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Dettaglio seduta n.15 del 16/10/90 - Legislatura n. V - Sedute dal 6 maggio 1990 al 22 aprile 1995

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Argomento:


PRESIDENZA DEL VICEPRESIDENTE MONTABONE



PRESIDENTE

La seduta è aperta.
Comunico che per la seduta pomeridiana hanno chiesto congedo i Consiglieri Maccari, Majorino, Peano, Riba, Segre e Spagnuolo.


Argomento: Problemi del lavoro e della occupazione - Occupazione giovanile - Apprendistato

Comunicazione dell'Assessore Cerchio sulla revoca dei contratti di formazione lavoro


PRESIDENTE

Come convenuto nella riunione dei Capigruppo, il punto 5) dell'o.d.g.
relativo al tracciato dell'elettrodotto Moncenisio-Piossasco viene rimandato essendo necessaria una maggiore verifica di tutto l'oggetto.
Viene rimandato anche il punto 6) relativo ai depositi di scorie radioattive nel Canton Ticino e in Piemonte.
L'Assessore Cerchio mi ha chiesto di rendere una comunicazione al Consiglio regionale in ordine alla revoca dei contratti di formazione lavoro.
CERCHIO, Assessore alla formazione professionale Signor Presidente, colleghi Consiglieri, questo problema riguarda una situazione venuta a crearsi nella realtà piemontese come in altre realtà regionali del centro e nord Italia. Si riferisce alla decisione governativa di bloccare l'approvazione di contratti di formazione lavoro. Come Giunta regionale riteniamo di dovere esprimere, almeno telegraficamente, ma con insistenza, alcune valutazioni in ordine alla decisione di sospendere le autorizzazioni per ulteriori contratti di formazione lavoro di qualsiasi tipo, quindi sia quelli valutati dalla Commissione regionale per l'impiego sia quelli concordati fra le parti sociali. Questo atto rappresenta una preoccupante situazione che ha una ricaduta negativa sul mercato del lavoro piemontese, ma non solo piemontese, anche se in realtà la decisione emersa nei giorni scorsi (fax inviato dal Ministro del Lavoro ai singoli uffici regionali per l'impiego) non fa altro che applicare la direttiva del decreto legge n. 259 del 15 settembre con il quale sostanzialmente si sanzionava l'obbligo per l'anno in corso di non superare il tetto del 75 delle autorizzazioni per i contratti di formazione lavoro approvate nel 1989. In sostanza, per il 1990 si definiva che non potevano essere approvati più del 75% dei contratti di formazione approvati nel 1989.
Devo anche dire che la Commissione regionale per l'impiego, già nei mesi scorsi, aveva espresso all'unanimità di tutte le parti sociali (organizzazioni sindacali, organizzazioni imprenditoriali e rappresentanza della Regione) il proprio dissenso nei confronti di questa decisione.
Decisione che, peraltro, veniva comunicata dal sottoscritto il 2 ottobre in un incontro svoltosi a Roma tra il coordinamento degli Assessori regionali al lavoro e alla formazione professionale e il Sottosegretario al Lavoro on. Grippo. Con tale segnalazione peraltro si chiedevano lumi in ordine a quanto era possibile che si determinasse intorno all'autunno stesso con il raggiungimento della quota del 75% indicata nel periodo precedente.
Già nei mesi scorsi abbiamo espresso un giudizio all'unanimità come Commissione regionale per l'impiego.
Certamente questa decisione non può che essere contraddittoria soprattutto perché si colloca in un periodo particolare: riteniamo che non doveva essere assunta per il momento difficile che viviamo sul piano dell'occupazione. Pur conoscendo tutti i limiti che i contratti di formazione lavoro hanno presentato in questi anni, dobbiamo per riconoscere che al tempo stesso hanno rappresentato il volano per movimentare in qualche misura il mercato del lavoro. Semmai si é questo strumento possa essere applicato appieno. Occorre dire che in Piemonte, nel rapporto comparato fra le decisioni assunte dalla Commissione regionale per l'impiego e le altre realtà regionali in ordine ai contratti di formazione lavoro, questa attenzione viene verificata con una certa puntualità nonostante esistano certe situazioni di difficoltà.
Nei giorni scorsi sono stati espressi da parte delle organizzazioni sindacali e delle organizzazioni imprenditoriali alcuni pronunciamenti.
Anche la Giunta regionale ha espresso la sua preoccupazione e la necessità di una sollecitazione conseguente nei confronti del Governo, perché si addivenga ad un ragionamento correttivo della decisione assunta. Anche perché non esiste, tuttora, una mappa comparata Regione per Regione di quanto in realtà è stata la percentuale fino ad oggi assunta, nonostante alcuni organi di infom1azione abbiano dichiarato che in alcune Regioni era già stato assunto il 100%. Non esiste in realtà una verifica puntuale e precisa.
Alla luce di queste osservazioni devo anche dire che per domani. 17 ottobre, è stata convocata la Commissione regionale per l'impiego, la quale, oltre a prendere atto di questa decisione, non potrà non pronunciarsi in termini di dichiarazione di volontà politica, che ritengo possa essere unitaria, come era stata unitaria la presa di posizione nei mesi scorsi in ordine a questo problema.
Mi sono anche fatto carico, come Assessore al lavoro della Regione Piemonte, di richiedere un coordinamento degli Assessori regionali interessati (che contiamo di realizzare nella giornata di giovedì 18 ottobre). In occasione della presenza di tutti gli Assessori regionali al lavoro e alla fom1azione professionale convocati a Roma per definire il rinnovo del contratto degli operatori della fom1azione professionale (problema che, anche in termini di oneri, creerà non pochi punti interrogativi per il prossimo anno), ho inviato una comunicazione agli stessi Assessori per affrontare in tem1ini unitari la questione in oggetto ed esprimere un pronunciamento allargato con gli Assessori delle altre Regioni interessate.
Ho fatto questa comunicazione giacché il problema ha assunto una dimensione importante e faccio presente che se il Consiglio regionale vorrà non solo esprimere pubblicamente alcune valutazioni, ma anche tradurre questo con un pronunciamento, la Giunta regionale è a disposizione.
Il Gruppo DC ha presentato su questo argomento un'interrogazione urgente in data 15/10/1990. Pertanto la risposta all'interrogazione pu essere qui assorbita, ancorché non messa all'o.d.g. proprio data l'urgenza di esprimerci in termini pubblici su questo argomento.



PRESIDENTE

La parola al Consigliere Marengo.
MARENGO I dati presentati dall'Assessore Cerchio evidenziano come la posizione del Ministro sia sbagliata nei confronti del blocco dei contratti di formazione lavoro. Per la difficile fase economica che stiamo attraversando (secondo le previsioni peggiorerà nei prossimi mesi) con questo blocco dato che siamo al 60% di contratti formazione lavoro a luglio 1989 significa che da qui a fine anno si potranno perdere oltre 10 mila posti di lavoro. Invece sarebbe stato possibile mantenerli con i contratti di formazione lavoro.
Detto questo, è altrettanto evidente come ci siano dei problemi sui contratti di formazione lavoro. Non credo sia accettabile che ci sia la richiesta di ricorso ai contratti di formazione lavoro da parte delle aziende, unicamente per rispam1iare sulla forza lavoro attraverso le agevolazioni date dai contratti di formazione, senza pensare ad una verifica concreta di come sono stati gestiti ed utilizzati i contratti di formazione lavoro. Sicuramente da parte delle aziende piemontesi non sempre c'è stato un utilizzo congruo dei contratti di formazione lavoro. In molte situazioni si sono utilizzati i contratti di lavoro e non i contratti di formazione lavoro, perché la parte formazione o non è stata fatta del tutto o non è stata fatta nei tem1ini previsti nell'ultimo accordo CGIL-CISL-UIL e Confindustria. Infatti la questione della formazione era stata posta in termini forti rispetto all'intervento per dinamizzare la domanda e l'offerta sul mercato del lavoro.
Altro problema è che, stante un certo tipo di utilizzo all'interno delle aziende, ci sono state anche delle possibili discriminazioni rispetto alle conferme dei contratti di formazione lavoro (anche se siamo in una situazione abbastanza felice per ciò che riguarda la nostra regione).
Proprio perché esistono questi problemi sui contratti di formazione lavoro chiedo che ci sia una verifica da parte della Regione, la quale ha competenza diretta, in quanto ha la possibilità di intervenire per verificare la congruità nell'utilizzo dei contratti di formazione lavoro per ciò che riguarda i processi formativi. Ciò che l'Assessore diceva mi pare non sia sufficiente rispetto ad una verifica più concreta della congruità dei processi formativi. Credo occorra impegnare la Giunta in questo senso. Credo inoltre ci sia la necessità che questo Consiglio si pronunci anche con un ordine del giorno, come ha annunciato l'Assessore Cerchio. Condivido questa proposta, intendendola come strumento di decisione di questo Consiglio per chiedere non il blocco, ma un rafforzamento dell'intervento sulla formazione, per impegnarsi a verificare che i contratti di formazione lavoro rispondano alle esigenze di formazione. Credo che soprattutto in questa difficile fase economica questo sarà molto importante. Se riusciremo a spuntarla in questa direzione, ne trarranno vantaggio soprattutto le piccole e medie aziende, che non hanno altre forme di sostegno se non il contratto di formazione lavoro. In questo caso diventa davvero un fatto importante sia rispetto alla formazione, sia rispetto all'utilizzo produttivo all'interno delle aziende stesse. Quindi credo sia opportuno formalizzare la decisione attraverso un ordine del giorno, in modo da rendere pubblica la posizione del Consiglio regionale.



