo a discuterne anche con quelle comunità. C'è l'arco alpino torinese che va dal pinerolese alle valli di Lanzo e che può costituire davvero la provincia alpina torinese.
La sede sarà Avigliana, sarà Susa, sarà la provincia di Avigliana, sarà una provincia articolata. Credo che, al di là di Rivoli, deve incominciare la provincia dell'arco alpino torinese; così per quella di Ivrea e di Chivasso. Incominciamo ad organizzare così il nostro lavoro.
Gli apporti tecnici-scientifici ci devono aiutare a comporre questo quadro politico, ma per comporsi, ha bisogno di avere. Immediatamente senza rinviare nel tempo, il rapporto con gli enti locali e con le comunità per parlare di questi problemi. Non saranno le soluzioni tecniche scientifiche, per quanto elaborate possano essere, che convinceranno la gente ad appartenere ad una istituzione o ad un'altra.



PRESIDENZA DEL VICEPRESIDENTE GROSSO



PRESIDENTE

E' iscritto a parlare il Consigliere Squillario. Ne ha facoltà.



SQUILLARIO Luigi

Signor Presidente, colleghi Consiglieri, se avevamo ancora qualche dubbio sulla complessità del nostro lavoro, dopo la relazione introduttiva dell'Assessore, sono eliminati. Per di più, il collega Grosso ci ha ricordato una serie di collegamenti che la legge n. 142 comporta, mentre il Consigliere Rivalta è andato più in profondità su problemi concreti.
E' vero quanto dice il Consigliere Cucco. La legge n. 142 non è una legge che da maggior potere alla Regione, perché non è una legge di riforma della Regione; una legge di riforma le Regioni dovranno formularla e guadagnarsela. Questa è una legge di riforma degli enti locali; la Regione in posizione di servizio, deve aiutarlo a nascere. Se non faranno questo credo non si guadagneranno, neanche nella considerazione dell'opinione pubblica, del Governo e del Parlamento, una propria riforma.
Sono preoccupato da quanto ho qui sentito circa le modalità e i tempi della riforma; dobbiamo rinunciare a portare avanti tutti i progetti nello stesso tempo e con la stessa gradualità, perché finiremmo, probabilmente per impantanarci in discussioni interminabili in questo Consiglio. Quindi sarà necessario scegliere le priorità in concreto; partiamo pure dal poco ma mettiamoci in contatto con le realtà locali per far loro capire che siamo realmente disponibili a realizzare, sia pure gradualmente, la legge.
Quella che è meno complessa riguarda la legge di riforma del Co.Re.Co.
poiché la nuova normativa li spoglia sul controllo di tutte le deliberazioni di competenza della Giunta, se non quando esso venga richiesto da un certo numero di Consiglieri. Nello stesso tempo, è opportuno valorizzare l'ente di controllo.
La seconda legge potrebbe riguardare le Comunità montane. Il nostro territorio è in gran parte montano e dobbiamo dare al piccoli Comuni di montagna una prospettiva, valorizzando tutti gli istituti che riguardano la modifica territoriale, l'unione dei Comuni, i municipi, i consorzi, gli accordi di programma e le convenzioni.
C'è poi l'enorme problema dell'area metropolitana. Mi domando se era opportuno includere nella legge n. 142 tale riforma che poteva attendere tempi migliori. E', infatti, dubbio che tutte le aree metropolitane siano veramente tali. Probabilmente, era preferibile tentare altre strade prospettate dalla legge, per esempio, gli accordi di programma, le convenzioni fra il Comune di Torino e i Comuni viciniori, ecc. Ulteriori difficoltà si presenteranno tra le Regioni, perché non tutti hanno le aree metropolitane per cui potrebbero procedere più agevolmente nell'applicazione della legge n. 142. Ha detto bene il Consigliere Rivalta che questo è un discorso non prettamente amministrativo, ma di carattere politico. Dovremmo allora sollecitare tutte le forze politiche ad esprimere un giudizio globale su questo problema per non finire di immiserirci in tante discussioni in Consiglio, in Commissione, nelle consultazioni e a livello di Comuni e Province; dopodiché, sarà difficile fare una sintesi.
E' inutile illudersi che l'Ente Regione abbia il potere superiore di decidere senza tener conto della realtà politica. Mi pare opportuno che l'Assessorato faccia le consultazioni, ma in modo rapido, non dispersivo ne trascinando, sull'area metropolitana, tutti gli altri problemi che riguardano il Piemonte. Parallelamente, si dia attuazione alla legge regionale delle autonomie locali, che è una legge pregevole, ma al presente assolutamente inapplicata. Potremmo così sperimentare un primo embrione di deleghe.
Infine, sarà opportuno pensare alla riforma della legge urbanistica altro tema che sta a cuore soprattutto ai piccoli Comuni.



PRESIDENZA DEL PRESIDENTE SPAGNUOLO



PRESIDENTE

La parola al Consigliere Zacchera.



ZACCHERA Marco

Innanzitutto, non penso che sia il caso di fare un processo o un esame alla legge n. 142, perché avrebbe già dovuto pensarci il legislatore a Montecitorio; possiamo, tutt'al più, esprimere convinzioni personali, a volo d'uccello.
Secondo me, la legge n. 142 è una legge di potere, organizzata per mantenere il potere, per impedire il ricambio e quindi, da questo punto di vista, non è una buona legge, però ha degli aspetti positivi. La legge n.
142 è stata scritta a Montecitorio, ma è tutta da inventare nel senso che è una legge contenitore e ad ognuno, per competenza e possibilità, spetta di mettere in questo contenitore della sostanza. Ecco dove mi sento fremere rispetto alla legge n. 142, ecco perché dicevo che è una legge di potere: è una legge che istituisce degli scatoloni vuoti con la presunzione di dare delle risposte ai problemi della gente ma, secondo me, non da queste risposte e non le darà mai perché in realtà, non si rendono le cose più semplici, più vicine al cittadino, ma si costruiscono degli altri strati si crea una stratificazione di altri organismi che, a ben guardare, non sono indispensabili, tenuto conto di quanto costeranno al cittadino contribuente e all'organizzazione generale della burocrazia rispetto ai vantaggi che ne potranno derivare.
Se ci pensate bene non c'era proprio bisogno di fare l'area metropolitana, bastava trovare il modo di far funzionare in modo diverso le Province e, come prospettiva, si sarebbe cominciato a risparmiare una quantità di soldi. Ecco che la legge n. 142 ha dei bacini di sistemazione per la partitocrazia dilagante che ha bisogno disperatamente di trovare posti per sistemare gente.
L'altro giorno, in Commissione, si parlava di turismo; di turismo se ne discute inizialmente a livello di Pro loco, poi di Assessorati comunali di APT, di Assessorati provinciali, di Assessorato regionale; poi ci si mette anche la Camera di Commercio, le aree programma, ciascuna delle quali avrà una propria politica turistica. E' un esempio di sovrapposizione e non è solo così in questo settore, ma dappertutto. Al cittadino, però, non interessa se sia la Regione, la Provincia, l'area metropolitana o chissà chi a prendere in considerazione un problema, gli interessa che il problema sia risolto. Gli interessa, per esempio, che a livello regionale una determinata pratica sia risolta, senza dover convergere su Torino per avere delle risposte, che sovente arrivano mesi e mesi dopo, perché le strutture sono oberate di incarichi, con una quantità di cavilli burocratici da seguire. Cavilli burocratici che, in gran parte, diventano la possibilità di creare quei posti che servono per accelerare le pratiche, per spingerle per appoggiarle e avanti così: ecco perché è una legge di potere. Bisogna invece, sveltire la procedura ovunque è possibile.
Ci sono poi delle altre norme nella legge n. 142 che non mi piacciono.
Per esempio, è pericolosissimo il fatto che il Co.Re.Co, non possa interessarsi di determinate delibere se non è d'accordo un terzo dei Consiglieri di un Comune. Questo è un tentativo riuscito di azzerare le minoranze; in buona sostanza se la DC o il PCI non sono d'accordo che si esaminino determinate delibere, in quasi tutti i Comuni d'Italia sarà impossibile poterle verificare attraverso il Co.Re.Co.



SQUILLARIO Luigi

C'è la responsabilità del segretario.



ZACCHERA Marco

Il segretario ha una responsabilità tecnica e non politica. Arriviamo tutti freschi dai convegni che i partiti organizzano in questi giorni. Ci sono già le interpretazioni: alcuni magistrati o persone che hanno lunghi titoli accademici (sponsorizzati da determinati partiti) cominciano a dire che non è giusto, che non dobbiamo giudicare gli enti pubblici sulla base delle redditività (intese dal punto di vista di imprese private che producono servizi) perché ci sono dei costi sociali, perché siamo davanti a diversi parametri, ad altri modi di interpretazione. Di fatto giustificano secondo me, tutti i mali che stanno dietro, sui quali poi diventa inutile insistere.
Apprezzo la relazione dell'Assessore, anche se introduttiva e, con licenza parlando, è una scatola vuota fatta di buoni propositi che adesso bisogna riempire. Vediamo allora di dare alcuni spunti e, preso atto di questo libro dei sogni, bisogna essere chiari su determinati aspetti e arrivare immediatamente al concreto su due o tre punti sui quali la Regione può essere chiamata subito ad operare. Il primo discorso riguarda i Co.Re.Co. La posizione del Co.Re.Co. è fondamentale. C'è un aspetto positivo nella legge n. 142 sulla partecipazione di categorie qualificate nella composizione dei Co.Re.Co, che, teoricamente, devono essere esterne alle logiche della lottizzazione. E' bene che i Co.Re.Co, funzionino il più possibile; questo è un impegno che dobbiamo prenderci tutti, però ci vuole anche un impegno da parte delle forze presenti in questo Consiglio regionale per fare in modo che siano composti da tecnici seri, non da tecnici "amici" dei partiti che governano a livello di Giunta e di maggioranza. Non cominciamo a togliere gli aspetti positivi della legge riducendola ad un mercato di posti: secondo me è sbagliato. Immagino già le sedute di Consiglio regionale a partire dal mese di gennaio, quando si dovrà provvedere a qualche centinaio di nomine. Se ricostruiremo il tessuto dei Co.Re.Co, come sono gli attuali, dove, tranne qualche caso eccezionale ci sono sempre persone legate ai partiti, è ugualmente sbagliato. Quindi assumiamo subito un forte impegno sul discorso dei Co.Re.Co.
Il secondo aspetto - e sono d'accordo con il collega Squillarlo riguarda le Comunità montane. Occorre una nuova normativa, occorre dare una dimensione nuova alle Comunità montane che sia più ampia dell'attuale ma tale che possa funzionare, perché quando l'ente pubblico è a contatto con i problemi dei cittadini, possano arrivare delle risposte valide.
Evitiamo soprattutto di creare delle sovrapposizioni.
Si è parlato di Comprensori: ho l'onore di dire che mi ero dimesso dall'assemblea del Comprensorio di cui facevo parte perché organismo del tutto inutile che macinava acqua. Evitiamo anche qui di creare ulteriori problemi.
Sulle aree metropolitane penso che non sia questo il momento di parlarne, lo faremo a tempo debito. Personalmente, la ritengo una realtà del tutto inutile che poteva essere evitata con una diversa formulazione della legge. C'erano delle spinte da accontentare? Benissimo, sono state accontentate.
L'area metropolitana chiude metà della regione in termini di abitanti e, alla fine, la Regione ne uscirebbe con poche cose da fare. Allora quelle poche cose che si possono fare portiamole alla svelta in Commissione e poi in aula e via con il lavorare! Insomma, è una sfida. La legge precedente era del 1934 e faceva riferimento alla legge del 1911 e poi del 1915, tra l'altro ritenute ancora valide in alcuni settori dalla nuova normativa. E' così una sfida politica. Avanti, dimostri la maggioranza, con il senso dello "Stato", visto che è formata dagli stessi partiti che governano a Roma, di essere in grado di dare contenuti a questo contenitore parzialmente vuoto e di dare torto a me quando dico che sono molto preoccupato per questa legge perché la considero una legge organizzata e diretta per il mantenimento del potere.



PRESIDENTE

La parola al Consigliere Segre.



SEGRE Anna

Innanzitutto, voglio ringraziare l'Assessore Nerviani per questa prima nota che ci ha fatto pervenire sulla legge n. 142 che, benché ancora generica, puntualizza alcuni punti che nei prossimi mesi dovremo trattare.
Penso che la legge di riforma delle autonomie locali offra di fatto alle Regioni la possibilità di un ridisegno territoriale. E' una grande occasione per la Regione dopo le tante altre che ha avuto sin dalla loro nascita, anzi, direi fin dalla nascita della Repubblica italiana. Ricordo il dibattito della Costituente sulla regionalizzazione. Però in genere sono state occasioni mancate per un vero ridisegno del territorio che non obbedisse solo a criteri di tipo amministrativo o ancor peggio, cosa che è normalmente capitata, di tipo esclusivamente elettorale.
Da dove nasce il problema? Secondo me dal fatto che il legislatore, in genere, considera la realtà territoriale come una stazione, come un ritaglio della superficie terrestre. Al contrario, il territorio è un oggetto molto concreto con forme e contenuti ben precisi ed identificabili che possono mutare nel tempo perché ogni epoca e società assegna al territorio valori diversi facendone anche un particolare uso. Ma ciò che non muta è la sua qualità di valore concreto. E' proprio su questa definizione che vorrei soffermarmi. In tutte le leggi nazionali o regionali, laddove si parla di territorio, si parla sempre di un territorio senza confini, di un territorio astratto, di un territorio che non ha la dovuta concretezza che dovrebbe avere in una sede legislativa.
Da questa considerazione vorrei fare emergere quello che per me è un assunto fondamentale. Quando si volesse riflettere su una legislazione relativa a Comuni, Province, Regioni o altre entità, bisognerebbe tenere conto che tali entità sono soprattutto delle entità territoriali la cui definizione, individuazione ed Identificazione dovrebbe precedere la norma legislativa. Invece, capita sempre il contrario. E nel caso contrario la norma verrebbe calata su un territorio astratto senza alcuna connessione.
Mi sembra che sia proprio questo quello che capita ancora una volta con la legge n. 142 che, in uno dei suoi passi fondamentali, dice che è compito delle Regioni delimitare le aree metropolitane, cioè la delimitazione avviene dopo la norma legislativa. Mentre gli studiosi del territorio dicono che i problemi della regionalizzazione e della definizione della regione hanno sempre appassionato questo mondo, i legislatori non si sono mai soffermati sulla necessità di dare un significato ai confini, i quali ancora troppe volte, sono ereditati storicamente e in modo assolutamente acritico. A volte vengono ridisegnati con criteri non espliciti o non rispondenti ai mutamenti sociali che, invece, una riconfigurazione del territorio dovrebbe portare. Il reticolo dell'articolazione territoriale italiana è ancora segnato dall'armatura medioevale, cui si è sovrapposta quella rinascimentale, poi quella napoleonica e cosi via.
Questa premessa di cinque minuti l'ho voluta fare per dire alcune cose sulla legge n. 142. Ritenevo importante sottolineare gli aspetti fondamentali di questa legge, per quanto riguarda il ridisegno del territorio regionale. Perderemmo un'occasione se lo rifacessimo come già è stato fatto tante altre volte non tenendo conto - diceva giustamente il collega Rivalta dell'esigenza delle comunità territoriali che vivono in quei territori, ma anche di disegnare delle Regioni funzionali e non con dei confini amministrativi in quanto il legislatore darebbe a quei confini i significati che più gli piacciono a seconda dei momenti.
Vorrei sottolineare l'importanza, al di là della definizione dell'area metropolitana, del carattere territoriale della legge n. 142. E proprio per questo mi permetto di sottolineare alcuni punti che ho ritrovato nella relazione dell'Assessore Nerviani, al quale vorrei sottoporre alcune domande.
A pag. 3 si dice "('azione regionale, per rispondere con rapidità ed efficienza agli adempimenti richiesti, dovrà privilegiare gli adempimenti dovuti, ma nel contempo potrebbe anche farsi carico di interventi a valenza prevalentemente culturale ed informativa a supporto degli enti locali piemontesi". A cosa pensava l'Assessore Nerviani quando ha scritto questo? Un altro punto che preoccupa è a pag. 5 dove si dice: "l'insieme delle normative da impostare e da rivedere risulta dunque ingente, tale comunque da comportare l'impegno di pressoché tutto l'apparato regionale, anche quello degli enti dipendenti della Regione e ad essa collegati". E' una frase un po' spaventosa, mi rendo conto che forse sarebbe necessario proprio questo, ma dove si parla di tutto l'apparato regionale mi chiedo appunto che cosa si intende.
Si apprende dalla pag. 7 che la Giunta regionale ha dato incarico all'IRES di redigere uno studio tecnico preliminare che prospetti le eventuali possibili proposte in materia di individuazioni territoriali dell'area. Ritengo giusto che si sia affidato ad un ente regionale un incarico di questo genere. Questa mattina è stata prospettata la possibilità di un incontro con l'IRES da parte dei Capigruppo e dei Consiglieri interessati in quanto è necessario discutere le ipotesi di partenza degli scenari che l'IRES va costruendo. Avrei anche delle richieste ulteriori da fare all'IRES, nel senso che l'Italia arriva ultima con una riforma di questo genere. In Inghilterra una riforma di questo genere è avvenuta vent'anni fa.
Chiederei, per esempio, che l'IRES facesse una panoramica di come queste cose sono state fatte, i risultati che hanno ottenuto, senza pensare che, probabilmente, degli incarichi specifici andranno fatti anche a persone ed enti veramente preposti a studi di questo genere.
Infine, a pag. 12 si dice: "Si fratta attualmente di definire le basi del raccordo tra Giunta e Consiglio per il tramite della I Commissione o di altre Commissioni competenti". Ritengo assolutamente fondamentale che, per i motivi che ho esposto e proprio per l'importante componente territoriale di questa legge, ci si riferisca alla II Commissione, almeno per tutte le parti di sua competenza.



