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Dettaglio seduta n.103 del 05/11/91 - Legislatura n. V - Sedute dal 6 maggio 1990 al 22 aprile 1995

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Argomento:


PRESIDENZA DEL PRESIDENTE SPAGNUOLO



PRESIDENTE

La seduta è aperta.
Proseguiamo l'esame del progetto-di legge n. 98, di cui al punto 3) all'o.d.g.
ART. 4 57) Emendamento presentato dagli Assessori Vetrino e Carletto: Al primo capoverso, dopo i due punti dell'art. 4, dopo le parole "cinquanta per cento", sono inserite di seguito le seguenti frasi: "Per gli insediamenti commerciali al dettaglio la cui superficie di vendita sia superiore ai limiti stabiliti dagli artt. 26 e 27 della legge 11 giugno 1971, n. 426, soggetti a nullaosta regionale per le grandi strutture di vendita, devono anche essere osservati gli standard relativi alla dotazione di parcheggi previsti dalle Indicazioni Programmatiche e di Urbanistica Commerciale, ai sensi dell'art. 30 del DM 4 agosto 1988, n. 375, ed integrate dei contenuti urbanistici previsti dalla presente legge; nei casi di interventi all'interno dei centri storici, individuati conformemente a quanto disposto dall'art. 24 punto 1), la dotazione di parcheggi pubblici è stabilita nella misura dell'ottanta per cento degli standard previsti nelle anzidette Indicazioni Programmatiche e di Urbanistica Commerciale".
La parola all'Assessore Vetrino per l'illustrazione.



VETRINO Bianca, Assessore al commercio

Prima ancora di entrare nel merito dei due emendamenti che ho presentato insieme all'Assessore Carletto, ritengo opportuno parlare del metodo perché ci sarebbe da chiedersi come mai un emendamento, importante ma non importantissimo rispetto ai tanti che già abbiamo verificato a proposito dei primi tre articoli, venga presentato soltanto in sede di aula. Quando insieme all'Assessore, Carletto presentammo questi emendamenti qualche tempo fa, la Commissione aveva già esaurito i suoi lavori o comunque aveva già deciso che rispetto ai lavori in corso si sarebbe proceduto con questa legge attraverso l'esame dell'aula.
D'altra parte, per quanto mi riguarda, non mi era stato possibile pervenire prima alla formulazione di tali emendamenti perché questi sono il frutto di una riflessione approfondita svoltasi nell'ambito del mio Assessorato in concorso con quello all'urbanistica ed anche nell'ambito della Commissione regionale per il commercio che è incaricata di esaminare periodicamente le richieste di insediamenti commerciali ai sensi della legge regionale.
Per comprendere appieno il senso di questi emendamenti, bisogna fare una considerazione di fondo. Quando noi parliamo di materia commerciale trattiamo una materia che non è trasferita bensì delegata per quanto riguarda le competenze regionali, e quindi rispetto alla quale ci dobbiamo muovere in un ambito legislativo nazionale che, per quanto riguarda questo aspetto, è piuttosto pesante (mi riferisco alla legge n. 426/71 e al suo regolamento di esecuzione emanato con il DM n. 375/88). Queste norme statali vincolano abbastanza le competenze che pure abbiamo nella materia del commercio.
Chi conosce la legge urbanistica sa che già l'attuale legislazione urbanistica regionale contiene degli elementi che possono essere considerati utili ad un adeguato raccordo tra la materia commerciale quella normata dalla legge n. 426, e la materia urba-nistica, non-nata dalla legge regionale n. 56/77 della quale stiamo discutendo. Tuttavia proprio l'esperienza maturata in questi anni e l'approfondimento fatto negli ultimi mesi di approvazione di determinati insediamenti alla luce del decreto ministeriale del 1988, hanno permesso di constatare che le nonne attualmente in vigore non sono risolutive e di fatto risultano costantemente o eluse o di difficile applicazione.
Questo auspicato raccordo, che era quello che chiedeva l'art. 26 della nostra legge urbanistica, tra la pianificazione del territorio e la programmazione urbanistica sembrerebbe perfettamente riuscito se non fosse che la maggioranza dei Comuni del Piemonte non specifica nelle norme degli strumenti urbanistici le aree destinate alla precipua localizzazione degli impianti commerciali. Gli spazi sono quasi sempre residuali: in aree miste destinate cioè anche ad altre attività, per la maggior parte destinate all'industria.
Qualcuno diceva prima di Comuni che si sentono autorizzati a prevedere nei loro piani regolatori spazi per tutto: lo spazio industriale, forse anche sull'onda dell'ubriacatura industriale che peraltro è stata molto importante per la nostra Regione, ha di fatto invogliato i Comuni ad avere luna vocazione industriale. Molte volte questi spazi commerciali vengono considerati traslati su quelle parti di territorio che i piani regolatori avevano individuato come aree destinate all'industria, evidentemente con delle discordanze tra quelli che sono gli standard individuabili per aree destinate all'industria e degli standard che possono essere molto diversi ove questo territorio venga invece destinato ad area commerciale.
In altri casi, parlando sempre dei nostri piani regolatori, le scelte erano espresse molto genericamente. Spesso si demandava all'applicazione della legge statale e quindi ad una competenza diversa da quella regionale la scelta delle aree adeguate, subordinando quindi la realizzabilità delle opere, di qualsiasi dimensione, al rilascio della concessione singola.
Di fronte a questa situazione molto difficile da gestire, l'obiettivo che ci siamo proposti, non solo come Assessorato al commercio ma anche come Assessora-to all'urbanistica, era quello che si prefigurassero delle condizioni di raccordo migliore che consentissero alla Regione un maggior governo, anche dal lato commerciale ma segnatamente dal lato urbanistico di questi insediamenti che sul nostro territorio negli ultimi tempi (parlo soprattutto dei grandi insediamenti) sono andati a realizzarsi.
Io vorrei esemplificare per far capire il senso di questo emendamento che - ripeto - non è straordinario, perché noi introduciamo nella legge urbanistica delle norme che di fatto fanno già parte della legislazione, ma sono introdotte in altri momenti settoriali. Vorrei citare alcuni esempi per illustrare i problemi che si sono determinati e quindi per fare comprendere come ci sia l'esigenza di aggiornare le norme in vigore senza interferire nella competenza statale e soprattutto non potendo eludere le norme statali perché quelle, segnatamente il decreto del 1988, le dovremo sempre considerare.
Uno degli esempi più frequenti è che la superficie dell'immobile da realizzarsi per attività commerciali, pur nel rispetto delle norme del piano regolatore comunale, è normalmente molto più estesa rispetto alla superficie concessa dal nulla osta regionale (artt. 26 e 17 della legge n.426). Infatti una parte congruente della superficie concessionale del Comune è destinata normalmente a magazzini, depositi, galleria commerciale e non essendo possibile fissare parametri univoci tra le superfici di vendita e di deposito, i Comuni rilasciano concessioni edilizie che non contengono più alcun elemento di riferimento con il nulla osta regionale a carattere specificatamente commerciale.
Secondo esempio. Il concetto di nuovo insediamento contenuto nella norma attuale esclude un ulteriore nullaosta regionale e quindi una verifica dell'impatto che strutture di più grandi dimensioni possono avere sul sistema della concorrenza tra forme di vendita quando la superficie di vendita si amplia. Di fatto, una volta autorizzato l'immobile nel complesso, al suo interno le ripartizioni tra superficie di vendita ed altre superfici possono modificarsi senza alcun controllo, né da parte dei Comuni né da parte della Regione.
Nel caso in cui l'immobile sia da modificare per ampliamenti strutturali anche considerevoli (vi sono diversi esempi sul nostro territorio), le ulteriori eventuali concessioni edilizie non sono da subordinarsi all'assenso regionale in materia commerciale, non essendo richiesto dalle norme urbanistiche - trattandosi non più di un nuovo insediamento pur con notevoli controversie interpretative (in questo senso ho già risposto su discordanze di interpretazioni con il Ministero) - e neppure dalla normativa in esecuzione della legge n. 426.
Contestualmente alla necessità di un maggiore controllo urbanistico e di maggiore rigore di verifica sulle scelte di pianificazione fatte dai Comuni e tradotte in norme di attuazione degli strumenti urbanistici considerato l'impatto che gli insediamenti commerciali possono avere sul territorio (fenomeno particolarmente evidente negli ultimi anni e che presumibilmente potrà acuirsi con l'edificazione del mercato europeo) sentito anche il parere di massima dei membri della Commissione regionale al commercio, di esperti del settore commerciale e di urbanistica commerciale, delle Amministrazioni locali e di aziende commerciali, si è ritenuto indispensabile ed imprescindibile un concerto maggiore di raccordo tra la programmazione commerciale e quella urbanistica.
Si è così ritenuto di impostare dei correttivi alla norma dell'art. 26 della legge, introducendo elementi di maggiore puntualizzazione, sia dal punto di vista strettamente urbanistico sia dal punto di vista commerciale correlando le due materie all'autorizzazione da rilasciarsi In sede regionale prioritariamente al rilascio della concessione edilizia e contestualmente al nullaosta.
La convenzione, così come prevista dall'art. 45 della legge n. 56 integrata da opportuni elementi specifici e per gli insediamenti commerciali, da stipularsi tra il promotore dell'iniziativa (il Comune interessato) e la Regione, diventa quindi il supporto agli strumenti urbanistici particolareggiati nonché alle concessioni edilizie convenzionate, strumenti ai quali dovrà essere subordinato il rilascio delle concessioni edilizie relative ad insediamenti commerciali la cui superficie lorda di calpestio supera determinate soglie.
La procedura prevista non esclude la possibilità di adottare preliminarmente, in applicazione della legge n. 142, l'accordo di programma; è un aiuto che abbiamo nel gestire questa materia: la Regione la Provincia, i Comuni ed ogni altro soggetto pubblico interessato, lo potranno promuovere per la definizione e l'attuazione di un intervento di consistenti dimensioni.
Altro elemento di grande interesse, per far si che gli insediamenti commerciali siano adeguatamente inseriti ed infrastrutturali nel territorio, riguarda la dotazione minima degli standard di cui all'art. 21 della legge regionale n. 56; gli emendamenti infatti sono due, uno relativo all'art. 26 e uno all'art. 21.
Al fine di promuovere lo sviluppo e la produttività del sistema distributivo, di assicurare il rispetto della libera concorrenza, nonché un adeguato equilibrio tra varie forme distributive e per consentire ai Piani regolatori di indicare le quantità minime di spazi per la dotazione degli standard in funzione delle caratteristiche dei punti di vendita, è necessario considerare lo sviluppo anche in relazione alle tipologie distributive, così come codificate dalla letteratura e dalla prassi internazionale.
L'attuale deliberazione consiliare in materia commerciale "Indicazione programmatica ed urbanistica commerciale del 1990"prevede già un apposito articolo ove si individuano le singole tipologie distributive e gli standard atti a sviluppare gli obiettivi di programmazione di cui abbiamo detto in precedenza. Tali norme, pur essendo previste in ottemperanza ad un disposto della legge statale in materia di commercio, non sono raccordate alle norme urbanistiche in vigore e pertanto, proprio perché non supportate dalla nuova urbanistica, non sono assunte nell'ambito degli strumenti urbanistici generali ed esecutivi.
Credo che queste considerazioni siano sufficienti per far comprendere l'importanza di questo raccordo che, dal lato della norma, non introduce nulla di nuovo, ma rende più gestibile e controllabile sotto più profili questi insediamenti che - ripeto - sono già stati abbastanza importanti sul territorio regionale.
Considerando però il cumulo di richieste che come Commissione al commercio abbiamo da esaminare, soprattutto in vista del 1992 abbiamo ritenuto questo un momento importante e abbiamo approfittato della revisione della legge urbanistica per introdurre anche queste norme che potrebbero apparire - in un momento di ricerca di deregulation che è stato l'ambito nel quale ci siamo mossi, attraverso le modifiche alla legge n. 56 un appesantimento.
Alla luce dell'esperienza che abbiamo un po' tutti nella gestione della legge condizionata dalla normativa statale, queste sono norme che consentono alla Regione di giocare appieno Il suo ruolo di pianificazione territoriale anche nell'ambito del settore del commercio che ci è già sfuggito e potrebbe sfuggirci anche in futuro.



PRESIDENTE

La parola al Consigliere Chiezzi.



CHIEZZI Giuseppe

La ringrazio, Presidente. Se c'è un settore che dal 1977 ad oggi ha subito una rilevante innovazione nel modo di essere presente sul territorio, questo è senz'altro il settore del commercio e soprattutto il settore della grande distribuzione commerciale.
Proprio in questi anni in Italia (in Europa è successo prima) tale settore ha avuto modo di svilupparsi secondo regole nuove che, in questo caso, non sono ben normate e gestite dall'impianto della legge urbanistica di Astengo.
Se c'è quindi bisogno di un aggiornamento della legge è in questo settore, in cui sono state introdotte rilevanti novità che la legge del '77 non poteva pensare neppure di regolare. Ciononostante, una riflessione su quanto regolava la legge urbanistica a partire dal 1977 va fatta soprattutto in relazione all'accentuazione proposta dall'Assessore Cadetto quando dice che "con questo disegno di legge vogliamo dare più autonomia ai Comuni, perché vogliamo che abbiano più responsabilità, conservando per la Regione ancora dei margini di controllo".
Se andiamo a vedere la legge n. 56, seppure fosse insufficiente verifichiamo come su queste strutture commerciali in realtà qualcosa dicesse; non tutto quello che bisognerebbe introdurre guardando la realtà di oggi, ma qualcosa diceva perché nei contenuti del Piano regolatore era già inserito, all'art. 12, il punto 4), il quale prevedeva la necessità di individuare, nei Piani regolatori, aree destinate ad insediamenti commerciali. Anche in riferimento agli artt. 21 e 22 relativi agli standard, la legge Astengo diceva che bisogna commisurare gli interventi commerciali previsti con adeguati servizi.
La prima considerazione relativa alla vecchia legge, che vale per qualsiasi legge che vogliamo fare ed anche per il disegno di legge n. 98, è che tale legge non diceva tutto, ma dava comunque delle indicazioni.
I Comuni, nella loro larghissima autonomia, come si sono comportati? In mancanza di regole congrue rispetto alla situazione di sviluppo di questi settori, hanno avuto mano libera, non hanno effettuato controlli. Questa legge chiedeva loro di prestare attenzione al fatto di dover dedicare spazi e garantire servizi e infrastrutture di collegamento.
Mi pare che i Piani regolatori predisposti dai Comuni, e che la Regione ha approvato, non abbiano tenuto conto di un interesse collettivo relativo allo sviluppo armonico di questo settore.
Autonomia dei Comuni. Com'è stata finora gestita dai Comuni? Che giudizio diamo? E' un'autonomia basata sullo svincolo da regole e quadri di riferimento o la intendiamo come capacità di risolvere determinati problemi nell'interesse collettivo? I Comuni hanno già goduto di autonomia dal punto di vista dell'assenza di vincoli, ad esempio nel settore commerciale, e spesse volte l'hanno utilizzata molto male.
Qualità dei Piani: altro elemento di riflessione sul quale ci siamo già soffermati in Commissione; probabilmente è un tema da riprendere e da affrontare con maggiore attenzione. La Regione Piemonte ha esaminato i Piani regolatori e li ha approvati, ma un tentativo di discutere la qualità dei Piani va fatto, così come avremmo dovuto farlo in questi anni.
Il ruolo della Regione è stato inadeguato. Mi rendo conto che un intervento di qualità "è bello, è brutto, è buono ..."è difficile, ma penso vada fatto un tentativo per misurarla meglio.
In questo settore la Giunta ora propone - un po' in fretta, se consentite - modifiche che nella loro ragione essenziale possono essere condivise; la Giunta tenta di cucire slabblature derivanti dalla distonia tra le norme esistenti e una realtà, molto aggressiva: gli insediamenti commerciali in questi anni hanno avuto in effetti uno sviluppo molto aggressivo.
In questo senso, rispondendo all'argomentazione posta dall'Assessore Carletto all'inizio, "se l'opposizione lo ritiene non ne facciamo nulla" ritengo legittimo proporre questo tipo di intervento.
Nutro parecchi dubbi sul merito delle proposte fatte; emendamento per emendamento, discutendo le varie proposte farò delle osservazioni specifiche. Da parte mia non ho pregiudizi a dire che la Giunta sta giocando fuori campo e sta introducendo regole che nei patti di modifica della legge n. 56 limitata alla procedura non c'erano. Se ci accorgiamo ed è così- che il settore commerciale andrebbe meglio normato è bene farlo su un tale ampliamento non sollevo alcuna eccezione.
Nel merito degli emendamenti, quando li esamineremo uno per uno solleverò delle eccezioni sul tipo di soluzioni che vengono proposte.



PRESIDENTE

Se non ci sono altri interventi, passiamo alla votazione dell'emendamento.
Ha chiesto ancora la parola il Consigliere Chiezzi; ne ha facoltà.



CHIEZZI Giuseppe

Si tratta di un emendamento che concerne gli standard, ovvero gli spazi da garantire a servizi per ogni metro quadrato di superficie commerciale.
L'emendamento dice che "nel caso di interventi nei centri storici la dotazione di parcheggi può arrivare sino all'80% degli standard".
Assessore Vetrino, non avendo sottomano le misure relative alle indicazioni programmatiche di urbanistica commerciale, nel mio ragionamento mi rifarò agli standard previsti dalla legge urbanistica agli artt. 21 e 22.
All'art. 21, al punto 3) della legge urbanistica si parla dei servizi per le aree soggette ad insediamenti commerciali; lo standard attuale dice che per quanto riguarda i parcheggi - voglio limitarmi a questo - "occorre una dotazione minima del 5096 di parcheggi" sul 100% di standard. Ora si eleva la percentuale del 50% della quota totale di standard all'80%.
Considerando una quantità standard di 100 metri quadrati, la Giunta decide di destinarne ad area di parcheggio 1'80%, e non la metà come detta la legge urbanistica; in pratica significa sottrarre spazio ad altri tipi di servizio. La Giunta può decidere, vista l'esigenza di parcheggio, di aumentare la quota di servizi necessari e quindi di presentare un emendamento alla legge urbanistica nel quale si dica che non c'è più bisogno di 80 metri quadrati della superficie lorda di pavimento, o che non c'è più bisogno del 100% della superficie lorda di pavimento nel caso di nuova edificazione, ma che, ad esempio, c'è bisogno del 120/130%. In questo modo, si mantiene per gli insediamenti commerciali la stessa quantità di servizi, aumentando la quota per parcheggio, ritenuta insufficiente visto lo sviluppo della motorizzazione, e così via. Se invece non si vuole toccare la parte di legge urbanistica inerente la superficie complessiva di standard e la si mantiene all'80% o al 100% della superficie lorda di pavimento se si eleva la quota destinata al parcheggio, quest'ultima andrà a scapito di altri servizi che devono comunque essere destinati alle aree commerciali.
Naturalmente non concordo su questo punto, perché è un'ulteriore sottrazione di spazi per servizi agli insediamenti commerciali; in pratica la Giunta privilegia un unico tipo di servizio a scapito di altri sostenendo che le aree destinate ai servizi verranno sempre più occupate da parcheggi.
Dato che servizi quali, ad esempio, il verde pubblico o il verde attrezzato sono servizi di qualità in cui l'elemento qualitativo è forte la vostra scelta di fare grandi piazzali per automobili, giustificata sul piano dell'allocazione di questi mezzi di locomozione, avviene a scapito della qualità globale dell'intervento.
Il discorso sarebbe accettabile se, nel momento in cui si eleva all'80 dello standard lo spazio per i parcheggi, la Giunta prendesse la decisione di elevare lo standard per i parcheggi per mantenere inalterata l'altra quota di servizio che mi sembra sia quella che più attiene alla qualità degli insediamenti commerciali.



PRESIDENTE

La parola al Consigliere Rivalta.



RIVALTA Luigi

Premetto, senza aver fatto un apposito intervento, che gli intenti espressi dall'Assessore Vetrino, introducendoci alle tematiche degli emendamenti da lei presentati, sono da noi condivisi. In particolare, sono d'accordo su una frase che molto rapidamente l'Assessore ha detto in merito alla contraddizione di spirito, di impostazione che questi articoli hanno rispetto all'intento espresso dal disegno di legge n. 98.
Considero positive queste posizioni dell'Assessore, poiché mettono maggiormente in luce quanto siano fondate le preoccupazioni da noi espresse in sede di discussione generale in Commissione, e in sede di discussione dei singoli emendamenti sull'altra parte della legge che stiamo emendando.
Ribadisco, tuttavia, che la legge n. 56 va modificata, ma non in questo modo e non in questi limiti: con molto più coraggio.
Ho detto questo per confortare subito l'Assessore Vetrino rispetto al nostro atteggiamento su questi emendamenti, che è comunque positivo.
Partendo dal primo emendamento, faccio alcune osservazioni. Considero difficilmente comprensibile questo emendamento, se non agli addetti stretti ai lavori. Penso e ho sempre pensato - poi, certo, non sempre si può dare seguito agli intendimenti- che le leggi dovrebbero essere il più possibile chiare per tutti i cittadini, e chiare soprattutto per gli operatori.
Questo emendamento sembra più un appunto che ,non una formulazione normativa di legge: credo che la sede più adatta per questo tipo di discussione sarebbe stata la Commissione e sono un po' preoccupato sul fatto che su una legge già così complicata nella sua articolazione e nelle sue connessioni (chi l'ha seguita da tanto tempo comincia ad avere delle difficoltà nel considerare tutte le interrelazioni che ci sono fra i vari articoli della legge n. 56) questo emendamento non porti elementi di chiarezza, anzi rischi di complicarli, pur in un'intenzione giusta.
Per esempio (sono cose banali, ma in una legge sarebbe bene chiarirle): dove si dice che "per gli insediamenti commerciali al dettaglio le cui superfici vendita siano superiori ai limiti stabiliti dagli arti 26 e 27 della legge n. 426", riterrei più opportuno per la comprensione di tutti che si dicesse "le cui superfici di vendita siano superiori ai limiti" indicando i limiti e magari lasciando tra parentesi "ai sensi dell'articolo tal dei tali", ma ben specificando i limiti.
Questo parlare burocratico-amministrativo che si intreccia e si rifà ai numeri, agli articoli delle leggi è davvero faticoso. Personalmente, non riesco mai a ricordare i numeri delle leggi: non li ricordavo nemmeno quando facevo l'Assessore su leggi che usavo tutti i giorni e la mia raccomandazione era sempre quella che nelle deliberazioni e nelle leggi se ne indicasse, pur sinteticamente, il contenuto, il senso. Chiederei dunque, che venissero indicati i limiti, lasciando al richiamo agli articoli un ruolo di supporto, non considerandolo un richiamo da legale che fa un lavoro di interpretazione.
Procedendo nella lettura dell'articolato, mi sembra ci siano altri elementi di complicazione nella dizione, per esempio, dove si dice: "indicazioni programmatiche di urbanistica commerciale, ai sensi dell'art.
30..., ed integrati dei contenuti urbanistici previsti dalla presente legge". E' un buon intento e una buona espressione di osservanza delle leggi regionali, ma cosa significa "integrate dei contenuti urbanistici previsti dalla presente legge" nel caso specifico degli interventi commerciali? Secondo me sarebbe necessario dire quali sono le integrazioni che attraversano la legge e questo articolo con indicazioni introdotte imposte o esplicitate dalle indicazioni programmatiche.
Mi chiedo se non sia possibile addirittura semplificare questo articolo, e per certi aspetti prendere l'abitudine di rimandare ad un Regolamento la specificazione della volontà che la legge può esprimere; nel Regolamento si possono allora reintegrare le tabelle, cioè far emergere qual è la tabella degli standard, la tabella delle cose che la Regione impone utilizzando la legge nazionale e la legge regionale. Questo sul piano dell'impostazione dell'articolo.
Rilevo, inoltre, una questione di merito nella parte finale dell'articolo, laddove si dice: "nei casi di interventi all'interno dei centri storici, individuati conformemente a quanto disposto dall'art. 24 sub 1" della nostra legge: in questo caso stiamo normando sul piano urbanistico, quindi localizzativo.
di rapporto tra l'intervento e la vita di quell'area, di quel territorio comunale.
Io credo che certi tipi di interventi commerciali nei centri storici siano deleteri, e allora questa questione diventa capitale. Quando esprimeremo sul piano urbanistico, se inseriamo delle esplicitazioni di questo tipo nella legge n. 56, un giudizio, almeno di finalità, in grado di indicare che nei centri storici certe strutture commerciali non ci stanno non solo come volume, spazio o superficie di pavimento, ma perch richiedono tipi di movimento, di mobilità incidenti sulle capacità o sovrastanti le capacità funzionamento della città in genere nei centri storici? Queste questioni bisognerebbe che cominciassimo a trattarle.
Questa mattina sono arrivato in aula con molto ritardo per aver dovuto fare alcune commissioni; per cercare di raggirare il centro, ho imboccato corso San Maurizio, ritrovandomi imbottigliato nel traffico, senza avere la possibilità di deviare sulle vie laterali, anch'esse bloccate, perché c'era una bisarca che trasportava automobili che, per scaricarle nei pressi di un'agenzia di vendita, era ferma nella corsia centrale e non nel controviale; perché li non ci poteva più stare. Mentre questo scaricava le automobili, poco più avanti, vicino ad una cartoleria, c'era un altro camion proveniente da fuori Torino, che scaricava, sempre nella corsia centrale, il materiale di cartoleria, il corso, quindi, era completamente bloccato e le macchine cercavano di sfuggire nelle vie laterali, e anch'esse erano completamente bloccate.
Questo fatto l'ho raccontato per esemplificare come un'attività commerciale richiama una quantità di movimenti in certi momenti inaccettabili dal centro storico: in questo caso erano inaccettabili per corso San Maurizio.
Mi si potrà dire che, costruendo dei parcheggi, questo problema si risolverà, ma non del tutto; forse si avrà un miglioramento, ma senza una logica che fermi la concentrazione del terziario nei centri storici questo problema non si risolverà mai, perché ogni spazio, aperto per la mobilità viene immediatamente riempito da una mobilità aggiuntiva, e ci si ritrova come in precedenza.
Sotto questo profilo chiedo che la questione dei centri storici sia considerata un evento eccezionale e non un fatto naturale. Bisognerebbe addirittura vietare certi tipi di strutture nei centri storici, ma non chiedo tanto; chiedo solo l'attenzione per il centro storico e l'eccezionalità dell'intervento nello stesso.



PRESIDENTE

La parola al Consigliere Bresso.



BRESSO Mercedes

Vorrei fare solo una veloce osservazione su un punto dell'emendamento in cui si modifica la percentuale di area degli standard, previsti dalle indicazioni programmatiche di urbanistica commerciale, dal 50% all'80% per i parcheggi.
Poiché nella restante parte dell'art. 4, così come viene modificato, si prevede la possibilità di destinare a parcheggio anche delle attrezzature multipiano - e quindi si riduce, sul piano dell'impatto territoriale, la questione del parcheggio - mi sembra che quella di una attrezzatura commerciale nel centro storico, come osservava il Consigliere Rivalta debba essere una questione quasi eccezionale. Si potrebbe dire che si alza del 30% sul 50% dei parcheggi (ma quel 50% non viene elevato all'80% sul totale) ed è l'area complessiva destinata a servizi che deve aumentare del 30% e che questo 30% viene destinato a parcheggio reperibile anche in attrezzature multipiano. Cioè che si aumenti l'area parcheggio per le ragioni che diceva il collega Rivalta. Intanto perché sia un deterrente allo sviluppo di queste attrezzature in centro, se proprio sono necessarie e si desidera farle, occorre che i parcheggi siano in numero superiore per le ragioni che sappiamo, cioè per l'impossibilità di trovare altri parcheggi in centro. Tutto questo però deve essere fatto non a detrimento delle altre attrezzature di servizio, ma apportando un danno maggiore a chi vuole aprire queste attrezzature in centro, facendogli assumere il costo sociale che queste significano (cioè il fatto che occorrono più parcheggi perché non c'è altra possibilità di parcheggio se non quella). Si può dare però la possibilità d'uso alla popolazione in generale, in quanto queste attrezzature sono utilizzabili anche a pagamento da chi non accede alla struttura commerciale.
Mi sembra che in effetti ci sia solo uno spostamento a parcheggio delle aree, ma che non si tenga conto del fatto che è comunque una grande facilitazione il fatto che nei centri storici sia possibile usare il multipiano. Quindi paradossalmente rendiamo addirittura più facile e meno costoso realizzare attrezzature commerciali in centro, perché costa meno fare il multipiano che tenere tanta area libera: si tratta pertanto di una specie d'invito implicito a localizzarsi in centro. Quindi proporrei che si dica che la dotazione di parcheggi pubblici è aumentata del 30% e che adesso la percentuale va ricalcolata in aggiunta a quella già stabilita dagli standard. Non c'è una riduzione delle altre aree? Qui si capisce così.



PRESIDENZA DEL VICEPRESIDENTE MONTABONE



PRESIDENTE

La parola al Consigliere Marchini.