PRESIDENTE

La parola al Consigliere Tapparo.
TAPPARO Signor Presidente, colleghi, sui contratti di formazione lavoro abbiamo dal 1984 una vicenda che merita una riflessione approfondita, perché si giocano, attorno a questo strumento di politica del lavoro, risorse economiche pubbliche notevoli e quindi dobbiamo fare in modo che questo utilizzo sia il migliore possibile.
Nel 1984 questo strumento era stato visto come un volano che potesse far riprendere le assunzioni in una fase estremamente critica. Le imprese hanno tendenzialmente concepito questo strumento come una fiscalizzazione degli oneri sociali, un contratto a termine un periodo di prova più o meno lungo secondo il tipo di contratto, mentre altri settori hanno visto il contratto di formazione lavoro con una forte presenza del momento formativo.
Attorno a questa vicenda (lo si vede anche nelle dispute all'interno della Commissione regionale per l'impiego) non si è mai arrivati ad una posizione comune. Si sono dovute superare per molto tempo certe diffidenze a poter controllare il grado di finalizzazione dei contratti di formazione lavoro, che è uno degli strumenti per evitare l'abuso dell'uso dei contratti di formazione lavoro, abuso che viene più facilmente reso praticabile in alcuni settori del terziario, un po' meno nel settore primario e secondario, ma che tuttavia rischia ancora oggi di essere uno strumento di non corretto utilizzo rispetto alla finalità che ha voluto dare il legislatore.
Ora ci troviamo di fronte ad una posizione del Ministro molto dura molto repentina, che potrebbe però essere una buona occasione per non far riprendere i contratti di formazione lavoro nelle forme, nei modi e nel rituale che hanno sin qui avuto spazio.
Voglio anche dire che il limite di età di 29 anni, nei contratti di formazione lavoro nella nostra regione, è stato uno dei fattori di distorsione all'interno del nostro mercato del lavoro, penalizzando così le fasce di età superiore ai 29 anni.
Credo che un tetto possa essere visto in un'ottica tale da poter in qualche modo recuperare spazi per queste categorie.Forse occorrerebbe un atto di coraggio: pensare a contratti di formazione lavoro per quei settori più esposti a un rapporto di competitività internazionale: pensare soprattutto a quei settori che hanno un riflesso minore sul mercato interno. Per esempio, il terziario ha un riflesso prevalentemente sul mercato interno: un'industria di qualsiasi tipo o il settore primario hanno invece un riflesso di competitività internazionale. Si potrebbe anche pensare un selettore di questo tipo.
Un altro elemento carente, che è apparso nella vicenda dei contratti di formazione lavoro, è stato il contenuto formativo.Tra l'altro il contratto di formazione lavoro è un elemento che in questi anni ha inciso profondamente nell'impianto del nostro sistema di formazione professionale creando alcuni riflessi non sempre positivi. Quindi, c'è il rischio che la fiscalizzazione degli oneri sociali, come viene vissuta da qualcuno non solo sia riduttiva sul contenuto formativo, ma abbia anche un riflesso negativo sulla base formativa che è compito istituzionale della Regione Piemonte.
Se si deve fare un ordine del giorno questo non deve essere di semplice invocazione di ripristino di questo strumento di politica attiva del lavoro, punto e basta: deve essere in qualche modo un'indicazione da parte nostra che sappia cogliere, sottolineare, bollare le contraddizioni che in questi sette anni i contratti di formazione lavoro hanno assommato su se stessi, e quindi avere la capacità e la volontà politica - per parte mia questo è l'orientamento che voglio esprimere - di sottolineare che il ripristino deve cogliere qualche elemento nuovo e, in qualche modo recuperare distorsioni che, specie in alcuni settori del terziario, si sono determinati con l'uso dei contratti di formazione lavoro.



PRESIDENTE

La parola al Consigliere Cavallera.
CAVALLERA Signor Presidente, in questa vicenda, diamo atto alla Giunta di aver agito con la massima tempestività, in particolare all'Assessore Cerchio che è stato preciso e puntuale a raccogliere le osservazioni che venivano dal mondo delle imprese, dalle aziende e anche dal mondo del lavoro.
Ci troviamo di fronte ad una situazione che non è certamente ascrivibile a responsabilità del Ministro del Lavoro. Sappiamo che è in atto una certa manovra economico-finanziaria, per cui sono stati limitati i fondi a disposizione del Ministero e di conseguenza - cosa già nota da mesi questi contratti andavano contenuti nel limite del 75%, come ha ricordato l'Assessore, di quelli stipulati lo scorso anno. Di conseguenza, trascorsi nove mesi, di fronte al presumibile raggiungimento di tale limite, ci troviamo di fronte ad una sospensione, da parte degli uffici del lavoro dell'autorizzazione per la stipulazione di questi contratti. Quello che colpisce, di fronte a problemi così delicati, è il metodo semplicistico e ragionieristico adottato dagli uffici del lavoro. Quindi, bene hanno fatto gli Assessori al lavoro delle Regioni del centro nord, che sono interessate a questo provvedimento, a richiedere anche in questo settore una preventiva concertazione in materia con il Governo.
Non ci troviamo comunque di fronte alla necessità (o perlomeno andrà esaminata) di dover chiedere il ripristino tout court dei contratti di formazione lavoro, perché questi non sono stati completamente aboliti; ci troviamo in una situazione che tende ad un loro contenimento. Ovviamente tutte le volte che si deve operare una svolta, questa va operata seguendo dei criteri obiettivi; giustamente, come hanno detto i colleghi che mi hanno preceduto, si deve tener conto di una scala di priorità che va riferita senz'altro ai settori più carenti o più in crisi dal punto di vista dell'occupazione; si tenga conto di quei settori che hanno approfittato di meno, sotto certi profili, dei contratti di formazione lavoro, cioè di quei settori che non hanno fatto un uso distorto di questa possibilità, che era stata pensata per favorire l'occupazione e la formazione dei giovani, e non tanto per dare un semplice contributo, dal punto di vista finanziario, all'economia aziendale.
Quindi se si intende redigere un documento che da un lato richiami il Governo a una concertazione preventiva con le Regioni che hanno un ruolo importante in materia, e dall'altro dia anche qualche indicazione in ordine ai correttivi da adottare per regolare una materia sulla quale ormai abbiamo, anche in termini storici, tanti dati statistici a disposizione, in questo senso noi diamo la nostra adesione. Nel frattempo abbiamo pensato di presentare un'interpellanza urgente per sentire gli orientamenti della Giunta. Ci riteniamo soddisfatti, soprattutto dal punto di vista della tempestività, della comunicazione dell'Assessore. Poiché i contenuti e le premesse di questa interpellanza riecheggiano in sostanza le cose che abbiamo sentito richiamare anche dagli altri Gruppi, cercheremo di concertare (non so in quale sede, potrebbe essere la Conferenza dei Capigruppo oppure in incontri infomla1i con i Gruppi presenti in Consiglio) un documento che nella prossima seduta potrebbe essere approvato.