PRESIDENTE

La parola al Consigliere Marchini.



MARCHINI Sergio

Signor Presidente, colleghi Consiglieri, il dibattito avviato dalla relazione dell'Assessore ha fatto emergere, accanto ad alcuni elementi ripetitivi e a qualche banalità, alcuni afflati di grande interesse, che ho registrato e sui quali ritengo che questa legislatura, non dico questa nostra sessione di lavoro, avrà tempo per esprimersi.
Per esempio, nella relazione dell'Assessore ho colto degli accenti di amarezza immediatamente contrappuntati da elementi di determinazione. Gli accenti di amarezza sono sicuramente quelli di un politico capace, di un amministratore puntuale, il quale coglie la sfiducia e la mancata risposta alla gente in ordine al proprio disegno, alla propria esperienza esistenziale, che si concretizza nella constatazione della non ricaduta sul piano del giudizio della gente, del lavoro, delle sue intuizioni e della passione politica che l'ha portato su questi banchi. Sono convinto che le questioni politiche sono veramente tali quando scavano all'interno degli uomini fino a recuperare le corde di fondo della sensibilità e della capacità di capire. Il collega Rivalta aveva perfettamente ragione. Quando arriveremo alla fine di questo discorso dovremo verificare l'identificabilità di quello che produciamo rispetto ai destinatari.
Questo, per aiutare i cittadini ad uscire dalla crisi esistenziale e di identità, rispetto alle istituzioni.
Però, l'Assessore ha anche indicato degli elementi di forte determinazione nell'affrontare una questione così complessa, nella consapevolezza di quanto diceva il collega Grosso: siamo di fronte ad una fase di rifondazione dello Stato, ad un ripensamento della Carta costituzionale. E' indubbiamente un elemento sul quale ci troviamo tutti d'accordo, ma, collega Grosso, mi consenta di dire che non si concilia con la constatazione che siamo ad una rifondazione di questo Stato, almeno nei suoi elementi organizzativi e nel rivendicare come consolidate ed acquisite alcune caratteristiche del vecchio modello. Per esempio, non dobbiamo più dire che la Regione deve essere legislazione e programmazione, ma il bagaglio di ognuno di noi, una propria proposizione. Non è detto che questo sia l'obiettivo, perché dobbiamo fare il consuntivo di quanto è avvenuto e registrare (è agli atti un mio intervento in questo senso) che forse è proprio questa interpretazione un po' chic e un po' asessuata del problema che ha portato al fallimento della Regione.
Sicuramente siamo ad una rifondazione di questo Stato, collega Grosso ma le rivoluzioni non si fanno con gli chantilly. Bisogna che le Regioni abbiano la capacità di rivendicare il loro ruolo e il ruolo della Regione si misura con il parametro, che mi permetto di mediare dal collega Rivalta con la riconoscibilità. La Regione, alla fine, dovrà essere qualcosa che la collettività che la abita riconosce e nella quale si riconosce. D'altra parte, gli amici, espressione discutibile di questo tipo di realtà, sono ormai su questi banchi e hanno un peso politico maggiore di un piccolo o medio partito come il nostro. Il che vuoi dire che l'esigenza di Identificazione e di riconoscibilità è il vero problema che hanno di fronte le Regioni. E' evidente che, per essere riconoscibili dai cittadini bisogna potersi presentare ai cittadini, essere leggibili e visibili dai cittadini. L'attività di programmazione non ci rende visibili, leggibili e comprensibili ai cittadini. Quello che ci rende visibili e comprensibili è l'attività gestionale. L'ho detto e lo riaffermo. Lo diceva ancora il Consigliere Rivalta con la lucidità che gli è consueta. Tali questioni vanno viste sullo scenario europeo. Se andiamo al superamento dello Stato nazionale, come prestatori di servizi, è evidente che la dimensione regionale in tutta Europa è una scala territoriale preposta a fornire un certo livello di servizi ai cittadini. Non possiamo rimanere ingabbiati in questa interpretazione della Regione, a mio modo di vedere, castrante, come un ente di programmazione rispetto al quale si attribuiscono soltanto le colpe, mentre i meriti sono al delegato finale o al destinatario della programmazione.
Bisogna immaginare una società del futuro che veda intorno alle Regioni, attraverso il parametro della riconoscibilità, una serie di funzioni che hanno come destinatario diretto il cittadino. Desidero, e questo vale anche per il problema impositivo, essere giudicato dal cittadino in relazione alle cose che il cittadino può vedere e toccare con mano personalmente, non su questioni delle quali rispondo. Ad esempio attraverso l'USSL nominata dall'assemblea dei Comuni, le APT, nominate dagli albergatori, i Comuni, nominati da cittadini (elettori che mi hanno mandato a questo tavolo). L'istituzione deve recuperare questo rapporto diretto con il cittadino, quindi quello che dobbiamo rivendicare in questo ragionamento generale (cercherò di spiegare il perché) sta nella questione che stiamo affrontando. Le Regioni, nel loro insieme, devono pensare di puntare forte nei confronti dello Stato per immaginare che la società del futuro sarà una specie di torta con degli strati e la Regione ha un proprio strato.
Questa mattina mi veniva da sorridere sul dibattito della travagliata linea Susa-Bussoleno. Penso che un giorno o l'altro questa ferrovia avrà i ferrovieri con lo stemma della Regione sul cappello e non più quello dello Stato. Mi sembra incredibile che, nell'Europa del Duemila, lo Stato si debba preoccupare di un asse di trasferimento di otto chilometri. Questi otto chilometri hanno ragione di essere all'interno di rapporti di comunicazione e di esistenze che hanno una dimensione ed una scala regionale. Non facciamo la programmazione sulle autostrade, lasciamo decidere allo Stato, e facciamo finta di decidere come abbiamo fatto l'altra volta sulle risorse delle autostrade. La viabilità che si ritiene di dimensione regionale così come esiste quella di dimensione provinciale deve essere definita nei suoi contenuti dalla nostra responsabilità e quindi, a giudizio dei cittadini, nel suo utilizzo.
Se su questa materia non abbiamo la capacità di dare un colpo di reni e di affermare la centralità delle Regioni, in cui le grandi scelte competono allo scenario europeo, altre allo Stato nazionale (ma sono soprattutto di ordine diverso da quelle socio-economiche che competeranno allo Stato, e territoriali, ma di altra natura, di interesse generale e i Comuni dall'altra parte) ebbene, cari amici, dobbiamo avere l'orgoglio del livello che rappresentiamo e riaffermare la centralità anche nelle cose che ci riguardano perché è indubbio che la marginalità della Regione sia anche la conseguenza della marginalità del settore, del segmento di classe dirigente regionale rispetto ai segmenti nazionali e comunali. La causa del fallimento della Regione è soprattutto da attribuirsi alla nostra debolezza; al fatto che abbiamo accettato che la Regione sia il binario morto di molti di noi e di un'intera classe politica. Le esperienze sono di fronte a tutti. Che si accetti ancora, in pieno fenomeno liberale nel senso più ampio, che sia ineleggibile un consigliere regionale, mentre è eleggibile un deputato, è la dimostrazione, se solo volessimo darla. In politica le grandi questioni non si fanno se non si ha l'orgoglio del proprio ruolo e della rivendicazione di un ruolo maggiore di quello che abbiamo cercato di realizzare.
Dicono i cinesi, con la storia dell'albero, che ognuno deve misurare la propria vita immaginando di aver lasciato il mondo migliore di quello che ha trovato. E chi di noi uscirà di qui dopo un'esperienza più o meno lunga come nel mio caso? Guardandosi indietro dovrà chiedersi se avrà lasciato una Regione migliore, più avanzata, più autorevole di quanto l'ha conosciuta. Questo è uno dei problemi che ci dobbiamo porre, e su questa questione diventa fondamentale la materia che ci chiama qui a discutere che, mi rendo conto, viene ridotta in questioni piuttosto marginali.
Il collega Squillarlo, con molta semplicità, ha parlato di un'altra questione fondamentale insieme a quella evidenziata dal collega Rivalta e ha detto: "stiamo attenti, non apriamo un confronto 'urbi et orbi', una consultazione a tutti i livelli, sulla scala D del condominio C delle Vallette".
Dobbiamo presentarci alla gente con idee chiare e, possibilmente, - mi rivolgo all'Assessore - con qualche intuizione, cosa un po' diversa dalle idee. L'idea è l'elaborazione sugli elementi mentre l'intuizione è qualcosa che li scavalca.
L'intuizione che ho colto nelle parole del Consigliere Rivalta mi trova completamente consenziente. L'area metropolitana si legherà intorno ad un insieme di funzioni che collega il territorio con le popolazioni e che rende quindi riconoscibile l'area stessa. Però, le funzioni che si collocano nell'area metropolitana torinese sono funzioni forti, funzioni da metropoli. Il che significa che dobbiamo avere il coraggio di prendere atto che la volontà di realizzare le aree metropolitane è una scelta istituzionale di livello costituzionale. Questo vuoi dire che lo Stato ha deciso di riconoscere priorità e peso alle grandi conurbazioni urbane rispetto al resto del territorio. Questa è la questione vera e probabilmente, sta allo scenario europeo immaginare che l'Europa è fatta soprattutto dalla capacità di produrre e di esistere delle grandi conurbazioni urbane, rispetto alle quali il resto del territorio tornerà ad essere abitato dai topi di campagna rispetto ai topi di città. Ma questa situazione, per quanto è possibile, dovremo cercare di evitarla. Come? Seguendo il suggerimento di Rivalta, e cioè se sarà la funzione l'elemento che lega il territorio alla popolazione, dovremo immaginare che ridurre questo ragionamento all'area metropolitana di Torino significa fare di Torino e del suo hinterland una metropoli e di tutto il resto del Piemonte un'area di serie B.
Dobbiamo avere. Assessore Nerviani, la capacità di utilizzare lo stesso criterio preoccupandoci delle funzioni che attengono a tutto il territorio regionale, che legano la popolazione alla propria regione attraverso le funzioni, quindi, attraverso i servizi conseguenti, a prescindere dalla loro allocazione all'interno o all'esterno dell'area metropolitana.
Dobbiamo immaginare di programmare il nostro lavoro in termini di funzioni alte in modo che la Regione venga coinvolta nel processo di individuazione dell'area metropolitana nel suo complesso (non soltanto la Provincia di Torino) e di ricostruire, quindi, un sistema di programmazione non più per poli, cioè per soggetti, ma per funzioni. Ridistribuite le funzioni sul territorio regionale, considerando la centralità ponderale dell'area metropolitana, probabilmente riusciremo quanto meno a non aggravare il distacco della gente dalle istituzioni, perché la gente si ritroverà in una regione che riconosce attraverso il sistema di funzioni che la Regione nel suo complesso è in grado di dare. Quindi, Assessore, insisto su questo punto. Venga in Consiglio e in Commissione quando avrà elementi ulteriori.
Prima di uscire di casa, però, chiariamoci le idee, perché se usciamo di casa scopriamo che il vero padrone di casa non siamo noi, ma sono gli altri. In questo momento il potere di aggregazione e di consenso sulle proposte è maggiore negli enti locali, che hanno una base politica più forte della nostra, e, soprattutto, il potere di intervento dei livelli di decisione superiore alla nostra possono incidere non sulle nostre decisioni, che dovranno essere partecipate e confrontate con tutti, ma sulla nostra intuizione. La Giunta, lo hanno riconosciuto anche i colleghi Rivalta e Grosso, ha una responsabilità centrale, quella della intuizione la responsabilità di Immaginare che l'individuazione dell'area metropolitana è all'interno di un ripensamento del modo d'essere della Regione, sull'intera regione complessivamente intesa, per evitare che nascano quelle immagini che abbiamo sentito prospettare, cioè di considerare il resto della regione residuale. Dobbiamo andare ad un processo integrato, organico, non ad un processo che individua l'area metropolitana che, per esempio, termina a Rivoli, per immaginare che al di là c'è una provincia. La Provincia di Torino è una mano. La mano comprende il dito ed anche il palmo. Se tolgo il palmo ci rimane un moncherino quello non è più un dito. Allora, tagliare le valli alpine dal comprensorio torinese, significa fare dei moncherini e distruggere una mano. Non è detto che la mano debba rimanere un'entità unica dal primo polpastrello fino al gomito, la mano però deve essere funzionalmente intesa. Non lasciamoci affascinare troppo dai "nomen". A me non disturba l'ipotesi che ci sia una provincia delle Alpi, purché sia vista insieme con l'area metropolitana di Torino. Non approva una provincia delle Alpi residuale rispetto all'area metropolitana di Torino. Questo vale per la regione del canavese, per Asti che, se è vero che è una provincia limitrofa, verrà coinvolta sicuramente dalla crescita di funzioni che l'area metropolitana determinerà. E' indubbio che, per la legge delle masse vecchia come il mondo, che la costruzione di una metropoli di due milioni di persone attrarrà risorse intelligenze e ruolo tali da mettere in discussione tutti gli equilibri esistenti.
Assessore Nerviani, spero di aver dato un contributo modesto, ma sicuramente molto convinto. Il Consigliere Squillano suggerisce di incominciare dalle cose sulle quali è possibile un approccio immediato, non correndo il rischio di avviarci su strade che conosciamo poco. Sull'area metropolitana si gioca l'avvenire non della Regione come istituzione, che potrebbe interessarci fino ad un certo punto, ma l'avvenire della Regione come complesso socio-economico, culturale e, se mi consentite, anche patriottico.
L'Assessore ha la stima mia personale e, sicuramente, di tutti i colleghi del Consiglio. Non ci scandalizzeremo se terremo qualche seduta di Consiglio regionale in più di quelle calendarizzate su questa questione.
Sicuramente la partecipazione e il confronto con l'esterno diventa fondamentale. Però andiamo all'esterno quando la Regione avrà qualche intuizione che non sia semplicemente l'adempimento notarile ad un onere (che a questo punto forse sarebbe meglio che fosse dello Stato), perché ne pagheremmo soltanto i prezzi e le responsabilità. Se invece sapremo gestire questa occasione costituente in modo alto - e l'Assessore e la Giunta sono in grado di farlo forse incominceremo quel lavoro, che diventa ogni giorno più irrinunciabile, di ricostituire la centralità della classe politica regionale rispetto agli altri segmenti della politica, soprattutto immaginando (quanto è stata felice l'espressione del Consigliere Rivalta!) dove bisogna recuperare il valore della riconoscibilità. Anche la realizzazione di un sistema organico di autonomie locali che si rifaccia a plessi territoriali che, storicamente, hanno un pregresso e una legittimazione, passa attraverso la capacità della classe regionale di rendere identificabile direttamente rispetto al cittadino le proprie proposte e il proprio lavoro.



