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Dettaglio seduta n.170 del 28/07/92 - Legislatura n. V - Sedute dal 6 maggio 1990 al 22 aprile 1995

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Argomento:


PRESIDENZA DEL PRESIDENTE SPAGNUOLO


Argomento: Condizione femminile - Assistenza sanitaria (prevenzione - cura - riabilitazione)

Interpellanza n. 1112 del Consigliere Cucco relativa alla valutazione sull'applicazione della legge 194/78 "Norme per la tutela sociale della maternità e per l'interruzione volontaria di gravidanza"


PRESIDENTE

La seduta è aperta.
In merito al punto 3) all'o.d.g. "Interrogazioni ed interpellanze" esaminiamo l'interpellanza n. 1112 del Consigliere Cucco, richiamata in aula ai sensi dell'art. 89, comma 9, del Regolamento consiliare.
Risponde l'Assessore Maccari.
MACCARI, Assessore regionale La legge 194/78 prevede all'ari 16 che entro il mese di febbraio il Ministro della Sanità presenti al Parlamento una relazione sull'attuazione della legge stessa che trae le informazioni da apposite schede predisposte dal Ministero e compilate dalle Regioni.
Ne consegue pertanto che il fenomeno dell'abortività e costantemente monitorizzato a livello nazionale e regionale in ottemperanza ad una precisa norma legislativa. Sulla base di quanto sopra, in data 14 febbraio 1989 la V Commissione consiliare aveva richiesto una relazione detta tata agli uffici dell'Assessorato alla sanità riguardo all'applicazione della legge 405/75 e 194/78, dal momento della loro approvazione nonché più in generale alle attività afferenti al progetto materno-infantile.
Comunico che ne darò copia al Consigliere Cucco che forse non la conosce in quanto risale al 1989, quindi del precedente mandato.
In data 7 marzo 1989 l'Assessorato forniva la relazione alla Commissione. Detto documento, quindi, costituisce precedente e presupposto a quanto richiesto dall'interrogante e pertanto si - dichiarala piena disponibilità dell'Assessorato alla sanità ad aggiornare e corredare di ulteriori informazioni quanto è già in parte disponibile ed elaborato, li tutto si tradurrà nei mesi di ottobre e novembre in una relazione sullo stato di attuazione della legge dal 1978 al 1991.
Si ritiene comunque indispensabile sottolineare che, per quanto attiene al fenomeno degli aborti clandestini, le indicazioni non possono che essere approssimative e basate su modelli matematici e non su dati oggettivi e pertanto limitatamente attendibili.
Fin d'ora si può comunque affermare, sulla scorta degli studi che vengono costantemente aggiornati in sede nazionale e nelle sedi scientifiche a ciò preposte, che il fenomeno della clandestinità è tuttora presente, non solo in Italia, ma in tutti i Paesi del mondo, anche in quelli con lunghe tradizioni di legalizzazione dell'aborto e che nel nostro Paese tale fenomeno è stimato in circa 85.000 casi nell'87 ed incirca 72.000 casi nel 1990, di cui i170% si verifica al Sud, ove notoriamente la presenza dei servizi pubblici, sia per l'intervento di IVG sia soprattutto consultoriali, è maggiormente carente sia qualitativamente che quantitativamente.
Dagli studi di cui sopra si evince con certezza, pur nell'approssimatività delle stime, che in ogni caso l'incidenza dell'aborto clandestino è minore laddove i servizi sono più efficienti oltre che più presenti, e in tal senso si può affermare, senza timore di smentita, che dall'esame dei dati ministeriali il Piemonte è senza dubbio tra de Regioni ove i servizi preposti alle attività di cui trattasi sono più presenti ed è anche tra le Regioni ove dal 1982 in poi il fenomeno è in continua diminuzione in termini assoluta: N. NATI N. IVG 1979 42.046 19.957 1980 39.907 22.299 1981 38.154 21.895 1982 38.525 22.586 1983 36.189 21.077 1984 34.561 20.612 1985 34.421 18.642 1986 32.831 16.866 1987 32.111 15.956 1988 33.424 15.070 1989 32.726 14.203 1990 33.940 13.335 1991 33.666 13.277



(* dati stimati su basi di proiezioni statistiche IRES)



PRESIDENTE

Quindi, in Piemonte, dal 1982 - data che ricorda il Consigliere Cucco al 1991, le interruzioni volontarie sono passate da 22.586' alle 13.277 che significa un abbattimento delle interruzioni volontarie del 41,2%.
Maggiormente significativa risulta la continua e netta diminuzione del tasso di abortività (numero di interruzione volontaria di gravidanza/1000 donne in età fertile 15-49anni) che evidenzia una riduzione percentuale dal 1989 al 1991 di -6,1%, che unitamente alla riduzione percentuale del -11,5 nello stesso periodo del rapporto di abortività (numero di IVG/ 1000 nati vivi), evidenzia un innegabile miglioramento del comportamento della popolazione nei confronti delle scelte di paternità e maternità consapevole e responsabile In presenza di una natalità pressoché costante.
Tali oggettive valutazioni consentono altresì di esprimere enormi perplessità riguardo ad iniziative che sull'onda dell'emotività suscitata da squallidi e gravi fatti di cronaca che hanno come protagonisti i neonati abbandonati o uccisi al momento del parto, appaiono non solo inadeguate ed anacronistiche, ma socialmente inaccettabili in una società in cui il diritto all'anonimato in tutte le fasi della gravidanza, del parto e dell'eventuale successiva fase di abbandono o di mancato riconoscimento del neonato sono previste e tutelate per legge ormai da decenni.
Va peraltro osservato che, sia pure in presenza di legislazioni e di organizzazioni sociali che salvaguardano e tutelano completamente i diritti e il benessere psicofisico del neonato e di una domanda di adozione che supera enormemente la disponibilità di bambini in stato di abbandono, il verificarsi di episodi quali quelli dei neonati abbandonati nei cassonetti rappresenta quello che in termini tecnici si usa chiamare "l'evento sentinella", che deve fare riflettere sulla situazione nella quale si manifesta, ma che comunque rappresenta un'eccezione rara rispetto alla norma.
In tal senso i due fenomeni dell'aborto clandestino e dell'abbandono o soppressione del neonato sono le manifestazioni della permanenza all'interno della società di situazioni aberranti, mai completamente inalienabili dal contesto sociale, anche nelle società più avanzate, che comunque debbono essere affrontate con mezzi idonei e consoni alle esigenze attuali della popolazione, quali una seria e sistematica educazione sessuale rivolta ai giovani nelle normali sedi di istruzione scolastica e professionale.
La collega Bergoglio mi ha fatto sapere che ha una serie di interrogazioni ed interpellanze sull'ar-gomento, in particolare diretta al tipo di assistenza sociale per i quali, ovviamente, non ho competenza per rispondere.



PRESIDENTE

La parola al Consigliere Cucco.
CUCCO Ringrazio l'Assessore per la risposta.
Ho richiamato in aula questa interrogazione, utilizzando gli strumenti regolamentari, perché siamo in presenza, a livello nazionale e anche regionale, di una forte"messa In discussione della legge n. 194 e dei principi che sono alla base di questa legge. Dico "forte" per non dire altro perché, effettivamente, i metodi usati da una parte del mondo cattolico per cercare di minare dal basso questa legge sono stati e sono molto forti. Lei, Assessore, ricorderà le dichiarazioni del nuovo Ministro per gli affari sociali appena dopo aver conseguito tale nomina. E' stata quindi la mia un'azione di carattere politico per stanare, in qualche modo la Giunta affinché prenda posizione su questo argomento di grandissima delicatezza e importanza. L'interpellanza seguiva una vicenda squallidissima, quella di Casale Monferrato, la proposta cioè di istituire la ruota dei neonati per raccogliere i nati abbandonati. Effettivamente l'impostazione che avrei voluto avere era di discutere la legge n. 194, ma ciò lo si può fare partendo dai numeri, dai dati, dai risultati di questa legge e, soprattutto, dall'obiettivo principale di una legge che non è quello di garantire l'aborto libero - come spesso abbiamo detto, noi sostenitori di questa legge - ma di debellare la piaga dell'aborto clandestino.
Ecco perché rinnovo la richiesta - e Ringrazio l'Assessore per la sua disponibilità - a fare in modo che ogni anno ci sia una relazione sulla legge n. 194, intanto attendo i dati annunciati dall'Assessore a completamento della relazione presentata nell'89. Se ad ottobre o novembre si potesse dedicare una riunione della N Commissione su questo argomento sarebbe molto utile per tutte le forze politiche presenti in Regione per constatare esattamente qual è la situazione su questo argomento.


Argomento:

Comunicazioni del Presidente del Consiglio regionale


PRESIDENTE

In merito al punto 4) all'o.d.g.: "Comunicazioni dei Presidente del Consiglio regionale", comunico:


Argomento:

Comunicazioni del Presidente del Consiglio regionale

Argomento:

a) Congedi


PRESIDENTE

Hanno chiesto congedo i Consiglieri Bresso, Brizio, Buzio, Cerchio Fiumara, Garino.


Argomento:

b) Presentazione progetti di legge


PRESIDENTE

L'elenco dei progetti di legge presentati sarà riportato nel processo verbale dell'adunanza in corso.


Argomento:

c) Apposizione visto Commissario del Governo


PRESIDENTE

L'elenco dei progetti di legge vistati dal Commissario del Governo sarà riportato nel processo verbale dell'adunanza in corso.


Argomento: Nomine

Deliberazione n. 459: "Ratifica (ai sensi art. 40 dello Statuto) DGR n. 17 15480 dei 4/8/92 Consusa S.p.A. - Nomina in sanatoria con i poteri dei Consiglio regionale ex art. 40 dello Statuto, dei rappresentanti della Regione nel Collegio Sindacale"


PRESIDENTE

Passiamo all'esame della deliberazione n. 439 di cui al punto 6) dell'o.d.g.
Ha chiesto la parola il Consigliere Chiezzi. Ne ha facoltà.
CHIEZZI Grazie, Presidente. Colleghe e colleghi, è purtroppo indicativo che su questa proposta di deliberazione la Giunta non abbia avuto la sensibilità e la correttezza di intervenire. La proposta di deliberazione in sé è di relativa rilevanza. Si tratta di una nomina effettuata in sanatoria dalla Giunta regionale per un rappresentante della Regione nel Collegio sindacale di questa società. Ma visti i comportamenti della Giunta regionale in tema "partecipazioni regionali e societarie" che continuano a vedere la Giunta regionale evitare di discutere l'intera politica delle partecipazioni, non si può lasciare passare una deliberazione come questa: anche di limitata portata, senza mettere in luce le critiche che possono essere svolte a questo comportamento della Giunta regionale.
Presidente; è forse più di un anno che richiedo di poter discutere, in Consiglio regionale, l'intera politica delle partecipazioni societarie della Regione Piemonte. E da diversi mesi che questo argomento è segnalato all'attenzione dei Capigruppo senza che si prenda alcuna decisione positiva in materia.
Tempo addietro, in occasione di altre deliberazioni concernenti partecipazioni societarie, avevo lamentato questo fatto e chiesto di soprassedere ad ogni tipo di deliberazione concernente queste società.
Questo non è accaduto, il Consiglio ha discusso di tante cose, ma non ha ancora trovato il modo di discutere. La Giunta regionale aveva presentato una relazione sulle partecipazioni l'anno scorso - mi sembra, o subito prima o subito dopo la chiusura estiva - che non è mai stata esaminata.
Ritengo che questo modo di procedere sia nocivo per il ruolo del Consiglio regionale.
Non si può. Presidente, continuare a proporre deliberazioni per la vita di questa società in assenza di una politica della Regione.
In Commissione sono state reiterate promesse già sentite molto tempo fa e per questo poco credibili; in Commissione 9 Presidente della Giunta regionale ha presentato uno smilzo documento che non può, in alcun modo essere considerato valido ai fini dell'esau-rimento di una discussione; in Commissione e in Consiglio si ripropone il tema della fretta e delle scadenze come la ragione essenziale per evitare un dibattito su questa importante politica regionale e portare a casa, all'incasso, la deliberazione che brulla, perché le scadenze sono in scadenza.
Il Gruppo Rifondazione comunista non accetta questo modo di agire: non siamo in alcun modo compiacenti e non ci facciamo carico di scadenze ormai prossime, in forza di precise responsabilità della Giunta regionale, che lasciano che queste scadenze giungano a conclusione e in forza di questo evita o soffoca i dibattiti. E' inutile dire che oltre a temi politici di carattere generale la partecipazione della Regione Piemonte in queste società deve essere vista alla luce dell'attuale situazione con grandissima attenzione. Sono partecipazioni azionarie. Società per azioni nelle quali si prendono decisioni di grande rilevanza amministrativa e spesse volte di eccezionale dimensione per quanto riguarda il livello degli investimenti Mi sembra che questo sia un motivo in più per non sfuggire al problema, per portarlo in Consiglio regionale, discuterlo e poi dare via libera a tutte queste deliberazioni. Un terzo elemento e specifico di questa società CONSUSA, della quale si è parlato in modi diversi nel corso degli anni In una prima fase era stata citata come una società in perdita. Dalla relazione del Presidente Brizio si viene a scoprire che almeno dal punto di vista della gestione ordinaria annuale la società non e in perdita. Si era parlato di interessi di SITO e di SITAF in questa società, poi non se n'è più saputo nulla. Adesso riemerge l'interesse della SITAF, questa società che pare sia padrona di molti interventi che avvengono nella valle di Susa.
Colleghi, anche questa proposta di delibera, una volta passata; contribuirà a non far sentire almeno alla Giunta regionale la necessità di far discutere l'intero sistema delle partecipazioni e la situazione di CONSUSA in particolare, che non mi pare che in questi ultimi mesi, e anche qualcosa di più, brilli in modo particolare per chiarezza e per trasparenza. Questo fatto è grave; lo denuncio in occasione di questa proposta di deliberazione che non avrà il voto favorevole di Rifondazione comunista.



PRESIDENTE

La parola al Consigliere Cucco.
CUCCO L'intervento del Consigliere Chiezzi fa sì che li mio sia soltanto un richiamo al contenuto stesso di quello che ha detto il Consigliere Chiezzi.
Speravo, e l'abbiamo chiesto in più Gruppi in sede di Conferenza dei Presidenti, di arrivare a questa discussione dopo la discussione in aula sulla situazione generale degli enti strumentali e delle partecipazioni della Regione. Il documento della Giunta è predisposto da un bel po' di tempo, il Presidente ha detto che ci sono ulteriori aggiustamenti, però non ce li ha fatti avere. Il mio voto sarà contrario soprattutto perché non si può procedere a questo tipo di votazioni senza capire esattamente il quadro complessivo e gli interventi della Giunta su questo settore.



PRESIDENTE

La parola al Consigliere Monticelli.
MONTICELLI Grazie, Presidente. Il mio intervento vale anche come dichiarazione di voto. Questa deliberazione in sé è poca cosa, nel senso che il Collegio sindacale di una società per azioni era in scadenza, per obbligo di legge andava rinnovato e la Giunta è intervenuta in ratifica con i poteri del Consiglio. Il collega Chiezzi ed il collega Cucco adesso hanno richiamato anche problemi specifici che attengono alla società CONSUSA. Richiamo il fatto che da un anno giace un disegno di legge della Giunta che è rimasto sospeso, tale documento prevedeva la cessione della società CONSUSA. Quindi c'è chiaramente un'incertezza dell'esecutivo sul destino di questa società ovvero se cederla, oppure no, a quali condizioni e a chi. Però voglio approfittare di questi pochi minuti per fare una dichiarazione politica di ordine generale su questo problema. Ho già avuto modo di anticiparne qualche contenuto recentemente in I Commissione; Commissione che ha visto la presenza del Presidente e del Vicepresidente della Giunta. Voglio ricordare ai colleghi che nel programma con il quale si è formata questa Giunta, quasi due anni e mezzo fa, quasi mezza legislatura fa, era scritto con una certa solennità che la Giunta regionale intendeva procedere ad un riassetto del sistema delle partecipazioni regionali e ad una riforma della legge sulle nomine. Questo era specificamente contenuto. Qualche giorno fa il mio Gruppo ha presentato pubblicamente - copia è stata inviata a tutti i Capigruppo, al Presidente della Giunta ed al Presidente del Consiglio - un documento politico su questo stesso argomento, incentrato in particolare sul riassetto delle partecipazioni statali, del sistema delle nonnine regionali e sulla riforma della legge sulle nomine. Riteniamo che questo argomento non possa più attendere, probabilmente non poteva già più attendere due anni fa, quando la Giunta si formò su un documento che indicava espressamente l'obiettivo sulla la riforma delle partecipazioni regionali e la modifica della legge sulle nomine. Sempre più chiaramente credo che questo argomento non possa più attendere, in particolare per due ordini di ragioni. La prima attiene alle difficoltà che sta vivendo la nostra Regione ed al fatto che noi siamo chiamati ad affinare i nostri strumenti di intervento, a renderli davvero operativi e davvero funzionali rispetto alla politica di programmazione regionale in un momento durissimo e difficilissimo per il Piemonte. Quindi non possiamo più aspettare, non possiamo più far sì che esistano strumenti scarsamente utili, non possa più far sì che esistano strumenti che bruciano risorse regionali e non possiamo più far sì che non esista un insieme essenziale, io dico ridotto all'osso però incisivo, realmente operativo, di strumenti che consentono alla Regione Piemonte di intervenire nel campo dell'economia, delle grandi opere pubbliche; dell'ambiente, dei trasporti, della gestione del territorio.
Quindi c'è un'urgenza politica che deriva da questo stato di crisi in cui versa la nostra Regione.
La seconda ragione, colleghi, attiene allo scandalo di Milano. E' emerso con chiarezza che il sistema delle partecipazioni pubbliche a livello locale è un sistema a rischio, è un sistema dove si può facilmente annidare il meccanismo delle tangenti. Questo non significa che io abbia elementi per dire che la tal società a partecipazione della Regione Piemonte o la tal altra siano in condizioni reali oggettive di rischio da questo punto di vista. Dico che il sistema si è dimostrato a rischio perché è un sistema in cui l'elemento di responsabilità politica e di controllabilità è insufficiente, perché noi abbiamo un meccanismo di rapporti fra l'esecutivo, il Consiglio e queste società che è un meccanismo che non funziona. Questo fatto è stato denunciato dalla stessa Giunta più volte, il rapporto non è così chiaro, così netto, così incisivo come dovrebbe essere, ed anche il sistema dei controlli non è così incisivo come dovrebbe essere.
Giovedì scorso c'è stata la riunioni in Commissione, con la presenza del Presidente e della Vicepresidente Vetrino, per una comunicazione della Giunta su alcune (non tutte) Spa a partecipazione regionale, cioè su quelle società che in questi ultimi mesi hanno votato i propri bilanci e che avevano convocato le assemblee per l'approvazione dei propri bilanci.
Ricordo il fatto che questa Commissione è stata la prima riunione, da sette anni a questa parte, in cui sia stato reso operativo un articolo di una legge della Regione Piemonte sulle nomine, il quale prescriveva che ogni anno, in occasione dell'approvazione dei bilanci da parte delle società a partecipazione regionale, la Giunta comunicasse in Commissione i risultati di quei bilanci e il grado di applicazione delle prescrizioni della programmazione regionale all'interno di quelle società. Quell'articolo di legge per sette anni non è stato mai applicato, ed era un articolo fondamentale per stabilire un minimo di controllo del Consiglio sull'attività di queste società.
Il sistema dei controlli, dunque, non funziona; per questo oggi ho sentito il bisogno di evidenziare al Consiglio questa urgenza. Non è più pensabile che la Giunta ritardi nel tempo un proprio orientamento operativo sulla riforma dell'assetto delle partecipazioni regionali, e non è più pensabile che il Consiglio ritardi nel tempo una riforma della legge sulle nomine.
Annuncio che a settembre il rostro Gruppo presenterà una mozione di indirizzo per attivare il meccanismo - che riguarderà sia la Giunta che la facoltà di proposta legislativa da parte del Consiglio - di riforma dell'assetto delle partecipazioni regionali, di riforma dei sistema delle nonnine, di riforma della legge sulle nomine. Dico fin d'ora, colleghi, che a partire dal prossimo settembre il nostro Gruppo assumerà questo preciso orientamento politico.
Questa che ho ricordato e sollecitato ora non è una riforma semplice perché richiede la modifica di numerose leggi della Regione; richiede In particolare, se ad esempio passasse un nostro orientamento sulle società a partecipazione pubblica, una modifica dello stesso Statuto della Regione Piemonte.
Noi individuiamo un tempo politico necessario per avviare questa riforma: un anno a partire dal prossimo settembre. Annuncio che se entro quell'anno non si saranno avviati davvero nuovi meccanismi nel sistema delle partecipazioni regionali e non si sarà avviato davvero un nuovo meccanismo anche nel sistema delle nonnine che fa la Regione Piemonte, a quel punto il nostro Gruppo deciderà di non partecipare più in nessun modo alle nomine della Regione Piemonte.
Noi non siamo per atti unilaterali, non siamo per metterci sull'Aventino: siamo per proporre un cambiamento del sistema; abbiamo sollecitato questo cambiamento e indicato alcune nostre proposte per attuarlo. Crediamo che questo cambiamento non si possa fare dal mattino alla sera; non è un atto di demagogia, è un atto che richiede profonde complesse e difficili modifiche di leggi e dello stesso Statuto della Regione Piemonte.
Questo cambiamento, però, deve incominciare; In caso contrario riterremo non più possibile la partecipazione di nostri esponenti, di nostri designati al sistema delle nomine della Regione Piemonte.



PRESIDENTE

La parola al Consigliere Marchini; ne ha facoltà.
MARCHINI Se il collega Monticelli avesse concluso due righe prima, avrei evitato l'intervento, ma quando si ascoltano dei "pistolotti" che nelle conclusioni rivelano la loro vacuità, sarà bene che anche altri Gruppi incomincino a prenotare le loro linee. Che la materia delle partecipazioni vada rivista va bene; ricordiamoci però che il rapporto società partecipate e Regione deriva in primo luogo da una scelta statutaria di programmazione e legislazione; e di non alta gestione che ha reso necessaria la tensione di queste società partecipate. Quindi innanzitutto non si deve parlare delle società, ma dello Statuto della Regione.
Inoltre, in politica il controllo è un fatto marginale: una società si costituisce per perseguire degli obiettivi e non la si affina in termini di controllo. Ma il particolare, sul quale richiamo l'attenzione dei colleghi è la minaccia o l'orientamento del PDS di non nominare propri rappresentanti nelle società. Consigliere Chiezzi, io dico che sarà così.
CHIEZZI Ma non c'è più nulla da nominare.
MARCHINI Non che il PDS rispetterà la sua minaccia: se faremo una legge delle nomine seria, il PDS come forza di opposizione non nominerà più nessuno.
Se voltiamo avere veramente il rapporto chiarissimo in cui la Giunta risponde di come gestisce gli interessi regionali tramite le società a partecipazione, è evidente che non possiamo ritrasferire nelle society la miniatura del Consiglio regionale in cui c'è la delegazione dei partiti e non la Giunta, non la Regione.
In una società non si è mai visto un socio che nomina dei rappresentanti di maggioranza e di minoranza: nomina i propri rappresentanti. Rappresentanti di chi? Di chi ha la responsabilità politica, ovvero l'esecutivo.
Se volessi semplificare questo discorso, direi che la Regione dovrebbe avere un solo rappresentante in ogni Consiglio di amministrazione, e questo dovrebbe rispondere come delegato della Giunta all'intero del Consiglio di amministrazione: diverso è il problema di come si formulano le maggioranze.
MONTICELLI E' esattamente quello che abbiamo scritto nel nostro documento.
MARCHINI Però si immagina di ridare funzionalità di Spa a società che Spa non sono; tornano a essere organismi politici in cui sorte il decisore pubblico è mangiato dagli esterni perché al proprio interno non c'è la Giunta che governa, ma c'è il Consiglio nelle sue articolazioni, l'elemento di fondo è che il governo politico delle partecipate passa attraverso la responsabilità della Giunta che si riconosce nel proprio rappresentante nel Consiglio di amministrazione.
Pongo la questione in termini provocatori e anticipatori, ma la questione è in questi termini. Per tanto mi domando il perché quando in Commissione convochiamo le delegazioni, sentiamo sempre il rappresentante della maggioranza parlare bene della società e il rappresentante dell'opposizione parlarne male. D governo è rappresentato, non il Consiglio nelle società; se si chiama ente strumentale vuol dire che concorre, che è strumento di qualcuno, quindi - se non vado errato - siccome le società hanno funzioni gestionali esecutive, è chiaro che, se sono strumenti devono essere strumenti di chi è titolare dell'azione esecutiva di governo.
Questo l'ho posto in termini di paradosso, di anticipazione e di provocazione In quanto vogliamo arrivare ad una rilettura radicale di questa questione, dobbiamo prendere atto che non l'opposizione, ma il Consiglio deve uscire dalle Spa. Nelle Spa ci deve stare la Giunta, ci deve stare il governo, che ci manda dei tecnici, ed è quindi responsabile della scelta e dell'azione politica che viene portata avanti! Vorrei sapere con quale strumento, con quale tipo di regno i1 nostro Assessore alla politica industriale può orientare il comportamento nei Consiglio d'amministrazione di Finpiemonte dei rappresentanti nominati per esempio dal Gruppo liberale. Vorrei sapere quale strumento ha la collega Vetrino: ritengo abbia quelli della cortesia e del tatto, che le fanno onore, ma noi ne ha aprii Tra il rappresentante della Regione e la Regione avvero tra la Giunta e il rappresentante; ci deve essere un rapporto di delegante e delegato; un vero e proprio rapporto di patrocinio che viene rimesso in discussione e revocato qualora il delegato non si rapporti all'indirizzo che viene dato da qualcuno che è riconoscibile; non in terzini generali, ma in termini specifici! Quando si deve votare in Consiglio d'amministrazione, cosa fa la collega Vetrino: telefona ai Consiglieri del PDS e dice loro quello che devono fare? Telefona ai Consiglieri del PLI e dice loro quello che devono fare? No, assolutamente: questi fanno quello che ritengono, secondo me non ascoltando né il PDS n il PLI, perché per quello che ci riguarda questo non è mai successo, ma orientandosi a seconda delle loro valutazioni personali.
Questo potrebbe valere per altre soluzioni, ma siccome le Spa sono Enti strumentali, sono strumenti dell'esecutivo, questo rapporto di leggibilità deve essere recuperato. Se poi si troverà anche un modo per garantire la riconoscibilità dell'azione politica della Giunta, attraverso gli Enti strumentali con una contestuale partecipazione in termini di controllo e verifica da parte del Consiglio, sarà un esercizio di ingegneria societaria da sperimentare. Qualora dovessero esserci due funzioni, esse dovranno essere ben chiare e distinte in termini di origini e in termini di metodo.
In ogni caso il giudizio sulla società e la responsabilità politica devono essere riconoscibili. Se poi, oltre a questo, riterremo di inventare un meccanismo di controllo che evidentemente per larga parte dovesse essere messo a disposizione dei Gruppi di opposizione, spero che il collega Monticelli mi stia ascoltando...
MONTICELLI ... Il nostro documento dice le cose che stai dicendo tu.
MARCHINI Perfetto, mi fa piacere, ragionando a voce alta, che tra persone che si conoscono e che si stimano ci si capisca l'un l'altro e ci si renda conto che le questioni non sono nominalistiche, ma sono rigorosamente e profondamente politiche.



PRESIDENTE

La parola al Consigliere Zacchera.
ZACCHERA Non intendo ripetere cose già dette in quest'aula e soprattutto non andare fuori del seminato di questa deliberazione che in se stessa è anche abbastanza marginale. Ci sono pero alcune cose che vanno dette, mi riferisco esente all'Assessore al bilancio: se non abbiamo una chiarezza di fondo - riprendo il filo del discorso delle partecipazioni - io mi chiedo come sarà possibile operare i tao al bilancio che ci si appresterà ad effettuare nel mese di settembre e soprattutto quale possa essere la prospettiva della Regione dal punto di vista finanziario visti i costi di queste partecipazioni, non soltanto come quote di capitale, ma anche come costi indotti. Ecco quindi la necessità, secondo me totale e assoluta, ma soprattutto urgente, di chiarire quale vuole essere la manovra regionale attraverso le società partecipate. Questo mi sembra indispensabile.
In secondo luogo, la nostra parte politica ha sempre chiesto addirittura alcuni mesi fa per una, serie di nomine non abbiamo partecipato alle votazioni per protesta che la Giunta presentasse oggi anno, come prescrive la legge, una relazione tempestiva e puntuale sull'andamento delle società partecipate. Noi siamo arrivati in quest'aula a votare aumenti di capitale senza sapere cosa facesse la società! Abbiamo votato i nostri delegati nei Consigli di amministrazione e nei collegi sindacali senza sapere come andavano le società, ma soprattutto senza sapere se servissero ancora e se mantenessero o meno il loro oggetto sociale! Allora dico al collega liberale, che stimo per, altri versi, di scendere dalla nuvoletta e posare i piedi per terra perché se si illude che questo sistema politico in generale,quindi questa Giunta, che è figlia di questo sistema una volta che fosse nella possibilità teoricamente giusta di essere lei a indicare e nominare sotto la sua responsabilità i rappresentanti di gestione all'interno delle società partecipate, io mi chiedo: come pu pensane che dopo non ci siano 100.000 fiori per cui alla fine nessuno viene ad assumersi le responsabilità politiche, non tanto per relazionare al Consiglio, quanto soprattutto per gestire queste società.
Di fatto, se già ad oggi ogni volta, o molto spesso, che la Giunta deve darci delle indicazioni non lo fa, quando per legge è tenuta a presentare delle relazioni non le fa, come si può pensare che nel momento in cui non ci fossero neanche più i rappresentanti di forze politiche di minoranza chiunque esse siano, non certo la nostra, all'interno delle società partecipate, improvvisamente tutti verrebbero a spiegare bene come funzionano le cose? No, la realtà è che ogni volta che si è dovuto procedere alle votazioni - l'abbiamo visto a iosa per esempio la scorsa settimana quando, me ne rendo conto, ho dovuto prendere una posizione antipatica, ma per ribadire un concetto - questa Giunta, questa maggioranza, anche la scorsa settimana con le votazioni sul Co.Re.Co., ha violato la legge 142 perché difatti ha lottizzato anche quelle esplicite istituzioni, in questo caso il Comitato regionale di controllo, che la legge non voleva fossero affidate ai Partiti politici. E voi, colleghi avete votato su schede dove erano indicati i Partiti politici proponenti! Allora, se anche esplicitamente le leggi dicono che non si devono fare determinate scelte e questa invece è la prassi, che è di sistema, ditemi voi come sarà possibile, senza arrivare ad una profonda riforma del sistema, cambiare la logica delle società partecipate! E qual è la logica delle società partecipate? Sistemare della gente altro che tecnici capaci! Ma dove sono i tecnici capaci? Noi abbiamo dei tecnici - lo vedremo quando parleremo delle opere pubbliche di cui al successivo punto dell'o.d.g. - per tutte le società e per tutte le stagioni, tecnici che vanno e che vengono, che sono nominati e che se perdono il posto da una parte vengono infilati In un'altra! Di qui il nostro scetticismo totale che almeno fino ad oggi ci viene dimostrato. Tra l'altro in aperta violazione di legge perché, come ha osservato il collega Monticelli, la legge dice che devono essere presentati i rendiconti non in senso finanziario, ma relativi alle attività delle società partecipate.
Mi dispiace quindi di esprimere voto contrarlo a questa deliberazione ma è il segnale anche da parte nostra che non accettiamo più la continuità di questo sistema Mi dispiace poi a livello personale perché conosco il sindaco effettivo che viene proposto, squisita persona che sicuramente mi dà garanzie di fare bene, fra l'altro, anche il sindaco revisore.



PRESIDENTE

La parola al Consigliere Bodrero.
BODRERO Il voto della Lega Nord sarà contrario a questa deliberazione. Le ragioni sono due: la prima è la mancanza, da parte della Giunta verso il Consiglio, di informazioni tempestive e precise.
La seconda ragione, personalmente per me ancora più importante, è una critica al sistema delle partecipazioni. Qualcuno ha detto che bruciano risorse regionali: certo, le partecipazioni sono quasi tutte fallimentari in quanto si riducono praticamente a un cadreghino in più da pagare, per manca il controllo perché in un certo modo l'ente pubblico diventa complice, mentre il giudice non deve farsi parte, ma essere al di sopra delle parti. Lo Stato non deve far l'industriale, ma deve fare il giudice il controllore; ecco perché c'è la corruzione! Ho già detto una volta che la Cassa del Mezzogiorno e affini è stata la massima causa della corruzione in Italia e del potenziamento della mafia. Quindi, sia pure in piccolo, sia pure in forme molto più corrette, noi ripetiamo gli stessi errori con questo andazzo partecipativo che è tipico di una falsa sinistra, del falso socialismo che confonde il socialismo e la giustizia con lo statalismo che ne è invece l'esatto contrario.



PRESIDENTE

La parola all'Assessore Vetrino.
VETRINO, Assessore regionale Anche se, come molti Consiglieri hanno avuto modo di rilevare, si tratta di una deliberazione apparentemente semplice, marginale, che in tempi normali non avrebbe certo originato l'attenzione di molti Consiglieri e sarebbe passata con il classico voto all'unanimità; anche perché ci troviamo di fronte ad una delle 5.000 nomine che fa il Consiglio nell'arco della legislatura, ritengo competa alla Giunta spiegare innanzitutto i motivi per i quali è ricorsa all'art. 40 dello Statuto.
L'art. 40 dello Statuto difficilmente viene evocato dalla Giunta, nel corso della legislatura; più di tre o quattro volte; in questo caso si è verificato perché la Giunta ha dovuto sopperire ad una carenza del Consiglio regionale che non ha provveduto nei termini alla nomina dei rappresentanti di cui sopra. Non analizziamo quali sono le cause, ci sono sicuramente delle motivazioni plausibili e credibili. E' noto che il Collegio sindacale non è tra quegli organi che possono essere sottoposti alla prorogatio, di conseguenza, di fronte all'esigenza di nominare un Sindaco, tra l'altro destinato a diventare Presidente del Collegio sin dacale, la Giunta ha dovuto intervenire. La prima osservazione che va fatta e che è dovuta al Consiglio è dunque questa.
La seconda osservazione attiene più in generale al caloroso dibattito che si è svolto in Commissione consiliare giovedì scorso, presenti anche dei Consiglieri, alcuni dei quali sono anche intervenuti questa mattina. Il problema è ampio ed è all'attenzione della Giunta e del Consiglio. Vorrei rifiutare due delle osservazioni avanzate: innanzitutto il fatto che in sette anni non si sia mai provveduto ad osservare quell'articolo della legge sulle nomine che obbliga la Giunta a riferire. Ci sono state - a mio avviso - in questi sette anni due interpretazioni di quell'articolo, che non sono delle interpretazioni osservanti al massimo del dettato legislativo: c'è stata, per un verso, l'interpretazione burocratica, nel senso che la Giunta inviava dei documenti alle Commissioni di volta in volta e le Commissioni non sempre su questi documenti esprimevano le loro valutazioni, e c'è stata - se mi consenti, collega Monticelli un'interpretazione pragmatica di questo dettarne della legge, nel senso che si approfittava di disegni di legge, di deliberazioni, di momenti di dibattito, di interrogazioni e di interpellanze per riferire al Consiglio rispetto allo stato di queste società partecipate. E' vero che per la prima volta, in sette anni, la Giuntasi è presentata alla Commissione consiliare in stretta osservanza di quell'articolo, ma non si può dire che il Consiglio regionale in sette anni sia rimasto all'oscuro di quello che avveniva nelle partecipazioni regionali. Ci sono comunque gli atti del Consiglio che potrebbero testimoniare ampiamente che questa accusa è da rifiutare.
La seconda osservazione avanzata è che non ci sia la volontà, da parte della Giunta, di avviare questo , dibattito; il documento che è stato inviato l'altro giorno è un documento tra l'altro parziale. Ieri la Giunta ha fatto proprio un altro documento che verrà trasmesso al Consiglio, il Consigliere Chiesi lo definisce un documento smilzo, io credo sia un documento che, certo, non servirà all'esaurimento di questo argomento, ma sicuramente ha segnato l'avvio di questo argomento e quindi dell'attenzione dei Consideri Sono più preoccupata di quello che ha detto il Consigliere Chiezzi rispetto all'assenza di trasparenza e chiarezza in taluni comportamenti che si riferiscono alle nostre società partecipate. A questo riguardo ritengo che, quando si ha questo tipo di impressione o anche soltanto di sensazione; si abbia effettivamente il dovere di andare immediatamente a fondo, non tanto per i fatti che stanno succedendo, ma più in generale, perché credo che nelle società pubbliche, anche in quelle private, ma soprattutto nelle società pubbliche, la trasparenza e la chiarezza debbano essere un dato di fatto. Riguardo ai problemi della legge sulle nomine, sono stata relatrice con il collega Bontempi di tale legge e sono la prima a riconoscere che è una legge che probabilmente ha fatto il suo tempo e che ha bisogno di cambiamenti. Devo anche dire che, fin quando non cambiano le nonne delle società pubbliche che agiscono sotto il regime delle Spa, sarà molto difficile riuscire ad introdurre delle nonne che ci garantiscano rispetto alle perplessità che diamo in questo momento. Su questo tema dobbiamo effettivamente ragionare per rendere compatibile l'azione delle società pubbliche rispetto ad un regime privatistico che per ora è tale e che noi dobbiamo rispettare. Ho sempre interpretato - tutte le volte che ho avuto occasione di rappresentare la Regione in queste assemblee - la funzione delle nostre società come momento determinante del protagonismo dell'ente pubblico nei confronti di una Spa a regime privatistico, il momento dell'assemblea. E quello il momento in cui la Regione deve andare e deve comunicare gli indirizzi che riguardano la sua attività nell'ambito di queste Spa e qualche volta siamo anche riusciti a fare in modo che questa presenza della Regione In sede di assemblea avesse alle spalle un dibattito consiliare, perché questo sarebbe effettivamente il modo più corretto per interpretare questa presenza e questa funzione di indirizzo. E evidente, poi, che i Consiglieri che sono rappresentati agiscono in ambito privatistico, quindi possiamo sicuramente indirizzare attraverso i nostri programmi la loro attività, la loro presenza, quindi le loro prese di posizione, ma non v'è dubbio che essi, prima che alla Regione, rispondono al Codice Civile. Di conseguenza la contraddizione è evidente e questo spiega molte delle difficoltà che abbiamo avuto in questi anni e che continueremo ad avere se non avremo il coraggio di rivedere come diceva anche il collega Monticelli - il nostro settore delle partecipazioni pubbliche. Specialmente per quegli aspetti che venivano qui richiamati, di ordine finanziario ed economico più generale, perché oggi questa presenza in queste tantissime società è diventata, sotto il profilo finanziario, faticosissima, perché non sempre la Regione ha interpretato correttamente la funzione che deve svolgere, cioè di promozione, ma ha continuato a permanere in queste società partecipando al bene ed al male, e devo dire soprattutto al male perché molte volte siamo ricorsi a capitalizzare le società, più che ad incrementare la loro attività, a sanare le perdite. Pertanto, è giunto effettivamente il momento per tanti motivi, e non ultimo quello finanziario più specifico che veniva ricordato di rivedere completamente la situazione. Il collega Marchiasi diceva che fare questo significa probabilmente introdurne una rivoluzione autentica nel nostro regime, anche sotto il profilo dello Statuto.
Credo, tuttavia, sia giunto il momento di interrogarci su questi aspetti e di prendere delle decisioni. La Giunta farà la sua parte attraverso la presentazione delle sue proposte, spetterà anche al Consiglio ridefinire questi aspetti che attengono all'identità, alla competenza quindi a quello che la Regione deve fare in tanti settori, ma soprattutto in quello delle partecipazioni regionali.
Questa e una risposta interlocutoria; non ho inteso rispondere a tutte le osservazioni che sono state avanzate e che hanno rilevato anche alcuni anni di sofferenza attorno a questi temi, ma credo che il Consiglio abbia non soltanto la responsabilità, ma anche la maturità, con l'esperienza che si porta dietro, di affrontare questo argomento e, insieme alla Giunta definire delle soluzioni che auspichiamo le migliori.
Quindi, occorre la revisione della nostra presenza o comunque, in generale, dell'attenzione che un ente pubblico può dare a settori che finora sono stati relegati al privato,e che molte volte la Regione ha inteso integrare attraverso la sua presenza; secondariamente, la legge sulle nomine che deve anche recuperare questa cultura nuova, che attorno alla presenza del pubblico deve essere proposta in osservanza anche ad un dibattito più generale che si sta facendo nella società italiana a tutti i livelli negli enti pubblici.



PRESIDENTE

Si distribuiscano le schede.



(Si procede alla votazione a scrutinio segreto)



PRESIDENTE

E' stato svolto lo scrutinio delle schede. Proclamo eletti i signori Manni Roberto (Sindaco effettivo con funzioni di Presidente) e Puddu Maurizio (Sindaco supplente)


Argomento: Problemi generali - Problemi istituzionali - Rapporti con lo Stato:argomenti non sopra specificati

Esame proposta di deliberazione n. 455: "Ratifica DGR Costituzione dei Comitato regionale per le Opere pubbliche - Sezione Opere edili e Sezione Infrastrutture (art. 26, L.R. 21/3/1984, n. 18). Adozione con i poteri del Consiglio regionale ex art. 40 dello Statuto - rettifica errore materiale"


PRESIDENTE

Esaminiamo ora la deliberazione n. 455, di cui al punto 7) all'o.d.g.
Ha chiesto la parola il Consigliere Zacchera; ne ha facoltà.
ZACCHERA In margine a questa votazione, avrei voluto chiedere una notizia in merito al funzionamento del Comitato regionale delle Opere pubbliche all'Assessore Panella, che però non è presente; non so se la Vicepresidente, tecnicamente, possa rispondermi. Vorrei semplicemente sapere - forse può rispondermi l'Assessore alla sanità - se l'ing. Fassio nominato amministratore straordinario in una USSL ha continuato o meno a partecipare al Comitato regionale delle Opere pubbliche; nello stesso tempo, se formalmente non vi ha partecipato, desidererei sapere se di fatto ha continuato a farlo.
Inoltre, volevo sapere: dal momento che l'ing. Fassio non è più amministratore straordinario dell'USSL 4 - mi sembra che sia così - ritorna nuovamente a far parte del Comitato regionale delle Opere pubbliche o no?



PRESIDENTE

La parola al Consigliere Chiezzi.
CHIEZZI Grazie, Presidente. Colleghe e colleghi, su questa deliberazione intervengo in relazione all'attività generale svolta dal CROP nelle varie sezioni. Vorrei chiedere all'Assessore se le norme non prevedano, anche per il CROP, una illustrazione del lavoro svolto nell'interno del CROP a consuntivo o presso le Commissione o presso il Consiglio regionale. In tal caso se l'Assessore abbia intenzione di illustrare problemi relativi al funzionamento del CROP. Penso che problemi ve ne siano, mi piacerebbe che l'Assessore illustrasse le modalità con le quali vengono illustrati ed approvati i progetti da parte di questo organismo. L'organismo è molto ampio ed il tempo dedicato all'approvazione dei progetti non so se consenta di esprimere dei pareri, a ragion veduta, per tutti i componenti.
Su questo e altri problemi pregherei l'Assessore di relazionare in Commissione o in forza di regolamenti vigenti o, in assenza di questi, in forza di una volontà politica dell'Assessore.



PRESIDENTE

Prima che l'Assessore Gallarini prenda la parola ricordo all'aula che stiamo esaminando una rettifica di errore materiale. Eventualmente, così come ha adesso richiamato il Consigliere Chiezzi, visti i tempi strettissimi che abbiamo a disposizione in questa seduta consiliare, la risposta di merito potrebbe essere data in Commissione.
La parola all'Assessore Gallarini.
GALLARINI, Assessore regionale Ritengo tempestivo spendere trenta secondi su quanto fatto osservare dalla domanda del Consigliere Zacchera sia sulla richiesta del Consigliere Chiezzi.
Per rispondere al Consigliere Zacchera, devo dire che per quanto riguarda la sezione II, cioè la Sezione Opere Edili, l'ing. Fassio ha lasciato la Segreteria del Comitato all'atto in cui è stato nominato amministratore straordinario della USSL.
La Giunta ha quindi provveduto, con DPR a nominare il funzionario Garassino, del Settore Patrimonio, il quale continua ad essere segretario anche da quando Fassio è ritornato in Regione e non è più amministratore della USSL.
Circa le osservazioni del Consigliere Chiezzi penso che, al di là di regolamenti o statuti, dal punto di vista politico, la richiesta debba essere accolta e io l'accolgo. In questo senso, in Commissione relazioner sul funzionamento del CROP su tempi e modalità. Tra l'altro, è un periodo in cui stanno venendo avanti progetti per quanto riguarda il Settore sanitario e il socio-assistenziale in base all'art. 20 della legge finanziaria '88.
Terremo quindi una riunione sul CROP ogni settimana appunto per cercare di stare al passo e di licenziare, dedicando il tempo necessario, ogni progetto di legge.



PRESIDENTE

La parola al Consigliere Zacchera per dichiarazione di voto.
ZACCHERA Chiedo cortesemente un'ulteriore precisazione e puntualizzazione all'Assessore. Non avevo dubbi che ci fosse stata una sostituzione formale del funzionario, la domanda che io facevo era sostanziale.
Cioè se questa persona, l'ing. Fassio, ha continuato ad occuparsi del CROP o non è più venuto...
GALLARINI; Assessore regionale ...Per quanto riguarda la sezione da me presieduta, assolutamente non se ne è occupato né ha presenziato.
ZACCHERA Perché, poteva presenziare ad altre sezioni? GALLARINI, Assessore regionale Per la sezione presieduta da me, assolutamente no. Per quanto riguarda invece, la I Sezione dovrebbe rispondere l'Assessore Panella.
ZACCHERA Chiedo allora all'Assessore Panella di intervenire in merito, perch questa è una questione abbastanza delicata.



PRESIDENTE

Passiamo pertanto alla votazione per alzata di mano della rettifica della deliberazione, il cui testo a mani dei Consiglieri verrà trascritto nel processo verbale dell'adunanza in corso.
Chi è favorevole è pregato di alzare la mano.
La deliberazione è approvata con 28 voti favorevoli e 6 astenuti.