MARCHINI Sergio

Il collega Rivalta ha posto una questione d'indubbio interesse, mentre gli altri colleghi hanno posto una questione di altrettanto interesse, ma di più facile soluzione.
Mi pare che l'Assessore fosse orientato a chiarire che si tratta sostanzialmente di un elemento aggiuntivo. Colgo l'occasione però per dire che l'introduzione di elementi che scoraggino il terziario qualificato - e in questo senso va considerata una centrale di grande distribuzione nel centro storico - debba essere non una petizione di principio, ma un elemento di strategia misurata in tempi medi e lunghi.
L'espulsione di infrastrutture alla qualità della vita e la grande distribuzione qualificata - perché non esiste solo grande distribuzione senza aggettivi - rischia di essere uno degli elementi d'impoverimento della metropoli, che porta alla realizzazione di una metropoli di tipo americano. Questa, sostanzialmente, ha al centro un grande ufficio con una mensa, sulla prima periferia i gangli della grande distribuzione, e fuori dal concentrico le residenze qualificate: nei ritagli di questa organizzazione molto semplificata c'è la realizzazione di ghetti o slums.
Se gli amministratori torinesi - e su questo devo dire che gli amici dell'opposizione avevano qualche ragione - riflettessero a lungo potrebbero pensare di non essere schiavi di un fatto che porta Torino a diventare una metropoli come le altre.
Torino può essere pilotata nel tempo, cominciando da subito e per fasi successive, che paghino nell'immediato il prezzo di un'eccessiva centralizzazione dei servizi su Torino, ma che puntino, in tempo non lontanissimo, a non far cadere le propensioni economiche anche personali per far ritornare il centro ad un qualcosa di vivibile; quindi, non rimanere, ma ritornare.
La storia impone a Torino alcuni passaggi anche drammatici; però, se sono visti in un'operazione di lungo periodo, che ripensa al rientro e al ritorno di una funzione, evidentemente certe questioni vengono, come nel caso in ispecie, governate in modo diverso. Quindi si dice: attenzione, non fasciamoci la testa, demonizzando comunque alcuni plessi di terziario tipo questi, i quali, oggettivamente, presentano questo tipo di inconvenienti e compromettono in qualche misura il punto commerciale di qualità, che si tenderebbe a privilegiare.
Non è così; in una città che immaginiamo di qui a vent'anni dovrà esserci un mix di distribuzione avanzato, non banale come quello attualmente esistente. Parlo di mix avanzato di distribuzione senza aggettivo, perché -,questo è uno dei miei pallini e la funzionaria presente lo ricorderà - non esiste la grande e la piccola distribuzione: esistono la distribuzione e il commercio, ciascuno con le proprie regole.
Per mantenere la qualità della vita del centro urbano sarà comunque necessario che la funzione del commercio e la funzione della distribuzione trovino una loro composizione a livello più qualificato.
Mi pare che il tentativo che la Giunta fa con questo articolo di spingere in alto la qualità dell'intervento di distribuzione, facendolo uscire da una piccola speculazione di comodo e di sistema che l'ha caratterizzato fino adesso, sia apprezzabile e pregevole, e soprattutto si collochi nel tentativo di pensare in tempi abbastanza lunghi il governo di un fenomeno che attualmente, invece, solo apparentemente - ha ragione Rivalta - sembra un elemento distorcente. E' distorcente nell'immediato probabilmente dovrà essere penalizzato in tempi medio-lunghi se si vuole che Torino conservi, anzi recuperi Il governo di questo fenomeno che secondo me, non avrà più per un certo periodo di tempo. Mi rendo conto che questa è meta-urbanistica, non è urbanistica; alla chiusura del ciclo dovremmo tornare ad avere una città più avanzata in cui la distribuzione dovrà essere uscita dalla fase di speculazione e di banalizzazione ed arrivata a livello di qualificazione.
La qualificazione della distribuzione non è sicuramente un elemento di quantità ma di collocazione e di adozione di servizi. In tal senso questo emendamento, opportunamente ripensato in relazione alle osservazioni fatte mi sembra estremamente pregevole ed interessante.



PRESIDENZA DEL PRESIDENTE SPAGNUOLO



PRESIDENTE

La parola all'Assessore Vetrino.



VETRINO Bianca, Assessore al commercio

Prima di rispondere puntualmente e proporre eventuali modifiche rispetto alle osservazioni fatte, credo di dovere una risposta al problema più generale sollevato sia dal Consigliere Chiezzi che dai Consiglieri Bresso, Rivalta e in ultimo dal Consigliere Marchini.
Intanto concordo sul fatto che il tentativo di raccordare delle norme squisitamente commerciali con norme squisitamente urbanistiche forse non è propriamente riuscito. Verificandolo sotto il profilo legislativo, è forse necessario un nostro ulteriore approfondimento o qualche correttivo. Dare dignità urbanistica a norme squisitamente commerciali è stato un tentativo abbastanza difficile nel quale ci siamo cimentati anche rifacendo più volte gli emendamenti: noi li abbiamo proposti come Assessorato al commercio in un modo, l'Urbanistica li ha cambiati, li abbiamo rimessi insieme e alla fine questo ci era parso il modo migliore per contemperare tutte le esigenze di riferimento che pure sono indispensabili.
Teniamo conto che questa legge verrà poi osservata, oltre che dal Ministero delle Regioni (non so bene chi si occupi dell'Urbanistica) anche con molta attenzione dal Ministero dell'Industria, e quindi andrà a verificare effettivamente quanto noi, attraverso questi emendamenti abbiamo cercato di superare i vincoli imposti dalla legge dello Stato n.
426, ma segnatamente dal decreto ministeriale del 1988: Quest'ultimo ha spogliato la Regione di una competenza più generale rispetto a questo problema, rimandando ai Comuni, attraverso concessioni di licenze successive, la possibilità di aumentare di molto la superficie (del doppio e poi del raddoppio) rispetto alla prima autorizzazione, che è l'unica regionale.
Probabilmente questo tentativo non è riuscito, però l'intenzione è buona ed è finalizzata al recupero del ruolo - della Regione, in modo da consentirci, soprattutto di fronte a dei grandi interventi e a dei grandi insediamenti, di continuare a verificare la congruità della pianificazione territoriale ed urbanistica con tutti gli addendi che vi si connettono.
Sulla questione dei centri storici, sono contenta di aver sollevato un problema culturale più vasto e più profondo, che è quello al quale accennava Marchini. Anche qui, far convivere l'esigenza di rendere questi centri storici fruibili, attraenti, quindi vivibili con l'esigenza, nello stesso tempo, di salvaguardarli sotto il profilo architettonico e ambientale, è a volte difficile.
In Europa si assiste alle soluzioni più disparate; stanno succedendo cose per certi versi strabilianti, per altri anche preoccupanti. Per esempio io so che a Lussemburgo sta per essere ristrutturato nel centro storico, in un palazzo antico, un grandissimo centro commerciale di quattro o cinque piani; tuttavia la città di Lussemburgo ha considerato questa operazione come un'occasione per riqualificare il suo centro storico: in quella dimensione è così.
Recentemente sono stata ad Anversa ed ho scoperto una città che non conoscevo, straordinaria, con un centro larghissimo, totalmente pedonalizzato, dove alla bottega del fornaio si succedono e si alternano dei grandi supermercati. Evidentemente ormai esistono le soluzioni più diversificate nella ricerca che ogni città fa della sua identità, ma anche dell'occasione per riqualificarsi o comunque per rendere possibili delle funzioni oggi necessarie.
Per mia convinzione personale, non credo giusto che in un centro storico possa permanere un centro commerciale; pur non escludendolo aprioristicamente, ritengo che ciò vada rapportato a seconda delle situazioni, che possono essere diverse l'una dall'altra, e quindi ritengo necessaria una verifica in loco sulla base delle singole esigenze, della peculiarità artistica o architettonica di un centro piuttosto che di un altro. Normare questa eccezionalità, Consigliere Rivalta, diventa certamente abbastanza difficile.
I centri storici, a mio avviso, devono esseri normati indipendentemente dalla collocazione al loro interno di centri commerciali. A questo riguardo credo che la nostra legge, quando parla di interventi all'interno dei centri storici, abbia già individuato, proprio nel momento in cui stabilisce le norme per attrezzature di servizio degli insediamenti direzionali commerciali, alcune norme sulla ristrutturazione, il completamento, ecc., quindi probabilmente questa preoccupazione è già colmata. Però, di fronte a questo emendamento, se riusciamo a rendere più cogente e più importante questa preoccupazione raccolta dal Consiglio, io sono disponibile.
Per quanto riguarda gli standard - e rispondo alle preoccupazioni individuate da tutti (non vi leggo interamente il decreto ministeriale e nemmeno le nostre indicazioni programmatiche) - all'art. 3 delle nostre indicazioni programmatiche sono indicati gli standard per l'insediamento riassumendo, è indicato, per esempio, che per i supermercati è consigliabile, ma non indispensabile, un posto parcheggio ogni 15 metri quadrati di vendita; per il discount i posti parcheggio possono essere ridotti del 50% rispetto a quelli indicati per la tipologia supermercato per un ipermercato è necessario disporre di due posti parcheggio ogni dieci metri quadrati di superficie di vendita; per un centro commerciale sarà quello che sarà.
Quelli che però noi prevediamo attraverso questi emendamenti sono degli standard aggiuntivi in quanto sono riferiti alle superfici di vendita e non alla superficie lorda di calpestio, come già prevede la legge urbanistica.
Questa è la rassicurazione che credo faccia scomparire tutte le remore che avevano i Consiglieri.
L'obiettivo che ci si deve prefiggere è quello di dotare tutte le strutture commerciali, anche quelle piccole, di standard minimi, cioè quelli previsti all'art. 21 della LR n. 56/77, ai quali aggiungere gli standard di programmazione commerciale che si ritengono indispensabili.
Forse questa precisazio-ne può rassicurare il Consigliere Chiezzi.



BRESSO Mercedes

E l'80% di che cosa? Se è in più, a questo punto non si capisce davvero che cosa voglia dire. Noi tutti abbiamo interpretato che rispetto al 100 stabilito dalla LR n. 56/77 (di cui il 50% deve essere a parcheggio) risultasse che l'80% deve essere a parcheggio. Se pero non è così, chiedo che qualcuno me lo spieghi. Forse non è chiaro perché non abbiamo sottomano le indicazioni programmatiche commerciali.



PRESIDENTE

La parola al Consigliere Chiezzi.



CHIEZZI Giuseppe

Esplicito con parole diverse quanto chiedeva la collega Bresso. Quello che forse premerebbe sapere è cosa prevedono gli standard per i parcheggi previsti dalle indicazioni programmatiche di urbanistica commerciale.
Chiedo quindi all'Assessore un'illustrazione dettagliata, perché questi sono rapporti percentuali molto precisi, quindi il giudizio che si dà è anche sulla cogenza di queste norme.



VETRINO Bianca, Assessore al commercio

Quelli previsti dalle nostre indicazioni programmatiche per il commercio li dobbiamo comunque osservare, non possiamo superarli.



CHIEZZI Giuseppe

Ma questa misura dell'80% che significato ha?



VETRINO Bianca, Assessore al commercio

Sono aggiuntivi rispetto a questi, ove vi siano le circostanze.



BRESSO Mercedes

Non è così, perché non si tratta di un aumento.



PRESIDENTE

Ritengo opportuno a questo punto sospendere brevemente la seduta al fine di pervenire ad un chiarimento tra gli Assessori e i Consiglieri proponenti.
La seduta è sospesa.



(La seduta sospesa alle ore 16,45, riprende alle ore 16,55)



PRESIDENTE

La seduta riprende.
La parola all'Assessore Vetrino.



VETRINO Bianca, Assessore al commercio

L'emendamento non è stato modificato; anche perché le richieste di integrazione per una maggiore comprensione sono già comprese nell'ultimo comma dell'art. 26 della LR n. 56/77. Questo emendamento è stato studiato con molta attenzione dai tecnici.



CHIEZZI Giuseppe

C'è già per quanto concerne il rilascio della prescritta autorizzazione.



VETRINO Bianca, Assessore al commercio

Per quanto riguarda gli standard, non possiamo fare altro che rimandare alle nostre norme. In questo momento non posso far diventare cogente il termine "indispensabile", devo accettarlo così com'è; come ho già detto mettere insieme questa deliberazione programmatica è stato difficile.
Questo è il massimo prodotto legislativo raggiunto, al quale si è cimentata tutta una struttura regionale.



PRESIDENTE

La parola al Consigliere Chiezzi per dichiarazione di voto.



CHIEZZI Giuseppe

Svolgo una dichiarazione di voto su un tema di carattere generale che è stato toccato dai colleghi e che riguarda la funzione del settore commerciale riferita all'insieme della città e in particolare al centro storico. Se la nostra città - non andiamo in America o in Lussemburgo, quei riferimenti si possono anche fare, ma esigono più di 5 minuti di tempo intende avviare un periodo nuovo di sviluppo fondato sulla qualità urbana della conurbazione torinese e anche del Piemonte, occorre dire con chiarezza che nuovi insediamenti commerciali nel centro storico non bisognerebbe farne. Non accetto affermazioni come quelle che ha fatto il collega Marchini il quale ha detto che adesso nuovi insediamenti commerciali si possono anche accettare e che bisogna pensare a un futuro diverso. Questa mattina il collega Marchini ha detto una cosa giusta che io condivido, e cioè che oggi la città di Torino, la Regione Piemonte, hanno bisogno di opzioni, di scelte.
Sostengo che una delle scelte da proporre è questa, ma in modo netto.
Il centro storico di Torino trasuda di un eccesso di commercio. Il centro storico di Torino sta perdendo il commercio minore; se si deve ' parlare di commercio da rafforzare nel centro storico di Torino, occorrerebbe rivolgere gli sforzi per salvare le ultime panetterie del centro storico gli ultimi verdurieri, gli ultimi calzolai, che stanno scomparendo uno ad uno, a favore di insediamenti commerciali ricchi, quegli insediamenti commerciali per i quali si costruiscono i parcheggi qui previsti.
Viceversa la grande superficie commerciale di vendita come si è collocata a Torino? Si è collocata nella prima periferia di Torino o negli interstizi tra Torino e i comuni della cintura, nelle forme peggiori. Cito due esempi. E' stato massacrato un edificio (non faccio il nome del supermercato) che faceva parte della storia di Torino, un'architettura industriale dei primi del secolo bellissima, un' gioiello posto all'ingresso di Torino, che è stato demolito e dove non è stato demolito è stato velato da una cortina di lamiera zincata alta dieci metri, come se fosse una vergogna per Torino, perché il supermercato vicino era infastidito da un'architettura bella dell'inizio secolo quale quella dello stabilimento della SNIA Viscosa.
Il secondo esempio riguarda i supermercati situati in quella "landa americana" tra Grugliasco e Torino, che richiama tratti di America, ma dell'America peggiore, con gli "scatoloni" commerciali dove riempire le borse e i distributori dove riempire le automobili di benzina. Tratti di America privi di forma; a Grugliasco sta succedendo questo, senza un piano una sistemazione ambientale che consenta di orizzontarsi. In certi centri commerciali presenti in quell'area non si riesce nemmeno a capire dove si è e come se ne esce.
Il centro storico di Torino è troppo ricco di commercio e sta perdendo il commercio minore; bisogna fermare questi insediamenti commerciali nel centro storico e programmare gli interventi commerciali rilevanti fuori Torino. Invece non si programmano. Dato però che ci sono interessi economici, i centri commerciali si stanno realizzando; in gran parte sono già stati fatti e nel modo peggiore.
La politica che propongo per il futuro del Piemonte e di Torino è proprio l'inverso di quanto proponeva il collega Marchini, il quale sosteneva di fare adesso "quel che si può" e rinviare al futuro quanto si dovrebbe fare. Propongo invece di intervenire adesso.
Per quanto riguarda l'emendamento, mi sembra un giochetto perché è una norma che non obbliga all'osservanza di uno standard. Questo, va messo in luce, non è accettabile. Dite che con il vostro emendamento si realizzeranno parcheggi in misura pari all'80% degli standard previsti nelle indicazioni della Regione. Leggo le indicazioni della Regione che dicono: "E' consigliabile, ma non indispensabile, un posto parcheggio ogni 15 metri quadrati di vendita".
Che scherzo è questo? Scherzo per noi che lo votiamo e per chi lo dovrà applicare! Si è obbligati ad applicare un posto auto ogni 15 mila metri quadrati di vendita quando è consigliabile, ma non indispensabile? Poiché i posti auto costano, chi effettuerà investimenti consigliabili, ma non indispensabili, visto che sono onerosi e riducono la remuneratività del capitale investito? Nessuno! Non solo; standard, con significato di minimo spazio da destinare, è un termine inequivoco e cogente. Uno standard non è un'opzione; uno standard di 25 metri quadrati per abitante è quello e non può essere minore. Quindi, anche la dizione standard è inesatta perché si riferisce ad un'opzione e non ad un obbligo.
Per tutti questi motivi voterò contro l'emendamento.



PRESIDENTE

La parola al Consigliere Rivalta.



RIVALTA Luigi

Il collega Macchini ha pronunciato auspici sul fatto che Torino sappia difendere una sua prerogativa originale, almeno così ho interpretato l'avvio del suo intervento. Credo che questo significhi non omogeneizzarsi a quello che avviene nel mondo, sulla base di evoluzioni di città che non hanno la nostra storia e presentano esempi degradati e squalificati rispetto alle potenzialità che le nostre città hanno. In questo senso, nei centri storici bisogna non consentire l'insediamento delle strutture commerciali al di sopra delle piccole e minime dimensioni.
Ritengo che in via Lagrange ci siano due esempi di posizioni contrastanti. Uno è l'insediamento della Rinascente, che ho cercato di contrastare negli anni '60 e che invece è andato avanti e non fornisce nessun elemento qualitativo per la città di Torino. La Rinascente stessa si era impegnata ad andarsene in cambio della licenza a Venaria.
Il secondo esempio riguarda invece - e faccio un riferimento molto epicureo - la salumeria Castagno che è stata chiusa. Credo che tale chiusura rappresenti una perdita proprio perché la trasformazione commerciale del centro storico tende a dequalificare il livello qualitativo della sua struttura commerciale. Bisognava difendere la salumeria Castagno nelle forme di politica generale e non in quelle di politica particolare.
Voteremo contro questo emendamento perché, nonostante la buona intenzione di coglierne lo spirito, lo troviamo non solo non chiaro, ma persino tutto da spiegare, forse all'interno delle stesse strutture funzionariali.
Chiedo quindi di non rimandare le responsabilità ai funzionari i quali per loro natura, non sono dei legislatori, ma hanno altri compiti. Il compito della norma legislativa e della chiarezza spetta al Consiglio ed al momento politico.
Mi sembra che qui manchi proprio la qualità dell'esplicitazione politica che deve essere presente in una norma di legge.
Una ragione per cui ritengo di non dover votare l'emendamento è che, in riferimento ai centri storici (art. 24, sub 1), si parla di "insediamenti urbani aventi carattere storico, artistico ed ambientale alle aree esterne di interesse storico e paesaggistico ad essi pertinente": nella legge n. 56 è posto come il primo punto dell'indicazione di ragioni di tutela da parte della politica urbanistica. Si richiama proprio il punto prioritario dell'azione di tutela attraverso la politica urbanistica dove si dice "t beni culturali e ambientali, anche quelli non vincolati in base alla legge vigente", cioè si dà la sottolineatura di una volontà della politica urbanistica di tutelare l'ambito dei centri abitati e dei centri storici e poi, ove del caso, si fanno dei centri commerciali.
Mi sembra un richiamo fuorviante, persino contraddittorio; se è un richiamo, quei posti non devono essere occupati dal centro commerciale, ed insisto su tale questione.
Per queste ragioni, oltre a quella espressa dal collega Chiezzi, che ha spiegato come nella legge regionale i riferimenti agli standard siano addirittura non vincolanti, ma consigliabili e non indispensabili, ritengo si faccia una norma non chiara che si rifà ad una legge in cui le indicazioni sono consigliabili e non indispensabili.
La discussione sull'80% poggia proprio sulla sabbia, se si vuole, si dica che nei centri storici non sono consigliati, ma sono vincolati alla presenza di quegli standard, e si dicano dei numeri. Poiché, invece, si dice: "un posto parcheggio ogni 15 metri quadrati", si dica allora che si vuole ridurre all'80%; secondo me è sbagliato, ma nel caso lo si voglia fare, si calcoli il rapporto dei necessari metri quadrati di parcheggio ogni 15 destinati alla vendita. Si facciano leggi chiare; queste in discussione mi paiono leggi non chiare e che sempre più si avvitano su se stesse. La responsabilità, a mio avviso, è del mondo politico che le approva e le vota; con questo non voglio dire che i funzionari, che nel momento di decisione non possono essere imputati, non debbano aver maggior cura alla formulazione delle leggi, visto che sono i consiglieri degli Assessori.



PRESIDENTE

Personalmente dichiaro di non partecipare alla votazione dell'emendamento n. 57, per motivi che ho già illustrato agli Assessori Carletto e Vetrino e che attengono ad una mia pregressa funzione di Assessore al commercio. Dato che non ho capito bene le possibili connessioni con il decreto Battaglia - anche il decreto Battaglia prevede delle questioni inerenti i parcheggi - non vorrei entrare in questo tipo di valutazione.
E' una questione di delicatezza personale, non ho avuto alcuna possibilità di approfondire la questione e personalmente, per miei limiti non l'ho capita bene. Esiste in materia un contenzioso legato al periodo in cui ero Assessore al commercio: non desidero partecipare alla votazione per correttezza e scrupolo, non per altre ragioni.
La parola all'Assessore Vetrino.



VETRINO Bianca, Assessore al commercio

Per l'assicurazione della nostra Presidente, devo dire che non esiste alcuna interconnessione se non quella che noi, nella legge, ribadiamo costantemente di volerci riferire al decreto Battaglia. D'altra parte non potremmo fare diversamente.



PRESIDENTE

Pongo in votazione l'emendamento n. 57) presentato dagli Assessori Vetrino e Carletto.
Chi è favorevole è pregato di alzare la mano.
L'emendamento è approvato con 23 voti favorevoli e 14 astensioni (1 Consigliere non ha partecipato alla votazione).
58) Emendamento presentato dai Consiglieri Chiezzi, Miglio e Segre: All'art. 4 del disegno di legge n. 98, che sostituisce gli ultimi due commi dell'art. 21 della LR n. 56/77 e s.m. ed i., sono apportate le seguenti modificazioni: Al penultimo comma dell'art.21, le parole: "in tutti i casi di cui ai numeri 1), 2) e 3)" sono soppresse e sostituite con le parole: "nel caso di cui al numero 1)".
La parola al Consigliere Miglio.



MIGLIO Mario

L'emendamento presentato si riferisce a quella parte del disegno di legge dove si prevede "un'estensione della possibilità di realizzare i parcheggi in strutture multipiano anche in sottosuolo non più solo per gli interventi di attrezzature e servizi di insediamento direzionale, ma anche per quelli degli insediamenti produttivi e per le aree di insediamento residenziale".
Il problema, così come noi riteniamo debba essere sollevato, è di questa natura: permettere implicitamente interventi che prevedono la localizzazione nei centri storici di insediamenti direzionali e commerciali vuol dire favorire e richiamare una quota maggiore di auto all'interno dei centri storici. Si aggraverebbe, quindi, un problema già ampiamente sollevato e dibattuto, per la cui soluzione si sono assunte diverse iniziative (tra cui la limitazione dell'accessibilità alle auto), che contrasterebbero con questo tipo di politica. A nostro avviso, non si dovrebbe favorire la realizzazione di interventi in funzione di insediamenti direzionali e commerciali, ma al contrario - e su questo proponiamo una modifica all'articolo di legge - unicamente la realizzazione di parcheggi in connessione con aree destinate a residenza.
Negli ultimi anni, la politica attuata nei centri storici ha di fatto favorito l'espulsione delle quote residenziali attraverso la ristrutturazione edilizia, che ha comportato un progressivo ampliarsi della aree a favore del terziario, che richiama in maggior misura le quote di accesso veicolare. Si sono espulse da queste aree le quote residenziali riducendole drasticamente e interferendo con attività minori come quelle artigianali e con gli strati sociali più deboli (anziani e via dicendo).
L'emendamento, naturalmente, non risolverà il problema, ma recepisce l'indicazione di massima della Regione che afferma la volontà di non favorire tutte quelle operazioni che riportano nel centro storico ulteriori quote di veicoli; ma al contrario intende favorire la rilocalizzazione di quote residenziali, che di fatto comportano una maggiore vivibilità all'interno dei centri storici, i quali diversamente - situazione facilmente dimostrabile - in determinate ore della giornata sono luoghi disabitati. E' questo un dato di fatto incontrovertibile.
Questo è il senso complessivo dell'emendamento. Riteniamo che sarebbe corretto da parte della Regione dimostrare, accogliendo questa piccola ma significativa variazione, la sua intenzione di farsi carico di un problema sempre più drammatico, che deve essere risolto con tutti i mezzi a nostra disposizione, ivi comprese delle indicazioni di massima. Queste ultime seppur esplicitate in forma particolare, devono sottolineare che siamo stanchi di vedere modificati i centri storici a favore della localizzazione di attività che si traducono In problemi di difficile gestione - quale appunto, quello dell'acces-so dei veicoli ai centri storici - e in costi sociali per le malattie che tutti sappiamo insorgere e per il danno al patrimonio edilizio esistente.
Voltiamo pagina, ed avviamo un politica diversa, come, per altri versi si sta tentando di fare con quegli sporadici finanziamenti a favore delle piste ciclabili. In questo senso, dovremmo prendere esempio dalle città olandesi - l'Assessore parlava dello Stato di Lussemburgo - dove l'accesso veicolare è stato limitato e si punta a favorire l'ampliamento delle piste ciclabili.



PRESIDENTE

La parola all'Assessore Carletto.



CARLETTO Mario, Assessore all'urbanistica

La Giunta non può accogliere l'emendamento perché ritiene assolutamente non corretto impedire la realizzazione di parcheggi multipiano in zone di attività produttive o del terziario. Limitare i parcheggi alle zone residenziali pare assolutamente riduttivo rispetto allo sviluppo delle città. Non possiamo essere d'accordo.



PRESIDENTE

Pongo in votazione l'emendamento n. 58), non accolto dalla Giunta.
Chi è favorevole è pregato di alzare la mano.
L'emendamento è respinto con 10 voti favorevoli, 20 contrari e 1 astensione.
59) Emendamento presentato dal Consigliere Marchini: Dopo la parola "articolo" abrogare le parole "negli interventi all'interno dei centri storici, di ristrutturazione urbanistica e di completamento". Consigliere Marchini, lo mantiene?



MARCHINI Sergio

Poiché conosciamo gli avvocati, non vorremmo che, essendoci un'indicazione specifica sulle modalità di realizzazione dei posti-macchina nel centro storico, non fosse consentita da altre parti: se questa è l'interpretazione della Giunta, ritiro l'emendamento. Pregherei l'Assessore di esplicitare bene.



CARLETTO Mario, Assessore all'urbanistica

A noi pare che, per come è definito, il testo oggi riassuma le preoccupazioni del Consigliere Marchini. L'emendamento ci pare rafforzativo di un concetto già contenuto nel testo, dunque ci sembra inutile.



MARCHINI Sergio

L'emendamento viene quindi ritirato.



PRESIDENTE

60) Emendamento presentato dai Consiglieri Chiezzi, Miglio e Segre: All'alt. 4, che sostituisce gli ultimi due commi dell'art. 21 della LR n. 56/77 e s.m. ed i., sono apportate le seguenti modificazioni: Al penultimo comma dell'art. 21, le parole: "se già destinate a piantumazione" sono soppresse e sostituite con le parole: "se piantumate o destinate a piantumazione".
La parola all'Assessore Carletto.



CARLETTO Mario, Assessore all'urbanistica

La Giunta lo accoglie.



PRESIDENTE

Pongo in votazione l'emendamento n. 60).
Chi è favorevole è pregato di alzare la mano.
L'emendamento è approvato con 30 voti favorevoli e 1 astensione.
Sub 61) Emendamento presentato dai Consiglieri Chiezzi. Miglio e Segre: Le parole "se destinate" sono sostituite con le parole "e comunque destinate".
La Giunta?



CARLETTO Mario, Assessore all'urbanistica

Rientra nell'emendamento accolto precedentemente dalla Giunta. Anche per il subemendamento 61), il testo è quello che emerge dall'accoglimento dell'emendamento n. 60.



CHIEZZI Giuseppe

Questo subemendamento era importante perché ampliava l'area comprensiva di sistemazione a verde ad ogni tipo di sistemazione (e comunque destinate), ad esempio anche al verde privato. Adesso si potrebbe discutere sull'ordine con cui abbiamo votato gli emendamenti, forse a questo punto era più giusto votare il subemendamento legato all'unico emendamento rimasto, di cui invece abbiamo anticipato rapidamente la votazione.
"Comunque destinate" tende ad inserire nelle aree da proteggere anche eventuali aree a verde privato. Rimane fuori questa specificazione che poteva utilmente essere introdotta anche in questo emendamento accettato: il rammarico è solo questo.



PRESIDENTE

La Giunta?



CARLETTO Mario, Assessore all'urbanistica

Se lei, Presidente, ritiene di metterlo in votazione, propongo di astenersi, perché - ripeto - è assorbito dall'emendamento già accolto dalla Giunta.



