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Dettaglio seduta n.108 del 19/11/91 - Legislatura n. V - Sedute dal 6 maggio 1990 al 22 aprile 1995

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Argomento:


PRESIDENZA DEL PRESIDENTE SPAGNUOLO


Argomento: Trasporti e comunicazioni: argomenti non sopra specificati

Interrogazione n. 572 dei Consigliere Zacchera inerente l'allargamento Autostrada Torino-Milano e unificazione casello Cigliano-Borgo d'Ale


PRESIDENTE

La seduta è aperta.
In merito al punto 3) all'o.d.g.: "Interrogazioni e interpellanze" esaminiamo l'interrogazione n. 572 del Consigliere Zacchera.
La parola all'Assessore Panella.



PANELLA Luciano, Assessore ai trasporti

I lavori in corso riguardano il programma a suo tempo concordato con la Regione Piemonte relativo all'arretramento della barriera di Settimo Rondissone e la liberalizzazione del tratto Settimo-Rondissone sul quale si innesta la variante di Chivasso e Verolengo e il collegamento alla strada statale n. 594 della Valle Cerrina a San Sebastiano Po con realizzazione della quarta corsia fra Rondissone e Settimo.
I programmi concordati con la Regione, e da essa approvati con deliberazione n. 57-7996 del 10/9/1986, escludono la chiusura, già allora richiesta, del casello di Borgo d'Ale. La Giunta regionale non ritiene siano intervenuti nel frattempo elementi diversi di giudizio rispetto a quanto in allora deciso dalla precedente Giunta regionale al riguardo.
L'avanzamento della barriera di Settimo a Rondissone consentirà di percorrere senza pedaggio l'attuale autostrada Torino-Milano fino a Rondissone ove viene costruita la nuova barriera. Pagherà mediante la formula dell'introito solo chi prosegue in direzione di Milano o chi proviene da Milano, peraltro sul modello francese: chi resta all'interno del tratto autostradale, quindi tra Torino, Settimo, Brandizzo, Chivasso sud e Chivasso nord, può usufruire dell'autostrada gratuitamente.
Risottolineo due passaggi dell'interrogazione. La Giunta regionale non ritiene siano intervenuti fatti nuovi e quindi elementi di giudizio diversi, per cui esclude la chiusura del casello di Borgo d'Ale.



PRESIDENTE

La parola al Consigliere Zacchera.



ZACCHERA Marco

L'Assessore ha concluso dicendo che si esclude la chiusura del casello di Borgo d'Ale, ne deduco che rimarrà in funzione. Il problema è che la nuova barriera elimina il casello di Borgo d'Ale-Cigliano.



PANELLA Luciano, Assessore ai trasporti

Per farne uno unico.



ZACCHERA Marco

L'interrogazione nasceva dal fatto che i Comuni della zona avevano protestato nei confronti della Regione (da questo punto di vista ritengo che ci sia qualche fatto nuovo) perché nel frattempo è stato realizzato il mercato delle pesche, per una spesa di oltre 3 miliardi, collegata con l'ingresso autostradale. Quindi, è venuto a mancare l'ingresso autostradale; l'ubicare il mercato ortofrutticolo in tale zona è stata una notevole mancanza di programmazione. Inoltre, la realizzazione di quella barriera permetterà, specialmente ai camion, di by-passare la barriera stessa con il risultato di intasare le strade statali della zona immediatamente circostante, evitando di pagare il pedaggio e causando un aumento di circolazione nelle zone adiacenti al casello di Borgo d'Ale.
Reputo, quindi, opportuno un intervento della Regione sulla società Autostrada Torino-Milano, affinché tenga presente la necessità di collegare le due strade statali per un più comodo raccordo dell'autostrada. Ringrazio fin d'ora l'Assessore se vorrà intervenire per sottolineare questo obiettivo problema. Ripeto, si tratta di mancanza di programmazione l'aver realizzato un mercato in uscita dall'autostrada (mercato costato diversi miliardi di lire; 3 miliardi è solo la quota pagata dai Comuni) che successivamente diventa una strada a fondo chiuso senza sbocco, in quanto viene soppresso tale casello. Questo è assurdo!


Argomento: Beni ambientali - tutela del paesaggio (poteri cautelari, vincoli - Valutazione impatto ambientale - Tutela dell'ambiente - Inquinamenti: argomenti non sopra specificati

Interrogazione n. 594 del Consigliere Zacchera inerente i lavori di sbancamento nella Valle Torrente Isorno località Fugiol - Comune di Montecrestese


PRESIDENTE

L'Assessore Panella risponde ancora all'interrogazione n. 594, sempre del Consigliere Zacchera.



PANELLA Luciano, Assessore all'assetto idrogeologico

Il Comune di Montecrestese in data 28/9/1988 ha presentato presso il Servizio Opere Pubbliche di Novara un progetto esecutivo per la ricostruzione del ponte sul rio Nocca in località Faugiol, asportato a seguito degli interventi alluvionali dell'agosto 1987.
Il Servizio Difesa del suolo di Novara in data 13/7/1989, esaminato il progetto in questione, ha espresso parere ai soli fini idraulici in ottemperanza all'art. 18 della LR 18/84. In data 4/7/1991 il Servizio Difesa del suolo di Novara ha effettuato una visita in loco a seguito di specifica richiesta della locale Prefettura, accertando che il ponte in questione non era ancora stato ripristinato, in quanto l'amministrazione comunale aveva deciso di eseguire l'opera allargando l'esistente mulattiera anziché trasportare i materiali a mezzo elicottero. Tale situazione è stata determinata dalla necessità di garantire l'accesso alla località in questione con mezzi fuoristrada ed agricoli per consentire o non scoraggiare il proseguimento dell'attività agropastorale.
Le problematiche di ordine tecnico, evidenziate dal Servizio Geologico regionale e dal Corpo Forestale dello Stato relative al superamento di un canalone sotto valanga e di una massa rocciosa In stato precario in località Le Scale, si ritiene possano essere risolte adottando particolari accorgimenti e soluzioni tecniche che potranno emergere da una verifica tecnica congiunta tra Servizio Geologico, Corpo Forestale e geologo incaricato dall'amministrazione comunale di Montecrestese, dichiaratasi all'uopo disponibile e che nel frattempo ha provveduto a sospendere i lavori.



PRESIDENTE

La parola al Consigliere Zacchera.



ZACCHERA Marco

Signor Assessore, è molto opportuna la sospensione dei lavori da noi sollecitata perché questo è un lavoro davvero incredibile: per sistemare un ponte a media valle ad alcuni chilometri dalla pianura anziché trasportare il materiale, che a questo punto costava molto meno tramite elicottero, si è voluto costruire una strada che dal punto di vista geologico ha causato la rovina di un'intera vallata, il taglio del costone montano e l'inizio di un procedimento franoso: Serve a poco dire che dovranno essere preso dei provvedimenti temici, ma chi si occuperà poi di costruire dei muri per sostenere questa mulattiera? Chi interverrà per impedire in quella zona di valanghe la caduta di frane? Questo è un "cattivo" esempio di intervento sul territorio che - e non è responsabilità della Regione - andava evitato.
Con la scusa di rifare un ponte è stata disastrata una mezza vallata creando una notevole rovina ecologica. Mi era stato detto verbalmente da parte di alcuni amministratori locali che non era stata usata dinamite o altro materiale esplosivo, ma recandomi quest'estate sul posto ho notato un vero e proprio scempio dal punto di vista ambientale, e mi auguro che l'anno prossimo l'Assessore Nerviani venga a far visita in quei luoghi. Si tratta di un esempio di come non si deve intervenire in montagna. Il pretesto non deve essere quello di costruire delle strade per potenziare fattività agricola e pastorale che, specialmente in quella zona, è praticamente inesistente. Secondo me, quando si interviene sulle mulattiere di montagna bisogna intervenire il minimo possibile e con criterio. Alla fine ci ritroveremo a non avere ripristinato il ponte, ad aver sospeso i lavori, ad aver dissestato la montagna e a dover intervenire con le opere che qualcuno prima o poi dovrà pagare (difficilmente il Comune di Montecrestese) per risistemare una situazione che poteva non essere danneggiata.
Ringrazio quindi l'Assessore; la sua risposta mi soddisfa, anche se ha sottolineato l'esistenza effettiva del problema, e quindi la mancanza, da parte delle amministrazioni locali, di quegli accorgimenti minimali che dovrebbero essere adottati da tutti gli amministratori.



PANELLA Luciano, Assessore all'assetto idrogeologico

Non c'è un metro di spesa rispetto all'uso dell'elicottero.



ZACCHERA Marco

Costruire una strada non costa più dell'elicottero, ma riparare i disastri fatti alla strada, altro che il costo dell'elicottero, oltre l'evidente danno ambientale. Basta andare a vedere!


Argomento: Opere pubbliche

Risposta scritta ad interrogazioni nn. 481, 549


PRESIDENTE

Comunico che verrà data risposta scritta alle seguenti interrogazioni: n. 481 del Consigliere Marino inerente la concessione di contributi regionali per la realizzazione Ponte sul Rio Nizza in Nizza Monferrato n. 549 del Consigliere Marino inerente lo smottamento nel centro abitato di Guarene.


Argomento: Viabilità

Interrogazione n. 568 dei Consiglieri Rabellino, Farassino e Vaglio inerente la situazione lavori galleria "delle Barricate" Strada Statale n. 21 del Colle della Maddalena


PRESIDENTE

Esaminiamo l'interrogazione n. 568 presentata dai Consiglieri Rabellino, Farassino e Vaglio.
La parola all'Assessore Panella.



PANELLA Luciano, Assessore ai trasporti

Dalla notizia assunta presso il compartimento ANAS di Torino si è appreso che la galleria "delle barricate" lungo la Strada Statale 21 del Colle della Maddalena è stata aperta al traffico il 10 agosto. L'ANAS ha inoltre in corso la redazione di perizia per la presentazione e relativa approvazione, da parte del Consiglio d'amministrazione dell'azienda relativa all'ammodernamento, dei rimanenti tratti tra la galleria ed il confine di Stato, riguardanti la rettifica e l'allargamento dei tornanti fra Argentera ed il confine e la realizzazione di tratti di paravalanghe a monte della succitata galleria.



PRESIDENTE

La parola al Consigliere Rabellino.



RABELLINO Renzo

Apprendiamo con piacere la notizia, anche se effettivamente la conoscevamo; il problema continua ad essere quello dei tempi di risposta delle interrogazioni. Infatti l'interrogazione era stata presentata a maggio, quindici vorrebbe un po' più di rispetto dei tempi logici soprattutto per una risposta abbastanza banale, nel senso che non sono necessarie grosse ricerche per scoprire che i lavori sono quasi terminati.
Mi spiace che non sia stata data risposta ad una delle nostre richieste relative al costo effettivo di quest'opera. Chiedo quindi all'Assessore se può, anche per iscritto, farci conoscere tali costi complessivi.


Argomento: Agricoltura: argomenti non sopra specificati - Trasporti e comunicazioni: argomenti non sopra specificati

Interrogazione n. 569 dei Consiglieri Ribellino, Farassino e Vaglio inerente i disagi doganali per autotrasportatori e produttori ortofrutticoli del saluzzese


PRESIDENTE

Passiamo ora all'interrogazione n. 569 dei Consiglieri Ribellino Farassino e Vaglio.
La parola all'Assessore Panella.



PANELLA Luciano, Assessore ai trasporti

In merito al problema relativo all'espletamento delle pratiche doganali per le merci esportate verso l'estero dal saluzzese, l'Assessorato ai trasporti ha richiesto notizie alla competente Direzione Superiore della Dogana.
Premessa l'impossibilità dell'apertura di uno sportello provvisorio a carattere stagionale, in quanto non previsto dalla vigente normativa doganale, è stato comunicato che l'Amministrazione doganale ha autorizzato le imprese saluzzesi ad avvalersi della procedura semplificata prevista dall'art. 232 del Testo Unico delle leggi doganali. In pratica, queste imprese sono autorizzate ad emettere il documento doganale senza la necessità della visita documentale e fisica prevista dalla procedura ordinaria, quindi previa comunicazione all'ufficio doganale si può far partire il carico. L'ufficio può comunque disporre la visita per eventuali controlli.
La procedura semplificata è incorso di estensione ad altre nove imprese saluzzesi, portando a 16 il totale delle imprese soggette a tale procedura.
Le imprese soggette alla procedura ordinaria possono comunque avvalersi previa semplice richiesta, del servizio doganale in loco.
La normativa doganale prevede inoltre che le formalità doganali possano essere svolte presso qualsiasi ufficio doganale del territorio nazionale quindi, per i carichi provenienti dal saluzzese e diretti verso l'estero, è possibile rivolgersi alle sezioni doganali che risultano più comode al vettore, ad esempio quelle site negli autoporti di frontiera, come Susa in Piemonte sulla direttrice del Frejus o Pollein in Valle d'Aosta per il Monte Bianco.



PRESIDENTE

La parola al Consigliere Rabellino.



RABELLINO Renzo

Questa risposta conferma la situazione esistente nel saluzzese; sono poche le aziende che hanno l'autorizzazione ad evitare la prassi burocratica che prevede lo sdoganamento delle merci. Esiste effettivamente un'operazione che fa sì chele aziende facciano pagare la loro intermediazione incidendo sui costi del prodotto che viene esportato. Il piccolo produttore che deve esportare, appoggiandosi alle aziende che hanno tale autorizzazione, deve aumentare i prezzi per coprire l'ulteriore spesa.
E' vero che questa procedura verrà soppressa tra un anno e mezzo con l'entrata in vigore della libera circolazione delle merci a livello CEE, ma resta comunque il fatto che in tutti questi anni nessuno è andato a verificare tale situazione proponendo un'alternativa.
Credo non sia solo un problema che interessa il Saluzzese, ma moltissime zone con produzioni stagionali. Il fatto che la legge nazionale non preveda la possibilità di aprire sportelli stagionali dove le merci vengono prodotte ed esportate (pensiamo a tutte le altre zone con grosse produzioni stagionali), è un'ennesima lacuna dello Stato, che ne sta rilevando un po' ovunque ed in qualsiasi settore.
Non possiamo essere soddisfatti di questa risposta pur sapendo che come Assessorato e come Regione, poco si può fare, se non un'ulteriore sollecitazione a far si che questi disagi vengano parzialmente eliminati.


Argomento: Trasporti e comunicazioni: argomenti non sopra specificati

Interrogazione n. 578 dei Consiglieri Calligaro, Chiezzi, Maggiorotti Marengo, Miglio e Tapparo inerente la modifica orario e tragitto delle linee di autobus Ivrea-Torrazzo, Ivrea-San Giusto, Pont Canavese-Scarmagno e altre


PRESIDENTE

Passiamo all'interrogazione n. 578 dei Consiglieri Calligaro, Chiezzi Maggiorotti, Marengo, Miglio e Tapparo.
La parola all'Assessore Panella.



PANELLA Luciano, Assessore ai trasporti

Con riferimento alla citata interpellanza, in merito ai disservizi lamentati per il trasporto locale nel bacino di Ivrea, in particolare rispetto ad autolinee in concessione alla Satti per lavoratori Olivetti e Bull, è stato informato l'Assessorato ai trasporti della Provincia di Novara competente in materia a seguito della delega delle funzioni amministrative di cui alla L.R. n. 1/86 per le necessarie verifiche e i conseguenti provvedimenti.
Com'è noto, la materia non è più di competenza regionale avendo trasferito alla Provincia queste funzioni; si tratta di uno dei pochi trasferimenti effettuati dalla Regione nei confronti delle Province.



PRESIDENTE

La parola al Consigliere Calligaro.



CALLIGARO Germano

Premetto che l'interpellanza risale al 29 maggio; sinceramente aspettare dal 29 maggio ad oggi per sentirsi dire che è competenza della Provincia mi pare davvero desolante. La competenza sarà pur della Provincia, ma la Regione poteva interpellarla per sapere se la riorganizzazione dei servizi di autotrasporto Satti fosse congrua o meno rispetto alle esigenze dei lavoratori e dei cittadini.
La Satti ha deciso unilateralmente di modifìcare orari e tragitti degli autobus, creando disagi rilevanti agli utenti, che sono soprattutto dipendenti della Olivetti e della società Bull di Caluso. Per autolinee di poche decine di chilometri le soste in attesa di coincidenze sono di 15-20 minuti, si è verificato un raddoppio dei percorsi tradizionali, le zone sono pessimamente servite, gli orari mal si conciliano con quelli delle aziende produttive; il risultato è una caduta clamorosa della qualità del servizio e un incremento consistente delle tariffe. La conseguenza è che parte degli utenti sono costretti a ricorrere ad un proprio mezzo di trasporto.
Noi sosteniamo - ed è giusto sostenerlo anche in quest'aula, signor Assessore - che la riorganizzazione Satti, oltre che gravare sugli utenti in termini di disagi e di aumento delle tariffe, non risana il bilancio della stessa; tale riorganizzazione è sbagliata sotto tutti i punti di vista.
I Consigli di fabbrica della Olivetti e della Bull hanno sostenuto una posizione molto costruttiva, positiva, ritenendo possibile privilegiare il servizio pubblico migliorandone la qualità e risanando contestualmente il bilancio. Di fronte a una posizione così responsabile è costruttiva, a mesi di distanza, sostengo che la materia non sia di competenza della Regione.
La Regione poteva comunque farsi informare dalla Provincia, competente in materia di trasporti, e vedere se era possibile dare una risposta positiva ai Consigli di fabbrica della Oliveto e della Bull.
A questo punto, se dobbiamo attendere mesi e mesi per avere le risposte e poi risulta che nel caso specifico la Regione non può nemmeno interpellare l'Istituzione competente, la Provincia, è il caso di chiedersi se serve ancora presentare interpellanze ai vari Assessorati della Giunta piemontese.
Mi dichiaro profondamente insoddisfatto di questa risposta e sono affinché l'atteggiamento dei vari Assessori sia più costruttivo e rivolga maggiore attenzione a problemi che creano disagi rilevanti, in questo caso a migliaia di lavoratori della Olivetti e della Bull di Caluso.


Argomento: Trasporti e comunicazioni: argomenti non sopra specificati

Interpellanza n. 583 del Consigliere Riba inerente la linea ferroviaria Carmagnola-Bra. Sostituzione treni delle ore 22,03 e ore 23,10 con servizio pullman Ditta Biffo


PRESIDENTE

Passiamo all'interpellanza del Consigliere Riba inerente la linea ferroviaria Carmagnola-Bra.
Risponde l'Assessore Panella.



PANELLA Luciano, Assessore ai trasporti

Per quanto riguarda la sostituzione con autobus dei treni della linea Bra-Carmagnola, si comunica che nei programma delle Ferrovie dello Stato è prevista l'automatizzazione della stazione di Bra, il che permetterà una notevole riduzione dei costi di gestione; in particolare relativi al personale. Con l'attivazione degli impianti di automatizzazione, prevista per il mese di settembre p.v., verrà ripristinato il normale servizio ferroviario.
In merito ai costi del servizio sostitutivo su gomma, si precisa che questi dipendono dal contratto stipulato fra la ditta vincitrice dell'appalto e l'Ente Ferrovie dello Stato. Anche qui siamo in ritardo di parecchi mesi.



PRESIDENTE

La parola al Consigliere Riba.



