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Dettaglio seduta n.169 del 24/09/97 - Legislatura n. VI - Sedute dal 23 aprile 1995 al 15 aprile 2000

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Argomento:


PRESIDENZA DEL PRESIDENTE PICCHIONI


Argomento:

Comunicazioni del Presidente del Consiglio regionale


PRESIDENTE

La seduta è aperta.
In merito al punto 4) all'o.d.g.: "Comunicazioni del Presidente del Consiglio regionale", comunico:


Argomento:

Comunicazioni del Presidente del Consiglio regionale

Argomento:

a) Congedi


PRESIDENTE

Hanno chiesto congedo i Consiglieri Bellingeri, Cavallera, Chiezzi Farassino, Gallarini, Galli, Ghigo, Rossi e Suino.


Argomento: Consulte, commissioni, comitati ed altri organi collegiali

b) Stati Generali


PRESIDENTE

Comunico inoltre a tutti i Consiglieri che venerdì e sabato prossimi sono stati indetti gli Stati Generali della Provincia di Torino ad Ivrea.
Coloro che volessero parteciparvi devono dare la loro adesione alla Segreteria del Consiglio o presso la Segreteria degli Stati Generali.


Argomento: Programmazione e organizzazione sanitaria e ospedaliera

Esame progetto di legge n. 238: "Norme per la programmazione sanitaria e Piano Sanitario Regionale per il triennio 1997/98"


PRESIDENTE

Passiamo quindi all'esame del progetto di legge n. 238 di cui al punto 5) dell'o.d.g.
Tale provvedimento è stato licenziato dalla Commissione competente con il seguente esito: favorevoli: Forza Italia, Alleanza Nazionale, CDU e CCD non hanno partecipato al voto: PDS, Lega Nord, Rifondazione Comunista e Patto dei Democratici.
Relatrice è la Consigliere Minervini che ha pertanto la parola.



MINERVINI Marta, relatrice

La linea di scelta politica emergente del Piano riafferma la scelta di garantire un servizio sanitario a carattere globale che eroga prestazioni indipendenti dalle condizioni sociali, finanziandosi con le risorse derivanti dalla contribuzione e dalla leva fiscale. Tale scelta, che è in linea con gli indirizzi della legge 833/78, privilegia un sistema che non è strettamente connesso ai sistemi mutualistici o assicurativi. Esperienze fatte all'estero (Francia, Germania per il primo tipo di assistenza; Stati Uniti per il secondo) mostrano le carenze che evidenziano in termini di efficienza e soprattutto di efficacia questi sistemi rispetto al sistema globale di assistenza.
Questa premessa non esclude però che si debba evidenziare la necessità di dare propulsione ad un piano di trasformazione del servizio sanitario che, sulla base anche delle nuove normative nazionali, diventa improrogabile. Cambiando il quadro generale di riferimento costituito dal Servizio sanitario nazionale, cambia il modello di programmazione sanitaria regionale. Si deve affrontare il problema della armonizzazione delle esigenze economistiche con la garanzia, assolutamente innegabile, di assicurare idonei livelli assistenziali ai cittadini. Si deve tener conto della nuova definizione delle competenze rispetto al principio di aziendalizzazione delle USL e di alcuni ospedali, del sistema di finanziamento per quote capitarie, del diritto di libera scelta del cittadino, della sostanziale equiparazione delle strutture private a quelle pubbliche nel sistema di accreditamento, della netta separazione, nelle Aziende sanitarie, tra le funzioni di tutela e di produzione-erogazione delle prestazioni pagate a tariffe predeterminate.
Il cambio parallelo che in seguito al profilarsi di questo nuovo scenario deve avere il servizio sanitario piemontese non poteva per altro essere un semplice adeguamento, ma è stato un lavoro di armonizzazione che ha previsto interventi che tengono conto delle specificità delle singole realtà locali.
In quest'ottica va in primis ricordato quanto emerso dalle consultazioni, che se pure caratterizzate dalla scarsa affluenza, hanno permesso di fare una particolare attenzione sul ruolo dei distretti e alla necessità di attribuire loro una posizione prioritaria nella futura programmazione dei direttori generali. Identica attenzione è stata posta in ordine all'emersa necessità di avere un'efficiente articolazione sul territorio delle specialità più specifiche, in relazione alle funzioni e ai servizi di quelli che nel Piano sono definiti "Ospedali di rete". La revisione della rete ospedaliera, resa obbligatoria dalla normativa statale, avviene contestualmente al potenziamento dei servizi territoriali e risponde al criterio di garantire un numero minimo di funzioni specialistiche, articolate negli ospedali di rete ed attivate attraverso la previsione di un numero di posti letto per degenze ordinarie.
Questa determinazione evita i rischi di "vuoto assistenziale" dovuti alla razionalizzazione dei posti letto senza un parallelo sviluppo di quei servizi che garantiscono il trattamento post-acuto delle patologie.
L'attuazione delle disposizioni legate alla revisione della rete ospedaliera avviene attraverso le intese di programma che, tramite il piano di attività aziendale, si raccordano annualmente alla programmazione regionale.
Si è voluto che la programmazione garantisse centri di riferimento per livelli d'intervento sul territorio. Ed è nel senso più proprio di programmazione delle strategie generali che si è inteso costruire l'impianto del Piano, che si configura come il primo intervento legislativo nella nuova realtà del sistema sanitario.
Il Piano è quindi individuazione degli obiettivi e presupposto della loro gestione. Inizia un graduale processo di delegificazione che consiste nel definire nel Piano soltanto le strategie generali e gli obiettivi. Si affida ad atti amministrativi successivi la fase operativa della programmazione all'interno di ogni singola Azienda sanitaria, che diviene l'insieme stesso degli obiettivi dei direttori generali. In questa linea sono previsti nel Piano intese di programma, protocolli d'intesa (Università-Regione), piani di attività, relazioni aziendali e annualmente la relazione sullo stato di attuazione del Piano.
Questa scelta rispetta la nuova definizione dei ruoli che vede la Regione come detentrice del potere di programmazione, controllo sulla qualità dei servizi e sulla gestione degli stessi e lascia alle Aziende sanitarie la gestione organizzativa, patrimoniale, contabile ed economico finanziaria, attribuite loro dai Decreti legislativi 502/92, 517/93 e loro successive modifiche ed integrazioni.
L'impianto logico della formulazione del piano ha quindi avuto un processo di sviluppo che può schematizzarsi: nella individuazione delle aree d'intervento mutuandole sia dalle previsioni del Piano sanitario nazionale, sia rilevate dalle priorità emergenti nell'ambito regionale. Ci ha comportato l'individuazione degli obiettivi sulla base di un'attenta analisi della situazione esistente, sia in termini di caratteristica della domanda, che dell'offerta specifica, cercando di evidenziarne i punti critici. Ne è conseguita la definizione delle strategie, ritenute efficaci per il raggiungimento degli obiettivi individuali. La IV Commissione ha operato da verificatore del rispetto e del reale conseguimento, nelle previsioni, delle linee strategiche, individuate per il perseguimento di quello che è l'obiettivo generale e cioè la "razionalizzazione" della spesa, attraverso un "razionale" utilizzo delle risorse, senza incidere in termini di quantità, qualità e tipologia di prestazioni erogate. Tutto questo è stato fatto nel rispetto del nuovo principio di concorrenza ed equiparazione pubblico-privato sul mercato, introdotto dal riconoscimento del diritto di libera scelta del cittadino, senza che se ne derivi un'esasperata ricerca dell'economicità e del guadagno, tipiche di un puro mercato concorrenziale. E' stato fatto anche nel rispetto di un altro obiettivo primario del Piano, quello di fornire un Servizio sanitario regionale omogeneo, capace di garantire questa omogeneità nei livelli assistenziali su tutto il territorio regionale. Ciò è stato possibile grazie alla decisione della IV Commissione di esaminare integralmente le osservazioni esterne fatte pervenire alla Commissione con un finale giudizio collegiale sulla loro fondatezza. Si è canalizzato più proficuamente l'analisi del rapporto esistente tra domanda ed offerta permettendo in molti casi la formulazione di proposte critiche produttive di previsioni migliorative nelle strategie di Piano.
E' stata attribuita particolare attenzione al mutato scenario sociale che viene a delinearsi nel mondo cosiddetto industrializzato, con particolare rilievo nello Stato italiano. Emerge infatti, nell'ultimo decennio, un significativo fenomeno ove a fronte della caduta del tasso di natalità, si manifesta un incremento della popolazione anziana. Ne consegue una variazione dei bisogni sanitari che diventano qualitativamente diversi (patologie croniche o invalidanti), con conseguente crisi del servizio sanitario strutturato, fino ad ora, soprattutto per il trattamento degli stati di acuzie.
Questa transizione demografica comporta una conseguente transizione epidemiologica, caratterizzata da un aumento considerevole della morbilità e della mortalità per malattie croniche soprattutto nella popolazione anziana. Circa la metà di tutti i contatti medico-paziente avvengono con pazienti ultrasessantacinquenni. Diviene la maggior sfida per il servizio sanitario nazionale, dare corretta risposta a queste nuove patologie e questa sfida è stata condivisa nel Piano regionale, il quale individua come obiettivo la possibilità di dare corretta risposta alle patologie croniche invalidanti. Stessa condivisione vi è per l'ulteriore sfida che il sistema sanitario deve con rapidità affrontare nel combattere il cospicuo incremento di sindromi quali HIV e tubercolosi, nonché altre patologie infettive gravi pure in rapido aumento.
Il nuovo sistema delineato non ha trascurato di osservare che la qualità dei servizi non può prescindere oltre che dalla accessibilità agli stessi dalla loro umanizzazione, intesa come rapporto malato/gestore del servizio, improntata ad una professionalità non solo tecnica ma rispettosa del rapporto umano. Elemento questo necessario a determinare, a nostro giudizio, un maggiore gradimento ed apprezzamento del servizio da parte del cittadino. Una migliore valorizzazione delle risorse umane e una più salda radicalizzazione della responsabilità professionale e gestionale nei singoli operatori, sono state inoltre intese come ulteriori elementi base per il miglioramento qualitativo, soprattutto in un'ottica di razionalizzazione della spesa in una fase di contrazione delle risorse disponibili. Tale obiettivo si ritiene raggiungibile attraverso la formazione e la riqualificazione degli attuali operatori sanitari. La riqualificazione è valutata nel Piano sia relativamente all'iter formativo con riferimento all'art. 6 del d. lgs. 502/92, sia come obiettivo che tende a coinvolgere nella revisione progettuale le componenti essenziali della medicina territoriale (specialisti e medici di medicina generale).
Consci che il ruolo della Regione è quello di sviluppare le funzioni di programmazione strategica, si è concepito il Piano come uno strumento snello pronto ad adeguarsi alle mutate realtà mediante atti amministrativi che definiscono gli aspetti più analitici delle singole aree di intervento in agevole adattabilità all'evoluzione del quadro di riferimento e del rapporto domanda-offerta.
Finalità del Piano divengono quindi determinare una programmazione uniforme dei servizi sul territorio per garantire quell'uniformità qualitativa, indispensabile per una giusta risposta alle difformità che tuttora esistono e assicurare una qualificante garanzia al diritto alla salute sancito dalla Costituzione, nonché una razionale riduzione delle spese attraverso la messa al bando degli sprechi, il tutto attraverso uno strumento di programmazione snello e adattabile, quale vuole essere il nuovo Piano in un processo di delegificazione come prima descritto.
Più in generale la metodologia programmatoria intende procedere nel seguente ordine logico: per ognuna delle aree di intervento (individuate oltre che dalle previsioni del Piano sanitario nazionale dalle priorità emergenti in ambito regionale) si analizza la situazione esistente, sia in termini di caratteristiche della domanda, che dell'offerta specifica evidenziandone successivamente gli aspetti critici. Dopo tale fase vengono definiti l'obiettivo strategico e/o gli obiettivi di Piano nonché le principali strategie individuate come efficaci per il perseguimento degli obiettivi stessi. In alcuni casi vengono indicate le principali caratteristiche organizzative del servizio in questione, mentre in altri di più complessa definizione viene fatto rinvio ad atti amministrativi successivi proprio per testare i modelli ed eventualmente riadattarli il più agevolmente possibile.
Questo approccio evita i rischi del ricorso a successive leggi regionali per tutti gli adattamenti che si rendessero necessari a causa della naturale evoluzione del quadro di riferimento e contemporaneamente rafforza gli obiettivi e le strategie di fondo, sancite per legge, che in questo modo costituiscono vincolo per tutti: Regione, aziende, enti erogatori dei servizi. Per questo il Piano prevede strumenti di attuazione quali le intese di programma, i piani di attività, le relazioni aziendali la relazione annuale sullo stato di attuazione del Piano e di protocolli d'intesa fra Regione-Università già precedentemente ricordati.
La diversa situazione esterna e i profondi mutamenti verificatesi nel sistema di gestione dei servizi socio-assistenziali ha fatto si che anche nelle previsioni di Piano si vedesse una nuova programmazione gestionale ove è chiarito che le funzioni socio-assistenziali sono di competenza dei comuni e delle province. Da questo quadro è scaturita, d'intesa con l'Assessorato all'Assistenza, la scelta di attuare la programmazione sanitaria separatamente da quella socio-assistenziale per tutto ciò che concerne gli strumenti per il perseguimento degli obiettivi. E' ovvio che vi è programmazione comune nelle aree in cui, di fatto, si realizza l'integrazione funzionale tra risorse sanitarie e socio-assistenziali. E' per tale motivo che la programmazione socio-sanitaria viene articolata in due leggi diverse: la legge di Piano sanitario regionale che ci apprestiamo ad esaminare e la legge di Piano socio-assistenziale che è in esame presso la IV Commissione.



PRESIDENTE

E' aperta la discussione generale.
Ha chiesto la parola il Consigliere Angeli; ne ha facoltà.



ANGELI Mario

Visto il tempo impiegato in IV Commissione a discutere sul Piano sanitario regionale, che ha permesso a noi di valutare attentamente alcune posizioni e alcune situazioni, volevo sollevare alcune critiche. Critiche che avevo già sollevato all'interno delle riunioni di Commissione, ma che in parte non sono state accolte.
Il primo punto che mi lascia perplesso è la divisione dei due Piani anche se riconosco l'importante lavoro di integrazione sull'allegato C) da parte dei due Assessorati: all'assistenza e alla sanità.
Ritengo che dovrebbe trattarsi di Piano socio-sanitario; mi risulta infatti, che sia abbastanza difficile individuare la soglia in cui finisce la sanità e inizia l'assistenza. In ciò, tenendo conto della situazione molto particolare, nella nostra Regione - e di questo non si tiene conto nel Piano, visto che sono stati ridotti i posti-letto - dell'età media della popolazione.
Il Piemonte sta invecchiando, in alcune sue zone, in modo molto vistoso; in tale situazione, normalmente, i posti-letto dovrebbero essere di gran lunga superiori a quelli previsti dal Piano.
Dobbiamo comunque riconoscere il lavoro svolto dal settore-sanità e da quello dell'assistenza in merito all'integrazione dei due Piani nell'allegato C) - seppure non mi soddisfi completamente, per il motivo appena espresso.
Si è trattato di un lavoro assolutamente necessario; finalmente, vi è certezza di obiettivi, nonché degli amministratori, nominati già da tempo.
E' indispensabile sapere a cosa s'intende andare incontro, quali sono i risultati che vogliamo ottenere nella nostra Regione, come vogliamo difendere i nostri cittadini: per alcuni aspetti, occorre riconoscere che il Piano propone percorsi soddisfacenti.
Nello specifico, già in sede di Commissione avevo sollevato il problema del Pronto soccorso e della necessità, a mio avviso e per quello che riguarda la mia zona, della presenza di un medico anche per quello che viene definito "primo livello" di ambulanza.
Il lavoro svolto dalla struttura dell'Assessorato, con la collaborazione dell'Università, la supervisione del Co.Re.Sa. e tutto quanto ne consegue, è stato assai proficuo.
So che le organizzazioni sindacali hanno già espresso parere favorevole relativamente al settore sanità, ma stanno aspettando l'approvazione del Piano.
Se non saranno apportate modifiche al testo, mi riservo di intervenire successivamente.



PRESIDENTE

Signori Consiglieri, vi chiedo un minimo di silenzio: quello in discussione è uno degli atti legislativi più importanti dell'intera legislatura. Un minimo di attenzione è doveroso.



ANGELI Mario

Credo sia stata poco ascoltata anche la Consigliera Minervini personalmente, ho ascoltato con attenzione la relazione, e credo che in genere si ascoltino meno gli interventi - forse è più importante ragionare delle questioni riguardanti l'Assessore Angeleri che della sanità! Credo che il Piano sanitario sia molto importante per il futuro nostro e dei nostri amministrati; ragionando in termini concreti di quanto effettivamente vogliamo ottenere, senza limitarci a scelte squisitamente politiche, credo che faremmo un buon servizio al Piemonte ed ai nostri amministrati.



PRESIDENTE

La parola al Consigliere Peano.



