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Dettaglio seduta n.155 del 02/06/92 - Legislatura n. V - Sedute dal 6 maggio 1990 al 22 aprile 1995

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Argomento:


PRESIDENZA DEL PRESIDENTE SPAGNUOLO



PRESIDENTE

La seduta è aperta.
In merito al punto 2) all'o.d.g.: "Interrogazioni ed interpellanze" esaminiamo l'interpellanza n. 846 presentata dai Consiglieri Farassino Rabellino e Vaglio.
Risponde l'Assessore Maccari.



MACCARI Eugenio, Assessore regionale

Il Convegno "Trapianti di organi e tessuti -Attualità e prospettive" deve essere inquadrato nell'ambito delle molteplici iniziative attivate dall'Assessorato regionale alla sanità, spesso in collaborazione con altri enti o associazioni, per l'aggiornamento degli operatori sanitari e per la sensibilizzazione della popolazione sull'importanza dei prelievi di organi da cadavere a scopo di trapianto terapeutico.
Dette iniziative mirano a promuovere un maggior consenso ai prelievi di organi e tessuti, al fine di poter realizzare in Piemonte - dove esistono operatori qualificati e strutture adeguate - un numero di trapianti sufficiente a far fronte al fabbisogno regionale.
Il Convegno del 16 novembre u.s. è stato organizzato dall'Assessorato regionale alla sanità insieme con il Centro Pannunzio del Piemonte ed era rivolto prioritariamente all'informazione e sensibilizzazione degli iscritti al Centro stesso.
Di conseguenza, orario e durata sono stati adeguati alle consuetudini del Centro Pannunzio. Si deve precisare che, a parte il saluto iniziale dei due rappresentanti degli enti promotori, i relatori, come previsto nel programma, erano soltanto tre, che con brevi ma chiari interventi hanno presentato il fabbisogno, gli attuali risultati e le prospettive dei trapianti; quindi sono rimasti a disposizione per fornire chiarimenti fino ad esaurimento delle domande del pubblico.
Il costo dell'iniziativa è limitato alla stampa degli inviti (L.
350.000) e alla spedizione di una parte degli stessi; l'altra parte è stata spedita dal Centro Pannunzio del Piemonte.
Ai relatori non è stato corrisposto alcun compenso; la sala è stata messa a disposizione dall'Istituto Bancario San Paolo di Torino a titolo gratuito.
E' impegno dell'Assessorato regionale alla sanità di continuare nell'attività di promozione del programma di trapianto di organi e tessuti per assicurare alle persone malate prestazioni sanitarie dovute e valide ed evitare i disagi e i costi dei trasferimenti dei cittadini piemontesi presso strutture sanitarie estere.



PRESIDENTE

La parola al Consigliere Vaglio.



VAGLIO Roberto

Ringrazio l'Assessore per la risposta, seppure tardiva; si trattava di un chiarimento necessario.
Avevamo presentato questa interpellanza prima dello svolgimento del Convegno, preoccupati del fatto che sull'invito non ne era specificato lo scopo, puramente informativo, agli iscritti del Centro Pannunzio.
Si pensava ad un qualcosa di più serio e più professionale; a questo punto, rilevata l'entità della spesa e rilevato lo scopo reale del Convegno, possiamo dichiararci, tutto sommato, soddisfatti della risposta.
Nel contempo, invitiamo l'Assessore a proseguire su questa strada privilegiando però la professionalità e l'aspetto scientifico di questi Convegni, che sono diventati sempre più importanti, soprattutto perch dovrebbero, a nostro avviso, sollecitare nell'opinione pubblica un'attenzione al trapianto che al momento non riteniamo sufficiente.


Argomento:

Risposta scritta ad interrogazioni ed interpellanze


PRESIDENTE

Comunico che, poiché l'interessata è assente, all'interrogazione n. 887 del Consigliere Gissara, riguardante il personale infermieristico dell'Ospedale Oftalmico, verrà data risposta scritta.


Argomento: Assistenza sanitaria (prevenzione - cura - riabilitazione)

Interpellanza n. 972 dei Consiglieri Calligaro, Bosio, Monticelli Rabellino, Bodrero, Vaglio, Tapparo, Maggiorotti, Miglio, Marino, Goglio Chiezzi e Ferrara inerente le prestazioni cardiochirurgiche in Piemonte


PRESIDENTE

Passiamo all'interpellanza n. 972, cui risponde l'Assessore Maccari.



MACCARI Eugenio, Assessore regionale

Nell'ambito del nuovo PSSR si è provveduto a porre rimedio a quanto si era verificato nel precedente, per quanto attiene le carenze della specialità.
In modo particolare, per quanto viene richiesto dagli interroganti nell'ambito regionale che concerne la cardiologia, a regime si avrà un incremento di 426 posti letto, di cui 118 nelle UU.SS.SS.LL. di Torino.
Come si vede, è la prima volta che un Piano regionale prevede la trasformazione di posti di medicina generale e di chirurgia generale in posti di specialità. Tutto ciò per poter far fronte alle richieste che si sono accumulate nel corso degli anni, sia di servizi di emodinamica che di cardiochirurgia.
Per far fronte a tali necessità è stato aperto il servizio di emodinamica dell'Ospedale Mauriziano.
Per evitare lunghi tempi di attesa, sia per gli accertamenti di emodinamica che per gli interventi di cardiochirurgia, poiché nei precedenti Pani tali esigenze erano state nettamente sottovalutate e quindi per ridurre i disagi degli utenti ed evitare il ricorso a sottoscrizioni come era ormai in uso da alcuni anni, ho ritenuto opportuno, nel transitorio, autorizzare il ricorso all'indiretta e non a stipulare altre convenzioni, che avrebbero avuto quale risultato un aggravio di spesa difficilmente controllabile.
L'indiretta è la soluzione che consente al cittadino di scegliere il luogo ed il medico a cui volersi affidare e nel contempo si è ottenuto un contenimento dei prezzi.
Le cifre oggigiorno rimborsate alle strutture private per le prestazioni di cardiochirurgia e di emodinamica sono fra le più basse d'Italia (20 milioni contro una media di 24 delle altre Regioni). Dal 1990 anno di entrata in pieno vigore della deliberazione sull'indiretta, tutte le strutture private piemontesi hanno mediamente svolto un'attività chirurgica pari a circa 700/800 interventi l'anno e non le molte migliaia a cui si fa riferimento. Il vantaggio indubbio conseguito dai cittadini piemontesi è che, attraverso questa nuova normativa, hanno avuto una risposta alle loro esigenze nell'ambito della Regione, con conseguente riduzione di disagi anche per i familiari; ciò non avveniva negli anni precedenti, in quanto gli stessi erano costretti a rivolgersi prevalentemente all'estero. Come il Consigliere Calligaro sa, molti erano indirizzati anche a Monaco.
Queste grossolane carenze sono frutto di una errata programmazione dei servizi di cardiochirurgia, fatta negli anni'80. Nel contempo non si è avuta alcuna caduta dell'attività delle strutture pubbliche, anzi un incremento; infatti a Torino si è passati dai 649 interventi del 1990 ai 728 del 1991, di cui 20 trapianti cardiaci. Si tratta di, un'attività che precedentemente non era mai stata svolta e che oggigiorno vede il nostro servizio di cardiochirurgia, anche in questo campo, all'avanguardia. Nel contempo si è provveduto ad uno stanziamento di 2,5 miliardi, di cui 1,5 per opere edili e 1 per attrezzature, per il raddoppio delle sale chirurgiche e della terapia intensiva della cardiochirurgia delle Molinette, in locali che da oltre quindici anni attendevano una destinazione.



CALLIGARO Germano

Non sarà colpa nostra?!



MACCARI Eugenio, Assessore regionale

No, è a questo proposito che avevo usato il termine tombarolo.
Ci sarebbe da chiedersi come tale mancato utilizzo sia passato inosservato durante un sì lungo lasso di tempo ai miei predecessori alle Molinette e da altre parti, Lo stesso dicasi anche per la cardiochirurgia di Novara, che ha presentato un incremento di interventi: 448 del 1990 e 541 del 1991. All'Ospedale Regina Margherita di Torino sono stati eseguiti 168 interventi nel 1990 e 189 nel 1991. Per quanto riguarda la cardiochirurgia di Alessandria, si è provveduto a stanziare il finanziamento per la copertura degli organici e le modalità di concorso sono in via di espletamento. Per il centro di cardiochirurgia del S.
Giovanni Bosco esiste il totale finanziamento, almeno finora sulla carta sull'art. 20 e siamo in attesa che a livello nazionale vengano stanziati i fondi.
Per quanto attiene al numero dei pazienti che hanno fatto richiesta di autorizzazione per il ricovero all'estero (E112), i due centri di riferimento hanno avuto le seguenti richieste: 107 pervenute all'USSL TO VIII e 29 all'USSL n. 51 di Novara, pari ad un totale di 136 domande. Sono stati espressi i seguenti pareri: sui 107 dell'USSL TO VIII, 53 favorevoli e 54 negativi e sui 29 dell'USSL n. 51, 13 favorevoli e 16 negativi.
Come si vede, per la prima volta si sono affrontati in modo concreto e corretto i problemi della cardiologia e della cardiochirurgia, sì da poter avviare a rapida soluzione le problematiche che prevedono il completamento della rete con la creazione di un'ulteriore cardiochirurgia presso l'Ospedale di Cuneo, anche questa finanziata con l'art. 20. Tutto ciò ha consentito di poter dare una iniziale risposta concreta alla nostra utenza e speriamo, nell'arco dei prossimi anni, appena verranno attivati i centri di Alessandria ed il raddoppio della cardiochirurgia alle Molinette, di poter far fronte, con le strutture pubbliche, ad un numero sempre maggiore di richieste, cosa che, al momento non avviene in nessun'altra Regione d'Italia.



PRESIDENTE

La parola al Consigliere Calligaro.



CALLIGARO Germano

Mi dichiaro insoddisfatto, perché il grosso problema della cardiochirurgia torinese è ancora tutto in piedi, indipendentemente da ci che si è scritto nel PSSR 1990/1992. I miei dati, raccolti tra gli operatori della cardiochirurgia delle Molinette, sono diversi. Parlo di interventi in circolazione extracorporea: 900 interventi nel 1989, ridotti a 720 nel 1991. Alla cardiochirurgia delle Molinette di Torino gli interventi in circolazione extracorporea in un anno sono diminuiti di 180 unità! Questi dati sono stati raccolti tra gli operatori della cardiochirurgia delle Molinette. Capisco che a Novara la cardiochirurgia sia stata attivata e così pure ad Alessandria, ma - ripeto - alle Molinette gli interventi sono persino diminuiti, passando da 900 nell'anno 1989 a 720 nell'anno 1991. Il grosso problema, quindi, non sta ad Alessandria e Novara, perché i reparti di cardiochirurgia sono stati attivati; il grosso problema è la città di Torino, l'area metropolitana torinese, che grava tutta sulle Molinette, dove appunto la cardiochirurgia ha persino diminuito il numero degli interventi in circolazione extracorporea. La nostra richiesta, è semplice: un potenziamento delle Molinette in tempi strettissimi - ricordo che il piano è del marzo 1990, è tutto sulla carta, ma non viene attuato e l'apertura di una seconda cardiochirurgia a Torino, programmata nell'Ospedale S. Giovanni Bosco.
Qual è la situazione al S. Giovanni Bosco? Che non abbiamo nemmeno il reparto di cardiologia: è privo di letti! L'emodinamica deve essere ancora attivata e senza emodinamica non si fa cardiochirurgia. Quando avremo la seconda cardiochirurgia a Torino? Nel 2005,2010? Questo è l'interrogativo i cui non ha risposto l'Assessore; d'altronde non può rispondere. Deve prendere atto che è stato programmato il secondo centro di cardiochirurgia a Torino, ma che è tutto sulla carta; anzi, al S. Giovanni Bosco in quattro anni non si è fatto assolutamente nulla e oggi come oggi non abbiamo nemmeno un reparto di cardiologia degno di questo nome. La conseguenza è un aumento dell'assistenza sanitaria in forma indiretta.
L'Assessore ci ha anche spiegato che la Regione Piemonte prevede rimborsi tra i più bassi d'Italia. Ciò vuol dire che i pazienti pagano molto di più, pagano la differenza. Non solo, ma le cliniche private ora pretendono la convenzio-ne, perché dicono: "Signori, mentre voi avete programmato il secondo centro di cardiochirurgia a Torino, ma non lo avete realizzato, noi, cliniche private, facciamo circa mille interventi all'anno (più delle Molinette) in circolazione extracorporea. Ora vogliamo superare l'assistenza sanitaria in forma indiretta, vogliamo la convenzione". E' di questo tenore la lettera di un amministratore delegato di una clinica privata, che dice: "Lasciate perdere il piano, prendete atto che ci siamo e che stiamo lavorando". Così continua l'assistenza sanitaria in forma indiretta, con gravi oneri per i pazienti e spunta fuori prepotente la pretesa delle cliniche private di avere persino una convenzione con la Regione. Ma la strada da percorrere non è forse quella di potenziare la cardiochirurgia delle Molinette e realizzare la seconda unità cardiochirurgica a Torino? Non è forse questa la strada da percorrere? Certamente è questa. Altrimenti gli oneri per i pazienti saranno crescenti e ad un certo punto non si potrà contenere la pressione delle cliniche private le quali, giustamente, possono sostenere che, facendo più di mille interventi, è bene che la struttura pubblica riconosca loro un regime di convenzionamento.
E' clamoroso il caso dell'Ospedale S. Giovanni Bosco: bisognava predisporre pienamente l'unità di cardiologia, ma non è stato fatto; doveva sorgere l'emodinamica, ma non se ne parla neppure. Altro che la seconda unità cardiochirurgica a Torino! Il piano ha affrontato correttamente questo problema, ma - ripeto - è tutto sulla carta. Siamo in attesa dei famosi finanziamenti dell'ex art. 20 della legge finanziaria 1988. A mio parere, arriveranno nel 199511996, se tutto andrà bene. Non si può non considerare l'immobilismo e l'inerzia della Regione Piemonte come un grosso favore che si fa alle cliniche private: questa è la politica della Regione Piemonte.


Argomento:

Risposta scritta ad interrogazioni ed interpellanze (seguito)


PRESIDENTE

Comunico ancora che verrà data risposta scritta alle seguenti interrogazioni ed interpellanze: interpellanza n. 1084 del Consigliere Chiezzi inerente le frodi alimentari nel settore allevamento e macellazione carni interrogazione n. 1088 del Consigliere Cucco inerente il mancato inserimento del SUP torinese nel progetto del 118 per il Pronto intervento.


Argomento: Programmazione e organizzazione sanitaria e ospedaliera

Interrogazione n. 1090 del Consigliere Zacchera inerente il Servizio Elisoccorso - Problemi trasporto urgente di neonati


PRESIDENTE

In merito all'interrogazione n. 1090 presentata dal Consigliere Zacchera, risponde ancora l'Assessore Maccari.



MACCARI Eugenio, Assessore regionale

Per quanto riguarda la richiesta di chiarimenti in merito ai problemi attinenti l'Ospedale S. Biagio di Domodossola, in particolare sul servizio di eliambulanza per il trasferimento di un neonato, avevo già avuto occasione di riferire nella precedente interrogazione n.1037. Rammento comunque al Consigliere Zacchera che il servizio di eliambulanza è un servizio della Regione Piemonte e che per il suddetto neonato vi era nell'ambito della stessa Regione, un posto presso un centro di alta specialità quale è l'Ospedale Pediatrico Regina Margherita di Torino.
In proposito, specifico che per quanto è in nostro possesso: alle ore 9,53 c'è stata una chiamata dall'Ospedale di Domodossola per il trasferimento di un neonato a Pavia. Dalla base viene confermata la disponibilità di un posto libero a Torino. La risposta del medico è stata: "Abbiamo dei rapporti con Pavia e ne conosciamo i medici". Nel frattempo intervengono altre telefonate, ove si insiste sempre sul trasporto a Pavia alle ore 10,20 arriva una chiamata del Servizio Elisoccorso di Como che chiede alla base come mai non possono trasportare il piccolo paziente.
Dalla base confermano la disponibilità del trasporto a Torino, non accettato dai medici di Domodossola in quanto volevano inviarlo a Pavia per cui non si capiva il motivo dell'intervento dell'Elisoccorso di Como.
La base di Como conferma anche la sua difficoltà ad effettuare il servizio fuori Regione. Stessa difficoltà che era stata fatta presente dai medici di Torino al medico di Domodossola, il quale ha risposto: "Posso capire benissimo le vostre normative, comunque il discorso è che noi i bambini li abbiamo sempre mandati a Pavia o a Como e non vedo perché adesso dobbiamo improvvisamente mandarli a Torino, prima cosa perché per noi è scomodissimo, seconda cosa perché non abbiamo neanche rapporti".
In conclusione, se ne ricava che l'Elisoccorso era in grado di trasportare il piccolo in un ospedale attrezzato del Piemonte; risulta quindi incomprensibile il motivo per cui i pediatri di Domodossola abbiano successivamente optato per il trasferimento all'Ospedale di Como, dopo aver richiesto categoricamente il Policlinico di Pavia come destinazione.
Riterrei più corretto che tale domanda venisse rivolta ai pediatri di Domodossola, anziché al Servizio Elisoccorso della Regione Piemonte, che ancora una volta ha dimostrato la sua efficienza.



