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Dettaglio seduta n.137 del 10/03/92 - Legislatura n. V - Sedute dal 6 maggio 1990 al 22 aprile 1995

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Argomento:


PRESIDENZA DEL VICEPRESIDENTE GROSSO


Argomento:

Comunicazioni del Presidente del Consiglio regionale


PRESIDENTE

La seduta è aperta.
In merito al punto 3) all'o.d.g.: "Comunicazioni del Presidente del Consiglio regionale", comunico:


Argomento:

Comunicazioni del Presidente del Consiglio regionale

Argomento:

a) Congedi


PRESIDENTE

Hanno chiesto congedo i Consiglieri Bresso, Cerchio, Coppo, Croso Dameri.


Argomento: Bilanci preventivi

Esame progetto di legge n. 222: "Bilancio di previsione per l'anno finanziario 1992"(seguito)


PRESIDENTE

Riprendiamo la discussione sul progetto di legge n. 222 inerente il bilancio.
La parola alla Consigliera Bortolin.



BORTOLIN Silvana

Vorrei svolgere, Presidente, non considerazioni di carattere generale che verranno svolte successivamente da parte di altri colleghi del Gruppo del PDS, ma vorrei soffermarmi su alcuni capitoli di bilancio, e in particolare su alcuni pesanti tagli ché la deliberazione della Giunta propone all'attenzione del Consiglio. Mi riferisco espressamente ai capitoli dei servizi sociali, ma anche a quelli della cultura dell'istruzione e della sanità.
Noi disponiamo di leggi nazionali e regionali che affermano i diritti dei nostri cittadini e che riconoscono aree di intervento, definite più volte - anche in questo Consiglio regionale - prioritarie per consentire il raggiungimento di condizioni minime di vita accettabili per tutti.
Si promette, per legge, di rispondere adeguatamente ai bisogni peraltro non derogabili, di molta parte della nostra popolazione, si stimolano domande che diventano promesse ed ancora promesse, ma nella sostanza, quando si devono compiere scelte di bilancio come le proposte che stiamo discutendo oggi, i primi interventi ad essere drasticamente ridotti sono quelli destinati al sostegno ed alla cura delle persone più deboli, in particolare all'infanzia, all'handicap, agli anziani e alle persone malate.
Se pensiamo alle disfunzioni che ogni giorno verifichiamo nei nostri ospedali, nei luoghi di cura, nei servizi che organizziamo e che eroghiamo ci rendiamo conto che tali disfunzioni, anche gravi, non accennano assolutamente a diminuire. Le cause non possono essere continuamente scaricate sul Governo nazionale, così come il Governo nazionale non pu continuamente - e lo sentiamo dire pressoché quotidianamente dal Ministro De Lorenzo - scaricare queste cause sulle Regioni e dalle Regioni alle UU.SS.SS.LL., agli amministratori straordinari, e via di questo passo.
Peraltro, queste ultime invenzioni, tutte governative, che dovevano risolvere i problemi e dovevano essere la panacea dei mali della Sanità, in realtà, hanno lasciato, se possibile, tutto come prima.
Per entrare più nello specifico delle considerazioni che_ volevo svolgere, debbo dire che la proposta di bilancio che stiamo esaminando presenta dei tagli inaccettabili, in particolare per alcuni settori, e li elenco.
La spesa per gli asili-nido; come possiamo vedere, la proposta prevede un taglio di quasi 4 miliardi.
Colleghi della Giunta, noi abbiamo forti dubbi che questo taglio sia semplicemente di carattere tecnico e che verrà recuperato con (integrazione del bilancio che si propone di fare. Nutriamo forti dubbi, perch assistiamo da parte di tutti i Gruppi, a parole, all'impegno a sostenere l'affermazione del diritto al lavoro per le donne, alla tutela della maternità (abbiamo appena lasciato alle nostre spalle la festa dell'8 marzo): con tutte le dichiarazioni di buone intenzioni che abbiamo sentito avremo in questo Consiglio l'occasione di discutere numerosi progetti di legge che si propongono di tutelare il lavoro della donna e la famiglia, ma nella realtà ciò che possiamo verificare effettivamente è una proposta di taglio dei finanziamenti agli asili nido. Noi ci chiediamo come i Comuni riusciranno a gestire questi servizi, come riusciranno a determinare le rette, in previsione - chissà - di un eventuale ulteriore stanziamento da parte della Regione, ma la spesa è quotidiana, continua. Ci chiediamo come davvero a tutte le dichiarazioni di buone intenzioni conseguenzialmente diamo dimostrazione di essere coerenti.
Ci chiediamo perché dobbiamo continuamente discutere nuove proposte di legge in direzione del sostegno alla famiglia e all'infanzia, quando non riusciamo nemmeno ad applicare correttamente le leggi di cui dispone la Regione Piemonte. Questa degli asili nido è una; possiamo discutere come abbiamo speso in questi anni i soldi in questa direzione, come funzionano i servizi, verificare l'esperienza fin qui portata avanti per rendere più produttiva la spesa, ma intanto vogliamo partire dalla necessità dell'affermazione della difesa della scelta di sostenere un servizio importante non solo per la famiglia, ma certamente per il bambino, per la prevenzione e la salute, per una crescita sana, per una socializzazione necessaria e indispensabile perché possa poi introdursi nel mondo della scuola correttamente.
Ci chiediamo quindi quale significato ha il taglio di bilancio, quale scelta politica può avere, qual è l'alternativa che vogliamo offrire. La Giunta forse vuol scegliere altro, vuole davvero andare nella direzione della chiusura degli asili nido, scegliendo di sostenere la donna che lavora facendola rimanere a casa per la custodia del bambino? Dove reperiremo però i finanziamenti necessari per portare avanti una politica che noi non possiamo assolutamente condividere, ma che comunque, se decisa se scelta, necessita di cospicui finanziamenti? Su questa questione, come su altre che andrò ad elencare, vogliamo che si dica chiaramente ciò che si vuole fare; non pensiamo di chiedere troppo alla Giunta se consentirà a tutti di misurarsi su proposte chiare sin dall'inizio della discussione del bilancio e non di portare avanti continuamente, come abbiamo assistito in questi anni, a politiche sommesse certamente sommerse, ma che incidono pesantemente nelle condizioni di vita della nostra popolazione.
Vogliamo ancora sottolineare, senza fare alcuna forzatura, che così agendo, con le proposte che vengono avanti, di fatto noi operiamo contro le categorie di cittadini che più hanno bisogno della solidarietà della Regione. Queste considerazioni non sono assolutamente portate avanti con forzatura da parte nostra, perché così è stato quando la maggioranza ha respinto, senza nemmeno prenderlo in seria considerazione, l'emendamento presentato dal mio Gruppo di aumento dello stanziamento della legge per il diritto allo studio; così è quando si nega l'attuazione di servizi necessari e indispensabili in questa Regione, come ad esempio l' ospedalizzazione a domicilio, che è previsto in una legge di piano della Regione Piemonte sin dal 1990 e per la cui attuazione non una lira è stata stanziata, mentre a livello nazionale si propone, come fa il PSI con una proposta di legge specifica, di attuare l'intervento dello Stato e delle Regioni a favore del servizio di assistenza domiciliare e dell'ospedalizzazione a domicilio.
Noi chiediamo che tra ciò che si dice e si propone a livello nazionale e ciò che poi in effetti si decide quando-si governa a livello regionale vi sia serietà, coerenza e senso di responsabilità. Così è, colleghi Consiglieri, per quanto riguarda tutta la partita dei disabili dell'handicap. Non abbiamo finanziamenti sulla legge 13 per quanto riguarda le barriere architettoniche, ed è un settore importante per le persone che necessitano invece di aiuto serio per superare le difficoltà quotidiane di vita non solo nelle loro abitazioni, ma anche per poter usufruire dei servizi pubblici.
Così è per tutta la partita dei supporti terapeutici a cittadini colpiti da gravi malattie o menomazioni.
Nell'illustrazione degli emendamenti che abbiamo presentato faremo significativi esempi di come, in realtà, riducendo o annullando alcuni finanziamenti non si fa altro che aumentare il costo della spesa sanitaria perché l'unico ricorso è poi l'ospedale o l'istituto, e di come spendendo tanti soldi e male rendiamo ancor più invivibile e drammatica la vita di parte non indifferente dei cittadini della nostra Regione.
Ancora un'osservazione per quanto riguarda la scelta di tagliare, anche in questo caso drasticamente, i finanziamenti a favore dei servizi socio assistenziali dei Comuni: si tratta di 16 miliardi in meno. Più volte in quest'aula, ma soprattutto in Commissione, abbiamo denunciato l'impossibilità nella Regione Piemonte di organizzare servizi adeguati ed efficienti, quando non si attua un minimo di programmazione per consentire a Comuni e UU.SS.SS.LL. di compiere delle scelte chiare fin dall'inizio dell'anno discutendo con i cittadini utenti, con gli anziani, con le associazioni di volontariato, con quanti sul territorio operano in direzione di alleviare le difficoltà e i drammi di questa parte della popolazione.
Non c'è alcuna garanzia di un serio finanziamento: forse non si ha assolutamente la percezione di come i Comuni e le realtà locali stiano vivendo questa situazione, soprattutto questa parte (che non è minima) di cittadini interessati ai servizi assistenziali. Tali servizi, che abbiamo attivato negli anni passati con promesse di miglioramenti e di ampliamenti sono oggi ridotti a delle mere prestazioni di servizio senza nessuna prospettiva, senza progetti per recuperare e mantenere nelle loro abitazioni i cittadini anziani e i cittadini che necessitano di intervento.
Sono drammatiche le condizioni in cui si sta operando per quanto riguarda l'adeguamento delle residenze sanitarie assistenziali.
Abbiamo avuto nell'88, da una legge del nostro Parlamento, la promessa di spendere per il nostro Piemonte 30.000 miliardi per nuovi ospedali e per adeguare e costruire nuove residenze per anziani sanitarie ed assistenziali. Non abbiamo a tutt'ora progetti approvati definitivamente quelli che lo sono stati sono progetti approvati con prescrizioni e quindi con necessità di aggiornamenti. Esiste un numero notevole di progetti respinti, presentati dalla Regione Piemonte alla Commissione nazionale; non abbiamo finanziamenti per iniziare i lavori. Anche qui una promessa tanto sbandierata, una necessità a cui non siamo in grado di rispondere nemmeno con lo sforzo di anticipare fondi per consentire l'avvio di queste opere necessarie ed indispensabili.
Allora noi diciamo che occorre dare dei segnali significativi consequenziali alle promesse ed alle espressioni di solidarietà che continuamente facciamo, ad espressioni di comprensione verso i problemi della parte più debole della nostra comunità, che in realtà poi non teniamo mai in conto. In questa direzione si muove il nostro Gruppo, nell'azione critica e di denuncia di scelte che non sono condivisibili, e nel tentativo, anche attraverso la proposta di emendamenti puntuali, di apportare significative modifiche alle scelte proposte dalla Giunta.



PRESIDENTE

La parola al Consigliere Ferraris.



FERRARIS Paolo

L'esame del bilancio di previsione per il 1992 che oggi esaminiamo costituisce un passo formalmente obbligato, ma che nulla aggiunge a quanto sul, piano delle decisioni politiche abbiamo discusso a fine '91 in sede di approvazione dell'esercizio provvisorio. In quell'occasione la Giunta e la maggioranza hanno illustrato le volontà e gli obiettivi che si propongono con la manovra finanziaria in atto.
Una prima fase è rappresentata dal raffreddamento della spesa, resa necessaria dai foschi orizzonti finanziari pubblici ed indispensabile per non compromettere ogni possibilità di ripresa futura; fa parte di questa fase, la concomitante compressione dei possibili aumenti tariffari; una seconda fase, è quella dell'analisi dei meccanismi di spesa per poter conseguire il massimo rigore possibile e di approfondimento delle grandi questioni che riguardano lo sviluppo del Piemonte, per poter individuare con precisione la priorità degli obiettivi da conseguire: Una terza ed ultima fase è l'approvazione dei documenti di piano e dell'assestamento del bilancio, che ci permetteranno di avviare appieno le politiche di intervento decise e delimitate nelle fasi precedenti.
E' al termine di quella fase che si potrà giudicare il lavoro della Giunta valutando, a ragion veduta, la bontà o meno delle decisioni assunte.
Non è quindi il dibattito di oggi, al di là del significato formale dei termini, il momento intorno al quale raccogliere particolari attenzioni. In sede di approvazione dell'esercizio provvisorio si è detto tutto: l'entità dei tagli applicati ad un bilancio che era lo stesso assestato dell'anno precedente, la limitatissima nuova imposizione, quanto era cioè necessario per percorrere il cammino proposto. Con l'approvazione di questo documento contabile si chiude ufficialmente la prima fase. Se lo avessimo fatto anche in sede di esercizio provvisorio, avremmo probabilmente acquistato il tempo del dibattito di oggi. Non è stato comunque un periodo trascorso totalmente invano.
Due fatti accaduti danno la dimensione più esatta ai problemi e confermano che la scelta della fase di blocco della spesa è stata preveggente e saggia. Innanzitutto il Parlamento ha abrogato, in sede di conversione del decreto, la possibilità di estendere l'addizionale sul metano ai consumi industriali, che avevamo applicato nella misura minima comunque indispensabile. Alla positività del provvedimento, che evita un'ulteriore pressione su un cespite già fortemente tassato negli ultimi tempi e che correva il rischio di aggravare la struttura dei costi industriali in epoche non tranquille, si contrappongono sia la creazione di un vuoto nelle potenziali risorse disponibili per le Regioni, sia un concreto appesantimento della pressione fiscale sulle famiglie, sulle quali si scaricherà la ricerca di risorse. Nel breve periodo, il vuoto creato è stato colmato dal positivo andamento di altre entrate; nel medio e lungo periodo, si aprono prospettive che è timido definire drammatiche.
La seconda vicenda che sta contribuendo a rendere certo, ma insostenibile il quadro, riguarda il trasferimento di risorse alla sanità.
Il metodo elaborato dal competente Ministero sottrae al Piemonte oltre 800 miliardi. Queste decisioni rendono insufficienti, anzi inutili, anche provvedimenti drastici. 0 il nuovo Parlamento muterà il quadro dei finanziamenti alle Regioni, oppure la politica di spesa uscirà dalle competenze delle Regioni. Il processo che con lungimiranza è stato avviato deve ora proseguire. In attesa delle decisioni del processo, occorre procedere con decisione e rapidità alla seconda fase. La maggioranza ne è convinta e con essa la DC, che invita per la sua parte la Giunta a stringere i tempi. Dopo le elezioni potremo, con la dovuta responsabilità affrontare la fase nuova che si apre per il Piemonte e per la Regione.
Il nostro voto al bilancio sarà quindi positivo senza troppe altre aggiunte. Ci pare più utile guardare al futuro che rimestare un passato che non c'è più.



PRESIDENTE

La parola al Consigliere Monticelli.