PRESIDENTE

La parola all'Assessore Cerchio per una breve replica.
CERCHIO, Assessore alla formazione professionale Non si può non concordare con le osservazioni espresse dai colleghi Consiglieri e non si può non prendere atto che se è vero che la decisione ministeriale è un atto dovuto per quanto precedentemente stabilito, non necessariamente dobbiamo passivamente registrare questo, bensì occorre utilizzare questa accelerazione di valutazione su questi temi come un'occasione per riproporre magari alcune attenzioni in ordine ad alcune priorità. Alcuni colleghi hanno sostenuto che in effetti il rischio di un uso improprio dello strumento del contratto di formazione lavoro per alcune categorie, ad esempio, del terziario o del commerciale in senso professionale (tanto per essere più chiari) c'è stato. Altri, come il collega Marengo, hanno sottolineato l'importanza di un utilizzo più congruo dei contratti di formazione lavoro, e quindi la necessità di una verifica della congruità dei processi formativi. Ancorché - e voglio riprendere quanto ho già detto prima - il rapporto comparato fra la realtà piemontese ed altre realtà premia una certa attenzione che la Commissione regionale per l'impiego del Piemonte ha tenuto in questi anni con un atteggiamento attento e al tempo stesso rigoroso. Lo stesso dibattito articolato che è avvenuto all'interno della Commissione regionale per l'impiego (che è organo istituzionale nel quale sono presenti tutte le parti sociali), e a cui, anche in termini un po' vivaci, faceva riferimento il collega Tapparo sta a dimostrare l'approfondimento che è stato attivato proprio per mettere qua e là dei paletti per evitare un uso non congruo o comunque improprio dell'utilizzo dei contratti di formazione. In particolare in questi ultimi semestri si è verificata una qualificazione di autorizzazione dei contratti di formazione: vi è stato un aumento di soggetti con maggiore scolarità con diploma e anche con laurea (questi ultimi, negli anni precedenti, non erano stati quasi mai utilizzati). Così pure un aumento dell'utilizzo dei contratti di formazione lavoro si è determinato negli ultimi tempi soprattutto nel versante dell'occupazione femminile. Questi sono tutti tasselli che hanno visto più attenta la Commissione regionale per l'impiego.
Devo peraltro dire che all'interno della Commissione regionale per l'impiego, oltre alle rappresentanze sindacali e imprenditoriali, oltre ai Consiglieri di parità e quant'altri soggetti sono presenti, è presente la stessa rappresentanza del Consiglio regionale del Piemonte di maggioranza e di opposizione. Questo ha garantito quella continuità e quel rapporto con l'assemblea legislativa, che ha espresso la sua rappresentanza, e che ha in questi anni sostenuto le tesi che qui sono state riportate dai colleghi.
Detto questo non posso non richiamare quanto il Consigliere Marengo diceva. In effetti alla data consolidata di verifica (luglio 1990) sono stati approvati dalla Commissione regionale per l'impiego 35.887 contratti di formazione lavoro, che rappresentano poco più del 60%. E' comunque immaginabile che da luglio ad oggi (tenendo conto che dal mese di agosto fino al IO settembre non si sono approvati i contratti di formazione) in termini di percentuale si sia superata la quota del 60%, ma certo non si è raggiunto il 100%, come qualche organo di informazione ha inteso annunciare.
Per riconfermare quanto detto all'inizio, devo peraltro dire che proprio alla luce della riunione di domani della Commissione regionale per l'impiego che affronterà questo problema, e in occasione dell'incontro che avverrà il giorno seguente con le altre Regioni interessate, punteremo ad un discorso che non può essere rivolto solo al riferimento territoriale piemontese, giacché il problema è di valenza nazionale, ma è certo che il riferimento all'aspetto regionale piemontese non mancherà, in quanto la mancata approvazione dei contratti di formazione lavoro per il Piemonte comporterà, per proiezione naturale, l'ipotesi che 1012 mila posti di lavoro non verranno ad essere realizzati (quindi, con conseguenti ricadute nel territorio) attraverso questo strumento, che è strumento di movimento all'interno del mercato del lavoro stesso.
La determinazione dei giorni scorsi da parte del Ministero è, in qualche misura, obbligatoriamente generica. Ma questa generica disposizione è, in un autunno difficile, con un percorso in salita e con accelerazione di situazioni sempre più negative sul piano della occupazione, in contraddizione con qualunque logica di sviluppo economico e di funzionamento del mercato del lavoro.
Alla luce di queste osservazioni, la Giunta regionale è a disposizione per affidare all'assemblea (organo legislativo e deliberante in questo caso) la presentazione di un documento tradotto in termini articolati su questi punti, affinché dalla comunicazione e dal dibattito dell'aula consiliare possa scaturire un elemento di confronto con le altre Regioni per trovare un minimo comune denominatore.
Se si è in grado di predisporlo già in questa seduta, la Giunta è ovviamente a disposizione. Se si ritiene, come qualcuno ha proposto, di presentare formalmente un ordine del giorno da approvare nella prossima seduta del Consiglio regionale, anche questa strada può essere accolta. Va tenuto conto di una certa celerità ed urgenza di un pronunciamento.
Comunque, a seconda di quanto sarà espresso domani in sede di Commissione e dopodomani in sede di Coordinamento, il pronunciamento fatto oggi o fra una settimana potrà essere un ulteriore elemento da commentare con gli altri colleghi per poter esprimere una posizione unitaria e possibilmente incidente nel rapporto non solo dialettico, ma anche di decisione, per far riprendere una attività attraverso l'autorizzazione dei contratti di formazione pur con quelle indicazioni prioritarie a cui i colleghi hanno fatto riferimento.


Argomento: Rapporti Regioni - Governo

Esame ordine del giorno n. 14 dei Consiglieri Farassino, Rabellino e Vaglio concernente la manovra fiscale del Governo italiano


PRESIDENTE

Passiamo all'esame dell'ordine del giorno n. 14 presentato dai Consiglieri Farassino, Rabellino e Vaglio, di cui al punto 7) dell'o.d.g.
La parola al Consigliere Rabellino che lo illustra.
RABELLINO Finalmente arriviamo a discutere questo ordine del giorno che era stato presentato il 25 luglio e che si riferiva alla manovra fiscale fatta dal Governo nel mese di luglio. L'insistenza degli ultimi tempi al fine di discutere questo ordine del giorno è dovuta al fatto che in esso si deplora il comportamento del Governo. Purtroppo dovremmo deplorare il comportamento del Governo per tutto quello che è successo dopo, anche se qui bene o male l'avevamo accennato.
Nel mese di luglio tutti avranno seguito l'ennesima farsa fiscale del Governo italiano che andava a differenziare ulteriormente le regioni del nord dalle regioni del sud. Un esempio banalissimo: l'imposta sul gas metano è applicata in modo diverso nelle regioni di serie a), quelle del sud, e nelle regioni di serie b), quelle del nord. E così in molti altri casi, il Governo non è mai stato in grado di spiegare, come sul bollo dell'auto, e su una serie di altre tassazioni. L'aggravante della manovra fiscale del mese di luglio è dovuta dal fatto che quella manovra, che raccattava 6.500 miliardi, non è servita a nulla se non per stanziare, e questo è successo esattamente tre giorni dopo ulteriori finanziamenti per il sud, 6.200 miliardi in tre anni. Se a luglio questo discorso poteva ancora essere accettato, oggi, a fronte dell'ulteriore aggravamento della situazione fiscale ed economica, questo non è più accettabile. In questi giorni (ne abbiamo avuto comunicazione tramite i giornali, ma lo sapevamo già prima) la Regione Piemonte si sta adeguando per applicare nuove tasse regionali per coprire i deficit non tanto della Regione Piemonte, ma causati dal mal governo centralista.
Tanto per ritornare sul discorso dei 900 miliardi (che pare siano 1000 o 1100, non si sa ancora bene), dobbiamo denunciare che questa è una vera e propria truffa, perché il Governo centrale ha già incassato questi soldi perché i lavoratori autonomi hanno già pagato la tassa sulla salute e perché i lavoratori dipendenti le trattenute per la sanità le hanno avute.
Ebbene oggi lo Stato italiano ci dice: il deficit ripagatevelo voi con le 30 lire sul litro della benzina e con l'aumento sul bollo.
Ci spiace vedere che la Regione Piemonte in un'operazione del genere è fra le prime Regioni ad adeguarsi. Allora noi siamo i più stupidi, questa è l'unica definizione che si può dare.
L'ordine del giorno è sicuramente superato, però, anche per una questione di principio, noi chiediamo comunque che venga messo in votazione così com'è stato presentato senza verificare i problemi che stanno sorgendo in questi giorni legati alla legge finanziaria. Su questi avremo tempo di ridiscutere. Chiediamo quindi di votare questo ordine del giorno che è una presa di posizione del Consiglio regionale nei confronti del Governo.



