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Dettaglio seduta n.209 del 09/02/93 - Legislatura n. V - Sedute dal 6 maggio 1990 al 22 aprile 1995

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Argomento:


PRESIDENZA DEL VICEPRESIDENTE MONTABONE


Argomento:

Comunicazioni del Presidente del Consiglio regionale


PRESIDENTE

In merito il punto 7) all'o.d.g.: "Comunicazioni del Presidente del Consiglio regionale", comunico:


Argomento:

Comunicazioni del Presidente del Consiglio regionale

Argomento:

Congedi


PRESIDENTE

Hanno chiesto congedo i Consiglieri Beltrami, Bodrero, Bortolin Brizio, Buzio, Calligaro, Croso, Dameri, Gallarini e Spagnuolo.


Argomento: Urbanistica (piani territoriali, piani di recupero, centri storici

Dibattito sulla comunicazione dell'Assessore Carletto in merito al Piano Regolatore Generale di Torino e documenti connessi (seguito)


PRESIDENTE

La seduta è aperta.
Riprendiamo il dibattito sulla relazione dell'Assessore Carletto di cui al punto 8) all'o.d.g.
E' iscritto a parlare il Consigliere Ferrara; ne ha facoltà.
FERRARA Signor Presidente, colleghi Consiglieri, fin da quando cominciai ad occuparmi di politica nelle istituzioni, ovvero nel 1980, nel Consiglio comunale di Torino (il collega Chiezzi e gli altri che erano presenti in quel Consiglio comunale ricorderanno) il problema centrale di quegli anni era già il Piano regolatore della città. Nel 1980 si diceva che una città in profonda trasformazione, con una tipologia economica e sociale profondamente diversa rispetto a quella del 1959, anno in cui era stato formato il Piano regolatore, a tutt'oggi ancora in vigore, non poteva essere governata con quello strumento urbanistico e si poneva con grande necessità ed urgenza la necessità di approvare un nuovo Piano regolatore.
Io ricordo l'allora Assessore all'urbanistica del Comune di Torino Assessore Radicioni, che poneva al Consiglio comunale la grande urgenza di adeguare gli strumenti urbanistici per poter seguire e guidare lo sviluppo della città.
Dal 1980 giungiamo oggi al 1993 e non abbiamo ancora uno strumento nuovo rispetto a quello strumento oramai vecchio e superato. Non si riuscì ad andare in quell'epoca, con l'Assessore Radicioni, oltre il progetto preliminare di Piano regolatore, poi ci fu nel 1985 il cambiamento della maggioranza e si ritornò daccapo. Si ripartì completamente daccapo: si diede un nuovo incarico e si riavviò la procedura per arrivare ad un nuovo Piano regolatore. Col nuovo iter si è giunti nel novembre 1991 ad approvare un nuovo progetto preliminare; nuovo progetto preliminare che è stato caratterizzato da un ampio dibattito all'interno delle istituzioni. Quel progetto preliminare di Piano regolatore è stato oggetto di una consultazione, di un confronto e di un dibattito, come probabilmente non avevamo mai assistito nella nostra città. Credo che lo stesso Assessore abbia dato atto di quanto all'interno della società, all'interno delle varie componenti sociali, quel progetto sia stato confrontato, esaminato e infine approvato.
Ci sono alcune necessità molto forti nella nostra città. Avendo approvato il progetto preliminare di Piano regolatore nel 1991 noi sappiamo che scatta la salvaguardia per cui a fine 1994, se l'iter completo di approvazione del nuovo Piano regolatore non dovesse essere concluso automaticamente, decadrà tutto. Qualcuno dice che i termini fissati dalla legge n. 56/77 sono soltanto ordinatori e non perentori, ma a me pare che non siano nemmeno più ordinatori: sono termini che vengono regolarmente superati e disattesi quotidianamente, tutti i giorni! Resta comunque il fatto che esiste questa scadenza.
Al di là degli aspetti puramente tecnici c'è un aspetto politico che è fondamentale e centrale.
L'aspetto politico fondamentale è che se il Piano regolatore non giungerà entro i termini fissati dalla legge alla sua completa approvazione, la città di Torino si vedrà nuovamente regolamentata da uno strumento che è datato 1959, uno strumento che è oggettivamente superato e inutile. Io non credo possibile superare questo stato di grande necessità per motivi imputabili all'incapacità del Consiglio comunale di darsi uno strumento definitivo.
Ci sono due motivi secondo me che rendono oggi urgente l'approvazione di questo Piano regolatore. In primo luogo, la necessità di avere uno strumento capace di guidare la trasformazione della citta, trasformazione che è in corso, trasformazione che è in attesa di potersi realizzare compiutamente, trasformazione che è prevista negli strumenti urbanistici e che oggi non riesce a vedere la luce ed avere un avvio definitivo.
C'è un altro elemento altrettanto importante. Qualcuno ha ritenuto che fosse marginale, ma non credo sia marginale. Il Piano regolatore non si fa certo per determinare nuova occupazione, ma è fuor di dubbio che un nuovo progetto urbanistico per la città determina nuova occupazione, nuovi investimenti, capacità comunque di affrontare la situazione di crisi che sta soffrendo oggi la nostra città. Certamente il Piano regolatore di Torino, il giorno in cui fosse approvato, determinerebbe tutta una serie di nuovi investimenti, di nuove opportunità, di nuovo lavoro nella nostra città e oggi è importante. Non è vero quindi che non si può non collegare questo alla causa che lo determina. Certamente non si fa il Piano regolatore soltanto per creare nuova occupazione, ma è fuori di dubbio che un nuovo Piano regolatore determina nuova occupazione e capacità di movimento dell'economia della nostra città.
Per questi motivi il Gruppo repubblicano ha presentato un'interpellanza; interpellanza alla quale ha risposto l'Assessore Carletto con la dovuta prudenza rispetto a questo fatto, prudenza resa necessaria dalla delicatezza della situazione torinese oggi, dalla delicatezza del ruolo del Commissario, dalla delicatezza degli aspetti istituzionali che devono essere tutelati e garantiti.
L'interpellanza che il PRI ha posto era assolutamente rispettosa degli aspetti istituzionali, non in contrasto con quello che è un corretto modo di porsi nelle istituzioni, non facendo alcuna pressione, ponendo comunque in evidenza i problemi che ci sono. Con la stessa prudenza che ha caratterizzato la risposta dell'Assessore, il PRI ha posto un problema serio e concreto.
La legge n. 56/77 prevede dei poteri sostitutivi della Regione rispetto al Comune. Lo ha detto il collega Majorino e l'ha detto questa mattina anche il collega Grosso, il quale diceva che se ci fossero dei ritardi scatterebbero certamente i poteri sostitutivi. Grosso diceva "ma è veramente, oggi, già scattato quel termine che comporta i poteri sostitutivi?"; io mi chiedo in quale momento scatta, perché ci sono dei termini perentori che comunque vanificano il progetto di Piano regolatore.
Ho detto prima che la salvaguardia scade nel 1994, se è vero quello che ci ha detto l'Assessore Carletto, e la Regione avrà circa 12 mesi per valutare il progetto preliminare e le osservazioni presentate. Se ci vogliono almeno 12 mesi, se si tiene conto che successivamente ai 12 mesi c'è ancora tutta una serie di passaggi necessari per arrivare alla definitiva approvazione del Piano regolatore, mi chiedo se non stiamo per raggiungere veramente questo limite, oltre il quale tutto il processo che si è avviato qualche anno fa viene ad essere vanificato. Ho la sensazione che siamo molto vicini a questo limite; abbiamo davanti a noi poco meno di due anni che non possono essere persi e non possono essere considerati lunghi. Sono scarsi rispetto a tutte le procedure, le incombenze che ancora deve assolvere l'iter per giungere al Piano regolatore definitivo.
Allora mi chiedo se in questa situazione, in cui ci sono dei termini di tempo molto stretti, nel momento in cui non c'è un Consiglio comunale in grado di approvare a breve, non stia per arrivare davvero quel momento limite per far scattare i poteri sostitutivi, che certamente non scatteranno se nelle prossime settimane qualcuno porterà avanti questo iter. L'Assessore Carletto, dopo essersi documentato, ci ha detto, e d'altronde mi pare che lo stesso testo della legge affermi queste cose, che se non dovesse avvenire questo e dovessimo aspettare il nuovo Consiglio comunale per affrontare questi problemi, per ben che vada il Consiglio comunale non invierebbe alla Regione prima di fine anno questo progetto preliminare con le osservazioni verificate ed esaminate. Se questo dovesse verificarsi, correremmo il serio e concreto rischio di vedere il Piano regolatore non riuscire a giungere a suo compimento nei termini fissati dalla legge.
Qualcuno dice che il Commissario è Commissario di Governo e quindi non può adottare dei provvedimenti che hanno una valenza fortemente politica e che sono di competenza dei rappresentanti dei cittadini. Credo che il Commissario di governo sia un soggetto nominato dal Governo per gestire il Comune, per gestire l'amministrazione complessiva del Comune che ha una valenza anche politica, perché quando il Commissario di Governo pu approvare il bilancio di un Comune, che è l'espressione più qualificata dell'aspetto politico (è la parte più forte, con maggiori valenze e contenuti politici), se ha questi poteri, nel momento in cui sta per giungere a compimento l'iter, con il rischio di farlo decadere fin dall'origine, quindi tornare agli strumenti del 1959, credo che possa e forse debba farlo.
Se questo non avvenisse credo che nel giro di poco tempo la Regione Piemonte dovrebbe prendere atto di questa impossibilità o difficoltà del Commissario di portare avanti il suo iter e avvalersi dei poteri sostitutivi, che non sono peraltro una cosa stravolgente, visto che sono previsti dalla legge stessa, quindi è un fatto possibile, lecito e legittimo.
La nostra posizione è di approvazione rispetto alla linea tenuta dall'Assessore di prudenza rispetto a questo fatto: ci rendiamo conto che l'evento è importante e deve essere guardato con estrema prudenza, per crediamo anche che se ad oggi non esistono le condizioni necessarie per far scattare i poteri sostitutivi, qualora il Commissario di Governo ritenesse di non poter assumere nessuna determinazione, la Regione dovrebbe far scattare i suoi poteri sostitutivi e portare a compimento quel processo del Piano regolatore che a mio giudizio è essenziale e fondamentale per la città. Che sia essenziale e fondamentale per la città lo dico non io adesso, ma lo diceva già nel 1980 l'Assessore Radicioni al Comune di Torino, lo dicono tutte le forze e le componenti economiche e sociali della nostra città che vedono in questo strumento non lo strumento decisivo e fondamentale per riavviare il processo di sviluppo della nostra città, ma certamente uno strumento capace di rimettere in movimento quella trasformazione della città che ormai da troppi anni non si verifica. Quindi la mia opinione e la posizione del Gruppo repubblicano è che in questo momento non si debba usare nessuna pressione particolare nei confronti del Commissario che è evidentemente autonomo e libero di valutare.
CUCCO Più di questo, Ferrara, che cosa gli vuoi dire.
FERRARA Sel Commissario non ritenesse di dover assumere delle determinazioni la mia opinione è che questa istituzione non può passivamente subire un arresto, una paralisi dell'attività della città di Torino e dovrebbe in qualche modo rendersi attiva perché il processo di trasformazione della città possa giungere a compimento e si possano determinare quelle prospettive e quelle attese che oggi l'opinione pubblica, le componenti economiche e sociali della nostra città stanno attendendo con grande speranza.