RIBA Lido

La Presidente - che ringrazio - mi aveva fatto avere copia della lettera di comunicazione delle Ferrovie. Dalle parole dei Assessore si evince che la risposta delle FF.SS. è semplicemente oltraggiosa per l'Ente Regione, in quanto contiene sia dati assolutamente inesatti sia perch elude completamente il merito del problema, 'che riassumerò in pochissimi secondi.
L'Ente Ferrovie dello Stato ha interrotto tre anni fa il trasporto ferroviario tra Bra e Carmagnola perché erano in corso dei piccoli lavori sulla linea. La linea è stata ripristinata da oltre due anni e il trasporto è continuato in concessione alla ditta Biffo.
Sulla ditta Biffo pendono tre situazioni particolari. Prima situazione.
La ditta Biffo suscitò uno scandalo quando un suo autista addirittura scaricò verso la mezzanotte - episodio famoso, l'avrete letto tutti - un viaggiatore in una frazione di Bra, Bandito, lasciandolo così proseguire a piedi per tre o quattro chilometri da Bandito a Bra. A suo tempo chiedevamo come si fosse agito per la tutela delle FF.SS. e dell'Ente Regione, che è coinvolto come Ente delegato per il problema dei trasporti.
Seconda situazione. Dalle informazioni avute risulta che la ditta Biffo percepisce L. 3.900 a chilometro, mentre il trasporto sostitutivo sulle linee Alba-Bra, attualmente interrotte per le riparazioni, viene a costare L. 1.300 a chilometro. Se esiste tale incongruità questo è uno scandalo.
Nel caso contrario - come io voglio sperare - è bene che i fatti siano resi noti, perché nel Braidese c'è veramente una grande preoccupazione e un grande sconforto per questa condizione.
Terza situazione. E assolutamente falso il fatto che la stazione di Bra dovesse essere automatizzata per regolarizzare il servizio: Il materiale rotabile rima-neva fermo in stazione e sui nastri lavorativi del personale il quale è attualmente bloccato perché metà delle linee della zona sono interrotte. Questi elementi sono forniti dal personale che se ne intende quindi altro che rinviare all'automazione! Inoltre, siamo ornai a novembre e non c'è stata alcuna automazione né alcun ripristino.
Quando nel 1990-91 presentavo in tempo la richiesta per sapere se veramente si intendeva lasciar correre questo tipo di comportamento anomalo da parte dell'Ente Ferrovie dello Stato, denunciavo la possibilità addirittura di un rinnovo del contratto per fanno successivo; il contratto è stato rinnovato. Inoltre smentisco anche il fatto che col mese di settembre si sia ripristinata la situazione regolare.
Inviterei ancora, viste le caratteristiche morali del problema l'Assessore e la Presidenza del Consiglio a voler accertare la congruità e la corrispondenza delle cose dette. Nessuno più di me sarebbe soddisfatto che risultassero infondate, ma nessuno può considerare esauriente la scarna lettera elusiva che l'ente FF.SS. ha inviato a seguito di problemi di una certa sostanza, sollevati dall'interrogazione.


Argomento:

Interpellanza n. 583 del Consigliere Riba inerente la linea ferroviaria Carmagnola-Bra. Sostituzione treni delle ore 22,03 e ore 23,10 con servizio pullman Ditta Biffo

Argomento:

Comunicazioni del Presidente del Consiglio regionale


PRESIDENTE

In merito al punto 2) all'o.d.g. : "Comunicazioni del Presidente" comunico:


Argomento:

Comunicazioni del Presidente del Consiglio regionale

Argomento:

a) Congedi


PRESIDENTE

Sono in congedo i Consiglieri Bosio, Cerchio, Cucco, Foco, Fulcheri Gallarini, Porcellana, Segre e Tapparo.


Argomento:

b) Apposizione visto Commissario del Governo


PRESIDENTE

Comunico che l'elenco delle leggi vistate dal Commissario del Governo sarà riportato nel processo verbale dell'adunanza in corso.


Argomento: Urbanistica (piani territoriali, piani di recupero, centri storici

Esame del progetto di legge n. 98: "Modifica alla legge regionale 5 dicembre 1977, n. 56" (seguito)


PRESIDENTE

Passiamo al punto 5) all'o.d.g.: "Esame progetto di legge n. 98" partendo dalle dichiarazioni di voto sull'intero testo. Mi rendo conto che si tratta di un testo particolarmente importante e laborioso. Per le dichiarazioni di voto, così come previste dal regolamento, sono previsti 5 minuti. Ci sono alcuni gruppi e alcuni Consiglieri che hanno presentato un grande numero di emendamenti, per cui cerchiamo di non superare i 10 minuti, perché altrimenti incorriamo in un ulteriore dibattito e direi che su questa legge abbiamo già consentito a tutti, (anche cambiando un po' il regolamento, che prevede 5 minuti) di esprimersi per argomenti, e quindi di fare un ragionamento il più logico possibile. Altrimenti le dichiarazioni di voto sono regolarmente previste in 5 minuti dal regolamento.
La parola al relatore, Consigliere Fiumara.



FIUMARA Francesco, relatore

Illustre Presidente, egregi Consiglieri, siamo finalmente giunti al termine di questa lunga maratona, durante la quale non solo si è discusso delle modifiche puntuali alla legge regionale n. 56/77, proposte con il disegno di legge n. 98, ma si è altresì esaminata e sviscerata la politica urbanistica della Regione Piemonte.
Sin dagli interventi iniziali è emersa l'importanza dell'argomento, per la prima volta affrontato in quest'aula nel corso della presente Legislatura.
Siamo stati tutti indotti - e ciò ben venga - a riflettere sulla "storia" della nostra legge urbanistica e sui profondi cambiamenti che sono intervenuti in questi 14 anni.
E' cambiata l'economia, si sono modificate le politiche industriali e sono mutati i fabbisogni non solo quantitativi, ma essenzialmente qualitativi.
E' parso subito chiaro che stavamo affrontando una tematica di grande rilevanza, discutere di urbanistica significa analizzare questioni fondamentali e sostanziali per la crescita e lo sviluppo del Piemonte.
Come giustamente ha sottolineato il collega Rivalta nel suo intervento nessun'altra legge come la n.56 "ha avuto un'attuazione che non ha eguali in altre leggi di questo tipo"; ma proprio per questo motivo il legislatore deve essere attento vigile al processo e cogliere le esigenze che la comunità esprime.
In tutti gli interventi sono emersi i molteplici motivi per i quali è necessaria ed opportuna una revisione della legge urbanistica. Si è detto che i fondamenti politici e culturali, sui quali si basava la legge richiedevano un aggiornamento, e che la Regione è certamente in ritardo rispetto ai mutamenti intervenuti nel tessuto sociale, economico e culturale.
Non vi è quindi dubbio che fosse necessario rivedere la legge, non per cambiarla nella sua impalcatura, ma per accelerare alcuni iter procedurali e per migliorare i rapporti amministrativi con la comunità: il disegno di legge n. 98 va proprio in questa direzione. Non è una "corsa oscura", con obiettivi poco trasparenti come qualcuno strumentalmente ha sostenuto, non porta da altre parti ed è ben chiaro l'obiettivo di snellimento delle procedure e di correzione degli errori e dei limiti del passato. Così come è ben chiara la scelta fatta di affrontare in due distinti testi legislativi l'urbanistica e la pianificazione territoriale.Testi separati perché far scorrere sullo stesso binario i tempi burocratici dell'urbanistica e della pianificazione territoriale è parsa una forzatura ma testi tra loro complementari ed assolutamente non in contrasto.
Ma ritorniamo al contenuto della legge che stiamo per approvare: una legge quindi di modifica alla vigente legge urbanistica, che ha considerato le esigenze degli amministratori comunali e le esigenze degli operatori.
Una legge di modifica che finalmente sta dalla parte dei tanti Sindaci ed Assessori all'urbanistica piemontesi che ogni giorno si trovano a fare i conti con i mille problemi legati ad una burocratica impostazione della legge n. 56/77.
Liberare di lacci e lacciuoli una buona, e sottolineo buona, legge non significa dare mano libera agli speculatori. Assolutamente; e in tal senso non comprendo le riserve espresse, in particolare dal collega Chiezzi.
Nè la Giunta, né l'Assessore, né il Presidente della II Commissione intendono lasciare il benché minimo spazio ad una degenerazione della politica urbanistica.
Non comprendo il motivo per cui se un piano regolatore o la sua variante impiegano in media sette/otto anni per diventare esecutivi - com'è purtroppo oggi - non si formulano accuse di speculazione; ma se il legislatore snellisce il processo per renderlo più aderente alla società senza peraltro renderlo meno trasparente o meno partecipato - si parla di speculazione.
Tutte le forze politiche si richiamano alla società civile - e su questo sono d'accordo -, pertanto non capisco per quale motivo non si debba tener conto delle prese di posizione a favore del mutamento, espresse dalla società civile, che noi stessi abbiamo constatato durante le consultazioni in Commissione.
Come dovremmo interpretare, colleghi, i pronunciamenti di tanti amministratori locali di associazioni di categoria interessate? Pronunciamenti tutti favorevoli ai cambiamenti - che con la legge in discussione vengono introdotti - sull'iter dei Piani Regolatori, sul reperimento di standards urbanistici, sull'adeguamento alle norme nazionali per gli strumenti attuativi, sul Comitato Urbanistico Regionale e quant'altro.
Non a caso nella mia relazione introduttiva ho voluto richiamare quanto affermato dal relatore delle prime modifiche alla legge n. 56, intervenute fin dal 1984, sulla riconferma del valore della normativa urbanistica regionale e del suo avanzato stato di attuazione da un lato, ma anche sui tempi reali della pianificazione territoriale e urbanistica dall'altro.
Tempi notevolmente più lunghi di quanto indicato dal legislatore nel 1977 più lunghi anche di quanto sia "ragionevolmente accettabile".
Non si poteva allora, ma a maggior ragione non si possono, oggi chiudere gli occhi sulla realtà, sui nodi irrisolti, sulle lacune emerse.
I problemi allora denunciati sono i problemi di oggi.
Le lungaggini burocratiche, la farraginosità delle procedure - e perch no? - le tentazioni pedagogiche che spesso hanno preso la mano agli uffici e ai politici, sono i mali maggiori di una buona legge.
Pertanto la Regione non credo si possa ritenere coscienziosamente a posto se un Piano regolatore tra deliberazione programmatica, progetto preliminare, pubblicazione, osservazioni, adozione, esame, parere del CUR e tanti altri passaggi, impiega sette/otto anni per diventare esecutivo.
Agendo in questo modo non si rende un buon servizio sia agli amministratori locali che devono intervenire su un Piano già vecchio datato prima ancora di venire applicato, sia nei confronti della comunità stessa.
I tempi della società civile sono rapidi, infini-tamente più rapidi di quelli della Pubblica Amministrazione; e il cambiamento va governato, non subito. Solamente in questo modo si può perseguire l'obiettivo del benessere e della qualità della vita.
Tenendo conto della durata di una Legislatura è giusto che un amministratore comunale veda approvato il suo Piano regolatore durante la vigenza del suo mandato amministrativo.
Non si può lasciare in eredità alle successive Amministrazioni un Piano dove figurano scelte a volte non condivise spesso obsolete.
Apro qui una breve parentesi su alcune questioni molto dibattute in quest'aula.
La prima riguarda la soglia al di sopra della quale revisioni e varianti degli strumenti urbanistici generali vengono d'ufficio sottoposte al parere della CTU. Forse, la sera in cui ne discutemmo, la quantificazione non certa del numero dei Comuni piemontesi al di sopra dei 5000 abitanti ha disorientato l'Assessore, il quale ha proposto a questa assemblea di mantenere l'originaria indicazione dei 10.000 abitanti.
Se il numero inizialmente indicato era di circa 500/600 Comuni, si deve condividere l'orientamento dell'esecutivo che nella logica di una minore quantità a favore della migliore qualità, non ha accolto la modifica.
Ma ora, rivista la quantificazione - circa 120 Comuni complessivamente suggerisco all'Assessore il ricorso costante al dettato della lettera e) dell'art. 77 affinché la facoltà, ivi prevista per l'Assessore di sottoporre al parere della Commissione Tecnica Urbanistica gli strumenti urbanistici, si trasformi in puntuale impegno per i Comuni aventi 5.000 abitanti.
Un secondo aspetto, oggetto di attenzione, è il nuovo ruolo dell'Assessore regionale all'urbanistica. Ritengo che non possa essere giudicata negativamente la scelta di un accresciuto potere in capo all'Assessore: è al contrario un fatto positivo perché finalmente viene individuato, con certezza, il preciso interlocutore e non più l'oscuro sinedrio, come giustamente ha richiamato il collega Marchini.
Infine voglio soffermarmi sul problema di Torino e delle limitazioni all'attività costruttiva per i Comuni privi di strumento urbanistico adeguato alle prescrizioni del Titolo terzo.
Le prescrizioni del terzo comma del nuovo art. 83 della legge regionale non costituiscono un privilegio o un'agevolazione per i Comuni dotati di Piano Regolatore adeguato agli standards dei Decreti ministeriali ma non conformi alla legge regionale.
Tali Comuni infatti (tra i quali va annoverato anche il Comune di Torino) rispetto alla legge attuale possono legittimamente adottare qualunque variante al Piano vigente e sottoporla all'approvazione della Regione senza provvedere mai all'approvazione del nuovo Piano regolatore ai sensi della legge n. 56/77.
La soluzione adottata con la nuova legge subordina, nell'immediato futuro (due anni dall'entrata in vigore della legge), la possibilità di adottare varianti di rilievo al Piano regolatore vigente alla prova di aver comunque concretamente iniziato l'iter del Piano regolatore ai sensi della legge n. 56, prova che la nuova legge fissa all'adozione del Progetto preliminare.
Le varianti ai "vecchi" Piani regolatori potranno quindi essere attivate solo dopo che l'Amministrazione comunale sia stata costretta ad assumere pubblicamente le proprie determinazioni con il preliminare di Piano, consentendo alla Regione un riferimento per valutare almeno la coerenza delle scelte proposte con la variante, e con l'ulteriore sanzione di passare dal preliminare al definitivo entro lo stesso termine di due anni dall'entrata in vigore della legge, decorso il quale calano sul Comune pesanti limitazioni all'attività costruttiva fino alla definitiva approvazione da parte della . Regione del nuovo Piano regolatore.
Il meccanismo di subordinare la possibilità di variare i vecchi strumenti all'adozione del progetto preliminare del Piano regolatore redatto ai sensi della legge n. 56 è comunque già stato sperimentato in passato (si veda il testo dell'attuale art. 83) e impone indubbiamente, sia all'Amministrazione comunale proponente che alla Regione, in sede di approvazione, attenzione al mantenimento della coerenza delle scelte operate con le varianti e il Piano regolatore "in itinere".
Voglio infine attestare che i rilievi di scarso interesse del sottoscritto non hanno fondamento. Nel mio precedente intervento avevo sottolineato - lo voglio comunque ripetere anche oggi - che non sono intervenuto con assiduità nel dibattito, semplicemente perché le cose importanti erano condivise non solo dal sottoscritto, ma dal mio partito, e ciò più volte è stato rimarcato. Pertanto non ho ritenuto necessario, in una discussione troppo spesso arroccata su posizioni di parte, interloquire continuamente per esprimere il mio assenso. La quantità di emendamenti presentati con chiare intenzioni ostruzionistiche, ha di fatto impedito di affrontare in modo più approfondito quei pochi emendamenti che trattavano questioni di una certa importanza. Sugli emendamenti tecnici ho preferito l'eventuale accoglimento all'equilibrio dell'Assessore, al suo prudente apprezzamento, alla sua valutazione, confortata dal parere dei massimi dirigenti dell'Assessorato.
Sono convinto che risolvere i nodi da molti e da molto tempo denunciati sia un merito, mentre è sterile la strada della denuncia senza conseguente azione. Le prime denunce dei ritardi della legge 56 - lo voglio rimarcare risalgono al 1984, ed è anche per questo che sono convinto che questa legge gioverà alla nostra Regione, senza alcun effetto dirompente sul territorio mentre esprimo la mia personale e piena adesione e, come Presidente della Commissione urbanistica, auguro la più ampia e convinta convergenza delle forze politiche sul disegno di legge n. 98.
Ringrazio la Presidenza del Consiglio e i colleghi tutti per l'attenzione dimostrata.



PRESIDENZA DEL VICEPRESIDENTE MONTABONE



PRESIDENTE

La parola al Consigliere Vaglio.



VAGLIO Roberto

Sono contento quando viene data voce alla Lega, anche se capita di rado.



ROSSA Angelo

Non è cosi!



VAGLIO Roberto

Capita di rado, l'abbiamo solo quando ce la prendiamo.



PRESIDENTE

Ogni volta che la chiedete.



ROSSA Angelo

Solo voi avete avuto una trasmissione televisiva nazionale su Valenza!



VAGLIO Roberto

L'importanza viene riconosciuta.



PRESIDENTE

Fermo restando il fatto che, ogni volta che la chiedete, la parola vi viene data, la prego, Consigliere Vaglio, di proseguire il suo intervento.



VAGLIO Roberto

Raramente négli annali della Regione Piemonte trova menzione un iter altrettanto lungo e massacrante per ottenere quello ché noi riteniamo un risultato negativo, cioè quello che porterà all'approvazione del disegno di legge n. 98 di modifica della legge 5 dicembre 1977, n. 56.
E scontenta la maggioranza, che non porta a casa la pretesa modifica radicale della legge urbanistica; è scontenta l'opposizione di sinistra che vede ridotta drasticamente la legge 56 proprio in quelle parti che avrebbero dovuto assicurare la massima garanzia nella gestione del territorio; sono amareggiate le forze sociali, che da tanto tuonare attendevano qualcosa di più di quattro gocce di pioggia.
L'ostruzionismo è stato portato avanti solo da tre Consiglieri, mentre il Piemonte chiedeva urgentemente ben altre risposte per ben altre battaglie; per mesi in Commissione e per sei sedute in Consiglio, il filibusteering ha inchiodato la maggioranza a discutere del sesso degli angeli.
Sono affiorati tutti i complessi di colpa della DC, che a suo tempo non ebbe la forza o l'opportunità di opporsi attivamente alla legge Astengo e che in questa occasione ha voluto nostalgicamente rappresentare un gioco delle parti, il quale avrebbe avuto senso 14 anni fa, mentre oggi i tempi sono cambiati, sono cambiati i rapporti di forza e soprattutto è cambiato il Paese reale. La DC non ha più la funzione di diga anti-comunista e, con tutto il rispetto per il collega Chiezzi, da solo non rappresenta né la forza né lo spauracchio che per oltre quarant'anni ebbe modo di tenere in piedi il castello democristiano, facendo dichiarare a grandi vecchi come Montanelli la necessità di tapparsi il naso ancora una volta. Quindi perch fingere che niente sia cambiato e non avere il coraggio o la capacità di presentare una vera nuova legge al posto di questa patetica serie di modifiche che certamente genereranno più guai che benefici? Tra gli operatori del settore, amministratori pubblici e professionisti, è diffusa la convinzione della nécessità di una riforma che snellisca la procedura burocratica delle pratiche urbanistiche.
L'esasperato vincolismo garantista della legge Astengo, che ha dato luogo a strutture pachidermiche come il CUR. aveva bisogno di modifiche che consentissero maggiori deleghe alle comunità locali, non di riforme verticistiche che assegnano ampie facoltà alle Giunte anziché ai Consigli.
Riteniamo che fosse molto più logico attendere alcuni mesi, cioè fino a quando la Giunta non fosse stata in grado di proporre una nuova legge di profonda riforma urbanistica, piuttosto che eseguire un'operazione di azzardati trapianti dai risultati imprevedibili.
In questo caso è probabile che il rimedio sia più dannoso del male.
Sicuramente il documento finale darà adito a complicate e controverse interpretazioni e la cura snellente rischia di risolversi in scelte di pochi scarsi obiettivi, e di facile strumentalizzazione per interessi divergenti da quelli della comunità.
Per questi motivi, il nostro atteggiamento nei confronti del disegno di legge n. 98 è stato sempre caratterizzato da un profondo sconcerto. Non approvammo la legge 56 perché costruita per un Paese che non esisteva nel 1977, che per nostra fortuna non è stato edificato negli anni successivi e che quindi non è in sintonia con la realtà in cui viviamo, ma altrettanto non approviamo le modifiche proposte dallo staff dell'Assessore Carletto perché non costituiscono quella chiara svolta alla politica urbanistica della Regione; necessaria per un moderno sviluppo del Piemonte.
Voteremo quindi contro il disegno di legge proposto dalla Giunta, per motivi diametralmente opposti a quelli che hanno motivato l'opposizione In queste sedute, dei Verdi, del PDS e di Rifondazione.
Denunciamo l'incapacità della maggioranza a dare risposte adeguate alle esigenze del Paese. Riteniamo che il disegno di legge n. 98 nasca vecchio e restiamo quindi in attesa di una nuova legislazione regionale che recepisca le direttive comunitarie e ci consenta una gestione del territorio in sintonia con i partners europei.



