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Dettaglio seduta n.96 del 08/06/72 - Legislatura n. I - Sedute dal 6 giugno 1970 al 15 giugno 1975

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Argomento:


PRESIDENZA DEL PRESIDENTE OBERTO


Argomento: Problemi del lavoro e della occupazione

Comunicazioni del Presidente del Consiglio


PRESIDENTE

La seduta riprende.
Prima di passare al punto 4 dell'o.d.g., concludo le comunicazioni del Presidente.
Sono stati ricevuti i rappresentanti dei lavoratori delle industrie tessili che risentono della crisi in atto. Essi hanno puntualizzato direttamente e attraverso i loro sindacati, la situazione al momento attuale. Al termine di questo incontro, al quale hanno partecipato alcuni Capigruppo, si è concordato che il Consiglio rivolga istanza alla Giunta ed al suo Presidente: a) di esaminare la richiesta conclusiva, che è quella di promuovere rapidamente una riunione delle aziende attualmente in crisi del Piemonte con la partecipazione di rappresentanti della GEPI, che nel frattempo dovrebbero aver raccolto gli elementi conoscitivi per poter disporre gli interventi ai quali la GEPI è stata abilitata avendo il CIPE espresso il proprio parere ed avendo erogato dei fondi a disposizione; riunione alla quale, oltre ai Sindacati, dovrebbero partecipare anche i parlamentari piemontesi: b) di esaminare l'opportunità di un sollecito intervento presso le aziende per chiedere, là dove provvedimenti di licenziamento non siano stati adottati, come si è verificato invece alla Caesar, che sia presa in attenta considerazione la richiesta di sospensione di questi provvedimenti di licenziamento fino a che non sia avvenuta questa riunione, che dovrebbe aver luogo nella settimana entrante.
Credo di aver fatto una fedele sintesi al Consiglio della conclusione cui si è giunti nell'incontro al quale ha partecipato, in rappresentanza della Giunta, l'Assessore al lavoro, Visone.
Devo ancora informare che anche il Consigliere Marchesotti ha chiesto congedo per la seduta odierna.
Chiede di parlare il Consigliere Fabbris. Ne ha facoltà.



FABBRIS Pierina

Vorrei fare una domanda: nella sua comunicazione è previsto l'impegno della Regione per una certa iniziativa; vorrei sapere se la Giunta fa proprio questo impegno e pertanto la riunione si svolgerà entro breve termine, più precisamente, se il Presidente della Giunta accoglie la richiesta avanzata dall'Assemblea.



CALLERI Edoardo, Presidente della Giunta Regionale

Certamente, per quanto ovviamente è di nostra competenza. Faremo il possibile perchè i rappresentanti della GEPI intervengano.



PRESIDENTE

E' stato chiaramente detto, anche nella riunione dei lavoratori, che la Giunta prenderà l'iniziativa. Che poi la GEPI vi partecipi non dipende solo da noi. Noi come Consiglio preghiamo la Giunta di fare tutto il possibile perché questo si verifichi ed avvenga in maniera che il discorso sia fatto a livello di responsabilità.



FABBRIS Pierina

Quello che a me premeva era avere assicurazione che l'iniziativa proposta sarebbe stata assunta, e quindi sono soddisfatta della risposta ricevuta. In termini di tempo, penso che la riunione potrà aver luogo nei primi giorni della prossima settimana.



CALLERI Edoardo, Presidente della Giunta Regionale

Cercheremo di farla il più presto possibile.



FABBRIS Pierina

Sta bene.



PRESIDENTE

Informo i Consiglieri che i Capigruppo presenti (ne mancava qualcuno) riunitisi successivamente, hanno stabilito di incontrarsi il giorno 13 alle ore 16,30 per elaborare l'ordine del giorno dei lavori della prima seduta del Consiglio Regionale che farà seguito a questa, prevista in data 28 giugno ore 9,30 e ore 16, ed hanno confermato la convocazione del Consiglio di cui naturalmente sarà data comunicazione nelle dovute forme - per il 6 e il 7 luglio per l'esame del bilancio; hanno inoltre previsto due successive riunioni, nei giorni 13 e 20 luglio, data alla quale il Consiglio inizierebbe le proprie vacanze.
Riassumendo, le date di convocazione sarebbero le seguenti: 28 giugno ore 9,30 e 16 - con ordine del giorno che verrà stabilito il 13 giugno alle ore 16,30, dai Capigruppo, naturalmente sentita la Giunta; 6 e 7 luglio - per la discussione del bilancio; 13 e 20 luglio - con ordine del giorno da stabilirsi.
Dopo la seduta del 20 luglio sospenderemmo i nostri lavori, anche perché ci sono provvidenze da prendere a parte, che non possono essere portate avanti con quella celerità che potrebbe essere auspicata.


Argomento: Urbanistica (piani territoriali, piani di recupero, centri storici

Programmi di localizzazione ai sensi del sesto comma dell'art. 3 della Legge 22/10/1971 n. 865 - Comunicazioni del Presidente della Giunta Regionale


PRESIDENTE

Passiamo al punto quarto dell'o.d.g.: "Legge 22/10/1971 n. 865.
Programmi di localizzazione, ai sensi del sesto comma dell'art. 3 della Legge. Comunicazioni del Presidente della Giunta Regionale".



BERTI Antonio

Vorrei porre subito una domanda. Questo argomento è stato iscritto all'ordine del giorno con la dizione "Comunicazioni del Presidente della Giunta", non di "deliberazioni". Che cosa significa questo? Che faremo una discussione, tanto per farla, ma che non sarà il Consiglio a deliberare i piani di localizzazione? O qualcosa di diverso?



PRESIDENTE

Do la parola per la precisazione richiesta al Presidente della Giunta.



CALLERI Edoardo, Presidente della Giunta Regionale

La questione, a parte altre considerazioni che mi sembrano marginali rispetto alla sostanza del discorso, sta in questi termini.
Noi siamo tenuti a dare un'indicazione al Governo, e per esso al CER e al CIPE, di questi piani di localizzazione. Con il mettere "deliberazione del Consiglio" si presupporrebbe che si tratti di una deliberazione che deve passare, in quanto tale, all'Organo di controllo per la verifica di legittimità o di merito, il che ovviamente non è, né può essere, nello spirito della legge, atteso che, in definitiva, non si tratta di una deliberazione del Consiglio vincolante un organo della Regione essendo le determinazioni finali rispetto al piano di localizzazione da noi proposto di competenza del CER, del CIPE e del Ministero dei Lavori pubblici.
Il mettere all'ordine del giorno una "deliberazione del Consiglio" comporterebbe da un lato un vincolo per la Giunta, che poi non è in realtà quella che può decidere in proposito, e dall'altro, anche, dal punto di vista procedurale, il rinvio di questo atto di deliberazione agli organi di controllo per il controllo di legittimità o di merito, secondo una procedura che sicuramente non si colloca nell'ambito della legge.
Noi abbiamo preferito, pertanto, investendo il Consiglio e la Commissione del problema, sfuggire a questa logica con l'usare la dizione "Comunicazioni del Presidente della Giunta": il nostro suggerimento è che il Consiglio approvi le indicazioni con un ordine del giorno nel quale si fanno voti che il CER, il CIPE e il Ministero dei Lavori pubblici le accolgano e le facciano proprie.



PRESIDENTE

Ha facoltà di parlare il Consigliere Berti.



BERTI Antonio

A noi sembra importante, e non per sterile polemica, discutere di questa questione al di là del contenuto formale, dal punto di vista proprio della interpretazione. Io capisco che se si dovesse inviare la deliberazione al Comitato di controllo si potrebbe essere tentati di adottare la soluzione da lei proposta. Però, la legge dice che "le Regioni approvano i programmi di localizzazione, dandone comunicazione al CER". Se le parole hanno un significato, "approvare" vuol dire avere un dispositivo di approvazione; il fatto di dare comunicazione al CER potrebbe anche voler dire che il CER prende atto di questo. In questo senso, quindi, occorre un atto formale del Consiglio di approvazione, cioè, secondo noi, una delibera, che è atto amministrativo. Se poi deve andare al Comitato di controllo per l'esame di legittimità, poco male, seguirà le sorti delle altre deliberazioni: ma noi insisteremmo sull'opportunità che la Regione, e per essa il Consiglio Regionale, eserciti la sua facoltà di approvare con un atto che o è deliberazione, e allora è approvazione, o è un ordine del giorno, oppure è un ordine del giorno che approva i piani proposti dalla Giunta, e allora è già diverso, cioè, un ordine del giorno del Consiglio che, preso visione, discusso ecc. ecc. approva i piani proposti dalla Giunta. Allora, il termine "approvazione" c'è, ed è un atto, direi concretamente formale.
Proporrei, quindi, di porre la questione in questi termini, affinch al di là del contenuto della parola "deliberazione" ci sia un atto che in questo caso può essere un ordine del giorno di approvazione.



PRESIDENTE

Ha chiesto di parlare il Consigliere Bianchi. Ne ha facoltà.



BIANCHI Adriano

Effettivamente, il problema che è stato testé discusso è stato posto anche alla mia attenzione. Sono validissime le argomentazioni e le indicazioni del Presidente della Giunta, ma perplessità ed altre considerazioni derivano dalla lettura della legge che è sotto i nostri occhi.
Vorrei sottoporre all'attenzione del Presidente della Giunta e dei colleghi l'opportunità di risolvere i due problemi con l'approvazione di un ordine del giorno che suoni in questi termini: "Il Consiglio Regionale del Piemonte, vista la Legge 22/10/1971 n. 865 udite le comunicazioni della Giunta Regionale sul documento predisposto in ordine all'attuazione del sesto comma dell'art. 3 della legge sopra citata le approva (dunque, non fa voti soltanto) e fa voti perché ogni altra indicazione di cui alla relazione della Giunta emersa. venga accolta recepita integralmente dal Governo nazionale".
Così sarebbero presenti i due elementi: l'elemento dell'approvazione per quanto attiene al punto specifico, e l'elemento del voto e della sollecitazione perché ogni altra indicazione in questa materia da noi fornita con un atto complesso di Giunta e Consiglio venga approvata.



PRESIDENTE

Il Presidente della Giunta ha chiesto di parlare. Ne ha facoltà.



CALLERI Edoardo, Presidente della Giunta Regionale

Vorrei aggiungere che una qualunque deliberazione del Consiglio Regionale impegna evidentemente la Giunta Regionale. Ora, questa non pu ovviamente, assumersi un impegno rispetto a decisioni che non sono sue.
Oltre al motivo che una deliberazione formale dovrebbe seguire quel determinato iter di controllo che dicevo, l'altra considerazione per cui si è ritenuto di far bene a seguire questo tipo di indicazione è proprio che una deliberazione formale del Consiglio, impegnando formalmente la Giunta all'attuazione di queste indicazioni, impegnerebbe un organo su una decisione finale rispetto al piano di localizzazione che esso non è in grado di prendere perché la competenza di ciò è di carattere nazionale. Per questo si è pensato ad una procedura che formalmente consentisse al Consiglio di approvare ma che di fatto non fosse impegnativa per la Giunta per l'attuazione, proprio perché la Giunta non ha questo potere.
Riteniamo che dal punto di vista formale questa sia l'unica formula corretta.



PRESIDENTE

Aveva chiesto di parlare il Consigliere Rivalta. Ne ha facoltà.



RIVALTA Luigi

Io dissento dalle interpretazioni che qui sono state date. Prima di esporre la mia opinione, voglio richiamare l'attenzione sul fatto che se si fosse proceduto correttamente, facendo precedere una discussione di questo genere da un lavoro in Commissione, da un confronto con la Giunta in Commissione, forse si sarebbe arrivati ad un chiarimento sulla questione.
Il mio dissenso è dovuto al fatto che l'approvazione dei programmi, se come appunto diceva il collega Berti, le parole hanno un significato spetta alle Regioni. Nel testo di legge è detto infatti esplicitamente: "Le Regioni approvano" e successivamente è indicato anche quali sono i compiti del CER. Non c'è affatto una interferenza del CER nell'approvazione delle localizzazioni: la Regione dà comunicazione al CER e questo successivamente a questa comunicazione ha soltanto il compito di predisporre il programma di finanziamento per l'attuazione di quelle localizzazioni.
Stando così le cose, avendo quindi la Regione la responsabilità dell'approvazione della localizzazione, e dovendo poi operare un intervento negli anni successivi per l'attuazione del programma nei tempi di attuazione previsti dalla legge, io non ritengo sia consentito esprimersi in questo programma di localizzazione attraverso un ordine del giorno.
Ritengo ci debba essere una vera e propria delibera di Consiglio.



PRESIDENTE

I punti di vista mi pare siano stati espressi. Procediamo dunque alla discussione del merito, dopo di che vedremo anche di risolvere le incertezze di natura procedurale che ancora sussistessero.
Ha facoltà di parlare il Vicepresidente della Giunta, Cardinali.



