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Dettaglio seduta n.166 del 14/07/92 - Legislatura n. V - Sedute dal 6 maggio 1990 al 22 aprile 1995

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Argomento:


PRESIDENZA DEL PRESIDENTE SPAGNUOLO


Argomento:

Comunicazioni del Presidente del Consiglio regionale


PRESIDENTE

La seduta è aperta.
In merito al punto 2) all'o.d.g.: "Comunicazioni del Presidente del Consiglio regionale", comunico:


Argomento:

Comunicazioni del Presidente del Consiglio regionale

Argomento:

a) Congedi


PRESIDENTE

Hanno chiesto congedo i Consiglieri Bergoglio, Croso, Dameri, Foco Majorino, Peano, Rabellino, Vaglio, Zacchera.


Argomento:

b) Presentazione progetti di legge


PRESIDENTE

L'elenco dei progetti di legge presentati sarà riportato nel processo verbale dell'adunanza in corso.


Argomento:

c) Apposizione visto per decorrenza dei termini


PRESIDENTE

E' stato apposto il visto per decorrenza dei termini alla legge regionale del 22 maggio 1992: "Disposizioni in merito alle modalità del controllo sugli atti delle UU.SS.SS.LL.".


Argomento:

d) Apposizione visto Commissario del Governo


PRESIDENTE

L'elenco dei progetti di legge vistati dal Commissario del Governo sarà riportato nel processo verbale dell'adunanza in corso.


Argomento:

e) Comunico infine che il Pretore di Cuneo, in data 5 giugno 1992, ha sollevato questione di legittimità costituzionale dell'art. 11 lett, a) della legge regionale 3 aprile 1989, n. 20 - Norme in materia di tutela di beni culturali, ambientali e paesistici - in relazione agli articoli 25 e 117 della Costituzione.


PRESIDENTE

Copia dell'ordinanza è depositata presso la Segreteria del Consiglio regionale.
Chi avesse interesse a leggere quanto in essa è contenuto la troverà agli atti.


Argomento: Problemi del lavoro e della occupazione

Conclusione del dibattito sulla situazione della Lancia di Chivasso e del comparto FIAT nel quadro dei problemi della deindustrializzazione del Piemonte, tenutosi il 7 luglio u.s. Votazione relativi ordini del giorno


PRESIDENTE

Passiamo al punto 3) dell'o.d.g. che prevede le conclusioni del dibattito sulla situazione della Lancia di Chivasso e del comparto FIAT nel quadro dei problemi della deindustrializzazione del Piemonte, tenutosi il 7 luglio u.s. Tale dibattito si è tenuto nella forma del Consiglio aperto nella seduta scorsa; oggi siamo in seduta ordinaria di Consiglio regionale.
Comunico che ho già ricevuto due documenti: una prima proposta di ordine del giorno presentata dai Consiglieri Chiezzi e Maggiorotti ed un secondo ordine del giorno firmato dai Consiglieri Monticelli, Marengo, Calligaro e Bosio. Entrambi i documenti sono in distribuzione.
Ha chiesto di intervenire, in apertura della seduta odierna, la Vicepresidente della Giunta regionale, Assessore alle politiche industriali, Bianca Vetrino.



VETRINO Bianca, Assessore regionale

Signor Presidente, nel ringraziarla per avermi dato la parola, desidero innanzitutto precisare che quello che noi presentiamo è un documento assolutamente informale nel senso che non può essere un documento formale in quanto è una sorta di verbale del dibattito che si è svolto il 7 luglio in quest'aula.
Compito mio e quello dell'Assessore Cerchio è stato di riportare a sintesi i numerosi contributi che, durante alcune ore di intenso dibattito ci sono stati e che hanno rappresentato effettivamente la materia per poter costruire questo documento sul quale le forze politiche possono esprimersi per giungere alla definizione di un documento-impegno che rappresenti la dignitosa conclusione del dibattito che si è svolto la scorsa settimana in quest'aula e che prosegue questa mattina.
Tutti gli intervenuti hanno espresso delle preoccupazioni: di ordine più ampio rispetto alle gravi ripercussioni determinate sul sistema occupazionale della nostra Regione che abbiamo visto coinvolge un numero considerevole di lavoratori diretti, ma anche di lavoratori indiretti che sono quelli che attengono ai servizi delle mense e delle imprese di pulizia.
Il Presidente del Consiglio, nelle sue conclusioni della scorsa seduta ha sottolineato il tema scottante della deindustrializzazione nel senso che tutti gli intervenuti hanno considerato che il caso Chivasso può essere emblematico di un processo di industrializzazione che sta interessandola nostra Regione e che ci preoccupa anche perché l'assottigliarsi del sistema della grande impresa in questa Regione significa che prima o poi si finirà per spostare parte della domanda e di conseguenza sarà inevitabile che debba essere considerato anche il trasferimento di volumi di indotto.
Noi - e tutti lo hanno detto nel corso del dibattito - siamo convinti che questa Regione abbia una vocazione profondamente industriale e a questa vocazione non vogliamo evidentemente rinunciare. Questa la consideriamo quasi una sorta di prerogativa. Se però il processo è quello che stiamo avvertendo in questi giorni, il processo di reindustrializzazione, la trasformazione della nostra economia, deve considerare anche le esigenze le potenzialità e le virtualità che in questa Regione esprimono le piccole e medie industrie, che si trovano di fronte ad un panorama completamente nuovo. Dopo essere state per molti anni i fornitori dell'azienda che sorgeva accanto, probabilmente questi piccoli e medi imprenditori si troveranno di fronte ad un mercato internazionale, quindi cambia lo scenario sostanziale dell'imprenditorialità e della sfida industriale di questa Regione. Compito della Regione è quindi quello di prevedere questo nuovo scenario e di indirizzare le sue scelte di tipo territoriale, ma anche di tipo più generale di politica industriale, verso queste nuove prospettive.
Viene immediatamente in luce quella che dovrà essere una nuova fase della politica industriale; fase che -lo diciamo noi e lo hanno detto tutti deve riguardare soprattutto il Governo. E' noto che la competenza industriale è ancora una competenza governativa. Noi abbiamo una competenza residua che abbiamo per certo verso anche molte volte rosicchiato, ricordo per tutti la legge 56 sull'innovazione tecnologica, rispetto alla quale con il Governo abbiamo dovuto intessere una sorta di confronto serrato e anche di polemica perché molte volte veniva riconosciuta in questa legge una delega che noi non potevamo esercitare e che quindi rosicchiavamo alla competenza dello Stato. Però la situazione del Piemonte esige oggi che il Governo abbia questa consapevolezza verso la nostra Regione nella considerazione che quando si considerano con attenzione i problemi di una Regione come il Piemonte significa considerare i problemi non soltanto della comunità piemontese, ma di una Regione centrale all'area europea quindi una Regione strategica che non può essere penalizzata rispetto ad altre aree del Paese.
Dunque, il documento dovrà vedere una sollecitazione del Consiglio alla Giunta che sfrutti tutte queste sue pur limitate competenze in attesa che per effetto anche del cambiamento dell'art. 117 della Costituzione, una competenza più compiuta possa pervenire alle Regioni e per fare questo la Regione dovrà attrezzarsi (per la verità devo dire che il Presidente nella sua relazione l'ha ampiamente spiegato) con una serie di iniziative che tendano a promuovere la qualità e l'innovazione soprattutto nelle piccole imprese attraverso la diffusione delle tecnologie, attraverso una disponibilità delle strutture e delle infrastrutture, attraverso cioè l'organizzazione di un sistema capace di far dialogare le imprese con il mondo della ricerca e della scuola, ovvero la domanda con (offerta di tecnologia. Uno strumento importante è quello dell'Agenzia per l'innovazione che deve diventare un vero e proprio riferimento regionale per la diffusione delle nuove tecnologie.
Noi abbiamo un progetto, che presenteremo prossimamente al Consiglio che intende uniformarsi a quello che è un progetto tedesco, che siamo andati a verificare, della Steinbeis Foundation. Devo dire che questa è un'organizzazione che opera da trent'anni nell'ambito della diffusione dell'innovazione tecnologica, quindi mi auguro che si possa precorrere i tempi e superare le difficoltà che ancora ci sono. Ma non v'è dubbio che questo deve essere l'oggetto dell'Agenzia per l'innovazione, cioè rendere disponibile al sistema delle imprese tutte le conoscenze scientifiche che nei numerosi Centri di ricerca del Piemonte si sono sviluppate in questi anni, nella Università e nel Politecnico. Si tratta quindi di rendere compatibili ed integrate queste conoscenze e metterle a disposizione delle imprese.
Abbiamo anche altri progetti, come il parco tecnologico del Lago Maggiore e il progetto Tecnorete, d'accordo con l'Università nell'ambito del progetto europeo Sprint, quindi ci sono alcune realizzazioni già concrete che possono sicuramente consentire di velocizzare questo processo di reindustrializzazione moderna alla quale la nostra Regione è tenuta, se non vuole trovarsi in difficoltà anche peggiori di quelle che oggi stiamo vivendo. C'è poi un progetto, lo richiamiamo anche nell'ordine del giorno quello che tutti conosciamo come il Regolamento CEE n. 2052, che ha già avuto attuazione per un biennio e che la Comunità si appresta a finanziare ancora per il prossimo biennio 1992/93. Diamo indicazione che questi criteri di modo nuovo di vedere le iniziative che dovranno entrare in questo progetto debbono essere considerati anche dalla Giunta, che dovrà ispirarsi a questo criterio che chiamiamo "nuovo" nell'ambito di un coordinamento interassessorile forse più costante, evidente e marcato di quello che non sia stato in passato.
Nello stesso tempo riprendiamo un'osservazione che il Ministro dell'Industria ha fatto in Parlamento qualche tempo fa, rispondendo appunto sulla questione di Chivasso. Egli ribadiva l'esigenza che ai finanziamenti già dovuti dallo Stato, per effetto del Regolamento CEE n. 2052, si possa aggiungere un finanziamento straordinario, proprio per queste zone della deindustrializzazione e quindi in questo senso segnando l'attenzione del Governo verso questi progetti comunitari. A questo proposito mi fa piacere comunicare al Consiglio che anche la Giunta, ancora un mese fa, ha ritenuto di precorrere questa via e c'è all'attenzione della Commissione competente un disegno di legge di iniziativa della Giunta che definisce un fondo straordinario speciale peri progetti comunitari, per renderli più veloci e quindi più fattibili perché maggiormente finanziati.
Un altro aspetto che, nella sintesi, il Presidente Spagnuolo aveva messo all'attenzione era quello che riguarda la vigilanza della Regione per gli aspetti che attengono più squisitamente alla sua competenza istituzionale e politica, sugli importanti impegni assunti dalla FIAT Auto in materia di garanzie del posto di lavoro e per fare in modo che questi vengano puntualmente rispettati alle scadenze convenute. Bisogna riconoscere che nell'accordo sono previste delle Commissioni anche a lato di questo accordo, quindi questa sicuramente è stata una previdenza molto importante; c'è un insieme di controllori e vigilanti attorno a questo accordo ed è sicuramente la consapevolezza dell'importanza della vigilanza e anche ormai gli strumenti perché questa vigilanza possa essere esercitata.
Nel documento viene però attribuita molta attenzione a quello che deve essere il futuro di Chivasso, e viene innanzitutto richiamata la competenza che ha la Regione in tema di urbanistica e pianificazione territoriale nella considerazione appunto - e qui riprendo tali e quali le parole del Presidente che mi sembra siano state anche riprese da molti interventi che l'investimento può essere sicuramente un grande problema, ma anche una grande opportunità per verificare come si possa riconvertire una zona. Non soltanto, ma - diceva sempre il Presidente - questo nuovo investimento questa nuova strategia territoriale e produttiva non deve essere soltanto un polo logistico speculare a quello di Meli e non deve essere soltanto dedicato all'indotto, ma deve essere un centro in grado di offrire delle condizioni insediative quale polo di attrazione di nuove iniziative in termini concorrenziali rispetto alle Regioni vicine. Credo che questo sia molto importante, così come è molto importante riprendere la sollecitazione che ci faceva proprio il Sindaco di Chivasso, cioè di approfittare in fondo di questa occasione territoriale e produttiva per allargare e destinare un occhio di riguardo all'intero processo di infrastrutturazione del Chivassese. Quindi, che sia, questa, anche una opportunità per rivedere tutti i vari insediamenti che in questa zona sono andati negli anni destinandosi al fine di razionalizzare il territorio per definire un accordo programmatico che a sua volta definisca la ripresa produttiva l'occupazione ed una razionalizzazione territoriale globale.
E' stato richiesto da più parti di conoscere quali fossero gli investimenti che il Governo aveva destinato al Piemonte, quindi un censimento di tutti gli interventi pubblici e privati e dei finanziamenti che a questo riguardo al Piemonte, dal momento in cui si definì una specie di crisi, che è quella cominciata nel 1980, sono pervenuti e in questo senso il Ministro Costa ha preso un impegno a farci pervenire queste informazioni.
Ovviamente noi conosciamo i finanziamenti giunti a noi direttamente dallo Stato: dal 1982 al 1989 attraverso il Fondo Investimenti Occupazione al Piemonte sono arrivati 1506 miliardi che non sono evidentemente una cifra indifferente e che sono calati sull'infrastrutturazione regionale attraverso una serie di interventi che ormai sono diventati patrimonio della nostra infrastrutturazione. Tuttavia, sarà interessante conoscere soprattutto quelli che sono stati gli investimenti privati, cioè come le casse dello Stato hanno devoluto fondi nell'ambito delle leggi sulla ristrutturazione e dei finanziamenti straordinari che di volta in volta si sono determinati.
Il Consiglio aperto ha centrato molta della sua attenzione sugli aspetti dei dipendenti che sono indirettamente colpiti dalla chiusura dello stabilimento di Chivasso, e cioè i dipendenti delle mense e delle imprese di pulizia che notoriamente, per la loro situazione lavorativa e sindacale non sono nella possibilità di poter usufruire della Cassa Integrazione Guadagni. C'è stato l'auspicio da parte di tutti che questi dipendenti nell'ambito del costituendo polo, possano e debbano trovare la loro occupazione e quindi, attraverso un consorzio, che si possano determinare già fin da ora delle condizioni di non perdita di lavoro. Il problema è serio e l'Assessore Cerchio ha anche predisposto un documento ad hoc.
Bisogna però considerare il fatto che esistono delle leggi e che per cambiarle ci vuole una volontà legislativa. Nel caso specifico, ci vogliono delle integrazioni legislative alla legge n. 223 relativa alle imprese di pulizia e alla legge n. 155 che regolamenta i dipendenti delle mense, nel senso che mense ed appalti, come appendice dell'insediamento principale debbono seguirne il destino anche rispetto alla ristrutturazione costruendo un ponte retributivo per i lavoratori verso le nuove auspicate collocazioni.
Possiamo solo fare degli auspici, non potendo attraverso le competenze che abbiamo cambiare le leggi dello Stato, sollecitando il Governo e, in particolare, il Parlamento ad intervenire sulla materia.
Ci è stato richiesto, da parte del Presidente e ripreso da molti degli intervenuti, di provvedere al rifinanziamento specifico per le leggi relative alla piccola e media impresa, cioè la n. 317 e la n. 46 sull'innovazione tecnologica, con particolare attenzione normativa alle aziende interessate, all'insediamento nelle aree di reindustrializzazione come indicato peraltro anche dal Ministro dell'Industria nel suo recente intervento al Parlamento.
C'è poi una sollecitazione a proseguire i rapporti con tutte le parti interessate, tese al raggiungimento dell'accordo di programma nazionale per il settore automobilistico in crisi.
Devo ancora ricordare che c'è stata la richiesta, da parte di tutti, di stabilire un tavolo di confronto molto stretto e di avviare, anche con i parlamentari piemontesi, un rapporto costante, teso alla ricerca degli interventi generali e specifici, nella consapevolezza che soltanto da una sinergia d'intervento sarà possibile che il problema del Piemonte - oggi problema di Chivasso, ma più ingenerale problema occupazionale e produttivo della nostra Regione - possa diventare effettivamente un problema italiano perché la questione piemontese è sicuramente una questione che merita l'attenzione che vi stiamo dedicando in questi giorni. Abbiamo infatti convocato il Consiglio aperto del 7 luglio e quello di questa mattina, che dovrà vedere espressamente il pronunciamento delle forze politiche, le quali dovranno definire questo documento, ma più in generale ci deve essere l'attenzione dei politici, che a Roma ci rappresentano, e del Governo italiano, che deve considerare che questa è una Regione che non può più farcela da sola.
Qualcuno ha pensato che potessimo farcela da soli per tanti anni, e probabilmente ce l'abbiamo anche fatta; oggi ci sono le condizioni perch questi problemi diventino effettivamente preoccupazione generale e comune.



PRESIDENTE

La parola al Consigliere Marengo.



