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Dettaglio seduta n.87 del 06/04/72 - Legislatura n. I - Sedute dal 6 giugno 1970 al 15 giugno 1975

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Argomento:


PRESIDENZA DEL VICEPRESIDENTE OBERTO


Argomento:

Interpellanze (rinvio)


PRESIDENTE

La seduta è aperta.
Diamo inizio ai nostri lavori procedendo con le interpellanze.
La prima è del Consigliere Carazzoni, ma non è presente e pertanto viene rimandata ad una prossima seduta.
La seconda è dei Consiglieri Zanone-Fassino-Gerini-Rossotto: non c'è nessuno dei Consiglieri interpellanti presente; quindi viene aggiornata ad una successiva riunione.
La terza dei Consiglieri Besate-Ferraris, letta in Consiglio il 18 novembre '71 "Divergenze tra il Consorzio irriguo 'Angiono Foglietti' e la gestione Cogne circa il pagamento delle tariffe". Dovrebbe rispondere l'Assessore Chiabrando che però è ancora assente, e perciò deve essere rinviata.
La quarta è del Consigliere Simonelli, letta in Consiglio il 18.1.72 l'interpellante è assente e il documento viene aggiornato.
La quinta è dei Consiglieri Berti-Revelli-Ferraris-Raschio-Bono-Besate Giovana: alcuni degli interpellanti sono presenti; letta in Consiglio il 24.2.72 "Richiesta di interventi finanziari per urgente assistenza ai Comuni colpiti dalle avversità atmosferiche". Dovrebbe rispondere l'Assessore Franzi, ma gli manca una documentazione che dovrebbe essere in arrivo, quindi la sospendiamo momentaneamente.



FERRARIS Bruno

Mi pare che l'interpellanza dovrebbe essere illustrata.



PRESIDENTE

C'è ancora un'interpellanza del Consigliere Viglione del 2.3.72 "Interventi vari per lenire la grave situazione della popolazione dell'Alta Langa" alla quale dovrebbe rispondere l'Assessore Chiabrando che è assente.
Per cui, salvo ritornare indietro, appena possibile, sull'interpellanza dei Consiglieri Berti-Revelli-Ferraris ed altri potremmo passare intanto alle interrogazioni, sperando che abbiano miglior fortuna.


Argomento: Istruzione e Formazione Professionale: argomenti non sopra specificati

Interrogazione del Consigliere Nesi sul procedimento disciplinare a carico del Prof. Giuseppe Marasso docente presso l'Istituto "Cena" di Ivrea


PRESIDENTE

C'è quella del 17 Giugno '71 del Consigliere Nesi. L'interpellante è presente. "Procedimento disciplinare a carico del prof. Giuseppe Marasso docente presso l'Istituto Cena di Ivrea".
Risponde l'Assessore Visone.



VISONE Carlo, Assessore all'istruzione

Signor Presidente, signori Consiglieri, dico subito che il Provveditore agli Studi di Torino non ha ancora preso provvedimenti in merito al fatto di cui all'interrogazione.
L'interrogante, nella sua esposizione, non ha trovato altro modo per giustificare e difendere il prof. Marasso che quella di appellarsi al disposto dell'art. 8 dello Statuto dei Lavoratori. A nostro avviso l'apertura di un provvedimento disciplinare non si può definire come un'indagine su opinioni personali in materia di politica, religione o di sindacati di un cittadino. Infatti il Provveditorato agli Studi, senza compiere alcuna indagine, si è trovato di fronte ad un fatto compiuto, cioè di un professore sorpreso a scrivere una frase irriguardosa e ambigua nel suo significato, nei confronti di una benemerita categoria come io mi sento di definire quella dei cappellani militari.
A questo proposito mi sia consentito ricordare che il cappellano militare è un sacerdote, e non un soldato, che svolge il suo ministero come qualsiasi parroco, tra i soldati. Chi l'ha avuto vicino, sia in pace che in guerra, sa quale sia la sua opera e con quanto affetto ed entusiasmo si sia sempre prodigato per lenire il dolore e la sofferenza che la guerra comporta: pazienza verso i feriti, conforto per i morenti, impegno di portare gli ultimi pensieri alle madri, alle spose ed ai figli lontani. I cappellani militari non hanno mai invocato la benedizione di Dio sulle armi, ma solo e sempre su chi, obbligatoriamente è chiamato ad imbracciarle. E se qualche volta hanno preso il comando del proprio reparto è stato solo quando, caduti tutti gli ufficiali, occorreva riportare in salvo i superstiti. E per questi loro atti non penso abbiano mai dato scandalo, sono invece convinto che essi siano l'unica civiltà nella barbarie della guerra.
Non voglio entrare nel merito delle intenzioni che animano il prof.
Marasso, che potrebbero anche essere comprensibili, certo è che il metodo usato per esprimerle non è stato il più opportuno per non dire il peggiore considerato anche il fatto che il prof. Marasso, per le sue capacità sappia e possa usare mezzi anche più efficaci, in opportuna sede, in modo da non valorizzare ciò che ebbe a dire uno scrittore francese "La litterature des murailles c'est la litterature de la canaille".



PRESIDENTE

La parola al Consigliere interrogante.



NESI Nerio

Io mi dichiaro insoddisfatto della risposta. A parte che la citazione di uno scrittore francese è più o meno opportuna, il problema non è se era logico o non scrivere sui muri "I cappellani militari sono scandalosi". Io conosco il prof. Marasso, è uno dei migliori professori dell'Istituto Cena pare sia giudicato ottimo dai presidi di tutti gli Istituti (sempre che valgano ancora queste classificazioni); egli appartiene a quelle categorie di persone al di fuori dei partiti che fanno dell'antimilitarismo la loro idea-base, la loro ragione di lotta; essi sono rispettabili non per questo aspetto, ma perché pagano anche di persona.
Io non giudico se sia opportuno o no scrivere sui muri "I cappellani militari sono scandalosi", è un fatto sul quale possiamo discutere molto ma non tocca a me esprimere giudizi sui cappellani militari in genere (su alcuni si possono anche esprimere) non c'è una categoria dei cappellani militari, che in quanto tali, siano scandalosi.
Ciò che giudico e che mi sembra molto pericoloso è che il Provveditore agli studi di Torino, senza interpellare il Consiglio di Presidenza né il Preside della scuola interessata, possa iniziare un procedimento disciplinare per un atto compiuto dal prof. Marasso a 50 km dalla scuola nella quale insegna, che non c'entra niente con il suo insegnamento scolastico e col quale esprime un suo parere personale. Si potrà giudicare sull'opportunità o meno di mettersi a scrivere sui muri, di notte, qualcosa che riguarda una categoria di persone, ma non si deve permettere, non si deve tollerare che per questi si inizi un procedimento disciplinare nei confronti di un professore o di qualsiasi altra persona.
Ecco perché, signor Assessore, della sua risposta io mi dichiaro insoddisfatto.



PRESIDENTE

L'interrogazione è discussa.


Argomento:

Interrogazione (rinvio)


PRESIDENTE

Altra interrogazione del Consigliere Nesi del 29.7.71 "Atteggiamento della Magistratura nei confronti del proprietario di un arsenale clandestino in Montanaro Canavese".
Dovrebbe rispondere l'Assessore Borando. E' in sede?



CARDINALI Giulio, Vicepresidente della Giunta Regionale

Ha chiesto congedo.



PRESIDENTE

L'Assessore Borando non c'è, quindi l'aggiorniamo.


Argomento: Problemi del lavoro e della occupazione

Interrogazione del Consigliere Nesi sulle rivendicazioni dei dipendenti dell'Automobile Club d'Italia


PRESIDENTE

Altra interrogazione del Consigliere Nesi, 14.10.71 "Rivendicazioni dei dipendenti dell'Automobile Club d'Italia".
La risposta è all'Assessore Visone.



VISONE Carlo, Assessore al lavoro

Signor Presidente, questa interrogazione è ampiamente superata e l'interrogante stesso ha avuto da me copia della risposta. Comunque, se il Consigliere Nesi lo ritiene opportuno, rileggo la risposta che ho già avuto modo di dargli per iscritto tempo fa.



NESI Nerio

Molto cortesemente l'Assessore Visone mi ha dato copia della risposta ed io mi dichiaro soddisfatto. Si tratta di un capo del personale che si comportava in modo non consono allo Statuto dei Lavoratori, questo capo del personale è stato allontanato, quindi direi che questo è uno dei pochi casi in cui lo Statuto dei diritti dei lavoratori ha avuto ampia applicazione.
Perciò mi dichiaro soddisfatto.



PRESIDENTE

Possiamo considerare esaurita anche questa interrogazione.


Argomento: Commissione di controllo sugli atti della Regione

Interrogazione del Consigliere Sanlorenzo sull'esecutività delle delibere di Presidenza trasferite alla Giunta Regionale


PRESIDENTE

Interrogazione del Consigliere Sanlorenzo 29.11.71 "Esecutività delibere Ufficio presidenza trasmesse alla Giunta Regionale".
La risposta è al Presidente della Giunta Calleri.



CALLERI Edoardo, Presidente della Giunta Regionale

Rispondo giovedì perché abbiamo ricevuto la seconda interrogazione e quindi le mettiamo insieme e diamo una risposta unica.



SANLORENZO Dino

Ma è del mese di novembre.



CALLERI Edoardo, Presidente della Giunta Regionale

Sì, ma siccome è la stessa la aggiungiamo all'altra.



PRESIDENTE

La parola all'interrogante.



SANLORENZO Dino

Io ho presentato altre interrogazioni attinenti alla sorte delle delibere della Giunta, questa invece è attinente alla sorte delle delibere dell'Ufficio di Presidenza e del Consiglio Regionale e poiché c'era una questione di grande peso fra quelle che avrei voluto sottolineare in questo Consiglio, quella della sorte della delibera del Consiglio Regionale con la quale si è approvato lo Statuto dell'IRES, di cui non si hanno notizie pregherei il Presidente di voler dare una risposta, anche solo improvvisando.



PRESIDENTE

La parola al Presidente della Giunta.



CALLERI Edoardo, Presidente della Giunta Regionale

Per quanto riguarda la delibera relativa allo Statuto dell'IRES, sono state inviate da parte del Comitato di controllo sugli atti della Regione alcune richieste di chiarimento, come dice l'art. 45 della Legge 10 febbraio 1953 n. 61, all'Amministrazione Regionale che ha provveduto a rispondere; mi auguro che nel mese la deliberazione possa essere approvata così come è stata redatta dal Consiglio Regionale su proposta della Giunta Regionale. I chiarimenti richiesti riguardano il piano della legittimità non mi pare vi siano dei grossi contrasti, anche perché l'interpretazione che abbiamo dato è quella di uno Statuto in cui ci sono altri Enti partecipanti, non solo, ma si tratta di un istituto preesistente e che non inizia la sua attività con l'esistenza della Regione.
Per quanto concerne le altre richieste formulate dal Consigliere Sanlorenzo chiederei di poter rispondere la prossima volta per dare un quadro complessivo della situazione.



PRESIDENTE

La parola all'interrogante.



SANLORENZO Dino

Io mi devo dichiarare soltanto parzialmente soddisfatto, non per il fatto che quantitativamente non è stata data risposta a tutte le questioni che sono state sollevate poiché il Presidente si è impegnato a dare una risposta giovedì, ma per il tempo ed i modi con i quali l'Amministrazione Regionale ha risposto alla richiesta di chiarimenti avanzata dal Commissario di Governo. Qui vi sono un problema particolare ed uno di carattere generale che desidero sottoporre al Consiglio. Il primo sta secondo me, nel ritardo eccessivo tra quando il Commissario di governo ha chiesto i chiarimenti e quando la Giunta li ha dati. Mi consta, attraverso un contatto che abbiamo avuto come gruppo, presenti il Capogruppo Berti e l'avv. Vecchione con il Commissario di Governo, che la delibera del Consiglio pervenuta presso il Comitato di controllo sugli atti della Regione il 15 febbraio, è stata esaminata il 24 marzo; è passato quindi più di un mese fra quando è stata inviata la richiesta di chiarimenti e quando sono stati mandati.
Questa è un'osservazione che avrà un rilievo politico perché il nostro Gruppo ne fa riferimento unitamente all'interrogazione relativa alla costituzione della Società Stef, sulla quale non ho il tempo di intervenire; demanderemo ad un'altra occasione i collegamenti politici che noi attribuiamo a questi due fatti.
C'è poi la questione di carattere generale che invece interessa, credo tutto il Consiglio e che consiste in questo: io non ho notizia...



CALLERI Edoardo, Presidente della Giunta Regionale

E' un'altra interrogazione?



SANLORENZO Dino

No, devo concludere il mio apprezzamento su questo argomento: io non ho notizie di quattro delibere dell'Ufficio di Presidenza e di quattro del Consiglio e credo che nessuno di voi ne abbia. Se per caso il Commissario di Governo richiede chiarimenti e l'Amministrazione Regionale non risponde e non sono fissati dei termini entro i quali la risposta deve essere data (un mese, due, tre, cinque, un anno) noi prendiamo molte deliberazioni che non hanno alcun valore, perché se l'Amministrazione Regionale non risponde il Commissario di Governo non sanziona ciò che è stato deciso.
Questa è una cosa che deve fare riflettere tutti, dobbiamo risolvere la questione, è in gioco tutto il funzionamento del Consiglio Regionale, la capacità del Consiglio Regionale di essere cosciente di quello che fa e dell'utilità di quello fa.
Infine non sono soddisfatto perché il Commissario di Governo ha chiesto chiarimenti all'Amministrazione Regionale mentre io ritengo che li doveva chiedere al Consiglio; il Commissario di Governo deve ritornare le delibere all'organo che le ha approvate, non al Presidente della Giunta Regionale.
Quando è una delibera di Giunta la manda al Presidente della Giunta, quando è una delibera del Consiglio è il Consiglio che deve dare i chiarimenti che il Comitato di controllo richiede. Così fanno in tutte le altre Regioni d'Italia.



PRESIDENTE

La parola al Presidente della Giunta.



CALLERI Edoardo, Presidente della Giunta Regionale

In merito alle delibere di cui ha parlato il Consigliere Sanlorenzo devo dire che c'è stata la richiesta di dieci delibere di cui sei sono state adottate e rese esecutive, tre sono relative a provvedimenti per cui non era necessaria nessuna particolare adozione, e fanno nove, una è arrivata recentemente e va alla prossima Giunta.
Questa è la fine che hanno fatto le delibere assunte e mandate alla Giunta dall'Ufficio di Presidenza. Su questo credo che non ci siano motivi di obiezione.
Per quanto attiene alla questione sollevata dal Consigliere Sanlorenzo e sulla quale possiamo fare un lungo dibattito, faccio presente che la Giunta si richiama all'art. 45 della Legge Scelba.



PRESIDENTE

L'interrogazione si considera esaurita per la parte che si riferisce all'argomento specifico che è stato sollevato, l'altra parte viene assorbita dalla seconda interrogazione alla quale risponderà successivamente ed in altra seduta il Presidente della Giunta.


Argomento: Interventi per calamita' naturali - Calamità naturali

Interpellanza dei Consiglieri Berti e altri e interrogazioni dei Consiglieri Menozzi e altri e Gerini e altri sui danni causati ai Comuni agricoli dalle avversità atmosferiche


PRESIDENTE

Poiché sono pervenuti i documenti che consentono all'Assessore Franzi di rispondere all'interpellanza dei Consiglieri Berti - Revelli - Ferraris Raschio - Bono - Besate - Giovana che avevamo tenuta sospesa, relativa alla richiesta di interventi finanziari per urgente assistenza ai Comuni colpiti dalle avversità atmosferiche, darei la parola all'Assessore Franzi per la risposta.



FRANZI Piero, Assessore all'agricoltura

Vorrei unire all'interpellanza dei Consiglieri Berti-Revelli-Ferraris Raschio-Bono e altri, anche le interrogazioni pervenute nello stesso giorno da parte dei Consiglieri Menozzi - Bianchi - Bertorello - Giletta - Soldano Gerini - Rossotto e Fassino riguardanti lo stesso argomento, per dare una sola risposta.



PRESIDENTE

I Consiglieri presentatari di questa seconda interrogazione sono d'accordo?



GILETTA Giuseppe Chiaffredo

D'accordo.



RASCHIO Luciano

L'interpellanza dovrebbe essere illustrata, prima di avere la risposta dell'Assessore.



PRESIDENTE

Vorrebbero prima illustrare ancora l'interpellanza? Allora la parola ad uno degli interpellanti; chi chiede di parlare? Il Consigliere Ferraris, ne ha facoltà.



FERRARIS Bruno

Signor Presidente, colleghi, l'interpellanza in questione venne presentata il 24 febbraio ed a quel momento l'entità dei danni già si profilava drammatica, dolorosa, tragica per la perdita di vite umane soprattutto a seguito delle eccezionali nevicate, di valanghe, slavine ecc.; gravi erano i danni e i disagi in tutte le zone, particolarmente nel cuneese e nella Provincia di Torino: comunicazioni interrotte ed interi centri abitati isolati. Si voleva in quel momento provocare un'occasione per esprimere i sentimenti di solidarietà per le famiglie delle persone decedute, per le popolazioni colpite da tanto disagio e per sollecitare interventi di pronto soccorso. Ne discutiamo solo oggi, dopo mesi e quindi chiediamo che cosa si è fatto. Ma dal 24 febbraio in avanti e per altri venti giorni e forse più, il maltempo ha proseguito la sua opera di devastazione su un territorio da troppo tempo abbandonato a sé stesso.
Sessanta e più giorni di neve e di pioggia per esempio nella provincia di Asti, giorno dopo giorno hanno provocato danni alle colture agricole, ai terreni, alle abitazioni, alle opere pubbliche (strade, acquedotti fognature), danni pressoché eguali a quelli provocati dall'ultima alluvione, quella del 1968. Infatti, sempre se sono esatti i dati da me raccolti e pubblicati del resto su tutti i giornali, la provincia di Asti lamenta danni per oltre cinque miliardi di lire, da 80 a 100 abitazioni quasi tutte rurali, dichiarate pericolanti e per le quali i Sindaci hanno emesso ordinanza di sgombero, non si contano le case lesionate, le frane gli smottamenti. Credo che il quadro delle province di Alessandria, Cuneo e in parte di Torino non si discosti molto da quello tratteggiato ora per la mia provincia.
La prima domanda quindi è ancora questa: che cosa si è fatto sul piano del pronto soccorso e che cosa si è fatto soprattutto per sollecitare l'entrata in vigore dei provvedimenti ordinari quali quelli previsti per l'agricoltura dalla legge sul fondo di solidarietà; che cosa si è fatto per ottenere provvedimenti straordinari, data la gravità del danno. E' stato assicurato, da parte di esponenti del partito di maggioranza - almeno nella mia provincia - che si sarebbe ottenuta l'estensione dei provvedimenti disposti per Ancona, zona terremotata, a favore delle zone colpite dal maltempo, o degli stanziamenti da utilizzare per interventi immediati a favore dei Comuni, degli Enti locali e anche dei privati per il ripristino e la messa in opera dei beni danneggiati o distrutti.
Noi chiediamo che cosa si è fatto, che cosa si intende fare, che cosa c'è di vero in queste affermazioni; certo è che non si possono lasciare le cose come stanno; il verbo militaresco del Sant'Arrangiati non può essere accettato, occorrono stanziamenti adeguati a favore di tutti coloro che sono rimasti gravemente danneggiati e crediamo infine che occorra pensare più organicamente alla difesa del territorio, alla regimazione delle acque.
Non sono certo qui per dire che "piove Governo ladro", ma certo che piove e succede il finimondo: le colline franano, l'acqua ristagna nei campi e non defluisce più e in ciò vi è una responsabilità non soltanto della natura ma vi è una responsabilità dell'uomo per quello che ha fatto e per quello che non fa; mi riferisco ai pubblici poteri, mi riferisco all'esigenza di avviare finalmente e concretamente quel piano organico per la difesa del territorio e per la regimazione delle acque di cui da tanto si parla ma per il quale nulla si è fatto finora.



PRESIDENTE

Pregherei l'Assessore Franzi di voler rispondere, tenendo presente che c'è anche l'interrogazione.



