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Dettaglio seduta n.88 del 06/04/72 - Legislatura n. I - Sedute dal 6 giugno 1970 al 15 giugno 1975

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Argomento:


PRESIDENZA DEL VICEPRESIDENTE OBERTO


Argomento: Provvidenze per la costituzione di aree industriali ed artigiane attrezzate - Problemi del lavoro e della occupazione

Preparazione della conferenza tessile del Piemonte - Definizione delle zone tessili - Deliberazione (seguito)


PRESIDENTE

La seduta è aperta. Darei la parola all'Assessore Paganelli.



PAGANELLI Ettore, Assessore alla programmazione

Signor Presidente, signori Consiglieri, prima della replica dell'Assessore Petrini desidero aggiungere alcune considerazioni.
Nell'espletamento dei compiti che la legge tessile pone alle Regioni nella delimitazione cioè delle zone tessili, ci siamo trovati davanti ad un problema centrale e di notevole rilevanza, un problema che è stato sempre presente nei lavori della Commissione appositamente costituita, che è emerso anche in questo dibattito e che può essere così espresso: come si colloca questa legge nel quadro di un disegno di programmazione, come è possibile utilizzarla nella logica di una politica di piano. Questa questione non si presenta di facile soluzione, per la natura e le finalità stesse che ispirano e caratterizzano la Legge 1101, la quale è assolutamente estranea ad un discorso programmatorio, ma è stata concepita in termini strettamente settoriali, per far fronte ad una crisi sempre più pesante delle industrie tessili, con tutti i riflessi sull'occupazione che questa situazione comporta.
A conferma del carattere settoriale della legge tessile basti considerare che essa non si accompagna alla definizione di un piano di sviluppo che indichi le prospettive dell'industria tessile e guidi i processi di ristrutturazione che si rendono necessari. Parimenti, come osserva il collega Garabello, manca un piano industriale per indirizzare le riconversioni nelle aree maggiormente colpite dalla caduta occupazione prodottasi nel settore tessile.
La legge si limita a predisporre una serie di incentivazioni per stimolare la riorganizzazione aziendale e l'ammodernamento tecnologico, per sollecitare insediamenti sostitutivi e fornisce alcuni strumenti di garanzia per i lavoratori, ma non si propone di orientare, di pilotare questi processi, che pure hanno grande rilevanza nella misura in cui modificano tutto un tessuto sociale, economico e territoriale.
Dobbiamo ancora sottolineare, come è stato fatto da tutte le parti l'esiguità dei 200 miliardi stanziati a fronte delle necessità che il risanamento di questo settore e la creazione di nuovi posti di lavoro sostitutivi comportano su tutto il territorio nazionale.
Se questa è la situazione in cui ci troviamo ad operare, abbiamo ritenuto per parte nostra, mentre sottolineiamo tutti i limiti della legge di dover impostare la nostra azione in termini tali che ci consentano di utilizzare la legge stessa in un'ottica di programmazione regionale.
Abbiamo cioè voluto fare di questo strumento, per quanto imperfetto esso sia, uno dei momenti attraverso i quali si dispiega la politica di piano a livello regionale. A tale indirizzo ed a questa volontà corrisponde la proposta di delimitazione che viene avanzata, una proposta che è stata formulata tenendo anche largamente presenti le osservazioni che sono emerse dalle consultazioni con gli Enti locali e con le organizzazioni sindacali.
Nella sua configurazione complessiva la delimitazione delle zone tessili, quale è venuta dai lavori della Commissione, sulla base di uno studio analitico e scientificamente fondato svolto dall'IRES, ci pare corrisponda alle indicazioni di fondo di una politica di programmazione per il Piemonte, sulle quali più volte si è manifestato in Consiglio un largo consenso: riequilibrio territoriale e differenziazione produttiva.
Le aree che sono state individuate infatti non vanno viste solo in funzione della legge tessile, ma anche degli obiettivi di Piano regionale ed è con questa duplice attenzione che abbiamo partecipato come Assessorato alla programmazione ai lavori della Commissione. Ci pare di poter affermare che questo risultato è stato conseguito: anche ad un primo esame della delimitazione proposta si può constatare come essa risponda al disegno di contrastare la capacità di attrazione del polo metropolitano, per rafforzare invece le potenzialità di sviluppo delle aree periferiche ed in particolare per rafforzare la linea dei fondi valle alpini, dove si è storicamente localizzata l'industria tessile e dove oggi più pesanti sono i riflessi della crisi economica.
Si tratta di aree dove il settore tessile conserva dimensioni quantitative rilevanti (anche se inferiori rispetto al passato) come il biellese o la Valsesia o di aree dove alla caduta dell'industria tessile non si è accompagnato un processo di riconversione, come la bassa Valle di Lanzo, le Valli Pellice, Germanasca e Chisone. Per contro sono state escluse zone in cui il settore tessile è indubbiamente rilevante, ma che per la loro localizzazione, come per la particolare struttura che in essa ha quest'industria, presentano possibilità di sviluppo che non richiedono specifiche incentivazioni, oltre alle agevolazioni che la legge offre a tutte le industrie tessili.
Da alcuni si è osservato che ci si è mossi con criteri troppo restrittivi, da altri che si sono individuate zone troppo ampie. Mentre per parte nostra abbiamo cercato di farci carico del peso di tutte le situazioni locali, dobbiamo chiedere a tutti di abbandonare ogni ottica campanilistica per considerare il problema nelle sue dimensioni regionali e nazionali. Ai primi rispondiamo quindi che ci trovavamo nell'esigenza di non disperdere in interventi frammentari un fondo che valutiamo già insufficiente e che si è cercato di concentrare le possibilità finanziarie.
A ciò si aggiunga che il riconoscimento di zona tessile in alcuni casi - e mi riferisco al Chierese (a parte le proposte del collega Garabello di stamattina a cui risponderà l'Assessore Petrini) - avrebbe contraddetto la volontà di operare per il decongestionamento dell'area torinese. Come verrebbe se localizzassimo gli incentivi all'interno dell'area metropolitana, creando un fattore di attrazione che andrebbe ad aggiungersi a quelli che già presenta la vicinanza di Torino.
Alla seconda obiezione, l'aver zone troppo ampie, favorendo per il biellese la cosiddetta "pianurizzazione", ricordiamo la necessità di corrispondere agli indici fissati dal CIPE, perché il riconoscimento della qualifica di zona tessile sia automatico e non affidato al giudizio discrezionale del Ministero dell'Industria. Limitare l'individuazione di zona tessile solo alla parte settentrionale del biellese, avrebbe significato, oltreché disconoscere la realtà, non avere nella nostra regione nessuna zona "automaticamente" tessile.
Il problema della "pianurizzazione", problema reale, di cui riconosciamo l'importanza per gli effetti di disgregazione che può avere su tutto il tessuto socio-economico ed ambientale del biellese, deve quindi essere affrontato in altri termini, legandolo cioè non alla delimitazione delle zone tessili, ma alla gestione della legge. Deve essere chiaro a tutti che il momento più significativo è infatti quello seguente alla delimitazione delle zone: sarà in questa fase, in cui si dovranno decidere le ristrutturazioni ed i nuovi insediamenti, che la possibilità di utilizzare questa legge ai fini della politica di programmazione saranno più ampie e non dovranno quindi essere perdute.
Per il momento noi indichiamo le zone, ma non compiamo ancora - come ha già rilevato stamane l'Assessore Petrini - scelte di ubicazione al loro interno: sarà proprio attraverso queste scelte che potremo operare per l'organizzazione del territorio contrastando meccanismi spontanei e favorendo il sorgere e l'esplicarsi di processi che altrimenti non avrebbero luogo.
Così come per la riconversione sarà nostro compito guidarla in modo da realizzare in concreto quella differenziazione dell'apparato produttivo che ci proponiamo di conseguire. E' evidente allora che per poter fare queste scelte di ubicazione, come per orientare efficacemente la riconversione, si rendono necessari piani comprensoriali e piani industriali di settore a cui conformare le nostre decisioni e la nostra azione.
In questa prospettiva, nella linea che viene proposta al Consiglio Regionale, la legge tessile può effettivamente essere utilizzata nel quadro di una politica di piano.
Vorrei infine richiamare l'attenzione sulla necessità di evitare un errore che troppe volte nel nostro Paese si compie quando si parla di programmazione: da un lato si fa di questo termine una nozione onnicomprensiva e generica, da un altro si considerano i vari momenti della programmazione isolati ed a sé stanti. Una programmazione, se vuole incidere sulla realtà, deve articolarsi in diversi momenti e disporre di una gamma molto ampia di strumenti. In questi termini va vista la legge tessile, come uno, ma uno soltanto degli strumenti di cui dovrà disporre la nostra politica di piano: ad essa dovranno affiancarsi altri strumenti d'intervento operativi, che dovremo definire ed approntare quanto prima.
Programmare significa confrontarsi continuamente con i problemi e con la realtà: in questa prospettiva abbiamo operato nel caso della delimitazione delle zone tessili; nella stessa prospettiva ribadiamo il nostro impegno in questo difficile momento della economia e del lavoro piemontesi.



PRESIDENTE

La parola all'Assessore Visone.



VISONE Carlo, Assessore al lavoro

Signor Presidente, chiedo scusa dell'assenza, ma ero alla riunione della IV Commissione.
Rispondendo a quanto aveva prospettato stamane il collega Garabello voglio precisare che la Giunta sta seguendo attivamente la situazione che si è venuta a verificare in diverse aziende tessili di confezioni e tessili vere e proprie. Ora, l'azione che la Giunta sta perseguendo, è quella di addivenire ad un intervento della GEPI in queste aziende. E qui sarebbe opportuno fare una precisazione, perché noi stiamo discutendo la legge tessile e nel contempo stiamo seguendo un'altra strada, quella dell'intervento diretto della GEPI o comunque di una finanziaria pubblica.
Come è noto la legge tessile agisce in due direzioni: nelle zone dichiarate tessili dove si può procedere alla riconversione e garantire un determinato livello occupazionale (questo intervento lo possono chiedere le aziende che devono chiudere); oppure possono ricorrere ai benefici di legge tutte le aziende che presentano un piano di ristrutturazione e che si dichiarano valide. Invece noi stiamo seguendo un gruppo di aziende che apparentemente non sono più valide, o per lo meno la loro direzione non le dichiara più valide, in questo caso non ci sarebbe la possibilità di intervento della legge tessile.
La Giunta regionale si è mossa prima verso alcune aziende, la Leumann che ormai tutti conosciamo, la Caesar e via via si sono aggiunti altri nomi, alcuni sono stati citati qui stamane per la prima volta ed effettivamente l'elenco si è allungato di molto; solo nel Piemonte comprendono ottomila dipendenti (ieri abbiamo saputo che la cifra forse è più ampia), se contiamo le aziende che starebbero per entrare in crisi arrivando anche fino a 20.000 unità.
L'azione che la Giunta, in accordo con le organizzazioni sindacali, ha messo in atto, è stata proprio quella di sollecitare l'intervento pubblico.
A questo proposito c'è stata una riunione presso il Ministero delle partecipazioni statali, presente il Vicepresidente Sanlorenzo, sollecitata dagli amministratori pubblici particolarmente interessati al problema della Rossari &Varzi; vi hanno partecipato tecnici del Ministero delle partecipazioni statali e del Ministero del Lavoro. E' stato fatto il punto della situazione, in sostanza è stato ribadito l'impegno ad intervenire in queste aziende in quanto il loro problema occupazionale non può lasciare indifferente il Governo, bisogna fare tutto il possibile per trovare una soluzione, soluzione che però, è stato ribadito da parte della Giunta come da parte delle organizzazioni sindacali e dagli amministratori interessati presenti, deve essere globale, non si può tamponare una falla lasciandone scoperte parecchie altre.
Io ho chiesto a nome della Giunta, che la Regione sia costantemente informata di ciò che avviene, perché in questi giorni si è sentita una ridda di voci "c'erano 25 miliardi, sono spariti, chissà dove li hanno messi, hanno fatto delle indagini, la Laumann l'hanno dichiarata un'azienda valida, la Rossari &Varzi l'hanno dichiarata un'azienda da chiudere".
Queste affermazioni ieri sono state smentite in quanto dirigenti e tecnici qualificati della GEPI sono tutt'ora presenti in queste aziende e stanno stendendo delle relazioni di carattere tecnico. E' evidente che poi ci sarà la scelta politica, che è determinante, sulla quale la Regione come l'organizzazione sindacale e il potere pubblico hanno il dovere di intervenire. Ci è stata data l'assicurazione di tenere informata costantemente la Regione dello sviluppo della situazione.
Noi siamo stati informati che oggi presso il Ministero del Lavoro ci sarà un ulteriore incontro con i vari Ministri interessati (del lavoro delle partecipazioni statali, dell'industria) e con i sindacati a livello nazionale; mi risulta che sono stati convocati stamane d'urgenza anche rappresentanti provinciali del settore tessile della Provincia di Torino stasera c'è una riunione nella quale dovrebbe essere deciso il confronto fra i ministri, il direttore della GEPI e le organizzazioni sindacali centrali. Ci auguriamo tutti che il problema possa essere risolto.



PRESIDENTE

La parola all'Assessore Petrini per la replica.