MARENGO Luciano

La mia prima richiesta è quella di avere il documento, in modo da poterlo leggere e verificare, anche perché voglio dire solo poche cose.
Credo che, sulla base della discussione nel corso del Consiglio regionale aperto, il Consiglio e la Giunta debbano impegnarsi prioritariamente per un confronto con il Governo, la FIAT, le associazioni imprenditoriali, le organizzazioni sindacali dei lavoratori egli enti locali interessati, per definire un accordo di programma.
L'accordo fatto dalle organizzazioni sindacali con la FIAT, rispetto allo stabilimento Lancia di Chivasso, è un accordo importante, realizzato perché c'è stata una forte, intelligente e responsabile lotta dei lavoratori e delle lavoratrici della Lancia di Chivasso. E' un accordo importante, giudicato positivo anche dalle assemblee dei lavoratori, perch permette di mantenere lì un polo industriale e una ricollocazione di 1300 lavoratori circa; sicuramente è un accordo che non risolve i problemi dell'apparato produttivo dell'area metropolitana torinese e del Piemonte nel senso che il processo di deindustrializzazione, al quale stiamo assistendo, non è un processo di deindustrializzazione lento, rischia invece di diventare un processo devastante se non si pone rimedio e se non s'interviene con una politica industriale che sia in grado d'identificare una nuova industrializzazione di questa area, e sottolineo "nuova industrializzazione".
Non credo che possiamo attestarci sulla difesa di un apparato produttivo, che oggettivamente rischia di essere incentivato a trasferirsi altrove in modo particolare, per elementi di maggiore diminuzione del costo del lavoro. Credo però che dobbiamo pensare aduna industrializzazione dell'area metropolitana torinese e del Piemonte, che sia in grado d'individuare dei settori a forte innovazione tecnologica, sia di processo di lavoro che di prodotto, che siano in grado di ridiventare competitivi nella globalizzazione dei mercati, a partire da quelli europei.
Per fare questo è evidente che occorre un forte impegno di politica industriale da parte del Governo italiano innanzitutto. Nel programma Amato ho cercato, ma non esiste, la parola "politica industriale" e non esiste la parola "occupazione": Il che non può che preoccuparci, nel senso che stante anche i provvedimenti assunti nella manovra economica, come quello dell'aumento del tasso di sconto, sicuramente ad una recessione già in corso, rischia di aggiungersi un'ulteriore stretta di consumi con tutto ci che ne consegue anche su un ulteriore processo di deinvestimento e anche di deindustrializzazione.
Per questo credo prioritario l'impegno da parte della Giunta regionale per un confronto con il Governo e le grandi imprese, per verificare la possibilità di una politica industriale del Governo per una nuova industrializzazione dell'area metropolitana torinese. Quest'ultimo punto non so semi è sfuggito, ma non l'ho sentito nella relazione della Vicepresidente Vetrino: ho sentito i tanti interventi della Regione e condivido questa parte rispetto agli strumenti utilizzabili. Qui però c'è un problema, rispetto al riperimento delle risorse, che riguarda le grandi imprese strategiche a partire dalla FIAT. La FIAT non può non impegnare risorse per la nuova industrializzazione dell'area metropolitana torinese anche perché il dott. Annibaldi, intervenendo nel dibattito al Consiglio regionale aperto, ha detto che gli stabilimenti di Mirafiori e di Rivalta rimarranno i cuori dell'industria automobilistica torinese della FIAT.
Questa cosa è in parte smentita dai dati che la FIAT stessa ha fornito alle organizzazioni sindacali. Nel corso dei diversi incontri, che hanno portato all'accordo della Lancia di Chivasso, la FIAT ha detto che, a fine 1995, la produzione prevista è di 1.850.000 vetture. Dato che nel 1995 lo stabilimento di Melfi sarà già entrato pienamente in funzione, e quindi avrà una produzione completa e organica, e calcolando gli stabilimenti che oggi sono in funzione (Rivalta, Mirafiori, Arese, Melfi ed Avellino) "crescono" 600-650.000 vetture, cioè esattamente la capacità produttiva di uno stabilimento come Rivalta o Mirafiori.
Non possono dunque che lasciarci perplessi le assicurazioni che qui sono state date, anche perché oggi sui giornali si dice che Arese è in preallarme: altro che le assicurazioni della FIAT che non si procede ad ulteriori chiusure! Siamo già al fatto, appunto, che uno stabilimento come l'Alfa di Arese è in preallarme.
Credo che per questo sia importante il confronto con il Governo e con la FIAT per far sì che ci sia un impegno da parte della grande impresa per reperire risorse adeguate ad un rilancio produttivo di nuova industrializzazione di Torino e del Piemonte. Inoltre - ma questo lo diceva già il Vicepresidente Vetrino e io sono d'accordo - il Ministro Costa intervenendo al Consiglio regionale aperto, ha assicurato che farà conoscere alla Regione le fonti e l'entità dei flussi finanziari erogati dallo Stato alla FIAT. Bisogna che questo impegno venga rispettato.
L'altra cosa che voglio sottolineare è l'impegno della Giunta regionale a vigilare affinché l'accordo fatto con la FIAT per lo stabilimento Lancia di Chivasso venga gestito ed attuato nei termini in cui è previsto l'impegno da parte della FIAT e dell'Unione Industriale di Torino. Credo che questa verifica debba essere fatta rispetto all'accordo e tempestivamente, su tutti questi aspetti la Giunta poi riferisca al Consiglio regionale in modo che il Consiglio nel suo complesso sia investito e responsabilizzato di questo problema.
Da ultimo, la questione che in questi giorni mi pare la più grave quella che riguarda le lavoratrici ed i lavoratori delle mense e delle imprese di pulizia dello stabilimento Lancia di Chivasso. Qui c'è un problema molto grave - adesso non c'è l'Assessore Cerchio, al quale il Vicepresidente Vetrino ha dato mandato per l'illustrazione delle posizioni della Giunta - ed è necessario utilizzare la legge 155 per riuscire a dare la cassa integrazione alle lavoratrici e ai lavoratori delle mense e delle imprese di pulizia.
Questa cosa non può essere rinviata nel tempo; bisogna che entro il 31 luglio ci sia questo provvedimento, perché il 31 luglio, per una parte di queste lavoratrici e di questi lavoratori, cessa l'attività. Da qui al 31 luglio bisogna che ci sia un impegno da parte della Giunta per un confronto con il Ministero del Lavoro e con il Presidente del Consiglio, se necessario, affinché sia possibile risolvere il problema dei 160 lavoratori delle mense e delle imprese di pulizia, utilizzando appunto la legge 155 dando la cassa integrazione, con la consapevolezza di non essere di fronte ad una chiusura dell'attività, ma di fronte ad una sospensione, nel senso che la FIAT sospende adesso l'attività, che sarà ripresa dal polo industriale che si collocherà a Chivasso nel 1993. Per questo ritengo sia necessario utilizzare la legge 155 nei termini che dicevo prima.
La questione del Consorzio, argomento del quale ho già sentito parlare la volta scorsa dal senatore Libertini e dal Ministro Pagani e adesso ripreso dal Vicepresidente Vetrino: mi pare che, ad oggi, non sia possibile realizzarlo e, poiché abbiamo bisogno di risolvere la questione entro il 31 luglio, bisogna impegnare l'Unione industriale e la FIAT a dichiarare che non c'è una chiusura dell'attività, ma unicamente una sospensione.
Questo deve fare la Giunta nei confronti della FIAT e del Governo altrimenti queste lavoratrici e questi lavoratori dal 31 luglio saranno senza cassa integrazione e senza posto di lavoro invece, se si fa questo intervento, c'è la garanzia del reddito e anche della futura occupazione.
Queste sono le questioni sulle quali volevo soffermarmi e che intendevo sottolineare. Quest'ultima mi pare abbisogni di una risposta precisa e concreta proprio perché i tempi sono molto stretti.



PRESIDENTE

Prende adesso la parola il Consigliere Fiumara.



FIUMARA Francesco

Signor Presidente e colleghi, il Gruppo socialista è grato al Presidente Spagnuolo per aver convocato il Consiglio regionale il 7 luglio 1992 in assemblea aperta con all'o.d.g. la chiusura della Lancia di Chivasso nel quadro dei problemi della deindustrializzazione del Piemonte.
Siamo stati soddisfatti poiché il Partito socialista è stato tra le forze politiche che di più ha voluto quel confronto.
L'abbiamo voluto, quel Consiglio aperto e il prosieguo in quello odierno, perché crediamo, nonostante tutto, al ruolo del governo regionale.
Chiedendo di esporre il nostro pensiero, non credevamo di turbare l'afflato, la comunanza di intenti, sbocciato tra la FIAT e il Sindacato non ci è sembrato di disturbare il "manovratore", signor Presidente del Consiglio.
Secondo alcuni, invece, i Consiglieri regionali dovrebbero discutere delle cose "minime": si dilunghino pure sugli ordini del giorno che trattano della collina sacra degli Apaches, non pretendano di parlare di cose serie. E allora diciamo chiaro e forte che non riteniamo un problema tra maggioranza e minoranza discutere liberamente in quest'aula di problemi che riguardano così da vicino e drammaticamente la nostra comunità.
L'accordo raggiunto il 2 luglio tra la FIAT e i Sindacati metalmeccanici sulle questioni legate alla Lancia di Chivasso, come si è udito dagli interventi, non ha svuotato e non ha reso inutile il dibattito.
Al contrario, ha permesso di capire, attraverso una disamina attenta, dove va il Piemonte, e ci ha fatto riflettere su quale dovrebbe essere il ruolo della Regione, il suo modo di essere punto di riferimento e di governo in momenti di particolare crisi.
Anche noi ci siamo dichiarati soddisfatti, al pari delle parti dell'intesa raggiunta, ma, a differenza della FIAT e dei Sindacati abbiamo, in qualità di Consiglieri regionali, qualche considerazione in più da svolgere, qualche compito in più da assolvere, anche perché riteniamo il ruolo della Regione più dinamico, più interessato e partecipe ai processi economici globali: noi non riusciamo ad immaginare una Regione il cui compito sia solamente quello di notaio dell'altrui volontà.
Certamente i Sindacati dei lavoratori e le organizzazioni aziendali hanno fatto fino in fondo il loro dovere, dai loro punto di vista e in funzione delle rispettive aspettative. Noi siamo invece preoccupati, sia perché il Piemonte oggi pesa di meno in termini economici e industriali rispetto a prima del 2 luglio, sia perché ci è sembrato di percepire in tutta la gestione della crisi della Lancia di Chivasso un esonero della Regione dalle sue funzioni di ente che regola e promuove lo sviluppo.
Mentre facciamo queste considerazioni, non ci sfuggono le complessità gli interessi contrapposti, il contesto nazionale e internazionale, i limiti oggettivi della legislazione regionale, signor Presidente. Tuttavia non possiamo non rilevare una lentezza e una prudente azione del governo regionale.
Noi crediamo che in questi frangenti la Regione non debba limitarsi ad offrire ai lavoratori e all'azienda solo un "tavolo di mediazione": si pu fare di più, si deve fare di più.
Questi atteggiamenti ci ricordano vecchi metodi che la gravità dell'attuale situazione rende del tutto incompatibili.
Facciamo queste considerazioni perché come Regione vogliamo svolgere veramente un ruolo di governo, collega Ferrara. Per questo bisogna usare meglio i nostri osservatori, le nostre agenzie, i nostri sensori, nella società e nel mondo del lavoro. Le crisi dei vari comparti dell'economia hanno tutte un inizio certo, ed una evoluzione: non sono come i terremoti che arrivano all'improvviso, rendendo inutile qualsiasi misura preventiva.
E nelle more delle richieste delle Regioni italiane al Parlamento Piemonte compreso, di abolire alcuni Ministeri, tra i quali quello dell'Industria, dobbiamo sperimentare, simulare, nuovi approcci; dobbiamo in buona sostanza, farci le ossa, in attesa di gestire per nostro conto il dicastero dell'industria.
Ecco perché riteniamo di grande interesse e coerente con quanto detto poc'anzi l'idea di costituire una sorta di "Consiglio dell'Economia e del Lavoro del Piemonte" nel quale ci siano la Regione, le Organizzazioni degli Imprenditori, i Sindacati dei Lavoratori per costruire un "progetto comune", per vincere le sfide dell'oggi e del domani, così come scritto nel Piano di sviluppo presentato dalla Giunta regionale. Peccato che questa idea sia rimasta sulla carta ed in Consiglio non è mai arrivato il disegno di legge istitutivo.
I socialisti sono d'accordo con le linee del Piano di sviluppo quando si afferma che "il ruolo del governo regionale, meglio dei Governi nazionali, può fornire legittimazione, consenso e controllo per realizzare quelle infrastrutture materiali e immateriali capaci di mantenere la nostra comunità a livello competitivo con le altre realtà che potrebbero diventare concorrenziali o alternative". Solo che quel condizionale "potrebbero" oggi, possiamo tranquillamente sostituirlo con il presente: le altre realtà sono già concorrenziali o alternative, Assessore Vetrino.
La Stampa di domenica 5 luglio, del resto, si dilungava sulle potenzialità della Regione francese della Rhóne-Alpes. Per questo siamo pronti al confronto per decidere quali iniziative concrete la nostra Regione intende intraprendere.
Il Presidente dell'Unione Industriali, Bruno Rambaudi, suggerisce alcune ipotesi, per la verità non del tutto originali, in quanto già evidenziate nel Piano di sviluppo della Giunta, ma meritevoli di un attento approfondimento. E allora ci chiediamo: perché non sperimentare da subito la messa a punto di 'pacchetti di incentivi regionali" allo sviluppo dell'industria per le piccole e medie imprese? Non incentivi a pioggia, ma mirati, che portano a delle ricadute occupazionali certe. Su questa strada troveremmo facilmente l'intesa con i Sindacati dei lavoratori e dell'Industria. Anche noi, come il Presidente Brizio, siamo convinti che il Piemonte non è schiacciato contro le Alpi incapace di svolgere un ruolo guida nell'economia nazionale. Anche noi riteniamo che "bisogna far comprendere appieno al Governo e al Parlamento che certi interessi infrastrutturali o di sostegno alla ricerca in Piemonte sono assolutamente necessari non soltantoperla nostra Regione, bensìper l'intero Paese". Come lui siamo convinti che non si risolvano gli annosi problemi del Sud indebolendo il Nord. Né auspichiamo che alla assai nota "questione meridionale" si affianchi la "questione settentrionale", o la "questione piemontese", come la definiscono gli amici del Partito repubblicano. Se questo dovesse accadere, per l'Italia non ci sarebbe più futuro, anche se l'unità nazionale è un bene sul quale non si discute.
Notiamo, però, una certa strumentalizzazione strisciante quando si insiste ad accostare Melfi a Chivasso, come dire la colpa della chiusura di Chivasso è imputabile all'investimento di Melfi. E non possiamo non cogliere nelle parole del Sindacato una certa difficoltà nel confronto con l'impresa e con la società.
Come sono lontani i tempi degli slogan del Sindacato "Nord e Sud uniti nella lotta". Noi siamo più che convinti invece che bisogna creare un circolo virtuoso: il decollo del Sud è utile alla nazione e al Piemonte come pure un Piemonte forte è utile alla nazione e al Sud.
E siamo pure d'accordo con i tanti, compreso il dott. Annibaldi, che ci spiegano che se oggi si chiudono le fabbriche e si riduce l'occupazione non è perché il mondo industriale sia allo sbando, ma semplicemente per recuperare efficienza e produttività.
I grandi gruppi stanno facendo quello che dovevano fare: tagliano le cose che non rendono, cercano di investire e si preparano a dare battaglia sui mercati con i loro prodotti. Sarà tutto vero... Intanto, per l'Olivetti licenzia, la Pininfarina licenzia, la Lancia di Chivasso chiude.
Quella comunità operaia, la sua esperienza, il suo patrimonio collettivo non esiste più, scriveva il Manifesto. E come non condividere queste brevi parole? "Non si tratta di aver licenziato solamente 4.000 operai, si tratta della chiusura di uno stabilimento". E' un altro pezzo di storia industriale della "industriale Torino" che scompare dopo la chiusura del mitico Lingotto.
Questo che si intravede non è il Piemonte che noi volevamo. Non possiamo e non vogliamo governare una comunità di disoccupati ed assistere indolenti ed impotenti al lento declino del suo potenziale industriale, in attesa di uno sviluppo del terziario o quaternario sempre più difficile e problematico.
Le ragioni delle aziende in difficoltà le possiamo anche capire e condividere, a patto però che gli impegni che sono stati presi vengano mantenuti. Impegni non tanto e non solo per il rientro in fabbrica del personale in esubero, ma innanzitutto per quello che riguarda gli investimenti e la ricerca.
Da parte nostra c'è preoccupazione per il futuro di tanti lavoratori e per il Piemonte. Accanto a questa preoccupazione, da convinti regionalisti c'è anche il rammarico che in fondo al foglio dell'accordo sulla Lancia non ci sia la firma del Presidente Brizio, non per colpa sua beninteso.
Quella firma, la firma del Presidente, se ci fosse stata, se la legge lo avesse imposto, se il regionalismo si fosse già affermato, avrebbe significato maggiori garanzie per i lavoratori, avrebbe significato avere un governo regionale autonomo e forte.
Noi, colleghi, lavoreremo affinché tutto questo accada con il nostro impegno e le nostre proposte.



PRESIDENTE

La parola al Consigliere Ferrara.



FERRARA Franco

Signor Presidente, colleghi Consiglieri, quando il Consiglio regionale decise di fare un dibattito sui problemi della Lancia, il PRI espresse alcune riserve e perplessità. Devo dire che oggi, a trattativa e vertenza chiusa, qualche utilità questo dibattito può averla, perché si può fare un discorso serio su quella che può essere una politica industriale per la nostra Regione.
Ci pare meno inopportuno e più utile il dibattito oggi che l'aspetto contingente, per qualche verso drammatico per molte famiglie, è venuto meno o si è comunque attenuato con l'accordo. Possiamo quindi non parlare più soltanto della situazione di Chivasso, ma della situazione complessiva della nostra Regione. Non possiamo infatti ignorare che il problema è ben più vasto sia territorialmente che come consistenza e gravità del problema.
Nel 1987 in questo Consiglio regionale io dissi che bisognava porre al Governo una questione settentrionale, che era - nella considerazione che il PRI faceva - la necessità che il sistema Paese desse al sistema dell'impresa trainante, che è il sistema complessivo delle imprese del settentrione, le stesse opportunità e servizi che gli altri sistemi industriali forti dell'Europa oggi hanno. Occorreva cioè che lo Stato si attrezzasse per omogeneizzare pari opportunità di scenario alle industrie italiane rispetto a quelle degli altri Paesi.
Successivamente, nel 1990, sempre in questo Consiglio regionale, parlai di una questione piemontese, rilevando che del sistema delle industrie del settentrione era proprio il sistema economico della nostra Regione l'anello debole, quello che più si andava indebolendo e questo per diverse ragioni: ragioni di settore, ragioni geografiche, ragioni politiche.
Perché dico ragioni di settore? Perché i settori che hanno trainato l'economica piemontese e non solo questa, ma certamente anche l'economia italiana, sono settori che stanno affrontando oggi una crisi strutturale forte, che comporterà delle riconversioni pesanti, riconversioni dalle quali per la nostra Regione non ci saranno più le capacità di traino avute in passato. Diversi modelli organizzativi, diversi modelli produttivi necessari e indispensabili, rendono fatale questo discorso. Certamente non sarà più come prima il peso del sistema industriale della nostra Regione.
Ragioni geografiche.
Non possiamo non rilevare come esistano delle situazioni vicino a noi che offrono condizioni di gran lunga migliori. Non voglio parlare della solita Francia perché ne parliamo sempre tutti, ma ho letto qualche giorno fa sui giornali che la Valle d'Aosta finanzierà uno stabilimento a un'industria piemontese portandola fuori dalla nostra Regione. Credo si debba porre un problema serio; io ho ancora i dati del vecchio piano di sviluppo, non so se siano stati modificati, ma sostanzialmente restano gli stessi, che prevedono trasferimenti pro-capite...



CALLIGARO Germano

Non una, ma decine di aziende si sono trasferite in Valle d'Aosta!



FERRARA Franco

Certo. Dicevo che i dati del piano di sviluppo prevedono trasferimenti pro-capite dell'ordine di 350.000 lire per il Piemonte, all'ultimo posto di tutte le Regioni (sia a Statuto speciale che ordinario), a fronte dei 6.000.000 della Valle d'Aosta.



BRIZIO Gian Paolo, Presidente della Giunta regionale

Sì, ma la Valle d'Aosta è una Regione a Statuto speciale e quindi entra in gioco la questione dei 9/10.