Argomento:

Esame proposta di deliberazione n. 455: "Ratifica DGR Costituzione dei Comitato regionale per le Opere pubbliche - Sezione Opere edili e Sezione Infrastrutture (art. 26, L.R. 21/3/1984, n. 18). Adozione con i poteri del Consiglio regionale ex art. 40 dello Statuto - rettifica errore materiale"

Argomento:

Nomine


PRESIDENTE

Il punto 24) all'o.d.g. reca: "Nomine".
Si distribuiscano le schede per le seguenti nomine:


Argomento: Nomine

"Consigli scolastici provinciali (art.3, DPR n 416/ 74). Provincia di Alessandria" Nomina di 1 rappresentante


PRESIDENTE

E' stato svolto lo scrutinio delle schede. Proclamo eletto il signor Federico Mario.


Argomento: Nomine

"Consigli scolastici provinciali (art.3, DPR n. 416/74). Provincia di Cuneo" Nomina di 1 rappresentante


PRESIDENTE

E' stato svolto lo scrutinio delle schede. Proclamo eletto il signor Riba Lido.


Argomento: Nomine

"Riserva naturale speciale del Sacro Monte Calvario di Domodossola (art 4 LR n 65/91). Consiglio direttivo" Nomina di 2 membri con esperienza in materia storico-artistica ed architettonica


PRESIDENTE

E' stato svolto lo scrutinio delle schede. Proclamo eletti i signori De Paoli Antonio e Marenzana Angelo. Quest'ultimo designato ai sensi dell'ultimo comma dell'art. 8 della L.R. n. 10/85 e dell'art. 72 del Regolamento


Argomento: Nomine

"Consulta regionale per la, difesa del consumatore (art 5, L.R. n. 21/85)". Sostituzione della signora Borri Margherita (incompatibile)


PRESIDENTE

E' stato svolto lo scrutinio delle schede. Proclamo eletta la signora Bresso Mercedes.


Argomento: Nomine

"Centro Agro-alimentare di Torino S.pA.-CAAT (LR. Il 63/87). Collegio sindacale" Nomina di un membro


PRESIDENTE

E' stato svolto lo scrutinio delle schede. Proclamo eletto il signor Legnani Aldo.


Argomento: Rapporti Regione - Parlamento

Esame proposta di legge costituzionale al Parlamento n. 262: "Revisione degli articoli 70, 72, 95, 97, 116, 117, 118, 119, 121, 122, 123, 124, 125 126, 127, 128, 129, 130 della Costituzione" (seguito). Presentazione questione sospensiva


PRESIDENTE

Proseguiamo ora con l'esame della proposta di legge costituzionale al Parlamento n. 282, di cui al punto 5) dell'o.d.g.
E' stata presentata una relazione di.minoranza da parte dei Consiglieri Majorino e Zacchera. Ha facoltà di intervenire il Consigliere Majorino.
MAJORINO, relatore di minoranza Presidente e colleghi Consiglieri, il dissenso del nostro Gruppo alla proposta di legge costituzionale è un dissenso di fondo e può essere sintetizzato con questa formula, che poi è una formula di sostanza, cioè a dire che le strutture portanti delle innovazioni che vengono proposte danno luogo, in conclusione, ad una sorta di "federalismo strisciante" e soprattutto sono il frutto di un compromesso fra le forze politiche che si riconoscono in questa proposta diretta al Parlamento. Perché sono il frutto di un compromesso? Non vengono assolutamente toccati alcuni principi fondamentali della vigente Costituzione: per esempio non viene toccato l'art. 5 che prevede e statuisce che la Repubblica è una ed indivisibile neppure l'art. 9, garantisce il patrimonio storico della nazione; neppure l'art. 52, riafferma i valori della patria; neppure l'art. 117, che sia nella versione originaria e vigente e sia nella versione che viene proposta con la modifica prevede ed enuncia il concetto dell'interesse nazionale che costituisce la base della "summa divisio" delle competenze fra Stato e Regioni. Pur non venendo toccati questi cardini fondamentali della Costituzione e segnatamente il concetto della Repubblica, una ed indivisibile, attraverso le modifiche abbiamo l'espressione della proposta di normativa secondo la quale lo Stato può, ma non deve, fissare attraverso leggi organiche i principi fondamentali che devono essere rispettati dalle regioni. Quindi rimane ferma, almeno a parole, la regola che la Regione pu legiferare nell'ambito e nel rispetto delle leggi organiche, però non si dice che le leggi organiche devono essere emanate dallo Stato, ma possono essere emanate. Può sembrare una questione solo lessicale, ma a nostro avviso è di rilievo e di fondamentale importanza, perché si prevede che allorquando il potere statale non emani le leggi organiche alla cui osservanza sono tenute le regioni, tuttavia le regioni possono egualmente legiferare in base ai principi della Costituzione e delle nonne costituzionali. Qui si darà sicuramente luogo ad un notevole contenzioso fra Stato e Regione, allorquando le regioni saranno praticamente libere di interpretare, a seconda della formazione politica che le governa perch questo sarà il risultato pratico e tangibile - quali sono i principi costituzionali o i principi delle leggi costituzionali nell'ambito delle quali devono operare. Questo "può lo Stato emanare leggi organiche" e non "deve" mi pare che sia di grosso rilievo per cui un nostro emendamento, che verrà illustrato al momento opportuno, tende a fissare la regola che le leggi organiche devono essere emanate come condizione onde le regioni possano a loro volta legiferare. C'è un'altra considerazione, a proposito di questo primo punto che sta illustrando. Queste leggi organiche che non possono essere altro che le leggi cornice, le leggi quadro che la prassi aveva enunciato nell'ambito della normativa vigente, possono essere emanate solamente allorquando vi siano esigenze di carattere unitario. Anche qui attraverso un principio costituzionale, si lascia un'interpretazione libera ad ogni regione, per vedere se e quando le esigenze di carattere unitario esistano e se e quando possa quindi aprirsi un conflitto nei confronti dello Stato (leggi Parlamento) che queste leggi organiche abbia o non abbia emanato a seconda del proprio punto di vista sulla esigenza unitaria. Un secondo motivo di fondo e di pari dignità e di pari rilievo, se non addirittura di più grosso rilievo, che ci induce ad un fermo dissenso su queste proposte di legge, è dato dalla affermazione di principio della regola costituzionale che sovverte, salvo errore, l'art. 121 della Costituzione, laddove si prevedeva e si prevede nella normativa vigente che le leggi elettorali che riguardano le regioni sono emanate dallo Stato.
Qui, invece, si stabilisce con estrema disinvoltura la regola secondo la quale e in forza della quale ogni regione si può scegliere nel proprio Statuto il sistema elettorale che crede. Per cui succederà, nelle ipotesi variegate che si possono fare, che una Regione possa fissare la propria legge elettorale in forza della quale il Presidente della Giunta viene eletto direttamente dal popolo e nella Regione confinante potrà continuare ad avere vigenza il sistema proporzionale puro o altro sistema maggioritario. Riteniamo profondamente in contrasto con la regola della Repubblica una ed indivisibile anche la possibilità che le regioni possano assumere nel proprio ordinamento leggi elettorali nell'ambito dei proprio Statuto senza alcun limite, senza nessun principio, soprattutto, in materia. Ma quello che è poi motivo di dissenso, ultimo, ma fondamentale per quanto ci riguarda, è la circostanza che la proposta al Parlamento non contenga una regola di esaltazione della sovranità popolare. Si tratta di un principio che ormai andiamo invocando da un decennio ed è la regola che il Presidente della Giunta venga eletto direttamente dal popolo, che sia esso, Presidente della Giunta, a scegliere anche al di fuori dei Consiglieri i componenti della propria Giunta e,infine,che il Consiglio venga eletto, per metà, a suffragio universale secondo le regole attuali e per l'altra metà, attraverso scelte da parte delle categorie produttive nell'ambito dei rispettivi territori. Di questi tre punti, di cui indubbiamente il più importante è quello dell'elezione diretta - ma per noi hanno pari dignità di importanza anche gli altri due, soprattutto quello della elezione del Consiglio regionale metà fra le categorie produttive e metà a suffrago universale - quello dell'elezione diretta del Presidente della Giunta, pare peraltro di cogliere una sponsorizzazione nel documento dei Presidenti delle Giunte, documento attraverso il quale il Presidente delle Giunte, prendendo posizione su questa proposta di legge al Parlamento dei Presidenti dei Consigli regionali, in buona sostanza lo sponsorizza, ma mette in evidenza che dovrebbe poter essere affrontata anche la questione dell'elezione diretta del Presidente della Giunta.
Ho voluto essere estremamente sintetico, anche perché mi sono limitato a enunciare i motivi fondamentali di dissenso a questo disegno di legge più articolatamente, su ogni punto, su ogni proposta normativa, ci saranno nostri ulteriori interventi nella fase di dettaglio di esame delle normative. Ma il nostro dissenso di fondo - come dicevo - nasce dal mancato recepimento del principio dell'elezione diretta del Presidente della Giunta, dalla fissazione della regola che ogni Regione può scegliersi le sue leggi elettorali e, infine, dal fatto che si viola il principio dell'unità dello Stato e della nazione.



PRESIDENZA DEL VICEPRESIDENTE MONTABONE



PRESIDENTE

Ha chiesto la parola il Consigliere Zanoletti; ne ha facoltà.
ZANOLETTI Credo che non possiamo non parlare con profondo disagio e rammarico dell'assetto e delle funzioni delle Regioni; in effetti il discorso della Regione, e quello più ampio delle autonomie, nella storia del nostro Paese hanno rappresentato una grande occasione perduta.
Lo Stato unitario è nato accentrato e burocratico e si è lasciata cadere la grande intuizione federalista che esisteva, anche se minoritaria nella cultura politica di allora. Quando, 90 anni dopo, è stata scritta la Costituzione repubblicana, che ha previsto le Regioni a Statuto spelale e a Statuto ordinario, si è fatta una scelta a metà, prevedendo per le Regioni a Statuto ordinario poche competenze e sostanzialmente un ruolo di netta subordinazione allo Stato. Inoltre, si è aspettato 20 anni per dare attuazione alle medesime. Quando poi, finalmente, nel 1970 si è votato per l'istituzione delle Regioni, al di là degli entusiasmi e della buona volontà con cui sono stati fatti gli Statuti delle singole Regioni, ci si è avviati subito e dappertutto con un ente che non funzionava e che purtroppo rispecchiava gli aspetti più deteriori dello Stato nazionale.
Questa è dunque la constatazione che - ripeto - con rammarico e amarezza dobbiamo fare: le Regioni non hanno svolto il loro ruolo; le Regioni hanno in gran parte fallito. Quali sono le cause di tutto ciò? Cause complesse, evidentemente. Alcune dipendono dallo Stato. Lo Stato ha resistito cercando di mantenere il proprio ruolo accentrato e, attraverso i controlli, ha cercato di condizionare il ruolo e la volontà delle Regioni.
Ci sono poi cause che vanno attribuite alle Regioni stesse: non si è mai usciti dall'ambiguità di fondo tra Regione quale ente di programmazione o ente di gestione; e un po' tutti, noi politici, abbiamo fallito perch abbiamo riprodotto in sedicesimo i difetti della Stato nazionale.
Ma da questa situazione dobbiamo uscire subito e veramente! E non solo per le ragioni generali che ci fanno esaltare il ruolo dell'autonomia e dunque del regionalismo (l'autogoverno come elemento essenziale della democrazia); il rispetto delle realtà storiche, sociali, culturali economiche che esistono nel nostro Paese; l'autonomia come un momento e un presupposto per una istituzione più efficiente e funzionante, e tante altre ancora), ma anche per delle ragioni contingenti: per dei motivi nuovi, per la realtà odierna in cui si trova il nostro Paese.
Credo che un ente più vicino alla gente, una Regione che funzioni meglio, possa essere un elemento importante per il recupero di quella fiducia che ci deve essere fra il cittadino e l'istituzione e che, per motivi diversi, si è grandemente attenuata. In questo vuoto si sono inserite delle istanze non accettabili di separatismo; istanze che sono velleitarie, che parlano di spaccatura dello Stato unitario, di nazioni diverse, di confederazioni strane e che penso non siano, non foss'altro perché comunque non avranno mai possibilità di essere attuate, la risposta vera ai problemi del Paese.
I problemi sono tanti, pero vanno affrontati all'interno di uno Stato unitario, che risolve in chiave di solidarietà i propri problemi. Certo nessuno di noi può essere soddisfatto della attuale situazione, ciascuno di noi vede, con grande preoccupazione e tremore, episodi che avvengono in alcune Regioni d'Italia ma la soluzione - ripeto - sta nella unitarietà e nella solidarietà. Le cose vanno cambiate, ma all'interno di questo quadro.
Richiamo le parole del Presidente Scalfaro quando parla di patria che non va divisa e quando parla di una , salvezza che c'è, se non come salvezza di tutti.
Per fortuna, però, ci sono anche elementi positivi in questa nostra condizione: è cresciuta all'interno delle force politiche la consapevolezza che bisogna imboccare una strada nuova e diversa; la legge 142 contiene degli elementi interessanti; il programma elettorale di quasi tutti i partiti ha previsto una riforma del regionalismo; la riforma del regionalismo è contenuta nel programma di Governo.
Cerchiamo dunque di cambiare veramente facendo tesoro dell'esperienza l'esperienza ci dice che non sarebbe sufficiente e neppure possibile l'applicazione che non siamo riusciti a fare nel passato del dettato costituzionale esistente; l'esperienza ci dice che bisogna cambiare in radice il rapporto tra lo Stato e le Regioni. Questo cambiamento è previsto in grande misura nel progetto di legge di revisione costituzionale che hanno preparato e presentato i Presidenti dei Consigli regionali e che stimo discutendo.
All'interno di tale progetto di legge è contenuta, infatti, la previsione del rovesciamento delle ripartizioni delle competenze con l'attribuzione alle Regioni della potestà legislativa non riservata allo Stato. E' prevista che l'individuazione delle competenze statali venga svolta in accordo e con la partecipazione delle Regioni: è prevista una procedura speciale per la formazione delle leggi organiche statali e per le leggi di interesse regionale. E' prevista una revisione sostanziale del controllo del Governo, controllo che - ho detto - è servito nel passato a mortificare tante volte il ruolo delle Regioni. E' prevista una rivalutazione della potestà statutaria delle Regioni: è prevista una diversa potestà amministrativa e finanziaria delle Regioni stesse. E' infine previsto un termine di tre anni per il regime transitorio.
Non sono contenute altre cose importanti quali la Camera o il Senato delle Regioni. Sono contenute previsioni sul ruolo dei Presidente del Consiglio che possono essere discutibili: E' chiaro il significato politico di questo documento ed è sicuramente importante se questa proposta di legge verrà votata dal nostro e dagli altri Consigli regionali del Paese.
Allora il senso di rammarico e di disagio cui ho accennato prima poteva e doveva tradursi in una volontà positiva di cambiare nell'impegno di ciascuno di noi a lavorare all'interno di uno Stato che è veramente unitario perché rispetta le differenze, che è autorevole perché espressione di partecipazione, che è credibile perché funziona ed è efficiente. E questo non può essere solamente un desiderio, non può essere solo un sogno.
Se riusciremo a contribuire concretamente a una svolta sul regionalismo, avremo dato un senso al nostro lavoro qui e un significato e un valore preciso alla quinta legislatura.



PRESIDENZA DEL PRESIDENTE SPAGNUOLO



PRESIDENTE

La parola al Consigliere Vaglio.
VAGLIO Rilevo, da questi primi due interventi, che nel Consiglio regionale del Piemonte si stanno delineando alcune linee principali di tendenza. Ho apprezzato la veemenza del collega Zanoletti, mentre un po' perplesso mi hanno lasciato certe affermazioni, nei toni e nei contenuti molto simili a quelli che ho sentito nella relaziona di minoranza del collega Majorino.
Pensavo che si fosse se non altro addivenuti tutti alla possibilità di effettuare una modifica della Costituzione nel senso più ampiamente autonomista del termine, qualcuno avrebbe detto :"ai limiti del federalismo". Rilevo can rammarico che questo, da una prima valutazione pare non essere emersa. Comunque vorrei illustrare l'atteggiamento della Lega in quanto non pare chiara la nostra posizione, visto quanto emerso nella riunione dei Capigruppo che si è occupata di questa seduta. Mi auguro che al termine di questo intervento io possa aver fugato ogni dubbio.
Buona parte dei mali politici che affliggono il Paese, e che per comodità raggrupperemo sotto i titoli: "governo partitocratrico"e "costume borbonico", non avrebbero ragion d'essere se in Italia vigesse un ordinamento federale. Purtroppo la nostra Costituzione non è stata conformata su un modello federale e tuttora non paiono essere in questo senso i segnali che giungono dalle forze politiche che appoggiarvi il progetto di legge n. 282. Si parte, viceversa, dal presupposto di mantenere un'equivoca mezza misura: un ordinamento basato sulla "autonomia" delegata a 20 Regioni, troppo piccole per esercitare una funzione di governo e troppo grandi per essere unicamente organi amministrativi.
Rileviamo dal progetto di legge che l'equivoco a cui faceva riferimento il collega Zanoletti non viene risolto, che l'"impasse" in cui le Regioni in Italia si sono impantanate non viene superato con questo progetto.
Su questo equivoco ci troviamo a dibattere; dal Paese giungono perentori segnali per un cambiamento sostanziale e questa assemblea si limita a discutere una timida proposta di correttivi quasi fossimo appagati dal nostro stato di istituzione, "sala d'aspetto" dei futuri parlamentari e, quindi, sgabello del potere centrale.
Le considerazioni che hanno motivato questi due anni di presenza leghista su questi banchi ci portano a concludere che se l'Italia dovesse ancora essere governata dalla capitale - anche migliorando l'assetto formale delle funzioni pubbliche e dei meccanismi costituzionali - non si arriverebbe ad avere risultati accettabili. I sistemi non hanno capacità di autoriforma ed il centralismo, in questo caso, non fa eccezione.
Di qui la determinazione di dovere al più presto avviare una ristrutturazione del nostro Paese in senso federale, secondo lo stesso modello che tende ad essere adottato in tutto il mondo occidentale civile.
E' recente il ricordo dell'iniziativa regionale tendente a rovesciare l'attuale assetto attraverso l'abolizione con referendum dei Ministeri nazionali in via di diventare superflui.
Il progetto di legge rispetto a questa forte posizione è sicuramente un passo indietro, non solo riattribuisce potere al Governo centrale, ma pare rinunciare tanto all'autonomia finanziaria quanto all'autonomia politica.
Per questo il progetto di legge n. 282 non può essere il progetto della Lega Nord. Siamo restii però ad avversarlo acriticamente poiché attraverso aggiustamenti mirati il progetto potrebbe essere riportato a toni quasi federalisti che, se attuati, potrebbero mettere la maggior parte delle Regioni in crisi di identità dovendo gestire l'universo delle nuove competenze, con forze e dimensioni modeste in quanto commisurate al vecchio standard centralista. Saranno quindi spinte ad aggregarsi fra loro per costituire strutture consorziali permanenti: nasceranno cosa spontaneamente e per la naturale forza delle cose, quelle "macro-regioni" che sole potranno presentarsi come "soggetti" di una vera struttura federativa.
La procedura costituzionale mediante la quale si potrà passare dalle attuali Regioni alle future macro-regioni è disponibile già fin d'ora con l'art. 132 della Carta Costituzionale.
A mettere in moto il meccanismo basterà la volontà di un terzo delle popolazioni interessate, espressa attraverso i rispettivi Consigli comunali e poi manifestata con referendum.
In capo a questi nuovi centri di governo macroregionale, sarà possibile costruire apparati amministrativi interamente originali, di tipo imprenditoriale, lontani dai modelli burocratici tradizionali e quindi vaccinati contro la corruttela clientelare. Questo riteniamo sia il segnale forte che sta arrivando dalla gente: la voglia; il bisogno di rinnovamento.
Accettiamo quindi la sfida di collaborare alla proposta per una riforma regionalista, tutt'altro che ai limiti del federalismo, anche se preferiremmo un progetto più decisamente federale, intendendo per "federazione" una pluralità di comunità politico-amministrative molto indipendenti, ma stabilmente collegate fra loro.
Ci è stato detto che gli indirizzi per una nuova Costituzione federale proposti dalla Lega non sono chiari ad alcuni colleghi; vale quindi la pena di richiamarli, seppure brevemente.
La Lega opera per una Costituzione federale che non incida sui rapporti fra i cittadini privati. Le relazioni economiche ed ogni altro genere saranno libere; non verranno assoggettate a limiti diversi dal rispetto delle leggi vigenti, non incontreranno confini di qualsiasi genere, si svolgeranno sullo stesso piano su cui ormai si instaura la libera circolazione europea di persone, merci e capitali.
Cambierà invece radicalmente l'equilibrio delle istituzioni pubbliche.
Una pluralità di governi particolari (uno per ogni comunità) ed un governo dell'unione con competenze ridotte e concentrate: la difesa esterna e parte di quella interna (polizia federale); la politica esterna generale, perch una certa autonomia in questo campo dovrà spettare ai singoli membri della federazione; la giustizia; la finanza generale, mentre quella particolare (risorse da prelevare e spese da fare) sarà invece appannaggio delle macro regioni.
In tutti gli altri campi, il governo federale deve solo avere compiti di coordinamento e di proposta normativa.
Negli obiettivi e nei metodi, questo è quanto divide il nostro progetto di "nuova Costituzione"dal progetto di revisione costituzionale previsto da questo PDL.
Nell'ottica invece di un'adesione strumentale, riteniamo che permangano nel PDL perplessità irrisolte e spazi di autonomia non reclamati, che più puntualmente illustreremo nella discussione degli emendamenti che abbiamo presentato.
In particolare, i punti di dissenso da risolvere, che abbiamo evidenziato, sono quattro: 1 - Quale spazio rimane al legislatore statale nelle competenze trasferite? O meglio: lo Stato, a seguito di questa proposta di riforma potrà ancora spaziare nelle materie di competenza primaria delle Regioni? Secondo la Lega, il PDL è carente proprio in questo, in quanto non reclama la giusta autonomia delle Regioni, consentendo con l'"escamotage" delle "leggi organiche" l'intromissione del governo centrale nelle competenze esclusive della Regione. Già oggi l'autonomia regionale è carente, proprio poiché le poche materie costituzionalmente demandate sono state di fatto riprese dallo Stato con possibilità di intervento legislativo senza limite alcune.
2 - Quali limitazioni verranno date all'Amministrazione periferica dello Stato? Riteniamo che vada chiarito se lo Stato debba o meno continuare ad essere, in periferia, l'amministratore di autonomie. Noi riteniamo che non solo Province, Comunità montane e Comuni dovranno rispondere unicamente al governo regionale, ma anche che la figura del Commissario di Governo non debba essere oggetto di riforma, ma di esclusione dal testo costituzionale.
Sulla via di una più ampia autonomia, il Presidente della Regione sarà l'unica figura di riferimento legittima e legittimata per il governo centrale, senza bisogno di interlocutori che vigilino nell'interesse del centralismo.
3 - Riteniamo ci sia poca chiarezza sulle fonti di finanziamento regionale: autonomia impositiva o gettito tributario ripartito? Una proposta di revisione costituzionale non può, come nel caso di questo PDL trincerarsi dietro una barriera di equivoci. E' da scartare l'autonomia impositiva in senso stretto, la possibilità cioè di istituire nuovi tributi. Penso che il contribuente italiano sia già fin troppo oberato di tanti, diversi strani tributi; il gettito tributario generale va ripartito tra Stato e Regione in cui il gettito è stato prodotto, in relazione alla distribuzione delle funzioni.
Non sono d'altra parte passati molti mesi da quando questa soluzione veniva propugnata tanto dal Presidente Brizio quanto dai singoli Assessori (Maccari, tanto per citarne uno). Non è quindi accettabile un arretramento rispetto a posizioni che riteniamo consolidate nell'opinione pubblica e nella quasi totalità di questo Consiglio.
4 - Autonomia statutaria, ultimo punto di dubbi e perplessità, a cui ha fatto riferimento poc'anzi (ovviamente su altre posizioni) il Consigliere Majorino. Le Regioni avranno piena autonomia o dovrà essere indicata una forma principale di governo? L'art. 121, così come riscritto, non chiarisce il principio avallato dalla Conferenza di Helsinki sul diritto all'autodeterminazione dei popoli.
Noi riteniamo che la scelta della forma di governo debba essere espressione delle singole volontà regionali e che non sia accettabile il principio secondo cui, in caso di mancata espressione, il governo debba essere conformato alla forma prevista del Governo centrale.
In conclusione desidero chiarire, proprio con spirito di collaborazione e con volontà di addivenire ad un'indicazione comune per questo progetto di legge al Parlamento italiano, che abbiamo presentato tutta una serie di emendamenti ed espresso contemporaneamente una serie di perplessità a discutere di questo fondamentale atto in tempi stretti e senza la necessarie serenità. Il nostro non sarà quindi un atteggiamento ostruttivo (come qualcuno avrebbe ventilato in altra sede), ma il contributo al documento fondamentale di riforma istituzionale reclamato a viva voce da tutte le force politiche sociali della nostra regione.
Ci asterremo da una prudente e fumosa segnalazione di male, ma collaboreremo con entusiasmo ad un progetto forte sulla via dell'autonomia regionale, della tutela culturale del popolo piemontese e delle minoranze autoctone, del diritto all'autodeterminazione dei popoli, della riforma in senso federale della Costituzione italiana per una più rapida instaurazione dello Stato Federale Europeo. Ovviamente, questa nostra adesione sarà subordinata ad una revisione del testo presentato, in particolare laddove si ristabilisce un'egemonia dello Stato centrale e non viene reclamata la giusta autonomia per il nostro ente.



PRESIDENTE

La parola al Consigliere Grosso.
GROSSO Signor Presidente, colleghi Consiglieri, troppo tardi siamo arrivati a presentare questo disegno di legge: avremmo dovuto presentarlo molto prima! Fin dalla costituzione delle Regioni, la Regione Piemonte avrebbe dovuto operare con contenuti non dissimili da quelli che oggi andiamo a proporre in questo Consiglio regionale e che probabilmente saranno proposti in altri Consigli regionali. Dicevo, troppo tardi, perché i tempi corrono sempre molto velocemente ed oggi, forse, ci troviamo a dover affrontare altri problemi.
Quale significato ha questo progetto? Se le parole hanno un senso questo progetto ha un significato politico preciso: con questo progetto non si propone uno Stato federale. Con questo progetto si propone uno Stato delle Regioni, cosa del tutto diversa.
Credo che dobbiamo avere le idee molto chiare su quello che ci apprestiamo a fare. Io sono assolutamente favorevole aduno Stato delle Regioni, avrei personalmente delle resistenze maggiori ad introdurre uno Stato federale. Sono quindi d'accordo su questo progetto, purché sia chiaro il suo significato politico.
Non andrò certo a discutere i dettagli. Questa è una proposta al Parlamento nazionale; il Parlamento nazionale recepirà il messaggio politico e, se lo riterrà, lo farà proprio e andrà avanti. Quindi mi limiterò a tratteggiare le indicazioni politiche fondamentali perché oggi certo, abbiamo l'esigenza di rendere più forti le autonomie e nell'ambito di questa esigenza c'è anche quella di rendere più forte il potere regionale e trasformare il Consiglio regionale in un autentico Parlamento regionale. Credo inoltre che oggi, più che mai, sia indispensabile avere ben chiara nel nostro Paese l'idea di unità nazionale e credo che le vicende di questi ultimi anni e mesi inducono ciascuno di noi a ragionare sulla necessità di riuscire a far coniugare l'improcrastinabile esigenza dell'autonomia regionale, e quindi dell'emersione delle diverse culture con l'altrettanto forte necessità di assicurare e garantire l'idea dell'unità di nazione.
Non credo che in Parlamento i nostri Parlamentari parlino a caso, ma certo che, se questo è vero, di fronte ad affermazioni del tipo: "Di fonte alla criminalità mafiosa dobbiamo abbandonare la Sicilia", ciascuno di noi deve reagire con estrema decisione. La Sicilia non si abbandona evidentemente, perché quei siciliani onesti - e li abbiamo visti tutti in televisione al funerali dell'ultimo giudice assassinato - sono italiani parte della nostra unità nazionale, sono italiani come italiani siamo noi piemontesi, come italiani sono i lombardi, come italiani sono i liguri.
Ecco che allora questo tipo di progetto, come idea politica, mi vede assolutamente consenziente, perché rafforza l'autonomia regionale senza peraltro cancellare quella che non può non essere l'idea di nazione italiana. Ma su questo bisogna essere estremamente chiari; ecco perch credo che in quest'aula emergeranno inevitabilmente, al di là della comune convergenza a volere delle Regioni più forti e funzionanti, delle divergenze su quello che dovrà essere l'assetto futuro del nostro Stato. In quest'aula affioreranno certamente delle idee che tendono ad interpretare o a cambiare questo testo di legge in senso federale e su questo orientamento non sono d'accordo; non so assolutamente cosa significa regionalismo ai limiti del federalismo. Diamo alle cose il loro nome; noi abbiamo o uno Stato federale o uno Stato non federale regionalista forte. Io credo in questa seconda organizzazione. In questo secondo assetto e credo che questo progetto interpreti tale idea. In questo senso ho incominciato a dare una scorsa ad alcuni degli emendamenti e, per esempio, non sono d'accordo con l'impostazione generale degli emendamenti proposti dai Verdi, proprio perché tendono ad accentuare la dimensione federalista, mentre credo che questa dimensione, all'interna di una comunità nazionale come la nostra non abbia luogo di entrare. Se non vogliamo creare uno Stato federale dobbiamo puntare sulla federazione degli Stati europei, non sulla federazione di inesistenti Stati italiani.
Ecco perché questo progetto mi trova assolutamente consenziente, perch tende - non so se ci riuscirà - a rafforzare il ruolo delle Regioni, senza annullare il ruolo dello Stato. Certo, una contemperanza ed una combinazione difficile, ma che vale la pena di tentare.
Un secondo nodo politico molto forte nasce a fianco dell'esigenza di contemperare l'autonomia regionale con l'idea nazionale che non deve essere abbandonata. Le Regioni autonome - e indubbiamente questo testo rende, le Regioni fortemente autonome, mantenendo allo Stato alcune funzioni fondamentali - come interpreteranno la loro autonomia? Questo, devo confessarlo, è per me un elemento ulteriore di grande preoccupazione. Se osserviamo come hanno funzionato talune delle Regioni che hanno avuto fino ad oggi Statuti speciali, come la Regione Sicilia, notiamo come emerge con prepotenza la questione morale che una riforma in senso regionalistico dello Stato non può nel contempo essere disgiunta. Questo è un altro dato politico che credo debba essere sottolineato con estrema forza, perché non credo che automaticamente la regionalizzazione dello Stato significhi miglioramento della questione morale; rischia, invece, di essere moltiplicazione di pericoli.
Pertanto, nel momento in cui si va ad una riforma come questa, nella quale io credo profondamente, occorre essere particolarmente attenti altrimenti rischiamo di operare con elementi di moltiplicazione di determinati fattori degenerativi contro i quali, evidentemente, invece bisogna essere estremamente decisi.
Ulteriore nodo politico già accennato in quest'aula è che manca il Senato delle Regioni. Ritengo che il Senato delle Regioni sia, nell'ambito della costruzione di una Repubblica regionale, un elemento assolutamente indispensabile per garantire un ordinato e giusto equilibrio fra il sistema delle autonomie e l'organizzazione centrale del nostro Stato unitario. E' necessario avere, a livello nazionale, un organo che autorevolmente possa funzionare da elemento e strumento di coordinazione fra le diverse Regioni proprio perché non si perda il concetto dell'autonomia, e questo organo è proprio il Senato delle Regioni, che viene ad avere la sua doppia funzione: da un lato, di elemento trainante, di elemento forte per la realizzazione dello Stato regionale, ma, nello stesso tempo, con la funzione di garantire il giusto e necessario coordinamento fra le diverse Regioni, soprattutto sul terreno dello squilibrio esistente fra le diverse Regioni italiane.
Un disegno di legge senza un Senato delle Regioni è un disegno di legge monco. L'introduzione del Senato delle Regioni avrebbe l'importante funzione di assicurare al nostro Paese una ormai improcrastinabile differenziazione di funzioni fra le diverse Camere: così come oggi sono costruite, sono assolutamente inutili nei loro doppioni ripetitivi. In quest'ottica proporremo l'introduzione di questo organo di coordinamento e di unità.
Nel momento in cui - mi auguro presto - nel nostro Paese si dovessero realizzare queste nuove Regioni dotate di poteri molto più forti, il modo di funzionare di queste Regioni, nelle proprie competenze specifiche dovrebbe cambiare. Se la Regione diventa organo sovrano in tutta una serie di settori che non sono espressamente riservati allo Stato, allora questa Regione deve avere fondamentalmente compiti di indirizzo, di distribuzione generale di risorse, non deve più avere - ma questo lo abbiamo già detto parecchie volte - compiti strettamente amministrativi, i quali devono essere tutti delegati agli enti locali nel quadro di un organico progetto e programma di decentramento di poteri che, attraverso le Regioni, delega appunto agli enti che per loro funzione sono più vicini alla gente soprattutto ai comuni, i compiti specifici di gestione amministrativa.
Soltanto in questo modo questa Regione, parlamento regionale, non parlamento di un Stato autonomo, potrebbe avere un grossissimo ruolo nella realizzazione di un sistema delle autonomie completamente nuovo gestito sul piano della gestione amministrativa dagli enti che sono più vicini alla gente.
E' con questo spirito che voteremo a favore di questo disegno di legge pur non condividendone alcuni dettagli, ma come dicevo all'inizio non sono i dettagli che ci interessano, ed è con questo spirito che proporremo alcuni emendamenti volti ad introdurre, già in questo testo, il Senato delle regioni che ci sembra elemento fondamentale da evidenziare.



PRESIDENTE

La parola al Consigliere Tapparo.
TAPPARO Signor Presidente e colleghi Consiglieri, si stenta, alle porte del 2000, a prendere atta che le configurazioni statuali, così come si sono determinate nell'Europa nel XVII e nel XVIII secolo, presentano oggi una profonda riqualificazione mettendo in discussione i principi di nazionalità e di patria. Occorre evitare di restare abbarbicati a concezioni che sono storicamente in difficoltà nel rapporto diretto con la comunità; creando delle oggettive difficoltà nell'andare avanti, nel progredire, nel rapportarsi in modo credibile con la comunità.
Se non è manipolativa e non è solo cadenzata dall'interesse di mercato o dagli interessi forti, la costruzione dell'Europa, in qualche modo, erode quella che è la funzione statale. Specialmente se riconosciamo che per accrescere l'efficienza sociale la maggiore riconoscibilità diretta delle comunità con il territorio vedono nell'autonomia regionale un momento forte, mentre lo Stato, così coane è sto tradizionalmente, viene a perdere delle sue competenze.
Non credo sia possibile ed è abbastanza difficile collega Grosso proprio perché le istituzioni sono dei sistemi a vasi comunicanti - pensare che un regionalismo forte possa coesistere con uno Stato forte nei termiti tradizionali in cui siano troppo abituati a vederlo. Ci deve essere quindi, una modifica sostanziale dei ruoli, delle funzioni, delle caratteristiche che toccano il sistema degli interessi, la configurazione burocratica, clientelare, spesso parassitaria che nei decenni si è costruita e che è forte. In qualche modo riguarda anche la forma di lobby che il Parlamento ha saputo costruire nel rapporto con le Regioni, non aprendosi sulla legge elettorale. E' vergognosa la questione delle incompatibilità che esistono per le assemblee regionali; legge varata dal Parlamento di questo Paese.
In sostanza, allora, dobbiamo essere consapevoli che il percorso che tracciamo se non è una manifestazione puramente velleitaria, un desiderio deve fare i conti con un processo di fattibilità complesso che passa attraverso i grandi interessi che sono annidati anche nel Parlamento, che preferiscono "by-passare" il sistema delle regioni arrivando direttamente agli Enti locali. Pertanto la legge n. 142 è una "zeppa" al regionalismo se quest'ultimo non avanza contestualmente alla trasformazione della politica degli Enti locali. Troppo silenzio le assemblee elettive hanno tenuto attorno alla legge n. 142 che è, sostanzialmente, svincolata a una contestuale riforma dell'autonomia regionale, una picconata costante e continua rispetto al regionalismo.
Per quanto riguarda le deleghe ai Comuni e alle Province, mi domando: ma in che contesto? Con quale livello della legiferazione regionale, in che ambito della capacità di fare programmazione della Regione avvengono? Non ci rendiamo conto che le deleghe vengono invocate per accaparrarsi i fondi da gestire in modo autonomo e non all'interno di un muco che le Regioni devono disegnare. Questo ce lo dobbiamo dire, altrimenti facciamo poesia poi ci laviamo la coscienza e siamo tutti a posto.
Credo che di un regionalismo forte, fortissimo, non so se con qualche riflesso sul federalismo, ma del concetto di patria - collega Majorino - la Germania sia un esempio classico. Chi più è portatore del concetto di patria, del valore nazionale, della Repubblica tedesca, che è a base federativa molto chiara, molto spiccata? Tuttavia, ritengo che quell'obiettivo, probabilmente, per una serie di ragioni storiche con le quali si è formata la nazione tedesca, sia difficilmente perseguibile per il nostro Paese.
Analizziamo ora quali sono i valori che, da tempo, dovevano essere visti dal Parlamento e dal regionalismo, credo anche per l'economia del Paese. Non credo che una legislazione globale per l'artigianato, per il mercato del lavoro, per la politica industriale faccia bene agli interessi complessivi del Paese, in quanto non c'è un valore medio nel mercato del lavoro, nel problema dell'artigianato, nel problema dell'industria, ma ci sono specificità che hanno bisogno di risposte reali. Il sistema degli interessi ha sempre preferito avere dei tavoli nazionali unitari per trovare magari i soldi per fare lo stabilimento a Melfi per trovare i finanziamenti che in qualche modo, in un'articolazione regionale sarebbero stati molto più difficili. Solo oggi, in modo tardivo, il sistema degli interessi forti si apre al regionalismo.
Dobbiamo però fare i conti con alcuni nodi complessi: nel Paese c'è un ceto politico, un ceto burocratico ed un ceto economico che privilegi. Il centralismo in quanto è un elemento che sostiene il complesso sistema di interessi. Questo va detto chiaramente e va contabilizzato, altrimenti rischiamo di fare una esercitazione accademica. Drammatico sarebbe, dopo aver presentato questa proposta, che tutto il meccanismo finisse: ci siamo lavati la coscienza, siamo a posto e lo affidiamo ai posteri. Dobbiamo fare i conti proprio con quegli interessi.
Mi sono permesso di dire che i nostri rappresentanti all'atto di eleggere il Presidente della Repubblica dovevano essere portatori anche di un messaggio, in qualche modo privilegiare quel candidato che avesse dato segni chiari di attenzione al regionalismo, questo perché la cultura parlamentare vede il regionalismo in modo insufficiente rispetto alle esigenze.
Lo snodo con gli Enti locali, va visto nella cultura delle deleghe che non è il passaggio del "malloppo" a qualcuno, ma è sostanzialmente lo strumento che viene dato ai Comuni e alle Province nella capacità di un potere legislativo che sa indirizzare, che sa programmare, che sa dare delle priorità. Allora, in questo modo, vedremo che molti amministratori comunali e provinciali saranno molto meno interessati da quel tipo di delega, perché la possibilità di non concedere finanziamenti a pioggia e in modo irregolare tarperebbe loro le ali rispetto ad una concezione del rapporto con la comunità. Ma il nodo e la polemica con i colleghi della Lega, che può venire da questo aspetto, è come uno Stato fortemente regionalizzato sappia rispondere alle esigenze di solidarietà, di unitarietà di alcuni processi. Credo che il modello comunitario tenti in qualche modo di intervenire in questo modo. Noi sappiamo che la comunità interviene sulle aree in difficoltà con modalità fattoriali e trasversali molto importanti, seppure anche in qualche modo strumentalizzate in alcune realtà territoriali, dove la speculazione negli interventi comunitari è un fatto spesso ricorrente. Credo che la solidarietà debba trovare in uno Stato, e in un governo centrale capace di riconvertirsi, elementi di programmazione, di priorità degli interventi che sappiano sostituire la legislazione speciale dello Stato, che interviene scardinando. In questi ultimi anni, in cui si è parlato di regionalismo, abbiamo visto decrescere la possibilità di intervento regionale. Ricordo che in materia di politica industriale, a partire dal 1981/82, il Parlamento ha prodotto delle leggi che hanno tolto ancora più spazio rispetto alla politica espressa negli anni '60/'70. Un altro elemento è il gap che esiste oggi tra Regioni a Statuto speciale e Regioni a Statuto ordinario, prodotto legislativo non più accettabile alle porte del duemila e con la costruzione europea davanti a noi. Le Regioni a Statuto speciale avevano una loro ragion d'essere soprattutto in una prospettiva in cui l'unità europea, come noi oggi la configuriamo, era molto labile, era nell'idea dei nostri padri e nulla più.
Oggi, se questo processo non è in grado di ridurre questo gap inaccettabile, che fa sì che la Regione della Valle d'Aosta possa permettersi il lusso di far trasferire - non far nascere nuove imprese dal canavese imprese in Valle d'Aosta con un meccanismo inaccettabile che va denunciato chiaramente, allora non ci siamo.
Non si può pensare che il contributo di riforma istituzionale lasci il bicameralismo anomalo italiano, perché è un'anomalia in tutti i paesi democratici. Credo che l'introduzione di un raccordo, di un interfacciamento tra la produzione legislativa che va alle Regioni fatta dal centro, senza la presenza in una delle due Camere di una funzione diversa e qualificata rispetto al regionalismo, faccia nascere questo disegno zoppo. Questa proposta è ancora più zoppa quando non riesce a raccordarsi con il problema della fiscalità. Noi viviamo dalla fine degli anni '80 nella crisi fiscale delle economie industriali dell'occidente. E' una crisi generalizzata, più o meno variegata, più accentuata là dove il debito pubblico è più alto. Ma noi pensiamo che il rapporto di edificazione con le nostre comunità possa stare in piedi se non è chiaro anche il meccanismo della fiscalità? Credo che questo nostro sforzo verrà spazzato via da 4 o 5 misure del governo centrale, che magari delega alle Regioni una fiscalità aggiuntiva inaccettabile. E' la strada di una sconfitta e non di una ridefinizione organica. Credo che l'emergenza economica del nostro paese potrebbe uccidere i primi vagiti di un regionalismo forte.
Noi dobbiamo quindi lavorare contestualmente e parallelamente anche per una riforma della fiscalità, una ripartizione del gettito fiscale, ma probabilmente più coraggiosamente per un'autonomia impositiva che permetta alle regioni, regione per regione, di utilizzare la fiscalità di scopo per dire "io tasso, ma ho un disegno e con questo disegno mi confronto con la mia comunità e ne ho un responso ben preciso". Se non riusciamo ad avere questo tipo di rapporto e raccordo forse soddisferemo la libidine magari di qualche amministratore che andrà nel Senato delle regioni, ma nulla più. Il rapporto con la comunità permarrà debole nel ruolo del regionalismo.