PETRINI Luigi, Assessore all'industria

Signor Presidente, colleghi Consiglieri, io intendo innanzi tutto ringraziare tutti gli intervenuti nel dibattito che hanno portato, con il loro apporto, un contributo notevole alla discussione sull'attuazione della legge tessile in Piemonte. Si tratta, com'è noto, di un problema di primaria grandezza, per la economia della Regione, sia perché interessa intere zone del Piemonte, sia perché investe il secondo settore produttivo del Piemonte dopo quello metalmeccanico.
I problemi sul tappeto, sotto il profilo economico e produttivo, sono indubbiamente molti; in questo settore direi che sono molti di più di quanti la stessa legge tessile non intenda né possa affrontare, anche se la legge tessile è un esempio di un modo nuovo di intendere ed affrontare i problemi dell'industria nel duplice innesto con quello dei livelli di occupazione da un lato e con quelli del territorio e del reddito dall'altro. Anche per questo ci preoccuperemo alla difesa dei livelli di occupazione, come ci stiamo da tempo preoccupando, concretamente, con l'azione dell'Assessorato al Lavoro e con la conferenza tessile che assicuro si farà al più presto, con che, come ho già dichiarato stamane, si sia in possesso della bozza del Piano regionale di sviluppo nella sua impostazione generale.
Il provvedimento della legge tessile si conforma ad un modo nuovo di intendere lo sviluppo industriale: il superamento delle crisi strutturali e tecnologiche, la definizione di un quadro di zonizzazione produttiva, al di là della camicia di forza di situazioni cristallizzate, come stamane si ricordava; e per tanti versi è frutto di una maniera non settoriale di ragionare, è frutto di una mentalità programmatoria derivata da esperti del Parlamento italiano che hanno a suo tempo stilato la legge tessile. E' quindi con mentalità non corporativa, né localistica che dobbiamo guardare alla legge tessile, ma con quella della programmazione. In tal senso non sfuocheremo con ottiche parziali i problemi che sono di fondo e che vanno considerati nel contesto delle zone e del quadro economico regionale di cui sono componenti base.
Desidero ricordare ancora una volta tre distinguo fondamentali che caratterizzano la legge tessile: il primo riguarda la determinazione delle zone tessili, come zone entro le quali occorre realizzare la differenziazione industriale mantenendo i livelli di occupazione in atto e potenziando l'industria tessile su livelli competitivi; il secondo attiene alla possibilità che la Regione ha di segnalare, per i benefici previsti per le zone tessili, dei comprensori in cui l'industria tessile sia determinante e in crisi persistente e grave; si tratta, in sostanza, di correggere, con l'individuazione di particolari situazioni territoriali, la necessaria rigidità dei parametri stabiliti dal CIPE per la determinazione delle zone tessili, le quali, ovviamente, non debbono né possono formularsi al di sotto di certi parametri minimi.
Il terzo distinguo è quello relativo a tutte le aziende tessili che in quanto tali e dovunque ubicate, possono beneficiare dei provvedimenti che la legge tessile prevede per la ristrutturazione e la riorganizzazione del settore.
Detto questo e col rammentare la fase intermedia, seppure primaria che la Regione Piemonte interpreta, così come le altre Regioni italiane poich l'ultima parola verrà dai decreti interministeriali che si avranno col prossimo 6 maggio, mi preme sottolineare alcuni criteri obiettivi seguiti in Piemonte per giungere alla formulazione che abbiamo or ora preso in esame. In Piemonte si è deciso di individuare, come abbiamo detto, una sola zona tessile nella composizione comprensoriale della lana e dell'abbigliamento che va dal biellese e che attraverso la bassa Val Sesia raggiunge la Provincia di Novara. In base ai punti IV e V della direttiva CIPE, le zone di Cirié, Lanzo, della Val Pellice, Germanasca e Chisone che non raggiungono i valori richiesti, ma che sono comunque zone a prevalente industria tessile. Queste le scelte della maggioranza della Commissione.
L'individuazione è stata frutto di una duplice valutazione, una di carattere tecnico che consiste nel riscontro dei parametri indicati dal CIPE per la determinazione delle zone, l'altra di carattere economico che consiste nell'aggiornamento di indagini a suo tempo effettuate dall'IRES in occasione della compilazione del primo Piano regionale di sviluppo allorch vennero analizzate le singole realtà ecologiche regionali. Infine l'area proposta come zona tessile ha le seguenti caratteristiche che ritengo non inutile ribadire: l'industria di base è la tessile e dell'abbigliamento tale industria si trova, da circa un decennio, in persistente crisi, il complesso della manodopera ivi concentrata rappresenta il 7,15% del totale nazionale dei settori tessili e per il comparto laniero ben il 50% .
Le indicazioni già ricordate dell'IRES, quelle degli operatori sociali e degli amministratori locali, hanno costantemente convenuto per diversi anni sulle diagnosi e sui rimedi da realizzare per il rilancio del comprensorio, insistendo soprattutto sulla necessità di agire con strumenti comprensoriali sufficientemente ampie ed omogenei e con una strategia binomio territorio-industria.
Si è stamane sostenuto da parte di alcuno la necessità di disattendere le direttive del CIPE in quanto non consentirebbero interventi programmati decisi in base alla necessità delle zone.
Ho già detto stamane che non c'è dubbio che ci troviamo di fronte ad una legge settoriale che inoltre dà certe facilitazioni per il rafforzamento del settore tessile, senza tuttavia avere un piano dello Stato in questo senso. Rilevato questo, la Commissione ha però dovuto operare tenendo conto della realtà ed anche del fatto che le altre Regioni interessate hanno manifestato il proprio orientamento a seguire le direttive CIPE. Quindi di fronte alla scelta o di formulare una proposta non conforme alle direttive CIPE che il Ministro dell'Industria certamente potrebbe non considerare, in quanto contrarie ai principi approvati dal CIPE e quindi dalla legge, peraltro calcolata in modo diverso dalle proposte delle altre Regioni (ed è impensabile, amici Consiglieri, che il CIPE emette dei criteri diversi da quelli già approvati per far variare le proposte delle altre Regioni in conformità a quella piemontese), ovvero di seguire le direttive CIPE, la Commissione ha ritenuto di doversi attenere alla seconda alternativa, cercando però di utilizzare al massimo la legge e quindi tentando di farla giocare il più possibile in un meccanismo di pianificazione. Di qui la necessità, fatta propria dalla Commissione, di applicare la legge già sin d'ora con questa ottica di pianificazione e di inserirsi nei meccanismi successivi della legge, non dimenticando la priorità, per assicurare che la legge stessa agisca effettivamente in quelle parti delle zone tessili dove maggiormente la riconversione e la diversificazione è necessaria se non indispensabile. Non esiste altra alternativa per la Regione Piemonte; la legge dice che valgono i parametri del CIPE. Il disattenderla significherebbe soltanto portare più avanti la denuncia, senza speranza tuttavia, a mio avviso, che essa possa far rivedere dal CIPE il proprio orientamento, date anche le scadenze inderogabili della legge.
Si è pure accennato, all'iniziativa della Lancia a Verrone, che ha già trovato sufficiente spazio in un apposito dibattito al Consiglio Regionale e di un eventuale suo interesse ai finanziamenti della legge tessile; cosa che non ritengo esatta in quanto è ormai noto anche da recenti dichiarazioni del Ministro del Lavoro Donat-Cattin, che la Lancia semmai attende il rifinanziamento della legge del febbraio '69, seguita all'alluvione che ha colpito la zona biellese e che prevedeva uno stanziamento per ricostruzione e costruzioni industriali rimaste purtroppo inutilizzate, per 50 miliardi, per richiedere eventuali prestiti di capitali a tasso agevolato, perciò non accederà e non potrà accedere agli incentivi tessili.
Quanto all'o.d.g. presentato dal Consigliere Simonelli, anch'esso richiamante il problema della Lancia, la Giunta esprime il proprio consenso alle indicazioni che in esso sono avanzate e che rispondono del resto alla linea che ho prima esposto e che è stata successivamente approfondita con l'intervento di oggi anche dell'Assessore Paganelli.
Come abbiamo detto la legge tessile, per quanto carente essa sia, può e deve essere utilizzata attraverso una sua corretta gestione, come uno strumento della politica di programmazione a livello regionale, per conseguire il riequilibrio degli assetti territoriali e delle strutture sociali ed economiche. In questa prospettiva ribadisco quindi il nostro impegno a collocare la gestione della legge tessile in un quadro di Piano regionale ed in rispondenza ai diversi piani comprensoriali. Si è evidenziato inoltre che rimane fuori da qualunque proposta la zona di Chieri, che pure ha una rappresentatività tessile alquanto notevole. La zona di Chieri resta fuori intanto da zona obbligata perché il rapporto addetti tessili della zona/addetti tessili nazionali non raggiunge il coefficiente richiesto del 4% . Tale zona potrebbe quindi essere solo proposta in base alle direttive IV e V del CIPE.
In ordine all'applicazione di tali direttive, la Commissione ha espresso tuttavia all'unanimità la seguente valutazione: dovranno essere considerate come zone tessili da proporre al Ministero per l'inclusione fra le zone a cui applicare il disposto dell'art. 3 della legge, solo quelle zone che presentando un indice elevato di industrializzazione tessile e subita una successiva destrutturazione tessile, hanno per contro registrato immissioni di nuove industrie.
Alla luce di queste considerazioni è da tener presente che Chieri è immersa proprio nella maglia di Torino e che per tale motivo presenta un elevatissimo indice di sostituzione di industrie. Pertanto, se in presenza di una dinamica di questo genere, che è la dinamica di Torino, noi poniamo i privilegi concessi dalla legge tessile, è chiaro che molte industrie andranno nel chierese, cioè molte industrie che potrebbero prendere in considerazione l'andata nella zona tessile, chiamiamola "obbligata" andranno invece certamente a Chieri, perché lì sposano i fattori agglomerativi costituiti dal polo di Torino, gli incentivi dell'industria tessile. In tal modo, invece di utilizzare questa industria come strumento di depolarizzazione di Torino, la utilizzeremo per aumentare il peso polarizzante di Torino.
Mi pare quindi che per questi motivi non sia possibile prendere in toto in considerazione la proposta. Si potrà comunque fare una segnalazione particolare per la città di Chieri, per finanziamenti alle aziende tessili ma credo che più in là obiettivamente non si possa andare. Così dicasi per Alba e Vercelli se i parametri ci consentiranno la stessa segnalazione.
Da parte di qualche collega sono stati espressi forti dubbi che nella fase di applicazione della legge la Regione abbia la possibilità di manovrare nelle zone tessili. E' per evitare questo che la Regione dovrà programmare l'utilizzazione dei fondi; la Regione dovrà cioè discutere e diventare il luogo in cui si esamineranno le richieste per l'insediamento di nuovi stabilimenti diversificati. E' vero che l'applicazione della legge verrà fatta a livello di comitato interministeriale, ma la Regione esprimerà in merito ad ogni richiesta il suo parere e attraverso a tali pareri potrebbe determinare una scala di priorità legata al piano di programmazione. Ci sarà quindi un'analisi nell'ottica della pianificazione regionale che il rappresentante della Regione dovrà portare avanti poi, in sede di comitato interministeriale.
La questione biellese va poi vista in una realtà comprensoriale.
Infatti sarebbe anacronistico e pericoloso prendere la realtà biellese a spicchi e porzioni, il biellese deve essere considerato nel suo insieme nei rapporti con le finitime soltanto convenzionalmente zone sottocomprensoriali della Valsesia e del medio novarese. La realtà biellese ha una sua precisa configurazione che non si può né scindere n discriminare, neppure quando si debba prendere in considerazioni il problema di una sottozona identificabile con un preciso numero di aziende.
Infatti non è il quadro comprensoriale che deve influenzare in un modo o nell'altro le politiche aziendali e le singole situazioni. Nell'ambito della zona tessile il quadro comprensoriale è destinato a garantire rimedi equilibri, sviluppi in una realtà territoriale sufficientemente ampia ed autonoma. A suffragare la nostra opinione contro le discriminazioni del biellese, contro le vedute riduttive ed aziendalistiche che in esso produrrebbe una minimizzazione della zona tessile, riscontriamo parecchi validi motivi: prima di tutto confermiamo che occorre distinguere nella soluzione dei problemi aziendali e di quello comprensoriale, tra i diversi momenti applicativi e i diversi contenuti della legge tessile. Per quanto riguarda i criteri di annessione totale del biellese nella zona tessile dobbiamo ricordare che tutti i comuni hanno, in modo diretto o indiretto, i requisiti per l'industrializzazione antica o recente, i requisiti per esservi ammessi. Il problema della salvaguardia dell'attività industriale delle vallate deve inoltre essere posto non in modo campanilistico, ma secondo una strategia della programmazione nei gangli della gestione della legge, quando cioè l'apposito comitato interministeriale, del quale fanno parte anche i rappresentanti dei lavoratori e della Regione Piemonte, dovrà valutare le rispondenze dei piani di riorganizzazione, ristrutturazione e riconversione con le finalità previste dalla legge stessa e cioè col mantenimento dei livelli di occupazione e della tutela della condizione operaia, azienda per azienda. Se è giusto e prioritario mettere le valli nelle condizioni di utilizzare al massimo i benefici della legge, e ciò si dovrà fare - dicevamo - in una fase applicativa, non è giusto escludere a priori dalla possibilità di accedere agli stessi benefici quelle aziende tessili del biellese che soltanto per il fatto di essere localizzate in pianura, si dovrebbero così punire e con esse la manodopera impiegata anche nel caso fossero investite da eguali condizioni di crisi. Ad esempio di industrie in pianura in crisi, come quelle di montagna, ne abbiamo più d'uno: la Gallo di Cossato, la Barberis a Candelo, la Sinterama a San Didiano ecc. Il mettere una zona valliva in condizione di privilegio contro una zona di pianura, punita da una discriminazione territoriale comporterebbe infine squilibri interni molto gravi per il biellese, che non consentirebbe tra l'altro di fare una scelta di programmazione comprensoriale e complessiva perché si avrebbero in partenza due zone nettamente squilibrate. Si noti ancora che nel quadro di una politica discriminatoria le zone di pianura, già sfavorite per taluni aspetti dalla mancanza di leggi e provvidenze speciali come quelle che operano in montagna con la nuova legge sulla montagna, subirebbero un grave arretramento, senza una possibile via d'uscita.
In questa scelta non siamo soli, infatti leggendo i documenti predisposti dalla Regione toscana in materia, si insiste nello stesso senso, affermando tra l'altro che la delimitazione delle zone a prevalenza industria tessile deve essere effettuata in termini di comprensorio omogenei e che il concetto di depressione economica e di notevole disoccupazione deve essere interpretato in senso dinamico e potenziale vale a dire (continua il documento della Regione toscana) come condizione che può insorgere in ogni momento per il fatto stesso che il reddito del territorio è sottoposto alle vicende congiunturali di un solo settore come quello tessile, caratterizzato da andamenti ciclici accentuati.
In questo senso la vivisezione del biellese in due tronconi farebbe perdere di significato la determinazione della zona tessile, la quale anche se non deve ricalcare pedissequamente le scelte di altre Regioni dove situazioni e obiettivi possono ed anzi sono varie e dissimili, neppure pu discostarsi, se non con motivi sufficienti e dimostrabili, dal criterio di valutazione ovunque accettato per tradurre in pratica le indicazioni della legge, criterio di valutazione che in questa sede assume il valore e la qualità del senso comune.
Signor Presidente, signori Consiglieri, come si constata la tendenza da noi proposta discende dalla realtà, poiché contrappone ad una polverizzazione inveterata di zone tessili la costruzione di un'unità comprensoriale viva e sufficiente ad esaltare la capacità di rinnovamento della legge stessa, senza mortificarla a lazzaretto di industrie in decomposizione. Il criterio che abbiamo seguito e quello che ribadiamo è quello secondo cui l'obiettivo della politica economica regionale deve essere quello di realizzare nella programmazione di scelte e di interventi non solo il riequilibrio di poli e settori produttivi, ma anche di impedire che visioni particolaristiche settoriali producano il caos di nuovi squilibri e di nuove pesanti contraddizioni.
Infine Signor Presidente, dopo le considerazioni esposte, confermo a lei la nostra proposta di deliberazione che prevede la determinazione a zona tessile dell'area risultante dall'aggregazione del biellese, di parte della Val Sesia, del medio novarese, della zona di Gattinara per un totale di 140 Comuni sui 1209 Comuni piemontesi, inoltre di proporre al Ministero la classificazione fra le zone di cui all'art. 3 della legge delle due aree di Ciriè Lanzo e della Val Pellice, Germanasca e Chisone e di segnalare la città di Chieri Comune, Comune di notevole rilevanza tessile.



PRESIDENTE

La discussione sull'argomento è così conclusa. E' stato presentato l'o.d.g. letto stamane dal Consigliere Simonelli (del quale non darei lettura nuovamente, salvo che il Consiglio lo desideri) al quale si aggiunge una proposta di mozione testé presentata a firma dei Consiglieri Garabello, Conti, Beltrami e Bianchi della quale do lettura: "Il Consiglio della Regione Piemonte, considerata la presenza nella Regione, al di fuori delle aree proposte per il riconoscimento di zona tessile, di consistenti nuclei tessili in cui parimenti si pongono gravi problemi occupazionali, ritenendo che anche questi insediamenti debbano essere tenuti in attenta considerazione, invita la Giunta Regionale a segnalare al Ministero dell'Industria e al Ministero del Lavoro, ai fini dell'applicazione degli artt. 1 e 2 della Legge 1101, le zone del basso novarese (Cameri, Galliate, Armentino, Trecate) del chierese (Chieri ed Andezeno), di Alba e di Vercelli".
Il Consigliere Garabello, primo firmatario della mozione, chiede di parlare, ne ha facoltà.



GARABELLO Enzo

Intervengo brevemente signor Presidente, anche perché la replica dell'Assessore Petrini, unita a quella degli altri colleghi, della Giunta ha già tolto parecchio del peso della mozione. Noi però, riteniamo che alcune altre minori zone di caratterizzazione tessile debbano essere tenute in considerazione al livello a cui la Giunta propone di pervenire per la città di Chieri, anche perché ci pare che queste zone non entrano nel riconoscimento delle aree tessili né nella prima né nella seconda formula prevista dalla legge, bensì essenzialmente per offrire maggiori possibilità alle industrie che vi hanno sede di tenere contributi sulla base della legge tessile. Questo perché in molti casi si tratta di un tipo di industria che non è detto debba essere completamente distrutta, anche se l'alternativa è già viva ed in atto. Infatti (e citerò Chieri per tutte) proprio a Chieri vi è un'antica tradizione di piccole industrie molte volte a carattere familiare, attorno a cui sono nate le maggiori industrie, che comporterebbero tra l'altro, con la loro completa sparizione, una caduta di carattere economico generale e notevoli difficoltà per la riconversione della manodopera. Per cui, noi siamo d'accordo sulle linee che l'Assessore Petrini ha indicato, ma riteniamo che in queste zone dell'industria tessile che ha elementi di crisi però che ha ancora una certa tenuta, soprattutto sul piano di una forte tradizione e di forti legami molte volte anche familiari a questa tradizione, con questa mozione si possa, se accettata completare il quadro delle segnalazioni che a vari livelli la Giunta Regionale potrà fare alle superiori autorità di Governo.



PRESIDENTE

Su questa mozione l'Assessore Petrini ha qualche cosa da dire, da precisare?



PETRINI Luigi, Assessore all'industria

Ho già detto nella mia impostazione che la segnalazione per quella zona, indicata stamane dal Consigliere Garabello, si può senz'altro fare evidentemente partendo dal presupposto di segnalarla in base all'art. I e II della legge e non in base alle direttive del CIPE.



BERTI Antonio

Vorrei sapere che cosa viene posto in votazione adesso.



PRESIDENTE

C'è l'o.d.g. di cui è stata data lettura e che se desiderano ne diamo rilettura, poi c'è una mozione che è sostanzialmente accettata dall'Assessore per la Giunta ed è quella letta testé ed illustrata dal Consigliere Garabello; successivamente c'è il testo della delibera, in base ai punti I e II delle direttive del CIPE del 29.2.72, proposta dalla Giunta e della quale daremo lettura. Ma prima di mettere in votazione questa proposta della Giunta, sulla quale si è espresso il gruppo comunista stamane in termini contrari, è indispensabile che si passi all'o.d.g.
proposto dal gruppo socialista il quale condiziona la sua votazione in termini favorevoli all'approvazione di questa mozione.
Su questo o.d.g. i Gruppi hanno da dire qualche cosa, vogliono consultarsi?



ROSSOTTO Carlo Felice

Se fosse possibile chiederei una breve interruzione.



PRESIDENTE

Benissimo. Devo soltanto precisare a questo punto, perché non mi è stato possibile farlo prima, che ha chiesto congedo per la seduta del pomeriggio il Consigliere Giovana.
Ne diamo atto a verbale.
Ha facoltà di parlare il Consigliere Berti.



BERTI Antonio

Sono d'accordo per la sospensione, le chiederei però prima di risolvere una questione per la quale siamo un po' tutti preoccupati e riguarda l'assemblea dei tessili che si sono convocati alla Regione. Personalmente sono dell'opinione che occorre un preventivo accordo per convocarsi e di questo discuteremo, la situazione è però seria, ci sono anche degli operai.
Allora il mio parere è che, atteso che occorrerà fare un discorso coi sindacati e con le altre forze perché gli incontri alla Regione siano programmati in futuro, tuttavia in questa occasione, tenuto conto che l'argomento è importante e migliaia di persone sono drammaticamente tese perché perdono il posto di lavoro, sarebbe sbagliato se nessuno della Regione fosse presente alle 18. La mia proposta è quindi che una delegazione che comprenda magari un Assessore a nome della Giunta e un paio di Consiglieri, vada all'assemblea per incontrarsi con questi operai per sentire insieme qual è la risposta che il Governo darà circa le esigenze che essi hanno posto. Se fosse possibile chiarire prima questo potremmo verso le 17,30 far partire una delegazione.