FRANZI Piero, Assessore all'agricoltura

Come è noto, la Legge del 25.5.1970 n. 364 ha organicamente sistemato tutta la legislazione precedente, la Legge 739, il decreto Legge 917, la Legge 1088, istituendo il così detto fondo di solidarietà nazionale. Da tale fondo dovranno essere prelevate le somme occorrenti per consentire, in casi di eccezionali calamità naturali o eccezionali avversità atmosferiche: a) il pronto intervento per sovvenire alle più immediate esigenze delle aziende agricole e per l'immediato ripristino delle strutture fondiarie aziendali e interaziendali, nonché alle opere pubbliche di bonifica o di bonifica montana b) la reintegrazione dei capitali di conduzione, nonché la ricostruzione o riparazione delle strutture fondiarie aziendali e interaziendali per le opere pubbliche di bonifica e di bonifica montana.
Le provvidenze possono essere concesse in casi di eccezionali calamità naturali o di eccezionali avversità atmosferiche quando gli eventi abbiano inciso sulle strutture o abbiano compromesso i bilanci economici delle aziende agricole.
L'esistenza dei caratteri di eccezionalità è dichiarata con decreto del Ministro per l'Agricoltura e Foreste entro i 50 giorni dalla data dell'evento dannoso, entro i 30 giorni successivi sono ammessi gli eventuali decreti di rettifica. Con gli stessi decreti verranno indicati gli specifici interventi della legge da adottarsi e verranno altresì delimitate le zone danneggiate ai fini dell'applicazione degli artt. 4 e 5 della legge stessa.
Dopo l'emanazione dei decreti gli interessati possono inoltrare agli Ispettorati provinciali dell'agricoltura richieste di intervento. Il fondo di solidarietà prevede, fra l'altro, i seguenti interventi specifici; art.
3: contributi fino a 60.000 lire per ettaro in caso di perdita totale di frutti pendenti, per seminativi, grano, prati, ecc., cause di allagamento od altro; contributi fino al 40% del valore nel caso della perdita di scorte vive (bestiame) o scorte morte (foraggi e mangimi), cause di allagamenti, crolli, ecc.; opere pubbliche di bonifica o di bonifica montana a totale carico dello Stato; art. 4: contributi fino all'80% della spesa per il ripristino di strutture aziendali danneggiate, stalle tettoie, fabbricati in genere, terreni franati ecc.; per i terreni non ripristinabili perché completamente asportati da frane o inghiaiati a seguito di alluvioni, si procede fino all'indennizzo fino all'80% del valore; ripristino delle strade interpoderali, delle opere di approvvigionamento idrico ed elettrico, nonché delle reti idrauliche, degli impianti irrigui al servizio di più aziende a totale carico dello Stato l'art. 5 prevede la concessione di prestiti quinquennali allo 0,50%, con abbuono del 40 sul capitale per le culture intensive pregiate danneggiate vigneti, frutteti, ecc., sulla base di lire 450.000 per ettaro; contributo a fondo perduto fino a L. 500.000 oltre al prestito di cui sopra qualora si sia verificata una perdita superiore al 60% della produzione lorda vendibile nell'azienda; l'art. 7 prevede la concessione di prestiti quinquennali all'1% per tutte le colture sulla base di L. 120.000 per ettaro; l'art. 11 prevede lo sgravio dell'imposta sui redditi domenicali ed agrari nonché le relative sovrimposte addizionai per l'anno in cui si verifica l'avversità, qualora la perdita ammonti ad almeno il 30% del prodotto ordinario dell'azienda.
Queste sono le provvidenze previste dal così detto fondo di solidarietà nazionale, conosciuto come la Legge 590.
Quali sono i compiti della Regione? Ai sensi dell'art. 13 del DPR n. 11 15.1.71 viene delegato alla Regione l'esercizio delle funzioni amministrative concernenti gli adempimenti previsti dal fondo di solidarietà nazionale per le calamità naturali e le avversità atmosferiche in ordine alle proposte di delimitazione territoriale ed alla concessione liquidazione e pagamento delle agevolazioni contributive creditizie.
A questo punto voglio fare una parentesi. Nel mese di agosto, momento in cui si esaminò la bozza di decreto delegato, si chiese che questi compiti fossero delegati totalmente alla Regione o quanto meno fosse assegnata un'anticipazione di fondi per poter intervenire immediatamente.
La cosa però non è stata accettata dalla Commissione centrale, per cui tutta la procedura resta delegata alla competenza del Ministero dell'Agricoltura. Si deve perciò precisare che a seguito di eventi calamitosi, lo Stato preleva dal fondo una determinata somma - in base alla natura ed all'entità dei danni - assegnando alla Regione, per il pagamento delle agevolazioni contributive e creditizie nei limiti e nel rispetto delle legislazioni statali.
Per quanto riguarda l'attività svolta dalla Giunta, si deve precisare che fin dall'inizio del verificarsi delle avversità atmosferiche che hanno causato in Piemonte allagamenti, frane, crolli, ha subito interessato telegraficamente gli uffici competenti, gli Ispettorati provinciali dell'agricoltura e gli Ispettorati forestali per conoscere l'entità dei danni, le strutture e le culture agrarie e per poter così dare l'avvio agli interventi del caso. Tali uffici, per mezzo dei loro tecnici, hanno tempestivamente dato inizio, tra innumerevoli difficoltà imputabili al persistere delle piogge ed alle nevi in montagna, ad una rilevazione del tipo e dell'entità dei danni. Il persistere delle piogge, oltre che ostacolare il lavoro dei tecnici, aumentava di giorno in giorno l'entità dei danni causando l'aggravarsi dei movimenti franosi ed aumentando la superficie allagata. Gli uffici tecnici competenti hanno costantemente tenuto informato l'Assessorato dell'agricoltura del continuo evolversi della situazione, sia telefonicamente che per lettera, fornendo via via dati parziali dei danni verificatisi nelle singole zone.
In data 28 febbraio si è interessato il Ministero della agricoltura e delle finanze, segnalando che il Piemonte era interessato da una grave ondata di maltempo che stava provocando ingenti danni alle culture ed alle strutture agrarie causa allagamenti, smottamenti, frane e crolli. La Regione - si diceva - nel farsi interprete delle gravi calamità che colpivano vasti territori agricoli, richiedeva l'applicazione delle norme di cui alla Legge 5.5.1970 n. 364, con riserva di segnalare dettagliatamente l'entità e la specifica natura dei danni.
In data 13 marzo il Ministero dell'agricoltura e foreste assicurava con propria lettera, l'interessamento del Ministero per i danni subiti dal Piemonte a causa delle recenti avversità atmosferiche riservandosi di fornire ulteriori notizie appena possibile. Dai dati pervenuti all'Assessorato per conoscenza, ma diretti agli Uffici del Ministero dell'agricoltura, i danni che vanno dal 15 febbraio al 15 marzo 1972 relativi alle strutture delle colture agrarie e forestali ammontavano a più di sette miliardi, così distinti; provincia di Torino 299 milioni e 500.000 con 50 Comuni da delimitare; provincia di Vercelli 550 milioni, nessun Comune da delimitare; Asti 2.158.000.000 con 90 Comuni da delimitare Alessandria un miliardo e 17 milioni, con 68 Comuni da delimitare; Cuneo tre miliardi e 58 milioni con 196 Comuni da delimitare: Novara danni irrilevanti. Totale 7.082.500.000 lire con 404 Comuni da delimitare.
Più dettagliatamente si può dire che i danni globalmente indicati si possono dividere; per la Provincia di Torino alle strutture 131.500.000 lire, alle colture 167 milioni; Provincia di Vercelli 550 milioni alle strutture; provincia di Asti un miliardo e 800 milioni alle strutture, 358 milioni alle colture; Alessandria 569 milioni alle strutture, 448 milioni alle colture; Cuneo 2 miliardi 142 milioni alle strutture, 916 alle colture.
Tale situazione tuttavia può subire ancora oggi qualche aumento per gli effetti degli allagamenti sulle colture, effetti che per motivi biologici possono essere riscontrati solo dopo un certo periodo di tempo. E' da aggiungere inoltre il possibile aggravarsi dei danni, fabbricati rurali pericolanti e l'evolversi di movimenti franosi.
In data 29 marzo l'Assessorato all'agricoltura ha ulteriormente sollecitato il Ministero Agricoltura e foreste perché sia disposto un urgente iter burocratico ai fini dell'applicazione del fondo di solidarietà nazionale.



PRESIDENTE

E' in aula il Consigliere Rossotto? Vedo che c'è un'interrogazione sua e dei Consiglieri Gerini e Fassino che parla anche di misure di sicurezza ai Comuni montani e collinari colpiti dalle calamità atmosferiche, alle quali praticamente è stata data risposta e vorrei sapere da lei Consigliere Rossotto se vuole considerare data la risposta anche alla sua interrogazione. Naturalmente può dichiararsi soddisfatto o non soddisfatto.



ROSSOTTO Carlo Felice

Mi dichiaro soddisfatto.



PRESIDENTE

Allora possiamo considerare discussa anche l'interrogazione Gerini Rossotto-Fassino.
La parola al Consigliere Menozzi, primo dei firmatari dell'interrogazione, poi al Consigliere Ferraris.



MENOZZI Stanislao

Prendo atto con soddisfazione delle dichiarazioni forniteci dall'Assessore Franzi, ma mi sia nel contempo consentito invitare lui e particolarmente la Giunta a voler continuare con le apprezzabili sollecitazioni intraprese perché il decreto di delimitazione abbia ad essere emesso il più presto possibile. Da quanto mi consta parecchi Ispettorati agrari provinciali, con apprezzabile abnegazione (è doveroso qui dichiararlo) hanno portato a compimento la loro opera e hanno trasmesso le relazioni al competente Ministero.
Siccome però nella nostra interrogazione parlavamo di comunità rurali dobbiamo rilevare che, se c'è un aspetto burocratico per quanto concerne l'applicazione delle provvidenze previste dal "Fondo di solidarietà" disponendo dei relativi finanziamenti, dobbiamo riconoscere che vi sono danni che non sono prettamente agricoli, ma assumono carattere extra agricolo e pubblico. E qui il discorso si rende estremamente più difficile perché, a quanto ci consta, il "pronto intervento" del Ministero dei LL.PP.
è assai carente, soprattutto sotto il profilo finanziario. Per cui il nostro invito ad essere solleciti riguarda non solo i danni agricoli, ma anche quelli a carattere extra-agricolo.



PRESIDENTE

La parola al Consigliere Revelli.



REVELLI Francesco

Signor Presidente, io mi dichiaro insoddisfatto della risposta e pur prendendo atto di tutti i dati che ci sono stati forniti dall'Assessore, mi associo in parte a quanto ha detto il Consigliere Menozzi.
Per quanto riguarda la Provincia di Cuneo, oltre al fatto che sono ben 196 e forse più i Comuni, quindi il decreto di delimitazione dovrebbe essere estremamente sollecito, mi pare che la Giunta Regionale avrebbe potuto intervenire direttamente che non soltanto con le sollecitazioni verso il Governo ed i singoli Ministeri. Difatti l'azione intrapresa in alcune Amministrazioni locali è assolutamente insufficiente, sia per i mezzi a sua disposizione, sia per l'impossibilità di far fronte ad una situazione estremamente grave.
Nulla viene detto poi in merito alla nostra richiesta di avviare con urgenza una politica di assetto del territorio.
L'intervento immediato che si è avuto è stato estremamente precario ed insufficiente e quindi non possiamo dichiararci soddisfatti.



PRESIDENTE

Altri interpellanti chiedono la parola? Ha facoltà di parlare il Consigliere Rossotto, come interrogante, sulla parte relativa ai Comuni montani ed ai Comuni collinari, per dichiararsi soddisfatto o meno della risposta.



ROSSOTTO Carlo Felice

Mi dichiaro soddisfatto.



RASCHIO Luciano

Non riesco a capire come hai potuto sentire, visto che eri fuori dell'aula.



ROSSOTTO Carlo Felice

Ho sentito benissimo, non preoccuparti.



RASCHIO Luciano

Un po' di serietà ci vuole in queste cose.



ROSSOTTO Carlo Felice

Pensa ai fatti tuoi e lascia stare la serietà degli altri.



PRESIDENTE

Ci sono gli altoparlanti che funzionano benissimo anche fuori Consigliere Raschio, si può sentire anche stando nei corridoi.
L'Assessore vuole fare ulteriori precisazioni delle repliche?



FRANZI Piero, Assessore all'agricoltura

Non so che cosa rispondere alla dichiarazione di non soddisfazione. Io ho dato un'interpretazione in chiave agricola, è questo il punto, perch purtroppo la legislazione è quella che è, il fondo di solidarietà nazionale, (la 590), fissa dalle precise procedure al di fuori delle quali non si può andare. Se nel momento in cui si è elaborato il decreto di delega per le competenze agricole fosse stata strutturata diversamente la competenza regionale, si sarebbe potuto intervenire in modo diverso, ma purtroppo siamo legati a queste procedure. Noi dobbiamo fare le necessarie segnalazioni al Ministero, il quale deve delimitare le zone di intervento e stabilire le specifiche assegnazioni di fondi alle Regioni, il che comporterà indubbiamente una perdita di tempo che andrà sicuramente al di là dei 30 giorni; la legge stessa parla di 50 giorni.



PRESIDENTE

Allora restano discusse l'interpellanza (questo per la precisazione del verbale) Berti - Revelli - Ferraris - Raschio - Bono - Besate - Giovana e le interrogazioni Gerini - Rossotto - Fassino; Menozzi - Bianchi Bertorello - Giletta - Soldano.


Argomento: Commercio

Interrogazione del Consigliere Viglione sulle iniziative per evitare l'aumento del costo del latte


PRESIDENTE

L'Assessore Franzi mi fa presente che dovrebbe rispondere, brevemente all'interrogazione Viglione "Iniziative per evitare l'aumento del costo del latte", ma siamo arrivati al limite dell'ora destinata alle interrogazioni ed interpellanze.



VIGLIONE Aldo

Può farmi pervenire la risposta per iscritto.



PRESIDENTE

Allora anche questa interrogazione si considera discussa, dichiarandosi il Consigliere Viglione soddisfatto.



VIGLIONE Aldo

Traduciamola in interrogazione scritta.



PRESIDENTE

Benissimo, viene cancellata dal ruolo.


Argomento:

Approvazione verbale seduta precedente


PRESIDENTE

Passiamo all'ordine del giorno che reca a questo punto "Approvazione verbale seduta precedente".
La parola al Consigliere Menozzi per la lettura del processo verbale.



MENOZZI Stanislao, Segretario, dà lettura del verbale della seduta antimeridiana del 30 marzo 1972.



PRESIDENTE

Ci sono delle osservazioni in merito al verbale testé letto? Nessuna? Allora si intende approvato, senza alcuna osservazione, da tutti i presenti.


Argomento: Esercizio delle funzioni amministrative trasferite o delegate dallo Stato alle Regioni

Comunicazioni del Presidente del Consiglio Regionale


PRESIDENTE

Passiamo alle "Comunicazioni del Presidente." Signori Consiglieri, da sabato la Regione ha assunto la pienezza delle funzioni per l'assolvimento dei compiti che le sono affidati. I decreti delegati di trasferimento, anche se non propriamente tali quali erano stati auspicati, anche attraverso a responsabili ed ampi dibattiti svoltisi in Consiglio Regionale, danno la possibilità all'Ente Regione di emanare nelle materie precisate dall'art. 117 della Costituzione - norme legislative nei termini dei principi fondamentali stabiliti dalle leggi dello Stato, con il solo limite che non siano in contrasto con l'interesse nazionale e con quello di altre Regioni.
La materia è abbastanza ampia e rilevante ed altri compiti possono (e noi chiediamo lo siano) essere affidati in base all'art. 118 della Costituzione; nella misura in cui il potere centrale applicherà l'art. 118 della Costituzione, si avrà la prova della credibilità che lo Stato dà all'Ente nuovo che sta decollando.
Non intendo fare un discorso in merito, desidero soltanto sottolineare l'importanza di questo nuovo momento della vita della Regione e desidero sottolineare l'esigenza del piano, alacre funzionamento delle varie Commissioni dall'approfondimento operativo delle quali dipenderà in grande misura il lavoro dell'Assemblea. Le leggi si cucinano nelle Commissioni e si varano in Consiglio, vorrei augurare che le leggi non siano troppe e non siano frettolose, siano chiare, semplici. Non ci si fraintenda quando dico che debbono essere sufficientemente meditate e non che si debba accondiscendere a remore o a istanze dilatorie.
Mi permetto di sottolineare la grossa responsabilità delle Commissioni che dovranno filtrare le istanze legislative. In una feconda e serena cooperazione tra l'organo consiliare e quello esecutivo, risiede la certezza di operare bene, come la gente del Piemonte vuole, creando strumenti legislativi che siano la base di quella fiducia che deve accompagnare la nostra azione per realizzare le riforme che il Paese attende.
Auguro che il personale che dovrà costituire l'ossatura per il funzionamento della Regione, avverta la pienezza della responsabilità che assume nel concorrere a creare questo nuovo modo di essere dello Stato e a nome del Consiglio gli rivolgo, con il saluto cordiale, l'augurio fervido di buon lavoro.
Consultazione, decentramento operativo agli Enti locali, esercizio dei controlli in spirito veramente democratico sono le basi sulle quali si regge il modo di essere della Regione nella sua attività amministrativa e legislativa. Mettiamoci dunque tutti al lavoro senza rinunciare al dialogo critico, ma in concorde spirito e volontà di servire gli interessi piemontesi e attraverso a quelli i più vasti interessi italiani ed europei.
Non abbiamo avuto tutto quello che credevamo e crediamo fosse giusto avere senza rinunziare a chiederlo lavoriamo intanto su quanto abbiamo, che non è poco, per concorrere a superare il momento di crisi economica che anche il Piemonte sente e per porre le fondamenta di una ripresa che sarà tanto più rapida e duratura e concreta, quanto maggiore sarà la collaborazione di tutte le forze del mondo del lavoro.


Argomento:

Congedi


PRESIDENTE

Hanno chiesto congedo i Consiglieri Borando e Vecchione soltanto per la seduta del mattino; Carazzoni per mattino e pomeriggio; Curci per il pomeriggio.



RASCHIO Luciano

Anche Marchesotti, perché è ancora indisposto.



PRESIDENTE

Facciamo al Consigliere Marchesotti, ancora indisposto gli auguri di tutto il Consiglio.


Argomento:

Documenti - Assegnazione e Commissioni


PRESIDENTE

In data 4 aprile '72 è stata assegnata alla VI Commissione la proposta di Legge n. 21 dei Consiglieri Carazzoni e Curci, norme in materia di contratti di affitto di fondi rustici. Tale proposta di legge regionale era stata presentata in data 30 marzo '72 alla Presidenza del Consiglio.


Argomento: Consiglio, organizzazione e funzioni

Commissioni consiliari. Variazioni nelle composizioni


PRESIDENTE

Sono avvenute delle variazioni nelle composizioni delle Commissioni da parte del gruppo consiliare del PCI e del PSI. Ne do notizia al Consiglio.
Con lettera datata 4 aprile '72 il Capogruppo del PCI ha comunicato che con la sostituzione del Consigliere Furia con l'avv. Vecchione il gruppo del PCI dispone diversamente la partecipazione dei propri componenti ai lavori delle Commissioni permanenti del Consiglio. Le variazioni sono le seguenti: I Commissione, al posto del Consigliere Furia, il Consigliere A.
Minucci; V Commissione al posto del Consigliere Raschio il Consigliere G.
Lo Turco; VI Commissione, al posto dei Consiglieri Minucci e Lo Turco, i Consiglieri Raschio e Besate; VIII Commissione, al posto del Consigliere Besate, il Consigliere M. Vecchione. Inoltre il Consigliere Vecchione sostituisce rispettivamente il Consigliere Besate nella Giunta delle Elezioni, il Consigliere Berti nella Commissione per la situazione edilizia di Bardonecchia.
Il gruppo del PSI comunica queste modifiche nelle composizioni delle Commissioni: nella I Commissione "Programmazione Bilancio Finanze e Patrimonio, il Consigliere Nesi"; nella II Commissione "Problemi della pianificazione territoriale urbanistica trasporti comunicazioni viabilità" il Consigliere Fonio; nella III Commissione "Problemi del Lavoro e dell'occupazione, formazione professionale, P.I., assistenza scolastica" il Consigliere Calsolaro. Se permettete ometto la lettura delle qualifiche delle Commissioni, riferendomi soltanto al numero: V Commissione Consigliere Simonelli; VI Commissione, Consigliere Fonio; VII Commissione Consigliere Calsolaro; VIII Commissione, Consigliere Viglione, che ne è il Presidente.
Nelle Commissioni speciali: Commissione per il Regolamento, i Consiglieri Nesi e Simonelli; nella Giunta delle Elezioni i Consiglieri Simonelli e Fonio; nella Commissione per l'insediamento a Crescentino, i Consiglieri Simonelli e Calsolaro; Commissione relativa al settore tessile Consigliere Simonelli; Commissione speciale per Bardonecchia, Consigliere Fonio.
Può essere opportuno, ai fini delle informazioni più immediate, che queste modifiche vengano organicamente disposte comunicando a tutti i gruppi le composizioni quali risultano a seguito di queste massicce modificazioni.