PRESIDENTE

La parola al Consigliere Ferrara.



FERRARA Franco

Signor Presidente, colleghi Consiglieri, il dibattito sul disegno di legge n. 98, che giunge oggi a conclusione, è stato molto ampio, molto serrato, molto tecnico, frastagliato da una quantità enorme di emendamenti che non sempre - almeno per i non tecnici - hanno dato la possibilità e la capacità di un apprezzamento dei contenuti, proprio per la suddivisione esasperata di argomenti che forse meritavano un dibattito più complessivo e meno particolareggiato.
E' stato un dibattito anche molto politicizzato, perché siamo in presenza di un disegno di legge che non si pone come nuova norma urbanistica, come nuova legge urbanistica complessiva (perché crediamo che i tempi per fare una nuova legge urbanistica siano più ampi e meritino una maggiore riflessione), ma un semplice adeguamento ed ammodernamento di una legge che ormai stava dimostrando gli anni che aveva. Quindi razionalizzazione di alcuni procedimenti amministrativi e adeguamento di alcune norme che la pratica ha dimostrato dovessero essere modificate.
Senza addentrarmi nei singoli articoli, anche perché non è più luogo mi preme fare alcune considerazioni. Tutto l'impianto della legge n. 56 tendeva, e tende ancora, allo snellimento; che ci fosse necessità di snellimento è un dato riconosciuto da tutti, pur senza negare i valori ed i contenuti politici ed urbanistici che la legge n. 56 contiene.
Ho apprezzato molto l'intervento del Consigliere Chiezzi della scorsa seduta, il quale non si è soffermato su ogni singolo emendamento, ma ha fornito un panorama complessivo dei propri giudizi. Dal suo intervento è emerso che la pesantezza della legge 56 è riconosciuta da tutti. Se la Giunta di sinistra in nove anni è riuscita ad adottare un progetto preliminare e la Giunta di pentapartito in sette anni sta adottando un progetto preliminare, significa che il meccanismo è complesso e difficile si tratta di un meccanismo che tende a porre freni e remore ad una capacità di sviluppo e rinnovamento della città.
A mio giudizio occorre una legge che consenta, pur restando ferme tutte le garanzie e le tutele che la legge urbanistica contiene, un maggiore snellimento ed offra a Torino, ma in genere a tutte le città, la possibilità di muoversi con maggiore speditezza.
Qualche giorno fa ho letto su un giornale i progetti di rinnovamento e trasformazione di Milano; sono straordinari e giganteschi, al di là delle polemiche che stanno sotto gli affari che possono o meno nascondere questi progetti; comunque Milano è una città in forte trasformazione. Ho la sensazione che il Piemonte e, soprattutto, Torino abbiano anch'essi la necessità di muoversi e sapersi adeguare - anche Fiumara ha detto che la società civile si muove velocemente - e non stare troppo indietro al passo della società civile.
In questa norma vi sono stati alcuni elementi caratterizzanti, sui quali ho avuto un momento di riflessione. Non sono intervenuto nel dibattito sui singoli articoli ed emendamenti, lasciando per le valutazioni la posizione della Giunta, peraltro condivisa dal Gruppo repubblicano. Un primo elemento caratterizzante è il silenzio-assenso, norma che pu determinare preoccupazioni ed abusi. In una società come la nostra - così interconnessa, dove tutte le basi sono comunicanti, dove esiste una trasparenza oggettiva nelle cose - sembra che la paura ed i rischi, che pur ci sono ed ai quali bisogna prestare attenzione, siano inferiori rispetto alle maggiori agevolazioni e rapidità di decisione che questo comporta. Una norma di questo genere rende molto più grave e responsabilizzante l'atteggiamento dell'Assessore e della Giunta. E' molto più facile trincerarsi, rispetto ad una decisione non gradita, dietro una pratica alla quale occorre dare una risposta istruita dagli uffici, magari deliberata da altri organismi collegiali che, essendo tali, comportano responsabilità e personalizzazioni più sfumate. E' molto più responsabilizzante non prendere una decisione (non una non-decisione), che proprio in prima persona l'Assessore deve assumere. Proprio per quanto ho detto, in una società come la nostra, informatizzata ed integrata, dove c'è un controllo democratico oggettivo, mi pare che l'assunzione di responsabilità del non-assenso o non dissenso sia un elemento di, assoluta garanzia, anche se ci sono degli aspetti che potrebbero essere preoccupanti. Se qualcuno vuole muoversi scorrettamente, lo fa in qualunque modo, ma se un Assessore (se volete l'Assessore Ferrara) volesse comportarsi in modo scorretto, avrebbe maggiori facilità a dare un parere dopo aver recepito i pareri dei funzionari, di uffici od organi, che non dire di non poter dare un parere sapendo che quel non parere impegna la Giunta in modo forte.
La mia opinione è che questa è una norma che snellirà ed anticiperà accelererà le pratiche, ma non deresponsabilizzerà nessuno.
Un secondo elemento caratterizzante, che il Consigliere Chiezzi ha evidenziato con grande capacità, abilità e anche con innovazione presentando dei documenti, è l'anticipazione di Piano rispetto ai problemi di Torino. Questo mi ha fatto riflettere e pensare e devo dire che i vantaggi che questa nuova norma comporta sono di gran lunga superiori ai rischi che possono esserci.
Il collega Chiezzi ci ha spiegato quanto potrà accadere nel Comune di Torino dopo che verrà approvato ed adottato il progetto preliminare di Piano regolatore. E' vero, potranno succedere una serie di cose che il Consigliere Chiezzi ci ha detto, però quanto accadrà non accadrà nel chiuso di una stanza, ma all'interno di un organo politico più importante e più controllato. Questo non solo per Torino; in qualunque altra città, dalla più piccola alla più grande, quando si discute di Piano regolatore, di una variante al Piano regolatore o di anticipazioni del Piano regolatore l'interesse della gente è superiore all'interesse conferito alle deliberazioni dall'ente Regione.
Non hanno forse i Consigli comunali al loro interno una grande capacità di critica e di controllo democratico, se opposizione esiste ancora? Non hanno gli stessi Consigli comunali una grande capacità di controllo democratico per fermare le iniziative censurabili? Il fatto poi che debbano essere coerenti con il preliminare di Piano regolatore costituisce di per sé un minimo di garanzia; il preliminare è comunque una fase intermedia rispetto alla programmazione della città, fase intermedia che è stata approvata ed ha quindi valore. D'altronde le varianti si sono sempre fatte e si continueranno a fare; si è fatta la variante (che il Partito repubblicano non aveva condiviso completamente) sul Palazzo di Giustizia. Ci saranno probabilmente varianti che andranno a cambiare qualcosa del Politecnico, come diceva il collega Chiezzi in riferimento al fatto che le torri si faranno o non si faranno. Credo tuttavia che si tratterà di varianti che avranno subito un tale approfondimento che i pericoli di eventuali comportamenti non trasparenti saranno molto ridotti.
A me pare che con l'art. 13 si voglia dare forza e valore ad uno strumento urbanistico, intermedio sì ma comunque approvato dai Consigli comunali; inoltre tale facoltà non è eterna, ma limitata a due anni.
Personalmente, (in quel dibattito ho parlato poco, ma ho ascoltato molto) rispetto ai rischi e ai pericoli che tali scelte possono comportare la mia opinione è che i vantaggi - pur essendo in presenza di alcuni pericoli ai quali bisogna comunque prestare attenzione - siano comunque superiori. Questa è la ragione per cui il Gruppo repubblicano dà un giudizio positivo alla legge che andiamo ad approvare, anche se avverte la necessità di una revisione generale della legge urbanistica.
Sappiamo perfettamente che la revisione generale della legge urbanistica richiede del tempo. Il rappresentante della Lega nel suo intervento diceva: "Avremmo preferito aspettare qualche mese e fare una nuova urbanistica"; io non sono molto competente in materia urbanistica comunque riconosco che si tratta di uno sforzo culturale così straordinario che certamente non sono sufficienti pochi mesi.
Credo però che in questa legislatura la Giunta debba emanare la nuova legge urbanistica, adeguata alla nuova cultura, alle nuove esigenze, alla nuova realtà che ci deriva anche dalla legge 142. Uno dei nei è che ignoriamo obiettivamente che esiste la legge 142. La legge in discussione non è conseguenza della 142 (la 142 è una legge molto recente) come non lo sono il Piano regolatore di Torino e il progetto preliminare di Plano regolatore, come qualcuno sosteneva. Occorre ribadire comunque che la legge 142 è ancora un elemento di studio negli Enti locali, in Regione, in Provincia, in Comune. Credo che la Giunta debba, in questa legislatura emanare la nuova legge urbanistica che tenga conto di tutte le nuove esigenze e della legge 142 che orinai abbiamo di fronte.
Per forti motivazioni, il Gruppo repubblicano voterà a favore di questa legge.



PRESIDENTE

Chiede la parola il Consigliere Majorino; ne ha facoltà.



MAJORINO Gaetano

Presidente e colleghi Consiglieri, per inquadrare i ragionamenti che farò in ordine alla proposta di revisione della legge urbanistica, intendo ricordare che nel luglio del 1984, in occasione della prima revisione della legge Astengo, avevo avuto modo di osservare che la principale concausa della paralisi dell'edilizia in Piemonte era dovuta alla eccessiva macchinosità della legge Astengo. Al di là del prodotto culturale sicuramente di tutto rispetto, la legge Astengo vedeva la situazione urbanistica su un piano teorico, senza considerarla nel suo pratico divenire e nella sua praticabilità, accorpando - com'è noto - norme di principio a norme di contenuto burocratico-regolamentare, degne più di una circolare assessorile che di una legge.
La prima a rendersi conto della macchinosità della legge 57 - anche in seguito a sollecitazioni da parte di operatori delle forze politiche che non avevano condiviso la filosofia della legge Astengo - era stata la Giunta di sinistra, la quale nel suo documento programmatico del 1980 aveva testualmente detto e scritto che "è necessario rivedere la legge 56 ai fini di semplificare le procedure di formazione ed approvazione degli strumenti urbanistici e di distinguere i Comuni in classi".
Il prodotto della revisione del 1984 fu però una profonda delusione, in quanto non si realizzò quanto previsto dalle proposte e dalle intenzioni della Giunta di sinistra di allora. In quella sede avevamo suggerito che al di là di considerazioni teoriche, urbanistiche e culturali, era necessario operare nel concreto e nel vivo del testo di legge. Ripulendo la legge 56 sotto il profilo formale e lessicale era possibile adeguare questo strumento nel vivo e nell'operativo, ovviamente eliminando tutto ciò che è contenuto burocratico degno di circolari assessorili o regolamentari, e tenendo conto di quella che era stata la dottrina inerente la materia, in particolare della legge urbanistica piemontese, e anche delle decisioni del TAR Avevamo inoltre detto che sarebbe occorsa una certa umiltà legislativa che invece non si verificò.
Fu con una certa attenzione che leggemmo le dichiarazioni programmatiche dell'agosto 1985 della Giunta Beltrami, nelle quali si evidenziava la necessità di snellire la legge urbanistica, di cambiarla, di renderla praticabile. Nel corso di quella legislatura nulla si è fatto al riguardo, nel senso che non si è arrivati ad alcun risultato. Questi stessi concetti sono stati ribaditi all'inizio di questa legislatura e ancora in occasione della presentazione del disegno di legge che oggi approda in aula per il suo voto finale.
Nella relazione di minoranza presentata in questa occasione abbiamo scritto e illustrato come, a nostro avviso, non si fosse sufficientemente approfondito quello che io mi limito a chiamare "snellimento" della legge abbiamo concluso ponendoci in una situazione di "attendismo", per vedere se, e come, attraverso il dibattito ci fossero state delle immutazioni incisive.
Giungendo ora alla valutazione dell'intero disegno di legge, devo premettere che non sono in grado di fare valutazioni di stretto contenuto urbanistico; una siffatta incisiva cultura hanno mostrato di averla due Consiglieri, ex professo della materia, Chiezzi e Rivalta, e un certo approccio è riuscito a farlo anche il Consigliere Miglio, definito loro allievo, senza dimenticare che anche - mi scuso di non averlo citarlo prima l'Assessore Carletto conosce ab imis questa materia sotto il profilo tecnico-urbanistico, prima ancora che politico.
La proposta era sicuramente lastricata di buone intenzioni e devo riconoscere che, in linea di principio, un certo snellimento e una certa migliore praticabilità della legge sulla formazione dei piani regolatori e sulla Commissione Tecnica Urbanistica (di gran lunga più snella della precedente formazione consultiva) ci sono stati. Però - qui cominciano i però - sulla Commissione Tecnica Urbanistica devo lamentare che, con riferimento alla consultazione della stessa da parte della Giunta, vige la regola della discrezionalità, a parte pochi casi di rilievo nei quali l'intervento, la consultazione, il parere consultivo della Commissione Tecnica Urbanistica è reso obbligatorio. Il "se del caso" compa-re qua e là nel testo della legge e meraviglia che sui DDL. sui regolamenti, sui programmi o sui piani, che possono nel corso di questa legislatura e delle future essere presentati, la Giunta regionale abbia solo la facoltà, e non l'obbligo, di acquisire il parere della CTU. Per i disegni di legge e per i regolamenti direi che la cosa è enorme e che si viola addirittura la regola statutaria, prima che regolamentare, della consultazione.
Ritengo che quando nell'itinerario della Commissione legislativa si consultano gli addetti al lavori che possono essere gli operatori dell'edilizia e le varie associazioni che operano in materia, la CTU dovrebbe essere il soggetto n. 1 degno di essere consultato, per l'apporto tecnico che sarebbe in grado di dare nel bene o nel male. Quindi, è vero che è snella, ma è anche vero che sono state ridotte le possibilità di essere consultata.
Sempre sul piano strettamente legislativo e sul piano della operatività della legge per i soggetti destinatari della stessa, devo rilevare - come aveva già fatto il collega Ferrara - le perplessità sul silenzio-assenso. E un istituto ritenuto legittimo e introdotto pacificamente nella legislazione e negli ordinamenti, però quando si prevede il silenzio assenso con riferimento ai piani particolareggiati, che costituiscono nel contempo variante al PRG, si esagera e si prevede che possa esserci negligenza, incapacità o inadempienza da parte della Giunta. Quindi, si dice: "se saremo inadempienti nel termine ristrettissimo dei 30 giorni in cui abbiamo l'onere, l'obbligo politico istituzionale di approvare questo tipo di piani particolareggiati, scatta la regola del silenzio-assenso".
Avrei potuto, sotto un certo profilo, capire che poteva valere la regola del silenzio-assenso qualora fosse stato mantenuto il termine ridotto dei 30 giorni, ma se nel corso della discussione in aula si è passati a 120 giorni è ancora più grave prevederlo.
Il solo fatto di avere elevato il termine a 120 giorni per l'approvazione di questi piani, avrebbe dovuto portare contemporaneamente all'eliminazione del silenzio-assenso.
Ci sono poi altre considerazioni di tipo legislativo non secondarie che riguardano le principali modifiche della legge in questione, relativa alle operazioni che non costituiscono variante al PRG.
C'è la famosa indicazione "adeguamenti di limitata entità" che viene ripetuta due volte e precisamente: "adeguamenti di limitata entità delle localizzazioni delle aree" e "adeguamenti di limitata entità che riguardano i perimetri delle aree sottoposte a strumento urbanistico esecutivo".
Non abbiamo approvato con molta convinzione questa normativa, perché ci saremmo resi complici, in senso politico, di una grave violazione di legge complici di un pressoché sicuro infortunio legislativo. Se non ci sarà questo infortunio in sede di governo, ci sarà sicuramente, in un secondo tempo, alla Magistratura e alla Corte Costituzionale.
Per quanto riguarda gli adeguamenti di limitata entità la Corte Costituzionale ha censurato ed annullato un'identica espressione in materia di modica entità delle dosi di droga. Quindi, siamo in piena discrezionalità, perché il giorno in cui questo tipo di variante, che riguarda gli adeguamenti di limitata entità, verrà attuato, avremo la piena discrezionalità nel bene, ma potrebbe anche essere nel male.
Nel motivare quello che sarà il nostro comportamento sul voto finale devo almeno toccare i punti principali. L'Assessore Carletto ha detto che c'è una salvaguardia, una valvola di sicurezza, in quanto si possono annullare le deliberazioni comunali che interpretino in maniera abnorme l'adeguamento di limitata entità.
L'interpretazione della Giunta sul concetto di limitata entità è estremamente generico, non degno di essere contenuto in una nonna giuridica, senza contare il suo potere di annullamento. Prima si dice che la deliberazione consiliare è soggetta al solo controllo di legittimità; si dice una cosa inutile, perché la legge n. 142 prevede che tutte le deliberazioni consiliari, in quanto tali, sono soggette al controllo di legittimità; va bene ugualmente anche se è superfluo.
Si attribuisce un potere di annullamento alla Giunta, ci sarà molto da discutere sul piano della legittimità, perché la Giunta diventa un organo di controllo bis; si aprirà quindi un grosso contenzioso davanti al TAR Piemonte.
Infine vi è la questione citata anche dal Consigliere Ferrara, il quale responsabilmente si è reso conto del pericolo insito in questa norma, anche se ha detto che i vantaggi sono sicuramente migliori dei rischi e dei conseguenti danni. La normativa prevede l'anticipazione dei piani preliminari, perché non si sa cosa succede, e nel momento in cui i piani preliminari avranno una immutazione in sede definitiva, ci sarà stata una pletora di autorizzazioni date in base ai piani preliminari suscettibili di attuazione, che non si sa se e come potranno essere revocate: quindi, una grossa confusione urbanistica.
Chi mi ha ascoltato si aspetta che il voto del MSI DN sarà negativo invece, nonostante queste obiettive censure e perplessità, il nostro sarà un voto di astensione, che lambisce il voto negativo e non è quindi un apporto all'approvazione della legge.
E' un voto che formuliamo sia perché un qualche snellimento comunque c'è stato (sia pure con meccanismi che possono essere pericolosi), sia perché (nonostante le forti obiezioni che abbiamo fatto, che sono le principali), qualora dovessimo porci in una situazione di voto negativo nonostante la validità delle nostre obiezioni, secondo quello che è il criterio dell'apparenza verso l'esterno, verso la società civile - come si suol dire - appariremmo dei difensori dello status quo esistente e quindi appariremmo dei difensori della legge Astengo.
Come ho detto e desidero ribadire, al di là del valore culturale del prodotto, sulla legge Astengo medesima e sulle modifiche che per altro sono state apportate nel 1984 abbiamo formulato un giudizio negativo.
Quindi perle ragioni svolte, per il poco che c'è stato verso lo snellimento, nonostante le grosse censure che abbiamo ritenuto di esprimere e con l'auspicio che queste modifiche servano in definitiva a rendere più praticabile, sotto il profilo tecnico e temporale la legge 56, il nostro comportamento in sede di voto finale sarà l'astensione.