PRESIDENTE

Il Presidente della Giunta ha qualcosa da dire in proposito? Stamane il Presidente era assente quando è stato specificato che il telegramma che i singoli Consiglieri hanno ricevuto era compilato in maniera tale da consentire l'interpretazione che vi fosse stata una previa intesa tra le confederazioni sindacali o i sindacati provinciali e la Giunta stessa per essere convocati alla sede della Regione. Si è chiarito poi che questo non rispondeva all'esattezza e che è stata un'iniziativa che lo stesso Consigliere Berti, ripetendo quanto aveva detto nella riunione dei capi gruppo, deplora poiché una convocazione fatta dai sindacati alla sede della Regione doveva essere concordata, doveva essere previamente intesa.
Adesso c'è una proposta di ridimensionare l'argomento. Se il Presidente della Giunta vuole fare delle precisazioni ne ha facoltà.



CALLERI Edoardo, Presidente della Giunta Regionale

Mi pare che non occorrano precisazioni perché per quanto riguarda la stranezza della procedura ho poco da aggiungere a quanto già ha detto il Consigliere Berti, se non deprecare questo sistema per il quale diventa veramente difficile avere dei rapporti minimamente corretti con alcuni dei sindacati.
Per quanto ne so io, per i contatti che sono stati presi dopo il telegramma che è pervenuto a me come a tutti gli altri Consiglieri, so che c'è una delegazione che dovrebbe andare alle 18 alla sede di via Magenta non mi risulta che ci siano gli operai, ma solo una delegazione dei sindacati, così è stato detto dai sindacati alla mia segretaria, altro non so. Naturalmente se va una delegazione è chiaro che ci sarà un Assessore che la riceverà e sentirà ciò che ha da dire in proposito, su questo non c'è dubbio alcuno. Mi pare sia questa la proposta di Berti.



BERTI Antonio

Io proponevo che ci fosse una delegazione del Consiglio.



CALLERI Edoardo, Presidente della Giunta Regionale

Non ho nulla in contrario, per me va benissimo.



PRESIDENTE

Riunendosi i Capigruppo adesso per esaminare l'ordine del giorno potrebbero puntualizzare la situazione, anche per non sguernire troppo il Consiglio per un certo periodo di tempo mentre proseguono i lavori. A questo proposito mi permetterei di richiamare all'attenzione di tutte le Commissioni che è inopportuno che di giovedì, giornata normalmente stabilita (dall'udienza passata a quella di oggi, a quelle future), per la seduta del Consiglio vi siano delle convocazioni di Commissioni che portano al distacco di alcuni Consiglieri dalle sedute, salvo che, come per esempio, per giovedì venturo, poiché per impegni che si erano assunti prima della fissazione della giornata di giovedì non sarebbe possibile farla nel pomeriggio, la previsione dei lavori sia fatta soltanto per la mattinata fino alle 14. Ed allora diamo veramente una struttura ordinatoria dei nostri lavori che ci consente un respiro molto ampio ed una sicurezza di presenza in aula coloro i quali hanno interesse e desiderio di essere presenti.
La seduta è sospesa brevemente perché i Capigruppo possano discutere sui due argomenti: la delegazione e l'ordine del giorno.



(La seduta, sospesa alle ore 16,35, riprende alle ore 17,50)



PRESIDENTE

La parola al Consigliere Bianchi.



BIANCHI Adriano

La mia è una dichiarazione di voto nella quale implicitamente è contenuta anche una breve relazione delle conclusioni della conferenza dei Capigruppo. Il mio Gruppo voterà a favore dell'ordine del giorno presentato dal Consigliere Simonelli, con una piccola modifica formale di cui l'autore darà notizia tra poco; quindi voterà a favore della proposta della Giunta ritenendo interamente soddisfacenti le dichiarazioni che la stessa ha fatto a mezzo degli Assessori intervenuti ed in particolare dell'Assessore Petrini che, nella sua ampia ed impegnata replica, ha aperto le migliori prospettive per l'azione della Giunta nel Consiglio Regionale in ordine ad un problema così scottante e che non si esaurisce, come sappiamo, in questi adempimenti che ci sono richiesti in sede formale, ma che ha anche un suo momento di tensione, peraltro civile ed ordinata, in una riunione di carattere sindacale alla quale come gruppo interverremo in delegazione per sentire dai rappresentanti delle aziende interessate quanto hanno da riferire in ordine ai problemi che li interessano. Auspichiamo intanto che in sede romana oggi e nei prossimi giorni e con la collaborazione e l'impegno costante della Giunta e del Consiglio, si trovino le migliori soluzioni che diano serenità e tranquillità alle famiglie, alle popolazioni delle zone interessate ed a tutta la nostra Regione che come abbiamo sentito e visto poc'anzi è tra quelle più toccate dalla crisi del mondo tessile.



PRESIDENTE

Qualcun altro chiede di parlare? Il Consigliere Simonelli, ne ha facoltà.



SIMONELLI Claudio

Anche il gruppo socialista invierà una propria rappresentanza con quelle della Giunta e degli altri gruppi per l'incontro con i rappresentanti dei lavoratori tessili ed annuncia che voterà a favore della mozione Garabello con la precisazione (che peraltro è stata già fatta) che le zone indicate nella mozione lo sono ai fini degli artt. 1 e 2 della Legge; praticamente è una raccomandazione affinché all'interno dei finanziamenti da destinare alle aziende tessili si tenga conto di quelle localizzate in quella zona, non si tratta di une delle zone a prevalente industria tessile.
Per quanto riguarda l'ordine del giorno che ho presentato stamattina esprimo l'emendamento che è stato concordato con alcuni Capigruppo e che è modificativo delle prime tre parole del comma secondo del punto 2 in fondo alla pagina; è stato giustamente fatto rilevare che a proposito dei finanziamenti previsti dalla legge non competendo alla Giunta dare questi finanziamenti, la stessa non poteva rifiutarli. Perciò le parole "a rifiutare qualsiasi utilizzo" vengono sostituite con le parole "ad esprimere il proprio dissenso nei confronti di qualsiasi eventuale utilizzo", che più precisamente sancisce l'opposizione a che si usino di questi fondi per l'insediamento Lancia. Questa opposizione si esprime necessariamente con il dissenso, non con il rifiuto della Giunta perché non è la Giunta che eroga materialmente, ma è il CIPE.
Consegno alla Presidenza il testo scritto dell'emendamento ed annuncio il voto favorevole del Gruppo socialista alla proposta di delimitazione delle aree a prevalente industria tessile.



PRESIDENTE

Chiede di parlare il Consigliere Garabello, ne ha facoltà.



GARABELLO Enzo

Signor Presidente, nella mozione che ho presentato con altri colleghi nella riunione che ha preceduto la ripresa del Consiglio si è concordato di cancellare l'aggettivo "consistente" al termine della seconda riga.



PRESIDENTE

Datemi la comunicazione scritta.
La parola al Consigliere Berti.



BERTI Antonio

Dopo le considerazioni svolte nei nostri tre interventi di stamattina il nostro è un voto articolato. Là dove noi ritroviamo le posizioni che abbiamo espresso, quanto meno sotto il punto di vista di indicazioni, ci asteniamo o votiamo a favore; votiamo contro per quelle parti che invece si contrappongono al nostro modo di vedere la questione.
In ordine a questo orientamento, sull'ordine del giorno, proposto dal Consigliere Simonelli votiamo contro la prima parte, là dove si dice "la Regione Piemonte nell'approvare le proposte per la determinazione ecc." e votiamo contro fin dove si dice "in questo quadro il Consiglio Regionale impegna la Giunta". Da quel punto noi approviamo l'ordine del giorno dei socialisti. Ci asteniamo sulla mozione presentata da Garabello.
Per quanto riguarda la proposta della Giunta che viene avanzata al Ministero, siamo contrari alla parte che definisce zona tessile quella del biellese, precisando che siamo invece dell'idea che le valli del biellese siano considerate zona tessile, per i motivi che abbiamo esposto.
Per il resto ci asteniamo in quanto abbiamo sostenuto che a nostro giudizio il parametro da cui partire sono le località, i comuni entro cui si propongono problemi di occupazione e di chiusura di aziende; poich questo non si è verificato che in parte, ci asteniamo.



PRESIDENTE

Altre dichiarazioni di voto? Il Consigliere Benzi chiede di parlare, ne ha facoltà.



BENZI Germano

Signor Presidente, signori Consiglieri, noi siamo d'accordo per la riunione coi tessili e sarà delegato il nostro Vicepresidente regionale.
Diamo il voto favorevole a quanto proposto dal partito socialista, pregando di fare molto in fretta, poiché le industrie stanno veramente male. Io sono uno dei pochi qua dentro che lavorano in una industria, e conosco profondamente l'argomento e se c'è un torto è quello che molte volte non siamo interpellati sulle nostre esigenze a carattere tecnico e finanziario.
Voto a favore ed accetto quanto il collega Garabello ha proposto come emendamento.



PRESIDENTE

Ha chiesto di parlare il Consigliere Rossotto, ne ha facoltà.



ROSSOTTO Carlo Felice

A nome del Gruppo liberale dichiaro che farò parte della delegazione che incontrerà i sindacati e che voteremo a favore della deliberazione della Giunta; della mozione presentata dal collega Simonelli, con le modificazioni che sono state concordate nella riunione dei Capigruppo dell'ordine del giorno a firma Garabello.



PRESIDENTE

Altre dichiarazioni? Nessuna.


Argomento: Provvidenze per la costituzione di aree industriali ed artigiane attrezzate - Problemi del lavoro e della occupazione

Mozione dei Consiglieri Garabello e altri sulle definizioni delle zone tessili


PRESIDENTE

Possiamo allora procedere alla votazione, che necessariamente deve avvenire per divisione. Incomincerei da quella più semplice, la mozione.
"Il Consiglio della Regione Piemonte, considerata la presenza nella Regione, al di fuori delle aree proposte per il riconoscimento di zona tessile, di nuclei tessili in cui parimenti si pongono gravi problemi occupazionali ritenendo che anche questi insediamenti debbano essere tenuti in attenta considerazione; invita la Giunta Regionale a segnalare al Ministero della Industria ed al Ministero del Lavoro, ai fini dell'applicazione degli artt. 1 e 2 della Legge 1101, le zone del basso novarese (Cameri, Galliate Romentino, Trecate), del chierese (Chieri, Andezeno) di Alba e di Vercelli".
Chi approva la mozione è pregato di alzare la mano.
La mozione è approvata a larga maggioranza.


Argomento: Provvidenze per la costituzione di aree industriali ed artigiane attrezzate - Problemi del lavoro e della occupazione

Ordine del giorno dei Consiglieri Nesi e altri sulla definizione delle zone tessili


PRESIDENTE

Passiamo all'o.d.g. presentato dai Consiglieri Nesi, Simonelli, Fonio Calsolaro e Viglione. Qui bisogna votare capoverso per capoverso: "Il Consiglio della Regione Piemonte, nell'approvare le proposte per le determinazioni delle zone a prevalente industria tessile, consapevole dei limiti della legge tessile sia per quanto riguarda l'ammontare dei finanziamenti previsti, sia più in generale per il suo carattere di provvedimento settoriale, non sufficientemente inquadrato nella logica di una politica di programmazione ritenuto di dover comunque provvedere agli adempimenti previsti dalla legge stessa e dalla delibera del CIPE per evitare scelte relative alla determinazione delle zone tessili calate dall'alto per pura decisione ministeriale ritiene suo compito preciso impegnarsi a seguire le ulteriori fasi dell'applicazione della legge stessa per garantire il massimo possibile di coerenza con le linee guida della programmazione regionale, in particolare per quanto riguarda lo sviluppo diversificato dell'industria piemontese e i processi di riequilibrio fra le diverse aree della Regione".
Questo costituisce la premessa dell'o.d.g. Chi approva è pregato di alzare la mano. La prima parte dell'o.d.g. è approvata a larga maggioranza.
"In questo quadro il Consiglio Regionale impegna la Giunta: 1) a predisporre il materiale di conoscenza necessario per poter definire sollecitamente una politica di localizzazioni industriali nelle zone a prevalente industria tessile che consenta di avviare a realizzazione, anche attraverso gli strumenti previsti dalla legge tessile le indicazioni della programmazione regionale, nel rispetto delle priorità di sviluppo indicate per l'economia di valle e le zone dove sono maggiormente colpiti i livelli di occupazione".
Chi approva questo primo punto è pregato di alzare la mano. E' approvato all'unanimità.
Il secondo punto viene posto ai voti con l'emendamento in questi termini: "ad esprimere il proprio dissenso nei confronti di qualsiasi eventuale utilizzo dei finanziamenti previsti dalla legge tessile, a favore di quei processi di localizzazione di impianti produttivi che, rispondendo prevalentemente ad una logica di convenienza aziendale, come il progettato insediamento della Società Lancia a Verrone, non debba assorbire il denaro pubblico destinato viceversa ad incentivare investimenti per i quali altrimenti non sussisterebbero sufficienti fattori di localizzazione".
Chi approva questo secondo punto è pregato di alzare la mano. E' approvato all'unanimità.
"3) a convocare sollecitamente la conferenza regionale sull'industria tessile, che dovrà consentire l'elaborazione di una linea di sviluppo programmato per il settore, le cui indicazioni operative dovranno essere trasmesse al CIPE e costituire oggetto di precisi impegni della Regione nell'elaborazione del piano regionale".
Chi approva è pregato di alzare la mano. E' approvato all'unanimità.


Argomento: Provvidenze per la costituzione di aree industriali ed artigiane attrezzate - Problemi del lavoro e della occupazione

Proposta di deliberazione della Giunta Regionale sulle zone tessili


PRESIDENTE

Il Consiglio è chiamato adesso ad esprimere il proprio voto sulla delibera che recita: "In base ai punti 1 e 2 delle direttive del CIPE del 29 febbraio 1972 viene proposta al Ministro dell'Industria, del Commercio e dell'Artigianato, per la determinazione da zona prevalentemente industriale, l'area risultante dall'aggregazione dei seguenti 140 comuni: biellese 83 comuni (Alloche, Andorno Micca, Benna, Biella, Bioglio Borriana, Brusnegno, Callabiana, Camandona, Camburzano, Campiglia Cervo Candelo, Caprile, Casapinta, Castelletto Cervo, Cavaglià, Cerreto Castello Cerrione, Coggiola, Cossato, Crevacuore, Crosa, Curino, Donato, Dorzano Gaglianico, Graglia, Guardabosone, Lessona, Magnano, Massazza, Masserano Mezzana Mortigliengo, Miagliano, Mongrando, Mosso Santa Maria, Mottalciata Muzzano, Netro, Occhieppo Inferiore, Occhieppo Superiore, Pettinengo Piatto, Piedicavallo, Pistolesa, Pollone, Ponderano, Portula, Postua Pralugno, Pray, Quaregna, Quittengo, Ronco Biellese, Roppolo, Rosazza Sagliano Micca, Sala Biellese, Solussola, Sandigliano, San Paolo Cervo Selve Marcone, Soprana, Sordevolo, Sostegno, Strona, Tavigliano, Ternegno Tollegno, Torazzo, Trivero, Valdengo, Vallanzengo, Valle Mosso, Valle San Nicolao, Veglio, Verrone, Vigliano Biellese, Villanova Biellese, Viverone Zimone, Zubiena, Zumaglia)".
Anche per questo si chiede la votazione per divisione? O la dichiarazione di voto loro (rivolto ai Consiglieri comunisti) è contraria su tutto?



BERTI Antonio

Io ho detto che noi eravamo contrari soltanto alla prima parte, dove si decide che tutto il biellese è zona tessile. Non so se questo deve risultare solo a verbale o se costituisce un emendamento. Noi siamo invece per le vallate biellesi, vorrei che risultasse in modo molto chiaro. Sul resto invece ci asteniamo.



PRESIDENTE

Sulla proposizione dell'emendamento, a termini di Regolamento non siamo più in condizioni di presentarlo perché siamo in votazione, comunque risulta a verbale.
Siccome anche questo deve essere votato per divisione, pongo in votazione la prima parte della delibera relativa alla determinazione dei comuni del biellese in numero di 83, dei quali ho dato testé lettura.
Chi approva è pregato di alzare la mano. E' approvato a larga maggioranza: "Valsesia, Borgosesia, Bresa, Cellio, Civiasco, Quarona, Varallo Sesia Serravalle Sesia, Valduggia, Grignasco".
Chi approva è pregato di alzare la mano. Approvato all'unanimità.
"Medio Novarese: Lenta, Agrate Conturbia, Barengo, Bellinzago Novarese Bogogno, Bolzano Novarese, Borgomanero, Borgo Ticino, Briga Novarese Caltignaga, Carpignano Sesia, Castelletto sul Ticino, Cavaglietto, Cavaglio d'Agogna, Comignago, Cressa, Cureggio, Divignano, Dormelletto, Fara Novarese, Fontaneto d'Agogna, Gargallo, Gattico, Ghemme, Gozzano, Maggiora Marano Ticino, Mezzomerico, Momo, Oleggio, Pombia, Sizzano, Soriso, Suno Vaprio D'Agogna, Varallo Pombia, Veruno".
Chi approva è pregato di alzare la mano.
E' approvato a larga maggioranza.
"Gattinara, Lozzolo, Roasio, Villa del Bosco, Rovasenda, San Giacomo Vercellese, Lenta, Boca, Cavallirio, Prato Sesia, Romagnano Sesia".
Chi approva è pregato di alzare la mano. E' approvato a larga maggioranza.
Continua la delibera: "La zona nel suo complesso presenta, relativamente ai rapporti indicati dal CIPE, i seguenti valori: rapporto addetti tessili, addetti alle industrie manifatturiere 81,2 rapporto addetti tessili occupati nelle attività produttive della zona 39,3 rapporto addetti locali del settore, addetti tessili nazionali 7,15% .
In base al punto 5 delle direttive del CIPE si propone inoltre al Ministro competente di voler classificare, in via eccezionale, fra le zone di cui all'art. 3 della Legge 1971 n. 1101, le due zone di seguito indicate, nelle quali l'industria tessile, pure risultando prevalente nel quadro dell'economia locale, non raggiunge i livelli richiesti. In tali zone la situazione economica risulta di particolare gravità, non essendo seguita alla rilevante destrutturazione tessile degli ultimi anni alcuna immissione di nuovi prestiti.
Cirié Lanzo, Balangero, Cafasse, Cirié, Fiano, Grosso, Lanzo Torinese Mathi, None, Robassomero, San Carlo Canavese, San Francesco al Campo, San Maurizio Canavese, Villanova Canavese, Pessinetto".
Chi approva è pregato di alzare la mano. E' approvato a larga maggioranza.
"La zona presenta i seguenti indici: rapporto addetti tessili, addetti alle industrie manufatturiere 49,5 rapporto addetti tessili occupati nell'attività produttiva della zona 26,2 rapporto addetti locali al settore, addetti tessili nazionali 0,63%.
Valpellice, Germanasca e Chisone, Bibiana, Bricherasio, Campiglione Fenile, Cavour, Garzigliana, Luserna San Giovanni, Lusernetta, Rorà, Torre Pellice, Villar Pellice, San Secondo di Pinerolo, San Germano Chisone Inverso Pinasca, Pomaretto, Perosa Argentina".
Chi approva è pregato di alzare la mano. E' approvata a maggioranza.
"La zona presenta i seguenti indici: rapporto addetti tessili, addetti locali alle industrie manufatturiere 79,1 rapporto addetti tessili occupati nelle attività produttive nella zona 22,8 rapporto addetti locali al settore; addetti tessili nazionali 0,40%".
La delibera è pertanto approvata nei termini di cui si è detto.