Argomento: Esercizio delle funzioni amministrative trasferite o delegate dallo Stato alle Regioni

Comunicazioni del Presidente del Consiglio Regionale (seguito)


PRESIDENTE

Con lettera del 4 aprile '72 il Consigliere Vecchione ha comunicato di aderire al Gruppo Consiliare del P.C.I. Alla presidenza del Consiglio sono pervenuti i seguenti documenti di cui si ritiene opportuno informare il Consiglio stesso: lettera del Sindaco di Galliate con cui si sollecita la presenza della Regione all'incontro del 5 aprile, tra il Ministro delle partecipazioni statali, i sindaci, i sindacati, le maestranze interessate alla grave situazione del Gruppo Rossari &Varzi. Abbiamo avuto informazioni che per la Giunta e quindi in rappresentanza anche del Consiglio, partecipava l'Assessore Visone, il quale potrà riferirci su quanto è accaduto.
Documento dell'Amministrazione Comunale di Mondovì, dei sindacati delle organizzazioni ivi operanti, relativo alla grave situazione di crisi economica industriale esistente in tale zona.
Documento dei rappresentanti sindacali CISL, CGIL, FULS, FILS e UIL spettacolo, con cui si richiede urgentemente la presenza di un direttore artistico all'Ente autonomo Teatro Regio per risolvere i problemi tecnico artistici del personale.
Un esposto della signora Vergnano al pretore di Moncalieri, sul quale mi riprometto di riferire successivamente, dopo di aver preso contatti anche con l'autorità giudiziaria per non interferire in proposito.
Ordine del giorno del Comune di Gargallo che invita il Consiglio della Regione Piemonte a farsi promotore di un'inchiesta sulle attività, sulle strutture, sui finanziamenti dei gruppi neofascisti in Piemonte.
Nella riunione passata avevamo dato atto che il Presidente dell'VIII Commissione Viglione aveva chiesto di discutere il problema relativo ai controlli nell'aula di Palazzo Madama che non si rendeva disponibile per la mattinata di oggi, essendo occupata per altre iniziative del genere. Aveva anche personalmente chiesto che, in adesione a quanto nel corso della riunione di consultazione era stato rilevato, si rivolgesse invito ai sindaci che avevano manifestato questo proposito di essere presenti alla discussione. Mi pare che avessi già detto nella riunione precedente e lo confermo adesso, che non è possibile procedere ad un invito a partecipare ma semplicemente a dare comunicazione.
E parlando di materia di controlli debbo informare quanti dei Consiglieri per avventura non ne avessero notizia, della pronuncia della sentenza della Corte Costituzionale n. 40 dell'anno '72 che in proposito esprime un proprio pensiero e un proprio parere circa la competenza o meno dei Consiglieri Regionali a disporre una regolamentazione relativa alle norme dei controlli. Siccome la materia è in discussione successivamente mi limito a quest'informazione.
Mi è poi pervenuta e ho avuto anche un chiarimento verbale da parte del Presidente della Giunta delle Elezioni, Consigliere Mario Giovana, la notizia che mancavano le risposte, per quanto sollecitate, da parte del Presidente della Giunta al questionario che tutti noi abbiamo ricevuto e dal Consigliere Armella. Il Presidente della Giunta mi ha confermato ieri (credo l'abbia fatta pervenire stamattina, io non ne ho notizia ufficiale) di aver inviato la lettera con la quale manda alla presidenza della Giunta delle Elezioni il testo di quanto gli era stato richiesto, mentre l'Assessore Armella è attualmente assente dall'Italia e quindi non mi è stato possibile avvicinarlo.
Il Presidente della Giunta delle Elezioni insiste per la lettura delle lettera che mi ha indirizzato, o si ritiene soddisfatto della comunicazione che è stata data e dalla notizia che è pervenuta in risposta?



GIOVANA Mario

Signor Presidente, io posso personalmente ritenermi soddisfatto che sia finalmente arrivata alla Segreteria della Giunta delle Elezioni la scheda del Presidente della Giunta Calleri, anche se debbo sottolineare, come ho fatto nella lettera, che in mancanza della sua scheda, a norma di Regolamento, avendo esaurito l'esame della condizione dei membri della Giunta, abbiamo dovuto fermarci. Ed io non posso non rammaricarmi che l'inadempienza così a lungo protratta da parte del Presidente nel rimettere il questionario che tutti gli altri colleghi, salvo Armella, assente dall'Italia, avevano mandato, abbia creato un inciampo ai lavori della Giunta delle Elezioni.



PRESIDENTE

Allora possiamo considerare la questione esaurita. Passerei il documento alla Segreteria.
Il Vicepresidente Cardinali chiede di parlare, ne ha facoltà.



CARDINALI Giulio, Vicepresidente della Giunta Regionale

Sulle comunicazioni del Presidente del Consiglio Regionale circa il passaggio delle funzioni dallo Stato alla Regione avvenuto in data 1 aprile, vorrei brevemente rendere edotto il Consiglio su alcuni atti della Giunta e del suo Presidente.
Comunico intanto che sono trasferiti i seguenti contingenti di personale: agricoltura 182; acque minerali 1; istruzione artigianale professionale 15; assistenza scolastica, beni librari 7; trasporti 14 sanità 54; lavori pubblici 193; assistenza pubblica e beneficenza 17; corpo forestale 51.
Sulla base di una circolare ministeriale con cui si annunciava il trasferimento e si indicavano alcune modalità dello stesso, il Presidente della Giunta si è preoccupato di richiedere a coloro i quali dirigono gli uffici che sono stati trasferiti ed in genere a tutto il personale trasferito alla Regione, la continuità delle funzioni che essi svolgono sia per quel che riguarda le funzioni direttamente di competenza della Regione, sia per quelle che svolgono nell'ambito della continuità del rapporto ancora con lo Stato. Non sto a leggere la lunga lettera inviata agli interessati: Ispettore compartimentale dell'agricoltura di Torino Ispettore Regionale delle foreste di Torino, sovrintendente bibliografico per il Piemonte, dirigente la sezione urbanistica del Provveditorato istruzione pubblica, ingegnere capo del Genio civile di Alessandria, Asti Cuneo, Novara, Torino, Vercelli: medici provinciali e veterinari provinciali alle sei Province, capo dell'Ispettorato dipartimentale delle foreste delle sei Province, capo dell'Ispettorato distrettuale del corpo forestale dello Stato, Capo dell'Ispettorato del porto di Intra.
In questa lettera circolare si sottolinea la necessità della continuità delle funzioni che vengono svolte, secondo le modalità che per il momento rimangono quelle impartite dallo Stato e che verranno fatte oggetto di una successiva normativa da parte della Regione. Cito il punto che mi pare fondamentale della lettera, in cui si dice "anzitutto è da precisare che l'attività amministrativa afferente ad esse funzioni, continuerà ad essere regolata dalle vigenti norme statali sino a quando non verranno emanate dalla Regione disposizioni specifiche su ciascun tipo di attività o procedimento avente efficacia esterna".
Ma ci si è anche preoccupati della continuità dei lavori che devono essere svolti dai patronati scolastici nella Regione sempre sotto la clausola della normativa che verrà emessa dalla Regione. Riteniamo che la fase di passaggio avvenga in maniera tale da non creare intoppi; gli assessori hanno personalmente preso contatto con gli uffici trasferiti proprio per assicurare la continuità del servizio nel modo più efficace e completo.



PRESIDENTE

Qualcuno chiede di parlare sulle comunicazioni aggiuntive ed esplicative del Vicepresidente della Giunta?



BERTI Antonio

Si può parlare a lungo o no?



PRESIDENTE

Siamo in tema di comunicazioni quindi ci dovrebbe essere, semmai, la richiesta di una specificazione, e non trattare l'argomento nel suo complesso, che potrà essere motivo di un dibattito in futuro.
Consideriamo chiuse le comunicazioni del Presidente al quale si sono aggiunte quelle del Vicepresidente Cardinali.


Argomento: Piani pluriennali - Enti strumentali

Deliberazioni del Consiglio Regionale circa l'adozione di una procedura abbreviata per l'esame dei progetti di legge n. 12 "Procedure democratiche di formazione del Il piano di sviluppo Regionale 1971-1975" e n. 13 "Istituzione dell'Ente Regionale per lo sviluppo agricolo in Piemonte"


PRESIDENTE

Passiamo al punto quarto dell'ordine del giorno "Deliberazione del Consiglio Regionale ai sensi dell'art. 14, comma 3° dello Statuto, ed 11 2° stralcio di Regolamento, circa l'adozione di una procedura abbreviata per l'esame dei due progetti di legge (presentati dai Consiglieri Sanlorenzo, Berti, Rivalta, Besate): Legge n. 12 sulle "Procedure democratiche di formazione del 2° piano di sviluppo Regionale '71/75" progetto di legge n. 13 di iniziativa dei Consiglieri Ferraris ed altri sull'istituzione dell'Ente Regionale per lo sviluppo agricolo in Piemonte".
Il Consigliere Sanlorenzo chiede di parlare, ne ha facoltà.



SANLORENZO Dino

Desidero avanzare una proposta: il 9 marzo noi abbiamo presentato un progetto di legge sulle procedure democratiche di formazione del piano Regionale di sviluppo, siamo al 6 di aprile e dovremmo richiedere la procedura d'urgenza. Lo discutiamo dopo una sola riunione della Commissione programmazione e bilancio e voglio dire con questo che se l'urgenza era giustificata un mese fa figuriamoci se non è giustificata adesso che è passato un mese e quindi è trascorso quasi tutto il tempo che avrebbe dovuto essere concesso ad una Commissione per esaminare il progetto e portarlo in aula.
Tuttavia, nel corso della riunione dei capigruppo, discutendo di altre questioni, ma essenzialmente della programmazione dei lavori del Consiglio il Presidente della Giunta disse di voler arrivare ad una riunione per vedere come utilizzare il mese di aprile per fare lavorare a pieno ritmo le Commissioni,e fare in modo che il lavoro fosse il più produttivo possibile.
Ora noi, nell'ambito di questa proposta, potremmo anche discutere il ritiro della richiesta della procedura d'urgenza, ma solo se abbiamo ben presenti i modi ed i tempi in cui le questioni verranno esaminate dalle Commissioni, in modo da avere un elemento di giudizio complessivo della situazione; se invece ciò non avviene allora è evidente l'urgenza che mi esimo qui dal motivare ma che voi potete intuire dal fatto che la situazione economica è quella che è, siamo in Piemonte, nell'occhio del ciclone per quanto riguarda la questione degli edili, dei chimici e non si hanno notizie di iniziative da parte della Giunta che tendano a porre tutti i problemi della politica economica nell'ambito di una politica di piano del 2° piano regionale di sviluppo. La nostra proposta è stata, tutto sommato, quella di accendere una miccia, di suscitare un interesse, di aprire un dibattito, di provocare un impegno di tutti i gruppi e della Giunta. Se lo discutiamo, noi potremmo anche ritirare la proposta d'urgenza, fissando però adesso la data della riunione dei Capigruppo nel corso della quale si potrà esaminare il programma dei lavori del mese di aprile; in via subordinata, se questa richiesta (che parte dal Presidente della Giunta) non fosse accolta, ne faccio un'altra; siccome sappiamo benissimo che la questione dei tessili è urgente (oggi è una giornata che può risultare decisiva per tanti aspetti, per l'incontro che c'è a Roma dei sindacati nazionali con i Ministeri, per le manifestazioni che si annunciano in città, per l'incontro richiesto al Consiglio Regionale dai Capigruppo), se per caso in qualche modo non potesse essere accolta la richiesta che la Giunta ha fatto di arrivare a questa programmazione chiederei comunque di anticipare la discussione sui tessili e di discutere dopo questo punto all'ordine del giorno. Ma non ho dubbi che la richiesta della Giunta non possa che essere accolta.



PRESIDENTE

Il Vicepresidente Cardinali è in grado di stabilire un calendario, un giorno di incontro?



CARDINALI Giulio, Vicepresidente della Giunta Regionale

Io credo che la proposta (che risulta fatta appunto dal Presidente della Giunta) possa essere perfezionata fissando un calendario. E' evidente che la discussione di una proposta di legge sulle procedure in realtà è un meccanismo che tende ad accelerare i tempi di fattività.
Il calendario credo possa essere fissato, a discrezione del Presidente del Consiglio Regionale, alla fine di questa settimana o al principio della prossima al più tardi. Personalmente posso disporre del mio tempo ma non sono in grado di disporre del tempo altrui.



PRESIDENTE

Se al termine di questa riunione i Capigruppo si fermassero un momento con il Presidente della Giunta o con il vicepresidente si potrebbe concordare la data, data la piena disponibilità.



SANLORENZO Dino

Se per i primi giorni della settimana noi ritiriamo la richiesta di urgenza ed in questo caso proponiamo che la questione dei tessili venga subito iscritta all'ordine del giorno.



PRESIDENTE

Diciamo nella settimana entrante, possibilmente nei primi giorni, ma nella settimana entrante, anche perché ci sono già degli impegni.
Vengano messe a verbale le precisazioni che sono state fatte dal Consigliere Sanlorenzo, le dichiarazioni del Vicepresidente della Giunta e l'impegno di trovarsi, al termine della riunione, con i Capigruppo per stabilire la data.


Argomento: Provvidenze per la costituzione di aree industriali ed artigiane attrezzate

Preparazione della conferenza tessile del Piemonte. Definizione delle zone tessili. Deliberazione


PRESIDENTE

Passiamo al punto quinto dell'ordine del giorno "Verifica e prospettive delle situazioni esistenti nelle aziende chimiche del Piemonte in relazione al piano chimico nazionale ed ai progetti della Montedison", salvo che si voglia anticipare il punto sesto "preparazione della conferenza tessile del Piemonte, definizione delle zone tessili. Deliberazione". Il Consiglio concorda? Allora trattiamo il punto sesto dell'ordine del giorno.
L'Assessore Petrini illustra i termini della questione.