PRESIDENTE

Pongo in votazione l'emendamento.
Chi è favorevole è pregato di alzare la mano.
L'emendamento sub 61) è respinto con 11 voti favorevoli e 19 astensioni.
61) Emendamento presentato dai Consiglieri Chiezzi, Miglio e Segre: All'art. 4 del disegno di legge n. 98, che sostituisce gli ultimi due commi dell'art. 21 della LR n. 56/77 e s.m. ed i., sono apportate le seguenti modificazioni: Al penultimo comma dell'art. 21, le parole "se già destinate a piantumazione" sono soppresse e così sostituite: "se destinate a verde pubblico o privato dagli strumenti urbanistici vigenti". L'emendamento n.
61) è mantenuto? La Giunta?



CARLETTO Mario, Assessore all'urbanistica

L'emendamento n. 61) è assorbito dal n. 60).



PRESIDENTE

Ma chi lo sostiene?



CARLETTO Mario, Assessore all'urbanistica

Si tratta di una dizione che sostituisce quella che abbiamo votato. Il Consiglio ha approvato un certo testo.



PRESIDENTE

Il Consigliere Chiezzi ritira l'emendamento. 62) Emendamento presentato dal Consigliere Marchini: All'art. 4 che modifica l'art. 21 della LR n.
56/77 sono apportate le seguenti modifiche: dopo la parola "piantumazione" sono aggiunte le parole "nonché nella struttura degli edifici e loro copertura".
La parola all'Assessore Carletto.



CARLETTO Mario, Assessore all'urbanistica

La Giunta accoglie questo emendamento.



PRESIDENTE

Ha chiesto la parola il Consigliere Rivalta: ne ha facoltà.



RIVALTA Luigi

Mi sembra un emendamento demenziale: si pensa di considerare verde quello che si mette sopra i solai: non è ammissibile!



CARLETTO Mario, Assessore all'urbanistica

Sono I parcheggi, non il verde. Cosa c'entra il verde?



RIVALTA Luigi

Scusi, Assessore, dopo la parola "piantumazione" sono aggiunte le parole "nonché sulla struttura degli edifici".



CARLETTO Mario, Assessore all'urbanistica

Ma sono riferite al parcheggi, non al verde. Consigliere Rivalta, legga la frase completa.



RIVALTA Luigi

Ha ragione. Ecco perché lamia interpretazione coglieva un elemento demenziale.



PRESIDENTE

Pongo in votazione l'emendamento n. 62).
Chi è favorevole è pregato di alzare la mano.
L'emendamento è approvato con 20 voti favorevoli e 15 astensioni.
63) Emendamento presentato dai Consiglieri Rivalta, Bresso e Buzio: Al primo comma, secondo capoverso, dopo i due punti, dopo la parola "piantumazione" aggiungere "in ogni caso senza che le superfici delle relative coperture comunque sistemate, possano essere considerate, ai fini di standards, come aree a verde di cui alla lettera c), nel caso di cui al n. 1) o come area a verde nei casi di cui ai numeri 2) e 3) dei presente articolo".
La parola al Consigliere Rivalta.



RIVALTA Luigi

La dizione aggiunta non è chiara e spero che ci sia una pulitura formale, perché dopo aver scritto "perché non pregiudichi le aree sovrastanti se già destinate a piantumazione, nonché sulle strutture degli edifici e loro copertura"...



CARLETTO Mario, Assessore all'urbanistica

E' un errore di battitura: la versione esatta è "nella struttura degli edifici e loro copertura". Vuol dire che sono consentiti i parcheggi nella struttura degli edifici e sui tetti: su un tetto piano è consentito di fare il parcheggio. Questo è il significato dell'emendamento e mi pare che non sia stravolgente che su un tetto piano si possa fare un parcheggio.



PRESIDENTE

La parola al Consigliere Rivalta.



RIVALTA Luigi

Ho reagito con energia a quella che supponevo fosse l'intenzione dell'emendamento di Marchini, perché con l'emendamento da noi presentato sosteniamo proprio il contrario di quella mia interpretazione.
Chiediamo di aggiungere che, in ogni caso; le superfici delle relative coperture, comunque sistemate "ai fini di standard, come aree a verde di cui alla lettera c)", non possano essere computate ai fini dello standard come area verde.
Chiediamo che, anche se sistemate a verde, non vengano computate come tali le superfici sistemate con erbetta o con cespuglietto che stanno sopra le coperture. Gli standard a verde sono standard di verde piantumato; in qualche caso si precisa persino il numero degli alberi.
Un conto è il verde decorativo, quello che si mette su una superficie di cemento per coprirla, e un conto è il verde che vive a malapena se tutti i giorni gli si porta un'attenta cura.
Il verde degli standard è cosa diversa: è quello che piantumato e non solo a livello di erbetta, cespuglietto o fiori, può resistere con la sua capacità naturale biologica. Un albero vive se ha un rapporto coti il sottosuolo: se vi è una superficie di cemento s'interrompono tutti i processi di traspirazione e la vita biologica esistente sotto terra, che vive in simbiosi con gli alberi: quindi, gli alberi non sopravvivono.
Abbiamo visto cos'è successo agli alberi dei viali di Torino solo perché gli si è andati attorno con l'asfalto: sono tutti diventati malati insofferenti e non vegetano.
Si possono coprire le superfici di solaio con l'erbetta, è un abbellimento, ma quella non può essere considerata superficie verde ai sensi degli standards, perché non e un verde vegetale e naturale. Se computassimo queste superfici farebbero la fine del 10% del verde nelle aree industriali che nessuno va a controllare e deperiscono rapidamente perché nessuno le rigenera: è proprio un verde che sparisce.



PRESIDENTE

La parola all'Assessore Carletto.



CARLETTO Mario, Assessore all'urbanistica

Devo dire che sono in una certa difficoltà perché si intrecciano due ragionamenti, uno teorico ed uno pratico, di gestione. A proposito del ragionamento teorico, sul quale non mi sento di essere d'accordo con il collega Rivalta, che è quello che avendo realizzato un parcheggio multipiano sotterraneo sul quale si deve realizzare un giardino (al di là dei problemi tecnici di come realizzarlo) abbiamo parlato a lungo in Commissione.
Agli effetti del conteggio degli standard, mi sembra che la richiesta sia quella che il giardino realizzato sopra un garage multipiano non sia conteggiato a verde. E' questo il problema? Perché questa richiesta?



RIVALTA Luigi

Perché non è un verde.



CARLETTO Mario, Assessore all'urbanistica

Ma allora siamo stati incoerenti nel chiedere con l'emendamento del Consigliere Miglio, accolto dalla Giunta, che gli spazi piantumati previsti o realizzati, debbano essere mantenuti tali. Abbiamo chiesto che siano mantenuti tali proprio per mantenere il giardino, se esiste, e per realizzarlo, se non esiste. Dopo di che, in modo incoerente, diciamo: "per questo verde non può essere conteggiato come standard".
La gestione di quel giardino, del tipo di piante, del fatto di mettere le piante che possano vivere, vegetare e non metterne altre che dopo un anno muoiono, è un problema che attiene al Comune, che deve gestire quell'area.
Dal punto di vista teorico, auspico di poter costruire in quell'area un garage multipiano e sopra un bellissimo giardino. L'avete chiesto anche voi con l'emendamento, e noi siamo così d'accordo che l'abbiamo accettato. Mi sembra incoerente questo atteggiamento.
E' una questione riguardante la gestione, che deve attuare il Comune soprattutto nel momento in cui lo stesso lo conteggia come standard.



PRESIDENTE

La parola al Consigliere Chiezzi.



CHIEZZI Giuseppe

Assessore, non mi sembra che ci sia questa contraddizione, perch l'emendamento approvato prima parla di aree destinate a piantumazione. Ma cos'è la piantumazione? Certo non è l'arbustazione. Si può discutere su cosa sia, ma nelle intenzioni dei proponenti non era la messa a dimora di fiori ed arbusti.
Il termine piantumazione ci sembrava - evidentemente ci siamo sbagliati inequivoco per definire la messa a dimora di piante a medio e ad alto fusto in piena terra: questa è la piantumazione. Non so se posso portare qualche pezza giustificativa del servizio giardini alberati del Comune di Torino e dei tecnici del settore, ma mi sembra che per piantumazione si intenda quello.
L'Assessore Carletto invece ci dice che la piantumazione è la stessa cosa della messa a dimora di qualche cespuglietto (la cespugliazione) o di qualche fiore. In pratica ci dice che il "verde pubblico" si compra dal fioraio, che i fiorai vendono lo standard per il verde pubblico: si fanno delle grandi aiuole, si comprano dei grandi vasi e della terra da fiori e si piantano arbusti e fiori sopra i garage: ecco trovato il verde pubblico.
Sostengo invece che lo standard di verde pubblico non si acquista dai fiorai ma si trova sulla piena terra di questa nostra natura, piantumandola a dovere. A questo proposito devo quindi dire: 1) non mi pare ci sia alcuna contraddizione 2) non penso possibile che le superfici dei garage trattate a fiore siano considerate verde pubblico finalizzato al gioco, allo sport e a parco, e, che si possano considerare tali le superfici degli extradossi dei parcheggi opportunamente sistemati in modo che la vista sia il più gradevole possibile.
Per questo motivo sostengo questo emendamento, che non ritengo in contraddizione con Il precedente. Viceversa sono molto preoccupato della definizione di piantumazione sottesa dalle parole dell'Assessore, perché a questo punto la stessa superficie la si vende due volte (una volta la vendiamo a parcheggio), anzi sei o sette volte con i solai nel sottosuolo e poi in aggiunta, come l'osso con il bollito, aggiungiamo anche la soddisfazione dello standard previsto per le aree verdi.
Non esageriamo! Si facciano i parcheggi ma si eviti di dire che sopra le solette c'è un parco adatto al gioco e allo sport, così come dice il punto c) del comma primo dell'art. 21.



PRESIDENTE

La parola all'Assessore Carletto.



CARLETTO Mario, Assessore all'urbanistica

Voglio solo precisare questo: un giardino a prato verde con i fiorellini, concorre a fare lo standard.
Mi chiedo dunque perché - se poi ci vogliano 20 o 50 cm, di terra per fare il prato, non sono un coltivatore diretto e quindi non te lo so dire lo stesso giardino con i fiorellini fatto sopra un parcheggio non debba concorrere a fare standard, così come, ad esempio, concorre il prato con i fìorellini che c'è in piazza Statuto. Questo è il quesito che pongo; se poi la questione è quella di dire "hanno già speculato facendo...", questo è un altro problema.
Io chiedo solo di trattare le condizioni in modo omogeneo. Ho chiesto: un prato verde con i fiorellini lo conteggiamo come standard? Mi è stato detto di si e quindi, ripeto, mi chiedo perché se il prato verde con i fiorellini è sopra un parcheggio non lo si debba conteggiare. Per questo motivo non sono d'accordo ad accettare l'emendamento.



PRESIDENTE

La parola al Consigliere Rivalta per dichiarazione di voto.



RIVALTA Luigi

Speravo che l'Assessore prestasse qualche attenzione in più ad un problema così delicato, lo non sono né un botanico né un forestale ma da quanto ho appreso la differenza tra un prato ed un albero non è solo quella fisica e visiva, ma per noi è di interesse vitale la quantità di ossigeno determinata dalla trasformazione del carbonio.
E quindi importante tenere conto di questo quando si fissano gli standard, e gli standard non vengono fissati per le zone agricole, ma per le zone urbane ed hanno particolare importanza perle grandi città. E' necessario che quello standard, quella misura limitata ormai difesa con i denti (addirittura adesso si vogliono far saltare gli standard fissati per legge) ci sia e porti dentro la città una quantità di verde capace di aiutare la qualificazione dell'atmosfera in cui viviamo.
Le questioni relative all'inquinamento che vive una città come Torino come Milano, soprattutto nei periodi estivi, sono anche dovute alla mancanza di aree verdi che fanno da filtro, che riciclano aria; il calore estivo, che colpisce soprattutto le persone più deboli, è dovuto anche alla mancanza di verde. Quest'estate mi sono preso la briga di prendere un termometro sensibile e di girare per Torino, rilevando i salti di temperatura tra zona e zona. Ebbene, dove ci sono gli alberi le temperature sono inferiori, proprio perché si determinano movimento d'aria e refrigerazione. Quando si parla di standard bisogna dunque parlare di strutture arborate, non di semplici aiuole a verde. Di questo passo, credo che finiremo per contare verde in Torino i gerani che si appendono alle ringhiere dei ponti.
Pensate ad immaginare come potrebbe diventare una città come Torino.
Torino ha una dimensione di circa 100 chilometri quadrati e la stragrande parte è coperta di asfalto e di cemento. Se introduciamo delle norme secondo le quali possiamo considerare verde i cespugli, le erbe che stanno sopra i solari daremmo un incentivo ad eliminare tutta la forestazione ancora rimasta in città. Ve li immaginate 100 chilometri quadrati di superficie ad asfalto e cemento? Volete questo? Volete che quasi due milioni di abitanti vivano su una lastra di cemento a malapena abbellita? Perché è questo che c'è sotto questa questione! Ci sarebbe una città viva soltanto di verniciatura, di un po' di erbetta, che ha difficoltà a vivere anche se la si cura moltissimo.
Aggiungo poi che stiamo veramente trasformando l'ambiente di vita dell'uomo, quello dove vive la gran parte del suo tempo, togliendogli ogni radice; lo dico in senso metaforico ma qui è davvero tosi. Un albero vive di un sotto terra con una quantità enorme di batteri, di microbi, di venni di animali che fanno parte del ciclo vitale dell'albero. Un albero vive proprio perché sotto vi passa l'acqua, che penetra in profondità e poi risale: la traspirazione è dovuta a questo ciclo; le radici profonde degli alberi prendono l'acqua e poi la restituiscono attraverso il loro canali interni e mediante la traspirazione delle foglie.
Se facciamo passare il principio per cui si può costruire dei solai mettendogli sopra l'erbetta che si usa per i campi da tennis o da football (che viene cambiata periodicamente), considerando ciò come verde, ci troveremo con 100 chilometri quadrati di una città come Torino che non ha più alcun rapporto - che nessuno considera ma che va considerato fondamentale - tra atmosfera e sottoterra, rapporto che ha come legame vero, funzionale anche quello delle radici profonde degli alberi.
Vi chiedo davvero di pensare a queste cose, perché gridiamo tutti a difesa dell'Amazzonia e poi lasciamo morire l'albero che c'è sotto casa favorendo addirittura, corale norme, la morte dell'albero che c'è sotto casa. Considero gli alberi preziosissimi, con più difficoltà a vivere nell'ambiente cittadino degli animali. Sotto questo profilo ci si preoccupa molto, e si fa bene, dei cani, degli animali sinantropi (come si dice oggi) e non ci si preoccupa degli alberi.
Una norma di questo genere mi preoccupa molto; secondo me segna inconsciamente, il massimo di barbaria raggiunto nel governo delle città.
Forse moriremo tutti prima di vedere cosa succede, ma certamente fra qualche decina d'anni ci troveremo davvero in un deserto di cemento. Questa è la ragione per cui naturalmente sostengo questo articolo e la respinta di questa cosa, di per sé, vale per me il no a tutto il disegno di legge.



PRESIDENTE

La parola al Consigliere Chiezzi.



CHIEZZI Giuseppe

Interloquendo con le domande che poneva l'Assessore Carletto - alle quali non voglio sottrarmi, anzi le ritengo domande utili e stimolanti perché sono convinto che sono fatte in perfetta buona fede e convinzione cercherò di dare delle risposte plausibili.
L'Assessore ci chiede (non è una domanda da poco e credo alla sua fondatezza): perché mai, sistemando qualche aiuola sopra un garage mettendo un po' di fiori e qualche arbusto, questo non lo considerate verde? Io provo a spiegare perché non mi pare che rientri in uno spazio verde.
Intanto lo standard previsto dalla legge è uno standard di aree a parco per il gioco e lo sport. Sulla superficie di un garage, che non è sterminato, bisogna garantire un parco - e l'Assessore dice che un praticello può andar bene - per il gioco e lo sport.
Le aree sistemate sopra i garage sono innanzitutto vincolate alle norme che regolano la costruzione dei garage multipiano, che disciplinano soprattutto l'areazione; quindi queste aree sono tutte forate e hanno una superficie di foratura che è in funzione del numero dei posti auto ricavati. Si tratta pertanto materialmente di aree che hanno delle cavità da proteggere su tutta la superficie, quindi di aree frantumate.
L'Assessore dice però che queste aree sono ben sistemate: certo, si potranno fare delle aiuole e mettere piccoli arbusti o apparati floreali ma che tipo di gioco è possibile su queste aree? Non è possibile un gioco compatibile con il parco perché sulle pochissime aree verdi sistemate bene ci sarà scritto "vietato giocare", "vietato calpestare", e i ragazzi e i bambini di quelle zone potranno tutt'al più andare in bicicletta o tirare calci al pallone nelle parti asfaltate.



CARLETTO Mario, Assessore all'urbanistica.

I giardini di piazza Benefica e piazza Statuto cosa sono? Sono aree verdi, ed allora le contiamo come standard.



CHIEZZI Giuseppe

Il giardino di piazza Benefica ha piante ad alto fusto. Su queste aree il gioco non viene garantito se non ai livelli che ho detto prima. Non parliamo dello sport, perché non può essere effettuato alcun tipo di sporte da questo punto di vista la legge segnalava dei criteri per impedire che tali aree venissero dedicate a questo.
Aggiungo inoltre che dai fori che "grattugiano" tutta la superficie dei garage non esce aria buona, bensì i fumi e i gas che si generano dalle automobili che arrivano e partono dai garage; si tratta quindi di un parco con sfiatatoi. Questo impedisce di considerare questa come un'area verde quando al concetto di area verde si assegna la pulizia, il silenzio e via dicendo.
Portando all'estremo il ragionamento dell'Assessore, vengono fuori due concezioni della vita, perché ad esempio si potrebbe dire che il prato pu anche essere finto, basta che sia verde, ed anche i fiori possono essere finti basta che siano colorati e sembrino veri. Ci sono persone che arredano in questo modo la loro casa e ci sono condomini che arredano le loro aree verdi con alberi finti.
L'Assessore dirà che sembrano veri ed io posso rispondere che è vero ma non devono essere contati come veri, almeno questo? Non si possono contare come standard? E' una questione di gusto, di cultura, di scelta di vita, può essere tutto questo, ma non si costringa chi non ritiene che un albero finto sia uguale a un albero vero di potergli vendere come standard un albero finto piuttosto che un albero vero.
Sugli effetti della vegetazione vera sulla vita della città sono stati fatti degli studi. Ricordo al Consiglio che qualche anno fa sul quotidiano "Il Sole 24 ore" è comparso un articolo dal titolo: "Oasi verdi tra strade e palazzi". Da quanto è scritto in questo articolo, che adesso lo riprendo per sommi capi; si capisce anche cosa si debba intendere per area verde: non possono essere i pochi cespugli e le aiuolette ricavate sopra i garage.
Leggo quell'articolo: "Si conoscono i dati sull'influenza della vegetazione sulla diminuzione delle polveri contenute nell'aria attraverso la fissazione sulla superficie delle foglie di significative quantità di sostanze. Si valuta, ad esempio, che una superficie a verde fissa 3,5 volte più polvere che una superficie nuda. La quantità di polvere nel centro delle città è circa 5-10 volte superiore che non in un parco, mentre in una via non alberata la quantità è tre volte superiore rispetto a una via alberata". 14 lati di piazza Benefica hanno 3 volte meno polvere dei 4 lati dell'isolato vicino, ma piazza Benefica è piantumata a verde, è un giardino.
L'articolo continua: "Questa azione di filtro corrisponde anche a una epurazione batterica e microbica Per quanto riguarda gli effetti fatti sulla temperatura, esperimenti fatti a Francoforte hanno permesso di valutare in circa 3,5 gradi l'abbassamento di temperatura che è provocato da una zona verde con alberi; tale abbassamento corrisponde ad una differenza di altitudine di circa 700 metri sul livello del mare", quindi piazza Benefica è a 900 metri sul livello del mare e le vie vicine sono a 220 metri! "Sensibile è anche l'influenza sui livelli di rumorosità. Un filare di alberi abbatte di circa 5-10 decibel i livelli di intensità sonora e diminuisce sensibilmente l'effetto-eco tra le facciate, mentre una striscia di verde di 40 metri di larghezza consente una limitazione fino a 25 decibel".
L'articolo si sofferma in seguito sugli aspetti psichici e di rinaturazione della città: "Nella capitale austriaca sono circa 150.000 ogni anno gli alberi che vengono piantati sia nei boschi e parchi sia nelle vie sistemate coi criteri della moderna circolazione. Dal 1973 ad oggi sono circa 100 nuovi spazi verdi per una superflue di 4 milioni di metri quadrati".
E tutto verde vero! Verde in piena terra, verde piantumato, quel verde che non potrà mai essere realizzato sopra una soletta di calcestruzzo.
Sopra una superficie di garage l'attenzione e gli investimenti non sono tanto tesi a far fiorire il più possibile il verde quanto a impedire le infiltrazioni d'acqua nel sottosuolo; quelle infiltrazioni che viceversa sono una delle linfe che permette al verde di chiamarsi tale.



PRESIDENTE

Pongo in votazione l'emendamento n. 63) presentato dai Consiglieri Rivalta, Bresso e Buzio.
Chi è favorevole è pregato di alzare la mano.
E respinto con 12 voti favorevoli e 25 contrari.
64) Emendamento presentato dai Consiglieri Chiezzi e Miglio: All'art. 4 aggiungere al fondo: "sino al limite di 7 metri quadrati per abitante".
La parola all'Assessore Carletto.



CARLETTO Mario, Assessore all'urbanistica:

Chiedo un chiarimento ai proponenti, in quanto questo limite è già previsto per la residenza al comma l. Per la residenza non vale quanto proposto dall'emendamento perché è già previsto, quindi è inutile ripeterlo. Per il settore industriale e terziario invece non funziona perché non ci sono questioni di rapporti "metri quadrati per abitante" quindi chiedo di poter capire l'emendamento.



PRESIDENTE

La parola al Consigliere Chiezzi per l'illustrazione.



CHIEZZI Giuseppe

L'emendamento ha questa ragione: innanzitutto, il limite di 7 metri è stato prescelto perché già esistente per la destinazione residenziale; è quindi un limite discutibile. L'ho scelto solo per avere elementi di riferimento ed ho scelto l'elemento già presente nell'articolo. I 7 metri possono quindi diventare 6 o 5.
Il senso dell'emendamento, al di là della cifra che confermerei per non introdurre novità, è di limitare gli spazi privati da destinare ad uso pubblico. Sappiamo, infatti, che la carenza di spazi da destinare ai servizi è uno dei problemi delle Amministrazioni comunali; se non mettiamo un vincolo che limita la scelta delle aree che i privati sono disponibili ad assoggettare ad uso pubblico, corriamo il rischio che le Amministrazioni comunali, in difficoltà a reperire aree idonee (quelle ben collocate e con dimensione congrua), siano portate a soddisfare lo standard con aree di seconda scelta, di scarto per i privati ed in zone inidonee. Infatti, non avendo limiti e avendo difficoltà amministrative ad acquisire aree ad uso pubblico, le Amministrazioni vengono indotte a coprire lo standard con qualsiasi area, purché i privati siano disponibili a cederle.
L'emendamento tende quindi a difendere il ruolo dell'Amministrazione comunale ed a destinare, per i servizi, aree congrue e non aree marginali situate in fondo ad una ripa o franose. Il senso dell'emendamento è quello di fissare un limite anche per i settori industriali e terziari, così come fissato per il settore della residenza.
Se questa indicazione non è congrua, troviamone pure un'altra, anche se non riesco ad individuare elementi di riferimento che non siano i metri quadrati. Si può discutere il fatto che i metri siano 7, ma chiedo di dare una misura perché diversamente il Comune può essere indotto a coprire tutto il fabbisogno dello standard con aree anche private, purché assoggettate ad uso pubblico.
Ritengo che questo porti a diminuire gli elementi di qualità nella predisposizione di aree destinate a servizio pubblico e induca i Comuni ad "arrangiarsi con quel che passa il privato", cosa spesso non ottimale in termini di interesse pubblico.
Chiedo quindi all'Assessore se è d'accordo a fissare un limite; sulla natura del limite (anche se questo continua a parermi congruo) si possono discutere altre ipotesi.



PRESIDENZA DEL VICEPRESIDENTE GROSSO



PRESIDENTE

La parola all'Assessore Carletto.



CARLETTO Mario, Assessore all'urbanistica

Mi pare che questo emendamento, Consigliere Chiezzi, non si rivolga alle zone residenziali, ma a quelle industriali e terziarie, per le quali si vuole fissare un limite. Il limite, però, mi pare ci sia già: è del 50 ed è il limite delle aree che il privato mette a disposizione del pubblico.



CHIEZZI Giuseppe

Non c'è un limite, Assessore Carletto.



CARLETTO Mario, Assessore all'urbanistica

Questo limite è all'interno degli standard vigenti, ovviamente. Ma a cosa serve?



CHIEZZI Giuseppe

Leggo l'art. 21, che dice: "Ai fini degli standard di cui al presente articolo, anche per gli interventi di cui ai punti 2) e 3)" - le aree per insediamenti produttivi e commerciali - "sono computabili" - ai fini degli standard - "oltre alle aree delle quali è prevista l'acquisizione da parte della Pubblica Amministrazione, anche quelle private per le quali è previsto l'assoggettamento ad uso pubblico, nelle proporzioni definite dai PRG".
Per le aree residenziali il limite ha un tetto massimo di 7 metri quadrati privati assoggettati ad uso pubblico.
Ritengo quindi necessario che, anche nell'articolo proposto dall'Assessore Carletto per le aree produttive e commerciali, venga fissato un tetto che stabilisca un limite alla percentuale di area privata considerata pubblica, sinora demandata ai Piani regolatori.



CARLETTO Mario, Assessore all'urbanistica

Dal'77 ad oggi l'individuazione di questo limite è stata rimandata alle scelte dei Piani regolatori.



CHIEZZI Giuseppe

Chiedo che, analogamente alla residenza, la legge fissi un limite massimo.



CARLETTO Mario, Assessore all'urbanistica

Dal 1977 ad oggi non abbiamo mai verificato l'esigenza di introdurre questo limite. Non capisco quale vantaggio porti, perché la condizione della residenza è sicuramente diversa da quella del terziario e dell'industriale.
Nella residenza fu inserito, con la legge n. 56, soprattutto per ragioni legate alla qualità della vita, mentre nelle zone industriali e del terziario non se ne è mai sentita l'esigenza, né la sentiamo oggi perch ogni Piano regolatore nonna un limite a seconda delle caratteristiche del territorio. Viene non-nato percentualmente; ma in modo disomogeneo a seconda delle condizioni che poi la Regione verifica, lasciando per libertà di scelta al Comune. Ritengo quindi debba rimanere all'autonomia comunale.



PRESIDENZA DEL PRESIDENTE SPAGNUOLO



PRESIDENTE

Non essendovi altri interventi, pongo in votazione l'emendamento n.
64), non accolto dalla Giunta. Chi è favorevole è pregato di alzare la mano.
L'emendamento è respinto con 9 voti favorevoli e 26 contrari.
La parola al Consigliere Chiezzi per dichiarazione di voto sull'art. 4.



CHIEZZI Giuseppe

Signor Presidente, anche per l'art. 4 1e cose non sono andate molto bene: era stata presentata una dozzina di emendamenti; ma mi sembra che i più rilevanti siano stati respinti. Ne è risultato un articolo che dal punto di vista dell'acquisizione degli standard urbanistici per servizi segna un arretramento netto rispetto ai livelli di standard previsti dalla legge n. 56: nel futuro nel Piemonte avremo meno spazi per servizi e di peggiore qualità.
Questo in una situazione in cui, a parole ed anche in forma scritta dove la forma scritta non ha forza di legge, ognuno è a favore dell'ambiente: alla televisione, alla radio, sui giornali: "L'ambiente è al primo posto.., gli investimenti devono essere di qualità..." Verifichiamo costantemente, però, che sul tema dell'ambiente, ogniqualvolta si tratta di decidere e non di far parole, le decisioni non sono in direzione di valorizzare inserimenti di qualità ambientale all'interno dei nostri provvedimenti, ma nella direzione opposta, limitandoli ancor di più rispetto a quanto lo siano già.
L'ambiente urbano è oggi, in Italia, uno degli elementi maggiormente all'attenzione di milioni di cittadini, in Piemonte, la legge urbanistica che state smantellando e mortificando anche per quanto riguarda gli standard, ha ottenuto che gli interventi di trasformazione edilizia avvenissero garantendo una quantità minima di spazi. Si può dire che la garanzia di quantità minima di spazi non ha dato i risultati voluti in termini di qualità, e su questo penso si possa concordare e ragionare. Dal punto di vista delle realizzazioni, nelle nostre città, anche dove si sono individuate aree previste dalla legge Astengo per servizi pubblici, non si può dire che questi spazi siano sempre stati trattati adeguatamente traducendosi veramente in spazi di vita, in spazi di relazione riconosciuti come tali.
Di qui la critica al fatto che gli aspetti di quantità non possono essere gli unici elementi di riferimento per una politica di standard urbanistico. E' anche vero che, senza una minima quantità su cui far leva i discorsi di qualità su cosa si reggono? Se un organismo per vivere ha bisogno di 3.000 calorie al giorno, si ha un bel dargli un piatto di ottimo consommè profumato! Se quel piatto contiene solo 120 calorie, pur essendo buonissimo e profumato non sarà sufficiente a tenere in vita un organismo umano. Per gli standard urbanistici il discorso è il medesimo: non possiamo continuamente depotenziare la quantità di standard prevista a sostegno degli insediamenti residenziali, industriali e commerciali, consolandoci con l'ottima qualità delle ridotte quantità.
Anche questo è uno di quegli articoli in forza dei quali si giustifica un'opposizione a questa legge, per far sapere all'interno e all'esterno del Consiglio che, contro questo smantellamento e questo ritorno all'indietro dal punto di vista culturale oltreché politico per quanto riguarda le leggi urbanistiche, c'è un opposizione che cerca di contrastare quanto sta avvenendo e cerca di far sentire la propria voce.
Per questi motivi voterò contro l'art. 4.