PEANO Piergiorgio

Signor Presidente e colleghi Consiglieri, intanto, desidero esprimere l'apprezzamento per il lavoro che, al di là delle posizioni che verranno espresse oggi, ha coinvolto la Commissione, i Gruppi consiliari, i Gruppi politici, ecc.
Dalla prima bozza di Piano molto cammino è stato fatto (le consultazioni, le audizioni sul territorio, ecc.); occorre riconoscere che l'intera équipe che ha lavorato a preparare il Piano ha avuto la capacità non la disponibilità, che era nel suo ruolo - di discutere e di confrontarsi, in particolare in merito alle osservazioni da più parti pervenute. Il nostro voto non sarà, quindi, un voto negativo.
Noi possiamo leggere questo Piano con diverse chiavi di lettura; e ogni lettura ha il suo positivo e il suo negativo: due facce della stessa medaglia. Ad esempio, per la prima volta in Piemonte avrà due Piani distinti. Si è spezzata l'unitarietà, l'organicità dell'intervento sanitario e socio-assistenziale che ha da sempre caratterizzato la Regione.
La legge n. 20 e i Piani precedenti erano stati precursori negli anni.
Siamo stati una Regione indicata ovunque per la sua sensibilità, per la capacità di creare servizi integrati, di creare la cultura delle risposte integrate, investendo sugli operatori, sui servizi, dando una risposta completa ai bisogni della società: l'uomo e il suo bisogno sanitario e sociali visti in un'ottica unitaria.
Nel 1994, dopo un'esperienza ormai consolidata, si era quasi giunti alla proposta di unificare i due Assessorati, almeno a livello di programmazione socio-sanitaria.
E ancora oggi questa sensibilità è assai viva nella società. Anche dopo la riforma n. 502/517, che, come sappiamo, ha evidenziato la separazione netta tra i due settori, non poche Regioni avanzano loro proposte; la Società Zancan che tutti conosciamo e la Caritas italiana ad esempio, hanno presentato ai parlamentari una proposta di legge-quadro sui servizi alla persona, con l'intendimento di razionalizzare le risorse in un unico sistema di servizi, che inglobi sia le prestazioni sanitarie che quelle sociali; la proposta cioè di un centro unitario locale di decisione, che costituirebbe l'Azienda per i servizi alla persona che contempla tutte le tematiche: l'assistenza sociale e sanitaria, il lavoro, la casa l'educazione, l'istruzione, la formazione professionale e la socializzazione.
Questa una chiave di lettura.
Eppure, in questa fase e in questi mesi di lavoro per predisporre il Piano sanitario, mi è parso di cogliere sul territorio regionale da parte degli operatori dei servizi socio-assistenziali nonché dai funzionari dell'Assessorato stesso, la coscienza di percorrere una scelta che potrà essere positiva, di uscire da una certa marginalità che negli anni è stata avvertita, di essersi sentiti figli di un "dio minore".
Rimane un mio giudizio personale.
Credo che il Piano nella divisione netta dei ruoli mancherà del forte apporto del sociale. La sensibilità sociale è un connotato cardine, che svolge il fondamentale ruolo di umanizzazione dei servizi.
Oggi tutto sta diventando azienda: il malato, l'anziano, il "cliente".
Ecco, il "cliente": termine sentito per la prima volta in una Conferenza dei Servizi da alcuni responsabili della ASL. Il malato, l'utente l'anziano, oggi diventa il "cliente".
Questo per dirvi quanto sta cambiando, anche nella cultura locale, il modo di trattare con i nostri malati.
Possiamo inoltrarci, ad esempio, all'interno delle tavole del testo e potremmo continuare a cogliere delle diversità.
La rete ospedaliera, ad esempio, se dovessimo disegnarla oggi ripensarla, programmarla, la costruiremmo diversa da quella che troviamo e che ci ha messo in difficoltà. Quanto discutere si è fatto in questa Assemblea, anche negli anni scorsi, sulla rete ospedaliera! Non esistono grandi ospedali se non nell'area torinese e in qualche capoluogo di provincia, ma per natura del territorio e per una situazione cresciuta negli anni siamo di fronte ad un numero cospicuo di piccoli ospedali a pochi chilometri di distanza uno dall'altro. Di qui i localismi i conflitti, le difficoltà nel fare delle scelte.
Eppure questi piccoli ospedali costituiscono una insopprimibile rete di strutture e di servizi. E allora ecco le anomalie. Che fare? E vorrei raccogliere, ad esempio, quanto succede nel mio territorio per non localizzarne o focalizzarne altri: Azienda Sanitaria di Saluzzo-Savigliano-Fossano: 150.000 abitanti; 3 ospedali; 3 pronto soccorso; 38 anestesisti Azienda Sanitaria di Cuneo: 150.000 abitanti; 1 solo ospedale; 1 pronto soccorso; 20 anestesisti.
Risparmio: 4 milioni e mezzo per 150.000 abitanti comunque.
Sulla rete ospedaliera ci sono esperienze che vanno colte perché sono significative: l'ospedale di Asti, ad esempio, che si sta costruendo, ma anche l'esperienza di Biella, che per prima ha presentato un quadro economico e finanziario relativo alla struttura che prevede fondi pubblici e privati e questo ha trainato altre situazioni nella nostra regione.
La proposta di Alba è nata di conseguenza: Alba e Bra che si uniscono e decidono di costruire un'unica struttura ospedaliera presentando un quadro finanziario che vedrà l'intervento pubblico e l'intervento privato.
Così altre esperienze, che vanno colte, maturate, fatte crescere perch sulla rete ospedaliera avremo ancora molto da dire.
Entrando nel merito del Piano Sanitario, alcune osservazioni di carattere politico devono essere evidenziate e richiedono qualche riflessione.
La prima è che bisogna recuperare il rapporto politico di programmazione sanitaria, che oggi viene rivendicata sul territorio dai Sindaci e dagli Enti locali, nei rapporti con i direttori generali.
I direttori generali esprimono una forte esigenza di stabilità e di continuità, ma la legge di Piano, nel suo tessuto normativo, stabilisce un unico rapporto esclusivo "direttore generale-Assessore".
E' un'anomalia della riforma sanitaria prevista dal D.L. 502 e 517, ma è importante reintrodurre la presenza dei Sindaci per rimettere al controllo del territorio la politica di programmazione sanitaria.
Il Sindaco, non dimentichiamolo, che è la massima autorità sanitaria locale, non può essere ospite nel Servizio Sanitario Nazionale. Quindi reintrodurre i Sindaci è garanzia, è un'esigenza, non in un rapporto di gestione con i direttori generali, ma di responsabilità nella programmazione, di intese e accordi di programma, di verifica. Una partecipazione a pieno titolo dei Comuni nel momento dell'approvazione degli indirizzi di base, quali l'approvazione dei Piani Sanitari e dei bilanci. Un ruolo di artefici della programmazione, dell'indicazione delle priorità, anche sotto l'aspetto finanziario.
Questo è essenziale.
Un secondo aspetto che nel Piano non abbiamo toccato, ma che è di estrema importanza, è che va pianificata in qualche modo la quota capitaria troppo differenziata nel nostro territorio regionale.
E' significativo leggere la spesa sanitaria facendo riferimento e prendendo come parametro la quota capitaria. Se la media italiana supera di poco la somma di L. 1.500.000 per persona, nel territorio piemontese è altamente diversificata; si va da 1.300.000/1.350.000 a 1.900.000 circa e indica quindi che per garantire i livelli di assistenza si spende diversamente sul territorio piemontese.
Questo vincolo dei trasferimenti legati alla spesa storica deve essere rivisto, se si vuole razionalizzare e consentire di garantire livelli uniformi di assistenza. Con un programma successivo da attuare in più anni dovremo in qualche modo pianificare la quota capitaria o la spesa capitaria al livello piemontese.
Il terzo aspetto che mi pare interessante cogliere, perché ovunque si stanno aprendo e si stanno svolgendo, è quello delle Conferenze dei servizi delle Aziende Sanitarie. Anche qui, al nostro ingresso, c'è il manifesto dell'azienda di Orbassano, il S. Luigi, che convoca la Conferenza dei servizi. Lo prevede il D.L. 502, lo comprendo, ma anche il nostro Piano prevede come unico momento annuale di confronto. Non possiamo ridurci ad un unico momento annuale di confronto, perché convocare soltanto una volta all'anno per relazionare sui risultati e per ascoltare osservazioni e suggerimenti è troppo poco. Mezza giornata, un mattino o un pomeriggio: è una grande assemblea che non può comunque ridursi a questo, ci vuole qualche momento in più.
Bisogna intervenire, Assessore, e i direttori generali, in questa fase di riforma, devono proporre più momenti informativi e di dibattito, di Conferenze. Conferenze magari sui servizi, diversificate sui dipartimenti di prevenzione, sull'assistenza domiciliare, sul servizio di salute mentale, ecc.. Quindi diverse Conferenze dei servizi per consentire veramente al territorio di potersi esprimere.
Il quarto aspetto riguarda gli obiettivi aziendali finalizzati alla riconferma dell'incarico dei direttori generali. Singole deliberazioni di valutazione, predisposte dalla Giunta regionale qualche mese fa, che sono vincolanti all'incarico dei direttori generali. Però, mentre quasi sempre gli obiettivi risultano facoltativi, quali, ad esempio, la riduzione dei tempi di attesa per le visite specialistiche, lo sviluppo della contabilità per centri di costo, l'attivazione dell'ufficio per il controllo di gestione, risultano sempre obbligatori il rispetto delle quote di finanziamento del fondo sanitario regionale e i limiti massimi di fatturazione per l'anno in corso.
In questa fase questo sta causando il totale vincolo del bilancio e la successiva esigenza, ma anche il timore da parte dei direttori generali, di non superare le quote di spesa assegnate. Tutto giochiamo, cioè, in questa fase di anno, sulle quote di bilancio.
Un quinto aspetto è il completamento della rete distrettuale rimasta negli intendimenti in questi anni, non realizzata veramente.
Vorremmo quindi dare, nei prossimi anni, attraverso il Piano, una maggiore attenzione al nostro territorio e in particolare al territorio montano. Negli obiettivi che saranno dati ai direttori generali, la rete distrettuale deve assumere un ruolo definitivo, bisogna completare la rete distrettuale per offrire al territorio l'ottica del servizio socio sanitario, integrato.
E poi, Assessore, i distretti montani sono un'esigenza del territorio piemontese: si potranno prevedere sperimentazioni di distretti dotati di personalità giuridico-amministrativa e contabile, direzione autonoma propri bilanci legati all'Azienda principale.
C'è la richiesta in corso della Provincia di Vercelli un disegno di legge di iniziativa popolare riguardante la Valsesia, con l'ipotesi di un'Azienda Sanitaria montana, così come prevede la 502. Sarà valutata nei prossimi giorni in Commissione, poi deciderà il Consiglio ma dovremmo valutare l'opportunità di una sperimentazione in quel territorio.
Per finire, l'ADI, l'Assistenza Domiciliare Integrata: dobbiamo passare dalla fase sperimentale ad una fase più attiva, coinvolgendo i medici di base, l'ospedale, ma soprattutto la famiglia.
Non mi soffermo sulla prevenzione e sulla formazione degli operatori che sono di estrema importanza. Mentre un brevissimo accenno, Assessore l'ho già ripercorso forse all'inizio della relazione, ma vorrei ancora ripercorrerlo in questa fase (anche per ultimare l'intervento) - ai rapporti tra sanità e assistenza, che dovranno essere regolamentati da provvedimenti della Giunta che chiarifichino le funzioni, i raccordi operativi, la ripartizione degli oneri tra i due comparti.
Provvedimenti che dopo aver individuato tutte le aree d'intervento per le quali è obbligatorio l'accordo operativo tra i servizi degli Enti gestori oggi, dall'Assistenza alle Aziende sanitarie, non solo all'interno di progetti obiettivo, ma soprattutto per gli interventi rivolti alla prevenzione e a favore dei soggetti psicotici, si devono individuare anche gli strumenti, le procedure e di conseguenza i criteri di ripartizione degli oneri finanziari per garantire l'operatività dell'accordo.
In mancanza di tali indicazioni, il pericolo reale è costituito da una progressiva ed insanabile divaricazione tra gli obiettivi del comparto sanitario e quelli sociali ed assistenziali. E nella fase attuale, questo è un grosso problema.
Tra i vari progetti obiettivo - sono tanti: gli anziani, la tutela materno-infantile, ecc. - ne accenno soltanto uno, perché lo ritengo quello di maggior sofferenza: l'assistenza psichiatrica, la salute e l'igiene mentale. Tale problematica, a scavalco tra sanità ed assistenza, è quella che oggi richiede maggiore attenzione.
In particolare, mi riferisco ai pazienti ex OO.PP, che sono stati valutati come anziani o disabili e non più pazienti psichiatrici, con pesanti ricadute sul comparto socio-assistenziale.
La legge di Piano prevede appositi finanziamenti agli Enti gestori per il 1998, ma non sappiamo nulla per quanto riguarda il 1997; la spesa potrebbe essere di 11 miliardi e va comunque garantita e coperta.
Mi sono chiesto se questo sia il miglior Piano sanitario possibile. Non lo so.
Credo che sia l'unico che, attingendo ai fondi e agli indirizzi nazionali, con la collaborazione di tutti, potesse essere fatto.
A tale documento abbiamo tutti lavorato, per questo la ringrazio Assessore e dichiaro che ci asterremo.



PRESIDENZA DEL VICEPRESIDENTE FOCO



PRESIDENTE

Ha chiesto la parola il Consigliere Grasso; ne ha facoltà.



GRASSO Luciano

Intanto è doveroso un ringraziamento a tutti i componenti della Commissione, perché sono stati sottoposti ad un tour de force molto duro intenso e difficile.
Devo dire che questo fa comunque onore alla politica e a questo Consiglio, e con ciò mi ricollego al discorso fatto ieri in Consiglio quando si diceva che il livello generale è buono, che percentualmente la presenza in Consiglio è di un certo livello; anche in Commissione si è riscontrata una presenza attiva, una volontà di sopportare persino dei tempi che si spingevano a volte dalle 14.30 fino alle 20.00 di sera.
Questo è un fatto estremamente importante, ma vi è anche un problema temporale - diciamo così - e un aspetto di qualità: non c'è mai stata, in Commissione, un'opposizione strumentale da parte di nessuna forza politica.
In altri momenti, abbiamo visto delle opposizioni strumentali, ma sul problema importante della sanità e del Piano sanitario vi è stata una correttezza estrema.
Tutte le forze presenti - nessuna escluso - hanno collaborato in maniera attiva per la stesura definitiva del Piano. Chiaramente le posizioni non sono tutte uguali - e ci mancherebbe che fosse così, ci sono differenziazioni anche di una certa consistenza - ma si è comunque cercato di sviscerare tutte le parti del Piano sanitario e di svolgere il maggior lavoro possibile, per arrivare in aula sfrondati dalle argomentazioni che si potevano sviluppare in Commissione.
Per quanto riguarda il Piano e le sue valutazioni intrinseche, oltre al parere scritto del Co.Re.Sa., circa mezz'ora fa abbiamo avuto un parere formale espresso in audizione sul Piano sanitario da parte del Co.Re.Sa.
ed è un parere che fa onore al Piano. E' stato detto che è un Piano finalmente valido, strategicamente completo, e la ritengo una valutazione importante.
Sono state apportate solamente brevi osservazioni in merito alle intese di programma tra le Aziende e la Regione Piemonte, intese che hanno validità triennale; il Co.re.Sa. ritiene che queste debbano essere concordate o almeno valutate, sentito il suo parere. Questa è un'osservazione che si può comunque porre all'Assessorato.
Per quanto riguarda le reti distrettuali, nelle consultazioni ed anche nel dibattito in Commissione è stato evidenziato come queste siano una parte determinante e indispensabile per il corretto svolgimento delle prestazioni a livello territoriale.
Le reti devono essere completate in maniera organica e reale, non devono rimanere in maniera, non dico embrionale perché sarebbe eccessivo ma non ancora prettamente sviluppata come sono attualmente, bensì svilupparsi in maniera reale e complessiva sul territorio.
Cos'è il Piano sanitario? E' l'individuazione degli obiettivi e il presupposto della loro gestione. Con questo Piano si inizia un processo di delegificazione, che consiste nello stabilire solamente strategie generali ed obiettivi. Sarà compito delle Aziende, con i Direttori generali, nelle successive fasi operative, programmarne lo sviluppo. Sarà quindi l'insieme delle Aziende sanitarie a determinare lo sviluppo della sanità sul territorio piemontese, in maniera autonoma, ovviamente seguendo le direttive degli obiettivi generali.
I grandi obiettivi del Piano, in maniera sintetica, sono due: la razionalizzazione e l'omogeneità. Razionalizzazione, in particolare, dei servizi, ma anche dei costi. Viviamo in un periodo dove non si può più buttare nulla, e lo vediamo anche a livello nazionale: l'azione intrapresa a livello economico da tutte le forze politiche è finalizzata a portare il bilancio Italia ad una situazione accettabile.
Questo è anche stato imposto - lo sappiamo tutti - da certi vincoli che dobbiamo rispettare a livello europeo: non possiamo entrare in un ottica più vasta se andiamo con le scarpe rotte o con il portafoglio vuoto.
Dobbiamo quindi razionalizzare il tutto. Questa ed è una delle motivazioni che hanno spinto a realizzare due piani distinti: il Piano sanitario e il Piano socio-assistenziale.
Questo è uno degli ostacoli maggiori che pone il PDS alla validità del Piano stesso; lo abbiamo letto, lo abbiamo sentito: si ritiene si dovesse stendere un unico piano sanitario-socio-assistenziale.
Proprio il problema di razionalizzare la spesa ha portato a determinare due Piani. Sappiamo bene che quello socio-assistenziale è un Piano solo in perdita, che non potrà pareggiare in alcun caso, in quanto si devono dare dei sostegni a delle persone disagiate.
Il Piano sanitario deve invece rispettare criteri di razionalizzazione economica.
In questo contesto si inserisce il concetto di paziente-cliente, che deve essere assistito e curato a dei costi accettabili. Nasce dunque un problema più vasto, dell'Azienda sanitaria che deve diventare un'Azienda vera e propria, dare un servizio ed acquisire clienti anche dall'esterno.
Più le nostre aziende sanitarie riusciranno ad essere competitive su questo mercato (anche se è brutto usare il termine "mercato" nei confronti di un problema di salute, però così deve diventare), più riusciranno ad acquisire clientela non solo all'interno del Piemonte, ma anche all'esterno della nostra Regione e perfino all'estero, più i bilanci potranno essere in attivo. Questo darà la possibilità di dare un servizio sempre migliore per soddisfare in maniera più congrua le esigenze dei nostri cittadini.
Faccio un breve accenno sul problema dei piccoli ospedali che è già stato evidenziato dal collega Peano. I piccoli ospedali sono strutture nate sul territorio in tempi e con legislazioni diversi dagli attuali, il loro scopo era quello di dare un servizio vicino alla gente. La legislazione attuale, a livello nazionale, ha posto invece dei vincoli precisi per la loro sopravvivenza, ritengo anche con motivazioni serie, che rispondono sempre al principio della razionalizzazione.
Questo Piano, con uno sforzo non indifferente, cerca di valorizzare queste piccole realtà, fa sì che si specializzino, che diventino centri specifici di terapia e cura; questo permetterà di mantenerle in attività.
E' un obiettivo che riconosciamo a tutti gli effetti valido e che serve anche ad ottenere un accordo sociale sul territorio per non creare problemi di drammaticità e di scontro ed ha comunque chiuso il cerchio a un problema ritenuto molto importante.
Concludo qui riservandomi di intervenire successivamente.