PETRINI Luigi, Assessore all'industria

Signor Presidente colleghi Consiglieri, con la pubblicazione sulla "Gazzetta Ufficiale" del 23 dicembre 1971, n. 324, la Legge tessile (1 dicembre 1971, n. 1101), dopo anni di viva attesa, è divenuta realtà.
La legge, come ci è stato possibile constatare anche nel corso delle consultazioni effettuate in questi giorni, ha destato speranze, ovunque, ma soprattutto nelle zone monotessili, dove per le ricorrenti crisi - sia di carattere strutturale che congiunturale, si è avuto un esodo di mano d'opera dal settore (che solo in parte è stato possibile far riassorbire da altre iniziative) e dove, pertanto, maggiormente si avvertiva l'urgente necessità di un intervento dello Stato.
Pur nella consapevolezza che la nuova legge non potrà certo risolvere tutti i problemi, in tali zone si ha infatti la convinzione che le provvidenze approvate potranno offrire un contributo per il parziale superamento dell'attuale difficile situazione dell'industria e dell'artigianato tessili e quindi costituire un importante primo momento per il rilancio di un settore la cui validità trova riscontro nell'importanza economica e sociale che esso riveste sia per il numero sia per la conformazione e la distribuzione geografica della mano d'opera che vi è addetta.
Per parte nostra, se pure dobbiamo formulare riserve e perplessità per quanto attiene ad alcuni punti specifici del provvedimento (come ad esempio la cifra dello stanziamento, che avremmo voluto adeguata alle rinnovate esigenze produttive e soprattutto al numero degli addetti tessili) e dobbiamo denunciare che essa costituisce soltanto l'avvio ad un approccio sistematico verso i problemi tessili italiani, trattandosi di una legge settoriale, le cui provvidenze e facilitazioni non trovano conforto in un piano dello Stato per il rafforzamento e la ripresa del settore tessile non possiamo tuttavia tacere di alcuni dati positivi che, per contro, la legge nel suo complesso presenta.
E in particolare il fatto che con questo provvedimento, superato il concetto dell'intervento statale riferito alle singole aziende, si sia giunti ad una visione più giustamente prospettata sul piano territoriale mi sembra sia soprattutto degno di approvazione.
In questa prospettiva, infatti, la Regione, attraverso gli strumenti che le sono propri, potrà inserirsi nella gestione della legge e guidare cercando di legare il discorso settoriale in un discorso invece di tipo programmatico, le operazioni che si renderanno possibili nelle determinande zone tessili.
Il nostro impegno à appunto questo: di essere sempre presenti e di vigilare attentamente perché dall'applicazione della legge abbiano a scaturire quei risultati che tutti auspichiamo sia per la ripresa del settore - che deve essere portato ad un livello tecnico ed organizzativo del tutto aperto alle nuove esigenze di mercato - sia, particolarmente desidero sottolinearlo, per la difesa dell'occupazione, la quale attraverso il potenziamento delle aziende tessili esistenti ed anche delle previste attività collaterali e diversificate dovrà vedersi aperte nuove rassicuranti prospettive di lavoro.
La Legge n. 1101 prevede due tipi di interventi: il primo riguarda tutte le aziende tessili, in qualunque parte del territorio siano collocate, e consiste nella facoltà ad esse concessa di presentare piani diretti alla loro ristrutturazione e riorganizzazione; il secondo tipo di intervento riguarda invece soltanto le aziende tessili che risulteranno ubicate nelle determinande zone tessili.
Tali aziende, unitamente o indipendentemente dai piani di ristrutturazione e riorganizzazione, potranno presentare (entro quattro mesi dalla determinazione della zona) piani di conversione parziale o totale in attività industriali diversificate dalle tessili.
Nelle zone tessili, inoltre, saranno ammessi a beneficiare delle provvidenze stabilite dalla legge anche gli impianti di nuovi stabilimenti industriali diversificati dai tessili, che potranno essere attuati anche da imprese non tessili. La valutazione della rispondenza dei piani alle esigenze della programmazione e alla tutela dell'occupazione e della condizione operaia è demandata ad un Comitato interministeriale, che dovrà operare tenuto conto delle direttive programmatiche globali del CIPE.
Nella valutazione dei piani di ristrutturazione e organizzazione dovranno considerarsi con particolare riguardo le imprese che in relazione al capitale investito assicurano, in un quadro di avanzata tecnologia, il massimo livello occupazionale, le cooperative, le medie e piccole imprese ed i loro consorzi, nonché le imprese i cui stabilimenti sono localizzati nei territori del Mezzogiorno.
Il predetto Comitato interministeriale è costituito, oltre che dal Ministro per l'industria, il Commercio e l'Artigianato (o da un Sottosegretario da lui delegato), che presiede, da: due rappresentanti del Ministero dell'Industria, del Commercio e dell'Artigianato; due rappresentanti del Ministero del Lavoro e della Provvidenza Sociale un rappresentante del Ministero del Tesoro un rappresentante del Ministero delle Partecipazioni statali un rappresentante del Ministero del Bilancio tre rappresentanti dei datori di lavoro della piccola, media e grande industria, designati dal Ministero per l'Industria, il Commercio e l'Artigianato tre rappresentanti dei lavoratori designati dal Ministero per il Lavoro e la Previdenza Sociale; un rappresentante delle Regioni interessate.
La legge delega agli Istituti abilitati all'esercizio del credito a medio e lungo termine la concessione di finanziamenti per le iniziative suddette nel limite di un fondo di 200 miliardi. Almeno 10 miliardi devono essere riservati alle imprese tessili artigiane. I finanziamenti vengono concessi dal Ministro dell'Industria sentito l'apposito Comitato interministeriale e tenuto conto delle esigenze dei piani zonali approvati a scaglioni decrescenti in rapporto all'entità dell'operazione, e precisamente: 70% fino a 500 milioni di lire 60% per la parte eccedente i 500 milioni di lire fino a 3 miliardi di lire 50 per la parte eccedente i 3 miliardi di lire fino al limite di 6 miliardi.
Lo Stato concorre agli oneri derivanti dai finanziamenti previsti mediante la corresponsione alle imprese, che ne beneficeranno per l'intera durata dei finanziamenti stessi e comunque per un periodo non eccedente i 15 anni, di un contributo nel pagamento degli interessi in misura tale da ridurre l'onere a carico delle imprese al 4% annuo, comprensivo di ogni gravame accessorio e spesa.
Per tutte le operazioni poste in essere in attuazione di piani approvati (sia nelle zone tessili che nel restante territorio nazionale, e quindi: di piani di ristrutturazione, piani di riorganizzazione, piani di conversione totale o parziale, fusioni di società, aumenti di capitale nuove società) si applicano le agevolazioni fiscali previste dalla Legge 18 maggio 1965 n. 170, perché le operazioni si verifichino entro 3 anni dall'approvazione dei piani (si tratta di imposta fissa di registro, in L.
20.000, dell'esenzione dall'imposta comunale sugli incrementi di valore delle aree fabbricabili, del rinvio della tassazione di R.M. categoria B) e imposte sulla società ecc.).
Le plusvalenze derivanti da realizzo di beni reinvestiti per l'attuazione dei piani di ristrutturazione e conversione non concorrono per 4 periodi di imposta a formare il reddito imponibile agli effetti dell'imposta di R.M. e dell'imposta sulle società, alle condizioni di cui all'art. 62 del D.L. 26 ottobre 1970 n. 745 convertito in Legge 18.12.1970.
La legge detta anche delle norme in materia di previdenza e assistenza.
In particolare, stabilisce: che l'approvazione del piano aziendale di ristrutturazione, riorganizzazione e conversione vale riconoscimento della situazione sociale prevista dalla Legge 5.11.1968 n. 1115 ai fini del trattamento degli operai sospesi (Cassa integrazione guadagni: 80% della retribuzione fino a 9 mesi) e degli operai ed impiegati licenziati (due terzi della retribuzione per 180 gg. contro versamento da parte dell'azienda di una somma pari a 30 giorni del trattamento speciale).
Le imprese ammesse a beneficiare dei finanziamenti previsti dalla legge devono aprire o finanziare corsi di riqualificazione per dipendenti sospesi ovvero collocati ad orario ridotto in conseguenza dell'attuazione dei piani aziendali di ristrutturazione riorganizzazione o conversione.
Per i titolari e i dipendenti delle aziende artigiane del settore tessile che intraprendono processi di riconversione o ristrutturazione possono essere organizzati dalla INIASA corsi di qualificazione e riqualificazione.
Le imprese che realizzano nuove attività industriali ai sensi degli artt. 3 e 7 della Legge sono tenute ad assumere prioritariamente i lavoratori eventualmente licenziati dalle aziende tessili.
A decorrere dal periodo di paga successivo a quello in corso all'entrata in vigore della legge e per un triennio l'aliquota contributiva per gli assegni familiari dovuta dalle imprese industriali e artigiane tessili è ridotta dal 10 al 15% .
E' già stato posto in evidenza che la legge prevede due tipi di intervento: l'uno riguardante tutte le aziende tessili, dovunque siano localizzate, e l'altro riferentesi solamente alle aziende poste nelle determinande zone a prevalente industria tessile. Alla determinazione di tali zone deve provvedere il Ministro dell'Industria, in base alle proposte che le Regioni interessate sono tenute a formulare (entro il 6 aprile) sulla scorta delle direttive appositamente approvate dal Comitato interministeriale per la Programmazione economica).
In sintesi, tali direttive sono: 1) Le zone devono essere formate da uno o più comuni contigui in cui vi siano stabilimenti tessili oppure comuni da cui si origini un movimento pendolare di mano d'opera industriale verso gli stabilimenti anzidetti 2) perché la zona sia considerata a prevalente industria tessile occorre: a) che il rapporto fra addetti tessili e addetti alle industrie manifatturiere locali non sia inferiore al 50 b) che il rapporto tra addetti tessili occupati nel complesso dell'attività produttiva della zona non sia inferiore al 25%; la zona tessile, inoltre deve avere un numero di addetti al settore non inferiore al 4% degli addetti tessili nazionali, o, quando un comparto tessile occupi almeno la metà del totale degli addetti tessili locali, il rapporto tra addetti locali e nazionali di tale comparto dovrà raggiungere almeno l'8%.
3) le zone individuate in base alle precedenti direttive sono da considerarsi depresse ai fini dell'art. 3 della legge se collocate nel Mezzogiorno o se rientranti totalmente o prevalentemente nelle aree depresse o montane del Centro-Nord 4) fra le zone a prevalente industria tessile non rientranti nelle aree di cui alla direttiva n. 3, le Regioni potranno segnalare al Ministro dell'Industria - perché vengano comprese tra quelle cui applicare il disposto dell'art. 3 della legge - le zone in cui siano rilevanti particolari fenomeni di depressione e di notevole disoccupazione 5) per quelle zone, composte da una pluralità di comuni, in cui l'industria tessile, pur risultando prevalente nel quadro dell'economia locale, non raggiunge il livello richiesto di rappresentatività, rispetto al totale nazionale, (4%), le Regioni possono formulare al Ministero concrete proposte per la loro inclusione fra le zone di cui all'art. 3 della legge a condizione che la situazione economica locale risulti di particolare gravità per la presenza di una rilevante disoccupazione conseguente alla cessazione di aziende tessili 6) per addetti tessili si devono intendere quelli classificati dall'ISTAT per le rilevazioni industriali e commerciali nel "ramo 3" - industrie manifatturiere.
Come si ricorderà, allo scopo di affiancare la Giunta e il Consiglio nel compito che la legge demanda alla Regione per la proposta di determinazione delle proprie zone tessili, è stata a suo tempo costituita una Commissione particolare, composta dal Vicepresidente della Giunta e Assessore all'Urbanistica, dagli Assessori all'Industria, al Lavoro, alla Programmazione e da un rappresentante di ciascun Gruppo consiliare.
Detta Commissione ha tenuto quattro sedute, di cui due dedicate alla consultazione delle Organizzazioni sindacali, regionali e provinciali, del Consorzio dei Comuni della zona biellese, dei Consigli della Val Pellice Valli Chisone e Germanasca, Valle di Lanzo, Valle Sesia, Bassa Valle Cervo e Valsessera, nonché dei Sindaci dei Comuni più direttamente interessati.
La Commissione, considerato l'obiettivo che la legge intende perseguire, ha innanzitutto rilevato che, nello spirito della stessa, la determinazione delle zone tessili serve per agevolare la diversificazione della monoindustria tessile e che quindi, detta determinazione deve rispondere a criteri tali che, evitando una dispersione degli interventi tra una miriade di piccole zone tessili scarsamente rappresentative ai fini delle reali esigenze del settore, portino alla costituzione di un'area funzionale sufficientemente ampia, nella quale sussista, tra l'altro, il problema della monoindustria tessile.
La Commissione ha inoltre sottolineato che gli interventi per le zone a prevalente industria tessile non devono mirare a creare un'occupazione industriale aggiuntiva, bensì a salvaguardare quella esistente nelle zone predisponendo strumenti capaci di influire sul mantenimento dell'occupazione dei territori interessati con la promozione di diversificazioni industriali.
Rilevato, quindi, che nell'applicazione della legge è necessario tenere distinta la fase della determinazione delle zone tessili da quella riguardante invece la gestione, nell'interno delle zone tessili, delle provvidenze statali; e che è nella seconda fase che la Regione, in considerazione soprattutto dei problemi relativi all'occupazione potrà e dovrà guidare i processi di diversificazione e di collocazione dei possibili nuovi impianti industriali - avvalendosi in ciò, oltre che dei propri poteri in materia di urbanistica, della concreta possibilità di programmare l'utilizzazione dei fondi statali, portando avanti presso il Comitato interministeriale, di cui fa parte, il proprio parere su ogni richiesta aziendale, e quindi in ordine di priorità di interventi determinato a livello regionale e legato ad un meccanismo di programmazione i membri della Commissione, a maggioranza, hanno evidenziato la necessità di attenersi, sulla formulazione della propria proposta, alla direttiva del CIPE, allineandosi in tal modo con l'orientamento espresso dalle altre Regioni interessate.
Con ciò tenuto ben presente la necessità di procedere ad un attento esame dei dati elaborati relativamente a ciascun Comune, ai fini di individuare - per la doverosa segnalazione al Ministero competente, e quindi, per la equiparazione alle zone tessili -, di quelle aree nelle quali alla ristrutturazione tessile non è seguita una riconversione industriale.
La legge non consente altre alternative. Il disattendere le direttive del CIPE significherebbe soltanto portare oltre la denuncia, già espressa di incompletezza della legge, senza speranza tuttavia che si possa ottenere l'emanazione, da parte del CIPE, di direttive diverse da quelle già emanate, e quindi con il solo grave pericolo di lasciare piena la competenza del Ministero dell'Industria per quanto attiene alla determinazione delle "zone tessili" della Regione piemontese.
Per la costituzione delle zone si è reso necessario partire dalla conoscenza dei valori dei rapporti indicati nelle direttive CIPE a livello di singolo comune. Per tali operazioni la Commissione si è avvalsa dell'opera dell'IRES, il quale, per quanto riguarda l'industria, poteva disporre di un aggiornamento dei dati del censimento del 1961 condotto attraverso i Comuni e confrontato con i dati del pre-censimento industriale del 1969.
Dovendo disporre delle informazioni riguardanti gli addetti globali queste sono state ottenute utilizzando, da una parte, la situazione della popolazione attiva al 1961, e, dall'altra, le più recenti informazioni a livello regionale, sempre relativa alla popolazione attiva.
Per il calcolo della popolazione attiva per ciascun Comune si sono applicate ai dati del 1961 le tendenze riscontrate a livello regionale.
Sulla base di queste informazioni per Comune si sono, quindi, calcolati i rapporti - primo - addetti tessili su addetti industria manifatturiera, e secondo - addetti tessili su totale della popolazione attiva.
Si è quindi proceduto alla visualizzazione dello stato di questi rapporti per tutti i Comuni della Regione, prima distintamente, rapporto per rapporto, e poi congiuntamente i due rapporti insieme. La visualizzazione così ottenuta ha consentito di individuare le aree in cui l'incidenza dell'industria tessile si presentava più elevata e ampia, e pertanto, aree per le quali era presumibile che il peso degli addetti locali sugli addetti nazionali del settore raggiungesse il livello del 4 richiesto.
La diffusione del fenomeno si rileva nel Biellese e nel Novarese, in particolare è individuabile una zona fortemente caratterizzata che comprende il Biellese e la Valsesia. Connessa a questa si ritrova una fascia del medio e basso Novarese e un nucleo di Comuni che non presentano un livello di industrializzazione tessile sufficientemente elevato ma che presentano un interscambio pendolare con i primi.
Al di fuori di queste zone, non esistono nella Regione altri Gruppi di Comuni che presentino i caratteri richiesti; in particolare poiché non è raggiungibile il 4% richiesto di addetti sul totale degli addetti tessili nazionali.
Nella configurazione dei Comuni sui quali è possibile operare una zonizzazione tessile sono stati effettuati calcoli per singole sotto-zone che possono poi essere raggruppate per formare un'unica zona, più o meno ampia.
Le sotto-zone individuate sono le seguenti: Biellese, Valsesia, medio e basso Novarese, Gattinara e Comuni limitrofi.
Di queste sotto-zone (con i relativi Comuni) indico ora i valori che assumono i vari rapporti.
1) - BIELLESE (con tutti gli 83 Comuni facenti parte del Consorzio della Zona biellese), dove: il rapporto tra gli addetti tessili e gli addetti alle industrie manifatturiere (che, secondo la direttiva del CIPE, non dev'essere inferiore al 50%) assume il valore di 93,4 il rapporto tra gli addetti tessili e gli occupati nel complesso delle attività della zona (che, secondo il CIPE, non deve essere inferiore al 25%) è del 49,3 e il rapporto tra gli addetti tessili della zona e gli addetti tessili nazionali (che per il CIPE non deve essere inferiore al 4%) assume il valore del 5,05%.
2) - VALSESIA (con 9 Comuni, e precisamente Borgosesia, Breia, Cellio Civiasco, Quarona, Varallo Sesia, Serravalle Sesia, Valduggia, Grignasco) dove: il rapporto adetti tessili-addetti alle industrie manifatturiere assume il valore di 63,7 il rapporto fra addetti tessili e occupati nel complesso delle attività produttive della zona è del 36,5 il rapporto fra addetti tessili della zona e addetti al settore sul piano nazionale è dello 0,75%.
3) - MEDIO NOVARESE (con 37 Comuni, e precisamente : Lenta, Agrate Conturbia, Barengo, Bellinzago, Bogogno, Bolzano N.se, Carpignano Sesia Castelletto Ticino, Cavaglietto, Cavaglio d'Agogna, Camigrago Cressa Cureggio, Borgomanero, Borgoticino, Briga N.se, Caltignaga, Divignano Dormelletto, Fara Novarese, Fontaneto d'Agogna, Gargallo, Gattico, Ghemme Gozzano, Maggiora, Marano Ticino, Mezzomerico, Momo Oleggio, Pombia Sizzano, Soriso, Suno, Vaprio d'Agogna, Varallo Pombia, Veruno), dove: il rapporto addetti tessili/addetti alle industrie manifatturiere è del 66,9 il rapporto addetti tessili/occupati nel complesso delle attività produttive della zona è del 25,5 il rapporto addetti tessili locali/addetti tessili nazionali è dell'1,23 4) - GATTINARA (con 11 Comuni, e precisamente: Gattinara, Lozzolo, Roasio Villa del Bosco, Boca, Cavallirio, Prato Sesia, Romagnano Sesia, Rovasenda S. Giacomo, Lenta), dove: il rapporto addetti tessili/addetti alle industrie manifatturiere è del 32,8 il rapporto addetti tessili/occupati nel complesso delle attività produttive della zona è dell'11,5 il rapporto addetti tessili della zona/addetti tessili nazionali è dello 0,13%.
Dall'esame di questi risultati - se si procede per sotto-zone - si vede come soltanto il Biellese, considerato però nella sua interezza, e quindi con tutti i suoi 83 Comuni presenti il rapporto sugli addetti tessili nazionali ...



BERTI Antonio

Compreso Verrone.



PETRINI Luigi, Assessore

Certo, compreso Verrone. Comunque, a questo proposito dirò poi qualcosa in sede di replica, se non spiace al Consigliere Berti.
La seconda considerazione è che, sulla scorta dei risultati dei calcoli, tutte le sotto-zone individuate potrebbero essere raggruppate per formare un'unica grande zona tessile piemontese.
Si ritiene pertanto di proporre che la "zona tessile" sia costituita dalle quattro Sotto-zone sopra indicate del Biellese, della Valsesia, del Medio Novarese e di Gattinara, che nel suo complesso presenta relativamente ai rapporti indicati dal CIPE, i seguenti valori: rapporto addetti tessili/addetti all'industria manifatturiera 81,2 anziché 50 rapporto addetti tessili/occupati nelle attività produttive della zona 39 anziché 25 rapporto addetti locali del settore/addetti tessili nazionali 7,15 anziché 4%.
La Commissione ha anche considerato i punti 4 e 5 della direttiva CIPE che consentono alla Regione di avanzare delle proposte motivate perch siano considerate zone di applicazione della legge tessile anche zone a prevalente industria tessile, per le quali, tuttavia, i rapporti non raggiungano i valori richiesti.
Per l'individuazione di queste zone si è proceduto alla visualizzazione anche della situazione tessile nel 1961. Il confronto tra la carta del 1961 e quella del 1969 ha consentito di vedere la riduzione avvenuta nell'industria tessile e di considerare se avvenuta o meno dopo il 1961 sostituzione delle industrie tessili con altre industrie.
Da questo confronto è emerso che possono essere considerati come zone rientranti nei punti 4 e 5 della direttiva CIPE, e quindi da proporre all'attenzione del Ministro dell'industria, le zone: 1) Cirié-Lanzo (con 14 Comuni, e precisamente: Balangero, Cafasse, Ciri Fiano, Grosso, Lanze T.se, Mathi, Nole Robassomero, San Carlo C.se, San Francesco al Campo, S. Maurizio C.se, Villanova C.se, Pessinetto), dove i tre rapporti richiesti dal CIPE assumono rispettivamente i valori di 49,5 26,4%, e 0,63%.
2) Valpellice, Germanasca e Chisone (con 15 Comuni, precisamente: Bibiana Bricherasio, Campiglione Fenile, Cavour, Garzigliana, Luserna S. Giovanni Lusernetta, Rorà, Torre Pellice, Villar Pellice, S. Secondo di Pinerolo, S.
Germano Chisone, Inverso Pinasca, Pomaretto e Perosa Argentina), dove i tre rapporti assumono rispettivamente il valore del 79,1%, 22,8% e 0,40%.
Circa la preparazione della Conferenza tessile del Piemonte richiesta attraverso l'indicazione messa all'ordine del giorno, io non ho che da confermare che il Consiglio Regionale potrà disporre della bozza del nuovo Piano di sviluppo regionale, così come verrà impostato dall'IRES, al più presto.
Il piano regionale di sviluppo dovrà essere il perno delle politiche settoriali e territoriali, cui, nell'ottica di insieme appunto dello sviluppo, dovrà dare risposte coerenti.
Ora, soltanto disponendo di un elemento-base come il Piano regionale di sviluppo si potranno affrontare in senso nuovo ed utilizzabile discussioni ed iniziative, che se si svolgessero fuori da questo tempo e da questa dimensione potrebbero risultare contraddittorie e inutili.
Il Piano regionale di sviluppo del Piemonte, così come ora lo possiamo prefigurare sulla base delle indicazioni di politica economica già emerse da questo Consiglio, e come lo possiamo prevedere per l'ascendenza del primo Piano regionale curato dal CRPE, lega in una coerente visione d'insieme gli aspetti delle singole politiche produttive, degli interventi regionali o comunque pubblici, del rilancio e della razionalizzazione industriale del Piemonte, alla realtà di base del territorio.
A maggior ragione, quindi, occorrerà attendere la bozza di Piano regionale di sviluppo, nella sua impostazione generale, per affrontare in parallelo con iniziative di carattere regionale promosse della Regione problemi settoriali quali quello dell'industria tessile con la conferenza di settore unitamente al dibattito sulla bozza di piano.
Pertanto il mio auspicio, e quello della Giunta, è che la Conferenza tessile del Piemonte si possa programmare non appena saremo in possesso della bozza del nuovo Piano di sviluppo del Piemonte, che mi pare si preveda di avere entro il mese di aprile.



BERTI Antonio

Scusi, Assessore, questo parametro vale anche per definire le zone tessili? Perché se oggi la legge opera per definire zone tessili che peraltro verranno poi ristrutturate, a che serve poi una conferenza tessile? L'intervento e già deciso: quelle sono le zone tessili.



PETRINI Luigi, Assessore all'industria

Noi non deliberiamo, facciamo una proposta: non sappiamo come risulterà la zona tessile. Il Ministero ha tempo fino al 6 maggio. Se la Conferenza tessile fosse fissata per aprile, le nostre proposte avrebbero un valore di pressione nei confronti del Ministero.



BERTI Antonio

Dovrebbe essere implicito, allora, che la conferenza tessile si farà in aprile. E' questo che interessa sapere.



PETRINI Luigi, Assessore all'industria

A mio avviso, se la bozza di piano sarà pronta in aprile, sì.



PRESIDENTE

Diamo ora inizio alla discussione sulla relazione svolta dall'Assessore Petrini. Chi chiede di parlare? Pregherei i Consiglieri che desiderano intervenire di volersi mettere in lista, anche per l'economia del tempo, per vedere di regolamentare i nostri lavori in maniera da utilizzare nel modo più proficuo questa mattinata così da giungere il più vicino possibile al termine della discussione, dato che la seduta del pomeriggio, se si terrà, potrà svolgersi soltanto dalle 16 alle 17,45, in quanto i Capigruppo devono partecipare all'incontro in Via Magenta con i rappresentanti sindacali appunto del settore tessile.
Si iscrivono i Consiglieri: signora Fabbris, Simonelli, Rossotto Sanlorenzo, Garabello, Berti.
Ha facoltà di parlare la Consigliera Fabbris.