PRESIDENTE

E' iscritto a parlare il Consigliere Tapparo. Ne ha facoltà.



TAPPARO Giancarlo

Signor Presidente, colleghi Consiglieri, ringrazio l'Assessore Nerviani per l'apertura ufficiale del lavoro sul rapporto tra Regioni e legge n.
142.
Questa apertura è stata fatta, come è nel suo stile, in punta di piedi con delicatezza, ma forse dobbiamo apprestarci sia per i rapporti che ci sono in campo in questa materia, sia per gli interessi che sono in gioco con il fioretto e con la scimitarra. Forse la scimitarra non è uno strumento con il quale l'Assessore Nerviani si misura solitamente, ma credo che in questi mesi dovremo anche pensare ad una operatività di questo genere.
Credo che dobbiamo ancora chiarire se la riforma delle autonomie locali e il nostro ruolo è una tessera di un sistema di trasformazione della rappresentanza pubblica nel Paese, se è un processo vasto ed alto o se Invece è un'opera di razionalizzazione, magari trascinata da preoccupazioni elettoralistiche, da esigenze ormai di funzionalità di alcuni aspetti in difficoltà della operatività del momento pubblico sia a livello centrale che a livello locale.
Questa semplice razionalizzazione è giocata ed ispirata da quel blocco antiregionalistico che, in Parlamento, aveva delineato il modello delle norme elettorali e delle incompatibilità che regolano i Consiglieri regionali. Oggi, siamo al paradosso: per candidarci dobbiamo dimetterci sei mesi prima, mentre un senatore e un deputato possono essere sindaco. Questo blocco antiregionalista ha saputo allora, ed è ancora ben vivo e vegeto oggi, rappresentare con chiarezza questo tipo di timori e di interessi.
In effetti, molti Consiglieri, si chiedono preoccupati cosa faranno se perderanno ancora competenza, se daranno troppe deleghe. La nostra carriera è bloccata. Il Consigliere Marchini diceva che siamo in un binario morto.
La storia delle aziende è d'altra parte molto significativa. Negli anni '50 diventavano direttori generali i responsabili di produzione poi via via diventavano direttori generali i responsabili di marketing, oggi lo diventano i responsabili finanziari della aziende. Tutto cambia.
Credo che in questa Europa, che va ad abbattere le barriere fisiche probabilmente cambierà anche la gerarchia dei valori nella guida pubblica e, con tutta probabilità, se non vorremo essere in ritardo rispetto agli altri Paesi, diventano essenziali la valorizzazione del momento di governo e del ruolo del livello regionale. Se però non è una semplice razionalizzazione trascinata da preoccupazioni elettorali, ma la tessera di una visione sistemica per una trasformazione alta del momento pubblico entriamo in un processo che non si può non definire fase costituente, ma una nuova fase che richiede un ruolo attivo delle assemblee elettive.
Non credo che dobbiamo mettere la sordina a questo processo, processo che non può essere fatto nel silenzio delle Commissioni. Occorre trovare un sistema per aprirci alla società. E chi, se non le assemblee elettive possono essere un importante motore per questo aspetto? Se questa è una fase costituente occorre lavorare per far crescere la consapevolezza e la sensibilità culturale di tutte le articolazioni della società, in tutti i suoi aspetti, da quello economico a quello civile, a quello culturale, sino a quello cittadino per guadagnare, attraverso questo processo, la legittimazione. Se questa è una fase costituente, non possiamo non pensare di entrare in una straordinaria amministrazione e non possiamo pensare di vivere in questi mesi aggiungendo lavoro. C'è un processo alto e forte che deve coinvolgere, deve essere Irreversibile: solo così possiamo evitare i rischi del pentitismo, che aleggiano attorno alla legge n. 142 le deviazioni (che non sono quelle del servizi segreti), ma rannidarsi in qualche nicchia più comoda che da delle risposte immediate e che porta ad una sminuizione di questo disegno. Questo aspetto proprio per evitare pentitismo, deviazioni, sminuizioni, lo si gioca sui tempi. I tempi lunghi favoriscono questi giochi. Il problema dei tempi è ineludibile per affrontare in modo adeguato questo appuntamento. Se questa è una fase costituente occorre capacità e volontà di pensare in modo tale che il livello nazionale possa sensibilizzarsi e mobilitarsi attorno a questo processo.
Se nei prossimi mesi partono segnali precisi, significative componenti di una riforma dell'autonomia regionale, possiamo fare un buon lavoro. Nel problema della riforma dell'autonomia impositiva occorre non cadere in contraddizione nella fase in cui dobbiamo applicare alcuni aspetti marginali e contraddittori di questa autonomia, che il livello centrale ci delega. E' il ruolo legislativo del Parlamento che continua a svuotare e a sottrarre spazi alla nostra operatività: è la politica di bilancio del livello nazionale che svuota, delegittima ulteriormente questo nostro aspetto. Quindi, non abbiamo bisogno solo di un riconoscimento formale, ma di atti quotidiani. Ebbene, gli atti quotidiani sono completamente in controtendenza rispetto alle nostre esigenze.
Dobbiamo anche guardare alla dimensione comunitaria che sta valorizzando il ruolo delle regioni a livello europeo e la possibilità di integrazione interregionale e soprannazionale. L'Alpeadri, e altre parti d'Europa, ad esempio, stanno operando in modo molto portante.
Probabilmente, in questo discorso dovrebbero essere chiariti un rilancio un recupero, una ridefinizione della nostra collocazione nella comunità di lavoro delle Alpi occidentali.
Questa opera costituente necessita di un forte primato della politica e di una forte autonomia di questa espressione politica. Non è materia delegabile. Certamente, non possiamo viverla isolati dentro ad una teca di cristallo, ma non possiamo pensare che a cadenzare questa marcia siano gli interessi privati, comunque espressi, o siano momenti culturali o conoscitivi, i quali possono essere una componente, un supporto a questo processo il cui primato è della politica.
Mi piacerebbe sapere su quali basi, su quali indirizzi, su quali presupposti si muove, per esempio, l'indicazione all'IRES, istituto che ha una grande tradizione e anche un primato a livello nazionale (l'intuizione sul comprensori, ingiustamente affossati, ha fatto onore al nostro istituto di ricerca).
In questi passaggi importanti, colgo quattro ostacoli che dobbiamo superare passo dopo passo, ponendoci un orizzonte di riferimento. In primo luogo dobbiamo chiarire in questa assemblea elettiva le ragioni e il significato di programmazione; dobbiamo evitare quella visione semplicistica di molte amministrazioni comunali e provinciali che dicono: "voi programmate e date a noi le deleghe e i quattrini". Dobbiamo sapere che il processo di delega può muoversi solo nel momento in cui la programmazione regionale ha basi di legittimità e di operatività reali in tutti i campi.
E non è vero che la programmazione è una scatola vuota, come cerca di sostenere da anni il collega Marchini, oppure che è fuori dalla cultura generale di questa società. La programmazione è espressione di interventi fattoriali, capacità di iniziative di riferimento e di trascinamento attività sistemica del rapporto tra mercato del lavoro, processi di innovazione dell'apparato produttivo, sistemi di trasporto e di comunicazione. Ci sono degli elementi forti, significativi, concreti di riferimento con l'opinione pubblica, con il cittadino, con gli interessi organizzati. Occorre avere la convinzione che in questa società, senza elementi di programmazione, la allocazione ottimale delle risorse non ce la può dare il mercato. L'artigianato, la piccola industria, sarebbe stritolata senza un processo di sostengo e di supporto.
I poteri e i ruoli della Regione nella programmazione sono importanti per definire gli input dal basso, dai fattori sociali ed economici, dal quali la Regione si alimenta, senza fame una sommatoria, senza essere il megafono delle richieste più diverse, ma sapendo portarle a sintesi e rapportarle con quelli che dovrebbero essere gli elementi di programmazione nazionale.
Un secondo aspetto importante è il rapporto tra la legislazione regionale e la legge n. 142. Non si tratta di un semplice coordinamento sarebbe veramente cosa di basso profilo se pensassimo di rimodellare il nostro impianto legislativo per renderlo compatibile con la legge 142. E' invece un'opportunità per rapportare questa ridefinizione ad indirizzi politici di fondo. Se, ad esempio, ci accorgiamo che nella disciplina della pianificazione territoriale prevale la cultura delle agenzie, delle autorità generali, perché la legislazione di emergenza è speciale e si orienta in quel modo, sappiamo che veniamo menomati dal nostro adeguamento legislativo. Questa è una sfida molto importante.
Ultimi due punti: Statuto e area metropolitana. Nella relazione dell'Assessore, in merito agli Statuti, c'è il timore che si possa determinare una separatezza e una incomunicabilità. E' vero, questo è un rischio, non possiamo però non cogliere l'occasione dell'elaborazione degli statuti per non esaltare l'originalità e la specificità delle singole comunità. Anche qui occorre uno sforzo di mobilitazione, un segnale, se non vogliamo che la legge n. 142 sia soltanto un'operazione notarile. Il nostro supporto al Comuni, nell'elaborazione degli statuti, non è per favorire una produzione statutaria al ciclostile, ma è per favorire un momento di esaltazione della specificità delle singole realtà.
Sulle aree metropolitane, occorre avere il coraggio di rimodellare fortemente la struttura delle province. Non so se la questione della mano sia o meno valida. Non è un problema solo di territorio, anzitutto si tratta di capire le funzioni, gli ambiti economico-territoriali che si intrecciano tra di loro, le sinergie che si possono determinare accorpando varie aree e le complementarietà che si possono determinare. Credo sia sbagliato pensare che la grande concentrazione metropolitana faccia diventare di serie B) tutto il resto, anzi, ci può essere una perfetta complementarietà tra l'area metropolitana e le altre aree. L'area metropolitana ovviamente potrà distruggere gli ultimi spazi residui della regione se non trova una Regione capace di definire il suo ruolo nella programmazione e, insieme allo scavalcamento quotidiano dello Stato nel rapporto con gli enti locali, bypassando la Regione, si completa il cerchio che porta all'emarginazione questo ente.
Mi rivolgo alla Giunta.



PRESIDENTE

Si rivolge all'Assessore Nerviani.



TAPPARO Giancarlo

Sì, che oggi raccoglie l'insieme della rappresentanza della Giunta. La scarsa partecipazione fa pensare che questo aspetto viene considerato come se si trattasse della pur rispettabile strutturazione delle sagre delle tome in Piemonte. Grossi problemi ci sono e aspettano delle risposte: la crescita degli indicatori di disoccupazione e di cassa integrazione, il fabbisogno innovativo e di qualità dell'apparato industriale minore, i problemi dell'ambiente. Se attorno a questo grande processo che deve vedere mobilitate le nostre energie, disperdessimo questa attenzione commetteremmo un errore di delegittimazione della Regione.
Non credo sia possibile una politica del piccoli passi per i tempi e le contrapposizioni che sono in corso. Occorre definire uno scenario di riferimento sul quale articolare il nostro lavoro. Certamente ne faremo un pezzo per volta. Una politica soft in questa fase è una politica che ci porterebbe di nuovo a perdere un'occasione, anzi, a far ritorcere sull'unico imputato, la Regione, questo processo che si sviluppa.



PRESIDENTE

Ringrazio il Consigliere Tappare per il suo intervento molto stimolante, così come sono stati tutti gli interventi che si sono susseguiti da parte del vari Consiglieri regionali che sono intervenuti.
Questa è una prima apertura del dibattito sulla legge n. 142. Stante la natura importantissima di questo provvedimento che cambierà la faccia delle autonomie in Piemonte, ci vuole un livello di adesione e di partecipazione molto elevato. I dibattiti li facciamo per sentire le opinioni del Consiglio regionale e per portare ognuno il proprio contributo e magari per cambiare opinione. Tuttavia, se i dibattiti registrano delle assenze così ampie, credo che si dovrà riflettere sul modo di lavorare del Consiglio regionale.
Chiedo scusa se intervengo per dire questo - e ringrazio dell'attenzione con la quale l'Assessore Nerviani ha seguito tutto il dibattito - ma anticipo un'osservazione personale. Questa non è materia che possa essere delegata ad un componente della Giunta, ad una Commissione, ad un gruppo di maggioranza o di opposizione, ma è materia che deve vedere le intelligenze del Consiglio regionale su questo muoversi, discutere confrontarsi ed affrontare insieme quella straordinaria conflittualità, che tutti gli interventi hanno riconosciuto. Questa legge determinerà dei conflitti, che dovrà poi sanare, quindi, si dovrà affrontare con questo livello di consapevolezza.



SQUILLARIO Luigi

Posso avere la parola per presentare una mozione d'ordine?



PRESIDENTE

Prego Consigliere.



SQUILLARIO Luigi

Ritengo che il Consiglio debba operare con la presenza almeno della maggioranza della Giunta e dei Consiglieri, altrimenti è un parlare tra sordi.