FERRARA Franco

Lo so che c'è la questione dei 9/10, però è un problema importante che vede comunque, obiettivamente, indebolita anche per questo la nostra Regione.
Ci sono poi delle condizioni politiche. Presidente Brizio, lo voglio fare questo discorso perché ho ricevuto una lettera, che credo avrà ricevuto anche lei, dell'Unione della Stampa subalpina che dice che in tutto l'universo RAI (Sipra, Eri e via dicendo), malgrado le assicurazioni che periodicamente vengono a farci qui autorevolissimi rappresentanti del sistema delle Partecipazioni Statali, regolarmente e continuativamente c'è un trasferimento di managerialità e direzionalità da Torino verso Milano e Roma.
Questi sono i problemi che dobbiamo porre. La questione piemontese non è mai stata a nostro giudizio una contrapposizione, collega Fiumara, tra Melfi e Chivasso che non abbiamo mai fatto e che non facciamo, però sta in questi termini. Si sta assistendo a una progressiva perdita di ruolo della nostra Regione, ad una progressiva marginalizzazione rispetto al cuore del sistema industriale padano che si va spostando ormai autorevolmente - è stato detto dalla Fondazione Agnelli - dal Piemonte Lombardia alla Lombardia Veneto Emilia Romagna. Questa è una realtà alla quale non possiamo non guardare con grande preoccupazione. Si assiste nella nostra Regione ad un vero processo, anche se qualcuno parla di avvio di processo comunque avvio o processo in corso certamente è una situazione di deindustrializzazione che anche il Presidente della Giunta ha riconosciuto e che solo fino a pochi mesi fa lo stesso Presidente della Giunta non voleva ancora riconoscere.
Questo processo non riguarda però soltanto i grandi gruppi, anzi: anche il sistema della piccola e media impresa ne è fortemente coinvolto, più gravemente e drammaticamente coinvolto anche per le ripercussioni che abbiamo rilevato qui parlando delle aziende dell'indotto dello stabilimento Lancia. Il progressivo trasferimento - di questo si tratta, al di là di tutte le pur comprensibili considerazioni tranquillizzanti che i rappresentanti della aziende fanno - della grande industria da Torino e dal Piemonte avrà l'effetto di spostare al suo seguito il polo della domanda provocando di conseguenza il trasferimento dell'indotto stesso. E' quanto si sta verificando, non solo spontaneamente, ma in qualche modo incentivato.
Viene in definitiva meno una delle ragioni fondamentali, anche questo appare dallo studio della Fondazione Agnelli, della, forte presenza del sistema delle piccole imprese in Piemonte, la vicinanza rispetto al mercato che tali imprese hanno. Questo determinerà una crisi profonda nel sistema della piccola impresa dalla quale a mio giudizio - non sono catastrofista potranno anche determinarsi nuove possibilità di crescita, trasformazione e riqualificazione del nostro sistema. Il confronto e la competizione diretta coi sistemi industriali forti, con l Europa, è un rischio, ma anche una grande opportunità di crescita per la nostra Regione.
Questo è il problema che non la FIAT, non il sindacato, che si muovono in un'altra ottica, nella loro ottica, ma noi, Ente pubblico, noi Regione abbiamo di fronte.
Io sono abbastanza d'accordo con le considerazioni che ha fatto il collega Fiumara rispetto al ruolo o al non-ruolo che ha avuto la Regione.
Quell'accordo si è appropriato quasi di alcune competenze specifiche della nostra Regione e ce le siamo trovate servite su un piatto, anche se ritengo giusto che quell'accordo di natura sindacale non debba portare la firma del Presidente della Giunta regionale.
La capacità quindi di trasformazione del sistema industriale piemontese, , ma non solo dell'auto, da fornitore del grande cliente vicino a fornitore di un mercato più ampio è la nostra prospettiva, una grande occasione di crescita e di trasformazione del nostro sistema.
In questa situazione il sistema delle piccole imprese non può essere lasciato a se stesso. Occorre un grosso sforzo a livello nazionale e regionale non per attivare degli ammortizzatori sociali che pur sono necessari, ma per creare condizioni di crescita del sistema.
Ho fatto - e lo illustreremo in un convegno che terremo fra qualche giorno - un confronto di due bilanci di due aziende assolutamente omogenee.
Ebbene, vi dico che questa azienda localizzata in Piemonte e un'altra azienda localizzata nella vicina Francia dà una differenza di redditività dell'ordine dell'8%. Credo che in queste condizioni, a prezzi calanti per occupare nuove fette di mercato, la nostra Regione, la nostra economia trova difficoltà terribili.
E in queste situazioni allora occorre attuare e attivare una seria politica industriale. Servono a poco, forse a nulla, i vari CILO, i vari fondi straordinari per l'occupazione, le cooperative per i giovani, per gli handicappati, per le donne, i Consigli regionali dell'economia e del lavoro. Sono tante belle proposte in parte assistenziali, in parte puramente di immagine. Ci vuole una cultura e una politica industriale per la quale, purtroppo, la nostra Regione, le Regioni non hanno competenza.
Caro Brizio, ecco la ragione di una questione piemontese che noi abbiamo posto. Non era una questione assistenziale vergognosa di cui bisogna avere un po' di pudore, ma difesa di un interesse nazionale, di un patrimonio industriale, umano, tecnico, produttivo che è forte caratteristica della nostra Regione e che è bene di tutto il Paese.
Non mi dilungo qui in una elencazione di cose da fare - sono rispettoso dei tempi che il Presidente ci vuole assegnare - ma che devono coinvolgere competenze nostre. Avevo parlato di un diverso ruolo del bilancio regionale ed ero stato accusato di una visione riduttiva, ragionieristica del bilancio. Oggi apprendo che la DC ha fatto un serio studio che noi abbiamo letto, che in parte condividiamo nei suoi principi, che sono principi peraltro già enunciati in qualche misura dal Partito repubblicano proprio in quest'aula, che in parte non condividiamo, ma che saranno un utile serio elemento di confronto. Il confronto quando è sulle cose è certamente un fatto positivo.
Quindi, dobbiamo rivendicare delle competenze politiche nostre modificando le zone beneficiarie di agevolazioni. La volta scorsa l'onorevole Garesio rimproverava chi faceva queste affermazioni. Credo che sia necessario riequilibrare il problema delle agevolazioni, oggi concentrato in un'area vasta quale è quella del Mezzogiorno che in parte è fortemente industrializzata, che in parte è già congestionata e che non tiene conto invece di altre aree che sono a vero declino industriale.
Occorre anche individuare politiche sburocratizzanti rispetto alle normative che ci sono oggi e che sono in parte imposte da leggi statali: la politica della formazione professionale, se usata diversamente, non tenendo conto di quello che è il percorso storico che la condiziona troppo, ma affrontando i problemi veri, le necessità vere dell'azienda, può essere anch'essa uno strumento capace di risolvere o comunque contribuire a risolvere questi nostri problemi.
Il Partito repubblicano farà una proposta più completa, credo che sia giunto un invito a un convegno che terremo il giorno 22 sui problemi della questione piemontese.
E' una proposta che vuole essere un contributo ai problemi che la nostra Regione sta attraversando e che speriamo possa essere esaminato dagli altri partiti e dalle altre forze sociali, e insieme alle altre proposte determinare una politica nuova per la nostra Regione che ha bisogno oggi di una politica seria.



PRESIDENTE

Ha chiesto la parola il Consigliere Bodrero. Ne ha facoltà.



BODRERO Antonio

Come avevo già accennato un'altra volta il Governo, dato che si è parlato anche di Governo, come è logico, deve interrompere tutti gli sprechi - e ne sappiamo qualcosa - e quindi tutti i finanziamenti di operazioni tipo Melfi, che vanno contro i più elementari criteri economici cioè dell'economia di mercato, sottraggono risorse al Nord produttivo e dissanguato, per operazioni pseudo-private e stataliste, notoriamente negative, roba da partecipazione statale fallimentare.
Le promesse della FIAT non interessano. Si sa già che le aziende seguono criteri che sovente non coincidono con il legittimo interesse della maggioranza delle popolazioni.
I sindacati devono invece, finalmente, decidere per quella politica di azionariato operaio e popolare, sempre contrastata per pregiudizi ideologici statalistici di tipo marxista. Tutti i sindacati! Anche quelli della famosa triplice. Il fatto che il dipendente FIAT sia praticamente indifeso deriva proprio da questa politica sbagliata di partiti e sindacati tradizionali, responsabili della spaventosa situazione economica con 1.500.000 miliardi di debito pubblico.
Perciò il Consiglio e la Giunta regionale devono porre il veto all'operazione Melfi e a tutte le operazioni di questo tipo. I denari del Nord devono restare al Nord, e il Nord, quindi tutto lo Stato, si salveranno dal fallimento.
Il bastone della rapina fiscale e del trasferimento industriale e la carota della solite promesse e dei soliti accordi che poi non vengono mantenuti li conosciamo bene da un pezzo.
La cassa del Mezzogiorno è stata definita come una delle cause principali dell'enorme crescita della corruzione e della potenza della criminalità organizzata o mafia e affini.
Quindi, il dovere primo della Giunta e del Consiglio è finalmente di avere quei poteri che si lamenta così platonicamente, molto tiepidamente di non avere e che invece ci spettano. Quindi, la soluzione federalista quella classica, della Germania, Svizzera, Austria e Stati Uniti. Grazie.



PRESIDENTE

La parola al Consigliere Chiezzi.



CHIEZZI Giuseppe

Grazie Presidente. Colleghe e colleghi, intanto esprimo un primo giudizio positivo su questa nostra iniziativa sulla quale erano emersi prima che si avviasse, dei dubbi. Non perché dal dibattito svolto sinora sia emerso alcunché di magico e di risolutore, ma semplicemente perch penso che negli interventi qualche momento di verità e di proposta sia emerso. Ritengo che questo sia un momento proprio del Consiglio regionale di affrontare, al livello in cui bisogna in quest'aula, i grandi temi dell'economia e del lavoro.
Siamo all'inizio di una crisi. Condivido questa osservazione che è stata fatta da Sabatini della CGIL.
Siamo all'inizio di una crisi che non lascia purtroppo il Piemonte da solo in Italia e in Europa. E' una crisi che vede nel comparto industriale una situazione di particolare difficoltà del Piemonte.
Voglio riprendere una osservazione non banale che è stata fatta - la condivido in pieno - dal Segretario regionale del Partito repubblicano che non casualmente e con molta onestà e chiarezza, ha detto che ci troviamo di fronte alla fine di un modello di sviluppo. E' di questo che si tratta. In Piemonte è finito un modello di sviluppo, quello che ha fatto - io condivido questa affermazione - la fortuna del Piemonte in questi anni quello basato sulla crescita e organizzazione di grandi industrie manifatturiere e del loro indotto.
Penso che la nostra riflessione debba partire da questa osservazione.
In che senso? Nel senso che è indubbio che le situazioni di mercato e il sistema capitalistico in cui viviamo, che ha le sue regole che dovrebbero si spera - essere accettate soprattutto da chi lo considera come (unico sistema economico e sociale proponibile, ha creato una situazione per la quale ritengo sia difficile affrontare un progetto di ripresa produttiva economica e sociale del Piemonte, semplicemente difendendo il vecchio modello di sviluppo. E' questo il nodo che abbiamo di fronte.
Se ci attiviamo e ci sforziamo unicamente di difendere il vecchio modello che ha fatto la fortuna del Piemonte, attueremo una proposta difensiva e basta. Sono i nuovi obiettivi e regole della produzione che dobbiamo trovare in questo nostro Piemonte, nuovo modello in consonanza con una crescita qualitativa complessiva del Paese. E' il potenziale che sta nella nostra realtà che dobbiamo suscitare.
L'analisi che è stata fatta dal Presidente Brizio sugli effetti di questa crisi è condivisibile; non sono condivisibili - Presidente Brizio alcuni accenni alle cause che ti hanno accomunato all'interpretazione fatta dal dott. Terna della Federpiemonte, che vede, pateticamente, come causa di questi nostri mali la politica che negli anni dal 1975 al 1985 è stata fatta dalle Giunte di sinistra. Se non vogliamo fare solo delle polemiche collega Ferrara, ma provare a ragionare sia pure da punti di vista diversi bisogna considerare che in quegli anni c'era un bisogno di coesione sociale fortissimo. La coesione sociale che stava disgregandosi sotto l'influsso di una forbice che c'era tra le condizioni di vita delle popolazioni in ordine a servizi e bisogni primari e certi progetti (faraonici) in studio che furono bloccati. Uno di questi progetti era il grosso investimento nel settore della metropolitana ed il papà del "no al metrò" in quegli anni è proprio stato Gandolfi, oggi Segretario del Partito repubblicano; fu lui Assessore regionale, a condurre lo studio sull'inefficienza di quella proposta in quel momento.
Dico questo, non per polemica, ma per il fatto che ogni periodo storico va valutato per quello che è. Ritengo che l'opera di coesione sociale svolta negli anni 1975/85 ha permesso una ripresa produttiva. Senza coesione sociale non c'è crescita economica. Non si può pensare che una società che ha pesanti bisogni di casa, di servizi, di scuola con doppi e tripli turni, sia una società che lavora e produce. Non diano giudizi storici semplicistici e strumentali. Non si dica che oggi va male perch non si è fatta l'autostrada Torino-Pinerolo o non si è raddoppiato l'aeroporto! Guardiamo in faccia la realtà, pensiamo a quello che succede a Singapore, a Hong Kong e a Taiwan e pensiamo alle condizioni del mercato capitalistico internazionale, pensiamo ai giapponesi e non tiriamo fuori le Giunte di sinistra! Allora, chiedo un dibattito che parta dai problemi veri e non da strumentalizzazioni. Difendo un'azione che è stata svolta e rilevo che oggi, viceversa, e non sono il solo a pensare questo, perché c'è il documento della DC e ci sono le osservazioni svolte dal collega Fiumàra c'è un'insufficienza, Presidente Brizio, dell'azione di governo, dal punto di vista delle proposte che sono sfumate e soprattutto della prassi che è del tutto insufficiente sui problemi di competenza della Regione.
Il Presidente del CNA, Baiardi, ha rilevato che laddove la Regione ha le competenze, ad esempio (artigianato, non le usa e lo stesso accade nel settore della piccola industria. Ci troviamo di fronte al caso Lancia, che è il caso che scotta. La FIAT ha mentito sul caso Lancia? Ha mentito alle organizzazioni sindacali, alla Giunta? Se ha mentito, è molto male, non si costruiscono nuove relazioni sindacali sulla menzogna ,e non si pu trattare con le istituzioni, che a livello statale sono il veicolo di finanziamento alle grandi industrie, mentendo. Quindi, male se ha mentito.



MARCHINI Sergio

Moderiamo il linguaggio; menzogna è un termine...



CHIEZZI Giuseppe

La FIAT non ha mentito? Peggio, perché se la FIAT non ha mentito, la cosa è ancora.più preoccupante. Se la FIAT a gennaio non presupponeva di chiudere la Lancia di Chivasso, dobbiamo preoccuparci tutti della capacità di direzione di questa azienda. Non so quali dei due mali - Marchini, vedi che non è polemica - sia peggiore. In entrambi i casi c'è un deficit di chiarezza, più preoccupante nel secondo caso, nel caso che non abbia mentito, che non nel primo.
Torno alla frase iniziale detta da Gandolfi: è finito un modello di sviluppo. Come lo rimettiamo in moto? E' su questo che occorre costruire una nuova cultura dell'opposizione di sinistra. Le proposte della maggioranza intendono riavviare un modello di sviluppo basato su grossi investimenti legati ad interessi economici prevalenti. Sono le proposte di un vecchio modello di sviluppo: i grossi investimenti, l'ipotetica e mitica Alta Velocità, l'ipotetico e mitico metrò, e così via. Penso che ci siano proposte alternative che possono provenire dall'opposizione, che fanno leva su altri fattori. La Regione deve individuare uno scenario alternativo.
Fare leva sul "genius loci".
Il Piemonte, con il cuore economico torinese su cosa può far leva per riavviare il meccanismo di sviluppo? Penserei ad una ripresa legata alla funzionalità del territorio. La funzionalità non vuol dire necessariamente grandi investimenti per poche opere, ma giganteschi investimenti per far funzionare bene tutto il sistema. La funzionalità di un territorio è data dall'intero sistema stradale e autostradale, dall'intero sistema ferroviario, la funzionalità del trasporto urbano è dato da un insieme di sistemi e di mezzi che operano per la mobilità di persone e cose in modo efficiente.
Penso all'ambiente: il Piemonte dal suo cuore centrale alle zone montane e collinari ha delle caratteristiche ambientali di valore eccezionale. Un impegno in questo senso, preciso della Regione Piemonte che consideri l'ambiente un settore di investimento e di progetto ha delle potenzialità eccezionali: occupazione di manodopera, pensiamo al problema della forestazione, all'assetto idrogeologico, ai sistemi del verde, al sistema dei rifiuti. Le imprese oggi hanno dei costi notevoli perché non possono programmare lo smaltimento dei rifiuti; un progetto in questo campo sarebbe un sostegno forte al sistema delle imprese. Ed ancora l'aria pulita, respirare bene, lavorare in un ambiente migliore sono politiche che possono attrarre quegli investimenti che richiedono un territorio efficiente, un alto grado di integrazione delle funzioni, un alto grado di qualità ambientale della vita.
Queste sono condizioni di base che possono attrarre investimenti. Sul sito della Lancia - si dice - nascerà un polo di reindustrializzazione.
Crederci? E crediamoci, Marchini! Allora, la FIAT scopra meglio le carte su cosa ha fatto, .dica quali sono queste dieci aziende, di cui alcune multinazionali. Collega Ferrara parliamo di fatti concreti: se vogliamo che nell'area della Lancia s'investa e vengano delle industrie, cosa bisogna fare per promuovere questo fatto? Non bastano gli auspici o le belle parole. Occorrono fatti concreti.
Il primo fatto concreto è fare in modo che insediarsi in quell'area costi poco, costi meno che altrove. Su questo gli impegni vanno presi, la Regione deve intervenire e anche la Fiat.
I terreni della Lancia, che mi risulta la Fiat non abbia nemmeno pagato a quali costi saranno assegnati? Vogliamo mettere questo sul tavolo di discussione? Vogliamo dire, come Regione Piemonte, che quei terreni devono avere un costo compatibile con condizioni di assoluto privilegio per le attività da insediare? Questo è un elemento concreto che chiedo venga inserito nei protocolli, negli accordi, negli ordini del giorno. Evitiamo le speculazioni edilizie sulla Lancia di Chivasso. Questo può dar fastidio a qualcuno ma permette che il costo d'insediamento delle imprese sia più basso che altrove.
Un altro problema è la gestione dell'accordo Lancia. Sono tra coloro che non credono che quell'accordo verrà rispettato. Certo è un processo alle intenzioni, è una illazione che, in sede politica, è legittima. Non ci credo, perché è vero che la Fiat ha promesso investimenti per 10 anni, ma è anche vero che ha promesso, solo per 3 anni, di non chiudere stabilimenti.
Allora da un lato si dice: "Investo per 10 anni, ma garantisco di non chiudere solo per 3 anni".
Presidente Brizio, bisogna cercare di capire il più possibile: il dott.
Annibaldi ha semplicemente detto che gli stabilimenti di Rivalta e Mirafiori sono il cuore della Fiat; se entrassero in crisi questi due stabilimenti, entrerebbe in crisi la Fiat. Ha solo detto questo, ma si sa che, dal punto di vista del sistema capitalistico, le fabbriche si aprono e si chiudono e gli stabilimenti di Rivalta o di Mirafiori possono restare aperti o possono anche chiudere. Quindi, garanzie non ne ha date; ha semplicemente detto che qualora entrassero in crisi quelle due strutture entrerebbe in crisi la Fiat.
Dobbiamo lavorare perché questo non accada e perché gli accordi siano rispettati. Per questo credo nella necessità che, di fronte ad una situazione così eccezionale, si formi un comitato che segua passo passo insieme alla Giunta, l'esecuzione dell'accordo. Si tratta di un fatto eccezionale, Presidente Brizio.
Sabattini ha detto che siamo all'inizio di una crisi ed è vero: formare un comitato di questo livello vorrebbe dire dare prova a tutti i lavoratori interessati che si è formata una struttura d'eccezione.
Vi sono per i lavoratori dei servizi messi "a spasso" perch dimenticati dall'accordo. Questo un po' mi stupisce, perché in un accordo che teoricamente salva tutto, non ci si è ricordati dei 160 lavoratori dei servizi. Ricordiamocene noi. Nella nostra proposta si fa riferimento specifico ad uno strumento. Il riferimento a questo strumento - e mi rivolgo ai compagni del PDS - continuerei a farlo, non perché le altre proposte di trasformare i licenziamenti in una sospensione dell'attività lavorativa non possano servire, ma perché il consorzio promosso dalla Regione mi dà la fiducia che, in sedé regionale, c'è qualcuno che si occupa del problema e che non rimanda ad altri le responsabilità che, viceversa si può assumere.
Chiedo che il riferimento ad un'azione della Regione per promuovere un consorzio delle imprese venga fatto, anche perché questo è un modo che pu consentire di richiedere alla Fiat di scoprire le carte e di dire se è vero che ci sono 10 aziende che s'insediano. Viceversa, il rimandare a strumenti di carattere statale, penso possa indebolire tutto.



