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Dettaglio seduta n.149 del 12/05/92 - Legislatura n. V - Sedute dal 6 maggio 1990 al 22 aprile 1995

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Argomento:


PRESIDENZA DEL VICEPRESIDENTE MONTABONE


Argomento:

Comunicazioni del Presidente del Consiglio regionale


PRESIDENTE

La seduta è aperta..
In merito al punto 5) all'o.d.g.: "Comunicazioni del Presidente del Consiglio regionale", comunico:


Argomento:

Comunicazioni del Presidente del Consiglio regionale

Argomento:

a) Congedi


PRESIDENTE

Hanno chiesto congedo i Consiglieri Brizio, Garino, Grosso, Riba Spagnuolo e Zanoletti


Argomento:

b) Assenze ingiustificate della Consigliera Margherita Gissara


PRESIDENTE

Ai sensi dell'art. 53, terzo comma, comunico all'assemblea che la Consigliera Gissara non ha partecipato per cinque sedute consecutive al Consiglio senza essere in congedo.


Argomento: Comunita' montane

Esame progetto di legge n. 133: "Ordinamento delle Comunità montane" (seguito)


PRESIDENTE

Riprendiamo l'esame del progetto di legge n. 133 di cui al punto 7) all'o.d.g.
Siamo alla fase delle dichiarazioni di voto sull'intero testo della legge.
Ha chiesto la parola il Consigliere Monticelli per dichiarazione di voto. Ne ha facoltà.



MONTICELLI Antonio

Signor Presidente, colleghi Consiglieri, mi limiterò ad una dichiarazione di voto molto breve, perché abbiamo già avuto.occasione di intervenire come Gruppo in modo approfondito nella discussione generale e nella trattazione dei molti emendamenti.
Il Gruppo PCI-PDS voterà contro questo progetto di legge; dico subito che il nostro voto ha significato di carattere generale, quindi non è strettamente legato al testo dell'articolato. Fra l'altro, come i colleghi avranno avuto modo di cogliere, su gran parte degli articoli non abbiamo espresso voto negativo, ma di astensione, e abbiamo continuato sia in Commissione sia in aula a cercare, nei limiti delle nostre capacità e possibilità, di emendare il testo nell'intento evidente di migliorarlo.
La motivazione del voto negativo - dicevo - è di carattere generale. A noi pare che, con il processo che ha portato al testo finale di questo progetto di legge, si sia evidenziata - e purtroppo non perla prima volta una nuova occasione mancata da parte della Regione nell'applicazione della legge n.142/90. Ricordo di aver usato il termine "occasione mancata" perlomeno in un altro momento, quando votammo in Consiglio la nuova legge sui Comitati di controllo. In allora l'occasione mancata era stata quella di non aver colto la novità della legge n. 142 per quel che riguardava il sistema dei controlli sugli atti degli Enti locali e nell'avere mantenuto sostanzialmente inalterato il precedente meccanismo di controllo dei Comitati regionali di controllo. Nel caso, invece, delle Comunità montane l'occasione mancata ha un significato più generale.
Con la legge sulle Comunità montane, così come con la legge per determinare i confini della città metropolitana, così come con altre leggi ancora in gestazione o già in itinere nella discussione delle Commissioni consiliari, la Regione aveva, e mi auguro abbia ancora, l'occasione di avviare un discorso profondamente nuovo nei rapporti con gli Enti locali piemontesi. Un discorso di recupero della frattura seria e grave determinatasi nel corso degli ultimi anni; una frattura che fa sì che oggi la Regione sia sentita da gran parte degli Enti locali del Piemonte come controparte, come oggetto esterno, estraneo al, sistema complessivo del governo locale, come superfetazione burocratica rispetto ai problemi, alla vita delle comunità locali. Questa legge avrebbe potuto rappresentare l'occasione per tentare un rapporto diverso. Lo stesso Assessore Nerviani discutendo in Commissione pochi giorni fa, in qualche modo ha riconosciuto non dico la correttezza del giudizio che sto dando, ma l'esistenza del problema. Le consultazioni che si sono avute con le Comunità montane (con i Presidenti e i Consigli delle Comunità montane) su questa legge sono state difficili e ardue, ma altrettanto difficili e ardue sono state le consultazioni, se così le possiamo chiamare, avute con i Comuni per quel che riguarda la definizione della città metropolitana. Credo siano difficili i confronti in corso con le Province su questo complesso di problemi.
Qual è il punto? Noi continuiamo a impostare il problema di come regolare l'attività e la vita degli Enti locali del Piemonte, in questo caso le Comunità montane senza avere il coraggio e la chiarezza di porre in discussione noi stessi.
Il punto è che continuiamo a non mettere radicalmente in discussione il ruolo della Regione. Questo è, a mio giudizio, il nodo, il problema di fondo.
Non è possibile ridefinire un sistema degli Enti locali regionale e quindi ridefinire le funzioni, le attribuzioni, le stesse delimitazioni territoriali delle Province, dei Comuni, delle Comunità montane o che altro sia, se non partiamo da una ridefinizione del ruolo della Regione. Solo questa condizione può rendere possibile un nuovo dialogo fra Regione ed Enti locali del Piemonte.
E qui non ci siamo, colleghi! Non si è ancora chiarito, non si è ancora maturato un orientamento nuovo all'interno della nostra Regione su questo punto. Non si è ancora chiarito qual è il destino a cui vogliamo vada la Regione. Continuiamo a mantenere un complesso di funzioni e quindi anche di comportamenti concreti che hanno a che fare con un'attività d'amministrazione eccessiva, pesante troppo dettagliata, destinata inevitabilmente a una burocratizzazione crescente. Tutto questo è visto come un peso insopportabile per le comunità locali - e credo per gran parte della società regionale - senza che a questo corrisponda un vantaggio per il Piemonte.
Noi rischiamo di essere crescentemente delegittimati da questo punto di vista se non capiamo la dimensione del problema. Questo tipo di problema può essere superato solo a condizione che noi, con coraggio, rimettiamo in discussione il ruolo che la Regione ha avuto in questi anni, ridefiniamo un ruolo nuovo e cerchiamo di cogliere i primi passaggi e momenti di questa trasformazione. Questa può essere la via per riaprire un dialogo con i Comuni e gli Enti locali del Piemonte.
Ho colto un'occasione che può essere considerata particolare, quella della legge sulle Comunità montane, per porre un discorso che credo più generale, difficile e delicato, che non la materia specifica su cui andiamo a decidere con il voto. Per questo ho parlato di occasione mancata e per questa ragione di fondo giudichiamo questa legge non condivisibile e daremo un voto contrario.



PRESIDENTE

La parola al Consigliere Vaglio per dichiarazione di voto.



VAGLIO Roberto

Annuncio il voto contrario del mio Gruppo; voto contrario che non è motivato, ovviamente, dall'articolato di questa legge, ma che vuole esprimere l'avversità ai criteri informativi della legge. Rileviamo nel riordino delle Comunità montane la volontà di applicare la legge n. 142 in un modo che voleva essere asettico, ma che si è dimostrato, alla fine dei conti, come un metodo discriminatorio e soprattutto un metodo che non ha voluto o non ha saputo confrontarsi per tenere conto delle realtà locali.
Dalla presentazione di questo disegno di legge, durante tutto l'iter fino alle ultime battute in aula, abbiamo più volte sollecitato i colleghi di maggioranza e l'Assessore affinché prendessero atto delle discrepanze della legge n.142 rispetto alla nostra realtà piemontese. Questo non è avvenuto; nessuno ha voluto recepire le gravi discriminazioni che si stavano facendo ricadere sui Comuni della montagna piemontese. Vero è che l'Assessore ha più volte ripetuto che questa doveva essere non una legge sulla montagna, bensì solamente una legge di riordino, ma è certamente dal riordino delle Comunità montane e dalla forte impronta che a questi nuovi Enti si voleva dare, che si sarebbe potuti partire con una riforma legislativa seria per la montanità in generale.
Questa, effettivamente non è una legge sulla, montagna, ma neanche una legge per la montagna. E' una legge che, per i vari e svariati motivi che abbiamo avuto modo di enumerare nel corso dell'illustrazione degli emendamenti che abbiamo presentato, sicuramente viene a dar corpo a nuovi Enti vuoti di significato, poveri di attribuzione, incapaci di gestire le serie problematiche occupazionali della popolazione di montagna. Ribadisco quindi quanto espresso già alla presentazione del progetto in quest'aula un paio di settimane fa, cioè che il nostro Gruppo esprime un voto decisamente negativo e farà in modo di riproporre al dibattito dell'aula, o comunque al dibattito politico in sede di Commissione, tutte le discriminazioni che questa legge rende effettive.
Ricordo che l'Assessore, su alcune richieste di riconsiderazione circa la montanità di alcuni Comuni, aveva rimandato ad un futuro che sembrava prossimo; pare che questo futuro sia molto prossimo: già da oggi dovremo discutere di una qualche modifica di una qualche legge a variante ebbene direi che sarà questa l'occasione per iniziare a mettere in discussione l'intero impianto della legge, che probabilmente oggi avrà i numeri per passare, ma che sicuramente non risponde ad alcuna delle esigenze e delle richieste provenienti dalla montagna piemontese.



PRESIDENTE

La parola al Consigliere Giuliano per dichiarazione di voto.



GIULIANO Valter

Signor Presidente, colleghe,e colleghi, è con un certo disagio che interveniamo per pronunciare il giudizio conclusivo del nostro Gruppo sul progetto di legge n. 133 "Ordinamento delle Comunità montane". Disagio determinato dalla consapevolezza che la legge n. 142, cui il progetto di legge in discussione oggi si adegua, apre effettivamente concrete prospettive di miglioramento per l'azione pubblica a favore della montagna.
La legge conferma infatti con chiarezza il rafforzamento del ruolo precipuo che viene assegnato dal legislatore all'Ente locale Comunità montana. Ci troviamo dunque di fronte a nuovi disposti legislativi che confermano le opzioni della legge n.1102/71 che istituì le Comunità montane e che prevedono un nuovo ruolo funzionale delle stesse in campo programmatorio.
In particolare, non possiamo non accogliere con favore il fatto nuovo che si è determinato secondo cui la Comunità montana diventa la sede normale di gestione degli interventi speciali e, di fatto, il soggetto che si assume la responsabilità del coordinamento politico delle competenze a livello locale. Che alla Comunità montana sia attribuita l'amministrazione operativa nei diversi settori, ivi compreso il campo degli interventi speciali per la montagna previsti dalla CEE, è sicuramente una novità che salutiamo con favore. Questi nuovi interventi, potenzialmente a favore della montagna, segnano le condizioni per promuovere un salto di qualità che consente di mettere a punto un progetto di piena utilizzazione di quelle che sono le potenzialità della montagna piemontese. Un progetto che deve però muovere da un organico aggiornamento di quelli che sono gli strumenti effettivi di aiuto e di sostegno ai territori montani, che ancora oggi, di fatto, rimangono preminentemente ancorati alla prima legge della montagna, la n. 91 del luglio 1952, nonostante la situazione socio economica delle nostre zone alpine sia consistentemente mutata.
Oggi, anche quella legge non è più sufficiente perché occorrono strumenti che consentano di adeguare il più possibile interventi pubblici di sostegno a quelle che sono le caratteristiche proprie della montagna valorizzando quindi in modo concreto i principali elementi sociali economici e culturali che la contraddistinguono. Tutto questo, anche perch occorre mettersi al passo - non dimentichiamolo - con le strategie europee che si muovono da un principio fondamentale, secondo cui le politiche economiche di sostegno ai comparti più deboli o marginali, come appunto quelli legati alla montagna, non devono influire sul mercato distorcendo le regole della concorrenza.
Quindi niente artificiali alleggerimenti dei costi di produzione con contributi alle spese di gestione o riduzione delle politiche dei prezzi dei mezzi di produzione, ma politiche che mirino all'ammodernamento delle imprese per porle sul mercato senza la necessità di interventi protezionistici, come invece ancora oggi accade.
Ciò che ci rammarica è che con questo provvedimento legislativo regionale abbiamo forse perso un'occasione. Quella di avviare delle politiche regionali adeguate a ciò che la montagna piemontese attende da sempre. Non dobbiamo dimenticare che oltre il 50% del nostro territorio regionale è montano. Certo alla percentuale territoriale non corrisponde un'analoga presenza di popolazione. Questo è un handicap che ha sempre contraddistinto il territorio montano, poiché è considerato anche in termini di ritorno del consenso elettorale (volgarmente di voti); questa situazione ha sin qui penalizzato questa fascia di ambiente e di gente.
Abbiamo sentito l'Assessore promettere opportune iniziative del governo regionale anche in questa direzione. Abbiamo sentito parlare di una futura legge piemontese per la montagna e auspichiamo che questo possa avvenire al più presto e daremo il nostro contributo perché ciò possa verificarsi.
Ci permettiamo, in questa sede, di segnalare alcune delle priorità essenziali alla sopravvivenza della struttura ambientale, sociale culturale ed economica del territorio montano del Piemonte, perch l'Assessore possa prenderli come appunti e come contributi da parte del Gruppo regionale Verdi a quello che è l'impegno assunto anche in quest'aula.
Il primo tema da affrontare con decisione sicuramente è quello che riguarda i servizi. Una battaglia che ci deve vedere impegnati nel fornire alla montagna le cose indispensabili a garantirgli le condizioni minimali di sopravvivenza e di vita.
Pensiamo a un servizio veterinario, oppure a condotte agronomiche (e non solo la presenza nelle Comunità montane di un tecnico forestale), anche se purtroppo dobbiamo registrare che la nostra Università sembra sorda alle tematiche dell'agricoltura montana, ben diversamente da quanto accade nelle altre regioni alpine dalla Francia, alla Svizzera, all'Austria, alla Germania.
Un altro diritto fondamentale è quello alla ricezione dell'informazione televisiva (in primo luogo quella regionale) con molte zone d'ombra che ancora contraddistinguono le nostre montagne. Oppure quello altrettanto importante di mantenere, o ricostruire dove questo è già stato distrutto con le politiche dissennate provenienti spesso dal Piano, quelli che sono gli spazi di socialità - dal bar trattoria al punto di vendita - oggi mortificati da dispositivi di legge - ad esempio a livello fiscale - e appiattiti su analoghi esercizi di pianura che hanno ben altre esigenze e altri compiti.
Ma ci sono altri interventi che urgono e che, non essendo oggi oggetto della nostra discussione, mi limiterò ad elencare in una rapida sintesi un po' fredda, ma che mi auguro sia possibile approfondire di qui a non molto tempo con la discussione di una legge adeguata per la montagna piemontese.
Una nuova politica per questo territorio necessita sicuramente di programmi molto attenti, principalmente su argomenti come il riordino fondiario, la regolamentazione del lavoro part-time, il premio di insediamento che copra quel ritardo di agiatezza della nostra montagna rispetto ai territori di pianura, delle indennità compensative in campo agricolo riconosciute a livello della CEE, e che oggi appaiono irrinunciabili per ridare fiato alla nostra montagna.
Le possibilità di rilancio della montagna sono oggi meno lontane che nell'epoca del boom industriale, quando i territori alpini sembravano essere unicamente terreni di rapina per la speculazione edilizia e l'affarismo, che puntavano sulla monocultura turistica. Ipotesi che hanno a breve tempo segnato il passo, denunciando la miopia di chi le aveva proposte. Oggi segnali positivi vengono dalle potenzialità agricole forestali tradizionali e da un nuovo tipo di turismo consapevole e intelligente che, rifuggendo il consumismo, cerca angoli di pace e di relax.
Tra le ipotesi più suggestive per il futuro della montagna l'Istituto nazionale di sociologia rurale ha evidenziato la valorizzazione dei prodotti tipici - 330 dei 400 formaggi tipici italiani e 140 dei 250 salumi tipici sono prodotti della montagna. Sono beni non soltanto economici, ma anche culturali, se intendiamo per cultura ciò che il popolo di montagna ha saputo produrre anche a livello materiale; quindi un'attenzione particolare che passi ad esempio attraverso la commercializzazione diretta dei prodotti raccomandata da una direttiva CEE, la promozione dell'agriturismo l'istituzione di marchi di garanzia di cui da tanto tempo si parla, ma su cui nulla si è finora fatto. Non si tratta di utopie. Lo stesso Istituto sopra citato, in un suo rapporto intitolato "Montagna 2000", redatto su incarico del Consiglio Nazionale delle Ricerche, ha evidenziato come nell'ultimo decennio tra il 1981 e il 1991, ci sia stato un ritorno di popolazione ai comuni montani, una crescita sia pure piccola del saldo positivo delle popolazioni dei comuni montani accompagnata peraltro dall'aumento della propensione all'investimento nei comuni montani da parte delle giovani generazioni. Sono segnali di ottimismo che possono segnare l'inizio di una nuova stagione, quella in cui dalle lamentele e dall'autocommiserazione possa sorgere la rinascita, a dimostrazione del fatto che il mondo della montagna non è, o non è più, o non è mai stato un mondo di vinti.
Se la classe politica e di governo non saprà o non vorrà accogliere questi segnali dimostrerà tutta la sua inadeguatezza. La stessa inadeguatezza che oggi ci chiede di approvare una legge, strettamente limitata a quello che è l'accoglimento di direttive nazionali. Un segno di debolezza da parte del Governo regionale, che si limita a incassare provvedimenti statali, rinunciando a farsi soggetto attivo e propositivo.
Questo sarebbe il nostro duro giudizio se non volessimo credere alle parole dell'Assessore, che ancora questa mattina ci ha invitato a non fraintendere tra questa legge e una legge per la montagna.
In ultimo, vorremmo ancora sottolineare un'altra forte perplessità circa lo strumento che la Giunta sta per approvare; perplessità le cui ragioni di fondo non possono essere certamente addebitate solo al Governo regionale, quanto ad una concezione generale nazionale che della montagna si ha e di cui la legislazione vigente porta con sé tutte le conseguenze.
Una specie di peccato originale che, a nostro giudizio, nasce da una sottovalutazione del pianeta montagna da parte della classe politica.
Riguarda le soluzioni possibili capaci di risolvere la marginalità alpina e prima tra tutti - e vi risparmio l'"escursus" storico che è alla base di questa tesi - il fatto di come si sia marginalizzata la montagna anche sottraendole gli spazi cittadini di vita. La città si è sempre più allontanata dalla montagna, ha sempre di più marginalizzato la montagna.
Oggi quella situazione di equilibrio, che in epoche storiche la montagna aveva vissuto, e in cui città come Aosta o Susa non erano certo inferiori per importanza a Torino, è venuta meno con la fine dell'indipendenza politica ed economica della montagna piemontese. La possibilità, in altre parole, di gestire autonomamente il territorio e le sue risorse da parte delle libere Comunità alpine, com'è il caso di Briançon per rimanere vicino a noi, o delle Comunità della Valsesia, per non parlare del Vallese, della Val di Fiemme, dei Cantoni forestali elvetici che sono stati il nucleo originario della federazione svizzera e rappresentavano un'organizzazione equilibrata con al , centro una città luogo di incontro, di coordinamento e di servizio.
Con l'epoca moderna la decadenza delle Alpi è iniziata proprio con l'esproprio della loro autonomia e delle loro risorse che le ha ridotte a divenire delle periferie dei grandi stati europei che se le spartirono secondo criteri spesso di tipo militare, di confine e, in molti casi, hanno diviso antiche regioni storiche-culturali. Un'operazione che rischiavamo e rischiamo di fare anche noi, oggi, con i nostri confini politico amministrativi, che, in taluni casi, salvo opportuni ripensamenti, non avevano affatto tenuto conto delle appartenenze storiche e culturali. E penso ad esempio alla realtà della Bursch, che , ho avuto modo di approfondire in queste settimane, proprio in vista dell'esame in aula del progetto di legge che oggi andiamo ad approvare, di cui si sosteneva l'abolizione e l'appiattimento sulla Comunità montana della Bassa Valle Cervo.
Ma al di là di questo aspetto, seppure importante, vorrei metterne a fuoco un altro, che deriva da ciò che abbiamo detto finora, ovvero l'insostenibilità di una politica che ha trasformato le Alpi nel mito dell'anti-città, solamente luogo e territorio da usare per i relax di fine settimana, dimenticandosi di tutto il resto, ancora una volta condannandole ad un ruolo che ne perpetua lo sfruttamento delle risorse naturali energia, braccia, paesaggio, neve, sole, acqua - secondo quelli che sono gli interessi dell'economia prevalente metropolitana, della cultura egemone, quella cittadina.
Per garantire la sopravvivenza delle Alpi come area culturale autonoma il fattore decisivo è quello del potenziamento della rete delle città alpine. Un'autonomia che ha bisogno, per realizzarsi, di città e di sistemi di città capaci di influenzare almeno 100.000 abitanti.
Solo in questo caso la struttura economica e di servizio è tale da garantire una reale autonomia per il territorio alpino circostante.
Ed invece, con questo provvedimento, abbiamo proceduto in ordine inverso, con mentalità rigidamente ancorate a schemi prefissati a tavolino a discutibili indici di montanità, togliendo alle Comunità montane punti di riferimento importanti come Biella, Avigliana, Pinerolo, Piossasco.
Questa è un'impostazione che non può incontrare il nostro appoggio.
In conclusione, Assessore, il nostro Gruppo non può dare il proprio giudizio positivo circa il provvedimento all'o.d.g. e annuncia il suo voto contrario. Ma per dimostrare che questo giudizio è basato su fatti e su una loro diversa valutazione e non già su questioni pregiudiziali che non ci appartengono, confermo in questa sede la nostra piena disponibilità a ragionare insieme su questi temi, destinati secondo noi a diventare centrali nelle politiche future dell'Europa, che vuole e che vede al suo centro proprio la Regione alpina.
Preannuncio di aver presentato insieme ai colleghi, all'attenzione del Consiglio regionale, una proposta di istituzione di un Intergruppo montagna, che in analogia a iniziative presentate in passato sia a livello di Parlamento nazionale sia a livello di Parlamento europeo, sappia farsi carico delle politiche regionali per la montagna.