PRESIDENTE

Credo di avere già sottolineato questi aspetti. Gli interventi sono stati tutti interventi ragguardevoli e hanno portato delle sfaccettature di contributo importanti. Davanti a questa legge siamo complessivamente tutti impreparati, perché dobbiamo Inventare delle risposte.
Il mondo delle autonomie locali è preoccupato su come il problema verrà affrontato, quindi il livello legislativo regionale deve dare il massimo di attenzione a tutto il dibattito che si sviluppa. Abbiamo già fatto i dovuti richiami, vedremo se i prossimi appuntamenti saranno più fortunati di quello attuale.
La parola al Consigliere Buzio.



BUZIO Alberto

Qualche breve riflessione su una materia di portata eccezionale che dovrebbe ritrovarci tutti a discutere, anche per una crescita culturale generale, che ritroveremo, tra l'altro, lungo tutto l'arco di questa legislatura regionale.
Si è parlato di portata innovatrice di questa legge e ciò è vero anche in relazione alla grande arretratezza in cui ci trovavamo rispetto alla normativa nazionale precedente. Abbiamo evidenziato, in più di una occasione, i limiti di questa stessa legge rispetto al quadro complessivo che, non dobbiamo dimenticare, è sottolineato dalla pressante richiesta che viene dal fronte dell'autonomia in generale su un cambiamento profondo di tutte le leggi che dovrebbero accompagnare la legge n. 142.
Già in altre occasioni si è parlato della riforma della finanza locale all'interno della riforma fiscale per dare certezza di diritto e capacità reale di programmazione e gestione da parte degli enti locali. La riforma della finanza regionale ha all'interno un ruolo forte delle Regioni sul plano delle competenze generali che da più parti vengono sollecitate, anche in un processo di revisione costituzionale.
L'altro elemento riguarda la legge elettorale per garantire un rapporto vero e diretto con i cittadini, perché gli elettori possano scegliere programmi e governi. Ciò per dare reale potere al cittadini e maggiore efficacia ed efficienza all'azione amministrativa dei governi locali. Sono problemi non risolti, nemmeno dall'attuale normativa, sia pure nelle norme anticrisi, che non sono sufficienti, per esempio, la sfiducia costruttiva.
Quindi, si può rilevare chiaramente che questa legge rappresenta solo un tassello di un mosaico generale che va ricomposto nelle difficoltà che ancora oggi, agitano fortemente gli enti locali.
Nella relazione emergono alcuni spunti, anche se in essa non si coglie come la Regione intende muoversi, quale ruolo propositivo e di iniziativa vuole avere per mutare il quadro generale. Quindi, il mutamento generale del sistema e un processo di rifondazione dello Stato sono i temi oggi sul tappeto.
Vorrei affrontare alcuni argomenti non sufficientemente approfonditi anche per esprimere una voce nella panoramica generale. Nell'attuazione della legge n. 142 si parla del necessario raccordo con le autonomie locali da parte della Regione. Si è detto che l'azione e il supporto a favore degli enti locali potrebbe articolarsi anche attraverso la messa a disposizione delle amministrazioni locali di una struttura regionale che funga da riferimento per i rapporti con la Regione. Potrebbe essere il Centro studi e documentazione della Regione, il gruppo di lavoro proposto dall'Assessorato, e nelle realtà periferiche potrebbe avere il recupero del ruolo del personale degli ex Comprensori che, tra l'altro, è lasciato allo sbando, di cui non si comprende la finalizzazione anche a livello degli enti locali che dovrebbero poi essere i destinatari di un'attività regionale. Si tratta dimettere in moto sinergie a livello di uffici, ma anche di prevedere chiaramente i modi della partecipazione democratica, a partire dal Consiglio regionale, dalla I Commissione, che va investita in merito a tutte queste problematiche. Quindi, la consultazione degli enti locali, delle forze economico-sociali anche per stabilire criteri, modalità e tempi.
In ogni caso, credo che la Regione non possa limitarsi a registrare pareri con atteggiamento notarile e burocratico e, ancor peggio, come momento di mediazione partitica sui livelli della programmazione. Questo è il vero rischio. Sono in contrasto con chi sostiene che la Regione deve avere un ruolo di gestione. La Regione ha abdicato al ruolo di legislazione e di programmazione. Qui va recuperato questo terreno: la Regione deve recuperare sul piano della politica socio-economica ed ambientale determinata e sollecitata da questa stessa legge.
Una breve considerazione su altre problematiche. La legge n. 142 da un notevole peso alle Province sia per le funzioni amministrative sia per i compiti di programmazione. Come intende muoversi la Regione su tale questione? Dall'altro lato le Comunità montane sono diventate un ente locale con possibilità di intervento, di gestione, di accendere mutui. Tra l'altro, è passato il principio di zona montana che è un criterio ancora più vasto, più rappresentativo, in una realtà come quella regionale dove così importanti sono le Comunità montane. Pertanto, il riordino può essere un momento non solo di proliferazione di enti, come è avvenuto in passato ma anche di razionalizzazione. Il fatto di costituire degli enti intermedi non è una fatale necessità. Il discorso della legge n. 142 può essere una necessità di razionalizzazione in generale, per individuare fra Regione e Comuni non solo il livello di enti intermedi, che certamente saranno sollecitati dalla legge n. 142, ma altri livelli di subarea che possono essere ridefiniti, su cui la Regione in passato aveva ecceduto in polverizzazione e in disorganicità di interventi. Quindi, la legge n. 142 può essere un momento interessante di verifica.
Il problema è molto sentito dalle Comunità montane che, in Piemonte assumono un peso sempre più rilevante, non solo per le capacità amministrative accresciute, ma per la possibilità di essere destinatarie di risorse, non solo dello Stato, ma anche della CEE che, tra l'altro individua nelle Comunità montane, nel Comuni dell'arco alpino, nei territori, oggetto di provvidenze particolari.
La Giunta regionale ha elencato alcune priorità: l'area metropolitana i Comitati di controllo, le Comunità montane. Tuttavia, è difficile separare queste priorità dalla programmazione socio-economica più generale e territoriale che dovrebbero essere un "prius"e non un "post" rispetto alla definizione delle aree, almeno concettualmente. Quindi, non si comprende come si possa anticipare un discorso di definizione prima ancora di capire su quali obiettivi si pone la Regione, per quale politica di programmazione generale e territoriale, per quale politica socio-economica.
Sul plano della partecipazione credo sia importante disciplinare meglio la materia referendaria, un aspetto significativo che sta emergendo a livello locale. Basterebbe certamente ridefinire la legge regionale, anche perché la legge n. 142 sollecita in questo senso. La legge regionale prevede l'aspetto abrogazionistico e consultivo solo nel caso di accorpamento di Comuni. E' molto importante intervenire nella definizione nell'aggiornamento e nell'adeguamento di questa legge anche sotto questo profilo, molto richiesto dalle autonomie locali. In sostanza, la legge, pur nei suoi limiti, ha la flessibilità necessaria per un intervento della Regione negli enti locali, quindi significativa e pregnante può essere l'attuazione rispetto agli obiettivi e alle scadenze. E' un processo democratico permanente che si apre.
Il rispetto dei tempi diventa quindi la condizione essenziale perché in questo processo, che richiede continui aggiustamenti, si esprima la necessaria volontà politica.
Il recente dibattito sull'istituzione delle nuove Province e anche la relazione dell'Assessore, che è burocratica, tecnica, ma ancora troppo generica sui punti d'attacco della legge n. 142, non sono all'altezza della problematica che stiamo discutendo. La I Commissione va coinvolta su ogni tappa del processo. Il Consiglio regionale deve essere la sede del confronto e dell'approfondimento vero e non semplicemente una cassa di risonanza di oratori che parlano a se stessi, quindi, un momento di verifica continua e costante dell'attuazione della legge e non una semplice verifica delle maggioranze. Speriamo che le prossime tappe siano migliori e più convincenti nell'interesse della nostra comunità.



PRESIDENTE

La parola al Consigliere Chiezzi.



CHIEZZI Giuseppe

Signor Presidente, colleghi Consiglieri, la relazione dell'Assessore mi è piaciuta sia per i contenuti sia per il tono con cui è stata illustrata.
C'è modo e modo di entrare nella fase di attuazione di questa legge e mi sembra che l'Assessore abbia scelto un modo non trionfalistico, ma un atteggiamento sobrio e disincantato che, secondo me, è utile nei confronti dell'attuazione di una legge sulla quale, tanto per cambiare, si sono levate attenzioni e lodi, al di là di quanto merita. Ho apprezzato questo atteggiamento perché ha evitato, come Invece qualcuno ha fatto, di esternare degli entusiasmi un po' ingenui o forse strumentali. In Italia non siamo nuovi a situazioni in cui esistono problemi acuti, che non vengono affrontati dalle pubbliche amministrazioni - ne ricordo uno per tutti, quello del territorio e dell'ambiente - pur disponendo di leggi e di strutture che permetterebbero un buon governo e modalità di gestione di elevata qualità. E' successo, spesse volte, di produrre nuove leggi e nuove strutture, senza accorgersi che spesso sarebbe più utile far funzionare le leggi e le strutture esistenti, con il rischio che le nuove leggi e le nuove strutture facciano la fine delle precedenti quanto a gestione e a risultati.
Mi ritrovo, quindi, nell'atteggiamento disincantato dell'Assessore, che fa parte di una maggioranza omogenea a quella che ha approvato questa legge in Parlamento; è un atteggiamento che mette in luce quali e quanti problemi e contraddizioni stiano dentro l'attuazione della legge n. 142. Mi sembra un modo giusto di affrontare il problema. Non sarà questa la legge che risolve tutto, anzi, questa è una legge che, per certi versi, è un vero pasticcio (questo, ovviamente, non l'ha detto l'Assessore, è la mia opinione).
E' una legge che creerà molti conflitti. Mi chiedo se, nel fare le leggi, questo sia o meno un elemento di pregio. E' una legge che crea una sovrapposizione o una aggiunta di livelli istituzionali di cui non mi pare il Paese senta il bisogno. E mi riferisco all'area metropolitana. La ritengo una scelta sbagliata e vecchia. Vecchia perché, per molti anni, si è parlato delle aree metropolitane come centro e motore di sviluppo del Paese, ma anche l'IRES, che giustamente la Giunta ha indicato come una delle strutture che deve aiutare il decisore politico a decidere in ordine all'area metropolitana, ha verificato che, negli ultimi anni, il vero sviluppo della nostra Regione è uno sviluppo policentrico. Le leve fondamentali dello sviluppo non sono più tutte nell'area metropolitana anzi, ci sono state realtà economiche periferiche che si sono attrezzate e sviluppate e costituiscono oggi un'ossatura importante dello sviluppo regionale.
A livello del Parlamento invece si è andati avanti nell'individuazione di un nuovo livello istituzionale legato al vecchio modello di sviluppo che aveva visto concentrarsi in Torino e nella stretta area metropolitana grandi risorse economiche, fabbriche e migrazioni di popolazione. Non è più così. L'economia non vede più il suo sviluppo nella concentrazione di ingentissime risorse materiali ed umane; non è più la gigantesca struttura di fabbrica il futuro dell'economia. Sappiamo che la stessa grande fabbrica ha decentrato moltissime lavorazioni ad aziende esterne e distribuite sul territorio. Senza contare i livelli di relazioni e di informazioni che vengono consentite dalle nuove tecnologie che rendono molto più equipotenziale la diffusione e l'insediamento di attività economiche rispetto al passato.
L'area metropolitana, invece, è l'onda lunga di vecchi interessi che concepivano lo sviluppo come immane concentrazione di risorse in pochi luoghi, che attivavano imprenditorialità e speculazioni che consentivano incrementi spropositati di ricchezza. Queste forze economiche hanno determinato la volontà di creare un nuovo livello istituzionale, nel quale sia possibile concentrare ed investire le risorse.
Perché condivido quanto hanno affermato alcuni colleghi, che questa legge in realtà non rafforza il ruolo regionale? Perché manca una legge generale che definisca il rapporto fra Stato e Regioni. Però stiamo attenti. Se con questa legge si crea il livello dell'area metropolitana, se l'area metropolitana diventerà il cuore della Regione, sarà ben difficile successivamente, approvare una legge che affermi le Regioni come strutture di uno Stato decentrato con rilevanti poteri. Quando si sarà delimitata un'area che, dal punto di vista sociale ed economico, sarà la polpa della Regione i giochi saranno fatti: questa polpa attrarrà su di sé ingenti risorse finanziarie e deciderà la destinazione di quelle risorse in un quadro regionale, a quel punto la Regione sarà priva di potere politico contrattuale.
Quindi questa legge non mi entusiasma per nulla. E' buona nel settore delle deleghe (ma le deleghe potevamo anche darle con gli strumenti e le leggi esistenti) comunque, lasciamo aperta la speranza e la buona volontà ma sull'aspetto dell'area metropolitana la ritengo veramente perniciosa. Di istituzioni ce ne sono tante e potrebbero funzionare bene. Non vedo però la necessità di creare il quinto livello istituzionale dopo le Circoscrizioni i Comuni, le Province, le Comunità montane e adesso l'area metropolitana. A parte i problemi di incostituzionalità, sul quali non posso esprimere un giudizio competente, dal punto di vista del ruolo regionale, mi sembra veramente sbagliato. Quindi non sarò certo tra coloro che premeranno perch l'area metropolitana venga fatta.
L'area metropolitana come sarà definita? Non riesco ad azzardare degli scenari convincenti. La proposta che ha accennato il Consigliere Rivalta personalmente, non mi convince; ritengo che proporre un'area metropolitana in una forma così stretta e così aderente a Torino significhi inevitabilmente privilegiare lo sviluppo di quest'area rispetto alle altre.
Mi preoccupa l'idea di un'area metropolitana che aggiunga un nuovo livello istituzionale. Da questo punto di vista, meglio fare riferimento a livelli istituzionali già esistenti. Qui ciascuno di noi parla a titolo personale e non per disciplina di partito. Stiamo costruendo un nuovo assetto dei poteri locali, per questo mi permetto di esporre, in forma immediata, le cose che penso. Ritengo che sul problema dell'area metropolitana non si possa dirimere la questione in modo così certo. Sono quindi d'accordo che studi seri sorreggano la nostra azione e sono d'accordo che l'IRES sia uno degli Istituti a cui chiedere analisi precise della situazione.
Questa è una legge tardiva, in parte monca e frettolosa. Cerchiamo di portarla avanti per gli aspetti inequivoci di miglioramento dell'assetto istituzionale, ma stiamo molto attenti a definire quegli altri aspetti che possono essere solo fonte di conflitti.
C'è il problema dei Comuni. Ritengo che il Comune sia una cellula fondamentale dello Stato e non si possa prescindere da esso. Sono stato anch'io amministratore comunale e so quanto sia importante, almeno a livello di democrazia e di solidarietà, il livello del Comune. E' indubitabile che certi problemi non possono essere affrontati dal Comune in quanto tale. La conseguenza di questa seconda affermazione è che, per certi aspetti, il superamento della estrema frammentazione comunale dovrebbe essere un obiettivo che ci unisce tutti. Non penso che siano atti di autorità quelli che possono risolverei questo problema, così come non penso che un atto di autorità, come quello della definizione di un'area metropolitana, possa risolvere i complessi problemi tra il Comune capoluogo, i tanti Comuni viciniori e le Circoscrizioni comunali.
Per questo dicevo che, di fronte alle cattive gestioni delle strutture esistenti, non mi sembra il modo di risolvere i problemi creare altri conflitti per generare nuovi livelli istituzionali che, forse, sarebbero gestiti allo stesso modo.
In ultimo, dal punto di vista della procedura, sarei favorevole ad una procedura che vedesse come motore di questa attività la I Commissione punto di riferimento costante per tutte le iniziative. L'Assessore, durante la sua relazione, ha parlato di incontri con l'IRES e con gruppi esterni a livello di Assessorato e di Capigruppo. Questa fase di strutturazione e di attuazione della legge la preferirei riferita alla Commissione consiliare più che ai Capigruppo.