PRESIDENTE

La parola al Consigliere Goglio.



GOGLIO Giuseppe

Ci siamo trovati martedì scorso in quest'aula a prendere atto della positiva conclusione della vertenza Lancia.
Abbiamo tutti le idee piuttosto confuse sull'andamento economico e sui modi per uscirne, ma almeno una questione ci sembra chiara: nel periodo di tre anni i dipendenti dello stabilimento di Chivasso riavranno un lavoro e ciò è avvenuto grazie alla corretta dialettica che si è sviluppata tra le parti, ossia tra l'azienda e le organizzazioni sindacali.
Vale anche la pena sottolineare l'azione positiva della Regione che fin dal primo momento, ha seguito la vicenda Lancia con preoccupazione e attenzione.
Altro punto da ritenere confortante è il programma che la Fiat ha illustrato e confermato in più sedi, programma che prevede il rilancio della gamma dei suoi prodotti, un forte investimento di capitali, la volontà di porsi con più forza come soggetto protagonista del mercato automobilistico internazionale. Ma, a mio avviso, la cosa più importante è l'impegno assunto di non abbandonare i suoi tradizionali insediamenti. Mi è parso cioè di capire che Torino e il Piemonte continueranno ad essere i principali riferimenti industriali della Fiat.
Detto questo, non illudiamoci di aver risolto i problemi che incombono sulla nostra Regione e, per riflesso, su buona parte del Paese. Nel corso dell'assemblea del Gruppo Fiat, l'avv. Agnelli ha pronosticato ancora un paio di anni di pesanti difficoltà. Probabilmente ha peccato d'ottimismo perché se è possibile che le grandi industrie, disponendo di risorse e credito, possano recuperare con più agilità il terreno perduto, il tessuto delle piccole e medie aziende avrà più difficoltà a ricompattarsi, e tutti sappiamo che le piccole e medie aziende rappresentano, specialmente all'esterno del territorio torinese, la spina dorsale del sistema produttivo non solo piemontese.
Su questa realtà gli effetti della crisi stanno provocando, se si esclude il comparto tessile, danni immensi e forse irreparabili in termini di calo occupazionale e di attività. Dobbiamo aspettarci quindi, a breve scadenza, tempi durissimi, certamente più segnati di quelli appena trascorsi.
La crisi - ce lo siamo ripetuto fino alla noia - ha radici comuni in tutti i Paesi industrializzati; in particolare il settore automobilistico segna il passo ovunque, dal Giappone all'America, dalla Germania alla Francia, e quindi non poteva lasciare indenne l'Italia. Tagli occupazionali, ben più consistenti e drammatici di quelli di cui stiamo discutendo, coinvolgono i dipendenti di tutte le aziende produttrici di autovetture. Dobbiamo anche aggiungere che i lavoratori italiani godono di ammortizzatori che i loro colleghi tedeschi o americani non conoscono.
La disoccupazione negli Stati Uniti ha raggiunto il più alto indice dopo la depressione economica del 1929: 10 milioni di lavoratori a spasso.
Le offerte di retribuzione sono contrattate verso il basso "ad personam" e in un clima di precarietà. Abbiamo letto sul giornale che nella felice California gli stipendi degli impiegati pubblici vengono pagati con cambiali che hanno la scadenza in bianco, e parliamo di uno dei Paesi più ricchi di materie prime e di industrie di trasformazione. Questo è lo scenario internazionale.
Sono convinto che l'ottimismo non può derivare dall'analisi delle gravità dei problemi altrui. Non consolano gli esempi o i disagi che ci vengono ogni giorno ricordati dalle cronache economico-internazionali, ma credo che di tanto in tanto non è negativo volgere lo sguardo attorno per farci un'idea di quel che capita fuori dal nostro Paese.
Non è confortante sapere che c'è chi sta peggio, ma non ritengo un esercizio inutile rifletterci sopra; serve a schiarirci le idee e a riportarci ad un sano e indispensabile pragmatismo. Ciò vale ancor più se si confrontano le dinamiche di mercato, i meccanismi che compongono la retribuzione, i sistemi assistenziali e gli ammortizzatori sociali.
La bilancia degli scambi con l'estero sprofonda in un rosso cupo; la competitività perde colpi su tutto il fronte della concorrenza e non basta l'inventiva degli operatori italiani a colmare il divario fra costi e profitti. Se noi mettiamo sulla bilancia due prodotti identici, uno italiano e uno lavorato in un qualsiasi Paese industrializzato (non del Terzo o del Quarto mondo), ci accorgiamo che il nostro prodotto è sovraccarico del 20% imputabile al maggior costo del lavoro. Le conseguenze sono facilmente deducibili: l'imprenditore italiano o ci perde o lavora con margini risicati; se ci perde, chiude, oppure, per difendere la propria credibilità, cerca altre strade.
Vorrei qui ricordare - ma l'hanno già fatto altri miei colleghi - che di strade ce ne sono parecchie: basta attraversare le Alpi per ottenere incentivi ed agevolazioni che noi possiamo solamente sognare. Ci sono Paesi dell'area mediterranea con enormi risorse finalizzate ad investimenti industriali che offrono spazi quanto mai allettanti per qualsiasi imprenditore che abbia capacità e voglia di guardare oltre l'uscio di casa.
Se comincia a serpeggiare il desiderio di investire altrove (e non si vede perché uno debba rimetterci investendo qui), in luoghi dove il costo del lavoro è quasi zero, sapete dirmi che cosa potrebbe capitare? Capiterà che vi saranno sempre più aziende chiuse, più lavoratori senza lavoro, che la ripresa sarà più lenta, che talenti imprenditoriali, tecnici e managers posso, no fare le valige per raggiungere mercati migliori, con la conseguenza di impoverire il mercato di casa nostra.
Ho caricato le tinte di uno scenario che sta davanti a chi sa guardare uno scenario per nulla fantasioso. Potrei farvi nomi e cognomi di fior di imprenditori contattati da Paesi in via di sviluppo; evito di scendere nei dettagli, nella speranza che tutti abbiano compreso cosa sta succedendo e cosa potrebbe accadere.
Domandiamoci a questo punto cosa si può fare per cambiare. Ho accennato al costo del lavoro: se non viene ridotto, se i nostri prodotti perdono ancora potere di competitività, allora scordiamoci qualsiasi ipotesi di allineamento con i Paesi concorrenti. Nei giorni scorsi abbiamo letto il rapporto dell'ICE, dal quale emerge che il "made in Italy" sta sbiadendo e che la nostra bilancia commerciale con l'estero soffre per l'eccessivo carico di importazioni. E sapete di cosa? Al primo posto viene l'energia elettrica (e va bene, è un problema che si è acuito dopo la messa in mora del Piano Energetico Nucleare); ma - ascoltate - la bilancia perde colpi per l'importazione di prodotti agroalimentari e per l'importazione di auto.
Lascio a voi ogni commento. A me pare che ci sia qualcosa che non quadra, per un Paese mediterraneo, naturalmente predisposto all'agroalimentazione e per di più con una consolidata tradizione di imprenditorialità nel settore automobilistico.
Costo del lavoro in primo piano, ma non è il solo punto sul quale occorre intervenire senza perdere altro tempo. Bisogna pensare che il sistema sanitario va riformato; che il regime delle pensioni va ancora corretto; che la giungla delle provvidenze va sfoltita; che la pressione fiscale non può soltanto gravare sui lavoratori dipendenti o sui consumi primari. Il compito delle forze politiche ed istituzionali locali è quello di indicare priorità e correzioni di sistema.
Occorre rivedere i meccanismi dello Stato assistenziale che, senza mezzi, non è in grado di assicurare neppure i servizi indispensabili. Oltre alla recente legge sulle pensioni, è necessario riconsiderare i fondi per le liquidazioni di fine rapporto, e da qui partire per reimpostare le voci che compongono la formazione del salario, in modo da remunerare il lavoro secondo le necessità di ogni lavoratore, abbandonando il sistema perverso della scala mobile, che appesantisce i costi generali con scarsi ritorni nella busta paga dei lavoratori.
Ho toccato alcuni punti che meritano certamente un approfondimento nelle sedi istituzionali e che non si risolvono dall'oggi al domani, ma sono convinto che il Governo e quanti altri hanno a cuore le sorti del Paese non possono ignorare che si debba agire a vasto raggio, perché ogni soluzione tampone riservata a questo o a quel segmento rischia di complicare ulteriormente il futuro, avviando l'economia verso la bancarotta.
Con le risorse di cui disponiamo non si può fare tutto; i sacrifici sono dolorosi e devono essere distribuiti equamente, ma i modi di intervento richiedono un lavoro di bisturi in profondità.
"Stato sociale" è una definizione che si è rivelata illusoria, tanto più in un Paese come il nostro che, pur essendo povero, ha vissuto da Paese ricco. Adesso i nodi sono venuti al pettine e bisogna uscirne nel migliore dei modi; conviene essere preparati ad una o più stagioni di rinunce, di forti selezioni, di revisioni penalizzanti.
Ma non è più tempo di demagogia né di slogans né di mobilitazioni parolaie. C'è chi nei prossimi mesi cavalcherà lo scontento, ma noi socialdemocratici non saremo tra quelli, perché non intendiamo danneggiare più di tanto il Paese né approfittare delle pene dei cittadini per raccattare un consenso fasullo.
Crediamo invece che sia giusto affrontare, se necessario, anche (impopolarità, se questa è la via che può condurre il nostro Paese in Europa alla pari di quei partners che non hanno aspettato (ultimo giorno a rimboccarsi le maniche.



PRESIDENTE

La parola al Consigliere Giuliano.



GIULIANO Valter

Signor Presidente, colleghe e colleghi, come Verdi vorremmo ribadire subito, come questione preliminare al nostro intervento, con grande tenerezza, la solidarietà con grande fermezza ai lavoratori. La difesa dell'occupazione ci vede sempre in primo piano, perché la consideriamo un elemento indispensabile della società, come un diritto che, seppure garantito dalla Costituzione, non è tuttora applicato, come non lo sono, ad esempio, quelli per una giustizia giusta o il diritto alla casa.
Vogliamo ribadire questo diritto con forza e subito, così come lo abbiamo affermato e lo affermiamo ogni qualvolta, purtroppo, si sviluppa una conflittualità fra l'ambiente, la tutela della natura e la tutela dei posti di lavoro. La tutela della natura - non dimentichiamolo, quasi sempre è peraltro tutela della salute collettiva, a partire da quella dei lavoratori, e i casi dell'IPCA o dell'ACNA proprio nella nostra Regione ce lo dimostrano. Come dicevo prima, difendiamo l'occupazione anche quando la tutela dell'ambiente va in rotta di collisione con la tutela dei posti di lavoro.
Lo vogliamo affermare e lo vogliamo ribadire anche per quelle piccole imprese che tuttavia - lo abbiamo sentito martedì scorso - danno lavoro a qualche centinaia di lavoratori e che sono state escluse dall'accordo FIAT Sindacato. Per loro chiediamo vengano riavviate le trattative ad un tavolo comune tra azienda, Comune di Chivasso e Regione, perché si possano aprire spazi e programmi concreti di ricollocazione, di mobilità e soprattutto, da subito, siano ammessi alla Cassa Integrazione Guadagni.
Che la nostra società sia avviata verso la deindustrializzazione lo si sa da qualche decennio; stupircene oggi ci sembra perlomeno ipocrita. E non è detto che questo sia un elemento negativo, come la continuità non sempre è momento positivo. Ce lo dimostra la continuità della nostra classe di governo. Ma il fatto che la deindustrializzazione sia interpretabile solo nei suoi lati peggiori appartiene a una concezione filosofica che coniuga sempre e comunque direttamente sviluppo con crescita; invece non sempre la crescita è sviluppo. Così la crescita industriale che ha caratterizzato per decenni la nostra società, che non a caso ha assunto proprio il nome di società industriale, va rivista, riesaminata alla luce di quei limiti di spazio e di risorse naturali che non ci stanchiamo mai di richiamare.
Lo sviluppo ecosostenibile, ormai richiamato e riconosciuto dalle più alte autorità scientifiche internazionali, sembra essere ben lontano non solo dall'essere applicato, ma anche dall'essere riconosciuto e assorbito a livello di coscienza e di conoscenza collettiva. Questa necessità di avviarsi su terreni nuovi è, per certi versi, ben presente invece tra gli imprenditori. E l'imprenditoria non si stupisce del realizzarsi della preannunciata fase di deindustrializzazione; si prepara a governarla alla sua maniera, una maniera che - abbiamo visto - non ci può trovare d'accordo.
Come Verdi abbiamo analizzato e criticato fortemente un modello socio economico che non solo non è ecosostenibile, cioè plasmato tenendo conto dei limiti del pianeta ma è sempre più lontano anche dalla solidarietà tra gli uomini, valore che noi riteniamo altrettanto fondamentale.
L'esame di ciò che si è manifestato anche nell'economia piemontese negli ultimi decenni ci fornisce alcuni elementi significativi: ci troviamo di fronte a sempre maggiori concentrazioni finanziarie, le imprese sfuggono alla vecchia impostazione merceologica specialistica e si inseriscono con forza nei grandi campi dell'editoria, dell'edilizia, delle grandi infrastrutture, dello sfruttamento e della distruzione delle risorse naturali del mercato assicurativo e finanziario. Gli anni di questo fine secolo vedono la concentrazione economica che raggruppa diversificati interessi produttivi e di investimento; l'impresa specializzata ha fatto posto al gruppo finanziario, che assomma una gamma di interessi all'interno dei quali quasi sempre compare la trasformazione del territorio e dell'ambiente.
Ed è ciò che accade oggi: da una parte si attinge a piene mani al denaro dello Stato, dall'altra si chiudono le aziende, si deindustrializza lasciando le aree alla speculazione, trasferendo gli investimenti sull'edilizia, cosa che già accade e ancora di più accadrà nel futuro ad esempio per le grandi aree rese libere a Torino e nell'area metropolitana in questi ultimi anni.
Da una società produttiva industriale si sta verificando il passaggio a una società che opera nella finanza, nel settore immobiliare, nei lavori pubblici. Allora l'industria diversifica il suo intervento ad esempio nella Cogefar o nelle immobiliari; e poiché l'amministrazione del territorio è tuttora affidata ai poteri locali, diventa indispensabile condizionare la classe politica, sponsorizzare le elezioni a posti di potere, patrocinare e sostenere economicamente liste e candidati: nasce insomma - e l'abbiamo visto in questi giorni su tutti i giornali - "tangentopoli".
Di fronte a questo quadro i Verdi sostengono come sia necessario e indispensabile riesaminare il modo di produrre, l'organizzazione del lavoro, il prodotto e il suo impiego nella società industriale; questioni troppo importanti per lasciar decidere solo all'impresa, subendone i costi e le conseguenze senza discussione.
Riteniamo pure importante arrivare alla definizione di una nuova cultura dei diritti dei lavoratori che si basi sul superamento della logica di extraterritorialità della fabbrica; non solo, ma già in altre occasioni abbiamo avanzato una proposta di riduzione dell'orario di lavoro per lavorare tutti e lavorare meno, ipotesi tutt'altro che fantascientifica o irrealizzabile, visto che altri Paesi industrializzati europei si preparano a fare altrettanto rispetto alle loro politiche industriali.
Per quanto riguarda il caso specifico di Chivasso, non possiamo pensare o illuderci che sia un caso isolato; esso rientra in un ambito ben più esteso che coinvolge l'intero comparto automobilistico. Il contemporaneo caso della Renault a Boulogne, con l'ipotesi più o meno fantascientifica questa sì - di trasformazione in città lacustre, la dice lunga sulla deindustrializzazione e il passaggio al terziario, nonché sulla dimensione internazionale del fenomeno.
Dove questo fenomeno porti è difficile dirlo; per quel che concerne Chivasso, ci preoccupa, insieme alla situazione occupazionale, anche quella territoriale e ambientale, con ipotesi - e le abbiamo sentite circolare in questi giorni - che vorrebbero trasformare l'area per insediamenti produttivi in piattaforma per lo smaltimento dei rifiuti che dovrebbe comprendere, tra l'altro, anche l'insediamento di un inceneritore.
Disoccupati e anche inquinati, avvelenati.
Molto modestamente, nelle scorse settimane, nelle sedute del Consiglio dedicate al problema, ci siamo impegnati a dare alcune, indicazioni che certo hanno bisogno di ulteriori approfondimenti per dare un futuro allo stabilimento di Chivasso, anche perché francamente crediamo poco al rilancio ipotizzato per i prossimi anni. Ci sono i numeri a farci riflettere, numeri che contrastano con le premesse che vorrebbero la tenuta o addirittura l'aumento del parco autoveicoli e un ritorno alla produzione automobilistica di due anni fa; cose, francamente, che riteniamo poco realistiche.
Noi abbiamo ipotizzato soluzioni che abbiano come obiettivo della ristrutturazione l'insediamento di lavorazioni aggiuntive a basso impatto ambientale, tipo il riciclaggio delle auto. Bisogna evitare che, anche per quanto riguarda il cosiddetto ciclo chiuso, l'industria automobilistica nazionale arrivi in ritardo, quello stesso ritardo che si è verificato ad esempio per la catalizzazione, con gravi perdite di mercato. Non sono ipotesi campate in aria; la tecnologia già esiste, la FIAT ha da tempo avviato la sperimentazione ed è in grado, a tempi brevi, di fornire il know how necessario. Esistono anche ipotesi di sbocco merceologico per le varie componenti derivate dal riciclaggio; ipotizzando una media di 4 ore per lo smontaggio di un'auto e considerando che ogni anno ne sono rottamate 200.000, si evince un nuovo comparto capace di assorbire alcune centinaia di lavoratori, cosa non certo disprezzabile.
Per concludere, non possiamo non essere preoccupati dal fatto che il Consiglio aperto della scorsa settimana possa essere, soltanto, una volta di più, un inutile e stereotipato rito che non porta a nessuna conclusione.
Dobbiamo dare risposte concrete alle domande emerse in quest'aula e ancor più a quelle angosciate, al limite della disperazione, che vengono da chi è a Chivasso e dai lavoratori che, (altra settimana come questa mattina, ci hanno accolto con tanta disperata e giustificata rabbia all'ingresso del Consiglio.
Abbiamo sentito l'Assessore Cerchio chiedere al nostro collega Verde di Chivasso indicazioni per il governo; francamente pensavamo e credevamo che lui, e con lui il suo partito, e con loro gli alleati di Giunta, si fossero candidati a dare risposte, a governare. Se il governo regionale non ha risposte da dare, crediamo se ne debbano trarre le dovute conseguenze.
Ci avete detto più volte, cari colleghi della maggioranza, che voi governate e a noi tocca fare opposizione; dalle vostre reazioni a volte un po' nervose, come dai vostri silenzi imbarazzati, mi pare che noi si faccia egregiamente l'opposizione. Francamente, qualche dubbio ci viene sul vostro ruolo.