PRESIDENTE

La parola al Consigliere Zacchera.



ZACCHERA Marco

La partita dell'Elisoccorso da diversi mesi mi vede impegnato con l'Assessore Maccari in un lungo "duello" che proseguirà, perché continuo a ricevere delle risposte che non sono delle risposte. Se avete presente una carta geografica, puntate il dito su Pavia, Torino e Domodossola spiegatemi se sia più vicino a Domodossola, Pavia o Torino: vedrete che è Pavia. Così non capisco come si possa, quando c'è un bambino di pochi giorni in pericolo di vita con dei sanitari che hanno già intrattenuto dei rapporti al S. Matteo di Pavia, con cui c'è un rapporto continuo tra ospedali, prenderlo e portarlo in un altro ospedale dove quei medici saranno validi, ma non hanno avuto dei rapporti diretti. Oltretutto creando una spesa maggiore perché Torino è più lontana da Pavia.
Della risposta dell'Assessore ne prendo atto, ma alla fine il bambino è stato trasportato all'Ospedale di Como semplicemente perché sono venuti a prenderlo quelli di Como e quindi costava meno portarlo a Como.
Ritengo che, pur essendo il servizio da svolgere all'interno della Regione Piemonte, quando dei sanitari, per dei casi estremamente gravi e specifici, chiedono di poter andare in un ospedale che è a pochi chilometri (Pavia in definitiva è a 30 chilometri dal confine geografico del Piemonte), dove c'è un centro specializzato per neonati, sia assurdo andare a Torino che è più lontano e dove per di più non ci sono rapporti diretti tra sanitari. Prima si dovranno creare questi rapporti diretti e successivamente, portare, con un costo maggiore e più lontano, il neonato! La risposta dell'Assessore non mi lascia quindi soddisfatto, però mi permetta ancora trenta secondi. Le ho scritto la settimana scorsa e - mi si scusi il termine, ma volevo semplicemente farle sapere che non sono del tutto stupido - ho ricevuto una sua risposta scritta ad un'altra mia interroga-zione (la n.1037), con lettera protocollo n.1023, in cui lei mi rispondeva che l'Elisoccorso funziona solo in territorio Piemonte perch "non è a disposizione dei parenti". Ora, prendere in giro e dire che i sanitari di Domodossola vogliono mandare un elicottero a Pavia o a Como semplicemente perché è più comodo ai parenti, non mi sembra molto serio.
Ciò mi permette di concludere introducendo il discorso dell'Elisoccorso e richiamando, in questo senso, l'attenzione del Presidente della Giunta sulla partita dell'Elisoccorso, partita che alla nostra Regione costa circa un miliardo al mese e sulla quale non esiste assolutamente chiarezza. Le risposte dell'Assessore Maccari, che continuerò a portare al Magistrato come ho già fatto, sono delle risposte prive di fondamento, come la sua lettera del 16 marzo 1992, nella quale non vorrei dire che dica falsità, ma quasi, poiché cita come elicotteri utilizzati quelli che non sono totalmente utilizzati. Mi dice che per il servizio antincendio ci sia a bordo solo un pilota, quando l'equipaggio mi risulta di quattro persone.
Quando chiedo come mai si spenda così tanto in Regione Piemonte rispetto ad altre Regioni, l'Assessore dà giustificazioni, secondo me, non credibili.
Soprattutto, l'Assessore continua a non dirci a chi è affidato questo servizio, che da alcuni anni è - senza appalto - in mano a privati e non più all'ACI.
Mi scrive che dell'ACI-Elisoccorso fanno parte la Croce Rossa Italiana l'Associazione italiana pubblica assistenza, la Confederazione nazionale delle misericordie d'Italia, il Corpo nazionale soccorso alpino, unitamente ad "alcune compagnie di lavoro aereo private operanti nel settore elicotteristico", lasciando intendere che la gran parte del soccorso è in gestione pubblica e solo una parte minima privata. E' esattamente il contrario: il 71% del Consorzio è in mano privata, soltanto una minoranza è in mano pubblica. A questo punto chiedo dove sia il contratto di appalto con il quale la Regione Piemonte paga oltre un miliardo al mese ad una struttura di fatto privata-, senza regolare gara per verificare se questi enti siano concorrenziali rispetto ad altri per quantità e qualità (naturalmente conta anche la qualità). Inoltre, non è assolutamente vero che il servizio antincendio, che ci costa all'ora circa un quarto di quanto costa il servizio sanitario, sia così diverso da giustificare un costo quattro volte più caro (ricordo che stiamo parlando di miliardi).
Su tale partita richiamo ulteriormente l'Assessore Maccari: chiedo ci sia maggiore chiarezza. Mi sono rivolto al Magistrato, ma non sono un vile come lei mi ha definito per aver fatto un esposto: prima sono venuto a chiederle delucidazioni, alle quali ho però avuto risposte estremamente leggere; ho poi presentato una seconda e ancora una terza interrogazione: insisto nel dire che su questa partita la sanità piemontese sta buttando via alcuni miliardi all'anno. Questo indipendentemente dalla qualità del servizio, che di solito è buona. Inoltre non trovo giustificate certe iniziative dell'Assessore, ad esempio nel Novarese, di scaricare responsabilità per un soccorso di estrema urgenza in montagna, su elicotteri che non c'entravano nulla.
Termino dicendo che non ho "nulla", ripeto "nulla", ribadisco "nulla" a che fare con qualsivoglia ditta privata che vorrebbe, un domani aggiudicarsi il servizio di elisoccorso: querelerò chi lo sostiene, perch non è vero. Chiedo soltanto un servizio efficiente e, poiché è così caro un servizio che sia in contraddittorio di prezzi. Da molti anni questa Regione ha un così importante servizio senza regolare gara di appalto, e questo è gravissimo e contro la legge.



PRESIDENTE

Il punto è discusso.



ZACCHERA Marco

L'Assessore non ha niente da replicare?! Non so più cosa debbo dire!



PRESIDENTE

Si tratta di un'interrogazione: dal punto di vista della procedura è discussa. Credo che l'Assessore avrà altre sedi per eventuali approfondimenti.
La parola all'Assessore Maccari.



MACCARI Eugenio, Assessore regionale

L'accusa mi pare del tutto vana: c'è regolare appalto, ci sono regolari contratti ed approvazioni di Giunta. Chi ha chiesto il materiale ha avuto la documentazione completa a partire dall'origine dello studio.



ZACCHERA Marco

Chi l'ha chiesto il materiale? I carabinieri? Allora è vero che sono venuti i carabinieri!



MACCARI Eugenio, Assessore regionale

No, no, no: l'ha richiesto il Gruppo della Lega, che ha avuto la documentazione completa sull'Elisoccorso, a partire dallo studio preliminare di impostazione, con tutti gli atti completi fino alla data della richiesta stessa. Chi la richiede oggi avrà nello stesso modo atti contratti, appalti, deliberazioni e quant'altro a partire dallo studio preliminare, che è materiale pienamente a disposizione.



ZACCHERA Marco

La risposta è davvero,efficace... Ci dica soltanto se è pubblica o privata.



MACCARI Eugenio, Assessore regionale

C'è un Consorzio...



PRESIDENTE

L'Assessore ha risposto come meglio riteneva; vi sono altre sedi per approfondimenti, qualora lo si ritenga necessario.



RIVALTA Luigi

Il bambino è salvo?



MACCARI Eugenio, Assessore regionale

Si.


Argomento: Formazione professionale

Interrogazione n. 1105 del Consigliere Zacchera inerente la situazione e il funzionamento del Centro di formazione professionale di Novara


PRESIDENTE

Esaminiamo ora l'interrogazione n. 1105 presentata dal Consigliere Zacchera. Risponde l'Assessore Cerchio.



CERCHIO Giuseppe, Assessore regionale

Darò alcune risposte in ordine a quesiti, osservazioni e preoccupazioni poste dal Consigliere Zacchera.
Circa la situazione ed il funzionamento del Centro di formazione professionale regionale di Novara vorrei esprimere alcune considerazioni: i corsi biennali di prima qualifica per addetti a lavori d'ufficio si sono progressivamente contratti nel tempo a causa di una continua riduzione del numero degli iscritti è sufficiente considerare che nell'anno formativo 1988-1989 erano previsti due corsi di primo anno per complessivi 50 posti disponibili. Da ciò, nell'anno formativo successivo (1989-1990), si è potuto attivare un solo corso di secondo anno per 18 allievi. Negli anni formativi successivi non si sono più verificate le condizioni per ripristinare un secondo corso di utenza nel post-diploma, sempre a Novara e sul comparto amministrativo opera con proficua attività il Centro di formazione professionale, tra l'altro a gestione indiretta, del CIOFS con 5 corsi di durata variabile tra le 400 e le 1.200 ore per complessivi 125 posti disponibili, quindi più che sufficienti a coprire l'esigenza di tale utenza.
In più, nella città di Novara, com'è noto, sono presenti due Istituti professionali di Stato per il commercio.
Circa il personale di ruolo del Centro di formazione professionale abbiamo due docenti di VIII qualifica funzionale e due amministrativi di VII qualifica funzionale.
La precaria situazione esistente nel Centro di formazione professionale si è venuto a creare a seguito della mancata reintegrazione del personale di ruolo, che negli ultimi anni è stato collocato a riposo.
Per tale motivo, per la copertura delle ore libere di docenza, si è dovuto fare ricorso a collaboratori esterni, sopportando un notevole onere finanziario.
Considerato che le attrezzature didattiche sono state acquisite con fondi di bilancio attribuiti alla formazione professionale, le medesime potranno essere utilizzate in altri Centri di formazione professionale che hanno necessità di potenziare la propria attrezzatura. I locali, viceversa essendo di proprietà regionale, potranno essere destinati ad altre attività. Questo è il percorso sintetico, in termini numerici e quantitativi, delle preoccupazioni e delle problematiche, giustificate evidentemente da elementi di fatto che dovrebbero, secondo le indicazioni portare ad una ragionevole chiusura del Centro in quanto carente di struttura e di personale di utenza.



PRESIDENTE

La parola al Consigliere Zacchera.



ZACCHERA Marco

Ringrazio l'Assessore per la risposta e mi complimento con lui, perch do atto che è un Assessorato che risponde in termini brevissimi alle interrogazioni. Non tutti sono così.


Argomento: Tutela dagli inquinamenti idrici

Interrogazione n. 828 dei Consiglieri Miglio, Segre e Staglianò inerente l'inquinamento del tratto confluenza torrente Corsaglia con il fiume Tanaro dovuto allo scarico dei residui di lavorazione Industria ICL di S. Michele Mondovì


PRESIDENTE

Passiamo all'esame dell'interrogazione n. 828 presentata dai Consiglieri Miglio, Segre e Stagliano.
Risponde l'Assessore Garino.



GARINO Marcello, Assessore regionale

In risposta all'interrogazione dei Consiglieri Miglio, Segre e Staglianò, devo comunicare che in data 19/8/1991, protocollo n. 609, l'USSL n. 58 di Cuneo trasmetteva la relazione sull'inquinamento del torrente Corsaglia, dalla quale emergeva principalmente quanto segue: 1) l'inquinamento del torrente inizia nel Comune di S. Michele Mondovì dopo lo stabilimento ICL 2) le analisi sulle acque del fiume hanno permesso di rilevare la presenza costante di acido tannico (responsabile della colorazione giallo marrone), di materiale fibroso e a volte in lieve concentrazione anche di fenolo (sostanze caratteristiche della lavorazione del legno) 3) il torrente è stato classificato di classe terza a valle dello stabilimento ICL e di classe uno a monte (per classe uno si intende un corso d'acqua privo di inquinamento, per classe quinta si intende un fiume morto, ovvero privo di vita) 4) in seguito a sopralluogo è emerso che il sedimento del fiume a monte dello stabilimento è limitato ad uno strato di pochi millimetri, mentre a valle lo strato di fanghiglia è di parecchi centimetri 5) è stata constatata la presenza di avannotti e girini a valle dello scarico 6) a valle dello stabilimento il sedimento è costituito da materiale organico, con presenza di minime tracce di fenolo e parecchio residuo di tannino. II sedimento a monte non contiene fenolo e la percentuale di tannino è assai limitata e dovuta presumibilmente a residui vegetali 7) dai controlli delle caratteristiche delle acque scaricate dall'ICL dopo la lavorazione (che consiste principalmente nell'estrazione del tannino da materiali vegetali; il legno esausto viene utilizzato per la preparazione di pannelli di faesite ai quali viene aggiunta in piccola percentuale del fenolo per migliorarne le caratteristiche), emerge la presenza di: materiale sedimentabile fenolo acido tannico.
La legge Merli prevede limiti solo per quarantadue sostanze che possono essere causa di inquinamento: tra queste quarantadue sostanze non è contemplato l'acido tannico, che pertanto non incide sul rispetto dei limiti di legge.
Il rispetto di tali limiti di legge non esclude, nel caso specifico, la presenza degli inquinamenti responsabili del degrado del torrente Corsaglia.
8) Per porre rimedio a tale situazione, l'autorità sanitaria competente può (solo) imporre limiti più restrittivi per ripristinare la capacità di resistenza ecologica del corpo ricettore, per risanare l'ambiente e per salvaguardare la salute dei cittadini 9) l'ICL ha presentato istanza di autorizzazione allo scarico in data 29/11/1976 all'Amministrazione provinciale di Cuneo. Non è mai stata rilasciata formale autorizzazione, pertanto l'ICL è autorizzata allo scarico per silenzio-assenso.
In data 16/9/1991 si è svolto presso il Comune l'incontro tra ICL Amministrazione comunale - UU.SS.SS.LL. n. 66 e 58, dal quale è emersa la disponibilità dell'ICL ad intervenire previo controllo delle metodiche analitiche ed accertamento della situazione reale. Precedentemente all'incontro, la ditta ha presentato al Comune relazioni e progetti allegati.
Successivamente l'USSL n. 58, con nota in data 29/10/1991, protocollo n. 705, (pervenuta 1'11/11/1991), ha segnalato al Comune, alla Procura della Repubblica e all'USSL n. 66, un netto peggioramento delle condizioni del torrente Corsaglia da monte a valle dello stabilimento ICL. Il fiume nell'arco di soli cento metri, all'interno del quale è compreso lo scarico passa da classe uno (mancanza di inquinamento) a classe cinque (fiume morto) e quindi non più a classe terza come risultava nell'estate 1991.
L'USSL n. 58, dopo una serie di considerazioni, sostiene che lo scarico della ditta ICL è il maggior responsabile del degrado del torrente Corsaglia.
A questo punto, il Sindaco di S. Michele Mondovì, in data 5/12/1991, ha emesso nei confronti della ditta ICL un'ordinanza nella quale assegna il termine di 60 giorni per la presentazione di un progetto relativo alla depurazione delle acque che scaricano direttamente nel torrente.
Sono state richieste informazioni sulle iniziative intraprese dal Comune negli ultimi mesi circa la proroga, richiesta dall'ICL. dei termini di presentazione del progetto di depurazione. I dati verranno forniti non appena in nostro possesso.
Inoltre risulta che la Magistratura di Mondovì abbia affidato un incarico di perizia al fine di accertare il danno arrecato all'ambiente.



PRESIDENTE

La parola al Consigliere Miglio.



MIGLIO Mario

Ringrazio l'Assessore per la risposta, che sicuramente mi darà in forma scritta. La preoccupazione, che ci ha portato a presentare questa interrogazione, era che di fronte ad un accertato inquinamento - che abbiamo visto peggiorare nel corso dei mesi, perché dalla relazione si apprende che dalla classe terza si è passati alla classe quinta, vale a dire alla morte biologica del corso d'acqua - e ad iniziative avviate anche da parte della Magistratura, ci sembrava opportuno non attendere troppo tempo per provvedere a definire un progetto per realizzare quegli impianti di abbattimento delle sostanze inquinanti senza i quali non era possibile pensare anche in futuro di poter ripristinare la condizione originaria dal punto di vista dell'ecosistema del torrente da noi considerato.
Mi pare che la strada sia imboccata, ci auguriamo che in tempi brevi sia anche realizzata e, nel frattempo, si mantenga costantemente sotto controllo questo impianto e questa attività produttiva, in modo che non si ripetano continuamente gli sversamenti che hanno prodotto questo inquinamento.


Argomento: Tutela dagli inquinamenti idrici

Interrogazione n. 864 dei Consiglieri Staglianò, Segre e Miglio inerente l'inquinamento del fiume Tanaro nelle vicinanze dello stabilimento Lepetit di Garessio


PRESIDENTE

L'Assessore Garino risponde ancora all'interrogazione n. 864 presentata dai Consiglieri Staglianò, Segre e Miglio.