PRESIDENTE

La parola al Consigliere Marchini.



MARCHINI Sergio

Signor Presidente e colleghi Consiglieri, il Gruppo liberale darà voto positivo convinto alla legge in discussione, considerandone i limiti quali pregio e non difetto.
I temi posti dalla legge mi paiono maturi, mentre altri temi, peraltro sul terreno assai meno - e desidero ringraziare il collega del Gruppo verde per le cose sulle quali ci fa riflettere.
Lo stillicidio di accuse a cui ha sottoposto questa legge vede ancora una volta legati interventi strumentali e interventi conservatori. Chi pretende "di corsa" una legge sulla montagna intende conservare la montagna così com'è. La montagna va profondamente ripensata e riconsiderata ma ritorno all'intervento del collega del Gruppo verde - a valle di un profondo e significativo esame che individui percorsi di analisi dei problemi della montagna svincolati da luoghi comuni e ripetitivi.
Ci sembra giusto che si sia dato un primo segnale con cui si chiarisce che la Regione intende perseguire, attraverso lo strumento della Comunità montana, in prospettiva e per quanto è possibile immediatamente, il massimo di beneficio per le aree caratterizzate dalla montanità.
In un Paese come il nostro, interamente montano salvo un pezzo di pianura, unico nell'area mediterranea - quella Padana - è evidente che i .criteri di montanità che portano a differenti interventi politici, devono essere portati ai livelli più alti e rigorosi. Altrimenti, cadiamo in quella che è la politica indifferenziata.
Cari amici dell'opposizione, non potete venirci a dire che dobbiamo fare della politica ripensata nel recupero di indirizzi e parametri, anche di tipo culturale, per poi lamentarsi che alcune aree con insufficienti indici di montanità siano state escluse. La politica è scelta e gerarchizzazione dei poteri, non banalizzazione e omogeneizzazione dei ruoli e delle situazioni. Cogliamo il segnale che la Giunta ha voluto dare e che in termini politici paga la maggioranza, ma che sono sicuramente dimostrazioni di serietà politica.
Riconosciamo alle Comunità montane l'intelligenza e la capacità di far la politica per la montagna, e non la Regione! Noi dobbiamo aiutare i montanari a recuperare la loro cultura, liberandola da falsi idoli, da falsi miti: c'è da fare un'operazione di restauro! Quando saremo riusciti a recuperare la loro capacità attraverso progetti speciali, mi auguro che l'Assessore vorrà introdurre come parametri di giudizio sui progetti speciali, quelli che sanno recuperare la genuinità della montagna come elemento socioeconomico, ma anche come elemento culturale e politico.
La legge sulla montagna presuppone che alcuni fenomeni socio-economici che hanno prodotto guasti sul territorio cessino i loro guasti in termini politici; personalmente non mi sento rappresentato, come montanaro, quando le aree montane sono rappresentate da protagonisti di processi di degrado del sistema alpino. E' un processo lungo. Apprezzo molto che il Gruppo verde abbia avviato una certa iniziativa di ragionamento, ma la montanità è sicuramente un valore. Ha detto bene il nostro collega: "Gli uomini della montagna non sono dei vinti e neanche dei servi". Hanno l'orgoglio che deriva loro dal fatto di essere sempre stati responsabili del proprio destino, a differenza di altri, che in qualche situazione economica avevano la garanzia di un futuro certo, anche se non esaltante, da un sistema di organizzazione sociale diverso.
In ordine alle questioni di cui si discute in questi tempi, che un'istituzione dovrebbe avere la capacità di far emergere le differenze politiche in termini di solidarietà istituzionale. Guarda caso, invece, nei confronti di questa legge, da parte dell'opposizione, in particolare di quella del PDS, si sono continuate a marcare pretese insufficienze da parte della Giunta, su uno scenario di comodo, rispetto alle quali le Comunità si sono collocate in termini critici, se non conflittuali.
I conflitti delle istituzioni sono pericolosi perché non consentono alle stesse di confrontarsi e capirsi, quindi di costruire insieme. Per cui io mi auguro che la Comunità piemontese, in particolare quella che abita le alte valli - perché a questo dovremo arrivare, alle Comunità montane intese come alte valli - colga questa difficoltà da parte di una Regione come la nostra, che è sì montana, ma caratterizzata da processi socio-economici prevalenti di altra natura, sia in termini di cittadini interessati sia in termini di risorse, culturali e finanziarie, impegnate.
Mi auguro che questa comunità colga, essa stessa, e ci aiuti a capire che la montagna deve essere in primo luogo recuperata nei suoi valori e nelle sue prospettive, e su questo cominciare il lavoro comune, sfuggendo a quello che a me sembra stia avvenendo, cioè al tentativo di voler barattare quella che montagna non è, ma è semplicemente il trasferimento su un territorio ripido di quello che normalmente si fa in un territorio pianeggiante.
Tutto questo è reso difficilissimo - collega del Gruppo Verde - dalla specificità del nostro territorio. I confronti con la Francia, con la Svizzera, con la Germania sono molte volte fuorvianti, perché non considerano la forte pressione demografica presente sul territorio piemontese e soprattutto la fortissima mobilità della metropoli torinese che investe il nostro ambiente alpino. Tali questioni non si possono demonizzare; si tratta di realtà da governare, cercando di ricondurle a livelli di accettabilità, ma non si possono negare come fatti che non esistono.
Il 90% di coloro che si lamentano della cementificazione sono poi proprietari di alloggi (a Sauze d'Oulx, Bardonecchia); quelli che si lamentano del fatto che le nostre montagne sono inquinate, girano normalmente in fuoristrada, non a piedi; io non ho mai visto questi difensori delle montagne andare a piedi, salvo qualche eccezione qui presente (e me ne compiaccio).
Questo cosa vuol dire? Che un'area come la nostra, così difficile da governare, paradossalmente non può rifarsi neanche a modelli che conosciamo; non si può mettere sullo stesso piano il Brianconnais con la Valle di Susa. Il Brianconnais ha come città più vicina Marsiglia, distante all'incirca 350 chilometri; la Valle di Susa è raggiungibile in 35 minuti di autostrada.
Questo significa una presenza sul territorio, una compromissione delle specificità, una banalizzazione del territorio che poi, a mio modo di vedere - se l'Assessore vuole segnarselo da qualche parte - è il vero problema: la banalizzazione.
Anche l'approccio politico inadeguato in termini di analisi e di proposta è conseguente al fatto che la montagna ha perso la sua specificità ed è diventata un elemento di genericità, quindi è stata banalizzata banalizzata nei modelli di vita, nei modelli di fruizione e soprattutto anche nei modelli di carattere edificatorio ed estetico. Quindi recuperare un'autenticità - che giustifica una politica finalizzata al recupero e alla sopravvivenza di questa autenticità, che è un valore per tutta la comunità piemontese e nazionale, e non soltanto di quella locale - è sempre più difficile, quanto più questo fenomeno al quale si fa riferimento è presente sul territorio.
Sarà un caso, ma si è fatto un esempio in positivo - e sicuramente io lo sottoscrivo con piacere - che è quello della Val Sesia, ovvero la vallata alpina sottoposta meno di altre a questo tipo di pressione. Se noi vediamo il degrado delle vallate alpine, la loro compromissione in termini di qualità della vita e in termini di specificità, è fortemente legata e corrispondente al fenomeno al quale si faceva riferimento, cioè alla sua accessibilità. Quindi è un paradosso quando io dico- lo si considera un paradosso, ma io sono convinto che sia una verità - che l'autostrada della Valle di Susa è una mina sotto la vocazione turistica dell'Alta Valle di Susa, perché tende ad una sua fruizione banale, massiccia e ridotta in tempi talmente brevi da togliere alla fruizione stessa l'arco temporale necessario ad una mente umana per vivere un'esperienza.
Non si può andare in montagna in mezza giornata, dopo il riposino pomeridiano, prendere la macchina e andare a prendere il caffè - a Sestriere: questo non è vivere la montagna. Non so se il collega è d'accordo con me; la montagna la si vive nei suoi momenti magici: i tramonti, le Alpi, i temporali, la neve. Questa è la montagna! E la gente di montagna la si apprezza e la si condivide nei suoi valori se la si vive nella sua autenticità, che sono questi momenti, non sono il pomeriggio passato fuori porta da Torino andando a Sestriere o a Bardonecchia in tre quarti d'ora d'auto.
Sono molto soddisfatto che da parte di tutti i colleghi sia stata espressa la necessità di recuperare parte di noi stessi, perché tutti noi siamo per larga parte figli di queste nostre splendide montagne. E' però un percorso difficile, e un percorso difficile non consente strumentalizzazioni e fughe in avanti, anche se da parte di alcune forze politiche c'è una strumentalizzazione di un argomento (la legge sulla montagna); se poi si chiedesse loro cosa vuol dire la legge sulla montagna probabilmente non saprebbero dire niente.
E io ho apprezzato - anche in questo caso - il collega del Gruppo Verde che ha fatto un'elencazione molto umile di titoli rispetto ai quali chiede alle forze politiche e alla Giunta di confrontarsi; ha anche detto che vota no ad una legge perché la considera solo un elemento notarile, ma immediatamente dopo pone un argomento propositivo.
Ripeto, la montagna è un'area delicata, difficile, molto sofisticata che non consente approcci preconosciuti o precostruiti. Non esistono dei modelli, non esiste letteratura. Ogni svolta di strada in montagna - lo dicevamo nella passata seduta - altera l'altezza del territorio, rie muta la natura economica estetica o funzionale; 300 metri di dislivello che uno sciatore percorre in pochi secondi e che risale in pochi minuti sullo skilift sono una storia, sono due mondi completamente diversi, e non si pu immaginare di dimenticare questi fatti fondamentali.
Approfitto del fatto ché ho la parola per illustrare brevissimamente un ordine del giorno che io e alcuni colleghi di maggioranza abbiamo depositato. In tale documento si pongono alla Giunta e al Governo nazionale due obiettivi. Il primo è l'attuazione, la più sollecita possibile, della definizione delle aree altimetriche; questo è lo strumento per una prima incidenza reale sul piano della politica della montagna, perché soltanto scindendo la montagna nelle sue specificità altimetriche si può fare programmazione e indirizzare le risorse in senso più montano possibile.
Nella seconda parte del documento ci auguriamo che anche da parte dello Stato vengano introdotti dei correttivi e degli strumenti che consentano la rilettura della montagna, e quindi la destinazione dell'intelligenza politica, ma soprattutto delle risorse a quelle aree che hanno una reale autentica montanità.
Con questo intenderemmo anche superare l'obiezione un po' di comodo che viene fatta a questa Giunta, cioè quella di non aver sbagliato escludendo alcuni Comuni (di cui si dà atto che non c'è la montanità), ma si lamenta che sono rimasti all'interno delle Comunità montane Comuni che, almeno oggettivamente, queste caratteristiche di montanità hanno in misura ancora inferiore. Si dà il caso, però, che gli elementi di carattere formale - la legge dello Stato - hanno impedito alla Giunta, per quello che mi è dato di capire, di applicare questo criterio in aree che sono dunque sottratte alla sua discrezione di governo.
Quindi, l'avvio di questi due strumenti (l'individuazione delle fasce altimetriche per una più finalizzata politica regionale, in una rimeditazione e ridefinizione delle aree montane da parte dello Stato) sono l'uno il presupposto per un'azione programmatoria di governo della Regione l'altro per l'individuazione di aree montane rigorosamente e strettamente montane, elemento che è il presupposto della stessa legge sulla montagna.
Se dobbiamo fare una legge della montagna anche nei,confronti di aree che non hanno vocazione tipica e rigorosa di montanità, è evidente che non facciamo una legge sulla montagna, ma facciamo una legge generica su aree più o meno vicine al centro di Torino.