PRESIDENZA DEL PRESIDENTE PICCHIONI



PRESIDENTE

La parola al Consigliere Rubatto.



RUBATTO Pierluigi

Anche se sono meno bravo dei colleghi che mi hanno preceduto, vorrei che fosse almeno presente l'Assessore alla sanità.
Signor Presidente del Consiglio regionale, signor Assessore alla sanità, dopo un esame in Commissione Sanità il disegno di legge n. 238 "Norme per la programmazione sanitaria e per il Piano Sanitario Regionale per il triennio 1997/99" è in Consiglio regionale.
Prima di entrare nel merito del suddetto disegno di legge, voglio ringraziare l'Assessore alla sanità, i membri della IV Commissione, i funzionari della Commissione e dell'Assessorato della nostra Regione, per aver portato finalmente questa programmazione sanitaria in Consiglio regionale.
Intendo programmazione valida, ma in essa purtroppo debbo riscontrare alcune notevoli lacune che non sono state neppure corrette in Commissione ed alle quali spero si possa ovviare con il contributo di tutti i colleghi Consiglieri in queste riunioni ed in fase di dibattito del Consiglio regionale.
Dirò subito che il Gruppo Pensionati per l'Europa guarda al Piano Sanitario Regionale ed al Piano Socio-Assistenziale come a due strumenti non solo necessari, ma indispensabili per la riorganizzazione in Piemonte di un settore che noi, in quanto rappresentanti degli anziani e delle categorie più deboli, vogliamo difendere ad ogni costo e per esso batterci e se necessario non solo essere critici, ma anche, al limite, votare contro la stessa maggioranza di governo regionale.
Il nostro Gruppo ha insediato all'interno del Movimento una Commissione medico-sindacale di esperti che ha potuto analizzare il Piano sanitario regionale in ogni sua parte, cosa che farà anche per il Piano socio assistenziale, ed ha redatto una serie di emendamenti che sarà mia premura presentare in fase di discussione dell'articolato alla Giunta regionale.
E' evidente che non posso oggi anticipare quale sarà il mio voto a conclusione del dibattito e della votazione sull'articolato perché tale voto sarà condizionato dall'accoglimento o meno di punti essenziali che sono intrinseci nel programma del nostro Movimento ed ai quali non voglio e non debbo rinunciare.
Signor Presidente, questo piano sanitario è un grosso lavoro compiuto con impegno non comune dall'Assessore alla sanità che se si considera ha ereditato un Assessorato allo sfacelo è riuscito con molto impegno a rendere la sanità piemontese una delle più efficienti della nostra nazione.
Oggi che con la Carta dei servizi sanitari si parla sempre più di interventi di umanizzazione della sanità; oggi che contro ogni logica sociale vediamo ancora anziani, pensionati, categorie più deboli trascurati dalla nostra sanità; oggi che assistiamo ancora a situazioni di mostruosa gravità ove Residenze Anziani ed ex Ospedali Psichiatrici possono essere paragonati a lager; oggi che tutti noi desideriamo, con gran voglia di fare, interventi migliori ed attuativi di programmi che ci siamo prefissi; io credevo che in questo contesto di volontà nascesse veramente un piano migliore che tenesse conto delle necessità degli anziani e di quanti hanno dovuto in passato soffrire della fallimentare gestione della sanità pubblica.
Umanizzazione, efficienza e volontà: non si può effettuare questo ambizioso progetto limitando la spesa. Non si può certamente limitando il personale impegnato; non si possono inventare nuove strutture sanitarie a lungo termine di attuazione senza tener conto del fatto che in tempi lunghi le strutture attuali saranno fatiscenti ed erogheranno servizi sempre più insoddisfacenti per la nostra comunità.
Prima di passare all'esame completo del Piano, voglio ancora soffermarmi sul personale sanitario, sia medico che paramedico.
Partendo dal presupposto che chi opera in strutture ospedaliere oltre alla innegabile ed indispensabile preparazione professionale debba essere dotato di una forte carica umana, di uno spirito di abnegazione nei confronti di chi soffre, non si possono non considerare anche le legittime aspettative di questi operatori: una maggiore gratificazione sul piano economico e sul piano professionale con il riconoscimento della loro professionalità, maggiori strumenti per poter effettivamente dare il meglio di sé nell'ambito del lavoro.
Ho potuto constatare di persona che laddove il personale, sia medico che paramedico, è in numero sufficiente ad espletare le varie funzioni sanitarie richieste, la degenza degli assistiti è resa, seppur compatibilmente con le patologie di cui sono affetti, più sopportabile e pazientemente accettata. Non così purtroppo in tante, troppe strutture ospedaliere che ho visitato e nelle quali ho potuto riscontrare carenza di personale, reparti trascurati o addirittura inesistenti, vedi i reparti di geriatria, sovraffollamento di alcuni reparti, ecc.
In tutte queste strutture, però, ho sempre trovato il personale medico e paramedico efficiente, ma lo stesso lamentava queste carenze di organico lamentava il mancato interessamento da parte degli organi preposti a rendere più efficienti queste strutture. In poche parole, si lamenta la latitanza delle istituzioni.
Vogliamo che queste persone che operano con spirito di abnegazione sempre presenti alle esigenze del cittadino a loro affidato nella sofferenza, si trovino sole a districarsi nella burocrazia, a dibattersi per creare soluzioni a problemi di ordine organizzativo ed operativo non di loro competenza e pertinenza? Lascio a voi la risposta.
Passando ad esaminare il Piano con gli emendamenti che presenterò, il nostro Gruppo chiederà come punto prioritario l'istituzione, in ogni Azienda sanitaria ospedaliera ed in ogni Azienda sanitaria locale, di una divisione di lungodegenza post acuzie da attivare in riferimento alla quota prevista dagli allegati al piano che in questo settore riconoscono manchevolezze e quindi non ne soddisfano le necessità.
Inoltre, vi è carenza nel settore del recupero e rieducazione funzionale, quindi chiederemo la realizzazione in ogni struttura sanitaria Aziende sanitarie ospedaliere o Aziende sanitarie locali, di un'unità operativa autonoma di recupero funzionale con dotazione di adeguato numero di posti-letto di riabilitazione specializzata.
I tempi di assistenza previsti dalle vigenti normative per quanto attiene le Divisioni di lungodegenza post acuzie riabilitative non sono ritenuti sufficienti anche in prospettiva di un miglioramento dei servizi e quindi, in previsione della creazione di unità operative specializzate venga previsto un consistente aumento del personale di assistenza e tecnico in tali settori.
Non posso che essere grato agli estensori del Piano per l'inserimento del concetto di ospedalizzazione a domicilio e la necessità di un forte sviluppo delle cure domiciliari; non debbo però dimenticare che da due anni è ferma in Commissione una legge sull'ospedalizzazione a domicilio e che ancora prima dell'approvazione del Piano, l'Assessorato ha realizzato alcuni progetti di ospedalizzazione a domicilio sperimentandoli in alcune Unità Sanitarie Locali.
E' evidente che ribattiamo i concetti di ospedalizzazione a domicilio e che gli interventi ospedalieri riabilitativi domiciliari devono essere integrati alle attività ospedaliere, ma anche, affermo, con gruppi di medicina riabilitativa ed un efficiente servizio di ospedalizzazione che speriamo, venga organizzato in tutta la Regione.
Troppo poco nel Piano si parla di anziani, di Divisioni geriatriche, di riabilitazione.
La dimostrazione che si parla troppo poco di anziani in questo Piano è che, nelle Funzioni di degenza ordinaria viene accennato alla lungodegenza recupero e riabilitazione funzionale e non a Divisioni specializzate di geriatria. O, l'esperienza della divisione di Geriatria all'Ospedale delle Molinette a Torino non funziona, ed io assolutamente lo escludo, oppure si ritiene un esempio da non imitare; se così fosse riterrei tale eventualità non solo dannosa ma catastrofica per la nostra sanità.
Polo Oncologico: in tale Polo noi chiediamo venga inserita obbligatoriamente un'Unità Operativa Autonoma di Medicina Generale dotata di congruo numero di posti letto.
Inoltre nelle Unità Sanitarie Locali le Unità operative di malattie diabetologiche debbono essere inserite come Unità modulari nell'ambito dell'Unità operativa autonoma di medicina generale.
Risparmiamo, signor Assessore, non solo su cure e pazienti: è ora di ridurre anche Direzioni e Primariati, diminuendo spese ed attivandosi per migliorare i servizi ed aumentare il personale.
Mi soffermo un attimo sui servizi di Emergenza. Una mia proposta di legge ferma in Commissione prevede il Pronto Soccorso di grande emergenza ed il Pronto Soccorso di Piccoli-Interventi. Tale concetto non è stato recepito dal Piano Sanitario Regionale ma viene recepita l'esigenza di un filtro infermieristico che seleziona gli accessi agli ambulatori utilizzando come priorità un codice di gravità. E' evidente che gli accessi agli ambulatori del Pronto Soccorso debbono avvenire non per ordine di arrivo ma per gravità del caso ma, pur ritenendo altamente qualitativa la professionalità dei nostri infermieri professionali, non me la sento proprio di ritenere che sia il caso di addossare a loro la responsabilità della valutazione dello stato generale e dei parametri vitali di selezione del paziente in condizioni critiche: non è questa una responsabilità medica? A ciascuno la sua professionalità: deve essere un medico ad indicare priorità in base alla gravità degli interventi da svolgere. Non debbono essere delegati a tale delicato compito persone preposte per professionalità a svolgere ben altri compiti; è inconcepibile anche solo pensare che tali responsabilità debbano ricadere sulle spalle di chi già ben svolge il compito affidato, ma che non possiede certamente la professionalità indispensabile; a questo punto vien da chiedersi: che ci stanno a fare i medici? Dal punto di vista informativo il Piano non prevede l'attivazione di un organo di controllo sull'acquisizione di sistemi informativi, sulla riorganizzazione del personale che opera nei sistemi di informazione assistenziali e sull'attivazione della Legge Bassanini attraverso la stesura di un regolamento sull'uso e l'acquisizione di dati personali di utenti e dipendenti del Servizio Sanitario.
Ritengo doveroso soffermarmi un attimo sui servizi delle ASL. 1/10 per ribadire che la capienza di posti letto per l'area medica per le Aziende Sanitarie Locali 1/10 (3682 Posti Letto a fronte di un fabbisogno di oltre 4200) è aggravata dalla carenza di posti-letto di lungodegenza che soprattutto nelle divisioni mediche dei presidi cittadini (ed in tutti i presidi ospedalieri) comporta un allungamento della degenza media ed un minor turn-over di pazienti.
Tale carenza è riscontrabile anche nella tabella allegata, (15) ove risulta che, per l'area 1/10 sussiste il numero maggiore di letti attivabili.
Risulta quindi difficile prevedere un dimensionamento, sia pure ridotto (167 posti letto) per le Aziende Sanitarie Locali 5/10 (numero 965 posti letto) per le quali i presidi Aziende Sanitarie Locali 1/4 sono di riferimento.
Ho già detto dell'auspicabile riorganizzazione dei servizi di emergenza con un ulteriore potenziamento dell'Elisoccorso e del "118"; voglio ancora soffermarmi sulla necessità di maggiori interventi informativi. Nel Piano si trascura la prevenzione: io credo che una corretta campagna di informazione, ad ogni livello e grado, presso tutte le fasce di età informazione che riguardi le più svariate patologie, possa in qualche misura essere di supporto al lavoro del "medico"; inoltre, la prevenzione opererebbe anche una corretta funzione sociale a tutela della collettività.
Abbiamo approvato tempo fa la Legge Regionale che prevede il finanziamento alle Aziende Ospedaliere, alle strutture sanitarie: intervento meritevole di attenzione, ma limitato. Ben vengano gli Ospedali di Mondovì e di Alba-Bra, ma non possiamo dimenticare gli interventi per altre strutture ed anche la speranza che presto vengano realizzati nuovi centri ospedalieri come l'Ospedale del Canavese, realizzazione peraltro sollecitata dalla popolazione locale, e l'Ospedale di Settimo Torinese, che dovrebbe funzionare da supporto a quello di Chivasso.
Il tutto riveste per me carattere d'urgenza, in quanto le richieste della popolazione non dovrebbero sempre rimanere inascoltate, in special modo quando ben motivate.
Ultimo punto che vorrei affrontare - ultimo non per minor importanza bensì per maggiore sensibilità - è il settore dell'assistenza religiosa.
Deve essere garantita, con il ricovero, la possibilità di sentirsi vicino ad un Ministro di culto della propria fede. Quindi, nel rispetto della libertà religiosa, sarebbe opportuno che al paziente od ai familiari del medesimo, al momento del ricovero venisse richiesto a quale fede religiosa appartenga qualora esprimesse la volontà di avvalersi di un sostegno spirituale da parte di un ministro del proprio culto.
Molto ancora ci sarebbe da dire sul Piano Sanitario Regionale e molto ci sarà da dire sul Piano Socio-Assistenziale Regionale.
A parer mio questo è un punto di partenza per poter garantire più efficienza alla sanità del Piemonte, maggiore organizzazione, migliori interventi.
Dobbiamo migliorare le strutture, garantire servizi più efficienti, far sì che malati cronici ed anziani possano accedere a strutture di referenza attuare programmi affinché malati cronici come gli affetti da sclerodermia dall'esofago di Barrett e da altre gravi malattie possano aver diritto ai medicinali, esentandoli dal pagamento dei ticket.
E' un preciso impegno di questo Gruppo attivarsi in ogni sede affinch i diritti dei malati gravi e cronici vengano garantiti ad ogni livello.
Noi siamo contrari alla dismissione selvaggia degli anziani cronici siamo contrari a Residenze-Anziani inefficienti, dove gli anziani vegetano in camerate con assistenza precaria; siamo per il potenziamento dei servizi delle Case-Famiglia per malati psichici; siamo per la creazione, alla quale non rinunciamo, di un Osservatorio Anziani necessario per la riorganizzazione di tutta una serie di servizi per gli anziani della nostra Regione; vigileremo affinché questo Piano Sanitario, se approvato, venga attuato nella sua interezza. Crediamo che in questi due anni molto sia stato fatto nel settore della Sanità, ma anche che molto sia ancora da fare! Pertanto, ritenendo gli emendamenti da me proposti parte integrante di questo Piano, per altro già ben concepito anche se lacunoso in alcuni punti, come Gruppo farò una dichiarazione di voto alla conclusione della presentazione dell'articolato e degli emendamenti su menzionati, che presenterò in discussione.



PRESIDENTE

La parola al Consigliere Riggio.



