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Dettaglio seduta n.123 del 22/01/92 - Legislatura n. V - Sedute dal 6 maggio 1990 al 22 aprile 1995

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Argomento:


PRESIDENZA DEL PRESIDENTE SPAGNUOLO


Argomento:

Comunicazioni del Presidente del Consiglio regionale


PRESIDENTE

La seduta è aperta.
In merito al punto 4) all'o.d.g.: "Comunicazioni del Presidente dei Consiglio", comunico:


Argomento:

Comunicazioni del Presidente del Consiglio regionale

Argomento:

a) Congedi


PRESIDENTE

Sono in congedo i Consiglieri Beltrami, Bergoglio, Buzio, Dardanello Ferrara, Foco, Montabone, Porcellana e Zanoletti.


Argomento: Consulte, commissioni, comitati ed altri organi collegiali

b) Commissione per gli adempimenti della Legge n. 142/90


PRESIDENTE

Desidero informare i componenti della Commissione per gli adempimenti della L. 142/90 che, poiché il Presidente del gruppo di lavoro sulle Comunità Montane, Consigliere Beltrami, non sta bene, domani non potrà fare la propria relazione. Quindi, la riunione di Commissione è rinviata alla prossima settimana, con lo stesso argomento all'o.d.g.


Argomento: Consiglio, organizzazione e funzioni

Dibattito sul ruolo del Consiglio regionale e sul nuovo regionalismo (seguito)


PRESIDENTE

Riprendiamo il dibattito di cui al punto 7) all'o.d.g.
La parola al Consigliere Sartoris.



SARTORIS Anna

Quello che avevo detto prima al Presidente, cioè il fatto che in quest'aula si enunciano molti principi e molte cose ma poi non si mettono in pratica, credo sia una regola anche per i nuovi arrivati, come posso essere io, perché le brutte abitudini si imparano in fretta.
Anche questa mattina sono state fatte molte enunciazioni di principio.
La discussione e i problemi che stiamo affrontando oggi sono stati giustamente sollecitati dal PDS nel mese di settembre; bisognava affrontarli allora, e credo che alcune prese di posizione e le cose che potevano venire fuori dal dibattito sarebbero state utili.
Ho seguito le varie discussioni, le varie prese di posizione dei vari Presidenti di Regioni su come sarà e su come è ora il Parlamento Italiano.
Il prossimo Parlamento italiano vedrà pochissima rappresentanza di Consiglieri regionali, perché i parlamentari hanno scoraggiato, in tutti i modi possibili, l'accesso dei Consiglieri regionali al Parlamento.
Quindi, come spesso avviene, saranno le segreterie romane ad eleggere i Parlamentari, che non sono Consiglieri regionali, quindi, non sono portatori di alcune istanze; ciò comporta la non sensibilità nei confronti delle istanze che tutti i giorni seguiamo in quest'aula. Coloro che faranno le nuove leggi, ammesso che le facciano per regolamentare il funzionamento dei vari Consigli regionali, le tratteranno in modo tale da far mettere i parlamentari romani in competitività con il lavoro svolto all'interno dei Consigli regionali.
A Roma, per le varie segreterie romane e i Parlamentari, noi siamo solo dei gabellieri, dei portatori di preferenze nel momento in cui costoro devono essere eletti e null'altro. Ecco perché in Italia, purtroppo, il discorso regionale è nato tardi, è nato male ed è nato come una costruzione di scatoline e scatole vuote a cui dare solo delle funzioni e competenze marginali: le Regioni dovevano rappresentare delle rotelline che giravano ognuna per conto proprio.
Ieri ho ricordato che è la prima volta che accade che i Consigli regionali chiedono un referendum per esprimersi. Secondo me, è una delle poche forme istituzionali che consente alle Regioni di coordinarsi per cercare di dare al Parlamento Italiano degli indirizzi di volontà. E probabile che, in seguito, non si portino a termine questi propositi, ma è un inizio, un modo per iniziare ad utilizzare quei pochi strumenti istituzionali permessi alle Regioni.
E' chiaro che se vent'anni fa le Regioni fossero nate tutte sullo stesso schema come, ad esempio, le Regioni a Statuto Speciale, certe discussioni non si farebbero. Nella Regione Valle d'Aosta non esiste il Commissario Governativo, non esiste la figura del Prefetto, perch integrata in quella del Presidente della Giunta che viene eletto e quindi non è un intruso, qualcuno cioè che viene mandato da Roma e che non ha legami con il territorio regionale, ma è una persona che viene eletta attraverso la solidarietà dei cittadini, affinché porti avanti, in certi ambienti, le rivendicazioni della gente. Il fatto che il Prefetto sia il Presidente della Giunta può essere tutelante nei confronti della gente, ma lo è un po' meno nei confronti di Roma: non perché sia più bravo, ma perch viene eletto e quindi sostituito secondo la volontà della gente e non secondo la volontà del Ministero degli Interni che, a nostro modesto avviso, sarebbe il primo Ministero in Italia da abolire.
Abbiamo raccolto le firme per abolire, tra gli altri, anche questo Ministero, perché il nostro giudizio è che alcuni fatti sono accaduti in Italia proprio perché il Ministero degli Interni esiste ed è sempre stato decentrato nelle mani di un unico Partito, il quale è disposto a cedere su qualsiasi cosa, ma non sul Ministero. Ciò significa che qualche cosa di strano in realtà esiste.
Concludo il mio intervento ricordando che, a livello organizzativo bisognerebbe guardare ad un'altra Regione, sempre a Statuto Speciale (che tra l'altro non è neanche una Regione, ma è la somma di due Province), cioè il Tirolo. Pensiamo che il Consiglio Regionale, così com'è strutturato finirà per essere una rappresentanza di sessanta Consiglieri eletti in Provincia di Torino. E' quindi ovvio che in questa sala ci siano certe spinte, certi problemi che soffocano le istanze delle altre Province: essendoci un sistema democratico, arrivando ad una votazione, le istanze della Provincia di Vercelli, rappresentata in aula da tre Consiglieri dovevano essere cinque, ma il meccanismo ce ne ha annullati due perché io sono eletta a Torino - sono difficili da portare avanti.
La Provincia di Asti, che dovrebbe essere rappresentata da tre Consiglieri, ne ha uno solo, quindi è difficile pensare che un Consigliere per bravo che sia, riesca ad esprimere i problemi del posto. Alcuni dicono che appartenendo ad un determinato Partito sarà il Partito stesso a coprire la carenza numerica, ma poiché noi non crediamo In questo modo di lavorare riteniamo che solo una persona originaria di un certo luogo possa essere portatrice dei problemi di quel posto.
Se il Consiglio regionale fosse una somma di Consiglieri provinciali due Province concomitanti che si uniscono riuscirebbero a sconfiggere le istanze di un Consiglio provinciale come quello di Torino che numericamente è di quarantacinque membri; a Vercelli e Novara sono solo trenta, quindi sarebbero sessanta nei confronti dei quarantacinque di Torino.
Secondo il nostro punto di vista, bisognerebbe, iniziare a porsi il problema, perché ricordo che quando si parlava delle nuove Province qualcuno si arrabbiò. A volte, anziché dire le cose come sono si preferisce fare dei giri di parole: in realtà se non si comincerà a disporre una rappresentatività diversa nell'elezione del Consiglio regionale, ci saranno delle zone che non verranno minimamente rappresentate in questo consesso. A questo punto, il Consiglio regionale rischia di scollarsi dalle varie realtà locali, dai veri problemi di tutti i giorni. Spesso - e non ricordo più chi l'abbia detto - parliamo di cose che i giornalisti non riportano.
Credo quindi sia difficile seguire certi discorsi. I1 "politichese" spesso dice una cosa, ne intende un'altra e vuol farne capire una terza: si è sugli equilibri più avanzati su determinate questioni. Non credo che la gente sia in grado di capire certe cose; spesso abbiamo il difetto di parlare bene in questa sala, ma di parlare poco con la gente su quelle che sono effettivamente le istanze che quotidianamente toccano loro.
A volte non ci rendiamo conto che determinate scelte fatte a Roma ci vengono addebitate per il semplice fatto di far parte di un Consiglio regionale: si è responsabili dell'applicazione di una legge o di una tassa che magari, secondo noi, è ingiusta. E' difficile far capire alla gente che noi ci siamo opposti, che non si era d'accordo con la Giunta. La gente in realtà dice: "voi" della Regione avete fatto, "voi" della Regione non capite, "voi" della Regione, non ci ascoltate, non riuscendo a capire che sovente le nostre sono scelte obbligate e che le stesse risentono del fatto che il Consiglio regionale non ha una sua autonomia, che in realtà siamo soggetti al controllo del Commissario governativo e, visto che le nostre entrate sono imposte aggiuntive, spesso si è obbligati - prima di Natale ne abbiamo parlato - a riscuoterle e a utilizzare il denaro che ne deriva perché in caso contrario non ne arriva altro.
A questo proposito, penso che le Regioni dovrebbero chiedere primariamente di poter scegliere autonomamente come e quanto spendere. E' ingiusto che se si rinuncia alla prerogativa di aumentare, ad esempio, il prezzo del metano di trenta lire, si debba comunque giustificare tale rinuncia o rifonderne la cifra come Regione.
Secondo noi, questa è una delle cose più sbagliate e più arti autonomiste che possa essere fatta nei confronti delle Regioni e degli amministratori; non si può pensare che un amministratore della Regione Piemonte abbia gli stessi problemi di un amministratore della Regione Campania: in quella Regione il problema del metano è diverso da quello che si prospetta in Piemonte.
Occorrerebbero il coraggio e la coerenza di dire che si tratta di scelte che devono essere fatte dalle singole Regioni; a livello centrale non possono arrogarsi il diritto di negarci determinate scelte o di obbligarci a spendere il denaro in un certo modo (ad esempio, nel settore della sanità, ecc.).
La nostra è un'autonomia fasulla; dobbiamo cominciare a "puntare i piedi", altrimenti possiamo discutere, passiamo pensare, possiamo fare della nostra Regione, con enunciazioni di principio, la Regione più bella del mondo, ma in realtà mancano il denaro e le competenze, abbiamo chi ci obbliga a fare determinate scelte, a fare i gabellieri e a mettere in pratica scelte impopolari, solo in quanto corresponsabili di scelte sbagliate fatte in altre zone. Questi sono i principi su cui occorrerebbe iniziare a discutere.



PRESIDENTE

La parola al Consigliere Tapparo.



TAPPARO Giancarlo

Signor Presidente e colleghi Consiglieri, come sottolineato in vari interventi, ritengo che il dibattito di oggi debba collocarsi nella nuova dimensione in cui viene a trovarsi la dialettica politica e l'interrelazione tra le istituzioni. Basti pensare al significato del disegno di unità europea, dove molte politiche vengono ad avere dignità nuova e forte proprio per la valenza politica che il recente accordo dell'unione europea ha assunto. E proprio per questo si sgonfia il coro di "Osanna" alla politica industriale nazionale.
Le politiche industriali si potevano attuare negli anni'80; coloro che oggi sono così attenti alla politica industriale, ieri non hanno voluto i piani di settore, che avrebbero potuto intervenire specificamente, ad esempio, sul caso Olivetti o su altri casi Oggi tali politiche non sono più possibili, in quanto all'interno della Comunità Economica Europea i vincoli per il rispetto dei meccanismi di mercato impediscono agli Stati membri di poter sviluppare, forti e significative politiche industriali, così come in altri settori.
Inoltre, la globalizzazione dei vari mercati, il loro intreccio profondo e la loro internazionalizzazione offrono spazi alla dimensione distrettuale dei processi economici, che va vista con la lente d'ingrandimento della dimensione regionale e che viene invece sfuocata dalla dimensione degli Stati, incapaci di coglierla nelle diverse specificità. 160 distretti industriali in cui è caratterizzata l'Italia sono diversi l'uno dall'altro; una nominativa statale unica, che per arrivare a dar loro un supporto cerchi di abbracciarli interamente, è sicuramente inefficace: privilegerà, forse, la media delle caratteristiche probabilmente senza nemmeno centrarne bisogni e valenze.
Il regionalismo ha un suo valore nel momento della caduta delle ideologie, nel momento dello spappolamento dei valori, nonché in quello della forte spinta consumistica che sta penetrando anche nei Paesi dell'est, certamente non portando valori e cultura utili per ridefinire processi statuali e regionali adeguati. La riscoperta dell'identità culturale della dimensione regionale è un elemento positivo, diverso dall'esasperazione nazionalistica che vediamo in certi Stati.
Dobbiamo prendere atto dell'alterazione del ciclo degli Stati formatisi nel '700 e nell'800, che oggi vengono a perdere la connotazione che li caratterizzò e che era data dal forte centralismo.
Questi elementi dovrebbero sottendere fortemente quella che è la nostra iniziativa, non spaventandoci del fatto che sia un po' squilibrata o troppo ardita.
Oggi servono delle cannonate per smuovere un centralismo che negli ultimi tre anni, malgrado il rituale e la liturgia pro-Regioni, ha prodotto le situazioni che vi voglio citare.
La legge n. 142, mentre definisce fortemente l'autonomia degli enti locali, che hanno un canale di comunicazione privilegiato e diretto con il Governo centrale ed i parlamentari, bypassa ed emargina il ruolo della Regione. In materia ambientale si tende, con autorità sovraregionali e nemmeno interregionali che potrebbero essere un valore, a togliere ancora spazi maggiori. Non parliamo poi della produzione in politica industriale.
La legge dell'anno scorso sulla piccola industria e l'artigianato è un classico del centralismo: li non c'entrava niente la grande politica industriale dello Stato, li occorreva dare uno strumento capace di calarsi nelle diverse specificità che artigianato e piccola industria hanno regione per regione, per cogliere la valenza dei distretti. Abbiamo, per esempio scoperto una forte spinta alla fiscalità aggiuntiva, grosso scherzo per favorire le leghe.
Credo ci sia qualcuno che subdolamente abbia voluto fare un regalo ai colleghi delle leghe con la fiscalità aggiuntiva, senza mettere mano ad una revisione globale del processo di fiscalità. E' stato accentuato il ruolo dei Prefetti. La produzione della legge sulla droga è dell'anno scorso ebbene, invece di dare alla sanità regionale gli spazi in questa materia sono stati dati all'organismo che per eccellenza rappresenta il centralismo.
Volevo accennare ai colleghi - ad alcuni forse è sfuggito stamattina che le Regioni non sono il braccio operativo dello Stato. Questa è la visione più riduttiva della presenza delle Regioni. Non siamo dei passacarte, non siamo degli applicatoti di pratiche burocratiche. Su questo tipo di impostazione diciamo che il Consiglio deve svolgere una funzione di controllo; solo questo? Il Consiglio dovrebbe essere la sede in cui nascono e si elaborano i grandi indirizzi delle politiche, il governo deve rispettarli ed il controllo non deve essere su atti amministrativi e burocratici, ma sul rispetto degli indirizzi che l'assemblea legislativa ha prodotto in materia di sanità, di ambiente e negli altri campi in cui operiamo. Questo non vuol dire assemblearismo, vuol dire semplicemente che questa assemblea sa dare nella sua dialettica interna priorità e indirizzi alti, e non è la Giunta che in qualche modo autonomamente, magari arbitrariamente - non mi riferisco alla Giunta nostra, ma ad una Giunta in generale - viene a stabilire qual è la successione delle priorità.
Conosco un po' di più il problema relativo alle politiche industriali sotteso dai quattro referendum, sul quale ieri in sede di votazione alcuni colleghi si sono soffermati, mentre hanno votato tranquillamente gli altri tre referendum. Ciò ha dell'incredibile, soprattutto in quei partiti che si sono sempre opposti all'espressione di una politica industriale autentica da parte del Governo e che oggi, invece, trovano come motivazione per non votare questo referendum il fatto che il Governo centrale deve fare una politica industriale. Posso capire il fatto che negli anni '80 si era in periodo di vacche grasse ed i grandi gruppi industriali non volevano interventi di indirizzo, di guida, per cui si chiedeva una politica fattoriale per avere contributi.
Infatti, la critica che viene fatta all'Olivetti è che con la politica fattoriale gli interventi per la ricerca molto spesso non sono stati definiti completamente. Per esempio la legge n. 675 prevedeva i piani di settore, il settore informatica, il settore auto, il settore dell'indotto auto, per poter fortemente indirizzare gli interventi del Governo. C'è stata un'opposizione nettissima da parte di quei partiti che oggi sostengono che lo Stato deve fare politica industriale; capisco che oggi i gruppi industriali grossi stiano male ed abbiano bisogno di una politica industriale intesa come finanziamento, senza però vincolarli a forti scadenze ed a forti indirizzi.
Evocando questo tipo di politica industriale rischiamo di avere per l'0livetti e per il Canavese una tragedia, perché l'hardware cade di importanza (concentrato come produzione nel Canavese), mentre prevale il contenuto di ricerca di software nei prodotti. In questo senso le politiche nazionali privilegiano e favoriscono per la ricerca il Mezzogiorno, così come gli interventi della CEE, quindi si rischia di vedere nel Canavese un processo di deindustrializzazione non sostituito da terziario. Abbiamo allora bisogno di un qualcosa. Altri interventi non sono possibili; solo la Francia non se ne preoccupa, perché collega l'informa-tica al settore elettrico, trae i capitali dal settore elettrico e h trasferisce al settore dell'informatica, aggira i vincoli comunitari e va avanti. Abbiamo visto come si muove il Primo Ministro francese su queste cose, ma se noi volessimo fare degli interventi sulla domanda pubblica per l'Olivetti o altri, saremmo impediti dalla CEE.
Ma dove possiamo invece far valere qualcosa di diverso? In politiche industriali che abbiano la capacità di dare alla dimensione regionale degli spazi di intervento sulle proprie specificità. Questo non è avvenuto nella produzione legislativa recente, mentre si parlava di regionalismo. Oggi non c'è spazio per una politica industriale. E' una funzione a livello nazionale che sarà di grandissimo e labile indirizzo, perché la politica industriale tende ad essere sempre di più fatta dalla CEE per le macrograndezze, per i grandi settori. Gli ultimi finanziamenti alla FIAT sono stati contestati pesantemente dalla CEE e allora la FIAT ha dovuto concentrare tutto nel sud, a Melfi; tra l'altro vedremo poi la "scoppola" che ne verrà fuori per il sistema industriale piemontese e per il suo indotto.
Ritengo quindi estremamente importante il referendum per le politiche industriali, che devono trovare nella dimensione regionale uno spazio capace di intervenire in modo adeguato fuori da quelli che possono essere i vincoli comunitari.
Faccio due battute sulla riforma interna. Ritengo che il contributo dato dalla mozione del PDS abbia degli elementi importanti da considerare altri meno condivisibili. Certamente devo riconoscere che è stato uno stimolo al dibattito, perché ci sono elementi importanti. Una cosa mi pare sia rimasta in ombra. Il modo di operare delle Regioni è troppo settoriale rispetto ai problemi che andiamo a trattare. Ormai i problemi sono trasversali. Quando si fa una scelta di politica ambientale, probabilmente ci sono delle ricadute in politica industriale, nel settore del quaternario. Occorrerebbe dare più potere alla Presidenza della Giunta.
Brizio; non per tenere buoni gli Assessori, ma per riuscire trasversalmente a cogliere gli elementi di una politica, che passano magari su sette Assessorati e che lei, Presidente, dovrebbe interpretare ed incarnare fortemente. Questo può essere sostanzialmente un cambio di marcia della Regione, per evitare I compartimenti stagni, o, come dico io, gli Assessorati-feudo che si tramandano di generazione in generazione le stesse cadenze di spesa e di comportamento molto chiuso.
Dal Capogruppo della DC ho sentito che il "Consiglio deve controllare" altrimenti c'è il rischio dell'assemblearismo, e "il Governo deve operare".
Il Governo deve operare su che cosa? Sulla base di elementi forti. Il metodo della programmazione dovrebbe non essere un rituale, un qualcosa da operetta, ma qualcosa di forte; il Piano di sviluppo dovrebbe essere la carta magna sulla quale si danno gli scenari di riferimento ed i percorsi All'interno di quei percorsi, in un alveo dove c'è una certa tolleranza per quella che può essere la discrezionalità della Giunta, ma non andando in direzione contraria, ci deve essere il comportamento del Governo regionale.
Questa è la dignità di un Parlamento regionale, che è in grado di dare l'indirizzo, di stabilire quali sono le priorità; se oggi c'è un'emergenza dell'occupazione deve saper spostare valori, termini, capacità di intervento, e lo deve decidere questa assemblea. Il Governo, poi nel processo amministrativo, negli interventi, ne pratica con coerenza le cose.
Credo che occorra anche avere la capacità di tener conto di una produzione legislativa che si armonizzi con la verifica dell'efficacia e dell'efficienza di ciò che abbiamo prodotto.
Molto spesso produciamo leggi senza poi verificarne gli effetti e senza controllare se raggiungono o meno con efficacia gli obiettivi che ci eravamo prefissati. Credo che l Europa, questa Europa più saldata nel rapporto tra le genti, possa avere nella dimensione regionale un elemento costitutivo importante. L'Europa delle Regioni può superare l Europa delle micromunicipalità, l'Europa dell'esasperato nazionalismo o l'Europa degli stati centralistici, con la burocrazia comunitaria, arrogante perché difesa e coperta in qualche modo e perché non risponde ad un Parlamento europeo con forza politica reale.
Il regionalismo dunque può essere elemento costitutivo di un'unione europea che sia realmente sede di un rapporto forte e fecondo tra le comunità e non semplicemente sede di una situazione in cui vengono applicati in modo burocratico e procedurale i passi susseguenti, giorno per giorno, del processo di unità europea.



PRESIDENTE

Grazie al Consigliere Tapparo anche per questo livello di approfondimento su una parte specifica, ma molto importante della discussione; ieri non lo abbiamo fatto, ma oggi la discussione sui referendum si imponeva.
La parola al Consigliere Bresso.



