Sei qui: Home > Leggi e banche dati > Resoconti consiliari > Archivio



Dettaglio seduta n.206 del 02/02/93 - Legislatura n. V - Sedute dal 6 maggio 1990 al 22 aprile 1995

Scarica PDF completo

Argomento:


PRESIDENZA DEL PRESIDENTE SPAGNUOLO


Argomento:

Comunicazioni del Presidente del Consiglio regionale


PRESIDENTE

La seduta è aperta.
In merito al punto 8) all'o.d.g.: "Comunicazioni del Presidente del Consiglio regionale", comunico:


Argomento:

Comunicazioni del Presidente del Consiglio regionale

Argomento:

a) Congedi


PRESIDENTE

Hanno chiesto congedo i Consiglieri Beltrami, Cerchio, Croso, Lombardi Maccari e Peano.


Argomento: Cave e torbiere

Interpellanza n. 1207 dei Consiglieri Chiezzi e Maggiorotti inerente la cava in località Bosco dei Roveri presso il Comune di Verolengo


PRESIDENTE

In merito al punto 2) dell'o.d.g.: "Interrogazioni e interpellanze" esaminiamo l'interpellanza n. 1207 presentata dai Consiglieri Chiezzi e Maggiorotti, cui risponde l'Assessore Garino.



GARINO Marcello, Assessore regionale

Sullo stesso argomento si è già risposto ai Consiglieri Segre, Miglio e Giuliano che avevano presentato l'interrogazione n. 1132.
In merito ai punti specifici dell'interpellanza in oggetto si pu affermare quanto segue: 1) l'Assessorato all'ambiente è venuto a conoscenza dell'intenzione di conferire la disponibilità dell'area da parte dell'Amministrazione comunale ad una ditta operante nel settore estrattivo, previa gara di appalto, in occasione dell'interrogazione citata n. 1132 dei Consiglieri Segre, Miglio e Giuliano. In questa fase l'amministrazione comunale conferisce la disponibilità, la quale tuttavia non dà facoltà alla ditta di esercire la cava in località Bosco dei Roveri. Pertanto, si tratta finora (era il 18 settembre 1992, allorché io preparai questa risposta) della volontà del Comune di Verolengo di destinare ad attività estrattiva una sua proprietà.
2) Non appare corretto, non conoscendo allo stato attuale il progetto di coltivazione e di recupero ambientale né l'eventuale riuso ipotizzare il diniego dell'istanza ai sensi della L.R. n. 69.
La deliberazione in cui è stata manifestata questa volontà è stata vistata dal Co.Re.Co, competente, tant'è vero che successivamente la Giunta comunale, con deliberazione n. 130 del 4/4/1992, ha approvato il bando di appalto.
Le indagini in merito a quanto affermato dal Sindaco di Verolengo al Co.Re.Co, hanno confermato che l'amministrazione regionale non ha mai manifestato il proprio intendimento favorevole né nelle vie brevi né su altra forma. Del resto non è uso dell'Assessorato manifestare il proprio orientamento in merito a singoli casi, tanto più se questi non sono supportati dalla documentazione progettuale prevista dalle specifiche leggi.



CHIEZZI Giuseppe

Quindi non c'è nessun parere favorevole.



GARINO Marcello, Assessore regionale

Non c'è mai stato nessun parere favorevole, collega Chiezzi.



CHIEZZI Giuseppe

Grazie, sono soddisfatto della risposta.



PRESIDENTE

Bene. Caso raro, che va sottolineato.


Argomento: Tutela dagli inquinamenti del suolo - smaltimento rifiuti

Risposta scritta alle interrogazioni n. 1222 e n. 1257 inerenti l'episodio di inquinamento presso lo stabilimento Ecolibarna di Serravalle Scrivia


PRESIDENTE

Poiché sono assenti i Consiglieri interroganti Sartoris, Dameri Bresso, Coppo e Foco, alle interrogazioni n. 1222 e n. 1257 inerenti l'episodio di inquinamento presso lo stabilimento Ecolibarna di Serravalle Scrivia, verrà data risposta scritta da parte dell'Assessore Garino.


Argomento: Tutela dagli inquinamenti del suolo - smaltimento rifiuti

Interrogazioni n. 1227 del Consigliere Marino e n. 1241 dei Consiglieri Chiezzi e Maggiorotti inerenti il depuratore civile dei Comuni di Dormelletto, Arona, Borgo Ticino e Castelletto Ticino


PRESIDENTE

Passiamo alle interrogazioni n. 1227 e n. 1241 cui risponderà contestualmente l'Assessore Garino.



GARINO Marcello, Assessore regionale

Le due interrogazioni riguardano argomenti che toccano non solo il Consorzio dei Comuni di Arona, Dormelleto, Borgo Ticino e Castelletto Ticino, ma molti consorzi per la raccolta e depurazione delle acque reflue che da anni garantiscono quel servizio per il quale sono stati costituiti e per il quale negli ultimi dieci anni sono stati investiti oltre mille miliardi di lire.
Pertanto, la risposta alle due interrogazioni è rappresentata dall'illustrazione delle iniziative poste in essere dall'Assessorato e dalla Giunta regionale. Da ultimo verranno fatti riferimenti specifici al Consorzio di Arona.
La Regione Piemonte è senza dubbio una delle Regioni che più hanno privilegiato la realizzazione di pubbliche infrastrutture di raccolta e depurazione delle acque reflue urbane. Notevole è pertanto la potenzialità impiantistica pubblica a disposizione per il trattamento delle acque reflue urbane ed industriali di varie aree consortili.
A fronte di tali situazioni è purtroppo scontato che sul territorio regionale sono ancora in essere prassi di smaltimento di liquidi non sempre conformi alle vigenti disposizioni, peraltro suscettibili di diversa interpretazione, e comunque prive, alcune fino a qualche mese fa, di particolari riferimenti comportamentali. E' il caso dei reflui derivanti dalle operazioni di spurgo delle cosiddette fosse biologiche e a tenuta stagna svolgenti funzione di chiarificazione di liquami, prima della loro immissione in fognatura o in altro corpo ricettore.
E' il caso dei percolati da discarica, in particolare delle pubbliche discariche RSU di I categoria, che comportano obiettive difficoltà di trattamento presso le medesime infrastrutture e per le quali non esistono oggi specifiche infrastrutture, pubbliche o private, per il loro definitivo smaltimento.
E' il caso di taluni liquami industriali che pur potendo essere oggetto di trattamento depurativo presso l'insediamento di origine, non possono, a meno di collegamenti lunghi e costosi, essere recapitati in una pubblica fognatura e/o in un corpo ricettore.
La difficoltà di smaltimento degli anzidetti liquami ha indotto gradualmente gli operatori del settore ad un progressivo utilizzo delle pubbliche infrastrutture di raccolta e depurazione delle acque reflue per il relativo trattamento al punto che contestualmente appariva sempre più evidente la carenza nell'esistente quadro normativo, oltreché di un chiaro ambito applicativo, anche di precisi indirizzi comportamentali cui l'Assessorato ha posto attenzione avviando alla fine dello scorso anno le prime procedure di indirizzo comportamentale.
Procedure che prendono lo spunto da normative o provvedimenti regionali inerenti sia lo smaltimento di reflui (L.R. n. 39/89) sia la L.R. n. 13/90 in particolare l'art. 12, concernente la disciplina, di competenza regionale, degli scarichi.
Con la L.R. n. 39 del 10/7/1989, la Regione Piemonte ha inteso limitare lo smaltimento dei rifiuti solidi urbani (speciali assimilabili agli urbani, e dei rifiuti speciali ospedalieri) nell'ambito regionale instaurando un regime vincolistico al fine di operare secondo una coerente politica di pianificazione e programmazione.
Con la DGR n. 16-1847 del 20/11/1980, di fatto venne praticamente escluso il conferimento da altre Regioni di rifiuti presso impianti di smaltimento nella Regione Piemonte; venne infatti stabilito che nel caso di impianti volti al trattamento di rifiuti provenienti da bacini di utenza interregionale le autorizzazioni al relativo smaltimento sarebbero state rilasciate solo a seguito di intesa specifica con le Regioni interessate.
Con la L.R. n. 13/90 la Regione non si è dotata solo di uno strumento disciplinante lo smaltimento degli scarichi civili e la gestione delle pubbliche reti fognarie, ma ha posto, con l'art. 12, le basi per la definizione degli ambiti ottimali di gestione delle infrastrutture fognarie con i relativi criteri, prevedendo nel transitorio la possibilità di impartire disposizioni a tutti i soggetti interessati con l'obiettivo di limitare le dispersioni incontrollate di reflui e di ottenere il massimo utilizzo delle infrastrutture realizzate.
E' appunto con questo strumento che l'Assessorato è già intervenuto una prima volta su un preciso aspetto del problema: i reflui autoespurgati di origine civile; con DGR n. 106 del 17/2/1992, oltre a disciplinare la materia sotto l'aspetto comportamentale, viene chiaramente confermato il principio di priorità al conferimento (se possibile) di reflui provenienti dal territorio di competenza istituzionale, ammettendo solo in subordine a questi, residuando eventuali capacità di trattamento, il conferimento di reflui ma di provenienza limitata al solo territorio della Regione Piemonte.
La DGR in questione è già operativa ed è già in fase di perfezionamento una ulteriore deliberazione di integrazione a specificazione di taluni aspetti della medesima.
Erano in preparazione già prima delle interpellanze altri due provvedimenti analoghi attinenti il conferimento di liquami industriali e di percolati da discarica RSU di I categoria.
Il principio ispiratore sarà il medesimo: priorità assoluta a tutto quanto viene conferito dal territorio di competenza istituzionale dell'impianto pubblico interessato, nel rispetto quindi della natura pubblica del servizio e della relativa finalità in subordine, residuando capacità depurative, i reflui da altri territori della Regione Piemonte.
Deriverà da questi provvedimenti un'ulteriore scala di priorità relativa alla qualifica del refluo conferito: a) in primis i reflui di provenienza civile (per i quali sussiste già l'obbligo di conferimento e ricevimento presso i pubblici impianti idonei) b) in subordine i liquami di provenienza pubblica (quali i percolati da pubbliche discariche RSU) c) infine i liquami industriali.
Si sottolinea peraltro che mentre per i liquami di cui al punto a) il conferimento e il ricevimento assumono per gli impianti idonei carattere di obbligo, per i liquami di cui ai punti b) e c) agli Enti gestori dei pubblici impianti di depurazione acque è data solo facoltà di accoglimento nel rispetto di precise regole dettate dai provvedimenti stessi.
I provvedimenti in questione saranno adottati dalla Giunta regionale dicevo in allora - entro il mese di luglio e sono già stati adottati.
Con riferimento allo specifico problema illustrato con le due interpellanze viene qui di seguito riferito.
Il Comune di Dormelletto ha trasmesso, per opportuna conoscenza all'Assessorato all'Ambiente copia dell'ordinanza con la quale, in virt del DPR n. 915/82 e della legge n. 142/90, si diffida il Presidente del Consorzio di Arona dall'accettare conferimenti di reflui e/o liquami in contrasto con le attività definite dallo Statuto.
L'Assessorato, con propria nota prot. 5123 del 9 luglio u.s.
indirizzata al Presidente del Consorzio ed al Sindaco di Dormelletto, ha sottolineato l'oggettività delle argomentazioni richiamate nelle premesse dell'Ordinanza, sostenendo in particolar modo la natura pubblica delle infrastrutture e del Servizio.
Con riferimento alle direttive già emesse in materia di legge n. 13/90 e di quelle in fase di perfezionamento si è richiamato il contesto delle norme che devono essere rispettate nel gestire il servizio di raccolta allontanamento e depurazione delle acque reflue, prime fra tutte le finalità statutarie, la legge n. 319/76 e la L.R. n. 13/90.
Alla Giunta regionale non competono rilasci di autorizzazioni n funzioni di controllo, di esclusiva competenza dei singoli Consigli Comunali, e sugli atti di questi, del Co.Re.Co, territoriale.
Riferendo sulla incompetenza della Regione in materia di controllo, è ovvia la risposta ai quesiti relativi al corretto funzionamento dell'impianto, e/o alle eventuali "ingerenze o indebite pressioni nei confronti di Dirigenti del Consorzio o degli Amministratori locali".
Per quanto concerne la realizzazione dell'impianto, essa è stata garantita con i finanziamenti della Regione Piemonte nella misura dell'80 per circa 7 miliardi di lire; è in fase di ulteriore potenziamento ed adeguamento, grazie ad un finanziamento di cinque miliardi con i fondi del primo piano triennale dell'ambiente.
L'onere gestionale è a totale carico dell'Ente che vi provvede con l'introito tariffario pari a L. 400 e a L. 170 a mc/scaricato (=80% del mc erogato) rispettivamente per il servizio di depurazione e per il servizio di fognatura.



PRESIDENTE

La parola al Consigliere Marino.



MARINO Massimo

Ringrazio l'Assessore per la lunga risposta, anche perché la questione è di un certo interesse.
La mia interrogazione è datata 3/6/1992 e più o meno due-tre giorni dopo la sua presentazione uno dei responsabili delle due ditte qui citate è stato posto agli arresti domiciliari con l'accusa di aver pagato 500 milioni ai dirigenti di un depuratore civile della Lombardia e ai gestori di un inceneritore, sempre della Lombardia, per smaltire in modo non corretto e non regolare reflui e rifiuti di vario genere.
Non conosco l'evoluzione di questa iniziativa, ma mi sembra che abbia qualcosa a che fare anche con le questioni che ponevamo, nel senso che cercando di riavvicinare alla mia memoria cose di cui ci siamo occupati più di sei mesi fa, avrei alcune osservazioni da fare quanto l'Assessore ha detto.
La prima è di ordine tecnico. Il depuratore di questo consorzio, così come molti altri, è costruito per svolgere un certo tipo di lavoro che è quello dello smaltimento delle acque di origine civile che hanno, come è noto, una composizione particolare, in parte diversa da quella dei liquami provenienti dagli scarichi e del tutto diversa da quella dei liquami di provenienza industriale. Tant'è che quando le due società (la ditta Debo di Stresa e la Velchi ex Madep di San Giorgio Piacentino) conferirono dei reflui di origine industriale a quel depuratore, la carica batterica and in tilt, come tutti possono immaginare, o almeno chi ha avuto a che fare con il funzionamento di un impianto di depurazione e con la sensibilità che hanno in genere le cariche batteriche quando vengono improvvisamente inseriti liquidi che hanno composizione di sostanze tossiche per i batteri ma anche per noi, del tutto anomale.
Le conseguenze di queste ripetute interruzioni della funzionalità del depuratore sono quelle note quando i depuratori vanno in tilt, cioè la distruzione e l'uccisione della carica batterica e i processi fermentativi che danno fortissime conseguenze sul piano della puzza.
Da qui è nata una protesta dei cittadini della zona e conseguentemente le iniziative varie degli ambientalisti che hanno portato anche a questa interrogazione.
Quindi la prima osservazione di carattere tecnico è che non basta modificare o aggiustare eventualmente la legislazione regionale in modo tale che gli impianti di depurazione di reflui civili smaltiscano anche i liquami delle discariche o quelli industriali: si tratta di costruire degli impianti diversi perché sono cose diverse. Ho lavorato in impianti di depurazione e posso dire che si tratta di costruire alcuni stadi della depurazione diversi se i reflui sono di origine industriale piuttosto che civile. Questo è quello che risulta a me, ma non solo a me. Quindi esiste questo tipo di problema.
L'altro problema è legato a quello che dicevo all'inizio: la Regione deve avere un ruolo chiaro in una situazione di questo genere perché è evidente che un consorzio, in questo caso che gestisce un depuratore di Comuni, purtroppo si muove nella logica di un'azienda, nel senso che non sta molto a guardare la qualità del proprio lavoro: se il lavoro che fa le rende, essa tende a semplificare problemi tecnici da una parte e non tecnici dall'altra, in modo da poter lavorare.
Quindi, il problema della compatibilità ambientale, prima di tutto perché di questo si tratta, e della correttezza e trasparenza normativa di problematiche di questo genere, a mio parere va affidata, o meglio mantenuta rigidamente in mano, ad organi istituzionali che dovrebbero andare al di là della logica strettamente aziendale in cui potrebbe cadere lo stesso consorzio.
L'ultima osservazione che vorrei fare a seguito della risposta dell'Assessore si pone con maggiore forza di quanto avevo prima: non conosco l'evoluzione degli ultimi mesi di questa discussione, ma so che il Consiglio direttivo del Consorzio stava decidendo a quell'epoca, giugno luglio dell'anno scorso, la trasformazione in S.p.A, come possibilità prevista da questa discutibile interpretazione della legge n. 142/90.
Quando un consorzio diventa una S.p.A, sostanzialmente diventa un'azienda privata, così è di fatto. Allora, mi chiedo se sia corretto che la Regione Piemonte abbia speso 1.000 miliardi in dieci anni nel settore della depurazione e 7 miliardi di contributo, cioè l'80%, per la costruzione di questo depuratore, e che in base al piano triennale sia pronta ad impegnare altri 5 miliardi per un depuratore consortile che sta di fatto diventando un'azienda privata. Ho qualche perplessità su questo uso delle risorse, più o meno scarse, che derivano dal piano triennale, nel Settore depurazione delle acque. Gradirei che l'Assessore rispondesse con maggiore precisione a queste perplessità.
Non conosco l'aggiornamento della legislazione che in questo settore l'Assessore e la Giunta stanno facendo, quindi mi riservo di fare ulteriori osservazioni. A mio parere però, poiché questa problematica è molto complessa e spinosa, e anche vedendo altre problematiche collegate a questa (non so se si tratta di delibere di Giunta o di circolari esplicative), è necessaria una grande prudenza da parte della Regione, dell'Assessore e dei funzionari che stendono le circolari o le proposte di delibera, perché la Regione, l'Assessorato in questo caso, deve prima di tutto tutelare l'ambiente, tant'è che l'Assessorato si chiama prima di tutto Assessorato alla tutela ambientale, e dopo deve adattare eventualmente le proprie circolari a interessi spesso assolutamente legittimi, ma che non sempre coincidono con quelli della collettività piemontese.



PRESIDENTE

La parola al Consigliere Chiezzi.