PRESIDENTE

La parola al Consigliere Zacchera.



ZACCHERA Marco

Presidente e colleghi, credo che non dobbiamo incorrere in un errore.
Questo pomeriggio non stiamo parlando della montagna intesa nella sua più vasta accezione, ma stiamo parlando del progetto di legge n. 133 sull'ordinamento delle Comunità montane. Per cui eviterei di affrontare argomenti relativi alla filosofia, all'organizzazione ed ai problemi della montagna: cose interessantissime, ma che rischiano di portarci fuori tema e suggerirei di limitarci così ad alcune osservazioni riguardo al provvedimento in esame.
Innanzitutto direi che bisogna considerare tre momenti diversi. Il momento iniziale, circa un anno fa; il momento della presentazione del documento in Consiglio, l'altra settimana; e l'oggi. Rispetto alla partenza direi che il documento è stato cambiato nella sua prima e nella sua seconda versione ed è stato sostanzialmente stravolto: sono venuti man mano cadendo i punti, gli aspetti di qualificazione del provvedimento, per arrivare ad una formula - oserei dire compromissoria più legata. Poi abbiamo avuto il momento delle operazioni in aula e delle più o meno importanti variazioni richieste ed in parte accettate, che ci sono state durante la discussione.
Rispetto, invece, al documento definito, quello che va in votazione è sostanzialmente identico, anche se mi sembra doveroso sottolineare che alcuni particolari (che erano stati sollecitati anche dalla nostra parte politica), siano stati recepiti almeno a livello di intenti da , parte dell'Assessore. Quindi, da questo punto di vista, noi apprezziamo alcuni correttivi che sono stati posti. In secondo luogo ci sembra importante il discorso che, al di sotto di questo provvedimento, manchi una filosofia di fondo, cioè che alla fine, avendo voluto perdere più o meno condivisibili punti di partenza, il provvedimento che viene fuori è mediato e quindi ha più del burocratico che non invece di scelta "con la spada" verso il futuro della montagna. Quindi, di fatto, un obbligo ed una mancanza di fantasia che ci riporterebbe sul piano dei discorsi che ci hanno preceduti, validi ma fuori tema. Da questo punto di vista, il disegno che si va delineando nelle Comunità montane, è estremamente burocratico, cioè di applicazione della legge n. 142 senza però quel volo d'ala che sarebbe stato necessario.
In questo settore - vado proprio per schemi - ho un dissenso di fondo con l'Assessore su alcuni dei confini delle Comunità montane, che fino a prova contraria ritengo non siano stati scelti per il meglio. La scelta di non mettere alcuni Comuni all'interno delle comunità montane - anche se questi Comuni potranno confederarsi con altri mezzi - è una scelta che non mi trova consenziente e per esempio nel caso di Stresa avrei trovato più logico che almeno le parti montane di questi Comuni dovessero restare nelle Comunità montane di partenza.
Questo è il quadro che si delinea e dovendo esprimere un giudizio con il voto, il nostro sarà un voto di astensione. Perché voto di astensione? Perché riteniamo che innanzitutto questa sia una legge dovuta e quindi non abbia senso opporsi ad una legge verso la quale siamo obbligati a muoverci Perché comunque dobbiamo procedere ad una elaborazione legislativa e se è vero che questa deliberazione non ci trova consenzienti su alcuni particolari, se è vero che è debole come il suo profilo, peraltro rappresenta in questa situazione anche di debolezza intrinseca dell'esecutivo - leggi Giunta regionale - il minimo comune multiplo, o il massimo comun divisore, per il quale si può raggiungere un accordo. Quindi nel complesso, un provvedimento che non ci trova certo entusiasti, ma che può anche avere degli aspetti di apprezzamento da parte nostra: di qui il voto di astensione.
Con questo ho concluso, Perché volontariamente non apro il discorso sulla gestione della montagna, che è tutta un'altra cosa, ma per la quale chiedo alla Giunta degli interventi propositivi forti, indipendentemente dai confini, dai contenuti delle Comunità montane, perché ritengo che il discorso montagna vada giocato in termini di finanziamenti, perché secondo me sono zone che meritano maggiore attenzione dal punto di vista dei finanziamenti da parte dell'ente Regione; in termini di futuro, perché la montagna si trova comunque ad affrontare dei problemi estremamente complessi; in termini di ambiente, perché in buona parte sulle zone montane si gioca il discorso del futuro ambientale della nostra Regione e anche per un discorso di carattere umano e sociale, perché davanti alla situazione delle collettività montane, non solo delle Comunità, penso che il nostro tipo di società, la nostra struttura sociale abbia molte cose da farsi perdonare e quindi - finche ne ha il tempo - deve intervenire in termini opportuni per correggere determinati sbagli o mancanze ed attenzioni che ancora perdurano.
Questo però fa parte del futuro e fa parte soprattutto di un impegno che spero si vada ad assumere l'Assessore, anzi gli Assessori. Perché sono diversi gli Assessori a cui può competere un discorso legato all'economia ed allo sviluppo montano; ma è un impegno che va preso al di fuori del dibattito di oggi sull'ordinamento delle specifiche Comunità montane.



PRESIDENTE

La parola al Consigliere Beltrami.



BELTRAMI Vittorio

Signor Presidente e colleghi Consiglieri, la dichiarazione di voto della Democrazia Cristiana è che aderisce e supporta la legge. Sono stato colto relativamente all'improvviso per fare questa dichiarazione, anche se sedendo in quest'aula da diverso tempo, ho vissuto appieno la costruzione della legge proposta, direi dalla preistoria, se è possibile riferirsi al 1972. Sedendo in quest'aula da diverso tempo, allorquando demmo vita in attuazione di leggi dello Stato e delle norme costitutrici delle Comunità montane, sino all'ultima legge del marzo 1985, che ci venne suggerita - non imposta- dalla piazza, dai Sindaci con fascia tricolore, che rivendicavano un giusto riconoscimento delle Comunità montane. E' attuativa della legge n.142; la legge n. 142 è una legge di un certo respiro, una legge - per altri aspetti - forse eccessivamente enfatizzata: propone programmi e scadenze che la Regione Piemonte nei limiti del previsto, almeno come proposta, ha affrontato: di questo bisogna dare atto all'Assessorato ed alla Giunta regionale, per un ricalarsi su una Regione quale il Piemonte il cui territorio per due terzi è occupato dalle montagne. Abbiamo vissuto la fase iniziale, preparatoria di questa legge attraverso un gruppo di lavoro ci sono stati dei recuperi e poi l'assieme, la collegialità della Commissione istituzionale sulla legge n.142 ha potuto dare luogo all'odierno risultato.
Sulla legge n. 142, in effetti, ci possono essere momenti di confronto non tutti ne colgono la squisitezza del dettato: con la legge n.142 la Comunità montana fuoriesce dal ruolo del cosiddetto anonimato dall'incertezza della sua collocazione giuridica entro l'area degli Enti locali e viene ad assumere un ruolo straordinario di Ente locale. Pu accedere, anche sotto il profilo finanziario, a quelle risorse che diversamente da questo suo riconoscimento giuridico, avrebbe mai potuto cogliere. Esce da uno stato di precarietà e di anonimato.
La proposta di legge della Giunta ha avuto un susseguirsi di confronti con le realtà locali; non poche, ma tantissime consultazioni delle stesse poi alla fine come atto conclusivo ne è emerso un consolidamento nelle scelte, nell'articolazione delle Comunità, di quell'amalgama, di quel modo di convivere, di mettere assieme delle esperienze costruite dal 1972 ad oggi. Quindi, la scelta finale: rispettare, per quando è stato possibile quel disegno.
Certo, occorrerà guardare a non pochi problemi: quelli che la legge, in questo momento organizzativo, momentaneamente un poco trascura, ma ci sono atti di questo nostro Parlamento regionale che prendono conoscenza degli indirizzi del governo regionale, ed è quindi necessario che, con il tempo si possa e si debba parlare di dotazioni di ricchezze a delle costruzioni sul territorio che, talvolta nella miseria più ampia - questo è stato particolarmente il caso delle piccole Comunità -, hanno saputo realizzare ed offrire aspetti di costruzione, e non solo di progetto, veramente ampi: l'uso delle acque di montagna; lo sfruttamento delle risorse idriche, mi pare non sia stato aspetto trascurabile.
In futuro occorrerà tentare di cogliere le anomalie del sistema certamente ne esistono -, gli aspetti che attengono all'esigenza di essere disegnati, anche per quanto attiene all'omogeneità dei territori, a quella stessa omogeneità che appartiene al disegno complessivo della legge n. 142 e, per altri aspetti, anche alla complessa articolazione di Enti che vengono a ritrovarsi talvolta entro un territorio ristretto.
La stessa nascita delle nuove Province crea talune situazioni per le quali, direi, i livelli di governo sul territorio contenuto si moltiplicano, mentre a mio avviso dovremmo tendere al fine della semplificazione.
Ci sono quindi realtà con le quali bisognerà pur fare i conti e quindi anche con questa semplificazione che mi pare sia nell'aria e sia necessaria. Una stessa legislazione nazionale pare essere in itinere e potrebbe, alla fine, essere informatrice di supporto a quella regionale, a conferma dei principi della montanità, ridisegnando la stessa articolazione progettuale. Gli stessi criteri per la rappresentanza sono un problema più volte emerso nelle assemblee elettive, le quali danno luogo, con elezioni di secondo grado, alla rappresentanza che è chiamata a governare le Comunità montane, e all'inserirsi, con questa legislazione statuale della progettazione, delle Comunità montane entro spazi di compatibilità con la pianificazione regionale e, per quanto vale, anche con la stessa norma della finanziaria che ricorrentemente e annualmente pone blocchi e limiti al dispiegarsi delle intuizioni, delle energie e della capacità progettuale della stessa Regione. Una legge quindi che alla fine debba sostenere e debba informare l'altra legge della montagna. Noi diamo atto, e abbiamo certezza, che da parte della Giunta regionale sarà proposta, in accoglimento anche di indicazioni precise sorte in questo, ampio dibattito una legge più complessa, più articolata, operativa per le Comunità montane che possa inserirsi e integrarsi con il Piano di sviluppo, armonizzandosi con le sue previsioni, e che tenti, assieme al disegno delle deleghe per le altre realtà degli enti locali, di dare anche alle Comunità montane una risposta che la Regione aveva più volte indicato e proposto nella sua legislazione sul piano dell'istituto della delega. Quindi, mi parrebbe una legge che deve discendere dalle grandi linee della legislazione statale che consenta il permanere della gente in montagna, che rimedi allo spopolamento, che assicuri alla montagna e quindi alle Comunità di tutelare, disciplinare, possedere e primieramente godere dei beni propri.
Ad esempio, lo stesso uso delle acque, visto anche come movimento di risulta energetica.
Una legge per la montagna che alla fine sia di integrazione, di sostegno, di supporto a questa legge odierna che andiamo ad approvare, per la quale la DC dà il suo voto sicuro e certo. Allora apparirà, fugando le velate ombre di incertezza, di dubbio e sostenitrici di momenti di vuoto nella legislazione regionale, che quello che in apparenza è segno di debolezza, se inserito in un più ampio e complesso disegno della Giunta regionale, non potrà che comportare nuovi spazi, ulteriori momenti di respiro a questo popolo della montagna che è un popolo tante volte dimenticato, ma è un popolo che tanto ha dato alla comunità piemontese.



PRESIDENTE

La parola al Consigliere Chiezzi.



CHIEZZI Giuseppe

Grazie Presidente. Colleghe e colleghi, verso la metà di questo secolo un bravo scrittore enunciò una simmetria: l'uomo di montagna pensa dell'uomo di città esattamente quello che l'uomo di città pensa dell'uomo di montagna, che sia un perfetto cretino.
Questa simmetria, in termini letterari, rappresenta la differenza tra città e montagna, la natura differente dei rapporti fondativi dell'esistenza, dei rapporti economici, del rapporto dell'uomo con la natura. La rottura di questa simmetria penso che non possa avvenire semplicemente attraverso nuove leggi, ad esempio con una legge come questa sulle Comunità montane. Questa è una legge attuativa della legge 142. La legge 142 continuo a ritenerla una occasione perduta di per sé. Non sono d'accordo che questa attuazione sia l'occasione perduta, perché ritengo che di fronte ai problemi della montagna, che non possono essere disgiunti da quelli della città, occorrano delle scelte di governo e non leggi come questa.
Una politica per la montagna può essere iniziata e praticata da tempo e potrebbe essere anche attuata oggi con le leggi che ci sono e le istituzioni esistenti. Se non si parte da questa considerazione, a mio avviso, gli alibi, per chi ha mal governato le istituzioni sino ad ora sono garantiti. Sembra quasi che, senza la legge 142 (occasione mancata) senza una buona attuazione della legge 142 (altra occasione mancata), la montagna e i suoi problemi debbano ancora aspettare.
Affermo il contrario, non accetto questo tipo di interpretazione politica. Se voi voleste, se lo Stato volesse, fin d'ora con tutto quello che c'è, senza cambiare una virgola, potrebbe impostare una seria politica di sviluppo della montagna. Le nuove leggi invece, le leggi di carta come ritengo siano la legge 142 e questa legge regionale di attuazione, generano semplicemente delle illusioni di brevissima durata. Sono artifici, che a mio avviso mal si collegano con la realtà e le sue trasformazioni e spostano il dibattito politico e il tempo di lavoro verso canali privi di operatività.
Non ritengo che una seria politica per la montagna possa essere gestita da enti eletti di seconda classe, non lo penso! E' già difficile governare col potere diretto che i cittadini offrono alla loro rappresentanza. Un Consiglio eletto di seconda classe non sarà in grado di prevalere sulle scelte di Consigli comunali eletti in prima classe. Penso che una Giunta eletta in terza classe, quella della comunità montana, non possa avere il potere di gestire il territorio al di sopra dei Comuni.
Nel mio intervento iniziale non ho detto che questa attuazione della L.142 non fosse la migliore possibile. Forse non è la migliore possibile ma forse non è nemmeno la peggiore possibile. Non è questa la critica che voglio svolgere. Per la montagna non ci sarebbe bisogno proprio di nulla tranne di governi autorevoli che decidessero coerenti scelte di sviluppo economico, di valorizzazione di elementi culturali, rapporti tra gli uomini e la natura. Senza scelte fondamentali sui criteri e le finalità dello sviluppo ritengo che la montagna, tenuta separata, dal resto del territorio, anche con leggi, rimanga abbandonata. Montagna separata montagna abbandonata! Una montagna separata dai luoghi in cui si decidono gli investimenti e le scelte di sviluppo è una montagna abbandonata a uno sviluppo residuale sulla base di piccole economie stentate, che sempre più cedono il passo a scelte economiche indotte dalla pianura.
Da questo punto di vista ritengo che se si volesse organizzare una politica della montagna non di queste leggi ci sarebbe bisogno, ma di una discussione su altri fattori che determinano l'emarginazione della montagna. Faccio un esempio. Quando la società nel suo insieme, quindi dal Governo nazionale a tutti i governi locali, decide di investire nella Regione Piemonte 1.300 miliardi e di spalmarli su una striscia di territorio larga 7 metri e lunga 9 chilometri, striscetta di territorio che si trova nel centro della pianura piemontese; quando, in ultima analisi, le risorse su cui si può far leva per determinare o meno gli sviluppi vengono ad esempio impiegate per costruire quello che si dice si costruirà (penso che non succederà, ma si ipotizza che si costruirà), il tratto di 9 chilometri della mitica e per me fantomatica metropolitana a Torino affermo che il destino della montagna continua in una certa direzione.
Non possiamo tenere separati i compartimenti del governo: i conti non tornano più! Se continuiamo a tenere separati i vari compartimenti e ritenere inammissibili le critiche di carattere generale, le scelte complessive di investimento, allora ci celiamo dietro lo stato di cose esistente e probabilmente tutti gli Assessori e tutti i Ministri hanno ragione a dire che di più non si può fare. L'esempio della sanità che tratteremo nei prossimi giorni è emblematico. Se ci si rinchiude dentro i bilanci di ogni singola voce di spesa, tutti hanno ragione a sostenere che scelte diverse sono impossibili. Invece ritengo che scelte diverse siano assolutamente possibili.
Il respiro della legge n. 142; collega Beltrami, a me pare asmatico non ossigena nemmeno quello che c'è, altro che andare a ossigenare i nuovi Enti locali che inventa, la città metropolitana e le comunità montane, che a mio avviso continuano a non essere Enti locali nonostante la stentorea dichiarazione di legge. La legge 142 a mio avviso è il frutto ultimo e mal maturato di una stagione. La gente fuori di qua mi pare abbia tutt'altri problemi, la società civile esprime un grandissimo malessere.
Non contesto il fatto che l'Assessore stia attuando la legge 142, ma tutte queste leggi! Peggio si governa - dicevano i Latini - e maggiore è il numero delle leggi che quei governi propongono. Noi rientriamo in questo filone. Per questi motivi generali e di merito esprimo con convinzione un voto sfavorevole a questo nuovo ordinamento delle comunità montane.