PRESIDENTE

La parola al Consigliere Ferraris.
FERRARIS Signor Presidente, colleghi Consiglieri, la proposta di ordine del giorno n. 14 avanzata dal Gruppo consiliare della Lega Nord presenta un giudizio sulla manovra economica che il Governo ha avviato, al fine di garantire il progressivo risanamento del disavanzo pubblico, ed un giudizio sui rapporti tra aree del nord e del sud e sul metodo con il quale devono essere affrontati, metodo che il Gruppo regionale DC non può accettare.
Nel momento in cui il Governo pone mano alla correzione delle storture che hanno accompagnato, come ovunque al mondo, la costruzione di uno Stato sociale, che peraltro ha contribuito a rendere civile il nostro Paese, ha sottratto alla precarietà ed al rischio milioni di italiani, ha consentito in larghe zone l'avvio di processi di sviluppo economico e di emancipazione sociale. Credo possa essere ascritto, forse alle regole del gioco, ma certamente alle consuetudini della vita politica nazionale, un atteggiamento di polemica, di critica e di ricerca di facile consenso e di fuga dalle decisioni sgradevoli per quanto necessarie.
Noi non condividiamo questo atteggiamento opportunistico e sbrigativo perché le critiche possono essere mosse, e in alcuni casi sono indispensabili, ma sempre devono mirare a migliorare i risultati: sempre devono badare, attraverso l'esercizio della responsabilità, ad elevare la qualità delle soluzioni.
La manovra economica in atto ha come obiettivo immediato ed urgente il contenimento del debito a livelli tali da evitare spinte a nuovi disavanzi ed apre la strada a successivi interventi in grado di modificare strutturalmente le voci più importanti di formazione della spesa pubblica: sanità, previdenza e trasporti in primo luogo.
E' un rientro nell'Europa che ci è richiesto dai Paesi partner della Comunità e che deve passare attraverso l'equità fiscale e la lotta all'evasione, attraverso il taglio di larghe isole di inefficienze, che nella grandiosa ridistribuzione di risorse, si sono create in questi anni in particolar modo negli apparati pubblici, attraverso la lotta alla malavita che in alcune Regioni ha annientato l'azione dello Stato sfruttando le omissioni e purtroppo a volte anche le complicità dei pubblici poteri.
L'affermazione di queste iniziative, che devono essere prioritarie, non può però sottrarci all'accettazione di un'ulteriore valutazione. Dal confronto con le economie e le società degli altri Paesi europei emerge che il livello di benessere del nostro popolo ed il conseguente livello di debito pubblico sono nel complesso superiori ad un normale e corretto rapporto con il prodotto interno lordo. In altre parole, viviamo al di sopra delle nostre possibilità. In un Paese affannato dall'esasperata ricerca del consenso, so che è difficile dire alle famiglie che occorre contenere il livello dei consumi, però questo è, insieme alle iniziative prima citate, la cruda medicina che deve essere proposta ed applicata, ed anche con estrema urgenza.
Mi sembra proprio che le severe proposte del Governo siano improntate non all'incoraggiamento, ma al taglio, almeno parziale, di quegli aspetti di assistenzialismo clientelare, che invece l'ordine del giorno sottolinea e denuncia come rafforzati.
L'evitare la perdita del benessere elevato raggiunto e creare le condizioni per sostenere il fosco quadro economico internazionale, gravato dai rischi di una guerra imminente, l'essere pronti ed attrezzati ai mutamenti dell'Europa unita, nella quale è nato con la nuova Germania un gigante economico dalle dimensioni preoccupanti, sono gli obiettivi che abbiamo ora di fronte. Credo che tutti compiremmo a fondo il nostro dovere se, di fronte agli straordinari mutamenti che si preparano, e ai quali saremo comunque chiamati a contribuire, fossimo in grado di partecipare con l'esercizio congiunto di responsabilità e di proposte positive. In questo spirito condividiamo la difficoltà delle posizioni assunte dal Governo nell'interesse del Paese: in questo senso condividiamo le dolorose responsabilità assunte dalla Giunta regionale di aumenti fiscali sgradevoli, ma indispensabili in gravi carenze di risorse per far quadrare il bilancio regionale.
E' in questo stesso spirito positivo per migliorare l'azione governativa che abbiamo anche concorso nelle scorse settimane a proporre ed approvare in questo Consiglio un ordine del giorno di invito al Governo alla correzione in materia di copertura del disavanzo della spesa sanitaria da parte delle Regioni. L'azione ha avuto ascolto, giacché si è ora mediamente al di sotto del 25% di copertura richiesta di quei disavanzi ed il confronto è ancora aperto.
Nella seduta della scorsa settimana della Conferenza dei Presidenti delle Regioni italiane abbiamo concorso ad una preoccupata critica della severa azione deflattiva del Governo, soprattutto per quella parte improntata ad una chiusura centralistica alle autonomie, ma abbiamo anche avanzato, con un pacchetto organico di proposte, un disegno serio di riforma della finanza regionale per giungere al risanamento della finanza pubblica attraverso una diversa articolazione della spesa e delle entrate e con l'individuazione di centri di responsabilità regionali che snelliscano e limitino l'azione centrale.
E' un disegno centrato sul mantenimento a livello locale di quote e di tributi erariali localmente introitati, ma anche sulla riaffermazione della necessità del riequilibrio tra regioni svantaggiate e favorite sull'accettazione della regionalizzazione dei servizi sanitari in tempi rapidi e con procedure non approssimative, sulla conferma della possibilità di investimenti legati al tasso di crescita del prodotto interno lordo.
Non è stato e non sarà un confronto facile, destinato a scontrarsi con dure inerzie burocratiche e con l'esigenza di fare presto e tanto. Ma è anche l'unico confronto possibile e con prospettive, perché basato sulla riforma dello Stato e del suo pachidermico operare, attraverso un rilancio del regionalismo più autentico, più efficace, più rispettoso dell'unità nazionale e della Costituzione.
Dell'ordine del giorno proposto non accettiamo peraltro anche la logica di contrapposizione tra nord e sud. Il divario tra le due realtà italiane è secolare e, seppure l'azione del Governo abbia saputo nel corso dei decenni far crescere reddito e condizione sociale, il distacco è tuttora forte ed evidente. Di fronte a popolazioni con livelli di reddito cronicamente quasi dimezzato rispetto al nord, non può mancare l'impegno del Governo. Certo, è indispensabile controllare che gli stanziamenti vengano spesi e non cumulati in residui, che vengano spesi bene e non distolti o saccheggiati da azioni malavitose, però è indispensabile che prosegua l'iniziativa del Governo, anzi, diventi più forte, più autorevole proprio in quelle zone dove ci sono stati episodi inquietanti, come nelle zone colpite dal terremoto di dieci anni fa.
La stessa osservazione contenuta nell'ordine del giorno relativa all'imposta sul metano è vista in una logica deformata. La differenza decisa con gli strumenti della leva fiscale, ha l'obiettivo di incentivare al sud l'utilizzo di metano, disponibile in quantità abbondanti provenienti dalla vicina Algeria. E' un obiettivo della politica energetica nazionale che consente un più equilibrato e redditizio utilizzo delle risorse energetiche, con un pieno sfruttamento di contratti stipulati, con la riduzione della dipendenza dal petrolio. Non si può ignorare, di certo, che molte cose non funzionano in alcune parti del Paese, come già ho avuto modo di ricordare, ma non accettiamo la sollecitazione delle divisioni nazionali e l'egoismo delle realtà più sviluppate.
I dati concordi della contabilità pubblica e degli istituti di ricerca riconfermano che il nord spende più risorse, perché lo Stato è presente e pur con le lentezze esasperanti di cui tutti soffriamo, è operante. Questo è il vero problema del sud, e peraltro dell'Italia: rendere operante lo Stato, e ancor meglio - come ben ci ricorda in questi giorni Romano Prodi rendere operanti le autonomie locali che costituiscono l'unica seria prospettiva di rifondazione civile di molte comunità, e l'unico fondamento affidabile di ricostruzione democratica.
L'edificazione di questa riforma per chi vuole la crescita unitaria di tutto il Paese non passa attraverso il populistico lamento sul nord sfruttato o attraverso il facile consenso che si può raccogliere citando le delusioni, spesso legittime, dei cittadini, ma che sono talora anche il frutto di una esasperata ed egocentrica concezione dei propri presunti diritti e dell'indisponibilità a rinunciare a privilegi e consumi troppo spesso superflui ed urtanti.
L'azione positiva che abbiamo di fronte è quindi l'impegno a far sì che il Parlamento ed il Governo non prendano atto con rassegnazione delle differenze esistenti e delle carenze di Stato, ma mettano in opera quelle azioni di riequilibrio che passano attraverso la giustizia sociale, la sconfitta della criminalità, l'introduzione della responsabilità e della trasparenza nella pubblica amministrazione. E' certamente un'azione forte che richiede partiti ed istituzioni rinnovate e più credibili all'opinione pubblica.
Il dibattito che si sta sviluppando sull'attuazione di interessanti riforme, previste dalle leggi 142 e 241, che cambieranno il volto delle autonomie locali, la riconsiderazione del ruolo delle Regioni, tornato di forte attualità, la crescente riconquista da parte degli enti locali di spazi di autonomia impositiva, e quindi di maggior responsabilità sono indicazioni per un itinerario sufficientemente solido ed interessante che pone le basi di riforma dello Stato, attraverso quell'articolazione istituzionale, segnata dal ruolo essenziale delle autonomie, e quindi delle Regioni, alla formazione del quale il mio partito ha offerto un contributo essenziale facendone anzi, anche in tempi più duri, una ragione di identità politica.
Sono convinto che anche il Consiglio regionale del Piemonte saprà rispondere totalmente a questo impegno di riforma, se saprà dimostrare anche qui di aver reso più forte il ruolo dei pubblici poteri, di averne migliorato l'efficienza, di aver avviato opere e servizi necessari ad una realtà moderna, di aver difeso con la legittima esigenza di autonomia e di identità culturali le buone ragioni del Piemonte, ma sempre nello spirito di collaborazione nazionale. Oggi il Piemonte non sarebbe quello che è senza l'aiuto degli altri italiani: così come il resto d'Italia ha potuto beneficiare del nostro contributo.
Sono certo che la Giunta e il Consiglio sapranno interpretare le novità che si richiedono e le scelte che si rendono necessarie in una grande tensione di rinnovamento regionalistico e nazionale, facendo sì che anche il Piemonte concorra, come è in grado di fare, a questo sforzo di crescita civile e democratica.
Con queste motivazioni e con questa volontà il Gruppo DC voterà contro l'ordine del giorno proposto dal Gruppo della Lega Nord.



