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Dettaglio seduta n.101 del 29/10/91 - Legislatura n. V - Sedute dal 6 maggio 1990 al 22 aprile 1995

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Argomento:


PRESIDENZA DEL PRESIDENTE SPAGNUOLO


Argomento: Urbanistica (piani territoriali, piani di recupero, centri storici

Esame progetto di legge n. 98: "Modifiche alla legge regionale 5 dicembre 1977, n. 56" (seguito)


PRESIDENTE

La seduta è aperta.
Riprendiamo l'esame del progetto di legge n. 98, di cui al punto 3) all'o.d.g.
24) Emendamento presentato dai Consiglieri Chiezzi, Miglio e Marino: All'art. 2, quinto capoverso, dopo i due punti, sostituire le parole: "dal Presidente della Giunta regionale o dall'Assessore delegato" con "dalla Giunta regionale".
CARLETTO, Assessore all'urbanistica Questo emendamento è identico al precedente: si chiede la comunicazione con lettera anziché con deliberazione.



PRESIDENTE

La parola al Consigliere Chiezzi per l'illustrazione.
CHIEZZI L'emendamento è analogo al precedente e le motivazioni che lo sostengono sono le medesime.
CARLETTO, Assessore all'urbanistica La Giunta non accoglie l'emendamento per le ragioni precedentemente espresse.



PRESIDENTE

Lo pongo quindi in votazione.
Chi è favorevole è pregato di alzare la mano.
I Consiglieri presenti e votanti sono solo 25, pertanto non sussiste il numero legale.
La seduta è sospesa.



(La seduta, sospesa alle ore 15.03 per mancanza del numero legale riprende alle ore 15.20)



PRESIDENTE

Ricordo ai Consiglieri che si tratta di una delle leggi più importanti di questa legislatura e comunque di un argomento centrale. Non possiamo continuare in questo modo: i Capigruppo si facciano carico di questo problema. Questa è una sede di Consiglio e non di riunioni di piccoli gruppi in luoghi separati o in capannelli vari. E' una sede assembleare! La parola al Consigliere Cavallera.
CAVALLERA Chiedo alla Presidenza la controprova della votazione sull'emendamento n. 24) attraverso l'appello nominale.



PRESIDENTE

Si proceda pertanto alla votazione per appello nominale sull'emendamento n. 24).
L'esito della votazione è il seguente: presenti e votanti 30 hanno risposto SI 10 Consiglieri hanno risposto NO 19 Consiglieri si è astenuto 1 Consigliere L'emendamento è respinto.
Sub 25) presentato dalla Giunta regionale: All'art. 2 del disegno di legge n. 98, che modifica i commi dal nono al quattordicesimo dell'art. 15 della legge regionale n. 56/77 e successive modificazioni, è apportata la seguente modifica: al tredicesimo comma dell'art. 15 sono sostituite le parole "entro 30 giorni" con le parole "entro 60 giorni".
La parola all'Assessore Carletto che ha la parola per illustrarlo.
CARLETTO, Assessore all'urbanistica Si tratta di un emendamento, peraltro già annunciato ai Gruppi, che sostanzialmente vuole rispondere agli emendamenti nn. 25 e 25 bis in merito ai termini entro i quali i Comuni devono assumere le proprie determinazioni in ordine alle osservazioni della Regione. L'emendamento prevede che si passi a 60 giorni rispetto ai 30 giorni previsti nel testo iniziale.



PRESIDENTE

La parola al Consigliere Marchini.
MARCHINI Sono favorevole e ritiro l'emendamento da me presentato a questo riguardo.



PRESIDENTE

La parola al Consigliere Chiezzi.
CHIEZZI Presidente, non posso celare nella discussione di questo emendamento il mio personale imbarazzo (che forse non tocca solo il sottoscritto) nel procedere all'esame di questa legge in così grande assenza di tanti colleghi. E' un'assenza che colpisce negativamente l'istituzione, al di là dei giochi di maggioranza e minoranza in base ai quali la mia parte politica potrebbe essere avvantaggiata.
La maggioranza non è neppure in grado di garantire il numero legale in aula, ma quello che mi preoccupa di più non è tanto questo fatto, che come ho detto - potrei anche utilizzare per rafforzare e ritardare l'approvazione di una legge che ritengo ingiusta, quanto il fatto che di fronte ad un cambiamento molto rilevante, anche se il giudizio pu cambiare, della legge urbanistica, il Consiglio regionale si trovi in questo stato di disattenzione. Penso che ciò debba essere un elemento di riflessione per tutti noi, maggioranza e minoranza.
Voglio per un attimo spogliarmi del compito che mi assegna la democrazia, quello di oppormi - se lo ritengo - a certi provvedimenti. L'ho gia detto al Presidente del Consiglio: non so suggerire qualcosa di diverso, ma segnalo che è un grave impaccio per tutti continuare a procedere con questa disattenzione nella modifica della legge che segnerà il Piemonte per molti anni.
Detto questo, e dichiarandomi disponibile a discutere con i colleghi cosa fare per rendere l'aula di questo Consiglio degna di svolgere il lavoro che sta svolgendo, quindi con una buona presenza di Consiglieri dichiaro che non sono d'accordo su questo emendamento perché allunga i tempi di approvazione dei Piani regolatori. E inevitabile che segnali questo fatto poiché il disegno di legge n. 98 parte dall'assunzione, da parte della maggioranza, dell'obiettivo di rimuovere dalla legge n. 56 tutti i meccanismi complicati e perditempo In essa contenuti.
In realtà, continuo a pensare che nella legge n. 56 vi siano pochi meccanismi perditempo; ritengo che la perdita di tempo derivi dall'incapacità e dalle carenze della gestione delle norme contenute in questa legge e che occorra lavorare sulla gestione per sveltire le approvazioni dei Piani regolatori.
Diventa quasi inevitabile il disappunto nel cogliere il fatto che, dopo aver accusato la legge n. 56 di essere una legge ritardataria per i lunghi tempi che prevede, la maggioranza proponga un emendamento che addirittura allunga tali tempi. La legge n. 56 prevedeva 30 giorni di tempo per la risposta dei Comuni. I colleghi hanno motivato dicendo che 30 giorni sono pochi; io dico che tutto è relativo. Ammesso che il Piano regolatore costituisca per il Comune uno degli atti fondamentali e tenuto conto che l'iter di un Piano regolatore è lungo per tanti motivi (ritengo soprattutto politici), nel momento in cui il Piano regolatore è concluso significa che il Consiglio comunale l'ha adottato e non aspetta altro che l'approvazione regionale. Bisogna allora far fretta ai Comuni, nel loro interesse affinché convochino il Consiglio e rispondano alle semplici richieste della Regione. Non vedo quindi la necessità di dare ai Comuni molto tempo per rispondere.
I Comuni si lamentano di avere fretta, dicono che la Regione è lenta che i Piani regolatori impiegano mesi, che si assommano fino a diventare anni, per essere approvati; rispettino allora delle scadenze congrue! Penso alla scadenza di 30 giorni, quella prevista dalla legge n. 56, e mi chiedo - Assessore - quante volte si sia verificato che la modifica proposta dalla Regione Piemonte sia avvenuta d'ufficio. Quante volte i Comuni non hanno rispettato il termine di 30 giorni? E' una scelta che voi proponete sulla base dell'esperienza fatta? Avete verificato che molte volte siete stati costretti ad introdurre modifiche d'ufficio perché i Consigli comunali non si sono riuniti nei 30 giorni previsti, oppure è una cosa introdotta "a sentimento" Nel primo caso potrei prendere in considerazione i vostri argomenti se, invece, si tratta solo di una ragione sintetica ed astratta pregiudiziale, non legata all'effettivo andamento delle cose tra Comune e Regione, sono contrario all'allargamento dei tempi per l'approvazione dei Piani regolatori.



PRESIDENTE

La parola al Consigliere Cavallera.
CAVALLERA Brevemente, per annunciare l'adesione del Gruppo della Democrazia Cristiana all'emendamento sub 25 proposto dall'Assessore Carletto. Desidero anche precisare e ribadire che, nella maggior parte dei casi, i ritardi non vanno ricercati sul versante comunale; ci sarà anche qualche caso di inadempienza ed inerzia. Per quanto ne posso sapere, anche in base alla mia esperienza di frequentatore assiduo dei disciolti Comprensori e di amministratore comunale e provinciale, ritengo che le normative vadano dimensionate, non tanto per imporre qualcosa, perché in questo senso la legge n. 56 ha già raggiunto i risultati, quanto per consentire una possibilità reale ed armonica di dispiegare l'attività amministrativa comunale. I60 giorni, in questo senso, sono la soluzione giusta, anche se le ragioni portate possono avere marginalmente la loro validità. Colgo inoltre, (occasione per richiamare a me stesso e a tutti i colleghi che stiamo compiendo un lavoro che poteva essere compiuto più proficuamente in Commissione. La scelta di operare in questo modo non è stata adottata complessivamente o, perlomeno, la maggiore responsabilità della scelta divenire in aula con il complesso degli emendamenti che stiamo esaminando non è dovuta ad una precisa volontà della maggioranza. E l'insieme delle cose così come si sono sviluppate che ha fatto sì che si arrivasse in aula con questo fardello di emendamenti.
In questo momento stiamo rischiando di essere soffocati da un lavoro che forse si poteva fare in altra sede. Probabilmente bisogna fare tesoro dell'esperienza e cercare (mi riferisco soprattutto alle osservazioni del collega Chiezzi) di concentrare l'attività di approfondimento dei vari emendamenti nelle sedi di Commissione.
E stata tentata una via intermedia, quella di un incontro informale.
Non vedo cattiva volontà da parte di alcuno, ma purtroppo non si è potuti andare oltre ad un'approfondita conoscenza delle reciproche posizioni. Si tratta solamente di osservazioni; nessuno deve dare giudizi su nessuno, ed è fuori dalla nostra volontà giudicare l'operato dei colleghi. La nostra è solo un'osservazione; probabilmente dobbiamo cercare tutti insieme soluzioni, anche regolamentari, che consentano di privilegiare in quest'aula confronti di carattere più generale, fermo restando la massima libertà di ognuno a presentare qualsiasi emendamento.



(Interruzione del Consigliere Bresso)



PRESIDENTE

CAVALLERA



PRESIDENTE

E' stato precisato, non solo dalla nostra parte politica, che sarebbe stato opportuno che la Commissione in sede redigente venisse proposta all'inizio della trattazione del disegno di legge.



(Interruzione del Consigliere Bresso)



PRESIDENTE

CAVALLERA



PRESIDENTE

Era una tua proposta, di tipo personale...



PRESIDENTE

BRESSO



PRESIDENTE

Non era di tipo personale, ma di Gruppo!



PRESIDENTE

CAVALLERA



PRESIDENTE

E' stata anche avanzata l'ipotesi; per quanto riguarda altri importanti disegni di legge che potrebbero svolgersi nello stesso senso, di sperimentare in quella direzione la Commissione in sede redigente.
Cogliamo l'occasione per manifestare un certo disagio collegato all'atteggiamento del Consigliere Chiezzi, soprattutto da parte dei colleghi più assidui nella loro presenza in aula.



PRESIDENTE

La parola al Consigliere Squillario.
SQUILLARIO Tutti gli emendamenti possono essere discussi in quest'aula, ma bisognerebbe perlomeno avere rispetto per l'intelligenza delle persone collega Chiezzi. Abbiamo deciso di andare avanti di questo passo? Rendere questo lavoro, se non meno faticoso, almeno un minimo interessante.
Sto cercando di seguire la discussione sugli emendamenti con una pazienza che non mi e usuale: chiederei almeno di non allungare inutilmente i tempi. Quando l'emendamento è chiaro, cerchiamo di pronunciarci! Spesso la Presidente ci fa notare la chiarezza di determinati emendamenti: ci si pronunci! Diversamente, se oltre a leggere il testo dell'emendamento si vuol fare l'esegesi delle singole parole, quasi fossimo all'asilo e dovessimo spiegarci reciprocamente il significato di a) e b), mi pare che questa non sia democrazia; è una prevaricazione senza il dovuto rispetto reciproco.



PRESIDENTE

Mi si consenta di fare una considerazione. Non credo sia questo il momento delle raccomandazioni: o si prende una strada o se ne prende un'altra; qualora si sia deciso di prenderne un'altra, lo si enunci. La fase delle raccomandazioni è superata, a meno che non ci siano nuove decisioni.
La parola al Consigliere Bresso.
BRESSO Non farò che ricordare che abbiamo proposto la Commissione in sede redigente non solo alla fine, ma anche all'inizio del lavoro, temendo non tanto una perdita di tempo in sé irrilevante - siamo qui per lavorare - ma per la preoccupazione che, nel lavoro su decine e decine di emendamenti venisse compromessa la qualità del prodotto legislativo finale. Per questo motivo, a mio avviso, nella stesura di leggi complesse sarebbe utile la Commissione in sede redigente.
Sull'emendamento dell'Assessore anche noi, francamente, non siamo d'accordo; in molti articoli sono stati introdotti addirittura dei silenzi assensi, più o meno consentiti dalla legge, al fine di ridurre i tempi: non si capisce il motivo per cui solo in questo caso i tempi vengono allungati.
Peraltro, proprio perché si tratta di modifiche che richiedono ai Comuni di non mutare le caratteristiche quantitative e strutturali del Piano, non dovrebbe trattarsi di situazioni particolarmente complesse, e i tempi dovrebbero poter essere rispettati. Ciò in una logica di tempi veloci. Se stessimo discutendo di una legge che non permette tempi sufficienti e che strozza il dibattito sarebbe sensato pensare di allungare i tempi; nel tentativo invece di ridurre al massimo tutti i nostri tempi non si capisce perché si debbano allungare quelli dei Comuni.