Argomento: Comunita' montane

Iscrizione nuovi argomenti all'o.d.g.: progetto di legge n. 274 e ordine del giorno n. 364


PRESIDENTE

Propongo di iscrivere all'o.d.g. i seguenti documenti: progetto di legge n. 274: "Zone montane omogenee: variazioni conseguenti all'istituzione delle Province di Biella e di Verbania" ordine del giorno n. 364 sulla distillazione obbligatoria del vino da tavola, anagrafe vitivinicola.
Non essendovi osservazioni pongo in votazione per alzata di mano l'iscrizione all'o.d.g. di tali documenti.
L'iscrizione è approvata con 40 voti favorevoli e 2 voti contrari.


Argomento: Comunita' montane

Esame progetto di legge n. 133 (seguito)


PRESIDENTE

Riprendiamo le dichiarazioni di voto sull'intero testo del progetto di legge n. 133.
La parola al Consigliere Rossa.



ROSSA Angelo

Presidente e colleghi, poche considerazioni per poi passare all'approvazione del disegno di legge al quale il Gruppo socialista assicura il proprio sostegno, ritenendolo una buona legge: in sostanza, il PSI ritiene sia stato fatto un buon lavoro. Ci siamo impegnati in un lavoro che ha coinvolto tutte le componenti politiche del Consiglio regionale credo si debba dare atto all'Assessore Nerviani, assiduamente ed attentamente impegnato intorno a tutta la tematica, di aver saputo raccogliere largamente le istanze che venivano sia dai Gruppi sia dalle varie espressioni delle Comunità nelle consultazioni che si sono avute.
Stiamo senz'altro per terminare un lavoro molto importante e positivo anche se è un lavoro dettato, che discende da scadenze e provvedimenti ricondotti alla legge n. 142.
Nell'adeguare la nuova fisionomia, la nuova connotazione delle Comunità montane a quanto ha stabilito il legislatore della legge n. 142, il dibattito ci ha portato anche al confronto diretto sui problemi della montagna. Problemi tuttora aperti, per i quali mi unisco alle voci emerse oggi nel dibattito e in Commissione perché si compiano tutti gli sforzi direttamente e attraverso il rapporto diretto con il Governo e lo Stato e con la Comunità Economica Europea, affinché questi problemi siano affrontati attraverso una politica di rilancio della montagna. Quindi adeguamento delle strutture, aggiornamento a quanto previsto dalla legge n.
142, che consenta alla Comunità montana di essere riconosciuta come Ente locale, che dia la possibilità alla Comunità montana di essere redattrice del Piano pluriennale di sviluppo, che consenta un rapporto con la Provincia e con i Comuni. Quindi, di poter essere un soggetto importante un soggetto al quale riferirci nella redazione di progetti speciali e nei rapporti che la Regione, lo Stato e il Governo debbono realizzare nella nuova dimensione europea.
Anche se sono d'accordo con quanto hanno detto i colleghi nei loro interventi, vedo positivamente il fatto che sia auspicabile che si passi successivamente ad una politica vera e propria di sviluppo della montagna.
Colloco questo dibattito che discende dalla legge n.142 lungo un percorso che consente a poco a poco, seppure con gradualità, di riequilibrare una situazione che in questi decenni è andata squilibrandosi a danno della montagna. Non c'è dubbio che lo sviluppo della società industriale ha determinato una nuova polarizzazione che è andata ad incidere nei rapporti sociali di carattere storico nei confronti della montagna, ma anche nei confronti dell'agricoltura, come nei confronti - per esempio - del Mezzogiorno.
Non c'è dubbio che anche questo processo abbia finito col segnare un deficit di presenza della montagna; in qualche misura, la montagna ha sofferto e pagato uno stato di processo convulso, le conseguenze di un processo di industrializzazione che, insieme a molti pregi che hanno consentito a questo Paese di diventare uno dei Paesi più importanti sul piano industriale, ha portato anche una serie di conseguenze di carattere negativo sul piano sociale, dello sviluppo e dell'equilibrio.
Credo che questo sia un elemento, un anello importante che ci deve consentire a poco a poco di realizzare quel riequilibrio necessario per ridare forza e vigore allo sviluppo del Paese. Credo che, passato il momento dello sviluppo convulso, industriale, ancorché guidato, si è cercato di controllare tale situazione, ma tuttavia è sfuggita a quella che era una prospettiva di sviluppo programmato. Credo che questa ripresa di dibattito ci dia la possibilità di arrivare ad un riequilibrio che ci consenta di presentare un Paese uniforme nel suo sviluppo e un riequilibrio che richiede grandi sacrifici e sforzi. Non è soltanto un problema di riequilibrio dal punto di vista numerico, ma anche di riequilibrio dal punto di vista della omogeneità dello sviluppo.
Così come si pone il problema del Mezzogiorno per poter superare la disuguaglianza esistente nel nostro Paese (abbiamo constatato poi che esiste anche in altre parti d'Europa), si pone il problema di un riequilibrio dal punto di vista della montagna. Seppure la montagna rappresenti i due terzi del nostro territorio, sia situata nelle zone più avanzate, più sviluppate (la padania è una delle aree più sviluppate del mondo), tuttavia - non c'è bisogno di andare nel Mezzogiorno - vi sono disuguaglianze e abbandoni che, in parte, sono la conseguenza di un certo tipo di politica di sviluppo capitalistico industriale e, in parte, sono il segno di una situazione che è andata cambiando e che non era così facile sostituire con altre ipotesi e prospettive.
Questo non vuol dire che dobbiamo dimenticarcene, ma che dobbiamo partire da qui. Se i due terzi del nostro territorio sono montagna o della residenza al di là del domicilio di ciascuno di noi, potremmo considerarci appartenenti a quest'area del Piemonte, e, in fondo, la stessa definizione di "regione" ha con sé un legame profondo che ci porta alla montagna, e questo ci deve impegnare ancora di più in un grosso sforzo.
Sentiamo i nostri amici raccontare una situazione grave e preoccupante ho ascoltato situazioni di grande difficoltà delle montagne delle altre province, ma personalmente potrei dire delle montagne dell'Alessandrino della Val Curone, della Val Borbera, zone dove non c'è niente, dove le cose sono andate sempre più affievolendosi, dove è difficile mettere in moto qualsiasi meccanismo, dove c'è quindi bisogno di prestare un'attenzione particolare, dove non possiamo immaginare che la cattedrale continui a vivere nel deserto, per riferirmi a grandi concentrazioni.
Anche se sembra ci siano, tra corsi e ricorsi, processi di riflessione di avanzata, di corsa e poi di riflessione e magari di ristabilimento di un rapporto nuovo; è però chiaro che dobbiamo fare qualche cosa, non possiamo soltanto aspettare che il processo si svolga spontaneamente.
Quando i Presidenti di Comunità montana delle nostre zone ci dicono che c'è bisogno di un grosso sforzo, ci richiamano ad una sacrosanta verità. Si tratta di vedere cosa possiamo mettere in moto nei territori montani dall'attività artigianale, che è andata scomparendo perché funzionale solo in passato, ad un certo tipo di presenza di popolazione, di mezzi di produzione, di lavoro che oggi non c'è più, ma che comunque vanno in qualche modo pensati o ripensati rispetto alla salvaguardia, allo sviluppo della montagna, dall'attività artigianale a quella turistica. Cosa facciamo per attrezzare la montagna alla difesa, all'uso plurimo delle acque, ai problemi del recupero delle piccole centraline e delle cose di cui ci lamentiamo essere deficitarie sul piano nazionale? C'è una serie di cose di domande che vanno al di là dell'esigenza di adeguamento della struttura e della fisionomia della Comunità montana alla legge n.142; ci portano direttamente ad un dibattito che vogliamo decolli.
Credo che nella nostra Regione, più che da altre parti, ci sia con la montagna un legame profondo che ci deve portare a segnalare questa esigenza. E' un impegno che dobbiamo prendere tutti assieme, dobbiamo mettere in conto un grande sforzo da realizzare in funzione del momento in cui ci confronteremo in Europa con altre grandi Nazioni. Non possiamo entrare in Europa con qualche stampella che sorregge gambe zoppicanti. Sia questo momento l'inizio, il punto di arrivo e di avvio di un processo di rilancio e di sviluppo.
Questo è il messaggio che dobbiamo dare alla nostra gente, alle Comunità montane; un messaggio di attenzione che parta dalla considerazione che senza modernizzazione di tutta la struttura, di tutta l'attrezzatura di tutto il vivere civile nella montagna, non faremo grandi passi in avanti e non riusciremo a confrontarci come saremo chiamati a fare, tra pochi mesi, con un'Europa che al settore della montagna ha prestato molta attenzione. Abbiamo parecchi problemi, Assessore, e personalmente, nel darle atto dell'impegnò nell'aggiornare la situazione delle Comunità montane, le assicuro tutto il sostegno del Gruppo socialista non solo su questo punto, ma rispetto ad uno sforzo che deve rispondere alla nuova domanda di ammodernamento della struttura locale montana (che lo stesso legislatore della legge n.142 ha recepito, nel momento in cui ha cercato d'immaginare un'articolazione 'nuova del nostro Paese sul piano delle strutture locali). Tutto ciò nel quadro di una ripresa e del rilancio della montagna stessa, nella prospettiva di un Paese più omogeneo in grado di continuare a produrre quella ricchezza, che ha fatto sì che questo Paese da povero, com'era 50 anni fa, diventasse uno dei Paesi più importanti dei pianeta. Ha fatto sì che ci fosse l'intento di dare vigore, di dare forza di dare spinta ad un ulteriore sviluppo, perché i timori di non poter restare nella "prima serie" siano fugati e si possa continuare a guardare con fiducia alle cose che, in fondo, abbiamo fatto e cerchiamo di fare per andare avanti sia come Regione Piemonte, sia per dare un contributo alle prospettive che abbiamo tutti quanti indicate.



PRESIDENTE

Si proceda alla votazione per appello nominale dell'intero testo della legge.
L'esito della votazione è il seguente: presenti e votanti 43 hanno risposto SI 26 Consiglieri hanno risposto NO 17 Consiglieri Il testo di legge è approvato.


Argomento: Comunita' montane

Esame progetto di legge n. 274: "Zone montane omogenee: variazioni conseguenti all'Istituzione delle Province di Biella e di Verbania". Ordine del giorno n. 365


PRESIDENTE

Non essendoci richieste di intervento, pongo in votazione l'articolo unico della legge, per appello nominale.
ART. 1 - L'esito della votazione è il seguente: presenti e votanti 43 hanno risposto SI 26 Consiglieri hanno risposto NO 17 Consiglieri L'art. 1 è approvato.
Passiamo ora all'ordine del giorno collegato n. 365 presentato dai Consiglieri Picchioni, Fiumara, Ferrara e Marchini.
La parola al Consigliere Vaglio.



VAGLIO Roberto

Interverrò un'unica volta, per commentare l'ordine del giorno e per dichiarare le intenzioni di voto del mio Gruppo.
Non condivido affatto lo spirito del documento, che ricorda le disposizioni e le posizioni morali di Ponzio Pilato. Con l'art. 41 della legge appena votata, cancelliamo l'intero pacco di disposizioni legislative della Regione Piemonte a favore della montagna e, con un documento successivo ad un'approvazione del genere, ad una legge che lascia scoperta fa montagna da ogni provvedimento legislativo, formuliamo un ordine del giorno che in pratica rimetterebbe in discussione quanto fatto finora.
Non credo che un documento del genere possa mettere a tacere le nostre coscienze; lo ritengo poco consono alla dignità di quest'aula e per questo motivo preannuncio il voto assolutamente contrario del mio Gruppo.



PRESIDENTE

La.parola al Consigliere Marchini.