PRESIDENTE

La parola al Consigliere Zacchera.
ZACCHERA Signor Presidente, dissento dal collega che mi ha preceduto in quanto andando nei dettagli, devo esprimere un certo interesse per questo ordine del giorno, non tanto per quanto vi è scritto (perché è del tutto marginale l'imposta sul metano), quanto perché è un tentativo, che io apprezzo, di portare in quest'aula una volta di più il discorso del sistema fiscale oggi vigente in Italia.
Il problema va visto da due punti di vista, un giudizio sulla manovra fiscale del Governo e una valutazione specifica su questa imposta che, per quanto riguarda il metano, viene applicata con due prezzi differenti.
L'altro giorno Radio radicale, che ascolto volentieri perché ha il buon vezzo di lasciar parlare tutti e di non interrompere, informava di una seduta della Commissione d'indagine, presieduta dal democristiano on.
Scalfaro (della mia Provincia), sulle vicende del terremoto. Invito il collega democristiano che è intervenuto poco fa, a riascoltare quel pezzo di trasmissione, perché sembra impossibile che in un Paese, che si definisce democratico e tutto quello che lui ha appena finito di dire sussistano quelle cose. A parlare erano i Sindaci del suo stesso partito che spiegavano come la camorra legata alla politica, anzi, intessuta di politica, si sia bellamente mangiata qualcosa come circa 56 mila miliardi nell'ambito delle aree terremotate.
Non trovo corretto che non si abbia mai il coraggio di denunciare questo filo non solo doppio, ma triplo, quadruplo tra la gestione clientelare, soprattutto in una certa parte d'Italia, e la manovra fiscale.
Sono 14 anni che ogni anno, dall'inizio di agosto a fine ottobre, viene preparata una manovra fiscale. La manovra fiscale sostanzialmente ogni anno si traduce in un aumento delle imposte indirette, quindi di tutte le varie tasse di concessione governative, per arrivare a dimostrare sempre e di più che lo Stato è incapace di lavorare seriamente sul fronte delle imposte dirette, e che cerca di chiudere i buchi, dove ci riesce, aumentandole.
Lasciamo perdere il discorso se sia giusto o se sia sbagliato, secondo me è sbagliato. Si va avanti ormai da una infinità di anni con delle manovre tampone che non risolvono niente, soprattutto perché manca il coraggio di affrontare il fronte della spesa. E' troppo facile dire che per risparmiare si tagliano gli investimenti: non c'è mai alcun serio, concreto intervento specialmente nelle Regioni del sud Italia, sul fronte della spesa corrente.
Non solo, ma ogni volta che anche in quest'aula - e l'ho visto in questi mesi - si arriva concretamente a proporre riduzioni di spesa corrente o perlomeno indagini per vedere perché succedono queste cose, vedo che regolarmente si scansa da questo discorso.
La Repubblica di oggi titola "Scandalo USSL. ex funzionario dovrà raccontare"; e poi: "Ci piacerebbe sapere quali erano i partiti politici che hanno permesso a tale Pasquale Valente, ex impiegato di banca, ex dattilografo dell'Ospedale M. Vittoria, di diventare il potente capo dei servizi ispettivi della Regione Piemonte, incarico che gli consentiva di controllare, tra gli altri, anche i due centri di prestazioni sanitarie di cui era amministratore".
Questo per dire che la cattiva amministrazione c'è al nord come al sud e che questo sistema è organizzato, condotto e diretto, per cui specialmente in alcune zone d'Italia, non ci sia assolutamente un controllo leale della spesa, e tutto è fatto soltanto in funzione di determinate spese. L'on. Misasi queste cose le sa benissimo, come lo sanno tantissimi Ministri e Sottosegretari di quelle regioni d'Italia, che hanno programmato, magari obbligati anche a loro volta, l'organizzazione stessa dello Stato soltanto in termini di sperperi.
Qui c'è forse una differenziazione tra me e la Lega Nord. Non dimentichiamo la differenza abissale tra la classe politica e gli amministrati del sud Italia, perché è vero che il popolo - mi permetto di chiamarlo così per intenderci - sta peggio al sud che al nord, perch soltanto le briciole di enormi investimenti arrivano di fatto a inserirsi nel sistema. Quanti si fermano per strada e quanti vengono riciclati? Non è giusto che imputiate a me di essere leggero o demagogico e che poi non ci sia mai a livello di nazione a livello di Regione, a livello di enti locali un tentativo serio di intervenire sul fronte delle spese. Non si vuole mai andare in fondo! Insomma, perché va in galera un centesimo, un millesimo dei responsabili? Perché il sistema è organizzato per cui non debba comunque imporre un controllo, eliminando il calunniatore se non è vero, ma andando a fondo? Non potete pretendere che i Partiti di opposizione si trasformino in tanti questurini, quando la stessa Magistratura è pesantissimamente inquinata in tantissime regioni d'Italia, e non si riesce ad avere una risposta. Quanti esposti vengono depositati alla Magistratura e poi non vanno avanti perché gli uffici non funzionano o perché tante volte non si vuole che vadano avanti? Della manovra fiscale del Governo avremo modo di riparlare nei prossimi mesi; secondo me però è una manovra abborracciata, senza la serena e consapevole volontà di far funzionare lo Stato. A coloro che dirigono questo Stato va benissimo che le cose vadano avanti così, altrimenti non sarebbero al potere da 40 anni e più. Tanto è vero che, secondo me arrivando all'ipotesi di affidare tre Regioni d'Italia direttamente all'amministrazione della mafia e della camorra, molto probabilmente ci sarebbero meno morti e funzionerebbe meglio lo Stato. E' un'assurdità, ma questo dubbio viene a tutti noi guardando il bollettino di guerra dei morti ammazzati tutti i giorni.
Tornando all'ordine del giorno, non so se mi asterrò o se voterò a favore. Forse è un po' misero per poter esprimere un serio giudizio sulla manovra fiscale del Governo. Di questo ordine del giorno però apprezzo un sentimento che tutte le persone oneste e di buona volontà in tutte le Regioni d'Italia sentono per il non funzionamento dello Stato e per l'ingiustizia del vedere aiutato, in senso negativo, il sud Italia. Credo che nessuno di noi sarebbe contrario ad aiutare il sud in tutte le maniere ma quando si vede una, due, dieci, cento volte che il pozzo senza fondo della finanza pubblica è regolarmente un colabrodo e che alla fine non resta più niente, io stesso mi chiedo perché si debba continuare ad insistere in questa maniera, senza avere un controllo a fondo.
Chiudo con un dato. Il peso fiscale in questa Repubblica in vent'anni è passato dal 26% al 38.6%. Siamo a livelli norvegesi, ma i servizi sociali in Norvegia funzionano ben meglio che a Napoli come purtroppo anche a Torino. Allora è necessario uno sforzo da parte della Regione - l'ho già detto altre volte e continuerò a ripeterlo per cinque anni, finche potr farlo - il tentativo, la volontà di misurare la vostra capacità di eliminare lo sperpero, di limitare lo sperpero, di denunciare lo sperpero ovunque sia possibile. In questo chiamo i colleghi della Lega Nord, oltre a tutti gli altri colleghi di qualsiasi Partito politico. O si ha il coraggio di intervenire, tagliando senza pietà dove si può tagliare o altrimenti non ne veniamo fuori. E' estremamente importante e positivo che questo ordine del giorno sollevi il problema.