Argomento: Ristrutturazione industriale - Problemi del lavoro e della occupazione

Verifica e prospettiva delle situazioni esistenti nelle aziende chimiche del Piemonte


PRESIDENTE

Passiamo al punto quinto dell'o.d.g. "Verifica e prospettiva delle situazioni esistenti nelle aziende chimiche del Piemonte, in relazione al piano chimico nazionale e ai progetti della Montedison".
L'Assessore Paganelli ha facoltà di illustrare il punto all'ordine del giorno.



PAGANELLI Ettore, Assessore alla programmazione

Signor Presidente, signori Consiglieri, la Giunta regionale ha fissato la data della conferenza sull'industria chimica in Piemonte per il 26 maggio. Lo spostamento della data è parso opportuno non tanto in relazione alle scadenze politiche in cui è impegnato il Paese, ma soprattutto per gli obiettivi che proponiamo alla conferenza stessa.
La conferenza, infatti, deve essere finalizzata ad esaminare sia la situazione attuale del settore chimico in Piemonte, sia le prospettive per il futuro, in rapporto da un lato con i problemi occupazionali, da un altro con gli sviluppi della politica di programmazione, in ordine al riequilibrio territoriale come alla differenziazione produttiva. Vogliamo così superare il rischio di esaurire la conferenza in un'analisi puramente settoriale, per inserirla nel quadro dei più generali ed ampi problemi della situazione industriale e dello sviluppo socio-economico della nostra Regione. Perché questo sia possibile è però necessario un primo quadro di riferimento nazionale e regionale relativo alla dinamica delle strutture territoriali ed economiche e per la data indicata noi contiamo appunto di disporre di questo quadro.
La decisione della Giunta risponde quindi alla volontà di porre la conferenza su una più valida ed impegnativa base politica perché da essa vogliamo ricavare indicazioni non frammentarie, ma essenziali per un'organica politica di piano.
Quanto poi alla situazione delle industrie chimiche in Piemonte, mentre ribadisco l'impegno che abbiamo assunto per difendere anche in questo settore i livelli di occupazione, posso assicurare che la seguiamo con costante attenzione e che peraltro non si sono presentati elementi di novità. Qualora questi si manifestassero non mancheremmo di intervenire tempestivamente.
Venendo in particolare alla situazione della Montedison, recentemente anche oggetto di trattazione su di un settimanale, posso dire che rappresentanti della stessa, nuovamente interpellati, ci hanno riconfermato ancora in data 4 aprile quanto ci venne detto nell'incontro del 26 gennaio scorso e di cui è stato fedelmente informato il Consiglio Regionale. A detta della Società esiste per la Montedison un problema di esuberanza di personale in relazione alle esigenze di impianti tecnologicamente arretrati; questa situazione si presenta nella nostra Regione per gli stabilimenti della Chatillon, della Rhodiatoce, del complesso ETI Valle Susa. Peraltro la Montecatini Edison assicura di non avere intenzione di procedere a licenziamenti, ma intende affrontare il problema nel quadro di un complesso piano di riorganizzazione del gruppo e delle sue attività piano che sarà portato all'esame degli organi di Governo e, per quanto riguarda il Piemonte, degli organi regionali.



PRESIDENTE

Chi chiede di parlare? Il Consigliere Sanlorenzo, ne ha facoltà.



SANLORENZO Dino

Come ha già detto l'Assessore Paganelli, la Montedison ha reso noto non in via ufficiale, ma tuttavia ha consentito che fosse pubblicato sui settimanali e sui quotidiani, uno studio che acquista il valore di una linea d'azione, sia pure circondata dalle cautele indispensabili nella situazione occupazionale del momento, circa il personale ritenuto esuberante.
Come certo voi sapete, perché ne ha parlato il settimanale "Espresso" (questo è il giornale a cui faceva riferimento l'Assessore Paganelli) vi sono delle tabelle molto precise di questo piano di riduzione del personale che in tutto il complesso Montedison interesserebbe 13.000 dipendenti.
Quanti di questi sono occupati in Piemonte, nei punti di crisi, come vengono definite le aziende dove ci sarebbe questa eccedenza di manodopera? Ecco le cifre. Nel settore chimico: Novara, Montedison, 269 eccedenti; nel settore fibre: Pallanza, Rhodiatoce, 750 eccedenti; Villadossola Rhodiatoce, 285 eccedenti; Vercelli, Chatillon, 200 eccedenti; Ivrea Chatillon 730; Torino, Valle Susa, mille; nel settore metalmeccanico: la ex SCEI di Novara 76; ad Alessandria la Imes 198; a Novara ancora, per attività varie, la Vallecchi 8 dipendenti soltanto e il complesso Drop, di cui si forniscono i dati soltanto per quanto riguarda il complesso nazionale, 940. Totale per il Piemonte 3516 dipendenti, come risulta dalle cifre, 3600 come viene arrotondato dalle dichiarazioni ufficiali della Montedison.
Rispetto alla situazione che avevamo preso in esame alcuni mesi or sono che cosa è cambiato? Abbiamo delle cifre più precise e per quanto concerne i progetti della Montedison, ricordate che vi fu una discussione qui e vi fu anche una polemica perché si sosteneva, sulla base di indiscrezioni relative alle dichiarazioni del ministro Donat-Cattin, che le cifre erano tra i 7000 e i 8000; alcuni parlavano invece di alcune centinaia. Va bene non saranno 7/8000 però non sono nemmeno centinaia, sono 3600 per dichiarazione ufficiale della Montedison. E la cifra, come ho già rilevato stamane, va vista nel quadro della situazione occupazionale piemontese che abbiamo appena trattato per quanto riguarda il settore tessile e che adesso misuriamo nella sua entità per quanto riguarda il settore chimico. Sappiamo anche che non è andata avanti, malgrado le assicurazioni nuovamente fornite dalla Montedison (secondo quel che ci ha detto l'Assessore Paganelli), la procedura di confronto che pure era stata iniziata tra Regione e Montedison, oppure va avanti troppo lentamente; abbiamo appreso dai giornali e dai comunicati di allora l'esito dell'incontro fra Paganelli e Petrini da una parte e rappresentanti della Montedison dall'altra, che aveva portato a delle conclusioni interessanti sull'onda di un'esperienza già realizzata anche in altre Regioni italiane. Se ricordo bene, in quel comunicato stampa la Montedison era stata invitata a presentare alla Regione il piano di ristrutturazione della sua attività in Piemonte. La Montedison aveva aderito all'invito di esaminare insieme con gli organi regionali il processo di ristrutturazione, non appena sarebbe stato definito. Ma adesso apprendiamo dai giornali che è stato definito, vi sono le cifre, vi sono i numeri. E allora perché si è tardato tanto ad avviare questo confronto e a convocare la conferenza regionale chimica? Stasera prendiamo atto di una data che viene finalmente fissata, ma dirò ancora alcune cose sull'opportunità di anticiparla.
La Montedison ha presentato il piano di ristrutturazione per quanto riguarda la sua presenza nella Regione Piemonte. Direi che il piano non si può ancora definire così, si può dire soltanto che è stata indicata dalla Montedison la quantità delle persone eccedenti, ma questo non è un piano di ristrutturazione, è l'indicazione dei costi che sull'azienda rappresenta questa eccedenza. Per ristrutturazione si intendono anche progetti di investimenti suppongo, progetti di sviluppo di nuove iniziative, perché se fosse soltanto un progetto di ridimensionamento è chiaro che dovremmo andare preparati a questo confronto con un'agguerrita equipe di consiglieri regionali pronti a respingere una prospettiva di questo genere.
Ecco, la domanda che rivolgo all'Assessore Paganelli: che cosa ha fatto la Giunta per sollecitare la presentazione di tale progetto? Ha ottenuto dalla Montedison l'impegno che questo progetto sia presentato con anticipo rispetto alla concorrenza, di modo che, in tutti i suoi elementi, possa essere esaminato non solo dal Consigliere Regionale ma anche dai lavoratori, dai consigli di fabbrica delle aziende chimiche del Piemonte in modo che la conferenza non sia un momento di protesta o di presa d'atto di intenzioni altrui, ma sia un effettivo confronto fra volontà politiche diverse? Ecco una prima motivazione per cui avremmo voluto che la conferenza si tenesse prima e chiediamo che si tenga il più presto possibile, anche prima del 26 maggio, perché i tempi lunghi possono dare origine alle stesse conseguenze che abbiamo visto per il settore tessile.
Io credo che abbiamo qui una curiosa situazione: l'assenza di un piano nazionale e di programmazione, che pure Giolitti ha presentato pochi giorni prima che il governo desse le dimissioni, ma che non è stato presentato formalmente a nessuno perché il Governo non esisteva più e il Parlamento era sciolto. Nell'assenza quindi di un piano che sia approvato dalle autorità politiche del Paese, abbiamo invece dei piani settoriali per la chimica di base in parte approvati, appunto il piano nazionale ed il piano Montedison. Questi camminano anche in assenza del Governo, hanno una loro logica; con un Governo dimissionario con un Parlamento sciolto i controlli sono estremamente ridotti, è un Governo di ordinaria amministrazione quello che è in carica e naturalmente esercita controlli assai rapidi, mentre i dirigenti della Montedison hanno del dinamismo in tutti i sensi, anche nell'accelerare le pratiche di alleggerimento del personale esuberante.
Le dichiarazioni formali non ci accontentano, perché mentre siamo impegnati a ricercare un modo nuovo di governare, di fare politica, i tecnocrati sono impegnati (l'ha detto anche Carmelo Guccione, l'assistente di Cefis) sostanzialmente a elaborare forme nuove per applicare la loro politica e direi anche forme nuove di licenziamento come quelle attualmente in corso con il prepensionamento, con la sostituzione di quelli che vanno in pensione con forze giovani e che ha già dato modo di riscontrare in tutta una serie di aziende chimiche del Piemonte del complesso Montedison dei consistenti cali nell'occupazione esistente per effetto di questo fenomeno. Voi capite che nei complessi di 3/4/5000 dipendenti la sostituzione di quelli che vanno in pensione comincia a diventare un fenomeno di rilevanti dimensioni. Così è successo a Pallanza, alla Chatillon di Vercelli e cosè succede in tutte le aziende; la prima misura che hanno preso è: non sostituire quelli che se ne vanno e, nel giro di pochi mesi, questo produce una riduzione di forze di occupazione.
Non voglio qui ricordare quel processo molto più violento di espulsione della produzione che continua implacabile in quelle aziende dove la salute dei lavoratori è poco protetta e di cui abbiamo visto l'ultimo drammatico episodio a Spinetta Marengo, con l'intossicazione di un gruppo di operai per la mancanza di tutela, cosa che conosciamo molto bene perché l'abbiamo denunciata per anni senza aver cambiato granché delle condizioni ambientali di fabbrica, oltre che perdere il posto di lavoro la manodopera perde anche la salute.
Il problema di fondo quindi che si pone per noi, a fondamento della preparazione della conferenza del settore chimico, è di impedire che questo colosso che ha oggi un'ambivalenza, che è nello stesso tempo privato e pubblico, come era già stato ricordato nel dibattito precedente, si comporti da padrone privato quando è ora di licenziare e da padrone pubblico quando è ora di chiedere quattrini da utilizzare senza il controllo delle Regioni e del Parlamento. Questo è il problema politico di fondo e deve essere il tema centrale, credo, della conferenza chimica.
D'altra parte c'è una mobilitazione molto viva nelle province piemontesi.
Io credo che i Capigruppo abbiano ricevuto oggi un documento firmato da tre partiti: PCI, PSI, PSIUP, che si sono riuniti nella provincia di Novara (che come avrete colto dalle cifre che ho indicato prima è la Provincia più colpita da questo processo di ristrutturazione che la Montedison ha in mente, per cui su 3600 previsti cali di occupazione, più della metà sarebbero nella Provincia di Novara, che si aggiungono alle minacce dei tessili di cui parlavo stamattina, la Rossari &Varzi e via di questo passo). Queste forze politiche hanno deciso di costituirsi in comitato permanente, hanno tenuto un convegno e chiedevano appunto che si arrivasse nel dibattito di oggi alla determinazione della data della conferenza chimica.
Poche parole ancora sulle altre fabbriche che non fanno parte del complesso Montedison in Piemonte, di cui però ci eravamo occupati nei precedenti dibattiti e che sono anch'esse molto pericolanti, anche se qualche passo in avanti si è compiuto da quando ne parlammo qui. Mi riferisco soprattutto alla Bemberg.
In data 3 marzo '72 i lavoratori della Bemberg, concludendo una fase della loro lotta, hanno pubblicato un volantino (in realtà hanno pubblicato un volume di cui parlerò fra poco) nel quale fanno il punto della situazione: i termini dell'accordo raggiunto a Roma fra le parti, il licenziamento di trenta impiegati che di fatto è ancora mantenuto. Essi ricordano che la direzione dell'azienda si è impegnata, di fronte al Governo rappresentato dal Ministro Donat-Cattin, a presentare entro il 15 marzo il piano aziendale di investimenti e di sviluppo che garantisca gli attuali livelli di occupazione; che se verso la data del 15 aprile non fosse stata garantita la presentazione di questo piano, la ditta avrebbe perso le possibilità di aiuti che venivano invece indicati nell'incontro con il Ministro Donat-Cattin e dicono di avere ottenuto per il 15 aprile l'impegno di tenere una nuova riunione. Mancano pochi giorni a questa data.
Io non ho bisogno di aggiungere molto a quanto dissi in precedenza per illustrare la fisionomia, le caratteristiche dei dirigenti attuali della Bemberg e soprattutto dell'ing. Zoia (mi si riferisce che l'incontro avvenuto a Roma fra questo ingegnere e Donat-Cattin fu una specie di match alla Cassius Clay-Frazier, ci fu un momento drammatico in cui volavano non solo le parole). Bisogna rendersi conto che siamo di fronte ad un fascista integrale, al di là della tessera, cioè con mentalità fascista. Chi è stato davanti a quella fabbrica, chi ha partecipato a qualche picchetto per gli scioperi, a qualche colloquio, a qualche comizio, sa che cosa vuol dire: è un atteggiamento di rifiuto delle principali elementari regole del convivere civile, è un atteggiamento che i lavoratori della Bemberg compiendo un atto preparatorio alla conferenza chimica, hanno voluto documentare con questo volume che mi permetterò di consegnare alla Giunta come primo contributo alla preparazione della conferenza stessa e che considero uno dei documenti più interessanti che il movimento operaio novarese, ma anche piemontese, abbia elaborato negli ultimi anni; è un documento che raccoglie non soltanto le tappe di una lunga lotta, ma tutta una documentazione di carattere tecnico, scientifico, con delle proposte di soluzione della crisi di una grande azienda e dimostra il grado di maturità a cui il movimento operaio è giunto (almeno in questa fabbrica) tanto più significativo in quanto si consideri che soltanto quatto o cinque anni or sono questa azienda era una di quelle considerate come punti morti, la Vandea, nella Provincia era considerata una fabbrica che non scioperava mai, vi erano operaie giovani che venivano dalla collina del novarese alla ricerca della prima occasione di lavoro, raccomandate dai parroci, in sostanza era manodopera che faceva il suo ingresso nella vita produttiva senza alcuna preparazione sindacale, senza alcuna esperienza di lotta di classe. Ebbene, da questa fabbrica è uscito un volume che io vi prego di fotocopiare, di consegnare almeno ai Consiglieri Regionali perché è veramente molto serio. E' estremamente difficile per i lavoratori avanzare proposte costruttive e non difendere soltanto le loro posizioni sindacali il loro salario, la loro occupazione, arrivare ad elaborare delle proposte a contestare le scelte del padrone, i punti che ritengono fondamentali per indirizzare la loro attività verso una linea rispetto ad un'altra. Eppure questo è stato fatto e oggi si presenteranno alla conferenza chimica con interventi preparati, in grado, di fronte alla politica dei tre Gruppi che dirigono la Bemberg, di contrapporre una diversa politica, una diversa indicazione e di fare quello che né Costa, il direttore della Bemberg, è stato capace di fare, né i dirigenti attuali hanno voluto fare. Certo il confronto non sarà risolutivo, ma sarà il confronto che noi vogliamo perché quando parliamo di una conferenza chimica regionale vogliamo una conferenza in cui diverse linee si confrontino e chi ha più filo tessa e chi ha più idee e sia in grado di farle valere le presenti. Questo è il senso della proposta che abbiamo avanzato, sia per la conferenza tessile che per la conferenza chimica.
Devo qui però rilevare che la Giunta Regionale non ha fatto quello che poteva e doveva. L'incontro Costa-Calleri non so se è avvenuto, oppure è avvenuto senza grandi rilevanze perché i lavoratori della Bemberg lo aspettano ancora adesso. Essi avrebbero voluto la conferenza prima di quando è stata fissata per poter intervenire e garantire che la loro lotta non sfoci in risultati diversi da quelli che hanno auspicato. In ogni caso per loro c'è il problema della tappa del 15 aprile e allora io prego la Giunta di riprendere i collegamenti con questa azienda e di avviare un discorso costruttivo con i lavoratori, con il consiglio di fabbrica che porti alla conferenza non con questa rottura di rapporti e di fiducia. Noi siamo in una fase molto delicata dell'instaurazione di rapporti con il mondo del lavoro (sto parlando della Regione), voi sapete la carica di polemica che abbiamo nei confronti della Giunta per la svolta a destra che ha compiuto ecc., ma c'è sempre qualche cosa che domina sulla polemica politica, c'è il fatto che questo istituto ha due anni di vita e c'è il fatto che siamo certi che o questo istituto conquista una credibilità e riesce progressivamente a rispondere alle speranze che tutti i lavoratori tutti i cittadini piemontesi in fondo hanno verso il rinnovamento dello Stato, oppure pagheremo un prezzo grande, ma lo pagherà tutta la democrazia italiana. I lavoratori sono di una sensibilità estrema. Per esempio l'assessore Visone - a cui non disconosciamo l'impegno, al di là della bontà dei risultati che si raggiungono - ha promesso di andare un giorno a visitare la Rossari &Varzi, per un motivo qualsiasi non è andato; ne parlano ancora adesso: "Poteva dire che non veniva, se ha detto che sarebbe venuto perché non viene" ecc. Io domani parlerò alla Bemberg, in un comizio di fabbrica.