MARCHINI Sergio

Signori Consiglieri e signor Presidente, vorrei far presente che la centralità del Consiglio la si difende anche stando ad ascoltare quanto viene detto, soprattutto quando questo si carica di significato: ognuno poi è libero di usare l'aggettivo che crede, ma quanto detto dal collega Vaglio va segnato e sottolineato nella storia di questo Consiglio! Si interviene comunque, dicendo qualcosa a favore delle popolazioni alpine e contro la Giunta, senza - forse - aver neppure letto l'emendamento. Questo tipo di comportamento deve cominciare ad essere stigmatizzato.
Il documento in discussione, rispetto al fatto chela montagna rimane priva di legislazione, non c'entra niente; rispetto al fatto che bisognerà predisporre una legge sulla montagna, non c'entra niente. Semplicemente, si chiede che ne vengano accelerati i tempi d'attuazione rispetto, ad esempio all'individuazione di aree altimetriche, ovvero al parametrizzare in modo diverso gli interventi a sostegno della montagna a seconda che si tratti di fondovalle, di montagna alta o di montagna media.
Questo, con le questioni poste, non c'entra niente! Nel motivare un voto favorevole o contrario ad una legge occorre essere minimamente coerenti. Ricordo che a scuola, per giudicare un tema, c'era un primo criterio: essere o no in argomento: dovremmo, come primo fatto, "stare al tema", anche se scrivessimo le cose più belle del mondo, ma fuori tema prenderemmo un "non classificabile", equivalente a zero.
La prima questione posta dall'ordine del giorno è sollecitare la Giunta affinché l'individuazione delle aree altimetriche avvenga nei termini più solleciti possibili, per garantire l'avvio, sul piano della programmazione del governo... Per cortesia, collega Rossa! Visto che ha parlato mezz'ora sulle Comunità montane e visto che ha firmato l'ordine del giorno che stanno insultando, stia ad ascoltare quanto sto dicendo! Ha anche avuto la supponenza di parlare per ultimo, a nome della maggioranza: un attimo di umiltà, adesso, per favore! Relativamente all'attuazione dell'art. 2, sulla definizione delle Comunità montane da rivedersi in occasione della ridefinizione delle Province - per larga parte in via di effettuazione già attualmente - ma soprattutto, della definizione delle aree delle UU.SS.SS.LL. - e non solo visti i meccanismi di revisione delle Comunità montane sia d'iniziativa dei Comuni sia d'iniziativa della Regione -, a noi sembra corretto sollecitare la Giunta e il Governo nazionale affinché ridefinisca le aree montane in modo più congruo rispetto all'obiettivo di finalizzare gli interventi in montagna ad aree rigorosamente montane. Questo è discorso politico che non ha niente a che fare con l'assenza di una legge sulla montagna e del superamento di quella precedentemente in vigore.
Si tratta di prendere posizione, caro Consigliere Vaglio: siamo perch le Comunità montane riguardino aree con forte caratteristica di montanità o no? Questo è un problema politico, la legge sulla montagna non c'entra niente! Siamo perché le aree altimetriche vengano definite al più presto in modo che il Comune a 1500 metri sul livello del mare abbia titolo ad interventi parametrizzati con criteri maggiormente significativi che non i Comuni a 511 metri sul livello del mare, come Susa? Queste sono le questioni poste dall'ordine del giorno: Consigliere Vaglio, si misuri su queste problematiche.
Ci sarà sicuramente chi, forse giustamente - magari per bocca del collega Vaglio- ci verrà a dire "cara Regione, è vero che il nostro non è Comune montano ma, guarda caso, all'interno della Comunità montana vi sono Comuni che oggettivamente e dal punto di vista socioeconomico sono meno montani ancora", ma noi sappiamo bene che per larga parte l'opera di riduzione all'essenziale della Comunità montana non è possibile perch l'individuazione delle aree montane viene attuata dallo Stato. Chiediamo quindi allo Stato di concorrere ad un'opera politica, sulla quale occorre verificare chi d'accordo e chi no, che riduce l'intervento a favore ad aree che montane sono, e non a quelle dalle caratteristiche cittadine con giardinetti dove andare a godersi il fresco alla sera! Collega Vaglio, le chiedo scusa, in quanto la considero persona misurata e intelligente e soprattutto molto attenta a tali questioni, per qui non si tratta di fare lamentazioni sul mal operato della Giunta o su quanto non ha fatto (e ce n'è molto); si tratta di prendere posizione rispetto a due soluzioni da dare alla Giunta: accelerazione dell'individuazione delle aree altimetriche, muovendosi d'intesa con lo Stato e sollecitandolo affinché vengano riviste le definizioni delle aree montane. Ciò proprio perché ci rendiamo conto che, con il criterio dell'individuazione di montanità dello Stato, nelle Comunità montane vi sono Comuni che non hanno titolo a starvi: questo è il problema.
Noi siamo per la riduzione delle Comunità montane alla loro vera ragion d'essere, e ci sono altri che invece ritengono che le Comunità montane si debbano estendere. Questo è un confronto sul quale si può essere di un'opinione o dell'altra, ma sul quale ci si deve pronunciare, senza sfuggire all'argomento con dissertazioni che sulle questioni sul tappeto non hanno nulla a che fare, anche se legittime e per certi versi condivisibili.
Io non ho discusso sulle questioni posto dal collega Vaglio come argomentazioni; mi pare che l'argomento non c'entri. Collega, sei per allargare o per restringere le Comunità montane alle aree veramente montane, o no? Questo è il nodo politico che abbiamo posto con questo documento di indirizzo alla Giunta!



PRESIDENTE

Ha chiesto la parola il Consigliere Buzio; ne ha facoltà.



BUZIO Alberto

Purtroppo ho perso l'intervento precedente; avrei voluto intervenire su quella leggina, ma pazienza. L'andamento della discussione è stato piuttosto caotico e questo cambierà un po' l'impostazione del nostro Gruppo sul documento. L'ordine del giorno, da un certo punto di vista, sembrerebbe innocuo; in realtà travisa in parte il senso generale del dibattito, e mi spiace che il Consigliere Marchini non possa rivolgersi a me dopo essersi rivolto al collega Vaglio, poiché la mia valutazione è certamente più vicina a quella del Consigliere Vaglio che alla sua.
Tutto sommato, mi pare che le premesse con cui questa legge è stata presentata siano accettabili, anche se aveva la pretesa di diventare un testo unico con l'abrogazione di una serie di leggi (dopodiché ognuno pu interpretare il taglio finale a cui si è arrivati); apprezziamo il fatto che si dica che si farà una legge sulla montagna, cosa che nelle premesse non era indicata.
Tuttavia, a parte queste considerazioni per cui è comunque inutile approfondire questioni che possono essere di lana caprina, a noi pare importante sottolineare quanto da noi già sostenuto in più sedi, a livello di bilancio, a livello di provvedimenti sulla montagna in generale e di dibattito consiliare.
Da questa serie di provvedimenti non emerge ancora un serio impegno che però abbiamo sentito annunciare oggi e che verificheremo in sede di assestamento di bilancio con gli eventuali provvedimenti finanziari a favore della montagna.
L'anno scorso, dopo una grossa pressione fatta dal nostro Gruppo e accolta dalla maggioranza, sono stati inseriti a bilancio due miliardi.
Ripeto: questa Regione, rispetto ad altre, non stanzia nulla a favore della montagna; basti pensare alle vicine Regioni Lombardia e Veneto. Questi sono dati reali e concreti che possono essere apprezzati da tutti; all'interno di questa legge poteva anche esserci una norma finanziaria. Non c'è? Ci si dice che la Giunta si impegnerà a livello di assestamento di bilancio? Benissimo, verificheremo anche questa volontà sul piano politico.
Tuttavia, oggi ho sentito considerazioni che mi hanno un po' stupito.
E' vero, il Governo dà finanziamenti alle Comunità montane per spese di funzionamento e di investimento, ma è altrettanto vero che le Regioni possono sommarne altri sia per le spese di funzionamento che per quelle di investimento. Ma proprio perché il Governo, rispetto agli anni precedenti ha aumentato le spese correnti per gli investimenti, dovremmo andare nella direzione esattamente opposta; la Regione Piemonte dovrebbe quindi, anzich finanziare le spese correnti come ha sempre fatto, finanziare le spese di investimento. In effetti, in termini di bilancia non ha senso aumentare le spese correnti quando già l'investimento dello Stato è eccessivo, cosa che tra l'altro, è stata fatta per sanare situazioni di Comunità montane nel Mezzogiorno.
In sostanza, non è ancora emersa una chiara idea volta a sostenere i Piani di sviluppo delle Comunità montane: questo è il problema di fondo.
Si è parlato dei progetti speciali integrati. Questi non possono essere ricorrenti; non si possono assumere i progetti speciali integrati come elemento costante di finanziamento a livello di bilancio regionale. A livello di bilancio regionale ha più senso sostenere i Piani di sviluppo entrando però nel merito e verificandone l'opportunità e la qualità.
Abbiamo parlato delle deleghe. Certo, anche questo è un rinvio al futuro; auspichiamo che, anche in questo caso, si entri nel merito. Non solo la Regione deve essere momento di amministrazione attiva, di legislazione e di programmazione; l'amministrazione attiva la facciano Comuni, Province e anche Comunità montane, adesso che ne hanno pieno titolo.
Sull'ordine del giorno in sé, non ci convince il discorso dell'esclusione, in quanto questa avviene in base ad un criterio che è sbagliato di per sé. Se è sbagliato il criterio a monte, è lì che va rivisto! Tutto sommato, l'ordine del giorno è contraddittorio; da un lato si dice che il Governo deve modificare i criteri con cui si indicano i territori montani, dall'altro si dice che bisognerebbe fare maggiore riferimento alle fasce altimetriche.
In questo senso, basterebbe leggere un rapporto della Regione Lombardia per capire che l'omogeneità dell'area in base alla legge n. 142 può essere anche in funzione di altre caratteristiche. Secondo tale legge, infatti, le Comunità montane non sono solo i territori che in base alla L. 1102 intervengono sull'economia montana, ma sono Enti che esercitano anche - e spetta loro addirittura di diritto - una funzione associata di Comuni (guarda caso!). E' un fatto nuovo! E quindi questo fatto non può non essere rilevante. Addirittura, si parla di esercizio di funzioni, cioè di servizi! Con le future leggi per la sanità, potrebbero anche gestire le aziende dei servizi socio-sanitari! Come vediamo, la funzione delle Comunità montane è ben più ampia di quella che avevano originariamente; l'omogeneità di un territorio va dunque vista anche con altri criteri, e nella definizione di queste Comunità non si possono creare situazioni a macchia di leopardo. Anche in questo caso occorre una verifica.
Il criterio delle fasce altimetriche: quello era un criterio valido per differenziare, e non altro; non s'intendeva l'esclusione, che tra l'altro modifica in nulla, semmai penalizza nel criterio di attribuzione. Era sulle fasce altimetriche che bisognava agire, e non certamente sull'esclusione! L'ordine del giorno è contraddittorio e largamente insufficiente rispetto al dibattito svolto; inoltre vuol quasi, in modo innocuo, far passare una volontà che, tra l'altro - ripeto - si contraddice nei termini.
E' pur vero che queste cose vengono richiamate dal dibattito; tuttavia non emergono impegni precisi di finanziamento, ma unicamente impegni generici che dobbiamo ancora verificare. In questi due anni non ci sono stati finanziamenti sufficienti, e non è nemmeno emerso alcun impegno per le deleghe; non c'è stato fino adesso, forse ci sarà, lo si preannuncia: verificheremo.
Si preannuncia una legge sulla montagna? Verificheremo anche questo. Mi pare che, tutto sommato, la montagna in sé rimanga sempre una questione marginale: questo è il dato di fondo. E' una marginalità non ancora individuata come risorsa strategica, rispetto alla quale non c'è alcuna strategia a livello politico regionale per valorizzare e per avere un approccio diverso a questi temi (l'ambiente, la politica montana) in una prospettiva europea.
Questo ordine del giorno, francamente, ci sembra acqua fresca e contraddittorio nei suoi termini; il nostro voto sarà contrario.



PORCELLANA FRANCESCO



PRESIDENTE

Ha chiesto di intervenire il Consigliere Chiezzi; ne ha facoltà.



CHIEZZI Giuseppe

Insieme al collega Maggiorotti, voterò contro l'ordine del giorno perché, dal punto di vista delle esigenze d'intervento sulla montagna, lo ritengo - come direbbe il collega Marchini - fuori tema.
L'ordine del giorno sposta l'attenzione prioritaria sulla necessità di ridefinire qualcosa che ha a che fare con la tecnica (individuazione di fasce altimetriche), come condizione per affrontare una buona volta, in termini di buon governo, i problemi della montagna. Non ripeto quanto ho detto precedentemente, ritengo che questo non corrisponda alle necessità di fare.
Ritengo che quello di cui oggi c'è bisogno non è ridefinire le Comunità montane, ma una politica per la montagna e per le Comunità che vivono in montagna. Tra le due priorità, ho teso a mettere in luce le ragioni per cui privilegio la seconda. Questo ordine del giorno, invece, si sofferma sulla necessità di descrivere meglio quella linea nello spazio che dovrebbe contornare ambiti territoriali per i quali poi, a quel punto, sarebbe finalmente possibile fare qualcosa.
No, cari colleghi; no, forze di maggioranza. E' possibile fare qualcosa subito, adesso. Questo ordine del giorno tende a preordinare un alibi per la vostra insufficienza di governo; per questo motivo, voteremo contro l'ordine del giorno.



PRESIDENTE

La parola al Consigliere Miglio.



MIGLIO Mario

Intervengo molto velocemente per esprimere il nostro parere in merito all'ordine del giorno presentato dal Consigliere Marchini ed altri.
Nel secondo punto dell'ordine del giorno si invita la Giunta ad assumere posizione nei confronti del Parlamento e del Governo, e si chiede un ripensamento dei parametri considerati nell'ambito della legge n. 142 in base ai quali si sono definite le configurazioni territoriali delle Comunità montane. In sostanza, si chiede di riconsiderare i parametri per introdurre gli aspetti socio-economici e morfologici del territorio, e via dicendo.
Secondo noi si è di fronte ad una strana situazione, nel senso che in questo caso non è necessario attivare ricerche e analisi socio-economiche per riuscire a comprendere che si pote-vano utilizzare altri parametri rispetto a quelli di fatto adottati dal Parlamento con l'approvazione di questa legge. Ciò viene confermato dall'art. 28, laddove si parla diversamente di linee altimetriche per la configurazione dei territori che hanno una relazione stretta con quelli dichiarati Comunità montana; se invece questi parametri venissero considerati, il riferimento non sarebbe più ristretto alle considerazioni demografiche, ma si prenderebbe in considerazione l'andamento orografico, il clima, la vegetazione, le difficoltà nell'utilizzazione agricola del suolo, la fragilità ecologica, i rischi ambientali e la realtà socio-economica, cioè un insieme di fattori che possono far comprendere al meglio le realtà territoriali verso le quali ci si deve confrontare.
Secondo noi non si tratta tanto di sollecitare a posteriori il Governo e il Parlamento verso un ripensamento, passando attraverso l'attivazione di nuove ricerche socio-economiche oppure ambientali e territoriali; questi strumenti di lettura esistevano già ed è stato il Parlamento nel suo insieme, soprattutto i partiti di Governo, a non voler introdurre anche questi altri parametri fin da subito, nel momento in cui si doveva scegliere la strada più opportuna per la configurazione territoriale delle Comunità montane.
Questo è il motivo per cui riteniamo non particolarmente utile l'ordine del giorno: non lo condividiamo e non voteremo a favore.



PRESIDENTE

La parola all'Assessore Nerviani.