PRESIDENTE

Non essendovi altre dichiarazioni di voto, si proceda alla votazione per appello nominale dell'art. 4 nel testo modificato.
L'esito della votazione è il seguente: presenti e votanti 42 hanno risposto SI 27 Consiglieri hanno risposto NO 13 Consiglieri si sono astenuti 2 Consiglieri L'art. 4 è approvato.
ART. 4 bis 65) Emendamento presentato dal Consigliere Marchini.
Dopo l'art. 4 è aggiunto il seguente art. 4 bis. "Art. 4 bis 1. Dopo il secondo comma dell'art. 22 della LR n. 56/77 e s.m. ed i., è aggiunto il seguente comma: Le dotazioni di standards urbanistici prescritte dal presente articolo possono essere parzialmente soddisfatte anche attraverso aree appartenenti a Comuni con termini, in presenza di accordi di programma che assicurino le dotazioni medesime, formati a tal fine ai sensi dell'art. 27 della legge 8 giugno 1990, n. 142. L'accordo pu essere promosso dal Sindaco di ciascuno dei Comuni interessati, mediante la convocazione della conferenza di cui al terzo comma dell'art. 27 della legge 8 giugno 1990, n. 142. La conferenza formula la proposta di accordo che deve ottenere il consenso unanime dei Comuni interessati, deciso dai rispettivi Consigli comunali anche quando l'accordo non comporti variante agii strumenti urbanistici dei singoli Comuni. La deliberazione consiliare anzidetta produce gli effetti di cui al quinto comma dell'art. 27 della legge 8 giugno 1990, n.142. L'accordo non è revocabile se non con l'integrazione degli standards fino a raggiungere in ciascun Comune le dotazioni prescritte".
La parola al Consigliere Marchini.



MARCHINI Sergio

Prendo la parola per dichiarare che ritirerò l'emendamento, ma anche per giustificare la ragione della sua presenza. Considero questo emendamento - già articolo ritirato in Commissione dalla Giunta - un fatto di grande interesse e mi rammarico non abbia trovato le condizioni politiche di sistema per essere avviato. Mi è sembrato opportuno che rimanesse alla storia di questa Regione l'intuizione della Giunta che riconosce, nell'accordo di programma tra i Comuni, un elemento di forte novità nella gestione del territorio della nostra Regione.
Sono convinto che sia l'attuazione della legge regionale 16 sia la realizzazione dell'area metropolitana, comunque venga concepita, dovranno trovare nello spirito e nella lettera dell'intuizione della Giunta la loro concreta modalità di esplicazione. In altri termini, i Comuni devono essere messi nelle condizioni di maturare una coscienza che faccia crescere al di là delle proprie mura daziarie la capacità di governo complessivo raccordato.
Ritiro quindi l'emendamento, rassegnando questa questione alla storia della vicenda urbanistica della Regione come un elemento di estremo interesse e di forte novità, rispetto alla quale la Giunta merita grande apprezzamento, quanto meno dalla mia forza politica. Il rammarico è che non siano maturate le condizioni politiche e le condizioni a monte di ordine anche giuridico per la loro pratica attuazione.



PRESIDENTE

L'emendamento n. 65) presentato dal Consigliere Marchini è dunque ritirato.
Sub 66 A) Emendamento presentato dalla Giunta regionale: Al quinto capoverso dell'art. 4 bis, seconda riga, dopo le parole "saranno precisate" sostituire le parole "la superficie di vendita magazzino, per le attività accessorie e per parcheggi pubblici" con le seguenti "le destinazioni d'uso con riferimento alle tre diverse destinazioni: a) superfici di vendita e a magazzino, b) attività accessorie, c) servizi pubblici (parcheggi e verde pubblici)".
La parola all'Assessore Vetrino per l'illustrazione.



VETRINO Bianca, Assessore al commercio

Signor Presidente, intervengo per evitare che su questo emendamento si crei la stessa confusione verificatasi sull'altro, dando per scontate alcune informazioni e non volendo ridurre l'aula all'atmosfera di una Commissione consiliare.
Data l'importanza dell'emendamento, sarà forse opportuno spiegare nel dettaglio gli emendamenti che intendiamo proporre all'art. 26, magari evitando al Consigliere Chiezzi di fare una dichiarazione così brutta come quella sull'ari. 4. Se egli, parlando di smantellamento di certi standard si riferiva a quelli relativi al commercio, rifiuto assolutamente quanto da lui affermato, poiché, con le proposte di formulazione delle modifiche all'ari. 21, abbiamo semplicemente mantenuto il concetto di standard attuale, cioè il 100% della superficie lorda di calpestio, ridotta all'80 quando l'insediamento si riferisce al centro storico. Questo non lo abbiamo detto oggi, ma già lo dice l'art. 21 della nostra legge quando prevede le norme per gli insediamenti direzionali e commerciali; noi abbiamo invece detto che a questi standard si aggiungono quelli che, di volta in volta saranno previsti dalle indicazioni programmatiche di urbanistica commerciale.
Il Consigliere Chiezzi ha ragione quando dice che alcune di queste norme sono labili, nel senso che possono essere o non possono essere cambiamo allora le norme di tipo commerciale - e lo faremo -. Non si pu comunque dire che abbiamo smantellato qualcosa; abbiamo semplicemente, come ho detto all'inizio, riportato nella legislazione urbanistica, dando dignità e cogenza urbanistica, norme che già c'erano a livello commerciale.
Ciò con l'obiettivo di ottenere una maggiore dotazione di parcheggi privati e pubblici, di aree verdi, di aree per movimentazione delle merci, tutte cose indispensabili ad un adeguato funzionamento di un centro commerciale.
Spero che questa norma mi aiuti a risolvere il problema di Grugliasco problema che porterò nella Commissione competente appena avrò tutti gli elementi necessari; è probabile che questo nuovo emendamento, quindi questo aggiornamento della legge, ci aiuti anche a risolvere quei problemi che finora non siamo riusciti a governare.
E' necessario che i Consiglieri regionali, non avendo forse sotto mano il testo della vecchia legge n. 56, abbiano conoscenza di quello che noi prevedevamo nell'art. 26, ultimo comma. Il testo recitava: "Il rilascio di concessioni relative alla realizzazione di nuovi insediamenti commerciali con superficie superiore ai 400 metri quadrati nei Comuni fino a 10.000 abitanti e con superficie superiore ai 1.500 metri quadrati negli altri Comuni è subordinato al preventivo rilascio della prescritta autorizzazione della Regione". Come voi sapete, i Comuni al di sotto dei 10.000 abitanti possono concedere direttamente una licenza di 398 metri senza chiedere l'autorizzazione alla Regione, e così vale per l'altro riferimento sui 1.500 metri quadrati.
Noi cerchiamo di attuare anche un controllo di quello che succede a livello comunale chiedendo ai Comuni di farci l'elenco delle autorizzazioni che rilasciano senza l'autorizzazione regionale, in modo da avere una specie di censimento di quello che succede dal lato commerciale. Se qualcunovolesse verificare questo censimento, cioè le notizie che ci forniscono i Comuni, si accorgerebbe che molte delle licenze dei Comuni al di sotto dei diecimila abitanti sono di 398 metri quadrati, e molte delle licenze dei Comuni superiori ai diecimila abitanti sono di 1495 metri; ma questo attiene alla legislazione e all'autonomia che riserviamo ai nostri Comuni.
Ho parlato di nuovi insediamenti; con l'emendamento superiamo il concetto di "nuovi insediamenti", eliminando la parola "nuovi" e correggendo l'effetto limitativo derivato dall'adozione dell'aggettivo, che consente allo stato attuale di non verificare le modifiche introdotte quando sia stato rilasciato un originario nullaosta ed una originaria concessione edilizia.
Devo dire che la dizione "nuovi" ha portato ad una serie di equivoci e di difficoltà di rapporto tra la Commissione regionale al commercio e i Comuni, perché abbiamo anche avuto dei Comuni che hanno inteso spacciare una concessionaria automobilistica come un centro commerciale, dicendo che non era necessaria l'autorizzazione regionale perché tanto si trattava di cosa già prevista e inserita e che all'interno della concessionaria stessa c'era pur sempre uno spazio commerciale, quindi quella era una cosa vecchia.
Ai sensi di questa svista, fatta a suo tempo dal legislatore, abbiamo avuto molti casi di contenzioso; eliminando questa parola, tutti gli insediamenti, e quindi anche gli allargamenti, le ristrutturazioni e gli avanzamenti, devono avere l'autorizzazione regionale. Dopo il primo capoverso, ci sono 5 nuovi commi, che introducono 5 novità non sostanziali ma comunque importanti. Prima di tutto s'introduce il concetto di superficie lorda di calpestio per insediamenti commerciali, finora non prevista in modo così preciso come la prevediamo nelle nostre nuove norme urbanistiche, che prima era riferita unicamente agli standard.
In sostanza cosa facciamo? Proponiamo di svincolare il concetto di superficie di vendita, legato strettamente alle norme della legge n. 80/90 in materia di commercio, dalla superficie dell'immobile. A questo riguardo spiego anche l'emendamento; ho proposto, oltre a questi commi, anche dei subemendamenti, che tendono a chiarire maggiormente il concetto e a non far sorgere ulteriori dubbi sulla superficie di vendita, di magazzino, di spazi pubblici e di spazio accessorio. Soprattutto quest'ultimo presenta sempre grosse difficoltà di valutazione all'interno della Commissione.
In questo senso abbiamo introdotto un concetto nuovo, che rimanda molto la valutazione alla sfera urbanistica, che è importante. Non mi sento privata di nulla e l'ho detto anche all'Assessore Carletto, mentre confezionavamo queste norme; si aveva quasi l'impressione che l'Assessore al commercio demandasse troppo all'urbanistica.
Credo che la migliore soluzione sia quella di far esaminare insieme il progetto e l'insediamento per far sì che il parere e la valutazione che pervengono siano generali. E un problema esistente in tutti gli interventi generali sul territorio, per cui c'è la legge n. 431 che viaggia per conto proprio così come la legge geologica e la legge urbanistica, e succede spesso che la Regione si pronunci anche con pareri difformi, riconoscendo un valore positivo ad un intervento su una legge, e un valore negativo su un'altra.
Probabilmente, se si arrivasse alla valutazione congiunta, sarebbe più facile far comprendere al cittadino i motivi dei nostri dinieghi o delle nostre autorizzazioni; comunque questa norma riguardante la superficie di calpestio è introdotta. Un'altra norma segnatamente introdotta è quella che le concessioni edilizie, per determinate superfici d'immobili destinate all'attività commerciale, dovranno essere convenzionate per interventi mobiliari di più modeste dimensioni. Abbiamo previsto fino a ottomila metri quadrati, rimandando a nome che esistono già all'interno della nostra legislazione urbanistica e subordinate a strumenti urbanistici esecutivi nel caso di interventi di consistente entità (e qui parliamo di interventi che vanno oltre gli 8000 metri). Introduciamo inoltre l'autorizzazione regionale per i vari tipi d'intervento commerciali, da concedersi prioritariamente al rilascio della concessione edilizia.
Cosa avviene adesso? Oggi, chi voglia fare un insediamento commerciale ad esempio nel Comune di Pino Torinese, superiore ai 400 metri quadrati presenta una domanda al Comune; il quale la invia alla Regione: Indipendentemente dal fatto che l'insediamento sia previsto o meno dal PRG ai sensi delle nostre norme lo esaminiamo e diciamo che va bene o meno in riferimento alle nonne programmatiche commerciali. Nell'ambito della Commissione competente è prevista anche la presenza dell'Assessorato all'urbanistica, il quale ci fornisce un'istruttoria dello stato del PRG, e quindi se questo intervento è previsto o meno.
Se l'intervento è previsto, e quindi c'è coerenza tra piano commerciale e piano urbanistico del Comune, si dà l'autorizzazione e si procede attraverso la deliberazione della Giunta.
Se non c'è coerenza, abbiamo comunque dato l'autorizzazione e aspettiamo che l'urbanistica ci rassicuri sulla congruità delle norme urbanistiche. La licenza di tipo commerciale finisce per essere una specie di patente autorizzativa, che dà più sicurezza alla società interessata all'insediamento e le permette di dire, nei confronti dell'Assessorato regionale all'urbanistica o del Comune che deve modificare il PRG, "ma io ho già la concessione commerciale, quindi mi dovete dare anche quella urbanistica". Per evitare questo contenzioso con l'Assessorato all'urbanistica - infatti spesso abbiamo occasioni non dico di attrito, ma comunque di difficoltà a raccordarci - prevediamo che l'autorizzazione sia rilasciata di concerto tra gli Assessorati al commercio e all'urbanistica previa verifica della conformità del progetto dell'insediamento proposto alla programmazione commerciale e urbanistica.
Un'altra novità è la convenzione, peraltro già prevista dalla nostra legge regionale urbanistica all'art. 45, che diventerà l'elemento fondamentale per disciplinare gli interventi commerciali. Essa sarà arricchita da elementi precipui riguardanti la materia commerciale, secondo le prescrizioni della programmazione regionale per tutti i tipi d'insediamento, mentre per quelli di grande rilevanza sarà ulteriormente integrata da elementi concernenti gli aspetti riguardanti la viabilità e il traffico.
Viene inoltre introdotto, all'ultimo comma dell'emendamento, un margine di flessibilità che consen-tirà di non richiedere un'autorizzazione preventiva qualora la superficie da incrementare, la variazione di destinazione d'uso rispetto a quella originaria non superi il 10%. A questo proposito ho presentato un emendamento, perché ho avuto dei dubbi e supponevo potessero averli anche i Consiglieri regionali nell'apprestarsi a votare l'articolo. In tale emendamento diciamo che "l'ampliamento della superficie di calpestio originaria e la modifica della destinazione d'uso comportano la revisione della convenzione o dell'atto d'impegno unilaterale o dello strumento urbanistico esecutivo solo quando la variazione supera il 10% della superficie originaria", e non soltanto della superficie originaria di calpestio, che non deve essere interpretata come superficie commerciale. Sembra apparentemente un emendamento tecnico, ma invece è molto importante.



PRESIDENTE

La parola al Consigliere Chiezzi.



CHIEZZI Giuseppe

Anche in questo caso le intenzioni dell'Assessore Vetrino sono buone: non si può non concordare con la volontà espressa di portare a maggior controllo da parte della Regione tutte le attività inerenti questi interventi.
Mi lascia però perplesso il modo con il quale questa volontà viene tradotta in un testo di legge. Mi sembra che vi sia un inidoneo inserimento all'interno della normativa urbanistica esistente. Vedi, Assessore Vetrino gli articoli (perché non sono emendamenti) patiscono della scelta che avete compiuto di inserirvi, senza mutarla, in una struttura preesistente cercando di distorcerla - in questo caso positivamente - ai vostri fini.
E' un'operazione con la quale, secondo me, a questo punto - intendendo per "a questo punto" una legge urbanistica già mutata altre volte, che ha già subito qualche violenza e qualche innesto innaturale - è difficile proporre dei testi convincenti, perché l'intersecazione di una norma con una non citata ma esistente della stessa legge porta a degli attriti, a delle contraddizioni ed a fare di questa legge urbanistica, così come modificata dal disegno di legge n. 98, un gran pasticcio.
Quindi, pur apprezzando il tentativo fatto dall'Assessore Vetrino e da tutta la Giunta di portare a normativa migliore il tema del settore commerciale e di far svolgere alla Regione questo ruolo, non mi sento di votare a favore della traduzione in articolo di questa volontà politica. Mi sembra viziata da confusione, da contraddizioni, sulle quali, Assessore Vetrino, non voglio soffermarmi, come ho fatto in altri articoli, proprio perché condivido lo spirito da cui siete partiti e l'obiettivo che volete conseguire.
Non voglio dunque accentuare e portare argomenti su argomenti, vi esprimo però questa critica in modo sintetico: non mi pare ci riusciate.
Per queste ragioni mi asterrò sul vostro articolo.



PRESIDENTE

Non essendovi altri interventi, passiamo alla votazione del subemendamento n. 66 A).
Chi è favorevole è pregato di alzare la mano.
E' approvato con 24 voti favorevoli, 2 contrari e 8 astensioni.
Sub 66 B) Emendamento presentato dalla Giunta regionale: Subemendamento all'emendamento n. 66 che introduce all'art. 4 bis: all'ultimo capoverso dell'art. 4 bis, alla fine del capoverso e cioè dopo la parola "superficie", aggiungere "di calpestio".
Chi è favorevole è pregato di alzare la mano.
E' approvato con 25 voti favorevoli e 7 astensioni.
66) Emendamento presentato dalla Giunta regionale: 1. All'ultimo comma dell'art. 26 della legge regionale 5 dicembre 1977, n. 56 e successive modificazioni ed integrazioni le parole da: "Il rilascio di concessioni relative alla realizzazione di nuovi insediamenti commerciali con superficie superiore ai 400 mq" fino al termine del comma, sono soppresse e sostituite dai seguenti commi: "11 rilascio delle concessioni edilizie relative ad insediamenti commerciali con superficie di vendita superiore a 400 mq (nei Comuni fino a 10.000 abitanti) e con superficie superiore a 1.500 mq (negli altri Comuni) è subordinato al preventivo rilascio dei nullaosta regionali ai sensi della legge 11 giugno 1971, n. 426.
Nei caso di insediamenti commerciali con superficie lorda di calpestio compresa tra 4.000 e mq 8.000 il rilascio delle concessioni edilizie è subordinato alla stipula di una convenzione o di atto di impegno unilaterale, ai sensi del successivo art. 49, quinto comma, ed a preventiva autorizzazione della Regione, in conformità alle indicazioni programmatiche e di urbanistica commerciale così come previste dall'ari 30 dei DM 4 agosto 1988, n. 375, ed integrate dei contenuti urbanistici previsti dalla presente legge.
Nei caso di insediamenti commerciali con superficie lorda di calpestio superiore a mq 8.000 il rilascio delle concessioni edilizie è subordinato alla preventiva approvazione di uno strumento urbanistico esecutivo ed a preventiva autorizzazione regionale in conformità alle indicazioni programmatiche e di urbanistica commerciale così come previste dall'art. 30 del DM 4 agosto 1988, n. 375, ed integrate nei contenuti urbanistici previsti dalla presente legge.
Nei casi previsti dai precedenti due commi, nella convenzione che disciplina l'intervento, sono precisate le superfici di vendita, a magazzino, per le attività accessorie e per parchi pubblici, a norma del precedente art 21, nonché in ogni altro ulteriore elemento previsto nelle indicazioni programmatiche e di urbanistica: commerciale così come previste dall'art. 30 del DM 4 agosto 1988, n. 375, ed integrate dei, contenuti urbanistici previsti dalla presente legge, in particolare per gli insediamenti superiori a mq 16.000 di superficie lorda di calpestio nella convenzione devono essere adeguatamente garantite anche le condizioni di accesso viario e definita l'attribuzione dei relativi costi di razionalizzazione.
L'ampliamento della superficie di calpestio ordinaria e la modifica della destinazione d'uso comporta la revisione della convenzione o dell'atto di impegno unilaterale o dello strumento urbanistico esecutivo solo quando la variazione supera il 10 per cento della superficie originaria".
Pongo infine in votazione l'emendamento n. 66), cosi come modificato dai subemendamenti testè approvati.
Chi è favorevole è pregato di alzare la mano.
L'emendamento è approvato con 25 voti favorevoli e 7 astensioni.
Pongo pertanto in votazione per appello nominale l'art. 4 bis.
L'esito della votazione è il seguente: presenti 41 votanti 40 hanno risposto SI 26 Consiglieri si sono astenuti 14 Consiglieri non ha partecipato alla votazione 1 Consigliere L'art. 4 bis è approvato.
ART. 4 ter 66 bis) Emendamento presentato dai Consiglieri Maggiorotti e Chiezzi: Dopo il quarto comma dell'art. 32 della legge regionale n. 56/77 inserire il seguente nuovo comma che diverrà art. 4 ter: "In particolare l'attuazione degli interventi edilizi pubblici e privati previsti dal PRGC compresa la realizzazione dei percorsi esterni pedonali abbinati, e non, alle sedi veicolari è subordinata al rispetto dei disposti della legge n. 13 del 9/1/189, del DM n. 236 dei 14/6/89, della legge n. 118, del 30/7/71, del DPR n. 384 del 27/4/78 e di ogni altra disposizione in materia di barriere architettoniche; la realizzazione dei nuovi tracciati di infrastrutture a rete, o la manutenzione di quelli esistenti sui sedami stradali che comportano il ripristino di marciapiedi devono prevedere il collegamento con la sede viaria mediante adeguate rampe di raccordo".
La parola al Consigliere Maggiorotti.



MAGGIOROTTI Piergiorgio

Si tratta di un emendamento che vuole affrontare specificamente la questione delle barriere architettoniche tentando di introdurre un articolo che enunci in maniera precisa l'esigenza di prevedere la rispondenza dei percorsi pedonali con le norme relative all'eliminazione delle barriere architettoniche, ossia il DPR n. 384/78 che fa riferimento agli edifici e alle infrastrutture pubbliche o aperte al pubblico, la legge nazionale n.
13/89 e il DM dei Lavori Pubblici n. 236 del giugno 1989.
L'Assessore ha presentato un emendamento (pag. 150 bis) con il quale intende affrontare la questione "barriere architettoniche" accorpandola all'interno di un nuovo articolo. Il problema, così affrontato, a mio parere non garantisce una sufficiente risposta né richiama l'attenzione dei Comuni all'obbligo di eliminare le barriere architettoniche nel momento in cui si esaminano le disposizioni che riguardano i regolamenti edilizi, i piani regolatori e le loro varianti.
Questo articolo è debole e lo richiamerò anche successivamente in relazione ad altri emendamenti che abbiamo presentato, perché sembra che in questa maniera si sia creato un articolo da non vedere: in realtà è l'articolo che probabilmente verrà più dimenticato e disatteso proprio perché non viene ricordato in maniera sistematica in tutti i punti della legge dove è necessario l'obbligo del rispetto delle norme concernenti l'eliminazione delle barriere architettoniche in questo campo, infatti spesso si va incontro ad errori di valutazione. Innanzitutto si ritiene che parlare di barriere sia questione di tipo strettamente specialistico materia di specifica attinenza degli architetti. In realtà, come tutta la materia urbanistica, la questione delle barriere architettoniche è di tipo interdisciplinare.
Inoltre, è una questione che riguarda una grossa fetta della popolazione, e questo è il secondo equivoco: si pensa che sia un problema che riguarda la categoria dei cosiddetti handicappati; in realtà tutti sanno che l'handicap è la conseguenza dell'incontro o scontro tra disabilità o menomazioni e barriere. Questo scontro avviene in moltissimi casi e nella vita di tutti. Da indagini effettuate nei Paesi europei è noto che circa un settimo della popolazione ha problemi di mobilità, di rapporto con l'ambiente costruito. In Piemonte sarebbero circa 600.000 le persone che hanno dei problemi di rapporto con l'ambiente. Non è quindi una questione da poco.
Un'altra obiezione che spesso viene fatta nell'affrontare queste problematiche è relativa ai costi non sostenibili dalla collettività quando, in realtà, si sa che, se si prevede una progettazione mirata a favorire la fruibilità degli spazi per tutti; i costi non superano nei casi più problematici il 35% del costo complessivo della struttura. Quindi da ciò sembra chiaro come non possa essere sottovalutata la questione all'interno di un articolo che, in realtà, sembra fatto proprio per sottolineare la scarsa rilevanza del problema. L'articolo proposto dall'Assessore è un appello al buon cuore degli amministratori: quando invece occorrerebbe specificare e spiegare punto per punto ad amministratori spesso dove e come possono operare.
Nel caso specifico dell'emendamento di cui stiamo discutendo, si parla in particolare di percorsi pedonali collegati o meno con sedi veicolari. Il percorso pedonale, se ben costruito, spesso è l'unico elemento di sicurezza per garantire una mobilità protetta alle persone che si muovono in carrozzina o comunque con difficoltà. Dev'essere quindi un percorso pienamente accessibile, rispondente alle norme previste, segnalato in maniera tale che possa essere ben individuabile anche da persone ipovedenti a livello di segnaletica orizzontale e verticale, con una superficie di calpestio che non sia di per sé fonte di scivolate e quindi di rischi per tutti. In particolare, le pendenze nel raccordo con le superfici negli attraversamenti devono essere previste in modo da garantire con efficacia la piena autonomia per chi si muove in carrozzina. Sarebbe bene che queste pendenze venissero previste, cosa che non avviene quasi mai, al 5% e non piuttosto al limite massimo, cosa che avviene quasi sempre, dell'8%. Il 5 per una persona che si muove in carrozzina e che ha problemi di mobilità anche alle braccia consente di solito l'autonomia mentre una pendenza maggiore no.
Questa pendenza limitata è fonte di sicurezza anche per le persone anziane che spesso hanno trovato in scivoli costruiti senza criteri di sicurezza, con pendenze eccessive, rese scivolose d'inverno, una fonte di rischio che ha portato a cadute e, talvolta, conseguenti fratture. In questo caso, un'errata applicazione della normativa finalizzata a rendere fruibile a tutti l'ambiente costruito è di per sé una fonte di rischio.
E' chiaro che per consentire il passaggio contestuale di pedoni e di carrozzine o persone che si muovono con difficoltà occorre prevedere degli spazi congrui, perché laddove non vengono previsti normalmente avviene che le persone in carrozzina sono costrette a muoversi sul selciato cercando di passare tra una macchina e l'altra con gravi rischi per la loro incolumità.
Questo avviene in particolare nei centri urbani.
Si tratta di un emendamento che potrebbe garantire, se approvato, una maggiore sicurezza per tutti. Segnalo in particolare che non ci sono solo persone in carrozzina, ma c'è anche la categoria delle persone anziane per le quali occorre prevedere una percorrenza protetta. Tenendo conto della scarsa autonomia di percorrenza, occorre prevedere spazi per la sosta di queste persone, quindi sedili o comunque spazi che possano diventare momenti di socializzazione e colloquio. Un esempio di questo tipo è stato realizzato in via Garibaldi, ed è più facilmente realizzabile laddove si limita o si esclude il traffico veicolare.
In sintesi, si tratta di pensare a progettare spazi abitati che non siano solo a disposizione di persone in piena efficienza fisica, ma di tutti i cittadini, anche dei più deboli.
In questo senso, ritengo che l'emendamento debba essere accolto come proposta all'interno dell'articolo aggiuntivo, ribadendo il fatto che è assolutamente inadeguata la soluzione dell'articolo proposta dall'Assessore.



PRESIDENTE

La parola al Consigliere Rivalta.



RIVALTA Luigi

Anche noi abbiamo presentato l'emendamento su indicazione delle associazioni che si occupano di questi problemi. L'abbiamo fatto perch riteniamo questo uno dei problemi a cui si deve maggiore attenzione e che troppo spesso viene dimenticato. In questi anni sono stati fatti diversi tentativi per eliminare le barriere architettoniche nella rete di mobilità della città, ma la buona intenzione non ha avuto il sostegno di una valutazione attenta delle soluzioni. In alcuni casi infatti i tentativi stessi sono diventati barriere per tutti.
Quando si è parlato per la prima volta in questa sede, dopo la discussione generale, dell'inserimento di norme riguardanti le barriere architettoniche, il Consigliere Maggiorotti ed io ci siamo consultati per introdurre norme che non fossero soggette a modifiche. I; abbiamo fatto anche quando abbiamo visto che la Giunta aveva presentato nuovi emendamenti riguardanti il commercio. Abbiamo ritenuto che un problema come quello delle barriere architettoniche avesse molte più ragioni culturali e sociali per infrangere la limitazione formale dell'attenersi agli articoli soggetti di modifica della legge n. 56.
Io dissi subito - l'Assessore lo ricorderà - che la proposta di introdurre un articolo unico non poteva risolvere le specificità per cui si giustificava l'introduzione in una legge urbanistica di norme riguardanti le barriere architettoniche. Una norma di carattere generale e di principio ha sì il segno della buona volontà di ribadire un impegno, ma non pu diventare una norma operativa che viene richiamata laddove è necessario prestare attenzione; le attenzioni generiche non danno frutti.
Discutemmo di questo argomento anche nella scorsa seduta, quando si volle prendere l'impegno di una norma finale di carattere generale; in quell'occasione replicai che ci sono specificità nella legge urbanistica che richiedono pronunciamenti specifici. Uno di questi è proprio il problema sollevato dall'emendamento che, tra l'altro, si colloca nell'art.
32 che già affronta questo problema.
Non voglio ripetere l'approfondita argomentazione fatta dal collega Maggiorotti, ma sottolineo che c'è un comma nell'art. 32 che affronta questa questione quando dice: "Ai fini del superamento delle barriere architettoniche, i Comuni promuovono l'introduzione di idonei elementi progettuali, in particolare per quanto attiene l'arredo urbano e l'accessibilità ai pubblici servizi".
E' davvero una dizione alla verifica del tempo, anche dell'evoluzione concettuale che abbiamo fatto dal momento in cui questa norma è stata inserita nella legge n. 56. E' davvero una formulazione molto riduttiva per cui chiediamo che proprio in essa si correggano i limiti della norma e si aggiunga la realizzazione di nuovi tracciati di infrastrutture a rete.
Non basta far accedere ai pubblici servizi, in quanto edifici dei servizi o intervenire genericamente sull'arredo urbano: occorre realizzare nuovi tracciati di infrastrutture a rete o la manutenzione di quelle esistenti sui sedimi stradali che comportano il ripristino di marciapiedi da collegarsi con la sede viaria mediante adeguate rampe di raccordo, in modo che questo sistema rispetti le norme architettoniche.
Mi sembra che una norma generale finale non possa cogliere l'impegno che la legge introduce, specifico in un luogo dove già un impegno di questo genere è indicato, ma in maniera riduttiva. Ho speso queste parole aggiuntive non per ripetere cose già dette, ma per sottolineare e richiamare l'attenzione sul fatto che non è sufficiente dire, come ha fatto la maggioranza finora, di non accogliere l'emendamento. C'è un problema prioritario di sensibilità culturale e sociale e credo sia giusto portare nell'articolo che già tratta la questione in modo riduttivo, le correzioni dovute e necessarie.
Spero che su un problema assai delicato come questo non ci sia una risposta simile a quella data per l'articolo precedente, riguardante i problemi dell'ambiente.
Richiamo quindi la sensibilità della Giunta affinché l'emendamento venga accolto, così come credo debbano essere accolti tutti gli emendamenti riguardo i punti specifici della legge.



