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Dettaglio seduta n.20 del 13/11/90 - Legislatura n. V - Sedute dal 6 maggio 1990 al 22 aprile 1995

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Argomento:


PRESIDENZA DEL PRESIDENTE SPAGNUOLO


Argomento:

Approvazione verbali precedenti sedute (rinvio)


PRESIDENTE

La seduta è aperta.
In merito al punto 1) all'o.d.g.: "Approvazione verbali precedenti sedute" comunico che, per motivi tecnici, i processi verbali delle adunanze precedenti non sono disponibili. Verranno distribuiti nella prossima seduta consiliare.


Argomento: Economato e Servizi di tesoreria

Interpellanza n. 151 dei Consiglieri Chiezzi, Calligaro, Bosio e Bortolin inerente l'affidamento di fornitura e posa in opera di tende per uffici regionali senza regolare gara d'appalto


PRESIDENTE

In merito al punto 2) all'o.d.g. : "Interrogazioni ed interpellanze" esaminiamo l'interpellanza n. 151 presentata dai Consiglieri Chiezzi Calligaro, Bosio e Bortolin.
La parola al Consigliere Chiezzi per l'illustrazione.



CHIEZZI Giuseppe

Signor Presidente, colleghi Consiglieri, l'interpellanza verte sull'affidamento di una fornitura di tende per arredare uffici regionali.
In un caso, la Giunta regionale ha correttamente seguito la procedura della gara tra 5 o 6 ditte ed ha scelto la ditta che ha fatto l'offerta migliore per un importo di 3 milioni. Nel secondo caso, la Giunta regionale non ha fatto alcuna gara e ha affidato i lavori ad una ditta di Nichelino per un importo di 18 milioni. Ho ricevuto già una risposta scritta da parte dell'Assessore su questa interpellanza contenente affermazioni stupefacenti. Si dice che è stato affidato il secondo lotto di lavori quello ben superiore al primo, a trattativa privata perché si voleva uniformare il tipo di tendaggio all'interno dell'Assessorato alla sanità.
A me pare che compito dell'amministratore pubblico non sia quello di fare, dell'arredo dei propri uffici e delle nuance dei colori, l'elemento prioritario in base al quale scegliere, ma compito dell'amministratore è rendere decorosi gli uffici pubblici e di mettere le tende se gli uffici ne hanno bisogno. La priorità assoluta è quella di spendere denaro pubblico secondo criteri di massima convenienza: che nell'area metropolitana torinese ci sia solo la ditta di Nichelino che fa tende acconce per l'Assessorato alla sanità, mi sembra impossibile. Pertanto, se la risposta è quella che ho ricevuto, mi dichiaro assolutamente insoddisfatto. Non è questo il modo di spendere il denaro pubblico.
In quali uffici sono state messe le tende? Tutto l'Assessorato alla sanità ha tende di una sola ditta? Come spendete il denaro pubblico? Come vi arrogate il diritto di spendere in base a criteri di assoluta discrezionalità e senza un minimo di riscontro sul mercato? Chiedo all'Assessore di dirci dove sono stati messi 17 milioni di tende, in quali uffici e, se in tutto il palazzo dell'Assessorato alla sanità c'è un solo tipo di tende. Chiedo nel merito di capire perché ha rilevato la necessità di comperare a scatola chiusa, senza una procedura corretta di verifica dei prezzi di mercato, queste tende dalla ditta di Nichelino.



PRESIDENTE

La parola all'Assessore Gallarini.



GALLARINI Pier Luigi, Assessore al bilancio

Signor Presidente, colleghi Consiglieri, la risposta ovviamente è la stessa che, al Consigliere Chiezzi, è stata data per iscritto. Ritengo giusto però che si risponda all'intero Consiglio, visto che c'è stata questa sollecitazione. Non so quali siano le motivazioni per le quali sono state scelte le tende di quella ditta, perché tutto è avvenuto nella legislatura passata. Mi è stato detto che si trattava di completare le tende in un locale unico per il quale era previsto un certo numero di mq di tessuto che, poi, non è bastato. Ecco il motivo per cui è stata scelta questa ditta.
Leggo il testo della risposta scritta che ho inviato al Consigliere Chiezzi.
Con l'interpellanza in oggetto, concernente la DGR n. 63-538 del 17/9/1990 relativa alla fornitura e posa di tende per il Centro di formazione professionale di Ciriè per un importo di L. 3.119.585 oltre IVA e la DGR n. 62-537 del 17/8/1990 relativa alla fornitura e posa di tende per uffici dell'Assessorato alla sanità per un importo di L. 17.480.755, è stato chiesto di conoscere: 1) per quali motivi si sia correttamente proceduto ad una gara per scegliere la ditta cui affidare la fornitura e posa in opera di tende per un importo di 3 milioni mentre, non sia stata effettuata alcuna gara per scegliere la ditta cui affidare la fornitura e posa in opera di tende per un importo di L. 17 milioni 2) quanti siano i metri lineari di parete attrezzati con tende e i metri quadrati di tessuto impiegato in ciascuna delle due forniture.
Al riguardo, si fa presente che le tende da installare presso gli uffici dell'Assessorato alla sanità costituiscono un completamento di tende già fomite dalla ditta "Sorelle Marchiarci", a seguito di affidamento disposto con DGR n. 57-32427 del 2/11/1989.
Pertanto, al fine di garantire la fornitura di un prodotto identico a quello già esistente nello stesso edificio è stata interpellata la stessa ditta al sensi dell'art. 31, lett, g) della L.R. 23/l/1984n. 8.
Le pareti da attrezzare presso i sopraccitati uffici coprono una superficie di mq. 168. Si tratta di n. 35 finestre, di m. 1,60 per m. 3 ciascuna. Il tessuto da impiegare sarà di m. 245 per m. 3.50.
La fornitura, presso il Centro di formazione professionale di Ciriè riguarda invece tende particolari e precisamente tende verticali a lamelle orientabili in fibra di vetro ignifughe, classe I indeformabili, con colori solidi alla luce, colore bianco, con telaio in alluminio anodizzato funzionanti con due comandi separati.
Trattandosi di fornitura particolare, si è ritenuto opportuno non interpellare una sola ditta, come pure sarebbe stato legittimo ai sensi dell'art. 31, lett. g) della sopraccitata L.R. n. 23/1/1984 n. 8, ma più ditte per avere la certezza che, almeno una, facesse un'offerta valida e conveniente.
La vetrata da attrezzare ha una superficie di mq. 45 ed il materiale da impiegare (tende lamellari) è di mq. 87.
Effettivamente è stata scelta quella ditta perché vincitrice dell'appalto precedente. Si trattava quindi di completare la fornitura con materiale dello stesso tipo: quindi, le condizioni del nuovo affidamento sono le stesse che erano risultate dall'appalto fatto nel 1989.



PRESIDENTE

La parola al Consigliere Chiezzi per la replica.



CHIEZZI Giuseppe

Signor Presidente, colleghi Consiglieri, la risposta generica dell'Assessore non rende soddisfazione all'interpellante. L'Assessore dice che si tratta di un locale unico da arredare e cita il fatto che dovrebbero essere arredate 35 finestre di m. 1,60. Ora, 35 finestre di m. 1,60 supponendo che tra finestra e finestra ci sia un tratto di muro, sono 110 metri di parete. Una stanza al Buon Pastore che preveda uno sviluppo del perimetro di 110 metri ritengo che non esista. Per questo motivo, continuo a ritenere che si sia agito in modo poco oculato nell'acquisto delle tende.
Ho segnalato questo fatto per che, in tema di appalti pubblici, sia quando si compra una tenda sia quando si affidano lavori ingenti, la correttezza nella procedura deve essere sempre garantita, cosa che non mi pare sia avvenuta in questa occasione.


Argomento: Protezione della natura (fauna, flora, minerali, vigilanza, ecc.)

Interrogazione n. 62 del Consigliere Marino inerente la moria di pesci nel Torrente Scrivia a nord di Tortona


PRESIDENTE

Esaminiamo l'interrogazione n. 62 presentata dal Consigliere Marino.
Risponde l'Assessore Garino.



GARINO Marcello, Assessore all'ambiente

Signor Presidente, colleghi Consiglieri, ai fini della valutazione delle disponibilità idriche naturali del torrente Scrivia occorre fare riferimento alle misurazioni effettuate per un periodo di 25 anni (1931 1943. 1952-1963) dalla stazione idrometrica di Serravalle Scrivia di proprietà del Servizio idrografico nazionale.
I dati relativi alle suddette misurazioni sono stati oggetto di studio del progetto realizzato nell'ambito della Convenzione del dicembre 1987 tra Regione ed ENEL dal titolo: "Indagine conoscitiva e progetto generale di fattibilità per un sistema di monitoraggio idrometrico inerente il reticolo idrografico superficiale piemontese" che, per la stazione di Serravalle Scrivia, riporta i seguenti dati caratteristici: superficie sottesa: 605 Kmq.
afflusso medio annuo: 1.389 mm.
portata media annua: 15,80 mc/s portata massima al colmo: 1.970 mc/s (anno 1940) portata massima giornaliera: 561 mc/s (anno 1940) portata minima: 0,20 mc/s.
Nell'ambito dello stesso studio si evidenzia un'altra sezione di interesse nel torrente Scrivia ad Alzano Scrivia, che è stata caratterizzata utilizzando un modello matematico che ha consentito di definire i seguenti dati caratteristici principali: superficie sottesa: 910 Kmq.
afflusso medio annuo: 1.100 mm.
portata media annua: 16,14 mc/s portata massima al colmo: 2.338,74 mc/s.
Per un maggior dettaglio al riguardo si rimanda alle tabelle e alla relazione di sintesi dello studio di cui sopra, che mi riservo di far pervenire al Gruppo interrogante.
Le principali derivazioni d'acqua dal torrente Scriva, autorizzate ai sensi del Testo Unico di leggi sulle acque di impianti elettrici n.
1775/1933, sono riportate nell'elenco che fornirò ove, per ciascuna derivazione, sono indicati: il titolare, il Comune territorialmente interessato, il quantitativo di acqua concesso, il tipo di utenza (irriguo industriale, potabile, idroelettrico) e la scadenza.
A queste, si aggiungono gli attingimenti d'acqua regolarmente concessi con licenze annuali a norma dello stesso Testo Unico sulle acque attingimenti che, peraltro, sono stati limitati al massimo in considerazione del particolare periodo di carenza idrica.
Proprio in relazione al perdurare della situazione di crisi idrica si è ritenuto opportuno coinvolgere le amministrazioni locali ai fini di una più efficace azione di prevenzione di eventuali fenomeni di abusivismo.
In tale ottica, attraverso il Servizio opere pubbliche e difesa del suolo di Alessandria, i Comuni rivieraschi del torrente Scrivia sono stati invitati a collaborare con il proprio eventuale corpo di vigilanza, per un accurato controllo, anche in orari notturni, in merito ad atti di abusivismo determinati e conseguenti all'attuale eccezionale siccità nonché ad adottare apposite ordinanze per la riduzione dei prelievi idrici.
Si è pienamente consapevoli che il problema della riduzione dei prelievi idrici riveste una notevole importanza e, a nostro avviso, potrà essere adeguatamente risolto solo attraverso la predisposizione di un piano di riordino delle utenze che preveda la progressiva riduzione dei prelievi in modo da renderli compatibili con le disponibilità idriche naturali e con le esigenze di salvaguardia ambientale.
Al riguardo, ci risulta che siano in fase di discussione provvedimenti legislativi nazionali che, su sollecitazione delle Regioni, hanno come obiettivo una più razionale ed equa ripartizione delle disponibilità idriche tra le diverse utenze, da conseguire attraverso il riordino delle attuali utenze, all'interno di ciascun bacino imbrifero, sulla base dei criteri fondamentali sanciti dalla legge n. 183/89 sulla difesa del suolo.
Tale piano di riordino vedrebbe coinvolte le Autorità di bacino, le Regioni e le Amministrazioni locali.
In attesa della definitiva approvazione di queste proposte normative si ritiene che la strada da seguire realisticamente più efficace, sia quella della collaborazione con le Amministrazioni locali.
Occorre inoltre precisare che, essendo la materia in argomento delegata e non trasferita (in base agli arti 90 e 91 del DPR n. 616 alle Regioni compete infatti l'esercizio delle funzioni, in precedenza svolte dallo Stato concernenti il rilascio delle piccole derivazioni d'acqua), l'azione regionale è per forza di cose condizionata dalla normativa statale (il Testo Unico sulle acque di impianti elettrici n. 1775 del 1933) che opinione ormai da più parti condivisa - mal si adatta alle mutate condizioni dei tempi attuali in cui l'acqua, da risorsa inesauribile e priva di valore economico, è divenuta una preziosa risorsa di elevato valore economico da tutelare ed utilizzare con criterio.



PRESIDENTE

La parola al Consigliere Marino per la replica.



MARINO Massimo

Ringrazio l'Assessore Carino perla risposta, ma mi pare che, alcune osservazioni e alcune proposte presenti nell'interrogazione, non siano state tenute presenti dall'Assessore.
Per quanto riguarda i 10 quintali di pesci, credo non ci sia altra possibilità che partecipare al loro funerale. Se non si prenderanno iniziative, è prevedibile che questa situazione si ripresenterà esattamente negli stessi termini alla fine della primavera del prossimo anno, quindi preannuncio che presenterò un'altra interrogazione al proposito.
Consigliere! all'Assessore Carino, o chi per esso, di verificare da una parte gli strumenti di misura per valutare la quantità di acque attinte dal fiume che, per quanto mi risulta, non sono particolarmente attendibili e dall'altra parte fenomeni di abusivismo che ritengo siano stati presenti nella situazione in oggetto.


Argomento: Tutela dagli inquinamenti idrici

Interrogazione n. 64 del Consigliere Marino inerente la discarica di Tetti Francesi


PRESIDENTE

Esaminiamo l'interrogazione n. 64 presentata dal Consigliere Marino.
Risponde l'Assessore Garino.



GARINO Marcello, Assessore all'ambiente

La relazione di certificazione tecnica della discarica, redatta dal prof. Del Greco del Politecnico di Torino, inviata con nota del Consorzio Torino sud n. 181 del 1990 a questo Assessorato, non specifica se la posa dei teli plastici è avvenuta globalmente in un'unica fase sul fondo e sulle pareti dell'invaso. Essa evidenzia che i teli sono stati posati in modo da "evitare il formarsi di zone tese con conseguente sollevamento dal suolo sottostante e possibilità di lesioni per il sovraccarico dei rifiuti messi in discarica". Occorre, comunque, sottolineare che tale relazione ha data antecedente a quella della deliberazione autorizzativa regionale, ex art. 3 bis della legge n. 441/87.
La relazione tecnica illustrativa del progetto, inviato a questa amministrazione con nota della Regione Piemonte n. 803/RIF del febbraio 1990, prevede (pag. 71, ultimo capoverso) che, in fase di gestione l'impianto sia dotato di "sistemi antincendio di rapido impiego".
Il progetto non specifica la provenienza del materiale destinato al ricoprimento dei rifiuti, ma illustra dettagliatamente i criteri di coltivazione della discarica e le metodologie di recupero ambientale del sito.
La relazione di certificazione tecnica conferma che la discarica in questione è stata costruita conformemente ai requisiti tecnici del progetto.
La suddetta certificazione tecnica non cita specificamente la realizzazione del sistema di monitoraggio prescritto con DGRP n. 185-37587 del 30/4/1990, in quanto tale deliberazione è successiva al certificato di collaudo.
Per quanto riguarda l'ammissione dei rifiuti in discarica, esistono le autorità competenti per il controllo dell'attività smaltitoria dell'impianto. Attualmente, non esiste agli atti, presso questi uffici alcun documento che confermi l'avvenuta nomina dei supervisori nominati dal Comune di Rivalta e dal Consorzio Torino sud per il controllo dell'attività smaltitoria presso la discarica.



