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Dettaglio seduta n.107 del 13/11/91 - Legislatura n. V - Sedute dal 6 maggio 1990 al 22 aprile 1995

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Argomento:


PRESIDENZA DEL PRESIDENTE SPAGNUOLO


Argomento:

Comunicazioni del Presidente del Consiglio regionale


PRESIDENTE

La seduta è aperta.
In merito al punto 2) all'o, d, g. : "Comunicazioni del Presidente" comunico:


Argomento:

Comunicazioni del Presidente del Consiglio regionale

Argomento:

a) Congedi


PRESIDENTE

Sono in congedo i Consiglieri Bresso, Coppo, Farassino, Fulcheri Garino, Lombardi, Picchioni, Rivalta, Sartoris, Tapparo, Vetrino e Zanoletti.


Argomento: Urbanistica (piani territoriali, piani di recupero, centri storici

Proseguimento esame progetto di legge n. 98: "Modifica alla legge regionale 5 dicembre 1977, n. 56"


PRESIDENTE

Riprendiamo l'esame del progetto di legge n. 98 di cui al punto 3) dell'o.d.g.
ART. 11 Sub 131) Emendamento presentato dalla Giunta regionale: Alla fine dell'emendamento n. 131 il punto è soppresso ed è aggiunta la seguente frase: "e le parole: 'ai sensi del quinto comma dell'art. 17 sono sostituite dalle parole: 'ai sensi del quarto comma dell'art. 17".
La parola all'Assessore Carletto.



CARLETTO Mario, Assessore regionale

Per accogliere l'emendamento n. 131), che condividiamo quale riscrittura più chiara, è necessario che sia approvato il subemendamento n.
131) che corregge (è un aspetto puramente formale) l'ultima frase. Quindi chiedo di votare entrambi gli emendamenti.



PRESIDENTE

Pongo in votazione il subemendamento n. 131) presentato dalla Giunta regionale.
Chi è favorevole è pregato di alzare la mano.
E' approvato con 25 voti favorevoli e 1 astensione. 131) Emendamento presentato dai Consiglieri Chiezzi, Miglio e Segre: L'art. 11 del disegno di legge n. 98, che modifica l'art. 77 vis della LR n. 56/77 e s.m, ed i., è interamente soppresso e così sostituito: "1. All'art. 77 bis della LR n. 56/ 77 e s, m, ed i., sono apportate le seguenti modifiche: nel titolo le parole 'del Comitato Urbanistico Regionale' sono sostituite con le parole 'della Commissione Tecnico Urbanistica'; al primo comma le parole: 'Il Comitato Urbanistico Regionale' sono sostituite dalle parole 'La Commissione Tecnica Urbanistica'; le parole 'Presidente del Comitato' dalle parole 'Presidente della Commissione Tecnico Urbanistica' e le parole 'con il Presidente della Commissione' con 'con il Presidente della Commissione regionale per la tutela e valorizzazione dei Beni Culturali ed Ambientali'.
2. Al secondo comma le parole 'del Comitato e della Commissione' sono sostituite con le parole 'delle due Commissioni'.
3. Al terzo comma le parole 'del Comitato o del Presidente della Commissione' sono sostituite con le parole 'di una delle due Commissioni'.
4. Al quarto comma le parole 'Il Comitato e la Commissione' sono sostituite con le parole 'Le due Commissioni' e le parole 'parere della Commissione regionale per la tutela e valorizzazione dei Beni Culturali ed Ambientali".
Pongo dunque in votazione l'emendamento n. 131) presentato dai Consiglieri Chiezzi, Miglio e Segre.
Chi è favorevole è pregato di alzare la mano.
E' approvato con 25 voti favorevoli e 1 astensione.
Si proceda alla votazione per appello nominale L'esito della votazione è il seguente: presenti e votanti 35 hanno risposto SI 23 Consiglieri hanno risposto NO 11 Consiglieri si è astenuto 1 Consigliere L'art. 11 è approvato.
ART. 12.
132) Emendamento presentato dai Consiglieri Miglio e Segre: All'art. 12 del disegno di legge n. 98, che modifica l'art. 78 della LR n. 56/77 e s.m., ed i., sono apportate le seguenti modificazioni: Il secondo comma dell'art. 12 del disegno di legge n. 98 è interamente soppresso e così sostituito: "Allo stesso articolo il primo comma è soppresso e così sostituito: 'La Commissione Tecnica Urbanistica è competente ad esprimere tutti i pareri attribuiti da altre leggi regionali di settore alla competenza, del soppresso Comitato Urbanistico Regionale' e dal secondo comma le parole 'da parte della Giunta regionale del parere del Comitato Urbanistico Regionale' sono soppresse e sostituite con le parole 'del parere della Commissione Tecnico Urbanistica'".
La parola all'Assessore Carletto.



CARLETTO Mario, Assessore regionale

La Giunta non accoglie l'emendamento unicamente perché questa norma è prevista nella parte finale dell'articolo transitorio, in cui viene inserita proprio come fatto di tecnica legislativa.



PRESIDENTE

La parola al Consigliere Miglio.



MIGLIO Mario

Anch'io ho verificato che la norma era stata inserita nelle norme transitorie.
Per quanto mi riguarda si trattava di esprimere un punto di vista diverso rispetto all'effetto che avrebbe l'inserimento nel nuovo testo di legge così come risulterebbe in conseguenza delle modificazioni apportate alla legge n. 56 e, invece, un disegno di legge che potrebbe essere - e di fatto sarà - letto separatamente.
Siccome è facile che all'occorrenza si legga il testo trasformato, non vorrei che sfuggisse alla lettura complessiva dell'articolato di legge questo comma, che rimarrebbe separato dal testo integrale.



CARLETTO Mario, Assessore regionale

Come giustamente mi dice il dott. Abatelli, chi mai farà più un testo coordinato? La legge n. 56 ormai è stata modificata più volte: credo davvero che questa sarà l'ultima modifica che la potrà sostenere e reggere né faremo dei testi coordinati. Non sono grande esperto di tecnica legislativa: mi affido a funzionari che mi consigliano di inserire la questione nelle norme transitorie.



MIGLIO Mario

Ritiriamo l'emendamento.



PRESIDENTE

133) Emendamento presentato dai Consiglieri Chiezzi, Miglio e Segre: All'art. 12 del disegno di legge n. 98, che modifica l'art. 78 della LR n. 56/77 e s.m., ed i., sono apportate le seguenti modificazioni: al secondo comma dell'art. 12 del disegno di legge n. 98, le parole "del parere della Commissione Tecnica Urbanistica" sono sostituite con le seguenti parole: ", da parte della Commissione Tecnico Urbanistica".
La parola all'Assessore Carletto.



CARLETTO Mario, Assessore regionale

La Giunta vuol far rilevare ai firmatari dell'emendamento che pare riduttiva la versione proposta perché attiene a fattispecie che si biforcheranno, delle quali una sarà costituita da una comunicazione dell'Assessore attraverso una lettera ed è la fattispecie che voi richiamate nell'emendamento; dell'altra parte parlerò successivamente.
Quando il provvedimento ritorna dalla CTU con una riformulazione completa questa viene assunta con deliberazione di Giunta. La formulazione proposta nell'emendamento è limitativa nel senso che esclude l'ipotesi, peraltro prevista nella norma, che determinati provvedimenti non siano comunicati con lettera, ma siano assunti con deliberazione.
La Giunta non accoglie l'emendamento, anche per venire incontro alle osservazioni delle opposizioni che mi sembrava richiedessero che tutto venisse assunto con deliberazione di Giunta.



PRESIDENTE

La parola al Consigliere Miglio.



MIGLIO Mario

Il senso dell'emendamento era di specificare il soggetto che avrebbe concretamente mandato la comunicazione alla CTU. Se lasciare una certa indeterminatezza fa sì che possano rientrarvi tutti i soggetti, ritiriamo l'emendamento.



PRESIDENTE

L'emendamento n. 132) è ritirato dal Consigliere Miglio.
Si proceda alla votazione per appello nominale dell'art. 12.
L'esito della votazione è il seguente: presenti e votanti 38 hanno risposto SI 20 Consiglieri hanno risposto NO 14 Consiglieri si sono astenuti 4 Consiglieri L'art. 12 è approvato.
Prima di dare la parola al Consigliere Chiezzi per l'illustrazione generale degli altri emendamenti presentati agli artt.13 e 14, ha facoltà di intervenire il Consigliere Staglianò.



STAGLIANO' Gregorio Igor

Per illustrare gli emendamenti relativi agli articoli che dobbiamo ancora esaminare, il Consigliere Chiezzi si è attrezzato di opportune cartografie per far comprendere meglio all'Assemblea lo svolgimento del suo argomentare.
Signora Presidente, richiamo la sua attenzione sul fatto che tutti 160 Consiglieri dovrebbero essere messi in condizione di seguire il ragionamento del collega Chiezzi; di conseguenza, o si chiede al Consigliere Chiezzi di fornire copia della cartografia a tutti i Consiglieri presenti in aula oppure, in subordine, di fornire tutti i Consiglieri di opportuno cannocchiale o binocolo tal che si possa mirare con precisione la bacchetta che userà Chiezzi nell'indicare i luoghi cui il suo ragionamento si riferisce. In ogni caso, sarebbe utile per quelli che siedono dietro l'impalcatura che venisse installato uno specchio davanti al cartello.
Non sono soltanto battute, signora Presidente, è importante che tutti quanti noi possiamo seguire con cognizione di causa e quindi pronunciarci con cognizione di causa su quanto andiamo a deliberare.
Ho da fare un'altra domanda, signora Presidente, forse un po' più seria: poiché mi è parso di capire che il Consigliere Chiezzi si riferirà espressamente al Piano regolatore di Torino, domando se la Giunta regionale abbia ricevuto copia dello stralcio di tale Piano e, in tal caso, se non ritenga di doverne fornire copia a tutti, in maniera da poter seguire anche in questo caso la discussione con cognizione di causa.
Ringrazio per l'attenzione.



PRESIDENTE

Credo che la discussione sia già stata ampiamente sviluppata. Ritengo che il Consigliere Chiezzi sarà sufficientemente chiaro nella sua esposizione da non richiedere altri supporti, malgrado questo sia già un di più che comunque gli abbiamo concesso per facilitare la sua esposizione.
D'altro canto, i cantastorie nel tempo non avevano bisogno né di specchi né di cannocchiali, ma si affidavano alla leggiadria e alla incidenza delle cose che dicevano.
La parola al Consigliere Chiezzi.