FABBRIS Pierina

Signor Presidente, signori Consiglieri, l'esame della legge tessile ripropone a noi tutti il problema dell'occupazione e della programmazione sulla quale si è espresso anche poc'anzi l'Assessore, nell'ambito del necessario sviluppo economico e industriale ed un esame approfondito della situazione del settore, in una visione, per quanto riguarda questo fatto specifico, che tenga conto della sua validità e quindi di una prospettiva positiva. Argomenti, questi, che sono stati ampiamente discussi anche recentemente in questo Consiglio.
Noi avevamo sollecitato più volte un intervento programmatorio regionale, da cui far discendere misure, interventi, nel quadro di una linea di programmazione di piani di sviluppo di zona, e quindi di una promozione del settore stesso, nell'ambito, cioè, di una visione programmata che parta da una valutazione positiva delle possibilità del settore. Ci troviamo, invece, a prendere atto, questa mattina, di alcuni compiti spettanti alla Regione in base alla legge tessile. Una legge che non contiene niente di ciò che noi proponevamo. Le norme del CIPE, delle quali parlerò più avanti, per quanto riguarda le zone, e quindi la diversificazione industriale, confermano la validità del giudizio negativo espresso a suo tempo sulla legge, la quale, lungi dall'affrontare la necessità di una programmazione, di uno sviluppo del settore tessile nel suo complesso, assolve alla sola funzione di incentivare gli industriali a licenziare, permettendo che continuino essi a fare la programmazione scegliendo la soluzione dei loro problemi sulla base dell'attuazione dell'obiettivo di realizzare il massimo profitto con il minimo impegno finanziario.
La riorganizzazione, infatti, avviene, su tutto il territorio, sulla base di semplici operazioni di razionalizzazione e di parcellizzazione delle varie fasi di lavorazione, colpendo l'uno dopo l'altra queste fasi: si è partiti dalla pettinatura per passare alla filatura; ora siamo ai lanifici, alle aziende a ciclo completo. Potrei portare qui, se volessimo approfondire il discorso, una serie di dati che confermano quanto sto dicendo. E l'obiettivo reale che si realizza attraverso questo processo non è altro che quello dell'aumento della disoccupazione, dell'aumento dello scivolamento delle aziende, del trasferimento, cioè, delle aziende dalle località di loro naturale insediamento verso la pianura, di un aumento enorme del lavoro a domicilio e del "cosiddetto artigianato", il quale ci fa affermare che non di lavoro a domicilio si tratta, ma bensì di sfruttamento a domicilio, che colpisce in modo particolare un settore che è oggi motivo di interesse da parte di tutti i movimenti politici e sindacali, e cioè il settore dell'occupazione femminile. E viene a confermare quanto già è stato ricordato in questo Consiglio dalla nostra parte politica, cioè che ancora una volta, per quanto riguarda l'occupazione femminile, siamo in presenza di un'azione che conferma l'intenzione di considerare l'occupazione femminile come transitoria marginale, da emarginare non appena altre scelte politiche si determinano nella situazione produttiva.
Tutto questo avviene sotto lo spauracchio di una crisi del settore.
Crisi sulla quale mi permetto di fare una precisazione. E' vero che crisi c'é, ma non è crisi di validità del settore bensì crisi - e questo l'hanno detto, sottolineato, ricordato ancora recentemente le organizzazioni sindacali a livello nazionale e regionale - di carattere strutturale, che richiede quindi una ristrutturazione del settore, da effettuare però avendo presente l'ancora attuale validità del settore e delle prospettive che esso consente. Senza questa validità, senza questo elemento positivo, non si pu prevedere una prospettiva positiva del settore, e si verifica l'attacco all'occupazione ed il continuo slittamento degli impianti cui stiamo assistendo in questi ultimi tempi in tutto il territorio della Regione.
Si tratta di una crisi, quindi, che richiede un approfondimento nei suoi termini specifici: ma un approfondimento fatto con volontà di risolvere positivamente i problemi, collocando giustamente il settore nel suo complesso, dalle fibre al manufatto, in una visione di prospettiva futura che consente di imboccare la strada delle soluzioni positive, che significano maggiori investimenti, ritmo meno intenso di lavoro nelle fabbriche, ampliamento del potere d'acquisto dei lavoratori e degli strati meno agiati della popolazione. Con questa volontà politica si può giungere al superamento della crisi strutturale del settore. Finora, il termine politico di crisi tessile è sempre stato usato dai padroni contro i lavoratori, per giustificare gli attacchi all'occupazione e per mantenere i lavoratori tessili in una situazione di particolare arretratezza salariale che è stata interrotta solo con l'ultimo contratto.
La legge tessile non affronta nessuno dei problemi che ho elencato, e soprattutto non prevede un nuovo tipo di intervento pubblico che attraverso una programmazione democratica, stimoli una politica di sviluppo del settore nell'ambito di piani di zona, in un giusto rapporto con la politica di Piano regionale e nazionale. Questo, d'altra parte, è quanto ci chiedono anche le organizzazioni sindacali. Qui mi permetto solamente di ricordare che al proposito è stato da tali organizzazioni consegnato un documento, nel corso della consultazione attuata dalla Commissione la scorsa settimana. In questa nota - che non leggo perché è agli articoli si sottolineano gli aspetti negativi della legge tessile, soprattutto perché politicamente difettosa allorquando, stabilito che "spetta all'imprenditore privato, già in stato di crisi 'strutturalmente intesa' provvedere con la sola sua iniziativa alla ristrutturazione a alla riconversione", auspica che tale crisi strutturale venga appunto superata nell'ambito di una visione programmatoria del settore e in armonia con il Piano di sviluppo regionale.
Per entrare nel merito delle norme del CIPE, mi preme intanto sottolineare in via preliminare un aspetto che mi sembra importante. Esse a mio avviso, sono doppiamente negative: innanzitutto, perché rappresentano un elemento lesivo delle prerogative della Regione in materia di programmazione, imponendo a noi di adottare dei parametri, dei criteri e degli indici stabiliti non da noi ma da Roma, con una visione avulsa della nostra realtà. La cosa che mi sembra tanto più grave ora che, come ho ricordato poc'anzi il Vicepresidente della Giunta, la Regione ha assunto i pieni poteri; inoltre, perché, proprio per questo difetto che chiamerei d'origine, non consentono di attuare una delimitazione delle zone tessili in modo da incoraggiare, là dove sono necessari, e cioè soprattutto nelle vallate, insediamenti di nuove aziende diversificate, tendenti ad ottenere da una parte il mantenimento, e, possibilmente, lo sviluppo, dei livelli di occupazione, dall'altro un diverso assetto del territorio, anzi, sono fatte in modo da favorire la continua smobilitazione, il continuo disimpegno degli industriali in loco e il riprodursi degli squilibri e delle contraddizioni che, mentre comportano lo sconvolgimento del territorio continuano ad inferire duri colpi ai livelli di occupazione.
Ci ricordava lo stesso Assessore Petrini come l'applicazione di queste norme porti a dichiarare, in Piemonte, settore tessile solo il Biellese preso però nella sua interezza, in tutti gli 83 Comuni (compreso quello di Verrone, che, come ricordava poc'anzi il collega compagno Berti, è interessato da altri problemi, sui quali mi soffermerò più avanti); per tutte le altre località, siamo al livello della indicazione, e dobbiamo manovrare attraverso gli articoli 4 e 5 perché possano essere ammesse a beneficiare degli interventi previsti dalla legge tessile. E' vero che anche per il resto siamo a livello di proposta, ma per quanto riguarda gli articoli 4 e 5 siamo ad un livello ancora inferiore, al livello della indicazione al Ministero, il quale terrà poi conto della sua validità o meno.
A me pare, pertanto, che queste norme non siano da tenere in considerazione per definire le zone tessili in Piemonte: perché non rispondono ai bisogni, alle necessità delle nostre località colpite da difficoltà del settore tessile. Infatti, si verifica un fatto molto grave anche se parrebbe inverosimile, del quale dovremo discutere stasera con le organizzazioni sindacali: mentre noi ci troviamo qui a discutere del modo in cui applicare le norme del CIPE per definire le zone tessili contemporaneamente, a Vercelli, presso l'Ispettorato del Lavoro, si svolge una riunione, alla quale sono interessate le organizzazioni sindacali del Biellese, per discutere la richiesta di dichiarare la sussistenza di condizioni di ristrutturazione e riorganizzazione aziendale di otto aziende biellesi (sono le otto maggiori aziende esistenti ora nel Biellese e sono tutte, ora, all'infuori della Pettinatura Italiana di Vigliano, dislocate nelle vallate). Dunque, mentre noi discutiamo sul da fare per chiudere certe falle, per impedire che si continui a licenziare, per impedire che le aziende continuino a slittare al basso dalle vallate, condannando queste al decadimento economico industriale, parallelamente è già sul tavolo della discussione la richiesta da parte di nove aziende di ridurre la mano d'opera, senza altra prospettiva di collocazione dei lavoratori che vengono ad essere in esuberanza in queste località. Località dove, d'altra parte e di ciò esiste un'ampia documentazione presso la Giunta - si è verificato uno spopolamento spaventoso, oltre ad una enorme riduzione di mano d'opera occupata. Ed è chiaro che in queste località nessuno, se non costrettovi andrà ad installare delle aziende diversificate. Soprattutto se, applicando le norme del CIPE così come viene proposto, noi inseriamo nel piano tessile i Comuni della zona bassa del Biellese, che sono vicino all'autostrada dove praticamente è più comodo, più facile, più redditizio collocare delle aziende, godendo degli stessi incentivi che si otterrebbero nelle vallate.
Altro aspetto contraddittorio della questione, per cui il Sindaco di Verrone ha potuto dire recentemente, con dichiarazioni riportate da un bisettimanale biellese, che già oggi il suo Comune dispone di un numero di posti di lavoro sei volte superiore a quello dei lavoratori disponibili.
Cosa succederà quando vi si insedierà la Lancia? Si verificherà purtroppo l'ipotesi tragica che abbiamo prospettato: che i lavoratori delle vallate espulsi dall'industria tessile, non avranno un posto di lavoro in loco ma dovranno andare a Verrone, creando a Verrone e a tutti i Comuni della Bassa enormi problemi dal punto di vista dell'assetto territoriale che ben possiamo immaginare.
Questo meccanismo a noi pare debba essere interrotto. Se c'è una possibilità di porre con le norme del CIPE un freno a questa tendenza che porterebbe nel giro di pochi anni ad un enorme decadimento delle vallate ad aumentare terribilmente gli squilibri già esistenti, noi dovremo sfruttarla.
Per questo a noi pare più che mai valida la considerazione fatta ripetutamente nell'ambito della Commissione, fin dalla sua prima riunione se noi vogliamo assolvere questo compito che a noi pare determinante, che non è programmatore, è vero, non è promozionale del settore, però consente di tamponare le falle che ci sono, ebbene, dobbiamo compiere una scelta politica; per far sì che nuovi insediamenti diversificati, con crediti agevolati, con danaro pubblico, vengano a farsi laddove esiste, o pu venire a determinarsi nel giro di poco tempo, crisi occupazionale, con disponibilità di mano d'opera in loco, e non dove invece già oggi esistono problemi di pendolarità come quello che ho citato, sottolineato anche dal Sindaco di Verrone.
In questo senso hanno rivolto raccomandazioni anche i Sindaci, i rappresentanti delle Comunità montane e dei Consigli di valle che sono venuti alla consultazione della Commissione. Se il nostro Consiglio dovesse decidere che per la definizione delle zone tessili non ritiene valide le indicazioni che vengono dal CIPE credo non vi sarebbe motivo alcuno di scandalo: non faremmo altro, se mai, che tener conto di indicazioni venute dai rappresentanti dei Comuni, delle comunità di valle eccetera ed anche dalle stesse organizzazioni sindacali; perché allorquando questa, nella loro nota di critica alla legge dapprima, e poi entrando nel merito avanzano proposte che risultano in contrasto con l'elaborato che vien fuori dall'applicazione delle norme del CIPE, a me pare che dicano in sostanza: scegliete un'altra strada. Ecco perché secondo me non sarebbe sbagliato anzi sarebbe doveroso, fare una scelta diversa.
L'Assessore Petrini, prevenendo la nostra obiezione, ha già dichiarato che questo comporterebbe delle difficoltà. Ebbene, credo si tratti di dimostrare di saper fare una scelta politica, di avere una volontà politica, nell'ambito di quello che già è in animo nella stessa Giunta quando ci si dice che si stanno elaborando le norme per la programmazione regionale. Allora, se siamo in questo ambito, se abbiamo questa visuale, a me pare non in contrasto, anzi, legittima, la richiesta di delimitare le zone tenendo conto della nostra situazione, dei bisogni delle nostre località, e quindi di rifiutare le norme del CIPE e di quel che ne consegue.
Vorrei infine dire due parole a riguardo del criterio, anche qui ricordato poc'anzi dall'Assessore Petrini, circa i due tempi di attuazione della legge: in un primo tempo la delimitazione, in un secondo tempo la gestione dell'intervento. Credo che sarebbe errore lasciar crescere una illusione del genere: che prima delimitiamo e poi "gestiamo". A me sembra che sarebbe discriminatorio fare un certa delimitazione e all'interno di questa operare delle distinzioni: una volta fatta una delimitazione, le località che si trovano all'interno della zona hanno tutte gli stessi diritti. Sarebbe sbagliato, ripeto, lasciare che si alimenti una illusione del genere, perché in effetti sarebbe assolutamente inattuabile. Non solo ma si presterebbe a determinare una lotta di campanile certamente non utile ad alcuno. Non credo, dunque, nella validità dell'applicazione dei due tempi della legge, prima delimitazione e poi gestione, soprattutto se fatta così, in maniera a se stante e slegata da un qualsiasi quadro programmatorio.
Per questi motivi a me sembra appaia sempre più chiara l'esigenza di operare sulla base di una scelta politica nostra, che, partendo dalle esigenze delle nostre località, tenda ad orientare i nuovi insediamenti là dove esistono o possono insorgere in breve volgere di tempo problemi occupazionali, che impedisca il riprodursi di squilibri e di sconvolgimenti territoriali, che si proponga di utilizzare quel poco che è offerto dalla legge per salvaguardare i livelli di occupazione attuando quindi gli stessi presupposti positivi che ci sono nell'art. 1 della legge, e tendendo ad avere una visione programmata del settore, delle località del comprensorio ed esprimendo una volontà politica nostra, autonoma come Consiglio, della Regione, mi permetto infine di approfittare dell'occasione dell'argomento in discussione per sollecitare la convocazione della conferenza di settore nella quale io ritengo sia indispensabile operare un approfondimento della situazione esistente all'interno del settore tessile, e quindi prevedere quali misure, quali iniziative occorrano per rilanciarlo.
Concludendo rinnovo la proposta di respingere le norme del CIPE, per fare una scelta che dimostri la volontà politica della Regione Piemonte di giungere, attraverso questa legge, pur con tutti i limiti, con tutti i difetti che qui sono stati in essa denunciati, ad una soluzione positiva se non altro per riuscire ad arginare la continua richiesta di ridurre il numero degli occupati e quindi salvaguardare al massimo i livelli d'occupazione.



PRESIDENTE

Ha chiesto di parlare il Consigliere Simonelli. Ne ha facoltà.



SIMONELLI Claudio

Signor Presidente, colleghi, credo sia difficile, per chiunque intervenga oggi su questo tema, non condividere quanto è stato detto poc'anzi circa la insufficienza e la settorialità della cosiddetta legge tessile; un provvedimento che è certamente inadeguato quanto a stanziamento previsto e che certamente, in assenza di un piano tessile, cioè di un progetto di riorganizzazione dell'intero settore, rivela la sua difficoltà ad essere inquadrato in una logica programmata di sviluppo. Provvedimento che sostanzialmente punta su misure tradizionali e largamente inadeguate come gli incentivi concessi per gli insediamenti nelle aree depresse, e dunque, giocando su uno solo dei possibili fattori di localizzazione sottrae tutta la materia della ristrutturazione del settore, da un lato alla logica della localizzazione degli investimenti, dall'altro alla logica di programmazione che dovrebbero viceversa presiedervi.
Su questa legge si sono poi inserite le direttive del CIPE, con la indicazione dei parametri sulla base dei quali determinare le zone a prevalente industria tessile; parametri che certamente, in quanto tali sono opinabili, ma che tuttavia non mi sembra possano costituire di per s oggetto di una grossa battaglia, atteso che, comunque, gli art. 4 e 5 consentono alla Regione di individuare con una certa discrezionalità, con una certa larghezza delle zone che, anche se non rispondono ai requisiti richiesti, tuttavia presentano, per particolari loro caratteristiche elementi di interesse ai fini dell'applicazione della legge.
Quindi, direi, una legge insufficiente, settoriale, e delle direttive CIPE che per forza di cose non possono che restare implicate nella stessa logica insufficiente e settoriale della legge, e in conseguenza il rischio che da tutto questo scaturisca una situazione che tamponi soltanto alcune delle gravi carenze che sono emerse e non consenta di far fare un passo avanti decisivo al settore tessile in crisi. Una crisi che certamente ha delle componenti congiunturali, ma che ha soprattutto dei grossi connotati di carattere strutturale; un carattere strutturale di cui sono fin troppo note le componenti essenziali: ritardo tecnologico, insufficienza dimensionale di molte delle imprese, concorrenze che nuovi produttori e nuovi Paesi produttori fanno sui mercati internazionali, emergere di nuovi prodotti ricchi, rispetto ai quali le attività tradizionali del nostro settore tessile non si sono adeguate, una crisi generale che investe la lavorazione delle fibre naturali e così via.
Ora, il dato preoccupante di questa crisi, quello che a mio avviso, e credo ad avviso generale, ha portato la situazione ad un punto di rottura è rappresentato da un lato dalla sua generalizzazione, che è tale ormai da investire e da coinvolgere gran parte delle aziende operanti nel settore dall'altro dalle sue ripercussioni sui livelli occupazionali, che hanno toccato già ora delle punte gravissime ma si avviano a toccare punte ancora più acute nei prossimi anni (noi sappiamo - ne abbiamo già discusso in questo Consiglio - che previsioni e stime formulate sia dai sindacati dei lavoratori sia dagli organismi padronali hanno evidenziato prospettive di licenziamenti massicci, di ristrutturazioni che comportano un calo ulteriore o grave di mano d'opera nel settore: dunque, non soltanto abbiamo una gravissima crisi occupazionale in atto, ma abbiamo prospettive di ulteriori cali di occupazione nei prossimi anni), e infine, terzo elemento maggiormente sentito nelle Regioni toccate dalla crisi, la circostanza che per ragioni storiche, l'allocazione delle industrie del settore tessile è avvenuta a grappoli, in zone limitate, anche per sfruttare determinati fattori favorevoli di localizzazione emergenti all'origine dell'insediamento, e quindi la crisi delle industrie tessili e il conseguente calo di occupazione fanno saltare l'economia di intere zone.
Dove può arrivare, cosa mira a fare la legge, per porre un qualche rimedio a questa situazione? La legge si basa sui due tipi di intervento che sono già stati esposti: da un lato incentiva la razionalizzazione e l'ammodernamento delle industrie tessili, dall'altro incentiva la localizzazione e gli investimenti alternativi nelle zone a prevalente industria tessile.
Che cosa possiamo dire sul primo aspetto? Che certamente la mancanza di un piano tessile - in questo concordo con quello che la Consigliera Fabbris diceva poc'anzi - in definitiva non consente di dare a questa razionalizzazione, a questo ammodernamento dei connotati che la mettano al riparo da rischi di speculazione, da distorsioni dettate dalla pura logica del padronato, dalla pura ricerca di nuovi livelli di razionalità basati però o su equilibri di breve momento o su una accentuazione del processo di sfruttamento della mano d'opera o comunque sullo sfruttamento delle particolari agevolazioni consentite dalla legge, che però nel lungo o anche nel medio periodo non consentono di far fare un salto qualitativo al settore. Noi crediamo, infatti, che l'ammodernamento e la razionalizzazione del settore non possano limitarci alla concentrazione aziendale - anche se certamente ci dovranno essere delle concentrazioni -, all'automazione della produzione e, quindi, ad un inasprimento dei ritmi di lavoro, ma debbano investire tutti gli aspetti del processo produttivo, dalla ristrutturazione dell'azienda al cambio dei macchinari, all'introduzione di diversi criteri organizzativi, alla ricerca di diversi sbocchi sul mercato, alla produzione di diversi prodotti, che vada, per esempio, anche alla ricerca di quelle produzioni ricche che consentono non solo di raggiungere non solo una competitività sui mercati internazionali ma anche di sopportare un carico salariale più elevato, sia nel senso di un più alto carico di mano d'opera sia nel senso di più elevati salari unitari.
Tutte queste esigenze di razionalizzazione e di ammodernamento, nel meccanismo della legge, sono affidate da un lato al giudizio di coloro stessi che ne sono i beneficiari, cioè gli imprenditori, dall'altro ad una valutazione in sede CIPE, che, in mancanza di parametri e di punti di riferimento, e, ripeto, in mancanza del piano tessile, rischia di essere affidata al caso, alla buona volontà di chi esaminerà una determinata pratica, e quindi non dà tutte quelle garanzie di ordine pubblico che dovrebbero essere date.
I rischi, poi, che questo meccanismo comporta sono notevoli, ed è giusto che noi li abbiamo presenti e li indichiamo quando discutiamo di questa legge, che per il Piemonte è essenziale, che per certe zone della nostra Regione è vitale, ma che evidentemente è destinata a toccare anche altre aree territoriali che come le nostre zone tessili sono interessate a questo discorso, e che vanno dalle zone di Schio, di Vicenza, alla zona di Prato, probabilmente all'area Napoli-Caserta. Vi è innanzitutto il rischio che, nel complesso dell'industria tessile italiana, gli interventi finanziari, previsti dalla legge per quella cifra globale che è stata ricordata, di 200 miliardi, vadano destinati ai grandi gruppi che hanno la fetta più consistente di mercato. Se le agevolazioni della legge dovessero essere scremate dall'Anic, dalla Montedison e dalla Sir, la legge tessile sarebbe non una legge per il settore tessile ma una forma di incentivo dello Stato alla razionalizzazione dei tre grandi gruppi che operano nel settore della lavorazione delle fibre, e in particolare della lavorazione delle fibre non naturali ma artificiali e sintetiche, cioè di settori relativamente meno toccati dalla crisi. Se dunque la legge fosse applicata in questo modo, cioè servisse a finanziare la ristrutturazione e il decollo verso livelli competitivi di un certo tipo dei settori due già sono i più ricchi all'interno del settore tessile, cioè delle fibre sintetiche e artificiali della Montedison, della Sir e dell'Anic, noi avremmo una vanificazione degli scopi almeno dichiarati dalla legge e certamente delle attese che ci sono in larghi strati della nostra società, in particolare delle attese pur limitate del movimento dei lavoratori. Un secondo rischio insito, direi, nel meccanismo stesso della legge, di cui dobbiamo prendere atto, è che questo tipo di interventi, questo tipo di incentivi non valga comunque a fermare la riduzione d'occupazione di mano d'opera nel settore tessile, perché, per quanti sforzi si facciano, ammettendo anche che ci sia la possibilità per il potere pubblico, sotto la spinta del movimento dei lavoratori, di dare, nella fase di attuazione di questa legge, una carica una spinta, un indirizzo in un certo senso, si potrà al massimo riuscire a contenere ma non certo ad evitare, l'ulteriore calo di mano d'opera nel settore tessile. Appunto perché consapevole di questo, il legislatore ha previsto un secondo tipo di interventi: l'incentivo ad investimenti alternativi nelle zone tessili. In altre parole, è tanto chiaro che nonostante le provvidenze di cui ho parlato finora, nonostante questi interventi, anzi, al limite, proprio come conseguenza di una certa ristrutturazione, è da prevedere un ulteriore calo di mano d'opera, che il legislatore medesimo ha deciso di intervenire ad incentivare localizzazioni alternative all'interno delle zone nelle quali si produrrà una diminuzione di mano d'opera tessile.
Questo, degli sbocchi alternativi per l'occupazione tessile, è un altro punto estremamente delicato e peraltro importante della legge. Il discorso è molto facile da fare in astratto, ma è estremamente impegnativo difficile e complesso se si guarda al concreto. Anche qui ci troviamo in assenza di strumenti di programmazione, e in questo caso non solo di programmazione nazionale ma anche di programmazione regionale. Quando, più di una volta, abbiamo discusso di questi argomenti in questa sede, abbiamo sempre dovuto fare i conti con una realtà i cui contorni ci erano per gran parte ignoti. Investimenti alternativi certamente significano, da un lato possibilità di occupazione globale nella zona, ma in una certa misura devono anche significare possibilità di occupazione di quella mano d'opera di cui si libera il settore tessile, e nelle zone che sono toccate dalla diminuzione di mano d'opera nel settore tessile; e quindi, almeno in una certa misura, la ricerca di localizzazioni alternative deve avvenire in modo tale da poter compensare sullo stesso terreno, quanto a qualità di mano d'opera e quanto a residenza di mano d'opera, il calo che si verifica nell'industria tessile. Questo è l'elemento più difficile, l'elemento che più ci sfugge, in assenza di strumenti di programmazione.
Anche qui, però, credo che non possiamo esimerci dal tentare responsabilmente di usare di questa legge per arrivare ai risultati che ci dobbiamo prefiggere. Non mi sembra ammissibile, da parte nostra, una rinuncia ad un preciso impegno anche in questa fase, prima della definizione da parte del CIPE delle zone a prevalente industria tessile, ma anche dopo, in tutta la fase di applicazione della legge. Cioè, noi ci dobbiamo assumere come impegno permanente, continuativo, di seguire questa vicenda e di portarla avanti, tentando di ricondurre, per quanto è possibile, questa legge, pur così insufficiente e lacunosa, in un discorso di piano. Il discorso che si faceva nelle prime riunioni della Commissione è che questa è certamente una legge che individua delle aree sotto un profilo funzionale, cioè delle aree a prevalente industria tessile, o che riesce difficilmente a conciliarsi con quella diversa individuazione di aree che noi abbiamo fatto, di aree ecologiche intese come aree programma cioè di territori nei quali programmare organicamente lo sviluppo.
Cionondimeno, deve essere fatto un grosso sforzo per cercare, nei limiti del possibile, di far combaciare queste due diverse angolazioni e per cercar di utilizzare con opportune iniziative della Regione, e delle forze politiche e sociali, anche questa legge per un discorso di piano.
Torna ad emergere con evidenza prioritaria qualche elemento sul quale già ci siamo intrattenuti.
Innanzitutto, il discorso del controllo delle localizzazioni. E' chiaro che, così come abbiamo respinto la logica della legge sulle aree depresse nei territori del Centro-Nord, come abbiamo respinto la logica delle localizzazioni dettate esclusivamente da criteri astratti esterni, che nulla hanno a che vedere con una logica di piano, non dobbiamo accettare che nell'applicazione di questa legge si addivenga ad una concessione indeterminata di contributi da parte del CIPE ad aziende localizzate pure all'interno delle zone tessili, senza che le relative domande siano state preventivamente filtrate attraverso documenti e pareri della Regione. Cioè dobbiamo prendere subito in mano un discorso di localizzazione industriale all'interno delle zone che dichiareremo a prevalente industria tessile, per indirizzare e controllare all'interno di queste zone gli investimenti alternativi che la legge mira ad incentivare.
In secondo luogo, dobbiamo avere chiaro, anche per i limiti obiettivi di carattere finanziario della legge, che non possiamo accettare che questo provvedimento serva a finanziare investimenti che si muovano secondo una logica diversa rispetto a quella che la legge prevede. E qui torna, nella sua corposità, in tutte le sue implicazioni, e dev'essere visto chiaramente e francamente, il caso della Lancia, sul quale noi abbiamo, come Gruppo socialista, ribadito una posizione che non era di ostilità all'insediamento in quanto tale ma che mirava comunque a salvaguardare un principio. Il presidente della Giunta, Calleri, riconobbe pubblicamente in questo Consiglio che non erano stati assunti impegni di sorta a favore della Lancia da parte della pubblica autorità a tutti i livelli, e cioè che l'insediamento della Lancia non avrebbe dovuto beneficiare di danaro pubblico destinato a finalità di altro genere. L'insediamento della Lancia dunque, che si muove in prevalenza secondo una logica di tipo aziendale, e rappresentata una localizzazione che la Società ed il Gruppo fanno sulla base di una loro scelta, secondo una certa loro politica di sviluppo secondo una direttrice territoriale, da loro prescelta, non pu evidentemente attingere a risorse previste da questa legge tessile per incentivare investimenti alternativi per i quali il beneficio della legge sostituisce dei fattori favorevoli alla localizzazione che altrimenti non ci sarebbero (e che nel caso della Lancia, viceversa, ci sono, perché la scelta dell'azienda è stata fatta, evidentemente, sulla base di fattori di localizzazione presenti). Sarebbe uno stravolgere, un vanificare gli effetti che la legge si prefigge far beneficiare la Lancia di questi favori che la legge tessile prevede. Terzo ed ultimo punto, infine: la necessità inserendo questo discorso nella logica di piano, che sia data priorità proprio nella politica di localizzazione industriale, alle esigenze già più volte ribadite di tutelare i livelli di occupazione e di tutelare in modo prioritario le localizzazioni di valle.
La sede in cui tutti questi temi possono essere ripresi e discussi è la Conferenza Regionale sull'industria tessile, per la cui convocazione a tempi brevi c'è già un impegno della Giunta e che dovrebbe essere il momento in cui mettere a punto e definire tutta questa serie di indicazioni, di strategia attraverso le quali la Regione intende essere presente nelle fasi ulteriori di attuazione della legge tessile.
Alla luce di queste considerazioni, il Gruppo socialista presenta perché sia discusso e messo ai voti, un ordine del giorno, del quale dar ora lettura, avvertendo che all'accettazione di questo ordine del giorno noi subordiniamo il nostro voto favorevole alla proposta di delimitazione delle zone a prevalente industria tessile proposta dalla Giunta. Eccone il testo: "Il Consiglio della Regione Piemonte, nell'approvare le proposte per la determinazione delle zone a prevalente industria tessile, consapevole dei limiti della legge tessile, sia per quanto riguarda l'ammontare dei finanziamenti previsti, sia, più in generale, per il suo carattere di provvedimento settoriale, non sufficientemente inquadrato nella logica di una politica di programmazione ritenuto di dover comunque provvedere agli adempimenti previsti dalla legge stessa e dalla delibera del CIPE per evitare scelte relative alla determinazione delle zone tessili calate dall'alto per pura decisione ministeriale ritiene suo compito preciso impegnarsi a seguire le ulteriori fasi della applicazione della legge stessa, per garantire il massimo possibile di coerenza con le linee guida della programmazione regionale, in particolare per quanto riguarda lo sviluppo diversificato dell'industria piemontese ed i processi di riequilibrio per le diverse aree della Regione.
In questo quadro il Consiglio Regionale impegna la Giunta: 1) a predisporre il materiale di conoscenza necessario per poter definire sollecitamente una politica di localizzazione industriale nelle zone a prevalente industria tessile, che consenta di avviare a realizzazione anche attraverso gli strumenti previsti dalla legge tessile, le indicazioni della programmazione regionale, nel rispetto delle priorità di sviluppo indicate per l'economia di valle e le zone dove sono maggiormente colpiti i livelli di occupazione 2) a rifiutare qualsiasi utilizzo dei finanziamenti previsti dalla legge tessile a favore di quei processi di localizzazione di impianti produttivi che, rispondendo prevalentemente ad una logica di convenienza aziendale come il progettato insediamento della Società a Verrone, non devono assorbire il danaro pubblico destinato viceversa ad incentivare investimenti per i quali altrimenti non sussisterebbero sufficienti fattori di localizzazione 3) a convocare sollecitamente la Conferenza Regionale sull'industria tessile, che dovrà consentire la elaborazione di una linea di sviluppo programmato per il settore, le cui indicazioni operative dovranno essere trasmesse al CIPE e costituire oggetto di precisi impegni della Regione nell'elaborazione del Piano regionale".