MONTICELLI Antonio

Il collega Ferraris ci ha detto proprio ora che stiamo svolgendo un dibattito sostanzialmente inutile. Vorrei spendere i dieci minuti di cui dispongo per sostenere la tesi esattamente opposta. Intanto, vorrei dire che aveva ragione il collega Chiezzi, questa mattina, nell'individuare in questo bilancio, che siamo chiamati oggi a valutare, degli elementi di deficit (lui li ha chiamati così, in modo efficace): un deficit democratico, un deficit di documentazione (Chiezzi, mi permetterei quasi di dire che un deficit di documentazione è anch'esso un deficit democratico in ultima istanza; quando non si mette in grado un Consiglio, regolarmente eletto, di valutare in tutti i suoi termini un documento così importante come il bilancio, esiste anche un difetto di democrazia e non solo di documentazione) e anche uri deficit politico.
Voglio riprendere molto brevemente la prima di queste questioni, quella del deficit democratico e di documentazione e soffermarmi poi un attimo sul deficit politico.
Abbiamo discusso questo bilancio, che ci si affanna a chiamare tecnico ma non lo considero tale - in condizioni del tutto improprie. Improprie per un'assemblea regionale, per un Consiglio regionale. Abbiamo avuto l'atteggiamento della Giunta in particolare, ma nel suo complesso anche della maggioranza, che si è espressa ufficialmente con la forza dei numeri in particolare in sede di Commissione; un atteggiamento che è stato, per usare una parola leggera, di notevole sufficienza nei confronti dei diritti dei Consiglieri e del Consiglio. Potremmo usare una parola più pesante, ma evito di farlo.
Nelle Commissioni di merito, quando queste sono state chiamate a discutere ed esaminare il bilancio per dare il parere alla I Commissione praticamente la Giunta non si è vista, tranne uno o due Assessori o funzionari. La Giunta non è stata presente, anche dopo essere stata ufficialmente richiamata ai suoi doveri e ai diritti del Consiglio da parte della Conferenza dei Capigruppo. Ci fu una riunione dei Capigruppo al mattino, in cui fu stigmatizzata, non soltanto da noi,, l'assenza della Giunta; alle Commissioni che si svolsero nel pomeriggio, la Giunta continu ad essere assente.
In I Commissione e nelle Commissioni di merito, sono stati richiesti frequentemente, qualcuno dice in modo persino pedante, da parte nostra e di colleghi di altri Gruppi di opposizione, ulteriori materiali di chiarimento e d'illustrazione degli elementi essenziali del bilancio, sia nei suoi dati d'insieme, sia nei dati di dettaglio riferiti ai singoli Assessorati.
Ricordo, in particolare, che alcune Commissioni, nel rendere alla I Commissione i loro pareri, accompagnarono i pareri (che spesso erano di questo tipo: "Non siamo stati in grado di dare un parere", perché alcuni si sono pronunciati in questo modo) con la richiesta formale, che il Presidente della I Commissione Zanoletti ci lesse, che prima del dibattito in Consiglio la Giunta portasse a disposizione dell'Assemblea i documenti per Assessorato, con l'indicazione delle spese per Assessorato.
Anche oggi siamo costretti a discutere senza questi documenti; quindi c'è stato un atteggiamento - e voglio usare una parola bonaria - di sufficienza nei confronti del Consiglio. Detto questo, vorrei soffermarmi sul problema più presente nei ragionamenti fatti da colleghi della maggioranza; questo, si dice, è un bilancio tecnico, per cui il Consigliere Ferraris dice che è inutile che ne discutiamo, stiamo perdendo del tempo.
Intanto, vorrei dire che questo non è un bilancio tecnico, perché contiene al suo interno alcune scelte politiche molto precise, e che mi permetto di qualificare. Ritengo negative le scelte politiche esistenti nel bilancio.
La prima scelta contenuta in questo bilancio è una scelta politica chiara e che ritengo negativa; è la scelta di non inserire in questo bilancio alcun elemento di decisione sostanziale per quanto riguarda l'applicazione delle tasse regionali. Questa è una precisa scelta politica che la Giunta e la maggioranza hanno fatto, quella cioè di rinviare a dopo le elezioni l'applicazione sostanziale delle addizionali regionali. Non è stata fatta la scelta, che noi avremmo condiviso, di dire: "Non applichiamo le tasse." No, è stata fatta la scelta di dire: "Non le applichiamo per ora", perché questo è stato ripetutamente detto, come è stato ripetutamente detto: "Le applicheremo dopo le elezioni". Questa è una scelta politica che condiziona molto le caratteristiche di questo bilancio; è una scelta che dà a questo bilancio il suo carattere di provvisorietà. Cercherò di dimostrare che, questo è un bilancio provvisorio per modo di dire, ma comunque la scelta politica di non applicare adesso le tasse è quella che fa si che questo bilancio abbia il carattere di provvisorietà - come dite voi "tecnico".
La seconda scelta politica contenuta in questo bilancio è quella di non giungere ora ad alcuna verifica rigorosa sulla spesa regionale, perch questa verifica è stata rinviata a dopo le elezioni, al fatidico momento in cui dovrebbe essere in funzione il controllo di gestione. Comincio a dubitare che questo controllo sia stato impostato in modo tale che non arriverà mai a funzionare utilmente, perché ci è stato fatto credere che qualcosa si poteva avere già in questi mesi.
Noi Consiglieri non abbiamo ancora visto nulla; la Giunta forse ha altri elementi di valutazione, ma noi non abbiamo visto ancora nulla.
E' stata fatta la scelta di rinviare a dopo le elezioni qualsiasi scelta rigorosa sulla spesa regionale, tant'è vero che è stato applicato in modo quasi ragionieristico, il criterio del 10% in meno sulle spese di funzionamento e del 20% in meno sulle spese cosiddette discrezionali, con qualche eccezione qua e là; sostanzialmente però è stato applicato questo criterio, che esprime una non scelta rispetto alla spesa regionale.
La terza decisione è stata quella di rinviare a dopo le elezioni qualsiasi scelta politica in merito ai settori sui quali spendere e concentrare le risorse regionali.
E' il pendant speculare della questione che ponevo prima. Nessuna scelta sulla spesa e, in rapporto a questo, nessuna scelta sul dove concentrare le risorse, nessuna scelta sul dove tagliare e nessuna scelta su dove invece spendere eventualmente di più.
Incomincio a non capire più, colleghi, questo fantomatico assestamento ormai quasi mitico; sono mesi che si parla dell'assestamento, che dovrebbe arrivare in contemporanea con la fase in cui si sarà completato il commento sul risultato del 5 aprile (ma non credo sarà il 6 aprile, immagino che ci vorrà ancora qualche settimana). Non vorrei che in quelle settimane, dopo il 5 aprile, ci fosse qualche scossone in Giunta. Se ne parla da mesi, si parla da mesi di un riequilibrio politico che dovrebbe essere fatto fra i vertici regionali, comunali e della Provincia di Torino, e che è stato ufficialmente rinviato a dopo le elezioni. Quindi, dopo il 5 aprile ci sarà qualche giorno di tempo per meditare sul voto, qualche settimana di tempo per assorbire questo scossone più o meno grande per il riequilibrio dei vertici, e entro giugno improvvisamente, meravigliosamente e miracolosamente, la Giunta dovrebbe produrre l'aggiornamento del piano di sviluppo e l'assestamento di bilancio.
Comincio sinceramente ad avere molti dubbi sul fatto che questi tempi siano davvero rispettati. Il fatto che, fino ad oggi, non si sia detto nulla di concreto, non dico nel dettaglio, ma nelle linee generali su quali siano gli orientamenti della Giunta per quanto riguarda l'assestamento, mi fa sorgere dei dubbi, lo dico con molta franchezza. Ma le avete queste idee? O rinviate il pensiero a dopo le elezioni? Comincio a sospettare che non stiate pensando alle linee dell'assestamento, ma che proprio non abbiate le idee; oppure avete delle idee che avete paura di dire, o perch sono idee un po' ostiche per l'elettorato, o perché sono idee ostiche fra di voi. Non mi spiego altrimenti il silenzio.
Non facevate più bella figura, come vi avevamo proposto, a fare una consultazione regolare su questo bilancio, incontrandovi con le forze sociali e dicendo: "Signori, noi vi presentiamo oggi un bilancio tecnico perché ci sono condizioni anche esterne a noi (i ritardi dello Stato, la finanziaria e via di questo passo) che ci rendono difficile la stesura di un bilancio definitivo, però abbiamo già queste idee sull'assestamento incominciamo a consultarvi, raccogliamo da voi opinioni, dopodich formuleremo la proposta di assestamento e torneremo per una verifica finale?".
No, avete preferito non consultare nessuno. E ancora oggi non ci avete detto nulla su queste idee per l'assestamento! L'Assessore Gallarini, questa mattina, ha fatto una relazione molto interessante che, per molti versi, giudico anche positivamente, ma che verteva su un solo punto: il controllo della spesa, quello che sta facendo sta cercando di fare o vorrà fare la Giunta regionale per cercare di tenere sotto controllo la spesa, la parte difensiva della gestione del bilancio.
E' importante, è importantissima. Ho apprezzato, da questo punto di vista quanto ha detto l'Assessore Gallarini, ma mancava completamente in quel discorso la parte positiva: tenere sotto controllo la spesa per fare poi quale scelta? Per finanziare che cosa, piuttosto di cos'altro? Per integrare quale capitolo invece di togliere, eventualmente, fondi ad altri capitoli? Mancava completamente qualsiasi indirizzo sulle linee dell'assestamento e non riesco a spiegarmi questo silenzio, se non nel modo forse un po' malizioso che ho cercato di dire prima.
Un'ultima osservazione e poi una brevissima frase che servirà anche da premessa per quando giungerà il momento della presentazione dei nostri emendamenti.
Come dicevo all'inizio dell'intervento, incomincio a sospettare che questo bilancio, che voi continuate a chiamare bilancio tecnico, bilancio provvisorio, correrà il rischio di diventare nella sostanza il vero bilancio del 1992, al di là della spesa in dodicesimi per via dell'esercizio provvisorio.
A proposito di quello che diceva l'Assessore Gallarini sui fondi che si renderanno eventualmente disponibili in più al momento del mitico assestamento, devo dire che questo non sarà certo grazie a entrate nuove dallo Stato che non ci sono, anzi dallo Stato ci possiamo aspettare soltanto delle uscite in più (spesa sanitaria; minore parte del fondo per le Regioni; trasporti); dallo Stato non ci aspettiamo una lira in più, anzi ci stiamo già aspettando tanti miliardi in meno. Per parare questi miliardi in meno che ci arriveranno dallo Stato, cosa volete fare? Volete applicare il massimo di tutto? Il massimo della benzina, del metano? Ma quanti miliardi in più vi arrivano: 100, 150? Con questi 150 milioni, quanta parte di mutui dovrete accendere in più per coprire il disavanzo aggiuntivo che deriva dallo Stato? Sanità, trasporto, minore fondo per le Regioni? L'Assessore Gallarini ci ha già detto, questa mattina, che 17 miliardi sono già ipotecati per coprire il piano di rientro. Cosa resta, cosa resterà, col mitico assestamento, per incrementare davvero in modo significativo in alcuni capitoli la spesa discrezionale? Quali margini veri darà l'assestamento per cambiare il volto del bilancio? Ho l'impressione che il bilancio resterà un bilancio dei fichi secchi anche dopo l'assestamento.
Allora, colleghi, non illudiamo la gente, non illudiamoci fra di noi.
Questo mitico assestamento consisterà soltanto in un drenaggio fiscale per tappare i buchi del bilancio regionale, ma non darà una nuova prospettiva non darà un nuovo slancio al bilancio della Regione. Voi state compiendo un'operazione mistificatoria, grave, rispetto all'opinione pubblica regionale.
In questo senso, il nascondimento che avete fatto sulle tasse e sulla realtà è anche una operazione grave dal punto di vista elettorale. In cosa consisterà, in realtà, il mitico assestamento? Noi abbiamo cercato di indicare con una ventina di emendamenti - la nostra non è una operazione ostruzionistica - alcuni capitoli di bilancio che, anche in questa situazione, possono essere significativamente incrementati per alcune priorità politicamente ben chiare: il filone del lavoro, il filone dell'ambiente, il filone dei servizi socio-assistenziali.
Sono tre grandi capitoli, circa una sessantina di miliardi nel complesso di questi emendamenti che vengono portati su capitoli in spesa aggiuntiva rispetto ai fondi che ci sono oggi. Suggeriamo di prendere questi circa 60 miliardi da un gruppo di capitoli che ha a che fare con le opere pubbliche: sono i capitoli soggetti alle procedure della legge 18. Poiché la Giunta non ha ancora provveduto a presentare il piano per le opere pubbliche (fra l'altro chiediamo quand'è che provvederà mai a presentarlo, in quanto senza il Piano non si può spendere una lira su quei capitoli), noi diciamo: visto che il 1992 è quasi a metà, incominciamo a spendere quei soldi, invece che tenerli lì a fare nulla; così abbiamo indicato dove spenderli utilmente.



PRESIDENTE

Ha chiesto la parola il Consigliere Rossa. Ne ha facoltà.



ROSSA Angelo

Signor Presidente, colleghi Consiglieri, il Gruppo socialista voterà il disegno di legge 222 sul bilancio, che è stato illustrato dall'Assessore Gallarini, e lo considera un documento importante. Non intendo iscrivermi né alla scuola di pensiero dell'ottimismo a oltranza, né tanto meno a quella del catastrofismo, voglio essere realista: è un bilancio che risponde ad una situazione di grande difficoltà in cui si trova la Regione.
Non vorrei nemmeno soffermarmi più di tanto sull'aspetto tecnico o sull'aspetto politico, un bilancio presenta sempre gli aspetti di carattere tecnico da una parte e di: carattere politico dall'altra. Non vorrei nemmeno dire che è un bilancio tecnico, perché siamo inattesa di grandi e nuovi orizzonti. E' un bilancio fatto con un grosso sforzo a fronte di entrate che si vanno riducendo e a fronte di scelte che questa maggioranza non ha voluto fare per inasprire alcuni tributi. E' un bilancio che da una parte ha cercato di contenere il più possibile le spese di funzionamento lasciando dall'altra quel tanto di agibilità (infatti il 15-20% di movimento non è molto) per far fronte alle necessità; credo che con questo bilancio riusciremo a far fronte alla situazione.
Tuttavia non possiamo esprimere la nostra piena soddisfazione; ritengo però auspicabile una nuova situazione e in questa direzione è necessario lavorare. Questo è quindi un bilancio che si sforza di dare delle risposte seppure più segnalate che realizzate, ad una serie di settori che hanno bisogno di segnali positivi, soprattutto nel campo del lavoro, rispondendo nello stesso tempo, ad adempimenti che devono essere compiuti. Discutiamo adesso del bilancio, dopo aver deciso di ricorrere all'esercizio provvisorio e dopo aver preso coscienza che sarebbe stato sicuramente un errore, e una scelta improvvida se avessimo dovuto abborracciare un bilancio e dire: "Siamo arrivati puntuali entro il 31 dicembre ad adempiere ai nostri doveri". Abbiamo scelto la strada dell'esercizio provvisorio, per avere il tempo necessario che ci consentisse di discutere un bilancio che nel suo insieme, risponde complessivamente alle necessità esistenti.
Dal punto di vista delle proposte migliorative, se ne possono fare parecchie e mi rammarico che, nelle proposte che faceva poc'anzi il collega Monticelli, non sia possibile dire: "Cambiamo questa voce e sostituiamola con un'altra". Sapete bene che non è documento di poca importanza, ma rappresenta il risultato di un grosso approfondimento, di un grande confronto, quindi non si può cambiare con facilità dicendo: "Diamo di più tiriamo via 60 miliardi da una parte e cerchiamo di destinarli a settori che potrebbero usufruirne maggiormente". Nulla impedisce, se non si possono accogliere degli emendamenti specifici, che si possa precisare con un documento o altro. Credo che la maggioranza ne comprenda le ragioni che, in fondo, sono da noi condivise, per dire che nell'assestamento, che non considero mitico, si possa andare a ridefinire meglio anche gli interventi.
A me sembra che, finora, le cose che stiamo facendo sono buone, sono cose che ci mettono nella direzione di andare ad esercitare un maggiore controllo sulle spese, sono cose che ci consentono di poter compiere scelte che mantengono in piedi un certo impegno che ha caratterizzato questa maggioranza. Non abbiamo aggiunto - e abbiamo fatto bene a non farlo - la questione dei tributi, dell'inasprimento o meglio dell'applicazione dei tributi per nuove entrate. Non abbiamo ritenuto di farlo in questo momento anche perché non si può "sparare" nel mucchio e dire: "Cerchiamo di fare entrare qualche cosa", perché quando ci siamo impegnati (proprio sull'onda di una discussione avvenuta all'interno della maggioranza, ma anche nel Consiglio regionale), abbiamo detto che al momento dell'aggiornamento del piano di sviluppo si sarebbero individuati quei quattro o cinque progetti finalizzando un impegno specifico di risorse finanziarie in direzione di tali progetti. Ciascuno intende le cose come meglio crede.
Riteniamo che, se proprio non possiamo farne a meno, dovremo fare una scelta che ci consenta di migliorare alcune questioni. Dico ciò, perché ho ancora fiducia che, dopo le elezioni politiche del 5 e del 6 di aprile, si apra una nuova situazione anche per la Regione.
Ho fiducia in questo, anche perché mi sembra che la Regione stia entrando nel dibattito istituzionale. Mi pare di capire che tutte le forze politiche che oggi si muovono sulla scena delle elezioni abbiano come obiettivo principale, insieme all'ammodernamento, alle riforme di carattere generale, al rilancio e al decentramento, una nuova forma di governo delle regioni. Mi auguro che da tali elezioni venga fuori con forza - attraverso un richiamo alle forze politiche sensibili ai destini di questo Paese e al suo miglior funzionamento e non a coloro che si muovono come gli "arruffapopoli" e gli "azzeccagarbugli"che sono parecchi in questo panorama una soluzione che dia davvero una svolta al nostro ruolo e alla Regione.
In questo quadro spero che la questione, anche se non sarà risolutiva nel giro di pochi mesi, possa diventare (unitamente a quella finanziaria) la premessa di una nuova Regione. Credo che una nuova Regione abbia anche il compito di applicare le tasse, perché per governare bisogna avere anche di sapere dove si possono reperire le risorse. Facendo tutto ciò con grande serietà e obiettività, né viene anche autorevolezza e riconoscimento da parte della gente cosa che, in questo momento, non esiste. Molta della finanza attuale è una finanza derivata che obbliga a spendere secondo i vincoli stabiliti da una legge nazionale, lasciando ben poco alle possibilità di una manovra di carattere autonomo che la Regione dovrebbe mettere in campo.
Credo che la lettura del bilancio debba essere fatta con molto realismo: una lettura diretta a mantenere gli impegni che questa Regione ha assunto all'interno di una situazione di difficoltà; tuttavia non siamo venuti meno a quelli che sono gli impegni, le necessarie proposte che stiamo sostenendo, in attesa di andare per conto nostro a ridefinire alcune questioni, che sono l'individuazione, l'aggiornamento del piano ma soprattutto, l'individuazione di quei progetti che dovranno concorrere a far si che questo Piemonte si ricollochi al centro di un discorso che tutti quanti cerchiamo di fare.
Dove concentrare le risorse? Credo che, a questo punto, si tratti di fare una grande selezione tra le risorse derivate direttamente e destinate dallo Stato, dalla CEE e le risorse che possiamo mettere in campo per riequilibrare la loro destinazione, perché in troppi settori ci sono grossi squilibri. E' quindi necessario uno sforzo anche da questo punto di vista perché non c'è soltanto il problema dell'occupazione o dell'ambiente esiste un problema di rilancio, di modernizzazione, di inserimento di questo Piemonte in un discorso più ampio di carattere europeo. E' il tempo delle aree forti, delle regioni forti e allora abbiamo il dovere di guardare con impegno maggiore anche a questo obiettivo, per il quale dobbiamo lavorare.
Certo, Assessore Gallarini, sono d'accordo, è auspicabile che il bilancio sia anche più leggibile e credo siano stati fatti gli sforzi necessari, anche se non sono sufficienti. Bisogna riuscire a fare qualcosa di più che non sia soltanto rispondente alla pratica computerizzata, in cui sono indicate le cose al centesimo; c'è bisogno di conoscere per grandi numeri e settori le entrate, le destinazioni, affinché il bilancio sia più facilmente leggibile. Questo è un dato rilevato dai vari componenti delle Commissioni, e anche dal sottoscritto all'interno delle varie Commissioni di cui sono membro.
Proprio per evitare che la discussione sul bilancio diventi un problema rituale, il, regolamento stabilisce che sia accompagnato dal parere delle singole Commissioni stesse. Alla fine, il parere viene dato come l'abbiamo dato noi; la maggioranza ha insistito affinché si arrivasse in aula nei tempi stabiliti, oggi si incominciasse a discutere e, tra oggi e domani, si potesse arrivare ad approvare il bilancio. Infatti, se ci sarà la pausa delle elezioni, è necessario, perché sia approvato dal Commissario di Governo entro il 30 aprile, cercare di contenere il tutto nei tempi che ci consentano di arrivare puntuali alle scadenze.
Dunque bisogna che, per questo o per il futuro bilancio, le cose di cui stiamo ragionando siano il più facile possibile da leggere; mi unisco quindi alle sollecitazioni che sono venute anche da parte degli esperti.
Tutti sanno che ho una grande ammirazione per gli esperti, quando li sento ragionare di cifre con la facilità del professionista; ho bisogno di imparare da questo punto di vista, quindi è necessario che coloro che hanno questa grande competenza ci forniscano i dati per conoscere i fatti come sono.
Concludo dicendo che dovremmo fare uno sforzo e andare oltre gli aspetti di contingenza, che pure possono richiamarci al momento elettorale ma che lasciano il tempo che trova. Anzi, sostengo che dobbiamo essere dentro la realtà delle elezioni, non perché porteremo qualche contributo probabilmente quelli che fanno le elezioni non hanno poi tanto bisogno del nostro concorso -, ma per far sapere che esistono le Regioni e che debbono svolgere un ruolo del quale - prevedo - si avvertirà l'esigenza.
Altrimenti, vorrà dire che abbiamo scambiato le speranze con una realtà diversa e che facciamo un cattivo servizio alla gente. Poiché non sono convinto di scambiare una cosa per un'altra, ritengo che lo Stato si modernizzerà, oltre che con le grandi riforme, anche con quelle riforme che vedranno le Regioni ricollocate secondo un nuovo regionalismo, che ha fatto i suoi 20 anni di storia, di esperienza e che oggi ha bisogno di ridefinirsi alla luce delle nuove esigenze.
Le nuove esigenze sono tante e richiederanno un grande sforzo e la capacità di ricollegarsi alla gente; questo significa darsi un metodo di governo che non venga visto dalla gente come la controparte della gente stessa, ma che sia l'espressione, nel rispetto delle varie articolazioni locali e dell'orientamento della gente o della comunità piemontese, della volontà del Piemonte di andare avanti.
Anche con questo bilancio forniamo un contributo di risposta di puntualità alle scadenze e sottolineiamo e riconfermiamo un impegno, che mi auguro possa essere definito in tempi brevi, attorno ad alcune questioni fondamentali e nell'ambito di una prospettiva di piano pluriennale che ci consenta di dire - anche perché dopo il 5 aprile saremo nuovamente in primo piano, a dare la nostra risposta - che da qui al 1995 pensiamo di lavorare in questa direzione. E' la direzione verso la quale vuole andare il Piemonte vivo, il Piemonte che lavora, che vuole inserirsi nell'Europa.



PRESIDENTE

La parola al Consigliere Riba.