CHIEZZI Giuseppe

Sono sicuro di non raggiungere assolutamente gli effetti dei cantacronache o cantastorie.
Per quanto riguarda l'attrezzatura a supporto di quanto intendo dire preciso che sarei favorevole a disporne di un'altra, un po' più adeguata non solo in quest'aula ma anche presso le Commissioni, che consenta ai Consiglieri e soprattutto agli uffici (in Commissione) di illustrare provvedimenti che a volte, senza un'adeguata rappresentazione grafica diventano difficilmente comprensibili. Quindi la sollecito, Presidente, a prendere in considerazione, insieme all'Ufficio di Presidenza, la possibilità di dotare l'aula di strumenti (video molto semplici, di facilissimo uso) che potrebbero sveltire e qualificare i nostri lavori sia in aula sia in Commissione.
Per quanto riguarda l'attrezzatura che oggi gentilmente - vi ringrazio tutti - mi avete consentito di portare in aula, devo confessare che ha più utilità per il sottoscritto di quanto non possa averne, ai fini della comprensibilità, per i Consiglieri presenti. Pensavo infatti che sarei riuscito ad argomentare con maggiore chiarezza se avessi avuto di fronte la cartografia; anche per aiutarmi ad essere più sintetico e seguire meglio il corso del ragionamento. Non ritengo dunque formalmente necessario ai fini della comprensione di quanto dirò che tutti contemporaneamente vedano cosa indicherò, anche se l'illustrazione di una carta è sempre cosa ricca e piacevole.
Intenderei dunque procedere considerando la cartografia supporto per chi parla e non condizione per chi ascolta. In questo mio intervento, che personalmente considero riassuntivo (salvo errori ed omissioni) di tutti gli emendamenti che seguiranno, intendo chiarire al colleghi cosa significhino veramente l'art. 13 e, in subordine, l'art. 14 della legge, al di là delle giustificazioni ufficiali.
In un quotidiano torinese è stata pubblicata una lettera, con la quale tre associazioni ambientaliste (Italia Nostra, Pro Natura e Lega Ambiente) dichiaravano quello che, secondo loro, era il senso generale di queste modifiche. E' molto piacevole constatare che esiste una situazione di libertà di stampa, che consente duplicità d'interpretazioni sullo stesso oggetto, da parte di un giornale; sono ben lieto che questo abbia ospitato anche un'opinione contraria a questa legge e chiarificatrice dei suoi vari contenuti.
Tento di fare la stessa cosa facendo una premessa; se l'art. 13 avesse come succede spesso nelle leggi, un sottotitolo tra parentesi, questo dovrebbe essere: "Dedicato a Torino".
Se è vero che l'art. 13 sarà utilizzato dai Comuni in condizioni di poterlo fare, è altrettanto vero che è stato introdotto a forza all'interno della legge perché richiesto dall'attuale politica urbanistica della città di Torino. Si tratta di una politica assai indecifrabile, portata avanti più a colpi di articoli di giornale e dichiarazioni di segreterie politiche, che con fatti amministrativi concreti.
Dal 1985, quando il Comune di Torino decise di ritornare indietro di 10 anni relativamente alla predisposizione del PRG, si parla e si legge molto sui giornali della questione urbanistica, ma di atti amministrativi deliberati se ne vedono ben pochi.
Colgo l'occasione per individuare la necessità che la Regione Piemonte nel momento in cui propone l'art. 13, che determinerà lo sviluppo di Torino, assuma in quest'aula proprie responsabilità, illustrando quali potrebbero essere, a suo giudizio, le politiche territoriali per il capoluogo.
Questo è uno dei nostri doveri, oltre che una nostra possibilità: esprimere come Consiglio regionale le proprie opinioni e le proprie opzioni per Torino, che oggi è in crisi, e al cui capezzale economico tante forze ci stanno affacciando.
Dal punto di vista del movimento che rappresento, penso che una delle opzioni fondamentali da individuare per Torino debba tenere presente la realtà degli anni '90 e rapportare a questa lo sviluppo del capoluogo.
Torino, negli anni dal '50 al '70, è cresciuta di circa 500 mila persone.
Questa crescita, legata al modello di sviluppo industriale del dopoguerra, ha portato a concentrare a Torino risorse economiche legate all'industrializzazione, richiamando da altre regioni d'Italia del nord e soprattutto del sud, immani quantità di popolazione. La città è così cresciuta insieme alla sua industria, ma - aggiungo - che l'industria ha determinato il cattivo sviluppo della città. Infatti, si è pensato molto all'industria e ai suoi interessi e poco alla qualità della vita dei cittadini.
A parte questa polemica, è una città cresciuta a dismisura, e il Piemonte di quegli anni - se lo guardiamo da una certa distanza - era una Regione caratterizzata soprattutto dalla presenza di Torino. Quindici venti anni fa il Piemonte era soprattutto Torino; il peso di questa città i cui abitanti rasentavano il milione e mezzo, connotava tutta la Regione.
La Fiat aveva concentrato qui i propri stabilimenti. Il resto della Regione aveva una disparità di peso economico e politico rilevantissima rispetto a Torino. Torino era "la città" del Piemonte e il Piemonte era in buona parte questa grande città di Torino.
La politica regionale odierna deve partire prendendo atto che questa situazione non esiste più: il Piemonte non è più la Regione nella quale c'è solo la città di Torino. Oggi la realtà piemontese è differente, non è più parente di quella realtà accentrata su Torino, in cui l'unico elemento di qualità, che faceva della regione Piemonte una regione forte, era Torino.
La Regione oggi è radicalmente diversa. Non voglio individuare in questo momento le responsabilità e i meriti di tutto ciò, mi fermo ad un discorso di sola constatazione.
Oggi nella Regione Piemonte la città di Torino è affiancata da altre agglomerazioni, che hanno ciascuna la forza di una città. Pensiamo all'area del cuneese e non solo al peso di Cuneo, capoluogo di Provincia, ma alla ricchezza economica, sociale e culturale costituita da Comuni quali Alba Bra, Savigliano, Fossano, Saluzzo e Mondovì.
Queste costellazioni di Comuni sono un elemento caratteristico della nostra regione, uno degli elementi che, in questi ultimi anni, ha sostenuto lo sviluppo economico. In alcuni di questi Comuni, negli ultimi trimestri l'occupazione continua a tenere e, in qualche comparto, anche a progredire.
Pensiamo al biellese, alla futura Provincia di Verbania-Domodossola, per non parlare di Novara, Vercelli e dell'asse Alessandria-Asti.
Ci troviamo di fronte ad una regione, usando una vecchia terminologia molto più equilibrata rispetto al passato. Torino non è più l'unica ricchezza: ne sono sorte altre.
Se questa analisi ha qualche relazione con la realtà - come penso questo è il punto di partenza per progettare il futuro di Torino. Torino può ancora essere la città nella quale concentrare risorse comunque sia perché salvando Torino si salva il Piemonte? Penso di no.
Non si può più guardare la realtà torinese come la realtà che valorizzata comunque sia con investimenti, favorirà la crescita di tutto il Piemonte.
La nostra ottica deve essere radicalmente cambiata. Bisogna tener conto che gli investimenti per il Piemonte e per Torino, oggi, devono essere valutati in base alla realtà economica e sociale della regione nel suo complesso. Si deve valutare il peso regionale delle agglomerazioni citate e il peso crescente e qualificato che le economie di valle devono avere, in quanto le valli rimangono ancora elementi scartati dallo sviluppo economico avvenuto finora. Le proposte da fare devono quindi essere commisurate a questa nuova realtà.
Se è così, Torino non si può considerare la città per la quale sia sufficiente proporre un PRG, che consenta di costruire nuovo cemento. La nostra città non ha bisogno di altro cemento, ne ha già fin troppo: non ha bisogno di altri edifici, ne ha già tantissimi, vuoti ed inutilizzati e non solo nel comparto industriale. Ci sono nuove edificazioni, nel comparto terziario, inutilizzate da quinquenni.
Temo che una lettura lasciata solo agli interessi di Torino, senza un intervento a livello regionale, porti ad un'indiscriminata crescita (teorica) di quantità edificabili a Torino, e sia distonica rispetto alla realtà economica e sociale esistente, più ricca, più variegata e territorialmente più distribuita.
La regione Piemonte dovrebbe considerare Torino cuore pulsante della Regione, ma anche come città in grado di elevare il livello della vita attraverso attrezzature che assomigliano più ad una fortificazione del sistema nervoso sociale, che non alla edificazione di strutture in cemento armato, alla qualificazione di strutture nervose (servizi, informazione telematica), che sostengano l'industria ed il terziario esistente tanto nella città di Torino che nella Regione Piemonte.
Oggi, le economie ed i vantaggi che generano lo sviluppo economico non avvengono più solo sull'effetto di contiguità fisica e di vicinanza. La condizione per cui chi deve verniciare il paraurti deve avere l'officina vicina a quella che lo ha stampato e alla Fiat che lo assembla è una realtà esistente e consolidata, ma non è qui il futuro del Piemonte. Il futuro del Piemonte è fornire a tutti i soggetti economici del Piemonte, non solo di Torino, i supporti privilegiati di una società industriale avanzata: certi studi, finanziari e di mercato, supporti per la commercializzazione dei prodotti, per l'innovazione, che può essere un elemento allocato vicino ai centri di ricerca ma i cui benefici devono irradiarsi in ogni ambito territoriale.
Torino deve essere un esempio di città che funziona, non di città che identifica la propria crescita con il crescere di nuovi edifici. Bisogna pensare ad un ruolo di Torino che impegna risorse insieme alla Regione Piemonte per fortificare questo sistema nervoso. I progetti sulle città cablate sulle reti di servizi integrate, sulla possibilità di colloquiare non solo con Milano ma con il resto del mondo sono gli investimenti da proporre, e per questi investimenti, colleghi, non c'è bisogno di nuova cubatura, non c'è bisogno di quasi nulla dal punto di vista della costruzione fisica di gigantesche speculazioni immobiliari.
Temo che in assenza di un ruolo della Regione, invece, emerga la vecchia leva dello sviluppo basato sull'edilizia, uno sviluppo sbagliato nocivo e forse anche irraggiungibile e irrealizzabile, perché non sta nelle cose possibili. E un vecchio modo di mettere in moto la macchina economica che, anche lanciato con strumenti amministrativi, non riesce poi a muoversi, a prendere le gambe.
La città di Torino viceversa per attivare uno sviluppo dei "sistemi nervosi" non può utilizzare un patrimonio che è eccezionale per questa città, e cioè il proprio patrimonio naturale? Mi riferisco all'assetto di Torino rispetto alla sua area geografica ristretta, rispetto, alle numerose zone liberate dalle industrie che hanno abbandonato grandi aree e strutture in seguito alla modifica delle condizioni della produzione.
Questa leva del sistema urbano verde, dei grandi nastri verdi, delle grandi aree verdi non può essere uno dei momenti di collegamento tra lo sviluppo delle tecnologie, delle relazioni informatiche e del terziario superiore? Non può creare per tutti i cittadini (quelli che esistono e quelli che possono essere richiamati da nuove attività economiche) il legame per rendere la città di Torino unica in Europa per qualità della vita e dell'ambiente? Parlo di un sistema del verde - e Torino è una delle città che potrebbe veramente diventare un esempio in Europa - non preso come l'elemento residuale una volta compiute tutte le altre scelte: si sceglie dove far le case, dove far le industrie, dove fare il terziario, si disegna tutto e poi, negli ultimi pezzetti, si disegna il verde.
Pensiamo a cosa diventerebbe la città di Torino se ad esempio la Regione Piemonte indicasse la strada della riqualificazione dell'ambiente come una strada primaria? La città di Torino è pizzicata tra due colline.
La collina di Torino, nonostante tutti i guasti che lo sviluppo degli anni '50 ha provocato, è ancora sostanzialmente salva in grandissime parti. E' una collina delicatissima dal punto di vista geo-morfologico, perché gli interventi edilizi hanno causato solo danni. Pensate però cosa significherebbe predisporre una politica per la collina di Torino che ne faccia un grande polmone verde di qui a Castagneto Po o a Casalborgone.
Pensiamo alla collina di Rivoli come avamposto di un sistema verde che risale la Val di Susa ed arriva su fino a Bardonecchia.
Pensiamo alla città di Torino che dispone di due grandi zone verdi qualificatissime, la Mandria e Stupinigi, a nord e a sud, che possono sorreggere un impianto di struttura verde in espansione, utilizzando le aree industriali abbandonate. Pensiamo ai quattro fiumi (Po, Stura, Dora Sangone) che innervano l'area torinese. Un'area di 10-15 chilometri in direzione nord-sud e di 10 chilometri in direzione est-ovest è solcata da quattro corsi d'acqua, le cui sponde, ove venissero riqualificate ridisegnerebbero nastri verdi che poterebbero la natura all'interno della conurbazione, migliorando la qualità della vita urbana e biologica.
Una città così congegnata e nella quale gli investimenti vadano in questa direzione potrebbe diventare una città nella quale si vive bene questo vivere bene in città, poter dire "investo in una città dove si vive bene", non è forse una ricchezza economica? Ritengo sia una ricchezza da costruire. Consideriamo il sistema dei trasporti. Pensiamo ad una città in cui si circola bene. Sul sistema dei trasporti torinese, la Regione Piemonte cosa propone? Colleghi, continuo a ritenere che su questo tema si persegua una strada che nei fatti non corrisponde alle necessità di Torino.
I problemi del traffico in tutte le città del mondo derivano essenzialmente da fattori di localizzazione delle varie funzioni. I problemi di traffico nelle zone centrali di tutte le città del mondo derivano dal fatto che in queste zone si concentrano ormai più attività di quanto sia reso possibile dai canali di accesso verso queste aree troppo dense di attività.
Ritengo anche - e lo dimostra l'esperienza di tutte le città del mondo che non esiste "metropolitana" che possa risolvere questo problema. Il problema del traffico lo si risolve con una politica per la città, non con una politica per il traffico, perché la politica per il traffico, se va dietro alla situazione esistente, tende a rendere più accessibili i luoghi più congestionati, verso cui va più gente. Rendendoli più accessibili senza una politica alternativa, in questi luoghi continueranno a concentrarsi attività sempre più congestionanti, in una spirale senza fine dico senza fine perché in tutte le città del mondo, che ci sia o meno la metropolitana, anzi anche quando c'è la metropolitana, le cose non funzionano.
A Torino si circola male, molto peggio che anni fa; ciononostante si circola ancora meglio che in tante città d'Italia. Riusciamo a fare questo anche perché la forma della città, nata dall'accampamento romano, è riuscita a crescere grosso modo lungo delle coordinate cartesiane. E' una città che dal punto di vista della propria struttura viaria ha dei vantaggi notevoli.
Il sistema dei trasporti va quindi reso più efficiente agendo su due fattori, il decentramento delle attività dal centro storico e il sistema dei trasporti.
All'interno del sistema dei trasporti ci sono i trasporti rapidi di massa. Vogliamo parlare dei sistemi metropolitani? Parliamone! Ribadisco però che sulla vicenda della metropolitana il dibattito e le proposte continuano ad essere fasulle. Non ho alcun dubbio nel dire questo, se non il dubbio che deve essere generato da ciascuna nostra convinzione, di poter essere in errore.
Non ritengo di essere in errore, perché a mio parere oggi non si pu più parlare di metropolitana come se ne parlava nell'800 o ai primi del '900, quando la manodopera aveva un diverso impiego, quando i tempi di crescita delle città erano diversi dai nostri, quando le urgenze erano diverse.
A Torino si parla di questa metropolitana da venti o trent'anni; a un certo punto, nel 1975, tutte le forze politiche, meno il collega Magliano del PSDI, votarono contro quel progetto.
Adesso, non sto a rifare tutta la storia, si riparla di metropolitana: sostengo che di quella metropolitana di cui si parla tanto non c'è bisogno non si riuscirà a farla e non sarà neppure utile. Perché? Perché ha dei costi spaventosi! Il sistema dei trasporti di Torino viene lasciato a ramengo da anni funziona sempre peggio mentre si agita davanti ai cittadini torinesi il miracolo del metrò: questa è presa in giro della gente! Un metrò che costa mille miliardi per fare 10 chilometri, sempre che non ne costi di più, un metrò che viene utilizzato soprattutto in aree centrali, come ha tentato di fare la Giunta collegando Porta Nuova a Porta Palazzo; un metrò la cui realizzazione, con le vecchie gallerie dell'800, ha dei tempi e dei costi spropositati. Allora sostengo che per parlare di metro oggi, bisogna parlare di progetti che si realizzino in fretta e che costino poco: tecnologie non ne mancano! Mi chiedo perché mai in questa città il dibattito sul metrò deve ritornane a vent'anni fa e prendere in considerazione proposte di vent'anni fa. Se si vuole fare un investimento in trasporto rapido di massa innanzitutto deve costare il meno possibile.



FERRARA Franco

Sono dieci anni e non venti.



