Sei qui: Home > Leggi e banche dati > Resoconti consiliari > Archivio



Dettaglio seduta n.83 del 24/02/72 - Legislatura n. I - Sedute dal 6 giugno 1970 al 15 giugno 1975

Scarica PDF completo

Argomento:


VITTORELLI PAOLO


Argomento: Organizzazione degli uffici - Regolamento del personale - Stato giuridico ed economico del personale dipendente - Programmazione: argomenti non sopra specificati

Esame della mozione di sfiducia presentata dai Consiglieri del gruppo comunista e del PSIUP (seguito)


PRESIDENZA DEL DEL PRESIDENTE VITTORELLI

La seduta è aperta.
E' iscritto a parlare il Consigliere Zanone.



ZANONE Valerio

Signor Presidente, mi limiterò a poche osservazioni, il più possibile attinenti alla mozione in discussione ed agli interventi che finora si sono succeduti. Sarò quindi estremamente breve, non per negligenza nei confronti del dibattito consiliare, ma perché è mia intenzione sfrondare il discorso da tutte le motivazioni ed i toni preelettorali, che hanno avuto ampio risalto negli interventi svolti questa mattina.
Devo dire che, a nostro giudizio, la stessa mozione presentata dal Gruppo comunista e dal Partito socialista di unità proletaria è un documento di carattere preelettorale. Perché, in fondo, questa mozione non si propone neppure una verifica delle collocazioni politiche all'interno del Consiglio: le dà in qualche misura per scontate, e, più che essere un documento di assemblea, è una sorta di comunicato alla stampa in cui i presentatori rivendicano a proprio merito le principali iniziative che sarebbero state assunte e gestite dalla -Regione in questo periodo.
A me non interessa certo contestare queste rivendicazioni. Piuttosto dobbiamo tener presente che, nel complesso, volendo assumere una certa corresponsabilità come corpo collegiale, bisogna riconoscere che le dimostrazioni di efficienza finora date dalla Regione Piemonte sono state abbastanza modeste e non possono essere surrogate da dibattiti e da pronunciamenti generici che in fondo riducono l'attività del Consiglio Regionale ad una specie di mozionificio in cui, ogni volta che si riunisce il Consiglio Regionale plaude o depreca, riafferma, sottolinea, aderisce ribadisce, esercitando quindi tutta una serie di impegni in qualche modo o preliminari o accessori rispetto alla funzione centrale che noi dovremmo avere, e che non è quella di ribadire, sottolineare, deprecare...



BERTI Antonio

Non c'è altra strada.



ZANONE Valerio

..ma di decidere, di amministrare, ma quella di operare. Dice giustamente il collega Berti che non c'è per il momento altra strada. Per se noi entriamo in questo criterio realistico, dobbiamo anche dire che in questa fase dell'attività regionale hanno avuto efficacia negativa una serie di limiti, di scadenze, di ostacoli che in molta parte non ricadono neppure sotto la diretta responsabilità delle forze politiche, soprattutto delle forze a livello regionale e locale. Credo ci si debba guardare da un pericolo fin troppo evidente, cioè che questa tendenza alla dilatazione dei temi in discussione si aggravi proprio in questa fase preelettorale in cui invece bisognerebbe dar prova di un massimo sforzo di concretezza. Questo richiede in primo luogo una certa attenzione al linguaggio, per rifuggire dai luoghi comuni, dai fantocci polemici, dalle scatole lessicali concettualmente vuote, e io ritengo che il testo della mozione, anche il dibattito di questa mattina, siano invece incorsi ripetutamente in questo tipo di errore. Ad esempio, questa mattina si è fatto un gran discorrere sulla caratterizzazione di destra, o di centro-destra, che avrebbe l'attuale Giunta Regionale. Mi pare sia emerso evidente dal dibattito che sia i presentatori della mozione sia il collega Carazzoni (mi spiace non sia in questo momento presente) siano sostanzialmente d'accordo nell'attribuire a questa logora e malfamata parola una straordinaria potenza evocativa. Il collega Carazzoni ne è addirittura geloso: con l'esclusivismo, direi, di una passione latina, ci tiene a possedere la destra tutta per sé. Faccia pure, si accomodi: ci consenta soltanto di precisare che la nostra dissociazione radicale, insuperabile dalla politica del partito che egli rappresenta in questo Consiglio non dipende dal fatto che il Movimento sociale sia un partito di destra o di sinistra, sul che si potrebbe discutere, ma dal fatto che si tratta di un partito che tradizionalmente, costituzionalmente, necessariamente è un partito illiberale, e la frontiera fra la libertà e la illibertà è molto meno incerta, molto più sostanziale ed invalicabile di quella, estremamente dubbia ed aperta a tutti gli equivoci, fra la destra e la sinistra.
Quanto ai presentatori della mozione, anch'essi assumono verso la cosiddetta destra una posizione alquanto passionale, che però non corrisponde ad una effettiva precisazione di cosa si intenda per politica di destra, per gestione di destra in termini reali. Ad un certo punto della mozione si dichiara che "i connotati della destra conservatrice - così sta scritto - consistono o consisterebbero nell'arrembaggio alle cariche pubbliche e nella cupidigia dei posti nell'amministrazione delle banche".
Se è così, bisognerebbe prendere atto che la destra conservatrice è tanto estesa da comprendere anche la sinistra socialista.
Questo accenno mi induce ad una osservazione sulla fase finale della politica di centro-sinistra cui stiamo assistendo e che in fondo è, come non poteva non essere, anche il tema del nostro dibattito di oggi. E' stato detto che il Centro-Sinistra si trova nella condizione di Don Rodrigo nel lazzaretto di Milano: è alla fine, anche se non sappiamo come finirà, ed anche se non sappiamo se prima della fine riuscirà a confessare i propri errori.
Questa fine senza grandezza della formula politica di centro-sinistra si denota molto chiaramente anche a livello locale. Perché, mentre l'opposizione alla formula cresce da varie parti, noi assistiamo al fenomeno evidentissimo di partiti di maggioranza che sono sempre più disarticolati nella loro convergenza e sempre più impegnati in una trattativa, ormai estremamente difficile da conciliare, di lottizzazione del potere. E' quello che sta accadendo in questi giorni, per esempio, al Comune di Torino, dove il tema del decentramento di quartiere, assunto e trattato anch'esso con motivazioni scopertamente preelettorali, serve da paravento ai contrasti sulla spartizione degli Assessorati e degli incarichi amministrativi. Alle trattative per questa spartizione hanno partecipato finora, a quanto leggiamo dai giornali, anche gli organi regionali dei quattro partiti di centro sinistra e non vi hanno partecipato, non essendo parte in causa, i liberali, i quali nella loro "ingenuità" avevano dato nel luglio '71 a questa Giunta Regionale un voto che non aveva per oggetto l'attribuzione di incarichi ma la linea politica della Giunta ed il suo indirizzo programmatico.
In questo senso credo che la mozione sia una occasione di verifica utile, e devo correggere una imprecisione contenuta nell'intervento di stamani del collega Carazzoni. Egli ha detto che noi saremmo caduti in una contraddizione politica avendo prima criticato un programma ed avendo poi invece sorretto questo stesso programma con il nostro voto; non abbiamo sorretto con il voto un programma della Giunta perché lo attendiamo tuttora. Questa Giunta, di fatto, è priva di un documento programmatico perché non si può certamente più considerare tale quello presentato dalla prima Giunta di centro-sinistra, che aveva una base politica diversa ma che soprattutto conteneva una serie di lacune e di silenzi sull'organizzazione sugli scopi, sull'attività della Giunta nel suo complesso e nei singoli Assessorati, che noi nel dibattito che allora vi fu non mancammo di rilevare criticamente.
Quindi, è vero che finora vi è stata una carenza di poteri amministrativi, per cui la Giunta ha forse opportunamente posto in primo piano gli adempimenti di carattere istituzionale, sui quali qualche cosa si è pur fatto, rispetto alle indicazioni contenutistiche e programmatiche: però, ora, i decreti delegati in gran parte, e forse tutti, vi sono, siamo a poco più di un mese dall'attribuzione delle funzioni e degli uffici, e noi riteniamo che la presentazione di un programma globale della Giunta non sia più dilazionabile, anche per dare un contenuto che non sia soltanto nominale alle scelte di collocazione delle varie forze politiche che agiscono in questo Consiglio.
Credo quindi che senza questa presentazione programmatica la Regione corra il rischio di rimanere coinvolta nella paralisi politico-parlamentare che coglierà il Paese nel corso dei prossimi due mesi, e su questo sono d'accordo con il collega Berti nel senso di fare in modo che ciò non avvenga: la Regione in questi due mesi non si metta alla finestra ad ascoltare i comizi della propaganda elettorale, ma svolga invece la sua funzione amministrativa. Vi è, d'altra parte, un adempimento statutario che, anche se forse non è ancora disciplinato in sede di regolamento, è estremamente idoneo a questo, e cioè il rendiconto della Giunta. Direi che a questo punto non è tanto importante per noi il rendiconto sull'attività svolta quanto la presentazione di un prospetto preventivo sull'attività da svolgere nel corso del '72.
Noi crediamo che il Presidente della Regione non vorrà sottrarsi a questo adempimento e in questo modo offrirà al Consiglio Regionale la possibilità di un confronto di tesi meno prefabbricato, meno superficiale di quello che si concluderà con il voto sulla mozione odierna.