PRESIDENTE

La parola al Consigliere Marino.



MARINO Massimo

L'Assessore Garino si renderà conto che, nella risposta fornita all'interrogazione, una buona parte dei problemi posti non hanno avuto alcuna risposta.
La discarica di Tetti Francesi ha avuto una gestione sorprendentemente rapida. Si è iniziato a scaricare rifiuti, all'interno della discarica, in una situazione in cui, visivamente, l'impianto della discarica non sembrava completato, per tutta una serie di aspetti citati nell'interrogazione.
Cito un problema. E' abbastanza sorprendente che la Giunta regionale il 30/4/1990 abbia autorizzato la discarica con una deliberazione alla quale è accluso l'allegato A) contenente una serie di concetti che dovrebbero essere utili per definire il progetto stesso della discarica, mentre la discarica è già stata fatta e ha avuto il collaudo. A cosa serve scrivere nell'allegato alla deliberazione che il telo deve essere fatto in un certo modo, quando il telo è già stato fatto, peraltro, non nei termini indicati dall'allegato A) di questa deliberazione? Questo è un piccolo esempio attorno ad una questione più grande, quella di come si concepisce una discarica.
In più occasioni, abbiamo cercato di esprimere il concetto che una discarica non è un "buco", più o meno preesistente, adattato in modo tale da farlo diventare una discarica; una discarica deve essere concepita come impianto industriale, quindi, con precise caratteristiche progettuali.
Ritengo, inoltre, che dovrebbe avere precise modalità di gestione nella quotidiana attività, con persone che controllano il normale funzionamento ed, eventualmente, i possibili fenomeni che deviano dal normale funzionamento dell'impianto industriale. In questo caso in particolare e in altri non è così. Si è costruita una discarica cosi rapidamente che sono molto perplesso, ancora di più in seguito a questa risposta. Ho l'impressione che, quella discarica, sia semplicemente un "buco" che si sta riempiendo di rifiuti urbani e assimilabili. Peraltro, dopo lunghe discussioni e lunghe battaglie da parte dei cittadini e degli abitanti della zona, sono stati definiti i rifiuti assimilabili a quelli urbani che possono essere scaricati in quella discarica. Non ho notizie recentissime ma la situazione è abbastanza semplice: non c'è assolutamente alcun controllo su ciò che viene introdotto nella discarica.



PRESIDENTE

La parola all'Assessore Garino.



GARINO Marcello, Assessore all'ambiente

La risposta che ho fornito comprende la traccia e gli elementi che mi sono stati dati dall'Amministrazione provinciale di Torino, la quale è delegata al controllo.
Se il collega Marino è d'accordo, potremmo inviare il suo intervento alla Provincia di Torino in modo tale che abbia elementi in più per valutare quanto è stato detto.



MARINO Massimo

Aggiungo un particolare.
Nell'interrogazione si chiedevano informazioni sulla qualità degli inerti utilizzati per ricoprire i rifiuti. La domanda era estremamente precisa perché si voleva conoscere se il materiale Inerte utilizzato fosse la ghiaia contenente amianto, utilizzata anche presso lo scalo di Orbassano sul quale ho presentato un'altra interrogazione.


Argomento: Difesa idrogeologica

Interrogazione n. 71 del Consigliere Zacchera inerente la situazione dell'utilizzo delle acque fluviali al fini idroelettrici


PRESIDENTE

Esaminiamo ora l'interrogazione n. 71 presentata dal Consigliere Zacchera.
Risponde l'Assessore Garino.



GARINO Marcello, Assessore all'ambiente

Il problema dei rilasci idrici a valle delle opere di presa delle derivazioni d'acqua ha assunto una notevole importanza, specie in questi ultimi anni, a fronte di una persistente situazione di crisi idrica.
Purtroppo, la vigente normativa in materia (Testo Unico sulle acque ed impianti elettrici n. 1775 /1933) non offre gli strumenti necessari per poter modificare i disciplinari di esercizio delle derivazioni d'acqua nel corso della durata della concessione, se non a prezzo di pesanti indennizzi.
Com'è noto, la quasi totalità delle concessioni d'acqua è stata assentita anteriormente agli anni '70 quando, il problema della tutela degli ecosistemi fluviali, non era ancora ben compreso come lo è oggi. Nei disciplinari di esercizio di queste concessioni d'acqua non risultano esservi specifiche clausole che impongano al concessionario l'obbligo di lasciar defluire a valle una portata istantanea minima a salvaguardia delle esigenze ambientali mentre, quasi sempre, è previsto l'obbligo di effettuare delle semine di avanotti a titolo di indennizzo dei danni arrecati alla fauna ittica del corso d'acqua interessato. Queste circostanze sono di per sé esemplificative del livello di comprensione del problema nel periodo in cui è venuto di fatto a consolidarsi l'attuale sistema di prelievi idrici attraverso concessioni di durata trentennale nel caso delle piccole derivazioni e sessantennale per le grandi derivazioni.
Stante questa situazione, un'azione efficace è possibile solo attraverso la revisione dell'attuale Testo normativo (T.U. 11/2/1993, n.
1775) che preveda la predisposizione di un piano per la progressiva riduzione delle attuali utenze idriche.
Provvedimenti normativi nazionali in tal senso risultano essere in fase di predisposizione, anche sulla base dei criteri fondamentali della recente legge n. 183/89 sulla difesa del suolo, ma non è ancora possibile fare delle concrete previsioni circa la loro attuazione.
Nel frattempo, le possibilità d'azione della Regione sono fortemente limitate in quanto, trattandosi di materia delegata ai sensi degli artt. 10 e 91 del DPR n. 616/77, la Regione non può legiferare al riguardo, ma deve attenersi all'esercizio delle funzioni ad essa delegate sulla base della vigente normativa statale.
Allo stato attuale risulta quindi possibile intervenire con efficacia solo al momento del rinnovo delle concessioni scadute e, naturalmente, al momento del rilascio di nuove concessioni.
In questa direzione ci si è mossi impartendo disposizioni agli uffici periferici regionali affinché nel disciplinare di esercizio delle derivazioni d'acqua siano, di volta in volta, inserite specifiche clausole che obblighino il concessionario a lasciar defluire a valle delle opere di presa una portata istantanea.
Circa l'entità dei rilasci si ritiene che questi debbano essere determinati caso per caso in relazione alle caratteristiche idrologiche dell'area, alla qualità delle acque del corpo idrico interessato, alle disponibilità idriche naturali riferite alle portate chieste in concessione nonché, alle caratteristiche ambientali dell'area e alle utenze Idriche esistenti a monte e a valle del punto di prelievo.
In tal senso si è peraltro avviata una collaborazione con la Provincia di Torino, finalizzata alla determinazione di criteri analitici da seguire per fissare l'entità minima dei rilasci da garantire a valle delle opere di derivazione d'acqua, con specifico riguardo a quelle idroelettriche.



PRESIDENTE

La parola al Consigliere Zacchera.



ZACCHERA Marco

Ho apprezzato la risposta dell'Assessore perché è valida soprattutto dal punto di vista normativo. Faccio però presente che c'è una dimenticanza da parte dell'Assessore per quanto attiene al discorso delle centraline idroelettriche, che vengono date in concessione. Secondo me, è estremamente importante un attentissimo esame della situazione.
Un caso concreto, che ho segnalato in altre documentazioni e sul quale ho mandato all'Assessorato copie di lettere che ho spedito a vari enti, è quello del torrente Cairasca a valle del Parco del Veglia, dove non solo c'è stato il prelievo dell'acqua da parte dell'ENEL (che peraltro dovrebbe permettere il rilascio appunto perché la concessione è abbastanza recente) ma la Regione ha autorizzato un ulteriore prelievo d'acqua da parte di un privato che prosciuga del tutto il fiume. Questo, è un esempio plateale non tanto da parte dell'Assessorato, quanto del sistema, di mancanza di programmazione, di constatazione dei fatti. E i risultati sono veramente aberranti.
Sul discorso delle centraline vorrei che l'Assessore ci desse qualche assicurazione di una massima attenzione al rilascio. Tutti diciamo teoricamente che il recupero di energia elettrica con salti minori è importante perché è energia pulita, ma non dimentichiamo che, se per produrre pochissima energia, andiamo a distruggere una parte dell'ambiente magari fiumi che sono ancora abbastanza integri, il danno sarebbe molto superiore all'entità economica degli interessi.
Nel caso specifico del Cairasca abbiamo superato ogni livello di logica. Per una centralina con portata di circa 15 KW è stata costruita una condotta forzata di 8 km ai margini del Parco del Veglia con degli scempi che, vedendoli, non c'è bisogno d'essere Verdi, per accorgersi dell'assurdità di quell'intervento.
Quindi, raccomando all'Assessorato che, prima di concedere qualsivoglia futura autorizzazione per prelievi d'acqua, faccia controllare se la situazione ambientale locale lo permette.


Argomento: Tutela dagli inquinamenti del suolo - smaltimento rifiuti

Interrogazione n. 75 dei Consiglieri Farassino, Rabellino e Vaglio inerente la discarica di zona Frasche!, in Comune di Beinasco


PRESIDENTE

Passiamo all'interrogazione n. 75 presentata dai Consiglieri Farassino Rabellino e Vaglio.
Risponde l'Assessore Garino.



GARINO Marcello, Assessore all'ambiente

Il D.M. 16/5/1989 stabilisce i criteri e le linee guida per l'elaborazione e la predisposizione, con modalità uniformi da parte di tutte le Regioni e Province autonome, dei piani di bonifica, nonché la definizione delle modalità per l'erogazione delle risorse finanziarie di cui alla legge 29/10/1987 n. 441.
Le Regioni, sulla base dell'ari. 5 del suddetto decreto, potevano avanzare richieste di finanziamento, entro il 24/8/1989, per la realizzazione dei primi interventi urgenti di bonifica, rispettando per ciascun intervento, funzionalmente autonomo, un limite di spesa non inferiore a 1.000 milioni e non superiore a 4.000 milioni.
L'Assessorato, adeguandosi ai tempi e alle modalità previste dal decreto ministeriale, presentò istanze di finanziamento e relative schede progetto per la bonifica dei siti ubicati nel Comuni di Orbassano, zona Frasche!, Pomaro Monferrato, Salmour e Santhià.
Il costo dell'intervento per la bonifica della discarica abusiva nel Comune di Orbassano venne quantificato in 3.986 milioni.
Il Ministero, a distanza di un anno e più, malgrado 1 costanti rapporti tenuti dall'Assessorato con gli organi competenti, non ha ancora finanziato alcuno degli interventi proposti.
Recentemente, la Regione, in occasione dell'invio dei referti analitici dell'USSL n. 34 e del Laboratorio di sanità pubblica di Grugliasco comprovanti la grave situazione di inquinamento delle acque sotterranee imputabili al sito, oggetto della presente interrogazione, ha richiamato l'attenzione del Ministero sull'eccessiva dilatazione del tempi di finanziamento e ha vivamente sollecitato l'erogazione dei contributi richiesti.



PRESIDENTE

La parola al Consigliere Vaglio.



VAGLIO Roberto

Ringrazio l'Assessore per la puntuale risposta.
Sottolineo la nostra soddisfazione nel rilevare che la Regione si è mossa con tempestività e ha fatto sicuramente tutto quanto era possibile.
D'altra parte, dobbiamo anche sottolineare il disinteresse criminale da parte dello Stato nei confronti di una situazione come quella del comprensorio di Orbassano e Beinasco, gravemente pregiudicante la salute delle falde acquifere. Ricordo che nei pressi ci sono anche punti di presa dell'Acquedotto di Torino.
Credo sia doverosa una continua pressione da parte nostra e, in caso di risultato negativo, sia opportuno ricercare, all'interno del bilancio regionale, una smagliatura per poter intervenire al più presto possibile.


Argomento: Informazione

Interpellanza n. 123 dei Consiglieri Chiezzi, Calligaro, Bosio e Bortolin inerente l'agenda su tematiche ambientali


PRESIDENTE

Passiamo all'interpellanza n. 123 presentata dal Consiglieri Chiezzi Calligaro, Bosio e Bortolin.
La parola al Consigliere Chiezzi per l'illustrazione.



CHIEZZI Giuseppe

Signor Presidente, colleghi, ho già avuto modo, in via non ufficiale di esprimere la mia opinione all'Assessore quindi, per quanto riguarda la critica politica, la effettuerò se del caso successivamente alla risposta.
Approfitto invece per dire qualche parola in più sugli aspetti amministrativi della deliberazione. Con questa deliberazione, non corretta dal punto di vista amministrativo, si da un incarico per effettuare uno studio grafico a sostegno della presentazione ed impaginazione di una inutile agenda per gli insegnanti. Mi pare che il primo motivo di illegittimità della deliberazione è dovuta al fatto che non si danno 1 termini entro i quali l'incarico deve essere espletato, quindi è una deliberazione inefficace.
C'è un secondo motivo di inefficacia sostanziale e dipende dal fatto che l'agenda è rivolta agli insegnanti. Sappiamo che gli insegnanti dispongono di tantissime agende di case editrici e fornitori di apparecchiature per le scuole. L'agenda per gli insegnanti serve relativamente al calendario dell'anno scolastico. Per essere efficace l'agenda dell'insegnante dovrebbe essere consegnata all'inizio dell'anno scolastico. La deliberazione della Giunta è stata assunta in tempi che non avrebbero consentito in alcun modo la consegna dell'agenda agli insegnanti.
Si è fatta una deliberazione per produrre un oggetto che non servirà allo scopo per cui si è deliberato. Questi, al di là della polemica politica che farò dopo, mi sembrano due elementi che inficiano la validità della deliberazione. E' per questo che, nell'interpellanza, ho sottolineato l'esigenza e la possibilità di revocare immediatamente una deliberazione così viziata dal punto di vista della procedura amministrativa.



PRESIDENTE

La parola all'Assessore Garino.



GARINO Marcello, Assessore all'ambiente

L'agenda "Ambiente" è un'iniziativa già sperimentata in occasione dello scorso anno scolastico 1989/90, quando era stata distribuita agli insegnanti delle scuole materne ed elementari. Apprezzamenti per il taglio didattico assunto e per il percorso educativo tracciato sono stati espressi da parte di insegnanti, di plessi scolastici, del Ministero dell'Ambiente e di associazioni naturaliste.
La preparazione dell'agenda si è comunque rivelata un prezioso momento di collaborazione con le associazioni ambientaliste, che hanno sempre mostrato interesse nel confronti dell'iniziativa. Visto il consenso ottenuto e considerata l'importanza di uno strumento educativo presente quotidianamente e capillarmente nel mondo della scuola, già nella primavera scorsa si era pensato di ripetere tale iniziativa.
Ritardi legati alla tornata amministrativa hanno impedito la preparazione della nuova agenda "Ambiente" in tempo per l'inizio dell'anno scolastico 1990/91. Ci si è pertanto orientati verso un'agenda che ricoprirà l'anno solare 1991.
Tale pubblicazione non è assolutamente da considerarsi alla stregua delle altre agende che alcune case editrici distribuiscono gratuitamente al docenti. L'agenda "Ambiente" ha una connotazione particolare, per cui l'utilizzo della medesima si configura come qualcosa di più di un semplice impiego di agenda. Essa tende a significare e ricordare che educare all'ambiente non può più considerarsi un'appendice episodica della programmazione scolastica ma deve, al contrario, assumere una sistematicità a cadenza giornaliera.
In quanto ai presunti vizi di contenuto del decreto della Giunta regionale n. 9322 del 4/9/1990, ricordo che il controllo della correttezza delle deliberazioni spetta al Commissariato di Governo che, nel caso specifico, ha già provveduto a vistare la delibera in oggetto. In particolare, il termine entro il quale l'associazione incaricata Edu.Cat dovrà consegnare il lavoro, 15/11/1990, è esplicitato, come d'uso, nella lettera commerciale di contratto cui fa riferimento la sopraccitata deliberazione.
E' altresì importante sottolineare che la pubblicazione della nuova agenda "Ambiente", individuando come destinatari i docenti delle scuole secondarie di primo e secondo grado, poi ridotto per motivi di costo alle sole scuole di primo grado, era prevista nel programma di documentazione e di informazione per l'anno 1990 sottoposto all'attenzione della VII Commissione consiliare, ai sensi dell'art. 4 della L.R n. 32, e la suddetta Commissione espresse il proprio parere favorevole nella seduta del 21/2/1990.