PORCELLANA FRANCESCO



PRESIDENTE

E' iscritto a parlare il Consigliere Rossa. Ne ha facoltà.



ROSSA Angelo

Signor Presidente, colleghi Consiglieri, desidero innanzitutto esprimere un apprezzamento all'Assessore Nerviani per le proposte contenute nella relazione che ha introdotto il dibattito di oggi e che si è sviluppato assumendo via via aspetti sempre più significativi.
Con questo dibattito la Regione prende coscienza della portata della legge n. 142 che segna una svolta nell'impegno politico. La relazione dell'Assessore Nerviani ci avverte dicendo: "Stiamo attenti a non commettere un errore, un vuoto, un obiettivo sbagliato che potrebbe significare la perdita del ruolo dell'istituto regionale dal punto di vista dell'efficacia e dell'immagine". E' un richiamo puntuale ed opportuno che sottende le grandi difficoltà che sono di fronte a noi in questo lavoro; se però sapremo affrontarle con un forte impegno ed una forte attenzione soprattutto con lo sviluppo del rapporti con la comunità, potremo evitare gli errori e sapremo dare le risposte che la comunità, gli enti locali e le varie categorie sociali pongono. Sono alcuni decenni che gli enti locali discutono una legge di ammodernamento e di autonomia. Questa legge arriva negli anni '90 a vent'anni di distanza dall'istituzione delle Regioni, in un momento in cui le Regioni sono in fase calante. Questa legge sembra il frutto di quel blocco antiregionalista che ha accettato o subito la nascita delle Regioni e che ha cercato di condizionarle. La legge n. 142 chiede alla Regione di ridefinire la sua funzione ed il suo ruolo. Se non riuscissimo a ridefinire la nostra funzione ed il nostro ruolo avremmo un grande lavoro da svolgere, potremmo essere la grande levatrice della storia delle autonomie locali, però potremmo aver perso la funzione, il significato regionalistico.
La I Commissione dovrà esaminare, punto per punto, comma per comma, la legge n. 142, dovrà studiare le implicazioni, procedere alla revisione della legislazione regionale per adeguarla alla nuova situazione.
Contemporaneamente, le Regioni devono compiere un salto di qualità rivendicando, nei confronti del Governo e del Parlamento, il nuovo ruolo proposto nella legge Maccanico e che da alle Regioni una funzione diversa.
E' un ruolo che considera la Regione sempre più Regione come centralità di governo ad area vasta. La legge n. 142, rispetto alla L.R. n. 16 sul riordino delle funzioni delle autonomie locali, è molto più rilevante dal punto di vista della programmazione. Dobbiamo ridefinire un equilibrio di rapporti egualitari tra la crescita degli enti locali e la crescita regionale per realizzare un reticolo di sviluppo delle autonomie, nelle quali la Regione è l'espressione più alta dell'autonomia di governo. Allora o siamo in grado di risolvere i problemi in questo modo, oppure il rischio è che svolgiamo un grande ruolo promuovendo una prospettiva di crescita e di sviluppo, che poi sarà portata avanti da altri.
Penso che non sia nell'interesse ne dello Stato ne della Regione ne degli enti locali oscurare il ruolo dei costituenti e del legislatori degli anni '60 quando hanno dato luce alle Regioni. E' necessario ridefinire il ruolo della Regione oggi che c'è una grande spinta all'avanzata di domande di autonomia, molte volte mal poste da alcuni settori della società che pongono problemi che riteniamo giusti, ma con obiettivi profondamente sbagliati dai quali noi socialisti intendiamo prendere le distanze. Come stabilire il rapporto ed aprire il dialogo con gli enti locali, con le categorie, diventando il centro di proposta e non condizionando le scelte dei Comuni e delle Province? La legge prescrive che, entro un anno dall'entrata in vigore, debbono essere approvati gli Statuti. Occorre provvedere rapidamente alla revisione della legge n. 43, sulle procedure della programmazione, della legge n. 56, sulla tutela del territorio, della legge n. 16, sul riordino delle funzioni e delle autonomie locali quest'ultima non è potuta entrare in funzione a causa di un lungo contenzioso con il Governo.
Questo è il modo concreto per fare dei passi avanti. Quindi, piena disponibilità ed impegno a sviluppare una politica di riforme, partendo dalla legge n. 142 che apre alla Regione e agli enti locali un importante momento di realizzazione delle riforme. Quindi, il confronto deve andare al di là degli Statuti e dei Regolamenti, deve essere un impegno diretto a rispettare il più possibile le scadenze, facendo la nostra parte, non solo spinti dalla paura che potrebbe intervenire il Consiglio dei Ministri. La definizione dell'area metropolitana comporterà un problema di metodologia intanto politica, poi di convivenza in un reticolo di crescita democratica autonomistica. La nascita della città metropolitana, che è provincia metropolitana, deve combinarsi con il resto della provincia, va vista dal punto di vista dell'individuazione e programmazione di una grande area.
Sono punti forti che il legislatore, attraverso la legge n. 142, ha pensato di individuare e di indicare come momento attorno al quale far crescere questo sviluppo. A me sta bene questo momento di aggregazione.
Oltre alla definizione dell'area e del ruolo della città metropolitana o provincia metropolitana, con tutte le municipalità, alla Regione tocca il compito della unificazione dei Comuni. E' un discorso tutt'altro che facile, richiede, infatti, grande consapevolezza e grande coscienza e non può essere monetizzato. E' un discorso che richiede ima grossa proposta politica e strategica da parte della Regione. Unione, unificazione processo graduale, consorziamento, sono varie le forme: questo processo deve avvenire parallelamente allo sviluppo, in modo che, al termine di questo processo, la Regione, al di là dei punti più alti della sua forza sia il momento più articolato, ma unitario, allontanando quei timori che qualcuno ha affacciato, che gli investimenti possono tirare in una certa direzione. Questa è l'altra parte della medaglia alla quale dobbiamo prestare attenzione, così come dobbiamo prestare attenzione alla parte che riguarda le Comunità montane. E' un processo di rinnovamento che deve andare avanti in modo uniforme, deve muoversi sui vari tasti dello sviluppo della Regione che ha rapporti anche con le Regioni finitime. Dovremo sicuramente avere confronti con le Regioni Liguria, Lombardia, con il Consiglio regionale della Valle d'Aosta; dovranno essere rapporti che investono aspetti di sviluppo, senza soluzione di continuità.
Ho voluto richiamare l'importanza, la portata, il grande movimento che la legge n. 142 andrà a determinare nell'ambito della comunità piemontese.
Al termine di questo processo la Regione non dovrà registrare delle grandi disuguaglianze, ma una uniformità, una condizione egualitaria di vita, una maggiore razionalizzazione nei rapporti, nei servizi, negli interventi.
Nella sede della Conferenza dei Presidenti delle Regioni o dei Presidenti dei Consigli regionali o nella sede della Conferenza Stato-Regioni occorrerà procedere alla proposta di modifica degli artt. 117 e 118 della Costituzione, in modo che il ruolo di governo della Regione su area vasta vada avanti per sconfiggere quella tentazione, sempre viva anche se sommersa, di realizzare nei confronti della Regione una specie di cintura sanitaria. Questa tentazione venga sconfitta, non perché siamo qui e sentiamo l'orgoglio di essere qui a rappresenta- re le nostre popolazioni ma perché la crescita di uno Stato moderno non può che passare attraverso il rilancio delle Regioni. E' chiaro che nel momento in cui la Regione si assumerà appieno il ruolo di governo, affronterà decisioni o provvedimenti che, parlando delle tasse, abbiamo definito impopolari, ma che sono il segno della capacità di fare una politica di sviluppo, che sarà vista dai cittadini come ripresa di fiducia e di riconoscimento di un ruolo importante.



PRESIDENZA DEL VICEPRESIDENTE MONTABONE



PRESIDENTE

La parola al Consigliere Monticelli.



MONTICELLI Antonio

Avendo la fortuna, o la sfortuna, di intervenire per ultimo nel dibattito, devo esprimere una certa preoccupazione per il modo in cui Giunta e Consiglio partecipano al dibattito. L'altra preoccupazione deriva dalla stessa comunicazione dell'Assessore Nerviani che, peraltro, a nome del Gruppo comunista, ringrazio per l'estrema puntualità delle cose che ha detto, anche per il gesto di cortesia che ha voluto fare inviando con anticipo il testo scritto all'attenzione dei Consiglieri, facilitando gli interventi di tutti noi. Questo è certamente un fatto da sottolineare positivamente.
Però, devo dire che questo dibattito fa pensare che ci siano già molti sintomi di un'occasione perduta. L'occasione di far sapere che la Regione esiste, che la Regione sa decidere, in altri termini per far riconoscere la Regione. Parlando di legge n. 142, perdere un'occasione può essere un fatto grave, perché può voler dire correre dei rischi seri, il rischio di un ulteriore episodio di una crisi dell'istituto regionale, visto anche il carattere contraddittorio e problematico che la stessa legge ha riguardo al ruolo delle Regioni e visto il livello piuttosto basso a cui è arrivato l'istituto regionale nella vicenda del nostro Paese.
Perché dico che ci stiamo preparando a perdere un'occasione? Perch nella comunicazione dell'Assessore Nerviani, ripeto, peraltro puntuale precisa, sobria (come ha detto giustamente il collega Chiezzi), manca una parte fondamentale, e cioè l'indicazione delle prime opzioni politiche delle prime ipotesi politiche di lavoro della Giunta nell'affrontare l'applicazione della legge.
Come andiamo al confronto con la comunità regionale e alla consultazione che è prevista dalla legge? Su quali basi? Se ci limitassimo a fare i notai delle tante opinioni presenti nella comunità piemontese sul problema dell'area metropolitana, sul problema dei rapporti fra i diversi livelli di enti locali, sui problemi delle Comunità montane, sui problemi delle fusioni dei Comuni, a quale risultato potremmo arrivare? A quale mediazione? In che tempi, se non a tempi storici, potremmo arrivare a qualche risultato? Credo sia dovere della Regione, quindi dovere della Giunta, avviare l'iter di applicazione della legge n. 142 presentando delle opzioni su cui andare al confronto, se vogliamo che la comunità regionale si possa pronunciare, possa accettare o meno, possa correggere, integrare ed arricchire. Ma non si può partire indicando soltanto una linea di studio, di ricerca di metodologie. Tutte cose giustissime, ma occorre incominciare a dire qualcosa nel merito. Mentre sono d'accordo con Chiezzi sul termine sobrietà, non sono molto d'accordo con lui su altri aspetti della comunicazione dell'Assessore Nerviani. Mi sembra che in essa ci sia un eccesso di disincanto, uno scetticismo già introiettato sulle difficoltà, sui problemi, sulle grane che incontreremo nei prossimi mesi applicando o cercando di applicare la legge n. 142. E questo ci porta a dire: "proviamo, sentiamo, vediamo, avviamo una procedura, un metodo, dei rapporti".
Forse, questo eccesso di disincanto deriva anche dalla presenza di due scuole di pensiero, che esistono trasversalmente nella politica italiana anche nel PCI, quindi in Piemonte, sull'urgenza delle riforme istituzionali e sul grado di radicalità che le riforme istituzionali debbono o non debbono avere in questa fase della vita italiana.
Appartengo a quella scuola di pensiero che ritiene che ci sia un'urgenza grande delle riforme istituzionali, oggi, e che si deve trattare di riforme istituzionali di tipo radicale. Quindi, ritengo che la legge n.
142, che offre spazi di intervento e di modifica radicali nel tessuto istituzionale locale, nel tessuto istituzionale regionale, vada usata in tutti gli spazi che apre. Per esempio, ritengo che sia da praticare il terreno dell'ente nuovo e della città metropolitana. E' un terreno difficile, un terreno spinoso, ma è un terreno da praticare con coraggio assumendosi fin dall'inizio il compito di prospettare alla comunità interessata delle ipotesi e delle opzioni.
Concordo pienamente con quanto ha accennato nel suo intervento il collega Rivalta, che ha già presentato le prime opzioni, una prima provocazione se vogliamo. Da qualche parte dobbiamo incominciare, non dobbiamo continuare a fare discorsi di metodo, e questo vale per l'area metropolitana, per la questione del ridisegno delle province (a partire dal nodo dell'area metropolitana), per questioni che possono apparire minori ma non lo sono, quali la legge sui Co.Re.Co.
La facciamo o no una ristrutturazione profonda del meccanismo dei controlli? Approfittiamo o no dell'opportunità che la legge n. 142 offre di avviare un'esperienza di controlli anche per materia? Abbiamo il coraggio di porre queste questioni all'inizio del dibattito o aspettiamo che nascano chissà come? Abbiamo il coraggio di incominciare ad indicare alcuni criteri per la revisione legislativa? Revisione legislativa cosa vuoi dire? Vuoi dire, intanto, ridefinire le funzioni della Regione e gli ambiti territoriali ottimali sui quali svolgere funzioni di tipo regionale conseguentemente, vuoi dire definire il meccanismo di articolazione dei compiti e delle funzioni fra Regione, Province e Comuni ed, infine, vuoi dire impostare la questione delle deleghe e della legislazione di procedura.
Tutto questo va a piovere su una questione molto concreta: la macchina regionale. Se vogliamo essere conseguenti alla legge n. 142, oltre che essere conseguenti all'idea originaria di Regione, che da questo punto di vista è ribadita dalla legge n. 142, dobbiamo sapere che la macchina regionale, nel prossimi anni, dovrà essere trasformata radicalmente, dovrà essere alleggerita da compiti e ovviamente anche da persone, dovrà essere qualificata. Come ci si sta muovendo in questa direzione? Come incominciamo ad applicare la legge n. 241? Ancora non sono riuscito a capire se la Regione Piemonte è dentro la legge o fuori legge rispetto alla legge n.
241, che è entrata immediatamente in vigore per tutta una serie di questioni, non solo a livello nazionale, ma anche a livello degli enti locali. Non mi pare la stia applicando, quindi siamo fuori legge. Ce ne rendiamo conto? Quando incominciamo a rifare la macchina amministrativa della Regione a partire dai nodi delle deleghe e della legge n. 241? Questo significa intervenire con strumenti robusti, non con tempi lunghi, non con un discorso di metodo.
Stiamo ragionando come se avessimo tempi storici, come se non avessimo da confrontarci con questioni già definite da leggi. La Regione Piemonte è fuori legge perché non esistono i responsabili di procedimento, che dovrebbero essere già attivati per tutte le pratiche e per tutte le procedure che le competono, non sono stati avviati i meccanismi di una legge dello Stato che è materia di immediata applicazione.
Credo che dobbiamo evitare due rischi. Certamente è un rischio l'assemblearismo. Non pretendo di scrivere le leggi in Consiglio regionale.
C'è un ruolo della Giunta, che è necessario per il funzionamento dell'istituzione, quindi da questo punto di vista va rispettato dal Consiglio e, in particolare, dall'opposizione. E vedo un altro rischio speculare a quello dell'assemblearismo: il rischio di un ingolfamento di tutta questa materia sulla Giunta, causato da carenze oggettive, ma anche da ragioni di impostazione dell'Assessorato agli enti locali, e l'Assessore Nerviani più volte si è lamentato del carattere un po' esile della struttura degli uffici. Il primo atto deve farlo la Giunta, che deve presentarsi al Consiglio impostando delle opzioni politiche, poi la verifica tra le forze politiche del Consiglio e nei rapporti con la comunità regionale sarà compito primario del Consiglio regionale. Dobbiamo attivare subito delle sedi di verifica delle volontà politiche esistenti in Piemonte su questi temi, per capire cosa ne pensano le Province, i Comuni le Comunità montane, non in modo generico, ma sulle ipotesi che la Giunta dovrà presentare e che i Gruppi potranno condividere o non condividere. I Gruppi potranno presentare a loro volta ipotesi diverse e poi andare alla costruzione di una volontà regionale che possa in qualche modo sintetizzare nelle scelte del Consiglio.
Vedo l'esigenza di una ricca articolazione di iniziative e di momenti tra Giunta e Consiglio, vedo l'esigenza che non soltanto la I Commissione ma l'intero Consiglio nei suoi momenti istituzionali siano coinvolti per definire i passi di questa vicenda. Se l'elenco delle leggi che dovremo fare di qui a pochi mesi sarà rispettato, vuoi dire che per un lungo arco di tempo questo Consiglio regionale sarà essenzialmente impegnato su questi temi.
Quando stabiliremo questo calendario politico? Come stabiliremo questi rapporti? Che ruoli riusciremo a stabilire fra di noi? Che grado di assunzione di responsabilità politica, di coraggio politico - mi si passi il termine ognuno, per la sua parte, riterrà di doversi assumere per avviare il confronto con la comunità regionale?