PRESIDENTE

Ha chiesto la parola il Consigliere Tapparo. Ne ha facoltà.
TAPPARO Signor Presidente, colleghi Consiglieri, l'ordine del giorno che il Gruppo della Lega Nord ha portato in quest'aula ci chiede di affrontare un tema importante su cui occorre impegnarsi profondamente e al quale ci siamo già accostati nelle sedute passate. Probabilmente in questa legislatura sul piano finanziario, dovremo andare a delle ridefinizioni profonde. Siamo a un difficile passaggio perché il nostro Paese, ma non è il solo, si trova di fronte a problemi rilevanti. Voglio solo sottolineare che non sappiamo quali effetti potranno avere sui nostri conti economici le vicende mediorientali, il ruolo della Germania unificata (che avrà certamente un peso e un ruolo ancora maggiore nell'Europa), gli accordi di commercio internazionale, le trattative del GATT potrebbero aprire il nostro mercato.
Si parla del 1997 per quanto riguarda la liberalizzazione del mercato dell'auto con riflessi, per questo tipo di prodotto e per altri, che ci saranno in questi accordi internazionali decisivi anche per il nostro Piemonte e l'area metropolitana torinese. Viviamo la fase calante del ciclo economico di alcune tradizionali locomotive del sistema occidentale: gli Stati Uniti, la ripresa dell'inflazione, i riflessi della graduale chiusura della CEE nei confronti dell'agricoltura, la progressiva internazionalizzazione della nostra economia. Tutti fattori che rendono difficile, oggi, la manovra di risanamento di un debito pubblico accumulatosi in decenni. Certamente oggi esiste un limite a questa manovra salvo che non si voglia fermare per un anno la distribuzione del reddito nel Paese e dedicarlo tutto all'appianamento del debito pubblico, cosa ovviamente impensabile. Ritengo che la manovra che il Governo sta avviando sia una manovra complessa. E lo sarebbe per tutti. Se Farassino fosse Ministro delle Finanze avrebbe anche lui delle difficoltà dinnanzi ai vincoli non solo di natura interna, ma anche a quelli non risolvibili dall'oggi al domani, trattandosi di processi complessi, penso ai problemi dello Stato sociale.
Credo che il limite della manovra del Governo sia quello di non avere un respiro complessivo che salda il problema del risanamento e del rientro del debito con un nuovo atteggiamento delle politiche sociali, del lavoro e degli investimenti. Respiro che non collega il discorso dell'efficienza del pubblico, che non è solo - come diceva il collega Zacchera - lo sperpero non è semplicemente - come diceva il collega della Lega Nord - la buona amministrazione. Efficienza vuol dire saper finalizzare la spesa pubblica cercando di prevedere i riflessi e le ricadute che può determinare significa un maggiore ruolo della programmazione nell'operatività del pubblico, una attenta politica alla priorità che si deve dare agli investimenti.
Sul Mezzogiorno, che è un po' il cavallo di battaglia della Lega Nord ritengo che il problema non tocchi tanto l'aspetto quantitativo delle risorse che vengono portate a quelle zone. La CEE, del resto, ha scelto in modo accorto la priorità delle scelte di spesa rispetto alle aree deboli dell'Europa, rispetto alla Scozia e al Galles, rispetto alla Vallonia nel Belgio, rispetto al Midi francese, rispetto a larghe regioni del Portogallo e della Spagna, rispetto alla Grecia intera. Evidentemente c'è la sensibilità che non dimostra solo solidarietà, ma dimostra anche la consapevolezza che un'economia non omogenea è un'economia che danneggia anche le aree forti. Una realtà debole e squilibrata, è una realtà che dà effetti indotti negativi anche alle realtà forti. Quindi non è tanto un problema di quantità, ma è un problema di qualità della spesa nel Mezzogiorno. Siamo passati dagli anni '50, dalle cattedrali nel deserto, a modalità di spesa, oggi, che, ahimè, così come sono strutturate favoriscono anche distorsioni e l'inserimento della malavita organizzata nella gestione oppure nell'utilizzo dei frutti di questo tipo di spesa. Ed è proprio su questa qualità che non riesce a emergere nel Mezzogiorno un tessuto di imprenditorialità minore. Lo vediamo, per esempio nell'informatica: le grandi case produttrici di informatica considerano il sud dell'Italia il mercato di questi anni. Al nord c'è oculatezza, al sud essendoci grandi disponibilità di risorse, specie nelle partecipazioni statali (ma non solo), si possono sbolognare una grande quantità di computer. Questo è anche il segno, non tanto che non ci sia il bisogno di questi strumenti, ma della mancanza di capacità critica nel rapportarsi con il mercato, con l'aggressività delle grandi potenze economiche, che certamente hanno delle funzioni marketing e anche delle lobby di sostegno estremamente sofisticate.
Anche in merito allo stato sociale dobbiamo capirci. Quando parliamo di politica della casa (la Lega Nord è sensibile a questa politica), sappiamo che è una delle componenti cardine della politica sociale che ha uno dei costi maggiori nel bilancio pubblico. Anche in questo senso dobbiamo calibrare perfettamente gli interventi non svendendo gli obblighi del pubblico nello stato sociale, nella sanità, nella previdenza, nei trasporti e nella casa.
Il collega Ferraris diceva che viviamo al di sopra delle nostre possibilità, io direi che una parte dell'Italia vive molto al di sopra delle proprie possibilità, ma un'altra parte vive al di sotto dei bisogni normali di una società civile. Questo processo di diseguaglianza si sta amplificando nella nostra società: una società che i sociologi chiamano dei due/terzi: il 66% del Paese è forte e capace di stare con la stessa velocità dei grandi processi di trasformazione e la rimanente parte è debole, arranca, resta sempre più in ritardo ed è poi vittima dei processi chiamati volgarmente di "consumismo", di stimoli a consumi distorti (che evidentemente colpiscono meglio le categorie più deboli, meno strutturate culturalmente a rapportarsi con l'aggressività dei mercati e dei prodotti).
C'è un limite che dobbiamo incoraggiare in quest'aula, Assessore al bilancio. Noi dobbiamo dire che possiamo caricare la comunità piemontese di oneri aggiuntivi se c'è contestualmente un preciso segno di redistribuzione del prelievo fiscale, cioè che si diano a livello locale quote di tributi erariali qui introitati. Ma sottolineo che ci deve essere per la nostra comunità la visibilità chiara che questo è un elemento quasi contestuale.
Altrimenti facciamo autogol. Altrimenti possiamo andare a parlare di autonomia regionale in una stanza e nell'altra dire l'aspetto completamente opposto: almeno, così lo leggerebbe la nostra comunità, così lo leggerebbe l'opinione pubblica. E' inutile che facciamo delle cose di facciata sull'autonomismo regionale se poi non sappiamo incatenare il Governo incatenare noi, se è il caso di protestare in questo modo, di fronte alla richiesta che una riforma dell'autonomia fiscale non è quella aggiuntiva ma è quella redistributiva: quella aggiuntiva è un falso scopo, è una distorsione, è un autogol per le Regioni. È il trionfo del centralismo statalistico. è il modo peggiore di giocare una partita. E anche sulla scorciatoia, che è l'unico aspetto di visione sistemica che la manovra del Governo indica, quella dell'utilizzo della vendita di una parte del patrimonio pubblico sia delle imprese pubbliche che di quelle demaniali, si può segnare un elemento negativo. In primo luogo, se una vendita del patrimonio produttivo pubblico non viene fatta in modo oculato, si corre il rischio che vadano ad acquistare quel patrimonio coloro che hanno beneficiato dei finanziamenti pubblici dati in questi anni. Magari anche con i contratti di formazione lavoro usati in modo dovizioso. Questo è un paradosso. Dall'altra parte però dobbiamo anche sapere che la vendita di parti del nostro patrimonio non sarebbe comunque una scelta risolutiva.
Risolveremo solo 1'1% del problema. Occorre riflettere se vale la pena che una famiglia venda l'armadio di casa per risolvere 1'1% del suo deficit. Mi sembrerebbe una scelta paradossale. Quella famiglia sbaglierebbe e credo che si terrebbe l'armadio anche se lo usa solo per riporvi i palloni dei bambini.
Dinnanzi a questo processo, ben venga un ruolo delle autonomie locali della Regione. Non si tratta né di localismo né di egoismo di questa comunità, perché ci vogliono sia uno Stato sia una Comunità Economica Europea che abbiano una mano forte e programmata nel far valere la solidarietà tra aree forti e aree deboli (solidarietà che non sia spreco ovviamente). Quindi, non il localismo, ma l'autonomia regionale come capacità di far rendere di più i processi economici, culturali e sociali delle singole comunità che hanno delle specificità loro proprie.
In questo senso, pur considerando positivo lo stimolo che arriva dall'ordine del giorno che i colleghi della Lega Nord hanno posto all'attenzione del Consiglio, il Gruppo socialista non lo può accettare per il manicheismo che c'è all'interno della loro proposta, e ribadisce che attorno al tema del risanamento del debito pubblico, che ci tocca da vicino, occorra avere una visione generale sistemica e non pensare che si possa fare questa operazione a compartimenti stagni.