PRESIDENTE

La parola al Consigliere Marchini.
MARCHINI Chiedo scusa se riprendo la parola, ma ritenevo si trattasse di cosa di facile comprensione e non mi era sembrato il caso di illustrare l'emendamento da cui è partito il subemendamento della Giunta.
In primo luogo, non sono cose di poco conto, poiché l'adeguamento e le disposizioni dei Piani sovracomunali e delle loro varianti comporterebbero una rilettura del Piano e della sua compatibilità con uno strumento sovracomunale.
Ho con me una tabella dei tempi che un Comune dotato di un moderno Statuto deve rispettare per arrivare ad una decisione di questo genere. In mancanza di esame del materiale, sono infatti quattro le sedi di decisione: il Consiglio (iniziando dal momento finale), le Circoscrizioni, la Commissione consiliare competente e la Giunta, le quali portano via 32 giorni.
Mi era sembrato opportuno presentare questo emendamento perché la stesura predisposta dalla Giunta ha natura di termine perentorio, termine al quale corrispondono determinate conseguenze. Nelle edizioni precedenti si trattava unicamente di termini ordinatori, che tentavano di portare il lavoro entro certi termini.
Qui, invece, abbiamo un termine perentorio: perentorio non vuole solo significare che si decade dal fare, ma anche che si decade dal non fare. Vi è quindi l'acquisizione d'ufficio da parte della Giunta nell'osservazione.
Ha detto giustamente il Presidente che non è questa la sede in cui farsi cerimonie reciproche. Devo però dire la mia per evitare che le cose dette sembrino pronunciate dall'intero Consiglio: non credo che il superare il nostro poco attaccamento al lavoro e alla missione che ci siamo scelti il fare politica - si risolva facendo cadere e scendere il livello della sede dell'incontro. Non è la Commissione la sede in cui si esaltano le ragioni politiche della nostra presenza in quest'aula; in Commissione si esaltano l'intelligenza e la capacità del lavoro, non il ruolo politico.
Questioni apparentemente banali, come queste delle quali stiamo ragionando - stamani si è discusso di autonomia dei Comuni, di nostri cittadini meno fortunati quali sono gli handicappati, in questo caso si tratta di una delicata questione di carattere giuridico anche se è soltanto una parola - attengono, Presidente, non alla cultura degli addetti all'urbanistica, ma alla cultura degli addetti al Consiglio regionale. Non è possibile che alcuni Consiglieri ritengano di non dover fare uno sforzo per acquisire un minimo di informazione - semi permettete - e di cultura legislativa. E una tecnica che presuppone cultura; in questa sede è evidente che la cultura è necessaria perché si devono sostenere, in termini politici, tecnici e formali, argomentazioni che in Commissione si possono ridurre a semplici osservazioni da Consiglieri comunali.
Questo è il vero problema: non siamo Consiglieri di un grosso Comune che esprimono opinioni che altri concretizzeranno, siamo Consiglieri regionali in grado di scrivere una legge dalla prima all'ultima parola: questo è il nostro mestiere, nel senso banale del termine; se poi dietro a questa nostra capacità artigianale di scrivere le leggi, conoscendo la tecnica e avendo il piacere delle differenze, c'è anche una capacità di comprensione dei processi sociali e politici, è un'altra cosa.
Ho l'impressione che la gente non capisca che il fare le leggi non è semplicemente una somma di opinioni, ma una somma di opinioni che deve produrre un lavoro legislativo tecnicamente difendibile e, per quanto possibile, coerente con i propri disegni politici. Non sono dunque d'accordo nelle osservazioni fatte al collega Chiezzi, perché dietro un emendamento c'è un ragionamento che il collega Chiezzi, a mio modo di vedere, ha il diritto-dovere, per sé e per gli altri, di illustrare proprio la non disponibilità della gran parte dei colleghi a misurarsi su queste cose impegna - e io sono lieto di essere fra questi - quelli che hanno ritenuto di dover riproporre alcune questioni in aula, che apparentemente sembrano marginali e non importanti, ma che in realtà fanno parte di un bagaglio di livello parlamentare e non di livello consiliare.
Noi, purtroppo, siamo anche penalizzati da una terminologia che non ci dà il giusto ruolo. Non so perché si sia inventato che questo non debba essere un Parlamento, né capisco perché quei signori seduti lì debbano essere una Giunta: per me sono un Governo. Si deve capire la differenza sostanziale tra fare leggi e assumere provvedimenti di merito; questa cultura di un Parlamento e di un Governo soggiace ad un'altra cultura, quella di un Consiglio comunale e di una Giunta in cui, quando la Giunta ha predisposto le deliberazioni ed ha la maggioranza, si presenta in Consiglio per farsi dire dei sì. In Consiglio comunale si può anche stare dicendo solo dei sì e dei no; in Consiglio regionale ciò non è sufficiente perché bisogna produrre del lavoro autonomo, del lavoro proprio.



PRESIDENTE

La parola all'Assessore Carletto.
CARLETTO, Assessore all'urbanistica Rispondo brevemente ai colleghi e li ringrazio per aver sollevato questo problema, che sicuramente ha una certa importanza.
Dietro il mio emendamento c'è anche la scelta di non impedire ai Comuni l'approvazione delle controdeduzioni in tempi inferiori a quelli previsti dalla legge: questo non è vietato e quindi noi mettiamo un termine massimo.
Il termine massimo della legge era ed è di 30 giorni. La nostra esperienza ci dice che in questi anni solo due volte, su richiesta esplicita dei Comuni, si è intervenuti con la surroga, mentre in tutti gli altri casi abbiamo accettato i tempi che i Comuni si sono dati e che quasi mai sono stati nei termini previsti dalla legge (30 giorni), perché questi termini erano ordinatori.
Questi tempi, dunque, solo in due casi, dal 1977 ad oggi, hanno determinato la surroga regionale, per cui è chiaro che oggi tendiamo a dare un po' più di tempo ai Comuni, anche per le ragioni evidenziate dal collega Marchini.
Questa scelta, però, ha un'altra conseguenza: cercare di determinare dei tempi certi per la Regione. Lo sforzo che faremo nel futuro sarà quello di rispettare noi per primi i tempi che il legislatore regionale si è dato chiedendo ai Comuni di rispettare i tempi fissati dal legislatore regionale.
Nel passaggio da 30 a 60 giorni c'è anche l'intenzione, nella gestione della legge, di convincere i Comuni del fatto che, trascorsi 160 giorni, la Regione sceglie la strada della surroga.
Approfitto dell'occasione per rispondere al subemendamento successivo del collega Chiezzi, il quale propone un emendamento tecnico di sommatoria di tempi (60 più 15), proponendo di scrivere in legge 75. In realtà non pu essere così, perché mancano i tempi di approvazione della deliberazione comunale, quindi dell'esecutività della deliberazione. Dopo 160 giorni ci sono i tempi non prevedibili dell'esecutività; i 15 giorni decorrono dall'esecutività della deliberazione e quindi non è possibile inserire 75 in legge poiché non tiene conto dei tempi di esecutività, che possono essere 1020-25-30 giorni. Ripeto, i 15 giorni successivi per inviare la deliberazione alla Regione scattano dal momento di esecutività della deliberazione stessa, che deve essere comunque fatta nei 60 giorni, quindi c'è un periodo che non può essere previsto.



PRESIDENTE

La parola al Consigliere Chiezzi per dichiarazione di voto.
CHIEZZI Intervengo per sottolineare uno degli argomenti portati dal collega Marchini e ripreso dall'Assessore Carletto in merito al fatto che la legge 56 prevedeva un termine ordinatorio. Rileggendo adesso i commi interessati (nn. 12 e 13), are pare che non sia così. Mi sembra che questa fosse già la situazione esistente, che poi la Regione non lo applicasse...
CARLETTO, Assessore all'urbanistica Io ho trovato un'interpretazione di questo tipo nel mio Assessorato e quindi mi sono adeguato.
CHIEZZI Leggo il comma 13: "In caso di silenzio del Comune oltre i termini fissati per le contro deduzioni, le modifiche sono introdotte d'ufficio nel Piano regolatore dalla Giunta". Probabilmente questa opinione deriva da una prassi della Regione che è diventata legge supposta, la prassi di non applicare oltre 130 giorni la modifica d'ufficio, che però era già perentoria.
Quanto poi alla lunghezza dei tempi dovuta agli Statuti, non so se tutti questi siano casi sui quali debbano intervenire i pareri delle Circoscrizioni. Esprimo solo un parere approssimativo: non mi sembra che su questa fattispecie negli Statuti sia previsto il momento della consultazione delle Circoscrizioni, che avviene sulla deliberazione programmatica e sulle osservazioni.
Se il Presidente mi consente, dato che l'Assessore Carletto ha parlato del subemendamento relativo ai 75 giorni, ritengo che abbia ragione e che non sia possibile presentarlo in questi termini. Quindi lo ritiro ripromettendomi però, Presidente, di riproporre comunque il problema che quell'emendamento tendeva a risolvere.
Non vorrei, ritirato (emendamento, non avere più la possibilità di parlare dei problemi posti dal sesto capoverso dell'art. 2, dopo i due punti. Quindi richiederei alla gentilezza del Presidente di potere parlare in seguito, altrimenti non ritiro l'emendamento.



PRESIDENTE

Ritengo che la discussione a questo proposito possa essere utile.
Prego, Consigliere Chiezzi.
CHIEZZI Il problema, Assessore, a cui ho dato una risposta sbagliata, secondo me esiste nel senso che quando il Comune è inadempiente, cioè non delibera e non invia questa deliberazione alla Regione Piemonte entro 15 giorni dall'esecutività, la Regione surroga.
Leggiamo com'è scritta questa norma, che io ritengo inapplicabile e imprecisa; la norma recita: "Ove il termine per , l'assunzione della deliberazione comunale anzidetta decorra inutilmente, le modifiche sono introdotte". La questione è proprio nella prima parte della frase: "Ove il termine per l'assunzione della deliberazione decorra inutilmente": qui si parla di un termine non riferito al momento in cui la deliberazione è esecutiva, ma a quello in cui la deliberazione viene assunta dal Comune (quindi 160 giorni). Leggendo questo parrebbe che, se dopo 60 giorni il Comune" non ha deliberato... Ma come fa la Regione a sapere che il Comune non ha deliberato? Istituisce un ufficio di controllo che segua le deliberazioni di tutti i Comuni? La norma dice questo: se il Comune non delibera entro 60 giorni e la Regione si accorge di questo, le modifiche sono introdotte d'ufficio. Tutto ciò mi sembra mal regolato.
La Regione può fare uno scadenziario per verificare quale Comune non ha risposto: solo allora potrà far partire la pratica d'ufficio. Così com'è adesso non è possibile istituire lo scadenzario e, ove venisse fatto, si baserebbe sul termine dei 60 giorni e non sui 15 giorni oltre i 60 e oltre l'esecutività della deliberazione.



PRESIDENTE

La parola all'Assessore Carletto.
CARLETTO, Assessore all'urbanistica Abbiamo cercato di scrivere la norma in modo da dare maggiore certezza.
La nostra prassi è che, passato il periodo (in questo caso passati 60 più 15 giorni), abbiamo un tempo medio di esecutività valutabile in 20 giorni.
Quindi, passati 60 più 15 più 20 giorni ci s'informa presso il Comune mandando un nostro funzionario per verificare se la cosa sta arrivando o se invece è ferma per ragioni varie e non procede. D'altra parte ho chiesto se era possibile scrivere in un altro modo, ma non è facile. Non si può che usare un termine indefinito, e cioè i tempi ove il termine per l'assunzione della deliberazione anzidetta decorre inutilmente. Per assunzione della deliberazione s'intendono ovviamente: assunzione, esecutività e invio.
CHIEZZI Forse, invece di assunzione sarebbe meglio scrivere approvazione perché nell'approvazione c'è già l'elemento di esecutività. Suggerirei di studiarla un attimo.
CARLETTO Assessore all'urbanistica Si potrebbe scrivere "o per l'invio", nel senso che il momento conclusivo dell'iter è l'invio.



PRESIDENTE

La seduta è sospesa.



(La seduta, sospesa alle ore 16.00 riprende alle ore 16.05)



PRESIDENTE

La seduta riprende.
Pongo in votazione l'emendamento sub 25) presentato dall'Assessore Carletto.
Chi è favorevole è pregato di alzare la mano.
L'emendamento è approvato con 22 voti favorevoli, 12 voti contrari e 3 astensioni.
sub 26) presentato dai Consiglieri Majorino e Zacchera: "entro 60 giorni dall'entrata in vigore della presente legge, la Giunta regionale presenterà apposito progetto di legge diretto alla interpretazione autentica dell'espressione: 'modifiche che non mutino le caratteristiche quantitative e strutturali del piano '".
Comunico che l'emendamento n.25), presentato dal Consigliere Marchini e il subemendamento, presentato dal Consigliere Chiezzi, sono stati ritirati.
La parola all'Assessore Carletto.
CARLETTO, Assessore all'urbanistica Non lo accolgo.



PRESIDENTE

La parola al Consigliere Bresso per dichiarazione di voto.
BRESSO Si tratta di un subemendamento al nostro emendamento. Io sono contraria alle leggi lunghe, infatti sarei stata a favore di una riforma della legge n. 56 che la riducesse ad una legge di principi con dei regolamenti attuativi. Quindi, anche in questo caso, ritengo che la questione delle modifiche, che non mutino le caratteristiche quantitative e strutturali stia meglio in un regolamento piuttosto che in una legge interpretativa perché non mi pare abbia tale rilevanza.



PRESIDENTE

Pongo in votazione il subemendamento, presentato dai Consiglieri Majorino e Zacchera, e respinto dalla Giunta.
Chi è favorevole è pregato di alzare la mano.
Il subemendamento è respinto con 1 voto favorevole, 22 contrari e 5 astensioni.
26) Emendamento presentato dai Consiglieri Rivalta, Bresso e Buzio: Al primo comma, sesto capoverso; dopo i due punti, aggiungere il seguente nuovo capoverso: "Il Consiglio regionale su proposta della Giunta regionale definisce con proprio regolamento entro tre mesi dall'approvazione della presente legge come si debba interpretare la dizione del quarto capoverso 'modifiche che non mutino le caratteristiche quantitative e strutturali del Piano '".
La parola all'Assessore Carletto.
CARLETTO, Assessore all'urbanistica E sempre lo stesso problema. Nel subemendamento si proponeva una legge mentre qui si propone un regolamento per interpretare una norma che riprende la dizione prevista dalla legislazione nazionale e regionale, e che l'Assessorato all'urbanistica ha consolidato in una prassi di attuazione.
Quindi, quando si parla di modifiche che non mutino le caratteristiche quantitative e strutturali del Piano, si parla di una terminologia consolidata da decenni in questo Paese. E' una prassi che non mi è facile spiegare in Consiglio regionale dal punto di vista tecnico, ma che è ormai sancita da un modo di lavorare e d'interpretare questa dizione da 15 anni nel mio Assessorato. Non mi sembra utile e produttivo definire un Regolamento che ritengo assolutamente di facile realizzazione, ma che potrebbe far correre il rischio di irrigidire una dizione non episodica, ma consolidata da una prassi, non solo regionale, ma anche nazionale.
Chiedo dunque di non accogliere l'emendamento.



PRESIDENTE

La Giunta non accoglie l'emendamento.
La parola al Consigliere Bresso.
BRESSO Anch'io intervengo brevissimamente, visto che l'emendamento non era stato illustrato. Capisco bene la pre-risposta dell'Assessore all'illustrazione: esiste una prassi che la Giunta segue e che l'Assessore considera consolidata. Mi sembra che proprio perché esiste una prassi consolidata, il fatto di fare un regolamento, anche molto sintetico che però precisi, sia un ulteriore elemento di consolidamento. Per carità siamo ormai tornati ad una cultura più orale che scritta, ma in materia urbanistica mi sembra più opportuno un consolidamento scritto.
Eventualmente, visto che il nostro emendamento propone il Consiglio regionale, si può anche accedere ad una modifica che dica semplicemente che la Giunta emana un regolamento, in modo che questa prassi consolidata sia definita in qualche cosa di scritto a cui chiunque possa accedere, se lo desidera; visto che sembra essere consolidata, la sua definizione non dovrebbe richiedere una particolare fatica. Ripeto, saremmo anche disposti ad accettare una modifica che dica che la Giunta regionale definisce con proprio regolamento, senza passarlo necessariamente al vaglio del Consiglio.
CARLETTO, Assessore all'urbanistica Non è tanto una questione di Giunta o Consiglio. La mia osservazione era riferita al fatto che è estremamente difficile inserire in un regolamento delle prassi e dei comportamenti in ordine a questa materia che peraltro - non l'ho detto prima ma è giusto che lo aggiunga - è determinata da una prassi rafforzata nella struttura ormai, ripeto, da 15 anni, e che nel corso degli anni ha fatto sempre più riferimento ad una giurisprudenza consolidata sul piano nazionale per queste problematiche.
Negli ultimi anni ci sono state alcune sentenze in ordine a problematiche di questo tipo che hanno anche un po' aggiornato questa giurisprudenza, che è in continuo movimento, e alla quale la mia struttura fa riferimento. Definire questa prassi in un regolamento non è facile e secondo me ci può creare dei problemi rispetto ad una giurisprudenza che ripeto, è in continuo movimento; in futuro potrebbero esserci delle difficoltà tra la giurisprudenza che si aggiorna ed il regolamento che ci diamo.
Quindi non è tanto un problema di Giunta o di Consiglio; peraltro mi sembra, per quella poca esperienza che ho (io sono lì da un anno ma i miei dirigenti me lo confermano), che negli anni di gestione della legge 56 non si siano mai verificati dei problemi interpretativi tra Regione e Comune tra Regione e professionisti, ecc., rispetto alla interpretazione di questa dizione così come è formulata: non sono emersi dei problemi neanche da un punto di vista pratico.
Per queste ragioni chiederei di non accedere a questo emendamento; pur comprendendone le ragioni - esiste una giurisprudenza, c'è una prassi consolidata, ci sono dei punti di riferimento assolutamente fermi e forti ai quali la mia struttura fa riferimento - non mi sembra di poterlo accogliere.