PRESIDENZA DEL DEL PRESIDENTE VITTORELLI

Signori Consiglieri, hanno parlato i rappresentanti di sette Gruppi su otto che compongono il Consiglio. Ora, se, come ho avuto sentore - ho fatto sondare questa mattina i vari Gruppi per sapere se e quando intendessero parlare - il Consigliere Gandolfi desidera intervenire, sarebbe il suo turno. Faccio presente che questa mattina ho sospeso la seduta mezz'ora prima del consueto perché alcuni Gruppi mi avevano chiesto di dar la parola ai loro rappresentanti nel pomeriggio. Non posso però continuare con le sospensioni all'infinito, né d'altra parte posso rinunciare alla facoltà che mi è concessa dal Regolamento di alternare gli oratori in modo che tutte le voci si esprimano e si abbia qui non un concerto a due voci, con tutto un Gruppo che parla prima ed un altro Gruppo che parla dopo, ma un concerto nel quale si stabilisce il dialogo fra i vari Gruppi per arrivare a qualche soluzione costruttiva.
La mozione è stata largamente illustrata questa mattina dai presentatori, dai suoi sostenitori, da coloro i quali sarebbero favorevoli se fosse presentata da altra parte, da coloro che sono critici e da coloro che appoggiano anche apertamente la Giunta. Quindi Consigliere Gandolfi..



GANDOLFI Aldo

Chiedo tempo per finire di coordinare i concetti che sto appuntandomi.



PRESIDENZA DEL DEL PRESIDENTE VITTORELLI

Mi costringe, così, a violare una norma di regolamento che mi dà facoltà di far parlare i Gruppi uno dopo l'altro in maniera che tutte le voci, senza privilegio per alcuno, si susseguano.



GANDOLFI Aldo

Signor Presidente, non ho mai chiesto privilegi né li chiedo questa volta, ma la maggioranza non è formata solo dal Consigliere repubblicano.



PRESIDENZA DEL DEL PRESIDENTE VITTORELLI

Hanno già parlato per esporre il proprio parere su questa mozione un esponente della Democrazia Cristiana, uno del Partito socialdemocratico uno del Partito liberale, che aveva votato a favore della Giunta al momento della sua costituzione. Non credo che il suo convincimento in merito alla efficienza della Giunta o meno si possa formare nei prossimi cinque minuti.
Mi dica, dunque, vuol parlare o rinuncia?



GANDOLFI Aldo

Non mi sono ancora iscritto. Credo di aver diritto di parlare quando riterrò di essere pronto a farlo.



PRESIDENZA DEL DEL PRESIDENTE VITTORELLI

Consideri che reca offesa a tutti i suoi colleghi.
Consigliere Bianchi, lei è pronto a parlare?



BIANCHI Adriano

Non sono perfettamente pronto, comunque accetto di parlare subito signor Presidente.



PRESIDENZA DEL DEL PRESIDENTE VITTORELLI

La ringrazio. Ha facoltà di parlare il Consigliere Bianchi.



BIANCHI Adriano

Del resto, signor Presidente, i Colleghi, che si sono ormai abituati a sentirmi fare degli interventi improvvisati, qualche volta calzanti qualche volta meno, mi perdoneranno se sarò in qualche momento un po' troppo sommario: caso mai, ci intenderemo meglio dopo sulla giusta interpretazione da dare alle mie espressioni.



FURIA Giovanni

Speriamo sia la volta buona.