PRESIDENTE

Ha chiesto la parola il Consigliere Tapparo; ne ha facoltà.



TAPPARO Giancarlo

Signor Presidente, colleghi Consiglieri, troppo spesso siamo partiti dal singolo caso, dalla singola emergenza inseguendo le necessità che imponevano le trasformazioni economiche; troppo spesso dinanzi a eventi prevedibili che dovevano già in anticipo sollevare preoccupazioni e opportune iniziative abbiamo rischiato di mettere la sordina e di restare in qualche modo "imballati" su promesse o rassicurazioni.
Il caso della Lancia di Chivasso è emblematico, e noi oggi dobbiamo in qualche modo trarre da questa ulteriore esperienza degli elementi che non siano più le rituali, ripetitive prese d'atto, magari assecondando il tentativo di scaricare sul momento pubblico i costi diretti, indiretti e sociali di queste operazioni. La consapevolezza di una rottura del tipo del ciclo economico del Piemonte deve essere ormai piena, acquisita e deve farci fare delle scelte coraggiose. Su queste possiamo anche dividerci; io ad esempio ritengo che gli interventi più importanti per il Piemonte non siano quelli infrastrutturali, c'è il rischio che le vie di comunicazione più rapide rendano utile la piazza di Milano, di Lione o di Parigi per alcuni servizi e non la necessità di costruirli a Torino, anche se ovviamente queste infrastrutture sono necessarie. Dobbiamo invece avere una infrastrutturazione di software, per così dire, di intelligenza, che sappia radicarsi: una di queste è il campo della formazione. Deve diventare strategico e prioritario l'investimento sul nostro capitale umano; è un investimento che resta e valorizza fortemente sia nell'immediato che in prospettiva le ragioni di una scelta di un nuovo tipo di sviluppo per il Piemonte.
L'Assessore Vetrino ha parlato della diffusione dell'innovazione tecnologica. Dobbiamo però rilevare che la diffusione dell'innovazione tecnologica trova i soggetti che avrebbero più bisogno di questa innovazione i più restii ad utilizzarla: sono la piccola azienda l'artigianato, proprio perché è difficile in qualche modo trovare un meccanismo che riversi su queste aziende gli elementi di diffusione di innovazione tecnologica.
Un terzo aspetto è rappresentato dai servizi reali alle imprese. Per tutti gli anni'80, anni nei quali le imprese andavano forte, il momento pubblico veniva bollato come interventista quando voleva strutturare sul proprio territorio sedi e modalità di servizi reali alle imprese. Diceva la Federpiemonte che quella era materia che doveva avocarsi per intero il mondo industriale.
Il tema della promozione. Presidente Brizio, quand'è che la Regione dà un segnale di questo tipo in un distretto economico in fase di espansione o di regresso? Quando la Regione Piemonte tenta una politica mirata di promozione? Promozione, marketing e soprattutto esportazione: non credo molto che siano promozione le fiere che favoriscono solo la vendita, il circuito commerciale interno, regionale o interregionale.
Abbiamo poi la creazione di imprenditorialità. Cosa stiamo facendo su questo terreno? Pensiamo soltanto ai grandi prepensionamenti degli impiegati Olivetti e Iveco: che cosa facciamo per evitare che queste conoscenze si disperdano in lavoro nero e invece possano percorrere la strada, per alcuni, di scelte di imprenditorialità individuale o collettiva? Certo, ci sono anche i temi delle infrastrutture e nel caso della Lancia di Chivasso potremmo cogliere questa che non vedo come opportunità perché mi ricorda il Lingotto e l'exarea siderurgica, cioè sono situazioni drammatiche nelle quali i grandi gruppi tentano di far quadrare i bilanci sulle plusvalenze immobiliari. E' una vecchia storia che non avviene solo in Italia, ma anche in altri Paesi. Quindi abbiamo visto la dismissione di attività produttive in molte aree cittadine, metropolitane, proprio in una strategia non industriale, ma in qualche modo finanziaria delle imprese.
Ebbene, cogliamo questa opportunità di Chivasso, vediamo se riusciamo in questo processo di nuova industrializzazione con una rilocalizzazione adeguata di attività e soprattutto col sorgere di nuove attività a fare qualcosa. Ma anche lì il nodo non è solo quello dell'immobile, dell'area sono i servizi che possiamo offrire; sono i servizi che polarizzano, non ci serve spostare da Nichelino o da Poirino alcune aziende dell'indotto auto e portarle a Chivasso come elemento innovativo. Non ci serve questo tipo di politica degli arei di Mussolini o delle vacche di Fanfani: ci serve una politica che faccia nascere nuova imprenditorialità, altrimenti commettiamo lo stesso errore praticato dalla Valle d'Aosta e dalla politica per il Mezzogiorno che premia i trasferimenti di impresa e non il sorgere di nuova impresa.
Anche nelle infrastrutture dobbiamo fare molto, ma senza pesare troppo.
Ricordo il Presidente Beltrami quando nella scorsa legislatura, tornando dalla contrattazione FIO (Fondo Investimenti Occupazione) delle grandi opere, diceva che le priorità stabilite dalla Regione non venivano mai rispettate e - non detto esplicitamente - si capiva che il peso di queste priorità era molto forte nei grandi costruttori, non voglio citarli per nome perché sono andati all'onore delle cronache nei mesi passati, ma se si sceglievano prima le dimore sabaude o l'irrigazione del Tortonese non era più determinato dalla Regione, bensì da forze economiche che sfuggivano a queste priorità. Allora anche nelle infrastrutture stiamo attenti: devono essere infrastrutture che calzino perfettamente a un nuovo modello di sviluppo e non solamente rispondere alla spinta che ci deriva dagli interessi economici.
Dobbiamo però essere in grado di regolare un comportamento, mi rivolgo soprattutto al governo regionale. Occorre concentrare gli investimenti e gli interventi. Il Regolamento CEE n. 2052 metterà in campo oltre 100 miliardi nella seconda tranche: se verrà frantumato, polverizzato evidentemente la ricaduta, il ritorno in termini occupazionali, soprattutto di irrobustimento e di nuovo percorso economico, sarà scarso. Se siamo in grado di fare un atto di coraggio decidendo che questa nuova tranche va in determinati distretti economici, in determinate realtà, in determinate scelte settoriali e quindi lì si destina una massa critica del nostro intervento finanziario, probabilmente facciamo muovere qualcosa. Bisogna stabilire delle priorità: se stabiliamo per esempio che la priorità dei forgiatori d'acciaio del Canavese è un problema sul quale la promozione regionale deve intervenire, ebbene diamo un segno. Probabilmente non possiamo fare tutto, però è un'indicazione, un tipo di politica: può essere discutibile, ma il fare porta a discutere, il non fare ci fa avere degli applausi oppure dei borbottii di rimprovero.
Dobbiamo batterci contro la nostra settorialità cercando di far convergere le varie energie presenti nei nostri settori. Ritorno a dire che la nostra spesa ad esempio nei settori ambiente, sanità o trasporti, pu essere orientata in modo tale che, interfacciando col sistema industriale non dandogli delle facili commesse, sia possibile aprire dei percorsi dove le imprese possono investire.
Dobbiamo essere attenti e applicare una specie di valutazione di impatto occupazionale e strutturale sul nostro apparato industriale delle scelte di investimento che noi facciamo, della, spesa che noi sosteniamo (spesa grossa, spesa alta). Quando abbiamo di fronte due o tre vie alternative dobbiamo scegliere quella che ha una ricaduta immediata sul piano occupazionale e la più rapida sul piano dell'apporto all'apparato industriale. Quindi a parità di spesa noi possiamo avere delle ricadute importanti sia sul piano dell'apparato industriale che dell'occupazione.
Ma se ci sono alcuni compiti nostri, ce ne sono altri del livello nazionale. Io ritengo che il non avere competenza come Regione in politica industriale sia una costruzione non casuale, non fatta da accademici costituzionalisti, bensì dal sistema degli interessi italiano. Un interesse delle grandi imprese è sempre stato quello di avere a livello romano la concentrazione della politica industriale ed anche gli interessi all'interno dei vari partiti hanno spinto per avere a livello nazionale una leva per rapportarsi col sistema delle grandi imprese o delle grandi aree.
Il dibattito all'interno del mondo sindacale ancora oggi non ha chiarito se l'investimento di Melfi è sostitutivo o è aggiuntivo.
Francamente mi sembra proprio una cosa inspiegabile. Con una caduta tendenziale degli spazi di mercato della FIAT, quando Melfi, fra due o tre anni, entrerà a pieno regime sarà evidentemente un investimento sostitutivo che doveva farci già capire in precedenza che avrebbe avuto delle ripercussioni sull'apparato industriale FIAT in Piemonte.
Anche i trasferimenti in Valle d'Aosta non sono solo di quest'oggi. Per esempio, l'industria di periferiche per computer, che prima apparteneva all'Olivetti, è stata trasferita in Valle d'Aosta (con grandi regalie da parte di quella Regione); si è trattato quindi di un trasferimento e non di nuova imprenditorialità.
Presidente Brizio, i grandi gruppi che vivono questa fase di trasformazione hanno dialogato con lei per dire: "Viviamo questo processo di cambiamento, lo dobbiamo fare, ma vogliamo rapportarci con il territorio, con le comunità - e la Regione le esprime nel suo insieme proprio per vedere che questo processo di trasformazione non sia eccessivamente penalizzante?" Allora cosa si fa? Sono progetti globali? Si rapportano con gli effetti dell'indotto o sono caso per caso - vedi Chivasso - dove rischiamo a mala parata di fare gli agenti immobiliari della FIAT su quell'immobile con gli investimenti? Ma non solo. Il pubblico paga pesantemente l'investimento a Melfi, ma interviene anche su un immobile industriale dismesso della FIAT? Che contrattazione apriamo? Mettiamo in campo i nostri interventi, le nostre disponibilità, gli interventi sul Lingotto, sull'alta velocità sulla formazione professionale? Facciamo un pacchetto globale e ci rapportiamo in questo sistema delle grandi imprese? Il caso Chivasso credo che ci debba portare a una consapevolezza. Il Piemonte con questo fatto ha perso un pezzo di prodotto interno lordo. E' inutile girarlo. Gli amministratori di Chivasso non potrebbero essere soddisfatti se la FIAT gli manda venti aziende dell'indotto che preleva dal Piemonte. Se sono nuove attività si deve plaudire, se sono trasferimenti di attività dobbiamo esserne preoccupati, almeno come amministratori del Piemonte.
Dobbiamo essere consapevoli che sull'accordo Lancia pende la spada di Damocle dell'andamento del mercato automobilistico perché se tra un anno e mezzo la situazione diventerà più critica voglio vedere cosa succederà quando verrà atteso o disatteso questo tipo di accordo.
L'altro aspetto è che tardiamo troppo, andando caso per caso a curare gli ammortizzatori sociali. Gli ammortizzatori sociali sono un fatto importante, ma noi lo dobbiamo vedere - almeno come Regione - in un processo collegato allo sviluppo, non collegato semplicemente a salvaguardare la singola personale posizione. Perché quei lavoratori che erano qui la settimana scorsa, e che sono qui ancora oggi, hanno dei figli.
E questi figli vorranno trovare del lavoro, non è un problema solo di soluzione a loro. In sostanza l'operazione Lancia Chivasso ha portato alla perdita secca di alcune migliaia di posti di lavoro.
Ci sono poi dei rischi, e vado a concludere sul problema delle mense e delle imprese di pulizia.
Mentre negli anni '80 venivamo quasi derisi per la nostra legislazione sulle opere di pubblica utilità, sull'imprenditorialità collettiva, sui cantieri di lavoro, oggi questi strumenti vengono invocati dagli imprenditori perché capiscono perfettamente che la legislazione nazionale è inadeguata, la mobilità è un pre-licenziamento nella situazione attuale.
Ieri ero alla Commissione regionale per l'impiego, questi sono i dati che ci hanno fornito: l'80% dei lavoratori messi in mobilità è nella provincia di Torino e 1'80% delle domande di lavoratori che vengono prelevati dalla lista di mobilità sono fuori dalla provincia di Torino. Sono dati che dobbiamo tenere ben presente! Allora ci vuole ben altro che il cantiere di lavoro e le opere di pubblica utilità con cui le associazioni imprenditoriali oggi, almeno al tavolo della Commissione regionale per l'impiego, pongono il problema.
Quindi, Presidente Brizio, da parte sua proprio come Presidente ci vuole la capacità di prendere questo problema globale e fare delle scelte precise di distretti, di settori- coraggiosamente! - discutendo, dando priorità, concentrando e costituendo masse critiche alle nostre povere risorse finanziarie, ma che possono anche avere la loro parte. Occorre poi aprire un dialogo con il Governo centrale e il Parlamento perché non si possono più accettare politiche industriali che non tengano conto della specificità delle singole Regioni e premiano semplicemente i trasferimenti.
Mense e imprese di pulizia. Noi non ci rendiamo conto sufficientemente che mentre il caso Lancia di Chivasso è un caso politico emblematico, ogni giorno che passa ci sono centinaia e centinaia di lavoratori di piccolissime aziende che vengono messi fuori, sono resi disoccupati, ma non possono accedere agli ammortizzatori sociali. Non ci rendiamo conto a sufficienza che quando ci sono fenomeni come quello della Lancia di Chivasso trascinano le attività dell'indotto e dei servizi come le mense e le imprese di pulizia portandole in condizioni critiche. Ora, per questi lavoratori, visto che si sono fatte piroette legislative pazzesche in epoche non molto lontane, noi dobbiamo cercare di intervenire affinché gli uni possano usufruire della cassa integrazione e gli altri dell'accesso alla mobilità. Credo che sia tecnicamente possibile già ora, se sono necessari alcuni interventi legislativi si facciano. In epoche non lontane siamo riusciti persino in una legge che non c'entrava niente a inserire un intervento speciale nella Montefibre di Verbania che subì negli anni'80 un collasso occupazionale drammatico.



PRESIDENZA DEL VICEPRESIDENTE GROSSO



PRESIDENTE

Ha chiesto la parola il Consigliere Marchini. Ne ha facoltà.



MARCHINI Sergio

Signor Presidente, colleghi Consiglieri, i liberali erano perplessi sulla opportunità del Consiglio regionale aperto. Mantengono questo loro giudizio.
Certo è stata una occasione per raccogliere informazioni e riflessioni e noi desideriamo considerare queste due giornate come una raccolta di informazioni più che una occasione per pronunciamenti. Riteniamo che la politica sia un'arte difficile che richiede solitudine e responsabilità e qualche volta l'accettazione di qualche impopolarità. Voler essere presenti sempre, comunque e subito, e dare delle risposte non è politica: è bassa cucina! Quindi, il nostro intervento si riduce ad alcune considerazioni sulle cose ascoltate che più ci hanno colpito in termini di dissenso.
Ho sentito mettere in discussione anche il documento di Amato. E allora vogliamo parlare di politica industriale quando non si capisce che la manovra finanziaria del Governo è una grande operazione di politica industriale?



(Commenti dai banchi del PDS)



MARCHINI Sergio

La riduzione del 2% dell'inflazione significa recuperare una competitività del 2% del sistema imprenditoriale che, moltiplicato per una legislatura, fa il 10% della nostra capacità di stare sul mercato. Quando si ride da queste parti significa che cosa vuol dire aprire queste maggioranze al PDS. Significa confrontarsi con forze politiche che non registrano che la manovra finanziaria ha come primo obiettivo quello di mantenere e rilanciare il nostro Paese come potenza industriale. Perch l'inflazione significa questo, anche per le persone semplici, che almeno ascoltano e non per i supponenti che credono di sapere e non ascoltano.
Maastricht ci impone a non più giocare sui meccanismi monetari per barattare in tempi internazionali il fenomeno dell'inflazione. A moneta costante l'inflazione significa un aumento dei costi dei prodotti nazionali equivalenti al differenziale dell'inflazione sul piano delle altre monete.
Quindi se gli italiani hanno una inflazione del 2% in più rispetto ai tedeschi, del 3% in più rispetto ai francesi vuol dire che ogni anno un'auto prodotta a Chivasso costa il 3% in più e sul piano internazionale questo significa una caduta sul piano della concorrenza. Quindi, dire che il progetto Amato non si occupa di problemi di politica industriale solo Perché non usa il termine "industriale"e non usa il termine "occupazione" significa evidentemente misurare la politica in termini di approccio da bassa cucina e non da prospezione di lungo periodo, cosa che rimprovero anche a chi ha voluto questo Consiglio regionale e a molti degli intervenuti. Maastricht e Amato sono la frontiera sulla quale si gioca, non la sopravvivenza del sistema Italia, letto alle due meno un quarto sul Bollettino della Borsa e dei Cambi, ma la capacità del nostro sistema di stare nel sistema industriale e quindi si gioca la nostra occupazione.
Riguardo alla polemica che si continua a sviluppare su Melfi, nessuno ha detto, però, che Melfi è l'unico esempio in Europa di una grande azienda automobilistica che investe sul territorio nazionale in nuove strutture tutte le altre industrie europee con le quali ci dobbiamo misurare, guarda caso, non investono una lira in nuovi insediamenti produttivi sul proprio territorio. C'è da dire, quindi, che il sistema Torino, la fabbrica torinese, crede alla funzione nazionale che ha e crede alla funzione territoriale. Sono d'accordo ancora su questo con il collega Fiumara: il modo con cui il sistema imprenditoriale torinese beneficia del sistema dei privilegi non soltanto nazionali ma CEE, è quello di investire a Melfi; è stato detto prima, non si è voluto capire. L'investimento a Melfi è un elemento del rafforzamento del sistema torinese, non è un sistema per andare via da Torino, perché il sistema torinese deve vivere di una serie di economie, comprese quelle che si ottengono localizzandosi nel posto più favorevole dal punto di vista finanziario e meno sfavorevole dal punto di vista della politica nazionale e territoriale della FIAT.
La FIAT poteva benissimo investire fuori dall'Europa e fuori dall'Italia; invece ha investito in Italia, nel suo Paese. Quindi ha ragione il collega Fiumara, non c'è più la produzione Nord-Sud, il sistema degli incentivi al Sud sono forze finalizzati all'occupazione nel Sud, ma sono finalizzati al sistema Italia nel suo complesso e ritornano quindi al Nord gli arricchimenti e le economie che si ottengono con l'occupazione al Suda Non possiamo continuare a leggere le questioni in termini così provinciali e - consentitemi - così partigiani.
Altra questione sulla quale non mi sento di seguire molti colleghi. Si continua a parlare della Regione Rhóne-Alpes e della Valle d'Aosta; amici abbiamo deciso di correre nel gruppo, di essere tra quelli che vogliono arrivare in tempo massimo e non essere squalificati o siamo quelli che, se non vogliono vincere il tour, vogliono almeno arrivare tra i primi cinque sei o sette? E' questo il nostro girone? Rhóne-Alpes e Valle d'Aosta sono da considerarsi aree marginali, non aree protagoniste. Quando vogliamo misurarci - chiedo scusa al Presidente, forse capirà le ragioni di qualche mia intemperanza - non dobbiamo misurarci con le aree che in questo momento debbono ottenere benefici e condizioni per avere il minimo vitale, proprio perché aree marginali e strutturalmente in crisi, e non come la nostra congiunturalmente in crisi. La Regione Rhóne-Alpes sullo scenario francese va confrontata con la Campania, non con il Piemonte. Il Piemonte deve confrontare le sue politiche con (Ile de France e con la Baviera, se vuole fare politica industriale per il futuro e non assistenzialismo in tempi stretti. Sono tutti scenari che non si possono affrontare in termini estemporanei ed abborracciati; sono questioni sulle quali la Giunta e la maggioranza devono saper riflettere, lasciare riposare, decantare e sfuggire all'esigenza di rispondere sempre e comunque all'emergenza, perch la politica non è l'emergenza. Se la politica deve rispondere all'emergenza vuol dire che ha fallito il suo corso; al massimo è il meccanismo dell'avvio, degli ammortizzatori sociali.
In questa logica di voler ripetere luoghi comuni, non ho ascoltato questa infelice frase: "Crisi di un modello di sviluppo". Probabilmente questi termini sono stati estrapolati. Allora, vorrei sapere quale modello supererà il modello industriale dell'Europa Occidentale e quindi del Nord Italia. Quale tipo di modello?