GARINO Marcello, Assessore regionale

L'inquinamento provocato dalla ditta Lepetit, che effettua lavorazione di prodotti farmaceutici, è stato accertato nel corso dei periodici campionamenti effettuati nell'ambito del programma di Censimento Corpi Idrici. Su richiesta di questo Assessorato, il Laboratorio di Sanità Pubblica di Cuneo ha periodicamente riferito circa l'evoluzio-ne della situazione in atto.
Durante gli anni 1989-1990 sono stati effettuati controlli sulle acque di scarico provenienti dalla ditta in oggetto che hanno evidenziato il rispetto dei limiti previsti dalla legge Merli (legge n. 319/76), ma hanno confermato la costante presenza di microinquinanti tossici, non contemplati dalla legge summenzionata, in concentrazioni non trascurabili. A questo proposito è stato richiesto un parere ai Ministeri Ambiente e Sanità sulla possibilità di accorpamento di alcuni microinquinanti tossici, in modo da inserirli in categorie previste dalla legge Merli.
Accertamenti condotti nel dicembre 1989, in particolari situazioni di magra del fiume Tanaro, hanno permesso di identificare la causa dell'inquinamento del corpo idrico non solo nello scarico, ma anche nelle sostanze percolate dal muro di cinta dello stabilimento. Il percolamento è da imputarsi alla sospettata presenza di materiale di rifiuto accumulato nel tempo, nel sottosuolo all'interno della ditta.
Nel gennaio 1990 sono state effettuate analisi anche sulle acque prelevate da pozzi per l'emungimento della falda, da cui è risultato un grado di inquinamento elevato, in particolare per quanto concerne la presenza di composti organici di sintesi.
In numerose riunioni con i tecnici del Laboratorio di Sanità Pubblica di Cuneo, dell'USSL di Ceva e della Provincia, nonché con la partecipazione di esperti dell'Università, si sono valutati i possibili interventi per limitare e tenere sotto controllo l'inquinamento da microinquinanti.
In data 11/11/1991 la Lepetit ha sospeso la produzione di cloramfenicolo, sostanza maggiormente responsabile dei problemi di inquinamento. Questo ha comportato, come si evince da una comunicazione del Laboratorio di Sanità Pubblica di Cuneo, il miglioramento delle caratteristiche dello scarico reflui e della qualità delle acque del Tanaro. Non così ottimistica è la situazione riferita alle acque di falda in quanto sono ancora in fase di realizzazione gli interventi concordati con la Provincia per il contenimento e l'emungimento delle acque di falda contaminate.
Comunico che sono state richieste alla Provincia di Cuneo, per competenza in materia, informazioni circa l'attuale stoccaggio provvisorio dei fanghi di lavorazione, il cui smaltimento definitivo avviene presso la discarica di categoria 2C denominata Barricalla. Si trasmetteranno i dati non appena ricevuti.
Vorrei rilevare, inoltre, che tra le iniziative concordate con il Ministero dell'Ambiente in occasione dell'intesa programmatica triennale per la tutela dell'ambiente, rientra la realizzazione di un impianto di depurazione acque reflue nell'alto corso del Tanaro. Il relativo finanziamento statale, da noi richiesto ed accordato, è stato di 5.000 milioni, a fronte di un investimento locale di 1.200 milioni, così suddivisi: 500 milioni il Comune di Garessio, 100 milioni la ditta S.
Bernardo S.p.A, e 600 milioni sono stati messi a carico della ditta Lepetit S.p.A.



PRESIDENTE

La parola al Consigliere Segre.



SEGRE Anna

Ringrazio l'Assessore Garino per l'accurata risposta alla nostra interrogazione. Mi sembra che abbia risposto in modo soddisfacente a tutte e tre le nostre domande; mi riservo di leggere ancora la risposta scritta per vedere più in dettaglio.
L'unica mia preoccupazione è che nella risposta si fa riferimento alla sospensione, datata 1/ 1/1991, da parte della ditta Lepetit, della produzione di cloramfenicolo, sostanza senz'altro responsabile dei problemi di inquinamento del Tanaro vicino Garessio. A noi risulta, ancora da segnalazioni del mese scorso, che la situazione degli scarichi della Lepetit non sono migliorati, sia dal punto di vista olfattivo (come ci viene denunciato), sia dal punto di vista della colorazione.
Penso quindi che, al di là della risposta - ma mi sembra che anche su questo l'Assessore Garino ci abbia, in qualche modo, fornito già la risposta - la situazione del Tanaro nella zona di Garessio vada tenuta sotto controllo; ma da quanto ho capito, anche sulla base degli accordi che ci sono stati con il Ministero dell'Ambiente, questo si sta già facendo.
Probabilmente è una situazione costantemente in pericolo, quindi anche il monitoraggio del Tanaro in quella zona è senz'altro da fare; chiederò poi all'Assessore Garino, periodicamente, come vanno le cose.



GARINO Marcello, Assessore regionale

Volevo solo assicurare che sono totalmente d'accordo con il Consigliere Segre. E' una situazione che va tenuta sotto controllo costante e, per fortuna, altrettanto costanti sono i rapporti con l'Amministrazione provinciale di Cuneo che, come sappiamo, ha bravi tecnici.
Per cui, appena avrò altre informazioni sull'evolversi della situazione, le comunicherò, sperando che siano positive, ma ovviamente le comunicherò anche nel caso fossero negative.


Argomento: Tutela dagli inquinamenti del suolo - smaltimento rifiuti

Interpellanza n. 976 dei Consiglieri Maggiorotti, Chiezzi, Segre, Marino e Porcellana inerente la discarica di Riva di Chieri


PRESIDENTE

Passiamo ad esaminare l'interpellanza n. 976 presentata dai Consiglieri Maggiorotti, Chiezzi, Segre, Marino e Porcellana.
Risponde l'Assessore Garino.



GARINO Marcello, Assessore regionale

Come ricordato dai Consiglieri interroganti, la sospensione, da parte dell'Amministrazione provinciale di Torino, dell'autorizzazione al conferimento dei rifiuti nella discarica per RSU sita nel Comune di Riva di Chieri, è dovuta al presunto mancato rispetto delle distanze di legge tra il fondo della discarica e la falda sottostante.
La valutazione della Provincia si è basata unicamente sulla lettura di piezometri, ma non è suffragata da una completa indagine idrogeologica della zona per stabilire se le acque misurate siano da attribuirsi ad acque di percolazione, ad acque di falda freatica oppure a fenomeni riconducibili ad acque confinate o caratterizzate da forme di artesianismo.
Secondo i tecnici dell'Assessorato all'ambiente che hanno esaminato il progetto della discarica, confortati dall'unico studio idrogeologico sull'area in questione (predisposto dal Consorzio Chierese), è evidente che l'acqua misurata dai piezometri non è quella della falda, ma si tratta di acque di scolo superficiali, la cui presenza è da ricondursi a fenomeni di imbibimento del terreno di natura argillosa dovuti a precipitazioni atmosferiche e non comportanti effetti di infiltrazioni nelle falde profonde.
La presenza di allagamenti nell'area della discarica a seguito di precipitazioni atmosferiche dimostra l'impermeabilità del suolo e quindi la conseguente tutela della falda sottostante, come peraltro già rilevato dall'esperto regionale prof. Verga del Politecnico di Torino in sede di Conferenza, e la salvaguardia dell'ambiente circostante, fatta salva naturalmente una corretta regimazione delle acque superficiali.
Di qui la prescritta trincea drenante che, una volta realizzata, sarà in grado di limitare la profondità delle acque di percolazione a livelli compatibili con il fondo della discarica. Il Consorzio, già in data 22/10/1991, sollecitava la ditta ISPA e la Direzione Lavori Ingegneria Geotecnica per l'esecuzione dei lavori prescritti. La ditta ISPA, in data 14/11/1991, comunicava che, mentre si eseguivano perforazioni per verificare profondità ed efficienza del drenaggio delle acque, è intervenuta la Procura della Repubblica, ricordando che i piezometri sono sotto sequestro e che non si poteva toccare nulla fino a conclusione dell'inchiesta; di conseguenza, la ditta stessa era messa nelle condizioni di non poter raccogliere ulteriori dati al fine di ottemperare a quanto richiesto.
Pare che successivamente da parte della Procura si sia precisato che il sequestro era relativo soltanto ai piezometri che erano già nel terreno, ma che ciò non impediva comunque l'esecuzione di ulteriori scavi e nuovi pozzi piezometrici. Si spera che ora la ditta ISPA possa finalmente procedere immediatamente e senza ulteriori intoppi all'esecuzione delle prescrizioni provinciali e regionali.
L'approfondimento della trincea che, come già prescritto in sede di Conferenza, è tutta esterna all'area di discarica, non compromette però la possibilità di proseguire nel frattempo l'attività di smaltimento.
Nel confermare quindi che l'impianto rispetta comunque i livelli stabiliti dall'autorizzazione per le acque di falda, e vista l'impossibilità di provvedere allo smaltimento dei rifiuti raccolti dal Consorzio Chierese presso altri impianti regionali, si è ritenuto che l'unica strada percorribile per scongiurare i rischi igienico-sanitari ed ambientali derivanti dal mancato smaltimento dei rifiuti urbani fosse l'emissione di una nuova ordinanza regionale, ai sensi dell'art. 12 del DPR n. 915/82, cosa assolutamente legittima, considerato il perdurare della situazione di emergenza che aveva portato all'emissione della prima ordinanza.
Successivamente i lavori sono stati terminati da parte della ditta in questione e devo dire che è stata l'Amministrazione provinciale a chiedere una proroga di ulteriori 10-15 giorni soltanto perché la stessa avesse il tempo di effettuare i controlli per il collaudo. La proroga è stata concessa e, quindi, entro una decina di giorni, il problema dovrebbe essere definitivamente risolto anche per l'Amministrazione provinciale di Torino.



PRESIDENTE

La parola al Consigliere Marino.



MARINO Massimo

Le mie osservazioni sulla risposta sono brevi. Purtroppo discutiamo di una questione rispetto alla quale quello di giusto o di sbagliato che si doveva fare è stato fatto, e quindi possiamo soltanto confrontare dei punti di vista opposti, nel senso che le osservazioni sul fatto che la discarica veniva costruita sostanzialmente nell'acqua vengono da lontano; sono osservazioni che vennero fatte da alcuni Comuni e da coloro che contestarono questa scelta, rima ancora che la discarica entrasse in funzione.
Siamo in una situazione nella quale comunque la discarica è in funzione e credo sia a buon punto il suo riempimento. Esistono valutazioni non diverse fra noi, ma diverse fra due enti, la Regione e la Provincia. Sono valutazioni, ovviamente, da una parte, di tipo tecnico; dall'altra, per sono il segnale, diffuso sempre di più a numerose questioni, di una potenziale confusione e conseguentemente di conflittualità tra due enti che hanno, di fatto, possibilità di dire la propria e di intervenire in forme conflittuali tra loro.
In altre parole, l'annosa questione della discarica di Riva di Chieri è una questione sulla quale vengono alla luce i limiti dell'attuale legislazione. Non è possibile che ci siano due enti ognuno dei quali ha la possibilità di dire, in qualche modo, l'ultima parola su questioni controverse.
Oggi la Provincia dice che, per quanto le risulta, al momento, la valutazione della situazione della falda è di un certo tipo. La Regione dall'altra parte, dice che probabilmente non è così, e che comunque si va avanti attraverso la politica delle ordinanze, con le quali, a mio parere la Regione mette le toppe di volta in volta alla mancanza di una pianificazione reale della questione dei rifiuti. In qualche modo, di fatto, quasi sempre involontariamente, lascia lo spazio alle operazioni più avventate per quanto riguarda la gestione della cosiddetta emergenza rifiuti.
Esprimo pertanto la mia totale insoddisfazione e il mio totale disaccordo sul metodo e sul merito delle questioni che riguardano la discarica di Riva di Chieri, malamente gestita.



PRESIDENTE

La parola al Consigliere Porcellana.



PORCELLANA Francesco

Ringrazio per il tipo di risposta che l'Assessore ha voluto dare.
Ovviamente parliamo di emergenza e possiamo capire tutti che cosa sta dietro a questa parola.
Ribadisco le considerazioni della nostra interpellanza dei mesi scorsi quando abbiamo verificato il forte contrasto tra la Provincia di Torino e la Regione Piemonte.
La Provincia di Torino dice che va sospeso il tipo di smaltimento rifiuti nella zona di Riva di Chieri, Villanova e paesi limitrofi. La Regione autorizza con un sì nei mesi scorsi e con un sì di pochi giorni fa.
In assenza dei due Presidenti è stata data un'ulteriore autorizzazione pochi giorni fa.
C'è da augurarsi che la battaglia fra Provincia e Regione veda, per le popolazioni di quella zona, la parola fine alla storia di Riva di Chieri e zone limitrofe.
Chi avesse la volontà, in questi giorni, di raggiungere quella località, vedrebbe non una discarica, ma un fiume con tante cose vaganti e galleggianti: si tratta dei rifiuti provenienti da queste zone. Saranno stati i temporali e le piogge di questi giorni, ma sottolineo all'Assessore diligente, agli amici della Giunta, le preoccupazioni forti di centinaia di famiglie, che vedono le loro aziende agricole insediate, i pozzi, l'acqua che serve per abbeverare migliaia di animali in quella zona (che vede presenti aziende agricole con migliaia di capi), affinché valutino con attenzione il problema.
In questi momenti, abbiamo bisogno di avere molta calma nei nostri Comuni e nelle nostre realtà periferiche, in quanto ci sono già parecchie fiamme attorno a noi.
Quindi, ringraziando per il tipo di risposta, inviterei cordialmente e caldamente ad approfondire l'argomento per porre la parola fine alla triste storia della discarica di Riva di Chieri e delle zone limitrofe.



PRESIDENTE

La parola all'Assessore Garino.



GARINO Marcello, Assessore regionale

La mia è semplicemente un'informazione aggiuntiva sia al collega Marino che al collega Porcellana. L'ultima deroga (di 15 giorni) è stata richiesta dall'Amministrazione provinciale di Torino per procedere alle proprie misurazioni. Mi risulta che oggi stesso l'Amministrazione provinciale di' Torino si appresti a dare l'ok definitivo alla discarica; quindi non c'è più alcun contrasto tra Provincia di Torino ed Amministrazione regionale.


Argomento: Tutela dagli inquinamenti del suolo - smaltimento rifiuti

Interrogazione n. 986 dei Consiglieri Rabellino,Vaglio e Bodrero inerente le discariche nell'area casalese


PRESIDENTE

Passiamo infine ad esaminare l'interrogazione n. 986 presentata dai Consiglieri Rabellino, Vaglio e Bodrero.
Risponde l'Assessore Garino.



GARINO Marcello, Assessore regionale

Nessun progetto risulta al momento (il 2/ 4/1992 ho fatto preparare la risposta, ma ho ancora verificato questa mattina) presentato presso gli uffici dell'Assessorato all'ambiente da parte del Consorzio smaltimento rifiuti dell'area casalese per la localizzazione di discariche nel territorio comunale di Casale o di altri Comuni del bacino.
Si rammenta ai Consiglieri interroganti che le valutazioni della Giunta in merito agli eventuali progetti che saranno presentati non possono certo essere pregiudiziali: la Giunta potrà assumere un proprio orientamento soltanto al termine della prevista istruttoria tecnica ed acquisite le risultanze dell'apposita Conferenza che deve esaminare i progetti presentati, come previsto dalla normativa vigente.



PRESIDENTE

La parola al Consigliere Vaglio.



VAGLIO Roberto

Mi dichiaro soddisfatto della risposta.


Argomento: Problemi del lavoro e della occupazione

Comunicazioni della Giunta regionale sulla situazione occupazionale in provincia di Torino, con particolare riferimento alla chiusura dello stabilimento Lancia di Chivasso - Presentazione relativo ordine del giorno da parte del Gruppo Lega Nord


PRESIDENTE

La parola all'Assessore Cerchio per una comunicazione al Consiglio inerente i problemi dell'occupazione.