PRESIDENTE

La parola al Consigliere Chiezzi per dichiarazione di voto.
CHIEZZI Si tratta di un emendamento sul quale volevo esprimere alcune valutazioni. Certo, la definizione "modifiche che non mutino le caratteristiche quantitative strutturali" è di difficile determinazione, in forma di catalogo.
CARLETTO, Assessore all'urbanistica Scusa se ti interrompo, ma è solo per capirci, lo non sono un tecnico come te, quindi mi scuso, però credo dipenda anche da Comune a Comune, dai pesi che ci sono nei vari Comuni; è una materia che va rapportata alla dimensione del provvedimento.
CHIEZZI Certo, scrivere un regolamento che descriva il mondo non è tanto facile, è una discussione che abbiamo fatto anche qualche settimana fa in occasione del regolamento sulle aree degradate presentato dall'Assessore Garino; anche lì c'era un tentativo di descrizione del mondo.
Questo problema dunque esiste; esiste anche però la curiosità politica di capire cosa è successo in tutti questi anni nell'applicazione di questa norma ed è una curiosità che l'Assessore secondo me potrebbe soddisfare, in modo da rendere edotti i Consiglieri per lo meno di come è gestita una norma di così difficile definizione.
CARLETTO, Assessore all'urbanistica Se i Consiglieri, tu ed altri, fossero interessati, non ho difficoltà a chiedere ai miei dirigenti di illustrarla tecnicamente in occasione di un eventuale incontro.
CHIEZZI L'Assessore potrebbe - se lo vuole, s'intende - fornire alla Commissione una breve relazione su queste modifiche, anche perché si tratta di modifiche che non modificano. Di qui nasce la curiosità: in cosa consiste? E' una modifica che non cambia niente: vorrei capire meglio.
Per questo motivo, anche perché rischio di prendere un'altra bacchettata sulle dita dal collega Rivalta, su questo emendamento mi astengo.



PRESIDENTE

Pongo in votazione l'emendamento respinto dalla Giunta.
Chi è favorevole è pregato di alzare la mano.
L'emendamento è respinto con 16 voti favorevoli, 21 voti contrari e 10 astensioni.
27) Emendamento presentato dal Consigliere Chiezzi: All'alt. 2 il terzo comma è soppresso.
La parola all'Assessore Carletto.
CARLETTO, Assessore all'urbanistica La Giunta non lo accoglie.



PRESIDENTE

La parola al Consigliere Chiezzi per dichiarazione di voto.
CHIEZZI Anche questo comma rientra, a mio avviso, in una illegittimità della legge. Lo ripeto ancora una volta.
Così come durante il rito del matrimonio in Comune allorquando il celebrante, nonostante abbia parlato a voce alta e quindi, a distanza di pochi metri, tutti abbiano udito, al termine del rito chiede ai testimoni se questi hanno udito (sa benissimo che hanno udito, ma lo ripete perch tutti siano sicuri di avere udito), su questo mio emendamento mi comporto nello stesso modo. Penso che questo comma sia illegittimo e quindi mantengo l'emendamento



PRESIDENTE

Pongo pertanto in votazione l'emendamento n. 27).
Chi è favorevole è pregato di alzare la mano.
L'emendamento è respinto con 8 voti favorevoli, 22 contrari e 8 astensioni.
28) Emendamento presentato dai Consiglieri Chiezzi, Miglio e Segre: All'art. 2 del disegno di legge n. 98, che sostituisce i commi dal nono al quattordicesimo dell'art. 15 della LR n. 56/77 e s.m, ed i., sono apportate le seguenti modificazioni.
Il quarto comma del disegno di leggeri. 98 che modifica il diciassettesimo comma dell'art.15 della LR n. 56/77 e s.m, ed i. è soppresso e così sostituito: "All'ultimo periodo del diciassettesimo comma dell'art. 15 della LR n. 56 e s.m, ed i., le parole 'dei Comitato Urbanistico Regionale ' sono sostituite con le parole 'della Commissione Tecnica. Urbanistica".
La parola all'Assessore Carletto.
CARLETTO, Assessore all'urbanistica La Giunta non lo accoglie perché questo emendamento presuppone l'obbligatorietà dell'esame alla CTU di tutti i provvedimenti, ma questo è regolamentato in un articolo successivo.



PRESIDENTE

La parola al Consigliere Miglio per dichiarazione di voto.
MIGLIO Con gli emendamenti precedenti accettati dall'Assessore si era rimosso il problema relativo all'esame dei piani regolatori generali da parte della Commissione Tecnica Urbanistica. L'articolo in questione prevede comunque due iter diversi, e nel caso specifico si prevede che, qualora il PRG sia sottoposto a modifiche su proposta dell'Assessorato regionale, queste vengano recepite dal Comune che riconsegna il PRG per le valutazioni ultime del caso. Non vorrei che si desse luogo ad una cattiva interpretazione, nel senso che nel secondo caso il piano regolatore non viene più analizzato dalla CTU prima della definitiva approvazione della Giunta regionale.
Questo problema potrebbe essere risolto con il successivo art. 10 chiarendo che l'obbligatorietà dell'espressione dei pareri da parte della CT U viene richiesta per tutti i PRG comunali.
L'Assessore giustamente ha detto che introdurre questo riferimento, a questo punto, comporterebbe dei problemi di lettura incrociata con l'articolo successivo laddove si parla delle varianti e degli adeguamenti.
Io ritenevo e ritengo tuttora che questo problema poteva essere risolto in altro modo, ovvero introducendo all'art. 3 un nuovo comma che precisasse che le varianti e gli adeguamenti dei piani regolatori generali non erano sottoposti alle procedure riferite ai PRG di cui all'art. 15 ma erano obbligatoriamente sottoposti all'esame della Commissione Tecnica Urbanistica.



PRESIDENTE

La parola al Consigliere Chiezzi che illustra l'emendamento.
CHIEZZI Signor Presidente, colleghe e colleghi Consiglieri, a me pare che questo emendamento abbia la stessa caratteristica dell'emendamento sul quale nella scorsa seduta del Consiglio abbiamo interrotto i lavori. E' un emendamento meramente tecnico. Il riferimento all'art. 15, comma 17, mi pare chiaro; l'ultima frase dell'ultimo periodo del comma 17 dice: "Il piano è trasmesso alla Giunta regionale che lo approva sentito il parere del Comitato Urbanistico Regionale". L'unica modifica che introduce questa legge rispetto al piano regolatore è quella di sentire non più il CUR. ma una Commissione ribattezzata Commissione Tecnica Urbanistica. Allora perch nel correggere e aggiornare l'ultimo periodo del comma 17 avete stralciato l'ovvio riferimento alla Commissione Tecnica Urbanistica? Questa è una cosa che non comprendo, quindi ritengo che questo possa essere considerato un emendamento di carattere tecnico, a meno che mi sia sfuggito qualcosa.



PRESIDENTE

La parola all'Assessore Carletto.
CARLETTO, Assessore all'urbanistica Questo comma, oltre a servire i piani regolatori nuovi, si riferisce anche alle varianti. Quindi se noi introducessimo qui questo riferimento diventerebbe obbligatorio per le varianti, mentre queste sono disciplinate all'articolo successivo. Pertanto per i piani regolatori abbiamo l'obbligatorietà, definita per legge, ma per le varianti no. I dirigenti dell'Assessorato mi dicono che questo comma viene utilizzato anche per le varianti e quindi si pone il problema.



PRESIDENTE

Pongo pertanto in votazione l'emendamento testé discusso.
Chi è favorevole è pregato di alzare la mano.
E' respinto con 5 voti favorevoli, 23 contrari e 9 astensioni.
29) Emendamento presentato dai Consiglieri Chiezzi, Miglio e Marino: All'art. 2, al fondo del quarto comma aggiungere le seguenti parole: "sentito il parere della Commissione Tecnica Urbanistica".
L'Assessore Carletto non lo accoglie perché lo ritiene identico al precedente.
La parola al Consigliere Chiezzi per dichiarazione di voto.
CHIEZZI L emendamento è diverso perché emenda il progetto di legge n. 98 e non la modifica della LR n. 56/77. Mi colloco su questo emendamento anche in base a quanto ha ripreso l'Assessore che giustamente ha chiarito che questo comma, leggendo gli articoli successivi della legge urbanistica, comprende anche l'iter procedurale relativo alle varianti. Lo ripropongo come emendamento a sé stante e ne chiedo quindi la messa in votazione, tenuto conto del chiarimento dell'Assessore. Introdurne questo emendamento nella legge vuol dire fare in modo che tutte le varianti vengano esaminate dalla Commissione Tecnica Urbanistica.
Mantengo quindi la richiesta di iniziare a dire qualcosa per gli articoli successivi; ora per allora, nel senso che se non introduciamo adesso le modifiche, diventerà più difficile portare a compimento eventuali modifiche sugli articoli successivi.
La decisione che volete prendere, quella di considerare tutte le varianti in modo uguale, può essere molto criticabile dal punto di vista disciplinare, culturale e realistico, nel senso che non vuole acconciarsi ad una realtà che è mutevole e differente a seconda di come viene proposta.
Le varianti non sono tutte uguali; ci sono varianti di limitatissima portata e varianti che possono cambiare sostanzialmente il Piano regolatore.
L'elemento che voi sopprimete nella legge n. 56, che distingue le varianti a seconda delle modificazioni, sostanziali o meno, che introducono nel Piano regolatore, mi sembra possa essere soggetto ad una severa critica di carattere politico e possa anche contenere una piccola critica sulla correttezza legislativa indotta dalla legittimità dell'eliminazione della differenza tra variante sostanziale e variante non sostanziale.
Politicamente non accetto la vostra decisione e la contrasterò, ma mi pongo anche il problema se non sia un po' esagerato che il legislatore affermi che le varianti sono tutte bigie, tutte uguali, piccole o grandi che siano e non le distingua più, non ci sia più la possibilità di "misurare" le varianti.
Assessore Carletto, ho fatto questa osservazione perché nella legge c'è una contraddizione. Al comma 15 dell'art. 15 viene mantenuta la descrizione, che corrisponde alla realtà dei fatti, che ci sono proposte di modifica e non di variante: in sostanza, però, sono varianti che mutano parzialmente le caratteristiche del Piano regolatore.
E' un percorso stretto perché, da un lato, proponete una legge in cui le varianti sono tutte uguali e, dall'altro, nel corpo della legge segnalate che le varianti non sono tutte uguali, tant'è che la Regione pu proporre modifiche (che sono le varianti) che mutino parzialmente le caratteristiche del Piano regolatore. Si riconosce quindi in legge che le modifiche non sono tutte uguali: ci sono le modifiche come le lettere a) b), c) ed e) e le modifiche che cambiano il Piano regolatore.
Successivamente, avete predisposto degli articoli in cui le varianti dei Comuni ai Plani regolatori non vengono distinte tra varianti che non incidono sul Piano ed hanno un certo trattamento, più rapido e veloce, e varianti che incidono sul Piano, che abbisognano di altre più accorte procedure.
Segnalo quindi una contraddizione ed una confusione, generata dalla legge, nel trattamento di una medesima fattispecie. La modifica al Piano regolatore viene trattata in modo diverso: se viene fatta dal Comune, una modifica (variante) vale l'altra: se viene fatta dalla Regione, ci sono modifiche che pesano in un certo modo e modifiche che pesano in un altro.
Nell'opposizione che rivolgo alla legge sosterrò anche questa tesi: questo modo di impostare una legge pare incongruo e confusionario perch rispetto allo stesso tema, si usano due pesi e due misure diverse. Questo atteggiamento, oltre ad essere criticabile politicamente, può contenere anche qualche elemento di illegittimità. Per questo motivo mantengo l'emendamento.



PRESIDENTE

Pongo in votazione l'emendamento n. 29), respinto dalla Giunta.
Chi è favorevole è pregato di alzare la mano.
L'emendamento è respinto con 12 voti favorevoli, 23 voti contrari e 1 astensione.
30) Emendamento presentato dal Consigliere Marino: Al quarto comma alla frase: "il Piano è trasmesso alla. Giunta regionale per l'approvazione" aggiungere "sentita, ove del caso, la Commissione Tecnica Urbanistica".
La parola al Consigliere Marino per l'illustrazione.
MARINO Non so se tutti si stiano rendendo conto delle decisioni politiche che sta adottando il Consiglio regionale attraverso piccole paroline. Lo capiremo in modo definitivo quando arriveremo alle modifiche dell'art. 77 cioè all'art. 10 della legge n. 98. Malgrado le sei ore di discussione della volta scorsa, non è più chiaro cosa ci dirà esattamente l'Assessore quando discuteremo l'art. 10. In questo caso, l'emendamento è estremamente difensivo e riduttivo ed invito l'Assessore ad accoglierlo in quanto non esclude la possibilità, messa per iscritto nella legge (se l'Assessore lo ritiene), di sentire il CTU anche nei casi a cui fa riferimento l'articolo.
E' chiaro che informalmente l'Assessore può sentire il CTU in qualunque momento, ma sul piano formale l'emendamento è di retroguardia, in quanto lascia lo spazio all'Assessore - se lo ritiene - di sentire il CTU nei casi previsti dall'articolo. Non è quindi obbligatorio, ma offre una possibilità. Invito quindi l'Assessore ad accoglierlo.



PRESIDENTE

La parola all'Assessore Carletto.
CARLETTO, Assessore all'urbanistica Il collega Marino ha ragione perché la formulazione dice: "ove del caso", riprendendo la formulazione usata precedentemente per gli altri commi; quindi rimanda all'art. 77.
E' una formulazione che potrei anche accettare, perché - ripeto - è coerente con quanto ho sostenuto, anche se non aggiunge e non toglie nulla ad uno stato di fatto oggi regolamentato dall'art. 10 del disegno di legge n. 77 della vecchia legge.
MARINO L'art. 10 però, per come è scritto, può essere interpretato in vari modi.
CARLETTO, Assessore all'urbanistica In ogni caso, la Giunta accetta l'emendamento.