RIGGIO Angelino

Signor Presidente, colleghi Consiglieri, il Piano sanitario regionale è una legge fondamentale per la sanità in Piemonte e, in generale, è una legge fondamentale per questo Ente.
Se si pensa che oltre metà del bilancio regionale è destinato a garantire adeguati livelli di salute e di assistenza sanitaria ai nostri concittadini.
Per questo motivo noi esprimiamo la nostra soddisfazione perché il Piano finalmente giunge in aula.
Già il Presidente della Commissione competente, Consigliere Grasso, ha dato atto alla IV Commissione e al nostro Gruppo che ha partecipato in modo consistente e sempre presente, non solo in modo quantitativo ma anche qualitativo, al dibattito che è stato lungo ed approfondito non soltanto in Commissione, ma anche sul territorio.
Come Partito Democratico della Sinistra abbiamo voluto fare di questo dibattito della realizzazione di questa legge, un grosso momento di discussione sul territorio regionale per recuperare il dibattito sulla sanità.
Abbiamo sollecitato la Commissione ad ampie audizioni territoriali abbiamo realizzato in prima persona, come Gruppo consiliare regionale insieme ad istituzioni locali e alle Aziende sanitarie, numerose Conferenze, alle quali ha partecipato sempre l'Assessore regionale, per approfondire i temi del Piano Sanitario Regionale.
Sin dalla dichiarazione di intenti della Giunta e dell'Assessore di due anni fa, dobbiamo dare atto all'Assessore D'Ambrosio di avere seguito un percorso sicuramente democratico nella redazione di questo Piano. Forse con dei limiti che più tardi spiegherò.
Un percorso democratico che ha portato ad un netto miglioramento di questo Piano che ha visto ben 5 o 6 versioni. Oggi arriviamo a questa versione che contiene degli elementi positivi; bisogna dare atto pubblicamente all'Assessore di avere saputo raccogliere tutta una serie di elementi positivi, che sono stati suggeriti dal territorio, con suggerimenti, con emendamenti che sono stati proposti o sostenuti con forza dai Commissari della IV Commissione, in particolare dai Commissari dell'opposizione e, lasciatecelo dire, dal nostro Gruppo in IV Commissione.
Io voglio ricordare questi elementi, anche perché questo non è il nostro Piano e l'impianto generale ha degli elementi su cui non siamo assolutamente d'accordo e il fatto che questi elementi siano stati recepiti non ci dà garanzia che verranno attuati o sviluppati.
Quindi approfittiamo di questa sede alta del Consiglio regionale per ricordarli.
Il primo punto che ci preme ricordare è l'impegno dell'Assessorato a relazionare annualmente sullo stato di salute della popolazione piemontese e sullo stato di attuazione del Piano Sanitario Regionale. Questo è un atto fondamentale, perché l'obiettivo del Piano deve essere quello di migliorare lo stato generale di salute della nostra popolazione. Se non si raggiunge questo obiettivo tutte le altre discussioni sono relative.
Secondo punto. Inoltre noi possiamo fare degli atti di programmazione seri se questi sono basati su delle indagini epidemiologiche estremamente precise e puntuali, cioè se noi abbiamo il polso sullo stato di salute della popolazione, e questo è anche un rilievo critico a come è stato costruito questo Piano, perché - ahimé - questo Piano è stato solo genericamente basato su una conoscenza che invece doveva essere approfondita di quella che era la realtà epidemiologica della nostra Regione.
Il secondo punto che ci interessa andare a verificare, a valorizzare che è stato inserito nel Piano, è il fatto che nel Piano la salute viene definita non solo come assenza di malattia, ma come stato di benessere individuale e sociale, come ci è stato suggerito dall'organizzazione mondiale della sanità. E' una dichiarazione importante, che non è una dichiarazione di principio formale e che noi vorremmo vedere sostanziata negli atti di attuazione del Piano Sanitario e negli atti dei direttori generali.
Il terzo punto è l'assunzione della prevenzione e dell'intervento sanitario territoriale quale priorità assoluta del Piano Sanitario Regionale. Questa è una cosa molto importante, anche perché nella prima versione del Piano la priorità assoluta era la revisione della rete ospedaliera; in ogni caso bisogna dare atto all'Assessore - ripeto - di avere saputo raccogliere questo suggerimento e di avere anche implementato la funzione della prevenzione, non soltanto con dichiarazioni, ma con la scelta di individuare un referente in ogni azienda sanitaria, per quello che riguarda la prevenzione, ed avere elevato il budget a disposizione al 5%.
La prevenzione e l'intervento sanitario territoriale, però, indicati come priorità, debbono poi trovare sostanza e devo dire che esistono degli elementi di debolezza all'interno del Piano sui quali poi ritorneremo con emendamenti che proporremo più avanti.
Il quarto punto è la valorizzazione dei distretti e si collega all'importanza dell'intervento sanitario territoriale, in particolare del distretto sanitario montano, che non è esplicitato chiaramente in questo Piano e che invece sarebbe una corretta risposta a quanti chiedono l'istituzione di un'azienda sanitaria montana che, purtroppo, non potrebbe avere la massa critica di risorse per poter reggere anche la concorrenza visto che si parla di aziendalizzazione.
Però è una risposta fondamentale la questione del distretto sanitario montano, considerato che il Piemonte quasi per metà è territorio montano come dice lo stesso nome della nostra regione.
Aggiungo ancora che è importante avere scelto nel Piano l'istituzione dell'agenzia regionale per i servizi sanitari, che è in discussione in Commissione ed è stato importante avere sciolto l'ambiguità delle precedenti formulazioni al Piano Sanitario regionale rispetto a questo strumento fondamentale per l'attuazione del Piano. Infatti un limite che l'Assessore rilevava ai Piani precedenti è che molto spesso sono rimasti sullo sfondo, sono rimasti addirittura in alcuni casi lettera morta, mentre noi crediamo che il Piano sia uno strumento di grande trasparenza e di grande importanza per il riferimento politico per noi come Consiglieri regionali, per il riferimento operativo da parte dei tecnici territoriali che sono i direttori, per il riferimento a tre soggetti che debbono essere coinvolti assolutamente se vogliamo che la sanità costruisca un circolo virtuoso, che sono i Sindaci - e l'ha già ricordato il Consigliere Peano o in generale i terminali democratici, gli operatori che non possono essere considerati soltanto degli strumenti e gli utenti intesi come singoli e come associazioni.
Ci sono ancora altri punti: la medicina del lavoro (che professionalmente nell'ultima stesura del Piano era stata dimenticata) e da ultimo, il sostegno all'intervento verso i soggetti deboli, anziani inabili, malati psichici, tossicodipendenti, emigrati, area materno infantile. A proposito di questi, emerge l'elemento di maggiore debolezza di questo Piano sanitario regionale che, malgrado siano stati accolti alcuni elementi importanti come quelli che ho citato, ci fanno esprimere una grossa perplessità sul piano stesso. Infatti è stato scelto di non fare un unico piano sanitario e socio assistenziale; questo contraddice uno degli assunti fondamentali del piano, quando si dice che la salute non è soltanto assenza di malattia, ma è una condizione di benessere individuale e sociale.
Se vogliamo raggiungere questo stato di benessere è assolutamente imprescindibile che sanità e assistenza viaggino insieme; così è assolutamente imprescindibile che sanità e assistenza viaggino insieme se si vuole veramente valorizzare l'intervento territoriale e non si vuole fare un piano ospedalo-centrico.
Io rimprovero fortemente a questa Giunta, più che al singolo Assessore la scelta di essere arrivati a dividere i due piani. E' stato un atto molto grave di cui vedremo le conseguenze sul territorio e già l'abbiamo visto con la dichiarazione scandalosa che è stata fatta dal Direttore dell'Azienda sanitaria di Alessandria a proposito dello stato dell'Ospedale psichiatrico: si è permesso di dire pubblicamente che questo non era più competenza della sua Azienda, ma del comparto socio-assistenziale. Sono delle avvisaglie, sono dei segnali terribili di che cosa potrebbe significare questa divisione.
Come atto riparatore di questa separazione, era stato assunto l'impegno formale e alto da parte del Presidente della Giunta e dell'Assessore che i due Piani sarebbero perlomeno venuti in Consiglio contestualmente, nella stessa seduta. Questo però non avviene.
Siamo ancora all'inizio del dibattito sul Piano socio-assistenziale eppure, malgrado questo, noi abbiamo favorito, abbiamo voluto a tutti i costi che il Piano Sanitario arrivasse al più presto in Consiglio. Piano che ha, come ho detto, dei punti alti; ciò non è soltanto merito del territorio o dell'opposizione.
L'Assessore, autonomamente, ha prodotto, ad esempio, per quanto riguarda l'intervento oncologico sui tumori, un Piano che ha una forte organicità, in cui sono presenti obiettivi di salute e sono indicati con chiarezza gli strumenti, le tappe, i percorsi.
In altri punti del Piano, invece, c'è un'estrema debolezza. Come spiegarsi questo fatto, che ci siano questi squilibri tra alcuni e altri punti del Piano? E' perché strutturalmente - questo l'ho detto con simpatia al Ghost Writer del Piano, dottor Morgagni - il Piano è in gran parte un collage, un collage scritto a più mani, di cui alcune più abili e altre meno.
Questo era in parte inevitabile, però poteva essere superato a condizione che ci fosse una politica sanitaria molto forte sullo sfondo. E questa politica sanitaria molto forte sullo sfondo non c'era, era debole oppure in alcuni casi non poteva assolutamente esserci, perché l'Assessore ha vissuto l'esperienza del Piano sanitario regionale in totale solitudine.
Badate, non parlo della solitudine che veniva attribuita da alcuni rumores di cui ci hanno riferito alcuni giornalisti, i quali dicevano che addirittura, mentre D'Ambrosio era sotto i ferri del cardiochirurgo qualcuno in Giunta pensava di sostituirlo. Questo fa parte della politica spettacolo e delle questioni che ci ricordano la seduta di ieri del Consiglio regionale, dell'esperienza Viglietta, dell'esperienza Angeleri una politica che, a quanto sembra, non salva nessuno in questa Giunta.
Non mi riferisco a questo, quando parlo della solitudine dell'Assessore. Mi riferisco al rapporto con l'attività corale della Giunta.
Ho già detto del rapporto debolissimo, anzi di fatto inesistente fra sanità e assistenza, che avrà effetti terribili sul territorio.
Ma parliamo del rapporto fra sanità e ambiente. E' stata istituita l'Agenzia regionale per la prevenzione dell'ambiente; prima dicevo di come la prevenzione sia stata ben trattata nel Piano e di come sia stata adeguatamente finanziata, ma la prevenzione è una cosa che riguarda soltanto le strutture dell'Assessorato alla sanità o è una questione che deve essere prima di tutto affrontata in termini di questioni ambientali? Abbiamo qui avuto l'esperienza tragica del nostro amatissimo collega il Consigliere Ferraris, morto per il tumore della pleura, per il mesotelioma, che porta, quasi come l'impronta digitale, il segno dell'inquinante ambientale, dell'amianto.
Le questioni dell'ambiente sono fondamentali: e quale rapporto c'è tra il Piano Sanitario e le politiche dell'Assessore all'Ambiente? C'è il rischio che queste questioni siano trascurate. Anche il Co.Re.Sa., oggi, ha sottolineato come questo rapporto fra sanità e ambiente - in particolare con l'ARPA, della prevenzione con l'ARPA - debba essere ben curato.
Analoghe questioni fondamentali di rapporto esistono fra sanità e trasporti. Non è assolutamente ininfluente sulle condizioni di salute della nostra popolazione se si scelga o meno l'Alta Velocità: se si scelga il trasporto su gomma o su rotaia; non è ininfluente sullo stato di salute della nostra popolazione, se finalmente la nostra Regione si dà una corretta politica di rilancio economico.
Ma dov'è la collegialità della Giunta? Io la vedo in quella poltrona vuota, nella poltrona del Presidente della Giunta, che dovrebbe assumere in prima persona gli atti fondamentali.
Dove sono stati finora, in questi due anni, i progetti interassessorili, per costruire dei progetti di ampio respiro, che facciano decollare il Piemonte? Sono mancati e non ci sono in questo Piano, quindi queste due questioni fondamentali, ovvero il fatto che il Piano sanitario sia disgiunto dal Piano socio-assistenziale e che ci sia questa carenza di politica (che poi traspare nella struttura a collage del documento) inficiano notevolmente questo Piano, che pure contiene molti - e lo ripeto - aspetti dignitosi.
Di questo va dato merito non solo ai Consiglieri della IV Commissione ma in primo luogo all'Assessore, che ha dimostrato sensibilità, e questo va rimarcato pubblicamente.
Rimarcare pubblicamente questo non serve però ad assolvere da responsabilità politiche, che sono tutte e per intero della Giunta.



PRESIDENTE

La parola al Consigliere Moro.



MORO Francesco

Signor Presidente e colleghi Consiglieri, è molto importante discutere oggi in Consiglio regionale, dopo mesi di dibattito in IV Commissione, il progetto di legge n. 238: "Norme per la programmazione sanitaria e per il Piano sanitario per il triennio 1997/1999".
E' certamente gravissimo, da parte della Giunta regionale, presentare due Piani sanitari disgiunti. Piano sanitario e Piano socio-assistenziale: è difficile stabilire dove finisce l'uno ed inizia l'altro.
Il Piano sanitario per il Piemonte viene presentato dall'esecutivo con un inspiegabile ritardo di un anno e mezzo ed è equivalente, a nostro avviso, ad una scatola vuota.
Si tratta di un documento sanitario che enuncia una lunga serie di progetti sanitari, ma svuotati nei loro contenuti innovativi.
E' totalmente assente una valutazione politico-sanitaria sullo stato di attuazione del precedente Piano, che invece era doveroso fare per raffrontare e agire di conseguenza.
Manca - ed è grave - la relazione sullo stato di salute della popolazione piemontese e quella che analizza puntualmente le patologie emergenti, le strutture sanitarie esistenti nell'articolato e differente territorio piemontese.
Non compare il concetto di diritto e tutela della salute pubblica, che un Ente territoriale importante come la Regione Piemonte dovrebbe ricercare e rimarcare, specie in questa fase storico-politica proiettata verso un federalismo regionale con più poteri delegati alle Regioni.
In base alla più schietta filosofia politica di destra, l'esecutivo regionale concepisce la sanità come un mercato aziendale, monetizzando e speculando sulle malattie, a scapito della qualità dei servizi e delle prestazioni, che vengono sostituite con il concetto di efficienza.
Nelle strutture ospedaliere regionali e nel settore sanitario più in generale, si respira oggi una grave e pericolosa situazione di controriforma sanitaria, secondo gli indirizzi politici dei Decreti nn. 502 e 517 che hanno affievolito le iniziali speranze di una sanità più equa e corretta, con l'aggiunta poi di elementi peggiorativi che ne hanno vanificato le aspettative positive degli operatori del settore e della gente.
L'attuale assurda concezione presidenzialista della sanità dell'Assessore regionale, legata alla discutibile filosofia sanitaria del centro-destra di tipo liberista, con leggi di mercato selvagge che predominano nel piano sanitario, è l'evidenza chiara di una volontà privatistica che non vuole garantire la sanità pubblica e gratuita anche agli extracomunitari presenti, attraverso adeguati servizi sanitari territoriali che sono permanentemente scadenti (dalla psichiatria ai posti letto, ai Pronto Soccorso, alle sale operatorie e alla lungodegenza).
Quindi un Piano Sanitario Regionale burocratico e tecnicistico che avrebbe dovuto, per essere tale, rimarcare decisamente la prevenzione delle malattie con un forte stanziamento finanziario a bilancio '97, che invece è stato totalmente insufficiente alle esigenze e priorità sanitarie delle 29 UU.SS.LL. piemontesi.
In negativo basta ricordare che la Regione Piemonte in materia di prevenzione spende il 43% in meno di quanto speso a livello nazionale.
Un piano quindi privo di strategie sanitarie e di una logica chiara anche se capitalistica, che peggiora la già critica situazione piemontese.
Da questo negativo contesto risulta chiara l'apertura sfrenata alla sanità privata, giungendo ad accreditare le case di cura private per superare i problemi della rete ospedaliera e le convenzioni finanziate in conto interessi tra privati e UU.SS.LL. nel contesto dei servizi territoriali.
Noi comunisti contrasteremo duramente questa impostazione in tutti i campi della sanità, a partire dallo stato precario della psichiatria piemontese per giungere poi a tutti gli altri.
Solo iniziando a considerare i malati di mente come cittadini utenti e non come casi disperati e senza speranza si possono ottenere dei risultati soddisfacenti. D'altronde è vergognoso ricordare che la Legge 180 (fine dei manicomi) non è ancora totalmente applicata dopo 17 anni. Questo lo voglio dire perché ad Alessandria è successo un fatto vergognoso che ancora oggi non è stato risolto.
I servizi di diagnosi e cura dovrebbero essere collegati con i servizi territoriali di riferimento, possibilmente funzionanti, con un numero di posti-letto che deve essere rapportato alle reali esigenze di cura e di ricovero e non con l'ottica e le caratteristiche terapeutiche drammatiche tuttora perpetrate nei manicomi esistenti.
Ovviamente le tematiche del Piano sanitario regionale sono molteplici burocratiche, imprecise. Lo scontro politico avviene su due concezioni totalmente diverse della sanità: quella privatistico-aziendale della attuale maggioranza e quella di una sanità pubblica e gratuita, soprattutto portata avanti da Rifondazione comunista che presenterà molti emendamenti e farà una durissima battaglia istituzionale per migliorare l'assurdità di questo impossibile Piano sanitario.



PRESIDENTE

La parola alla Consigliera Simonetti.