CHIEZZI Giuseppe

Signor Presidente, colleghe e colleghi Consiglieri, sono abbastanza soddisfatto della risposta resa dall'Assessore per quanto riguarda l'illustrazione delle normative esistenti circa il conferimento di reflui vari al Consorzio tra i Comuni di Dormelletto, Arona, Borgo Ticino e Castelletto Ticino.
E' stato un lavoro svolto dagli uffici regionali utile per chiarire il quadro entro il quale devono svolgersi queste attività, su questo punto non mi dilungherò oltre.
Non sono invece soddisfatto del secondo problema sollevato nell'interrogazione sull'ipotesi avanzata da alcuni dei Comuni aderenti al consorzio, di trasformare il consorzio in una società per azioni.
Sulla trasformazione del consorzio in S.p.A, si è discusso molto: i Comuni interessati hanno tenuto assemblee, alcune associazioni, come la Lega ambiente, hanno preso posizioni con documenti. C'è stato un dibattito politico sulla opportunità di una scelta di questo genere nell'interrogazione si sono riprese alcune critiche che durante i confronti svolti in quei Comuni sono emerse da parte di Gruppi di opposizione e di associazioni ambientaliste. La critica denunciava una carenza di motivazione da parte dei Comuni sulla fattibilità e sui benefici della trasformazione del consorzio in società per azioni.
E' su tale argomento che speravo l'Assessore esprimesse la propria opinione. L'Assessore ha detto che la Regione Piemonte non deve controllare la gestione del consorzio. Dal punto di vista amministrativo sarà senz'altro vero, ma rimane il fatto che la Regione Piemonte, che ha finanziato la costruzione di questa opera pubblica, e che oggi è ancor gestita come un'opera pubblica, vede trasformare il soggetto dei propri finanziamenti in una società privata.
Ritengo che in merito l'Assessore dovrebbe dirci qualche cosa di più.
Ne ha il diritto e il potere come ente finanziatore di un'opera, senz'altro dal punto di vista dell'indirizzo e del parere che può dare ai Comuni facenti parte del consorzio. Assessore, lei ha anche il diritto e la possibilità di verificare se i Comuni hanno motivato adeguatamente la scelta di trasformare il consorzio in una S.p.A. Le ricordo che una delle proposte alternative a questa trasformazione privata del consorzio era di utilizzare l'istituto dell'azienda speciale integrata, previsto dalla legge n. 142/90. L'integrazione dei vari servizi legati al ciclo dell'acqua dall'erogazione attraverso l'acquedotto fino al trattamento delle acque reflue, è una delle rivendicazioni che una parte di questi Comuni aveva proposto alle Amministrazioni comunali; su questo l'Assessore non è intervenuto.
Pertanto la prego, insieme al collega Marino, di esporre la propria opinione, perché di questa discussione darò notizia ai Comuni interessati e alle associazioni inviando i verbali di questa seduta.
Penso che la Regione, e per essa l'Assessore, fornirebbe un aiuto al dibattito, che non si è esaurito in questi Comuni, indicando quale linea preferenziale la Regione assume per la trasformazione di questo consorzio e quindi a quale condizioni la Regione Piemonte potrebbe continuare ad erogare denaro per la seconda fase di ampliamento del servizio come ha annunciato l'Assessore con la prossima destinazione di 5 miliardi.
Pregherei l'Assessore di intervenire con una replica di carattere essenzialmente politico.



PRESIDENTE

La parola all'Assessore Garino.



GARINO Marcello, Assessore regionale

Constato con soddisfazione che le iniziative assunte dalla Regione Piemonte sono state accolte dai Consiglieri positivamente: abbiamo svolto il nostro dovere, e a volte lo svolgere il proprio dovere è già una soddisfazione.
Concordo con il Consigliere Marino che allorché ci siano rifiuti industriali, occorre stare molto attenti; Marino mi darà atto che ho fatto però una scaletta di possibilità di immissione e cioè primo i reflui civili, secondo i reflui da percolati, solo terzo quelli industriali.
Credo, pur non essendo un tecnico, che vada affrontato anche il problema della compatibilità dei rifiuti industriali, non credo possa essere detto in assoluto che tutti i rifiuti industriali sono incompatibili con la depurazione. Il problema è di escludere, con impianti a parte, i reflui industriali non compatibili con la depurazione, mentre quelli che invece possono esserlo potrebbero entrare, sempre che ne esista la disponibilità.
Il concetto base, sul quale abbiamo basato le deliberazioni che invier ai Consiglieri, è sostanzialmente che questi sono impianti pubblici al servizio di depurazione di reflui della popolazione, dei cittadini e come tali devono restare. La tendenza invece che si stava sviluppando era che siccome i reflui industriali pagano quattrocento lire e gli altri centosettanta, c'era qualche consorzio che tendeva a ridurre i costi della fognatura aumentando gli altri.
Per quanto riguarda i rifiuti industriali, intendendo anche quelli zootecnici, perché anche di questo si tratta, mi dicono i tecnici che è possibile oggi avere degli impianti di depurazione di acque reflue civili e depurare all'interno anche i liquami zootecnici che però vengano stoccati in altre parti, verificata la compatibilità attraverso laboratorio evidentemente lasciati fermentare, e se compatibili immessi, nel caso contrario trattati in modo diverso.
Si sta procedendo non per tentativi, ma su basi serie, verificate le quali si agirà di conseguenza.
Il problema che pone il Consigliere Marino è reale, giustamente mi si dice che occorre grande prudenza in questa fase: concordo anch'io perch come i Consiglieri sanno, esiste in questo momento nel nostro Paese una conflittualità giuridica tra l'interpretazione che la Magistratura ha dato Corte di Cassazione e sezioni riunite, sui problemi della depurazione e legge n. 13. Tanto è vero che proprio perché siamo preoccupati di questa diversa interpretazione che può sorgere, l'Assessorato, in seno ai seminari di Ecopoli, ha promosso un incontro specifico tra tecnici, non soltanto regionali, ma anche dell'Università, e gli stessi Magistrati. Devo dare atto alla Procura della Repubblica di Torino di essere intervenuta con un proprio rappresentante a questo seminario di Ecopoli e avevo notato in sala la presenza anche dello stesso Procuratore della Repubblica di Torino e altri suoi collaboratori, perché tutti, sia la Procura che l'Assessorato e i Consiglieri, abbiamo gli stessi intendimenti, cioè quello di cercare di armonizzare queste normative, non cercare interpretazioni che potrebbero portare a gravi conseguenze sul piano sociale e dei servizi, e quindi risolvere il problema che indubbiamente necessita di attenzione nazionale.
Quanto al problema rispetto al quale sono stato invitato a pronunciarmi, la trasformazione dei consorzi in S.p.A., già alcuni colleghi hanno rilevato che non è stata una totale, libera scelta dei consorzi, ma una possibilità che la legge n. 142/90 ha offerto loro.
Francamente, sul piano generale sono molto pochi i consorzi che hanno avviato queste procedure di trasformazione.
Il Consorzio in discussione ha creduto bene, a quanto pare, di trasformarsi in S.p.A. Per intanto, la società per azioni che si va a creare non è azienda privata: pur con caratteristiche di S.p.A, i soci sono comunque soggetti pubblici, il che mi pare rappresenti una certa differenza.
Sulla base dell'esperienza maturata in questi due anni e sulla base di personale conoscenza di funzionamento di consorzi - disposto a cambiare idea domani se mi si convince del contrario - personalmente penso sia molto meglio che si creino delle aziende speciali che trattino, per esempio l'intero ciclo delle acque.
Questo va anche nel senso della legge Galli presentata in Parlamento nella scorsa legislatura, ma non approvata da tutti e due i rami del Parlamento anche se ripresentata, penso, con gli stessi principi. Ci permette in primo luogo di governare un intero territorio, in secondo luogo di non avere discrasie tra una gestione e l'altra in un settore, per esempio quello delle acque, in cui è inscindibile il rapporto tra depurazione da una parte e quindi possibilità di inquinamento, e dall'altra il problema delle falde acquifere, da cui, come voi sapete, il Piemonte trae il 72% dell'acqua offerta ai rubinetti dei cittadini.
Una gestione integrale di questo ciclo secondo me è essenziale; e per arrivarci sono anch'io concorde che sarebbe assai meglio che i nostri consorzi valutassero la possibilità non di avere un'azienda S.p.A, per ognuno degli interventi da attuarsi, ma delle aziende speciali cui sia affidata la gestione di tutta la materia.
In qualche caso esistono sul nostro territorio aziende già create nel passato: consorzi che in un secondo momento si sono avvalsi di aziende per essere più snelli ed operativi pur rimanendo consorzi, che hanno aggiunto al ciclo delle acque anche quello dei rifiuti e che in qualche caso trattano anche la metanizzazione. Questo è il caso della ACEA di Pinerolo.
La gestione integrata di tutte queste risorse ha prodotto risultati buoni per i cittadini anche sul piano economico.
Su questo particolare aspetto della legge n. 142/90 sulle difficoltà che si pongono alla trasformazione (ripeto che sono pochi i consorzi che hanno avviato procedure in tal senso), per quanto riguarda gli indirizzi che si potrebbero indicare approfondendo questa materia, credo sarebbe assai opportuno che un Gruppo o magari una Commissione trattasse l'argomento, non per dare ordini, che non potremmo comunque dare, ma per indicare, come sollevavano giustamente i Consiglieri Chiezzi e Marino linee di indirizzo che la Regione potrebbe privilegiare.



CHIEZZI Giuseppe

Potrebbe emanare una circolare.



GARINO Marcello, Assessore regionale

Il problema non è così semplice, ma l'esigenza posta mi pare corretta.


Argomento: Contratti ed appalti - Attrezzature sanitarie (presidi di diagnosi e cura delle USSL)

Sollecito risposta all'interpellanza n. 1363 sui lettori ottici


PRESIDENTE

Da parte dei colleghi che ho avuto modo di sentire fino a questo momento, sembra ci sia l'orientamento di rispettare l'impostazione che ci eravamo dati, ovvero di passare agli argomenti di competenza della Vicepresidente Vetrino, e subito dopo di passare alla comunicazione per la quale si era dichiarato disponibile l'Assessore Carletto, relativamente al Piano regolatore.
Ha chiesto la parola il Consigliere Calligaro; ne ha facoltà.



CALLIGARO Germano

E' da cinque mesi che richiamiamo in aula un'interpellanza sui lettori ottici. Nella seduta della scorsa settimana l'Assessore si era dichiarato disponibile a dare una risposta; quando però è venuto il momento l'Assessore ha detto di averne perso il testo scritto. Lei mi dice che oggi è in congedo; noi avevamo pensato che in una settimana l'Assessore potesse ritrovare la risposta scritta o riscriverla. E' questione molto delicata: la nostra impressione nettissima è che egli non voglia rispondere o tiri per le lunghe.



PRESIDENTE

Oggi l'Assessore Maccari è in congedo. Sapevo che sarebbe emerso questo problema. Posso scrivere all'Assessore Maccari chiedendogli, per cortesia di far al più presto pervenire ai Consiglieri la risposta.



CALLIGARO Germano

No, no, vogliamo discuterla in aula! L'Assessore, dopo aver dichiarato che era disponibile, ha detto che non era nelle condizioni di farlo perch non trovava più la risposta scritta che avrebbe dovuto leggere in aula.



PRESIDENTE

Le assicuro, Consigliere Calligaro, che questa stessa mattina invieremo un piccolo promemoria all'Assessore.


Argomento: Problemi energetici

Esame ordine del giorno n. 471 relativo alle Acciaierie Ferrero e problemi connessi


PRESIDENTE

Passiamo ora alle interrogazioni n. 1022 dei Consiglieri Bresso e Rivalta, n. 1332 dei Consiglieri Giuliano, Segre e Miglio, n. 1382 del Consigliere Ferrara, n. 1423 del Consigliere Marchini inerenti le Acciaierie Ferrero e l'Elettrodotto Moncenisio-Piossasco.
La discussione di queste interrogazioni è assorbita dall'ordine del giorno n. 471 dei Consiglieri Chiezzi e Giuliano, di cui al punto 23) all'o.d.g.
La parola all'Assessore Vetrino.