(Interruzione del Consigliere Chiezzi)



MARCHINI Sergio

Per piacere, Chiezzi, tu sui nuovi modelli di sviluppo per qualche anno è opportuno che rifletta. Parlane come storico, come memorialista, non come politico. Rifletti, perché mi sembra che le esperienze politiche che tu con grande coerenza, continui a difendere non hanno creato né posti di lavoro né occupazione né benessere, ma solo disoccupazione e fame dappertutto! Allora il modello capitalista liberale di mercato e imprenditoriale è ancora il modello valido ed attuale.



CHIEZZI Giuseppe

E' finito quel modello. In Piemonte c'è un altro modello di sviluppo quel modello è finito. In Lombardia, in Emilia, c'è un altro modello che regge meglio.



MARCHINI Sergio

E, quale va avanti, quello del Kolchoz? Vaglielo a spiegare a Mosca che è finito il nostro modello di sviluppo! Vaglielo a spiegare a Mosca, dove aspettano da noi la carità per sopravvivere! Vaglielo a spiegare alla Polonia, alla Jugoslavia, che è il loro il modello vincente!



CHIEZZI Giuseppe

Lo spiego a te perché il Governo è qua.



MARCHINI Sergio

Vaglielo a spiegare che il nostro modello è fallito, che siamo noi ad aver bisogno della Russia, della Cecoslovacchia e dell'Ungheria per sopravvivere fisicamente e per non morire di fame! Spiegaglielo che è soltanto la stampa occidentale che dice che è la Russia che è fallita e non è invece la Germania. Spiegaglielo, ma faglielo anche capire e credere! Si dice deindustrializzazione del Piemonte, ma non è deindustrializzazione.
Certo, siamo in una fase di diversa industrializzazione del Piemonte e non di deindustrializzazione. A mio modo di vedere le cose sono profondamente diverse.
Mi rendo conto, quindi, che soltanto a voler fare un intervento in termini di replica non ha molto senso, ma ritengo non si possa e non si debba andare oltre. Chiedo alla Giunta che abbia la capacità, su questo, di fare quello che le compete: la sintesi, l'analisi e l'approfondimento conseguente, se mi consente, collega Vetrino, sollevando - per esempio - i Gruppi dall'esigenza di dover fare un convegno. Perché i repubblicani vogliano fare un convegno per poter dire la loro, poi lo faremo anche noi diremo tutti la nostra, probabilmente diremo tutti corbellerie e anche le cose più serie, e mi riferisco al documento della DC, quando hanno bisogno non di essere soltanto un elemento di contributo, ma anche un elemento di proposta che non compete ai Gruppi, ma alla Giunta; in una maggioranza rischiano la stecca finale che fa andare in tilt tutto un concerto, perch quando lo studio della DC ipotizza che il risultato di tutta la manovra sia un, intervento di tipo assistenziale di politica meridionalistica (di dare X lire per ogni posto di lavoro), questo è un incidente che giustifico semplicemente nel prendere atto che, affinché un documento possa essere letto dai nostri collaboratori alle spalle, deve portare il numero di posti di lavoro, l'occupazione, ecc. Quindi, per esempio, se si parla di modernizzazione, infrastrutturazione del territorio, recupero d'immagine e di efficienza, questi sono valori che non sono facilmente percepibili e devo anche dire abbastanza rifiutati. Quindi, la DC deve scrivere che la politica della Giunta dovrebbe, per esempio, ipotizzare di dare 50 milioni ad un posto di lavoro, ma questo, mi rendo conto, è una forzatura e la capisco come una provocazione, mentre so che bisogna risarcire in fatti non in soldi, l'imprenditore dal costo del modello Piemonte e del modello Italia che probabilmente è giusto, vale 50 milioni, questo è stato calcolato. Insediarsi a Torino ed insediarsi in Piemonte rispetto al resto di altre aree europee ha un costo superiore.
Allora mi chiedo se dobbiamo rincorrere il gruppo di quelli che portano le borracce - Presidente - e che si preoccupano solo di stare nell'ora di distacco, quindi dobbiamo immaginare interventi di questo tipo, o dobbiamo immaginare che invece il nostro ruolo è di correre quanto meno con Bugno se non proprio con Indurain. Se così è, va recuperata la capacità della Regione di riflettere, ma non la Regione istituzione, la Regione realtà perché il Piemonte ha una sua realtà che ha al proprio interno alcuni valori e alcune realtà che non sono soltanto di tipo letterario. Quando si parla della professionalità, della cultura e dell'etica del lavoro che ha il Piemonte, questo è un bene sul piano della politica industriale irripetibile e tra gli unici in Europa. Si tratta di capire se le azioni che si fanno rispetto a questo sono sufficienti e coerenti. Allora, ad esempio, quando da parte del Consigliere Tapparo, giustamente, ci si chiede che tipo di rapporto abbiamo con il sistema delle imprese rispetto alle politiche regionali, non voglio aprire una polemica, ma chiedo come si possa ignorare totalmente, sul piano della politica dell'area metropolitana, il pronunciamento del sistema delle imprese, il pronunciamento del sistema universitario e della scienza, che chiede che si superi il caso Torino e si passi al caso Piemonte. Dopodiché non si è coerenti e quindi si chiede non più l'approccio urbano ai problemi, ma l'approccio metropolitano, non più l'approccio settoriale, ma l'approccio sistemico (il caso di Chivasso ne è la dimostrazione). Noi, invece rivediamo che, sulla storia dell'area metropolitana, anche un Presidente sconfessato dal suo Consiglio, cioè il Presidente della Provincia, chiede che si porti una questione sul piano meramente istituzionale.
Non faccio delle proposte come gli altri partiti visto che va di moda.
Devo anche dire non come partito, intendo sottolinearlo, ma come realtà piemontese, che abbiamo un'occasione che dobbiamo approfondire. Uno dei Ministeri che ha il Piemonte, quello delle Regioni, guarda caso, e delle politiche comunitarie, forse ci aiuta a cogliere bene fino in fondo che cosa sia questa nuova realtà CEE, che cosa sia questa nuova realtà Europa e quindi che cosa voglia dire misurare una Regione non periferica n marginale, una Regione senza aggettivi come è il Piemonte, il quale non deve misurarsi con gli aggettivi "marginali" e "sottosviluppate".
Presidente, riflettiamo molto, ma guardiamoci anche in casa. Polemizzo con il Consigliere Chiezzi spesse volte, ma lui ha la capacità di dire delle cose che fanno capire, ad esempio quando dice che ci dobbiamo preoccupare del funzionamento territoriale come questioni specifiche regionali e istituzionali a prescindere dai voli pindarici e dagli scenari.
Siamo sicuri di aver fatto la nostra parte? Penso che l'abbiamo saputa fare fino a un certo punto, fin quando non ci siamo scontrati con gli interessi della classe dirigente della città di Torino, che non è assolutamente all'altezza del suo compito.
Faccio alcuni esempi. Il Centro Agro-alimentare: la Regione l'aveva immaginato come , un momento di interscambio tra il sistema della produzione, il sistema del trattamento, il sistema della conservazione e il sistema della distribuzione su Torino. Che cosa è diventato? I Mercati Generali trasferiti.
Mi dice l'Assessore Dondona che porta regolarmente i suoi ospiti visto che è un Assessore apprezzato in tutta Europa per quello che fa su Torino, meno che dai torinesi, sicuramente dai suoi elettori - a visitare SITO, ché in nessuna città esiste qualcosa come esiste a SITO. Allora SITO cos'è? Un museo di piramidi? Vogliamo rilanciarla come struttura regionale come idea regionale, per essere non tanto area attrezzata, ma area di snodo, area polmone tra le nuove realtà indotte dall'autostrada del Frejus e il sistema Europa e il sistema Piemonte.
Vogliamo recuperare questo ruolo e non semplicemente più una strana area, che è solo in competizione con i Comuni, perché porta via loro del territorio e non si capisce per cosa. Questa è politica metropolitana Presidente, e ci compete, è una nostra società a maggioranza assoluta cerchiamo di capire che cosa ne vogliamo fare.
Avevo richiamato questo fatto anche sul problema dell'Alta Velocità: non facciamoci portare in tondo. Il mondo, l'Europa deve capire che Torino intende fare un patto di ferro con Lione per bucare il Frejus o il Moncenisio. Dobbiamo essere strumentalizzati sul problema dell'Alta Velocità che in Italia non decollerà mai, perché non ci sono le risorse? Noi, al massimo, riusciremo a ridurre la lentezza dei nostri treni entro certi margini, perché alla fine la pressione di tutti contro tutti porterà a questo risultato. Il problema unico e vero che ha il Piemonte, sul quale deve fare emergere la specificità, è quello del tunnel. Perché? Perché il tunnel deve riprovare - e questo è lo scenario sul quale forse dovremmo provare a misurarci - a collocare il Piemonte in una prospettiva diversa da quella tradizionale.
Siamo di fronte a una vicenda epocale, non si può neanche chiamare crisi. Torino ha (esigenza di vendere, sul piano internazionale, le sue capacità, le sue ricchezze e i suoi vantaggi, che nessuno conosce. Queste cose non si vendono facendo dei depliants, ma legando la nostra città, il nostro territorio e la nostra Regione a grandi progetti di sviluppo, a grandi operazioni d'immagine. Penso che su questo sia possibile immaginare che Torino, la città dell'impresa per eccellenza in Italia, debba approfondire - non ripeto il riferimento al Ministro, perché è espressione della mia forza politica - nel rapporto tra Regione centrale d'Europa ed Europa, lo spazio politico di scenario della Regione, per cercare di stare in serie A, per fare concorrenza all'Ile-de-France, alla Baviera, ai distretti inglesi, non per rincorrere le Regioni marginali. Non facciamo questo errore, altrimenti non riusciamo e sprechiamo anche il lavoro positivo, d'intelligenza, di grande capacità di analisi di processi e di meccanismi che ci sfuggono molto.
Spero di essere stato coerente con quanto avevo detto all'inizio. C'è una crisi di idee; non c'è neanche una crisi di risorse, perché quando si continua a parlare di Stato, caso Piemonte, ci siamo chiesti: il sistema bancario che cosa fa di specifico? Dobbiamo chiedere a questa gente, che pratica - per usare un termine forte - l'usura autorizzata dallo Stato, che cosa riporta sul territorio rispetto a questo? Opere di sponsorizzazione sono cose belle, per carità, ma in che misura il risparmio piemontese viene messo a disposizione del sistema delle imprese piemontesi e quindi del suo sviluppo? Queste sono questioni che ci dobbiamo porre prima in casa nostra e poi nei confronti dello Stato, anche perché lo Stato adesso ha la manovra Amato; contestualmente ha la manovra Maastricht. Ricordiamoci però che il risultato finale non sarà quello di avere una moneta allineata e un'inflazione domata, ma sarà quello di avere un sistema complessivamente competitivo. Quindi, il rilancio del sistema produttivo è quello che produce ricchezza, perché il resto non fa che fare "il gioco delle tre carte"- mi spiace questa banalità - compreso il terziario rispetto alla ricchezza prodotta.
Il sistema deve essere modernizzato in termini di contestualità con il sistema delle interdipendenze europee. Quindi, non immaginiamo che Maastricht sia l'unica questione che abbiamo di fronte, perch paradossalmente impoverendo il paese, si può benissimo pervenire all'abbassamento dell'inflazione e al recupero del pareggio con la lira.
Basta decidere di tagliare tutti gli investimenti in termini produttivi e di modernizzazione, ma a fronte dell'operazione Maastricht, a fronte dell'operazione Amato il problema è che la Regione Piemonte deve indicare linee su questo.
Per questo invito la Giunta, al di là del contributo che ha dato, del quale la ringraziamo, ad immaginare di chiudersi in un convento in questi mesi, evitare esternazioni, prese di posizione, ricerca di consenso.
Il contributo che dà la società civile, lo dobbiamo riconoscere, è quello che è, è ripetitivo, è logoro, perché il Piemonte manca di intelligenze. Le intelligenze vengono distorte e non si capisce più dov'è la classe dirigente nel senso ampio. Se solo, Presidente, riuscissimo a mobilitare le intelligenze in una qualche misura deluse o le intelligenze non utilizzate sul piano della proposta, sul piano della ricerca, questo, a mio modo di vedere, sarebbe un modo non ripetitivo di parlare di politica industriale.



PRESIDENZA DEL VICEPRESIDENTE MONTABONE



PRESIDENTE

La parola al Consigliere Picchioni.



PICCHIONI Rolando

Giunti a questo punto crescono le mie perplessità sul fatto che il dibattito di otto giorni fa, se da una parte ha raggiunto un momento alto in questa nostra riflessione e in queste nostre considerazioni, dall'altra parte, al di là di pochissime eccezioni, i contributi che sono stati portati in quella sede, e anche quelli che sono stati portati stamane, non hanno dato sufficiente chiarezza, o perlomeno non hanno sciolto alcuni dubbi legittimi che sono stati sollevati, e non hanno dato delle risposte pertinenti alle domande che pure sono state poste.
Ricadiamo forse nel vizio di credere che in lei, Presidente, o in questa Giunta esista una pietra filosofale misteriosa che possa risolvere tutti i problemi, possa raccogliere tutte le coordinate, possa dare le risposte le più globali, le più sistemiche (come si dice in questa assemblea) a tutte le domande, ai problemi ed alle emergenze del nostro Piemonte. Come pure rimane il sospetto che lei, Presidente, conosca o tenga nascosta una lampada di Aladino, che possa far sorvolare emisferi, pianeti continenti, onde trarre dalle sue perlustrazioni i termini più specifici direi più compiuti, per una soluzione del problema Piemonte.
Invece le cose non sono così; non sono così, al di là della ripetizione di cose dette e non dette, e per le quali tutti noi abbiamo un debito forse di intelligenza rispetto ai fatti. Quando due anni fa si parlava di qualità globale, noi ci siamo innamorati di un termine che in altre latitudini come il Giappone, viene considerato in modo completamente diverso dal nostro, cioè (auto, per essere un prodotto di qualità totale, deve garantirsi un processo a monte ed a valle (infrastrutture etc.) compatibile con l'ambiente. Noi ce ne siamo innamorati, perché questa era una delle parole d'ordine suggestive venute fuori da Marentino. Oggi vediamo che questa qualità totale significa alcuni prezzi politici, alcuni prezzi economici, alcuni prezzi sociali, che si sono evidenziati in questa sede in termini estremamente preoccupanti.
Bene, io dall'incontro di martedì scorso - caro Chiezzi - non ho raccolto nessun risultato. La faccenda del Consorzio è stata un aquilone buttato in quest'aula; che poi un Ministro dello Stato l'abbia raccolta unicamente per dover giustificare la propria presenza o là propria parola mi pare che risponda semplicemente al ruolo di ciascuno.
Ho invece colto, per esempio, le considerazioni molto pacate di Sabattini, che senza fughe in avanti o fughe all'indietro ha dato una spettrografia reale del problema, delle preoccupazioni.
Alla fine di questo dibattito, noi ci potremmo ancora domandare che cos'è la FIAT, che cosa la FIAT persegue: la centralità dell'auto oppure la diversificazione, che seppure da tanti sbandierata ha avuto delle smentite come da parte dell'avv. Agnelli nell'ultima assemblea degli azionisti quando ha parlato dell'Alcatel, della Rinascente non più strategiche alla politica aziendale.
Si ritorna pertanto ad una centralità che è ancora quella automobilistica; vi si ritorna attraverso un processo di industrializzazione del Mezzogiorno, per cui anche il problema delle dinamiche della FIAT a sud o ad est è certamente un ulteriore elemento per capire che cos'è oggi la FIAT. E ancora, per capire se la non tenuta del mercato oggi e la capacità di realizzare l'equilibrio costi e ricavi domani, nell'ambito della FIAT rappresentino, attraverso questo processo della qualità totale, attraverso gli investimenti (22.385 miliardi in Piemonte, 5.025 a Melfi), la possibilità che la FIAT passi da 2.300.000 unità a 2.600.000 unità, proprio in previsione e in coerenza con quanto dice la Commissione Economica Europea, da 13.700.000 unità nel '91 a 16 milioni nel 2000.
Tutto questo ci porta ancora, non dico a delle soluzioni o a delle risposte specifiche, probanti, ma ad interrogarci su che cosa sarà il processo attualmente in corso alla FIAT.
Io non voglio ritornare su questi argomenti, voglio però ricollegarmi a quanto ha detto fon. Bodrato alla Camera, cioè che l'aiuto dello Stato dovrà tenere conto del processo eccezionale della ristrutturazione dell'industria automobilistica. Su questi termini noi ci dobbiamo confrontare, signor Presidente e signor Assessore, fino al limite di forzare le leggi che oggi esistono.
Noi sappiamo che per la legge 357, che corrisponde all'obiettivo n. 2 del Regolamento CEE, sono previsti dei contributi per le imprese ubicate nelle zone colpite da crisi; sappiamo anche, però, che per questa legge sono state solamente accolte domande pari a 90, rispetto alle 740 avanzate e che pertanto occorre un intervento aggiuntivo dello Stato capace di raccogliere ulteriori richieste fino a un plafond di 160 miliardi.
E dopo abbiamo la legge 317, che significa concessione del credito di imposta per il finanziamento degli investimenti nei primi tre anni di esercizio di attività di imprese appartenenti a comparti innovativi. E anche su questo, c'è la possibilità di far sì che per il Piemonte, per quel famoso accordo programma, questa legge possa avere qualche applicazione.
E poi ancora la legge 46, mirata alla ricerca e all'innovazione tecnologica, per cui si potrebbe parlare di 1.090 miliardi alla FIAT, di cui 250 in conto capitale.
Se queste sono le intenzioni del Governo esplicitate al Senato della Repubblica e che voi tutti conoscete, noi crediamo che la Regione Piemonte debba cercare di tamponare, con i diversi provvedimenti, situazioni di acuta emergenza. Però noi dobbiamo, signor Presidente e Assessore Vetrino cercare un coordinamento e tra tutti gli strumenti in campo.
E allora, se parliamo dell'Agenzia per l'Innovazione, se parliamo dell'ECBIC, se parliamo di Tecnorete, se parliamo del Supercalcolo, se parliamo di tutte queste iniziative che sono state messe a fuoco, e sono credo, entrate a regime...



CALLIGARO Germano

Anche il Regolamento n. 2052 della CEE.