CARDINALI Giulio, Assessore all'urbanistica

Ricordo che già nell'ultima, o nella penultima, riunione di Consiglio avevamo svolto una discussione preliminare su questo argomento, nel corso della quale la Giunta aveva informato il Consiglio sui criteri adottati in linea di massima per la formulazione del piano di localizzazione.
Ovviamente, non si trattava di illustrazione dettagliata, per cui ritengo sia oggi indispensabile una rapida lettura, anche se potrà apparire un poco noiosa, della relazione con la quale la Giunta ha accompagnato il proprio piano, perché solo attraverso questa conoscenza i Consiglieri saranno in grado di mettere in relazione i contenuti del progetto della Giunta con quanto verrà detto dai rappresentanti della II Commissione, che ha esaminato il progetto stesso.
Procedo quindi ad una rapida lettura, eventualmente soffermandomi su quei punti che ritenessi di dover illustrare in modo particolare.
Il Comitato per l'Edilizia residenziale (CER) ha trasmesso al Comitato interministeriale per la Programmazione economica (CIPE) il progetto del piano di attribuzione alle Regioni dei fondi di cui all'art. 1 della legge 22 ottobre 1971 n. 865.
Dopo aver esaminato il suddetto piano con la Commissione consultiva interregionale, e sentite al riguardo le Confederazioni sindacali dei lavoratori, giovedì 16 marzo 1972, il CIPE ha approvato il piano predisposto dal CER relativo all'attribuzione alle Regioni dei fondi per la realizzazione dei programmi di edilizia residenziale pubblica nel triennio 1971-'73.
Il progetto di piano prevede per la Regione Piemonte un investimento di L. 63.255.000.000, cifra considerata insufficiente per il fabbisogno che la Regione ha denunciato il 29/11/1971. Di questa inadeguatezza la Regione stessa si è fatta interprete presso il competente Ministero, sollevando formale protesta per l'esiguità dei fondi; peraltro, nessuna modifica è stata effettuata, per cui la disponibilità è rimasta quella sopraindicata.
Il CER, nell'elaborazione del piano, ha voluto anche individuare le priorità di intervento risultate dalle richieste presentate dalle Regioni.
Esse si articolano in due specifici settori: 1) eliminazione delle abitazioni improprie o inidonee; 2) abbassamento dell'indice di affollamento esistente nelle Regioni.
Sulla base di queste due priorità, è stato previsto il seguente investimento nella Regione Piemonte: L. 8.607 milioni, pari a un contributo di 592 milioni, destinato per l'eliminazione delle abitazioni malsane ai sensi dell'art. 68/a (uno dei tanti articoli della legge che dicono espressamente in quali settori devono essere operati gli interventi per l'edilizia economico-popolare); L. 54.648 milioni per la costruzione di alloggi secondo quanto previsto dall'art 68/b.
Quindi, riassumendo, una trancia di circa 8 miliardi e mezzo per le abitazioni malsane, 54 miliardi e mezzo all'incirca per la realizzazione di alloggi destinati per lo più alla generalità dei lavoratori.
1) Criteri di ripartizione dei fondi di cui all'art. 68 lettera a).
Per la ripartizione di tali investimenti nella Regione è stata formulata una ipotesi (nel piano della Giunta) basata sul riferimento alla consistenza degli alloggi impropri, secondo i dati forniti dai Comuni, che assommano a 15.630 stanze.
Considerato che dalla somma a disposizione di L. 8.607 milioni occorre ai sensi dell'art. 48 comma terzo, accantonare un 5 per cento per opere di edilizia sociale e una aliquota (art. 48 primo comma) da destinare al risanamento del patrimonio case dello Stato, che la Regione ha individuato in un 10 per cento, la somma a disposizione per le costruzioni si riduce a 7.315.950.000 Lo sviluppo dei calcoli effettuati risulta dalla tabella 1 (che diremo poi com'è stata articolata).
Nelle colonne 1 e 2 si è riportata la distribuzione assoluta e percentuale degli alloggi impropri fra le Province. La situazione più grave risulta essere quella di Torino, con il 48,09 per cento, seguita da Cuneo con il 13,58 per cento e da Alessandria con il 13,29 per cento.
Riguardo al criterio adottato per stabilire le località dove si intende intervenire, si rimanda a quanto relazionato in seguito, tenendo presente che l'importo di otto miliardi e mezzo è così modesto che ha dovuto essere ripartito là dove la densità della popolazione è maggiore e dove quindi il problema ha aspetti indubbiamente più sensibili.
2) Criteri di ripartizione dei fondi di cui all'art. 68 lettera b e dei fondi Gescal.
Premettiamo che l'art. 68 riguarda due tipi di stanziamento: uno relativo ai fondi passati con contributo dello Stato e l'altro i fondi della Gescal che non sono stati utilizzati entro il 1972.
Ai fini della ripartizione fra le Province dei fondi di cui all'art. 68 lettera b e dei fondi Gescal, si è assunto come base un complesso di investimenti di 54 miliardi 648 milioni. Tale complesso è determinato (abbiamo fatto ultimi aggiornamenti per alcuni errori intravisti nelle tabelle presentate dal CER): per L. 27.822 milioni da fondi del Ministero dei Lavori pubblici; per L. 26.826 milioni da disponibilità della Gescal.
a) Fondi del Ministero dei Lavori pubblici L. 27.822 milioni pari a 1.428 milioni di contributo.
Dovendosi procedere ad un accantonamento del 5 per cento per opere di edilizia sociale ai sensi dell'art. 48 terzo comma, pari a L.
1.391.100.000, e di un 7,50 per cento che si ritiene di dover tenere a parte, secondo il suggerimento del CER, per opere di manutenzione e risanamento del patrimonio delle abitazioni degli enti di edilizia, art. 48 primo comma, pari a L. 2.086.650.000, restano a disposizione per una programmazione di distribuzione dei fondi, L. 24.344.255.000.
Attesa la grande richiesta di alloggi di edilizia popolare da parte di numerosissime famiglie che attualmente non hanno la possibilità di sostenere affitti presso l'edilizia privata, considerato inoltre che il modesto stanziamento per l'eliminazione delle case malsane non consente di annullare completamente il fenomeno dei baraccati, per cui è inevitabile che gli esclusi di questa categoria concorreranno anche per una sistemazione presso l'edilizia popolare attraverso la partecipazione ai bandi generici, si è ritenuto di dover ripartire la somma sopraindicata per l'80 per cento a favore degli Istituti Case Popolari e per il 20 per cento a favore delle cooperative.
Il CER dava come avevamo già fatto presente la volta scorsa l'indicazione di attribuire alle cooperative una percentuale del 10 per cento. Noi abbiamo invece proposto, in senso promozionale, proprio perch riteniamo che il movimento cooperativo debba proiettarsi nel futuro e abbia ormai già un tessuto organizzativo sufficiente per questa bisogna, di portare questa percentuale dal 10 al 20 per cento.
A questa determinazione - di dare una percentuale inferiore alle cooperative e maggiore agli Istituti autonomi delle case popolari - si è altresì giunti in considerazione del fatto (e qui era anche il suggerimento del CER) che le cooperative possono ottenere mutui agevolati per la costruzione di abitazioni non di lusso e con le caratteristiche previste dall'art. 8 della legge 1° novembre 1965 n. 1179.
Infatti, con l'art. 1 quater della legge 25.2.1971 n. 13, sono stati stanziati a tal fine 20 miliardi per 25 annualità.
Il CIPE, viste le proposte formulate dal Ministero dei Lavori Pubblici di concerto con il Ministero del Tesoro, ha deliberato la quota della prima trancia del limite di impegno pari a L. 10.140 milioni di contributo complessivo, per cui alla Regione Piemonte è stata destinata la somma equivalente a L. 810 milioni di contributo.
Pertanto, il quadro risulta il seguente: somma a disposizione, sempre nel piano della Giunta, L. 24.344.250.000; 80 per cento destinato agli Istituti autonomi Case popolari 19.475.400.000; 20 per cento destinato alle cooperative, 4.868.850.000.
La somma a disposizione degli Istituti autonomi case popolari è stata ripartita come indicato nella tabella n. 3 (parleremo poi di questo tipo di ripartizione).
b) Fondi Gescal L. 26.826 milioni (seconda trancia dell'art. 68/b).
Dovendosi procedere all'accantonamento del 5 per cento per opere di edilizia sociale, sempre ai sensi dell'art. 48 terzo comma, pari a L.
1.341.300.000, restano a disposizione L. 25.484.700.000.
Si è ritenuto, pertanto, di ripartire la somma a disposizione nelle seguenti percentuali (va ricordato che l'art. 55 della legge stabilisce degli intervalli per cui può essere effettuato questo tipo di ripartizione): il 64 per cento destinato alle costruzioni per la generalità dei lavoratori, ristrutturazioni, risanamento e restauro conservativo di complessi edilizi nei centri storici (art. 55 lettera a e lettera e) il 5 per cento per costruzione di case-albergo per studenti, lavoratori immigrati e persone anziane (art. 55 lettera a) il 10 per cento per costruzioni destinate ai dipendenti di imprese (art. 55 lettera b) il 15 per cento per cooperative (art. 55 lettera c) il 6 per cento per prestiti individuali (art. 55 lettera d).
Tale ripartizione, avvenuta osservando i disposti indicati, come dicevamo, all'art. 55 della legge n. 865, è riportata nella tabella n. 4 che indica anche la distribuzione a livello provinciale della somma destinata alla generalità dei lavoratori, la cui realizzazione compete di norma agli Istituti autonomi case popolari e loro consorzi e a cooperative e loro consorzi attraverso apposite convenzioni (art. 57 della legge).
Per la ripartizione fra le Province dei fondi di cui all'art. 68 lettera b) e dei fondi Gescal, è stato adottato un criterio elaborato sulla base di due parametri, simile a quello usato dal CER in sede di ripartizione nazionale.
Il primo è stato determinato tenendo conto della popolazione residente al 31/12/1970 (dati ISTAT) e dei vani occupati al 1961 (dati ISTAT).
(Poiché il CER ha valutato, nella sua relazione al CIPE, l'incremento di abitazioni dal '61 al '70, e poiché peraltro non esistono dati ufficiali relativi al numero dei vani al 1970, ripartiti comune per comune o provincia per provincia, in quanto non sono stati resi noti i risultati del censimento del 1971, e dal momento inoltre che i dati forniti dai Comuni non risultano molto attendibili e non sono quindi raffrontabili con i dati ufficiali ISTAT, si è reputato opportuno tener fermo il dato relativo al numero dei vani calcolato dal CER al 1970 per la totalità della Regione e quindi dividerlo proporzionalmente, tra le varie Province, al numero dei vani occupati - dati ISTAT - forniti dall'IRES. Pertanto, si è potuto calcolare l'indice di affollamento come rapporto tra il numero di abitanti al 31/12/'70 e il numero di vani occupati al 31/12/'70, calcolato come precedentemente descritto tra due dati omogenei, cioè entrambi riferiti al 1970).
Il secondo parametro è stato rappresentato dalla percentuale provinciale di incremento della popolazione nel periodo 1961-'70 (secondo i dati ISTAT forniti dall'IRES).
Il primo dei due parametri è stato applicato sul 90 per cento dei fondi da ripartire (quindi, netta prevalenza dell'indice di affollamento), il secondo è stato applicato sul restante 10 per cento (quindi, l'incremento di popolazione è stato premiato meno nella ripartizione). La percentuale risultante è stata corretta abbassando quella destinata alla Provincia di Torino. Questa, infatti, come già avevamo avuto occasione di rilevare, a differenza di altre Province, aveva ottenuto dalla Gescal nel 1969 un contributo straordinario di 70 miliardi, per lavori oggi in fase di realizzazione. Pertanto, si è ritenuto di ridurre dal 62,05 per cento (percentuale che risultava in base ai parametri citati) al 45 per cento il parametro di ripartizione per la Provincia di Torino, e la differenza è stata assegnata le altre Province in modo proporzionale ai parametri precedentemente calcolati.
Premesso quanto sopra, ad illustrazione della tabella 5, si precisa quanto segue: nella colonna 1 è riportata la popolazione residente al 31/12/'70 (dati ISTAT); nella colonna 2 è riportato il numero delle abitazioni occupate al 1961; nella colonna 2 bis è riportato il numero delle stanze occupate calcolato al 31/12/'70, con le modalità di cui si è parlato prima; nella colonna 3 è riportato l'indice di affollamento, vale a dire il rapporto tra a popolazione e le stanze disponibili; nella colonna 4 è riportato il prodotto delle colonne 1 e 3, cioè della popolazione moltiplicato l'indice di affollamento relativo; nelle colonne 5 e 6 sono riportate le percentuali e il prodotto delle stesse per 0,9; in tal modo i valori della colonna 6 sono assunti come parametro di ripartizione per il 90 per cento dei fondi, per la quota cioè riferita all'indice di affollamento; nelle colonne 7 e 8 sono riportate le percentuali di incremento della popolazione nel periodo 1961-1970 e il prodotto delle stesse per 0,1 (abbiamo detto che l'incremento di popolazione è stato premiato con lo 0,10. In tal modo, i valori della colonna 8 sono assunti come parametro di ripartizione per il 10 per cento dei fondi; nella colonna 9 è riportato il parametro percentuale complessivo, somma cioè delle colonne 6 e 8; nella colonna 10 è riportato il parametro percentuale globale "corretto" secondo il criterio in precedenza illustrato, cioè popolazione moltiplicato per indice percentuale; nelle colonne 11 e 12 sono indicate le attribuzioni dei fondi Ministero Lavori pubblici e Gescal sulla base del parametro percentuale di cui alla colonna 10; nella colonna 13 è riportata la quota di investimenti da attribuire complessivamente ad ogni provincia attraverso la somma delle colonne 11 e 12.
3) Quadro riassuntivo delle attribuzioni alle Province.
In considerazione di quanto illustrato prima e delle ripartizioni provinciali espresse nelle tabelle 1 e 5 (colonna 13), è possibile avere un quadro riepilogativo degli investimenti per ogni provincia, con i contributi del Ministero dei Lavori pubblici e le disponibilità della Gescal, di cui al titolo IV della legge n. 865 (riportato alla tabella 6).
Posso quindi leggere i dati che afferiscono ad ogni Provincia, riferendo anche la ripartizione in cifre che si era verificata per l'art. 68 a, cioè quello che riguardava le case malsane ed inidonee.
Provincia di Alessandria Art. 68/a L. 972.289.755 Art. 68/b e Gescal 4.016.952.000 Totale L. 4.989.241.779; Asti Art. 68/a L. 681.846.560 Art.
68/b e Gescal L. 1.788.070.874 Totale L. 2.469.923.434; Cuneo Art. 68/a L.
993.506.010 Art. 68/b e Gescal L. 5.037.186.741 Totale L. 6.030.692751 Novara Art. 68/a L. 741.837.000 Art. 68/b e Gescal L. 5.094.000.000 Totale L. 5.835.000.000; Torino Art. 68/a L. 5.518.000.000 Art. 68/b e Gescal L.
15.996.000.000 Totale L. 19.514.000.000; Vercelli Art. 68/a L. 408.230.010 Art. 68/b e Gescal L. 3.615.256.000 Totale L. 4.023.486.833.
Per le cooperative, non si è proceduto ad una ripartizione per provincia del 20 per cento che la Giunta propone di destinare alle cooperative né ad una indicazione di localizzazione, in quanto si è reputato opportuno stabilire dei comprensori, sulla base, come dicemmo a suo tempo, dell'unica segnalazione a livello regionale pervenuta. Lo scopo della localizzazione in comprensori deriva dal fatto che in questo modo si dà la possibilità alle cooperative che usufruiranno della cifra stanziata in base a bandi che saranno emanati dalla Regione di trovare una localizzazione non solo in determinati comuni ma in zone più vaste, secondo anche i suggerimenti di rappresentanti di cooperative fatti in sede di localizzazione degli interventi. Naturalmente, nei bandi succitati verrà stabilito un intervento minimo, per evitare la polverizzazione degli stanziamenti. Per quel che riguarda i comprensori, noi diamo un'indicazione di massima, lasciando evidentemente la possibilità che questi comprensori possano essere opportunamente verificati in sede di bandi concreti.
La cifra stanziata per le cooperative ed i loro consorzi è stata divisa proporzionalmente fra le varie province secondo i parametri di ripartizione calcolati per i restanti fondi, con lo stesso criterio adottato per i fondi già citati, mentre la cifra per i singoli comprensori è stata determinata in base al numero di abitanti dei comprensori stessi, secondo i dati ISTAT al 31/12/1970.
La tabella riassuntiva di questa ripartizione è la n. 7, che dà importi complessivi per ciascuna provincia destinati alle cooperative: per la Provincia di Alessandria L. 972.670.665 per la Provincia di Asti L. 432.967.562 per la Provincia di Cuneo L. 1.219.711.798 per la Provincia di Novara L. 1.233.494.126 per la Provincia di Torino L. 4.773 467.250.
Si fa presente che in tutti i Comuni compresi nei comprensori indicati è possibile, ai fini di una sollecita realizzazione dei programmi l'applicazione dell'art. 51 della legge 865, perché tutti i detti Comuni sono dotati o di Piano regolatore generale, o della 167, o di programma di fabbricazione, o quanto meno hanno adottato e trasmesso detti strumenti urbanistici. D'altra parte, sappiamo che ci sono Comuni che già in questo momento stanno dotandosi dello stesso tipo di strumento.
Si è d'avviso, inoltre, che la somma a disposizione per le cooperative o loro consorzi debba essere suddivisa fra le cooperative a proprietà individuale e quelle a proprietà indivisa nella misura rispettivamente del 30 e del 70 per cento.
Per quanto, invece, riguarda le localizzazioni e la distribuzione dei restanti fondi, si è proceduto tenendo conto in primo luogo dei comuni dotati della 167 o di altri strumenti urbanistici validi al fine dell'applicazione dell'art. 51 della 865 e quindi per consentire un immediato intervento e utilizzo dei fondi.
Il criterio adottato per la localizzazione dei Comuni ove intervenire con i fondi di cui all'art. 68 lettera b è stato il seguente.
Poiché l'unico dato ufficiale (ISTAT), Comune per Comune, relativo all'indice di affollamento è quello del 1961 fornito dall'IRES (e il rapportare le stanze occupate al 1970, secondo il criterio usato per le Province, porta a risultati evidentemente inattendibili), si è proceduto ad elencare i Comuni secondo l'indice di affollamento più elevato e con popolazione (in questo caso, però, riferita al 31/12/1970) superiore ad una soglia minima, evidentemente diversa Provincia per Provincia, al fine di evitare una polverizzazione degli interventi (si tiene conto così di dati omogenei e soprattutto della popolazione al 1970).
Per ogni Comune è stata assegnata, quindi, una cifra che tenesse conto dell'indice di affollamento e del numero di abitanti e comunque con interventi minimi non inferiori a L. 150.000.000. (Le cifre relative ad ogni intervento sono multiple, in linea di massima, di L. 12.000.000 considerata cifra base per la costruzione di un alloggio medio).
Evidentemente, sono stati inclusi tutti i Comuni dotati della 167.
Più facile è risultato il compito dell'individuazione dei comuni con i fondi dell'art. 68/a, quello per le abitazioni malsane, giacché l'esistenza dei beni demaniali occupati da famiglie o i centri di baraccati ancora esistenti sono elementi, uniti a quelli di famiglie ancora alloggiate in tuguri, che non è possibile disconoscere, per la cui soluzione occorre intervenire al più presto. (Evidentemente, i Comuni con popolazioni più elevate sono quelli maggiormente interessati dal fenomeno della presenza di abitazioni improprie).
La tabella 8 riporta, in quadro riepilogativo, tutta la ripartizione dei fondi destinati alla Regione Piemonte.
Come si potrà notare, non si è mai parlato di urbanizzazione in quanto i Comuni usufruiranno (se dotati della 167), per le opere di urbanizzazione primarie e per l'acquisizione delle aree, dei fondi di cui all'art. 45 della 865 e per l'urbanizzazione in genere provvederanno, ai sensi dell'art. 41, a contrarre i mutui necessari per tali oneri con la Cassa Depositi e Prestiti ed altri istituti di credito, o potranno avvalersi dei comma terzo e quarto dell'art. 64 della citata legge 865. Resta da esaminare l'attribuzione dei fondi per le case-albergo; per i dipendenti da imprese e per i prestiti individuali. Per quanto attiene le ultime due voci, si procederà attraverso la pubblicazione di appositi bandi di prenotazione. Per quanto riguarda, infine, le case-albergo, la Giunta Regionale valuterà in tempi successivi l'ubicazione e l'aliquota degli interventi in base alle reali necessità verificate nei comuni, tenendo conto che, se l'intervento attiene in piccoli centri, detti interventi sono da considerarsi destinati a pensionati per anziani, mentre nei grandi centri lo scopo è quello di aiutare, attraverso una sistemazione provvisoria e limitata nel tempo, l'inserimento nella città di nuove forze di lavoro nell'attesa di una definitiva sistemazione.
Occorre infine precisare che il 64 per cento dei fondi Gescal destinati alle costruzioni per la generalità dei lavoratori, la ristrutturazione, il risanamento e il restauro conservativo di complessi edilizi nei centri storici, è opportuno che debba essere affidata agli Istituti autonomi case popolari e loro consorzi, ancorché sia prevista anche per cooperative e loro consorzi.
Del resto, alle cooperative viene destinato, ai sensi dell'art. 55 lettera C, il 15 per cento di tali fondi.
A questo punto è bene precisare che non si tratta dello stesso tipo di cooperative: cioè, quelle indicate alla voce a) dell'art. 55 sono organismi che possono costruire solamente alloggi a locazione; le cooperative indicate invece alla voce C) dell'art. 55 sono organismi che costituiranno alloggi da cedere in proprietà ai soci.
E' inutile, quindi, aggiungere che, ai sensi dell'art. 57 della legge della percentuale destinata alla generalità dei lavoratori, il 4 per cento viene riservato ad interventi di ristrutturazione, risanamento o restauro conservativo di interi complessi nei centri storici, mentre il rimanente 60 per cento potrebbe essere destinato il 95 per cento agli Istituti autonomi case popolari e per il 5 per cento alle Cooperative e loro consorzi (come attualmente viene fatto dalla Gescal stessa nella Provincia di Torino) sempre che questi mettano a concorso a favore della generalità dei lavoratori gli alloggi costruiti, e ciò potrà essere verificato in sede di esame delle domande che perverranno alla Regione in base ad un bando che verrà emanato dalla Regione stessa.
Infine, ai sensi del sesto comma dell'art. 3 della legge 22/10/1971 n.
865, si acquisiscono i programmi di localizzazione deliberati dalle pubbliche amministrazioni e dagli enti pubblici prima dell'11/3/1971.
La Giunta si riserva di gestire gli accantonamenti in base a progetti che verranno presentati dagli Enti interessati secondo modalità che verranno rese note in un prosieguo di tempo.
Questa la laboriosa lettura, che comprendo come possa aver trovato scarsa risonanza nelle orecchie dei Consiglieri, trattandosi di notizie che mentre le leggevo sembravano più complicate a me stesso di quanto mi fossero apparse al momento dell'elaborazione.
Riassumendo, noi abbiamo proposto un piano di localizzazione tenendo conto non soltanto delle indicazioni prioritarie che avevamo affermato nel novembre del 1971, che sono state riconfermate dal CER, che ha stabilito addirittura i fondi destinati in termini precisi all'uno e all'altro tipo di intervento, ma di parametri e di situazioni che fossero il più possibile automatiche, il più possibile scaturenti da una situazione di fatto. E questo per una ragione obiettiva: che, i fondi essendo pochi, temevano di mettere in movimento un meccanismo che portasse a snaturare la caratteristica stessa delle localizzazioni cercando di indirizzarsi in località o che non hanno quel tipo di requisiti o dove l'esigenza non è sentita come in altre. Dirò, anche sulla base di recenti esperienze, che questo tipo di meccanismo si è in effetti avviato, con richieste di tipo settoriale: proprio mantenendoci fermi sui criteri adottati abbiamo la possibilità di una risposta valida per tutti, senza la minima discriminazione, senza il minimo intervento di carattere preferenziale, e soprattutto con un criterio oggettivo che salvaguardi e cerchi di realizzare l'obiettivo che ci siamo prefisso, cioè una ripartizione il più possibile aderente alla possibilità di immediato impiego, in modo che questi fondi che dovevano essere impiegati nel triennio '71-'73 possano già essere messi in utilizzazione con l'inizio del prossimo anno o addirittura alla fine di questo.



PRESIDENTE

La discussione è aperta. Chi chiede di parlare? Ha facoltà di parlare il Consigliere Rivalta.



RIVALTA Luigi

Non credo che si possa aprire senz'altro la discussione dopo la comunicazione dell'Assessore: occorre prioritariamente ascoltare la relazione sui lavori svolti dalla Commissione che ha esaminato il programma proposto dall'Assessorato ed ha svolto le consultazioni.



PRESIDENTE

Il Presidente della Commissione, Consigliere Dotti, vuol riferire? Ne ha facoltà.