PRESIDENTE

Pongo in votazione l'emendamento n. 30 Chi è favorevole è pregato di alzare la mano.
E' accolto con 22 voti favorevoli e 12 astensioni.
Si proceda alla votazione per appello nominale dell'art. 2 nel testo emendato.
L'esito della votazione è il seguente: presenti e votanti 42 hanno risposto SI 25 Consiglieri hanno risposto NO 17 Consiglieri L'art. 2 è approvato.
ART. 3 31) Emendamento presentato dai Consiglieri Chiezzi e Miglio: "l'art. 3 è soppresso".
32) Emendamento presentato dai Consiglieri Chiezzi, Miglio e Segre: L'art. 3 del disegno di legge n. 98 è interamente soppresso.
La parola al Consigliere Chiezzi per l'illustrazione.
CHIEZZI Dopo l'approvazione dell'art. 2, la legge purtroppo sta prendendo la brutta piega che le è caratteristica.
Affrontiamo quindi l'art: 3 nel quale la legge si propone, obiettivo ufficialmente dichiarato, di sveltire le procedure che concernono la strumentazione urbanistica; in realtà si propone di ridefinire la materia oggetto della strumentazione urbanistica e non la procedura della stessa.
Sulla procedura si può discutere, ma segnalo ai colleghi che le modifiche proposte hanno poco a che fare con la procedura, mentre hanno molto a che fare con la sostanza dei provvedimenti urbanistici.
Questa legge rimuove l'art. 17 della legge Astengo. Chiedo che rimanga al verbale di quest'assemblea, nell'anno 1991, la voce di chi illustra certe caratteristiche positive della vecchia legge, che la maggioranza propone ora di buttare. Ritengo che alcuni punti dell'art. 17 debbano essere mantenuti in qualunque tipo di aggiornamento della legge n. 56 che si proponga un'accelerazione delle procedure.
Uno dei punti che vanno mantenuti, per quanto riguarda le varianti, è il concetto espresso al comma terzo dell'ari. 17, in cui si dice: "le varianti che prevedono un incremento della dotazione di spazi pubblici o una riduzione dell'edificazione o che non comportano sostanziali modifiche sono adottate dal Consiglio comunale, depositate presso la segreteria del Comune e pubblicate per 30 gg., durante i quali chiunque può prenderne visione. Sono quindi messi a disposizione degli organi di decentramento comunale e delle organizzazioni sociali ed economiche più rappresentative.
Nei successivi 30 giorni chiunque può presentare osservazioni, nel pubblico interesse, alle quali il Comune controdeduce apportando eventuali modifiche al piano. Valgono le norme di cui ai commi dall'8 al 15".
In questa prima descrizione delle possibili varianti, la legge Astengo ha unito varianti che, per un verso o per l'altro, erano rivolte ad un chiaro conseguimento di un maggiore interesse collettivo attraverso l'incremento della dotazione di spazi pubblici .Astengo era riuscito ad introdurre non solo la diversità tra piccole e grandi varianti, ma anche la diversità tra provvedimenti che sicuramente stanno nell'alveo dell'interesse collettivo (e questo è un caso).
Successivamente, nel comma quarto descriveva un altro tipo di provvedimento urbanistico. Leggo testualmente: "Per le varianti generali diverse da quelle di cui al precedente comma, e per quelle che comportano sostanziali modifiche del Piano regolatore vigente, il Consiglio comunale adotta una deliberazione programmatica nella, quale sono illustrati i motivi che rendono necessaria la variante, nonché gli obiettivi, le scelte e i criteri di impostazione". Aggiungeva poi: "Per la variante e revisione periodica del Piano regolatore generale non è richiesta alcuna autorizzazione preventiva".
Questa è la legge Astengo che proponete di accantonare.
A me pare, invece, che in essa siano contenute definizioni razionali motivate, e ritengo anche di buona interpretabilità, viceversa, in tutto questo articolo le nove definizioni che proponete sono poco razionali e soprattutto appiattiscono la natura dei provvedimenti urbanistici al più basso livello, quello dell'indifferenza assoluta di qualsiasi modifica al Piano regolatore sull'impianto generale del Plano regolatore stesso, cosa che non è nella realtà.
E' questo che mi stupisce: come sia consentito di non prendere atto che nella realtà ci sono modifiche al Piano regolatore che non ne mutano le caratteristiche, e modifiche che invece le mutano. Presentate delle orme che non tengono conto di queste sostanziali differenze.
Per questo il primo emendamento sostiene, rispetto a quanto proposto dalla Giunta, che è meglio tenersi la legge Astengo.



PRESIDENTE

La parola all'Assessore Carletto.
CARLETTO, Assessore all'urbanistica La Giunta no accoglie l'emendamento.



PRESIDENTE

La parola al Consigliere Bresso per dichiarazione di voto.
BRESSO Pur essendo stati, come siamo stati in Commissione, disponibili a discutere le ragioni che ispiravano queste richieste di modifica, non siamo minimamente convinti, in particolare per quanto riguarda l'art. 3 di revisione dell'art. 17, del risultato complessivo ottenuto o che si profila, perché non mi risulta che anche rispetto agli emendamenti da noi proposti ci siano delle modifiche significative di atteggiamento da parte della Giunta. Credo anch'io che fra questo nuovo art. 17, come risulterebbe dalla modifica della Giunta, e il precedente sia meglio mantenere il precedente, in particolare per quanto riguarda la tipologia prevista al secondo comma, che riguarda delle varianti generali diverse da quelle del primo comma, riguardanti solo le modifiche della dotazione di spazi pubblici.
Questa definizione delle questioni rilevanti, che sono le varianti generali, è una definizione chiara e coerente, non particolarmente vessatoria per il Comune, il quale deve adottare una deliberazione programmatica che, quando trattasi di variante generale, va sicuramente mantenuta, anche perché, oramai, come abbiamo detto in moltissime occasioni, tutta la pianificazione urbanistica nei prossimi anni consisterà essenzialmente nella discussione di varianti. Eliminare 1a deliberazione programmatica dalle varianti generali significa, di fatto, eliminare ogni possibile discussione, in sede dei Consigli comunali, delle indicazioni generali e delle relative politiche inerenti alla variante generale.
Si tratta di una scelta molto grave, che di fatto sottrae, in particolare agli organismi di controllo dell'operato delle maggioranze dei Consigli comunali, il diritto-dovere del controllo stesso, controllo preventivo, perché in materia urbanistica una variante generale necessita di una discussione preliminare in Consiglio comunale, che non può che avvenire attraverso la deliberazione programmatica.
Il fatto che questa parte venga "pasticciata" e modificata in maniera non cornetta e che, in particolare, le revisioni del Piano Regolatore Generale non siano soggette ad autorizzazione preventiva né richiedano la preliminare adozione della deliberazione programmatica, ci pare una cosa grave. E meglio allora, come peraltro ha detto anche il collega Chiezzi togliere decisamente tutto l'articolo. In assenza di una consistente e soddisfacente modifica della proposta originaria, è preferibile tornare all'articolo originale.



PRESIDENTE

La parola al Consigliere Miglio per dichiarazione di voto.
MIGLIO Ritengo utile fare un discorso complessivo, abbreviando i tempi, senza riprenderlo successivamente su altri emendamenti che sostanzialmente toccano lo stesso argomento.
Il paragone fra i due disegni di legge mette in luce come non si consideri più la necessità di distinguere le procedure a seconda che le varianti e gli adeguamenti dei Piani regolatori generali siano introdotti per scelta autonomamente presa dall'Amministrazione comunale o, viceversa elaborati, perché è un atto di costrizione che deriva dall'adeguamento decennale previsto o dall'adeguamento a strumenti di ordine sovracomunale.
Per quello che ci riguarda, riteniamo che qualora si obblighino i Comuni ad adeguarsi ai piani già elaborati, sia giusto non chiedere agli stessi l'assunzione di una deliberazione programmatica e di svolgere delle procedure estremamente articolate e complicate per andare a definire gli adeguamenti dello strumento comunale vigente. Questo alla luce del fatto che si ha uno strumento chiaro a cui fare riferimento, che è, appunto, il piano territoriale nel momento in cui questo viene elaborato ed approvato dalla Regione: tale riferimento facilita la possibilità, da parte della Regione nel suo insieme, di fare le necessarie valutazioni sulla congruità delle variazioni introdotte allo strumento vigente, in rispondenza ai nuovi obiettivi prefissati dallo strumento di ordine superiore.
Altra questione, invece, è quella delle varianti del Piano Regolatore Generale proposte dalle Amministrazioni locali, che secondo noi dovevano essere mantenute distinte in base alla loro caratterizzazione; bisognava quindi prevedere, come già prevede l'attuale legge Astengo, degli svolgimenti, degli iter differenziati a seconda dell'incidenza presunta o reale che le stesse avevano sul dispiegarsi dell'agire sul territorio.
In questo senso non accettiamo l'ipotesi riduttiva proposta dall'Assessore, perché ci preoccupa che l'appiattimento della diversificazione, ristretto ad un unico caso, vada a ledere le particolari considerazioni che dovrebbero essere fatte proprio per verificare che gli interventi proposti attraverso le varianti del PRG non modifichino gli obiettivi e i caratteri iniziali del PRGC.
Questo è il senso della nostra posizione e il motivo che ci ha spinti a proporre degli emendamenti. Richiediamo che venga rivista questa posizione e che venga riconsiderata l'opportunità di mantenere questa differenziazione, in considerazione delle possibili incidenze reali delle varianti sul territorio e in considerazione del fatto che non sono più sottoposte al parere della CTU, alla volontà dell'Assessore e al combinato dell'art. 15. Questo prevede, qualora l'Amministrazione comunale assuma varianti al PRG, la possibilità di realizzare non solo interventi di manutenzione ordinaria e restauri - e la cosa non ci preoccuperebbe - ma anche di ristrutturazione edilizia di completamento, senza rispettare lo strumento urbanistico vigente. Per noi questo risulta incomprensibile ed inaccettabile: da qui le conseguenti scelte.



PRESIDENTE

Pongo in votazione congiuntamente gli emendamenti nn. 31) e 32).
Chi è favorevole è pregato di alzare la mano.
Gli emendamenti sono respinti con 18 voti favorevoli e 26 voti contrari.
33) Emendamento presentato dai Consiglieri Chiezzi e Miglio: "All'art. 3, dopo i due punti, il secondo capoverso è soppresso".
La parola all'Assessore Carletto.
CARLETTO, Assessore all'urbanistica La Giunta non accoglie l'emendamento.



PRESIDENTE

La parola al Consigliere Chiezzi per l'illustrazione.
CHIEZZI Il primo comma non è stato oggetto di emendamento, perché riprende testualmente l'art. 17 della legge n. 56.
Il secondo comma invece è uno dei punti dequalificanti di questa legge perché dopo aver deciso che non si distingue più tra varianti importanti che mutano la direzione di sviluppo di un Comune, e varianti minori, si scrive che le varianti - quindi tutte - comunque modifichino il PRG non devono essere precedute dall'adozione della deliberazione programmatica.
Con il comma secondo dell'art. 3 del disegno di legge n. 98 si smantella nel futuro del Piemonte qualsiasi ipotesi di rideterminare lo sviluppo dei Comuni attraverso l'adozione di nuovi PRG. Questa norma fa veramente "piazza pulita" per i prossimi anni della possibilità che i Comuni individuino in nuovi PRG lo strumento principe per indirizzare lo sviluppo del proprio Comune.
Il meccanismo è ingegnoso: questa legge non elimina i PRG, conserva l'ipotesi che i Comuni predispongano i loro PRG, ma sappiamo che, ad eccezione di alcuni pochi Comuni in Piemonte, questo è già stato ottenuto grazie alla legge Astengo; oggi 1050-1100 Comuni dispongono di PRG su un totale di 1208 Comuni.
La legge mantiene l'obbligo della revisione del PRG ogni 10 anni, per questo è un obbligo ordinatorio e non perentorio.
L' ingegnosità in cosa consiste? Nel degradare tutte le varianti a varianti di poco conto; successivamente, effettuata questa degradazione della variante, si eliminano i vincoli che Astengo prevedeva per le varianti di grande respiro; si elimina totalmente - considerandole quindi tutte di poco respiro - l'obbligo della deliberazione programmatica. Quindi si elimina, anche nel caso di varianti importanti rispetto all'assetto del PRG precedente, il vincolo di giustificare ed esplicitare in Consiglio comunale, ma soprattutto alla popolazione, per quali motivi il PRG viene così profondamente modificato.
La tecnica è quella di conservare da un lato un PRG con obblighi di motivazione e dall'altro di offrire ai Comuni la possibilità di fare delle varianti che non vengono in alcun modo sottoposte a motivazione. Su queste varianti si dice ai Comuni: "Siete liberi di adottarle senza neppure spiegare con deliberazione programmatica in Consiglio comunale e ai cittadini le ragioni delle nuove scelte". Per i Comuni sotto 110 mila abitanti si aggiunge l'eliminazione dell'obbligatorietà del parere della Commissione tecnico-urbanistica.
Quale sarà il Comune che, con la maglia così larga offerta dalla pletora di varianti che può approvare modificando senza motivare il proprio PRG, s'imbarca nella procedura di rifacimento del PRG, quando tutti gli obiettivi che si pone può raggiungerli senza una discussione pubblica sulle finalità di sviluppo del Comune proprie della deliberazione programmatica? Non ci saranno Comuni che faranno nuovi PRG.
Con questo secondo comma segniamo una svolta per i prossimi anni nella Regione Piemonte, e indichiamo chiaramente che la strada da percorrere sarà quella delle varianti ai PRG, strada da percorrere con molte contraddizioni, contenute anche in questa legge, ma che riprender nell'emendamento al comma terzo.
Senza contare, colleghi (e mi rivolgo in particolar modo al collega Marchini), che se c'era un momento nei Consigli comunali in cui i Consiglieri discutevano in termini sintetici e generali lo sviluppo del proprio Comune era quello della deliberazione programmatica, che ritengo dal punto di vista politico, il momento più importante per il Comune.
Perché, al limite e forzando le conseguenze di quanto dico, dopo la deliberazione programmatica tutto diventa molto tecnico (scegliere Il come con che strumenti, con quali priorità, con quali scelte tecniche). La deliberazione programmatica è il punto alto nell'attività di un Comune dopo quello del bilancio preventivo, perché è sintesi politica, che indica dove si vuole indirizzare lo sviluppo.
Eliminare dalle varianti, nel modo che ho descritto, la facoltà-dovere del Comune di approvare la deliberazione programmatica, a mio parere significa svuotare i Consigli comunali di un grande potere dovere, quello di esaminare la propria realtà, individuare delle linee di sviluppo scrivere una proposta di nuovo sviluppo del Comune, farsa discutere ai cittadini e poi adottarla in Consiglio comunale.
Con questo secondo comma, invece, le cose rimarranno nel chiuso degli uffici e degli Assessorati, perché l'Assessore, sulla base delle spinte che riterrà opportuno accogliere, predisporrà le varianti che andranno direttamente in Consiglio comunale senza alcun quadro di riferimento.
Quindi, colleghi, questo è uno dei punti che fanno assumere alla opposizione che svolgo un carattere di tenacità nell'opporsi a questo disegno di legge, perché è uno dei punti che veramente disattiva momenti qualificanti, non tanto della legge 56, quanto della concreta attività di pianificazione dei Comuni piemontesi.