NERVIANI Enrico, Assessore regionale

Come responsabile pro-tempore della delega degli Enti locali, sono destinatario dell'ordine del giorno che è stato presentato. Mi sento in dovere, non essendo intervenuto prima, di prendere la parola, seppure rapidamente, nel merito dell'ordine del giorno e anche nel merito del dibattito che attorno allo stesso c'è stato, perché mi pare che sia stato superato il confine, definito dalle norme scritte e non, della scontata anche aspra dialettica.
Mi spiace che i colleghi della Lega Nord non ci siano e che quindi non possa rivolgermi a loro, ma debbo dire con molta franchezza che sono assai più vicino concettualmente e psicologicamente alle tesi paradossali utopiche, anarchiche - almeno come esse si presentano, per l'estremizzazione che è stata data - del collega Chiezzi, il quale fa, a questo provvedimento di legge, una critica di fondo di tipo filosofico.
Credo che in politica, quando si è all'opposizione, sia indispensabile fare un'opposizione molto dura, ma credo anche che si debba sempre sentire il dovere di proporre qualcosa che non sia soltanto lo spostamento di qualche confine che torna comodo per finalità specifiche, contingenti. Nel ritoccare le Comunità montane, la Giunta ha fatto un atto coraggioso, per il quale ha pagato e paga in termini di impopolarità; credo che almeno questo sia dimostrazione di volontà, di tentativo di operare con onestà intellettuale.
Si dica che è tutto sbagliato ma, se non si ritiene di parlare con dei matti, si prenda atto che ci sono state azioni che certamente non vanno verso un facile consenso, ma che si fondano sulla volontà di operare bene.
Che questo non sia sufficiente, come dice il Consigliere Chiezzi, posso capirlo; ritengo tuttavia, fra parentesi, che non c'è programmazione possibile senza territorio di riferimento e che non c'è costruzione possibile senza un minimo di programmazione. Anche perla montagna, dunque occorre una definizione di programma che ha bisogno di un ambito definito e restringendo gli ambiti definiti - comunque la si vuole prendere - si accentua l'attenzione per la parte della montagna considerata debole.
Io rifuggo dai luoghi comuni e ritengo che non tutta la montagna sia debole, che anzi parte della montagna sia molto più ricca dei nostri quartieri popolari e che abbia meno bisogno di interventi sociali rispetto a qualche area depressa della città di Torino. L'intenzione è stata quella di dire - e lo ripeto forse per la terza volta, dopo averlo detto in Commissione -"cerchiamo di restringere le aree, perché l'attenzione sia più consistente verso quelle più deboli". Sappiamo che ci sono incoerenze, non sono nostre le incoerenze: è una legge che noi in questo momento non possiamo contrastare; se potessimo ci ribelleremmo.
Questo ordine del giorno ci richiama al dovere di spingere sul Governo perché ci sia coerenza fra discorso regionale e discorso nazionale. E' anche questo un atto impopolare, se si vuole, un atto di scontro, ma motivato dalle stesse ragioni che hanno animato tutta la legge, a mio avviso positiva, se non altro perché dà delle norme, senza le quali l'attività delle Comunità montane si svolgerebbe con assai maggiore difficoltà. Ci prepariamo per un tempo nuovo che dovrebbe partire dal 1995.
Per quanto riguarda i finanziamenti bisogna essere molto informati stavo dicendo onesti, ma non posso pensare che il collega Buzio non sia onesto: in tre anni, soltanto in contribuzioni derivanti dal finanziamento CEE, sono stati assegnati alle Comunità montane quasi 40 miliardi, soltanto per gli interventi CEE. Per il funzionamento delle Comunità montane siamo intorno ad un miliardo e mezzo, per completare l'intervento dello Stato. E' sempre preoccupante utilizzare in termini di scandalo argomentazioni anche serie, perché gli scandali ritornano sempre su noi stessi. Certamente io ad Avigliana, Cumiana, Piossasco, Stresa, Serravalle Scrivia, Arquata Scrivia Zumaglia, in tutte queste zone, consenso non ne vado a raccogliere. E' molto facile raccoglierlo da parte di coloro che sostengono che questi Comuni, che montani non sono, debbano essere in Comunità montana. Ma questa è una via illegittima al consenso, è troppo comoda e certamente non torna a vantaggio di quelli che vivono davvero in Val Strona, in montagna, che vivono davvero nelle alte valli, in Val Maira, nelle zone di effettiva difficoltà: bisogna fare delle scelte. Ancora una volta le scelte che ha fatto la Giunta sono state scelte impopolari, magari sbagliate, ma con l'intenzione di non fare parti uguali fra disuguali, e di fare parti che privilegino i più deboli. Il discorso quindi sta tutto qui.
Noi accettiamo questo ordine del giorno che ci dice badate, valutate le fasce altimetriche, ma non ci basterà questo. Non basterà dire che Bardonecchia è molto in alto e che ha bisogno di particolari interventi. Ci deve essere la condizione altimetrica e ci deve essere anche la condizione socio-economica che consente di privilegiare una determinata zona.
Inoltre il secondo punto all'o,d.g., che io accolgo, dice semplicemente "Signora Giunta, con il governo e con il Parlamento si ricordi di operare in modo che non si verifichino più gli scandali per cui Roma, Catania e Palermo sono parti delle Comunità montane e si faccia, in modo che altri Comuni, che montani assolutamente non sono, siano distaccati dalle Comunità montane". A meno che ci sia un patto chiaro, definito, preciso per il quale gli interventi, le provvidenze si destinano esclusivamente ad aree assolutamente montane, a meno che non ci sia una assoluta chiarezza che va nel senso del privilegio delle zone effettivamente montane.
Questo è il significato che io ritengo di individuare nell'ordine del giorno che mi accingo non soltanto ad accettare, ma ad approvare. Questo è anche il senso che sta sotto tutta la fatica, che è durata un anno, che abbiamo pagato fino in fondo, per arrivare ad una nuova normativa, ad un nuovo ordinamento delle Comunità montane. Però, visto che è tornato il collega Vaglio, voglio dirgli che l'opposizione si fa con argomentazioni e non con generiche accuse che non hanno fondamento dimostrato, come è stato fatto fino a poco tempo fa, perché le uniche opposizioni che ho avuto da lei, collega Vaglio, sono state quelle che hanno fatto riferimento a qualche spostamento di Comune e mai, né in Commissione né qui, ho avuto argomentazioni puntuali e precise di modifica sostanziale del provvedimento che portasse vantaggio alle Comunità montane.
Quindi non ritengo sia dignitoso questo tipo di opposizione per il Consiglio, e non l'ordine del giorno. E' questa una legge pensata esclusivamente a vantaggio delle Comunità montane.



PRESIDENZA DEL VICEPRESIDENTE MONTABONE



PRESIDENTE

Pongo in votazione l'ordine del giorno n. 365 che recita: "A conclusione del dibattito e dopo l'approvazione della legge di riordino delle Comunità montane, il Consiglio regionale impegna la Giunta: a dare sollecita attuazione alle disposizioni di cui all'art. 4 della legge di riordino, al fine di consentire la concretizzazione del manifestato impegno a favore delle aree montane che presentano, in conseguenza delle caratteristiche altimetriche, morfologiche e socio economiche, situazioni di maggiore problematicità ad assumere iniziative nei confronti di Governo e Parlamento affinché si attivino ricerche e analisi socio-economiche e territoriali finalizzate all'aggiornamento dei criteri utilizzati per l'attuale classificazione dei territori montani, così da consentire l'individuazione di zone omogenee più coerenti all'esigenza di tutela e di valorizzazione della montagna".
Chi è favorevole è pregato di alzare la mano.
L'ordine del giorno è approvato con 20 voti favorevoli, 12 contrari e 2 astenuti.


Argomento: Resistenza

Esame progetto di legge n. 183: "Per la Casa della Resistenza nell'area monumentale di Verbania Fondo Toce" (seguito)


PRESIDENTE

Proseguiamo con l'esame del progetto di legge n. 183.
ART. 1 1) emendamento presentato dai Consiglieri Majorino e Zacchera: togliere: "nell'area monumentale di Verbania Fondo Toce" 2) emendamento presentato dai Consiglieri Miglio, Segre e Giuliano: all'art. 1, prima del punto, aggiungere le seguenti parole: "valutando nella scelta, la possibilità di recupero del patrimonio edilizio esistente".
La parola al Consigliere Beltrami.



BELTRAMI Vittorio

Il parere del relatore è che è difficile poter accogliere l'emendamento del Consigliere Majorino in quanto dislocherebbe in termini non definiti la sede della costruzione, anche se si è tenuto conto di altre proposte che erano maturate a suo tempo. Una proposta del collega Majorino era riferita a Villa Caramora. Io rispondo con immediatezza ed estrema sinteticità: Villa Caramora è dislocata in località impossibile, snaturerebbe lo spirito della stessa proposta.
Si ritiene invece che possa essere accolta la proposta del Consigliere Miglio ed altri, "valutando nella scelta la possibilità di recupero del patrimonio edilizio esistente". Questo nulla toglie e nulla aggiunge alla finalità ed ai confini veri dell'iniziativa, lasciando evidentemente al Comune e alla Provincia di verificare anche questo percorso.
Si ritiene quindi di accettare l'emendamento dei Consiglieri Miglio ed altri e di non accettare quello del Consigliere Majorino.



PRESIDENTE

La parola al Consigliere Majorino.



MAJORINO Gaetano

Solo per precisare che l'estensore dell'emendamento materialmente era stato il collega Zacchera, il quale conoscendo i luoghi molto meglio di me riteneva che la localizzazione dell'opera sarebbe stata più utile in altra località ai fini di utilizzare già l'esistente. Quindi, sotto questo profilo tecnico più che politico, mantengo l'emendamento e in ogni caso voterò a favore dell'emendamento Miglio.



PRESIDENTE

Pongo in votazione l'emendamento 1).
Chi è favorevole è pregato di alzare la mano.
E' respinto con 1 voto favorevole e 27 contrari.
Pongo ora in votazione l'emendamento 2).
Chi è favorevole è pregato di alzare la mano.
E' approvato con 27 voti favorevoli e 1 astensione.
Si proceda alla votazione per appello nominale dell'art. 1 così emendato.
L'esito della votazione è il seguente: presenti e votanti 32 hanno risposto SI 30 Consiglieri hanno risposto NO 1 Consigliere si è astenuto 1 Consigliere L'art. 1 è approvato.
ART. 2 - Si proceda alla votazione per appello nominale.
L'esito della votazione è il seguente: presenti e votanti 32 hanno risposto SI 30 Consiglieri hanno risposto NO 1 Consigliere si è astenuto 1 Consigliere L'art. 2 è approvato.
ART. 3 - Si proceda alla votazione per appello nominale.
L'esito della votazione è il seguente: presenti e votanti 32 hanno risposto SI 30 Consiglieri hanno risposto NO 1 Consigliere si è astenuto 1 Consigliere L'art. 3 è approvato.
Emendamento aggiuntivo presentato dai Consiglieri Majorino e Zacchera: dopo l'art. 3 aggiungere l'art. 3 bis: "Sulle mura dell'ex Ospedale Psichiatrico di Vercelli, verrà collocata una lapide in memoria e ricordo dei 50 prigionieri di guerra trucidati l'8/9 maggio 1945".
La parola al Consigliere Majorino.



MAJORINO Gaetano

Questo emendamento lo avevo già illustrato nel corso della discussione generale e per chiarezza ritengo doveroso leggerlo e brevissimamente motivarlo.
Non mi si potrà dire, se non attraverso un formalismo, che questo emendamento non appartiene e non può appartenere al corpo della legge.
L'emendamento aggiuntivo dice: "Sulle mura dell'ex Ospedale psichiatrico di Vercelli verrà collocata una lapide in memoria e ricordo dei 50 prigionieri di guerra trucidati l'8 e il 9 maggio 1945".
A brevissima illustrazione di questo emendamento devo ricordare come sia cosa certa che nessuno di coloro i quali, in buona fede nella convinzione di servire un ideale e, se mi si consente l'espressione leggermente retorica, in purità di intenti, siano essi stati partigiani del Regio esercito o di altre formazioni dell'epoca, sentono di potersi riconoscere nei crimini del triangolo della morte emersi a chiare note qualche anno fa e neppure possono riconoscersi in quello sterminio, in quel delitto dell'8 e 9 maggio 1945 compiuto dall'allora capo partigiano Moranino, detto Genisto, che penso di potere definire, senza tema di smentite, staliniano, perché fu di stampo staliniano il delitto in quanto dispose l'uccisione di cinquanta giovani prigionieri appartenenti alla Repubblica Sociale. Il fatto è avvenuto l'8 e il 9 maggio 1945 quando non c'era più alcun motivo a sostegno di quella che per coloro i quali appartenevano alla Resistenza era la liberazione. Che si sia trattato di eccidio - questi prigionieri vennero massacrati con camion a rimorchio che li maciullarono - non è ricostruzione di parte nostra, ma ricostruzione dolorosa fatta dalla Magistratura, la quale ebbe a condannare il responsabile all'ergastolo. Come è noto, negli anni '50 il responsabile dovette riparare in quel di Praga ed ebbe poi la grazia dall'allora Presidente Saragat.
Fatte queste breve considerazioni che poi non sono considerazioni bensì il ricordo di fatti non di guerra civile, ma di crimine inutile perpetrato all'epoca con stile e stampo staliniano, io e il collega Zacchera chiediamo che cogliendo l'occasione di questo mausoleo perla Resistenza in quel di Verbania si ricordi con una lapide il sacrificio di questi 50 giovani prigionieri. Mi si potrà obiettare solo con formalismo che nulla ha a che vedere il mausoleo di Verbania con una lapide in quel di Vercelli, però penso che sarebbe un segnale diretto a ricordare anche chi avendo militato dall'altra, parte della barricata, cadde non durante la guerra civile, non per un episodio di guerra civile, ma per un delitto che non può essere che qualificato come comune.
Per queste considerazioni oggettive lo in sisto per l'approvazione dell'emendamento.



PRESIDENTE

La parola al relatore Consigliere Beltrami



BELTRAMI Vittorio

Non tento di svicolare con una risposta che si rifà ad aspetti squisitamente formali L'iniziativa è incentrata e tende a raggiunger un certo risultato su un'area particolare, con una dimensione economica non trascurabile che qualche volta è stata da qualcuno messa in discussione.
Debbo rilevare che per aspetti naturale, direi fisiologico, l'emendamento de Consiglieri Majorino e Zacchera non può intervenire nella iniziativa per la quale viene proposta la legge ché stiamo votando. Ciò non togli che in un atto di ricomposizione dei rapporti questo sia possibile per la stessa convivenze umana, non legandola però alle motivazioni portate avanti dal collega Majorino, che ci portano ad altre riflessioni e valutazioni complessive sull'andamento di un conflitto. Dico semplicemente che dal momento che esiste un Comitato della Regione Piemonte per l'affermazione dei valori della Resistenza e dei principi della Costituzione repubblicana con a disposizioni dei fondi che possono essere utilizzati per operi di estrema tenuità qual è la targa che viene proposta dal collega Majorino, è in quella sede che potrà essere valutata la portata di questa proposta. La volta scorsa è mancata là possibilità di dare una risposta, ma il mio è ora semplicemente un intervento sull'emendamento quindi non può ampliarsi alle valutazioni di allora. Rilévo comunque che i colleghi del MSI dai quali mi distacca un modo di: colloca nella società e non certamente un aspetto squisitamente umano, hanno fatto valutazioni che attengono al merito di una guerra e di un intervento armato. Bisogna dire che la guerra di resistenza non è la solita guerra che può essere portata avanti come avviene sullo scenario dei grossi scontri tra Nazioni, dove gli eserciti si confrontano o al limite ristagnano nelle trincee per parecchio tempo quando non hanno guerra di movimento. La guerra di Resistenza vede la rappresaglia, la controrappresaglia, l'imboscata che è uno dei mezzi più utilizzati dalla guerra partigiana. Ho letto ancora recentemente talune analisi fatte di questi tempi dal Pavone in una sua pubblicazione che intenderei ancora analizzare in un prossimo futuro, in altro momento e in altra occasione nell'ambito di un confronto che alla fine assume la portata di guerra civile.
Devo dire che, diversamente da un certo tipo di collocarsi, la guerra partigiana era contrassegnata da due mondi: l'uno, che io ritengo possa essere sorretto da motivi di ragione, da riferimenti a principi, l'altro che si discostava da questi. Certamente non posso schierarmi ed entrare nel merito della vicenda di Moranino né atteggiarmi a sostenitore di costui perché il Parlamento ha assunto 'un preciso pronunciamento su questo argomento. Bisogna valutare solo un aspetto, che non vuole però essere una risposta allo spirito dell'intervento del collega Majorino che è bastevolmente conciliante. La guerra tra Stati - dicevo prima - è una guerra diversa da quella partigiana e termina nel momento in cui viene stipulato un armistizio, ma la guerra civile non ha queste propensioni e questi risvolti, va anche oltre i limiti del "cessate-il-fuoco". Dico purtroppo, ma questo interviene con una somma di cose che portano anche ad aspetti che forse da un'angolazione strettamente storica e umana attraverso odi radicati, spirito di vendetta e via dicendo, non si esauriscono all'improvviso. Questo però non consente una interpretazione corretta della Resistenza e dell'immediato post-Resistenza: chi combatteva avendo ragione e chi combatteva avendo torto. Senza far violenza su altri da parte mia, dico che questa riflessione non è trascurabile. La volta scorsa sono stati fatti riferimenti ad episodi avvenuti dalle mie parti non è questa la sede per parlarne, ma potrei fare un'elencazione di atti veramente brutali, di estrema crudeltà; basterebbe richiamare, per tutti l'eccidio degli ebrei sul lago Maggiore, secondo solo a quello delle Fosse Ardeatine, in Italia, ed ancora l'uccisione dei banchieri Ovazza di Torino avvenuta presso le scuole di Verbania con una conclusione sulle vittime che evito di narrare. Non si fa questa proposta di monumento alla Resistenza per rinfocolare o rispolverare certi risentimenti, ma 50 anni dopo la manifestazione di episodi veramente alti di uno scontro all'interno del Paese, si sta facendo una proposta che sia rievocativa di quei fatti, ma soprattutto che consenta alle scolaresche, alle generazioni giovani che si recano in luogo di rinverdire le proprie coscienze, di riscoprire le motivazioni per cui quei fatti sono avvenuti, direi anche le stesse radici la stessa ragion d'essere di questa democrazia oggi in difficoltà e gli stessi motivi che hanno generato il nostro Parlamento regionale.
Ho fatto un intervento relativamente confuso mettendo insieme molte cose, ma in conclusione ribadisco, senza spiazzare il collega con un riferimento formale, che la proposta di questa targa non rientra assolutamente nella legge in esame e che eventualmente può essere discussa nell'ambito del Comitato per l'affermazione dei valori della Resistenza.
Pertanto è impossibile, almeno così ritengono i proponenti che oggi esprimono larga parte dei Gruppi presenti in Consiglio regionale accogliere questo emendamento.



PRESIDENTE

La parola al Consigliere Marchini.