DOTTI Augusto, relatore

Signor Presidente del Consiglio, signor Presidente della Giunta signori Consiglieri, la nostra Commissione, investita dell'esame dei documenti che sono stati in questo momento illustrati al Consiglio, ha ritenuto di approfondire la legge 865 e di vedere come essa era stata trasfusa nel documento predisposto dalla Giunta. Dopo questo esame, abbiamo effettuato una consultazione degli Enti maggiormente interessati: i sindacati, le Acli, le Cooperative e Mutue, gli Istituti autonomi case popolari. Conclusa questa consultazione, abbiamo proseguito i nostri lavori. Esporremmo al Consiglio alcuni emendamenti che proponiamo, in parte suggeriti, direttamente o indirettamente, degli enti consultati, in parte frutto di una approfondita disamina, di una radicata convinzione della Commissione stessa. Ci auguriamo ovviamente che le modifiche suggerite dalla Commissione all'unanimità siano fatte proprie anche dalla Giunta.
Come avete sentito, questi 63 miliardi sono destinati a diversi istituti e a diversi scopi. Prima di tutto, agli Istituti autonomi delle case popolari, alle Cooperative, alle opere di edilizia sociale, al risanamento di case dello Stato, alla manutenzione e al risanamento di case che sono patrimonio degli enti che si dedicano alla costruzione dell'edilizia economica e popolare, al restauro dei centri storici, alla costruzione di case-albergo per studenti, per lavoratori immigrati, per persone anziane, di case per dipendenti di imprese e a prestiti individuali.
Ho voluto elencare queste destinazioni perché nella consultazione alcuni enti hanno aderito a queste, altri le vorrebbero modificate nella misura in cui la legge stessa lo permette. Infatti, la legge 865 non fissa delle percentuali, ma fissa dei plafond massimi e dei plafond minimi.
Evidentemente, quindi, si può fare qualche cosa al di sopra dei plafond minimi, si può fare qualche cosa, da parte del Consiglio e della Giunta, al di sotto dei plafond massimi.
Forse anche al Consiglio sarebbe utile poter dire, come l'Assessore Cardinali ha già detto, che questi 63 miliardi sono divisi in tre lotti: uno di 8 miliardi destinato al risanamento delle case improprie, uno di 27 miliardi e 800 milioni proviene dal fondo dei Lavori pubblici, mentre un altro lotto di 26 miliardi e 800 milioni proviene dai fondi della gestione case per lavoratori. Questo è importante sottolineare perché a seconda che si destina da una parte o dall'altra si verificano diversità nei canoni di affitto, quelli che poi interessano gli utenti.
Va subito detto che i sindacati della CGIL, della UIL e della CISL non hanno fatto, di principio, alcuna osservazione, e neanche la Commissione ne farà, sulla ripartizione dei fondi per Provincia come quantum.
Evidentemente, anch'essi hanno dovuto rilevare che non sempre la Giunta aveva tenuto conto delle indicazioni venute dalle Commissioni provinciali che aveva ricevuto, per cui c'era stata una certa discriminazione, almeno in parte. I sindacati hanno fatto considerazioni che sono in parte pertinenti al piano di ripartizione, in parte desiderata anche di carattere legislativo fatte presenti alla Commissione perché le facesse presenti al Consiglio stesso.
Hanno pensato che la Giunta dovrebbe intervenire per far concentrare nell'anno 1972 la cifra stanziata per il triennio, al fine di accelerare la ripresa edilizia. Hanno pure espresso il desiderio che la Giunta faccia da intermediario per ottenere una riduzione per quanto possibile degli interessi bancari (non dico per ottenere un minimo agevolato di interesse sui mutui che dovranno essere accesi). In terzo luogo, hanno insistito - e dobbiamo dire che questo punto è stato fatto proprio anche dalla Commissione - perché siano favorite le cooperative a proprietà indivisa essendo questo un sistema di gestione diretta che effettivamente interessa molto i destinatari dell'alloggio e permette, nei confronti delle cooperative a proprietà individuale, la possibilità di una manutenzione dello stabile molto più immediata ed efficace di quella che si verifica nei normali condomini e nelle normali cooperative a proprietà individuale.
Fra l'altro, hanno assunto una posizione che mi sembra abbastanza logica chiedendo che si diminuisca, o se possibile si annulli, la quota destinata alla costruzione di case per dipendenti da imprese, in quanto sono le imprese, le aziende che dovrebbero provvedere di per se stesse insieme agli enti locali, a dare un contributo per la casa, da aggiungersi a quello della Regione e a quello dello Stato; ciò al fine di un maggiore incremento ma soprattutto anche di sottrarre l'azienda stessa, l'impresa stessa a pressioni o a possibilità di lusinghe nella ripartizione degli alloggi.
Hanno anche fatto presente la necessità di aumentare, almeno nei grossi centri, lo stanziamento minimo di 150 milioni portandolo a 300 milioni.
Questo perché le opere di infrastruttura e di urbanizzazione, all'intorno e all'interno di una costruzione più ampia, di un'area più intensamente investita come capitali, si possono attuare con un certo risparmio. Alla periferia, invece, si può mantenere lo stanziamento nella misura di 150 milioni, che sappiamo poi ridursi ad una possibilità di costruzione solamente di una dozzina di alloggi.
Vorrebbero poi trasferire alla generalità dei lavoratori quei fondi Gescal che, secondo loro - su questo la Commissione dirà poi il suo parere indebitamente, sono stati ancora destinati a case-albergo per studenti per lavoratori immigrati, per persone anziane. La questione è ovviamente dibattuta: anch'io penso, personalmente, che un collegio universitario, per esempio, abbia bisogno di attrezzature e non si possa inserire facilmente in un contesto di quartiere, debba trovarsi vicino alla propria facoltà.
Inoltre chiederebbero di destinare alla generalità dei lavoratori, il che vuol dire all'Istituto autonomo delle case popolari, i prestiti individuali, perché per l'esperienza recentemente fatta questi prestiti individuali destinati alla costruzione di case non vengono utilizzati, per cui anche in Piemonte noi abbiamo avuto due miliardi disponibili che sono stati trasferiti all'Istituto autonomo delle case popolari.
Hanno anche auspicato che si addivenga al più presto alla modifica dei consigli d'amministrazione degli Istituti autonomi delle case popolari così come previsto, entro un anno dalla legge 865; quindi, invitano la Regione a farsi parte diligente perché questo avvenga entro i termini fissati.
Arrivati a questo punto, siamo passati a sentire le Cooperative. Queste hanno presentato un documento, che è anche a mano della Giunta, in cui si sottolineano due punti: l'opportunità che si privilegi ancora di più la cooperativa a proprietà indivisa (onestamente, però, nel far proprio questo desiderio hanno precisato che sono disposti a subire, anzi sollecitano, un controllo da parte della Regione nei loro Consigli, affinché, come nell'Istituto autonomo case popolari, la direzione, la gestione di questa proprietà indivisa nelle cooperative, per la buona amministrazione dei fondi ricevuti, sia anche controllata dalla Regione; e raccomando alla Giunta di accogliere senz'altro questa proposta, perché è logica e scaturisce da un lodevole intento di autodisciplina).
Poi, hanno fatto presente - e questo, secondo me, è un fattore indubbiamente assai importante di equità e di perequazione - che, nel gioco della destinazione dei fondi provenienti vuoi dai Lavori Pubblici, vuoi dai fondi Gescal, vi sia una perequazione dei contributi tale che i canoni di affitto abbiano ad essere tutti della stessa misura. In questo documento si fa infatti presente come alcune case costruite con derivazione dai Lavori Pubblici o dalla Gescal possano avere canoni di affitto con variazioni del 100 per cento: si passa da 4000 lire, 4500 al mese a canoni che arrivano fino alle 10-13 mila lire. Quindi, occorre che, nel ripartire i fondi ai diversi enti interessati, la Giunta si faccia parte diligente affinch questi contributi servano a mettere effettivamente tutti gli utenti degli alloggi che devono essere economici e popolari nelle stesse condizioni di beneficio.
Gli Istituti autonomi delle Case popolari, da noi consultati, hanno in primo luogo fatto presente, logicamente il loro disagio per non aver visto accolti gli orientamenti suggeriti dalle Commissioni provinciali, che rappresentavano praticamente la totalità degli utenti, e hanno anche pensato di essere loro i destinatari maggiori di questi fondi in quanto che ritengono che gli Istituti autonomi delle case popolari siano effettivamente quelli che provvedono a fornire l'alloggio alle persone meno abbienti, non solo lavoratori ma anche persone anziane, pensionati, persone sole. Però non hanno insistito sulla misura in quanto che non hanno voluto contrapporsi al movimento delle Cooperative.
Abbiamo poi anche consultato il sindacato della CISNAL. Anch'esso ha voluto consegnare un suo documento scritto, insistendo perché si facciano subito queste ripartizioni di fondi, ai fini di una ripresa edilizia, ed eventualmente anche perché la Giunta si adoperi per convincere le aziende a sbloccare, su dieci anni di anzianità dei lavoratori, una parte dell'indennità di liquidazione da destinarsi per la casa a coloro che ne facciano richiesta.
Dobbiamo dire, però, che tutte le persone consultate hanno espresso rammarico per la brevità del tempo lasciato a loro disposizione, che non aveva loro consentito di approfondire il testo consegnato - disagio che era anche nostro, perché anche noi ci siamo trovati alle strette in questa consultazione -, ma sono soprattutto per l'essere stati posti di fronte ad un documento che, avendo già avuto pubblicità sulla stampa, appariva difficilmente modificabile. Infatti, pur avendo mosso delle critiche in merito alla ripartizione e alla localizzazione dei fondi nelle singole province e nei singoli comprensori, anche se hanno ringraziato la Giunta di aver affermato che questi comprensori non si devono intendere rigidamente fissati ma suscettibili di essere allargati con una certa elasticità, hanno avuto l'impressione, appunto trovandosi di fronte ormai a cose fatte, che sarebbe stato molto difficile, senza scontentare troppo coloro che già contavano sulla assegnazione di questi fondi, favorire coloro che avrebbero voluto pur giustamente una maggior quota dei fondi stessi. Non hanno pertanto insistito per variazioni di ripartizione né di localizzazione.
Ho avuto anch'io, come mi pare il Presidente del Consiglio o della Giunta, una lettera della Provincia di Alessandria, o di Asti, contenente una protesta per la ripartizione. Debbo però dire che la Commissione non fa proprie queste osservazioni, ad evitare che si arrivi veramente al caos. I nostri emendamenti sono di natura diversa. La Commissione ha voluto sondare gli intendimenti della Giunta, e ne ha dedotto con soddisfazione che la Giunta sembra disposta a favorire le cooperative a proprietà indivisa tanto è vero che di quella quota del 20 per cento attribuita alle cooperative (l'80 per cento è stato invece attribuito agli Istituti per le case popolari) proveniente dalla suddivisione dell'87 per cento dello stanziamento totale rimasto dopo aver dedotto gli accantonamenti da fare per opere di edilizia sociale e il 7 e mezzo per cento per la manutenzione e il risanamento di case di proprietà degli enti dell'edilizia economica e popolare, la Giunta ha voluto proporre che il 30 per cento andasse alle cooperative a proprietà individuale e il 70 per cento alle cooperative a proprietà indivisa. Noi vorremmo spingerci ancora un po' più avanti, in questo senso: siccome la Commissione ritiene che le imprese abbiano difficoltà a gestire la casa, si riduca al minimo quel 10 per cento che la Giunta aveva destinato alle case per dipendenti di imprese, e si trasferisca quanto possibile (si tratta di fondi Gescal) in aggiunta al 64 per cento destinato alla generalità dei lavoratori, portando questo, se possibile, al 74 per cento, magari con un ritocco anche della somma destinata ai prestiti individuali; contemporaneamente, dato che c'è stato questo aumento di un 10 per cento agli Istituti autonomi case popolari, si diminuisca (dal momento che all'incirca questi due fondi si equivalgono: fondi dei Lavori pubblici, 27,8 per cento, fondi provenienti dalla Gescal 26,8 per cento) dall'80 al 70 per cento il fondo destinato agli Istituti autonomi case popolari come fondi provenienti dai Lavori pubblici, e si porti al 30 per cento il fondo di questa provenienza da destinarsi alle cooperative, mantenendo uguale il modulo di ripartizione: 30 per cento alle cooperative a proprietà individuale, il 70 per cento alle cooperative a proprietà indivisa.
Inoltre, pregheremmo la Giunta di non interpretare l'art. 55 lettera C nel senso che il 15 per cento dei fondi Gescal sia da destinarsi alla proprietà individuale, perché su questo articolo, compulsati tutti i testi la Commissione è venuta alla conclusione che l'unica condizione posta perché le cooperative possano godere di questo 15 per cento sia che concorrano a portare l'area, e l'area può essere indifferentemente portata dalle cooperative a proprietà individuale e dalle cooperative a proprietà indivisa.
Se noi potessimo accedere a questa interpretazione, che è una interpretazione evidentemente bivalente, e mantenere lo stesso modulo del 30 per cento alla proprietà individuale e del 70 per cento alla proprietà indivisa, daremmo finalmente slancio alle cooperative a proprietà indivisa assicurando ad esse un aumento della quota di fondi provenienti dai Lavori pubblici attraverso l'aggiunta di questo 15 per cento che nell'interpretazione della Giunta sembrava riservato alle cooperative a proprietà individuale.
Giunto a questo punto, non mi rimane che raccomandare che questo piano sia inviato a Roma, che siano sollecitati il più possibile gli stanziamenti, che le somme accantonate non siano congelate e dunque che ci si riservi la possibilità, se un congelamento dovesse profilarsi, di ritornare sui nostri passi incrementando quelle voci per le quali esse potrebbero essere immediatamente utilizzate. Dobbiamo seguire voci come quella per la costruzione di case-albergo per gli studenti e quella per i prestiti individuali, per evitare che i fondi a queste destinati rimangano accantonate all'infinito: e così i fondi relativi alle opere di edilizia sociale speriamo siano effettivamente utilizzati al più presto dall'Istituto per le case popolari; soprattutto, si dovrà far presente a chi di dovere che finalmente abbiamo la possibilità, e non dobbiamo sciuparla, di fare qualcosa per il risanamento dei centri storici, che diventano molto rapidamente fatiscenti (dalle discussioni che si svolgono nei singoli Comuni si apprende che, per mancanza di fondi, o per mancanza di quello che potrebbe essere sostitutivo, in questi centri si lasciano andare in rovina palazzi storici che ormai di storico hanno soltanto più il nome, in attesa forse che crollino affinché la Sovrintendenza alle Belle Arti dia via libera alla loro sostituzione): è un'opera molto impegnativa da parte della Giunta, per i contatti che essa dovrà avere con gli enti locali.
Vorrei lasciare ora la parola all'architetto Rivalta, Vicepresidente della Commissione, per l'approfondimento di alcuni degli aspetti che sono emersi dalle consultazioni e dai lavori della Commissione. Grazie.



PRESIDENTE

Consigliere Rivalta, intende prendere la parola? Ne ha facoltà.