CERCHIO Giuseppe, Assessore regionale

Signor Presidente, colleghi Consiglieri, questa improvvisata comunicazione vuol essere una prima considerazione in ordine alle notizie formalizzate ieri da parte dell'azienda FIAT nei confronti delle Organizzazioni sindacali.
Si tratta di notizie ipotizzate o paventate anche in questi ultimi giorni, ma certo nuove per la dimensione, la gravità e l'impatto che possono avere sulla realtà regionale piemontese, in particolare sul territorio del Chivassese. Notizie non certo nuove secondo alcuni segnali che abbiamo colto in questi ultimi tempi, ma certamente non in linea con quanto peraltro formalmente dichiarato dall'azienda stessa pochi mesi or sono. Infatti, in un incontro fra Regione e Dirigenza aziendale FIAT non più tardi di circa quattro mesi fa, ad una specifica richiesta in ordine agli investimenti futuribili del complesso FIAT e al futuro dello stabilimento Lancia di Chivasso, ci fu assicurata una continuità e un'attività produttiva per almeno quattro-cinque anni con l'attuale produzione; ci fu un futuribile punto interrogativo per un uso polifunzionale di quell'area, ma venne comunque data la garanzia di una continuazione per alcuni anni dell'attività produttiva stessa.
Le notizie comunicate ieri alle Organizzazioni sindacali e le preannunciate occasioni di confronto con la Dirigenza FIAT, anche con la presenza del Presidente della Giunta, programmate per un primo incontro fissato per venerdì prossimo, non possono non creare poche preoccupazioni in una situazione che vede una Regione fortemente legata alle attività industriali e produttive qual è il Piemonte, che registra grandi difficoltà nei settori che hanno fatto forte il proprio sistema (l'auto l'informatica, il tessile), vivere oggi momenti di grande difficoltà legati ai mercati internazionali, che hanno una ricaduta particolarmente significativa in una Regione fortemente industriale qual è la nostra.
Sulla fattispecie Lancia, e in particolare sulla ricaduta Chivassese molte sono state le voci e le indiscrezioni che preannunciavano questa nuova fase di ristrutturazione, circolate in questo ultimo anno e motivate dagli investimenti al sud decisi dalla FIAT, dall'osservazione delle realtà produttive, come la Lancia di Chivasso, dove il gruppo non programmava investimenti se non di puro mantenimento.
L'esame dei dati di mercato europei, delle ipotesi di incidenze delle quote FIAT a livello nazionale ed internazionale, dei volumi produttivi previsti per Melfi, il tutto compiuto alla luce della prevedibile penalizzazione giapponese, sia come export sia come vetture in uscita dei nuovi "transplants" inglesi, faceva chiaramente intendere che la coesistenza di tutti gli attuali centri produttivi e di quelli previsti diventava più impossibile che improbabile.
Le notizie, seppur preoccupanti, della trasformazione dello stabilimento di Chivasso in centro polifunzionale, composto (almeno pare) da un centro di servizi FIAT, da insediamenti del settore della componentistica e forse da qualche imprecisata attività nel comparto dell'after-market, con assorbimento molto parziale di manodopera (forse 500 unità) e ridistribuzione degli altri lavoratori nel lasso di tempo di due tre anni di CIGS, principalmente a Rivalta e Mirafiori, non coglieva di sorpresa la Regione Piemonte, che già nella conferenza stampa dell'agosto 1991 manifestava dubbi e allarmi sulla continuità di questo insediamento.
La chiusura, almeno nell'attuale configurazione produttiva dello stabilimento, non va comunque considerata, a nostro avviso, come un semplice adeguamento della struttura e della potenzialità impiantistica alle reali esigenze produttive.
In realtà questa operazione, assai più complessa della chiusura di uno stabilimento, perché contestuale all'avvio della ristrutturazione delle aree amministrative e progettuali che pongano in discussione forti contingenti impiegatizi (al di là dei 1.500 attuali), deve essere inquadrata anche nella ridefinizione degli equilibri e delle presenze internazionali del gruppo.
Siamo quindi, a nostro parere, ai primi contraccolpi di una nuova fase di internazionalizzazione che muterà i baricentri produttivi-finanziari e decisionali per far diventare la FIAT ancor più nettamente multinazionale quindi sempre più internazionale. Solo allora sarà veramente in grado, al di là di voci e di indiscrezioni colte finora, di ricercare in una condizione di parità intese ad accordi con i giapponesi tali da non essere punitivi sul piano del know-how tecnologico.
Questa strategia di internazionalizzazione ha registrato molti elementi di diverso tipo, di diversa natura. Intanto il consolidamento della struttura finanziaria; la FIAT, come noto, ha operato in questi mesi in modo serrato nel campo della razionalizzazione delle partecipazioni, sia attraverso la capofila finanziaria sia attraverso la International Holding Fiat. In secondo luogo, la razionalizzazione anche attraverso joint-venture della propria rete di componentistica, per far sì che vi fosse omogeneità fra struttura produttiva delle vetture e dei componenti. Ed ancora intervento sulle questioni della qualità del prodotto e del processo produttivo per renderlo adeguato a livelli alti di presenza di competitività internazionale. Sia l'adeguamento strutturale che l'adeguamento qualitativo avverranno presumibilmente con gradualità ritmata dell'avvicendamento dei modelli. Se questi sono sostanzialmente i processi già in atto, chiaramente irreversibili, l'approccio corretto da parte delle istituzioni non può che essere finalizzato a far sì che le diverse fasi di ristrutturazione si compiano minimizzando costi e impatti sociali e consolidando, seppure nei nuovi termini organizzativi, tutto il radicamento locale compatibile con questo processo che ho chiamato "di internazionalizzazione", che guarda all'Europa del 1993 e all'est, processo certamente inevitabile, forse indispensabile.
Tornando però alla situazione contingente e quindi al caso specifico dello stabilimento Lancia di Chivasso, c'è dunque la necessità che di qui a settembre, e naturalmente anche dopo la data almeno annunciata e prevista per la chiusura, ogni passaggio dell'operazione, nel pieno rispetto dell'autonomia delle singole parti sociali, veda un coinvolgimento pieno e responsabile della comunità locale e di chi istituzionalmente la rappresenta. Veda un coinvolgimento pieno non, per scaricare, come è già capitato in altre occasioni ed anche in esempi più recenti alle istituzioni, gli interventi di semplice supporto di ammortizzatori affinché si realizzi un sufficiente livello di con decisione e di conoscenza tale da permettere a tutti e soprattutto alle autonomie locali a partire dalla realtà regionale piemontese, di concorrere allo sforzo di attenuazione delle conseguenze occupazionali, sociali ed economiche soprattutto per il Chivassese, della ridistribuzione di funzioni produttive. Certamente in questo campo l'apporto dell'Azienda FIAT deve essere massimo in quanto, al di là delle ragioni di correttezza, il sistema delle autonomie locali potrebbe risultare travolto dai problemi sociali, se fosse posto di fronte ad una così dura realtà in modo brusco ed oneroso. A quel punto le tensioni che ne deriverebbero sarebbero certamente difficili da temprare, da guidare anche in termini di soluzioni, e ogni soluzione diventerebbe difficile ed ardua.
Le autonomie locali, lo dico soprattutto per quanto si realizzerà nei prossimi giorni nel Chivassese, si trovano a dover fronteggiare una situazione che, ancora prima che venga resa operativa la chiusura dello stabilimento della FIAT, presenta già delle obiettive, difficoltà dal punto di vista dei livelli occupazionali. L'area del Chivassese, come voi sapete si colloca in una posizione di cuscinetto fra la realtà territoriale torinese e quella del Canavese, per cui risente negativamente sia delle difficoltà dell'industria automobilistica che di quelle dell'industria informatica, legate al discorso dell'Olivetti e della Bull. I dati del mercato del lavoro di quell'area certamente registrano un andamento negativo del 199'1 rispetto all'anno precedente; basti citare il fatto che gli iscritti alle liste di collocamento di disoccupazione presso l'Ufficio circoscrizionale per l'impiego di Chivasso, che si dichiarano disponibili immediatamente a lavorare, registrano mediamente nel 1991 un incremento del 7,4% rispetto alla media del 1990: - sono 3.525 contro 3.280, e l'incremento maggiore delle iscrizioni è dato dagli uomini che crescono quasi del 18%, perla precisione del 17,9%, contro un aumento del 4,2% delle donne. In particolare, per le fasce di età si nota che l'incremento maggiore è dato dagli uomini oltre i 30 anni (più 31%) e anche per i giovani con meno di 25 anni (più 14,4%), mentre le donne crescono maggiormente, quasi il 22%, nella fascia fra i 25 e i 29 anni, registrando in sostanza un andamento piatto nelle altre due fasi di età. E' evidente che un avvenimento come quello annunciato, di grandi proporzioni, come quello della chiusura dello stabilimento Lancia, ha conseguenze decisamente pesanti nell'assetto economico e sociale dell'area, anche se per le maestranze attualmente impiegate venissero individuate soluzioni particolari o ammortizzatori sociali. Verrebbero a mancare le prospettive di avviamento al lavoro per gli attuali disoccupati e per i giovani che si affacciano per la prima volta sul mercato del lavoro; ciò per un effetto combinato di mancanza di opportunità data dal mercato automobilistico all'informatica ed ai loro relativi circuiti di fornitura della componentistica.
Ritengo, in ogni caso, che la nostra Regione, proprio perché cuore dell'industria del Paese, proprio perché sistema forte che in questi anni ha aiutato e ha realizzato il processo di crescita della realtà nazionale situata quindi al centro dei processi di internazionalizzazione, di riequilibrio nord-sud, di ristrutturazione pilotata dalle esigenze del mercato, non debba risultare ancora più penalizzata, perché paradossalmente è motore dello sviluppo. E' un discorso che in questi mesi abbiamo abbondantemente affrontato, anche in un rapporto di confronto, ed a volte di serrato contrasto, con le realtà nazionali. Il giusto ruolo non dirigistico, ma di regolazione e di moderazione dei processi, rappresentato dalla programmazione, deve dispiegarsi efficacemente soprattutto in questa fase per la nostra realtà regionale.
A questa breve ed anticipata comunicazione faranno seguito altri momenti di confronto, di comunicazione e soprattutto di rapporto.
Come Regione richiediamo al Governo e al CIPE di estendere il metodo degli accordi di programma tra FIAT e Governo, ad esempio stipulati e realizzati per Melfi, a tutto il territorio nazionale e a tutti i comparti automobilistici (componentistica ed after-market compresi) in modo da comprendere, regolandone gli effetti sociali, tutti quegli aspetti della razionalizzazione produttiva, senza limitarsi agli investimenti al sud. Ci pare questa una strada sulla quale, con fermezza, dobbiamo indicare unità di intenti e ricadute concrete di confronto.
Riteniamo altresì urgente, ed in questo senso ci siamo già attivati la comunicazione telefonica realizzata venerdì dal Presidente della Giunta regionale con la dirigenza FIAT e una conferma questa mattina - realizzare un primo incontro tra il gruppo FIAT e la Regione da cui possa concretamente prendere l'avvio e il coinvolgimento degli enti locali, non più visti come terminale di scaricamento di problemi; essi non devono e non possono, viste le difficoltà economiche in cui versano, continuare ad essere chiamati, in qualche misura, a reggere gli effetti sociali di decisioni prese sulle loro teste, riponendo un ragionamento che pochi mesi or sono abbiamo fatto in ordine ad accordi che, a livello nazionale e in ordine alla vicenda Olivetti, sono stati presi tra il Governo, le aziende e le Organizzazioni sindacali, scaricando, evidentemente, alcuni problemi di ordine di formazione e di altro genere al terminale della Regione.
L'incontro che stiamo programmando, per venerdì di questa settimana con la Dirigenza FIAT potrà permettere non solo l'acquisizione di una conoscenza dettagliata di questo aspetto...



(Commenti da parte del Consigliere Calligaro)



CERCHIO Giuseppe, Assessore regionale

Anche perché, collega Calligaro, mi puoi trovare perfettamente d'accordo, ma mi pare giusto che le decisioni prese unilateralmente dalla FIAT - non devi rivolgerti a me - vedano sintonia d'intensa tra me e il Consiglio regionale nei confronti di una comunicazione che unilateralmente, l'azienda FIAT ha fatto alle Organizzazioni sindacali ieri pomeriggio, e non poteva non fare alle organizzazione sindacali prima di farla alle organizzazioni istituzionali. Non a caso, però, proprio nell'incontro sollecitato dal Consiglio regionale nei mesi scorsi e che doveva essere una sorta di rassicurazione, è emerso che la FIAT sta navigando a vista; anche le notizie che appaiono sui giornali in ordine alla produzione mondiale delle auto e al rapporto comparato con tutto il settore automobilistico delle grandi e medie aziende a livello internazionale registrano il grande senso di difficoltà esistente in questo settore, difficoltà presenti anche a livello torinese per quanto riguarda il primo e il secondo indotto. Questo non è un problema di accentuazione verbale da parte di alcuni colleghi nei confronti dell'interlocutore Regione. W pare di dover rilevare, pur in mezzo a grandi difficoltà e grandi debolezze, che i livelli istituzionali (così come i livelli sindacali e le parti sociali) oggi stiano realizzando nei confronti delle grandi aziende e delle multinazionali quei minimi comuni denominatori per far sì che si possa, insieme, seppure con grande difficoltà e percorsi difficili e in salita, trovare qualche elemento di positività di fronte ad un momento così difficile a livello internazionale. Tale situazione ci vede tutti uniti - assemblea legislativa, governo regionale, parti sociali che hanno vissuto, in queste ore, momenti di confronto (più che confronto di comunicazioni unilaterali, ma il discorso si attiverà nelle prossime settimane) - per cercare di creare le condizioni le più positive possibili in un'area territoriale quale quella piemontese; ciò soprattutto nel Chivassese, che vive, per un combinato disposto di situazioni negative di grandi settori dell'informatica e dell'auto, un momento di particolare e ulteriore debolezza.
Mi è parso giusto cogliere i suggerimenti e autoindicare, a livello di breve comunicazione, queste osservazioni a poche ore dalla comunicazione che la FIAT ha fatto alle Organizzazioni sindacali, sapendo che lunedì prossimo questa prima comunicazione avrà momenti di confronto fra le parti sociali. I soggetti direttamente interessati, cioè le Organizzazioni sindacali e l'azienda; vedranno una partecipazione la più possibile attenta, puntuale e precisa del Consiglio regionale (quindi dei suoi componenti, Consiglio e Giunta) ad un discorso di attenzione verso una dimensione che, certamente, è di grande portata.



PRESIDENZA DEL VICEPRESIDENTE MONTABONE



PRESIDENTE

La parola al Consigliere Tapparo.