BRESSO Mercedes

Grazie, signora Presidente. Comincerò da una considerazione fatta, se non ricordo male, questa mattina sia dal collega Fiumara che dal collega Mar - chini a proposito della separazione dei compiti nell'ambito del Consiglio fra esecutivo e legislativo. Poiché avevo fatto una delle mie solite interruzioni, non capita però dal Presidente Brizio, preciso la mia opinione, opinione che deriva dalla realtà della stragrande maggioranza del funzionamento delle assemblee legislative nelle grandi democrazie parlamentari.
In tutte le democrazie parlamentari che si rispettino - non in ogni livello di amministrazione, quindi non necessariamente nei Comuni o negli Enti locali, ma nelle assemblee legislative - il legislativo e l'esecutivo sono separati anche formalmente, nel senso che chi fa parte dell'esecutivo non fa parte dell'assemblea legislativa e, se ne fa parte, deve dimettersi per entrare nell'esecutivo.
Questo modifica in maniera profonda i rapporti fra esecutivo e legislativo che invece, in una situazione di confusione come quella in cui si trovano i nostri Parlamenti regionali e il nostro Parlamento nazionale dove ogni Ministro, ogni Assessore è anche parlamentare o Consigliere, crea situazioni molto complesse e di difficile gestione. Ciò non soltanto per l'opposizione, ma anche e soprattutto peri Consiglieri di maggioranza che diventano sostanzialmente dei ratificatori dell'attività della Giunta e non diventano gli interpreti liberi (anche di operare, nel senso della modifica, del miglioramento) del dare un apporto attivo al processo legislativo: restano molto vincolati da questo fatto.
Credo che questo sia uno dei difetti fondamentali del nostro sistema politico, che peraltro porta poi con sé molte altre questioni e difetti. In questo senso dicevo che non solo non vedevo un'evoluzione verso il modello della legge 142 per la Regione, ma piuttosto un'evoluzione verso una vera assemblea di livello alto che abbia in sé anche questa distinzione, questa separazione.
Sul dibattito, che anch'io ritengo molto importante ma che andava effettivamente fatto ieri sul modello federale e sul modello centrale, far un'incursione al fondo; volevo però soffermarmi soprattutto sui problemi di funzionamento del Consiglio, in particolare per quanto riguarda alcuni aspetti di merito a cui sono molto affezionata.
Sono convinta da sempre che, se anche in qualche situazione del passato si sono create - anche se meno di quello che la pubblicistica politica ritiene - delle situazioni di governo consociativo fra maggioranza e opposizione, il modo corretto per evitare consociativismo non sia fare dei bla-bla e delle accuse reciproche su questa questione, ma sia quello di confrontarsi fra maggioranza e opposizione, chiaramente sulla base di opzioni diverse. E le opzioni come si esprimono? Si esprimono attraverso la presentazione da parte dei Gruppi e dei Consiglieri che non fanno parte della maggioranza di progetti di legge, di mozioni non occasionali (non la mozione presentata su un singolo punto, ma mozioni di indirizzo che esprimono e rendono visibile la capacità progettuale dell'opposizione) e attraverso ordini del giorno conseguenti.
Credo che i due strumenti siano essenzialmente i progetti di legge e le mozioni di carattere generale, tipo quella che abbiamo presentato, che esprimono nella loro globalità una posizione alternativa rispetto a quella della maggioranza. Questo è fondamentale, altrimenti il consociativismo passa attraverso il vincolo fatto all'opposizione se non si rispetta questo suo diritto.
Il vincolo che viene fatto all'opposizione è quello di lavorare sull'emendamento, pratica di per sé, come sappiamo, difficile e che poi produce le difficoltà legislative che tutti conosciamo, perché il lavoro teso a cercare di far stare insieme opzioni politiche, culturali, spesso profondamente diverse produce una cattivissima qualità del lavoro legislativo: ciò è evidentissimo, sia nel lavoro parlamentare che nel lavoro delle assemblee regionali. Ricondurrei a questa questione di fondo la spesso cattiva qualità; il lavorio sull'emendamento a cui è costretta quasi sempre l'opposizione è dovuto al costante tentativo di impedire il confronto su progetti di legge alternativi.
In particolare, il mio Gruppo, che peraltro prima era una maggioranza ha sempre teso, almeno da quando sono qui (la storia di queste assemblee non è mai stata scritta), a presentare proprie proposte alternative compreso addirittura (il Presidente Brizio, allora Capogruppo della DC, lo ricorderà) un documento alternativo di programmazione regionale; documento di linee, certamente non completo e di dimensioni non comparabili, ma neanche poi tanto diverso da quello della Giunta ed altrettanto argomentato, approfondito e consistente. Persino quello, ma sempre abbiamo teso a predisporre progetti di legge alternativi.
Però qui la questione è molto grave. Vi imporrò adesso la lettura della situazione della Commissioni, anzi della Commissione di cui sono portavoce.
Vorrei che fosse chiaro il disprezzo totale della notevole capacità propositiva - e ve la posso anche dimostrare, andate pure a verificare che noi abbiamo dimostrato e comunque del grande impegno propositivo che abbiamo dimostrato. Di questo almeno ce ne dovete dare atto.
Attualmente sono giacenti presso la II Commissione un certo numero (non li ho contati) di progetti di legge per quanto riguarda la dizione "Parchi naturali"; con l'eccezione - e spezzo anche una lancia perché è una cosa importante che ha presentato lui - di un progetto di legge presentato dal Consigliere Tapparo. Tutti gli altri hanno in particolare la sottoscritta o un membro del mio Gruppo o un esponente del Gruppo Verdi come firmatari comunque sono tutti presentati dal mio Gruppo da solo o insieme ad altri colleghi. E non sono pochi.
In particolare ci sono due modifiche: una alla legge generale dei parchi e una 'al sistema delle aree protette del Po, ma tende di fatto ad istituire il famoso parco del Meisino (la Presidente del Consiglio, che è anche firmataria, lo sa, ed anche la Vicepresidente della Giunta). Un progetto di legge riguarda l'istituzione del Parco naturale delle sorgenti del Belbo, che ho presentato insieme ai colleghi del Gruppo Verdi; uno riguarda l'istituzione della Riserva naturale orientata dei Monti Pelati sempre presentato da noi: uno riguarda l'ampliamento del Parco naturale regionale del Gran Bosco di Salbertrand; un altro riguarda l'istituzione dell'area attrezzata del Bric di Zumaglia e Monte Preve. Non esiste giacente nessun altro progetto o disegno di legge, neanche della Giunta, in questa materia, se non due modifiche che riguardano il piano naturalistico e le sanzioni del parco dei Lagoni di Mercurago.
La maggior parte di questi progetti, tranne il parco del Meisino che è relativamente recente, giacciono da moltissimo tempo in Commissione.
Vado avanti e ve lo impongo; almeno così sapete che cosa continuate a rigettare.
Sul settore energia giacciono, oltre alla proposta di piano energetico dell'Assessore, due sole proposte di legge: una del collega Tapparo e una nostra, che peraltro riprende un progetto di legge che non fu mai messo neanche in discussione e neanche in consultazione nella scorsa legislatura lo riprende integralmente con i necessari adattamenti che erano imposti dall'evolvere della situazione.
Settore ambiente. Giace, con un discreto livello di elaborazione, una nonna su cui noi, con una forzatura, abbiamo imposto alla Giunta di presentare un disegno di legge di recepimento del DPR 175, che a sua volta recepisce la direttiva CEE "Seveso". Addirittura sono state fatte, a cura mia, anche tutte le domande e le risposte, perché la Giunta non ha neanche prodotto le risposte su alcune questioni che riguardavano aspetti tipicamente di sua competenza, ma perché la Giunta non si è mai presentata e nemmeno il funzionario non ha saputo rispondere, alla fine mi sono procurata da sola le risposte, ho messo a punto il progetto definitivo.
Naturalmente, da allora è trascorso un altro paio di mesi, ed esso giace ancora in Commissione.
Le altre proposte e disegni di legge che giacciono sono di iniziativa dei Comuni; vi è qualche cosa in questo campo anche di iniziativa della Giunta regionale e altri progetti di legge, tra cui uno di istituzione degli ecomusei di iniziativa nostra e uno del Consigliere Tapparo, il quale dovrebbe protestare un po' di più perché i suoi progetti sono proprio trattati a pesci in faccia.
Per quanto riguarda l'inquinamento del suolo, esistono solo due progetti di legge presentati entrambi dal mio Gruppo; di uno è primo firmatario il Consigliere Rivalta, l'altro è stato presentato e messo a punto da me. Anche in questo caso l'unico progetto di legge su una materia come quella dei rifiuti su cui ogni settimana siamo chiamati a rispondere del sostanziale malgoverno della materia (dal punto di vista della pianificazione; della capacità progettuale, per carità, non dico in senso di corruttela o cose di questo genere, ma nel senso dello scorretto modo di procedere senza mai individuare una linea in assenza anche di un piano) dicevo, l'unico progetto di legge giacente è il mio e giace da molto tempo.
Come sapete, è stato rinviato in Commissione, ma neanche il rinvio ha fatto ritenere al Presidente che fosse almeno opportuno metterlo all'o.d.g. e avviare le consultazioni, come era stato richiesto dallo stesso Consiglio quando lo ha rinviato in Commissione.
Caccia e pesca. Su questo, dato che c'è un disegno della Giunta, è stato giocoforza mettere in consultazione il nostro progetto, che altrimenti sarebbe rimasto li per sempre.
Dopodiché, rilevo anche che esiste un notevole numero di petizioni popolari a cui si continua a non dare risposta. Questo a proposito di quello che diceva il Consigliere Marchini dei rapporti. I pochi rapporti che noi abbiamo direttamente con i cittadini li lasciamo totalmente cadere c'è voluta una fermissima protesta della nostra collega Bortolin e credo anche del Consigliere Squillario (non so se abbia protestato) per cercare di fare rispondere ai 12000 cittadini che ci hanno chiesto di intervenire su una questione rispetto alla quale si continuava a rinviare la decisione.
Vado avanti, perché in campo urbanistico esistono alcune leggi di iniziativa del Consigliere Chiezzi e firmate dal mio Gruppo, in quanto presentate quando, lui faceva ancora parte del nostro Gruppo.
Nel campo dell'edilizia residenziale esistono numerose proposte di legge di iniziativa anche nostra e di Consiglieri dell'opposizione che sono state lasciate cadere.
Nel campo dei trasporti e della viabilità esiste da moltissimo tempo una proposta di legge di grande rilevanza che peraltro sta invece andando avanti in altre Regioni, che riguarda in particolare l'elettorato femminile, ed è la questione dell'organizzazione dei tempi delle città.
Da ultimo, esiste una nostra proposta di legge nel settore cave e torbiere che riguarda la cava Amiantifera di Balangero. Anche in questo settore, abbiamo numerose petizioni popolari che giacciono senza risposta.
So benissimo che ci sono tante cose da fare e che le Commissioni hanno tante cose da fare. Avevamo peraltro avvertito, quando abbiamo discusso varie volte di questa organizzazione, che alcune Commissioni avevano quantità di materie eccessive e che quindi avrebbero incontrato delle difficoltà; questo però non può giustificare la costante sottovalutazione il costante trascurare di tutto ciò che viene proposto dalle opposizioni.
A questo punto, noi proporremo ai colleghi dell'opposizione un cartello, un accordo di tipo formale, di tipo regolamentare per poter fare obbligatoriamente convocare, ai sensi del Regolamento, delle Commissioni speciali con all'o.d.g. i nostri progetti, in modo da poter indire le consultazioni e potere quanto meno avviare il confronto pubblico che riteniamo fondamentale fra le proposte dell'opposizione e le proposte della maggioranza e della Giunta (che non sono necessariamente la stessa cosa).
Il problema è di estrema gravità e, fino a che non sarà affrontato e risolto, lo riproporrò ad ogni seduta, perché ritengo questo un atteggiamento inaccettabile , contro il quale bisognerà fare battaglia visto che con le petizioni che chiedono rispetto dei diritti non si riesce a passare. Il tempo non è una giustificazione, perché nessuno ha mai stabilito che le Commissioni debbano riunirsi una volta alla settimana per due ore.
Il secondo punto di cui mi voglio occupare - e cerco di essere più breve - riguarda un fatto di cui parlava il Consigliere Marchini, su cui sono totalmente d'accordo, salvo sulle conseguenze che egli ne traeva, cioè che dobbiamo conservare la gestione in modo da avere un rapporto diretto con il pubblico. Mi sembra un'impostazione del tutto clientelare: il rapporto con il pubblico come rapporto digestione di soldi (se ho capito bene) o di autorizzazioni, perché questo è quello che facciamo. O diamo contributi o diamo autorizzazioni, se facciamo gestione diretta di politiche.
Come attività legislativa, il nostro rapporto verso l'esterno è rappresentato dalle consultazioni; esse, riguardo l'attività legislativa sono l'aspetto più importante. Abbiamo delle modalità di gestione delle consultazioni totalmente respingenti nei confronti dei consultati; essi infatti vengono, ma si accorgono ben presto che tanto varrebbe mandare una memoria scritta, perché pochi li ascoltano e nessuno risponde loro, perch è quasi vietata la possibilità di pronunciamento da parte dei Gruppi (siamo riusciti a strappare qualcosa dopo una lunga lotta, dicendo che ci rifiutavamo di lasciar andare via la gente senza rispondere). Non è comunque consentito un dialogo o delle domande, se non proprio sopportato malamente. Soprattutto, almeno sui temi di rilevante interesse locale abbiamo sempre sostenuto che un modo di fare una consultazione sarebbe quello di consultare dei soggetti istituzionali, ma farlo pubblicamente e localmente in modo che chi vuole possa almeno venire a sentire. Dico interesse locale in senso non dispregiativo; se facciamo un parco è evidente che interessa molto la comunità regionale, ma anche le popolazioni del luogo. Questo consentirebbe un rapporto diverso con i consultati che altrimenti, sono effettivamente solo i livelli intermedi: i Comuni dei soggetti a loro volta portatori di altri interessi, le corporazioni e le associazioni di interesse qualche volta anche più generale.
La necessità di ripensare le procedure delle consultazioni, e magari di normare con un regolamento, mi pare indispensabile, perché ogni volta che avviamo una consultazione su un argomento peggioriamo l'immagine della Regione. Questo è uno dei principali veicoli attraverso i quali diamo questa pessima immagine di noi.
Il secondo veicolo è rappresentato da "Notizie" della Regione Piemonte che è un giornale illeggibile (adesso forse qualche leggero miglioramento c'è stato), perché nella maggior parte dei casi risulta una presentazione degli argomenti per cui la Giunta ha presentato un progetto o ha illustrato una deliberazione e di coloro che sono stati a favore (e segue l'elenco di alcuni Consiglieri della maggioranza) e contro (e segue l'elenco dei Consiglieri dell'apposizione).
E' proprio uno sfondare le porte aperte; che fossero a favore i Consiglieri della maggioranza e contrari quelli dell'opposizione lo, si poteva supporre anche prima di leggere l'articolo. Le argomentazioni portate da chi si è opposto ad un provvedimento precedentemente illustrato non esistono quasi mai. Dò atto che sulla legge urbanistica, ma in un articolo a parte - perché quando c'è "attività del Consiglio" permane invece l'atteggiamento "a favore gli uni, contrari gli altri"...



CHIEZZI Giuseppe

Di cosa dai atto?



BRESSO Mercedes

Dò atto del fatto ché viene riportata l'opinione di un Consigliere di opposizione, ma né io né il Consigliere Miglio, che pure ci siamo sfiatati per decine di ore in aula ad esprimere opinioni, siamo stati ritenuti degni di opinione. E libertà del giornalista ritenere più interessante l'opinione del collega Rivalta; il problema è che quasi mai le opinioni di chiunque sia - maggioranza o opposizione - emergono. Emerge chi è a favore e chi contro. Mi rendo conto che il giornale ha determinate dimensioni, ma, per esempio, la presentazione di progetti di legge e di mozioni rilevanti potrebbe costituire oggetto di interesse; se vogliamo che i cittadini sappiano che su certi argomenti non è che non ci siano iniziative in Consiglio, ma che queste non vengono discusse, faremmo bene a farlo sapere.
Stralci delle relazioni di progetti di legge presentati o disegni di legge giacenti potrebbero consentire di capire su quali argomenti si orienta fattività del Consiglio, non solo in termini di approvazione.
Il terzo strumento che potremmo avere a disposizione è segnato nella nostra mozione (la mozione è piena di cose, quindi ognuna ha poco spazio) ed è la questione di uno sportello informativo unico. Come tutti i colleghi sanno, una parte del lavoro del Consigliere consiste nello spiegare a soggetti che cercano di mettersi in contatto con la Regione per avere una notizia o un'informazione, come fare, oppure procurargliela e passargliela.
Sarebbe opportuno che almeno noi, come Consiglio, avessimo un punto fisicamente vivibile in cui chiunque voglia notizie possa andare e chiederle: leggi, documenti approvati o da approvare, insomma possa sapere quello che vuole sapere. Se vuole sapere come si fa ad avere il buono casa al massimo gli si può dire che può andare allo sportello della Giunta o si può fare lo sforzo di dare anche le informazioni che riguardano la Giunta.
L'ultima cosa riguarda la discussione generale. Non ho tempo di addentrarmi, ma c'è una cosa un po' contro corrente che vorrei ricordare.
Io sono federalista e ora ho scoperto che lo siamo sempre stati tutti. Sono stata a lungo lombarda e sono una tenace seguace di Cattaneo; il mio modello di Stato unitario è sempre stato uno Stato laico sul modello di Cattaneo, e continuo a credere che quello sia un modello corretto di rapporti.
Sono invece convinta che le spinte federaliste o almeno quelle presentate come federaliste e che vanno in voga oggi siano estremamente diverse dai modelli di riferimento che io ho In testa.
Certamente c'è oggi in generale una spinta a rivalutare il piccolo mondo che sta intorno a noi, perché siamo tutti presi dalla paura di una realtà dell'economia, della cultura, della musica, dello sport, degli stili di vita, dei prodotti che ormai è mondiale. Allo stesso tempo, coloro che nell'ex Unione Sovietica vogliono sbranare uno Stato che fu potente e avere la propria piccola patria dotata di un esercito, sognano anche di vivere in jeans secondo un modello universale che vede ogni giovane di ogni parte del mondo che può permetterselo vestito con i jeans. C'è una profonda contraddizione in tutto questo.



PICCHIONI Rolando

Presidente, non vengono rispettati i tempi!



BRESSO Mercedes

Tu invece li rispetti sempre! Presenterò una proposta di modifica del Regolamento del Consiglio regionale, tesa ad inserire nello stesso l'organizzazione dei lavori per tempi prestabiliti, determinati sulla base delle rappresentanze, come al Parlamento europeo: ognuno utilizzerà il tempo come vuole, ma ogni Gruppo avrà la facoltà di parlare, anche con un solo Consigliere, per tutto il tempo che compete al suo Gruppo.
Ma vi rendete conto che ci sono 15 Capigruppo in un'assemblea di 60 persone? Facciamo allora un Consiglio dei Capigruppo, vi riunite voi e poi ci dite cosa dobbiamo decidere!



PICCHIONI Rolando

Siccome tu non te ne fai mai carico.



BRESSO Mercedes

A me non importa cosa decidono i Capigruppo, io sono un Consigliere.
Come Gruppo, non abbiamo ancora parlato per il tempo che ci compete.



PICCHIONI Rolando

Signor Presidente, i 10 minuti devono essere rispettati dal Consigliere Bresso, che non li rispetta mai.



BRESSO Mercedes

Chiedo di verificare quanto parla ogni Consigliere: si vedrà se parlo più io o il Consigliere Picchioni.



PICCHIONI Rolando

Sono sicuramente soccombente.



PRESIDENTE

Grazie, Consigliere Bresso, per l'intervento. Mi sembra giusto aver richiamato il problema dei tempi. Questa mattina, in apertura dei lavori il Consigliere Marchini aveva richiesto di poter andare un pochino fuori dalla normativa prevista per i tempi, ma questo faceva richiamo ai Gruppi che hanno un solo Consigliere; pregherei i Gruppi che hanno più Consiglieri, e che quindi hanno la possibilità di esprimersi a più voci, di contenere gli interventi Invito i Consiglieri che devono ancora intervenire a contenere i loro interventi perché si collocano all'interno di argomentazioni già fatte; in questo modo il dibattito diventa anche più facile, perché ci sono già diversi punti di riferimento.
La parola al Consigliere Goglio.



GOGLIO Giuseppe

Presidente e colleghi Consiglieri, vi rassicuro: starò nel tempo assegnato.
Ieri abbiamo dato il voto favorevole alla richiesta della consultazione referendaria per l'abolizione di 4 Ministeri; noi socialdemocratici l'abbiamo fatto, per dare un segnale, per smuovere un'inerzia che sta bloccando qualsiasi forma istituzionale. Da più parti, da tempo viene chiesta maggiore autonomia per le Regioni; viene chiesto soprattutto di applicare l'insieme delle norme che regolano il rapporto Regioni-Stato e Stato-Autonomie locali.
Noi non inseguiamo l'autonomismo dell'ultima ora; chiediamo si concluda, nell'ambito delle forme previste dalla Costituzione, un progetto rimasto incompiuto.
Con l'iniziativa presa ieri, si è voluto ribadire la volontà di attuare il progetto previsto, sancito dalle regole dello Stato. Abbiamo sollecitato un diritto legittimo, chiedendo allo Stato di mantenere fede ad un dovere disatteso: non ci siamo quindi contrapposti allo Stato, non abbiamo aperto un conflitto istituzionale. In questo senso va interpretato il nostro voto favorevole ad un'iniziativa che nella sua formulazione lascia anche noi perplessi.
Dico con molta chiarezza che se l'iniziativa non avesse lo scopo di smuovere le acque, di dare una scrollata all'eccesso di centralismo all'inerzia astuta del potere centrale, probabilmente noi socialdemocratici avremmo agito in maniera diversa; condivido infatti molte delle critiche sostanziali emerse in sede di dichiarazione di voto.
Mentre condivido la richiesta di soppressione di due Ministeri, quello del Turismo e dell'Agricoltura, le cui deleghe vengono di fatto già gestite dalle Regioni, non mi pare altrettanto convincente la richiesta di sopprimere due Ministeri di ampie competenze, quali sono quello dell'industria e della Sanità. Occorre anche capire in che modo le direttive nazionali (perché bisognerà pure avere un punto di riferimento nazionale) possano essere espresse e soprattutto da chi.
E' chiaro che sorgono anche problemi non indifferenti per quanto riguarda la gestione burocratica delle deleghe, soprattutto quella economico-finanziaria, che vanno poste in un quadro di più ampia autonomia gestionale, compresa quella dell'autonomia fiscale che, a questo punto diventa assolutamente prioritaria.
La questione, dunque, è complessa e lascia spazio alle perplessità e ai molti interrogativi, per cui si rafforza Il nostro convincimento che l'iniziativa referendaria ha lo scopo di richiamare il potere centrale a rivedere le proprie posizioni, a dare quelle risposte legittime che tutti ci attendiamo. Senza contare che l'ipotesi di affrontare a breve scadenza,una decina di referendum è cosa che non può lasciare indifferente alcuno, se ricordiamo come in passato ci si è mossi sul piano delle critiche, sottolineando i pericoli di inflazione referendaria, quando questo strumento veniva usato dai radicali o da altre componenti politiche.
Uno dei pericoli, infatti, è di essere, proprio noi, complici di un'inflazione di consultazioni popolari, che finirebbero per stancare i cittadini. Tralascio i conti sul costi di un'operazione del genere ricordando a me stesso che, proprio per evitare quello che viene definito da più parti uno spreco inutile di denaro, questa Assemblea preferì affrontare il disagio di un estenuante dibattito in aula e legiferare in materia di attività venatoria piuttosto che andare alle urne.
Veniamo all'altro punto In discussione: il ruolo del Consiglio regionale, che ha un suo logico riferimento all'iniziativa votata ieri.
I rapporti tra Assemblea e Giunta: finché le cose staranno così, non vedo particolari conflitti di competenza. L'Assemblea è svuotata di poteri ma quali sono i poteri del Consiglio se non quelli di legiferare sulle materie di propria competenza (e quello che facciamo è il nostro compito)? Se mai un rilievo dovessi fare, sarebbe quello di prolungare in aula discussioni già avvenute in Commissione, ripetendo argomenti che dovrebbero ritenersi già esauriti.
Voglio ricordare che spesso, a tutti i livelli di informazione si è chiesto e si continua a chiedere che l'Amministrazione pubblica, accusata di lungaggini e di eccessivo burocratismo, abbia a prendere come modello il funzionamento dell'azienda privata. Cosa succede nell'azienda privata? Succede che il Consiglio d'amministrazione delega, proprio per abbreviare i tempi, un responsabile a cui affida ampi poteri d'azione; il Consiglio semmai ha il compito di verificare le iniziative prese, i successi o gli insuccessi, di approvare o disapprovare le operazioni compiute dell'amministratore delegato, di confermarlo se ha agito bene e di rimuoverlo o sostituirlo se si è comportato male.
Il modello di efficienza - e siamo proprio noi a sollecitare efficienza, facendoci portavoce delle richieste dei cittadini - è quello che ho sintetizzato. La Giunta, in qualche modo, esercita i poteri di gestione su materie di cui ha piena competenza, e quindi non si vede perch la si debba espropriare. O ci fidiamo o non ci fidiamo.
Noi socialdemocratici non abbiamo motivo di non fidarci; se qualcuno ha dei motivi diversi, lo dica: in questo caso il Consiglio ha il diritto e il dovere di giudicare, di dibattere e, di conseguenza, d'informare gli elettori che, alla fine, sono i veri arbitri della situazione.



PRESIDENTE

La parola al Consigliere Chiezzi.