RIVALTA Luigi

Parlerò a nome del mio Gruppo. Ritengo che, in merito ai lavori della Commissione, sia stata esauriente l'esposizione fatta dal Consigliere Dotti.
Vorrei anzitutto dichiarare ancora la mia opposizione alla procedura che qui si ritiene di adottare con l'approvazione di un ordine del giorno.
Non sta a me disquisire su questa materia, dal momento, che nel Consiglio Regionale sono in buon numero gli avvocati, ma è fuori di discussione che non è la stessa cosa una deliberazione e l'approvazione di un ordine del giorno, gli impegni che comportano sono nettamente diversi. D'altra parte se così non fosse, non ci sarebbe l'opposizione del Presidente Calleri a procedere attraverso una deliberazione del Consiglio. Io ritengo che il dispositivo della legge 865 chiaramente responsabilizzi la Regione ad una sua approvazione; non c'è, d'altronde, alcun altro articolo o comma successivo che dia la possibilità agli organi governativi ed ai suoi strumenti, quali il CER, di mettere in discussione la localizzazione operata dalla Regione. L'art. 4, che al primo comma dice: "Fino al 31 dicembre del 1972 il Presidente della Giunta è delegato." e si riferisce espressamente a compiti esecutivi attribuiti al Presidente riguardo, ad esempio, i bandi di concorso, non si riferisce assolutamente ai problemi inerenti la localizzazione. Mi sembra che con la legge 865 il legislatore a meno che abbia commesso, ma non lo penso, dei grossolani errori - abbia inteso proprio attribuire, per i piani di localizzazione che hanno una caratteristica prettamente urbanistica, che infieriscono sui problemi dell'organizzazione del territorio e quindi su una competenza della Regione, una possibilità di intervento pieno ed assoluto da parte della Regione; per altri aspetti che non sono di competenza della Regione è ricorso alla delega. Mi pare che si debba vedere questa distinzione.
Non accetto, quindi, la procedura che si intende seguire: da un colloquio con il Capogruppo del mio partito, Consigliere Berti, ho tratto la convinzione ancor più profonda, avendo egli rivisto la posizione precedentemente espressa, che ci debba essere una deliberazione del Consiglio. Ove ciò non avvenisse, dichiaro fin d'ora che cercheremo per altre vie di far modificare il tipo di procedura adottato. Mi rendo anche conto che così facendo si potrebbe causare ritardi nei confronti di questo programma; però ritengo che il problema non riguardi soltanto questo caso: è un problema di rapporti all'interno del Consiglio, fra i vari organi della Regione, di interpretatone delle competenze che lo Stato attribuisce alla Regione, per cui sostanzialmente occorrerà vedere in modo più approfondito questa questione, in senso generale, al di là delle decisioni che verranno prese questa sera. Io spero che alla fine di questa discussione sia ancora possibile, eventualmente in una riunione di Capigruppo, da tenersi durante una sospensione, discutere in proposito, ed arrivare ad una conclusione positiva.
Vengo ora al merito del programma presentato dall'Assessorato. Evito di richiamarmi in maniera estesa ad una serie di problemi che ho avuto modo di illustrare ampiamente nel corso delle discussioni che il nostro Gruppo ha imposto al Consiglio sul problema della casa nel mese di novembre e poi nel maggio scorso; anche se, probabilmente, non potrò evitare del tutto di ripetere cose già dette - e per questo faccio appello alla pazienza dei colleghi -, cercherò di limitarmi a richiami sintetici, senza diffondermi su argomenti già trattati.
La posizione del mio Gruppo è, intanto, di rifiuto del metodo con cui siamo arrivati a questa discussione. Si è trattato di una procedura, anche sul piano del confronto politico, elusiva e non accettabile. Siamo arrivati ad avere il programma di localizzazione solo dieci giorni fa, siamo stati costretti a discuterlo in Commissione in questa stessa settimana. Abbiamo operato delle consultazioni in modo del tutto affrettato. Ciò nonostante che fin dal mese di novembre, appunto in occasione della presentazione di una nostra mozione, noi avessimo indicato i tempi necessari per lo svolgere un lavoro approfondito intorno a questo tema, e quindi avessimo indicato fin da allora la necessità di operare immediatamente, per non arrivare a giugno in condizioni di urgenza e dover strozzare nello spazio di una settimana il lavoro della Commissione e del Consiglio.
La circostanza ha valore non soltanto dal punto di vista formale, bensì anche da quello sostanziale. Questo modo di procedere ha indotto a svolgere consultazioni affrettate, che non hanno colto forse tutti gli aspetti che attorno a questi problemi possono emergere. Mi riferisco, ad esempio, ad una serie di osservazioni che sono state fatte dai presidenti degli Istituti autonomi case popolari che non abbiamo avuto tempo di verificare e che indicherebbero come non si sia tenuto conto di situazioni che almeno dal punto di vista soggettivo dei consultati appaiono dover essere oggetto di intervento per l'edilizia economica e popolare. Noi avevamo richiesto che la Regione assumesse una propria responsabile posizione nella distribuzione a livello regionale, ma anche che, una volta operata una ripartizione a livello regionale, promuovesse la partecipazione delle forze provinciali per procedere alla ripartizione provinciale: il non averlo fatto darà certamente adito ad una serie di scontenti. La procedura adottata ha determinato un'atmosfera di non chiarezza sulle scelte che sono state operate e consentito quindi il permanere di confusione, di incertezza e la sensazione forse che siano state operate scelte di carattere soggettivo e non di carattere oggettivo.
La Regione, secondo noi, avrebbe dovuto assumersi, una volta operata una ripartizione a livello regionale, l'iniziativa di promuovere responsabilmente un confronto a livello provinciale con le forze interessate, sindacati ed Enti locali in primo luogo, il che avrebbe consentito di chiarire la ragione di certe scelte e reso partecipi alle scelte le comunità che dovranno poi essere interessate all'attuazione di questi programmi.
Detto questo, penso sia doveroso dare atto, comunque, all'Assessorato di aver accettato, nei criteri di ripartizione, almeno come intenzione espressa nella relazione (non ho avuto poi modo di controllare l'attuazione di questi criteri, non disponendo di dati analitici), di far riferimento secondo i suggerimenti emersi nel corso della discussione precedente, a parametri, a dati suscettibili di consentire una valutazione omogenea a livello regionale. Ritengo, e mi sento in dovere di darne atto, che l'accettare un criterio di questo genere, in adesione ad una nostra richiesta sia stato da parte dell'Assessorato estremamente corretto.
Ripeto che sui risultati non sono in grado di dare un giudizio.
Osservazioni che sono state fatte al momento della consultazione da presidenti degli Istituti autonomi case popolari, o che mi sono giunte in questi due o tre giorni da parte di rappresentanti di enti locali o di comunità locali, possono far sorgere dubbi sulla perfetta aderenza a questi criteri nella pratica applicazione. Cito, per esempio, una situazione rilevata nell'Astigiano, per cui a Moncalvo verrebbe riconosciuta la necessità di un intervento per l'esistenza di case improprie mentre si obietta che Moncalvo non presenta situazioni abnormi; tali situazioni si avrebbero per contrapposto in altri paesi dell'Astigiano che dispongono di strumenti urbanistici: mi si dice, per esempio, che Incisa è oggetto di piani di ricostruzione in conseguenza dell'alluvione e avrebbe dovuto essere presa in considerazione nell'ambito di queste ripartizioni. Altre osservazioni dello stesso genere riguardano il Biellese, la stessa Valsesia ed altre zone ancora. Ritengo che se errori ci sono stati essi vanno visti piuttosto nell'applicazione dei criteri, non nei criteri di per se stessi.
Il tentativo di assumere parametri oggettivi, che permettano valutazioni di carattere omogeneo, noi lo approviamo: è l'applicazione se parziale, se non corretta e affrettata che può portare a risultati non corrispondenti alla realtà.
Può anche darsi, poi, che i parametri adottati non siano quelli più validi per scoprire la realtà. Non c'è stato dato di verificare i limiti che possono derivare dalla natura dei dati di cui si disponeva: il piano è stato fatto senza disporre dei dati del censimento; la Regione non si era posta in condizione di averli.
Altro elemento che riteniamo positivo, e di cui diamo volentieri atto al lavoro dell'Assessorato, è quello di aver operato una ripartizione rigorosamente rivolta ai Comuni che dispongono di strumenti urbanistici atti all'applicazione della legge 865, positivo che non si sia prefigurata una ripartizione rivolta a Comuni carenti di questi strumenti, il che avrebbe potuto comportare ritardi potenziali nella stessa applicazione della legge.
Un ulteriore elemento positivo, che coglie quelle che erano state le nostre richieste, è quello relativo all'indicazione di proiettare la ripartizione dei fondi per le abitazioni secondo una tendenza di sviluppo che privilegi nella Regione piemontese, le Province esterne, che promuova una inversione dei ritmi di crescita delle varie Province piemontesi a favore appunto delle Province esterne a quella di Torino.
Detto questo, colti quindi gli elementi di giudizio negativo e critico sul piano delle procedure, colti anche gli aspetti positivi dei principi dell'impostazione data dall'Assessorato, al metodo di localizzazione, credo che, entrando nel merito si tratti qui di esprimere la nostra insoddisfazione, e quindi anche le nostre divergenze, del modo con cui tali principi sono stati applicati e nei confronti dei risultati di questo lavoro per quanto riguarda la ripartizione di attribuzioni all'IACP e alle Cooperative.
La nostra posizione è stata fin dall'inizio quella di espandere l'intervento del movimento cooperativo rispondendo positivamente alla rivendicazione che è stata fatta non solo dalle organizzazioni cooperative ma anche dalle organizzazioni sindacali, le quali hanno individuato nel movimento cooperativo uno strumento democratico e partecipativo per la gestione di questa legge.
Noi riteniamo valide queste rivendicazioni, perché individuiamo nel movimento cooperativo uno strumento di autogestione, e quindi uno strumento reale di partecipazione all'attuazione della legge sulla casa e alla realizzazione dei programmi edilizi, strumento di partecipazione reale e immediato poiché all'interno delle cooperative sono già aggregati e individuati singoli lavoratori e quindi uno strumento di partecipazione estremamente qualificato a favore degli utenti, dei lavoratori che intendono usufruire di questa legge i quali sono messi in grado di interferire all'inizio su tutto il processo che, dal momento della progettazione va al momento della esecuzione e poi al momento della gestione, possibilità di proposta di controllo, di iniziativa sulle soluzioni urbanistiche e sulle tipologie edilizie.
Per quanto riguarda quest'ultimo momento, quello della gestione riteniamo poi estremamente positivo che siano le cooperative a svolgere questa attività positiva dal punto di vista politico poiché diventa momento di confronto degli abitanti nei riguardi del problema della casa e del quartiere; ed anche, dal punto di vista pratico, come alleggerimento di tutta un'attività che invece cadrebbe su organismi burocratici, che sarebbero isteriliti dall'enorme portata di un'attività di questo genere e che snaturerebbero il significato politico della gestione riducendola ad un intervento puramente di carattere tecnico. Quindi, un significato di carattere politico, di carattere pratico, fondato sulla partecipazione, e sullo snellimento delle strutture attuative della Regione, quello che indirizza la nostra rivendicazione in direzione di un potenziamento dell'attività cooperativa.
Sotto questo profilo, riteniamo la globalità degli interventi destinati alle cooperative insoddisfacente e non corrispondente a questi principi. In realtà, alle cooperative vanno soltanto il 15 per cento dei fondi Gescal e il 20 per cento dei fondi del Ministero dei Lavori pubblici; quindi, in sostanza, una cifra globale - considerato che i fondi Gescal e i fondi del Ministero dei Lavori pubblici grosso modo si equivalgono - che corrisponde all'incirca, al 17-18 per cento dell'intero finanziamento. Noi avevamo richiesto che si raggiungessero soglie dell'ordine del 35 per cento, quali sono state raggiunte in alcune zone della Regione lombarda (con questo riferimento non vogliamo rifarci a modelli ma vogliamo unicamente indicare come sia possibile, formalmente, anche esprimere una volontà politica che vada in quella direzione).
La nostra posizione è quindi orientata nell'estensione dell'intervento per il movimento cooperativo. Il Consigliere Dotti ha già espresso in questo senso una proposta che rappresenta il compromesso raggiunto in seno alla Commissione, io sostengo, a nome del mio Gruppo, la proposta di allargare ulteriormente la dimensione dell'intervento cooperativo.
Vorrei inoltre richiamare qui il fatto che l'intervento cooperativo è nella proposta della Giunta suddiviso, per quello che riguarda i fondi provenienti dal Ministero dei Lavori pubblici, in un 30% alla cooperazione a proprietà individuale e un 70% alla proprietà indivisa; per quanto riguarda i fondi Gescal, la Giunta intende attribuire l'intera somma a disposizione, corrispondente al 15%, destinata alle cooperative, alle cooperative a proprietà individuale. Nel complesso, ne deriva una situazione che evidentemente non rispecchia la scelta dichiarata a favore della cooperativa a proprietà indivisa: se il 15% della Gescal è destinato unicamente alla cooperazione a proprietà indivisa, sostanzialmente, del 20 dei fondi provenienti dal Ministero dei Lavori pubblici il 70% diventa il 14%; cosicché arriviamo a cifre destinate alla cooperazione a proprietà indivisa inferiori a quelle destinate alla cooperazione a proprietà individuale, che ammonterebbero al 15% di provenienza Gescal più il 20 sull'80%, il che equivarrebbe al 16%, cioè, se non vado errato, al 31 circa sui fondi globali. Quindi, in sostanza, ci si trova in presenza di una destinazione al movimento cooperativo che attribuisce alle cooperative a proprietà indivisa unicamente il 14% e alle cooperative a proprietà divisa, invece, il 31% dei fondi destinati alle cooperative. A nome del mio Gruppo chiediamo un intervento modificatore di questa disposizione, in modo da espandere l'intervento globale alle cooperative, e, all'interno di questo, l'intervento alla cooperazione a proprietà indivisa.
In merito ad una estensione della cooperazione a proprietà indivisa, è stato oggetto di discussione in seno alla Commissione se l'art. 55 dovesse essere applicato in conformità alla Legge 60, ed erano sorti dubbi sulla possibilità di attribuire il 15% dei fondi Gescal solo in parte alle cooperative a proprietà divisa, destinando l'altra parte alle cooperative a proprietà indivisa.
La questione non è stata da noi risolta: ci sono state posizioni controverse, non si è giunti a far chiarezza né si è trovata una linea comune. Io penso che questa questione vada approfondita per trovare la possibilità di applicare la stessa ripartizione effettuata per i fondi del Ministero dei Lavori pubblici anche per i fondi alle cooperative della Gescal. Nel caso in cui questa possibilità non venisse riscontrata, mi pare che una indicazione tendente ad espandere l'intervento delle cooperative insieme a quello delle cooperative a proprietà indivisa, possa essere quella che ha fornito il Consigliere Dotti, aumentare la percentuale all'interno dei fondi del Ministero dei Lavori pubblici, da un lato destinare a favore della generalità dei lavoratori il 10 per cento assegnato dalla Giunta alle imprese all'interno dei fondi della Gescal d'altro lato.
Vorrei ora, secondo l'ordine di esposizione seguito dall'Assessore Cardinali, nella illustrazione che ha fatto oggi del piano di ripartizione portare alcune osservazioni di merito sui contenuti del lavoro della Giunta, sui risultati e sul criterio di applicazione della legge 865.
Mi richiamo, intanto, a sostegno del discorso fatto prima a favore della cooperazione, ad una interpretazione contenuta a pag. 4 della relazione. Vi si dice che alle cooperative si danno percentuali limitate tenendo conto del fatto che possono attingere a fondi provenienti da altre leggi. L'Assessore Cardinali ha fatto oggi nuovamente riferimento a questa ipotesi, che chiama nuovamente in causa la legge 1179 del 1965 successivamente e più volte aggiornata e che avrebbe avuto ultimamente, con la legge 991, un rifinanziamento. Faccio osservare che quella legge fornisce sovvenzioni soltanto per il 75 per cento di un valore fittizio di costruzione, valore fittizio inferiore a quello reale, per cui in effetti il contributo è più basso di tale percentuale; si aggiunga a ciò che il contributo in conto interesse è del 4 per cento. Sostanzialmente, questa legge introduce sì alcuni finanziamenti a favore delle cooperative, ma le introduce a titolo oneroso, per cui può soddisfare soltanto la domanda di quella fascia di cooperatori, capace di far fronte a simili costi; domanda che ha come prospettiva l'acquisizione della casa in proprietà individuale non indivisa, dal momento che i costi dell'operazione attraverso questa legge diventano onerosi tanto da metterli alla pari con quelli richiesti dal mercato privato. Questa legge non può quindi certamente essere presa come riferimento per un intervento a favore del movimento cooperativo, e soprattutto come riferimento per un intervento per il movimento cooperativo a proprietà indivisa. Tutto ciò sostiene la mia argomentazione sulla necessità di ampliare i fondi da attribuire alle cooperative a proprietà indivisa.
Pure da prendere in considerazione e da discutere il punto della relazione della Giunta relativo ai tre soggetti destinatari di fondi Gescal, a pag. 5: mi riferisco al 5 per cento destinato alla costruzione di case-albergo per lavoratori immigrati, o per persone anziane; al 10 per cento per costruzioni destinate a dipendenti di imprese; al 6 per cento per prestiti individuali. Sono somme che vengono accantonate dalla Giunta per un utilizzo che verrà deciso in futuro. L'esperienza passata indica come ci siano in questi tipi di utilizzo delle possibilità di distorsione delle finalità, se non addirittura delle difficoltà di utilizzazione di questi fondi: possibilità, quindi, che essi si traducano in residui passivi, che non vengano utilizzati rapidamente e che quindi sostanzialmente attraverso il ritardo sull'attuazione di questa legge, già di portata così limitata quanto se ne riduca la portata a finanziamento. E ciò in contrasto con la richiesta delle organizzazioni sindacali di accelerare il ritmo di utilizzo dei fondi.
Per quello che riguarda i prestiti individuali, chiedo che venga eliminata la destinazione del 6 per cento, per girarla a favore della generalità dei lavoratori, in considerazione del fatto che i fondi per prestiti individuali messi a disposizione nel passato attraverso i bandi della Gescal, sono rimasti in gran parte inutilizzati, e sono passati fra i residui passivi: così è stato per quello che riguarda la provincia di Torino, ma credo che la stessa cosa sia accaduta altrove. La Gescal ha nel mese di marzo, o forse anche più certamente, in una riunione del suo Consiglio di amministrazione a favore della generalità dei lavoratori l'utilizzo di questi residui che erano rimasti passivi, ammontati a circa due miliardi. Ritengo, e in questo senso hanno rivolto richiesta le organizzazioni sindacali, che non si debba aspettare qualche anno per scoprire che questi fondi hanno oggettivamente difficoltà di utilizzo, che la vischiosità delle procedure per il loro utilizzo è tale che rimangono residui passivi, vengano quindi immediatamente distolti da questa destinazione ed accorpati ai fondi destinati alla generalità dei lavoratori ed alle cooperative, che hanno procedure di attuazione assai più rapide ed offrono maggior garanzia di portare rapidamente a realizzazione le case nel rispetto delle finalità per cui sono state stanziate le somme.
Lo stesso discorso può essere fatto per le case-albergo, le case per lavoratori immigrati, le case per le persone anziane. Noi riteniamo che non sia opportuno accantonare questi fondi ma sia meglio immetterli immediatamente nel programma attuativo appunto della produzione relativa alla generalità dei lavoratori, dando immediata attuazione alla costruzione delle abitazioni, dei vani che questi fondi consentono, senza disconoscere l'esigenza, al momento dell'assegnazione, e già in quello della progettazione, di una certa percentuale di abitazioni per gli studenti, per le persone anziane, per i lavoratori immigrati. Sotto questo profilo riteniamo che si venga a rispondere alle esigenze di carattere sociale ed assistenziale, che impongono non di fare i ghetti per studenti, per anziani, per lavoratori immigrati, ma di immettere queste categorie di persone all'interno di quartieri integrati, per far vivere loro una vita di relazione completa a livello residenziale.
Per quanto concerne il terzo di questi elementi, il 10 per cento per costruzioni destinate ai dipendenti da imprese, già si è espresso il Consigliere Dotti, informando sui risultati della discussione della Commissione. Io ritengo che su questa questione la Giunta debba prendere una posizione, tenendo anche conto della difficoltà che in passato si è avuta nella utilizzazione di questo tipo di intervento (il rapporto con le imprese è un rapporto che ritarda l'attuazione, e per questa ragione il Consiglio lombardo ha per esempio scartato la destinazione di fondi delle imprese per assegnarli invece alla generalità dei lavoratori, e alle cooperative).
Al di là di ciò in considerazione della rivendicazione, delle organizzazioni sindacali che chiedono si promuovano, di fronte all'esiguità dell'intervento dello Stato, iniziative per la costituzione di fondi che allarghino la possibilità di intervento della Regione nel campo della edilizia economica e popolare, noi chiediamo perché almeno le grandi imprese, se non le piccole e le medie, versino contributi per un fondo di utilizzo per l'edilizia economica e popolare, fondo che potrà essere forse integrato dalla stessa Regione e forse anche, nonostante la nota limitatezza delle possibilità di intervento degli enti locali, da qualche ente locale.
Ci sono poi alcune considerazioni da fare in merito all'ultima parte della relazione dell'Assessorato, pag. 10 e 11, che si riferisce all'interpretazione dell'art. 55, su cui, come ho già detto, è tuttora aperta una discussione circa la possibilità di destinare almeno in parte i fondi alle cooperative a proprietà indivisa. Vi si dice, nel paragrafo successivo, che le cooperative indicate all'art. 55 sono cooperative destinate all'acquisizione di proprietà degli alloggi, e quindi diverse da quelle previste all'art. 55 A. E c'è una interpretazione, alla pag. 11, per cui le cooperative alle quali si parla all'art. 55 A della legge 865 apparirebbero le cooperative di costruzione e a queste verrebbe demandato il 4 per cento dei fondi destinati alla generalità dei lavoratori. Noi riteniamo errata questa interpretazione. Mi rifaccio alla legge 60, per richiamare la matrice della formulazione dell'art. 55 della 865. La legge 60 dice chiaramente - i riferimenti sono agli art. 29 e 30, letti congiuntamente - che non si tratta di cooperative di costruzione (e quindi se la Gescal ha operato a Torino in questa maniera ha operato in maniera difforme da quanto dispone la legge 60: noi avevamo già sollevato questa questione): si tratta di cooperative di lavoratori che si formano dopo l'emanazione dei bandi emessi per la generalità dei lavoratori; vale a dire, nel momento in cui viene formulato il bando di assegnazione per la generalità dei lavoratori, i lavoratori che si trovino nelle condizioni previste da esso possono autonomamente costituirsi in cooperativa e in questo senso diventare cooperative, stazioni appaltanti e costruttrici della casa; non cooperative di produzione. Quindi, anche questo elemento va corretto. Mi pare che debba essere mantenuto il 64 per cento per intiero alla generalità dei lavoratori, per applicare, caso mai, all'interno degli assegnatari di questo 64 per cento la possibilità di istituirsi in cooperative e di procedere quindi, con un processo di autogestione, alla costruzione della casa.
L'art. 57 della legge 865 va quindi interpretato in questo senso e coerentemente vanno apportate le necessarie correzioni a questo documento.
Fatte queste considerazioni nel merito del documento, noi lo accettiamo per quanto concerne i criteri tenuti nell'impostare il programma di localizzazione, mentre stante la documentazione fornita non siamo sicuri dei risultati dell'applicazione di questi criteri. Per gli altri aspetti restano le modifiche che io ho proposto a nome del mio Gruppo, in parte già espresse dal Consigliere Dotti come proposte della Commissione, oltre a ci penso vada ancora una volta ribadita pur se esula dal discorso relativo al programma di localizzazione, la denuncia circa l'esiguità del finanziamento cui ci troviamo di fronte. E' necessario svolgere un'azione rivendicativa affinché questo finanziamento venga elevato; per altri versi, perché di questo finanziamento venga accelerata l'utilizzazione, facendo durare per un tempo inferiore ai tre anni previsti, che scadrebbero alla fine del '73 (le organizzazioni sindacali hanno chiesto concretamente di anticiparne la scadenza a fine '72). Noi riteniamo che la Regione possa e debba farsi partecipe di una iniziativa perché venga accelerata il più possibile l'attuazione di questi programmi e si addivenga a un successivo finanziamento che anticipi anche la scadenza del dicembre del '73.
Ribadisco ancora, a lato del problema della localizzazione, quanto ho già detto prima per la formazione di un fondo destinato alle costruzioni di edilizia economica e popolare, che riguardi la Regione, gli enti locali, le grandi imprese.
Altro elemento al di fuori dei contenuti del programma presentato dalla Giunta, ma strettamente connesso, è quello dell'utilizzo dei contributi.
Per quel che riguarda i fondi Gescal, qui non ci sono dubbi: si tratta di capitali che sono disponibili, che non comportano interessi, quindi il costo del denaro mi pare sia definito dallo stesso modo con cui sono rese disponibili le somme. Per quello che riguarda, invece, i fondi che provengono dal Ministero dei Lavori Pubblici, non si tratta di capitali ma di mutui che si possono accendere, e ci si trova in presenza di una difformità dei contributi in conto interesse che vengono indicati dal CER (a livello però di indicazione), e quindi proprio perché vengono presentati come tali, la Regione li può modificare attraverso una propria decisone autonoma. Noi riteniamo non si debba commettere in futuro l'errore di dar vita ad una produzione di edilizia economica e popolare che porti a diversi costi dell'abitazione, ma si debba puntare ad una perequazione degli affitti. Fra l'altro, la legge 865 prevede la costituzione di Commissioni a livello nazionale e a livello regionale aventi lo scopo di portare ad una perequazione degli affitti. Nell'attuazione di un nuovo programma si tenga conto di ciò. La Regione, con la sua Giunta, deve impegnarsi a cercare il modo per procedere ad una perequazione del costo del denaro e quindi dei contributi in conto interesse.
Un altro elemento che mi pare debba essere richiamato fin d'ora insieme agli altri non relativi al programma di localizzazione - in un ordine del giorno da votare in Consiglio questa sera è quello che si riferisce ai centri storici. C'è, nella relazione della Giunta l'indicazione di interventi, in particolare quelli che provengono dall'art.
68 A, nei centri storici, per abitazioni malsane. Si tratta di assumere un impegno perché gli interventi diretti a sanare situazioni abitative nei centri storici siano seguiti poi per coerenza da ulteriori interventi da parte della Regione, perché le case malsane, le case improprie non diventino punto di riferimento per una ulteriore immigrazione, per una sistemazione di nuovi abitanti, ma siano fatte oggetto di piani particolareggiati di ristrutturazione, in cui l'operatore pubblico intervenga in prima persona, evitando che si dia luogo a speculazioni o deformazioni nell'utilizzo delle varie zone cittadine del centro storico.
Questo per coerenza con le finalità di questa legge, che è diretta a escludere processi di speculazione Quindi, nella misura in cui interviene ed è necessario intervenga, nei centri storici, nei centri abitati in condizioni malsane, la Regione deve poi promuovere gli strumenti adatti per non dare innesco ad un processo speculativo in quelle zone.



PRESIDENTE

Ha chiesto di parlare il Consigliere Vecchione. Ne ha facoltà.