PRESIDENTE

E' iscritto a parlare il Consigliere Rossotto. Ne ha facoltà.



ROSSOTTO Carlo Felice

Signor Presidente, colleghi Consiglieri, lo strumento che viene presentato al nostro esame mi pare costituisca il primo atto di un tentativo di programmare degli interventi logici, utili, per risolvere due grossi problemi: la difesa del livello occupazionale e la creazione di aziende nel settore tessile che possano essere competitive, che possano essere strumenti validi, e non pesi, per l'economia nazionale in genere due problemi che mi pare si pongano necessariamente all'attenzione dell'operatore pubblico, di coloro che hanno la responsabilità politica della gestione della cosa pubblica. Più volte essi sono stati proposti alla nostra considerazione in relazione alla crisi del mondo tessile, che è crisi a livello imprenditoriale, crisi di obsolescenza delle strutture del sistema, e in relazione alle conseguenze di abbassamento del livello di occupazione che si determinano quando queste strutture non reggono più.
Fatta questa premessa, considerando le indicazioni che il CIPE ha dato perché possano venir definite le zone tessili, con le due diversificazioni che già per tre volte questa mattina si sono sentite ripetere fra zone tessili e zone dove, dopo lo smantellamento di industrie tessili, non vi è stato un adeguato nuovo investimento industriale di altro genere, devo esprimere immediatamente il mio dissenso dalle considerazioni della Consigliera Fabbris. La collega invitava il Consiglio Regionale a non considerare assolutamente validi i parametri fissati dal CIPE per la delimitazione delle zone tessili ed a ricercare nuovi parametri attraverso i quali individuare queste zone in base ad elementi scaturenti da constatazioni locali.



FABBRIS Pierina

Non individuare e ricercare altri elementi: semplicemente tener conto di quelli che già ci sono e sono stati sottolineati da rappresentanti sindacali, sindaci, eccetera.



ROSSOTTO Carlo Felice

Nel tuo intervento a me è parso di sentir dire chiaramente: dobbiamo disattendere i parametri che vengono imposti dalle direttive del CIPE.



FABBRIS Pierina

Sì, ma non ricercarne altri, perché ci sono già gli altri, è questione di scelta politica.



ROSSOTTO Carlo Felice

Mi fermo allora alla prima parte, cioè all'invito al Consiglio regionale perché non aderisca a basare la delimitazione sui parametri indicati dal CIPE, e dico che questo non mi pare un modo logico di seguire una politica di programmazione. Perché la logica della programmazione vuole che si diano alcune indicazioni nazionali ed in funzione di queste si sviluppi l'autonomia di programmazione in sede regionale. Invertendo questo ordine, avremo una programmazione soltanto a livello regionale, con tante singole individuazioni di parametri e di criteri diversi da Regione a Regione, e quindi mancherà quel collegamento centrale che si chiama programmazione nazionale.
Ora, questa indicazione di parametri che il CIPE ha dato consente in sede regionale - e mi pare che questa possibilità sia stata chiaramente specificata, sia durante le discussioni che abbiamo avuto nella Commissione tessile sia nell'intervento dell'Assessore Petrini - di giungere utilizzando certe componenti di aiuto, a configurare come zone tessili, in cui sono rilevabili i parametri indicati dal CIPE, zone che prese individualmente non risulterebbero conformi a questi parametri, mentre in un contesto più ampio possono, presentando in una media generale le caratteristiche richieste, essere ammesse a godere dei benefici previsti.
E' questa un'opera di programmazione che il Consiglio Regionale in questo momento effettua. Se gli 83 Comuni del Biellese...



BERTI Antonio

La programmazione è qualcosa di completamente diverso.



ROSSOTTO Carlo Felice

Io la interpreto in questa maniera. Perché individuare una zona chiaramente precisa, dove si deve attuare una politica di intervento di un certo tipo, dove determinate componenti economiche e di lavoro possono usufruire di determinati vantaggi che una determinata disposizione di legge loro concede, mi pare sia già programmare dove questa legge potrà produrre il suo principale sforzo e potrà concentrare gli effetti benefici che pu arrecare. Con l'individuare i Comuni che possono partecipare a definire la zona tessile mi pare che compiamo già un'opera di programmazione regionale.
La programmazione regionale dev'essere volta a far sì, come dicevo, che sorgano aziende non malate, aziende capaci di avere una dinamica e una potenziale competitività sul mercato nazionale ed internazionale e di garantire sia all'imprenditore sia alle forze del lavoro sicurezza di occupazione e certezza di redditività in funzione di una dinamica economica precisa e chiara: perché se così non facessimo e volessimo porre soltanto come condizione di intervento di questa legge o di interventi di qualsiasi settore economico la considerazione della necessità di difendere ad oltranza il livello occupazionale, anche in quelle aziende che non sono in grado di resistere alla concorrenza, alla ferrea legge dell'economia finiremmo con il creare veramente i presupposti di tutta una situazione di crisi, che permetterebbe soltanto di conservare delle strutture vecchie destinate ad un certo momento, per quanto sostenute, a crollare creando quelle situazioni drammatiche sul piano umano, sociale ed economico che siamo stati più volte chiamati ad affrontare in questo Consiglio Regionale e che sono la triste conseguenza di mancanza di visione politica ed economica dei problemi.
Con pacatezza e con grande chiarezza il collega Simonelli ha detto poco fa che è vana illusione pensare che il settore tessile possa mantenere invariato il contingente di forze del lavoro: esso deve rimanere competitivo, per non essere di peso all'economia generale, nazionale, del Paese, poter conoscere un alleggerimento dei suoi addetti al lavoro. Si affaccia allora l'altro problema, che dev'essere affrontato successivamente. Delimitate in questo momento le zone che gli esperti ci hanno potuto aiutare ad individuare - ma già una conoscenza generica dei fatti, della storia economica del nostro Piemonte portava chiaramente ad individuarli -, il compito delle forze politiche non è di insegnare all'imprenditore che cosa deve fare, ma far sì che gli imprenditori possano trovare il modo, con la capacità imprenditoriale di cui devono essere dotati, di determinare quelle nuove possibilità di lavoro, quelle nuove possibilità di sbocco.
Qui il discorso è veramente di scelta fra due mondi: fra il mondo, del quale ancora facciamo parte, in cui le capacità di creare posti di lavoro sono lasciate, attraverso queste grosse direttrici che le forze politiche in sede nazionale, regionale, locale danno, perché non siano lesi determinati fondamentali diritti dei cittadini e della collettività, agli imprenditori, cui è commesso di portare avanti questo processo economico che è processo di civilizzazione, di socializzazione, e quello in cui tutto deve essere determinato dall'alto, attraverso la burocratizzazione dell'intera attività imprenditoriale. E' logico che da certe parti politiche venga avanti una richiesta in questo senso, come è logico che invece una maggioranza ben definita, che si riallaccia a scelte economiche chiare e precise, convinta che una politica di progresso si realizza soltanto se, stabilite alcune norme fondamentali nel campo delle quali si deve agire, si lascia l'iniziativa all'imprenditore. Non possiamo discriminare da nome a nome, da sigla a sigla, se queste sigle determinano i necessari fenomeni di conversione di forze di lavoro, se queste forze di lavoro hanno la possibilità, invece che di essere disoccupate, di trovare un posto di lavoro che le metta al riparo dalle necessità.
Ho richiamato così, brevemente, i concetti che ci portano a considerare queste direttive del CIPE, questa legge tessile, non la panacea di tutti i mali ma un primo strumento che permette - viene riconosciuto nello stesso testo - una programmazione, e che permette alla Regione a sua volta di assumere le sue responsabilità e non solo ravvisare, anche se non con immediatezza, la possibilità di permettere una riorganizzazione, una ristrutturazione, una ripresa di vitalità delle aziende tessili, che sono nelle condizioni disastrose e disastrate che tutti ben conosciamo, ma nel contempo consentire a quelle forze di lavoro che si vedono, per necessità tecnologiche ed economiche del mondo attuale che è inutile voler ignorare precluso un certo tipo di attività, di trovare contemporaneamente immediatamente, con la massima facilità possibile, nuovi posti di lavoro creati dalla capacità e dalla dinamica imprenditoriale, aiutate coordinate, stabilite e delimitate dalle direttive politiche, regionali e nazionali, miranti al progresso lento ma costante che una società libera deve conoscere.



PRESIDENTE

E' iscritto a parlare il Consigliere Sanlorenzo. Ne ha facoltà.