BELTRAMI Vittorio

Siamo andati assieme!



SANLORENZO Dino

Lo so, ma è andato dopo, loro sono abituati a dire una cosa e a farla essi credevano che l'incontro Costa-Calleri sarebbe stato molto importante risolutivo, non avevano posto la condizione "ci andiamo anche noi con lui".
E' partita una lettera del Presidente della Giunta che dicesse: non ho potuto incontralo, è ammalato, l'ho incontrato, mi ha detto questo e quello? Bisogna farle queste cose perché qui il problema non è di far pagare dei prezzi politici a qualcuno, qui i prezzi li paghiamo tutti quanti assieme, ci vuole una metodologia che si costruisce con una precisione, con una serietà che non può sopportare deviazioni di fronte a problemi di tale portata. Questa gente difende il posto di lavoro e difende anche la prospettiva di intere vallate del Piemonte; quindi dobbiamo avere nei confronti degli impegni che si assumono, un rigore, una precisazione per poi porre di fronte alle proprie responsabilità tutti coloro che operano in questo campo, dicendo quello che si è fatto, quello che non si è fatto, quello che si intende fare, perché non si è potuto fare di più.



CALLERI Edoardo, Presidente della Giunta Regionale

Deve essere ben chiaro che non è a senso unico tutto questo.



SANLORENZO Dino

Certo, non è a senso unico, ma io rilevo infatti ciò che mi pare di poter rilevare nei confronti delle carenze della Giunta, se vi son carenze di altra natura diciamolo, il dialogo è per questo. Devo però dire, a testimonianza della loro serietà, che costoro si presentano, prima ancora della conferenza, con questo contributo di idee, di suggerimenti, di analisi sulla loro realtà aziendale.
Non analizzo altre situazioni, che pure ci sono, che il Consigliere Lo Turco avrebbe potuto analizzare se non fosse stato delegato ad incontrare i lavoratori tessili.
Concludo dicendo che se fosse possibile anticipare anche di una settimana la conferenza del settore chimico lo considererei un fatto positivo, perché intervenire troppo tardi in queste situazioni si finisce per pregiudicarle. Capisco che la differenza di una settimana non sarebbe granché, rimane il rilievo critico che ho fatto prima che si poteva fare con un mese di anticipo, auspico che la sua preparazione avvenga con tutti i criteri necessari a garantire che sia una cosa seria: definizione della sede, degli inviti, i contatti preliminari che bisogna prendere con tutte le aziende, in modo che pesi nello sviluppo dall'attività economica della Regione e costituisca un fatto di programmazione nel settore chimico collegata al piano regionale di sviluppo.



PRESIDENTE

Nessun altro chiede la parola? L'Assessore Paganelli desidera replicare?



PAGANELLI Ettore, Assessore alla programmazione

Ho già illustrato precedentemente i motivi della fissazione e l'indirizzo che intendiamo seguire. Per quanto riguarda la parte dell'intervento del Consigliere Sanlorenzo che concerne la Montedison vorrei far notare che le notizie date dall'"Espresso" non rivelano sostanzialmente nulla che già non si sapesse, in quanto si tratta, mi pare di notizie che erano già state comunicate in una conferenza stampa dell'Amministratore delegato della Montedison avvenuta il 19 gennaio.
In quella occasione, come nel successivo incontro che avevamo avuto a Milano con la Montedison, si era parlato di 40 punti di crisi, e la Società aveva dichiarato che per questi stabilimenti stava approntando i piani di ristrutturazione nel quadro di piani di settore: per le fibre, il settore tessile, il settore alimentare eccetera. Tali piani non sono stati elaborati e le cifre riportate dall'"Espresso" si riferiscono ancora alla situazione antecedente, non ad una situazione delineatasi susseguentemente alla definizione di essi. La Giunta non ha mancato di segnalare alla Montedison l'urgenza della stesura di questi piani di ristrutturazione rendendosi ben conto, evidentemente, che l'andare alla conferenza conoscendo questi piani ha un valore assai diverso dall'andarvi senza conoscerli.
Purtroppo la Giunta non può fare altro che le pressioni che va facendo e che ha fatto, come già ho riferito in precedenza. L'ultimo sollecito è del 4 aprile, rivolto proprio con lo scopo di venire aggiornati per il dibattito odierno: la Montedison ha confermato che trasmetterà questi piani, ma senza impegnarsi su date precise. Noi insisteremo per avere questi piani di ristrutturazione in tempo utile per poterne tener conto nella conferenza, che è stata fissata al 26 maggio per le considerazioni che ho fatto precedentemente ed anche per poter disporre di questo materiale. Recepiremo ben volentieri il documento che ha citato il Consigliere Sanlorenzo e che noi invece non abbiamo, come recepiremo tutti i documenti che ci verranno proposti in esame.


Argomento: Comitato regionale e sue sezioni

Esame progetti di regolamento per il funzionamento degli organi regionali di controllo presentati dalla Giunta Regionale e dal Consigliere Sanlorenzo e altri


PRESIDENTE

L'argomento è trattato. Possiamo quindi proseguire nell'ordine del giorno, passando al punto 7.
Ha facoltà di parlare il Consigliere Viglione.



VIGLIONE Aldo

Chiederei l'inversione dei punti all'ordine del giorno, in modo da discutere immediatamente sul regolamento per i controlli.



PRESIDENTE

Il Consigliere Viglione, Presidente della VIII Commissione, chiederebbe di anticipare la trattazione dei punti all'ordine del giorno 8 e 9 congiuntamente. Il Consiglio concorda? Anche la Giunta? Non essendovi dissenso, passiamo allora ai punti 8 e 9.
Punto 8 dell'o.d.g.: "Esame progetto di Regolamento provvisorio per il funzionamento del Comitato Regionale di controllo e delle sue speciali sezioni decentrate, presentato dalla Giunta Regionale".
Punto 9 dell'o.d.g.: "Esame del progetto di Regolamento per il funzionamento dell'organo regionale di controllo sugli atti degli Enti locali, presentato dai Consiglieri Sanlorenzo e altri." Darei la parola al relatore della VIII Commissione, Consigliere Beltrami.



BELTRAMI Vittorio, relatore

Signor Presidente, signori Consiglieri, per l'economia dei lavori l'ora è veramente tarda e ci sono non poche proposte di emendamenti presentate, anche se molte di esse riguardano semplicemente l'aspetto letterale, di forma, e nella sostanza le divergenze fra i Gruppi di maggioranza e di minoranza non sono molte - introduco questo dibattito riproponendo in termini riassuntivi, di assoluta brevità, quegli elementi della relazione che costituiscono ed hanno costituito le linee di indirizzo generale alle quali è ispirato il progetto di regolamento provvisorio per il funzionamento del Comitato Regionale, dando per noto il progetto dell'articolato, che peraltro è stato oggetto di approfondita disamina a livello di consultazione degli enti locali ed all'interno della VIII Commissione, ai cui lavori ha partecipato lo stesso Presidente della Giunta Regionale, con ciò sottolineando l'importanza della materia e della sua regolamentazione.
Il progetto di regolamento in esame costituisce il primo passo - ed è giustamente definito provvisorio - per dare un assetto alla materia dei controlli nello spirito dell'art. 130 della Carta costituzionale e 69 dello Statuto della Regione Piemonte, che trovano la loro traduzione operativa negli articoli dal 55 al 63 della Legge del '53 n. 62.
Da tempo, infatti, sono funzionanti nella nostra Regione il Comitato Regionale e le Sezioni decentrate, che agiscono e pronunciano in base a numerose leggi preesistenti, spesso contrastanti fra loro, risalenti al 1865, al 1890, 1914, 1915 e a disposizioni successive che certamente non potevano tener conto del processo di trasformazione introdotto nell'organizzazione dello Stato attraverso la istituzione delle Regioni.
Il Regolamento che viene sottoposto all'esame del Consiglio non pu certamente dare una risposta immediata alle esigenze, peraltro avvertite da tutte le Regioni, intorno all'intera materia dei controlli affidati dalla Costituzione alla Regione. E' stato però unanimemente sottolineato, sia nei lavori della VIII Commissione che nella sede della consultazione e nella stessa relazione introduttiva al progetto della Giunta l'urgente necessità di provvedere, in via temporanea e provvisoria, alla disciplina del funzionamento del Comitato di controllo e delle Sezioni decentrate con un Regolamento, nel rispetto dei principi ai quali si ispira la Costituzione repubblicana come la Carta statutaria piemontese, nell'attesa di una legge che possa disciplinare in termini organici e definitivi la materia.
Pertanto, si ritiene di dover sottolineare ulteriormente il carattere transitorio del Regolamento, sottoposto alla approvazione del Consiglio Regolamento che nasce dopo una esperienza acquisita in questa parte di esercizio dell'attività di controllo, tenendo conto dei contributi critici offerti al Consiglio Regionale nella fase di consultazione. In tale sede è stato da più parti sottolineato come la vigilanza e la tutela dell'organo regionale non vadano ispirati alla necessità di porre un limite all'autonomia dell'Ente controllato ma alla sua massima responsabilizzazione ed al suo massimo autocontrollo, garantendo nei limiti del possibile il collegamento tra l'attività regionale e quella degli altri enti locali.
Il Regolamento che viene sottoposto all'approvazione del Consiglio non può di certo soddisfare queste esigenze, per la sua peculiare caratteristica, che si ripete, di regolare in via transitoria e momentanea l'attività di un organo in base ad un quadro legislativo attualmente operante all'interno del Paese. Tuttavia, è stato sottolineato in sede di Commissione che una prima normativa sulla delicata materia del controllo degli Enti locali da parte degli organi regionali costituisce un'importante affermazione dell'autonomia regionale, e si deve porre, nell'ulteriore approfondimento della materia, un obiettivo essenziale. Rimangono infatti ancora aperte le questioni sul controllo dei bilanci deficitari, del ripiano degli stessi, delle istituzioni di assistenza e beneficenza, dei controlli tecnico-amministrativi sui progetti di opere pubbliche, sui piani regolatori di fabbricazione; quelle relative ai controlli sostitutivi sul personale dirigente degli Enti locali. Rimane ancora aperto l'altro serio problema: attorno alla programmazione regionale, che troverà la sua giusta collocazione nell'ambito dei controlli allorquando gli Enti locali saranno chiamati a finalizzare i loro atti al Piano regionale, in una visione organica degli interventi nel quadro di linee programmatiche certe ed unitarie, che hanno tra l'altro trovato il necessario richiamo all'art. 75 dello Statuto Regionale, laddove si dice: "Gli organi responsabili comprensoriali redigono ogni anno un bilancio consolidato degli Enti locali che fanno parte del comprensorio, allo scopo di rilevare gli investimenti di competenza degli Enti stessi previsti nel comprensorio". Questi ai quali si potrà rispondere con una legge regionale che regoli la materia dei controlli, alla luce del solo limite costituzionale, il che comporta, oltre tutto, la modificazione dell'attuale Legge comunale e provinciale eliminando le strettone insorte in altri momenti politici, che non potevano ovviamente tener conto della realtà regionale entro la quale il regime democratico è chiamato oggi ad operare.
Altra materia per la quale è auspicabile una revisione dell'attuale legislazione è quella relativa agli enti ospedalieri, per i quali la pur recente Legge 132, anziché accelerare quel processo liberatorio del controllo strettamente burocratico, e quindi la esaltazione delle autonomie locali, aumenta il numero delle deliberazioni soggette all'approvazione rispetto al vecchio art. 36 della Legge sulle Opere Pie.
Un discorso serio, che qui non è possibile sviluppare, ma che invoca una revisione dell'attuale legge sui controlli, è quello relativo alla indipendenza dell'organo di controllo e la sua qualificazione regionale, la sua autonomia e le conseguenze che in dipendenza di tali prerogative scaturiscono per quanto attiene ai rapporti tra la Regione e gli Enti locali sottoposti a controllo. L'abbiamo verificato anche nel più recente passato, quando è stato sollevato dalle Province il problema del riassetto.
L'esigenza di un collegamento costante tra l'organo di controllo e organi attivi della Regione, pur nel rispetto, si sottolinea ancora, della vigente legislazione, trova qualche elemento di richiamo in alcuni disposti della proposta di Regolamento, che, senza forzature, riesce a stabilire un ulteriore richiamo sulla opportunità di vivificare la funzione degli organi di controllo consentendo alla Regione di esprimere pareri e quesiti rispettosamente non vincolanti, attraverso i quali rapporti di compartecipazione e di collegamento riescono a configurare il controllo alla luce dei principi ai quali si ispira l'art. 130 della Costituzione.
Concludo richiamandomi all'importanza della regolamentazione dei controlli ed alla temporaneità del provvedimento proposto all'approvazione del Consiglio Regionale. Siamo nella fase iniziale dell'esperienza regionale, alla quale si è guardato e si guarda da parte degli Enti locali con dilatata speranza, in chiave di rottura o di superamento del passato magari talvolta, presi dall'entusiasmo, dimenticando il quadro legislativo entro il quale si è chiamati ad operare, le naturali difficoltà dipendenti da un rodaggio, che pur richiedono tempo ed anche un animus diverso nell'interpretare la realtà del processo di trasformazione in atto del Paese. Di qui talvolta le manifestazioni di delusione ed il richiamo allora si stava meglio quando si stava peggio; senza volersi sforzare ad intuire che in questa materia non può esserci per linee assolute certe il meglio o il peggio, bensì solo momentanee ed oggettive difficoltà che oggi, con gli opportuni correttivi - e, detto per inciso, con l'adesione dello stesso Presidente della Regione, il progetto iniziale della Giunta ha subito iniziali modificazioni in chiave positiva riducendo a pochi i motivi di diversificazione fra maggioranza e minoranza -, e domani con un aggiornamento della legislazione ed una accentuata distribuzione delle Sezioni decentrate nei circondari consentiranno di cogliere veramente i risultati da tutti invocati. Mi auguro pertanto che il Regolamento proposto possa essere accolto con larghezza di adesioni.



PRESIDENTE

E' aperta la discussione. Chi chiede di parlare? Si iscrivono i Consiglieri Viglione, che è il Presidente della VIII Commissione, Sanlorenzo, Vecchione, Zanone, Simonelli.
Ha facoltà di parlare il Consigliere Viglione.