VECCHIONE Mario

Signor Presidente del Consiglio, signori Consiglieri, traggo lo spunto dall'ordine del giorno relativo ai programmi di localizzazione ed al modo con il quale la Giunta vuole portare in votazione questo, che dovrebbe essere un atto amministrativo e che invece tenta di farlo passare con un ordine del giorno per poi, recependo dal Consiglio un mandato ampio, fare sostanzialmente quanto ritiene di dover fare.
Ebbene, il Gruppo comunista pensa sia giunto il momento per fissare chiaramente i limiti di competenza di funzionamento della Giunta e del Consiglio Regionale in quanto la maggior parte degli atti della Giunta, dal momento dell'insediamento del Consiglio Regionale, sono viziati di incompetenza relativa, i restanti sono viziati di incompetenza assoluta.
La demarcazione delle sfere di competenza amministrativa fra Consiglio e Giunta deve essere individuata muovendo dall'esame delle norme contenute nella Costituzione e da quello delle norme della legge 10 febbraio 1953 n.
62, ivi comprese quelle dello Statuto della Regione Piemonte, prevalgono in ogni caso i dettati della Costituzione.
Il primo quesito che si pone è se al Consiglio Regionale, cui compete senza ombra di dubbio la potestà legislativa, sia altresì riconducibile la potestà amministrativa che, nel funzionamento della Regione Piemonte, è stata di fatto evocata dalla Giunta attraverso una supposta analogia fra Giunta Regionale e Governo.
Questa analogia non regge in alcun modo, non solo sul piano della interpretazione letterale delle norme costituzionali - l'art. 95 della Costituzione riferendosi al Governo recita testualmente che lo stesso deve mantenere l'unità dell'indirizzo politico e amministrativo, mentre nulla di ciò viene detto per la Giunta Regionale - ma nemmeno sotto il profilo dell'interpretazione logica e sistematica.
Nella Costituzione della Repubblica Italiana, infatti, si reperiscono una serie di norme che, ove correttamente interpretate, conducono a ritenere che il Consiglio sia l'organo della Regione che esercita la potestà amministrativa. Fra queste assumono particolare rilevanza le seguenti: a) L'art. 118 attribuisce alla "Regione" le funzioni amministrative per le materie nelle quali la Regione ha competenza legislativa. E' questo il cosiddetto sistema della coincidenza di funzioni. Al termine "Regione" non può che darsi un'interpretazione logica, nel senso che il costituente ha inteso l'ente nel suo complesso, quale Ente rappresentativo dell'intera collettività regionale e, quindi, è impossibile interpretare tale norma nel senso che essa potrebbe anche riferirsi alla sola Giunta ed al solo Presidente della Giunta.
b) Ove si consideri, poi, il rapporto che intercorre fra il primo ed il terzo comma dell'art. 118 della Costituzione l'argomentazione che abbiamo testé espresso trova maggior conforto. Se, infatti, il terzo comma del citato articolo prevede che l'esercizio normale delle funzioni amministrative della Regione si esercita mediante la delega delle stesse ai Comuni, alle Province ed agli altri Enti locali, è evidente che la delega delle funzioni amministrative che rappresenta un modo per spogliarsi delle stesse non può che competere all'organo che rappresenta l'intera collettività regionale, cioè al Consiglio Regionale.
Di qui l'ulteriore significato che assume il termine "Regione" di cui all'art. 118 della Costituzione. Se è, né può essere altrimenti, il Consiglio che delega le funzioni amministrative agli Enti locali, è evidente che tali funzioni non possono che fare capo al Consiglio medesimo.
Altrimenti ci troveremo di fronte al caso singolare ed abnorme che un organo si spoglia di funzioni che non ha.
c) L'art. 121, comma secondo della nostra Costituzione, poi, definisce in modo inequivocabile le attribuzioni del Consiglio. Fissato il principio che al Consiglio sono attribuite le funzioni legislative e regolamentari la norma citata afferma che appartengono a questo organo "le altre funzioni conferitegli dalla Costituzione e dalle leggi". Orbene il costituente ha lasciato aperto un canale di immissione di competenze al Consiglio, canale da alimentare con leggi dello Stato o della stessa Regione, ed ha sicuramente indicato quelle "altre funzioni" conferite dalla stessa Costituzione. Funzioni che non possono che essere quelle previste dalla stessa Costituzione ed in primo luogo quelle di cui all'art. 118. Né vale l'obiezione che, se così fosse, il costituente avrebbe potuto richiamare espressamente l'art. 118, sia in quanto la nostra Costituzione per non essere del tipo e della struttura di quelle cosiddette rigide ha voluto lasciare una certa elasticità di interpretazione, sia in quanto un richiamo all'art. 118 in blocco non sarebbe stato corretto nemmeno sotto il profilo della tecnica legislativa dal momento che proprio in tale norma si prevede (terzo comma) una delega di funzioni ad altri enti.
d) L'art. 121, terzo comma, espressamente definisce la Giunta come l'organo esecutivo e non deliberativo della Regione. Questo argomento non è solo letteralmente insuperabile, ma trova un sostegno nel successivo comma dell'art. 121 laddove si attribuisce al Presidente della Giunta la direzione delle funzioni amministrative delegate dallo Stato alla Regione.
In questo caso si può parlare, sul piano amministrativo, di un certo autonomo potere di direzione del Presidente della Giunta in ordine alle funzioni amministrative delegate dallo Stato, mentre quando si tratteggiano le funzioni della Giunta non si attribuisce alla stessa nemmeno la direzione delle funzioni amministrative della Regione e, quindi, del Consiglio Regionale. La Giunta, è, quindi, organo di esecuzione e non organo decisionale in materia amministrativa.
e) L'art. 125 della Costituzione offre poi un ulteriore argomento a conforto della competenza amministrativa del Consiglio Regionale, si afferma infatti che l'organo statale di controllo sugli atti della Regione "può in determinati casi ammettere il controllo di merito", al solo effetto di promuovere, con richiesta motivata, il riesame della "deliberazione da parte del Consiglio Regionale". La semplice interpretazione letterale ancor prima di quella logica e sistematica, ci consentono di affermare che se al Consiglio Regionale compete il riesame, l'esaminare di nuovo, ci vuol dire che fa proprio il Consiglio e non la Giunta ad emettere il relativo provvedimento.
f) L'ultimo comma 126 della Costituzione, poi, ci consente di concludere, sotto il profilo costituzionale, il quadro interpretativo tracciato. La gestione commissariale, infatti, provvede all'ordinaria amministrazione di "competenze della Giunta e gli atti improrogabili da sottoporre alla ratifica del nuovo Consiglio". "Ordinaria amministrazione" è concetto ben diverso da quello di attività amministrativa ed è per questo che la gestione commissariale opera senza necessità di ratifica, mentre per gli atti amministrativi urgenti, cioè atti di decisione e di intervento, il costituente ha espressamente previsto che gli stessi vengano sottoposti a ratifica da parte del Consiglio, cioè da parte dell'organo investito della relativa competenza.
Concludendo questa parte relativa all'interpretazione letterale, logica e sistematica della Costituzione, non vi possono essere dubbi di sorta sul fatto che spettino al Consiglio Regionale e non alla Giunta le funzioni amministrative della Regione e sul fatto che ove la Costituzione parla genericamente di "Regione" il riferimento è all'Ente nel suo complesso organico e, quindi, non può mai essere escluso il Consiglio Regionale che è l'organo rappresentativo dell'intera collettività.
Dall'esame della legge 10 febbraio 1953 n. 62 non si perviene a risultati molto diversi anche se con tale legge si è data per alcuni aspetti una indicazione differente rispetto a quella di cui alla costituente. Le norme che interessano sono quelle del titolo III di tale legge, norme che per effetto della legge 23 dicembre 1970, n. 1084, hanno valore transitorio e sono rimaste in vita sino a quando non è entrato in vigore lo Statuto della Regione Piemonte. Ci occuperemo successivamente della normativa statutaria, occorrendo al momento considerare le norme della legge n. 62 del 1953 delle quali non possiamo non desumere conclusioni non dissimili da quelle cui siamo pervenuti esaminando la Costituzione.
In particolare: a) l'art. 31, mentre al primo comma ripete testualmente il terzo comma dell'art. 121 della Costituzione, al suo secondo comma precisa ancor meglio il significato del comma precedente: la Giunta, infatti, "provvede all'esecuzione della legge e delle deliberazioni del Consiglio". Questa ampia dizione aderente alla Costituzione soffre però un primo attacco da parte del legislatore ordinario del 1953 il quale al quinto comma dell'art.
30 conferisce alla Giunta la funzione deliberante amministrativa per: 1) storno di fondi da un articolo all'altro di uno stesso capitolo del bilancio 2) progetti di lavori nei limiti dei piani di cui all'art. 22, cioè nell'ambito dei piani generali concernenti l'esecuzione di opere pubbliche e l'organizzazione di servizi pubblici di interesse regionale 3) contratti della Regione 4) liti attive e passive, salvo quanto disposto dall'art. 25, rinuncia e transazioni. In questi casi il legislatore ha conferito, così, dei poteri amministrativi alla Giunta e, per un certo aspetto, si potrebbe anche ritenere che tale normativa sia in contrasto con la Costituzione e segnatamente con l'art. 121, terzo comma.
b) E' comunque evidente che solo per questa materia, tassativamente indicata, si può definire una limitata ed eccezionale competenza amministrativa della Giunta. Tanto è così vero che il successivo art. 32 della legge 10 febbraio 1953, n. 62, mutando dalla legge comunale e provinciale l'istituto della delibera d'urgenza e della susseguente delibera di ratifica, prevede che la Giunta Regionale, sotto la propria responsabilità (politica, civile, penale e contabile) possa, nei limiti e nei modi stabiliti dallo Statuto regionale, deliberare provvedimenti amministrativi di competenza del Consiglio Regionale. Deliberazioni che per il terzo comma della norma in esame, sono sottoposte per la ratifica al Consiglio Regionale nella sua prima successiva adunanza. Analoga norma rinveniamo all'art. 40 dello Statuto per la Regione Piemonte. Concludiamo quindi, questa parte della disamina della normativa della legge n. 62 del 1953 con l'affermare che in forza di tale legge, sia pur in contrasto con la Costituzione, sono state conferite alla Giunta Regionale delle materie tassativamente indicate, ferma restando per il resto la competenza amministrativa esclusiva del Consiglio Regionale.
Le disposizioni in esame, in forza della legge 23 dicembre 1970, n.
1084 sono state superate dalle norme dello Statuto per la Regione Piemonte norme sulle quali dobbiamo ora porre la nostra attenzione.
Lo Statuto della Regione Piemonte, infine, chiarisce le competenze organiche agli art. 16, 39 e 40.
a) Al Consiglio Regionale competono le funzioni amministrative espressamente indicate alle lettere a), b), c), e), f), i), l), n), o) dell'art. 16, mentre alla Giunta vengono attribuite sulla falsariga dell'art. 30, quinto comma, della legge n. 62 del 1953, alcune competenze amministrative tassativamente indicate.
b) Fondamentale importanza assume, poi, l'art. 16, lettera p) dello Statuto laddove viene codificato un principio di carattere generale relativo alle competenze del Consiglio. Questo infatti "adotta ogni altra deliberazione per la quale la legge richiede l'approvazione del Consiglio o stabilisce la generica attribuzione alla Regione". Il Consiglio Regionale del Piemonte nel deliberare tale norma, approvata con legge dello Stato, si è preoccupato di richiamare alla sua esclusiva competenza ogni deliberazione che fosse "genericamente attribuita alla Regione". Da ciò si desume che ogni dove, in materia di carattere amministrativo, si legge "Regione" o "Amministrazione Regionale", viene esclusa la competenza della Giunta o del suo Presidente e viene affermata la competenza esclusiva del Consiglio Questa volontà è espressa nello Statuto, questa la legge che ci governa.
c) A questa norma si accoppia, in perfetta ed armonica coerenza e sincronia, il quarto comma dell'art. 40 dello Statuto che definisce le competenze amministrative della Giunta o genericamente le attribuzioni che sono ad essa "Giunta" demandate dalla Costituzione, delle leggi dello Stato, dello Statuto e dalle leggi regionali. Il quarto comma della norma in esame delimita ancor più restrittivamente le sfere di competenza fra Consiglio e Giunta in quanto inibisce al primo di demandare alla seconda l'assunzione di deliberazioni amministrative che non siano di ordinaria amministrazione.
d) ne v'è disarmonia e contraddizione, ma armonia e logico coordinamento sia giuridico, sia tecnico, sia politico fra la prima parte del primo comma dell'art. 39 dello Statuto e tutto il corpo normativo che determina l'esclusiva competenza amministrativa del Consiglio. La Giunta al pari di ogni Consigliere, ogni gruppo, degli Enti locali, dei sindacati delle organizzazioni di categoria, delle formazioni sociali e di tutti i cittadini ha "l'iniziativa" delle funzioni amministrative demandate alla "Regione" e, quindi, per il chiaro disposto dell'art. 16, lettera p), al Consiglio Regionale. Iniziativa, impulso, verifica della volontà politica di amministrare bene, queste le ragioni che pongono a carico della Giunta una responsabilità politica, giuridicamente disciplinata, di divenire oltre all'essere organo di esecuzione, anche un organo di impulso. Ma di mero impulso, di mera iniziativa ferma restando la competenza esclusiva del Consiglio Regionale.
Questa la volontà espressa nello Statuto, questa la legge che ci governa e che nella Regione Piemonte viene sistematicamente violata.
Possiamo, quindi, concludere questa parte relativa alla ripartizione delle competenze nella Regione Piemonte affermando, sulla scorta delle norme dell'ordinamento tutto, che nella nostra Regione si è realizzato quel disegno organizzativo indicato dalla Costituzione per il quale il Consiglio Regionale rappresenta la sede delle decisioni politiche, legislative ed amministrative, venendo così a formare un qualcosa di nuovo e di diverso rispetto alle altre forme di pubblici ordinamenti del nostro sistema pubblico.
Mentre, infatti, lo Stato si regge sempre su due pilastri: Governo e Parlamento, mentre gli enti locali (comuni e province) attuano una funzione amministrativa marcatamente consiliare, la Giunta è l'organo cui competono alcune funzioni amministrative, tutte quelle esecutive e soprattutto è l'organo che dà impulso agli atti amministrativi deliberandi dal Consiglio.
Al Presidente della Giunta, al di là della rappresentanza esterna della Regione e delle funzioni di direzione delle funzioni amministrative delegate dallo Stato, competono le funzioni di cui all'art. 121, quarto comma della Costituzione.
Non è vera in quanto indimostrata sul piano giuridico l'affermazione secondo la quale dal dettato costituzionale il sistema regionale si articolerebbe con una competenza legislativa ed amministrativa di carattere meramente programmativo incentrato nel Consiglio Regionale e con una competenza amministrativa generale propria della Giunta. Vero, invece, il contrario ed in questa direzione si sono mossi la maggior parte degli Statuti. Negli Statuti del Piemonte, del Veneto, dell'Emilia Romagna, della Toscana e del Molise la competenza amministrativa residuale del Consiglio dedotta cioè quella specifica ed eccezionale attribuita alla Giunta - offre la misura concreta del modo come in queste Regioni si è voluto, con una normativa divenuta legge, impedire alle Giunte ed ai Presidenti delle stesse di sottrarre ai Consigli Regionali le funzioni amministrative loro devolute dalla Costituzione e dalle stesse norme della legge 10 febbraio 1953, n. 62.
Nella nostra Regione, operata questa scelta con lo Statuto, si procede ora illegittimamente nel senso opposto violando non solo gli impegni politici che condussero all'approvazione dello Statuto medesimo, ma le stesse norme vincolanti in esso previste.
Poste queste premesse di carattere generale occorre procedere all'immediata correzione di un malcostume diffuso ed ancor più di una perpetrata violazione di norme costituzionali e statutarie di cui il Presidente della Giunta Regionale si è reso responsabile. Tale responsabilità sia politica, sia per alcuni aspetti anche penale, è tuttavia ben condivisa dal Presidente della Giunta con i componenti della Giunta medesima e con lo stesso Commissario del Governo, come avremo modo di rilevare.
In particolare: 1) la Giunta Regionale ha solo di recente pubblicato sul Bollettino della Giunta gli estratti delle proprie deliberazioni non provvedendovi per il passato così che, a parte la condizione relativa all'assunzione da parte della Giunta di deliberazioni illegittime per incompetenza relativa, tali omissioni e tali ritardi possono certo rivestire gli estremi del resto di cui all'art. 328 codice penale.
2) La Giunta Regionale, la segreteria della stessa ed il Presidente della Giunta omettono sistematicamente di comunicare al Consiglio Regionale se la Commissione di controllo sull'amministrazione regionale di cui all'art. 41 della legge 10 febbraio 1953, n. 62 abbia chiesto, in ordine a delibere sottoposte al controllo, chiarimenti ed elementi integrativi di giudizio giusta il disposto dell'art. 45 della stessa legge.
Il Commissario del Governo equivocando sulla dizione contenuta nel terzo comma dell'art. 45 della legge citata ove si parla di "amministrazione regionale" e sconoscendo, nel senso letterale di volontà di non conoscere, l'art. 16 lettera p) ultima parte del nostro Statuto laddove si dice che ove al termine Regione e quindi, "Amministrazione Regionale" deve intendersi Consiglio Regionale, ha omesso ed omette di trasmettere all'Ufficio di Presidenza del Consiglio la richiesta di chiarimenti e di elementi integrativi di giudizio. Tanto ciò è più grave ove si consideri che, com'è noto, la funzione deliberante non tocca alla Giunta, ma al Consiglio. La Giunta, a termini di Statuto, ha solo l'iniziativa, cosa ben diversa dalla potestà deliberativa del Presidente della Giunta non può porsi, come assieme attualmente con la compiacente complicità e correità del Commissario del Governo, come l'intermediario fra Stato e Consiglio regionale in quanto: a) non vi è alcuna norma di legge che gli attribuisce tale potere, anzi le disposizioni legislative vanno in senso nettamente inverso attribuendo al Consiglio Regionale l'esclusiva competenza amministrativa, consentendo alla Giunta una competenza residuale ed escludendo ogni competenza per il suo Presidente b) non occorre un eventuale paragone con il Comune e con la Provincia perché in questi due enti il Presidente della Giunta è anche Presidente dell'assemblea elettiva, mentre nell'Istituto regionale è prevista l'autonoma figura del Presidente del Consiglio che ha una precisa ragione d'essere ed un preciso ruolo c) non ha rilevanza un eventuale richiamo all'art. 121, quarto comma della Costituzione, che affida al Presidente della Giunta la rappresentanza della Regione. Si tratta di una rappresentanza esterna da cui non può certo farsi discendere l'istituto di una intermediazione presidenziale, che mira come di fatto avviene, ad esautorare non solo l'Ufficio di Presidente del Consiglio, ma il Consiglio medesimo d) i chiarimenti e gli elementi integrativi non possono che essere dati dall'organo che ha emesso l'atto e quindi normalmente dal Consiglio Regionale, mentre per la competenza residuale alla Giunta la richiesta di chiarimenti o di elementi integrativi comporta l'obbligo politico di comunicare al Consiglio un tale evento patologico della delibera di Giunta sottoposta a controllo.
In questi casi ove venissero perpetrati tali atteggiamenti da parte del Presidente della Giunta e del Commissario di Governo ne scaturisce chiara non solo la volontà politica di gestire la Regione come cosa del tutto privata e personale, ma anche la responsabilità penale per omissione o ritardo di atti d'ufficio.
3) Risulta, inoltre, che la Giunta Regionale rilasci al Comitato Regionale di controllo pareri relativi a deliberazioni di Enti ospedalieri per la costruzione, l'ampliamento, la trasformazione degli Enti medesimi per l'istituzione di nuovi servizi e divisioni, per l'adozione o modificazione di piante organiche.
I pareri della Giunta Regionale, veri e propri atti del procedimento amministrativo, rappresentano, nuovamente, un'assunzione di funzioni proprie del Consiglio Regionale.
Il Comitato Regionale di controllo, infatti, richiede tali pareri in quanto le delibere aventi gli oggetti su richiamati possono essere approvate, ai sensi dell'art. 29 della legge 12 febbraio 1968, n. 128 e dell'art. 1 del D.P.R. 27 marzo 1969, n. 130, solo se siano in armonia con il piano regionale ospedaliero. Ora, mentre tale piano manca, la Giunta Regionale esautora il Consiglio dalla formulazione di questi pareri cosicché, di fatto, quando dovremo occuparci del piano di ristrutturazione ospedaliera a livello regionale ci troveremo di fronte ad una realtà che si è venuta formando e che non potremo modificare. Anche in questo caso tocchiamo l'assurdo ed a questo risultato si perviene attraverso una superficiale, per usare un termine benevolo, concezione della cosa pubblica.
Attraverso questi brevi cenni riepilogativi che mettono in luce la gravità della situazione creatasi nella Regione Piemonte per fatto e colpa del Presidente della Giunta e della maggioranza sulla quale la Giunta si appoggia, noi comunisti richiamiamo la necessità di rispettare la Costituzione e le norme di legge. In tal modo il Consiglio non verrà modificato nell'espletare le sue funzioni, la Giunta potrà dare impulso all'attività amministrativa verificandosi volta volta con il Consiglio, e l'istituto regionale troverà in Piemonte un suo spazio democratico legittimo e civile.
Competenze degli organi regionali nelle materie e funzioni amministrative delegate dallo Stato: l'art. 118, secondo comma, della Costituzione prevede che lo Stato possa delegare alla Regione l'esercizio di altre funzioni amministrative rispetto a quelle collegate alle materie in ordine alle quali la Regione ha potestà legislativa.
L'art. 121, quarto comma, della Costituzione attribuisce al Presidente della Giunta la direzione delle funzioni amministrative delegate dallo Stato alla Regione, conformandosi alle istituzioni del Governo centrale.
Con tale normativa nella nostra Regione non è occorso un certo approfondimento perché il Presidente della Giunta trasformasse il termine "direzione" in quello di assunzione in prima persona delle deliberazioni amministrative nelle materie delegate.
Un esempio recente, quanto catastrofico, è rappresentato dai decreti n.
40-41-46-48-64 con i quali il Presidente della Giunta ha determinato gli orari di apertura e di chiusura dei negozi e degli esercizi di vendita al dettaglio nelle Province della Regione Piemonte. Tali decreti sono illegittimi in quanto emanati da organo incompetente. Sia nella Costituzione della Repubblica, sia nella legge 10 febbraio 1953, n. 62 (art. 25, comma primo), che nel nostro Statuto (art. 41, secondo comma) registriamo un'identità di formulazione che si incentra nel verbo "dirige" le funzioni amministrative, conformandosi alle istituzioni del Governo centrale.
Con queste norme, e soprattutto ove si ponga mente all'inciso "conformandosi alle istituzioni del Governo centrale", il costituente ha voluto operare un raccordo, un'intermediazione necessaria ed organica fra l'autorità centrale e quella regionale; tale apporto organico concentrando nella persona del Presidente della Giunta il quale dirige le funzioni amministrative delegate al fine di garantire che le funzioni delegate siano conformi alle "istruzioni" del Governo centrale.
Direzione delle funzioni, quindi al fine di correggerne la traiettoria ove tendano ad allontanarsi dalle istruzioni governative. Il Presidente della Giunta è, quindi, un organo garante dello Stato per l'esplicazione delle funzioni delegate; un organo, quindi, che per questo aspetto assume l'ibrida figura di un organo di controllo monocratico; un organo che esercita la sua funzione di garante delle istituzioni del Governo centrale nel momento di formazione dell'atto. Questo il senso di dirigere perché sia garantita la conformità, questa la ragione di una funzione atipica che pone il Presidente della Giunta a tutelare gli interessi amministrativi dello Stato contro le possibili deviazioni della Regione.
Sarebbero sufficienti queste semplici considerazioni per affermare che il Presidente della Giunta non può esercitare un potere deliberativo nelle materie delegate, proprio ed in quanto ad egli compete solo il potere di dirigere le funzioni amministrative delegate dallo Stato alla Regione e tale direzione deve svolgere "conformandosi alle istituzioni del Governo centrale".
Comunque dalle norme citate si desume con sicurezza che tali funzioni non possono essere esercitate dal Presidente della Giunta o dalle Giunte in quanto per il primo la legge parla di direzione e non di esercizio delle funzioni, mentre per la seconda tali funzioni sono escluse dall'elencazione tassativa sia della legge del 1953 n. 62, sia dello Statuto. Ma v'è un ultimo argomento che è risolutivo sul piano della soluzione del problema.
L'art. 118, secondo comma, recita: "Lo Stato può con legge delegare alla Regione l'esercizio di altre funzioni amministrative". La Costituzione parla di Regione nel suo complesso, quindi, e non di questo o di quell'organo, ed allora noi prendiamo il nostro Statuto per il quale all'art. 16 lett. p) ultima parte afferma che sono di competenza del Consiglio tutte quelle deliberazioni per le quali la legge stabilisce "la generica attribuzione alla Regione". In questo modo si chiude il cerchio ma cerchio che si chiama violazione di legge da parte del Presidente della Giunta ed esautoramento delle funzioni del Consiglio.
La Costituzione e lo Statuto impongono quindi che anche per le materie delegate dallo Stato alla Regione la funzione deliberativa sia del Consiglio sotto la direzione del Presidente della Giunta, direzione prevista al solo fine di garantire che la funzione amministrativa sia esercitata secondo le istruzioni del Governo centrale.
Noi comunisti, quindi, rivendichiamo anche in questo caso il rispetto della Costituzione e della legge e la fine, per la vita democratica della Regione, del potere personale, arbitrario ed illegittimo del Presidente della Giunta, e della metodologia che fino a questo momento abbiamo dovuto osservare. E questo tanto più in relazione ad una legge che si doveva discutere oggi al punto 3) dell'ordine del giorno che non si passa neanche più come votazione sul provvedimento, ma sulla quale si vuole votare un ordine del giorno.