PRESIDENTE

La parola al Consigliere Zacchera.
ZACCHERA Colleghi, se uscendo dal Consiglio regionale fermate a caso dieci persone che passano e chiedete a queste persone che cosa ne pensano della Regione, credo che otto su dieci vi risponderanno che la Regione è l'ennesimo baraccone. Se chiedete agli stessi dieci cittadini se sono d'accordo per non mandare più soldi in Sicilia, nove su dieci vi diranno che hanno perfettamente ragione le persone che non vogliono più mandare una lira in Sicilia perché se li mangiano tutti ed è opportuno che i soldi del Piemonte restino in Piemonte. Teoricamente queste persone rispondono con frasi diverse, in modo opposto allo stesso problema. Questo per dire che nessuno ha su questo tema, come forse su tutti, delle verità assolute in tasca, né tanto meno può dire "io ho ragione" ed è un problema secondo me estremamente rilevante, che si va di fatto ampliando in questi mesi per tutte le questioni che ciascuno di voi ha sotto gli occhi. Mi pongo alcune domande prima di entrare nel merito della questione: 23/24 anni fa, quando si dibatteva in Parlamento, se istituire o no le Regioni a Statuto ordinario, soltanto il Partito liberale ed il Movimento sociale erano fortemente contrari a questa idea. Vi chiedo obiettivamente: 23 anni dopo l'istituzione delle Regioni, se dovessimo fare un bilancio fra i costi per amministrare e far funzionare le regioni ed i vantaggi che ci sono stati possiamo ritenere in buona fede che i vantaggi siano stati maggiori ai costi o no? Personalmente, pur prendendo lo stipendio di consigliere regionale, ritengo che siano stati più gli svantaggi rispetto ai vantaggi.
Quindi penso che sia corretto dire che in gran parte queste regioni ad oggi presentano un bilancio sostanzialmente negativo, perlomeno non sufficientemente positivo della loro azione. Non mi interessa dire "l'avevamo detto prima", perché è retrogrado, veramente perdente l'atteggiamento di guardare al passato e non guardare al futuro, tutt'al più del passato servono al massimo le radici. Ma io mi chiedo "come mai c'è stato questo fallimento?". Indubbiamente perché da parte dello Stato non si è voluto concedere alle regioni quella autonomia necessaria per poter funzionare, ma anche perché le regioni, ciascuna divisa per le venti che sono, hanno moltiplicato i difetti dello Stato su base regionale. Pertanto il punto fondamentale, secondo me; per un dibattito serio, che non pretende di aver ragione ma che vuole essere serio su questo argomento è "se non cambia il sistema con cui vengono amministrati lo Stato e le regioni questo Stato e queste regioni aumentando la potestà legislativa e di iniziativa delle regioni stesse, vanno a cambiare radicalmente il sistema e quindi a migliorarlo?": io non do una risposta negativa, come è facile dare a questa domanda, perché ciascuno può dare la propria. E' però pacifico che se una struttura fino ad oggi non ha funzionato, ben difficilmente improvvisamente, soltanto per una diversa formazione legislativa, comincerà a funzionare. Allora mi domando il perché del dibattito di oggi. Secondo me arriviamo al dibattito di oggi per una ragione ben precisa, perch all'interno del Paese è aumentata la protesta perché, almeno in alcune regioni del nord Italia, la protesta si è concentrata nei riguardi della bega perché è forte il desiderio di ribellione non tanto all'autorità centrale, quanto a questo tipo di amministrazione dello Stato. Siccome poi in qualche maniera - mi si scusi il termine - si devono scimmiottare le prese di posizione, improvvisamente quello che non succedeva da vent'anni succede adesso. I Consigli regionali vengono chiamati ad una proposta di legge costituzionale per cambiare, l'abbiamo sotto gli occhi, la potestà della Regione. Secondo me è semplicemente un tentativo di correre dietro alla Lega - con il nome di Lega ciascuna regione in modo diverso - per riuscire in qualche maniera a gestire o far finta di gestire la protesta e quindi giustificarsi che qualcosa si sta facendo. Questo è detto con il massimo rispetto ai discorsi serissimi del federale, no al federale, si al federale inteso come Stato federale, tanto per non fare facili battute, e soprattutto al centralismo o non centralismo.
Anche con questa proposta di legge oggi in discussione, di fatto non viene cambiato nulla nel sistema di gestire dello Stato. Penso allora che sia giusta la posizione che tiene il MSI - pur con alcune differenziazioni perché anche al nostro interno la pensiamo in maniera diversa e non dobbiamo nascondercelo - quando a livello nazionale si dice sì a eventuali maggiori potestà legislative delle Regioni e no a un maggiore potere delle Giunte regionali.
Colleghi, nessuno qui è preconcettualmente contrario affinchè le Regioni si occupino di maggiori campi, ci sono però settori che vengono strutturati, organizzati e diretti su scala nazionale, mentre molto più logicamente dovrebbero essere portati avanti su scala regionale; secondo me, però, la soluzione del problema non è quella di dare maggiore potere ad un sistema di Giunte regionali come le attuali.
Scusate, la Regione Sicilia ha più autonomie di tutti: vi risulta che sia bene organizzata? La Regione Sicilia, sulla carta e nei mezzi, dispone di leggi completamente diverse dalle nostre, a cominciare dallo stipendio dei Consiglieri regionali: eppure, la Regione Sicilia, che ottiene dallo Stato una quantità enorme di mezzi, non è gestita - questo mi sembra abbastanza pacifico - in modo limpido e trasparente. Come mai? Se anche noi avessimo maggiori possibilità di spesa, maggiori campi di intervento maggiore autonomia, servirebbe comunque a poco se il sistema di gestione delle Regioni non cambia.
Noi siamo favorevoli a una maggiore potestà legislativa del Consiglio regionale, attuata però con un decentramento vero, il che vuol dire "bypassare" le Giunte regionali. Una volta fatte le leggi regionali nessuno impedisce che vengano gestite dai Comuni e dalle Province, che sono molto più controllabili della struttura regionale: infatti, oggi le Regioni sono diventate un'altra barriera tra cittadini e istituzioni, una bardatura che secondo me costa molto di più di quello che funziona.
L'incongruenza - e ben l'ha colta il Consigliere Vaglio prima - del fatto che, mentre ora stiamo elaborando una proposta di legge costituzionale per cambiare alcuni articoli della Costituzione, soltanto qualche settimana fa tentavamo una normativa per eliminare alcuni Ministeri, rappresenta veramente una mancanza di scelta strategica che è lapalissiana e sulla quale vi prego di meditare.
Secondo me, siccome "c'est l'argent qui fait la guerre" il primo punto che va chiarito, prima ancora di metterci d'accordo o di discutere sull'argomento, è: chi paga le imposte e come vengono spesi i soldi delle imposte? Noi non accettiamo il discorso che alle Regioni venga data un'autonoma impositiva con la quale vengono adottate delle imposte aggiuntive a quelle dello Stato, che è chiaramente il progetto portato avanti a livello statale.
In questa proposta di legge costituzionale, su questo argomento nulla viene detto, di fatto lo Stato continuerà a trattenere - non fosse perch deve chiudere un deficit passato, il giorno che fosse approvata questa riforma costituzionale - la gran parte delle risorse, e le Regioni, per poter funzionare all'interno delle nuove competenze, dovranno necessariamente aggiungere delle nuove tasse ai cittadini.
No, questo non è accettabile. Non è possibile portare avanti una proposta di legge costituzionale se prioritariamente non si è fatta chiarezza all'interno del sistema fiscale e se non si forniscono dei chiarimenti propedeutici per stabilire dei paletti di divisione tra le Regioni e lo Stato: occorre prima definire mezzi con i quali affrontare le cose. Secondo me questo è un punto fondamentali di debolezza estrema di questo progetto di legge.
Si è parlato di necessità di autogoverno, di spirito di Helsinky.
Stiamo attenti, però, perché se teoricamente è giusto che il cittadino piemontese debba essere autogovernato in modo difforme dal cittadino della Calabria o della Campania, chi ci dice che il cittadino, della provincia di Novara non debba essere amministrato in modo difforme da quello della provincia di Torino? E chi non ci dice che quello del Comune "X" debba essere amministrato in modo diverso dal vicino Comune "Y"? E chi non ci dice che la frazione all'interno del Comune deve essere amministrata in modo diverso dalle restanti frazioni del Comune stesso? Stiamo attenti: autogoverno è anche stabilire una soglia dei problemi una soglia di visibilità al di sotto della quale non si va: altrimenti non è più autogoverno, diventa anarchia. Rispetto dello spirito di Helsinky è anche mantenere rapporti con tutto il resto della collettività, sia essa nazionale, regionale, provinciale, comunale e così via; altrimenti arriveremo a un livello di autodeterminazione che rasenta l'anarchia.
Tuttavia, non è tutto da buttare all'interno di questa struttura; per esempio, la proposta di abrogazione dell'art. 97 penso possa essere accettata, perché vengono chiarite determinate situazioni che meritano approfondimento: l'art. 99 - su questo presentiamo l'emendamento di istituire il Consiglio Regionale delle Economie del Lavoro - potrebbe essere, ad esempio, un'utile integrazione che viene all'interno di una struttura proposta.
Per quanto riguarda la questione - così sono passato velocemente agli articoli - delle Regioni autonome, non è possibile non prevedere una variazione totale della loro legislazione all'interno di una proposta di legge costituzionale, perché le Regioni autonome - scusate - non hanno più senso. Ma chi l'ha detto che un cittadino della Regione Trentino Alto Adige abbia diritto ad avere, in proporzione pro capite, 40 volte di più (se non erro) di un cittadino piemontese? Ma chi l'ha detto che un amministratore pubblico, un Consigliere regionale del Trentino-Alto Adige deve percepire uno stipendio tre volte superiore al nostro? Ma chi l'ha detto che li devono essere eletti in un modo e da noi in un altro? Ecco dove, secondo me, si equivoca autogoverno con decentramento.
Il Consigliere Majorino ha detto bene prima; è assurdo, per esempio che non ci debba essere una legge al di sopra delle Regioni che stabilisca come deve essere eletto il Consiglio regionale. Con questo sistema, ogni Regione elabora un suo metodo di elezione del Consiglio regionale a proprio uso e consumo. Attenzione, però, perché chi oggi è in minoranza domani pu essere in maggioranza; ma molto probabilmente, studiando un adeguato sistema elettorale, chi è in maggioranza vi resterà sempre perché studierà dei sistemi di votazione più confacenti alle proprie necessità. Allora, da questo punto di vista, secondo me alcune nominative devono restare super partes a garanzia di una obiettività per tutti.
Per quanto concerne l'art. 118 la Regione dovrebbe arrivare ad avere dei rilievi internazionali. Ma vi immaginate 18 auto blu della Regione che vanno a trovare l'ambasciata della Regione Piemonte a Lussemburgo? Questa è una facile battuta, oserei dire anche di cattivo gusto, ma ritornando al discorso iniziale della gestione del potere, non pensate che immediatamente sorgerebbero 18 piccoli Ministeri degli Esteri per organizzare la trattativa privata, l'organizzazione all'interno e all'esterno della Regione? Secondo noi, i rapporti internazionali debbono rimanere a livello di istituzione nazionale; in quanto se la Regione Piemonte vuol fare un accordo con il Baden Wuttemberg, lo fa domani mattina, nessuno glielo impedisce. Che alcuni accordi commerciali potranno essere incentivati va benissimo; ma la gestione dei rapporti internazionali ci sembra veramente assurdo venga portata avanti a livello regionale: è un aspetto tipico di una politica nazionale, non di una politica regionale. Quindi, quando si parla - diceva il Consigliere Grosso - di unione degli Stati sovrani significa però che deve rimanere uno Stato.
Ma com'è gestito oggi lo Stato in Italia? Ecco il punto sul quale continuiamo a non capirci: se noi moltiplichiamo per venti le distorsioni che ci sono oggi a livello di Stato nazionale, andremo a moltiplicare per venti volte il problema peggiorandolo, non migliorandolo. Dal 1970 ad oggi il problema non ha trovato soluzione, non mi sembra che si siano tutelati i medi cittadini del Piemonte perché esiste la Regione Piemonte.
C'è poi un altro aspetto - e termino - dell'art. 127 relativamente al silenzio-assenso su cui desidero soffermarmi. Senza i termini con cui viene proposto il silenzio-assenso, cioè se in pratica lo Stato non dice che la legge va male, questa diventa buona; secondo me, questo sistema è pericoloso, perché sappiamo che gli organi di controllo non ci sono agivano molto in ritardo, c'è veramente il rischio del moltiplicarsi di normative che sono le une in contrasto con le altre.
Ma dove finirà questa normativa? Immaginiamo, come diamo per scontato che alla fine questa proposta di legge venga approvata, immaginiamo che i vari Consigli regionali l'approvino e che arrivi in parlamento, ma là che cosa succede alla proposta di legge costituzionale? Si ferma lì, questa è la realtà drammatica della questione. Noi stiamo qui, non certo a perdere del tempo, ma ad impegnarlo, noi stiamo qui a discutere, ad approfondire e a puntualizzare, dopodiché non è mai successo che una proposta di iniziativa popolare sia passata in Parlamento, non è mai successo che una proposta che viene da un Consiglio regionale sia diventata legge del Parlamento. Ecco allora che io chiedo che ci siano delle variazioni di legge costituzionali. Se viene sottoposta al Parlamento da un numero sufficiente di persone una qualsiasi normativa, sulla quale posso anche essere contrario (non mi interessa l'oggetto della proposta di legge), noi abbiamo il diritto come cittadini, e non come Consiglieri regionali, che il Parlamento esamini queste proposte, mentre invece questo non avviene.
Allora la cosa della quale dobbiamo preoccuparci, al di là del contenuto della proposta di legge, è fare in modo che non venga insabbiata e non diventi secondo me soltanto il cavallo di Troia - torno all'inizio del discorso - per arginare il fenomeno Lega, per convincere la gente che qualcosa cambierà, che come diceva il Gattopardo cambi tutto affinché non cambi niente. Questa è la realtà! E per finire, ad evitare nuovi scippi nel futuro! Il MSI è stato il primo partito 30 anni fa a chiedere l'elezione diretta del Sindaco: pian piano ci stiamo arrivando. Il nostro partito da 40 anni chiede che il bicameralismo sia superato avendo una Camera, cioè il Senato, espressione delle categorie produttive. Tra vent'anni magari ci si arriverà, ma vogliamo evitare che qualcuno nel frattempo se ne arroghi la paternità perché questo lo abbiamo sempre sostenuto noi. Noi riteniamo che nel momento in cui le Regioni funzionano, ci sono tantissimi modi per farle funzionare meglio e forse in parte anche questa proposta di legge pu essere un contributo. A livello nazionale non servono tanto le voci delle Regioni, che devono avere altre strutture, quanto le voci delle categorie della gente che produce e che lavora, che ha diritto di essere rappresentata da propri rappresentanti competenti laddove si assumono le normative per il bene del Paese per poter intervenire su settori concreti di attività professionale, economica, commerciale e via di questo passo.
Perché non cominciamo a farlo anche a livello di Consiglio regionale? Infatti, abbiamo presentato un emendamento che sostanzialmente chiede che i Consigli regionali diventino maggiormente rappresentativi da questo punto di vista.
Le Giunte regionali, anziché formate da Consiglieri regionali, vengano formate da esponenti delle categorie! Secondo me sarebbero Giunte regionali molto più vicine ai problemi della gente. E' così che si realizza pian piano la "rivoluzione". E' così, secondo me, che si costruisce veramente qualcosa, altrimenti al di là delle buone intenzioni di tutti noi non faremmo altro che produrre un documento acefalo che sarà doverosamente rubricato nelle rassegne parlamentari, ma tale resterà.



FOCO ANDREA



PRESIDENTE

La parola al Consigliere Marchini.
MARCHINI I liberali esprimono un giudizio positivo su questa proposta, anche se molte riserve sicuramente si potrebbero esprimere in ordine ai singoli punti, ma ci sembra importante, tale quindi sufficiente da meritare il nostro sostegno, un approccio totalmente nuovo al problema delle Regioni che è istituzionale e costituzionale, superando l'approccio politico che ha caratterizzato la nostra nascita non felice e la nostra crescita infelicissima.
Le Regioni vanno giudicate non sulla scorta di quello che noi immaginiamo e come immaginano gli amici giornalisti secondo un loro archetipo ideale, ma la Regione va considerata come definitiva dalla Carta Costituzionale approfondendo i lavori preparatori e analizzando il sito delle parole. Allora, la Commissione speciale della Costituente della quale guarda caso facevano parte i migliori, e tra questi Togliatti, ma non solo lui, anche. Einaudi, ha avuto un percorso assolutamente non lineare per ragioni non costituzionali; istituzionali, di scelta di campo, ma per le pressioni di ordine politico che via via hanno fatto cambiare alla Commissione la propria valutazione e l'elemento rivelatore del percorso seguito dalla Commissione è il ruolo della Provincia. La Provincia sparisce quando si ritiene che si debba andare verso uno Stato caratterizzato da forti elementi di regionalismo; la Provincia ritorna quando si vuole fare del regionalismo un puro nome, un simulacro privo di ruolo e di funzioni. E la Regione - mi rivolgo anche agli amici giornalisti - uscita dalla Costituzione è un puro simulacro, è un nulla! E' interessante leggere questi lavori anche perché fanno giustizia di molti luoghi comuni. Si scopre ad esempio che uno dei più radicai regionalisti era Einaudi che sicuramente non può essere tacciato di mancanza di amor di patria termine tornato di moda. Questo non gli impediva però di dire che una delle più grandi iatture dello Stato unitario era stata quella di ricondurre ad unità la scuola superiore che secondo Einaudi doveva essere la continuità degli elementi di specificità non tanto delle culture; non ritengo che il nostro Paese abbia culture diverse. La cultura del nostro Paese è l'assemblaggio e lo stare insieme delle diversità, non è una cultura unitaria, è una cultura poliedrica, ma sta proprio in questa poliedricità la sua ricchezza e la sua caratteristica, non nella legnosità propria di altre culture o nella ampollosità di altre culture ancora.
Questa caratteristica poliedrica che è della nostra storia e della nostra cultura va considerata un valore coltivato evidentemente senza scendere nelle caricature e nel folclore. Voglia dire che Einaudi era uno dei sostenitori e fin dall'inizio fece emergere quanto fosse debole e privo di significato l'unico potere che la Costituzione riconosce alle Regione ovvero la funzione legislativa. Einaudi in questa Commissione più volte ebbe a dire che la legge è un comando che non soffre limitazioni e se si fanno delle leggi sottoposte al parere di qualcun altro, evidentemente non si fanno leggi, ma si fanno regolamenti. Quindi, amici giornalisti e colleghi Consiglieri, noi agiamo all'interno di regolamenti.
Pertanto è persa la battaglia costituzionale. Dalla Costituzione non è uscita un'Italia delle Regioni, è uscito un forte Stato unitario con il simulacro di messaggio regionalista che era uno dei prezzi politici che si dovevano pagare ad alcune solidarietà costituzionali.
L'errore che hanno fatto quelli che credono nelle Regione, e tra questi sicuramente i liberali, è di avere ritenuto di vincere la battaglia di un'organizzazione diversa dallo Stato, più coerente non tanto con le sue culture, ma con le sue omogeneità socio-economiche, elemento più importante oggi ed ancora più importante nel futuro, quando l'organizzazione dei problemi non avrà più base nazionale, ma avrà base ottimale dal punto di vista scientifico e socio-economico; un problema non sarà più un problema italiano o francese, ma sarà un problema di aree a livello europeo che hanno caratteristiche di omogeneità.
Quali sono stati gli errori che hanno fatto gli amici della Regione che si sono poi rivelati essere amici del giaguaro o combattenti per il re di Prussia? Per esempio, negli accordi relativi alla L. 63, si è chiesto per l'ingresso dei socialisti nelle maggioranze, un segnale forte, cioè l'avvio delle Regioni, ma di cosa o come dovessero essere le Regioni non se n'è parlato: l'importante era che si costituissero.
I liberali hanno combattuto questa scelta, perché hanno ritenuto che una riforma di questa natura doveva passare proprio attraverso quello che noi oggi chiediamo: una riforma o una rilettura puntuale ed aggiornata, a vent'anni di distanza - allora ne erano già passati venti - degli elementi che avevano portato la Costituente ad ipotizzare questo tipo di sistema. Si è ritenuto di fare una battaglia politica: si è ritenuto di fare un'altra battaglia politica, colleghi, sostenendo a spada tratta i decreti delegati del '76, che sono una mina, non vagante, ma una mina scoppiata sotto le Regioni. Abbiamo sostenuto un'operazione politica - in un'ottica sbagliata che in parte ho ritrovato anche nell'intervento di stamani del Consigliere Grosso - ritenendo che, attraverso la crescita dello Stato delle autonomie sarebbe cresciuto lo Stato delle Regioni. No, sono due questioni completamente diverse; le autonomie sono un valore che sta nei confronti dello Stato e sta nei confronti delle Regioni.
Tra Stato e Regioni non esiste un problema di autonomia, bensì un problema di alternanza. Esiste autonomia del Comune nei confronti dello Stato e nei confronti della Regione: invece deve esserci uno specifico nuovo modo d'essere della Regione nei confronti dello Stato. Con questo intendo dire che non sono riconducibili ad un'unica categoria i rapporti che devono esserci tra lo Stato e le Regioni e tra gli Enti locali e le Regioni e lo Stato stesso.
Noi abbiamo sostenuto i decreti come il DPR 616, che sicuramente erano dei decreti di forte carica autonomista, che rilanciavano - guarda caso - i nostri avversari naturali (e bisogna dirlo), gli Enti locali, e li armavano contro di noi. Abbiamo fatto il tifo affinché tali decreti venissero approvati e attuati al più presto possibile, organizzando nella realtà delle cose un processo di antitesi nei confronti della Regione, che sostanzialmente ha poi generato e osato quel tipo di rapporto che oggi abbiamo con gli Enti locali, rapporti difficili per non dire conflittuali.
Analoga vicenda - abbiamo parlato della L. 63 e del DPR 616 - si svolse per la L. 142. La L.142 è una riforma viziata dal fatto che non si occupa delle Regioni.
Quando si rafforza tutti e non si parla di qualcuno, è evidente che chi esce indebolito dalla riforma è quello di cui non si parla. E anche in questo caso, abbiamo fatto il tifo e ci siamo dati da fare per cercare di rafforzare le autonomie locali, immaginando che, automaticamente - non si capisce perché - il rafforzamento delle autonomie locali avrebbe portato all'individuazione del nuovo modo d'essere delle Regioni rispetto allo Stato.
Così non è stato; e l'ultima follia che stiamo facendo è quella di fare il tifo per le Aree Metropolitane. Ognuno di noi può pensare quello che crede delle Aree Metropolitane; le si può concepire - come ritengo più corretto - delle aree omogenee necessitanti un'attenzione particolare o un'organizzazione di tipo funzionale e non delle istituzioni, ma chi fa il tifo per le Aree Metropolitane, letteralmente riprese dalla L. 142, affossa le Regioni! Perché quando avremo otto Aree Metropolitane, che avranno una certa capacità di pressione politica avendo mediamente tre milioni cadauno di cittadini-elettori e cittadini-contribuenti, è evidente che il potere in questo Paese sarà trattato sul tavolo dei rapporti fra gli otto sindaci metropolitani e i Ministri. Quindi, non solo avremo le Province ciambelle ma avremo anche le Regioni-ciambelle e avremo otto Regioni azzerate nel loro ruolo.
Dal punto di vista formale, oggi tutte le leggi dello Stato cominciano indicando le Regioni e le Province autonome: nelle future leggi, tra i soggetti destinatari, prima dei Comuni e delle Regioni, verranno indicate le Regioni autonome e le Aree Metropolitane. Mi rivolgo in particolare ad alcuni amici, che si considerano regionalisti in questa sede, ma poi, per ragioni di bassa cucina elettorale e di potere, chiedono che venga fatta in fretta una cosa sbagliata. L'Area Metropolitana può essere una questione discutibile; la si può fare in modo giusto o non giusto: in Piemonte si vuole fare una cosa discutibile in modo sbagliato, per basse ragioni di cucina.
Allora, amici, perché - ripeto - noi diamo un giudizio favorevole a questa proposta? Perché, per una volta, esce dalle questioni politiche: non pone più il problema della Regione cercando degli alleati, ma prendendo atto che è una questione istituzionale e quindi di alleati non c'è bisogno.
C'è, da una parte, la capacità di proposta della Regione e dall'altra, la disponibilità o la resistenza dello Stato, perché non possiamo immaginare di trovare degli alleati in quella che è una battaglia politica.
La politica, per sua natura, mette in campo gli interessi, perché la politica è l'arte della gestione della società; qui la società non sta con noi, perché gi interessi economici consolidati hanno evidentemente rapporti direttamente preferenziali con i sistemi di scala nazionale, se non internazionale. Gli enti locali, per i due meccanismi che noi stessi abbiamo concorso ad innescare, non hanno nessuna voglia che maggiori ruoli e maggiori risorse vadano alle Regioni, ma si aspettano di avere, in proprio, maggiori ruoli e maggiori risorse, sia nei confronti della Regione che nei confronti dello Stato.
Tutta questa confusione ha portato alla cattiva gestione; la cattiva gestione è un termine generico, e anche a livello regionale la cattiva gestione è una categoria ampia che copre tutto un ventaglio di questioni.
Ma qual è la specificità della cattiva gestione regionale? E' quella dell'uso improprio e non finalizzato delle risorse. Gli sprechi e le incapacità ci sono in tutti gli altri enti; invece; la nostra specificità la nostra peculiarità qual è? Che non lasciamo il segno; non lasciamo il segno perché non ci siamo.
Ed allora, poiché non ci siamo, dobbiamo essere attraverso qualcun altro, e quindi anziché essere protagonisti in proprio, siamo protagonisti attraverso altri. Quindi, la Regione, non avendo una sua legittimazione (quella che chiediamo con questa nostra proposta di legge), evidentemente tende a fare la politica del paguro bernardo, non ricordandosi bene che di due animali che vivono in simbiosi, quello che viene percepito è quello più grosso e vicino, e non quello più lontano e più piccolo.
Ma torniamo alla questione che abbiamo ribadito più volte, cioè affatto che la Regione attua la sua cattiva gestione soprattutto nell'occupare spazi che non gli sono propri, intervenendo a sostegno dei Comuni e delle Province. La Regione non deve intervenire a sostegno delle Province o dei Comuni; la Regione deve fare una propria politica, tramite i Comuni e tramite le Province, ma senza fare la politica dei Comuni o delle Province.
Perché non va avanti la politica delle deleghe? Perché abbiamo tutti ben chiaro che se non cambia il quadro istituzionale, sarà la politica del trasferimento. Se non c'è un quadro istituzionale in cui noi abbiamo competenze certe, risorse certe e capacità legislativa totale e non subordinata - cioè non esistente come diceva Einaudi - è evidente (e lo sappiamo benissimo) che non siamo nelle condizioni di revocare la delega a fronte del non rispetto, perché non siamo in grado di organizzare il contesto del discorso.
Quindi la cattiva gestione regionale è innanzitutto conseguenza dell'indeterminatezza istituzionale e costituzionale della Regione. Insisto molto su questo concetto, in quanto anche da parte liberale si è sostenuta a livelli nazionali, l'inopportunità di maggiori poteri alle Regioni, alla luce dei cattivi risultati ottenuti. Sostengo che la Regione abbia fatto più di quanto la lettera , della Costituzione le consenta, anche se paradossalmente ha più risorse di quanto la lettera della Costituzione non giustificherebbe. Quindi è da ribadire il giudizio espresso all'inizio: questa proposta merita di essere seguita e sostenuta perché affronta per la prima volta, da parte della Regione, il problema Stato-Regione come un problema non politico, non di rivendicazione; ma di politica (il termine non è proprio) di natura costituzionale del corretto modo d'essere di una Regione rispetto allo Stato, al di là delle risorse, delle competenze, cioè il recupero del discorso che è stato affossato nell'anno 1945-46. Questo è il significato che diamo al nostro giudizio favorevole.
Un'ultima nota. Da parte di qualcuna si è detto che l'emendamento del Partito socialista e di altri Gruppi, in ordine all'integrazione di elementi di localismo ali interno del Senato, potrebbe prefigurare elementi di federalismo che qualcuno non sostiene, d'altra parte c'è questa controversia tra me ed il collega Grosso (io sono più federalista di Grosso, così come Einaudi era molto più federalista di Togliatti, su questo non c'è dubbio, le culture liberali, e le culture di altra natura sfociano evidentemente, sia pure a mezzo secolo di distanza, nello stesso modo). E' indubbio che la nuova realtà delle Regioni, come enti titolari di potestà legislativa, ha un significato, quindi, che travalica la loro immediata realtà territoriale, socioeconomica e storica. Se, al contrario del passato, tutto compete alle Regioni, se non quanto che viene dimostrato essere di competenza esclusiva dello Stato, e evidente che la nostra potestà legislativa, per certe misure, tenderà a coprire spazi e tempi che vanno un po' più in là del Ticino. Pertanto la proposta di emendamento del PSI ed altri Gruppi mi sembra debba essere accettata, approfondita e perfezionata per immaginare che aiuti a produrre non un Parlamento federale del Senato, ma che porti ad un'osmosi del sistema politico nazionale con le realtà regionali.
Non è possibile immaginare una crescita forte delle Regioni che non si identifichi anche in una presenza propria, leggibile in forme anche istituzionali e comprensibile dalla gente sul piano della politica nazionale. Non è possibile questa separatezza! Ha ragione il collega Grosso: se facciamo una scelta razionale, dovremo andare ad un Senato delle Regioni, su una scelta federalista, con una Camera unitaria. Noi non arriveremo a questo ed è proprio per questo che la proposta dei socialisti e degli altri Gruppi è abbastanza a fuoco, perché non dissocia due Camere una dello Stato ed una delle Regioni, ma introduce nel Senato quegli elementi di diretta ed immediata leggibilità delle Regioni a livello nazionale.
Quindi, sosterremo anche questo emendamento e chiederemo, al momento della presentazione, ai colleghi presentatori qualche minuto di riflessione perché a nostro modo di vedere non si può immaginare che ci sia una caratura precisa per il numero dei Consiglieri regionali, così come non possono essere eletti tutti. Oseremmo suggerire che i Consiglieri regionali eleggano dei Senatori, ma questi possono essere sia Consiglieri regionali che Consiglieri provinciali che Consiglieri comunali, per esempio dei Comuni al di sopra dei 5000 abitanti. Devono essere comunque, come dicono i francesi, "des élus", non dei "signori nessuno", ma devono essere degli eletti, qualcuno che ha un mandato popolare da trasferire a livello nazionale. L'elemento introdotto dall'emendamento che prevede invece un numero fisso ed obbligatorio di Consiglieri regionali obbliga ad un turn over i Consigli regionali che - a mio modo di vedere - finirebbe per metterne in discussione la stessa funzionalità.



PRESIDENTE

La parola al Consigliere Chiezzi.
CHIEZZI Grazie Presidente. Colleghe e colleghi, in merito alla proposta di legge di riforma costituzionale, a nome del Gruppo, svolgo questo intervento che si propone di cercare di distinguere un'annosa questione quella delle pagliuzze e delle travi. Questa legge è una pagliuzza, nel sistema di inefficienza, malgoverno e disgregazione dello Stato italiano, o è una trave per modificare questo sistema? Da comunista mi appoggio all'analisi che è stata fatta da molti, ad esempio da Gramsci, sulle formazioni economico-sociali di una società, e mi rifaccio all'analisi più nota, quella della struttura di una società e della sovrastruttura della società stessa. Ricordiamo tutti come Gramsci, più di Marx, abbia evidenziato la necessità di Individuare un rapporto dialettico tra struttura e sovrastruttura e quindi abbia evidenziato gli errori e le angustie,di un atteggiamento, un'analisi economicista che facesse derivare ogni aspetto, anche sociale, culturale, sovrastrutturale dalle pure basi economiche dei rapporti sociali e come abbia quindi introdotto un movimento all'interno dell'analisi gramsciana.
Allora, partendo da questo presupposto, mi sforzo di ragionare, a proposito di questa legge, in questi termini. Nella nostra situazione italiana, e quindi nelle forme del governo ed anche nelle forme istituzionali e nelle capacità di governo, quali sono gli elementi strutturali e quali quelli sovrastrutturali? In una formazione economico sociale gli elementi fondamentali risiedono nella struttura economico sociale, perché è nella struttura che si costruisce la ricchezza, che si gestisce la ricchezza, che si consuma la ricchezza, che si gode o non si gode della ricchezza e quindi rimane la struttura, la base solida della massa dei problemi di una società, qui c'è la ricchezza, qui c'è lo sfruttamento.
Penso che la base strutturale dei problemi che l'Italia ha di fronte sia rappresentata dai Governi e dalla loro qualità (il malgoverno), che siano le scelte dei Governi che determinano la base solida dei problemi l'inefficienza istituzionale e l'irrisoluzione dei problemi e che la forma delle istituzioni sia una sovrastruttura rispetto ai problemi che vogliamo risolvere. Ora, tra i due elementi deve esserci dialettica, certo, e quindi non vi è uno stretto determinismo o un isolamento delle due parti. Ci pu essere qualche problema di carattere formale a livello istituzionale, ma di certo non può essere ribaltato il ragionamento e consegnare alla forma delle istituzioni tutti i mali di questa società, tutto il mal governo, il mal costume dilagante. Perché sulle scelte dei governi e quindi sulla struttura dei governi verte il confronto politico. Pensiamo alle leghe: pensiamo che la forza della Lega sia derivata dall'aver proposto alla gente un aspetto dello Stato diverso dal punto di vista della forma ideologica? Penso di no. Penso che la forma dello Stato che sta dietro alle proposte delle leghe derivi dalla richiesta di una struttura di governo dei problemi diversa dall'attuale. Ad esempio: il problema fiscale. Ma pensiamo che sia estraneo al successo delle leghe? In Lombardia, le leghe, non sono nate e cresciute sul federalismo, di cui non importava niente a nessuno, ma sul fatto che l'attuale situazione - poi si può aggiungere di Stato centralizzato, ma questo è un corollario - portava ad un sistema fiscale iniquo, farraginoso, di Stato prepotente che succhiava risorse al piccoli imprenditori mettendoli in condizioni di non governare la propria economia.
La forza delle leghe deriva dalla ribellione a scelte di governo ben precise guidate da uno Stato centralizzato. Quando le leghe parlano di stato federale ne parlano in termini di obiettivo assoluto da raggiungere o ne parlano In termini di un obiettivo relativo ottenuto il quale, stato federale, si possa cambiare tutto il sistema fiscale ottenendone benefici a loro giudizio, per certe categorie? Penso che centrare la discussione non sulla forma delle istituzioni, ma sulla qualità dei governi sia, almeno per un comunista, centrale.
La disgregazione dello Stato deriva dalle insufficienze dei governi e dalle degenerazioni dei partiti. Ma l'inchiesta di Milano, state pensando che non abbia delle conseguenze, non nel merito delle attese che la gente ha sulle forme e geometrie istituzionali, quanto delle attese sul metodi che i governi e i partiti attuano nel governo di queste istituzioni? Pensate che la reazione della gente sia quella di cambiare la forma delle istituzioni? O non pensate che la gente chieda ai partiti che la smettano di rubare quando governano le istituzioni?...



(Intervento del Consigliere Rossa)



PRESIDENZA DEL PRESIDENTE SPAGNUOLO



PRESIDENTE

Prosegua, Consigliere Chiezzi.
CHIEZZI Penso che la gente chieda che i partiti smettano di rubare. Ma non parliamo della qualità del governo sovietico che non c'è più, guardiamo a casa nostra, perché - caro collega Rossa - il governo sovietico ha dei problemi, ma come comunista in Italia penso al nostri problemi. Se tu vuoi fare un dibattito sulla qualità dei governi comunisti sovietici, avrei bisogno di altri venti minuti e ne sarei ben lieto. La prova dei fatti ha dimostrato l'essenza sbagliata di quel modo di governare. Un sistema economico-sociale in cui uno Stato venga occupato da un partito, mi è talmente estraneo che soffro - in questa Italia - da comunista, del fatto che non un partito, ma più partiti al governo e, a volte anche dall'opposizione, abbiano occupato lo Stato e abbiano rubato le risorse dei contribuenti.
Questa è l'affermazione che io, comunista italiano, faccio qui. Perch vedi - collega Rossa - sono comunista italiano. Se avessi vissuto sotto Stalin non avrei avuto salva la vita e sotto Breznev sono sicuro che sarei andato a fare degli stages in luoghi decentrati Rimango comunista italiano e affermo queste cose da comunista italiano in Italia. Chiedo che mi si risponda in questi termini, non dicendo: "ma di là è andato peggio". Pio per loro, ma lo di qua voglio che vada meglio, non che vada peggio.
Penso, sempre per rifarmi a questo modo di analizzare la realtà, che la prima nostra preoccupazione dovrebbe essere non il presupposto sfascio delle istituzioni, ma il concretissimo sfascio che i governi delle istituzioni hanno prodotto nel Paese. Allora, la frase che direi ai cittadini, se fossero presenti in quest'aula, ma non ce n'è neppure uno, è questa: "cari cittadini non facciamoci menare per il naso, non uniamoci al coro che, un po' quieto, sino adesso tenta di dare priorità, politica alla legge che propone di ridisegnare le, figurale delle istituzioni!". Noi comunisti, con le istituzioni, non vogliamo giocare come alle figurine, non vogliamo mettere in testa alle nostre attività ed impegni, il disegno di una nuova figurina istituzionale, confrontare le nostre figurine con quelle di altri partiti, scambiarcele, copiare un po' i vari disegni per tirare fuori una figurina nuova, per fare un bell'album di figurine. Questa legge che è una legge di compromesso tra i Consigli regionali d'Italia - anche questi molto diversi l'uno dall'altro, con responsabilità diverse anche sul piano dell'efficienza - la trovo una mediocre proposta che corre dietro alle leghe. Però, vedete - cari colleghi - le leghe, a mio parere, su questo terreno corrono più forte di voi, molto più forte. Ma è un tentativo, per altro verso, di sviamento dalle vere priorità dei problemi perché porre al centro dell'attenzione la forma delle istituzioni, in questo momento, svia il problema da quello prioritario della forma e contenuti dell'azione dei Governi che, in questi anni e negli ultimi anni soprattutto, hanno sfasciato le istituzioni. Che questo sviamento lo facciano le forze politiche responsabili a livello nazionale del malgoverno posso capirlo. Lo capisco meno se forze politiche che non hanno governato questi anni lo pongono in cima ai loro pensieri e lo vorrebbero imporre in cima ai pensieri della gente.
Il significato politico di questa proposta di legge è equivoco: è una proposta di legge che ammicca sull'elezione diretta dei nostri capi di governo, sindaci, Presidente della Giunta. E' ammiccante, propone l'elezione diretta, ma non in modo esplicito, subordinandola ad una procedura abbastanza lunga. In politica estera trovo che abbia addirittura un sussulto megalomane, le Regioni non riescono nemmeno ad amministrare bene le competenze sull'artigianato che hanno da anni e adesso si assegnano loro competenze di politica estera. Non siamo megalomani: Vi è un po' di pressappochismo, invece, per quanto riguarda il nesso tra poteri e strutture. Insomma, siate concreti perlomeno. Durante il dibattito si è sentito parlare di grandi opzioni sulle figure istituzionali "vogliamo uno Stato federale", altri 'ho, noi vogliamo di più, uno Stato fondato sulle regioni", altri "vogliamo un regionalismo al limite del federalismo", ed ancora "vogliamo il Senato delle regioni". Non riconosco magie né, temo diavolerie nelle parole. Devo dirvi che sono abbastanza disincantato verso proposte di questo tipo: rafforzamento delle regioni, federalismo, non è che abbia delle opinioni nette e precise. Penso che non sia univoca di per sé la definizione di un assetto statuale. Ci sono diverse opzioni statuali che potrebbero funzionare in regime di democrazia, di tolleranza e di cooperazione sociale. Non so quanto sia utile fare battaglie sui nominalismi, mi interesserebbe però, dentro questi nominalismi, che le forze politiche mi dicessero, per esempio una cosa che non sento dire: federalismo, regionalismo al limite del federalismo, Stato regionale, come trattano il problema della ricchezza? della formazione e della distribuzione della ricchezza? Chi vuole lo Stato federale, mi propone che all'interno dello Stato federale la formazione della ricchezza rimanga allocata territorialmente là viene materialmente prodotta con minimi interventi di riequilibrio tra ricchi e poveri a livello nazionale, territoriale e sociale? Chi parla di Stato fondato sulle regioni cosa mi propone a, questo proposito? Perch vedete, per me viene prima questo del nome federalista e mi alleo con le forze che propongono che la ricchezza nazionale serva alla crescita complessiva di questo paese. E le regioni speciali? Volete che si diventi tutte regioni speciali, cioè il Piemonte chiede di diventare come la Valle d'Aosta, cosa che è economicamente impossibile o dobbiamo dire che la Valle d'Aosta deve diventare come il Piemonte? E' un problema di ripartizione delle risorse nazionali? Le strutture istituzionali non sono intrinsecamente instabili e inefficienti.
E' successo che in queste strutture che erano stabili e teoricamente efficienti sono state introdotte delle coazioni, da parte di chi le ha occupate (i Partiti), che le hanno deformate. Per un po' una struttura istituzionale è rimasta elastica, ha subito la coazione si è deformata e quando la coazione è cessata, ha ripreso lo stato originario di equilibrio.
E' rimasta una struttura in equilibrio elastico. Quando però la coazione diventa troppo forte e viene protratta troppo a lungo, nelle strutture elastiche si Introducono delle deformazioni plastiche e la deformazione plastica è irreversibile sino alla rottura.



PRESIDENTE

Collega Chiezzi, la prego di concludere.
CHIEZZI Prima di me un collega ha parlato per venti minuti, non capisco la discriminazione.



PRESIDENTE

Ha sbagliato. La prego di concludere.
CHIEZZI Se lei mi ferma perché dico stupidaggini io mi seggo subito. Il Presidente Viglione faceva così e diceva: "Chiezzi lei sta dicendo stupidaggini" e io mi sedevo immediatamente.
Penso che le strutture siano giunte al limite della rottura, non perch siano disegnate male, ma perché dentro sono state introdotte coazioni distruttive da parte dei Partiti che le stanno portando al collasso. Quanto poi all'elezione diretta del Presidente della Giunta regionale qui adombrata, mi dichiaro contrario ad ogni Ipotesi di elezioni dirette che configurano il conferimento di un potere personale. Pericolosissimo.
Ritengo anche che sia inutile, non credo al potere taumaturgico delle persone in una società complessa come la nostra. Il potere taumaturgico deriva da una base sociale di consenso ed anche da una base economica di consenso. Non penso che le persone di cui si dice "facessero il Sindaco di..." sedute alla poltrona di Sindaco, così stando le cose, potrebbero risolvere i problemi. Quindi chiedo, cari colleghi, che ci dedichiamo di più all'attuazione delle leggi vigenti, soprattutto all'attuazione della Costituzione, che si recidano i mali fondamentali che sono quelli del connubio affari-politica e della sostituzione mafia-Stato che in certe regioni è avvenuta. Per questi motivi, per il fatto che questa legge la riteniamo una pagliuzza, noi del Gruppo Rifondazione comunista non la voteremo. Siamo però disponibili a far crescere una opposizione che elimini le travi del malgoverno e della disgregazione che ho cercato in questo intervento di illustrare.



PRESIDENTE

La parola al Consigliere Marino.
MARINO Sono molto preoccupato dal dibattito che si è svolto fino a questo momento, perché se questo è il modo così eccessivamente timido di affrontare le questioni che oggi sono all'ordine del giorno in tutta Europa, penso che grandi favori e maggiori risultati avranno le Leghe - nei prossimi mesi e nei prossimi anni. Mi sembra che le posizioni emerse dagli interventi rendano difficile il ruolo. In particolare, del nostro Presidente del Consiglio. Mi pare che fino a questo momento il dibattito svolto su proposte come quella che il Presidente ci ha presentato, proposta estremamente in ritardo rispetto ai tempi ed estremamente limitata nei contenuti, non abbia trovato dagli interventi che ho sentito, cito fra gli altri quello del Consigliere Grosso, una sufficiente legittimità per essere portato avanti. Credo che questo dibattito, al di là dei tempi che sono contenuti, debba approfondirsi molto. E' noto che i Verdi sono nati quasi dieci anni fa sostanzialmente su due opzioni, una quella ecologista e l'altra quella federalista. Siamo pienamente federalisti non solo rispetto all'assetto dello Stato italiano, ma rispetto al ruolo che l'Italia e le sue regioni devono avere nell'Europa e siamo federalisti anche rispetto alla forma dell'organizzazione politica, tant'è che come sapete i Verdi non sono un partito ma sono una federazione di Gruppi locali coordinati a livello regionale. La scelta di avere al proprio interno una struttura di tipo federalista è una scelta che è stata pagata molto duramente dai Verdi e credo che altrettanto verrebbe pagata molto duramente da tutte quelle forze politiche che decidessero di percorrere questa strada, perché è una strada nuova che non ha, se non in parte, a che fare con il dibattito, nato è presente in Italia In particolare con la nascita delle Regioni, è un dibattito che ha a che fare con tutto ciò che oggi sta avvenendo in tutta Europa; e cioè la crisi degli Stati nazionali.
Non c'è dubbio che i riferimenti del futuro per l'Europa saranno delle realtà più piccole di quelle passate o degli attuali Stati nazionali - una parte dei quali sono già scomparsi -: ma l'altro polo di dibattito politico sarà l'unione politica dell'Europa che, a mio parere, inevitabilmente si dovrà confrontare con la crisi degli Stati nazionali.
Detto questo; ci sono alcuni equivoci che dovrebbero essere chiariti da questa discussione. Il primo è che non possiamo pensare di affrontare un dibattito di riforma dello Stato - perché tale è questo dibattito partendo da una preoccupazione elettorale, in particolare quella legata alle leghe.
Le Leghe esistono come conseguenza di una crisi, da una parte di questa Repubblica, dall'altra delle forze politiche che l'hanno governata negli ultimi decenni. Le Leghe non sono la causa di questo tipo di dibattiti o di questo tipo di situazione politica: le Leghe sono l'effetto - non so quanto contingente o duraturo - di una crisi che parte da ben altre questioni.
Quindi, a mio parere, il primo equivoco da chiarire è quello di pensare che qui qualcuno debba rispondere ad un qualche tipo di successo elettorale di questa o di quell'altra forza politica.
Il secondo equivoco riguarda l'idea che qualcuno ha sul federalismo pensando che questo sia una specie di terremoto che distrugge lo Stato.
Oggi siamo di fronte al fatto che porzioni sempre più grandi del territorio del nostro Paese sono fuori dal controllo dello Stato, e non lo sono perché le Leghe hanno preso il 30% dei voti; lo sono in zone del nostro Paese dove le Leghe neppure esistono.
Quindi, la crisi di questo Stato, l'ingovernabilità di zone intere del territorio, la sostanziale ingovernabilità e impossibilità di controllare le finalità delle risorse che i cittadini danno allo Stato (e che lo Stato dovrebbe ridare al cittadini sotto forma di vari tipi di servizi) sono questioni che stanno al fondo della necessità di una riforma delle autonomie locali.
Il federalismo, a mio parere, è un modo per affrontare, sicuramente con gradualità ma con decisione, questi nodi.
Un altro equivoco che a mio parere va affrontato è la questione che il prevalere di interessi locali, il sottolineare interessi locali, etnici regionali, sub-regionali, ecc., sia un modo per accentuare l'egoismo di campanile o privare la politica, la cultura, le istituzioni del nostro Paese di un principio che io ritengo fondamentale: quello della convivenza e della tolleranza.
Il fatto che si riformi lo Stato attraverso un percorso di tipo federativo non è, di per sé, in contraddizione e in contrapposizione con il fatto che all'interno di un Paese, all'interno di un territorio all'interno di una comunità possano convivere popolazioni diverse riconoscendone differenze, etnie, culture, religioni e costumi.
Questa è sicuramente una delle questioni sulle quali, per esempio, come Verdi ci differenziamo, non posso ancora dire completamente, ma sicuramente in alcune parti dalle Leghe, ed è una questione determinante. Il fatto che il Piemonte rivaluti la propria cultura interna, le proprie specificità ecc., ecc., non vuol dire che debba chiudere le sue frontiere a culture popoli che provengono da altre parti del nostro Paese o da altri Paesi. Non è scritto da nessuna parte che federalismo o regionalismo o autonomia locale siano sinonimi di razzismo, di chiusura alle diversità, ecc., ecc.
A mio parere, se questa serie di equivoci si chiarisse, forse la nostra discussione diventerebbe un po' più matura. Questa discussione ha comunque alcuni nodi che rendono una pagliuzza - come dice il collega Chiezzi - o un passo avanti significativo la stessa proposta di legge che il nostro Presidente ci ha presentato. Io provo a identificare alcuni di questi nodi per capire se perdiamo tempo o se invece anche questa Regione dà un contributo al dibattito che si svolge in tutto il Paese.
Il primo nodo è la necessità di proporre una forma chiara di rappresentanza istituzionale delle Regioni diversa da quella esistente. Se nel prosieguo di questo dibattito, in particolare quando affronteremo gli emendamenti, inserissimo - e in questo senso il Consigliere Rossa ha dato il via ed altri Consiglieri hanno seguito questa strada - all'interno di questo progetto di legge alcuni elementi che riguardano quello che io chiamo Senato delle Regioni (argomento sul quale bisognerebbe aprire una parentesi di dibattito specifico) e che altri possono chiamare in altri modi, sicuramente daremmo un contributo non insignificante.
Esistono poi - per chi avesse eventualmente visto gli emendamenti molte e diverse ipotesi, ma io credo che mettere da parte la questione della rappresentanza diretta delle Regioni e parlarne in altra sede sarebbe un grave errore. Quindi propongo e invito il Presidente ad accogliere dentro questa discussione gli emendamenti vari - ce ne sono del Consigliere Rossa, miei e di altri - che affrontano in qualche modo tali questioni.
Il secondo nodo, affrontato in modo abbastanza timido o per lo meno generico in questa proposta di legge, riguarda il problema della raccolta e della ridistribuzione delle risorse. Non c'è dubbio che ci sono due cose che vanno rifiutate. La prima è che le Regioni si dotino di risorse aggiuntive attraverso tasse aggiuntive o per lo meno prevalentemente attraverso tasse aggiuntive. Sarebbe un modo attraverso il quale una proposta nuova troverebbe l'opposizione dei cittadini, perché la loro conclusione sarebbe "stanno reiventando un nuovo ruolo delle Regioni per rubarci degli altri soldi".
Quindi su questa questione bisogna agire con molta attenzione e delicatamente, avendo un principio di fondo a mio parere molto chiaro: una parte delle risorse che oggi vengono attinte dal Paese e incamerate dallo Stato debbono essere attinte dalle Regioni e ridistribuite ai cittadini, o direttamente attraverso iniziativa regionale o attraverso iniziativa degli Enti locali (Comuni e Province). Ci deve essere prevalentemente uno spostamento della sede che raccoglie risorse da parte di vari soggetti del Paese. Legato a questo, c'è un altro problema: che il Paese è fatto di Regioni più ricche e Regioni più povere, o almeno così si dice. Ebbene io credo che, seppure in forma molto timida, nella proposta di legge ci figuri, in ogni caso, un processo di nuovo regionalismo/federalismo (ognuno lo chiami come meglio gli aggrada) deve prevedere un riequilibrio, che probabilmente passa attraverso un ruolo dello Stato.
Anche questa questione va affrontata fino in fondo, perché noi abbiamo avuto da decenni una serie di strumenti, cito per esempio la Cassa per il Mezzogiorno e tante altre leggi o iniziative del Governo, attraverso i quali risorse delle zone più ricche del Paese venivano assunte dallo Stato con l'obiettivo di favorire lo sviluppo del Sud. Purtroppo, questo dibattito non è più attuale; oggi il problema reale è che va interrotto un flusso di risorse che vengono prese dalle Regioni del nord e che attraverso lo Stato, di fatto prevalentemente passano sotto il controllo l'uso e la gestione della mafia o di altre organizzazioni criminali che hanno nomi diversi in varie zone del nostro Paese.
Valutare quante delle risorse che vanno al Sud vengano investite a favore delle popolazioni del Sud e quante passino sotto il controllo di strutture mafiose o similari a quelle mafiose, oggi è una discussione che sarebbe interessante fare. Personalmente ho l'impressione che, almeno per un certo periodo, questa logica di trasferimenti di risorse al Sud andrebbe interrotta, precisamente fino a quando riforma delle leggi sugli appalti iniziative di trasparenza, ecc, non garantiscano che queste risorse ritornino ai soggetti per i quali formalmente erano state destinate, e cioè alle popolazioni del Sud e allo sviluppo del Sud.
Il terzo nodo che a mio parere, si dovrebbe affrontare riguarda il recupero dell'idea di politica come servizio per i cittadini. Non c'è dubbio che è sempre più dilagante fra i cittadini del nostro Paese, ma mi pare che la cosa riguardi sia il Nord che il Sud, l'idea che comunque la politica sia ormai fuori dal controllo e dalle possibilità di intervento dei cittadini; i partiti, sempre più in modo generico, vengono assimilati a strutture e organizzazioni che curano i propri interessi, e non c'è dubbio che da questo punto di vista lo Stato centrale o, come qualcuno lo chiama lo Stato centralista sia il punto più forte di questa critica.
L'alleggerimento dei poteri, dei ruoli, delle possibilità di iniziativa dello Stato centralista (così come si dice), attraverso una ridistribuzione di responsabilità e di poteri a livelli più legati al territorio locale, è sicuramente un modo per ridare un qualche criterio di maggiore legittimità all'idea che la politica sia prevalentemente un servizio che viene svolto per i cittadini.
Finisco, non essendoci più tempo, con due precisazioni. La prima è che questo dibattito corregge (o almeno mi auguro che corregga per il futuro) quel processo di riforma sbagliata delle autonomie locali che abbiamo vissuto con la L. 142. I contenuti della L. 142 si dimostrano un approccio alla riforma delle autonomie locali che, anziché semplificare e distribuire meglio responsabilità e competenze, le assomma, le confonde e rende più difficile un processo reale di riforma.
La seconda precisazione è che federalismo, o comunque regionalismo, non significa un assommarci confuso e mal distribuito di competenze. Della relazione di minoranza del Consigliere Majorino, condivido - ed è l'unica cosa - il punto in cui si dice che i sistemi elettorali, le leggi elettorali devono essere omogenee su tutto il territorio nazionale. Forse mi è sfuggito, ma non so se dalla proposta di legge, così come estesa, si evinca il fatto che ogni Regione costituisce il proprio sistema elettorale come le pare; a me sembrerebbe di no.
Se così fosse, non possiamo confondere il federalismo con il fatto che ognuno si costruisca le forme di espressione elettorale che preferisce.
Credo che proprio le leggi elettorali siano una delle questioni sulle quali i principi debbano essere uguali per tutte le comunità locali, tranne alcuni, peraltro forse in parte superati, come ad esempio quello delle Regioni autonome, che però hanno una loro specifica e motivata caratterizzazione.
Mi riservo di esprimere una posizione sull'intero progetto di legge in base al modo con cui si affronteranno soprattutto gli emendamenti, molti dei quali sono significativi.