BIANCHI Adriano

Forse sarà meglio spiegarsi subito, perché con queste battute si possono far nascere degli equivoci. Io sono convinto di potermi sempre facilmente e immediatamente intendere sul piano personale e umano, molto meno quando si confrontano i modi, le organizzazioni e gli interessi, nel senso nobile del termine.
Quando ho letto la mozione di sfiducia, mi sono domandato: quali scopi si perseguono, come mai viene collocata in questo momento? Sono andato a rivedermi lo Statuto, ho pensato al quadro che avevamo cercato di disegnare nel momento statutario, e sono giunto, forse ingenuamente, alla conclusione, che la mozione, secondo i lineamenti istituzionali, la lettera e lo spirito del nostro Statuto, è lo strumento che viene offerto al Consiglio Regionale per modificare una situazione di fronte ad una nuova e diversa convergenza di forze politiche che sia andata manifestandosi chiaramente nell'assemblea, oppure di fronte ad un mutamento di valutazioni e di giudizi che sia andato formandosi e sia stato recepito attraverso il dibattito consiliare; oppure ancora che si tratti di uno strumento da utilizzare di fronte a stati di disgregazione di una maggioranza esistente dalla quale le forze che la compongono non sappiano e non vogliano trarre le dovute conseguenze. E' uno strumento offerto, per proporre, in termini costruttivi ed operativi, un'alternativa concreta, probabile ed immediata di carattere istituzionale all'interno del Consiglio per la formazione di una nuova maggioranza. Non è certo lo strumento, a mio avviso, per manifestare censure, per riproporre o aggiornare, il giudizio che l'opposizione esprime nei confronti della Giunta o nei confronti delle forze politiche che la Giunta sostengono per riproporre delle tesi generali in ordine alla politica nazionale, o per fare la polemica fra i partiti politici. A questi fini esistono momenti e mezzi più appropriati e a mio avviso più efficaci, che l'opposizione ben conosce, e dei quali non ha mancato di fare ampio uso in tutta una serie di interventi e di dibattiti che qui abbiamo svolto.
Al di là delle cose dette, e in cui ciascuno degli intervenuti ha sicuramente impegnato la propria sincerità e le proprie convinzioni (ho sentito infatti accenti di profonda convinzione), ho avvertito in questo dibattito, complessivamente, un tono forzato, un tono artificioso, quella insufficienza di convinzione, non in ordine a singole affermazioni, ma in ordine all'iniziativa del suo insieme, che segnala le operazioni non esattamente collocate, come tempo e come luogo.
Quali sono gli scopi che ci si prefigge con questa mozione di sfiducia che chiamerei più appropriatamente di censura, o questo manifesto politico riassuntivo? Ribadire innanzitutto, una critica, un dissenso che nell'accavallarsi delle mozioni - ha detto benissimo, sotto questo riguardo, Zanone - e delle relative discussioni hanno avuto continuo spazio (al dialogo e al dibattito non ci siamo mai sottratti su questo piano), ed ha anche avuto i suoi effetti frustranti. Dice il Consigliere Berti: ma in questa fase, senza questa iniziativa, non ci sarebbe stato sufficiente dibattito politico. Io non so se la misura cui si è arrivati sia stata la più producente o non si sia andati un tantino al di là. In primo luogo, dunque lo scopo, di ribadire una censura, trasformandola in attacco in cui sono riconoscibili due momenti principali e che sono poco omogenei fra di loro: il richiamo a temi attuali di politica nazionale, a temi generali, anzi generalissimi quasi ad anticipare, proprio anche temporalmente, con un pizzico di civetteria, il dibattito parlamentare che sta per aprirsi; e poi, invece una certa insistenza, non da parte di tutti per la verità, nell'attacco personale, che in qualche momento, pur nel garbo stilistico, ha avuto accenti di una pesantezza che mette a disagio non certamente chi ne è oggetto, perché la vita politica abitua a questo e ad altro, ma consentitemi di dirlo, mette seriamente a disagio sotto il profilo politico chi è qui per svolgere un ruolo politico ed un dibattito politico. Una pesantezza che sembrerebbe quasi preludere ad avviare ad una rissa, se non tenessimo presente che la campagna elettorale è alle porte e che in campagna elettorale spesso alle parole, ai giudizi, agli attacchi, viene attribuito un significato ed un peso diverso da quelli che hanno in tempi ordinari.
Vi è poi il tentativo, elevando i toni, di avviare la campagna elettorale accreditando alcune opinioni: ad esempio, che la Democrazia Cristiana abbia operato, o intenda operare, una svolta a destra e intenda assumere ruoli reazionari, e nell'ambito di questo disegno di destra e reazionario intenda anche affossare la Regione, per cui eventuali manchevolezze o insufficienze che sono state riconosciute come fatti obiettivi in ordine alla situazione in cui la maturazione di questo istituto si trova, diventerebbero invece fatti determinati da una precisa volontà politica. Ma lo scopo principale sembra ancora quello di mettere in evidenza sotto gli occhi degli elettori, che sono ipersensibili l'eventuale convergenza formale di atteggiamenti di opposizione - una opposizione che formalmente si raccorda in un giudizio negativo nei confronti della Giunta - o di distinzione, prefigurando, quasi istituzionalmente, un più largo schieramento di sinistra, nel quale (e la stessa mozione in questo diventa uno strumento stravolgente rispetto agli scopi che possono essere perseguiti da alcuni che magari la sottoscriveranno) una nuova maggioranza, un nuovo disegno di maggioranza.
Una maggioranza di sinistra, così prefigurata e nella quale il Partito comunista italiano si presenterebbe, per il suo peso, per la sua compattezza disciplinare, per la sua efficace ed aperta metodologia, come la forza guida, detentrice di una leadership che occupa, assorbe e riveste del proprio abito tutti gli spazi (mi si consenta, al di là dell'amabilità delle persone che qui lo rappresentano e lo compongono, di dire che questo abito a me sembra un tantino rigido).
Non manca il rinnovarsi di appelli che sembrerebbero puntare alla rottura nei confronti della Democrazia Cristiana. E poiché si è fatto accenno alla elezione del Presidente della Repubblica, mi domando se non si è ancora preso atto - ma credo si sia preso atto, soprattutto da certe parti del Partito comunista - del grave errore compiuto da chi ha puntato duramente e tenacemente ad una situazione che portasse alla frattura della Democrazia Cristiana, sì da raffigurarla umiliata di fronte al Paese subordinata, perdente rispetto ad una leadership che aveva ed ha un valore ai fini della stabilità delle istituzioni democratiche, ai fini della difesa della libertà nel nostro Paese. E' un disegno che è stato storicamente, e fortunatamente per tutte le forze politiche costituzionali presenti in quest'aula, finora sconfitto.
Mi ha fatto piacere sentire il Consigliere Nesi dichiarare e riconoscere che il Fronte popolare sarebbe oggi un errore, mentre non lo sarebbe stato nel 1948. Ma è stato un errore per il Partito socialista italiano, è stato un errore per la vita politica italiana, è stato un errore per il Partito comunista italiano il Fronte popolare anche nel 1947 48. E' stato un errore per il Partito socialista italiano, che ha perduto in quella occasione una posizione di guida, di grande partito di massa, e si è trovato in una posizione subordinata, e ha dovuto poi fare una lunga marcia per riemergere a posizioni di partito autonomo, attraverso crisi di coscienza, crisi politiche che hanno percorso tutto il Paese. E ne ha sofferto il Partito comunista, che ha visto tardare tutta una sua rielaborazione, revisione - mi si passi questo termine, che uso non nel significato che altri vi attribuisce - da posizioni di schieramento sostanzialmente omogeneo a quello stalinista fino ad atteggiamenti che aprono prospettive per le forze che vengono da esso rappresentato.
Fu un grave errore, e la Democrazia Cristiana lotta perché non si ripeta. Certi aspetti della politica condotta dalla Democrazia Cristiana in questo momento, che possono essere giudicati come equivoci, non sono altro che lo sforzo di riprendere, storicamente aggiornato, il disegno - che è stato, questo sì, la grandezza di De Gasperi - che tende ad evitare che nel nostro Paese si determini una polarizzazione delle forze politiche. C'è in troppe forze, nel nostro Paese, la tentazione di far fuori la Democrazia Cristiana per poi poter far fuori in via definitiva ogni prospettiva democratica. In questa prospettiva il Partito socialista italiano, lo stesso Partito comunista, tutte le forze democratiche hanno tutto da perdere. Nessuno ha da guadagnare da una perdita del ruolo centrale che la Democrazia Cristiana si è vista affidare dagli elettori, dall'intero Paese e che oggi vuol riassumere e meglio definire.
La Democrazia Cristiana, in questo momento, prende le distanze non dalle forze democratiche, non dalle forze popolari, ma da una situazione di scivolamento, di confusione, nella quale questo ruolo le veniva progressivamente contestato, per cui si andava pian piano accreditando nel Paese la fine di questo corso politico e la possibilità di trovare un raccordo di altra natura, nel quale la Democrazia Cristiana avrebbe trovato la spinta alla sua frattura. Notevoli forze popolari sarebbero state liberate e sarebbero fuggite dall'ambito democratico, non so in quale direzione. In conseguenza, motus in fine velocior, avremmo avuto la polarizzazione delle forze, il contrasto delle estreme, contrasto in cui non ci sarebbe spazio per i Partiti socialisti né per le forze intermedie cosicché si arriverebbe ad uno scontro finale i cui esiti neanche il Partito comunista può desiderare, comunque inevitabile una volta che ci si mette in questa logica, perché da essa non si potrebbe più uscire.
A quanti possono avere oggi dei timori in ordine alla sua linea la Democrazia Cristiana offre la garanzia che sta nel suo passato, che sta nella sua azione politica, nel richiamo alle sue origini, che oggi propone in maniera decisa. La Democrazia Cristiana si accampa al centro dello schieramento sociale e politico del nostro Paese, per indicare come massimo pericolo la disgregazione delle forze democratiche, questa fuga della democrazia. Naturalmente, vi è la ricerca di un collegamento costante, con le forze democratiche che la Democrazia Cristiana ha mostrato di volere già all'indomani della lotta frontale del 1948 e della sua vittoria elettorale.
Questo collegamento richiede chiarezza da parte della Democrazia Cristiana e richiede chiarezza nelle altre forze politiche. Richiede che non si possa condividere un disegno così essenziale mirando ad altre forme di raccordo che finiscono con il mettere in forse anche il ruolo costruttivo dell'opposizione, in una confusione di parti. Io penso che, nella distinzione chiara di questi rapporti, la stessa opposizione potrà dare con maggiore efficacia il suo apporto qui in sede regionale alla costruzione di una Regione democratica, alla interpretazione partecipativa degli interessi popolari, alla soluzione dei problemi dell'assetto economico, dell'assetto industriale, della democratizzazione nel lavoro, nelle fabbriche e così via. Ogni volta che ci si è impegnati ad affrontare dei problemi concreti dei problemi reali, si è vista l'apertura di tutta la Democrazia Cristiana della Giunta e del suo Presidente. Si capisce che quando si arriva a scontri su questioni astratte è più facile che le posizioni diventino rigide.
Non si ceda alla tentazione di accreditare in questa campagna elettorale l'opinione che la Democrazia Cristiana corre a destra timorosa della concorrenza del Movimento sociale. Noi riaffermiamo il nostro antifascismo, l'abbiamo detto prima, ma non dobbiamo commettere l'errore di identificare l'antifascismo di oggi con l'antifascismo storico. C'é tutta un'azione antifascista che dev'essere operativa, nel senso di rimuovere dalla scena politica italiana tutti quei fermenti e quelle situazioni che sono produttori di sfiducia nei confronti dello Stato. Ha espresso giustamente Nesi nel suo discorso pulito, preciso, lo sgomento, il dolore che prova un democratico rispetto ad una constatazione di disaffezione dei cittadini nei confronti delle istituzioni democratiche. Ma credete che non si abbia tutti insieme, sotto questo profilo, una grave responsabilità nell'avere trascurato il fatto che una democrazia, un Governo democratico un Governo di partiti democratici, proprio perché si fonda su una profonda legittimità, non deve avere complessi di inferiorità nel momento in cui si deve far osservare la legge; non deve subire il ricatto di chi vuol fare considerare repressivo tutto ciò che comporta richiamo ad un momento di riflessione, di ordine, di attenzione, di gradualità ragionevole nell'attuare e nel realizzare le cose che stanno a cuore a tutti. Non è forse risaputo che le concitazioni hanno sempre ritardato i moti di trasformazione storica anziché accelerarli? A questo la Democrazia Cristiana sta pensando: non ad abbandonare le forze democratiche, non a respingere il PSI in nuovi forzati rapporti, non ad emarginare alcuno - perché ha fatto, e abbiamo fatto tutti, un'amara esperienza sotto questo profilo - poiché è assurdo che una democrazia ancora così debole si possa permettere una emarginazione totale, frontale quale quella che è stata decretata nei confronti del Partito liberale (in parte anche per colpa dei dirigenti di questo partito, per la loro condanna pregiudiziale nei confronti del centro-sinistra), quasi che l'apporto, in momenti opportuni, di un partito democratico come è il Partito liberale fosse contaminante. Di errori di questo genere le forze democratiche non ne possono più commettere in avvenire in un Paese così fragile, che in un momento di trasformazione rischia di apparire nevrotico.
La Democrazia Cristiana si presenta anche in sede regionale con il volto di un partito popolare, di un partito democratico, di un partito che non vuol perdere il contatto prima di tutto con i ceti popolari che rappresenta, che non vuol perdere il contatto con tutte le forze democratiche, che è pronto ad un confronto democratico costruttivo con l'opposizione e con le forze popolari che l'opposizione rappresenta. Ma tutto questo in un nuovo quadro di stabilità, di sicurezza, di certezza, di difesa dello Stato, di difesa del diritto, di garanzia per i più deboli.
Siamo oggi di fronte alla ribellione dei deboli, che si rivolgono ai prepotenti per averne tutela: questa è la ragione psicologica profonda che opera nel Paese. E noi non vogliamo che crescano le tentazioni di fascismo nelle fabbriche, nelle scuole, nelle piazze, nella vita pubblica, negli uffici, nelle nostre stesse famiglie, in mezzo ai nostri figli. Se alla concitazione elettorale farà seguito un po' più di pacata meditazione io penso che ci ritroveremo, tutte le forze democratiche, in un quadro sicuramente di rapporti un tantino diversi, perché le esperienze non devono essere improduttive; e credo che in questo quadro, in questo rapporto, le finalità, sostanzialmente valide, che la stessa opposizione, lo stesso Partito comunista rappresenta, troveranno la loro giusta collocazione democratica. Ho prestato orecchio ad interventi, a voci, ad allusioni, a riferimenti che percorrono il Partito comunista anche attraverso i suoi congressi, ed ho avvertito quali preoccupazioni, da grande forza che ha una responsabilità, si manifestino anche in tale partito. Ebbene in un altra tematica, su un altro piano, che ci trova così distanti, così contrapposti sono le nostre preoccupazioni che le accelerazioni, alle quali non sappiamo por freno, le impazienze, alle quali non sappiamo portare rimedio, ci possano travolgere in una confusione generale, in una sconfitta generale della classe politica e democratica espressa dalla Resistenza, che si riconosce nella Costituzione italiana e che vuol garantire la Democrazia come strumento di progresso per il nostro Paese.
Per quanto riguarda la Regione, qui si è avanzata l'accusa di presidenzialismo. Certo, il dott. Calleri ha una forte personalità, e qualche volta è facile anche scontrarsi con lui: io stesso, in altre occasioni, quante volte pubblicamente mi sono trovato in polemica, o, se non in polemica, in atteggiamento dialettico nei confronti delle sue posizioni. Ma di qui ad affermare l'esistenza di un presidenzialismo di fatto siamo molto lontani. Intanto, riconosciamo qual è la reale struttura della nostra Regione: una Regione fondata, come tutte le Regioni italiane ma con accentuazioni particolari contenute nel nostro Statuto, su una netta definizione dei compiti dei tre organi che la compongono, che sono il Presidente, la Giunta, il Consiglio Regionale. In questa fase di attribuzione non ancora definitiva di compiti e di funzioni, il Presidente si è visto assegnare dei ruoli di responsabilità particolari, strettamente personali, ai quali non poteva sottrarsi. Ma, così come non siamo per una Regione presidenziale, dobbiamo ribadirlo, lo dice lo Statuto, non siamo per un tipo di Regione assembleare. Il rapporto di collaborazione costruttiva, che deve necessariamente esserci, una collaborazione che dev'essere ricercata, in una democrazia, tra maggioranza ed opposizione non dev'essere un rapporto partecipativo di confusione tra le responsabilità della maggioranza al potere e le responsabilità dell'opposizione: la maggioranza dev'essere ricettiva rispetto a tutte le indicazioni positive, costruttive che vengono dall'opposizione.
Nell'intervento del collega Berti ho rilevato alcuni accenti di teorizzazione della esigenza di ottenere una partecipazione diretta: questo non è possibile, non è conveniente, non è producente per la vita della nostra Regione. Io credo che, se, invece di indirizzare critiche opinabili su fatti personali, su atteggiamenti psicologici e su cose di questo genere, ci si soffermasse ad esaminare i comportamenti che la Giunta, la maggioranza, la Democrazia Cristiana ha assunto ogni volta che ci siamo trovati a discutere e a dibattere dei problemi concreti, precisi, operativi che riguardano la vita della nostra Regione, il giudizio non potrebbe essere quello che con una certa sommarietà preelettorale si è dato oggi.
In sostanza, non vi era motivo per presentare questa mozione di sfiducia, perché non esistevano le premesse di fatto, non esistevano le premesse di disgregazione politica, non esistevano le premesse in termini di maturazione di problemi. Caso mai, dato che siamo alla vigilia dell'assunzione delle funzioni, si sarebbe dovuto attendere che questi fossero interamente trasferite, ed allora, se si fosse rilevata una carenza da parte della Giunta, si sarebbe potuto presentare ordini del giorno mozioni, per sollecitare od esprimere un diverso indirizzo. Sono certo comunque che la Giunta non si sottrarrà ad un dibattito sulla esposizione delle proprie posizioni rispetto al momento dell'assunzione dei poteri, al modo di esercitarli, agli indirizzi da assumere.
Credo poi di poter dire che la Democrazia Cristiana non è certo disposta a subire condizionamenti e subordinazioni rispetto al potere economico, il quale programmerebbe, l'azione economica e politica e utilizzerebbe le istituzioni come sua longa manus: siamo in condizioni penso, di poter rispondere in modo adeguato a queste sollecitazioni qualora venissero. Quanto alla difesa degli interessi delle piccole e delle medie industrie; eh sì, sarebbe stato meglio pensarci prima, sarebbe stato meglio che ci si fosse resi conto prima della debolezza della struttura del nostro Paese, poiché si sarebbe evitato di proporre poi dei rimedi che è impossibile realizzare in breve tempo, e di assumere ruoli contraddittori che sarebbe facile, ma anche troppo polemico, denunciare. Ma lasciamoci alle spalle il passato, guardiamo piuttosto l'avvenire. La struttura pluralistica, differenziata, estremamente diversificata, del nostro Paese richiede un indirizzo politico, un Governo che si fondi sul collegamento delle forze democratiche più ampio possibile; richiede un collegamento sincero, che trovi una rispondenza ed un collegamento nelle forze sociali del Paese; richiede un rapporto con l'opposizione che non faccia sentire le forze, le masse, i ceti, le classi che nell'opposizione si riconoscono come esclusi, non partecipanti, ma come esercitanti un ruolo attivo e costruttivo che ha pari dignità.
Concludendo, assicuro, per quanto mi riguarda, che la Giunta, che il Gruppo consiliare della D.C., il Consiglio Regionale, per quanto pu dipendere dal nostro impulso, non conoscerà sicuramente soste, vuoti disattenzioni, attese condizionate dalla campagna elettorale per quanto questo possa essere compatibile con le esigenze che una campagna elettorale di questa natura pure determinerà. Non so con sicurezza se qualche componente del mio Gruppo possa o meno cimentarsi, nell'interesse del Partito, nella campagna elettorale: so per certo che personalmente rimarr qui a tediare ancora i Colleghi, che la stragrande maggioranza del mio Gruppo resterà impegnata qui; so per certo che saremo non sostituiti almeno in numero pari a quello dei firmatari della mozione che oggi si discute.
Siamo pari, quindi, su questo piano. Non ci sarà, dunque, nessun fuggi fuggi generale. Del resto, i tempi non sembrano consigliare molte di queste avventure..