CHIEZZI Giuseppe

Semmai sono quindici, a partire dal 1975, non dieci! Il collega Ferrara vuol sempre fare polemica, ma bisognerebbe avere il tempo di discuterne questa mattina si è parlato dello stadio: avete sperperato decine di miliardi della collettività pubblica negando di averlo fatto. Le polemiche le accetto tutte, però chiedo altro tempo, visto che parliamo d'altro.
Invece vorrei parlare del futuro. Adesso si sta parlando di metrò. Lo ritengo in quella forma sbagliato, perché assorbirà tante di quelle risorse che il resto del sistema dei trasporti continuerà a essere lasciato nel pessimo stato in cui è. Ritengo che bisogna investire su tutto il sistema dei trasporti per farlo funzionare meglio! E se poi si vuole investire anche in una linea più pesante, che si sia aperti a ogni tipo di tecnologia. Le tecnologie in piena aria costano 5 volte di meno e si realizzano in un terzo del tempo e penso che non deturpino un bel nulla! Quindi, assorbendo meno risorse è possibile investire di più in sistemi di trasporto di altro tipo.
Sostengo inoltre che se vogliamo investire grosse risorse nel sistema dei trasporti dobbiamo farlo fuori dal centro di Torino! Si vuole investire? Lo si faccia fuori perché è un modo dell'ente pubblico di sotterrare della ricchezza dove la ricchezza non c'è e sotterrando ricchezza si richiamano investimenti pubblici e privati che qualificano, se ben progettati all'interno di un piano, le parti periferiche di Torino e della Regione. Se un investimento di quel tipo va fatto, lo si faccia nelle periferie dell'area torinese collegandole periferie che si vogliono qualificare. Lo si faccia collegando i poli decentrati della regione Piemonte: invece di tagliare i cosiddetti rami secchi ferroviari, si colleghino i poli vivi e vitali della regione Piemonte.
Dico questo perché ritengo che in quest'aula si debba discutere il futuro del capoluogo, che non sta tutto intero nelle mani della Regione Piemonte; penso però che la regione Piemonte debba contribuire alla definizione di questo futuro. Oggi, ad impedire lo sviluppo, si dice sia l'assenza del Piano regolatore. Ricordo che qualche anno fa (magari era proprio il collega Ferrara) quando governavano le sinistre a Torino ci fu una battaglia contro il Piano regolatore. Si diceva che i comunisti che governavano avevano l'idea fissa che una città potesse essere imbragata da un disegno onnicomprensivo che bloccava tutto e si era fatta una polemica che è durata fino alla caduta della Giunta di sinistra. Si diceva che i comunisti erano fermi a una vecchia visione del mondo come se il mondo potesse essere disegnato, dopodiché sarebbe andato avanti secondo la direzione presa. Per costoro il Piano regolatore era un vecchio arnese, un vecchio strumento e i comunisti erano quelli che volendo usare quello strumento erano vecchi e impedivano lo sviluppo.
Punto e a capo! Dieci anni dopo, siamo ad oggi. I giornali non parlano che di Piano regolatore! Bisogna approvare il Piano regolatore: gli industriali, il Collegio costruttori, quelle stesse forze economiche che hanno appoggiato a suo tempo le polemiche contro il Piano regolatore adesso dicono - lo leggiamo tutti i giorni - che se Zanone non approva il Piano regolatore più nulla si muove. Cos'è successo? Le forze economiche hanno cambiato idea? Si erano sbagliate? Prima non volevano il Piano regolatore, adesso senza Piano regolatore non si riesce più a far nulla? Non penso che le cose stiano in questi termini, che si siano sbagliate anche perché quelle forze economiche sono ben attente.
La pressante richiesta del Piano come dev'essere letta? Stiamo attenti perché oggi i titoli parlano di Piano regolatore, ma i fatti e i contenuti in discussione a Torino non sono di un "Piano regolatore". Intanto, quelle forze potevano essere non contro "il" Piano regolatore, ma contro "quel" Piano regolatore e quindi contro scelte politiche concrete, e questo pu essere uno degli elementi che porta a questa fittizia contraddizione. Ma ve n'è un altro, secondo me più realistico. Mentre le Giunte di sinistra perseguivano uno sviluppo secondo un quadro fornito dal piano regolatore oggi quanto richiesto da chi governa a Torino, quello che vogliono le forze economiche che intendono muoversi liberamente sul territorio non è il Piano regolatore; bensì solo il Progetto preliminare del Piano regolatore. C'è una bella differenza, che va riportata alla luce della storia. Perché dal 1980 al 1985 la città di Torino aveva un progetto preliminare di Piano regolatore adottato. Nel 1980 Torino era più avanti di quanto lo siamo oggi, nel 1991! Questo è successo perché da un lato - colpa delle Giunte di sinistra - dall'80 all'85 non siamo riusciti a portare a termine il progetto definitivo di Piano regolatore, che seguiva il progetto preliminare. Dall'altro, per la responsabilità nel periodo 1985/91 della nuova Giunta di non essere nemmeno giunti al Progetto preliminare.
L'enfasi che vediamo oggi sui giornali non è enfasi per il Piano regolatore, per subordinare e inserire gli sviluppi della città in un disegno complessivo per quanto elastico e modificabile. La tensione oggi è per fare adottare un progetto preliminare. Perché tutta questa tensione e questi cori a favore del Progetto preliminare del Piano regolatore, si chiede la gente? Per l'art. 13 della legge in esame! Qui si innesta il peso occulto di Torino su questa legge. In base all'art. 13 succede che il progetto preliminare diventa il vero Piano regolatore, perché con un intrico di norme, una rimandata all'altra, una volta adottato il progetto preliminare (11 anni dopo il precedente!) si potranno realizzare interventi anche se in contrasto col piano regolatore vigente purché siano compatibili col progetto preliminare.
E allora vengo alle proposte del Progetto preliminare. Nell'art. 13, la frase - "purché siano compatibili col progetto preliminare" è una delle altre chiavi, degli altri fasci di luce da accendere bene sulla realtà di Torino. Per questo motivo ho qui esposto la cartografia.
Cosa dice il progetto preliminare del Piano regolatore di Torino e cosa probabilmente dirà se Zanone, smesso di tentennare di fare il Sindaco smetterà anche di tentennare nell'approvare il progetto preliminare? Il progetto preliminare è fondato - lo sanno ormai quasi tutti - sull'idea che lungo l'asse ferroviario che taglia Torino da nord a sud vengano collocate tutte le attività terziarie del futuro di Torino attraverso la costruzione di numerosissimi edifici, di torri e via dicendo. Queste aree assommano a più di tre milioni di metri quadrati. Sopra questa ferrovia, chiamata "la spina", si intende costruire quello che viene venduto al cittadini come boulevard: si sa, le "cose" basta nominarle in un altro modo perch diventino "altre cose".
Invito i colleghi ad avvicinarsi, al termine del mio intervento o del Consiglio, a questo disegno (preso da un documento che avevo a disposizione quando ero Consigliere comunale di Torino), nel quale ritengo risulti con chiarezza di che tipo di boulevard e di spina si tratti. Questa è una spina infetta per Torino: questa spina sarà un'autostrada a quattro corsie che risolverà i problemi di attraversamento nord-sud. Ci sarà un fiume di macchine con il loro rumore, i loro gas, i loro inquinamenti! Dire che una struttura viaria del costo di 600 miliardi è un boulevard che cuce le due parti della città è come dire che C.so Francia o C.so Regina cuciono la parte nord alla parte sud della città. Altro che cucitura! Effettuiamo un investimento colossale per realizzare un'autostrada a quattro corsie! Pensate: 1600 miliardi consentirebbero di acquistare, al costo di 100 mila lire al metro quadrato, i 6 milioni di metri quadrati di aree oggi abbandonate dalle industrie, che sono colorate in questa cartina.
Il ragionamento è semplicistico, ma dà l'idea della dimensione dell'investimento; con 600 miliardi si potrebbero comprare, a 100 mila lire al metro quadrato, tutte queste aree e disporne pubblicamente, quindi urbanizzarle, rivenderle, lavorando sul piano della qualità, in modo da conseguire un interesse generale secondo un piano e tenendo in mano - come fanno in Europa - le leve territoriali attraverso leggi ed acquisizioni tempestive da parte dell'ente pubblico. Ma questo non è quello che succederà.
Il secondo punto focale di questo progetto preliminare è una bellissima invenzione. La legge fisica per la quale nulla si crea e nulla si distrugge viene detronizzata perché la città di Torino ha inventato qualcosa di nuovo. Torino è una città percorsa da fiumi e, nel corso degli anni, sono stati riservati spazi verdi per consentire alla gente di respirare aria un po' più pulita e poter svolgere quelle attività che esulano dal lavoro cioè ricrearsi, riposare, far giocare i bambini, consentire agli anziani o al cittadini in età lavorativa di fare quattro passi nel verde.
Per la città di Torino, per il suo futuro, si è inventato il meccanismo di spalmare sopra ferma dei prati, l'acqua dei fiumi e le rotaie delle ferrovie "la cubatura". Si è proposto: "E se dicessimo che qui c'è del cemento? Poi lo togliamo, certamente non costruiamo le case suI Po o in mezzo alla Pellerina, ma stendiamo del cemento, lo misuriamo, dopodiché lo prendiamo e lo facciamo atterrare qua e là, anche sui prati e sui parchi." vedi l'esempio di P.zza Sofia.
Questo è il vecchio ragionamento, che richiamavo all'inizio, di rimettere in moto una città con il cemento, chiedendo investimenti per costruire delle cose dentro le quali farcene stare altre. Innanzitutto, dal punto di vista urbanistico, è un delitto perché quei prati rimasti liberi in città corrispondevano alle necessità di servizi derivanti da quanto era già stato costruito. Quei prati sono le ultime aree libere rimaste in rapporto alla cubatura sviluppatasi in città.
Adesso, su quelle aree destinate ai servizi, ricominciamo il gioco: spalmiamo nuovamente della cubatura ed edifichiamo. Sulle ferrovie è stata fatta la stessa cosa; i binari ferroviari sono una struttura che serve a spostare persone e merci. Che senso ha dire che sui binari si possono costruire le case? E' un controsenso e peggiora la qualità della vita perché sulle aree destinate ai servizi aggiungiamo altre costruzioni, e peggioriamo la qualità della vita avendo diminuito le aree a servizio.
Il gioco è questo. La cubatura è stata disegnata nel modo che potrete successivamente vedere. Nel Progetto preliminare la cubatura (parlare di cubatura è come parlare di ricchezza sepolta sotto terra, bisogna solo scavare e tirarla fuori) era distribuita, secondo un criterio, lungo la spina centrale, in quattro ambiti.
Tutto si è impantanato perché i vari gruppi di pressione economica hanno incominciato a guardare le cartine (gli speculatori sono gente seria quando decide cosa fare si serve di carte e documenti) e ad individuare quanta ricchezza fosse sotterrata nell'ambito 1, quanta nell'ambito 2, 3 e 4. A mio modo di vedere gli interessi privati, ma anche quelli pubblici hanno generato l'idea di inventare la cubatura dove non c'è, di guardare l'erba e dire: "Qui possono sorgere le case", quindi inventare dal nulla una ricchezza.
Quando si inventa la ricchezza dal nulla, bisogna anche discutere a chi va. Se la si inventa dal nulla, tutti vogliono averne un pezzo. Quando una decisione urbanistica non nasce da una realtà fattuale e precisa, dalle esigenze riconoscibili, ma dalla volontà di generare la possibilità di costruire comunque, diventa difficile mettere d'accordo le parti sociali.
Diventa difficile il discorso tra potentati pubblici, tra gruppi di pressione o tra istituzioni pubbliche.
Prendiamo ad esempio il discorso del Politecnico - e lasciamo perdere sul fatto che la situazione del Politecnico, come quella di tutte le Università, è frutto di un disinteresse - sempre a mio modo di vedere - del Governo nazionale e soprattutto delle Giunte locali che lasciano marcire le cose finché scoppiano. La proposta avanzata di spostare il Politecnico in altra area della città, dal punto di vista della forma e della qualificazione della città, non era sbagliata: non guardiamo i problemi del Politecnico, ma, fatta per tempo e secondo una politica di Piano che per l'Università dovrebbe esistere, l'idea di vivificare una zona così dequalificata, come la zona nord di Torino, con una grande attrezzatura scientifica, dal punto di vista del rinnovamento della città non era una cosa brutta! Invece, in questa guerra senza un quadro di riferimento un'istituzione (il Politecnico) ed un gruppo pubblico - perché le altre aree a nord sono di proprietà pubblica - sembra stiano a litigare gli uni (quelli del Politecnico) nell'interesse di consentire l'attività didattica e gli altri nell'interesse di valorizzare il proprio terreno.
Non si riesce neppure a discutere quali siano la forma e le funzioni delle varie parti della città in nome di un interesse generale: ogni qualvolta qualcuno solleva un problema, non essendoci un quadro di riferimento, tutti tirano l'acqua (le cubature) e al loro mulino.
A mio avviso, colleghi, l'art. 13 è la chiave di tutto questo. Si metteranno d'accordo? Chi vincerà, chi perderà? Poiché l'art. 13 dice che saranno consentiti gli interventi purché non in contrasto con quanto previsto dal progetto preliminare, sarà sufficiente, affinché il Sindaco Zanone porti a casa il progetto preliminare, fare un progetto che consenta di fare il più possibile interventi non in contrasto con esso.
E' sufficiente allora che la battaglia sulla ricchezza sotterrata che qualcuno deve riuscire a tirare fuori venga rimandata, grazie a una norma all'art. 13, e a un progetto preliminare che questa cubatura genererà, ma che non sotterrerà in alcun luogo. Sarà una ricchezza e una cubatura tale per cui il progetto preliminare alla domanda: "Dov'è?", risponderà: "E' a Torino! ". Esagero, naturalmente. Dov'è lo vedremo: intanto approviamo il progetto preliminare, approviamo l'art. 13. Dopodiché cosa succederà? Che i luoghi in cui sotterrare questa ricchezza temo saranno decisi fuori dalla democrazia, intesa come istituzioni rappresentative, e temo che saranno decisioni fuori dalle istituzioni sulla base dei compromessi e dei rapporti di forze tra coloro che oggi ritardano l'approvazione del progetto preliminare.
Questo è l'elemento di connessione tra l'art. 13, l'art. 14 in subordine, e il Piano regolatore di Torino. A questo punto, colleghe e colleghi, capite che di Piano regolatore a Torino non ce ne sarà più bisogno? Capite che tutto il "can-can" che oggi leggiamo sui giornali sulla necessità del piano regolatore falsa la realtà delle cose? Quello che si dice è " vogliamo un progetto preliminare", altro che un Piano regolatore! Fatto questo progetto preliminare e approvato l'art.13 chi lo vorrà più il Piano regolatore di Torino? Chi ne sentirà il bisogno? Dopo si apriranno dei conflitti, delle battaglie che nessuno vedrà per spostare questa cubatura di qua o di là del fiume o della ferrovia.
Termino questo discorso - che mi avete consentito - a cui tenevo particolarmente. Mi premeva, all'interno di quest'aula, almeno per una volta e soprattutto per tempo, cogliendo l'occasione non strumentale di un collegamento tra quanto avviene a Torino e quanto purtroppo, dal mio punto di vista, stiamo decidendo adesso: affermare che quest'aula, non la Giunta regionale, deve interessarsi del capoluogo di regione, che quest'aula deve discutere una politica da proporre al capoluogo di regione: deve farlo quest'aula, non la Giunta regionale, la quale ha altri compiti amministrativi che devono obbligatoriamente essere assunti.
Insieme ad altri colleghi ho tentato più volte di introdurre questo discorso. Mi è sembrato che , questo art. 13 mettesse tutti nelle condizioni di assumerci le nostre responsabilità, poiché stiamo lavorando per Torino, dicendo quali sono le idee o le piccolissime idee di cui siamo portatori.



PRESIDENTE

La parola al Consigliere Cucco.