PRESIDENTE

Ha chiesto la parola il Consigliere Chiezzi: ne ha facoltà.



CHIEZZI Giuseppe

Grazie, Presidente. Spero anch'io che l'illustrazione svolta dal collega Maggiorotti e dal collega Rivalta inducano la maggioranza e l'Assessore a cambiare atteggiamento su quanto la minoranza sta proponendo.
L'inserimento di questo e di altri emendamenti nel corpo vivo della legge corrisponde in realtà ad una maggiore volontà ed esplicitazione di scelta politica a favore di questo tipo di ' investimento.
Sappiamo che oggi le città non sono percorribili e vivibili per chi ha problemi motori. Stiamo vivendo una situazione di stallo perché, a fronte delle numerose leggi e norme che impongono il superamento delle barriere architettoniche, la realtà è quella che tutti conosciamo.
Si tratta, forse, di decidere o meno - e gli emendamenti vogliono questo - se il tema del superamento delle barriere architettoniche pu divenire per il Piemonte e le sue città uno dei temi di fondo per individuare nuove ragioni di sviluppo.
La Regione - si dice - sta vivendo un momento di crisi: attività industriali storicamente portanti perla struttura economica della regione attraversano momenti di crisi che forse non sono nemmeno giunti al loro apice, e la riflessione dei governi e delle forze politiche sull'individuazione di ruoli nuovi per la nostra regione e le nostre città è sul tavolo di lavoro delle forze politiche.
Uno tra i tanti temi che la Regione Piemonte potrebbe porre all'attenzione della società e delle forze economiche è l'avvio di una profonda ristrutturazione del modo fisico con cui si costruiscono le città e del modo come si realizza il movimento e l'accesso ai servizi.
Occorrerebbe fare di questo tema un grande tema di impegno civile culturale ed anche economico.
Perché non individuare nel tema "rendiamo vivibili per tutti le nostre città" una delle grandi opzioni che più volte si sono richieste? Le città non sono vivibili per tutti: ci sono numerosissimi cittadini che non possono viverle, non possono spostarsi, non possono usufruire dei servizi culturali e sociali, dei luoghi pubblici, perché sono costruite in modo tale da impedire a chi ha difficoltà motorie di viverle e di percorrerle.
E' un tema di eccezionale rilevanza civile, ma è anche un tema che, se viene assunto da un Ente pubblico come un tema di rilancio e di nuovo tipo di sviluppo, può mobilitare ingentissime risorse economiche. Non si capisce perché questa nostra società nei momenti di crisi debba mobilitarsi solo attorno a progetti del tipo "bisogna fare l'alta velocità". Benissimo, è uno dei temi. Ma perché non lanciamo come Regione Piemonte il tema "rendiamo vivibili le nostre città" e sollecitiamo gli investimenti necessari a cambiare e rivoluzionare il modo d'essere fisico delle nostre città? Investimenti ingenti aspettano di essere attuati e possono dare alla Regione Piemonte e alle sue grandi città un livello di vita civile unico in Italia.
In Italia siamo assai arretrati su questo tema, così come nella coscienza civile di tutti: basti vedere come vengono utilizzati i pochi spazi a parcheggi destinati con striscia gialla alle vetture per portatori di handicap. Quante volte vediamo il carro attrezzi rimuovere vetture perché molti cittadini abusano di questi luoghi, non pensando che sono dedicati a chi ha difficoltà motorie! Dobbiamo rilevare un forte deficit di cultura, abbastanza diffuso in questo settore, che deve essere superato.
Penso, Assessore Carletto - e so che lei si è già mosso, proponendo alcuni stanziamenti - a qualcosa di più per sorreggere questi emendamenti e soprattutto per far leva su questi: il lancio di una grande opzione di carattere politico rivolto sia all'investitore pubblico sia a quello privato. E' questo un grosso tema, che può attivare investimenti e occupazione, e che introduce un elemento di qualità della vita che pu portare la Regione Piemonte e le sue città in primo piano all'interno dello scenario sia nazionale che internazionale.
La Città di Torino deve individuare opzioni diverse, le vecchie opzioni non sono più riproponibili come trainanti nel prossimo futuro; così come furono in passato.
Dobbiamo scegliere strade nuove: penso che la strada di rendere vivibili per tutti le nostre città sia una strada di grande valore civile e di rilevante valore economico-alternativo per le energie che può mettere in modo.
Per fare tutto questo certo non bastano degli emendamenti, ma il cambiamento di atteggiamento della maggioranza su questi emendamenti l'assunzione di questo come un tema importante per la politica regionale può essere il primo gradino per un salto di qualità, per introdurlo nel corpo della legge come un tema dominante, a cui far seguire programmi concreti di investimenti diretti e di promozione di investimenti da parte di altri enti o di soggetti privati.



PRESIDENZA DEL VICEPRESIDENTE MONTABONE



PRESIDENTE

La parola all'Assessore Carletto.



CARLETTO Mario, Assessore all'urbanistica

Ricordo ai colleghi intervenuti, e non solo a loro poiché ritengo che questo problema stia a cuore a tutto il Consiglio regionale, che già la scorsa seduta abbiamo avuto occasione di affrontare questo tema. Credo sia giusto ricordare l'impegno piuttosto considerevole della Regione su questo fronte; anche recentemente il bilancio della Regione ha visto una scelta impegnata su questa partita, con uno stanziamento che ha raddoppiato le risorse di cui disponevamo - risorse statali - e un impegno del bilancio della Regione per abbattere le barriere architettoniche.
Penso che quanto detto dai colleghi sia condivisibile e la Giunta regionale è impegnata su questo terreno. Ho avuto occasione nella scorsa seduta di ricordare l'esperienza personale e di tanti colleghi che in questa Regione si sono occupati di assistenza rivolta anche a dar soluzione a questi problemi; credo che il Consiglio regionale non si divida, anzi sia ben compatto su questo argomento.
C'è una legge nazionale che disciplina la materia. Debbo ricordare ai colleghi che le Regioni che hanno tentato di disciplinare con leggi proprie la questione tecnica relativa all'abbattimento delle barriere architettoniche hanno incontrato delle difficoltà, non sono molte le Regioni che hanno disciplinato la materia con legge propria.
Il rischio, rispetto alla legge nazionale, è di essere riduttivi in qualche passaggio o di eccedere al punto da creare delle discrasie se non la si ricopia pedissequamente. Richiamerei quindi l'esigenza a valutare l'opportunità di disciplinare nella legislazione regionale, sul piano tecnico, una materia che è disciplinata in modo molto puntuale e preciso da una legge nazionale.
Il problema, certo, è di cultura del pubblico e del privato, il problema è di capire come mai, nonostante una legge nazionale, nonostante le leggi regionali (perché la legge n. 56 richiama in più punti la questione delle barriere architettoniche), nonostante un impegno della Regione sul fronte degli Enti pubblici e degli edifici pubblici, di cui si occupa l'Assessore Gallarini, e sul fronte degli edifici privati, di cui mi occupo io, oggi il problema delle barriere architettoniche non sia risolto.
E mi chiedo se scrivendo un comma o una norma in più possiamo aggiungere maggiore forza ad un problema.
Allora si era addivenuti - i colleghi l'hanno richiamato - ad un impegno della Giunta di presentare - ed è stato presentato - un emendamento riassuntivo di questo problema, che non può essere che un emendamento di principio in ordine all'abbattimento delle barriere architettoniche da richiamare, ancora una volta, in un articolo specifico. Secondo me la tecnica legislativa ci insegna che è molto più forte ed incisivo un articolo specifico che non il disseminare una legge di richiami in più punti sullo stesso problema; questa è una valutazione di tecnica legislativa personale. NU rendo conto che altri possono pensare diversamente, ma a me sembra più forte scrivere un articolo specifico sulla questione delle barriere architettoniche e l'esigenza di abbatterle, e questa è la strada che la Giunta ha scelto, dopo aver sentito i Gruppi.
E' dunque presentato, e chiederò al Consiglio che sia votato, un emendamento che definisce un articolo specifico su questa materia. L'altra volta, respingendo un emendamento analogo a questo in un altro articolo abbiamo detto che esisteva un emendamento riassuntivo. Sono stato e siamo stati pero richiamati in ordine alle questioni di sensibilità e di insensibilità; voglio allora dimostrare al Consiglio regionale, non solo ai colleghi intervenuti - perché, ripeto, questa è una materia che interessa a tutto il Consiglio regionale; ai colleghi Assessori alla sanità all'assistenza, quindi a tutto il Consiglio - che per dare ancora maggiore forza, nonostante ci sia quell'articolo finale, accolgo questo emendamento.
Non accoglierò gli emendamenti presentati successivamente ad altri articoli, anche perché mi sembra che ci complichino la vita nel coordinamento; questo emendamento invece non crea problemi da questo punto di vista. Ciò per dare un ulteriore segnale di disponibilità e di attenzione.
Accolgo questo emendamento - ed è l'unico, lo annuncio fin d'ora per evitare: che ci siano delle polemiche successivamente - proprio come segnale particolare di attenzione sul problema specifico inserito in questo punto della legge n. 56, rimandando questo problema all'articolo finale quello che ho presentato a nome della Giunta.
Con queste motivazioni e con questa specificazione, l'emendamento viene dunque accolto dalla Giunta.



PRESIDENTE

Pongo in votazione tale emendamento.
Chi è favorevole è pregato di alzare la mano.
L'emendamento è approvato con 29 voti favorevoli.
L'emendamento che abbiamo votato in precedenza costituisce nuovo articolo, diventando art. 4 bis, quindi bisogna approvarlo per appello nominale, così come quest'ultimo nuovo articolo, che diventa il 4 ter.
La parola al Consigliere Rivalta.



RIVALTA Luigi

Noi abbiamo partecipato attivamente, in termini costruttivi, alla discussione sul primo emendamento, che riguarda i problemi del commercio.
Non abbiamo più partecipato alla discussione sugli altri articoli e sugli altri emendamenti stante l'atteggiamento di preclusione sul primo articolo per il quale peraltro abbiamo votato contro.
Non abbiamo più discusso e non siamo più intervenuti: voglio per dichiarare il nostro voto di astensione, accettando lo spirito generale enunciato di maggiore attenzione e gestione del problema. La nostra astensione è dovuta al fatto che anche gli emendamenti successivi hanno termini di non chiarezza ed elementi di interpretazione non certa, dubbia.
Sono queste le ragioni per cui ci siamo astenuti sugli emendamenti successivi e ci asteniamo sull'intero articolo.



PRESIDENTE

Si proceda all'appello nominale sull'art. 4 ter.
L'esito della votazione è il seguente: presenti e votanti 44 hanno risposto SI 43 Consiglieri si è astenuto 1 Consigliere L'art. 4 ter è approvato.
La seduta è sospesa.



(La seduta, sospesa alle ore 19,40, riprende alle ore 21,00)


Argomento:

Nomine


PRESIDENTE

La seduta riprende.
Passiamo ora al punto al punto relativo alle nomine.
Si distribuiscano le schede per le seguenti nomine.


Argomento: Nomine

- Ratifica (ai sensi dell'art. 40 dello Statuto) DGR n. 28722 del 6 settembre 1991: "Designazione rappresentante regionale per il Consiglio di amministrazione dell'ASP - Associazione per la promozione dello sviluppo scientifico e tecnologico del Piemonte."


PRESIDENTE

E' stato svolto lo scrutinio delle schede.
Dichiaro ratificata la deliberazione GR n. 28722 del 6 settembre 1991 con cui viene nominato il dottor Gian Paolo Brizio rappresentante della Regione nel Consiglio di amministrazione dell'ASP - Associazione per la promozione dello sviluppo scientifico e tecnologico del Piemonte


Argomento: Nomine

- Riserva Naturale Sacro Monte della SS Trinità di Ghiffa. Consiglio Direttivo (art. 9 LR n. 12/91). Nomina di 3 membri con esperienza in materia artistica ed architettonica.


PRESIDENTE

E' stato svolto lo scrutinio delle schede. Proclamo eletti i signori Bruno Quaglieri (esperto storico-architettonico), Aurora Martini (esperta storica-artistica) e Tullio Bagnati (esperto storico-artistico).
Quest'ultimo designato ai sensi dell'ultimo comma dell'art. 8 della LR n.
10/85 e dell'art. 72 del Regolamento.


Argomento: Nomine

- Commissione regionale per l'artigianato (art. 10, LR n. 38/87). Nomina di 3 rappresentanti.


PRESIDENTE

E' stato svolto lo scrutinio delle schede. Proclamo eletti i signori Ferruccio Dardanello, Vincenzo Guastella e Sergio Curíioli. Quest'ultimo designato al sensi dell'ultimo comma dell'art. 8 della LR n. 10/85 e dell'art. 72 del Regolamento.


Argomento: Nomine

- Comitato Paritetico Regionale per i Beni culturali (art. 35, DPR n. 805/75). Sostituzione del signor Tasso Fiorenzo dimissionario.


PRESIDENTE

E' stato svolto lo scrutinio delle schede. Proclamo eletto il signor Rosaldo Ordano.


Argomento: Nomine

- Parco Nazionale del Gran paradiso (art. 83, terzo comma, DPR 24 luglio 1977, n. 616). Sostituzione del signor Giorgio Guillame dimissionario.


PRESIDENTE

E' stato svolto lo scrutinio delle schede. Proclamo eletto il signor Silvano Crosasso.


Argomento: Nomine

- SIEF - Collegio Sindacale (art. 3, LR n. 37/81). Sostituzione della signora Della Guelfo dimissionaria.


PRESIDENTE

E' stato svolto lo scrutinio delle schede. Proclamo eletto il signor Giacinto Ronco.


Argomento: Nomine

- Consulta regionale per i beni culturali (art. 2, LR n. 58/78). Nomina di 21 membri.


PRESIDENTE

E' stato svolto lo scrutinio delle schede. Proclamo eletti i signori Giacomo Contessa, Franco Ferrara, Fulvio Cellerino, Angelo Magrini, Luigi Esposito, Francesco Oglietti, Mario Peroni, Mario Gasco, Umberto Morelli Margherita Sabatini, Giuliano Soria, Danila Voghera, Donatella D'Angelo Aldo Agosti, Amilcare Barbero, Pier Angelo Cavanna, Edoardo Fadini, Luciano Bonet, Paola Dalla Verde, Sergio Finesso e Piero Pezzi. Gli ultimi otto designati ai sensi dell'ultimo comma dell'art. 8 della LR n. 10/85 e dell'art. 72 del Regolamento.


Argomento: Urbanistica (piani territoriali, piani di recupero, centri storici

Esame progetto di legge n. 98: "Modifica alla legge regionale 5 dicembre 1977, n. 56" (seguito)


PRESIDENTE

Proseguiamo l'esame del progetto di legge n. 98.
ART. 5 67) Emendamento presentato dai Consiglieri Chiezzi e Miglio: L'art. 5 è soppresso.
La parola al Consigliere Chiezzi per l'illustrazione.



CHIEZZI Giuseppe

La richiesta di soppressione di questo articolo deriva dalla critica ad una decisione, che va nella direzione di potenziare ulteriormente il ruolo della programmazione nella gestione degli enti locali.
E' un articolo di soli tre commi, .ma in due, commi c'è un ulteriore spostamento indietro del ruolo della programmazione.
La contrarietà deriva proprio dal fatto che su questo tema della programmazione - e intendo aggiun-gere alla parola programmazione il termine democratica - dal punto di vista politico e legislativo in Italia si sono fatte tante parole e si sono anche prodotte molte leggi. Gli esiti di questa programmazione in Italia sono molto deludenti, perché sia sul piano nazionale (la programmazione economica generale del paese) sia sui piani settoriali come quello della pianificazione e programmazione urbanistica sono state approntate delle leggi ma i risultati pratici, nella prassi di governo, non si sono visti.
A mio parere andrebbe compiuta un'analisi del perché questo sia successo, partendo dal presupposto che non si trattava mai, in nessuna delle proposte avanzate dalle forze politiche, di pianificazione o di programmazione di carattere burocratico rigido. Ad esempio, i Programmi Pluriennali di attuazione sono stati sul piano legislativo una grande novità e una grande speranza perché venivano configurati come strumenti capaci di sottrarre il processo di programmazione e di attuazione dei piani regolatori da procedure di carattere burocratico. Uno dei perni dei Programmi Pluriennali di attuazione era il Bando, la richiesta alla società dei bisogni e della realizzazione di interventi e di interessi. Questo collegava le richieste di intervento, ogni tre anni ma con aggiornamento annuale, alle previsioni del Piano regolatore generale attraverso una larga partecipazione. Inoltre collegava queste decisioni e le metteva In rapporto con le possibilità economiche dei Comuni di finanziare le opere di urbanizzazione.
L'avvio dei Programmi Pluriennali di attuazione ha suscitato grandi speranze, e secondo me a ragione, perché l'impianto legislativo era un buon impianto. I programmi sono entrati in vigore, i Comuni hanno cominciato a cimentarsi con questi temi, ma dopo alcune esperienze un Ministro, il Ministro Nicolazzi, ha iniziato lo smantellamento di questo strumento della programmazione comunale, considerandolo non una forza del Comune, un agente di buon governo, ma uno dei tanti atti che impedivano alla società di svilupparsi e di muoversi.
A mio parere questo elemento andrebbe considerato a fondo, perché o si decide che non vogliamo parlare di programma e quindi che la società deve potersi muovere come in linea di massima si è mossa sinora, senza programmi, oppure, se di programmazione vogliamo parlare, dobbiamo riflettere seriamente sui motivi che hanno indotto tante Amministrazioni comunali a considerare il programma pluriennale di attuazione come un esercizio inutile ai fini di governo e verificare delle proposte alternative.
Cercherò di proseguire questo schema di ragionamento svolto malamente in cinque minuti, nei pochi emendamenti relativi a questo articolo sollecitando anche i colleghi a interloquire su questo problema, perché di programma si parla poco e penso che in questi pochi minuti che possiamo dedicare a questo articolo ci possa essere uno scambio di vedute su questo tema, che potrebbe utilmente essere ripreso successivamente in altre sedi.
In effetti stiamo smantellando un altro piccolo pezzo di normativa che intendeva favorire un'attività del governo dei Comuni basata su una programmazione democratica. Per questo motivo si propone la soppressione di tutto l'articolo perché è un articolo che fa tornare indietro di parecchi anni le possibilità legislative della programmazione degli interventi dei Comuni.



PRESIDENTE

La parola all'Assessore Carletto.



CARLETTO Mario, Assessore all'urbanistica

La Giunta non accoglie l'emendamento.



PRESIDENTE

La parola al Consigliere Chiezzi per dichiarazione di voto.



CHIEZZI Giuseppe

Svolgo una brevissima dichiarazione non tanto per esprimere delusione sulla scelta dell'Amministrazione di respingere questo emendamento quanto sulla scelta di non interloquire neppure.
Confermo quindi il mio voto negativo; dato che ci sono altri emendamenti, sollecito ancora una discussione, che non vada alle lunghe ma che riesca a coordinare bene i limiti dei nostri discorsi e le differenze che ci dividono su questo tema.



PRESIDENTE

Pongo in votazione l'emendamento n. 67) presentato.dai Consiglieri Chiezzi e Miglio, non accolto dalla Giunta.
Chi è favorevole è pregato di alzare la mano.
E' respinto con 6 voti favorevoli, 23 contrari e 1 astensione.
68) Emendamento presentato dai Consiglieri Chiezzi, Miglio e Segre: L'art. 5 del disegno di legge n. 98, che sopprime e sostituisce l'art.
36 della LR n. 57/77 e s.m. ed i., è interamente soppresso e così sostituito: All'art. 36 della LR n. 67/77 e s.m. ed i., il secondo comma è soppresso e sostituito dal seguente: "La Regione, sulla base dei criteri di cui al comma precedente, indica i Comuni obbligati alla formazione dei programmi pluriennali di attuazione per tramite della individuazione nei Piani Territoriali o, in mancanza di questi, con delibera dei Consiglio regionale".
La parola al Consigliere Miglio per l'illustrazione.



MIGLIO Mario

Questo è il primo di due emendamenti che cercano di recuperare quanto proposto dall'Assessore, però inserendo un elemento che riteniamo essere positivo, ossia quello di fare riferimento ai piani territoriali come lo strumento attraverso il quale indicare quali Comuni con popolazione al di sotto di 10.000 abitanti devono essere comunque sottoposti all'obbligo di stendere il programma pluriennale di attuazione.
Gli emendamenti presentati toccano l'articolo in due modi diversi; il primo fa riferimento all'art. 36 così com'è attualmente all'intero della legge regionale n. 56, l'altro invece accetta l'impostazione data con il nuovo articolo del disegno di legge n. 98 e lo corregge introducendo un altro richiamo, non solo al piano territoriale ma anche, come peraltro esisteva già precedentemente, alla possibilità di indicare i Comuni attraverso una deliberazione del Consiglio regionale.
Il ragionamento della sostanza è di questo tipo. L'articolo fa riferimento ai programmi pluriennali di attuazione; andando a leggere la legge n. 10/ 77 si verifica il contenuto dei programmi pluriennali di attuazione, che a nostro modo di vedere sono comunque degli strumenti significativi proprio perla correlazione esistente tra l'esplicitazione delle realizzazioni che un'amministrazione comunale intende attuare in un arco di tempo prestabilito, dando di fatto concretezza alle direttive generali assunte tramite il piano regolatore generale, la programmazione in senso fisico cioè la realizzazione sul territorio e la programmazione economica.
Detto questo, credo che possiamo essere tutti d'accordo sulla validità di questo strumento. La questione da noi posta è quella di mantenere la struttura attuale che, se si rapporta all'articolo proposto dal disegno di legge, non comporta una grossa modificazione, carne peraltro emerso anche nella discussione fatta con l'Assessore. Nella sostanza; l'attuale disegno di legge già prevede lo stralcio di tutti i Comuni con popolazione inferiore a 10.000 abitanti e precisa quali sono quelle caratteristiche che permettono di valutare la possibilità o meno da parte della Regione di ricomprendere alcuni Comuni dove ci sono delle specificità tali da rendere necessaria la redazione di programmi di attuazione.
L'unica differenza è quella della forma, nel senso che l'articolo attuale prevede una forma più estesa che però recupera la citazione richiamata nella legge Nicolazzi del 1985, riducendo il riferimento alla citazione di solo tre parole, cioè "motivate ragioni di carattere ambientale, turistico ed industriale"; dai colloqui intercorsi in Commissione, mi pare di aver capito che tale dizione riprende, in altro modo, i punti a), b) e c) dell'attuale art. 36.
La nostra proposta è di modificare il secondo comma dell'attuale articolo di legge, dove si fa riferimento unicamente alla possibilità di sfruttare la delibera del Consiglio regionale per poter fare le variazioni necessarie per includere o stralciare alcuni Comuni, inserendo anche il piano territoriale, e questo per un motivo secondo noi abbastanza chiaro.
Da una parte è giusto fare riferimento a uno strumento sovraordinato di pianificazione per andare a fare queste scelte in considerazione delle valenze presenti sul territorio e delle specificità di alcuni luoghi dall'altra parte però, sapendo che il piano territoriale richiede una stesura molto lunga, nel periodo di transizione riteniamo sia utile fare comunque riferimento a una delibera del Consiglio regionale che può essere uno strumento più agile per coprire questo periodo. Inoltre, la delibera di Consiglio regionale potrebbe anche, nel momento in cui viene adottato un piano territoriale, rettificare scelte precedentemente assunte nel momento in cui vengono a decadere le ragioni che avevano portato a includere o stralciare alcuni Comuni dall'obbligo di formare il programma di attuazione.
Questo, a grandi linee; è il senso del nostro emendamento; vorrei ribadire che, a mio avviso, non stravolge lo spirito e i contenuti proposti dall'Assessore, ma tenta di fare una sintesi tra le due esigenze, quella di riferirsi ad uno strumento (la delibera di Consiglio regionale) e quella di considerare anche uno strumento che sarà più concretamente inserito nel panorama della pianificazione attraverso il disegno di legge n. 103, dove si ridefinisce il piano complessivo e si dà maggior valore ai piani territoriali.



PRESIDENTE

La parola all'Assessore Carletto.



CARLETTO Mario, Assessore all'urbanistica

Mi esprimo complessivamente sul pacchetto di emendamenti proposti all'art. 5 relativo ai PPA. In Commissione abbiamo discusso lungamente su tale questione. La Giunta in quella sede aveva espresso il suo punto di vista, illustrando le linee sulle quali poggia la scelta che lega i piani territoriali; non si ritiene dunque possibile in questa fase introdurre elementi che sono surrettizi di quelli già esistenti, di criteri individuati dalla Regione che sono tutti opinabili e per definire i quali a livello di regolamento ci siamo arrampicati sui vetri.
Non è una mancanza di volontà di interloquire, perché le questioni credo siano ormai note. Ho anche avuto occasione, così come hanno fatto i colleghi durante la discussione generale, in sede di replica di soffermarmi su questo aspetto; chiedo quindi venia ai colleghi, perché sarei costretto a ripetere le cose che ho già avuto modo di dire in più sedi, in Commissione ed in aula. Non vorrei tornarci perché sarei ripetitivo.
Riteniamo non accoglibile questo emendamento.



PRESIDENTE

La parola al Consigliere Marchini.



MARCHINI Sergio

Poiché ho la presunzione di immaginare, essendo in Consiglio, che la richiesta di presa di posizione fosse più nei confronti delle forze consiliari che della Giunta, e posto che sono state introdotte dal collega Chiezzi delle questioni assolutamente e storicamente inaccettabili, sarà il caso di ricordare che il PPA non nasce come atto di programmazione, bensì come atto di idiozia politica. Tutta questa materia nasce dalla legge n. 10 del senatore Bucalossi, il quale in tardissima età, perché non era più giovane quando propose quella legge, si è riveduto e come voi sapete ha finito la sua carriera politica nelle file liberali in isconto dei suoi peccati. Con la legge n. 10 si era immaginato (questo è il PPA) di poter dividere il diritto di proprietà dal diritto di costruire come se fossimo in un Paese dell'estremo Oriente e non in un Paese a democrazia liberale regolata dallo Stato di diritto. Lo strumento del PPA era il presupposto che permetteva al Comune di sostituirsi al privato attraverso l'esproprio per realizzare, utilizzandone le risorse, opere di urbanizzazione. Questa novità veniva collocata all'interno del quadro della programmazione, perch è evidente che la gestione di questa novità richiedeva la programmazione ma non viceversa. Quindi il PPA è entrato in crisi come strumento quando a Dio piacendo - alcuni giudici hanno ricordato che si può benissimo espropriare i proprietari dei terreni dando loro un santino; lo stesso principio dovrebbe però valere per i costruttori di mattoni, di cemento armato, di mobili e così via. Non si capisce perché solo i proprietari del terreno dovrebbero contribuire a questa nuova città di Dio! Quindi, collega Chiezzi, caduta la legge n. 10 con tutto quello che ne è derivato, il PPA è rimasto semplicemente e unicamente un atto di programmazione e di indirizzo che, in linea generale, sembra bene doverlo collocare su una soglia che la ' Giunta ha ritenuto - e noi condividiamo accettabile nei numeri che ci sono stati dati.
Non dimentichiamo che il PPA è lo scheletro di un fallimento, non è una promessa non mantenuta da noi; è fallita un'ipotesi nazionale che, a Dio piacendo, non ha trovato le adeguate condizioni giuridiche economiche.
Devo invece dire che il collega Miglio, pur dando atto all'Assessore (che magari inconsciamente ha detto che è possibile immaginare in fase di rielaborazione delle norme sulla programmazione territoriale) di coltivare quanto è emerso in questa discussione, propone che riferimento dell'attività urbanistica possono anche essere documenti per aree specifiche di espressione del Consiglio regionale - dico io su proposta della Giunta - al di fuori e magari di accompagnamento al piano.
Probabilmente quella può essere una sede che riconosce a quel tipo di deliberazione regionale la possibilità di individuare contestualmente i Comuni che nell'area oggetto del provvedimento specifico risultasse opportuno collocare all'interno della disciplina.
Richiamerei quindi la disponibilità dei colleghi dell'opposizione a ragionare per costruire questo elemento - che considero interessante - di flessibilità ed immediatezza; flessibilità rispetto al documento ed immediatezza rispetto alle novità che sul territorio si possono collocare.
Le questioni vanno poste al momento giusto; definiamo fatto di programmazione delle "teste di cuoio" che intervengono nell'immediato per aree specifiche e in tempi brevi e immaginiamo possa anche essere caricato di questa valenza, cioè dell'individuazione di Comuni sotto la soglia individuata, a dotarsi del Piano Pluriennale di Attuazione.