PRESIDENTE

La parola al Consigliere Farassino.
FARASSINO Signor Presidenti, colleghi Consiglieri, voglio fare una replica tanto per non apparire sprovveduti. Non pensavamo affatto di scatenare un simpatico ed interessante dibattito sul nostro modesto ordine del giorno che invece si è tramutato in un'analisi sulle situazioni fallimentari dello Stato italiano andando a toccare i temi della manovra finanziaria.
Innanzitutto vorrei allontanare da noi queste neanche troppo velate ombre di accuse - ovviamente sempre razziste - sul discorso del rapporto tra nord e sud, che sicuramente noi non abbiamo mai voluto toccare: semplicemente facevamo un conto con il pallottoliere, perché se una richiesta del Governo porta nelle sue casse 6.500 miliardi e tre giorni dopo ci dicono che spendono 6.300 miliardi per dare un nuovo finanziamento all'Irpinia mi sembra un ragionamento logico da fare. Noi non siamo per la contrapposizione dei popoli tra nord e sud, tant'è vero che ieri eravamo alla testa di giuste rivendicazioni per la casa da parte di cittadini per lo più appartenenti all'etnia meridionale che risiedono da tanti anni in Piemonte.
Vorrei contestare un'altra cosa, tanto per fare chiarezza: è chiaro che il nord spende di più perché lo Stato qui è presente, ma non è sicuramente colpa nostra se nelle famigerate tre Regioni del sud (Sicilia, Calabria e Campania) lo Stato di diritto è assente per lasciare lo spazio al potere alternativo di mafia, 'ndrangheta e camorra. Ma dato che siamo stati tirati e ringrazio il collega Zacchera per avere condiviso in parte il nostro ordine del giorno - sulle manovre finanziarie, sulla necessità di portare delle cose più concrete in questo consesso, ossia poiché siamo stati sollecitati a far vedere che non siamo solo delle persone che usano la polemica per portare avanti un discorso che mette in contrapposizione le popolazioni, vogliamo dire che le cose le sappiamo anche noi, perché non siamo degli sprovveduti. Tant'è vero che, prevedendo un tipo di dibattito come questo, mi ero preparato un intervento per far capire che anche noi siamo al corrente, per esempio, che le misure finanziarie, che sono state testò decise dal Governo e che nei loro commenti vari Ministri e vari uomini politici in questo stesso consesso si sforzano di far passare per una manovra coerente finalizzata ad obiettivi di stabilità, costituiscono in realtà questo dobbiamo dirlo in tutta franchezza un'ennesima torchiata o trombata fiscale e contributiva in tutto simile a quelle cui lo Stato fa ricorso con cadenza ormai annuale per dare brevi attimi di sollievo ad una finanza pubblica disastrata. La sola differenza rispetto al passato risiede nella entità oggi eccezionale delle risorse da rastrellare provocata dall'ampiezza di quel buco da tappare e adesso non già a finalità strategiche commisurate. Insomma, è impellente - lo sappiamo tutti reperire senza soverchie sottigliezze quanto serve per ricondurre entro il limite dei 130.746 miliardi (limite solennemente fissato sei mesi or sono e di per sé prossimo alla soglia di rottura) il fabbisogno di cassa del Tesoro che altrimenti raggiungerebbe i 180.000 miliardi. Ma io pongo la seguente domanda: è serio? E' concepibile che l'ammanco venga scoperto solo il mese di settembre? Che nessuno si sia preoccupato nel corso dell'anno di controllare e contrastare una spesa pubblica di smisurata dilatazione di questo tipo? C'è un vincolo al quale il Governo non è potuto sfuggire: con una finanza pubblica in dissesto per l'evoluzione del debito complessivo l'Italia, il nostro Paese, rischia di essere tenuta fuori dalla portata della costruzione europea in particolare da istituzioni integrate quali il sistema delle banche centrali. E' evidente che senza questo provvido vincolo l'agitazione ministeriale sarebbe stata minore e ci si sarebbe forse limitati ad una manovrina, giusto per succhiare le risorse più facilmente disponibili e per il resto si sarebbe, come sempre, lasciato crescere il deficit. Questa è stata la prassi costante fin qui seguita senza troppe preoccupazioni per il fatto che proprio questa è la via per scivolare verso situazioni finanziarie di tipo sudamericano. Fin qua niente traspare dalle misure adottate che rilevi, al di là di tagli più o meno iniqui relativi a singoli settori, la determinaz1one pur conclamata di incidere sulla struttura e sui meccanismi della spesa. Dall'analisi delle previsioni di entrata risulta che le vie battute sono quelle di sempre, qua siamo nella normalità, oltre 17.000 miliardi sarebbero stati tratti dai provvedimenti rientranti dal genere classico degli anticipi dei versamenti dei condoni, dei rincari puramente fiscali; 9.400 miliardi tra rivalutazione dei cespiti e beni aziendali, smobilizzo dei fondi in sospensione di imposta: 5.800 dall'acconto IVA: 2300 dai bolli, patenti alcol, ecc.; 700 miliardi dall'imposta di registro. Le altre previsioni di entrata restano tutte da dimostrare. E' qui agevolmente rilevabile l'intento di camuffare i risultati dei provvedimenti i cui contenuti denunciano lo stato di necessità che li ha provocati per attenuare presso l'opinione pubblica la netta percezione dell'insufficienza e dell'inadeguatezza della manovra correttiva rispetto alla situazione che occorre sanare perché la situazione è gravissima, lo sappiamo tutti.
E' prova di faciloneria, secondo noi, ipotizzare ad esempio 3.500 miliardi di minori spese per gli interessi del debito, quando in tutto il mondo i tassi sono in tensione, lo sappiamo tutti che sono in aumento. Lo stesso vale per gli ipotetici 5- 7.000 miliardi derivanti dalle dismissioni quando non sono nemmeno stati definiti i criteri della loro realizzazione e quando è manifesto che i potentati di Stato non hanno alcuna seria volontà di sbarazzarsi di entità economiche attraverso le quali si esercita la loro presa sulla società.
Il Ministro del Bilancio ha dichiarato con evidente soddisfazione che i sacrifici risultanti dalla combinazione tra tagli e prelievi sono egualmente distribuiti tra il sistema delle imprese e quello delle famiglie. La manchevolezza è evidente! Non si è colpito il sistema che più lo avrebbe meritato, cioè il sistema parassitario. Il criterio di colpire le sacche parassitarie che coincidono con le schiere clientelari è stato disatteso anche all'interno dei settori quali la sanità oggetto di notevoli restrizioni. Lo abbiamo visto noi stessi e dobbiamo adesso sobbarcarci un mutuo di 90 miliardi per 15 anni per pagare quelle cose che ci sarebbero spettate di diritto, e prima di ridurre, ad esempio, il livello delle prestazioni di categorie quali gli invalidi civili, la giustizia vorrebbe che si rivedessero i riconoscimenti di questa qualifica concessi con troppa disinvoltura, perché l'eccessivo numero di invalidi fittizi penalizza coloro che effettivamente si trovano in tali condizioni. In sede di esame parlamentare nella legge finanziaria 1991 sarà l'impegno dei nostri (dico nostri perché ne abbiamo soltanto due) parlamentari presentare proposte diametralmente opposte a quelle partorite dalle logiche governative, le guiderà il criterio non già di rabberciare le falle - mi rivolgo qui all'amico Tapparo, non è che vogliamo noi salvare il mondo - ma di rimuovere alla radice le cause profonde del dissesto della finanza pubblica. Dalle casse pubbliche escono annualmente oltre 600.000 miliardi: è inutile insistere sulla pessima qualità dei servizi resi, anche con riferimento alle funzioni essenziali dello Stato, in primo luogo alla difesa dei cittadini contro la criminalità. Lo Stato spende troppo, ma non solo al nord, lo Stato spende troppo e spende soprattutto male! Drenare risorse per sprecarle è dannoso alla crescita economica. Noi proporremo quindi, se avremo la possibilità, interventi di rigido contenimento della spesa corrente di investimento da realizzarsi principalmente con il riordino delle funzioni statali; il riassetto dell'apparato pubblico in tutte le sue articolaz1oni per eliminare così gli sprechi come le malversazioni, con la soppressione di quegli stanziamenti che sono destinati a far prosperare le organizzazioni criminali specialmente al sud con un drastico ridimensionamento delle attività imprenditoriali esercitate dallo Stato. Se la spesa pubblica è incontenibile è perché il difetto è insito nella stessa struttura centralistica dello Stato al cui interno i gruppi di potere organizzati nei partiti politici sono nella necessità di fare affluire risorse su tutto ciò che è ritenuto utile o essenziale per il sostegno della loro forza. La competizione tra i gruppi, la necessità di accrescere la propria sfera di influenza, la ricerca di consensi elettorali, rendono le esigenze praticamente infinite e risulta molto difficile per il potere centralista contrastare la domanda che sale verso di esso e che esso stesso ha provocato. Altre torchiate - non illudiamoci si faranno attendere; esse sono inevitabili e sarebbero evitabili solo con l'eliminazione dei centri decisionali cui ne risale la responsabilità. Non è dato a nessuno di farsi illusioni sulla capacità di sopportazione delle popolazioni italiane sistematicamente vessate da un fisco costretto a riempire la cassa pubblica che è forata come un colabrodo. Esse non intendono farsi trascinare nella rovina dallo Stato centralista, che è unitario solo in modo fittizio e coatto. Per la preservazione di un quadro unitario che sia sorretto dal consenso generale occorre articolare il governo della cosa pubblica, e quindi anche la gestione delle risorse prodotte restituendole alle comunità nelle quali si riconoscono i popoli della penisola.
Per quanto sopra espresso, chiedo a tutti i colleghi di votare in modo favorevole l'ordine del giorno da noi presentato.