PRESIDENTE

La parola al Consigliere Chiezzi per la replica.



CHIEZZI Giuseppe

Dalla risposta capisco che l'Assessore è convinto di avere agito bene e temo che proporrà di continuare questa spesa. La Regione Piemonte sta per tartassare i contribuenti con aumenti di tasse sul bollo auto e sulle concessioni, chiede sacrifici ma, a mio parere, continua ad utilizzare male 1 pochi soldi a disposizione. L'Assessore dice che non di agenda si tratta ma, in effetti, chiunque abbia visto l'agenda precedente, sa che di agenda si tratta. E' la classica agenda con le pagine giornaliere ed ogni tanto un sermoncino sull'ambiente. Ritengo che sia assolutamente inutile spendere centinaia di milioni: 300 o 400 milioni tra la prima agenda, con l'introduzione firmata dall'Assessore, e quest'ultima. A cosa serve un'agenda di questo genere nella quale, ogni tanto, c'è qualche stralcio di un discorso svolto da qualche luminare dell'ambiente? A mio avviso non serve. Pubblicazioni sull'ambiente degne di attenzione da parte della Regione Piemonte ne esistono a iosa. Se si vuole veicolare agli insegnanti una informazione ambientale non lo si deve fare in questo modo, con un'agenda riferita all'anno solare e che gli insegnanti non useranno.
Allora, diventa un libro con la metà delle pagine che sono bianche. Che razza di libro è? La Regione Piemonte da una parte grida, giustamente, che la propria situazione finanziaria è inaccettabile, dall'altra continua a sperperare il denaro pubblico senza alcun criterio. L'Assessore ha affermato che tale iniziativa è stata di gradimento per tutti. Che qualcuno gradisca è vero ma ci sono altre informazioni in base alle quali l'agenda non è stata n utilizzata né gradita.
L'Assessore ha sottolineato, inoltre, il fatto che questa agenda è stata fatta in collaborazione con le associazioni ambientaliste. Anche le associazioni ambientaliste possono sbagliare un obiettivo, non ho alcuna difficoltà a dirlo. Ritengo che questo tipo di impegno sia a basso livello e che se con le associazioni ambientaliste occorre avere un rapporto più stretto, anche di carattere finanziario, e secondo me è giusto, lo si debba proporre su altri piani, producendo del materiale che serva. Penso che a un'analisi obiettiva della utilità di quell'agenda, che non è né agenda n libro, non si possa che concludere che è stata una spesa mal fatta.
Ricordo all'Assessore che probabilmente le associazioni ambientaliste sarebbero ben più liete se la Regione Piemonte impiegasse del denaro, anche in collaborazione con loro, per fare delle cose concrete a favore dell'ambiente - ci sono leggi e capitoli di bilancio in materia - per esempio ponendo mano ad alcuni interventi di pulizia delle sponde dei fiumi. I corsi d'acqua sono degli elementi del territorio di grande rilevanza e parimenti sono parti di territorio abbandonati, poco curati anche per problemi di carattere amministrativo. La sponda demaniale è un confine labile e comunque poco osservato, poco difeso e non controllato da parte dell'ente pubblico. Ritengo che, nel giro di due anni, anzich spendere 300/400 milioni per stampare qualcosa che non so più come definire, si potrebbero realizzare, in collaborazione con le associazioni ambientaliste, degli interventi collegati alla scuola dell'obbligo e alla scuola superiore, per risvegliare una sensibilità ambientale operosa, e non una sensibilità diffusa e generica che, a livello delle coscienze, ormai abbiamo.
Non si tratta di sollecitare i cittadini a rispettare genericamente l'ambiente, perché questo messaggio i giornali e la televisione l'hanno lanciato a iosa, si tratta di passare dal messaggio "bisogna lavorare per salvare l'ambiente" a fare qualcosa di concreto! Dato che le risorse sono quelle che sono, penso sarebbe bene smettere con questa pubblicazione che non è ne libro ne agenda, anche con la pagina di presentazione dell'Assessore. L'Assessore si presenti in un altro modo, si presenti andando a pulire le sponde del Sangone o un pezzo di bosco in qualche parco regionale. Tre o quattrocento milioni in un paio di anni possono essere utili. Rifletta, Assessore, e spero di non dover tornare a discutere su una analoga proposta per l'anno 1991. Mi parrebbe insistere su una iniziativa sbagliata.


Argomento: Boschi e foreste - Interventi per calamita' naturali

Interrogazione n. 65 dei Consiglieri Rabellino, Farassino e Vaglio inerente la disponibilità di aerei idonei allo spegnimento di incendi boschivi


PRESIDENTE

Esaminiamo l'interrogazione n. 65 presentata dal Consiglieri Rabellino Farassino e Vaglio.
Risponde l'Assessore Lombardi.



LOMBARDI Emilio, Assessore all'agricoltura e foreste

In relazione all'esperienza acquisita in anni di servizio antincendi boschivi, l'amministrazione regionale ha predisposto il contratto di noleggio elicotteri che ha consentito, nel corso delle precedenti campagne antincendio boschivo, di effettuare una discreta copertura aerea della regione.
Nelle sue linee essenziali il contratto prevede la disponibilità continua di tre elicotteri su tutta la regione piemontese durante il periodo 10 ottobre - 10 maggio.
Il contratto evidenzia che la pericolosità di incendio è presente durante i mesi invernali e primaverili. Nei limiti delle disponibilità di bilancio si è attuato, nel corso delle precedenti campagne antincendio, una sufficiente comparazione fra entità del fenomeno e forze corrispondenti al contratto stesso.
Problemi finanziari e tecnico operativi si sono avuti durante i mesi di febbraio e marzo 1990, in quanto l'entità e la violenza degli eventi ha superato le possibilità del servizio, che non è attualmente in grado di affrontare i livelli di incendio di quella portata.
L'allegato 1, che consegnerò agli interroganti dimostra che, dal 1980 al 1990, vi è stato un incremento del numero di incendio e della superficie percorsa dal fuoco. Nel 1986 nella Regione Piemonte abbiamo avuto 376 incendi, per un totale di superficie interessata di 11 mila ettari. La crescita si è accentuata negli anni '88/'89/'90. Nel 1990 il numero degli incendi è stato di 871, quindi, c'è stata quasi una triplicazione del numero degli incendi, e la superficie toccata dal fuoco è di 43.245 ettari.
Visto l'andamento climatico non favorevole, contraddistinto da una siccità estiva che si aggiunge al deficit idrico accumulato precedentemente, si evidenzia il carico di incendi sostenuto anche durante i mesi estivi. Nel periodo 10/5/90-31/8/90 ci sono stati ben 67 incendi con una superficie interessata di oltre 200 ettari.
Il fenomeno, infatti, ha assunto proporzioni fuori dall'ordinarietà anche nell'area occidentale del Nord Italia.
Per quanto riguarda la scarsità dei mezzi antincendio, a parte la carenza finanziaria, si rileva che le ditte che noleggiano i mezzi aerei hanno sovente i velivoli impiegati presso altre Regioni per la campagna antincendio boschivo estiva [Toscana e Sardegna), che sono più del Piemonte, abitualmente toccati da incendi estivi.
A seguito della carenza di elicotteri regionali è stata formulata la richiesta dimezzi aerei al Coordinamento aereo unificato della Protezione civile di Roma per gli incendi di Bussoleno e Prali dell'agosto 1990.I mezzi aerei dichiarati disponibili da parte del IV Corpo d'Armata-Aviazione leggera dell'Esercito, di stanza a Venaria, non rientrano, purtroppo fino ad oggi, nel quadro dell'impiego operativo della Protezione civile.
Nel prosieguo degli interventi piemontesi, il Centro operativo aereo unificato della Protezione Civile nell'esteso incendio di Molara (Alessandria), ha diffusamente accolto le richieste del Centro operativo del Corpo Forestale dello Stato di Torino con l'invio di tutti i mezzi disponibili. Si potrà in futuro, considerata la persistente ed ormai ricorrente siccità estiva, effettuare brevi contratti per avere la di disponibilità di mezzi aerei, commisurati all'intervallo temporale, in presenza di elevato pericolo di incendi boschivi. Intendo, inoltre, informare il Consiglio che la Giunta ha affidato all'Università l'incarico di svolgere uno studio sul nuovo piano per l'intervento regionale, tenendo conto della mutata situazione climatica e delle mutate possibilità tecnologiche.



PRESIDENTE

La parola al Consigliere Rabellino.



RABELLINO Renzo

Non siamo assolutamente soddisfatti della risposta dell'Assessore.
Prendiamo atto dell'intenzione di rivedere il Piano antincendio boschivo.
A nostro avviso, occorrono delle misure immediate, perché il nuovo Piano antincendio, considerato l'iter burocratico della Regione, sarà proponibile fra circa due anni. Teniamo presente che questa interrogazione l'abbiamo presentata il 27 agosto e viene discussa a metà novembre. Questi sono i tempi.
Un contratto di prevenzione antincendi con elicotteri, vista la situazione climatica, non può limitarsi ad un solo periodo dell'anno, ma ne deve coprire l'intero arco. Questo, deve essere il primo intervento che l'Assessorato deve affrontare.
Non dimentichiamo che quest'anno, in Italia, la Regione Piemonte è stata maggiormente danneggiata. Ricordiamo le scene viste in televisione di Prarostino e si prevede che il prossimo inverno sia ancora siccitoso. Cosa fa l'Assessorato, preventivamente, per affrontare questo problema? Si dice che si rivedrà il Piano antincendi, ma questo è tutto futuribile Nell'immediato cosa si propone? A questo interrogativo non è stato risposto.


Argomento: Agricoltura: argomenti non sopra specificati

Interrogazione n. 135 dei Consiglieri Majorino e Zacchera Inerente i bandi di concorso per il personale del Corpo Forestale dello Stato


PRESIDENTE

All'interrogazione n. 135 presentata dai Consiglieri Majorino e Zacchera risponde l'Assessore Lombardi.



LOMBARDI Emilio, Assessore all'agricoltura e foreste

Signor Presidente, colleghi Consiglieri, ho assunto le informazioni dal Responsabile del Corpo Forestale dello Stato per il Piemonte per rispondere all'interrogazione dei colleghi Majorino e Zacchera.
La legge che regolamenta i bandi di concorso, per l'assunzione di personale del Corpo Forestale, estende la possibilità di arruolamento anche a personale femminile e prevede che l'aumento dell'organico di n. 1800 unità venga effettuato per contingenti, rispettivamente di 400 unità alla data dell'1/7/1990, di 350 unità all'1/12 di ciascuno degli anni '90/'91/'92/'93. Per la copertura dei primi 400 posti il Ministero dell'Agricoltura e delle foreste è stato autorizzato ad avvalersi della graduatoria degli idonei approvata con D.M. 12/7/1988.
La legge stessa prevede, inoltre, l'emanazione, anche tenendo conto dell'apertura al personale femminile, di nuove norme circa i limiti di statura ed altri.
Sulla base di quanto sopra il Ministero ha provveduto alla chiamata del primo contingente, 1 cui elementi stanno tuttora effettuando il corso presso le sedi stabilite. Risultano partecipanti al corso di cui sopra n. 7 elementi di questa Regione. Non risulta siano state emanate, finora disposizioni circa la copertura del secondo contingente.
In merito all'oggetto specifico dell'interrogazione, premesso che fino ad ora i concorsi effettuati hanno avuto e si prevede continueranno ad avere, carattere nazionale, vista l'organizzazione del Corpo Forestale dello Stato, si significa che, sino ad ora, oltre al titolo di studio, sono stati oggetto di particolare valutazione, utili alla graduatoria, l'aver effettuato il servizio militare nelle truppe alpine (questo potrebbe parzialmente favorire l'obiettivo che i colleghi vogliono raggiungere), il possesso di eventuali brevetti di pilota d'aereo ed elicottero, patente di guida di categoria elevata, iscrizione al CAI o al Soccorso alpino risultati ottenuti in campo sportivo, l'aver partecipato con il Corpo Forestale dello Stato la Regione, la Comunità montana ad operazioni di forestazione o difesa del patrimonio forestale.
Si fa presente che, in questi ultimi mesi, sono state moltissime, in ogni provincia, le richieste da parte di giovani di notizie sui bandi di concorso per guardie forestali, per cui è da presumere un aumento dei partecipanti proveniente dalla nostra Regione nei prossimi contingenti di arruolamento, il che significa la possibilità che aumenti il numero di coloro che verranno assunti in base alle regole sopraccitate e che risiedono nella nostra Regione.



PRESIDENTE

La parola al Consigliere Zacchera.



ZACCHERA Marco

Signor Presidente, colleghi Consiglieri, sarò telegrafico per ringraziare l'Assessore. Risposta notarile ma che sfugge alla realtà del problema. E' assurdo che nelle nostre valli a difendere i boschi ci debbano andare i calabresi che vincono i concorsi. Non perché ce l'abbia con i calabresi, ma perché decine di ragazzi delle località dove ci sono 1 boschi non possono accedere a queste nomenclature nazionali perché in sede di concorso su base nazionale contano più determinati titoli che non quelli specifici del territorio dove c'è bisogno della loro opera. E' quindi necessaria un'iniziativa della Regione, a livello nazionale, che imponga determinati criteri di arruolamento, su base di bandi regionali. Se un concorrente è nato in Calabria e adesso abita a Cuneo, va benissimo che concorra, ma facciamo in modo che non ci sia una identicità di titoli tra chi abita a 1000 km di distanza e quindi non ha alcuna conoscenza dello stato di fatto e non può sentire neanche lo spirito di chi risiede nelle zone montane che sono oggetto di incendi. Oltretutto, questa è una delle poche valvole di sfogo per la gioventù che cerca lavoro nelle zone di montagna, quindi dovrebbe essere privilegiata la scelta del residenti in loco. Tutte le iniziative fatte dalla Regione, secondo me, sono opportune.
In merito, presenteremo un ordine del giorno che speriamo venga votato anche dai colleghi.


Argomento: Trasporti su ferro

Interrogazioni sulle linee ferroviarie e richiesta di riunirle in una comunicazione della Giunta regionale


PRESIDENTE

Esaminiamo congiuntamente le seguenti interrogazioni e interpellanze sulle linee ferroviarie: n. 82 presentata dal Consiglieri Rabellino, Vaglio e Farassino n. 84 presentata dal Consigliere Tappare n. 105 presentata dai Consiglieri Rabellino, Farassino e Vaglio n. 122 presentata dai Consiglieri Montabone e Marchini n. 124 presentata dal Consiglieri Chiezzi, Calligaro e Riba n. 126 presentata dai Consiglieri Farassino, Rabellino e Vaglio n. 214 presentata dal Consigliere Marino.
Ha chiesto di intervenire il Consigliere Chiezzi.