SIMONETTI Laura

Signor Presidente e colleghi Consiglieri, concordo anch'io sul fatto che ci troviamo finalmente a discutere in quest'aula del Piano sanitario con un ritardo di oltre due anni e mezzo.
Con il Decreto De Lorenzo e con il conseguente processo di aziendalizzazione che ha investito tutto il settore sanitario è saltato completamente il concetto di diritto e di tutela della salute pubblica considerando ormai la sanità come un'attività aziendale in cui sono importanti i costi senza considerare invece il fondamentale rapporto costi benefici e si pensa perciò di poterne prevedere i costi e i ricavi speculando e monetizzando sulla malattia e sulla salute.
Questo a scapito quasi sempre della qualità dei servizi e delle prestazioni: viene sostituito sempre più il concetto di qualità con il concetto di efficienza. Concetto di efficienza che però si riduce, nella maggior parte dei casi, a puri calcoli ragionieristici tra costi e ricavi.
Questa premessa sta ad indicare che oggi ci troviamo in un pieno clima di controriforma e le proposte di questo Piano sanitario sono orientate in tal senso. Proposte che sono basate essenzialmente sui decreti nn. 502 e 517 (Decreto De Lorenzo) e che in alcuni aspetti a nostro parere vanno a peggiorare lo stesso decreto e il processo di aziendalizzazione che ha investito la sanità italiana.
Il primo punto di critica forte che è stato sottolineato non solo dal Gruppo di Rifondazione comunista, ma dalla maggior parte delle associazioni e degli Enti locali che sono stati consultati, riguarda la netta separatezza che si è venuta ad individuare tra sanità ed assistenza.
Ci troviamo a dover discutere un piano esclusivamente sanitario e abbiamo dall'altra parte un piano socio-assistenziale, per cui si è drammaticamente spaccata quell'area grigia, tutta quella zona di prestazioni in cui l'intervento sanitario e quello assistenziale dovevano necessariamente essere uniti energicamente.
Il Piano sanitario viene presentato - ripeto - con oltre due anni di ritardo e si pone esattamente in quest'ottica. Il piano regionale sanitario, o meglio ancora socio-sanitario come avrebbe dovuto essere, è per eccellenza lo strumento cardine per la programmazione sanitaria, ma di fatto questo piano - lo abbiamo già espresso in Commissione - si presenta sostanzialmente come una scatola vuota, un insieme di buoni propositi e di buoni principi, ma sostanzialmente vuoto di qualsiasi contenuto di fondo e in particolare vuoto delle risorse finanziarie che sono state addirittura indicate prima. Le scelte finanziarie sono state effettuate prima dello strumento di programmazione per eccellenza che è il piano sanitario.
La seconda critica importante è che manca una relazione sullo stato di salute della popolazione; una relazione epidemiologia, una conoscenza del territorio e quindi delle esigenze che dal territorio emergono per poter poi, sulla base di questa conoscenza, porsi degli obiettivi e individuare gli strumenti per raggiungerli, nell'ambito tanto della programmazione sanitaria quanto della razionalizzazione della rete ospedaliera. Mancando di fatto questo elemento che viene di per sé nel piano annunciato "a seguente", seguente all'approvazione del piano, è evidente che questo piano parte da una conoscenza dei fatti che o non c'è o è sicuramente superficiale.
Manca inoltre un punto di partenza, sembra che la sanità parta dall'Anno Zero. Manca un processo di valutazione sul precedente piano socio sanitario, la valutazione degli obiettivi che sono stati raggiunti e di quelli che non sono stati raggiunti; manca la valutazione sulle patologie emergenti; manca la conoscenza dei vari insediamenti produttivi sulla base dei quali è necessario un intervento regionale mirato sulla base di quelle esigenze.
Mancando tutto questo, che deve essere, a nostro parere, una premessa necessaria, come premessa necessaria doveva essere la conoscenza dello stato di salute della popolazione. Di fatto, il Piano assume connotati assolutamente da "libro del sogni": è un insieme di buoni principi, che mancano però di contenuto.
Piano sanitario slegato dalle risorse finanziarie: al documento non è stata allegata alcuna relazione sulle risorse finanziarie e, quindi, sugli strumenti e sulle risorse che s'intendono investire per il perseguimento degli obiettivi prefissati. Paradossalmente, la relazione è stata contenuta nella deliberazione della seconda fase dell'art. 20", approvata la scorsa settimana.
Secondo il Gruppo di Rifondazione Comunista "quella" è la vera deliberazione politica, che decide gli investimenti e gli obiettivi nell'ambito sanitario della nostra Regione.
Il filo logico, a nostro parere, è chiaro. Nella deliberazione sulla seconda fase dell'ex art. 20, con la quale sono stati distribuiti 2000 miliardi per la sanità, si sono privilegiati ingiustamente, a nostro parere, e senza criteri precisi, solo i presidi ospedalieri - e, nella maggior parte i "nuovi" presidi ospedalieri.
Non è stato inserito il finanziamento del territorio in quanto tale che invece è il vero punto di partenza per una programmazione sanitaria: il territorio, la prevenzione, l'intervento di educazione alla salute del cittadino, e non solo, com'è avvenuto, l'ospedale come luogo di cura del cittadino stesso.
Nel Piano sanitario che stiamo oggi affrontando si accantona quasi completamente il settore della prevenzione - cui viene dedicata qualche riga - che di per sé, invece, risulta un investimento strategico-chiave importante punto di partenza per la programmazione sanitaria e per la tutela della salute del cittadino.
La prevenzione dovrebbe essere il metro per verificare la validità e civiltà, l'umanità - se vogliamo - della politica sanitaria, per uscire finalmente dalla logica, dall'ottica da sempre oggetto della politica sanitaria di questo Paese: l'ottica della sanità ospedalocentrica, che vede come risultato il capitolo della prevenzione e della rete distrettuale assolutamente inadeguato e insufficiente rispetto alla necessità.
Quest'ultimo tema viene anch'esso affrontato, come la maggior parte dei settori, in termini ragionieristici. La Regione però fa anche male i calcoli, a nostro parere; forse l'Assessorato dovrebbe andarsi a rivedere gli stanziamenti per il settore-prevenzione: il Piemonte spende il 43% in meno di quanto non venga indicato come media nazionale.
Manca assolutamente un capitolo importante ed adeguato sulla prevenzione nei luoghi di lavoro; manca cioè quel filo conduttore importante sulla base del quale la programmazione sanitaria non può non fare i conti, dimenticarsi o mettere in un ghetto. Da questo settore parte poi, inevitabilmente, la cura, il luogo dove il cittadino viene curato dopo essersi, però, ammalato.
Risulta evidente il modo superficiale - l'abbiamo detto anche durante le lunghe discussioni in Commissione IV - con cui viene affrontato il capitolo della rete distrettuale.
Già in sede di Commissione, tra la sordità assolutamente eclatante di tutti i Gruppi politici, avevamo presentato un emendamento organico e complesso sulla rete distrettuale, che non ha visto alcun confronto tra le forze politiche - e ce ne dispiace - ma che tenteremo anche in quest'aula di ripresentare come elemento di discussione centrale per la programmazione sanitaria.
Tra i settori e i presupposti di obiettivi strategici contenuti nelle prime pagine del Piano sanitario, tra i livelli di assistenza importanti nell'ambito distrettuale - guarda caso - non viene inserito l'elemento secondo noi più importante, quello della prevenzione.
Nel complesso, non vengono individuate le funzioni fondamentali attraverso le quali il distretto stesso dovrebbe fungere da perno per il decentramento organizzativo nonché funzionale dei servizi sanitari, ma soprattutto territoriali e quindi extra-ospedalieri, sia nell'ambito sanitario quanto in quello socio-assistenziale.
La realtà dei distretti deve assicurare maggiormente le prestazioni di prevenzione e di riabilitazione in ambito sia sanitario sia della specialistica territoriale.
Tutto questo lascia una sostanziale amarezza, anche nella valutazione complessiva e politica del Piano sanitario.
Emergono dalla relazione i criteri generali, ovvero l'enunciazione dell'impostazione generale a cui il Piano si adegua - per poter sfuggire ai vari allegati e quindi alle varie aree d'intervento.
E' infatti frequente il riferimento alla necessità di una forte integrazione fra sanità e assistenza: è questo un primo elemento di contraddizione. Infatti, non solo ci troviamo di fronte a due Piani differenti, ma anche la metodologia di lavoro non affronta i due Piani in modo strettamente collegato, e quindi in concomitanza. Dichiarando la necessità di un Piano unico questa metodologia non è stato seguita: si è proceduto a discutere il Piano sanitario in Commissione senza aver neppure proceduto alle consultazioni sul Piano assistenziale.
Tralascio altri elementi importanti e da sottolineare: lo far eventualmente in un altro intervento.
La nostra valutazione del Piano si è "aggravata" dopo l'approvazione della seconda fase dell'ex art. 20, che di fatto è la vera politica realizzata da questa maggioranza e da questo Assessore regionale, ma che di fatto ha trovato larghissima maggioranza in quest'aula e che non risponde in alcun modo, agli obiettivi presentati nel Piano sanitario: i finanziamenti effettuati, 2000 miliardi, non hanno alcun legame nemmeno per obiettivi, nemmeno per strategie rispetto ad un Piano che perlomeno enuncia il territorio come elemento importante di investimento sanitario, ma anche nell'ambito della programmazione.



PRESIDENTE

La parola al Consigliere Cavaliere.



CAVALIERE Pasquale

Signor Presidente e colleghi Consiglieri, sarò brevissimo. Intendo infatti affrontare una sola delle grandi problematiche insite nel Piano che altri colleghi della minoranza hanno affrontato certamente meglio di quanto possa fare io.
La questione che volevo porre all'attenzione del Consiglio, e che credo il Piano non affronti o affronta male, non dando una risposta chiara, è quella del rapporto tra pubblico e privato.
Sappiamo che questo è un nodo importantissimo della sanità, non solamente di quella regionale, ma della sanità in termini nazionali. Il Piemonte ha mantenuto, pur con tutti i limiti che sempre denunciamo, una sua struttura di sanità pubblica, in ogni modo vitale. L'ha mantenuta, a differenza di altre regioni, per una sua storia.
Dicevo a differenza di altre regioni dove la storia e il rapporto sono stati diversi.
Non si tratta di affrontare la questione in termini ideologici, perch da questo punto di vista la questione è superata. Si tratta di trovare un equilibrio giusto nell'utilizzo delle risorse private della sanità.
In questo senso il privato, Assessore, deve essere sempre e comunque uno strumento della sanità pubblica, non può essere la sanità pubblica, ma uno strumento di cui si dota la sanità pubblica per dare delle risposte e dei servizi ai cittadini. Allora il nodo fondamentale è che l'accreditamento non può avvenire in maniera falsata dal punto di vista economico con il pubblico; quando noi utilizziamo un servizio, un braccio operativo privato per dare un servizio, esso deve adeguarsi non solo economicamente - ed è questo il punto - perché il privato tende ad una richiesta di adeguamento economico al pubblico. Ciò può essere riconosciuto solo quando questo adeguamento ha e può dare i livelli qualitativi del pubblico; cosa che non sempre avviene, cosa che al momento, nella gran parte dei casi non avviene.
Noi rischiamo di dare dei servizi, attraverso le strutture private, più carenti dal punto di vista qualitativo del pubblico e di pagarli come il pubblico.
Da questo punto di vista non conviene e non è nemmeno giusto. Noi possiamo e dobbiamo usare lo strumento privato quando questo si equipara in tutto e per tutto alla qualità dei servizi che dobbiamo e possiamo dare.
Credo che questo sia un nodo che il piano in qualche modo by-passa, non affronta, lascia a delle scelte soggettive future mantenendo aperto il discorso. Questo nodo rimane aperto, credo che sarà oggetto di ulteriore riflessione, ma il nostro giudizio rimane sospeso e quindi negativo proprio perché questo nodo rimane aperto.
Con questo non voglio dire che l'Assessore intende andare in una certa direzione negativa, che ho per certi versi tracciamo, ma per l'appunto non viene fatta una scelta chiara.
Questo è quello che volevo precisare; ci sono altre questioni che sono state già trattate e altri punti, posti con una serie di emendamenti, che vanno soprattutto a toccare la sanità di frontiera, cioè la sanità che deve dare risposta alle fasce più deboli, più complicate per ricevere servizi e vedremo chiaramente quale risposta intenderà dare l'Assessore agli emendamenti che abbiamo presentato.



PRESIDENTE

La parola alla Consigliera Manica.



MANICA Giuliana

Signor Presidente e colleghi Consiglieri, nell'intervenire sul piano sanitario regionale, devo dire che è una delle leggi più importanti, come hanno avuto occasione di ricordare prima molti colleghi, che quest'aula si appresta a discutere e votare nel corso di un'intera legislatura.
Vorrei fare prima alcune considerazioni di ordine generale rispetto alla legislazione che ci porta la stesura di questo piano, alla legislazione regionale precedente, nella quale questo piano si quadra, per fare poi alcune osservazioni su quanto riteniamo sia stato produttivo il lavoro della Commissione e quanto, invece, ancora rimanga da fare - in negativo - su questo piano.
Noi andiamo a votare un piano sanitario regionale per la prima volta dopo il processo di aziendalizzazione sulla base del 502 e del 517. Una nuova legislazione nazionale come questa, che porta alla costituzione delle aziende sanitarie, ci pone un primo problema di fondo: "quale" piano sanitario regionale.
Un piano generale compiuto, onnicomprensivo, che arriva a programmare dalle linee generali fino all'ultimo dettaglio, come quando avevamo un'organizzazione della sanità diversa, che era quella delle UU.SS.SS.LL.
peraltro organizzate in questa Regione con uno dei piani sanitari, allora Assessore Sante Baiardi, tra i più avanzati in quel momento all'interno del territorio nazionale e una delle organizzazioni di questa sanità e del socio assistenziale in Piemonte che peraltro in molte situazioni ci hanno invidiato. Quella era una fase.
Oggi, davanti al 502 e al 517 la domanda è "quale piano rispetto alle aziende".
Forse allora un piano direttamente gestionale, data la separazione che noi abbiamo ritenuto importante in queste leggi tra il piano della programmazione che viene demandato alle regioni e il piano della gestione che viene demandato alle aziende; forse il piano di cui oggi abbiamo bisogno è un piano che abbia grandi, alti, significativi e sintetici obiettivi di programmazione generale, che parta da alti, significativi e sintetici obiettivi generali che si riferiscono non alla gestione della sanità, così come è, ma agli obiettivi di salute che sono la cosa fondamentale che un piano si deve dare.
Quindi, forse, questo è l'ambito di programmazione che la nuova legislazione demanda a una Regione e a un piano sanitario regionale.
Gli obiettivi di salute, la loro definizione, livelli programmazione che siano in grado di essere all'altezza di questi. Obiettivi di salute che si devono, come molti hanno detto qui, ovviamente verificare sulla base di una relazione dello stato di salute, sullo stato di salute, sullo stato di attuazione dei piani e della legislazione precedente, obiettivi di salute che devono essere individuati non solo in termini generali rispetto al piano sanitario nazionale o a ciò che l'organizzazione mondiale della sanità ci dice, ma obiettivi di salute che devono essere individuati all'interno del contesto nostro piemontese e la prima domanda, se questa è l'esigenza, è "questo piano ha fatto questo?".
Mi pare che a questa prima domanda generale possiamo sostanzialmente nel complesso della questione, rispondere di no.
Perché non ha fatto questo? Perché da un punto di vista generale quegli obiettivi di salute di cui parlavo non li abbiamo individuati. Io ho cercato di dare a questi, nel mio intervento, perché la separazione tra la sanità e l'assistenza, ma non solo, la separazione più ampia tra un piano sanitario regionale e il resto del contesto dei grandi interventi che una Regione deve fare è un altro elemento di fondo che ci dice che quell'ambito di definizione del piano è difficilmente raggiungibile. Ci sono poi altri elementi che ci dicono che a quel Piano con obiettivi alti andava per collegato (visto che i decreti 502 e 517 giustamente dicono che il Piano gestionale da un'altra parte è alle Aziende) ad uno strumento importante un Piano di obiettivi e di programmazione, unito ad un livello possibile di controllo e di feed-back rispetto alle Aziende.
Tant'è che se questo non avviene, noi ci chiediamo che relazione ci sia oggi tra il Piano e quel punto fondamentale che al cap. 3, art. 11, noi chiamiamo "contenuti delle intese di programma"; quale rapporto tra la Regione, il Piano della Regione e le intese di programma che annualmente le Aziende definiscono e che la Regione con le Aziende sigla e definisce.
Un Piano quale quello che io ho prospettato rende facile, possibile costruire dei momenti di programmazione, dei momenti di intervento e di controllo rispetto alla parte relativa alle intese di programma.
Un Piano di tipo diverso rende forse più difficile un elemento di rapporto stretto tra questi due momenti, facendoci correre il rischio che il Piano sia un documento importante, significativo, ma incelato, scritto da una parte, e dall'altra parte che la gestione vera, quotidiana, concreta della sanità piemontese sia relegata e demandata a quelle annuali intese di programma con una possibilità - non facilità - ad individuare le interrelazioni tra gli obiettivi di programmazione del Piano e quelle intese programmatiche annuali che si vanno a siglare.
Ovviamente, esprimo questi come degli elementi critici, aperti, di dubbio, nei confronti di un'impostazione di Piano che si è scelta rispetto ad un'altra che si poteva scegliere. Questo fa parte della discrezionalità amministrativa e di governo di chi in quel momento opera.
Io svolgo un ordine di ragionamento rispetto a come noi, in un ruolo di governo, avremmo operato, e mi riferisco al documento che mi trovo davanti.
Detto questo, che è un rilievo di fondo e che non poteva essere modificato dal lavoro della Commissione (perché questa era una scelta di impostazione generale del Piano, per fare le altre cose bisognava sceglierne un'altra) che cosa, dentro questa impostazione del Piano, il lavoro della Commissione ha determinato e cosa non ha determinato? Fatta salva un'impostazione del Piano che - ripeto - non è quella che noi avremmo condiviso, scelto, voluto, il lavoro della Commissione è stato utile e produttivo; in questa direzione penso che ci possiamo dare atto tutti e reciprocamente, maggioranza ed opposizione, di un proficuo lavoro, di un lavoro costruttivo e anche di una disponibilità da parte dell'Assessore ad un'interlocuzione all'interno della Commissione sulle problematiche che via via venivano poste.
Ciò premesso, noi riteniamo significativo del nostro lavoro in Commissione alcune cose. Quella mancanza di obiettivi di salute individuati in quel modo rendono inevitabilmente questo Piano ciò che gli altri Consiglieri hanno detto: un momento ospedalocentrico, cioè un Piano che tende prevalentemente, inevitabilmente, per la scelta di fondo, a razionalizzare ciò che in sanità oggi è già esistente nella nostra Regione.
E quando si razionalizza, come momento prevalente, ciò che in sanità oggi è già esistente, è inevitabile che si razionalizzi e si operi sulla rete ospedaliera, cosa che in sanità esiste corposamente e massicciamente su cui bisogna intervenire con criteri di efficacia ed efficienza e su cui si può intervenire solo con criteri di efficacia e di efficienza. Perché se si estrapola quel pezzo da un contesto vero, relativo al territorio e alla prevenzione (cioè a come non arrivare a quella sede ospedaliera), è inevitabile che criteri di unica efficienza ed efficientismo diventino prevalenti all'interno di una struttura di Piano.
Detto questo, riteniamo che alcune cose abbiano subìto delle modificazioni positive che possono essere annesse al complessivo lavoro svolto all'interno.
Penso, ad esempio, a come siamo riusciti a modificare, a rendere più corposa la parte relativa ai distretti e quella relativa alla prevenzione (cito solo alcune delle modifiche apportate, perché le ritengo più significative).
Penso, ad esempio, all'introduzione della problematica del distretto montano come elemento molto importante, peraltro sollevato in moltissime Aziende sanitarie dalle Comunità locali.
In una Regione che di montagne ne ha molte, che di distretti montani ne ha francamente molti la risposta vera è un potenziamento dei servizi all'interno del distretto; è una risposta che va nella direzione delle esigenze poste da quelle aree ed è una risposta giusta rispetto a possibili fughe in avanti o a richiesta di soluzioni sbagliate che possono essere quelle di distaccare Aziende sanitarie montane o quant'altro, cosa che sarebbe invece negativa per quei territori e per quei servizi.
Penso a come abbiamo lavorato, ad esempio, sulle parti relative ai punti più deboli del Piano e che riguardano il terzo allegato; mi riferisco a quella parte di interventi sanitari a rilievo socio-assistenziale che mancando il Piano socio-assistenziale e il raccordo con questo, rischiava di diventare - rischia, per alcuni aspetti, tuttora - il grande momento di implosione per la realtà piemontese, negli interventi su questa parte.
Si è quindi riusciti ad intervenire sul settore materno-infantile, su tutte le problematiche relative alla psichiatria e su tutte le problematiche relative alle condizioni più complesse e più disagiate da questo punto di vista.
Rimane un'ultima parte, oltre all'impostazione generale su cui forse più coraggio poteva essere trovato pur nell'insufficienza - questa sì legislativa anche a livello nazionale; insufficienza peraltro riconosciuta dallo stesso Ministro Bindi, e mi riferisco al ruolo delle autonomie locali nuovo e diverso, al ruolo degli operatori, al ruolo al momento di controllo dell'utenza.
Certo, i decreti 502 e 517 non consentono più di quanto è scritto oggi nelle leggi.
Ricordo, però, all'Assessore che leggi precedenti, la n. 10 e la n. 39 di questo Consiglio regionale, in alcuni articoli individuavano nel livello provinciale un momento importante di intervento sulla programmazione, oltre alla Regione.
Perché con più forza non dire che lì si demanda di più, anche sulla base di leggi che noi abbiamo, votate da questa Regione, e che quello pu cominciare a diventare un momento di raccordo più forte dei Sindaci delegando loro anche dei pezzi di controllo e di programmazione che in questo momento spettano alla Regione (sempre dentro all'utilizzo di queste leggi)? Questo del "cahier des doleances" dei Sindaci e delle Comunità locali è un problema enorme che abbiamo riscontrato ovunque nelle consultazioni.
Altre due cose su cui più coraggio forse si poteva avere sono il rapporto nuovo e diverso di coinvolgimento degli operatori sanitari a tutti i livelli. Non bastano più le vecchie forme di coinvolgimento, i Consigli dei sanitari e quant'altro): una struttura aziendalizzata deve poter vedere momenti diversi di rapporto.
Per ragioni di sintesi - e concludo rapidamente - anche per quanto riguarda l'utenza, criteri nuovi e importanti, che non sono solo semplicemente partecipativi, ma di controllo sui livelli di qualità e di erogazione dei servizi, forse si poteva pensare a cose più audaci, magari ad un Authority regionale che avesse, da questo punto di vista, una veste legale.