TAPPARO Giancarlo

Signor Presidente, più volte in quest'aula, modestamente, ho dichiarato che si era messala sordina, che da più parti si era utilizzata la strategia del silenzio attorno agli elementi che, via via, si andavano delineando nel settore auto. Non credo necessario registrare oggi quelli che sono gli eventi dell'andamento e dei processi di globalizzazione ed internalizzazione del settore auto. Da anni avevamo chiari i processi di tendenziale riduzione strutturale delle quote di mercato della FIAT; da anni sapevamo che, presto o tardi, le politiche della FIAT rivolte all'apertura e che comportavano dei logici trasferimenti di capacità produttiva al nord e di nuovi stabilimenti al sud avrebbero avuto ripercussioni forti e drammatiche nella nostra Regione. Non bisogna arrivare al giorno dell'evento per parlare dell'evento. Questo fatto era visibile da tempo e andava denunciato fortemente; d'altronde, in presenza di un'azienda che costruisce un nuovo stabilimento avanzato e che coprirà un quarto della capacità produttiva misurata sulle vendite della FIAT non attuali ma passate, era inevitabile che si verificassero forti ripercussioni nella nostra realtà.
Un altro elemento negativo è che sia il momento pubblico sia il sindacato paiono in qualche modo presi a seguire quelli che sono i processi e le tappe della ristrutturazione, cercando di adeguare gli ammortizzatori sociali o cose analoghe in modo da lenire i riflessi sociali e territoriali di questo fenomeno. A me pare, francamente, insufficiente, perché oggi la primaria preoccupazione che dobbiamo avere è che dal fatto FIAT si perdano non sommando l'indotto di cui non è facile percepire i riflessi, delle quote secche di occupazione, che si riverberano in una riduzione del prodotto interno lordo del Piemonte, con tutte le conseguenze del caso.
Abbiamo già visto da anni che il Piemonte è' la Regione che, dopo la Liguria, perde più popolazione di tutta l'Italia: è una chiara indicazione di declino economico. Dobbiamo aspettare le esplosioni più virulente per muoverci in questo senso? Chiedo al Presidente Brizio: quando si siede al tavolo con la FIAT per parlare di Alta velocità - e firma - per parlare del Lingotto - e si è disponibili - per parlare della metropolitana - non è di nostra competenza, ma è sempre questione di grande entità - per parlare di Campo Volo - e con un escamotage la FIAT è riuscita a non esserne più l'operatore diretto - non gli viene in mente che si tratta dello stesso interlocutore che ieri o domani comunica la chiusura di uno stabilimento di 4.500 dipendenti? In momenti in cui la Regione è forte non esiste alcun tentativo di correlare e collegare gli eventi? L'impresa ormai non è più industriale non è più automobilistica, è un'impresa che si muove a 360 gradi nella finanza, nell'editoria, nell'immobiliare e in tutti i campi. A maggior ragione, anche noi non dobbiamo avere un approccio settoriale, per cui l'Assessore al lavoro conta i caduti nel giorno di chiusura, l'Assessore all'urbanistica interviene per il Lingotto, l'Assessore ai trasporti per l'Alta velocità.
Possibile che non abbiamo capito la lezione? Alle porte del Duemila non siamo più il Consiglio regionale o comunale degli anni '50/ '60 quando avevamo a che fare con un apparato industriale statico, lento nei cambiamenti e nei processi tecnologici.
Il fatto curioso è che le scelte strategiche di questi macrogruppi negli anni '60 hanno fatto ricadere sulla nostra comunità grossi problemi e grossi oneri, quali quelli urbanistici, di trasporta, sociali, a volte senza alcuna possibilità di programmazione. Ed oggi, analogamente, questo processo procede alla rovescia, senza tener conto di quelli che saranno i problemi economici, sociali, territoriali, di trasporto.
Si parla di mobilità di lavoratori che vivono a Verolengo e Chivasso sullo stabilimento di Rivalta. Mi sembra, francamente, un'offesa all'in telligenza e alla dignità di questi lavoratori: credo che qualsiasi cittadino di buon senso comprenda cosa significhi; non parlo del trasporto pubblico, ma anche, semplicemente, del mezzo privato che tra l'altro sarebbe assai oneroso.
Ci troviamo dinnanzi a scelte strategiche come Melfi, la Polonia; noi non siamo contrari ad una politica per il Mezzogiorno, purché sia una politica industriale che valorizzi nuove iniziative, altrimenti le aziende lucrano sui trasferimenti delle imprese dal nord al sud. Da questa situazione la FIAT ci guadagna, e magari penserà anche di guadagnarci nell'area di Chivasso con il mitico polo multifunzionale, per il quale magari chiamerà "di corsa" la Finpiemonte a finanziare, visto il processo in corso! E poi, parliamo di regionalismo: ma quale regionalismo possiamo praticare dinnanzi a questi eventi; ai 4.500 lavoratori, alle loro famiglie, cosa possiamo dire? Che ruolo gioca la Regione Piemonte? Quanto pesa nel regionalismo di cui parliamo da anni e che produce solo ulteriori leggi centralistiche da parte dello Stato? Ricordate gli anni'80? Quando le imprese andavano bene, quando i cavalieri rampanti del lavoro guadagnavano fior di quattrini in Borsa? Ci dicevano: "Fatevi più in là", quando parlavamo di lavorare per offrire servizi reali alle imprese. "Fatevi più in là - rispondevano - siamo noi coloro che possono operare in questo senso".
Abbiamo assistito alla chiusura del Lingotto; abbiamo assistito alla fine del polo siderurgico torinese! A mio parere, questo è avvenuto - oggi ne ho più coscienza e consapevolezza di ieri - anche per l'interesse di rendita urbana intorno all'area del polo siderurgico, e non per problemi squisitamente di politica industriale o di mercato della siderurgia. Erano anni ruggenti, in cui le grandi imprese compravano giornali, investivano in tutto; adesso disinvestono: disinveste la FIAT ne "Il Corriere della Sera" disinveste l'Olivetti da alcune attività non propriamente industriali conquistate negli anni ruggenti. Il prezzo lo facciamo pagare - oggi - alle categorie più deboli, con la mitica sterilizzazione e congelamento della scala mobile, come se questa costituisse elemento decisivo quando anche in settori a relativa alta intensità di lavoro - a detta dell'avv. Agnelli il costo della manodopera incide per il 25%! Siamo ad un'imprenditoria che cerca disperatamente di scaricare, un po' nella finanza e un po' sui lavoratori, le proprie difficoltà e - forse - incapacità di confrontarsi con un mercato globale ed internazionale.
Attualmente siamo in fase di restringimento e all'appello verranno chiamati i prepensionamenti, la cassa integrazione ed interventi vari: ora ci chiamano! Ma non a capire i reali processi! Il Piemonte sta cambiando pelle e contenuti, cambia il suo modello di sviluppo cambia la formazione professionale, cambiano le politiche attive del lavoro, cambia il ruolo della domanda pubblica. Abbiamo una notevole spesa pubblica che potrebbe fare qualcosa.
Ci lamentiamo del fatto che la FIAT assume decisioni unilateralmente.
Prendiamo anche noi decisioni unilaterali, quando veniamo chiamati ad altri appuntamenti, in cui il ruolo del momento pubblico è importante; cerchiamo di abituare le imprese al fatto che esiste un intreccio tra i problemi e che non si può procedere con la logica dei compartimenti stagni.
Stiamo meramente assolvendo alla funzione di notaio; la credibilità delle istituzioni cade, nel gioco al massacro dei grandi interessi economici, di quelli forti, che non hanno bisogno delle assemblee elettive per vedersi rappresentati; gli interessi deboli, al contrario, stentano ad avere tutela dalle stesse. Si rasenta poi il ridicolo in casi come quello di, ieri, all'assemblea degli industriali, dove il rappresentante degli imprenditori di Torino tranquillizza il Sindaco di Torino circa eventuali e legittimi - frutti della dialettica politica - cambi o assestamenti di maggioranza in Consiglio comunale. Non so se la stampa abbia riportato correttamente le varie battute, ma si interloquirebbe con un partito contro il congelamento della scala mobile.
Si considera ormai l'assemblea elettiva come un qualcosa di residuale e marginale, che qualcuno, con bacchetta da maestro, comanda.
I pochi o tanti che nelle assemblee elettive ritengono di essere rappresentanti degli interessi diffusi non faranno passare tranquillamente sulla propria testa situazioni del genere.
Presidente Brizio, non facciamo i notai! Un guizzo d'orgoglio! Cerchiamo di giocare tutte le carte che abbiamo in questo senso; dobbiamo costruire, probabilmente, un nuovo modello di sviluppo del Piemonte: facciamolo non facendo la voce grossa e mostrando le nostre medaglie a coloro che smantellano l'apparato industriale della nostra Regione.
Cerchiamo, nella realtà dei fatti, di dimostrare che siamo sul campo, che possiamo fare qualcosa; rivediamo i nostri strumenti d'intervento.
Probabilmente è un modello in cui la piccola azienda, l'artigianato, le imprese di servizi nel settore tecnologico avanzato devono avere più spazi cambia il modello delle infrastrutture pesanti: bisogna forse pensare a strutture più leggere. Probabilmente dovevamo dire la nostra: è troppo comodo che l'IVECO diventi unicamente sede di montaggio; a Torino si fanno e si montano i componenti e i motori, e poi ci si lamenta che la viabilità è intasata per forzare sulle autostrade, ecc. E' questo un modello sul quale anche l'impre-sa industriale deve pagare le diseconomie esterne che determina con i suoi processi, e non fuggire e scaricare solo al momento pubblico! Rifiutiamo di essere dei notai. Rifiutiamo la parte: "E' inutile andare a sentire la FIAT, l'abbiamo sentita un anno e mezzo fa all'apertura della cassa integrazione, quando ci rassicuravano che si trattava di fatti contingenti, momentanei e così via". Già allora avevamo detto che si trattava di segnali che dovevano essere interpretati come scelte strutturali: Non ci abbiamo creduto in modo adeguato; credo che il risultato sia quello di oggi: chiusure, processi di questo tipo nei quali è sempre più difficile rapportarsi con la comunità che paga. Certo che quella che beneficia è tranquilla. Ma attenzione: non guarderà anche quella comunità che beneficia con maggiore attenzione a queste assemblee elettive.



PRESIDENZA DEL PRESIDENTE SPAGNUOLO



PRESIDENTE

La parola al Consigliere Marengo.



MARENGO Luciano

Signor Presidente, colleghi Consiglieri, alla preoccupazione che avevo la settimana scorsa, quando la FIAT ha comunicato la chiusura degli stabilimenti della Lancia di Chivasso, aggiungo un'ulteriore preoccupazione dopo avere sentito la comunicazione dell'Assessore Cerchio. Mi pare purtroppo, che si stia ripetendo, a distanza di pochi mesi, lo stesso tipo di comunicazione che il Presidente Brizio fece il 26 febbraio alla III Commissione del Consiglio regionale dopo l'incontro con la FIAT.
In quella occasione il Presidente Brizio si disse ottimista rispetto alle comunicazioni della FIAT circa le strategie e gli investimenti. Io ed altri colleghi facemmo delle osservazioni in sede di III Commissione obiettando che c'era da essere tutt'altro che ottimisti, perché la stessa quantità di investimenti che la FIAT proponeva era unicamente ordinaria amministrazione e tutt'al più serviva a mantenere ciò che c'era. Le scelte che si facevano sul piano delle strategie industriali erano troppo stridenti rispetto ad investimenti che nulla avevano a che vedere con la politica industriale del gruppo; erano investimenti soprattutto di ordine finanziario e comunque di diversificazione di investimenti nei confronti ad esempio, dei grandi gruppi alimentari (cose che abbiamo letto allora sui giornali e che poi sono diventate fatti), mentre non si interveniva su diversificazioni produttive quali quelle ferroviarie ed altre. Allora sottolineammo soprattutto quanto fosse difficile pensare ancora, come la FIAT aveva fatto, ad un'aggiuntività di investimenti rispetto allo stabilimento di Melfi nei confronti degli stabilimenti in particolare di Torino. Eravamo già di fronte al fatto che a Desio si interveniva con la chiusura, mentre Arese era in discussione: già allora noi dicemmo che la Lancia di Chivasso - queste erano le voci che correvano - era di fronte a gravi problemi e addirittura indicavamo quali potevano essere le "sostituzioni produttive" che la FIAT aveva in mente; almeno una di queste è stata confermata, quella della vetturetta sportiva (e su questa questione più di merito ci tornerò dopo).
A queste osservazioni il Presidente Brizio rispose che la drammatizzazione era solo una nostra posizione politica, la solita posizione politica distruttiva nei confronti del grande gruppo. Vorrei che il Presidente Brizio avesse avuto ragione per l'interesse e per il bene della popolazione piemontese. I fatti di questi giorni, purtroppo dimostrano la malafede della FIAT che, a domande precise (ad esempio rispetto alla Lancia di Chivasso), sia nei confronti della Giunta regionale sia nei confronti delle Organizzazioni sindacali, rispose che, gli stabilimenti sarebbero stati chiusi probabilmente nel 1996/ 1997 e che comunque prima non si sarebbe parlato di chiusura degli stabilimenti di Chivasso.
Ma insieme alla malafede della FIAT, sottolineo - lo avevo già evidenziato allora - l'incapacità della Giunta o la sua non volontà politica ad analizzare i fatti, ad analizzare i processi, ad analizzare le tendenze, e quindi ad intervenire nei confronti della FIAT con delle richieste precise rispetto alle politiche industriali e anche con delle posizioni politiche un po' più decise, al fine di ottenere la verità e la chiarezza sulle politiche industriali e sulle prospettive del Gruppo.
Ha ragione il collega Tapparo: la Regione non può essere il soggetto che con la FIAT fa le grandi infrastrutture e non chiede nulla sulla sua politica industriale, o perlomeno non ottiene nulla se non delle falsità.
La FIAT ha cercato fino all'ultimo di nascondere l'intenzione di chiudere gli stabilimenti Lancia di Chivasso. Se non ci fosse stata l'indiscrezione sui giornali - capita anche alla FIAT, a volte, che ci sia una fuga di notizie (e meno male che c'è stata questa fuga di notizie!) e che venga utilizzata giustamente anche da parte di alcuni sindacalisti per drammatizzare la situazione, per mettere in chiaro le condizioni e le scelte che stava compiendo la FIAT - e le conseguenti prese di posizione (ad esempio, da parte del Segretario regionale della CGIL del Piemonte su questa questione nella giornata di giovedì), la FIAT avrebbe cercato di avere una gestione di tipo morbido come quella usata con l'Autobianchi di Desio, per cui chiudendo gli stabilimenti avrebbe cercato di spiegare che in realtà non c'era la chiusura degli stabilimenti Lancia di Chivasso perché il tutto avrebbe potuto procedere con gli assorbimenti dei lavoratori, con la mobilità verso altre produzioni, che c'era soltanto un problema di razionalizzazione al suo interno.
Ora, invece, è emersa una cosa drammatica: insieme alla malafede, viene avanti tutta l'incapacità di questo gruppo dirigente della FIAT. E' preoccupante che, a due anni dal discorso di Marentino sul piano della qualità totale, la FIAT non abbia fatto alcun passo in avanti. E' drammatico il fatto che la FIAT a febbraio dica alla Giunta regionale: "Fino al 1997 non si chiude lo stabilimento", e poi due mesi dopo affermi: "Fatti i primi conti, tre mesi dopo, abbiamo deciso di chiudere quello stabilimento perché i costi diventavano troppo pesanti e la cassa integrazione ordinaria, usata settimana per settimana, mese per mese, non rispondeva a quelle esigenze di abbattimento dei costi del 20%". Certo l'unico obiettivo che ha la FIAT è quello di abbattere i costi del 20%. E' questa la situazione drammatica che, anziché portare avanti la politica che la FIAT ha detto di voler portare avanti sul piano della qualità, l'unico obiettivo che si pone è quello dell'abbattimento dei costi del 20 facendolo pesare su due categorie: lavoratori e fornitori.
Di fronte a questa situazione, di fronte a questi fatti, credo che la Giunta abbia dimostrato incapacità e che abbia bisogno davvero di uno scatto di orgoglio, come diceva il collega Tapparo. La situazione rispetto ai 4.500 lavoratori è la seguente: 3.600 operai e circa 900 impiegati, che andranno a zero ore per almeno tre anni a partire dall'1 settembre.
Sul piano degli assorbimenti, siamo di fronte a scelte rispetto alle quali la FIAT sa che prenderà degli impegni che poi non saranno rispettati.
Per quanto riguarda gli stabilimenti di Chivasso, la scelta è quella di occuparne una parte con un Consorzio di carrozzieri che farà lo spider FIAT, un'altra parte con l'indotto e la parte restante con un centro logistico di fornitura di pezzi di ricambio alle aree torinesi.
Degli attuali dipendenti dello stabilimento di Chivasso, la FIAT formula un'ipotesi di assorbimento di 500 lavoratori: c'è un saldo negativo di 4.000 persone circa. Si può ben comprendere che, dovendo fare una trattativa con le parti sociali e giocando sulle quantità, da 500 magari si può arrivare a 600-700, dipende dal tavolo di trattativa.
I primi assorbimenti reali in situazioni produttive della FIAT avverranno a Mirafiori a partire dall'1 settembre 1993, con l'entrata in produzione della Tipo B, ché l'anno successivo entrerà a pieno volume produttivo negli stabilimenti di Melfi. Lo stabilimento di Mirafiori per e lo voglio ricordare perché abbiamo "già visto questo film" contemporaneamente denuncia, già da adesso, il 30% di esubero di forza lavoro alle carrozzerie e il 30% di esubero agli enti centrali quest'ultimo è rappresentato, in gran parte, da impiegati, quadri e tecnici, ma anche da forza lavoro operaia; comunque, la stragrande maggioranza, circa il 90%, è formato da impiegati, quadri e tecnici.
Parlavo di "film già visto", perché questa operazione ricorda molto l'operazione Lingotto. Quando fu decisa la chiusura del Lingotto, fu spiegato che tutti i lavoratori sarebbero stati assorbiti; però, dove avrebbero dovuto essere assorbiti questi lavoratori, ci furono altri esuberi e non fu possibile fare la mobilità. E io credo che a settembre 1993, probabilmente; ci ritroveremo di fronte a questo. La speranza della FIAT è che di questi 4.500 lavoratori, dopo tre anni di cassa integrazione almeno 1'$0%, o comunque una grande parte, trovi un'altra sistemazione. La FIAT, quindi, non assorbirà quasi più nessuno di questi lavoratori, anzi andrà ad ulteriori processi di riduzione della forza lavoro anche in altri stabilimenti.
La gravità di queste scelte, ancor prima che sulle questioni quantitative relative a questo fatto specifico di occupazione che pure ha la drammaticità che dicevo prima, è soprattutto evidente rispetto al fatto ed è su questo che voglio richiamare la Giunta- che siamo di fronte ad un vero e proprio processo di deindustrializzazione del Piemonte.
Ha ragione il rapporto Nomisma quando dice che siamo di fronte al tentativo di desertificazione dal punto di vista industriale del Pie monte. Il quadro che si delinea mi pare assolutamente chiaro rispetto al disimpegno industriale della FIAT in quest'area, perché tutti i processi vanno in questa direzione. E, appunto, sappiamo cosa significhi il disimpegno della FIAT rispetto ad una vocazione industriale del Piemonte tutto questo aggravato dalle posizioni che gli industriali continuano ad avere rispetto ai problemi dell'economia e della produzione.
Come prima ricordava anche Giancarlo Tapparo, il Presidente dell'Unione Industriale di. Torino, ieri, all'assemblea annuale degli industriali, di fronte a questa situazione non ha trovato altro di meglio da dire che "il problema è quello di togliere la scala mobile ai salari dei lavoratori cosa che ha un'incidenza sul costo del lavoro inferiore all'1%".
E questo sarebbe il grande fatto politico, queste sarebbero le grandi scelte di politica industriale che gli industriali torinesi vogliono portare avanti? E noi accettiamo tutto questo? Cioè, accettiamo che domani si apra una trattativa sul costo del lavoro che, anziché andare a fondo delle cause strutturali che pure ci sono, decida che gli unici a pagare siano i lavoratori con il taglio dell'occupazione e con il taglio di quella scala mobile che oggi, peraltro, non ricopre, in termini di indicizzazione neanche più il 40% dei salari dei lavoratori? A questo proposito, io credo sia giusto andare ad una modifica dello strumento della scala mobile attraverso una trattativa che riguardi l'insieme' della struttura del salario. Il dato drammatico, però, è che il Presidente degli industriali, così come il Presidente della Confindustria all'atto del suo insediamento, sia fermo al problema della scala mobile tant'è che ha detto: "I problemi sono: tagliare la sanità, tagliare le pensioni e togliere la scala mobile". Questi sono i problemi dell'Italia per entrare in Europa? L'ex Presidente della Confindustria Pininfarina ha aspettato il giorno dopo la sua uscita dalla Confindustria per dire: "Ci sono 400 licenziamenti nei miei stabilimenti di Torino". Infatti, sempre di sabato è l'annuncio che anche la Pininfarina ridurrà il proprio organico di 400 lavoratori: ha aspettato solo di non essere più il Presidente della Confindustria.
Siamo quindi di fronte ad un chiaro disimpegno industriale della FIAT nei confronti dell'area torinese e piemontese: gli spostamenti al sud e all'est; l'accordo con la Polonia; la ricerca di accordo con la Russia, la Turchia, e via di seguito. Intendiamoci: sono tutte scelte che io ritengo positive, se questo significa l'allarga- mento della base produttiva di un grande gruppo che diventi davvero un grande gruppo internazionale.
Una delle grandi critiche che abbiamo sempre fatto alla FIAT è quella di non avere alleanze internazionali; siamo quindi assoluta mente favorevoli ad un allargamento della base produttiva, ad un allargamento dei mercati e ad un allargamento - per ciò che riguarda il nostro Paese - della base produttiva industriale anche nel Mezzogiorno. Non è però possibile mi avvio alla conclusione - un rilancio, per ciò che riguarda il nostro Paese, un allargamento della base produttiva industriale nelle altre Regioni, se non c'è un processo di reindustrializzazione che riguardi le aree forti, in questo caso Torino e Piemonte.
La FIAT non può dire e noi non possiamo accettare che dica - per noi intendo la Regione, ma in questo caso la Giunta - che comunque il cervello la progettazione rimarranno a Torino, perché il cervello e la progettazione a Torino senza base industriale non hanno futuro. Io dico anche una base industriale nuova, certamente fondata su una produzione di eccellenza che risponda alla forza lavoro qualificata che qui siamo in grado di reperire sempre che, su questo piano, facciamo davvero del sistema di formazione un sistema di formazione di qualità; diversamente, rischiamo di non avere neanche più quella forza lavoro qualificata che occorre per fare delle produzioni di eccellenza.
Ma allora discutiamo a fondo con la FIAT per impegnarla e responsabilizzarla in un processo di reindustrializzazione che possa anche essere di riconversione produttiva, di produzioni di eccellenza, di incontro tra settori diversi (in primo luogo tra il meccanico e l'elettronico), rispetto al quale sia possibile fare delle politiche industriali in grado di rilanciare, non solo nella nostra Regione ma nell'insieme del Paese, una politica industriale in grado di rispondere alle esigenze che abbiamo di fronte.
Per fare questo, credo ci voglia la responsabilizzazione della FIAT, ma per avere questa responsabilizzazione occorre anche che un'istituzione come la Regione faccia il proprio mestiere, il proprio dovere e il proprio lavoro. Certamente le parti sociali si incontreranno, discuteranno miglioreranno magari le quantità di lavoratori che è possibile riassorbire nei diversi punti produttivi; la Regione, però, non può offrire un quadro di riferimento sapendo che oggi il problema non è prioritariamente il mercato del lavoro, e quindi l'intervento assistenziale attraverso gli ammortizzatori sociali, che pure dovranno essere utilizzati a fondo in una fase di ristrutturazione industriale come questa.
Il problema che la Regione ha di fronte è quello di riuscire ad individuare e ad avere idee sulle linee di sviluppo della Regione, e su questa base costringere la FIAT a dire la verità, con estrema chiarezza e trasparenza, sulle sue politiche industriali.