VIGLIONE Aldo

Mi limiterò a brevi considerazioni, data l'ora assai tarda e considerato che vi sono altri quattro Consiglieri iscritti a parlare.
Una recente sentenza della Corte costituzionale ha risolto alcuni problemi attinenti ai controlli. Vorrei leggerne la motivazione, visto che non tutti i Consiglieri la conoscono, poiché è molto importante.
Dice la Corte costituzionale: "Per quel che riguarda le disposizioni del Capo III, disciplinante i controlli sugli Enti minori, è da rammentare innanzitutto che l'art. 130 della Costituzione, nel suo primo comma, riserva testualmente alla legge dello Stato di regolare il modo di composizione dei Comitati regionali chiamati ad esercitarli. Infatti la locuzione 'Legge della Repubblica' ivi adoperata sta certamente a significare 'Legge dello Stato', analogamente a quanto si riscontra nelle altre disposizioni comprese nel Titolo V".
E a pag. 11 della sentenza si legge: "Deve altresì osservarsi in secondo luogo che, nonostante qualche perplessità cui potrebbe dar luogo la dizione letterale dell'art. 130 confrontata con quella dell'art. 125, l'intera materia dei controlli sugli Enti locali non risulta attribuita ad alcuna tra le competenze normative regionali, non è materia statutaria, perché manifestamente non rientrante nella organizzazione interna delle Regioni, e nemmeno è prevista tra le potestà legislative elencate all'art. 117, comunque inclusa nell'una o nell'altra di esse. E poiché nel sistema costituzionalmente adottato non si danno competenze legislative regionali che non siano tassativamente stabilite nella Costituzione o in ogni altra legge costituzionale, non è ipotizzabile una attribuzione di potestà normativa, operata implicitamente dall'art. 130 nel conferire ad un organo della Regione le funzioni di controllo sugli atti degli Enti locali".
La sentenza è recentissima. La Commissione era stata a lungo incerta se proporre un disegno di legge che trattasse la materia più ampiamente, anche nella parte sostanziale, anziché un regolamento, che necessariamente deve soltanto seguire una norma di legge e costituirne la estrinsecazione pratica.
"Queste due premesse sono sufficienti a dimostrare la non fondatezza anche delle questioni sollevate nei confronti degli articoli 55, 59, 60 e 61 della Legge Scelba".
Posso aggiungere, con particolare riferimento alle argomentazioni sviluppate oralmente nella pubblica udienza, che l'art. 55, disciplinando il modo di elezione da parte dei Consigli regionali degli esperti destinati a far parte dei comitati di controllo, incide sopra un oggetto indubbiamente attinente alla composizione dell'organo e che, a sua volta, l'art. 62, prescrivente che il controllo sugli atti degli Enti locali adottati nell'esercizio di funzioni ad essi delegati dalle Regioni spetti alla Commissione di controllo di cui all'art. 41 appare, oltre tutto, perfettamente logico dal momento che dette funzioni non cessano di essere imputabili alle Regioni per la circostanza che l'esercizio ne sia stato delegato ad altro ente; e lo stesso art. 62 d'altronde, nel secondo e terzo comma, non manca di dettare norme a tutela dell'interesse dell'Amministrazione regionale delegante.
C'è poi l'ultima parte, quella che ha suscitato le maggiori perplessità, perché la motivazione non pare molto chiara: "Considerazione a parte merita l'art. 58 secondo comma, che viene censurato sia laddove dispone che agli esperti membri dei Comitati di controllo sia attribuita una indennità per ogni giorno di seduta sia laddove prescrive che le modalità di tale indennità siano determinate nel regolamento".
Cioè, si dice: perché un regolamento? In fondo, questa è norma attinente al funzionamento interno della Regione, su cui la Regione pu disporre come vuole.
"La prima censura non è fondata. Poiché la norma non fa che escludere in applicazione di un principio di buona amministrazione, che tra le Regioni e gli esperti membri dei Comitati di controllo possa comunque costituirsi anche indirettamente un tipo di rapporto impiegatizio, che tra l'altro potrebbe ledere l'indipendenza nella esplicazione delle loro mansioni. E' invece fondata l'altra censura (quella del regolamento) perché, anche a prescindere dall'ambiguità del rinvio di un regolamento non meglio precisato, la legge statale non può validamente prestabilire quale sia lo strumento idoneo e legittimo per la determinazione da parte delle Regioni della misura e delle modalità dell'indennità giornaliera in parola".
Quindi, mentre la prima parte esclude la possibilità di una normativa con legge regionale della materia dei controlli, questa stabilisce che la Regione può determinare secondo le proprie modalità anche questa indennità.
Ho letto questa sentenza, perché la Commissione era stata, come dicevo prima, a lungo incerta - ai suoi lavori ha partecipato attivamente anche il Presidente, proprio per sottolineare l'importanza della materia, e di ci lo ringraziamo - se presentare un disegno di legge o un regolamento. Bene hanno fatto, quindi, la Giunta nonché i proponenti del Partito comunista e dello PSIUP a presentare un Regolamento: hanno dimostrato infatti di interpretare esattamente la norma di legge, anche alla luce della sentenza della Corte Costituzionale, che ha precisato l'interpretazione da dare delle parole "Legge della Repubblica", cioè come "legge statale", non, come era stato inteso dagli estensori dello Statuto per la Lombardia, "legge regionale" (noi avevamo scritto esattamente, "legge della Repubblica").
Il regolamento che viene presentato è il frutto di tutto un intenso lavoro svoltosi tra i Gruppi. Giunti a questo punto, vorremmo anche spiegare il motivo per cui noi, al termine di così laboriosa trattativa non abbiamo ritenuto di poter dare il nostro voto favorevole. Vi è stato dissenso su alcune questioni. Attraverso il confronto delle opinioni e delle idee siamo giunti a posizioni comuni per il 90% del documento; si è rimasti discordi per un 10%, e precisamente a proposito dell'elezione del Vicepresidente o la designazione da parte del Presidente di chi debba sostituirlo (noi proponiamo una designazione "a turno", per vari motivi anche di ordine pratico), della partecipazione dell'ente controllato alla discussione per le decisioni sulla materia sottoposta a controllo (la prima proposta della Giunta, che a me era parsa più logica e giusta, conteneva per l'ente, la duplice facoltà di essere sentito su invito o di propria iniziativa; poi, in sede di discussione, vi è stato, direi, un certo irrigidimento su una questione formale, e si è deciso, a mio giudizio erroneamente, che soltanto su invito dell'organo di controllo l'amministrazione controllata possa essere sentita in merito ai provvedimenti che la interessano).
Vi sono poi altri punti su cui abbiamo proposto emendamenti, come quello sul termine concesso per le controdeduzioni nel caso di richiesta di chiarimenti. Nel testo del regolamento è detto che il termine rimane "sospeso", mentre dalla legge, ad un attento esame, si deduce chiaramente senza possibilità di dubbio, che si intende parlare di "interruzione". Si può presentare, infatti, questa situazione: l'organo di controllo chiede dei chiarimenti; se questi vengono trasmessi al diciannovesimo giorno l'organo di controllo ha solo più un giorno per decidere. L'art. 59 mi pare però risponda chiaramente anche per questo caso: "Il termine suddetto rimane sospeso" - e qui il legislatore ha sbagliato a dire "sospeso", avrebbe dovuto dire "interrotto", per non essere in contrasto con quanto è scritto più avanti - "se, prima della sua scadenza, l'organo di controllo chiede chiarimenti o elementi integrativi di giudizio alla Provincia o al Comune. In tale caso la deliberazione diviene esecutiva se l'organo di controllo non ne pronuncia l'annullamento entro venti giorni dal ricevimento delle controdeduzioni".
Non c'è dubbio: se lo mettessimo faremmo qualcosa di illecito. Io vorrei essere il più possibile disponibile verso l'ente controllato, ma ad un certo momento bisogna attenersi alla legge, e la legge dice che dal momento in cui giungono le contro-deduzioni l'ente di controllo ha altri venti giorni per decidere. Bisogna, a questo punto, proporre degli emendamenti, non cercar di aggirare la legge manipolandola come si vuole.
Anche il Presidente si dimostrò pienamente intenzionato a favorire al massimo gli enti controllati. Ma io, come Presidente della Commissione, ho anche il dovere, di badare alla legittimità degli atti affinché le deliberazioni non vengano respinte. Tenete presente che fino adesso siamo riusciti, in tutto e per tutto, a mandare avanti una legge, quella per Biella: le altre, sono state rimandate indietro.
Un altro accenno desidero fare su una questione che interessa molti.
L'organo di controllo, oggi, quando ritiene di non poter approvare una delibera nella forma in cui è presentata, manda all'ente interessato un foglio ciclostilato in cui è detto: "La deliberazione è stata rinviata.
Farà seguito nota esplicativa....". Poi passano giorni e giorni senza che venga comunicato il motivo del rinvio.
Noi proponiamo pertanto un emendamento per stabilire che, insieme alla comunicazione di rinvio, sia data adeguata motivazione alla comunicazione del rinvio stesso: è sufficiente una sintetica indicazione. L'ente controllato facendosi parte diligente, si preoccuperà poi di approfondire.
Altro punto. Quando parliamo di "provvedimenti", intendiamo anche la presa d'atto. Ci sono degli organi di controllo che danno comunicazione di tutti i provvedimenti: quello di Torino, per esempio, restituisce l'atto dicendo "è stato approvato", "presa d'atto" eccetera; altri invece notificano soltanto l'annullamento, o il rinvio per esame, o la richiesta di chiarimenti, e può capitare così che passino due mesi prima che un Comune venga a sapere che un provvedimento che lo concerne è stato approvato. C'è chi obietta che il lavoro per gli uffici si moltiplicherebbe enormemente se si dovesse dar notizia di tutti i provvedimenti: a mio avviso, però, creano maggiore intralcio le visite e le telefonate per richiesta di notizie da parte dei Sindaci e loro segretari che non l'invio di un foglio ciclostilato che annunci l'approvazione.
Questi sono motivi, direi, sostanziali, sui quali possiamo ancora discutere, perché oggi possiamo ancora migliorare nella sostanza il testo proposto, oltre a perfezionarne la forma. Dopo di che penso che potremo oggi stesso licenziarlo. Ho insistito per far svolgere oggi questo dibattito anche perché penso che non si può fare alcun passo avanti se non si adottano concreti provvedimenti e non si emanano leggi. Ero contrario all'ipotesi di un rinvio. Chiedo dunque esplicitamente che entro questa sera si concluda questo problema, perché è assai importante.



PRESIDENTE

Vorrei fare una precisazione che mi pare importante mettere a verbale: la Giunta, che ha proposto il suo testo, e gli altri Consiglieri, che hanno proposto il loro, consentono a che la discussione avvenga adesso su entrambi i punti, 8 e 9 dell'ordine del giorno? Altrimenti si dovrebbe procedere separatamente. Visto che nessuno solleva obiezioni, si intende che possiamo procedere sui due punti unitariamente.
Ha chiesto di parlare il Consigliere Sanlorenzo. Ne ha facoltà.



SANLORENZO Dino

Il Consigliere Viglione mi ha dato la sensazione di aver colto l'importanza della sentenza della Corte costituzionale, ma non la sua gravità e tutte le sue implicazioni.
In questi giorni, estremamente turbato da tale sentenza, mi son dato un po' da fare per cercar di capire come vedevano la situazione le altre Regioni italiane, quelle che già avevano approvato dei regolamenti e quelle che addirittura avevano emanato delle leggi senza però vedersele approvare non perché avevano approntato delle leggi, ma perché queste, in parte piccole o grandi, non corrispondevano, secondo il Commissario del Governo ai criteri di legittimità ecc.
Perché qui la sentenza dice: "Riserva alla legge dello Stato di regolare il modo di composizione dei Comitati regionali chiamati ad esercitarli".
Quindi, nessuno si sogni di emanare leggi o regolamenti che incidano su questa materia: è legge dello Stato.
"L'intera materia dei controlli sugli enti locali non risulta attribuita ad alcuna fra le competenze normative regionali".
Quindi, siccome non è attribuita alle Regioni, non vediamo come le Regioni possano intervenire in una materia del genere.
"Non è ipotizzabile una attribuzione di potestà normativa operata implicitamente dall'art. 130 nel conferire ad un organo della Regione le funzioni di controllo sugli atti degli Enti locali".
Da questo ragionamento si evince: 1) che la Regione non può emanare leggi sui controlli degli Enti locali: 2) che la Regione non può permettersi il lusso di fare un regolamento esplicativo di una legge che è dello Stato. Tocca allo Stato, se lo ritiene opportuno, provvedervi.
Turbato dal dubbio piuttosto preoccupante che il massiccio lavoro portato avanti per due o tre mesi, attraverso accalorate discussioni fra di noi fosse approdato alla brillante conclusione di un regolamento privo di qualsiasi valore, buono o cattivo che fosse. Giacché un membro di un Comitato di controllo, trovandosi da una parte il regolamento che noi solennemente emaniamo, dall'altra una legge dello Stato da osservare che dice cose diverse sia dal progetto che abbiamo presentato noi, sia dal progetto che la maggioranza della Commissione ha licenziato, non avrebbe esitazione: rispetterebbe la legge dello Stato, non il regolamento fissato dalla Regione Piemonte. Noi possiamo scrivere tutto quel che vogliamo come norme, ma non possiamo certamente imporre ad un membro di qualsiasi comitato di controllo di violare una legge o di applicarla in modo arbitrario.
Mi viene pertanto il dubbio che sia opportuno, ed in questo senso farei una proposta, che motiverò subito, concederci una pausa di una settimana per un ulteriore ripensamento prima di licenziare un documento di questo tipo.
Perché vi faccio questa proposta, cari colleghi? Esaminiamo la situazione esistente in Italia nelle varie Regioni: troveremo un buon numero di persone che hanno le stesse nostre preoccupazioni, sia quelle che han fatto regolamenti, sia quelli che stanno per farne, sia quelle che si erano viste respingere una legge e stavano modificandola per adeguarla ai criteri indicati dai Commissari di Governo.
Liguria - E' stato approvato dal Consiglio Regionale il regolamento provvisorio. L'approvazione è avvenuta dal punto di vista formale, mediante deliberazione che ha ottenuto regolare visto dalla Commissione di controllo ed è stata pubblicata sul Bollettino ufficiale. Come mai questo Regolamento ha potuto procedere? Perché la sentenza è venuta dopo. Però anche in questo caso, essendo stato emanato un Regolamento, i membri del Comitato di controllo potevano applicarlo, ma non nel pieno rispetto della legge, e le loro decisioni avrebbero potuto essere impugnate se fossero state adottate in contrasto con la legge vigente.
Puglia - La Puglia ha approvato una legge regionale. Tale legge è stata rinviata al Consiglio regionale con alcune modifiche, che sostanzialmente tendono a ricondurre nell'ambito della Legge Scelba la regolamentazione che autonomamente le Regioni intendono dare ai controlli. Con lettera in data 10 gennaio, pubblicata sul Bollettino ufficiale ed indirizzata ai membri del Comitato ed agli amministratori locali, il Presidente della Giunta regionale trasmetteva alcune istruzioni per l'applicazione della legge regionale nelle more della promulgazione. Anche qui, in sostanza, la legge non è stata approvata definitivamente: il Presidente della Giunta ha mandato delle istruzioni, che però non fanno altro che rispettare la Legge Scelba, non la legge vera e propria, che non è ancora stata approvata.
Emilia - In Emilia è stato approntato un regolamento, approvato dal Consiglio, non mandato al Commissario di Governo: è una specie di atto di volontà politico, pratico. Cercano di farlo applicare, ma dicono essi stessi: siamo consapevoli che se volessimo farlo acquisire come un elemento di carattere giuridico incontreremmo ostacoli che anche prima che fosse emanata la sentenza della Corte costituzionale erano abbastanza impliciti.
Toscana - La Toscana è la Regione che ha avuto più recentemente l'occasione di fare una legge: ha avuto in risposta dal Commissario di Governo alcuni rilievi, richiesti di chiarimenti di legittimità. Nel frattempo è intervenuta la sentenza della Corte costituzionale. Ho parlato con il presidente Gabbuggiani ed anche con l'avv. Morales e lo staff di giuristi che lavorano nella Regione toscana. Mi hanno detto: stiamo esaminando accuratamente il problema per vedere se modificare la legge secondo quanto ci è stato detto dal Commissario di Governo, ma nello stesso tempo avendo ben presente che la sentenza della Corte costituzionale fissa nuovi parametri di guida al nostro comportamento; non sappiamo bene ancora come risolveremo il problema, tanto che abbiamo rinviato la discussione della questione, che era iscritta all'ordine del giorno, e su di essa stiamo riflettendo.
Quindi, non fa testo il fatto che altre Regioni abbiano approvato regolamenti eccetera: li hanno approvati prima di questa sentenza. Adesso si trovano tutte in una situazione radicalmente nuova.
Premesso questo, dovrei passare anch'io a spiegare perché preferisco il Regolamento presentato dal Gruppo comunista invece di quello presentato dalla Giunta, perché ritengo migliore l'uno dell'altro. Ma mi pare che la questione che ho ora posto sia più importante della preferibilità di un Regolamento all'altro, e che richieda un approfondimento, una conoscenza certa. Perché sarebbe davvero grave se noi, a conoscenza della sentenza della Corte costituzionale, tranquillamente continuassimo a procedere verso l'emanazione di un Regolamento che, bello o brutto che sia, non avrebbe alcun valore.
Una cosa appare già chiara da questa vicenda: la sentenza della Corte sentenza dalla quale non si può prescindere - sia che abbia fatto bene o abbia fatto male la Corte ad emetterla, e secondo me ha fatto male - esige una nuova legge nazionale sui controlli. Questa è la realtà vera. E i Gruppi parlamentari dei quattro partiti principali del Parlamento italiano avevano considerato questo ed avevano presentato dei progetti di legge molto seri: progetto di legge Signorello, progetto di legge Pieraccini progetto di legge dei nostri parlamentari eccetera. Tutti avevano proposto una riforma della legge sui controlli. Di questo avevamo parlato anche nella prima riunione degli uffici di presidenza, che s'era tenuta a Milano dove questa questione (peccato che non ce ne siamo più ricordati, nel proseguire questa attività) era stata posta negli stessi termini: necessità che ci fosse un accordo politico a livello nazionale perché si arrivasse rapidamente ad una nuova legislazione nazionale in materia, che permettesse, quindi, una nuova regolamentazione di tutto il sistema dei controlli.
Una conclusione dobbiamo forse trarre da questa esperienza: se vogliamo far sentire la nostra voce in questa materia la dobbiamo far sentire come volontà politica di impegnare i nostri parlamentari, le nostre forze politiche per una legislazione veramente innovativa di tutto il sistema, e caso mai, partendo dai progetti di legge già presentati, magari facendoci noi stessi protagonisti della presentazione, come è nostra facoltà fare, di un progetto di legge nazionale per la riforma dei controlli. Questo sì che potrebbe essere un atto di volontà politica seria, meditata, approfondita che supera anche i limiti che in parte ci eravamo autoimposti comprendendo senza dircelo, che operavamo in ambiti molto ristretti.
Se presenteremo un progetto di rinnovamento del sistema dei controlli anche la sospensione, il rinvio, che sappiamo quanta importanza abbia per i Comuni, può tranquillamente essere prospettata in termini innovativi.
Qualora sia stata stabilita una linea d'azione comune fra tutte le Regioni nel periodo che intercorre fra il progetto di legge di riforma dei sistemi di controllo e la situazione attuale, tutti insieme seguiremo quella, e la porteremo avanti con certezza giuridica e con sicurezza ed efficacia.
Tenendo conto di queste considerazioni, io avanzerei timidamente la proposta che ci si conceda una pausa di riflessione, di durata non superiore ai sei-sette giorni, che ci impegni a verificare le cose che ho detto e a definire una linea che non sia solo la nostra ma che sia la linea di tutte le Regioni italiane.