PRESIDENTE

La parola alla Consigliera Bresso.
BRESSO Sono un po' esterrefatta di quest'ultimo intervento del Consigliere Ferrara, perché mi è sembrata un'incredibile dichiarazione di impotenza da parte di una forza politica che ha avuto responsabilità nel governo di questa città negli ultimi anni e che ha responsabilità importanti di governo in questa Regione. Se ho capito bene ci dice di chiedere al Commissario di Governo di fare quello che noi non abbiamo saputo fare approvando un piano su cui è caduta la nostra maggioranza, approvando quel piano che noi non siamo riusciti a far approvare. In sostanza agendo, in questo caso, proprio come un Governo che non riuscendo ad imporre attraverso le regole democratiche ciò che vuole lo fa attraverso un Commissario.
Mi sembra proprio una posizione inaudita, perché le preoccupazioni, che sono comprensibili, del Consigliere Ferrara, sul fatto che si arrivi al 1994 senza avere un Piano regolatore a Torino, sono però ulteriori dichiarazioni di impotenza e incapacità da parte di una forza politica che io spero, non sarà al governo di Torino dopo le prossime elezioni che sono al momento, indette per il 28 marzo, cioè fra neanche due mesi e il 1994 è lontano nel tempo. Supponiamo anche, come credo, che si debbano fare delle modifiche; mi auguro che la nuova maggioranza di Torino apporterà delle sostanziali modifiche a questo Piano regolatore. Si tratta di questioni centrali che possono essere affrontate in tempi anche ragionevoli, perch l'urbanistica, per essere attuata bene, non necessariamente ha bisogno di millenni, perché tutto il lavoro istruttorio è ormai abbondantemente disponibile. Le scelte possono anche essere cambiate molto rapidamente, se si vogliono cambiare e se c'è una chiarezza d'idee su come questo deve essere fatto, perché quando il lavoro conoscitivo è disponibile, basta cambiare le scelte e la parte di cartografia relativa alle scelte.
Per cui mi pare inaudito dire oggi che non sarà possibile che una coalizione di forze politiche, intese a governare e ad operare, non riesca di qui al 1994, a prendere delle decisioni democratiche e a modificare ci che si vuole. Non c'è dubbio che sarà diverso il Piano regolatore che uscirà dalla nuova maggioranza, perché se su questa questione è caduta una maggioranza, è probabile che la nuova maggioranza avrà opinioni diverse, ma non si deve chiedere a qualcun altro di fare un lavoro preliminare a ci che noi vorremmo fare in futuro, soprattutto se non siamo convinti di avere, in futuro, la maggioranza per farlo.
Questa dichiarazione è molto grave; credo che il Commissario di Governo dovrebbe ascoltare, piuttosto che le sollecitazioni preoccupanti sul piano della democrazia come quelle del collega Ferrara, le sollecitazioni del collega Grosso che, invece, pongono una delicata questione, e cioè se i poteri, attribuiti ad un Commissario per far fronte a qualunque situazione che si potrebbe verificare - potrebbe verificarsi un terremoto un'alluvione, una situazione drammatica per una qualche ragione e quindi gli sono conferiti poteri ampi per questa ragione - non sono poteri dittatoriali, ma poteri che coprono ogni eventualità, non certo le eventualità correnti che esulano dall'ordinaria amministrazione.
Questa è un'opportunità politica e costituzionale, perché il collega Grosso ha detto che una legge, che di fatto conferisca tutti i poteri correnti di un Consiglio comunale e di una Giunta con la possibilità di modificare sostanzialmente l'iter democratico di una città, sarebbe non costituzionale. Dovremmo preoccuparcene, perché questo vuol dire che, in questo Paese, non è più certa la gestione democratica.
E' già intervenuto su questo il collega Grosso, mentre io voglio intervenire su questioni procedurali, ma interne alla questione urbanistica e di merito, in particolare, seguendo una serie di affermazioni dell'Assessore Carletto.
E' vero che c'è stato nella città un dibattito abbastanza ampio sul Piano regolatore; è anche vero che questo dibattito ampio, avvenuto dopo l'adozione del preliminare, ha portato a 1.300 osservazioni formali e oltre 2.000 osservazioni sostanziali, che comprendono anche le osservazioni multiple, alcune delle quali coinvolgono l'intera struttura del Piano. Io ne ho in mano una che consiste in diciannove osservazioni sostanziali sul modo in cui il Piano è stato concepito.
Tutto può essere stracciato, ma non c'è dubbio che quando si parla di ampio dibattito, questo deve poter servire a qualcosa, deve servire all'istituzione democraticamente eletta per tener conto della volontà dei cittadini. In questo modo la volontà dei cittadini si è espressa attraverso prima la conoscenza - quando ci sono riusciti - di che cosa consisteva il Piano regolatore, poi nell'espressione di osservazioni e, a questo punto la questione si chiude lì, dicendo che le osservazioni sono tutte irricevibili. Tutte quelle che conosco, se fossi Consigliere comunale, le considererei ricevibili sul piano del merito urbanistico, e anche sul piano della contestazione fra obiettivi dichiarati e meccanismo che, nel Piano regolatore, viene individuato per realizzare quell'obiettivo.
Potrei essere Consigliere comunale di Torino nel prossimo Consiglio; io le riterrei accettabili e potrei anche essere in maggioranza. Questo significa che il dibattito è stato finalizzato al nulla, se non è possibile, per una assemblea democraticamente eletta, accogliere il senso e il significato profondo di quel dibattito e rispondere ai cittadini. I cittadini, giustamente, si sentono e si sentirebbero truffati; sono stati invitati a partecipare, hanno partecipato abbondantemente e in modo molto sensato, checché alcuni sostengano il contrario e adesso vengono ricacciati indietro da un Commissario che ritiene di avere i poteri di un dittatore.
Sarebbe molto grave, ma non è il Commissario che lo ritiene. Il Commissario, in realtà, sta sentendo le opinioni e noi dobbiamo esprimere un'opinione. Credo che l'opinione che dobbiamo esprimere è che il Commissario farà bene ad attendere che ci sia una rappresentanza democratica. Qual è la ragione politica per cui dobbiamo esprimere questa opinione? E' che riteniamo che ci siano molte e fondate osservazioni al Piano che meritano e necessitano una risposta da parte di una assemblea democraticamente eletta nei suoi pieni poteri, cioè in grado di esprimere una maggioranza e un sindaco, o di averlo già eletto se così sarà la legge.
Sulla seconda questione non ritorno, perché parecchi colleghi hanno già osservato che ciò che la Regione può fare è rinviare su specifiche questioni e dentro i limiti della legge n. 56/77. Quindi, l'eventuale ridiscussione in Consiglio comunale non riguarderebbe la totalità del Piano, e non riguarderebbe, in particolare, la risposta alle famose 1300 osservazioni. Quindi, non è in nessun modo la stessa cosa.
C'è una questione di merito, su cui l'Assessore si sofferma, relativa alla situazione grave in cui si trova Torino dal punto di vista urbanistico, che solleciterebbe - lo ha detto anche il Consigliere Ferrara il Commissario ad approvare.
Credo che se oggi la situazione urbanistica di Torino è difficile l'approvazione del Piano la renderebbe ancora più difficile, perché un Piano regolatore approvato nel 1993 - ma con l'iter in Regione sarebbe il 1994 - che non sia il nucleo centrale di un Piano coordinato della Città Metropolitana è un Piano che non merita di andare oltre il 2000, di portare Torino oltre il 2000. E' un piano implosivo, che tende a far reimplodere Torino su se stessa invece che farla espandere e, quindi, davvero creare opportunità di sviluppo e di crescita per l'intera Area Metropolitana, e non solo per se stessa.
E' un Piano profondamente egoista, che non merita di essere salvato in extremis nel modo in cui lo volete salvare. E' un Piano che obbligherà l'Assessore Garino, prima o poi, a prendere atto del fatto che non c'è nessuna speranza che i nostri figli, e neanche i nostri nipoti, possano respirare a Torino. Quindi, è un piano che obbligherà a prendere misure coercitive e straordinarie, perché riprevede una forte concentrazione all'interno del tessuto storico della città di attività e, nella buona sostanza, una nuova concentrazione di problemi, di inquinamenti e di congestione urbana.
E' un piano che, in nessun modo, risolverà uno dei principali problemi delle città moderne, e in particolare di Torino, che è quello della congestione del centro storico e della conseguente invivibilità ambientale dello stesso e di tutta la città.
Ci sono tre questioni di merito. Ho cominciato introducendo questa che pongo come questione di merito non perché faccia una specie di anticipazione di ciò che diremo, speriamo non dopo questa approvazione, ma quando, dopo l'approvazione da parte di un'assemblea democraticamente eletta, discuteremo, come ci ha promesso l'Assessore, delle linee portanti del Piano di Torino. Anticipo delle osservazioni che ritengo di merito politico, non di merito tecnico del Piano regolatore, che giustificano il fatto di suggerire al Commissario di non approvarlo perché molti di noi ritengono, io spererei che lo ritenessero anche almeno una parte dei componenti della maggioranza, che questo merito di alcune questioni necessiti quanto meno una ridefinizione, una modifica del Piano regolatore stesso.
Quali sono queste questioni? Una l'ho già accennata prima: il fatto che non è un Piano regolatore dell'area metropolitana, ma è un Piano regolatore della città di Torino dentro ai suoi confini storici, dentro cui sta stretta, tanto è vero che molte delle più contestate norme, in particolare tutta quella relativa al verde, sono anche di questo tipo perché non potendo fare il Piano della città metropolitana non si può integrare la politica del verde in un ambito più vasto che non sia quello strettamente del Comune di Torino. Questa è una delle ragioni per cui c'è tutta una serie di trasformazioni fasulle di verde agricolo in verde pubblico per consentire il raggiungimento di standard che peraltro non si riescono comunque a raggiungere.
Si tratta di un Piano regolatore che peraltro è in contrasto con la legge, perché l'Assessore Nerviani dovrebbe far rilevare in quest'aula che non è accettabile oggi un Piano regolatore della città capoluogo dell'area metropolitana che non sia anche un Piano regolatore che almeno spiega tutte le connessioni con l'area metropolitana.
NERVIANI, Assessore regionale Sono d'accordo, ma cercami una città in Italia che sia riuscita a realizzare questa utopia.
BRESSO Non tutte le città stanno approvando un Piano regolatore. Per carità l'Italia è un Paese che è indietro moltissimo sul piano della definizione di un governo metropolitano delle aree metropolitane, non c'è alcun dubbio.
E' ben vero che alcune città nel mondo sono tornate indietro dopo avere fatto una lunga fase di esperienza di governo metropolitano ed avere già dato, a certe questioni, delle risposte metropolitane. Le reti metropolitane di Londra, di Parigi, di Mosca o di New York esistono; il verde esiste. Ho citato Mosca per ricordare persino città dove certamente l'amministrazione non è stata buona, ma dove esiste una rete di trasporti che va al di là di confini, mentre da noi non siamo neanche a quel livello.
Torno alla questione della "spina". Proprio per la ragione che non è un piano della città metropolitana, credo che sia incredibile che si proponga uno sviluppo della città centrato sul recupero delle aree dismesse nel cuore della città stessa e non si pensi ad una vera politica di decentramento. Pensate che secondo questo Piano noi, che stiamo in una delle aree più congestionate, dense e inquinate della città, ci dovremmo spostare di circa 500 metri in linea d'aria, cioè dovremmo andare a finire a Porta Susa, luogo notoriamente "poco congestionato", dove sarebbe facile accedere al governo della Regione e al Consiglio, l'assemblea rappresentativa della Regione.
Queste sono davvero scelte miopi che non producono nulla, ma neanche per gli sviluppi di Torino, se non certamente - in questo senso io sarei molto attenta se fossi Commissario di questa città - degli interessi privati che hanno uno specifico obiettivo di valorizzazione di aree proprie. A questo probabilmente il Piano regolatore risponde, non certo ai bisogni per gli sviluppi futuri di Torino.
Ci sono poi due questioni ambientali che a mio avviso sono affrontate male e anche qui le affronto perché sono state oggetto di forte polemica in Consiglio comunale, sono state una delle tante ragioni per cui il Consiglio comunale non è riuscito a deliberare sul Piano regolatore, anzi non è riuscito a deliberare su una specifica anticipazione, una delle tante ragioni di crisi di quel Consiglio comunale e di quella maggioranza e su cui esistono decine e decine di fondate osservazioni di carattere generale non osservazioni particolaristiche, dettate da interessi particolaristici ma dettate da questioni di interesse generale. Sono la questione della collina e la questione del Po, in particolare in tutta l'area interessata dalla proposta di molti Consiglieri di questa assemblea per l'istituzione del Parco del Meisino, dell'allargamento del parco del Po alla zona del Meisino.
Sulla questione della collina il collega Cucco e il collega Marino hanno già detto molte cose. Vorrei solo rilevare come di fronte a un conflitto che ha delle ragioni di merito urbanistico rilevanti perch questo Piano regolatore prevede certo apparentemente una enorme estensione delle zone a parco in collina, ma faccio rilevare intanto che in questa estensione sono comprese non solo le destinazioni a parco, ma anche tutta una serie di destinazioni a strutture sportive, servizi, ecc, che comprendono molte cose: faccio degli esempi chiari perché poi gli interessi reali che stanno dietro certe scelte devono emergere nei dibattiti, possono comprendere per esempio un campo da golf o delle cliniche.
Noi sappiamo che ci sono forti domande di questo tipo di infrastrutture; è uno degli oggetti su cui c'è maggiore conflitto perché è considerata un'attività non inquinante che, come tale, si può mettere dappertutto, ma di fatto rappresenta di solito una gigantesca privatizzazione di aree verdi e una loro modifica sostanziale dal punto di vista della situazione naturalistica e della gestione. Noi riteniamo, con fondati motivi e con preoccupazioni che non siamo i soli a condividere, che dietro questa politica apparentemente per il verde in collina ci sia in realtà una serie di interessi specifici, certo quelli relativi alla costruzione (400 alloggi non sono pochi) e poi sono sempre possibili, una volta che questo meccanismo è stato messo in moto, delle ulteriori modifiche nelle aree dove è possibile costruire. Riteniamo che il meccanismo che obbliga la gente a cedere il proprio terreno per recuperare una quota di edificabilità sia un meccanismo che porta finalmente per coloro che vogliono costruire in collina a riaprire la possibilità di edificazioni in quest'area perché questo è l'obiettivo reale di questa serie di norme. L'obiettivo reale è quello di riaprire in certe aree l'edificazione collinare che sappiamo oggi veleggia intorno ai 7/8/10 milioni al metro quadro una volta costruita, quindi è appetibile anche su dimensioni relativamente piccole e in secondo luogo di ottenere poi l'autorizzazione per una serie di infrastrutture di tipo collettivo, ma di fatto di interesse privato che non hanno nulla di male, salvo il fatto che non hanno nulla a che vedere con la tutela della collina. Pensiamo che sulla questione della collina sarebbe davvero opportuno un pronunciamento dell'Assessore competente, che in questo caso è l'Assessore Nerviani perché il meccanismo dell'estensione del parco regionale (meccanismo peraltro previsto perché è da tempo che si discute del parco della collina e la tratta del parco realizzata a Superga sta dentro una intenzione di estensione del parco regionale alla parte alta quanto meno della collina) è un meccanismo completamente diverso da quello previsto dal Piano regolatore e su cui bisognerebbe dire qualcosa: non si tratta solo di stilare un piano paestico ma, attraverso quest'ultimo, di definire se vogliamo o no istituire un parco di tipo regionale.
Un parco di tipo regionale è cosa assai diversa; infatti, non modifica lo status della proprietà, ma mantiene i luoghi nella loro attuale destinazione non modificandone quindi le destinazioni d'uso. In questo caso, invece, la proprietà pubblica diventa strumento per modificare le reali destinazioni di queste aree, attuando una serie di cose, alcune magari del tutto legittime, come un parco. Questo sapendo che un'estensione di sei milioni di metri quadrati, in collina, sarebbe quasi ingovernabile in termini di parco ricreativo e porrebbe problemi di costosissima manutenzione. Un parco regionale, come sappiamo, non pone problemi del genere, perché la manutenzione resta - sperando che venga attuata - a carico dei proprietari; in questo senso si potrebbero, successivamente porre norme di gestione ai proprietari.
Un'area tutta espropriata e tutta di proprietà del Comune comporterebbe miliardi e miliardi di costi di gestione - se si vogliono evitare frane dissesti, degrado - che non si saprebbe dove reperire.
Non voglio continuare nel dettaglio della questione, che dovrebbe essere oggetto di una comunicazione specifica, ma la Regione vuole dire qualcosa, pronunciarsi? Anche nell'ipotesi che il commissario volesse approvare il piano, può l'Assessore regionale alla pianificazione territoriale e paesistica esprimere la sua opinione? Sicuramente.
NERVIANI, Assessore regionale L'ho già fatto.
BRESSO Sarebbe stato opportuno che parallelamente alla comunicazione dell'Assessore Carletto, l'Assessore Nerviani avesse fatto una sua comunicazione - lo dico sul serio! - per capirne l'opinione: un'ipotesi del tipo di quella sulla quale abbiamo in varie occasioni ragionato a livello regionale non è la stessa di quella che emerge dal Piano regolatore potrebbe però costituire una delle modifiche richieste dalla Regione, nel caso, che noi non ci auguriamo, venga approvato.
Se così fosse, sarebbe assai opportuno che l'Assessore Nerviani si pronunciasse. Noi non vogliamo avere notizie indirette o apprese dai giornali: vogliamo saperlo qui, visto che questo è il luogo in cui se ne sta discutendo. E la Giunta è presente nella sua totalità: i conflitti di competenze a noi non interessano. L'Assessore può e avrebbe dovuto pronunciarsi: male ha fatto, se aveva delle opinioni, a non esternarcele prima, così avremmo potuto discuterne.
Non si tratta di questione irrilevante. La collina torinese è la più bella delle emergenze ambientali che abbiamo a Torino. Di fronte alla nostra preoccupazione l'Assessore ci dice di avere determinate opinioni: ci farebbe piacere conoscerle ufficialmente, come assemblea, e non ognuno per conto proprio. E noi, intanto, continuiamo a essere ignoranti, in senso biblico.
Ultima questione: quella del Po.
Questione assai più istruita a livello regionale; stiamo per approvare mi auguro - l'allargamento del parco del Po all'area detta del Meisino in realtà assai più ampia nella proposta, che sicuramente interferisce sui meccanismi e le decisioni del Piano regolatore. Interferenze in parte risolvibili; si possono trovare soluzioni ragionevoli, che consentano di tutelare quell'area, realizzando anche - a nostro avviso non in alcune parti del parco, ma ai margini dello stesso - delle iniziative di tipo edilizio. Occorre però che la questione sia chiarita; un'approvazione del Piano regolatore rimetterebbe in gioco la questione della Variante E28, per il momento ferma. Si tratterebbe della versione su cui c'è stata forte contestazione e su cui insiste anche il nostro parco. Attualmente, anche nella versione più moderata e rettificata proposta dall'Assessore, ci sarebbe comunque conflitto rispetto all'approvazione tale e quale della E28. Anche su questa materia, quindi, sarebbe certamente inopportuno che il Piano venisse approvato così com'è; ed anche in questo caso sarebbe opportuno che la Regione si pronunciasse, visto il progetto di legge in corso di definizione finale (era all'o.d.g. per il voto definitivo in sede di II Commissione la scorsa riunione).
Vi sono importanti questioni di merito sulle quali esiste uno specifico interesse regionale: non possono decidere soltanto Commissario e progettisti del Piano.
Mi pare che, una volta di più, rinunciamo a svolgere un ruolo attivo di governo, aspettando che qualcuno - nemmeno più Consiglio comunale, ma Commissario - lo svolga al nostro posto.
Termino. Come per caso, i giornali sono pieni di appelli alla creazione di nuovi posti di lavoro attraverso l'edilizia - sembra di essere negli anni '50 - nel tentativo di influenzare in qualche modo l'opinione del Consiglio regionale. Sarà un caso che tutte le volte che si discute di Piano regolatore tutti i giornali presentano, "casualmente", tabelle di posti-lavoro che sarebbero indotti dall'approvazione del Piano? Voglio intanto far presente che una quota di quei posti di lavoro non sono in alcun modo collegati con il Piano regolatore; un'ulteriore quota non è collegata poiché - al di là di giudizi positivi o negativi è già in azione in conseguenza delle anticipazioni, già approvate. La non approvazione del Piano regolatore non significherebbe affatto far "saltare" quei posti di lavoro: caso mai, per alcune questioni sulle quali non si pu intervenire, alcuni lavori non potranno essere avviati. Inoltre, come diceva il collega Cucco, un Piano regolatore è solo un insieme di opportunità, che per il momento a Torino esistono anche nell'ambito dell'attuale Piano regolatore e delle anticipazioni anzi sono troppo ampie opportunità che, peraltro, non è affatto detto che si realizzino nei tempi dettati dai giornali.
Sappiamo benissimo che in tempi di crisi la domanda di aree per il fantomatico terziario avanzato è molto modesta: ne è prova il fatto che in realtà le previsioni sono tutte sul terziario pubblico. Si conta sul fatto che il terziario pubblico finanzi un'intera serie di strutture che il terziario privato non domanderà.
Non è vero che quando c'è crisi si può rilanciare, attraverso un'ondata di edificazione a caso; deve esistere una domanda specifica per quell'edificabilità: domanda che oggi non c'è. Chi ha esperienza anche di città con più alta domanda di area per il terziario come Milano, sa quanto vadano avanti lentamente gli utilizzi di queste aree. In realtà, quindi, in un momento di crisi c'è tutto il tempo per valutare opportunamente dove oltrettutto - questi sviluppi potrebbero essere localizzati: certamente non molte delle aree indicate. Il fatto che quelle aree non siano adatte probabilmente obbligherà a delle modifiche nelle destinazioni d'uso; non ci saranno, alla fine, tutte queste opportunità di terziario avanzato ma forse, di nuove edificazioni a scopi puramente abitativi, che potrebbero essere rivolti in altri modi. Questo discorso dovrebbe essere più lungo avremo occasione di dilungarci quando parleremo più approfonditamente della questione.
Credo che subire il ricatto-anni '50, secondo il quale quando "tira" l'edilizia, "tira" anche l'economia, sia un gravissimo errore. E' così che abbiamo distrutto le città, consentendo l'edificazione al di fuori di schemi relagolatori, degli sviluppi delle città stesse, non abbiamo prodotto qualità urbana e molto spesso non abbiamo neanche prodotto sviluppo. Oltretutto se l'edilizia negli anni Cinquanta poteva essere il settore trainante, non è certo costruendo un po' di contenitori per il terziario che riusciremo a rilanciare i settori innovativi avanzati che dovrebbero trainare i futuri sviluppi di Torino. Queste sono illusioni da città alla corda, che non ha il coraggio di affrontare i veri problemi legati al suo sviluppo e che pensa che l'identificazione tra sviluppo produzione e rendita sia quello che guiderà ancora lo sviluppo futuro, ma non è così! Molti errori della nostra classe dirigente privata, produttiva derivano proprio dal puntare troppo sulla rendita e non sul profitto da attività avanzate innovative. Questa è una nuova dimostrazione che troppa gente continua a puntare sulla rendita per sostenere attività produttive che invece sono defaillance; non è così che svilupperemo Torino, Torino sarà una città moderna se prima di tutto sarà capace di diventare davvero policentrica - e questo piano è proprio il contrario - e se sarà una città verde e vivibile. L'errore meschino italiano è quello di guardare alle altre città con occhi miopi, credendo che la qualità urbana sia determinata dalla grande densità nei centri, situazione che nelle grandi città non esiste più.
Ho superato il tempo a mia disposizione, ma noi eravamo tra gli autori di alcune delle interrogazioni e interpellanze a cui l'Assessore ha dato risposta in particolare quella riferita alla collina, alla quale non era mai stato dato corso ad un dibattito.



PORCELLANA FRANCESCO



PRESIDENTE

La parola al Consigliere Goglio.
GOGLIO Signor Presidente, colleghi Consiglieri, a nome del Gruppo socialdemocratico ritengo di poter accettare il principio, fatto proprio dell'Assessore Carletto, che, in base alla legge n. 142/90, che sostiuisce l'art. 324 del Testo Unico del 1915, il Commissario Prefettizio della Città di Torino possa adottare il PRG sostituendosi in questo atto al Consiglio comunale disciolto. Però l'opportunità che il Commissario prefettizio adotti il PRG rendendolo operativo non può non suscitare qualche perplessità.
Infatti se per un verso ciò consentirebbe di portare a termine un lavoro fondamentale per il futuro della città, per altri aspetti, così agendo, si priverebbe il PRG del consenso che gli verrebbe dagli amministratori che i torinesi si sceglieranno con il voto amministrativo in programma presumibilmente tra qualche mese.
La passata amministrazione è responsabile del fatto di non essere stata capace di dare un governo stabile alla città, ma di averla invece sprofondata nella crisi più grave dal 1948 ad oggi.
In particolare il passato Consiglio comunale non ha potuto dare una risposta alle circa 1.500 osservazioni che sono state sollevate sul PRG.
Molte di queste osservazioni rappresentano interessi particolari ai quali è possibile dare una risposta solo burocratica, ma per altre osservazioni la risposta non può venire che da amministratori scelti democraticamente.
Non si può non riflettere sul fatto che l'adozione definitiva da parte del Commissario priverebbe il futuro Consiglio comunale della possibilità di intervenire su un documento fondamentale per la città di Torino, con una specie di abdicazione dei suoi poteri già prima del suo insediamento.
Resta infine la considerazione che un'eventuale approvazione del PRG da parte della Regione durante la fase di commissariamento del Comune di Torino è sostenibile politicamente solo a patto che su questa ipotesi si realizzi un ampio consenso da parte delle forze politiche presenti qui a Palazzo Lascaris.
Detto questo però, ed espresse queste mie perplessità, mi chiedo e lo chiedo a voi: cosa possiamo fare per far sopravvivere, non so trovare altro termine, il comparto edile torinese in questa fase di gravissima crisi economica e di recessione? Questa necessità richiede una rapida approvazione delle anticipazioni del Piano regolatore, le anticipazioni possono rapidamente diventare operative ed hanno già ricevuto tutte le necessarie vidimazioni da parte del disciolto Consiglio comunale di Torino.
Questa mattina ho letto su "la Repubblica" che la CTU ieri nella prima seduta di insediamento ha deliberato su due aree che sono di interesse strategico per la città; questo mi fa piacere, mi auguro che per le altre aree si possa procedere allo stesso modo.
Una buona parte sono già all'attenzione dell'Assessore all'urbanistica che può renderle operative in poche settimane. Le anticipazioni possono cioè diventare il trait d'union capace di dare ossigeno ad un comparto produttivo fondamentale per lo sviluppo di Torino senza compromettere decisioni che politicamente competono al futuro Consiglio comunale di Torino.