PRESIDENTE

La parola al Consigliere Monticelli.
MONTICELLI Signor Presidente, colleghi Consiglieri, svolgerò un intervento brevissimo che varrà anche come dichiarazione di voto.
Non esito a definire strana la situazione in cui ci siamo trovati oggi.
A parte il fatto che stiamo discutendo di un ordine del giorno che è stato presentato parecchio tempo fa (ma di questo non si può fare colpa ai presentatori, semmai la colpa è di chi ha fatto in modo che arrivasse in discussione solo oggi), è comunque un testo che risente un po' di vecchiaia perché si riferisce a misure in quel momento ventilate, poi già largamente deliberate e decise, e stiamo discutendo il giorno dopo, rispetto a una decisione della Giunta regionale, che noi dovremo discutere in Consiglio il prossimo 30 ottobre. Si è sviluppato un dibattito di taglio molto generale su una decisione, quella di votare o meno questo ordine del giorno, mentre siamo quasi pronti al dibattito che svolgeremo il 30 ottobre e che avrà un contenuto ben più impegnativo. In quell'occasione, infatti, non saremo chiamati a votare un ordine del giorno, ma saremo chiamati a votare una decisione che comporta un prezzo per i cittadini piemontesi molto preciso (circa 50 miliardi), con una piena responsabilità politica decisionale di questo Consiglio.
Non voglio in alcun modo snobbare - mi si passi il termine - l'ordine del giorno presentato dai colleghi della Lega Nord-Piemont e non voglio in alcun modo dire che il dibattito che si è sviluppato finora con l'intervento di quasi di tutti i Gruppi è stato un dibattito inutile. Non voglio assolutamente dire questo. Voglio però sottolineare il fatto che il dibattito di oggi si conclude - ammesso che questo ordine del giorno poi arrivi a una qualche conclusione - molto sotto tono rispetto alla sostanza dei problemi, che noi dovremo invece affrontare in piena responsabilità il 30 ottobre.
Da questo punto di vista, avrei consigliato ai colleghi della Lega Nord Piemont di abbinare le questioni, cioè di avere una discussione unica su questo argomento, ma mi pare che la decisione loro sia stata quella di richiedere comunque la discussione oggi. Si è finiti col fare dei discorsi molto impegnativi. Ho sentito il collega Tapparo, poc'anzi, dire delle cose molto dure sul valore della cosiddetta legge sulla autonomia impositiva delle Regioni. Credo che il collega Tapparo sappia quanto so io, e quanto sanno gli altri colleghi, circa il fatto che proprio ieri la Giunta sostenuta dalla maggioranza (di cui il collega Tapparo fa parte), ha deciso di portare in Consiglio l'applicazione di quella legge ai massimi consentiti per alcune delle voci previste dalla legge stessa. Se dovessi prendere alla lettera quello che ha detto il collega Tapparo in sede di questa discussione di taglio generale, dovrei arrivare alla conclusione che, quando arriverà la proposta della Giunta regionale in Consiglio il 30 ottobre, non voterà per quella proposta della maggioranza.
Per questo dicevo di una certa difficoltà in questa discussione, perch oggi siamo un po' in libertà: ognuno dice la sua, ognuno può fare discorsi alati. 1130 ottobre andiamo al sodo e decidiamo se far pagare o meno 55 miliardi in più, per il 1991, ai cittadini del Piemonte, anzi ad alcune particolari categorie di cittadini del Piemonte.
Anche per questa ragione, oltre che per il merito del documento proposto dai colleghi della Lega Nord-Piemont (che non ci trova consenzienti perché ci sembra un taglio decisamente riduttivo, ma anche distorcente rispetto al problema generale della riforma fiscale), il nostro Gruppo voterà contro questo documento.



PRESIDENTE

Se non vi sono altri iscritti a parlare, pongo in votazione l'ordine del giorno, il cui testo recita: "Il Consiglio regionale del Piemonte preso atto della manovra fiscale del Governo italiano che ha comportato pesanti aumenti di tasse ed imposte gravanti su generi di prima necessità ed ampio consumo constatato che è già stato annunciato un ulteriore inasprimento fiscale per il prossimo autunno rilevato che detti aumenti discriminano le popolazioni del nord, in quanto: l'imposta sul metano per usi civici, ivi compreso il riscaldamento, è doppia rispetto a quella applicata nelle regioni meridionali in data 21 luglio u.s, veniva comunicato che la manovra complessiva avrebbe reso nel biennio 1990-1991 un maggior gettito di L. 6.500 miliardi contemporaneamente veniva presentata dal Ministro Misasi la relazione semestrale sullo stato di attuazione degli interventi nel Mezzogiorno che prevede un ulteriore stanziamento di L. 6.200 miliardi nel triennio 1990/1992 per le zone del sud che subirono danni dal terremoto di dieci anni fa deplora il comportamento del Governo in Materia fiscale che, oltre a produrre i presupposti per una nuova impennata inflattiva con gravi danni all'economia, si risolve come sempre in provvedimenti a due velocità che danneggiano gravemente nei consumi essenziali la popolazione della nostra regione e si impegna ad intervenire presso il Governo centrale e parlamentari eletti dal popolo piemontese per evitare che i sacrifici impostici non vengano come al solito frustrati, sperperando in, mero assistenzialismo clientelare indegno di una autentica democrazia europea".
Chi è favorevole è pregato di alzare la mano.
L'ordine del giorno è respinto con 3 voti favorevoli, 30 contrari e 1 astensione.


Argomento: Problemi generali - Problemi istituzionali - Rapporti con lo Stato:argomenti non sopra specificati

Esame ordine del giorno del giorno n. 37 dei Consiglieri Cucco Maggiorotti, Goglio, Picchioni, Monticelli, Marchini, Rossa, Rabellino Segre, Majorino, Sartoris e Ferrara relativo alla vertenza nazionale sui problemi previdenziali dei pensionati


PRESIDENTE

Passiamo infine al punto 9) all'o.d.g. che prevede l'esame dell'ordine del giorno n. 37 presentato dai Consiglieri Cucco, Maggiorotti, Goglio Picchioni, Monticelli, Marchini, Rossa, Rabellino, Segre, Majorino Sartoris e Ferrara.
Se non vi sono richieste di parola pongo in votazione l'o.d.g., il cui testo recita: "Il Consiglio regionale del Piemonte esaminato il contenuto della Piattaforma presentata da una delegazione dei pensionati CGIL-CISL-UIL e lo stato della vertenza in atto sul piano nazionale constatato il grande peso politico ed innovativo delle richieste, che sono funzionali alla giusta promozione dei pensionati nell'interesse dello sviluppo dell'intero Paese ed al recupero culturale che ne valorizzi il ruolo di risorsa nazionale preso atto che la rivendicazione di tipo previdenziale sul recupero delle vecchie pensioni è un semplice atto di giustizia riparatrice; che la revisione proposta del congegno di aggancio delle pensioni alla dinamica dei salari è lo strumento adeguato per evitare nel futuro nuove ingiustizie, inaccettabili forme di sperequazione delle pensioni; che questa proposta complessiva realizza il pronunciamento della Camera dei Deputati del 12 ottobre 1989 sul problema delle vecchie e nuove pensioni considerato che se le soluzioni di tipo previdenziale rispetto alle pensioni non saranno valide sul piano dei diritti riconosciuti inevitabilmente ne ricadrebbero le conseguenze sulle finanze locali attraverso gli indispensabili interventi economici di tipo assistenziale ricorda altresì che risorse economiche sufficienti, oltre che elemento non derogabile di dignità, sono anche forte elemento preventivo rispetto al problema salute e qualità della vita. Infatti la mancanza di risorse economiche adeguate per le persone a rischio o in precarie condizioni sanitarie, si tradurrebbe necessariamente in nuovi costi per coprire questi accentuati bisogni, i quali non avrebbero altre possibilità di risposta salvo accettare logiche aberranti di abbandono ed eutanasia strisciante provocata invita Governo e Parlamento ad intervenire per una efficace, giusta tempestiva non ulteriormente rinviabile risposta ai problemi posti sul piano previdenziale, naturalmente senza pregiudizio alcuno rispetto ai problemi e alle proposte di tipo socio-sanitario ugualmente importanti ed urgenti e anch'essi contenuti nella piattaforma sindacale condivide le motivazioni che sono alla base dell'azione delle Organizzazioni sinda cali dei pensionati che, al di là dei problemi contingenti, intendono riaffermare la non marginalità del valore e del ruolo degli anziani nella società italiana, anche in riferimento alle prospettive europee prossime si impegna, per quanto di sua competenza, a sollecitare questa azione sul piano nazionale e ad agire di conseguenza nella propria azione amministrazione con responsabile coerenza".
Chi è favorevole è pregato di alzare la mano.
L'ordine del giorno è approvato all'unanimità dei 34 Consiglieri presenti.


Argomento:

Interrogazioni, interpellanze, mozioni e ordini del giorno (annunzio)


PRESIDENTE

Le interrogazioni, interpellanze, mozioni e ordini del giorno pervenute all'Ufficio di Presidenza del Consiglio regionale verranno allegate al processo verbale dell'adunanza in corso.
Comunico ai Consiglieri che su richiesta del Gruppo PCI martedì prossimo non verrà convocato il Consiglio regionale per impegni del Partito stesso.
La seduta è tolta.



(La seduta ha termine alle ore 18.10)



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