CUCCO Enzo

Chiedo all'Assessore di capire come si procede. Non voglio rifare la storia delle nostre richieste di discutere in aula e in Commissione il PRG di Torino: siamo però giunti a quanto avevamo ipotizzato in più occasioni e cioè che nella discussione sulla legge di riforma della n. 56 si sarebbe introdotto questo argomento. Vuole l'Assessore in questa sede dirci qualche cosa anche su questo tema, legato all'articolato della legge? Non si pu svicolare da questo problema, non si può scavalcarlo: è una questione procedurale: diversamente parleremmo fra sordi.



PRESIDENTE

La parola al Consigliere Squillario.



SQUILLARIO Luigi

Ho seguito con interesse la relazione del Consigliere Chiezzi: quel che mi chiedo è se la stessa non sia stata fuori tempo e fuori luogo. Il tema è certamente appassionante, ma come Consigliere regionale, non sono assolutamente in grado di affrontare, sia pure di riflesso, il tema del Piano regolatore di Torino; non credo neppure di averne la competenza intesa come capacità funzionale.



PRESIDENTE

L'approccio del Consigliere Chiezzi per l'illustrazione dei suoi emendamenti, dal suo punto di vista era il seguente: il Consigliere ritiene, con il suo intervento, di avere illustrato i propri emendamenti ciò è quanto ha comunicato al Presidente dell'Assemblea e all'Assessore Carletto. Si è convenuto di lasciargli sviluppare il ragionamento in base al quale aveva presentato i propri emendamenti. Non entriamo, dal punto di vista formale, nell'intendimento del Consigliere. Con l'Assessore Carletto si è pensato di verificare se ci sono altri interventi di illustrativi di emendamenti, cui seguirà la replica dell'Assessore.
Chiede di intervenire il Consigliere Marchini; ne ha facoltà.



MARCHINI Sergio

In primo luogo, al di là della collocazione politica, credo debba essere dato atto al collega Chiezzi di aver dato contenuto a una questione che, a mio modo di vedere, va collocata correttamente. Qui non si sta discutendo del Piano regolatore di Torino, ma se come Regione, esista concordanza nel sistema dei poteri politici su percorsi di linea generale tali per cui quando saranno formalizzati ad un certo livello, (cioè nel progetto preliminare), potranno essere attuati a tempi brevi (2 o 3 anni a seconda dell'accoglimento o meno del mio emendamento) senza il rischio dello stravolgimento del disegno generale. Questo è l'aspetto che ci riguarda; non si tratta di essere d'accordo o meno col Piano regolatore di Torino, ma di interrogarci sul fatto che esiste un generale consenso e una concordia culturale su un processo che porta gli amministratori ai diversi livelli ad assumere decisioni per larga parte coerenti con questo progetto e un concorso politico culturale, il quale comporta l'assunzione, da parte del legislatore regionale, di un margine di rischio consistente nel consentire l'immediata entrata, la provvisoria esecutorietà - diremmo noi avvocati - delle varianti per il periodo dei 2-3 anni.
Dobbiamo, quindi, chiederci, per rispondere a questa domanda, se siano maturate le condizioni per la costruzione di un quadro di riferimento, che metta in discussione la questione posta da Chiezzi. (Che egli oggettivizza nelle vicende torinesi, sulle quali non desidero intervenire più di tanto).
Devo dire che il comportamento del collega Chiezzi è coerente: io forse, non farei altrettanto - in ordine alla questione dell'Area Metropolitana. Ci s'interroga rispetto ad un disegno territoriale, che immagina una moderna metropoli sviluppata con capacità di attrazione e di opzione su un territorio vasto.
La conseguenza dei processi che si vogliono innescare è difficilmente definibile a priori in una società così mobile come la nostra. Quindi l'ipotesi di area vasta comporta una città polarizzata e non , più monocentrica, e la diffusione sul territorio del massimo di funzione raccordata con un moderno sistema di comunicazioni non soltanto fisiche, ma anche elettroniche.
Il modello della futura società tende ad azzerare le distanze; la comunicazione in tempo reale non rende necessario il trasferimento delle persone.
Per giustificare un comportamento, che mi rendo conto potrà essere giudicato incoerente, ma si tratta di realismo politico, potrei essere d'accordo nell'immaginare che non dobbiamo consentire l'immediata esecutività delle varianti del PRG di Torino se avessimo maturato un quadro di riferimento rispetto al quale si possa chiedere a qualcuno coerenza e rispetto.
Invece, quanto è avvenuto sull'area metropolitana sta a dimostrare non una subordinazione del sistema politico determinati interessi, ma la sua cecità rispetto agli stessi, con l'inconveniente di costringere gli interessi all'interno della miopia politica che si salda su questo progetto.
Le forze imprenditoriali non sono d'accordo con questo discorso, ma preferiscono collocarsi per area vasta: proponendo l'area vasta nella moderna metropoli, esse rimettono in discussione l'ipotesi dell'aggregazione pesante nel centro di Torino. Questa è la conseguenza urbanistica dell'approccio territoriale al futuro di Torino; ma queste constatazioni "sono entrate da una parte e sono uscite dall'altra", anzi ci si è chiusi le orecchie.
Ecco, quindi, che difendo gli interessi dei privati, i quali hanno dichiarato in quest'aula la loro disponibilità a rimettere in discussione una scelta - rispetto alla quale non pongo aggettivi, anche se qualcuno immaginerà cosa ne penso -. In conseguenza di una scommessa forte della Regione, che ipotizzava un approccio per area vasta; quindi, la costruzione di una metropoli affascinante, ben diversa da quella che sta emergendo.
Soggetti portatori di interessi privati hanno definito la nostra proposta dannosa per i loro interessi. Doversi adeguare ad un'ipotesi di città costretta al proprio interno e nelle proprie mura, significa immaginare che la soluzione che si ritiene abbia alle spalle interessi anche dal punto di vista economico, è meno interessante dell'altra ipotesi quella della polarizzazione di Torino e dell'investimento nel sistema di sviluppo, dell'interezza di quell'area che tecnologicamente risultava necessaria per lo sviluppo di un progetto. Questa è la drammatica realtà che abbiamo di fronte.
Le forze imprenditoriali dicono semplicemente che i processi avviati, e quelli che avvieremo, determinano l'esigenza di strutture, di infrastrutture e di contenitori. Abbiamo messo sotto terra una ricchezza potenziale, che il processo edilizio farà emergere. Questa è la verità: le ricchezze presenti sotto terra sono le potenzialità che il sistema civile di Torino ha immagazzinato e che emergeranno con l'avvio dell'attività edilizia.
La domanda è la conseguenza di una potenzialità che si è costruita. Il sistema imprenditoriale torinese sa benissimo che esiste una ricchezza sotterranea, in senso potenziale, da realizzare e da sviluppare: metri cubi, e quadrati - come diceva il collega Chiezzi - con tante funzioni e tante risorse: un processo che quantitativamente e qualitativamente possiamo immaginare definibile anche in termini documentari, se volessimo farlo.
A questo punto ci si è rimessi ai politici, e in quest'aula si è detto: "Cari politici fate come volete". Tra la spina e l'area vasta noi preferiamo quest'ultima: non si possono sommare le due cose: la città è un complesso di funzioni e non di mattoni, è evidente che chi ha detto in quest'aula che preferisce l'area vasta rinuncia a collocare funzioni nella spina centrale distribuendole sul territorio piemontese.
La società civile è disponibile a rimettere in discussione l'ipotesi così avanzata della spina, perché questa era la conseguenza del nostro approccio: i torinesi sono stati molto prudenti- anche quelli che adesso appoggiano le mie posizioni, a venire sulle mie posizioni - compreso il Sindaco di Torino. Questi si rendeva benissimo conto che stare sull'ipotesi di area vasta significava rimettere in discussione l'ipotesi urbanistica, e quindi non si è pronunciato ufficialmente.
Caro Chiezzi, questo è problema di realismo politico: la società civile dice: "Il destino di Torino e del Piemonte lo vogliamo costruire in un certo modo" che il convegno ha ben illustrato: fare di Torino il cuore forte e il cervello di un sistema produttivo che si articola sul territorio, magari fino in Corea. Questo è il modello dopodiché: "Prendiamo atto che invece voi misurate Torino con una cinta che finisce a Rivoli: non ce ne frega niente, tanto nulla ci vieterebbe con un sistema informatico in tempo male, di arrivare sino a Formosa. Questo non ce lo potete impedire".
Questo hanno detto, di fatto, gli imprenditori Gli imprenditori si dichiarano quindi indifferenti - questo è quanto ci hanno detto qui - rispetto alla localizzazione, e rinunciando anche a qualche rendita propria. Non so se cambiando la destinazione di queste aree e trasferendole sul territorio metropolitano ci sia identità di interessi probabilmente, essi cambiano. Da parte dei privati, quindi, non c'è alcuna difesa a priori di alcuna ipotesi di rendita fondiaria: c'è l'esigenza di essere dotati di infrastrutture, di contenitori, di servizi: la risposta della città di Torino è questa.
Risposta che non può arrivare ai destinatari se non entro tempi reali che non possono essere quelli del tradizionale modello del Piano regolatore: occorre immaginare che la variante sia immediatamente esecutiva.
Caro Chiezzi, il tuo modello di ragionamento su questa vicenda sostiene: "Attenzione, autorizzando varianti immediatamente esecutive - non provvisoriamente, ma immediatamente esecutive - sostanzialmente trasformiamo un preliminare in un "definitivo"; questo non ce lo possiamo permettere. Dobbiamo verificare il preliminare alla luce di questo e quello, e soltanto una volta verificato alla, luce di questo e quello il preliminare diventa esecutivo", nel senso che viene approvato dalla Regione. Ma alla luce di che cosa, caro Chiezzi? Il piano territoriale non c'è. Non possiamo darne colpa né al Comune di Torino né alle forze sociali economiche né agli studenti del Politecnico: inoltre non c'è alcun progetto di altra natura - quello sottopostoci con la legge 142, con la norma metropolitana.
Nella misura in cui non cresce un discorso concorrenziale, ma anzi mio malgrado un discorso a livello regionale coerente con questa ipotesi, a me sembra un po' difficile immaginare che, con una Giunta che disegna una città chiusa, il Comune di Torino non immagini di organizzarsici all'interno.
L'ipotesi della "spina" è assolutamente e totalmente coerente con l'ipotesi di area stretta che si sta portando avanti. Vista la coerenza tra progetto della Giunta e quindi della maggioranza (e in questo senso anche mio) e progetto della maggioranza torinese - parliamo di scenario, a questo tu, Chiezzi, ti sei limitato - se c'è coerenza fra scenari, non si capisce perché non si debbano trovare strumenti che fanno sì che tale coerenza diventi operativa nei termini più stretti possibili. Quindi, approvato il provvedimento preliminare, che è coerente con quest'impostazione di scenario (sbagliata ma coerente), l'importante è che non ci sia incoerenza con gli atti esecutivi successivi, e poi il processo logico e politico è perfetto.
Da un presupposto sbagliato - città stretta, città soffocata, città piccola, città senza respiro - nasce un Piano regolatore che riconcentra la teoria della città monocentrica. Mi sembra giusto che la Giunta abbia ipotizzato un disegno di legge che dal punto di vista della normazione e del governo di un processo si preoccupi soltanto di verificare che ci sia coerenza fra disegno regionale, disegno comunale e attuazione del disegno comunale.
Dal punto di vista legislativo il modello proposto dalla Giunta è assolutamente accettabile. Cosa diversa sarebbe se fosse nata incoerenza tra disegno regionale e disegno comunale: sarebbe emersa chiaramente la non possibilità di immaginare l'immediata esecutività del provvedimento preliminare, mettendo nel concreto in discussione il disegno generale che il livello regionale stava portando avanti.
Tecnicamente la norma che la Giunta ci propone è assolutamente condivisibile e politicamente attuale: registra coerenza fra disegno regionale - non della Giunta, ma di una maggioranza trasversale molto ampia che è per una città stretta, assediata, priva di respiro, priva di prospettive, città povera, città che tende a impoverirsi ancora di più e magari a votare sempre più a sinistra, tanto per dircela chiara: questa è la verità-e l'adesione dell'Amministrazione comunale a questo tipo di disegno.
Stringiamo Torino: è evidente che Torino realizzerà e costruirà quanto di cui ha bisogno in "casa sua", e non da altre parti, come probabilmente è nella testa di qualcuno.
Lo strumento della Giunta, come tutti gli strumenti, è quindi neutrale e va giudicato su come si innescherà nei processi politici in atto. Se il procedimento della Giunta tende semplicemente a far sì che questa coerenza si realizzi a beneficio degli interessati, quindi soggetti istituzionali (Comune e Regione, perché così stanno le cose) e soggetti privati e processi, mi pare che la norma sia assolutamente condivisibile.
Evidentemente, si tratta di un'assunzione di responsabilità grossa proprio perché prefigura questa coerenza. Coerenza reale, collega Carletto: per me è amarezza essere conscio che esiste: so anche, però, che se in questa sede si fosse assunta una deliberazione relativa a Torino, all'area metropolitana di tipo diverso, più coerente con l'ipotesi del Consigliere Chiezzi, sicuramente non sarebbe stato presentato questo progetto preliminare al Piano regolatore di Torino in discussione, ma un altro, di tipo completamente diverso.
A questo punto, la norma presentata dal collega Carletto e dalla Giunta nel suo complesso sarebbe stata altrettanto accettabile, perché sicuramente coerente. Però, a questo punto, noi ci troviamo in un atto formale.
La deliberazione della Giunta deve essere considerata, sul piano dell'area metropolitana, politicamente significativa in dignità almeno quanto il progetto preliminare adottato dal Comune di Torino; deliberazione rappresentativa comunque di livello di governo, supportato dal maggior partito di opposizione, dal significato politico sullo stesso piano e con lo stesso peso del progetto preliminare che adotterà il Comune di Torino.
La Regione ha dato un'indicazione di città piccola, di città chiusa (di città, io dico, povera e che si impoverisce): è evidente che il Comune di Torino adotterà un progetto preliminare coerente con l'indicazione di larga massima regionale.
Gli emendamenti predisposti dal colleghi tendenti ad impedire l'immediata esecutività del progetto preliminare adottato dai Comuni mi sembrano basati su questioni culturalmente e politicamente interessanti, ma non accettabili sul piano della coerenza - ripeto - fra indicazione regionale (area stretta) Piano preliminare del Comune di Torino (ulteriore congestionamento di funzione nel centro di Torino e nella sua prima cintura) e norma predisposta dalla Giunta, che tiene conto dei processi socio-economici di una società, non diciamo industriale avanzata, ma sicuramente moderna società qualunque sia sui quali occorre intervenire all'interno di un processo di coerenza. Se poi, la coerenza sia piacevole o no, è questione che rimarrà nella nostra testa.