PRESIDENTE

Mi permetto di ricordare ai Consiglieri i limiti di tempo degli interventi, altrimenti questa discussione, che pure è molto importante impegna tutto il nostro pomeriggio.
La parola al Consigliere Rossa.
ROSSA Grazie Presidente, cercherò di accogliere la sua richiesta. Avevo intenzione di svolgere un intervento più ampio, comunque mi limiterò a sottolineare alcuni punti. Innanzitutto rinnovo la nostra adesione alla proposta di legge da inviare al Parlamento, presentata ed elaborata dal Presidenti dei Consigli regionali.
Contemporaneamente anche noi, come Gruppo, avevamo elaborato una proposta di legge che considero più vicina, di quanto non sia quella dei Presidenti dei Consigli, a quella che è l'attuale sensibilità politica colta dal Governo, messa anche in evidenza da un documento dei Presidenti delle Giunte regionali.
Mi sembra comunque di capire che finora questa sia l'unica proposta che arriverà in Parlamento. Il Presidente Amato sostiene si tratti di un problema che riguarda il Parlamento, che il Parlamento sta preparando la Commissione bicamerale istituzionale, che non è ancora cominciata la discussione ma dovrebbe avere inizio, che i Presidenti delle Giunte regionali hanno redatto un documento; pertanto l'unico strumento e l'unica forma concreta che potrebbe arrivare in Parlamento è dunque, la proposta di legge che stiamo discutendo.
Sulla base di questa discussione e di questa proposta, anche se abbiamo ritenuto che la nostra proposta fosse molto vicina allo spirito e al sentire politico dell'attuale momento, l'abbiamo ritirata. Abbiamo per presentato degli emendamenti sui quali abbiamo rilevato una certa adesione si tratterà poi divedere se sono validi tutti gli aspetti. Uno di questi emendamenti riguarda l'istituzione del Senato "a forte rappresentanza regionale"; in merito alle obiezioni sollevate ribadisco che non si pensa ad un Senato delle Regioni che rischia di essere avulso dalla Camera, ma ad un qualcosa di diverso che non produca quella interazione che invece deve continuare tra Camera dei Deputati e Senato, un organo che sia il risultato di una forte rappresentanza o rappresentazione o rappresentatività regionale. Per essere tale noi abbiamo immaginato che una metà dei senatori vengano eletti direttamente dal popolo, piemontese nel nostro caso, e l'altra metà dei senatori venga, eletta nei Consigli regionali. Si tratta comunque di discutere quanto sia valida questa scelta. Il collega Marchini ha detto che di questa metà di senatori eletta in quest'aula una metà dovrebbe essere rappresentativa della società piemontese. A questo punto si tratta di vedere se dobbiamo fare una scelta che in qualche modo echeggia la nomina dei senatori a vita che hanno illustrato l'Italia o se invece si tratta di fare una scelta più ristretta agli eletti. Il Consigliere Chiezzi nel suo intervento disse che la proposta che stiamo discutendo, e che vogliamo inviare al Parlamento, una pagliuzza rispetto alla grande trave, a questa affermazione rispondo che se dobbiamo incendiare qualche cosa credo sia più facile farlo partendo da una pagliuzza che non dalla trave.
Siamo in una situazione del tutto aperta ad un profondo rinnovamento nella quale non si sa bene dove passi la strada del rinnovamento e dove invece quella della rifondazione istituzionale. In genere i cambiamenti non avvengono mai per ribaltoni, tranne in qualche caso eccezionale, i cambiamenti avvengono con gradualità. La gradualità è quella che ci fa prendere atto delle cose da fare e delle modifiche da apportare per far venir fuori un'immagine diversa di questo Stato. Tra l'altro viviamo in un periodo In cui gli avvenimenti si susseguono molto velocemente nella direzione di nuove forme istituzionali rispetto alle quali lo Stato federale da una parte o lo Stato centrale dall'altra sono anch'essi delle forme che possono essere facilmente messe in discussione da un tipo di istituzione di carattere continentale alla quale potremmo orientarci attraverso un processo di forte accelerazione. In questo processo di forte accelerazione emerge però un'idea e un'identità di tipo regionale che da noi avviene attraverso un processo di convivenza e di confronto civile almeno finora (penso che lo si possa mantenere e mi auguro che lo si mantenga così, non ci sono motivi per pensare diversamente) mentre da altre parti avviene attraverso processi faticosi, difficili, e da altre parti ancora attraverso processi addirittura sanguinosi. C'è bisogno quindi di un nuovo regionalismo e accertarci se la Regione che abbiamo vissuto finora era quella che la gente si aspettava o se invece era un simulacro di Regione ben presentato attraverso l'invio di torrenti di risorse. Si tratta quindi di far nascere e di far crescere una Regione che si collochi comunque all'interno dello Stato unitario. Anche il collega Grosso parla di Regione al limite dello Stato federale, dico che bisogna dare una interpretazione dinamica di questo processo regionale, che naturalmente si propone di andare verso una forma di Stato che supera il concetto di Stato unitario, mentre lo mantiene nella forma e non accoglie il concetto o l'affermazione o l'istituzione di Stato federale perché la forma nella quale ci muoviamo è ancora quella dello Stato unitario. E' un processo quindi in divenire che può avere degli sbocchi che sono alla luce anche di quella che è la concezione del Governo europeo. Non sogno delle cose lontane, ma cerco di portare sul terreno concreto le cose che stiamo vivendo e che vivremo nel giro di pochi anni, cioè da una parte il riemergere di identità, di etnie e di autonomie e dall'altra lo svilupparsi, attraverso tutta una serie di forme, di esigenze di governi di carattere europeo. Infatti non sono infrequenti le direttive europee alle quali tutti quanti siamo chiamati ad adeguarci. Ma cosa sono le direttive europee se non già delle forme di carattere legislativo che cominciano a dare i loro effetti? Non è infrequente che in quest'aula si dica "dobbiamo aggiornare la nostra Legislazione alla luce delle nuove direttive europee" allora si tratta di analizzare questo processo anche dal punto di vista delle forme istituzionali. Tutte queste cose sono in itinere.
Certo, è una battaglia dura, signor Presidente. Io sono convinto che sia una battaglia dura perché anche qui ci sono le lobby che non sono solo quelle economiche, la struttura o la sovrastruttura, qui tutti contano: conta la struttura quando deve esercitare un certo potere, conta la sovrastruttura quando ne esercita un altro. Sicuramente c'è lo Stato che cerca di difendersi, come ha fatto finora, appropriandosi di alcuni riconoscimenti che gli erano stati concessi allora e di altri che , erano delle Regioni che ne sono state espropriate, c'è lo Stato che, dopo aver detto di no per vent'anni alla riforma delle autonomie locali, ha detto di sì perché tutto sommato doveva accerchiare le Regioni da un'altra parte perché lo Stato deve difendersi dall'intervento sempre più incisivo della Comunità Europea che in qualche misura cercano di sottrargli delle prerogative. Queste prerogative si cerca, da parte dello Stato, di poterle distribuire per farle perdere alle Regioni.
Ecco il significato di una grande battaglia per la quale inviterei le forze a non dividersi, perché abbiamo una partita importante da giocare e se la sappiamo giocare bene potremo anche portare a casa dei buoni risultati. Dico di non dividere le forze con proposte allettanti, o in qualche misura così "affascinanti", ma altrettanto sciagurate, come quella di proporre tre Repubbliche, come fa la Lega che non ha altro che proporre il disfacimento di qualcosa. E' una proposta sciagurata...



PRESIDENTE

...Il Consigliere Rabellino, alle sue spalle, è rimasto colpito dai primi due aggettivi: allettante e affascinante! ROSSA Dico allettante perché dice: "Vogliamo essere liberi finalmente, contro la di questo Stato..." e si propone poi di fare qualcosa che sarebbe per il nostro Paese una vera e propria sciagura. Invece, per fare una cosa sola bisogna far cresce il concetto delle Regioni, concetto che ha un suo fondamento, farlo crescere in un rapporto dialettico che da una parte è con lo Stato e dall'altra è con gli enti locali;capire cosa vogliamo essere perché quando si dice che abbiamo potestà legislativa,non ci piove,siamo perfettamente d'accordo, ma quando si dice che siamo quelli che facciamo la programmazione, si dice una grande ipocrisia perché alla fine sappiamo che la programmazione è molto condizionata da una serie di interventi e poteri.
Se vogliano veramente che la Regione sia qualcosa che ha credibilità, deve essere anche un momento di governo delle risorse, delle forme impositive di governo della programmazione che va - sì - fatta, ma partendo da una posizione il più possibile autorevole, altrimenti il rischio che corriamo è di dire molte parole, ma tutto resta nel vuoto.
Concludo il mio intervenuto sottolineando che l'approvazione di questa proposta, arrochita di quelle indicazioni che la portino vicino al sentire alla sensibilità generale politica che c'è in questo momento nel Paese merita di essere sostenuta con grande convinzione perché potrebbe aprire la strada a quella nuova Regione che ci deve dare, anche per chi, come noi, al suo interno ci lavora, un po' più di soddisfazione di quanto non ci abbia dato finora, perché in qualche misura lungo questa strada stiamo anche conquistando quei titoli che finora,ci sono stati regalati e si sa bene che le cose regalate non rispondono mai a quella che è una funzione od un ruolo. Le cose conquistate, invece, sono l'affermazione di una personalità che, come quella regionale, vogliamo realizzare proprio In questa fase difficile, ma esaltante dal punto di vista delle prospettive.



PRESIDENTE

Con questa saggezza finale si conclude anche l'intervento del Consigliere Rossa.
Ha ora la parola il Consigliere Bodrero.
BODRERO Ho visto che il collega si preoccupava, si inquietava (per parlare italiano, nonostante siamo francofili l'italiano lo sappiamo forse meglio di certi italianissimi, ma non voglio fare paragoni qui in aula, sia chiaro, parlo in generale). Comunque, abbiamo delle Repubbliche nel territorio, più o meno dello Stato, che non scandalizzano nessuno: c'è, per esempio, la Repubblica di San Marino, poveretti gli abitanti sono stati tiranneggiati perché mi pare che non avessero addirittura il diritto o meglio, il potere - il diritto ce l'avevano - di farsi una televisione propria (forse adesso è stata superata questa difficoltà). Comunque, anche in Europa esistono delle Repubbliche molto più piccole di queste tre: c'è ad esempio, la Repubblica d'Islanda. Chi sono gli islandesi? Dei danesi che ad un certo momento hanno detto: "Noi vogliano staccarci"; i danesi, da persone intelligenti e civili, hanno detto: "Benissimo, siete popolo sovrano, anche se siete dei danesi come noi staccatevi pure". Adesso sono più amici di prima e più uniti di prima spiritualmente perché non è l'imperialismo, la costrizione della violenza, che fa l'unione.
Pensate alla Svizzera, con tre o quattro nazionalità, anzi esattamente.quattro (tedesca, francese, lombarda, nel Ticino, e romancia) è il primo popolo del mondo che ha aperto l'era della libertà, sia pure con qualche limitazione medievale. E troppo facile sbattere in faccia lo spettro, lo spauracchio del separatismo. Il separatismo, quando c'è, nasce da un centralismo sfacciato, violento, usurpatore. I casi classici di separatismo nel territorio italiano sono stati due: uno è quello siciliano.
I siciliani volevano distaccarsi perché (chissà) speravano di diventare il cinquantunesimo Stato degli Stati Uniti, ma gli Stati Uniti che non sono sciocchi hanno detto: "Mafia ne abbiamo già abbastanza, quindi è meglio che vi aggiustate per conto vostro".
Ricordiamoci bene che gli Stati europei non sono Stati nazionali,questa è una cosa che ho già detto e non mi stancherò mai di ripetere, sono Stati plurinazionali ed imperiali; chi li ha costruiti se ne infischiava altamente dell'opinione delle popolazioni che erano contrarie Gli Stati come la Gran Bretagna, la Francia, la Spagna, sono stati costituiti dai sovrani assoluti, addirittura sono Stati che nascono già da una premessa feudale e l'assolutismo è molto di più, è peggio del feudalesimo, sia chiaro. In Italia, al tempo, non si votava: votavano i quattro gatti che votavano. Il D'Azeglio dice: "Io rappresento i miei elettori come li rappresenta il gran Turco". Quindi, l'Italia è stata costruita contro la volontà e chiunque conosca un pochino la storia (io, tra l'altro, sono anche professore di storia) sa benissimo che l'unità d'Italia, ma non solo quella italiana, è stata ottenuta contro la volontà popolare. L'unico Paese dove è stata rispettata un pochino questa volontà popolare pare sia la Svizzera, eccetto il Canton Ticino che è stato annesso. Siccome il Duca di Milano non pagava i debiti militari, i mercenari svizzeri, hanno detto: "Tagliamo una fetta di Lombardia e l'annettiamo". Un secolo dopo hanno poi dato anche ai ticinesi i diritti che avevano tutti gli altri.
MARCHINI Le tangenti! BODRERO No, le tangenti sono nate - l'ho già detto diverse volte - con la Cassa del Mezzogiorno, l'assistenzialismo statalistico; è chiaro che se io do a fondo perduto (qualcuno l'ha detto in quest'aula e sono molto grato di questo riconoscimento che poi è una realtà che abbiamo sotto gli occhi perché noi abbiamo il vizio dell'eufemismo, male realtà più ovvie, più elementari le abbiamo sotto gli occhi tutti i giorni e facciamo finta di non vederle), è chiaro che lo Stato (notate che allora era prevalente la classe dirigente settentrionale, c'erano gli Einaudi, i Pella, i Bertone di Mondovì) ha restituito fino all'ultima lira il debito del Piano Marshall che non era neanche obbligatorio perché era a fondo perduto. Adesso abbiamo un milione e cinquecentomila miliardi di debito e la preoccupazione maggiore dei nostri partitanti, governanti, è di aumentare il debito, non di diminuirlo. Quindi, altro che riforma! Perché è nato questo regionalismo? Perché se differenze. Pensate che le differenze linguistiche e soprattutto culturali, di tradizioni e costumi che sono nello Stato italiano, sono le maggiori di tutta Europa. Pensate all'Ucraina, che dopo cinque secoli di dominazione russa - gli ucraini e i rissi si rassomigliano abbastanza per lingua, costumi e mentalità - vanno d'accordissimo: nessuno si scandalizza, nessuno si straccia le vesti, si faceva una volta questo. Ad esempio. In Israele, chi aveva vestiti di troppo se li stracciava. Quindi, slovacchi e cechi, che si rassomigliano come i piemontesi e i lombardi, si sono separati d'amore e d'accordo.
Nel 1906 la Norvegia chiede il distacco dalla Svezia... "Ci sembra che ci sia qualche funzionario svedese in più in rapporto ai norvegesi in Svezia". La provvidenza ha premiato questa buona volontà svedese con l'invasione hitleriana della Norvegia; la Svezia è rimasta fuori. Forse ha anche ragione. Qualcuno, però, può dire: "Eh, ma voi leghisti siete un po' razzisti, non volete tutti questi immigrati". Certo, non ne vogliamo 100 milioni, perché poi dobbiamo emigrare noi nei loro Paesi! Ma ci ospiteranno poi, nei loro Paesi? Questo è il problema.
In base alle possibilità economiche e anche - questo lo dico per i Verdi che sono carissime persone, federaliste da uri pezzo - ambientali, se noi lasciamo entrare 10. 20 o 30 milioni di stranieri, poi un giorno o l'altro avremo delle difficoltà - a parte il fatto che una volta si faceva in base ad un contratto: "Se tu hai un contratto di lavoro, entri, ma non come clandestino perché le leggi nazionali non lo ammettono". Io non posso entrare in casa di un altro, sfondare la porta e dire: "Ormai sono entrato mi devi mantenere, dar da dormire e mangiare" (più o meno siamo a questo punto con la legge Martelli).
Poi c'è un altro fatto gravissimo. Io i vietnamiti non li avrei riportati da Hong Kong in Vietnam a farli ammazzare - ben vengano, erano grandissimi lavoratori, molto tollerarti, aperti sul piano religioso, non c'era nessun contrasto - invece andrei molto più cauto con i maomettani questo l'ho già detto, ma lo ripeterò anche a rischio della mia vita perché non c'è niente da meravigliarsi, in Italia, ornai, si muore per molto meno.
Pensate a Rushdie che è stato minacciato di morte; la Gran Bretagna che è generosa - il nord è sempre generoso - ne ha lasciati entrare milioni adesso vogliono un Parlamento proprio e vogliono anche ammazzare Rushdie hanno già ammazzato il traduttore in giapponese di Rushdie, adesso vogliono ammazzare l'editore italiano che vuol diffondere questo libro, che sarà un libro comunissimo, niente di speciale - non l'ho letto perché non è il caso un certo editore Palma, pare che anche lui sia stato minacciato di morte.
Ora, noi che ci vantiamo di aver combattuto il nazifascismo, che deploriamo giustamente lo stalinismo e succedanei 'vari che sono ancora fortissimi, in Cina, Vietnam, Corea del Nord e Cuba, ricordiamoci che il marx-leninismo-stalinismo non è morto, anzi non mi meraviglierei che addirittura riprendesse il potere nell'ex Unione Sovietica, non c'è da meravigliarsi perché la storia e tutta improvvisazione. Abbiamo quindi noi il diritto di lasciare entrare questa gente, così a "scatola chiusa" venite poverini, poi se dico che Maometto è quello che è effettivamente basta studiare la storia - mi ammazzano. Questo è il rispetto che abbiamo noi per i diritti umani, che valgono germe, per tutti, e anche peri maomettani. Quindi dico che se le nostre posizioni sono chiarissime e senza eufemismi, pensate alla classe dirigente nostra che non è più nostra, vi sembra logico tutto questo? Credete che sia un fenomeno diffuso in tutto l'Occidente e il mondo libero? Non risulta. Noi della Lega vorremmo avere molto meno ragione, ma ne abbiamo troppa, purtroppo: se ne avessimo meno staremmo meglio. Grazie.



PRESIDENTE

La parola al Consigliere Segre.
SEGRE Rispetto a quello che prevedevo, prima dell'inizio di questo dibattito noto dei cambiamenti, almeno in quello che mi ero immaginata, nel senso che se hanno ragione i Consiglieri che dicono che questo dibattito arriva in ritardo rispetto ad alcuni mesi, è altrettanto vero che a me sembra di cogliere, almeno negli interventi che ho sentito fino adesso, una scarsezza di maturità sul dibattito e sul terna che stiano trattando oggi. Nel senso che la scacchiera, almeno all'interno di questo Consiglio regionale, mi sembra molto più diversificata di quanto forse io immaginavo.
Questo come premessa generale, nel senso che vedo che questo provvedimento di legge, probabilmente, non avrà, anche con questi due giorni che ci siamo ritagliati, un iter veloce come forse qualcuno poteva pensare.
Ritengo però necessario, come già altri Gruppi hanno fatto nel corso del dibattito, essere chiara. Una delle scelte di fondo, ma anche fondative dei Verdi, è sempre stata quella di avere istituzioni più legate al territorio ed espressione del cosiddetto principio di sussidiarietà: su tale ipotesi sono ad esempio organizzati anche al loro interno.
Una delle tesi attuali dei Verdi è che nessuna proposta istituzionale può essere chiusa nell'ambito di una operazione limitata al sistema elettorale senza aggancio a due sistemi qualificanti che sono quello della riforma della pubblica amministrazione, della riforma dello Stato in senso regionalista come tappa intermedia verso un effettivo federalismo.
I Verdi hanno d'altronde individuato da tempo gai obiettivi da perseguire nell'ambito di una corretta dialettica costituzionale con i poteri centrali, e sono: affermazione dell'autonomia statutaria delle regioni con attribuzione alle stesse della potestà statutaria determinazione della propria forma di governo sistema elettorale del Consiglio regionale rispetto dei principi fondamentali della Costituzione netta separazione delle funzioni dello Stato e delle Regioni con la tassativa individuazione delle competenze connesse ai compiti essenziali dello Stato e con competenze esclusiva delle Regioni in tutti gli altri settori fiscalità basata fondamentalmente sui principi del federalismo fiscale riconoscimento che alla capacità di spesa delle regioni e degli enti locali corrisponda, altresì, un'autonomia di carattere impositivo, per ci che riguarda le entrare adeguato riparto dei tributi erariali che va chiaramente inteso non nel senso di un'aggiunta di imposte e tasse, bensì come una partecipazione attribuzione alle Regioni, agli enti locali di quote del gettito erariale prodotte sul territorio.
Un punto a cui teniamo è la riserva alla sola Corte Costituzionale della valutazione di legittimità delle leggi regionali, superando l'attuale regime di rinvio governativo ed affidando quindi alla sfera di auto auto organizzazione delle Regioni la disciplina sul controllo degli atti amministrativi; inoltre, un'affermazione dell'effettivo ruolo delle Regioni sia in sede CEE con rappresentanza istituzionale negai organi comunitari sia per le attività di rilievo internazionale nelle materie di competenza.
Ultima, ma non di minore importanza l'attribuzione alle Regioni della piena competenza in materia di tutela delle minoranze linguistiche, ai sensi dell'art. 6 dell'attuale Costituzione. Per quanto riguarda il progetto di legge in esame oggi, noi ribadiamo, come gruppo dei Verdi, che l'ingegneria costituzionale non è sufficiente per la riforma dello Stato, necessita soprattutto di un profondo rinnovamento nel costume politico che non pu essere normato. Questa proposta di legge non è la migliore, per i Verdi contiene alcuni punti deboli, sostanzialmente è timida nei rapporti tra Stato e Regioni. Un passaggio importante per liberarsi dal potere centrale e ministeriale poteva essere l'abolizione del potere di veto, che su qualsiasi legge regionale il governo esercita attraverso i suoi funzionari Commissari di governo.Il governo approfitta ampiamente del controllo preventivo che gli spetta, con la possibilità di impedire o di ritardare di mesi i provvedimenti e le leggi regionali, anche se perfetti sotto ogni punto di vista. Un potere, quindi, di ricatto in qualche modo, che costringe gli assessori a trattare il contenuto di una legge regionale prima can il governo, successivamente con il Consiglio regionale, ridotto in tal modo al ruolo poco dignitoso di passacarte.
Per questo su questo tema abbiamo presentato un emendamento. Un altro punto debole è la mancanza di una più netta distinzione tra i ruoli delle due Camere. Qui torniamo al discorso già affrontato da altri Consiglieri sul Senato delle Regioni. Giudichiamo già un passo in avanti, nel permanere dell'assetto bicamerale, la funzione attribuita al Senato come culla delle leggi organiche ed alla Camera quella di culla delle leggi di materia di esclusiva competenza dello Stato. Ma non è ancora lo snellimento auspicato anche nel numero di senatori e deputati, e soprattutto la creazione di quella nuova istituzione, il Senato delle Regioni, di cui purtroppo non si fa menzione in questo progetto di legge. Invece noi vorremmo che se ne parlasse. Un'altra omissione noi Verdi la facciamo risalire a qualcosa che ci sta particolarmente a cuore, la tanto dibattuta questione sulle bio regioni, che in tale proposta di legge è totalmente trascurata. Il problema delle bio-regioni è un problema diverso da quello delle macro regioni proposte dalla Lega, però imporrebbe un ragionamento anche sul rifacimento degli attuali confini amministrativi delle regioni. I punti, invece, su cui anche i verdi concordano, sono il sostanziale ribaltamento della definizione di competenze fra Stato e Regione, cioè i riferimenti all'art.
70 e all'art. 117, anche se questi dovrebbero, e speriamo, essere emendati.
La definizione dei principi di legge organica - i cui destinatari non sono i cittadini ma le Regioni - quali leggi di indirizzo, con l'accettazione del concetto di separatismo, ovvero la definizione di ambiti esclusivi reciprocamente inviolabili fra i due soggetti istituzionali, pongono un freno definitivo alla pratica delle leggi invasive da parte dello Stato e alla tendenza alla iperlegiferazione. Questo è un altro punto che trova concordi i Verdi. L'ultimo punto sul quale vorrei soffermarmi è l'effettiva autonomia finanziaria delle Regioni che, come ho già detto in precedenza non dovrebbe essere costituita in modo assoluto da contributi aggiuntivi ma con contributi propri, salvaguardando il principio - e questo è un altro principio a cui i Verdi tengono in particolar modo - del riequilibrio a fronte delle disparità delle condizioni economiche di base tra le varie regioni. Questa è una scelta fondamentale del federalismo, che non vuol dire separatismo. Una scelta fondamentale perla riconquista della democrazia nel nostro paese attraverso la ricomposizione di responsabilità di spesa e responsabilità di intervento nella gestione degli investimenti e della spesa corrente. Scelta che oltre, ad attivare reali meccanismi interni alla classe politica per il rientro del deficit pubblico può porre fine al continuo rimpallo delle competenze tra erogazione dei fondi ed erogazione dei servizi. Rimpallo contro il quale si insabbia permanentemente ogni tentativo da parte dei cittadini di esercitare un controllo diretto. Con questo intervento ho voluto essere chiara, e spero di esserci riuscita, sui punti che stanno particolarmente e a cuore ai Verdi, quelli su cui ci batteremo anche nelle proposte di emendamento.La nostra posizione riguardo alla proposta di legge costituzionale nel suo insieme saremo in grado di esprimerla solo alla fine del dibattito suoi emendamenti.



PRESIDENTE

La parola al Consigliere Goglio.
GOGLIO Signor Presidente e colleghi, dirò subito che il nostro Gruppo è favorevole alla proposta di legge n. 282 che verrà presentata prossimamente alla Camera. Nella relazione del Presidente Brizio due sono i punti che ci fanno riflettere. Il primo punto esprime un certo scetticismo sul futuro di una riforma che dovrebbe restituire alle Regioni l'autonomia sancita dalla Costituzione; nel senso che la modificazione di un dettato costituzionale non appare né semplice né scontata.
Il secondo riguarda un argomento sul quale noi socialdemocratici crediamo da sempre, quello della delega attuativa del sistema impositivo della gestione cioè del prelievo fiscale e della finalizzazione programmata delle risorse. Infatti ogni autonomia non ha senso se viene a mancare la possibilità di gestire le risorse. Cosa significherebbe far da sé se non potessimo disporre (come oggi avviene) della capacità di governare con leggi in grado di garantire la copertura degli impegni? Il Presidente Brizio ci ha ricordato la differenza sostanziale, che pone su due piani diversi le regioni a statuto speciale e quelle regioni a statuto ordinario.
La questione posta, che personalmente condivido, non è di dare uno Statuto speciale e di conseguenza un certo numero di benefici a tutte le Regioni, equiparando quelle a Statuto ordinario alle altre che già da tempo godono di privilegi a noi ignoti, ma il problema è un altro. Il problema è di delegare, non solo competenze e risorse, ma il potere di decidere secondo lo schema previsto a suo tempo dal legislatore costituente.
Infatti, se le Regioni non avranno un vero potere decisionale autonomo rischieranno di restare grosso modo quello che sono: sportelli di cassa chiamati a distribuire risorse predeterminate dal potere pubblico centrale e al massimo enti con qualche possibilità di imporre balzelli su tre o quattro settori che producono scarse risorse, ma grandi malumori e impopolarità.
La riforma che auspichiamo, e di cui discutiamo, deve andare oltre.
Deve dare una risposta consapevole ed esauriente alle spinte regionaliste che altri movimenti coltivano con successo sull'onda di una protesta non priva di ragionate pretese.
Noi non vogliamo dividere il Paese in tre, quattro, dodici parti.
Tuttavia è indiscutibile che il regionalismo, ossia il rispetto delle autonomie dei territori, delle economie, delle culture omogenee, abbia in Italia una antica tradizione e rappresenta oggi in Europa un tema diffuso e dibattuto su vasta scala.
Non dobbiamo avere timore delle spinte che vengono dalla gente. Di fronte a fatti criminali che continuano ad insanguinare parti del nostro Paese e assumono ogni giorno di più i contorni di una sfida, di fronte ad uno spreco esagerato di danaro pubblico, che viene sottratto agli investimenti come accade in Sicilia dove la Regione accumula migliaia di miliardi non spesi, non basta dare delle risposte evasive. La gente, la nostra gente come quella di altre Regioni, chiede di essere governata non da enti astratti, ma da assemblee locali capaci di rispondere alle vocazioni dei rispettivi territori.
Chi teorizza la frantumazione del territorio nazionale forse vaneggia ma chi non ascolta la voce che sempre più pressante viene dalla società locale rischia di farsi complice, seppure involontario, di qualsiasi avventura e del diffuso disagio che crea l'incomprensione tra società politica e società ovile.
Noi chiediamo che l'autonomia regionale, e ancor più l'autonomia delle Province e dei Comuni, passi dal terreno delle buone intenzioni ad una seria concretezza. Tuttavia è un discorso che non piace a molti specialmente a chi dovrà rinunciare ai benefici della gestione centralizzata della cosa pubblica. Ha ragione il Presidente Brizio a preoccuparsi quando asserisce che si dovrà evitare "che le norme legislative sul nuovo regionalismo vengano sistematicamente contraddette da successive leggi ordinarie dello Stato" erme si è già verificato in passato.
Se questo governo non si arena, saremo chiamati a partecipare o quanto meno ad esprimerci su alcune grandi riforme, a partire da quella della elezione diretta dei Sindaci, e dei meccanismi che portano alla elezione dei futuri governi comunali.
Non ha alcun senso però se la discussione non verrà allargata alle forme di elezione delle assemblee ioli tutti gli enti rappresentativi delle comunità locali: Comuni, Province, Regione. E' un altro passo avanti per rendere credibile il nostro ruolo di legislatori più che di amministratori.
Autonomia significa anche poter intervenire da interlocutori reali, e non solo rappresentativi, nello stabilire Intese tra le Regioni europee confinanti o semplicemente interessate a strategie comuni di mercato.
Significa altresì poter pianificare interventi di struttura sul territorio nella consapevolezza di non dipendere dagli umori dell'autorità centrale o dall'instabilità economica che di anno in anno accumula tagli su tagli nella ripartizione dei fondi, lasciando le Regioni in difficoltà e scaricando su di esse oneri che non sono in grado di fronteggiare per carenza di strumenti.
Ecco perché ci sentiamo, come socialdemocratici, concordi - e solidali nel sollecitare le riforme di cui discutiamo e saremmo pronti a batterci in qualsiasi sede purché esse vengano portate a termine nel più breve tempo possibile.



PRESIDENTE

La parola al Consigliere Rabellino.
RABELLINO Abbiamo assistito a questo dibattito e ancora una volta prendiamo atto del distacco che esiste tra la realtà del Paese, le forze politiche e le istituzioni. Pare che qui non ci si renda conto di cosa sta accadendo In Italia.
Oggi è stato proposto un disegno di legge e abbiamo sentito molti interventi, in particolare quello del relatore Zanoletti Quest'ultimo mi è parso un intervento di tipo serbo di 5-6 anni fa, il cui senso è: c'è lo Stato, salviamo l'unità nazionale, salviamo questa integrità; tutto ciò in un momento in cui ormai dobbiamo prendere atto che di Italie ce ne sono almeno due.
Mi pare che addirittura l'Europa abbia preso ornai atto che ci sono due Italie. A questo proposito, vi inviterei a soffermarvi un attimo su una serie di interventi contenuti nei giornali stranieri su qual è la situazione italiana. Leggo solo una frase tratta dal Der Spiegel tedesco il quale definisce !Malia un paese con forti tendenze secessionistiche - se ne sono accorti addirittura in Germanici - da parte del ricco Nord, che vede i proventi delle tasse finire In piani per il Mezzogiorno e da li direttamente nelle casse della mafia. Questo scrive il giornale tedesco Der Spiegel: anche in Germania, dunque, si sono accorti che di Italie ormai ce ne sono due.
Mi pare, però, che i Presidenti dei Consigli regionali non se ne siano accorti. Infatti, se l'elaborazione delle istituzioni è stata questo disegno di legge, vuol dire - e ribadisco questo concetto - che le istituzioni sono sempre più lontane dal paese reale, dalla situazione reale.
La Lega Nord ha presentato un documento di sospensiva della discussione pregiudiziale su questo disegno di legge che chiederà venga messa in discussione prima del passaggio dell'articolato. Riteniamo che il progetto della Lega Nord, quello di dividere (come qualcuno definisce), sia estremamente unificante: consiste nel suddividere questo Stato italiano in tre mega regioni, definite repubbliche. In un certo senso noi sfamo per questa Italia unica, il problema è che in questo memento riteniamo - non in senso biblico - l'Italia una e trina; non possiamo che prenderne atto.
Prendiamone atto e cerchiamo di assemblare il più possibile,di fare in modo che si realizzi una convivenza di cultura e di popoli diversi all'interno di un contenitore che oggi è quello italiano, ma dobbiamo pensare che domani non lo sarà più; domani il contenitore vero, reale sarà quello europeo. Se non affrontiamo seriamente questo problema e continuiamo a nasconderci dietro una demagogia italianista (falsa demagoga), sicuramente rischiamo più che mai di arrivare all'appuntamento europeo nelle stesse condizioni in cui è arrivata la Jugoslavia, e i segnali mi pare che siano chiari. Teniamo presente che oggi, fatto gravissimo, abbiamo l'Esercito che controlla una Regione italiana, per ora! Se questo principio lo lasciamo passare in silenzio, anzi addirittura con enfasi ed euforia da parte di certe forze politiche, noi molto probabilmente fra tre mesi ci troveremo con l'Esercito che controllerà due Regioni, poi tre e - perché no? - a un certo punto venti? Allora, mi spiace, la Lega Nord a questo gioco non ci sta! La Lega Nord ha fatto una proposta ben precisa e nonostante la censura che è stata messa in atto dai media controllati totalmente dai Partiti, la Lega Nord ha comunque il consenso della gente sul progetto delle tre Mega-regioni, delle tre Repubbliche. Sta ai Partiti non far diventare questo un progetto secessionista, ma se le forze politiche - lo sottolineo - continuano a fare discorsi, come abbiamo assistito in quest'aula, completamente al di fuori della realtà che ci circonda nei nostri paesi e nelle nostre Regioni signori, penso che a questo punto sarà la gente stessa a fare discorsi secessionisti, perché i Piemontesi e i Lombardi non sono disposti a trovarsi l'Esercito nelle proprie strade per difenderli da un diritto sacrosanto che è quello dell'ordine pubblico e della garanzia di ogni singolo cittadino! Anche perché le Regioni del nord sono europee, purtroppo a qualcuno spiacerà, ma sono europee contrariamente a quanto lo sono altre Regioni italiane. Questo e uri dato di fatto, non è una posizione della Lega Nord, è un dato di fatto che qualcuno ha voluto nascondere per anni ma che oggi sta emergendo in tutta la sua evidenza e la situazione siciliana è l'apice di questa realtà.
Veniamo al merito della proposta di legge. Si tratta di una proposta di legge che non affronta il problema reale del regionalismo anche se si arriva oggi a parlare di regionalismo nel momento in cui storicamente questa fase è superata. Il discorso regionalista era attuale sei o sette anni fa; da quel momento in avanti il processo storico ha fatto sì che si arrivasse a parlare in altri termini, però anche chi vuoI fare il regionalista non ha affrontato l'aspetto fiscale e finanziario. In questa proposta di legge si vede tanto fumo, ma di arrosto molto poco: è una proposta di legge che non andrà avanti, che sicuramente sarà insabbiata a Roma; una proposta di legge che, sì, può avere l'appoggio demagogico da parte dei Consigli regionali, delle forze trasversali, perché stiano assistendo in tutte le Regioni ad una mega-alleanza, però la realtà è emersa dall'intervento del Consigliere Grasso. E emersa in tutti i suoi aspetti, la dimostrazione che è tutto fumo e che di arrosto ce n'è poco è la preoccupazione che gli emendamenti del Gruppo verde vadano in modo eccessivo in senso federalista. Allora, signori, qui dobbiamo capirci: si vuole fare un discorso regionalista in senso federalista o no? Che cosa vogliamo? In seguito anche alla pressione elettorale del consenso alla Lega Nord negli ultimi mesi abbiamo assistito a una presa di posizione da parte di moltissime forze politiche, direi di quasi tutte le forze politiche, che hanno affermato che è necessario riformare e dare più potere alle Regioni.
Molti si sono sciacquati la bocca con la parola "federalismo", ma poi al momento dei fatti, al momento di proporre cose concrete,vengono fuori queste preoccupazioni e allora si dice: "Si, facciamo la, proposta, ma non esageriamo, perché poi rischiamo davvero di fare uno Stato federalista e iniziare a farlo funzionare" Quanto ha detto il collega Tapparo mi trova perfettamente d'accordo: in Europa esistono già degli Stati federali, ad esempio la Germania che sicuramente non ha problemi di unità nazionale. Se noi oggi abbiamo dei problemi di unità italiana, che non è comunque nazionale perché le nazioni italiane sogno molteplici, è anche perché abbiamo, anzi avete Insistito troppo sul centralismo e sul tema italico che purtroppo la storta ha ormai superato.
In conclusione, noi chiediamo che il Consiglio regionale con questo documento di sospensiva del passaggio all'esame dell'articolato, dichiari un intento di sovranità nazionale della Regione Piemonte. E' chiaro che nel momento in cui si dovesse arrivare a una decisione in questo senso, tutte le modifiche costituzionali verrebbero a cadere.



PRESIDENTE

La parola al Consigliere Sartoris.
SARTORIS Premetto che invece noi voteremo a favore della proposta di legge, pur avendo molte perplessità politiche, in quanto pensiamo che sia meglio un brutto regionalismo piuttosto che niente. Molte volte si fanno delle grandi fughe in avanti per camuffare il fatto di non volere in sostanza cambiare nulla.
Il mio intervento è stato sollecitato da alcune affermazioni dei colleghi che mi hanno preceduta. Sono state dette delle cose inesatte che è il caso di rettificare, perché sembra quasi che noi assumiamo un atteggiamento, anziché di rivendicazione di qualche cosa, di richiesta perché altri non abbiano qualcosa. Le Regioni che godono dello Statuto speciale (Statuti speciali ben diversi nelle varie concessioni), io non credo abbiano dei privilegi. Il collega Chiezzi parlava per esempio dei privilegi che hanno in Valle d'Aosta. Non è vero perché ancora in questi giorni è ,stata pubblicata una tabella che dice che quanto viene trasferito dallo Stato per ogni valdostano è più o meno simile a quello di ogni altro cittadino della Repubblica italiana per il semplice motivo che spesso si considera la cifra in assoluto e non si considera ad esempio la cifra delle competenze che la Regione Valle d'Aosta copre e che a noi vengono date in modo diverso dallo Stato italiano: per esempio le varie Prefetture, la gestione del sistema scolastico e diverse altre gestioni che la Regione Valle d'Aosta fa in prima persona rispetto ad altre.
Il collega Zacchera diceva per esempio che nella Regione Trentino-Alto Adige un Consigliere percepisce uno stipendio che è tre volte il nostro, ma questo non è vero perché il conteggio è calcolato sullo stipendio degli onorevoli nella misura dell'80%, il nostro invece è del 65%, quindi nella Regione Trentino Alto Adige non prendono tre volte tanto quello che prendiamo noi, mentre nella Regione Marche dove il conteggio viene fatto In altro modo e su altre basi percepiscono molto di più.
Credo quindi che sarebbe ora di smetterla di pensare che a certe Regioni, per il semplice fatto che si sono conquistate uno Statuto e delle competenze, si sono conquistate la maniera di governare in un altro modo vengano fatte delle grandi regalie.
Ci sono poi due Regioni a Statuto speciale che sono collocate in una parte ben precisa del territorio italiano, che sono diverse dalle altre.
Tra queste la Sicilia; che è la Regione che ha più competenze in assoluto ha infatti addirittura la possibilità di gestire la polizia, prerogativa a cui ha rinunciato, ma che per Statuto avrebbe. La Sicilia ha ottenuto i suoi privilegi, grazie a fatti sanguinosi, facendo una grossa rivendicazione, tutt'altro che pacifica, che è costata molto denaro e molto sangue, molto di più di quanto non sia costato, per esempio, alla Regione Trentino Alto Adige! Quest'ultima ha ottenuto il suo "pacchetto" contrattando, in un periodo di cui è meglio non parlare; teniamo pero presente che la Regione che ha ottenuto più privilegi - se così li vogliamo chiamare - non è il Trentino Alto Adige, bensì la Sicilia.
Il collega Grosso si è scandalizzato per le affermazioni del prof.
Miglio al Parlamento; io credo che il prof. Miglio avesse perfettamente ragione, quando diceva che l'autonomia che ha la Regione Sicilia è un'autonomia mancata perché, pur godendo di molte prerogative (compresa la gestione di alcune competenze particolari quali la polizia ed altre) finisce per essere finanziata dallo Stato Italiano. E i cittadini della Regione Sicilia sono quelli verso i quali lo Stato trasferisce più denaro.
Si arriva dunque al solito discorso: non dobbiamo vedere le Regioni a Statuto speciale come delle nemiche che ci rubano qualche cosa. Io credo che le Regioni a Statuto speciale potrebbero venirci incontro in molte delle richieste che noi dobbiamo e crediamo giustamente di dover avanzare nei confronti dello stato italiano e dell'Amministrazione centralista di Roma.
Basta pensare al fatto che - non diversi anni fa, ma ancora in questi giorni - si dice che, per esempio, la fiducia per introitare questi 30.000 miliardi è subordinata al fatto che un Gruppo di parlamentari eletti in una parte ben precisa del Paese ha rivendicato un impegno di 24.000 miliardi per il Sud. A questo punto io dico: di una manovra di 30.000 miliardi, se 24.000 li impegniamo in un certo modo, alle altre Regioni cosa rimane? Alle altre Regioni rimane quello che è stato proposto in questi giorni cioè aggiungere tasse a tasse, cosa che è venuta fuori come una grande pensata estiva e che mi auguro rientri quando ritornerà il fresco! Mi riferisco alla proposta di far pagare agli artigiani, ai liberi professionisti, una tassa fissa sul loro lavoro, perché logicamente, quando non si sa cosa fare, si va a colpire, come al solito, queste categorie.
Spero che questa proposta rientrerà nel mese di settembre-ottobre; spero che ci ripensino perché è una cosa che sicuramente sarebbe vista negativamente da molta gente e che manderebbe molte persone nella direzione, in cui diceva il collega Rabellino che mi ha preceduto.
Si avverte l'incomprensione e il distacco completo tra la gente e una classe politica che cerca in tutti i modi di non capire e di non sentire quello che viene detto. La dimostrazione è quanto ricordava per esempio il collega Tapparo, che nel momento in cui si è pensato all'elezione si è immaginato subito di fare uno sbarramento, per cui i Consiglieri regionali non potessero neanche candidarsi al Parlamento, se non dimettendosi dalla carica. Questo proprio solo per favorire i segretari del partiti e le varie nomenclature, perché fossero sicure di poter ritornare; questo vuol dire che le leggi che noi presenteremo saranno dei suggerimenti destinati a persone che saranno molto sorde. Non so quanta disponibilità ci sarà, dal momento che si dice "le leggi per le Regioni le facciamo noi, così sappiamo cosa dare e cosa non dare e come fare in maniera che, comunque sia, i privilegi rimangano sempre a certi livelli e a certe persone".
Sono grossi problemi che sicuramente non riusciremo a risolvere noi oggi e sicuramente non nell'ambito di un singolo Consiglio regionale. Credo che su questo bisognerà aprire delle grosse discussioni, ma secondo me una delle cose più sbagliate che si possono fare è quella di creare contrapposizioni tra Regioni a Statuto speciale e Regioni a Statuto ordinario. Non c'è contrapposizione tra questi due tipi di Regioni: il problema non è quello di far perdere alle Regioni a Statuto speciale le loro concessioni, ma il fatto di rivendicare per ogni Regione uno Statuto simile, che sia il più adeguato alla gente che si va a governare.
Se cominciamo a dire che questi sono dei nemici perché hanno qualche cosa in più, perché hanno qualche soldo in più per poter gestire delle competenze, secondo me ci infiliamo In un vicolo cieco, perché finiremmo soltanto per ottenere che certe Regioni perdano alcuni diritti e noi sicuramente non ne acquisiremmo di più.