PRESIDENZA DEL VICEPRESIDENTE MONTABONE



PRESIDENTE

La parola al Consigliere Zacchera.
ZACCHERA Mi riallaccio al mio voto favorevole di qualche minuto fa, che era sfavorevole ad accettare l'emendamento che annullava l'art. 3. E' tutta la giornata che, più o meno, si votano, spesso insieme alle altre opposizioni alcuni punti specifici di questa legge che non ci trovano d'accordo. Per attenzione, perché rifacendomi a quello che diceva il collega, noi stiamo lavorando a questa legge per togliere alcune storture dalla legge 56.
L'art. 3, a mio modo di vedere (e cioè l'ex art. 17) era una delle maglie che più creavano queste storture, perché di fatto si prevedevano dei tempi biblici per l'approvazione dei Piani regolatori. Quindi così come un attimo fa non mi sentivo di dire toutcourt "l'art. 3 è tolto", ho molte riserve anche davanti a questo specifico emendamento.
Di qui in avanti - valga, questo anche per i successivi emendamenti bisogna distinguere emendamento da emendamento, perché alcune cose sono sicuramente di difesa, non soltanto dell'autorevolezza dei Consigli comunali ma anche e soprattutto delle facoltà di controllo; altri lacci e lacciuoli sono da togliere, altrimenti andiamo a ricostruire una legge sostanzialmente uguale a quella precedente. E poiché, pur differenziandoci dalla maggioranza, non vogliamo un'altra legge 56, perché ha creato delle disfunzioni, adesso bisogna fare attenzione a non ricostruire la legge 56 altrimenti tutto il lavoro che stiamo facendo non serve assolutamente a nulla.
In conclusione, su questo specifico emendamento dichiaro che mi asterr e più avanti, per tutti gli emendamenti riferiti all'art. 3, senza ogni volta prendere la parola per spiegare il perché e il per come differenzieremo il voto, perché alcune cose, sostenute anche dal collega Chiezzi, sono valide, ma altre a mio parere sarebbero la ricostruzione della legislazione negativa precedente.



PRESIDENTE

La parola all'Assessore Carletto.
CARLETTO, Assessore all'urbanistica Come ho già risposto prima, la Giunta non accoglie l'emendamento.



PRESIDENTE

Ha chiesto la parola il Consigliere Bresso; ne ha facoltà.



PRESIDENTE

BRESSO



PRESIDENTE

Intervengo per dichiarazione di voto.
Voteremo a favore dell'emendamento soppressivo del secondo comma per le stesse ragioni che rapidamente ho cercato di illustrare nel precedente intervento sull'emendamento soppressivo dell'intero articolo (che riporterebbe in vigore l'articolo della legge n. 56). In questo caso la condizione in cui siamo posti è migliore perché riguarda solo un singolo comma, che ritengo uno dei più pericolosi dell'intero disegno di legge della Giunta.
Pur capendo che possono esistere situazioni in cui non essendo rilevante la variante può non essere richiesta la preliminare adozione della deliberazione programmatica, però, come veniva già detto, nella situazione prevista dalla nuova legge non c'è più distinzione tra le varianti e quindi non è possibile conservare per le varianti rilevanti l'adozione della deliberazione progammatica. L'unica soluzione è quella di togliere questa dichiarazione che in maniera generale elimina la deliberazione programmatica per tutte le revisioni e varianti del Piano Regolatore Generale.
Successivamente, se non verrà accettato questo emendamento presenteremo un emendamento che consenta ad una minoranza qualificata dei Consigli comunali di chiedere l'adozione della deliberazione programmatica anche in deroga a questa norma - che non la vieta ma che comunque non la rende obbligatoria - in modo da poter recuperare quel ruolo di controllo dei Consigli che ci pare totalmente cancellato con questa norma; di fatto non essendo richiesta la preliminare adozione della deliberazione programmatica, la stessa Giunta può anche non sottoporre al Consiglio la questione.
Dichiaro quindi il nostro voto a favore dell'emendamento, ritenendo comunque che questo punto, che era uno dei punti centrali della proposta della Giunta, avrebbe meritato una discussione un po' più tranquilla e approfondita. Questo, peraltro - lo voglio dire - è un difetto della procedura scelta anche da alcuni nostri colleghi.
Io sono contraria, quando non si tratti di grandi questioni di principio, agli atteggiamenti paraostruzionisti nella discussione delle leggi, perché il risultato è che poi sulle cose rilevanti, come a mio avviso questa e alcune altre, si rischia di essere ormai tutti stremati e di non poterne più discutere. Mi pare che si sia arrivati a questo art. 3 che è uno degli articoli-cuore della legge, senza più avere capacità di discussione.



PRESIDENTE

Non essendoci altri iscritti a parlare, pongo in votazione l'emendamento n. 33), non accolto dalla Giunta.
Chi è favorevole è pregato di alzare la mano.
L'emendamento è respinto con 16 voti favorevoli e 22 voti contrari.
34) Emendamento presentato dai Consiglieri Chiezzi e Miglio: All'art. 3, dopo i due punti, secondo capoverso, le parole "e le varianti" sono soppresse.
La parola all'Assessore Carletto.
CARLETTO, Assessore all'urbanistica E' come l'emendamento precedente, però questo attiene solo alle varianti e non ai piani regolatori. Pertanto, per le ragioni indicate prima, tale emendamento non può essere accolto.



PRESIDENTE

La parola al Consigliere Chiezzi che illustra l'emendamento.
CHIEZZI L'emendamento viene mantenuto anche se si riferisce solo alle varianti.
Sostengo questo emendamento ricordando un parere espresso dall'Ordine degli Agronomi e Forestali di Torino. La preoccupazione circa la possibilità di variare tutto senza esplicitare gli obiettivi finali viene richiamata dall'Ordine degli Agronomi, i quali affermano che l'esigenza di avere uno strumento di esplicitazione degli obiettivi di ogni atto di piano, che a questo punto non c'è più; non è una richiesta campata in aria. Essi dicono che "è un'esigenza che si giustifica ancora di più laddove si prevede un ulteriore consumo di suolo agricolo e l'alterazione delle condizioni ambientali; la conoscenza degli obiettivi, finali consente di orientare l'attenzione delle categorie interessate, di valutare la necessità di studi approfonditi ed introdurre misure di compensazione".
Ho voluto citare questo tra i tanti pareri che si sono espressi a favore del mantenimento della deliberazione programmatica perché si esplicitano le ragioni generali in base alle quali questo annullamento della deliberazione programmatica porta a un impoverimento della qualità di governo. Gli esempi fatti dall'Ordine degli Agronomi sono molto chiarificanti: necessità di studi approfonditi; orientare l'attenzione delle categorie interessate; introdurre misure di compensazione. Lo ritengo anche un gravissimo impoverimento della qualità degli strumenti urbanistici che vedranno la luce con questa normativa.
Sulla qualità - già ne avevamo discusso e l'Assessore aveva fatto una relazione - non è che si sia brillato molto in questi anni, ma in Commissione ci siamo riservati di prendere di petto tale questione.
Assessore Carletto, ritengo che senza la deliberazione programmatica la qualità dei piani inevitabilmente scenda perché elimina la necessità di studiare il territorio, di interpretarla al fine di offrire un progetto alla cittadinanza, alla quale richiedere il parere.
Questo è il fatto che mi preoccupa di più; questo non è - collega Zacchera - un laccio da togliere. Questa era una leva e non un laccio; una leva che rendeva forte l'attività del Comune. La deliberazione Programmatica era una potente leva perché era l'unico momento in cui il Comune, esplicitando obiettivi generali, parlava alla gente e alle categorie chiedendo loro se fossero d'accordo su quegli obiettivi, quali contro proposte intendessero avanzare, quali studi richiedessero. La deliberazione programmatica legata alle varianti - per questo lo ripropongo in questo emendamento - era uno strumento di buon governo, non era un laccio: forse era una delle poche cose da fare. Se al limite dovessi scegliere quale degli elementi è più importante dal punto di vista politico direi senz'altro la deliberazione programmatica, perché è quella che obbliga a studiare la realtà che si amministra e a uscire allo scoperto esplicitando gli obiettivi di sviluppo. Ciò obbliga a rispondere alle osservazioni dei cittadini su tali obiettivi generali.
A mio modo di vedere questo è un disastro, perché era l'unica cosa anche per chi vuole disattivare tutto - da mantenere; al limite si pu disattivare lo strumento urbanistico se proprio si vuole fare tabula rasa della pianificazione, ma l'ultima delle cose che avrei disattivato è proprio il ruolo di un Consiglio comunale che con una delibera programmatica dice in quale direzione intende andare.



PRESIDENTE

La parola al Consigliere Zacchera.
ZACCHERA Quando un Comune decide una variante la prima cosa che fa, a mo' di cappello, è spiegare perché intende adottarla, quindi il motivo viene reso noto.
Dicevo prima che, in generale, tutte le questioni dell'art. 3 si trasformano in lacci e lacciuoli.



PRESIDENTE

Pongo in votazione l'emendamento n. 34) testé discusso.
Chi è favorevole è pregato di alzare la mano.
L'emendamento è respinto con 14 voti favorevoli, 21 voti contrari e 3 astensioni.
35) Emendamento dei Consiglieri Bresso, Rivalta e Buzio: Al primo comma, al termine del secondo capoverso dopo i due punti, dopo le parole "deliberazione programmatica", aggiungere "una minoranza qualificata del Consiglio comunale (almeno 113) può tuttavia richiedere che venga adottata una deliberazione programmatica".
La parola al Consigliere Rivalta per l'illustrazione.
RIVALTA Se fosse stato accolto l'ultimo emendamento presentato dal Consigliere Chiezzi e testé votato, il nostro emendamento sarebbe stato da ritirare.
Invece, in questa situazione, è un emendamento che confermiamo poiché anche noi crediamo che la deliberazione programmatica sia l'elemento qualificante di un'amministrazione comunale, l'atto attraverso il quale si esprime la ragione di una variante e le finalità che ci si pone nel formularla: c'è quindi un'analisi seria della realtà. Eliminarla è davvero un segno di disorganicità del procedere di un'amministrazione e, per certi versi giustifica anche la non capacità di prefigurare un'azione di governo. Noi la riteniamo quindi importante.
Sono d'accordo con quanto ha detto il Consigliere Chiezzi: dal momento che le revisioni e le varianti del Piano Regolatore Generale non sono più soggette ad autorizzazione preventiva (la bocciatura dell'emendamento precedente crea questa situazione), chiediamo che non venga lasciata la dizione attuale proposta dalla Giunta, in cui si dice drasticamente che le varianti non richiedono la preliminare adozione della deliberazione programmatica. Ciò vuol dire che nessun Comune si sentirà più nella facoltà di promuovere una deliberazione programmatica.
Dal momento che si sta instaurando un processo di deformazione dei rapporti all'interno dell'istituzione, in cui le maggioranze e gli esecutivi decidono dal momento dell'avvio di un'operazione di variante fino al momento dell'arrivo della stessa in Regione, e quindi decidono senza un confronto continuo con le minoranze, chiediamo venga almeno aggiunta, dopo "non richiedono la preliminare adozione della deliberazione programmatica" una dizione che dica "a meno che una minoranza qualificata del Consiglio comunale".
Noi abbiamo indicato "almeno un terzo dei Consiglieri", rifacendoci ai diritti delle minoranze riconosciuti dalla legge n.142 per l'invio delle deliberazioni al Comitato di controllo; quindi proponiamo che una minoranza qualificata possa richiedere l'adozione di una deliberazione programmatica.
La questione è molto chiara e non mi sembra ci sia molto da capire al di là di questo, se non un'interpretazione politica. Sto percependo (forse sarò ipersensibile) una trasformazione strisciante delle istituzioni che escludono le minoranze e non solo ripartiscono i compiti tra esecutivi e Consigli - cosa giusta - ma mi pare ci sia addirittura un processo strisciante di esclusione dell'informazione e della possibilità di far valere i diritti delle minoranze.
In materia urbanistica, così come in molti altri settori, questo è assai grave. Non si affrontano le riforme istituzionali a nessun livello e la maggioranza non è in grado di affrontare una riforma istituzionale delle autonomie locali. Siamo in forte ritardo e non siete in grado di portarla avanti; non si affronta nessuna riforma istituzionale a livello nazionale e si procede a striscianti trasformazioni dei rapporti interni alle assemblee elettive che tolgono il diritto della minoranza di essere informata e di partecipare, se non attraverso forme davvero poco efficaci, come le interrogazioni, le interpellanze, gli ordini del giorno e le mozioni.
Vorrei faceste il conto di quante interrogazioni ed interpellanze presentate dalla minoranza giacciono da mesi senza risposta (spesso date le risposte quando le questioni sono ormai superate), quante mozioni giacciono senza essere discusse e persino quante proposte di legge sono presenti nei cassetti del Consiglio regionale e delle Commissioni senza essere prese in esame.
Cito tre esempi riguardanti la II Commissione. Il primo è la proposta sulla legge Seveso; sono già state fatte le consultazioni e credo ci sia persino un testo unificato che però non viene messo all'o.d.g.: la Giunta regionale, che è responsabile sotto questo profilo, è in ritardo di più di un anno.
Altra legge importante che non viene presa in considerazione e non viene neanche messa all'ordine del giorno, è la legge sul risparmio energetico.
Il terzo esempio è la legge sugli strumenti per governare la politica dei rifiuti, altra questione estremamente importante. Qualsiasi legge presentata dalla Giunta ha la precedenza: su questi tre temi non vi sono leggi della Giunta e le leggi della minoranza vengono accantonate.
Rivendico forme che sanciscano il diritto delle minoranze a far valere diritti di discussione, conoscenza e partecipazione. Quindi la minoranza (un terzo del Consiglio comunale) deve avere il diritto di richiamare ed imporre la deliberazione programmatica, stimolando la discussione su contenuti motivati e coinvolgendo, in un rapporto consultivo e di conoscenza, l'intera comunità locale (forze sociali, economiche e culturali) nell'impostazione di una variazione del Piano Regolatore Generale.
La minoranza non può imporre tale diritto se qui non diciamo che c'è una forma ed un livello di espressione della minoranza, che indichiamo almeno in un terzo come condizione perché ciò avvenga.



PRESIDENTE

La parola al Consigliere Squillario.
SQUILLARIO Non vorrei fare dell'ironia fuori luogo, ma questo emendamento è un bel modo di intendere la democrazia ed i rapporti fra minoranza e minoranza! Arriviamo addirittura a proporre che una minoranza cosiddetta qualificata imponga...



(Voci in aula)



PRESIDENTE

SQUILLARIO



PRESIDENTE

Leggo quello che è scritto. Capisco che una minoranza cosiddetta qualificata possa chiedere che si discuta se adottare o meno una deliberazione programmatica: questo è il diritto delle minoranze, ma qui si vuole stabilire addirittura che una minoranza imponga non la discussione se fare o meno la deliberazione programmatica, ma che il Comune sia obbligato ad adottarla) Quindi, se i tre quarti dei Consiglieri dicono no, ma un terzo dice si, si deve adottare la deliberazione programmatica, nonostante tutto quello che abbiamo detto fino adesso sulla necessità di abolire questo passaggio inutile e dispendioso per i Comuni.
Questo non è un rapporto corretto tra maggioranza e minoranza, perch se in un Comune la maggioranza è d'accordo di adottare la deliberazione programmatica, l'adotta e la discute, ma se non è d'accordo, non è possibile imporgliela.
Se fosse scritto: "propone se adottare o non adottare la deliberazione", sarebbe accettabile: invece con la proposta di emendamento si otterrebbe il risultato che la minoranza impone al Comune di adottarla.
E ciò avendo votato più volte sulla non adozione di tale deliberazione.