CHIEZZI Giuseppe

Signor Presidente, le varie interrogazioni interessano quasi tutti i Gruppi, quindi, sarebbe opportuno che l'Assessore Panella facesse una comunicazione sui temi in oggetto.



PRESIDENTE

La parola al Consigliere Rossa.



ROSSA Angelo

Signor Presidente, colleghi Consiglieri, ho presentato un'interrogazione riguardante un treno proveniente dal sud che non fa fermate nelle stazioni di Genova e Torino. Chiedo all'Assessore di comprendere anche questa risposta.



PRESIDENTE

La parola al Consigliere Bortolin.



BORTOLIN Silvana

Chiedo all'Assessore di fare una comunicazione breve, senza entrare nel merito dei tratti che qui sono stati ricordati, in relazione al cambiamenti avvenuti nella direzione del Compartimento di Torino dell'Ente F.S, e agli sviluppi futuri.



PRESIDENTE

L'Assessore Panella può adesso intervenire e dare la sua risposta.



PANELLA Luciano, Assessore ai trasporti

La legge Finanziaria dell'85 stabiliva all'art. 8 che, entro sei mesi dall'entrata in vigore della legge, il Ministero dei trasporti dovesse predisporre un piano per la graduale soppressione, in non più di tre anni sia delle linee a scarso traffico, non aventi funzione integrativa dei servizi svolti sulle linee della rete principale, sia degli impianti passivi posti sulle linee della rete stessa.
Il Ministero dei trasporti presentò quindi una proposta di piano per la riclassificazione funzionale della rete F.S, dove venivano classificate, a scarso traffico, 61 linee in tutto il territorio nazionale per un totale di 2500 km. Credo che questa premessa sia indispensabile per inquadrare il problema.
Di queste linee, ben 14 interessano il Piemonte per circa 500 km. Il suddetto piano era distinto in due fasi: la prima prevedeva la chiusura di 7 linee a partire dall'1/1/86; la seconda fase riguardava le rimanenti linee per le quali si rendeva necessario un approfondimento di esame quindi se ne posticipava la chiusura.
Per le linee inserite nella prima fase la Regione Piemonte, in collaborazione con le Province, gli Enti locali, e le OO.SS, regionali predispose lo studio "Valutazione tecnico economica sulle linee ferroviarie piemontesi a scarso traffico" in cui, nella sostanza, si contestava tale drastico provvedimento di chiusura. A seguito di ciò 6 delle 7 linee della prima fase vennero trasferite nel gruppo seconda fase. La linea Airasca Saluzzo venne sospesa a partire dall'1/1/86.
Questa è la prima comunicazione. Nel corso di un incontro con le OO.SS., le Camere di Commercio, gli Enti locali, le Province e il Compartimento F.S, di Torino, ho manifestato ufficialmente l'intendimento della Regione Piemonte di chiedere uno studio ad hoc per la riapertura della linea Airasca-Saluzzo, sul quale dovrà rispondere il Compartimento di Torino F.S, nel corso della prossima riunione, di cui parlerò più avanti.
In estrema sintesi, lo studio della Regione dimostrava che, per le linee esaminate, era possibile attuare una gestione più economica attraverso opportuni provvedimenti ed interventi sia sull'organizzazione che sugli impianti ed infrastrutture, con conseguente drastico abbattimento del deficit di esercizio.
In data 4 novembre '88 la Regione Piemonte, la Direzione del Compartimento F.S, di Torino e le OO.SS, regionali firmarono un'ipotesi di protocollo d'accordo per il mantenimento in esercizio delle linee ferroviarie a scarso traffico presenti in Piemonte. Tale documento fu sottoscritto al termine dei lavori di un'apposita Commissione tecnica costituita per individuare le possibili economie di esercizio conseguibili attraverso provvedimenti di riorganizzazione del lavoro, l'attuazione degli investimenti di automatizzazione o soppressione di passaggi a livello e di centralizzazione di impianti di stazione. La proposta formulata dalla Commissione tecnica permetteva di ottenere una riduzione del deficit di esercizio da 50 miliardi a circa 22 miliardi l'anno.
Lo studio elaborato dalla Commissione e l'ipotesi di protocollo d'accordo conseguente furono inviati alla Direzione centrale delle F.S, per l'approvazione e le successive determinazioni, ma non si ottenne mai alcuna risposta malgrado i ripetuti solleciti.
In data 25 marzo '89 è stato emanato il decreto legge n. 109: "Disposizioni urgenti in materia di trasporti ferroviari" il quale all'art. 3, prevedeva che entro 30 giorni l'Ente Ferrovie dello Stato presentasse al Ministro dei trasporti un programma per l'attuazione delle disposizioni, di cui all'art. 13, comma 18, della Legge 11/3/88 n. 67 concernente le linee a scarso traffico. Di conseguenza la direzione del compartimento F.S. di Torino elaborò un programma di esercizio ultra economico che, a fronte di investimenti per circa 124 miliardi ed una riduzione del personale da 1345 a 389 unità, si poteva ottenere una forte riduzione del deficit di esercizio che passava da 50 miliardi a circa 3,7 miliardi l'anno, senza considerare ammortamenti e rinnovi impianti fissi.
La Regione Piemonte, nel prendere atto di tale proposta, comunic all'ente che, in generale, i provvedimenti riguardanti la diminuzione dei costi di esercizio e di investimento erano accolti positivamente qualora fossero realmente percorribili ed attuabili sia tecnicamente che sindacalmente e non penalizzassero i programmi di esercizio rispetto alla domanda di trasporto.
La Regione riteneva altresì che tali proposte dovessero essere considerate come approfondimento e sviluppo delle ipotesi di protocollo d'intesa e, come tali, dovessero essere oggetto di ulteriore verifica tecnica con le parti che avevano sottoscritto il protocollo stesso.
Al fine di raggiungere l'obiettivo del mantenimento in esercizio delle linee di interesse locale succitate, la Regione Piemonte si dichiarava disponibile a: 1) assumere tutti i provvedimenti sul sistema delle autolinee atti ad incrementare la domanda sulle linee ferroviarie (abolizione dei parallelismi, sistema a pettine ecc.) 2) partecipare congiuntamente, coordinando le Province e 1 Comuni interessati, alle spese di investimento al fine di valorizzare gli interventi per ridurre le spese di esercizio 3) promuovere società miste con la partecipazione della Regione e dell'Ente F.S. per il governo e/o la gestione delle linee in oggetto, in particolare per l'area metropolitana di Torino.
Nelle ultime settimane, il compartimento FF.SS. di Torino ha predisposto un progetto di sospensione del servizio ferroviario sulle linee a scarso traffico, oltre a due linee della rete integrativa, in occasione della realizzazione di importanti lavori di riqualificazione. Il direttore del compartimento F.S., in data 24/10/90. Nel corso di un incontro promosso da questo Assessorato, presenti le Province, le Camere di Commercio, le 00.SS, regionali, ha informato e spiegato questa iniziativa.
In sintesi, in coincidenza dell'uscita dal servizio di circa 900 lavoratori in pre-pensionamento, si prevede l'investimento di 160 miliardi per riqualificare le linee menzionate. I lavori consisteranno nell'automatizzazione di tutti i passaggi a livello ed in opere infrastrutturali in alcune di esse. A seconda dei lavori previsti su ciascuna linea, queste subiranno periodi variabili di chiusura con sostituzione dell'esercizio mediante autobus. Il servizio merci rimarrà garantito via carro in tutte le stazioni attualmente abilitate.
Nel corso di quella riunione si sono ottenute specifiche garanzie circa la riapertura di tutte le linee e la conclusione dei lavori entro il 31/12/91. Queste sono le due garanzie che, prioritariamente, abbiamo chiesto.
In un prossimo incontro, che avverrà nella prima decade del mese di novembre, il compartimento Ferrovie dello Stato presenterà il programma dettagliato dei lavori del periodo di chiusura, linea per linea, nonché la proposta in merito ai servizi sostitutivi con autobus. Il secondo impegno richiesto era che entro il 10 del mese di novembre si riaggiornasse la riunione con le Camere di Commercio, con le Organizzazioni sindacali, gli Enti locali e le Province perché l'Ente Ferrovie dello Stato si presentasse in modo dettagliato con un programma relativo ad ogni linea. Abbiamo chiesto l'impegno che nulla facessero sin tanto che avvenisse quella riunione, nella quale dovevano dare le dovute garanzie circa gli interventi.
L'Assessorato ha ribadito la propria disponibilità a coordinare Ferrovie dello Stato ed Enti locali per la ricerca delle soluzioni più idonee per ridurre i disagi all'utenza con riferimento particolare ai servizi sostitutivi sottolineando l'importanza dell'investimento dei 160 miliardi per la riqualificazione e il rilancio della rete ferroviaria.
L'Ente Ferrovie dello Stato ci ha successivamente detto che non era in grado di presentarsi all'incontro del 10 novembre in quanto non poteva fare le valutazioni delle offerte ricevute e quindi avviare i relativi appalti.
La Regione, accettando questa forma di rinvio, ha chiesto un impegno, non oltre il mese corrente e che nel frattempo non fosse soppressa nessuna linea. Quindi, siamo in attesa che l'Ente Ferrovie dello Stato ci comunichi una nuova data, comunque non oltre questo mese. Nel frattempo, abbiamo "fermato tutte le bocce", se così si può dire e, nel corso della prossima riunione, dovremmo iniziare l'analisi approfondita, linea per linea soprattutto relativamente ai sistemi sostitutivi che destano non poca preoccupazione alla Giunta regionale.



PRESIDENTE

Procediamo secondo l'ordine di presentazione delle interrogazioni.
Ha la parola il Consigliere Vaglio.



VAGLIO Roberto

Posso apprezzare la capacità di sintesi dell'Assessore Panella sugli ultimi anni di attività delle ferrovie in Piemonte, però di risposte non ne abbiamo avute. Abbiamo sentito quello che avevamo già letto sui giornali quello che ha fatto il Capo del compartimento di Torino, che ci sono possibilità di creazione di società miste per la gestione delle linee a scarso traffico e che verranno assunti provvedimenti per aumentare il traffico passeggeri sulle linee ferroviarie a discapito di quelle automobilistiche. Ma, a fronte di questa dichiarazione di buoni intenti rileviamo che per il prossimo anno si propone di utilizzare gli autobus per i pendolari che viaggeranno quindi su ruota anziché su rotaia.
Nella nostra interrogazione, e penso anche nelle altre interrogazioni abbiamo sollevato dei seri dubbi sul fatto che le linee dovessero essere interrotte per effettuare i lavori.
Invito la Regione, qualora abbia ancora un minimo di voce in capitolo ad intervenire presso il Compartimento ferroviario affinché le linee ferroviarie continuino ad essere attive durante i lavori. Ciò che ci premeva era la dichiarazione sui finanziamenti per la creazione delle società miste che continuano a rimanere nel libro dei sogni. Ho parlato con i colleghi degli altri Partiti, specialmente quelli delle valli, e tutti riteniamo che l'unica soluzione praticabile è quella di trasformare le linee ferroviarie in metropolitane di superficie, con tram o comunque con servizi diversi da quelli ferroviari.
Prendiamo atto che la situazione delle quattordici linee è nelle mani dell'Ente Ferrovie o di qualche Ministero, che in Piemonte è sempre più latitante, addirittura vuole penalizzarci sempre di più. Siamo profondamente scontenti e tramuteremo questi nostri sentimenti in operazioni sul territorio per sollecitare la gente a protestare più energicamente contro un'operazione che vuole l'annullamento delle quattordici linee ferroviarie in Piemonte.



PRESIDENTE

La parola al Consigliere Tapparo.



TAPPARO Giancarlo

Ringrazio l'Assessore Panella per la risposta. Quando, nel 1985, la legge finanziaria ha dato le indicazioni per operare un ridimensionamento del sistema ferroviario italiano, si è sottratta ancora una volta la possibilità alle Regioni, di programmare il loro processo di sviluppo e si è stabilito, automaticamente, il taglio che, per il Piemonte, corrispondeva al 20% del taglio generale effettuato in Italia. Ricordo che, tra le altre linee, la Santhià-Biella tocca uno dei bacini economici più importanti sottraendo, quindi, la possibilità di programmare il proprio processo di sviluppo.
Recuperare questa dimensione comporta a lei. Assessore, uno sforzo particolare. Il sistema ferroviario locale, ingiustamente chiamato ferrovia a minor traffico, rappresenta una rete importante che modella lo sviluppo a dimensione delle nostre specificità e delle nostre volontà. Proprio in questo tipo di recupero abbiamo lavorato e lei. Assessore, l'ha sottolineato per dimostrare che, con una serie di iniziative, era possibile modificare radicalmente un deficit che sembrava strutturale e immodificabile, di quei tipi di ferrovie.
Va anche ribadito che, senza una valutazione generale complessiva dei costi, la chiusura di 500 km, di ferrovie avrebbe comportato una riduzione della velocità commerciale sulla rete stradale piemontese interessata e dei costi aggiuntivi per quanto riguarda la rete di viabilità su strada.
Quindi, era un calcolo di economie completamente sbagliato che rientrava nella vecchia logica di analizzare, per settori, i costi economici dell'intervento pubblico.
Ci sono alcuni pericoli nell'attuale modo di delinearsi dell'approccio di ristrutturazione. Il primo è che dinnanzi a leggi finanziarie e a problemi repentini di restringimento di spesa, che modificano da un anno all'altro, da un esercizio all'altro, l'impostazione dei programmi in questi famosi 14 mesi ci troveremo, a metà di questo periodo, con delle decisioni straordinarie di emergenza che porteranno a mantenere chiuse tutte o una parte di queste ferrovie. Il recupero dell'Airasca - Saluzzo, è giusto ed importante che lei. Assessore, lo abbia ribadito, mi sembra abbia rappresentato un costo che il Piemonte ha pagato. Quello è stato il primo e forse l'unico ramo su 2.500 km, di ferrovia a minor traffico, individuato nel 1985, ufficialmente smantellato. Tra l'altro, distruggendo una risorsa sul territorio realizzata con investimenti storici. Effettivamente trattarla in questo modo è ridicolo. Vorrei anche evidenziare che Airasca è a pochi chilometri dal Centro internodale di Orbassano e rappresenterebbe con un completamento di rete, un punto importante, specie per il sud del Piemonte. Pertanto, sarebbe opportuno evitare la chiusura per quattordici mesi, investendo due periodi dell'anno, quest'inverno e il prossimo creando notevoli problemi nella viabilità stradale sapendo che sono zone notevolmente nebbiose e le strade sono ghiacciate.
Il periodo dovrebbe essere più circoscritto, per esempio, nei sei mesi della bella stagione. In certi casi, per alcuni tipi di opere probabilmente è possibile lavorare senza andare alla chiusura, tenendo conto che quattordici mesi di chiusura possano rendere vulnerabile l'impegno del Dipartimento F.S.
Sarebbe anche opportuno conoscere, attorno ai 500 km, della rete ferroviaria locale da parte della Giunta, qual è la strategia collegata non solo all'aspetto dei trasporti, ma anche al rapporto fra trasporti e sviluppo del territorio che va a toccare, con le eventuali chiusure di bacini importanti, il rischio della loro ulteriore emarginazione.



PRESIDENTE

La parola al Consigliere Montabone.