CURCI Domenico

Giusto, non ti conviene.



BIANCHI Adriano

Non per le ragioni che tu adduci. Perché effettivamente mi richiami a ricordare come sia stato veramente strumentale e fuori luogo questo attacco alla Regione come un istituto inetto ed incapace di rispondere alle attese popolari, e mi offri l'occasione per riaffermare, proprio nel momento in cui la tendenza alla passionalità preelettorale ci potrebbe portar fuori argomento, che la Regione è non l'ultima, ma certo una delle principali trincee sulle quali la democrazia italiana riconquisterà, se mai si fosse appannata, la piena fiducia del Paese e darà la prova delle proprie capacità costruttive, di riforma, di consolidamento delle istituzioni democratiche. Noi crediamo nella funzione della Regione, crediamo nella partecipazione popolare, si capisce, non strumentalizzata a far da coro a veline o a circolari che siano state precedentemente distribuite. Quanto più affronteremo i problemi concreti tanto più vedremo di far riferimento a questa forza trainante, a questa spinta, a questa base di legittimità che sta nella partecipazione popolare. La Regione affronterà tanto meglio le sue responsabilità quanto meno cercheremo di allargarne smodatamente gli interventi, soprattutto in campi nei quali possa si far pesare la propria volontà politica, il proprio prestigio politico, ma nei quali abbia minori possibilità operative. Per quanto limitate siano le materie contenute nel decreto di trasferimento, saranno tali e tante le competenze e le responsabilità che ci pioveranno sulle spalle che ci basterà, per lungo tempo, affrontare quelle, senza tentare di invadere troppi altri settori.
Mi piace quindi concludere con questa duplice affermazione: sicurezza che non ci saranno vuoti di potere, né vuoti di continuità, e sicurezza che la Regione potrà esprimere, come da essa si attendono le forze popolari, il Paese, le soluzioni dei problemi che lo Stato centralizzato si è dimostrato incapace di risolvere, e soprattutto la soluzione di uno dei problemi fondamentali della Democrazia, che è quello della affezione dell'attaccamento, della partecipazione dei cittadini alla vita delle istituzioni, nelle quali potranno così più direttamente riconoscersi.



PRESIDENZA DEL DEL PRESIDENTE VITTORELLI

E' iscritto a parlare il Consigliere Besate. Ne ha facoltà.