PRESIDENTE

E' una proposta formale, questa? Sì.
Coloro che hanno chiesto di intervenire tengano allora conto di questa proposta che è stata formulata per non andare oltre una certa misura, per il caso che dovesse essere sottoposta all'attenzione anche come voto del Consiglio.
E' iscritto a parlare il Consigliere Vecchione. Ne ha facoltà.



VECCHIONE Mario

Signor Presidente, signori Consiglieri, il fatto di dover parlare, in questo mio primo intervento in sede di Consiglio regionale, del Comitato di controllo mi dà l'impressione di essere ancora in quell'organo democratico del quale ho fatto parte per un certo periodo di tempo. Un Comitato, in verità, i cui componenti non sono tutti sufficientemente compenetrati dei principi cui si è ispirato nella sua relazione il collega Beltrami (ed è questo il fattore negativo che mina la funzionalità del Comitato di controllo nella sua attuale struttura), principi ai quali tuttavia ho fatto il possibile perché esso si adeguasse, secondo lo spirito che ha portato alla sua costituzione.
Venendo al Consiglio, attraverso la partecipazione all'elaborazione di questo progetto da parte dei Comuni, degli amministratori degli Ospedali della Provincia, di coloro che fanno parte del Comitato di controllo stesso, si è giunti ad una bozza sicuramente, per molti aspetti migliorativa di quella presentata dalla Giunta, se non sbaglio nel dicembre '71, che costituì, a mio modo di vedere, un atto di pirateria, in quanto venne gettata là all'ultimo momento, ignorando completamente quanto emerso nelle discussioni che si erano svolte in ben otto sedute preparatorie del Comitato di controllo.
Ora ci troviamo di fronte ad una situazione nuova, determinata dalla sentenza della Corte costituzionale, situazione che non sappiamo se risolvere con la votazione sulla bozza presentata dalla Commissione VIII o con una sospensione. Secondo me, è opportuno proseguire la discussione anche se per parte mia mi atterrò ad un criterio di schematicità, in considerazione dei rapporti che le Regioni devono con lo Stato indipendentemente dal fatto che sia la legge dello Stato a dover provvedere a regolamentare un organo della Regione. Sostanzialmente, è questo l'impasse nel quale ci troviamo: le Regioni devono premere nei confronti dello Stato, nei confronti del legislatore, facendosi portatrici delle loro esigenze reali, delle loro esperienze effettive. E queste esigenze reali queste esperienze effettive noi le abbiamo acquisite. Le ha acquisite la Commissione VIII, in atti che io ho letto molto velocemente ma che comunque mi han convinto che siamo nel giusto quando diciamo che il controllo deve avere un taglio diverso dal controllo prefettizio, dev'essere qualcosa che deve cambiare sostanzialmente la ragione e lo spirito del controllo medesimo. Siamo arrivati all'assurdo che provvedimenti approvati a Torino dalla Giunta provinciale amministrativa sono stati bocciati dal Comitato di controllo; per esempio, per quanto riguarda i medici dei Consorzi provinciali antitubercolari. La ragione è molto chiara: mentre prima la Giunta provinciale amministrativa aveva il cappello di carattere politico rappresentato dal Ministero, che essa rappresenta in sede decentrata l'organo di controllo, che dovrebbe essere anche un organo a responsabilità politica ("La Stampa" di domenica, se non sbaglio, ne dava una interpretazione proprio in questo senso) si comporta da organo strettamente tecnico, burocratico, completamente sordo alle esigenze espresse dagli Enti locali, e soprattutto ignorando il vero scopo che deve perseguire la Regione nei confronti degli Enti locali, che è quello di potenziare l'autonomia responsabile.
In qualunque norma di questo regolamento, nel quale si tenda a mantenere una gestione tutelata dell'organo controllato, nel senso che si spinge l'organo controllato a chiedere un parere preventivo noi dobbiamo vedere un gravissimo errore, perché non è ammissibile che si collochino tutti gli Enti locali, tutti gli amministratori, nella lunga fila delle persone che devono andare a bussare alla porta di un controllore per chiedergli il benestare. Praticamente, il Consiglio regionale si lascia sfuggire un suo potere di controllo, concentrandolo in un organo sul quale non riuscirà più ad influire perché mantenga l'impronta che deve avere, in quanto se esso è emanazione sì del Consiglio regionale, fa capo poi indirettamente alla Giunta ed al Presidente della Giunta.
Io vorrei sostanzialmente toccare alcuni punti relativi alla bozza presentata dalla Commissione VIII, in ordine ai quali troverei delle discrepanze tra lo spirito della relazione del consigliere Beltrami e la traduzione pratica, tecnica delle norme legislative.
All'art. 5 è detto: "Il Segretario assiste alle adunanze del Comitato e della Sezione di sua competenza, può intervenire nella discussione a titolo consultivo, facendo constatare nel verbale il proprio parere".
Io non trovo nulla a ridire, sostanzialmente, sul fatto che il Segretario, che svolge, ed ha sempre svolto, una funzione reale, anche di collaborazione, nel Comitato di controllo, partecipi alla discussione pronto ad illuminare i membri su alcuni punti, ma sono decisamente contrario alla previsione di un inserimento a verbale di un suo parere contrario su una deliberazione in cui egli non ha assolutamente veste, a nessun titolo, d'intervenire.
L'art. 6 si occupa della pubblicità dell'ordine del giorno. Io non vedo perché questo Comitato di controllo debba operare in segretezza. Contro questa segretezza io, rappresentando il Gruppo comunista all'interno del Comitato di controllo, ho sempre lottato, perché penso che come sono pubbliche le riunioni del Consiglio così devono essere quelle del Comitato di controllo. Non riesco a capire per quale ragione l'ordine del giorno che è pubblico per il Consiglio regionale, che è pubblico per il Consiglio comunale, che è pubblico per i Tribunali, le Corti d'Appello, le Preture per i Comitati di controllo non debba esserlo.
Ancora più strano mi pare, poi il fatto che nell'art. 7, all'ultimo comma, si stabilisca la norma, che non compariva nella bozza di regolamento presentata dalla Giunta, né è stata adottata per motivi emersi nel corso delle consultazioni, che "i componenti del Comitato e quelli delle Sezioni debbono astenersi dal prendere parte alla istruttoria, alla discussione e alla votazione di provvedimenti nei quali siano direttamente o indirettamente interessati". Nessuna obiezione per il "direttamente": per l'"indirettamente", però, la dicitura mi sembra troppo generica. Noi abbiamo avuto deliberazioni che concernevano provvedimenti a favore dei lavoratori, come i premi in deroga, il riassetto del personale, che investivano le organizzazioni sindacali. A queste questioni come potrebbe non essere interessato direttamente il membro comunista del Comitato? In questo modo egli verrebbe veramente privato di una facoltà. Altra carenza la rilevo nell'art. 9, dove non si dice come si vota. L'esperienza personale che mi son fatto mi ha fatto apprezzare la notevole importanza in un organo collegiale di cinque persone, dello stabilire come finisce la votazione. Tenete presente che, come il Presidente Oberto, esperto più di me in materia legale, potrebbe confermare, le stesse camere di Consiglio dei Tribunali e delle Corti d'appello hanno un ordine preciso e prefissato di votazione. Non lasciamo questo criterio alla discrezionalità del primo Presidente, che può anche sbagliare in buona fede.
E qui arriviamo al punto chiave della contraddizione che rilevo fra la parte della relazione e la parte della traduzione in termini tecnici del Regolamento: la consultazione degli Enti controllati. Io credo che il Consiglio Regionale, dopo essersi dato uno Statuto che tutti sono stati concordi nel riconoscere come un buono Statuto, abbia poi, almeno nel fare questo lavoro, omesso di tenerne conto. Lo Statuto della nostra Regione prevede all'art. 9 come uno dei pilastri fondamentali del suo sistema di operare la consultazione con gli enti, con le organizzazioni sindacali, con le partecipazioni articolate della vita associata. Com'è possibile che un organo della Regione quale è il Comitato di controllo, che svolge una funzione che può anche essere, e lo è stata, gravemente repressiva nei confronti degli enti controllati, si sottragga al confronto diretto con l'Amministrazione interessata? Si dice che questa può essere sentita, ma guardate che non basta: lo dico per esperienza personale, che porto sul piano politico ai colleghi Consiglieri. Le cose ora stanno così: il rappresentante dell'Ente se ne viene da Domodossola, poniamo il caso, o da un paese sperduto e lontano, con la sua borsa di documenti, è ammesso alla presenza dei membri del Comitato di controllo, guardato dall'alto in basso risponde alle poche domande che gli vengono rivolte; poi viene mandato fuori, mentre nell'aula si svolge tutta una discussione nel corso della quale potrebbe essere assai utile un approfondimento del discorso con lui.
Questa è la realtà della partecipazione consentita all'Ente controllato nei riguardi dell'Ente controllore, cioè dell'organo di controllo nei riguardi dell'Ente locale. Invece, attraverso una sua partecipazione alla discussione, il rappresentante dell'Ente avrebbe modo di rendersi conto dell'errore in cui può essere incorso nell'approntare la delibera, e per parte sua il Comitato di controllo potrebbe essere indotto a rompere certi schematismi burocratici del suo modo di procedere. Nel dire questo mi faccio eco di rimostranze che ci sono venute proprio da parte di coloro che devono essere consultati. Va da sé che non si può introdurre il principio del parere preventivo dell'Ente controllore all'Ente controllato: è un principio, questo, anche giuridicamente inesatto e tecnicamente non corretto, perché ci porrebbe, sotto il profilo giuridico, in una posizione di contradditorietà di provvedimenti se, dato il parere preventivo, dessimo poi parere contrario al momento di bocciare la delibera.
Richiamandomi all'accenno fatto dal collega e compagno Sanlorenzo sull'opportunità di una pausa di riflessione, dico che se questa pausa di riflessione non dovesse essere concordata sarebbe opportuno - è una proposta la mia, sia pure informale - che si recasse a Roma una delegazione di rappresentanti delle Regioni che hanno lavorato su questi Regolamenti o, quanto meno, che si spedissero al centro le bozze di maggioranza, di minoranza, gli atti che abbiamo raccolto, che costituiscono documenti fondamentali, reali, storici, che noi abbiamo acquisito, di esigenze concrete e statutariamente da rispettare.



PRESIDENTE

E' iscritto a parlare il Consigliere Zanone. Ne ha facoltà.



ZANONE Valerio

Ho avuto l'impressione di una certa differenza fra gli interventi dei due Consiglieri che mi hanno preceduto: se non ho capito male, il collega Sanlorenzo mirava a proporre un non passaggio agli articoli ed il rinvio della discussione per una ulteriore riflessione su un provvedimento che peraltro ci ha già impegnati non poco nel corso di parecchie settimane anzi forse di qualche mese; il collega Vecchione, invece, è entrato nel merito anche di alcune norme, di alcuni articoli specifici.
Dopo il lungo lavoro che è stato compiuto dalla VIII Commissione, sia in sede di consultazione che di dibattito e in cui, per la verità, si è esaminato il problema sotto una estensione molto più ampia di quella rispecchiata dal Regolamento ora oggetto di proposta di deliberazione dobbiamo chiederci se possiamo concludere questo lavoro con un atto di approvazione. Penso che questa risposta sia possibile se si hanno chiari i limiti del provvedimento in esame.
Mi pare che ci siano due limiti abbastanza evidenti. Il primo è il limite intrinseco alla norma regolamentare, vale a dire che, anche per evitare pericoli di impugnazione, il Regolamento, così com'è proposto, non può coinvolgere norme che non siano di carattere regolamentare bensì di carattere sostanzialmente legislativo. Questa è la ragione, ad esempio della nostra opposizione al progetto Marchesotti, che in più parti, in realtà, è una legge regionale sui controlli alla quale si attribuisce la denominazione di Regolamento. Devo dire che qualche perplessità di questo genere può anche sorgere per quanto riguarda il progetto presentato dalla Giunta; perché, ad esempio, sull'art. 13, che tratta della decadenza dei membri del Comitato - e sul contenuto della norma noi siamo d'accordo - vi è da domandarsi se sia legittimo porre un motivo di decadenza all'interno di una norma che non è legislativa ma regolamentare. Secondo limite: la provvisorietà. Siccome tutte le cose del mondo, in genere, sono provvisorie, anche i regolamenti del Consiglio regionale sono provvisori nel senso che ogni qual volta emerga la opportunità di emendarli o di modificarli il Consiglio può sempre intervenire. Quindi, da questo punto di vista potrebbe essere superfluo denominare questo regolamento come un "regolamento provvisorio". Credo però che questa aggettivazione si possa accettare così, per memoria; proprio per indicare l'attesa che tutta la materia sia oggetto di una riforma legislativa statale e anche di un intervento legislativo regionale per quanto riguarda soprattutto il necessario coordinamento con le procedure di programmazione alle quali ha fatto riferimento poco fa il relatore Beltrami.
Ora, per quanto riguarda il testo presentato dalla Giunta, che ha recepito in molti punti le osservazioni emerse dalle consultazioni e dal dibattito svolto nella VIII Commissione, da parte del nostro Gruppo restano da proporre alcuni emendamenti, che non illustrerò per ragioni di brevità ma enuncerò soltanto.
Questi emendamenti concernono principalmente i tre punti seguenti: Il recepimento, all'art. 11, che tratta della sospensione dei termini in caso di richiesta di chiarimenti, dell'art. 59 della legge statale, la quale del resto corrisponde ad una esigenza obiettiva di funzionalità degli organi di controllo la indennità ai membri di questi Comitati, all'art. 19 (l'emendamento consiste nell'attribuzione di questa deliberazione non alla Giunta ma al Consiglio Regionale) il problema, politicamente molto delicato, della designazione del membro effettivo che deve sostituire il Presidente in caso di suo impedimento dopo una riflessione, sulla quale non intrattengo ora questo Consiglio riservandomi di farlo in sede di discussione dell'articolo, il nostro Gruppo è favorevole al metodo della designazione a turno, ossia a rotazione.
Crediamo, comunque, che su questi punti e sul resto del progetto sia possibile trovare una concordanza ampia fra le forze che hanno collaborato alla redazione di questo documento, specie se sarà accolta la proposta di un ulteriore breve rinvio.



PRESIDENTE

E' iscritto a parlare il Consigliere Simonelli. Ne ha facoltà.