PRESIDENTE

La parola al Consigliere Chiezzi.
CHIEZZI Colleghi e colleghe, ho avuto l'impressione, ascoltando la relazione dell'Assessore Carletto e alcuni interventi della maggioranza, che vi siate messi d'accordo, che sia tutto deciso. Che si siano messe d'accordo le forze economiche interessate alle trasformazioni previste dal Piano regolatore, dalle sue anticipazioni, che si siano messe d'accordo queste con ex Assessori del Comune di Torino, con l'attuale Assessore Carletto con tutta la sua maggioranza, sia pure con toni leggermente diversi, sulla questione generale del Piano. Insomma che vi siate messi tutti sulla stessa lunghezza d'onda e abbiate deciso di fare il "colpaccio", di mandare avanti il Piano - pur senza un'amministrazione comunale degna della città servendovi dei buoni uffici dei tecnici del Piano e con il buon ufficio del Commissario Malpica.
Nel ruolo di servitore dello Stato? Chi lo sa, si sa che questa grande burocrazia dovrebbe sempre improntare la propria attività al concetto di servire lo Stato e non di servire degli interessi di parte.
Allora bisogna parlare anche di burocrazia quando ci incappiamo in un Commissario che esterna come ha fatto il dottor Malpica. E' vero che la burocrazia dovrebbe stare "riparata" dalla politica, ma sappiamo anche che la burocrazia non è ambidestra, nella burocrazia ci sono i destrorsi e i mancini, e anche qualche ambidestro.
Il tema che la burocrazia non si tocca è vero quando non v'è dubbio che l'attività viene svolta nell'interesse obiettivo superiore dello Stato.
Altrimenti, beh, dipende se la burocrazia si tocca o non si tocca. E a me pare che il dottor Malpica possa anche essersi messo in una situazione in cui può diventare legittima controparte di parti politiche.
I problemi possono essere i seguenti: "Malpica non può e non deve" oppure "Malpica può e deve approvare il Piano regolatore"? O ancora: "E' dubbio se Malpica può, ma certo è che per opportunità non deve approvare il Piano regolatore". A me pare che una cosa sia fuor di dubbio: che il dottor Malpica non può approvare questo Piano se esercita in modo democratico il proprio mandato, perché si rende conto di non essere depositario di alcun potere di investitura analogo a quello necessario per rispondere alle osservazioni della cittadinanza.
Il dottor Malpica, però, può decidere di approvare il Piano regolatore a questo punto, cari colleghi, il dottor Malpica diventa un soggetto politico, perché compie una scelta politica discrezionale. Il dottor Malpica ha avuto assegnati i poteri del Consiglio comunale? C'è modo e modo di esercitare questi poteri, sia in estensione (quali atti compie) sia nel modo in cui si compiono sti atti.
Penso che il dottor Malpica non possa e non debba approvare un bel nulla, ma questa è una mia opinione. Ma ove il dottor Malpica ritenesse che può e deve, o comunque decidesse di farlo, poiché la scelta è di carattere discrezionale, il dottor Malpica non ha alcun potere speciale rispetto alle centinaia di Commissari che l'Italia repubblicana ha avuto prima e dopo la legge n. 142/90. Mi chiedo se in Italia vi sia mai stato un Commissario non di un Comune capoluogo di Regione e nemmeno di un Comune capoluogo di Provincia, ma di un qualsiasi Comune di Italia che abbia approvato un Piano regolatore.
CARLETTO, Assessore regionale Di Giovine a Bardonecchia.
CHIEZZI E si è visto anche come è stata ridotta dalla speculazione edilizia per cui non auspicherei questo come esempio brillante di gestione del territorio.
Il dottor Malpica non è depositario di un potere speciale per Torino non ha poteri particolarmente ampi: è un Commissario come tutti gli altri nominato per la provvisoria gestione.
Colleghi, sappiamo tutti che le osservazioni sono il momento fondamentale della partecipazione; nel processo di piano, la partecipazione di svolge in due momenti: il primo di carattere molto generale, quando con la deliberazione programmatica si delineano i grandi scenari. Il secondo unico e più puntuale, è quello di rispondere alle osservazioni di merito che sono un momento insostituibile della dialettica tra amministratori ed amministrati. Rompere questa cerniera e questo collegamento, a mio avviso è molto pericoloso e apre la strada alla prevalenza degli interessi settoriali e di parte rispetto agli interessi generali.
Nè dobbiamo, a mio parere, accettare il "ba-bau" delle scadenze dell'Assessore Carletto, del collega Ferrara, secondo il quale chissa quali disastri avrebbe Torino se il dottor Malpica non approvasse questo Piano regolatore. Rispondete delle scelte sciagurate compiute da voi, collega Ferrara, che avete gettato via dodici anni fa tutto il lavoro che avevate a disposizione, di cui potevate tener conto modificando le parti che politicamente non vi soddifacevano, portando così a conclusione il Piano regolatore. Avete gettato a mare anni di lavoro per dare degli incarichi miliardari a professionisti che ancora adesso lavorano per voi senza essere riusciti a fare il Piano regolatore.
Torino non ha nulla da temere dal nuovo Consiglio comunale che, se non si comporterà come la Giunta di pentapartito incoscientemente ha fatto gettando via il lavoro di base tecnico, potrà, in poco tempo, approvare il futuro Piano regolatore di Torino senza alcun inciampo. Certo, questi allarmismi seguono una stampa compiacente; oggi Rambaudi, Presidente della Confindustria, pone l'ultimatum ai torinesi: continua la vostra grancassa.
Rimane il fatto che il Comune di Torino è andato in crisi proprio sulle scelte urbanistiche, sull'incapacità di questa città di darsi un Piano regolatore sotto la vostra amministrazione.
La Regione non deve parlare di Piano regolatore? Ma dove viviamo? Ma dove vivete, colleghi socialisti, collega Fiumara? Dove vivete? Altro che parlare del Piano regolatore di Torino! La Regione, se governasse, cosa che non fa da tanti anni, dovrebbe fornire al Comune di Torino la cornice normativa entro la quale il Comune di Torino deve inserire il proprio Piano regolatore.
Altro che non parlare del Piano: bisogna fare un pezzo del Piano regolatore di Torino attraverso il Piano territoriale, che non è stato fatto. Ecco dove arriva la vostra illegittimità politica: dite che non possiamo parlare di Piano regolatore di Torino! Ma allora andiamo tutti a casa! La Regione deve parlare del Piano regolatore di Torino, prima che Torino cominci a farlo, fornendo al Comune di Torino un quadro di pianificazione che consenta a questo Comune di coordinare il proprio sviluppo. Se ti dovessi dire una cosa, caro Rossa, compagno socialista, ti direi: "Sai dove sta Torino? Torino è la città che sta tra Cuneo e Domodossola, e tra Bardonecchia e Tortona". Torino, per me, dovrebbe essere vista dalla Regione Piemonte come una città così collocata. Non Torino come unico centro del Piemonte, la Torino dei torinesi, dell'Area Metropolitana di Torino.
La cornice che dovrebbe dare la Regione è questa! Una Torino inserita in politiche di livello regionale, che non ci sono! Queste politiche non ci sono e dopo un così grave ritardo si contesta che si possa parlare per una volta in Consiglio regionale del Piano regolatore di Torino, nel momento in cui viene approvato da un Commissaro? Mi sembra veramente una cosa incredibile! Certo, c'è una domanda che tormenta tutti i benpensanti: il dottor Riccardo Malpica riuscirà a resistere alle pressioni espresse in forma violenta dagli ambientalisti e da chi è andato a chiedergli di non approvare il Piano e riuscirà invece a soddisfare i desideri che con tanta discrezione i costruttori e gli interessati alle trasformazioni del Piano gli hanno espresso? Il dottor Malpica ha detto che sta subendo delle violenze di fronte alle quali è spaventato: chissà chi sceglierà. Vinceranno le pressioni violente o i desideri discreti? Gli industriali dicono: "Il futuro di Torino sta nel rilancio dell'edilizia delle grandi opere; diamo il via ai primi investimenti", e qui la maggioranza, ahimè, è rimasta unita: i bocconi succosi facciamoglieli mangiare subito.
Penso che, in realtà, una città come Torino, se si muove dietro interessi fondiari, immobiliari ed economici legati ad interessi specifici non abbia un futuro. Una delle scelte del Piano regolatore è la scelta edilizia sorretta dalla spina, l'asta su cui costruire in base all'assunto che "a Torino c'è bisogno di grattacieli". C'è tanto bisogno di far sorgere dei grattacieli a Torino che quelli che ci sono (RAI in Via Cernaia) si stanno svuotando! Vedete che il futuro di Torino, se agganciato agli interessi immobiliari, è un futuro utopico, che non ha le leve reali di andare avanti. Torino non è una città che possa reggere il volume di metri cubi previsti da questo Piano regolatore. E' un'illusione che, a mio parere, è cresciuta in mancanza di un'alternativa politica seria da parte di chi governava Torino e di riflesso anche della Regione Piemonte.
Quando non c'è la politica, la politica la fanno gli affari. Le scelte politiche urbanistiche diventano le scelte politiche di chi, detenendo mezzi di produzione o essendo proprietario di beni immobili, è capace comunque di determinare trasformazioni che fanno girare il volano economico. Ora, il Commissario, dottor Malpica, con che criteri sceglierà? Se il Commissario Malpica intende esercitare questi poteri discrezionali di carattere politico cui voi consentite che egli decida, in solitudine allora il dottor Malpica deve risponderne sin d'ora politicamente. Se il dottor Malpica sceglie questa strada, per me, diventa una controparte politica e non un neutro burocrate servitore dello Stato. Il dottor Malpica "è" il Consiglio comunale di Torino. Allora se ne assuma le responsabilità, se vuole gestire fino in fondo i poteri che formalmente solo formalmente, sono stati scritti, nero su bianco, nel decreto presidenziale. Se il dottor Malpica ritiene di sostituirsi al futuro Consiglio comunale, lo faccia in modo democratico e sappia, a quel punto che per quanto mi riguarda verrà considerato una parte politica, perché non ci sono zone franche nell'esercizio di responsabilità politiche da parte di chicchessia in questa Italia! Se c'è un Commissario che dice "sono un Consiglio comunale" allora renda conto di quello che fa! Il Commissario Malpica "è" il Consiglio comunale di Torino! Se "è" il Consiglio comunale di Torino, non avendo dei Consiglieri con cui parlare, il dottor Malpica inventi il modo di essere un Commissario che esercita i poteri di un Consiglio e chieda il dibattito in Consiglio regionale e in Consiglio provinciale perché il Consiglio provinciale dovrebbe occuparsi della pianificazione provinciale entro la quale il Commissario Malpica dovrebbe approvare o meno le osservazioni che ha ricevuto.
Al Commissario Malpica, per scienza e per coscienza, chiederei di non rispondere alle osservazioni, ed anche per un po' di buona creanza.
Veniamo all'Assessore Carletto. Forse sta diventando un modo di fare ma l'Assessore Carletto non vede, non sente e non parla o meglio, non vedrà, non sentirà e non parlerà fino a che il Piano regolatore non giungerà sul suo tavolo.
Perché, Assessore Carletto, ho iniziato dicendo che ho l'impressione posso sbagliare - che vi siate messi sulla stessa lunghezza d'onda? L'Assessore Carletto è qualcosa di più, non di meno, di un buon cittadino ed usa la diligenza almeno di un normale cittadino che si preoccupa dell'avvenire della propria città. Se è così l'Assessore sa perfettamente quali sono le coordinate generali e i punti di scelta politica di questo Piano regolatore a livello del nostro dibattito. Li conosce perché li conosciamo tutti. Anzi l'Assessore Carletto è stato anche oggetto di specifiche richieste, quando ha modificato la legge urbanistica, da parte dell'Assessore gemello del Comune di Torino. Tant'è che la legge urbanistica è stata modificata su certi articoli proprio su indicazione precisa dell'Ufficio del Piano del Comune di Torino. L'Assessore Carletto ha concluso la relazione in cui ha illustrato alcuni elementi del piano dicendo che per lui Malpica può esercitare come crede i poteri.
Implicitamente vuol dire che questo Piano regolatore così com'è, e lo tratterà il dottor Malpica, gli va bene.
Assessore Carletto, lei sa che questo Piano regolatore è in piena violazione sostanziale di tutti i minimi di legge sugli standard. E' un Piano regolatore che non sta in piedi rispetto alla legge perché nella città di Torino che si estende per 13.000 ettari (10.000 in pianura e 3.000 in collina) non ci sono 4.000 ettari disponibili per servizi pubblici là dove i servizi pubblici servono! Assessore Carletto, questa - burocrazia per burocrazia - è una marchiana violazione degli standard urbanistici! Allora solo un Consiglio comunale eletto può decidere. Voi date il "via libera" alle anticipazioni ma le anticipazioni portano via le parti più preziose di quelle aree libere che potrebbero giungere non dico a soddisfare, ma a dare un livello di servizi superiore. Sono le parti libere in pianura, vicino alle case in cui abitiamo, ai luoghi di lavoro in cui lavoriamo e vicino alle quali abbiamo bisogno delle aree a servizi! Vedete allora perché su questa storia delle anticipazioni si preme tanto. Voi cosa fate? Prendete le aree buone, quelle costruite nella città aree molli perché suscettibili di qualsiasi trasformazione anche in direzione dei servizi sociali e cosa fate? Provocate un indurimento immobiliare di queste aree! Voi le indurite a livello normativo: in parte queste aree saranno indurite dal cemento vero, quello costruito, perch alcune aree verranno trasformate e per cent'anni non se ne parlerà più. In altre aree non succederà nulla, succederà solo che in qualche banca ci saranno dei fidi maggiori per i proprietari di queste aree, ci sarà un'attesa di trasformazione speculativa che potrà durare cinque, dieci quindici o vent'anni! Con questo Piano regolatore voi avrete consegnato la possibilità di trasformare queste aree secondo un uso edilizio e a quel punto le proprietà non si schioderanno da quel posto! L'area potrà rimanere un capannone abbandonato per dieci, quindici o vent'anni in attesa di tempi migliori! Intanto i cittadini che abitano nell'intorno rimarranno senza servizi come prima.
Vedete, colleghi, questa leva economica edilizia che ha scelto il piano regolatore è del tutto discrezionale, non è tecnica, è politica ed è stata contestata in Consiglio comunale e fuori. Come potete dire che un Commissario può e deve o è opportuno che possa scegliere, all'interno delle osservazioni che contestano quella linea, le osservazioni che crede? Non prendiamoci in giro! Io penso vi siate messi d'accordo: sceglierà una certa linea politica di cui non vuole rispondere. Invece dico, ammesso che lo faccia, spero di no, "che almeno dovrebbe risponderne". Chiedo almeno un consenso su questo fatto. Se voi ritenete che Malpica debba andare avanti chiedetegli anche che renda conto politicamente delle cose che fa. Il dottor Malpica, se "è" un Consiglio comunale, "è" uno schieramento politico.
La storia della "spina".
Ma come è possibile che si decida, commissariando la decisione, sul fatto che la città di Torino venga spaccata in due da un'autostrada a quattro corsie, in direzione nord-sud, tangente al centro e che su questa linea si impostino fantasmagoriche costruzioni di terziario? Ma chi l'ha detto che questo è il futuro di Torino? Non è stata in grado di dirlo neppure la maggioranza che ha governato! Neppure i sindaci liberali e repubblicani che hanno governato sono stati in grado di essere conseguenti a questa decisione: uno se ne è andato e l'altra è decaduta! Allora, una scelta che neppure la maggioranza che ci credeva è stata capace di portare a termine adesso voi la scaricate a un burocrate di Stato? La burocrazia non deve diventare riparo della politica! La burocrazia deve stare al riparo della politica, ma non deve diventare riparo della politica e farle da ombrello. Questa è una scelta discrezionale, se risponderà alle osservazioni il dottor Malpica risponderà di questo.
Ho delle preoccupazioni su tutta questa vicenda. Chiedo insieme ad altri colleghi a questo punto anche un controllo di cosa sta facendo il dottor Malpica nei confronti degli atti urbanistici. Se il dottor Malpica come si legge, ha intenzione di procedere sul Piano regolatore nella gestione del Comune, chiedo che la Regione almeno si faccia parte diligente nel conoscere cosa sta facendo Malpica. Ad esempio: quali concessioni edilizie sta firmando il dottor Malpica? Sta firmando delle concessioni edilizie legate al programma pluriennale di attuazione? Su queste concessioni edilizie la Regione vuole aver la cortesia, visto che è suo compito vigilare, di verificare che il dottor Malpica venga ben consigliato, visto che è così solo e con poteri così ampi? Il paradosso che mi stupisce, Assessore Carletto e maggioranza tutta, è il seguente: che per voi, Regione Piemonte, il Consiglio comunale non esista, che il Comune di Torino sia amministrato da una Giunta regolarmente eletta o da un Commissario prefettizio non fa differenza! Avete avuto verso questa situazione nuova del Commissario, lo stesso atteggiamento che avevate precedentemente con la Giunta di Torino. C'è una Giunta ed un Consiglio; facciano, quando avranno finito diremo la nostra. Si sono sostituiti la Giunta ed un Consiglio con un Commissario e per voi non cambia nulla; c'è un Commissario, faccia il Commissario. Ma questo è un paradosso istituzionale che è un po' impudico! Abbiate pazienza, ma sarà ben cambiato qualcosa anche per voi nel non avere un Comune di Torino amministrato? Come potete cavarvela in questo modo? A meno che non vi siate messi d'accordo, e questa è proprio l'idea che avevo e che era alla base del mio intervento.
Un ultimo punto, che però vorrei trattare nel prossimo intervento, se ci sarà, sul Piano regolatore di Torino (spero che ci sia) è quello relativo a come costruire un'opposizione alternativa alla posizione rappresentata dall'attuale Piano regolatore. Vedete, su questo Piano regolatore ci sono state opposizioni decise e forti e opposizioni meno decise e meno forti e altre opposizioni un po' oscillanti. Questo è un problema dell'opposizione, a me piacerebbe discutere con i colleghi dell'opposizione su quali contenuti si può fondare un futuro sviluppo di Torino alternativo a quello del cemento.



SEGRE ANNA



PRESIDENTE

La parola al Consigliere Vaglio.
VAGLIO Ringrazio la Presidente. Non ho intenzione di addentrarmi in questioni specifiche del Piano regolatore di Torino, anche perché non ritengo sia questo l'argomento che siamo chiamati a dibattere. Rilevo peraltro che nelle dichiarazioni dell'Assessore Carletto del 2 febbraio ci sono stati molti argomenti su cui si sono date interpretazioni, ammetto, in risposta a delle interrogazioni precise, ma comunque delle interpretazioni pro o contro questo attuale progetto di piano, argomentazioni che sostanzialmente hanno sollevato non poche perplessità. In qualche passaggio penso che abbia anche dovuto affrontare dei campi minati, per così dire, dovendo prendere delle posizioni che fino a quel momento la Regione, o perlomeno l'Assessorato, non aveva ancora assunto o non aveva ritenuto di comunicarci. Ha detto, in un certo momento del suo intervento, che oggi spetterebbe al Commissario Malpica sostituire il Consiglio comunale per l'incapacità del Consiglio stesso e quindi dei Consiglieri che lo componevano, cioè delle forze politiche che li hanno espressi, di portare a termine questo compito. Direi che questo è forse il momento più significativo di tutto l'intervento, perché ritengo che quelle forze politiche, quei Consiglieri, fossero tutto sommato l'espressione delle stesse forze politiche che sono presenti nel nostro Consiglio.
Allora, se questo è quanto, mi trovo molto d'accordo sull'interpretazione di applicare in questo frangente specifico la legge n.
56/77, per quanto previsto al comma ventesimo dell'art. 15 e dibattere in questo Consiglio i problemi del Piano regolatore di Torino.
Il Piano regolatore di Torino effettivamente deve trovare una soluzione. L'Assessore ha detto che la gente ha aspettato troppo tempo e non deve aspettare ulteriormente; non è giusto costringere i cittadini a subire dei ritardi che sono sostanzialmente indipendenti dalla volontà dei cittadini stessi. Molto bene, siamo perfettamente d'accordo su questa interpretazione; molto meno d'accordo sull'interpretazione che vorrebbe un funzionario dello Stato preposto all'interpretazione dei 1.300 e oltre quesiti che sono stati posti sul Piano regolatore, e che vorrebbe lo stesso funzionario preposto all'approvazione del nostro Piano regolatore. Questo è uno strumento che influenzerà in modo determinante la vita e il futuro di questa città: è una scelta politica che deve avere dei responsabili precisamente identificabili. Quindi non ritengo che sia il caso di affidare questa responsabilità ad un funzionario.
E' arrivato il momento di assumere, come Consiglio regionale, i nostri compiti e le nostre responsabilità piene. Non abbiamo forse mai affrontato questo momento, ma effettivamente il momento storico che stiamo attraversando è talmente originale e carico di novità che questa non sarebbe una novità in più.
Noi abbiamo espresso, tanto in sede di Consiglio comunale torinese quanto allo stesso dottor Malpica, delle forti perplessità su alcune debolezze del Piano regolatore. Secondo noi non sono solo quelle illustrate dal Consigliere Chiezzi le debolezze del piano, ma lo stesso problema della mancata risoluzione dei problemi inerenti l'inquinamento atmosferico acustico, la viabilità, ma soprattutto il mancato riferimento ai problemi di rilocalizzazione delle attività espulse dalla M1 e all'eccessiva offerta per quanto attiene al terziario: questi sono i momenti di maggiore perplessità. Non dimenticando i problemi legati alla collina e alla non contemplazione delle attività agricole che a tutt'oggi permangono all'interno della cinta daziaria.
Indipendentemente da queste considerazioni, un po' epidermiche se vogliamo, ma immediate, che abbiamo sollevato sul piano, ritengo che oggi l'atteggiamento di questo Consiglio voglia scaricare la responsabilità solo a due persone, chiamate a decidere, e tra queste due persone sostanzialmente, non c'è nessuno addentro ai problemi della nostra città: Malpica, ovviamente, Commissario governativo che arriva da esperienze diverse, esperienze romane, e il progettista stesso che non è un progettista piemontese. Non ritengo logico e giusto che solo due persone distanti dalla nostra sensibilità, debbano addivenire alla soluzione del problema. Esiste questa scappatoia, seppure mai utilizzata, della legge n.
56/77: penso che sia un dovere dell'ente regionale assumersi in pieno le responsabilità ed affrontare il Piano regolatore di Torino in assenza del latitante Consiglio comunale.