BESATE Piero

Signor Presidente, egregi Consiglieri, è logico che dagli oratori che esprimono un orientamento di appoggio alla Giunta si manifesti stupore per la presentazione della mozione di sfiducia. Ha detto ancora teste il collega Bianchi che gli è parso di avvertire toni forzati, tipici di una insufficiente convinzione e che, in fondo in fondo, questo strumento è stato usato in funzione elettoralistica, di tatticismo elettoralistico; con ciò mirando, sembra, a sminuire il significato politico dell'atto che il Gruppo comunista, il Gruppo del PSIUP hanno compiuto presentando la mozione.
Questo modo di considerare la presentazione della mozione (credo che tra l'altro, sia una necessità urgente per chi vuol sostenere la Giunta e rifiutare di dichiarare sfiducia in essa) è un espediente che consente rifugiandosi in quella dimensione fantapolitica, di metafisica politica dove si può fare del polverone quarantottesco, chiamando in causa un po' di polemica- frontista o antifrontista, facendo ricorso ai soliti ingredienti di sfuggire alle critiche, alle motivazioni concrete che la mozione di sfiducia enumera, elenca, con assoluta chiarezza e precisione. Perché la mozione dei Gruppi del Partiti comunista e dello PSIUP si conclude con la sfiducia, ma come corollario di ben dodici motivazioni principali; e tutte motivazioni che non sono opinabili ma sono verificabili nei fatti testimoniabili da chiunque, dentro e fuori il Consiglio, abbia seguito con un minimo di attenzione la vita della Regione.
Vi si dice: "La Regione è condannata alla crisi permanente e all'immobilismo". Ecco un elemento da verificare. Quante crisi formali hanno prodotto le varie gestioni Calleri per conto del partito di maggioranza relativa prima di approdare a questa Giunta? Ne ho perduto perfino il conto.



CALLERI Edoardo, Presidente della Giunta Regionale

Si può arrivare fino a quattro, a dir tanto.



BESATE Piero

Quattro in un anno e mezzo non è poco: equivale ad una ogni quattro mesi, senza tener conto delle ferie, delle sospensioni natalizie, eccetera.
Ma il fatto è che, fra una crisi e l'altra, la Regione ha sofferto di una profonda e sostanziale crisi permanente. Può negarsi questa verità? E' questo uno dei punti da verificare. Il disegno di piegare il PSI e la sinistra democristiana ad un ruolo di copertura di gestioni conservatrici così come perseguito dal Gruppo di potere della Democrazia Cristiana, è di isolare d'altra parte il Partito comunista (questo é, fra l'altro, un disegno utopistico e sprovveduto) è poi il filo che lega insieme le varie vicende ed i vari e diversi episodi di cui si è sostanziata tutta questa manovra. E' in base a questo insieme di fatti che dovete rispondere se sia vero o no che la Regione Piemonte è stata condannata alla crisi permanente e all'immobilismo.
Secondo punto. Vi si dice: "Mentre si approssima il trasferimento delle funzioni e del personale statale alle Regioni, in Piemonte si manifestano tutti i fenomeni degenerativi caratteristici delle gestioni conservatrici".
Si può forse affermare che sia stato fatto qualcosa per mettere la nostra Regione, la Regione Piemonte, in grado di esercitare appropriatamente in via diretta i poteri, non con il metodo di delegarli alle Camere di Commercio o attraverso interventi estemporanei e burocratici, secondo i metodi, le norme, i principi sanciti nello Statuto, in rapporto ai bisogni dei piemontesi e alla complessità dei problemi, che sono tanti e sono gravi? E' mai avvenuto che sia stata affrontata la grossa questione di come, in che misura, con quale ruolo, recepire, assorbire, se mi permettete, metabolizzare gli uffici ed il personale statale in funzione di un ordinamento della Regione che discenda da una identificazione dei lineamenti della Regione in generale e della Regione Piemonte in particolare? E non mi riferisco soltanto allo Statuto. Le funzioni ed i lineamenti della nostra Regione si possono ritrovare facilmente in quell'esemplare massiccio lavoro sui decreti delegati e su quelli dei Ministeri, lavoro massiccio non soltanto per la mole ma anche e soprattutto per l'impegno e l'impegno profuso dai Consiglieri, dalle Commissioni, e permettetemelo, anche dagli Assessori impegnati, che hanno forse in certo qual modo ricercato su questo terreno un risarcimento all'appiattimento nell'organo esecutivo collegiale. Un grosso lavoro, dicevo, nel quale si sono fissate anche minuziosamente le linee per un serio ed efficiente ordinamento della nostra Regione Piemonte. Quegli atti sono destinati ad un museo di fossili, sono stati scritti per non essere mai più ricordati? Ecco su cosa dovete rispondere.
Questa è una delle motivazioni più esplosive della presentazione della mozione, che tocca una realtà che amareggia tutti, che purtroppo prepara un triste futuro alla Regione Piemonte. Con l'emanazione dei decreti delegati le Regioni hanno acquistato la potestà, l'esercizio delle funzioni legislative: dal 1° aprile eserciteranno le funzioni amministrative. La Regione Piemonte si è preparata a questo esercizio? O dovremo ancora veder affrontare queste cose a colpi di decreti, di decisioni di Giunta, di Presidente, di Esecutivo, con le solite polemiche? Un modo che trascende il Consiglio, la Regione, la partecipazione. Tenete conto che siamo giunti ad un momento storico: perché con i decreti delegati, con la loro emanazione si dà l'avvio allo Stato Regionale. E' un fatto forse messo troppo in sott'ordine al cospetto di grandi avvenimenti nazionali ed anche internazionali. Ma dobbiamo essere consapevoli, noi Consiglieri Regionali che si sta dando l'avvio al nuovo Stato Regionale, alla più profonda delle riforme. La Regione Piemonte, ripeto la domanda, che è una delle più grandi Regioni d'Italia, non solo per dimensioni ma anche per la funzione che ha esercitato e che esercita nel nostro Paese, come si è preparata a questo passaggio? Che cosa ha impostato la Giunta in questa direzione? Terzo punto. Mi si dice che invece "si fanno scelte di campo economiche subordinate alle direttive di gruppi economici dominanti". Questa è una delle motivazioni di fondo della mozione di sfiducia. Giacché si parlava di motivazioni elettoralistiche, mi corre l'obbligo di ricordare che questa mozione è stata annunciata proprio al termine della discussione sulla situazione economica ed occupazionale, e quindi proprio in riferimento agli indirizzi politici che la Giunta, tramite il Presidente, che la rappresenta, e la maggioranza avevano espresso su questi problemi fondamentali. Non dimenticate mai questo fatto basilare.
Volete poi i nomi ed i fatti salienti di questa motivazione? Cominciamo dall'insediamento Fiat a Crescentino, per cui cinquecentomila piemontesi delle zone del Monferrato, delle Province di Asti, Torino, Alessandria Vercelli, vedono compromesse le loro risorse idriche sia in fatto di disponibilità quantitativa sia in fatto di purezza, in rapporto all'inquinamento, senza parlare di altre conseguenze negative di cui già abbiamo parlato, sulle quali la Commissione d'indagine riferirà in seguito al Consiglio; tale insediamento, come anche l'insediamento della Lancia a Verrone al di là delle polemiche sulla sua funzionalità, e l'ampliamento a Chivasso, prescindendo dalla fondatezza della utilità per questa industria di estendersi al fine di accrescere la sua produttività così da renderla più economica e da dare maggior efficacia alla sua presenza sul mercato costituiscono decisioni che rientrano nel disegno della più grande azienda piemontese, e non solo piemontese, che distorce tutto lo sviluppo e fa del Piemonte un'area di sviluppo tutta particolare (questo aspetto è già stato illustrato dal mio compagno Berti). Non è il caso che mi soffermi sulla questione Montedison, già sviscerata in Consiglio nel recente dibattito.
Per l'Università, c'è stata anche una mozione consiliare che impegnava la Giunta a fare qualcosa di preciso. Ma dopo la votazione di quella mozione non si è più saputo niente. E, per quanto si sappia, all'Università c'è di nuovo agitazione; la situazione si fa sempre più insostenibile, se mai fosse stata sostenibile prima, e con ogni probabilità tra poco questa Università, che non funziona, che è nelle condizioni che ben sappiamo, ce la troveremo nuovamente pronta ad esplodere. E la Regione, che aveva assunto determinati impegni, risulterà squalificata di fronte al mondo universitario, di fronte ai piemontesi tutti.
C'è poi il triste, sconcertante capitolo, che riguarda la situazione nelle cliniche, che continua a far parlare di sé i giornali (ancora "La Stampa" di questa mattina tratta l'argomento). Ebbene, il filo che lega tutti insieme questi episodi è che, ad esempio, sono stati manipolati in esclusiva dal Presidente, partendo da un angolo visuale che dà alla Regione la funzione di reggicoda dei grandi gruppi dominanti. Sarebbe però troppo comodo per la Democrazia Cristiana farsi paravento della persona e del carattere del Presidente, di certe sue cosiddette vocazioni presidenzialiste ecc. ecc. Dev'essere chiaro che di questa situazione è responsabile tutta la Democrazia Cristiana, di cui il Presidente è espressione primaria. Ecco una delle risposte che dovete darci: sono o no vere queste cose? Si dice ancora nella mozione che invece si realizza "l'arrembaggio al controllo dei centri di potere delle Banche pubbliche". Anche su questo dovete rispondere: è vero oppure no? E vi si dice del "nullismo nei confronti di una politica concreta di programmazione, rinvio nella posa in cantiere degli strumenti regionali di intervento per una politica di piano mentre si aggravano le conseguenze della crisi e l'attacco all'occupazione". Chi può negare che queste sono verità? Mi sia permesso a questo proposito, proprio perché sono loro quelli che in questo campo rappresentano qualcosa di positivo, di mandare un fraterno, caloroso commosso plauso alle operaie, agli operai, agli impiegati in lotta nelle decine di fabbriche su cui incombe l'incubo della disoccupazione, e quindi della miseria per le loro famiglie, ed ai braccianti delle pianure piemontesi che, insieme con i loro fratelli di tutta Italia, sono impegnati in una durissima battaglia per il lavoro e il livello di vita, ma la cui tesi di fondo è la riforma agraria, la difesa della storica conquista della riforma dell'affittanza, minacciata dalla grande proprietà parassitaria dalla destra democristiana e dalle destre tutte insieme, espressione del più odioso e antistorico dei privilegi: quello della proprietà fondiaria.
Non c'è nulla di iniziato, poi, nel campo degli strumenti di piano per opera della Giunta, e il vuoto nell'iniziativa di individuazione concreta e partecipata dei comprensori delle zone agricole e dei rapporti con gli Enti locali è gravissimo; persino la proliferazione che è in atto di iniziative per i circondari è sintomo e conseguenza di questo nullismo. Al limite queste iniziative sono, intenzionalmente o no, una critica implicita dell'immobilismo della Giunta in questo che è il campo d'azione principale della Regione, quello suo peculiare, proprio, nel quale la sua funzione è insostituibile. Se oggi si muove qualcosa di positivo in questo ordine di idee e di problemi, ciò è dovuto alle lotte dei lavoratori per i livelli di occupazione, dei Comuni per combattere la degradazione, la congestione, le conseguenze delle scelte tra i centri economici dominanti.
Che ne è, poi, del piano della sanità? Quali iniziative ha preso la Giunta per avviare un discorso partecipativo, per individuare le unità sanitarie locali e le unità locali dei servizi? Che ne è del piano per una formazione professionale strettamente collegata ai fabbisogni prevedibili? Del piano per realizzare il diritto allo studio? Di una iniziativa per i piani di zone agricole, per l'Ente di sviluppo regionale? Forse che nella maggioranza stessa non ci sono uomini che sentono l'urgenza di queste iniziative, e viceversa devono registrare la più avvilente frustrazione di un loro slancio? Che cosa e chi impone questo degradante e meschino immobilismo? Proprio tutto questo insieme di cose fa sì che, nella mancanza dell'iniziativa più generale per una politica di programmazione, in questo vuoto, abbiano incisività, valore le iniziative dei gruppi monopolistici privati. Essi così impongono la loro programmazione, perché sempre si programma, giorno e notte, da parte di chi dirige grandi industrie, e se non si trova chi sappia condizionare uno sviluppo o avviare verso una utilizzazione di interesse collettivo le necessità di espansione dell'industria, dei commerci e dell'agricoltura è ovvio che si avrà una fruizione in senso aziendalistico e privatistico delle risorse collettive.
Per concludere questo capitolo, vediamo il caso emblematico del personale. E' nota a tutti l'incredibile situazione in cui sono costretti ad operare i dipendenti, in cui ci troviamo anche noi Consiglieri, e gli Assessori e la Regione nel suo complesso: dopo un anno e mezzo non è stato adottato alcun provvedimento valido. Oggettivamente, si tratta di un vero e proprio sabotaggio della Regione, in questo caso. Mentre sta per verificarsi il trasferimento degli uffici e del personale statale, e quindi ci si trova di fronte alla necessità di provvedere in modo nuovo, moderno funzionale all'ordinamento degli uffici e all'organico, definendo strutture che riflettano sulla pagina bianca della Regione le moderne acquisizioni in materia di ordinamenti e funzioni della pubblica Amministrazione, che non riproducano sotto una nuova etichetta le deprecate, farraginose inefficienti, costose, rigide, sorde e balorde strutture burocratiche statali che tutti dicono di voler eliminare, il Presidente della Regione alle proposte avanzate dai dipendenti, dai sindacati, dai nostri Gruppi per dare un apporto all'approntamento di un organico che non sia la proiezione nella Regione, che è una pagina bianca, di tutte queste storture, risponde con pedanteria, permettetemi di dire, pigmea e miope, da burocrate prefettizio, quasi richiamando alla mente i famosi personaggi della burocrazia cecoviana, che avevano perfino timore di starnutire se di fronte a loro c'era qualcuno che avesse un grado appena di poco superiore: qui bisogna riproiettare, né più né meno, le strutture della burocrazia statale; guai a muoversi. Le altre Regioni hanno già fatto diversamente nella nostra l'intendimento è questo.
Ma a che cosa risponde questo disegno, amici della Democrazia Cristiana? Evidentemente non si tratta di una vocazione ad essere più realisti del re, né di capacità: si tratta evidentemente di scelte politiche accentratrici, dirette a riprodurre a livello di Regione lo stesso accentramento acconsentito per i poteri centrali. Ben altro, invece è il pensiero, l'intendimento della stragrande maggioranza del Consiglio.
Mi si permetta di ricordare qui, non strumentalmente, l'esempio del collega Dotti, di idee ben lontane dalle nostre, il quale, con rapida e lucida determinazione, in occasione della Legge sui tributi propri, respinse il suggerimento del compromesso e del cedimento, cioè di un provvedimento che si inquadrava proprio nello stesso ordine di idee con il quale si è risposto in fatto di ordinamento degli uffici della Regione e di organico del personale. Ciò prova che la ristrettezza burocratica di visione è di una minoranza anti autonomista, e che è una scelta politica, questa, contro la Regione. Tutto ciò mentre, come dicevo, il trasferimento delle funzioni la pubblicazione dei decreti delegati dà l'avvio storico allo Stato Regionale. Contro questo provincialismo ristretto si richiede fantasia unita all'attenta valutazione dell'esperienza, audacia e prudenza, slancio ed entusiasmo.
Per controbilanciare questo grosso peccato di ristrettezza si fanno ogni tanto voli pindarici sulla funzione europea del Piemonte, di un Piemonte che quasi quasi inserirebbe l'Italia in una certa funzione e si dovrebbe collegare quasi esclusivamente con certe aree del Nord-Europa.
Forse si parlerà oggi della firma del Frejus, avvenuta ieri (il Presidente ne aveva parlato anche nel suo discorso del luglio, per quanto riguardava il programma della Giunta). Sono iniziative grandiose, indubbiamente, per non dimenticate mai che né il traforo del Bianco, né il traforo del Gran San Bernardo, o quello del Sempione e quello del Frejus, se non vi sarà un diverso tipo di sviluppo economico, potranno mai evitare i fenomeni di congestionamento e le degradazioni che sono funzionali l'uno all'altro: quello che conta in modo decisivo è come si fa politica e che tipo di politica, quale indirizzo politico, quindi quali forze sono omogenee ad un certo tipo di sviluppo e di scelte. Sono o non sono vere queste cose? E vi si parla di ossessione tendenziale per il presidenzialismo, ed anche del gruppo di potere che controlla la Democrazia Cristiana piemontese. In realtà, qui non si può nemmeno porre la domanda se il rilievo sia o no esatto, dal momento che fu proprio il dott. Calleri ad illustrare ai giornalisti la sua originale veduta in questa materia, nel corso dell'ultima crisi, quella di luglio. Sintetizzando, ecco il suo concetto: io comando "Iniziativa popolare", "Iniziativa popolare" comanda la Democrazia Cristiana, la Democrazia Cristiana comanda la maggioranza alla Regione: dunque, spetta a me comandare la Regione.