PRESIDENTE

La parola al Consigliere Mancuso.



MANCUSO Gianni

Signor Presidente e colleghi Consiglieri, le scelte politiche contenute in questo disegno di legge sono naturalmente in linea sia con la legge n.
833, inerente la riforma sanitaria del 1978, sia con i decreti legislativi nn. 502 e 517.
L'iter di questo disegno di legge è stato lungo e impegnativo; in fase di consultazione sono state sollevate alcune osservazioni molto interessanti e utili per i lavori della Commissione che ci hanno permesso di svolgere il miglior lavoro possibile.
Per esempio il ruolo dei distretti è stato segnalato dagli Enti locali come prioritario nella programmazione da parte dei direttori generali.
Quindi una presenza sul territorio delle specialità specifiche che fosse più efficiente e più rispondente alle necessità dei cittadini e degli utenti; una revisione delle rete ospedaliera vista contestualmente al potenziamento di servizi sul territorio.
Sostanzialmente il Piano individua gli obiettivi da raggiungere e propone la gestione di questi obiettivi.
Siamo di fronte ad un graduale processo di delegificazione che passa anche attraverso la considerazione che le aziende sanitarie, nella loro più totale autonomia, potranno realizzare l'operatività dei principi generali che siamo andati a definire nel Piano dal momento che la Regione espleta il suo mandato di programmatrice.
Nel Piano sanitario regionale troviamo molti principi qualificanti, nel cito solo alcuni per brevità: il principio della concorrenza e equiparazione tra pubblico e privato, che consente al cittadino la scelta tra le strutture esistenti sul territorio. Principio tramite il quale viene messo a disposizione di tutti i cittadini, di tutti gli utenti, un servizio sanitario omogeneo su tutto il territorio regionale.
Il sistema sanitario deve, seppur con un certo ritardo - ma non certo dovuto all'attività del legislatore regionale - passare da un'impostazione degli anni passati che rispondeva più che altro ad una logica di soluzione dei problemi acuti, cosiddette acuzie, ad un servizio che oggi deve essere più rivolto alle patologie di tipo cronico degenerativo che sono tipiche degli utenti anziani, stante la situazione demografica italiana che è caratterizzata da poche nascite associata all'allungamento medio della vita dei cittadini.
Il principio del miglioramento della qualità dei servizi erogati che parrebbe perfino superfluo, ma comunque si individuano percorsi per ottenere un effettivo miglioramento. Inoltre è stato preso in considerazione il principio della miglior valorizzazione possibile delle risorse umane e professionali e il principio della razionalizzazione della spesa.
Questo principio dovrebbe essere ovvio per gli amministratori come noi e in subordine per tutti quelli che ci trovano a gestire le risorse pubbliche, comunque è difficile da raggiungere perché il prodotto finito di questa azione amministrativa ovviamente è la salute di noi tutti, sulla quale non sempre risulta semplice ridurre la spesa.
Il Piano in definitiva è uno strumento elastico, snello che consente futuri adeguamenti alle realtà amministrative che potranno cambiare.
Naturalmente il Piano segue un ordine logico per ciascuna delle aree di intervento.
Come è già stato ricordato da alcuni colleghi i lavori della Commissione sono stati caratterizzati da un clima di grande collaborazione nell'ambito della quale la Giunta, e in particolare l'Assessore D'Ambrosio hanno dimostrato grande attenzione al contributo di tutti i Consiglieri della minoranza, che con la presentazione dei loro emendamenti hanno contribuito non poco alla stesura definitiva.
Concludo affermando che il Piano che oggi ci viene sottoposto oggettivamente parte dal basso ed è la sintesi del contributo di tutti e nonostante alcune critiche udite qui oggi - per lo più in chiave costruttiva - non si può dire che questo sia un Piano calato dall'alto che non tiene conto di tutte le logiche inerenti a questo settore.



PRESIDENTE

La parola all'Assessore D'Ambrosio.