MONTABONE Renato

Ringrazio l'Assessore per l'ampia relazione sulle linee generali delle tratte ferroviarie in discussione.
Questi cinque minuti mi danno l'occasione per sottolineare alcuni punti particolari insiti nell'interrogazione. Vorrei rimarcare, a questo proposito, l'aspetto alquanto incredibile di come tutte le tratte ferroviarie necessitino degli stessi lavori e dello stesso periodo di tempo di chiusura. Che ormai il dossier sia molto elaborato, che la storia delle tratte ferroviarie cosiddette a scarso traffico sia lunga lo dimostra l'analisi storica che l'Assessore ha fatto e che molti abbiano operato e studiato le possibili soluzioni lo dimostra il fatto che alcuni progetti erano stati presentati alle Ferrovie dello Stato oltreché alla Regione e alle Province.
Vorrei che l'Assessore si facesse carico delle nostre preoccupazioni.
La prima riguarda la difficoltà degli enti locali nel comunicare e nel ricevere informazioni dal Compartimento delle Ferrovie dello Stato. A fronte delle richieste di incontri da parte di alcuni sindaci per avere delle semplici informazioni, questi sono stati fin dall'inizio negati dal Capo Compartimento.
La seconda preoccupazione è relativa al dubbio che le Ferrovie dello Stato abbiano preso in considerazione certa le proposte delle forze sociali e degli enti locali, a suo tempo avanzate. Posso citare un esempio: si era proposto per la linea Susa - Bussoleno una soluzione di metropolitana leggera (che certamente non prevedeva 37 addetti per 7 km, di strada ferrata, che portava a dei costi supersonici rispetto all'effettivo sfruttamento della linea stessa). Non vogliamo neppure che su quella linea si sostituiscano i treni con un servizio autobus perché nei momenti di punta trasportano anche 400 studenti e la sostituzione dei treni con 10-15 autobus sarebbe alquanto improbabile, soprattutto su quelle strade.
L'Assessore avrà occasione di sottolineare al Compartimento delle Ferrovie dello Stato le indicazioni che ho voluto dare, affinché si possano trovare delle soluzioni che non rimettano in discussione a cicli storici di due-tre anni i cosiddetti rami secchi. Non si possono fare degli investimenti per non risolvere il problema. La vera soluzione è nelle società miste che ci permettono di avere dei tram che percorrano le nostre vallate, permettendo così di alleviare i problemi dei cittadini.



PRESIDENTE

La parola al Consigliere Chiezzi.



CHIEZZI Giuseppe

Signor Presidente, colleghi, i 500 km, di strade ferrate costituiscono per il Piemonte un prezioso e gigantesco investimento che, in presenza di una progettualità forte della Regione Piemonte, potrebbero costituire una leva importante per un nuovo sviluppo di questa regione.
Il Piemonte dispone di questa rete, ma sappiamo che in parte è stata smantellata e in parte è male utilizzata. Su queste linee occorre che la Regione Piemonte fondi un proprio progetto di sviluppo, perché se non ci sarà una chiara progettualità da parte della Regione Piemonte in presenza di un Governo nazionale che lascia allo sbando le ferrovie e di un Ente Ferrovie che ha solo problemi economici cui far fronte, temo che queste linee non avranno un futuro. L'impegno, in questo senso, della Regione Piemonte deve essere fatto di programmi, di progetti e deve fare leva sui due strumenti fondamentali, quali il Piano regionale di sviluppo e aggiungo, il piano territoriale regionale. Se la Regione, nei confronti del Ministero e dell'Ente Ferrovie, non dispone di questi strumenti non ha alcuna forza e penso che continueremo a fare molte parole inutilmente.
Vengo all'oggetto delle interpellanze, le ristrutturazioni delle linee ferroviarie. Vanno benissimo, c'è un pericolo però, accennato anche da chi mi ha preceduto, quello relativo ai tempi della esecuzione delle opere legati ai flussi finanziari di spesa. Mi risulta che uno dei motivi del ritardo delle Ferrovie dello Stato ad incontrarsi con la Regione Piemonte deriva dall'andamento e dall'esito degli appalti. Se è vero che, esperite le gare d'appalto, le cifre offerte dalle imprese che devono realizzare i lavori sono superiori alle somme disponibili, bisogna gettare l'allarme.
Cosa faranno le Ferrovie dello Stato? Fermeranno i lavori? Eseguiranno i lavori solo su alcune tratte? Allora, occorre accertare questo e non prendere alcun provvedimento.
Rimane aperto cosa fare dopo. Ritengo che, in una situazione di difficoltà di esercizio, l'obiettivo della Regione Piemonte sia quello di richiedere alle Ferrovie di non interrompere il servizio. C'è un aspetto che riguarda l'utenza che è già disagiata, perché non è servita nel modo migliore.
Chiudere le linee sarebbe un grave pericolo. Una linea chiusa vuoi dire modifica di abitudini, mettere in campo altri interessi e nuove situazioni che determinano fatti che peseranno successivamente.
A nome del Gruppo invito l'Assessore a premere affinché le linee non vengano chiuse, in subordine che vengano chiuse il meno possibile, come diceva il collega Tapparo, e in periodi dell'anno in cui ci sono meno utenze. Però, per quanto riguarda le linee Susa-Bussoleno e Torino-Torre Pellice, penso che vada evitata programmando i lavori nel modo dovuto.
Leggendo i giornali risulta che ci sono alcuni tecnici che affermano la possibilità di eseguire i lavori di eliminazione dei passaggi a livello e ristrutturazione delle linee, senza interrompere le linee stesse. Ritengo che ciò sia la cosa più importante.
Chiedo ancora all'Assessore che, sul tema della struttura ferroviaria regionale, sullo sviluppo e sugli strumenti societari con i quali rilanciare lo sviluppo delle ferrovie, ci sia in Consiglio una discussione a seguito di una comunicazione della Giunta, perché non mi sembra che in questi cinque minuti, che vedo già trascorsi, si possa affrontare un tema di tanto rilievo. Il Consiglio regionale ha già affrontato adeguatamente questo tema nella scorsa legislatura senza alcuna risoluzione. Quindi chiedo alla Giunta, ed in particolare all'Assessore, di riproporre il tema generale illustrato nelle varie interpellanze attraverso una comunicazione.
Infine, chiedo di poter disporre della risposta scritta che l'Assessore ha letto oggi in aula.



PRESIDENTE

La parola al Consigliere Marino.



MARINO Massimo

Non ho tempo per riproporre una discussione generale, però vorrei capire quello che è successo nelle ultime settimane. Il responsabile del Compartimento delle Ferrovie dello Stato di Torino, signor De Giovanni, o perlomeno quello che fino a pochi giorni fa era responsabile, aveva intenzione di sospendere 14 tratte ferroviarie per 14 mesi circa e, in qualche modo, di supplire alla mancanza dei servizi (sottolineo "in qualche modo"} con forme di trasporto improvvisate senza la certezza di iniziare i lavori in quelle tratte. In altre parole, da una parte si sarebbe sospeso un servizio pubblico per decine di migliaia di cittadini, con grandi difficoltà perché si trattava di trovare gli autobus, che però, soprattutto nei momenti di punta, non avrebbero risolto completamente il problema del trasporto e, dall'altra parte non si iniziavano i lavori in quelle tratte ferroviarie. Non conosco i motivi per cui è stato sostituito il responsabile del Compartimento di Torino, sicuramente avrei potuto suggerire qualche motivazione per la sua sostituzione.
Mi chiedo: quale ruolo ha avuto la Regione in una situazione di questo tipo? Per fortuna i cittadini, almeno in parte, oggi sono in grado di tutelarsi attraverso manifestazioni, raccolte di firme, assemblee. I cittadini avrebbero dovuto arrangiarsi per trovare un mezzo per recarsi al lavoro e, nel caso della linea Susa-Bussoleno, anche gli studenti per recarsi a scuola a Susa.
Ho presentato un'interrogazione relativamente alla linea Susa Bussoleno, dove sembrava imminente la sospensione della tratta (invece è stata sospesa la sospensione) per chiedere all'Assessore una comunicazione urgente su tutta la questione.
Non conosco l'esatta situazione delle 14 tratte interessate, ma so che in molte i lavori sono stati rimandati. Sono però perplesso per il modo in cui la Regione ha affrontato la questione. Mi risulta che c'è stato un incontro il 24 ottobre e che doveva essercene un altro il 10 novembre.
Ribadisco l'urgenza di una comunicazione complessiva su questo argomento alla prossima riunione del Consiglio regionale.



PRESIDENTE

La parola all'Assessore Panella.



PANELLA Luciano, Assessore ai trasporti

Credo di poter dire, al contrario, che la Regione abbia esercitato tutto il suo ruolo. Quando la Regione chiede un incontro con le Ferrovie dello Stato, richiede delle garanzie, chiede l'intervento degli enti locali, delle OO.SS, sindacali, delle Camere di Commercio, degli utenti e dice: "Nulla si muove, fintanto che non si hanno le idee chiare e che siamo certi di quello che volete fare". In questa prima fase, la Regione che cosa può fare di più? Infatti, i risultati sono che non c'è alcun Inizio dei lavori senza il disco verde della Regione che ha esercitato il suo ruolo in modo deciso nei confronti dell'Ente Ferrovie dello Stato.
Certamente, non posso rispondere a tutte le domande. Potrei rispondere qualora fossi a conoscenza degli intendimenti dell'Ente Ferrovie dello Stato. Loro stessi non sanno cosa fare quindi, fintanto che non ci propongono il loro programma, non siamo in grado di dare neppure un giudizio. E', quindi, tutto fermo. Questa è la prima parte che riguarda il contingente.
Sulla seconda parte, quella in prospettiva, voglio invece soffermarmi.
Non si può essere contemporaneamente conservatori ed innovatori, non si può, come si suoi dire, volere "la moglie ubriaca e la botte piena". E' inevitabile il rischio di un periodo di chiusura di alcune linee, se si vuole rendere più economica la gestione. E questo ci interessa perché fra un anno, bene o male, ci troveremo di fronte al problema della gestione di quelle linee e delle famose società miste.
E' chiaro - e tutti siamo sufficientemente responsabili - che dobbiamo in questo frangente ridurre i disagi, soprattutto agli studenti, ai pendolari, compatibilmente alle necessità tecniche.
Quando l'Ente ferrovie parlava di riduzione dei costi e chiedeva questo anno di chiusura, ho rilevato che vi sono costi sociali che giustificano anche l'aumento dei costi di gestione. Anche su questo tema la discussione si sarebbe dovuta affrontare il giorno 10 novembre. Quindi questa discussione verrà affrontata in modo trasparente con l'intervento di tutti gli interessati.
Voglio ribadire che abbiamo, inoltre, chiesto l'ulteriore garanzia che le linee non vengano chiuse. La risposta è stata banale: "Avete mai visto qualcuno intervenire con i 60 miliardi per poi chiudere?". Abbiamo chiesto.
In secondo luogo, tempi certi. Va inoltre ricordato che le linee verranno chiuse alternativamente per periodi limitati, proprio tenendo presente il disagio degli utenti.
Tutto questo fa parte di quella importante discussione che doveva avvenire 11 giorno 10 novembre che abbiamo sollecitato e che non deve andare oltre il mese in corso.
Per quanto riguarda il discorso in prospettiva, siamo di fronte ad una grossa scommessa. E' evidente che abbiamo l'occasione e la necessità fintanto che non riapriranno queste linee, di preparare una forma di gestione pubblica o privata o comunque una gestione che veda l'intervento della Regione. Quindi, questi famosi progetti-programmi che vengono continuamente rimandati e che sono considerati, giustamente, delle parole adesso abbiamo la necessità inderogabile di trasformarli in azioni, in fatti e quindi in soluzioni dei problemi. E' chiaro che non possiamo pensare di risolvere il problema delle ferrovie locali prescindendo dal trasporto con autobus e da questo tipo di integrazione. E' chiaro anche che la Regione è l'unico Ente, a ciò deputato, che deve coordina- re ed eventualmente, intervenire per il riordino di tutta la materia. Dirlo a parole è facile, perché ognuno può opporsi a qualcosa, ma riuscire a comporre tutto il sistema non è facile. D'altronde, i tempi ormai non rappresentano più questione di volontà politica. Perderemo la scommessa se non saremo pronti, entro il 31 dicembre 1991, con un nostro piano e con soluzioni certe, soluzioni che, francamente, ho in testa, ma che non ho ancora confrontato né con la Giunta, né con il Consiglio, né con le Commissioni. Cari colleghi, parlare di gestione mista pubblica e privata è uno slogan. Gli interessi sono molto divergenti ed è difficile farli coesistere. Mi innervosisco quando sento parlare in modo superficiale qualcuno che pensa di risolvere tutti i problemi con la gestione mista. E' senz'altro una strada da perseguire, ma non è facile, non è la panacea di tutti i mali. Oltretutto sulle ferrovie locali a scarso traffico non è molto facile trovare dei privati.
Abbiamo delle idee che andremo a verificare. E' certo che dobbiamo essere pronti con un progetto, alla riapertura di quelle linee, che avranno un rinnovo tecnologico, ma soprattutto condizioni di gestione più economiche.
La questione è preoccupante, ma l'Assessorato ai trasporti e la Giunta faranno il massimo proponibile perché la partita è molto valida: ciò non riguarda soltanto un singolo Assessore. Abbiamo un anno di tempo e, questa volta, il problema dobbiamo affrontarlo veramente.
So di non aver risposto a tutte le domande, ma non sono in grado, non per mia volontà, di farlo ora. Personalmente, sarei pronto anche subito al confronto, cosa che sarà fatto comunque in tempi serrati dalla Giunta in sede di Commissioni e in Consiglio. La soluzione dell'intero problema del trasporto sarà su gomma, su rotaia e, voglio sottolineare, anche su fune.
Sarà un sistema di trasporto integrato.


Argomento: Patrimonio culturale regionale (linguistico, etnologico, folcloristico, storia locale)

Interpellanza n. 148 dei Consiglieri Rabellino e Farassino inerente la Carto de Coumboscuro


PRESIDENTE

Esaminiamo ora l'interpellanza n. 148 presentata dai Consiglieri Rabellino e Farassino.
I Capigruppo sono stati informati che il Consigliere Rabellino svolgerà un intervento in franco-provenzale, il cui testo in lingua italiana è stato distribuito ai Consiglieri regionali.
La parola al Consigliere Rabellino.