PRESIDENZA DEL PRESIDENTE SPAGNUOLO



PRESIDENTE

Ha chiesto la parola il Consigliere Chiezzi; ne ha facoltà.



CHIEZZI Giuseppe

Grazie, Presidente. Colleghe e colleghi, anche questo disegno di legge n. 98 di modifica alla legge urbanistica regionale 56 è una bella picconata; una picconata non allo Stato nazionale, ma alle regole urbanistiche di questo piccolo stato che è la Regione Piemonte, una picconata data da 34 braccia, che a dire il vero non tutte impugnano con la stessa decisione e forza l'utensile.
E' una picconata ad una legge qualificata dall'Assessore, nella sua prima replica, con un epiteto la cui definizione sul vocabolario dice "pu assumere valore spregiativo". L'epiteto è poliziotto: la legge-poliziotto.
L'Assessore poteva usare altri termini e riferirsi, in modo non spregiativo, al termine politica, da cui è derivato polizia, che intende Amministrazione dello Stato, forma di governo, condizione di cittadino, la vigilanza che il Governo esercita per evitare di reprimere i delitti e assicurare l'ordine civile e politico. E' stato usato invece il termine poliziotto per dare una picconata ad una legge che taluni, nel corso del dibattito, compreso lo stesso Assessore, si erano chiesti da dove arrivasse.
La legge 56 viene da lontano, viene innanzitutto, in termini più ravvicinati, dalle lotte che ci sono state tra il 1965 e 1975 da parte di grandi masse, soprattutto nelle aree urbane, che chiedevano condizioni di vita più civili a seguito della crescita tumultuosa di queste grandi aree e quindi è senz'altro figlia di quelle lotte politiche e sociali.
Se andiamo a guardare un po' più in fondo alle cose e alla legge 56, a chi l'ha sostenuta e a chi le ha dato vita, forse possiamo tornare ancora un tantino più indietro, andando a vedere quali siano le radici più profonde, le radici culturali che possono aver portato alla concezione di una legge urbanistica di questo genere.
E' una legge che ha un suo fondamento, ad esempio, sul fatto di basare su parametri certi la possibilità di sviluppare la città e i propri elementi qualitativi. Questo è uno dei fulcri della legge 56: dare misure certe alle cose. Questa scelta di "dare misure certe alle cose" dà fastidio a chi considera il territorio un bene da sfruttare.
Da questo punto di vista, dovremmo andare a rileggerci Antonio Gramsci nel "Materialismo storico e la filosofia di Benedetto Croce", si tratta di pochissime righe, ma illuminanti.
Gramsci scriveva: "Si pone la questione ove sia più utile applicare la propria forza di volere, a sviluppare la quantità o La qualità. Quale dei due aspetti è più controllabile? Quale è più facilmente misurabile? Su quale si possono fare previsioni, costruire piani di lavoro? La risposta non pare dubbia: sull'aspetto quantitativo. Affermare pertanto che si vuole lavorare sulla quantità, che si vuote sviluppare l'aspetto corposo del reale non significa che si voglia trascurare la qualità, ma significa che si vuol porre il problema qualitativo nel modo più concreto e realistico, cioè si vuole sviluppare la qualità nel solo modo in cui tale sviluppo è controllabile e misurabile".
Trovo queste frasi di Antonio Gramsci particolarmente illuminanti e condivisibili e penso che la legge urbanistica di Astengo abbia le sue lontane radici in questo modo di intendere il governo, di intendere la qualità delle cose e la possibilità di Intervenire su aspetti qualitativi della realtà delle cose, facendo però leva su elementi certi, misurabili incontrovertibili dal punto di vista della loro corposità.
E quanto ha fatto la legge urbanistica di Astengo, che ha individuato in regole e misure certe gli elementi costitutivi della qualità del vivere urbano, proprio quella qualità che oggi viene agitata da tanti, i quali, in modo interessato, hanno paura e fastidio della quantità necessaria a garantirla e tendono, per varie vie, anche introducendo nuove norme urbanistiche, a sottrarre un elemento quantitativo minimo di misura per passare, da un punto di vista chiaramente ideologico, a puri discorsi di qualità la cui misura diventa molto difficile.
In questo si inserisce il dibattito serio, a mio avviso, che abbiamo svolto qui sul tema del verde, su cosa sia il verde dal punto di vista della sua costituzione fisica-materiale e su come non sia possibile assegnare ad una soletta di cemento armato ricoperta di fiori il valore di verde pubblico.
Con questo disegno di legge si premiano i peggiori: i peggiori amministratori, i peggiori industriali e i peggiori cittadini. Perché dico questo? Proverò a spiegarmi.
Questa legge premia i peggiori amministratori, quelli che intendono continuare a decidere alla peggio di volta in volta, quelli che vogliono decidere senza un programma e quindi senza programmi pluriennali di attuazione, con varianti in contraddizione anche con il Piano regolatore gli amministratori che decidono di continuare a dare voce ad uno sviluppo che prescinda dall'ambiente; gli amministratori che considerano la democrazia come una decisione di pochi e possibilmente presa in luoghi riparati, riparati da confronti fastidiosi e pubblici, come può essere la delibera programmatica da questa legge non più resa obbligatoria; gli amministratori che intendono l'esercizio della discrezionalità come prassi di un proprio sistema di potere e come un accrescimento del loro potere che deriva dal fatto che diverse procedure possono o non possono essere scelte discrezionalmente da chi pro-tempore occupa un posto di potere.
Si premiano poi i peggiori industriali; i peggiori industriali di quel particolare settore che industriale lo è tra virgolette, il comparto edilizio residenziale e terziario. Gli industriali che stanno da tanti decenni comodamente seduti ed arricchiti dalla rendita anziché dal profitto industriale, anziché da un investimento di capitali per elevare il .sistema del settore costruttivo a un vero sistema industriale che produce profitti e non percepisce delle rendite, produce profitti per innovazione tecnologica, per riforma dell'impresa, per riforma dello stesso prodotto.
Invece il ritorno in primo piano della rendita che questa legge favorirà paralizza e confina il settore delle costruzioni immobiliari al di fuori delle regole proprie dell'industria; il comparto delle costruzioni rimane drogato da facili profitti che ne hanno impedito fino adesso di essere assimilato in misura maggiore, anche rispetto alle economie di profitto, ai sistemi industriali. Sappiamo che le industrie hanno regole economiche che fissano il livello dei profitti in relazione al capitale impiegato nell'ordine dei che stanno sotto il numero 20, anzi a volte stanno anche sotto il numero 10.
La rendita consente molto di più; consente di fare profitti utilizzando manodopera in nero e versando il calcestruzzo all'interno delle cassaforme come si faceva duemila anni fa. Questa legge riattiva la rendita immobilizza ed emargina anche quelle forze, che esistono all'interno del comparto delle costruzioni, disponibili ad avviare una profonda riorganizzazione di questo comparto e di fondarla non tanto sulla percezione facile e comoda di ingenti ricchezze attraverso la rendita, ma attraverso investimenti, capitali e un riordino di carattere industriale del settore.
Questa legge premia inoltre i peggiori tra i cittadini, quelli che saranno sempre più abituati ad avere un rapporto col potere di tipo clientelare, a vivere e richiedere deroghe continue, a percorrere strade traverse per ottenere decisioni in separate sedi.
Questa legge segna un suggello legislativo a una prassi di governo che è iniziata non oggi, ma da qualche tempo.
La degenerazione - ne ha parlato il collega Fiumara - a mio avviso è già in atto, altro che possa iniziare ora come ha affermato il Consigliere Fiumara. La degenerazione è già in atto! E' in atto da quando ad esempio è stata approvata la variante 31 ter in forza della quale oggi la Giunta Zanone comincia a emanare circolari per la cementificazione del territorio.
Con questa circolare si fa ancora un passo avanti rispetto a quanto già di pernicioso prevede il progetto preliminare del Piano regolatore, perché se il progetto preliminare ha trasformato l'erba dei prati e l'acqua dei fiumi in cemento, con la Variante 31 ter più circolare della Giunta Zanone, anche l'aria si trasforma in metri quadrati di solaio perché vengono consentite le demolizioni di fabbricati a industria e la volumetria, quindi l'aria di questi capannoni, viene trasformata in metri quadrati di solaio. Liberi tutti, con questa legge, di agire al peggio, che poi vuol dire agire al meglio per le tasche dei percettori di rendite.
Si è parlato in questo dibattito anche del problema delle anticipazioni, ne ha parlato il collega Marchini in particolare e lo ha ripreso, anche in termini riflessivi che ho apprezzato, il collega Ferrara.
La mia opinione è che le anticipazioni che questa legge consentirà soprattutto a Torino, ma non solo a Torino (questa è un'aggravante della legge e non un elemento che attenua l'impatto negativo di questa norma) siano molto pericolose perché all'interno di un progetto preliminare di piano, il fattore tempo è una leva che a seconda di come la si usa porta o non porta a conseguire le finalità del progetto. Un progetto di piano regolatore è un disegno molto complesso della realtà, è un disegno comunque finale di una realtà cui si vuol tendere. Al conseguimento degli obiettivi di un piano regolatore non si arriva comunque, cominciando ad attuarlo da qualunque parte, anzi se si inizia ad attuarlo dalle parti sbagliate lo stesso disegno di piano regolatore non è raggiunto. Ad esempio se si intende riequilibrare la città spostando dei pesi di valore terziario e commerciale verso le periferie degradate, sono gli interventi che devono essere fatti per primi, anche se un Piano regolatore può prevedere questi interventi insieme ad altri più centrali.
Allora le anticipazioni possono stravolgere il piano. Se nelle anticipazioni si seguono le regole del mercato immobiliare, si comincerà a costruire dal centro. Se si comincia dal centro, la rivalorizzazione di Torino, alle periferie non si arriverà mai; è un circolo vizioso che premierà sempre gli interventi più redditizi. Per questo motivo ho espresso molta preoccupazione per le norme dell'art. 13, perché queste anticipazioni potranno stravolgere lo stesso disegno del piano.
L'idea che muove questo disegno di legge è un'idea sbagliata. I tempi lunghi per l'approvazione dei Piani regolatori non sono dovuti a carenze della legge, ma per metà a problemi seri di carattere politico che tutte le amministrazioni hanno nel redigere i Piani regolatori e per metà a problemi amministrativi di insufficiente gestione.
Bisognava avere il coraggio di intervenire sui tempi di gestione perché i tempi, della legge erano già congrui, anzi alcuni di questi sono stati in quest'aula allungati.
In questa legge permangono ancora numerose illegittimità, su questo non mi dilungo: a mio avviso &è una soppressione di diritti dei cittadini che rende illegittima questa legge e c'è un'appropriazione di illegittimi poteri da parte dell'Assessore.
Sulla questione dei tempi: che siano posti In modo ingannevole lo dicono anche le associazioni ambientaliste che hanno prodotto memorie e hanno scritto delle lettere. Non si farà più in fretta, cari cittadini e colleghi, non è vero quello che si sta scrivendo, cioè che con questa legge le cose si svolgeranno più in fretta: si svolgeranno - ahimè - sempre nello stesso modo fino a che la gestione regionale non verrà potenziata e resa più efficiente.
Ultima considerazione. Il dibattito che si è svolto in quest'aula lo ritengo comunque positivo. E' stato definito dal collega Ferrara molto tecnico, ma anche molto politico. E' vero, ci sono stati entrambi gli aspetti che in questa materia vanno tenuti insieme.
In questo dibattito non ho visto allievi, oppure siamo un po' tutti allievi l'uno dell'altro: non è certamente un allievo il collega Miglio con il quale mi trovo in piena e propulsiva sintonia, ma a questo punto potrebbe essere un allievo anche l'Assessore Carletto. Non siamo allievi di nessuno, o meglio siamo tutti allievi rispetto a quanto sentiamo dire dagli altri.
Questo dibattito non ha avuto fini ostruzionistici, anche se si poteva fare dell'ostruzionismo: io non l'ho fatto e nemmeno i colleghi. Quello che abbiamo fatto è una forte e dura battaglia democratica d'aula, basata sui contenuti per affermare che quest'aula non deve essere una replicante di accordi presi in separate sedi, ma deve essere viva e vitale e deve gestire i poteri che gli sono propri.
Quest'aula è la nostra sede decisionale ed il lavoro che abbiamo svolto con la dura e lunga opposizione di merito è per far vivere all'aula il ruolo che deve avere, il confronto diretto sui problemi per il tempo necessario ad averlo.
E' tutto negativo quello che è stato fatto in aula? No, l'Assessore ha accettato alcune cose marginali, anche se non cambiano in meglio la legge.
Il giudizio che continuo ad esprimere nei confronti della legge quindi è negativo.
All'Assessore devo dare atto di una cosa non marginale, al di là del merito che ci divide su distanze molto grandi. E' quella di aver accettato la battaglia in aula, di aver accettato le regole della nostra democrazia.
Rispettare queste regole a volte è faticoso, ma è la sostanza della democrazia e l'Assessore ha consentito con atteggiamenti, ma anche con risposte puntuali, che questo scontro democratico avvenisse senza alcuna insofferenza; do quindi a tale fatto un valore di rispetto delle regole democratiche da apprezzare.
Ritengo utile il confronto e ringrazio i colleghi che finora hanno risposto, seni altro anche gli altri lo faranno.
Ho apprezzato l'intervento riflessivo del collega Ferrara, riflessivo su alcuni momenti delicati della legge. Dobbiamo confrontarci in aula per chiarire, per dividerci, per scambiare opinioni, quelle opinioni che ci siamo scambiati e continuiamo a scambiarci e che a volte può darsi che rimangano un po' come i semi in terra: possono sempre germogliare più tardi. Chissà se i dubbi accolti sul silenzio-assenso e sulle anticipazioni non possano essere ripresi, decantatala situazione dal punto di vista della polemica e dello scontro aspro, in altre leggi sulle quali, con ragioni più meditate, il confronto possa avvenire meno sulla base di contrapposizioni tra maggioranza ed opposizione, ma più sull'esame obiettivo dei problemi che affrontiamo.
Il voto di Rifondazione Comunista è contrario al disegno di legge.



PRESIDENZA DEL VICEPRESIDENTE GROSSO



PRESIDENTE

Ha chiesto la parola il Consigliere Marchini; ne ha facoltà.