PRESIDENTE

La parola al Consigliere Giuliano.
GIULIANO Signor Presidente, colleghi Consiglieri, come Gruppo Verdi rimaniamo assolutamente convinti della nostra posizione che, peraltro, abbiamo richiamato a suo tempo con uno specifico ordine del giorno circa la inopportunità che uno strumento programmatico, così importante e di così grande riflesso per il futuro di questa città, sia sottratto agli organi rappresentativi liberamente eletti dai cittadini.
Così facendo credo che andiamo incontro ad una oggettiva deresponsabilizzazione del Consiglio, che poi dovrà gestire il Piano.
Questo cosa significa in termini politici? Lo comprenderete molto facilmente.
La valenza politica dello strumento urbanistico di Torino non è cosa da poco e lo dimostra il fatto che, sulle questioni che esso sollevava, si è in gran parte bloccata per mesi l'operatività del Consiglio comunale, e non è stata assolutamente indifferente alla conseguente caduta della Giunta che reggeva la città.
L'Assessore ci ha edotti sull'interpretazione giuridicamente più esatta che si può dare ai poteri del Commissario straordinario, richiamandola ai disposti della legge n. 142/90. La stessa legge, non dobbiamo dimenticarlo all'art. 32 nomina specificatamente i piani territoriali e i piani urbanistici tra le competenze primarie del Consiglio comunale.
Non dimentichiamo che il decreto di nomina del Commissario, come peraltro ci ha riferito l'Assessore, parla di provvisoria gestione del Comune e, francamente, il Piano regolatore della città non ci sembra assolutamente un oggetto da gestione provvisoria.
Peraltro non dobbiamo sottovalutare il fatto che il Piano regolatore comunale ha origine in un progetto preliminare che, come ha ricordato il collega Chiezzi, non ha affatto tenuto conto della legge n. 142/90, e non ha garantito la dotazione minima di aree da destinare all'uso pubblico.
E' un Piano regolatore che si è chiuso e che si sta chiudendo negli ambiti ristretti dei confini daziari della città, anziché guardare, come sarebbe stato più opportuno, verso un'area più vasta. Il fatto più grave è che così facendo il Comune si è messo, di fatto, nelle condizioni di non potere nemmeno rispettare le norme della nostra legge regionale per quanto riguarda la dotazione di aree da destinare all'uso pubblico.
Almeno sul piano della opportunità politica l'eventuale decisione di adozione del Piano regolatore da parte del Commissario Malpica non ci sembra condivisibile. E' vero che stiamo andando verso un regime di governo che intende sostituire alla vecchia figura del sindaco quella di un podestà o di una specie di semi-podestà, ma anticipare questa figura nelle sue funzioni non ci sembra in questo momento condivisibile per la nostra città.
Torino, dal 1959, vive - o meglio vivacchia - su un Piano regolatore che ha collezionato ormai una settantina di varianti, e peraltro l'itinerario di questa provvisorietà non ci sembra concluso, perché riceve un ulteriore elemento di continuità proprio con le cosiddette varianti anticipatrici delle quali si è molto parlato in questi giorni.
Non ci sembra che pochi mesi di ritardo nell'adozione di un nuovo strumento urbanistico, che dovrà governare l'uso e la tutela del suolo della nostra città, possano peggiorare ciò che è già accaduto nella situazione torinese in questi ultimi anni.
Per contro rimane, nonostante la difesa d'ufficio dell'Assessore, una grave sottrazione di controllo democratico visto che le 1.300 osservazioni al piano, in molti casi, hanno sviluppato il loro dissenso sia sul piano del merito sia su quello del diritto, e non si può assolutamente pensare di utilizzare nei loro confronti unicamente un atteggiamento burocratico.
I pareri delle Circoscrizioni sono stati emessi con numerose critiche sostanziali sia sulle scelte di quartiere, sia su quelle di fondo dello strumento urbanistico. Il nuovo Piano regolatore ha raccolto vasti dissensi e questi necessitano sicuramente di ulteriori confronti e anche scontri in Consiglio comunale, che magari comportino anche il totale dissenso dal Piano e la sua ricostruzione. Questo è un elemento che era apparso nella discussione di martedì scorso e, a nostro giudizio, non sarebbe peraltro che una delle conseguenze della tanto evocata alternanza, di fatto un segno di democrazia.
Per quanto ci riguarda abbiamo espresso, ed esprimiamo, pesanti riserve su alcuni elementi che pure sono stati ripresi dalla relazione dell'Assessore Carletto, quali ad esempio la spina centrale, definita elemento qualificante dai progettisti del Piano, ma che, in realtà, noi vediamo come sito privilegiato di un terziario che comporterà ulteriori drammatici problemi di congestione, dandoci in cambio un verde assolutamente dequalificato, di rappresentanza, senza alcuna valenza sociale, igienica o ambientale. Non ci interessa questo tipo di verde, non vogliamo il verde su soletta.
L'alta cubatura diffusa, inoltre, non risparmia nemmeno i parchi fluviali e collinari; si pone rispetto al territorio in una visione che riteniamo vecchia, in cui le aree non edificate vengono viste unicamente come sedi per nuove colate di asfalto e di cemento. Si reintroduce, e vediamo questo elemento con molta preoccupazione, il concetto, che speravamo superato, di vuoti, quasi che i vuoti siano soltanto ed unicamente non opportunità di sviluppo per la città futura anche in termini di servizi sociali, ma come vuoti da riempire di cemento.
C'è poi la storia della collina, richiamata la scorsa seduta dalla relazione dell'Assessore. Questa storia ci riporta indietro di anni, a vecchie battaglie condotte contro la speculazione che, oggi, forse assume dei volti più raffinati, ma è pur sempre speculazione, produttrice di nuove cubature, sito per la localizzazione di servizi che si prevedono riconvertibili.
Sull'uso sociale della collina credo che, da parte nostra, non ci debbano essere ulteriori prese di posizione a sostegno di una visione del verde che non può essere solo il fiore all'occhiello di una 'lite privilegiata. Sono argomenti sostanziali che vorremmo poter ancora discutere non solo nelle sale private dei progettisti, perché è in ballo il futuro della vivibilità e della qualità della vita della città.
Se i Verdi, alle prossime elezioni, raggiungessero la maggioranza state tranquilli non accadrà - sicuramente non vorrebbero trovare come eredità questo Piano, e probabilmente molte altre forze politiche farebbero altrettanto volentieri a meno di questo regalo.
Per questo ci siamo sentiti e ci sentiamo ancora oggi di chiedere al dottor Malpica e alla Regione di fare pressioni in questa direzione affinché non ci venga lasciato un dono che non abbiamo chiesto. Invece questo dono rischiamo di trovarcelo, perché con le varianti anticipatrici che la Regione ha approvato ieri, si apre di fatto una strada che condizionerà pesantemente le prossime scelte. Come si sia arrivati a questo è stato ricordato dai colleghi già stamattina: la storia di queste varianti pubblicate alla vigilia delle ferie estive, secondo una collaudata abitudine che viene attuata quando si vogliono ridurre le possibilità del controllo democratico dei cittadini e le si vuole relegare a semplici formalità dovute per gli atti amministrativi. Ma se sulla pubblicazione specifica di queste varianti nessuno ha potuto dire nulla, è pur vero che le osservazioni generali al Piano - o perlomeno molte di esse - comprendono osservazioni sostanziali proprio sulle varianti anticipatrici. Non averne tenuto conto ci sembra un'operazione assolutamente non condivisibile che ci sentiamo di condannare politicamente e con molta fermezza.
Quelle varianti ci preoccupano, perché investono, insieme alle sorelle che presto arriveranno in Regione, aree per un'estensione di oltre 500 ettari, pari a 1/20 della parte piana della città.
Sul piano formale, inoltre, chi ci garantirà che il nuovo Piano vada effettivamente a buon termine e che la stesura finale sia ancora compatibile con le varianti anticipatrici che si avviano ad essere approvate? Presunzioni. Soltanto presunzioni, che peraltro predeterminano però l'intero Piano, ne condizionano l'impalcatura portante, prima della sua definizione e prima di qualsiasi verifica delle strategie complessive di Piano.
L'unico tipo di anticipazione per queste aree che sono considerate strategiche dal Piano regolatore stesso era, a nostro giudizio, quella di non comprometterle, di mantenerle come aree di manovra per il futuro assetto metropolitano. Invece con le decisioni di questi giorni non solo non si risponde alla domanda di spazi pubblici già carenti, ma si aggrava ulteriormente la situazione andando ad incrementare il fabbisogno di servizi pubblici, aggravando cioè il Piano per quanto riguarda gli standard che già così non può soddisfare.
Sono constatazioni amare che riflettono un giudizio negativo su un Piano regolatore che non sa perseguire interessi collettivi di qualità della vita, ma si appiattisce in maniera vecchia e superata su filosofie immobiliaristiche e dà di fatto il via libera all'intasamento ad oltranza i cui effetti sono stati anticipati in queste settimane con le vicende che hanno ridotto questa città ad una camera a gas. Noi ci chiediamo se sia questo il futuro che vogliamo scegliere per Torino. Noi diciamo di no ed è per questo che, sommessamente ma con forza, abbiamo chiesto, e ribadiamo la richiesta oggi, di dare indicazioni perché non si proceda all'adozione del Piano regolatore.
Su questo ci auguravamo che la Regione potesse dare dei segnali positivi. La relazione dell'Assessore Carletto invece è andata nella direzione opposta dando di fatto il via al Commissario Malpica incoraggiato dalle indicazioni che martedì scorso sono venute da quest'aula. Di ciò non possiamo che dispiacerci impegnandoci comunque ad usare tutti i mezzi che la democrazia ci mette a disposizione per garantire alla città e ai cittadini di potersi ancora esprimere e confrontare sul futuro non solo urbanistico della nostra città e il Piano regolatore non è soltanto uno strumento tecnico. E' uno strumento che va ad incidere su questioni di qualità della vita ben più importanti. Per questo non possiamo lasciarlo nelle mani di Malpica. Per questo vogliamo che la gente possa ancora esprimersi.



PRESIDENTE

La parola al Consigliere Tapparo.
TAPPARO Signor Presidente, colleghi Consiglieri, ritengo che il Piano regolatore di Torino rappresenti una tessera rilevantissima di quella strategia che deve avere una Regione per potersi inserire adeguatamente nei grandi processi di sviluppo che investono l'Europa. Non cogliere questa opportunità vuol dire menomare una potenzialità e rischiare che Torino possa essere svuotata dall'"Alta Velocità", dal polo lionese per l'innovazione tecnologica e altri servizi tecnologicamente avanzati dal polo di Milano per quanto riguarda servizi di terziario, finanziari bancari e assicurativi. Quindi non ci troviamo dinnanzi a un passaggio burocratico dove con qualche enfasi sulle prospettive dell'occupazione possiamo essere tutti appagati.
Non credo che la rinascita economica del Piemonte, di Torino in particolare, possa permettersi di "saltare" a pie' pari la dimensione strategica, politica, del suo Piano regolatore. Torino pesa più di 1/4 nella formazione del prodotto interno lordo del Piemonte, pesa poco meno di 1/4 per quanto riguarda la sua popolazione. Quindi, ci troviamo con un elemento rilevante, strategico. Se questo Piano regolatore non mira e non concorre ad individuare un processo di rinascita economica di Torino e del Piemonte, credo che parcheggi e metropolitana a spina non riusciranno ad essere di per sè motore di un processo di sviluppo della nostra Regione e della sua capitale.
E' anche curiosa l'enfasi che si dà ai possibili effetti occupazionali del Piano regolatore. Noi abbiamo bisogno di effetti occupazionali strutturali, di sistema economico, duraturi nel tempo, non abbiamo bisogno solo di elementi episodici. Pensiamo alla Valle di Susa, i lavori per l'autostrada: che cosa hanno lasciato in termini economici a tale Valle? Ben poco. Quindi dobbiamo pensare che la questione nuova dell'occupazione ovviamente con certi aspetti e certi rilievi che possono derivare anche dall'innesto del Piano regolatore, non rappresenta l'elemento decisivo.
Inviterei l'Assessore a studiarsi gli effetti sul mercato del lavoro torinese e della prima cintura della costruzione del Palazzo di Giustizia e si accorgerà che con la tecnologia del prefabbricato che arriva da fuori del Piemonte e prevalentemente con i montatori non del nostro mercato del lavoro (e non voglio fare un discorso autarchico, tuttavia devo stare alla sfida di coloro che nei riflessi dell'occupazione danno una valenza autarchica al Piano regolatore), ci accorgeremo che probabilmente avremo effetti occupazionali diretti sul nostro tessuto del mercato del lavoro più forti con ristrutturazioni ed interventi interstiziali che non con grandi opere. Certamente grandi opere vanno fatte, ma bisogna togliere questa enfasi, sostanzialmente fuori posto.
Un altro elemento che in quest'aula vorrei enfatizzare e ricordare come abbiamo sempre sottolineato, è che questa assemblea è la rappresentanza della comunità e che quindi ha un ruolo importante e che noi abbiamo sempre pensato che fosse bene tutelare e valorizzare tale rappresentanza. La nostra concezione della legge n. 142/90 non può essere una lettura che veda la figura del Sindaco come una cosa rarefatta e irraggiungibile dalla dialettica delle assemblee elettive. Se questo è il corso che vuole questa società, modestamente per quello che posso rappresentare mi batterò affinché la rappresentanza della comunità possa ancora avere nelle assemblee elettive un rilievo forte e alto.
Si dice che il dottor Malpica ha i poteri per poter procedere.
Supponiamo che abbia questi poteri. La considerazione che faceva Ferrara in merito all'approvazione del bilancio da parte dell'emissario del Governo va vista nel quadro di approvazione di uno dei tanti bilanci tecnici, di restringimento della spesa, che anche noi abbiamo vissuto qui con la formulazione: "E' un bilancio tecnico, poi più avanti faremo le scelte individueremo le priorità" e poi magari queste scelte e queste priorità si proiettavano molto in là nel tempo. Quindi non si può equiparare forza e legittimazione del Commissario nell'approvare il bilancio come equivalenza a quella di poter dare corso al Piano regolatore. Toccherebbe a noi come atto di sensibilità politica, al di là del formalismo burocratico (poi ognuno si assume le sue responsabilità) non favorire decisioni che pesino in modo rilevante sul nostro futuro senza che il corpo della società civile non abbia in qualche modo concorso a definirlo. La società spero che possa ancora esprimersi nelle forme elettorali e un domani anche con modifiche elettorali profonde.
Le osservazioni ad esempio sono state considerate un fatto quasi residuale, ma le osservazioni non sono un atto tecnico; l'approccio alle osservazioni non può avvenire in sede tecnica, deve avere alle spalle una serie di opzioni che le permettano di valutare e di dire no magari a tutte ma comunque deve partire da queste opzioni squisitamente politiche.
Mi duole molto constatare questo passaggio e mi duole molto che ci siano alcuni uomini politici che auspicano un rinvio della data delle elezioni.
Ovviamente, ci rendiamo conto delle difficoltà di votare con il vecchio sistema, ma non possiamo giocare dicendo che "tanto poi ci sono i referendum..., poi non si può votare a settembre e così si voterà ad ottobre/novembre...". La città gioca una carta strategica in una fase delicatissima, in mano ad un commissariamento statale; quello Stato verso il quale abbiamo levato voci di grande diffidenza in quest'aula. Non possiamo essere contraddittori: attorno ad un tavolo, in una certa occasione spingiamo con determinate argomentazioni per quanto riguarda il ruolo delle autonomie locali, delle assemblea elettive, e dall'altro lato ci pieghiamo fatalisticamente.
C'è un nodo che non ho timore di affrontare, ma credo che anche l'Assessore si possa collocare tranquillamente, senza problema: che gioco hanno gli interessi forti, per smantellare pezzi di stato sociale, non solo a livello nazionale, ma anche torinese, per orientare lo sviluppo della città? Non nego che gli interessi forti abbiano questo diritto, ma occorre contrapporre loro, dialetticamente e cogliendo la valenza di alcune proposte, il nostro bagaglio di valori, di storia e il nostro sistema di opzioni.
In quest'aula, il governo regionale, con il suo Presidente, ha molto enfatizzato certe questioni. Ricordo l'intervento di Brizio per l'Alta Velocità: direi che è andato quasi al di là, il Presidente, con passionalità particolare per convincere, giustamente, che l'Alta Velocità si doveva coniugare con una scommessa per lo sviluppo di Torino e del Piemonte. Ma questa scommessa non la possiamo vivere subendo la forza e il condizionamento degli interessi forti.
Voglio citare un caso, Assessore. Negli anni '60 erano molto frequenti situazioni paradossali: nel sud si costruiva spesso in modo abusivo e quando le amministrazioni andavano a fermare questi lavori, i lavoratori, i "poveri Cristo" che vi lavoravano venivano scatenati contro le assemblea elettive, per poter continuare a lavorare. L'assemblea elettiva evidentemente, se aveva posto divieti alle costruzioni era per un indirizzo, un disegno che magari poteva essere contestato in un momento successivo, quello elettorale, ma che non poteva accettare sotto forma di ricatto il problema occupazionale.
Parallelamente oggi non possiamo accettare il prevalere di argomentazioni deboli, debolissime, quali quelle dell'occupazione. Ripeto si verifichi quanti lavoratori, nel mercato del lavoro della prima cintura di Torino e di Torino, sono impiegati nella costruzione del Palazzo di Giustizia; con le nuove tecnologie presenti nel settore edile chissà quanti elementi prefabbricati e quanti operai montatori arriveranno da altre parti d'Italia.
Altro tema "debole" è il timore che scadano i termini per poter intervenire; però, prima della scadenza dei termini, prima di evitare la paralisi, credo che la nostra legge urbanistica dia alla Regione i poteri sostitutivi per evitare un grosso danno: il processo di sviluppo della città, infatti, deve andare avanti.
Mi lascia molto perplesso il fatto che quest'aula dia un orientamento al Commissario; semmai può esprimere problematicità, porre dei dubbi avanzare delle considerazioni, ma non può dire al Commissario: "Hai questo diritto, fai ciò che vuoi". Verremmo meno a tutto l'impianto che questo governo, questa maggioranza, ha espresso per la rinascita economica del Piemonte e di Torino.