SIMONELLI Claudio

Signor Presidente, colleghi, io credo che la sentenza della Corte costituzionale sulla quale ci siamo fin qui intrattenuti, pur nella gravità e nella opinabilità delle conclusioni cui perviene, non ci precluda qui stasera, la possibilità di approvare il regolamento per il funzionamento del Comitato di controllo e delle Sezioni. Si tratta di una sentenza meramente interpretativa della materia, sotto questo profilo in contraddizione con tutta la elaborazione dottrinale e con la lettera stessa dell'art. 130 della Costituzione, che, riservando alla legge dello Stato la composizione degli organi di controllo, sottintende - e sempre gli interpreti l'hanno intesa così - come riservate alla competenza normativa della Regione tutte le altre materie esclusa la composizione degli organi.
Quindi, questa sentenza, che, ripeto, sull'argomento che ci occupa è meramente interpretativa, sarebbe comunque preclusiva di una legge regionale sulla materia dei controlli, non certo di un Regolamento come quello che noi qui stiamo discutendo, che si limita a coordinare il funzionamento del Comitato di controllo e delle Sezioni, cioè a disciplinare una materia che certamente attiene all'ordinamento degli uffici dipendenti dalla Regione, e dunque rispetto alla quale la competenza della Regione ex art. 117 della Costituzione non mi sembra essere dubbia.
Noi con questo Regolamento non discipliniamo che il funzionamento di uffici dipendenti dalla Regione, quindi non c'è dubbio che il Regolamento è di competenza della Regione, secondo la piena attribuzione legislativa dell'art. 117.
Sotto questo profilo si rivela essere più opportuna la decisione presa in Piemonte, che è quella di non varare una legge sui controlli ma di limitarsi ad un Regolamento: però, il Regolamento lo possiamo fare. La proposta che mi permetto di avanzare è dunque quella di variare questo Regolamento, anche per dare al Comitato ed alle Sezioni che funzionano il conforto di una serie di direttive e di indicazioni cui attenersi. E' chiaro che le obiezioni che muoveva Sanlorenzo e la problematica che ne scaturisce devono essere presenti, e dobbiamo farci promotori di una consultazione con le altre Regioni in ordine però alla legge, cioè per vedere come poi tutta questa materia possa essere disciplinata diversamente. Per ora, però, possiamo varare queste norme regolamentari.
Su queste norme, per brevità, dirò soltanto alcune cose: la complessità dell'argomento richiederebbe un approfondimento ed una discussione molto ampia, ma l'ora è tarda e credo sia opportuno che contenga al massimo il mio intervento.
Il Regolamento non è compiutamente soddisfacente; in definitiva rappresenta un punto d'arrivo che mi sembra - soprattutto se alcuni degli emendamenti presentati, i fondamentali almeno, saranno accolti -, un punto d'arrivo abbastanza accettabile. Restano aperti grossi problemi, anche se onestamente, devo dire che non tutti sono da affrontare in sede regolamentare. Almeno su due vorrei brevemente soffermarmi, perché sono contenuti nella relazione del relatore Beltrami e mi sembra che siano da tener presenti fin d'ora. Il primo concerne il discorso relativo alla programmazione e al rapporto programmazione regionale-verifica di coerenza al Piano regionale, argomento su cui, fra l'altro, il progetto di legge presentato dalla Giunta lombarda si diffonde con particolare ampiezza.
Contro questo tipo di impostazione, cioè di un controllo di merito che secondo il progetto della Lombardia, dovrebbe in pratica estrinsecarsi in una verifica di coerenza fra gli atti dei Comuni e il Piano regionale, è stato obiettato, in particolare nel controprogetto presentato dal Gruppo comunista, che a proposito della politica di piano il rapporto corretto si instaura in termini di dialettica politica e non in termini di controllo.
E' probabilmente una obiezione fondata in linea di massima. Anche se certamente non si può porre in questi termini non per questo noi ci siamo liberati di quello che resterà in futuro un grosso problema, soprattutto se riusciremo a far rientrare fra le competenze dell'organo regionale di controllo quello che noi riteniamo debba esserci, cioè, per esempio, il controllo dei bilanci deficitari e l'autorizzazione per i Comuni e le Province a contrarre mutui a ripiano, materie sulle quali l'esame fatto da un organo della Regione non può prescindere da una verifica di coerenza con il piano. Perché se l'organo della Regione si sostituisce alla Commissione centrale per la finanza locale, com'è previsto in tutti i progetti che sono stati presentati in Parlamento, anche nel progetto governativo, è chiaro che ad un certo punto il controllo sui bilanci deficitari - e l'autorizzazione a contrarre mutui, e in genere l'autorizzazione a provvedimenti che comportano spesa - dev'essere compiuto alla luce di una verifica di coerenza con le indicazioni del piano, sia addirittura in sede CIPE sia poi, per la somma destinata alla singola Regione, in sede regionale. Quindi, il rapporto con la programmazione si verrà ad instaurare, se noi riusciamo ad avere queste competenze.
Del resto, un discorso largamente analogo si deve fare per l'approvazione dei piani regolatori ed in genere per gli strumenti di disciplina urbanistica. Non si vede come possa essere approvato un Piano regolatore se non è coerente con tutta l'impostazione urbanistica secondo la competenza regionale in materia, come si possono approvare gli strumenti che disciplinano l'uso del territorio senza una verifica rispetto al piano territoriale di coordinamento, per esempio, o ad eventuali piani intercomunali.
Qui il discorso ci riporta immediatamente all'altro tema che è sotteso a questa relazione, che è stato lungamente dibattito nei Consigli regionali, laddove sono state votate le leggi in tema di organi di controllo. E cioè, cosa significa dire che questo organo è regionale? E' regionale solo perché la Regione ne nomina i componenti, oppure perch dev'essere collegato con gli organi della Regione, con il Consiglio e la Giunta? Si è detto giustamente: dobbiamo garantirne l'autonomia e l'indipendenza, cioè dobbiamo far sì che questo organo non sia soggetto n all'indirizzo politico dell'Amministrazione regionale né a pressioni di natura politica. Però, occorre fare attenzione, perché in questo modo rischiamo di farne una GPA, cioè lo riduciamo ad un organo puramente asetticamente tecnico, svincolato da un collegamento con la Giunta e con il Consiglio, soprattutto per materie come l'approvazione degli strumenti urbanistici, l'approvazione dei bilanci, l'autorizzazione a contrarre mutui. Non possiamo immaginare che per queste materie, che attengono ad elementi fondamentali della programmazione regionale, ci sia un organo tecnico che prescinde da quello che la Regione fa e dalle indicazioni programmatiche della Regione, e dà i suoi giudizi di legittimità e di merito come crede. Quindi, il problema non è evidentemente risolvibile in questa sede, però resta, e il modo di collegare questo organo con il Consiglio e con la Giunta resta. Dobbiamo essere consapevoli che questi problemi ce li ritroveremo fra i piedi ancora in futuro.
Date queste poche indicazioni di carattere generale, mi permetto di elencare, e ne chiedo venia al Consiglio, i pochi emendamenti che propongo su alcuni punti che mi sembrano di una certa importanza, in aggiunta a quelli contenuti nella bozza distribuita, su cui si è intrattenuto il collega Viglione, e in merito ai quali sono d'accordo. Ne ho consegnato l'elenco al Presidente: non li illustro, ne riassumo soltanto la sostanza.
All'art. 7, propongo, unicamente per ragioni di comprensibilità, un emendamento sostitutivo di due commi che mi sembrano non molto chiari frutto forse di una serie di ritagli e di interpolazioni successive, là dove si disciplina il ruolo dei membri supplenti.
All'art. 10, dove si prevede la possibilità per i rappresentanti degli Enti locali di essere sentiti su richiesta del Comitato di controllo o delle Sezioni, suggerirei di prevedere anche la possibilità che siano gli Enti interessati, in sede di controllo, a chiedere di essere sentiti: "e il Comitato di controllo può, su richiesta scritta, sentire gli Enti". Diciamo "può" e non "deve" per impedire che ci sia una ressa di rappresentanti degli enti che chiedono di essere sentiti, ma riteniamo sia opportuno contemplare dei casi in cui l'Ente possa richiedere di essere ascoltato con giusta motivazione scritta.
Circa l'art. 11, devo muovere una obiezione che mi sembra fondamentale.
Esso prevede le pronunce del Comitato di controllo e recita testualmente: "L'organo di controllo pronunzia esclusivamente: a) dichiarazioni di presa d'atto per mancanza di rilievi; b) ordinanze motivate di annullamento per illegittimità; c) ordinanze motivate di richiesta di riesame". Ora, a me sembra che la "dichiarazione di presa d'atto per mancanza di rilievi" non possa essere considerata una pronunzia dell'organo di controllo. Perch quello che si chiama il "visto" apposto sugli atti è un mero fatto interno che non può avere rilevanza esterna. Non possiamo ritenere che esista un provvedimento approvativo, anche nella forma velata della presa d'atto, da parte del Comitato per gli atti sottoposti al controllo.



VIGLIONE Aldo

Su questo le nostre opinioni sono divergenti.



SIMONELLI Claudio

Bisogna tener presente che la fine del controllo di merito, la fine cioè dell'approvazione, la fine della tutela, direi, è legata al fatto della esecutività per mera decorrenza di termini. Cioè, la conquista che si fa con l'abolizione del controllo di merito consegue dal fatto che gli atti sono esecutivi per mera decorrenza di termini, cioè che una volta trascorsi i venti giorni l'atto che non ha avuto rilievi diventa esecutivo: se noi introduciamo la dichiarazione di presa d'atto facciamo rientrare dalla finestra quello che abbiamo cacciato dalla porta, cioè ammettiamo una forma indiretta di approvazione, cioè un atto positivo attraverso il quale il Comitato approva un documento, il che è contrario al sistema che la legge ha previsto. E' vero che i Comuni sono abituati a sentirsi dire: "L'atto va bene"; però questa è una abitudine che deriva dal fatto che i Comuni finora erano sotto tutela. La fine della tutela significa la fine di qualsiasi provvedimento di approvazione, in qualsiasi forma: i Comuni si abitueranno a considerare l'atto approvato dopo lo scadere dei venti giorni. Mi sembra che non possiamo rinunciare a questa chiarezza estrema, se no il sistema perde di organicità, presenta una pecca. Del resto, per quanto ne so nessuna Regione ha previsto la dichiarazione di presa d'atto.



VIGLIONE Aldo

Sì, sì.



SIMONELLI Claudio

A me non risulta dai diversi progetti che ho sotto mano: il progetto comunista per la Lombardia non l'ha prevista, quello per la Toscana neppure. Può darsi che l'abbiano previsto alcune Regioni di minori dimensioni territoriali, nelle quali sia stata data del diritto una interpretazione regionale, diversa da quella comune. Questo è un emendamento che mi sembra veramente fondamentale.
Ultima proposta: all'art. 20, dove viene prevista la relazione della Giunta sull'attività dell'organo di controllo, propongo una diversa stesura dell'articolo: "Esame dei risultati dell'attività di controllo", prevedendo che la relazione sull'attività di controllo, oltre che alla Giunta, sia inviata anche al Consiglio Regionale, per consentire che la discussione in Consiglio - dal momento che dev'essere il Consiglio a discutere, a quel che sembra - si faccia sulla base della conoscenza di questo documento trasmesso direttamente.



PRESIDENTE

Ha chiesto di parlare il Presidente della Giunta. Ne ha facoltà.



CALLERI Edoardo, Presidente della Giunta Regionale

Quando, nella relazione del progetto della Giunta, si era evidenziato come spettasse allo Stato, con legge della Repubblica, stabilire le modalità ed i riferimenti legislativi in base ai quali sarebbero dovuti avvenire i controlli, e si era auspicato che questa legge fosse rapidamente modificata, vi era stata da parte di coloro che oggi hanno qui preso la parola una sorta di sollevazione, quasi che la Giunta, avendo dichiarato ciò che poi la Corte costituzionale ha ribadito con propria sentenza avesse per l'ennesima volta dato prova di tendenza a destra, di un carattere reazionario, autoritario, presidenzialistico. Prendo atto che basta la sentenza della Corte costituzionale per far sorgere tanti dubbi anche in chi solitamente ritiene molto più importante la volontà politica che i limiti obbiettivi che la legge stessa pone anche all'attività della Regione.
Anzi, tutta questa valutazione, che a nostro giudizio può essere modificata soltanto con legge dello Stato, aveva influenzato, nel suo complesso, la redazione del progetto che la Giunta ha presentato, cercando la Giunta di non entrare in particolari relativi a modalità, relativi anche a sostituzioni di eventuali componenti che non partecipassero alle riunioni dei Comitati di controllo e delle Sezioni dei Comitati di controllo, cioè di non influenzare, apportando elementi innovatori tali da consentire a coloro che controllano i regolamenti e gli atti della Regione di verificare in quella sede una discrasia, una differenza fra ciò che stabilisce la legge e ciò che in pratica la Regione avrebbe dettato come norma. Il collega Viglione vorrà dare atto che in sede di Commissione VIII questa tesi io l'ho portata avanti, dicendo: a mio giudizio, è meglio che semplifichiamo al massimo, che riduciamo all'osso questo regolamento semplicemente facendone ciò che egli stesso sottolinea deve essere, cioè un fatto interno che non porta ad innovazioni per quanto riguarda le modalità di controllo ma semplicemente regolamenta i rapporti interni fra gli Uffici della Regione, l'organo di controllo e gli organi politici regionali.
Ho voluto sottolineare questo aspetto, perché non era un fatto da poco prendere in considerazione questo aspetto; così come non era un fatto da poco prendere in considerazione l'altro fondamentale aspetto che purtroppo anche dalle vaste consultazioni che sono state fatte sul regolamento non è stato adeguatamente puntualizzato: in che cosa consiste esattamente la differenza fra il tipo di controllo esercitato dall'autorità prefettizia e quello esercitato da noi. Mi pare che il collega Vecchione vi abbia fatto cenno, ma di sfuggita, e non sarà quindi fuori luogo risottolinearlo.
E' vero, il controllo di merito, cioè il controllo sulla opportunità o meno di una deliberazione, presupponeva sempre alle spalle una autorità politica la quale desse questo giudizio di merito: ecco perché il Prefetto interveniva nel giudizio di merito sull'opportunità o meno che l'ente locale spendesse i soldi in un modo piuttosto che in un altro. Ciò che è cambiato con l'articolo 130 della Costituzione è proprio questo: il controllo di merito, il controllo sulla opportunità degli atti viene praticamente collocato in una sfera limitata di intervento, mentre acquista valore, ed è l'unico tipo di controllo, quello che dà il segno vero dell'autonomia degli Enti locali, il controllo di legittimità, cioè la verifica della coerenza tra l'atto della Regione e il rispetto della legge al quale questo atto comunque si deve uniformare e che è legge dello Stato.
Cambia completamente questo tipo di controllo, quindi cambia evidentemente non solo il contenuto del controllo ma necessariamente anche l'organo, il tipo di attività di quest'organo, che giudica la legittimità degli atti della Regione in relazione ad una legge esistente.
Noi possiamo semplicemente dire che auspichiamo l'emanazione di una nuova legge sui controlli, che consenta agli Enti locali il massimo possibile di autonomia. Abbiamo anche dichiarato che ci sembra, ad esempio che la legge del 1890 per quanto riguarda le Opere pie, che non fa nemmeno obbligo di inviare le deliberazioni, quando si tratta solo di deliberazioni relative alla legittimità e quindi alleggerisce notevolmente lo scambio di atti tra l'organo di controllo e gli organi controllati, potesse essere presa come parametro, come punto di riferimento: ciò servirebbe obiettivamente, a snellire notevolmente l'attività, in quanto soltanto gli atti più importanti dovrebbero essere inviati all'organo di controllo. Ma qui siamo veramente in una nuova normativa: come Regione non possiamo innovare nulla e non possiamo certamente apportare alcuna modifica.
In risposta all'avv. Vecchione vorrei osservare che, se mai, l'atto di pirateria non vi è stato da parte della Giunta con il fare un regolamento ed offrirlo al voto del Consiglio, perché la Giunta ha, come ogni Consigliere, facoltà di proporre leggi e regolamenti, ma se mai da parte di un organo che ha tutte le funzioni tranne quella dell'iniziativa legislativa, di venire a proporre un'iniziativa, o un regolamento, o una normativa. E mi stupisce molto che a dire cose di questo genere sia proprio un avvocato, e quindi, direi, un cultore della legge: l'obnubilazione della lotta politica, evidentemente, induce ad inesattezze di questo genere, che tuttavia ritengo di dover puntualmente correggere.
Per quanto riguarda gli aspetti che qui sono stati sottolineati, credo non valga la pena entrare questa sera nel merito delle valutazioni che sono state fatte, tanto più che vi è stata una richiesta di dilazione per consentire una rimeditazione del problema anche alla luce della sentenza della Corte costituzionale, richiesta rispetto alla quale la Giunta non ha assolutamente difficoltà ad assumere un atteggiamento positivo. Penso che anche il Presidente della VIII Commissione non possa non essere a sua volta d'accordo per un rinvio di questo problema al fine di studiare il modo di contenere il progetto in limiti che ci diano la certezza di vederlo superare il vaglio, non introducendo elementi innovativi che poi lo facciano bocciare. Tutti abbiamo approfondito quali possono essere oggi proprio alla luce anche della sentenza della Corte costituzionale, elementi innovativi suscettibili di creare nei confronti del progetto che noi presentiamo delle motivazioni di illegittimità, e quindi sostanzialmente di farci fare del lavoro che potrebbe obiettivamente dimostrarsi inutile.
Sotto questo profilo la Giunta è d'accordo di accettare la richiesta di rinvio formulata dal Consigliere Sanlorenzo e di aggiornare quindi l'esame di questo progetto a non appena a livello di VIII Commissione, in incontri successivi, avremo potuto rielaborare il regolamento in modo da avere le spalle al coperto rispetto alla possibilità di farlo passare.



PRESIDENTE

Nessun altro chiede di parlare prima che io dia la parola al Consigliere Viglione? Allora, il Consigliere Viglione ha facoltà di parlare.



VIGLIONE Aldo

Accetto quanto ha proposto il Presidente della Giunta. Chiedo soltanto però, che, il regolamento ritorni in Commissione, in modo che questa possa dare anche un giudizio di legittimità su di esso.
La Commissione sarà quindi riconvocata al più presto. E' bene per precisare che non si potrà ridiscutere la questione in Consiglio il prossimo giovedì, perché un tale riesame richiederà almeno quindici o venti giorni.
L'argomento, quindi, non è più da considerare all'ordine del giorno: vi ritornerà quando la Commissione avrà dato il giudizio di legittimità.



PRESIDENTE

Come modesto contributo personale, direi di vedere se non fosse il caso di superare dal punto di vista formale e giuridico l'impasse che deriva dalla sentenza della Corte costituzionale definendo questo strumento non come "regolamento" ma come "norme provvisorie per il funzionamento ecc." che potrebbe valere senza impingere ancora in ordini del giorno.



VIGLIONE Aldo

Comunque, una indagine richiederà almeno quindici giorni.


Argomento: Informazione

Sull'ordine dei lavori


PRESIDENTE

Il Consiglio accoglie la proposta di aggiornare la discussione su questo argomento a fra quindici giorni? Sì.
Vi sarebbero ora da discutere due mozioni: una relativa all'episodio della Leumann, l'altra alla vertenza dei dipendenti della RAI-TV. Le possiamo aggiornare? Per giovedì prossimo non ci sarebbe materia di lavoro sufficiente a giustificare la convocazione di una seduta: se siete d'accordo, giovedì non si terrebbe riunione, la si farebbe fra una quindicina di giorni, portando all'ordine del giorno quello che oggi non è stato discusso e quant'altro nella riunione dei Capigruppo si deciderà di aggiungere. D'accordo in questi termini? Mi informa il Presidente della Giunta che, d'accordo con alcuni Capigruppo, avrebbe determinato di fare la riunione di cui si è parlato questa mattina al termine della seduta in via Magenta mercoledì 12, alle ore 9,30. Sono presenti i Capigruppo Bianchi, Fassino, Berti, Gandolfi.
Pregherei i compagni di partito di informare anche il Capogruppo Nesi.


Argomento:

Sull'ordine dei lavori

Argomento:

Mozione (annuncio)


PRESIDENTE

Per seguire la prassi fino alla fine, informo che è stata presentata dai Consiglieri Bono, Besate, Giovana, Ferraris una mozione relativamente a materia di caccia, di cui, se mi si esime dal dar lettura, manderemo copia alla Giunta e ai Consiglieri.
Il Consiglio è pertanto riconvocato, con gli argomenti non esauriti nell'udienza di oggi e con quant'altro si vorrà aggiungere, per il giorno 20 aprile. La seduta è tolta.



(La seduta ha termine alle ore 19,40)



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