PRESIDENZA DEL PRESIDENTE SPAGNUOLO


Argomento:

Nomine


PRESIDENTE

Prima della replica dell'Assessore Nerviani si proceda con la seguente nomina:


Argomento: Nomine

- Centro Agro-Alimentare di Torino CAAT Consiglio di amministrazione Nomina rappresentante in sostituzione del signor Romanini Gian Antonio dimissionarlo.


PRESIDENTE

E' stato svolto lo scrutinio delle schede. Proclamo eletto il signor Gian Luigi Cerlini.
Pongo in votazione l'immediata esecutività della deliberazione.
Chi è favorevole è pregato di alzare la mano.
Poiché manca la maggioranza assoluta dei componenti il Consiglio, la presente deliberazione non viene dichiarata immediatamente eseguibile.


Argomento: Rapporti Regione - Parlamento

Comunicazione della Giunta regionale sulla legge n. 142/90 recante "Nuovo ordinamento delle autonomie locali" (seguito)


PRESIDENTE

Riprendiamo il dibattito in merito alla legge n. 142.
La parola all'Assessore Nerviani per la replica.



NERVIANI Enrico, Assessore agli enti locali

Esprimo un ringraziamento molto sentito a tutti coloro che sono intervenuti nel dibattito: ritengo che esso abbia comunque arricchito i Consiglieri che vi hanno partecipato. La mia preoccupazione è uguale a quella del Consigliere Monticelli in ordine alle assenze che hanno caratterizzato l'attività di oggi, per quanto esse non mi sorprendano. Il dibattito aveva Inevitabilmente un taglio un po' sofisticato, per il quale occorreva essere stati obbligati ad entrare un po' nel dettaglio dello specifico provvedimento di legge. Quella in cui si collocava era inevitabilmente una dimensione mediana: non un dibattito sul grandi principi e non, come si diceva un tempo, sulla guerra del Vietnam, e neppure il dibattito sul problema della discarica di fronte a casa nostra pertanto. è comprensibile che un po' di distacco ci sia.
Debbo tuttavia ricordare ai pochi colleghi presenti che un atteggiamento in ordine ai problemi di questa natura, qual è quello che abbiamo rilevato oggi, protratto nel tempo, porterà questo istituto alla sua dissoluzione. O la coscienza nostra è alta in ordine alla rilevanza che deve assumere la dimensione regionale o la giustificazione della gente nel non considerarci sarà sempre più fondata. Dobbiamo scegliere la prima strada se vogliamo che la nostra storia muti; dobbiamo accentuare davvero la consapevolezza della delicatezza del momento, un momento in cui la Regione sta contando molto poco e si sta avviando a contare sempre meno.
Presidente della Giunta e Presidente del Consiglio, credo proprio che varrà la spesa, nei prossimi tempi, di parlare molto della legge n. 142, ma di parlare anche molto di noi stessi, delle cose che ci riguardano e delle cose che riguardano questo istituto, così come ho scritto nella relazione come interprete di una richiesta di decentramento vero dello Stato che vale, in quanto capace di dare risposte coerenti, o quanto meno più efficaci e generose, nei confronti dei cittadini, in particolare di quelli che, dello Stato e della Regione, hanno più bisogno. Vi sono molti cittadini che dello Stato e della Regione possono "fare a meno", ma vi sono anche molti cittadini che hanno bisogno della provvidenza e dell'attenzione dello Stato, e dello Stato decentrato in particolare. La nostra indifferenza porta spesso ad un'indifferenza dello Stato e dei suoi livelli articolati nei confronti dei cittadini.
Allora, la ripresa della coscienza del valore del decentramento, non del suo valore tecnico, ma del suo valore politico e sociale, deve essere forte e convinta. Una volontà di ripresa come quella che ha auspicato il collega Tappare, capace di farci uscire anche da una penosa condizione di minorità per cui i Consiglieri regionali hanno, per esemplo, l'obbligo di dimettersi sei mesi prima per partecipare ad una competizione elettorale che porti al Parlamento; o per la quale essi sono costretti a dimettersi anche dal più piccolo Comune d'Italia, in cui qualcuno fosse sindaco quando assai più comode sono le posizioni per i membri del Parlamento nazionale, dove un parlamentare, senatore o deputato, può tranquillamente fare il sindaco in Comuni che abbiano fino a ventimila abitanti.
Non sono meschinità, non sono piccolezze: queste discriminazioni sono il segno della nostra debolezza e della nostra incapacità di gridare palesi, piccole o grandi ingiustizie che sono state per tempo sviluppate contro l'istituto regionale e i suoi membri.
Tornando al merito del dibattito, per il quale ancora una volta ringrazio non a nome mio, ma della Giunta (credo anche del Consiglio regionale) voglio assicurare il collega Monticelli che ho poco la propensione "notarile" che mi è stata attribuita dall'amico Buzio, facendo riferimento a recenti esperienze. Ritengo che, in questo momento, ci siano due dati importanti da considerare e che motivano la mia posizione apparentemente distaccata. La prima considerazione è che il dibattito non è maturo. Le posizioni all'interno dei partiti sono contraddittorie; le posizioni all'interno della Giunta sono contraddittorie; le posizioni all'interno delle forze sociali ugualmente sono pure assai diversificate.
L'esempio tipico è rappresentato dall'area metropolitana alla quale occorre accostarsi in termini culturali: su questo argomento non è ancora davvero tempo di esprimersi in termini di schieramento politico e di schieramento di partito. E' un dibattito appena iniziato, che dobbiamo avere il coraggio di sviluppare con franchezza senza pregiudiziali e senza atteggiamenti partiticamente o politicamente preclusivi.
L'altra ragione del mio apparente distacco e della propensione "notarile", che mi è stata assegnata, è la convinzione profonda che ho in questo momento che le realtà locali contano e vogliono contare sempre di più e che non è più possibile mettere camicie di forza su nessuno. Il Comune di Nichelino, il Comune di Moncalieri, il Comune di San Mauro Torinese come il Comune di Lesa od Orta San Giulio, hanno sì la capacità di intendere il valore della programmazione sviluppato a livello sovraordinante, ma sentono forte la necessità di esprimere in termini autonomi le loro decisioni e le loro appartenenze; si dispongono a fatica a subire se non c'è una motivazione profonda e chiaramente spiegata.
E' per queste due ragioni che appaio prudente e qualche volta "notarile". Sono le mie posizioni che corrispondono semplicemente alla convinzione che i tempi devono ancora maturare, è una convinzione che probabilmente è il riflesso esterno delle mie personali forti incertezze e forti titubanze.
Ancora una considerazione. Parlare di fusione di Comuni, di unione di Comuni, di processi sommatori di questo tipo, che probabilmente è giusto ricordare, senza che sia maturata la cultura della fusione, è un parlare forse motivato, ma certamente un po' violento nel momento in cui si cerca di imperlo a convinzioni non mature. E allora credo davvero che il dibattito in questo caso valga e che valga anche per se stesso ancor prima che per le questioni che risolve. Non do grande valore alle scelte tecniche che andiamo a fare. L'ho detto, e sono stato per questo rimproverato all'ultima riunione dell'URPP. Ritengo che non vi è sempre connessione fra i valori che perseguiamo e le scelte tecniche che facciamo; il discorso nostro è impoverito dalle tentazioni esclusivamente ispirate dall'efficienza: siamo manager dell'amministrazione pubblica o tecnici della politica? Se così fosse probabilmente non svolgeremmo la nostra funzione politica prima, che è quella della proposta sui valori e sugli obiettivi che si devono perseguire. Il taglio della nostra azione, anche nel momento di attuazione della legge n. 142 probabilmente deve essere diverso e deve avere il segno del rifiuto della tentazione del tecnicismo politico; tale rifiuto è atto coraggioso in questo tempo di alta "managerialità" che qualcuno di noi ha anche il diritto di rifiutare come valore primo.
Ritengo giusto quello che ha detto il collega Monticelli, di riproporre cioè un rapporto forte tra Giunta e Consiglio e ritengo giusto trovare i modi di un raccordo sistematico. La Giunta si dispone a questo. Nessuno porta a casa gloria da questa vicenda, quindi, se il Consiglio vuole rapportarsi alla Giunta ed a questo Assessore pro tempore, troverà la massima disponibilità, nonché si ricordi che, inevitabilmente, al momento della consultazione formale, la Giunta dovrà avere predisposto una sua proposta definita, perché la consultazione non avrebbe istituzionalmente senso.
Dapprima potrà esservi una consultazione esplorativa su una serie di proposte o su una serie di dubbi, ma la consultazione finale deve avvenire dopo che la Giunta, sulla scorta delle consulenze e del contributi degli operatori regionali, avrà perfezionato ed avrà avanzato. Mi sembra così onesto il dibattito di oggi, così limpido, che non si possa tuttavia non procedere nella massima intesa; chiunque venisse tentato, in questa lunga fase di avvicinamento, da preoccupazioni politiche e di consensi esterni compirebbe un gravissimo errore e riserverebbe un grande danno all'istituto che, bene o male, rappresentiamo.
Di tempo ne è già passato molto. E' giusto che l'opposizione lo dica e sarebbe davvero sbagliato che non ci tirasse per la giacca tutte le settimane. Ma a guardar bene sono trascorsi non oltre di due mesi di lavoro, se si esclude il mese di agosto durante il quale, peraltro, abbiamo poco lavorato. L'esiguità della struttura non voglio neanche richiamarla perché ci si deve prendere le responsabilità che ci sono affidate con gli strumenti riconosciuti disponibili. Non giustifico niente. Ora due mesi sono tecnicamente pochi per poter fare delle proposte più approfondite di quanto ho cercato di fare con questa relazione al Consiglio. Comunque, vedo nella I Commissione, se il Presidente della Giunta lo consente e se accoglie questa indicazione il Presidente del Consiglio, il luogo deputato ad ogni verifica preliminare che, in ordine alla consultazione, alle procedure e alle verifiche, può essere svolta. Mi sembra che il Consigliere Grosso abbia una risposta convergente per quanto attiene il coinvolgimento del Consiglio. Chi ha chiesto che l'IRES riferisca al Consiglio, attraverso la I Commissione, sulle prime elaborazioni in ordine all'area metropolitana, ugualmente ha dato risposta a mio avviso coerente.
Se fosse possibile unire i lavori della I Commissione, dei consulenti dei responsabili del Centro di documentazione e di quanti altri vogliano partecipare a lavori tanto rilevanti, faremmo forse un lavoro organico e produttivo. Le consultazioni si devono distinguere in due tipi: quelle tecniche, preparatorie, molto limitate che possono essere svolte dalla Giunta, e quelle di esplorazione e di verifica, più consistenti e generali che possono essere svolte dal Consiglio regionale con la presenza del rappresentanti della Giunta.
Per quanto riguarda il momento legislativo, penso che il Consiglio, il gruppo tecnico della Giunta e gli esperti che dovessero essere indicati dovranno lavorare in stretto rapporto, ovviamente privilegiando la rappresentanza del Consiglio che può, in ogni momento, rifiutare la collaborazione o la presenza di esterni. Su questa materia non ci sono schemi, non ci sono gelosie. Chiedo al Presidente della Giunta e al Presidente del Consiglio di segnalare con la consueta puntualità quello che il Consiglio ritiene; la mia personale disponibilità nei tempi che ho è totale e completa.
Voglio ancora accennare ad una questione, a mio avviso centrale, emersa oggi. E' quella regionale un pochino più specifica. Abbiamo detto tutti che esiste nel nostro Paese un blocco antiregionalista, al quale si pu aggiungere addirittura la consistente pattuglia delle Province e dei Comuni. Dobbiamo evitare questo pericolo che sarebbe davvero la definitiva distruzione del nostro ruolo e della nostra presenza. Per questo - e mi rivolgo anche al Presidente della Giunta - è necessario definirci nel senso che ha raccomandato il Consigliere Marchini. Occorre definire le nostre competenze, pretendere che lo Stato le indichi in termini precisi; far questo significa dar forza alla posizione dell'istituto regionale. Mi sembra indispensabile in questo momento andare ad una simulazione di quello che dovremmo essere: perché l'invocazione di autonomia e di maggiore peso che non è collegata ad una individuazione di competenze precise che consentano la nostra riconoscibilità, senza questi elementi, vuoi dire andare ancora una volta al buio, non aprire il "contenzioso" con lo Stato che, di fatto, non è mai stato aperto. Si sono sempre ripetute invocazioni di nostra dignità, ma il contenzioso con lo Stato sulla nostra destinazione futura, sulla nostra consistenza, sulla nostra caratteristica ad anni e anni dalla Costituzione non è mal stato aperto. Ritengo invece che questo debba avvenire. Evidentemente, questa responsabilità è della Giunta in primis tutta intera e, se il Consiglio darà una mano in questo, credo che il risultato sarà molto più consistente.
Aveva ragione Marchini questa mattina quando parlava di ferrovie, non ricordo se formalmente in Consiglio o in privato, quando parlava di destinazione di fondi per le autostrade o per le strade. Se la Regione non riesce a recuperare decisionalità per esempio sul Fondo investimenti e occupazione, non so su quale altra materia potrà avere concreta dimostrazione della sua capacità di programmazione. E' vero programmazione, indirizzo, coordinamento sono parole vuote, se a queste non si affiancano le competenze precise, e saranno sempre parole più vuote, nel momento in cui, giustamente, dovremo rassegnare le deleghe agli enti locali in qualche modo subordinati.
Per quanto riguarda l'area metropolitana voglio precisare che la riconoscibilità che invoca il Consigliere Rivalta è diversa, a mio avviso dalla riconoscibilità che invoca Marchini. Per Rivalta vi è l'accentuazione della necessità di definire territorialmente l'area metropolitana in termini di relazioni e di accessibilità; per il collega Marchini, invece vi è la necessità di definire un'area metropolitana con forte indicazione di competenza, all'interno di una realtà regionale che, parallelamente abbia definite le proprie, in modo tale che i cittadini si riconoscano e nell'una e nell'altra, contemporaneamente, senza stabilire delle graduatorie di valori.
Penso che se partiamo da queste modeste considerazioni, per avviare un cammino in approfondimento, ci muoviamo verso obiettivi giusti e anche la scatola vuota che Zacchera ha ricordato (peraltro con la cortesia che mi riserva da sempre) potrà riempirsi. Così come potrà avere senso quanto ho detto, ed è stato richiamato da Segre, in ordine al rapporto degli enti locali. Comuni e Province, con l'istituto regionale attraverso una struttura di riferimento. Il nostro modesto desiderio, che non so se si tradurrà in realtà, è quello di avere un apparato regionale, un gruppo di funzionari regionali, che siano a disposizione del piccoli Comuni, perch questi trovino più facilitata la strada per la definizione dei loro problemi di impostazione regionale, ma anche dei piccoli problemi che quotidianamente, debbono risolvere, peri quali non hanno altro punto di riferimento (e può darsi che non l'abbiano ancora per molti anni) che il costosissimo consulente privato.
Al Consigliere Segre, in ordine al rapporto tra Giunta e Consiglio credo di aver risposto nel momento in cui ho indicato nella I Commissione il centro del rapporto fra Giunta e Consiglio. Circa le informazioni di chiarimento tecnico, mi riservo di dargliele anche personalmente, subito dopo la relazione.