PRESIDENTE

La parola al Consigliere Monticelli.
MONTICELLI Credo che valga ancora la pena, anche dopo tante ore di discussione tornare a riflettere sul significato dell'approvazione da parte del nostro Consiglio di una legge con queste caratteristiche. Non è una competenza legislativa nostra, non siamo noi che dettiamo le regole della nuova Costituzione della Repubblica, siamo noi che con altre Regioni, con altri Consigli regionali, concorriamo a portare nel dibattito istituzionale nazionale una proposta. Niente di più e niente di meno, nel senso che lo credo sia un atto politicamente significativo.
Non concordo con quei colleghi che, ad esempio, hanno teso a dire che questa legge non avrà alcun risultato. Noi viviamo un momento in cui le trasformazioni istituzionali sono davvero sul tappeto, non siamo a uno-due tre anni fa, da questo punto di vista. Ricordo che qualche mese fa abbiamo votato. Insieme ad altre Regioni, quattro proposte di referendum nazionale abrogativo. Quel referendum è in campo. Se di qui ad un anno e mezzo non si provvederà a trasformare il sistema dell'amministrazione nazionale statale si voteranno quei referendum. Questo è un atto concreto. La Commissione bicamerale è stata decisa, sta per incominciare a lavorare.Tutti - credo si rendono conto che sarà prodotta una trasformazione del sistema istituzionale italiano a tempi politicamente brevi, forse nell'arco di un anno o due anni. E importante che le Regioni partecipino alla fase concreta, e non teorica, di trasformazione del sistema istituzionale, con un certo contenuto di proposta.
Con altre parole, cerco di ritornare alla discussione che hanno percorso molti interventi, quella sul federalismo, sul regionalismo, cioè sul senso della proposta di riforma. Come affermazione politica, dico che questa non è una risposta alle leghe, ma ad un problema oggettivo - che ha uri origine profonda e che è presente in tutta Europa, da cui, semmai, sono nate le Leghe - quello della crisi, della trasformazione degli Stati nazionali, dell'emergere, da un lato, di nuove, più forti, più pressanti e a volte, più dure logiche di internazionalizzazione dei sistemi economici politici e, dall'altro, dell'insorgere di un problema grande di identità dei sistemi locali. Questo problema di difesa dell'identità dei sistemi locali si è espresso anche attraverso le Leghe. A mio parere politicamente, si è espresso nella forma meno produttiva, nella forma di una ideologia che considero distruttiva: una ideologia che, purtroppo, in alcune parti dell'Europa, ha assunto anche la forma della guerra, perché il nazionalismo è un'arma ideologica pericolosa, che facilmente si trasforma da ideologia ad arma vera e propria.
Credo ci sia un approccio e una risposta a questo problema dei sistemi locali, della difesa e del rilancio del senso di un sistema regionale locale (chiamiamolo come vogliamo), che abbia invece contenuti diversi progressisti e non di disgregazione, che non porti in sé il germe del nazionalismo. L'elaborazione che ha portato al testo che stiamo esaminando credo che nel suo insieme abbia questo aspetto positivo; il tentativo di disegnare un sistema statuale su basi nuove, non più centralistico regionalista (è stato detto), che però tiene conto del permanere di un valore di unità nazionale, certo, da ricostruire, da ridefinire, da riconquistare, in un certo senso, ma non abbandona il senso di questo valore, e cerca pure di mettere su basi più realistiche un problema che altrimenti, rischia di essere solo nominalistico: quello dell'uso della parola "federalismo".
Colleghi, se andassimo a guardare cosa sta succedendo in altri Paesi europei, ci accorgeremmo che, quello che viene considerato normalmente l'esempio del federalismo europeo occidentale (la Germania), è un Paese mero federalista di quanto sembri, perché in quel Paese la tendenza che è in corso è quella di rafforzare alcuni poteri unitari nazionali,pur partendo da una base federalista molto forte. Ricordiamo sempre, colleghi che il federalismo in Germania non é stato una conquista dei tedeschi ma è stata una imposizione degli alleati dopo la guerra. Per altri versi abbiamo un Paese tradizionalmente centralista, come la branda, che va, invece nella direzione di rafforzare poteri regionali sempre più incisivi. Questo e il processo.
La proposta che abbiamo di fronte è equilibrata dal punto di vista europeo, in quanto si colloca all'intero di una media di posizioni, di processi presenti in vari Paesi, che tende ad un mantenimento del sistema unitario sulla base, però, di poteri autonomi, di poteri regionali estremamente forti ed incisivi.
C'è un punto discriminante per quel che riguarda il carattere di questa proposta, ed è il fatto che ipotizza l'esistenza delle "leggi organiche" approvate dal Parlamento, come momento di coordinamento e di impostazione unitaria dell'autonomo potere legislativo delle Regioni. Questo è il tratto distintivo di questa proposta rispetto ad un modello di federalismo puro che, secondo me, non è praticabile nella realtà europea attuale. Da questo punto di vista ha un significato particolare la proposta di modificare il testo con gli emendamenti riguardanti il Senato delle Regioni e su una differenziazione del ruolo delle due Camere, proprio per ritrovare un equilibrio più proprio del sistema.
Credo che occorrano leggi organiche nazionali come orientamento all'autonomia legislativa delle Regioni, e per tali leggi è indispensabile un ruolo istituzionale nazionale delle Regioni. Cioè sia indispensabile che le Regioni si facciano "stato nazionale" nell'elaborazione delle leggi organiche. Per questo motivo credo sia essenziale la previsione del Senato delle Regioni; cioè di uno dei due rami delle Camere con una composizione particolare e con un ruolo particolare. Lo ricordava prima la collega Segre: il Senato delle Regioni come culla delle leggi organiche, mentre la Camera dei Deputati dovrebbe avere come tratto caratteristico quello di essere culla delle leggi ordinarie dello Stato.
Negli emendamenti da noi presentati insieme ai colleghi del PSI prevediamo che queste due Camere abbiano uguale dignità e valore politico perché entrambe le Camere (questa è la previsione che facciamo) concorrono agli atti generali dello Stato: la fiducia e la sfiducia al Governo l'approvazione delle leggi costituzionali, quelle del bilancio; quindi sono due Camere messe sullo stesso piano dal punto di vista della dignità e del valore politico generale, ma con la differenziazione di ruoli che, credo abbia un valore regionalista, che attribuisce a questa proposta un carattere regionalista molto pregnante.
Per questo abbiamo ritrovato, concorrendo ad una ipotesi di modifica con gli emendamenti, nella proposta di legge dei Consigli regionali una base valida per il voto del Consiglio; noi, come i colleghi del PSI avevamo presentato una proposta di legge qualche mese fa su questi temi e lo abbiamo ritirato per lavorare tutti assieme ad una proposta unica da portare all'attenzione del Parlamento.
Infine, ritengo questo dibattito non inutile, non di facciata, non rituale. Per la prima volta, forse, in una discussione di questo Consiglio entriamo davvero nel merito di cosa vuol dire autonomia nuova delle Regioni. Non ci limitiamo a rivendicare qualche cosa al Governo e allo Stato, ma incominciamo a dire cosa vogliamo essere, cosa vorremmo, per meglio dire, essere noi Regione del prossimo futuro. E' naturale che, nel momento in cui entriamo nel merito, emergano delle differenziazioni. Quando si chiede qualche cosa ad altri si può essere tutti d'accordo, quando si cerca di andare nello specifico, in una assunzione di responsabilità emergono anche delle differenze, ma da questo punto di vista mi sembrano differenze utili.



PRESIDENTE

Sospendo per alcuni minuti la seduta per una conferenza dei Capigruppo.



(La seduta, sospesa alle ore 15,15 riprende alle ore 15,40)



PRESIDENTE

La seduta riprende.
E' stato presentato un ordine del giorno dai Consiglieri Rabellino Bodrero e Vaglio il cui testo recita: "Il Consiglio regionale del Piemonte in seguito al dibattito sul pdl n 282 sul Regionalismo preso atto della situazione che si è venuta a creare in Italia, in seguito all'attentato mafioso, al giudice Borsellino, ultimo atto delle sfascio della credibilità dello stato centralista italiano rilevato che sempre più si delinea la differenza tra, le due Italie e che il Piemonte, insieme alle Regioni del Nord, rischia di essere estromesso, non per responsabilità proprie, da quel processo di unificazione europea ancora di salvezza, economica, e sociale per le nostre genti dichiara in questo momento storico, il diritto naturale della nazione piemontese federata con i popoli del nord, all'autodeterminazione, così come è previsto in tutti gli accordi e trattati internazionali sul diritto delle nazioni all'autodeterminazione.
Riconoscendo tale diritto, conseguentemente l'assemblea legislativa piemontese, proclama il proprio desiderio di dare forma alla propria vita nazionale e di comunità organica in modo federale con le altre nazioni padane del nord, intendendo rispettare i diritti di tutti i cittadini di tutte le minoranze nazionali ed i gruppi etnici, in accordo con gli obiettivi democratici ed umanitari dell'Europa e del mondo intero Attraverso questa dichiarazione l'assemblea, legislativa, piemontese proclama la volontà di sovranità del Piemonte, federato con le nazioni che rappresentano i popoli del nord, come base per l'istituzione di una sovrana, repubblica del nord e delibera il non passaggio all'esame dell'articolato in quanto esso è in palese contraddizione al riconoscimento di sovranità nazionale dei popoli italici base concreta di una riforma costituzionale in senso europeo".
La parola al Consigliere Rabellino per l'illustrazione.
RABELLINO Con questo ordine del giorno chiediamo che non si passi alla discussione dell'articolato in quanto questo ordine del giorno è, in un certo senso, una dichiarazione di sovranità popolare della nazione piemontese. Questo documento, in pratica, è stato preso dalla dichiarazione di sovranità nazionale dell'assemblea legislativa slovacca che ha assunto una certa posizione; ormai nota a tutti. Noi andiamo oltre a questa semplice richiesta, dichiarazione di intenti da parte della Regione Piemonte di sovranità nazionale, ma esprimiamo, can questo documento, la volontà della nazione piemontese di federarsi con le altre nazioni del nord per dare vita, in pratica, ad una nuova forma costituzionale che è quella federale confederata con le altre regioni del centro e del sud.
Con il passaggio di questo documento non avrebbe più nessun senso discutere di modifiche di questa Costituzione che, nel momento in cui viene riconosciuta una sovranità nazionale da parte della nazione piemontese chiaramente si andrà a disconoscere, in un certo senso, l'attuale Costituzione.



PRESIDENTE

La parola al Consigliere Chiezzi.
CHIEZZI Ho letto adesso questo ordine del giorno. La domanda che le pongo signor Presidente - è se sia proponibile, perché l'ordine del giorno rileva che sempre pini si delinea la differenza tra le "due Italie".
A me risulta che si stia parlando di una cosa che non esiste in quanto proprio all'art. 5, la Costituzione italiana afferma che la Repubblica è "una, e indivisibile". Che la Lega voglia spaccare l'Italia in qualche pezzo, come partito politico, ci provi, ma in una istituzione della Repubblica italiana una e indivisibile, a mio parere, è improponibile la messa in votazione di un ordine del giorno che afferma che ci sono due Italie. Questa è un'affermazione che, magari, può diventare vera il giorno che questo dovesse succedere, ma che non è proponibile oggi.
Considero quindi questo ordine del giorno incostituzionale perché dà per scontato un fatto, la separazione dell'Italia, che, viceversa, la Costituzione in vigore afferma essere una e indivisibile.
Chiedo che la presidenza si esprima su queste mie osservazioni e, per quanto mi riguarda, consideri improponibile questo ordine del giorno.



PRESIDENTE

E' evidente che, questo documento non trova riscontro nella nostra Costituzione. Tuttavia, nel nostro regolamento, non esiste una norma che dia facoltà al Presidente di dire che un documento è ammissibile o non è ammissibile, rispetto a questo tipo di cose. Per cui credo che il Consiglio debba esprimersi e votare a favore o contro. Non ho un punto di appiglio su questa questione. Ho chiesto più volte alla Commissione Regolamento, anche per iscritto, di modificare il Regolamento in questa direzione e lavorare con rapidità alla costruzione di una norma che potrebbe essere semplicissima affinché dia questa facoltà.
La parola al Consigliere Majorino.
MAJORINO Innanzitutto concordo con quanto ha detto il Consigliere Chiezzi e con quanto dice lei. Presidente, che cioè non è nei suoi poteri, però pongo una questione di proponibilità dell'ordine del giorno e sulla proponibilità ritengo che il Consiglio debba votare. E' una questione pregiudiziale alla questione sospensiva, perché non è nei suoi poteri decidere d'autorità unilateralmente, lei o l'ufficio di Presidenza, ma di fronte ad un ordine del giorno in ordine al quale quanto meno fino a questo momento due Consiglieri dichiarano che non è proponibile, mi pare che la proponibilità vada messa ai voti.



PRESIDENTE

La parola al Consigliere Cucco.
CUCCO Signor Presidente, non vorrei che su questa vicenda ci ravvoltolassimo in un problema che non esiste. La proponibilità, da questo punto di vista non si pone nemmeno come problema, perché stiamo discutendo un progetto di legge al Parlamento italiano per la modifica della Costituzione. Questo ordine del giorno contiene una possibile modifica della Costituzione, non si capisce perchè non si debba votare.
In secondo luogo mi sembra che la questione sia essenzialmente politica. I ricorsi alla improponibilità o alla non pertinenza o a queste forme regolamentari del tutto censorie, soprattutto su una materia come questa, dove mi vedo personalmente lontano dalla Lega, danno più spazio alle polemiche di quanto le polemiche stesse non possono avere. Per cui il Consiglio voti o contro o a favore, almeno la questione si risolve politicamente, non con forme surrettizie di regolamento che peraltro secondo me, non si possono applicare.



PRESIDENTE

Pongo pertanto in votazione il documento testé letto.
Chi è favorevole è pregato di alzare la mano.
Il documento è respinto con 3 voti favorevoli, 38 contrari, 1 astenuto, non partecipano alla votazione 2 Consiglieri.
Passiamo all'esame dell'articolato.
ART. 1 - Si proceda alla votazione per alzata di mano, a norma dell'art.
44, secondo comma, dello Statuto.
L'esito della votazione è il seguente: presenti 34 votanti 32 hanno risposto SI 26 Consiglieri hanno risposto NO 4 Consiglieri si sono astenuti 2 Consiglieri non partecipano al voto 2 Consiglieri L'art. 1 è approvato.
1) Emendamento presentato dal Consigliere Marino: Art. 1 bis - il primo comma dell'art. 55 della Costituzione è così modificato: "Il Parlamento si compone della Camera dei Deputali e dei Senato delle Regioni".
La parola al Consigliere Marino per l'illustrazione.
MARINO Non ho molti commenti da fare perché le ragioni di fondo che portano anche a questo emendamento, le ho già illustrate nell'intervento precedente.
Credo che il segnale principale da dare, per quanto riguarda una diretta rappresentanza politica più generale delle Regioni, passi anche attraverso la modifica del primo articolo della Costituzione, all'inizio della seconda parte del titolo primo, sezione I della seconda parte della Costituzione. Sostanzialmente si chiede di cambiare il primo comma che recita: "Il Parlamento si compone della Camera dei Deputati del Senato della Repubblica" in "Camera dei Deputasti e Senato delle Regioni".
E' ovvio che questo non pregiudica le diverse possibili proposte sulla composizione ed eventualmente anche sul ruolo del Senato delle Regioni.
Mi pare che l'accoglimento di questo emendamento in realtà pregiudichi l'accoglimento di tutti gli altri emendamenti che portano alla nascita di un Senato delle Regioni.
Quindi, seppure come articolato viene prima, probabilmente è conseguenza delle posizioni che si prenderanno sugli altri emendamenti. In ogni caso in ordine deve essere votato per primo. Solleciterei eventualmente a fare un brevissimo dibattito sui vari emendamenti proposti per un eventuale Senato delle Regioni.



PRESIDENTE

Informo i Consiglieri che in sostituzione del Consigliere Zanoletti che ha dovuto assentarsi, risponderà il Vicepresidente della I Commissione.
La parola al Consigliere Rossa.
ROSSA L'emendamento può essere accolto anche se l'affermazione sul Senato delle Regioni è piuttosto pesante, pare però che trovi ampio consenso in questa assemblea. Avrei ipotizzato un percorso più graduale, con un'affermazione di regionalismo; realizzata attraverso questo momento nazionale e regionale.
L'emendamento può essere accolto; da parte del relatore c'è piena disponibilità.



PRESIDENTE

L'emendamento dunque è accolto.
Chi è favorevole è pregato di alzare la mano.
E' approvato con 31 voti favorevoli e 4 contrari, 2 astenuti.
Non partecipano alla votazione 2 Consiglieri.
Pongo in votazione l'art. 1 bis.
Si proceda alla votazione per alzata di mano, a norma dell'art. 44, secondo comma, dello Statuto.
L'esito della votazione è il seguente: presenti 39 votanti 37 hanno risposto SI 31 Consiglieri hanno risposto NO 4 Consiglieri si sono astenuti 2 Consiglieri non partecipano al voto 2 Consiglieri L'art. 1 bis è approvato.
2) Emendamento presentato dal Consigliere Marino: ART. 1 ter - il primo comma dell'art. 57 è così modificato: "Il Senato delle Regioni è costituito dall'insieme dei membri eletti nelle singole Regioni. Ne fanno parte di diritto i Presidenti delle Giunte e i Presidenti dei Consigli regionali in carica".
La parola al Consigliere Marino, che lo illustra.
MARINO Se non mi sono sfuggiti degli emendamenti, mi pare che su questo problema specifico, oltre a quello presentato da me, ci sia l'emendamento del Consigliere Rossa ed altri.
Il problema di fondo è di indicare, seppure in termini generali, qual 'è la composizione del Senato delle Regioni. La mia proposta è quella più semplice; innanzitutto si propone di modificare il primo comma dell'art 57 della Costituzione, che attualmente recita: "Il Senato della Repubblica è eletto a base regionale". Propongo di modificarlo nel seguente modo: "Il Senato delle Regioni è costituito dall'insieme dei membri eletti nelle singole Regioni".
Questo articolo afferma che il Senato è la somma di una serie di rappresentanti eletti nelle singole Regioni, il che non vuol dire dal Consigli regionali; poi, sul come nelle singoli Regioni vengano eletti, ci sono varie ipotesi. L'ipotesi (molto minima) che presume questo mio unico emendamento è che il Senato acquisisca una connotazione di elezione regionale più forte di quella che ha oggi.
Voi sapete che già oggi il Senato ha una valenza di tipo regionale tant'è che, per esempio; non esiste il Collegio unico nazionale per i resti al Senato, ma una serie di Collegi senatoriali e non ci sono resti nazionali: questo, in qualche modo, prefigura una concezione di tipo regionale.
Nella mia proposta si presuppone che relazione sia da parte di tutti i cittadini, molto simile a quella attuale, ma con una più precisa connotazione che rafforza l'espressione regionale, e cioè che i membri che ne fanno parte di diritto, gli unici che da questo punto di vista non sono direttamente espressi dai cittadini, siano i Presidenti dei Consigli regionali e i Presidenti delle Giunte regionali. Mettendo da parte le proposte di riforma elettorale che comunque si stanno discutendo nel Paese e che riguardano il Senato, la forma di elezione sarebbe abbastanza simile a quella attuale, la connotazione forte di rappresentanza delle Regioni deriverebbe dal fatto che ci sarebbero 40 membri di diritto, cioè i 20 rispetto alle Regioni attuali - Presidenti delle Giunte e i 20 Presidenti del Consiglio.
E' evidente che questa proposta di emendamento presuppone una modalità di elezione diversa da quella presentata dal Consigliere Rossa, rispetto alla quale esprimo - ne approfitto per fare un intervento unico - anche il mio parere contrario.
La proposta del Consigliere Rossa presuppone che una parte dei Senatori venga eletta a suffragio universale diretto, e l'altra all'interno dei Consigli regionali. Sono contrario per vari motivi, il primo dei quali è perché una parte dei membri, quelli eletti dal Consiglio, sarebbe di seconda nomina, di secondo livello; secondariamente, perchè ritengo abbastanza inaccettabile che dei Consiglieri regionali, soprattutto con una Regione che ha ruoli nuovi, possano essere contemporaneamente anche Senatori. Personalmente ritengo impossibile svolgere in modo adeguato entrambi questi ruoli, oltre al fatto che sarebbe una nomina di secondo livello, non più determinata dai cittadini.



PRESIDENTE

Grazie, Consigliere Marino.
3) Emendamento presentato dai Consiglieri Rossa, Fiumara, Tapparo Monticelli, Grosso: Dopo l'art. 1, è introdotto il seguente art. 1 bis: "L'art 58 della Costituzione è sostituito dal seguente: art. 58 - I Senatori sono eletti per metà a suffragio universale e diretto e per l'altra metà dei rispettivi Consigli regionali.
Nelle Regioni cui è attribuito un numero dispari di seggi sono eletti a suffragio universale e diretto la metà più 1 dei senatori. Il seggio spettante alla Valle d'Aosta è assegnato a suffragio universale e diretto.
Dei senatori eletti dai Conigli regionale metà è scelto tra i Consiglieri e metà tra gli elettori della Regione.
Per essere eletto senatore occorre aver compiuto quaranta anni e godere dei diritti civili e politici".
4) Emendamento presentato dal Consigliere Marino.
"Art 1 quater L'art. 58 della Costituzione è così sostituito: "I senatori sono eletti dagli elettori che hanno superato il 18 anno di età. Sono eleggibili a senatori gli elettori che hanno compiuto i 25 anni di età".
5) Emendamento presentato dai Consiglieri Rossa, Fiumara, Tapparo Monticelli, Grosso: Dopo gli artt, l e 1 bis, introdurre il seguente art, l ter: "All'art. 65 della. Costituzione è aggiunto il seguente comma: l'ufficio di senatore non è imcompatibile con quello di Consigliere regionale".
Propongo di ampliare la discussione su tutti gli emendamenti inerenti alle modalità di elezione del Senato delle Regioni.
La parola al Consigliere Cucco.
CUCCO Mi sembra che con questi emendamenti si stia toccando il punto della discussione - peraltro toccato pochissimo durante il dibattito generale che è quello della rappresentanza dei membri eletti nelle varie istituzioni e della loro composizione.
Non sono intervenuto in sede di dibattito generale né intendo intervenire adesso su questo, ma voglio esprimere tutto il mio disappunto e voterò contro tutti gli emendamenti perché non tengono conto della necessità urgente di porre mano alla riforma della legge elettorale. Per esempio, la legge elettorale, che non è norma costituzionale e che quindi è norma ordinaria ed ha bisogno di maggioranze di altro tipo in Parlamento non è contemplata in questo tipo di riforma, così com'è stata disegnata dai progetti di legge presentati e anche dagli emendamenti , alcuni accenni sia in alcuni emendamenti che nelle relazioni.
A mio avviso è impossibile, concettualmente e politicamente ridisegnare l'assetto istituzionale del nostro Paese senza ridisegnare il ruolo che i partiti hanno in questo Paese, e il ruolo lo si ridisegna solo cambiando le regole essenziali del rapporto fra cittadini e Parlamento, che sono dettate dalla legge elettorale.
Vorrei ricordare (non perché fossi presente, ma perché l'ho letto) che quando si discusse la Costituzione, la discussione dell'assetto istituzionale avvenne in modo intrecciato, addirittura la legge elettorale fu discussa (in sede di discussione e non in sede approvazione formale) prima della stessa Costituzione, perché effettivamente un modo di direzione invece che un altro prefigura un assetto istituzionale invece che un altro.
Non è diverso, non è inverso il meccanismo.
Questo modo di procedere è assolutamente insoddisfacente perché non affronta il nocciolo del problema, che è quello della rappresentanza di queste istituzioni, che non é data dalla loro composizione, che non é data dal grado di elezione in un'istituzione invece che in un'altra, ma è data dal grado di rappresentanza che hanno queste istituzioni della cittadinanza.



PRESIDENTE

E' iscritto a parlare il Consigliere Rabellino.
RABELLINO Come Gruppo della Lega Nord voteremo contro questi emendamenti, e desideriamo fare una serie di considerazioni.
Ritornando al discorso che facevo poc'anzi, c'è sempre più distanza tra il palazzo e la realtà esterna: en un certo senso, andiamo a minare la sovranità popolare.
Come si può dire che i Senatori vengono nominati (perché è inutile parlare di elezione, a quel punto) dai Consigli regionali? Rischiamo di andare a lottizzare anche il Senato! I cittadini ci chiedono una maggiore trasparenza, una maggiore partecipazione e noi, con queste proposte, facciamo esattamente il contrario! A questo punto assistiamo - come abbiamo assistito alla nomina dei tre membri per l'elezione del Presidente della Repubblica da parte della Regione - a una discussione interna di alcuni partiti che si sono abilmente spartiti tutte le poltroncine a disposizione! Anche in questo caso, andremo a fare una spartizione da parte di poche forze politiche (guarda caso, sempre le solite!) di quei posti designati da parte dei Consigli regionali. Questo è veramente un attentato alla sovranità popolare!



PRESIDENTE

La parola al Consigliere Monticelli.
MONTICELLI Mi riferisco a tutti gli emendamenti che hanno a che fare con la composizione del Senato delle Regioni, sollecitando già gli uffici a problemi di coordinamento del testo.
Sono in campo due ipotesi: 1) la proposta avanzata dal Consigliere Marino, la quale prefigura un sistema elettorale che non si differenzia molto dall'attuale, se non con la previsione di abbassare il limite di età: i limiti di età sarebbero identici a quelli che vigono per la Camera dei Deputati, e a non quelli particolari che vigono per il Senato della Repubblica 2) la proposta di emendamento presentata, oltre che dal sottoscritto anche dal Consigliere Rossa ed altri, introduce un elemento innovativo prevedendo che una parte del Senato delle Regioni abbia una composizione che deriva dai Consigli regionali.
Faccio presente che non si tratta di un'innovazione campata per aria: l'equivalente del Senato delle Regioni in Germania prevede che siano i Lander che eleggono totalmente. Quindi, non mi sembra una cosa così strana: poi, certo, tutto è perfettibile.
Annuncio anche a nome del collega Rossa, che ritiriamo l'emendamento n.
5: ripensando al sistema complessivo è chiaro che questa ipotesi di non incompatibilità non ha senso. E' pertanto ritirato questo emendamento.



PRESIDENTE

La parola al Consigliere Picchioni.
PICCHIONI Io non ho compreso bene l'illustrazione da parte del Consigliere Marino circa il suo emendamento, ma se non ho compreso male il Senato delle Regioni è costituito dall'insieme dei membri eletti nelle singole Regioni per cui una specie di Pallacorda dove tra 1000 persone si dovrebbe costituire la Camera alta.
MARINO No! PICCHIONI Così è scritto: "è costituito dall'insieme dei membri eletti nelle singole Regioni", se si scrive "dalle singole Regioni" bisogna qualificare ed anche quantificare l'aliquota che fa parte di questo Senato delle Regioni.
MARINO Sono 315 come adesso! PICCHIONI Bisogna allora specificarlo, perché detto così non è chiaro. A parte il fatto che mi pare valga come obiezione di principio quanto ha detto Cucco che una cosa di questo genere non sta in piedi se non dopo la riforma della legge elettorale di cui si parlerà nell'attuale Parlamento. Questa mi pare quindi una questione perlomeno da rinviare non dico "ad calendas graecas" ma successivamente, dopo che il sistema elettorale sarà rivisto dalla Camera e dal Senato.
Seconda questione. Io accetto quanto è stato detto dal Consigliere Rossa, anche se si sa che ci sono delle obiezioni molto forti da parte deIl'attuale Presidente del Senato e cioè che i senatori sono eletti per metà a suffragio universale o diretto e per l'altra metà dai rispettivi Consigli regionali. Non mi sento invece di approvare il terzo comma che dice testualmente: "Dei senatori eletti nei Consigli regionali metà è scelta tra i Consiglieri e metà tra gli eletti della Regione".
A me pare questa un'operazione schematicamente, semplicemente, di palazzo! Sono anche d'accordo con quanto ha detto la Lega un momento fa perché se metà è scelta tra i Consideri (e transeat) e l'altra metà tra gli elettori della Regione, vorrei sapere quali sono questi grandi elettori della Regione: sono i Consiglieri regionali? Qual è il corpo elettorale? Quali sono gli eletti? Questo ritengo sia un problema perlomeno da verificare.
In conclusione, ribadisco il voto contrario all'emendamento Marino, il voto favorevole ai commi 1, 2 e 4 dell'emendamento Rossa e altri e contrario al comma 3 dello stesso emendamento.



PRESIDENTE

La parola al Consigliere Marchini per dichiarazione di voto.
MARCHINI Di questi emendamenti; che sicuramente sono criticabili dal punto di vista tecnico, a mio modo di vedere bisognerebbe cogliere il senso politico. Innanzitutto questa non è la legge finale, comunque dovrebbe emergere chiaramente qual è il discorso che si fa nella Regione Piemonte su questo problema. Io stesso, che avevo suggerito al Consigliere Rossa di modificare il testo, ora ritengo che sia accettabile perché deve essere affermato l'elettorato attivo da parte dei Consigli regionali e l'elettorato passivo dei Consiglieri regionali. Questi sono gli elementi che devono emergere da questa proposta di legge.
Secondo me non c'è incompatibilità perché il senso di queste elezioni è proprio quello della presenza, a livello nazionale, di personalità fortemente espressive delle realtà periferiche. Sicuramente con le prossime norme elettorali, se vogliamo rilanciare il Parlamento e svuotarlo dagli uomini di potere, noi dobbiamo consentire ai Sindaci delle grandi città e ai Presidenti delle Regioni di andarsi a sedere in Parlamento. Così si ottiene che Zanone non rivesta la carica di Ministro, ma di Sindaco di Torino e lavori quindi per la sua città; discorso valido questo anche per molte altre persone. Quindi la filosofia che sta dietro non è che il Consigliere regionale lascia il posto perché viene promosso.
No, c'è una compresenza dei Consigli regionali e del Parlamento, in particolare del Senato; sul piano poi della presenza fisica o meno delle persone nelle due sedi è una questione che si potrà valutare, ma se immediatamente tiriamo giù la cesoia e diciamo che uno decade da Consigliere regionale hanno ragione i nostri obiettori i quali dicono che questo è solo un modo per rieleggere qualcuno, non per essere presenti. Noi riteniamo che le Regioni devono essere presenti con loro delegazioni al Senato e quindi non sono a stupirmi del fatto che il Consigliere regionale non sia assolutamente in condizioni di incompatibilità. Se ci sarà una sede per approfondirla in seconda battuta la vorrei leggere, ma la previsione di incompatibilità riduce questo a norma elettorale, non a costruzione, come diceva Monticelli, anche se non so ripetere le parole, di una ipotesi nella fattispecie di presenza della Regione a livelli nazionali. Ma ciò significa che nel Senato della Repubblica devono essere presenti i rappresentanti più prestigiosi delle Regioni non quelli che hanno finito le carriere e vengono emarginati al Senato della Repubblica. Io mi auguro di fare il senatore, ma vorrei farlo da Consigliere regionale, perché se devo fare il senatore vengo di nuovo espulso e quello di cui noi soffriamo è proprio questa situazione di separatezza rispetto al percorso politico nazionale! Questo è il dramma delle Regioni! Poi evidentemente possono nascere delle questioni di ordine funzionale, ma stabilire noi la incompatibilità significa ridurre questo complesso di norme a un'operazione di semplice rivendicazione di un ruolo di nomine di personaggi che a quel punto non rappresenta più le Regioni perché con le Regioni non hanno più nessun rapporto, diventano bensì dei senatori a tutti gli effetti come lo sono gli altri.



PRESIDENTE

La parola al Consigliere Marino per dichiarazione di voto.
MARINO Si può votare a favore o contro un emendamento, però prima bisognerebbe non fraintenderlo. Sono necessarie quindi due precisazioni. La prima riguarda la questione dell'incompatibilità dei Consiglieri regionali, che sta a cuore al Consigliere Marchini e ad altri, non c'entra nulla con quello di cui stiamo discutendo, ma è regolata da altri articoli della Costituzione, in particolare dall'art. 65 ed altri.
La seconda precisazione riguarda la riforma elettorale - Consiglieri Picchioni e Cucco - del Senato, come qualunque altra, non c'entra niente con le cose che stiamo discutendo, perché in qualunque momento si presenta una proposta di riforma elettorale o referendum, ecc., si discute e si modifica. L'unica cosa che qui viene richiesta con questo emendamento è una modifica del primo comma dell'art. 57: tutti gli altri commi dell'attuale Costituzione restano invariati.
Il secondo comma dell'art. 57 stabilisce che il numero dei Senatori elettivi è di 315; quindi, può darsi che sia scritto male; lo possiamo anche scrivere diversamente, sostengo comunque che sia scritto nel modo più semplice.
Occorre quindi sostanzialmente fare una dichiarazione di intenti, e cioè indicare che il Senato è la somma di una serie di persone elette nelle singole Regioni e non dalle singole Regioni. Inoltre che ci sono dei membri di diritto, gli unici - da questo punto di vista, perchè poi ci sono i Senatori a vita, ecc. - non eletti direttamente dai cittadini, che sono i Presidenti delle Giunte e dei Consigli. Le altre possibilità sono quelle presentate dal Consigliere Rossa, che inviterei a considerare un attimo.
Voi pensate veramente che un consigliere regionale - e qui non c'entra nulla la questione delle incompatibilità - possa nello stesso tempo fare il Senatore? Cioè, partecipare all'attività di un Consiglio regionale peraltro con funzioni molto più rilevanti di quelle attuali, e contemporaneamente far parte di un Senato che fa le leggi organiche ed altre cose? La mia proposta, quindi, è semplicemente di usare quello che c'è adesso, i 315 Senatori, e a questi aggiungere i Presidenti delle Giunte e dei Consigli di diritto. Questa è la proposta.



PRESIDENTE

La parola al Consigliere Rabellino.
RABELLINO Rispondo al Consigliere Marino, visto che prima avevo detto che votavamo contro. Mi pare che il collega Marino vada esattamente contro a tutta la discussione che si era fatta al momento di votare i rappresentanti dei Consigli regionali per l'elezione del Presidente della Repubblica.
Cioè, facendo un'operazione di questo tipo, noi andiamo a dare la garanzia ad una certa maggioranza, che verrebbe ulteriormente consolidata a livello senatoriale. Non solo: se tu fai il ragionamento che un Consigliere regionale non può fare il Senatore, spiegami come fa un Presidente della Giunta, con tutti gli incarichi che riveste, così come un Presidente del Consiglio rionale, a fare il Senatore in modo serio. Vorrebbe dire avere dei Senatori in modo formale che saranno regolarmente assenti alle sedute senatoriali.
Questa è la realtà; sicuramente noi non possiamo accettare un discorso di questo tipo, così come siamo fermamente contrari al fatto che, per esempio, lo siano i sindaci e siano favorevoli che anche i Consiglieri comunali dei Comuni capoluogo di Regione o capoluogo di Provincia debbano essere incompatibili rispetto al ruolo di parlamentare, perché se uno fa il parlamentare in modo serio, non riesce a seguire in modo altrettanto serio Consigli regionali, provinciali o anche comunali di un certo livello.



PRESIDENTE

La parola al Consigliere Sartoris.
SARTORIS Credo che alcune delle osservazioni avanzate dal collega Marino non siano poi così campate per aria come sembrerebbe. Per quanto riguarda l'incompatibilità, credo che al collega Marchini sfugga il discorso non tanto sul fatto del tempo che esistono persone che si sanno magari organizzare meglio ed altre che si sanno organizzare peggio, sia proprio una questione di cariche, di competenze che uno ha. E' difficile che uno possa essere compatibile quando legifera in due istituti diversi, sulla stessa materia. Mentre, per esempio, l'incompatibilità tra Consigliere provinciale, Consigliere comunale, regionale o altro è prevista perch mentre uno si occupa di legiferare (il Consigliere rionale o il parlamentare), gli altri invece gestiscono solo e quindi hanno una funzione diversa. Il problema, secondo me, nasce dal fatto che bisognerebbe permettere la compatibilità nella candidatura, ma, l'incompatibilità sulla carica. Sull'incompatibilità di carica credo che, anche costituzionalmente ci sia qualche problema, perché si va a legiferare nello stesso ambito in due organi differenti e credo che questo non sia permesso. Capisco le esigenze del Consigliere Marchini di essere Senatore, io non ho quel tipo di esigenza, anche perché so organizzare male il mio tempo e credo che non riuscirei assolutamente a rivestire tale carica. Credo quindi che queste perplessità rimangano.
Su quello che dicevano i Consiglieri Picchioni e Cucco, relativamente al fatto che a queste dovranno provvedere altri (cioè il Parlamento e quindi sempre i soliti Parlamentari, sempre le solite persone che, non vogliono intrusioni) direi che dare un suggerimento in certe direzioni non sarebbe male. Sull'incompatibilità, vorrei ricordare che, per esempio in questi giorni - e mi permetterò di proporla anch'io come mozione - nella vicina Regione Valle d'Aosta hanno proposto una mozione, votata all'unanimità, in cui si raccoglie l'appello di rendere incompatibile la carica di Assessore con la carica di Consigliere regionale: pertanto a settembre mi riserverò di presentare questa mozione per ritornare sul discorso dell'eleggibilità o dell'incompatibilità o dell'incompatibilità di carica.



PRESIDENTE

La parola al Consigliere Segre.
SEGRE Proporrei al Consigliere Marino di rendere più chiaro questo emendamento e di dividerlo in due parti. Una prima parte dovrebbe recitare: "Il Senato delle Regioni è costituito dai 315 membri eletti nelle singole Regioni", in questo modo si renderebbe più chiaro l'emendamento e potremo dare il nostro voto favorevole.
Anche a me, la seconda parte che recita: "Ne fanno parte di diritto i Presidenti delle Giunte, i Presidenti dei Consiglieri regionali in carica" sembra in contraddizione con lo spirito che vorremmo dare a questa proposta di legge, quindi meno centralista, e quindi comunque di non lottizzazione dei posti che ovviamente si farebbe. Chiedo, quindi, se è possibile, di votare l'emendamento per parti separate.



PRESIDENTE

La parola al Consigliere Rossa.
ROSSA L'emendamento del Consigliere Marino non è accolto, per le ragioni illustrate nei vari interventi che mi hanno preceduto.
Viene invece accolto l'emendamento a firma del sottoscritto, del Consigliere Monticelli ed altri, e viene accolta la richiesta di togliere al terzo comma "dei Senatori eletti dai Consigli regionali: metà, è scelto tra i Consiglieri e metà tra gli eletti della Regione".Il senso che si è voluto attribuire è quello di non lasciare soltanto al Palazzo l'assunzione di tale la decisione. Sulla incompatibilità, argomento sicuramente molto serio, il relatore propende per lasciare in non cale, quindi togliendo lo stato di non incompatibilità, ancorché ci sono argomenti che hanno la loro ragione,anche per non dare l'impressione a questa Regione ed all'esterno che si tende ad occupare sia il posto in Consiglio regionale che in Senato ed alla Camera dei Deputati. E' un argomento d'altro canto già regolamentato dall'art. 127 della Costituzione, quindi o andiamo a proporre la modifica dell'art. 127 della Costituzione, oppure rischiamo di dare l'impressione che, adesso che siamo rimasti esclusi da molte cariche pretendiamo di occupare... Metteremmo la lobby , dei Deputati e dei Senatori ancora più in allarme contro questa aggressione regionalistica che potrebbe compromettere anche il resto. Mi rivolgo anche al collega Marchini, il quale ha presentato degli argomenti che sicuramente hanno un fondamento.



PRESIDENTE

Passiamo alla votazione degli emendamenti.
Sull'emendamento n. 2) del Consigliere Marino vi, è la richiesta di votazione per parti separate.
Pongo in votazione la prima parte dell'emendamento.
Chi è favorevole è pregato di alzare la mano.
E' respinta con 5 voti favorevoli e 30 contrari.
Non partecipano alla votazione 3 Consiglieri.
Pongo in votazione la seconda parte dell'emendamento.
Chi è favorevole è pregato di alzare la mano.
E' respinto con 1 voto favorevole e 34 contrari.
Non partecipano alla votazione 3 Consiglieri.
Pongo in votazione l'emendamento n. 3) così come modificato dal Consigliere Rossa.
Chi è favorevole è pregato di alzare la mano.
E' approvato con 28 voti favorevoli e 9 contrari.
Non partecipano alla votazione 2 Consiglieri.
Sull'emendamento n. 4) ha chiesto la parola il Consigliere Marino.
MARINO Non c'è molto da commentare. Non so perché oggi esistano differenze di età fra la Camera ed il Senato e non mi sembra più giustificabile, tanto meno in questa logica nuova in cui il Senato, rispetto alla Camera, riveste semplicemente dei ruoli diversi rispetto alle leggi di cui - come qualcuno diceva - è culla. Quindi, non vedo quali motivazioni ci siano affinché per il Senato si debba avere il diritto di voto a 25 anni, invece che 18, o essere candidato a 40, invece che 25.



PRESIDENTE

La parola al Consigliere Rossa.
ROSSA Procediamo pure con le riforme, ma stiamo attenti a non inseguire obiettivi che poi diventano una specie di boomerang. Respingo questa proposta, anche se la capisco, perché non voglio introdurre degli elementi di forzatura che potrebbero rendere più difficile il nostro cammino.



PRESIDENTE

Pongo in votazione tale emendamento.
Chi è favorevole è pregato di alzare la mano.
E' respinto con 6 voti favorevoli, 27 contrari e 3 astensioni.
Non partecipano alla votazione 2 Consiglieri.
Si proceda alla votazione per alzata di mano, a norma dell'art. 44, secondo comma, dello Statuto dell'art. 1 ter.
L'esito della votazione è il seguente: presenti 39 votanti 37 hanno risposto SI 28 Consiglieri hanno risposto NO 9 Consiglieri Non partecipano alla votazione 2 Consiglieri L'art. 1 ter è approvato.
ART. 2 6) Emendamento presentato dai Consiglieri Monticelli, Rossa, Tapparo Grosso: Sostituire il comma 1 dell'art. 70 con il seguente comma: "1.Le leggi della Repubblica sono approvate, di norma, dalla Camera dei Deputati. Il Senato della Repubblica partecipa all'esercizio della funzione legislativa nei casi e nei modi stabiliti dalla Costituzione".
La parola al Consigliere Marino.
MARINO Non sono un esperto di Costituzione, ma ho l'impressione che le leggi della Repubblica vengano approvate dalle due Camere.



PRESIDENTE

Se cambia la Costituzione, cambia anche quello.
La parola al Consigliere Monticelli che lo illustra.
MONTICELLI Illustro - signor Presidente - questo emendamento e i successivi connessi.
In sostanza. è il meccanismo di differenziazione dei ruoli delle due Camere che si realizza in questo modo. Con questo emendamento si dice che le leggi della Repubblica - intendendo le leggi ordinarie - sono approvate dalla Camera dei deputati; successivamente si dice che entrambe le Camere approvano alcuni atti particolarmente rilevanti: la fiducia e la sfiducia il bilancio, i trattamenti internazionali, altri provvedimenti di rilievo generale. Con un terzo emendamento si dice che le leggi organiche, cioè le leggi che indicano i principi per le legislazioni regionali, sono invece di competenza del Senato. Infine, con un quarto emendamento si stabilisce un meccanismo che evita la doppia lettura che c'è attualmente, per cui a seconda del tipo di legge, la prima approvazione compete a uno dei due rami, quando non si tratti di leggi di tale rilievo che, comunque, sono di competenza di entrambe le Camere, ma se si tratta di legge ordinarie, la prima approvazione competente alla Camera, se si tratta di legge organiche che fissano principi per le Regioni la prima lettura, la prima approvazione compete al Senato. Ognuno delle due Camere ha, comunque la facoltà di segnalare possibilità di emendamento e suggerire emendamenti all'altra Camera, però si evita la doppia lettura ripetitiva che c'è adesso. E' quindi un sistema di differenziazione dei ruoli e di semplificazione del bicameralismo attuale. Questo è il senso degli emendamenti.