PRESIDENTE

Ha chiesto la parola il Consigliere Squillario; ne ha facoltà.



SQUILLARIO Luigi

Le paradossali conclusioni del Consigliere Marchini, sempre brillanti partono indicando soluzioni generali politiche di un certo stampo per poi giungere alla dura necessità dell'accettare quanto in realtà non si vorrebbe.
E' evidente che se non approviamo questo art. 13, per quanto riguarda il Comune di Torino, potremmo giungere ad una situazione di paralisi. Ma credo che neppure la Regione Piemonte è esente da responsabilità in questa situazione che riguarda il Comune di Torino, perché se nel passato avesse approvato non un generico piano di sviluppo, ma anche il piano territoriale di coordinamento, in esso sarebbe stato assegnata alla città di Torino la funzione che le spettava.
Tra l'altro stiamo discutendo di un progetto preliminare che non è stato neanche adottato.
Pertanto le grandi indicazioni strategiche del collega Marchini non hanno valore, anche perché la Regione Piemonte per quanto riguarda l'area metropolitana, seppure avrebbe potuto ribaltare le indicazioni del Comune di Torino, in realtà porta avanti un disegno di legge che fa riferimento ad un'area ristretta nella quale coerentemente si inserisce il progetto preliminare del Comune di Torino.
Debbo dire che del collega Chiezzi ho comunque apprezzato il rapporto che pone tra Torino e la periferia. A dir la verità, collega Chiezzi, per fortuna lo sviluppo economico è sempre stato maggiore nelle Province che non nel capoluogo. Forse solo per un decennio si può parlare di una prevalenza del capoluogo: fino agli anni '40 infatti il primo settore industriale non era quello dell'auto; bensì quello tessile; e nelle Province vi è stato uno sviluppo economico molto più equilibrato e diffuso.
E' questo un obiettivo da perseguire attraverso il piano di sviluppo e per la verità devo dire che nell'ultima documentazione del Presidente della Giunta a proposito del piano di sviluppo la direzione è giusta.



PRESIDENTE

La parola al Consigliere Monticelli sull'insieme degli emendamenti agli artt. 13 e 14.



MONTICELLI Antonio

Signor Presidente e colleghi, io non sarei intervenuto - non mi sarebbe venuto neppure in mente, lo confesso - se i colleghi Chiezzi e Marchini non avessero portato il discorso su un terreno, se mi è consentito, un po' sdrucciolevole.
Per riprendere il filo del discorso del collega Marchini, devo fare questo ragionamento: la Regione si appresta ad una scelta sbagliata, quella dell'area ristretta, e il Comune di Torino si appresta ad adeguarvi impostando un preliminare di Piano regolatore concentrato sulla "spina".
Con l'art.13, la Regione, per coerenza con se stessa, avalla in partenza la scelta sbagliata del Comune di Torino, conseguente a quella regionale l'art. 13, infatti, in qualche modo autorizza in partenza l'operatività del progetto preliminare di piano che il Comune di Torino sta per adottare.
Essendo il tutto sbagliato, ma coerente ed essendo fra l'altro uno degli attori principali di questo discorso un autorevole collega del suo partito, il Consigliere Marchini vota tutto.
Sono vari gli spunti possibili su coerenza e incoerenza, personalmente però sono interessato a rovesciare il discorso. Intanto, c'è un falso storico, collega Marchini (uso il termine "falso" in modo del tutto improprio): il progetto preliminare nasce ben prima che la Regione cominciasse a pensare all'area metropolitana. Quello che probabilmente sarà il progetto preliminare nasce da una concezione vecchia, vecchissima quella della cinta daziaria! E quindi la presunzione di autosufficienza del Comune di Torino non dalla concessione dall'area metropolitana, stretta o larga che essa sia E' una concezione vecchissima! Allora, lì, sì che c'è responsabilità della Regione, collega Marchini e molto grande quella che ricordava il collega Squillario: responsabilità di non aver mai portato avanti un'ipotesi di indirizzo, o perlomeno, di un Piano territoriale operativo, di un Piano direttore per l'area torinese ed in questo stimolando ed incentivando il Comune di Torino a muoversi su un'ottica - questa sì, stretta - da cinta daziaria. Non c'entra niente la legge n. 142, non c'entra niente l'ipotesi di delimitazione dell'area metropolitana! Detto questo, sostengo una tesi esattamente contraria a quella del collega Chiezzi. Con l'ipotesi di concentrare sulla cosiddetta "spina", la polpa, la ricchezza (come la chiamava Chiezzi), il tesoro. È assolutamente contraddittoria l'area delineata nei ragionamenti finora fatti, che non si confonde genericamente con l'attuale Provincia di Torino.
Se l'area metropolitana fosse così larga da coincidere con la Provincia di Torino o quasi, cosa si muoverebbe dalla città capoluogo? Nulla. Non è un caso, colleghi, che proprio i discorsi avviati dalla Regione sulla delimitazione dell'area metropolitana hanno trovato ampia rispondenza nei Comuni della cintura torinese i quali hanno richiesto di avere voce in capitolo sul Piano regolatore della città di Torino, proprio perch direttamente coinvolti: "Noi facciamo parte dell'area metropolitana", e richiedono quindi un'impostazione di distribuzione delle risorse, delle ricchezze, che non sia quella della concentrazione sulla spina. E' proprio qui che si verifica la maggiore contraddizione, non nell'altra direzione! Perché se si identifica una vera città, che può avere solo una dimensione sufficientemente ristretta, nasce il problema che non ci può essere una città con due milioni di abitanti, una città con ampio perimetro, e ampia articolazione di Comuni adesso strettamente connessa e che quindi non pu avere un unico centro, in cui costruire grattacieli... In questo modo si attiva davvero la contraddizione e non un annullamento della dimensione metropolitana, quale quella che si verrebbe a verificare se ci fosse coincidenza fra area metropolitana e attuale dimensione della provincia di Torino.
Per questi motivi, e mi scuso per l'approssimazione del mio intervento non essendo né un tecnico né uno specialista, ma puramente un orecchiante di temi di questa natura, ritengo alcuni spunti del dibattito fuori tema nel senso che non hanno colto alcuni dei nodi veri.
Il nodo vero che pone l'art. 13 è un altro: la Regione continua a spogliarsi delle sue competenze e ruoli. Si è spogliata, non avendovi provveduto, del ruolo di indirizzo e pianificazione territoriale, qualche giorno fa in Consiglio regionale, rifiutando la proposta che avevamo avanzato con un emendamento di avviare un meccanismo di pianificazione territoriale provvisorio e sperimentale attraverso indirizzi del Consiglio.
La Regione ha deciso di spogliarsi delle funzioni di impostazione, di indirizzo; a questo punto, di fronte alla grande realtà del comune di Torino, inteso come entità comunale in senso stretto, si spoglia delle funzioni rimanenti e dice al Comune di Torino di votare il suo progetto preliminare, il quale diventa immediatamente esecutivo.
Cosa stiamo a fare noi, allora? Ritagliamo la polpa del Piemonte e diciamo che sono altra cosa e più potenti di noi: fanno quindi quanto vogliono e poi ne prendiamo atto? Questo è il nodo dell'articolo, ma anche di tutta la legge.
Non è un caso che l'Assessore Carletto, nel suo primo intervento conclusivo del dibattito generale, si sia soffermato sul rapporto fra Regione e Comune di Torino: siccome il potere di Torino è un po' più grosso, quello regionale viene dopo.
Questa, a nostro giudizio, non è una concezione corretta del rapporto fra Regione ed entità che ne amministra la città capoluogo.



PRESIDENTE

Ha chiesto la parola il Consigliere Segre. Ne ha facoltà.



SEGRE Anna

Voglio ritornare a quella che definisco la "non logica" preoccupante di questo articolo ed abbandonare per un attimo il problema innescato dal Consigliere Chiezzi. E' pur vero che, come egli diceva (considerazioni che varranno non solo come illustrazione di emendamenti, ma anche come dichiarazione di voto) che Torino è la città principale del Piemonte, ma attorno ad essa esistono tante altre città che in questi anni hanno assunto un ruolo economico- e non solo - di una certa importanza. Questo è senz'altro dovuto all'effetto diffusivo dello sviluppo, se così vogliamo chiamarlo, e anche se ne parliamo perché martellati tutti i giorni - come ha detto lui - dalle emergenze del Piano regolatore di Torino, è ugualmente preoccupante per tutte le città.
Dei due punti dell'art. 13 che meriterebbero un ulteriore approfondimento e che hanno destato in noi preoccupazione per gli eventuali effetti sullo strumento urbanistico di qualunque Comune di una certa importanza, di cui certo Torino è il principale, si sta discutendo in Consiglio comunale. Nel secondo comma dell'art. 13, con frase di tipo quasi restrittivo, si dice: "Dopo un anno dall'entrata in vigore della presente legge, qualora non abbiano trasmesso alla Regione il Piano regolatore possono rilasciare concessione o autorizzazione edilizia solo" - e lo sottolineo - "per interventi di cui alle lettere a), b), c) e d) dell'art.
13". Sembrerebbe quindi che questi interventi siano di modesta importanza.
Tralasciando le altre lettere, vediamo cosa comportano gli interventi inseriti alla lettera d) nell'art. 13 della legge n. 56. Si tratta di interventi di ristrutturazione edilizia specificati all'interno della stessa lettera d) dell'art.13, che mediante un insieme sistematico di opere possono portare ad un organismo edilizio in tutto, o in parte, diverso dal precedente.
Tali interventi comprendono il ripristino o la sostituzione di alcuni elementi costitutivi dell'edificio, l'eliminazione, la modifica e l'inserimento di nuovi elementi ed impianti. Mi sembra cosa non di poco conto e non riesco a capire come possa entrare nella legislazione una fattispecie di questo tipo, introdotta da autorizzazioni edilizie solo per interventi di cui a questa lettera.
Andando avanti, sempre nell'art. 13, si dice: "Dopo due anni dall'entrata, in vigore della presente legge, qualora non abbiano trasmesso alla Regione il Piano regolatore, i Comuni possono rilasciare concessioni o autorizzazioni solo" - c'è di nuovo il termine "solo" che mi disturba non poco - "per gli interventi di cui alla lettera a), b), c), d) ed e)".
Sempre andando a prendere l'art.13 della vigente legge, n. 56, la lettera d) corrisponde agli interventi di ristrutturazione edilizia di cui ho già detto e la lettera e) corrisponde ad interventi di ristrutturazione urbanistica.
Se andiamo a vedere cosa sono questi interventi, vediamo che "sono"interventi rivolti a sostituire l'esistente tessuto urbanistico edilizio con altro e diverso, mediante un insieme sistematico di interventi edilizi, anche con la modificazione del disegno dei lotti degli isolati e della rete stradale.
Mi chiedo se questi siano "solo" degli stravolgimenti, di fatto ben descritti nell'art. 13 della n. 56, di ristrutturazione edilizia e di ristrutturazione urbanistica.
Vorrei che l'Assessore Carletto spiegasse la logica perseguita; è chiaro ed evidente che l'applicazione di questo articolo è molto pericolosa, non solo per Torino - come hanno richiamato i colleghi che mi hanno preceduto - ma anche per tutti Comuni di una certa importanza della Regione Piemonte.
Alle condizioni dettate dall'art. 13, praticamente si può fare di tutto, dalla ristrutturazione edilizia alla ristrutturazione urbanistica: tutti interventi contenuti nei punti dell'art. 13 della n. 56.
Non c'è dubbio che, come Verdi, voteremo contro l'art. 13, uno dei nodi fondamentali dell'intera legge. La nostra avversione all'intera legge è dovuta soprattutto alle opere di trasformazione di ampia entità, che possono essere attuate di fatto con la semplice adozione del Progetto preliminare di piano regolatore; su altre cose potremo anche discutere, ma questa ci sembra veramente una deregulation urbanistica.



PRESIDENTE

La parola al Consigliere Fiumara.



FIUMARA Francesco

Ritengo che le responsabilità della città di Torino debbano rimanere alla Città di Torino, ed anche che non ci sia incoerenza con la previsione dell'area metropolitana. A sentire i colleghi - e non per questo voglio considerare superficiali gli interventi del collega Chiezzi e di altri per un attimo mi è sembrato di aver sbagliato aula. Non possiamo sostituirci al Consiglio comunale di Torino né ai Consiglieri comunali di Torino; credo che noi dobbiamo avere, così come richiediamo per l'Ente Regione, rispetto per l'Ente Comune.
Nella discussione della legge, più e più volte è emerso questo aspetto: quando si parla dei Comuni sembra si parli di Enti inferiori. I colleghi Consiglieri comunali hanno stessa dignità di quelli regionali: non dobbiamo considerare, sempre e a tutti i costi, il Consiglio comunale come Ente inferiore.
Personalmente ho sempre difeso il concetto di autonomia soprattutto quando la Regione "punta i piedi"sulle leggi statali; lo stesso dobbiamo fare in questa occasione.
Credo che l'art. 13 sia coerente e condivisibile. Se vogliamo affrontare il discorso come alcuni colleghi hanno inteso fare, dovremmo legiferare in modo diverso: dovremmo impedire al Comune di Torino e agli altri Comuni dell'area metropolitana di redigere un Piano regolatore autonomamente; dovremmo però predisporre una legge. Oggi così non è, oggi ogni Comune può redigere un Piano regolatore.
Non credo, collega Segre, che l'art. 13 sia pericoloso: la deliberazione preliminare, che presenta tutti i sacri crismi, è adottata da un Consiglio comunale dopo un acceso dibattito come spesso avviene dopodiché non ci saranno grandi cose da consolidare, in quanto la deliberazione preliminare di fatto è il Piano regolatore: lo anticipa di qualche anno.
A questo riguardo, Assessore Carletto, ho una perplessità e un dubbio che spero lei mi vorrà chiarire, l'unico dubbio è in riferimento alle anticipazioni del progetto preliminare al Piano regolatore: poiché la legge prevede le pubblicazioni delle deliberazioni preliminari ed anche osservazioni di cittadini o Enti alla preliminare; se faccio un'anticipazione, come risponderà il Consiglio comunale alle osservazioni dei cittadini? Ho solo questo piccolissimo dubbio e sarò molto contento se mi sarà chiarito.



PRESIDENTE

La parola al Consigliere Majorino.