SEGRE Anna

Secondo me, data l'importanza territoriale...



PRESIDENTE

Le conclusioni riaprono molti interrogativi. Avremo modo di tornare su questi argomenti. Credo che lei stia sollevando una questione che impegnerà il dibattito dei prossimi mesi.



NERVIANI Enrico, Assessore agli enti locali

In conclusione, per assicurare coloro che mi hanno chiesto concretezza e definizione dei tempi, posso dire che l'Assessorato e la Giunta stanno lavorando per la preparazione di tre provvedimenti: quello sui Comitati regionali di controllo, così come ho riferito in relazione; quello sulla definizione e le competenze delle Comunità montane; quello dell'area metropolitana.
Vi è un quarto punto relativo al rapporto con i piccoli Comuni per quanto riguarda la loro possibile fusione. Con il Consiglio intendo avviare tre convegni nell'area regionale, durante i quali i problemi dei piccoli Comuni saranno ascoltati, soprattutto in ordine alla richiesta di razionalizzazione degli stessi e all'organizzazione più funzionale dei servizi che dovrebbe caratterizzarli.
Per ciò che riguarda il contributo dato intelligentemente dal Consigliere Cucco, onestamente debbo dire che è stata dimenticata la dimensione europea, che bisognava invece mettere al centro della nostra attenzione. La prospettiva è quella, ed è stata una obiettiva carenza della relazione. In ordine all'accessibilità e all'attività dell'amministrazione da parte del cittadino, devo dire che, in questo momento, sono particolarmente impegnato verso l'obiettivo indicato; cerco di raggiungere quantomeno l'efficienza e la tempestività dei servizi erogati dalla Regione attraverso l'Assessorato di mia competenza. Il cammino è ancora lungo forse quello dell'accessibilità è un punto che richiederà qualche momento in più di lavoro.
Ritornando alle altre raccomandazioni fatte dal Consigliere Cucco credo di aver ascoltato i consigli che mi ha implicitamente dato, malgrado la sua giovane età. Siccome ha richiamato due o tre sentenze latine, ne ricordo in conclusione una che mi sembra particolarmente importante in questo momento. E' un'iscrizione che si può leggere in una lapide di un vecchio campanile nella provincia di Novara che dice cose molto sagge: Tria destruunt civitates: interiores discordiae proprium commodum et juvenile consilium". Credo di aver rispettato l'impegno di evitare le discordie intestine e il comodo personale, così come abbiamo fatto tutti noi. Ho ascoltato invece, penso di non aver sbagliato, il consiglio giovanile del collega Cucco.



PRESIDENTE

E' mia opinione che questa giornata di dibattito sulla legge n. 142 sia stata molto utile. Ringrazio l'Assessore Nerviani per la disponibilità con la quale ha seguito questo interessante dibattito, che ha messo in evidenza attenzioni, preoccupazioni, posizioni comprensibilmente diversificate vista la complessità della materia. Una complessità che ci richiede degli ulteriori approfondimenti che avremo il modo e il tempo di fare in sedi varie. Credo che dovremo evitare di affrontare questa materia in logiche di settorialità, sia come Giunta sia come Consiglio. Questa è la prima riflessione.
Le conclusioni dell'Assessore Nerviani, in realtà, aprono una nuova serie di riflessioni. Posso già dire che ritengo utili i tre convegni che si faranno sul territorio. Abbiamo sentito le preoccupazioni soprattutto dei piccoli Comuni e dell'Unione delle province piemontesi e la grande attenzione che il Consiglio dovrà dedicare complessivamente, non come una logica facoltativa, ma come dovere istituzionale: deve essere rivolta al rapporto con l'intera comunità piemontese che, dall'applicazione di un tipo o di un altro di questa legge, potrà avere delle conseguenze profonde dal punto di vista istituzionale. Ringrazio l'Assessore Nerviani per la comunicazione che ha voluto fornire e che è stata utile anche per arricchire il dibattito. Credo che la replica dell'Assessore debba diventare oggetto di riflessione ulteriore, intanto per l'Ufficio di Presidenza del Consiglio, per le proposte che ha fatto. Le esamineremo con attenzione, riferiremo alla Conferenza del Capigruppo e alla Giunta le nostre opinioni e la volontà di impegno su questo terreno.
Gli atti di questo dibattito verranno inviati ad ogni Consigliere regionale, insieme agli atti del Convegno che si è svolto su questa materia, proprio perché il coinvolgimento vasto, che nella fase iniziale cerchiamo di favorire, può essere estremamente utile per affrontare tutti Insieme quella conflittualità che il provvedimento comporta. Il tema dovrà vedere la convergenza di intelligenze per controbattere la conflittualità determinata dai contenuti della legge, determinata anche dalle grandi preoccupazioni che hanno le autonomie piemontesi a fronte di un provvedimento che può cambiare di molto la fisionomia degli enti locali.


Argomento: Problemi del lavoro e della occupazione

Comunicazione del Presidente della Giunta regionale in merito alla Olivetti


PRESIDENTE

L'Ufficio di Presidenza mi ha pregato di portare la solidarietà al Gruppo comunista che ha ricevuto, nei giorni scorsi, degli atti di vandalismo, abbastanza gravi, ma non allarmanti. L'Ufficio di Presidenza si attiverà per una maggiore tutela dei Gruppi consiliari con sistemi di controllo della sicurezza. Pertanto, accanto a questa solidarietà esprimiamo anche il nostro impegno perché tutte le strutture politiche istituzionali del Consiglio e dei Gruppi vengano tutelate al massimo.
Ha la parola il Presidente della Giunta Brizio che informa sulla situazione alla Olivetti.



BRIZIO Gian Paolo, Presidente della Giunta regionale

Nel corso dei lavori del Consiglio di oggi abbiamo avuto notizia che la Olivetti annuncia la riduzione di 7.000 posti di lavoro attraverso la forma dei licenziamenti (4.000 in Italia e 3.000 all'estero). Non ne avevamo avuto notizia prima di oggi. Non è esatto quanto riferito da "Stampa Sera" ami, ci siamo attivati nella giornata per avere un contatto con i vertici dell'azienda.
L'Assessore Vetrino ed io abbiamo chiamato telefonicamente l'ing. De Benedetti, il quale ci ha detto che aveva intenzione di contattare la Regione, che la situazione è precipitata all'esterno più presto di quanto avesse pensato e che rincontro con i sindacati per l'esame del piano strategico avviene nel pomeriggio di oggi. L'ing. De Benedetti ha confermato che il numero delle eccedenze è di 7.000 unità, e che queste eccedenze devono essere rimosse come elemento di vitalità dell'azienda, di fronte ad una caduta pesante del mercato e ad una trasformazione tecnologica in atto altrettanto complessa e difficile, come è dimostrato anche dalla riduzione dei posti occupazionali in tutto il settore a livello mondiale.
L'ing. De Benedetti mi richiamerà domani per stabilire un incontro in Regione al fine di illustrare la situazione dopo rincontro di oggi.
Se si tratterà di licenziamenti o di altri provvedimenti emergerà dalle discussioni di questi giorni.
La situazione si presenta molto grave e non può non destare in noi particolare preoccupazione in un contesto che colpisce pesantemente il sistema industriale e i lavoratori di un'area fortemente industrializzata.
Quando ci saranno fornite notizie più precise le riferiremo immediatamente al Consiglio, in aula o nella Commissione competente.
Dispiace che tutto questo sia avvenuto in assenza dell'Assessore Cerchio. Ci siamo comunque attivati a livello di Presidenza della Giunta.
Di più non posso dire, fintantoché non avremo notizie più precise, che mi auguro siano più positive di quelle emerse inizialmente.



PRESIDENTE

Sulla comunicazione del Presidente della Giunta ha chiesto la parola il Consigliere Calligaro. Ne ha facoltà.



CALLIGARO Germano

Più di questo il Presidente della Giunta non può dire, ma direi che è sufficiente: 7.000 licenziamenti sono davvero tanti e l'ing. De Benedetti ha di fatto confermato la notizia che è stata anticipata dal Ministro Donat Cattin e che è apparsa su "Stampa Sera".
La situazione si è aggravata perché solo quattro o cinque mesi fa le eccedenze erano stimate in 3.000 unità per gli stabilimenti italiani ed esteri e si pensava di fronteggiarle con il ricorso alla cassa integrazione straordinaria, con i pre-pensionamenti, qualora la legge fosse stata rifinanziata e con il blocco delle assunzioni.
Sappiamo che il provvedimento è ben più grave. I licenziamenti negli stabilimenti italiani sarebbero pari al 15% della forza lavoro. Se saranno concentrati, come è probabile, soprattutto nel Canavese, avranno un effetto economico, produttivo e sociale devastante su quell'area. La crisi Olivetti si aggiungerebbe a quella che ha colpito lo stampaggio a caldo, il tessile (residuo ormai) e decine di altre aziende.
Non vi sono dubbi che, da almeno un anno e mezzo o forse due, il mercato mondiale dell'informatica è attraversato da turbolenze sconvolgenti. La società multinazionale di Ivrea è particolarmente esposta anche per gli errori strategici commessi, oltre che per l'andamento pessimo del mercato dell'informatica mondiale. Vi sono anche elementi di drammatizzazione, volti ad ottenere sostegni, aiuti, misure sociali superiori a quelle ottenute negli ultimi anni (se è possibile) che sono già state ingentissime.
E' un atteggiamento ricattatorio che non può che essere respinto da parte delle istituzioni. Non si può scherzare con un licenziamento collettivo della portata di migliaia e migliaia di lavoratori, anche perch l'Olivetti ha potuto per decenni usufruire di ingenti risorse finanziarie pubbliche nell'ordine di migliaia di miliardi di lire e i risultati sono, a dir poco, drammatici. Comunque, la situazione è allarmante.
Domani vi sarà un incontro con la Regione, se ho capito bene. Voglio ricordare che noi intervenimmo all'inizio dell'88 per chiedere di discutere nell'aula consiliare della Regione delle prospettive dei gruppi Fiat e Olivetti. Dobbiamo ancora avere risposta. Voglio dire che non possiamo accorgerci della gravita delle situazioni solo quando scattano la cassa integrazione e i licenziamenti. Non è materia di altri, questa è materia anche dell'istituzione Regione Piemonte, anzi, è materia prioritaria indipendentemente dal ruolo che la Regione svolge nel campo della politica istituzionale e occupazionale. Discutere delle prospettive dei grandi gruppi è decisivo anche ai fini di conoscere le prospettive delle attività indotte.
Pensiamo che si debba fare subito chiarezza assoluta in ordine alla reale situazione economica, produttiva, finanziaria e occupazionale della Olivetti, in ordine al modo di fronteggiare questa situazione di crisi. La soluzione non può essere quella dei licenziamenti, non può essere quella del ricatto occupazionale. Deve essere trovata una linea di uscita da questa situazione insieme al sindacati, alla Regione e al Governo, deve essere una linea non traumatica che si avvalga della cassa integrazione straordinaria, dei pre-pensionamenti, che devono essere rifìnanziati, di politiche di ricerca e di politiche industriali che siano congrue con la portata dello scontro sul mercato mondiale. Questa linea deve riguardare anche le ripercussioni che la crisi Olivetti avrà sull'indotto. In sostanza, sosteniamo che i trasferimenti di risorse pubbliche non possono avvenire a fondo perduto, ma devono essere mirati a obiettivi di politica industriale e occupazionale. Solo così ingenti trasferimenti sono giustificati.
All'annuncio del ricorso alla cassa integrazione ordinaria da parte della Fiat si è svolto, in questo Consiglio, un dibattito e si sono scontrate due tesi: quella del carattere congiunturale della crisi, delle difficoltà e quella della crisi di carattere strutturale oltre alla congiuntura sfavorevole. Sono emersi, in queste ultime settimane, serissimi problemi strutturali, tanto più se si ha ben presente l'appuntamento europeo del 1993. I cassaintegrati alla Fiat sono saliti da 35.000 a 70.000. Le ultime notizie dalla Olivetti dovrebbero indurre tutti a riflettere sul carattere e la portata delle difficoltà, che non sono purtroppo solo congiunturali. Si rende quindi urgentissima una seduta di Consiglio regionale straordinaria sulla situazione economica ed occupazionale del Piemonte che, a questo punto, non può più essere rinviata.



PRESIDENTE

La parola al Consigliere Tapparo.