PRESIDENTE

Pongo in votazione l'emendamento.
Chi è favorevole è pregato di alzare la mano.
E' approvato con 26 voti favorevoli, 10 astenuti, 2 non partecipano alla votazione.
7) Emendamento presentato dai Consiglieri Monticelli, Rossa, Tapparo e Grosso: sostituire il comma 2 dell'art. 70 con il seguente comma: "Sono approvate da entrambe le Camere la fiducia e la sfiducia al Governo le leggi Costituzionali ed in materia elettorale, le leggi in materia di bilanci di previsione e consultivi, di autorizzazione a ratificare trattati ed accordi internazionali di natura politica, che importino variazioni del territorio nazionale, di attribuzione e di delega alle Regioni ed ai Comuni o Province di funzioni amministrative; nonché le leggi in materia di imposizione tributaria".
Pongo in votazione l'emendamento.
Chi è favorevole è pregato di alzare la mano.
E' approvato con 26 voti favorevoli e 10 astenuti.
Non partecipano alla votazione 2 Consiglieri.
8) Emendamento presentato dai Consiglieri Rabellino e Vaglio: al comma 2 all'art. 70, le parole "le Camere approvano altresì.alla formazione e approvazione delle leggi organiche" sono abrogate.
9) Emendamento presentato dai Consiglieri Majorino e Zacchera: al comma 2 dell'art. 70 togliere l'ultimo periodo da "con legge costituzionale" in avanti.
La parola al Consigliere Vaglio per l'illustrazione dell'emendamento n.
8.
VAGLIO Abbiamo sottolineato e rilevato che continuano a rimanere delle ingerenze ammesse da parte dello Stato nelle materie di competenza primaria delle Regioni. Proprio per far sì che queste ingerenze non debbano più verificarsi, e quindi per rivendicare appieno gli spazi di autonomia che all'interno della Costituzione avrebbero dovuto essere riservati agli enti regionali, abbiamo inteso eliminare la possibilità di prevedere leggi quadro che, sostanzialmente, verrebbero di nuovo a ledere uno dei diritti delle Regioni, cioè quello di avere competenza primaria in alcune materie.
Analogamente, abbiamo voluto chiarire, con una aggiunta di un comma (n.5) , che lo Stato non può avere e non deve avere potestà legislativa in queste materie di cui abbiamo trattato. Questo nello spirito e nella lettera di quei referendum che abbiamo proposto di abrogazione di Ministeri in materia di competenza esclusiva delle Regioni.



PRESIDENTE

La parola al Consigliere Rossa.
ROSSA Questo emendamento è superato dall'approvazione del precedente.



PRESIDENTE

L'emendamento presentato dai Consiglieri Rabellino e Vaglio e quello presentato dai Consiglieri Majorino e Zacchera non vengono posti in votazione perché simili ad emendamenti precedenti, quindi superati.
10) Emendamento presentato dai Consiglieri Rabellino, Vaglio, Bodrero: al comma 3 lettera g, art. 70, si sopprimono le parole "condizione giuridica degli stranieri": La parola la Consigliere Vaglio per l'illustrazione.
VAGLIO Questo emendamento riguardava la cittadinanza, lo stato civile, e la condizione giuridica dello straniero che, con questo sub-comma, viene concesso espressamente allo Stato. Noi abbiamo pensato che la competenza conferita in questo modo concederebbe al centro benefici come la cittadinanza sulla base di un rapporto impersonale senza che siano affrontati i problemi reali dell'inserimento sociale e materiale dell'immigrato nel contesto sociale.
Pensavamo quindi che, proprio per avere una maggiore attinenza al problema, la competenza potesse essere delegata all'ente Regione.



PRESIDENTE

La parola al Consigliere Rossa.
ROSSA La proposta è respinta in quanto riteniamo che i cittadini appartengano alla Repubblica Italiana.



PRESIDENTE

Pongo in votazione tale emendamento.
Chi è favorevole è pregato di alzare la mano.
L'emendamento è respinto con 3 voti favorevoli, 30 contrari e 2 astensioni.
Non partecipano alla votazione 2 Consiglieri.
11) Emendamento presentato dai Consiglieri Rabellino, Vaglio, Bodrero: Al comma 3, lettera h), art. 70, si sopprimono le parole "ordinamento delle libere professioni".
La parola al Consigliere Rossa.
ROSSA L'emendamento non è accoglibile. Nella scuole professionali già ci sono queste diversità tra Regione e Regione.



PRESIDENTE

Pongo in votazione tale emendamento.
Chi è favorevole è pregato di alzare la mano.
L'emendamento è respinto con 3 voti favorevoli, 30 contrari e 2 astensioni.
Non partecipano alla votazione 2 Consiglieri.
12) Emendamento presentato dai Consiglieri Rabellino, Bodrero, Vaglio: Al comma 3, lettera i), art. 70, sono aggiunte in fine le parole "nei limiti e nelle forme stabilite dalle leggi organiche".
L'emendamento è ritirato dai proponenti.
13) Emendamento presentato dai Consiglieri Rabellino, Bodrero, Vaglio: Al comma 3, lettera l), art. 70 sono soppresse le parole "pesi e misure determinazioni del tempo".
La parola la Consigliere Vaglio per l'illustrazione.
VAGLIO Riteniamo che questa non possa più essere una competenza di uno Stato nazionale, visto che esistono enti sovranazionali che si occupano nello specifico di queste cose.



PRESIDENTE

La parola al Consigliere Rossa.
ROSSA Respingo questa proposta, perché pesi e misure esistono in ogni regione la quale ha una sua regolamentazione.



PRESIDENTE

La parola al Consigliere Marino.
MARINO La questione presupporrebbe una riflessione ulteriore che non voglio fare, quindi mi astengo.



PRESIDENTE

Pongo in votazione tale emendamento. Chi è favorevole è pregato di alzare la mano.
L'emendamento è respinto con 3 voti favorevoli, 25 contrari e 5 astensioni.
Non partecipano alla votazione 2 Consiglieri.
14) Emendamento presentato dai Consiglieri Rabellino, Bodrero, Vaglio: Al comma 3, lettera n), art. 70 sono soppresse le parole "partecipazioni statali".
Pongo in votazione tale emendamento.
Chi è favorevole è pregato di alzare la mano.
L'emendamento è approvato con 33 voti favorevoli.
Non partecipano alla votazione 2 Consiglieri.
15) Emendamento presentato dai Consiglieri Rabellino, Bodrero e Vaglio: Al comma 3, lettera 2), art. 70, sono soppresse le parole "lavori pubblici".
La parola la Consigliere Vaglio.
VAGLIO Riteniamo che non abbia motivo d'essere "lavori pubblici" a livello nazionale, in quanto abbiamo verificato che i lavori pubblici attualmente sono di competenza interregionale, ragione per cui non intendiamo lasciare la competenza allo Stato centrale.



PRESIDENTE

La parola al Consigliere Rossa.
ROSSA L'emendamento non è accolto, perché è già compreso nella proposta di legge.



PRESIDENTE

Pongo in votazione tale emendamento.Chi è favorevole è pregato di alzare la mano.
L'emendamento è respinto con 3 voti favorevoli, 27 contrari e 5 astensioni.
Non partecipano alla votazione 2 Consiglieri.
16) Emendamento presentato dai Consiglieri Segre, Giuliano, Miglio: Al comma 3, lettera p), art. 70, sostituire le parole "nazionali" con le parole "e riserve nazionali; tutela degli ecosistemi nazionali e planetari".
La parola al Consigliere Giuliano per l'illustrazione.
GIULIANO La formulazione iniziale "Riserve nazionali" riprende la legge quadro recentemente approvata a livello nazionale, per cui è soltanto una precisazione. Ciò che potrebbe sembrare strano è il termine planetario rispetto alla tutela degli ecosistemi, perché se sul termine nazionale siamo tutti d'accordo, questo secondo termine potrebbe far sorgere qualche perplessità. Ci sono delle materie, si pensi ad esempio all'abolizione dei clorofluoro carburi, oppure ai problemi riguardanti il riscaldamento del pianeta, che debbono avere una risposta non soltanto internazionale, ma a cominciare dagli Stati nazionali. Per questo ritenevamo opportuno l'inserimento del termine.



PRESIDENTE

Pongo in votazione tale emendamento.
Chi è favorevole è pregato di alzare la mano.
L'emendamento è approvato con 33 voti favorevoli, 2 contrari e 1 astensione.
Non partecipano alla votazione 2 Consiglieri.
17) Emendamento presentato dai Consiglieri Majorino e Zacchera: l'intero 5 comma dell'art. 70 è così sostituito: "Lo Stato - nelle materie di competenza delle Regioni - deve fissare con leggi organiche esclusivamente i principi fondamentali cui le Regioni devono attenersi nel legiferare.
Le leggi organiche vincolano le Regioni e non hanno come destinatari i cittadini".
La parola al Consigliere Majorino, per l'illustrazione.
MAJORINO Devo innanzitutto precisare che gli argomenti svolti nella relazione di minoranza e le cose dette in sede di intervento, così come negli emendamenti proposti (non solo in questo, ma anche negli altri), non devono farci etichettare come antiregionalisti. Se è vero, come è vero, che lo fummo nel 1970, immediatamente dopo, visto che le Regioni erano entrate a far parte del tessuto istituzionale, abbiamo sempre cercato in tutte le sedi di operare affinché funzionassero nel migliore dei modi e che cessassero di essere o di diventare dei "mezzi cavalli", come ebbe a definirle Massimo Savero Giannini, che non è certo di parte nostra ma è uno studioso e un politico di area socialista.
Ciò premesso, dopo questo preambolo, osservo che l'emendamento tende a far sì che le leggi organiche, che nella sostanza ritengo non differiscano se non nel nome e nella forma dalle leggi-quadro e leggi-cornice che solo rarissimamente sono state emanate dal Parlamento, le quali devono fissare i principi fondamentali delle funzioni che attengono alla legislazione regionale, non possono essere fissate, ma devono essere emanate delle leggi di principio.
In secondo luogo, l'emendamento tende a eliminare l'inciso che precisava che queste leggi organiche possono essere emanate solo se e in quanto attengono a esigenze di carattere unitario. Questa eliminazione è contenuta nell'emendamento ai fini di evitare un enorme contenzioso che fatalmente si aprirebbe per vedere se e quando vi sia un'esigenza di carattere unitario. Il fondamento dell'emendamento è quello di far sì che i principi fondamentali cui devono attenersi le Regioni, pur con una certa collaborazione da parte delle stesse (abbiamo visto che in un articolo successivo è previsto un parere obbligatorio e consultivo), devono per essere fissati dal Parlamento, quindi in sostanza vengono ad essere di competenza statale.



PRESIDENTE

I Consiglieri Rabellino e Vaglio presentano il seguente emendamento: 17 bis): il comma 5 dell'art. 70, è sostituito dal seguente comma: "5. Lo Stato non ha potestà legislativa nelle materie di competenza delle Regioni".
ROSSA Gli emendamenti non sono accolti.



PRESIDENTE

Chi è favorevole all'emendamento 17 bis) è pregato di alzare la mano.
E' respinto con 7 voti favorevoli, 26 contrari.
Non partecipano alla votazione 2 Consiglieri.
Pongo in votazione l'emendamento 17).
Chi è favorevole è pregato di alzare la mano.
L'emendamento è respinto con 2 voti favorevoli, 28 contrari, 4 astenuti.
Non partecipano alla votazione 2 Consiglieri.
18) Emendamento presentato dai Consiglieri Monticelli, Rossa, Tapparo: Aggiungere al fondo del comma 5 all'art. 70 la seguente frase: "Le leggi organiche sono approvate dal Senato delle Regioni".
Tale emendamento è già stato illustrato, lo pongo quindi in votazione.
Chi è favorevole è pregato di alzare la mano.
L'emendamento è approvato con 28 voti favorevoli, 3 contrari e 1 astenuto.
Non partecipano alla votazione 2 Consiglieri.
19) Emendamento presentato dai Consiglieri Majorino e Zacchera: All'ultimo comma dell'art. 70, dopo "interesse nazionale", togliere le parole "con particolare riguardo.etc.".
La parola al Consigliere Majorino per l'illustrazione.
MAJORINO Non accettiamo il principio che le Regioni partecipino nei modi stabiliti dalle leggi dello Stato all'elaborazione ed attuazione delle politiche di interesse nazionale. Non si vede perché debba essere messo in risalto questo particolare riguardo alle lettere m), n), e p), di cui all'articolato; partecipano e basta, senza particolare privilegio per queste materie. Non dimentichiamo che siamo in una normativa costituzionale, quindi non è il caso di scendere in dettagli e limare tutto quello che può essere fatto.



PRESIDENTE

La parola al Consigliere Rossa.
ROSSA Questo emendamento può essere accolto.



PRESIDENTE

Lo pongo quindi in votazione.
Chi è favorevole è pregato di alzare la mano.
L'emendamento è approvato con 22 voti favorevoli e 13 astenuti. Non partecipano alla votazione 2 Consiglieri.
Si proceda alla votazione per alzata di mano, a norma dell'art. 44, secondo comma, dello Statuto dell'art. 2 così emendato.
L'esito della votazione è il seguente: presenti 36 votanti 34 hanno risposto SI 26 Consiglieri hanno risposto NO 5 Consiglieri si sono astenuti 3 Consiglieri L'art. 2 è approvato.
ART. 3 20) Emendamento presentato dai Consiglieri Segre, Giuliano e Miglio: "Il comma 5 dell'art. 72 della Costituzione è abrogato".
La parola alla Consigliera Segre.
SEGRE Questo emendamento ci sembra rafforzato, dal momento che è stato approvato l'emendamento relativo al Senato delle Regioni. Non è la stessa cosa, però, laddove si dice: "è costituita una Commissione per le questioni regionali composta da 10 Senatori, 10 Deputati e dai Presidenti delle assemblee legislative regionali", mi sembra vada contro ogni principio di decentramento. Quindi, abbiamo presentato degli emendamenti contrari all'istituzione di questa Commissione ed in seguito alle funzioni di questa Commissione.



PRESIDENTE

La parola la Consigliere Monticelli.
MONTICELLI Faccio rilevare che c'è un problema di meccanismo: è chiaro che avendo già introdotto negli articoli precedenti il Senato delle Regioni, viene meno la ragione della Commissione mista Camera-Senato sulle Regioni.
Peraltro, su questo quinto comma è stato presentato un emendamento sostitutivo, che ho già illustrato, che stabilisce il meccanismo del passaggio di un testo fra una Camera e l'altra, che non ha più nulla a che fare con la Commissione bicamerale, perché evidentemente è sostituita dal Senato delle Regioni.
Forse ha senso mettere ai voti, se i colleghi Verdi sono d'accordo, un solo emendamento, cioè quello sostitutivo e non più quello abrogativo che comunque è già superato.



PRESIDENTE

Nello spirito di quanto detto dal Consigliere Monticelli, se non vi sono obiezioni alla sua proposta, l'emendamento a firma della Consigliera Segre ed altri si intende superato.
SEGRE D'accordo.



PRESIDENTE

21) Emendamento presentato dai Consiglieri Vaglio e Rabellino: Sono eliminate le parole aggiunte al comma 4 dell'art. 72.
Il comma 5 è sostituito dal seguente comma: "5. E' costituita una Commissione per le questioni regionali composta da 10 senatori, 10 deputati e dai Presidenti delle assemblee legislative regionali. La Commissione esprime parere per la decisione della questione di merito per il contrasto di interessi promosso dal Governo davanti al Parlamento. La Commissione opera secondo le norme contenute dai regolamenti delle Camere ed è presieduta da un parlamentare nominato sentiti i Presidenti delle assemblee legislative regionali, d'intesa dai Presidenti delle Camere": Il comma 5 viene considerato superato.
VAGLIO Rimane però, signor Presidente, la parte abrogativa dell'aggiunta al comma 4 dell'art. 72, cioè quella che recita: "sono aggiunte alla fine le parole 'di legge organica ai sensi del secondo comma dell'articolo'".



PRESIDENTE

D'accordo.
La parola al Consigliere Rossa.
ROSSA Chiederei che venisse illustrato, perché stentiamo a capirne il senso.



PRESIDENTE

La parola al Consigliere Vaglio per una breve illustrazione.
VAGLIO Il fatto è che il secondo comma dell'art. 70 non esiste più nella maniera in cui era stato previsto in precedenza (credo su questo siamo tutti d'accordo); per cui è ovvio che il riferimento a quel secondo comma dovrebbe essere eliminato: la nostra intenzione non era quella, ma questo è il risultato.



PRESIDENTE

La parola al Consigliere Monticelli.
MONTICELLI E' un atto di presupponenza a quest'ora del pomeriggio, ma credo di aver capito il problema.
Nel testo originario era previsto che le leggi organiche avessero un regime particolare di attenzione, in quanto non era previsto che le leggi organiche avessero un regime particolare di attenzione, in quanto non era prevista alcuna differenza fra Camera e Senato. Quindi, era previsto che per le leggi organiche, cioè quelle che detterebbero principi per la legislazione regionale, ci fosse un sistema di esame particolarmente impegnativo da parte delle Camere, paragonandole alle leggi di tipo costituzionale, elettorale o altro.
Adesso, essendo stato cambiato un po' il meccanismo, con il sistema per cui le leggi organiche sono competenza primaria del Senato della Regioni, e si può presumere che questo fatto di per sé sia garantista dal punto di vista della difesa dell'autonomia regionale, dire che per le leggi organiche non può essere in alcun modo utilizzata la procedura d'urgenza perché sarebbe questo poi l'oggetto - ma solo la procedura normale, mi lascia qualche perplessità.



PRESIDENTE

Dietro suggerimento dei funzionari, propongo di rimandare tale questione all'articolo relativo al coordinamento organico.
MONTICELLI Il richiamo del comma non ha più senso, perché quel comma non esiste più. Si tratta di capire se le leggi organiche - se affrontate dalle Camere devono avere un trattamento analogo alle leggi costituzionali, oppure no.
Io credo di no. Quindi, in questo senso, credo sia tecnicamente da accogliere, modificandolo, l'emendamento.



PRESIDENTE

Poiché ci sarà un articolo finale di coordinamento diamo mandato allo stesso di decidere in merito. Quindi la prima parte dell'emendamento che recita: "sono eliminate la parole aggiunte al 4 comma dell'art. 72" non viene posto in votazione in quanto verrà ricompreso nell'articolo generale.
22) Emendamento presentato dai Consiglieri Monticelli, Rossa, Tapparo: "5. I testi legislativi approvati dalla Camere dei deputati sono trasmessi al Senato che, entro 15 giorni, su richiesta di almeno un quarto dei suoi componenti, secondo le norme del suo Regolamento, può deliberare di esaminarli. Entro i successivi 30 giorni, il senato può approvare emendamenti al testo trasmesso dalla Camera dei deputati che su essi si pronunzia in via definitiva. Qualora, entro il termine di 15 giorni, il Senato della Repubblica non abbia deliberato il riesame o, entro i successivi 30 giorni, non abbia approvato emendamenti, la legge è inviata al Presidente della Repubblica per la promulgazione".
"6: I testi legislativi approvati dal Senato sono trasmessi alla Camera dei deputati che, entro 15 giorni, su richiesta di almeno un quarto dei suoi componenti, secondo le norme del suo Regolamento, può deliberare di esaminarli. Entro i successivi 30 giorni, la Camera dei deputati pu approvare emendamenti al testo trasmesso dal Senato della Repubblica che su di essi si pronunzia in via definitiva. Qualora, entro il termine di 15 giorni, la Camera dei Deputati non abbia deliberato il riesame o, entro i successivi 30 giorni, non abbia approvato emendamenti, la legge è inviata al Presidente della Repubblica per la promulgazione".
Passiamo, quindi, alla votazione di tale emendamento.
Chi è favorevole è pregato di alzare la mano.
E' approvato con 23 voti favorevoli, 4 contrari e 5 astensioni. Non hanno partecipato alla votazione 2 Consiglieri.
23) Emendamento presentato dai Consiglieri Majorino e Zacchera: al comma 5 aggiunto all'art. 72 dopo le parole "parere di merito" aggiungere le parole "meramente consultivo".
L'emendamento è considerato superato.
24) Emendamento presentato dai Consiglieri Majorino e Zacchera: al 5 comma aggiunto all'art. 72 sopprimere il periodo "la Commissione anche su richiesta.ecc".
L'emendamento è considerato superato.
Procediamo alla votazione dell'art. 3, così emendato.
Si proceda alla votazione per alzata di mano, a norma dell'art. 44, secondo comma, dello Statuto.
L'esisto della votazione è il seguente presenti 34 votanti 32 hanno risposto SI 23 Consiglieri hanno risposto NO 4 Consiglieri si sono astenuti 5 Consiglieri Non partecipano alla votazione 2 Consiglieri L'art. 3 è approvato.
ART. 4 - Si proceda alla votazione per alzata di mano, a norma dell'art.
44, secondo comma, dello Statuto.
L'esisto della votazione è il seguente presenti 34 votanti 32 hanno risposto SI 23 Consiglieri hanno risposto NO 4 Consiglieri si sono astenuti 5 Consiglieri Non partecipano alla votazione 2 Consiglieri L'art. 3 è approvato.
L'art. 4 è approvato.
ART. 5 25) Emendamento presentato dai Consiglieri Rabellino, Vaglio, Bodrero: al comma 3 dell'art. 97 dopo le parole "autorità indipendenti", aggiungere le parole "sulla base di criteri stabiliti da leggi regionali".
La parola al Consigliere Rabellino.
RABELLINO Non fa altro che ripetere quello che è già detto al comma 1 dell'articolo.



PRESIDENTE

L'emendamento è pleonastico, perché in realtà questo è già stato detto.
Non è dunque accolto.
La parola al Consigliere Rossa.
ROSSA Ci siamo scambiati alcune opinioni e abbiamo valutato che l'emendamento addirittura potrebbe risultare incostituzionale sulla base di leggi generali del lavoro. Un conto è la Costituzione ed un conto sono le leggi che sono valide indipendentemente dalla Costituzione.
Il secondo aspetto che veniva ricordato è quello che in fondo si è lottato per superare le gabbie salariali. Il rischio che si potrebbe correre è di reintrodurle. La motivazione potrebbe essere questa.



PRESIDENTE

La parola al Consigliere Rabellino per dichiarazione di voto.
RABELLINO Penso che quanto ha detto poc'anzi il Consigliere Marchini sia sacrosanto. Indipendentemente da questo, stiamo andando a proporre delle modifiche alla Costituzione. Come si può dire che una modifica alla Costituzione è incostituzionale? Come motivazione, non sta in piedi.
Sul fatto delle gabbie salariali occorre fare una riflessione. Qualora le Regioni - la Regione Piemonte in questo caso - non vogliano andare in quel senso, possono benissimo attenersi a quanto stabilito dalle altre Regioni, o comunque ad indicazioni o direttive che arrivano dal centro.



PRESIDENTE

La parola al Consigliere Rossa.
ROSSA Volevo evidenziare che non è che le posizioni sostenute, anche dai colleghi della Lega Nord, siano incomprensibili.
La sostanza è che la filosofia dello Stato e del come intendiamo le cose è diametralmente opposta alla loro.



PRESIDENTE

Pongo in votazione l'emendamento testé discusso.
Chi è favorevole è pregato di alzare la mano.
E' respinto con 6 voti favorevoli, 24 contrari e 4 astensioni.
Non partecipano alla votazione 2 Consiglieri.
Si proceda alla votazione per alzata di mano, a norma dell'art. 44, secondo comma, dello Statuto dell'art. 5.
L'esisto della votazione è il seguente: presenti 35 votanti 33 hanno risposto SI 25 Consiglieri hanno risposto NO 3 Consiglieri si sono astenuti 5 Consiglieri Non partecipano alla votazione 2 Consiglieri L'art. 5 è approvato.
26) Emendamento presentato dai Consiglieri Majorino e Zacchera: "Art. 5 bis. Dopo l'ultimo comma dell'art. 99, aggiungere: Presso ogni Regione è istituito un Consiglio regionale della Economia e del Lavoro, con legge regionale, il quale - costituito con i criteri di cui al primo comma - è organo di consulenza del Consiglio e della Giunta ed è dotato delle competenze di cui al terzo comma".
La parola al Consigliere Majorino che lo illustra.



PRESIDENTE

MAJORINO



PRESIDENTE

L'art. 99 prevede, come è noto, il Consiglio Nazionale dell'Economia e del Lavoro quale organo consultivo del Governo e quale organo legittimato a formulare proposte di legge nella materia economico-sociale, in particolare in materia di economia.
Con questo emendamento aggiuntivo al vigente testo dell'art. 99 si vuole elevare a dignità di principio costituzionale la facoltà (anzi, nel testo sembrerebbe l'obbligo delle Regioni) di dotarsi attraverso legge regionale, ovviamente, di un Consiglio regionale dell'Economia e del Lavoro.
Mi pare che questo emendamento meriti accoglimento, anche perché siamo in un momento in cui il Consiglio Nazionale dell'Economia e del Lavoro, che poco è stato considerato in questi decenni, sta assumendo più importanza infatti la Giunta regionale del Piemonte ha in preparazione l'istituzione di un Consiglio regionale dell'Economia e del Lavoro, sul quale - mi si consenta di ricordarlo - esiste un nostro ormai antico progetto, mai pervenuto in aula per la discussione, che risale al 1981.
A parte questa considerazione, non credo mi si possa obiettare che la Regione Piemonte (comunque la Regione in generale, siamo in materia di principi generali) non possa istituire un Consiglio regionale dell'Economia e del Lavoro; mi pare però fondato affermarlo in linea di principio come un quasi obbligo delle Regioni.



PRESIDENZA DEL VICEPRESIDENTE MONTABONE



PRESIDENTE

La parola al Consigliere Rossa.
ROSSA Sono contrario perché mi sembra una forzatura eccessiva dargli un rilievo costituzionale, addirittura introdurla nella Costituzione è un atto di carattere politico importante e di vivo interesse, ma non di carattere costituzionale, a meno che non ci sia un'intenzione nascosta e surrettizia di introdurre, attraverso questa dizione, la storica Camera delle corporazioni che naturalmente non ha risolto i problemi del nostro Paese.
Pertanto, il relatore è contrario.



PRESIDENTE

Pongo in votazione l'emendamento testé discusso.
Chi è favorevole è pregato di alzare la mano.
E' respinto con 1 voto favorevole, 26 contrari e 1 astenuto.
Non partecipano alla votazione 2 Consiglieri.
ART. 6 27) Emendamento presentato dai Consiglieri Vaglio e Rabellino: "L'art. 116 e soppresso".
La parola al Consigliere Vaglio.
VAGLIO Voglio solo spiegare i motivi per cui avevamo indicato in questo articolo la soppressione dello Statuto speciale per le Regioni per cui è previsto.
Nella revisione che l'accoglimento dei nostri emendamenti avrebbe fatto, ritenevamo che non avrebbe più avuto senso il permanere di Regioni a Statuto speciale. Inoltre il permanere di Regioni a Statuto speciale avrebbe sicuramente rallentato un processo di formazione macroregionale che avrebbe portato sulla via del federalismo.
Visto, però, che il nostro processo di emendazione non è stato accolto è ovvio che la soppressione dell'articolo procurerebbe non pochi danni e non pochi guai alle Regioni a Statuto speciale che solo con questa forma attualmente, possono vedere riconosciuta la tutela delle minoranze etniche e linguistiche. A malincuore, perché speravo di riuscire ad unificare ad un livello più alto il diritto regionale, ritiro l'emendamento.



PRESIDENTE

L'emendamento n. 27 è quindi ritirato.
Pongo in votazione l'art. 6.
Si proceda alla votazione per alzata di mano, a norma dell'art. 44, secondo comma, dello Statuto.
L'esisto della votazione è il seguente: Presenti 36 Votanti 34 Hanno risposto SI 24 Consiglieri Hanno risposto NO 1 Consiglieri Si sono astenuti 9 Consiglieri Non partecipano Alla votazione 2 Consiglieri L'art. 6 è approvato.
ART. 7 28) Emendamento presentato dai Consiglieri Majorino e Zacchera: Il 2 comma dell'art. 117 viene così sostituito: "Oltreché la Costituzione e le leggi Costituzionali, la legge regionale deve rispettare i principi fissati dalle leggi organiche".
La parola al Consigliere Majorino per l'illustrazione.
MAJORINO Apparentemente l'emendamento sembra esprimere con parere diverso lo stesso concetto. In realtà l'emendamento tende a mettere in evidenza che le leggi organiche sono un dovere e un obbligo per lo Stato ad emanarle perché nel 2 comma, così come proposto, si prevede nella norma costituzionali una inadempienza del Parlamento ad emanare le leggi organiche. Qui, invece, si vuole puntualizzare che hanno pari dignità ai fini di ciò che la legge regionale deve rispettare, ovvero le leggi organiche, la Costituzione, e le norme costituzionali. Prevedere l'inadempimento dello Stato cioè in mancanza di, mi pare, sotto ogni profilo, quanto meno assurdo.



PRESIDENZA DEL PRESIDENTE SPAGNUOLO



PRESIDENTE

La parola al Consigliere Rossa.
ROSSA Mi sembra che il proponente abbia cercato di dare qualche veste che però, ha lasciato la questione ancora nuda. Non è quindi accolto.



PRESIDENTE

Pongo in votazione l'emendamento.
Chi è favorevole è pregato di alzare la mano.
E' respinto con 2 voti favorevoli, 24 contrari e 8 astenuti.
Non partecipano alla votazione 2 Consiglieri.
29 Emendamento presentato dai Consiglieri Rabellino, Bodrero e Vaglio: "E' soppresso il comma 3 dell'art. 117".
La parola al Consigliere Vaglio.
VAGLIO Riteniamo che il comma 3 comporti un minimo di confusione tra quello che la legge regionale non può fare e quanto disposto dall'art. 120 - che non è stato toccato - dove è indicato cosa la legge regionale è tenuta a fare. Per cui noi pensiamo che questa specificazione vada a creare ulteriori barriere e ulteriori difficoltà interpretative su come debbono essere intese le leggi regionali.



PRESIDENTE

La parola al Consigliere Rossa.
ROSSA L'emendamento non è accolto.



PRESIDENTE

Pongo in votazione l'emendamento.
Chi è favorevole è pregato di alzare la mano.
E' respinto con 3 voti favorevoli, 28 contrari e 2 astenuti.
Non partecipano alla votazione 2 Consiglieri.
30) Emendamento presentato dai Consiglieri Rabellino, Vaglio, Bodrero: Si aggiunge il seguente comma all'art. 117: "5. Le Regioni sono tenute a cercare e a favorire accordi tra loro per promuovere quanto previsto dall'art. 132".
La parola al Consigliere Vaglio.
VAGLIO Questo emendamento aggiuntivo voleva essere un richiamo rafforzativo di quanto previsto all'art. 132 della Costituzione affinché le Regioni siano stimolate a cercare e a favorire gli accordi interregionali, cosa che rispetto alla nostra esperienza con la Liguria per casi specifici, oggi non avviene. Ritenevamo quindi che l'indicazione costituzionale fosse un'indicazione forte che valesse la pena di essere recepita.



PRESIDENTE

La parola al Consigliere Rossa.
ROSSA L'emendamento non è accolto.



PRESIDENTE

Pongo in votazione l'emendamento.
Chi è favorevole è pregato di alzare la mano.
E' respinto con 3 voti favorevoli, 29 contrari e 1 astenuto.
Non partecipano alla votazione 2 Consiglieri.
Pongo in votazione l'art. 7.
Si proceda alla votazione per alzata di mano, a norma dell'art. 44, secondo comma, dello Statuto.
L'esisto della votazione è il seguente: Presenti 41 Votanti 39 Hanno risposto SI 29 Consiglieri Hanno risposto NO 3 Consiglieri Si sono astenuti 7 Consiglieri Non partecipano Alla votazione 2 Consiglieri L'art. 7 è approvato.
ART. 8 31) Emendamento presentato dai Consiglieri Rabellino, Bodrero e Vaglio: Il comma 1 dell'art. 118 è così modificato: "Tutte le funzioni amministrative nelle materie non espressamente riservate alla competenza dello Stato spettano alle Regioni, alle quali è attribuita facoltà di delega alle Province e ai Comuni".
32) Emendamento presentato dal Consigliere Marino: "Tutte le funzioni amministrative nelle materie non espressamente riservate alla competenza dello Stato spettano alle Regioni o, nell'ambito dei principi fissati dalle leggi organiche delegate alle Province e ai Comuni dallo Stato o direttamente dalle Regioni".
33) Emendamento presentato dai Consiglieri Vaglio, Rabellino, Bodrero: Al comma 8 dell'art. 118 sono soppresse le parole "ferme restando le funzioni che attengono ad esigenze di carattere unitario".
La parola al Consigliere Vaglio.
VAGLIO Questa modifica dell'articolo voleva essere un rafforzativo di quanto già dichiarato anche dal collega Marchini. Le Province debbono avere comunque un ordinamento subordinato alla Regione ed essere gli organi funzionali sul territorio della Regione. Noi pensavamo che questa modifica rafforzasse il regionalismo.



PRESIDENTE

Darei la parola anche al Consigliere Marino come firmatario del secondo emendamento che tratta lo stesso argomento.
MARINO Il problema è che la questione posta dalla Lega Nord è a mio parere una questione giusta, ma formulata in modo non molto accettabile. Attualmente la Costituzione, per quanto riguarda le competenze che non sono dello Stato, mette sullo stesso piano, Regioni, Province e Comuni. Il I comma dell'attuale art. 8, quindi il primo comma dell'art. 118, così come ci è stato presentato, ripropone "tutte le funzioni amministrative nelle materie non espressamente riservate alla competenza dello Stato spettano alle Regioni, alle Province e ai Comuni". Non sono molto d'accordo su questa formulazione, perché annebbia il nuovo ruolo delle Regioni. L'emendamento della Lega Nord, però a mio parere non è accettabile perché recita: "spettano alle Regioni, alle quali è attribuita facoltà di delega alle Province e ai Comuni"; in altre parole, così come è espresso dalla Lega soltanto le Regioni possono attribuire competenze alle Province e ai Comuni.
Ho proposto un emendamento un po' diverso, che dice "tutte le funzioni amministrative nelle materie non espressamente riservate alla competenza dello Stato spettano alle Regioni o, nell'ambito dei principi fissati dalle leggi organiche, delegate alle Province e ai Comuni dallo Stato o direttamente dalle Regioni".
In altre parole, non so se sono stato molto chiaro, lascio la possibilità di non far diventare le Province e di Comuni esclusivamente subordinate ai poteri della Regione a cui appartengono.



PRESIDENTE

Informo l'aula che domattina alle ore 9,30 è convocata la Commissione Nomine.
La parola al Consigliere Rabellino.
RABELLINO E' pur vero che con tale emendamento in materia di deleghe tutto passa dalla Regione alle province e ai Comuni. Occorre, quindi capire quale ruolo vogliamo far svolgere alla Regione, mi pare logico dare un ruolo forte alle nuove Regioni.



PRESIDENTE

La parola al relatore Rossa.
ROSSA L'emendamento della Lega Nord non è accolto, perché riteniamo che le Regioni possano avere un ruolo forte nel rispetto delle autonomie locali che sono i Comuni e le Province.
Non accolgo anche l'emendamento del Consigliere Marino, perché non si rapporta alla proposta di legge. Infine respingo l'emendamento successivo perché tratta sull'abolizione delle funzioni di carattere unitario che invece una Regione forte ha il dovere di realizzare.



PRESIDENTE

Non sono accolti i tre emendamenti all'art. 8.
Pongo in votazione l'emendamento n. 31).
Chi è favorevole è pregato di alzare la mano.
L'emendamento è respinto con 3 voti favorevoli, 28 contrari, 5 astenuti.
Non partecipano alla votazione 2 Consiglieri.
Pongo in votazione l'emendamento n. 32).
Chi è favorevole è pregato di alzare la mano.
L'emendamento è respinto con 6 voti favorevoli, 25 contrari, 4 astenuti.
Non partecipano alla votazione 2 Consiglieri.
Pongo in votazione l'emendamento n. 33).
Chi è favorevole è pregato di alzare la mano.
L'emendamento è respinto con 3 voti favorevoli, 28 contrari, 5 astenuti.
Non partecipano alla votazione 2 Consiglieri.
Pongo in votazione l'art. 8.
Si proceda alla votazione per alzata di mano, a norma dell'art. 44, secondo comma, dello Statuto.
L'esisto della votazione è il seguente: Presenti 40 Votanti 38 Hanno risposto SI 28 Consiglieri Hanno risposto NO 3 Consiglieri Si sono astenuti 7 Consiglieri Non partecipano alla votazione 2 Consiglieri L'art. 8 è approvato.
ART. 9 34) Emendamento presentato dai Consiglieri Rabellino e Vaglio: il comma 1 è sostituito dal seguente comma: "1. Le Regioni hanno autonomia finanziaria proveniente dalla ripartizione del gettito tributario prodotto ed in relazione alla distribuzione delle funzioni tra Stato e Regioni".
Il comma 2 è sostituito dal seguente comma: "2. Le Regioni possono istituire tributi propri ed addizionali sui tributi erariali".
"3. Lo Stato può disporre trasferimenti in relazione al perseguimento di obiettivi di riequilibrio nazionale".
La parola al Consigliere Vaglio.
VAGLIO Illustrerò molto rapidamente tutti e tre i commi che abbiamo inteso sostituire. Pensiamo che l'art. 119 debba obbligatoriamente far chiarezza sull'autonomia finanziaria concessa alle Regioni, cosa che non è nell'articolo così cine concepito dal progetto di legge n. 282. In particolare, abbiamo inteso segnalare che l'autonomia finanziaria che spetta alle Regioni debba provenire dalla ripartizione del gettito tributario prodotto, in relazione alla distribuzione delle funzioni.
Mi preme evidenziare che tale richiesta non sta pervenendo soltanto dal mio movimento ma anche dai banchi della Giunta. Quando si è trattato di restrizioni in materia sanitaria, ricordo che sia il Presidente sia l'Assessore Maccari invocarono questa forma di autonomia finanziaria. Non ritengo quindi che sussistano - a meno che non sia cambiato qualcosa di cui non sono al corrente - motivi per non accettare questo nostro emendamento.
Inoltre, penso che l'Assessore al bilancio possa, per grandi linee essere d'accordo. L'istituzione di tributi propri, di nuove gabelle non è particolarmente popolare tra i contribuenti, inoltre va contro quei principi di unitarietà che rappresentano il punto di forza di questa riforma costituzionale. Se una Regione dispone di gabelle, di tributi molto diversi dalla Regione attigua, si creano sicuramente degli squilibri che possono danneggiare in modo notevole il tessuto sociale ed economico del Paese. In ultimo, non abbiamo dimenticato di ricordare, al comma tre, che lo Stato può, ma forse avremmo dovuto dire deve, disporre di trasferimenti in relazione al perseguimento di obiettivi di riequilibrio nazionale intendendo con questo creare un fondo di solidarietà che lo Stato dovrebbe prevedere per andare in sussidio di quelle Regioni che non riuscissero, con il proprio gettito fiscale, a far fronte alle spese.
Penso che su questo la maggioranza non nutra grosse perplessità.
Sicuramente è un testo molto più chiaro, per questo art. 119, che non il precedente, e mette dei paletti sicuri e certi all'autonomia finanziaria delle Regioni.



PRESIDENTE

La parola al Consigliere Cucco.
CUCCO L'emendamento della Lega Nord, articolato in tre parti, ha il pregio della chiarezza. Effettivamente l'articolo, così com'è stato formulato dalla maggioranza, ripercorre la nebulosità della formulazione della Costituzione attuale, la quale ha evitato che l'autonomia finanziaria fino ad oggi non sia mai stata realizzata. La formulazione della Lega Nord invece, concede chiarezza a una materia che non ne ha e non ne ha avuto fino ad oggi né nelle intenzioni politiche né nella formulazione di legge.
Quello che però non capisco è il terzo comma. Innanzitutto mi sembra molto poco leghista rispetto alle vostre idee il chiedere che lo Stato possa disporre di trasferimenti in relazione al perseguimento degli obiettivi di riequilibrio nazionale, tradotto in altri termini può anche essere la Cassa del Mezzogiorno. Probabilmente una dizione di questo tipo inserita nella Costituzione, ha bisogno di maggiori chiarimenti su che cosa significa "trasferimenti in relazione al perseguimento degli obiettivi di riequilibrio nazionale".
Per quanto mi riguarda, chiederei una votazione per parti separate anche perché in sostanza sono tre emendamenti diversi. Chiederei dunque al Presidente di mettere in votazione comma per comma; sui primi due voterò a favore, sul terzo mi asterrò perché necessita di maggiori chiarimenti.



PRESIDENTE

La parola al Consigliere Marino.
MARINO Al di là dei singoli emendamenti, sono preoccupato perché - l'avevo già detto nell'intervento iniziale - il modo in cui si stanno affrontando gli emendamenti presentati è deludente; infatti, attraverso il rifiuto di emendamenti, alcuni dei quali a mio parere anche accettabili, si sta sminuendo questa proposta di legge costituzionale.
Questo è uno dei numerosi casi - eventualmente alla fine li elencher se li ricorderò tutti - in cui si ripropone, con il primo comma dell'art.
119, una logica veramente bruttissima. L'articolo stabilisce che le Regioni hanno autonomia finanziaria nelle forme e nei limiti stabiliti da una legge organica che la coordina con la finanza dello Stato, delle Province e del Comuni. A me sembra che con questa formulazione non vi sia bisogno di apportare una modifica costituzionale, in quanto si ripropone sostanzialmente la logica attuale dove la Regione è uno dei tanti soggetti che può fare delle cose, sempreché lo Stato lo voglia.
Invece, l'emendamento sostitutivo presentato dalla Lega Nord - che probabilmente ci è sfuggito perché avremmo dovuto presentarlo come Verdi anche perché certe cose sono in contraddizione con alcuni atteggiamenti non condivisibili dalla Lega Nord - a mio parere è tendenzialmente accettabile perché fa chiarezza. Nella prima parte dice che le Regioni hanno autonomia finanziaria proveniente dalla ripartizione del gettito tributario prodotto nella seconda parte dice che le Regioni possono istituire tributi propri e addizionali sui tributi erariali. Su quest'ultimo punto avrei delle perplessità: credo, infatti, che non si debba escludere in assoluto il fatto che le Regioni possano istituire dei loro tributi. Credo si debba sostenere che l'autonomia delle Regioni deve essere un'imposizione fiscale sostitutiva e non aggiuntiva a quella dello Stato, quindi questa seconda parte del loro comma, così com'è scritta, mi rende perplesso.
La terza parte, in cui si dice che lo Stato può disporre di trasferimenti in relazione al perseguimento di obiettivi di riequilibrio nazionale, mi sembra più che sensata. In definitiva, tranne alcuni aspetti della seconda parte, sono favorevole; anch'io, però, chiederei di votarlo per parti separate.
Questa discussione sta prendendo una bruttissima piega, quindi inviterei il relatore, e chi ha presentato questo progetto di legge - che ovviamente è il nostro Presidente del Consiglio, perché in tutti i Consigli è stato presentato e mi sembrava giusto che la figura fosse quella del Presidente del Consiglio - a una più attenta valutazione delle proposte di emendamento che vengono presentate che a mio parere non sono né estremiste né devastanti rispetto a una logica invece di trasformazione che si sta contraddicendo man mano che la discussione procede.



PRESIDENTE

Ritengo comunque che si stia ragionando con tranquillità, almeno finora. Non sono state assunte delle posizioni esasperate da nessuna parte: a mio parere gli emendamenti sono stati analizzati con attenzione.
La parola al Consigliere Rabellino.
RABELLINO Ricordo che il nostro emendamento era unico, ma accettiamo comunque la votazione per parti separate. E' chiaro però che nel momento in cui non viene accolta la prima parte, noi ritiriamo le altre due perché sono consequenziali.



PRESIDENTE

La parola al Consigliere Bodrero per dichiarazione di voto.
BODRERO Io capisco la generosità della Lega Nord, che è notoria, siccome per ho parlato spesso contro le operazioni al sud (Melfi e Cassa del Mezzogiorno) devo come minimo astenermi sul comma terzo. Potrei accettarlo solo a condizione che al comma che recita: "Lo Stato può disporre trasferimenti in relazione al perseguimento di obiettivi di riequilibrio nazionale", ci fosse la seguente aggiunta: "eccetto che il sud mafioso quindi le Regioni Sicilia, Calabria e Campania".



PRESIDENTE

Consigliere Bodrero, prenda atto che i proponenti non accolgono la sua proposta.
BODRERO Allora mi astengo.



PRESIDENTE

La parola al relatore, Consigliere Rossa.
ROSSA Signor Presidente, come si può vedere la Lega Nord è generosa tanto come la coda delle lucertole! VAGLIO Allora vuoi la guerra! ROSSA Siete generosi! Noi respingiamo questa proposta di emendamento perché al primo comma esclude nettamente il rapporto con le Province ed i Comuni; ha una sua filosofia che è quella di trarre dal gettito prodotto una sua ricchezza senza tenere conto di un quadro unitario.
Capisco perfettamente il collega Rabellino quando dice che se non viene accolto il primo comma non ha più senso votare il secondo e il terzo.
Il secondo comma a nostro parere è inutile e pleonastico, perché è chiaro che le addizionali sono di competenza delle Regioni.



PRESIDENTE

La parola al Consigliere Marchini per dichiarazione di voto.
MARCHINI Il Gruppo liberale ha preso parte marginale a questo dibattito perch ne condivide il significato politico globale, mentre capisce meno l'esigenza di puntualizzazioni e diversificazioni che probabilmente poco produrranno.
Su questa questione io mi asterrò (il mio collega di Gruppo valuti) perché in effetti viene posta una questione. Io mi chiedo come si fa ad immaginare che un sistema fiscale, che dovrà misurarsi con quello europeo debba perseguire, anziché la logica della organicità del sistema fiscale ancora una volta quella della sua frammentazione. Abbiamo passato trent'anni della storia della Repubblica a cercare di costruire un sistema semplificato e organico, adesso improvvisamente la tutela delle autonomie non passa più attraverso la ripartizione delle risorse in base alle funzioni, viene abbattuta, potremmo dire, la fascia di solidarietà, oltre la quale invece c'è questo tipo di rapporto.
Il continuare ad immaginare che le Province dovranno avere tributi propri, il Comune dovrà avere tributi propri, la Regione dovrà avere tributi propri, rende ancora più lontano e più difficile da perseguire l'obiettivo regionalistico della leggibilità complessiva del processo fiscale del nostro Paese. Perché evidentemente non solo è incerto il reddito sul quale si basa, per ovvi motivi, ma sono anche incerti e dissimmetrici gli strumenti d'indagine.
Continuiamo a cullarci nell'illusione che si possa arrivare a una soluzione di tributi propri, invece lo Stato continuerà ad utilizzare lo strumento che sta usando ad esempio adesso sulla benzina dove non ci concede un tributo proprio, ma ci consente di appesantire un tributo già esistente. Il risultato è che in sostanza lo Stato dice al cittadino: "Non ti aumento la benzina perché mi rendo conto che è già troppo cara, la più cara del mondo, però se la Regione è cattiva e ti vuole aumentare la tassa sulla benzina sono affari suoi".
Devo quindi dire che sull'emendamento presentato dalla Lega Nord personalmente ritengo di dovermi astenere. Ovviamente da liberale non impegno il collega più di tanto perché è una valutazione di tipo tecnico non politico.