VETRINO Bianca, Assessore regionale

Sono dispiaciuta del ritardo con il quale affrontiamo la questione.
Ricordo che il Presidente Viglione soleva dire che il Parlamento avrebbe dovuto essere sempre aperto, in quanto palestra per valutazioni meditate ma anche per quelle immediate, sui vari argomenti.
E' annosa questione: negli ultimi tempi, però, c'è stato un momento che forse avrebbe richiesto una valutazione più immediata.
Con questa comunicazione la Giunta intende rispondere alle seguenti interrogazioni: nn. 1022, 1332, 1382 e 1423, rispettivamente dei Consiglieri Bresso e Rivalta; Giuliano, Segre e Miglio; Ferrara; Marchini.
Ci colleghiamo inoltre all'ordine del giorno n. 471 dei Consiglieri Chiezzi e Giuliano che rappresenta peraltro un punto specifico dell'ordine del giorno approvato dal Consiglio lo scorso mese di novembre.
Dicevo che sarebbe stato interessante se questa comunicazione avesse potuto essere resa dalla Giunta in un momento più pregnante, più immediato.
Tuttavia, poiché si tratta di un argomento annoso per la comunità piemontese nonché per il Consiglio stesso, ritengo che le valutazioni possano anche essere fatte a freddo e quindi in questa sede abbiamo la possibilità di esprimerci e di dare un contributo al problema così come è venuto evolvendosi negli ultimi anni.
Do per scontato, anche se cercherò di recuperarla in questa mia comunicazione, la conoscenza di alcuni documenti che ho trasmesso al Consiglio in tempi recenti (meno di una settimana fa), ovvero la copia della deliberazione della Giunta del 18/1/1992; un documento riepilogativo e riassuntivo della situazione che è datato novembre 1992, ma che per la sua completezza ha potuto costituire un elemento importante per la valutazione dei Consiglieri regionali; da ultimo un promemoria che è una sorta di aggiornamento preparatorio e propedeutico a questo momento di dibattito e di confronto che si sta svolgendo in aula.
Dando quindi per scontato la conoscenza dell'intera materia, riterrei di partire dalla novità che si è introdotta su questo argomento e che è rappresentata dal decreto ministeriale dell'agosto 1992, il quale ha introdotto per questo tipo di impianto la cosiddetta procedura di VIA (Valutazione di Impatto Ambientale).
A seguito dell'introduzione di questo elemento di valutazione nuovo, i termini della questione si sono modificati, in quanto la Regione deve sì continuare a dare quei pareri ai sensi degli artt. 81 e 82 della legge cioè i pareri di compatibilità ambientale e di compatibilità urbanistica ma di fatto è tenuta a dare questi pareri dopo che c'è stata da parte del Ministero competente, cioè da parte del Ministero dell'Ambiente, la valutazione della Valutazione di Impatto Ambientale.
Quindi, per far capire anche le difficoltà che si hanno a portare avanti i problemi, ad esprimersi nei tempi corretti, occorre dire che fino ad agosto 1992 la situazione era per certo verso non dico più chiara, ma sicuramente più spedita. Essendo intervenuta questa nuova procedura, noi dobbiamo fare i conti adesso con un adempimento nuovo che si è frapposto a quelli peraltro già numerosi che intercorrevano prima di poter pervenire all'ultima autorizzazione che è quella che darà il Ministero dei Lavori Pubblici che di fatto è l'organo titolato ad autorizzare la costruzione di questo impianto per la sua potenza che non è attribuita alle competenze regionali.
Sulla base di questa Valutazione di Impatto Ambientale l'ENEL ha dovuto presentare il progetto. La Regione e il Ministero dell'Ambiente hanno avuto novanta giorni di tempo per valutare questo progetto, cosa che è stata fatta da parte della Regione Piemonte attraverso la costituzione di un gruppo di lavoro che - i Consiglieri della precedente legislatura lo sanno lavora ormai dal 1988, da quando cioè facemmo tutta la valutazione di impatto ambientale sul progetto dell'autostrada. Questo è un gruppo che ha trovato coesione nel momento più ufficiale di un gruppo previsto dalla deliberazione relativa alla procedura di Valutazione di Impatto Ambientale.
Questo gruppo ha offerto alla Regione, alla Giunta regionale, gli elementi per collocarsi non rispetto al progetto, ma rispetto alla Valutazione di Impatto Ambientale sul progetto per questo impianto.
La Giunta ha assunto una deliberazione, peraltro molto lunga e che i Consiglieri hanno già in possesso, che sintetizzo in due punti essenziali.
Primo: la Giunta ha ritenuto questo impianto, questa struttura, questo elettrodotto, utile agli effetti della esigenza che ha il Piemonte, ma che ha più in generale l'Italia di frapporre momenti di costruzione positiva rispetto all'esigenza dell'energia. Dunque niente da dire all'accordo che è intervenuto tra Francia e Italia (siamo nell'ambito di un rapporto internazionale) per la costruzione di questo elettrodotto, di cui noi diamo per buone evidentemente tutte le valutazioni, tutti i conteggi, tutti i parametri che il Ministero dei Lavori Pubblici ha fatto pervenire, che sono alla base della sua prima indicazione di questo elettrodotto nel Piano Energetico Nazionale.
Secondo punto: la Giunta praticamente non ha espresso il parere sulla Valutazione di Impatto Ambientale perché i dati forniti dal progetto della VIA non erano sufficienti a determinare un parere consapevole da parte della Regione Piemonte.
Questa deliberazione, colleghi Consiglieri, proprio perché si è costretti a volte a momenti di sintesi eccessiva, non ha potuto essere valutata da voi, ma neanche dalla stampa, nella sua giusta misura. Questo è io ritengo - un atto di governo molto consapevole e responsabile della Giunta. Sarebbe stato molto più semplice dire un sì o un no, come qualcuno pretendeva. Il gruppo di lavoro ha lavorato con molta serietà e le osservazioni che sono state fatte, di vario genere, hanno costretto la Giunta alla loro valutazione complessa e quindi ad esprimere questo momento di attesa demandando all'organo che ne ha la potestà di richiedere ulteriori precisazioni, ulteriori aggiornamenti, per fare in modo che le mitigazioni che vengono individuate su questo intervento siano rivedute e per certi aspetti che sia anche riveduta una parte del tracciato.
La deliberazione è a vostra conoscenza e disponibilità e quindi avete sicuramente potuto coglierne gli aspetti fondamentali.
Occorre dire ancora una cosa: negli ultimi tempi abbiamo messo molto il segno sull'aspetto ambientale. Non dimentichiamo che noi per un certo tempo siamo anche stati molto attenti ai problemi sanitari che questo impianto avrebbe determinato per effetto della sua vicinanza alle case. Oggi c'è un decreto ministeriale che assume dei parametri che sono di ordine mondiale.
Io vorrei ricordare che il Consiglio, dibattendo a suo tempo su questo argomento e nello specifico sugli aspetti di valutazione sanitaria, aveva individuato dei parametri che erano quelli che ci erano stati indicati dal Laboratorio di Ivrea, che noi avevamo fatto nostri e che sono anche più garantisti di quelli del decreto ministeriale. C'è un ordine del giorno del Consiglio che obbliga la Giunta a far rispettare questi parametri.
Nella risposta che abbiamo dato al Ministero abbiamo richiamato non soltanto l'osservanza di quei parametri ministeriali e mondiali, che peraltro l'ENEL dice di aver rispettato nel suo progetto, ma anche il rispetto di quei parametri, chiamiamoli regionali, che noi, avendo la possibilità di usufruire di un organo specializzato, scientificamente riconosciuto, come il nostro Laboratorio di Ivrea, avevamo come Consiglio regionale fatto propri in un ordine del giorno.
In tutto questo si inserisce la questione delle Acciaierie Ferrero.
Devo dire che, proprio con il distacco che ognuno di noi deve possedere nel valutare le cose, per quanto mi riguarda, ho sempre avuto molta consapevolezza di questo problema, perché sono anche l'Assessore alle attività produttive e so benissimo che cosa significhi perdere dei posti di lavoro. Però, devo anche dire che abbiamo sempre valutato questo problema indipendentemente dalle Acciaierie Ferrero, perché anche se queste sono una cosa importante, l'elettrodotto in Piemonte si fa o meno indipendentemente da loro; questo è evidente.
Quando le Acciaierie Ferrero avevano deciso di aumentare le loro produzioni, di fare degli interventi, che sono, tra l'altro, molto importanti, perché dal lato ambientale hanno procurato un minor danno grazie all'introduzione di nuove tecnologie nelle lavorazioni che saranno meno inquinanti, quando le Acciaierie Ferrero - dicevo hanno avuto bisogno di 100 megawatt in più - e 100 megawatt in più non è cosa di poco conto ho voluto che, da parte dell'ENEL. mi si esemplificasse il significato di questi 100 megawatt per capire meglio. Mi hanno detto che è come avere una disponibilità di energia per fornire le esigenze civili di una cittadina di 200 mila abitanti: non è quindi cosa di poco conto.
Quando le Acciaierie Ferrero hanno avuto questo bisogno non sono venute alla Regione a chiedere l'energia, ma sono andate all'ENEL. cioè all'ente che fornisce l'energia. Non so quale sia stato il tipo di accordo evidentemente l'ENEL avrà, in quel momento, assicurato le Acciaierie Ferrero che, con il tempo, ci sarebbe stata questa disponibilità.
Ora, le Acciaierie Ferrero hanno un problema cogente, nel senso che se non avranno la possibilità di questa fornitura si vedranno costrette a ridimensionare le loro lavorazioni e addirittura si parla di chiudere lo stabilimento. E' evidente che questo fatto non ha potuto non essere considerato dalla Giunta e in questo senso abbiamo chiesto anche nella nostra deliberazione di accelerare per quanto possibile la procedura della Valutazione di Impatto Ambientale. Non solo, ma per quanto ci riguarda accelereremo tutte le nostre procedure.
Noi avevamo, tra l'altro, individuato anche una via che era quella di accelerare, per esempio, la valutazione della compatibilità urbanistica, ma cosa succede per ritornare alla Valutazione di Impatto Ambientale dell'agosto 1992? Che l'aver introdotto questo nuovo strumento di valutazione ci obbligherà a rimandare un'altra volta il progetto ai Comuni perché se la Valutazione di Impatto Ambientale, rivista nella sede ministeriale, cambierà il tracciato, bisognerà rimandarlo ai Comuni, perch abbiamo già due valutazioni dei Comuni.
Sia sul primo che sul secondo tracciato che abbiamo rimandato abbiamo le deliberazioni dei Comuni che sono tutte negative, sia la prima volta sia la seconda. In ogni caso, le deliberazioni dei Comuni non sono utili all'Assessore Carletto per poter, a sua volta, preparare la deliberazione che le riassume tutte e per fare la deliberazione della Giunta per superare la compatibilità urbanistica, perché queste deliberazioni devono essere riproposte sulla base del nuovo progetto, nel caso che ci sia un nuovo tracciato.
Quindi, la situazione è complessa, ma c'è ancora un altro problema.
Noi, per quanto riguarda le Acciaierie Ferrero, abbiamo sempre parlato dei tempi autorizzativi che sono lunghissimi, tant'è vero che l'ENEL prevedeva 5 anni in totale fra il momento autorizzativo e quello della costruzione.
Ammettendo che, nel giro di tre mesi, riusciamo a superare il momento autorizzativo regionale, c'è poi quest'ultimo momento autorizzativo ministeriale, ma non solo: c'è anche il fatto della costruzione, quindi si va a tempi lunghi.
Inoltre, si tratta di una struttura interconnessa per cui avremo il nostro impianto, ma perché questo funzioni deve essere collegato con la parte francese. Quest'ultima - almeno per le informazioni che abbiamo - ha già dato una prima autorizzazione importante, che è quella della dichiarazione dell'opera come opera pubblica. Questa l'ha data nel giugno 1991 e si è impegnata, entro giugno 1993, a dare l'autorizzazione alla costruzione. Quindi, diciamo che i tempi autorizzativi da parte francese non sono ancora perfetti e sono, quanto meno, omogenei o abbastanza analoghi ai nostri. La differenza è che sul tratto francese il percorso è molto più breve ed è anche meno difficoltoso rispetto al nostro; quindi sicuramente i loro tempi di costruzione saranno diversi dai nostri.
Quello che vorrei dire, concludendo la mia introduzione e riservandomi di replicare sulla base delle osservazioni che i Consiglieri vorranno fare è che in ogni caso valuteremo la pronuncia di compatibilità ambientale da parte ministeriale. Pensiamo di aver fatto il nostro dovere nel fornire utili indicazioni ed informazioni al Ministero per perfezionare tale pratica.
Come amministratori, avendo ben presente quanto l'ambiente debba essere considerato - anche in un momento di difficoltà come quello che stiamo attraversando, per cui certe decisioni vorremmo prenderle anche più velocemente - dobbiamo considerare che, tutto sommato, ci troviamo di fronte ad un'opera che presenta il carattere della reversibilità. E' vero infatti, come dicono questi sindaci, che sarà insopportabile vedere circa 80 tralicci di queste dimensioni su un terreno molto delicato, anche molto bello sotto il profilo paesaggistico e in un contesto ambientale, come i Consiglieri regionali sanno, che è già sufficientemente deturpato.
Qualche cosa bisogna pur pagare per il progresso e il fatto della reversibilità ci deve consolare del fatto che, se sopporteremo per qualche anno questo impianto, è probabile che le prossime generazioni, grazie alle tecnologie moderne che sicuramente si determineranno in futuro e che saranno sempre più attente alla preservazione dell'ambiente e del paesaggio, possano avere la responsabilità di togliere questo intervento e di sostituirlo.
Nella risposta che avevo dato all'ENEL abbiamo anche parlato di una verifica di qualche punto interrato che, da parte dell'ENEL. non era stata fatta. Si è cercato di dare un contributo attraverso un atto di governo che ritengo estremamente importante, che è stato anche molto sofferto.
Nell'ambito della Giunta devo dire che non è stato facile assumere la deliberazione che sto illustrando. A me tocca la sintesi degli argomenti però la deliberazione della quale parliamo è stata presentata dall'Assessore Garino, che ha coordinato il gruppo di lavoro, che ha fornito alla Giunta la relazione che è alla base della deliberazione stessa.



PRESIDENZA DEL VICEPRESIDENTE MONTICELLI



PRESIDENTE

Sulla comunicazione dell'Assessore Vetrino è aperta la discussione.
La parola al Consigliere Chiezzi.



CHIEZZI Giuseppe

Signor Presidente, colleghe e colleghi Consiglieri, sono del tutto insoddisfatto della comunicazione svolta dall'Assessore a nome della Giunta e degli altri Assessori competenti.
Su questa vicenda i ritardi della Regione sono chiaramente inammissibili e portano sulla Regione la grave responsabilità di aver lasciato crescere la questione dell'elettrodotto in un intreccio perverso con la questione posta dalle Acciaierie Ferrero ed i conseguenti riflessi negativi sull'occupazione.
Cari Assessori, quello che occorrerebbe fare ancora oggi, forse era meglio farlo un anno fa, è quello di chiarire quali siano i reali interessi delle parti in causa, è quello di non concedere ad alcuna parte in causa alcuna strumentalità su questa vicenda: né all'ENEL né alle Acciaierie Ferrero.
Per fare questo la Regione avrebbe dovuto assumere le proprie responsabilità con una tempestività richiesta da tutti che non è stata esercitata. Vi ricordate colleghi che l'anno scorso, forse di quest'epoca o non molto lontano, vi è stata una riunione in Sala Viglione nella quale i proprietari delle Acciaierie Ferrero posero in modo esplicito e perentorio un aut-aut alla Regione Piemonte e ai decisori pubblici dicendo che se entro poche settimane, non si decideva la questione di assicurare l'energia di cui le Acciaierie hanno bisogno per le nuove produzioni, entro poche settimane l'Acciaieria sarebbe stata chiusa? E' passato quasi un anno e siamo in una situazione in cui, se non ci contiamo delle storie, nulla è stato deciso. Il parere della Regione Piemonte rimanda la patata bollente al Ministero e ben che vada si inizia una procedura che ha dei tempi che vanno al di là delle precise condizioni poste dalle Acciaierie Ferrero per non smantellare la fabbrica, che sono le condizioni di rispondere entro poche settimane, non so se sono pochi giorni, al quesito posto dalla CEE se si intenda o meno smantellare l'impianto e utilizzare tutti i benefici del caso.
Allora, siete stonati rispetto a questa vicenda! Siete fuori tempo! Come pensiamo che da una non-decisione dell'Amministrazione regionale ci possa essere un colloquio con le esigenze poste dalle Acciaierie Ferrero? Su questa vicenda non ho parlato con il collega Giuliano, co-firmatario dell'ordine del giorno, ma esprimo il mio parere di mantenere questo ordine del giorno e di chiedere che sia votato, perché è ora di finirla con la strumentalità di tutti. L'ordine del giorno chiede, una buona volta, di verificare le condizioni di merito, tecniche, economiche, di ciascuna delle parti. Allora, l'ENEL. che mi sembra continui a distinguersi per una buona dose di cinismo burocratico, con il suo comportamento tollerato dalla Giunta regionale, non mi ha tolto il dubbio di utilizzare la vicenda delle Acciaierie Ferrero per propri fini, che sono quelli di costruire l'elettrodotto così come essa ha deciso nelle forme, nei percorsi e nei modi. Questo è inaccettabile! L'ENEL si è già distinta per comportamenti di arroganza burocratica, di supponenza scientifica. Bisogna chiaramente dire all'ENEL e ai suoi funzionari di abbassare un po' la cresta e di accettare dei confronti critici con tecnici che non facciano capo all'azienda, che facciano capo all'Università e al Politecnico. L'ENEL si segga, presente la Regione, a un tavolo per discutere quali siano le forme e i modi per portare l'energia in Piemonte e le forme e i modi per garantire alle Acciaierie Ferrero di disporre dell'energia necessaria. Questo la Regione non ha fatto nonostante la richiesta del nostro ordine del giorno che è già dell'ottobre dello scorso anno, e faceva seguito a richieste precedenti. Se non si costringe l'ENEL a un tavolo in cui ci sia un contraddittorio critico dal punto di vista del merito scientifico del problema, l'ENEL continuerà a farla da padrona, come queste grandi aziende pubbliche burocratizzate pensano di poter fare e che spero non potranno più fare troppo a lungo.
La seconda parte in causa è la Ferrero. La Ferrero l'abbiamo ricevuta e già un anno fa diceva: "Senza energia chiudo".
Le condizioni delle Acciaierie Ferrero quali sono? E' una Acciaieria che sta producendo in attivo o in passivo? Le Acciaierie stanno funzionando. Hanno investito diverso denaro in modo rischioso, ce l'ha detto Ferrero l'anno scorso, quasi una follia, come è scritto in un documento, o qualcosa del genere. Hanno investito per potenziare gli impianti. Bene, questi impianti oggi stanno producendo. Probabilmente - lo deduco, ma non ho il conforto di un confronto di merito con la Regione e le Acciaierie Ferrero - sono impianti che lavorano non come potrebbero lavorano a un ritmo inferiore. Però quello che mi interesserebbe sapere è se l'attuale produttività delle Acciaierie Ferrero consente un attivo economico o meno. Di certo non consentirà l'attivo che le Acciaierie Ferrero potrebbero ottenere in presenza del funzionamento dei nuovi impianti a pieno regime. Ma i nuovi impianti esistono e funzionano? Funzionano non a pieno regime? A quale regime? Consentono una produzione che fa ricavare utili e di che livello, percentualmente rispetto a quelli attesi? Questa è una condizione che permette alle Acciaierie Ferrero di continuare per cinque anni, perché questi sono i tempi del problema se l'ENEL non è costretta ad altre scelte, a produrre economicamente? In questo caso la richiesta da fare alle Acciaierie Ferrero è che non si sognino di chiudere, di incassare i soldi della CEE e di licenziare gli operai. Se viceversa così non è, lo si dimostri, si portino i conti sul tavolo e si verifichi in quale modo le Acciaierie Ferrero oggi producono passivo.
Quello che è certo è che la Regione ha dato una cattiva prova di sè e di governo, lasciando che ciascuna delle parti strumentalizzasse l'altra.
Ho ancora questa impressione che non mi sono tolto perché non sono stati messi in atto i confronti necessari a fare chiarezza sulle varie posizioni.
I Consiglieri regionali, che pure l'hanno chiesto più volte, anche direttamente al di fuori di quest'aula, non sono stati posti in grado di capire, soprattutto dall'ENEL. Questo non è stato fatto né ufficialmente n ufficiosamente.
A questo punto che fare? L'ordine del giorno che proponiamo è quello di rimuovere ogni strumentalismo servendosi di consulenze tecniche qualificate che fanno capo ad organismi esterni all'ENEL. Occorre produrre una relazione entro trenta giorni, discutere in Consiglio regionale le varie questioni: la produzione delle Acciaierie Ferrero; le opzioni tecniche per la fornitura di energia alle Acciaierie Ferrero, che oggi sappiamo avviene ma non sappiamo in che misura; l'incremento della fornitura secondo le richieste poste dai nuovi impianti delle Acciaierie Ferrero; le nuove condizioni di fornitura, discutendo se debbano avvenire attraverso un elettrodotto tradizionale e verificando se quello sia l'unico modo per garantire la fornitura di energia, ovvero esistano altre soluzioni.
Spero che si riesca a mettere insieme tutti questi interessi e tutte le parti in causa, perché sono i lavoratori delle Acciaierie Ferrero che rischiano il posto di lavoro e pagheranno il malgoverno di tutti. Non pagheranno i proprietari, che riscuoteranno i soldi della CEE e torneranno a casa dei loro investimenti, non pagherà l'ENEL. "elefante burocratico" che tira dritto senza guardare in faccia nessuno e ha sempre fatto quello che ha voluto, sin dai tempi dell'elettrodotto che passava tra le case e nei cortili delle stesse in Valle di Susa senza curarsi degli interessi dei cittadini, con una Regione latitante e sempre più debole come immagine verso tutti: verso l'ENEL. verso i lavoratori, verso la comunità tutta.
Scaricarsi i pesi come ha fatto la Giunta regionale, rinviando il parere della Valutazione di Impatto Ambientale ma sprecando qualche parola sull'utilità dell'elettrodotto in vista del mantenimento delle Acciaierie Ferrero è troppo facile. Governare questa questione è più difficile e richiede impegno e decisioni più pesanti, più onerose, ma senza le quali è difficile dare una soluzione a questa vicenda tale da impedire che i posti di lavoro siano nuovamente persi nell'indifferenza di tutti.



PRESIDENTE

La parola alla Consigliera Bresso.