PICCHIONI Rolando

Anche il Regolamento CEE n. 2052, ci stavo arrivando.
Dicevo che se tutte queste cose possono trovare un coordinamento razionale finalizzato, e se il Regolamento CEE n. 2052, richiamato un momento fa dal Consigliere Calligaro, non è la dispersione a pioggia di interventi che non hanno nessun significato, ma è il grande progetto, la massa critica, mirata a risolvere un problema di grande emergenza del nostro Piemonte. Probabilmente, senza inventare nulla di nuovo, si riesce attraverso una razionalizzazione dell'esistente, ad avere quell'impatto totale o quel(impatto sufficientemente significativo per risolvere alcuni problemi della nostra Regione.
Il collega Marchini ha citato un nostro documento, che è un contributo non è un documento sostitutivo del Piano di aggiornamento di sviluppo; è un contributo per cui noi vogliamo cercare - poi individuiamo con voi le formule e i tempi migliori - di promuovere gli investimenti esteri in Italia. Questo contributo potrà essere realizzato nella formula che tu hai descritto (50 milioni per ogni nuovo addetto). Non ci preoccupa la Rhóne Alpes, perché tu giustamente hai detto con molta proprietà che queste sono delle Regioni marginali d'Europa; la nostra competitività deve essere con il Baden-Wuttenberg, con la Baviera, con le grandi Regioni del sud d'Inghilterra, con la Regione olandese. Si tratta di mobilitare alcune possibilità nella nostra Regione, altrimenti non so come si possa invertire questa linea di tendenza che dura ormai da parecchi anni.
Vorrei parlare anche di un'altra iniziativa, signor Presidente: i parchi tecnologici. Non vorrei che i parchi tecnologici fossero una delle tante margherite che fioriscono in questa o quella parte del Piemonte.
Siamo contenti che la Fondazione Agnelli, con Tecnocity, ci abbia magnificato per anni, che questa fosse una delle Regioni forti d'Europa per via del sistema Olivetti, come del sistema FIAT; vorremmo però che il parco tecnologico facesse sì che i pochi ma robusti progetti confluissero laddove la ricerca si sposa con l'industria ed è capace di suscitare una massa critica sufficientemente forte da vincere l'inerzia e la resistenza di partenza.
Ritornando al discorso sulla promozione degli investimenti esteri voglio ricordare solo due cose, Consigliere Marchini. Nell'ultimo decennio si è passati da una media di 59 impianti all'anno (1980/84) ad una media di 15 (1985/ 89); negli ultimi cinque anni in Piemonte sono stati realizzati 10 impianti superiori ai 5.000 metri quadrati e 3 negli ultimi due anni.
Queste considerazioni non possono esulare dal problema dell'esodo della popolazione, dal problema giustamente ricordato stamane della ricerca; noi abbiamo bisogno di 6.000 laureati all'anno e il sistema universitario piemontese ne fornisce poco più di 4.000: allora il discorso diventa una questione settentrionale, una questione piemontese, per cui, al di là di quanto si disse sull'accordo di programma, dobbiamo essere molto chiari.
Credo che il documento della Giunta abbia recepito molto bene il problema, perché le penalizzazioni sul costo del denaro, sul costo dell'energia, sul costo del lavoro, sulle relazioni industriali, non fanno decollare il nostro sistema.
Vorrei aggiungere ancora alcune cose per quanto concerne il problema di Chivasso. Signor Presidente, da parte di questo pubblico abbiamo una lezione di grande civiltà. Non è una ruffianeria, ma se noi avessimo una possibilità di spendere qualche cosa, dovremmo spenderla per questi signori presenti in aula a causa di altre situazioni verificatesi in questa sala dell'irrazionalità di certi comportamenti e della virulenza di certe prese di posizione. Noi sentiamo nel loro silenzio quanto sia forte l'esigenza di avere una garanzia per il futuro, per cui se esiste una possibilità, al di là del Consorzio e al di là di quanto detto dal Consigliere Marengo, anche questa deve giocare a loro favore e deve giocare sulla nostra sensibilità e attenzione.
Chivasso oggi ha conosciuto il problema Lancia; il Chivassese ha conosciuto la contrazione degli organici dell'Olivetti, ha conosciuto o sta conoscendo la smobilitazione morbida della Bull di Caluso, conosce gli effetti certamente inquietanti nella Pininfarina. L'ho già detto in Commissione: in questa situazione perdono perfino significato gli insediamenti scolastici che là esistono. Che cosa significhi oggi l'ITIS di Chivasso non lo so; che cosa significhi oggi il Centro di Formazione Professionale a Castelrosso e Saluggia mi sfugge. L'insediamento Lancia nel passato ha prodotto la scomparsa della microimprenditorialità locale; oggi occorre ricreare le condizioni perché questa possa rinascere e risorgere.
Raccogliendo le sollecitazioni venute dal Consigliere Tapparo e altri credo che un centro di formazione imprenditoriale possa essere un'occasione perla formazione di microimprenditorialità, che non deve essere solamente a favore dell'industria, ma anche a favore dei servizi e dell'agricoltura coinvolgendo l'Università e il Politecnico.
Ma - domandiamoci, Presidente - perché mai in questa nostra città, in questa nostra regione, certi soggetti importantissimi non si sentono mai chiamati in causa? Parlo delle banche, della Camera di Commercio: come mai queste si sentono fuori dal coro, come mai non si sentono coinvolte in un discorso, in un progetto che non può essere solamente limitato ad alcuni soggetti, ma è complessivo? E allora, quando parliamo di centro di formazione imprenditoriale, coinvolgiamo i soggetti storici di questo processo! Il Consigliere Marchini ha richiamato giustamente l'Università, il Politecnico, il Centro di Formazione Aziendale, l'Isvor FIAT, l'Elea dell'Olivetti; su questo si deve creare un tessuto connettivo di un minimo di respiro, non sono gli ammortizzatori sociali che ci possono dare garanzia per un futuro, è questa prospettiva a lungo termine di una formazione - che non può più essere quella storica del passato, ripetitiva e aggiuntiva, ma deve essere nuova - che può dare un minimo di sviluppo a questa gente.
I finanziamenti potrebbero venire dal Fondo Sociale Europeo, dai fondi CEE per progetti speciali; la sede potrebbe essere localizzata dentro la Lancia o anche al di fuori della Lancia. Con questo centro di formazione imprenditoriale, la stessa scuola istituzionale dovrebbe cambiare registro dovrebbe effettivamente adeguare la domanda formativa alle nuove esigenze di un mercato del lavoro. Nuove specializzazioni, nuovi iter scolastici dovrebbero essere chiamati in causa. E allora qui il problema è della scuola, il problema è di non suonare a canne d'organo separate.
E poi c'è un altro problema: i lavoratori di nuove aziende. Più volte abbiamo detto, qui come a Chivasso, che la Lancia, in questo momento di crisi, di emergenza, può anche essere un'occasione di grande sviluppo tecnologico. Non so e non voglio parlare sulla localizzazione di questo incubatore (o incubator), però questo dovrebbe creare le condizioni per un habitat ideale perle giovani aziende, le quali potrebbero avviare lì, con servizi, con strutture, con assistenza allo start-up, con spazi relegati alle loro funzioni, le proprie attività imprenditoriali. A tal fine potrebbe anche essere coinvolto il Comitato Interministeriale per l'imprenditoria giovanile. Comunque io credo che queste cose siano difficili da gestire nella misura così razionale o irrazionale come tante volte noi le veniamo ad esporre, però certamente sono delle occasioni, sono delle opportunità, sono delle provocazioni. E le provocazioni vengono dal fatto che l'intelligenza della Giunta riesca a dare concretezza a questo accordo di programma e riesca a fare della Lancia un polo logistico che non sia solamente la controparte più o meno seducente di Melfi, ma un centro tecnologico per lo sviluppo dell'intero centro industriale torinese.
Queste cose sono presenti alla Giunta e lo dimostra il fatto che ha presentato un documento articolato che è stata poi la risposta che il Consiglio si attendeva perché quando ci siamo riuniti in Commissione e in conferenza dei Capigruppo abbiamo detto: primo, che la risposta non poteva essere calendarizzata all'infinto; secondo, che il rispetto nei confronti dei cittadini che sono qui presenti deve essere tale per cui in termini ravvicinati l'Assessore Cerchio, l'Assessore Vetrino e il Presidente avrebbero dovuto dare delle risposte sui seguenti punti: la verifica dell'accordo di programma; il problema delle infrastrutture di Chivasso connesso anche al percorso preferenziale per il nuovo piano regolatore; il problema dell'occupazione dei, lavoratori delle mense e dei servizi.
Abbiamo delegato la Giunta perché svolgesse una relazione e mi pare che l'Assessore Vetrino l'abbia fatta puntualmente. Questo perché c'è una credibilità, collega Giuliano, di questa Giunta che forse discuterà moltissimo perché noi la sollecitiamo a discutere, ma che a sua volta pretende anche dal Consiglio non tanto il dogma quanto la creatività delle risposte o delle proposte; non tanto la propaganda quanto la valutazione di alcuni progetti o la fattibilità degli stessi; non tanto i teoremi politici di questa o quella parte del Consiglio quanto fatti concreti sui quali so possono dare delle risposte e sui quali mi pare la Giunta non si sia mai sottratta nel darle.



PRESIDENZA DEL PRESIDENTE SPAGNUOLO



PRESIDENTE

Non essendovi altre richieste di parola, faccio il punto della situazione per valutare come procedere.
Sono pervenuti alla Presidenza i seguenti documenti: (ordine del giorno n. 419 presentato dai Consiglieri Chiezzi e Maggiorotti; l'ordine del giorno n. 422 presentato dal Gruppo PCI-PDS infine l'ordine del giorno illustrato dall'Assessore Vetrino. Su questo documento il Presidente della Giunta intende proporre un'aggiunta finale.
La parola al Presidente della Giunta per illustrare questa integrazione.



BRIZIO Gian Paolo, Presidente della Giunta regionale

Si tratta di un'aggiunta significativa alla parte che riguarda il problema delle mense. L'aggiunta alla parte finale del testo è la seguente: "in questo senso la Giunta si attiverà verso il Governo e i Gruppi parlamentari per richiedere l'emanazione urgente entro il 31 luglio di appositi decreti legge integrativi".
Dall'analisi che abbiamo fatto, senza questo decreto legge è difficile che possiamo portare avanti concretamente il problema. Certamente non siamo noi che emettiamo il decreto, ma come è già stato ricordato dal Consigliere Tapparo si è riusciti altre volte a ottenere delle modifiche legislative.
Noi ci attiveremo sensibilizzando in questo senso sia il Presidente del Consiglio ed i Ministri sia i Gruppi parlamentari che sono poi quelli che dovrebbero approvare il provvedimento.
Deve essere ben chiaro che sia per quanto riguarda questo problema sia per quanto riguarda l'accordo di programma noi abbiamo già inviato una richiesta al nuovo Governo a seguito dell'incontro di giovedì scorso tra i Presidenti delle Regioni ed il Presidente del Consiglio e il Ministro Costa. Copia di questo documento è stata tra l'altro trasmessa ai Gruppi stamane e quindi dovrebbe essere a conoscenza di tutto il Consiglio. In quella occasione ho ribadito la richiesta del Piemonte, vedremo di portarla avanti con molta determinazione.
Non sto a fare una replica che sarebbe fuori luogo visti i suggerimenti che sono venuti. Voglio assicurare però che su questa questione; come su tutti i problemi che abbiamo portato avanti, il Piemonte sta muovendosi con molta determinazione e con molto impegno e speriamo di poter raggiungere anche su questo terreno, con l'apporto dei colleghi Vetrino e Cerchio, i risultati più positivi possibili.



PRESIDENTE

Ha chiesto la parola, per una questione procedurale, il Consigliere Monticelli; ne ha facoltà.



MONTICELLI Antonio

A nostro avviso ci sono due problemi: uno è formale, secondario se vogliamo, però mi sembra inusitato, strano, che il Presidente della Giunta presenti un proprio ordine del giorno al voto del Consiglio nel cui testo c'è scritto che il Consiglio impegna o invitala Giunta. Io credo che la formula più corretta sia quella che i Gruppi eventualmente assumano il contenuto del documento e lo presentino in quanto Gruppi al voto del Consiglio.
Questo per quanto riguarda l'aspetto formale.
Per un aspetto più sostanziale, ma sempre relativo alla procedura, io credo sia utile un breve incontro dei Capigruppo,per valutare se partendo dai due testi già presentati e da questo documento sia possibile arrivare o meno ad un testo comune, eventualmente con integrazioni, da portare poi al voto del Consiglio.



PRESIDENTE

Ritengo sia possibile accogliere la proposta avanzata dal Capogruppo Monticelli di interrompere brevemente i lavori per esaurirli subito dopo con celerità dato che l'argomento è già stato sufficientemente approfondito, per cui le linee di intesa o meno possono trovarsi rapidamente. Devo tra l'altro preannuciare che è in arrivo un altro documento sulla materia da parte del Gruppo verde.
La seduta è pertanto sospesa.



(La seduta, sospesa alle ore 13.00, riprende alle ore 13.25)



PRESIDENTE

La seduta riprende.
Riepilogo brevemente la situazione. L'ordine del giorno n. 419 dei Consiglieri Chiezzi e Maggiorotti viene mantenuto; invece l'ordine del giorno n. 422 presentato dal Gruppo PCI-PDS viene ritirato.
L'ordine del giorno, n. 423 - che corrisponde al documento n. 3 presentato precedentemente - porta le firme dei Consiglieri Picchioni Fiumara, Monticelli, Ferrara, Marchini. Vi sono alcune integrazioni che chiederemo alla Vicepresidente Vetrino di illustrare.
Infine, mi è pervenuto un quarto ordine del giorno, n. 424, presentato dai Consiglieri Giuliano, Segre e Miglio, per il quale vi è la richiesta di votazione per parti separate.
Ha chiesto la parola il Consigliere Segre. Ne ha facoltà.



SEGRE Anna

La parte sulla quale chiediamo la votazione separata è quella che caratterizza il discorso dei Verdi a questo proposito, dove si dice, nel penultimo comma: "a promuovere un tavolo di confronto con FIAT, lavoratori Sindacati e Amministrazioni locali interessate, per verificare la possibilità di insediamento nel polo chivassese di lavorazioni aggiuntive a basso impatto ambientale, a cominciare da impianti di riciclaggio delle auto, in sintonia con l'obiettivo del ciclo chiuso."



PRESIDENTE

La parola al Vicepresidente della Giunta, Vetrino.



VETRINO Bianca, Vicepresidente della Giunta regionale

Ci terrei a ribadire che la comunicazione della Giunta questa mattina è stata presentata come il verbale della seduta che abbiamo svolto la settimana scorsa e che ha visto il contributo di tante forze e persone che hanno portato le loro soluzioni rispetto ai gravosi problemi che abbiamo di fronte.
L'ordine del giorno che è stato sottoscritto da alcuni Consiglieri e Capigruppo di questo Consiglio raccoglie in larga parte la comunicazione della Giunta, ma altresì in larghissima parte altri documenti che su questo stesso argomento sono stati presentati questa mattina ed ancora adesso dai Consiglieri Verdi, rispetto al cui ordine del giorno devo dire che per 4/5 è ampiamente ricompreso e circostanziato da questo documento definitivo.
Sostanzialmente - ripeto - tutte le osservazioni fatte sono state raccolte.
In particolare, i Capigruppo hanno incentrato la loro attenzione sugli aspetti che attengono, e su questi aspetti sono stati apportati contributi ed emendamenti, il problema grave della situazione dei dipendenti delle mense e delle imprese di pulizia che, per effetto del provvedimento generale, si trovano nella condizione di dover subire, come sembra, la rottura del proprio contratto di lavoro. A questo proposito, quindi abbiamo chiarito molto bene, nella richiesta che la Giunta deve fare al Governo, oltre ad un'altra serie di richieste, quella di definire un provvedimento speciale per i dipendenti delle mense aziendali indirettamente colpite dal provvedimento di chiusura dello stabilimento. Si tratta di un provvedimento indispensabile perché a seguito di approfondimenti tecnici in materia, condotti dall'Assessore Cerchio e dal suo Assessorato, è stata evidenziata la necessità, per rendere possibile la gestione della fase di transizione, di procedere a delle integrazioni legislative dell'art. 12 della legge 223/91, relativa alle imprese di pulizia, e dell'art. 23 della legge 155, relativa alle mense, nel senso che mense ed appalti come appendici dell'insediamento principale debbano seguire il destino anche rispetto alla prevista ristrutturazione costruendo così un ponte retributivo per i lavoratori verso le nuove ed auspicate collocazioni.
Nel documento c'è appunto scritto che in questo senso la Giunta si attiverà verso il Governo e i Gruppi parlamentari per richiedere l'emanazione urgente entro il 31 luglio di apposito decreto legge integrativo. La richiesta che ha fatto il Presidente nella sua breve replica alla fine del dibattito è stata ripresa pari pari in questo documento che è stato presentato con le firme di alcuni Capigruppo del Consiglio regionale.
Diversamente - ripeto - il documento ripropone tutti gli altri temi ed inviti che abbiamo distinto in quelle che sono le competenze regionali, le competenze governative, quindi il richiamo al Governo, e da ultimo una forte, grandissima attenzione più in particolare sui progetti che dal caso specifico di Chivasso derivano, quindi vigilanza sull'accordo sindacale firmato il 2 luglio, attenzione particolare a questi lavoratori delle mense e delle imprese di pulizia ed un richiamo forte alla Giunta sulla gestione della riconversione industriale che si andrà ad attuare in questo polo nuovo di Chivasso.



PRESIDENTE

Passiamo ora all'esame dell'ordine del giorno a firma dei Consiglieri Chiezzi e Maggiorotti. La parola al Consigliere Chiezzi per l'illustrazione.