MAJORINO Gaetano

Nella sostanza, faccio mie le osservazioni precise e puntuali della collega Segre. Alle perplessità, per usare un eufemismo, della collega devo aggiungere la considerazione finale, in un certo senso buttata li ma a mio avviso di un certo peso, del collega Fiumara, il quale ha chiesto chiarimenti all'Assessore circa le osservazioni che verranno dalla collettività, dai cittadini nel medio tempo fra il Progetto preliminare e il piano regolatore. In sostanza, il Consigliere Fiumara ha chiesto a cosa servano tali osservazioni se a un certo punto abbiamo quella che il Consigliere Marchini ha chiamato con linguaggio curialesco ma esatto la provvisoria esecutorietà del Progetto preliminare. Ritengo questa un'osservazione di un certo peso.
Faccio mie le osservazioni enunciate dalla collega Segre: il progetto preliminare consente, secondo questa normativa, una serie di imponenti autorizzazioni e concessioni municipali; anch'io prescindo dalla città di Torino e rimango unicamente sul piano legislativo, non dimenticando che questa è una legge regionale che riguarda tutti i Comuni del Piemonte. Ma se la serie di consistenti e massicci interventi permangono, autorizzativi o concessivi che possano essere. è il caso di chiedersi a cosa servirà il Piano regolatore futuro, il quale si dovrà innestare sulla linea maestra (senza sposarlo integralmente e senza potersi affermare) del progetto preliminare.
Il nostro atteggiamento, sulla normativa non può che essere decisamente negativo. Siamo contro la possibilità di una esecuzione provvisoria del progetto preliminare. Secondo noi, ogni Comune che adotti il progetto preliminare, sapendo che lo stesso consente una serie di sostanziosi e grossi interventi, verrà a trovarsi nella situazione politico-psicologica di rimandare alle calende greche e sine die l'adozione del Piano regolatore, strumento giuridico istituzionale e politico più rilevante per disciplinare, per un numero cospicuo di lustri, l'urbanistica in quel determinato Comune.



PRESIDENTE

La parola all'Assessore Carletto.



CARLETTO Mario, Assessore regionale

Vorrei ringraziare la Presidente del Consiglio per aver deciso di scegliere sugli art. 13 e 14 una strada nuova e per certi versi originale rispetto a come si è svolto il dibattito sulla modifica alla legge n. 56: strada che condivido, in quanto molto produttiva.
La discussione sui singoli emendamenti sicuramente non avrebbe messo in luce i problemi intorno agli artt,13 e 14, come invece il dibattito sta facendo emergere.
Chiedo scusa alla Presidente per il tempo che porterò via, ma i temi sono così stimolanti ed importanti che non posso dare risposte evasive.
Nello sviluppare il mio ragionamento cercherò di essere il più conciso possibile.
Il dibattito ha fatto emergere problemi di fondo, che per la verità hanno subito ampliamenti su temi più ampi riguardanti la città metropolitana: temi che, sicuramente, interessano gli articoli in questione, ma che forse ci portano fuori dal cuore degli obiettivi che intendiamo perseguire con gli art. 13 e 14.
Le scelte che sta facendo il Comune di Torino le ho rilevate dai giornali, collega Cucco; io non sono in grado di fornire una relazione al Consiglio regionale sul PRG di Torino, perché non ne ho copia. Se lo si ritiene opportuno è giusto che se ne discuta, ma lo devono fare le forze politiche; la Giunta non intende, in questa fase, collocarsi sulle scelte che il Comune sta per compiere, scelte che noi non conosciamo e sulle quali, in questo momento, non abbiamo alcuna competenza.
Credo sia giusto mantenere il rispetto dei livelli istituzionali e delle competenze; altrimenti davvero provochiamo ed ingeneriamo una confusione superiore a quella che, per certi versi, già esiste.
Leggendo i giornali pare che il Consiglio comunale di Torino non abbia idee chiarissime su come attuare il PRG. Se ci intromettiamo con nostre opinioni, la situazione si complica: e quando questo succede sono dell'opinione che le complicazioni vadano a favore dei furbi e mai a favore di coloro che vogliono capire, per assumere atteggiamenti coerenti.
Suggerirei, quindi, di non complicare una vicenda che lo è già abbastanza.
Sulla vicenda "area metropolitana", c'è una proposta ed un ragionamento. La mia personale valutazione - ed è l'unica sul PRG di Torino è che le scelte che sta compiendo il Comune tengono conto di due elementi: il primo, già richiamato dal collega Chiezzi, è che il Piemonte non è più una regione Torino centrica, e questo più lo diciamo, più lo enfatizziamo come concetto e, tutto sommato, lo viviamo come fatto frustrante.
Il Piemonte non può e non deve più essere una regione Torino centrica e per contro non può neanche vivere, soffrendo, di una realtà come quella di Torino, capoluogo. Credo che il rapporto tra Torino e il resto del Piemonte debba essere equilibrato per consentire di cogliere tutte le opportunità offerte a Torino e al resto della regione. Quindi, le une non devono essere in contraddizione e in contrasto con le altre.
Quando ci sono delle opportunità e delle opzioni per Torino è giusto coglierle: quando ve ne sono - e sono molte - nel resto della regione occorre valorizzarle. Non mi piace incanalarmi nella polemica tra chi ritiene che Torino assorba più di quanto dovrebbe e chi sostiene che è giusto poiché Torino è città capoluogo: a Torino ci sono problemi dei quali, e innanzitutto, dobbiamo occuparci.
Come amministratori regionali dobbiamo occuparci di tutte le problematiche della Regione, attengano esse al capoluogo o al piccolo Comune di duecento abitanti, senza enfatizzare troppo né l'una, né l'altra tesi.
Torino sta facendo scelte sotto il milione di abitanti - leggo dai giornali - e questa scelta inevitabilmente richiederà un riequilibrio a livello d'individuazione di una Provincia Metropolitana, che sia coerente con tale scelta urbanistica, che mi pare corretta.
Torino - ed è questo il secondo ragionamento che voglio fare - non ha più spazi. La considerazione degli estensori del PRG di Torino, dopo aver esaminato la situazione, è che a Torino ci sono aree da recuperare, ma non ci sono aree nuove sulle quali intervenire. L'operazione che si tenta di fare con il PRG è di riqualificazione della città attraverso scelte urbanistiche che valorizzino e recuperino le aree dismesse. Cosi facendo non si penalizzano gli sazi pubblici - e per spazi pubblici intendo il verde e quant'altro; una razionale proposta urbanistica consente alla città di recuperare spazi importanti a quello che Chiezzi chiamava il tempo libero.
Non entro nel merito di scelte che non conosco e sulle quali non posso esprimere giudizi: complessivamente, per quanto emerge, le scelte fatte non mi sembrano in contraddizione tra loro, e soprattutto mi sembrano tali da consentire alla città di avere finalmente un PRG.
La Regione ha sempre detto - e perlomeno l'ho detto io da quando sono Assessore all'urbanistica -, che opererà nella direzione di chiedere a Torino di avere il PRG, ai sensi della legge n. 56. Questo è l'obiettivo che ci siamo posti e sul quale stiamo lavorando; vi assicuro che nel mio lavoro finora ho tentato di portare Torino a questo risultato, e in questo senso è stato letto il mio sforzo da molti amici Consiglieri comunali.
Quindi, se un'accusa può essere rivolta al sottoscritto, non è sicuramente di disattenzione alle vicende di Torino.
Sono attento nel rispetto delle funzioni istituzionali dei vari livelli, per evitare confusione, e rispettoso perché le scelte non sono ancora compiute: avendo la Regione la competenza di verificare le scelte successivamente è giusto che in questo sia prudente, e la prudenza ha caratterizzato il mio lavoro in questo anno.
Si è parlato solo di Torino: se i colleghi consentono, vorrei ricordare che l'art. 13 è stato pensato affinché tutti i Comuni del Piemonte fossero dotati il più rapidamente possibile del Piano regolatore ai sensi della legge n. 56. Questa è la scelta che ha guidato la stesura dell'articolo.
Come i colleghi avranno notato, nell'art. 13 c'è graduazione nei vari livelli di inadempienza, non siamo in condizione omogenea: una prima categoria di Comuni è assolutamente sprovvista di strumento urbanistico una seconda categoria è provvista di strumenti urbanistici ante '68, quindi non coerenti al D.M. 24/68: una terza categoria, quella alla quale appartiene il Comune di Torino, ha strumenti urbanistici adeguati al D.M.
24/68; infine, abbiamo un pacchetto di Comuni con un programma di fabbricazione post D.M, n. 24/68.
Non possiamo dunque affrontare il tema dell'inadempienza ragionando su una delle quattro fattispecie; ne abbiamo quattro e su queste quattro siamo intervenuti con normative precise, che sostanzialmente graduano l'intervento regionale relativamente a queste inadempienze, con l'intenzione di dare un segnale forte ai Comuni: la Regione chiede che si arrivi ad avere, tutti, il Piano regolatore ai sensi della n. 56.
Vari commi graduano il problema; ritengo, fra l'altro, che gli stessi siano tra loro coerenti perché pongono limitazioni e, man mano che si procede, vincoli ai Comuni che non hanno fatto proseguire l'iter dei loro strumenti urbanistici. Credo che questo debba essere ricordato complessivamente, senza limitarsi alla fattispecie di Torino: nella stessa condizione ci sono Comuni quali Beinasco, Cambiano, Carmagnola, Gassino Pinerolo, Asti, Valenza, Tortona, Arona, Saluzzo.
Ritengo riduttivo parlare dell'art. 13 riferendosi solo a Torino: parliamo del complesso dei problemi. I vari commi graduano gli interventi regionali rispetto alle varie fattispecie in cui si trovano i singoli Comuni; se però vogliamo parlare della fattispecie cui appartiene il Comune di Torino, parliamone.
Credo, colleghi, che debba essere ribaltato il concetto emerso in parte nel dibattito e portato avanti dal Consigliere Chiezzi e qualche altro collega; con l'art. 13 non consentiamo alla città di Torino anticipazioni che le permettano "di portarsi a casa" un risultato: non è così. Al Comune di Torino, come ad altri Comuni, attualmente non sono vietate varianti allo strumento urbanistico vigente; non si capisce il motivo per cui la Regione se la variante è coerente con la legge n.56, non la debba approvare - così come ha approvato 50 varianti al Comune di Torino dal 1977 ad oggi -. Non si capisce perché il Comune di Torino e altri della stessa fattispecie non possano proseguire la strada intrapresa dal 1977 in avanti, ovvero di proporre continue varianti, che la Regione ha il dovere di esaminare; la legge n. 56 non dice nulla rispetto a questo.
In questo senso abbiamo però informato i Comuni appartenenti a questa categoria, e quindi il Comune di Torino, che sul fatto proporre varianti al vigente strumento urbanistico può comportare due cose.
Le varianti debbono essere coerenti con il progetto preliminare di Piano regolatore adottato dal Consiglio Comunale. Cosa chiediamo quindi ai Comuni ai quali consentiamo di fare ancora varianti? Di farle non solo sulla base del vecchio strumento urbanistico, ma coerentemente con il processo di nuova programmazione urbanistica che quel Comune ha in atto avendo adottato il progetto preliminare di Piano regolatore. Quindi sostanzialmente, non poniamo un vincolo, ma richiediamo coerenza della variante in anticipazione con il Piano regolatore che sta facendo.
Mi pare atto assolutamente positivo, nel momento in cui richiamiamo nella legge l'esigenza che la Regione abbia un certo ruolo ovvero quello dell'imposizione attraverso l'art. 13 della coerenza di cui sopra, coerenza che nel testo attuale della legge non è richiesta. Il Comune di Torino senza l'art. 13, è nella condizione di proporre una o più varianti senza che queste siano coerenti con il suo Piano regolatore.
Ma c'è un secondo vincolo: cosa succede dopo due anni dall'approvazione della legge? Noi abbiamo definito che i Comuni, dopo due anni dall'entrata in vigore della presente legge, qualora non abbiano trasmesso alla Regione il Piano regolatore definitivo, possono solo più rilasciare concessioni per effetto delle lettere a), b), c), d), e) - e quindi fino alla ristrutturazione urbanistica-, scelta riduttiva rispetto a quanto Comuni possono fare attualmente.
Gli amici del Gruppo Verde disquisiscono su tale scelta; non so se qualche altro collega abbia rilevato le stesse questioni che ho colto nell'intervento della collega Segre, la quale sostiene sia eccessivo consentire il rilascio delle concessioni di cui sopra. Può essere una tesi non mi scandalizzerei se il Consiglio regionale ritenesse che, scaduti i due anni, i Comuni inadempienti possano operare solo fino al punto d) eliminando il punto e): lo vedremo nel corso degli emendamenti.
Questo è un altro elemento di grande novità, è il segnale che intendiamo dare ai Comuni: entro due anni devono inviare alla Regione il Piano regolatore definitivo. Il rischio esistente, che qualcuno paventava è che i Comuni realizzino anticipazioni, che peraltro devono seguire prescrizioni (che ritengo abbastanza precise: non sono anticipazioni e basta, hanno una caratterizzazione precisa di interventi di rilievo urbano), senza mai arrivare ad inviare alla Regione Piano regolatore definitivo. E' per questo motivo che abbiamo introdotto lo sbarramento dei due anni.
Sono novità che devono essere richiamate in quest'aula: se non richiamiamo l'art. 13 per le sue scelte e per i suoi obiettivi confrontandolo con il testo della legge urbanistica vigente e se non rapportiamo ciò che succederà dopo che questo articolo sarà approvato dal Consiglio rispetto a ciò che oggi possono fare i Comuni, abbiamo una visione distorta dei fenomeni, che toccano molti Comuni e non solo la città di Torino.
Richiamo l'attenzione del Consiglio regionale sul fatto che l'art. 13 pone limitazioni e condizioni all'operare dei Comuni, nell'ambito dell'esercizio di quel ruolo che il collega Monticelli ed altri hanno richiesto da parte della Regione, ruolo che mi pare venga esercitato attraverso le scelte compiute con questo art. 13. Vorrei che i colleghi leggessero questo articolo per come è scritto e che lo esaminassero alla luce di quanto prevede oggi la legge n. 56. Se vogliamo che i Comuni del Piemonte arrivino tutti ad avere il Piano regolatore ai sensi della legge n. 56 credo che l'unica strada possibile sia questa.
Per quanto riguarda l'art. 14, qualcuno ha paventato il rischio che l'articolo, così come è stato formulato in sede di Commissione, consenta ai Comuni di attuare varianti non appena approvate in Consiglio comunale senza che la Regione eserciti il suo diritto-dovere di controllo e di verifica.
Devo in proposito ricordare ai colleghi che la Giunta ha presentato un emendamento all'art. 14 che prevede che la Regione abbia 120 giorni di tempo per esaminare tali varianti (dopodiché i Comuni le potranno attuare).
La Giunta si è fatta carico di questa preoccupazione, definendo un termine durante il quale i Comuni non possono attuare le varianti e la Regione può esercitare il suo diritto-dovere di controllo; trascorsi i 120 giorni i Comuni possono procedere all'attuazione. Mi pare quindi che le preoccupazioni emerse nel dibattito vengano a cadere.
Qualcuno si è domandato se la Regione riuscirà in 120 giorni ad esaminare le varianti: la Regione ha il dovere di organizzare il proprio lavoro per riuscire a dare entro 120 giorni un giudizio sulle varianti che i Comuni proporranno. Il mio Assessorato si organizzerà per essere in grado entro 120 giorni di assumersi la responsabilità di approvare o respingere con osservazioni queste varianti.
Pertanto ritengo, colleghi, che lo scenario che si va definendo con gli artt. 13 e 14 sia uno scenario che consente alla Regione di esercitare un ruolo maggiore rispetto a quanto consente oggi la legge n. 56; In secondo luogo; l'art. 13 consente alla Regione di imporre ai Comuni coerenza fra varianti proposte e lavoro svolto nella riorganizzazione del proprio territorio. Elimina inoltre la possibilità che i Comuni propongano varianti non coerenti con la programmazione urbanistica contenuta nel Piano regolatore in itinere. Mi sembra che questo non significhi abbandonare il ruolo della Regione; ritengo che tali scelte per certi versi consentano maggiore snellezza e maggiore autonomia ai Comuni, ma per altri determinano una condizione di verifica e di controllo da parte della Regione che in passato - se mi consentite - col vecchio testo non era prevista, e che noi abbiamo introdotto proprio con l'obiettivo che tutti i Comuni del Piemonte predispongano un Piano regolatore ai sensi della legge n. 56, possibilmente in tempi certi e definiti, introducendo condizioni di limite e di vincolo a quei Comuni che li rispettano.
Questo processo può essere condiviso o meno; sugli strumenti adottati posso anche capire che si possa non essere d'accordo, ma sugli obiettivi mi sembra strano che il Consiglio regionale possa non concordare.