BRESSO Mercedes

Sottolineo che la nostra interrogazione urgente sulla questione, che prendeva le mosse dalla vicenda dell'elettrodotto in Valle di Susa, risale al 27/2/1992, ben precedente al deposito da parte dell'ENEL dello studio di VIA che ha avviato la procedura di Valutazione di Impatto Ambientale.
A quel momento la Regione aveva probabilmente maggiore ruolo e responsabilità, non essendo iniziata la procedura nazionale.
Non c'è dubbio che l'introduzione della Valutazione di Impatto Ambientale, come procedura tendente a trasferire le decisioni su una serie di questioni, modifica le condizioni di decisione per la Regione Piemonte.
In varie occasioni, parlando della procedura di VIA, abbiamo presentato delle critiche al fatto che per certi tipi di opere, che hanno essenzialmente un impatto di tipo territoriale, sarebbe logico che la competenza fosse delle Regioni, proprio perché sono le Regioni ad avere il potere autorizzativo principale sulle questioni territoriali. Quindi, in base al criterio che la Valutazione di Impatto Ambientale dovrebbe essere posta come procedura valutativa in capo all'ente, che ha potere autorizzativo, sarebbe più logico che toccasse alla Regione pronunciarsi pur nell'ambito di un quadro che è il Piano Energetico Nazionale. Qualora nell'ambito di questo piano si valutasse la necessità di un intervento di importazione dall'estero di elettricità tramite l'elettrodotto che, come sappiamo, ha lo scopo di interconnettere le reti, mi pare che tutto il resto dovrebbe essere logicamente di competenza della Regione.
Purtroppo questa procedura - speriamo che la legge sulla VIA chiarisca meglio i rapporti tra le diverse istituzioni complica i processi decisionali, perché di fatto una decisione che spetterebbe alla Regione finisce per essere sbriciolata tra i vari soggetti.
Ho detto questo perché ritengo che nei casi in cui di fatto la procedura di VIA va ad interferire con una competenza piena della Regione il parere della Regione non dovrebbe essere generico come spesso avviene quando le questioni sono effettivamente di competenza nazionale, ma dovrebbe essere un parere molto articolato e pieno.
L'esempio tipico sono le autorizzazioni per i rifiuti, di competenza della Regione con VIA nazionale, che creano sempre dei problemi di conflitti di competenza tra enti.
Trovo molto insoddisfacente la delibera, pur argomentata da parecchie pagine; è povera se teniamo conto che la Regione ha questa competenza territoriale principale, soprattutto in assenza di qualunque linea di pianificazione territoriale a livello nazionale. Mi pare in particolare che ci sia un'inadeguata argomentazione dal punto di vista delle sue competenze principali: la Regione dovrebbe fornire alla Commissione di VIA tutti gli elementi necessari (la Commissione agisce da Roma, al massimo fa un'ispezione sul territorio) assumendosi anche la resposabilità delle valutazioni e dei giudizi.
In particolare, su questa questione, rilevo due aspetti rilevanti e centrali. Uno è quello della sicurezza, cui era legata la nostra interrogazione, in merito alla quale chiedevamo venisse adottato un orientamento generale della Regione relativamente alle garanzie per la salute degli abitanti, che intendevamo esprimere con una garanzia oggettiva, emersa dai Convegni che Regione, Consiglio regionale e Giunta avevano realizzato. In tale sede era infatti emersa la distanza di cento metri come una distanza di sicurezza, che dovrebbe sempre ed assolutamente essere rispettata. Noi chiedevamo che in merito ci fosse una posizione chiara della Regione, posizione che, per esempio, non ritroviamo nel parere di VIA. Noi riteniamo invece, proprio perché la Regione ha speso tempo denaro e investimento intellettuale per giungere a prime conclusioni in materia, che sarebbe stato opportuno, attraverso propri atti, che la Giunta regionale rendesse chiara questa posizione, e lo facesse in particolare con quest'atto specifico del parere sulla Valutazione di Impatto Ambientale.
Mi pare questa una prima occasione perduta di dire con chiarezza quali sono i termini della sicurezza sanitaria cui si chiede di fare riferimento.
Seconda questione, quella territoriale. Ogni buona procedura di Valutazione di Impatto Ambientale dovrebbe comprendere la valutazione approfondita di alternative; in particolare ciò vale naturalmente quando si tratti di opere come queste, il cui impatto è essenzialmente determinato dal tracciato.
Ricordo alcune posizioni, a mio avviso corrette, quali quelle del collega Marchini, il quale ha sempre rilevato come questi tracciati, alla fine di lunghe e complicate procedure, in cui non si sa mai bene chi sia responsabile, e di cosa, vengano determinati non in quanto minimizzanti l'impatto sul territorio e sul paesaggio e naturalmente, a priori, sulla salute della popolazione, ma soprattutto sulla base di "tira e molla" localistici, in cui ogni Comune attua trattative individuali con l'ENEL.
Da questo punto di vista, le indicazioni territoriali della Regione dovrebbero tendere a superare la nota procedura, secondo la quale si attuano trattative individuali; inoltre, tali indicazioni dovrebbero essere chiare dal punto di vista dei principi generali e pretendere proposte alternative di tracciato, sulle quali però sia poi possibile pronunciarsi (non lasciando che sia la Commissione di VIA a pronunciarsi). E' alla Regione che spetta la competenza in materia territoriale e non alla Commissione di VIA, checché ne dica un decreto provvisorio come quello sulla Valutazione di Impatto Ambientale.
Terza questione a mio avviso assai importante, alla quale prego gli Assessori competenti di dare risposta, è quella della realizzazione di opere del tipo di quella in discussione.
Sappiamo tutti che le Valutazioni di Impatto Ambientale, le progettazioni di massima delle opere vengono presentate con bellissimi progetti, disegni, carte, ecc.: tutto sembra funzionare per il meglio, poi nella realtà attraverso il meccanismo degli appalti, dei subappalti e dei sub-subappalti, coloro che realizzano l'opera sul territorio non sanno nemmeno che lo studio è esistito, e quindi hanno al massimo la localizzazione - in questo caso - del pilone da collocare. Pilone che viene collocato seguendo nessuna delle prescrizioni studiate, poiché nessuno le conosce. E la situazione è ancora più grave quando si tratta di autostrada basti pensare, appunto, alla Valutazione di Impatto Ambientale dell'autostrada della Valle di Susa, redatta in maniera abbastanza precisa ed approfondita, ma di fatto nulla è andato come prescritto. Pensiamo, per esempio, alle cave di prestito: sono ancora lì, regolarmente, come sempre in questi casi, e il recupero del materiale non è avvenuto se non parzialissimamente.
Altra cosa che riteniamo molto importante è che la Regione si preoccupi fin d'ora di individuare meccanismi di gestione della fase esecutiva quindi meccanismi che prevedano esperti regionali, indicati dalla Regione che verifichino il rispetto delle indicazioni e prescrizioni generali nel caso in cui l'opera venisse eventualmente approvata.
C'è poi la questione più generale del come collocare l'opera nel contesto della politica energetica. Anche questo argomento, pur essendo richiamato nella premessa della deliberazione, non è sufficientemente precisato; non si tratta di richiedere nuovamente all'ENEL di presentare il quadro programmatico in cui si colloca l'opera, ma - da parte della Regione che ha competenze in materia di pianificazione energetica di iscrivere nello stesso testo della deliberazione determinate indicazioni, ovvero se rispetto alla pianificazione energetica regionale l'opera in oggetto sia o non sia essenziale, facendo naturalmente riferimento, in questo caso, al Piano Energetico Nazionale. La Regione si deve comunque pronunciare, visto il piano regionale in corso di approvazione nella sua nuova versione.
Anch'io, come già il collega Chiezzi che mi ha preceduto ed altri credo - che interverranno, non sono così certa di un legame assoluto fra le esigenze delle Acciaierie Ferrero e la costruzione dell'elettrodotto. Ci sono molte possibili alternative per produrre eletticità; per esempio, in Piemonte è avviata la procedura per costruire una centrale termoelettrica a Trino, sono in corso rifacimenti e ripotenziamenti di altre due centrali termoelettriche, sono in corso progetti relativi all'idroelettrico: sono in corso progetti di potenziamento della capacità produttiva piemontese.
Le due questioni sono distinte. L'interconnessione delle reti dovrebbe però essere realizzata dall'altro elettrodotto; non mi pare che il nuovo elettrodotto sia rilevante rispetto all'interconnessione delle reti, già realizzata, tant'è che importiamo energia elettrica dalla Francia.
In secondo luogo, se la questione non è quella dell'interconnessione delle reti, non è detto che la soluzione corretta sia necessariamente quella dell'importazione dell'energia elettrica necessaria e non invece quella della produzione diretta in Piemonte, attraverso la produzione pubblica o - rilevo anche - attraverso l'autoproduzione. Oggi l'autoproduzione di energia elettrica è diventata un'attività anche redditizia per gli stessi autoproduttori, per cui le stesse Acciaierie Ferrero potrebbero ipotizzare un completamento del loro fabbisogno, non necessariamente la totalità perché una parte già oggi la ricevono, ma certamente un completamento del loro fabbisogno attraverso meccanismi di autoproduzione.
Voglio dire con questo - mi pare che lo abbia rilevato lo stesso Assessore - che non possiamo subire il ricatto occupazionale del dire "o si accelera una procedura che comunque ha dei tempi che sono lunghi come procedura e come realizzazione o altrimenti in Piemonte ci sarà un ulteriore incremento della disoccupazione", incremento peraltro non così rilevante perché la siderurgia oggi non assorbe una grande quantità di manodopera.
Io l'ho suggerito come ipotesi, nel senso che mi sembrerebbe opportuno che venissero esplorate anche le ipotesi di produzione di energia in Piemonte, non solo quelle di importazione.
Detto ciò, non credo che un elettrodotto, se correttamente collocato dal punto di vista della sicurezza e dell'impatto paesaggistico, sia un'opera del Diavolo, assolutamente inaccettabile. Dico solo che una delle ragioni per cui tanta resistenza incontrano queste opere è proprio la sensazione che il governo di queste stesse opere sia ancora modesto, nel senso che l'interesse e gli studi ci sono, però alla fine nel momento realizzativo tutto sfugge di mano alla Regione.
L'ultima osservazione che riguarda in generale le procedure di Valutazione di Impatto Ambientale sulle opere importanti che riguardano il Piemonte e su cui sono pendenti numerose interrogazioni ed interpellanze.
Credo che sarebbe opportuno, al di là della pubblicazione sugli atti ufficiali, che quando uno studio di VIA viene depositato e reso pubblico e giunge alla Regione per il parere, almeno quando si tratti di opere sulle quali ci sono da mesi, addirittura da anni, delle discussioni, venisse fatta pervenire al Consiglio o almeno alla Commissione competente una piccola nota da parte della Giunta che dica qualcosa di più di ciò che viene pubblicato attraverso i documenti ufficiali. Questo per evitare che il soggetto che spesso ha un potere di indirizzo in questa materia sia quello meno informato fra tutti gli altri soggetti, perché i Consiglieri come è noto, al massimo possono andarsi a vedere gli studi di VIA, ma non hanno una struttura che sia in grado di leggerli per loro, cioè se li devono leggere per conto proprio.
Pertanto, la Giunta che fa quest'opera di lettura potrebbe, senza dover fare una richiesta e senza che si debba attendere la messa all'ordine del giorno di un'interrogazione per avere questo materiale, far pervenire spontaneamente alla Commissione i materiali istruttori relativi a questi studi di impatto ambientale rilevanti, non dico su tutte le questioni, ma almeno su quelle che costituiscono oggetto di interrogazione o di discussione in aula o in Commissione. Questo per evitare la disinformazione cui di solito siamo soggetti.



PRESIDENZA DEL PRESIDENTE SPAGNUOLO



PRESIDENTE

La parola al Consigliere Marchini.



MARCHINI Sergio

Signor Presidente, colleghi Consiglieri, questa vicenda è esemplare e sta a dimostrare, a chiarire il perché del caso Italia. Sono andato a cercare delle date perché alcuni colleghi forse immaginano che questa sia una delle piaghe che ci sono arrivate con questo incredibile 1992, ma non è così! Questa vicenda nasce con una convenzione italo-francese che risale al 1986. La Regione è stata investita di questo problema nel 1987; una prima modifica di progetto è arrivata nel 1990; un'altra documentazione dell'ENEL è arrivata a febbraio del 1992; il VIA, colleghi Consiglieri, si avvia il 27/4/1992 con il relativo decreto del Presidente della Repubblica.
Sono sette anni e allora poi ci chiediamo come mai il nostro Paese, da regione che tende ad essere competitiva ad alti livelli con le regioni industrializzate, stia perdendo quota? E' solo per Tangentopoli? E' solo per la mafia? O perché è un sistema che complessivamente, dallo Stato fino all'ultimo Comune, il più piccolo d'Italia, che è il mio, coinvolto in questa vicenda, non è in grado di gestire i processi complessi tipici di una società industriale avanzata? Questo è quello cui siamo di fronte. E' questa la questione sulla quale a mio modo di vedere questa assemblea deve riflettere, al di là e al di fuori delle questioni di merito, perché se le questioni sollevate avessero giustificato dei no, dei no dovevano arrivare! Al secondo anno! E i sì, se dovevano arrivare, dovevano arrivare al secondo anno! Qui non siamo nel Mato Grosso! Questo tracciato un buon camminatore lo percorre in due gioni, un elicottero lo sorvola in sei minuti! La verità è molto diversa: è che noi non riusciamo a crescere come soggetto operativo. Noi siamo un soggetto materasso, solo che ci dimentichiamo che sul materasso si fanno delle cose piacevoli, mentre non è piacevole essere un materasso. Quindi a noi piace moltissimo andarci ad infilare come un materasso tra due litiganti e non siamo riusciti, in questa vicenda come in altre, a gestire il nostro ruolo.
Il fatto, Assessore, che ancora adesso una collega seria come la collega Bresso si ponga la questione se ci voglia o non ci voglia questo elettrodotto dal punto di vista dell'equilibrio energetico, è una questione che a data certa deve essere stata definita e ci deve essere un sì sul quale non si discute più in termini di solidarietà, quanto meno intellettuale se non politica.
E' una questione sulla quale deve essere fatta chiarezza una volta per tutte, ma non adesso! Nel 1987, nel 1988, nel 1989, nel 1990! Se questo elettrodotto è indispensabile, non utile e necessario, ma indispensabile! Perché è sicuro che un elettrodotto di questa natura in una valle come questa lo si fa soltanto se è indispensabile, se è insostituibile. Questo è il quesito che la Regione dal punto di vista dell'equilibrio energetico deve sciogliere: se è indispensabile, non se è utile, opportuno. Qui invece ci sono dei colleghi, della quale buona fede evidentemente io non oso dubitare, che si chiedono ancora se sia soltanto utile, se sia superfluo se sia indispensabile. Questa prima risposta nel 1987, nel 1988, nel 1989 non l'abbiamo data, non diamola adesso! Si fa scandalo di una vicenda che per certi versi è diventata obbligatoria all'interno di una procedura ultima che però è scattata nel 1992! I Comuni: noi ci siamo caricati di ogni questione che i Comuni hanno sollevato sapendo benissimo che i Comuni dovendo ricevere sul territorio un'opera di questa natura fanno l'impossibile per evitarlo, per minimizzarne la ricaduta.
Mi chiedo che strumenti, che tipo di cultura ci siamo dati, non come Giunta, ma come Regione. Mi spiace che non ci sia la collega Bresso. Mi chiedo per esempio perché non ha avuto nessun seguito il gruppo di lavoro che nella passata legislatura si era preoccupato di realizzare in questa Regione una nostra normativa di Valutazione di Impatto Ambientale. Ricordo che eravamo rimasti fermi a un'indicazione - io ero il coordinatore del sottogruppo - che avevamo scelto, cioè che la procedura del VIA non era un'autorizzazione, anche se formalmente così la si deve chiamare, ma era un fenomeno di concertazione fra i soggetti, che verifica all'inizio l'essenzialità di un'opera e ne verifica alla fine l'accettabilità sul territorio, attraverso tutti i passaggi in termini di contestualità tra i diversi soggetti. Non c'è più un prius e un dopo, non c'è qualcuno che progetta e qualcuno che decide: ci sono una serie di soggetti che devono operare sul territorio per verificarne le condizioni.
Tutto questo non è avvenuto, perché, a mio modo di vedere, c'è stata una forte incapacità di fare diventare questa Regione operativa. Mi spiace che non ci sia ancora la collega Bresso, perché ci scontriamo su molto direi su tutto, ma avremmo un approccio molto simile sulla questione.
Ancora una volta si è rivelato che la Regione rinuncia ad essere operativa: fa programmazioni, dà degli indirizzi, fa delle riunioni, ma non chiude anche perché non ha le professionalità, le intelligenze, le strutture adeguate. Allora, se il problema è il territorio, è sicuramente, tra le sue diverse valenze socio-economiche e paesaggistiche, la questione centrale della Regione. La Regione deve dotarsi strutturalmente di personale in grado di sciogliere questi nodi in una sessione. Introduco questo termine perché, se torneremo in Commissione, se qualcuno riterrà di dover riproporre una legge di procedura sul VIA, probabilmente il VIA è materia che richiede una sessione: per sessione si intende qualcosa che non ha soluzione di continuità. Immaginiamo che se la Regione comincia oggi, con la Commissione consiliare se sarà il caso, ad affrontare una questione, non interpone nessun intervallo di tempo, nessuna sospensione. Si lavora su questo progetto fin quando il progetto è concluso con un si o con un no.
Così come un progettista progetta, la Regione verifica, con la continuità di lavoro, altrimenti si inseriscono nei buchi le dimenticanze, le strumentalizzazioni, le furberie.
Io ne faccio una questione istituzionale, perché non posso dimenticare che il Consiglio regionale ha ritenuto di dedicare un'apprezzabile attenzione a questo problema, dimenticandosi del fattore tempo: in una società moderna "due anni" non è un tempo investibile con tranquillità. Si possono investire se si è certi che alla fine dei due anni si chiude la procedura, ma non si usano due anni per un aspetto per certi versi marginale. Io ho grande apprezzamento per l'USSL di Ivrea, ma ritengo che non sia ancora l'autorità alla quale fa riferimento l'orbe terracqueo.
Eppure si è ritenuto, anziché di seguire la via istituzionale del ruolo della Regione, immediatamente di andare a cercare il raccordo sul territorio per andare a cercare alleanze e pareri, proprio per fare atterrare nel modo più morbido una decisione che sarebbe stata comunque pesante. E' un tentativo che non è riuscito e che abbiamo fatto pagare alla nostra comunità in termini di tempi e, devo dire, anche alla Regione in termini di immagine.
Anche su questo ho delle opinioni molto personali: tecnici o non tecnici, ripeto, un buon camminatore in due giorni percorre tutto il territorio. Potremmo farlo io e il collega! Comunque, non è un dramma di questa natura. Il problema è che quando entrano in contrasto le cose da tutelare e quelle da sacrificare, evidentemente, se il soggetto decisionale è quello presente sul territorio, questa decisione non si prenderà mai o se si prende, diceva bene la signora Bresso, siamo poi sicuri che la decisione che prendiamo è quella giusta? Solo perché, guarda caso, ha il consenso non dico prezzolato, ma in qualche misura interessato? Qualche volta, anche culturalmente, assolutamente inadeguato. Ripeto l'esempio che ho fatto in questa sede: nel 1993 forse si riterrà di far passare questo elettrodotto lontano dall'Abbazia della Novalesa, vicino alle cascate della Novalesa perché in questa nostra generazione, in questo momento, chi si deve pronunciare fa prevalere un certo tipo di bene rispetto ad un altro. Fra 10 anni, o 10 anni fa, o oggi io, farei prevalere un altro tipo di valore.
Possiamo stare cinque anni a discutere in ordine a valori che non sono congelati, eterni per sempre, che si muovono con la cultura dell'uomo e con la sensibilità dell'uomo. Può succedere che fra una generazione un faggeto sarà considerato altrettanto importante come una stele romana: per cui sapere qual è la verità, quando si sacrifica, sapere se sacrificare l'agnello o il capretto, non è una cosa che giustifica 6 anni di discussione! Questo è il punto.
Bisogna che anche su questo impariamo ad essere istituzione, a essere soggetti e classe di governo: governare, decidere, pagando dei prezzi commettendo degli errori. Per non commetterli dobbiamo attrezzarci responsabilizzando i nostri funzionari, dotandoci di convenzioni con l'Università. Non è assolutamente possibile, per esempio, che da parte di qualche Comune - e c'è un mio collega che sente - ci si stracci le vesti su queste questioni se poi si lasciano degradare le Cappelle del XII e XI secolo, con gli affreschi tra i più belli che ci sono in Piemonte: dentro ci mettono le capre, tutto si sta degradando! Questi affreschi, che sono raccolti in pubblicazioni di amici comuni miei e di Montabone, stanno sparendo: nella nostra generazione abbiamo perso decine di affreschi dell'XI e XII secolo, negli stessi terreni interessati a questo stesso intervento. Allora mi chiedo se una convenzione che avesse consentito comunque, di garantire per la storia delle future generazioni questi beni che finanziariamente non riusciamo a tutelare, non avrebbe giustificato l'accelerazione di una procedura e magari il sacrificio di qualche faggeto.
Forse sbaglio nel dire che bisogna fare così, ma lo dico per sottolineare come siano materie rispetto alle quali nessun può scommettere di essere dalla parte della ragione e siccome non c'è più questa grossolanità e questa ignoranza diffusa per cui si sacrificano le piazze dei nostri centri storici per farci i grattacieli, compresa Piazza Castello a Torino - a Dio piacendo siamo cresciuti un po' tutti - mi sembra incredibile che con una diversa e più matura attenzione ai problemi del territorio una società che pretende di essere industrialmente avanzata, in 7 anni non riesca a chiudere una procedura.
Questo è il dramma al quale stiamo sostanzialmente assistendo, anche perché con i tempi lunghi ci entrano le speculazioni più diverse, intendo dire in termini intellettuali. C'è questa operazione di pressione Ferrero come ce ne sono altre. Non capisco, però, perché si cede facilmente ad alcuni tipi di pressione e non ad altri: ricordo sempre, parlando della Valle di Susa, il buco di Pra Puntin, 4 km di galleria, e per poco sarebbero stati 6, per un gruppo di pressione d'opinione.
Caro Chiezzi, questa situazione è drammatica, proprio nella misura in cui noi non ci siamo dati, a monte, le chiavi di lettura autentiche del problema: hai ragione tu, noi possiamo esprimere un giudizio che non vale più di tanto, perché, a mio modo di vedere, la ditta Ferrero è liberissima visto che ci sono dei benefici CEE per chi rispetta i contingenti CEE siccome pare che la ditta Ferrero sia quella che ha più titoli rispetto agli altri che possono ricorrere a questa strada, non dobbiamo dimenticare che il capitalista a certe condizioni, purtroppo, non solo "può", ma "deve" fare i suoi conti. Vedi, Chiezzi, un capitalista non può dire che in un determinato momento ha investito, però non perde. No, la ricchezza investita deve produrre, non può quella parte di ricchezza investita o da investire, non produrre, perché è una ricchezza persa per tutta la collettività. Quindi quella parte dell'operazione Ferrero non messa in attività, deve essere investita, deve produrre posti di lavoro; non si pu mettere "in sonno" la risorsa destinata al sistema produttivo e all'occupazione.
Mi auguro che la Giunta e il Consiglio regionale facciano tesoro di questa esperienza, immaginando di recuperare, per quanto possibile, il territorio nei suoi elementi più complessi, come la questione centrale della Regione. Ogni questione che affrontiamo, alla fine, richiede una grossa capacità di interpretazione di governo del territorio e quindi il territorio deve tornare al centro della nostra attenzione. Il piano territoriale e le carte tematiche: ho l'impressione che su queste cose si sia persa l'attenzione alla puntualità. Utilizziamo gli strumenti che la scienza ci mette a disposizione, ma mettiamoci nelle condizioni di governare il nostro Paese, o meglio la nostra Regione, con i tempi di una società industriale avanzata.
Leggevo ieri un libro di Bocca: si diceva che in Italia non si è compiuto il Risorgimento, non perché noi siamo diventati tutti italiani, ma perché il Risorgimento aveva al proprio interno, direi in termini socio economici, una esigenza e una voglia di modernizzazione, cosa che non ha ancora realizzato. Questo era il Risorgimento al di là dei fatti ideali: significava fare di questo Paese un Paese più moderno. Non per niente il nord è stato trainante, perché la modernità era sicuramente più presente qui che non al sud. Se però guardiamo questo territorio e andiamo a leggere le storie di fine '800, o se qualcuno va a vedere i musei, trova ancora le fotografie della ferrovia che collegava Susa con Saint Michel de Maurienne d'inverno e d'estate, una ferrovia costruita ad hoc con grossissimi problemi con la Francia per quanto riguardava la divisione delle commesse.
Ad esempio, la locomotiva doveva essere costruita dalla Francia; quindi, i francesi hanno dovuto studiare, brevettare e costruire la locomotiva.
Quest'opera era interessante perché d'inverno a Moncenisio passava un treno, ma quello che riguarda noi, signor Presidente della Giunta, non è tanto l'aspetto tecnico, quanto quello relativo ai tempi.
Lavorando sul Moncenisio, nella seconda metà dell'800, quest'opera è stata pensata, programmata, organizzata, decisa e realizzata in meno di due anni. In meno di due anni i nostri nonni hanno pensato di fare una cosa del genere, l'hanno studiata, l'hanno realizzata e l'hanno messa in funzione.
Questo era quello che si voleva fare con il Risorgimento.
Purtroppo quello a cui assistiamo oggi, senza alcuna censura più di tanto nei confronti della Giunta, che vive della cultura politica e del sistema dei rapporti con le altre istituzioni che abbiamo di fronte agli occhi, ha portato a questo risultato: in sei anni abbiamo l'impressione di non sapere ancora se questo elettrodotto è indispensabile, utile, opportuno o superfluo e di non sapere se si devono sacrificare, dal punto di vista paesaggistico, le cascate a coda di cavallo della Novalesa, il più bel scenario della Valle di Susa, oppure una cosa che va tanto di moda dal punto di vista architettonico che è l'Abbazia della Novalesa. Certamente punto di riferimento storico-culturale, ma che dal punto di vista architettonico, a mio modo di vedere, non vale le cascate della Novalesa però sacrificheremo queste cascate - io e qualche amico ce ne rammarichiamo e speriamo, in questa nostra generazione, di riuscire ad assoldare qualche "bombarolo della Val Passiria" che faccia giustizia di queste cose.