PRESIDENTE

Pongo in votazione il 1) comma dell'emendamento n. 34.
Chi è favorevole è pregato di alzare la mano.
E' respinto con 10 voti favorevoli e 27 astensioni.
I proponenti ritirano i commi successivi.
Ha chiesto la parola per dichiarazione di voto il Consigliere Zacchera; ne ha facoltà.
ZACCHERA Provate ad immettervi, colleghi, nell'animus del legislatore e immaginate che sia approvata questa riforma costituzionale: si possono inventare milioni di ricorsi su un art. 119 della Costituzione scritto in questa maniera!



PRESIDENTE

Non essendovi altre richieste di parola per dichiarazione di voto pongo in votazione l'art. 9.
Si proceda alla votazione per alzata di mano, a norma dell'art. 44 secondo comma, dello Statuto.
L'esisto della votazione è il seguente: Presenti 39 Votanti 37 Hanno risposto SI 24 Consiglieri Hanno risposto NO 9 Consiglieri Si sono astenuti 4 Consiglieri Non partecipano Alla votazione 2 Consiglieri L'art. 9 è approvato.
ART. 10 35) Emendamento presentato dai Consiglieri Majorino e Zacchera: "L'art. 121 è soppresso".
La parola al Consigliere Majorino.
MAJORINO Il motivo della soppressione dell'art. 121 è soprattutto diretto a quella parte della normativa che prevede che ogni Regione possa darsi una sua autonoma disciplina elettorale. Noi riteniamo che viceversa vada mantenuto il principio oggi vigente della unicità della legge elettorale per tute le Regioni, in quanto non si riesce a cogliere, visto che nella relazione di maggioranza non è stata espressa, la ragione per cui ogni Regione possa avere un suo sistema elettorale. Per assurdo si incorrerebbe nell'inconveniente che Regioni Finitime verrebbero diversamente disciplinate, l'uninominale in una, il proporzionale nell'altra, l'elezione diretta del Presidente della Giunta nell'altra ancora.
In altri termini, riteniamo che la materia elettorale, per sua natura debba essere uniforme per tutte le Regioni, e questo non scalfisce, sotto nessun profilo, il principio dell'autonomia.



PRESIDENTE

La parola al Consigliere Marino.
MARINO Sono d'accordo con quanto ha sostenuto il Consigliere Majorino.
Credo che si stia facendo una grande confusione (e questo aspetto diventa sempre più preoccupante) fra il federalismo, poco discusso, e l'idea che ognuno si fa i fatti suoi, che è una cosa un po' diversa. Io sono decisamente contrario che ogni Regione definisca una sua legge elettorale per eleggere i Consiglieri regionali, così è scritto in questo articolo, se non si specifica qualcosa di diverso.
Credo che il sistema elettorale, tranne situazioni particolare che la Costituzione comunque già prevede, debba essere un sistema che garantisca la rappresentanza coerente ed uguale in tutte le Regioni. Questo non ha nulla a che fare con l'autonomia regionale, che è altra questione di poteri, di possibilità di legiferare, di raccogliere e di utilizzare risorse. Qui, invece, si dice una cosa diversa, che io non condivido, cioè che ogni Regione ha un suo Statuto che determina in particolare il sistema di elezione dei Consiglieri regionali.
Io sono assolutamente contrario.



PRESIDENTE

La parola al Consigliere Zacchera.
ZACCHERA Colleghi Consiglieri, io insisto! Se non siete delle persone che fanno della demagogia un'arma, e non lo voglio credere, provate ad immaginare che cosa può succedere applicando un articolo scritto in questa maniera. Non soltanto per i sistemi di elezione, ma per esempio possiamo stabilire che il Consiglio regionale del Piemonte sia composta da 80 Consiglieri! Secondo questa norma, in Sicilia potrebbero eleggerne 200! Qui si va a cambiare la norma costituzionale che assegna a ciascuna Regione il suo numero di Consiglieri.
Stiamo travalicando non soltanto più lo spirito, perché voglio apprezzare in positivo lo spirito di tutti, ma anche la logica approvando una siffatta proposta. Penso che presentando questo testo di legge senza emendamenti seri al Parlamento, scusate l'espressione, ci facciamo ridere dietro al Parlamento, e persone più esperte di me possono confermarlo. Con una normativa simile ogni Regione diventa Repubblica a sé; potremmo al limite capire che in una Regione più piccola ci possa essere un sistema diverso da quello di una Regione più grande. Ad esempio il Molise, che ha 350.000 abitanti, ha sicuramente dei problemi diversi dal Piemonte che ne ha quasi 5 milioni, ma se non ci diamo una norma generale di comportamento avremo delle Regioni che andranno ciascuna per conto proprio. Vi prego di considerare la validità del nostro emendamento soppressivo di questo articolo.



PRESIDENTE

La parola al Consigliere Cucco.
CUCCO Farò una brevissima dichiarazione di voto a favore dell'emendamento presentato dai colleghi del MSI.
Non sto a ripetere le argomentazioni fatte dal collega Marino. Mi rivolgo alle forze di maggioranza e a quelle d'opposizione che hanno sottoscritto questo testo, perché facciano molta attenzione su questa formulazione, che non è autonomismo, ma è caos!



PRESIDENTE

La parola al Consigliere Vaglio.
VAGLIO L'ipotesi che l'emendamento presentato dal Consigliere Majorino possa essere accolto, rischia di spiazzare il nostro emendamento successivo, per cui, se mi si consente, intenderei illustrarlo molto brevemente, anche se devo dire che sono un po' scoraggiato nell'illustrare i nostri emendamenti perché non ho capito bene se per ragioni di disinteresse, di handicap o di ottusità, fino adesso non mi risulta che il relatore abbia recepito molto.
Questo ovviamente va in risposta alle code di lucertola.
Il nostro emendamento va nella direzione di recepire una strana condizione di questa proposta di legge, cioè che a momenti di estrema lentezza corrispondono momenti di rapidissima accelerazione.
E' pur vero quanto hanno detto i Consiglieri Majorino e Marino che questo articolo sancisce il principio importantissimo dell'autonomia statutaria. Il nostro emendamento va nel senso di dire che l'autonomia statutaria, cioè la possibilità da parte di un Consiglio regionale di stabilire il sistema di elezione dei vari organi regionali, è un dovere e quindi in assenza di questo non esiste una forma precostituita.
La nostra voleva essere una ulteriore accelerazione sulla strada dell'autonomia statutaria. E' ovvio che tra la posizione dell'emendamento del Consigliere Majorino e quella del nostro emendamento, esiste l'attuale testo che in caso di non accoglimento del nostro emendamento, ci sentiremo quasi di accettare.



PRESIDENTE

Mi permetto di suggerire al relatore, Consigliere Rossa, che la parte relativa ai diversi sistemi elettorali potrebbe essere eliminata, in particolare il comma relativo al sistema di elezione dei Consiglieri regionali.
La parola al Consigliere Rabellino per dichiarazione di voto.
RABELLINO Ricordo al Consiglio che già oggi esiste questa possibilità per le Regioni a Statuto Speciale. La Regione Valle d'Aosta sta preparando una modifica dell'attuale legge elettorale per il Consiglio regionale della Valle d'Aosta. Ritengo quindi si tratti di un atto di estrema autonomia.
Visto che vogliamo regionalizzare, regionalizziamo soprattutto questo aspetto, che è il momento di insediamento dei Consiglieri regionali!



PRESIDENTE

La parola al Consigliere Sartoris per dichiarazione di voto.
SARTORIS Sono stata preceduta dal collega Rabellino, ma anch'io penso che o facciamo gli autonomisti, crediamo in quello che stiamo facendo, oppure lasciamo stare. Capisco le preoccupazioni del Consigliere Marino quando parla di tutti gli insediamenti, ma - per quanto riguarda la Regione Piemonte - non si tratta di andare per conto proprio, si tratta semplicemente di lasciar scegliere ogni Regione nell'ambito dei sistemi democratici vigenti in questa Repubblica. Per esempio, nella Regione Valle d'Aosta - guarda caso - c'è una forza che sta ipotizzando di proporre che il Consiglio regionale venga eletto in base al sistema con il quale noi per esempio, eleggiamo le Province, cioè dividendo la Regione Valle d'Aosta in 35 collegi. Sicuramente questa è una grande innovazione che creerà molti problemi ai partiti, perché dovranno decidere se scegliere le nomenclature o i voti della gente e andare incontro a certe esigenze. Magari, in certe Regioni, alcune proposte non saranno accettate. Oggi molti in quest'aula sono intervenuti e sono partiti a spada tratta sulla questione dell'elezione diretta dei sindaci. In altre Regioni d'Italia ci sono persone che hanno espresso le loro perplessità circa la possibile elezione diretta del Sindaco - in Sicilia o in Campania - in questo si troverebbero ad avere come sindaci dei capi mafiosi, perché la gente eleggerà quelli! Quindi, a questo punto, ogni Regione dovrà avere la possibilità di scegliere il sistema che preferisce per avere i propri rappresentanti perché non si può sempre essere coraggiosi e fare le cose con il permesso della "mamma", perché la "mamma" (cioè Roma) fa quello che preferisce. Il sistema riguarda venti Regioni, ma non è detto che venti Regioni abbiano gli stessi interessi e vadano nelle stesse direzioni.



PRESIDENTE

La parola al Consigliere Bresso.
BRESSO Premetto che mi asterrò sugli emendamenti e sull'articolo. Sono d'accordo su una proposta di questo genere se si inserisce in un ordinamento di tipo federale, quindi i sistemi elettorali nell'ambito della Regione sono decisi dalla Regione. Il fatto che un sistema mezzo federale tiri fuori il sistema elettorale del Consiglio regionale e della Giunta regionale dal sistema elettorale nazionale complessivo è un po' strano.
Devo ancora decidere quale sarà la mia posizione sulla legge complessiva perché a me sembra che non sia una legge con un impianto federalista.
Certamente è meglio della situazione attuale, quindi non mi sentirei di votare contro, ma non ha un impianto federalista.
Penso che il sistema delle Regioni a Statuto speciale si sia rivelato molto carente perché sono stati concessi dei poteri, ma non dei poteri di tipo federale completo, quindi tali Regioni sono sostanzialmente degli aborti giuridici nel nostro sistema. Ho l'impressione che l'impianto di questa legge tenda poi a trasformare tutte le Regioni in Regioni a Statuto speciale, quindi a di estendere il pasticcio nel sistema. Non mi sentirei di mantenere la situazione attuale, e quindi non voterei contro, ma in questa particolare situazione bisognerebbe avere il coraggio di dire che tutto il sistema elettorale regionale e subregionale è determinato dalla Regione. Pertanto si avrebbe uno Stato federale in cui i livelli inferiori subregionali sono determinato dalle Regioni e possono esser coordinati. Ci sarà poi l'elezione diretta o meno del sindaco, a seconda di cosa si decida qui. Invece qui non si dice affatto che noi decideremo se ci sarà o meno l'elezione diretta del sindaco, questo verrà deciso da una legge nazionale il che mi sembra complicare ulteriormente il sistema istituzionale, non chiarirò e neanche renderlo più federale, ma darci solo una sorta di inebriatura del potere.



PRESIDENTE

E' stato presentato un subemendamento 35) dal Consigliere Rossa: ai commi 2 e 4 sono abolite le parole "il sistema di elezione dei Consiglieri regionali" e il 4 comma è soppresso.
L'emendamento n. 35 viene ritirato.
Pongo in votazione il subemendamento 35).
Chi è favorevole è pregato di alzare la mano.
E' approvato con 24 voti favorevoli, 4 contrari e 4 astensioni.
Non partecipano alla votazione 2 Consiglieri.
36) Emendamento presentato dai Consiglieri Rabellino e Vaglio: Il comma 1 è sostituito dal seguente comma: "1. La Regione deve deliberare il sistema di elezione del Presidente della Giunta e quello della Giunta regionale nonché la disciplina della forma di governo. Le norme suddette, se sono state approvate con una maggioranza inferiore ai due terzi dei componenti del Consiglio regionale, sono pubblicate, senza promulgazione, sul Bollettino Ufficiale della Regione con l'avvertimento che entro 3 mesi può essere promosso su di esser referendum popolare secondo le procedure e le modalità previste dallo Statuto per il referendum abrogativo. Le norme per le quali si procede al referendum non sono promulgate se non risultano approvate dalla maggioranza dei voti validi espressi nella consultazione referendaria".
Il comma 3 è sostituito dal seguente: "3. Lo Statuto è deliberato dal Consiglio regionale a maggioranza assoluta dei suoi componenti".
Il comma 4 è abrogato.
Pongo in votazione tale emendamento.
Chi è favorevole è pregato di alzare la mano.
E' respinto con 3 voti favorevoli, 26 contrari e 2 astensioni.
Non partecipano alla votazione 2 Consiglieri.
Pongo in votazione l'art. 10 così emendato.
Si proceda alla votazione per alzata di mano, a norma dell'art. 44, secondo comma, dello Statuto.
L'esito della votazione è il seguente: presenti 37 votanti 35 hanno risposto SI 26 Consiglieri hanno risposto NO 4 Consiglieri si sono astenuti 5 Consiglieri Non partecipano Alla votazione 2 Consiglieri L'art. 10 è approvato.
ART. 11 37) Emendamento presentato dal Consigliere marino: al comma 2 dell'art. 122 aggiungere al fondo: "ad eccezione di quanto indicato al comma 1 dell'art. 57".
Tale emendamento è da considerarsi decaduto.
Pongo in votazione l'art. 11.
Si proceda alla votazione per alzata di mano, a norma dell'art. 44, secondo comma, dello Statuto.
L'esito della votazione è il seguente: presenti 37 votanti 35 hanno risposto SI 26 Consiglieri hanno risposto NO 4 Consiglieri si sono astenuti 5 Consiglieri Non partecipano Alla votazione 2 Consiglieri L'art. 11 è approvato.
ART. 12 38) Emendamento presentato dai Consiglieri Rabellino e Vaglio: Il comma 2 dell'art. 123 è sostituito dal seguente comma: "2. Il Presidente della Giunta rappresenta la Regione, promulga le leggi e i regolamenti regionali, dirige le funzioni amministrative delegate dallo Stato alla Regione".
Il comma 3 è abrogato.
La parola al Consigliere Vaglio per l'illustrazione.
VAGLIO Il quadro legislativo che si intendeva formare si sta sgranando pian piano su una piattaforma centralista che, ovviamente, non può più contemplare questi nostri emendamento. In questo caso, l'intenzione era quella che in una regione, elemento veramente forte, un Presidente avrebbe dovuto rivestire incarichi forti, doveva essere una figura autorevole.
Nell'ambito di questa autorevolezza ritenevamo che le funzioni del Presidente della Giunta dovessero essere espletate senza costrizioni da parte del Governo centrale. Capisco che, a questo punto, questa è una mera dichiarazione di principio perché non esiste più un qualche cosa, un qualche ente a cui riferire una figura così forte e così autorevole.



PRESIDENTE

La parola al Consigliere Rossa.
ROSSA Mantengo la formulazione, nel senso che spetterà al dibattito in corso in Parlamento stabilire le forme dell'elezione del Presidente della Giunta. Credo che non possiamo collocarci noi nella posizione di chi stabilisce come debbono essere fatte le elezioni anche per il Presidente della Giunta. Respingo quindi l'emendamento.



PRESIDENTE

Pongo in votazione l'emendamento.
Chi è favorevole è pregato di alzare la mano.
E' respinto con 3 voti favorevoli, 23 contrari e 5 astensioni.
Non partecipano alla votazione 2 Consiglieri.
39) Emendamento presentato dai Consiglieri Majorino e Zacchera: il comma 3 dell'art. 123 è sostituito come segue: "Il Presidente della Giunta viene eletto dal popolo a suffragio universale, con un voto diretto uninominale. Il Presidente così eletto nomina la Giunta scegliendone i membri anche al di fuori dei rispettivi Consigli".
La parola al Consigliere Majorino.
MAJORINO L'emendamento stabilisce che il Presidente della Giunta venga eletto dal popolo a suffragio universale con voto diretto uninominale. Il Presidente, così eletto, nomina la Giunta scegliendone i membri anche al di fuori dei rispettivi Consigli. Questo emendamento tende a costituzionalizzare l'elezione diretta del Capo dell'esecutivo in sede regionale. Non è il caso di dilungarsi sulle motivazioni a sostegno di questa proposta. Desidero solo ricordare che la proposta dell'elezione diretta del Presidente della repubblica e dei capi degli esecutivi comunali, provinciali e regionali, risale a dieci anni fa e la primogenitura è della nostra forza politica. Ma al di là di questa considerazione ritengo che la proposta possa essere costituzionalizzata perché ha ricevuto l'adesione di diverse forze politiche e, in particolare del Partito socialista che con una proposta di legge recentissima è per l'elezione diretta del Sindaco.



PRESIDENTE

La parola al Consigliere Rossa.
ROSSA Confermo la posizione della proposta di legge anche se non è insensibile alla proposta di nomina diretta dei vari presidente compreso quello della Repubblica: Lascerei al dibattito in corso le conclusioni.



PRESIDENTE

Pongo in votazione l'emendamento n. 39 Chi è favorevole è pregato di alzare la mano.
E' respinto con 2 voti favorevoli, 26 contrari e 6 astensioni.
Non partecipano alla votazione 2 Consiglieri.
Pongo in votazione l'art. 12.
Si proceda alla votazione per alzata di mano, a norma dell'art. 44, secondo comma, dello Statuto.
L'esito della votazione è il seguente: Presenti 33 Votanti 31 Hanno risposto SI 21 Consiglieri Hanno risposto NO 5 Consiglieri Si sono astenuti 5 Consiglieri Non partecipano Alla votazione 2 Consiglieri L'art. 12 è approvato.
ART. 13 40) Emendamento presentato dai Consiglieri Segre, Giuliano e Miglio: L'art. 13 del pdl 282, sostituito dell'art. 124 della Costituzione, è sostituito dal seguente: "L'art. 124 è abrogato".
La parola al Consigliere Rossa.
ROSSA Mantengo la stessa formulazione per cui l'emendamento non è accolto.



PRESIDENTE

La parola al Consigliere Segre.
SEGRE Abbiamo sostenuto pochissimi emendamenti come precedentemente annunciato. Ci sembra comunque importante sottolineare che mantenere il controllo del Commissario di governo significa andare esattamente in senso contrario a quello che dovrebbe essere questa proposta di legge. Ripeto comunque, e mi rivolgo al relatore, Consigliere Rossa, che il mantenere questo articolo di legge vuol dire andare contro ad ogni ipotesi di autonomia regionale.



PRESIDENTE

Pongo in votazione l'emendamento.
Chi è favorevole è pregato di alzare la mano.
E' respinto con 11 voti favorevoli, 23 contrari e 2 astensioni.
Non partecipano alla votazione 2 Consiglieri.
41) Emendamento presentato dai Consiglieri Rabellino e Vaglio: Il comma 1 è così modificato: "Il Presidente della Regione provvede presso ciascuna Regione ad assicurare il coordinamento dell'Amministrazione statale con l'Amministrazione regionale e locale".
Al comma 2 le parole "il Commissario di Governo" sono sostituite dalle parole "il Presidente della Regione".
Al comma 2 punto 3 le parole "d'intesa con il Presidente della Regione" sono soppresse.
Al comma 3 le parole "il Commissario di Governo, anche su proposta del Presidente della Regione" sono sostituite dalle parole "il Presidente della Regione".
La parola al Consigliere Vaglio.
VAGLIO Siamo agli ultimi fuochi. Premesso che sarebbe stato sicuramente preferibile l'emendamento presentato dalla collega Segre, pensavamo che su quel tipo di emendamento il Consiglio con difficoltà si sarebbe trovato d'accordo.. Però vorrei richiamare i colleghi al senso dell'articolo.
Capisco che stiamo perdendo tutti gli spazi possibili di autonomia.
Comprendo tutto, ma il masochismo non lo comprendo, per cui ritengo che nella revisione costituzionale la figura del Commissario di governo dovrebbe essere modificata. Abbiamo pensato che il referendum sulla Regione, per il governo centrale, avrebbe potuto essere, con buona autorevolezza, il Presidente della Giunta. E' per questo che proponiamo di sostituire le parole "il Commissario del governo" con le parole "il Presidente della Regione". Mi auguro che almeno su questo il vostro relatore riuscirà a trovare un minimo di accordo con le nostre posizioni.



PRESIDENTE

Se vogliamo presentare una proposta che abbia un approdo positivo credo vada mantenuta la posizione che tiene conto del Commissario di governo, altrimenti potremmo giungere ad una proposta unanime, ma senza alcuna possibilità di successo.
La parola al Consigliere Rabellino per dichiarazione di voto.
RABELLINO Il dubbio che mi sorge è che qualcuno della maggioranza creda che questo progetto di legge vada avanti; questo mi preoccupa. Questo disegno di legge, come tutti i disegni di legge proposti dalla Regione, mi pare, si sia insabbiato. Peraltro, visto che questo non è un disegno di legge che viene presentato in modo assolutamente identico in tutte le regioni, quindi sono assurde le considerazioni del collega Rossa. Visto che si tratta di una dichiarazione di intenti, più che un disegno di legge vero e proprio sarebbe opportuno stabilire le linee che il Consiglio regionale del Piemonte intende perseguire nel senso della riforma delle regioni. Non illudiamoci che questa cosa vada avanti.
ROSSA Vi manca proprio quel tanto di ottimismo che discende dal realismo delle cose che dobbiamo fare; dovevate fare un preambolo, se volevate fare una dichiarazione d'intenti. Se invece volete fare una legge, le leggi si fanno in questo modo, con realismo.



PRESIDENTE

La parola al Consigliere Zacchera.
ZACCHERA Presidente, mi duole, ma non possiamo non condividere quello che ha detto testé il capogruppo della Lega Nord. A me sembra che a questo punto sia il relatore che non sa più a che articolo siamo, perché se effettivamente crediamo di cambiare qualcosa, allora proponiamolo, ma se ci rendiamo conto che tutto questo andrà a finire in nulla, allora chiudiamo la discussione e andiamo a casa.



PRESIDENTE

La parola la Consigliere Sartoris.
SARTORIS Non sono assolutamente d'accordo sulla questione del Commissario di governo, anche perché ricorda che le regioni a Statuto speciale non ce l'hanno. Credo che nell'emendamento dei colleghi della Lega Nord ci sia un eccesso, cioé non credo che uno possa essere controllore di per se stesso.
Ho tutta la fiducia possibile ed immaginabile nel Presidente della Giunta però non credo che si possa autocontrollare. Non tanto per il fatto che questa cosa possa finire in una bolla di sapone, mi auguro che venga presa in considerazione, però credo che ci sia incompatibilità. Credo che la figura del Commissario di governo debba essere tolta, configurata in un altro modo, ma sicuramente non dal Presidente del Giunta.



PRESIDENTE

Comunico al Consiglio che è stato presentato un altro emendamento.
La parola al Consigliere Rivalta.
RIVALTA Questo articolo mi crea delle perplessità in merito ai compiti che vengono attribuiti al Commissario di governo. Ad esempio, alla lettera c) del secondo punto si attribuisce al Commissario di governo un potere di iniziativa, insieme al Presidente della Giunta, per accordi di programma.
Questa è una materia propriamente di intervento nel merito di problemi che richiedono la partecipazione, oltre che della Regione, di organi dello Stato che devono attendere da un lato al momento politico e dall'altro a relazioni sul metodo della programmazione e della pianificazione degli interventi. Mi sembra assai anomalo attribuire al Commissario di governo compiti del tipo: "può formulare proposte ed esprimere pareri in ordine alle attività svolte sul territorio regionale da enti pubblici nazionali o aziende ed amministrazioni autonome dello Stato". Anche qui i pareri sul ruolo, sulle modalità e sugli effetti degli interventi degli organi dello Stato hanno da un lato delle spiegazioni che devono rientrare nei rapporti istituzionali politici ed amministrativi e dall'altro devono rientrare nelle capacità di costruzione preventiva di una politica da parte sia dello Stato che delle Regioni. Mi sembra quindi che si venga ad attribuire al Commissario di governo il compito di un Commissario ad acta su una serie di questioni, una funzione assolutamente impropria che rende burocratico il rapporto tra Stato e Regione, che devia dalle regioni di relazione che fra le Regioni e lo Stato deve realizzarsi.



PRESIDENTE

Ringrazio personalmente il Consigliere Rivalta che ci ha richiamato su questo punto in modo corretto, tant'è che i Consiglieri Nerviani, Cantore e Spagnuolo, hanno presentato un emendamento che sopprime il punto c) relativamente all'art. 121, firmato anche dal Consigliere Rivalta. Questo si va ad aggiungere agli altri emendamenti su questo articolo, quindi lo voteremo in seguito.
Passiamo alla votazione dell'emendamento presentato dal Consigliere Rabellino e Vaglio.
Chi è favorevole è pregato di alzare la mano.
E' respinto con 3 voti favorevoli, 27 contrari e 6 astensioni.
Non partecipano alla votazione 2 Consiglieri.
42) Emendamento presentato dai Consiglieri Nervini, Cantore, Spagnolo Rivalta: "Il punto c) del comma 2 dell'art. 13 è soppresso".
Chiede la parola il Consigliere Marchini. Ne ha facoltà.



PRESIDENTE

MARCHINI



PRESIDENTE

Signor Presidente, l'obiezione del collega Rivalta è così puntuale e calzante che mi fa riflettere sull'opportunità di non verificare se questa stesura da parte dei proponenti non avesse un significato diverso, cioè a considerare il Commissario di Governo l'interfaccia per gli accordi di programma che hanno per soggetto lo Stato. L'introduzione di questo elemento è talmente anomala rispetto alla nostra prospezione che potrebbe voler significare che il nostro interlocutore per gli accordi di programma è il Commissario di Governo e non più questo o quel Ministro, non più questo o quel Presidente della Commissione. Voglio solo capire di cosa stiamo parlando.



PRESIDENTE

E' una riflessione giusta. Sentito il suo intervento, a maggior ragione, non diamo un livello d'intervento ancora superiore.
NERVIANI, Assessore regionale Sono d'accordo con il Presidente Spagnolo, perché se fosse così sarebbe molto più grave: dovremmo trattare con il surrogato del Governo. Preferisco trattare con il rappresentante diretto del Governo che con il suo surrogato.



PRESIDENTE

Pongo in votazione tale emendamento.
Chi è favorevole è pregato di alzare la mano.
L'emendamento è approvato con 31 voti favorevoli, 2 contrari, 3 astenuti.
Non partecipano alla votazione 2 Consiglieri.
Pongo in votazione l'art. 13, così emendato.
Si proceda alla votazione per alzata di mano, a norma dell'art. 44, secondo comma, dello Statuto.
L'esito della votazione è il seguente: presenti 39 votanti 37 hanno risposto SI 28 Consiglieri hanno risposto NO 4 Consiglieri si sono astenuti 5 Consiglieri Non partecipano al voto 2 Consiglieri L'art. 13 è approvato.
Pongo in votazione l'art. 14.
Si proceda alla votazione per alzata di mano, a norma dell'art. 44, secondo comma, dello Statuto.
L'esito della votazione è il seguente: presenti 39 votanti 37 hanno risposto SI 28 Consiglieri hanno risposto NO 4 Consiglieri si sono astenuti 5 Consiglieri Non partecipano al voto 2 Consiglieri L'art. 14 è approvato.
ART. 15 43) Emendamento presentato dai Consiglieri Rabellino e Vaglio: Il comma 3 è abrogato.
Al comma 4 dell'art. 126, dopo le parole "sentita la Commissione per le questioni regionali" le parole "prevista dall'art. 122 della Costituzione" sono sostituite dalle parole "prevista dall'art. 72 della Costituzione".
VAGLIO Dichiaro decaduta la seconda parte dell'emendamento.
RIVALTA Presidente, qual è il concetto di sicurezza nazionale? Io non dispongo di questa chiarezza.



PRESIDENTE

Chiediamolo a ci ha presentato l'emendamento.
MARINO Faccio notare che questa frase è contenuta nella Costituzione.



PRESIDENTE

La parola al Consigliere Rossa.
ROSSA Manteniamo la formulazione del testo, ma voglio far rilevare che qui si parla di Commissione per le questioni regionali dopo che abbiamo parlato di Senato rappresentativo delle Regioni, il che mi sembra veramente un contrasto. Quindi sono contrario all'introduzione di un concetto che rende davvero più complicata tutta la questione.



PRESIDENTE

Il Consigliere Rossa ha detto una cosa corretta, perché c'è un errore nel testo che mi hanno fatto osservare anche gli uffici.
ROSSA Quanto poi alla sicurezza nazionale, questa è una cosa che appartiene ad altri tempi.



PRESIDENTE

Interviene ora il Consigliere Grossi per dichiarazione di voto.
GROSSO Io voterò a favore del mantenimento del comma terzo dell'art. 126 articolo che già oggi è presente nella Costituzione.
"Possono verificarsi all'interno delle assemblee regionali dei motivi gravissimo d'ordine pubblico e di attentato alla sicurezza nazionale": questa è una clausola di salvaguardia che io non ritengo debba essere cancellata.
Per quanto riguarda il concetto di sicurezza nazionale, farò avere al Consigliere Rivalta alcuni manuali di diritto costituzionale vigente.



PRESIDENTE

La parola al Consigliere Rivalta per dichiarazione di voto.
RIVALTA Presidente, mi permetta di ringraziare il collega Grosso per i manuali che mi invierà; tuttavia, siccome le leggi sono dirette anche a persone che non hanno letto i manuali di diritto, credo sia giusto porre la questione con chiarezza e in termini molto informativi.
La sicurezza nazionale fa parte degli atti contrari alla Costituzione? Io, privato cittadino e anche Consigliere regionale, non avvocato, penso di sì.
Se non è così, vorrei sapere quali sono gli atti contrari alla Costituzione che in più hanno il carattere di ledere la sicurezza nazionale.



PRESIDENTE

La parola al Consigliere Sartoris per dichiarazione di voto.



PRESIDENTE

SARTORIS



PRESIDENTE

Credo che questa sia proprio la conferma del fatto che si dicono le cose, senza in realtà voler cambiare nulla.
Credo che nessuno abbia il diritto di sciogliere un Consiglio regionale liberamente eletto, anche se la maggioranza non piace, e le decisioni che si assumono neppure. Permettere che quest'idea strisciante continui ad andare avanti, quando sappiamo benissimo che queste preoccupazioni in questi momenti non vengono assolutamente rivendicate e ricordate - non per questioni di mafia, ma per ben altre questioni, perché si ha paura che la gente si esprima e che elegga in ben altro modo un certo sistema di partiti che non piace - credo sia una delle cose più gravi che si è avuto il coraggio di dire in quest'aula.
Credo che nessuno, rispetto a un Consiglio, a un Consigliere e a un'assemblea liberamente eletta, possa arroccarsi il diritto di dire: "Per questo motivo vi sciogliamo". Non credo in questo tipo di comportamento perché questa non è democrazia.



PRESIDENTE

La parola al Consigliere Bresso.
BRESSO Invece io credo sia possibile che si configuri un caso in cui un Consiglio regionale, comunale o provinciale venga sciolto. Capisco che questo sia contenuto nella Costituzione e che venga da altri tempi, per continuo a ritenere che non esistano ragioni di attentato alla sicurezza nazionale che possono essere costituzionalmente correte e che quindi non rientrino nella tipologia dell'art. 1. Nel caso contrario dovrei pensare che, pur essendo i comportamenti dello sciogliendo Consiglio regionale in causa conformi alla Costituzione, il Parlamento nazionale potrebbe ritenere che si tratti di un grave attentato alla sicurezza nazionale.
Questo non mi è chiaro; secondo me può significare qualcosa di pericoloso. Naturalmente si tratta di norme che non vengono utilizzate praticamente mai, però al collega Rosso, che è il più esperto di tutti noi vorrei chiedere come si può configurare una tipologia di attentato alla sicurezza nazionale che sia conforme alla Costituzione e se in questo caso non avrebbe ragione il suddetto Consiglio regionale.
C'è qualcosa di ben strano in una formulazione di questo tipo che risale al passato; possono aver sbagliato anche i padri costituenti, non è detto che debbano sempre avere ragione.



PRESIDENTE

La parola al Consigliere Zacchera.
ZACCHERA Intervengo solo per una questione di mozione d'ordine e soprattutto di interesse dei colleghi.
Non è possibile che questo dibattito sia sceso così nel cavillo basso al punto che dobbiamo fare del diritto costituzionale; stiamo già facendo una normativa che probabilmente andrà a finire nel cestino, evitiamo di..



PRESIDENTE

.Lei la ritiene tale, Consigliere Zacchera! ZACCHERA Scusi Presidente, ma non possiamo perdere un'ora per stabilire noi quali possono essere i motivi per cui deve essere sciolto un Consiglio regionale per ragione di sicurezza nazionale! Mi sembra che siamo completamente fuori tema rispetto alla normativa che viene proposta.
Ricordo, ad esempio, che l'art. 122, che testé abbiamo abrogato, tutela i Consiglieri regionali che esprimono il loro parere, ecc.; quindi la Costituzione - e che io debba difendere la Costituzione è il colmo! - tutto sommato dà le "contromosse" a determinate frasi e forse è anche per questo che sta, nonostante tutto, ancora in piedi.



PRESIDENTE

La parola al Consigliere Rabellino per dichiarazione di voto.
RABELLINO Penso che la formulazione inerente la sicurezza nazionale debba essere un attimino rivista.
Se vogliamo fare un discorso sullo scioglimento di un Consiglio regionale per questioni di mafia, allora chiariamolo; tuttavia ritengo gravissimo che una Regione ponga, come proposta al Parlamento, una questione di questi tipo.
Cosa significa sicurezza nazionale? E' questo che dobbiamo chiarirci! Suggerirei quindi di valutare l'opportunità di modificare almeno i termini.



PRESIDENTE

Pongo in votazione la prima parte dell'emendamento n. 43).
Chi è favorevole è pregato di alzare la mano.
E' respinto con 4 voti favorevoli, 27 contrari e 5 astensioni.
Non partecipano alla votazione 2 Consiglieri.
44) Emendamento presentato dai Consiglieri Segre, Giuliano e Miglio: All'art. 15 del pdl n. 282, sostitutivo dell'art. 126 della Costituzione sono apportate le seguenti modifiche: al comma 4, le parole "sentito il Senato per le Regioni, previsto dall'art. 122 della Costituzione" sono abrogate.
Questo emendamento è superato per quanto abbiamo già detto prima riguardo al Senato delle Regioni.
Pongo quindi in votazione l'art. 15.
Si proceda alla votazione per alzata di mano, a norma dell'art. 44, secondo comma, dello Statuto.
L'esito della votazione è il seguente: presenti 39 votanti 37 hanno risposto SI 27 Consiglieri hanno risposto NO 3 Consiglieri si sono astenuti 7 Consiglieri Non partecipano al voto 2 Consiglieri L'art. 15 è approvato.
ART. 16 - Si proceda alla votazione per alzata di mano, a norma dell'art.
44, secondo comma, dello Statuto.
L'esito della votazione è il seguente: presenti 39 votanti 37 hanno risposto SI 27 Consiglieri hanno risposto NO 3 Consiglieri si sono astenuti 7 Consiglieri Non partecipano al voto 2 Consiglieri L'art. 16 è approvato.
ART. 17 - Si proceda alla votazione per alzata di mano, a norma dell'art.
44, secondo comma, dello Statuto.
L'esito della votazione è il seguente: presenti 39 votanti 37 hanno risposto SI 27 Consiglieri hanno risposto NO 3 Consiglieri si sono astenuti 7 Consiglieri Non partecipano al voto 2 Consiglieri L'art. 17 è approvato.
ART. 18 - Si proceda alla votazione per alzata di mano, a norma dell'art.
44, secondo comma, dello Statuto.
L'esito della votazione è il seguente: presenti 39 votanti 37 hanno risposto SI 27 Consiglieri hanno risposto NO 3 Consiglieri si sono astenuti 7 Consiglieri Non partecipano al voto 2 Consiglieri L'art. 18 è approvato.
ART. 19 - Si proceda alla votazione per alzata di mano, a norma dell'art.
44, secondo comma, dello Statuto.
L'esito della votazione è il seguente: presenti 39 votanti 37 hanno risposto SI 27 Consiglieri hanno risposto NO 3 Consiglieri si sono astenuti 7 Consiglieri Non partecipano al voto 2 Consiglieri L'art. 19 è approvato.
ART. 20 45) Emendamento presentato dai Consiglieri Segre, Giuliano e Miglio: Al comma 2 dell'art. 20 è aggiunto il seguente comma 3 ( e modificare di conseguenza la numerazione dei commi successivi).
"3. In un ulteriore biennio l'organizzazione preesistente sarà comunque sciolta e il relativo personale, che non trovasse una funzione sistemazione nella nuova organizzazione regionale, sarà trasferito ad altri incarichi dello Stato." Si tratta di un fatto organizzativo, che potrebbe essere rivisto successivamente; l'emendamento è quindi ritirato.
46) Emendamento presentato dai Consiglieri Segre, Giuliano, Miglio: Al comma 3 dell'art. 20, in fondo le parole "dalla Commissione per le questioni regionali, di intesa con la Commissione Bilancio del Senato" sono sostituite con le parole "dal Parlamento d'intesa con il Senato delle Regioni".
Lo correggiamo in relazione a quanto è già stato approvato, si tratta di un emendamento pressoché tecnico.
Se non ci sono interventi, pongo in votazione l'art. 20.
Si proceda alla votazione per alzata di mano, a norma dell'art. 44 secondo comma, dello Statuto.
L'esito della votazione è il seguente: presenti 39 votanti 37 hanno risposto SI 27 Consiglieri hanno risposto NO 3 Consiglieri si sono astenuti 7 Consiglieri Non partecipano al voto 2 Consiglieri L'art. 20 è approvato.
ART. 21 - Si proceda alla votazione per alzata di mano, a norma dell'art.
44, secondo comma, dello Statuto.
L'esito della votazione è il seguente: presenti 39 votanti 37 hanno risposto SI 27 Consiglieri hanno risposto NO 3 Consiglieri si sono astenuti 7 Consiglieri Non partecipano al voto 2 Consiglieri L'art. 21 è approvato.
ART. 22 La parola al Consigliere Rivalta per dichiarazione di voto.
RIVALTA Voterò contro questo articolo, perché sono contrario al mantenimento delle Regioni a Statuto Speciale.



PRESIDENTE

Si proceda alla votazione dell'art. 22 per alzata di mano, a norma dell'art. 44, secondo comma, dello Statuto.
L'esito della votazione è il seguente: presenti e votanti 31 hanno risposto SI 18 Consiglieri si sono astenuti 13 Consiglieri L'art. 22 è approvato.
47) Emendamento (modifica di coordinamento), presentato dai Consiglieri Fiumara, Rossa, Tapparo, Ponticelli, Grosso: L'art. 1 è integrato aggiungendo dopo le parole "..le sostituzioni, in appresso specificate degli articoli.", la definizione "degli articoli 55 58.".
Pongo in votazione tale emendamento.
Chi è favorevole è pregato di alzare la mano.
L'emendamento è approvato con 27 voti favorevoli, 3 contrari e 2 astenuti. Non partecipano alla votazione 2 Consiglieri.
Prima di procedere alla votazione dell'intero testo della legge passiamo alle dichiarazioni di voto conclusive.
E' iscritto a parlare il Consigliere Rabellino; ne ha facoltà.
RABELLINO Una dichiarazione di voto mi pare oltremodo doverosa, visto il modo con cui si è sviluppato il dibattito e la votazione sugli emendamenti.
Il Gruppo Lega Nord non parteciperà a questa votazione perché ritiene che questa proposta di legge non modifichi assolutamente nulla; è una legge estremamente fumosa, che va contro le necessità e le esigenze della gente.
La gente chiede federalismo, maggiore autonomia, ,ma in questa legge di federalismo ce n'è ben poco, anzi direi assolutamente nulla! Rimaniamo della forma idea che questa legge non avrà alcuno sbocco a livello parlamentare. Peraltro annunciamo fin d'ora che trimestralmente proporremo al Presidente del Consiglio un'interrogazione dove chiederemo lo stato di avanzamento dei lavori di questa legge in Parlamento, visto l'ottimismo emerso non soltanto dal Presidente, ma anche da diversi Consiglieri. Noi vogliamo verificare se questa proposta di legge andrà avanti oppure se, come riteniamo, sarà insabbiata come tutte le altre.
Cito, una per tutte, la proposta di legge sulla chiusura dell'ACNA. Abbiamo visto com'è finita nella scorsa legislatura; domani la riproporremo e vedremo cosa succederà. Fin quando il Governo non ha deciso per conto proprio, non se n'è fatto nulla.
Anche per quanto riguarda questa proposta di legge, fin quando non ci sarà un dibattito approfondito sulle modifiche della Costituzione a livello parlamentare sicuramente non se ne farà nulla.
Se tutto questo è un discorso propagandistico, mi pare perfettamente riuscito: un po' di fumo negli occhi dell'elettorato per far vedere che si va verso il regionalismo, anche se di regionalismo non se ne parla! Non si va a modificare assolutamente nulla! Non solo; se si dovessero mai applicare alcune modifiche proposte nella legge, davvero si andrebbe ulteriormente ad aumentare il caos e la confusione che c'è a livello nazionale.
La Lega Nord resta fermamente convinta che, di fronte a dibattiti di questo genere, le forze politiche sono fuori dalla realtà dello Stato e che si va davvero verso una situazione sempre più di tipo jugoslavo! Noi ci auguriamo che le forze politiche inizino a valutare attentamente queste questioni e presentino alla società proposte atte a modificare qualcosa; solo con le parole non si risolve una situazione ormai allo sfascio.



PRESIDENTE

La parola al Consigliere Zacchera.
ZACCHERA Colleghi, oggi possiamo essere soddisfatti perché i padri costituenti ci hanno messo due anni a fare la Costituzione, in 45 anni il Parlamento non è stato capace di cambiare due righe, mentre noi oggi abbiamo approvato 15 nuovi articoli della Costituzione; la seduta è sciolta, possiamo allontanarci! Forse però ci salverà proprio la Costituzione, con il suo terzo comma dell'art. 122, che dice che i Consiglieri regionali non possono essere chiamati a rispondere delle opinioni espresse e dei voti dati nell'esercizio delle loro funzioni, perché l leggerezza con cui questo Consiglio regionale oggi ha fatto, cambiato rappezzato, rimesso assieme ricompattato, diviso, ecc., è estrema; ed è la leggerezza con cui questo Consiglio regionale va a presentare al Parlamento una riforma così ampia che altro che la rivoluzione sarebbe - con il condizionale - se passasse qualcosa di simile a questo! Penso che sarebbe stato molto più semplice sensato ed utile non rifare 15 articoli della Costituzione, ma ottenere il sì politico a cambiare 10 parole della nostra Costituzione, 10 righe al massimo. Contava molto di più che i Partiti decidessero a Roma e accettassero che (sulla spinta di tutti i Consigli regionali d'Italia) si cambiassero alcuni specifici, piccoli particolari, perché le Costituzioni si cambiano o tutte o in quelle parole che evidentemente sono logorate dal tempo. Arrivare a raffazzonare e mettere una toppa grande così sul vestito logoro della Costituzione italiana significa rompere il vestito e metterci una toppa che non tiene.
Per questo dico che abbiamo fatto bene all'inizio a dire che eravamo contrari nella relazione di minoranza, ma veramente ne sono ora intimamente convinto e penso che quasi tutti voi siate convinti che questa sera il Consiglio regionale va a fare un atto dovuto, semplicemente perché c'è un'intessa a livello dei Consigli regionali che entro il 31 luglio si sarebbero portate avanti queste cose. Certo che - secondo me - non hanno lavorato bene i supremi padri che hanno deciso, a livello di Presidenze delle Giunte o dei Consigli regionali, di stendere questo testo, che non è abbastanza motivato, che non è coordinato, tanto che all'art. 22, che è stato approvato - e ho notato che qualche collega con attenzione non l'ha votato - annulla tutti i precedenti, così se siamo andati a cambiare la Costituzione e poi decidiamo che l'art. 22 stabilisce che però 16 Regioni di Italia non devono cambiare il loro Statuto.scusate, ma come può essere che lo Statuto sia già adeguato alle norme costituzionali che si vanno a cambiare? Evidentemente bisognava dire che quegli Statuti cambiavano perch sarebbero cambiate certe parti della Costituzione, ma forse qualcuno non ha neanche letto il testo in discussione, quindi forse non si è accorto neppure di quello.
Ribadisco, quindi, quello che ho detto oggi: si deve dire che è cambiato qualcosa e poi ce ne laviamo le mani, dite: "Adesso la colpa è del Parlamento", cioè il Consiglio regionale ha fatto il suo ruolo, ha presentato il pacchetto della nostra Costituzione, l'ha passato al Parlamento e adesso sono "cavoli" del Parlamento perché se non ci arriverà il Parlamento, la colpa sarà solo sua. Il che è anche vero, ma noi, come Consiglio regionale abbiamo dato al Parlamento una linea seria da tracciare, da questo punto di vista? Io ritengo di no, perché - ripeto bastavano dieci righe, dieci parole, cinque concetti minimali per ottenere veramente un aggiornamento serio della Costituzione italiana, che va rifatta, che va aggiornata. In senso federalista? Forse, ma sicuramente in senso di decentramento decisionale e su ciò possiamo essere tutti d'accordo, di questo bisogna parlare data l'importanza di queste cose. Noi no, noi in un pomeriggio abbiamo cambiato, votato emendamenti, pezzi di emendamenti, ecc., e alla fine cosa viene fuori? Un pasticcio.
Noi, dunque, voteremo contro - e convinti - a questa proposta di legge ma se avessimo avuto dei dubbi, proprio questo dibattito in Consiglio regionale, la leggerezza con cui è stato affrontato, le assurdità che sono state dette, la mancanza di serietà che ci sembrava dovuta dato l'importantissimo argomento che veniva trattato (non mancanza di serietà cioè la gente che si divertiva, ma mancanza di serietà perché non è stato assolutamente approfondita abbastanza l'enorme conseguenza), non ce li avrebbe chiariti.
Si dice che la gatta che va troppo svelta fa i gattini ciechi; quindi mi sembra che i ciechi siamo tutti noi e soprattutto mi dispiace che un domani ci si possa sentire con le coscienze a posto per avere in qualche modo raccontato alla gente che il Consiglio regionale del Piemonte ha rifatto la costituzione. Questo è semplicemente ridicolo, colleghi!