CHIEZZI Giuseppe

Grazie Presidente, colleghi e colleghe, il Consiglio di oggi come sempre era convocato per le ore 9,30; alle ore 10,30 il Presidente del Consiglio ha iniziato la seduta alla presenza di 19 Consiglieri, meno del 30% dei Consiglieri assegnati. L'interven-to del Presidente del Consiglio è terminato alle ore 10,50 alla presenza di 27 Consiglieri, meno del 50% dei Consiglieri assegnati.
La maggioranza dei Consiglieri non ha perciò udito - ed è un peccato l'intervento appassionato del Presidente sul temi del rilancio delle Regioni e del Consiglio regionale. E' stato un intervento pieno di passione politica, accentuata - se ho ben capito o così mi è parso di capire - da una certa passione derivante dall'esperienza personale, sempre utile in politica, che il Presidente del Consiglio ha svolto precedentemente al Comune di Torino, e che l'hanno ulteriormente motivata nell'analizzare e sostenere la necessità di un rilancio del ruolo della Regione.
Il Presidente, con un intervento di molto buon senso, mi sembra abbia lanciato un messaggio sintetico: "Colleghi Consiglieri, di parole forse se ne sono già fatte tante e troppe, proviamo a fare le cose, passiamo ai fatti".
Bene, proprio partendo da questa considerazione e sollecitato da questa, vorrei proporre un punto di vista, e partendo da un presupposto. Il presupposto è che ritengo che discutere in modo scollegato da una battaglia politica chiara tra forze di governo e forze di opposizione sia, in questo momento e su questo tema, inutile e fuorviante. Il Presidente invita a pensare ai fatti. Mi viene in mente questa osservazione: quanti fatti sono possibili già ora senza spendere una sola parola in più? Quanti fatti sarebbero possibili con queste strutture istituzionali, con le leggi e le norme esistenti, con la ripartizione e il collegamento delle funzioni così come sono", con le competenze così come sono assegnate? Quanti fatti sarebbero possibili rispetto a quelli che si verificano - e parlo da oppositore - se ci fosse un governo responsabile e capace? Colleghi, pensiamo che le insufficienze della Regione e del Consiglio regionale derivino essenzialmente dal disegno delle strutture organizzative, dagli attuali legami che sorreggono e mettono in comunicazione enti e funzioni tra gli enti? Il campo di esistenza delle radici risolutive dell'equazione che descrive la crisi della Regione sta nel campo politico o nel campo tecnico? In altre parole, il difetto del discorso regionale sta nell'ortografia o nella sintassi? Penso che le radici risolutive delle equazioni stiano soprattutto nel campo politico e che il problema non sia di ortografia, ma di sintassi, di qualità di governo, di proposte complessive di governo di queste istituzioni.
Per questo il discorso istituzionale, che si può fare, se è slacciato da un contestuale confronto tra maggioranza e opposizione nel quale l'opposizione segnali e critichi i Governi per quello che oggi fanno costituirebbe un alibi per il malgoverno che c'è stato. Alibi, perché se si accentua e si scollega il discorso della riforma istituzionale dalle capacità di governo sembra quasi che con le istituzioni, così come sono e come erano, meglio di così non si potesse fare e apre la possibilità che questo stato di cose continui. Quindi, non c'è uno Stato che non funziona ma ci sono forze di governo che non hanno fatto funzionare le strutture dello Stato.
Lo Stato non è più "c'est toi", lo Stato siamo noi, anzi lo Stato siete voi. Lo Stato sono le forze politiche che l'hanno governato negli ultimi 40 anni, alle quali occorre rivolgersi, anche in un dibattito di carattere istituzionale, cosa che mi pare invece possa essere dimenticata.
Ecco qualche esempio sui fatti, Presidente. La Regione conta poco anche perché la Regione governa poco e male. Nel governo del territorio la Regione è assente. La Regione non ha attivato gli strumenti di programmazione territoriale, i piani territoriali La Regione non è stata capace di dare un indirizzo di sviluppo alla città di Torino. Questo è successo perché tra i due congegni istituzionali Comune-Regione mancava la manovella di collegamento, o perché la manovella di collegamento era montata su cuscinetti in cui l'attrito volvente era troppo alto, oppure perché non si è voluto? Penso che non si sia voluto. Certo i collegamenti tra Comune e Regione potrebbero essere migliori, anche dal punto di vista istituzionale, ma non era possibile sin d'ora rendere forte la Regione ed il Consiglio Regionale, accettando una discussione in questo Consiglio sulle linee dello sviluppo della città capoluogo di questa nostra Regione? Sostengo che era possibile, tant'è che era stato chiesto, ma non è stato fatto e non a causa de "l'attrito volvente" (certo diminuiamo anche l'attrito dei cuscinetti). Si è detto di no per scelta politica indebolendo la Regione, e così via. Per quanto riguarda il Piano dei trasporti, mi domando perché questa Regione non porti a conclusione questo progetto: sappiamo benissimo che il sistema dei trasporti è una delle leve fondamentali per determinare lo sviluppo e le scelte.
Viene forse impedita da qualche cosa? No, se non dalle scelte di un Governo che privilegia non il. Consiglio regionale, ma altri interessi e che ad esempio sul tema dell'alta velocità ha consegnato tutta la politica ad un'associazione privata cui partecipa in condizioni di minorità politica.
Il bilancio è anch'esso strangolato dalla finanza dello Stato, ma questo bilancio potrebbe consentire una politica di spesa migliore potrebbe già consentire un controllo di gestione da parte di quest'aula e delle Commissioni.
Perché il controllo di gestione non è stato fatto? Quali inciampi ci sono? Sul controllo di gestione avevo presentato un ordine del giorno studiato attentamente in base ai problemi esistenti negli uffici, che è stato respinto da questa maggioranza, e non fornisco a questa maggioranza la ciambella di salvataggio che tutte queste cose si faranno solo il giorno in cui accadrà qualcosa. Io denuncio che, al momento, la Regione funziona sotto il livello in cui può funzionare.
Per ciò che riguarda l'Europa, la Regione deve inserirsi nel processo di formazione Europea: quando abbiamo discusso della COTRAO ho avanzato delle proposte per inserire esplicitamente, all'interno di un impegno regionale, un collegamento con quanto avviene a livello della Comunità Europea. E stato rispo-sto di no, non per motivi di carenza istituzionale ma per scelta politica. Per parlare della legge n. 142, citata dai colleghi, la Regione è messa in crisi da questa legge. Un collega prima mi sembra Tapparo - ha detto che la legge n. 142 presenta dei problemi di svuotamento della Regione. Di fronte ad uno svuotamento di questo genere la Regione Piemonte non ha reagito nei confronti dello Stato, ad esempio rifiutando un'ulteriore istituzione, l'area metropolitana, che avrebbe svuotato il ruolo della Regione. La Regione poteva affermare che l'intera Regione Piemonte è una metropoli, e la Regione è l'organo di governo della metropoli regionale. Invece di impegnarsi per far funzionare la Regione come organo di Governo, si è stati dentro la gabbia della legge n. 142 e si è pensato di dare vita ad un'area metropolitana ristretta senza accorgersi a mio avviso per miopia assoluta - che non era una struttura istituzionale realizzabile, perché avrebbe soffocato i Comuni e lacerato i rapporti tra i Comuni e la Regione ed avrebbe creato disparità tra le Province. Denuncio quindi che i mali della Regione, di questa o di una Regione riformata, stanno sempre in chi governa; sostengo ché questo governo regionale è del tutto insufficiente; non fornisco alcun alibi a questo stato di cose. Non voglio anestetizzare il dibattito cambiando scala del confronto per mettersi tutti da una parte, no cari colleghi non ci sto dalla vostra parte.
Vorrei avanzare una proposta molto concreta circa il ruolo del Consiglio: Presidente, perché non trasmettiamo via etere le sedute del Consiglio regionale? Mi sembra che i Radicali da tempo lo chiedano! Diamo la possibilità a pochi o tanti di conoscere cosa avviene realmente dentro quest'aula, perché quanto si racconta, il più delle volte, non corrisponde ai fatti o perché vengono omessi o perché vengono scelti in modo discutibile i pesi dei vari argomenti.
Una richiesta concreta per far funzionare meglio il Consiglio è quella di renderlo trasparente, così oggi alcuni cittadini piemontesi avrebbero visto che questo grande dibattito, a partire dalla relazione interessante del Presidente. è avvenuto con la maggioranza dei Consiglieri assegnati che non hanno sentito l'interesse e la curiosità di ascoltarlo, mentre avrebbero potuto formarsi un'opinione e parteciparvi.
Esiste un Ufficio di Presidenza che ritengo ormai inadeguato per composizione e funzione rispetto a semplici regole di democrazia.
Nell'Ufficio di Presidenza è rappresentato un solo Gruppo di minoranza, su sei Gruppi di minoranza esistenti, ed è presente con due Consiglieri.
Questo accade perché l'altro Consigliere di minoranza, il Consigliere Staglianò si è dimesso e tutti tacciono, compreso il Gruppo PCI-PDS di minoranza che, su altre questioni, ha posto il problema del rispetto delle opposizioni di equilibri e dei pari diritti di tutti i Gruppi. Questo non è un problema di tutti? Delle minoranze, del Gruppo PCI-PDS che siede con due Consiglieri in quell'Ufficio di Presidenza mentre cinque Gruppi di opposizione non vi partecipano? Penso che questo sia un problema.
Per quanto riguarda le Commissioni bisogna lavorare con pari dignità di tutti e questo lo può fare chiunque, dipende dal metodo di governo che utilizza e dalla sua sensibilità. Non penso che sia necessario, per avere pari dignità dei Consiglieri in Commissione, avere dei Presidenti che facciano parte della minoranza, anzi, a mio avviso, alla Presidenza delle Commissioni non è utile che ci vadano le minoranze. Temo maggiormente una confusione dei ruoli democratici derivante da presidenze assegnate alle minoranze. Non è utile avere un Presidente di minoranza per garantire la pari dignità di tutti. Se un Presidente di maggioranza lavora bene, la pari dignità viene garantita. D'altra parte le maggioranze, quando vogliono fare una cosa, siamo in democrazia, la fanno con o senza garbo, meglio con garbo. Ma richiedere - come fatto dal PDS - una ristrutturazione delle Commissioni, avanzando l'idea che per rendere più funzionali e democratici i rapporti tra i Consiglieri occorra distribuire le Presidenze delle Commissioni anche alle minoranze, non mi convince. Lamia convinzione deriva dall'esperienza fatta: le logiche di governo sono stringenti per tutti.
Sostengo che chi governa debba poterlo fare nei tempi e con le scelte che crede, rispettando le regole. Ritengo che l'opposizione debba essere messa in grado di poter controllare di più e meglio, ma non credo ai pasticci non credo a organizzazioni e funzioni in cui maggioranza e opposizione si confondono in una medesima persona: il Presidente di una Commissione di minoranza può essere accusato dalla stessa di condurre i lavori in modo discutibile, oppure essere accusato dalla maggioranza di non portare a termine determinati progetti di legge.
Non intendo fare guerra alla proposta del PDS; esprimo però la mia fortissima perplessità che quella sia la strada giusta. La maggioranza governi e le Commissione siano dirette, a livello di Presidenza, dalle maggioranze, che renderanno conto politicamente del loro operato all'interno della Commissione e, all'esterno, nei confronti della gente.
Personalmente, ho assistito a degli scaricabarile tra maggioranza e Presidenti - di minoranza - di Commissioni che mettevano la gente e le forze politiche in, grande difficoltà: la gente non distingue più tra maggioranza e opposizione. Se un Presidente di Commissione non porta avanti le cose, viene indicato come responsabile della situazione. Penso che in questo periodo di grave crisi della democrazia mantenere i ruoli ben distinti sia il meglio da fare.
Ritengo invece un elemento di miglioramento delle Commissione quello delle competenze. Sottolineo che nelle Commissioni esistono delle competenze che tacciono. Nelle Commissioni si esprimono solo i funzionari della Giunta, che intervengono e danno il loro contributo; in certe Commissioni ci sono esperti del Consiglio che tacciono.
Una riforma possibile sarebbe utilizzare competenze e professionalità esistenti attualmente in Commissione.
Chiedo ai Presidenti di Commissione di verificare tale situazione perché tra il personale regionale addetto alle Commissione, ci sono professionalità specifiche, altamente qualificate, che chiedo vengano sottratte al silenzio.
Altra misura è aumentare ed incrementare tali competenze con un rafforzamento, dando a tutti i Consiglieri delle strutture informative che permettano di svolgere un lavoro di controllo. Non possiamo pensare che le semplici norme organizzative permettano, ad esempio, ad un Consigliere di maggioranza di assumere ruoli che non intende assumere. Tanto in Consiglio quanto in Commissione penso ché la priorità politica non sia l'ultima ad essere considerata: intendo dire che non sono i congegni istituzionali a cambiare la natura dei rapporti politici: la natura dei rapporti politica è quella che scegliamo noi, sotto la nostra responsabilità.
Per questi motivi; personalmente assegno priorità alla lotta politica di opposizione, che con questo intervento ho pensato di rappresentare, e non ad un disegno consociativo di qualche nuova geometria delle istituzioni.



PRESIDENTE

La parola al Consigliere Marino.



MARINO Massimo

In questi mesi viviamo, apparentemente, una grande stagione referendaria che sembra essere la principale risposta agli elementi di crisi che il Paese ha vissuto negli ultimi anni. Siamo usciti da poco da un referendum sulla questione del sistema elettorale, per quanto riguarda le preferenze; sono state raccolte e presentate le firme per indire nove nuovi referendum e adesso, ben undici Regioni - mi pare - hanno presentato questa proposta referendaria, che tocca più direttamente il sistema dello Stato, i Ministeri, ecc.
A me sembra che questa primavera referendaria sia più apparente che reale, e che risponda allo stato confusionale che le forze politiche e l'intera società italiana stanno soffrendo. I referendum vorrebbero rispondere a due elementi di crisi, ormai evidenti a tutti. Da un lato, la crisi degli stati nazione che, per fortuna, ad eccezione del nostro Paese in gran parte d'Europa si stanno risolvendo attraverso le armi, e in Italia attraverso un sempre più ampio conflitto tra Stato centrale e periferia dall'altro; la crisi del sistema dei Partiti che sembrerebbe inarrestabile.
Mai come oggi è prevedibile una mobilità elettorale tale per cui, secondo alcuni sondaggi, nel prossimo Parlamento noi ci saranno più i numeri per costituire maggioranze né di "quadri" né di "penta" partito, come quella che ha retto l'Italia negli ultimi decenni.
Tralasciando i referendum su cui ci siamo espressi nella seduta di ieri, ritengo che gli altri siano il riflesso dello stato confusionale cui ho accennato e che la strada proposta attraverso gli stessi non porterà lontano.
Accennerò soltanto al già espletato referendum per la preferenza unica.
Molti di noi si sono illusi che portasse ad una qualche modifica del modo di elezione dei propri rappresentanti; a distanza di pochi mesi si sono potute rilevare due situazioni. La prima. Coloro che organizzavano i brogli elettorali. In particolare la mafia - perché di questo si è parlato per giustificare il referendum - si sono rapidamente riorganizzati (come si rileva dagli articoli sui giornali e dai servizi televisivi) per riproporre in forma diversa, soprattutto in alcune zone del sud, i brogli elettorali attraverso i quali alcuni risultati elettorali si sono modificati.
La seconda. Vivremo una campagna elettorale nella quale l'imbarbarimento del modo con cui si andranno ad esprimere le preferenze sarà peggiore del precedente, e non credo sia solo un'impressione mia personale. In altre parole agli accordi fra gruppi di potere agli accordi di correnti, di cordate etc., si sostituiranno i comitati elettorali ad personam; all'interno dei partiti coloro che, individualmente, avranno maggiori risorse economiche a disposizione, faranno lo loro personali campagne elettorali. Non mi posso dilungare su questo argomento, ma credo che attraverso questo piccolo esempio si potrebbe verificare che quando non si affrontano alle fondamenta gli elementi di crisi, ma li si affrontano superando da una parte la logica dell'immobilismo e dall'altra la logica che io chiamo dei "ribellismo", non si danno soluzioni ai problemi.
Sui nove referendum, sui quali gli italiani prima o poi dovranno esprimersi, voglio fare delle brevi considerazioni.
La prima è che, se si analizzano attentamente, alcuni di questi referendum sono in totale contraddizione con altri. Eppure c'è un gran numero di forze politiche che hanno espresso consenso, addirittura la controfirma, sull'insieme dei referendum. Cito il caso più estremo rispetto ai nove referendum, quello che sostanzialmente ripropone, seppure in una forma non ancora chiara, il passaggio al sistema maggioritario. Uno dei referendum proporrebbe che il sistema elettorale che vige nei Comuni piccoli, sotto i 5.000 abitanti, diventi il sistema per esprimere le maggioranze in tutti i Comuni.
Vi faccio il caso di Brescia. Oggi Brescia è in una situazione di totale ingovernabilità. Così ci dicono i giornali: ebbene, non credo che in questa situazione il passaggio ad un sistema maggioritario eviterebbe l'ingovernabilità della città, perché è troppo tardi. La situazione di Brescia sarebbe probabilmente ancora più ingovernabile se si andasse almeno nelle forme estreme, ad un sistema maggioritario.
In tutti i paesi nei quali si è andati a fondo nel tentativo di risolvere la governabilità attraverso un sistema maggioritario, più lo si è spinto e più gli effetti sono stati evidenti. Da una parte, la caduta della partecipazione elettorale dei cittadini (in tutti i paesi dove esistono sistemi maggioritari forti la partecipazione dei cittadini alle competizioni elettorali è bassissima): dall'altra parte, l'omologazione fra le forze politiche è aumentata: nei sistemi dove si va in qualche modo a due poli, c'è la concorrenza fra i due poli per coprire quello spazio elettorale che starebbe in mezzo, perché è quello che definisce quale dei due poli vince.
Ho l'impressione - non posso dilungarmi oltre su queste cose che probabilmente solo alcuni dei presenti condividono - che la scelta fatta seppur affrettatamente, da questo Consiglio regionale ieri, sia una scelta importante, perché ritengo che sia la prima proposta referendaria che supera l'immobilismo. Il Presidente del Consiglio questa mattina parlava dell'interessante proposta Labriola: ebbene, quella proposta è interessante ed è nata e cresciuta nel totale isolamento rispetto all'insieme del Parlamento. Tant'è che non se n'è fatto nulla: questo è il problema.
Quindi, da quel punto di vista, il Parlamento ha riproposto una soluzione immobilista delle questioni che in parte la proposta Labriola avrebbe risolto. Immobilismo da una parte e "ribellismo" dall'altra.
Oggi viviamo una scadenza elettorale nella quale cominciamo a risentire parlare delle liste dei pensionati, casalinghe, cacciatori. Abbiamo l'interessante elemento di sospensione, per cui non sappiamo ancora se ci sarà Moana Pozzi candidata o no. Al di là dell'ironia, queste questioni non sono per nulla risolte. A Brescia è stata presentata una lista improvvisata all'ultimo momento, che aveva scritto in grande "Lega" e in piccolo "casalinghe e pensionati", che ha preso credo il 5% dei voti. Non stiamo ancora superando la fase di crisi dello Stato e crisi dei partiti.
Sui referendum che sono stati posti, i Verdi hanno avuto un ruolo significativo (anche se la cosa è poco nota) a partire dal Veneto. Il dibattito che abbiamo fatto sul coordinamento dei 28 Consiglieri regionali Verdi ha sostanzialmente dato alimento a questa proposta, che peraltro è una proposta vecchia, non è una novità: andare a verificare quanto la nascita delle Regioni superasse la necessità di avere alcuni Ministeri. E' una proposta che è stata dibattuta fra i costituzionalisti nella fase in cui le Regioni nacquero. Quindi in realtà è una proposta vecchia, non è una proposta nuova.
Credo che il passo che questa Regione ed altre 10 hanno fatto in questi giorni sia importante ed apra una strada di dibattito reale. Non ritengo che si possa considerare inutile unanimismo questo fatto storico: per la prima volta i Consigli regionali hanno chiesto realmente una rimessa in discussione della forma in cui lo Stato ed il suo rapporto con gli enti locali si è sviluppato da quando c'è la Costituzione italiana. Il dibattito si apre realmente, attraverso la prima proposta di tipo istituzionale seppure particolare come quella di un referendum.
Non ripeto le proposte e le opinioni generali dei Verdi che sono contenute nell'elaborazione fatta dai Consiglieri regionali Verdi italiani e che stamani sono state sommariamente presentate dalla collega Segre.
Chiedo però che non si faccia l'errore di semplificare i termini di questa situazione, i termini di questo dibattito e di quello che si aprirà quando questa iniziativa referendaria porterà inevitabilmente ad un dibattito anche parlamentare.
Sollecito prima di tutto il nostro Presidente del Consiglio a stimolare le conseguenze in termini di approfondimento delle tematiche, che nascono da questa iniziativa referendaria. Per rispetto dei colleghi, non mi dilungo ulteriormente sulle questioni attinenti in specifico alle nostre questioni locali. Anche su questo, condivido ampiamente alcune proposte della collega Segre e le osservazioni del Consigliere Chiezzi, in particolare sulle Commissioni e sull'Ufficio di Presidenza. Su questo mi esprimo brevemente.
Sull'Ufficio di Presidenza l'anomalia è palese. Non è pensabile che si possa far finta di non vedere che l'Ufficio di Presidenza nella forma che ha assunto, a parte la definizione del ruolo su cui è nota la mia opinione ha una composizione non sostenibile dopo le dimissioni di uno dei suoi membri. Sulle Commissioni condivido pienamente il fatto che vengano gestite dalle forze di maggioranza, quindi condivido che le Presidenze delle Commissioni vadano ai membri della maggioranza. A mio parere è giusto, è corretto. Dall'altra parte, però, le Commissioni non possono diventare delle sedi vuote, nelle quali non c'è dibattito, non c'è informazione, non ci sono competenze sufficienti, non c'è cioè la possibilità di confrontare le idee e le proposte che le varie forze politiche di maggioranza o di opposizione hanno da fare. Questa è una questione non secondaria.
Credo che nel rispetto del ruolo di chi governa, (chi governa deve avere la responsabilità), il Paese, la Regione, i cittadini di questa Regione debbano avere degli strumenti attraverso i quali venire a conoscenza delle proposte che le maggioranze e le opposizioni fanno. Al di là della grandezza dei Gruppi, credo si debbano trovare (perché credo che questa sia l'essenza della democrazia) degli strumenti, delle forme attraverso le quali far conoscere il contributo che i Verdi, i Pensionati la Lega Nord o il Partito Liberale hanno dato in questo anno e mezzo di Consiglio regionale.
Ritengo che la possibilità che cittadini conoscano queste proposte debba essere garantita. Solo a queste condizioni è accettabile fino in fondo la logica di "chi ha la maggioranza governa", nella Giunta, nel Consiglio, nelle Commissioni, solo a condizione di avere la garanzia che le proposte (quando ci sono), le idee (quando ci sono), le competenze (quando ci sono) di chi sta all'opposizione possano essere conosciute dai cittadini.
Non mi schiero quindi su opinioni estreme che ho sentito portare qui stamani, perché ritengo che la questione vada affrontata in questi termini.
Con questo ho già preso troppo tempo e mi scuso; risollecito il nostro Presidente del Consiglio a portare avanti fino in fondo, per il ruolo che ha, il dibattito che nei prossimi mesi, da questa iniziati-va referendaria scaturirà nel Paese.



PRESIDENTE

La ringrazio, Consigliere Marino. Sono stata molto attenta anche al suo intervento per le argomentazioni e anche per quest'ultima sollecitazione.
Ha chiesto la parola il Consigliere Rossa; ne ha facoltà.