PRESIDENTE

La parola al Consigliere Ferrara.



FERRARA Franco

Una discussione analoga a questa l'avevamo già affrontata in Commissione, quando avevamo avuto un incontro con la FIAT. Diverse volte avevamo già parlato di questi argomenti e si erano prospettate due scuole di pensiero. Una scuola cercava di individuare una situazione non particolarmente drammatica, che lasciava intravedere una forma di ottimismo rispetto alle prospettive del sistema industriale; l'altra scuola di pensiero, invece, riteneva che ci stavamo avviando, per la nostra Regione ad una situazione di estrema gravità, ad una situazione di deindustrializzazione vera e concreta, nei confronti della quale non bisognava e non si potevano proporre i soliti strumenti e la solita cultura che aveva caratterizzato gli anni passati. Nei confronti della crisi emergente occorreva proporre una nuova cultura di sviluppo della nostra Regione.
Il Piemonte si trova di fronte a due crisi grandi, che non sono di breve periodo e che non sono soltanto relative alla FIAT. La prima crisi è la crisi di settore. I settori trainanti del Piemonte sono in crisi strutturale e questo lascia intravedere una tendenza di lungo periodo di gravità del sistema industriale, se non si fanno scelte precise, immediate e concrete.
I settori dell'auto, dell'elettronica e del tessile sono in crisi. E' una crisi vera, dalla quale non si esce con i vecchi metodi. Credo che quanto stiamo vivendo sia una situazione nuova, originale, ma gravissima.
Melfi, la Polonia e la Libia rappresentano i Paesi nuovi nei quali si cerca di collocare la produzione; questa situazione riguarda la FIAT, ma anche l'Olivetti e il settore tessile.
Ricorderà, Presidente, che avevo parlato di una questione Piemonte proprio dicendo queste cose. Lei aveva risposto che il mio era un pessimismo eccessivo, che aveva dei segnali ottimistici, in quanto alcuni Consoli dei Paesi terzi venivano a chiedere di aprire dei Consolati a Torino. Questo era l'elemento che lasciava intravedere momenti di ottimismo. La mia opinione era ed è che nulla di quello che abbiamo di fronte è nuovo; tutto era abbastanza prevedibile. L'ha detto già prima il Consigliere Tapparo che erano cose visibili e denunciabili da tempo, ma erano state anche denunciate da tempo.
A fronte della crisi di settore c'è una seconda crisi di posizione. Il Piemonte si trova in una situazione che, da un certo punto di vista, è positiva, lascia intravedere grandi possibilità, è momento di collegamento dell'Italia verso l'Europa, è un'area che ha una cultura operaia importante, forte, con una grande tradizione. Però si trova intorno a tutta una serie di situazioni che oggettivamente sono migliori: la Valle d'Aosta ha alcune cose in più come la Lombardia, il Mezzogiorno ha dei vantaggi, la Francia e le Regioni che confinano con il Piemonte hanno situazioni di maggior vantaggio rispetto alla nostra Regione. Di queste cose bisogna rendersi conto; cambierà il modello di sviluppo del Piemonte, cambierà il modello perché deve cambiare.
Non faccio il processo alla FIAT, ma non per difendere un ruolo. La FIAT, dopo tanti anni nei quali non ha avuto una strategia, oggi l'ha individuata, ma questa comporta fatalmente delle scelte &questa natura. Non si può pensare che la FIAT non faccia la fabbrica integrata se vuol stare sul mercato dell'auto, ma noi non possiamo pensare che faccia la fabbrica integrata qui a Torino senza attuare le scelte che questo comporta. Quindi credo che la FIAT finalmente abbia individuato una strategia; ho però la sensazione che forse la Regione Piemonte, e più in generale il sistema pubblico, stia navigando un poco a vista. Bisogna capire certe cose; mi rendo conto che la denuncia del costo del lavoro non è decisiva, ma non è affondando un solo problema che si risolve l'intera questione. Sono convinto che il costo del lavoro non sia fondamentale, però se a questo si aggiunge il costo dell'energia, che pure non è fondamentale, ma che è un aggravio al costo del sistema Italia, credo che tutti i problemi debbano essere risolti.
Ma c'è una terza crisi per il Piemonte, ed è la crisi del sistema politico. La mia opinione è che il Piemonte non abbia il peso politico necessario per far valere le proprie ragioni forti, vere e reali nei confronti del governo nazionale. Occorre, se è vero che il Piemonte cambia pelle e modello di sviluppo, come ha detto il collega Tapparo, che anche il sistema politico si renda conto che bisogna cambiare il modo di condurre la politica; forse è anche necessario avere meno pudore rispetto a certe cose come quando si diceva, ad esempio, che non possiamo fare una questione piemontese -. Bisogna rinunciare a certi pudori ed avere con il sistema pubblico nazionale e con il Governo un confronto serio che metta in evidenza queste cose. In ,questa situazione due sono gli atteggiamenti che deve adottare la Giunta, e si tratta di atteggiamenti costruttivi e propositivi.
Non sono d'accordo con il collega Tapparo quando dice che, nel momento in cui viene a contatto con la FIAT per parlare di Lingotto o di altre cose, la Regione deve porre, quasi in termini di ricatto, il problema del sistema produttivo, che non è questo. Non si tratta di porre in termini di ricatto. Le cose devono mutare e la Regione Piemonte ha due momenti propositivi. Quello scatto di orgoglio di cui qualcuno ha parlato lo deve dimostrare per quanto è di sua competenza nel momento in cui andremo ad approvare il bilancio della Regione Piemonte. Il bilancio ha poche risorse e non sarà certamente sufficiente; sarà soltanto di aiuto per risolvere una situazione, ma qualcosa si deve pur fare, e allora deve anche cambiare il modello della propria azione.
Se tutto cambia in Piemonte non credo che l'unica cosa che resti ferma sia il bilancio e quindi le scelte della Regione. Le scelte non possono essere: "Tagliamo tutto del 20%". Se queste fossero le scelte, sarebbero scelte perdenti. Occorre affrontare in modo diverso la politica di supporto all'occupazione, che non può essere - sono d'accordo con quanto ha detto il Consigliere Marengo - una politica assistenziale, ma deve essere di supporto alla crescita del sistema produttivo complessivamente.
Anche io credo che non ci saranno i rientri di questi 4.500 lavoratori della Lancia fra tre anni; sono convinto che non sarà così. Ci saranno soltanto dei rientri, se ci saranno le condizioni, perché nuove occasioni di lavoro si determino al di fuori di queste cose.
Occorre adeguarsi a questo nuovo modello produttivo di eccellenza com'è già stato detto, creando, là dove noi abbiamo competenza (mi riferisco alla formazione professionale) strutture capaci di realizzare le condizioni perché questo modello di eccellenza trovi qui in Piemonte le possibilità ideali per insediarsi.
Non è attraverso altre soluzioni che la Regione può muoversi per quanto è di sua competenza, ma credo debba muoversi anche in un'altra direzione: nei confronti del Governo nazionale. Occorre porre, Presidente Brizio, un problema serio della nostra Regione, senza avere paura di essere umiliati rispetto a questo fatto.
Il Piemonte sta vivendo oggi un processo vero, reale di deindustrializzazione: continuare a negarlo significa essere irresponsabili. Bisogna affrontare questo problema, porlo alle autorità di Governo, sapendo che soltanto le risorse e le capacità a livello nazionale sono tali da creare condizioni per arrestare ed invertire questo processo che sta andando avanti da qualche anno.
Da soli non possiamo farlo; se non ci muoviamo a livello nazionale non si creeranno queste condizioni e allora quel processo di deindustrializzazione, di desertificazione di cui si è parlato andrà avanti e si concretizzerà. Se non facciamo niente, in parte anche noi saremo responsabili.



PRESIDENTE

La parola al Consigliere Vaglio.



VAGLIO Roberto

Data la gravità del momento, credo sia interesse di questo Consiglio privilegiare quelli che sono i nostri compiti e i nostri doveri nei confronti dell'elettorato rispetto a discussioni vuote sull'entità del latte versato.
Oggi dobbiamo prendere atto con grande dispiacere che quanto era facilmente prevedibile già da diversi anni addietro purtroppo si è verificato. L'equazione era ormai praticamente risolta: la FIAT ha fatto scelte che la portano, con grandiosi finanziamenti, ad aprire nuovi stabilimenti altrove, all'estero, al sud; per contro, il mercato è in forte calo e il trend negativo non accenna a diminuire.
Non più tardi di quindici giorni fa, proprio in quest'aula abbiamo discusso della cassa integrazione degli stabilimenti FIAT: cassa integrazione ricorrente, cassa integrazione che mensilmente interessa oltre 30.000 lavoratori per una settimana ed oltre. Ebbene, se l'equazione era di facile risoluzione, se già da tempo si potevano prevedere questi avvenimenti gravissimi per l'occupazione e per l'economia piemontese, io rilevo che le forze politiche sedute in questo Consiglio - ho ascoltato la dichiarazione del collega Ferrara con grande preoccupazione - solo oggi si rendono conto che il Piemonte deve trovare un'altra vocazione.
Io non penso che, a stabilimenti chiusi, con la pressione di migliaia di disoccupati, esista la serenità, la calma, la fantasia di occuparsi della nuova vocazione della nostra Regione, verso quali obiettivi economici e industriali la nostra Regione deve salpare.
Le responsabilità politiche di questo Consiglio sono gravissime; già all'ingresso del nostro Gruppo in Consiglio regionale noi paventavamo che con i finanziamenti degli stabilimenti in Basilicata si potesse verificare una situazione come quella che oggi siamo qui a discutere. Puntualmente la cosa si è verificata; puntualmente la cosa trova la Regione Piemonte e questo, Consiglio impreparati e pronti solo al pianto greco.
Ebbene, io non credo che oggi sia il caso di prolungare le condoglianze oltre il lecito. L'occupazione e la deindustrializzazione del Piemonte sono un fatto compiuto, i cui prodromi erano facilmente visibili già tre-quattro anni fa. Se qualcosa si può ancora fare è una seria valutazione della crisi e la ricerca di una soluzione rapida.
Noi abbiamo timidamente fatto sentire a Roma che il Piemonte ha bisogno di provvedimenti rapidi, urgenti. Abbiamo segnalato molto timidamente, come Regione Piemonte, che, al di là della frontiera, la Francia stava già pensando a possibili provvedimenti per far fronte a ondate di disoccupazione ben più limitate, con un progetto partito per far fronte ai problemi dei lavoratori attualmente impiegati nello sdoganamento delle merci che dal 1993 non avranno più un posto di lavoro; in previsione di questo - ripeto - già dal 1991 la Francia è partita cercando una soluzione.
Il Piemonte, ben sapendo di essere FIAT-dipendente, cioè di dipendere dal punto di vista occupazionale per la gran parte dalla FIAT e dall'indotto FIAT, ben sapendo che gli indirizzi della FIAT erano rivolti altrove, non ha avuto la forza di farsi sentire e di richiedere quei provvedimenti che avrebbero potuto sicuramente non risolvere, ma almeno tamponare la crisi che era latente.
E' con l'amarezza di questa considerazione che vorrei chiudere il mio intervento. Sicuramente la situazione è talmente grave che alla provocazione FIAT bisogna rispondere con una provocazione altrettanto plateale; questo è il senso del nostro ordine del giorno su questo argomento, che comunque verrà più ampiamente illustrato dal mio collega Rabellino.



PRESIDENTE

La parola al Consigliere Marchini.