RIBA Lido

Il collega Rossa, che mi ha appena preceduto, ha cercato di intervenire in modo positivo, senza nascondere i limiti di questo bilancio o di questa operazione politica. In qualche maniera, anche l'Assessore Gallarini ha tentato di dare una lettura in positivo con una relazione della quale condivido il giudizio positivo per gli aspetti che ha trattato, ma rispetto alla quale bisogna integrare, con la sottolineatura delle carenze, ciò che diceva il compagno Monticelli poc'anzi nel suo intervento.
Un bilancio è un momento nell'ambito del lavoro politico di gestione di un'istituzione che si segnala per il lavoro che lo precede e per le cose che innesca.
Nella Regione Piemonte, arrivando ad aprile con un bilancio di tipo tecnico che dovrà essere riassestato e che non è correlato, per esempio del piano di spesa per le opere pubbliche o della programmazione delle opere pubbliche, il bilancio finisce per diventare una minima e perci limitata operazione di tipo amministrativo. In questo caso; poi, la caratterizzazione puramente amministrativa del bilancio è sottolineata da questo aspetto di tipo meccanico, con la riduzione del 10% delle spese correnti che non potranno essere contenute. Faccio una domanda all'Assessore Gallarini che poi mi risponderà: in quale modo sono contenute del 10% queste spese? Potrei dare alcune indicazioni che la Giunta non è in grado di accogliere dal punto di vista politico. Per esempio, l'Ente Regionale di Sviluppo Agricolo - sui cui bilanci si crea sempre una certa tensione quando vengono discussi - potrebbe essere ristrutturato sulla base di una proposta di legge che ha avanzato il mio Gruppo, ma che da due anni è ferma e non viene presa in considerazione.
La spesa per il turismo, per quanto riguarda le APT, potrebbe essere contenuta per la parte corrente con una forte riduzione del numero delle medesime APT, ma ne verrebbe meno la "funzione politica" alla quale è sotteso questo grande numero e questa risorsa di tipo impiegatizio funzionariale a latere di un apparato politico.
Quindi, non vedo la riduzione delle spese se non in una eventuale gestione che ponga più attenzione all'economia di giornata, la quale peraltro dovrebbe già essere un elemento particolarmente e storicamente presente, altrimenti si vengono a sottrarre delle risorse assolutamente indispensabili al funzionamento; sarebbe come dire: "Paghiamo gli stipendi ma non diamo più le matite agli impiegati", o qualcosa del genere.
Il collega Rossa, il cui discorso è peraltro positivo quando si sforza di individuare una speranza dopo le elezioni di aprile, condividerà il fatto che da parte della Giunta sarebbe stato importante - e questo era nel petitum politico dell'intervento del compagno Monticelli - dire anche qualcosa di politico su come intende riorganizzare se stessa e la propria funzione dopo il 5 aprile; sarebbe un atto di sottolineatura dell'importanza, del ruolo e della dignità che si riconosce al Consiglio cosa che invece non è stata ipotizzata.
Allora noi siamo qui: a discutere effettivamente di strani ed esigui numeri, senza avere sottomano l'indirizzo politico per il dopo-aprile mentre pare esistano delle volontà di modificare alcune cose. Voglio sperare che l'indirizzo non nasca soltanto come elemento ottriato dal centro o dal Governo nazionale (dal quale nella prima fase non possiamo aspettarci grandi cose), ma che nasca come una capacità di realizzazione quindi, anche da parte della Regione dovrebbe emergere una spinta propulsiva politica.
Abbiamo approvato la richiesta di abolizione di 4 Ministeri. Si tratta di un atto politico significativo che dobbiamo valorizzare maggiormente non vorrei che si rivelasse un atto con dei limiti dovuti alla temporalità elettorale dell'operazione, senza divenire in seguito un elemento di spinta e di azione politica. Allora sì che la spesa dello Stato verrebbe ad alleggerirsi di molti fondi di parte corrente trasferibili in investimenti in spese strutturali e in operazioni di tipo programmatico rivolte all'economia o alla parte sociale! C'è un limite nel fatto di presentare un bilancio così avulso dalla situazione specifica strutturalmente grave in cui si trova il Piemonte,.la sua economia, la sua società, il suo progetto culturale, la sua organizzazione territoriale, le sue categorie sociali, i suoi territori. Il bilancio assume la funzione di strumento di dialogo e di confronto politico solo se si mettono in campo questi elementi.
Cito, ad esempio, la questione dell'agricoltura. E' normale che citi tale questione, ma non è normale che, a fronte di una crisi così grave e così strutturale, dalla lettura del bilancio non si desuma la politica correttiva o soltanto la reazione di politica che viene messa in atto dalla Giunta.
Per questo motivo, attorno a questo tipo di bilancio, si crea l'interrogativo della solitudine con cui la Regione procede, nonostante la dimensione degli interlocutori sociali.
Ha fatto bene il compagno Monticelli a dire: "Certo che non avete consultatogli operatori sociali!", parlandoci di un bilancio che - ripeto è;quello dell'anno prima; personalmente credo che non ci sarebbero stati nemmeno gli elementi, ma sottrarsi è un limite che sottolinea un'insufficienza della Regione. Non parlo delle persone, ma delle scelte contingenti, scelte che avrebbero probabilmente impostato un'azione incalzante, della quale eravamo in grado di tener conto anche soltanto come rielaborazione del bilancio nelle sue stesse cifre.
' Tralascio tutto ciò che non ci riguarda direttamente, come l'umiliazione di un bilancio di 11.000 miliardi, che si regge sull'entrata di poche addizionali, che ha disponibili solo 100 miliardi per le spese ecc., ecc. Il problema, colleghi, è che questo l'abbiamo detto per il bilancio del 1991 ed anche per quello del 1992; la mia esperienza non mi permette di andare molto indietro nel tempo, ma credo siano le cose ripetute da sempre. Se non c'è una correzione, c'è una responsabilità politica: il problema assume anche questo carattere.
Infine vorrei toccare due o tre punti specifici che saranno poi gli elementi considerati nelle nostre proposte di emendamento. Nel bilancio esiste una voce - ne ho già accennato all'Assessore Gallarini - il cui titolo è: "Spese per la difesa e la valorizzazione della cultura e della lingua locale". Poiché su questo capitolo c'è uno stanziamento per memoria (cioè niente), chiedo espressamente uno stanziamento di 3'00 milio-ni; non sono molti, ma sarebbero una presenza simbolica per l'avvio di un primo ciclo di iniziative concrete nell'ambito di questa valorizzazione.
Mi riferisco espressamente alla cultura e alla lingua occitana, che rappresentano un patrimonio di tipo storico anche per chi non ne condivide altri elementi di valutazione; patrimonio per la cui ricostruzione nel tempo non sarebbero sufficienti nemmeno stanziamenti molto più consistenti.
Non si deve disperdere un patrimonio che, raccolto e valorizzato oggi rappresenta un valore culturale, un elemento di human capitai (come direbbero gli americani) o comunque di investimento in conto capitale (anche se sta nella parte corrente) estremamente prezioso.
Voglio aggiungere che il bilancio prescinde, ad esempio, dal riferimento ad alcune voci di interventi attivati dalle politiche comunitarie. Sotto questo profilo c'è un'assenza di comparto; la realizzazione delle sinergie con le politiche comunitarie e il mantenimento delle disuguaglianze o delle pesanti situazioni di marginalità nell'ambito del territorio piemontese stanno facendo del Piemonte una Regione a tendenza disgregatrice per via della mancanza di politiche capaci di uniformarne il progresso nello sviluppo. A questo riguardo, non sto a citare i vari capitoli, ma dovrebbe essere preso in considerazione l'inserimento di elementi per il rilancio delle politiche comunitarie di,sviluppo e di riequilibrio; lo dico qui, perché secondo me la questione deve riguardare la sfera di competenza dell'Assessore al bilancio.
Esiste, a mio parere, l'esigenza di una battaglia affinché tutti i territori montani del Piemonte vengano inseriti negli obiettivi 5B del Regolamento 2052 della CEE, in modo che vengano attivate, quelle operazioni necessarie su tutto il territorio piemontese e che finora è stato possibile realizzare solo nel Verbano e nella Valle Susa. Questa è una parte politica che non ha un risvolto di stanziamento finanziario e che per questa ragione può essere più facilmente condivisa, e io spero accolta, come impegno politico, e poi tradotta in una delle prossime deliberazioni del Consiglio.
In modo specifico, vorrei dire che i Regolamenti CEE 184 e 185, che richiedono l'adeguamento alle norme sanitarie e igieniche delle stalle finalizzate alla produzione di latte alimentare (che per quanto ci riguarda insistono particolarmente su territori montani), necessitano per lo meno di uno stanziamento di 2-3 miliardi per interventi a sostegno delle categorie degli operatori del settore..
A questo proposito, c'è una nostra proposta di deliberazione. Mi risulta che l'Assessore all'agricoltura condivida l'esigenza di questo intervento specifico; credo che anche questo - ne riparleremo in sede di intervento - faccia parte di un'impostazione correttiva di investimento nei territori montani, e sia senz'altro da accogliere.
Infine - si potrebbe pensare ad un errore, ma io so bene che non lo è rilevo nel bilancio la riduzione da 3.260 milioni a 1.260 milioni degli stanziamenti per le Comunità montane, giocando sul fatto che 2 miliardi dell'anno, scorso non sono stati spesi: e quindi sono disponibili come cassa; l'investimento di competenza è però ridotto di 2 miliardi.
Siamo dunque in una situazione di allontanamento da quelle impostazioni di bilancio che dovrebbero dare credibilità allo sforzo che l'Assessore Nerviani sta facendo per far approvare una legge di attuazione della L. 142 a favore delle Comunità montane. Se questa non trova un primo riscontro a livello di stanziamento, perde da oggi stesso, dal momento in cui approviamo questo bilancio, la condizione per essere assunta come momento di impegno politico serio ed importante da parte di tutto il Consiglio regionale.



PRESIDENTE

La parola al Consigliere Marchini.



MARCHINI Sergio

Signor Presidente, colleghi Consiglieri, siamo in presenza di un dibattito annunciato e, come direbbe Bontempi se fosse presente, per molti versi caratterizzato da un déjà vu annunciato.
La Giunta ci aveva già anticipato questo passaggio,tecnico della più complessa manovra politico-finanziaria che troverà la sua definizione nell'assestamento e nel piano di sviluppo. Abbiamo quindi dovuto ascoltare soprattutto da parte dell'opposizione - e ci spiace per loro, per averlo dovuto fare nel rispetto del ruolo che devono svolgere - la sottolineatura di elementi di continuità non in positivo, che sono propri dell'atto formale, che abbiamo di fronte: deficit di informazione, deficit di documentazione, per certi versi anche deficit di partecipazione democratica all'elaborazione di questi argomenti.
I liberali - ma sicuramente anche la Giunta e la maggioranza - sono attenti ad un malessere di fondo emerso nel dibattito odierno, malessere non tanto di chi non e d'accordo,: ma di chi ha difficoltà a capire dove sta andando la nave; e io devo dire che ho qualche difficoltà a capire dove sta andando la nave.
Ha detto bene il collega Monticelli: si rischia che questo sia il bilancio del 1992 perché, soprattutto per una nave come la nostra, dobbiamo immaginare - nel cinquecentenario di Colombo,.che aveva sicuramente qualche parente piemontese - che la nostra sia una nave a vela o comunque una nave con dei propulsori che tendono a mantenere in termini di rettilineo il percorso; e abbiamo difficoltà ad immaginare una conversione di rotta a 360 gradi o anche soltanto a più di due o tre gradi in tempi stretti.
Devo dire, Assessore, che ho sentito qui ripetere delle questioni rispetto alle quali i liberali devono segnare il loro distinguo preavvertendo la Giunta che misureranno la sua capacità di governo e di proposta su alcune questioni in merito alle quali ritengono si debba fare chiarezza. Ad esempio: si dà atto all'Assessore di aver fatto bene sul piano della politica degli immobili. Per carità, l'Assessore agli immobili avendo amputato il patrimonio regionale, o essendo in via di operazione un'amputazione di immobili afferenti al capitolo regionale, che avevano degli oneri che quindi sono stati azzerati, ha fatto un'operazione finanziariamente corretta.
Tutto ciò va bene. Ci siamo però chiesti, Assessore, se dietro alcuni immobili che noi dismettiamo o rispetto ai quali abbiamo comunque una caduta di attenzione, vi sia un'operazione finanziaria o un'operazione politica? L'altro giorno ho lettole lamentazioni degli amministratori del Lago Maggiore che pongono qualche riserva rispetto ad un'operazione di questo genere.
Non voglio fare polemica ma, ad esempio, rispetto alle operazioni avvenute in Valle di Susa, ci si è mai chiesti cosa c'era dietro l'investimento nella Colonia Medail da parte delle Giunte di Lione (tanto per fare anche un momento storico) e che tipo di ragionamento politico promozionale sul piano turistico e internazionale c'era rispetto al Palazzo delle Feste di Bardonecchia? L'uscita da questo progetto è sicuramente un'operazione finanziariamente interessante, ma è un'operazione che politicamente va spiegata al Consiglio; non basta dire: "Non siamo più nella Colonia Medail e quindi risparmiamo". Inoltre, la funzione promozionale a livello internazionale che l'Assessore Rivalta e l'Assessore Viglione intendevano portare avanti con la Colonia Medail è fallita: perché? Immaginare che avessimo nel KURSAL di Bardonecchia un punto di riferimento per manifestazioni di livello non paesano è una politica fallita: per colpa di chi? Allora, Assessore, dobbiamo abituarci a cominciare a chiamare le cose nei termini politici, altrimenti ricadiamo nei luoghi comuni. Si è detto che bisogna incominciare a far capire all'opposizione, in termini di governo e di maggioranza, dove stiamo andando e da che cosa sarà caratterizzato il bilancio definitivo, quando ci sarà.
Io ritengo di dover dare qualche segnale; la maggioranza lo valuti, la Giunta rifletterà sull'accoglimento o meno di alcuni nostri suggerimenti.
In primo luogo, una questione che ci fa essere molta lontani dall'opposizione è quella relativa ai servizi primari. Mi pare di capire che per servizi primari si intendano i servizi sociali. A questo proposito dobbiamo cominciare a ricordarci che le Regioni soffrono del fatto di essere cresciute e maturate nella cultura del Welfare State, dello Stato sociale all'italiana. Questa è un'esperienza finita, cancellata, e noi invece ce l'abbiamo nelle nostre leggi e nel nostro bilancio: il nostro è soprattutto un bilancio in termini di stato sociale. Le Regioni non sono nate per lo Stato sociale, sono nate per consentire alle specificità di alcuni territori di essere valorizzati e di crescere rispetto alle loro specificità.
Questa è il motivo per cui esiste la Regione; se con le Regioni si doveva fare lo Stato sociale, allora era inutile farle. E' dunque evidente che quando si dice: "Dobbiamo ridefinire le risorse" non è un problema di controllo della spesa, che invece è una questione di ordinaria amministrazione che non interessa o non dovrebbe interessare il Consiglio perché attiene alla responsabilità funzionale della Giunta; il problema è capire quando usciamo da queste tenaglie che lo Stato, noi, la società ci hanno costruito intorno. Questo sapendo, signor Presidente, che a metà legislatura è necessario avere il coraggio, da una sponda e dall'altra (come direbbe il Consigliere Picchioni), di affrontare questo problema, con la consapevolezza che una delle due sponde è fortemente sguarnita, cioè quella della funzione regionale vera, ovvero difendere - come diceva il collega Rossa - la centralità del Piemonte all'interno di alcuni processi di rilocalizzazione a livello europeo. Questo è il problema! Forse qualche anticipazione, al di là degli aspetti tecnici di tipo politico, doveva venire, e mi auguro che nella conclusione del dibattito generale il nostro Presidente Brizio, con la sensibilità che lo caratterizza, ce la vorrà dare. Mi pare, però, che non possiamo più baloccarci con le accuse allo Stato, sperando in qualcosa che non arriverà.
La Regione non avrà risorse maggiori di quelle che ha, quindi non facciamoci illusioni.
Visto che il parametro sul quale, almeno da certi punti di vista, viene giudicata la capacità di lavoro - e sicuramente la nostra - è quello di vincere la scommessa del Piemonte, cioè riuscire a continuare ad essere un'area produttiva che produce ricchezza per i propri cittadini e per il resto di Italia e forse per l'Europa, io immagino che su questo ci si debba misurare e ragionare. E allora, visto che il gap della nostra Regione nei confronti dei concorrenti è sul costo del lavoro (che non dipende da noi) dell'energia (che un po' dipende anche da noi), se avessimo un po' più determinazione, un po' più coraggio e magari gli occhi meno foderati di pelli di salame, riusciremmo senz'altro a vincere questa scommessa.
C'è però un'altra questione che dipende da noi: l'handicap rappresentato dal costo del sistema. Il sistema Piemonte è più costoso di un altro sistema, e quindi a me pare che noi dobbiamo cercare di capire che è finito il tempo dello Stato sociale e c'è il tempo dello Stato sistema dobbiamo dunque occuparci più del sistema Piemonte che delle questioni sociali.
Mi rendo conto che questo crea dei problemi ad alcune forze politiche ma non si può ignorare la questione: dobbiamo misurarci e trovare la soluzione di governo, di maggioranza e di istituzione che renda accettabile la nostra impostazione, ma bisogna immaginare che c'è qualcosa di completamente diverso rispetto agli anni in cui la cultura, le leggi l'essere stesso politica della Regione si sono insediati.
E' cambiato tutto e noi continuiamo ad avere la Regione di dieci anni fa, il Piemonte è profondamente cambiato e noi continuiamo ad avere delle leggi che assistono. Per farmi capire meglio, dico che non sono d'accordo con quanto sostenevano i repubblicani nei precedenti dibattiti, cioè che bisogna dare soldi ai settori. No, perché questo attiene al costo del denaro, che non è una funzione della Regione, ma dello Stato; quello del costo del denaro, del credito alla produzione, agli investimenti produttivi è un problema nazionale, non è un problema della Regione, il cui compito invece è quello di costruire le condizioni perché gli operatori e i produttori delle diverse categorie possano operare. Mi sembra quindi fuori luogo immaginare di mettere più risorse a disposizione - diciamocelo fuori dai denti - di organizzazioni molte volte un po' corporative, che fanno della gestione dei contributi la loro ragion d'essere, mentre dovrebbero avere ben altre ragioni. Mi riferisco anche ad aree di vocazione liberale ma che non votano liberale.
Le risorse che dobbiamo mettere in pista devono andare in direzione dell'ammodernamento del sistema Piemonte rispetto al quale, signor Presidente, Assessori e Consiglieri, non siamo noi i protagonisti, ma possiamo esserne i provocatori e gli stimolatori.
Chiedo ella Giunta, che con la predisposizione del bilancio in via definitiva e mi augurerei anche con il rifiuto, la cancellazione del piano di sviluppo, si indichino le questioni sulle quali i Consiglieri regionali (mi rivolgo soprattutto a quelli di nuova nomina, perché capiscano che cosa sono venuto a fare qui) sono chiamati a dare il loro contributo, sulle quali scommettono un pezzo della loro vita e della storia di questa Regione. Le questioni saranno tre o quattro; dobbiamo avere la capacità di individuare le questioni strategiche e su questo essere istituzioni, il che vuol dire essere capaci di convogliare le risorse di intelligenza, umane e finanziarie che - come diceva il Consigliere Rossa - possono venire da soggetti diversi ma rispetto ai quali noi abbiamo il dovere di accentuare le specificità, le conseguenze, le ricadute egli sviluppi.
I campionati del mondo di sci non sono un fatto che riguarda solo Sestrière e l'Alta Valle di Susa: sono un'occasione di promozione e di modernizzazione del sistema Torino e del sistema Piemonte; non è un fatto turistico, è un fatto globale. L'autostrada della Valle di Susa si sta rivelando - l'ho già detto in altri casi - una mera occasione di costruzione di un viadotto in calcestruzzo, che non produce niente nel sistema economico piemontese e torinese. Ci siamo riempiti la bocca col fatto che avvicinava Torino all'Europa, io vorrei capire in che cosa si avvicina: se si sono aperte delle banche europee o degli operatori, è un'occasione persa! Anche il SITO, Presidente Brizio. Lei ci deve dire, visto che nel prossimo bilancio investiremo ancora risorse, ne chiederemo e distraeremo su SITO i fondi del FIO: che cosa produce questa grande colata di cemento in termini di modernizzazione? Anche il: TGV. Che cosa è il TGV? Un giocattolino per bambini adulti o un qualche cosa che produce condizioni per far sì che la nostra Regione sia funzionale a investimenti produttivi? Il bilancio che ci presenterete e il piano di sviluppo, se ancora lo vorremo chiamare così, dovranno porci quattro questioni rispetto alle quali misureremo la nostra solidarietà di maggioranza e i nostri distinguo con l'opposizione; però con la storia, Presidente, dobbiamo fare tutti i conti.
Il bilancio che voi ci portate è la fotografia dello Stato sociale, che è morto e sepolto; evidentemente, in clima di modernità, non può essere registrata né la sua morte né la sua sepoltura, ma deve essere mediato e ricomposto. Ciò non pensando, però, di dover cogliere come sollecitazione dell'opposizione di carattere primario quella di utilizzare le risorse per le esigenze primarie, perché il bene primario che noi dobbiamo difendere per la nostra Regione è la sua qualità di area produttiva che garantisce ricchezza, lavoro, intelligenza e sviluppo a se stessa e al resto del Paese. E paradossalmente - se devo dirla tutta! - abbiamo il dovere di pagare un prezzo in termini di consenso nella nostra generazione politica per garantire le generazioni politiche future.
Se vogliamo tornare, Presidente Brizio e Presidente Spagnuolo, ad essere gli eredi del Regno sardo - visto che va di moda più il sardo del piemontese - dobbiamo avere la capacità di scommettere sul futuro e pagare dei prezzi come generazione e come politici rispetto alle prospettive a lungo termine. Questa è la funzione che un'istituzione ad un certo punto si deve dare. In discorso quindi, non è tanto quello di andare a controllare se abbiamo recuperato un miliardo o due da una parte o dall'altra; dobbiamo cercare di essere il soggetto che è in grado di recuperare sulla nostra Regione attenzioni e sollecitazioni in grado di muovere la società civile perché anche questa mi sembra poco disposta a pagare in questa generazione per recuperare nelle generazioni future. Anche nella società civile avvertiamo una voglia di realizzare tutto subito e poi quello che sarà sarà! Questo è il nostro ruolo politico, perché la Regione è nata proprio per fare in modo che ci fosse un'istituzione di area vasta in grado di utilizzare e mobilitare risorse culturali ed umane rispetto alle specificità delle singole Regioni. Non posso non comprendere in una qualche misura il disagio dei colleghi dell'opposizione che si ritrovano di fronte ad un fatto rituale, non è colpa della Giunta né della maggioranza, bensì dei meccanismi; però non vorrei che questa ritualità, che non è responsabilità di nessuno perché se tale la ritenessimo l'avremmo assunta come forze politiche, sostanzialmente creasse una forza di inerzia per cui la ritualità si ha anche nei momenti successivi.
Ho ritenuto quindi di fare questo intervento anche per sottolineare il fatto che noi non ci aspettiamo nella prossima legge di bilancio più soldi per le categorie, no! Non siamo d'accordo (se per caso qualche altra forza politica lo dirà dopo di me): non si tratta di dare dei soldi "a sostegno di", no! Le categorie economiche devono avere una loro capacità di reperimento delle risorse, di muoversi sul sistema e di contrattazione a livello nazionale per avere da questo una politica del costo del denaro più funzionale ad un sistema industriale che a un sistema parassitario. Questo è un problema che riguarda lo Stato. Noi qui dobbiamo, per quelle categorie, capire e inventare quali sono gli elementi del sistema Piemonte che occorre rimuovere per rendere lo stesso Piemonte più competitivo rispetto alle grandi aree attrezzate del resto d'Europa.
Ovviamente seguiremo con attenzione il dibattito sugli articoli e con rispetto e considerazione gli emendamenti presentati dalle forze di minoranza. Sappiamo bene che per sua natura il bilancio in qualunque sua fase è un documento per molti versi rigidi; è come una fisarmonica: se si schiaccia da una parte, va allargata dall'altra, quindi lasceremo alla Giunta le valutazioni che ne conseguiranno.
Daremo alla fine un voto favorevole, però abbiamo sentito l'esigenza di esprimere la necessità forte che prima del prossimo bilancio e del piano di sviluppo ci sia un momento, magari anche straordinario, di confronto tra di noi. Non mi scandalizzerei, per esempio, se la Giunta organizzasse un convegno pubblico in cui finalmente si parlasse delle Regioni non da professori, ma da politici, da operatori; un confronto con l'opinione pubblica, con il Parlamento e con il Governo nazionale, ma non sulla Regione istituzione, le riforme, i professori Tizio e Caio che vediamo nelle diverse liste, bensì sulla realtà concreta, su queste nostre problematiche, su questa nostra incapacità di rispondere ad un disegno che per il fatto che non riusciamo a perseguirlo, diventa ogni giorno sempre più lontano e più indefinibile. In altri termini, noi non sappiamo più se siamo di fronte ad uno scenario o di fronte ad un miraggio: vorremmo che la Giunta, con il prossimo bilancio, ci aiutasse a sciogliere questo dilemma.