PRESIDENTE

La parola al Consigliere Marchini.
MARCHINI Signor Presidente, questo dibattito si caratterizza sempre di più come un caleidoscopio: un contenitore che ha molti pezzi pregevoli e significativi, ma soltanto un'illusione ci fa pensare che costruiscano un disegno. Ognuno, secondo il proprio approccio, muove il caleidoscopio guarda dentro e con fantasia ed ingenuità immagina che il proprio colore costruisca tutt'intorno lo scenario e l'immagine che egli ha in testa, ma che non esiste nella realtà.
E' stata introdotta un'ampia pluralità di questioni, senza, da parte di ciascuno di noi, la capacità di ricondurre le questioni a politica generalità, sistema e responsabilità. Mi auguro che quanto prima una modifica di Regolamento di tipo non 'regolamentare' ma istituzionale consenta alla Presidenza di censurare e rendere non procedibili argomenti che l'Ufficio di Presidenza ritenga impropri. Una cosa è la sovranità un'altra è la competenza; sono cose diverse.
Avendo lasciato introdurre in Consiglio una sollecitazione da una parte, ed un ultimatum, in senso negativo, al Commissario dall'altra richiedendo alla Giunta di porsi sull'argomento, la stessa non ha potuto che muoversi in un modo che probabilmente sarebbe stato meglio evitare.
Sono stati introdotti elementi anche di merito rispetto ai quali la Giunta riteneva di far emergere un proprio orientamento. Da questo, quindi, a mio modo di vedere, è nato un dibattito in cui ognuno, intorno al colore che è riuscito a trovare nel proprio bagaglio di conoscenze e di passione, vuole costruire un proprio disegno.
Proverò a smontare alcuni di questi pezzi di colore e i relativi disegni, per provare, incoerentemente, a immaginare quello che non dovrebbe essere il mio, ma il disegno della Regione.
In primo luogo, siamo in presenza di osservazioni ad un Piano adottato se non vado errato, nella cultura queste osservazioni devono essere considerate in termini di coerenza rispetto al progetto: non si ridiscute il Piano regolatore con delle osservazioni, se ne verifica la congruità.
Pur essendo assunto da un'istituzione è prevalentemente un giudizio di ordine tecnico, nel senso più alto e nobile del termine. Posto che la scelta politica e le osservazioni devono essere utilizzate in termini partecipativi, tecnicamente e culturalmente questa è un'osservazione; non è un'occasione per ridiscutere il Piano.
Il Piano regolatore di Torino è stato adottato; ora, il Comune di Torino deve pronunciarsi in ordine alla praticabilità in termini costruttivi della partecipazione, attraverso l'istituto dell'osservazione di contributi costruttivi e collaborativi, e non della messa in discussione tra i cittadini: non siamo ai Comitati di base, ma ad un percorso molto più raffinato.
Le osservazioni non sono un'occasione in cui si discute il Piano, ma in cui si cerca di migliorare e integrare il Piano in relazione alla coerenza alla congruità e all'ottimizzazione che si può ottenere utilizzando osservazioni che vengono dai cittadini.
Innescare un processo sul Piano regolatore in ordine a questa materia mi sembra tartufesco: la verità è che a Torino non esiste più Consiglio comunale, ed è evidente che le forze politiche, soprattutto quelle che hanno la responsabilità del fallimento torinese, si aspettano di tornare ad essere protagoniste di una fase decisionale sul Piano regolatore di Torino fase decisionale dalla quale il Comune di Torino è uscito.
Se così non fosse, colleghi, mi sento di sostenere l'illegittimità costituzionale dell'art. 15: o lo si considera un momento meramente integrativo di ordine tecnico rispetto al quale la Regione non diventa un sostituto, e allora si tratta di un elemento di completamento di una decisione del Comune, quindi non è incostituzionale, ma se invece è un momento decisivo è evidente che il nostro art. 15 è da considerarsi al limite della legittimità costituzionale.
Questo perché sostituisce il Comune in una espressione di volontà che è di competenza esclusiva del Comune, che noi non possiamo sottrarre.
Pertanto la questione delle osservazioni deve essere ricondotta evidentemente utilizzando questo termine nel senso più alto alla valutazione in termini di coerenza e di compatibilità rispetto al disegno sul quale il Consiglio comunale di Torino si è pronunciato.
Le battaglie che stiamo facendo evidentemente non sono su questa questione. Ci sono alcune forze politiche che ritengono di poter ribaltare le maggioranze, di revocare la deliberazione di adozione del Piano e di ripartire da zero, altre invece che questo lavoro debba proseguire e produrre quei risultati minimali di cui la città ha bisogno, dopodiché si riapriranno - rispetto al gioco che la democrazia intenderà introdurre scenari diversi e confronti diversi.
Rispetto alle questioni, una "tartufesca" e l'altra minimale, si sono introdotte altre questioni che tolgono al Consiglio comunale la legittimità a pronunciarsi con tanta supponenza sul Piano regolatore di Torino. E' stato detto giustamente dal Consigliere Chiezzi che il discutere del Piano regolatore di Torino non significa giudicare cosa hanno fatto gli amministratori torinesi, ma significa individuare le strategie sul Piano socio-economico e non solo territoriale, gli atti di governo e di programmazione della Regione che gli amministratori torinesi possono realizzare con un atto di natura urbanistica (che comunque non è di alta politica, ma è pur sempre di politica significativa) all'interno di uno scenario di indirizzi e di proposta di alta politica che compete alla Regione o al Comune.
Perché il Consiglio non ha fatto niente in merito, collega Rossa? Quand'è che si potevano introdurre le questioni che ha posto la collega Bresso, quando dice che Torino non deve più essere considerata una città monocentrica, ma pensata in termini polarizzati, cioè in termini metropolitani? Questa questione andava posta sul disegno dell'area metropolitana e della sua filosofia, e questo è un atto di governo! E' un atto rispetto al quale la Giunta e la maggioranza devono avere una propria linea, invece questo Consiglio ha voluto considerare la definizione dell'area metropolitana non un fatto politico di programmazione, ma un fatto istituzionale, rinunciando alla sua funzione di guida di questi fenomeni.
Ha rinunciato a questa funzione di guida e di programmazione alta per il perdurare di un patto trasversale nella sinistra, che vedeva nell'organizzazione dell'area metropolitana, in una certa misura e con un certo metodo, il proprio futuro di maggioranza a Torino.
Altrimenti la collega Bresso mi deve spiegare come giustifica l'esigenza - non più di una città, ma di una metropoli polarizzata sul territorio e quindi decongestionata rispetto al centro - con il disegno dell'area metropolitana che considera la cintura daziaria come una cintura di castità o la camicia di nesso di questa città: c'e un'assoluta incoerenza! Abbiamo perso un'occasione, ne siamo tutti responsabili: quelli che hanno fatto una proposta sbagliata, quelli dell'area piccola, e quelli come me, come i Verdi, come Chiezzi, che non sono riusciti a fare prevalere la logica dell'approccio metropolitano alla questione metropolitana. Si è dato un approccio urbano alla problematica metropolitana.
Quindi un'istituzione che non ha saputo trovare al proprio interno la capacità di guardare alto rispetto ad un'occasione nuova di programmazione che lo Stato ci concedeva - dopo averci ridotto le funzioni in termini di pianificazione territoriale con la legge n. 142/90 - a questo punto mi domando con quale supponenza ritiene di dover decidere per il Comune di Torino e per esso il suo Commissario, in ordine a questo documento.
Io mi astengo da pressioni in un senso e nell'altro, il dottor Malpica farà le sue valutazioni, userà un suo criterio di analisi; non mi pronuncio in merito in quanto questo non è il metodo per interferire.
Una cosa è certa: sicuramente non condivido l'appoccio fideistico ai lavori pubblici come la panacea dei mali di Torino, sicuramente non solo da Kingsley in poi c'è la politica anticiclica con cui lo Stato investe nel contingente con opere pubbliche - possibilmente utili - nei momenti in cui la congiuntura liberista fa sì che ci siano dei momenti di caduta, di crisi.
Certo questo risultato lo si può ottenere accelerando le procedure sul Piano regolatore di Torino e in particolare sulle sue anticipazioni, ma sicuramente non dobbiamo perdere un'ora di fiato in più e un grammo della nostra intelligenza per continuare a dire che il problema di Torino è il problema del Piano regolatore. Il Piano regolatore soddisfa una serie di esigenze che in trent'anni di dibattito sono maturate e in una qualche misura - è questa un'affermazione personale non di partito - non fa che rispondere a dei deficit, a dei ritardi, non si tratta quindi di una prospettiva. La prospettiva deve nascere in quest'aula, non nasce a livello amministrativo, nasce a livello di programmazione, se non a livello politico, e questo è il nostro ruolo.
La città del futuro ha bisogno anche della spina delle grandi infrastrutture, ma non sarà questa spina a determinare il futuro di Torino.
Il futuro di Torino è determinato e condizionato dalla scelta del nuovo modello di sviluppo, soprattutto di diversificazione settoriale del sistema non tanto di modernizzazione del sistema produttivo - ovvero delle cose da produrre, non come produrle.
Significa prendere atto che si è conclusa una fase epocale della storia della nostra città, della nostra Regione; queste sono le questioni che noi dobbiamo affrontare.
Devo dire che l'approvazione a tempi brevi del Piano regolatore, almeno sul versante torinese, potrebbe avere culturalmente un grosso valore che forse giustificherebbe qualche errore. Probabilmente questo Piano regolatore non è perfetto, probabilmente non porta tutti questi risultati che ci aspettiamo, però se il Commissario Malpica, paradossalmente o benevolmente, ottimisticamente approvasse il Piano regolatore di Torino quanto meno la battaglia elettorale di Torino finalmente non sarebbe sul cemento armato! Sarebbe finalmente sulle grandi linee di prospettive di questa città. Se questo non avverrà la battaglia su Torino sarà sul Piano regolatore, dopodiché si dirà che il futuro di Torino è determinato dalla spina, dal Palazzo di Giustizia, dall'abbassamento del piano del ferro dalla collina. Tutti importantissimi tasselli di una strategia tutta da inventare e pensare.
Mi auguro, a prescindere da quello che farà il Commissario Malpica, nei confronti del quale i liberali non intendono fare alcun tipo di pressione che la classe politica torinese, nel caso che questo passaggio in avanti non avvenga, sappia comunque accontonare per un momento la questione del Piano regolatore e avere la capacità di cogliere, se non idee, perché è difficile, almeno problematiche, stimoli che vengono, neanche molto evidenti, dalla società civile. E' su questa nuova problematica che la città di Torino deve consentire anche a noi di riprendere il dibattito sulla programmazione regionale, sul governo della Regione nel suo complesso, ma non più in termini di interessi di alcune forze politiche relative al disegno dei collegi elettorali.
La nostra funzione, guidando il Piemonte, è di guidare in primo luogo una grande Area Metropolitana, che il collega Chiezzi ha detto comincia a Bardonecchia e finisce in un'altra città, e che invece io ritengo coincida esattamente con i confini che i nostri padri ci hanno disegnato.



PRESIDENZA DEL VICEPRESIDENTE MONTICELLI



PRESIDENTE

La parola al Consigliere Rossa.
ROSSA Signor Presidente, colleghi Consiglieri, noi abbiamo superato, la settimana scorsa, qualche difficoltà e qualche perlessità che avevamo inizialmente intorno alla discussione partita dalla relazione dell'Assessore Carletto. Abbiamo superato quelle difficoltà iniziali e abbiamo convenuto che, in qualche misura, la forma dell'illustrazione delle risposte alle interrogazioni, divenuta formalmente una comunicazione fatta dalla Giunta al Consiglio, non poteva non avere poi il seguito che gli è stato dato, cioè quello di un dibattito. Dibattito che era prevedibile occupasse tutta la giornata, come è successo oggi, e che ci metteva ulteriormente a conoscenza della dinamica dell'elaborazione della redazione del Piano regolatore generale di Torino. Tale dibattito, quindi, dal punto di vista intellettuale, consente anche a coloro che vengono da altre Province di avere un'idea più precisa.
Credo che questo sia senz'altro un aspetto importante del quale tenere conto, ma è chiaro che non può dare alcuna risposta in ordine all'atteggiamento da assumere rispetto a questo preliminare di piano approvato dal Consiglio comunale di Torino ora decaduto, ma che tuttavia è in itinere ed oggi è di fronte al Commissario di Governo, Commissario nominato dal Presidente della Repubblica (aspetto che vorrei sottolineare).
Noi abbiamo utilizzato questi giorni per analizzare meglio la relazione con la quale l'Assessore Carletto ha risposto alle interrogazioni. Come è già stato detto dai colleghi del mio Gruppo, da Fiumara prima che era intervenuto già allora, e poi da Tapparo e cercherò di spiegarlo anch'io noi ci troviamo perfettamente d'accordo con il giudizio che l'Assessore Carletto esprime sull'opportunità che il Commissario usi tali poteri.
L'Assessore ha detto: "A mio giudizio e a giudizio della Giunta, è una valutazione discrezionale del Commissario stesso e anticipo quindi la posizione della Giunta regionale: alla Giunta non appare corretto un intervento della Regione per influenzare il Commissario nell'uno o nell'altro dei due sensi, cioè nel senso di chiedergli di approvare il Piano oppure di chiedergli di bloccarlo e quindi di non procedere alla sua approvazione".
Credo che questa posizione sia corretta; poi potremmo anche andare a vedere le carenze che ha questa Regione, che ha questo Consiglio, che ha questa maggioranza, però credo sia corretto, nei confronti del Commissario che questa Regione mantenga un atteggiamento di sua autonomia rispetto all'autonomia che vogliamo riconoscere agli altri. In base alla legge n.
142/90, abbiamo tutti quanti convenuto che il PRG rientra nei poteri del Commissario; anzi, io vorrei fare una piccola digressione, una parentesi da chiudere velocemente.
Un po' di anni addietro, le forze politiche di questa nazione paventavano l'arrivo del Commissario come l'arrivo di colui che paralizzava la situazione, di colui che non avrebbe preso alcuna decisione. Vedete come cambiano le cose nel giro di pochi anni! Ciascuno di noi, quando andava in giro rivolgendosi ad altri o denunciando l'atteggiamento di altri, diceva: "Siete responsabili di avere provocato l'arrivo del Commissario, il quale blocca tutto, ecc.". Oggi le cose si sono completamente capovolte; c'è la preoccupazione, legittima, che il Commissario, con i poteri adesso conferitigli, possa procedere laddove un Consiglio, democraticamente eletto, per ragioni di carattere politico non ha potuto procedere.
Dal punto di vista giuridico, quindi, il Commissario ha questo potere: è un dato acquisito, una questione sulla quale - come si dice - "non ci piove". Tuttavia c'è un problema di carattere politico: è opportuno? Con questo voglio dire che la Regione, mantenendo questa sua autonomia mi auguro sia capace di mantenerla nei confronti di tutto e di tutti non può nemmeno approvare un ordine del giorno, a meno che non sia un ordine del giorno che si colloca in un atteggiamento quasi di vuoto pneumatico. Non può approvare alcun di ordine del giorno che, in qualche modo, indichi, in una direzione o nell'altra, la posizione che il Commissario deve tenere, perché potrebbe apparire persino lesivo dell'autonomia del Commissario. Se gli riconosciamo l'autonomia conferita dalla legge, e noi chiediamo altrettanta autonomia per la Regione, è chiaro che non abbiamo il potere: è un'ingerenza che cerchiamo di introdurre. La nostra competenza arriverà dopo la presentazione dei documenti che, secondo l'iter procedurale, saranno presentati alla Regione. Mi pare di capire che nessuno finora abbia chiesto il nostro parere; il discorso quindi resta tutto sul piano politico.
Io ho rilevato positivamente la disponibilità dell'Assessore ad aprire questo dibattito al momento giusto tra Giunta e Consiglio; da questo punto di vista, il dibattito di oggi, che pure parte nella sostanza da una risposta che l'Assessore avrebbe potuto dare al mattino, alle nove e mezza alle numerose interrogazioni - l'importanza della materia lo ha portato a dare una risposta in termini di comunicazione - ci è utile a livello conoscitivo in prospettiva del dibattito che si avvierà quando i documenti saranno presentati secondo l'iter previsto.
Ogni Piano regolatore ha una sua filosofia e da questo punto di vista subentrano anche le valutazioni di carattere politico. C'è chi sostiene che questo Piano regolatore presenta una serie di carenze volutamente determinate per esporsi ad una manovra di carattere speculativo. C'è chi ritiene che le scelte della mappa fondamentale possano corrispondere invece ad altre ragioni, c'è stata una maggioranza che comunque l'ha votata. Io non so se poi questa maggioranza è andata in crisi sul problema del Piano regolatore generale, non mi è parso però che fosse questo il casus belli di una situazione che portò alla decadenza del Consiglio comunale. Se dovessi dare un giudizio, darei un giudizio positivo perché ha rappresentato un grosso sforzo, dal momento che è dal 1959 che in questa città non si è più riusciti a mettere in atto, per ragioni diverse, un piano preliminare che andrà arricchito con le osservazioni, da accettare o da respingere, e con le approvazioni necessarie, anche facendolo diventare il Piano regolatore.
Ci sono molte osservazioni. Io non le ho viste, non ho nemmeno la competenza che è dei tecnici, molte osservazioni saranno anche strettamente di carattere personale, di difesa del proprio orticello, ce ne saranno sicuramente anche, come in tutte le osservazioni ai Piani regolatori, di strategia.
Nel rispetto dell'autonomia di ciascuno, ritengo di poter azzardare che per il rispetto che ho della sua intelligenza, penso che il dottor Malpica non procederà all'approvazione del Piano. Sarà una mia valutazione personale, ma è per il potere che egli ha, per l'autonomia, per il respiro con cui si muove. E' vero che alle sue spalle non c'è la fonte popolare del sostegno, ma c'è una fonte che è data dal Presidente della Repubblica parimenti importante. Se dovessi azzardare un giudizio, al di là di tutte le congetture e delle ipotesi che legittimamente ciascuno di noi fa - non scommetto su niente e su nessuno - sarei portato a dire che il dottor Malpica non andrà all'approvazione del Piano. Probabilmente farà approvare alcune varianti che sono le cosiddette anticipazioni, cose che d'altro canto sono persino state auspicate dalle varie forze politiche. Chiedo venia anche al dottor Malpica se mi permetto di esprimere una valutazione non so nemmeno qual è la risposta che il dottor Malpica ha dato alle varie forze politiche che di volta in volta ha incontrato per sentire le loro valutazioni. Ci vuole poco a capire, nonostante tutte le osservazioni legittime, che in fondo è una sostituzione ad un potere decisionale che deve essere lasciato alla volontà popolare, se poi addirittura si pensa come è prevedibile, che si andrà alle elezioni il 28 marzo. Se non si approva la legge in tempo, e ho l'impressione che i termini stanno slittando, non vedo nemmeno qual è l'arco di carenza, in qualche modo di non governo, che potrebbe accompagnare la vita politica amministrativa della città perché resterebbe davvero contenuta in un arco di tempo stretto.
Non sono nemmeno del parere - qui sono d'accordo ancora con l'Assessore Carletto - che la situazione sia talmente drammatica come mi è parso di capire dall'intervento del collega Ferrara da mettere in qualche modo il Commissario nella posizione di chi dice "se non intervieni tu intervengo io". Io non vorrei che facessimo il gioco delle ammirazioni contrarie nel senso che la situazione è così drammatica che a questo punto non c'è altra alternativa che procedere. Ritengo che sarebbe un errore; ritengo anch'io che i destini del Piemonte non siano giocati sul Piano regolatore di Torino e sono contento. Considero il Piano regolatore di Torino uno strumento estremamente importante come tutti gli strumenti urbanistici del Piemonte.
Lo considero importante perché credo che metta in moto tante cose e io mi auguro che si possano mettere in moto. Auspico che la Regione le segua il più possibile da vicino.
Riconosco anche però che ci sono delle carenze, che sarebbe stato molto meglio avere potuto disporre di un Piano territoriale regionale dentro il qual far saper ai Comuni, ai 1.209 Comuni di questa Regione, che ci sono degli indirizzi. E io mi auguro che la maggioranza prenda coscienza di questa carenza e di questo ritardo e partendo dalle vicende del Comune di Torino si faccia carico di concorrere insieme ai Comuni per fare alcune cose.
Il collega Fiumara ha detto che è stato un dibattito irrituale: si è partiti da una certa posizione per allargare il discorso che pure è stato estremamente importante e che come Partito ci vede impegnati. Noi ci sentiamo impegnati su questa posizione perché vogliamo poter dire alla gente che il loro ruolo è per nessuna ragione mortificato; vogliamo far sapere, nel rispetto di tutti gli attori, che vogliamo riprendere il discorso. Certo, le cose sono cambiate e si andrà ad un dibattito elettorale molto vivace. Credo che non sarà la questione del Piano regolatore a portare le forze politiche a discutere di altre cose. Io sono stato tra coloro che hanno ritenuto che l'Area Metropolitana dovesse definirsi in questo modo e non l'ho fatto, non credo neanche che altri lo abbiano fatto, con i calcoli sotterranei del vedere chi potrà avere domani la maggioranza per governare Torino o l'Area Metropolitana.
Io vedo l'Area Metropolitana dei 32 Comuni come una giusta misura che concorre, insieme al resto della Regione Piemonte, a collocare il Piemonte in una posizione che non sia sbilanciata a favore di un grande centro con una periferia pressoché inesistente, o in ogni caso sottoposta ad uno svuotamento, perché è chiaro che nella misura in cui il centro è grande ed è forte, concentra e polarizza su di sè tutto ciò che può polarizzare lasciando il resto del Piemonte sempre più povero. Allora credo che anche il discorso dell'area metropolitana vada considerato e mi sembra che sia questo l'equilibrio che abbiamo raggiunto. Quindi: niente poteri sostitutivi, rispetto dell'autonomia, atteggiamento che non dia, nemmeno velatamente, l'impressione che la Regione in qualche modo vuole condizionare delle scelte.
Il Commissario Malpica è così uomo preparato da sapere che proprio per questo dibattito c'è una grande attenzione, come d'altro canto è giusto che ci sia, attorno al Comune di Torino, certo molto più di quanto non ci sia attorno al Comune di Sale, che posso citare, proprio per non toccare altri Comuni. Quindi nessun accordo, Chiezzi. Certo che lo spazio che ha un'opposizione come quella che Chiezzi ci ha rappresentato e portato qui, è grande, a fronte di governi che incontrano molte difficoltà. Sarà anche per quello che si sta andando verso governi che saranno più efficienti, più autorevoli, più decisivi nelle scelte, ma non c'è nessuna intesa, tant'è vero che all'interno della maggioranza ci sono delle diversificazioni.
Mi auguro che queste diversificazioni, che sono il risultato di un concorso di forze che formano una maggioranza, che formano un governo come quello della Regione Piemonte, siano di per sè anche il segnale di una volontà politica di governare la Regione Piemonte nel rispetto delle autonomie, che in questo caso non sono più rappresentate dal Consiglio comunale di Torino, ma da un'autorità, che anche noi riconosciamo, che assicuri il passaggio tra un'amministrazione e l'altra e che, naturalmente sia consapevole dei compiti che essa ha di fronte.
Come dicevo, ho azzardato l'idea che proprio questa consapevolezza consentirà anche alla Regione di superare le posizioni contrastanti che esistono all'interno di questo dibattito. Se così facciamo, se concludiamo questo dibattito senza assumere atteggiamenti come quelli richiesti dagli ordini del giorno, dai quali emerge il tentativo di voler "tirare la giacca da una parte e dall'altra", credo che noi avremo dato una risposta di grande respiro, una risposta alta, degna di una Regione che guarda molto più in là, oltre i suoi confini e non si ferma alle cinte daziarie di qualsiasi città, anche se è capoluogo della Regione Piemonte.