RABELLINO Renzo

Una brevissima premessa per puntualizzare la mia richiesta.
La Lega Nord Piemont è contraria ad ogni forma di centralismo. In quest'ottica rispetta anche le minoranze presenti all'interno della nostra Regione. La minoranza provenzale ci ha sollecitato più volte ad intervenire in suo favore. Leggerò in provenzale il documento consegnandone il testo in italiano.
"Signor Presidente, signori Consiglieri, colleghi dell'assemblea regionale, prima di aprire il discorso sulla Carto de Coumboscuro nei limiti di tempo concessimi, abbiamo il dovere di pregarvi di non stupirvi se terremo questo intervento in provenzale.
Dal momento che la questione riguarda una lingua minoritaria, crediamo che l'uso del provenzale rappresenti semplicemente un criterio di doveroso rispetto dell'argomento in discussione che consiste, appunto, in un progetto di intesa, di scambio e di sviluppo delle relazioni culturali sociali, scolastiche, turistiche ed economiche tra i due versanti alpini entrambi di lingua provenzale.
Più brevemente e forse con maggior chiarezza diremo: tra le due Provenze, quella cisalpina (formata appunto dalle valli di Cuneo e di Torino) e quella transalpina che, dalle Alpi, si spinge fino al Rodano, a Marsiglia, Avignone ed anche più lontano; sono gente montanara, le stesse sovranità politiche del passato (come gli 'Escartouns' brianconnesi o la Comunità di Valle dell'Ubaye) avevano strettamente unito e che in seguito gli Stati nazionali hanno separato.
E' appunto nell'ambito di questa realtà - con un, radicamento ideale e realistico ad un tempo - che si cala la Corto de Coumboscuro (il cui testo è stato redatto per parte cisalpina da "Coumboscuro, movimento di autonomia e civiltà provenzale alpina" e per parte transalpina dalla "Union Prouvencalo", cartello di movimenti etnici dell'intera Provenza.
Il Piemonte è terra di molte culture: il suo nucleo centrale, di forte ceppo piemontese, si protende e sfuma a sud, a ovest e a nord verso le culture provenzale, franco-provenzale e walser; ad est ed a sud-est verso il lombardo, l'emiliano e il ligure. Ma tutto ciò è un privilegio, non la punizione di una nuova torre di Babele.
Tuttavia, in questo quadro, quella provenzale è una delle minoranze etno-linguistiche più vivaci della nostra Regione. Suo territorio è l'arco alpino sud-occidentale, tra Liguria e Valle di Susa. Al di là di quell'ampio arco montuoso c'è la Provenza, con la sua nobile civiltà storica antica di mille anni. Nata con i Trovatori del Medioevo, quella civiltà ha attinto delle altezze ammirevoli anche nella nostra epoca, con il grande poeta Frederic Mistral, Nobel per la letteratura nel 1904; ed ancora, dopo Mistral, con la scuola letteraria del Felibrige' da lui fondata ed oggi più che mai vivace ed operante.
Ma perché abbiamo tracciato questo quadro storico-ambientale? Per un motivo fondamentale: non è agevole comprendere motivazioni, sostanza ed obiettivi della Carto de Coumboscuro, senza conoscere la realtà umana culturale e fisica in cui quel documento si inquadra, negli intenti di chi l'ha ideata In particolare la Carto non è una semplice dichiarazione di intenti tra due fondazioni culturali, private, ufficiali o universitarie; non è uno Statuto di gemellaggio fra due Comuni o due Pro loco per attuare degli scambi turistici e celebrativi e neppure una convenzione tra amministrazioni diverse per un programma comune di turismo, di accoglienza ospedaliera, di piccole relazioni occasionali, di scambi documentari e così via.
La Carto de Coumboscuro è: a) un progetto di estensione territoriale, che interessa l'intero arco alpino del sud-ovest sui due versanti, dalle nostre valli di Cuneo e Torino alla Provenza fìno al Rodano ed oltre. Questa è l'area internazionale in cui si parla la lingua provenzale in tutte le sue varianti, al di sopra della frontiera politica b) il progetto della Corto propone per i due versanti provenzali delle Alpi un preciso criterio di rapporti e di gestione culturale, scolastica linguistica ed economica di tipo privilegiato, cioè ispiralo ad una autonomia di iniziativa che scavalca la demarcazione politica di Italia Francia in tutte le possibilità consentite dalla correttezza dei rapporti interstatali: c) l'attuazione del progetto - secondo una logica di realismo politico e pratico - impone un accordo giuridico chiaramente stabilito tra Regione Piemonte e Regione Provence-Alpes-Cote d'Azur, poiché soltanto nell'ambito di un esistente politico-amministrativo istituzionale è possibile costruire le solide novità che la Corto prevede d) l'accordo interregionale previsto dalla Corto è mirato a formare di comune intento - una Commissione bilaterale (o gruppo di consultazione denominato 'Union Prouvencalo') tra Regione Piemonte e Regione Provence Alpes-Cote d'Azur (P.A.CA.), per approfondire e, se sarà necessario perfezionare il testo della Corto, tenendo anche conto delle norme di rapporti internazionali correnti Ovviamente, un'azione transfrontaliera di questo tipo non rappresenta una violazione del diritto internazionale e meno che mai delle consuetudini correnti dei rapporti tra Stati, ma sarà un autentico progredire verso l'Europa dei popoli, oggi giuridicamente consentita, anzi, consigliata ed incoraggiata dalla Convenzione di Madrid del 21 maggio 1980 sulla cooperazione soprafrontaliera.
Dal 1987 (data della prima presentazione ufficiale della Corto avvenuta il 5 maggio di quell'anno) le pressioni esercitate dal Movimento Provenzale Coumboscuro, non hanno ottenuto che delle risposte evasive risulta senza risposta anche una lettera in data 17 aprile 1989, inviata da M. Claude Gaudin, Presidente della Regione Provence-Alpes-Cote d'Azur.
C'è invece la deliberazione di adesione alla Corto assunta in data 12 giugno 1989 della Provincia di Cuneo. Se portata alla sua attuazione, la Carto de Coumboscuro potrà essere un esempio coraggioso ed un autentico punto di riferimento per ogni altra intesa soprafrontaliera dei popoli considerata nella vita quotidiana di ciascuno di essi ed al di fuori di ogni atteggiamento accademico e demagogico".



PRESIDENTE

La parola all'Assessore Fulcheri.



FULCHERI Giuseppe, Assessore alla cultura

Signor Presidente, colleghi Consiglieri, il 5 settembre 1987 veniva presentata a Monterosso Grana la "Corto de Coumboscuro", un progetto d'intesa fra la Regione Piemonte e la Regione Provence-Alpes-Cote d'Azur finalizzato alla promozione di scambi culturali, sociali e linguistici fra le due regioni e formulato dal Movimento Provenzale Coumboscuro e l'Union Provencalo di Avignone.
Il 15 aprile 1989 la ''Corto de Coumboscuro" veniva presentata a Gap nelle Hautes Alpes e inviata dal dott. Marcel Lesbros. Presidente del Consell Generai des Hautes Alpes, al Presidente della Regione Piemonte Vittorio Beltrami che, nella sua risposta del 25 settembre 1989, dichiarava di apprezzare spirito e intenzioni della carta, ricordava il fattivo impegno della Regione Piemonte nell'ambito della cooperazione transfrontaliera, ma rilevava altresì come molti dei temi presenti nella Carta di fatto esulassero dalle competenze regionali. Il Presidente Beltrami esprimeva anche la sua disponibilità ad addivenire all'individuazione di ambiti di cooperazione tranfrontaliera maggiormente rispondenti alle nostre normative.
Il 22 agosto 1989 il testo della Carta veniva nel frattempo trasmesso agli Assessori Nerviani, Mignone, Ripa, Marchini e Croso.
In data 16 marzo 1990 l'Assessore alla cultura, Enrico Nerviani, su incarico del Presidente, rispondeva ad una lettera del prof. Sergio Arneodo, fondatore e presidente del Movimento Provencalo Coumboscuro che il 21 febbraio, aveva nuovamente sollecitato una presa di posizione della Regione Piemonte, segnalando che la lettera del Presidente Beltrami non aveva mal avuto risposta da parte del Presidente del Conseil General des Hautes Alpes e che un'analoga lettera, a firma del Presidente della Regione Provence-Alpes-Cote d'Azur, M. Claude Gaudin, citata dal prof. Arneodo, non risultava mal pervenuta alla Presidenza della Regione Piemonte. L'Assessore Nerviani nel dare conferma della disponibilità della Regione Piemonte ad avviare incontri "finalizzati ad individuare ambiti di cooperazione meglio rispondenti alle normative vigenti", disponibilità peraltro confermata dall'impegno in seno alla CO.TR.A.O., rilevava quanto essenziale fosse la risposta da parte della Regione Provence-Alpes Cote d'Azur per un avanzamento in tale direzione.
A partire da questa data nessun'altra comunicazione risulta pervenuta in proposito, ne conseguentemente sono state prese iniziative da parte della Giunta regionale. Nel merito specifico della "Corto de Coumboscuro" è possibile ribadire che essa costituisce una proposta certamente interessante ma, così come è formulata, rappresenta un insieme relativamente disomogeneo di temi e materie, molti dei quali non rientrano in alcun modo nelle competenze regionali.
In estrema sintesi, il documento propone la costituzione di un gruppo di lavoro incaricato di incentivare la collaborazione in diversi settori economia, cultura, turismo - con particolare riguardo alle valli di parlata provenzale (od occitana) dei due versanti delle Alpi.
La proposta della Carta non tiene tuttavia conto che la Regione Piemonte è già impegnata in un importante organismo di cooperazione transfrontaliera, la Communautè de Travail des Alpes Occidentales, la CO.TR.A.O., nel cui ambito sta sviluppando importanti azioni in direzione di una maggior concertazione delle politiche regionali, di una più stretta collaborazione tra le regioni e i cantoni delle Alpi occidentali ed infine, della realizzazione di importanti progetti comuni. Conseguentemente molti del temi e delle materie proposte dalla Carta sono già oggetto di accordi e di confronto tra le due Regioni.
Resta ancora da notare che, pur nel quadro di interventi di più ampia portata, l'accordo si indirizza soprattutto all'area storicamente corrispondente alle zone di parlata occitanica, la cui estensione interessa particolarmente le province di Cuneo e di Torino.
La Giunta regionale si rende tuttavia disponibile, innanzitutto tramite gli Assessorati interessati, a fornire agli estensori della Carta il quadro dettagliato delle competenze regionali e dei terreni su cui l'Ente regione può istituzionalmente impegnarsi e tutte le informazioni relative alle iniziative di cooperazione transfrontaliera in atto.
Devo anche aggiungere che, il 12 ottobre, in una riunione della CO.TR.A.O, che ho presieduto, ho sollevato il problema evidenziato dal Consigliere Rabellino e ho rilevato che su questi aspetti occorre tenere presenti le caratteristiche e le necessità di confronto e soprattutto di collaborazione con i movimenti occitani.



PRESIDENTE

La parola al Consigliere Rabellino.



RABELLINO Renzo

Intervengo per precisare che la Commissione proposta dalla Carto de Coumboscuro innanzitutto ha lo scopo preciso di portare avanti un discorso comune in tutta l'area provenzale, italiana e francofona e, a livello tecnico e pratico, ha facoltà di modificare la Carto. Credo che non si volesse superare altre forme di collaborazione, la CO.TR.A.O, ne è un esempio, bensì quello di focalizzare, anche all'interno della CO.TR.A.O.
un momento di particolare attenzione per questa minoranza in Italia, ma che in Francia non è una minoranza. Mi fa piacere che ci sia questo intendimento. Non ho capito dall'intervento dell'Assessore se la Regione Piemonte intende aderire alla Carta, come già fece la Provincia di Cuneo con una deliberazione consiliare oppure no.



FULCHERI Giuseppe, Assessore alla cultura

Prima di aderire, bisognerebbe conoscere i programmi, anche perch nella Carta è scritto: "Azione comune in vista delle soppressioni dei controlli doganali, collaborazione tra gli enti camerali agricoltura artigianato, commercio industria, creazione di cooperative agricole costruzione di una ferrovia Briançon-Oulx, elettrificazione della linea Marsiglia, ex Briançon-Oulx, attuazione dell'insegnamento del provenzale a tutti i livelli, istituzione di diplomi di Stato per l'insegnamento del provenzale". Lascio tutto il resto della Carta. E' chiaro che aderire ad una Carta che ha un programma di questo genere è piuttosto impegnativo.
Occorre chiarire il mistero della lettera, che si dice mandata, ma non è mai arrivata alla Regione. La Regione francese non dice niente alla Regione italiana. Chiarirò questi aspetti perché sono il primo interessato a problemi di questo genere che, dal punto di vista culturale, rappresentano un interesse grandissimo.



RABELLINO Renzo

Mi fa piacere. Comunque resta il fatto che la Carta porta la data del 1987, ma fino ad oggi questi approfondimenti non ci sono stati, non c'è nemmeno stata la volontà di confrontarsi.



FULCHERI Giuseppe, Assessore alla cultura

Neanche dall'altra parte c'è stata.



RABELLINO Renzo

Dall'altra parte c'erano lettere che sollecitavano degli incontri, mai organizzati.


Argomento:

Comunicazioni del Presidente del Consiglio regionale


PRESIDENTE


Argomento:

Comunicazioni del Presidente del Consiglio regionale

Argomento:

a) Congedi


PRESIDENTE

In merito al punto 3) dell'o.d.g. : "Comunicazioni del Presidente del Consiglio regionale", comunico che hanno chiesto congedo i Consiglieri Bergoglio, Bosio, Cerchio, Dameri e Majorino.


Argomento:

b) Presentazione progetti di legge


PRESIDENTE

L'elenco dei progetti di legge presentati sarà riportato nel processo verbale dell'adunanza in corso.


Argomento:

c) Deliberazioni adottate dalla Giunta regionale


PRESIDENTE

L'elenco delle deliberazioni adottate dalla Giunta regionale nelle sedute del 22, 29 ottobre e 5 novembre 1990 - in attuazione dell'art. 9 della L.R. n. 6/88 - in materia di consulenze ed incarichi, è depositato e a disposizione presso il Servizio Aula.



PRESIDENZA DEL VICEPRESIDENTE MONTABONE


Argomento:

Nomine


PRESIDENTE

Passiamo al punto 4) dell'o.d.g.: "Nomine".
Si proceda alla distribuzione delle schede.


Argomento: Nomine

- Consiglio di Amministrazione del Centro Agro-Alimentare di Torino - CAAT. Nomina di un rappresentante in sostituzione del signor Romanini Gian Antonio dimissionarlo.


PRESIDENTE

Poiché il numero del votanti non corrisponde al numero delle schede dell'urna, tale votazione è da considerare nulla.



PRESIDENZA DEL PRESIDENTE SPAGNUOLO


Argomento: Rapporti Regione - Parlamento

Comunicazione della Giunta regionale sulla legge n. 142/90 recante "Nuovo ordinamento delle autonomie locali"


PRESIDENTE

Passiamo al punto 6) all'o.d.g.: Comunicazione della Giunta regionale sulla legge n. 142/90 recante "Nuovo ordinamento delle autonomie locali".
La parola all'Assessore Nerviani.