PRESIDENZA DEL PRESIDENTE SPAGNUOLO



PRESIDENTE

La parola al Consigliere Bosio.



BOSIO Marco

Vorrei solo richiamare in via generale alcune questioni, anche se sono già state riviste per alcuni punti. Discutiamo quello che è stato definito un bilancio tecnico, vorrei dire in dipendenza di un bilancio dello Stato di una finanziaria altrettanto tecnica, altrettanto fasulla - per la verità e, mi sembra di capire, in attesa di disporre di un'arma risolutrice quella della stangata. Arma che verrà fornita solo dopo il voto. Arma della stangata o comunque del tentativo di recuperare risorse in un modo o nell'altro. Mi sembra che il criterio ispiratore sia comune qui come a Roma, a rivelare una difficoltà più generale, non elettorale e non di scadenza, una difficoltà più generale a governare con il bilancio - cioè lo strumento classico - situazioni sempre più complesse, condizioni sempre più complicate ed anche una fase del tutto incerta nelle sue prospettive.
Quello che volevo richiamare, è il momento in cui le parole possono contare almeno sul piano della capacità di affermare delle scelte, dei tentativi per indicare su cosa si vuole investire e che cosa si vuole ottenere. Mi sembra non accettabile lo spirito che aleggia in questa Regione, un po' lo spirito "dell'importante è partecipare", cioè fingere e non spremere di molto le meningi, perché è complicato ed impegna delle responsabilità anche nelle parole. Di questi tempi rivaluto molto le parole, soprattutto se sono sensate o cariche di volontà. Capisco che in mezzo a tante cose, la caduta dei regimi dell'est, più che la caduta del comunismo, abbia implicato l'idea della caduta di tutti i volontarismi politici. -Ma da qui ad accettare per buona una specie di abulia istituzionale, una specie di ripetitività politico-amministrativa, credo che ne passi.
Credo sia da respingere l'idea che mantenere e conservare un meccanismo ripetitivo, in una situazione che ripetitiva non è, non vada bene. Eppure è questo il punto, di fronte ad uno degli atti più- significativi ed importanti per il Governo di una Regione, come di un Paese, cioè il bilancio. Ovviamente richiamo in via generale anche alcune connotazioni per quanto riguarda la struttura stessa di questo bilancio tecnico. Da un lato non riesco a capire alcuna caratterizzazione. Il collega Marchini solleva alcune questioni interessanti, da discutere a fondo; con lui non sarei d'accordo, però ha indicato un'ipotesi. Lo Stato-sistema, e dunque la Regione-sistema, contro il welfare state. Qui non siamo di fronte al welfare state, siamo di fronte ad un pezzo di welfare state ed a un grande pezzo di rivoli che non hanno nome. Il welfare state è stato e rimane una grande questione produttiva, non assistenziale. Una concezione sociale entro la quale l'elemento di intervento sociale produceva e produce. Questa è una discussione che faremo eventualmente (è augurabile).
Da questo bilancio non esce una scelta, non esce un'indicazione: E' definito bilancio tecnico; dirò dopo come io non creda sia un bilancio tecnico, come per la verità sarà il bilancio del '92 vero e proprio.
Rispetto al quadro della realtà della nostra Regione, noi non possiamo dire che manchino, non i segnali, ma le bussate forti attorno alle quali determinare delle scelte. Non mi voglio dilungare, ma sappiamo tutti ed abbiamo parlato e parliamo della questione produttiva del lavoro dell'occupazione, dei servizi all'impresa, delle infrastrutture; poteva esserci su questo bilancio un'indicazione di scelta precisa, in termini di volontà in quella direzione? Poteva esercì, ma non c'è: sul lavoro sull'occupazione, sull'innovazione tecnologica, sui servizi, sulle infrastrutture non c'è alcuna indicazione se non la normale naturale continuità. Ma continuità senza senso rispetto ormai alle urgenze, i problemi ed anche la spinta a cominciare a pensare in termini nuovi, nei confronti della piccola,e media industria di cui parliamo tanto e poi siamo solo capaci di pensare a leggine insignificanti. Poteva esercì un'indicazione al bilancio, come criterio ispiratore di un bilancio tecnico che poi, nel mitico assestamento, avrebbe preso corpo come un'ispirazione oltre che aspirazione politica.
Siamo veramente di fronte ad un vuoto, che per molti aspetti rischia di rendere perfino vano lo sforzo, - eventualmente ci fosse e credo ci sia dell'opposizione di dare il suo contributo al rovescio, come succede nelle migliori e non migliori democrazie.
Non c'è nemmeno spazio per questo; l'Assessore Gallarini questa mattina si è sforzato sicuramente di individuare almeno un terreno utile per alcuni aspetti: il terreno importante, se collocato in una certa dimensione, della selezione, della spesa, del contenimento dell'uso qualificato delle risorse.
Enuncia e rinvia, ma enunciare e rinviare non serve; l'assestamento non riuscirà a determinare nient'altro che il tentativo di coprire qualche buco, di rattoppare una parte minima dei buchi esistenti, se non a ridistribuire ciò che in questo bilancio tecnico è stato diminuito, in modo più o meno uguale per tutti, del 10-20%. Da questo bilancio tecnico non esce un'indicazione vera; tutto rimane com'è, più o meno diminuito, più o meno incerto, in una situazione in cui le incertezze ci sono e sono la spina nel fianco del governo delle cose. Dunque sta al governo delle cose e del bilancio cominciare ad avviare e a determinare delle scelte.
Posso trovare un paragone e scusatemi, perché è un po' violento.
Nell'Africa sud-sahariana c'è una strana malattia che colpisce molta gente è un parassita che lentamente mangia gli occhi alla gente, per cui a volte s'incontrano 20-30-50 ciechi guidati da una persona che conosce vagamente tra le dune la strada, e si dirigono da un villaggio all'altro. Ho l'impressione che bene o male la situazione sia un po' questa. Una specie di cecità in mezzo alle dune di una situazione che si vuole esorcizzare.
Verrà qualcosa che aumenterà la produttività, i mercati si riapriranno, il commercio rifiorirà. Ho paura che, di questo passo, il rischio è di inoltrarsi sul serio in un vero o proprio deserto e di non trovare più una strada, anche perché, come dicevano gli antichi, "più la via è stretta e più il destino diventa malvagio", ovverosia quello che accompagna i ciechi che vogliono andare.
C'è una specie di "ci rivedremo all'assestamento"; noi lo abbiamo detto: l'assestamento non sarà altro che una serie di altri equilibrismi.
Forse era possibile già oggi, per il '92, segnare un'altra strada indicata a parole, ma almeno indicata. L'assestamento, che verrà a fine aprile o a maggio, non muterà la sostanza di questo bilancio, e quindi sarà comunque come minimo, un altro anno perso in Piemonte. Avremo esattamente il tempo per verificarlo.



PRESIDENTE

La parola al Consigliere Ferrara.



FERRARA Franco

Signor Presidente, colleghi, ho seguito con attenzione il dibattito su questo bilancio e la relazione dell'Assessore, relazione apprezzabile come le precedenti dell'Assessore al bilancio, il quale è sempre stato molto preciso, puntuale ed apprezzabile per le cose dette.
Malgrado questo apprezzamento nei con fronti della chiarezza delle affermazioni dell'Assessore, credo che su questo bilancio il Gruppo Repubblicano non debba fare un grande intervento. Lo ha già detto il Consigliere Marchini, e forse anche altri, che questo è un bilancio quasi rituale. Il dibattito lo si è fatto, in realtà, quando si è parlato di esercizio provvisorio. Le cose dette allora possono essere tutte ripetute e confermate oggi.
C'è qualcosa di nuovo, però; nella posizione del collega Marchini, che io ho apprezzato. Mi è parso quasi di capire che il collega Marchini sia uscito ormai dagli arresti domiciliaci in cui si era chiuso. Il giorno in cui Zanone si è dimesso, il Consigliere Marchini annunciò che usciva dagli arresti domiciliari, e ci fa piacere, perché ha detto alcune cose che condividiamo. Noi non siamo entrati agli arresti domiciliari contemporaneamente, non c'è stato uno scambio di inquilini in queste sale quindi continuiamo a dire le cose che avevamo detto, sapendo che il collega Marchini, in buona parte, ha le nostre stesse preoccupazioni, in qualche misura esposte dall'opposizione. Credo siano delle preoccupazioni vere rispetto alla situazione della nostra Regione, che è peculiare, particolare e specifica rispetto ad una situazione difficile nazionale ed internazionale.
Dove va la barca, la nave non si capisce dal bilancio, è una cosa che non si capisce ancora; è un bilancio, come ha detto il collega Marchini, di 10 anni fa, cioè ha ripetuto le varie cose che ci siamo detti sempre. Ed è l'accusa che noi avevamo fatto già sei mesi fa, peraltro ricevendo le critiche forti del Consigliere Marchini.
A noi pareva e pare che qualcosa di nuovo si debba fare; riteniamo si debba apportare una modifica forte. Abbiamo dato tempo alla Giunta di valutare, di pensare; l'Assessore ci ha spiegato che c'è una società specializzata che entro marzo, così com'era stato pattuito e definito, ci darà dei dati. Dico che sono molto perplesso ed ero abbastanza contrario a che fosse una società di consulenza esterna a venirci a spiegare dove dobbiamo risparmiare i soldi. Mi hanno detto, in quanto mi sono informato dall'Assessore, che costa solo 30 milioni; quindi, sciupiamo dei soldi, ma pochi. Mi pare di capire che abbiamo sciupato pochi soldi per fare questa ricerca. Questa indagine sarà un'indagine fortemente politica che la Giunta e il Consiglio devono fare.
Dicevo che le nostre perplessità ci sono tutte e vorrei confermare che la nostra proposta non era quella di dare più soldi alle categorie, come qualcuno ha detto, ma individuare due o tre iniziative forti, capaci di togliere il sistema Piemonte molto vincolato da questi vincoli. Non abbiamo mai pensato che tutto quanto si risolvesse dando qualche soldo alle categorie; nel nostro intervento sull'esercizio provvisorio dicemmo che occorre individuare uria strategia complessiva dell'Ente Regione, andando a recuperare - anche questo bisogna fare, non è una operazione ragionieristica di poco conto - le singole lire, i singoli milioni e i singoli miliardi per creare le condizioni per affrontare globalmente questo problema.
Prendiamo atto che non siamo più soli a stimolare, dall'interno della maggioranza, là Giunta in questa direzione. Siamo d'accordo anche sul fatto che c'è uno scontro generazionale forte. Noi stiamo usando non solo le risorse nostre, ma anche quelle che saranno di competenza delle generazioni a venire. Stiamo scaricando, per la nostra incapacità di affrontare i problemi seri che abbiamo di fronte, sulle generazioni future i nostri errori, le nostre esigenze, le nostre inefficienze.
Non vogliamo ripetere le cose che abbiamo detto. Aspettiamo fiduciosi l'assestamento di bilancio, anche se abbiamo qualche perplessità. La perplessità è che fra le poche anticipazioni che ha fatto l'Assessore Gallarini oggi sulle note di variazione al bilancio - che dovrebbero essere quelle più sentite, quelle più urgenti, quelle più forti, le cose di cui la Giunta sente la necessità di muoversi immediatamente senza aspettare l'assestamento - vi sono la Festa del Piemonte (spesa che io abolirei) e il Museo del Fondo Toce (altra spesa che io abolirei). Queste sono le due anticipazioni che ci ha fatto l'Assessore Gallarini.
Aspetto con ansia di sapere quali proposte ci farà questa società di consulenza, le valuteremo con grande attenzione; da parte nostra cercheremo anche di dare un contributo in questa direzione, essendo ancora convinti che occorra reperire risorse risparmiando. Non abbiamo più grandi possibilità di aumentare le entrate; le nuove leggi sono quelle che sono.
Mi rendo conto che non ci sono grosse possibilità di aumentare le entrate quindi, a maggior ragione, occorre ridurre le spese là dove è possibile ridurle, per creare risorse necessarie ad affrontare due o tre argomenti forti che devono essere indirizzati non alle singole categorie dando 50 lire per uno, ma volte a migliorare il sistema produttivo della nostra Regione e a creare condizioni di assistenza rispetto alle categorie più deboli. Non so se questo concetto sia vecchio o nuovo, ma è un concetto molto moderno perché attuale, e anche questi problemi devono essere affrontati. Aspettiamo quindi con grande attenzione e fiducia che la Giunta ci faccia queste proposte, confermando su questo bilancio, che è tecnico il voto, tecnico, del Partito repubblicano.



PRESIDENTE

La parola al Consigliere Foco.