ROSSA Angelo

Signor Presidente, desidero ringraziarla per il puntuale dibattito da lei introdotto stamani e per le proposte che ella ha fatto al Consiglio.
Nel corso della giornata tale dibattito è stato arricchito dai vari interventi che si sono susseguiti, compresi quelli dei colleghi Fiumara e Tapparo; dalla relazione e dagli interventi mi pare sia stato colto appieno il nuovo quadro politico che caratterizza questa fase.
E' un quadro politico, da una parte, di preoccupazione rispetto alle prospettive nelle quali si collocano le Regioni e, nello stesso tempo, è anche motivo di forte impegno da parte nostra per accelerare quella connotazione, quella presenza nel dibattito più generale che in qualche misura abbiamo visto non essere incisiva in questi anni.
Ricordo un altro dibattito fatto il 19 aprile 1988 e introdotto dall'allora Presidente Viglione, nel quale venivano messe in evidenza delle preoccupazioni che però erano molto più diluite, perché la situazione politica generale dell'epoca era ancora molto bloccata. Voglio dire che il muro di Berlino era ancora inespugnabile in quel tempo, l'Europa era ancora lontana, la L 142 non era ancora una legge; c'era sì una domanda di autonomia, perché sia avvertiva uno stato di difficoltà e di malessere delle Regioni, però era una domanda abbastanza governata, abbastanza incanalata, indirizzata più su un piano di rapporto diplomatico con il Governo e con lo Stato piuttosto che con quella incisività che è andata ad assumere; non c'era in sostanza questo movimento centrifugo che si evidenzia anche con la presenza delle Leghe.
In pochi anni, da quel dibattito ad oggi, la situazione è cambiata, ed è cambiata radicalmente; il problema della ridefinizione delle Regioni si pone in un modo diverso e anche con molta urgenza. Mi pare che questa urgenza sia stata sottolineata anche dagli interventi che mi hanno preceduto e sono convinto - quindi dò una nota positiva a questo dibattito che le Regioni saranno la risposta ad uno stato di crisi molto diffuso che sta attraversando il nostro Paese, ma che è il segno di una svolta di carattere politico-culturale che ha cambiato completamente la faccia dell'Europa. Questo movimento che avanza sta cambiando il modo di intendere i rapporti tra le istituzioni e i cittadini, in Europa in modo particolare ma probabilmente andrà più avanti.
Come veniva prima ricordato, il fatto di avere approvato ieri quattro proposte di referendum associandoci ad altre Regioni è molto importante.
Anche noi socialisti riteniamo che sia un avvenimento rilevante insieme ad altri fatti, come ad esempio il referendum per la soppressione del Ministero delle Partecipazioni Statali.
Non ignoriamo che in questa proposta, come da qualche parte è stato messo in evidenza, vi siano anche dei problemi, su cui possiamo pienamente concordare. L'ha già detto stamani il Presidente del Consiglio, l'hanno detto altri colleghi, l'hanno detto i colleghi del Gruppo socialista e lo ripeto anch'io: sparata la prima cannonata, bisogna vedere davvero cos'è necessario fare per poter stabilire un rapporto equilibrato tra il ruolo che assegneremo ai futuri governi, al nuovo Stato verso il quale si sta andando (in un certo senso rifondandolo) e il ruolo che assegneremo alle Regioni.
In questo senso, mi sembra stia emergendo una risposta positiva e convinta da parte delle Regioni. C'è uno Stato, c'è una situazione Istituzionale che arranca, che è pesante, nella quale le forze politiche incontrano grandi difficoltà nel dare delle risposte precise e c'è quindi bisogno di mettere in movimento delle proposte che accelerino quel dibattito che è stato intuito da un po' di tempo a questa parte e che dovrebbe portare ad una svolta profonda anche nel profilo istituzionale.
La svolta profonda che, in questo Paese, si pone con alto senso di civiltà, di passione e di impegno è quella di ridefinire il ruolo di alcune istituzioni. Abbiamo più volte indicato che è venuto il momento di procedere alla nomina diretta del Presidente della Repubblica; riteniamo che si debba diversificare il ruolo della Camera rispetto al Senato riteniamo che il Senato, come dimostrato dall'esperienza della Germania possa rappresentare un modello nel quale individuare il rapporto che coordina e governa l'impegno delle Regioni.
Il collega Fiumara questa mattina ha ricordato quanto detto dall'On.
Martelli, cioè che lavoreremo per uno Stato che sia fondato su un'autonomia delle Regioni al limite del federalismo.
lo dico al limite del federalismo, perché noi abbiamo uno Stato che i padri risorgimentali hanno costruito nel modo come noi lo abbiamo ereditato; uno Stato che credo abbia dimostrato la capacità di rispondere alle esigenze che questa società ha espresso; uno Stato che, considerato molto povero fino a cinquant'anni fa, è riuscito a collocarsi nelle posizioni più avanzate tra gli Stati e le democrazie nel mondo. Ci significa spendere una lancia in positivo al tipo di Stato costruito, ma che occorre andare ad una svolta. La svolta sta in una risposta regionale di altro tipo, una risposta che fuoriesca da quella che è stata la filosofia che ha voluto le Regioni come aree protette. Una risposta regionale che porti la Regione nel mare aperto e faccia sì che la Regione sia un pezzo dello Stato nel quale si governa la vita politica del Paese.
L'approvazione della legge 142, che attribuisce agli enti locali un indirizzo di questo tipo, non può che sospingere nella direzione in cui occorre fare passi in avanti per rimodellare lo Stato; per rimodellarlo anche dal punto di vista elettorale, quindi nomina diretta del Presidente della Repubblica, nomina diretta del Sindaco.
Su questo punto era necessario da parte socialista compiere qualche passo avanti. Ritengo che si debba compiere qualche passo avanti per dare alla proposta di riforma quella credibilità politica necessaria per rendere agibile un percorso. Ed allora, nomina diretta di alcuni vertici che rappresentano quel momento di riferimento che unisce l'efficienza alla capacità di gestione immediata dei problemi; naturalmente, accanto a questi, dei Consigli che siano in grado di svolgere il loro ruolo di controllo e di indirizzo, come emerge e affiora anche dalla legge 142.
Se abbiamo presente questo tipo di proposta, dovremmo sollecitare le Regioni, che si sono messe insieme per fare la proposta sui referendum, a proporre al Parlamento, appena riprenderà i lavori dopo il 5 aprile, alcune modifiche fondamentali alla Costituzione per quanto riguarda la Regione (artt.117, 118 e 119 e probabilmente anche art. 122).
E' necessario porre all'ordine del giorno di questo Stato l'ammodernamento delle Regioni a Statuto ordinario, sulla base del modello delle Regioni a Statuto speciale, proponendo le correzioni che occorrerà portare. Lo Stato, da 45 anni ad oggi, è cambiato profondamente, è cambiato nei rapporti economici, è cambiato nel rapporti civili e nei rapporti politici, è cambiato anche nella filosofia. Probabilmente è venuto il momento, quasi ineludibile, di vedere le Regioni come il momento, la tappa da cui riparte questo nuovo Stato. Le Regioni non più come quello che abbiamo detto sempre finora, la parte alta delle autonomie locali. Le Regioni di per sé sono un'espressione dell'autonomia locale, però bisogna vedere le Regioni come momento di governo sulle aree vaste all'interno di una struttura istituzionale unitaria. Perché le Regioni come momento di governo? Perché stiamo avvertendo sempre di più che la Regione non pu essere soltanto la sede nella quale si fanno le leggi; anzi sono convinto che occorrerà, da questo dibattito in avanti, passare ad un grosso riesame di carattere legislativo per vedere quali sono le cose che da parte nostra dobbiamo aggiornare. Le Regioni non possono essere soltanto la sede nella quale si fanno le leggi e meno che mai la sede nella quale si fa la programmazione.
Abbiamo illustrato a vicenda le nostre idee; secondo il mio punto di vista non rispondono a quelle che sono le esigenze, perché la programmazione nasce dal basso, è determinata dagli enti locali. La Regione non può che prendere atto di quel tipo di programmazione, non ha poteri per realizzare un indirizzo di politica di programmazione, perché troppe volte resta vincolata alle scelte che nascono dalle posizioni degli enti locali.
Allora, nel quadro di una politica che ricomprenda anche la programmazione degli indirizzi di questo tipo, ci vuole una Regione capace di governare una Regione capace di realizzare la manovra fiscale, una Regione capace di avere politiche di sviluppo industriale, capace di avere investimenti non trasferiti e non vincolati secondo definizioni di carattere nazionale che vengono dalla finanziaria. Con questo voglio dire che ci sono parecchie cose da rivedere.
Il problema di oggi non è il ruolo del Consiglio. Apprezzo le cose, che sono state alla base dell'avvio di questo dibattito, presentate nella mozione del PDS. Alcune le apprezzo, altre non le, condivido, però mi permetto di dire che non è un problema del Consiglio, ma della Regione nel suo insieme. Come evidenziava la Presidente Spagnuolo, il Consiglio è la sede, del confronto, anzi con la legge di modifica dello Statuto e con l'autonomia del personale è sempre di più la sede di questo momento di autonomia. Sarà la maggioranza nel suo insieme che dovrà avere la capacità di regolare i suoi rapporti all'interno di essa, nel confronto tra la maggioranza e l'opposizione, tra la maggioranza e la minoranza, tra il governo e l'opposizione.
Questo è un elemento importante, anche perché c'è da rilevare che il Governo ha la responsabilità di governare e il Consiglio è il momento nel quale si misura il consenso parlamentare al Governo. Quindi è semmai un problema della maggioranza fare in modo che il Governo governi nel modo migliore, sia in grado di dare quelle puntuali risposte che, da diverse parti, venivano sollecitate come elementi di carenza esistenti nel corso dei nostri lavori.
Da questo punto di vista, condivido l'idea che bisognerebbe andare ad una rivisitazione di tutta la struttura regionale, avvalendoci dell'apporto dell'Università. Abbiamo sollecitato molte volte, ed è stato detto anche da altri colleghi, rapporto di alcuni esperti: ritengo, per esempio, che il Piemonte, sulla base della propria esperienza, debba arrivare ad una proposta capace di indicare non solo í rapporti che devono regolare la vita tra le Regioni ed lo Stato, ma i rapporti che devono regolare la vita tra le Regioni e gli Enti locali. Bisogna arrivare a dare una risposta alle domande relative a quali deleghe debbano essere date agli Enti locali, cosa intenda essere la Regione, se intende gestire direttamente o se intende gestire attraverso il concorso degli Enti locali, cosa, insomma, riteniamo si debba fare.
Presidente della Giunta e Presidente del Consiglio, queste cose continuiamo a dirle, continuiamo ad essere oggetto di critiche da parte degli Enti locali, continuiamo a far finta di niente, ma sono fonte di una massa di critiche che ci portiamo dietro perché non abbiamo sciolto le nostre riserve. Sono riserve che esistono, che finiscono col dare un carattere ambiguo al nostro ruolo, che diventerà molto più chiaro e netto nella misura in cui affronteremo autonomamente questi problemi, senza subire i condizionamenti che stiamo subendo tutti, sia coloro che siedono sui banchi della maggioranza sia coloro che stanno all'opposizione sia coloro che stanno dalla parte del Governo regionale.
Occorre quindi volare alto, superare (è quello che veniva detto da altri colleghi) l'impressione di essere un ceto debole. Siamo un ceto debole perché abbiamo tutti questi condizionamenti; dobbiamo cercare di superarli, anche se non possiamo risolvere il problema oggi. E' un grosso avvio, una buona partenza, ma dovremmo capire cosa fare. Per intenderci dobbiamo chiudere la fase assembleare ed assegnare a ciascuno le proprie responsabilità; al Governo ed alla maggioranza, quella maggioranza che ha dato luogo ad un Governo, il compito di governare bene insieme ad una maggioranza che ha la responsabilità di rispondere degli atti di Governo che vengono compiuti, e così dicasi per quanto riguarda le Commissioni.
Credo che - aperti all'attenzione - alla fine dell'anno andremo al rinnovo delle Commissioni, ma anch'io ritengo che tutto sommato il problema delle responsabilità deve essere ben visibile. Le responsabilità sono politiche, non possono essere scambiate per altro. Se ci muoveremo in questa direzione, senz'altro daremo un contributo.
Vengo ora a parlare del ruolo dell'Ufficio di Presidenza. L'altro giorno c'è stato un grosso dibattito, che auspico entri a far parte del nostro impegno di lavoro, sull'ipotesi che l'Ufficio di Presidenza dovesse essere a rotazione, se votato con un solo voto di preferenza o con due, se dovesse rappresentare l'assemblea e, in quel caso, su come l'assemblea, non potendo essere l'espressione di tutti 114 o 15 Gruppi, viene a conoscenza degli atti che l'Ufficio di Presidenza compie.
Abbiamo dato una risposta, e mi auguro che l'argomento entri a far parte del nostro dibattito più generale; ma anche qui l'Ufficio di Presidenza, che ha il dovere di regolamentare in modo responsabile i nostri lavori, nasce da scelte politiche: si forzano cioè delle maggioranze che nominano l'Ufficio di Presidenza. Sono del parere che l'Ufficio di Presidenza debba essere caratterizzato da una maggioranza che viene ad esprimere l'equilibrio e la garanzia della direzione politica e della responsabilità che il Presidente dovrà assumere. Occorre quindi superare i condizionamenti delle questioni, come veniva detto, che modellano le istituzioni e fare in modo che le cose si avviino.
Azzardo un'idea di carattere storico: ho l'impressione che la fase verso la quale stiamo andando, anche se a rilento, tenda a rilanciare il ruolo della Regione, e non lo dico per comodità. Ho l'impressione che mentre nel 859 si andava verso la fase dell'unità d'Italia e fu necessario allargare il ruolo delle Province, nel corso di tutti questi anni, anche attraverso una domanda di partecipazione della società e degli Enti locali si sta andando verso una ridefinizione del ruolo stesso delle Province; si va cioè verso la nascita di due Province nel Piemonte. Sicuramente si andrà verso la modifica dei Collegi elettorali, perché adesso si fanno le elezioni con un solo voto di preferenza, ma avvertiremo la necessità di cambiare profondamente il sistema, quindi si andrà ad una ridefinizione delle Province e si vedrà sicuramente il livello regionale come uno dei livelli importanti con i quali lo Stato si andrà a confrontare.
Concludo chiedendomi cosa si faccia adesso. E venuto alla luce un grosso dibattito che ha dato elementi importanti e che ci può collegare anche se siamo in tempi di campagna elettorale, all'avvio di quel dibattito che è stato già fatto in sede nazionale, nel quale però le Regioni sono apparse soltanto fuggevolmente. Questa materia potrebbe essere - se i colleghi fossero d'accordo - demandata alla Commissione speciale per gli adempimenti della legge 142, integrata dalla 1 Commissione che ha il compito di affrontare i problemi di carattere istituzionale. A queste riunioni potrebbero partecipare i Capigruppo e i Presidenti delle varie Commissioni, che sono quasi tutti presenti, affinché questa Comunissime possa essere la sede per affrontare concretamente i numerosi problemi relativi al funzionamento della Regione.
C'è troppa gente demotivata, troppa gente che ha-molte cose da dire molti bravissimi funzionari che non hanno prospettive di fronte a loro perché vivono anch'essi un dato di incertezza. Bisogna avere la forza di creare le condizioni perché la gente abbia il gusto di vedere un rinnovato impegno di lavoro, avendo delle prospettive.
Se faremo tutto ciò, daremo un contributo al dibattito più generale e metteremo sul binario giusto un discorso che dura da parecchio tempo, ma che oggi ha l'estrema necessità di essere realizzato in modo concreto partendo da noi.



PRESIDENTE

La parola al Consigliere Rabellino.



RABELLINO Renzo

Ci inseriamo in questo dibattito, dicendo che siamo rimasti abbastanza perplessi sugli argomenti trattati. Questo avrebbe dovuto essere non tanto un dibattito sull'organizzazione dei lavori del Consiglio, perché ritengo ci siano sedi più opportune, quali per esempio la Conferenza dei Capigruppo, per dibattere di queste cose, ma prendiamo atto delle indicazioni date da alcuni Consiglieri. Resta il fatto che questa avrebbe potuto essere un'ottima occasione per esaminare quale sia il problema delle Regioni in Italia. Secondo me, già il tema stesso dell'ordine del giorno è assolutamente inadeguato: parlare del ruolo del Consiglio può essere una discussione interessante, ma dobbiamo chiederci effettivamente quale sia oggi, in questo Stato, il ruolo della Regione in quanto entità e in quanto istituzione. La Lega Nord ha una sua visione su questa materia.
Alcuni anni fa, quando lanciammo l'idea autonomista, non soltanto in Piemonte ma in tutte le Regioni del nord, fummo un po' isolati: qualcuno ci definì dei pazzi visionari, altri ci dissero che eravamo fuori dalla storia, altri ci considerarono un semplice movimentino di protesta che portava avanti certe istanze localistiche, altri ancora ci definirono dei sostenitori della cultura locale e niente di più.
Oggi, dopo 5-6 anni, riscopriamo che tutte le forze politiche, nessuna esclusa (forse il Movimento Sociale), si rifanno ad un discorso di necessità di autonomia per le Regioni. Si tratta esattamente degli stessi discorsi che i movimenti autonomisti facevano 5 anni fa: non è cambiato assolutamente nulla, questi discorsi vengono ripresi tali e quali e riproposti.
Ciò significa che se qualcuno era fuori dalla storia non erano i movimenti autonomisti: molto probabilmente lo erano i partiti, e dimostra l'attuale situazione sociale e politica che vede la società civile l'elettorato allontanarsi pian piano da quei partiti che, per le loro ideologie e per il loro modo di governare, sono effettivamente fuori dalla storia.
La Lega oggi sta facendo un'ulteriore proposta che è avanti rispetto al tempi. D'altra parte, il Consigliere Marchini nel suo intervento non ha fatto altro che proporre il progetto trirepubblicano della Lega. In pratica, egli ha detto semplicemente che è necessario rivalutare queste Regioni, questa mega Regione: esattamente quello che dice la Lega.
La Lega ha messo sulla carta un progetto ben chiaro di riforma istituzionale, quello di creare un rapporto tra una Confederazione europea e le Regioni; Inevitabilmente lo Stato italiano - perché la storia va in quella direzione - fra qualche anno non esisterà più perché esisterà uno Stato europeo.
Oggi, però, parlare di Regioni in quanto entità non è ancora così semplice. Pensiamo, ad esempio, alle Regioni quali l'Umbria, la Valle d'Aosta o la Liguria; è chiaro che ci sono delle grossissime difficoltà per creare un rapporto diretto, un passaggio tra Stato-Confederazione europea e queste Regioni.
E allora la Lega che cosa ha detto? Ha detto semplicemente: creiamo un'istituzione intermedia, che noi chiamiamo le Tre Repubbliche (del nord centro e sud); queste devono essere socialmente ed economicamente omogenee ed avere determinate competenze. Noi abbiamo fatto avere a tutti i Gruppi il progetto di competenze; in realtà è la cosa più importante, della quale oggi non si è discusso.
Se si vuol parlare di maggiore autonomia delle Regioni o comunque di una revisione della gestione dello Stato, è necessario parlare inevitabilmente di tassazione. Qui nessuna forza politica ha posto questo problema. E inutile fare un discorso di competenze di spesa se dobbiamo comunque dipendere da una struttura centralistica, dove tutto viene inserito in un grande calderone, e poi siamo costretti a mendicare. A questo fatto assistiamo pietosamente e quotidianamente, con la Giunta che continua a dirci che non può operare perché non arrivano i soldi da Roma perché la sanità ha dei problemi, ecc, ecc. Occorre mettere in discussione questo come primo punto.
La Regione o la Repubblica (l'ente intermedio) deve essere il cosiddetto bacino di raccolta della tassazione e dell'imposizione fiscale a quel punto possiamo dire che la Regione ha veramente un ruolo centrale perché ha una disponibilità finanziaria propria.
E chiaro che occorre rivedere le competenze tra questi vari Stati Nel nostro documento si prevede una suddivisione completamente diversa delle competenze tra 5 istituzioni intermedie. Le istituzioni intermedie sono: la Confederale, che noi per il momento consideriamo lo Stato italiano, anche se - come ho già detto - lo riteniamo ormai superato dalla storia e possiamo prendere ad esempio la Confederazione europea; la Federale, cioè la cosiddetta Repubblica del Nord, per quanto ci riguarda; la Regionale infine la Provinciale e la Comunale.
Nel momento in cui diamo una rilevanza anche fiscale e tributaria allo Stato Federale e Regionale, è chiaro che dobbiamo rivalutare il discorso delle Province, perché noi riteniamo che a queste si debbano dare notevoli e ulteriori funzioni. Ad esempio, per quanto riguarda la sanità, proponiamo l'amministrazione ospedaliera.
Noi pensiamo che le Province dovrebbero avere queste funzioni ed è proprio in quest'ottica che, alla fine dello scorso anno, abbiamo presentato, per la Regione Piemonte ma lo stesso discorso è stato fatto in altre Regioni, una serie di proposte di istituzione di nuove Province, per l'esattezza Ivrea e Alba-Acqui.
Abbiamo presentato questi due disegni di legge non per creare ulteriori carrozzoni vuoti quali sono oggi le Province (che hanno poi competenza in 4 strade provinciali), ma in previsione di quella che dovrà essere - e dovrà esserlo, perché la storia va in quel senso - la nuova visione di Stato europeo e Stato italiano. E' chiaro che in quest'ottica dovremo rivedere anche il ruolo dei Comuni.
Siamo disponibilissimi a confrontarci su tale proposta, che presenteremo in questa campagna elettorale, non soltanto con gli elettori ma anche con qualsiasi altra forza politica.
Ripeto. Ho constatato che, nell'intervento di stamani, il Consigliere Marchini in fondo non ha fatto altro che un esame della situazione qual è quello della Lega; le proposte sono esattamente le stesse, sotto altre forme.
Vediamo che ci sono delle forze politiche che si avvicinano al nostro discorso; molto probabilmente hanno già questa visione europeista veramente europeista e non nel senso in cui tutti si stanno sciacquando la bocca sotto certe forme propagandistiche. In sostanza, il discorso della competenza deve essere rivisto.
Sotto il profilo della Regione, quale può essere già da oggi il percorso da seguire? Indubbiamente dobbiamo muoverci, ma la soluzione non è certo rappresentata - e lo dimostrano chiaramente i recenti risultati - dai referendum abrogativi. Infatti, in occasio-ne dell'ultimo referendum, che doveva essere quello contro la partitocrazia e che doveva risolvere i problemi dei brogli elettorali, abbiamo assistito ad un risultato che non ha fatto altro che peggiorare la situazione in materia elettorale. Con l'avvicinarsi delle elezioni politiche stiamo assistendo ad un'esasperata ricerca di comitati per singoli candidati, ché non faranno altro che peggiorare la situazione politica in seguito, perché andranno ad aumentare notevolmente i costi delle singole campagne elettorali, e chiaramente da qualche parte questi costi si dovranno recuperare. Bene o male, prima li recuperavano le cordate, mangiando a destra e a sinistra (questo mi pare ovvio ed evidente); adesso, invece, ogni singolo candidato dovrà recuperare quello che ha speso in campagna elettorale, per cui andiamo a peggiorare la situazione.
Non vorrei che i referendum sull'abrogazione di una serie di Ministeri per i quali abbiamo votato a favore, andassero a peggiorare, anche in quella materia, la situazione, perché dall'altro lato non esiste una proposta alternativa. Io li definisco progetti esclusivamente elettorali perché accanto ad un progetto di istituzione di un referendum di questo tipo, avrebbe dovuto esserci un progetto di legge che demandava alle Regioni le competenze abrogate con i Ministeri.
Questo non c'è stato. Che cosa significa? Significa che è semplicemente un discorso elettorale? Oppure vogliamo aspettare che quel tipo di Governo che non ha pensato finora di demandare alle Regioni certe competenze, ad un tratto, solo perché non ci sono più i Ministeri (supponendo che si vada mai a referendum), improvvisamente le demandi alle Regioni? Secondo me, se il Governo in malafede non vuole demandare queste competenze alle Regioni, troverà degli "escamotages" per spostarle ad altri Ministeri, perché se non l'ha fatto finora, non lo farà sicuramente adesso.
Molto probabilmente, ci sarà un altro scenario politico e forse cambierà anche il tipo di Governo in questa legislatura - e noi ce lo auguriamo -. Ci dicono che sarà una legislatura costituente, ma al riguardo ho delle perplessità, visto come si sono comportate le forze politiche di fronte ad un referendum che le ha pesantemente condannate - parliamo del referendum sulla preferenza unica - e visti certi risultati A Brescia c'è una situazione pietosa; dopo un risultato veramente penalizzante per i partiti tradizionali, stiamo assistendo ad una lite continua per poter dare un governo a quella città. La notizia ormai chiara è che in quella città si andrà nuovamente ad elezioni, perché a sei giorni dalla scadenza pare non ci sia nessun tipo di accordo.
Ho dei dubbi sul fatto che la prossima legislatura sarà costituente o che si andrà a riforme istituzionali, perché il comportamento dei partiti fino ad oggi non è andato in quel senso. Pur essendo penalizzati dagli elettori, e nonostante tutti i segnali, si continua imperterriti a litigare per spartirsi delle poltroncine.
Senza andare troppo lontano, stiamo assistendo a questa pietosa scena di spartizione di sedie anche al Comune di Torino. Non esiste un dibattito su un programma relativo alla città di Torino; stiamo invece assistendo ad uno spettacolo di spartizione di posti, di compensazioni del tipo: "Noi vogliamo il sindaco, cosa ci date?". Questo è lo spettacolo pietoso che si dà all'elettorato, degno di un sistema che è alla fine, perché o si riforma o si va alla fine, perché l'elettorato stupido non è.
Ritornando al tema della Regione, che cosa possiamo fare oggi in questa situazione, in queste condizioni? Indubbiamente ben poco; non possiamo che prendere atto di questa difficoltà legislativa ed invitare la Giunta e la maggioranza ad essere un po' più solerti e a non boicottare tutto quello che arriva dalle opposizioni.
Il discorso della collega Bresso è lampante e chiaro: tutte le forze politiche hanno giacenti da mesi dei progetti di legge, che sono fermi nelle Commissioni. Mi dispiace che l'attacco sia stato rivolto solo al Presidente Fiumara, ma l'attacco è nei confronti di tutti i Presidenti di Commissione.
Ci sono dei progetti di legge delle opposizioni, e solo perché sono delle opposizioni sono fermi li e non si vogliono inserire all'o.d.g.
dovremmo quindi chiarire cosa noi stiamo a fare qui.
Si dice che nelle Commissioni non c'è più dibattito; c'è un assenteismo notevole e lo viviamo tutti i giorni. Spiegateci che cosa devono venire a fare i Consiglieri di opposizione nelle Commissioni; questo dovete spiegarcelo, e lo deve spiegare la maggioranza. Le proposte non vengono prese in considerazione, non viene nemmeno proposto nulla di alternativo in materia. Quindi, a questo punto, non si tratta più del ruolo del Consiglio ma del ruolo della maggioranza, che penso dovrebbe essere un po' più aperta, non soltanto verso le opposizioni, ma verso l'esterno. Questa farsa di consultazioni che vengono effettuate dalle Commissioni penso debba finire, debba essere modificata. Ritengo che le consultazioni debbano essere serie.
Ripeto, a questo punto il discorso non riguarda il ruolo del Consiglio ma quello di questa maggioranza. Si prenda pure la propria responsabilità tra 3 anni, quando si andrà nuovamente alle elezioni, l'elettorato giudicherà quello che questa maggioranza ha fatto e, se procederà questo metodo di governo, penso che il giudizio non sarà dei più rosei.



PRESIDENTE

La parola al Consigliere Cucco.