MARCHINI Sergio

Debbo ringraziare il collega del Gruppo del MSI-DN perché con il suo emendamento consente al nostro Gruppo di atteggiarsi, nei termini generali di questa legge, in linea con una battaglia condotta molti anni fa, quando con un nostro emendamento abbiamo fatto sì che quello che doveva essere il Comitato antifascista :diventasse il Comitato per la valorizzazione dei valori della Resistenza e della Costituzione repubblicana. E non è cosa da poco. Rispetto a questa questione ci poniamo di nuovo con la stessa logica.
Non siamo per il momento "contro", "anti", ma per il momento "a favore", che valorizzi e ricordi, ma ricordi il valore in positivo e non gli eccidi di altri, perché il valore di quei fatti nasce dal valore in assoluto e non come conseguenze e comportamenti altrui.
Se da parte degli organizzatori non c'è capacità di cogliere questa occasione per costruire esclusivamente in positivo questa ipotesi, allora qualche riserva ce la poniamo. Ci auguriamo che questo monumento, questo luogo d'incontro non sia per ricordare gli eccidi, ma per spiegare i valori che hanno spinto qualcuno a muoversi rispetto a certi obiettivi. E' la stessa filosofia che molti anni fa aveva giustificato un nostro emendamento e che aveva trovato il Consiglio regionale, in particolare la sinistra d'accordo nell'immaginare che dobbiamo lavorare per la valorizzazione degli elementi che costruiscono in positivo e non per rinfocolare divisioni e ricordare fatti che, paradossalmente, non sono l'origine dei fatti positivi che ha costruito quella generazione. Quella generazione, a prescindere dai fatti sui quali ragioniamo, una più avanzata coscienza democratica e - se vogliamo - repubblicana, la doveva costruire traendola da valori e non solo da animosità e da avversioni.
Quindi, l'emendamento proposto dal collega del MSI non è accettabile proprio perché tende a sottolineare elementi in negativo, contro. Allora inauguriamo un monumento per ricordare fatti negativi di una certa parte e parallelamente mettiamo una targa che ricordi fatti negativi dell'altra parte? I fatti negativi non mi interessano; sono stati la ragione per la quale si sono costruiti dei valori, ma i giovani devono imparare il valore della democrazia e della libertà in assoluto, non come risposta ai fatti ma come valori che comunque si realizzano a prescindere dai fatti che li hanno generati.
Il nostro livello di libertà e democrazia nasce dalla nostra cultura dalle nostre esperienze, non dagli eccidi. Gli eccidi possono avere provocato la mobilitazione immediata di più persone rispetto al contingente, ma la Storia dell'uomo non è stata decisa da questi fatti; è stata decisa dalla Storia dell'uomo.
Votiamo contro questo emendamento perché lo riteniamo non opportuno in un testo di legge, e non andiamo oltre in questo tipo di polemica perché ci rendiamo conto che è anche di difficile spiegazione e comprensione. Con questa legge non vogliamo sottolineare fatti tragici e drammatici, ma valori e fatti positivi. Queste sono le cose sulle quali dobbiamo investire. La scommessa è sul futuro e non in ricordo del passato, anche perché ogni giorno in più il ricordo del passato diventa meno leggibile e purtroppo anche fortemente strumentalizzabile.



PRESIDENTE

La parola al Consigliere Monticelli.



MONTICELLI Antonio

Grazie, Presidente. Sarei intervenuto in dichiarazione di voto finale ma la discussione che si è sviluppata sull'emendamento mi ha portato ad intervenire ora, quindi non interverrò più in seguito.
Lascio alla responsabilità e al giudizio del collega Majorino la ricostruzione dei fatti e delle responsabilità per l'episodio che proponeva di ricordare, relativo all'Ospedale psichiatrico di Vercelli; non intervengo su questo. Da quanto mi risulta, le cose non sono andate esattamente così, ma - ripeto - lascio al giudizio del collega e alla sua responsabilità questo problema.
Il problema è un altro; è quello ripreso dai colleghi Beltrami e Marchini, con i quali in larga parte mi ritrovo per l'impostazione dei loro interventi. E' il giudizio sui valori. Non ricordiamo i caduti e le circostanze in cui queste persone lasciarono la loro vita, ma ricordiamo i motivi per cui combatterono, resistettero o furono costretti a subire un sopruso fino alla morte. Perché, i morti sono tutti uguali - mi si perdoni la banalità detta in termini così piani fino alla rozzezza - ma i valori non sono tutti uguali. Le ragioni per cui gli uni caddero, rispetto alle ragioni per cui gli altri caddero, furono molto diverse. Noi ci riconosciamo nelle ragioni di alcuni e non nelle ragioni di altri.
Possiamo, dal punto di vista umano, dal punto di vista religioso, da tanti punti di vista, sentire un sentimento di pietà e il passare degli anni fa sì che la pietà possa essere uguale per tutti, alla pari, dal punto di vista del sentimento umano o anche diversamente illuminata dal punto di vista di un sentimento di pietà religiosa, ma, dal punto di vista della considerazione e del ricordo dei valori e dei motivi, il discorso è diverso. La considerazione è diversa. La ragione ed il ricordo sono ben diversi.
Per questo dico che l'emendamento non è assolutamente accettabile e per questo voteremo a favore della legge, perché è una legge che va proprio nel senso di ribadire il valore di quei valori, l'attualità di quei valori come elemento di ricordo che non può essere assolutamente scordato, anche per lasciarlo alle giovani generazioni, così come aveva detto nel suo intervento molto appassionato e condiviso da me ed altri colleghi, il collega Tapparo nella scorsa seduta.



PRESIDENTE

La parola al Consigliere Chiezzi.



CHIEZZI Giuseppe

Grazie, Presidente. Colleghe e colleghi, a nome di Rifondazione Comunista, voterò contro l'emendamento del collega Majorino, emendamento che ritengo inopportuno in occasione di questa legge e che ritengo comunque discutibile, non approvabile anche di per sé. I colleghi che mi hanno preceduto hanno già fatto riferimento al problema dei valori in base ai quali ciascuno si è schierato e molti hanno anche pagato con la vita.
L'inopportunità - Consigliere Majorino - di questo emendamento - che forse è una riflessione più che un emendamento ad una legge, deriva dal fatto che a me pare che la pietà che ciascun accadimento di sangue guardato con estraneità alle motivazioni che l'hanno determinato, provoca in ciascuno, viene utilizzata, o si cerca di utilizzarla, come un elemento di attenuazione delle differenze e dei motivi che hanno diviso le persone e tende anche ad attenuare le scelte di schieramento e i giudizi storici che ad una vicenda si danno.
Collega Majorino, sull'esperienza del fascismo il giudizio non pu essere in alcun modo attenuato, nemmeno dai morti e nemmeno da come molti sono morti in questa vicenda.
Sono convinto che la guerra - come dice l'art. 11 della Costituzione non debba rientrare tra i metodi di risoluzione dei conflitti, perché la guerra fa emergere elementi di bestialità dalla natura umana; quindi, sono contro l'uso della violenza e della guerra.
Ma non è questo il tema; il tema, a mio parere, è davanti a noi tutti i giorni, e non solo in occasione di questa legge: è il tema di difendere i valori in base ai quali, bene o male, questa democrazia è nata. Qualcuno con la lotta e col sacrificio anche personale, l'ha fatta nascere, e questa è una priorità assoluta, da non mischiare non nessun'altra cosa.
La pietà va a tutti i morti, ma il giudizio storico e politico e l'impegno delle istituzioni va a chi ha combattuto contro il fascismo, a chi è morto in questa lotta, a chi ha difeso i valori che oggi da parti diverse tutti utilizziamo e a tutti consente di parlare, di esprimere i propri giudizi e portare avanti le proprie battaglie in democrazia.



PRESIDENTE

La parola al Consigliere Rossa



ROSSA Angelo

Signor Presidente, colleghi colgo anch'io l'occasione della discussione dell'emendamento per fare un intervento, che è anche una dichiarazione di voto a nome del Gruppo socialista, per il quale, nella seduta scorsa, era già intervenuto il collega Tapparo. Voteremo contro l'emendamento proposto dal collega Majorino sulla base delle convinzioni che ci portano a sostenere invece la proposta di disegno di legge illustrato dal collega Beltrami, diretto a costruire la Casa della Resistenza, e quindi diretto a realizzare un simbolo di valori sottolineati anche dall'intervento del collega Marchini e secondo le considerazioni dei colleghi Monticelli e Chiezzi. Le cose più ci separano nel tempo, più si vedono con l'occhio dello storico più che con la passione del politico.
Vorrei però mettere in luce un aspetto: questo non significa che noi in qualche misura, cerchiamo di "annacquare il vino buono" e mettendo un velo su quanto è accaduto, collega Majorino. Mi sembra che la Magistratura del nostro Paese, a suo tempo, abbia 'saputo separare nettamente i fatti.
Un conto è sottolineare i valori e le ragioni per le quali la gente ha combattuto e ha dato il meglio di se stessi, anche la vita, per riconquistare la libertà soffocata dall'oppressione fascista, nazifascista e dall'invasione, e questa è la grandezza dei valori della Resistenza; un conto è constatare che c'è sempre qualcosa che travalica i confini e le ragioni ideali e che ci siano stati uomini che sono andati più in là. La Magistratura del nostro Paese, che si è dato una Costituzione nata dalla Resistenza, collega Majorino, ha condannato coloro che si sono macchiati di crimini. Non vado più in là, perché 50 anni dopo anche qui bisogna cercare di capire la drammaticità dei momenti. Tuttavia i crimini sono crimini, la gente è morta e questi sono fatti inseparabili, e la Magistratura di questo Paese, che ha riconquistato la libertà e la democrazia, ha condannato gli autori di quel crimine. Manterrei ben distinti, collega Majorino, i due fatti e cercherei d'interpretare lo sviluppo dei comportamenti nel dopoguerra, in cui si sono distinti due momenti importanti. Li terrei distinti, non confonderei, come in questi ultimi tempi o qualche anno fa si è cercato di fare, un grande movimento luminoso. Non è una parola retorica è un qualcosa che ci ha consentito di ritornare ad essere un Paese rispettato da coloro che hanno ammazzato per ammazzare, anche se si sono comportati eroicamente nel movimento e nel periodo della lotta. Però ci sono sempre coloro che "tendendo ad andare ai confini li scavalcano e vanno oltre" diceva Dostoevskij. Allora è chiaro che qualcuno, in un grande movimento, ha debordato da queste cose, ma ha ricevuto delle sanzioni.
Queste sono le ragioni per le quali prendo l'occasione dall'emendamento presentato per dire che voteremo contro e per esprimere la nostra adesione alla proposta del collega Beltrami. Riteniamo, anche a 50 anni di distanza che ci siano delle cose che debbono essere fatte. Forse si poteva pensare di utilizzare anche altre ipotesi. Se ciò non è avvenuto - guardando le cose come si sono configurate perché si è ritenuto che il dato prevalente fosse quello di realizzare questa proposta e questo obiettivo permettetemi di dire che non è mai troppo tardi; 50 anni sembrano molti, e sono molti nella vita della gente, lo sono nella vita di ciascuno di noi però molte volte per varie ragioni, compresa la quotidianità che ci ha portati da altre parti, non ci è stato possibile onorare dei valori anche se abbiamo sentito nelle nostre coscienze il dovere di farlo. Lo facciamo 50 anni dopo, probabilmente ci saranno altre persone che avrebbero voluto vedere completare l'edificazione e non hanno potuto farlo. Tuttavia, credo che la scelta che compiamo oggi valga non solo per onorare coloro che sono caduti o che si sono battuti per i valori della libertà, ma anche per coloro che strada facendo si sono fermati.
Credo che la scelta che compiamo oggi possa abbracciare anche queste ragioni; è tanto più significativo andare in questa direzione quanto più il ricordo si sbiadisce, il dibattito si 'allarga e, giustamente, altre posizioni ed idee prendono il loro spazio; ma accanto ad uno spazio che nasce dalla libertà, credo sia doveroso mantener fede a determinati valori.
La scelta che stiamo facendo va in tale direzione: questa è la ragione della nostra adesione.



PRESIDENTE

La parola al Consigliere Peano.



PEANO Piergiorgio

Anche noi voteremo contro l'emendamento anche se, in tutta coscienza ho qualche perplessità che tenterà di spiegare.
Il nostro Gruppo è favorevole e questa proposta; so che il Consigliere Beltrami proporrà degli emendamenti sulla spesa economica, che per alcuni ha creato qualche difficoltà.
Ho sentito, fra i vari interventi, il colpo d'ala del Consigliere Tapparo ed altri assai significativi.
Condivido quanto detto dal Capogruppo del MSI, Majorino, ovvero che i morti devono essere ricordati tutti.
Che posso dirvi sulla Resistenza? Credo che dobbiamo avere il coraggio di farla assurgere a valore per quanto ha significato nella storia della nostra gente, delle nostre vallate. Sono tante le definizioni che abbiamo sentito negli anni; ricordo una delle più belle, di Sandro Pertini, quando venuto a Cuneo, definì la Resistenza come secondo Risorgimento italiano.
Personalmente, ritengo che la Resistenza non sia stata soltanto una raccolta di episodi isolati, di giovani banditi, ma che abbia rappresentato la volontà di una Nazione di riuscire a liberarsi dall'invasore. Le tante polemiche che ho sentito in questi anni non riflettono, credo, la situazione di quel periodo. Gli uomini che hanno partecipato alla lotta di liberazione erano accomunati dal desiderio di un'Italia libera e unita.
Nelle ricerche che in questi anni mi è piaciuto fare, ho scoperto tante piccole storie di rispetto, di tolleranza, di fratellanza, di solidarietà in uomini che magari si stavano combattendo su fronti diversi, a dimostrare che nel cuore dei singoli il senso dell'umanità era forte, e sapeva superare ordini militari, momenti di combattimento e la ferocia della guerra.
Ho raccolto, in questi anni, molte piccole grandi storie che forse dovremmo conoscere per capire meglio il periodo, gli uomini che hanno vissuto quei momenti, e capire quali fossero i valori che portavano dentro nel costruire il futuro delle nuove generazioni.
Ho anche raccolto uno sforzo culturale e morale importante, che credo possa costituire una risposta ai tanti perché, alle molte difficoltà e incertezze, alle contraddizioni che a volte ancora emergono. Mi è parso di vedere gli uomini della Resistenza in primis, ma tutta la gente , che ancora fa memoria, accettare il significato vero di quanti sono caduti annoverando come morti per costruire la pace tutti gli italiani.
Quelli sui monti dopo 1'8 settembre, ma anche quelli sui tanti fronti quelli civili, quelli militari accomunati da un unico grande ideale, anche se le motivazioni parevano diverse.
Riuscire a compiere questo atto potrebbe costituire un grande dono per noi stessi, per la società, per le famiglie dei caduti, per le tante sofferenze di quel tempo.
In questi giorni, riflettendo su quanto accaduto e su quanto abbiamo detto in quest'aula mi sono chiesto se abbia ancora senso imporre che le spoglie della famiglia reale rimangano fuori d'Italia: anche questo dovrebbe essere materia di dibattito. Fino a quando tale impedimento? Fino a quando errori ritenuti fatali continueranno ad essere nella memoria collettiva un momento di divisione? Oggi non dovremmo più dividere; di loro rimane un patrimonio che continuerà a raccontare la storia per secoli; lo riteniamo un patrimonio storico-culturale, ma è un patrimonio indivisibile dalle persone che lo hanno vissuto e scritto. O demoliamo i palazzi reali o proviamo a cambiare il nostro modo di pensare: anche le pietre, nella storia degli uomini hanno voce.
Ricordo un particolare 24 aprile di alcuni anni fa; erano arrivati nella sera dell'importante fiaccolata della nostra città, alcuni giovani tedeschi. Casualmente avevano letto sui giornali della "scuola di pace" volevano capirne le motivazioni e venire a vedere la città. Chiesero di scendere in piazza per porgere alla gente un messaggio di pace. Fu una sorpresa enorme, quando, alla fine della serata dopo i vari interventi di personalità, partigiani, etc., questi giovani, parlando in tedesco portarono il loro messaggio di pace. La piazza si raggelò: nessuno pensava di sentir parlare giovani tedeschi, mai partigiani, la gente capirono. In particolare i giovani di Boves mi dissero "Non vogliamo che si dimentichi ma vogliamo che si dica 'basta' perché è violenza, oggi, continuare a dividere gli animi: vogliamo, tutti insieme, costruire la pace".
Penso che dovremmo aver la maturità intellettuale di non più giudicare i morti, da qualsiasi parte fossero: non mi sento di giudicare i morti in Russia apostrofandoli quali traditori, perché mandati a morire prima di una certa data. La pace non ha date, tempo, spazi e confini; la pace ha richiesto il sacrificio di tanti morti e tutti sono morti per costruirla.
Gli errori sono di alcuni, ma non di tutti: non possiamo fare di tutta l'erba un fascio.
Ben venga la Casa della Resistenza di Fondo Toce, e sia un simbolo culturale particolare: un simbolo di pace per tutte le generazioni, per coloro che andranno a visitarla e vederla, ed anche per tutti quanti noi che oggi, al piccolo sforzo economico, dobbiamo aggiungere anche lo sforzo nei nostri animi, per estirpare quei germi che ancora costituiscono elementi di divisione. Sarebbe importante che 'Fondo Toce ' divenisse simbolo di pace anche per noi.