SANLORENZO Dino

La Consigliera Fabbris e il Consigliere Simonelli hanno già giustamente osservato come qui si stia oggi discutendo, e forse licenziando - certo non con il voto del mio Gruppo - i giudizi della Regione Piemonte su una legge che è stata dichiarata insufficiente e settoriale. Io aggiungerò che è una legge tardiva, in contrasto anche con le direttive della CEE e del MEC (non che noi approviamo quelle del MEC, constatiamo soltanto che da queste la nostra differisce nettamente, come riconoscevamo ieri sera, in una riunione durata quattro ore presso il Ministero delle Partecipazioni statali sui problemi dei tessili, gli stessi rappresentanti del Ministero), e che rischia, oggi come oggi, di tradursi essenzialmente in una elargizione di pubblico danaro proprio a quel settore degli industriali tessili italiani che non solo non lo meritano ma che dovrebbero invece essere obbligati ad investire quello che hanno lucrato, portando poi l'industria tessile italiana a trovarsi nelle condizioni in cui è oggi.
Il rappresentante della Confindustria, dott. Rossotto, nel suo intervento ci ha parlato or ora della crisi tessile in un modo che non pu essere accettato, risfoderando una versione che è sempre stata usata negli ultimi anni contro i lavoratori per giustificare i licenziamenti: ha detto addirittura che bisogna accettare la logica della inevitabilità di una riduzione dell'occupazione, dopo di che si affronteranno i problemi dell'occupazione. (Anche il dott. Rossotto, bontà sua, pensa che, a qualcuno almeno dei disoccupati bisognerà pur trovare un lavoro, dopo che questo processo sia andato in porto). Ma quella versione non è per nulla accettabile. L'esperienza del 1971-'72 ci porta a dire che noi non siamo in presenza di questo tipo di crisi del settore tessile: siamo in presenza invece, di un processo di ristrutturazione, per giustificare il quale i padroni adducono alcuni argomenti. Il primo argomento è che l'industria tessile del nostro Paese è destinata ad essere largamente sostituita, sul mercato interno e su quello internazionale, dall'industria del Terzo Mondo.
E' vero invece l'opposto; siccome l'industria tessile si va evolvendo sempre più, con l'introduzione di fibre che sono una mescolanza di fibre naturali e chimiche, e dato che le fibre chimiche presentano crescenti vantaggi qualitativi e di costo rispetto alle fibre naturali, oggi non si afferma l'industria dell'India o quella dei Paesi africani, ma è in corso una gigantesca battaglia internazionale, in quanto a fibre, fra Paesi altamente industrializzati, per esempio fra l'Italia e il Giappone. La bilancia commerciale tessile del MEC, che quattro anni fa era passiva per 600 milioni di dollari, l'anno scorso è risultata in attivo per 200 milioni di dollari, ed in particolare è stata in attivo per le nostre esportazioni nei Paesi del Terzo Mondo e per la diminuzione della nostra importazione dagli stessi Paesi. Altro argomento della parte che lei qui rappresenta in questo Consiglio - mi riferisco non alla parte politica ma alla parte imprenditoriale -, espresso attraverso il documento della Confindustria, è che il settore tessile è debole perché non ha sufficiente capacità competitive sul mercato internazionale. Ora, nel '71, anno della crisi tessile, l'esportazione è aumentata del 12,8%, le importazioni tessili sono diminuite del 10% . Una terza motivazione che sempre quella parte dà della crisi, e che noi non possiamo accettare, è che i consumi tessili dovrebbero essere ridotti, perché, tutto sommato, sono già ampiamente diffusi nel nostro Paese e quindi in sostanza anche di lì ci viene una spinta alla riduzione dell'entità dell'industria tessile italiana. Ma il piano, per esempio, presentato recentemente - non ancora formalizzato, non ancora discusso in tutte le sue parti - prevede esattamente il contrario: prevede che i consumi tessili raddoppieranno nel nostro Paese entro il 1980. Dunque anche questo Governo, che recentemente ha esalato l'ultimo respiro, prevede che in realtà i consumi raddoppieranno, e ciò per il semplice fatto che il nostro Paese è in ritardo nei consumi tessili rispetto ad altri consumi per esempio quello degli autoveicoli. Quindi, non è assolutamente vero che la prospettiva dell'industria tessile italiana sia una automatica necessaria, inevitabile, inesorabile riduzione, ma è vero il contrario.
Questi gli argomenti che vengono addotti per giustificare licenziamenti e riduzioni da una classe industriale che non ha saputo svolgere la sua funzione sociale secondo quanto stabilisce la Costituzione del nostro Paese e che ha dato all'Italia gli episodi più vergognosi: basterà ricordare i nomi di Riva, di Sindona, il finanziere che compra e vende aziende tessili agli americani come se si trattasse di noccioline, della famiglia Gallo del Biellese, così sollecita a chiedere finanziamenti allo Stato italiano e per converso a consegnare 80 milioni al principe Valerio Borghese per il suo colpo di Stato (si trovano subito i soldi per queste manovre, non quelli per risanare le aziende, e si mettono sul lastrico i lavoratori chiedendo allo Stato di intervenire con il danaro pubblico a rimediare alla propria incapacità imprenditoriale). E tu, Rossotto, nemmeno arrossisci nel venire a sostenere qui le tesi degli industriali! Noi abbiamo il diritto e il dovere, di fronte a questa legge, che regalerà altri 225 miliardi agli industriali tessili, senza risanare la situazione di tale settore, di protestare, di assumere un atteggiamento che sia anche moralmente coerente con quanto abbiamo scritto nello Statuto e con quella che dovrebbe essere la programmazione regionale.
Ma c'è un aspetto che non abbiamo ancora trattato, e che io invito la Giunta a trattare: il legame fra questi provvedimenti che ci vengono proposti e la situazione immediata dell'industria tessile del Piemonte.
Poniamo il caso che i parametri che lei ci propone, Assessore Petrini siano esatti, siano da condividere, e poniamo il caso che il giudizio che il Consiglio darà su questa materia oggi sia corretto. Ebbene, questi provvedimenti entreranno in funzione, per l'industria tessile piemontese quando i piani di ristrutturazione saranno stati presentati, saranno stati approvati, quando ci sarà stato questo tipo di rapporto fra l'industria e il Governo (il Governo che ci sarà, se ci sarà, di che tipo ecc.).
Comunque, fra mesi e mesi. Ora, però, la crisi nell'industria tessile piemontese è in atto oggi, e la situazione non permette l'attesa di sei sette, otto mesi perché siano applicati i parametri e possa entrare in funzione il meccanismo della legge tessile. Lo scopo della manifestazione che i lavoratori tessili svolgeranno oggi per le strade di Torino, come pure dell'incontro di stasera alle 18, il significato del dibattito che si sta svolgendo in questo momento è questo: sottolineare la capacità che noi abbiamo di indicare qui le soluzioni a tempo breve per le difficoltà che sta attraversando l'industria tessile, naturalmente inserendo il nostro discorso sull'applicazione della legge tessile, dato che la legge c'è, dato che i soldi ci sono, in un programmatorio che già è stato ricordato. Il primo aspetto, tutto sommato, in questo momento prevale sul secondo, e la Giunta non può pensare di mettersi a posto la coscienza col dire: io avevo il compito di definire le zone tessili, eccole determinate, discutiamo su questo punto, e per parte nostra avremo fatto tutto quanto ci compete per ciò che concerne l'industria tessile.
Ieri sera, insieme all'Assessore Visone, ho accompagnato una delegazione di Sindaci piemontesi e lombardi e di Consigli di fabbrica presso il Ministero delle Partecipazioni statali, presente anche il Ministro del Lavoro, per discutere della drammaticità dei problemi immediati. Ogni giorno si apprendono notizie inquietanti che concernono industrie come la Rossari &Varzi di Trecate, quella di Galliate, quella di Borgomanero, la Leumann, la Caesar, la Gallo, la Faini... Il giornale di oggi, ad esempio, informa che "la Filatura Sandro Zegna S.p.A. di Masserano ha comunicato alle tre Organizzazioni sindacali, per tramite dell'Unione industrlale biellese, che si trova nella necessità di licenziare 43 dipendenti su circa 130". Sono altri 43 che si aggiungono a varie centinaia. Ebbene, questi 43 non potranno aspettare i benefici della legge tessile, né potevano aspettarla quelli della Leumann, che hanno occupato la fabbrica per due mesi e mezzo, né quelli della Rossari &Varzi, che si trovano ancora a Roma, stasera, in attesa di una decisione che dovrebbe essere presa: stasera appunto le tre Organizzazioni sindacali sono impegnate con il Governo in una riunione che sarà decisiva per le sorti di migliaia di lavoratori (9000 solo in Piemonte, per la maggior parte appartenenti alle aziende in maggiore crisi, quelle che sono appunto, come dicevo prima, "nell'occhio del ciclone").
Su questi problemi dobbiamo cimentarci. Abbiamo chiesto da mesi Assessore Petrini, che la conferenza tessile potesse svolgersi a tempi brevi, rilevando che la tempestività era un elemento qualitativo che valeva tanto quanto le proposte che si sarebbero avanzate, perché è ovvio che non si è più in tempo ad intervenire su un malato quando è morto. La conferenza tessile come deve essere, che cosa può servire, nella situazione attuale? Deve dare, prima di tutto, alla Regione la possibilità di prender conoscenza delle situazioni. Ancora ieri si poteva rilevare un aspetto kafkiano nel confronto, sviluppatosi per quattro ore, fra Governo, padroni sindacati e lavoratori. Il Governo aveva sul tavolo i piani di ristrutturazione della Rossari &Varzi, che i padroni avevano dovuto presentare loro malgrado, in seguito ad una battaglia condotta dai lavoratori e dai sindacati per imporne appunto la presentazione. La posizione su cui sono attestati in generale i padroni in questo momento è: dateci i soldi, lasciateci liberi di spenderli come vogliamo noi, e state sicuri che le industrie si risaneranno. Certo, da uno stato di crisi si esce sempre, anche dalla crisi tessile si verrà fuori, poiché non c'è mai una crisi economica settoriale che duri indefinitamente: si tratta però di vedere come se ne esce, se con centinaia o migliaia di licenziamenti, con la salvezza delle aziende tecnicamente sane mediante l'intervento di danaro pubblico. Gli industriali giocano le loro carte: non precisano i loro piani, operano attraverso i comunicati di licenziamento, annunciando massicce sospensioni dal lavoro; sanno così di costringere il Governo ad intervenire, di fronte ad un problema che è politico e sociale, prendendo i soldi dove ci sono, usando danaro pubblico. L'atteggiamento dei sindacati è quello noto di difesa del livello di occupazione, giustamente, ed anche questo il fatto nuovo - di rifiuto dell'esame caso per caso, poiché l'esame caso per caso significa soldi dati senza riserva di controllo, e inoltre la possibilità per i padroni, una volta spesi i soldi, di tornare a ricorrere all'arma di ricatto, buttando sul piatto della bilancia altre centinaia altre migliaia di licenziamenti. L'atteggiamento del CIPE qual è? Per quanto riguarda questa situazione specifica, drammatica, da sganciare rispetto al discorso della legge tessile, è che si dia prevalenza ai problemi occupazionali, con mandato alla GEPI di intervenire sulla materia.
Ma la GEPI come si comporta? Dice: noi abbiamo bisogno di tempi tecnici per istruire ogni pratica su ciascuna situazione fallimentare o deficitaria o grave, e vogliamo riservarci il diritto di decidere dove, come e quanto sia possibile ed utile intervenire. E l'atteggiamento del Ministero del Lavoro? Isoliamo dal contesto delle situazioni gravissime che abbiamo (210 aziende hanno fatto ricorso per il finanziamento statale), le situazioni di maggiore acutezza, di maggiore gravità, e su questo confrontiamoci, su questo elaboriamo una soluzione, però globale.
Ora la Conferenza regionale, Assessore Petrini, che bisogna fare subito, tende a far intervenire la Regione per stabilire quali di queste aziende devono rientrare in questo pacchetto generale; mira ad imporre agli imprenditori piemontesi di dare anche alla Regione i loro piani a breve, a media, a lunga scadenza, di modo che il controllo pubblico possa esercitarsi. Con quali elementi si va al discorso della programmazione con i padroni, se non si è in grado di richiedere, di esigere tutto questo? Quando ieri abbiamo richiesto il piano della Rossari &Varzi al Ministero ci siamo sentiti rispondere: "Non possiamo consegnarvelo. Se lo facessimo i proprietari della Rossari &Varzi potrebbero dirci che voi sareste in grado di mandarli in rovina usando le notizie che vi sono contenute a favore della concorrenza della loro azienda. Chiedetelo voi ai padroni della Rossari &Varzi". Noi abbiamo fatto allora questa domanda: "Il Ministero delle Partecipazioni statali, se la Regione Piemonte indicesse la conferenza per il mese di aprile, sarebbe disposto a parteciparvi?" La risposta è stata in senso sostanzialmente positivo, ma si sono trincerati dietro una clausola di correttezza: dobbiamo rivolgere l'invito al Ministro. Conclusa la riunione, hanno detto: "Capite bene che dovevamo rispondervi così: ma se farete una conferenza tessile il Governo vi parteciperà".
Allora, il gioco delle varie componenti per un principio di politica di programmazione incomincia ad essere condotto non dico ad armi pari, perch ad armi pari non ci siamo mai, ma certo con altre armi, dove da una parte ci siano i lavoratori, l'interesse pubblico rappresentato dalla Regione, le operazioni che saranno state fatte prima per conoscere davvero tutti i piani di queste aziende e avere un elemento di controllo e di contraddizione, la pressione delle forze politiche regionali, gli Enti locali, e dall'altra parte i padroni e tutti i legami che essi hanno anche con determinate forze di Governo (anche questo non possiamo tacerlo).
Questa è la conferenza. Non è una manifestazione di campagna elettorale: è una occasione per sottolineare la necessità di intervenire prontamente in una situazione che fra sei mesi sarà risolta, in un senso o nell'altro, perché nessuno avrà più la capacità di resistere, di fronte a migliaia, migliaia e migliaia di lavoratori licenziati e buttati sul lastrico. La stessa richiesta della conferenza chimica ha una sua validità intrinseca - ne parleremo quando passeremo all'ordine del giorno -, ma non si possono disgiungere i due elementi, perché così come sui 20-22.000 lavoratori più direttamente minacciati dai licenziamenti, in questa industria tessile ce ne sono da 8 a 10.000 (ieri, a dire il vero, si parlava addirittura di 12.000), in Piemonte, dei 12-13.000 sicuramente in eccedenza, secondo il piano della Montedison, fra i chimici, 3.600 sono sicuramente in Piemonte. Se mettiamo nel pacchetto anche la situazione dell'industria edile ed i ritardi nella ripresa che sappiamo da che cosa sono derivati, appare evidente che, ove tutte queste situazioni non vengano affrontate in tempi brevi, sarà inutile andare a parlare di Piano regionale di sviluppo fra un mese, fra due, fra tre, quando non ci resterà più da pianificare altro che una realtà di disoccupazione.
Ecco il perché della necessità di stringere i tempi, di operare con urgenza. Certo, meglio sarebbe stato poter svolgere la conferenza in marzo: non avrebbe avuto motivo di sussistere la preoccupazione di dare la sensazione di una iniziativa a carattere elettoralistico. D'altronde parliamoci chiaro: che cosa c'è di scorretto, che cosa c'è di speculativo nel fatto che le forze politiche regionali, le forze sindacali si confrontino, sia pure in periodo elettorale, per chiedere a coloro che vogliono governare l'Italia di impegnarsi di fronte ai problemi concreti e reali? C'è un modo più civile, più onesto per mettere a confronto le tesi i suggerimenti, le proposte, gli impegni che si assumono? Che cosa si dovrebbe fare nel corso di una campagna elettorale: discutere di aria fritta, ripetersi reciprocamente le contrapposizioni ideologiche? Io sogno una campagna elettorale in cui i problemi siano al centro del confronto politico. E perché non dobbiamo stimolare un confronto di questa natura? Dobbiamo farlo dopo, quando ciascuno potrà poi fare quel che gli aggrada poiché si è conquistato una certa misura di potere a livello governativo nazionale o altrove? Anche questo, se volete, mettetecelo dentro, purch sia un confronto serio, purché ci siano tutte le condizioni perché i risultati siano concreti e siano utili alla comunità regionale piemontese.
Questo il senso della pressione dei lavoratori.
Devo anche dire che a brevissima scadenza, ancora più breve di questa ci sono i problemi dei salari. Una serie di aziende, infatti, non corrispondono con regolarità i salari ai lavoratori. Per esempio, la Rossari-Moda ha trovato disponibilità finanziarie per pagare il salario di marzo in questi giorni agli oltre duemila dipendenti: gli stessi lavoratori sono andati in giro per i paesi del Borgomanerese, svolgendo una campagna di propaganda per invitare i cittadini a recarsi a comprare tutto quanto c'era in magazzino, cosicché si sono messi insieme trenta milioni che sono appunto serviti per le paghe del mese di marzo. La Società ha garantito i salari per il mese di aprile, ma non per il mese di maggio. C'è dunque oltre il problema dell'occupazione, quella della corresponsione del salario anche agli occupati. Su queste cose noi dobbiamo intervenire: non propongo certo che sia la Regione a sborsare il danaro, che non ha, occorrente per pagare i salari dei lavoratori, mi riferisco ad un intervento politico che sia situato nel momento in cui può servire a determinare un confronto e soprattutto delle posizioni definitive.
Invito pertanto l'Assessore Petrini ad assicurarci, nell'intervento di replica che farà al termine del dibattito, che la conferenza per il settore tessile si potrà svolgere nel mese di aprile. La sua proposta è stata di attendere il piano dell'Ires: noi non abbiamo niente in contrario a che il dibattito prenda le mosse del piano Ires, per quanto concerne questo settore, ed anche per quanto riguarda le linee generali, a patto però che avvenga in aprile, perché dopo sarebbe troppo tardi, o lo si fa in questo mese o si compromette tutto.
Questo è l'invito accorato che rivolge la Giunta perché su questa questione ci sia quella piena assunzione di responsabilità che la situazione esige.



PRESIDENTE

E' iscritto a parlare il Consigliere Garabello, ne ha facoltà.