PRESIDENTE

La parola al Consigliere Cucco.
CUCCO Grazie, Presidente. Annuncio il mio voto contrario al progetto di legge testé votato articolo per articolo. Non ripeto le motivazioni sulla serietà, sulla inutilità del nostro lavoro, sul fatto che questo lavoro non sarà ripreso in Parlamento; sono questioni troppo labili rispetto alle motivazioni forti che stanno dietro a questo progetto. C'era un'intenzione da parte del Consiglio regionale di operare in una direzione specifica nell'ambito delle riforme istituzionali, è stata motivata secondo le intenzioni della maggioranza, io mi esprimo contro questo tentativo, che ha un po' il sapore di un esperimento da apprendista stregone.
La difficoltà del ruolo che dobbiamo inventarci su queste materie la difficoltà di esprimere questa necessità di cambiare le leggi che regolano il nostro Stato si manifesta anche nella difficoltà di discussione di questi argomenti in quest'aula, forse con scelte molto importanti, poco supportate da riflessioni e motivazioni. Ma soprattutto, devo dire - ed è questo il motivo per cui ritengo di dover votare contro- che non credo che il Paese abbia bisogno di progetto per risolvere, per trovare la via d'uscire dalla gravissima crisi istituzionale che stiamo vivendo. Ogni giorno finiscono in galera politici, cioè persone che svolgono il nostro mestiere, per reati di cui la Magistratura verificherà l'attendibilità.
Ogni giorno la parte meridionale del nostro Paese finisce sempre di più nelle fauci di una criminalità organizzata che non ha, fino ad oggi trovato contrasti. Il nostro Paese si trova di fronte al grande problema del ruolo abnorme iperatrofizzato dei Partiti, che si sono costituiti in gruppi di potere e hanno "mangiato" lo Stato. L'ho detto più volte e lo ripeto, occorre risolvere e sciogliere il nodo che sta intorno al ruolo dei Partiti nella nostra società e nelle istituzioni e questo lo si ottiene attraverso la riforma del sistema elettorale, non attraverso la riforma delle istituzioni, che comunque verranno variate cinque minuti dopo la riforma elettorale che il Parlamento sta decidendo sulla testa di tutti quanti, perché la "riformicchia" che stanno facendo per l'elezione diretta del sindaco e tutti gli annessi e connessi è questo. E' un simulacro di legge truffa esattamente come in questa storia della Repubblica abbiamo visto più di una volta. Quindi voterò contro, non per le argomentazioni che sono state dette, ma perché nella sostanza è un progetto di legge che non assolve la sua funzione principale, che non è quella di dare una risposta istituzionale, ma di dare una risposta politica ai cittadini che hanno bisogno di vedere che le cose cambiano In una direzione concreta.



PRESIDENTE

La parola al Consigliere Marchini.
MARCHINI Signor Presidente, il Gruppo liberale darà il suo voto favorevole a questo provvedimento, mi sembra comunque opportuno - anche per rispetto di alcune cose intelligenti che sono state dette - avanzare due considerazioni che condividiamo: una è del collega e prof. Grosso che sostiene che questa legge arriva tardi. Questa legge sarebbe arrivata al momento giusto se fosse stata proposta nello stesso testo da tutti i Consigli regionali ed essere presente sul tavolo del nuovo Parlamento non appena istituito. Così si sarebbe posta una questione regionale a prescindere dal contenuto e dalle specifiche questioni che ponevamo. Si poneva, comunque, la questione regionale.
Le Regioni non sono riuscite ad arrivare in tempo a porre, al momento giusto, su uno stesso testo la questione regionale.
Le riforme istituzionali, come tali in questo Paese, non sono andate avanti e non vanno avanti se non nella misura in cui si verificano i fatti politici, per certi versi di natura rivoluzionaria. Fin quando la grande riforma era sostanzialmente la "mongolfiera" di un partito, non si è fatto nulla. Appena sono stati recuperati dai cittadini alcuni principi, vecchi come il mondo nel sistema politico, il primo quello della responsabilità in questo senso si recupera e si privilegia l'elezione diretta: il cittadino vuole sapere chi e come risponde della delega che coi ha espresso. Questo è il senso dell'elezione diretta del Sindaco che si rispetti il principio di responsabilità.
L'altro principio, che nella società civile va avanti, è quello di sapere che il Governo non nasce in termini illuministici da un'unica matrice che è il Parlamento ma nasce dalla volontà popolare, ed è quindi legittimato in termini democratici, ma non nasce dallo stesso seno il soggetto portatore della funzione di Governo e il soggetto portatore della funzione di controllo, quando si parla di elezione maggioritaria si riconosce implicitamente che non si elegge il Parlamento, ma si elegge Il Governo e, paradossalmente se non riusciremo ad atteggiarci su questo, il Parlamento non verrà più eletto la maggioritaria elegge di fatto il Governo il quale ha come corollario, coma coda di una cometa, il Parlamento, non più come soggetto eletto con funzione propria come nella grandissima tradizione parlamentare britannica ma come conseguenza, più o meno appesantita dal sistema. Ricordo ancora a tutti che il Parlamento francese si riunisce su ordine del giorno firmato dal Presidente della repubblica.
Se ciò che abbiamo scritto può trovarci sostanzialmente tutti convinti anche se non d'accordo sul dettaglio - si tratta di capire se questa rivoluzione che ci aspettiamo maturerà. Non maturerà certo sulle spinte cosiddette federaliste, perché queste non premiano l'istituzione Regione al massimo premiano le aree, la società civile: è la "Lombardia" che vuole stare per conto proprio, non la Lombardia ente istituzionale. Le Regioni non sono in alcun modo presenti nel processo di decentramento e di nuovo federalismo che va avanti tra la gente. Quindi, dobbiamo cercare di incominciare a realizzare nell'immediato, in questa legislatura, i valori che stanno andando avanti e che sono alla base della modifica istituzionale del nostro . Paese per cui non si chiama più truffa la legge maggioritaria perché è nata una consapevolezza nuova e non è più personalismo immaginare che si elegga il Sindaco direttamente dal popolo.
A me pare che - e qui la responsabilità è soprattutto della Giunta- la Giunta debba riuscire ad attuare, se vuole concorrere a dare corpo e non soltanto forma alle cose di cui parliamo, due principi: della responsabilità e della capacità di Governo di cui parlavo precedentemente.
La Giunta deve ritornare a governare e ad essere il centro della Regione rifiutando la logica assembleare, non in termini di partiti, ma di metodo.
Non è più il parlamentarismo al centro del sistema, ma è il Governo che deve recuperare al proprio interno la capacità di dare il senso della responsabilità. Quando un Assessore viene messo in discussione nelle sue questioni essenziali dà le dimissioni, non può un Assessore non accettare di rispondere al Consigliere liberale sulla messa in discussione da parte di Consiglieri significativi della maggioranza, non può non inalberarsi perché un provvedimento dovuto trova di nuovo in contrasto il Parlamento regionale; sono lieto che il collega Garino abbia agito in questo modo.
Voglio dire che questa riforma che noi caldeggiamo, che noi ci auguriamo si realizzi, non si realizzerà nelle forme, se prima non si realizzeranno, in capo alla nostra istituzione, alcuni elementi di novità veri, il più possibile in coerenza e in armonia con quelle che sono le aspettative della società civile, ovvero la responsabilità delle persone e la capacità di Governo delle istituzioni. Questi sono gli elementi che mi avevano molto colpito nell'intervento del collega Cucco che ringrazio per avere, su questo, richiamato l'attenzione di qualche Consigliere. Ho ritenuto di dover sviluppare queste cose e chiedo scusa del tempo che ho tolto ai lavori del Consiglio.



PRESIDENTE

La parola al Consigliere Marino.
MARINO Pensavo fosse possibile un voto di astensione rispetto ad una proposta che rifletteva e riecheggiava un'iniziativa che undici Consigli regionali hanno assunto. Mi pare, però, che questo punto sia l'unica cosa rimasta di significativo di questo dibattito di questo ultimo anno almeno sul nuovo regionalismo.
L'andamento della discussione e l'analisi più precisa dell'articolato della proposta, sono deludenti: alcuni emendamenti presentati tendevano da una parte ad introdurre degli elementi di federalismo e dall'altra, pero tendevano a distinguere forme diverse, molto diverse, di federalismo che dentro quest'aula, vengono portate avanti e io ne ho sentite soltanto due quelle che, in qualche modo, sono state espresse negli interventi dei vari Consiglieri Verdi e quelle proposte dalla Lega Nord.
Credo siano due ipotesi di federalismo profondamente diverse alle quali io e altri Consiglieri abbiamo cercato di dare un contributo che garantisca la convivenza e la gradualità senza restare immobile e paralizzato.
Tuttavia la superficialità con la quale questo dibattito si è svolto oggi ma forse non solo oggi, forse il problema viene da lontano, ha messo tutto in un unico calderone, ha respinto sostanzialmente tutto e ha forse purtroppo, prodotto un documento scarsamente utile.
Mi auguro, e sono anche convinto, che la realtà ci porterà ad affrontare con tempi molto più rapidi di quello che si possa immaginare queste problematiche. Mi pare che il Presidente del Consiglio, per quello che io ho percepito in questi mesi, abbia seriamente cercato di dare un contributo affinché questo processo fosse politicamente significativo anche se i risultati di oggi sono deludenti. Non posso fare altro che votare contro, anche se è una decisione di voto che non permette di distinguere i diversi modi di essere contro. Credo che l'intervento di stamattina del Consigliere Grosso, abbia indicato che la strada su cui si marcia è un vicolo cieco. Dubito che oggi, a differenza di qualche decennio fa, si possa sostanzialmente distinguere fra il cosiddetto processo di nuovo regionalismo e l'ipotesi di uno Stato che gradualmente diventa federalista. Non ci troviamo più negli anni '70, quando si parlava delle Regioni, o addirittura nella fase della nascita della Costituzione, in cui tutte queste problematiche si svolgevano in un periodo storico completamente diverso dall'attuale. Credo che oggi ci si debba incamminare sulla strada federalista rispetto alla trasformazione dello Stato, rispetto al rapporto con l'Europa, altrimenti si producono documenti che hanno scarse conseguenze nella pratica politica, nella politica del paese, che comunque va avanti. Credo sia inevitabile che il percorso di trasformazione dello Stato segua delle strade volte a coinvolgere nella gradualità, nella convivenza, nella mancanza di scontro violento le varie parti del paese.
Sono sempre più preoccupato del fatto che le forze politiche - non solo quelle di maggioranza, ma anche la principale forza politica di opposizione affrontano le problematiche con questa lentezza, con questa sordità rifiutando anche, ad esempio, di adeguare l'età di elettorato attivo e passivo del Senato con quello della Camera! Agendo in questo modo si andrà incontro a dei processi che potrebbero diventare laceranti e ancora più violenti di quelli che già oggi esistono. Quando ci si rifiuta di compiere qualche piccolo passo coraggioso è inevitabile che i percorsi della storia prendono delle strade molto più spiacevoli di quelle che passano attraverso la scelta di adeguarsi alle nuove realtà da parte delle forze politiche.
Sono costretto, mio malgrado, a votare contro questa proposta di legge di modifica della Costituzione.



PRESIDENTE

La parola al Consigliere Rivalta.
RIVALTA Credo anch'io che l'iniziativa che il Consiglio regionale sta prendendo e il lavoro che ha fatto per giungere alla seduta di oggi, siano seri e non considero affatto che questo lavoro abbia solo un aspetto di facciata e di propaganda. D'altra parte considero che iniziative dello stesso tipo proposte di legge al Parlamento, già promosse ed approvate all'interno di questo Consiglio, abbiano avuto degli effetti politici: proprio l'esempio dell'Acna, che richiamava il collega Rabellino, mi sembra che ci dimostri come un'iniziativa regionale,, portata anche esemplarmente al livello di una proposta di legge al Parlamento, abbia inciso nella formazione di un atteggiamento e di una cultura nei confronti dei problemi dell'industria e dell'ecologia. Quindi sotto il profilo del metodo e del lavoro io non obietto alcunché a questa iniziativa, la considero anzi un'iniziativa appropriata da parte di un Consiglio regionale in un momento in cui sono in discussione e stanno per cominciare ad operare strutture perla riforma istituzionale del nostro paese. Ritrovo dentro questa legge, che fra poco verrà votata dal Consiglio, alcuni elementi importanti di una posizione a favore delle Regioni, come quello del ribaltamento nella concezione della divisione fra le competenze dello Stato e della Regione, che tende ad attribuire a queste ultime competenze piene e potenzialità e responsabilità di governo. Penso ad esempio all'autonomia contributiva che all'interno del nostro paese può "rompere" con un sistema che certo ha avuto all'inizio nel dopoguerra, un significato importante, quello dell'operare per lo sviluppo delle regioni più deboli, ma che oggi evidentemente deve fare i conti con una realtà che è molto cambiata sia in bene che in male e che richiede un sistema contributivo diverso. Sono convinto che il sistema contributivo, basato su un'autonomia regionale, sia fondamentale. Sotto questi profili spero che il Parlamento prenda seriamente in considerazione questa legge e spero che tale legge possa davvero incidere con cambiamenti opportuni alla nostra Costituzione. Devo però dire che in questa legge trovo mancanti alcune questioni ed in particolare quella di una riforma dello Stato in senso federalista. Mi richiamo a questo pensiero dello Stato anche in virtù del fatto che questo mio pensiero non è di oggi. E' una concezione dello Stato per la quale molti colleghi, del mio partito innanzitutto, non devono essere infastiditi se mi sentono ragionare in questo modo. Più volte hanno sentito dire da me che era necessario che le Regioni avessero il ruolo che più propriamente è dato in uno Stato federalista; in questo senso io trovo questa proposta della Regione carente rispetto a quello che io penso. Ho visto altri Consiglieri partecipare a dibattiti del Movimento federalista ed esprimersi per il federalismo anche nella struttura istituzionale del nostro Paese. Anche molti compagni del mio partito pensano a uno Stato federalista; è una convinzione non strumentale e non occasionale, ma profonda, e inoltre sono anche convinto che tale prospettiva non mini l'unità nazionale.
Molto sinteticamente faccio riferimento a dei grandi Stati che vivono da molto tempo in un sistema federalista: gli Stati Uniti d'America rispetto ai quali ho certamente molti elementi di, critica per la caratterizzazione culturale e sociale, ma che certo rappresentano un grande Stato; la Germania; la Svizzera, credo anche il Canada. All'interno di questi Stati non mi pare che ci siano elementi di rottura, non mi pare che la loro sicurezza sia minata dalla struttura federalista.
E una convinzione per molti aspetti condizionata dal mio partito che è mai stato favorevole a questa prospettiva, ma in realtà non ritengo vi sia pericolo per l'unità nazionale; in base a tali considerazioni considero questa legge carente di una chiara espressione federalista nonché della richiesta al Parlamento italiano di riforma istituzionale. Il non affrontare il problema della struttura federativa del nostro Stato in un momento storico in cui si pone il problema di un'articolazione dello Stato che colga specificità politiche, culturali ed economiche, credo rappresenti un'altra carenza.
Per queste carenze, che considero molto pesanti, mi asterrò dal votare questa legge.



PRESIDENTE

E iscritto a parlare il Consigliere Chiezzi.
CHIEZZI Presidente, se la situazione politica italiana fosse diversa da quella che è, in agenda l'attività politica potrebbe anche proporre come priorità assoluta la riforma costituzionale. Se, ad esempio, qualche settimana fa non fosse finito in galera il Capogruppo di Rifondazione Comunista della città di Garlasco, già Sindaco comunista di Garlasco: se qualche settimana prima non fosse finito in galera (o inquisito) il Segretario cittadino del PDS di Milano, se qualche settimana prima non fosse stato inquisito l'ex Sindaco di Milano e poi un altro ex Sindaco di Milano: se un ex Ministro non avesse ricevuto un avviso di garanzia; se un terzo del Consiglio comunale di Reggio Calabria non fosse inquisito; se a Torino numerosi membri della USSL 4 non fossero inquisiti (alcuni in galera); se non fosse finita in galera tutta la gente che vi è finita facendo politica o gestendo soldi all'interno di aziende; se non ci fosse il pesantissimo silenzio quasi un urlo, di inquisiti Cogefar, che stando zitti dicono più cose che con una dettagliata deposizione: se la criminalità esistente in alcune Regioni non si fosse sostituita allo Stato; se il Piemonte non arrivasse terzo per violazione delle leggi sugli appalti: se la Regione Piemonte non avesse omesso di adottare un piano territoriale, un piano paesistico, un piano regionale di sviluppo ed un piano di trasporti: se in Italia le Regioni la smettessero di non spendere quasi la metà dei soldi che la CEE destina loro per lo sviluppo; se in Italia ci fosse una politica fiscale equa e non iniqua, borbonica e compiacente; se tutto questo non ci fosse se si trattasse di modificare le strutture istituzionali per consentire più adeguate capacità di governo, allora capirei di mettere in agenda questo problema al primo posto. Dato che così non è, ritengo che questo tema istituzionale non rientri nelle iniziative prioritarie, almeno di Rifondazione Comunista.
Non sono deluso da questo dibattito né l'ho considerato inutile ritenendo che in politica ogni confronto e dibattito abbia sempre qualche utilità - e per me personalmente l'ha avuta - ma non vi ho partecipato per non contribuire alla ibridazione della legge.
Voterò contro questa legge. Colleghi, è un disegnino, non dico che sia un brutto disegno o che sia pessimo, dico che è un disegno sul quale non sono convinto perché non è politicamente orientato, è senza bussola. Mi sembra che oggi il dilemma Stato federale/ Stato delle Regioni, che è uno dei problemi, 'se lo si vuole affrontare in questi termini, non venga assolutamente risolto da questa legge; forse anche per i vari e compromessi che vi sono dietro.
Colleghi, la cosa che mi interesserebbe discutere di più, anche quando affrontiamo i temi istituzionali, è: a cosa servono queste istituzioni nuove e queste riforme? Ho già detto questa mattina, e lo ripeto, che mi interessa molto di più discutere su: a cosa serve uno Stato federale, gli interessi che intende tutelare, cosa ne pensa uno Stato federale o uno Stato delle Regioni, come chiede il PDS, del problema della formazione distribuzione, gestione e godimento della ricchezza, della ridistribuzione della ricchezza? Sono questi gli obiettivi economici e sociali che, a mio avviso, dovrebbero essere discussi prima del dibattito sulle riforme istituzionali.
Ricordiamo la Costituzione italiana. Quando è nata, chi l'ha scritta arrivava dalla fine del fascismo e stava ricostruendo una nazione; quando è stata scritta la Costituzione italiana c'erano degli obiettivi economici e sociali che erario ben chiari nella testa di tutti: la riconciliazione nazionale, la ricostruzione economica nel campo occidentale, la libertà politica e la libertà religiosa. La Costituzione italiana aveva questi chiari obiettivi. Si intuisce che a scriverla vi erano forze diverse e vi era influenza politica di una delle forze che ha partecipato alla lotta contro il fascismo, quella del Partito Comunista Italiano.
La Costituzione non è nata dal nulla, è nata dalla lotta al fascismo ed aveva degli obiettivi chiari: garantire le libertà politiche per tutti garantire la ricostruzione nel campo occidentale, e così via. Oggi, mi volete chiarire; cari colleghi che voterete questa legge, quali obiettivi economici e sodali vi uniscono? Perché se vi uniscono degli obiettivi economici e sociali, allora fate un Governo. Fatto il Governo con quegli obiettivi inventate, se lo ritenete proprio necessario, una nuova struttura istituzionale.
Voterò contro e in questo mi sento più vicino a quanti hanno sinora dichiarato il loro voto contrario o, come ha fatto il Consigliere Rivalta la propria astensione, perché mi sembra che questa legge non giunga al dunque.
Vedete, colleghi, se di riforma si voleva parlare, forse era meglio staccarsi del tutto da una cucina politica che sento presente in questi fatti, la cucina politica dell'allargamento delle aree di governo. Dovevate staccarvi del tutto e pensare anche a una riforma dell'istituzione che credo sia una delle riforme più sentite dalla gente, oltre a quella dei contenuti di governo e a quella di dire ai partiti che la smettano di rubare: la semplificazione istituzionale.
Dal dibattito, e specialmente dall'intervento del collega Marchini, ho ricavato un dubbio che prima non avevo così chiaro, quello di impostare una riforma dell'impalcatura istituzionale attraverso l'istituzione del Senato delle Regioni. Abbiamo il bicameralismo: una grossa riforma sarebbe quella di eliminarlo per lasciare il posto a una sola Assemblea nazionale, con, un numero di deputati ridotto, e poi di rafforzare il ruolo delle Regioni attraverso l'effettivo esercizio della Costituzione italiana, dove la riforma regionalista c'è già e non viene attuata.
Uno Stato rinnovato nel senso della semplificazione poteva essere una grande idea, anche se non sufficiente. Infatti, a cosa serve tutto questo se prima tra le forze politiche non si esplicita cosa vogliamo fare, quali obiettivi vogliamo ottenere? Per questo motivo, insieme al Gruppo, voter contro questa legge perché non rientra nelle priorità politiche e perché è una legge che non raggiunge alcuno scopo. Ritengo che il contributo da dare a questo proposito sia quello di far crescere un'opposizione che si fondi e allarghi la propria arca di influenza attraverso proposte antagoniste nel merito dei rapporti economici e sociali; gli altri mi sembrano marchin gegni sovrastrutturali ininfluenti rispetto ai problemi che sono sul tappeto oggi in Italia.



PRESIDENTE

La parola al Consigliere Giuliano.
GIULIANO Penso che il dibattito a cui abbiamo assistito oggi sia stato molto positivo, anche se l'argomento, per complessità e importanza, avrebbe forse meritato un maggiore approfondimento sia nell'ambito della Commissione competente sia nell'ambito di quest'aula. Il dibattito iniziato nel nostro Paese sulle riforme istituzionali, di cui il provvedimento che oggi stiamo per licenziare fa parte e può anche esserne l'avvio, meritava una maggiore attenzione e una giusta e naturale collocazione nell'ambito di una cornice che fosse ben più ampia di quella dei nostri confini nazionali, rivolta all'Europa.
Oggi noi ci troviamo di fronte a una realtà difficile in cui la gran parte degli Stati nazionali che conosciamo risultano allo stesso tempo troppo grandi per consentire la realizzazione di una vera democrazia, una democrazia cioè che veda la più ampia partecipazione dei cittadini alla gestione della cosa pubblica, e troppo piccola per permettere di affrontare in maniera efficace i grandi problemi che ci troviamo di fronte, a cominciare proprio da quelli ambientali oppure del disarmo e della pace.
Emerge, dunque, la necessità che si realizzi contemporaneamente un sempre più accentuato decentramento del potere a livello locale e una maggiore aggregazione sovranazionale. In sostanza si tratta di svuotare gli attuali Stati nazionali verso le Regioni e i Comuni da un lato, e verso istanze di una federazione sovranazionale dall'altra.
Oggi non possiamo più rifugiarci nella difesa degli Stati nazionali esistenti perché questi non sono più in grado di garantire livelli più alti di democrazia, di tutela ambientale, di giustizia sociale, di pace.
Questo non significa dire no all'unità nazionale. Se siamo fermamente ancorati a un obiettivo di Stato federale basato - vi ricordo - sulla sussidiarietà, siamo altrettanto contrari a un'Italia fatta di tante piccole repubblichette racchiuse nel loro egoismo economico, sociale e politico.
Una simile soluzione non rientrerebbe certo nel discorso della valorizzazione e nella solidarietà di quelle differenze che riteniamo siano invece la strada maestra sulla quale muoversi.
Certo nella prospettiva di un federalismo delle Regioni si corrono anche questi rischi, ed è qui che il nostro federalismo è diametralmente opposto a quello dei colleghi della Lega. Si corrono gli stessi rischi cui è andata Incontro l Europa, oggi troppo asservita ai potentati economici e finanziari, troppo dominata da governi e burocrazie, troppo schiacciata sulle dimensioni di un mercato europeo che sogna il 1993 con una folle prospettiva di un grande mercato unico.
No; noi non vogliamo questo tipo di federalismo; vogliamo che il federalismo sia mosso da processi autenticamente democratici e decentrati e che sia regionalista al punto tale da poter soddisfare il bisogno di identità e di autogoverno locale. Solo in questa maniera l'Europa dei popoli o delle Regioni, che dir si voglia, non rimarrà soltanto una sterile e vuota espressione retorica.
Noi volgiamo arrivare ad una unità politica e democratica del nostro continente che sia capace di superare gli Stati nazionali ereditati dal passato e capace di rispondere a una domanda di una maggiore e più reale partecipazione dei cittadini. In questo ambito, le Regioni, i Lander, le altre autonomie locali entrano in campo come nuovi protagonisti.
Torno a ripeterlo: oggi il discorso del federalismo dell'Italia e dell'Europa delle Regioni non può essere affrontato in concreto se non postulando un ridisegno della mappa dei poteri e delle competenze delle autonomie che li ridistribuisca verso il basso alle Regioni e autonomie locali e verso l'alto con l'unione europea.
Ed è ipotizzabile anche un ridisegno dei tessuti regionali, non più determinati da operazioni chirurgiche, da traumatiche secessioni o annessioni, quali quelle che hanno portato agli attuali confini di Stato ma attenti invece ad altri e nuovi parametri che ' favoriscano l'unitarietà ambientale e facilitino il rilancio di antichi, e spesso ancora radicati rapporti di comunanza storica, culturale, linguistica ed economica rapporti che sono stati spesso e volentieri amputati dalle logiche di potenza degli Stati nazionali.
In questa direzione; il nostro pensiero - lo ha ricordato questa mattina la collega Segre - va alle bio-regioni, un discorso su cui sarà necessario e sarebbe stato opportuno già in questa sede approfondire ulteriormente da parte di tutti.
Oggi, di fronte alla crisi della politica, del sistema fiscale e dello Stato nazionale, bisogna rispondere con una vera e propria rifondazione regionalista dello Stato, ma perché ciò si possa attuare occorre dare alle Regioni un volto diverso, un ruolo più importante, svincolandole dal riduttivo compito di Regione amministrativa, ulteriore apparato burocratico ridotto a distributore di sovvenzioni, contributi, incentivi, oppure gestore di servizi locali in concorrenza con gli altri Enti sparsi sul territorio.
Tutto ciò pur lasciando allo Stato l'originaria funzione di indirizzo e di coordinamento e soprattutto di elaboratore di standard minimi delle prestazioni per uno Stato sociale che deve essere salvaguardato e deve valere per tutto il territorio nazionale, senza divisioni surrettizie tra Nord e Sud.
Si tratta, in sostanza, di dare corpo al dettarvi dell'art. 5 della Costituzione, là dove impone alla Repubblica di adeguare i principi e i metodi della sua legislazione alle esigenze dell'autonomia e del decentramento e di partire da un presupposto nuovo che affidi alle Regioni le funzioni legislative nelle materie che la Costituzione non riserva espressamente allo Stato e che non siano devolute alla comunità europea.
Diceva il collega Chiezzi di come la nostra Costituzione sia il risultato di una grande tensione ideale, una tensione ideale che a nostro avviso rischia oggi di essere sostituita da un men che modesto tentativo della partitocrazia di salvare se stessa. Francamente, mi pare che tutte queste condizioni non siano affatto emerse dal testo che stiamo licenziando, alla conclusione dei nostri lavori esce un testo balbettante insicuro, poco incisivo, pasticciato, che non sa prendere posizioni incapace quindi di dare un segnale forte, ancorché simbolico, al Parlamento.
Dunque, come Gruppo Verde non possiamo che esprimere il nostro voto contrario, anche se speravamo, alla fine di questo dibattito, di poter avere una posizione ben diversa.



PRESIDENTE

La parola al Consigliere Rossa.
ROSSA Cercherò di stare nei tempi stabiliti, ancorché il tema sia così importante da richiedere un tempo maggiore.
Il mio è un giudizio positivo, indipendentemente dal fatto che io sia Il relatore. Prima di intervenire come relatore, ho parlato come Capogruppo socialista, esprimendo la mia valutazione positiva. Oggi rinnovo questa valutazione dicendo che, tutto sommato, abbiamo fatto un buon lavoro lasciando da parte il linguaggio, l'uso e la valutazione che hanno dato alcuni sfascisti in quest'aula nelle dichiarazioni di voto.
Condivido la maggior parte degli interventi svolti finora, compreso quello di poc'anzi del collega Giuliano. Mi dispiace che poi sia arrivato alla decisione di votare contro, concludendo che questo è un pasticcio. Da una parte ci si colloca in una posizione alla quale tutti aspiriamo, cioè immaginare una Regione che vada al di là degli schemi nei quali finora ci siamo trovati, e in cui poi ci troveremo: dall'altra, pero, non si intravede lo sforzo compiuto. Insomma tra l'aspirazione romantica che abbiamo tutti, per la quale siamo chiamati a lavorare ogni giorno, e il giudizio conclusivo nel dire che è una piccola cosa, ci sono dei contenuti all'interno.
I contenuti sono quelli che abbiamo messo in evidenza oggi: aver fatto segnalazioni e proposte al Parlamento. Ripeto, penso che ancora oggi sia l'unica proposta concreta che arriverà in Parlamento! Finora non sono a conoscenza che ci sia qualcosa di questo tipo. C'è la sensibilità del Presidente del Consiglio, la quale si affida al Parlamento. C'è il Parlamento che farà la Commissione bicamerale, quindi c'è una riflessione c'è una volontà: pero, concretamente non c'è niente.
Forse, se avessimo potuto lavorare autonomamente, senza doverci confrontare con le altre Regioni, avremmo potuto aggiungere qualcosa nei contenuti, che ci potevano trovare tutti d'accordo. Tuttavia, anche se abbiamo fatto qualche rinuncia, questa deve andare a favore di una prospettiva politica concreta, che vedrà il peso di tutte le Regioni, non soltanto del Piemonte.
Per la prima volta nel Paese si parla concretamente di Senato a forte carica regionalista, o Senato delle Regioni, cioè di questioni che le Regioni incominciano a mettere nero su bianco.
Quindi, non abbiamo bisogno che qualcuno ci dica: "Staremo a vedere fra tre mesi andremo a verificare", ma siamo noi che dovremo impegnarci per far sì che questo processo, nato dall'esigenza di rinnovare le istituzioni che la società, lo Stato, vada avanti. Tale processo, il 5 aprile, ha subito uno scombussolamento che ha scosso un po' tutti e che avrebbe dovuto trovarci presenti e più puntuali; ma d'altro canto, il risultato del modo di far politica, delle cose politiche lo avvertiamo tutti, anche nell'ambito dei nostri partiti avvertiamo quanto sia difficile poter andare verso cose nuove, alle quali la maggioranza della gente aspira. E difficile tradurre queste aspirazioni in un processo concreto, il quale però ha un suo punto di riferimento in una volontà politica che credo debba unire tutti noi per un cambiamento reale.
Nessuno vuole lavorare per i re di Prussia; siamo tutti preoccupati che i ritardi possano ripercuotersi negativamente sul sistema politico istituzionale, che avrà anche le sue pecche, però è un sistema che ha garantito uno sviluppo e un modo di vivere democratico, anche se oggi ha bisogno di un cambiamento. Dato che i cambiamenti non si fanno con i ribaltoni o con i colpi di teatro, ma si fanno concretamente e secondo una prospettiva di sviluppo graduale, riformista, un qualcosa che deve farci stare con i piedi per terra - perché quelli che si sono sollevati abbiamo poi visto che per le cose concrete di conquista quotidiana hanno portato a risultati peggiori - e lavorare in questa direzione.
Da molto tempo parliamo in questo Consiglio di cose nuove, di cose che dobbiamo realizzare; credo che oggi abbiamo dato il nostro contributo, al quale cercheremo di far seguire tutte le attenzioni affinché il Parlamento realizzi concretamente le nostre proposte.



PRESIDENTE

La parola al Consigliere Picchioni.
PICCHIONI Ringraziamo i Consiglieri Grosso, Rossa e Zanoletti se questo dibattito ha avuto un avvio e un approdo. Il problema politico, però; non è nelle norme che abbiamo votato. Una parte risiede anche in essa, ma il problema forse, è al di fuori di queste nonne, se rapportiamo le analisi cosmiche apocalittiche, planetarie che si sono succedute in questo Consiglio; ai risultati del riformismo - possiamo chiamarlo minimo o minimale, come è stato detto dal Consigliere Zacchera - con il quale abbiamo rabberciato o cerchiamo di rabberciare questa Costituzione e con il quale oggi ci siamo dedicati, in una sorta di bricolage domestico, ad apportare alcuni correttivi sull'onda di un regionalismo, che poi temo sia più che altro presente in quest'aula.
Forse ha ragione qualcuno della Lega quando si domanda: è un problema che esiste? Noi, forse, diciamo di sì, perché siamo gli addetti ai lavori i manovratori di questa macchina, ma è un problema che esiste realmente nella coscienza pubblica, nella coscienza popolare? Il Consigliere Chiezzi ha ragione con tutti i suoi "se" iterativi, retorici, quasi di kiplingiana memoria. Il problema è la delegittimazione del Paese da Milano a Palermo! Come diceva oggi Saverio Bartone su "Il Corriere della Sera", noi stiamo cercando l'Orsa polare, quando invece non ci accorgiamo che sulla nostra testa c'è la malefica "Croce del Sud", affermando così metaforicamente che questo Paese, ai suoi livelli più nordici, al suoi livelli più europei, ai suoi livelli più padani, è già inquinato o perlomeno fortemente condizionato dai gravi problemi del suo meridione.
Se questa è l'analisi, come voi avete fatto ed abbiamo sentito, in termini assolutamente non reticenti, il problema non è la riforma che abbiamo messo in cantiere, perché poi su questa riforma bisognerà vedere quale sarà il suo approdo possibile. Se undici Consigli regionale l'hanno fatto, e ha fatto bene il Presidente del Consiglio regionale a sollecitare a sensibilizzare ed a ricordarci che anche noi dovevamo prendere una posizione su questo tema, l'approdo possibile quale sarà, in questa situazione di emergenza? E forse il discorso più ribaltante è quello del federalismo, come è stato fatto poco fa: Carlo Cattaneo, le origini ottocentesche del federalismo italiano, che poi non è un federalismo tripartito, perché io, per esempio, piemontese, non mi sentirei mai di fare il federalista con la Lombardia. Ma perché? Perché, oggi succube di Roma oppure subalterno a Roma, oppure cittadino di serie B nei confronti di Roma, devo diventarlo nel confronti di Milano? ROSSA E la capitale! PICCHIONI Cosa c'entra la capitale? Il problema è che il federalismo non si gioca lungo lo spartiacque di un fiume o lungo la linea ideale di un meridiano o di un parallelo! Il federalismo si gioca attraverso un concerto di entità di etnie, di piccole patrie, se vogliamo, che, come i lander tedeschi, i cantoni elvetici o gli Stati Uniti americani realizzano; nel rispetto dello spirito di libertà, e pertanto di autonomia, una visione complessiva della Nazione.
Non credo che questo discorso si possa fare oggi. Oggi il problema politico è quello di riportare i cittadini alle istituzioni che gli sono più propri, che gli sono più vicini, che sono forse più in crisi al momento di delegittimazione in cui vive il Paese. Il discorso è quello delle leggi elettorali, per cui si può riformare anche un sistema pluripartitico, cioè un sistema proporzionale che è stato frutto della Costituzione post fascista. Giustamente il Consigliere Chiezzi dice che la Costituzione è stato il portato storico, il portato politico, il portato anche emotivo di generazioni che hanno vissuto un momento difficile nella storia del nostro Stato in questo primo cinquantennio. E dopo la lunga parentesi del fascismo.
Certo, dobbiamo incominciare con il poco per arrivare al molto. Certo la riforma delle istituzioni regionali sarà un contributo alla riforma dello Stato, al "restyling" di questa istituzione nei confronti dello Stato, nei confronti degli enti locali e in più largo modo nei confronti dei cittadini.
Che cosa però effettivamente dobbiamo fare in questo Consiglio? Noi portiamo avanti questo dibattito, portiamo avanti questi tentativi di riforme. Non si salva, secondo me, una nave imbarcando l'acqua in cui affonda perché noi siamo all'interno, al centro del sistema. Se prima abbiamo parlato di delegittimazione, qual è l'elemento catartico purificatorio, che può salvare questo Paese? E' un elemento che-lo pongo in termini interrogativi - è all'interno dei sistema politico, è nei partiti che Mirino consustanziato fino adesso, oppure è qualcosa di nuovo, qualcosa di diverso? Faccio un esempio: c'e un generale De Gaulle ali orizzonte che un domani lo possa legittimare? Ci sono dei problemi diversi, certamente non c'è l'Algeria, ma ci potrebbe essere il Sud Italia. E allora, se questi interrogativi pesano come piombo sulla nostra riflessione politica; noi non abbiamo nemmeno la risposta, non abbiamo nemmeno la possibilità di rispondere ma dobbiamo avere da questi interrogativi la coscienza che il discorso politico e istituzionale va ben al di là della risposta che noi oggi diamo e che certamente dobbiamo dare.
Di questo ringrazio ancora e ribadisco il nostro voto favorevole, per teniamo conto - signor Presidente e colleghi Consiglieri - che il discorso della riforma del nostro Stato, delle nostre istituzioni passa sì attraverso questa cruna stretta, ma passa anche attraverso una facoltà, una possibilità di cambiare completamente le regole del gioco del nostro Paese e di cambiare, per quanto ci è possibile, il rapporto fra istituzioni e cittadini.
Credo che le riforme elettorali, che saranno il paradigma di domani della sopravvivenza di questa Repubblica, dovranno essere effettivamente l'oggetto della nostra più profonda meditazione politica nonché del nostro coraggio politico.



PRESIDENTE

E iscritto a parlare il Consigliere Monticelli. Ne ha facoltà.
MONTICELLI Grazie; Presidente. Approfitto di questi pochi minuti, senza cercare in alcun modo di avventurarmi nelle grandi domande che si poneva e ci poneva poc'anzi il collega Picchioni. E' significativo il fatto che il collega Giuliano abbia fatto una dichiarazione di voto quasi totalmente condivisibile nel merito, ma alla fine annuncia un voto negativo, proposta rispetto alla quale, invece, a nome del mio Gruppo, annuncio un voto positivo.
Se questo accade (ed ha anche a che fare, in qualche modo, con la dichiarazione di voto che il collega Rivalta ha fatto, a titolo personale di astensione su questa legge), probabilmente nel nostro dibattito c'è stato un difetto; altrimenti non me lo spiego. Forse è un difetto di preparazione, forse una materia di questo tipo avrebbe richiesto di essere maggiormente lavorata, discussa, sedimentata. D'altra parte, condivido la scelta di giungere al voto - ho anche sollecitato in più occasioni questo fatto nella conferenza dei Capigruppo - perché ora c'è una utilità politica, c'è l'avvio della Commissione bicamerale, ed è importante che ora più Regioni insieme votino un testo di questo tipo. Però, indubbiamente qualche elemento di difficoltà c'è stato; ci può essere una situazione in cui due Consiglieri di opposizione (il sottoscritto e il collega Giuliano) dicono sostanzialmente le stesse cose, ma arrivano a conclusioni radicalmente diverse.
Con questo voglio dire che noi abbiamo votato un testo che non è un'invenzione del Consiglio regionale del Piemonte, un testo su cui si è lavorato per quasi due anni da parte della Commissione di studio dei Presidenti dei Consigli regionali, un testo che ha una storia: una storia che si è espressa attraverso il documento votato alla fine della scorsa legislatura dalla I Commissione Affari costituzionali della Camera (cosiddetto testo Labriola), in cui per la prima volta in Parlamento si ponevano alcuni temi, quello fondamentale fra tutti è il rovesciamento delle competenze fra Stato e Regioni (il superamento della vecchia "gabbia" dell'art. 117 della Costituzione attuale). Questo testo quindi non è un'invenzione, non è un'operazione di bricolage che abbiamo cercato di fare oggi qui in aula. Abbiamo cercato di aggiungere, credo legittimamente, il discorso del Senato delle Regioni ed altri emendamenti, ma questo mi sembra pienamente legittimo. Però il corpo di quella proposta ha un fondamento storico, è il punto di arrivo di una elaborazione del regionalismo italiano, che rappresenta, rispetto ad un passato non tanto antico, un salto di qualità notevole. Fino a due anni fa, le Regioni italiane dicevano semplicemente: "applicare la Costituzione" (i colleghi ricorderanno questi discorsi); armassimo, si diceva: "bisogna integrare l'art. 117 della Costituzione", prevedendo qualche competenza in più. Qui siamo ad un altro disegno.
Le affermazioni del collega Giuliano - e che lui ha chiamato federalismo" - le ritrovo, nella sostanza, in questo testo; qui ritroviamo un rovesciamento del meccanismo delle competenze, una concezione del rapporto fra il momento unitario dello Stato e il momento regionale dello Stato, che è identico a quello proposto dal collega Giuliano, ad esempio il punto che, a livello nazionale, si salvaguardino i diritti fondamentali del cittadino, non ci possono essere tante repubbliche dei diritti fondamentali del cittadino, ma .una repubblica.
E stato introdotto attraverso gli emendamenti "il Senato delle Regioni" come ulteriore garanzia del carattere regionalista di questo nuovo Stato allora cosa ci divide? La parola "federalismo". E' questo il problema, è la parola. Ma qual è il contenuto politico, oggi, di questa parola? Dico con grande franchezza e - in modo diretto: colleghi, fino a poco tempo fa ero abbastanza d'accordo con le affermazione dette dal collega Rivalta oggi cioè sul fatto che non bisogna aver paura della parola "federalismo".
Incomincio, invece; oggi, ad aver qualche paura, perché è cosa diversa se il federalismo è una proposta in cui uno stato nascente si configura in un certo modo permettersi assieme in un certo modo: altra cosa è se il federalismo è una bandiera agitata per dividere gli uni contro gli altri. E oggi, in Italia, il federalismo è una bandiera usata per , dividere.Quando si parla di federalismo, qui in Consiglio, da parte di alcuni colleghi - e non è certo il caso di Giuliano, di Rivalta e di altri (è chiaro a chi mi riferisco) - e sempre usato per parlar male della Sicilia, dei meridionali di altri italiani, allora io incomincio a diffidare dell'uso della parola "federalismo". Le parole, a volte, hanno un senso, possono anche essere pericolose se usate in modo strumentale.
Per questo motivo considero positivo Il punto d'approdo, non è poca cosa; perciò non sono d'accordo con certi toni di scetticismo che ho sentito in quest'au-la anche in alcune dichiarazioni di voto.
Certo questo non risolve tutto, non è tutto, il problema della legittimazione della politica, della democrazia nel nostro paese: abbiamo problemi drammatici di fronte a noi. Ma una proposta seria, realistica fortemente innovativa qual è questa, credo che sia un atto di responsabilità politica non piccola.



PRESIDENTE

La parola al Consigliere Bodrero.
BODRERO I miei colleghi di Gruppo hanno deciso di non partecipare alla votazione, invece io decido di votare contro e ne spiego i motivi.
La mia posizione è diversa, e l'ho detto...



(interruzioni)



PRESIDENTE

BODRERO



PRESIDENTE

...Non ho rotto proprio niente. L'umorismo applicato alla politica è un po' come l'insolenza di Capuccio a un Miglio che è molto al di sopra di lui.
Noi abbiamo parlato come lega di nazione piemontese, quindi non sono certamente Milano e Mantova che ci impauriscono (tanto per precisare).
Purtroppo, qualcuno si è lamentato; e la posizione più acuta è stata quella del collega Chiezzi, il quale ha detto: "ma cosa serve fare questo progetto se la criminalità politica non quella comune, tangenti ecc., imperversa?".
Va bene questo discorso, ma bisogna risalire alle cause. Ricordiamoci che fino al '61 /62, la classe dirigente italiana era ben diversa. Cosa è successo dopo? Sono state varate le leggi permissive. E chi ha portato la bandiera di queste leggi permissive? E' proprio la sinistra. Praticamente la DC si è adeguata, ha fatto il "salto dei rospo", dal centro al centrosinistra. Qualcuno dice: il Piemonte non è sentito! Ma certo che non è sentito! Con la criminalità politica che c'è (...).Già qualche anno fa c'è stato qualcosa che è finito in una bolla di sapone! Allora bisogna abolire queste leggi licenziose, lassiste, permissive anarcoidi (quello che vuole la Lega, e speriamo che ci sia anche qualche altro di ben ispirato che abbia le stesse opinioni), e vedrete che le Regioni saranno sentite. 9 popolo sarà quello che giudicherà. Purtroppo capiterà che è più facile che vada un Di Pietro in galera che noi, quelli inquisiti dai giudici.
Quindi ricordiamoci bene che le distanze non vengono così per caso attraverso nebulosità accennate In quest'aula.
Le ragioni sono semplicissime: è chiaro che un vero federalismo è quello che colpisce severamente proprio la criminalità politica.



PRESIDENTE

Non essendovi altre richieste di parola per dichiarazione di voto, pongo in votazione l'intero testo della proposta di legge.
Si proceda alla votazione per appello nominale.
L'esito della votazione è il seguente: presenti e votanti 36 hanno risposto SI 26 hanno risposto NO 7 si sono astenuti 3 Consiglieri La proposta di legge è approvata.
Il testo di questa proposta di legge al Parlamento verrà inviato al Senato, come hanno già fatto fino ad ora le altre Regioni.


Argomento:

Annunzio interrogazioni, interpellanze, mozioni e ordini del giorno


PRESIDENTE

I testi delle interrogazioni, interpellanze, mozioni e ordini del giorno pervenute all'Ufficio di Presidenza del Consiglio regionale verranno allegati al processo verbale dell'adunanza in corso.
La seduta è tolta.



(La seduta ha termine alle ore 20.35)



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