PRESIDENTE

Passiamo pertanto alla votazione degli emendamenti all'art. 13 che sono stati discussi complessivamente.
ART. 13 134) Emendamento presentato dal Consigliere Marchini: L'art. 13 è abrogato.
Il Consigliere Marchini lo ritira.
135) Emendamento presentato dai Consiglieri Chiezzi e Miglio: All'art. 13, primo comma dopo i due punti, terzo capoverso, la scritturazione "d)" è soppressa.
Pongo pertanto in votazione l'emendamento n. 135) presentato dai Consiglieri Chiezzi e Miglio, non accolto dalla Giunta.
Chi è favorevole è pregato di alzare la mano.
E respinto con 11 voti favorevoli e 18 contrari.
136) Emendamento presentato dal Consigliere Chiezzi e Miglio: All'art. 13, primo comma, dopo i due punti, al quarto capoverso sono soppresse le parole da "I Comuni dotati di Piano Regolatore approvato in data" sino al punto.
Pongo ora in votazione l'emendamento n. 136) presentato dai Consiglieri Chiezzi e Miglio, anch'esso non accolto dalla Giunta.
Chi è favorevole è pregato di alzare la mano.
E respinto con 13 voti favorevoli, 19 contrari e 1 astensione.
137) Emendamento presentato dal Consigliere Marchini: All'art. 13 che sostituisce i primi tre commi dell'art. 83) della LR n.
56/77 e s.m, ed i., è apportata la seguente modifica al terzo comma dell'art. 83 tra le parole "dopo" e "anni" sostituire la parola "due" con la parola "tre".
Il Consigliere Marchini ritira l'emendamento n. 137).
138) Emendamento presentato dai Consiglieri Chiezzi e Miglio: All'art. 13, primo comma dopo i due punti all'ultimo capoverso sostituire le parole "due anni"con le parole "un anno". Pongo in votazione tale emendamento.
Chi è favorevole è pregato di alzare la mano.
E' respinto con 14 voti favorevoli, 20 contrari e 1 astensione.
139) Emendamento presentato dai Consiglieri Rivalta, Bresso e Buzio: Al primo comma, quarto capoverso, dopo le parole "di cui alle lettere a), b) e c)", sopprimere "d".
Pongo in votazione l'emendamento n. 139).
Chi è favorevole è pregato di alzare la mano.
E' respinto con 14 voti favorevoli, 21 contrari e 1 astensione.
140) Emendamento presentato dai Consiglieri Chiezzi e Miglio: All'art. 13, primo comma dopo i due punti all'ultimo capoverso è soppressa la scritturazione "e)".
Pongo in votazione l'emendamento n. 140).
Chi è favorevole è pregato di alzare la mano.
E' approvato con 36 voti favorevoli.
140/A) Emendamento presentato dalla Giunta regionale: Alla fin dell'art. 13 del disegno di legge n. 98, il punto è soppresso e sono aggiunte le parole "o edilizia residenziale pubblica".
Pongo in votazione l'emendamento n. 140/A.
Chi è favorevole è pregato di alzare la mano.
E' approvato con 23 voti favorevoli e 12 astensioni.
140 bis) Emendamento presentato dal Consigliere Marchini: L'emendamento sostitutivo all'art. 13 è riformulato come emendamento integrativo in questi termini: Di seguito all'art. 83 della LR n. 56/77 e s.m, ed i., è aggiunto il seguente comma "Il termine di cui al comma precedente può essere, su motivata richiesta dei Comuni stessi e con provvedimento motivato dalla Giunta regionale, sentita la competente Commissione consiliare, prorogato sino ad anni tre".
La parola al Consigliere Marchini che lo illustra.



MARCHINI Sergio

Intendo illustrare l'emendamento presentato anche perché vorrei chiarire che la riformulazione è conseguenza dell'emendamento proposto dalla Giunta all'art. 1. Ridurre i termini reali della provvisoria esecutorietà porta a rendere opportuna l'estensione dell'ipotesi di proroga non solo ai Comuni capoluoghi di provincia che, si ritiene abbiano più problemi di approvazione. Quindi, la riformulazione generalizzata nei confronti dei Comuni si giustifica con la presentazione dell'emendamento da parte della Giunta.
A giustificazione del mio intervento, signor Presidente e colleghi pongo un elemento che, per essere scritto dal sottoscritto, può creare problemi; il fatto cioè che la proroga sia concessa "sentita la Commissione consiliare".
Come sapete, sono tra quanti hanno sempre ritenuto che la Commissione consiliare non dovesse essere investita di atti amministrativi di competenza dell'esecutivo: qui però si tratta di un'applicazione in deroga della legge. Non ci sono elementi di merito, non è atto di governo, è un'applicazione straordinaria della legge, una deroga all'applicazione della legge. Mi pare quindi che il soggetto coinvolto in linea prioritaria debba essere quello legislativo, che deve valutare se è opportuno o meno applicare una norma eccezionale di legge a seconda della circostanza.
Spero di non essere stato troppo barocco, ma di aver fatto capire che non si interviene in un atto di governo: è la Giunta che interviene in un momento legislativo.



PRESIDENTE

La parola all'Assessore Carletto.



CARLETTO Mario, Assessore regionale

La Giunta accoglie l'emendamento.



PRESIDENTE

Pongo pertanto in votazione l'emendamento n. 140 bis) presentato dal Consigliere Marchini.
Chi è favorevole è pregato di alzare la mano.
E' approvato con 22 voti favorevoli, 9 contrari e 5 astensioni.
Si proceda quindi alla votazione per appello nominale dell'art. 13 nel testo emendato.
L'esito della votazione è il seguente: presenti e votanti 39 hanno risposto SI 24 Consiglieri hanno risposto NO 15 Consiglieri L'art. 13 è approvato.
ART. 14 141) Emendamento presentato dai Consiglieri Chiezzi, Miglio e Segre: L'art. 14 del disegno di legge n. 98, che sostituisce il quinto comma dell'art. 85 della LR n. 56/77 e s.m, ed i., è interamente soppresso.
Pongo in votazione l'emendamento n. 141).
Chi è favorevole è pregato di alzare la mano.
L'emendamento è respinto con 6 voti favorevoli, 21 contrari e 4 astensioni.
142) Emendamento presentato dai Consiglieri Chiezzi, Miglio e Segre: L'art. 14 del disegno di legge n. 98, che sostituisce il quinto comma dell'art. 85 della LR n. 56/77 e s.m, ed i., è interamente soppresso e così sostituito: "11 quinto comma dell'art. 85, della LR n. 56/77 e s.m, ed i.
è interamente soppresso".
L'emendamento è ritirato dai proponenti.
142 bis) Emendamento presentato dalla Giunta regionale: L'art. 14 è sostituito dal seguente: Il quinto comma dell'art. 85 della LR n. 56/77 e successive modificazioni, è così sostituito: "Decorsi 120 giorni dalla data di trasmissione alla Regione dei Piani Regolatori Generali e delle loro revisioni e varianti; adottati ai sensi del titolo terzo della presente legge, senza che sia intervenuta l'approvazione o la restituzione per rielaborazione totale o parziale, sono consentiti gli interventi di cui alle lettere a), b), c)e d) dell'art. 13 nonché alla lettera f) dello stesso articolo in aree dotate di opere di urbanizzazione primaria collegate funzionalmente con quelle comunali, come definite dall'art. 91 quinquies, primo comma, lettera b) per destinazioni anche non residenziali, nel rispetto delle previsioni dello strumento urbanistico generale adottato, ancorché in contrasto con quelle dello strumento urbanistico approvato".
Pongo in votazione l'emendamento n. 142 bis) presentato dalla Giunta regionale.
Chi è favorevole è pregato di alzare la mano.
L'emendamento è approvato con 21 voti favorevoli e 10 contrari.
143) Emendamento presentato dai Consiglieri Chiezzi, Miglio e Segre: All'art. 14 del disegno di legge n. 98, che sostituisce il quinto comma dell'art. 85 della LR n. 56/77 e s.m, ed i., sono apportate le seguenti modificazioni: al quinto comma dell'art. 85, le parole "e delle varianti e loro revisioni" sono soppresse.
Pongo in votazione l'emendamento n. 143).
Chi è favorevole è pregato di alzare la mano.
L'emendamento è respinto con 11 voti favorevoli, 23 contrari e 1 astensione.
144) Emendamento presentato dai Consiglieri Bresso, Rivalta e Buzio: Al primo comma, primo capoverso, dopo le parole "dalla data di trasmissione alla Regione dei Piani Regolatori Generali" cancellare le parole "e delle loro revisioni e varianti".
Pongo in votazione l'emendamento n. 144).
Chi è favorevole è pregato di alzare la mano.
E' respinto con 9 voti favorevoli, 21 contrari e 1 astensione.
145) Emendamento presentato dai Consiglieri Bresso, Rivalta e Buzio: Al primo comma, primo capoverso, dopo le parole "di cui alle lettere a), b), c), " sopprimere "d".
Pongo in votazione l'emendamento n. 145).
Chi è favorevole è pregato di alzare la mano.
E' respinto con 9 voti favorevoli, 21 contrari e 1 astensione.
146) Emendamento presentato dai Consiglieri Bresso, Rivalta e Buzio: Al primo comma, primo capoverso, dopo le parole "dell'art.13," sopprimere le parole "nonché alla lettera f) dello stesso articolo".
Pongo in votazione l'emendamento n. 146).
Chi è favorevole è pregato di alzare la mano.
L'emendamento è respinto con 9 voti favorevoli, 21 contrari e 1 astensione.
147) Emendamento presentato dai Consiglieri Chiezzi e Miglio: All'art.14, primo comma, dopo i due punti le parole "dello strumento urbanistico generale adottato" sono sostituite con le parole: "del Piano Regolatore Generale adottato".
Pongo in votazione l'emendamento n. 147).
Chi è favorevole è pregato di alzare la mano.
L'emendamento è respinto con 8 voti favorevoli, 20 contrari e 1 astensione.
148) Emendamento presentato dai Consiglieri Chiezzi e Miglio: All'art. 14 al fondo sono soppresse le parole "ancorché in contrasto con quelle dello strumento urbanistico approvato".
Pongo in votazione l'emendamento n. 148).
Chi è favorevole è pregato di alzare la mano.
L'emendamento è respinto con 8 voti favorevoli, 20 contrari e 1 astensione.
149) Emendamento presentato dai Consiglieri Chiezzi, Miglio e Segre: All'art. 14 del disegno di legge n. 98, che sostituisce il quinto comma dell'art. 85 della LR n. 56/77 e s.m, ed i., sono apportate le seguenti modificazioni: al quinto comma dell'art. 85, le parole "ancorché in contrasto con quelle dello strumento urbanistico approvato" sono soppresse e così sostituite: "se non in contrasto con gli strumenti urbanistici vigenti".
Pongo in votazione l'emendamento n.. 149).
Chi è favorevole è pregato di alzare la mano.
E' respinto con 8 voti favorevoli, 20 contrari e 1 astensione.
150) Emendamento presentato dai Consiglieri Rivalta, Bresso e Buzio: Al primo comma, primo capoverso, aggiungere: "Gli interventi di cui ai punti d) e f) sono consentiti solo su esplicito assenso della Giunta regionale che può esprimersi su questo punto, anche precedentemente all'approvazione dello strumento urbanistico".
Pongo in votazione l'emendamento n. 150).
Chi è favorevole è pregato di alzare la mano.
L'emendamento è respinto con 8 voti favorevoli, 20 contrari e 1 astensione.
Si proceda ora alla votazione per appello nominale dell'art. 14 nel testo emendato.
L'esito della votazione è il seguente: presenti e votanti 34 hanno risposto SI 24 Consiglieri hanno risposto NO 10 Consiglieri L'art. 14 è approvato.
ART. 15 - Si proceda alla votazione per appello nominale.
L'esito della votazione è il seguente: presenti e votanti 34 hanno risposto SI 24 Consiglieri hanno risposto NO 10 Consiglieri L'art. 15 è approvato.
150 bis) Emendamento presentato dalla Giunta regionale: Al disegno, di legge n. 98 è aggiunto il seguente nuovo art. 15 bis: "Alla LR n. 65/77 e s.m, ed i., è aggiunto dopo l'art. 91 septies il seguente articolo: ART. 91 (octies) - Eliminazione delle barriere architettoniche.
L'eliminazione delle barriere architettoniche rientra tra le finalità della presente legge.
La Giunta regionale accerta che le disposizioni contenute nei Regolamenti Edilizi, Piani Regolatori o loro varianti, sottoposti ad approvazione regionale ai sensi degli articoli precedenti, rispondano alla finalità dell'eliminazione delle barriere architettoniche e adotta i provvedimenti necessari per garantire il rispetto della normativa vigente in materia.
I Sindaci, nella realizzazione di opere e infrastrutture pubbliche oltre che nei rilascio delle concessioni e autorizzazioni edilizie accertano che sia garantito il rispetto e l'osservanza, della normativa vigente sull'eliminazione delle barriere architettoniche".
Pongo in votazione l'emendamento n. 150 bis presentato dalla Giunta regionale.
Chi è favorevole è pregato di alzare la mano.
E' approvato con 34 voti favorevoli.
Si proceda alla votazione per appello nominale dell'art. 15 bis.
L'esito della votazione è il seguente: presenti e votanti 34 hanno risposto SI 34 Consiglieri.
L'art. 15 bis è approvato.
150 ter) Emendamento presentato dai Consiglieri Maggiorotti e Chiezzi: Al disegno di legge n. 98 è aggiunto il seguente art.15 ter: "Con riferimento all'art. 51, lettera m), della legge regionale 5/12/1977 n. 56 e successive modificazioni ed integrazioni, all'interno del fondo speciale per le opere di urbanizzazione, di cui all'art. 12 della legge 28/ 1 / 1977 n.10, è annualmente riservata ed eventualmente accantonata dai Comuni una quota dei proventi derivanti dagli oneri per opere di urbaniz-zazione secondaria per gli interventi relativi alla categoria di opere concernenti la eliminazione delle barriere architettoniche di cui al DPR n. 384/78 legge 9/1/ 1989 n. 13 e DM LL.PP, n. 236/89".
La parola all'Assessore Carletto.