MARCHINI Sergio

Signor Presidente e colleghi Consiglieri, il Gruppo liberale darà un voto favorevole e pienamente convinto a questo disegno di legge. Le ragioni sono principalmente due: una di tipo istituzionale ed una di natura politica. Istituzionale in quanto, per la prima volta in questa legislatura, il Consiglio regionale ha riassunto in pieno la sua funzione di soggetto legislativo. L'essere soggetto legislativo non è solo essere soggetto politico, è anche dimostrare capacità alla cultura, attrezzatura tempi e rapporti che consentano di trasformare le enunciazioni politiche e la raccolta delle istanze della società civile, la risposta e l'indirizzo in un lavoro tecnicamente qualificato, accettabile e produttivo.
In questo senso il Gruppo liberale, sia in Commissione sia in aula, ha sempre dato spazio massimo allo sforzo fatto dalle opposizioni, in particolare quella di sinistra, tendenti a svolgere un lavoro, tecnicamente il più qualificato possibile, anche se attraverso la maggiore tecnicità del prodotto finale si tendeva a perseguire un obiettivo politico diverso da quello che la maggioranza e la Giunta tendevano a perseguire.
Nelle posizioni della minoranza abbiamo contrastato gli aspetti politici, ma non il metodo, perché ci è sembrato di dover segnare la caratteristica che la Regione è soprattutto un ente legislativo. Essere un ente legislativo significa privilegiare, a livello di formazione culturale e politica, di organizzazione delle strutture del Consiglio regionale, di maturazione della Giunta nelle sue strutture, questa capacità di trasformare in normative le intuizioni politiche. Il Consiglio regionale sia quindi non tanto un luogo dove ci si trova, si passeggia e si ragiona con molto buon senso e grande capacità di interpretazione dei processi, ma soprattutto la sede in cui si ha la capacità di dare risposta tecnica e legislativa ai bisogni della società civile.
Questo aspetto, che sembra solo di carattere formale, lo consideriamo fondamentale dal punto di vista istituzionale. Da parte del mio Gruppo quindi,c'è non solo il voto, ma un esplicito e sentito ringraziamento al collega Chiezzi che ha voluto misurarsi in questa impresa - consentimi Chiezzi - un po' controcorrente.
Questa legislatura tende all'approssimativo, a dire che ci siamo capiti, ci siamo spiegati ed abbiamo colto il problema. Non è così; la Regione, se vuole essere un'istituzione credibile, deve cessare, ad esempio, di essere oggetto delle barzellette del TAR. deve produrre anche formalmente qualcosa di accettabile e corretto.
Dal punto di vista politico consideriamo questa legge di grandissima importanza e non accettiamo l'interpretazione riduttiva che si velocizza nei processi. Si velocizzeranno forse i processi in conseguenza di una scommessa politica, e la scommessa politica per la quale riteniamo di manifestare il nostro apprezzamento all'intuizione della Giunta ed all'elaborazione del Consiglio, è che questa legge innova fondamentalmente le questioni cruciali, che sono la funzione regionale, il ruolo dei Comuni ed il ruolo della Regione. Si è fatto un atto di giustizia non solo politica, ma culturale (cercherò poi di fare capire questo doppio approccio) nei confronti della nostra storia politica, giuridica e culturale.
Cominciamo da quella politica ed istituzionale; se vogliamo lo stato delle autonomie dobbiamo arrivare ad un meccanismo di concertazione fra le autonomie e non rivendicare in modo autoritario e velleitario una maggiore capacità che gli consente il controllo.
Chi l'ha detto? Il controllore per sua natura deve essere portatore del patrimonio che ritiene di dover controllare in misura più approfondita ed alta di quanto non l'abbia il controllato.
Perché la legge n. 56 non è andata avanti come lo stesso Astengo ha detto In quest'aula? Fortunatamente, per merito di socialisti illuminati (faccio riferimento in particolare a Simonelli il quale non ha ritenuto di dar corso alla fase che Il collega socialista ha definito pedagogica, ma che allora era chiamata di monitoraggio), non si è dato corso al processo secondo il quale la Regione pretendeva di essere espressione della cultura urbanistica piemontese nei confronti di Comuni che dovevano unicamente subire ed imparare.
Questo è un approccio politicamente scorretto perché mina lo Stato delle autonomie in cui tutti i soggetti hanno pari dignità; è dalla loro concertazione che deve nascere il risultato, non dal controllo, non dalla sovrapposizione di un soggetto rispetto all'altro. Il nostro sistema delle autonomie non è un sistema gerarchico, ma è un sistema partecipato dialettico, conflittuale, un sistema di pari portatori di diversi diritti.
E, in questo senso, il socialismo di ritorno nella legge n. 56 c'era tutto.
Se lasciamo cadere per un momento l'aspetto politico, questa mi pare una forte conquista.
Per quanto riguarda l'aspetto culturale e storico, la nostra Italia non è la Francia dei 32 o 33 re, ma è il Paese delle cento città. Quando giriamo l'Italia vediamo l'Italia delle città, dei Comuni, delle Signorie non di cose considerate del tutto occasionali.
A Firenze c'è la felicità di avere riscoperto, dopo 1.800 anni, una qualità della vita nel rapporto con l'immanente, col trascendente, che è li nelle pietre, come lo troviamo nei templi di Olimpia; se ci affascinano le statue fiorentine di Michelangelo è perché sembrano costruite con frammenti del frontone di Olimpia, secondo la cultura di un piccolo mondo che aveva riscoperto la competizione, il confronto e in una qualche misura la divinità dell'uomo.
A Venezia che cosa c'è? Se mi permettete, c'è la un po' spocchiosa esibizione del successo in queste cattedrali che sono le case dei ricchi mercanti, i quali hanno costruito prima l'impero della loro famiglia e poi quello della loro città; c'è la competizione di San Giminiano.
E poi veniamo a noi, nel nostro piccolo. Che cos'è il nostro Piemonte? E' una Regione dai mille e oltre Comuni, ognuno con la propria specificità e caratteristica; la loro struttura urbanistica e architettonica è la trasposizione in pietre, in volumi, in spazi della cultura e del modello socio-economico che li si è insediato, basta pensare alle nostre cittadine della - "grassa Padania". Immaginiamo Carmagnola: le sue piazze, i suoi porticati rivelano una comunità che si ritrova al mercato e alla domenica per trattare d'affari, per svilupparsi, per confrontarsi; così anche per i bellissimi paesi del Monferrato, ad esempio San Damiano d'Asti che fa pensare ai contadini che alla sera risalgono sul colle e contemplano il lavoro che hanno dinanzi ai loro occhi.
La nostra cultura, la nostra economia è tutta leggibile nel modo d'essere delle nostre città, costruite da piccoli gruppi di cittadini.
Sulle nostre montagne vi sono paesi abbracciati l'uno all'altro, non dalla simpatia o dalla paura, essi sembrano greggi in attesa del fulmine appoggiati l'uno sull'altro, tutti eguali, identici, e si infilano uno dentro l'altro come fanno le pecore in attesa di qualcosa che sta per avvenire.
Abbiamo sentito ripetere in parecchie sedi - l'ho detto anch'io - che non si può capire Einaudi se non si guardano le vigne di Dogliani, non si può capire Cavour se non si guarda la pianta di Torino. Questa nostra città è la pietrificazione di un Paese fortunato e di una dinastia illuminata e presaga dei destini che aveva di portare questo pezzo di buco in mezzo alle Alpi ad essere protagonista della storia del nostro Paese, depositaria quindi di una cultura mittel-europea e levantina; la razionalità di Cavour è prima di tutto la razionalità della nostra città.
Questa legge urbanistica non fa altro che riconoscere che la nostra Regione, come tutto il nostro Paese, andrà avanti nella misura in cui le Amministrazioni comunali sapranno recuperare il ruolo che le deriva dalla storia. Ciò non significa sminuire il ruolo della Regione, anzi tutt'altro.
E stato detto stamani dal Consigliere Chiezzi, in termini molto intelligenti, che il parametro quantitativo deve essere finalizzato a un recupero di natura qualitativa, quindi il controllo regionale deve avvenire non per approvare o per non approvare, ma per avviare un processo.
A questo punto si pone il vero problema della Regione: darsi su questo un progetto politico, fase sulla quale sicuramente la Giunta, la maggioranza, il Consiglio saranno chiamati a svolgere. La Giunta dovrà pur approvare, poiché esistono anche questi aspetti burocratici, ma dovrà essere il soggetto a disposizione dei Comuni affinché questi sappiano meglio interpretare le proprie esigenze e crescere. Comunque più che una capacità di controllo da parte della Regione ci sarà l'esigenza di costruire scenari all'interno dei quali collocare l'assoluta e totale autonomia dei Comuni. Gli scenari - come ha detto il Consigliere Fiumara nel mondo moderno dei mass-media e dell'informazione sono la conoscenza non sono più un timbro.
I processi oggi si controllano nella loro trasparenza, non nella burocrazia, quindi è evidente che questa legge, che è uno strumento reclami a voce alta e a parole chiare l'esigenza di una politica.
In questa seconda parte della legislatura dobbiamo individuare strumenti finalizzati a perseguire tali obiettivi. Occorre consentire ai Comuni di recuperare la funzione alta che sempre hanno avuto in questa nostra Regione e in questo nostro Paese; all'interno della capacità del sovrano, della Regione di dare un disegno d'insieme più avanzato, più armonico, qualitativamente più stimolante. Non si tratta né di un progetto di controllo né un progetto di proposte, ma di un progetto di scenario all'interno del quale ci auguriamo che i Comuni vadano a testarsi, ma senza imposizione da parte nostra. A questo proposito io avrò sempre il dubbio di sapere chi sarebbe stato in grado, più della famiglia De' Medici; di disegnare il centro di Firenze. La nostra piazza San Carlo, chi più dei reggitori di Torino l'avrebbero saputa disegnare? Questo me lo chiedo e non ho risposta.
Devo peraltro dire che i liberali colgono tale esigenza, ma avvertono anche che la maggioranza su questo deve assumere impegni precisi in tempi brevi, anche con comportamenti politici più coerenti e meno pettegoli.
Quando parlo di meno pettegoli non mi sembra fuori luogo - ma a Dio piacendo Craxi ce ne ha dato giustizia-che i liberali continuino a riconoscere un ruolo politico-storico significativo alla DC; questo è un atto di realismo politico, non è un feeling con questo o quel Consigliere regionale, ma significa realisticamente riconoscere che storicamente sociologicamente e culturalmente la DC è fortemente ancorata in questa società civile nel bene e nel male, e quindi le forze politiche, anzich eludere questo problema, devono confrontarsi con esso. Questo - ripeto non significa avere dei feeling.
Attraverso questi pettegolezzi si tende a nascondere il processo della trasversalità della sinistra, che noi rifiutiamo. E se dopo questa legge come ci sembra di capire, siamo tutti destinati a un momento di riflessione determinato dall'avvio della campagna elettorale, per cui molte delle nostre cose non saranno più finalizzate al bene Comune, ma all'interesse proprio (di questo non ci scandalizziamo oltre misura), a tempo debito passata questa vacanza, chiederemo conto al Partito socialista su quanto afferma in merito al fatto che verrà qui insieme al Partito comunista a fare proposte.
No, il Partito socialista deve concorrere a presentare le proposte con la maggioranza, non con un partito dell'opposizione; al partito dell'opposizione si deve chiedere, e si deve offrire, l'occasione del massimo rapporto di comprensione, di collaborazione e di comunicazione. Se invece si ritiene, Consigliere Rivalta, che alcune proposte dovranno venire da un soggetto improprio, che è l'insieme di maggioranza e di opposizione mi pare un atteggiamento, che in questa vacanza preelettorale, possiamo anche concederci senza fame un dramma, ma rispetto al quale chiediamo comportamenti più coerenti e più conclusivi.
Bisogna intendersi con la sinistra, perché con il suo intervento il collega Rivalta mi ha "tirato per i capelli" e mi ha qualificato di destra ricordo che in Russia di destra c'è Ligaciov. Quindi, cerchiamo di capire cosa significano questi termini, perché quello che sostiene Ligaciov è diverso da quello che sostengono i liberali. A me sembra che in Russia ci siano persone che dicono delle cose di cultura liberaldemocratica sicuramente non è Ligaciov, sono probabilmente Shevardnadze ed altri.
Quindi, amici socialisti e amici progressisti, non si può né eludere il problema della democrazia, né trasversalmente immaginare che si possa fare di più di quanto già facciamo o cerchiamo di fare.
Indubbiamente anche in Piemonte ci vuole una maggiore capacità, della componente progressista della società civile e politica, di essere presente e di cambiare la società civile. Vorrei sapere il motivo per cui tali rapporti non vengono ricercati prima all'interno della maggioranza e successivamente estesi alle alleanze - non sono uno che pone dei limiti alla Divina Provvidenza - tra i partiti disponibili ad un confronto sul fronte progressista. Nel caso contrario, non accetteremo che si ripeta la sceneggiata andata avanti dall'80 all'85.
La maggioranza di sinistra - che non aveva i voti ma aveva la legittimazione politica - ha svolto un ruolo premiante dal '75 all'80 mentre dall'80 all'85 chi aveva i voti non aveva più la legittimazione politica. In quegli anni eravamo abituati a sentir dire che con i comunisti non era possibile andare avanti e quindi ci si corteggiava con ipotesi di crisi, di nuove maggioranze e di nuovi scenari per far sì che l'opposizione non facesse la sua parte. Questo è durato fino alla fine dell'85.
Riteniamo che il PDS e altri Gruppi di sinistra abbiano non solo il diritto, ma il dovere funzionale di svolgere la loro parte per intero quindi non si può condizionare la loro capacità di proposta e la capacità di contestazione alla maggioranza all'interno di un altro discorso. Adesso si comincia a dire - e il titolo è venuto fuori su "Repubblica" - che "Con questi qui", cioè con la D.C. "non si può andare avanti".
Siamo riusciti ad immaginare quello che, nel vocabolario della nuova realtà politica, è il lib-lab, cioè lo scenario di fronte alla società europea. Siamo nella fase in cui l'Europa riuscirà ad assolvere il suo compito storico di salvare l'umanità da una catastrofe immane, nella misura in cui i valori del liberalismo, del solidarismo socialista e della grande tradizione - che viene dalla cristianità di questo continente, al quale nessuno è estraneo, né i socialisti, né i liberali - riescono a fondersi in un processo compiuto politicamente e culturalmente in grado di affrontare le questioni che abbiamo di fronte.
La nuova legge urbanistica o sarà il risultato di un approccio di questa natura ai problemi del territorio e dello sviluppo della società civile, o altrimenti non ci ritroveremo qui a ripensare alla possibilità di ridurre di 30 giorni la deliberazione programmatica, o di 60 giorni Il passaggio. Ci ritroveremo quando insieme avremo costruito un nuovo scenario e un nuovo affresco. Quindi, dovremo dare al nostro pittore, in questo caso all'Assessore Cadetto, il pennello e i colori per defìnirlo. Come e quando si deve fare lo scenario in questo momento compete alle forze politiche; successivamente istituiremo alla Giunta la funzione di riempire tutta la vicenda.
Infine desidero fare un personale, oltreché politico, apprezzamento all'Assessore, in quanto nel confronto sulla legge ha privilegiato il Consiglio ad altre sedi, che forse non sarebbero state per lui così premianti; è un'attenzione che, caro Carletto, non dimenticheremo.



PRESIDENTE

La parola al Consigliere Rivalta.



RIVALTA Luigi

Spero che il Consigliere Macchini, trascinato dall'ebbrezza che gli proviene dal recuperare un ruolo di destra storica nel nostro Paese, per se stesso e per il partito, non intenda anche mettere la museruola ai colloqui che intervengono fra i partiti.
Uno dei mali del nostro Paese, riconosciuto da tutti, è la mancanza di un'alternanza politica a livello nazionale. Tutti i colloqui, che tendono a realizzare nel nostro Paese un'alternanza politica, dovrebbero essere visti come colloqui positivi da tutta la democrazia italiana. Peraltro sento provenire da molte parti apprezzamenti, proposte di arricchimento e di recupero della democrazia, probabilmente tali gesti non provengono dal collega Marchini e dai suoi amici.
Mi pare giusto, nell'iniziare la dichiarazione di voto del Gruppo PDS riconoscere la disponibilità a discutere tali argomenti in questi mesi in Commissione e In queste ultime settimane in Consiglio regionale. E' stata una discussione magari noiosa e fastidiosa per alcuni Consiglieri, dico questo in senso buono e non cattivo ma ha consentito a tutti i Consiglieri di buona volontà di approfondire i problemi sulla materia urbanistica.
Già all'inizio della discussione dissi che questa è la prima occasione che il Consiglio regionale ha avuto, nel corso di questa legislatura; per affrontare queste tematiche. In questo senso devo esprimere un riconoscimento sia all'Assessore per il modo con cui ha accettato la discussione, sia ai Consiglieri Chiezzi e Miglio che hanno fornito un notevole apporto alla discussione, sia al Consigliere Maggiorotti e Majorino. Infine, un riconoscimento anche al collega Macchini, anche se non condivido mai le conclusioni che trae dai suoi ragionamenti che francamente mi sembrano conclusioni strumentali.
Vorrei anche sottolineare che la lunga discussione, alla quale nessuno ha voluto e potuto sottrarsi, può essere considerata come un riconoscimento, nella nostra memoria e coscienza, ad Astengo. Non abbiamo mai espresso in quest'aula un riconoscimento ad Astengo, ma credo sia giusto farlo, così come credo che il dibattito di per sé abbia avuto questa connotazione. Di Astengo possiamo discutere tante cose, ma certo non la sua preparazione e il ruolo politico e storico che ha avuto nel dibattito e nella costruzione di una coscienza umanistica nel nostro Paese.
Per quanto riguarda la dichiarazione di voto, noi voteremo contro à questa modifica della legge n. 56 per le varie e singole specifiche ragioni espresse sui vari articoli e commi di questa proposta di legge.
Argomento quindi questo voto contrario non richiamando il merito delle singole questioni da noi respinte con un'espressione di voto o con emendamenti alternativi, ma dandone una motivazione di carattere generale come deve essere una dichiarazione di voto sull'intero testo di legge.
Dal dibattito sulle motivazioni specifiche deduco che la modifica alla legge n. 56 non è solo procedurale, convinzione che avevamo fin dall'inizio, dopo il dibattito di oggi maggiormente confermata. Con tale modifica si avvia un nuovo corso dell'esercizio delle competenze urbanistiche regionali, che porta con sé problemi di merito che cambiano sostanzialmente l'impegno della Regione, avviando un processo di disimpegno della Regione nel confronti di problemi urbanistici e territoriali.
La tendenza è quella del lasciar fare, non è solo un rispetto dell'autonomia; non condivido affatto la concezione dell'autonomia sollevata da alcuni colleghi e in particolare dal collega Marchini.
Che cosa ha a che fare con l'autonomia comunale il decidere da parte di un Comune su questioni che hanno ingerenza sull'intero territorio della conurbazione, dell'area metropolitana, persino della Regione? Questa non è autonomia comunale; quando si arriva a queste soglie si comprime, si opprime, si offende l'autonomia comunale degli altri Comuni.
La Regione deve svolgere un ruolo di governo per poter - partecipando alle decisioni insieme ai Comuni e chiedendo ai Comuni di partecipare alle decisioni in sede regionale - mettere sullo stesso piano di dignità le autonomie comunali, evitare i conflitti e trovare le giuste soluzioni; una difesa tout court delle autonomie comunali è municipalismo ed anche anarchia.
La tendenza è quella di lasciar fare e questo lo si rileva quando si permette un'accelerazione procedurale alle politiche urbanistiche comunali e lo dico con riferimento a quella breve frase che ha specificato la mia concezione dell'autonomia - in assenza di un'accelerazione e di un recupero dei ritardi della pianificazione territoriale che, certo, è il tema di intervento più proprio della Regione. Tutto questo è espressione parallela di un comportamento più generale di questa Giunta.
Ferrara diceva: "Si è dato un connotato politico a questo dibattito" mi chiedo veramente come potrebbe non averlo. E io connoto la politica del lasciar fare, che è poi politica di anarchia e di contrapposizione degli interessi particolari, in questo caso della municipalità.
Un esempio del "lasciar fare" è appunto l'incerto destino che viene lasciato da questa maggioranza ad un obbligo di legge che la Regione ha e che è di delimitare l'Area Metropolitana. Con questo atteggiamento la Giunta regionale non solo è in via di abbandono di responsabilità di governo in materia urbanistica, ma lo è rispetto a se stessa all'istituzione che rappresenta come esecutivo; riduce progressivamente questo ruolo di governo quando si disimpegna da problemi che sono di competenza e di dimensione regionale.
Questa Regione si mette da parte rispetto all'appuntamento con l'Europa nella misura In cui su problemi così importanti lascia che le decisioni vengano assunte senza neppure una verifica della compatibilità con decisioni comunali (mi riferisco al Comune di Torino) a livello anche di conurbazione dell'Area Metropolitana e della Regione.
Pertanto è potenziando l'intera Regione, potenziando l'Area Metropolitana e potenziandola con urbazione che il Piemonte e Torino si possono presentare più forti all'appuntamento con l'Europa. Questo atteggiamento di disimpegno rispetto a decisioni importanti che vengono assunte è un modo di non accettare il confronto a livello regionale.
La questione del confronto a livello regionale è stata posta da più parti ed io sottolineo che non ho altro modo di vedere il termine generale di questo confronto a livello europeo se non quello sul piano della qualità del "farsi" della città, dello sviluppo urbano, dell'organizzazione del territorio. La qualità è una precondizione fondamentale rispetto allo stesso sviluppo economico per molte ragioni, non solo di carattere strettamente ambientalistico (degrado ecologico generale, distruzione di risorse, contrasto tra le esigenze biologiche e della biosfera).
La qualità urbana è stata considerata un valore nella concorrenza internazionale sul piano dello sviluppo; basta citare il fatto che oramai il dato dì qualità urbano è diventato uno degli elementi che favorisce il richiamo di risorse, di intelligenze, di attività.
E' la qualità urbana che consente all'una o all'altra città europea di concorrere tra di loro; l'ambiente e la qualità della vita dovrebbero diventare elementi essenziali della pianificazione, dell'amministrazione della città nei confronti degli abitanti, nei confronti delle attività amministrative dei Comuni, per creare una condizione unitaria di governo nella nostra Regione.
La capacità di attrarre interessi, iniziative economiche per promuovere sviluppo economico, insediamenti di attività produttive, beni e servizi è dipendente oggi dalla qualità urbana.
Qualità urbana è compresenza di più elementi; varietà di interessi culturali, istituzioni culturali ben funzionanti a partire dagli Atenei un'attrezzatura urbana efficiente che consenta a tutti i cittadini di raggiungere i luoghi urbani dei servizi collettivi, pubblici e privati, di una società evoluta.
Qualità urbana è il conseguimento di una politica di distribuzione e organizzazione dei servizi diffusi nella città in grado di eliminare la disparità tra centro e periferia, intendendo per periferia non solo quella comunale, ma anche quella di tanti centri esterni ai poli principali.
La qualità urbana è condizione ecologica, quindi acqua, aria, suolo nella città tali elementi richiedono più organizzazione rispetto al resto del territorio, e questo spesso lo si dimentica.
Qualità umana è sia riduzione della densità nelle città che sono congestionate, sia più verde nella città. Il verde è uno degli elementi importanti della qualificazione urbana, direi uno dei punti fondamentali.
Ebbene, noi sentiamo spesso promettere parchi, metropolitane, recuperi ambientali - il discorso di Torino non può essere estraneo a quello che stiamo facendo - si sta promettendo la soluzione a tutti i mali della città, però a patto che preliminarmente si autorizzino, magari addirittura in variante o in deroga ai già permissivi piani urbanistici vigenti, volumi edificatori da destinare alla tecnologia e alla scienza o alla ricettività turistica e a quei centri direzionali che da un paio di decenni sembravano abbandonati fra ferri vecchi dell'urbanistica e del boom edilizio. In realtà, coree diceva Chiezzi, ciò non fa che rilanciare la rendita stabilire uno stretto nesso tra rendita e profitto che più volte ha causato crisi nell'evoluzione della nostra economia. Lo sviluppo economico non è solo crescita, cari colleghi, anzi in molte situazioni sviluppo economico e crescita possono essere contrapposti, soprattutto dove la crescita ha superato le soglie di funzionalità come avviene nelle grandi città, come avviene a Torino, e dove la crescita è divenuta congestione. In questi casi lo sviluppo va riproposto come recupero di qualità dell'area congestionata da un lato e come processo che coinvolge aree vaste che dal punto di vista urbanistico (per esempio la conurbazione dell'area metropolitana) riconducono al problema della pianificazione territoriale, il problema del governo ci riporta sotto tutti i profili, non solo istituzionali, non solo dei rapporti fra le varie autonomie, ma anche dal punto di vista del merito, alla questione della pianificazione territoriale come problema centrale di questa nuova fase. Certo è che quando è stata realizzata piazza San Carlo l'allora monarchia illuminata chiamò grandi architetti per il primo impianto della città, ma certo non c'erano gli attuali problemi di relazioni territoriali: muoversi al di fuori della cerchia di mura significava fare un viaggio che pochi potevano permettersi nel corso della loro vita. Oggi la mobilità è un fatto quotidiano, di ora in ora, che si estende su tutta la Regione. Che senso ha ragionare ancora con modelli del '500 richiamati dal collega Marchini? Questo è il punto centrale e io ritrovo qui già un primo elemento che spiega perché dico deresponsabilizzazione della Regione. All'art, l, che modificava l'art. 15 della legge n. 56, non è stata accettata la proposta di assumere l'impegno in assenza dei piani territoriali - che non si vogliono presentare come prima fase di aggiornamento di quelli forniti alla fine degli anni 70 e all'inizio degli anni '80 -. Mi auguro pertanto che per il Duemila (spero che qualche Consigliere di oggi sia ancora presente a quella data) la Regione possa formulare degli indirizzi di pianificazione territoriale anche in forma di anticipazione.