CUCCO Vincenzo

Innanzitutto voglio ringraziare molto seriamente e sentitamente il Presidente del Consiglio per aver acconsentito a procedere ad un dibattito di questo tipo non scindendo le due questioni, quella delle riforma funzionale del Consiglio e quella dei tentativi di riforma del sistema.
Questo ci ha consentito di non volare troppo basso nelle pieghe di quello che qualche Consigliere ha fatto qui.
I Consiglieri assenteisti e gli Assessori che non rispondono, secondo me, sono questioni del tutto marginali al funzionamento e al senso del funzionamento di quest'aula e dell'istituto regionale.. Anch'io penso che gli Assessori debbano rispondere in tempo alle interrogazioni, ma questa non è la questione principale.
Devo ringraziare il Presidente, perché ci ha consentito di ascoltare alcuni interventi, e tutti, in qualche modo, sono stati ricchi dal punto di vista delle proposte. In particolare - e questo consentirà che il mio discorso sia molto breve - sono d'accordo quasi del tutto con il Consigliere Marchini, di cui peraltro condivido la scuola; essendo come radicali dei liberali eretici, mi richiamo alla stessa idea di Stato. Non so se quello che ha detto il Consigliere Marchini sia esattamente come l'ha interpretato il collega Rabellino, ma non mi pare. E positivo se il pensiero liberale ha prodotto questo tipo di sensibilità, ma qual è la differenza tra gli ortodossi e gli eretici? Nel concreto delle cose è innanzitutto una questione di stile. Per usare un linguaggio nazionalpopolare e canzonettistico, ho l'impressione, a differenza di quello che crede il Consigliere Fiumara, che questo Consiglio abbia molto più bisogno di una pompata d'aria anglosassone, perché il confronto non deve essere al livello di Sergio Endrigo, ma dovrebbe essere al livello di Rita Pavone: quindi, un po' più carico di passionalità.
Perché questo non avviene? Perché nelle nostre assemblee parlamentari non capita mai quello che accade in quelle anglosassoni, comprese le interruzioni del Presidente, compresi i cestini che volano, cose che invece avvengono quasi normalmente nelle assemblee parlamentari inglesi. Non è soltanto una questione di tensione, di temperamento o di passionalità politica: è una questione di svuotamento delle sedi decisionali.
Questa realtà, che a me sembra enorme ma che nessuno ha sottolineato in quest'aula, è la vera realtà contro la quale noi stiamo decidendo: le crisi, così come le non crisi, vengono decise non in quest'aula e nemmeno nel palazzo municipale, ma vengono decise nelle Segreterie dei Partiti politici e questo sistema ha consentito che oligarchie specifiche di Partiti politici possano decidere il bello e il cattivo tempo fuori dal gioco istituzionale. Questa è la crisi che viviamo, che non è la crisi del parlare troppo o dell'avercela con il Presidente del Consiglio o della Giunta.
Vorrei fare due esempi molto esplicativi di quello che stiamo vivendo e sul perché questo Consiglio sta subendo uno svuotamento delle sue funzioni.
Il primo esempio è quello della città metropolitana ed il ruolo che l'Assessore Nerviani sta, suo malgrado, giocando. L'Assessore Nerviani si avvicina sempre più a rivestire il ruolo della Penelope della città metropolitana, perché di giorno cuce la rete della città metropolitana e di notte fa di tutto per scucirla. Anche in questo, si confronta la differenza fra noi, eretici liberali radicali, e gli ortodossi "marchiniani" liberali.
La città metropolitana morirà. è già morta prima ancora che qualcuno abbia tentato di applicarla per effetto dei veti incrociati delle forze politiche, che prima l'hanno voluta in Parlamento senza sapere cosa volevano, PDS e DC in particolare che non votarono la riforma del sistema elettorale in Parlamento, unica condizione che avrebbe consentito che la città metropolitana avesse ali per volare. Ora scontiamo quello che in Parlamento hanno deciso e abbiamo l'Assessore Nerviani che sta facendo il gioco dei diciassette cantoni (non dei quattro), per evitare che i veti incrociati delle Segreterie politiche facciano in modo di arrivare in aula e di prendere una decisione.
Non dico che la proposta dell'Assessore Nerviani sia la più giusta: secondo me la proposta più giusta è quella che si avvicina di più a quella dell'Assessore Nerviani. Personalmente sono sempre stato molto vicino alle posizioni della Giunta nella delimitazione dell'area metropolitana, ma quello che mi fa veramente imbestialire, dal punto di vista politico, è che quest'aula non decida e che nel giugno prossimo, il Ministro (che non avremo) dovrà decidere delle sorti della città metropolitana. Allora, se la città metropolitana non è la soluzione dei nostri problemi, il Consiglio regionale dovrebbe assumersi la responsabilità di rigettare questa legge e non acconsentire il continuo rinvio "esame delle questioni così come si sta facendo. Basta con gli Assessori "Penelope": vogliamo degli Assessori e un Consiglio che siano messi in grado di decidere in una direzione o nell'altra.
Il secondo esempio riguarda il nostro appello all'Assessore Maccari - i colleghi Calligaro e Bortolin lo sanno - affinché venisse a raccontarci e a spiegarci in Commissione come intende non gestire la parte sanitaria del bilancio 1992 e se nella sua attività non avesse mai preso in considerazione le ipotesi possibili di tagli al bilancio sanitario. Venne ma ci parlò di tutt'altro, non disse una parola - lo ricorderà il Presidente Leo - sui possibili tagli e sulle possibili alchimie che si possono ben fare anche sul nostro bilancio, anche se così fermo dal punto di vista della possibilità di manovra. Dopo Capodanno (evidentemente la Befana lo ha benedetto) sono apparse sui giornali notizie come queste: "...Maccari, lancio in resto l'araldo del raspar mio. Si faranno tagli sulle farmacie, ecc...". O la struttura dell'Assessorato, fra Natale e Capodanno, ha partorito e l'Assessore parla per far parlare di sé sui giornali (ma vorrei non crederci) oppure all'Assessore non importa nulla della Commissione (e io tendo a credere a questo). Questa è la realtà dell'Assessore alla Sanità.
Ecco cosa significa la riforma delle istituzioni: significa far funzionare l'esistente, dare responsabilità a coloro ché la responsabilità ce l'hanno per mandato elettorale o per accordi politici di maggioranza.
Sono contrario al fatto che questo Consiglio proceda allo sviluppo di documenti, di elaborati culturali sulle possibili riforme del federalismo e su tutte queste storie, fintanto che non si metta mano a dei meccanismi anche banali. Per esempio, non convocare le Commissioni se non c'è il numero legale garantito o scioglierle immediatamente: mettere in votazione subito, all'inizio del dibattito consiliare, alcuni provvedimenti per fare in modo che i Consiglieri partecipino alla seduta sin dall'inizio (e parlo anche per me, non parlo di nessuno in particolare). Partire quindi da queste piccole cose fino al massimo della responsabilizzazione.
Credo che questa sia l'unica effettiva e concreta direzione per fare in modo che si realizzi quello che così lucidamente il Consigliere Marchini ha detto del rapporto di trasparenza fra gente regionale e i cittadini, non gli Enti locali, ma i cittadini che sono i nostri referenti perché ci hanno eletto.
L'ultima piccola proposta, in aggiunta e per rafforzare la richiesta del Consigliere Marchini, è l'ipotesi di uno studio sulla possibilità concreta di raggiungere livelli di decisionalità politica, che non siano più nazionali o chiusi all'interno dei confini nazionali (oltre agli studi affidati all'Università che mi sembra un ottimo indirizzo), ma allargati attraverso un dibattito serrato e concreto, per lo meno alle Regioni limitrofe. Questo era il senso, non capito, del documento che presentai qualche mese fa e che chiedeva alla Giunta un'espressione anche nella direzione dell'unità politica dell'Europa. Chiedevo cosa sta facendo la Giunta regionale in merito alle scadenze europee, non quelle del mercato unico, ma quelle politiche. Se si cominciasse a lavorare nell'area della CORAO, a ragionare insieme a quelle assemblee parlamentari e a quei livelli decisionali per cercare di riflettere se sono possibili livelli decisionali politici comuni che prefiguri-no l'Europa unita, potremmo avere degli elementi in più.



PRESIDENTE

Grazie Consigliere Cucco del suo contributo. Devo dire che l'intero dibattito è stato caratterizzato da numerosissimi contributi che ne sono derivati. Ha la parola il Consigliere Riba.



RIBA Lido

La ringrazio Signor Presidente, per aver consentito e costruito questo dibattito, anche se ci sono numerose assenze sulle quali si dovrebbe riflettere. Credo che sia stata comunque una giornata intensa e che sia sensazione comune in quest'aula che la Regione, prevista dalla Costituzione, nata per essere l'anello forte dell'organizzazione istituzionale del Paese (che in una precedente fase ha effettivamente teso ad assumere questa caratterizzazione), si presenti oggi come il fattore complessivamente più debole del governo locale. Lo ha affermato anche il collega Picchioni quando richiamava un'opportuna frase di Levi, che richiamo anch'io. Credo ci possano essere delle divergenze sul grado di questa debolezza o sul come uscirne (anzi, il dibattito di oggi non ha evidenziato a sufficienza la volontà di uscirne da parte dei colleghi della maggioranza seppure in presenza di interrogativi che apprezzo), ma sul fatto in sé si è tutti d'accordo, sia noi Consiglieri che i cittadini: la Regione, così com'è, non va.
Seppure nella nostra Costituzione da un lato sia presente l'idea di uno Stato basato sulle autonorme - tra l'altro la tendenza più moderna che si sta affermando in Europa - dall'altro non c'è stata la volontà politica o la forza, nel conflitto istituzionale generalizzato, di affermare e far valere questa modernità contro i1 centralismo, inteso come concentrazione esasperata, oltreché dei poteri propri del Governo nazionale, anche di molti dei poteri naturalmente spettanti ai livelli regionali. Mi riferisco in particolare ad alcuni punti.
Prima questione. La gestione delle risorse, che non dovrebbe imporre alla Regione un'umiliante finanza derivata, privandola di autonomia impositiva o di bilancio (ma mi pare ci sia una qual certa colpevolezza nel ripetere questo tipo di denuncia senza fatti che individuino una volontà politica di modificazione rapida).
Seconda questione. La gestione delle politiche di settore: si veda la questione dei referendum di ieri L'esistenza di questa situazione a livello centrale, che va smossa addirittura con la promozione di referendum presuppone, implica e sottolinea resistenza di un conflitto forte tra l'interesse generalizzato espresso dal livello regionale e i poteri, la protervia e le prevaricazioni dello Stato centrale.
C'è poi stata l'abolizione della programmazione democratica e la riaffermazione di un neodirigismo statalistico ministeriale che presiede a tutto l'indirizzo della spesa pubblica: o la Regione trova altri ruoli al di fuori di quelli propri o soccombe, essendo uno degli elementi della filiera della "finanza, a strisce" e dei poteri derivati. Ma come pu accadere che le Regioni siano titolari di potere in ambito commerciale e dell'artigianato e che l'intera operazione, invece, funzioni interamente attraverso l'Artigiancasse, lasciando alla Regione un puro potere di consenso e di modesta gestione? Questa situazione porta ad un caotico intreccio orizzontale di funzioni fra Stato e Regione, con il soffocamento di quest'ultima sia per l'incerta definizione di spazi propri, che sono definiti come materia ma non come grado - ho già fatto l'esempio dell'artigianato - sia per il mantenimento statale di tutta la leva finanziaria: la questione del 30% dell'autonomia finanziaria delle altre Regioni europee è elemento già utilmente richiamato.
In questo modo anche la programmazione, materia fondamentale nella competenza delle Regioni, viene esautorata e depotenziata; programmazione che va intesa modernamente, nel senso che bisogna passare dai vincoli agli incentivi (non faccio qui un discorso del tutto intuibile sul moderno concetto di programmazione). E' questione di mandato, non di ceto politico anche se la questione continua ad essere riproposta, tra Regione e Stato come vertenza tra esponenti di diverso ceto politico. E' un elemento che riguarda il modello, lo spazio di funzionamento della Regione.
Mi sembra che la Regione Piemonte, in tale situazione, abbia cercato spazio e forse salvezza evolvendosi verso una grande funzione gestionale: funzione "scippata" agli enti a ciò preposti (Province, Comuni, Comunità montane, ecc.). Il collega Fiumara ha fatto una richiesta che pu sollevare interrogativi polemici, pur tenendo conto di considerazioni utili, come quella sul discorso dell'on. Martelli rispetto ad un'ipotesi di Stato federativo. Il collega si chiede: Se non avessimo la, gestione, cosa avremmo da fare, adesso?" L'interrogativo, che può essere posto discorsivamente ai fini di stabilire in quali condizioni si trova la Regione, deve trovare risposta in se stesso. Se ammettiamo di essere unicamente depositari di una funzione che ci viene attribuita in quanto scippata ad altre istituzioni, convalidiamo la nostra inutilità in quanto ente (e molti iniziano a pensarlo).
La Regione di Montpellier, con i poteri enormi delegati alle regioni francesi, conta in tutto 300 dipendenti - come risulta da studi dell'IRES perché svolge compiti di programmazione, di indirizzo, di governo, di alta amministrazione e non di amministrazione finanziaria. Stabilire che quella della programmazione è nostra funzione surrettizia sfugge comunque all'elemento principale, ovvero che le funzioni surrettizie non giustificano l'esistenza delle istituzioni o, comunque, ne tradiscono la funzione principale. Va aggiunto che questa gestione, per sua natura assessorile, quando non si regge sulla programmazione e sugli indirizzi varati dal Consiglio diventa discrezionale (e a questo riguardo si potrebbe molto discutere della questione dei poteri degli Assessori).
Noi non possiamo nemmeno sostenere di avere piani di indirizzo per la funzione degli Assessori. Prendo ad esempio, a caso, il settore dell'agricoltura: abbiamo un indirizzo per la politica montana? Non abbiamo indirizzi in alcun settore. Chiedo al Presiden-te della Giunta: non abbiamo, oltre tutto, utilizzato troppo poco i minimi compiti di indirizzo generale e di alta politica che anche in questa situazione il Consiglio regionale poteva avere, pur di delegare un po' di cose alla gestione assessorile? Dato che ritengo che su tali oggettive questioni esista sufficiente accordo tra i vari settori del Consiglio, credo che lo sforzo di oggi vada fatto con comune spirito costruttivo per individuare i percorsi reali di organizzazione e di metodo di funzionamento attraverso i quali produrre noi stessi - un processo e degli elementi di autoriforma.
In questo spirito vorrei affrontare concretamente due o tre punti. La questione del rapporto Giunta-Consiglio è uno degli aspetti generali connessi al ruolo, alla vitalità e alla funzione della politica del Consiglio in quanto tale. Come scritto nella relazione alla nostra mozione i Consiglieri regionali rappresentano la pluralità della volontà politica della comunità piemontese: la loro riunione in assemblea attraverso il libero confronto delle Idee e degli interessi esprime la centralità del Consiglio regionale, che nell'esercizio delle funzioni statutarie costituisce garanzia di molteplicità rappresentativa del popolo piemontese sia verso il governo regionale sia verso il sistema delle autonomie locali.
Dall'esperienza della legislatura in corso abbiamo tutti constatato che la cosiddetta autonomia della maggioranza si traduce in un costante volontario o meno che sia - esautoramento del Consiglio, lasciato ai suoi più semplici e dimagriti compiti deliberativi formali; l'intera decisione politica di merito e di indirizzo si concentra nell'esecutivo, rispetto alle cui determinazioni il Consiglio è chiamato a fare da obbligata e spesso rassegnata cassa di risonanza, quando non addirittura di organo estraneo e disinformato di ciò che avviene nella Regione. Di questo esito negativo sono testimoni diversi dati della situazione.
Ne elenco alcuni. Il transito di grandi operazioni di Governo, al di fuori persino della semplice informazione del Consiglio: parliamo di tutto l'intervento comunitario. In questo momento - il collega, Calligaro lo ricorda spesso- si stanno distribuendo i 500 miliardi della direttiva n.
2052, con tutto ciò che rappresenta nell'esercizio della funzione amministrativa. Di questo, il Consiglio non ha mai discusso: ma potrei citare il progetto Interreg, i progetti leader, solo attraverso le interpellanze si riesce ad avere qualche notizia, ma frammentata e incompleta. Questo vale anche per le direttive comunitarie e per i trasferimenti nazionali: ad esempio, la notizia dei finanziamenti con vincolo di destinazione e facoltà negli oggetti l'apprendiamo spesso dai giornali: "L'Assessore tale ha distribuito questo e quell'altro, la Giunta ha fatto ...". Tutto è lasciato alla discrezione della Giunta. Naturalmente non c'è un'irregolarità legislativa, per carità: esiste una volontà politica che concorre a ridurre la situazione in questi termini.
Il Consigliere Marchini questa mattina si è permesso di considerare patetico il fatto che noi riproponiamo questo argomento, che ha l'unica finalità di risollevare le sorti di questo Consiglio rispetto al grado di disinteresse, per non dire altro, in cui è caduto da parte della Regione. E sicuramente vero che il nostro modo di intendere le istituzioni è diverso da quello che usa il Sindaco Zanone o che per estensione potrebbe coinvolgere la tua parte politica: noi non abbiamo questo genere di approccio, ma di li a dire che sia patetico il fatto di proporre una questione che è stata attentamente, sia pure con gradi diversi di disponibilità, valutata da tutto il Consiglio, mi pare sia uno scivolamento, non soltanto di stile ma di concezione politica.



MARCHINI Sergio

Patetico deriva da phatos.



RIBA Lido

Sì, lo so benissimo, allora facciamo un ragionamento di estetica e di semantica; in termini politici, la cosa è invece più chiara.



PRESIDENTE

E qua non gli possiamo dare torto.



RIBA Lido

La formazione delle decisioni di indirizzo politico. Per quanto riguarda la formazione delle decisioni di indirizzo politico, il Consiglio ha a disposizione soltanto le interpellanze, le interrogazioni e le proposte di legge. Non voglio ritornare su una questione già ampiamente discussa, ma facendo riferimento alla questione infuriata del .problema rifiuti dico - faccio solo questo esempio - che esiste da più di un anno una nostra proposta di legge: che cosa osta a prenderla in considerazione e a discuterla? Osta una prevaricazione della Giunta, forte della sua autonomia politica e numerica, che non consente più al Consiglio di esprimersi come soggetto propositore.
Altro che compiti di indirizzo generale! Mi pare una grande distorsione dire "c'è una maggioranza che governa e una minoranza che controlla". No! C'è un Consiglio che governa nel suo insieme, rispettando tutte le articolazioni di cui è costituito ed ognuno ha, perché è riconosciuto statutariamente per legge, una facoltà propositiva. E un interrogativo al quale la Giunta dia adesso una risposta! Credo che le Commissioni, così come sono, non possano più andare avanti; è un punto molto concreto che è già stato ribadito. Abbiamo bisogno di Commissioni più snelle, più specifiche; bisognerà aumentare il numero e fare in modo che le Commissioni, che sono espressione del Consiglio e non della maggioranza, siano tali anche a livello della rappresentanza di Presidenza e di Vicepresidenza.
Inoltre, i lavori delle Commissioni debbono essere predisposti attraverso un organismo di concertazione; mi pare che attualmente il ruolo dei Presidenti delle Commissioni che devono semplicemente dare corso alla volontà della Giunta sia un po'- su questo. Fiumara, possiamo riprendere il discorso - umiliante e rappresenti un elemento riduttivo. Se la questione si pone in questi termini, noi non usciamo più dal problema di dare dignità al Consiglio, ed è proprio l'elemento che manca pericolosamente.
La questione della Presidenza è nota nei termini in cui la si pone: c'è una disponibilità a rivedere questa questione? Se non c'è disponibilità rischieremo di aver sì fatto un dibattito impor-tante sul quale abbiamo trovato dei punti di convergenza, ma già il fatto che non ci sarà un ordine del giorno conclusivo vuoi dire che abbiamo sollevato dei problemi che ancora una volta, vengono riassorbiti dal buco nero della situazione esistente all'interno della maggioranza.
Un punto sull'informazione, e mi avvio a concludere. Ho chiesto a degli amici, in forma rudimentale, di controllare il grado di presenza dell'istituto regionale negli organi di informazione, in particolare nei telegiornali regionali. Mi hanno detto che risulterebbe che più del 90 dell'informazione che si dà riguarda l'informazione degli Assessori o in quanto tali o in quanto, in qualche maniera, rappresentanti del Consiglio al Consiglio resterebbe meno del 10%. Se è così, è evidente che esiste un elemento distorsivo; ciò non ha bisogno di un particolare commento, ma ha invece bisogno di un particolare recupero.
Ancora stamani il Consigliere Marchini poneva il problema dell'inopportunità di utilizzare un ruolo del Personale del Consiglio - è giusto questo, Marchini - e un ruolo del personale degli Assessorati. Mi permetto di dire che è uno strafalcione in termini di concezione dell'organizzazione istituzionale, perché il personale del Consiglio, al di là delle sua capacità e della professionalità che c'è (ma c'è un problema di organizzazione), deve essere quello che concorre specificatamente a costruire la legislazione. Il personale degli Assessorati, dell'esecutivo invece, deve avere altra specializzazione. Mi rifiuto di credere che sia la stessa cosa; difatti; adesso continuiamo ad andare in giro chiedendo al centralino o alla segreteria dell'Assessore: "Chi sarà il funzionario che si occupa di questo?" Questo è un elemento che mette in totale evidenza lo scarsissimo supporto che viene dato all'attività di formazione delle leggi o delle decisioni, che è la materia precipua del Consiglio. E' un elemento che va ribadito, senza scendere adesso in ulteriori specificazioni.
Vorrei infine fare un'ultima e brevissima considerazione. L'attuale composizione del Consiglio può essere un elemento di complessità (14 - 15 Gruppi); tuttavia essa è l'espressione elettorale e politica del Piemonte e ne rappresenta l'insieme, l'articolazione, la ricchezza. L'espressione di questo insieme è il Consiglio, non può essere l'esecutivo che, per definizione, è maggioranza ed è parte. Solo facendo funzionare il Consiglio si rappresenta il Piemonte nel suo insieme e la Regione ne diventa la rappresentanza naturale e piena.
Mi pare, signor Presidente, che il dibattito di oggi possa avere avuto il merito di affrontare un grande problema, ma non ha sicuramente realizzato l'obiettivo di trovare le soluzioni; si tratta ora di vedere quale volontà politica al riguardo esprimerà il Presidente della Giunta.
Sono convinto che egli partirà, perché ne è del tutto consapevole, dal fatto che il permanere di questo tipo di situazione porterebbe ad una progressiva paralisi nell'immagine pubblica, nella funzione reale della nostra istituzione, della quale, in qualche maniera, sfamo profondamente responsabili per il mandato che il popolo piemontese ci ha affidato.



PRESIDENTE

Grazie, Consigliere Riba. La parola per un breve intervento al Consigliere Fiumara, che ritiene di dover precisare un punto.



FIUMARA Francesco

Grazie, Presidente. La mia non è una replica ma un doveroso chiarimento che devo alla Presidenza dell'assemblea e al colleghi. Non voglio fare nessuna polemica con la collega Bresso, ma dopo le cose da lei dette, credo giusto che agli atti rimangano alcuni dati, senza commento.
Nel 1991 la II Commissione si è riunita 73 volte per 153 ore; la IV Commissione 65 volte per 104 ore; la prima Commissione 56 volte per 108 ore; la III Commissione 43 volte per 63 ore. La lI Commissione ha licenziato o ha in corso di esame 33 progetti di legge, 26 deliberazioni, 5 petizioni, 6 pareri, l'interrogazione.
Osservazione sui provvedimenti giacenti in II Commissione. I provvedimenti legislativi giacenti in II Commissione di iniziativa consiliare in materia di territorio sono solo quattro e sono di recente presentazione: risalgono al mese di novembre 1991; mentre occorre rilevare che la proposta di legge n. 108 (marzo '91) è stata assegnata per l'esame referente congiuntamente a ben tre Commissioni (II, III, IV), quindi è di difficile calendarizzazione.
Discorso a parte meritano le proposte di legge n. 3 e 4, "Beni storici", per cui l'iter di esame è stato portato fino all'espletamento delle consultazioni; successivamente ci si è fermati - concorde il primo firmatario collega Chiezzi - per attendere le determinazioni della Giunta regionale.
I provvedimenti legislativi di iniziativa consiliare in materia ambiente giacenti in II Commissione sono più numerosi, in particolare nell'area parchi giacciono sette provvedimenti. A tale proposito, è opportuno ricordare ché la Commissione ha dovuto affrontare in via assolutamente prioritaria l'esame di tutti i progetti di legge in materia di cui due di iniziativa dei Consiglieri, relativi all'attuazione dei piani parchi in scadenza a dicembre 1991.
Circa i provvedimenti In materia di inquina-mento, la Commissione ha affrontato e sta affrontando testi normativi assai corposi quale: Piano bonifiche, Direttiva Seveso, Acque sotterranee, Problema ACNA, Disciplina scarichi civili. Criteri per il recupero delle aree degradate che molto lavoro e molto tempo hanno richiesto.
In materia di tutela dell'ambiente, la Commis-sione ha già iniziato l'iter per l'esame dei progetti di legge sulla caccia, di cui uno è di iniziativa consiliare e certamente molte sedute dovrà dedicare a tale tema.
Altri provvedimenti in materia di energia, inquinamento ecc, hanno impegnato la Commissione: come detto, ha registrato Il più alto numero di sedute e di ore di lavoro globale nel 1991.
Voglio aggiungere ancora, per chiarezza dei colleghi, che la Commissione ha concordato di trasmettere tutte le proposte di legge di iniziativa consiliare alla Giunta per avere un preventivo parere, ove lo ritiene.



PRESIDENTE

La parola al Presidente della Giunta regionale, Brizio.