CHIEZZI Giuseppe

Grazie, Presidente. Colleghe e colleghi, con licenza del collega Marchini che ha dichiarato in quest'aula che il sottoscritto non ha alcun diritto di parlare di alcune questioni, ad esempio del modello di sviluppo in Piemonte, "ah democrazia, democrazia, com'è difficile frequentarti" voce a cui si sono associate altre voci, mi dispiace in particolare per quella del collega Picchioni, capisce Presidente che la ringrazio dei cinque minuti che, a norma di Regolamento, finché dura questo Regolamento un comunista dichiarato può utilizzare per parlare in quest'aula.
Parlo per dire ai colleghi che manteniamo il nostro ordine del giorno per due motivi. Il principale è quello relativo al tentativo di dare la più ampia garanzia ai lavoratori e alle lavoratrici rimaste fuori dall'accordo Lancia-Sindacati, che si faccia tutto il possibile per dare innanzitutto la garanzia che in Piemonte c'è un'istituzione che su questo problema si fa carico di tutto, che non delega ad altri, che prende in mano la situazione per risolverla.
Nell'ordine del giorno che noi proponiamo, che non è sostitutivo delle cose scritte nel documento presentato dalla Giunta, ma che è aggiuntivo richiediamo con precisione, in modo che i lavoratori abbiano un interlocutore che deve rispettare gli impegni presi, che la Regione promuova la costituzione di questo Consorzio. Non è un fatto formale, per noi è un fatto sostanziale perché vuol dire che la Regione assume un impegno di cui deve poi rendere conto ai lavoratori.
Allora, accanto agli inviti contenuti nell'ordine del giorno proposto noi chiediamo un impegno, non un invito, alla Giunta a promuovere questo Consorzio.
Cosa vuol dire questo? Vuol dire che la Giunta regionale fissa una riunione nella quale convoca la FIAT e le imprese che la FIAT porterà ammesso che queste dieci ditte fantomatiche siano una realtà - e proporre la Costituzione di un Consorzio che è lo strumento che rende possibile il passaggio dalla cassa integrazione all'attività sull'area di reindustrializzazione di Chivasso.
Colleghi, abbiamo fatto tante parole: "Si reindustrializza Chivasso, la FIAT conosce le imprese disponibili". Intanto questi lavoratori sono a casa. Chiediamo questo impegno preciso della Regione. Impegnatevi! Non capisco perché non assumiate questo impegno di promuovere lo strumento principe per l'assunzione di questi dipendenti.
Rifiutare è un segno di debolezza. Dato che i Comunisti con i lavoratori vogliono starci fino in fondo, chiediamo che il nostro ordine del giorno venga votato anche per la proposta di costituire il Comitato di crisi. Perché c'è un giudizio, come Rifondazione Comunista, di insufficienza dell'azione della Giunta in questi anni e in questa vicenda in particolare. Chiedo quindi che, di fronte a un fatto così eccezionale si istituisca un Comitato di crisi con i parlamentari, i Consiglieri regionali, provinciali e comunali interessati, che segua passo passo la vertenza Lancia, che purtroppo non si capisce come finirà, in modo da garantire che gli impegni sottoscritti vengano attuati. Il Comitato di crisi è la risposta eccezionale ad una situazione di estrema gravità.
Queste due proposte non sono contenute nell'ordine del giorno della Giunta, sono contenute altre cose, a mio avviso, non sufficienti rispetto alla gravità del problema.
Sono questi i motivi per cui manteniamo e chiediamo che sia messo in votazione l'ordine del giorno a firma mia e del collega Maggiorotti.



PRESIDENTE

Ha chiesto di intervenire per dichiarazione di voto il Consigliere Bodrero. Ne ha facoltà.



BODRERO Antonio

Mi asterrò perché, anche se ci fosse qualche punto positivo, è tutto da discutere in questo ordine del giorno. Non è stata chiesta la nostra firma.
Intanto non sono accettate le cause e i rimedi. Abbiamo già detto che la rapina fiscale, i soldi che vengono portati via, rubati per iniziative estremamente discutibili e il sindacalismo statalista sono le due cause principali della rovina del Piemonte. Questo punto di vista non è stato accettato. Vengono proposti palliativi estremamente discutibili, perché è chiaro che se un'economia è in rovina, immaginatevi un po' se la Regione Piemonte può garantire a tutti la cassa integrazione e il lavoro in una situazione di questo genere. In linea di massima dovrebbe farlo, ma in una situazione positiva, non con 1.500.000 miliardi di debito pubblico.
Questa situazione è stata creata dalla rapina del Nord a vantaggio di un Sud, che non era il vero Sud, ma era la mafia, in pratica, e dal sindacalismo statalista che credeva di risolvere i problemi sindacali con il sistema staliniano, cioè statalizzando, con i risultati che sono sotto gli occhi di tutti. Quindi, per generosità, per misericordia, non voto contro, ma mi astengo.



PRESIDENTE

Pongo in votazione (ordine del giorno n. 419 presentato dai Consiglieri Chiezzi e Maggiorotti, il cui testo recita: "Il Consiglio regionale del Piemonte, considerato che i Consiglieri provinciali e comunali ed i Parlamentari piemontesi sono convenuti in Torino a Palazzo Lascaris il 7 luglio 1992, per esaminare la vicenda della Lancia di Chivasso, i processi di ristrutturazione del Gruppo Fiat e la crisi industriale nella Regione visto che sono emersi i seguenti orientamenti: 1, la crisi industriale, che colpisce oggi severamente l'occupazione e mette a rischio la struttura produttiva del Piemonte, deve essere affrontata dallo Stato e dagli enti locali con una politica incisiva di conversione e riorganizzazione produttiva, che insieme accresca la competitività dell'industria regionale, garantisca i livelli di occupazione, salvaguardi e promuova l'ambiente. I trasferimenti finanziari dallo Stato alle imprese devono essere coordinati e finalizzati a questi scopi, secondo un Accordo di Programma.
2. I processi di ristrutturazione del Gruppo Fiat, in particolare nel settore auto, devono garantire il mantenimento complessivo dei livelli occupazionali, e non ridurre l'impegno del Gruppo nelle attività produttive regionali. Gli investimenti del Gruppo Fiat nel Mezzogiorno, sostenuti come accade, dall'intervento pubblico devono avere un carattere aggiuntivo e non ridursi ad un mero trasferimento di attività produttive dal Nord al Sud.
3. E' compito della Regione controllare che il riassorbimento dei lavoratori della lancia, che andranno in cassa integrazione (impiegati e operai), e lo sviluppo di attività produttive nell'area di Chivasso, vadano a buon fine secondo i contenuti dell'accordo tra Fiat e Sindacati. La Regione Piemonte opererà in tal senso con gli strumenti e le risorse disponibili.
4. E' necessario garantire l'occupazione e il salario dei lavoratori degli appalti, sino ad oggi occupati alla Lancia di Chivasso. Ciò pu essere fatto da un lato intrecciando ammortizzatori sociali che, nelle forme più diverse parifichino i lavoratori degli appalti ai lavoratori metalmeccanici in cassa integrazione con processi di mobilità verso il pubblico impiego; dall'altro continuando a garantire i posti di lavoro nel settore delle mense e delle pulizie attraverso la costituzione di un apposito consorzio promosso dalla Regione Piemonte ed al quale si associno la Fiat e le altre imprese che si ubicheranno nel Polo Chivassese.
5. I parlamentari piemontesi si sono assunti l'impegno di agire sul versante legislativo affinché sia garantito il diritto alla pensione, nella sua integrità ai lavoratori delle aziende in crisi. Decide di costituire un Comitato di crisi con la partecipazione della Regione, della Provincia, dei Comuni interessati e dei parlamentari con il compito di seguire l'andamento della crisi e dei processi di ristrutturazione al fine di garantire il rispetto dei criteri sopra indicati.
Impegna la Giunta A richiedere al Governo ed a rendere pubblico l'elenco completo dei finanziamenti, dei trasferimenti e delle agevolazioni attuate, a vario titolo, da parte dello Stato italiano nei confronti della Fiat e delle aziende da essa controllate.
A promuovere la formazione di un consorzio cui partecipino la Fiat e le altre aziende che si localizzeranno nel Polo Chivassese, che consenta la garanzia del lavoro e del reddito alle lavoratrici e lavoratori delle imprese e degli appalti." Chi è favorevole è pregato di alzare la mano. E' respinto con 6 voti favorevoli, 20 contrari, 10 astenuti.
Pongo ora in votazione l'ordine del giorno n. 423 presentato dai Consiglieri Picchioni, Fiumara, Monticelli, Ferrara, Marchini, il cui testo recita: "Il Consiglio regionale del Piemonte, premesso che il dibattito consiliare svoltosi il 7 luglio u.s, ha evidenziato che il caso Chivasso oltre alle gravi e preoccupanti ripercussioni determinate sul sistema occupazionale della nostra Regione, che coinvolge tutti i lavoratori dello stabilimento Lancia e altresì il personale dei servizi indotti (mense e imprese di pulizia), è di per sé emblematico di un processo di deindustrializzazione, che sta interessando il Piemonte, anche per l'assottigliarsi nella regione del sistema della grande impresa, che spostando altrove parte della domanda provocherà automaticamente il trasferimento di forti volumi di indotto, premesso che tale processo di trasformazione dovrà comportare (non essendo pensabile che il Piemonte possa rinunciare alla sua prerogativa industriale) un poderoso processo di reindustrializzazzione i cui protagonisti dovranno essere i grandi gruppi e più che in passato le piccole e medie imprese premesso quindi che tale situazione comporta l'esigenza di una più articolata ed efficace politica industriale, nella quale il Governo centrale dovrà guardare al Piemonte in modo diverso dal passato, con la convinzione che considerare i problemi del Piemonte significa considerare i problemi di una regione centrale ad un'area europea strategica, che non pu essere penalizzata rispetto ad altre aree o Regioni del paese; invita la Giunta ad utilizzare al massimo la competenza, in tema di politica industriale, per creare, pur nei limiti di una materia né trasferita n delegata, le condizioni atte a rendere più competitivo il sistema delle imprese locali, promuovendo la qualità e l'innovazione attraverso la diffusione delle tecnologie, la disponibilità delle strutture l'organizzazione di un sistema capace di far dialogare le imprese con il mondo della ricerca e della scuola, ovvero la domanda con l'offerta di tecnologia e velocizzando quindi l'istituzione del parco Tecnologico del lago Maggiore, la realizzazione del progetto Tecnorete Piemonte l'istituzione dell'Agenzia per l'Innovazione, vero e proprio punto di riferimento regionale per iniziative di diffusione delle nuove tecnologie onde rendere disponibili al sistema delle imprese locali le conoscenze scientifiche presenti nei numerosi centri di ricerca piemontesi nell'Università e nel Politecnico al fine di incentivare l'incremento del tasso di innovazione nei processi e nei prodotti della piccola e media impresa regionale. Inoltre la gestione del Regolamento comunitario 2052 e di tutti gli ormai numerosi progetti europei finanziati per il Piemonte dovranno ispirarsi a questo stesso criterio, nell'ambito altresì di un indispensabile coordinamento interassessorile. Inoltre, sempre in riferimento al Rego-lamento, va ribadita al Ministro dell'Industria la necessità di un finanziamento esclusivamente nazionale oltre al già previsto finanziamento integrativo governativo e ciò nello stesso spirito del disegno di legge regionale in itinere, d'iniziativa della Giunta, che definisce un fondo straordinario speciale peri progetti comunitari a vigilare affinché gli importanti impegni assunti dalla Fiat Auto, in materia di garanzie del posto di lavoro, vengano puntualmente mantenuti pur sottolineando come, molto provvidamente, le parti nell'accordo del 2 7/92 abbiano previsto verifiche preparate dall'attività di commissioni formate dalle parti contraenti stesse. Un ruolo incisivo della Regione in siffatta materia non vuole assolutamente sovrapporsi a quanto già previsto dalle parti nella loro autonomia contrattuale, ma unicamente contribuire all'attuazione delle intese in un quadro di previsioni, condizioni interventi che riguardino, a livello nazionale e locale, le strategie con cui affrontare la futura fase di trasformazione del settore automobilistico. In particolare per le parti riguardanti la costituzione del centro tecnologico industriale di Chivasso, si richiede di assumere un ruolo di guida anche in relazione alle competenze di pianificazione territoriale e urbanistica proprie della Regione, nella considerazione che l'investimento previsto può anche essere una grande occasione, se essa sarà non soltanto un polo logistico speculare a quello previsto a Melfi, e non sarà dedicato esclusivamente all'indotto, ma sarà un centro in grado di offrire condizioni insediative quale polo di attrazione di nuove iniziative in termini concorrenziali rispetto alle regioni vicine. L'occasione di un progetto per detta area deve essere altresì un'occasione per una verifica delle infrastrutture di servizio già previste o in previsione per il Chivassese. Si richiede quindi un coordinamento degli enti locali interessati, della Provincia, del Comune di Chivasso e dei Comuni limitrofi, nella considerazione che ogni decisione sul territorio oggetto del nuovo investimento non potrà che scaturire da un accordo programmatico che garantisca la ripresa produttiva, l'occupazione ed una razionalizzazione territoriale globale.
Invita altresì la Giunta a richiedere al Governo: 1, di fornire un censimento di tutti gli interventi pubblici e privati e dei relativi finanziamenti che hanno riguardato le imprese industriali del Piemonte dal 1980 ad oggi oche si prevede possano riguardare il Piemonte, così come precisato dal Ministro Costa in sede di dibattito consiliare 2, di definire un provvedimento speciale per i dipendenti delle mense aziendali indirettamente colpite dal provvedimento di chiusura dello stabilimento Lancia, in quanto gli approfondimenti tecnici in materia condotti dall'Assessorato al lavoro, evidenziano la necessità - per rendere possibile la gestione della fase di transizione, revocare i licenziamenti e permettere la copertura salariale dei lavoratori - di procedere all'integrazione legislativa dell'art. 12 della Legge n.223/91(perle imprese di pulizia) e dell'art.23 della Legge n. 155/81 (mense) nel senso che mense ed appalti, come appendici dell'insediamento principale, debbano seguirne il destino anche rispetto alla prevista ristrutturazione costruendo così un ponte retributivo per i lavoratori verso le nuove auspicate collocazioni. In questo senso la Giunta si attiverà verso il Governo ed i Gruppi parlamentari per richiedere l'emanazione urgente, entro il 31 luglio, di appositi decreti legge integrativi, e ciò in attesa che nell'ambito del costituendo polo possano e debbano ritrovare o mantenere l'occupazione i lavoratori delle mense e delle imprese di pulizia già convenzionate con FiatAuto, i cui datori di lavoro dovranno, per le essenziali funzioni che svolgono, riconvensionarsi con il Consorzio delle aziende di produzione e di servizio che si rilocalizzeranno nell'area 3, di provvedere al rifinanziamento della Legge n. 317191 e della Legge n. 46 / 90, con particolare attenzione normativa per le aziende interessate all'insediamento nelle aree di reindustrializzazione come indicato dal Ministro dell'Industria nel suo recente intervento in Parlamento; 4, di proseguire i rapporti con tutte le parti interessate, tesi al raggiungimento dell'accordo di programma nazionale per un nuovo processo di sviluppo e di industrializzazione del Piemonte.
Il Consiglio regionale invita altresì la Giunta: 1, a riferire periodicamente sulla situazione in generale e in particolare sugli aspetti che attengono specificatamente alla competenza regionale 2, a svolgere, in rapporto all'integrale realizzazione dell'accordo del 2 / 7 / 92, incontri fra le parti interessate coinvolgendo gli enti locali Chivassesi, il Comune e la Provincia di Torino 3, ad avviare con i parlamentari piemontesi un rapporto teso al coinvolgimento e alla ricerca degli interventi generali e specifici che si renderanno necessari per affrontare la crisi di Torino e dell'area metropolitana torinese:" Chi è favorevole è pregato di alzare la mano.
E' approvato con 33 voti favorevoli e 4 astenuti.
Prima di porre in votazione l'ordine del giorno n. 424 presentato dal Gruppo Verde, ha chiesto la parola per un chiarimento la Consigliera Segre.



SEGRE Anna

Gli aspetti che stanno particolarmente a cuore al Gruppo dei Verdi sono effettivamente due. Oltre a quello che avevo già illustrato nel mio precedente intervento, si aggiunge (ultimo punto della premessa del nostro documento in cui si dice: "Vista l'opportunità di avviare nell'area un concreto programma di riciclaggio del parco auto da rottamare con la partecipazione di numerosi lavoratori e l'applicazione del knowhow messo a punto a livello sperimentale dall'azienda automobilistica torinese".
Quindi, chi ha già votato l'altro ordine del giorno mi ha chiesto di votare per parti separate anche questo punto, oltre a quello che avevamo già annunciato prima.
Sottolineo che richiedo la votazione per parti separate dopo che abbiamo comunque dato il voto all'ordine del giorno della maggioranza perché noi a questo punto ci teniamo in particolar modo.



PRESIDENTE

Ha chiesto la parola il Consigliere Marino per dichiarazione di voto.
Ne ha facoltà.



MARINO Massimo

Il problema di fondo è se questi ordini del giorno abbiano una credibilità tale che portino ad un seguito di fatti concreti. All'interno di questo discorso chiederei che qualcuno della maggioranza intervenisse spiegando il motivo per il quale non è disponibile a votare l'impegno che il Gruppo dei Verdi ha proposto come una delle possibilità di sviluppo di quell'area.
Si impegna la Giunta a promuovere un tavolo di confronto senza specificare neanche quale sia il tavolo. Potrei anche suggerirne uno che già esiste all'interno delle iniziative del Consiglio regionale (forse si intendeva quello).
Mi sembra quasi doveroso che si spieghi perché non si è d'accordo a un impegno della Giunta di questo tipo. Detto questo, sono favorevole e pertanto lo voterò.



PRESIDENTE

Pongo in votazione la prima parte dell'ordine del giorno, il cui testo recita: "Il Consiglio regionale del Piemonte, considerato l'ampio dibattito sulla vicenda della Lancia di Chivasso e sui processi di ristrutturazione del Gruppo Fiat e la crisi industriale del Piemonte, svoltosi a Palazzo Lascaris il 7 e 14 luglio 1992, con ampia partecipazione dei rappresentanti istituzionali piemontesi e delle categorie interessate; vista la necessità prioritaria di garantire l'occupazione e il salario dei lavoratori degli appalti sino ad oggi occupati per l'indotto Lancia la necessità di svolgere un'azione di controllo sull'effettiva applicazione dell'accordo tra Fiat e Sindacati che garantisca il riassorbimento dei lavoratori della Lancia che andranno in CIG, e lo sviluppo di attività nell'area di Chivasso di lavora-zioni aggiuntive a basso impatto ambientale; Impegna la Giunta a sollecitare la riapertura della trattativa tra Fiat e Sindacati con il coinvolgimento del Comune di Chivasso e della Regione Piemonte, per garantire con azioni di ricollocazione e mobilità, reddito e posto di lavoro alle lavoratrici e ai lavoratori delle imprese di pulizia e delle mense o, in subordine, l'accesso agli ammortizzatori sociali ad attivarsi presso il Governo affinché sia garantito il rispetto dell'accordo sottoscritto tra l'azienda e le 00. SS, per quanto attiene le garanzie occupazionali dei lavoratori della Lancia di Chivasso a riferire in Consiglio regionale sullo stato di attuazione degli impegni sopra definiti." Chi è favorevole è pregato di alzare la mano.
La prima parte è approvata con 32 voti favorevoli e 1 astenuto.
Pongo in votazione la seconda parte dell'ordine del giorno il cui testo recita: "vista: l'opportunità di avviare nell'area un concreto programma di riciclaggio del parco auto da rottamare con la partecipazione di numerosi lavoratori e l'applicazione del Know-how messo a punto a livello sperimentale dall'azienda automobilistica torinese Impegna la Giunta a promuovere un tavolo di confronto con la Fiat, lavoratori sindacati e Amministrazioni locali interessate, per verificare la possibilità d'insediamento del polo Chivassese di lavorazioni aggiuntive a basso impatto ambientale, a cominciare da impianti di riciclaggio delle auto in sintonia con l'obiettivo del ciclo chiuso." Chi è favorevole alla seconda parte dell'ordine del giorno è pregato di alzare la mano.
E' respinta con 15 voti favorevoli e 20 astensioni.
Prima di concludere questo punto credo, a nome del Consiglio regionale di dovere ringraziare i nostri ospiti, che ci hanno dato un esempio di come si può seguire il Consiglio, ascoltando le discussioni e lasciandoci lavorare bene. Grazie davvero, e ci auguriamo che i problemi affrontati possano essere risolti.


Argomento:

Annunzio interrogazioni, interpellanze, mozioni e ordini del giorno


PRESIDENTE

I testi delle interrogazioni, interpellanze, mozioni e ordini del giorno pervenute all'Ufficio di Presidenza del Consiglio regionale verranno allegati al processo verbale dell'adunanza in corso.
La seduta è tolta.
(La seduta ha termine alle ore 13,50)



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