PRESIDENZA DEL VICEPRESIDENTE MONTICELLI



PRESIDENTE

La parola al Consigliere Giuliano.



GIULIANO Valter

Grazie, Presidente, colleghi Consiglieri. Se dovessi dare un titolo in fondo è ancora il mio mestiere - agli interventi su questo argomento non avrei alcun dubbio: lo intitolerei "Il colore dei tralicci" per due motivi. Innanzitutto per il richiamo ad un classico della storia della cinematografia, "Il colore dei soldi"; il secondo, perché la cosiddetta Valutazione di Impatto Ambientale dell'ENEL sembra avere inteso la mitigazione degli effetti sul terreno della Valle di Susa come colore dei tralicci.
Colore del denaro perché in questa vicenda non sono affatto chiari, a nostro giudizio, gli intrecci fra gli interessi privati e quelli pubblici.
Gli uni con poco chiari giochini fiscali rispetto all'energia importata gli altri con altrettanti dubbi ricorsi all'arma terroristica dei licenziamenti e all'occasione d'incassare i premi di smantellamento dell'industria siderurgica dalla CEE.
Colore dei tralicci anche perché l'ENEL - udite, udite, non è purtroppo una battuta prevede molta attenzione a questo aspetto, tenendo conto addirittura delle caratteristiche stagionali del contesto in cui andranno ad inserirsi. Meno attenzione ci sembra abbia posto per aspetti ben più determinanti, ma su questi non credo valga la pena di soffermarsi più di tanto, perché, in realtà, devo dire che la relazione dell'Assessore Vetrino (almeno quella scritta che abbiamo ricevuto nei giorni scorsi) li ha evidenziati molto bene, tranne poi, come spesso accade a questa Giunta, non trarne le dovute conseguenze.
Vorrei ancora, in premessa, soffermarmi sullo strano iter sull'altalena di comportamenti che, a nostro giudizio, hanno accompagnato le decisioni della Giunta su questa questione. Prima avevamo capito che ci fosse un "nì" o un "so", poi alla fine ci siamo accorti dopo qualche ora che questo "nì" o "so" era diventato praticamente un sì, quasi che il documento inviato come Valutazione di Impatto Ambientale - sottolineo il "come" visto che a nostro giudizio non lo è assolutamente - fosse improvvisamente cambiato nell'arco di qualche giorno. Nel giro di poche ore la zucca era diventata una carrozza e a noi era sorta spontanea, nel leggere quello che appariva sui giornali dopo questi episodi, la curiosità di conoscere chi su quella carrozza è salito o salirà.
Ci è venuta, ad esempio, la curiosità di capire su quali basi o meglio, su quali promesse, fatte da chi - e sottolineo "fatte da chi" - un imprenditore ha deciso nel 1990, cioè tre anni fa, di investire 100 miliardi su uno stabilimento che non aveva alcuna certezza di poter disporre dell'energia elettrica richiesta dalle rinnovate produzioni e dagli ammodernamenti che quella azienda stava realizzando. Una richiesta d'energia non da poco, che non poteva quindi essere facilmente soddisfatta così come ha sottolineato l'Assessore nella sua relazione.
Poi è arrivata la bandiera della crisi economica, della recessione della necessità di salvare un'azienda che sembra essere competitiva. Così si sono, a nostro giudizio non correttamente, associati i problemi occupazionali dei trecento lavoratori dell'impianto valsusino con quelli della sede della stessa azienda a Settimo, dove peraltro ci risulta che la Ferrero si trovi davanti a qualche responsabilità o, per lo meno, a qualche problema in ordine all'inquinamento della zona.
Abbiamo pertanto chiesto, con l'interrogazione del luglio scorso e con l'ordine del giorno firmato con il collega Chiezzi, alcuni dati che possono far chiarezza e darci elementi per meglio comprendere e affrontare il problema. Alcuni di questi dati li abbiamo avuti, altri hanno avuto invece una risposta del tutto insufficiente e che non ci ha assolutamente soddisfatti.
La relazione dell'Assessore ci ha consentito di comprendere, ma non di condividere, l'iter con cui, da un lato, la Giunta ha evidenziato le gravi carenze dello studio d'impatto ambientale; l'Assessore ha detto che non si trattava di una bocciatura, ma, di fatto, hanno impedito alla Giunta di esprimersi, invitando peraltro l'ENEL a riscrivere praticamente il documento o riscriverlo in modo meno approssimativo. Dall'altro lato, a distanza di poche ore, ha indotto la stessa Giunta regionale a fare pressione sui competenti Ministeri perché l'iter e la conclusione di questo argomento avesse il parere favorevole da parte del potere centrale.
Tutto questo rovesciando di fatto i pronunciamenti di quel tavolo di concertazione e la volontà della stragrande maggioranza delle popolazioni locali che, in questi giorni e in questi mesi, ma anche negli anni passati si sono pronunciate, generando una volta di più una certa sfiducia nelle istituzioni.
Non è stata quell'operazione - lo dico alla Giunta - una buona maniera di affrontare la questione. Noi pensiamo che davanti ad un simile documento, vergognosamente chiamato studio d'impatto ambientale, davanti ad una simile presa in giro da parte dell'ENEL. la Regione avrebbe dovuto avere il coraggio di dire no.
Le nostre preoccupazioni non sono solo quelle di correttezza formale nei comportamenti della Giunta. Le nostre preoccupazioni, allo stesso modo non investono solo gli aspetti ambientali, ma toccano anche i problemi occupazionali in una valle che paga pesantemente operazioni di corto respiro.
Oggi il problema occupazionale non investe, come purtroppo sappiamo soltanto la Valle di Susa né soltanto la nostra Regione. E se è vero, come è vero, che alcuni imprenditori hanno scelto di rilocalizzarsi nella vicina Maurienne in sintonia con delle scelte imprenditoriali che, a nostro giudizio, in modo miope continuano a guardare solamente alla massimizzazione dei profitti senza alcuna attenzione all'utilità sociale del lavoro, se questi imprenditori hanno scelto la Francia - è di queste settimane l'aspra polemica che si è scatenata proprio oltralpe dove un'azienda di primaria importanza ha chiuso i battenti al suo impianto nei pressi di Digione per rilocalizzarsi a Glasgow in un impianto all'interno del quale, non avendo la Gran Bretagna siglato il punto specifico dell'accordo di Maastricht, sono stati rimossi alcuni dei più elementari diritti dei lavoratori non hanno tenuto conto dell'emergenza occupazione.
Il problema andrà dunque affrontato con forza almeno a livello europeo.
Ma tornando all'azienda coinvolta e, a nostro giudizio, usata in modo strumentale in questa vicenda, avevamo chiesto se, per le sue necessità non fossero pensabili soluzioni alternative e lo avevamo chiesto con la nostra interrogazione. Intanto perché i due - ma dubito che basteranno anni necessari alla costruzione dell'elettrodotto dovranno comunque giocoforza vedere delle soluzioni alternative.
In secondo luogo perché fra tre anni ci risulta - e non abbiamo avuto smentite su questo - che la Francia escluda la possibilità di esportare energia elettrica dalle sue centrali, tanto più che - è notizia di questi giorni qualche problema comincia ad averlo anche con la serie di impianti elettronucleari cui spesso l'Italia ha guardato con invidia in questi anni.
Ma non è tutto.
Abbiamo sollecitato risposte diverse che non fossero l'elettrodotto, ma ad esempio il trasporto di energia con cavi sotterranei, al problema del trasporto energetico. Non ci risulta che lo studio di impatto ambientale dell'ENEL abbia preso in considerazione alcuna alternativa. Eppure un documento come quello della Valutazione di Impatto Ambientale è previsto che debba in qualche maniera dare qualche indicazione alternativa all'opera su cui si chiede una espressione di favore da parte dei vari soggetti interessati. Se, come sembra, la Giunta sostiene insieme all'ENEL che il trasporto di energia e dunque la necessità dell'interconnessione alla rete europea sono cose indispensabili, allora affronti questa indispensabilità facendo in maniera che la Valle di Susa non sia costretta a pagare, una volta di più, per benefici non suoi che in minima parte, i pesanti costi ambientali e sociali che invece continuiamo a chiederle per una serie di infrastrutture.
Non ci stancheremo di ripetere in quest'aula quella che ormai è una nostra consolidata convinzione e cioè che la valle non è più in grado di sopportare alcun intervento infrastrutturale senza prima averne definito e ristudiato ruoli e funzioni, attuale situazione territoriale e ambientale effetti delle presenze sulla qualità della vita e sulla salute pubblica dei cittadini valsusini.
La situazione degli effetti dei campi elettromagnetici non è liquidabile con poche parole che tendono a minimizzarli, paragonandoli a quelli degli elettrodomestici che ognuno di noi ha in casa sua.
Su questi argomenti la letteratura scientifica non consente allo stato attuale della ricerca di trarre alcuna conclusione, tanto meno di trarre delle certezze. Ma allora abbiamo il dovere di assumere come riferimento i dati più restrittivi e dunque in certa misura più preoccupanti e su questo devo ricordare una recente ricerca della Karolinska Institute di Stoccolma che ha stabilito che il rischio per i bambini di sviluppare leucemia è di 3/4 volte maggiore in quelli esposti a campi elettromagnetici rispetto a quelli non esposti e che l'esposizione dei soggetti ammalati in Svezia è avvenuta a livelli inferiori 0.1, 0.2 microtesla rispetto ai limiti di tolleranza oggi comunemente accettati.
Ma anche la presunta reversibilità dell'opera, che è stata richiamata in quest'aula dall'Assessore, è discutibile. Intanto perché è certamente attinente solo agli oggetti fisici, ai materiali, ai fili, ai tralicci, e non certo agli eventuali danni sanitari. Né con molta facilità crediamo sia reversibile l'effetto sull'aspetto paesaggistico della valle che sarà compromesso una volta di più dalle infrastrutture necessarie all'impianto dei tralicci. Pensiamo, ad esempio, solo alle strade o alle piazzole di sosta per realizzare questo elettrodotto da realizzarsi in un ambiente montano difficile, idrogeologicamente delicato, tutelato per i suoi aspetti paesaggistici e prezioso sotto il profilo ambientale come è stato dimostrato in questi anni.
Dopo il fondovalle, dopo il fiume che lo attraversa, si vuole oggi forse incidere e magari uccidere pesantemente anche i versanti della valle? Cosa resterà della Valle di Susa? Ne faremo un corridoio artificiale magari utilizzando l'enorme massa dei materiali di risulta dei trafori per l'alta velocità? Ne deporteremo gli abitanti che, a differenza del periodo delle razzie barbariche, non avranno nemmeno più la possibilità di rifugiarsi sulla montagna? Il comportamento di questa Giunta, quello dell'ENEL. la risposta alle nostre interrogazioni da parte dell'Assessore, ci vedono insoddisfatti, non ci convincono ed è quindi inutile dire (non ci siamo consultati, Chiezzi) che il nostro ordine del giorno, per quanto ci riguarda, viene mantenuto perché mantiene oggi, a distanza di mesi da quando lo avevamo proposto e dal momento in cui chiedevamo la discussione su questi temi, immutato il suo valore per entrambi i punti su cui chiedevamo l'impegno della Giunta regionale. Voglio ricordarli perché il primo voleva fare chiarezza e capire esattamente cosa serviva alle Acciaierie Ferrero per poter rimanere localizzato in valle. Il secondo punto richiedeva, come abbiamo fatto per tutte le altre infrastrutture di cui abbiamo discusso nelle ultime settimane in quest'aula, di trattare il problema del nuovo elettrodotto in un ambito generale in cui tale opera doveva essere prioritariamente verificata rispetto all'ambiente e rispetto a tutto ciò che in questi mesi e in questi anni sul territorio della valle sono andati ad ammassarsi compromettendone la sua stabilità idrogeologica, il suo aspetto paesaggistico, la sua qualità ambientale e di vita.



PRESIDENTE

La parola al Consigliere Vaglio.