CARLETTO Mario, Assessore regionale

Su tale questione abbiamo il precedente del Politecnico, che noi non abbiamo accolto. Tu fai riferimento alla legge sulle chiese. C'è una legge specifica. Ho visto che alcuni colleghi, appartenenti a tutti i Gruppi hanno presentato un disegno di legge riferito all'abbattimento delle barriere architettoniche, rilevando il denaro necessario da un mio capitolo di spesa dell'Assessorato all'urbanistica, in questo senso, il Presidente è al corrente che dovrà rimpinguare il capitolo stesso.
Il disegno di legge verrà discusso in Commissione, quando sarà inserito all'o.d.g.: naturalmente, se il Presidente lo riterrà opportuno, interverr a nome della Giunta: in tale sede valuteremo i finanziamenti.



PRESIDENTE

Dire che il Consiglio ratifica, significa dire che l'abbiamo messo a verbale. Quindi, è ritirato.
ART. 16 151) Emendamento presentato dai Consiglieri Chiezzi, Miglio e Segre: All'art. 16 del disegno di legge n. 98, sono apportate le seguenti modificazioni: il primo comma è interamente soppresso.
L'emendamento n. 151) è stato ritirato dai proponenti.
152) Emendamento presentato dai Consiglieri Chiezzi e Miglio: "All'art. 16 il comma 2 è soppresso." La parola all'Assessore Carletto.



CARLETTO Mario, Assessore regionale

La Giunta non accoglie.



PRESIDENTE

Pongo in votazione l'emendamento n. 152).
Chi è favorevole è pregato di alzare la mano L'emendamento è respinto con 5 voti favorevoli, 20 contrari e 2 astensioni.
153) Emendamento presentato dai Consiglieri Chiezzi, Miglio e Segre: All'art. 16 del disegno di legge n. 98, sono apportate le seguenti modificazioni: il secondo comma è interamente soppresso.
L'emendamento n. 153) presentato è ritirato dai proponenti.
154) Emendamento presentato dai Consiglieri Chiezzi, Miglio e Segre: All'art. 16 del disegno di legge n. 98 sono apportate le seguenti modificazioni: il terzo comma è interamente soppresso.
La parola all'Assessore Carletto.



CARLETTO Mario, Assessore regionale

La Giunta non accoglie.



PRESIDENTE

Pongo in votazione l'emendamento n. 154).
Chi è favorevole è pregato di alzare la mano.
L'emendamento è respinto con 6 voti favorevoli, 19 contrarie 1 astensione.
155) Emendamento presentato dai Consiglieri Chiezzi, Miglio e Segre: All'art, n. 16 del disegno di legge n. 98 sono apportate le seguenti modificazioni: dopo il quinto comma aggiungere il seguente sesto comma: "6. Fino alla precisazione, negli statuti e regolamenti comunali, dei soggetti a cui avviare la deliberazione programmatica di cui al secondo comma dell'articolo 15 della LR n. 56/77 e s.m, ed i., la delibera programmatica sopra citata viene inviata, dai Comune, alle organizzazioni sociali ed economiche maggiormente rappresentative presenti sul territorio ai fini dell'attuazione dell'articolo 1, punto 8, della LR n. 56177 e s.m ed i. ".
La parola all'Assessore Carletto.



CARLETTO Mario, Assessore regionale

La Giunta non accoglie.



PRESIDENTE

Pongo in votazione l'emendamento n. 155).
Chi è favorevole è pregato di alzare la mano.
L'emendamento è respinto con 6 voti favorevoli, 19 contrari e 1 astensione.
155 bis) Emendamento presentato dalla Giunta regionale: All'art. 16, dopo il quinto comma è aggiunto il sesto comma: "Ai Piani Regolatori Generali e loro revisioni e varianti, già trasmessi in Regione al momento dell'entrata, in vigore delta presente legge, le disposizioni di cui al quinto comma dell'art: 85, si applicano decorsi 120 giorni dall'entrata in vigore della presente legge senza che sia intervenuta l'approvazione o la restituzione per rielaborazione totale o parziale degli stessi".
Pongo in votazione l'emendamento n. 155).
Chi è favorevole è pregato di alzare la mano.
L'emendamento è approvato con 19 voti favorevoli e 7 astensioni.
155 ter) Emendamento presentato dalla Giunta regionale: All'art. 16 del disegno di legge n. 98, per coordinamento del testo della legge n. 56 del 1977 e successive modificazioni ed integrazioni con le leggi regionali 30 aprile 1985, n. 57 e 29 gennaio 1986, n. 9, che dispongono in materia di riordino di compiti attribuiti ai soppressi Comprensori, è aggiunto il seguente comma: "7. Alla legge regionale 5 dicembre 1977, n. 56 e sue successive modificazioni ed integrazioni, sono apportate le seguenti ulteriori modifiche: All'art. 9, primo comma, sono soppresse le parole: 'e dei Comitati Comprensoriali'.
All'art. 15, diciottesimo comma, sono soppresse le parole: 'del Comprensorio'.
All'art. 16, ottavo comma, sono soppresse le parole: 'e al Comprensorio'.
All'art 16, decimo comma, sono soppresse le parole: 'nonché presso la sede del Comprensorio'. All'art. 29, secondo comma, sono soppresse le parole: 'sottoposta al parere del Comitato comprensoriale, che si esprime motivamente entro 30 giorni' e sostituire con le seguenti: 'motivata con l'adozione di idonei elaborati tecnici contenenti i risultati delle necessarie indagini morfologiche ed idrogeologiche'.
All'art. 37 bis sono soppresse: ai primo comma le parole: 'e dei bilanci consolidati dei Comprensori,' e al sesto comma le parole: 'al Comprensorio e'.
All'art. 40, primo comma, sono soppresse le parole da: "Il piano particolareggiato è inoltrato', fino ad 'avvenuto deposito' All'art. 40, sesto comma, sono soppresse le parole da: 'Il Piano particolareggiato e la variante al PRG' fino a 'deliberazione di variante al Piano Regolatore' e sostituire con le seguenti:'Il Piano, eventualmente modificato dalla deliberazione con la quale si controdeduce alle osservazioni, viene inviato dal Comune alla Regione unitamente alla deliberazione di variante al Piano Regolatore'.
All'art 40, settimo comma, sono soppresse le parole: 'ed alle proposte del Compitato comprensoriale' All'art. 40, ottavo comma, sono soppresse le parole: 'sentito il Comitato comprensoriale'.
All'art. 41 bis, sesto comma, sono soppresse le parole: 'al Comitato comprensoriale ed'.
All'art. 43, terzo comma, sono soppresse le parole: 'ed inviati al Comitato comprensoriale'.
All'art. 44, terzo comma, sono soppresse le parole: 'sentito il Comitato comprensoriale'.
All'art. 49, quindicesimo comma, sono soppresse le parole: 'sentito il Comitato comprensoriale'.
All'art. 69, lettera e) le parole: 'del Comitato comprensoriale', sono sostituite con le parole: 'della Giunta regionale,'.
All'art. 85, primo comma lettera C (3), sono soppresse le parole: 'è rilasciata con le procedure e nei limiti temporali di cui all'art. 88 e'".
Pongo in votazione l'emendamento n.155 ter presentato dalla Giunta regionale.
Chi è favorevole è pregato di alzare la mano.
L'emendamento n. 155 ter) è approvato con 27 voti favorevoli.
156) Emendamento presentato dai Consiglieri Majorino e Zacchera: All'art. 16 bis "Entro 120 giorni dall'entrata in vigore della presente legge, la Giunta regionale predispone una deliberazione, da sottoporsi ad approvazione del Consiglio, diretta alla costituzione di strumenti di assistenza tecnica ai Comuni, per gli interventi ed i provvedimenti amministrativi di loro competenza concernenti la materia disciplinata dalla presente legge".
La parola al Consigliere Majorino per l'illustrazione.



MAJORINO Gaetano

Più che illustrare l'emendamento, lo leggerò. La proposta mia e del collega Zacchera è in questo senso: "Entro 120 giorni dall'entrata in vigore della presente legge, la Giunta regionale predispone una deliberazione, da sottoporsi ad approvazione del Consiglio, diretta alla costituzione di strumenti di assistenza tecnica ai Comuni, per gli interventi ed i provvedimenti amministrativi di loro competenza concernenti la materia disciplinata dalla presente legge. " Con questa formulazione ho recuperato un dispositivo di legge contenuto nell'originaria legge n. 56 e abrogato nel 1984 in sede di revisione, del quale, rileggendo i verbali, non ne ho comunque ritrovato la motivazione. Mi pare di dover riproporre tale dispositivo in quanto richiedere la costituzione di strumenti di assistenza tecnica ai Comuni per i provvedimenti amministrativi di qualunque tipo che dovranno emanare, mi pare cosa opportuna, che risponde alle numerose domande poste nel corso delle consultazioni del lontano 1984 da numerosi amministratori e segretari comunali di piccoli centri.
Mi sembra molto opportuno questo emendamento - o per meglio dire questo articolo diretto ad istituire un ufficio di assistenza tecnica.
Spero che la Giunta si pronunci sul motivo per cui aderisce o meno alla mia proposta.



PRESIDENTE

La parola all'Assessore Carletto.



CARLETTO Mario, Assessore regionale

La Giunta è totalmente d'accordo con i colleghi Majorino e Zacchera sulla necessità che la Regione svolga funzione di assistenza nei confronti dei Comuni per quanto riguarda gli aspetti tecnici ed amministrativi.
Quindi, sul merito del problema posto, la Giunta è d'accordo: ed è talmente d'accordo che, nell'ultimo anno, ha accentuato il ruolo dei servizi territoriali, proprio da questo punto di vista.
L'organizzazione del nostro Assessorato è tale che sul territorio ci sono servizi regionali in ogni sede di Provincia, di Province istituende.
Questi nostri servizi, che hanno un responsabile di nona qualifica (quindi un dirigente di prima qualifica dirigenziale) hanno - ripeto: anche attraverso un impegno maggiore della Giunta da questo punto di vista e quindi con maggiore incisività - tra le loro funzioni e compiti quello di assisterei Comuni per tutti gli aspetti tecnico-urbanistici ed amministrativi.
Rispondo quindi ai colleghi Majorino e Zacchera in modo assolutamente positivo, chiedendo loro di consentire che lo strumento sia quello previsto dalla nostra legge di organizzazione, cioè dai servizi territoriali dell'Assessorato all'urbanistica che già svolgono queste funzioni.



MAJORINO Gaetano

Quindi sono già previsti per legge regionale.



CARLETTO Mario, Assessore regionale

Sì. La legge di organizzazione regionale, è esplicitata con il mansionario "compiti e funzioni" ove si prevede l'assistenza ai Comuni.
Probabilmente questo lavoro non è sempre stato svolto con attenzione ma questo non è dovuto ad una disposizione di legge, è una questione di impegno: oggi c'è l'impegno a svolgere tali funzioni.



MAJORINO Gaetano

Ritiro l'emendamento.



PRESIDENTE

Si proceda pertanto alla votazione per appello nominale dell'art. 16 nel testo modificato.
L'esito della votazione è il seguente: presenti e votanti 34 hanno risposto SI 24 Consiglieri hanno risposto NO 10 Consiglieri L'art. 16 è approvato.
Comunico che la parte delle modifiche della legge n. 56 è conclusa poiché non ci sono i Consiglieri Rivalta e Bresso, abbiamo assunto con il PDS l'impegno di svolgere le dichiarazioni di voto il prossimo martedì mattina.


Argomento:

Proseguimento esame progetto di legge n. 98: "Modifica alla legge regionale 5 dicembre 1977, n. 56"

Argomento:

Nomine


PRESIDENTE

Il, punto 21) all'o.d.g. reca: "Nomine".
Si distribuiscano le schede per la seguente nomina:


Argomento: Nomine

- Commissione per le attività di orientamento musicale (art. 2, LR n. 49/91). Nomina di 3 esperti.


PRESIDENTE

E' stato svolto lo scrutinio delle schede. Proclamo eletti i signori Sergio Pochettino, Antonio Tatone e Maria Floriana Valassina. Quest'ultima designata ai sensi dell'ultimo comma dell'art. 8 della LR n. 10/85 del Regolamento.


Argomento:

Annunzio interrogazioni, interpellanze, mozioni e ordini del giorno


PRESIDENTE

I testi delle interrogazioni, interpellanze, mozioni e ordini del giorno pervenute all'Ufficio di Presidenza del Consiglio regionale verranno allegati al processo verbale dell'adunanza in corso.
La seduta è tolta.



(La seduta ha termine alle ore 18,45)



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