ROSSA Angelo

Quando ti riferisci al Duemila spero che tu intenda i Consiglieri presenti in quest'aula.



RIVALTA Luigi

Certo, presenti in quest'aula. Auguro a tutti di essere in un posto migliore, ma senza attribuire a tale affermazione il significato cattolico perché io sono un materialista.
Con l'art. 1, che modificava l'art. 15, non avete accettato di assumere l'impegno attraverso una formulazione di legge tale da consentire al Consiglio regionale (il nostro emendamento diceva "su proposta della Giunta", non toglievamo certo nessuna prerogativa alla Giunta) di fornire indirizzi di pianificazione territoriale anche come anticipazione, come stralcio anche settoriale ai vari Comuni per poter colloquiare nella sede vera, giusta, opportuna. Questa è una fuga di responsabilità, tanto più grave perché avviene nel momento in cui il Comune di Torino; la città capoluogo, sta stilando un suo Piano regolatore nato con una visione municipalistica che ha una portata di carattere territoriale. Anche se non completamente, concordo con l'on. Bastianini il quale, al dibattito cui ho partecipato venerdì sera, ha rilevato il seguente elemento critico nei confronti del Piano regolatore: far assumere al Consiglio regionale o alla Commissione il compito, in assenza dei piani territoriali - soprattutto se non si dà la possibilità di formulare indirizzi parziali - di esprimersi su piani di respiro più generale. Cioè si vuol fare dell'urbanistica quell'ambito riservato per cui a poche persone è dato di decidere un processo lungo, complicato, che si cerca di snellire, ma che porta a conseguenze molto forti.
L'urbanistica è costruzione della città, è prefigurazione del futuro, è costruzione di elementi, sistemi materiali di lunga durata e, vivaddio nella nostra cultura - quella europea e non quella americana che non ha una storia così lunga - questi manufatti sono rimasti nel corso dei secoli e non fanno solo bella mostra romantica di se stessi, ma sono lo specchio della nostra cultura, che coinvolge tutti, non solo chi svolge un lavoro intellettuale, ma anche popolarmente ci si sente coinvolti da queste preesistenze.
Sotto questo profilo il fare la città, l'urbanistica, l'organizzare il territorio, significa agire non solo per noi, ma soprattutto per le generazioni future.
Cosa lasciamo alle generazioni future sulla base di questa variante di legge? E' possibile con decisioni affrettate perseguire tale qualificazione urbana? Precedentemente mi sono soffermato sulla mancanza di visione territoriale, elemento nodale per inficiare la qualificazione urbana delle decisioni che si prenderanno. Quando si opera per delibere programmatiche e a queste si consentono anticipazioni anche in contrasto col Piano regolatore vigente, sul piano giuridico non è cosa indifferente, come non lo è sul piano del merito. Non è possibile consentire deliberazioni programmatiche senza un' attenta analisi dei problemi di trasporto urbano.
Agendo in questo modo si avrà un futuro urbano più congestionato perché è unanime. Venerdì sera io ero l'unico dell'opposizione; ma tutti erano convinti che le decisioni sulla spina aumenteranno la congestione di Torino. Si consentono deliberazioni programmatiche senza un'adeguata analisi del sistema culturale, in primo luogo degli Atenei, dell'Università e del Politecnico. Abbiamo sollevato tante volte la questione degli Atenei e nel Piano , regolatore non trovo soluzione per il futuro: trovo una soluzione del contingente: si procede a scala sempre quantitativa più grande con il meccanismo dell'emergenza del passato nell'Università.
Deliberazioni programmatiche senza tutela delle caratteristiche storiche delle città. Il caso di Torino è di nuovo palese: la provincialità di Torino si ripete oggi, si imitano le soluzioni di altre città, quella dell'utilizzare la spina e far passare l'autostrada all'interno della città. Soluzioni che non hanno perseguito la qualità e rispetto alle quali noi potremo oggi, essendo caso mai in ritardo, promuovere una politica urbanistica della città centrale assai più qualificata di quella che è stata perseguita da queste città. Una politica di Torino che assume le logiche di Milano e le ripete in piccolo (ad esempio la spina), sono l'esperienza milanese, un'esperienza che, con tutto rispetto per i grandi valori di Milano, si porta dentro un filo di barbarie.
Credo che questo sia riconoscibile da tutti e dovremmo difendere la qualità della città che è viva e che da quel 500; a cui si richiamava il collega Marchini, è venuta avanti fino alle soglie di questo secolo costruendo una città esemplare. Cito, come esempio, i viali, oltre i monumenti, oltre la rete di impianto romano, come elemento di grande valutazione e qualificazione urbana.
Dovremmo saper andare avanti mantenendo per il futuro quel livello qualitativo, che recuperi il degrado che in questo secolo abbiamo introdotto rispetto alla città, quello delle periferie informi. Non dobbiamo scimmiottare gli esempi che già oggi si ritengono deteriori delle altre grandi città.
Le deliberazioni programmatiche non hanno una sufficiente analisi del problema delle periferie, mi riferisco alle periferie di Torino perch quelle territoriali non hanno tale problema.
Sono deliberazioni programmatiche senza un'adeguata analisi ambientale e, sotto questo profilo, la cosa sarà più grave per le generazioni future.
Abbiamo una deliberazione programmatica che non prevede il verde urbano anche se l'attuale è precario; si sta distruggendo, per i secoli futuri, il poco suolo ancora libero nelle città e in particolare nella città di Torino. Si consente di edificare tutto, senza limiti e parametri, anche il sottosuolo, riducendo il verde come copertura di abbellimento, soprammobile del cemento.
Il verde per vivere sopra il cemento, soprattutto quando è un dato generale esteso, è su una piattaforma di 10 Km per 10, è un verde precario che costa realizzare, forse più del beneficio che potrà dare, è un verde che costerà permanentemente per essere gestito.
La discussione sul verde cittadino non è una discussione "barzelletta" come qualche giornalista ha voluto far pensare; è una discussione che purtroppo ritornerà in questa città per le generazioni future. Voglio quindi essere una voce, per poco che conti, che sia dissociata rispetto a questa barbarie.
Ci ritroveremo con una città, con una piattaforma sotterranea. è questo il verde che vogliamo dare al futuro? Fate l'analisi dei costi delle gestioni e vedrete cosa ne trarrete. Abbiamo deliberazioni programmatiche senza tutela delle proprietà storiche; è un punto che ho già affrontato. A queste deliberazioni programmatiche seguiranno Piani regolatori o varianti ai Piani regolatori che non faranno che confermare la deliberazione programmatica. Quel Piano regolatore, quando ci sarà il passaggio della deliberazione programmatica che ha avuto anticipazioni realizzative di grande rilievo, andrà a fare le pulci sulla decisione, ci vorrà un cambiamento alternativo di politica, ma anche le Giunte successive saranno vincolate dalle decisioni amministrative adottate e non potranno più porre rimedio. Le deliberazioni programmatiche sono veri e propri Piani regolatori presi con carattere di emergenza e in una restrizione complessiva dei processi di partecipazione.
Termino elencandoli e non argomentandoli. Sono: l'esclusione del Consiglio regionale dagli indirizzi di pianificazione territoriale e anticipazione dei Piani (è una riduzione della partecipazione); il no all'esame dei Piani regolatori dei Comuni capoluogo (sarebbe un bel modo di discutere dando una visione regionale di questi problemi); la non accettazione delle possibilità delle minoranze del Consiglio comunale di poter chiedere la deliberazione programmatica per le varianti (che avete rifiutato); l'indeterminazione che permane su ciò che costituisce variante (per cui ciascuno farà quello che vuole e non c'è stato neanche un processo di definizione di queste cose); l'esclusione di apporti stabili istituzionali dentro la Commissione Tecnica Urbanistica, di gruppi che portino interessi generali, come ad esempio le associazioni ambientalistiche l'interesse generale focale per la nostra epoca che invece è esclusa, è entrata dalla finestra dentro la Commissione Tecnica Urbanistica); I Plani pluriennali di attuazione (per i quali la Regione non si è neanche riservata il compito, nei casi eccezionali, di poterli imporre per i Comuni con più di 10 mila abitanti, quando le decisioni dei Comuni con più di 10 mila abitanti sono di grande rilievo); le varianti del Piano regolatore come silenzio-assenso (e una maniera che uccide la partecipazione nei vari momenti procedurali); i Piani particolareggiati che si accompagnano a varianti e che hanno il silenzio-assenso dopo 120 giorni.
Non vado oltre, anche per accontentare il Presidente Spagnuolo che giustamente ha a cuore il buon andamento dell'attività del Consiglio.
Termino il mio intervento richiamandomi all'articolo di Furio Colombo pubblicato su "Stampa sera" di ieri. Tale articolo si rifà a due monaci tibetani che per 20 giorni, in una vetrina di New York e su incarico dell'IBM, hanno costruito una ruota di preghiera facendola diventare un'opera d'arte nell'ambito del loro atteggiamento di orazione e meditazione e che, dopo 20 giorni, in pochi minuti hanno distrutto. Fulvio Colombo termina il suo articolo chiedendosi: "Chissà se i tanti impiegati operatori economici e persone attive che a New York sono passati davanti a questa vetrina guardando con curiosità cosa stava avvenendo, in realtà hanno impiegato i loro giorni con maggiore utilità di quanto hanno fatto i monaci tibetani?".
E una domanda che mi pongo anch'io rispetto a quello che stiamo decidendo, al modo con cui stiamo procedendo; la pongo a tutti, a me stesso e, con amicizia ed augurandogli buon lavoro, anche all'Assessore all'urbanistica della Regione.



PRESIDENZA DEL PRESIDENTE SPAGNUOLO



PRESIDENTE

Ha chiesto la parola il Consigliere Goglio. Ne ha facoltà.



GOGLIO Giuseppe

Signor Presidente e colleghi, intervengo brevemente per dichiarazione di voto a conclusione dell'esame del progetto di legge 98. Avevo preannunciato il voto favorevole del mio Partito e confermo l'indicazione data quasi un mese fa. Lo faccio nella consapevolezza che le modifiche apportate alla legge Astengo dal fattuale Assessore all'urbanistica rispondono ad esigenze reali, alle esigenze cioè di disporre di strumenti più agili in un momento in cui la politica di riassetto territoriale sta tenendo banco non solo nell'area metropolitana di Torino.
Alcune settimane di discussione in quest'aula dimostrano quanto siano rilevanti le nonne che stiamo per approvare. Non è stata soltanto una maratona di parole, ma di concrete indicazioni e di importanti suggerimenti che hanno arricchito il nostro bagaglio conoscitivo attorno ad una materia non certo facile.
L'opposizione non solo ha fatto il suo mestiere, ma ha apportato un contributo non soltanto di cortesia da riconoscere valido, tant'è vero che alcune indicazioni sono state accolte.
Il voto favorevole dei socialdemocratici, tuttavia, non elimina alcune osservazioni e perplessità che avevo sollevato nel mio intervento precedente. Ribadisco oggi ciò che ho già avuto modo di dire, cioè che una legge urbanistica deve mantenere un controllo stretto in termini programmatori e normativi per evitare che sul territorio vengano innescati meccanismi eccessivamente autonomi, sia da parte delle locali sia da parte degli operatori.
Governare il territorio, e quanto in esso viene e verrà calato in termini di infrastrutture, è un compito che richiede strumenti agili, ma che nello stesso tempo devono essere severi.
Mi auguro quindi che le modifiche che oggi stiamo per approvare costituiscano il primo importante passo di un cammino non ancora concluso.



PRESIDENTE

La parola al Consigliere Miglio.



MIGLIO Mario

Prendo la parola, cercando di riassumere la posizione che come Gruppo abbiamo portato avanti durante la discussione in sede di Commissione e successivamente in aula in merito a questo disegno di legge.
Per noi tutta la discussione avrebbe dovuto essere incentrata a rifondare un nuovo concetto di pianificazione territoriale, riprendendo i positivi elementi che già si potevano rintracciare nella legge-quadro attribuita giustamente alla cultura e alla capacità giuridica, nonch tecnica di Astengo. Invece, lo svolgimento reale, l'impostazione data dalla Giunta e dall'Assessore non ha voluto affrontare la tematica con questo tipo di procedura. Una procedura che avrebbe potuto meglio ricomprendere le nuove competenze a cui la Regione deve dare risposta. Mi riferisco alla legge n. 142 che ci obbliga ad affrontare, per una sistemazione organica, i rapporti esistenti fra le varie Amministrazioni ai vari livelli (la Regione; la Provincia e i Comuni) e a rifondare il discorso del governo del territorio.
Tutto questo non è successo; si è voluto procedere per tempi distinti con quella che per noi è la scusante di venire incontro alle aspettative delle Amministrazioni locali, che peraltro riteniamo essere giuste per quanto riguarda lo snellimento di procedure burocratiche estremamente appesantite nel corso del tempo, ma che di fatto nascondono un'operazione molto più profonda, quella di andare a toccare alcuni punti nodali dell'attuale legge urbanistica, permettendo operazioni che non sono propriamente di tutela ed uso corretto del suolo, come dal titolo della legge tuttora vigente.
Sulla traccia di questa riflessione, per noi il discorso avrebbe dovuto invece essere improntato sulla riformulazione del concetto di pianificazione, senza prescindere da una chiara riformulazione dell'oggetto possiamo chiamarlo territorio o paesaggio, per noi è paesaggio -, primo attore di questa modifica.
Se si fosse seguito questo percorso, probabilmente si sarebbe giunti a un arricchimento culturale che ci avrebbe portato a spostare anche una certa riflessione recepita nel 77 (per noi cosa positiva), dando un valore al territorio come risorsa limitata da dover gestire in modo qualificante e non da usare in modo indiscrezionale o superficiale. Vedendo nel territorio e, nello specifico, anche nel suolo una risorsa limitata, si sarebbe potuta creare, da una parte, una complessa e articolata struttura procedurale normativa di controllo dello svolgimento e della definizione del futuro assetto, a partire dal controllo verso l'atteggiamento delle Amministrazioni locali, e, dall'altra parte, si sarebbero potuti dare attraverso il piano territoriale, gli strumenti di governo complessivo con cui poter gestire questo processo di trasformazione e di preservazione dei valori.
Affrontare questo discorso significava, a nostro modo divedere riaffermare uno spostamento culturale, in parte già recepito a livello nazionale nel 1985, guarda caso in contemporanea con l'approvazione che ha introdotto il silenzio-assenso, che qui viene recepito per la prima volta in una legge urbanistica a livello regionale; significava spostare ulteriormente un approccio culturale che in qualche modo sta cercando di farsi strada e che ci porta a non vedere più il territorio, ma a leggere i valori in esso presenti che lo qualificano come paesaggio, intendendo per paesaggio il luogo dove si è stratificata nel tempo la memoria storica della collettività, che ha lasciato i segni e ha connotato un generico territorio facendolo emergere per i suoi valori, sfruttando positivamente le risorse e non vedendolo solo come uno spazio libero sul quale poter liberamente agire.
Con un passaggio culturale di questo tipo, che portava il paesaggio ad essere l'oggetto primo del nostro agire, e con una riformulazione di principi di questo tipo, probabilmente saremmo approdati a qualcosa di ben diverso da quello che adesso andremo a votare.
Quest'operazione però non c'è stata. Noi in un certo senso ci rammarichiamo della volontà di spostare in là, con una nuova riformulazione di una legge-quadro che, peraltro è solo a livello urbanistico. In questo senso non riusciamo a concepire la divisione fra un territorio comunale (che deve essere gestito solo attraverso il controllo) e un territorio regionale (verso il quale ci si dovrebbe rapportare attraverso la stesura di piani di largo respiro) con un'operazione che tende a dividere l'approccio della pianificazione paesistica, che per noi invece dovrebbe essere il primo riferimento nel momento in cui si va a decidere concretamente quale sviluppo dover dare. In questo momento non riusciamo neanche a vedere un'integrazione.
Ci batteremo anche rispetto al nuovo disegno di legge 103 affinch questo possa essere recepito e si trovi una nuova riformulazione per cui il paesaggio, e quindi la rivalorizzazione ambientale e l'identificazione dei beni culturali e ambientali, sia l'atto primo attraverso il quale verranno decise tutte le scelte successive.
Venendo di nuovo al disegno di legge, aggiungiamo che ci pare inaccettabile la logica di suddivisione, la logica di un approccio parziale, giustificato come qualcosa che non tocca la sostanza ma che corregge alcuni errori; per noi, invece, va "leggermente" al di là, perch tenta di dare una risposta alle giuste esigenze. In questo senso rifiutiamo un tentativo di spaccare quest'aula fra un Partito che recepiva le istanze delle Amministrazioni locali, andando incontro alle loro esigenze, e un Partito che non se ne faceva Interprete e che voleva fermamente chiudersi nel mantenimento del fattuale quadro legislativo.
Non è così, non è vero che non siamo sensibili alle esigenze di sveltire alcune procedure che si sono troppo burocraticizzate, e che non permettono alle Amministrazioni locali di poter rispondere in tempi brevi ai problemi che si vengono a presentare, però l'impressione - come più volte abbiamo tentato di dimostrare - è che si sia agito non solo in questa direzione, ma si sia andati al di là, toccando nodi essenziali del quadro della legge urbanistica esistente, smantellando piccole parti con operazioni, magari lievi in termini di articolato, ma che per noi produrranno invece un impatto sul territorio estremamente signi-ficativo e corposo in termini quantitativi e in termini di trasformazione dell'uso dell'esistente e di modifica di un assetto che si è consolidato e che, per noi, invece dovrebbe essere mantenuto e recuperato sotto determinate linee di sviluppo.
Per abbreviare il discorso e far capire ulteriormente il nostro atteggiamento, rifiutiamo la connotazione di tipo ostruzionistico, quindi abbiamo impostato la nostra battaglia, cercando di esprimere contenuti validi, non solo in termini negativi, con emendamenti soppressivi, ma anche con emendamenti propositivi, cercando di arricchire con nuovi contenuti un contesto estremamente difficile vista l'impostazione dell'articolato del DDL. Abbiamo anche cercato d'infilare nelle maglie, che si erano venute a creare, qualche accenno ad un'ipotesi di riformulazione seria del concetto di pianificazione. Tale risultato non si è conseguito, in quanto gli emendamenti accolti - e ci fa piacere che siano stati recepiti - non spostano nella sostanza il problema, come è stato da noi posto ed identificato. Esaminando l'articolato, così coree verrà approvato da questa Assemblea, ci pare utile focalizzare ancora una serie di problemi sostanziali, che ci portano ancora adesso a non poter dare un voto favorevole al DDL.
Veniamo alla scelta d'introdurre un criterio di discrezionalità nei confronti dell'analisi dei PRG. Mi riferisco alla possibilità, data all'Assessore e alla Giunta, di chiamare o meno in causa la CM per acquisire quei giudizi necessari, che entrano nel merito e nella validità degli strumenti. Conseguentemente si decide-rà se approvarli subito, se rimandarli al mittente, (chiedendo un'ulteriore integrazione), o se introdurre di fatto e d'ufficio le modifiche necessarie. Questa gradualità pur accettandola a grandi linee - poteva essere introdotta in modo diverso, rinunciando ad una discrezionalità totale e recuperando linee particolari da definire subito.
Attraverso il piano territoriale, che non esiste ancora e si andrà a stilare prima della fine della legislatura, o attraverso una deliberazione del Consiglio regionale - come abbiamo proposto anche in altri punti dell'articolato - si poteva definire, acquisendo i dati disponibili, un elenco di Comuni che potevano essere stralciati dall'assoggettamento. Mi riferisco ovviamente a quelli inferiori a diecimila abitanti residenti cioè quelli sui quali si introduce questa discrezionalità.
Si poteva definire, in via preventiva, una serie di Comuni che, per problematiche esistenti e valori particolari, dovevano essere sottoposti a questo vaglio, che riteniamo culturale e non tanto da "esamificio" come spesso avviene in quest'aula. I casi che dovevano essere valutati e soppesati con maggiore articolazione si potevano definire con un'operazione preventiva e non successiva troppo discrezionale lasciata al caso.
Una cosa che non ci soddisfa è la modifica ai programmi pluriennali di attuazione, riguardo al quali abbiamo tentato di cogliere la posizione dell'Assessore, modificandola e arricchendola in un certo modo. In questo senso ritenevamo che non si dovesse accettare l'automatica rinuncia a riferirsi a questo strumento, ma introdurre un criterio che potesse preliminarmente definire i casi particolari, assoggettati all'obbligo di ricorrere alla formulazione dei programmi pluriennali di attuazione. Questi sono uno strumento particolarmente importante, perché rendono esplicite le direttive generali dello strumento urbanistico e le coniuga con la capacità di recuperare le risorse economiche e finanziarie, che sono la molla che fa scattare la capacità effettiva di trasformare il territorio, senza la quale tutto questo non sarebbe possibile.
Sicuramente non condividiamo Il discorso relativo all'introduzione del silenzio-assenso, com'è stato fatto all'art. 7. Non ci convince, in quanto si tratta di una resa di fronte ad uno stato di fatto, che poteva essere risolto in modo diverso. Si potevano accettare alcune introduzioni che dilatano il tempo a disposizione dell'Amministrazione regionale per verificare la congruità degli strumenti rispetto agli obiettivi dati.
Lo snellimento delle procedure si poteva ottenere attraverso altri strumenti; innanzitutto attraverso la capacità della Regione di dotarsi degli strumenti generali, che facilitavano, da una parte, le Amministrazioni locali a comprendere gli obiettivi generali, e conseguentemente il compito della stesura del loro strumento a livello locale; dall'altra parte, anche la Regione poteva avere un punto di riferimento effettivo, che consentiva di velocizzare il confronto e quindi, l'approvazione e la correzione degli strumenti.
Altra questione, e concludo, è quella relativa alla possibilità data in alcuni casi, al Comuni a seconda della loro collocazione, quindi dell'approvazione degli strumenti preliminari alla stesura del PRG, di poter intervenire sul territorio con alcune modifiche che riguardano il patrimonio edilizio esistente.
Cogliamo positivamente l'accettazione di un nostro emendamento che riduce i casi dell'intervento. Ci preoccupa, infatti, il fatto che siano mantenute alcune condizioni, che potrebbero diventare la premessa per mutare in sordina il territorio con piccole operazioni, al di fuori di una logica di programmazione.
Queste, in sintesi, sono le cose da ribadire per giustificare la nostra contrapposizione al DDL. Ci auguriamo che, in futuro, ci sia il tempo per poter riprendere il discorso su queste problematiche, tentando di riformulare quel congiungimento delle varie discipline, che attengono alla gestione e programmazione del territorio, e per il recepimento di un approccio diverso che evidenzi i valori presenti sul territorio come risorse e possibilità di una rivalutazione anche sul piano socio-economico e che non sottenda ancora la filosofia secondo la quale Il territorio è uno spazio dove si può liberamente agire.