BRIZIO Gian Paolo, Presidente della Giunta regionale

Signor Presidente, colleghi Consiglieri, aprirò questo intervento intanto esprimendo apprezzamento alla Presidente del Consiglio e al Consiglio intero per la presentazione del dibattito, per il tipo di dibattito che c'è stato, per i contributi che sono pervenuti. E lo aprir anche leggendo, a paga 23 del nostro documento di "Linee programmatiche di medio termine della Giunta regionale" presentato in settembre: una mezza pagina soltanto perché mi pare inquadri il problema della riforma regionale nel contesto di quanto è emerso dal dibattito, cioè nel contesto europeo e nel contesto della presenza del Piemonte, come tale, in questo quadro.
"L'esigenza del rilancio delle Regioni - scriviamo su un documento non ancora discusso, ma presentato da quattro mesi all'attenzione del Consiglio è avvertita particolarmente con riferimento ai problemi del Governo e del coordinamento della complessità locale. Le pubbliche amministrazioni infatti si trovano a dover affrontare questioni sempre più complesse e quantitativamente sempre più rilevanti Quando il sistema si fa troppo complesso, una gestione efficiente può realizzarsi solo grazie a quella che nella, teoria dei sistemi viene definita come decomposizione. Occorre rafforzare le autonomie dei sottosistemi e stabilire efficacia e interazioni tra queste ed il sistema complesso. Ciò significa che nella gestione di una società moderna, la dimensione regionale diventa una dimensione strategica E poiché ci sono alcuni problemi che invece devono essere affrontati su scala sovrannazionale, ci deve essere un rapporto stretto fra questi due livelli. In questa situazione economica difficile in questa situazione istituzionale complessa a Livello europeo si sente forte nel nostro Paese l'esigenza di una riforma dell'istituto regionale di un suo adeguamento alla mutata realtà sociale ed economica del Paese can: particolare riferimento al rilancio e alla chiara definizione del nido delle Regioni a statuto ordinario".
Mi pare che questo riprenda in pieno la prima parte dell'intervento di Marchini, quando si poneva il problema dell'importanza della programmazione nell'area vasta, della necessità di rilanciare l'istituto regionale nel quadro della prospettiva europea e anche nel quadro della posizione specifica e della specificità del Piemonte che, per quello che riguarda l'Italia - noi lo abbiamo sostenuto ripetutamente - è la porta verso l'Europa.
C'è l'esigenza di rilancio dell'istituto regionale come c'è a livello europeo. Nell'ultimo intervento si è parlato attentamente (mi pare che sia stato Cucco) della necessità di confrontarci a livello europeo. Noi ci stiamo confrontando, le posizioni sono molto articolate e diverse. Le Regioni francesi non hanno potere legislativo, hanno soltanto potere di programmazione e quindi si giustificano la presenza di pochi dipendenti e i poteri limitati che essi hanno, che devono essere superati, per cui c'è una tendenza a richiedere poteri maggiori all'interno del quadro francese. Nel quadro tedesco, invece, la Regione è molto più forte, è anche più estesa la funzione di lander; è un quadro molto articolato che necessita un confronto e che ci porterà, anche a livello nazionale, a delle posizioni che sono in chiara evoluzione.
La Consigliera Bresso ha fatto un discorso molto incentrato sul confronto europeo, sulla necessità che i membri di governo non facciano parte delle assemblee, cosa che si sta proponendo anche a livello di Parlamento nazionale (lo propone per esempio il mio Partito). Sotto questo profilo, devo dire alla collega che all'estero il Presidente della Regione Rhone-Alpes è deputato; il Sindaco di Parigi è deputato: non ci sono le incompatibilità che noi ci siamo creati e che fanno siche la Regione molto spesso sia un isola sotto questo profilo; non ci sono difese corporative di parlamenti, c'è un quadro tutto diverso, è una cosa molto diversa. Allora dovremmo fare una riflessione anche su questo aspetto, perché molto spesso noi ci creiamo delle normative troppo vincolanti che poi non ci consentono di esplicare concretamente il quadro dei nostri impegni.
L'interesse intorno alla Regione è molto ampio, c'è l'esigenza di una riforma, è sentita l'esigenza di un rilancio dell'istituto regionale per le ragioni che ho detto e per un complesso di altre ragioni. Tanto è sentito che, per la prima volta anche sotto il profilo sociale, la Confindustria ha sentito la Giunta regionale nell'anno precedente due volte, ha ritenuto di fare una riunione dei Presidenti a Roma, ci ha invitati ad un confronto sulla riforma regionale proprio in questo quadro di connessione europea.
Peraltro c'è, ed è stato rilevato anche in questo dibattito molto ampiamente, una grossa contraddizione: si annuncia e si dice da tutte le parti che la Regione deve essere potenziata, che le riforme devono essere compiute nel senso del rafforzamento dell'istituto regionale, del decentramento, e nel concreto, invece, si creano difficoltà sempre maggiori all'operare delle Regioni, si distribuiscono minori risorse, si danno minori possibilità operative.
Nella Conferenza Stato-Regioni assistiamo perennemente - pure è stato un passo avanti, perché è l'incontro quasi istituzionale fra i Presidenti delle Giunte regionali e il Governo sui grandi terni - ad un difficile rapporto; in un primo tempo si dovevano affrontare le grandi scelte, e questa Conferenza ha perso terreno ed è scesa ad esaminare i fatti più minuti, senza uscire con posizioni chiare (e quando queste posizioni hanno ottenuto attenzione dal Governo, sono state cassate dal Parlamento).
C'è anche questo aspetto; riferendomi al Parlamento non voglio dire opposizione, ma maggioranza e opposizione del Parlamento nazionale, perch molto spesso questa sensibilità sfugge e nel concreto va avanti un disegno accentratore. E' da questa contraddizione che dobbiamo uscire, se vogliamo arrivare alla rifornita dell'istituto regionale, al nuovo regionalismo.
C'è una ripresa di competenza da parte del Governo e del Parlamento mi riferisco all'intervento del collega Tapparo - molto puntuale in proposito. Lo abbiamo visto con la L. 183; lo abbiamo visto con il bacino del Po; dove molte decisioni vengono centralizzate l'abbiamo scritto recentemente una lettera in proposito); l'abbiamo visto in altri provvedimenti, ad esempio, quelli che riguardano il 60% delle quote destinate al Sud, che , poi non viene utilizzato e viene ripresentato con ritardo perché questa quota non è più corrispondente alle vere esigenze del Sud, lo vediamo in alcune scelte di alcuni Ministeri, per cui ci siamo trovati a richiedere ultimamente al Governo, nella Conferenza Stato Regioni, di distribuire dei fondi che abbiamo analizzato essere intorno ai 5 mila miliardi appartenenti ai Ministeri che non hanno competenze nazionali, ma che dovrebbero essere di competenze regionali, nonché la ridistribuzione e l'inserimento nel fondo nazionale delle Regioni.
Non abbiamo però avuto alcun risultato perché, malgrado la promessa del Ministro Martinazzoli, la Commissione Bilancio non ha ritenuto di fare questo storno di bilancio e di ripotenziare il fondo regionale. Questi sono i fatti concreti del rapporto che abbiamo giorno per giorno, sia in Conferenza Stato-Regioni sia nei rapporti bilaterali.
Si è parlato di sanità; ancora ora il Consigliere Cucco ha sollevato il problema della sanità e degli interventi che si stanno facendo, che si stanno studiando. Non sono stati assunti dei provvedimenti particolari, ma si sta studiando il problema, anche perché la Regione deve fare la propria parte, ma non può caricarsi soltanto l'onere del taglio della spesa di fronte ad una posizione non chiara rispetto agli standard nazionali imposti ed al costo complessivo di questi standard.
Dall'incontro di ieri è emerso che, mentre la finanziaria attribuisce alle Regioni 80 mila miliardi, cioè 4 mila miliardi in meno di quelli distribuiti finora per il 1991 (quindi una somma inferiore, senza tener conto dell'inflazione), mentre viene stabilita questa cifra in base agli standard che si dovrebbero stabilire di concerto fra Regioni e Governo secondo i calcoli che gli uffici tecnici della Commissione regionale del Cinsedo hanno fatto, il costo complessivo degli standard per il 1992 sarebbe di 97 mila miliardi, con una differenza di 17 mila miliardi.
Il discorso deve essere chiaro: o ci sono maggiori risorse o si stabilisce chi deve contribuire per pagare questa differenza, se è l'utente e con quali modalità o con quali tagli di prestazioni e di standard. Questo non può essere deciso dalle Regioni, le Regioni si rifiutano di deciderlo ciascuna per se stessa: deve essere una linea nazionale a stabilire determinate modalità di intervento, sulle quali poi operare e muoversi.
Non vorremmo trovarci nuovamente fra le Regioni che fanno le "prime della, classe" nella disciplina e nell'applicazione dei tagli e trovarne però altre che non, provvedono, per cui alla fine si arriva ad una generale sanatoria. Questo è il fatto complesso e grave sul quale ci stiamo misurando, fatto di estrema gravità! Quindi, è vero che ci sono entrate maggiori per i tickets che devono essere quantizzate, è vero che possono essere rifatte le convenzioni, ma devono essere attribuiti alle Regioni i poteri per potersi muovere su questo terreno. Questa è la grande vertenza in atto: per il Piemonte significa qualcosa come 700-800 miliardi e vuol dire liquidare tutte le possibilità di risorse che abbiamo, anche la possibilità di indebitamento della quale abbiamo parlato nell'ultimo dibattito - sempre che venga confermata anche dal Parlamento la decisione che il Governo ha assunto venerdì scorso, cioè di consentire la tassazione a partire dal '92 delle 50 lire sul metano, anche per il metano industriale, ponendo anzi l'obbligo delle 10 lire obbligatorio per tutti per il metano industriale (le 10 lire che abbiamo votato sono diventate obbligatorie per tutti a partire dal 1992, quindi non per il 1991).
C'è una situazione molto difficile, un rapporto molto aspro con il Governo e con il Parlamento che riguarda le competenze regionali e le risorse da attribuire alle Regioni. Le Regioni propongono - e voi lo sapete molto bene - che debba andare avanti la richiesta di modifica dell'ari. 117 della Costituzione relativamente all'ampliamento delle competenze; deve andare avanti la modifica dell'art. 118 per quanto riguarda le funzioni amministrative ed è questo il senso della proposta referendaria votata ieri I Presidenti delle Giunte si sono trovati ieri (rappresentavano 17 Regioni, non solo 11), e voteranno l'adesione alla proposta referendaria.
Non la interpretiamo come un'ulteriore "picconata" al sistema nel senso espresso dal Consigliere Miglio sul "Corriere della Sera" di questa mattina, bensì come una riconferma della necessità di provvedere a modificare l'art. 117 della Costituzione, come promesso dal Governo. Il Governo Andreotti aveva messo in programmala modifica dell'art. 117 della Costituzione, poi è stata portata avanti dalla Commissione Labriola, cui ha fatto cenno il Presidente del Consiglio nel suo intervento di stamani, in una modifica radicale dell'approccio alle competenze.
Tutte le competenze sono regionali, salvo quelle che lo Stato si trattiene, quindi è una fondamentale modifica dell'approccio alle competenze. Il referendum deve servire a questo. Nella riunione di ieri si è detto che i referendum si dovrebbero tenere nel 1993: il nuovo Parlamento ha di fronte a sé più di un anno per avviare una risposta puntuale e precisa che eviti il ricorso referendario sulle proposte delle Regioni, che hanno una loro validità.
Potevano anche essercene altre. Questa mattina è stato detto giustamente che il Ministero delle aree urbane è uno scippo alle competenze regionali, assai più di altri. Il problema del Ministero dell'Industria, al di là dei ragionamenti del Consigliere Tapparo che possono avere una validità sulla politica industriale, è soprattutto incentrato sul fatto che il governo del Ministero è sull'industria, sul commercio e sull'artigianato. Quindi ci sono due competenze, commercio e artigianato che sono espressamente nostre in base all'art. 117 della Costituzione, che dovrebbero essere scisse dalla revisione del Ministero.
Quindi: modifica delle competenze, attribuzione diversa di risorse (che mi pare il centro della questione), distribuzione di risorse nazionali alle Regioni, che significa una quota di Iva e di Irpef anche alle Regioni a Statuto ordinario. Anche questa proposta deve essere portata avanti.
Imposte e capacità impositiva delle Regioni in funzione delle competenze che alle Regioni vengono attribuite: questa è la linea di richiesta sulla quale può nascere il nuovo regionalismo.
Infine, il discorso del controllo. Il controllo legislativo da parte del Governo può anche essere ammesso; quello che invece non è più proponibile è il controllo da parte del Commissario di Governo sulle deliberazioni regionali. Siamo in una situazione in cui gran parte delle deliberazioni dei Comuni non sono più soggette al controllo, mentre deliberazioni gestionali (toccherò poi il problema della gestione), che non vorremmo neanche avere sulle spalle, vengono assoggettate al controllo del Commissario di Governo e di una Commissione, tra l'altro mista, con la presenza della Corte dei Conti e con la presenza soltanto In parte di funzionari nominati dal Consiglio regionale del Piemonte. Il problema del controllo deve essere radicalmente rivisto, e in tal senso esiste un impegno del Ministro Martinazzoli.
Nuovo regionalismo significa un taglio completamente diverso nelle competenze e nelle risorse, ma non vuol dire automaticamente adesione ad un'impostazione federalistica: questo va chiarito. Noi siamo comunque per lo Stato unitario, almeno questa è la posizione della Conferenza dei Presidenti delle Regioni. Riteniamo che l'impostazione regionalistica debba essere un'articolazione forte dello Stato unitario, con la possibilità di attribuzione di competenze puntuali da svolgersi in piena e reale autonomia da parte delle Regioni.
Si è parlato del problema Consiglio-Giunta. Certo, la centralità del Consiglio è fondamentale; la storia della democrazia e delle assemblee ha comunque sempre visto, ancor prima che ci fosse la partitocrazia, dei rapporti estremamente dialettici tra Governo e Parlamento, e il nostro è un piccolo Parlamento.
E' sufficiente leggere "1 moribondi di Palazzo Carignano" di Petruccelli della Gattina, per vedere cos'era il Parlamento di allora; se si pensa a Cavour che correva in via Accademia delle Scienze per raccogliere i Deputati uno alla volta (perché, pur non essendoci la partitocrazia ed i partiti, c'erano comunque gli uomini da convincere per fare la maggioranza, compito ancor più complesso e difficile), destando le ironie di Brofferio, con la sua poesia, si capisce come il rapporto tra assemblea ed esecutivo sia sempre stato complesso e difficile e che non pu essere semplificato.
Tuttavia, ribadisco che la centralità del Consiglio è fuori discussione. Chi, come me, è stato in quest'aula dal 1980 e ha vissuto l'esperienza di svolgere per 8 anni funzioni di direzione di Gruppo certamente importanti e interessanti, sa che il problema della centralità del Consiglio non è nuovo.
Dicevo al Presidente Spagnuolo che sul potenziamento delle strutture consiliari in questa legislatura si sono fatti più passi avanti che in quelle precedenti nella dotazione di maggiore personale e nella possibilità di adire all'esterno. Rispetto al passato, Consigliere Fiumara, è così; è poco e ritengo che si dovrà andare avanti, però bisogna ammettere i passi compiuti e non ignorare la strada percorsa in questo periodo. La centralità del Consiglio è fuori discussione; il Consiglio per noi è un'assemblea legislativa e politica.
Si tratta di grandi funzioni: la funzione legislativa, che manca, come dicevo prima, alle regioni francesi e che è di grande valore; la funzione politica, per quel che riguarda la creazione e l'impostazione di una maggioranza di governo che rende conto al Consiglio nei rapporti tra maggioranza e opposizione, che sono quelli che si ripercuotono anche nel lavoro delle Commissioni, nei rapporti nelle maggioranze e all'interno delle Commissioni stesse.
Sono state fatte delle modifiche regolamentari e probabilmente ne sono necessarie altre. Qualcuno ha parlato del contenimento degli interventi qualcun altro ha parlato di diverse possibilità di intervento; teniamo conto del fatto che qui manca completamente - parlo dal punto di vista del governo - il ricorso, per esempio, al voto di fiducia per bloccare dei provvedimenti di fronte a possibili ostruzionismi, che finora non ci sono stati, ma è un'ipotesi che potrebbe verificarsi.
E' stata modificata positivamente e non utilizzata - responsabilità probabilmente anche nostra e del Governo - la possibilità di andare in Commissione in sede redigente. Noi ci impegniamo a proporre taluni provvedimenti in quella sede, perché riteniamo sia il luogo più adatto per approfondire i testi, in modo da arrivare ad esprimersi in aula non in un dibattito esasperato sugli emendamenti, ma nella sostanza di talune soluzioni.
Stamani ci è stato chiesto con forza dal Consigliere Grosso se noi crediamo nell'autonomia funzionale del Consiglio. Certamente; siamo anche favorevoli a portare avanti per quanto possibile il discorso del ruolo separato del Consiglio.
Si pone però un problema: l'Ufficio di Presidenza non è un organo bisognerà studiare il modo per arrivare alla possibilità legislativa. Gli organi della Regione sono tre: il Consiglio, la Giunta, il Presidente della Giunta. L'Ufficio di Presidenza è un organismo presieduto dal Presidente del Consiglio che rappresenta il Consiglio, del quale bisogna definire le competenze per eventuali atti a valenza esterna di conduzione del personale.
Siamo comunque intenzionati a superare questo nodo. Ieri, nell'ultima seduta, la Giunta ha anche approvato il disegno di legge sulla costituzione dell'Ufficio di Gabinetto per la Presidenza del Consiglio; per parte nostra, riteniamo si debba fare ogni sforzo per dotare di maggiore personale le Commissioni. E' infatti emersa la necessità di avere personale preparato sotto il profilo legislativo che sia di supporto ai Presidenti di Commissione, e ciò mi pare giusto. Una maggiore specializzazione può forse nascere dal ruolo autonomo del Consiglio. Teniamo però, presente che con il ruolo autonomo nascerà sì una maggiore specializzazione, ma il passaggio dal Consiglio alla Giunta dovrà avere qualche vincolo legislativo.
Credo che questa possa essere la strada giusta per il rafforzamento dell'attività legislativa del Consiglio, attività che la Giunta ritiene debba essere rafforzata e per la quale c'è la nostra disponibilità.
La Giunta è consapevole di essere espressione del Consiglio e di dover rendere conto al Consiglio della sua stessa esistenza, oltre che del suo lavoro e del suo impegno.
Parlando della legge 142, si diceva che oggi, checché se ne creda tutto va in direzione del rafforzamento della possibilità operativa degli esecutivi; non si può pensare che questo non avvenga nel discorso regionale e nella nuova figura regionale; anche lo stesso nuovo regionalismo va su questo terreno.
Più daremo competenze alle Regioni più dovremo pensare che l'esecutivo ha un compito di governo, più che di gestione, che non può essergli sottratto.
Sulle competenze Giunta-Consiglio, abbiamo avuto all'inizio di questa legislatura qualche incomprensione; abbiamo cercato di superarle forse non nel modo migliore o in quello ipotizzato da tutti. Siamo comunque sempre disponibili, sia in sede regolamentare sia in qualunque altra sede, a fornire tutti i chiarimenti necessari, perché non abbiamo nessun interesse e nessuna intenzione di non tenere conto del ruolo fondamentale del Consiglio e delle Commissioni.
Per quanto riguarda i rapporti Regione-cittadini, Regione-Enti locali il destinatario finale - come diceva il Consigliere Marchini - è il cittadino di ogni amministrazione pubblica, e questo è ben chiaro ed evidente. Noi siamo al servizio dei cittadini, però ogni ente ha la sua specificità. Pensare di non avere un rapporto con gli enti locali è impossibile, ma bisogna dire che è necessario rafforzare e rendere più compatto proprio il sistema degli enti locali, e sotto questo profilo va rivista tutta la legislazione regionale.
La legislazione regionale va semplificata, sia quella indirizzata al cittadini sia quella indirizzata agli enti locali, e nel nostro programma abbiamo cercato di fare qualcosa in proposito. La stessa modifica della legge urbanistica è in questo senso; potremmo citare altre modifiche, come quella della legge della programmazione; ne stiamo studiando altre che vanno nell'ambito della semplificazione legislativa. Certamente questa semplificazione legislativa ha un suo valore e un suo significato se portata avanti da tutti; un proliferare di ulteriori leggi non serve a nessuno.
Cogliendo l'intervento finale del Consigliere Fiumara, il quale ha proposto di trasmettere i disegni presentati dai gruppi di minoranza alla Giunta per un parere, dico che siamo disponibili a farlo con grande tempestività.
Certamente dobbiamo tenere conto del fatto che ci vuole unicità d'indirizzo di fronte a debolezze del quadro finanziario che non consentono il proliferare di leggine né da parte dell'Assemblea, né da parte della Giunta.
Si è colta l'occasione, anche per fare un tipo di discorso diverso, per dire che se la Regione è in crisi non è soltanto perché ci vuole un nuovo regionalismo, perché è aperto un confronto con lo Stato, perché ci sono delle carenze di risorse, ma anche per il lavoro che la Regione fa. Su questo posso anche concordare.
In questi 22 anni la Regione ha compiuto parecchio lavoro e parecchi errori. E' stata governata da maggioranze diverse, da forze politiche diverse, si sono fatte leggi-quadro significative, leggine che oggi sentiamo il bisogno di modificare perché troppo vincolistiche, si è dato un ruolo di governo non sufficientemente puntuale; si può criticare anche il lavoro compiuto. Penso che le Regioni siano meno colpevoli del centralismo che ha guidato le impostazioni generali del Paese e, nel complesso, ritengo che un certo lavoro sia stato compiuto anche in questo anno e mezzo.
Il Consigliere Chiezzi ha presentato un'analisi interamente negativa ma è tutta capovolgibile. Nella Conferenza stampa di fine anno abbiamo elencato tutto quello che stiamo facendo sui tre obiettivi di fondo, che sono quelli di creare le condizioni per la ripresa del Piemonte, nel campo infrastrutturale, delle infrastrutture fisiche e immateriali, nel campo dell'in-novazione dove abbiamo fatto un lavoro molto importante, e adesso stiamo spingendo anche per i parchi scientifici e politecnologici. E' uno sforzo che portiamo avanti su questo terreno senza dimenticare l'attenzione all'ambiente e ai servizi sodali, che vediamo attaccati a fondo dalla situazione di bilancio e dalla situazione economica del Paese.
Quindi, non ci sentiamo inattivi, ma profondamente attivi ed animati non da rassegnazione, ma da determinazione e quindi; sotto questo profilo anche da un po' di ottimismo.
Non credo serva una nuova edizione della cultura della crisi, non credo servano battaglie condotte anche all'insegna del più sano ambientalismo contro le infrastrutture dello stesso tipo di quelle condotte in passato contro le opere faraoniche.
Credo che serva invece lavorare con impegno per cogliere tutte le opportunità. E' quello che stiamo facendo in questo momento con grande impegno, rendendoci conto delle difficoltà esistenti. Ribadisco quello che ho scritto in un articolo per "La Stampa", che ho dovuto ampiamente tagliare, perché avevo scritto il doppio dello spazio che mi veniva assegnato. Ritengo che stiamo lavorando nel senso giusto, perché il Piemonte possa uscire dalle difficoltà che sta vivendo oggi.
Per quello che riguarda il lavoro della Regione nel suo complesso, non del suo governo, mi unisco all'ottimismo sul nuovo regionalismo con il quale il Presidente del Consiglio ha aperto questa assemblea.
Quell'ottimismo era stato rilevato anche dal collega Grosso nel suo intervento, anche se in senso critico.
Se non crediamo di poter migliorare le nostre istituzioni e di poterle riformare, è inutile il nostro impegno e il nostro lavoro.
Penso che, invece, il nostro impegno e il nostro lavoro siano utile e possano avere degli sbocchi. E' per questo che concludo il mio intervento con una nota di ottimismo sulla riforma regionale e sul lavoro della nostra Regione.