PRESIDENTE

Ha chiesto la parola il Consigliere Zacchera: ne ha facoltà.
ZACCHERA Mi pare si stia uscendo tutti dal seminato! Collega Squillario, che adesso lei non ammetta neanche più che la minoranza possa chiedere la discussione, quando la legge n. 142 la permette ad un terzo dei Consiglieri! Ci mancherebbe anche che uno non possa più chiedere di discutere un argomento! Per la poca esperienza di Consigliere comunale, so che in questo settore ci sono due casi: il caso più frequente è quello in cui tutti sono d'accordo: l'altro è quello in cui c'è "sotto qualcosa" per cui una parte del Consiglio comunale non è d'accordo. Questo è un ottimo emendamento che consiglio alla Giunta di accettare perché consente di non mettere un obbligo permanente, anche quando (nel 90% o dei casi) è talmente pacifico per tutti il dover fare qualcosa (ad esempio un parcheggio), che nessuno ha motivo di far perdere tempo opponendosi. Viceversa, quando ad esempio c'è da costruire un condominio in una posizione strategica o un albergo in una zona di rispetto e soltanto una minoranza del Consiglio comunale - più attenta alle questioni ambientali ed a certe cointeressenze che ci possono essere a livello amministrativo - sottolinea una carenza, in questo caso serve avere la deliberazione programmatica.
Ecco perché bisogna arrivare, da una parte, a non far perdere il tempo quando non è da perdere, e dall'altra, quando è importante una discussione quel terzo dei Consiglieri comunali dovrà poter chiedere la deliberazione programmatica e motivarla. Sarà sbeffeggiato se saranno dei motivi puerili anche se l'esperienza insegna - ed il collega Squillario lo sa - che quando all'interno del Consiglio comunale c'è una buona parte di Consiglieri che sottolinea qualcosa, un motivo c'è.
Approvando questo emendamento abbiamo quindi il vantaggio di snellire la procedura, ma anche di lasciarci un'uscita di sicurezza quando è opportuno approfondirla e soltanto nei casi in cui obiettivamente ci sono le necessità.
Questo è un emendamento ben fatto e credo che anche l'Assessore capirà che merita di essere approvato perché non stravolge niente. Ripeto, ci limitiamo solo ai casi in cui, per motivi concreti, una parte interessante (perché un terzo non è il 2% dei Consiglieri comunali) dice di voler approfondire un discorso. E' quindi un emendamento da approvare.



PRESIDENZA DEL PRESIDENTE SPAGNUOLO



PRESIDENTE

Ha chiesto la parola il Consigliere Cucco; ne ha facoltà.
CUCCO Assessore, una parola molto semplice e breve su questo emendamento. A prescindere dall'opportunità di trattare altri temi sollevati proprio in questa discussione, mi sembra non si debba dimenticare l'utilizzo della deliberazione programmatica nell'ambito della legge così com'era finora prima dell'approvazione delle varie modifiche.
Sottoscriverei l'emendamento se precisasse ché questo diritto della minoranza fosse esercitabile anche in caso di variazioni generali al Piano regolatore e non soltanto di quelle parziali. Considero la vicenda delle deliberazioni programmatiche "sì o no" centrale rispetto alla discussione più che da un punto di vista sostanziale da un punto di vista culturale che sta dietro ad una scelta piuttosto che ad un'altra.
Ripeto brevemente alcune considerazioni che, purtroppo, nessun componente della maggioranza sta sostenendo. Procedere al taglio della deliberazione programmatica in questo modo non è operazione di risparmio Assessore, ma scelta molto chiara di.una via piuttosto che un'altra. Se si decide che la deliberazione programmatica non serve - di fatto è così vista la sua introduzione di riforma alla legge - e la si nega anche per le variazioni generali, bisogna dirlo chiaramente. Non si può dire soltanto che si tratta di un aggiustamento per abbreviare i tempi, che non serve a niente visto che i Consiglieri comunali spiegano che in Consiglio comunale si perde troppo tempo. Se la logica è quella della legge Astengo la deliberazione programmatica deve rimanere. Assessore, essendone un pezzo importante; diversamente, non si capirebbe il senso delle scelte che derivano dalla deliberazione programmatica, quindi delle scelte della maggioranza.
Per sottrarre alla maggioranza il potere di decidere come e quando parlare di deliberazione programmatica, chiederei ai colleghi del PDS di inserire questa specifica.



(Interruzione del Consigliere Bresso)



PRESIDENTE

CUCCO



PRESIDENTE

Il senso del mio intervento, Assessore, ancorché io sia su posizioni di riforma radicale della legge, è che se ne espliciti la direzione con parole e non soltanto con fatti di questa natura, con i quali lo si sta snaturando; il risultato finale non è una legge migliore, ma un pasticcio che non verrà più applicato né da quanti credevano nella legge Astengo n da quanti non vi hanno mai creduto.



PRESIDENTE

La parola al Consigliere Buzio.
BUZIO Penso valga la pena, pur nella fatica del dibattito, di intervenire su alcuni emendamenti particolarmente significativi.
Mi sembra venga riproposto in altre forme il quesito di fondo sull'allargamento o il restringimento della partecipazione democratica.
Nell'articolo precedente il limite del meccanismo procedurale consisteva nel non aver creato un momento dialettico tra Regione e Enti locali; in questo, credo sia mancato il coraggio dell'innovazione.
L'emendamento ha il significato di recuperare non solo la necessità di un progetto politico, e di conseguenza di un dibattito preliminare, di un approfondimento analitico, di uno studio e quindi di un momento culturale ma anche alcuni significativi passaggi della legge n. 142 in ordine ad altre problematiche.
Non c'è dubbio che la legge n. 142, per gli aspetti esecutivi, abbia privilegiato la Giunta, lasciando ai Consigli comunali questioni significative e importanti quali i bilanci, la programmazione e gli strumenti di pianificazione territoriale.
Così com'è prevista la maggioranza qualificata per l'approvazione dello Statuto, credo che non prevedere in casi eccezionali la possibilità che la minoranza possa attivare certe forme di deliberazione, sia un'innovazione quantomeno interessante. Mi parrebbe significativo fare uno sforzo di fantasia; altrimenti, così come viene detto nell'articolo, la deliberazione programmatica non è prevista se non all'inizio dell'iter del Piano regolatore dopodiché, per revisioni e varianti, questo significativo momento culturale e politico non viene più previsto.
E' chiaro che il rischio è quello di assistere ad un processo continuo di aggiustamento di Piani regolatori, che sostanzialmente impedisce o vanifica un dibattito sulle questioni generali. Non c'è mai un momento di verifica politica generale; lo strumento urbanistico può diventare un meccanismo di aggiustamento che privilegia il contingente, i piccoli momenti episodici e mai un momento di verifica generale.
Un meccanismo di controllo e di stimolo democratico, a mio parere, va intravisto: si tratta di verificare la formula giusta. Può darsi che questo emendamento non colga tutte le problematicità e tutti gli aspetti; mi sembra però che prevedere la tutela delle minoranze, la salvaguardia di un momento dialettico essenziale, la necessità di un confronto, di una partecipazione, di un coinvolgimento della gente su grosse questioni significhi anche prendere in considerazione il fatto che non si pu assistere ad un continuo svuotamento delle assemblee elettive. Occorre recuperare il primato - passatemi il termine - della politica.
Prevedere la deliberazione programmatica solo in un momento iniziale è un non senso. Bisogna prevedere dei momenti intermedi, dei passaggi attraverso i quali recuperare questo momento importante o, perlomeno riconoscere la necessità di un approfondimento, di un momento dialettico più corposo. In fondo, revisioni e varianti sono questioni di "lana caprina": spesso non si capisce se là revisione è più significativa di una variante o viceversa; a volte può essere un cavillo terminologico, ma occorre rifarsi al concreto, alla sostanza.
Pensare che ci possa essere una minoranza che attivi un momento di dibattito più generale, a mio parere, è stata un'idea e un'innovazione che recupera il significato della legge n. 56. Il dibattito non si ferma certamente nei Consigli comunali, più in generale, nell'esaltare il momento delle assemblee elettive, il momento della programmazione, il momento degli atti più importanti dei Consigli - ma questo può essere trasferito a livello regionale nonché a livello nazionale - si recuperano i momenti veri della vita politica e amministrativa.
Questo significa capire lo spirito della legge n. 142 e non stravolgere completamente il senso della legge n. 56, ovvero privilegiare maggiormente gli aspetti politico-programmatici che non gli aspetti di mera modifica tecnica e burocratica.



PRESIDENTE

La parola al Consigliere Chiezzi che illustra anche il seguente subemendamento: Sub 35 A) aggiungere all'inizio "a meno che"; sostituire da "può tuttavia.., alla fine" con "lo richieda".
CHIEZZI L'emendamento corrisponde ad un'esigenza che può essere condivisa nel momento in cui si decide che la deliberazione programmatica è l'evento più importante all'interno del processo di ridefinizione dell'assetto urbanistico del Comune.
La deliberazione programmatica è un momento da cui non si dovrebbe prescindere, un momento quasi obbligatorio da prendere in esame poich costituisce il cuore, il senso e la motivazione del futuro Piano regolatore. Personalmente ritengo, come ho detto in occasione del precedente emendamento, che la deliberazione programmatica sia l'atto più importante che compie il Comune.
Concordo con la norma che, partendo dal presupposto della natura specifica dell'atto in questione (la deliberazione programmatica alla quale assegno un'importanza eccezionale), preveda che se un terzo, un quinto o comunque una minoranza dei Consiglieri richieda la presentazione della deliberazione programmatica, questa debba essere predisposta ed approvata.
Ritengo sia, anche dal punto di vista legislativo, possibile e concetto. E' possibile e corretto nel senso che si assegna alla deliberazione programmatica un valore specifico di grandissima valenza (un po' come l'invio al Co.Re.Co.).
La legge 142 prevede un meccanismo di questo genere, ad esempio, per quanto riguarda la materia dei controlli. In effetti, la legge 142 prevede che se un terzo, o comunque una minoranza dei Consiglieri lo chiede, le deliberazioni vadano controllate dai Co.Re.Co. Perché? Perché si assegna alla materia dei controlli un valore di carattere eccezionale, talmente eccezionale che questo valore lo si ritiene raggiungibile e praticabile anche se una minoranza lo richiede. Il controllo è una forma preziosa di governo dell'Amministrazione comunale, quindi anche quando una minoranza lo chiede bisogna attivarlo a garanzia di tutti.
Se la deliberazione programmatica viene assunta con questa stessa eccezionalità, se è un momento imprescindibile, allora si giustifica una nonna che non può più essere letta, colleghi, come "la minoranza che mangia la maggioranza", perché quest'ultimo concetto vale per le questioni ordinarie, non per le questioni fondative. Questa è una questione fondativa: il Piano regolatore e anche le revisioni generali si fondano a partire dalla deliberazione programmatica.
Anch'io, collega Cucco, potrei limitare la portata di questo provvedimento alla revisione generale del Piano regolatore, se non si vuole giungere alle varianti. Il contenzioso non sarebbe su questo: i colleghi l'hanno introdotto su un articolo, ma non è questo il problema. Questo emendamento, invece, mi sembra importante perché presuppone la necessità di dare una valenza eccezionale alla deliberazione programmatica, cosa che condivido.
In particolare, Presidente, leggendo questo emendamento, mi sembra che possa essere però corretto. In che senso? L'emendamento, cosi com'è stato presentato, in realtà non consente di portare il Comune ad adottare una deliberazione programmatica purché lo richieda un terzo dei Consiglieri. Lo leggo: "Una minoranza qualificata del Consiglio comunale (almeno un terzo) può tuttavia richiedere che venga adottata una deliberazione programmatica"; questo testo infatti può essere interpretato nel senso che la minoranza di un terzo "può richiedere", quindi ad esempio presenta un ordine del giorno in cui chiede che venga adottata la deliberazione programmatica, il Consiglio comunale vota, la maggioranza respinge e tanti saluti. Anche un Consigliere da solo può presentare un ordine del giorno in cui chiede al Consiglio comunale di approvare la deliberazione programmatica, ma questo non è l'intendimento dei proponenti l'emendamento.
Ho pertanto presentato un emendamento che dice: "A meno che una minoranza qualificata del Consiglio comunale (almeno un terzo) lo richieda"; in questo modo ritengo che l'emendamento sia efficace, nel senso di portare i Consigli comunali in cui una minoranza lo richieda a predisporre la deliberazione programmatica: Chiedo ai colleghi che hanno predisposto l'emendamento se ho visto giusto e se questa correzione è da loro condivisa.



PRESIDENTE

La parola al Consigliere Zanoletti.
ZANOLETTI Penso anch'io che la deliberazione programmatica sia un atto estremamente importante e dunque fondamentale nel discorso urbanistico di un'Amministrazione. Questo, però, vale, è scritto ed è mantenuto per la formulazione dei Piani; qui, invece, parliamo di variante o di revisione al Piano regolatore.
Può essere legittimo il discorso della portata oggettiva di una revisione o di una variante; ma legare la necessità di fare la deliberazione programmatica a una volontà della minoranza e poggiare questo argomento sul fatto che la deliberazione programmatica è essenzialmente un atto di controllo, mi lascia stupito e dunque contrario. Contrario innanzitutto per la natura stessa della deliberazione, che è appunto di programmazione, di dichiarazione d'intenti e non di controllo: non riesco a immaginare come in un'Amministrazione si possa fare una variante, anche la più piccola, senza discutere o comunque senza scrivere tutta una serie di criteri con i quali questa viene proposta.
Direi quindi no a scrivere una norma in questo modo: sarebbe veramente lasciare alla volontà, ipoteticamente anche strumentale, di una minoranza l'imposizione, la necessità di fare una deliberazione programmatica, anche per una variante di minimissima portata: questo sarebbe, a mio parere, uno stravolgimento anche dei criteri normali di democrazia.
Credo, peraltro, che la norma, così com'è scritta, possa venire incontro all'esigenza di snellezza delle procedure, che è un'istanza, una volontà di fondo che ha portato il Gruppo DC a volere la revisione della legge.