MARCHINI Sergio

Signor Presidente e colleghi Consiglieri, ringrazio l'Assessore perla puntuale e tempestiva informazione che ha voluto rendere, necessariamente ed oggettivamente incompleta; ci riserviamo quindi di intervenire nuovamente, quando la questione verrà illustrata nei suoi dettagli. Ci sembra peraltro di doverci misurare su alcune delle questioni emerse.
La giornata è sicuramente amara per i cittadini interessati a questo processo. E' una giornata amara per la Regione, per il presente e per il passato. Per il presente, perché per larga parte abbiamo ascoltato in queste ore la ripetizione di una sceneggiata molto provinciale; questo con una certa stizza, perché non siamo soggetti chiamati a partecipare a decisioni o ad essere ammessi per tempo a conoscenza di decisioni rispetto alle quali - sapendo che esiste, per esempio, un istituto che si chiama Borsa - è alquanto difficile capire quando possano essere esternate o meno.
Pensare che un ente possa chiedere alla FIAT, in una Commissione consiliare, possibilmente allargata, possibilmente aperta all'esterno possibilmente alla presenza di funzionari dei Gruppi, di conoscere le strategie di una multinazionale, è veramente fare del provincialismo politico.
Quando si sono allargati i cuori, perché è crollato il muro di Berlino quando abbiamo pianto tutti sugli amici rumeni, polacchi, ungheresi e russi, che entravano finalmente nel grande regno della libertà e del mercato, dovevamo pur capire che eravamo di fronte a fatti epocali fortemente accelerati ed imprevedibili, rispetto ai quali era immaginabile che qualche contraccolpo ne derivasse. Certo, il primo produttore europeo automobilistico, che resta la FIAT, non poteva non immaginare di doversi collocare sullo scenario internazionale. Non so se in termini di tempo la scelta di diventare protagonista dell'est, da parte del gruppo di Corso Marconi, abbia influito sulla decisione che riguarda Chivasso, ma sicuramente non erano decisioni immaginabili anni fa.
Parlare di crisi in fenomeni che hanno tempi lunghi... Non preveggenza di un menage, non ho questa supponenza; mi limito a chiedere e a lamentare che questa Regione nel suo complesso, nella sua storia, non sia diventata protagonista delle vicende piemontesi. Dico nella sua storia, quindi Presidente Brizio - da lei a Calleri. Protagonista, perché - guarda caso noi rimproveriamo al nostro interlocutore di non riconoscerci autorevolezza; ma per rivendicare questa autorevolezza dovremmo esserci dimostrati almeno altrettanto autorevoli rispetto al nostro interlocutore in ordine alle questioni che ci competono. E questo, Ferrara, non tanto nelle questioni marginali. La formazione professionale di questa regione è una concezione di tipo assistenziale, rispetto alla quale il mio ed il tuo partito non hanno fatto abbastanza per recuperare la formazione professionale di una regione a cultura industriale avanzata sostanzialmente, si tratta di riconoscere che il sistema che forma i propri operatori non è un sistema fantasma che nasce a lato.
Però su questo ognuno ha le proprie responsabilità. Temo che registriamo il precipitato storico e politico di vicende internazionali alle quali non riusciamo a porre rimedio, per quello che ci compete. Quando si dice che non entriamo in Europa, che cosa vuol dire? Che non ci inviteranno a qualche riunione? Non è così. Non mi lascio affascinare più di tanto dalle date, dagli schemi, dai trattati. Stare in Europa vuol dire che i nostri operatori possono stare sul mercato e che quindi il sistema della nostra società, dal punto di vista economico, produce intelligenza risorse ed occasioni per cui il nostro sistema economico sta sul mercato.
Fin quando il nostro sistema industriale continuerà a vivere in una realtà in cui abbiamo una moneta forte ma anche a svalutazione forte, il differenziale dell'inflazione rispetto agli altri Paesi ricadrà tutto sul sistema industriale.
Ci siamo già intrattenuti altre volte su questo, ma non si è riflettuto a mio modo di vedere - a sufficienza. Un'inflazione del 5,7% (con una moneta forte) a fronte del 3,5% dell'inflazione tedesca e del 2,7% di quella francese, vuol dire semplicemente che i prodotti del nostro sistema ogni anno perdono di competitività nei termini di 2,5 punti, e non c'è nessun mago di Corso Marconi che sia in grado di rimediare rispetto ad una concorrenza che parte con un vantaggio a priori rappresentato dal differenziale dell'inflazione. La cosa curiosa è che - guarda caso- il debito pubblico attraverso i BOT fa sì che la nostra moneta sia forte.
Questo è il paradosso nel quale viviamo.
Mi chiedo se abbiamo riflettuto, al di là del fatto contingente, sulla circostanza di aver registrato che la nostra è una regione impoverita normalmente, una regione impoverita è anche una regione meno acculturata meno professionalizzata, meno avanzata. Temo che si continui a ragionare su alcuni miti, perché se noi siamo l'ultima regione del nord e Torino è l'ultima città del nord, stando ai dati del 1988, significa che già allora peraltro in piena espansione industriale, si avvertiva il degrado economico, sociale e culturale di sistema del Piemonte. Quindi non è una cosa di oggi. Il privato, l'operatore - abbiamo voluto l'Europa e, la vogliamo a Vladivostok, mi sembra di capire - si muoverà dove troverà le condizioni ottimali per il processo economico del quale si occupa in un certo periodo.
Questa è una realtà rispetto alla quale dobbiamo capire che ci dobbiamo misurare. E' evidente che la politica della qualità e dell'eccellenza che chiediamo agli imprenditori è l'unica loro opzione, perché sul mercato internazionale non ci sono altre allocazioni per l'azienda integrata, alla quale faceva riferimento il collega Ferrara. L'unica possibilità è di collocarsi a maggior vantaggio; l'impresa ha il dovere di andare nella localizzazione a maggior vantaggio, perché se così non fa, si scava la fossa. Si tratta di capire se la Regione in questi vent'anni ha fatto qualcosa per diventare una regione d'eccellenza. No, ha fatto tutto il possibile perché questa regione rimanesse, se mi permettete, come la natura l'ha fatta fino a Cavour, "un culo di sacco".
Una regione che consente che ci vogliano dodici anni per non finire un'autostrada di 50 km è una regione che non fa la sua parte! E' una regione che non interviene in quelle aree a forte provincialismo politico anche se i nostri colleghi torinesi sono bravissimi a disegnare scenari arretrati e provinciali nella loro prospezione, del tutto indifferenti ai processi di modernizzazione.
Citiamo un fatto solo: quale contributo è venuto dal Comune di Torino intendo dire istituzione, compreso il nostro Sindaco, liberale - al tentativo esperito di avviare un dibattito su posizioni diverse, sul significato dell'area metropolitana dove - guarda caso - si trovavano a confronto due filosofie, l'area metropolitana intesa come strumento di modernizzazione del sistema e l'area metropolitana intesa come razionalizzazione del sistema dei servizi? Una città che, in quaranta, non riesce a darsi un Piano regolatore è evidente che non fa le scelte - quello urbanistico è solo il momento finale di una politica - di strategia di innovazione e di modernizzazione di un sistema. Una città nella quale il problema della cultura e della ricerca scientifica è la locazione del Politecnico, qui o lì. Da una parte, perché li si fa prima (e guarda caso c'è già la convenzione in atto); dall'altra, invece, bisogna perdere un anno o due.
Una regione - intendo dire regione-sistema - che impiega dodici anni per realizzare 50 km di autostrada, ma con finanziamenti e procedure straordinarie (perché se non ci fossero stati le procedure e i finanziamenti straordinari dei Mondiali...): siamo veramente alla barzelletta. L'autostrada della Valle Susa doveva essere ultimata nella primavera del 1990, salvo appesantimenti di costi. Dobbiamo renderci conto che se abbiamo perso di autorevolezza rispetto alla società civile nel suo complesso è perché il sistema delle autonomie - come veniva detto dal collega Tapparo - non ha capacità di essere protagonista, anticipatore di scenari che sono alla portata di un'intelligenza mediocre, non di un'intelligenza politica. Dobbiamo capire le necessità conseguenti all'apertura dei mercati e alle possibilità di localizzazioni rispetto alle quali abbiamo deciso tutti.
Gli aiuti a Eltsin che cosa significano? Non significano certo portare del pane di segala, del burro e della marmellata! Significano favorire un insediamento di aziende a forte componente occupazionale dei Paesi dell'est. Questo significa che un sistema, in qualche misura maturo, tende a trasferirsi in aree più appetibili. Ciò nonostante non significa che è finita la storia e soprattutto la storia imprenditoriale e la storia industriale. La storia industriale si misurerà su altri versanti e su altre scenografie.
Ma se siamo l'ultima regione del nord d'Italia, in termini di ricchezza lo dico un po' liberisticamente e non da liberale - e probabilmente la meno culturata, la meno qualificata professionalmente e la meno motivata possiamo immaginare che con questo riusciremo a vincere la concorrenza a livello italiano e a livello europeo rispetto alla costruzione delle condizioni che possono farci sperare che ci sia un futuro per questa regione, nella sua tradizione di area imprenditoriale? Penso di no. E questo vale anche per il rincorrersi della sinistra a Torino, come le pecore quando arriva il temporale: "Mettiamoci tutti insieme, poich abbiamo perso le elezioni". E' così, Presidente Brizio.
Su che progetto, su quale novità, cosa c'è di nuovo nel dibattito torinese? Le procedure per l'approvazione della metropolitana, del passante ferroviario! Che cosa c'è che giustifica una novità di natura politica? Non c'è niente. C'è la voglia di personaggi con barba e senza barba di comparire alla televisione, sui nuovi scenari politici, sui nuovi rapporti più avanzati: "Dobbiamo stare tutti insieme".
Il Comune di Torino deve ancora decidere se entrare in Expo 2000; deve ancora risponderci sulla problematica dell'area metropolitana. Continua a farci credere che l'avvenire del Piemonte dipende da un buco lungo 7 km dove una volta c'era il filobus che poi è stato tolto, su un'arteria disegnata dai Savoia. Ma quando i Savoia hanno disegnato quell'arteria (Corso Francia), su cui noi trecento anni dopo - se riusciamo - facciamo un buco, hanno disegnato una prospettiva: hanno messo da una parte il monumento di una vittoria e dall'altra parte il Castello, che indicava chiaramente dove andava a finire quella strada; duecento anni dopo, Cavour ci ha fatto il buco sotto.
La nostra generazione non riesce neanche a dare il bianco alle cose che sono state fatte; la nostra Regione, che ha tipicamente una cultura scientifica, nel '700 era considerata la Prussia d'Italia. Il fatto che il nostro interlocutore abbia detto cose diverse da quelle che poi ha fatto uso un eufemismo - ci umilia tutti. Ma per sperare di arrivare ad essere interlocutori, rispetto ai quali si parla solo quando è opportuno parlare non quando decidiamo noi, e per dire le cose vere quando queste devono essere oggetto di incontro, penso che, soprattutto a livello regionale Presidente Brizio e colleghi della Giunta, lo scatto d'inventiva vada fatto.
E' il sistema della società civile che si comporta in relazione a come il sistema della politica si è comportato, non viceversa. Sono stati fatti degli esempi: in Francia, non è il privato che ha costruito queste condizioni; nel Veneto, non sono stati i privati che hanno costruito le condizioni per questo tipo di imprenditoria; in Emilia Romagna non hanno leggi speciali. L'Emilia Romagna, il Veneto e la Lombardia non hanno leggi speciali: esiste una diversa vocazione alla moderna imprenditoria. Dobbiamo chiederci perché abbiamo una regione spenta, prima nelle intelligenze e poi nella managerialità.
Quindi, Presidente Brizio, probabilmente prenderemo anche posizioni ufficiali, ma non è consentito che si rimettano in discussione degli equilibri politici rispetto al contingente, perché Torino si occupa del contingente, perché sulle questioni sulle quali ragioniamo, la città di Torino non ha alcun ruolo e potere. E' inutile che qualche segretario, un po' ampolloso, si presenti dicendo che la città di Torino si deve occupare di politica industriale. Ho difficoltà a capire come ce ne occuperemo noi.
Il nostro partito non consentirà alla Regione di essere la discarica della politica torinese, per cui dovremo prenderci i rifiuti delle decisioni altrui. E' necessario che si rivedano i rapporti torinesi, perch è lì che si decide, che si conta, che si pensa. E noi qui - guarda caso siamo una specie di asilo infantile di provinciali o di pensionati anzitempo e subiremo sul piano del contenuto, dei rapporti e delle scelte le scelte della città di Torino integralmente incluse.
Ci sto riflettendo, ma ritengo che prenderò una posizione, come Gruppo chiedendo a lei, Presidente, di farsi carico di garantire a questa istituzione che non sarà residuale rispetto al processo di aggiornamento dei rapporti politici, perché dietro ai rapporti politici ci sono - me lo auguro - delle questioni di merito che non possono essere scaricate alla Regione, ma rispetto alle quali la Regione deve essere protagonista. Se vogliamo essere protagonisti, Presidente Brizio, nei confronti della formazione professionale, il che significa mandare a casa qualche migliaio di persone, bisogna chiamare le cose con il loro nome, non limitarsi a dire che vorremmo avere una diversa formazione professionale. Una diversa formazione professionale significa fare alcune migliaia di disoccupati.
Giustamente, il collega Ferrara ci chiede autorevolezza nei confronti della società civile; facciamo quindi un bilancio rigoroso. Se c'è centralità all'interno del sistema delle autonomie locali, lo possiamo fare. Ma se la Regione continua a rimanere un peduncolo della Regione Torino e quindi questa è la città Piemonte, ho l'impressione che questa autorevolezza diventerà sempre più difficile da costruire. E' quindi abbastanza normale, e non deve scandalizzarci, se i rapporti privilegiati e le grandi decisioni avvengono tra la città di Torino e i livelli politici della città di Torino, mentre da noi vengono manager di grande professionalità e capacità, ma di nessuna rappresentatività del sistema.
Il mio ha voluto essere un intervento che cercava di far comprendere l'amarezza di non essere riuscito, per quanto mi competeva, in questi anni a far sì che l'istituzione regionale fosse centrale rispetto a tali questioni. Non è mai troppo tardi, Presidente Brizio: lei ha capacità sostegno da parte del Consiglio e fiducia da parte delle forze di maggioranza per far sì che questo balletto finisca. Occorre però che sulle grandi questioni tutti quanti si lascino a casa le questioni di parrocchia.



PRESIDENTE

La parola al Consigliere Picchioni.



PICCHIONI Rolando

Inizio con un dato di cronaca: solo quindici giorni fa la Lancia di Chivasso è riuscita a portare a termine una nuova catena di montaggio; si suppone che oggi o domani la stessa verrà smontata per essere allocata a Melfi oppure in qualche stabilimento del sud. Ciò è sorprendente più di ogni altra dichiarazione. La notizia è sicuramente attendibile: mi è stata comunicata dal Sindaco di Chivasso. Al di là di ogni valutazione o commento che potrebbe portare veramente ad un umorismo di bassa lega, ci possiamo domandare, ancora oggi quale sia il valore della programmazione in casa FIAT.
Nel 1990, se ben ricordo, nella lettera agli azionisti, l'avv. Agnelli espresse un diffuso senso di ottimismo rispetto alle future prospettive dell'azienda. Dopo pochi mesi, fummo tutti colti di sorpresa quando i primi provvedimenti di messa in cassa integrazione dovevano essere il preludio non ad una congiuntura a medio termine - si diceva allora che nel 1993 ci sarebbe stata la ripresa - ma ad una crisi, come ricordato stamani ampiamente strutturale.
Non so se Chivasso sia un punto di passaggio o un punto terminale.
Nella crisi mi auguro, naturalmente, che fosse punto terminale di questo processo. E' chiaro però che Chivasso si trova in una situazione estremamente delicata: ben 2.000 dipendenti dello stabilimento - non tutti residenti a Chivasso, ma anche nei dintorni - saranno messi in cassa integrazione, in prepensionamento, in uscite agevolate.
Le previsioni per l'utilizzazione dello stabilimento sono quelle - come è stato ricordato - di una copertura di circa 230 mila metri quadrati sui 330 mila dello stabilimento, con le caratteristiche ricordate. Il problema pertanto è di gravità totale; pregherei la Giunta regionale, per quanto di competenza, e l'Assessorato provinciale al lavoro di tener presente la situazione particolare di Chivasso, che con la deindustrializzazione in atto può fare solo per le sue fonti di lavoro riferimento all'USSL. con 700 dipendenti al Municipio, al piccolo artigianato locale. Si tratta di uno stato di grandissima emergenza.
I segni di Chivasso sono stati i, segni di Arese e di Desio; i segni di una desertificazione ormai incipiente di una deindustrializzazione che si traduce nel preconizzare ciò che sarà il futuro prossimo venturo dell'area torinese e del nostro Piemonte.
Cosa possiamo fare? L'Assessore giustamente ha ricordato gli accordi FIAT-Governo; noi vorremmo che questi potessero portare anche in Piemonte e nella nostra città tutte quelle provvidenze di ordine economico - non si parla ovviamente più di ammortizzatori sociali - di cui oggi usufruisce il sud d'Italia. Mi pare che l'indicatore della disoccupazione - ricordava l'Assessore Cerchio poc'anzi - a Torino sia superiore alla media nazionale.
L'azione politica che dobbiamo fare senza alcuna remora e con grandissima forza, data anche la comunanza della preoccupazione di questa assemblea, è quella di richiedere che gli accordi o perlomeno le provvidenze del Governo per il Meridione d'Italia per le aree depresse, vengano estese anche al Piemonte e a Torino.
Ieri sera mi pare che l'Amministratore delegato della FIAT, in una dichiarazione televisiva, abbia detto che il ridimensionamento della Lancia di Chivasso è un po' il frutto dell'operazione qualità, del prodotto qualità, quasi riconoscendo un automatismo virtuoso tra i pronunciamenti di Marentino di alcuni anni fa e le conseguenze di oggi.
L'avv. Agnelli è stato altrettanto reticente (generalmente è alquanto preciso). Nelle dichiarazioni dell'avv. Agnelli, al di là di quanto ha detto, il Piemonte è parso una variabile; la testa e la camera dei bottoni possono ancora battere in questa città, in quest'area, però, forse, il corpo sarà altrove.
Mi è parso di cogliere una reticenza ulteriore rispetto a quella mancanza di trasparenza e chiarezza che noi, perlomeno come soggetto istituzionale pubblico, desidereremmo avere non solamente in alcune gravi circostanze, ma sempre. D'altra parte, non vorrei che fosse un vizio della Casa. Quando si fa la scalata alla Perrier e non se ne informa nemmeno il proprio partner, cosa possiamo pretendere, noi? Avere comunicazioni non per vie brevi, ma formali, di quanto succede in casa FIAT? Il Consigliere Tapparo ha detto una cosa molto giusta; occorre esprimere, enfatizzare una strategia politica nostra - regionale - nelle trattative con la FIAT. Una strategia politica che significhi un rapporto sistemica con la FIAT, che non può essere quella della foglia di carciofo né quella fornitaci di verità in pillole, in dosi omeopatiche, in modo da metabolizzare tutte le amare verità di' questi tempi.
Il Presidente Brizio e la Presidente Spagnuolo sono stati i promotori di un incontro con i dirigenti IRI, un anno fa. E fu un segno di attenzione particolare nei confronti del Piemonte; in quell'occasione qualcuno di noi non so se per il collega Tapparo, prendendo atto di una correttezza di impostazione, di una sensibilità particolare dell'IRI nei nostri confronti dicemmo: "Prendiamo atto che c'è un senso di attenzione nei confronti dei problemi del Piemonte, contrariamente a quanto si tratta con FIAT perché in FIAT si va a domandare sempre udienza".
So che questa affermazione non piacque alla dirigenza FIAT e so - così mi consta - che come prima reazione il dott. Romiti disse al Presidente della Giunta che anche la dirigenza FIAT sarebbe stata disposta a venire in Regione con tutti i dirigenti per parlare del pianeta FIAT con la Regione Piemonte. Proprio perché questo poteva significare un nuovo modo di collaborare, un nuovo modo di comprendere reciprocamente i propri problemi.
Mi pare che dopo un giorno ci fu subito una telefonata dicendo che l'incontro non lo si poteva fare.
Dico questo perché dalle osservazioni di questa mattina, più ancora del merito, è il metodo che ci offende. E' il metodo dei padroni di casa o dei protagonisti della vita cittadina? E' il metodo di noi soggetti istituzionali forti, oppure di accessori o di variabili ininfluenti nella comunità piemontese? E' un metodo per cui noi probabilmente rifaremo con l'operazione Chivasso ciò che è l'operazione Lingotto. Cerchiamo di fare un piccolo sforzo di fantasia! L'operazione Lingotto che grava sulla città può darsi che domani possa ripetersi in scala minore, per il grande manufatto di Chivasso: Non è - come ha detto l'avv. Agnelli - una fabbrica obsoleta: è una fabbrica del 1960. Per cui la smobilitazione di oggi potrebbe essere domani un'occasione per uno sfruttamento immobiliare dell'azienda.
La storia è la storia che si ripete. Ero ancora amministratore di Chivasso nel 1972 quando noi, primo Comune in Italia, facemmo una convenzione con la Società Lancia. La Lancia fu acquistata dalla FIAT per una lira, dalla proprietà Pesenti. E' vero che c'erano 99 miliardi di deficit (1970), però fu acquistata ad una lira. L'economia di Chivasso era un po' agricola, un po' commerciale,, poco industriale. Ci facemmo tutti parte diligente perché in questa convenzione venissero anche compresi i termini di un accordo di urbanizzazione primaria e secondaria in quei tempi e di questa convenzione si fece garante anche l'allora Ministro del Lavoro Donat Cattin e il Prefetto. Ebbene, a convenzione firmatagli amministratori di Chivasso, il Sindaco e la Giunta vennero accusati di estorsione dall'allora Amministratore delegato Canonica e dovettero subire un processo penale e civile che si concluse in Cassazione con la vittoria del Comune di Chivasso.
Quando feci le mie più dure rimostranze all'allora Amministratore delegato della FIAT, dott. Umberto Agnelli, lui si dimostrò completamente all'oscuro. Il primo impatto in casa FIAT fu certamente traumatico. Poi ci fu una seconda convenzione in cui dobbiamo dire e dobbiamo prendere atto che tra Chivasso e la Lancia si mise a punto una serie di provvidenze, per quanto concerne i trasporti, il depuratore, convenzione che venne totalmente onorata.
Se questo è il nostro passato, la nostra anamnesi, quando si protesta evidentemente si hanno dei sospetti in più rispetto a quelle che dovrebbero essere le normali controversie sul problema del lavoro.
Negli anni '80 non so chi gestì la crisi e vennero espulse tre o quattromila unità dalle fabbriche. Furono gli enti locali? Fu il Comune di Torino? Non so se ci fu la Regione. Ma certamente le sinergie della Regione e degli enti locali possono indicare una cura che può essere efficace.
Altrimenti, se le amministrazioni si muoveranno in ruolo sparso rispetto a questo problema, probabilmente non potranno che assumere una funzione notarile.
Noi DC cercheremo di stare ai fianchi di tutta questa operazione. Per al di là di tutto, la strategia di quello che potrà essere il Piemonte futuro con la crisi dal tessile, all'area elettronica, all'auto, è talmente complessa e difficile che non so quali possibilità ci siano per superare in breve tempo questa situazione. Allora dobbiamo iniziare una vertenza con il nuovo Governo di assoluta risolutezza e fermezza perché la Regione Piemonte, oggi parte del Mezzogiorno d'Italia in termini occupazionali, non può subire un ulteriore attentato all'occupazione e soprattutto alla sua tradizione industriale e alla sua capacità di sviluppo economico.