PRESIDENZA DEL PRESIDENTE OBERTO



PRESIDENTE

Altri chiedono di parlare? La parola al Consigliere Simonelli.



SIMONELLI Claudio

Sarò brevissimo signor Presidente, giacché sia la relazione del Consigliere Dotti, sia l'ampio intervento di Rivalta, hanno già esaminato nei dettagli l'argomento sul quale mi intratterrò, non senza avere prima formulato anch'io alcune perplessità, riserve e critiche sul metodo attraverso il quale si è pervenuti a definire le localizzazioni degli interventi di attuazione della legge sulla casa, giacché il metodo delle consultazioni va bene nella misura in cui gli enti e le persone consultate si trovano ad avere un qualche ruolo all'interno del processo di formazione delle decisioni.
Il metodo delle consultazioni così come si è venuto organizzando in relazione a questo provvedimento, ha lasciato negli enti l'impressione di essere stati consultati a scatola chiusa e di essersi trovati, alla fine dell'iter delle consultazioni, di fronte a dei provvedimenti già pronti già elaborati, sui quali si trattava di dire un sì o un no, senza che il loro parere avesse una qualche rilevanza.
Queste riserve sono venute, oltre che dai sindacati, anche degli IACP dei quali la Regione si è avvalsa nella fase di raccolta e di elaborazione dei dati. In modo particolare, là dove si sono costituite, a livello provinciale, delle commissioni per l'edilizia economica e popolare, che hanno fatto un lavoro di approfondimento e di indicazione di localizzazioni, queste commissioni si sono trovare di fronte ad un lavoro già preparato dalla Giunta Regionale che non coincideva con il loro, si sono trovate con dei dati pronti, con delle indicazioni di localizzazioni che non avevano più alcuna possibilità di essere non dico recepite ed accolte, ma neppure discusse a livello di Giunta Regionale.
Io credo che questo limite, che è già stato rilevato nelle attività di consultazioni, debba essere ancora sottolineato. Se c'è un provvedimento che non può andare avanti, che non può essere realizzato senza una partecipazione dal basso e un'attenta partecipazione di tutte le componenti interessate, è la legge sulla casa per la quale date le sue caratteristiche, e le forze sociali che sono interessati nella realtà dei nostri comuni, se manca una partecipazione dal basso l'intervento della Regione (e in genere l'intervento pubblico) diventa un fatto burocratico che non può ottenere i suoi risultati e che anzi, rischia di generare più tensioni di quelle che riesce a soddisfare. Detto questo, dobbiamo aggiungere che il lavoro che la Giunta ci ha consegnato è per molti versi interessante, e su di esso possiamo far valutazioni positive. Certo, i dati di base sono quelli che sono, non faremmo una colpa all'Assessore se sono schematici e semplificati, perché mancano, purtroppo, delle conoscenze sulle quali lavorare in modo più approfondito. Per esempio quando usiamo delle ipotesi estremamente semplificate, come quelle sulle quali ci si basa per definire l'indice di affollamento, il rapporto tra abitanti e vani occupati, ci troviamo costretti, per i vani occupati, a riferirci a dati del '61 e poi ad applicarli sulla base delle ipotesi CER che sono di carattere regionale e non quindi analitiche per provincia o per comune, è chiaro che facciamo una semplificazione che in parte rende inattendibile il risultato cui si perviene. Per non aggiungere, poi, che anche nell'indice di affollamento calcolato in base al rapporto abitanti-stanze veniamo ad evidenziare una realtà solo a grandi linee corrispondente a quella vera perché più corretto sarebbe il rapporto famiglie per numero di componenti alloggi per numero di stanze; il rapporto abitanti-vani non tiene conto n della seconda casa (e quindi di tutte le case non occupate) né del diverso indice di affollamento delle famiglie numerose e di quelle meno numerose.
E' un po' il discorso dei polli di Trilussa: soprattutto scendendo a disgregare i dati a livello comunale, si rischiano rilevanti alterazioni nei dati.
Sono peraltro considerazioni che valgono in questa sede per quello che valgono, io credo servano soprattutto ad evidenziare la necessità per la Regione di cominciare ad approfondire lo studio di questi fenomeni. Io credo sia emerso con tutta evidenza (e tornerò subito su questo argomento) che in mancanza dei dati di base e senza le conoscenze elementari sull'argomento sarà estremamente difficile per la Regione soddisfare ai compiti che le sono attribuiti dalla legge.
Nel merito delle scelte di localizzazione, una volta fatte le premesse metodologiche che sono state fatte, non credo sia possibile né conveniente entrare in molti dettagli. Posso solo dire che nella misura in cui si è potuto e si è voluto tenere conto delle indicazioni che venivano dal basso la scelta appare sostanzialmente felice; così è per esempio per quella relativa alla provincia di Alessandria, le cui indicazioni di localizzazione mi sembrano condivisibili. Là dove viceversa il lavoro fatto a livello locale non è stato recepito se non in parte, sono nate e nascono delle critiche e delle riserve; così è per Asti, dove la commissione provinciale che si è occupata di indicare le localizzazioni è arrivata a conclusioni diverse e non si ritiene soddisfatta.
Quanto ai criteri di ripartizione dei fondi credo valga la pena soffermarsi su un punto solo, che ha toccato ampiamente il Consigliere Rivalta, cioè sulla necessità di ampliare la sfera di interventi delle cooperative, consentendo una maggiore attribuzione di fondi a loro favore.
A questa richiesta c'è un'obiezione che conosciamo e che del resto non è del tutto infondata che non nasce da pregiudizi contrari alle cooperative, ma dalla preoccupazione che le stesse non siano in grado di spendere fino all'ultimo i fondi loro attribuiti e che non ci si riduca perciò nella condizione di avere residui passivi da trainare da un esercizio all'altro. A questa obiezione si può rispondere sottolineando che ci sono oggi due elementi nuovi che dobbiamo tenere presenti: da un lato le nuove procedure di esproprio previste dalla legge che consentono di eliminare una delle cause fondamentali di ritardo che avevano intralciato e rese complesse le procedure di attuazione dei loro programmi da parte delle cooperative e dall'altro l'accumularsi di una notevole domanda arretrata che oggi le cooperative sono in grado di utilizzare vuoi per gli effetti frenanti della legge ponte, vuoi per l'esaurirsi di una serie di programmi in corso negli anni passati, vuoi per la stessa stasi congiunturale dell'edilizia privata che rilancia anche l'edilizia delle cooperative.
Riteniamo perciò anche noi che la sfera di intervento e di azione delle cooperative possa essere ampliata.
Un'ultima considerazione. Credo che da questa esperienza, dall'analisi che si è compiuta della situazione regionale, frettolosa e caotica, anche se con buona volontà, ma certamente con risultati non sempre adeguati alle necessita, sia emersa una considerazione importante: è impossibile procedere a strappi, in una materia come questa, non è possibile continuare a raccogliere frettolosamente una serie di dati per far fronte ad un'improvvisa scadenza legislativa, poi abbandonare l'argomento salvo ritornarvi, sospinti da altre esigenze occasionali. Occorre che la Regione si dia una struttura tale da poter ottenere con i necessari approfondimenti tutta la serie di dati necessari. Ci sono degli argomenti che abbiamo soltanto sfiorato nel lavoro di questi mesi, cito per tutti il rinnovamento dei centri storici, collegato con il problema del finanziamento per le abitazioni malsane, legato a tutto un discorso di politica urbanistica e di strumenti urbanistici, che non può proseguire isolato. C'è il problema delle aree industriali acquisibili mediante esproprio nei comuni dotati di strumenti urbanistici, legato alla politica del decentramento industriale ed evidentemente all'attuazione della legge sulla casa. Ci sono, cioè numerosi punti, collegati agli altri aspetti della politica urbanistica che esigono da parte della Regione, della Giunta e del Consiglio, uno sforzo di approfondimento che ci deve impegnare nei mesi prossimi in modo serio ed esauriente.



PRESIDENTE

Chi chiede ancora di parlare? Il Presidente della Giunta, ne ha facoltà.



CALLERI Edoardo, Presidente della Giunta Regionale

Signor Presidente, signori Consiglieri, mi duole che nella discussione specifica relativa alle localizzazioni ai sensi dell'applicazione della legge per l'incentivazione e la costruzione di edilizia economica e popolare, si sia inserito questo ampio documento che il collega Vecchione ci ha letto e che evidentemente, proprio per i vari tipi di collegamento tra le diverse disposizioni costituzionali e legislative, implicherebbe come implica, una precisa e puntuale replica, punto per punto, alle argomentazioni che egli ha ritenuto di apportare a sostegno di una tesi che peraltro non è una novità nell'atteggiamento delle opposizioni in tutti i Consigli Regionali, opposizione che i comunisti fanno dove non hanno la maggioranza e oserei dire dove i nostri colleghi della D.C. fanno dove sono in minoranza loro, obbedendo ad un disegno che a mio giudizio è comunque distorsivo del dettato costituzionale, al quale mi pare che anche il collega Viglione faccia riferimento in primo luogo come il documento dal quale discendono coerentemente tutte le altre implicazioni.
Io mi dichiaro quindi disponibile, non appena abbia il documento che è stato qui letto, a dare una precisa risposta, punto per punto, con le motivazioni e le argomentazioni che non sono nella direzione che qui è stata oggi esplicitata e che io credo rispondano (ma non per una stramba considerazione di avocazione di poteri alla Giunta Regionale o al suo Presidente) ad un disegno e ad una logica che la Costituzione ha voluto dare ai Consigli Regionali e agli organi regionali. Rimando perciò ad una successiva discussione (che potremo decidere in sede di programmazione dei lavori del Consiglio, quando effettuare) l'approfondimento e la replica che ritengo doveroso fare, proprio perché mi sembra che essendo state trasferite le funzioni dallo Stato alla Regione, si tratti di definire senza ombra di dubbio, per un corretto rapporto tra gli organi della Regione, le sfere di operatività che sono di competenza di ciascuno degli organi. Confrontando queste diverse tesi vedremo a quale sostanziale punto di approdo potremo arrivare, al fine di evitare che si adombri l'uso di poteri illegittimi, con tutte le conseguenze e di carattere politico e di carattere penale che ciò può comportare. E' un confronto di tesi politiche credo, prima di tutto, ed è un confronto di tesi costituzionali che dovrebbe quanto meno presumere, in un corretto rapporto nell'interno del Consiglio Regionale, che non si adombri nemmeno questa possibilità, perch può anche essere non soltanto della Giunta, ma di tutti.
Detto questo ed in riferimento alle ragioni per cui abbiamo ritenuto dopo un approfondito esame, di proporre al Consiglio le modalità per la discussione e l'approvazione del piano di localizzazione, senza peraltro e lo vogliamo sottolineare - sottrarre ad una discussione e ad un confronto, rispetto all'argomento, la Giunta ed il Consiglio, per cogliere gli apporti, le valutazioni che potevano giungere, non soltanto, ma aprendo la discussione attraverso la commissione consiliare, al di là delle competenze statutariamente date alle commissioni consiliari, con la consultazione di organismi esterni dai quali anche per legge dovevamo recepire delle indicazioni, quanto meno in relazione a quanto deliberato entro il marzo del '71, io ritengo dover fare presente che questa procedura è stata adottata in seguito alle modalità attraverso le quali si articola questa legge e nelle quali si colloca il piano di localizzazione. Perch non è vero che questo piano sia, una volta proposto, automaticamente accettato; il CER, dopo avere ricevuto il piano di localizzazione, opera entro i limiti delle attribuzioni dei fondi assegnati a ciascuna Regione (come risulta dal piano approvato dal CIPE) cioè nell'ambito di quei fondi nei quali però deve tenere conto dei prevedibili tempi di esecuzione, dei programmi formulati dalle Regioni stesse e dal decreto del Ministero del Tesoro previsto dall'ultimo comma del successivo art. 5 e pone già due riserve di competenza agli organi statali.



RIVALTA Luigi

Sui tempi del finanziamento.



CALLERI Edoardo, Presidente della Giunta Regionale

Un momento, questi possono incidere, rispetto alle localizzazioni indicate, perché il decreto del Ministro del Tesoro, ultimo comma dell'art.
5, dice: "Ai fini della predisposizione del programma triennale, di cui comma dell'art. 3, il Ministro del Tesoro, sentito il comitato interministeriale per il credito ed il risparmio, indica entro 150 giorni dalla data di entrata in vigore della presente legge e successivamente entro il 30 settembre di ciascun anno, con proprio decreto, gli Istituti di credito e gli enti dai quali i beneficiari possono ottenere mutui per la realizzazione dei programmi di edilizia abitativa previsti dalla presente legge e comunica al Ministro dei LL.PP., quale presidente del comitato per l'edilizia residenziale, l'ammontare delle disponibilità finanziarie che gli istituti e gli enti di cui sopra prevedono di destinare alla stipulazione dei mutui ammessi a contributo statale in base alle vigenti disposizioni, tenendo anche conto dell'articolazione regionale dei programmi".
Il che significa che gli istituti di credito ammessi a concedere i mutui di questa edilizia agevolata, finanziano i mutui stessi in relazione alle loro possibilità finanziarie, perché può succedere che rispetto ai fondi messi a disposizione per l'accensione di mutui, non corrisponda un ammontare che li copra totalmente. Si può immaginare che ciò sia stato previsto nel caso di una restrizione del credito, o nel caso che gli istituti mutuanti abbiano raggiunto il limite di concedibilità di mutui e quindi di utilizzazione di denaro a lungo termine rispetto alla loro massa di depositi, in questo caso ne deriverebbe una riduzione delle possibilità di edificazioni le quali si tradurrebbero, in concreto, in una diminuzione di possibilità di localizzazione rispetto alle indicazioni di localizzazione proposte dalla Regione.



RIVALTA Luigi

Incide sui finanziamenti e sui tempi.



CALLERI Edoardo, Presidente della Giunta Regionale

No, per quell'anno noi facciamo un piano triennale, se ad esempio nel corso del programma triennale vi è una restrizione di credito per cui rispetto alle cifre in conto interessi messe a disposizione dal Ministero gli istituti di credito non hanno l'ammontare di concessioni e di mutui commisurato a queste cifre, ne deriva ovviamente una riduzione del programma di costruzioni.



RIVALTA Luigi

Non si fanno tutte le case.



CALLERI Edoardo, Presidente della Giunta Regionale

Esattamente, non si fanno tutte e questo che cosa comporta? Sulla base di un'indicazione di priorità rispetto alle localizzazioni, comporta una scelta da parte del Ministero dei LL.PP. (il quale sa quali sono le cifre disponibili), una riduzione delle costruzioni e conseguentemente anche delle localizzazioni indicate.



RIVALTA Luigi

All'interno di quella, localizzazione.



CALLERI Edoardo, Presidente della Giunta Regionale

Ma non è detto che sia all'interno, perché..



RIVALTA Luigi

Non può mica dire che non si fa più ad Asti, ma in un'altra località?



CALLERI Edoardo, Presidente della Giunta Regionale

Certo che lo può dire, proprio in relazione a quei parametri che il CER stesso stabilisce. E infatti, non a caso, dice "al Ministro dei LL.PP.
quale presidente del comitato per l'edilizia residenziale" cioè di quell'organo preposto alla gestione e alle indicazioni. Altrimenti non ci sarebbe nessun'altra ragione per cui il Ministero del Tesoro ogni anno debba indicare l'ammontare delle cifre disponibili, dovrebbe essere automatico.