NERVIANI Enrico, Assessore agli enti locali

Con questa prima iniziativa, la Giunta intende formalmente aprire la riflessione con il Consiglio intorno alle problematiche che si propongono alla Regione, a seguito dell'entrata in vigore della legge 8 giugno 1990 n. 142. In via preliminare, la Giunta intende esprimere, anche in questa sede, l'apprezzamento, peraltro sufficientemente diffuso, perla portata innovativa della legge in esame resa ancora più efficace dall'avvenuta approvazione, in tempi estremamente ravvicinati, della legge di riforma del procedimento amministrativo. Si tratta di un complesso di normative idonee a consentire un rilevante rinnovamento della realtà amministrativa nel suo complesso, cui le Regioni sono chiamate a contribuire in misura determinante.
Considerazioni che non escludono - a lungo termine - il problema della migliore collocazione nella riforma dello stesso istituto regionale.
Su tale problema risulterà necessaria una costante pressione sul Governo e sul Parlamento, affinché anche le Regioni siano oggetto di provvedimenti legislativi che ne completino la fisionomia sia nei confronti dello Stato, che nei confronti delle autonomie locali.
E' con piacere, a questo proposito, che annoto, attraverso una informazione dell'Agenzia ANSA di questa mattina, che il coordinamento della Conferenza dei Presidenti dei Consigli delle Regioni e delle Province autonome ha chiesto la riscrittura degli artt. 117 e 118 della Costituzione, relativi alle competenze legislative e a quelle amministrative delle Regioni. Questa proposta, presentata al Presidente della Repubblica in un incontro avvenuto venerdì, è stata spiegata in questi giorni in una Conferenza stampa dal Presidente del Consiglio regionale della Toscana.
Le pur importanti attribuzioni che la legge n. 142 riserva alle Regioni si esauriranno per lo più nel momento in cui la legge troverà piena attuazione.
E' pur vero che il nuovo assetto che scaturirà dall'applicazione della legge n. 142 dovrebbe permettere alla Regione, alleggerita da molti compiti gestionali, di espletare il ruolo istituzionale proprio nell'ambito della programmazione e dell'attività legislativa.
Resta però da verificare come ciò risulti possibile nell'attuale situazione, vale a dire in assenza di risorse libere che possano essere utilizzate per dare concretezza alla programmazione, in presenza di una legislazione statuale di dettaglio e non di "principi", nella inesistenza per obiettiva impossibilità, di un organico raccordo con la programmazione nazionale.
Questi ed altri problemi, sia a valenza generale che settoriale, emersi da un primo esame della legge effettuato dai Settori regionali, sono già stati segnalati, a nome della Giunta regionale, nel corso della audizione richiesta dalla I Commissione Affari Costituzionali della Camera del Deputati, relativa all'indagine conoscitiva in corso sui problemi connessi all'attuazione della legge n. 142, il 19 settembre u.s.
In ogni caso, vorrei tornare su considerazioni e valutazioni politiche in merito alla legge n. 142 più avanti, dopo aver fornito al Consiglio alcune informazioni e considerazioni operative.
Il preliminare esame compiuto sulla legge dagli uffici della Giunta ha individuato nel dettaglio (anche sulla base di tempestivi esami precedentemente fatti dagli uffici del Consiglio) gli adempimenti regionali da essa richiesti, che sono stati assunti dalla Giunta come riferimento necessario per lo sviluppo delle iniziative di competenza.
Prima di accennare brevemente agli obblighi di maggiore rilevanza ed urgenza si vorrebbero far presenti alcune considerazioni di carattere generale su quanto richiesto dalla legge.
L'azione regionale, per rispondere con rapidità ed efficienza agli adempimenti richiesti, dovrà privilegiare gli adempimenti dovuti ma, nel contempo, potrebbe anche farsi carico di interventi a valenza prevalentemente culturale ed informativa a supporto degli enti locali piemontesi.
Si ritiene, infatti, che una scelta dell'Amministrazione che ignorasse 1 necessari raccordi con le autonomie piemontesi, consentendo che ciascuna istituzione realizzi, separatamente e priva di riferimenti esterni e di confronti, i propri adempimenti nell'ambito della prima importante riforma in materia di enti locali risulterebbe impraticabile.
L'azione di supporto, a favore degli enti locali, potrebbe articolarsi fra l'altro, attraverso la messa a disposizione delle Amministrazioni locali di una struttura regionale che funga da riferimento per i rapporti con la Regione.
Come risulta evidente dall'esame della legge, è richiesta una intensa attività legislativa, a cui conseguiranno atti amministrativi; tale attività legislativa può essere cosi sintetizzata: A) leggi regionali a carattere fortemente innovativo.
Tale insieme appare suddivisibile in: a1) leggi che introducono nell'ordinamento della Regione la disciplina di ambiti in precedenza non normati.
Vi sono riconducibili: L.R. recante: "Delimitazione dell'area metropolitana di Torino": L.R. recante: "Norme regionali in materia di rapporti tra enti locali e di circoscrizioni territoriali"; a2) leggi che sostituiscono integralmente leggi precedenti, con conseguente abrogazione esplicita delle stesse.
Vi appaiono riconducibili: L.R. recante: "Istituzione dei Comitati regionali di controllo e nuove norme di organizzazione dei controlli sugli enti locali" L.R. recante; "Istituzione e disciplina delle Comunità montane in Piemonte". B) Leggi recanti modifiche, integrazioni ed aggiornamenti della precedente legislazione regionale in materia.
Tale insieme appare suddivisibile in: b 1) leggi recanti limitate revisioni di normative preesistenti, per adeguarle alla legge n. 142/90 ed alle leggi regionali di cui sub A).
Vi appaiono riconducibili: LL.RR. di organizzazione, di spesa e di delega nelle materie di competenza della Regione (ex art. 117 Costituzione), o delegate alla stessa dallo Stato (ex art. 118 Costituzione), b2) leggi di profondo ed organico riordino della legislazione regionale, per adeguarla al dettato della legge n. 142/90, ma derivate anche da esigenze di reimpianto, oggetto di elaborazione anche prima di tale nuova normativa. Anche in questi casi, si rende opportuna l'abrogazione esplicita delle norme preesistenti.
Vi appaiono riconducibili: L.R. recante: "Disciplina della programmazione economica regionale e sub regionale".
L.R. recante: "Disciplina della pianificazione territoriale e dell'attività urbanistica".
L'insieme delle normative da impostare e da rivedere risulta dunque ingente. Tale, comunque, da comportare l'impegno di pressoché tutto l'apparato regionale ed anche di quello degli enti dipendenti dalla Regione o ad essa collegati.
La Giunta intende partecipare attivamente a questo importante processo di revisione legislativa fornendo, puntualmente, il proprio collegiale contributo. A tal fine, per una prima iniziale fase di avvio della complessa attività descritta, si è proceduto all'istituzione di un gruppo di lavoro, coordinato dall'Assessore agli enti locali, formato da dipendenti regionali di diversificate competenze. E' previsto, inoltre l'affidamento ad un gruppo di esperti e di studiosi di incarichi di consulenza per l'avvio delle elaborazioni che debbono essere poste a base dell'intervento regionale.
Innanzitutto, tenendo conto delle scadenze previste dalla legge, si ritiene necessario pervenire - in tempi molto brevi, nell'ordine di due-tre mesi - alla presentazione di primi documenti formali e cioè alla proposta di disegni di legge concernenti: l'area metropolitana: la nuova legislazione in materia di controlli (anche per consentire il rinnovo dei Co.Re.Co, attualmente in prorogatio) la nuova legislazione in materia di Comunità montane.
Per quanto attiene al primo punto, la sua individuazione territoriale va detto che il dibattito è andato progressivamente sviluppandosi e, al tempo stesso, facendosi più concreto con una prima segnalazione di proposte e di prese di posizione di studiosi, di ricercatori, di legislatori, ma anche di amministratori dei Comuni che potrebbero essere interessati dall'assorbimento nella nuova entità amministrativa e territoriale dell'area metropolitana.
Siamo già, si può ben dire, in una fase di semplificazione delle ipotesi o di una riduzione del loro numero, quanto in presenza dell'espansione del campo delle proposte.
Ugualmente o conseguentemente le più diverse sono pure le Ipotesi circa le funzioni da assegnare al nuovo ente.
Si tratta, d'altronde, di problematica fortemente nuova ed innovativa.
Gli elementi a cui potersi riferire sono storicamente datati o comunque tali al momento paiono. Essi sono sostanzialmente tre: la conurbazione torinese, l'area-programma di Torino, la Provincia di Torino.
Sulla conurbazione la Regione si pronunciò, per quanto risulta agli atti, una prima volta, con decreto del Presidente della Giunta regionale (n. 719 del 5/12/1972) che, al fini urbanistici e per la compilazione di un piano territoriale di coordinamento, individuò l'area metropolitana torinese in 52 Comuni di prima e seconda cintura, più Torino.
Non risultano agli atti studi redatti per giustificare il confine individuato, ne risulta che il decreto sia stato successivamente modificato.
L'area-programma, invece, è "figlia" delle aree ecologiche proposte dall'IRES e dal Comprensorio.
E' conosciuta la storia dei Comitati comprensoriali, la loro natura e la loro soppressione. Ad essi sono subentrate, al sensi della L.R. n.
16/89, le aree-programma, intese come "riferimento territoriale regionale per la formazione degli atti e l'esercizio delle competenze proprie in materia di programmazione socio-economica e di pianificazione territoriale" (art. 7).
L'area-programma di Torino è attualmente formata da 80 Comuni.
E' peraltro necessario far presente come, in relazione alla travagliata storia della legge n. 16/89, dette aree-programma non fossero, in realtà ancora rese operative nel momento in cui è entrata in vigore la legge n.
142.
Naturalmente esiste poi l'ulteriore, già citata, ipotesi della provincia di Torino: essa è composta da 315 Comuni.
La Giunta regionale, comunque, data l'importanza della questione, ha dato incarico, già nello scorso agosto, all'IRES di redigere uno studio tecnico preliminare che prospetti le eventuali possibili proposte in materia di individuazione territoriale dell'area, motivate in relazione ai parametri economici, sociali, territoriali, culturali e di servizi inerenti il territorio in questione. E' a mie mani, perché mi è stato da poco consegnato, il documento elaborato dopo i primi studi dell'IRES e ritengo di poterlo offrire all'esame del Consiglio in questi giorni facendo anticipare la distribuzione, se il Consiglio lo ritiene, da un incontro dei responsabili dell'IRES con i Capigruppo e con una rappresentanza della Giunta. Se si riterrà diversamente, credo si sbaglierebbe perché è necessario un accompagnamento ed una illustrazione a questo primo lavoro diversamente procederemo.
Da questo studio potranno perciò emergere proposte di connotazioni territoriali diverse da quelle citate: la Giunta regionale darà su di esse una prima valutazione e riferirà quindi al Consiglio affinché possa continuare il dialogo iniziato in questa occasione (quindi successivamente all'incontro proposto con i Capigruppo). Confronto che, peraltro, è reso necessario anche da ulteriori ed importanti aspetti problematici della questione.
Credo che molti abbiano avuto l'occasione di partecipare all'incontro organizzato dall'Unione Regionale delle Province piemontesi, svoltosi sabato scorso e che abbiano potuto leggere la relazione del prof. Merloni che anticipa possibili grosse difficoltà costituzionali per l'applicazione della legge n. 142 in ordine alla definizione delle aree metropolitane. E' certamente un punto di rilevanza eccezionale su cui penso sia doveroso riflettere, in quanto se non esclude l'azione di coordinamento della Regione, tuttavia impone una riflessione tecnico-giuridico-costituzionale che potrà inevitabilmente coinvolgere anche il nostro Consiglio.
La Giunta ha, infatti, ben presente il fatto che la diversa dimensione dell'area è un problema che non dovrebbe essere in realtà scisso dalla questione della ripartizione di funzioni amministrative tra la città metropolitana e i Comuni dell'area, perché esiste certamente una parziale connessione tra le due decisioni.
La Giunta ha altresì presente come l'individuazione territoriale dell'area metropolitana comporti anche rilevanti modifiche territoriali degli altri enti locali, certamente all'interno dell'area stessa, quasi sicuramente anche all'esterno della suddetta (si pensi, ad esempio, al problema delle Province).
La problematicità della materia richiederà perciò studi ed elaborazioni indispensabili per una giusta maturazione dell'argomento e, soprattutto per la completa soluzione delle questioni sul tappeto che, a mio avviso sono davvero molte. Anche il tempo che ho previsto, due-tre mesi, per la proposta al Consiglio diventa estremamente ristretto e sullo stesso dovremo fare le considerazioni che l'esperienza ci imporrà. Le notizie che giungono dalle altre Regioni del nostro Paese non sono certamente confortanti, se sono fondate come paiono. Quelle che provengono dalla Regione Lombardia segnalano una forte resistenza dei Comuni ad inglobarsi nell'area metropolitana. Lo stesso problema tuttavia è anche di altre Regioni e credo che tutte abbiano la difficoltà di immaginare l'organizzazione successiva l'individuazione di un corpo centrale della città metropolitana organizzazione che sembra davvero molto difficile essendo quasi tutte le aree esterne collegate attraverso un unico riferimento alla futura città metropolitana.
Anche le materie dei controlli e delle Comunità montane hanno peraltro, loro specifiche difficoltà. Il gruppo di lavoro di cui sopra ha già cominciato ad affrontare i due argomenti, al fine della predisposizione dei due conseguenti disegni di legge nei tempi previsti.
La Giunta si propone, peraltro, di iniziare in rapida successione anche gli studi e le elaborazioni concernenti la revisione della programmazione e pianificazione regionale, di concerto con la riorganizzazione delle funzioni amministrative regionali a livello locale attraverso Comuni e Province; la predisposizione di norme "quadro" in materia di modificazioni territoriali; un'organica revisione della legislazione regionale di settore alla luce dei nuovi principi di cui alla legge n. 142/90, tenendo altresì conto della recente legge di riforma del procedimento amministrativo (241/90).
Riprendendo ora un discorso più ampio, va osservato che la legge n. 142 è stata, come ho detto, salutata con molto entusiasmo da molte parti. Vi è ancora molta attesa per l'applicazione che alla stessa verrà progressivamente data. Finora ha determinato effetti positivi, assicurando alla vita amministrativa delle nostre comunità locali regole più precise per quanto riguarda i tempi di formazione degli organi e procedure più chiare per la formazione e la dichiarazione di crisi delle maggioranze.
L'applicazione della legge per questa parte è già avvenuta e mi sembra che si siano raccolte soltanto valutazioni positive. La vita amministrativa delle nostre città, dei Comuni e delle Province, si è obiettivamente semplificata: le procedure hanno avuto battute più rapide e la definizione di tempi intransigenti ha sortito, se si escludono casi assolutamente eccezionali, dei risultati molto positivi. I governi dei Comuni ci sono e sono da tempo ormai funzionanti e ritengo che questa stabilità debba essere salutata con una buona soddisfazione.
La legge ha sostanzialmente avviato quel processo di rinnovamento della vita amministrativa dei nostri Comuni e delle nostre Province che, da tempo, era invocato dagli operatori politici e sociali. Il suo completamento non è prossimo e, a mio avviso, non è neppure vicino. La mancata conseguente riforma elettorale costituisce un ostacolo considerevole in questo senso, ma si è finalmente mosso qualcosa e non da poco. Si tratta ora di continuare, ciascuno con forte coscienza della propria responsabilità.
La Regione - credo di averlo ripetutamente ricordato in modo implicito ed esplicito - ha, nell'avviato processo di riforma, compiti di eccezionale rilevanza. Il primo è quello di ridefinire il proprio ruolo e le proprie competenze, di pretendere un diverso e più consistente riconoscimento da parte dello Stato in termini di autonomia programmatoria e di scelte di destinazione delle risorse, in gran parte ora prese e gestite come tutti abbiamo fin troppo ricordato in modo inutilmente centralistico.
Il secondo è quello di tornare, se mai lo siamo stati in passato, punto di riferimento esemplare per gli enti locali subordinati, sotto il profilo della efficienza burocratica, della capacità di tempestiva consulenza e di sostegno operativo, particolarmente per i numerosi piccoli Comuni, così spesso in questi giorni chiamati in causa per loro fusioni. Anche su questo processo, raccomandato dalla legge n. 142, credo che dovremo ragionare a lungo soprattutto con le Province e specificamente con i piccoli Comuni.
L'IRES ha organizzato insieme alla Provincia di Cuneo, o viceversa la Provincia di Cuneo servendosi dell'IRES, un primo convegno sui problemi dei piccoli Comuni, particolarmente riferito all'applicazione della legge n.
142. E' intenzione dell'Assessorato agli enti locali e della Giunta - in questo senso ho già colto la disponibilità del Consiglio - di avviare due o tre incontri con i piccoli Comuni per presentare i dettagli della legge per sentirne i problemi, per verificare gli orientamenti prima di andare al previsto programma quinquennale di razionalizzazione dei Comuni inferiori al 5.000 abitanti. Questi presentano una serie di problemi che conosciamo qualche resistenza a fondersi assolutamente comprensibile, ma credo siano alla ricerca di dimensioni, di collega- menti, di cooperazioni che, in qualche modo, la Regione ha specificamente il dovere di favorire.
Un errore, un vuoto, un obiettivo sbagliato in questa legislatura possono significare, magari dopo una rilevante fatica legislativa, la definitiva perdita di ruolo, di efficacia e di Immagine dell'istituto regionale. D'altronde, le difficoltà sono molte a partire da quella costituita dall'abrogazione senza sostituzioni dei comprensori e dalla mancata tempestiva approvazione della legge n. 16. Questi due elementi intrecciati tra loro e le infinite asperità di percorso dell'ultima legislatura, hanno indebolito il rapporto della Regione con gli enti locali. Non ho incertezze ne falsi timori nel dichiarare che il rapporto con gli enti locali della Regione negli ultimi tempi è stato un rapporto più debole che nel passato. Certamente, la spina che è stata conficcata nel corpo del Consiglio regionale e rappresentata dalla posizione del Governo sulla legge regionale 16/89 è stata particolarmente dolorosa ed ha prodotto effetti assolutamente negativi, tant'è che è stato questo un ulteriore elemento che ha ridotto il rapporto con le comunità locali e, in particolare, con i Comuni minori che, invece, deve essere molto solido sia per la programmazione regionale sia a vantaggio degli stessi Comuni già più volte ricordati.
La carenza drammatica delle risorse, un apparato inevitabilmente tentato dal male del burocratismo, l'abitudine diffusa di molti ambienti anche politici, di screditare la Regione, certamente non hanno costruito un'immagine rassicurante e forte dell'istituto regionale.
Debbo dire, con molta amarezza, che sempre più frequentemente, anche negli ambienti parlamentari, nella Regione non si parla in termini positivi; se ne va ricercando la riduzione di ruolo e mi pare che verso questa tendenza ci debba essere una nostra presa di posizione decisa determinata e corrispondente, ovviamente alla serietà del nostro impegno legislativo e della nostra capacità di incidere positivamente nella realtà regionale.
Il rischio più grave e più vero non è certo la fine di una struttura legislativa ed amministrativa, ma la sconfitta dell'idea di decentramento legislativo ed operativo dello Stato, in cui, in tanti, abbiamo creduto per costruire realtà istituzionali più capaci di creare e di rispondere ad ordinate e positive convivenze sociali e civili.
Possiamo dire di essere, dunque, in una nuova fase costituente per gli enti locali, ma anche per noi. Mi sembra che intelligenza, storia recente e costume politico-sociale di questo nostro contraddittorio, suggeriscano la ricerca di una operatività comune, di intese grandi e solide fra i diversi livelli istituzionali e fra le forze politiche che in essi operano.
Per questo, progressivamente, il raccordo Giunta-Consiglio, per trattare la delicata materia dell'applicazione della legge n. 142, non pu che essere stretto sia nella fase dell'esplorazione delle volontà e delle sensibilità sia in quella della formazione degli atti legislativi.
Non per questo la Giunta potrà sottrarsi all'obbligo di una prima sintesi e di conseguenti proposte, a fronte dell'avvenuto confronto iniziale con la più vasta espressione delle categorie produttive ed imprenditoriali, dei sindacati, delle associazioni degli enti locali e - in primis - delle forze politiche presenti nella società piemontese massimamente di quelle rappresentate nell'assemblea regionale.
La volontà è di presentare le accennate proposte in forma aperta ancora suscettibili di modifiche e di miglioramenti suggeriti dal dibattito in Commissione e in aula.
Il tempo è quello che occorre, perché i provvedimenti siano al momento di essere assunti maturi: si sia cioè sviluppato e concluso attorno ad essi l'ampio ed atteso dibattito.
Sarebbe errato Imporre il cambiamento senza che la cultura del cambiamento stesso sia stata assunta in modo profondo, soprattutto dai rappresentanti dei nostri enti locali.
E' sempre più lontano il tempo in cui era facile imporre agli enti locali le decisioni del centro. E gli enti locali accettano le decisioni soltanto quando le stesse sono discusse e maturate e quando sono profondamente convinti che le stesse portino a loro interessi e utilità.
Tutti i provvedimenti che dobbiamo assumere, anche quelli con scadenze imposte, purtroppo sono Inevitabilmente destinati ad aprire vivaci dibattiti, per non dire vertenze, che rischiano di mettere la Regione "dall'altra parte" nei confronti del grande capoluogo di Regione: dei Comuni viciniori, poco propensi a subire riduzioni di ruolo a causa dell'assorbimento di poteri da parte dell'area metropolitana; dei piccoli Comuni, per i quali la legge prevede la predisposizione di programmi quinquennali di fusione: delle città sedi dei Comitati regionali di controllo, dei quali è legittimo formulare ipotesi di riduzione di numero della stessa struttura regionale poco propensa a inevitabili mutamenti conseguenti l'effettiva distribuzione delle deleghe già previste, come spesso ricordato dalla legge n. 16/89 ed ora, puntualmente, confermate dalla nuova legge sulle autonomie.
Si tratta attualmente di definire le basi del raccordo tra Giunta e Consiglio, per il tramite della I Commissione o di altre Commissioni competenti, a cui mi dispongo a riferire e con le quali intendo sistematicamente lavorare.
Parimenti, proporrò il sistematico collegamento fra il nascente Settore degli enti locali e gli Uffici del Consiglio, specificamente con il Centro studi e documentazione per le autonomie locali che, per il vero, dovrebbe essere in futuro pensato come un importante momento operativo dell'Assessorato delegato alla materia.
Non è comunque possibile immaginare che l'attuazione della legge n. 142 sia fatto di esclusiva competenza di un Settore e di aree definite dal Consiglio e dalla Giunta: la revisione di tutto l'impianto legislativo regionale si imporrà come esigenza fondamentale a cui occorrerà rispondere pur con diversi carichi di responsabilità, insieme.
Tutta la Giunta avverte la grande responsabilità a cui la legge n. 142 richiama la Regione; di essa mi faccio carico, in termini naturalmente più precisi e vincolanti, come Assessore agli enti locali.