PRESIDENTE

La parola al Consigliere Rossa.



ROSSA Angelo

Il Gruppo socialista vota a favore di questa legge come già annunciato in Commissione.
Cercherò di essere didascalico per rispettare il tempo.
Ringrazio per l'opera svolta l'Assessore e il Presidente Fiumara, che questa mattina ha parlato in veste di relatore della legge. Illustrando gli aspetti fondamentali, che trovano pienamente d'accordo il Gruppo socialista.
Da come si è svolto il dibattito, dalla presentazione del DDL ad oggi mi pare non sia stata estranea la commedia degli inganni e il gioco delle parti. Non so bene se abbiamo solo fatto finta di cercare queste sedi per poter realizzare concretamente i contenuti in rapporto all'economia del tempo, o se invece, tutto sommato, abbiamo assunto degli atteggiamenti di facciata, quando poi in sostanza l'obiettivo sarebbe stato quello di dedicare tre, quattro, cinque sedute come quelle che abbiamo dedicato.
Tutti quanti abbiamo riconosciuto la bontà dell'ampiezza di questo dibattito, per cui ritengo che sarebbe stato bene dirlo subito, magari a partire dalla stessa Commissione.
Noi crediamo che il Consiglio con questa discussione e l'approvazione delle modifiche alla legge stia realizzando una grossa riforma.
Come Gruppo socialista la consideriamo una battaglia di tipo riformista; nel segno di coloro che hanno sempre cercato di conquistare traguardi nuovi. Manifesto qui la nostra riconoscenza al prof. Astengo padre della legge n. 56, che operò per una visione di rinnovamento, aperta agli aspetti di modifica che dovevano comunque, nel tempo, porci come esigenze la realizzazione e il collaudo di questa legge, che abbiamo colto.
Di questo problema se n'è parlato anche nell'al-tra legislatura, ma non siamo stati in grado di arrivare in tempo alla sua soluzione; credo che oggi si stia realizzando questo momento importante, che noi socialisti vediamo in modo estremamente positivo.
Siamo di fronte ad una società mutata profondamente e guai se, in virtù di qualche legame affettivo, culturale o ideale, ci fossimo in qualche misura mummificati o fermati; così facendo, saremmo stati tagliati fuori dal processo storico, saremmo stati tagliati fuori dai mutamenti politici che sono intervenuti nella società.
Queste sono le ragioni per le quali, con il Presidente Fiumara, abbiamo convenuto che non era il caso né di svolgere la parte al fianco dell'Assessore (con il quale abbiamo condiviso e condividiamo le cose che sono state proposte), né a fianco di tutta l'opposizione per cercare di svolgere un ruolo: non ne avevamo bisogno.
Cari colleghi, non avevamo bisogno di aggiungere niente alle cose che Fiumara e l'Assessore Carletto hanno detto; non ne aveva bisogno d'altro canto l'Assessore Carletto, sorretto anche da due validissimi funzionari che interpretavano gli aspetti positivi che venivano dalle opposizioni.
Non intendevamo, dicevamo, unirci al coro che ha dato l'impressione cari colleghi, di fare questa grossa battaglia in maniera tale da rasentare l'ostruzionismo.
Io comprendo, Chiezzi, che accanto alla tua competenza tu abbia, in qualche misura, cercato di segnalarti come il nuovo partito dell'opposizione e di guidare come mi pare tu abbia incerto senso guidato anche dopo l'intervento del collega Rivalta - una visione politica di netta contrapposizione. L'elemento di unione mi sembra sia stata proprio questa contrapposizione, una contrapposizione che non condividiamo perché non fa parte di una battaglia riformista.
Credo che questi siano i tempi in cui bisogna saper governare e dove non si possano assumere atteggiamenti di grossa contrapposizione, cercando magari di introdurre qualche aspetto malizioso nei confronti dei socialisti: "Grazie, Assessore, che hai portato il dibattito in Consiglio regionale". Questi sono aspetti, cari amici e colleghi, che ci vuole molto poco a capire. Inoltre, Assessore, oggi sei entrato nel famedio della storia, accanto a Marx, accanto a Gramsci, accanto a grandi uomini che hanno fatto la storia, quindi tutto sommato ti è stato portato anche un grande onore.
Credo invece necessario saper vedere queste cose; e non si tratta di una picconata o una spicconata data ad un impianto che comunque resta valido. E' qualcosa che risponde alle esigenze, e io sfido chiunque a dimostrare il contrario; a dimostrare che non c'è stata sul territorio della Regione questa domanda di accelerazione dei processi di pianificazione urbanistica, dei Piani regolatori, delle varianti, delle deduzioni e delle controdeduzioni.
C'è stata, e mi pare che il Presidente Fiumara abbia toccato un aspetto; lui dice: "Almeno diamo la possibilità ad un amministratore che ha incominciato l'iter per il nuovo piano regolatore di vederlo approvato".
Ecco, non poniamo troppi limiti, però diamoci almeno il limite dei cinque anni e non dei dieci, cercando di evitare delle cose tipo i fallimenti dei Piani regolatori generali intercomunali, che addirittura non sono mai riusciti ad andare in porto, se non pochissimi. Ecco allora la risposta atteso poi che il Piano regolatore sia tutto.
Ho l'impressione che gli alti e i bassi dello sviluppo della crisi economica e sociale che ha colpito il Piemonte e le sue aree siano abbastanza indipendenti dai Piani regolatori e dal dibattito in corso a Torino. La crisi può colpire laddove c'è il Piano regolatore, perché magari impedisce la pianificazione delle aree verdi, il recupero del centro storico, ecc., e anche laddove non c'è, come In effetti si è dimostrato.
E allora, allontaniamoci da questa visione bulgara della pianificazione urbanistica: cerchiamo di realizzare quella programmazione che è in effetti la struttura portante, aperta, capace di valorizzare, capace di rendere e creare le città vivibili, facendo in modo che le cose vadano avanti in questo senso.
Da questo punto di vista la consideriamo una legge - consentitecelo cari colleghi - il cui contributo socialista, anche se non è stato eclatante, c'è stato, c'è e ci sarà.
La consideriamo una battaglia riformista che non vuole seguire la pedagogia dell'apprendimento; la consideriamo una risposta non ai peggiori ma una risposta alla società nel suo insieme, al buoni amministratori e a coloro che vogliono fare. Non si può, da una parte, parlare di uscire dalla crisi e dall'altra addebitare le cause di questa ai cattivi amministratori ai cattivi industriali. Bisogna saper realizzare delle proposte, farle seguire con degli strumenti e poi si, certo, all'interno di queste visioni operare perché tutte queste visioni vengano rispettate, altrimenti ritorniamo indietro.
La nostra battaglia, la battaglia socialista è questa; colgo l'occasione anche per dare una risposta, seppure un po' didascalica, ad alcune osservazioni fatte dal collega Marchini, quando dice: "Ma voi socialisti ...". Noi vogliamo misurare con le forze vive avanzate, con le forze concrete di questa società piemontese, il grado di volontà politica riformista per governare; lo vogliamo fare con tutte le forze, senza venir meno alla nostra lealtà nel confronti, per esempio, dell'impegno all'interno della Giunta di pentapartito. Certo è che, dopo la caduta del muro di Berlino, dopo la crisi del comunismo, si apre per il PSI, che è davvero la forza politica autonoma storica di questa nazione, la forza di progresso nata autonomamente e spontaneamente nel 1892, il problema di vedere, con tutti coloro che non hanno più altre alternative se non quella del socialismo democratico, il grado di volontà, la preparazione. E' vero che si è ancora lontani e che ci sono molte cose da discutere per arrivare all'approdo un socialismo democratico e liberale, al quale noi tendiamo: ci vuole ancora molto tempo, però noi ci proponiamo questo discorso. Non siamo tra coloro che vogliono cacciare la DC all'opposizione, siamo tra coloro che vogliono realizzare una proposta politica di ricambio che sia l'espressione di una grande volontà politica che nasce dal Paese e che pone il nostro Paese in questo quadro europeo.
Questa democrazia è in crisi, è logorata, ha fatto delle cose meravigliose però è in difficoltà, ha bisogno di risposte e noi, ancora una volta, come abbiamo cercato di fare nell'arco di cento anni, cercheremo, le risposte, non venendo meno agli impegni leali, ma verificando la volontà politica delle forze che ci sembrano di ispirazione socialista, laica e direi anche cattolica come emerge dall'ultima enciclica del Pontefice (la Centesimus Anno).
Se poi fra otto mesi o fra un anno ci troveremo a ridefinire un governo di coalizione con l'appoggio dei socialisti oppure un governo di coalizione con l'appoggio di tutte le forze di ispirazione socialista, questa è la via da seguire con la Democrazia Cristiana e le forze che con questa grande coalizione riterranno di potervi approdare per riscrivere le regole del gioco e per arrivare al traguardo europeo; questo lo valuteranno e lo diranno i cittadini e gli elettori.
Io spero che gli elettori blocchino...



ZACCHERA Marco

...Stiamo parlando di urbanistica e non di elezioni, collega Rossa!



PRESIDENTE

Consigliere Zacchera, ciascuno argomenta come meglio ritiene.



ROSSA Angelo

Lo spero che gli elettori blocchino questa visione del governissimo e creino le condizioni per una grande coalizione di governo che modernizzi questo Paese secondo una visione riformista come quella che stiamo cercando di fare con l'approvazione della legge di modifica della 56.



PRESIDENTE

La parola al Consigliere Marino.



MARINO Massimo

Credo sia giusto, anche se sta avvenendo in modo affrettato e un po' azzardato, che la discussione conclusiva su questa legge affronti un dibattito di carattere politico generale che riguardi più i partiti, i rapporti dei partiti che la società. E' una cosa significativa che, alla legge di modifica della legge urbanistica, questa legislatura del Consiglio regionale dia una prima impronta di fondo su alcune questioni che non tanto adesso, ma nei prossimi anni, diventeranno sicuramente sempre più determinanti nelle scelte politiche, nei rapporti fra le forze politiche nelle maggioranze che si creano e che si disfano, nei risultati elettorali e così via. Non credo dunque improprio discutere anche delle questioni generali. Sarò breve nel valutare la legge, perché ritengo che non terminerà in questa giornata il dibattito sulla legge urbanistica. Una cosa che ho imparato in questo mese è riconoscere prima di tutto gli errori e anche una grande ingenuità di alcune delle forze di opposizione. L'errore di ingenuità più grosso che abbiamo fatto - parlo a nome mio ma pongo la questione anche agli altri Gruppi di opposizione - è pensare, seppure in una forma che ritengo autorevole, di concentrare questo dibattito e questo scontro politico nel chiuso di queste aule. Questo è stato l'errore più grave dell'opposizione in questo mese e credo che non casualmente da qualche tempo, in più occasioni, abbiamo chiesto di trovare una sede nella quale discutere insieme tre questioni diverse, ma fra loro legate: il problema del cosiddetto Piano regolatone di Torino, il problema dell'area metropolitana e il problema della legge urbanistica, o meglio, della pianifìcazione territoriale che la Regione Piemonte non ha.
Questo è il nodo, al di là della nobiltà o meno di questo dibattito, al di là dell'ineccepibile comportamento dell'Assessore, al di là di segnali che pure sono stati dati e che io personalmente non ho trascurato, segnali piccoli, come quello in alcuni momenti delicati della discussione della non partecipazione al voto di alcune persone che svolgono un ruolo importante in quest'aula.
Al di là di tutto ciò, credo che la battaglia su queste questioni cominci da oggi e si apra nelle sedi in cui dovrà essere condotta, che sono le realtà locali, i Comuni, perché nei fatti è vero che queste modifiche della legge urbanistica richiedono, nel bene e nel male, le responsabilità sulle scelte che riguardano il territorio nel punto più basso, più vicino a dove le scelte incidono, e cioè nella realtà comunale.
Inevitabilmente non solo 165 Gruppi Verdi presenti in 65 Comuni piemontesi hanno questo problema da affrontare, ma tutte le altre forze politiche, perché il modo con il quale, in questi anni, le scelte urbanistiche sono state affrontate, discusse e decise, oggi cambia.
Si verifica un processo contraddittorio per cui un Assessore, e non una Giunta, da una parte accentra su di sé notevoli responsabilità; e dall'altra abolisce per legge alcuni possibili ruoli che in quanto Assessore o Giunta può svolgere. E' una situazione contraddittoria che secondo me si spiega con il fatto che complessivamente questa Regione - non questa maggioranza o questa opposizione - ha difficoltà a governare i processi, che si preannunciano decisamente tumultuosi, che riguardano il nostro territorio.
Non so se oggi discuteremo della questione del Comitato per l'informazione radiotelevisiva: comunque, la Regione Piemonte è stata apparentemente molto attiva sul dibattito nazionale inerente la questione delle, autonomie locali, sulla questione del nuovo regionalismo. Nella stessa giornata odierna, avremo poi un primo caso in cui un Commissario di Governo dice che la Regione Piemonte non può, all'interno di una legge definire un certo tipo di incompatibilità. Questo, almeno riferendosi a quello che è avvenuto in Commissione, verrà tranquillamente votato. Non è una polemica la mia, ma non condivido l'intervento forte e trionfale del Consigliere Rossa. Ho l'impressione che, a prescindere dalle diverse ed opposte visioni del mondo, che in questo caso si sono espresse con chiarezza l'ente che governa il territorio regionale costruisca o subisca delle decisioni e dei processi che lo rendono sempre più marginale. Non si può ignorare che, nel mancato dibattito congiunto fra le questioni che riguardano Torino, l'Area Metropolitana e la pianificazione territoriale si sono sentite parole sulle quali mi sento in dovere dì sprecare qualche minuto. Il Presidente della II Commissione - Fiumara - nel dibattito di mercoledì scorso ha detto che non dobbiamo occuparci delle questioni di Torino: non so se ci rendiamo conto di che cosa significhi un'affermazione del genere. Non mi risulta che la legge urbanistica regionale abbia, in qualche suo articolo, qualcosa che delimiti e definisca uno stato speciale per il Comune di Torino. E' una legge urbanistica regionale che vale per tutti i Comuni: è evidente che politicamente esiste il problema della città di Torino, lo abbiamo visto e lo vedremo sulla questione dell'Area Metropolitana, ma anche per altre questioni. Proprio per questo, una legge urbanistica regionale non può ignorare le conseguenze e le ricadute che ha sui destini della città di Torino o per chi preferisce, dell'Area Metropolitana.
L'altra questione, sulla quale invito il Presidente della Commissione a riflettere, è un intervento del Consigliere Squillarlo che sosteneva che in questo momento non abbiano competenza a discutere le questioni del Piano regolatore di Torino. E' vero che non abbiamo competenza, perché abbiamo scelto (non lo dico polemicamente) di discutere e modificare la legge urbanistica a pezzi, facendo un'operazione culturale prima che politica secondo me sbagliata, a prescindere da quale percorso, ideologia ed orientamento si segua -. E' cioè sbagliato pensare di separare un dibattito sulle questioni di regolamentazione delle scelte urbanistiche con quello che faremo separatamente ed In modo inevitabilmente più astratto, per quanto riguarda la legge dell'Assessore Nerviani sulla pianificazione territoriale. E' sbagliato fare una discussione sulla legge urbanistica separata da quella del Piano regolatore, sapendo che, in realtà, la Regione affronterà formalmente il Piano regolatore di Torino quando ci sarà.
E un dibattito che stanno facendo tutti tranne il Consiglio regionale.
I giornali parlano da settimane delle questioni del Piano regolatore di Torino e siamo già ad un'articolazione di forme di consenso o di dissenso sulle scelte, e la Regione Piemonte non ne discute o perché non ne ha competenza o perché si deve rispettare una malintesa autonomia del Comune di Torino.
Termino questo brevissimo intervento, poiché non credo ci sia altro da aggiungere, almeno sul piano della discussione interna, facendo un'osservazione di fondo.
In questo dibattito fra gentiluomini è mancato un riferimento di fondo che le associazioni ambientaliste; intervenendo molto tranquillamente e forse troppo, dall'esterno hanno fatto. Lo hanno fatto nelle memorie, lo hanno fatto anche in un breve intervento sui giornali.
In questo dibattito si è trascurato quello che è ben riassunto nel titolo della legge: "Tutela e uso del suolo". Si è ignorato soprattutto il nodo di fondo con il quale qualunque discussione sulle scelte urbanistiche dovrebbe confrontarsi. Discutiamo cioè i destini e le scelte che riguardano una risorsa, il territorio, limitata e sulla quale gli interventi soprattutto quelli sbagliati, sono irreversibili.
Non ho dubbi a dire che, da questo punto di vista e al di là del grande impegno di alcuni, sia presente un'impronta ambientalista in molte forze e in molti Consiglieri. Il dibattito sul fatto di scegliere che il destino del futuro di Torino passi attraverso quell'idea che è la spina, cioè la riproposizione di un modello di sviluppo che andremo a vedere quanto e come ci sarà, riparte dalla teoria del centro della città; poi ci sono le periferie, poi magari i Comuni attorno i quali mettere i rifiuti. Se manca un dibattito su queste questioni di fondo, al di là della pacatezza e del confronto o di chi in modo molto fiorito svolge un ruolo di comparsa, la Regione non può che prendere atto di un oggettivo ridimensionamento delle proprie potenzialità.
Ripropongo in particolare al Presidente del Consiglio non solo la necessità di trovare sedi in cui questo dibattito prosegua, ma di una sede nella quale le questioni dell'autonomia regionale, del ruolo delle Regioni di tutte quelle cose sulle quali mi pare che il Presidente del Consiglio e della Giunta siano molto attivi e presenti nel dibattito nazionale, vengano affrontate.
Credo che questa discussione, legata inevitabilmente alla legge 142 debba essere aperta in Consiglio; si trovi quindi il momento e la sede per aprire questa discussione, per capire se gli interventi - che ritengo troppo trionfalistici - come quelli del Capogruppo del PSI, siano davvero appropriati ad un ruolo propulsivo che questa Regione si sta attrezzando a svolgere.
Ritengo che questa verifica e discussione vada fatta. Naturalmente voterò contro l'insieme della modifica della legge 56, con la quale credo che il dibattito sulle scelte urbanistiche nella Regione Piemonte si apra.