VAGLIO Roberto

Non è facile in questa occasione riprendere un discorso che abbiamo aperto già nel 1990 e che ci ha visti partecipare non solo come amministratori della Regione, ma anche, forse soprattutto, come amministratori locali.
L'intervento del collega Marchini, che come sempre è ricco di spunti secondo me era carente in una premessa, che se andiamo bene a esaminare è stata la premessa un po' di tutti gli interventi dei colleghi.
Non penso che parlando dell'elettrodotto si debba fare riferimento ad un contrasto con il sacrificio alla tutela. Se effettivamente l'approvvigionamento elettrico è così indispensabile, non credo che le popolazioni piemontesi in generale e i valsusini in particolare siano così duri d'orecchio da non comprendere le esigenze. Ma laddove scatta il meccanismo che ha fatto dare, quasi aprioristicamente, una risposta negativa a tutti i Comuni interpellati, è stata proprio quella grave carenza che la Regione, sulla gestione del territorio valsusino, ha sempre dimostrato.
Voglio essere anche più chiaro. Si è parlato di gestione del territorio, si è parlato soprattutto di pianificazione. Bene, noi in Valle di Susa, in questo particolare ambito, in questa particolare valle delle Alpi ci ritroviamo a dover affrontare un'opera pubblica dietro l'altra, un problema infrastrutturale dietro l'altro, in modo scollegato, senza riuscire a valutare quali siano le implicazioni di un progetto sull'altro: così è passata l'autostrada, le briglie sui torrenti di valle connesse alla costruzione dell'autostrada stessa, così sono passate pesantissime modifiche ai tracciati autostradali, così abbiamo il timore fondatissimo che passerà questo elettrodotto e che ci sarà il quadruplicamento della ferrovia.
Ritengo, dal punto di vista del residente, sia indispensabile quanto richiesto all'inizio di questa legislatura nel 1990: la Regione deve assumere un atteggiamento chiaro, univoco sui problemi della Valle di Susa esaminando contestualmente tutte le opere che dovranno interessare la valle stessa. I ritardi ovviamente non sono più ammessi, ma quello che oggi ci lascia perplessi è che per far sì che una decisione ritenuta impopolare venga comunque accettata si faccia leva su sentimenti che nella gente sono molto vivi. Ricordava bene il Consigliere Marchini che di questo elettrodotto si parla ormai da sette anni, ma che solo del 1990 la Ferrero subentrava nelle Acciaierie Cravetto, acciaierie ormai sorpassate, da ristrutturare, sulle quali occorreva intervenire in modo finanziariamente consistente, ma alla luce di uno stato dell'arte chiaro. Le possibilità di approvvigionamento elettrico erano quelle che sono oggi, l'interconnessione della rete a 380 KV tra Italia e Francia non avrebbe potuto essere usata allora, come non potrebbe essere usata oggi con un nuovo elettrodotto; per il vecchio elettrodotto si tratterebbe di un declassamento che sarebbe possibile solo ed esclusivamente dopo l'entrata in funzione del nuovo elettrodotto. Alla luce di questo fatto non ritengo che l'investimento del 1990, preordinato dai dirigenti e proprietari della Ferrero, tenesse conto di tempi così lunghi di realizzazione; ritengo piuttosto che, se effettivamente si voleva concedere questo tentativo di rilancio del settore siderurgico in valle, immediatamente l'ENEL avrebbe dovuto intervenire con la costruzione di un elettrodotto di servizio ad hoc.
In un momento di così pesante recessione e di così grave crisi del settore siderurgico suona particolarmente strano il tentativo di un'azienda, che ha già dei problemi nello stabilimento principale, di caricarsi di uno stabilimento decotto con l'intenzione di ristrutturarlo di rilanciarlo, di portarlo al pieno della produttività senza avere la speranza di collocare il prodotto sul mercato. Queste sono valutazioni che non devono interessare quest'aula, ma che competono esclusivamente a chi ha deciso di fare questi investimenti e a chi ha fatto queste scelte di politica industriale.
Quello che invece compete a quest'aula è che non ci si può nascondere dietro ad un dito, le nostre responsabilità ce le dobbiamo prendere: se l'elettrodotto è indispensabile lo si faccia, ma le Valutazioni di Impatto Ambientale non devono tener conto solo ed esclusivamente di ogni singola opera. La valle è quella che è, con la sua larghezza e la gente che vi abita, è una valle fortemente antropizzata: bisogna predisporre un piano che tenga conto di tutte le componenti infrastrutturali che vogliamo andare ad impiantare, ma per fare questo ci vuole un governo forte, un governo che abbia il coraggio di dire che in quella valle esiste la necessità di fare queste opere. Sicuramente potrebbe rischiare di essere impopolare, ma sarebbe tanto meno impopolare quanto più in buona fede fossero prese queste iniziative. E' ovvio che dopo i risultati non propriamente simpatici delle operazioni compiute dalla SITAF, diventa estremamente difficile andare a proporre altri interventi pubblici in Valle di Susa, ma se si ha il coraggio delle proprie idee, e se effettivamente esiste la buona volontà e la buona fede, reputo che le popolazioni della valle siano in grado di comprendere e di accettare.
Devo sottolineare che il documento dell'Assessore Vetrino non ha risolto assolutamente i dubbi delle nostre popolazioni valsusine. Ritengo pertanto che si debba analizzare il problema dall'inizio (è chiaro che i tempi non dovranno essere lunghi) proponendo una pianificazione definitiva degli interventi che si vogliono fare in valle e tra questi scegliere chiedendo ovviamente la collaborazione delle amministrazioni locali e il consenso delle popolazioni residenti.



PRESIDENZA DEL PRESIDENTE SPAGNUOLO



PRESIDENTE

La parola al Consigliere Cavallera.



CAVALLERA Ugo

Signor Presidente, stiamo trattando un argomento che già in precedenza ha visto intervenire il nostro Gruppo sia in Consiglio che in Commissione quindi si tratta di una questione che a nostro avviso va affrontata senza ripetere ciò che in precedenza si è già affermato; semmai in questa sede occorre verificare l'avanzamento del dibattito intorno a tale problema.
La questione della Valle di Susa presenta una serie di connotazioni gravi dal punto di vista dell'impatto ambientale e l'ENEL viene paragonata ad un novello Annibale, non più con gli elefanti al seguito, ma con dei tralicci da collocare possibilmente nelle posizioni migliori. Ecco allora che la riflessione non può che partire dalla valutazione della necessità relativa alla costruzione di questo elettrodotto. Mi sembra che i confronti avvenuti in Commissione, in presenza dei rappresentanti dell'ENEL. abbiano in qualche modo messo in risalto l'importanza di questo collegamento con la Francia, proprio per la struttura moderna della rete di trasporto e di distribuzione dell'energia elettrica che prevede quest'interconnessione tra i vari sistemi nazionali.
Quindi, non si tratta solo di un vezzo europeista, ma di necessità di funzionamento tanto più necessaria all'Italia, nazione con difficoltà nella costruzione di centrali elettroproduttive; difficoltà temporaneamente mitigate da una situazione produttiva stagnante, ma che in ipotesi potrebbero profilarsi ed accentuarsi a fronte di una sperata o prevedibile ripresa.
Un collegamento indispensabile per il sistema elettrico europeo, ma utile al nostro Paese e tanto più alla Regione Piemonte che, non dimentichiamo, è probabilmente una delle regioni più deficitarie dal punto di vista del rapporto tra produzione e consumi di energia elettrica (se non sbaglio, le percentuali di deficit sotto questo profilo superano il 60%).
Ritengo che occorra partire dall'affermata a documentata necessità di realizzare questo elettrodotto e, di conseguenza, si deve affrontare la questione del tracciato. Le "strade" sono varie: si potrebbero costituire delle Commissioni miste, in cui i vari Enti interessati mettano a disposizione le migliori intelligenze e professionalità atte ad individuare i tracciati più consigliabili. Diversamente, si possono seguire le normali procedure previste: successivamente alla presentazione del progetto da parte del soggetto interessato alla costruzione - nel caso particolare l'ENEL ed ogni soggetto istituzionale svolgerà il proprio compito e le proprie osservazioni.
Una critica alla Regione Piemonte è di essere stata prudente - ma non poteva che essere così - troppo attenta alle segnalazioni ed osservazioni provenienti dalle comunità locali, maggiormente in una valle interessata dall'impatto di numerose infrastrutture, proprio per essere via di collegamento privilegiato con la Francia.
Credo si sia fatto bene a dare spazio ad occasioni di approfondimento bisognava infatti fugare il timore sottolineato da qualche collega, ovvero che vi fosse una qualche "arroganza" da parte dell'ENEL nel presentare questi progetti o nel dare per scontate questioni che scontate non sono.
Sappiamo che vi sono preoccupazioni per la tutela della salute dei cittadini, relativamente all'interferenza del campo magnetico su coloro che abitano nelle vicinanze degli elettrodotti; sappiamo anche, però, che basta allontanare i conduttori a distanza accettabile per far sì che i rischi possano tendere a zero.
Ovviamente, vi sono poi tutte le altre questioni relative alla tutela del paesaggio oppure alle interferenze con l'ecosistema; se si dà per scontato che l'elettrodotto debba essere costruito, non si può che cercare soluzioni che, in qualche modo, salvino "capra e cavoli", determinando il minor impatto possibile attraverso una procedura rigorosa. E' chiaro che con il passare degli anni cambiano le disposizioni legislative e si pu avere magari l'impressione di ricominciare daccapo.
Ma daccapo non si ricomincia: una lunga serie di punti positivi li abbiamo comunque individuati; si tratta ora di dare una spinta alla procedura, compiendo i passaggi previsti dalle norme, senza aggiungere quei tempi che, a volte, nelle istituzioni pubbliche derivano da incertezze e divisioni dei gruppi dirigenti, dal tatticismo.
Questione delle Acciaierie Ferrero: considerazione non dico residuale ma secondaria. Nel momento in cui la rete elettrica piemontese disponesse dei megawatt richiesti dalle Acciaierie Ferrero le stesse potrebbero essere servite in modo diverso. Naturalmente - parliamoci chiaro - dovrebbe essere costruito un altro elettrodotto; ma nel momento in cui non ne vogliamo neanche uno, dubito che qualcuno voglia teorizzare di costruirne un altro.
La soluzione tecnica proposta tiene conto delle due questioni. Visto che bisogna realizzare un nuovo elettrodotto di potenzialità adeguata possiamo declassare quello esistente, smantellandone un tratto e utilizzarlo per fornire i 100 megawatt in più che le Acciaierie Ferrero richiedono.
Data l'emergenza occupazionale della nostra Regione occorre bruciare le tappe; non si tratta di non fare le verifiche necessarie, ma di non aggiungere ulteriori perdite di tempo di fronte alle pressanti richieste derivanti da parte sia imprenditoriale sia sindacale sia direttamente dai lavoratori interessati.
Ritengo questo un caso emblematico, anche all'interno del dibattito svolto più volte in questa sede circa la credibilità e la funzionalità complessiva del cosiddetto "sistema Piemonte" in una fase in cui aumenta la concorrenzialità dei sistemi con noi confinanti.
Una Regione che voglia ancora essere il centro industriale del nostro Paese non può certamente svicolare sotto il profilo della disponibilità dell'energia elettrica, risorsa fondamentale in qualsiasi ipotesi di processo di sviluppo.
Facciamo nostre le preoccupazioni sulla trasparenza di tutte queste operazioni; certamente, notizie che lasciano intravvedere una presunta tangentopoli elettrica possono preoccupare. Credo però che il tempo speso intorno al problema faccia sì che ci si trovi in una situazione di tutta tranquillità circa la valutazione della necessità di realizzare quest'opera. Semmai, dobbiamo trovare la strada migliore per determinare il tracciato definitivo, sul quale dovranno pronunciarsi gli organi competenti.
Qual è la proposta allora a nostro avviso? La raccomandazione è che ciascun organismo assuma le proprie responsabilità. Condivido le osservazioni dei colleghi che mi hanno preceduto: vi sono interrogativi che si risolvono solo dando delle urgenti risposte, i tatticismi non sono più consentiti.
Concludo quindi con un'affermazione manzoniana, traducendola in una raccomandazione alla Giunta: "Adelante con giudizio".



PRESIDENTE

La parola al Consigliere Marino.



MARINO Massimo

Il 15 gennaio, con deliberazione che, sostanzialmente, rimanda questa "patata bollente" al Ministero dell'Ambiente, la Giunta regionale ha riproposto al Consiglio una questione che ci trasciniamo ormai da qualche tempo e che diventa sempre più urgente affrontare: la politica energetica nazionale e quella che intende attuare la Giunta del Piemonte. Mi sembra che in realtà sia questa la questione di cui oggi discutere perché ritengo che i problemi, seppure in modo contingente, gravi e seri che le Acciaierie Ferrero e il suo proprietario ci pongono, sono sostanzialmente i problemi delle scelte energetiche. Io ritengo che in tutta questa vicenda le Acciaierie Ferrero siano una comparsa marginale di progetti, di proposte e di orientamenti politici nel campo energetico che nel nostro Paese si sono confrontati in questi anni con alcune conseguenze in termini referendari che abbiamo conosciuto tutti.
Dico che le Acciaierie Ferrero in questo dibattito sono una comparsa perché la questione di questo elettrodotto nulla ha a che fare con le Acciaierie Ferrero, nel senso che le origini di questa proposta, come qualcuno ricordava, seppure arrivando a conclusioni diverse da quelle che io ne trarrei, risalgono ai primi anni '80 e vennero siglate nell'accordo fra l'ENEl e l'EDF francese del 1986, cioè in una fase in cui in tutta Europa e negli Stati Uniti, ma in particolare in Italia, il confronto scontro sulle questioni energetiche, sulle questioni dell'uso razionale dell'energia e del risparmio energetico, e in particolare sulla questione del nucleare, raggiungeva un punto di maturità che portò subito dopo o proprio in quell'epoca al referendum nel nostro Paese.
Nel 1984, se non ricordo male, questo impianto veniva rilevato dagli attuali proprietari, che non si sa bene se allora avessero le intenzioni di oggi e comunque non si sa bene in base a quali valutazioni decisero di programmare un investimento che si dice di 100 miliardi per aumentare, per espandere un impianto e una produzione che non aveva la sua principale materia prima in quel momento garantita perlomeno in termini formali dall'ente che ne è responsabile, cioè l'ENEL.
Ora, non è una novità per nessuno quali sono le origini dell'accordo del 1986 fra Italia e Francia; sono il prodotto di quella sciagurata politica energetica che la Francia ha svolto negli ultimi vent'anni e che ha portato in Francia alla costruzione di 56 centrali nucleari su 434 esistenti nel mondo, per cui l'EDF, l'Ente energetico francese, che qualche nostro amico anche in questo Consiglio prende a riferimento per la politica energetica, è diventato il più colossale disastro economico della Francia degli ultimi decenni. L'EDF, infatti, è una società che ha un deficit di 50.000 miliardi e la Francia, avendo costruito 56 centrali nucleari di cui non sa che fare, è costretta, per non chiudere impianti che sono costati un occhio della testa, ed evitare quindi di mandare a casa migliaia di persone, a vendere sotto costo energia nucleare soprattutto ai Paesi limitrofi, all'Italia prima di tutto, alla Spagna e al Portogallo, ai quali vende l'energia elettrica al 60% del proprio costo. La Francia oggi produce un chilovattore al costo di 100 e lo vende ai Paesi vicini a 60.
In Italia qualcuno cercò di prefigurare un disastroso scenario energetico nucleare come quello francese. Io ricordo fra i tanti piani energetici uno dei più noti, quello che credo venisse chiamato Donat Cattin, agli inizi degli anni '80, che prevedeva ovviamente ipotesi di sviluppo dei consumi energetici che si sono rivelate alla distanza assolutamente inattendibili, tant'è che oggi, ma già da qualche anno l'ENEL. per quanto continui comunque a fare delle valutazioni in eccesso, è ben lontana dal sognarsi quelle previsioni di consumi energetici che invece negli anni '70 con grande libertà proponeva. Ebbene, si arrivò a prevedere 24 centrali nucleari nel nostro Paese. Se quella sciagurata politica energetica fosse stata fatta, sulla forza delle lobby economiche e militari che hanno dominato e in parte dominano ancora lo scenario energetico dell'Europa e del mondo; se quello sciaguarato scenario si fosse avverato oggi noi saremmo esattamente nella situazione della Francia, con un enorme deficit della nostra azienda elettrica e con dell'energia elettrica che non sapremmo bene, sinceramente, dove mandare.
Queste sono le origini, se le si vuole riconoscere, di questa discussione.
Le Acciaierie Ferrero diventano un'utile comparsa che ovviamente, come in altre occasioni (l'ACNA è quella a noi più nota), dà forza a scenari ed interessi economici, in questo caso a scenari energetici, aggiungendo una problematica in parte strumentale, in parte sicuramente no, quella dell'occupazione, per cui l'EDF si è tirata dietro l'ENEL. nel 1986, per garantire un canale di trasferimento dei surplus di energia elettrica francesi nel resto dell'Europa; l'ENEL si è tirata dietro questa utile comparsa che sono le Acciaierie Ferrero; le Acciaierie Ferrero in questo caso si sono tirate dietro altre comparse che sono per esempio negli ultimi tempi gli stessi Sindacati.
Questi sono i termini della questione, a mio parere.
Ho sentito nella relazione dell'Assessore alcune cose senz'altro utili e anche condivisibili, perplessità peraltro note, problematiche aperte e così via; in qualche caso mi sembra che ci sia stata qualche stonatura e qualche sottovalutazione. Ho sentito parlare della questione dei tralicci.
Non vorrei sbagliare sui dati forniti dall'Assessore, ricordo però che il progetto dell'ENEL ad oggi prevede: 144 tralicci di altezza attorno ai 60 metri, più di 100 metri quadri di area coinvolta da ognuno di questi tralicci a una distanza più o meno di 400/500 metri l'uno dall'altro. Non si tratta cioè di qualche grosso traliccio che - come dire - darebbe un po' fastidio (questa grosso modo era la frase che diceva l'Assessore) allo scenario bello, per quello che è rimasto, della Valle di Susa, ma si tratta di 144 tralicci alti 60 metri! Ci sono tutte le discussioni, che ben conosciamo, sul tracciato, su tutti i vincoli di ordine sismico, idrogeologico e ambientale esistenti, ma non voglio entrare nel merito di questo. Voglio riproporre semplicemente i termini reali di questa discussione rispetto alla quale con grande difficoltà ognuno di noi si può approcciare, ma che non possono essere dimenticati. In altre parole, noi non possiamo discutere della problematica dell'elettrodotto in base ai ricatti diretti o indiretti che altri fanno dove i 200 attuali dipendenti delle Acciaierie diventano 1.400 perché gli si aggiungono quelli di Settimo e quelli dell'indotto; dove eventuali utilizzi, anche in questo caso un po' discutibili, di alcune norme o direttive della CEE diventano da una parte ricatto e dall'altra possibile affare economico, come accennava Chiezzi nel suo intervento iniziale.
I termini della discussione devono essere riportati a quelli che dicevo: a un accordo di sette anni fa, e anche di più, fra l'ente italiano dell'energia e quello francese; a uno scenario sbagliato dell'ente francese e a un ENEL che ci riproduce oggi scenari finora rifiutati e respinti nel panorama politico e sociale del nostro Paese. Tutto questo oggi dovrebbe ridursi alla questione di un'Acciaieria che fa propri i ricatti dell'ENEL dicendo "o c'è questo elettrodotto oppure noi chiudiamo".
Sono state fatte proposte che vanno approfondite: alcune riguardano la possibilità di usare in tutto o in parte l'interramento delle linee; altre riguardano l'utilizzo dell'attuale elettrodotto, o una parziale interconnessione di uno nuovo con quello vecchio esistente; altre ancora addirittura più estreme, mettono in dubbio completamente l'attendibilità delle valutazioni e anche dei bisogni energetici che l'ENEL. e conseguentemente le Acciaierie Ferrero, fanno. Su queste questioni la Giunta dovrebbe approfondire di più il campo. Ad esempio, si è parlato di una richiesta di 100 megavatt (condivido alcune richieste presenti in questo ordine del giorno), ma questi dati sono attendibili? E' stata fatta una valutazione in base agli impianti di questo tipo esistenti in Europa? Sono attendibili i rapporti fra le produzioni che si intendono attuare all'interno della nuova acciaieria, i consumi energetici di 100 megawatt di cui si parla e le disponibilità o non disponibilità di potenza dell'attuale impianto esistente, tenendo presente che si stanno costruendo alcuni impianti nuovi? Cito ad esempio, seppure di dimensione più ridotta l'impianto idroelettrico della Valle di Susa.
La Giunta regionale non ha alcuna valutazione da fare rispetto a tutta questa problematica, oppure ritiene di non entrare nel merito? E' attendibile il dato che l'Acciaieria Ferrero abbia bisogno di 100 megawatt per la produzione che ritiene di avviare, avendo un mercato europeo e mondiale che assorbirà quella produzione, oppure stiamo in qualche modo assistendo ad una forzatura, oltre che dell'emergenza e dell'urgenza, anche degli stessi parametri tecnici di riferimento per questa discussione? Credo che anche questo pezzetto di problematica dovrebbe essere affrontato più nei particolari, oltre che, ovviamente, come sempre, facendo una valutazione di fondo delle esigenze della tutela ambientale in generale, ma in particolare della tutela ambientale di questa valle, su cui non voglio ripetere cose che tutti hanno già detto ventimila volte. Le domane di fondo a cui rispondere sono queste: costi e benefici sul piano economico ambientale, attendibilità dei dati che comunque la Ferrero e l'ENEL propongono, e per favore non dimentichiamo lo scenario economico energetico nel quale queste proposte dell'ENEL e delle Acciaierie Ferrero vengono fatte. Credo che ci sia bisogno, in attesa di vedere come la patata bollente verrà affrontata ad altri livelli, di una riflessione più seria su queste questioni.
Finisco citando una piccola parte dell'intervento dello stesso Assessore Vetrino nel dibattito che facemmo il 26 novembre 1991. Non dico niente di nuovo, sono cose assolutamente note, l'Assessore intervenendo nel dibattito diceva: "Il nuovo elettrodotto con la Francia, di circa 2.000 megawatt di potenza, fa parte di questo processo di integrazione con la politica industriale europea e libera l'attuale linea di circa 800 megawatt di potenza per le esigenze di servizio interno della rete nord occidentale migliorando il servizio per le utenze locali". In altre parole l'Assessore già allora, come d'altronde oggi - se vuole porre le cose nei termini in cui stanno - poneva la questione di fondo, cioè questo elettrodotto serve all'EDF per vendere una parte dell'energia elettrica di cui non sa che fare ad altri Paesi d'Europa, probabilmente non soltanto all'Italia, ma anche ai Paesi che stanno ad est dei nostri confini. Questi sono i termini, a mio parere, di questa discussione, che rientra pienamente nel dibattito che dobbiamo aprire sulle questioni energetiche in generale e che non pu essere semplificata attraverso le risposte da dare al signore che è proprietario dell'attuale Acciaieria Ferrero.