FOCO Andrea

Signor Presidente, in questo dibattito si sono ripetuti alcuni concetti, quasi in modo rituale da parte dei Consiglieri, in modo particolare si è detto che questa discussione e un fatto rituale. Lo è, se si vuol dare questa impostazione. Il nostro Gruppo non ha mai ritenuto la discussione del bilancio né dell'esercizio provvisorio né del bilancio eufemisticamente chiamato tecnico, un fatto rituale, ma un fatto estremamente importante.
Riteniamo invece che la Giunta abbia fatto di tutto per privare di significato questo momento; ritualità perché si dà per scontato o si ritiene ovvio, non dico una scocciatura, il fatto che magari i Consiglieri dell'opposizione e in particolare quelli del nostro Gruppo vogliano intervenire su questo bilancio, mentre, con ogni probabilità, qualcuno ritiene che potrebbe bastare un solo intervento per risolvere il problema che l'opposizione è comunque intervenuta. Invece noi avremmo voluto potere entrare ancora più nel merito dei numeri e delle cifre che ci vengono sottoposte, e lo squallore del modo in cui si intende montare la discussione è emerso in tutta la sua gravità nel lavoro della Commissione.
Mi rivolgo a quei Consiglieri presenti come il sottoscritto in IV Commissione quando ci siamo trovati - per carità pochi! - a dover discutere fra di noi sul bilancio, perché erano presenti alcuni funzionari di un solo Assessorato. Ritengo che la IV Commissione - senza volere fare torto alle altre - sia quella che si rapporta con un numero consistente di Assessorati importanti: la sanità, l'assistenza, l'istruzione, lo sport, la cultura, la formazione professionale, ecc.
Ho voluto ritornare su questo fatto, perché abbiamo bisogno di riflettere e discutere seriamente su questi aspetti, se vogliamo avere tutti la consapevolezza che un bilancio può essere letto in modo puramente tecnico se lo vogliamo leggere in quel modo, può essere un momento rituale se vogliamo che sia così, può essere rigido o flessibile, e così via. Ma se veramente si ritiene che sia un'occasione importante per imprimere una svolta, per intessere un dialogo proficuo in sede di Commissione o di Consiglio con l'opposizione e con tutti i Gruppi presenti e li riteniamo tutti in grado di portare contributi per cercare effettivamente di andare ad individuare alcuni filoni centrali fondamentali sui quali poter lavorare insieme, allora dobbiamo cambiare metodo e la Giunta deve creare le condizioni per permettere di lavorare seriamente. Sono effettivamente convinto di questo.
Al collega Marchini, che chiedeva in particolare ai nuovi Consiglieri che cosa sono venuti a fare in Consiglio regionale, devo ammettere che effettivamente questa domanda me la sono già posta da tempo, nel momento in cui constato che la Giunta cerca di emarginare il ruolo dei Consiglieri sia in Commissione che in Consiglio. Questo perché la Giunta non ha alcune linee guida sulle quali poterci misurare, sulle quali poterci anche scontrare, o perlomeno ci sono alcune linee ma sono di non voler compiere scelte, e sono queste che contraddistinguono questo bilancio.
Nel comparto culturale viene fatto uno spostamento di risorse, di milioni di lire, dagli interventi per gli investimenti versa quelli dei contributi. Si scelgono il vivere alla giornata, i contributi a pioggia invece della costruzione di un progetto complessivo. All'interno della stessa legge n. 58 si privilegiano alcuni articoli rispetto ad altri: basti seguire il giro dei milioni che vengono spostati da un capitolo all'altro ma alla fine il diritto allo studio universitario e l'assistenza scolastica ne escono puniti. E queste sono scelte di campo gravi e precise.
Non voglio, ovviamente, ripetere qui la discussione che abbiamo avuto in sede di Commissione, ma mi preme riportarne il senso: viene votata, dopo mesi e mesi di discussione e confronto, una nuova legge sul diritto allo studio universitario, e poi la maggioranza, la Giunta non riescono, contro il parere unanime della Commissione, a reperire quelle poche risorse in più per realizzare concretamente, seppure ancora parzialmente, gli elementi centrali della legge. Il tutto viene rinviato al mitico assestamento.
Non voglio dilungarmi in modo ulteriore su queste tematiche. Ritengo però, aggiungendo il mio intervento a quello degli altri colleghi, che se vogliamo effettivamente caratterizzare la nostra Regione, se vogliamo renderla all'altezza dei tempi e far sì che questa regione riprenda a svolgere quel ruolo che aveva 10 anni fa, quando i governi regionali di allora erano più credibili e sapevano giocare meglio il loro ruolo nel contesto più complessivo della presenza pubblica. Se effettuiamo una rilettura criticamente corretta dell'amministrazione di dieci anni fa non possiamo non riconoscere il ruolo e la forte funzione propositiva che ha avuto la Regione Piemonte, anche a livello nazionale; attenti quindi a voler leggere adesso gli aspetti e le scelte fatte allora fuori dal loro contesto.
La Regione Piemonte, allora, giocò un forte ruolo ed importante nel contesto nazionale come regione di riferimento per quanto riguardava anche la riforma istituzionale e dello Stato. Questo non è più oggi. La Giunta e la maggioranza non hanno la capacità e la volontà di andare ad individuare e precisare quelle forme di investimento che servano a questo rilancio. L'investimento nel comparto culturale non può essere visto come sperpero o 'come puramente assistenziale, ma come forma forte per rendere la nostra realtà economica adeguata al livello dei tempi e dello scontro attualmente in corso a livello internazionale.



PRESIDENTE

La parola al Consigliere Vaglio.



VAGLIO Roberto

Vorrei spostare l'obiettivo dall'Assessore e dal bilancio che l'Assessore stesso ha presentato alla natura del bilancio che, in più riprese in questi lunghi mesi di dibattito in I Commissione, è stato definito impropriamente un bilancio tecnico. Secondo me, questo non è un bilancio tecnico, ma un bilancio residuato da scelte che non sono nostre.
Lo abbiamo trascinato, abbiamo atteso indicazioni dal centro, abbiamo atteso scelte che andassero comunque a modificare la legge finanziaria scelte che hanno un sapore amaro e ,sanno di pre-elettorale, scelte che hanno modificato in modo radicale le previsioni della finanziaria '92 e che hanno costretto a fare salti mortali per far quadrare i numeri del nostro bilancio. Tutto ciò ha costretto la Regione Piemonte a dimostrare tutta la sua subordinazione e la sua sudditanza al potere centrale. Quindi un bilancio non tecnico, ma un bilancio che tiene esclusivamente conto di trasferimenti e di umori che non si sviluppano sicuramente nella nostra regione. Anche noi dobbiamo lamentare, così come hanno fatto altri colleghi di minoranza e credo avrebbero voluto fare anche i colleghi di maggioranza l'endemica mancanza di chiarezza nella presentazione dei bilanci.
La scarsità di documentazione o comunque la scarsità di una documentazione chiara a compendio delle varie bozze e dei vari documenti che sono stati presentati non ha, secondo me, consentito valutazioni obiettive ed oggettive di quelle che, in effetti, dovevano, essere le manovre. Non abbiamo ancora chiaro adesso il senso, la portata delle manovre che vedono l'alienazione di parte del patrimonio immobiliare della Regione. E' un passo estremamente grave quello che si intende fare e potrebbe essere un passo necessario, ma non sufficientemente suffragato da dati, così come richiesto in Commissione.
Un altro punto di grossa perplessità, se non altro da parte nostra, è l'intenzione di; ridurre drasticamente una percentuale fissa, le voci della spesa corrente. Lo ricordava, nella sua relazione di minoranza, il Consigliere Zacchera; lo voglio riprendere, perché anch'io sono convinto di questo. Se di riduzione di spesa si deve parlare - e se ne deve parlare questa deve essere mirata, ragionata, tenendo conto delle voci sicuramente eccedenti dietro le quali si nascondono, degli sprechi e tenendo altrettanto conto di voci che oramai sono al minimo della spesa, per poter coprire le necessità obiettive della nostra realtà regionale.
Un richiamo è doveroso: è il richiamo alla parte dedicata alla difesa della lingua e cultura piemontese. Il collega, Riba ha, richiamato a questa partita, lamentando un'assenza di contribuzione per l'occitano. Molto più grave è la situazione che riguarda la lingua piemontese, sicuramente trascurata da questo bilancio. E' stato detto: "Ubi major minor cessai" e non vogliamo andare più in là in questo genere di valutazione.
Da questo caso specifico, dalla presenza di due leggi disattese vorremmo trarre un insegnamento per tutto il Consiglio. Riteniamo perfettamente inutile ed immorale continuare ad approvare leggi e a dibattere per intere sedute articolati di leggi che verranno puntualmente disattese, in quanto non finanziate. Dovremmo assumere l'impegno in Consiglio a non portare avanti leggi che non siamo in grado di finanziare e non è solamente il caso, anche se eclatante, della difesa della cultura e della lingua piemontese, ma va dalla difesa delle carni doc alla difesa di altre attività peculiari della nostra regione che non trovano nessun finanziamento.
Ritengo che per questo bilancio, se una conclusione si può trarre oltre all'amarezza di verificare che è un bilancio costretto ed obbligato da scelte che non avvengono in quest'aula, è l'impegno per tutti i Consiglieri di non portare più in aula, di non discutere più leggi se non garantiti da una copertura che renda credibile il nostro operato e non vada a svuotarlo di significato, così come sta accadendo ormai da troppi anni.



PRESIDENTE

La parola al Consigliere Maggiorotti.



MAGGIOROTTI Piergiorgio

Signor Presidente e signori Consiglieri, il bilancio proposto al dibattito del Consiglio regionale e per cui si chiede il voto è una fotocopia della manovra governativa articolata nella legge finanziaria e nei provvedimenti collegati. Come quella, anche questa legge di bilancio cui si adegua passivamente, è socialmente iniqua ed inefficace per il risanamento della finanza regionale. La critica che rivolgo è motivata dalla sostanziale acquiescenza del Governo regionale alle, linee del Governo centrale, in particolare da ciò che c'è in questa manovra regionale (ovvero tagli di spesa, danno dell'organizzazione sociale e della tutela ambientale) e da ciò che non c'è.
Entro nel merito di una questione più specifica, quella legata alla spesa sanitaria. Il bilancio regionale si adegua alla scelta del Ministro De Lorenzo, tesa a determinare il passaggio della difesa della salute come diritto alla malattia, come occasione di profitto. E' una tendenza verso un tipo di società che non ci piace: la società asolidale.
Ricordo che il diritto alla salute è tutelato dalla Costituzione; se venisse completato il processo di privatizzazione delle strutture dei servizi sanitari pubblici, esso perderebbe l'attributo di universalità e l'accesso al servizio di cura sarebbe discriminato e gerarchizzato in base alle disponibilità economiche dei singoli.
Il passaggio dal pubblico al privato coinciderebbe, per questo aspetto con l'uscita della società dalla Costituzione. Un diritto è tale solo se è uguale ed èsigibile per tutti. Avanza dunque una forma asolidale di rapporti sociali; anche per questo, la direzione di marcia proposta dal Governo regionale incontra la nostra opposizione.
Ricordo che l'anno scorso il disavanzo nel bilancio della sanità era stato stimato dal Governo in 3.650 miliardi e, invece, dalle Regioni in 10.479 miliardi al netto delle entrate proprie. L'Istituto Internazionale di Studi e Informazioni Sanitarie (l'ISIS) valutava invece che il disavanzo '91 potesse essere di 5.800 miliardi. Gli esperti dell'ISIS riscontravano le maggiori differenze rispetto alle stime governative nelle spese per il personale denunciate dalle Regioni, più di 1.415 miliardi di probabile deficit, per l'assistenza ospedaliera in convenzione, più di 1.075 miliardi, per la farmaceutica, più di 876 miliardi, per l'assistenza specialistica convenzionata esterna, più di 330 miliardi, e peri assistenza generica in convenzione, più di 235 miliardi.
Mi sono domandato spesso quali fossero i motivi del divario tra le indicazioni dell'ISIS e quelle di Governo, da una parte, e delle Regioni dall'altra. Rispetto a queste ultime è legittimo il sospetto che il divario trovi motivazione anche negli sprechi e nella cattiva gestione. La decisione del Governo, sostenuta dalle forze di maggioranza, è stata quella di aumentare i tickets e la quota fissa per ricetta, di apportare tagli per ottenere un risparmio che in realtà è ancora sulla carta, non è realizzato ma sperato, per 4.500 miliardi sulla probabile spesa prevista e di autorizzare ulteriori balzelli locali o centrali per sopperire i buchi nei conti delle UU.SS.SS.LL.
Di conseguenza, si profilano risposte sempre meno adeguate ai bisogni sanitari dei cittadini, ulteriori difficoltà di accesso alle prestazioni e più gravi alterazioni nel rapporto tra servizio sanitario e gli utenti. Le disuguaglianze gravissime fra i livelli di prestazione delle diverse regioni si esprimeranno a livello regionale in ulteriori disuguaglianze fra gruppi di cittadini, fra i più garantiti e i meno garantiti.
Nello specifico, per esempio, il problema dei farmaci più costosi non può essere visto esclusivamente nell'ottica di un ticket elevato che dovrebbe essere disincentivante. Il ticket si deve analizzare, nella sua efficienza ed efficacia, come controllore di spesa, tenendo presente l'interesse del malato e non solo quello della finanza pubblica. C'è la necessità di innovare prodotti che sono frutto di una seria ricerca scientifica.
Questa questione è nota, così come è nota la necessità di procedere ad una bonifica del prontuario farmaceutico. La difficoltà a bonificarlo deriva dal fatto che lo Stato trova estrema difficoltà a reggere il confronto con le lobbies privatistiche nel momento della registrazione dei farmaci e della definizione dei prezzi.
A livello regionale non è mai partita una determinata; azione di controllo sulle prescrizioni, sull'attendibilità delle informazioni farmaceutiche (che vengono attuate prevalentemente dalle case farmaceutiche) e sulle attività di aggiornamento dei medici prescrittori.
Analoghe osservazioni possono essere fatte sulla questione delle attività diagnostiche specialistiche. Non è tanto il ticket su questo tipo di prestazioni a determinare un consistente risparmio; semmai si determina una forma di colpevolizzazione della vittima, che è il cittadino utente dei servizi. Anche i tickets sui farmaci determineranno conseguenze negative sulla disponibilità dei settori meno garantiti della popolazione ad utilizzare farmaci a ticket più elevato o comunque , farselo prescrivere dal medico, con la rinuncia ad opportunità diagnostiche utili e necessarie.
Come numerose ricerche hanno dimostrato, la ricaduta perversa dei tickets sulla spesa pubblica può di per sé determinare una maggiore spesa.
E' il caso dei ricoveri presso presidi ospedalieri e istituti attuati impropriamente per motivi economico-sociali da parte di persone che non possono più sostenere il peso di balzelli progressivamente crescenti, anche in relazione all'assenza di alternative al ricovero. Quindi l'istituzionalizzazione - ce lo dicono coloro che hanno approfondito tali questioni a livello di ricerca è 'anche causa di morte precoce per infezione ospedaliera e per sindrome di abbandono (anche abbandono della voglia di vivere).
E dire che è nota l'efficacia, in termini di difesa della salute, degli interventi che prevengono (istituzionalizzazione e favoriscono il permanere della persona malata nella propria abitazione, vantaggio che è anche economico in senso di risparmio, come è noto e come è stato già più volte ribadito in questa sede e in Commissione.
E' stato più volte ribadito in questa sede che, in condizioni di insufficienza di assegnazione di risorse, è gioco-forza investire prioritariamente le poche risorse finanziarie e professionali disponibili nel controllo di gestione, nella ricollocazione più razionale della spesa nella scelta di fare economia, non caricando sul cittadino il peso delle stesse economie da realizzare.
Quello che invece si è puntualmente verificato - e questo è un esempio locale - è che si è risparmiato non facendo approvare una deliberazione quella di regolamentazione nell'assegnazione di ausili e protesi a persone disabili; si è impegnata certo una somma, peraltro insufficiente, di 2,5 miliardi, ma non si è ancora data nessuna direttiva alle UU.SS.SS.LL. su come questi finanziamenti possono essere utilizzati. Intanto passano le settimane; sono infatti trascorsi quasi sei mesi da quel fatidico primo ottobre, in cui questa Giunta promise di intervenire anche nel senso del rimborso delle spese affrontate personalmente dalle persone disabili. Si è risparmiato.



PRESIDENTE

Consigliere, la prego gentilmente di avviarsi alla conclusione.



MAGGIOROTTI Piergiorgio

Si tratta di riconvertire la spesa sanitaria, anche per rendere più efficaci gli interventi e tagliare gli sprechi e i lussi immotivati.
Diventa indispensabile, in questo caso, muoversi nella direzione di favorire la crescita della consapevolezza dei cittadini rispetto ai fattori di rischio e di malattia e rispetto alle priorità verso le quali investire le risorse. Questo significa anche partecipazione, significa rendere praticabili e sviluppare comportamenti coerenti con il mantenimento dello stato di salute dei cittadini; mi riferisco all'educazione sanitaria, per lo sviluppo delle cui iniziative nulla è previsto nel bilancio regionale.
Che questi interventi ricadano positivamente non solo sullo stato di salute dei cittadini - e questo è prioritario - ma anche sull'uso coerente e razionale delle risorse, è dimostrato da ricerche, anche recenti, che segnalano ad esempio come, attraverso iniziative di prevenzione primaria nei confronti del tabagismo, si possa determinare la riduzione della morbilità e mortalità per tumore polmonare, per cardiopatia ischemica, per tumore della laringe e della vescica. La riduzione della morbilità ha come conseguenza anche il risparmio dovuto, appunto, alla riduzione del numero dei ricoveri.
Quello del tabagismo è solo un esempio; ma è comunque un problema di salute pubblica rilevante. Voglio ricordare che nel 1991 a Torino - dati epidemiologici del Registro Tumori - sono stati diagnosticati nuovi 500 tumori al polmone e che, nello stesso periodo di tempo, 460 sono state le morti per la stessa causa. Sono stati 6 i probabili tumori evitati come conseguenza dell'intervento attuato a Torino nei confronti di 600 pazienti fumatori da parte di 40 medici di base; ciò ha prodotto con certezza la cessazione dal tabagismo da parte di 60 persone, comportando un sicuro risparmio di sofferenze, ma anche di spesa sanitaria. Tale risparmio è quantificabile nel fatto che sono probabilmente 6 i tumori evitati nell'arco di 10 anni, pertanto è facile fare il calcolo, tenendo conto dei costi di operazione chirurgica e di degenza, anche a fronte del fatto che in realtà per i tumori polmonari non c'è alcuna cura sicura né alcuna procedura accertata e attendibile di diagnosi precoce.
Motivi identici ve ne potrebbero essere altri cento, ma il tempo stringe, anzi è già finito e quindi mi avvio alla conclusione sottolineando il fatto che su questo bilancio non può essere espresso altro che un giudizio critico. Non si sono trovate vie nuove per migliorare gestione e qualità dei servizi sanitari e si persegue sulla strada di porre tetti di spesa immotivati rispetto alla rilevanza dei bisogni, peraltro non compiutamente noti.
Chiudo, quindi, preannunciando il voto negativo del mio Gruppo a questo disegno di legge.



PRESIDENTE

Chiede di intervenire il Consigliere Rivalta; ne ha facoltà.