PRESIDENTE

Prima di dare la parola al collega Rivalta, vorrei fare il punto sui lavori del Consiglio. Sono le 18 passate, ci sono ancora due interventi e poi è prevista la replica dell'Assessore Carletto. Alcuni colleghi hanno fatto presente che ci sono problemi di viabilità piuttosto seri addirittura con incidenti gravissimi questa mattina sull'autostrada per Milano; è stata fatta una rapida consultazione informale dei Gruppi e la proposta che avanzo è di chiudere oggi la discussione con gli interventi di Rivalta, Picchioni e la replica dell'Assessore; e rinviare alla prossima seduta - saranno convocati i Capigruppo in coda al Consiglio e definiremo il programma - la votazione degli ordini del giorno su questo argomento.
Comunico inoltre che mi è stata fatta una richiesta da parte del Consigliere Leo, nella qualità di Presidente della IV Commissione, cioè mettere in votazione, presumo senza dibattito in quanto è stata votata a larghissima maggioranza in Commissione, la deliberazione che è al punto 20) all'o.d.g. sul progetto di intervento di solidarietà a favore della popolazione della ex Jugoslavia. E' una deliberazione urgente, in quanto sono già in corso alcune attività e l'approvazione di questo strumento è indispensabile.
Se non vi sono obiezioni, la parola al Consigliere Rivalta.
RIVALTA La discussione di oggi, che qualcuno giudica impropria, anomala rispetto alla correttezza procedurale dell'attività di questo Consiglio, in realtà nasce, dico oggettivamente, dal fatto che una Regione non pu esimersi di intervenire per sua competenza su problemi importanti come sono quelli della politica urbanistica e nella fattispecie della politica urbanistica della maggiore città regionale, del capoluogo, dove vive quasi un quarto degli abitanti della Regione e dove sono concentrate le più alte percentuali di potenzialità economiche, culturali ed operative. Quindi io rigetto gli atteggiamenti, che sono sempre più frequenti, di Marchini, lo dico amichevolmente a Marchini, "di zitella stizzita" perché si discute.
Non solo un Consiglio è fatto per discutere, ma in questo caso anche propriamente di un argomento rilevante.
Certo si sarebbe dovuto discutere in altro modo. Non apro polemiche tra di noi, certo le responsabilità ci sono. Voglio solo dire che si sarebbe dovuto discutere in sede di pianificazione territoriale: uno schema di piano territoriale del Comprensorio di Torino è stato adottato da questa istituzione all'incirca otto anni fa, dopodiché più nulla è andato avanti non solo, ma si è smantellata anche una serie di indicazioni, di orientamenti, che probabilmente sarebbero ancora validi, o comunque punti di riferimento oggi. Voglio dire che allora quello schema di piano territoriale dava alcuni indirizzi, e non lo cito qui per una ragione revanscista, ma gli indirizzi erano, per esempio, di poggiare sull'area metropolitana gli ulteriori sviluppi, di localizzare attorno alla tangenziale, in particolare ad alcuni nodi (Campo Volo, zona di Stura Lingotto) lo sviluppo di quest'area. Quello che oggi, invece, viene da questo Piano regolatore, senza che ci siano stati indirizzi promossi elaborati, discussi dai Sindaci, assunti dai Consigli dei Comuni della cintura, è che si indica lo sviluppo di questa città concentrato sulla cosiddetta spina.
Ecco le ragioni di discutere, non c'è stata occasione per discutere e la discussione avviene anche in ritardo. Non mi si vorrà per caso incolpare del fatto che ho chiesto più volte di discutere del Piano regolatore per fornire, anche in una forma extra legge n. 56/77, al Comune di Torino, che elaborava il suo preliminare, degli indirizzi per formalizzare quello che il Consiglio regionale, nella sua logica non formalizzata né in uno schema di piano territoriale e tanto meno di un piano di sviluppo, in termini molto generali, poteva ritenere come punto di riferimento complessivo a cui il Comune di Torino avrebbe dovuto prestare attenzione.
Detto questo, so che si accendono subito gli animi. Non ho voluto fare polemica, ma constatare una situazione. La domanda di discutere mi sembra più che ragionevole e motivata, tant'è che il Consiglio regionale non ha potuto sfuggire a questa discussione. Da un lato, sono nate le interrogazioni che entravano nel merito delle scelte del Piano regolatore di cui i giornali parlavano. Dall'altro, sono venuti ordini del giorno nel momento in cui, un mese fa, il Commissario straordinaro Malpica ha incominciato a dire che era sua intenzione adottare il Piano regolatore.
Anche su questo fatto specifico considero giusto che il Consiglio regionale abbia aperto una discussione. Quale sarà il risultato? E' giusto che abbia aperto una discussione, perché l'adozione del Piano regolatore di Torino rientra nelle procedure di cui la Regione ha definito tempi e modi attraverso una sua legge regionale. Quindi, appare giusto che un Consiglio regionale, di fronte all'anomalia della presenza di un Commissario straordinario - non ricordo che ci sia stato nel passato a Torino - si ponga il problema di come questa procedura si sviluppa. Detto questo, mi sembra penosa la discussione sull'anomalia, sull'opportunità di discutere di queste cose.
Vengo adesso ad affrontare la questione dell'opportunità procedurale indicata dal Commissario straordinario Malpica, e mi fermo soprattutto sulla questione dell'importanza delle osservazioni nel processo di elaborazione e formalizzazione di un Piano regolatore. Anche qui qualcuno mi sembra il Consigliere Marchini, ha voluto ridurre questo ad un fatto puramente formale, di verifica di coerenza dell'espressione di volontà della cittadinanza e delle sue organizzazioni al disegno già formato.
Richiamo molto brevemente l'art. 15 della legge n. 56/77. Lo si pu mutare, io non sono favorevole, ma certo è legge della nostra Regione, e in quanto tale, per noi, anche legge di Stato. Non solo, nel 1942 un regime che è stato cancellato dalla storia aveva introdotto il principio della partecipazione attraverso le osservazioni, ma la legge n. 56/77 dava alle osservazioni un ruolo importante. Se lo andate a scorrere si dice che il Consiglio comunale adotta un preliminare che è una deliberazione programmatica, cioè una deliberazione d'intenti, sulla base di alcune considerazioni, tra cui anche i riferimenti territoriali che la Regione deve dare. Si dice che cosa si intende fare.
Da questa deliberazione programmatica su cui si sente chi vuole essere sentito - non è qui catalogato come - il Comune ha tempo 180 giorni per arrivare al preliminare di Piano regolatore. Da una semplice deliberazione d'intenti gli si dà solo - io ritengo persino pochi e quindi dico "solo" 180 giorni per arrivare al preliminare di Piano regolatore, quindi con tutte le elaborazioni tecniche, le fasi conoscitive che si devono instaurare, se non si sono fatte prima.
Vi sono poi 30 giorni di pubblicazione per il preliminare e 30 giorni per la raccolta delle osservazioni, dopodiché il Comune ha un certo periodo di tempo per arrivare all'adozione del Piano regolatore e quel periodo, che è quello aperto dalla raccolta delle osservazioni, non è breve, è di 180 giorni, cioè lo stesso tempo che la legge prevede tra la deliberazione programmatica, l'elaborazione e l'approvazione del preliminare. Quindi, sul piano temporale, la fase di analisi delle osservazioni e di risposta alle stesse, quindi di messa a punto del piano che deve essere adottato, è della stessa dimensione della fase dell'elaborazione del preliminare, che è già quasi un Piano regolatore.
Questo significa che in questi 180 giorni il Comune, ricevute le osservazioni, stabilisce a sua discrezione un rapporto, un colloquio con chi ha fatto le osservazioni, soprattutto quando queste sono state presentate da associazioni, da organismi e non da singoli cittadini.
E' una fase importante nella storia dell'urbanistica italiana a partire dalla legge del 1942, ma è particolarmente sottolineata come importante anche dai termini procedurali in cui questa fase si svolge. Dopo non ci sono tante altre occasioni, perché una volta discusse quelle osservazioni accogliendole o rigettandole in modo motivato, si chiude di fatto il rapporto con i cittadini. Il Piano regolatore, dopo gli avvenuti depositi per l'approvazione della deliberazione, viene mandato alla Regione che ha tre possibilità: 1) approvare quel Piano regolatore, apportandogli soltanto correzioni di errori formali contenuti nella stesura e in questo caso il Piano è approvato 2) apportare delle modifiche che non mutino le caratteristiche quantitative e strutturali del Piano regolatore 3) apportare delle modifiche che mutino parzialmente le caratteristiche del Piano regolatore: in questo caso il Piano viene rinviato al Comune e riparte da zero non dico come elaborazione, ma nella procedura.
Sulle modifiche si fa la pubblicazione e si raccolgono nuovamente le osservazioni, per ribadire che questo aspetto delle osservazioni è importante. Ogni qualvolta il Piano regolatore viene toccato, anche dalla Regione, per modifiche parziali che ne mutino, in qualche modo, la sostanza, ritorna al Comune e si fanno nuovamente le osservazioni.
Quando ho presentato, insieme ad altri colleghi, l'ordine del giorno credevo che i Consiglieri regionali, che hanno nella competenza urbanistica e territoriale un grande impegno, non mettessero in discussione il significato dell'importanza di questa fase. Invece, mi sono ritrovato in una situazione allucinante, di discussione dell'importanza di una fase che è fondamentale per la partecipazione dei cittadini.
Questa mattina il collega Grosso ha parlato sul piano della costituzionalità della legge, ma qui io parlo del significato dei contenuti partecipativi che la nostra legge porta con sè. Ritengo che davvero sia una lacerazione grande nel sistema di rapporti fra un'istituzione e la cittadinanza, una lacerazione grande nel sistema legislativo che esprime questa intenzione di rapporto con la cittadinanza, che è quello della legge n. 56/77, il fatto che il Commissario straordinario, che pure ha poteri pieni, possa approvare il Piano regolatore. Apro una parentesi: vi siete letti i decreti di nomina dei Commissari straordinari dei vari Comuni commissariati nella nostra Regione? La dizione è sempre uguale: assume i ruoli e i compiti del Sindaco, della Giunta e del Consiglio comunale, cioè gli dà un'ampia, ma generica, possibilità di operare quando ci sono le condizioni di necessità, non è un obbligo di procedere dall'approvazione del Piano regolatore. Anzi, la dizione generica, uniformemente utilizzata per tutti i Comuni commissariati, che abbiano o no da approvare il Piano regolatore, ci sta a dire che è lasciata all'opportunità del Commissario di Governo compiere atti di questo rilievo.
Vengo all'osservazione che dobbiamo lasciare che il Commissario operi come crede. Ma certo che il Commissario opera come crede, opera in grazia di un decreto del Presidente della Repubblica, figuratevi un po' se si lascia formalmente limitare da chicchessia. Però il Commissario ha fatto una cosa corretta che secondo me va letta anche con intelligenza: persino in anticipo alle sue competenze di Commissario straordinario, come giustamente rilevava Cucco, ma non sto facendo dietrologia su questa questione, ha detto alla cittadinanza e a tutte le istituzioni, compresa la Regione, che lui stava verificando la possibilità di adottare il Piano regolatore. Perché ha detto questo? L'ha detto per farlo sapere. Credo che dobbiamo cogliere in questo suo atteggiamento non una finzione, ma una ricerca di dialogo con le istituzioni e con le forze politiche. E sono sicuro che Malpica, prima di adottare il Piano regolatore, verrà in Regione e porrà la questione al Presidente della Giunta regionale, se già non l'ha fatto, perché mi parrebbe ben strano che, venendo ad operare a Torino, non senta la ragione di cortesia istituzionale di un rapporto con un istituto che ha competenze in materia urbanistica.
Allora noi abbiamo chiesto non di forzare la mano perché non avrebbe significato, ma abbiamo chiesto alla Giunta - credo che mi comporterei così, se fossi Commissario avrei preso o prenderei rapporti con la Regione di discutere in Consiglio quello che il Presidente Brizio o l'Assessore Carletto sarebbe opportuno dicesse colloquiando con il Commissario. Anche qui quindi non c'è nulla di strano. Il dire che uno se ne sta fuori non fa altro che confermare che questa Giunta continua a stare fuori da questioni di questo genere perché non va avanti la pianificazione territoriale, non si accetta neppure di discutere degli indirizzi, almeno un documento di indirizzi proposto dalla Giunta, discusso in questo Consiglio regionale, a cui, sul piano almeno informale, fare riferimento per questioni di questo genere; non si porta avanti il discorso dell'area metropolitana, ma non sarebbe arrivato in tempo comunque e non accetto la polemica facile che Marchini continua a lanciare su questa questione. Lui si senta responsabile per se stesso, io per me stesso mi sento responsabile per quanto ritengo sull'area metropolitana, ma certo sono sicuro che ho meno responsabilità di te su questa questione, Marchini.



(Interruzione del Consigliere Marchini)



PRESIDENTE

RIVALTA



PRESIDENTE

Tu hai parlato e non ti ho neanche interrotto. Quando hai detto queste cose avevo ben motivo di intervenire! Adesso lasciami parlare! Detto questo sono perché la Regione, con tutte le forme di educazione necessaria (anche le istituzioni devono rispettare l'educazione, ma non mettersi fuori dalle cose) abbia un colloquio con Malpica chiedendogli di non procedere all'adozione del Piano regolatore: non è una sua competenza obbligata e specifica. Ci sono molte ragioni per fare questo. Per esempio quella partecipazione che Carletto dice "è stata larga", io non la giudicherei così, comunque c'è stata una partecipazione alla discussione.
Da chi è stata organizzata soprattutto? Delle circoscrizioni. Le circoscrizioni si sono mosse, credo che anche i cittadini che sono qui presenti lo sappiano, per sollecitare, per dare informazione ed essere tramite di informazione e sollecitare osservazioni. Ce ne sono state di singoli cittadini, ce ne sono state tante di associazioni varie, da quelle ricreative e culturali a quelle economiche e così via. Le stesse circoscrizioni hanno dibattuto il Piano regolatore: non hanno fatto osservazioni, ma hanno elaborato dei documenti sulle varie questioni consegnati alla Giunta comunale che, come mi risulta, si è presa l'impegno di rispondere, prima della sede formale, in un colloquio di definizione del problema osservazioni e contenuti critici della circoscrizione.
Adesso tutto questo viene meno e un Commissario, che conosce poco Torino perché viene da lontano, poi leggo sui giornali che ci viene anche poco avendo altri impegni, che cosa può fare soltanto? Farsi consigliare da qualcuno. Dai professionisti; certo anche dai professionisti, ma io non accetto le posizioni che ritengo persino al limite dell'arroganza assunta dai professionisti che hanno detto: "Sia ben chiaro: il nostro Piano regolatore non si tocca". Ma quello non è il Piano regolatore loro! Loro sono i tecnici che l'hanno elaborato, sono padroni alla fine di una lunga procedura di decidere di riconoscerlo come proprio, di firmarlo, oppure di non firmarlo perché modifiche avvenute l'hanno talmente cambiato che non possono ritenerlo come proprio; però il Piano regolatore è il Piano regolatore fatto da un'Amministrazione comunale, da un Consiglio in rappresentanza della cittadinanza. Allora, io credo che il Commissario Malpica dovrebbe prestare molta attenzione alla delicatezza di questo problema. Se le elezioni sono il 28 marzo io non sono tra quelli che corrono perché vengano trasferite, credo che la democrazia richieda anche di rispettare delle regole come quelle temporali, capisco tutti i problemi da questo Consiglio comunale possono nascere tanti piccoli gruppi, rendere difficile la fase successiva, ma capisco anche una cosa: che i Partiti e il sistema politico di quei Partiti che sono stati incapaci in questa fase storica del nostro Paese, in cui sono emerse difficoltà sociali, culturali questioni addirittura di contrapposizione territoriale e così via, non hanno saputo assumere un atteggiamento che consentisse di presentarsi all'elettorato con dignità. E allora viene il dubbio che la la corsa a sfuggire al nuovo sistema elettorale, che sarà necessario, sia anche un tentativo di conservarsi qualche prerogativa del passato. Spero che questo non avvenga. Fra alcuni mesi ci si muova con molta cautela. Penso che tutto si muova con correttezza nella nostra città, ma certo che il Piano regolatore generale di una città come Torino modifica, consolida o mortifica degli interessi di dimensione pluridecennale dal punto di vista del contenitore temporale, mette in gioco una quantità di interessi economici enorme, che fa rabbrividire rispetto a quello che può essere l'intervento per lo Stadio delle Alpi o per altre questioni.
Richiamo qui un ragionamento di principio, di comportamento. Di fronte a questi interessi in gioco, e sappiamo che gli interessi sono pervicaci quando sono presenti e si manifestano (probabilmente ciascuno di noi anche se gli toccano soltanto le 1000 lire in tasca reagisce per difendere quei quattro soldi), il confronto in Consiglio comunale, operato in una fase importante come quella dell'osservazione, che decide di quel Piano adottato, che la Regione potrebbe immediatamente approvare o se deve chiedere delle modificazioni sa che riapre tutti i tempi, allora la fretta dove va? Ci troveremo fra qualche mese a dovergli richiedere di riaprire tutti i tempi e rifare pubblicazioni, osservazioni e così via. Il confronto in Consiglio comunale che avverrà ad aprile se le elezioni saranno il 28 marzo, che avverrà a luglio se le elezioni saranno al mese di giugno, è il momento di garanzia che in quel gioco degli interessi non ci sia nessuna distorsione. Gli interessi sono dentro anche alle osservazioni che sono state presentate e dico, per averlo verificato, che ci sono state modifiche del preliminare nell'ultima fase di discussione in Consiglio comunale certamente generale da gruppi di interesse leciti, ma che si sono manifestati a scapito di altri.
Il confronto in Consiglio comunale è il momento di garanzia che non ci siano distorsioni, è il momento in cui le rappresentanze popolari nel Consiglio comunale possono mettere in chiaro la presenza di questi interessi e assumerli laicamente o confrontarsi anche duramente quando questi interessi non sono laici, non dico religiosi, non si muovono con correttezza, li si giudica e si confronta. Superare questo passaggio è una cosa molto delicata e io vorrei che il Commissario ne assumesse la responsabilità. Il Commissario deve comunque sapere, e la discussione di oggi ha certamente messo in evidenza questo fatto che le divisioni sulla procedura che lui ha adombrato - e mi sembra sia giusto lo sappia - non sono affatto unanimi, sono divisioni al limite della maggioranza e che forse senza una ragione di maggioranza nemmeno tutta la maggioranza sarebbe compatta su questo modo di procedere.
Credo che la discussione di oggi non sia vana nemmeno dal punto di vista politico. Ho visto, nella espressione dei vari Consiglieri intervenuti, il delinearsi, cosa che ritengo importante su una questione di principio oltre che di sostanza, di una opposizione che la pensa allo stesso modo su questa questione, che non è marginale, io la considero una cosa importante che sta nella vita democratica del nostro Paese, una lesione a questa procedura è una lesione alla democrazia che prima o poi si paga. Ebbene, nelle posizioni di Cucco, poi di Chiezzi, di Rossa, di Tapparo, non quella di Fiumara, ma vedo già che è uno contro due rispetto al Partito socialista, degli amici Verdi, di Goglio, ho visto delinearsi su questa questione una sorta di raggruppamento di intenzione (si manifesterà così sugli ordini del giorno, ma è certo di intenzione). Non ho ritrovato Ferrara, credevo che avesse preso posizioni, quelle che io considero quelle giuste, qualche settimana fa quando sono venute fuori le sue prime dichiarazioni ho scoperto che era una velina per passare invece oggi ad appoggiare di fatto l'intervento di Malpica. Qualcuno ha detto: "Non si parli nella campagna elettorale di questa vicenda del Piano regolatore", io considero invece che questa formazione di un primo raggruppamento sia un tema proprio di campagna elettorale.
Non sono entrato nel merito del Piano regolatore e avrei molte ragioni per farlo, ma non ho voluto entrarci perché la questione dell'assunzione di una procedura, di un atteggiamento politico nell'applicazione di una procedura non rientra nel merito della questione.
In questa applicazione colgo però dei segni politici; sicuramente, dopo le prossime elezioni, il Consiglio comunale di Torino non sara più quello di prima. Personalmente, spero sarà profondamente rinnovato dal punto di vista delle composizioni politiche, dal punto di vista delle persone: spero che a guidare Torino non si riesumino vecchi personaggi, ma che ci siano davvero, delle novità.
Di fronte alle novità, e sarà la democrazia ad esprimerle, credo che l'atteggiamento distaccato dal problema che la maggioranza intende assumere, di non rispetto dei diritti di certi Consigli di partire dall'osservazione del Piano regolatore nel proprio lavoro, sarà un ulteriore segno critico verso chi ha governato finora.