PRESIDENTE

Non essendovi altre richieste di parola, pongo in votazione l'emendamento n. 68) presentato dai Consiglieri Chiezzi, Segre e Miglio.
Chi è favorevole è pregato di alzare la mano.
L'emendamento è respinto con 8 voti favorevoli, 28 contrari e 1 astensione.
69) Emendamento presentato dai Consiglieri Chiezzi e Miglio: All'art. 5, primo comma, dopo i due punti, il secondo capoverso ("I Comuni con popolazione non superiore...") è soppresso.
La parola al Consigliere Chiezzi per l'illustrazione.



CHIEZZI Giuseppe

La ringrazio, Presidente. Questo emendamento dice che se i Comuni non superano 110 mila abitanti, non sono obbligati a dotarsi di Programmi Pluriennali di Attuazione. Nel merito dell'emendamento, appare povera una motivazione di esonero basata semplicemente sulla soglia dei residenti in un Comune.



CARLETTO Mario, Assessore all'urbanistica

E' la legge statale che lo dice.



CHIEZZI Giuseppe

Le leggi statali possono anche dire cose prive di senso e Nicolazzi, ad esempio, ha detto parecchie cose prive di senso in tema urbanistico.
Riprenderla mi sembra sbagliato quando la riproposizione fa capo non all'obbligo di fare, ma alla possibilità di non fare.
In questo comma si mette in primo piano non un fatto positivo, ma una deroga. Il fatto di mettere subito in primo piano in una legge l'elemento di deroga è molto spiacevole, ma anche molto italiano. In Italia viviamo di deroghe, di esenzioni; la prima preoccupazione che abbiamo è di poter derogare qualcosa.
In questo articolo relativo ai Programmi Pluriennali di Attuazione, la prima cosa che viene detta è: "State tranquilli, siete esonerati". Si deroga; ritengo che il senso dovrebbe essere opposto, cioè quello di parlare del Programma Pluriennale di Attuazione come di un programma che aiuta i Comuni a governare bene.
Mi chiedo inoltre come sia possibile mantenere in vita, almeno nella forma scritta, alcune parti della legge urbanistica. Mi riferisco, ad esempio, al comma 5 dell'art. 32 in base al quale l'Assessore esonera tutti i Comuni che hanno meno di 10 mila abitanti. Il comma 5 dell'art. 32 dice che "l'operatività nel tempo e nello spazio dei Piani Regolatori Generali nonché dei loro strumenti urbanistici esecutivi, è definita dai Programmi Pluriennali di Attuazione". Allora, se tutti i Comuni con popolazione inferiore ai 10 mila abitanti non sono più dotati di un Programma Pluriennale di Attuazione, il quinto comma dell'art. 32 può essere eliminato perché risulta impraticabile. I Comuni si trovano nella situazione in cui potrebbero non determinare l'operatività nel tempo e nello spazio dei propri Piani Regolatori Generali, nonché degli strumenti urbanistici.
E' a questo punto - Assessore - che, rileggendo per la terza volta questi emendamenti, mi sono detto che la legge è un disastro perché, non appena si introducono delle novità, si spezzano le strutture che sorreggevano l'intera impalcatura. E' una legge che non sta più in piedi! Togliendo un pilastro crolla l'intera ala di un edificio! Per questo motivo ritengo di contrastare tale operazione e ringrazio sia l'Assessore, che non interloquisce più se non ripetendo implicitamente per memoria quanto ha detto in Commissione, sia il collega Marchini.
All'Assessore dico che abbiamo già interloquito in Commissione, dove ho proposto un altro livello, quello del senso del ruolo della programmazione in un Comune, che però il collega Marchini ha liquidato dicendo che "era un'idiozia".
In questo modo ho conosciuto la loro opinione, ma sarebbe utile ci fosse qualcuno che non considera la programmazione un'idiozia e non considera nemmeno un'idiozia uno dei nodi non sciolti tra le forze politiche: quello di sapere in cosa consista in Italia, in un sistema di mercato ad economia mista, nel sistema capitalistico italiano, il diritto di proprietà. E' anche vero che dalla natura che si vuole assegnare al diritto di proprietà deriva il modo di essere della programmazione.
La legge n. 10 aveva tentato di affermare una scelta dicendo che il diritto di proprietà non è il diritto ad edificare e su questo presupposto che la legge aveva mal scritto, aveva fondato un'ipotesi di programmazione.
E' vero che i programmi pluriennali erano il sostegno di questa,scelta, ma il diritto di proprietà ed il diritto di edificare non sono stati risolti perché i contrasti di fondo degli interessi presenti nella nostra società non hanno portato le forze politiche ad un punto di equilibrio esplicito.
La Corte Costituzionale ha giustamente bocciato questo elemento perch era un compromesso pasticciato. Il tema però è sul tappeto perché il diritto di proprietà ha un nocciolo incomprimibile anche per quanto riguarda l'edificazione, ma è alla determinazione di questo nocciolo che bisogna arrivare. Per alcuni può essere illimitato. Sono proprietario di un terreno? Costruisco ciò che mi pare. Secondo altri questo nocciolo deve invece essere molto più compresso. Il diritto di edificare è intrinseco al diritto di proprietà solo fino a un certo punto. Rispetto ad un suolo agricolo, ad esempio, il diritto di proprietà incorpora - forse - il diritto di edificare in relazione allo svolgimento dell'attività agricola: non ho dubbi rispetto al fatto che le attività primarie che si svolgono su un territorio a servizio dell'uomo siano connesse al diritto di proprie-tà e quindi siano incorporate al diritto di proprietà. Nel decidere di costruire volumetrie per altri scopi quali residenze, ufficio industrie penso ci sia una separazione fra i due diritti, che vanno collocati diversamente.
Per questo motivo continuo a sostenere la necessità di votare contro l'emendamento, che fissa un limite di questo genere e che mette in primo piano, in modo molto italiano, l'immediato esonero da un obbligo per tutti i Comuni sotto 110.000 abitanti.



PRESIDENTE

La parola al Consigliere Rivolta per dichiarazione di voto.



RIVALTA Luigi

Sosteniamo l'emendamento presentato dai colleghi poiché si propone di recuperare un atteggiamento di disimpegno da parte della Regione: altro non può essere.
Il vecchio articolo di legge diceva che la Regione poteva far elenchi di Comuni, al di fuori di quelli già obbligati per legge, a cui indicare l'obbligo di predisporre un Piano pluriennale oltre a quelli già previsti per dimensione.
Il fatto di togliersi questa possibilità non può essere che un disimpegno della Regione verso i problemi urbanistici, alcuni dei quali risolto gravi. Quanti sono i Comuni con più di 10.000 abitanti che prendono importanti decisioni senza porsi alcun programma, determinando una politica di dispersione negli sviluppi insediativi e generando spese senza efficacia, creando così una serie di rivoli di spreco nell'attività urbanistica e insediativa? Si tratta di situazioni che, se prese seriamente, avrebbero già dovuto far nascere qualche perplessità nella Giunta. Il Comune di Sestrière e il Comune di Bardonecchia - per prenderne ad esempio due ben noti a tutti - sono Comuni con meno di 10.000 abitanti e decidono cose di importanza non certo locale o comunale, ma regionale e anche interna-zionale. Decidono muovendo risorse finanziarie e senza formulare alcun programma, spesso cercando contributi di varia origine e competenza nei vari organi della Regione, dello Stato, della CEE. Tutto questo avviene nel disimpegno della Regione, senza possibilità di chiedere e imporre a questi Comuni di fare un minimo di programmazione, di dimostrare come pensano di portare a conclusione le operazioni avviate.
Mi sembra questa una cosa molto grave; non è, questione di tecnica, ma di responsabilità politica: è un'altra manifestazione della volontà di questa Giunta, di questo Assessore, di disimpegnarsi, o meglio, di lasciar mano libera a fare sul territorio operazioni che interessano tutti perlomeno sul piano finanziario.
C'è poi Al problema dei debiti, dell'inefficacia della spesa nazionale.
Di fronte ad alcuni Comuni, non certo nei confronti di quelli con meno di 10.000 abitanti, c'è un problema che ha inerenza con l'efficacia della spesa italiana, efficacia di merito, nei risultati, nelle tempistiche.
Sosteniamo quindi l'emendamento presentato dal Consigliere Chiezzi contro l'atteggiamento della Giunta che evita di ragionare su queste situazioni: con questo emendamento non si chiede altro che di lasciarsi aperta una porta per poter intervenire. Come in occasione della questione già discussa prima, quella della perentorietà di una scadenza che toglie alla Regione qualsiasi possibilità ulteriore di interloquire, anche in questo caso l'atteggiamento della Regione, in sostanza, è quello del "fate quello che volete" sul piano della programmazione e dello sviluppo e quindi della programmazione di spesa pubblica e di spesa privata.



PRESIDENTE

Pongo in votazione l'emendamento.
Chi .è favorevole è pregato di alzare la mano.
L'emendamento è respinto con 9 voti favorevoli e 26 voti contrari.
70) Emendamento presentato dai Consiglieri Chiezzi e Miglio: All'art. 5, primo comma, dopo i due punti, penultimo capoverso, le parole: "I piani territoriali individuano" sono sostituite con le parole: "La Regione Piemonte individua".
La parola al Consigliere Chiezzi per l'illustrazione.



CHIEZZI Giuseppe

Questo emendamento corrisponde forse alla volontà dell'Assessore quando dice "liberiamo i Comuni, senza che la Regione debba rinunciare a certi controlli": siamo in questa sfera di ragionamento. Infatti il comma dice: "Calma, siete esonerati, però la Regione tiene in pugno la situazione". Con i Piani territoriali individuerà i Comuni con popolazione inferiore motiverà le proprie ragioni e li obbligherà a predisporre i Piani pluriennali: siamo a questo secondo corno del problema.
La dedizione che questa Giunta, figlia della precedente come dedizione ha nei riguardi dei Piani territoriali è nota a tutti: h ha ordinati, li ha pagati e li ha chiusi in un cassetto.



(Interruzione del Consigliere Rivalta)



CHIEZZI Giuseppe

Siamo nella sfera in cui si ritiene di proporre norme che riportano alla Regione ciò a cui la Regione ha rinunciato.
E' nota la dedizione con la quale questa Giunta regionale tratta i piani territoriali che ha ordinato, pagato e messo in un cassetto. Questi piani territoriali non saranno di certo approvati, questo è palese, come elementi di coerente riferimento per il governo dei Comuni; ma ammettiamo Assessore Carletto e Presidente Brizio, che così sia, cioè facciamo finta visto che lo scrivete - che questo accadrà. Se accadrà, succederà uno di quegli altri pasticci che questi innesti nella legge n. 56 provocano in continuazione.
Provo a rappresentarvelo, vedete se mi sbaglio o meno. Voi dite che i piani territoriali decidono (decisione non da poco) quali Comuni dovranno fare i programmi pluriennali; andiamo allora a vedere se la legge è coerente e se il nuovo articolo che scrivete sta in piedi. Non sta in piedi. Perché? Esaminiamo la legge n. 56 agli artt. 4 e 5, che vigono tuttora. L'art. 5, ai commi secondo e terzo, indica che cosa fanno i piani territoriali; andando però a ricercare nella legge i compiti e i contenuti dei piani territoriali, quanto proponete non è previsto.
Se voi intendete veramente assegnare ai piani territoriali determinati compiti e contenuti, dovete specificarli anche negli artt. 4 e 5, cioè dovete fare una modifica alla parte territoriale della legge urbanistica.
Non facendola, inserite un elemento di destrutturazione che fa implodere anche su questi articoli, la legge n. 56, rendendola illegittima.
Guardiamo al futuro? Bene, guardiamo al disegno di legge n. 103: è in sintonia con questo disegno di legge? Non tanto.



CARLETTO Mario, Assessore all'urbanistica

Non sapevamo che fine avrebbe fatto questa legge, consentimi. Faremo un emendamento in Commissione sul disegno di legge n. 103.



CHIEZZI Giuseppe

Volevo concludere il mio ragionamento, perché l'emendamento potreste farlo su questa legge; anche sul disegno di legge n. 103 dovete fare degli emendamenti, non facili perché in questo si parla di piano territoriale regionale, individuato all'art. 4, comma terzo, lettera e), mentre qui parliamo di piani territoriali: Allora, se approvate questi piani territoriali, l'emendamento sul disegno di legge n. 103 non so come funzioni.
I 5 minuti sono terminati, semmai nella dichiarazione di voto aggiungerò quello che non mi è consentito di dire adesso per via del tempo.



PRESIDENTE

La Giunta?



CARLETTO Mario, Assessore all'urbanistica

La Giunta non accoglie l'emendamento e rimanda la questione al disegno di legge del collega Nerviani; naturalmente quest'ultimo può essere non perfettamente coerente in questa parte, anche perché non potevamo prevedere come il legislatore regionale modificasse la legge n. 56. Immediatamente dopo, faremo in modo di rendere coerente il disegno di legge del collega Nerviani e, lui d'accordo, la Giunta d'accordo, procederemo con l'eventuale modifica alla n. 56. Questo era previsto e prevedibile, e cercheremo di realizzarlo.



PRESIDENTE

Ha chiesto la parola il Consigliere Chiezzi; ne ha facoltà.



CHIEZZI Giuseppe

Questo è il futuro, Assessore Carletto, e va benissimo, pur con le riserve che ho detto. Rimane però il presente. Il presente è che questo inserimento è in contraddizione con gli artt. 4, 5 e 7. E c'è un'aggravante: voi inserite nei piani territoriali contenuti che chi legge il testo della legge non ritrova; quindi nasce un contenzioso.
C'è di peggio: nei vigenti artt. 4, 5 e 7 di questa legge si parla di Comprensori e quindi di piani territoriali comprensoriali; che si parli di questo viene reso esplicito anche dalla dizione da voi scelta: "piani territoriali". Parrebbe, in sostanza, che rimangano in vita i piani territoriali CON riferimento al Comprensori,; che voi non eliminate dal corpo della legge; la legge urbanistica regionale, quindi, esce da quest'aula con i Comprensori vivi, a dire degli articoli della legge regionale comprensoriale. A mio parere, questo è un altro elemento di illegittimità.
Come si fa a introdurre un articolo che dà contenuti nuovi ai piani territoriali che si riferiscono ai Comprensori se i Comprensori non esistono più? I contenuti nuovi sono solo indicati in questo articolo, ma non riportati nell'articolo specifico; MI sembra che tutto il castello crolli, che non regga perché si introducono norme che non solo non hanno riferimento alle norme precedenti ancora vigenti, ma non hanno neppure riferimento ai soggetti istituzionali che li dovrebbero compiere.
Parlare oggi di piani territoriali in legge significa, così stando la legge n-56, parlare di piani territoriali comprensoriali. I Comprensori però, non ci sono più. Vi ho detto allora di parlare delle Province, le quali, a norma della legge n. 142, mi pare abbiano già, in ogni caso, la competenza di coordinare i lavori dei Comuni.
Non sostituite le Province ai; Comprensori, non introducete nei contenuti dei piani territoriali l'indicazione dei Comuni sotto 110.000 abitanti da assoggettare a PPA, però con l'art. 5 indicate che i piani territoriali faranno tutte queste cose: è un bel guazzabuglio. Voter contro.



PRESIDENTE

Pongo in votazione l'emendamento.
Chi è favorevole è pregato di alzare la mano.
L'emendamento è respinto con 7 voti favorevoli e 22 contrari.
71) Emendamento presentato dai Consiglieri Rivalta, Bresso e Buzio: Al primo comma, terzo capoverso dopo i due punti, dopo le parole: "I Piani territoriali", aggiungere: "e, in loro assenza, la Regione".
La parola al Consigliere Rivalta che lo illustra.



RIVALTA Luigi

Intervengo per sottolineare ancora una volta come, anche per questa proposta di legge, la Giunta, la maggioranza, l'Assessore intendano disinteressarsi di quello che succede. Il nostro emendamento era in subordine all'altro discusso prima. Si chiede che, in assenza dei piani territoriali, la Regione possa indicare i Comuni obbligati, in particolari circostanze, a fare i piani territoriali.
Non capisco l'ostinazione della Giunta a togliersi la possibilità di svolgere il proprio ruolo. Questa non è materia riguardante i piani territoriali (dai piani territoriali è scaricata questa questione), ma si tratta di gestione urbanistica. Quindi, dovrebbe essere compito dell'Assessore all'urbanistica garantirsi la possibilità d'intervento.
Per quale ragione l'Assessore Carletto, che assume un ruolo monocratico nella gestione urbanistica, una sorta di despota dell'urbanistica, si toglie la possibilità di governo della gestione reale ai fini di un miglioramento dei programmi urbanistici e dei programmi di spesa? E' incomprensibile, se non con il fatto che questa Giunta vuole lavarsene le mani. E' questa la posizione. Se tornassimo indietro nella storia di 2000 anni fa, probabilmente questo atteggiamento farebbe rabbrividire il nostro Gesù Cristo.



PRESIDENTE

La parola all'Assessore Carletto.



CARLETTO Mario, Assessore all'urbanistica

Da peccatore, dico che la Giunta non approva.



PRESIDENTE

Pongo in votazione l'emendamento n. 71).
Chi è favorevole è pregato di alzare la mano.
L'emendamento è respinto con 7 voti favorevoli e 20 contrari.
71 bis) Emendamento presentato dal Consigliere Chiezzi: All'art. 5, terzo capoverso, dopo i due punti aggiungere dopo le parole: "di carattere ambientale", la parola: "insediativo".
La parola al Consigliere Chiezzi per l'illustrazione.



CHIEZZI Giuseppe

L'articolo propone d'inserire dopo le parole "di carattere ambientate" la parola "insediativo".
L'esigenza nasce dal fatto che l'art. 36 della legge Astengo diceva che erano obbligati a predisporre il Programma d'attuazione i Comuni sopra i diecimila abitanti; inoltre diceva che tutti i Comuni sotto i diecimila abitanti venivano vagliati attraverso l'esame di alcuni caratteri salienti illustrati nei punti a), b) e c), con una descrizione abbastanza dettagliata in modo da consentire l'interpretazione della legge e il lavoro agli uffici dell'Assessorato, secondo uno schema abbastanza ben definito.
Gli schemi erano tre e tre sono stati riproposti, ma in forma troppo sintetica sino a snaturarne il contenuto; erano riferiti ai problemi ambientali, turistici e industriali, che però qui sono stati ripresi semplicemente nei termini ambientale; turistico e industriale. Se voi leggete come erano descritti questi tre elementi, vedete che l'elemento d'interesse paesaggistico-ambientale non si esauriva in questa semplice definizione, ma veniva contemperato e arricchito da altri elementi.
Ad esempio, si prendevano in esame le consistenti dinamiche o previsioni insediative e non casualmente, perché sarebbe stato ben strano sotto i diecimila abitanti, individuare i Comuni sottoposti ad una dinamica industriale o turistica, e non prendere in considerazione le altre dinamiche di carattere insediativo e residenziale.
Ora, nella fretta di scrivere oltre che di fare, avete spazzato via questa utile descrizione, che invece poteva essere mantenuta, l'avete sintetizzata, ma ne avete dimenticato un pezzo. Avete dimenticato che le dinamiche possono essere, oltre che industriali e turistiche, semplicemente insediative di abitanti. Si tratta di dinamiche che possono proprio essere innescate da progetti regionali relativi ai piani territoriali, conseguenza di un governo regionale del territorio.
Questo depauperamento delle utili e razionali descrizioni contenute nella legge n. 56 mi pare pernicioso; per evitarne, almeno in parte: gli effetti ho proposto l'inserimento della parola "insediativo", ben sapendo e autocriticando questa proposta, che è molto rozza e che non mi soddisfa.
L'inserimento, almeno di questa parola, permetterebbe agli uffici regionali di tener presente che le dinamiche insediative di qualunque segno vanno tenute in conto.
Se però l'Assessore avesse tra le mani un termine un po' più acconcio la cosa non guasterebbe.



PRESIDENTE

La parola all'Assessore Carletto.



CARLETTO Mario, Assessore all'urbanistica

L'emendamento è accolto.



PRESIDENTE

Lo pongo pertanto in votazione.
Chi è favorevole è pregato di alzare la mano.
L'emendamento è approvato con 28 voti favorevoli.
72) Emendamento presentato dai Consiglieri Chiezzi e Miglio: All'art. 5, primo comma dopo i due punti penultimo capoverso le parole: "nel termine fissato dagli stessi Piani Territoriali", sono soppresse.
La parola al Consigliere Chiezzi per l'illustrazione.



CHIEZZI Giuseppe

Sempre con la volontà di far contare la Regione, in questo comma si scrive che l'obbligo di dotarsi di programmi pluriennali di attuazione dovrà essere ottemperato nel termine fissato dagli stessi piani territoriali. Si potrebbe dire che in questo caso la Regione è attenta e fisserà dei termini nei piani territoriali. Ho provato a ragionare sul senso di questa norma: è praticabile una norma di questo genere? Dico questo perché mi è venuta subito in mente la grande distanza esistente tra le procedure di formazione dei piani territoriali, ammesso che si facciano e i termini prescrittivi contenuti in questi piani, che possono iniziare oggi ed essere, approvati tra tre anni e contenere magari il termine di 60 giorni entro i quali la Regione deve scrivere ai Comuni: "siete inseriti nei PPA". Mi pare che ci sia una difficoltà di questo genere. Ho provato quindi a verificare se questa sia una norma praticabile o se sia velleitaria anche rispetto al disegno di legge n. 98 in fase di esame della Commissione.
Nel disegno di legge n. 103 all'art. 4, comma 3, lettera e) e all'art 4, comma 7, lettera b), non si parla di termini, ma qui l'Assessore, ha già detto "faremo gli emendamenti sul disegno di legge n. 103"; rinuncio pertanto a questo argomento.
Prendiamo allora in esame la normativa vigente: cosa prevede per i piani territoriali? Prevede che devono essere adottati, quindi predisposti preparati, discussi in Giunta e votati; poi prevede 90 giorni (più 120) per le osservazioni, e le controdeduzioni; sono inoltre previste la deliberazione di Giunta e la pubblicazione sul Bollettino Ufficiale della Regione Piemonte.
Ipotizzare un arco di tempo di un anno per espletare questa procedura penso sia di un ottimismo straordinario, ma questo ottimismo conduce già a ritenere inapplicabile una norma che vincola a una normativa di piano territoriale l'obbligo per i Comuni di formare il programma pluriennale di attuazione: si usano a mio parere delle norme tra loro sghembe che non si incontreranno mai! Il piano territoriale, che è il più difficile dei piani regolatori (chiamiamolo così), ha procedure e tempi che, per quanto si faccia, seguono un iter non millenaristico ma almeno di legislatura, alle volte. Come è possibile basarsi su questi piani territoriali e il loro lunghissimo iter per segnalare l'obbligo dei Comuni di realizzare i programmi pluriennali? Sarà scritto sul piano territoriale oggi ma prima che il piano territoriale venga approvato passa a dir poco un anno, ma ne passeranno anche due o tre.
Intanto i Comuni non vengono obbligati a predisporre i programmi pluriennali, nonostante il piano territoriale lo dica sin dal primo giorno in base agli studi i professionisti preparano il piano, possono già subito dire "certo, il piano territoriale deve contenere questa indicazione", ma il piano territoriale è di là da venire, mentre la scelta della Giunta regionale di obbligare i Comuni deve avvenire in un tempo realistico e compatibile. Quindi è proprio l'uso dello strumento di riferimento che mi sembra incongruo e sbagliato; sì, muovete una leva, ma la leva è scollegata dal cambio, dal motore, è una leva in folle che non metterà in moto niente.
Per questo motivo chiedo che le parole "nel termine, fissato dagli stessi piani territoriali" vengano eliminate e sostituite con qualcos'altro. Ma vanno sostituite con qualcos'altro, perché se le si sostituisce con niente allora veramente la vicenda dei Comuni sotto 110 mila abitanti è definitivamente chiusa: non saranno mai inseriti come Comuni obbligati a programmare lo sviluppo del territorio prima di avviare delle operazioni di trasformazione urbana.



PRESIDENTE

La parola all'Assessore Carletto.



CARLETTO Mario, Assessore all'urbanistica

La Giunta non accoglie l'emendamento perché lo spirito del collega torna ad essere quello della contestazione, dal suo punto di vista, alla scelta di affidare ai piani territoriali questi compiti.
La scelta fatta invece è questa, quindi bisogna che i piani territoriali individuino dei tempi; poiché i piani territoriali hanno già individuato i Comuni obbligati alla redazione dei PPA, è necessario assegnare loro dei termini, per cui mi pare Indispensabile questa norma.
L'emendamento non può quindi essere accolto.



PRESIDENTE

La parola al Consigliere Rivalta.



RIVALTA Luigi

Il collega Chiezzi ha posto una questione molto ragionevole, quella di non creare una fantasia di intervento, quella dei piani territoriali, su una materia che invece ha caratteri contingenti.
Con questo nuovo regime di urbanistica che si va determinando avremo attraverso le varianti, molte modifiche della politica urbanistica; le varianti saranno sempre più - può essere un difetto, ma potrebbe sotto altri profili essere un pregio - legate a situazioni contingenti e dovrebbero sempre più avvicinarsi a situazioni che assumono carattere operativo.
La sfasatura di tempo sollevata dal Consigliere Chiezzi mi pare dunque una considerazione assolutamente fondata; il collega Chiezzi chiedeva per anche di eliminare questa indicazione e sostituirla con un'altra.
Credo che la risposta ci sarebbe e 'non sarebbe difficile all'Assessore all'urbanistica darla; una risposta convincente, che non introduce intoppi ma che mette la Regione e per essa l'Assessore all'urbanistica in grado di poter cogliere quando è necessario imporre i piani pluriennali.
Questo momento può essere, ad esempio, il momento dell'approvazione dei piani regolatori; si rimanda invece ai piani territoriali, sede che pu avere qualche competenza ma che sotto molti profili è impropria, e non si assume la responsabilità di definire quali Comuni devono fare i piani pluriennali nel momento in cui si approva il piano regolatore oppure una variante.
Può arrivare, da un Comune con meno di 10 mila abitanti, una variante che Introduce davvero elementi di grande portata urbanistica e di spesa tenersi la responsabilità, nel momento in cui si esaminano queste varianti di indicare al Comune l'esigenza che faccia il piano pluriennale, mi sembrerebbe una risposta convincente.
Dico questo con spirito collaborativo, Assessore Carletto; qualche volta mi indispettisco perché mi pare che qualche posizione sia proprio di distacco dalla materia, ma per altri versi cerco di intervenire introducendo elementi, non dico di collaborazione nel senso politico maggioranza e opposizione, ma certo di costruzione.
Anche qui - entro nella logica del tuo disegno di legge - non si intaccherebbe nulla se, per esempio (siamo a scalare rispetto ai vari emendamenti e subemendamenti), rispetto alla domanda di Pino Chiezzi tu rispondessi: "Bene, ci teniamo questa possibilità di decidere, valutando nel merito se il Comune deve fare il piano pluriennale quando approviamo il piano regolatore o approviamo una variante". Mi sembrerebbe un atteggiamento davvero serio, responsabile, che sta nella logica della tua legge.



PRESIDENTE

La parola all'Assessore Carletto.



CARLETTO Mario, Assessore all'urbanistica

A me e alla Giunta pareva opportuno affidare alla responsabilità e alla discrezionalità dell'Assessorato la scelta di obbligare o meno i Comuni alla redazione del PPA, sulla base del piano regolatore o della variante.
Visto che c'è la volontà di fare il Piano territoriale regionale e i Piani territoriali provinciali, cosa che non può essere dimenticata in questo ragionamento, ci auguriamo di riuscirci e ci impegneremo per farlo nei tempi e nei modi che oggi la realtà piemontese ci impone. Quindi, se abbiamo scritto così è perché siamo convinti di fare tutto il nostro dovere per cercare di predisporre questi piani. Se ci accorgeremo, fra ei mesi o fra un anno, che ragioni che oggi non, sono presenti nelle nostre intenzioni ci impediranno di farlo, si rivedrà questa materia. Io l'ho rinviata ai piani territoriali d'accordo con la Giunta e in particolare con l'Assessore Nerviani, perché mi pare davvero che questo problema debba essere visto al livello dei piani territoriali provinciali. Nulla vieta, se ciò non si potrà realizzare per ragioni che non dipendono dalla volontà di questa Giunta, che eventualmente - ripeto - si possa ritornare su questo argomento fra sei mesi o fra un anno.