PRESIDENTE

Il Consiglio mi consenta un attimo soltanto per cercare di fare una riflessione e programmare i lavori. Mi è sembrato che questo dibattito non sia stato un dibattito di maniera. Ho preso nota di tutti gli interventi 'e tutti hanno avuto delle proposte e delle originalità. A seguire questo dibattito c'è stata in aula una presenza estremamente significativa e superiore ad altri momenti, nei quali, comunque, si svolgevano argomenti di elevato interesse, di approvazione di leggi o deliberazioni importanti.
Probabilmente - e qui voglio essere molto franca - non tutti sono convinti di questo; è comprensibile, probabilmente avrebbero potuto esserci più presenze e più contributi. Non credo che questo di per sé abbia tuttavia importanza, perché l'importanza è che cresca in noi reciprocamente, nei contributi che diamo al dibattito, la consapevolezza che siamo parte di un processo riformatore molto forte ed importante.
Mi è sembrato non un dibattito di maniera nel quale i vecchi Consiglieri - mi sia permesso definire così coloro che hanno esperienza di tanti anni, e non penso soltanto al Consigliere Marchini per i contributi che ha dato, ma a tantissimi altri che sono intervenuti - sono stati parte di questo dibattito, con la stessa passione dei nuovi.
Questo mi sembra molto importante, perché bisogna sempre guardare alle logiche di continuità che un ente può avere. Credo che non possiamo delegare - e quando dico noi intendo tutti i Consiglieri, Giunta e Consiglio - questo processo riformatore ad altri.
La riforma delle Regioni e il nuovo regionalismo avverrà certamente in un forte processo politico che porterà in questa direzione, ma con un ruolo forte delle Regioni e dei singoli Consiglieri all'interno di queste. Se noi parliamo di nuovo regionalismo - e abbiamo ieri approvato dei referendum di abrogazione di alcuni Ministeri - coloro che più di altri dovranno essere protagonisti di questo nuovo regionalismo saranno proprio i nostri rappresentanti dell'esecutivo; perché ad essi spetta la parte di trincea ed anche di gestione operativa delle riforme. Questo dibattito è stato estremamente utile anche per l'esecutivo, e lo spirito dello stesso credo debba essere raccolto in maniera molto franca e molto seria da parte dei singoli componenti esecutivi.
Ringrazio il Presidente della Giunta, il quale ha seguito questo dibattito dall'inizio alla fine. E' un dibattito di tutti noi; non ci sono da una parte gli uni e dall'altra gli altri, perché sarebbe illusorio pensare che l'immagine della Regione sia fatta soltanto dall'esecutivo o soltanto dal Consiglio e, al di là dell'immagine, che il futuro della Regione sia costituito soltanto dagli esecutivi o soltanto dai Consigli.
Non avviene per nessuna assemblea, non avviene certamente per le realtà regionali, considerato il grande, profondo e oggettivo livello di crisi nel quale vengono a trovarsi.
Desidero concludere dicendo che il dibattito è stato così ricco che io stessa ritengo - anche per la consultazione che ho avuto con i Capigruppo e per non far perdere ulteriore tempo - che non si possa concludere con la votazione di una mozione odi un ordine del giorno, così come essi sono stati presentati. Avevo preparato un contributo conclusivo che consegner al Capigruppo. Ringrazio fin da adesso i funzionari che si sono impegnati a farci avere per lunedì prossimo il resoconto di questi nostri lavori.
Pertanto, una Conferenza ad hoc dei Capigruppo potrà esaminare le numerosissime proposte e dividere gli interventi operativi da quelli legislativi, regolamentari, di carattere costituzionale o istituzionale. Si potrà quindi elaborare un documento che io credo debba essere portato alla votazione di questo Consiglio, in modo da avere una scaletta dei momenti e dei fatti organizzativi e deliberativi che dovremo portare avanti. Non abbiamo perso tempo; evidentemente le opinioni sono diverse. Mi rendo perfettamente conto che chi ha scadenze di ordine operativo che premono sulle proprie responsabilità potrebbe avere questa sensazione; noi dobbiamo però capire, negli anni -90, qual è il grande cammino e qual è la direzione nei quali tutti insieme vogliano e possiamo andare. In questo senso ringrazio tutti coloro che hanno partecipato al dibattito e coloro che non vi hanno partecipato. E' stato comunque un momento di crescita; dobbiamo fare in modo che non sia soltanto un momento di dibattito, ma una fase operativa che si avvia anche sotto il profilo istituzionale.


Argomento: Province

Esame proposta di deliberazione n. 346: "Indizione di una consultazione popolare, ai sensi dell'art. 64 dello Statuto regionale, per l'individuazione dei Comune cui accorpare, previa unificazione, i territori della frazione Mappano, attualmente divisa fra i Comuni di Borgaro Torinese, Caselle Torinese, Leinì, Settimo Torinese, Torino, e definizione delle relative modalità di svolgimento, ai sensi dell'art. 102 dei Regolamento consiliare"


PRESIDENTE

Passiamo ora al punto 9) all'o.d.g. che prevede l'esame della proposta di deliberazione n. 346. Essendo già contenuta nel titolo la natura del provvedimento, passiamo all'esame dei seguenti emendamenti: 1) Emendamento presentato dai Consiglieri Grosso, Monticelli, Tappano e Carletto: "Gli ambiti degli unificandi territori di Mappano saranno delimitati da ciascuno dei cinque Comuni interessati ed approvati con atto deliberativo adottato entro il 10 febbraio 1992. In caso di mancata osservanza da parte di uno dei Comuni del termine predetto, la Regione valuterà se indire comunque la consultazione nel territorio dei Comuni che hanno adottato le deliberazioni richieste".
Pongo in votazione tale emendamento.



(Poiché i Consiglieri Segretari sono assenti, a norma dell'art. 7 comma II del Regolamento interno, il Consigliere Miglio viene designato dal Presidente a tener nota delle singole votazioni)



PRESIDENTE

Chi è favorevole è pregato di alzare la mano.
Tale emendamento è approvato con 33 voti favorevoli.



PRESIDENTE

2) Il punto 9 è sostituito dal seguente: "Volete che il territorio della frazione Mappano del Comune di.....
quale risulta individuato e delimitato con la deliberazione del Consiglio comunale n, del , venga unificato con quelli delle frazioni Mappano dei Comuni di ....., ....., ....., .....? SI/NO In caso affermativo, a quale dei seguenti Comuni volete che venga accorpato? Borgaro Torinese Caselle Torinese Leinì Settimo Torinese.
Torino (contrassegnare con una crocetta nell'apposito quadratino il Comune prescelto. E' ammessa una sola risposta indicante un solo Comune). Saranno predisposte 5 differenti schede: una scheda per gli elettori di Mappano di Borgaro Torinese, una per quelli di Mappano di Caselle Torinese e così via per i cinque Comuni interessata".
Pongo in votazione tale emendamento.
Chi è favorevole è pregato di alzare la mano.
E' approvato con 33 voti favorevoli.
La parola al Consigliere Sartoris per dichiarazione di voto.



SARTORIS Anna

Non faccio parte della Commissione competente quindi non avevo preso visione del provvedimento. Vorrei far notare che, anche se qui si vuole chiedere un sì o un no; credo che, per completezza, bisognerebbe aggiungere un punto per sapere se le frazioni aggregate a Borgaro, Caselle, Leinì Settimo Torinese, Torino, vogliono diventare un Comune per conto loro.
Visto che stiamo facendo una consultazione, ci servirebbe sapere se, pur non avendolo scritto nella loro petizione, hanno questo desiderio. Propongo un emendamento, che formulo verbalmente: sotto "Torino" scrivere: "far parte di un Comune per conto loro". Mi pare che non desiderino essere aggregati a Borgaro, a Caselle, a Leinì, a Settimo o a Torino, ma desiderino essere un Comune per conto loro, visto che numericamente possono costituirlo.



PRESIDENTE

Mi sembrava che i Consiglieri che hanno seguito questo problema originariamente fossero della linea che lei in questo momento sta proponendo e questa era la proposta avanzata ante legge n. 142/90. La legge n. 142/90 pone però un tetto di diecimila abitanti, per cui non possiamo accedere alla sua proposta.
Non essendovi altre richieste di parola, pongo in votazione la deliberazione, il cui testo emendato verrà trascritto nel processo verbale dell'adunanza in corso.
Chi è favorevole è pregato di alzare la mano. La deliberazione è approvata con 33 voti favorevoli.


Argomento: Opere idrauliche ed acquedotti

Esame proposta di deliberazione n. 333: "DGR n. 191-11086 - Programma di ERP per il biennio 1990/1991. Legge 11/3/88, n. 67. Deliberazione CIPE dei 30/7/91. Riparto dei fondi per l'edilizia sovvenzionata ed agevolata convenzionata e modalità per la localizzazione degli interventi. Finanziamento di L. 305.637 milioni in conto capitale e L. 7.357 milioni in conto interessi"


PRESIDENTE

Passiamo ora al punto 15) all'o.d.g.: "Esame proposta di deliberazione n. 333".
La parola all'Assessore Carletto.



CARLETTO Mario, Assessore regionale

Ringrazio il Presidente che mi consente di esaminare questa deliberazione la quale, in verità, era all'o.d.g. dell'ultima seduta del Consiglio del 1991, e avrebbe dovuto essere approvata in quel momento su indicazione del CER Ho evitato di assumere questo atto deliberativo con i poteri del Consiglio in Giunta dopo aver verificato che era possibile approvarla in aula anche entro il mese di gennaio, e spero lo si possa fare stasera.
La deliberazione, che le forze politiche ben conoscono, è stata ampiamente discussa in Commissione: si tratta del programma di edilizia residenziale pubblica per il biennio 1990-1991, sulla base della deliberazione del Cipe che ha affidato alla Regione Piemonte finanziamenti per poco più di 300 miliardi per l'edilizia sovvenzionata (ci consentiranno di realizzare circa 2.503 mila alloggi da dare in locazione) ed un finanziamento di 7 miliardi e 300 milioni circa, per interventi di edilizia agevolata, in favore di cooperative e di consorzi di imprese in conto interessi, che ci permetteranno di realizzare circa altri 1000 alloggi in Piemonte. Dati precisi li avremo solo dopo aver definito le somme residue che potremo recuperare sui vecchi bienni per effetto di revoche sostanzialmente si tratta di un finanziamento che consentirà di realizzare più di 4.000 alloggi nella nostra Regione.
Mi sembra giusto sottolineare che il finanziamento riservato alla Regione Piemonte per l'edilizia agevolata è un intervento che grosso modo ricalca percentualmente gli interventi e i finanziamenti avuti nel passato per quanto attiene all'edilizia sovvenzionata abbiamo circa un raddoppio di finanziamento. Eravamo abituati a ripartire circa 150 miliardi a biennio questa volta ne ripartiamo 300: è giusto ricordarlo al Consiglio regionale come fatto positivo e come segnale d'inversione di tendenza rispetto a riparti che hanno caratterizzato le assegnazioni alla Regione Piemonte nei bienni precedenti.
E una deliberazione di straordinaria importanza che in fase attuativa sarà accompagnata da una serie di provvedimenti ed azioni ovviamente già previsti.
Ho dovuto tuttavia presentare un blocco di emendamenti che attengono ad una serie di problemi. Cito i più importanti. Per quanto riguarda le date naturalmente, abbiamo dovuto fare alcuni spostamenti per effetto del ritardo di un mese nell'approvazione della deliberazione. Ci sono poi emendamenti relativi agli ambiti territoriali; abbiamo equiparato l'edilizia agevolata alle scelte compiute per la sovvenzionata individuando come ambito territoriale anche quello di Biella, secondo la deliberazione del Consiglio regionale che individuava il Comprensorio di Biella come quello dov'è nato a suo tempo lo IACP.
Abbiamo anche dovuto presentare un emendamento piuttosto consistente ma che tutto sommato chiarifica l'intera problematica relativa all'intervento per lo IACP di Asti relativamente al "Michelerio", complesso edilizio che lo IACP di Asti intende recuperare: abbiamo adeguato tempie procedure alla luce anche di un finanziamento di 10 miliardi concesso dal Ministero dei lavori pubblici allo IACP di Asti appunto per questo intervento di recupero.
Le tabelle. Naturalmente abbiamo dovuto sostituirle per renderle coerenti con gli ambiti territoriali; altri emendamenti mi sembrano sufficientemente chiari da non richiedere ulteriore illustrazione.
Sono a disposizione dei colleghi per eventuali richieste di chiarimenti ed osservazioni; concludo chiedendo al Consiglio regionale di approvare questa deliberazione.



PRESIDENTE

La parola al Consigliere Rivalta.



RIVALTA Luigi

Mi spiace intervenire in chiusura di Consiglio su un argomento, quello sulla casa, che ha una rilevanza di per sé, e su cui, nel corso di questa legislatura, non abbiamo avuto altre occasioni di parlare e discutere in Consiglio regionale. Chiedo quindi alla pazienza dei presenti di poter svolgere alcune considerazioni, doverose da parte mia e in qualche modo dovute all'Assessore Carletto e agli uffici del suo Assessorato, che hanno operato per la formulazione di questo programma.
Si tratta di un provvedimento di non poco conto che voglio anch'io sottolineare e richiamare, avendo in precedenza rinunciato a parlare nel dibattito sulle questioni riguardanti la vita del Consiglio. Credo si debba anche rilevare che, emblematicamente, la discussione della deliberazione avviene alle ore 19.00, dopo due giorni di seduta. E' un provvedimento che promuove la costruzione di circa 4 mila alloggi, tra edilizia sovvenzionata e agevolata, circa 12/13 mila stanze, con questo programma si dà quindi vita e promozione alla realizzazione, probabilmente diffusa e disarticolata, di una città di oltre 10 mila abitanti. In Piemonte, i Comuni con più di 12 mila abitanti Piemonte sono circa una sessantina: noi questa sera discutiamo - sollecitati alla fretta - della costruzione di alloggi i quali, quantitativamente, se fossero concentrati in un'unica area, darebbero vita ad un nuovo Comune, fra i maggiori d'Italia. Richiamo questo fatto per sottolineare come prestiamo attenzione ai problemi e come li discutiamo in Consiglio.
Nella deliberazione si evidenzia che la formulazione del programma si attiene alla prassi e alle leggi regionali che ci siamo dati fin dalla seconda legislatura: sotto certi profili, per me che ho partecipato all'impostazione e alla formulazione di quelle leggi, è motivo di soddisfazione la lunga sopravvivenza di quell'impostazione legislativa e di metodo.
Devo però sottolineare che quella prassi e quelle disposizioni legislative hanno fatto il loro tempo sia nella concezione di pianificazione sia nella concezione procedurale; se hanno retto evidentemente qualche significato l'hanno avuto, ma credo che avrebbero avuto bisogno di aggiornamento e miglioramento.
Al tempo si era introdotto - per esempio - che il criterio di valutazione del fabbisogno fosse basato sul censimento delle schede di famiglia. Parametro di valutazione che personalmente avevo imparato ad usare, insieme ad altri colleghi, nel lavoro di pianificazione urbanistica in una situazione, quella degli anni '60, pressoché priva di conoscenza della realtà socio-economica in particolare sul problema della casa: si tratta di trarre delle valutazioni sulla situazione abitativa dalle schede di famiglia dei censimenti.
Una tale questione avrebbe dovuto essere portata avanti ed affinata creando strumenti autonomi di analisi dell'andamento del fabbisogno e non restare alla schematizzazione anche molto rozza del richiamo alle schede di famiglia, che pur avevamo fatto anche affinare, come metodo, dall'IRES.
Questa è una carenza che non addebito certo all'Assessore Carletto ma alla vita di questa Regione, anche se non ne faccio qui una questione politica di parte. Sottolineo però l'esigenza (sono le cose che avrei detto nel dibattito precedente), per un'autorevolezza del Consiglio regionale, di non fermarsi, di non lasciare ferme delle linee di approfondimento, di dotazione di strumenti, di analisi per la politica di programmazione. Non è stata portata avanti la predisposizione di un quadro operativo territoriale urbanistico e amministrativo più affinato di quanto non disponessimo 10-12 15 anni fa: sotto questo profilo, essendo venuti meno alcuni fondamenti su cui si era cominciato a lavorare dal punto di vista della pianificazione urbanistica e territoriale e della programmazione generale, delle sue relazioni con le politiche settoriali, ci troviamo ancora, per molti aspetti, in una situazione di maggiore carenza. Anche a causa della portata e delle gravi conseguenze della sentenza della Corte Costituzionale, ci siamo trovati in una situazione di crescente inefficienza della spesa regionale nel campo dell'edilizia e nell'attuazione dei programmi, come dimostrano i dati del CER.
Ho richiamato questo e non mi dilungo, ma ho sentito l'esigenza, in una discussione come questa (sul problema della casa è quella più significativa nel corso di oramai un anno e mezzo di lavoro del Consiglio), di cogliere l'occasione per sollecitare la Giunta, nella persona dell'Assessore e competente, e gli Uffici dell'Assessorato, per dar corso ad una nuova fase di predisposizione metodologica, di revisione legislativa, di predisposizione di strumenti di analisi che consentano davvero che decisioni come queste diventino un pezzo, magari anche piccolo, di una politica chiara di impostazione di lavoro per gli anni che l'attuazione di questi programmi richiedono, sia nel loro ambito settoriale (in questo caso la casa) sia per collegare queste alle altre politiche settoriali riportandole in un quadro organico generale.
Non apro qui un discorso che mi piacerebbe fare e che spero si possa fare in un altro momento: voglio pero ricordare che l'altro giorno abbiamo richiamato alla memoria la politica urbanistica di Astengo. Ebbene, io credo che quel rigore analitico che era alla base della concezione dell'urbanistica che Astengo aveva introdotto in Italia non possa essere abbandonato. La Regione si qualifica anche nella misura in cui sa poi fare scelte politiche, scelte libere, sulla base però di un approfondimento analitico delle questioni e su un'analisi approfondita per la predisposizione dei programmi e degli interventi. Sollecito quindi questo anche all'Assessore Carletto, ma più in generale al Consiglio regionale.
Venendo al dispositivo specifico di questa deliberazione, tocco solo pochi punti, stante anche qui la ristrettezza del tempo e l'abuso che sento di fare (non immotivato dato il merito del problema) su molti colleghi che devono andare via. In questa deliberazione ritrovo una certa attenuazione non so se rispetto alla deliberazione precedente, ma certamente rispetto ad anni passati che ricordo meglio per essere stato direttamente in causa sul piano operativo di alcune questioni. Mi riferisco ad esempio all'attenuazione sui piani integrati. I piani integrati sono stati in qualche misura, non dico inventati in Piemonte perché nella concezione culturale dell'operare amministrativo nel settore dell'edilizia da varie parti di questa nostra Europa era emerso e sperimentato questo indirizzo ma certo il Piemonte è stato, nella seconda legislatura, una Regione che su tale questione ha incominciato a porre l'accento. E' un tipo di intervento importante per togliere l'edificazione degli alloggi e delle case dalla caratterizzazione di fatti isolati o accostati al resto della città e per dare a questi tipi di interventi - qui siamo al livello di un'articolazione di circa 4.000 alloggi - un carattere dell'intervento che qualifica l'esistente: si lega alla parte urbana esistente e le dà una sua qualificazione e una prospettiva di miglioramento. Qui non c'è una scelta sufficientemente forte: c'è un richiamo ai Piani integrati, che sono indicati come una delle priorità, ma nel dispositivo non c'è una scelta operativa che dia concretezze a questa priorità e che consenta di far affermare, anche nel corso di questo programma, i Piani Integrati.
Sul recupero - seconda questione - sono molto succinto, forse anche non chiaro per molti colleghi: lascio a ciascuno di cercare di capire cosa sono i Piani integrati: non i ghetti, insomma (lo dico con queste parole). Sul recupero c'è una maggiore attenzione, ma anche qui non un'incentivazione sufficiente. La politica del recupero è stata una politica fondamentale anche se non quantitativamente prevalente, anzi minoritaria stante le difficoltà di attuarla, ma è stata una linea portante della politica della casa di questa Regione, direi da sempre; anche oggi c'è questo punto, ma credo insufficientemente incentivato e insufficientemente rafforzato. Forse sarebbe stato bene attingere proprio a quei finanziamenti non attuati residuali, che in questi ultimi bienni si sono accumulati per l'inefficacia della spesa e dell'attuazione, per cercare di dare alla politica di recupero, sia nella sovvenzionata che nell'agevolata, una potenzialità maggiore di intervento e di finanziamento. Anche qui sarebbe stato forse necessario inventare delle agevolazioni per permettere a questa politica di recupero di espandersi. Siamo in una situazione in cui i Comuni si espandono, svuotando gli abitati esistenti, emarginando, centrifugando gli abitanti al di fuori delle città. Io credo che sarebbe importante scegliere, anche in termini di facilitazione e di agevolazione, una politica di recupero degli abitati esistenti nella misura più alta possibile: certo non totale (sarebbe un assurdo), ma in direzione della permanenza della popolazione. Cosa potrebbero essere le nostre città se sempre più si svuotassero di abitanti come sta avvenendo e rimanessero vecchi centri abitati che hanno una loro caratterizzazione ambientale culturale, se rimanessero privi di popolazione o con scarsa presenza di residenti? Terza questione che richiamo: dopo il quinto biennio, per disposizione delle Finanziarie, è scomparsa la possibilità di dare finanziamenti di edilizia agevolata ai Comuni. Questa, nel passato, non è stata una grande politica dal punto di vista quantitativo. Però ha avuto un significato: Comuni che non avevano avuto sufficienti finanziamenti di sovvenzionata o non li avevano avuti affatto, in qualche caso hanno attinto all'edilizia agevolata mettendo il finanziamento necessario come soggetto attuatore dell'agevolata per completare i capitali messi in moto dal mutuo dall'agevolazione. Credo sia un'importante assunzione di responsabilità da parte dei Comuni che bisogna mantenere e risollecitare. E' bene che il finanziamento regionale trovi, tutto dove è possibile, anche negli enti pubblici, nei Comuni, un'integrazione di finanziamento (e questo era il caso).
L'edilizia agevolata dei Comuni è uno dei granelli di una politica di integrazione, i Comuni e gli IACP, agevolata e sovvenzionata, oltre a quella dei privati, per cui mi sembra che abbia un ruolo e un significato importante l'agevolata ai Comuni. Per esempio, i fondi che residuano del piano decennale, che sfuggono alle disposizioni della finanziaria perch (almeno prima del sesto biennio) sono avvenuti al di fuori, non sono sottoposti alle disposizioni della finanziaria, potrebbero e dovrebbero secondo me essere utilizzati e riservati ai Comuni per l'agevolata e, in particolare, per le azioni di agevolata nel campo del recupero anche da parte comunale.
NU limito qui negli appunti sulla deliberazione. Spero di avere occasione e sollecito anche l'Assessore Carletto a promuovere un dibattito sull'edilizia in cui partendo dai problemi di fabbisogno, si possa arrivare a discutere anche più approfonditamente. Credo che l'Assessorato sia davvero nelle condizioni di poter proporre una discussione su tutte le questioni attuative.
L'ultimo punto che tocco per chiudere il mio intervento è quello che si rifà al dispositivo della deliberazione. Anche tale questione attiene alla discussione che abbiamo fatto oggi. La legge n. 457 dice che per l'edilizia sovvenzionata le Regioni fanno i programmi, indicano la localizzazione.
Nella nostra concezione giuridica statutaria le Regioni significano i Consigli regionali, e così è stata la prassi nel passato: è in capo al Consiglio regionale l'approvazione di questi programmi. La legge 76/79 della Regione specifica che l'edilizia agevolata procede con responsabilità del Consiglio regionale.
Nella deliberazione si dà mandato alla Giunta regionale di provvedere alla localizzazione degli interventi di edilizia sovvenzionata, e qui io sollecito il problema del rapporto con il Consiglio. Non è un problema di fiducia: quando sento dire che il Consiglio controlla, tolgo sempre di mezzo la questione della fiducia, perché sarebbe ben grave vivere in un Consiglio entro il quale non esiste la fiducia verso gli uffici, verso l'Assessore, verso il Presidente della Giunta. Una situazione di questo genere richiederebbe un tipo di rapporto, di approccio, di discussione, di atteggiamento che non è quello del partecipare alla formulazione, alla discussione critica, ma alla formulazione di programmi e di atti amministrativi.
Mi riferisco al fatto che controllare per un Consiglio significa qualcosa di più che correre dietro all'informazione, fare interrogazioni significa in qualche misura poter colloquiare, intervenire nel ruolo di Consiglio e dei singoli Consiglieri nella fase di definizione di questi programmi, di queste scelte localizzative che sono scelte di piano. Allora una questione come questa non possiamo lasciarla passare inosservata proprio per una questione di rapporto e di funzione e io spero anche di apporti collaborativi, di apporti aperti che non significa consociativismo altrimenti tutto quello che avviene in Consiglio e che dice il Consigliere se venisse considerato in questo senso, rischierebbe di apparire come una relazione consociativa. Inoltre si dà mandato alla Giunta anche di provvedere all'individuazione degli ambiti territoriali e soggetti attuatoci degli interventi di edilizia agevolata ai sensi della legge 76/79. Qui è richiamata la legge 76/79 e io ritengo che voglia dire, mi sembra letteralmente, che si seguirà quella procedura. Sollecito quindi la Giunta ad avere questo rapporto con la Commissione, con il Consiglio regionale.
Cara Presidente, finisco con il dire che se, per molte ragioni (e ci possono essere ragioni da discu-tere), riteniamo opportuno modificare la partizione dei ruoli tra Giunta e Consiglio e che oggi ce ne siano che in qualche misura non rispettano soltanto, quel principio di rapporto che io adesso succintamente ho richiamato, ma si sovrappongano inopportunamente.
Allora io sono perché - e qui caro Presidente il richiamo vale per la discussione di oggi - ci sia una modifica legislativa che chiarisca e affronti il problema non nei termini di qualche minuto alle sette di sera ma per chiarire bene quali devono essere i rapporti. Sollecito quindi la Giunta a prendere in considerazione, per quanto è ancora possibile per questa sera nei riguardi di questa deliberazione, gli spunti, critici, gli adattamenti anche politici e amministrativi di discussione, come questi ultimi da me espressi. Vediamo favorevolmente l'approvazione di questo atto deliberativo, perché è necessario che questi soldi possano essere messi in campo il più presto possibile e che si incominci una politica volta a recuperare i ritardi che si sono accumulati nel passato.