CALLERI Edoardo, Presidente della Giunta Regionale

Ragionamento tomistico.



BESATE Piero

Anche se non negli identici termini, questo è proprio il gioco che lei aveva prefigurato: si meravigliava anzi che non ci si accorgesse che le cose dovevano obbligatoriamente essere così. Forse, nel campo di "Iniziativa popolare" si sta pensando ora la stessa cosa per il Governo nazionale e per altre faccende (si veda la Presidenza della Repubblica, i Congressi della Democrazia Cristiana).
Si dice, sempre nella mozione, che il comportamento della Giunta minaccia il funzionamento del Consiglio, che l'80 per cento dei punti che vengono posti all'ordine del giorno sono di ispirazione delle sinistre. Mi si permetta, in questo quadro di critiche concrete, alle quali attendiamo risposta, che sono precisate nel nostro documento, ricordando non solo a titolo di vanto del Partito comunista e delle sinistre che l'80% dei punti all'ordine del giorno è dipeso dall'iniziativa delle sinistre, di sottolineare come soprattutto su questo terreno si sia qualificata la Regione, dimostrando quanto potrebbe fare, malgrado tutte le altre distorsioni, se guidata in modo nuovo, nel modo, direi, secondo lo spirito con il quale si è lavorato per lo Statuto. E' un merito, questo, della grande forza rappresentata da noi delle sinistre, che fa sentire il suo peso, trascinando, malgrado tutto, dietro di sé tutti i regionalisti volenti o nolenti, verso giuste prese di posizione, che hanno un grande valore. Caro Zanone, il termine di mozionificio che tu hai usato, quasi a voler contraddistinguere con una etichetta dispregiativa questa grande attività della Regione - si pensi alla mozione per gli operai della Fiat, o a quella sulla questione edilizia di Bardonecchia, o a quella per l'Università e così pure per tanti altri interventi dei quali è stato protagonista unitaria la Regione in questo periodo - mi pare fuori luogo sia da un punto di vista democratico, sia da parte di un regionalista quale tu sei, o comunque ti definisci. Noi rivendichiamo alla Regione la funzione di agire e di incidere sulla vita politica, economica e sociale del nostro Piemonte.
Ecco, quindi, che cosa sta a motivazione della nostra dichiarazione di sfiducia. Altro che tatticismo elettoralistico, altro che stupore incomprensione, altro che non capire bene perché sia stata presentata! Quanto io ho richiamato qui, puntualizzandolo, fa tutt'uno con l'indirizzo e il carattere politico di questa Giunta. Ma non si può nemmeno passare sotto silenzio il fallimento del disegno politico dei promotori della crisi di luglio. Si diceva - lo ricordate? - :Nichelino, Rivoli, Castellamonte...
Parafrasando una celebre apostrofe, io direi: "Quel cadavere che piantaste a luglio nell'orto doroteo, è fiorito, poi, d'inverno? ".