PRESIDENTE

La parola al Consigliere Marchini.
MARCHINI Signor Presidente, colleghi, sicuramente lamia opinione non è preconcetta. Al contrario di quanto è stato detto dal mio cortese predecessore, io ritengo che la snellezza sia una cosa interessante, ma che altrettanto lo sia la classe. Per questo penso che i documenti urbanistici di un qualche impegno devono avere a monte una riflessione politica da parte dell'Ente che li avvia. Secondo me è una preoccupazione che dobbiamo mantenere; come la svilupperemo in futuro è tutto un altro discorso.
Il Piano regolatore non mi pare riconducibile a un disegno, ma all'espressione, alla conseguenza di un progetto politico che il Comune deve avere; la deliberazione si riduceva poi a questo, cioè a dare una giustificazione e a rendere comprensibile ai terzi il documento Piano regolatore.
La mia obiezione rispetto all'emendamento proposto non è sicuramente viziata da un pregiudizio politico. Si possono fare cose giuste e cose sbagliate, ma non bisogna fare pasticci. Qui si va sicuramente a fare un pasticcio; in primo luogo, perché interferiamo nell'autonomia comunale e in secondo luogo, perché diamo di questo emendamento una lettura diversa.
Richiedere che venga adottata una deliberazione programmatica vuol dire semplicemente lasciare a tutti i Comuni la funzione che c'è già, per cui non so bene quale numero di Consiglieri possa presentare un documento politico con cui chiede al Consiglio comunale di orientarsi in un senso o nell'altro.
Se si tratta di chiedere ai colleghi Consiglieri, mi pare non ci sia bisogno di alcuna norma regionale per immaginare che un gruppo di Consiglieri possa presentare un documento, una mozione in Consiglio comunale con cui si chiede al Comune di impegnare la Giunta a predisporre la deliberazione programmatica. Se, invece, si ritiene che una minoranza possa costringere una maggioranza ad adottare un documento politico che la maggioranza stessa non ritiene di dover adottare, mi sembra che si faccia solo e veramente un pasticcio.
A me non pare sia il caso - visto che, anche se impropriamente, si tende a dare della nostra legge questa lettura - di ridurre la deliberazione programmatica a un bisticcio fra numero di Consiglieri.
Quando in un Comune esiste una volontà politica fondata, e quindi maggioritaria, questa farà la deliberazione programmatica; diverso è il discorso quando questa volontà politica fondata non esiste.
Altra cosa è il controllo: il controllo è la difesa di un diritto che prescinde dalle maggioranze. Il controllo non è qualcosa di cui rispondere in termini di maggioranza o di minoranza: del controllo si risponde in termini di legittimità, per cui anche un singolo Consigliere può ottenere il diritto che sia avviato un processo che garantisca la legittimità degli atti. Questo è un problema di responsabilità politica, il quale evidentemente, non può che essere rimesso alla maggioranza e alla Giunta espressione della maggioranza stessa, o viceversa. In caso contrario, mi sembrerebbe veramente un pasticcio.
Ho offerto il mio contributo a prescindere da una valutazione politica che invece rimane, e cioè che, quando avremo superato questa strettoia rappresentante dell'esaurimento dell'esperienza della legge Astengo e la sua andata a regime per quella attuale, cioè questa legge, e dei meccanismi per portare i Comuni o, se non i Comuni, le aree significative (saranno le Aree programma, saranno le Province, sarà l'Area metropolitana) - dovremo sicuramente, nella politica di programmazione territoriale, reintrodurre e obbligare i Comuni ad una riflessione in grado di ricondurre l'urbanistica a elemento centrale o comunque di riferimento puntuale di risultato di un'operazione di governo a scala più vasta, che non sia quella meramente della distribuzione di volumi, pesi e servizi sul territorio.



PRESIDENTE

La parola al Consigliere Bresso.
BRESSO Premesso che accettiamo il subemendamento proposto dal Consigliere Chiezzi, il quale chiarisce il nostro intento di consentire a una minoranza qualificata di richiedere la redazione di una deliberazione programmatica e premesso anche che saremmo del tutto disponibili a riservare questa facoltà solo alle varianti di carattere generale (le varianti generali dello strumento urbanistico), la ragione per cui l'abbiamo proposto in questi termini è che non è più possibile fare la distinzione, a meno di non fare una serie complicatissima di emendamenti a tutto il testo.
Quello che intendiamo assicurare è il diritto di una minoranza a chiedere che, di fronte a una variante generale del Piano regolatore che in sé potrà continuare ad esistere anche se non viene definita dalla legge venga precedentemente redatta e presentata una deliberazione programmatica in grado di consentire al Consiglio comunale di discuterne.
Nessuno intende espropriare la maggioranza di niente. E' evidente che la maggioranza, poiché non è vietato fare la deliberazione programmatica per la variante al Piano regolatore, può, in qualunque momento, decidere di farla; il punto è che, se decide di non farla, non esiste un momento preventivo in cui il Consiglio può discutere degli intenti generali che stanno dietro alla revisione e che quindi orienteranno la redazione.
Una volta redatta una variante generale al Piano regolatore, diventa estremamente difficile entrare nel merito delle linee ispiratrici di questa modifica. Per questo noi riteniamo giusto che una minoranza qualificata del Consiglio comunale, quindi una minoranza che non sia un Consigliere che si sveglia all'improvviso, ma una minoranza ben definita (oramai neanche noi abbiamo nella maggior parte dei Consigli comunali i numeri per farlo da soli), chieda alla maggioranza non di far redigere il Piano regolatore come vuole, ma di presentarsi preventivamente in Consiglio comunale con una deliberazione programmatica che decida e illustri gli orientamenti sulla cui base verrà redatta la variante del Piano regolatore. E' evidente che se la maggioranza ha deciso di non farla, questo può interessare solo la minoranza, perché la maggioranza può decidere di farla in qualunque momento senza bisogno di essere garantita. Quindi, o si attribuisce la garanzia alla minoranza o non la si attribuisce. E' però molto grave il modo congiunto con cui, attraverso la legge n. 142 - una legge con molti aspetti positivi ma anche con molti aspetti negativi in particolare per quanto riguarda i Consigli comunali (noi, invece, abbiamo il vantaggio che il potere legislativo non può comunque essere avocato alla Giunta) - a fronte di un accentramento dei poteri negli esecutivi, vengono rafforzati, nel contesto della legge, i poteri di controllo dei Consigli comunali; dentro questa logica sta la nostra proposta, che peraltro verrà ripresentata anche in altre situazioni.
Secondo noi è molto grave non solo che venga sottovalutata questa questione, ma anche che venga negato il fatto che nei Consigli comunali a poco a poco, attraverso un disposto congiunto delle diverse norme, si espropriano le opposizioni del diritto di portare a discutere sulle cose rilevanti tutto il Consiglio, cioè del diritto di non dover accettare le decisioni già "precotte" da parte della maggioranza. E evidente che la variante viene comunque discussa, ma solo più nella sua stesura definitiva e non nella sua impostazione preliminare, che è l'obiettivo per cui noi chiediamo la garanzia.
Bisogna pensare bene attorno a questa questione, perché naturalmente le maggioranze non sono sempre le stesse né saranno destinate ad esserlo occorre fare attenzione nel ritenere oggi che si possono espropriare le opposizioni di tutti i propri diritti, perché poi può capitare anche ad altri di essere all'opposizione.
Riflettete, quindi, perché non è affatto una procedura supremamente garantista; chiede solo che sulla variante generale l'opposizione possa almeno esprimersi. Se vogliamo, è una variante di rilevante entità; di entità rilevanti o meno ce ne sono moltissime in questa legge per cui - lo possiamo anche dire - sarebbe accettabile.
Si può anche chiamare variante generale, anche se non è definita in maniera chiara nel contesto della legge, ma resta un'interpretazione sempre possibile.
D'ora in poi non avremo più occasione di discutere, in quasi nessun Comune, di PRG del tutto nuovi, perché molto spesso si adotterà una variante anziché fare un nuovo PRG, per il quale sovente non ci saranno le condizioni. Questo vuol dire che l'opposizione non verrà mai messa in condizione di discutere preliminarmente gli orientamenti generali con cui la variante viene fatta, anche quando questa è rilevante. Non è una cosa così piccola e riguarda tutti coloro che potranno trovarsi all'opposizione.



PRESIDENTE

La parola all'Assessore Carletto.
CARLETTO, Assessore all'urbanistica Il dibattito è già stato molto ampio e intenso, quindi m'impegnerò in pochi minuti a rispondere. Credo valga la pena di farlo anche se in Commissione abbiamo già lungamente discusso di questa cosa, e credo siano emerse le posizioni precise e chiare della Giunta.
Vorrei ricordare ai colleghi, che hanno molto enfatizzato sul problema della delibera programmatica, che sui PRG questa rimane, e quindi non viene tolta.
Il problema attiene alla questione delle varianti, che la legge n. 56 divide in due categorie: varianti sostanziali e varianti non sostanziali.
E' una divisione che nella gestione si è rivelata assolutamente difficile e che la Regione ha lasciato non in quest'anno, ma nella sua storia, alla definizione e alla scelta in capo al Comune. Quindi, il Comune decideva se era una variante sostanziale o meno e la Regione alla fine valutava se accettare o meno le scelte del Comune: in caso di non accettazione della definizione, si rimandava indietro costringendo a rifare tutto l'iter.
Parlo di Comuni i cui sindaci erano di vari colori politici.
La Regione in passato non ha mai contestato la tipologia di variante così come era stata proposta e invito i Gruppi a chiedere conferma di questo ai sindaci. La Regione si è trovata sempre nella situazione di dover accettare ciò che il Comune proponeva e i Comuni hanno quasi sempre scelto di proporre varianti non sostanziali.
Questa è la prima questione sulla quale dobbiamo fare chiarezza, per eliminare la situazione di indeterminatezza in cui si trova la Regione, che deve subire le scelte comunali di eliminare la distinzione tra varianti sostanziali e non sostanziali, chiamandole semplicemente varianti.
Inoltre dispone di un altro strumento, cioè, ha la possibilità di proporre, in 5 varianti successive non sostanziali, una variante che nel corso dei tre anni diventa sostanziale. I Comuni fanno questo per snellire le procedure, perché oggi la legge n. 56 prevede un diverso iter burocratico della variante sostanziale rispetto a quella non sostanziale.
Questa è la realtà con la quale ci dobbiamo confrontare, che non è la realtà della teoria, ma della pratica. Abbiamo scelto di togliere questa confusione e di dire che c'è un unico tipo di variante, che si chiama variante allo strumento urbanistico, variante al PRG. Si tratta di un unico tipo di varianti ai PRG, senza più distinzione tra sostanziali e non sostanziali.
Su queste, abbiamo deciso di eliminare l'obbligatorietà della delibera programmatica, dicendo che se i Comuni desiderano farla, la possono fare ma non eliminando quel fatto importante, che qualcuno ha richiamato, che è la programmazione comunale.
Dobbiamo ricordare che non è solo la delibera programmatica a determinare le scelte a monte dello strumento urbanistico; tra gli elaborati previsti per la redazione di una variante, esistono anche dei documenti che rispecchiano gli obiettivi e i criteri, le analisi demografiche e socioeconomiche, le retrospettive ventennali con indicazioni delle ipotesi di sviluppo, nonché i dati quantitativi relativi alle previsioni di recupero del patrimonio. Quindi, i documenti che costituiscono una variante non sono solo di tipo cartografico e territoriale, ma anche di tipo programmatorio-previsionale rispetto allo sviluppo del Comune.
Facciamo attenzione nell'affermare che eliminare la delibera programmatica significa togliere al Consiglio comunale le occasioni di dibattere sulle scelte che il Comune sta compiendo nel momento in cui approva la variante, perché non è così.
Invito i colleghi a consultare le delibere programmatiche proposte al Consiglio regionale, perché i discorsi del Consigliere Chiezzi, del Consigliere Bresso e di altri colleghi attengono a Comuni con alta densità di popolazione. Invito davvero a verificare le delibere programmatiche dei tanti piccoli Comuni della nostra Regione; nulla aggiungono al significato e al peso dei documenti richiamati e contenuti nella variante al PRG, ma costituiscono il cuore delle scelte che il Comune sta facendo nel momento in cui approva una variante.
Mi sento di dire che, dal punto di vista della programmazione, con questa scelta, mettiamo un po' di chiarezza ed evitiamo di mettere i Comuni nella condizione di scegliere una scorciatoia; nel contempo, non impediamo che, all'interno delle scelte, ci siano indicazioni programmatiche, perch i documenti previsti le contengono.
Concludo con la questione della minoranza qualificata che può proporre la delibera programmatica in Consiglio comunale; credo che questa sia una facoltà che debba essere lasciata al Consiglio comunale. Ritengo che quest'ultimo, nella sua autonomia e assumendosi la responsabilità istituzionale e politica, possa decidere su proposta anche di un singolo Consigliere di fare la delibera programmatica; la possibilità di farla è prevista, su questo non si può obiettare.
Lascerei agli statuti comunali la facoltà di prevedere il tipo di maggioranza o minoranza qualificata necessaria a proporre, per questo e per altri argomenti, le scelte che si potranno determinare all'interno del Consiglio comunale. Un terzo può valere per un Comune, ma non per un altro per oggettive ragioni di dimensioni territoriali.
Non è opportuno che questa materia sia regolamentata da una legge regionale, e quindi la rimanderei alle scelte degli statuti dei singoli Comuni. Con questo non accogliamo l'emendamento.