PRESIDENZA DEL VICEPRESIDENTE MONTABONE



PRESIDENTE

La parola al Consigliere Picchioni.
PICCHIONI Signor Presidente, parlerò pochissimo, anche perché a quest'ora della sera credo si siano consumate sul problema tutte le osservazioni e tutte le intelligenze possibili.
Vorrei solamente fare una dichiarazione più di ordine politico che di ordine tecnico.
A me pare, innanzitutto, che il percorso procedurale illustrato dall'Assessore sia ineccepibile, così come la correttezza della Regione nell'astenersi da qualunque azione o comportamento improprio che potesse in qualche modo influenzare il Commissario della Città di Torino. Non si sovrappongono competenze istituzionali tra momento comunale e regionale, ma si richiama ciascuna di esse al momento più proprio, in una successione logicamente diacronica.
In questa sede si è parlato, anche ultimamente, di una lesione della democrazia, di un esproprio della partecipazione popolare; ci si è dimenticati però di quanto detto dall'Assessore, di un dibattito che ha coinvolto per mesi e mesi l'istituzione cittadina, la comunità dei cittadini e dei quartieri, in un braccio di ferro estenuante, fra tesi e culture diverse, ma anche tra pregiudizi diversi.
Si teme oggi che con i poteri di Malpica in questa città esista un potere tutelare e burocratico al limite stesso della legittimità. Il rischio qui più volte ripetuto è che il dibattito civile, culturale e politico si vanifichi dietro a tanta fumisteria dialettica, tante strumentalizzazioni di parte, tanti interessi corporativi, tante guarentigie di privilegiati. Si vorrebbe ricominciare da zero, con una città "novelliana", dove tutto si riduce ad una pietrificata riedizione di come eravamo cinquant'anni fa; come lo stesso Novelli ha detto pochi giorni fa, sulla stampa cittadina, che invece dei parcheggi ci devono essere i garage, invece del Piano regolatore ci deve essere la città così com'è, e via dicendo.
Ma la legge n. 70/91 ha posto un termine perentorio a quel gioco dell'oca per cui i Piani regolatori in questa città si immaginano e non si adottano.
L'eccesso di zelo - che io condivido - ha portato l'Assessore a parlare anche di alcune questioni importanti, assicurando peraltro che un confronto ampio su queste questioni ci sarà in occasione dell'arrivo del Piano regolatore in Regione.
L'Assessore ha parlato di alcuni temi controversi, come la collina come la "spina": non voglio ritornare su questi argomenti, però, siccome in questo dibattito si è parlato sulle anticipazioni, vorrei solamente ricordare agli amici del PDS che la bozza di programma - Consigliera Bresso dell'accordo del governissimo parla di anticipazioni: non si pu dimenticare oggi perché fa comodo, quello che è stato siglato ieri (o perlomeno era in via di firma).
A proposito del Piano regolatore della città - ho qui la bozza dell'accordo di governo si parla di determinare una quota significativa di edilizia pubblica, delle tre anticipazioni relative ad aree private già approvate dal Consiglio comunale. E questo bisogna dirlo proprio per quella verità storica che compete certamente ad ognuno di noi.
Caro Chiezzi, nessuno contesta che si parli di Piano regolatore in quest'aula; se dobbiamo riconoscere qualcosa a quest'aula, una sua peculiarità è proprio la libertà, la disponibilità direi quasi smisurata a parlare e a discutere di tutto e di tutti, a innescare ogni mattina dei processi a questa o quella situazione, quasi regolati da un pendolo esterno che a volte è il magistrato, a volte è il giornale, a volte è la "notitia criminis", a volte è il "fumus" di questa notizia. Si parla così, a ruota libera, ma a volte anche con intimidazioni, con accenni millenaristici, con certe durezze di carattere teologale. E non si deve continuare però, amici a ripetere stucchevolmente, com'è stato fatto oggi che ci vuole "prima il tutto e poi la sua parte", rimandandocisi sempre illuministicamente a qualcosa che non c'è, a qualcosa di più grande, a qualcosa che non esiste negli atti e nelle cose.
Non so dove e quando è nato questo sofisma; ed è come coloro che obiettando all'astratta perfezione delle idee di Platone dicevano che capitava loro di vedere qualche volta i cavalli, ma non gli era mai riuscito di vedere la cavallinità.
In politica, come nella vita, bisogna fare i conti con il tempo che scandisce gli eventi degli uomini. Ed oggi il tempo politico è tale che tra la regola ossidata e quella che non c'è ancora, non si può e non si deve consumare una dissipazione irreversibile.
Questi giorni sembrano uscire vittoriosi sul troppo della politica, ma a noi compete anche di batterci contro il niente della politica; quel niente che può provenire anche dall'oltranza ideologica, dalla rinuncia al fare, dall'impoverimento della nostra azione.
La nostra debolezza, amici della maggioranza e della Giunta, potrebbe nascere non tanto dall'aggressività degli avversari, ma dal fatto che non ci riesce a renderci riconoscibili con le nostre ragioni, con i nostri linguaggi, i nostri comportamenti.
Calcoliamo la volontà del cambiamento, che esiste in questa città dobbiamo essere portatori di peculiarità e di proposte, interpreti delle sue potenzialità economiche, culturali e sociali. In mancanza di gesti precisi e di decisioni coraggiose noi aggiungeremmo a questa città, a Torino, il costo di un imperdonabile immobilismo. Non si può rimanere inerti, senza governare, se non si vuole alimentare una deriva al cui fondo c'è l'insignificanza del nulla.
Ed è per questo che non possiamo non approvare con piena convinzione la comunicazione e il valore politico dell'Assessore Carletto.
Ognuno faccia il suo dovere, amici della maggioranza e della minoranza ognuno risponda del mandato che ha ricevuto. In una condizione così precaria rischiamo di perdere quelli che ci hanno confidato la traduzione politica dei valori nei quali si riconoscono, ed anche degli interessi che essi intendono essere tutelati.
La loro attesa, l'attesa di questa città, tra tante omissioni ed ignominie si fa inquieta e incalzante. Cosa chiediamo, cosa diciamo loro? Che abbiamo qualche problema? Che Chiezzi non vuole? Che non siamo tutti d'accordo sui modi? Sui tempi? Sugli uomini? Sugli equilibri di potere? Su chi vince e su chi perde? Sulle alleanze da fare e da disfare tra i Gruppi tra le correnti, sui trasversalismi barocchi che pur anche qui esistono? A me sembra invece - e concludo - molto più utile, probante e morale un patto di chiarezza, un'assunzione di responsabilità precisa.



PRESIDENTE

Il dibattito è terminato.
La parola all'Assessore Carletto per la replica.
CARLETTO, Assessore regionale Presidente, cercherò di rispettare i tempi come mi è stato richiesto anche perché non intendo entrare nel merito del Piano regolatore, per debbo spiegare anche le ragioni della comunicazione che ho svolto la settimana scorsa che ha sollevato valutazioni le più disparate tra colleghi e tra i vari Gruppi.
Disparate nel senso che sono state considerate eccessive e troppo generose da alcuni e altri invece hanno ritenuto che io volessi sfuggire ad aspetti importanti di questo Piano.
Sottolineo che non sono stato io a decidere che su quelle interrogazioni e su quelle interpellanze si dovesse fare una comunicazione ma è stata la conferenza dei Capigruppo con il Presidente della Giunta a chiedermi tale prestazione ed io mi sono docilmente adeguato a questa richiesta. Il senso di quella comunicazione era la risposta alle questioni poste attraverso interrogazioni ed interpellanze e ordini del giorno riguardanti la procedura e la legittimità in ordine ai poteri del Commissario e affrontavano anche delle questioni di merito alle quali ho riferito al Consiglio con informazioni fornitemi dagli estensori del Piano regolatore.
Io, come era mio dovere, ho convocato gli estensori del Piano regolatore ed ho domandato loro di essere informato sulle questioni oggetto di interpellanze e di interrogazioni. Ho riferito all'aula ciò che mi è stato detto; questo mio riferire non deve essere considerato un giudizio di merito della Giunta regionale o un'anticipazione delle valutazioni che la Giunta regionale farà sul Piano regolatore di Torino.
Nella scorsa seduta qualcuno aveva interpretato male la mia relazione ma giustamente la Presidenza del Consiglio ha ritenuto di distribuirla per cui oggi non ho colto in nessun intervento accenni (che la settimana scorsa sono stati ripresi a caldo sulla mia comunicazione) che sembrava volessero anticipare un giudizio sul Piano regolatore da parte della Giunta e quindi dell'Assessore.
Io non ho espresso giudizi, valutazioni di merito, mi sono limitato a riferire le informazioni avute dagli estensori del Piano.
Sui poteri del Commissario mi pare di non dover ritornare perché, come molti colleghi hanno detto, è una questione ormai superata dai fatti. Il Commissario ha questo potere e quindi la posizione della Giunta è di ritenere, dal punto di vista istituzionale, scorretto, un intervento della Regione nell'iter di un Piano regolatore che la legge affida alla responsabilità del Comune. Questa è la posizione della Regione che peraltro non attiene solo alla città di Torino, ma a tutti i Piani regolatori; ormai la Regione ne ha approvati più di mille e non è mai intervenuta nell'iter della procedura e tanto meno nel merito, nella fase di formazione della volontà comunale. La volontà comunale è sacrosanta e la Regione non può, a mio giudizio - pena scontrarsi con la legge regionale - entrare nel merito di questi problemi.
Una cosa, collega Rivalta, è discutere di pianificazione territoriale che è di competenza regionale, cosa diversa è discutere di città metropolitana, non solo dal punto di vista della sua identificazione territoriale, ma dal punto di vista anche degli scenari che si immagina debbano essere delineati all'interno di questa città, ma questa non è pianificazione urbanistica. La pianificazione urbanistica per legge viene affidata al Comune, quindi è il Comune che su di essa deve esprimersi.
La posizione della Giunta è quella di rispettare questa responsabilità che è affidata a livello istituzionale al Comune, quindi riteniamo che sovrapporre responsabilità diverse sia aggiungere confusione in un momento in cui nella nostra città c'è bisogno di chiarezza.
Sui livelli di pianificazione superiore siamo assolutamente d'accordo lo abbiamo più volte ribadito. Mi scuserà il collega Nerviani se gli rubo per un attimo la sua competenza: il Piano della collina sta procedendo speditamente, come il Piano del Po; sta procedendo il lavoro di pianificazione territoriale, è stata assunta come decisione, dalla Giunta quella di estrapolare l'area della futura città metropolitana come anticipazione nel lavoro di pianificazione territoriale proprio perch sappiamo che questa è l'area nella nostra regione per la quale è necessario che l'Ente Regione dia al più presto delle indicazioni progettuali socio economiche.
Vi prego di credere che per certi versi chi è più in imbarazzo in questo momento è l'Assessore all'urbanistica, perché sta tentando di supplire a questo lavoro che si sta facendo attraverso la gestione dei Piani regolatori della città metropolitana con una visione che è sovracomunale per non pregiudicare il territorio. E' questo un lavoro di supplenza che noi cerchiamo di fare, anche se per certi versi è un po' improprio, in attesa che venga completato il lavoro di pianificazione territoriale all'interno di quest'area dei 32 Comuni dove la Regione dovrà dare delle indicazioni, non solo perché le Province devono fare la loro pianificazione, ma proprio perché la conurbazione urbana di quest'area è così complessa da farci dire che occorrono delle linee di pianificazione territoriale regionale per ricomporre un tessuto, che negli ultimi vent'anni, sicuramente, non ha definito delle condizioni di sviluppo così ottimali.
Ritengo che si debba procedere ad un'operazione di riequilibrio. Vi inviterei a vedere la situazione della futura città metropolitana, vi inviterei a vedere com'è la situazione dei Comuni della prima e ormai anche della seconda cintura, certo non per scelte degli ultimi anni; io vi inviterei ad andare a vedere la qualità della vita che noi rileviamo nei Comuni della prima cintura rispetto alla qualità della vita che abbiamo a Torino.
Queste sono riflessioni che pur un giorno faremo, quando dovremo affrontare questi problemi, ma se si immagina di riequilibrare la città di Torino utilizzando la prima e la seconda cintura, credo che avremo delle grosse difficoltà a determinare questo riequilibrio. Oggi le condizioni urbanistiche di queste realtà sono così complesse e così difficili da farmi dire che quasi quasi noi dobbiamo, attraverso una progettazione urbanistica della città, migliorare la qualità della vita in queste realtà della prima e della seconda cintura, quindi facendo l'operazione inversa, perché oggi la situazione che abbiamo sotto gli occhi è di questo tipo e ciò credo non sfugga a tutti i colleghi.
Per quanto riguarda poi un'altra questione posta, quella delle anticipazioni, credo che si debba fare un attimo di mente locale altrimenti facciamo troppa confusione. Le anticipazioni sono, finora, allo stato degli atti, di due categorie. Ci sono due anticipazioni su aree pubbliche relativamente modeste come aree, sulle quali da tempo c'era un concorso di idee fra la Regione e la Città per realizzare dell'edilizia residenziale pubblica; la terza area, invece, sulla quale si doveva realizzare l'edilizia residenziale pubblica, l'E28, è stata fermata per le ragioni che conosciamo. Su queste due aree mi sembra che il Consiglio comunale, all'unanimità o a stragrande maggioranza, fosse d'accordo di realizzare dell'edilizia residenziale pubblica.
Si tratta di 350 alloggi, tra edilizia agevolata e sovvenzionata, la gran parte di sovvenzionata, che è quello che serve alla città oggi per dare un minimo di risposta alla tensione abitativa esistente. Il fatto che qui si metta in discussione questa scelta e che si contesti alla Regione di mandare avanti rapidamente questi provvedimenti mi spaventa, non tanto perché non mandare avanti queste due anticipazioni vorrebbe dire bloccare circa 80 miliardi di investimenti, ma mi spaventa perché vuol dire che qui davvero si immagina che queste due piccole aree della nostra città - come ho sentito dire da parte di qualcuno - siano strategiche nel futuro di Torino.
Io non credo che queste piccole aree siano strategiche; se ormai arriviamo ad una sofisticazione dell'urbanistica tale da far ritenere due aree, sulle quali si fanno poi 350 alloggi, come strategiche, e il fatto che le si approva vuol dire, dal punto di vista urbanistico, compromettere lo sviluppo della città, allora significa che noi qui facciamo della micro urbanistica, non facciamo un disegno urbanistico per riqualificare la città, ma facciamo dell'urbanistica che riqualifica neanche un isolato. Per carità, la strumentalità politica, le posizioni di maggioranza e di opposizione, legittimano tutto in democrazia, ma se scendiamo a questo livello di polemica, mi chiedo quando e come questa città riuscirà davvero a dare una risposta alla tensione abitativa, agli sfrattati, che poi riceviamo, giustamente, in Consiglio regionale, rispetto ai quali chiediamo che venga data risposta, accusando la Giunta regionale e la Città di Torino di non creare le condizioni perché questa risposta possa essere data.
Vivaddio, abbiamo due aree modeste sulle quali facciamo dell'edilizia residenziale pubblica, due aree pubbliche, quindi dove non credo ci possa essere neanche speculazione perché, ripeto, sono di proprietà del Comune: se contestiamo questo, allora dico che in queste istituzioni non si riesce più davvero a trovare un consenso intorno ad un problema e cercare di dare una soluzione.
Cosa diversa sono le tre aree private, che non sono ancora arrivate in Regione. Sulle tre aree private io ho sempre espresso la mia prudenza e quando sono stato interrogato sulla questione, ho risposto che se arrivasse il Piano regolatore - questa è la posizione della Giunta - io considererei le anticipazioni sulle tre aree private da mettere in un cassetto, perch mi sembra assolutamente preminente il fatto di esaminare il Piano regolatore nel suo complesso. Perché, badate, amici, quando sento parlare di interessi forti, anche noi ce lo siamo chiesto; un interesse forte potrebbe anche essere quello di non avere troppi spazi da coprire nella nostra città, di averne magari pochi, e quei pochi assumono un peso nella vita socio-economica della nostra città. Se noi abbiamo degli interessi generali, se abbiamo un Piano regolatore che va avanti - condiviso, non condiviso, apprezzato, non apprezzato, giusto, sbagliato, non lo so - noi diamo una risposta al complesso dei problemi della città, al complesso dei problemi degli interessi, al complesso dei problemi che una città deve affrontare e risolvere.
Ci sono migliaia di signori Pautasso Giovanni che aspettano di avere una risposta dallo strumento urbanistico, di segno positivo, di segno negativo, ma con questo rispondiamo a migliaia di Pautasso Giovanni. Con le anticipazioni, rispondiamo a pochi Pautasso Giovanni.
Io sono dunque tendenzialmente contrario a immaginare di risolvere pochi problemi di questa città, e credo con questo di fare gli interessi generali della città e soprattutto dei cittadini. Io preferirei poter affrontare i problemi generali attraverso il Piano regolatore, senza bisogno di dover scegliere la strada delle cosiddette anticipazioni. Se il Piano regolatore non arriva, la Regione ha dei tempi, saremo costretti a esaminare ciò che ci arriverà dalla Città. Se ci arriveranno le tre anticipazioni - come ho letto dai mezzi di informazione - e il Piano regolatore non arriverà, è chiaro che noi abbiamo il dovere istituzionale di esaminare le anticipazioni, comprese quelle relative alle aree private e così faremo. Però credo che si debba riflettere su questa questione perché non è un ragionamento - a me pare - marginale.
La questione occupazione, e ho finito, Presidente. Io non credo che il Piano regolatore di Torino risolva il problema occupazionale di Torino.
Chi pensa questo credo sia almeno ingenuo.
Questo ragionamento nel nostro Paese si è fatto spesso nei decenni passati, quando si registrano delle crisi forti del sistema industriale, e oggi stiamo vivendo una crisi forte del sistema industriale che, badate per la prima volta investe i tre settori portanti della nostra regione (l'automobile, l'informatica e il tessile), per la prima volta i tre settori sono in crisi insieme, legati poi ad una crisi congiunturale internazionale, a tutti i problemi che sappiamo. Da che mondo è mondo si è sempre sentito dire che il sistema dell'edilizia, intesa come lavori pubblici, intesa come il cittadino che vuol farsi la casettina, intesa come edilizia in senso lato, è un volano, uno strumento che può attutire una crisi occupazionale. Allora, in questo senso va letto il discorso che peraltro, il Presidente del Consiglio dei Ministri ha fatto.
Il Presidente del Consiglio Amato, attraverso i Prefetti, ha fatto delle consultazioni su tutto il territorio nazionale per vedere lo stato dell'arte dei lavori pubblici e dell'edilizia, e ha fatto un lavoro ricognitivo per capire a che punto stanno nel settore dell'urbanistica delle concessioni edilizie, quindi del funzionamento e dell'efficacia del lavoro delle Commissioni edilizie; per capire a che punto sta questa partita perché è considerata dal Governo e dal Presidente del Consiglio Amato un volano. Non mi pare che sia colpa della Regione se la Regione fa anche queste valutazioni e la Regione le sta facendo perché riteniamo che nel rispetto delle leggi, questo settore possa dare aiuto ad una società che è in difficoltà. In questo senso va letto il ragionamento che in quest'aula è stato fatto e che da parte di qualcuno mi sembra sia stato un po' distorto.
Non entro nel merito del Piano regolatore perché ho già detto l'altra volta che non lo conosco, quindi non sono in grado di dare delle valutazioni complessive. Ho già detto che quando il mio Assessorato dovrà esaminare il Piano regolatore di Torino la Giunta regionale si impegnerà a informare e a rendere partecipe il Consiglio regionale delle grandi scelte che il Piano regolatore di Torino fa e questo impegno, signor Presidente intendo ribadirlo, così come non considero assolutamente inutile il dibattito che c'è stato oggi. Anzi è stato un dibattito importante e in tutti gli interventi dei colleghi, che ringrazio, ho colto degli aspetti interessanti che naturalmente saranno oggetto di riflessione mia, ma anche e soprattutto dei miei dirigenti ai quali è affidato il compito di esaminare sul piano tecnico il Piano regolatore. In passato mi sono sempre rifiutato di venire in quest'aula a fare una relazione, quindi la Giunta si è rifiutata di fare una relazione sul Piano regolatore di Torino perch non lo conosciamo se non per alcune parti e per quello che si legge sui giornali. Le relazioni quando si fanno in quest'aula bisogna farle seriamente e con dovizia di informazioni e quindi mettendo l'aula in grado di confrontarsi sui problemi. Noi non eravamo in grado di farlo, però ho sempre anche detto che nulla vieta al Consiglio regionale di fare di sua spontanea volontà un dibattito sul Piano regolatore per dare delle indicazioni e delle linee, soprattutto di pianificazione territoriale.
Questa è una competenza regionale e quindi credo che da questo punto di vista nulla ci sia di strano e il dibattito - ripeto - ha offerto degli spunti che sono stati interessanti.