RIVALTA Luigi

Credo che in questo Consiglio, pur in maniera dispersa nel tempo, si sia costituita una maggioranza diversa da quella che sostiene la Giunta una maggioranza che dichiara che questo bilancio è poco leggibile.
Se il problema fosse soltanto legato ad una questione di presentazione formale, sarebbe di scarso significato. Io peraltro dico che gli aspetti formali di fatto non esistono; certo, potrebbe forse essere documentato con una possibilità di accesso più facile, basterebbe un indice tematico, ma il problema non è questo. Il bilancio non è intelleggibile per la mancanza di una chiara impostazione politica da parte di questa Giunta: questa è la vera ragione! Se una questione procedurale si può cogliere sotto questo aspetto di fondo (la mancanza di una chiarezza politica dell'impostazione), è caso mai il modo accelerato con cui si è voluto discutere questo bilancio: persino le Commissioni sono state in difficoltà a prenderlo in esame; qualche Commissione l'ha di fatto ratificato senza una vera e propria discussione.
Sfuggente, quindi, è stato il suo esame nella sede più adatta per poterci ragionare sopra, che è proprio quella delle Commissioni, nelle quali scarsa è stata la partecipazione degli Assessori alla discussione; solo pochi Assessori, e io per pudore non li cito perché sarebbe una citazione limitata a solo due o tre nomi. Arriviamo quindi in quest'aula a ripetere una piccola sceneggiata di un teatrino già visto.
Qualche tempo fa, nella valutazione critica del momento eravamo pressoché isolati, adesso invece siamo in moltissimi a dirlo. Ricordo alcuni interventi del Presidente Brizio tranquillizzanti sulla situazione anzi sottolineanti una prospettiva radiosa di sviluppo dell'economia della nostra società; oggi, invece, ho coito molte più adesioni nella valutazione critica del momento e nella non entusiasmante prospettiva che abbiamo davanti.
Questo bilancio manca di un'analisi della realtà e dell'individuazione delle possibili leve di intervento; mancano gli orientamenti politici. E' un bilancio ancora acefalo di un quadro politico programmatico: siamo fermi ad alcune generali, rispettabili - a suo tempo le abbiamo giudicate superficiali - indicazioni programmatiche che stanno nel documento di presentazione di questa Giunta. E' passato più di un anno e mezzo e credo che questa Giunta segni, anche sotto questo profilo, la sua debolezza: un anno e mezzo senza un approfondimento convincente degli indirizzi programmatici. Non a caso credo che molti Consiglieri della maggioranza aspettino l'esito - un'aspettativa se volete impropria - delle elezioni del 5-6 aprile per pensare anche di riassestare questa maggioranza, forse nella speranza di darle maggiore incisività di contenuto e di obiettivi programmatici.
Troppi settori operano per inerzia in questo bilancio; è un'inerzia che si protrae da molti anni. Il Consigliere Marchini ha parlato di un bilancio che si ripete da 10-12 anni e, se le cose anche fossero state correttamente impostate 10 o 12 anni fa, credo che soltanto l'indicazione di un lasso di tempo così lungo di ripetizione del ' bilancio stia ad indicare che oggi è del tutto insufficiente e inadeguato.
Molti settori operano in un'atmosfera di grigiore, non dico priva di entusiasmo, ma priva di una chiarezza di indirizzi, di dove si vuole arrivare, su cosa si vuole incidere; stanno navigando sostanzialmente alla cieca, nella nebbia. Nonostante ci sia una molteplicità di bollettini informativi da parte della Giunta e si spendano molti soldi in questo senso (quasi ogni Assessorato ne ha uno, se non di più, di questi bollettini o riviste di informazione), è difficile a chiunque, persino ai Consiglieri regionali, riuscire a capire che cosa effettivamente siano le operatività gli interventi di questi Assessorati, dove vogliono andare, cosa vogliono conseguire. Sotto questo profilo, il rispetto dei 10 minuti, perlomeno il tendenziale rispetto, mi induce ad andare avanti e a non approfondire questo problema, che sarebbe comunque necessario approfondire.
Questa sclerotizzata e anche sclerotizzante verso la comunità, verso le strutture esterne al Consiglio regionale, impostazione di spesa è sorretta per altri versi da un'altrettanto acefala espansione delle entrate. Anche qui - in questo non ne abbia a male l'Assessore Gallarini - la brevità del tempo mi induce ad enunciare il mio pensiero con delle dizioni dure e crude. Anche qui, come nel nostro Paese, si batte moneta in modo improprio per la Regione sarebbe addirittura illegittimo battere la moneta. Siamo nell'ambito di una situazione che nel nostro Paese si protrae da tempo, che è l'espansione della spesa sorretta con il debito pubblico verso il cittadino. E' come un bolla di sapone che si espande, ma che un giorno o l'altro scoppierà, e le gocce di questa bolla di sapone ricadranno sui cittadini, qualcuno non ritirerà nemmeno più i risparmi che ha versato allo Stato in questa operazione.
E' un bilancio delle entrate complessive che si espande con l'anticipazione dell'esazione delle tasse: il Ministro Formica oramai ogni anno anticipa di qualcosa, gli è rimasto poco per giungere all'anticipazione dei dodici mesi, forse arriveremo alle anticipazioni di un anno e più. E' un credito verso il futuro, un futuro ravvicinato che grava su noi stessi, ma anche sulle generazioni future, perché non si fa una scelta delle spese di investimento fondamentali che riguardano le generazioni future, da quelle relative all'ambiente e all'economia a quelle di carattere sociale.
Al Consigliere Marchini, che ogni volta che interviene parla della fine di quello Stato sociale che tutto sommato ha caratterizzato il nostro passato negli anni '60 e '70, rivolgo l'invito di leggere le corrispondenze dall'America, non di faziosi o di persone che qualcuno potrebbe considerare tali, ma di saggisti ed osservatori molto equilibrati (perlomeno credo nella convinzione anche vostra), come Furio Colombo, per esempio. Gli suggerisco di andare a vedere che cosa egli scrive sull'America, ma soprattutto cosa emerge da questa America sui servizi che ci provengono da persone che possono essere ritenute espressione di questa maggioranza o vicine a questa maggioranza. Quando il Consigliere Marchini dice queste cose, pavento che il buttare a mare un'attenzione verso i rapporti sociali e il sostegno sociale che deve essere dato a questa nostra comunità, ci possa portare verso situazioni come quella americana.
Cito per tutti un articolo impressionante pubblicato da "la Repubblica" in un'edizione di 15 giorni fa; l'articolo trattava di una famiglia che si trova a mendicare, edera una famiglia del ceto medio americano.
Richiamo tutte queste cose per dire che anche l'espansione di spesa non solo è un battere moneta in qualche modo improprio (e poi dirò, per concludere, per questo aspetto quali sono le mie critiche a questo bilancio), ma hanno, dal contrapposto, un'impostazione di spesa che tende a smantellare le cose che, nel passato, hanno avuto un significato. Magari vanno modificate, ma non possono essere buttate a mare come i problemi di rapporto sociale e di assistenza; sotto questo profilo vi è la mancanza d'investimenti chiari, fondati su alcune questioni che hanno rilevanza non momentanea, ma per il futuro, come quelle dell'ambiente e del settore economico.
Sull'espansione delle entrate della Regione si arriva ad una svendita del patrimonio, che è tipica di quella che sta avvenendo a livello nazionale. Siamo alla svendita dei gioielli, non c'è un'impostazione politica che giustifichi sacrifici sotto questo profilo, perché gli investimenti sono fondamentali, indispensabili, vitali per il futuro, e siamo alla vendita dei gioielli.
Come per altra parte (il mio è solo un inciso) si sta facendo a livello della politica urbanistica; abbiamo inventatole cubature sulle aree pubbliche per poterle vendere: un'altra maniera di battere moneta impropria e falsa. E' un atteggiamento che si ripeterà e andremo avanti, come per il debito pubblico, a battere moneta dopo aver venduto la cubatura che abbiamo indicato nei vari Piani Regolatori; varieremo i Piani Regolatori e aumenteremo la cubatura. C'è una cultura dell'espansione dell'entrata che è fallimentare.
Voglio finire qui il mio intervento come elemento critico a questo bilancio, e dico che è necessario, in questo quadro, porre chiarezza sulle politiche di entrata e, dall'altro lato, cosa ugualmente e fortemente importante, sulle scelte di investimenti strutturali, patrimoniali che devono essere fatti, ancorati a politiche di sviluppo economico che qui non emergono, ancorati a politiche di sviluppo del sociale e culturale, e a difesa ambientale. Queste sono le politiche che possono aiutarci nell'immediato anche sotto il profilo occupazionale e che, soprattutto possono costituire dei fondamenti importanti e basilari per le politiche di sviluppo non immediate dei prossimi anni e delle prossime generazioni.



PRESIDENTE

La parola al Consigliere Calligaro.



CALLIGARO Germano

Purtroppo devo constatare che il tutto si svolge con un rituale stanco eppure l'argomento è di grandissima importanza. In IV Commissione gli Assessori hanno pensato bene di non presentarsi; in aula il dibattito si svolge all'insegna del disinteresse più completo. Mi pare che esistano ragioni di vario genere, provo ad indicarne una. Questo bilancio è stato redatto all'insegna della subalternità; non ce l'ho con l'Assessore dicendo questo, non ho potuto sentire la sua relazione, ma sono certo che sia una relazione seria.
Parlo della politica in generale che contrari distingue il pentapartito; è una politica di assoluta subalternità alla linea neocentralistica. La linea neocentralistica illude le autonomie locali e le Regioni con un falso principio, quello della parziale capacità impositiva.
E' falso, perché si tratta di capacità impositiva aggiuntiva che si accanisce sempre nei confronti degli stessi contribuenti fedeli o colpisce tutti in modo indiscriminato.
E' l'esatto contrario della capacità impositiva, sostitutiva di imposte, tasse e balzelli dello Stato; è l'esatto contrario della capacità impositiva che dovrebbe avere capacità di allargare la base contributiva di snidare l'evasione fiscale, l'elusione, l'erosione fiscale. E' una subalternità alla linea di smantellamento dello Stato sociale, per cui i tagli alla spesa sociale sono spesso insensati e a volte persino irresponsabili.
E' la linea politica che sottostima sistematicamente la spesa sanitaria per far avanzare la controriforma; la linea dei tagli alla spesa sociale soprattutto tagli non sensati, non opportuni, non auspicabili, mentre quella spesa sociale, che doverosamente si dovrebbe tagliare, resta inalterata o è persino aumentata nella quantità monetaria che elargisce.
E' il caso della spesa sanitaria; nel '91 nella nostra Regione si sono spesi 6.750 miliardi di lire, ma lo Stato ne assegna in via provvisoria 6.009 e in via definitiva probabilmente 6.078; la Regione Piemonte e la sua maggioranza accettano supinamente tutto questo. Si smantella la parte più nobile dello stato sociale, le grandi conquiste sociali; si lascia inalterata o persino si potenzia e si sviluppa la parte deteriore dello stato sociale, che è la parte assistenziale, fortemente tutelata dalla maggioranza. Si difendono interessi consolidati, politiche di controriforma e di conservazione. Perché stupirsi, dunque, di certi fatti? Ne cito alcuni. Per quanto riguarda le residenze sanitarie e assistenziali la situazione è letteralmente allucinante. Previsto dalla legge finanziaria dell'88, il riparto delle risorse tra le Regioni è avvenuto all'inizio del 1990. La Regione ha predisposto il programma decentrale e il primo stralcio triennale, con relativo riparto delle risorse tra le UU.SS.SS.LL., alla vigilia delle elezioni del 1990: la spesa prevista è di 650 miliardi nel decennio di cui oltre 200 nel primo triennio 89-91. E' trascorso il triennio, ma non una sola lira è stata trasferita dallo Stato. Non solo: siamo ancora fermi agli studi di fattibilità esaminati dal nucleo di valutazione del Ministero della Sanità; 30 sono stati approvati con prescrizioni e 10 respinti, perché non corrispondenti alla normativa di legge. Bisognerà tenere conto delle prescrizioni e rifare quelli respinti. Successivamente si passerà ai progetti esecutivi, che a loro volta saranno esaminati dal CIPE e, se considerati validi senza prescrizioni, approvati e finanziati. Se tutto procederà per il meglio, se nel frattempo le risorse e i residui passivi non saranno destinati ad altri capitoli di spesa, forse nel '93, '94 avremo i primi finanziamenti effettivi e nel '96, '97 i primi posti: a quasi dieci anni dalla legge finanziaria! Realizzate le strutture, ci accorgeremo che mancheranno gli operatori e avendo impiegato le risorse, apparentemente cospicue, per realizzare le strutture, scopriremo che non vi saranno più risorse disponibili per l'assistenza domiciliare; nel frattempo si allargherà il fenomeno delle pensioni lager e si consolideranno gli affari dei privati anche di quelli inaffidabili. Altro che impegno della Regione ad attivare 3.000 posti nel triennio '90/92 che è stato raggiunto tra la Regione Piemonte e le organizzazioni sindacali! Il secondo esempio è quello dell'ospedalizzazione a domicilio. Proposte di legge del Gruppo PCI-PDS, proposte di iniziativa popolare, tutte bloccate in Commissione dall'Assessore. L'Assessore, per giustificare il suo atteggiamento negativo, ha fatto approvare una deliberazione di Giunta sull'ospedalizzazione a domicilio. Peccato che non preveda neanche una sola lira di finanziamento e si limiti ad auspicare la sperimentazione senza indicare né da parte di chi, né dove effettuarla. Il Parlamento è andato ben più avanti. Per esempio, a proposito dell'assistenza domiciliare integrata è giunto alla conclusione che questa non è sufficiente, che è bene integrarla con l'ospedalizzazione domiciliare. La Regione Liguria nel '91 ha utilizzato parte delle risorse destinate all'assistenza domiciliare integrata per sperimentare anche l'ospedalizzazione domiciliare. A noi della Regione Piemonte non ci è passato neppure per la mente che quei 9 miliardi stanziati dallo Stato come spesa vincolata per l'assistenza domiciliare integrata potevano essere utilizzati anche per avviare la sperimentazione dell'ospedalizzazione a domicilio! Questo è l'anno di scadenza del piano socio-sanitario '90/92. Il piano sociosanitario è una pura finzione per chi governa questa Regione.
Sarebbe utile che facessimo in quest'aula un bilancio delle cose dette e scritte e delle cose praticate e terminate da provvedimenti concreti della Giunta regionale. Certo che è una finzione, se si pensa che il Consigliere Marchini sostiene in aula apertamente che persino al piano socio-economico regionale è bene non pensarci più e si chiede al tempo stesso che cosa stiamo a fare. Ma dovremmo stare, in 'questa sede a cercare di determinare delle scelte, degli indirizzi cui si riferiscano i privati e gli organismi pubblici! Lungi da me l'idea di una programmazione costrittiva: ci mancherebbe altro! Però avere almeno quella capacità di fare scelte che determinano condizioni tali per cui si può operare come soggetti pubblici e soggetti privati per sviluppare la società, per sviluppare l'economia, per sviluppare la società nel suo complesso. Se rinunciamo a questo, è evidente che non abbiamo nessun ruolo, non siamo un ente locale, non siamo un Comune; se non sappiamo distinguerci nel campo delle scelte, degli indirizzi, dei programmi - perché no? - se non' sappiamo determinare, attraverso una serie di programmi, lo sviluppo della società piemontese è il caso di chiedersi tutti insieme che cosa ci stiamo a fare.
Ma allora non bisogna abbandonare l'idea della programmazione, semmai bisogna praticarla attraverso strade che non siano assolutamente quelle costrittive (tra l'altro non corriamo rischi in questa direzione, perché il potere è ben annidato e consolidato in altri centri che non sono quelli delle istituzioni pubbliche e democratiche), ma facciamo in effetti la nostra parte. Così non è, perché lasciamo che altri facciano la loro e che debordino dai confini ovvi e naturali di una società democratica per invadere appunto il campo delle scelte che dovrebbero essere fatte dalle istituzioni pubbliche e democratiche. Perché stupirsi quindi se tutto si svolge all'insegna della subalternità? Quella del bilancio poteva essere un'occasione per dare alcuni segnali. Faccio alcuni esempi e concludo rapidamente.
Ci sono decine di migliaia di cittadini disabili che dal mese di settembre pagano di tasca loro ausili e apparecchiature varie; la spesa è stata quantificata nell'ordine di un miliardo, un miliardo e mezzo al mese.
L'Assessore promette due miliardi e mezzo, non si riesce a capire ancora a favore di chi, cioè sta illudendo un po' tutti; poi probabilmente il tempo passerà e magari, alla fine, si dirà che è opportuno trasferire i due miliardi e mezzo sul bilancio del '93.
Così è successo a proposito della psichiatria; questa maggioranza ha voluto con tutte le sue forze una legge nel settembre del 1989, ha assunto l'impegno di impiegare 180 miliardi nel decennio, di cui oltre 100 nel primo quinquennio, sono trascorsi quasi tre anni, siamo ai primi stanziamenti, 7 miliardi e 450 milioni per alcuni centri di terapia psichiatrica. Questa è la situazione.
Il bilancio è anche occasione per vedere che cosa si è realizzato e non si è ,realizzato. A proposito degli assegni di studio per gli allievi infermieri professionali, l'Assessore continua ad ostinarsi in questa sede dicendo: "Perché devono essere pagati gli studenti?". Una risposta va data all'Assessore: Perché questi studenti, a differenza di altri, hanno la particolarità che lavorano, che fanno funzionare i servizi sanitari; in Inghilterra sono considerati come qualsiasi ausiliario della sanità, anche se non hanno rapporto di lavoro, tant'è vero che tutte le forze politiche si propongono, con proposte di legge, di regolamentare la posizione degli allievi infermieri professionali e molte forze politiche indicano la soluzione ottimale nel contratto di formazione e lavoro. Però noi abbiamo un Assessore che si ostina a chiedersi in quest'aula e a chiedere ai Consiglieri: "Perché dovrebbero essere pagati questi studenti?", senza avvertire la particolarità di questi studenti.
Così è verso l'impresa minore. Minore di dimensione, ma non di importanza, dal punto di vista dell'importanza; l'impresa di dimensioni minori è decisiva, per il, presente e per il futuro. Qui non vi sono idee politiche per l'artigianato, l'industria, il mercato del lavoro, il lavoro autogestito e cooperativo; non vi sono, lineamenti, indirizzi, scelte concrete: si vive alla giornata, si sviluppano in modo impetuoso soltanto le politiche clientelari in vista, delle elezioni. A questo proposito faccio un esempio e ho concluso: l'uso elettoralistico del primo biennio del Regolamento comunitario 2052, progetti nella maggior parte dei casi neppure degni di essere considerati tali. E' solo il collega Ferrara che si indigna di fronte alla proposta della Casa della Resistenza che dovrebbe sorgere nel Verbano-Cusio-Ossola. Perché non si indigna di fronte: al fatto che per il Regolamento 2052, primo biennio, si impiegheranno e si stanno impiegando in questi mesi ben 500 miliardi con una finalità puramente elettoralistica?



PRESIDENTE

La parola al Consigliere Picchioni.