PRESIDENTE

La parola al Consigliere Rivalta.



RIVALTA Luigi

Sulla prima questione di carattere generale, se il collegamento di elettrodotto con la Francia sia utile o meno, a livello generale rispondo che è utile e necessario non solo perché stiamo comprando energia dalla Francia - e questo ci ha in qualche modo consentito di evitare la costruzione di centrali nucleari, che sotto il profilo ambientale non volevamo - ma anche perché nella relazione della Giunta leggo che questo collegamento ha il vantaggio di diminuire le riserve di potenza del parco elettrico del Paese, che sono pari, normalmente, al 20-25% della produzione. Sotto questo profilo, quindi, ci consente anche di evitare la costruzione di nuove centrali elettriche, che in qualche modo ci provocano problemi di impatto ambientale non secondario. Questa è una politica che gli Stati membri della Comunità europea devono ricercare. Sento parlare dell'Europa da 40 anni, nel senso che avevo già i pantaloni lunghi quando c'è stato il Trattato di Roma. Sono passati 40 anni e a volte mi chiedo non solo che Europa vogliamo costruire, perchéi la situazione è molto confusa ma mi chiedo se davvero siamo tutti convinti che l'Europa vada costruita.
Se l'Europa deve essere costruita, e io credo che ci siano significati politici e culturali che stanno al di là dell'attuale configurazione che assume il processo di formazione dell'Europa - che valgono storicamente nell'ambito dell'Europa stessa e del mondo intero - allora a me non sorprende che si costruiscano interrelazioni infrastrutturali fra i Paesi membri di questa comunità. Di interrelazioni viarie se ne sono costruite già molte, quelle ferroviarie devono essere costruite ed è proprio per la finalità di infrastrutturare l'Europa nell'ambito di una politica unitaria che noi abbiamo aderito all'ipotesi di realizzare ferrovie veloci. Non so dire se alta o normale velocità, ma certamente più veloci dell'attuale nostro funzionamento ferroviario, forse anche rispetto alla lentezza dei nostri treni ad alta velocità.
Sotto questo profilo non mi pare che possa essere messo in discussione che le politiche degli Stati membri trovino ragioni di interconnessione, al di là della specifica convenienza attuale. Anzi, ritengo che proprio quelli della connessione ferroviaria, dei porti e del sistema energetico siano elementi fondamentali, così come dovranno esserlo i sistemi informatici.
Quello che invece mi sembra debba essere esaminato con approfondimento è quello che significa, nell'ambito dei collegamenti necessari l'attraversamento della Valle di Susa, ma qui voglio dire, come ragionamento, che mi batto, da molti anni, per la tutela ambientale: l'ho fatto parzialmente, non cogliendo l'insieme dei problemi, ma posso vantare sicuramente una lunga militanza ad un obiettivo di tutela ambientale e quindi capisco che sarebbe necessario non passare attraverso la Valle di Susa. Nella relazione si legge che l'elettrodotto in progetto attraverserebbe importanti infrastrutture presenti: le strade statali nn.
24, 25 e 589, l'autostrada del Fr'jus, la ferrovia Torino-Modane l'elettrodotto Moncenisio-Venaus-Piossasco, anche se questo riassorbito dalla nuova linea; c'è ancora nella valle la costruzione di un impianto idroelettrico dell'Azienda elettrica e oltre a questo c'è la realizzazione dell'Alta Velocità. Certo che non si può non assumere un atteggiamento di estrema cautela su quello che succede su questa valle, a meno che tutti noi, facendo grandi dibattiti, in fondo, accettiamo che siccome la Valle di Susa è già disastrata da tutto quello che è avvenuto ed è in atto decidiamo che quando c'è da fare qualcosa si passa in Valle di Susa. Non credo sia questo l'atteggiamento, ma dobbiamo muoverci con molta cautela.
Detto questo, considero anche che questo elettrodotto arriva alle porte di Torino, alla centrale di Piossasco che ha come riferimento l'alimentazione di un'area come quella torinese, che è un'area energivora a forte assorbimento di energia e, quindi, sotto questo profilo, l'arrivo è un po' determinato. Non so se dalla partenza si possono fare tanti movimenti per scartare la Valle di Susa.
Per rimanere alla Valle di Susa, assumendolo oggi come un problema di necessità questo riferimento alla Valle di Susa, devo però dire, avendo spiegato il mio atteggiamento verso il problema dell'elettrodotto - non tocco la questione di Ferrero, perché è una questione che sta dentro a quella dell'elettrodotto generale (di per sè forse si potrebbe risolvere diversamente, ma mi pare che i collegamenti internazionali valgano in sè) che la cosa che mi lascia preoccupato è il fatto che la Giunta, avendo esperito un'analisi della documentazione presentata dall'ENEL. credo fatta con serietà e puntualità - non ho motivo di dubitarne - mette in evidenza come sotto il profilo dell'impatto ambientale queste analisi siano del tutto carenti ed è quindi impossibile esprimere un giudizio. Mi è parso persino di cogliere che si ritiene di non poter neanche intervenire in una proposta di mitigazione, tanto è lontana la cultura di Valutazione di Impatto Ambientale che sta nella progettazione ENEL e che quindi è tutta da rifare.
Sotto questo profilo allora considero quella della Giunta una deliberazione debole, perché finisce in sostanza demandando alle autorità competenti governative, al Ministro dell'Ambiente, un parere che mette sì in evidenza le carenze di questi studi e di questo progetto, ma poi in sostanza non dice con fermezza e in qualche modo anche rivendicando un ruolo istituzionale della Regione, al di là delle stesse leggi, che questa questione va rivista. Mi sembra, è stato detto da alcuni colleghi, che questa deliberazione, come già quella relativa all'Alta Velocità Torino Milano, sia una deliberazione che tende un pochino a lavarsi le mani, a passare a qualcun altro la responsabilità di decidere: "Io ho detto che le cose non andavano bene, ma altri decidono e quindi facciano un po' loro".
Credo che questo non sia l'atteggiamento giusto di un istituto come quello regionale; sono atteggiamenti di sudditanza e di mortificazione delle proprie posizioni e delle proprie elaborazioni, che non aiutano l'istituzione a costituirsi come ente di riferimento di una politica del territorio e dell'ambiente.
Chiedo alla Giunta di porre termine a questi pronunciamenti soprattutto se partono da un'analisi corretta, che si traducono in un'espressione di parere e in sostanza di passaggio della decisione ad altri senza chiedere, persino dico al di là delle competenze che abbiamo e della formalità delle procedure, al Ministero dell'Ambiente di fermarsi. Ho sentito invece qualche collega che ha addirittura denunciato che la Giunta regionale in qualche modo avrebbe sollecitato l'approvazione dei progetti.
In questa incoerenza trovo un'incapacità di governare della Giunta regionale che si accompagna all'incapacità di tutti questi anni a governare i problemi particolari, in specifico per quello che trattiamo della Valle di Susa. Ora, che la Valle di Susa sia un'area delicata, la Regione lo ha presente da molto tempo, sicuramente dal secondo piano di sviluppo, dove addirittura si era incominciato ad avviare un progetto Valle di Susa che era sì anche un progetto di sviluppo economico per recuperare posti di lavoro persi nella crisi valliva delle attività produttive, ma soprattutto un progetto per coordinare gli interventi e per tutelare quelle risorse culturali ed ambientali che nella Valle di Susa ci sono e di cui ha parlato in modo specifico il Consigliere Marchini.
Voglio dire che c'è alle spalle un progetto che doveva essere portato avanti e concluso, concluso come possono essere i progetti e i piani che hanno un respiro temporale non contingente e quindi sempre processualmente da aggiornare, che era quello della Valle di Susa, e che dovevamo mettere in campo tutti gli strumenti di conoscenza di cui questa Regione dispone.
Leggo, per esempio, che questo elettrodotto attraversa zone sottoposte naturalmente in una zona montana, a rischio idrogeologico, e ci sono delle carenze nelle valutazioni. Ma noi disponiamo di un Servizio Geologico che ha studiato sistematicamente il territorio regionale con la collaborazione del CNR che, se non ha rallentato, dovrebbe essere oggi a dati di conoscenza assai probanti e comunque il modo di procedere di questa Regione dall'inizio è stato quello di avere una prima conoscenza generale di scala vasta e poi approfondimenti per le cosiddette finestre, ma proprio questa Valle di Susa doveva, o deve, costituire una finestra di osservazione sotto i vari problemi e in particolare quello idrogeologico.
Leggo che si attraversano molte zone boscate, con difficoltà quindi non solo per la base dei piloni, che sono 144, ciascuno di circa 11 metri per 11 metri, ma per l'attraversamento e il taglio boschivo che deve essere fatto, la strisciata di percorrenza per le manutenzioni, le gestioni e così via.
La nostra Regione ha gli strumenti di conoscenza: ha un Servizio Geologico - non so oggi, credo che lo sia ancora - che era il più grosso nel nostro Paese, di gran lunga più grosso e più preparato, stante la sua capacità di lavoro, di quello nazionale; c'è un Istituto come l'IPLA, che addirittura qualche mese fa si voleva cancellare, che ha come sua professionalità specifica quella della forestazione, andata ampliandosi dagli anni in cui questo Istituto è passato alla Regione, ma che ha certo questa conoscenza specifica, che ha studiato la Valle di Susa nella fine degli anni '60 addirittura sotto il profilo della forestazione e della produzione agricola; è stato fatto un piano forestale messo nel cassetto un piano forestale di tutta la Regione Piemonte che dava indicazioni addirittura operative con la realizzazione di primi interventi di manipolazione ed utilizzazione del legname (mi pare fossero sette i centri nelle valli). Allora, mi pare davvero deprimente che una Regione che ha tutti questi elementi di conoscenza, che dispone di un sistema informatico improntato proprio a una gestione territoriale, si trovi sempre così in ritardo nella discussione con le questioni che emergono, con le necessità che su questi territori sono presenti.
Ma su questa relazione tra Italia e Francia nasce oggi il problema? Io ho detto che ha una sua consistenza che sta nel principio nella Regione di un'Europa unita, ma non nasce oggi. Sotto questo profilo la Valle di Susa come la Valle Ossola in modo particolare, dovrebbero essere oggetto continuo di osservazioni, di studi, di analisi, di prevenzione. Dovrebbe essere la Regione che va a chiedere ai vari enti che hanno motivo, per loro competenze e per loro operatività, di relazionarsi a livello internazionale, quali possono essere i progetti futuri. La pianificazione territoriale non è la costruzione di un disegno fantasioso che deve portare dalla situazione esistente a una situazione che certamente deve essere prefigurata migliore, ma ideale; la pianificazione territoriale è lo strumento di gestione dei processi reali che componenti molto articolate molto diffuse, pubbliche e private, determinano con la loro presenza e con le loro iniziative sul territorio. Questo richiede che la Regione sappia avere una intelligenza di prefigurazione dei problemi per andare a vedere quali questioni nascono, per vedere i problemi di coordinamento possibili e quelli impossibili.
Questo elenco di opere che si accavallano nella Valle di Susa, che è indicata nella delibera, avrebbe dovuto essere affrontato sulla base di esami che la Regione poteva fare e che con gli strumenti di cui dispone poteva fare in modo scientifico. La pianificazione territoriale ha questo significato: acquisire nei confronti dei vari interlocutori, ENEL compresa al di là delle sue possibili arroganze e indifferenze nei confronti di una Regione - per ragioni di merito e di qualità avrebbe dovuto essere l'interlocutore di questi enti, i quali avrebbero dovuto venire preventivamente a chiedere come e dove si doveva passare che cosa si doveva fare. E persino Ferrero avrebbe dovuto venire in Regione a chiedere se l'ipotesi dell'insediamento di una Acciaieria in Valle di Susa era un'ipotesi accettabile. Non so come funzionino adesso le acciaierie moderne e quali impatti abbiano sull'ambiente, ma avendo seguito la Valle di Susa dagli anni '60 sia per i problemi idrogeologici, sia perché avevo fatto anche il piano regolatore del Comune di Bussoleno, ricordo che allora mentre da un lato c'era il problema occupazionale, dall'altro c'era anche l'ispirazione che le fonderie della Sisma se ne andassero perché erano oggettivamente dei pesi ingombranti dal punto di vista territoriale ed ambientale in Valle di Susa.
Allora bisogna davvero cambiare il modo di fare politica in questa Regione. Ho l'impressione - ne discuteremo a proposito degli enti strumentali - che non si faccia pieno uso degli enti strumentali, non solo per una operazione di controllo nel momento in cui qualche progetto è da verificare e da controllare come questo dell'ENEL. ma in una funzione preventiva per essere direttore persino delle scelte e delle fasi di definizione di queste scelte e quindi poi di progettazione degli enti esterni pubblici e privati. Ecco quello che manca a questa Regione. Sotto questo profilo, anche se molte delle cose scritte nella delibera le considero giuste, le considero però giuste con una Giunta che non sa svolgere il suo ruolo utilizzando tutti gli strumenti che sono a sua disposizione.
Un'ultima indicazione proprio telegrafica, che è una delle questioni su cui bisogna far valere il carattere della procedura di Valutazione di Impatto Ambientale, è di affrontare delle soluzioni alternative. La Giunta regionale denuncia che non ci sono soluzioni alternative, ma su questo bisogna essere irremovibili, bisogna esaminare soluzioni alternative. La Valle di Susa ha una zona di alta montagna che va considerata per le sue ragioni paesaggistiche, idrogeologiche, forestali, e ha una zona di fondovalle che è molto antropizzata e va quindi considerata per queste ragioni. Vedo però che qui va avanti un progeto che attraversa zone boscate, zone idrogeologicamente delicate, forse non si sono scelte le alternative meno rischiose, passa vicino a Novalesa, passa nella Val Sangone, nella zona sotto la punta di Costamagna che è una delle zone più belle della Val Sangone, zona che, peraltro con uno scontro durissimo, non solo a livello istituzionale, ma anche di movimento, si è salvata da un intervento di realizzazione di circa 2.000 stanze negli anni '60. Allora mi sembra proprio una Regione che non riesce a costituirsi una memoria, una conoscenza per riuscire a costruire non dico il piano ottimale di organizzazione futura del territorio, ma i paracarri di una sua capacità di movimento dalla quale non uscire per non trovarci in situazione di sempre maggiore peggioramento dei problemi territoriali ed ambientali.



PRESIDENTE

La parola al Consigliere Zacchera.