D'AMBROSIO Antonio, Assessore alla sanità

Signor Presidente, colleghi Consiglieri, siamo finalmente giunti alla discussione in aula del disegno di legge regionale relativo alle "Norme per la programmazione sanitaria e per il Piano sanitario regionale per il triennio 1997 - 1999".
Siamo finalmente giunti non con due anni e mezzo di ritardo, ma con dodici anni di ritardo, perché se è vero, come è vero, che l'ultimo Piano regionale redatto dalla Regione Piemonte è quello del 1985/1988 debbo dire che i ritardi sono notevoli e ovviamente non imputabili al sottoscritto che ha dovuto affrontare tutta una serie di problematiche lasciatemi in eredità.
Credo che l'approvazione del Piano sanitario regionale non costituisca un punto d'arrivo, bensì un punto di partenza per la sanità piemontese.
Prima di entrare nel merito dei contenuti del disegno di legge mi sembra utile accennare brevemente ad alcune considerazioni di carattere generale.
La prima considerazione riguarda l'iter che ho inteso seguire per la predisposizione del Piano stesso. Posso affermare che, contrariamente a quanto mi risulta sia avvenuto in passato, questo Piano - così come diceva il collega Mancuso - sia nato attraverso un meccanismo "dal basso verso l'alto" nel senso che la prima stesura, che è del giugno 1996, è stata oggetto di confronto con tutti i protagonisti della sanità regionale.
Credo infatti che abbia costituito un momento qualificante del Piano il confronto che ho definito "Preconsultazione" nei mesi di luglio, agosto settembre ed ottobre 1996 e che ha portato ad una stesura ulteriore approvata poi dalla Giunta a fine ottobre.
Successivamente sono state attivate le procedure previste e cioè le consultazioni ufficiali da parte della IV Commissione consiliare ed il dibattito in sede di IV Commissione stessa. Devo dire che queste tappe hanno contribuito in maniera sostanziale alla definizione dei contenuti del Piano sanitario. Mi riferisco in particolare al lavoro costruttivo prolungatosi per circa sei mesi, svolto in IV Commissione dove ho potuto apprezzare la fattiva collaborazione da parte di molti Consiglieri commissari - che ringrazio ufficialmente - nel tentativo di consegnare alla sanità piemontese uno strumento decisivo per rendere il Servizio sanitario regionale più aderente alle necessità dei cittadini. Durante i lavori della IV Commissione, ad esempio, è stato introdotto il concetto di distretto montano - ne dò atto ai colleghi del PDS - quale elemento specifico della realtà piemontese, così come la definizione più puntuale degli obiettivi afferenti alla prevenzione delle alcool e tossicodipendenze.
Un secondo elemento che va tenuto in considerazione è il costo che è stato sostenuto per la predisposizione del Piano sanitario.
Infatti il Piano è stato completamente elaborato all'interno dell'Assessorato con il confronto continuo ed il coinvolgimento delle Aziende sanitarie e di tutti i protagonisti, come dicevo in precedenza della sanità piemontese, il tutto a costo zero.
Colgo l'occasione per ringraziare i funzionari dell'Assessorato presenti in aula, che hanno dato questo contributo notevole alla stesura del Piano stesso.
La metodologia di lavoro che ho seguito mi pare sia coerente con quella scelta di fondo cui facevo riferimento all'inizio di questa relazione: una programmazione "dal basso verso l'alto". Soltanto così è possibile far emergere i problemi reali sia dal punto di vista di chi eroga i servizi sanitari che dal punto di vista di chi ne usufruisce.
E' un Piano sanitario valido o no? Lo vedremo fa uno o due anni. Debbo comunque affermare con convinzione che sicuramente non è una scatola vuota.
Questa mi pare debba essere la chiave di lettura del Piano sanitario e cioè la finalizzazione delle risorse assegnate alla sanità alla soluzione di problemi oggettivi.
Un'altra questione evidenziata sia in sede di IV Commissione che in sede di consultazioni, sia in quest'aula, è stata la scelta effettuata dalla Giunta di predisporre, con due atti distinti, un Piano sanitario regionale ed un Piano socio-assistenziale regionale.
La scuola di pensiero di chi sostiene che la programmazione sanitaria e socio-assistenziale non vadano disgiunte trova il sottoscritto e la Giunta assolutamente concordi.
Questo non vuol dire però accorpare in un unico provvedimento obbligatoriamente la programmazione socio-sanitaria. A mio parere la tipologia di documento programmatorio è un falso problema o, se preferite un problema esclusivamente formale.
Infatti occorre considerare che la legge di Piano sanitario regionale approva tre allegati uno dei quali, l'allegato c), costituisce proprio la programmazione socio-sanitaria intesa non come aggregazione onnicomprensiva di tutti i problemi sanitari e di tutti i problemi socio-assistenziale.
Sono convinto infatti che la sanità sia costituita da due macrotipologie di attività, l'una esclusivamente sanitaria l'altra con dei forti contenuti di integrazione funzionale con il versante socio assistenziale.
Così come sono convinto che il socio-assistenziale ricomprenda funzioni squisitamente proprie accanto a funzioni di forte correlazione con i servizi sanitari. Sarà comunque impegno del sottoscritto e del Presidente della Giunta far sì che il Piano socio-assistenziale venga presentato e approvato quanto prima in quest'aula.
Proprio partendo da questo presupposto l'allegato c) del Piano sanitario è un vero e proprio Piano socio-sanitario essendo costituito dalla programmazione relativa a quelle aree di intervento in cui l'integrazione socio-sanitaria assume una valenza specifica. Mi riferisco alla tutela della salute degli anziani, alla tutela materno-infantile, alla tutela della salute mentale, alla tutela dei disabili fisici, psichici e sensoriali, alla prevenzione delle dipendenze e delle infezioni da HIV.
In ogni caso la coerenza e le sinergie tra programmazione sanitaria e socio-assistenziale sono ribadite dal Piano socio-assistenziale che è oggetto dei lavori della IV Commissione, così come definito nell'allegato c) alla legge che ci accingiamo a discutere.
Il problema dell'integrazione socio-sanitaria è in definitiva un problema di fondo, soprattutto a livello territoriale che non può essere svilito ad una mera questione formale sulla titolazione del documento che ne definisce la programmazione. Sono convinto che il problema vero sia soprattutto di carattere organizzativo e gestionale: occorre chiarire chi fa che cosa e attraverso quale modalità i due comparti integrano le proprie risorse per raggiungere obiettivi comuni, soprattutto in quelle aree in cui questa integrazione risulta decisiva per il perseguimento degli obiettivi fissati dal Piano, si chiami esso Piano sanitario regionale o Piano socio sanitario regionale.
Detto questo vorrei ancora puntualizzare qualche altro aspetto di carattere generale.
In IV Commissione ed in sede di consultazioni è emersa più volte la questione relativa al fatto che la proposta di Piano sanitario non fosse sufficientemente analitica.
E' stato anche ricordato da parte del sottoscritto che, a differenza dei Piani precedenti, onnicomprensivi, centrati sia su aspetti generali che specifici e, aggiungo io, centrati da elementi di eccessiva rigidità questo Piano non può non tenere conto del processo di aziendalizzazione introdotto con le leggi di riordino n. 502 e n. 517 rispettivamente del 1992 e 1993.
La scelta politica è stata quella di pensare al Piano sanitario come ad uno strumento di obiettivi e di strategie, lasciando alle singole aziende l'autonomia degli strumenti più utili rispetto alla specificità locale per il loro proseguimento.
Credo che questo tipo di approccio alla programmazione sanitaria sia quello più razionale rispetto ai profondi mutamenti della sanità cui abbiamo assistito in questi ultimi anni.
Non è più possibile pensare di calare dall'alto modelli preconfezionati, molto spesso a tavolino senza conoscere le singole realtà indifferentemente su tutto il territorio regionale che presenta indubbie differenze in termini di caratteristiche sociali e di territorio.
Mi permetto di aggiungere che per quanto attiene al coinvolgimento degli Enti locali e dei Sindaci nella programmazione, questo è un problema che sarà affrontato con gli Assessori a livello ministeriale e che è uno dei problemi di rivisitazione del decreto legislativo n. 502. Se da parte mia, con i colleghi di area, sostengo, che alla programmazione i Sindaci debbono partecipare, non mi sento però di accogliere il principio, ribadito con insistenza, dalla maggior parte dei Sindaci, che il controllo di gestione, venga affidato loro. I Comitati di gestione, molti dei quali di infausta memoria non possono essere ricostituiti. Quindi, integrazione a livello di programmazione nel senso di coinvolgimento, ma non più gestione da parte degli Enti locali.
Il Direttore Generale che opera all'interno di una specifica area deve gestire e quindi deve decidere come sia possibile perseguire gli obiettivi.
Questi obiettivi valgono per tutta la popolazione piemontese e costituiscono in qualche modo il "Cosa", della programmazione regionale. E allora occorre che il Piano "cammini" utilizzando strumenti diversi rispetto alla legge che definisce strategie generali e precisi obiettivi.
Penso alle intese di programma, ai piani di attività, alle relazioni aziendali ed alle deliberazioni attuative che la Giunta adotterà successivamente al Piano.
Lo strumento amministrativo è sembrato infatti più coerente con questa scelta di fondo in quanto è più facilmente adattabile ai mutamenti del rapporto tra domanda ed offerta di prestazioni sanitarie, che altrimenti verrebbero ingessate all'interno di una legge per la cui eventuale modificazione i tempi e le procedure sono sicuramente meno agevoli.
E' ovvio che tutti gli atti amministrativi successivi all'approvazione della legge di Piano dovranno rimanere all'interno del binario tracciato dal Piano sanitario stesso.
Passando ad un'analisi più specifica delle caratteristiche del Piano sanitario, mi sembra necessario accennare velocemente al mutato scenario giuridico all'interno del quale nasce questo documento.
Gli anni che vanno dal 1992 ad oggi rappresentano, sotto il profilo normativo, un periodo di grandissimo interesse. A cominciare dal riordino del Servizio sanitario nazionale e successivamente regionale e dal rilancio del processo di pianificazione complessivo.
Per quanto concerne il riordino del Servizio sanitario nazionale, il riferimento è dato dal decreto legislativo n. 502/92 modificato dal decreto legislativo n. 517/93 che ha configurato un nuovo scenario caratterizzato prevalentemente dall'aziendalizzazione del sistema e dalla responsabilizzazione delle Regioni.
A questo proposito debbo subito chiarire alla Consigliera Simonetti che quanto prevede il Piano sanitario regionale del Piemonte, per il settore privato, viene estrapolato dal Piano sanitario nazionale e dai decreti legislativi nn. 502 e 517, i quali prevedono che il privato sia considerato alla stessa stregua del pubblico quando ha le caratteristiche di idoneità per poter lavorare e quindi nel momento in cui viene accreditato.
Occorre però ricordare che i decreti di riordino ribadiscono la sostanziale positività della politica generale derivata dalla legge n.
833/78 intesa come politica di protezione globale della salute fornita da un Servizio sanitario nazionale come quello della Gran Bretagna, della Svezia e della Spagna; un Servizio sanitario nazionale che trae le risorse dalla contribuzione o dalla leva fiscale e che comunque eroga prestazioni generalmente indipendenti da condizioni di censo. Al contrario i sistemi mutualistici, come quello della Francia e della Germania o assicurativi come quello degli Stati Uniti erogano prestazioni dipendenti dalla capacità contributiva di ciascun assistito.
Credo che i sistemi sanitari globali come quello italiano, siano senza dubbio, a parità di risorse investite, di gran lunga più efficienti e più efficaci rispetto ai sistemi mutualistici ed ancor di più rispetto ai sistemi assicurativi.
Basti soltanto riflettere sul fatto che i primi sistemi finanziano la tutela della salute (il nostro sistema di finanziamento è basato sulle quote capitarie finalizzate a coprire tutte le necessità sanitarie) mentre i secondi rimborsano la malattia, intervenendo esclusivamente quando l'evento morboso si è instaurato.
Con questo intendo sottolineare come il presupposto da cui è partita l'intera programmazione sanitaria regionale sia coerente con le connotazioni di un sistema di protezione globale.
Quando si parla di riordino quindi non si intende mettere in discussione il tratto distintivo del Servizio sanitario nazionale. Occorre intendere il riordino come una serie di provvedimenti volti a rendere più efficienti le Unità sanitarie locali ed a porre rimedi ai problemi di finanziamento della spesa sanitaria conseguenti alla precedente riforma.
Le leggi di riordino sono state recepite dalla Regione Piemonte con le leggi regionali n. 39/94, n. 8/95 e n. 10/95. Ma quelli sono i tratti distintivi del riordino? Penso che possano essere ricondotti in tre scelte di fondo, delle quali qualsiasi legge programmatica regionale deve tener conto.
La prima riguarda la limitazione considerevole del ruolo dello Stato rispetto al precedente assetto definito dalla legge n. 833/78. Lo Stato attraverso il Piano sanitario nazionale, anch'esso triennale, fissa gli obiettivi fondamentali di prevenzione, cura e riabilitazione, i livelli di assistenza uniformi da assicurare sul territorio nazionale ed i relativi finanziamenti sia in termini di spesa corrente che in conto capitale.
Le ulteriori specificazioni ed i modelli organizzativi sono demandate alle Regioni, in funzione delle specifiche esigenze del territorio e delle risorse effettivamente disponibili.
La seconda scelta di fondo è l'aziendalizzazione delle strutture sanitarie.
Le UU.SS.LL. e taluni ospedali si configurano come "Aziende dotate di personalità giuridica pubblica, di autonomia organizzativa, amministrativa patrimoniale, contabile, gestionale e tecnica".
In quanto aziende assumono organizzazione e regole di funzionamento tipiche dell'imprenditoria: contabilità economico-patrimoniale, contabilità analitica, controllo di gestione contratto di diritto privato per la struttura dirigente che risponde alla Regione del raggiungimento di obiettivi determinati sia in termini di attività che in termini di spesa.
La terza scelta di fondo coincide con la maggiore responsabilità delle Regioni nella conduzione del sistema sanitario.
Alle Regioni infatti competono la definizione dei criteri di finanziamento delle aziende, la copertura dei loro eventuali disavanzi, la determinazione delle tariffe, l'accreditamento delle strutture sanitarie ed il controllo di qualità delle prestazioni erogate.
Nel complesso il riordino mira a responsabilizzare maggiormente l'intero sistema, introducendo elementi di mercato (il sistema pubblico privato e le tariffe) ed assegnando alla programmazione regionale il compito di assicurare adeguati livelli assistenziali evitando i rischi della mercificazione del prodotto salute che possono essere introdotti dalle nuove regole.
L'attuazione del riordino a livello della Regione Piemonte si è concretizzata nei provvedimenti legislativi precedentemente citati che hanno consentito alle aziende di entrare in funzione dal primo gennaio 1995.
Rispetto alle norme sull'organizzazione aziendale la scelta è stata quella di limitare il riordino alla definizione degli elementi essenziali evitando di indicare la micro-organizzazione lasciando margini di discrezionalità alla specificazione locale, da intendersi come volontà di rispettare pienamente il principio di autonomia aziendale.
Sono convinto, considerato che i Direttori Generali rispondono alla Regione degli obiettivi assegnati, della necessità che le Aziende possano delineare autonomamente l'organizzazione ed adottare soluzioni coerenti con le specificità della propria realtà locale.
Sul versante programmatorio, il riferimento nazionale è costituito dalle disposizioni delle leggi finanziarie in materia ospedaliera, il D.P.R. 27/3/1993 in materia di emergenze e dal D.P.R. 1/3/1994 di approvazione del Piano sanitario nazionale per il triennio 1994 - 1996 che unitamente ad altre normative di settore sugli anziani (progetto obiettivo del 30/1/1992) sull'handicap (legge n. 104/92) e sulla salute mentale (D.P.R. 7/4/1994) hanno delineato, per la prima volta, un quadro di riferimento programmatorio generale e settoriale.
Partendo proprio da questi presupposti ho predisposto il Piano sanitario regionale per il triennio 1997 - 1999.
La metodologia che è stata utilizzata per la stesura del documento è caratterizzata da alcuni parametri.
Il Primo è l'articolazione del Piano in tre allegati, uno sugli strumenti per l'attuazione dello stesso e cioè le strutture operative del Servizio sanitario regionale (i distretti, il dipartimento di prevenzione e la retta ospedaliera), l'Università e le risorse economico-finanziarie. Il secondo ed il terzo allegato ricomprendono gli obiettivi e le strategie della politica sanitaria suddivisi per aree di intervento.
L'allegato b) ricomprende 21 aree di intervento sanitario, mentre l'allegato c) ricomprende 6 aree di intervento sanitario a rilievo socio assistenziale, costituendo, come ho precedentemente sottolineato, di fatto un Piano socio-sanitario che risponde ai criteri già illustrati.
Per ognuna delle aree di intervento sono state analizzate le caratteristiche della domanda, quelle relative all'offerta del Servizio sanitario regionale e, conseguentemente e coerentemente rispetto alle criticità evidenziate dall'analisi del rapporto tra domanda ed offerta sono stati individuati obiettivi e strategie organizzative.
In questo modo è stato possibile definire il "Cosa", che costituisce di fatto l'indirizzo politico dell'Assessorato e della Giunta regionale lasciando i Direttori Generali delle Aziende sanitarie sufficientemente autonomi nella definizione del "Come" raggiungere gli obiettivi di Piano.
E' evidente che questa metodologia e questo approccio alla soluzione dei problemi della sanità piemontese necessitano di un forte sostegno e di un forte supporto perché le 29 Aziende sanitarie individuate da questa Regione si muovano in maniera coordinata verso obiettivi comuni.
Proprio consapevoli di questa necessità i lavori della IV Commissione consiliare hanno prodotto l'art. 3 del disegno di legge che ci accingiamo a discutere e cioè l'istituzione dell'Agenzia regionale per i servizi sanitari la cui attività è finalizzata proprio a garantire un supporto idoneo sia all'Assessorato che alle Aziende sanitarie nel processo di sviluppo omogeneo degli obiettivi fissati dalla Regione.
A questo punto mi sembra opportuno passare in rassegna per sommi capi le aree di intervento e gli strumenti individuati dal Piano sanitario mettendo in evidenza soprattutto obiettivi e strategie programmatiche.
Il distretto è stato definito dal Piano sanitario come punto di accesso, di orientamento della domanda e di verifica dei servizi sanitari nonché soggetto direttamente erogatore dell'assistenza territoriale.
E' stato anche definito che il distretto rappresenta il nodo di integrazione con i servizi ospedalieri, i servizi sanitari e quelli socio assistenziali.
Una terza considerazione sul distretto è quella che lo vede come centro regolatore dell'equilibrio tra necessità ed offerta di prestazioni.
Infine considero di grande importanza l'introduzione del concetto di distretto montano inteso come distretto potenziato e raccordato alle corrispondenti comunità montane, in coerenza con le previsioni della legge n. 97/94. Allo stesso tempo posso affermare a nome mio e della Giunta che non ci sarà la possibilità di istituire aziende sanitarie montane per molteplici motivi. Il primo, fra tutti, è che se una sola richiesta in tal senso venisse approvata, essa avrebbe un effetto a catena per cui passeremmo dalle 29 aziende oggi esistenti ad almeno 40 aziende, per poter venire incontro a tutte le richieste che almeno informalmente mi sono state rivolte.
Sul dipartimento di prevenzione mi pare di grande interesse, in particolare, la previsione di revisione organizzativa dell'epidemiologia che dovrà essere articolata su diversi livelli e che sono convinto possa costituire un presupposto fondamentale sia per la verifica dello stato di attuazione di questo Piano sanitario che per la predisposizione di quello successivo.
La Regione Piemonte ha utilizzato in passato soltanto il 40% dei fondi per la prevenzione, nel nuovo Piano è previsto addirittura uno sforamento nell'impegno di quello che è mediamente l'impegno nazionale, cioè il 5% del fondo sanitario.
La revisione della rete ospedaliera rappresenta certamente uno degli aspetti più significativi e più innovativi di tutta la programmazione sanitaria regionale.
Debbo, a tal proposito, rispondere a coloro che sostengono che i 2.000 miliardi dell'ex art. 20, distribuiti a tutte le Aziende su richiesta delle stesse, abbiano fatto sì che ci sia stato un indirizzo estremamente ospedalecentrico. Ciò in realtà non è perché le disposizioni erano nazionali, in tal senso. Noi dovevamo adeguare le strutture e l'impiantistica ai sensi del decreto legislativo 626/94, e successive modifiche. Per quanto riguarda l'impegno per il territorio, l'art. 20 non prevedeva un impegno specifico. Quindi, in realtà, l'orientamento verso la ristrutturazione e la messa a norma e l'umanizzazione degli ospedali non significa aver avuto un atteggiamento ospedalecentrico e aver penalizzato il territorio.
La logica di razionalizzazione passa attraverso l'attribuzione di funzioni e di posti letto ad ogni singola Azienda senza entrare nel merito dell'articolazione di queste all'interno dei presidi ospedalieri di ogni Azienda, compito questo che dovrà essere effettuato dai Direttori Generali in sede di intese di programma.
Mi pare altrettanto significativo il fatto che le funzioni ospedaliere siano state suddivise in funzioni di base, cioè funzioni presenti in ciascuno dei 22 ambiti territoriali coincidenti con le Aziende sanitarie locali, in modo da garantire al cittadino la possibilità di accedervi nell'ambito del proprio territorio di residenza ed in funzioni sovrazonali (quindi abbiamo funzioni zonali e funzioni sovrazonali) che seguono la logica dei quadranti: Torino e provincia, Cuneo e provincia, Alessandria Asti e provincia e le province di Vercelli, Biella, Novara e Verbano-Cusio Ossola.
In termini quantitativi l'obiettivo che si pone la revisione della rete ospedaliera piemontese è quello di ridurre complessivamente il numero dei posti letto per acuti, che sono circa 2.500 in più rispetto alla percentuale stabilita in ambito nazionale e di aumentare la disponibilità di posti letto per la lungodegenza e la riabilitazione funzionale.
A tal proposito devo dire al Consigliere Rubatto che la lungodegenza e la riabilitazione funzionale esiste in tutte e 22 le Aziende sanitarie locali. Ovviamente è tutto perfettibile, però il principio è questo e c'è in tutte le USL.
Di particolare interesse è la revisione dell'assetto organizzativo dei presidi ospedalieri che dovranno essere articolati non più in divisioni servizi, sezioni, ecc., ma in aree funzionali omogenee ed in dipartimenti.
Da questa riorganizzazione interna mi aspetto un miglioramento dell'attività ospedaliera sia in termini di efficienza che in termini di efficacia, così come è ampiamente documentato in alcune regioni italiane ed in altri paesi europei ed extraeuropei.
Tra le aree di intervento più significative vi è certamente quella dedicata alla lotta alle malattie neoplastiche il cui obiettivo strategico è la riduzione della mortalità e dell'incidenza di nuovi casi rispetto ai valori attuali.
Per questo capitolo debbo ringraziare un funzionario, il quale fa parte della Commissione Nazionale Oncologica, che ci ha dato un grossissimo contributo in tal senso, così come l'hanno dato i vari illustri professionisti che vi sono nel settore in Piemonte.
Il Piemonte si caratterizza rispetto alla media nazionale per una maggiore prevalenza delle patologie neoplastiche in entrambi i sessi.
Il Piano prevede la riorganizzazione in rete dei presidi ospedalieri che si occupano di oncologia, individuando i centri di riferimento regionali, i poli ed i servizi oncologici.
Di particolare rilevanza è anche l'introduzione dell'hospice quale struttura dedicata al trattamento dei malati terminali che non possono essere assistiti al proprio domicilio durante le fasi finali della malattia neoplastica.
A Torino ne avremo uno, io spero entro la fine del '98.
Inoltre è stato definito il programma degli screening afferenti ad alcune neoplasie per le quali è ormai dimostrata la possibilità di interventi preventivi e per i quali lo sforzo della Giunta regionale si è già concretizzato in alcuni atti che hanno finanziato il decollo di progetti su tutto il territorio regionale.
Il Piano ha individuato l'area della promozione ed educazione alla salute, e questo credo per la prima volta, nell'attività programmatica della Regione, istituendo un apposito ufficio a livello centrale e definendo una precisa funzione a livello aziendale.
L'obiettivo che ci si pone nel triennio è che tutte le Aziende sanitarie sviluppino e concretizzino almeno un progetto di carattere locale incardinato all'interno di specifiche linee guida che verranno elaborate in Assessorato e trasfuse in una apposita deliberazione della Giunta regionale.
Ritengo che l'individuazione specifica di questa area sia uno dei punto più qualificanti di tutto il Piano sanitario, in coerenza con quei principi generali di visione del Servizio sanitario nazionale, cui ho fatto riferimento all'inizio di questa relazione.
Mi riferisco in particolare a quel concetto di protezione globale della salute quale caratteristica di fondo di tutti Servizi Sanitari Nazionali simili a quello italiano.
Passando all'area dedicata alla Formazione professionale, evidenzio soltanto come la Regione abbia individuato precisi ambiti progettuali formativi che saranno supportati direttamente dal mio Assessorato e come questa area di intervento preveda la definizione di un budget specifico da parte dei Direttori Generali, nonché la verifica del livello di qualificazione raggiunto attraverso gli interventi di formazione da parte degli operatori quale obbligo preciso riferito all'Azienda.
Di fatto ritengo che sia necessario far chiarezza su un punto fondamentale: fino ad oggi soltanto in rarissimi casi viene effettuata sia da parte delle Aziende che da parte della Regione una verifica sistematica del risultato degli investimenti formativi.
E' necessario superare questa carenza attraverso una puntuale verifica del livello di qualificazione derivato dalla formazione obbligatoria e non.
Il capitolo relativo al rapporto con i medici di medicina generale ed i pediatri di libera scelta assume un significato ben preciso: la logica che sottende le previsioni del Piano è il ruolo centrale di queste figure professionali nello scenario della nuova sanità.
Il medico di medicina generale deve essere maggiormente coinvolto e responsabilizzato da parte dell'Azienda, in particolare a livello distrettuale poiché soltanto in questo modo si riuscirà a concretizzare quel concetto di correlazione tra attività di primo, di secondo e di terzo livello e tra attività territoriali ed ospedaliere.
Questa del coinvolgimento e del nuovo ruolo del medico di medicina generale è una sfida alla quale credo personalmente e che sono convinto costituisce il vero passaggio verso la strada della razionalizzazione della spesa sanitaria.
Soltanto un cenno ad un progetto che il Piano sanitario individua in questa area e cioè quello relativo alla prenotazione diretta dallo studio del medico di medicina generale.
A mio avviso questo è uno degli strumenti più utili per parlare di nuova sanità, una sanità più semplice per il cittadino e che rende più facilmente accessibili i servizi.
Anche l'individuazione di altre due aree di intervento, quella relativa all'istituzione degli uffici per le relazioni con il pubblico e quella relativa alla funzione qualità va in questa direzione, prevedendo entrambe le funzioni interne all'Azienda e supportate a livello regionale.
Il capitolo relativo al sistema di emergenza-urgenza parte dalla situazione attuale che in Piemonte è particolarmente avanzata rispetto alle altre regioni italiane, definendo la rete dei dipartimenti di emergenza e accettazione articolati su due livelli di complessità e lasciando all'autonomia di ogni singola Azienda l'individuazione degli ospedali sede di pronto soccorso sulla base dell'allocazione delle funzioni ospedaliere attribuite dal Piano all'interno dei presidi ospedalieri stessi.
Sono stati in questo modo individuati in base alla popolazione afferente ed in base ai tempi di percorrenza dal più vicino ospedale, 6 ospedali sede di DEA di riferimento sovrazonale e 24 ospedali sede di DEA di primo livello.
Quindi, Consigliere Rubatto, il pronto soccorso c'è in tutti gli ospedali.
Un secondo elemento che caratterizza il sistema dell'emergenza-urgenza delineato dal Piano sanitario è l'attività di triage della quale si è parlato qui, ne ha parlato il collega Rubatto, che viene introdotta come obbligatoria in ogni pronto soccorso o DEA.
In sostanza si tratta di un filtro in grado di trattare il paziente che giunge d'urgenza in ospedale non in base all'ordine di arrivo, così come purtroppo avviene ancora oggi in molti ospedali, ma in base alla gravità del caso attribuendo un codice numerico ad ogni singolo paziente.
Inoltre, ampio risalto è stato dato all'area di intervento relativa alla riabilitazione e, più in generale, al trattamento post-acuto.
Sono convinto infatti che lo sviluppo di una rete di strutture e di servizi dedicati alla riabilitazione post-acuta, oggi ancora carente in ambito regionale, costituisca uno degli obiettivi prioritari di questo Piano, raggiungibile sia attraverso la riconversione di strutture per acuti in strutture per post-acuti sia attraverso la crescita e la diffusione di servizi residenziali, semi-residenziali, ambulatoriali e domiciliari dedicati al recupero funzionale di patologie successive all'evento acuto.
In ordine alla lotta alle malattie cardiovascolari, che costituiscono purtroppo la prima causa di morte in Piemonte con una incidenza percentuale di quasi il 45%, il Piano ha come obiettivo la riduzione del 5% della mortalità nel triennio di validità.
Le strategie individuate per raggiungere questo obiettivo passano attraverso il potenziamento delle strutture ospedaliere specifiche e la riorganizzazione dei centri di cardiologia.
In particolare, sarà potenziata la rete dei centri pubblici di chirurgia vascolare, di cardiochirurgia e di emodinamica, finalmente dimensionata rispetto alle necessità della popolazione piemontese.
Strettamente correlata a quest'area è quella della lotta alle malattie cerebrovascolari, cui è dedicata un'area specifica centrata principalmente sullo sviluppo degli interventi di prevenzione primaria e secondaria e sulla realizzazione delle cosiddette stroke-units, cioè di centri dotati di specifiche tecnologie in grado di intervenire precocemente sull'ictus e di scongiurarne, in tal modo, l'evoluzione verso gli esiti invalidanti o verso la morte.
La prima di queste strutture spero possa essere aperta al pubblico per febbraio dell'anno prossimo all'Ospedale Maria Vittoria.
L'obiettivo è quello di ridurre del 30% la mortalità e l'invalidità derivata dalle malattie cerebrovascolari.
Relativamente all'area dedicata alla diabetologia, è stata riorganizzata l'attività dei servizi di primo e di secondo livello potenziando ed aumentando le unità operative ospedaliere di malattie metaboliche e di diabetologia e programmando un assetto organizzativo dei servizi in grado di assicurare quel raccordo tra ospedale e territorio che a mio avviso, costituisce l'elemento centrale per garantire l'efficacia di tutto il settore.
L'area di intervento che affronta i problemi relativi alle nefropatie croniche si pone in particolare l'obiettivo di sviluppare la rete dei servizi ospedalieri e quella dei servizi extraospedalieri, peraltro già ben strutturata a livello regionale. In particolare, vengono previste tre nuove unità operative di nefrologia e dialisi, in modo da rendere omogeneo e diffuso su tutto il territorio regionale tale servizio.
Le nuove unità operative sono previste presso l'Azienda sanitaria locale 7 di Chivasso, la 17 di Savigliano e la 22 di Novi Ligure.
Per quanto riguarda i trapianti di organo e di tessuto, il Piano affronta in particolare il tema dei prelievi, che costituisce ancora oggi il problema di fondo del settore, quello dell'individuazione dei Centri regionali, nonché la realizzazione di un secondo Centro per i trapianti a Novara e di un Centro per i trapianti multiorgano pediatrico presso l'Azienda Ospedaliera Regina Margherita e Sant'Anna di Torino, quest'ultimo in collaborazione con l'AIRT (Associazione Inter Regionale Trapianti) che ricomprende, oltre il Piemonte, la Toscana, l'Emilia Romagna e la Provincia di Bolzano.
Il Piano Sangue e Plasma si pone l'obiettivo di attuare, in maniera definitiva, la legge n. 107/90, superando le convenzioni con la Banca del Sangue e con l'AVIS, riorganizzando la rete di Servizi di Medicina Immunotrasfusionale e delle Antenne Trasfusionali e razionalizzando l'uso clinico del plasma e degli emoderivati.
Un capitolo specifico è stato dedicato all'assistenza farmaceutica centrato prevalentemente sullo sviluppo della gestione dei dati e degli strumenti per il governo della spesa farmaceutica che, come noto a tutti costituisce una delle variabili più importanti dell'intera spesa corrente sanitaria.
Anche per la medicina legale e la tutela delle attività sportive il Piano ha previsto una specifica area che riorganizza, in particolare, i servizi di medicina sportiva ed istituisce il certificato regionale di idoneità alla pratica sportiva, l'anagrafe degli specialisti certificatori ed il libretto sanitario sportivo.
Un tema affrontato per la prima volta dalla programmazione sanitaria regionale è poi quello dell'assistenza agli stranieri temporaneamente residenti. Tema di grande attualità e denso di contenuti socio-culturali di non semplice gestione.
Il Piano ha individuato i Centri di Informazione per la salute degli immigrati ed ha definito le tipologie di immigrati cui, in particolare viene assicurata l'assistenza sanitaria, in base ai contenuti della Convenzione di New York.
Il capitolo dedicato al sistema informativo, oltre alla riorganizzazione di tutti i flussi informativi, ha tracciato le linee generali e gli obiettivi di alcuni progetti coordinati con altri Enti (Comune di Torino, Università, ecc.), finalizzati in particolare alla divulgazione delle informazioni sanitarie attraverso l'uso di nuove tecnologie (televideo, Internet, ecc.).
Inoltre, costituisce obiettivo specifico del Piano lo sviluppo dei Centri Unificati di Prenotazione quale punto di riferimento per il cittadino per accedere al massimo numero possibile di prestazioni (se ve n'è bisogno, ovviamente).
L'allegato c) affronta per primo il problema degli anziani, ponendosi come obiettivo la piena attuazione del progetto nazionale approvato dal Parlamento il 30 gennaio 1992.
Viene previsto l'Osservatorio regionale, di concerto con l'Assessorato all'assistenza; quindi, Consigliere Rubatto, l'Osservatorio regionale viene previsto e penso proprio...