PRESIDENTE

Apriamo una prima discussione su questo argomento che vedrà un lungo lavoro da parte del Consiglio e della Giunta regionale. Pertanto, dovremo trovare insieme le strade per il lavoro di queste due nostre realtà che devono dialogare con l'intera comunità piemontese.


Argomento:

Comunicazione della Giunta regionale sulla legge n. 142/90 recante "Nuovo ordinamento delle autonomie locali"

Argomento:

Iscrizione argomenti all'o.d.g.


PRESIDENTE

Propongo di iscrivere all'o.d.g. le seguenti proposte di deliberazione: n. 38: "Attuazione art. 17 u.c, del DPR 20/12/1979 n. 761.
Adeguamento organico Ospedali Valdesi di Pomaretto e di Torre Pellice Integrazione alla deliberazione C.R. n. 106-3185 del 6/3/1986': n. 50: "Deliberazione del Consiglio regionale n. 839-2194 del 21/2/1985 - Proposta di modificazione di errore materiale" n. 52: "L.R. 21/6/1984 n. 28 modificata ed integrata dalla L.R.
16/11/1988 n. 44, art. 9.commi primo e secondo. Proposta della Giunta regionale al Consiglio regionale inerente il fondo di garanzia per l'accesso al credito da parte delle Cooperative di cui all'ari 2 della suddetta legge".
Chi è favorevole è pregato di alzare la mano.
L'iscrizione è approvata all'unanimità dei 43 Consiglieri presenti.


Argomento: Rapporti Regione - Parlamento

Comunicazione della Giunta regionale sulla legge n. 142/90 recante "Nuovo ordinamento delle autonomie locali" (seguito)


PRESIDENTE

In merito alla comunicazione della Giunta regionale sulla legge n.
142/90 ha la parola il Consigliere Grosso.



GROSSO Carlo Federico

Signor Presidente, colleghi Consiglieri, crediamo di trovarci di fronte ad un momento di eccezionale importanza per l'ente Regione. L'applicazione della legge n. 142 non è affatto un fenomeno di ordinaria importanza. E' un fenomeno di straordinaria importanza. Siamo di fronte ad un momento autenticamente costituzionale del sistema delle autonomie e, di fronte a questi termini del problema, il Consiglio regionale si deve attrezzare in modo assolutamente eccezionale. Apprezzo le indicazioni venute dalla relazione introduttiva dell'Assessore che ha la delega di questa materia.
Sulla doppia impostazione, la necessità da un lato di realizzare con puntigliosità la legge n. 142 e nel contempo di premere perché l'ente Regione venga anch'esso profondamente trasformato, siamo perfettamente d'accordo. Siamo d'accordo anche sul giudizio positivo della legge n. 142 e sulla necessità di realizzarla nei tempi previsti o, comunque, di muoversi con la massima incisività per cercare questa realizzazione. Siamo concordi sul fatto che i problemi di fronte ai quali ci troviamo sono estremamente gravi e gravosi. Siamo concordi soprattutto sul fatto che è necessario che l'ente Regione si presenti anche come strumento per gli enti locali, in grado di fornire un punto di riferimento per la discussione sui problemi della legge n. 142 e di orientamento per la soluzione dei problemi stessi.
Effettivamente, il Centro studi di documentazione sugli enti locali presso il Consiglio regionale, può diventare la prima sede adatta per realizzare questa apertura verso l'esterno. La legge n. 142 coinvolge la Giunta per una sua funzione ampia e precisa ed anche di responsabilità precisa di portare avanti la riforma, ma il dibattito ovviamente deve coinvolgere massicciamente anche il Consiglio. Si tratta di discutere e di varare delle leggi la cui competenza in materia legislativa è del Consiglio. Credo che occorra, sul terreno dell'apertura verso l'esterno valorizzare in primo luogo le strutture del Consiglio, dove tutti quanti siamo presenti e dove maggiormente può aprirsi una dialettica.
Detto questo, devo osservare che avrei preferito una relazione più aggressiva e più incisiva. Certo, i problemi sono toccati, però alcune risposte a nostri interrogativi non sono state date. Non vorremmo prima di tutto essere tranquillizzati sui tempi. L'Assessore ha giustamente detto che non possiamo avviare immediatamente la discussione in Consiglio e solo fra due o tre mesi potremo incominciare la discussione sull'area metropolitana, che è il problema più incombente. Il punto è estremamente importante e delicato e vorremmo avere dei chiarimenti su due aspetti.
Il primo riguarda il tema dell'area metropolitana, sul quale le urgenze sono maggiori e sul quale verrà concretamente coinvolto il Consiglio. Alludo alle consultazioni degli enti interessati. Riteniamo che il luogo privilegiato per questo tipo di discussione sia la I Commissione consiliare e vorremmo avere delle precisazioni e degli affidamenti sul modo in cui tempestivamente la I Commissione consiliare verrà coinvolta su questi problemi. Nella parte finale della relazione l'Assessore ha assicurato che tutti gli organi a ciò demandati dal Consiglio verranno coinvolti, ma vorremmo avere delle precisazioni soprattutto in ordine alle modalità di operare.
Il secondo nodo politico molto importante è relativo ai nostri governanti che spesso tirano fuori dal cappello le soluzioni. Sappiamo che se entro un anno dal momento in cui è entrata in vigore la legge, la Regione non si sarà pronunciata sull'area metropolitana, la competenza passa al Ministero degli Interni. Non vorremmo che le Regioni non fossero in grado di pronunciarsi e che, a quel punto, il Ministero degli Interni affossasse la riforma. Perciò le Regioni, le Giunte ed i Consigli, tutte le forze politiche insieme devono impegnarsi perché questo non accada.
Su questi punti faccio all'Assessore competente delle precise richieste di chiarimento e di precisazione. Al di là del problema relativo alle leggi che Investe la riforma dell'organizzazione del sistema delle autonomie locali, la prima delle quali ovviamente riguarda le aree metropolitane, esiste un altro gravissimo e rilevantissimo problema tecnicamente complesso, quello dell'adeguamento del sistema della legislazione regionale alla nuova realtà. L'Assessore ha osservato che verrà creato un gruppo di studio. Mi domando se c'è questo gruppo di studio e se non sia il caso di pensare alla creazione di una Commissione ad hoc della quale facciano parte i funzionari regionali, che si avvalga anche del contributo di esperti, perché questa enorme partita venga messa prontamente in cantiere e varata parallelamente all'organizzazione del lavoro legislativo già imponente che riguarda la modifica degli enti e delle loro strutture.
Avremo altre occasioni per entrare più nel dettaglio della legge n.
43, sulle procedure della programmazione della legge n. 16 e sull'ordinamento degli enti locali. A fianco di queste due leggi c'è un'altra prospettiva che riguarda una legge che non esiste ancora ma che probabilmente, alla luce dell'art. 3 della legge n. 142 che attribuisce alle Regioni un compito di coordinamento degli enti locali, diventerà un dato ineludibile. Mi riferisco ad una legge generale di procedura sulla cooperazione fra enti, che tuttora è inesistente. Mi domando se non sia addirittura il caso di affrontare congiuntamente 1 problemi della riforma delle leggi n. 43 e n. 16 e quello dell'impostazione di questo nuovo prodotto legislativo.
Sul piano della modifica delle leggi di settore ricordo che la legge n. 56 dovrà essere sottoposta ad attenta valutazione. Importantissima l'Assessore ne ha accennato nella parte finale della sua relazione - è la legge sulle deleghe. Se il futuro della Regione deve essere sempre più centrato sulla funzione di programmazione, di legislazione, di coordinamento, è chiaro che in tutti i settori dalla sanità all'agricoltura, alla formazione professionale e, in altri, occorre la delega agli enti locali, perché saranno gli enti locali che dovranno essere Investiti dei compiti di gestione amministrativa mentre, alla Regione, sarà riservato il compito di programmazione e legislazione.
Mettere mano ad una legge sulle deleghe è di nuovo un problema Immane.
E' per questo motivo che sollecito la Giunta a cominciare a pensare in termini di organizzazione del lavoro.
L'accenno finale al futuro dell'Ente Regione mi porta a concludere il mio intervento facendo un breve cenno sulle prospettive. L'Assessore ha accennato questa mattina la notizia relativa alla creazione di una commissione per studiare la riforma degli artt. 117 e 118 della Costituzione. Questa è un'esigenza assolutamente ineliminabile e ineludibile.
L'Assessore ha giustamente dato peso all'esigenza di riforma anche dell'Ente Regione. Credo che, su questo punto, occorrerebbe però essere molto più incisivi di quanto non sia stato detto nella relazione. Mi limito ad enunciare alcune indicazioni in termini riassuntivi, perché non è oggi il giorno in cui vale la pena di discutere questi aspetti. Bisognerà pensare in termini di ribaltamento totale del rapporto Stato-Regione.
L'idea di fondo deve essere quella secondo cui le competenze originarie spettano alle Regioni e allo Stato devono spettare le competenze espressamente riservate allo Stato stesso. E' una modifica di Impostazione della costruzione dello Stato, dalla quale credo si debba partire per costruire un nuovo Stato delle Regioni e per realizzare un'organizzazione dello Stato fortemente decentrato. Ovviamente, da questa idea nascono tutte le idee conseguenti in ordine all'autonomia finanziaria, all'autonomia impositiva e così via dicendo. Non è questo l'ambito specifico. Bisogna però pensarci, perché in questa prospettiva, comunque, bisognerà impostare in termini rapidi, investendo dei mezzi, il discorso sulla legge n. 142.
Concludo ricollegandomi alla mia idea iniziale. In questo discorso deve essere chiarito con molta esattezza il rapporto Giunta-Consiglio e il coinvolgimento del Consiglio. Penso che il Consiglio debba assumere una posizione di primo piano nel dibattito politico interno ed esterno in ordine a questi problemi.



PRESIDENTE

Grazie, Consigliere Grosso, del suo intervento che apre una problematica estremamente importante.
La seduta è tolta.



(La seduta ha termine alle ore 13,15)



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