PRESIDENTE

Informo gli uffici che l'intervento del Consigliere Rivalta va allegato alle proposte emerse nel dibattito generale precedente.
La parola al Consigliere Chiezzi.



CHIEZZI Giuseppe

Signor Presidente, colleghe e colleghi, inizio dove ha terminato il collega Rivalta non ripetendo tutte le sue osservazioni che condivido per ragioni di tempo.
Svolgo questa considerazione. Il collega Rivalta ha terminato dicendo: "Adesso i soldi sono arrivati, speriamo che questi 300 miliardi di edilizia sovvenzionata e 7 di edilizia agevolata, si trasformi no presto in alloggi".
La considerazione generale e la domanda che mi rivolgo e che rivolgo al Consiglio e all'Assessore è questa: quando pensiamo che questi finanziamenti diventeranno degli alloggi e le famiglie potranno utilizzarli? Sulla base della documentazione fornitaci dall'Assessorato, il pessimismo non sarebbe un atteggiamento irrealistico, purtroppo. Perché se le cose vanno come sono andate in questi ultimi cinque anni, io potrei affermare che questi finanziamenti fra cinque anni avranno prodotto la metà degli alloggi che potrebbero: la metà, fra cinque anni! Perché così è andata.
Questo dovrebbe intanto preoccupare l'Asses-sore ed indurlo a dare un'informazione ai cittadini su questo stato di cose. E sempre difficile per un Assessore che gestisce 300 miliardi dire: "E' vero, sono 300 miliardi, saranno 3000 alloggi, però, cari cittadini ci sono dei nodi tra questi finanziamenti egli alloggi che voi aspettate che hanno impedito in questi ultimi anni la, rapida realizzazione. Questi nodi, cari cittadini continuano ad esistere, mi darò da fare per rimuoverli, ma bisogna lavorare a livello nazionale per darsi delle strutture Legislative, quindi calmatevi" Il problema della casa non sarà attenuato da 12 mila stanze, ma, fra cinque anni solo dalla metà. Non so se questo sia stato citato nelle dichiarazioni che l'Assessore senz'altro avrà reso alla pubblica opinione.
In Consiglio voglio rimarcare tutto questo, non nella speranza che l'Assessore lo faccia, ma per sollecitare a meditare sul fatto che è bene fare chiarezza pubblicamente.
Seconda osservazione: gli alloggi che saranno eseguiti, di che qualità saranno? Tralascio la qualità edilizia che è sempre migliorabile, ma di che qualità urbana saranno? Come si inseriranno all'interno delle città esistenti? Abbiamo fiducia che questo avverrà non come nel passato, ma in modo migliore? Devo dire che, per quanto riguarda Torino, sono molto preoccupato perché la città di Torino ha predisposto un progetto preliminare di Piano regolatore in cui le case saranno costruite inventando cubatura sull'erba dei parchi e sull'acqua dei fiumi e catapultandole dove gli interessi privati decideranno di costruirle.
Questo elemento mi preoccupa perché la qualità, specialmente nell'area torinese, non sarà, delle migliori. E' un altro elemento che andrebbe sottolineato perché il nuovo Sindaco probabilmente non farà altro che continuare a ribasso, al peggio, le scelte già fatte finora, scelte che porteranno case sulle sponde della Stura, su questo l'Assessore dovrebbe dire qualcosa.
Altra osservazione è la seguente: quanto fabbisogno riusciamo a soddisfare rispetto le necessità che ci sono? E una domanda alla quale l'Assessore non sa rispondere perché nell'area più colpita dal problema della casa, l'area torinese. E dal 1980 che non si fa un bando di edilizia pubblica quindi le amministrazioni pubbliche, la Regione e l'Assessore Carletto non sanno neppure se queste 12 mila stanze risolveranno per il 10 o il 50% il fabbisogno della casa.
C'è di peggio; l'Assessore Carletto ha dovuto ripartire questo finanziamento secondo indici di gravità della situazione del problema della casa che in parte si riferiscono a dieci anni fa, quindi la mira che l'Assessore Carletto ha dovuto prendere è molto sbagliata in alcuni settori.
Ho voluto evidenziare questo fatto perché mi sembra giusto che, di fronte ai finanziamenti che lo Stato mette a disposizione, si faccia il punto della situazione e si rimuovano quegli elementi che impediscono di spendere tali finanziamenti, di spenderli bene e secondo una politica di soddisfacimento del fabbisogno.
Riprendo il tema della legge sui suoli, il tema del costo dell'acquisizione dei terreni perché non tutti 1300 miliardi serviranno per costruire case, ma una parte notevole finirà per pagare le rendite sui terreni e questo continuerà ad accadere sino a che non ci sarà una legge che regolerà diversamente questa materia. Tutto questo è particolarmente non condivisibile nel momento in cui - Assessore Carletto e Presidente della Giunta - la Regione Piemonte, sotto la guida di un° altro Assessore mi sembra Panella, continua a fare valutazioni dei terreni espropriati superiori a quelle di mercato. Questo diventa sempre più intollerabile ed inaccettabile, nonostante le denunce che in aula e in Commissione ho più volte avanzato.
Rimane poi il problema delle deleghe. Ne ha già parlato il collega Rivalta; questa è una deliberazione con la quale, senza indicare delle priorità di intervento, si concede la delega alla Giunta di scegliere le priorità e mi sembra un altro elemento negativo.
Sono queste le perplessità che ho sulla deliberazione. Attendo quindi una risposta dall'Assessore.



PRESIDENTE

La parola all'Assessore Carletto.



CARLETTO Mario, Assessore regionale

Gli emendamenti che mi sembravano più significativi h ho già illustrati nel mio brevissimo intervento iniziale. Credo che anche negli interventi dei colleghi non vi siano aspetti particolari.
I problemi posti dal due colleghi - che ringrazio, così come ringrazio il collega Cavallera, che voleva intervenire, ma capisco che sono le 19.30 sono questioni di grande rilevanza che credo necessitino di una riflessione che potremmo fare, magari organizzando un po' il nostro tempo in Commissione se si ritiene di poterlo fare in Commissione - se l'aula fosse impegnata - perché mi sembra che le questioni poste richiedano non solo delle risposte, ma anche delle riflessioni.
Sono assolutamente d'accordo sul fatto che i tempi che abbiamo utilizzato per passare dalla fase di programmazione alla fase attuativa siano tempi assolutamente incoerenti rispetto, non solo alle questioni finanziarie che il collega Chiezzi ha posto giustamente (se oggi finanziamo 100 alloggi fra cinque anni ne realizzeremo 80 con le stesse risorse), ma anche rispetto al fatto che la Regione deve programmare sul territorio ad una certa tensione abitativa che in alcune aree del Piemonte è rilevante e che necessita di un'azione per certi versi di emergenza, se vogliamo cercare di ridurne la temperatura. Questo vale per Torino e soprattutto per l'area torinese, ma anche per altre realtà della Regione.
Quali sono allora le cose che ho tentato di realizzare in questa fase? Intanto, una maggiore sinergia fra l'urbanistica e la casa, perché dobbiamo sapere che molti ritardi sono dovuti a questioni urbanistiche. Così come abbiamo accelerato il processo di esame degli strumenti urbanistici (complessivamente ne abbiamo discusso nella modifica alla legge 56) abbiamo individuato delle corsie preferenziali peri provvedimenti urbanistici che attengono all'edilizia residenziale pubblica e oggi l'esame dei piani particolareggiati anche in variante per realizzare dell'ERP hanno nell'Assessorato all'Urbanistica un canale privilegiato e preferenziale quindi dei tempi assolutamente molto più celeri rispetto al passato.
La seconda questione che abbiamo posto In essere - e la deliberazione lo evidenzia - è un'azione di programmazione sul territorio molto più forte nell'integrazione fra l'edilizia agevolata e la sovvenzionata. Sono assolutamente d'accordo con chi ha detto - mi pare il collega Rivalta - che la risposta che la Regione deve dare all'emergenza abitativa non può essere una risposta settoriale, sovvenzionata da una parte e agevolata dall'altra ma deve essere una risposta integrata, sovvenzionata e agevolata insieme per le caratteristiche dei cittadini, che oggi sono dei cittadini che possono accedere ad uno dei due tipi di edilizia (mi riferisco, per esempio, alla sovvenzionata), che domani possono non avere più le condizioni per accedere alla sovvenzionata, ma che possono avere le condizioni finanziarie e familiari per poter accedere all'agevolata. Quindi una programmazione molto integrata fra i due settori per dare una risposta complessiva.
Da questo punto di vista, credo che alcuni aspetti di questa deliberazione, anche sotto l'aspetto formale, indichino una strada - che spero e mi auguro sia condivisa - che è quella di lavorare in modo integrato nella programmazione; programmazione che purtroppo oggi è riferita alle leggi regionali che abbiamo.
Il Consigliere Rivalta dice che si tratta di una legge che ha fatto il suo tempo e che occorre individuare nuovi strumenti di analisi. Certo occorre predisporre, per esempio, un osservatorio regionale sui problemi dell'edilizia: occorre fare un lavoro di qualificazione anche dal punto di vista della pianificazione urbanistica e territoriale legato ai fabbisogni occorre probabilmente che la legislazione regionale sia rivista per modernizzarla, anche alla luce delle esperienze che abbiamo fatto in questi anni.
Credo che l'occasione possa essere quella che nei prossimi mesi gli scenari nazionali ci offrono. Ieri sera è stata approvata la Botta Ferrarini dal Parlamento: mi si dice che si tenta di far approvare la Cutrera sugli espropri, altro grosso problema che è stato sottolineato e sul quale forse varrebbe la pena di soffermarsi, ma voglio essere breve.
Se nei prossimi mesi avremo questi strumenti legislativi (la Botta Ferrarini ce l'abbiamo, auguriamoci di avere la Cutrera), credo che le novità di questi due provvedimenti legislativi nazionali ci obbligheranno non solo a fare una o più leggi regionali attuative, ma ci consentiranno di rivisitare la legislazione regionale alla luce di queste nuove normative nazionali e delle esperienze che abbiamo fatto; quindi probabilmente ci consentiranno non tanto e non solo di discutere, ma soprattutto di individuare alcuni strumenti, anche nuovi, che probabilmente faranno fare un salto di qualità all'edilizia residenziale pubblica. Questa, purtroppo soprattutto nelle grandi città, ha finora determinato una scelta di quartieri che rispondevano all'esigenza abitativa in termini di ghettizzazione. Credo che nessuno di noi immagini, così come non immagina il Consiglio Comunale di Torino, di ripetere esperienze come Vallette Mirafiori, Falcherà o altre che hanno caratterizzato dal 1950 in avanti questa città.
Oggi il termine nuovo che si usa è questa scelta dell'intervento integrato che, detto in poche parole, vuol dire realizzare in una piccola porzione di terreno, ancorché significativa, la città e quindi realizzare in un'area vasta dell'edilizia residenziale sovvenzionata, dell'edilizia residenziale agevolata, dell'edilizia libera, del terziario, dei servizi creando quell'integrazione che; dal punto di vista anche sociale e della vivibilità, può far fare un salto di qualità alle nostre città. Da questo punto di vista la Botta-Ferrarini ci offre lo strumento giuridico.
E' stato detto che sotto questo profilo non si è andati avanti. E' vero, ma questo è successo perché finora la legislazione non ci ha aiutati nel proporre una reale edilizia integrata. Mi pare che oggi la Botta Ferrarini crei queste condizioni, così come mi pare si creino le condizioni per, anche attraverso strumenti finanziari nuovi in merito ai quali coinvolgeremo Finpiemonte, offrire degli scenari utili a far sbocciare un lavoro di integrazione fra pubblico e privato, che noi abbiamo individuato per esempio nel Michelerio, attraverso la proposta fatta, per dare delle risposte e creare condizioni di vivibilità nelle nostre città molto più serie e più interessanti.
Chiedo scusa, ma debbo concludere; il tema è così importante che sicuramente nelle prossime settimane dovremo ritrovarci in Commissione per affrontare queste nuove normative nazionali e calarle nella nostra realtà.
Per quanto riguarda - e ho concluso - l'obiezione in ordine alla delega alla Giunta, ho presentato 'un emendamento. Mentre per l'edilizia agevolata la legge prevede che si venga in Commissione ben due volte, per quanto riguarda la sovvenzionata questo non è previsto. L'emendamento che ho proposto dice: "Sentita la Il Com-missione", e quindi anche per localizzazione della sovvenzionata propongo divenire in Commissione a riferire prima di deliberare definitivamente.



PRESIDENTE

La parola al Consigliere Rivalta per dichiarazione di voto.



RIVALTA Luigi

Noi voteremo gli emendamenti presentati, che hanno tutti un carattere tecnico o addirittura di correzione oramai temporale necessaria. L'unico emendamento che ha una sostanza politica rilevante è quest'ultimo, che va nella direzione da me sollecitata, anche se non mi soddisfa pienamente.
Come ho richiamato prima, se si devono rivedere i rapporti tra Consiglio e Giunta, c'è l'esigenza di un dibattito; non vorrei che si instaurasse una prassi di progressiva ridefinizione dei rapporti Consiglio e Giunta senza che questo sia oggetto di una discussione e di una nuova disposizione normativa. In ragione di questo, pur cogliendo il tentativo di corrispondere alle nostre aspettative, sulla deliberazione complessiva ci asterremo.



PRESIDENTE

Non essendovi altre richieste di parola, passiamo all'esame dei seguenti emendamenti presentati dall'Assessore Carletto.
1) Al punto b), II e III capoverso del dispositivo, le parole "30 aprile 1992" sono sostituite dalle parole "30 giugno 1992".
Tale emendamento viene ritirato dal proponente e sostituito con i seguenti: 1 a) al punto b), II capoverso del dispositivo, le parole: "30 aprile 1992" sono sostituite dalle parole: "30 giugno 1992, sentita la competente Commissione consiliare".
Chi è favorevole è pregato di alzare la mano.
Tale emendamento è approvato con 26 voti favorevoli e 2 contrari.
1 b) al punto b), III capoverso del dispositivo, le parole: "30 aprile 1992" sono sostituite dalle parole: "30 giugno 1992".
Chi è favorevole è pregato di alzare la mano.
Tale emendamento è approvato con 26 voti favorevoli e 2 contrari.
2) Al punto b) del dispositivo, ultimo capoverso, la parola "prioritariamente" è sostituita con "anche". Chi è favorevole è pregato di alzare la mano.
Tale emendamento è approvato con 26 voti favorevoli e 2 contrari.
3) Al dispositivo è aggiunto il seguente punto: "c) di modificare la deliberazione del Consiglio regionale n. 227-10122 in data 2/7/1991, così come specificato nell'allegato programma al punto 1.6".
Chi è favorevole è pregato di alzare la mano.
Tale emendamento è approvato con 26 voti favorevoli e 2 contrari.
4) Al V paragrafo del punto 1.2 le parole: "compreso il nuovo ambito di Biella (DCR n. 289-16498 del 19/11/1991)"sono sostituite dalle seguenti: "compreso l'ambito territoriale di Biella definito con deliberazione del Consiglio regionale n 718-4110 del 24/03/1988".
Chi è favorevole è pregato di alzare la mano.
Tale emendamento è approvato con 26 voti favorevoli e 2 contrari.
5) Al V paragrafo del punto 1.3, le parole: "30 aprile 1992" sono sostituite dalle parole: "30 giugno 1992".. Chi è favorevole è pregato di alzare la mano.
Tale emendamento è approvato con 26 voti favorevoli e 2 contrari.
6) Al VI paragrafo del punto 1.3, le parole: "31 marzo 1992"sono sostituite dalle parole: "30 aprile 1992". Chi è favorevole è pregato di alzare la mano.
Tale emendamento è approvato con 26 voti favorevoli e 2 contrari.
7) Il punto 1.3.1 "NUOVE COSTRUZIONI" è sostituito dal seguente: "I programmi di intervento prevedono, di norma, la realizzazione di almeno 12 alloggi, e comunque non meno di 6".
Chi è favorevole è pregato di alzare la mano.
Tale emendamento è approvato con 26 voti favorevoli e 2 contrari.
8) Il I paragrafo del punto 1.3.2 "RECUPERO DEL PATRIMONIO EDILIZIO



ESISTENTE DI PROPRIETA' DELL'ENTE" è sostituito dal seguente: "I programmi

d'intervento prevedono, di norma, la realizzazione di almeno 6 alloggi e comunque non meno di 4" Chi è favorevole è pregato di alzare la mano.
Tale emendamento è approvato con 26 voti favorevoli e 2 contrari.
9) Il I paragrafo del punto 1.3.3 "ACQUISIZIONE E RECUPERO CONTESTUALE DI IMMOBILI" è sostituito dal seguente: "I programmi d'intervento prevedono, di norma la realizzazione di almeno 6 alloggi, e comunque non meno di 4".
Chi è favorevole è pregato di alzare la mano.
Tale emendamento è approvato con 26 voti favorevoli e 2 contrari.
10) Alla lettera c) del punto 1.3.4 "ACQUISIZIONE DI IMMOBILI DA



RECUPERARE IN TEMPI SUCCESSIVI" le parole "4 alloggi" sono sostituite dalle

parole "6 alloggi".
Chi è favorevole è pregato di alzare la mano.
Tale emendamento è approvato con 26 voti favorevoli e 2 contrari.
11) Al III paragrafo del punto 1.3.7, le parole "31 marzo 1992" sono sostituite dalle parole "30 aprile 1992". Chi è favorevole è pregato di alzare la mano.
Tale emendamento è approvato con 26 voti favorevoli e 2 contrari.
12) Appunto 1.5, al V capoverso le parole relative al VI biennio" sono sostituite dalle seguenti: "relativi agli interventi, finanziati a valere sui fondi della Legge 457/78".
Chi è favorevole è pregato di alzare la mano.
Tale emendamento è approvato con 26 voti favorevoli e 2 contrari.
13) Al punto 1.5, dopo il V capoverso è inserito il seguente: "La Giunta regionale è delegata a richiedere, alfine fine di dare immediato corso al pagamento conseguente a provvedimenti esecutivi di determinazione di indennità di occupazione di urgenza e di espropriazione per pubblica utilità, al Ministero dei LL.PP. - CER - la messa a disposizione dei restanti fondi accantonati ai sensi della circolare 127/c del 23/4/1985".
Chi è favorevole è pregato di alzare la mano.
Tale emendamento è approvato con 26 voti favorevoli e 2 contrari.
14) Viene aggiunto il seguente punto l.6 "MODIFICHE ALLA DELIBERAZIONE



DEL CONSIGLIO REGIONALE N. 227-10122 DEL 2/7/91. ACQUISIZIONE E RECUPERO



DEL COMPLESSO EDILIZIO DENOMINATO IL MICHELERIO NEL COMUNE DI ASTI":

L'Istituto Autonomo per le Case Popolari di Asti, con nota n. 3925/6 in data 19/12/1991, ha richiesto una proroga di 4 mesi del termine per l'acquisto del fabbricato, fissato al 31/12/91 dalla deliberazione del Consiglio regionale n. 227-10122 dei 2/7/91 La proroga è necessaria, al fine di consentire la formulazione e la stipula della Convenzione tra la Regione e l'Istituto Autonomo per le Case Popolari di Asti, prevista tra l'altro dalla citata deliberazione dei Consiglio regionale n. 227.
Il Ministero dei Lavori pubblici, inoltre, con decreto n. B / 12754 in data 30/11/91, pervenuto alla Regione in data 8/11/92 ha assegnato all'Istituto Autonomo per le Case Popolari della Provincia di Asti la somma di lire 10 miliardi per la realizzazione di un intervento straordinario di recupero del complesso edilizio denominato "Il Michelerio", a complemento del finanziamento assegnato con deliberazione del Consiglio regionale n.
227-10122 del 217191.
Con lo stesso decreto il Ministero dei Lavori pubblici ha stabilito che il programma esecutivo d'intervento debba essere presentato al Comitato per l'Edili-zia Residenziale entro sei mesi dalla data del provvedimento, pena la revoca automatica del finanziamento. Il rispetto dei termini fissati dal Ministero e quindi la possibilità di predisporre il programma esecutivo, è subordinato all'acquisizione dell'immobile da parte dell'IACP di Asti occorre pertanto stabilire norme specifiche per l'erogazione del finanziamento, in modo tale da consentire il trasferimento dei fondi non appena sia stipulata la Convenzione.
Il vigente Regolamento di attuazione degli interventi di edilizia sovvenzionata, peraltro in fase di moda, non prevede infatti una normativa per l'erogazione dei fondi nel caso di attuazione di programmi integrati che comportino l'acquisizione anticipata degli immobili.
Si ritiene pertanto opportuno stabilire Immediatamente la disciplina da seguire per l'erogazione del finanziamento, al fine anche di evitare possibili incrementi del costo d'acquisto, nonché il nuovo termine per l'acquisto dell'immobile.
La deliberazione del Consiglio regionale n. 227-10122 in data 2/7/ 1991 è modificata nei modo seguente: il punto 2 del dispositivo è sostituito dal seguente: di definire il termine per l'acquisizione del complesso edilizio denominato "Il Michelerio" in 60 giorni dalla stipula della Convenzione tra la Regione e l'IACP di Asti, e comunque non oltre il 30 aprile 1992, pena la decadenza del finanziamento.
il punto 6 dei dispositivo è sostituito dal seguente.
il finanziamento è erogato a seguito della stipula della Convenzione tra la Regione e l'IACP di Asti, la quale equivale all'approvazione del Quadro Tecnico Economico di progetto da parte della Commissione Regionale Verifica Programmi, di cui alla L.R. 65/87. Per l'attuazione dell'intervento dovranno comunque essere seguite le procedure previste dal vigente Regolamento di attuazione degli interventi di edilizia sovvenzionata".
Chi è favorevole è pregato di alzare la mano.
Tale emendamento è approvato con 26 voti favorevoli e 2 contrari.
15) Al IV paragrafo del punto 2 "EDILIZIA AGEVOLATA" la frase "I fondi sono ripartiti per ambito provinciale" è sostituita dalla seguente: "I fondi sono ripartiti per ambito provinciale, compreso l'ambito territoriale di Biella, definito con deliberazione del Consiglio regionale n. 718-4110 del 24/3/1988".
Chi è favorevole è pregato di alzare la mano.
Tale emendamento è approvato con 26 voti favorevoli e 2 contrari.
16) Al VI paragrafo del punto 2 le parole "30 aprile 1992"sono sostituite dalle parole "30 giugno 1992".
Chi è favorevole è pregato di alzare la mano.
Tale emendamento è approvato con 26 voti favorevoli e 2 contrari.
17) Al punto 2.1 - Il capoverso - dopo la parola "IV" aggiungere "V integrativo".
Chi è favorevole è pregato di alzare la mano.
Tale emendamento è approvato con 26 voti favorevoli e 2 contrari.
18) Al punto 2.1, lettera b), dopo la parola "Comune" aggiungere "che per le cooperative di abitazione non deve superare l'ambito provinciale".
Chi è favorevole è pregato di alzare la mano.
Tale emendamento è approvato con 26 voti favorevoli e 2 contrari.
19) Al punto 2.1 l'ultimo capoverso è sostituito dal seguente: "La proroga può essere concessa per un periodo di 10 mesi dal provvedimento assunto dalla Giunta regionale. Scaduto tale termine gli interventi finanziati con il completamento III, IV, IV int. e V biennio sono automaticamente revocati con esclusione di quelli per i quali risulta essere presentato, all'Amministrazione regionale, il progetto per la sua approvazione. A questi ultimi, la Giunta, regionale è delegata a concedere un'ulteriore proroga".
Chi è favorevole è pregato di alzare la mano.
Tale emendamento è approvato con 26 voti favorevoli e 2 contrari.
20) "Le tabelle nn. 2.A, 2.B, 2.1, 2.2, 2.3, 2.4, 2.5, allegate al programma sono sostituite dalle allegate tabelle".
Chi è favorevole è pregato di alzare la mano.
Tale emendamento è approvato con 26 voti favorevoli e 2 contrari.
Pongo in votazione la deliberazione, il cui testo, così modificato verrà trascritto nel processo verbale dell'adunanza in corso.
Chi è favorevole è pregato di alzare la mano.
E' approvata con 18 voti favorevoli e 10 astensioni.


Argomento:

Esame proposta di deliberazione n. 333: "DGR n. 191-11086 - Programma di ERP per il biennio 1990/1991. Legge 11/3/88, n. 67. Deliberazione CIPE dei 30/7/91. Riparto dei fondi per l'edilizia sovvenzionata ed agevolata convenzionata e modalità per la localizzazione degli interventi. Finanziamento di L. 305.637 milioni in conto capitale e L. 7.357 milioni in conto interessi"

Argomento:

Annunzio interrogazioni, interpellanze, mozioni e ordini del giorno


PRESIDENTE

I testi delle interrogazioni, interpellanze, mozioni e ordini del giorno pervenute all'Ufficio di Presidenza del Consiglio regionale verranno allegati al processo verbale dell'adunanza in corso.
La seduta è tolta.



(La seduta ha termine alle ore 19,50)



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