BERTI Antonio

Al limite, il Ministero del Tesoro o dei LL.PP. demanda alla Regione il compito eventualmente di modificare i piani in conseguenza della riduzione dei finanziamenti.



CALLERI Edoardo, Presidente della Giunta Regionale

No, lo fanno loro.



BERTI Antonio

E' scritto che è la Regione che li approva.



CALLERI Edoardo, Presidente della Giunta Regionale

No, tanto è vero che dice che le Regioni sono delegate all'attuazione dei programmi da esse approvati a norma del precedente art. 3. Ma l'attuazione è condizionata alle disponibilità finanziarie del Ministero del Tesoro. "Attuazione" cosa vuol dire? Che possono anche non attuare interamente. Questo è un meccanismo di carattere finanziario che è stato introdotto proprio perché la Regione non assume una deliberazione e la responsabilità dell'attuazione, perché l'attuazione è ovviamente collegata con le disponibilità finanziarie e queste sono indicate dal Ministro del Tesoro al Ministro dei LL.PP.



RIVALTA Luigi

Mi convinco sempre di più che la questione sorta è una questione politica, perché questi elementi non sono convincenti.



CALLERI Edoardo, Presidente della Giunta Regionale

Io non pretendo di convincere chi non vuole seguire un determinato ragionamento; qui ci troviamo veramente in presenza di tutto un articolato di disposizioni di legge di quel genere lì, tant'è che anche la Sovrintendenza è delegata all'attuazione, ma è prevista persino, nella legge, la possibilità del Ministero dei LL.PP. di sostituirsi alla delega data alla Regione, così come nei decreti delegati delle funzioni amministrative, in caso di inadempienza, di ritardi da parte dell'organo delegato alla gestione di questo contributo di carattere statale.
Ora, non essendo competenza specifica della Regione l'edilizia economica e popolare, mi pare non vi sia dubbio che si tratta di una delega ai sensi del secondo comma dell'art. 118 della Costituzione, il quale poi va interpretato in collegamento a tutte le altre perché abbastanza evidente: come si può dire che il Presidente della Giunta è garante degli indirizzi che il governo dà? E' garante di fronte a chi? Di fronte al governo e non di fronte al Consiglio, mentre se viene una delibera del Consiglio, il Presidente della Giunta, come la Giunta stessa, deve attuare la delibera. Come si fa a porre due organi, il governo da un lato ed il Consiglio Regionale dall'altro, in condizione di esprimere degli indirizzi diversi e poi fare in modo che il Presidente della Giunta si conformi agli indirizzi di governo? Allora diventano inutili le deliberazioni del Consiglio Regionale dal momento che il Presidente della Giunta si troverebbe nella condizione di disattendere agli indirizzi del Consiglio Regionale qualora questi fossero contrari agli indirizzi governativi.
Praticamente dovrebbe rispondere a due diverse responsabilità, il che è quanto meno ridicolo e non a caso la Costituzione dice "dirige", perché lo dirige vorrei quasi dire come ufficiale del governo verso il quale è responsabile e quindi è automaticamente tolto da una responsabilità di questo genere il Consiglio Regionale, proprio per evitare un conflitto di attribuzioni che troverebbe un'assoluta impossibilità di composizione a livello di colui che dovrebbe dirigere, a norma dell'art. 121 della Costituzione, queste funzioni delegate, che sono, ricordiamoci, funzioni amministrative delegate dallo Stato alla Regione. Ecco che anche in quel caso, stranamente, si dice: il Presidente della Giunta.
Comunque risponderò puntualmente alle osservazioni avanzate dal collega Vecchione. Ciò che a noi premeva era di porre il Consiglio Regionale di fronte al problema, discuterne, trarne delle indicazioni per poter formulare delle proposte in ordine al piano di localizzazioni. Mi pare che sia interessante il modo in cui questo è avvenuto e il contenuto della discussione Una deliberazione del Consiglio, anche ai sensi non solo della legge ma specifici dello Statuto, è vincolante ovviamente per l'organo esecutivo il quale avrebbe l'intero potere di attuazione che invece è chiaramente dal punto di vista generale e particolare, anche in relazione alle possibilità finanziarie, del CER e del Ministro del Tesoro e del Ministro dei LL.PP. in quanto presidente del CER. Mi pare che una deliberazione che vincolasse la Giunta alla realizzazione di un piano di localizzazione rispetto al quale le fasi attuative non sono di sua competenza, ma di competenza del governo, creerebbe indubbiamente, ove non venissero realizzate, una situazione di contraddizione nell'interno stesso del sistema della deliberazione.
Questa è la ragione per cui il voto di approvazione di un certo piano un voto che il governo accetti così com'è stato approvato, disancora la Giunta da una responsabilità che discenderebbe direttamente se si trattasse di una deliberazione del Consiglio. Non disattende al fatto che vi sia una larga discussione, che vi sia un'approvazione, ma si colloca nella giusta ed esatta interpretazione per cui la Giunta non può essere ritenuta responsabile nel caso che fosse una deliberazione del Consiglio, in quanto non è responsabile dell'attuazione del piano di localizzazione.
Queste sono le ragioni specifiche per cui abbiamo ritenuto correttamente, di fare questa proposta, altrimenti ci troveremmo nella condizione, ove il governo alterasse in una qualche misura il piano delle localizzazioni oltre che alle indicazioni delle ripartizioni di fondi, di disattendere una deliberazione del Consiglio Regionale che ovviamente, in quanto deliberazione, sarebbe vincolante per la Giunta. E consentitemi di dirvi che in questo caso la Giunta non ritiene di potere essere vincolata perché non dipende da lei il piano di localizzazione, né l'attuazione dello stesso.
Per concludere, vi prego di fare molta attenzione a questo aspetto del problema.



PRESIDENTE

Chiede di parlare il Consigliere Bianchi. Ne ha facoltà.



BIANCHI Adriano

Io vorrei fare una proposta più che parlare. Mi riservo, sugli argomenti introdotti in via incidentale ma con così grande ampiezza di trattazione, di parlare in altro momento.
In ordine al tema specifico che stiamo trattando proporrei, se la Giunta è d'accordo, un momento di sospensione per verificare in concreto al di fuori dell'interferenza di argomenti di maggiore e diversa portata il modo per far giungere a conclusione corretta e soddisfacente questo piano di localizzazione che ha già avuto un suo iter faticoso.



PRESIDENTE

In concreto è una proposta di rinviare a domani?



BIANCHI Adriano

No no, una breve sospensione per un incontro a livello di Capigruppo dei relatori di Commissione e di Giunta per verificare le modalità di definitiva stesura ed approvazione del documento.



PRESIDENTE

La parola al Consigliere Dotti.



DOTTI Augusto

Signor Presidente, ho sentito il Consigliere Bianchi parlare di modalità, vorrei prima sentire se la Giunta su quegli emendamenti ha delle idee e se saranno esposte durante la sospensione.



PRESIDENTE

La parola al Vicepresidente Cardinali.



CARDINALI Giulio, Assessore all'urbanistica

Io credo che verremmo meno al compito che ci siamo prefissi se portassimo la discussione in una cameretta, fra pochi iniziati. Io non entrerò nel merito della questione formale, avendo parlato il Presidente della Giunta, per la Giunta, ma vorrei entrare nel merito delle osservazioni sollevate, osservazioni che a mio modo di vedere danno alcune indicazioni che in primo luogo rivelano...



BERTI Antonio

L'Assessore sta rispondendo, ma c'è una proposta e su questa il Consiglio deve esprimersi.



PRESIDENTE

No, non è ancora formalizzata, ho dato la parola a lui e correttamente la mozione d'ordine può essere proposta al termine del suo intervento ormai non è possibile.



CARDINALI Giulio, Assessore all'urbanistica

Il Consigliere Berti vedrà che in fondo le cose sono molto meno complicate di quanto teme.
Dicevo che sono stati sollevati alcuni appunti e alcune considerazioni ai quali abbiamo cercato, nella riunione precedente e oggi stesso, di dare un certo indirizzo. Io credo che tutti debbano riconoscere in primo luogo che, partiti dal presupposto che lo stanziamento è minimo, ci troviamo nelle condizioni di chi getta un sasso piccolo dall'aereo, sa che comunque lo getti cade bene sulla terra, o in mare, ma certamente trova una sua collocazione. La preoccupazione che noi abbiamo avuto è stata quella di svincolare un certo tipo di contenzioso settoriale, anche perché crediamo che l'efficacia di intervento nell'ambito dell'applicazione di questa legge sia nel farsi vivi immediatamente in termini concreti, in termini reali che non potrebbero verificarsi se seguissimo una polverizzazione di interventi perché a un determinato momento ci verrebbe richiesto non dico proprio il singolo appartamento, ma tre, quattro, cinque, sei appartamenti o cose di questo genere. Allora abbiamo cercato di fare riferimento a dei dati oggettivi. Qualcuno ha detto che non sono dati certi; è vero, ma abbiamo anche verificato, nella lunga serie di elaborazioni fatte, che lo spostamento di un determinato tipo di valutazione non aveva riflessi sostanziali nella ripartizione generale, giocavano poche decine di milioni quando non addirittura pochi milioni. Così ci siamo attenuti a questo principio che credo non possa essere discusso. Qualcuno ha detto (mi pare il Consigliere Simonelli) che abbiamo preso per le case malsane dei dati che non sono esatti. E' vero, è il punto realmente mancante, noi ci siamo riferiti alle indagini fatte dai comuni non avendo altri dati. Questo pu spiegare il caso che a Moncalvo (che forse ha esagerato nel parlare di situazioni disastrose) oggi si verifica che la segnalazione non risponde alla realtà.
Ma veniamo alle considerazioni di fondo. Io credo che non sia più il caso di fare della metafisica su questa legge che secondo me invece dovrebbe diventare rapidamente operante.
La Commissione ha fatto alcune proposte che la Giunta valuta con attenzione e sulle quali, a nome della Giunta, mi permetto di fare alcune considerazioni a mia volta. Nella ripartizione dei fondi Gescal abbiamo preso in esame alcune percentuali sulla base dell'indicazione che scaturisce dalla legge e abbiamo cercato di introdurre delle percentuali che fossero il più possibile aderenti ad un certo criterio di osservanza della legge in primo luogo e di ripartizione dei fondi. Ora mi si dice che sono segnalate le difficoltà incontrate dalle imprese nel costruire alloggi per i propri dipendenti e questo forse è un dato che ha la sua validità. Il concetto che ci aveva spinti a introdurre la percentuale del 10 per cento era rappresentato soprattutto dalla considerazione che ponevamo in quelle migliaia di edili che soprattutto a Torino (e questo era il motivo per cui avevamo abbastanza a cuor leggero ridotto la percentuale torinese) vengono a costruire case per altri ma non ne hanno proprie; ritenevamo che questo potesse essere un mezzo per realizzare obiettivi che soddisfacessero anche questo tipo di richiesta. Però, se c'è un'esperienza che dice che tutto ci non ha avuto una realizzazione concreta e che i fondi messi a disposizione sono stati scarsamente accettati soprattutto per le implicanze in fatto di gestione delle case che poi verrebbero facilmente e volentieri trasferite ad altri enti, per cui non c'è più continuità tra costruzione e gestione credo che l'argomento abbia la sua validità.
Non mi permetterei comunque di sottrarre l'intero importo, anche in ossequio all'articolato di legge che dà questa indicazione. Ed io credo che questa percentuale che avevamo indicata nel 10 per cento si possa limitarla al 2 per cento che lascia aperta una prospettiva e non implica cifre favolose.
Qualcuno dice che l'esperienza della Gescal ha dimostrato che prestiti individuali non sono stati utilizzati. Io credo però che oggi il criterio debba essere un altro, se partiamo da un concetto nuovo di sollecitazione attraverso i bandi che dovrebbero essere istituiti per richiamare l'attenzione. E per me, che provengo dalla periferia, l'esigenza di umili lavoratori di avere la possibilità di realizzare l'obiettivo della casetta monofamiliare è molto sentita, mentre a Torino, per ovvi motivi, non ha altrettanta rispondenza. Noi avevamo predisposto un 6 per cento per questo tipo di intervento, io penso che potremmo togliere un 2 per cento da questa percentuale e limitarla al 4 per cento perché non credo avrà quella richiesta e quella utilizzazione che si può temere. In questi modo avremmo la possibilità di portare al 74 per cento l'intervento dei fondi Gescal per la generalità dei lavoratori.
Nasce quindi il problema di ricompensare in un certo senso l'intervento dell'altro ente che è autorizzato ad operare nel settore dell'edilizia e cioè le cooperative o i loro consorzi. Io credo che si debba fare un discorso molto franco. Quando ci siamo trovati ad affrontare il problema della casa, abbiamo sollecitato rapporti con associazioni cooperative. Dico subito con estrema franchezza che, ad eccezione di una cooperativa che è effettivamente efficiente e ha delle notevoli capacità, ce ne sono altre che si sono da poco costituite, per lo più a livello provinciale e non regionale mentre noi avevamo sollecitato più volte la costituzione in consorzio regionale per avere un interlocutore diretto che potesse coprire tutto il settore della Regione. E' chiaro che si tratta di organismi che dovranno essere proporzionati, verso i quali dovremo portare la nostra attenzione, ma essi stessi lamentano o documentano con onestà la non sempre rispondenza a tutte le esigenze che si pongono a questo tipo di interventi.
D'altra parte proprio oggi, in una comunicazione telefonica con un esponente di notevole rilievo di una di queste associazioni (forse la migliore delle cooperative) alla mia richiesta se il 30 per cento del contributo dei fondi dei lavori pubblici poteva essere equo, mi sono sentito rispondere (naturalmente non farò nomi) di non esagerare, nel senso che questa percentuale poteva apparire elevata.



RIVALTA Luigi

E' stata una battuta.



CARDINALI Giulio, Assessore all'urbanistica

Non è stata una battuta e la persona che l'ha detta era tale da non sollevare dubbi in proposito. In ogni modo è una valutazione politica questa e credo che in sostanza, senza volere assecondare quelli che sono apparsi tante volte antagonismi fra istituti autonomi case popolari (del resto destinati a ristrutturarsi in termini che implichino collegamenti ancora più diretti verso questo settore) si possa contribuire, anche attraverso il meccanismo di questa legge, a dare un impulso ad un settore come quello della cooperazione per il quale non c'è nessun dubbio che l'avvenire deve rappresentare una notevole possibilità di operatività.
Io ritengo che se aggiungessimo quel 10 per cento, secondo le percentuali che abbiamo tolto ai fondi Gescal, portandoli per la generalità dei lavoratori al limite del 74 per cento, possiamo aumentare la percentuale da destinarsi alle cooperative nella prima trancia dell'art. 68 b, portandola al 30 per cento, con che evidentemente avremmo un riequilibrio dei rapporti, sia pure a livelli notevolmente distanti l'uno dall'altro, con la possibilità di incrementare fondi immediatamente destinabili e di creare un'estensione immediata delle localizzazioni.
Premetto ai colleghi Consiglieri che tutto questo porta ad un completamento delle tabelle e quindi a piccole variazioni che, tenuto conto dei parametri adottati e dei limiti minimi di intervento fissati scaturiranno non già da una scelta di inserimento di questo o quel comune ma proprio da una scala di priorità chiaramente stabilita e individuata per cui non si tratta di aprire le maglie per andare incontro a questa o a quella esigenza territoriale.
Credo anche per quel che riguarda il 15 per cento relativo alle cooperative in base all'art. 55 voce c), là dove le cooperative sono tenute ad avere il possesso dell'area si possa dare un'indicazione dello stesso tipo di percentuale già indicata nella prima parte dell'art. 68 e cioè fra il 30 ed il 70 per cento, con una dizione con cui si sostenga che si costruiscono alloggi da cedere in proprietà ai soci, o a proprietà indivisa, intendendo che il 70 e 30 per cento si trasferisce anche a questo settore.
La Giunta ha preso atto che in fondo le critiche si riferivano più alla metodologia e badate che quando si parla di metodologia bisogna fare riferimento a tutta una serie di difficoltà che si sono incontrate. Noi abbiamo abbandonato, ad un certo punto, la consultazione per commissioni provinciali proprio perché ci siamo resi conto che ne nascevano poche indicazioni, non perché il sistema non fosse valido, ma perché il motore che alimentava questo sistema non era in grado di dare dei risultati attendibili e soprattutto immediatamente valutabili.
Posso anche comunicare, in conclusione, al Consiglio, che per quanto siamo in ritardo di poco più di trenta giorni (forse qualcosa meno rispetto ai termini fissati) sono soltanto due le Regioni che hanno deliberato il piano di localizzazione, la Lombardia e l'Emilia Romagna alle quali sta aggiungendosi la Basilicata. Purtroppo, come avveniva durante la guerra, la velocità del convoglio si regola sulla nave più lenta e quindi il nostro ritardo potrà a sua volta subire ciò che avverrà in altre Regioni meno tempestive.
Quindi, fermo restando ciò che ha detto il Presidente della Giunta circa il metodo di approvazione del piano, prendendo atto delle richieste della Commissione e avendo dato la Giunta la risposta che possono essere accolte in quanto, ripeto, i criteri che in questo caso si adottano non sono di scelte settoriali, ma sono di politica generale o comunque di concetti politici che la Giunta non ha nessuna difficoltà a fare propri, io credo che potremmo, nell'o.d.g. che verrà stabilito, chiarire che viene approvato con le modifiche richieste dalla commissione fatte proprie dalla Giunta, intendendo che queste modifiche appariranno ovviamente dalla tabella definitiva quando i nuovi calcoli verranno trasposti nell'attuazione pratica di ciascuna parte che si riferisce ad ogni voce.



PRESIDENTE

La parola al Consigliere Dotti.



DOTTI Augusto

Vorrei ringraziare la Giunta per avere accolto le proposte di modifica della Commissione.



PRESIDENTE

C'è la richiesta del Consigliere Bianchi di un ulteriore aggiornamento dell'argomento dopo le dichiarazioni fatte dal Vicepresidente della Giunta e le precisazioni, è mantenuta?



BIANCHI Adriano

Evidentemente le precisazioni del Vicepresidente della Giunta, nel merito, facilitano ulteriormente il compito, ma ritengo che sotto il profilo tecnico di definitiva visualizzazione del documento in ordine al quale si esprime, in un modo o nell'altro, il parere o la deliberazione della Giunta, occorra una messa punto, così come credo sia opportuno dedicare cinque o dieci minuti fuori dalla discussione generale che si è svolta con ampiezza, per un'ultima verifica in ordine ai consensi ed ai dissensi sulle modalità della votazione alla quale ci accingiamo e anche eventualmente sui testi dell'o.d.g., per non creare ulteriori difficoltà.



PRESIDENTE

A proposito di o.d.g. prego il Consigliere Segretario di dare lettura di quello che è pervenuto.



GERINI Armando, Segretario

Ordine del giorno a firma Rivalta, Sanlorenzo, Giovana e altri: "Il Consiglio Regionale del Piemonte, considerato il limite del finanziamento promosso in generale dalla Legge 865 e conseguentemente il limite del finanziamento attribuito alla Regione Piemonte del tutto inadeguato al fabbisogno richiede che si riducano le conseguenze di tale situazione accelerando la messa a disposizione dei fondi assegnati entro il 1972 e si proceda all'immediato rifinanziamento della legge.
Il Consiglio Regionale del Piemonte impegna la Giunta a promuovere la formazione di un fondo aggiuntivo derivante da investimenti promossi direttamente dalla Regione, dagli Enti locali, delle grandi imprese produttive in ragione dell'espansione degli addetti. Per quanto concerne il contributo e il conto interessi relativo ai fondi promossi dalla legge 865 si ricerchi la loro perequazione".



PRESIDENTE

La richiesta del Consigliere Bianchi è accolta; non ci sono opposizioni per una sospensione di una decina di minuti, non di più? Vorrei, prima che si ritirino, fare presente che sono praticamente le 20 e che in queste condizioni di cose il Consiglio deve essere aggiornato per la prosecuzione dei lavori al pomeriggio di domani (come era previsto del resto nell'ordine del giorno) perché non ritengo che possa, nello spazio di un'ora, esaurirsi la trattazione di quanto c'è ancora all'ordine del giorno. Preferirei esaurire il tutto questa sera, ma temo che sia impossibile.
La seduta è sospesa.