PRESIDENTE

Prima di passare alla votazione, desidero comunicare che al termine della seduta, e invito i Capigruppo presenti a partecipare, verrà consegnata una medaglia al dott. Borsi, che lascia il suo incarico alla RAI, almeno per quanto riguarda la zona del Piemonte.
Il Consigliere Rivalta ha chiesto la parola per dichiarazione di voto ne ha facoltà.
RIVALTA Faccio la dichiarazione di voto per una ragione anche formale, nel senso che intendo ribadire la mia convinzione sulla sostanza di questo emendamento. Non mi convincono le argomentazioni portate dai rappresentanti della maggioranza, né i toni, persino intimidatori (me lo passi Squillario) con cui oggi il collega Squillario, per due volte, ha aggredito gli argomenti che ho portato alla maggioranza, chiedendo correttamente di prenderli in considerazione.
SQUILLARIO Non ho gradito gli argomenti, non le persone.
RIVALTA L'argomento portato dal collega Squillario - lo dico non per polemica verso il Consigliere Squillarlo, ma per affermare le ragioni di questo nostro emendamento - è quello della strana concezione che noi abbiamo della democrazia. Su questo sono pronto a discutere quanto vuoi, in un altro momento; adesso sarò molto sintetico: credo che la democrazia abbia il suo significato pieno nella misura in cui le maggioranze, con il loro potere tutelano le minoranze e consentono a queste ultime di chiedere, la discussione, dando loro la possibilità di discutere su formulazioni argomentate, motivate e formalmente presentate per la discussione.
Questo è il mio concetto di democrazia; la maggioranza si tutela da s e deve, nello stesso tempo, cercare di non diventare arrogante verso le minoranze, perché quando le maggioranze si sentono troppo sicure rischiano davvero di tradurre la democrazia in un regime di potere della maggioranza.
Per altri versi, c'è una bella differenza - e lo dico al Consigliere Marchini, che però non è in aula, o al Consigliere Zanoletti - tra una delibera che il Comune certamente deve fare per avviare una variante (variante che peraltro può essere di carattere generale) ed una delibera di incarico.
Consentimi, Assessore Carletto: il regime della politica urbanistica regionale sarà di varianti. Tu facevi distinzione tra Piano regolatore generale e varianti, ma quando hai 1.050-1.100 Comuni con un Piano regolatore approvato ai sensi della legge n. 56 è chiaro che la stragrande essenza della politica urbanistica futura sarà di varianti; è questo il capitolo che sarà importante di qui in avanti, quindi cominciamo a chiarire questo punto di partenza.
Tornando al discorso di prima, ben diverso è il significato della delibera di incarico per avviare uno strumento urbanistico, che io dico sarà quasi essenzialmente della variante. La delibera di incarico ha, nella sua preparazione, qualche argomentazione; la deliberazione programmatica era stata introdotta proprio per evitare che ci si limitasse a qualche argomentazione e per dare, invece, dignità formale (appunto quella della deliberazione programmatica e non solo della premessa ad una delibera di incarico) alla formulazione degli obiettivi politici, delle ragioni per cui una maggioranza intende promuovere una variante.
Se così non si fa, cari amici, se non si assume questo significato formale, saremo prossimamente di fronte ad un regime di varianti anche spicciole, frequenti nei Consigli comunali che, al limite, tenderanno ad adeguare i Piani regolatori alle singole richieste di concessioni edilizie perché il processo sarà di questa natura.
Sotto questo profilo mi sembra più che motivata la richiesta che vengano mantenute le delibere programmatiche e che venga consentito ad una minoranza - io dico qualificata, nel senso che non sia soltanto un Consigliere o due a chiederla - di imporla alle maggioranze.
E la richiesta di una discussione, cari colleghi, non è l'imposizione del merito e dei contenuti: non travisiamo le questioni, l'imposizione del merito non è una questione posta con questo emendamento, è l'imposizione di una discussione formalmente presentata e motivata. Mi sembra che sia una cosa del tutto ragionevole. D'altra parte, il riferimento ad "un terzo" ci viene dalla legge 142: in questa legge mi sembra ci sia un precedente che consente di dire che una minoranza può far valere dei propri diritti: là è di sottoporre un controllo, qui è di sottoporre una discussione un'intenzione di variante.
Respingo quindi queste interpretazioni che, in qualche misura, vogliono creare delle distorsioni per annullare le nostre argomentazioni; faccio riferimento, Squillario, alle tue affermazioni di questa mattina sull'autonomia comunale. E' autonomia comunale quella, ad esempio, del Comune di Torino? Certe decisioni del Comune di Torino che ineriscono ad un ampio territorio, di decine e forse di centinaia di Comuni, non sono più frutto di autonomia comunale, ma mi sembrano piuttosto sopraffazione. Se tu parli nell'area torinese con gli amministratori comunali del Circondario tutti ti diranno, nessuno escluso, di qualsiasi partito esso sia, che loro hanno sempre subito fino ad oggi la sopraffazione del Comune di Torino.
Allora, il problema dell'autonomia è un problema di rispetto dei più piccoli, di rispetto delle entità meno forti. Sotto questo profilo colleghi Consiglieri, esprimo il mio voto come risottolineatura del fatto che questa maggioranza presenta una preclusione a capire le questioni da noi poste in questo dibattito.
Non accolgo, inoltre, i ragionamenti del Consigliere Marchini per il fatto che, anche quando partono (entrando nel merito ed approfondendole) dalle nostre argomentazioni - è tutto il dibattito che il Consigliere Marchini fa questa operazione - persino valorizzando le ragioni di merito dei nostri emendamenti, poi, in maniera molto strumentale ed istrionesca il collega chiude il discorso dicendo che "però non è così che si fa altrimenti confondiamo". Ma confondiamo che cosa? Se le ragioni di merito sono così valide, come dicono le argomentazioni del Consigliere Marchini nella prima parte dei suoi ripetuti interventi sui nostri emendamenti, dimostrandosi in questo senso davvero un bravo analista delle intenzioni e dei ragionamenti, per quale ragione si creano delle confusioni? Non credo di creare delle confusioni.
Raccomando al colleghi di stare attenti, perché la forza delle maggioranze è grande quando rispetta le minoranze e dico che il momento di forza della maggioranza di cui ho fatto parte è stato quello in cui eravamo 30 contro 30 e poi 31 contro 29 (contro nel senso della divisione di maggioranza e minoranza) e la nostra debolezza è emersa quando il rapporto di forza è cresciuto e qualcuno di quella maggioranza ha creduto che non tornasse mai indietro. Quello è stato l'elemento di debolezza che ha annullato lo spirito critico, la capacità di percepire, anche attraverso le minoranze, le esigenze che la realtà esprime: ci si è tolti delle antenne nel momento in cui, in qualche misura, si è ritenuto che le minoranze non contassero.



PORCELLANA FRANCESCO



PRESIDENTE

La parola al Consigliere Chiezzi per dichiarazione di voto.
CHIEZZI Signor Presidente, colleghe e colleghi Consiglieri, l'Assessore Carletto ha risostenuto la necessità di sottrarre alla legge il compito di classificare le varianti a seconda della loro entità. Ha giustificato questo dicendo che la legge Astengo prevedeva una classificazione di fatto di difficile gestione e che la Regione in pratica assumeva la decisione dei Consigli comunali senza discuterla nella prassi. Prassi che forse non è nemmeno criticabile, quella della Regione, per i motivi che spiegava l'Assessore (il Comune avrebbe dovuto ricominciare tutto daccapo).
Ma questo a mio parere non era certo di poco valore, perché è ben vero che la Regione non interveniva ritenendo il tutto macchinoso e anche difficile, però una norma di quel genere trasferiva nei Consigli comunali l'obbligo di giustificare o meno la sostanzialità di una variante obbligava maggioranze e minoranze a confrontarsi su una scelta della maggioranza e quindi era una scelta che non in sede regionale, ma in sede comunale suscitava un dibattito e un confronto. La legge è difficile da interpretare, ma in ogni Comune un sindaco si doveva presentare in Consiglio per convincere lo stesso, con argomenti validi, delle proposte programmatiche.
Capisco l'impaccio per la Regione di sostenere un dibattito con il Comune: cito ad esempio la variante 31 ter che era sostanziale, però una variante come quella ha suscitato un dibattito nel Comune di Torino, ha costretto a trovare argomenti. Continuo a ritenere assolutamente necessario un ruolo della Regione che valuta se le scelte del Comune sono collocate correttamente rispetto al Piano regolatore.
Sul secondo aspetto, quello che riguarda invece l'emendamento sulla deliberazione programmatica, l'Assessore Carletto ha affermato: lo dicano i Comuni negli Statuti. A parte il fatto che gli Statuti sono già stati predisposti, ma supponendo che debbano ancora essere approvati questo non mi pare un argomento proprio di uno Statuto, bensì di una legge. Ho riletto l'art. 4 della legge 142 secondo il quale lo Statuto non può giungere a definire, all'interno di un atto urbanistico, quali procedure vengono determinate dalla maggioranza e dalle minoranze.
CARLETTO, Assessore all'urbanistica Il livello di garanzia per le minoranze è previsto negli Statuti.
CHIEZZI La legge n. 142 prevede che le minoranze, nella misura di un terzo dei Consiglieri, abbiano il diritto a richiedere il controllo del Co.Re.Co. La legge 142 dice anche che lo Statuto "determina le attribuzioni degli organi; l'ordinamento degli uffici e dei servizi pubblici; le forme della collaborazione tra Comuni e Province; le forme della partecipazione popolare; le forme dei decentramento; le forme dell'accesso dei cittadini all'informazione e ai procedimenti". Quindi non è materia di Statuto.
L'emendamento che abbiamo proposto è assolutamente legittimo ed è legittimo che una legge preveda che una minoranza può richiedere ed ottenere la redazione della deliberazione programmatica. Così come la legge n. 142 impone la redazione di un atto che consiste nell'invio di una delibera al Commissario di Governo, con questo, nostro emendamento si impone una procedura che è attivabile se almeno un terzo, un quinto o quel che si vuole, lo richiede. E' del tutto legittimo questo perché non si parla di contenuti, bensì di procedure che si ritiene necessario avviare.
Anch'io sono rammaricato che la maggioranza sia sorda a questo emendamento che vedeva anche una larga adesione all'interno del Consiglio.
E senz'altro un'occasione persa, e non aggiungo tutte le considerazioni preoccupate sulle forme che la nostra democrazia all'interno delle istituzioni sta assumendo, forme molto ristrette all'area di maggioranza e poco sensibili alla forza che ai governi può derivare da un rapporto dialettico aperto con le minoranze consiliari.



PRESIDENZA DEL PRESIDENTE SPAGNUOLO



PRESIDENTE

Pongo in votazione il subemendamento n. 35 A) testé discusso.
Chi è favorevole è pregato di alzare la mano.
Il subemendamento n. 35 A) è respinto con 15 voti favorevoli, 23 voti contrari e 1 astensione.
Sub 35 B) Subemendamento presentato dal Consigliere Zacchera: aggiungere: "il numero dei Consiglieri richiedenti è ridotto a 115 nei Comuni a 5000 abitanti".
La parola all'Assessore Carletto.
CARLETTO, Assessore all'urbanistica Il Consigliere Zacchera puntualizza sui Comuni sotto i 5.000 abitanti quindi riprende lo stesso spirito dell'emendamento poc'anzi respinto.



PRESIDENTE

Lo pongo pertanto in votazione per alzata di mano.
Il subemendamento n. 35 B) è respinto con 13 voti favorevoli e 23 contrari.
Pongo ora in votazione l'emendamento n. 35).
Chi è favorevole è pregato di alzare la mano.
L'emendamento è respinto con 13 voti favorevoli e 23 contrari.


Argomento:

Nomine


PRESIDENTE

Passiamo ora al punto 10) dell'o.d.g.: "Nomine". Devo leggere al Consiglio una dichiarazione relativa alle nomine: "Vista la deliberazione n.247 CR 12026, Consorzio IACP - Collegio Sindacale, assunta in data 31 /7/91, stante la dichiarata non rispondenza ai requisiti richiesti dalle qualità presentate dal nominato sig. Francesco Caterina, iscrizione all'Albo dei Revisori dei Conti, e data la tuttora non avvenuta trasmissione dell'atto al Commissario di Gommo, si propone atto di ritiro della stessa deliberazione".
Ha chiesto la parola il Consigliere Zacchera. Ne ha facoltà.
ZACCHERA Voglio fare una dichiarazione di carattere politico. Mi spiace che i colleghi della Lega Nord non siano presenti, ma anche nelle votazioni di questa sera abbiamo candidati proposti dalla Lega Nord.
Mi risulta - e ho anche chiesto conferma - che non è giunta n all'Ufficio di Presidenza né al Presidente alcuna comunicazione di dimissione o di revoca di candidati eletti recentemente, proposti dalla Lega Nord, anche a posti di prestigio.
E' una dichiarazione di carattere politico il notare che in Piemonte nonostante reiterate dichiarazioni pubbliche, non è giunta alcuna dichiarazione da parte della Lega Nord, o di candidati da questa nominati e fatti eleggere, di dimissione dai ruoli in cui sono stati eletti. Mi sembra questa una palese dimostrazione di difformità da alcune notizie di stampa che stanno circolando in questi giorni.



PRESIDENTE

La Presidenza del Consiglio e la Commissione Nomine non hanno ricevuto alcuna comunicazione.
Si distribuiscano le schede per le seguenti nomine.


Argomento: Nomine

- Commissione regionale per le pari opportunità fra Uomo e Donna (art. 3 LR n. 46/86). Nomina di 15 membri.


PRESIDENTE

E' stato svolto lo scrutinio delle schede. Proclamo elette le signore Maria Pia Brunato, Marta Concina, Matelda Lupori Camera, Giovanna Gado Agnese Grosso, Mariaersilia Ricatti Lisi, Luciana Meinardi, Ornella Allocco, Enza Mellano, Maria Rovero, Laura Scagliotti, Maritè Calloni Enrica Belli, Stefanella Campana, Marzia Saini. Queste ultime cinque nominate ai sensi e per gli effetti dell'art. 72 del Regolamento.


Argomento: Nomine

- Comitato Paritetico Regionale per i Beni culturali (art. 35, DPR 3 dicembre 1975, n. 805). Sostituzione della signora Bonante Maria dimissionaria.


PRESIDENTE

E' stato svolto lo scrutinio delle schede. Proclamo eletta la signora Gemma Cambursano.


Argomento: Nomine

- Expo 2000 S.p.A. Consiglio di Amministrazione (art. 3, LR n. 7/91). Nomina di 4 rappresentanti.


PRESIDENTE

E' stato svolto lo scrutinio delle schede. Proclamo elette le signore Nicoletta Casiraghi e Anna Maria Vietti ed i signori Sergio Enrietto e Luigi Mazza. Quest'ultimo designato ai sensi dell'ultimo comma dell'art. 8 della LR n. 10/85 e dell'art. 72 del Regolamento.
Pongo ora in votazione l'immediata esecutività della deliberazione, ai sensi dell'art. 49 della legge 10/2/1953 n. 62.
Chi è favorevole è pregato di alzare la mano.
E' approvata all'unanimità dei 42 Consiglieri presenti.


Argomento: Nomine

- Expo 2000 S.p.A. Collegio Sindacale (art. 3, LR n. 7/ 91). Nomina di 1 Sindaco con funzioni di Presidente.


PRESIDENTE

E' stato svolto lo scrutinio delle schede. Proclamo eletto il signor Riccardo Sartoris.
Pongo ora in votazione l'immediata esecutività della deliberazione, ai sensi dell'art. 49 della legge 10/2/1953, n. 62.
Chi è favorevole è pregato di alzare la mano.
E' approvata all'unanimità dei 42 Consiglieri presenti.


Argomento: Nomine

- ECBIC Piemonte S.p.A. Consiglio di Amministrazione (art. 4, LR n. 22/91). Nomina di 2 rappresentanti.


PRESIDENTE

E' stato svolto lo scrutinio delle schede. Proclamo eletti i signori Giovanni Piazzale e Vincenzo Lalli. Quest'ultimo designato ai sensi dell'ultimo comma dell'art. 8 della LR n. 10/85 e dell'art. 72 del Regolamento.
Pongo ora in votazione l'immediata esecutività della deliberazione, ai sensi dell'art. 49 della legge 10/2/1953, n. 62.
Chi è favorevole è pregato, di alzare la mano.
E' approvata all'unanimità dei 42 Consiglieri presenti.


Argomento: Nomine

- Consorzio IACP. Collegio sindacale (art. 10 del relativo Statuto). Nomina di 1 Sindaco effettivo e di 2 Sindaci supplenti.


PRESIDENTE

E' stato svolto lo scrutinio delle schede. Proclamo eletti i signori Aniello De Simone (Sindaco effettivo), Donato Palermo (Sindaco supplente) e Paolo Bruno (Sindaco supplente).


Argomento: Nomine

- ITACA S.p.A. Consiglio di Amministrazione (art. 4, LR n. 12/91). Nomina di 2 rappresentanti regionali


PRESIDENTE

E' stato svolto lo scrutinio delle schede. Proclamo eletti i signori Giulio Rattazzi e Arrigo Polinetti.


Argomento: Nomine

- ITACA S.p.A. Consiglio di Amministrazione (artt. 1 e 4, LR n. 12/91). Nomina di 2 rappresentanti designati dai Comini partecipanti alla società.


PRESIDENTE

E stato svolto lo scrutinio delle schede. Proclamo eletti i signori Carlo Iraghi e Giacomo Ramoni.


Argomento: Nomine

- Consiglio di Aiuto Sociale del Tribunale di Torino (art. 74, legge n. 354 del 26 luglio 1975). Nomina di 1 rappresentante regionale.


PRESIDENTE

E' stato svolto lo scrutinio delle schede. Proclamo eletta la signora Renata Aquilano Bertocco. Comunico che domani e mercoledì mattina ci sarà la presenza del Presidente della Repubblica Cossiga; poiché il Presidente della Giunta ed io siamo tenuti ad essere presenti, insieme ad una serie di Consiglieri Capigruppo, alle varie riunioni ed incontri che si terranno, la riunione dei Capigruppo è prevista per giovedì alle ore 14,30.


Argomento:

Interrogazioni, interpellanze, mozioni e ordini del giorno (annunzio)


PRESIDENTE

Le interrogazioni, interpellanze, mozioni e ordini del giorno pervenute all'Ufficio di Presidenza del Consiglio regionale verranno allegate al processo verbale dell'adunanza in corso.
La seduta è tolta.



(La seduta termina alle ore 19.00)



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