PICCHIONI Rolando

Prima di ascoltare il dibattito di stamani, mi sono letto tutti gli atti concernenti il dibattito, estremamente ricco, che il PDS ha organizzato in occasione della sua mozione sul bilancio. Devo dire che molte di quelle osservazioni sono difficilmente respingibili, anzi, sono condivisibili Perché credo che i rilievi fatti trovino il consenso trasversale di tutti, Perché sono talmente oggettivi che non possono essere appannaggio di questa o quella intelligenza o di questa o quella chiave di lettura. Questo Perché sono dei rilievi che implicitamente, per non dire esplicitamente, la Giunta fa propri, sia pure tra le voci del bilancio, tra le righe del bilancio. Mi pare che anche l'Assessore Gallarini puntualmente e diligentemente, lo abbia fatto.
Da queste letture o da questo discorso a più voci si è rilevato anzitutto, due o tre annotazioni di ordine politico: 1) bilancio largamente condizionato, facile, banale quanto si voglia difficoltà senza precedenti (sono le stesse minoranze che lo riconoscono).
Le variabili interne si accompagnano alle variabili internazionali, le variabili locali e regionali si accompagnano a quelle di ordine mondiale per cui anche la Regione, ultimo anello della catena, ne risente negativamente 2) bilancio ingessato dalla spesa storica, spesa per la quale so che qualcuno dice: "Dalla caverna" si esce uno alla volta, per cui bisogna fare piccoli passi, sollecitando l'impegno della Giunta affinché la validità l'efficacia e l'efficienza di questa spesa storica vengano effettivamente verificate.
Mi pare che stamani il collega Zacchera e altri abbiano parlato di residui passivi imponenti che rappresentano un malessere non sottovalutabile di quanto forse, questa spesa storica deve essere rivisitata 3) meccanismo ripetitivo: chi è intervenuto prima a riguardo di abulia istituzionale? Mi pare il collega Bosio. Probabilmente si va avanti a forza di inerzia.
D'altra parte, leggendo e vedendo questi enormi tomi con queste migliaia di numeri si va avanti a forza di inerzia, perché certamente ne saremo sommersi fin quando il diligentissimo Assessore non accompagnerà questi numeri da una nota di bilancio, come si fa in ogni più piccolo e modesto Consiglio comunale della terra. Fin quando non ci sarà una chiave di lettura, alcune linee fondamentali sono illustrate, hanno la loro valenza, hanno un loro obiettivo, hanno una loro leggibilità.
La terza valutazione, signor Presidente, è che il bilancio risente dell'aggiornamento del piano di sviluppo. Oggi abbiamo sentitolo scetticismo bonario del collega Marchini, il quale afferma che il piano di sviluppo non bisogna più farlo, ma dobbiamo renderci conto che non possiamo navigare a vista, perché se ci perdiamo in questo mare di numeri, ci perdiamo inevitabilmente in un porto delle nebbie. Crediamo che un piano di sviluppo debba dare un respiro pluriennale alla nostra azione legislativa che possa fissare alcune priorità finanziarie e che debba essere assolutamente uno degli imperativi che la Giunta, nei prossimi mesi, non so se in occasione dell'aggiornamento, debba garantire.
E' stato detto anche che il bilancio risente di molte note di variazione. Mi pare che il collega Chiezzi abbia detto che registrare le note di variazione è un modo di registrare le dinamiche emergenti della società, del nostro malessere, del nostro benessere; non c'è un fatto codificato per sempre, c'è un fatto che deve essere rapportato a quanto emerge dall'attualità che ci circonda. Tagli del 10-20% sul funzionamento e sulle spese libere: è vero, un primo segno di inversione, è un primo indirizzo politico sufficiente però, forse, non occorre fare un passo ulteriore, Signor Assessore, per vedere bene quali sono i fini o per verificarli. Bisognerebbe verificare gli indirizzi e i dinamismi insiti in queste spese, che potrebbero anche essere insufficienti perché potrebbero essere datate. Mi pare che quanto l'Assessore abbia detto sul controllo di gestione possa essere un primo passo in avanti.
Sono assolutamente d'accordo con i provvedimenti che sono, in itinere con la certificazione di bilancio; infatti non capisco perché nel momento stesso in cui diciamo che il bilancio è ineleggibile, perché si rifiuti qualunque altro apporto esterno che ci possa dare dei lumi sul bilancio per considerazione generale. Il controllo di gestione non è la sua fotografia mi pare che questo sia ineccepibile. Il controllo di gestione è soprattutto la comprensione del grado di efficacia delle politiche che abbiamo intrapreso. E' soprattutto la capacità di determinare l'efficacia di queste politiche, di fissarne gli standard, di fissarne la compatibilità degli standard con la politica e di verificarne l'efficacia in relazione alle risorse e di verificare anche se questi standard sono effettivamente rispondenti alle premesse per cui sono sorti. Non si può, è stato anche detto, partire dalla spesa storica per le spese h investimento, perché la spesa storica non è altro che la fotografia di una posizione di stallo, la spesa storica può, al massimo, riguardare le spesi correnti. Sono d'accordo con quanto è stato detto: le scelte non vanno fatte per l'emergenza, per le crisi o per tutte le variabili che possono succedere da un momento all'altro; da un mese a un altro, in effetti siamo stati sommersi da alcune variabili che, all'inizio di questa legislatura, non erano assolutamente prevedibili.
Occorre però fare delle scelte sul piano del lavoro dell'occupazione sul piano dell'assistenza, sul piano socio-assistenziale. Come gruppo politico ci proporremo, indipendentemente dalle proposte della Giunta, di consultare tutti i gruppi consiliari perché il pacchetto socio assistenziale possa avere una propria percorribilità. Dobbiamo, cioè valutare tutto, analizzare gli apporti della minoranza come quelli della maggioranza, della Giunta e dell'assemblea. Lo stato sociale, come dice il collega Marchini, significa selezionare le priorità, non può essere una specie di armata brancaleone che rincorre i bisogni della gente; bisogna selezionare, perché non abbiamo le forze necessarie per poterlo soddisfare in tutte le proprie esigenze. Ci faremo carico, come gruppo politico della Democrazia Cristiana, di una approfondita consultazione su tutti questi argomenti, su tutte le proposte che possono portare allo sblocco di alcune situazioni di stallo. Mi riferisco all'intervento della collega Bortolin che è sempre estremamente attenta a queste cose.
Per quanto concerne il discorso dell'infrastruttura, del lavoro e dell'occupazione, vorrei solamente che il Presidente, che si è già fatto carico di questi problemi in diverse sedi con amplissima disponibilità, ci dicesse qualche cosa sulla possibilità di essere alternativi, non a noi stessi, ma alla grande concorrenza che c'è al di là delle Alpi. Quali possibilità ci sono ancora, al di là del problema del lavoro, perle nostre industrie di insistere nel nostro territorio? Quali sono gli incentivi, le innovazioni tecnologiche che possiamo offrire alla nostra gente? Quali sono gli accordi di programma che possiamo fare? Quali sono le procedure che dobbiamo snellire? Quali sono i passaggi che impiegano circa tre anni prima di arrivare alla definizione o per lo meno alla messa di una prima pietra di un'opera.
Ci pare a volte, Signor Presidente, di dire delle cose che vengono assolutamente dimenticate appena usciti da quest'aula perché, a parte alcune attenzioni che posso, per la mia esperienza, ravvisare nel campo culturale, per quanto riguarda tutto il resto a volte, si ha la sensazione di un rito inutile. Il regolamento CEE 2052 è un processo di reindustrializzazione importante per il Piemonte. Lo vogliamo vedere, per anche secondo gli squilibri territoriali che il Piemonte pone? Ci sono infatti delle aree privilegiate e delle aree "Cenerentola" che bussano alla porta dei ricchi. Allora, quali sono i passi che dobbiamo fare nei confronti della Comunità Europea, affinché anche altre aree vengano prese in considerazione? E' quanto ha detto il collega Marchini: il problema delle grandi infrastrutture essenziali per portare il Piemonte nel cuore dell'Europa.
Non voglio assolutamente dilungarmi su questo, ma è un problema di cultura e di indirizzo politico complessivo per il quale non vale solamente richiamare la figura di una Roma matrigna e lontana, ma per la quale vale anche da parte nostra, riequilibrare e razionalizzare le spese. Qualcuno dice che se ognuno pulisce davanti alla propria casa, avremo la città pulita. Anche quanto dice il Consigliere Zacchera lo dico con molto rispetto per tutti - a proposito delle pubblicazioni: se c'è una pubblicazione della Giunta e una del Consiglio, credo che il flusso di comunicazione su quello che facciamo sia sufficiente. Anche questo è un segno di buon costume e di buon governo.
Per quanto concerne l'assestamento, Assessore, non facciamone un feticcio! Non vorrei che, di rimando in rimando, di rinvio tecnico in rinvio tecnico, si arrivasse ad una grande trasfigurazione dell'assestamento, facendone un mito che dimostra che "sotto il vestito niente!". Non facciamo ugualmente un feticcio-collega Chiezzi - del problema delle consultazioni; tu stamattina hai detto chiaramente che c'è un deficit di democrazia, ma il deficit di democrazia non passa dalle consultazioni! Vorrei ricordare una frase che ti scandalizza: "La democrazia è il percorso vizioso che fa il popolo per arrivare al monopotere". Tante volte le consultazioni sono inutili, perché la conoscenza della materia è nelle nostre mani, o nelle mani dei tecnici; il deficit di democrazia si ha quando manca l'Assessore, l'esecutivo l'interlocutore principale. Questo è il massimo rispetto, non solamente nei confronti del Consiglio, ma anche di quella conoscenza che dobbiamo avere perché non riusciamo assolutamente a sapere, perché la comunicazione è data con molta svogliatezza, a volte anche da parte dei funzionari. Il problema è anche quello di una minima comunicazione con la quale noi - e ritorno allora al grande dibattito sul ruolo del Consiglio, sugli strumenti e sull'apporto per cui tutti ci sentiamo legati alla Regione - non solamente chi governa o chi fa l'opposizione e non solamente chi ha il supporto tecnico, ma tutti conviviamo e dobbiamo vivere anche con una probità culturale e politica; questo deve avvenire non solamente da parte degli Assessori, ma anche da parte di coloro che collaborano con gli Assessori stessi.
Tutti dobbiamo cercare di superare il deficit di democrazia, chiamando noi stessi ad un dovere preciso. Non scandalizziamoci - collega Chiezzi sulla faccenda del tempismo politico, perché essendo noi una democrazia che non sceglie il popolo, ma una democrazia in cui il popolo sceglie il governo, dobbiamo avere tutto il tempismo politico per rapportare le nostre azioni di governo alle esigenze dei tempi. Del resto, la politica è anche rapportare l'ideale al reale in termini di prudenza. Se, quindi, vogliamo fare dei provvedimenti che vengano dopo il 5 aprile, non c'è nessuno scandalo, semmai è una cognizione di ordine politico, non può essere assolutamente un fatto o un rilievo di ordine moralistico.
Questo dobbiamo dirlo, perché non siamo dei politici nati oggi, ma conosciamo tutti gli artifici che sottendono sia la maggioranza chela minoranza, per cui, tolte queste cose irrilevanti, il problema è quello di ritornare ancora al contenuto del bilancio.
L'Assessore Gallarini questa mattina ha fatto alcune anticipazioni sulle quali è necessario fare qualche rilievo. Non aggiungo altro, per perché credo chele anticipazioni sull'assestamento saranno molto più congrue di quanto lui ha detto. C'è stata anche una grossa discussione da parte del collega Monticelli sul bilancio tecnico-bilancio politico. Il bilancio politico può essere il gran pieno, ma può essere anche il gran vuoto, per cui non è un bilancio tecnico.
Nella sua presenza per effetto e nella sua presenza per difetto, un bilancio può presentare il suo taglio politico. Ad esempio, la notizia non è mai neutra, ma, essendo confezionata nel vuoto o nel pieno, è certamente una notizia politicamente segnata; così è per il bilancio, per quello che dice e per quello che non dice. Dunque, questo è certamente un bilancio politico e non tecnico, per cui non valgono le sortite dell'amico Ferrara il quale sostiene di dare un voto tecnico per un bilancio tecnico, avendo rilevato e garantito un'assenza tecnica.
Vorrei emergessero anche gli argomenti forti del collega Ferrara simili agli indovinelli di Turandot che ogni tanto ci espone dicendo: "Quali sono questi documenti forti?": C'è una suspense; è un po' come il Partito comunista: che cos'è? Perché se l'imprenditorialità economica è carente, anche l'imprenditorialità politica è carente e dobbiamo dire in questa sede cosa vogliamo. Non basta fare delle petizioni di prin-cipio votare qualcuno perché ci dia la benedizione e ci possa assolvere! Non c'è il collega Foco, ma l'altro giorno in IV Commissione, che. è una Commissione di grande dignità, abbiamo discusso del monumento piemontese o del premio al piemontese nel mondo, e sono venute fuori alcune idee. Per esempio, in questa fase di crisi, in questo momento di stallo perché non organizzare - signor Presidente del Consiglio e signor Presidente della Giunta - una grande occasione di dibattito sull'identità piemontese? Un incontro tra gli stati generali del Piemonte - lo dico qui formalmente, poi lo formalizzerò a nome del Gruppo dove tutte le discipline e le classi sociali si raccolgono non per fare un convegno, ma per dare una forte intenzionalità alla loro volontà politica. Un convegno che non vuole significare solamente dialetto, storia, territorio, ma che ha e che deve avere coscienza che l'identità piemontese è legata alla sua dimensione padana, ma anche alla sua dimensione internazionale; è legata all'invecchiamento della popolazione, come la sua popolazione agricola è legata all'innovazione tecnologica, e come suo sviluppo al terziario.
Se potessimo trovare un momento collettivo, non per fare delle questioni politiche, ma per fare un riferimento preciso, come Regione, a identità antiche e nuove, forse troveremmo anche noi stessi, al di là di questi nostri dibattiti che sono sempre un po' ripetitivi, dei fattori di uscita in avanti e non di uscita all'indietro, non di inserramento in angustie localistiche, proprio per vedere cosa è possibile fare ed individuare per il domani in termini prospettici.
Diversamente, finiremo con il galleggiare, perché le mie idee possono anche avere il valore di altre idee, ma entrambe possono non avere alcun valore per andare avanti; noi con,tireremo a fare delle petizioni al Governo, altri le faranno alla Regione, ma tutto rimarrà in un circuito vuoto senza portare ad alcun frutto.
Credo che questo bilancio, ai di là del voto favorevole della DC, ossa essere anche l'occasione - per quanto hanno detto tutti e per quanto è recuperabile dall'apporto costruttivo delle forze di minoranza come quelle di maggioranza - per il prossimo aggiornamento del Piano di sviluppo e per consentire all'Assessore Gallarini di recepire nel prossimo documento, che ci presenterà, alcune delle idee qui manifestate.



PRESIDENTE

Chiede di intervenire il Consigliere Bodrero; ne ha facoltà.



BODRERO Antonio

Sono d'accordo con quanto ha detto l'amico Vaglio, quindi non lo ripeterò; il suo intervento, anche se un po' breve, è stato veramente puntuale.
Si è parlato di bilancio tecnico e politico e ' si sono fatte distinzioni accademiche e astratte: Secondo me il bilancio può essere o buono o cattivo, come tutte le cose, quindi la differenza fra tecnica e politica non la capirò mai: Qualcuno ha detto di non prendersela con Roma.
Certo, con Roma no, per carità; io dico: prendiamocela con lo Stato centralista che prende e non rende, cioè non restituisce e spreca: Questo è il problema fondamentale, e noi ne abbiamo abbastanza di sentir dire che è sempre colpa dello Stato; la verità è che siamo troppo muti e sordi in questo campo.
Vorrei dare dei suggerimenti. Si è parlato di tagli, ma nessuno vuol mai tagliare. La signora Bortolin mi ha fatto notare una cosa curiosissima: un taglio su una rivista piemontese intitolata "Piemonteis ancheuj", il cui direttore è democristiano. Ho chiesto al direttore se fosse a conoscenza di questo taglio - tra l'altro si trattava di una cifra irrisoria - e mi è stato risposto: "Ma come, è stata sempre regalata, sempre mandata gratis!" Questi, dunque, sarebbero i tagli che si fanno in Regione!Questa notizia mi è stata data proprio dal direttore.
Penso che i tagli seri e grossi da fare siano quelli sulle spese voluttuarie. Purtroppo, soprattutto a fini elettorali, si sprecano troppi milioni, se non miliardi.
Cito una delle mille voci: lo sport e il cosiddetto tifo, che poi diventa violenza, distruzione, massacro. I poveri atleti miliardari si rovinano il cuore e muoiono prima; un esperto, un medico igienista certamente sconsiglia l'agonismo, perché è dannoso perla salute. Eppure si spendono miliardi in questo settore.
Ci sono spettacoli fasulli che non valgono una lira e che inebetiscono sempre di più il popolo, il quale non ha bisogno di queste cure, perché ha già la televisione di Stato, quella parastatale e quella partitica. Quindi: tagliamo su queste cose.
Per quanto riguarda ;gli spettacoli, farei un'unica eccezione per il Teatro piemontese che può offrire ancora qualcosa; nel secolo scorso sono state rappresentate delle bellissime commedie, che purtroppo non vengano più riproposte, salvo qualcuna molto raramente. Per tutto il resto, per tutte quelle strambe cose, come la musica che non è musica, no.
Certo spettacolo e certo sport devono camminare con le proprie gambe se c'è gente che vuole inebetirsi con queste cose è libera di farlo, ma noi non dobbiamo sovvenzionare l'anticamera del manicomio: il manicomio sì, ma non l'anticamera.
Queste cose si fanno perché, come dicevo prima, si prestano ad interferenze e condizionamenti partitici.
Investimenti. Io penso si sia dimenticato un investimento fondamentale quello per la salvaguardia del nostro popolo che - ci sono testimonianze storiche plurisecolari - è di antica civiltà; basta leggere sui vecchi dizionari geografici le lodi e l'esaltazione del popolo piemontese, delle sue virtù, della sua rettitudine, ecc.
Bisogna ricostruire la pianta uomo, rieducare i giovani al lavoro manuale e alla sacralità della famiglia. I giovani adesso sono tutti diplomati e laureati; magari (chi lo sa!) il professore, per non perdere la classe, non boccia per non far mancare il numero e far saltare la cattedra cosicché la selezione non c'è più. In sostanza, non abbiamo più gente che svolge lavori manuali, pure; necessari e nobili; bisogna andare a pescare nel- Terzo Mondo, ma noi peschiamo sempre male.
Prima avevamo i vietnamiti, che erano grandi lavoratori; li abbiamo calunniati e in grandissima parte sono andati via. Adesso andiamo a cercare i terzomondiali che, combinazione, appartengono alla cultura più nemica della libertà e ,della democrazia (mi riferisco all'Islam). E' vero, anche fra questi ultimi ci sono dei lavoratori, perché tutti piuttosto che morire di fame sono disposti a fare lavori manuali, ma pare che non brillino per operosità. Chi conosce a fondo queste culture e il oro ambiente geografico sa che la loro dottrina tipica non è proprio una cultura del lavoro; ci sono molti saggi storici, etnologici, geografici che illustrano queste cose e consiglio a molti di andare in biblioteca e istruirsi sull'argomento.
Quando si è parlato di Stato sociale, forse c'è stato un qui pro quo.
La critica non è rivolta contro l'assistenza; è chiaro che l'assistenza ci deve essere, ma non deve trasformarsi in azione dei partiti che si impadroniscono degli ospedali. Gli uomini politici devono investirne la Magistratura, indipendente e presumibilmente non partitizzata, la quale deve sorvegliare che gli ospedali e tutto l'apparato sanitario - che invece sono in condizioni pietose per colpa dei partiti - funzionino davvero questo devono fare i politici.
Lo Stato deve essere giudice e non padrone, altrimenti diventa parte in causa; i Paesi sovietici ce l'hanno insegnato, ma purtroppo abbiamo la testa un po' dura e non lo capiamo, nonostante l'Europa comunitaria insista su questo punto. Quindi: controllare. Rivolgiamoci alla Magistratura facciamo altre leggi; visto che abbiamo fatto delle leggi a favore dei criminali, adesso facciamone qualcuna a favore dei galantuomini.
Si è parlato della montagna. Purtroppo la Regione non è in potere di salvare la montagna per il semplice motivo che c'è una maniera sola, o per lo meno preminente, di salvarla: rifarla, com'era in antico, proprietaria delle acque. Se il montanaro fosse proprietario delle acque e potesse vendere (sia pure a società per azioni, private) la relativa energia elettrica, state tranquilli che la montagna sarebbe popolata, si avrebbe interesse a tenerla nel migliore ordine possibile e non ci sarebbero spopolamento a parte - frane, distruzioni o fuochi nei boschi.
In questo modo la montagna sarebbe salva e non avrebbe bisogno di nessuna regalia o elemosina dello Stato o della Regione, che in realtà non esistono, perché lo Stato ha sempre preso. Prima le società private lasciavano qualcosa, ma da quando, per iniziativa degli statalisti e con l'inaugurazione del centro-sinistra, l'energia elettrica e altro è diventato statale la montagna ha ricevuto la botta finale.
Penso che questi suggerimenti, molto concreti, chiari e semplici possano servire. Grazie.



PRESIDENTE

La parola all'Assessore Gallarini.