CALLERI Edoardo, Presidente della Giunta Regionale

Chiedetelo ai socialisti.



BESATE Piero

No, è giusto che lo chieda a lei, poiché è lei che ha piantato quel cadavere lo scorso luglio. E non mi sembra che questo inverno sia fiorito mi sembra invece che siano fioriti altri alberi, che qualcosa di nuovo, pur tra mille difficoltà stia venendo fuori in grandi centri come Alessandria Acqui, Verbania e tanti e tanti altri comuni del nostro Piemonte dimostrando che la realtà si muove in altra direzione e che quando voi vi ponete su un terreno di chiusure vi ponete sul terreno di una reazione nel senso etimologico della parola.
Ma avete anche fallito l'obiettivo più grande: quello di isolare il PCI e di piegare il Partito socialista a far da copertura ad una politica di conversazione. Bisognava essere ben miopi per pensare che i socialisti fossero disponibili per svolgere un ruolo allo zio Tom di accettazione rassegnazione - integrazione: bisognava non conoscere la classe operaia, i lavoratori ed i suoi partiti, evidentemente. Il collega Bianchi, che un momento fa pateticamente diceva che la Democrazia Cristiana non prende le distanze dalle forze democratiche e via dicendo, mi pare sia in patente contraddizione con la realtà: la Democrazia Cristiana sta proprio prendendo le distanze dalle forze democratiche più vive, e, se mi è permesso di dirlo, anche da quella parte del mondo cattolico che si batte per una unità delle forze democratiche al fine di raggiungere gli obiettivi delle riforme e della democratizzazione dello Stato. Il risultato di tutto questo è stato l'avvio di un nuovo processo di unità a sinistra, aperto anche a forze cattoliche di sinistra, e non concluso. Questo processo ha come condizione la più piena, assoluta autonomia e indipendenza delle forze politiche e sociali che ne sono protagonista. Non è certo a questo che miravate. Voi tutto ciò lo chiamate frontismo, ma con l'intento - a parte che col parlare di fronte rispolverate una certa polemica che richiederebbe una maggiore disponibilità di tempo per essere affrontata - di applicare una etichetta dispregiativa a queste convergenze nuove che invece hanno come base la più assoluta delle indipendenze e delle autonomie delle forze che vi partecipano, a questa nuova grande capacità di unità. Potrete anche dire che avete realizzato una svolta a destra: va bene, ma questa svolta non è altro che la espressione della vostra incapacità di governare con il consenso, perché un indirizzo politico che si esprime con queste formule non può essere altro che nella prospettiva di una politica contro le riforme, contro le aspirazioni più profonde del Paese, e che presuppone un inasprimento dello scontro sociale e politico nel modo più acuto. Quindi non è nemmeno, questa, una vittoria, ma significa semplicemente espressione di una debolezza a governare con il consenso. E di questo la Democrazia Cristiana, ed in questo caso tutta la Democrazia Cristiana, porta la più pesante delle responsabilità.
Credo debba essere duro per qualcuno, nella situazione in cui vive ed opera la Regione Piemonte, non votare il documento di sfiducia alla Giunta per disciplina di partito, perché nemmeno come conservatori potete dire di essere stati abili. Infine, non va dimenticato che si è fatto della Regione Piemonte, un po' delittuosamente parlando in senso politico, il campo sperimentale, direi la cavia, di manovre dorotee di gruppi di potere, sulla pelle dei piemontesi, con i risultati indicati all'inizio della nostra mozione: paralisi, immobilismo, e poi piccinerie e confusione. In Piemonte dalle nostre parti, gli alberi li giudichiamo dai frutti, e poiché questi sono i frutti, a parte le chiacchiere, che voi avete saputo produrre, noi vi esprimiamo e vi ripetiamo all'infinito la nostra sfiducia.



PRESIDENZA DEL DEL PRESIDENTE VITTORELLI

E' iscritto a parlare il Consigliere Simonelli. Ne ha facoltà.



SIMONELLI Claudio

Il discorso di oggi, signor Presidente e colleghi Consiglieri, è necessariamente un discorso amaro. Amaro perché riporta la tematica della nostra Regione su posizioni che noi pensavamo di avere già ampiamente raggiunto e superato, costringendoci ad un dibattito su posizioni arretrate rispetto a quelle dei mesi scorsi, per di più in un contesto nazionale nel quale non soltanto la situazione economica si è deteriorata, non soltanto il quadro politico è scosso da fermenti e da tentazioni che noi giudichiamo molto gravi, ma la stessa autonomia regionale, la stessa credibilità, la stessa capacità di vita delle Regioni sono sottoposte ad un duro sforzo, ad un logorio incessante.
Dobbiamo parlare di questo contesto generale, non per fare qui dei comizi, non per aprire qui in anticipo una campagna elettorale, ma per valutare esattamente cosa significa oggi combattere all'interno di una Regione una battaglia per l'autonomia regionale.
Il contesto generale è preoccupante. Da un anno a questa parte dobbiamo registrare una serie di attacchi centralistici alla autonomia della Regione, una strategia volta a contenere lo sviluppo e la crescita dell'istituto regionale. Il rinvio delle leggi regionali, i ricorsi di illegittimità costituzionale che il Governo propone avanti alla Corte sono semplicemente l'ultimo anello di una catena di attacco all'autonomia delle Regioni, l'ultimo anello di una forte ripresa centralistica. Tutto l'atteggiamento del Governo che si esprime attraverso l'operato di funzionari in questo caso molto solerti, denota l'intenzione di umiliare e di contenere l'autonomia delle Regioni. Dalle vicende, già di per se estremamente significative, dell'approvazione degli Statuti, da quell'altra vicenda dei decreti delegati che le Regioni hanno dovuto capovolgere da capo a fondo per renderli qualcosa di accettabile, di decente, fino agli intralci, molteplici, frapposti all'avvio della attività dei nuovi istituti, al sabotaggio esplicito che le amministrazioni periferiche dello Stato hanno fatto all'attività delle Regioni, al rifiuto di fornire collaborazione e dati per lo svolgimento dei primi compiti, delle prime attività delle Regioni, fino alla costante esclusione delle Regioni da tutte le scelte fondamentali del Paese, al costante tentativo della erosione della rappresentatività politica dei nuovi istituti, alla umiliazione estrema tentata con il lasciarle senza poteri ancora fino al 1 gennaio del '73, umiliazione che speriamo, anche se non ne siamo sicuri potrà essere contrastata da una riunione ad hoc dei due rami del Parlamento, fino allo snaturamento, ed in pratica alla paralisi, delle stesse riforme votate, di quelle poche riforme, di quei pochi provvedimenti legislativi generali nei quali alle Regioni viene riconosciuto un certo ruolo, tipico esempio la legge sulla casa, la quale, approvata dal Parlamento ormai da tre mesi, rischia di restare nel cassetto, di non trovare attuazione, per l'incertezza sui fondi disponibili, per le inadempienze del CIPE e del CERP per la parte che loro compete, per la resistenza corporativa della GESCAL e degli altri Enti che dovrebbero scomparire.



CALLERI Edoardo, Presidente della Giunta Regionale

Simonelli Claudio, di questo non darai colpa a noi.



SIMONELLI Claudio

D'accordo, non ho il culto della personalità neppure in senso negativo del Presidente della Giunta: pur riconoscendo che il Presidente della Giunta ha un ruolo importante da svolgere in questa Regione, non tendo ad attribuirgli la responsabilità di tutto ciò che accade né in questa Regione né nel Paese. Mi limito a riferire i dati essenziali e sintetici di un tentativo di ripresa delle forze centralistiche ed antiregionalistiche, una delle ragioni che non dobbiamo sottovalutare della crisi di involuzione che a nostro giudizio sta attraversando il Paese...
Di fronte a questa situazione, qual è il compito delle Regioni? Secondo me, consapevoli di queste difficoltà, devono tornare alla mobilitazione così come fecero al momento degli Statuti - delle forze politiche e sociali, delle popolazioni all'interno delle Regioni, per far valere i loro diritti costituzionali nei confronti dello Stato. Certo, una battaglia di questo tipo disturba un certo disegno restauratore neo-centrista che pu andare avanti nel Paese....



ARMELLA Angelo

Niente affatto.