PRESIDENTE

Pongo pertanto in votazione l'emendamento n. 72) presentato dai Consiglieri Chiezzi e Miglio.
Chi è favorevole è pregato di alzare la mano.
E' respinto con 8 voti favorevoli e 24 contrari.
73) Emendamento presentato dai Consiglieri Chiezzi, Miglio e Segre: All'art. 5 del disegno di legge n. 98, che sopprime e sostituisce l'art. 36 della LR n. 56/77 e s.m. ed i., sono apportate le seguenti modificazioni: Dopo il secondo comma dell'art. 36 aggiungere il seguente terzo comma: "In via, transitoria, fino alla approvazione dei Piani territoriali di cui al precedente comma, i Comuni non esonerati, sono individuati con elenco approvato dal Consiglio regionale con apposita deliberazione".
La parola al Consigliere Miglio per l'illustrazione.



MIGLIO Mario

Con questo emendamento riproponiamo in altra formula sostanzialmente la stessa cosa, però, visto che abbiamo concentrato l'attenzione su alcuni emendamenti che noi ritenevamo molto significativi, vorrei riproporre molto brevemente le considerazioni che intendiamo risottolineare in questa occasione.
Stante il fatto che con questo emendamento accettiamo l'impostazione data dall'Assessore con la modifica introdotta alla LR n. 56, la nostra preoccupazione è che, non avendo ancora il riferimento del piano territoriale e presupponendo che i tempi di stesura dello stesso siano di fatto molto lunghi e quindi non si ha la certezza divedere approvato in tempi ragionevoli questo piano, consequenzialmente sia difficile definire quei Comuni che si ritiene debbano essere risottoposti all'obbligo di redigere i programmi pluriennali di attuazione in considerazione della specificità territoriale di quelle zone.
Il legislatore, sia a livello nazionale sia a livello regionale, aveva comunque concepito il fatto che i Comuni con popolazione inferiore a 10.000 abitanti, proprio per le loro dimensioni, in via generale non necessariamente dovessero essere sottoposti all'obbligo di redigere questo strumento e che comunque bisognasse fare salva la possibilità della Regione di intervenire In tutti quei casi dove la sensibilità ambientale, le vicende urbanistiche, il sistema economico, tendevano a creare delle situazioni particolareggiate che dovevano essere meglio governate proprio con la redazione di specifici strumenti quali i programmi pluriennali di attuazione. Riteniamo che questo tipo di approccio dovrebbe essere riconsiderato.
La nostra paura è che, così come stanno le cose, qualora venisse approvato in questa forma l'art. 5 del disegno di legge, si creerebbe un vuoto nel senso che, non avendo ancora approvato il piano territoriale e non avendo la Regione pensato di dotarsi di uno strumento che per noi pu essere ritenuto valido in quello già previsto dal disegno di legge precedente, si troverebbe nella condizione di non poter obbligare quel Comuni che, per evidenti ragioni contingenti a fatti specifici e a valenze ambientali di particolare natura. è meglio siano sottoposti ad una particolare attenzione.
Con questo emendamento riteniamo che in via transitoria si potrebbe provvedere (tra l'altro è un compito che viene delegato alla Regione nel suo insieme attraverso il Consiglio regionale) a porre in qualche modo un freno alla possibilità di trovarsi nella condizione a posteriori di verificare che il non aver assunto un provvedimento di questo tipo ci costringe , a constatare trasformazioni non compatibili in particolari casi, considerando il fatto che non automaticamente la dimensione demografica vuol dire che non sussistano problemi a livello territoriale.
Con questo emendamento si dà l'opportunità in via transitoria alla Regione di fare ricorso a una propria delibera, che peraltro è uno strumento abbastanza facile da definire, per individuare quei Comuni al quali, proprio sulla base delle specificità elencate nell'articolo del disegno di legge n. 98, si ritiene utile e necessario imporre fino alla stesura del piano territoriale la redazione di un Programma Pluriennale di Attuazione.



PRESIDENTE

La Giunta non accoglie l'emendamento. Lo pongo pertanto In votazione.
Chi è favorevole è pregato di alzare la mano.
E' respinto con 9 voti favorevoli e 27 contrari.
La parola al Consigliere Chiezzi per dichiarazione di voto sull'art. 5 nel testo emendato.



CHIEZZI Giuseppe

Su questo articolo è stato accolto solo un emendamento, e la maggioranza continua a portare a casa un altro pezzettino di deregolazione.
Da qui, care colleghe e colleghi, si comincia a vedere che ci sono risultati che saranno raggiunti ed altri che invece, affermati comunque in questi articoli, sicuramente non saranno raggiunti. I risultati che raggiungerete sicuramente sono quelli che troveranno molto spazio, una volta finita la battaglia, su tutti gli organi di informazione, saranno quelli della deregolazione, dell'assenza di normativa e quindi della maggiore libertà di movimento per tutte le attività che, in modo un po' generico, possono andare sotto il segno delle speculazioni edilizie ed immobiliari.
Con questo articolo le attività speculative immobiliari troveranno più facili terreni per la loro collocazione rispetto alla situazione precedente. Infatti dei 1209 Comuni del Piemonte ben più di. 1100 (forse 1150) sono sotto 110.000 abitanti e sotto questa soglia sta quasi la metà della popolazione piemontese. Questi mille e più Comuni e quasi la metà della popolazione torinese saranno soggetti a pressioni di carattere speculativo ben maggiori che in passato perché non ci saranno più i Programmi d'attuazione. I programmi sono importanti: faccio solo un'osservazione, perché lo svilimento del PPA mi spaventa.
Il Movimento perla Rifondazione Comunista pubblica il giornale "Liberazione"; sabato scorso è uscito il secondo numero e vi consiglio di comprarlo perché c'è un articolo impressionante intitolato "Attenti al sindacalista" che parla di un sindacalista, sig. Baldi, collega di lavoro di Bonsignore, funzionario regionale ammazzato dalla mafia.
L'articolo, è fondato sulle aggressioni che hanno portato alla morte di un funzionario regionale ed al cambiamento di città di un altro, in quanto il Bonsignore ed il sindacalista volevano subordinane l'attività della Regione ai programmi. Nient'altro. L'articolo è molto lungo, è una lunga intervista, ma si parla solo di programmi e di come questi funzionari fedeli ed onesti volessero subordinare l'erogazione di fondi e le decisioni amministrative ad una qualsiasi forma di programma; il programma era cioè l'elemento che doveva essere eliminato anche solo come ipotesi di comportamento della Pubblica AmministrazIone.
Anche se le situazioni sono diverse, è un articolo che mi induce a spendere parole in difesa della programmazione ed a rammaricarmi molto quando vedo che vengono tolti, senza tanto rifletterci sopra, elementi non marginali di programmazione. Stiamo attenti perché la programmazione degli interventi è un metodo di lavoro che porta al buon governo e permette alle forze politiche che governano pro-tempore di avere più forza nel raggiungimento degli interessi generali, che non sono mai facili da raggiungere. Lo smantellamento della programmazione è pericoloso, tant'è che in altre parti d'Italia chi cerca di introdurne i primi elementi viene addirittura eliminato fisicamente.
Per questo motivo considero l'articolo in modo negativo e pericoloso e ritengo faccia scivolare la Regione Piemonte in una direzione che rende il proprio futuro amministrativo tutt'altro che tranquillo.
Voterò quindi contro questo articolo.



PRESIDENTE

Non essendovi altri interventi, si proceda alla votazione per appello nominale dell'art. 5 nel testo emendato.
L'esito della votazione è il seguente: presenti e votanti 39 hanno risposto SI 29 Consiglieri hanno risposto NO 10 Consiglieri L'art. 5 è approvato.
ART. 6 74) Emendamento presentato dai Consiglieri Chiezzi e Miglio: "All'art. 6 il secondo comma è soppresso".
75) Emendamento presentato dai Consiglieri Chiezzi e Miglio: All'art. 6, secondo comma aggiungere al fondo "ad eccezione di quanto previsto al punto d)".
La parola al Consigliere Chiezzi per l'illustrazione congiunta degli emendamenti.



CHIEZZI Giuseppe

Cercherò di illustrare congiuntamente gli emendamenti, anche se sarà molto difficile poiché si tratta di un articolo molto complicato.
Il primo comma va bene poiché eravamo già d'accordo sulla sostituzione.
Riguardo il secondo comma, vediamo se si tratta di un coordinamento. E' stabilito che il quinto comma dell'art. 37 regola gli interventi che si possono realizzare scaduto il Programma Pluriennale di Attuazione: infatti dice: "Scaduto il Programma Pluriennale di Attuazione e fino all'approvazione del successivo sono consentiti solo interventi di cui alle lettere a), b), c) ed 4) dell'art. 13".
Le lettere a), b), c) e d) dell'art. 13 permettono gli interventi di manutenzione ordinaria, straordinaria, restauro e risanamento e ristrutturazione edilizia. Questo è lo stato delle cose esistenti.
L'articolo dice: "Dopo le parole dell'art. 13, aggiungere il VII comma dell'art. 33", che recita: "Il rilascio della concessione dell'autorizzazione non è subordinato all'inclusione dell'intervento al programma pluriennale di attuazione né all'approvazione dello stesso sempreché non in contrasto con le previsioni del Piano regolatore generale previo versamento di contributi nei seguenti casi a) interventi diretti al recupera del patrimonio edilizio esistente di cui all'art. 13, III comma b) modifiche interne necessarie per l'efficienza degli impianti produttivi industriali, artigianali e agricoli; c) ampliamenti fino al 50% della superficie coperta e comunque non superiore a 1.000 metri quadrati di solaio utile lordo di edifici destinati alle attività produttive; d) variazione delle destinazioni d'uso di edifici esistenti consentite dal Piano regolatore genera le, e) modesti ampliamenti delle abitazioni necessari al miglioramento degli impianti igienici; f) interventi urgenti da realizzare a tutela della pubblica utilità.
A rilascio della concessione o dell'autorizzazione non è inoltre subordinato all'inclusione dell'intervento del programma pluriennale di attuazione nei casi e nei limiti previsti dall'art. 91 quinquies".
Andiamo a leggere l'art. 91 quinquies, che recita: "in conformità agli ultimi commi - di un paio di leggi - sono rilasciate concessioni anche in aree non comprese nei programmi pluriennali di attuazione" nei seguenti casi - e tra i casi, ed è qui che questo comma non mi sembra un coordinamento, ci sono, alla lettera b) - "interventi da realizzare su aree di completamento che siano dotate di opere di urbanizzazione".
Dicevo prima che si tratta di un articolo "infernale", perché questa concatenazione da un articolo all'altro è di difficile lettura. Al termine della faticosa lettura mi è parso che la norma non sia di coordinamento, ma di ampliamento degli interventi consentiti al di fuori, in assenza o in scadenza dei programmi pluriennali di attuazione che giungono fino alle aree di completamento a cui si giunge all'art. 91 quinquies. Questo è il motivo, un po' intricato, per cui si sostiene la necessità di eliminare questo comma.
Altro elemento preoccupante, che riguarda gli interventi al di fuori dei programmi pluriennali di attuazione, è quello relativo ai cambi di destinazione d'uso.
Mi ero convinto, non so bene perché, che l'Assessore avrebbe riflettuto sui cambi di destinazione d'uso e l'avrebbe inteso come uno dei momento centrali delle attuali trasformazioni urbane e un elemento sul quale accentuare l'attenzione legislativa. Ma questo non è accaduto. Rimane la mia preoccupazione sul fatto che è ben vero che i cambi di destinazione d'uso sono compresi nella legge n. 56, ma visto che quest'ultima è stata ritoccata in tanti punti, varrebbe la pena - se la Giunta lo ritenesse - di definire una posizione diversa dall'attuale.
I cambi di destinazione d'uso sono quelli che stanno maciullando il centro storico; stanno espellendo dal centro storico, in modo devastante inquilini, residenze e attività economiche minori. La destinazione d'uso è anche un elemento difficile da controllare: ho avuto esperienza diretta in questo e so quanto sia facile parlarne e quanto sia difficile approntare normative di controllo. Ma almeno l'eliminazione della possibilità di cambiare le destinazioni d'uso al di fuori dei programmi pluriennali di attuazione o con questi ultimi scaduti è una modifica che chiedo.
Da un lato questo articolo sarà pure un coordinamento, ma viste le tante modifiche chiedo che lo eliminiate; d'altro lato mi sembra che ci sia un ampliamento degli interventi ammessi attraverso i tre articoli che ho citato.
Queste sono le intricate motivazioni alla base della critica volta a sopprimere il comma II dell'art. 6.



PORCELLANA FRANCESCO



PRESIDENTE

La parola all'Assessore Carletto.



CARLETTO Mario, Assessore all'urbanistica

Volevo insistere sul fatto che, a mio parere, il argomentazioni richiamate dal Consigliere Chiezzi non sono oggetto di modifica, ma sono esattamente il testo vigente.
Non abbiamo modificato alcuna delle condizioni vigenti per interventi al di fuori del Piano pluriennale di attuazione. Semmai c'è il problema delle destinazioni d'uso, ma nel caso volessimo affrontarlo, dovremmo farlo in discussione dell'art. 48.
A mio parere - insisto - il secondo comma è semplicemente un comma di coordinamento che lascia inalterata la condizione di realizzabilità dei vari interventi al di fuori dei Piani pluriennali di attuazione, per come è definita attualmente dalla legge n. 56.
Non mi sembra accettabile un emendamento ad un comma, secondo me importante, di coordinamento. Sulle questioni della destinazione d'uso potremo discutere successivamente.



PRESIDENTE

La parola al Consigliere Chiezzi.



CHIEZZI Giuseppe

Intervengo unicamente per confermare la volontà di mettere in votazione l'emendamento. Per quanto riguarda le affermazioni dell'Assessore, gradirei molto discutere di questo articolo, ma non mi pare che il testo di legge ce lo consenta, in quanto l'art. 48 non è oggetto di alcuna modifica. O l'iniziativa parte dal Consiglio o, soprattutto, dall'Assessore: non è possibile che nell'iter del nostro lavoro si giunga a discutere di cambi di destinazione d'uso.
Ho sollevato la questione perché la ritrovo nella normativa vigente, ma sarei più che favorevole ad affrontare un esame dell'articolo. L'Assessore Carletto invita a rimandarne più avanti la discussione, ma sulla base degli atti a nostra disposizione non sarà possibile. Per questo motivo sollecitavo una proposta dell'Assessore e qualche chiarimento in merito.



PRESIDENZA DEL PRESIDENTE SPAGNUOLO



PRESIDENTE

Pongo in votazione l'emendamento n. 74) presentato dai Consiglieri Chiezzi e Miglio.
Chi è favorevole è pregato di alzare la mano.
L'emendamento è respinto con 8 voti favorevoli e 25 voti contrari.
Pongo in votazione l'emendamento n. 75) presentato dai Consiglieri Chiezzi e Miglio.
Chi è favorevole è pregato di alzare la mano.
L'emendamento è respinto con 8 voti favorevoli e 22 contrari.
76) Emendamento presentato dai Consiglieri Chiezzi, Miglio e Segre: All'art. 6 del disegno di legge n. 98, che modifica l'art. 37 della LR n. 56/77 e s.m. ed i., sono apportate le seguenti modificazioni: All'art. 6 è aggiunto il seguente terzo comma: "3. Al secondo comma dell'art. 37 della IR n. 56177 e s.m. ed i., le parole 'e al comprensorio' sono soppresse".
La parola al Consigliere Miglio per l'illustrazione.



MIGLIO Mario

Per quanto riguarda gli emendamenti nn. 76 e 77, che fanno riferimento ai Comprensori, mi sembra che dalle discussioni fattevi fosse una disponibilità ad accettarli, poiché non interferiscono assolutamente con la linea tenuta dall'Assessore e, viceversa, danno un contributo in termini positivi in quanto sopprimono qualcosa che di fatto già non esiste cancellandolo materialmente dal testo di legge complessivo.
Durante il dibattito, con l'Assessore si era ipotizzato anche di stendere un articolo unico che ricomprendesse tutti i casi previsti, cosa che ovviamente non mi sono sentito di fare per il lavoro complessivo ed estremamente lungo di stesura materiale dei vari emendamenti: ho quindi ritenuto di mantenermi solo agli articoli già toccati dal disegno di legge.
Vorrei sapere, che tipo di posizione assume l'Assessore.



PRESIDENTE

La Giunta?



CARLETTO Mario, Assessore all'urbanistica

C'è un emendamento, che non ho ancora presentato e che posso presentare in questo momento, all'art. 16 del disegno di legge n. 98, il quale risponde a questa esigenza.. Come ci eravamo impegnati, abbiamo cercato di ripulire nel testo dell'articolato il termine "Comprensorio" laddove era necessario: quindi presento questo emendamento che, in una sua parte ricomprende gli emendamenti presentati dai colleghi.



PRESIDENTE

Pongo in votazione l'emendamento n. 76) a firma Chiezzi, Miglio e Segre.
Chi è favorevole è pregato di alzare la mano.
L'emendamento è respinto con 8 voti favorevoli, 1 contrario, 21 astensioni.
La parola al Consigliere Chiezzi per dichiarazione di voto sull'art. 6 nel testo emendato.



CHIEZZI Giuseppe

Vorrei fare una breve dichiarazione per sottolineare il fatto che non è stata accettata la soppressione di questo comma, ma soprattutto non è stato accettato di eliminare dagli interventi ammissibili in assenza di programma pluriennale di attuazione quelli compresi nel punto d) del comma settimo dell'art. 33, relativo alle variazioni di destinazione d'uso.
La modifica poteva essere fatta già ora se c'era questa volontà: non è stata introdotta, ma il problema di affrontare in questa legge il tema del cambio delle destinazioni d'uso rimane attuale. Non so se insieme ai colleghi dell'opposizione riusciamo a concordare una qualche forma di intervento; mi parrebbe particolarmente necessario perché nelle trasformazioni edilizie e urbanistiche oggi l'elemento della, destinazione d'uso assume sempre più il ruolo di vero motore economico.
Dal punto di vista edilizio, all'interno di un fabbricato può anche non succedere nulla; un semplice cambio di mobilia può far percepire delle rendite tra loro molto diverse. Le città oggi si trasformano senza muovere un mattone: si creano ricchezze, punti di pregio, momenti di congestione e momenti di depauperamento, In teoria senza muovere nulla, solo attraverso i cambi di destinazione d'uso.
C'è una ricerca, svolta dalla Camera di Commercio di Torino, in base alla quale si è evidenziato come in questi ultimi 5 anni il centro storico di Torino è stata trasformato In uffici per una rilevantissima quota di superfici di solai precedentemente destinate a residenza. La città di Torino continua a mutare le funzioni che in essa sono collocate soprattutto a livello del centro storico, in modo non programmato e non conosciuto.
Capisco che la programmazione possa avere degli elementi obiettivi di difficoltà ad essere praticata, ma qui siamo ancora indietro poiché non sappiamo neppure cosa accade nella città; lo sappiamo solo in forma indiretta, quando vediamo che non si circola più, quando vediamo che parlare di città a Torino vuol sempre più dire parlare del suo centro tanto che in molte periferie torinesi quando si va in centro si dice: "Andiamo in città", cioè non si riconosce neppure la forma e la dignità di città alle brutte periferie che si abitano.
Queste trasformazioni molecolari, in realtà induriscono il territorio in una direzione che non viene né controllata né programmata e tanto meno conosciuta. Parlare di cambi di destinazione d'uso non è facile, ma il cimento è davanti a noi e, a mio parere, dovrebbe essere intrapreso. Non è facile perché, nella nostra società e nel nostro stato di diritto individuare una normativa sui cambi di destinazione d'uso vuol dire avvicinarsi di nuovo a diritti che la nostra società riconosce come diritti da proteggere, che ineriscono il diritto di proprietà e forse anche altri diritti ancora più particolari e preziosi. In altre parole, occorre trovare il modo di avvicinarsi ad una normativa sul cambio di destinazione d'uso legittimamente, determinando le forme di controllo della proprietà che consentano all'Ente pubblico di governare il proprio territorio in modo legittimo e costituzionale.
Questo è un nodo non da poco, un nodo per cui chiedo se c'è una certa sintonia all'interno del Consiglio, o almeno di una parte di esso, per verificare se sia possibile produrre qualcosa di concreto nella direzione del controllo dei cambi di destinazione d'uso.



PRESIDENTE

Si proceda alla votazione per appello nominale dell'art. 6 nel testo emendato.
L'esito della votazione è il seguente: presenti e votanti 38 hanno risposto SI 28 Consiglieri hanno risposto NO 10 Consiglieri L'art. 6 è approvato.
ART. 6 bis 77) Emendamento presentato dal Consiglieri Chiezzi, Miglio e Segre: Dopo l'art. 6 del disegno di legge n. 98, è aggiunto il seguente art. 6 bis: 1. Al sesto comma dell'art. 40 sono soppresse le parole: "Il Piano particolareggiato e la variante del PRG sono inoltrati contemporaneamente al Comitato comprensoriale, affinché esprima il proprio parere entro 30 giorni dal ricevimento" ed ancora le parole: "e al parere del Comprensorio".
La parola al Consigliere Miglio.



MIGLIO Mario

Dopo averlo confrontato con l'emendamento dell'Assessore Carletto, lo ritiro.



PRESIDENTE

ART. 7 78) Emendamento presentato dal Consiglieri Chiezzi e Miglio: L'art. 7 è soppresso.
La parola al Consigliere Chiezzi.



CHIEZZI Giuseppe

Questo articolo sopprime il parere del Comitato Urbanistico Regionale sugli strumenti urbanistici in variante al piano regolatore, collegati al piano particolareggiato, ed introduce il silenzio-assenso nel caso che la Giunta regionale non esprima dei provvedimenti. Anche in questo articolo ci sono solo elementi di deregolamentazione: qui non ci sono neppure i contrappesi, forse il contrappeso sta nelle prime righe, dove il termine di 90 giorni viene spostato a 120.
Perché questa opposizione all'articolo? Perché si ritiene innanzitutto che siano illegittime le proposizioni che prevedono un silenzio-assenso su atti urbanistici rilevanti.
Ritengo che tale illegittimità permanga anche se si fa riferimento a leggi nazionali, illegittime ed incostituzionali anch'esse: c'è inoltre da rilevare la reiterata solitudine nella quale viene lasciato l'Assessore nell'espletamento delle proprie funzioni da questo organismo di alta consulenza, che sarà la Commissione Tecnico Urbanistica.
Rimarco anche che in questo art. 40 continuano a rimanere i riferimenti al Comprensorio. Questi riferimenti, che insieme al collega Miglio proponevamo di eliminare e che mi pare l'Assessore Carletto elimini poi alla fine con un gigantesco emendamento, sono senz'altro delle correzioni da apportare, ma bisogna ricordare che proprio perché si eliminano i Comprensori, occorre sostituire ad essi l'Ente che in base alla legge n.
142 ha sostituito i Comprensori, cioè la Provincia.
Non possiamo semplicemente togliere l'istituzione che non c'è più senza contestualmente introdurre l'istituzione che c'è, pena a mio avviso l'illegittimità.
Poiché l'emendamento presentato dall'Assessore Carletto lo discuteremo più tardi in fondo alla legge, chiedo un po' di attenzione su questa proposta, perché anche qui non vorrei che producessimo leggi un po' a sghimbescio, che non si reggono bene sulle proprie gambe.
Per tutti questi motivi il primo emendamento che propongo è un emendamento che ritiene preferibile rimanere nella situazione pre esistente, che assegnava più competenze al CUR e soprattutto non introduceva il silenzio-assenso rispetto ad un articolo che, confezionato in questo modo, non ha altro significato che quello della rinuncia della Regione Piemonte ad atti propri che giustificano l'esistenza stessa di un potere e di una funzione regionale.



PRESIDENTE

La parola all'Assessore Carletto.



CARLETTO Mario, Assessore all'urbanistica.

La Giunta non accoglie l'emendamento.



PRESIDENTE

Pongo in votazione l'emendamento n. 78) non accolto dalla Giunta.
Chi è favorevole è pregato di alzare la mano.
E respinto con 9 voti favorevoli e 25 voti contrari.
79) Emendamento presentato dai Consiglieri Chiezzi e Miglio: All'art. 7, primo comma, sono altresì soppresse le parole: "sentito il parere del Comitato Urbanistico Regionale".
La parola al Consigliere Chiezzi per l'illustrazione.



CHIEZZI Giuseppe

Mi richiamo sempre alla frase del celebrante dei matrimoni che si rivolge ai testimoni e dice "i testimoni hanno udito?", perché si tratta di questioni di legittimità oltre che di opportunità.
Sopprimere le parole "sentito il CUR" è fonte di una gestione del potere scivolosa, perché quando non ci si appoggia a strutture che si creano ad hoc per avere delle consulenze in ragione di una supposta fretta ritengo che si cammini su un terreno molto scivoloso per chi lo deve praticare, in questo caso l'Assessore.
Quindi, con questa breve dichiarazione, voglio condurre, anche su questo emendamento, una battaglia per contrastare la strada che l'Amministrazione regionale intende percorrere: è una strada nociva.
La CTU va sentita, perché le varianti ai piani regolatori possono essere varianti sostanziali, e quindi il parere di questa Commissione, se la Commissione esiste, deve essere reso anche per questo tipo di strumento urbanistico.



PRESIDENTE

La parola all'Assessore Carletto.



CARLETTO Mario, Assessore all'urbanistica

La Giunta non lo accoglie.



PRESIDENTE

Pongo quindi in votazione l'emendamento n. 79) presentato dai Consiglieri Chiezzi e Miglio, non accolto dalla Giunta.
Chi è favorevole è pregato di alzare la mano.
E respinto con 10 voti favorevoli e 25 contrari.
80) Emendamento presentato dai Consiglieri Chiezzi, Miglio e Segre: All'art. 7 del disegno di legge n. 89, che modifica il settimo comma dell'art. 40 della LR n. 56/77 e s.m. ed i., sono apportate le seguenti modifiche: La frase: "sono altresì soppresse le parole 'sentito il parere del Comitato Urbanistico Regionale' sono sostituite con 'sentito il parere della Commissione Tecnico Urbanistica'".
Pongo in votazione l'emendamento respinto dalla Giunta.
Chi è favorevole è pregato di alzare la mano.
L'emendamento è respinto con 8 voti favorevoli, 24 contrari e 2 astensioni.
81) Emendamento presentato dai Consiglieri Chiezzi e miglio: All'art. 7 le parole da: "alla fine del settimo comma" a: "intendono approvati" sono soppresse.
La parola al Consigliere Chiezzi per l'illustrazione.



CHIEZZI Giuseppe

Siamo nuovamente su un tema molto delicato e che continua, a mio parere, a proporre motivi di illegittimità, anche se mi si può dire che si appoggia ad altre leggi. Questa illegittimità però viene accentuata Assessore Carletto, dal trattamento che avete riservato alle varianti.
Infatti, nella legge vigente c'era una distinzione delle varianti in sostanziali e non sostanziali: questa divisione era anche uno scudo da gestire (tutte le gestioni sono gestioni di prassi) che impediva pero dei grandi sconfinamenti. Puoi dirmi che era una cosa difficile, ma le regole a volte servono non per definire esattamente una realtà ma per definire dei confini oltre i quali sicuramente non si va.
Penso che le regole servano anche a questo, non adire esattamente cosa si fa, ma a chiarire, fissando un limite, cos'è assolutamente fuori da questo limite. Il fatto che si sia eliminata questa differenza porta alla conseguenza che oggi nella legge quando si parla di "variante" si pu parlare di variante sostanziale, non ci sono dubbi.. Ne avete negato la definizione, non volete nominare questo termine "variante sostanziale", ma la variante sostanziale esiste.
E' dunque rispetto a quel tipo di variante che penso questo comma vada letto e, rispetto ad una variante sostanziale; penso non si possa attivare una procedura di silenzio-assenso, perché la procedura di silenzio-assenso su una variante sostanziale impedisce nel procedimento urbanistico la fase della partecipazione dei cittadini a presentare osservazioni nell'interesse pubblico. Quindi se mi dite che la cosa si sorregge perché c'è una legge nazionale, posso seguirvi, ma mi pare che questo ragionamento cada nel momento in cui avete eliminato la dizione, che esiste nella realtà, di trovarsi di fronte a varianti che mutano il piano regolatore in modo sostanziale e sulle quali quindi il diritto di esercitare con osservazioni nell'interesse pubblico la partecipazione dei cittadini viene compresso e impedito.
Per questo motivo, oltre ad esprimere un voto a favore dell'emendamento, esprimo anche una preoccupazione in ordine alla legittimità; senza prendere in considerazione l'altro aspetto, Assessore Carletto, che ti interessa più pro-tempore, ma che può interessare ciascun di noi, e cioè il dilemma: quando decido di stare in silenzio? Questo dilemma è sotto gli occhi: come si decide un silenzio-assenso e come si prende la decisione di non prendere provvedimenti? All'interno di questa legge c'è una decisione possibile, quella di non prendere i provvedimenti. L'amministratore pro-tempore si trova di fronte ad una norma che lo rende estremamente vulnerabile quando si trova in rapporto con degli interessi economici: le varianti urbanistiche si fanno o non si fanno in relazione ad interessi economici, non nascondiamocelo.
L'Assessore diventa disarmato perché lo stare in silenzio dipenderà solo da lui e gli interlocutori che avrà di fronte diranno all'Assessore: "Ma dipende solo date, non ti chiediamo neppure di fare un atto, non devi proprio fare niente, devi solo lasciar girare le lancette dell'orologio per 120 giorni, chi te lo fa fare di entrare nel merito?" La variante viene approvata da sola, non l'approvi neppure tu! E un po' comodo: è un metodo di gestione del territorio veramente preoccupante, altro che programmi altro che regole! In questo caso l'Assessore è veramente solo di fronte agli interessi economici che sono anche i più aggressivi; quindi questa norma del silenzio-assenso mi sembra veramente molto pericolosa, troppo pericolosa, per cui con questo emendamento propongo la soppressione dell'intero comma.