ZACCHERA Marco

Questa mattina il "TG1" delle ore 8 riportava come l'Organizzazione Mondiale della Sanità abbia indicato nei campi elettromagnetici una delle cause principali di pericolo per la salute umana. Forse sarà una combinazione, ma sta di fatto che tale affermazione ci induce a pensare.
Noi dobbiamo importare energia in questo Paese, e allora cominciano con il sottolineare come ciascuno di noi possa liberamente approfondire la propria opinione sul nucleare. Io sono da sempre favorevole, e come tale non posso che dire che noi paghiamo questa energia ora in termini ambientali, ma anche in termini economici perché dobbiamo importarla dall'estero. Peraltro anche chi è favorevole al nucleare non può che rimanere turbato quando legge le vicende di "Tangentopoli" e si immagina delle possibili tangenti proprio sulle centrali nucleari, con il rischio di grossi rischi e responsabilità per la salute di tutti.
Tornando al problema specifico direi che ci troviamo di fronte ad un ordine del giorno sul quale dobbiamo esprimere un giudizio, e contemporaneamente ad una relazione della Giunta su un problema che a questo punto è già stato estromesso da quest'aula, anche perch sull'argomento si sta ormai discutendo da parecchi anni.
Per quanto riguarda la relazione della Giunta è stata da me apprezzata si tratta di una relazione seria, oserei dire "notarile", nel senso che vengono elencati una serie di punti, ma al termine di questi punti abbiamo la conferma che questo elettrodotto non è stato ben pensato nonostante tante discussioni e soprattutto come siano rimasti aperti ancora dei problemi rilevanti sia dal punto di vista ambientale, sia della salute e sia anche - mi riallaccio all'ordine del giorno - alla necessità in loco di questa energia. Il contrabbandare la necessità di fare "comunque" l'elettrodotto perché serve per le Acciaierie Ferrero mi sembra riduttivo e soprattutto poco serio dal punto di vista del metodo.
Tornando alla relazione della Giunta, nel momento in cui l'apprezzo per quello che c'è scritto, sottolineo che non si può partire "sic et simpliciter" a costruire un elettrodotto in questo modo.
Non è certo giusto e positivo che la Regione abbia passato la palla a livello ministeriale senza avere prima chiaramente espresso un proprio parere. Certo che è difficile, quasi impossibile, esprimere quel parere, si può forse esprimerlo per simpatia ambientale o "occupazionale", ma non si può esprimerlo dal punto di vista tecnico. Posto che tutti siano contrari all'elettrodotto, resta il fatto che è una necessità, perché prima o poi da qualche parte un elettrodotto che parta dalla Francia dobbiamo costruirlo.
Ecco allora che anche questo aspetto deve essere valutato: se un domani non si trattasse più della Valle di Susa, ma di una valle parallela, il problema si ripresentebbe ugualmente e forse in modo più grave.
Abbiamo discusso molto, ma alla fine non abbiamo una tabella di dati confrontabili sul minor impatto ambientale possibile, sul rischio di black out energetico, sulla necessità o meno delle Acciaierie Ferrero di avere un tot di Kilowatt di energia. Pertanto alla fine quelli che mancano sono i dati, ed è per questo che l'ordine del giorno a firma dei Consiglieri Chiezzi e Giuliano deve essere approvato, perché si limita a fotografare una determinata situazione chiedendo determinati dati concreti, delle risposte numeriche, delle cifre, perché su queste ci si potrà pronunciare dicendo se sono giuste o sbagliate le fonti, ma le cifre sono comunque un documento dei consumi e delle necessità.
Per quanto attiene alla responsabilità della Giunta serve a poco dire che poteva fare di più; sta di fatto che noi, come Regione, ci siamo spossessati della palla, l'abbiamo passata al Ministero dell'Ambiente e ad altri organismi, senza aver secondo me dato fino in fondo un parere più specifico su quelle che potevano essere le alternative. Non è sufficiente e in questo trovo un limite anche alla mia esposizione in quest'aula criticare una cosa, senza porre delle alternative diverse. Io non trovo delle alternative diverse, per cui se mi sento contrario a questo elettrodotto o comunque lo vorrei fatto in maniera diversa, mi trovo in difficoltà perché non vedo un altro modo di far giungere energia da una nazione che, per aver fatto delle scelte sbagliate o meno, l'energia l'ha in sovrappiù e può venderla facendosela lautamente pagare, e dall'altra vi è una nazione, come la nostra, che queste scelte non le ha volute fare e quindi si ritrova con un sempre più grave gap energetico. Ricordo il dibattito dell'anno scorso in proposito: è un peccato constatare che alla fine, in un Paese in cui gli elettrodotti ormai intersecano praticamente ogni zona, non si siano fatti degli studi, degli approfondimenti tecnici per vedere se esistono altri modi per poter trasportare energia a distanza.
Concludo il mio intervento manifestando apprezzamento per la relazione della Giunta, che comunque considero monca e soprattutto da integrarsi in futuro, ma chiedo l'approvazione di questo ordine del giorno che chiede semplicemente di avere dei dati concreti e tecnici per poter obiettivamente esprimere un più meditato giudizio.



PRESIDENTE

La parola all'Assessore Garino per la replica.



GARINO Marcello, Assessore regionale

Ritengo che l'intervento del collega Rivalta sia stato molto approfondito, ma attiene a tre aspetti diversi, quello della pianificazione territoriale, al quale dovrebbe rispondere il collega Nerviani, quello energetico, al quale risponderà la collega Vetrino, e infine quello ambientale.
Per quanto attiene alla Valutazione di Impatto Ambientale debbo dire che il gruppo di studio, coordinato dall'Assessorato all'ambiente, ma non soltanto, quando vide per la prima volta il progetto di studio di impatto ambientale si accorse immediatamente delle carenze che conteneva denunciate anche da una buona parte del Consiglio. Abbiamo anche cercato di capire perché questo poteva avvenire, e la risposta è che il progetto non è nato con la Valutazione di Impatto Ambientale, il progetto era preesistente, e la Valutazione di Impatto Ambientale, sulla base della legge approvata successivamente, ha tentato di giustificare la scelta fatta precedentemente. Questa è, a mio modo di vedere, la carenza principale di questo progetto.
E' vero che, come sta dicendo la collega Bresso, è successo anche per Stroppo, e cioè che, pur essendoci pratiche in itinere, con una legge si tenta di giustificare a posteriori una soluzione che prima aveva tenuto conto magari soltanto di aspetti economici, per esempio nel caso di Stroppo.
Di qui nascono i problemi seri, la mancanza di alternative studiate foss'anche per escluderle, ma comunque studiate, cosa che non è stata fatta.
Cosa poteva fare in queste condizioni la Giunta regionale e il gruppo di lavoro che anch'io, come dice Rivalta, credo abbia lavorato in modo serio ed attento? Noi sappiamo che il decreto di Valutazione di Impatto Ambientale si può concludere in buona sostanza in quattro modi: il primo con un decreto favorevole, il secondo con uno negativo, il terzo con delle prescrizioni, ma ne esiste un quarto che è quello dell'interlocutoria negativa. Non spettava a noi, naturalmente, parlare di decreto favorevole o contrario o con prescrizioni o interlocutoria negativa. A noi è parso però, che questa deliberazione fosse il presupposto di un'interlocutoria negativa: personalmente l'ho interpretata così. Allorquando sosteniamo che manca una rappresentazione generale circa il quadro di coordinamento della produzione e del trasporto di energia elettrica tra regioni transalpine non evidenziamo soltanto una carenza progettuale che può essere integrata entro breve tempo, ma consideriamo il quadro generale all'interno del quale si colloca il progetto specifico, il che fa riferimento alla legge di Valutazione di Impatto Ambientale.
Allorquando parliamo delle possibili vie di accesso alternative che non sono state poste allo studio, sia pure, al limite, per escluderle riprendiamo ancora una volta ciò che la legge dice debba prodursi per la Valutazione di Impatto Ambientale.
Il parere che abbiamo espresso non è certo perfetto: nulla è perfetto e tanto meno in questa materia, assai complicata, difficile e delicata.
Abbiamo però richiesto delle alternative, il quadro generale di coordinamento della produzione, il quadro globale rispetto allo scenario piemontese, il miglioramento e la razionalizzazione delle funzioni di interconnessione e distribuzione che mi pare siano state da tutti denunciate come assenti. Inoltre, quando ci siamo pronunciati sull'analisi degli effetti specifici della realizzazione dell'opera in tutte le sue fasi, forse avremmo potuto aprire una parentesi rotonda ed immettere i problemi sollevati da alcuni colleghi Consiglieri, ma nelle intenzioni era comunque così. Avremmo forse potuto specificare maggiormente, ma quando si dice che vogliamo conoscere gli effetti specifici della realizzazione dell'opera in tutte le sue fasi, sulle componenti considerate singolarmente in modo integrato, mi pare di essere andati nella direzione di quanto richiestoci.
Individuazione delle soluzioni progettuali alternative tecnologiche di tracciato che tengano conto adeguatamente dei problemi cruciali evidenziati nelle premesse: comprendo che si tratti di una risposta parziale a quanto sollevato dalla collega Bresso, ovvero alla preoccupazione che la Regione deve avere affinché il progetto futuro - se mai ci sarà e se dovrà essere realizzato - attraverso sub-appalti e mancanza di controlli non possa essere distorto.
A questo punto possono intervenire due questioni, l'una per legge, la seconda per volontà di questa Regione. Per legge, c'è il giudizio di compatibilità urbanistica, nel caso in cui l'iter prosegua favorevolmente fino a quello stadio; in tale giudizio, credo che la Regione e il collega Carletto potranno evidenziare, non soltanto sulla base dei Piani regolatori esistenti, ma anche di studi interassessorili, se quelle proposte dall'ENEL siano le migliori soluzioni e se siano state progettate secondo quanto richiesto dalla Regione.
Un secondo aspetto, evidenziato dalla Consigliera Bresso, che mi trova d'accordo, è quello del controllo successivo, per il quale non esiste legge che lo stabilisca o lo preveda. Dal mio punto di vista, però, la Regione dovrebbe in qualche modo attivare un proprio Gruppo che, quando mai si arriverà - se si arriverà - e nelle migliori condizioni, effettui questo controllo, affinché le varianti in corso d'opera non possano stravolgere neanche in minima parte, un eventuale progetto approvato dal Ministero e dalla stessa Regione.



PRESIDENTE

La parola all'Assessore Vetrino per la replica.



VETRINO Bianca, Assessore regionale

Cercherò di rispondere ad alcune osservazioni poste dai Consiglieri riconducendole a quattro-cinque punti sui quali non mi dilungherò.
Ritardi, tempi, procedura.
Relativamente ai ritardi: è vero questa "storia" nasce nel 1986, e nel 1987 l'ENEL presenta la propria prima documentazione, la quale - vorrei osservare - è un foglio di carta a scala 1:25.000 che contiene un tracciato. Non si può pensare che quello fosse un progetto.
Il progetto vero nasce nel 1990, quando l'ENEL presenta un progetto definitivo, corredato di tutti gli atti necessari. Il ritardo obiettivo della Regione parte da quel momento; momento dal quale nasce la procedura: consultazione dei Comuni, riunioni dei vari Consigli comunali, ecc. Siamo arrivati inevitabilmente a dover inserire, come diceva l'Assessore Garino la procedura d'impatto ambientale. Non solo la Giunta, ma anche il Consiglio, ripetutamente avevano sostenuto che, indipendentemente dal fatto che non ci volesse a livello ministeriale l'obbligo di procedura d'impatto ambientale, un'opera del genere di quella in discussione avrebbe inevitabilmente dovuto portare con sè, oltreché il progetto, anche la procedura d'impatto ambientale.
Ora, come diceva il collega Marchini, c'è invece un obbligo, con tempi stabiliti: in ogni caso, sarebbe stato questo il percorso che la Regione avrebbe inteso intraprendere.
I ritardi sono quelli endemici del nostro Paese; concordo con il collega Marchini quando parla di "caso Italia". Infatti, quando l'ENEL denuncia 10.000 miliardi di disponibilità per opere che Comuni o Regioni non mandano avanti per difficoltà di autorizzazione, nei 10.000 miliardi "ci siamo anche noi". In Emilia Romagna hanno lo stesso nostro problema.
Non dimentichiamo che siamo l'unica Regione che ha autorizzato una centrale come quella di Trino, tra l'altro con un percorso molto breve sotto il profilo autorizzativo.
Inseriamo quindi il nostro fra i ritardi più generali, sui quali ritengo che occorra interrogarsi.
A questo punto intendiamo sollecitare, collega Rivalta, la possibilità di accelerare, senza nulla togliere alla validità e all'importanza di una nuova valutazione, ed anche, eventualmente, di un nuovo percorso.
Per questi motivi, personalmente sono sempre stata molto chiara anche con le Acciaierie Ferrero. Ricordiamoci che l'autorizzazione non potrà avvenire "domani"; il processo autorizzativo, ai sensi della legge, è ancora assai lungo: dobbiamo ritornare nuovamente al confronto con i Comuni, cui l'Assessore Carletto dovrà rimandare il nuovo progetto, quando ritornerà.
Sull'opportunità dell'opera non mi soffermo; al di là delle sfumature c'è una consapevolezza abbastanza acquisita sul fatto che l'opera si renda indispensabile. Questa è la vera rottura tra Giunta e maggioranza di questo Consiglio e i Comuni, che ritengono che l'opera non si debba fare. In questo senso, ci sono state composizioni, ragionamenti e attenzioni da parte dei 13 Comuni che tuttavia, nonostante divagazioni e divisioni varie a livello locale, hanno ritenuto che l'opera non sia necessaria.
Sulla sanità non vorrei dilungarmi; inviterei i colleghi Giuliano e Zacchera a leggere le pagg. 6/7 della relazione di accompagnamento, in cui abbiamo addirittura detto che non ci accontentiamo delle norme ministeriali. Il nostro Laboratorio di medicina di Ivrea è di grandissimo prestigio e interloquisce con laboratori di tutto il mondo; situazione illustrata al Consiglio, perché a volte non conosciamo nemmeno le nostre opportunità di carattere scientifico ed il loro valore. Vi sono ben due pagine in cui si parla di questa distanza dei 28 metri, distanza per la quale occorre stabilire il punto di partenza (sono questioni ampiamente dibattute in quest'aula).
Sulla compatibilità ambientale, per rispondere al Consigliere Marino relativamente ai tralicci, posso dire che ho fatto tutto il percorso, non a piedi come vorrebbe Marchini, ma facendo delle tappe con l'automobile e con la Commissione del 1989.
Il percorso è quello che è: non tutto è in territorio delicatissimo perché ai sensi delle leggi nn. 431 e 1497 i pezzettini sono molto pochi però è evidente che l'opera in quanto tale è di grandi dimensioni (144 tralicci, non tutti della stessa altezza, e non tutti hanno quella base dove, come dico io, si può giocare anche ai 4 angoli, perché la dimensione è quella che è).
Vorrei anche dire che non è la prima volta che si fa un tracciato di questo genere: nel mondo ci sono 66.000 chilometri di tracciato di questo tipo, in Italia ce ne sono 6.000. Non è un'opera che spunta all'improvviso è un'opera rispetto alla quale c'è maggiore attenzione perch effettivamente l'impatto ambientale è quello che è, ma d'altra parte, come ha detto Garino, lo recuperiamo ampiamente.
Vengo ora alla questione delle alternative, non di percorso sulle quali si è già soffermato il collega Garino, bensì alle esigenze delle Acciaierie Ferrero, che ad un certo punto abbiamo esaminato. La prima domanda che ci si può porre è la seguente: quando nel 1988, 1989 o 1990 le Acciaierie Ferrero cominciavano a chiedere, come mai non si è pensato ad un'alternativa rispetto all'elettrodotto? Noi abbiamo una lettera del 1989 del Presidente dell'ENEL. il quale ci dice chiaramente che non esistono alternative, cioè non esistono alternative all'elettrodotto a 380 KV per portare quel tipo di energia alle Acciaierie Ferrero. Tant'è vero che anche se si trovasse un'alternativa, in ogni modo occorrerebbe fare un tracciato di 17 km, comunque a 380 KV, il che significherebbe per le Acciaierie Ferrero dover a loro volta trasformare questa energia che arriverebbe a 380 KV in 130 KV, però non c'è, perché per alimentare un forno di quelle dimensioni c'è necessità di una potenza pari a 70 megawatt. Questi forni ci sono già e nel piazzale dell'Acciaieria (che io non ho visto, ma un giorno o l'altro bisognerà anche visitarla) pare ci siano venti camion di materiale in attesa di essere collocato, perché una parte del materiale di cui hanno bisogno le Acciaierie era già stato ordinato a suo tempo. Quindi il problema è gravissimo sotto questo profilo per la Ferrero, però voglio dire che non deve assolutamente incidere nella decisione finale. Comunque sull'opportunità dell'opera, indipendentemente dalla Ferrero, la Giunta si è espressa: ritiene l'opera necessaria per tutti i bisogni regionali nazionali e internazionali che abbiamo. Il problema della Ferrero si esaminerà. Si potrà anche arrivare a decidere di non fare l'elettrodotto e fare soltanto un elettrodotto di 17 km anziché 150.
Vedo la procedura che abbiamo intrapreso ancora relativamente lunga.
Noi siamo intervenuti presso il Ministero dell'Ambiente; vorrei rilevare che il Ministero dell'Ambiente non ha osservato i tempi indicati perch avrebbe dovuto contestualmente alla Regione fare la sua valutazione indipendentemente dalla nostra e poi in un secondo tempo valutare le diverse valutazioni. Il Ministero dell'Ambiente è in ritardo e noi l'abbiamo sollecitato. C'è stato un accordo per portare questo argomento nell'ambito più generale dei problemi che noi stiamo dibattendo a livello nazionale nel rapporto Stato-Regioni affinché per quanto possibile si velocizzi questa procedura.
Per quanto ci riguarda, la Giunta, quando sarà in condizione, riporterà questo argomento nell'ambito della Commissione consiliare e del Consiglio regionale come ha fatto peraltro questa mattina in ossequio ad un ordine del giorno che obbliga la Giunta a relazionare e ad informare il Consiglio rispetto agli atti importanti preventivamente. E gli atti importanti sono quelli che attengono alla responsabilità regionale quando la Giunta dovrà esprimersi ai sensi degli art. 81 e 82 del DPR n. 616/77, cioè per la valutazione di compatibilità ambientale e di compatibilità urbanistica.
Cosa che speriamo di poter fare nel più breve tempo possibile; in questo senso cercando anche soluzioni che noi continuiamo a chiedere per le Acciaierie Ferrero, cioè che se non ci sarà l'elettrodotto ci sia comunque la possibilità di un elettrodotto ad hoc.
A questo punto occorre verificare qual è il male minore effettivamente; qual è la situazione la più equa, la più giusta, la più urgente, la più idonea, per raccogliere tutte le esigenze. Questo per naturalmente metterà in gioco il futuro anche dell'elettrodotto, perch ritengo che se l'ENEL si imbarca in una costruzione parziale probabilmente non ne avrà più la possibilità, dipenderà anche dalle questioni di bilancio. Qualcuno dice "speculativamente l'ENEL". Non difendo l'ENEL perché non ne ho alcun motivo; è evidente però che un buon amministratore nel momento in cui gli si chiede la parte di un'opera, cerca di ricondurre questa parte ad un'opera più generale nel momento stesso in cui quest'opera la deve fare. Se invece si riterrà che quest'opera generale non ha più da farsi, la soluzione per le Acciaierie Ferrero c'è ed è un elettrodotto ad hoc.



PRESIDENTE

La discussione generale è così conclusa.



CHIEZZI Giuseppe

Scusi, Presidente, la votazione dell'ordine del giorno collegato alla comunicazione della Giunta si fa in apertura di seduta pomeridiana o adesso?



PRESIDENTE

Propongo di vedere l'ordine dei lavori alla ripresa della seduta pomeridiana. Se ci sono atti da concludere li concludiamo.



CHIEZZI Giuseppe

Ma c'era da concludere la discussione con l'ordine del giorno allegato.



PRESIDENTE

Se l'ordine del giorno permane verrà posto ai voti, dopodiché verranno esaminate due deliberazioni e si avvierà la discussione sul Piano regolatore di Torino.
Prima di sciogliere la seduta antimeridiana comunico che domani mercoledì 3 febbraio 1993, alle ore 14,30 è convocata la seduta congiunta di II e III Commissione per l'esame del disegno di legge n. 167 sugli alberghi.
La seduta è tolta.



(La seduta ha termine alle ore 14,10)



< torna indietro