GARABELLO Enzo

Signor Presidente, colleghi del Consiglio, io non ritengo di dover dare una risposta, ma di inserirmi rapidamente nell'ultimo intervento che con tanta passione e con dovizia di dati il collega Sanlorenzo ha fatto in rapporto alla situazione del momento, che indubbiamente è drammatica e non può consentire a nessuno il quale non voglia spostare i termini dei problemi reali della nostra Regione di definire un intervento fuori tema.
E' un intervento nel tema, anche se ha una sua angolazione particolare, che non rientrava nella discussione generale di questa mattina. Mi pare quindi di poter dire quanto sia necessario, essendo state richiamate una infinità di cose, non ultimi gli incontri di ieri a livello di governo e gli incontri che avremo questa sera con i rappresentanti dei lavoratori tessili, che la Giunta si esprima. Chiedo quindi alla cortesia dell'Assessore Visone di volerci informare circa la visione della Giunta sugli ultimi contatti presso il ministero delle partecipazioni statali. In tal modo l'intervento drammatico, preoccupante di una situazione che ben conosciamo, fatta dal collega Sanlorenzo, troverà un suo alveo dal quale il Consiglio Regionale non potrà sfuggire.
Detto questo mi riporto alla discussione generale, giunta ormai ad un punto di maturazione sufficientemente avanzato data l'analisi che abbiamo approfondito in sede di Commissione particolare (non era né permanente n speciale) attorno alla Giunta, Commissione che certamente ha avuto dei lati di estremo interesse nel tema ed anche nella partecipazione condensata se vogliamo, ma certamente molto significativa di Enti locali e di sindacati e che questa mattina ha trovato una sua esplicitazione esterna nei vari interventi che si sono susseguiti. Io credo si possa constatare, per quanto riguarda l'analisi di carattere generale, un punto di vista largamente condiviso dalle forze politiche del Consiglio, circa il giudizio sulla legge. La legge è un provvedimento che non possiamo non ritenere positivo nel senso che è uno strumento per la difesa dell'occupazione, anche se ha un risvolto di carattere negativo: essendo una legge con una certa impostazione strutturale non è a tempi brevi, ma se saremo capaci ed abili sarà a tempi medi nella sua efficacia. L'impostazione positiva generale ritrova questo ed altri limiti che sono stati qui ricordati, come la mancanza dell'inserimento della legge stessa in una visione programmativa generale, in un quadro di pianificazione, di carattere di settorialità direi addirittura di insufficiente settorialità, perché se una legge di finanziamento industriale avesse oggi il potere di fare un quadro veramente serio di un settore economico come quello dell'industria tessile, potremmo piangere da un lato sulla mancanza del piano generale, ma certamente vedremmo la serietà di uno strumento che può intervenire a porre mano ad un generale risanamento del settore. Invece purtroppo il risvolto negativo è dato dalla modesta entità del finanziamento previsto per cui logicamente l'impegno politico-amministrativo che dovremo mettere in atto da oggi in poi dovrebbe essere quello di ottenere il massimo dei risultati da un intervento di per sé piuttosto limitato.
Sui criteri del CIPE ci sono state varie valutazioni. Io direi che aderisco (come ho aderito in sede di Commissione dove ho rappresentato il mio gruppo), alla tesi per cui i criteri del CIPE, sono, sì, discutibili ma come sono sempre discutibili cose discusse a tavolino. Ricordo che in Commissione era venuta fuori una battuta: in questi casi si decide prima che si vuole fare, dopo di che lo si codifica con numerini e con parametri il che, se costituisce una possibilità di rilancio delle tre grandi zone tessili del nostro Paese, con possibilità di intervento in alcune altre zone minori, possono servire anche quei parametri; certamente ci sarebbe da essere più preoccupati se il risvolto fosse del genere di quello paventato da Simonelli, che dovrebbe lasciarci fortemente preoccupati.
I criteri del CIPE secondo me hanno questo difetto, di essere stati predeterminati a tavolino e di non aver tenuto conto di una richiesta che io qui ricordo (è giusto che quando facciamo delle affermazioni le ricordiamo al momento opportuno per determinare la nostra presenza d'idee continue): si era detto in sede di discussione della legge sul Mezzogiorno che quando il CIPE deve intervenire in un'impostazione di finanziamenti nel decidere una politica governativa deve sentire le Regioni, deve cioè avere un confronto con le idee che vengono dal basso e che tengono conto di situazioni reali, che non dire che sono fuori tema. Il CIPE, piuttosto che richiedere un'impostazione su carte geografiche (che dati quei criteri non era difficile prevedere quale dovesse essere) avrebbe fatto molto meglio a discutere prima con noi sui criteri e sul modo di dare il massimo di rendimento ad una legge di per sé insufficiente. Non siamo stati sentiti prima, siamo sentiti in questo momento. I colleghi comunisti dicono: respingiamo in blocco. Io devo dire che non ritengo sia accettabile questa linea, noi possiamo criticarle le leggi dello Stato, possiamo richiedere con il nostro intervento politico a livello nazionale che siano fatte meglio, che centrino di più gli argomenti, soprattutto che siano fatti meglio i regolamenti di attuazione delle leggi, però non possiamo disattendere le leggi, per una questione di principio. Nel caso specifico (è già stato sostenuto da altri colleghi) il porsi in una posizione negativa potrebbe anche, nella seconda frase dell'attuazione della legge tessile, farci pentire di avere disatteso questo orientamento.
Di fatto la legge tessile lascia esprimere alle Regioni un parere sui punti 4 e 5 con l'identificazione, al di fuori delle zone tessile propriamente dette, di certe zone con caduta di occupazione, con difficoltà economica che si possono evidenziare richiedendo l'interessamento della Commissione centrale.
Su questo dobbiamo dare il nostro parere avendo quali obiettivi? Sembra quasi di dover rendere in spiccioli il discorso, ma ad un certo momento bisogna anche avere il coraggio di renderlo in spiccioli: un primo obiettivo è di ottenere il massimo possibile dei finanziamenti previsti dalla legge nell'ambito della Regione. Può sembrare velleitaria la richiesta, però se la documentazione che forniremo con un parere sarà valida (e finora mi pare che ci siamo mossi su un'impostazione tecnica valida, documentata, approfondita) un certo risultato lo dovremo ottenere.
Il secondo dovrebbe venire incontro alle giuste preoccupazioni espresse da alcuni colleghi, particolarmente quelli del Gruppo comunista: impegnarsi al massimo affinché gli investimenti che seguiranno l'identificazione delle zone e gli interventi del governo, siano il più possibile aderenti alle linee della nostra programmazione. In altri termini io credo, a differenza di quanto qualcuno ha detto, che sia possibile amministrare in modo serio i contributi che la legge darà.
Ha già detto Simonelli, e concordo con lui, che l'elemento fondamentale sarà la localizzazione industriale di cui abbiamo già sentito qui i diversi punti di vista, forse con una coagulazione sull'argomento diversa da quella che ci sarà questa mattina nella decisione, ma comunque tutti quanti riconosciamo essere la strada attraverso cui la programmazione può avere un contenuto, altrimenti sarà essenzialmente un insieme di tante belle cose forse di tante belle statistiche, di carte geografiche variamente colorate ma con poca incidenza sulla realtà del nostro territorio. Quindi puntare decisamente sulla gestione successiva, cioè alla seconda fase: l'attuazione della legge.
Noi abbiamo detto e ripetuto se ricordate, ai tempi dello Statuto, che pur aderendo ad una linea di sviluppo del Mezzogiorno per risolvere i grandi problemi del nostro Paese, nell'ambito dell'Ente Regione dobbiamo agire combattendo la depressione esistente e soprattutto, data la caratteristica della nostra Regione, combattendo gli elementi che la provocano; la depressione economica, la disoccupazione, la caduta dell'occupazione nel momento in cui si hanno queste crisi di carattere settoriale che, come abbiamo già ricordato, hanno una chiara delimitazione anche geografica, interessando tutta la fascia prealpina, con accentuazioni particolari in alcune valli.
Noi dobbiamo gestire il contributo che ci sarà dato per attuare una diversificazione industriale che leghi sul posto i lavoratori che attualmente sono inseriti nell'industria tessile; noi non riteniamo che debba essere una perdita data per scontata in assoluto, ma vi sia la contemporanea indicazione di quelle che debbono essere le linee di diversificazione nell'inserimento di nuove industrie.
L'appello a rallentare, a discutere, a programmare nell'ambito delle valli alpine lo accogliamo nel senso che non deve essere accettata in partenza la pianurizzazione di quelli che erano gli insediamenti industriali nelle zone delle valli alpine, anche perché la pianurizzazione oltre a creare un'infinità di problemi che non si risolvono soltanto con la pendolarità del trasporto, crea là dove l'industria si inserisce, tutti quegli avvenimenti, quei fatti contestuali che già prima dell'esistenza della Regione e dopo la creazione dell'Ente Regione abbiamo dovuto lamentare, cioè la distruzione delle comunità che una volta avevano una loro entità economica, a favore di altre comunità apparentemente soltanto un piano numerico, mentre con sé trascina tutto il lato umano, l'aspetto sociale, la carenza di abitazioni, di servizi con enormi costi sociali che debbono essere affrontati.
Ormai il rapporto preliminare dell'IRES sta per essere consegnato e su questo dobbiamo immediatamente porre la nostra attenzione affinché non diventi naturale che le industrie si spostino verso la pianura perché ci sono le autostrade, le ferrovie, ci sono cioè quelle strutture che possono essere, sì, interessanti, ma creano gli enormi problemi di natura umana e sociale che abbiamo già evidenziato. Pertanto la gestione nostra, che sarà quella della localizzazione delle nuove industrie, deve essere fatta avendo come riferimento questo elemento. Non possiamo consentire oltre lo spopolamento delle valli, non possiamo assistere passivamente a questo episodio grave della vita della nostra Regione e questa legge può avere anche se limitatamente, una sua efficacia. Tutto starà nel gestirla bene.
Con questi presupposti le proposte avanzate dalla Giunta e che sono già state discusse nei particolari anche in sede di Commissione mi trovano consenziente, cioè la definizione della zona tessile propriamente detta apportando attorno al biellese le altre tre sottozone della Val Sesia, del medio Novarese e della zona di Gattinara che possono avere nel complesso un elemento positivo quando non tanto si va verso una diffusione generica, a macchia d'olio, di una possibilità d'intervento (quello che paventa la Signora Fabbris e che indubbiamente deve preoccupare tutti quanti). L'avere a disposizione una zona più vasta e operare non con l'automatica creazione del diritto, nel momento della scelta, della delimitazione delle zone bensì non perdendo di vista l'opportunità di fare collimare il massimo possibile di queste zone con le zone-programma, cioè con i comprensori di programmazione, e ci darà la possibilità di avviare per questa zona un assetto generale più valido.
Per quanto riguarda i criteri 4 e 5 del CIPE, concordo sull'impostazione che la Commissione ha dato rispetto ai due gruppi della Ciriè-Lanzo e della Val Pellice-Germanasca e Chisone che sono zone tessile che hanno perso molto del loro peso in questi ultimi anni ed in cui per non vi è stata contemporanea trasformazione per mantenere sul posto le forze di lavoro e ridurre così la caduta dell'occupazione. In queste due zone si è verificato un fenomeno che l'IRES ha già analizzato in linea di massima, ma che dovremo approfondire ancora; un fenomeno al quale dobbiamo opporci, cioè lo slittamento non soltanto di una generica pianurizzazione ma lo slittamento verso il polo intasato, verso il polo ipersviluppato di Torino, con tutte le conseguenze e di carattere economico e di carattere sociale che ha comportato. La possibilità di intervenire in queste due zone mi pare che possa servire come ulteriore rallentamento della polarizzazione che certamente, anche se il nostro piano non è ancora pronto e lo dobbiamo discutere, sarà uno degli elementi caratteristici della nostra programmazione: non intasare, non congestionare ulteriormente i poli di sviluppo già esistenti, ma ricercare quella diversificazione, anche territoriale, che abbia alla base il non allontanamento delle forze di lavoro dei loro territori e quindi il non spopolamento delle valli alpine.
Devo dire che fino a questo punto sono d'accordo con quanto ha detto la Giunta, però esaminando attentamente i dati che ci sono stati forniti dall'IRES e le discussioni che abbiamo avuto in Commissione, ritengo che dovremo meditare ancora su alcuni aspetti, particolarmente per ciò che riguarda un paio di zone, perché noi abbiamo sostenuto e credo in maniera corretta rispetto all'impostazione programmatica, che in quelle zone, che pure sono sede di notevole industria tessile, eravamo in presenza di fenomeni di adeguamento ad una diversificazione industriale automatica autonoma, senza bisogno di interventi particolari per ottenerla; parlo in particolare del gruppo di Comuni del basso novarese e della zona di Chieri e dato che lì i movimenti spontanei sono abbastanza sviluppati, lasciamo che vadano per il loro destino e non preoccupiamocene rispetto alla legge tessile.
Con questi non si possono certamente dimenticare due centri importanti della nostra Regione, Alba e Vercelli, che hanno ancora al loro interno un'occupazione nel settore tessile valutabile al migliaio di unità.
Io non penso che il prendere atto semplicemente di una visualizzazione come abbiamo fatto, dell'attuale situazione del settore tessile in tutta quanta la Regione, debba portare automaticamente alla presa di responsabilità e di indicazione nei confronti di tutti i Comuni che hanno una certa industria tessile. Però non trascuriamolo, perché se a moti automatici, a moti che avvengono per conto loro perch l'industrializzazione è già in alternativa in queste zone, aggiungiamo l'indicazione, che ha un significato anche programmatico, di insistere in questa alternativa, credo che facciamo una cosa buona. Non so quale sarà il risultato rispetto al Ministero dell'Industria e alla Commissione che dovrà decidere la definizione delle zone tessili e delle zone dei parametri 4 e 5 dei criteri del CIPE, però l'indicazione di queste zone, che di per s hanno ancora un notevole tasso di presenza di industria tessile, credo non possa essere ritenuto, in questa visione complessiva di carattere programmatorio che mi sono sforzato di dare, come un elemento negativo.
Quindi vorrei che la Giunta, in aggiunta a quello che si è fatto in Commissione e che oggi è stato qui comunicato, volesse considerare anche questi aspetti, perché quando apprendiamo che il basso novarese ai parametri 50 e 25 ha dei parametri per esempio di 65 e 36, che il chierese ha parametri di 68 e 27,5, pur nella modestia complessiva rispetto al 100 dell'occupazione tessile, quando pensiamo che Alba ha ancora 2500 addetti tessili, che Vercelli ha ancora 2100 addetti tessili, secondo me questa identificazione delle alternative industriali di occupazione deve essere sottaciuta, sottovalutata in modo assoluto.
Mi sono permesso di fare queste considerazioni e richiedendo ancora una precisazione, finita questa discussione, sulla legge tessile, sui problemi che sono stati evidenziati come attuali e drammatici e che tutti quanti ben conosciamo, devo anche dire che nel complesso il documento che è stato letto dal collega Simonelli ci trova consenzienti. Vedremo il testo, ma non credo che vi siano da modificare i concetti che mi pare siano un modo ordinato di indicare prospettive di programmazione, in senso positivo ed anche in senso negativo, dove si prende posizione nei confronti di una possibile, aleggiante, preoccupante azione di taglio di questo modesto intervento della legge tessile a favore di un'industria che, sì, in parte attuerà anche quel certo discorso di diversificazione, però in una logica diversa da quella che qui è stata portata avanti, ritengo nel complesso di poter dare un parere favorevole a questo ordine del giorno e penso che il mio Capogruppo lo confermerà ancora.



PRESIDENTE

La parola al Consigliere Berti.



BERTI Antonio

Non è per voler parlare a tutti i costi, anche perché non è mia abitudine, ma il problema è di quelli da esaminare con molta serietà e la decisione non la si può assumere a cuor leggero. Secondo me ci sono ancora delle questioni che devono essere sottolineate, mi scuso quindi con i colleghi se li trattengo ancora un po'.
Secondo me c'è una questione su cui occorre decidere: applicare oppure no le direttive del CIPE. Premetto che queste direttive non sono legge abbiamo recentemente citato una sentenza del Consiglio di Stato con la quale per l'appunto si esprime in modo chiaro il non obbligo per gli Enti interessati ad applicare le leggi fissate, attraverso i regolamenti. Se è il caso la potremmo recitare, ma le direttive del CIPE, come risulta anche dalla legge, possono essere impugnate. Credo sia importante sottolinearlo altrimenti non c'è nessuna possibilità di scelta se accettiamo ciò che è detto nella prima parte della relazione dell'Assessore Petrini, cioè che non è possibile sfuggire alle direttive del CIPE, dobbiamo applicarle. Ma se noi le applichiamo, siamo semplicemente degli esecutori di ordini, tanto valeva che il Ministero facesse fissare direttamente dai propri funzionari delle zone tessili. Noi ci chiediamo qual è l'azione delle Regioni in questo caso, in quanto avendo delle direttive precise fissa dei parametri ed in base a questi determina delle zone. Applicare le direttive del CIPE così come sono esclude qualsiasi discorso di carattere programmatorio.
D'altra parte non possiamo non prendere atto che applicando le direttive del CIPE arriviamo a indicare una sola zona tessile in Piemonte, il biellese. Possiamo aggiungere, come viene fatto nel documento della Giunta o con le proposte del Consigliere Garabello, che in secondo tempo, in sede di Piano regionale di sviluppo, si terrà conto del fatto che altre zone sono gravemente investite della questione e, ripeto, sono diverse le zone in Piemonte.
Non faccio il quadro dei precedenti della legge, del rifiuto dello Stato di assumere in funzione primaria la riorganizzazione del settore tessile, fra l'altro oggi lo Stato è presente in gran parte delle aziende tessili, sia pure in forma indiretta, ma è una questione che non voglio tirare in ballo perché ci porterebbe lontano; prendendo atto della situazione non possiamo che sottolineare che questo provvedimento di legge oggi interviene in una sola zona, nel biellese e in una parte del novarese.
Quindi il rapporto con la situazione contingente non é fuori luogo. Anch'io mi rivolgo, come ha fatto Garabello, a Visone per avere delle notizie di tipo diverso, ma a me è giunta notizia che altre aziende tessili nella provincia di Torino si sono aggiunte a quelle in crisi e riguardano la Widemann, la Guttermann, la Remmert (tra l'altro la Remmert che figura tra le aziende tecnicamente più attrezzate); anche lì si sono aperti problemi di cirsi e notizia ancora più grave è che i funzionari della Gepi che hanno eseguito delle indagini sulle condizioni produttive di alcuni degli stabilimenti in questione, sarebbero giunti a conclusioni molto serie (bisogna accertarlo) cioè che aziende come la Caesar, la Rossari &Varzi (la Leumann è l'unica azienda per la quale ci sarebbero delle prospettive di intervento) sarebbero giudicate dalla Gepi non degne, sarebbero soldi buttati via e quindi non si interverrebbe. Sono notizie che meritano di essere confermate, o meglio, di non essere confermate. Ma se questa è la situazione nel momento in cui noi decidiamo che l'unica zona tessile del Piemonte è il biellese, dobbiamo chiederci che cosa fare.



PETRINI Luigi, Assessore all'industria

Scusi Consigliere Berti, noi abbiamo detto Val Sesia, novarese e biellese.



BERTI Antonio

Quando dico "biellese" vuol dire che esclude tutto il Piemonte centro meridionale, cioè tutta quella parte di aziende che sono oggi, dal punto di vista occupazionale, in condizioni più drammatiche. Dirò poi qualcosa del biellese.
Noi possiamo accettare una decisione di questo tipo senza richiamare il CIPE ad un diverso orientamento, quando siamo sollecitati tutti i giorni ormai, da una situazione così drammatica? A che serve richiamarsi al futuro piano di sviluppo, che cosa programmeremo? La disoccupazione in atto? D'altra parte non possiamo pensare che oggi si possa parlare di questo come di un intervento che ha delle prospettive, quando non c'è nessun parametro a cui rifarci.
Dicevo prima interrompendo l'Assessore: noi faremo la conferenza (non ripeto quanto ha detto Sanlorenzo sull'urgenza di farla) tuttavia oggi avremmo la pretesa di definire una zona tessile piemontese, in carenza di qualsiasi indicazione per altre zone. Quale sarà il futuro assetto industriale del Piemonte? Intanto verrebbe a verificarsi un'incongruenza di questo tipo: se tutto andasse per il meglio, se gli impegni del CIPE si risolvessero in un intervento della Gepi in direzione di queste aziende avremmo un intervento che affinché non sia inutile dovrebbe costituire premessa per la riorganizzazione di queste aziende nella nostra provincia.
Nel frattempo però con la legge tessile designiamo una zona tessile, che è l'alto Piemonte. A questo punto c'è una situazione di contraddizione tra un intervento contingente, che tuttavia si muove nel quadro di una ristrutturazione delle aziende su cui si interviene, e l'accettazione di criteri che tenderebbero a definire un'unica grande zona tessile in Piemonte.
Non so se riesco ad essere abbastanza chiaro. Io non mi sento di accettare i criteri del CIPE così come sono, perché intanto non sono legge e perché noi, proprio in rapporto alla gravità della situazione esistente abbiamo il dovere di far presente al CIPE che bisogna muoversi anche in altre direzioni. Non possiamo dire alle aziende della Val Pellice: noi vi considereremo nel futuro assetto industriale del Piemonte, non lo possiamo dire alle aziende del chierese, non lo possiamo dire a quelle della Valle di Lanzo. E' un problema di coscienza, di responsabilità e io credo che nessuno qui, neanche Petrini, neppure la Giunta vogliano scaricarsi la coscienza dicendo: noi abbiamo applicato la legge tessile. No, c'è una domanda a cui occorre dare risposta, soprattutto se vengono confermate quelle indiscrezioni circa il destino delle aziende di cui noi ci occupiamo da tempo e per le quali i lavoratori verranno questa sera alla Regione.
Ecco perché per quanto riguarda il nostro gruppo non accettiamo le direttive del CIPE. L'ho voluto ribadire affinché non si dica, come qualcuno sta facendo in questi giorni e sarà bene che la smetta (parlo di Donat-Cattin, per questo ti guardo Garabello, il quale sul "Biellese" di questa mattina dice che il finanziamento Gepi non passa perché i comunisti lo bloccano) che la colpa è dei comunisti. La verità è che il Governo, pur sollecitato in sede di bilancio ad affrontare la situazione con un provvedimento amministrativo (cento miliardi attraverso prestiti obbligazionari che Colombo ha accettato in sede di bilancio) ha tentato come ultima strada quella del decreto aggiungendone altri 32, salvo poi dire che il decreto non passa perché i comunisti si oppongono. Bisognerebbe dimostrare che i comunisti, pur così forti e potenti, riescono ad impedire ad un Governo monocolore di varare un provvedimento. Su queste questioni non bisogna ciurlare nel manico, sia pure per prendersi un po' di voti perché la responsabilità è molto grossa.
Noi diciamo molto chiaramente che non ci si può limitare ad assumere i criteri del CIPE, altrimenti non siamo in grado di dare un'altra risposta ai problemi che invece immediatamente esigono una risposta.
Un'ultima questione è quella del biellese. Noi abbiamo sostenuto che non si possono considerare tutti gli 83 Comuni del biellese, siamo per le valli biellesi per i motivi esposti dalla Fabbris e dal Consigliere Simonelli. Aggiungerò che se invece (questa è la nostra preoccupazione) si vuole prendere lo spunto da questa legge per dare altri miliardi alla Lancia, alla Fiat, non so come potremmo rivolgersi ancora alle masse lavoratrici. Colgo quest'occasione per dire quanta demagogia si fa su questi temi. A proposito dell'insediamento Lancia, vi ricorderete il dibattito dal quale risultava che gli Enti locali si sarebbero accollati gli oneri di infrastrutture, urbanizzazione ecc., e il Presidente della Giunta disse che in realtà l'intervento della Giunta, del suo Presidente in particolare, era riuscito ad impedire che la Lancia si concentrasse tutta a Chivasso, ma venisse decentrata nelle aree depresse e in crisi del Piemonte, in ossequio alle direttive del CIPE. Chi è, come noi, un attento lettore di giornali, scopre oggi che era una cosa non vera, perché si legge appunto il giorno 30 marzo che quando un funzionario della Lancia ritirò la licenza di costruzione "la Lancia, come ora si apprende, si era orientata verso il biellese, per il suo nuovo insediamento, molti mesi prima che l'iniziativa venisse ufficialmente a Biella nel giugno del '71; per la ricerca dell'area si era appoggiata all'Unione Industriale che aveva sondato le possibilità di reperire la grossa superficie. L'operazione d'acquisto dei terreni è stata portata avanti senza che nessuno sospettasse circa la loro reale destinazione ecc.".
Il che dimostra che l'operazione Lancia nel biellese, checché ne dica la Giunta, era progettata da lungo tempo e non è affatto vero che la Fiat volesse raddoppiare tutto quanto in quel di Chivasso, la realtà è ben diversa, è che altri fanno i piani (e lo dimostreremo appena apriremo il discorso anche sulla Stef, di cui auspico rapidamente una risposta da parte della Giunta) sono piani di vasto respiro che investono stati vicini a noi che vanno avanti dal di fuori di qualsiasi tentativo di programmazione di cui si parla da tanto tempo e che non si realizza mai.
Concludendo quindi, noi invitiamo ancora la Giunta a considerare la possibilità di rivolgersi al Governo per accettare i criteri CIPE e rimandare ad un secondo tempo le altre zone, ma per presentare un piano di proposte che tenga conto anche delle altre zone attualmente in crisi chiedendo al CIPE di modificare i propri criteri in rapporto alla situazione esistente.


Argomento:

Sull'ordine dei lavori


PRESIDENTE

Sono le 13,35, il Consiglio lavora dalle 9,50 (come premessa). E' ancora iscritto a parlare l'Assessore Paganelli e l'Assessore Visone dovrà fare alcune dichiarazioni che sono state sollecitate dal Consigliere Garabello, quindi dovrà replicare e concludere la discussione l'Assessore Petrini, dopo di che dovremo sospendere i lavori per esaminare insieme l'ordine del giorno proposto dal gruppo socialista e vedere di trovarne un'intesa, in maniera da metterlo in votazione con eventuali modifiche o accettarlo come proposta.
Ho fatto queste considerazioni per chiedere loro se non ritengono più opportuno che sospendiamo i lavori per riprenderli puntualmente alle 16 (non posso anticipare alle 15 perché il Consiglio è convocato per le 16 e qualcuno potrebbe obiettare). Se noi alle 16 precise siamo qui abbiamo il tempo di portare avanti ed a termine almeno questa discussione entro le ore 18. A proposito delle quali ore 18, debbo una precisazione che mi è stata fatta dal Presidente della Giunta: il telegramma che ciascuno di noi ha ricevuto come Consigliere, firmato dalle tre organizzazioni sindacali, è stato da me interpretato (e credo da molti) nel senso che vi fosse stata una previa intesa tra le varie confederazioni sindacali e la presidenza della Giunta Regionale perché si parla di una convocazione presso la sede di via Magenta; questa intesa invece non vi è stata, vi è un invito dalle confederazioni o dei sindacati ad andare alla Giunta in via Magenta alle 18. Questo modifica sostanzialmente quello che poteva essere il punto di impegno: il Presidente mi dice: noi non abbiamo nessuna intesa per ricevere i Capigruppo, i Gruppi, i signori Consiglieri, una convocazione fatta dai Sindacati presso la sede della Giunta. Quindi se noi sospendessimo, se ci riunissimo un momento con i Capigruppo per scambiarci una parola e approfondire il tema dell'incontro delle 18, forse potrebbe essere meglio economicizzato il tempo. Penso che i due Assessori un quarto d'ora ciascuno parleranno, dieci minuti il Consigliere Visone e arriviamo alle 14,15.
Rimandiamo allora al pomeriggio, però vi prego di essere puntualissimi alle 16 per metterci in condizioni, in ogni caso, di prendere delle determinazioni.
La seduta è tolta.



(La seduta ha termine alle ore 13,40)



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