GALLARINI Pier Luigi, Assessore regionale

Cercherò di essere breve. Il dibattito è stato ampio, complesso ed articolato; tuttavia, poiché ritengo che occorra lasciare spazio anche al Presidente per una conclusione di tipo politico maggiormente di fondo, mi limiterò a fare qualche considerazione.
Inizio subito con quanto diceva il Consigliere Picchioni. Non ho inteso assolutamente quelle due o tre anticipazioni come relative ad una minuscola nota di variazione (non all'assestamento, guai se riducessimo l'assestamento ad un'elencazione di minuterie di quel di tipo), non era questa l'intenzione; direi invece che una considerazione è emersa.
Mi sembra che il Consigliere Rivalta abbia parlato di una spesa acefala, cioè sostanzialmente di una spesa che, all'interno di questo bilancio, non ha individuato delle linee di intervento portanti per quanto riguarda un'iniziativa politica della maggioranza e della Giunta.
Penso che questo possa essere condiviso da tutti, almeno io personalmente condivido una critica di questo tipo, ma ci si deve rendere conta - l'avevo accennato questa mattina - delle condizioni nelle quali è nato questo bilancio alla fine del 1991; poi, praticamente, è stato tre mesi all'interno delle varie Commissioni. La situazione contingente ci ha impedito di andare a calibrare quelle addizionali alle quali si dovrà in qualche misura fare ricorso; è ovvio che le iniziative forti vanno supportate anche da un'alimentazione finanziaria che quanto meno non sia debole, se non può essere forte.
Dalla calibratura di queste addizionali dipenderà molto l'individuazione - questa è l'iniziativa politica della Giunta - delle linee forti di intervento per quanto riguarda l'occupazione, il lavoro l'industria e così via. Non è il caso di dare adesso delle indicazioni anche perché quelle incertezze di cui parlavamo all'inizio sono reali.
Abbiamo assistito all'altalena relativa alla soprattassa sul metano industriale, quindi penso proprio che oggi come oggi non vi siano certezze sulle quali quantificare entrate da far confluire in 3 o 4 iniziative forti (come hanno detto i colleghi Marchini e Ferrara); io non so quante potranno essere, sicuramente dovranno essere pochissime, affinché possano avere la maggiore possibile.
Noi non guardiamo all'assestamento come a un qualcosa di miracoloso che possa guarire l'Ente Regione di tutti i mali di natura economico finanziaria, questo non sarà possibile, ma da qui all'assestamento, pur non dando a quel provvedimento amministrativa caratteristiche che non pu avere, riteniamo ci sia lo spazio e la volontà da parte della Giunta di andare ad individuare delle iniziative che possano trovare supporto in provvedimenti concreti all'interno di quell'assestamento: quindi, il rientro complessivo per quanto riguarda il 1992 della manovra economica a suo tempo predisposta e l'individuazione di alcune linee forti.
Noi siamo fiduciosi e prendiamo l'impegno che in sede di assestamento queste linee ci siano. Mi limito a queste osservazioni, lasciando al Presidente considerazioni ulteriori e finali.



PRESIDENTE

La parola al Presidente della Giunta.



BRIZIO Gian Paolo, Presidente della Giunta regionale

Ho seguito il dibattito con molta attenzione dall'inizio alla fine dando la dimostrazione che la Giunta è attenta a quanto viene dal Consiglio, anche se devo rilevare che non sempre c'è una valutazione univoca dei fatti e degli avvenimenti.
Voglio innanzitutto inquadrare questa valutazione del bilancio all'interno del quadro economico nazionale ed internazionale. Noi viviamo una fase molto difficile, è una fase di trasformazione sempre diversa: in questa legislatura, 5 giorni dopo la formazione della Giunta, è scoppiata la crisi del Golfo; successivamente ci sono state altre modificazioni del quadro; la ripresa economica sempre attesa non è mai maturata; si tratta quindi di un quadro economico sempre più difficile e complesso.
Il Consigliere Rivalta, nel suo intervento, mi ha fatto carico di un ottimismo eccessivo. Dico che sono ottimista sulle capacità di ripresa economica della nostra nazione e del Piemonte, sono pessimista per quello che riguarda l'aridamento della finanza pubblica e quindi sulle conseguenze che questo avrà sul nostro bilancio e sulla capacità operativa della Regione come ente di spesa, che non è la sola funzione della Regione. La Regione è un ente che ha un'iniziativa politica ed è un ente di spesa diretta.
Dico che sono ottimista per quello che riguarda la situazione internazionale perché ritengo che elementi di ripresa si stiano delineando e sia possibile arrivare progressivamente ad una fase di ripresa.
Non considero il piano Italia come lo si dipinge, non ho difficoltà a dirlo. In questo momento c'é un'azione pesante di picconamento sul sistema italiano che non è soltanto sul piano istituzionale, ma è anche su quello economico, e alcune tracce si sono viste in questa direzione. Ho sentito infatti molte più segnalazioni critiche, molte più indicazioni negative che proposte reali, che idee, che progetti, salvo enunciazioni di titoli.
L'enunciazione di titoli è una cosa facile da fare, l'indicazione di una progettualità concreta è cosa più difficile. Quindi ritengo che viviamo un momento in cui si cerca e si punta alla demolizione, a vedere tutto in negativo.
Non so se avete presente - l'ho già citato, ma non in quest'aula - il magnifico articolo di Alberoni sulla bilancia truccata: noi stiamo vedendo i fatti ponendo sulla bilancia tutte le cose che non vanno, senza vedere assolutamente quanto c'è di positivo in questa situazione pur complessa e difficile.
Per queste ragioni ritengo che l'economia italiana abbia una possibilità di ripresa e ritengo che l'abbia anche l'economia piemontese pur in un momento difficile. Ci sono indicazioni non negative e ci sono indicazioni di ripresa anche nel settore industriale; ci sono indicazioni di ripresa e di competitività del sistema sulle quali occorre fare alcune riflessioni.
Penso quindi che dobbiamo vedere le cose senza eccessivo pessimismo.
C'è invece una situazione pesante della finanza pubblica, che si ripercuote sulla Regione Piemonte. Facciamo però un po' di memoria storica qualcuno ha detto che il bilancio è fermo da dieci anni, quindi paghiamo questo prezzo. Ma chi ha vissuto in quest'aula un po' a lungo ricorda anche i momenti, che adesso spariscono, dei bilanci di lotta; ricordo quando - ed è solo nella legislatura passata - su proposta dell'opposizione venne approvato un ordine del giorno in base al quale si doveva studiare attraverso la I Commissione, il complesso delle esigenze del Piemonte per vedere il gap di differenza fra i fabbisogni complessivi della Regione e le disponibilità trasferite. Di questo ambizioso disegno non c'è traccia perché è un disegno in gran parte illuministico e basato su un concetto quello del bilancio dei bisogni, che ci porta molto lontano di fronte alle risorse a disposizione che si fanno via via più limitate. Questa è la verità! Noi abbiamo avuto come Regione risorse positive finché c'è stata la distribuzione delle risorse proporzionalmente all'aumento delle entrate fiscali; poi c'è stata una fase in cui, nonostante il taglio avvenuto siamo ancora riusciti a portare avanti dei bilanci che avessero risorse attraverso un marchingegno di questo Consiglio molto discusso. Vorrei che si rileggessero i dibattiti delle precedenti legislature, forse sarebbero illuminanti. Ricordo che allora abbiamo posto in evidenza le difficoltà che c'erano a formulare un bilancio equilibrato ed attento, che coprisse effettivamente le entrate con le uscite, e ci siamo trovati di fronte a difficoltà progressive.
Abbiamo inserito il marchingegno dei mutui; ricorderete quel marchingegno in base al quale si mettevano in bilancio i mutui, poi non si facevano e, attraverso l'impostazione meramente tecnica dei mutui, siamo riusciti a sostenere la spesa.
Abbiamo anche sostenuto una spesa, che oggi ci rende rigido il bilancio; si tratta dei contributi dati ai Comuni, attraverso i quali abbiamo delle annualità pesanti che continuiamo a pagare e che rendono rigido il bilancio per le opere pubbliche.
Successivamente, di fronte alla chiusura delle risorse centrali abbiamo dovuto provvedere progressivamente all'accensione dei mutui.
Accendendo i mutui, abbiamo reso ancora più fisso il bilancio e ci troviamo in una situazione di crescente rigidità.
Qui non si tratta di fare il pianto su Roma, vorrei che il discorso fosse molto chiaro. Io sono stato contrario e sono contrario ad una vertenza Piemonte, ad un caso Piemonte, l'ho detto con molta chiarezza, ma si tratta di vedere qual è la situazione oggettiva dei trasferimenti statali, la situazione oggettiva della capacità di spesa della Regione Piemonte e del sistema delle Regioni nel suo complesso. Con la legge n. 158 è stata introdotta l'autonomia impositiva, che però progressivamente è stata ridimensionata.
Oggi siamo in una fase di incertezza, per cui questo bilancio, più che tecnico e politico, è certamente un bilancio di emergenza. Se non abbiamo la consapevolezza di vivere in una fase di emergenza, veramente non abbiamo la consapevolezza di quello che abbiamo davanti. Questo è un bilancio di emergenza, perché i trasferimenti sono via via ridotti e la legge n. 158 ha inserito ulteriori limitazioni.
L'aver tolto le 50 lire sul metano industriale è un cambiamento che modifica completamente la nostra impostazione. Volevamo fare un assestamento d'attacco con forte spesa regionale, ma dovremo ridimensionare questo disegno, perché è fin troppo ovvio che non si può fare (l'ha segnalato molto bene il Consigliere Monticelli nel suo intervento). Mancano 200-250 miliardi, che sono la cifra che potevamo avere attraverso l'addizionale sul metano, perché non si è voluto colpire, a livello di Parlamento, il sistema produttivo. Il disegno è stato cassato in sede parlamentare, per cui con l'operazione di assestamento noi ci troviamo ad avere una disponibilità di circa 100 miliardi in più.
Quindi, qui non si tratta di parlare di mitico assestamento, lo dico con molta chiarezza, perché si sappia che la situazione non è questa. Anche se può essere antipatico dire la verità mentre si approva questo bilancio va detto con chiarezza che l'assestamento, anche applicando al massimo le addizionali, ci darà un margine di manovra che in parte dovrà servirci a risistemare l'andamento della spesa e in parte potrà andare su un fondo d'investimento per i progetti che abbiamo in animo di portare avanti sempreché riusciamo a contenere, in qualche modo, la spesa sanitaria perché questo è il problema di fondo.
Mi riferisco all'intervento del Consigliere Calligaro, che è stato molto critico sul problema della spesa sanitaria e anche sul livello della distribuzione statale. Non accetto che si dica che abbiamo subito passivamente questi tagli; li abbiamo subiti, ma non passivamente.
La Conferenza dei Presidenti non ha approvato la legge finanziaria e non ha dato l'approvazione richiesta dalla legge della divisione del fondo sanitario nazionale. Mancando il parere favorevole delle Regioni alla suddivisione del fondo sanitario nazionale, il Governo e il Parlamento hanno dovuto dare un acconto del 50% per i primi 6 mesi. Quindi, è stato un acconto e non una distribuzione definitiva, perché sotto il profilo legislativo manca un passaggio previsto dalla legge finanziaria che è l'assenso dalle Regioni, assenso che non c'è stato. Questo dimostra con chiarezza che non siamo stati assolutamente supini nei confronti del Governo, ma che abbiamo posto con chiarezza in evidenza quella che è la situazione sotto il profilo della spesa sanitaria.
Le ipotesi sono due: o nella revisione delle ipotesi della spesa sanitaria ci saranno delle possibilità di integrazione, cosa della quale dubito, o tagli dovranno essere portati avanti, e noi come Regione abbiamo chiesto, con molta chiarezza, che le ipotesi dei tagli e gli standard che dovranno essere portati avanti vengano portati avanti anche a livello nazionale. Non può essere caricato soltanto sulle Regioni il taglio dei servizi sociali e non, invece, dato il carico di questi tagli, chi ha preso l'iniziativa del depauperamento della spesa.
Questa è la situazione dialettica che è in corso e che riguarda anche il fondo dei trasporti, ed è una situazione di grande peso e di grande significato. Quindi, ci troviamo in una situazione di bilancio estremamente difficile, una fase di emergenza dalla quale non possiamo uscire se non attraverso delle vie di ridistribuzione delle risorse all'interno del sistema. E' per questo che io non sono molto ottimista; le ipotesi possono essere tre: una riedizione della tassazione del metano che può fare il nuovo Governo sulla legge n.158; una modifica degli standard e una distribuzione diversa delle risorse alla sanità, oppure un riequilibrio di quelle spese che ancora riguardano i Ministeri, che, in base all'art. 117 della Costituzione, dovrebbero essere spese di competenza della Regione.
Una riassegnazione di queste cifre alle Regioni, che noi abbiamo computato essere in circa sei mila miliardi, consentirebbe una distribuzione alle Regioni di una cifra di una certa consistenza. In mancanza, di ciò, e nell'ipotesi che il nuovo Governo debba fare un'operazione di ulteriore contenimento della spesa pubblica, possiamo ipotizzare facile ottenere nuove risorse nella seconda fase dell'esercizio 1992? Non credo. Penso con molta sincerità che non sarà così, e che quindi dovremmo gestire una fase di emergenza, cercando di applicare i tributi della legge n. 158 per gestire i servizi, per mantenere il livello dei servizi, perché non credo che il livello dei servizi, anche se ci sono state voci contraddittorie possa essere tagliato e soprattutto non credo e non penso possa essere tagliato verso gli strati più deboli, che sono gli strati che appartengono a, quello che si chiama "il terzo dei meno coperti dal reddito proprio e dal funzionamento dello Stato".
Non penso che ciò possa avvenire, e in questo quadro le risorse per un progetto di investimento si rendono più limitate e meno presenti. Questo ci deve essere chiaro fin d'ora, perché faremo, secondo gli impegni assunti il massimo sforzo per arrivare alla fase dell'assestamento con l'applicazione delle addizionali che sarà necessaria, con la revisione del bilancio che sarà possibile e, nello stesso tempo, con alcuni progetti che potranno essere in parte coperti dalle risorse regionali. Queste risorse saranno limitate e dovranno essere utilizzate attraverso forme di rotazione. Se oggi pensassimo di usufruire di tutte le nostre capacità di imposizione (come già abbiamo usufruito, attraverso l'iter a cui vi ho fatto cenno, a tutte le nostre capacità d'indebitamento), per risolvere i problemi di un anno, compiremmo uno dei tanti errori del passato.
Se invece ci muoveremo verso una forma di rotazione, potremo ottenere delle possibilità di avere un rientro di questi fondi. Dobbiamo inventare qualche cosa di nuovo che ci consenta l'utilizzo di queste risorse l'impegno delle nostre entrate, non in via definitiva in un momento che è di emergenza. Quali possono essere 'le strade? Si è parlato dell'ambiente si è parlato del sociale.
Ritengo che siano tre le linee di grande intervento. L'immagine del Piemonte, che non è però quella che qui è stata definita di non operatività. All'esterno c'è un'immagine positiva del Piemonte e c'è un'immagine positiva della Regione Piemonte. Io la constato ogni giorno nei contatti che ho, e respingo l'ipotesi di una immagine piatta della nostra Regione. Siamo considerati una Regione fortemente-impegnata nel settore dell'innovazione, siamo una Regione fortemente impegnata nella progettualità delle infrastrutture, ci viene riconosciuta una leadership di movimento che in quest'aula invece sembra essere completamente disattesa.
Non è vero che non abbiamo presentato documenti. Dopo il documento programmatico abbiamo presentato un documento nel settembre dell'anno scorso, che è un documento-intermedio alla base della predisposizione del piano di sviluppo. La nostra immagine è comunque crescente e sull'immagine dobbiamo comunque investire, perché sull'immagine si investe oltralpe, più che sulle reali differenze dei costi e dei servizi del sistema, collega Marchini.
Chiaramente noi non possiamo intervenire sul sistema Piemonte, né sul costo del lavoro, neanche sul costo dell'energia come il collega giustamente ha detto. Non siamo stati inope-ranti nell'energia, perché la convenzione su Trino è pronta, la firmeremo, abbiamo contatti costanti anche con l'ENEL; certo abbiamo dei problemi anche sull'energia, ma non è che non ci siamo mossi anche su questo terreno.
Ma ci sono altri aspetti che creano l'immagine della Regione, e che sono il funzionamento delle infrastrutture viabili, delle ferrovie l'innovazione tecnologica, il Piemonte come sede scientifica; lo sforzo di recupero dei rapporti con l'Università e con il Politecnico l'abbiamo portato avanti anche in questa legislatura, attraverso il Centro di supercalcolo che è una iniziativa molto importante, attraverso l'iniziativa di Tecnorete per quello che riguarda il settore dei poli scientifici e tecnologici, attraverso il progetto di Agenzia di innovazione che adesso torna a essere interessante. Avendo compreso che solo l'innovazione, per la quale abbiamo dato con la legge 56 un grande esempio di capacità legislativa, può essere la carta vincente di questa Regione (perch lentamente la ristrutturazione del sistema produttivo toglierà sempre di più ad una Regione avanzata come la nostra settori di manodopera a livello modesto), avremo sempre più bisogno di risorse umane qualificate e c'è uno sforzo importante di crescita che è in atto; quindi sul settore dell'innovazione dovremo investire e sul settore delle infrastrutture, ma soprattutto dovremo giocare la capacità politica perché le risorse sono quelle che sono e pensare di risolvere con i numeri del bilancio il ruolo della Regione è un discorso di piccolo cabotaggio che ritengo non sufficientemente valido.
Si porta avanti la ripresa del Piemonte, questa crescita del ruolo, il suo inserimento nel sistema europeo in una posizione forte, che è il nostro progetto e la nostra impostazione, anche con una forte iniziativa politica cioè con la capacità di far comprendere l'importanza del Piemonte, del suo ruolo geografico, del suo ruolo economico, del suo peso in questa situazione del Paese. E' quello che stiamo cercando di fare. Stiamo cercando di farlo in tutte le sedi nazionali, ed è un ruolo di governo sul quale vorremmo, e crediamo di avere, il supporto dell'assemblea che ci ha dato il propria appoggio e il proprio , consenso e che crediamo di avere ancora. Il giorno che non avessimo questo consenso, in una battaglia di così grande respiro, certamente sapremo trarne le conseguenze, ma riteniamo di avere questo consenso, mi è parso di percepirlo anche oggi, al di là di aspetti critici puntuali, in modo netto e preciso, e vi assicuro che il nostro impegno per fare crescere la posizione del Piemonte c'è tutto e totale.
In questo sono ottimista, non sui numeri del bilancio che non possiamo inventare non potendo battere moneta e non potendo creare deficit.
Sono ottimista sulla nostra capacità di fare politica e sulla nostra capacità di rappresentare un'immagine del Piemonte forte. Anche adesso che gli amici della Regione Rhone-Alpes hanno presentato la loro capacità imprenditoriale, hanno avuto la visita di molti imprenditori che hanno visto e hanno fatto le loro valutazioni; certo, c'è un gioco di immagine importan-te sul quale daremo la nostra replica, ma non ci sono sostanziali valutazioni di differenza. Questo può dirlo anche la collega Bianca Vetrino che è stata presente. Quando si fanno delle strade, queste hanno il doppio senso: ha il doppio senso l'autostrada, ha il doppio senso il TGV e servono per venire e per andare. D'altra parte noi siamo una Regione aperta; , se non credessimo che dobbiamo essere una Regione aperta e che dobbiamo accettare questa sfida, vuol dire che ci considereremmo, come nel secolo scorso, un angolo contro le Alpi in una posizione periferica che è quella che ci ha fatto perdere, a torto o a ragione, quel ruolo di guida del: nostro Paese che allora avevamo. Oggi abbiamo una nuova occasione, la stiamo perseguendo. Chi non capisce che la stiamo perseguendo, forse non capisce il nostro sforzo ed il nostro lavoro.



PRESIDENTE

Dopo questa replica del Presidente della Giunta regionale, possiamo interrompere i nostri lavori. Domani mattina il Consiglio è convocato alle ore 9,30. Invito i Consiglieri ad essere puntuali, in quanto ci sono molti emendamenti da esaminare.


Argomento:

Annunzio interrogazioni, interpellanze, mozioni e ordini del giorno


PRESIDENTE

I testi delle interrogazioni, interpellanze, mozioni e ordini del giorno pervenute all'Ufficio di Presidenza del Consiglio regionale verranno allegati al processo verbale dell'adunanza in corso.
La seduta è tolta.



(La seduta ha termine alle ore 19.15)



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