PRESIDENTE

La parola all'Assessore Carletto.



CARLETTO Mario, Assessore all'urbanistica

La Giunta non approva perché non si tratta di silenzio-assenso. Questo è un termine perentorio come era perentorio quello sul quale abbiamo discusso qualche articolo fa: la Regione si attrezzerà per rispettare questo termine.



PRESIDENTE

La parola al Consigliere Rivalta per dichiarazione di voto.



RIVALTA Luigi

Pare a me che questa sia un'altra delle questioni molto delicate di questo disegno di legge, della variante della legge n. 56. C'è ai nuovo un "perentorio" usato sempre e solo in un'unica direzione, quella di liberarsi di responsabilità in una materia molto delicata. Lo stiamo dicendo perch in questa modifica della legge n. 56 ricorre parecchie volte: le procedure di evoluzione della strumentazione urbanistica che si adotteranno nella nostra Regione saranno quelle delle varianti e in questo caso particolare di piani particolareggiati che comportano la variante.
L'abbiamo già detto: queste varianti ai piani regolatori, questi piani particolareggiati possono essere di grande portata è a tutto ciò segue una procedura in cui c'è la discrezionalità degli uffici e dell'Assessore (qui non è fissato alcun criterio) nel decidere se dare precedenza a questa pratica oppure no, con il rischio che passino i 120 giorni. E' una procedura non accettabile dal punto di vista della competenza e della responsabilità della Regione: se davvero la Regione si attrezza per rispondere nei 120 giorni, non c'è bisogno di una norma di legge di questo tipo, ma se non si attrezza i rischi diventano molto grossi.
Con la discrezionalità dell'Assessore si corre il rischio - lo dico proprio perché la legge ha una sua rigidità - che anche il nostro territorio possa diventare oggetto di operazioni tipo quelle che avvengono in altre parti d'Italia: qual è lo strumento più comodo per favorire qualcuno se non quello di lasciar passare le scadenze? Questo lo dico proprio esulando dalle situazioni concrete, ma la legge è legge. Una situazione di questo genere potrebbe davvero ingenerare quelle operazioni per lo meno scorrette, che avvengono in altre Regioni d'Italia: stare zitti, non muovere nulla e lasciare che le cose passino. Mi pare una posizione non accettabile.
Inoltre, si affiancano ulteriori rischi nell'ambito del rapporto tra Amministrazione pubblica e ' operatore privato, il quale, quando interviene, per sua logica lo fa perché sollecitato da interessi che in questo caso possono essere molto grandi. Pertanto sollecito un'attenzione a questo problema, perché non è una cosa da poco. Chiamiamolo come vogliamo ma nella sostanza è un silenzio-assenso, un ulteriore atteggiamento di silenzio-assenso introdotto in materia urbanistica, campo dove i mattoni corrispondono a grossi interessi. Non c'è bisogno di andare in Meridione: basta vedere cosa è successo a Milano per capire che questi interessi hanno ampio modo di esprimersi e di deviarsi e che quando le leggi non garantiscono delle procedure e dei controlli davvero le situazioni possono facilmente degenerare al di là della volontà delle persone.



PRESIDENTE

La parola al Consigliere Marchini per dichiarazione di voto.



MARCHINI Sergio

Il nostro Gruppo esprimerà voto favorevole e nell'occasione ritiene di dover interloquire sulle considerazioni fatte dal collega Rivalta. Noi consideriamo la discrezionalità una nota positiva e necessaria della politica e non una nota negativa. La politica è discrezionalità, è scelta è priorità, è selezione, non è burocratico appiattimento nel grigiore facendo finta di esaminare tutto e non approvando niente se non in termini burocratici. La politica ritroverà senso d'essere nella misura in cui, in tutte le cose, i nostri colleghi in Giunta dovranno rispondere di atti discrezionali in cui hanno fatto la precisa scelta di privilegiare orientare e finalizzare il lavoro dei loro uffici oppure di registrare l'insufficienza dei tempi che ci siamo dati.
Dobbiamo misurarci su queste cose, ha ragione Rivalta, ed io ritengo di dover esplicitare la mia posizione. La discrezionalità è la politica: la politica non è obbligo, non è essere tenuti tutti a fare le stesse cose ("noi siamo portatori di tutti i diritti, di tutti gli obblighi") altrimenti questo, se mi consentite, porta all'irregimentazione della burocrazia, la quale non è più giudicata rispetto alla qualità, ma alla quantità totale del lavoro che produce.
Riteniamo quindi positivo dare ai Comuni un termine di certezza ed assumere il conseguente impegno da parte della Giunta a rispettarlo; non credo ci sia la riserva mentale di darsi dei tempi, di far scattare il meccanismo del silenzio-assenso ritenendo questo un metodo per sottrarsi alla scelta che è stata fatta del controllo di questi documenti.
Ritengo sia una cosa diversa: significa assumere una responsabilità politica rispetto a questa materia, a differenza di quanto avveniva negli anni '70 quando si riteneva che ci fosse sostanzialmente la politica di regime, di sistema, per cui non cera la responsabilità del politico, ma del sistema nel suo complesso. Io ricordo anche le barzellette che si raccontavano a quel tempi; era difficile distinguere l'operato e la funzione di alcuni professionisti che stazionavano nelle anticamere degli Assessori e gli Assessori stessi, per non parlare poi dei "solisti veneti" quindi non si può ricondurre tutto ad un magma indefinito.
Questa norma mette finalmente l'Assessore di fronte alla necessità di rispondere in Consiglio sul proprio comportamento politico rispetto alla gestione di questa materia. Finalmente avremo delle interrogazioni con un contenuto politico e non soltanto delle interrogazioni con un contenuto 'notizia': sapere per trasmettere a qualcuno qualcosa che potrebbe benissimo sapere facendo una telefonata agli uffici. Le interrogazioni saranno davvero occasioni di confronto politico, e questo, signor Presidente, forse sarà un modo per rilanciare la centralità del Consiglio.
Il Consiglio non è una camera di registrazione notarile; è una sede di contrasto, di confronto, di dibattito e di scontro politico, e quanto più è aspro il contrasto tanto più emerge la parte che ognuno fa, cioè che l'Assessore, la Giunta assumono le proprie responsabilità con la maggioranza, mentre l'opposizione contesta i limiti e l'insufficienza dell'azione politica degli stessi. Quindi è un problema concettuale (tra 13 o 4 presenti in questa legge), ed è bene che su questo ci si espliciti: quanta più discrezionalità è rilasciata al Governo tanto più cresce la democrazia, tanto più cresce il senso istituzionale della politica e non viceversa come sembrerebbe emergere dagli interventi svolti poc'anzi.
Devo poi dire che anche se l'argomento sul funzionario Buonsignore è di forte effetto, ritengo di cattivissimo gusto avere introdotto argomenti di questo genere in un dibattito legislativo. Io sono un liberale che non crede nella "cupola"; credo magari nelle "cupolette" che sono cose un po' diverse. Però, che in quest'aula, bene o male, si sia adombrato il fatto che queste decisioni di ordine legislativo, che a questo punto sono del Consiglio e non della Giunta, la quale ha avuto la responsabilità di presentare il disegno di legge; che tutto il resto sia responsabilità del Consiglio e non della Giunta - lo voglio chiarire - e sia in una qualche misura riconducibile o comunque tale da creare condizioni di favore ad un certo sistema malavitoso, mi sembra un argomento...



(Commenti del Consigliere Rivalta)



MARCHINI Sergio

Collega Rivalta, io ho parlato di buon gusto e ho detto che queste cose vengono lette ed interpretate. Allora, quando si viene a dire che la caduta della programmazione, anziché essere vista - come noi sosteniamo - come la fine di una cultura politica e la dimostrazione dei limiti di un certo progetto politico sia pure con una figura retorica, trasferendo la situazione in un'altra sede, si dice che da altra parte, per ottenere lo stesso risultato o per combattere il contrario dello stesso risultato, cioè il mantenimento della programmazione, è intervenuta la mafia, mi sembra un parallelo di gusto discutibile (e mi limito a questo termine). Basterebbe che tale questione volesse essere coltivata da qualcuno in termini maliziosi - sicuramente non sono i colleghi che hanno introdotto questo problema - per mettere il Consiglio in un qualche imbarazzo, a mio modo di vedere.



PRESIDENTE

La parola al Consigliere Miglio.



MIGLIO Mario

Noi siamo coscienti del fatto che la modifica introdotta con questo articolo da parte dell'Assessore è coperta dall'art. 25 della legge n.
47/85, nota come Legge Nicolazzi, dove di fatto si impone l'applicazione di procedure semplificate per l'approvazione di strumenti attuativi in variante degli strumenti urbanistici generali e si fissa in 120 giorni il limite massimo per inoltrare la comunicazione, al Comune nel caso in cui la Regione ritiene non valida la decisione assunta dal Comune stesso.
Su tale questione, a livello regionale come a livello nazionale, non possiamo che esprimere il nostro disappunto e il nostro disaccordo proprio perché è uno stratagemma che introduce, lo si voglia o no (lo si pu definire con parole diverse, ma per noie così) l'istituto del silenzio assenso.
L'introduzione del silenzio-assenso, a nostro avviso; rimuove ma non risolve un problema reale che trova origine nella difficoltà dell'apparato di verificare gli strumenti urbanistici in tempi ristretti e, in questo caso, anche quelli che costituiscono variante contestuale dell'atto fondamentale per la programmazione locale che è il piano regolatore generale. Quindi si pone un problema che già avevamo sottolineato in sede di Commissione tra la garanzia del diritto dei Comuni di vedere rispettati i tempi certi per non attendere all'infinito le scelte della Regione, ma al pari si pone il problema del riconoscimento della legittimità dei diritti della collettività a far sì che quei criteri generali che vengono esposti come obiettivi della legge regionale, quindi la tutela e salvaguardia del suolo, non siano snaturati con procedure particolari.
L'introduzione di questa procedura ci pare rischi di essere una resa che pone sullo stesso piano i diritti dei promotori delle varianti ai Piani regolatori con i diritti della collettività di essere difesa da eventuali operazioni che negano l'osservanza dei principi espressi dalla legge-quadro regionale, a favore di un corretto uso del suolo e della tutela dei beni e delle risorse, cori uno stratagemma che supera linee già accettate dalla Regione attraverso l'approvazione dei Plani Regolatori Generali.
La ricerca di un equilibrio che garantisce, o che potrebbe garantire tempi certi avrebbe potuto essere tradotta in altre forme normative e non in quella che riteniamo possa essere una rinuncia che tendenzialmente favorisce solo una delle due parti chiamate in causa.
Cogliamo l'occasione per rivolgere una domanda, cioè ci chiediamo se in questo modo non si dia luogo ad una forma di discriminazione tra i Comuni alcuni sottoposti alle procedure di controllo ed altri no, fosse anche solo per questioni contingenti dovute alla sovrapposizione di più varianti presentate, che non permettono alla Regione di analizzare nel tempi prestabiliti tutti i documenti che vengono presentati. In questo caso, la paura è che si potrebbe ricadere in una disparità di trattamento amministrativo tra pratiche similari.
L'altro nostro timore è che le Amministrazioni comunali potrebbero decidere di fare sistematicamente ricorso al Piani Particolareggiati in varianti dei PRG e con questo stratagemma non essere sottoposte alle normali procedure, senza quelle garanzie da fornire alla Regione per 'un esame accurato di tali pratiche entro termini ragionevoli, così come previsto.
In ultimo vorrei richiamare il fatto che non a caso la Confederazione degli Artigiani aveva espresso il suo timore per gli effetti scaturibili In combinazione anche con il dettato dell'art. 3 dello stesso disegno di legge, ove al punto f) sono incluse, tra le operazioni che non costituiscono variante del PRG, le modificazioni parziali o totali ai singoli tipi di intervento sul patrimonio edilizio esistente. Queste preoccupazioni derivano dal fatto che gli interventi, con questo meccanismo combinato, potrebbero dar luogo ad espulsioni delle attività artigiane a favore del terziario, con stratagemmi abbastanza,: chiari di modifica delle destinazioni d'uso nel momento in cui si va ad intervenire sul patrimonio esistente. Questo fatto potrebbe configurare rapidi cambiamenti rispetto all'iniziale disegno del PRG che secondo noi è un cardine che deve essere mantenuto. Bisogna mantenere un controllo costante anche sulle varianti applicate al PRG stesso.
L'ultimo problema che solleviamo è questo: quanto può incidere un Piano Particolareggiato in variante del PRG, anche in considerazione del fatto che spesso la pianificazione si traduce non con l'essere una seria programmazione quanto come sommatorie di istanze diverse espresse non tutte nello stesso momento? Molte delle scelte che si determinano per iniziativa privata, quando si intravede la possibilità di ottenere margini di guadagno e quando sono disponibili i capitali, vengono tradotte in Piani Particolareggiati ed anche in varianti dei PRG. In questo caso si verrebbe a determinare un processo di trasformazioni territoriali ed urbane che confermerebbero l'inefficacia del Piano disegnato - come di fatto riteniamo sia - che non lo sostituiscono con un altra procedura significa-tiva proprio perch ricadono nella decisione contestuale di volta in volta assunta.



PRESIDENTE

La parola al Consigliere Rivalta per dichiarazione di voto.



RIVALTA Luigi

Credo che un buon contributo a prolungare i tempi della discussione in aula lo stia dando il Consigliere Marchini che, nel corso di queste tre giornate, ha più volte manifestato l'esigenza di intervenire e discutere.
Il meccanismo su cui si basa il suo ragionamento è di dare ragione all'av versario per poi concludere che, però, in qualche altra sede e momento, che non è dato a noi vivere, almeno istituzionalmente, si dovranno affrontare i problemi ben fondati che sono stati detti. Lo voglio sottolineare perché mi sembra davvero uno scadimento del livello del dibattito che il Consigliere Marchini, con questo atteggiamento, introduce: inoltre, provoca l'esigenza di alcune risposte.
Egli ha sostenuto che la discrezionalità è un fatto positivo, che è la politica. Non credo che la discrezionalità sia la politica e un fatto positivo, soprattutto quando si tratta di eseguire atti amministrativi.
Credo che nello svolgere atti amministrativi una buona amministrazione debba mantenere un atteggiamento il più possibile coerente ed uguale nelle varie situazioni e di fronte ad, ogni soggetto (cittadino, imprenditore ecc). Ritengo quindi che l'atteggiamento sia quello di rispettare il diritto di tutti ad essere trattati secondo criteri equanimi ed eguali.
Credo sia questa la buona amministrazione, così come credo sia un dettato ed un principio di cultura liberale, quel tanto di acquisizione di cultura liberale che ho fatto e credo di avere acquisito e che ci riporta ad un personaggio onorato alla memoria in questi giorni in varie sedi: Einaudi. Credo sia questo uno degli insegnamenti, e forse proprio in questo senso il Consigliere Marchiai ha speso, nella commemorazione fatta un mese e mezzo fa, una parte del suo intervento.
Poiché ho stima del collega Marchiai, gli chiedo di assumere un atteggiamento critico riguardo i comportamenti mentali che sta sviluppando.
Richiamata la questione della discrezionalità termino la dichiarazione di voto che ho voluto esprimere per sottolineare, anche alla luce di questi ultimi interventi, le ragioni ancora più fondate per cui sono contrario al mantenimento dell'art. 7. A proposito di questo, qualche minuto fa l'Assessore Carletto ha respinto una nostra richiesta perché non voleva svolgere un'azione discrezionale nell'indicare, nel momento in cui approverà i Piani regolatori e le varianti, quali Comuni sono obbligati a fare il Piano Pluriennale. Sono state le sue argomentazioni alla mia indicazione ed in risposta alla domanda del Consigliere Chiezzi a stabilire quale momento poteva essere il più opportuno per la Regione per indicare al Comune l'obbligo del Piano Particolareggiato.
Tu hai risposto che non vuoi giocare la tua discrezionalità nell'esercitare questo intervento, intervento che tutelava la Regione: niente di più. Adesso, invece, ci si vanta di poter esercitare la discrezionalità su fatti amministrativi di grande importanza, in cui sono in gioco grossi interessi. I Piani particolareggiati possono essere davvero pezzi importanti della trasformazione di Torino, dei centri turistici degli altri capoluoghi di Provincia. Qui, invece, ci si vanta di poter esercitare la discrezionalità..
Mi sembra questo un altro elemento, dal punto di vista logico, di incoerenza; nel merito - ripeto - mi pare un atteggiamento rischioso, al di fuori della buona fede e della serietà delle persone che oggi esercitano questi poteri. Farei cattivo servizio non solo alla mia coscienza ma persino a quell'atteggiamento culturale che si deve determinare nel nostro Paese contro le deviazioni, se prendessi alla leggera i problemi edilizi e urbanistici del nostro Paese- non viviamo solo di un'atmosfera piemontese ma di un'atmosfera nazionale a dire il vero molto pesante - e se non avessi presente che molte delle deviazioni ed anche delle degenerazioni più spinte delle deviazioni stesse avvengono attorno alle questione edilizie e urbanistiche, che vanno dalle decisioni territoriali,agli appalti.
in questi termini, la discrezionalità è davvero un grande rischio perché per chiunque è difficile controllare tutto ed essere responsabile di tutto. La tendenza ad essere sempre più monocratico, a non fidarsi di nessuno deriva proprio dal fatto che i rischi sono grandi Ma anche questo non è un buon segno di amministrazione, per cui confermo e mi confermo sull'esigenza di approvare emendamenti che modifichino l'art. 7 e di essere contrario allo stesso.



PRESIDENTE

La parola al Consigliere Chiezzi.



CHIEZZI Giuseppe

In questa dichiarazione di voto voglio riprendere in modo breve, ma spero chiaro, le ragioni per le quali penso che questo articolo non sia proponibile sul piano della legittimità. L'articolo si innesta nel comma VII dell'art. 40 che dice che "il Piano particolareggiato in variante è approvato con delibera della Giunta regionale". E' un atto amministrativo che per essere efficace deve avere una deliberazione della Giunta regionale; diversamente, è privo di efficacia, è come se non esistesse.
L'innesto che fate per cui "qualora la Giunta regionale non esprima provvedimenti - che personalmente traduco in una non approvazione - il Piano particolareggiato e la relativa variante si intendono approvati" non sta in piedi "Si intendono approvati", ma da chi? Dalla Giunta regionale? La frase precedente lega ad una propria deliberazione l'approvazione del Piano particolareggiato e della variante, ma se non si assume una deliberazione la Giunta regionale non può approvarla. Allora s'intendono approvati dal Comune? No, perché è sancito da recenti sentenze che in materia di Piani regolatori è la Regione che dà efficacia ai Piani e alle varianti, quindi non rientra nei poteri dei Comuni. Non solo: la deliberazione della Giunta regionale diventa efficace quando il Commissario di Governo appone il visto, ma se non c'è deliberazione il visto non viene apposto, e se non viene apposto il visto su di una deliberazione la stessa non esiste, e il Piano particolareggiato in variante non e stato approvato da nessuno.
Penso che questa norma, Assessore Carletto, non stia in piedi. Non si scappa: occorre che la Giunta regionale deliberi la variante. Ameno che non ci sia un Commissario; a meno che non si dica "in caso di assenza delta Giunta un Commissario procede all'ap-provazione delle varianti al Piano particolareggiato".
Per tornare un attimo al dibattito più generale, il tema della discrezionalità non è eliminabile dall'azione di Governo, ogni atto di Governo ha un contenuto di discrezionalità. Occorre creare un quadro di riferimento all'interno del quale la discrezionalità viene utilizzata. La discussione nostra, interna è proprio sui confini di tale discrezionalità.
Se questi confini vengono portati su terreno assolutamente libero, la discrezionalità comincia a correre il pericolo della decisione improvvida discutibile e scollegata da un quadro di riferimento.
Il giudizio sulla discrezionalità può essere espresso se la stessa è legata alla certezza di norma di diritto circoscritta e precisa. Quando le norme di diritto si slabbrano e, come in questo caso, consentono, pur di stare in silenzio, l'esercizio della discrezionalità, si tratta di un esercizio scorretto. Penso che "discrezionalità" vada sempre collegata a "motivazione". Il politico deve fare scelte discrezionali; ma tanto più sono discrezionali tanto più devono essere riconosciute come tali e motivate, per poter essere discusse e criticate..
In questo caso, invece, la discrezionalità è immotivata e silenziosa nessuno può dire per quale motivo l'Assessore è stato zitto: il silenzio è la motivazione di questa assunzione di discrezionalità. Ritengo che la discrezionalità sia inaccettabile se non è collegata alla motivazione di questa scelta; nel silenzio non c'è motivazione. Secondo quanto dice il testo di legge c'è invece efficacia degli atti, ma questo è inerente all'argomento di legittimità che ho trattato precedentemente.
Per questi motivi confermo il mio voto sfavorevole all'art. 7.



PRESIDENTE

La parola al Consigliere Marchini per fatto personale.



MARCHINI Sergio

Esprimo il mio rammarico, facendo una dichiarazione di voto positiva per il fatto che fra persone che si rispettano, come sicuramente siamo Rivalta, Chiezzi ed io, possono nascere equivoci tali per cui un comportamento che io ho cercato di rendere comprensibile venga sostanzialmente considerato "tartufesco". A più riprese ho sostenuto in quest'aula la mia intenzione di non ripetere le imbecillità che ho sentito dire a proposito della storia, la quale si sarebbe fermata dopo la caduta del muro di Berlino. L'urbanistica non si è fermata con Astengo l'urbanistica vedrà altre culture, altre politiche, altri interessi ed altri scontri. Durante il dibattito, l'opposizione ci ha intrattenuti con argomenti piacevoli su questioni che, pur essendo importanti e attuali, a nostro modo di vedere non sono inerenti alla modifica della legge Astengo.
Mi viene rimproverato di aver dato atto all'opposizione che il problema di ricondurre la coerenza dei Piani regolatori non soltanto a grandi disegni, ma a disegni specifici sullo spazio e più ridotti nel tempo, fosse una questione da analizzare, e a questo proposito ho chiesto alla Giunta di riflettere e di verificarne l'accettabilità in sede di legge n. 103.
Inoltre, mi viene rimproverato di aver detto che non ero entusiasta del superamento della deliberazione programmatica, che io considero un momento di riflessione politica che il Comune deve fare prima dell'assunzione di un documento di carattere generale.
Non posso, tuttavia, non registrare che, così com'è stata vissuta questa esperienza ha portato - a puro rito l'elaborazione della deliberazione pro-grammatica. Ritengo quindi necessario immaginare di caricare gli amministratori locali della responsabilità di rendere politicamente giustificate, trasparenti e comprensibili le ragioni del loro procedere; altrettanto vale per il PPA.
Ho criticato il PPA - l'opposizione può darmene atto - in termini di strumento di gestione di terreni espropriati, non nell'ipotesi che - l'ho detto anche oggi in presenza di un Assessore che può confermarlo - ha un amministratore locale; indubbiamente bisognerà immaginare che, all'interno di un disegno in cui il piano regolatore non è più il documento centrale ma il documento di ricaduta di un'ipotesi di carattere intercomunale, gli atti di gestione a medio termine dovranno trovare un loro quadro di riferimento.
Con queste riflessioni e con questi atti di apprezzamento che non hanno avuto qui conseguenza - di questo vi do atto - ho ritenuto di testimoniare per me e per la maggioranza l'esigenza di porsi tali questioni nelle sedi e nelle occasioni in cui la maggioranza dovrà riproporle.
Sulla questione della discrezionalità, bisogna intendersi. Innanzitutto bisogna dimostrarne l'esistenza. Dire che alcuni piani non vengono presi in esame o che non vengono approvati avviene, a mio modo di vedere, per questioni che non hanno niente a che fare con la discrezionalità; io non mi intendo di Assessorato all'urbanistica (ho fatto per poco tempo l'Assessore), ma non mi risulta che là signora Vetrino possa, per esempio interferire nell'ordine del giorno della Commissione sulla grande distribuzione, la quale organizza i propri lavori, predispone l'elenco dei progetti e la loro collocazione nel tempo secondo le regole che il sistema si è dato e in cui l'Assessore non c'entra niente.
Se pero si ritenesse di dover adottare una scelta politica, che pu essere l'allungamento dei tempi o la rinuncia al silenzio-assenso, qualora ci si rendesse conto che questo meccanismo è disastroso, nel senso che produce un numero di atti non esaminati evidentemente non fisiologico, gli strumenti potrebbero essere tre: uno di carattere legislativo, dove evidentemente si modificano i termini del silenzio-assenso; secondo, si pu ritornare indietro sulle ipotesi di silenzio-assenso; terzo, ci può essere un atto di discrezionalità, non di arbitrio, ma di discrezionalità di carattere generale, in cui l'Assessore dovrà rendere conto qui di come abbia, per esempio, indirizzato gli uffici in ordine all'esame delle diverse varianti. Tale atto di discrezionalità non riguarda il progetto, ma il metodo con cui si vanno ad esaminare i progetti nel loro insieme. E' chiaro che quest'assunzione di responsabilità da parte dell'Assessore questo atto di discrezionalità è un atto squisitamente politico che non ha niente a fare con la variante oggetto dell'esame. E' quindi un atto politico; arbitrio sarebbe sé l'Assessore Carletto imponesse una gerarchia temporale di una variante rispetto a un'altra, ma qui evidentemente ci poniamo al limite della correttezza reciproca, sulla quale naturalmente non abbiamo dubbi.
Chiedo scusa ai colleghi, ma mi premeva che quel tanto di confronto politico avvenuto tra maggioranza e opposizione, tra il nostro Gruppo e due colleghi che fanno onore a questo Consiglio, fosse il più chiaro possibile.



PRESIDENTE

Pongo in votazione l'emendamento.
Chi è favorevole è pregato di alzare la mano.
E respinto con 10 voti favorevoli e 23 contrari.
82) Emendamento presentato dal Consigliere Marchini: Al termine del primo comma dell'art. 7 che modifica il settimo comma dell'art. 40 della LR n. 56/77 e s.m. ed i., è aggiunto il seguente periodo: "La procedura di cui sopra si applica altresì alle varianti occorrenti per la formazione dei piani esecutivi di iniziativa privata convenzionata".
83) Emendamento presentato dai Consiglieri Chiezzi, Miglio e Segre: All'art. 7 del disegno di legge n. 98, che modifica il settimo comma dell'art. 40 della LR n. 56/77 e s.m. ed i., è aggiunto il seguente secondo comma: "2. Al primo comma dell'art 40 della LR n. 56/77 e s.m. ed i., sono soppresse e le parole: 'Il Piano particolareggiato è inoltrato contemporaneamente al Comprensorio affinché esprima le proprie eventuali osservazioni entro 60 giorni dall'avvenuto deposito'".
84) Emendamento presentato dai Consiglieri Chiezzi, Miglio e Segre: All'art. 7 del disegno di legge n. 98, che modifica il settimo comma dell'art. 40 della LR n. 56/77 e s.m. ed i., è aggiunto il secondo comma: "2. Al settimo comma dell'art 40 della LR n. 56177 e s.m. ed i, sono soppresse le parole: 'anche in relazione alle osservazioni presentate ed alle proposte del Comitato comprensoriale'".
85) Emendamento presentato dai Consiglieri Chiezzi, Miglio e Segre: All'art. 7 del disegno di legge n. 98, che modifica il settimo comma dell'art. 40 della LR n. 56/77 e s.m. ed i., è aggiunto il seguente secondo comma: "2. Al settimo comma dell'art. 40 della LR n. 56/77 e s.m. ed i., sono soppresse le parole: 'ed alle proposte del Comitato comprensoriale'".
86) Emendamento presentato dai Consiglieri Chiezzi, Miglio e Segre: All'art. 7 del disegno di legge n. 98, che modifica il settimo comma dell'art. 40 della LR n. 56/77 e s.m. ed i., è aggiunto il seguente secondo comma: "2. All'ottavo comma dell'art. 40 della LR n. 56/77 e s, m, ed i., le parole: 'sentito il Comitato comprensoriale' sono soppresse".
Gli emendamenti nn. 82,83,84, 85 e 86 dell'art. 7 sono stati tutti ritirati, perché attengono alla tematica del Comprensorio si e pertanto si intendono superati in quanto compresi nell'elenco finale.
Si proceda pertanto alla votazione per appello nominale dell'art. 7 nel testo emendato. L'esito della votazione è il seguente: presenti e votanti 38 hanno risposto SI 28 Consiglieri hanno risposto NO 10 Consiglieri L'art. 7 è approvato.


Argomento:

Annunzio interrogazioni, interpellanze, mozioni e ordini del giorno


PRESIDENTE

I testi delle interrogazioni, interpellanze, mozioni e ordini del giorno pervenute all'Ufficio di Presidenza del Consiglio regionale verranno allegati al processo verbale dell'adunanza in corso.
La seduta è tolta.



(La seduta ha termine alle ore 24,00)



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