TAPPARO Giancarlo

Signor Presidente, colleghi Consiglieri, sorprende apprendere dai titoli sui giornali che vi saranno 7.000 licenziamenti. E' il primo caso dopo molti anni, che viene presentato in queste forme; in genere ci trovavamo di fronte alla richiesta di cassa integrazione.
Esiste uno strumento sperimentato in Piemonte nel caso Olivetti all'inizio degli anni '80 con limiti notevoli, non ancora riadeguato dal Parlamento. La Regione si era fatta carico di grandi progetti del Fondo Sociale Europeo per l'Olivetti che hanno portato a termine, in modo morbido, una profonda ristrutturazione del gruppo di Ivrea. Quindi, questa affermazione sorprende come viene presentata, può anche avere un carattere strumentale di choc. Vorremmo avere un documento ufficiale dell'Olivetti per capire se è questo l'indirizzo. Sappiamo del crollo e della ristrutturazione del mercato dell'informatica. La Philips ha in procinto un processo profondissimo di trasformazione, ma anche molte altre aziende. Non voglio accusare il management della Olivetti. Forse, dinnanzi alle difficoltà, il ruolo della Regione è sempre solo quello di registrare questi avvenimenti e non invece di capire i processi e di avere, al limite un ruolo attivo, in ordine ai servizi reali, alle imprese e ad un indotto adeguato per rendere più competitive le grandi aziende. Quando rivendichiamo un ruolo attivo troviamo una chiusura nella Federpiemonte nell'Unione Industriale che ritengono che queste non siano nostre competenze. In effetti, le nostre competenze sono quelle di intervenire nel settore della piccola industria e dell'artigianato, che sono poi gli ambiti degli indotti delle grandi aziende che concorrono alla competitività.
E' stata messa ingiustamente la sordina in questo Consiglio alla vicenda Fiat che, tra l'altro, con gli ultimi indicatori di vendita e con la nuova crescita della cassa integrazione, fanno sì che diventi un nuovo grande problema per il Piemonte.
Voglio segnalare, colleghi Consiglieri, un caso drammatico di scissione tra la visibilità del Parlamento ed i problemi locali. In Parlamento si sta procedendo, a tappe forzate, a prevedere per la disoccupazione la doppia iscrizione alle circoscrizioni. E' un fatto che penalizza fortemente le nostre situazioni. Per coprire 350 posti d'ordine negli ospedali (si diceva che non si sarebbero coperti perché nessuno voleva fare quel tipo di lavoro) dopo che la Commissione regionale per l'impiego aveva risolto il problema, con l'iniziativa che la legge n. 56 autorizza, il fatto che si poteva realizzare con l'iscrizione ad una sola circoscrizione, erano presenti mille domande per occupare 350 posti di fascia bassa. Ora il Parlamento ritorna ad imporre alla nostra operatività la doppia iscrizione.
In un momento in cui si apre una situazione drammatica, nel quale sono state bloccate le assunzioni del personale generico, i contratti di formazione lavoro perché si è arrivati alla soglia imposta dal Ministro del Lavoro, non possiamo pensare di fare solo i notai che registrano tali eventi, ma dobbiamo assumere una posizione attiva per far sentire, come nel caso della legge n. 142, la nostra voce, altrimenti rischiamo che l'evento Olivetti, insieme all'evento Fiat, siano ancora più gravi dei fatti che sono avvenuti in Piemonte all'inizio degli anni '80.



PRESIDENTE

La parola al Consigliere Picchioni.



PICCHIONI Rolando

Prendendo lo spunto dalle considerazioni che sono state fatte, mi pare che l'istituzione si dimostri ancora una volta, a causa della sua debolezza congenita, una potenza impotente. Ed è tale proprio nel modo e nella misura in cui certe consultazioni con il mondo del lavoro e con il mondo della produzione vengono fatte o piuttosto subite. La passerella più o meno accademica compiuta dalle forze sindacali o dalle forze rappresentative del lavoro lascia il tempo che trova. Ne può essere diversamente laddove una Commissione più o meno distratta fa domande più o meno scontate, laddove si hanno delle risposte più o meno prevedibili, laddove non si entra assolutamente nel cuore del problema. E' una considerazione che faccio come Consigliere di recente nomina e, pertanto, non conosco quale sia l'efficacia di queste Commissioni o di questi riti che si ripetono con scontati copioni.
Che cosa si può fare, al di là di quelle che possono essere delle grida manzoniane? Che cosa si può fare di fronte al fatto che siamo una cassa di risonanza, a valle di un'informazione che mai tempestiva e comunque, nella migliore delle Ipotesi, sempre intermittente? Che cosa possiamo fare di fronte ad una certa sufficienza dei nostri interlocutori che, forse considerano la Regione, il luogo negato per un'informazione più precisa e puntuale? Non si tratta soltanto di un problema di metodo: siamo invece di fronte ad un problema che, in questo caso, diventa assolutamente di sostanza. Se poi dovessi parlare delle vicende De Benedetti, Fiat contratti di formazione lavoro, avrei molto da dire. Anzi, a tal proposito desidererei che il Presidente della Giunta o l'Assessore Cerchio prendessero una posizione ferma sul contratto di formazione lavoro. E' possibile che questa Regione Piemonte, dove si conoscono già tanti segni di crisi ogni giorno più preoccupanti, possa essere assente? E' possibile che non riesca ad assumere una posizione non solamente formale, ma fermamente incisiva? Sul problema Olivetti o sul problema De Benedetti si potrebbero fare valutazioni più o meno amene. Oggi la notizia è tanto più devastante quanto più l'ingegnere gode una stampa corriva e compiacente. Si è permesso al grande Ingegnere di Ivrea di giocare su tutti i tavoli verdi d'Europa, cioè nell'ambito della grande o della piccola finanza, con sponsorizzazioni di giornali più o meno catturati al proprio carro, più o meno legati alle sue logiche aziendali e, pertanto, anche a tutti quei giochi, certamente mirabolanti, ma anche molto pirotecnici con cui l'ingegnere è passato dall'industria alla finanza e, invertendo il percorso, dalla finanza all'industria.
Non facciamo certamente dei discorsi di ordine politico. Occorre tuttavia ricordare a questi signori dell'industria e della finanza che oggi, nell'anno 1990, non si può più essere semplicemente imprenditori d'assalto. Non si può permettere di predicare la deregulation e Stato sociale e poi fare quello che si vuole a seconda delle situazioni. Non so cosa sia possibile fare, oltre ad esternare il nostro pensiero, il nostro rammarico, la nostra sorpresa di fronte a queste notizie. La Regione pu alzare la voce come si è fatto in alcune occasioni? Dovremmo farlo certamente anche oggi, se non vogliamo essere un'aula sorda e grigia, se vogliamo effettivamente essere quella istituzione che abbiamo sentito ribadire attraverso i rituali di ogni giorno. Il problema è che non riusciamo mai a trovare una sufficiente comunicazione esterna per dire che non siamo le comparse del regno, ma i protagonisti delle diverse vicende che interessano la nostra Regione e la nostra comunità.
Prego il Presidente dell'assemblea che occorre darne atto, ma difendere benissimo gli ambiti relativi alle sue sfere di competenza, e prego anche la Giunta di fare tutti i passi necessari nei confronti del Governo e nei confronti del soggetti sociali affinché la Regione non venga valutata solamente come un soggetto ausiliario della Croce Rossa, ma possa essere l'istituzione che, non soltanto in tempi d'emergenza, ma anche in tempi normali, possa svolgere la sua funzione con piena dignità e rispetto da parte di tutti.



PRESIDENTE

La parola al Consigliere Zacchera.



ZACCHERA Marco

Sottoscrivo quanto è stato detto dai colleghi. Vorrei però aggiungere un'altra considerazione che sottopongo all'attenzione del Presidente del Consiglio e del Presidente della Giunta. Da due settimane è in corso in III Commissione un dibattito sull'occupazione, i rappresentanti della Confindustria mercoledì scorso non ci hanno parlato di questo problema.



BRIZIO Gian Paolo, Presidente della Giunta regionale

Addirittura il Governo lo ha saputo ieri sera alle 21.00.



ZACCHERA Marco

Non sto criticando il Presidente della Giunta, sto dicendo che stiamo raggiungendo l'apice dell'assurdo perché è in corso in III Commissione, e riprende domani mattina alle ore 9,30, una grande audizione di tutte le parti sociali sul problema dell'occupazione. La settimana scorsa sono venuti i rappresentanti confindustriali e non ci hanno detto assolutamente nulla. Hanno detto soltanto che, nell'ultimo trimestre, nel Canavese sono sorti dei problemi. Domani chiederò al Presidente della Commissione di richiamare il Presidente dell'Unione Industriale perlomeno per dirgli in faccia che la prossima volta o si informa presso i suoi associati oppure anche lui fa il gioco delle parti per cui bisogna giocare a dire le cose o a non dirle. Lasciamo perdere tutte le cose che stanno dietro: i 7.000 diventano 700, poi ritornano ad essere 1.400; poi arriva qualcuno a porgere la mano per cui passano tutti in cassa integrazione e paga il Governo.
Siamo abituati a queste cose.



CALLIGARO Germano

Non paga il Governo, sono i contribuenti a pagare.



ZACCHERA Marco

Penso di interpretare il parere di tutti dicendo che possiamo riprendere questo discorso domani in III Commissione, che è la sede più adatta per esternare la nostra sorpresa per questi fatti. Chiederemo anche a questo punto, un'audizione dell'azienda Olivetti, che venga in prima persona a dirci qualcosa. Non capisco altrimenti che cosa stiamo a fare qui, perché se non si degnano nemmeno di darci delle informazioni corrette a questo punto, è quasi inutile andarle a chiedere.



PRESIDENTE

Non essendovi altre richieste di parola ha facoltà di replicare il Presidente della Giunta regionale, Brizio.



BRIZIO Gian Paolo, Presidente della Giunta regionale

Voglio chiarire che non c'è stata mai, da parte della Giunta, una sottovalutazione delle difficoltà della situazione industriale.



CALLIGARO Germano

Le interpellanze sulle prospettive del gruppo Olivetti e del gruppo Fiat risalgono al 1988!



BRIZIO Gian Paolo, Presidente della Giunta regionale

Devo fare alcune puntualizzazioni. Ripeto che non c'è da parte nostra alcuna sottovalutazione del problema ne che c'è mai stata. Quando è emerso il caso Fiat abbiamo teso a differenziare, abbiamo detto che si sarebbe affrontato il tema generale in un dibattito. Il caso Fiat è stato una spia ma ci sono problemi più ampi; già in quel momento si parlava di crisi Olivetti e il collega Calligaro ha detto che l'eccedenza allora era di 3.000 posti, per cui il problema era già sul tappeto. Certo, oggi prende una svolta molto pesante, giocata con molta irruenza. Il Governo è stato avvisato soltanto nella giornata di ieri. Appena l'abbiamo saputo questa mattina, ci siamo attivati per avere un contatto diretto, che abbiamo avuto. E' stata dichiarata sui giornali una volontà di parlarne in Regione ma se non ci fossimo mossi, non so se avremmo avuto un immediato contatto.
Anche il Governo è stato avvisato con grande ritardo. C'è una svolta e delle difficoltà che hanno suggerito all'azienda questo atteggiamento.
Vedremo che cosa c'è dietro. Non possiamo certo non esprimere le nostre preoccupazioni; non possiamo dire di non vedere degli elementi di seria difficoltà nella situazione industriale della nostra Regione. Tant'è vero che ci siamo detti da tempo disponibili ad affrontare in aula questo problema, non appena ci saranno le condizioni per un dibattito generale anche su vari altri problemi che conosciamo, dal tessile nel Biellese a quello dell'azienda Merloni per quanto riguarda l'Indesit. In assenza dell'Assessore Cerchio ho ricevuto il rappresentante della Merloni, azienda che attende il rinnovo della cassa integrazione a fine anno; se non ci sarà avremo dei serissimi problemi. La ristrutturazione in atto è continua e colpisce il sistema produttivo piemontese.
La Giunta è seriamente impegnata e non ha alcuna intenzione di farsi tagliar fuori dal dibattito, dalla trattativa e dalle decisioni che verranno assunte in ordine alla trasformazione dei licenziamenti in altri provvedimenti, cosa che auspichiamo.
Daremo ulteriori elementi non appena avremo maggiori notizie in proposito. Purtroppo, le competenze regionali in tema di politica industriale le conosciamo. Sotto questo aspetto riprendo parte dell'intervento dell'Assessore Nerviani. Abbiamo aperto un contenzioso a livello parlamentare anche sulle competenze regionali contenute nell'art.
117 della Costituzione. Lo porteremo avanti sapendo che tra gli altri temi c'è anche quello di un maggior spazio sul terreno delle politiche industriali. Secondo la Costituzione, neanche la piccola industria è di competenza regionale. Già con la legge n. 56/77 abbiamo dovuto andare oltre le nostre competenze. Il peso politico della Regione lo vogliamo giocare tutto. Ci impegnarne a farlo con tutta la nostra forza.



PRESIDENTE

La parola al Consigliere Marchini.



MARCHINI Sergio

Suggerisco, invece di pretendere ludi cartacei o verbali, che si utilizzino i buoni rapporti con il Ministro per ottenere - e sarebbe fortemente significativo - che gli incontri che l'azienda avrà con il Governo avvengano alla presenza anche del Presidente della Regione.


Argomento: Parchi e riserve

Esame proposta di deliberazione n. 50: "D.C.R. n. 839-2194 del 21 febbraio 1985 Piano dell'area del Parco naturale Valle del Ticino'. Modificazione di errore materiale"


PRESIDENTE

Pongo in votazione la proposta di deliberazione n. 50, il cui testo è a mani dei Consiglieri e verrà trascritto nel processo verbale della seduta in corso.
Chi è favorevole è pregato di alzare la mano.
La deliberazione è approvata all'unanimità dei 28 Consiglieri presenti.


Argomento: Consiglio, organizzazione e funzioni

Esame proposta di deliberazione n. 52: "L.R. 21/6/1984, n. 28, modificata ed integrata dalla L.R. 16/11/1988, n. 44, art. 9, commi primo e secondo. Fondo di garanzia per l'accesso al credito da parte delle cooperative di cui all'art. 2 della suddetta legge"


PRESIDENTE

Passiamo all'esame della proposta di deliberazione n. 52, il cui testo è a mani dei Consiglieri e verrà trascritto nel processo verbale della seduta in corso.
Chi è favorevole è pregato di alzare la mano.
La deliberazione è approvata con 27 voti favorevoli e 1 astensione.


Argomento: Personale del servizio sanitario

Esame proposta di deliberazione n. 38: "Attuazione art. 17 u.c, del DPR 20/12/1979, n. 761. Adeguamento organico Ospedali Valdesi di Pomaretto e di Torre Pollice Integrazione alla deliberazione del C.R. n. 106-3185 del 6/3/1986"


PRESIDENTE

Passiamo infine all'esame della proposta di deliberazione n. 38, il cui testo è a mani dei Consiglieri e verrà trascritto nel processo verbale della seduta in corso.
Chi è favorevole è pregato di alzare la mano.
La deliberazione è approvata all'unanimità dei 29 Consiglieri presenti.


Argomento:

Interrogazioni, interpellanze, mozioni e ordini del giorno (annunzio)


PRESIDENTE

Le interrogazioni, interpellanze, mozioni e ordini del giorno pervenute all'Ufficio di Presidenza del Consiglio regionale verranno allegate al processo verbale dell'adunanza in corso.
La seduta è tolta.



(La seduta ha termine alle ore 19)



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