PRESIDENTE

La parola al Consigliere Picchioni.



PICCHIONI Rolando

Presidente, innanzitutto un grazie a lei per la diligenza, ma soprattutto perla pazienza con cui ha voluto portare a conclusione questo dibattito, che certamente segna uno dei punti più alti di questo scorcio di legislatura.
Un ringraziamento anche all'Assessore Carletto, perché ha favorito un dialogo che certamente ha apportato un contributo alla elevatezza di questo dibattito ed anche all'approfondimento di temi che potevano essere solamente legati al "particolare" di qualche specialista.
Un ringraziamento, inoltre, al relatore.
Questa legge è stata presentata come una legge minima, attraverso la quale ben poche cose potevano essere fatte e attraverso la quale il pensiero della Regione avrebbe avuto modo di esprimersi in maniera riduttiva, parziale, certamente non globale, non organica, com'è stato più volte sollecitato. Questa legge è stata presentata anche come una rivalsa una rivincita per punire forse qualcuno, qualcosa, i tempi passati, una certa filosofia, oppure l'andazzo di una certa filosofia.
Noi dobbiamo dire con molta franchezza che ogni legge va storicizzata nel suo tempo; alle sue motivazioni culturali, ai suoi fondamenti storici il collega Marchini l'ha ricordato benissimo più volte -, ma anche psicologici di un'epoca, di alcuni fatti, di un'antropologia culturale in quel momento esistente. La legge 56 ha vissuto certamente lo spirito pionieristico del suo promotore, ma ha vissuto anche le certezze o i dubbi della sua epoca e ha risentito di una certa filosofia illuministica che forse in questa Regione, più che in altre, riesce sempre ad alimentarsi.
Certi discorsi dei Consiglieri Chiezzi e Rivalta sembravano quasi essere nel fiume della storia, dell'eterno progresso, del divenire; è giusto anche questo perché le leggi si motivano anche con un supplemento d'anima. Parlando di pianificazione territoriale; che certamente è essenziale perché deve dare la possibilità di verificare su scala diversa la congruità dei Piani regolatori rispetto alla pianificazione complessiva essi l'hanno richiamata nella sua contestualità con la legge presentata.
Chiezzi mi sembrava un po' quel vecchio filosofo di marca aristotelica che voleva realizzare nella scena o nella vita le tre unità di tempo, di spazio e di luogo, che non si possono realizzare perché c'è un prima e un dopo ovunque.
Un'altra considerazione: avete vissuto il dibattito su questa legge non come la sindrome di una sconfitta; ciò vi fa onore. Il post-comunismo qui non è vissuto come un capitolo chiuso; avete condotto la vostra battaglia con una grande probità di argomenti, con una grande caratura culturale e con una grande capacità di essere interlocutori intelligenti.
Non si è trattato, collega Rossa, di qualcuno che ha voluto prendere lo spazio all'altro, dell'attore giovane che ha voluto rubare lo spazio all'attore vecchio; abbiamo vissuto questa legge in un concerto di voci che ha arricchito il dibattito, che non vive solo sul libro bianco delle spese inutili, che non vive solamente sul fatti deteriori di costume.
Avrei voluto - perdonate questo mio demagogismo - che la stampa avesse dato un maggiore risalto, come meritava, a questo dibattito di 5 giornate (le 5 giornate di Carletto, più che di Milano) del quale c'è stata però una puntualizzazione, un rinvio continuo, un rimando, un flusso; un riflusso.
Noi, come DC, ci siamo anche estraniati dal dibattito, perché avevamo dato all'Assessore, alla sua competenza, alla sua puntualizzazione il compito di parlare, di scrivere e di riscrivere questa nuova storia.
Un momento fa, con molta condivisione da parte mia, ha detto bene l'amico Rossa: il centralismo e il dirigismo volevano una reazione contraria, e se ieri c'era una regulation ferrea, oggi invece c'è una deregulation che prima ancora che nello spirito della legge è nello spirito della vita. Cosa c'era ieri? Un interminabile gioco dell'oca, quasi una riduzione all'infanzia politica delle nostre autonomie locali, dei nostri amministratori, nell'alternarsi continuo del rinvio e del rimando, della capacità di esprimere, secondo il concetto che si doveva verificare dopo e mai prima. E' in questo il cambiamento di oggi.
Non voglio entrare negli argomenti tecnici che sono stati qui portati però quel che ci separa da voi, amici della sinistra, è una separatezza quasi algida, quasi insuperabile, perché ci sono due concezioni della vita che non vogliamo comprende-re, ma che esistono e sono di oggi. Lo stesso ruolo dell'Assessore, che qui è stato evocato, non è un fatto straordinario rispetto a tempi di oggi, allo spirito della 142, alle istanze di presidenzialismo nel nostro Paese, alle leggi che portano avanti il sistema uninominale, dove la personalizzazione del potere si individua più che altro nella persona.
Dopo tante sconfitte, non solamente della democrazia parlamentare e delle sue degenerazioni, ma anche della democrazia consiliare; ci si rifà sempre e comunque all'elemento umano e alla sua capacità di decisione e di responsabilità. E' per questo che il ruolo dell'Assessore viene ad avere un recupero, che non è il recupero di un ruolo forte, di un ruolo gladiatorio che non vogliamo, ma è soprattutto quello di far sì che nell'ambito delle sue responsabilità ci possa essere effettivamente il punto finale non solamente della decisione politica.
E ancora, la qualità urbana. Leggo che "ricostruire il centro si può, a patto che"e viene fuori tutta una serie di timori, e il Consigliere Rivalta, al di là di tutte le sue elucubrazioni tira fuori ancora uria volta il fatto che comunque il peccato originale è la rendita, perché la rendita è sempre lo sterco del diavolo. Noi, con la nostra formazione cattolica, possiamo accettare la rendita perché la parabola dei talenti dice: "Non sotterrate il talento, non fatelo fruttificare, fate che il talento, a sua volta, sia moltiplicatore di altri talenti" Se questa è la chiave di lettura per cui tutto deve essere pietrificato alfieri, ne abbiamo un esempio clamoroso nel ghetto di Torino, dove nulla si deve fare secondo lo spirito di una certa, politica che nel 1975 tendeva a decapitare il centro storico perché era la sede aulica, sabauda aristocratica, borghese di un certo mondo capitalistico. Ma nel momento stesso in cui noi non parliamo più dei diritti dei sottoproletari, ma parliamo dei diritti borghesi, liberali universali, dei diritti non più legati ad una concezione di classe, voi portate nella legge urbanistica ancora delle concezioni assolutamente classiste.
Lo sforzo che dobbiamo fare è quello di vincere il pregiudizio ideologico, perché lo potete ammantare di tutte le vostre gabbie culturali di tutte le vostre tensioni illuministiche che sono certamente suggestive ma il concetto di qualità è lo stesso che ha espresso il collega Marchini quando ha citato l'esempio di alcuni paesi, di alcuni ambienti o di alcuni stati d'animo - Venezia è anche uno stato d'animo - in cui il concetto d'ambiente, allora, era a misura d'uomo. Oggi certamente non può essere per ovvie ragioni, riproducibile quello di alcune zone della Toscana o quello del Veneto.
Dobbiamo cercare di avere un metro diverso e soprattutto una cultura diversa su queste cose, che attestano il nostro ritardo storico rispetto alla società civile. Abbiamo i nostri binari che sono dati dal codice genetico della nostra formazione politica rispettabilissima - Chiezzi, la tua come la nostra - però se l'incontro, l'interscambio con la società civile non viene fuori da quello che la società civile vuole, come possiamo, al di là dei sacri testi, con cui siamo stati educati prospettare minimamente la società futura? Collega Rossa, non voglio entrare nelle questioni politiche, ma quando si dice che si è voluto misurare il grado di riformismo, io dico che occorre misurarlo su queste cose, al di là degli incontri più o meno separati, al di là degli incontri di gabinetto. Misuriamo queste cose perché la modernità entra in crisi laddove il pregiudizio ideologico non ci permette di vedere come dovremmo, laddove la democrazia rappresentativa va avanti per schemi fissi, laddove la democrazia industriale è ancora attardata dal pregiudizi di classe, laddove la creatività personale è ancora legata al concetto del denaro che corrompe.
Su queste cose dobbiamo misurarci, perché pur con tutta la nobiltà che c'è stata In questo dibattito, mi pare siano ancora venuti fuori spezzoni di socialismo reale ancora nella diagnosi della nostra società, del domani del ieri e dell'oggi.
Caro Rossa, noi ci siamo, siamo aperti certamente a tutti i contributi perché il nostro partito, pur nella linearità della sua posizione politica vuole senz'altro raccogliere i messaggi diversi, plurimi, inediti che possono venire dalle forze, perché il cambiamento si fa su queste cose.
Non m'interessano le alternative di centro, o di sinistra, perch sappiamo che le alternative in questo Paese nascono e muoiono senza nemmeno crescere, perché talvolta sono solo dei filosofemi e delle sortite di ordine dialettico. M'interessa, invece, che al di là delle alternative valga il discorso e il confronto realizzato e difeso egregiamente dalla Giunta, perla quale la D.C, darà il proprio voto favorevole.



PRESIDENTE

La parola al Consigliere Maggiorotti.



MAGGIOROTTI Piergiorgio

Nel corso del dibattito su questo DDL sono intervenuto esclusivamente sul tema della eliminazione delle barriere architettoniche. La lettura del testo licenziato dalla Commissione mi aveva sconcertato, in quanto non era spesa una parola sulla questione della fruibilità dell'ambiente per tutti qualità questa di cui è un evento-sentinella - come dicono gli epidemiologi anche la presenza o assenza di barriere architettoniche.
Con altri Consiglieri di opposizione sono stato presentatore di emendamenti finalizzati a porre un freno alle elegie della quantità di metri cubi costruiti, a cui è sempre indirizzata questa legge, rispetto al bisogno di qualità che è certo di più difficile raggiungimento, perch necessita del confronto fra istanze diversificate ed obiettivi divergenti.
Pochi emendamenti sono stati accettati, perdendo così l'occasione di rendere cogente una norma laddove nell'articolato era necessario rendere esplicito un obbligo.
Si è accettato di confinare in un articolo speciale l'indicazione di un obbligo genericamente espresso, rispetto all'osservanza di norme che sono formulate da più di 20 anni e sono sostanzialmente disapplicate.
Disapplicato e non applicato è proprio dalla maggioranza, dei Comuni piemontesi, che si nascondono dietro la scarsità- di risorse proprie, per giustificare l'indifferenza sostanziale rispetto a questo problema dimenticando che la stessa legge n. 56 dà facoltà di utilizzare i fondi di urbanizzazione secondaria a tale scopo.
Una legge regionale dovrebbe farsi carico prioritariamente dei bisogni degli esclusi per consentire loro il pieno diritto alla realizzazione personale anche produttiva.
Non basta esprimere pie intenzioni, occorre prevedere priorità di spesa riferite alle necessarie risposte ai bisogni. Non si è voluti entrare nel merito, non si è, determinata cogenza nell'uso degli strumenti finanziari finalizzati all'eliminazione delle barriere architettoniche.
Non sto qui a ripetere che ho interesse per la qualità della vita del 20% della popolazione e quindi sarebbe una migliore fruibilità per tutti eliminare le barriere architettoniche; anche questo 20% è società civile più volte citata anche a sproposito in quest'aula. Nessuno osa affermare in pubblico che le barriere architettoniche non sono un problema e che non vanno assunte come priorità. Nei comportamenti concreti tuttavia ci si pone in modo diverso. Brevemente elenco le disattenzioni e le omissioni che mi fanno pensare che le buone intenzioni non seguiranno a comportamenti concreti a livello nazionale, ove governa il Pentapartito, con la nuova legge finanziaria si sono eliminati i finanziamenti previsti per le leggi 41/86 e 13/89.
A livello regionale, ove è ferma l'autorizzazione alla modifica del regolamento igienico-edilizio del Comune di Torino finalizzata all'eliminazione delle barriere, non è mai stato approvato un regolamento igienico-edilizio tipo, che tenesse conto di tali priorità come prevede la stessa legge n. 56.
Mi domando quanti dei miliardi finalizzati alla eliminazione delle barriere architettoniche e previsti nel bilancio 1991 siano stati poi effettivamente impegnati e spesi.
A livello comunale, ove più dei 2/3 dei Comuni non ha provveduto a redigere il piano di eliminazione delle barriere come prevedeva la legge 41/86, Comuni ove i problemi di viabilità sono affrontati trascurando non solo la diversa progettualità, ma anche le necessarie vigilanze sul rispetto di norme da parte delle ditte incaricate di interventi sull'ambiente pubblico costruito? A livello comunale ove sono trattenuti - e non trasferiti agli aventi diritto - i finanziamenti erogati in relazione alla legge 13/89? Non mi pongo contro i Comuni, ma mi domando quanto di ciò che è stato detto in quest'aula, rispetto alla necessaria autonomia degli enti locali, non debba non essere controbilanciato dalla capacità di governo e di vigilanza che la Regione deve comunque esercitare, per garantire la fruizione a tutti dell'ambiente costruito. Grande sfiducia, quindi, sulle ricadute di questa legge, rispetto alla questione che ho trattato, che è segnale di un più ampio e concreto interesse per la qualità dell'ambiente. Mi colloco nelle considerazioni più generali espresse dal collega Chiezzi sul tema generale che abbiamo affrontato in queste settimane.
Esprimo perciò voto negativo su questo disegno di legge.



PRESIDENTE

Con l'intervento del Consigliere Maggiorotti sono terminate le dichiarazioni di voto. Credo d'interpretare il Consiglio se ringrazio l'Assessore Carletto, perché sono stata favorevolmente colpita dalla sua disponibilità a sentire tutti gli apporti che derivavano dal dibattito e per l'apertura con la quale questo Consiglio ha discusso in tutte queste cinque sedute.
Questo mi sembra un fatto importante e mi pare che il Consiglio, dopo questa discussione In materia urbanistica alla quale tutte le opposizioni hanno apportato un grosso contributo, esca un po' più rafforzato e arricchito.
Mi pare che talvolta qualche forzatura al regolamento sui tempi e anche sul modo di procedere articolo per articolo abbia di fatto aiutato a comprendere una legge estremamente difficile, con tutta una serie di collegamenti complessi dal punto di vista della materia urbanistica e che tutto sommato questo sia stato per l'aula un lavoro utile.
Abbiamo peraltro visto che alcuni Consiglieri si sono particolarmente dedicati a questa materia, anche alcuni giovani Consiglieri, e io desidero ringraziarli, perché lavorando in questo modo si cresce e si può anche vedere come la conflittualità tra Giunta e Consiglio nel merito dei problemi, quando li si affronta con disponibilità, non ha ragione di esistere. Ringrazio quindi davvero tutti per il dibattito estremamente interessante.
Si proceda pertanto alla votazione per appello nominale dell'intero testo della legge.
L'esito della votazione è il seguente: presenti e votanti 42 hanno risposto SI 26 Consiglieri hanno risposto NO 13 Consiglieri si sono astenuti 3 Consiglieri La legge è approvata.
Su richiesta dell'Assessore e di una serie di Consiglieri, nel pomeriggio i lavori riprenderanno con l'esame dei due provvedimenti inerenti le Province di Biella e Verbania.
La seduta è tolta.



(La seduta ha termine alle ore 14,20)



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