(Commenti in aula)



D'AMBROSIO Antonio, Assessore alla sanità

In Italia ci sono tante cose previste da cinquant'anni; l'essenziale è muoversi in tal senso e cercare di attuarle in tempi il meno lunghi possibile.
Come dicevo, viene previsto l'Osservatorio regionale, di concerto con l'Assessorato all'assistenza; la costituzione obbligatoria in tutte le Aziende Sanitarie Regionali dell'Unità di Valutazione Geriatrica; la realizzazione in tutte le Aziende di un Centro Alzheimer e, soprattutto, lo sviluppo del modello a rete dei servizi per gli anziani.
Un modello articolato nel potenziamento e nella riorganizzazione delle cure domiciliari, nell'attuazione dei Centri Diurni Integrati, quali strumenti di assistenza semiresidenziale e nel completamento della rete di assistenza residenziale destinata agli anziani non autosufficienti: questo progetto è considerato prioritario.
Lo testimonia l'attribuzione di questo obiettivo ai Direttori Generali operata della Giunta sia per la riconferma che per il trattamento economico aggiuntivo.
L'obiettivo che invece si pone la tutela materno-infantile è rappresentato dalla riduzione di alcuni indicatori di mortalità: quella perinatale, quella neonatale ed infantile. In Piemonte, infatti, questi indicatori sono significativamente più elevati rispetto alla media delle regioni del Centro Nord Italia, ancorché inferiori rispetto alla media nazionale.
Lo sforzo pertanto deve essere rivolto al miglioramento di quelli che a mio avviso, sono dei veri e propri "indici di civiltà" di una società.
Gli strumenti che il Piano individua per raggiungere questo obiettivo sono diversi, dalla regionalizzazione delle terapie intensive e sub intensive neonatali alla razionalizzazione dei punti nascita, dal potenziamento dei centri per la prevenzione delle malattie genetiche e cromosomiche all'organizzazione di una rete efficace di trasporto neonatale d'urgenza; dall'istituzione dei dipartimenti materno-infantili allo sviluppo della pediatria di comunità; dal potenziamento della neuropsichiatria infantile allo sviluppo delle vaccinazioni raccomandate.
L'area dedicata alle disabilità fisiche, psichiche e sensoriali vede un forte sviluppo delle attività domiciliari, semiresidenziali e residenziali tutte caratterizzate dal potenziamento dei servizi di riabilitazione.
Vorrei ancora sottolineare come il Piano preveda l'individuazione di specifici centri per alcune tipologie di disabilità che costituiscono il punto di riferimento per tutti i problemi derivanti dalle stesse, oltrech naturalmente per la loro prevenzione.
L'area della salute mentale parte dai presupposti della legge regionale n. 61/89, ponendosi alcuni obiettivi sostanziali, dalla revisione degli strumenti di gestione della legge n. 61 all'istituzione dell'Osservatorio regionale sulla salute mentale; dallo sviluppo del processo di superamento degli ospedali psichiatrici all'avvio operativo dei Dipartimenti di salute mentale; dalla riorganizzazione della rete dei servizi psichici ambulatoriali, domiciliari, semiresidenziali e residenziali al completamento della rete dei Servizi psichiatrici di diagnosi e cura.
Le aree dedicate alle infezioni da HIV ed alle alcool e tossicodipendenze puntano in particolare agli interventi di prevenzione e di informazione, che costituiscono, a mio avviso, le due armi più potenti per ridurre i disservizi veri e propri che derivano da tali situazioni.
In ultimo, il capitolo sulla spesa.
Per la prima volta il Piano affronta in maniera coerente la programmazione delle attività e quella della spesa. Una programmazione della spesa che si basa sul principio di incrementi di spesa per i livelli assistenziali afferenti alla prevenzione, all'assistenza di base, a quella semiresidenziale e residenziale, a fronte di un proporzionale decremento della spesa ospedaliera.
Questo è un po' il filo conduttore di tutto il Piano: ospedali più qualificati, più efficienti, destinati solo al trattamento delle malattie in fase acuta, più sicuri e più "umani", più appropriati, ma per questo meno "pesanti" dal punto di vista dei volumi di prestazioni.
In parallelo, lo sviluppo graduale ma deciso di tutta la gamma di servizi territoriali extraospedalieri, da quelli ambulatoriali e domiciliari a quelli semiresidenziali e residenziali.
Concludo la mia relazione con una considerazione finale ed un augurio.
La considerazione è di carattere generale.
Il Piemonte ha bisogno di un Piano sanitario nuovo e più coerente con lo scenario normativo ed epidemiologico che è profondamente mutato dall'ultimo Piano, la legge regionale n. 37/90, frutto di una rielaborazione del Piano precedente. Di fatto il Piemonte non ha una programmazione generale pregnante in campo sanitario da più di dieci anni.
E questa grave carenza ha mostrato tutte le sue lacune con lo sperpero di denaro pubblico, con le inefficienze, con le innumerevoli difficoltà di accessibilità e di comunicazione che sono ancora sotto gli occhi di tutti.
Questo Piano tenta proprio di riallineare l'offerta dei servizi con le necessità dei cittadini, rendendo nel contempo omogenei i livelli assistenziali su tutto il territorio regionale.
L'augurio è che tutte le forze politiche possano affrontare questo dibattito nella consapevolezza che i cittadini piemontesi hanno la necessità di avere sollecitamente una programmazione in campo sanitario efficace che sia in grado di far convergere tutte le risorse gestite dalle Aziende Sanitarie verso obiettivi di salute coerenti, oggettivi e perseguibili.
Tutto ciò per far sì che la salute sia sempre più un diritto per tutti.



PRESIDENZA DEL VICEPRESIDENTE FOCO



PRESIDENTE

Prima di passare all'esame dell'articolo, volevo ricordare che domani giovedì, è annullata la convocazione della IV Commissione. Inoltre, prima di chiudere questa seduta, dovremmo votare la presa d'atto delle riconfermate dimissioni dell'Assessore Angeleri.
Pregherei i Consiglieri, vista la rilevanza e l'importanza del disegno di legge in discussione, di voler seguire in aula i lavori.


Argomento:

Mozione d'ordine relativa al rinvio dell'esame del progetto di legge n. 238 per procedere alla presa d'atto delle dimissioni, confermate dell'Assessore Angeleri


PRESIDENTE

La parola al Consigliere Riggio.



RIGGIO Angelino

Signor Presidente e colleghi Consiglieri, intervengo per una mozione d'ordine.
Siccome abbiamo anche da votare, così come è stato detto, la presa d'atto delle dimissioni confermate dall'Assessore Angeleri e poiché il dibattito, così come è stato dimostrato dall'ampia relazione dell'Assessore, è ricco e gravato anche da un grosso numero di emendamenti la proposta è di rimandare il dibattito sugli emendamenti, attraverso la definizione di un preciso calendario di lavoro e passare da subito alla votazione della presa d'atto delle dimissioni dell'Assessore Angeleri.



PRESIDENTE

Ritengo che un inizio di discussione possa avvenire questa sera, non penso che si vada ad oltranza finché non avremo esaminato tutti gli emendamenti perché sono numerosissimi però un avvio della discussione a me sembrerebbe anche doveroso. Ci sono alcuni articoli che non presentano emendamenti.
La parola alla Consigliera Simonetti.



SIMONETTI Laura

Signor Presidente e colleghi Consiglieri, sono d'accordo con l'impostazione del Consigliere Riggio, perché se la discussione fosse iniziata alle ore 15 avremmo avuto di fronte un certo numero di ore e si poteva iniziare ad analizzare gli emendamenti e i vari articoli, altro discorso è iniziare la discussione sugli emendamenti ed i vari articoli a quest'ora. Visto che l'impianto generale in cui sono collocati gli emendamenti corrisponde ad un determinato filo conduttore, non ha molto senso discuterne uno o due adesso e poi rimandare i successivi.



PRESIDENTE

Prendo atto che è stata presentata una mozione d'ordine dal Consigliere Riggio.
La parola alla Consigliera Bortolin.



BORTOLIN Silvana

Mi sorge un dubbio rispetto alla proposta del Consigliere Riggio che voglio esprimere ai colleghi per una successiva decisione.
Lei, Presidente ha proposto di iniziare il dibattito sull'articolato e sugli emendamenti poi interromperlo e riprenderlo nella prossima seduta.
Potrei anche essere d'accordo di proseguire, non ad oltranza ma fino alla conclusione del dibattito e della votazione sugli emendamenti e sull'approvazione del Piano, ma a condizione che tutti si fermino in aula a discutere fino a tarda sera. Pare però che l'aula abbia dimostrato stanchezza, ed è comprensibile, ma voglia però discutere in modo organico emendamenti ed esprimere dichiarazioni e voto al termine di questa discussione. Per cui decida il Presidente se interrogare l'aula sulla disponibilità di rimanere fino al termine della discussione e della votazione di questo provvedimento di legge che noi concordiamo sia necessario, urgente e importante o altrimenti se insieme, responsabilmente metterlo al primo punto dell'o.d.g. del prossimo Consiglio regionale.
Sottolineo al primo punto perché altrimenti se viene inserito in coda ripropongo il mio dubbio iniziale, rimaniamo fino al termine della discussione e della votazione.



PRESIDENTE

Pongo in votazione la mozione d'ordine presentata in aula con l'impegno che nella prossima seduta di Consiglio venga discusso il Piano sanitario.
Con questo impegno pongo in votazione la mozione d'ordine.
Chi è favorevole è pregato di alzare la mano.
La parola alla Consigliera Cotto.



COTTO Mariangela

Volevo solo chiedere due minuti di sospensione per consultarci con l'Assessore.



PRESIDENTE

Eravamo in fase di votazione non creiamo precedenti, c'era una mozione d'ordine in votazione, anche con un andamento cantilenante da parte del Presidente per dare modo a chi voleva interromperlo di farlo.
Pongo, quindi in votazione la richiesta di sospensione dell'esame del progetto di legge n. 238, per poi procedere alla presa d'atto delle dimissioni dell'Assessore Angeleri.
Chi è favorevole è pregato di alzare la mano.
La mozione d'ordine è approvata con 31 voti favorevoli, 1 contrario e 4 astensioni.
Pertanto, l'esame del progetto di legge n. 238 verrà ripreso la prossima seduta ed iscritto al primo punto dell'o.d.g.


Argomento: Giunta, organizzazione e funzioni

Presa d'atto delle dimissioni dell'Assessore Angeleri


PRESIDENTE

Il Presidente del Consiglio regionale ha ricevuto la seguente lettera: "Egregio Presidente, la informo, ai sensi dell'art. 35, comma terzo dello Statuto regionale, che in data odierna il Consigliere Antonello Angeleri ha rassegnato le dimissioni dalla carica di Assessore al turismo tempo libero e sport, acque minerali e termali, parchi naturali".
Ci sono comunicazioni al riguardo da parte della Giunta? Non ve ne sono.
Ci sono richieste di interventi da parte dei Consiglieri? Non ve ne sono.
Pongo pertanto in votazione, per alzata di mano, la presa d'atto delle dimissioni dell'Assessore Antonello Angeleri.



CAVALIERE Pasquale

Bisogna prima iscriverla all'o.d.g.



PRESIDENTE

No, perché è un proseguimento della discussione del Consiglio regionale. La seduta di ieri si era conclusa con la riconferma verbale in aula da parte dell'Assessore Angeleri delle sue dimissioni. Gli è stato richiesto di confermarle per iscritto: questo è avvenuto, quindi è un prosieguo di discussione di un argomento che era all'o.d.g. del Consiglio.
Chi è favorevole alla presa d'atto di queste dimissioni è pregato di alzare la mano.
E' approvata con 30 voti favorevoli e 6 astensioni (non hanno partecipato alla votazione 5 Consiglieri).
Le dimissioni sono accolte.


Argomento:

Sull'ordine dei lavori


PRESIDENTE

Ha chiesto la parola il Consigliere Papandrea; ne ha facoltà.



PAPANDREA Rocco

Chiedo se sia possibile votare l'ordine del giorno sulla questione di Boscomarengo, poiché è collegato ad avvenimenti previsti nei prossimi giorni. Tra l'altro questo ordine del giorno è già iscritto all'o.d.g.
Chiedo questo dal momento che è stato sospeso l'esame del Piano sanitario.



GRIFFINI Massimo

Manca l'Assessore Cavallera.



PRESIDENTE

Consigliere Papandrea, abbiamo rinunciato al proseguimento dell'esame di una legge, quindi a me era parso di cogliere che l'altro punto su cui avremmo discusso fosse soltanto la presa d'atto delle dimissioni.
Dichiaro pertanto conclusi i lavori del Consiglio.
I Capigruppo sono convocati domani alle ore 13,00.


Argomento:

Interrogazioni, interpellanze e ordini del giorno (annunzio)


PRESIDENTE

I testi delle interrogazioni, interpellanze, mozioni e ordini del giorno pervenuti alla Presidenza del Consiglio regionale verranno allegati al processo verbale dell'adunanza in corso.
La seduta è tolta.



(La seduta ha termine alle ore 18,25)



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