PRESIDENTE

Pongo in votazione l'emendamento.
Chi è favorevole è pregato di alzare la mano.
E' respinto con 1 voto favorevole, 32 voti contrari, e 2 astensioni.
ART. 4 4) Emendamento presentato dal Consigliere Majorino e Zacchera: "Ai fini di reperire le somme necessarie per l'esecuzione dei progetti e delle opere di cui all'art. 3 della presente legge, il Comitato della Regione Piemonte per l'affermazione dei valori della Resistenza previsto dalla legge regionale 221111976 n. 7 si renderà promotore di una pubblica sottoscrizione".
5) Emendamento presentato dall'Assessore Gallarini: "1. Per l'attuazione della presente legge è autorizzata per gli anni finanziari 1992,1993e 1994 la spesa di lire 500 milioni per ciascun anno per un importo complessivo di 1.500 milioni.
2. Nel bilancio di previsione per l'anno finanziario 1992 viene conseguentemente, istituito apposito capitolo avente la seguente denominazione: 'Contributo per la realizzazione della Casa della Resistenza dell'area monumentale di Verbania Fondo Toce ' e con la dotazione di 500 milioni in termini di competenza e di cassa.
3. Agli oneri derivanti dall'applicazione dei commi 1, e 2, si provvede mediante riduzione di 400 milioni dello stanziamento del capitolo n.15960 e di 100 milioni dello stanziamento del capitolo n. 20020 per ciascuno dei tre anni. Le variazioni sono effettuate in termini sia di competenza che di cassa.
4. Il Presidente della Giunta Regionale è autorizzato ad apportare, con proprio decreto, le occorrenti variazioni di bilancio".
La parola al Consigliere Majorino.



MAJORINO Gaetano

Con l'emendamento sostitutivo, io e il collega Zacchera richiediamo che, ai fini di reperire le somme necessarie per l'esecuzione dei progetti e delle opere di cui all'art. 3 della presente legge, il Comitato della Regione Piemonte per l'affermazione dei valori della Resistenza, previsto dalla legge regionale 22 gennaio 1976, si renda promotore di una pubblica sottoscrizione.
Questo emendamento mi è stato suggerito dall'intervento che martedì scorso fece il collega Ferrara nell'attestarsi, per motivi di gran lunga diversi dai nostri, su un dissenso nei confronti di questo disegno di legge; dissenso motivato dalla norma finanziaria che portava (e porta tuttora, nonostante gli emendamenti preannunciati dall'Assessore Gallarini) ad un notevole dispendio di risorse.
Né io né il collega Zacchera abbiamo espresso dissenso per motivi finanziari; di fronte alla presa di posizione del collega Ferrara, ho proposto questo emendamento che, in definitiva, tende a far si che questa iniziativa del "mausoleo" della Casa della Resistenza non venga finanziata con denaro pubblico, ma attraverso una pubblica sottoscrizione. Sono convinto che la pubblica sottoscrizione - e lo dico senza alcuna ironia frutterebbe la somma necessaria per costruire questo Mausoleo, se è vero come sicuramente è vero, perché non ho motivo di dubitare di quanto ha scritto nella sua relazione il Consigliere Beltrami - che ogni anno sono migliaia coloro i quali vanno in devoto pellegrinaggio in quel di Fondo Toce.



PRESIDENTE

Pongo in votazione per alzata di mano l'emendamento n. 4).
Chi è favorevole è pregato di alzare la mano.
E' respinto con 1 voto favorevole e 32 contrari.
Pongo in votazione per alzata di mano l'emendamento n. 5).
Chi è favorevole è pregato di alzare la mano.
E' accolto con 32 voti favorevoli e 1 contrario Pongo in votazione per appello nominale l'art. 4 così emendato.
L'esito della votazione è il seguente: presenti e votanti 35 hanno risposto SI 33 Consiglieri ha risposto NO 1 Consigliere si è astenuto 1 Consigliere L'art. 4 è approvato.
Chiede la parola per dichiarazione di voto il Consigliere Ferrara; ne ha facoltà.



FERRARA Franco

Signor Presidente, vorrei svolgere una breve dichiarazione di voto perché mi pare che la delicatezza e l'importanza dell'argomento la meritino.
Già la volta scorsa avevo espresso le perplessità del Partito repubblicano rispetto a questa proposta di legge; già allora ricordai che ero sostanzialmente d'accordo su tutto quanto il relatore diceva nella sua relazione alla legge stessa. Non c'è dubbio che il Partito repubblicano ha le sue radici nella Resistenza; la sua storia, i suoi uomini hanno radici nella Resistenza. E non c'è dubbio che il giudizio su quello che sono stati il fascismo e la Resistenza era e resta fermo e identico. Mi pare però che oggi ci sia qualcosa di diverso, non su questi valori e su questi principi ma su questa proposta di legge.
Si dice che occorre, lasciare ai giovani un insegnamento, una memoria io credo che questo sia giusto, ma credo occorra lasciare ai giovani una memoria, un insegnamento in primo luogo con il nostro comportamento, che deve essere fedele a quelli che sono i valori.
La fedeltà e i valori non si testimoniano soltanto con una costruzione ma con i comportamenti di tutti i giorni, con i comportamenti che teniamo quali pubblici amministratori, quali legislatori di questa Regione. Credo che un insegnamento lo si possa dare, e io intendo darlo con quello che è il mio comportamento nella mia qualità, appunto, di legislatore e di amministratore di questa Regione.
Essere fedeli a quei valori, in coscienza credo significhi operare per dare concretezza, realtà a quelle speranze che alimentarono, il sacrificio grande di molti uomini, i quali ci hanno lasciato un carico, una missione un mandato: dare concretezza ai valori della Resistenza, contenuti nella Costituzione; fare di questo nostro Paese un'Italia democratica e libera un'Italia che sia madre di tutti gli italiani, capace di affrontare i problemi che si presentano tutti i giorni, capace di dare .prospettive.
In tutta coscienza credo che il problema che oggi ha di fronte la Regione Piemonte, proprio per valorizzare questi valori, per dare concretezza a questi valori, sia quello di creare le condizioni di crescita e di sviluppo della nostra Regione. E oggi creare queste condizioni di crescita e di sviluppo significa concentrare tutte le risorse disponibili rispetto a certe priorità, che pur bisogna porre e che devono essere, a giudizio del Partito repubblicano, indicate e che non possono vedere in questo investimento la loro conclusione, pur tenendo conto dell'emendamento che propone la diluizione in tre anni dell'investimento di un miliardo e mezzo, che certamente verrà aumentato.
Noi non crediamo che questo sia il modo giusto per essere fedeli a quei valori. Per questi motivi, il Partito repubblicano non voterà questa proposta di legge. Non la voterà astenendosi, proprio per cercare di differenziare la propria posizione rispetto a chi non la voterà per altri motivi. Sui motivi di fondo che hanno ispirato questa legge e che sono contenuti nella relazione, siamo d'accordo; riteniamo che in questo momento 1a Regione Piemonte debba comportarsi altrimenti. Questo è il motivo per cui ci asterremo.



PRESIDENTE

Chiede la parola il Consigliere Majorino; ne ha facoltà.



MAJORINO Gaetano

Le motivazioni di dissenso al disegno di legge sono già state espresse da me e dal collega Zacchera martedì scorso, e da me in occasione dell'emendamento all'art. 3.
Devo rilevare che l'interpretazione che è stata data, secondo la quale questo disegno di legge tende a formulare un giudizio storico e tende a mettere in evidenza i valori di coloro i quali caddero a Fondo Toce, non può impedire di porre con pari dignità l'argomento interpretativo, perch ha un addentellato nella realtà.
Attraverso questo disegno di legge si tende anche a perpetrare una distinzione fra coloro i quali caddero da una parte della barricata e coloro i quali caddero dall'altra parte; in sostanza, si perpetua una distinzione fra vinti e vincitori della guerra civile.



PRESIDENTE

Si proceda alla votazione per appello nominale dell'intero testo della legge.
L'esitò della votazione è il seguente: presenti e votanti 35 hanno risposto SI 32 Consiglieri ha risposto NO 1 Consigliere si sono astenuti 2 Consiglieri L'intero testo della legge è approvato.


Argomento: Norme generali sull'agricoltura

Ordine del giorno n. 364 relativo alla distillazione obbligatoria del vino da tavola


PRESIDENTE

Se i Consiglieri lo permettono, visto che c'è una larga convergenza metterei ai voti l'ordine del giorno sui vini.
Chiede la parola l'Assessore Lombardi; ne ha facoltà.



LOMBARDI Emilio, Assessore regionale

Chiederei al Consiglio di prendere in considerazione l'ordine del giorno sugli adempimenti previsti per la distillazione obbligatoria.
Inoltre, chiederei al collega Chiezzi di avere fiducia negli altri Gruppi e in coloro che si interessano particolarmente di questi problemi. C'è un movimento di tutta la viticoltura piemontese, tendente a far comprendere le esigenze della stessa a livello nazionale; in questi giorni ci sono iniziative dei viticoltori su tutto il territorio regionale: mi sembrerebbe non adeguata la posizione di rinviare per motivazioni che non credo possano esistere. Si tratta di una posizione che difende la viticoltura piemontese e nulla più; il discorso è oggettivo, non credo ci possano essere valutazioni differenziate. Una settimana di tempo è importante agli effetti della solidarietà che il Consiglio può dare a questo mondo vitivinicolo, il quale deve sottostare ad una regolamentazione comunitaria che lo penalizza.
Chiederei dunque al Consiglio di votare l'ordine del giorno per solidarietà alla viticoltura piemontese.



PRESIDENTE

Pongo pertanto in votazione tale ordine del giorno, il cui testo recita: "Il Consiglio regionale del Piemonte, preso atto che la C.E.E., in applicazione dell'art. 39 del Reg. CEE del Consiglio n.
822 187 al fine del riassorbimento delle eccedenze di vini da tavola esistenti sul mercato con il Reg, della Commissione n. 3720191 del 18112 11991, ha ritenuto di obbligare i produttori ad inviare alla distillazione quota parte del vino da tavola ottenuto nella campagna 1991192 la quantità di prodotto da inviare alla distillazione per questa campagna è risultato pari a 15.600.000 hl, così suddiviso: 9.900.000 Italia 5.475.000 Spagna 125.000 Grecia 100.000 Francia l'Italia nella scorsa campagna ha dovuto distillare 2.200. 000 hl, e quest'anno si vede costretta ad ottemperare un obbligo più che quadruplicato la percentuale di vino da mandare alla distillazione obbligatoria da parte di ciascun produttore è calcolata in base alla resa media per ettaro dei propri vigneti secondo una tabella allegata alla circolare del Ministero Agricoltura e Foreste n. 23 del 12 / 03 / 1992 il Piemonte concorre in percentuale insignificante alla determinazione delle eccedenze nazionali e la produzione piemontese di vino da tavola viene quasi interamente commercializzata i produttori piemontesi fin dal 1981 sono assoggettati, oltre che dalle normative comunitarie e nazionali in materia di controlli della produzione vitivinicola, all'Anagrafe Vitivinicola introdotta con la L.R.
n. 39/80 della Regione Piemonte, per cui ogni vigneto risulta censito e le relative rese controllate mentre per i produttori piemontesi il prezzo corrisposto per il vino da tavola inviato alla distillazione obbligatoria non è conveniente essendo molto più basso di quello di mercato, in altre regioni, per le alte rese ed i bassi costi di produzione, questo divario diminuisce, sino all'assurdo, in qualche caso, di diventare addirittura incentivo perla sovrapproduzione il prezzo di cessione del vino da tavola alla distillazione è stato fissato per quest'anno in Lit. 1.655 grado /hl, il che significa Lit. 165 al litro per un vino di dieci gradi successivamente l'Italia ha ottenuto dalla CEE l'autorizzazione per concedere un aiuto naziona-le straordinario di Lit. 2.050 grado/ hl in modo da consentire, per una quota di 2.000.000 di hl, di integrare l'aiuto comunitario per la distillazione obbligatoria fino al raggiungimento dell'aiu-to previsto per la distillazione preventiva per i produttori piemontesi l'assolvere a questo obbligo comporterà l'acquisizione di vino da tavola fuori dalla nostra Regione con una perdita finanziaria sicuramente elevata, con cioè un trasferimento di reddito ottenuto dalle aziende dei nostri produttori, che con una oculata politica commerciale riescono a ,piazzare sul mercato il proprio vino che non trova altri sbocchi sul mercato e che, di conseguenza, non produrrebbe alcun utile, ma bensì perdite.
Ciò premesso, senza dimenticare però che in un'ottica di solidarietà nazionale le aree forti sono chiamate ad essere solidali con le aree più deboli, ma questo deve avvenire senza sperequazioni e contestualmente ad un piano di interventi che a medio termine vada a modificare e risolvere la situazione.
Preso atto quindi che il Piemonte verrebbe chiamato in misura ancora maggiore del passato a concorrere alla riduzione di un surplus di produzione che non ha minimamente concorso a determinare per quanto premesso RICHIEDE l'applicazione differenziata su base regionale dell'aliquota nazionale di vino da tavola da inviare alla distillazione obbligatoria tenendo conto dei costi di produzione dei vigneti di collina e della percentuale di concorso al surplus produttivo nazionale delle varie Regioni l'estensione a tutte le regioni dell'Anagrafe Vitivinicola, come peraltro previsto dall'art. 7 del D.L. 18/06/1986 convertito in legge con modificazioni dalla L. 462/86, per accertare la resa ad ettaro oggettiva dei vigneti la concreta realizzazione delle azioni previste dal Piano Vitivinicolo Nazionale perla viticoltura di collina, con interventi finalizzati allo sviluppo delle aree potenzialmente votate alle produzioni di alta qualità che l'integrazione di prezzo autorizzata dalla CEE per 2.000.000 hl sia distribuita" in via prioritaria tra i produttori di quelle Regioni che sono costretti ad acquistare il vino da distillare fuori dal proprio territorio e che hanno attivato l'Anagrafe Vitivinicola ESPRIME parere negativo all'eventuale proposta della Comunità Economica Europea di mandare alla distillazione obbligatoria anche i Vini di Qualità Prodotti in regioni determinate".
Chi è favorevole è pregato di alzare la mano.
L'ordine del giorno è approvato con 28 voti favorevoli e 2 astensioni.


Argomento:

Ordine del giorno n. 364 relativo alla distillazione obbligatoria del vino da tavola

Argomento:

Nomine


PRESIDENTE

Il punto 23) all'o.d.g. reca: "Nomine".
Si distribuiscano le schede per le seguenti nomine.


Argomento: Nomine

- Commissione Tecnica di Vigilanza Farmaceutica, Provincia di Asti (art. 13, DPR 21/12/1989, n: 94). Sostituzione della sig.ra Piera Manfredini (dimissionaria).


PRESIDENTE

E' stato svolto lo scrutinio delle schede. Proclamo eletto il signor Giuseppe Gurrieri.


Argomento: Nomine

- Commissione Tecnica di Vigilanza Farmaceutica. Provincia di Asti (art. 13, DPR 21/12/1989 n. 94). Sostituzione della signora Liliana Negro (dimissionaria).


PRESIDENTE

E' stato svolto lo scrutinio delle :schede. Proclamo eletto il signor Giuseppe Gurrieri.


Argomento:

Annunzio interrogazioni, interpellanze, mozioni e ordini del giorno


PRESIDENTE

I testi delle interrogazioni, interpellanze, mozioni e ordini del giorno pervenute all'Ufficio di Presidenza del Consiglio regionale verranno allegati al processo verbale dell'adunanza in corso.
La seduta è tolta.



(La seduta ha termine alle ore 19,15)



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