PRESIDENTE

La parola al Consigliere Rabellino.



RABELLINO Renzo

Il nostro Gruppo ha presentato un ordine del giorno sulle dichiarazioni dell'Assessore Cerchio.
Penso che noi oggi rischiamo di fare quello che abbiamo fatto tantissime volte, troppe volte in questo Consiglio: parlare e parlare e poi in realtà non concludere assolutamente nulla. Noi prendiamo atto che c'è una decisione da parte della FIAT, possiamo sì esprimere tutto quello che vogliamo, la solidarietà, ma in realtà non ne usciamo con nulla di fatto.
Questo ordine del giorno vuole dare una risposta ben precisa ad una provocazione della FIAT, ad un sistema di rapporti che la FIAT ha inteso attivare nei confronti delle istituzioni, e in particolare della Regione.
Penso che la Regione, come ente, debba dare un segnale ben preciso.
Penso anche che i cittadini piemontesi stanno aspettando un segnale preciso da parte della Regione, che non deve essere solo un segnale di solidarietà solo un segnale che prenda atto o che protesti in modo più o meno formale rispetto ad una decisione ormai assunta da parte dell'azienda.
A parte il fatto che, come Gruppo, nei prossimi giorni promuoveremo in modo massiccio questo tipo di campagna, facciamo una proposta ben precisa: che è quella di sensibilizzare la popolazione. Noi non possiamo più accettare questi metodi! Noi intendiamo sensibilizzare la popolazione affinché nel momento in cui va ad acquistare un'autovettura inizi a ragionare su che cosa sta acquistando e privilegi l'acquisto di un'autovettura prodotta nella nostra regione. Solo così possiamo dare un segnale preciso nei confronti déll'azienda circa il fatto che non si accettano più, i metodi che hanno permesso che il Piemonte oggi si avvii verso il fallimento totale, perché questa è la realtà.
Stiamo assistendo, giorno dopo giorno, ad uno stillicidio di aziende troppe volte abbiamo visto l'Assessore Cerchio mettere in scena la sua solita protesta, senza però darci mai nulla di concreto nei confronti della chiusura di tutta una serie di aziende, piccole e medie.
Mi pare che con la Lancia di Chivasso si sia oltrepassato ogni limite.
Se la Regione Piemonte intende ancora assistere passivamente ad una situazione di questo tipo, sarà la Regione Piemonte, cioè questa maggioranza, queste forze politiche ad assumersene la responsabilità. E' anche ora di finirla di fare la solita lamentela, senza però avere nulla di veramente costruttivo in alternativa!.
E' vero, non lo metto in dubbio, i poteri della Regione sono sicuramente limitativi, ma io penso e mi aspetto, a questo punto, proposte alternative da parte della Giunta. Noi siamo disponibilissimi; il nostro ordine del giorno può essere provocatorio fino ad un certo punto, ma sicuramente non lo è nella proposta, almeno così mi pare.
Alla FIAT dobbiamo dare una risposta concreta. In alternativa a questo vorrei avere qualcosa di altrettanto costruttivo e propositivo, iniziando sin da domani una sensibilizzazione nei confronti della gente, della popolazione. Per cui invito veramente la Giunta a proporci un qualcosa; noi siamo disponibilissimi à seguire iniziative e indicazioni. Facciamo però un qualcosa che resti veramente agli atti, non soltanto come documento, cioè come parole buttate al vento, ma veramente come un segnale decisivo, un segnale di una svolta da parte di questa Amministrazione per riprendere un minimo della propria autorevolezza.
Se la Regione non viene regolarmente considerata in questa discussione e qui invito la Giunta a fare un po' di autocritica - molto probabilmente è perché non ha la credibilità sufficiente, e non ha la credibilità sufficiente perché non ha mai dato segnali precisi. A questo punto, noi intendiamo veramente, come forza politica, sensibilizzare il Consiglio regionale in quest'ottica: o continuiamo ad essere una nullità nei confronti delle forze economiche, oppure dobbiamo porci l'obiettivo che le forze economiche prendano in considerazione quello che la Regione come ente dice.



PRESIDENTE

La parola al Consigliere Rossa.



ROSSA Angelo

Prendo la parola per ribadire la netta e ferma posizione già espressa dal collega Tapparo. Il Gruppo socialista nutre una fortissima preoccupazione, che vedo condivisa anche da altri colleghi dei vari Gruppi in ordine alla gravissima situazione che si è determinata negli ultimi giorni con la chiusura dello stabilimento di Chivasso.
Prendo dunque la parola per fare due considerazioni: una di carattere economico, che è quella che tutti quanti hanno già fatto, e una di carattere politico a proposito della credibilità delle forze politiche come diceva poc'anzi il collega Rabellino - e della capacita di influenza della Regione rispetto agli altri poteri.
Di fronte alla situazione economica ed occupazionale, bisogna innanzitutto esprimere, a tutto campo, una ferma e forte solidarietà ai lavoratori; bisogna cioè che questo dibattito si concluda con un messaggio di solidarietà e di forte ed attenta partecipazione della Regione Piemonte ai problemi dei lavoratori che si trovano in una situazione di estrema difficoltà e delicatezza. Credo si debba riaffermare la nostra disponibilità a sostenere tutte le iniziative che i lavoratori, attraverso i loro sindacati, andranno a definire per vedere come dare soluzione a questa situazione.
La seconda questione riguarda una richiesta immediata di incontro che la Regione dovrebbe avere con la dirigenza FIAT per conoscere, non soltanto dalle dichiarazioni giornalistiche, quali sono i progetti, gli intenti che si intendono perseguire. Cioè occorre riprendere il discorso - fatto già dal collega Tapparo e da altri Consiglieri - relativamente alla necessità di svolgere un ruolo più incisivo da parte della Regione nei confronti della FIAT.
Sulle varie questioni, non è un problema di ricatto; nessuno ha intenzioni di questo tipo e nessuno ha parlato di ricatto. Si tratta di un problema di dignità, di trattare con rapporti alla pari; è un problema di rispetto da parte di tutte le forze sociali nei confronti delle loro istituzioni. E' quindi un problema diretto a far sì che l'istituzione possa conoscere quali siano i programmi, perché nel momento in cui il Paese sta attraverso grandi difficoltà di carattere economico, è chiaro che nessuno può permettersi il lusso di agire in modo unilaterale, slegato da un rapporto complessivo. Questo slegamento, questa iniziativa di muoversi unilateralmente non corrisponde allo sforzo che il Paese nel suo insieme dovrà fare.
Il problema è quello di vedere come rivitalizzare un'economia che sta attraversando grandi difficoltà. Da una parte, c'è un problema che riguarda il Piemonte e Torino, nei confronti del quale la FIAT - e la sua dirigenza deve sentirsi interessata poiché dice di volere comunque restare qui, con tutta la struttura direzionale e progettuale, e visto che più volte ha fatto sapere di essere molto interessata alla vita del Piemonte e di Torino; dall'altra parte, c'è un problema di carattere nazionale.
Io so benissimo che la FIAT è una grande azienda multinazionale, con una strategia di carattere mondiale che deve rispondere ai suoi obiettivi però poiché alla fine anche nella dimensione mondiale c'è sempre un punto di riferimento, ebbene, è laddove c'è il punto di riferimento che bisogna andare a realizzare i confronti necessari con i partner o con gli enti che sono in quella dimensione.
Allora, tutte le varie questioni richiamate dai colleghi intervenuti devono trovare un tavolo di incontro dove discuterne secondo una strategia comune e nel rispetto dell'autonomia degli uni e degli altri. Se così non si fa, davvero si indebolisce il sistema democratico, si manifesta soltanto arroganza, si dimostra che in fondo non c'è quel rispetto che ci deve essere. Questa è la seconda cosa che, secondo me, dovrà essere fatta.
Terza cosa. Io sono d'accordo sul fatto che bisogna aprire con il futuro Governo una grossa "questione Piemonte", perché il problema sta diventando estremamente grave per intere zone nel Piemonte; mi riferisco ad esempio, a zone del Piemonte sud, ma ce ne sono anche altre nel Piemonte nord già interessate dall'intervento CEE. Abbiamo cercato di favorire alcune zone e sono già state destinate centinaia di miliardi attraverso il Regolamento CEE che abbiamo recentemente approvato e ribadito con qualche osservazione critica, da parte mia, circa la zona del Verbano Cusio Ossola e in parte la zona della provincia di Torino. A questo punto, l'area di grande difficoltà si allarga anche alle zone del Piemonte sud, alla zona dell'Alessandrino dove lo stato di deindustrializzazione è ormai diffuso in modo preoccupante, e anche alla zona di Chivasso.
Ci sono migliaia di operai che si sentono sospesi nel vuoto senza un futuro. Sono queste le cose che ci preoccupano. Bisogna, quindi, che si apra un discorso con il Governo e si valutino le forme di intervento. I discorsi da fare sono due. Uno relativamente aduna nuova acquisizione di credibilità e di rispetto che la Regione deve ottenere dalle forze sociali quindi in questo caso dalla FIAT come da altre aziende (come, d'altro canto, è stata ricordata l'attenzio-ne prestata dai dirigenti delle Partecipazioni Statali). L'altro è il discorso di un nuovo rapporto da stabilire nella politica generale del Governo per invertire la tendenza per capire meglio cosa significhi chiudere la Lancia di Chivasso, per sapere quali siano i termini e naturalmente per non cadere nuovamente in quelle operazioni molto misere a cui faceva riferimento il collega Picchioni. In questo momento siamo ben lontani dal discorso del Piemonte che vive già nel 2000 come un cuore che pulsa in prospettiva del futuro, se poi tutte le cose si riducono ad operazioni di basso profilo.
Queste sono le questioni per far capire che non si può procedere, che un sistema democratico moderno con centri di potere molto diffusi non pu procedere unilateralmente, pena di cadere nell'anarchia. C'è bisogno di un coordinamento generale, c'è bisogno di portare avanti alcune cose; questo deve essere fatto da tutti, dagli imprenditori come dai lavoratori, dalle forze politiche, se vogliamo realizzare alcuni obiettivi quali quelli di un futuro immediato che si richiama all'Europa di Maastricht, che ci chiamerà a grossi sforzi e sacrifici, che non possono essere fatti pesare solo su una parte, - cioè quella più debole della nazione. Se i sacrifici debbono essere fatti, bisogna che siano fatti dentro un quadro in cui viene salvaguardato il diritto della famiglia è dei lavoratori a vivere a livelli di dignità, seppure dentro una prospettiva globale di sacrifici.
Vi è poi una considerazione di carattere politico. Il Consigliere Ferrara diceva che è necessario dare una riqualificazione ai bilanci.
Però, finché abbiamo una Regione che è rimorchiata, trainata secondo una filosofia, una concezione completamente superata, finché non riusciremo a realizzare una Regione-governo, è chiaro che non potremo fare molto. Il Presidente, con tutta la buona volontà, non potrà fare molto. Allora bisogna vedere cosa possiamo fare. Vorrei pensare a voce alta e dire che siamo in una fase di movimento, di riflessione politica dopo le elezioni credo, quindi, che anche per la Regione Piemontesi ponga il problema di essere una Regione più forte. Abbiamo constatato che sembra essere debole di fronte alle parti sociali forti. Che cos'è che rende debole la Regione Piemonte? La coalizione in sé? L'incapacità? C'è bisogno di una verifica più ampia? Che tipo di passaggio stiamo vedendo di fronte a noi? Queste sono le cose che vorrei dire a voce alta e che, come Gruppo socialista, non mancheremo di dire di fronte alla gravità della situazione che parte come ultimo momento e ultimo elemento negativo dalla Lancia di Chivasso, ma che fa registrare una situazione grave già diffusa in Piemonte.
Rispetto ai problemi grandi che abbiamo di fronte (come quelli che dovremmo vedere fra qualche mese che discendono dà Maastricht), rispetto ai problemi di bilancio che ci porteranno ad assumere nuove responsabilità nei confronti dei cittadini piemontesi, rispetto ai problemi della sanità, il Gruppo socialista pensa che forse è giunto il momento di fare un esame a tutto campo, una verifica attraverso una valutazione della situazione politica con i Gruppi politici, per valutare non tanto i cambiamenti alla luce delle cose che si dicono in Comune a 300 metri da qui, ma per valutare se occorre rafforzare il ruolo politico della Regione e come rafforzarlo facendo questa valutazione con le forze di maggioranza, ma anche con quelle di opposizione.



(Interruzione del Consigliere Marchini)



ROSSA Angelo

Queste sono idee, sono progetti, sono idee che battono sui tempi politici che il Paese e questo Piemonte stanno attraversando, caro collega Marchini. Queste sono idee e intendiamo anche rifuggire dai ribaltamenti semplicistici. La mia opinione è questa, perché altrimenti il Paese finisce sempre per muoversi in una posizione opposta all'altra e viceversa. E' giunto il momento di avere fantasia, di essere in grado di costruire qualche cosa di nuovo, se questo Paese vuole governare una situazione di grandi difficoltà, e se vogliamo realizzare quella democrazia moderna dell'alternativa delle forze che si confrontano.
Vorrei dire ad alta voce che c'è bisogno, e il Gruppo socialista la farà, di una verifica per capire quale sia la debolezza del rapporto con le altre forze, per rafforzare la nostra opposizione, per fare un discorso nuovo che salti le posizioni stereotipate che abbiamo conosciuto finora e si proietti lungo un asse, una prospettiva che faccia uscire il Piemonte dalla stagnazione e ridia credibilità al ruolo politico della Regione trattando alla pari con tutti e chiedendo a tutti il rispetto che deve essere riconosciuto ad una grande Regione con un'importante storia alle spalle.
Daremo un contributo alla realizzazione del Governo nazionale, anche se nessuno fino adesso è in grado di sapere cosa si farà. Credo però, che anche in questo caso sia giunto il momento di realizzare qualche cosa che esca fuori dagli schemi che finora abbiamo conosciuto. Mi adopererò per questo, e alla fine del mese noi socialisti - come già è al corrente signor Presidente - svolgeremo una conferenza programmatica piemontese dalla quale ci auguriamo che, oltre ai temi della ripresa del Piemonte per quanto riguarda il piano economico e le proposte istituzionali, ci si riconduca ad una più forte prospettiva di presenza politica della Regione se vogliamo dare un nuovo volto a quella nuova Regione che non abbiamo ancora conosciuto e che vogliamo sia l'interlocutore per quel processo di sviluppo che desideriamo e al quale crediamo il Piemonte possa aspirare.
Queste sono le considerazioni che desideravo esporre all'interno di un dibattito che parte, purtroppo, da una situazione che non può che preoccupare tutti noi.



PRESIDENTE

Informo il Consiglio che, dal momento che sono state presentate altre richieste di parola, sospendo i lavori per un'ora. Alla ripresa della seduta, interverranno i Consiglieri Bodrero, Giuliano e Rivalta l'Assessore Cerchio e il Presidente della Giunta.
La seduta è tolta.



(La seduta ha termine alle ore 13,40)



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