(Ia seduta, sospesa alle ore 20,05, riprende alle ore 20,30)



PRESIDENTE

Sono proposti all'esame del Consiglio questi due ordini del giorno: "Il Consiglio Regionale del Piemonte, vista le legge 22 ottobre 1971 n. 865, udite le comunicazioni e viste le proposte della Giunta Regionale contenute nel documento predisposto per gli adempimenti previsti dal sesto comma dell'art. 3 della legge sopra citata, le approva e fa voti perch ogni altra indicazione fornita dal documento approvato sia integralmente recepita dal Governo nazionale" La firma è dei Consiglieri Bianchi, Gandolfi e Rossotto.
L'altro documento è quello che avevo letto in precedenza, ma lo rileggo: "Il Consiglio della Regione Piemonte, considerato il limite del finanziamento promosso in generale dalla legge 865 e conseguentemente il limite del finanziamento attribuito alla Regione Piemonte, del tutto inadeguato al fabbisogno richiede che si riducano le conseguenze di tale situazione accelerando la messa a disposizione dei fondi assegnati entro il 1972 e si proceda all'immediato rifinanziamento della legge.
Il Consiglio Regionale del Piemonte impegna la Giunta a promuovere la formazione di un fondo aggiuntivo derivante da investimenti promossi direttamente dalla Regione, dagli Enti locali, dalle grandi imprese produttive in ragione dell'espansione degli addetti. Per quanto concerne il contributo in conto interessi relativo ai fondi promossi dalla Legge 865 si ricerchi la loro perequazione".
Le firme sono di Sanlorenzo, Giovana, Rivalta, Vecchione e Berti.
C'è una richiesta di esame, nella seduta di domani, del secondo documento letto, perché la Giunta possa esprimersi in proposito e fare delle dichiarazioni.
I proponenti sono d'accordo?



BERTI Antonio

D'accordo.



PRESIDENTE

L'altro invece lo pongo in votazione.
La parola al Consigliere Berti.



BERTI Antonio

La discussione sulla comunicazione del Presidente della Giunta ci ha proposto temi di merito e questioni di procedura ed io credo che l'interesse che ha suscitato si riscontri, oltre che sulle questioni di merito, anche sulle questioni di procedura sollevate. Io penso che opportuno sia stato anche l'intervento del compagno Vecchione perch prendendo lo spunto da questo, ha proposto un tema al Consiglio Regionale con il quale noi ci misuriamo dall'inizio, da quando è entrato in funzione lo Statuto. Noi attendevamo anche iniziative della Giunta, noi stessi ci eravamo proposti di fare questo già un mese fa ma non l'abbiamo fatto perché avevamo avuto assicurazioni che, almeno in alcuni campi l'iniziativa ci sarebbe stata, come proposte di legge che regolassero la normativa riguardante le competenze dei vari organi del Consiglio in ordine alle materie trasferite.
Tuttavia il discorso, sono d'accordo col Presidente della Giunta, potrà assumere un carattere anche più vasto in una seduta del Consiglio eventualmente in aula o in commissione, che potremo concordare nella riunione dei Capigruppo del 13 pomeriggio.
Sono altresì convinto che, in ultima analisi, dovrà rispondere la Corte costituzionale, perché la questione mi sembra investa anche altre Regioni.
In riferimento all'accenno del Presidente Calleri circa il fatto che i comunisti parlano qui come i D.C. parlano nelle Regioni rosse, pur prendendo atto che certe questioni si pongono anche in quelle Regioni auspicherei comunque che la distribuzione delle competenze ai vari organi del Consiglio avvenisse in Piemonte quanto meno come in Emilia ed in Toscana, non avremmo da lamentarcene, basta scorrerle per accorgersi che il carattere che è stato dato (carattere provvisorio e anche di merito) pu risolvere in nostro favore parecchie delle questioni che qui sono state poste, anche se altre si introducono in un dibattito di questo tipo.
Io non entro nel merito, lo faremo in altra occasione, ma il Presidente della Giunta ha fatto al Lyons Club di Biella un discorso intitolato "La politica della Regione Piemonte nel contesto nazionale ed europeo"; noi ci auguriamo che il Presidente della Regione ogni tanto esponga anche in Consiglio le cose, per certi versi interessanti, che espone nelle varie assemblee a cui partecipa. Le tesi che qui affronta propongono, anzi dimostrano un atteggiamento (non so se di tutta la maggioranza) molto esplicito: qui si dichiara di abbandonare, abbiamo cioè abbandonato la più facile strada contestativa accentuando la responsabilizzazione.



CALLERI Edoardo, Presidente della Giunta Regionale

Faccio presente che non sono dichiarazioni che ho rilasciato.



BERTI Antonio

E' strano però, perché sono frasi scritte in corsivo e in generale si riferiscono a dichiarazioni effettivamente fatte. Incomincio intanto a prendere atto che lei non le ha rilasciate. Comunque, se questa è la concezione, non c'è dubbio.



VIGLIONE Aldo

Per lo meno non le ha fatte a "La Stampa".



BERTI Antonio

...non c'è dubbio che il contrasto non è più soltanto giuridico di interpretazione delle leggi delegate o meno, è un atteggiamento politico delle varie forze. Noi pensiamo invece che occorra cogliere tutte le possibilità che si presentano per affermare qual è il potere che la Regione ha a norma di Costituzione.
Il tema è molto interessante, ma potremo svilupparlo in altra occasione. Nel merito specifico della discussione, a nome del Gruppo, devo dire questo: dobbiamo dare atto all'Assessore ed alla Giunta di avere nella sostanza, accolto tutta una serie di proposte che noi siamo venuti facendo nel corso di questo anno. Parlo di questo anno perché all'inizio della discussione si intendeva demandare esclusivamente alla Giunta il compito di fare e trasferire il piano. Siamo arrivati ad una procedura certamente molto più democratica, ma mentre prendiamo atto di questi elementi di merito positivi che caratterizzano l'ultima posizione della Giunta, dobbiamo tuttavia dire che la Giunta non ha voluto assumere fino in fondo quel metodo partecipativo che avrebbe portato ad elaborare tutta la proposta, nel tempo, attraverso i vari organi e del Consiglio e delle forze sindacali che hanno ripetutamente richiesto di poter non soltanto essere consultati, ma partecipare alla costruzione di quella che noi diciamo dovrebbe essere una deliberazione.
Sulle localizzazioni proposte sappiamo che ci sarà scontento, ma i criteri, che noi condividiamo, non potevano portare a risultati diversi.
Dovremmo porre in evidenza agli scontenti che il discorso non è tanto sulle località di cui non si è potuto tenere conto, quanto del fatto che l'impegno di tutti - e in questo senso è il nostro ordine del giorno - è quello di sollecitare il Governo per un ampliamento dei fondi destinati alla politica della casa e non in contrapposizione, come qualcuno dice, ai fondi destinati nel Sud.
Concludendo devo dire che non siamo rimasti convinti delle argomentazioni del Presidente della Giunta, a noi pare molto più semplicemente che la deliberazione che abbiamo richiesto come atto di volontà formale del Consiglio, che non si esprime attraverso un o.d.g., ma solo con deliberazione, non comporta quelle complicazioni di cui parlava il Presidente Calleri perché è fine a sé stessa, è valida per l'approvazione delle localizzazioni, non comporta impegni per l'attuazione ed è chiaro che nella misura in cui, per iniziativa dei Ministeri, i finanziamenti dovessero comportare un ridimensionamento (semmai anche questo è posto in termini di lotta del Consiglio Regionale perché non avvenga) non è minimamente chiamata in causa la responsabilità della Giunta, che è vincolata soltanto alla deliberazione che riguarda le localizzazioni.
Se eventualmente, in futuro, si proponessero dei ridimensionamenti verificheremmo i programmi, ma noi rivendichiamo, come dice la legge soltanto a noi Regione il compito di approvare il piano di localizzazione.
Non ci sono altre complicazioni. Ecco perché insistiamo in questa che noi riteniamo sia una questione pregiudiziale: il Consiglio Regionale esprime la sua volontà in modo molto formale, con la deliberazione su un atto amministrativo proposto dalla Giunta. E' per questo che noi, mentre prendiamo atto degli atteggiamenti positivi che sono stati assunti, non possiamo (ci dispiace, altrimenti l'avremmo approvata) non sottolineare questo modo di fare e quindi ci asteniamo dalla votazione sull'ordine del giorno presentato dai Gruppi della maggioranza.



PRESIDENTE

Ci sono altre dichiarazioni di voto? La parola al Consigliere Simonelli.



SIMONELLI Claudio

Anche il Gruppo socialista non può approvare l'o.d.g. che a nome della maggioranza hanno firmato i Consiglieri Bianchi, Rossotto e Gandolfi; e non perché non ne condivida nella sostanza i contenuti, perché come diceva poc'anzi il collega Berti, larga parte delle indicazioni emerse durante le consultazioni, dai lavori della Commissione, dal dibattito di oggi, sono state recepite e fanno parte del documento finale (seppure con alcuni limiti che il dibattito ha evidenziato), documento che deve dunque essere giudicato importante, significativo e nella sostanza accettabile anche dal Gruppo socialista. Quello che non possiamo accettare è la pretesa che, per un atto di questo rilievo, che ha giustamente coinvolto il Consiglio Regionale in un ampio dibattito, non si arrivi ad un voto attraverso una deliberazione consiliare. E ciò indipendentemente dalla polemica di carattere strettamente giuridico sulla competenza in materia di funzioni delegate dallo Stato alla Regione, dalle "querelle", cioè intorno alla competenza del Consiglio, della Giunta e del Presidente della Regione giacché nel senso particolare della legge sulla casa a me sembra che si possa tranquillamente passar sopra a questa polemica e a questo dibattito tecnico-giuridico; la legge sulla casa, in fondo, non rientra, tout court soltanto nella materia della delega di funzioni ex art. 118 della Costituzione, è una legge a sé che attribuisce alla Regione determinate funzioni, che coinvolge necessariamente non solo la Regione ente, ma tutta la realtà della Regione come comunità attraverso quelle consultazioni attraverso quei pareri che devono essere richiesti, che sono stati richiesti agli Enti locali. E' una legge che necessariamente deve passare attraverso un ampio dibattito, un'ampia convergenza e un'ampia contrapposizione dialettica; per questo emerge l'esigenza di un voto finale del Consiglio.
E' per queste stesse ragioni che noi socialisti riteniamo debba essere una deliberazione consiliare a determinare i piani delle localizzazioni cioè un atto in sé compiuto e definitivo che la Regione prende e che non coinvolge interventi di autorità ministeriali: questi infatti attengono solo alla misura delle somme, non ad una modifica del piano di localizzazione che qui approviamo.
Per queste ragioni il Gruppo socialista si asterrà sull'o.d.g. della maggioranza.



PRESIDENTE

Altre dichiarazioni? Nessuna.
Pongo in votazione l'ordine del giorno a firma Bianchi, Gandolfi e Rossotto che ho testé letto. Chi lo approva è pregato di alzare la mano: 25. Contrari nessuno. Astenuti 15.
L'ordine del giorno è approvato.


Argomento:

Programmi di localizzazione ai sensi del sesto comma dell'art. 3 della Legge 22/10/1971 n. 865 - Comunicazioni del Presidente della Giunta Regionale

Argomento:

Sull'ordine dei lavori


PRESIDENTE

Pregherei il Consiglio ancora un attimo soltanto. Che via prescegliamo andare avanti questa sera e fare i controlli, o trovarsi domani alle 16? Proseguiamo?



BERTI Antonio

Lo metta in votazione e noi subiremo, ma noi ce ne andiamo perché il Consiglio è stato convocato anche per domani e un argomento così importante ad un quarto alle nove non ci sentiamo di discuterlo.



PRESIDENTE

C'è "eventualmente il giorno successivo".



BERTI Antonio

Che cosa vuol dire? Ma cos'avete dietro? Perché domani non si pu venire? L'"eventualmente" vuol dire che tutti i Consiglieri sanno che per domani dovevano tenersi liberi.



PRESIDENTE

Mettiamo allora ai voti la proposta della continuazione dei lavori.
Bisogna anche stabilire un'economia del tempo se continuiamo questa sera.
Sono le 9 meno 20 al mio orologio.



CALLERI Edoardo, Presidente della Giunta Regionale

Se fosse possibile continuare sarebbe meglio, noi abbiamo diversi Assessori che per domani hanno assunto degli impegni. Se potete usateci questa cortesia.



BIANCHI Adriano

Non si può decidere con un voto una cosa di questo genere.



PRESIDENTE

Io non posso decidere d'imperio; sono disponibile, non posso fare altro.
Vorrei pregare il Gruppo comunista di non assentarsi, cerchiamo di abbreviare tutti gli interventi.



BERTI Antonio

Ma sono proprio queste esortazioni che non accetto. Cosa vuol dire "abbreviare gli interventi"? E proprio sulla materia dei controlli? Ma voi pensate davvero che tutto si riduca a discutere i cinque articoli di legge? Con tutto quello che l'opinione pubblica sta dicendo sui Comitati di controllo? Ma se non si ha la sensibilità di dare tutto il tempo necessario per discutere a fondo veramente ci riduciamo a fare le cose di corsa. Pu darsi che qualcuno abbia degli impegni, dal punto di vista personale io oggi non mi reggo in piedi, lei lo sapeva che non stavo bene; naturalmente me ne posso anche andare, ma non è questo il punto, bisogna discutere con tutto il tempo a disposizione. Noi abbiamo due o tre interventi per lo meno da fare su questo argomento, per cui se lei invita a ridurre, mette già addosso la fretta, uno si sente anche imbarazzato e le cose non vengono più esaminate a dovere. Abbiamo già così poco tempo per discuterne.



PRESIDENTE

Io aspetto la volontà del Consiglio.



BIANCHI Adriano

Signor Presidente, mi consenta, ritengo che un argomento di questa importanza non possa essere strozzato, concentrato se non con l'accordo secondo il costante "fair play" tra tutti i Gruppi. Pertanto, poiché nella ragionevole previsione che oggi si potessero concludere i lavori, sono stati presi una serie di impegni non individuali e personali, ma anche di carattere politico e amministrativo che riguardano membri della Giunta Consiglieri, faccio una proposta alternativa: o il Gruppo comunista, senza che con questo subisca una pressione o sollecitazione, ritiene che possiamo, in un tempo ragionevole, giungere ad una conclusione questa sera e allora andiamo avanti, oppure l'argomento verrà iscritto all'o.d.g. del prossimo Consiglio Regionale che sappiamo non essere lontano perché si terrà egualmente in questo mese e non nella seduta di domani, da non tenersi comunque.



PRESIDENTE

Allora, mi fermerei su queste tre proposte altrimenti raggiungiamo lo stesso risultato di arrivare a mezzanotte, senza aver fatto niente.
Ci sono tre proposte: l'una di aggiornare l'argomento alla seduta dei tanti di giugno che è già prevista in calendario, l'altra di continuare la seduta nella giornata di domani, la terza di proseguire questa sera.
C'è una probabilità di intesa su questi tre punti? La parola al Consigliere Viglione.



VIGLIONE Aldo

In effetti il Consigliere Berti ha ragione, perché se la Commissione ha impiegato dieci mesi e forse più per giungere alla conclusione dei propri lavori, la discussione non può essere ristretta a pochi minuti. Sarei piuttosto dell'opinione, dal momento che questo regolamento è atteso, di continuare domani pomeriggio, più che iscriverlo all'ordine del giorno di una seduta che non sappiamo quando avrà luogo perché sono già iscritti altri argomenti all'o.d.g. e finiamo per andare all'autunno prossimo.



PRESIDENTE

La sua proposta quindi è di andare a domani.
Il Consigliere Nesi ha chiesto di parlare, ne ha facoltà.



NESI Nerio

Mi pare giusto che non si possa continuare questa sera, in presenza di una discussione che potrebbe essere lunga; mi pare anche giusto che domani si rispettino quei Consiglieri che hanno altri impegni di lavoro, come ha detto giustamente il Consigliere Bianchi. Farei questa proposta: avevamo deciso di non fare seduta il 15 perché alcuni Consiglieri sono assenti per quella riunione internazionale che lei signor Presidente conosce, io direi facciamo lo stesso la seduta il 15, vuol dire che saranno assenti, uno per Gruppo, quei Consiglieri che vanno alla riunione internazionale.



PRESIDENTE

Però impediamo ad alcuni colleghi di esprimere in proposito il loro pensiero. Siccome vanno in rappresentanza del Consiglio Regionale, quindi per motivi di servizio, sottraiamo loro la possibilità di intervenire nella discussione.
Il Presidente della Giunta chiede di parlare, ne ha facoltà.



CALLERI Edoardo, Presidente della Giunta Regionale

Io faccio presente che abbiamo instaurato un sistema di lavori del Consiglio sulla base di alcune programmazioni e ricordo che nell'ultima riunione in cui si è deciso un certo calendario avevamo stabilito che nella giornata di oggi avremmo votato sia le localizzazioni che il regolamento sugli organi di controllo. Non è colpa ovviamente di nessuno, per lo meno di nessuno dei Consiglieri regionali, se i lavori programmati non hanno potuto essere attuati perché vi sono stati altri argomenti inseriti nell'o.d.g. che si era preventivato di svolgere.
Tuttavia sento di dover richiamare l'attenzione di tutti i Consiglieri sul fatto di rimanere nell'ambito delle programmazioni che si fanno dei lavori del Consiglio, perché sulla base di queste gli Assessori e la Giunta assumono determinati impegni verso l'esterno con degli incontri ecc. e quindi si trovano in difficoltà.



BERTI Antonio

Abbiamo detto giovedì ed eventualmente venerdì.



CALLERI Edoardo, Presidente della Giunta Regionale

No, avevamo detto che nella giornata di giovedì avevamo fatto il Regolamento e la discussione sul piano delle localizzazioni ed eventualmente, se non fossimo riusciti a concludere l'o.d.g. che contempla anche interpellanze e interrogazioni, avremmo rimandato al giorno successivo. Alcuni Assessori, la cui presenza poteva non essere necessaria nella giornata di domani in ordine al tipo delle interpellanze interrogazioni e mozioni presentate, hanno assunto degli impegni. Io mi rendo conto che questa sera non si può strozzare la discussione, dobbiamo quindi rinviare ad una data in cui, data l'importanza del dibattito sugli organi di controllo, non siano assunti precedentemente altri impegni.
Alcuni Consiglieri parteciperanno ad un'interessante manifestazione di carattere internazionale, credo non sia possibile per quel giorno fare una riunione di Consiglio su un argomento di questo genere, anche perch ritengo che alcuni di quelli che saranno assenti probabilmente sono particolarmente interessati e forse hanno programmato un intervento.
D'altra parte, considerato che il 15 non si sarebbe comunque tenuto Consiglio, io personalmente per esempio ho preso degli impegni, perciò non sarei nella condizione di partecipare alla riunione.
Quindi non ci resta, rispetto alle date che avevamo stabilito, che fare slittare al 28 (visto che abbiamo stabilito per quella data una riunione di Consiglio) questo argomento



PRESIDENTE

Vi sono altre proposte? Possiamo essere d'accordo?



BERTI Antonio

D'accordo, chiedo soltanto che nella conferenza dei Capigruppo di martedì 13 eventualmente si veda se c'è un giorno in cui possiamo tenere Consiglio su questa questione.



PRESIDENTE

Sono pervenute delle interrogazioni.



VIGLIONE Aldo

Scusi signor Presidente, l'Assessore Borando voleva rispondere alle mozioni, almeno quella del commercio facciamola.
No, vedo che non si può più fare, allora andiamo a casa.


Argomento:

Sull'ordine dei lavori

Argomento:

Interpellanze e interrogazioni (annuncio)


PRESIDENTE

Scusino, soltanto per regolarità, diamo per annunciato al Consiglio interrogazioni del Consigliere Menozzi, del Consigliere Carazzoni, del Consigliere Calsolaro e una con carattere d'urgenza del Consigliere Nesi.
Manderemo in copia interrogazioni e interpellanze.



VIGLIONE Aldo

Si metta solo a verbale che pur essendo pronto l'Assessore Borando, non si ritiene di proseguire la discussione e dare la risposta.



CALLERI Edoardo, Presidente della Giunta Regionale

Non è all'ordine del giorno.



VIGLIONE Aldo

Sono contento così lo stesso, lo si metta solo a verbale.



PRESIDENTE

La seduta è tolta.



(La seduta ha termine alle ore 21)



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