PRESIDENZA DEL VICEPRESIDENTE MONTICELLI



PRESIDENTE

Sospendiamo a questo punto la trattazione del punto 8) all'o.d.g.
Ricordo che sono ancora da esaminare e votare alcuni ordini del giorno già presentati ed eventuali altri che saranno presentati per la prossima seduta.


Argomento: Questioni internazionali

Esame proposta di deliberazione n. 625: "Approvazione di un progetto di intervento di solidarietà a favore delle popolazioni della ex Jugoslavia" ed esame mozione n. 537


PRESIDENTE

Come si era stabilito in precedenza passiamo ad esaminare, come ultimo argomento della seduta, il punto 20) all'o.d.g., che prevede l'esame della proposta di deliberazione n. 625.
Se i colleghi lo ritengono utile leggerei il breve dispositivo della deliberazione per dare ai colleghi che non fanno parte della IV Commissione gli estremi dell'atto in modo che sia noto di cosa si sta parlando.
Il dispositivo della deliberazione recita così: "Il Consiglio regionale delibera di predisporre e coordinare interventi di soccorso, di assistenza e di accoglienza alle popolazioni colpite dalla guerra nella ex Jugoslavia, con particolare attenzione alla gravissima questione delle donne vittime di stupri di massa e ai bambini, come dal progetto di massima allegato.
All'impegno di spesa si farà fronte con il capitolo n. 11010 nonché con il provento di pubblica sottoscrizione, come indicato all'art. 4, punto a), della legge n. 4/82".
Ha chiesto la parola il Consigliere Cucco; ne ha facoltà.
CUCCO Signor Presidente, prenderò poco tempo per richiamare due cose. La prima è che su questo stesso argomento insieme ai Consiglieri Majorino Bortolin, Leo, Cavallera, Vaglio, Zacchera e Marino, abbiamo presentato una proposta di mozione della quale chiedo l'iscrizione e anche la votazione se non questa sera, qualora i colleghi non la conoscessero, nella prossima seduta, perché mi sembra importante allo stesso modo di quella in votazione.
In secondo luogo, su questa proposta di deliberazione io voterò a favore perché nei confronti delle iniziative umanitarie di questo tipo non si può che essere a favore, ma i puntini sulle "i" bisogna metterli. Allora mi sembra veramente un po' incredibile che una proposta di deliberazione che arriva il 3 febbraio 1993 in quest'aula non citi nemmeno i nostri precedenti ordini del giorno sulla materia dove si prendevano posizioni politiche ben precise su questo problema. Questa proposta di deliberazione comincia parlando delle "ripetute violazioni dei diritti umani (torture maltrattamenti e l'infame pratica della 'pulizia etnica') compiute da tutte le parti in conflitto".
Questa proposta di deliberazione deliberatamente non entra nel merito nello specifico di quanto sta accadendo in quella parte d'Europa, proprio secondo me - per non sollevare le questioni politiche molto gravi, molto grandi, che stanno dietro quello che sta accadendo. Ci sono le donne stuprate e i bambini abbandonati: sarebbe facile demagogia dire che ci sono anche le fosse comuni di ragazzi evirati perché ci sono anche quelli purtroppo, ci hanno fatto vedere anche questo da quelle parti! Francamente però di fronte a quanto è accaduto, di fronte alla cecità dell'Organizzazione delle Nazioni Unite che continua a parlare addirittura di interventi per "contenere l'aggressione serba" - ripeto, "contenere l'aggressione serba"! quando in realtà è responsabilità precisa di quel regime che ha fatto del razzismo e della pulizia etnica la sua politica da almeno dieci anni (Milosevic non è nato dal nulla, sono dieci anni che sta teorizzando questo!), arrivare con una proposta di deliberazione tutta umanitaria - per carità, non c'è niente di contrario - ma talmente asettica, talmente lontana dalla questione sostanziale che c'è dietro, devo dire che effettivamente mi è venuta proprio voglia di non votarla.
Dopodiché se qualcuno può essere aiutato, io sono dell'avviso che se riusciamo a salvare almeno una vita umana è meglio che niente o se riusciamo ad aiutare una persona è meglio che niente, io voterò questa proposta di deliberazione con tutte le riserve politiche grosse, molto forti, che ho espresso e chiedo la discussione e la votazione eventualmente della mozione n. 535, che sullo stesso argomento propone cose non identiche, ma nella stessa direzione.



PRESIDENTE

La parola al Consigliere Marchini.
MARCHINI Signor Presidente, colleghi Consiglieri, mi rendo conto che quando si vogliono correre tutte le volate e partecipare anche alle corse che hanno apparentemente non un grande pregio, si finisce per diventare antipatici però questa deliberazione è una brutta cosa. E' una brutta cosa.
In primo luogo, noi siamo una Regione che ha una dimensione demografica e territoriale superiore alla media degli Stati che stanno nascendo dalla deflagrazione jugoslava; abbiamo economicamente un peso e un ruolo sicuramente superiore alla maggiore delle Repubbliche che nascano dalla vicenda jugoslava e curiosamente rispetto ad una vicenda di questa natura ci collochiamo, come diceva con grande equilibrio il collega Cucco, in termini asettici: non giudichiamo, non interpretiamo, registriamo semplicemente delle cose che disturbano, tipo gli stupri di massa che se non fossero avvenuti tutto andrebbe bene.
Ci collochiamo rispetto a queste vicende in termini pietistici, in apparenza, velleitari e da cultura del thè delle cinque, che dobbiamo rifiutare come istituzione. Che sia da cultura del thè delle cinque lo si vede immediatamente. Innanzitutto il progetto viene svolto dal Consiglio regionale che, torniamo ai vecchi regolamenti, alla vecchia democrazia liberale che si sta riscoprendo, ha funzione legislativa, di programma, non esecutiva. Non capisco perché la Giunta regionale non debba essere caricata dell'attuazione di un progetto, con le sue strutture, con il suo personale con le sue risorse, con il contributo culturale e politico del Consiglio ma non gestionale. Invece no, qui si avvia, in questo Palazzo, dove si ha qualche difficoltà a mandare e scrivere una lettera, un'altra organizzazione ad occuparsi di questa operazione, che è culturalmente grossolana, irriguardosa, irrispettosa: quelle popolazioni si possono giudicare come si crede, sono popolazioni fiere che vogliono vivere, stare e soffrire nel loro territorio, non sono una banda di personaggi che vengono qui, sperano che l'Italia sia quella cosa che trasmettiamo loro con la televisione, donne al silicone e cose di questo genere. Sono una cosa ben diversa.
Allora, è un approccio politicamente latitante, è un approccio istituzionalmente scorretto, che ripropone che il Consiglio regionale "fa" mentre il Consiglio regionale "affida" a qualcuno l'impegno e l'input di fare. Scusa Leo, ma è un protagonismo che sta tra il thè delle cinque e il Mario Chiri. Per Mario Chiri si intende un pregevolissimo circolo parrocchiale nel quale io ho militato con grande successo da ragazzo.
Non è così che si affrontano questioni di questa drammaticità, non basta. Nel contenuto, Presidente, si avviano dei processi incredibili. Qui si dice che noi dobbiamo immaginare e coordinare interventi di accoglienza: l'accoglienza, se è quello che probabilmente vuole dire la deliberazione sta all'interno del termine "assistenza". Se l'assistenza e il soccorso significano anche, nel frattempo, degli interventi di accoglienza che stanno però all'interno del concetto di assistenza e di soccorso è una cosa, ma se immaginiamo di costruire dei percorsi con cui facciamo venire dei Croati, dei Serbi, dei Montenegrini e riteniamo che questo sia un nostro dovere politico ed umanitario, non abbiamo capito niente, perch questi non hanno nessuna voglia di venire ad abitare in Italia. Se qualcuno vuole abitare in Italia è perché distorto rispetto al processo culturale e politico drammatico che si sta svolgendo.
Io non voterò, ma chi riterrà di votare si chieda se è il caso di immaginare dei percorsi che privilegiano l'arrivo di soggetti e di cittadini poi divisi nelle diverse etnie nella nostra Regione. E' veramente questo ciò che vuole il Consiglio regionale? Si chiede al Governo di agevolare i percorsi che consentano l'ingresso nel nostro Paese di jugoslavi, ma non è questo il problema, assolutamente non è questo! Non abbiamo, mi metto io con tutti voi, non abbiamo capito niente! Per far capire, poi, qual è la filosofia che sta dietro, naturalmente si introducono le Consulte e in particolare una, che si chiama naturalmente antifascista. Devo dire che se c'è un soggetto politico che in questa vicenda bisognerebbe inventare è magari una consulta anticomunista per capire che cosa è riuscito a fare il comunismo in questi Paesi! E allora chiamiamolo almeno con il loro nome, cari redattori: Comitato per l'affermazione dei valori della Resistenza e della Costituzione! Invece no viene fuori la solita logica, perché adesso improvvisamente si scoprirà che i Serbi, siccome sono cattivi, sono anche un po' fascisti, mentre quelli buoni, magari i Croati, sono rimasti qualcosa di diverso.
Sicuramente sull'atteggiamento razzista dei Serbi possiamo forse essere tutti d'accordo, ma io ricordo anche che quando sono cominciate le secessioni nella Slovenia prima e nella Croazia dopo, qualcuno, soprattutto della sinistra, aveva avvertito che quel processo era sostanzialmente volere i ricchi chiudersi in casa loro e dividere il loro destino in termini di solidarietà rispetto alle regioni più povere, quindi sicuramente questo documento non può più di tanto esprimere giudizi storici, perch sulle ragioni e le responsabilità di questi fatti si ragionerà a lungo.
Quindi non voto perché mi crea problemi; oltretutto questo Paese l'ho conosciuto in termini abbastanza felici e mi sembra un approccio offensivo.
Non voterò, chiedo peraltro che venga emendato laddove si immagina di produrre un processo di accoglienza autonomo rispetto a quello di soccorso e di assistenza. L'accoglienza deve essere considerata un momento del soccorso e dell'assistenza, non un obiettivo, ma un modo con cui si fa assistenza e soccorso; non si prevede come obiettivo quello dell'accoglienza delle popolazioni jugoslave nella nostra Regione. Quindi anche quando si dice che noi chiediamo che ci siano dei percorsi che consentano l'ingresso nel nostro Paese delle popolazioni più colpite dalla guerra, semplificando le procedure burocratiche, è ai fini dell'assistenza e del soccorso. Per piacere, amici! Ma voi delle stuprate italiane dagli immigrati, che volevano controllare se i seni erano autentici o al silicone, ve ne siete mai preoccupati? Questi fatti non vengono neanche più riportati dalla cronaca, sono presenti in tutte le cittadine della nostra provincia dove queste persone sono presenti.



PRESIDENTE

Non ho capito bene, Consigliere Marchini. Se per caso ci fosse in un punto o del progetto di deliberazione o del progetto di indirizzi il termine sbagliato per quel che riguarda il Comitato per l'affermazione dei valori la ringrazio per la segnalazione e sarà corretto, perché il Comitato si chiama in quel modo e non si chiama Comitato antifascista. Lì chiaramente va rettificato nel senso di mettere la dizione esatta del Comitato. Lei non ha però proposto, in modo formale, emendamenti al testo.
MARCHINI Signor Presidente, a me è sembrato di non dover forzare, anche in termini formali, più di tanto. Spero che i presentatori, almeno su un aspetto di questa deliberazione, laddove si dice di "avviare processi di accoglienza", riflettano: accoglienza vuol dire far venire cittadini jugoslavi di qualunque natura ad abitare in Piemonte. Vorrei si chiarisse se questo è un obiettivo che il Consiglio ritiene si debba perseguire, se cioè si deve immaginare l'accoglienza come un momento dell'assitenza e soccorso. Però, qui, sono concetti separati e distinti che secondo me vanno ricondotti ad unità. Se i proponenti hanno immaginato che questa sia l'accoglienza lo dicano; se invece ritengono che si debba avviare un processo di accoglienza fuori dell'assistenza e del soccorso, lo si chiarisca. Io non presento emendamenti perché non mi ritrovo in assoluto in questa deliberazione.



PRESIDENTE

Consigliere Marchini, mi permetto solo di segnalarle che il termine accoglienza è usato generalmente nei termini di accoglienza temporanea, per situazioni di particolare ed estremo disagio, non nel senso che lei ha indicato con preoccupazione.
La parola all'Assessore Bergoglio.
BERGOGLIO, Assessore regionale Intendo precisare lo spirito e l'impostazione che questa deliberazione dovrebbe avere, che si divide sostanzialmente in due parti. Una parte, di informazione e di promozione di momenti di sensibilizzazione anche attraverso gli enti locali e le forze sociali presenti ai vari livelli, che è sostanzialmente presa in carico dal Consiglio regionale attraverso i suoi organi formali e una seconda parte di iniziative che sono ancora sostanzialmente da definire che coinvolgono anche dei momenti di livello governativo e non soltanto regionale, che saranno di competenza della Giunta nei limiti e nelle misure in cui queste iniziative saranno definite nella sede opportuna.
Non a caso, quando mi si presentò questa deliberazione per la firma peraltro già abbondantemente firmata da tutti i componenti dell'Ufficio di Presidenza e dalla stessa Vicepresidente della Giunta, concordammo d'inserire una frase che rimandava ad una modalità operativa successiva di definire le modalità di attuazione del progetto, proprio per sottolineare che ci sono aspetti di promozione, di informazione e di orientamento che vanno gestiti a livello di assemblea regionale, e quelli che sono i compiti di coordinamento e di valorizzazione delle realtà locali a livello dei Comuni.
Ci sono delle competenze operative di eventuale gestione di servizi che, se dovessero esserci i servizi di accoglienza, devono prevedere un rapporto istituzionale con la Giunta attraverso gli Assessorati competenti e i suoi uffici. In particolare, ci saranno problemi di sanità e di assistenza, qualora ci fosse questa esigenza.
Volevo fare questa precisazione, perché altrimenti letta ed interpretata così com'è scritta, può dare luogo ad alcuni equivoci che lo stesso collega Marchini sottolineava, ma se interpretata correttamente, e soprattutto integrata dalle successive valutazioni operative, potrà dare quel risultato.
Vorrei anche dire al collega Cucco che proprio nella conferenza stampa che le donne Consigliere regionali hanno realizzato due settimane fa, si era sottolineato, da parte di tutte, ma in particolare dalla sottoscritta e dalla collega Vetrino, il fatto che non era da intendersi semplicemente e soltanto come una iniziativa umanitaria, ma che era un'iniziativa di tipo politico che voleva innanzitutto denunciare e stigmatizzare fatti gravissimi che, neanche in situazioni di guerra e di genocidio in atto potevano essere giustificati, paragonandoli a fenomeni che, in altri tempi e in altre località, si sono verificati.
A questo, nel corso della deliberazione, si è dato meno rilievo, perch si sono privilegiati gli aspetti operativi, ma il significato dell'iniziativa va sottolineato come una volontà di condanna di questi comportamenti gravissimi. Nessuno di noi può restare indifferente rispetto a questi problemi e c'è l'esigenza di creare un'opinione pubblica un'informazione che si rivolti contro questo fatto che avviene a pochi chilometri di distanza dal nostro Paese, in un momento in cui nessuno pu come in altre epoche, dire che non sapeva. Forse allora qualcuno poteva non sapere, visto che i mezzi d'informazione non erano così diffusi, ma nella nostra epoca storica, con i mezzi di informazione di cui disponiamo nessuno di noi può legittimamente dire di non sapere che queste cose avvengono. Quindi, le nostre coscienze non possono essere scaricate così facilmente.
Il senso dell'iniziativa delle donne Consigliere regionali e degli altri Consiglieri va interpretato in questo modo, altrimenti effettivamente, ha ragione il Consigliere Cucco, diventa riduttivo.
Desideravo fare questa precisazione anche per dare un'interpretazione e una chiave di lettura, a mio avviso, più corretta, più ampia ed aderente allo spirito dell'iniziativa del documento che, magari, nella sua stesura formale può non riuscire a rendere tutto quello che si dice verbalmente e che si esprime con i comportamenti.



PRESIDENTE

Grazie, Assessore, per questo intervento che costituisce anche una precisazione dello spirito autentico della deliberazione. Quindi, ha un particolare valore per l'aspetto operativo per come la deliberazione sarà gestita.
Pongo pertanto in votazione la deliberazione testè discussa, il cui testo è a mani dei Consiglieri e verrà trascritto nel processo verbale dell'adunanza in corso.
Chi è favorevole è pregato di alzare la mano.
La deliberazione è approvata all'unanimita dei 27 Consiglieri presenti.
La votazione è valida ai sensi del terzo comma dell'art. 52 del Regolamento consiliare, in quanto i Consiglieri in congedo (n. 10) non vengono computati per fissare il numero legale entro il limite di un quinto.
La mozione n. 537 firmata da Consiglieri di diversi Gruppi attinente lo stesso argomento la consideriamo iscritta automaticamente all'o.d.g.
Pongo in votazione tale mozione, il cui testo recita: "Il Consiglio regionale del Piemonte considerata la gravissima criminale aggressione in corso nella Repubblica di Bosnia Erzogovina, che ha determinato l'occupazione di oltre il 65% del territorio bosniaco, con enormi responsabilità, soprattutto omissive, delle istituzioni della comunità internazionale e della Comunità Europea in particolare rilevata la necessità di fornire alle popolazioni aggredite e occupate non generiche solidarietà, ma un effettivo sostegno in grado di incardinare la grande operazione di ritorno ai loro paesi e alle loro case di oltre un milione di profughi, salvaguardando la documentazione essenziale sulle comunità locali e raccogliendo informazioni sui crimini e sui criminali di guerra (da processare secondo il diritto e le convenzioni internazionali) invita i Comuni del Piemonte a gemellarsi con i Comuni della Bosnia Erzegovina occupata impegna il Consiglio regionale e la Giunta regionale a promuovere nell'ambito delle rispettive competenze, a partire dal censimento documentale dei quindicimila profughi bosniaci presenti in Italia ed in collaborazione con le regioni che li ospitano, il coordinamento con le iniziative che il Governo centrale ha incardinato al fine di realizzare una anagrafe elettronica dei profughi ed una documentazione sui loro comuni di provenienza, scongiurando in tal modo la scientifica distruzione dell'identità delle comunità locali prodotta dalla politica serba di 'pulizia etnica'".
Chi è favorevole è pregato di alzare la mano.
La mozione è approvata con 27 voti favorevoli e 3 astensioni (non ha partecipato alla votazione 1 Consigliere).


Argomento:

Interrogazioni, interpellanze, mozioni e ordini del giorno (annunzio)


PRESIDENTE

Le interrogazioni, interpellanze, mozioni e ordini del giorno pervenute all'Ufficio di Presidenza del Consiglio regionale verranno allegate al processo verbale dell'adunanza in corso.
La seduta è tolta.



(La seduta ha termine alle ore 19,35)



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