SIMONELLI Claudio

Certo, una battaglia di questo tipo metterebbe a nudo una serie di storture, di inefficienze della macchina amministrativa centrale individuerebbe dei colpevoli della situazione di disagio e di crisi in cui è caduto il Paese; colpevoli che non possono essere né i sindacati né i socialisti né le sinistre, ma le branche e quei settori della pubblica amministrazione che restano arroccati in una visione del potere come fatto di privilegio e di casta, come fatto corporativo, come fatto non mirante all'efficienza e al servizio del pubblico, ma alla difesa di interessi di categoria, alla logica autoriproducentesi della macchina burocratica ed amministrativa.
Questi sono i limiti che oggi vengono frapposti ad una azione di riscossa delle forze regionaliste. E' chiaro che, chiamando con il loro nome e cognome i responsabili di uno stato di cose che non va, si deve stornare l'obiettivo da quelli che sembrano essere i grandi accusati in questo momento, cioè le sinistre, il movimento operaio. Noi dobbiamo invece richiamare le Regioni, ed in questa sede la nostra Regione, a stare al proprio posto, ad occupare il posto che loro compete in questa battaglia.
Temiamo però che questa Regione non intenda rispondere a queste sollecitazioni che non è possibile eludere; e ritengo di avere fondate ragioni per temerlo, visto che nella prassi, nella sua attività di questi mesi, questa Giunta, contro la quale abbiamo votato, e contro la quale voteremo questa sera, non ha dimostrato di sapersi mettere su questa strada di mobilitazione delle forze della Regione, su questa strada di assunzione di una precisa responsabilità, che non è di scollamento dello Stato. Noi non siamo fautori di uno Stato federale, ma di uno Stato autonomista e regionalista così come la Carta costituzionale le ha delineato, e vogliamo che lo spazio costituzionale che alle Regioni compete venga da esse riempito per intero. Non incoraggiamo uno scontro aprioristico, ma una collaborazione articolata con il Governo: però diciamo che laddove il Governo si fa sostenitore di tesi che sono inaccettabili perché limitano la nostra autonomia non dobbiamo temere, anzi dobbiamo provocare, nei temi giuridici che questo sistema mette a nostra disposizione, il confronto e lo scontro con il Governo. E riteniamo che questa Regione, questa Giunta questa maggioranza non siano in grado di adempiere questo compito.
Lo diciamo sulla base dell'analisi di una serie di esempi di comportamento. Innanzitutto, partendo da un argomento che già il collega Besate ha toccato poc'anzi, che mi pare assuma carattere di particolare gravità: quello del trattamento al personale. Credo, senza molta tema di smentita, che la nostra sia l'unica Regione in Italia in cui il personale non ha un qualche inquadramento provvisorio, non ha alcuna garanzia né di posto né di mansioni né di trattamento economico; in concreto, si è trovato, venendo a lavorare in questa Regione, a fruire di un trattamento economico inferiore con una mole di lavoro maggiore di quello che svolgeva prima, negli Enti di appartenenza.
La Giunta di centro-sinistra aveva presentato il 23 giugno 1971 un disegno di Legge per un primo ordinamento degli uffici della Regione. Non so che fine abbia fatto questo disegno di legge né perché non sia stato discusso né portato avanti. So di che tipo siano le obiezioni che vengono mosse da parte della burocrazia ministeriale, da parte dell'autorità di Governo - se vogliamo attribuire al Governo nel suo insieme l'ostilità ad una disciplina di questo aspetto da parte delle Regioni - alla fissazione di una disciplina da parte delle Regioni per il rapporto d'impiego ed il trattamento economico dei loro dipendenti. Ma questo è uno dei punti sui quali occorre dar battaglia, provocare più che accettare lo scontro con l'Autorità di Governo: proprio perché noi dobbiamo ribadire la nostra competenza costituzionale, per il disposto degli artt. 117 e 97 della Costituzione (il secondo contiene la riserva di legge per l'organizzazione degli uffici pubblici della Regione). Certo, se noi cedessimo alla tesi dei burocrati ministeriali, i quali pretendono non solo di confezionare le leggi a loro modo ma anche di imporci la loro interpretazione, dovremmo rinunciare a fare delle Regioni un qualche cosa di nuovo, che serva non solo ad introdurre un nuovo livello di Governo ma anche a trasformare il livello dell'Amministrazione pubblica, il modo in cui è stata organizzata l'Amministrazione pubblica.
Noi abbiamo sempre avuto l'ambizione di fare delle Regioni non soltanto un altro ambito di Governo ma di far partire dalle Regioni una battaglia di rinnovamento delle stesse strutture dello Stato, e non accettiamo la polemica dei cultori del diritto che siedono nelle alte sfere della burocrazia ministeriale, secondo i quali nelle Regioni vi sarebbero degli "artigiani del diritto" i quali pretenderebbero di servirsi in modo rudimentale degli strumenti giuridici a disposizione. Noi respingiamo questa considerazione. La respingiamo perché non abbiamo della legge una concezione mitica, una concezione sacrale: noi sappiamo che ci sono delle leggi, e sappiamo che questi burocrati che pretendono di essere gli unici interpreti accreditati del diritto sono anche capaci di farsi delle Leggi ad personam..



CALLERI Edoardo, Presidente della Giunta Regionale

A tutti i livelli, però, sia chiaro..



SIMONELLI Claudio

D'accordo, a tutti i livelli.....e di stravolgere il senso della normativa e dell'ordinamento giuridico per ricavare vantaggi personali e modificare situazioni giuridicamente consolidate, e da essi non accettiamo alcuna lezione su questo punto. Né possiamo accettare il richiamo che il Governo fa, per esempio, promovendo il ricorso alla Corte Costituzionale contro la Legge lombarda relativa al trattamento economico del personale all'inquadramento del personale, all'art. 67 della Legge Scelba, in cui si stabilisce che il personale della Regione non possa avere trattamento più favorevole di quello del personale dello Stato; critica ed obiezione collegata all'altra secondo cui le Regioni non potrebbero deliberare su questi argomenti perché il personale non è delle Regioni ma ancora degli Enti presso i quali ha stabilito il suo rapporto di lavoro, e quindi è illegittima una legge regionale che di questo si occupi.
Noi rifiutiamo questi due tipi di obiezioni, innanzitutto perché...



CALLERI Edoardo, Presidente della Giunta Regionale

Perché non chiedi a Viglione, che è il Presidente della Commissione come mai non procede la legge che abbiamo proposto?



SIMONELLI Claudio

Io conosco la risposta che su questi problemi hanno dato le altre Regioni: di fronte a difficoltà delle leggi hanno provveduto ad assumere deliberazioni aventi lo stesso contenuto, così da consentire l'immediata attuazione degli stessi provvedimenti.



CALLERI Edoardo, Presidente della Giunta Regionale

Simonelli Claudio, cerchiamo di essere sinceri e schietti e di non fare della demagogia. Non devi venire ad accusare la Giunta di carenze in questo campo quando sai benissimo che noi abbiamo presentato da tempo un progetto di legge sull'ordinamento degli uffici regionali che mi pare venisse incontro a queste esigenze.
Piuttosto, domanda al Consigliere del tuo partito che presiede la Commissione Enti locali perché la Legge non sia stata fatta procedere nel suo iter.



SIMONELLI Claudio

Avevo detto poc'anzi, infatti, della presentazione da parte della Giunta, il 23 giugno - lo ricordo bene, perché anch'io ne facevo parte in quel periodo - di un disegno di legge su questa materia: se questo disegno di legge non è andato avanti non lo si deve certo a cattiva volontà della Commissione o del suo Presidente.



CALLERI Edoardo, Presidente della Giunta Regionale

Certo non della Giunta.



SIMONELLI Claudio

Sulla volontà della Giunta avrei qualcosa da dire, a meno che il Presidente non mi confermi che, contrariamente a quello che io penso, essa ha nel frattempo nei confronti del personale della Regione assunto impegni e tenuto atteggiamenti tali da far emergere una sua volontà di risolvere almeno in via provvisoria i problemi del personale in conformità delle richieste che erano state avanzate.



CALLERI Edoardo, Presidente della Giunta Regionale

Il personale sa bene che questo è stato fatto.



SIMONELLI Claudio

A me non risulta che il personale abbia avuto alcun provvedimento provvisorio, anche con delibera anziché con legge.



CALLERI Edoardo, Presidente della Giunta Regionale

Il 30 per cento che è stato concesso non è stato deciso con una delibera?



SIMONELLI Claudio

L'aumento del 30%, per quanto mi risulta, non l'ha ancora percepito, e neppure sono state pagate le indennità di trasferta, anch'esse deliberate dal Consiglio nel giugno '71; lo straordinario non è stato pagato a nessuno, fino ad ora, in sostituzione degli Enti di appartenenza che non se lo assumono; l'orario di lavoro - capovolgendo anche in questo caso il ragionamento prima fatto, cioè che non potremmo intervenire con legge perché la competenza spetta ancora agli Enti di appartenenza - è stato invece fissato dalla Regione in modo da renderlo più gravoso di quanto non fosse per gli Enti di appartenenza della maggior parte dei dipendenti, cioè per gli Enti locali.



CALLERI Edoardo, Presidente della Giunta Regionale

Trentasette ore.



SIMONELLI Claudio

Di trentasette ore e mezzo era l'orario che il personale aveva presso la Provincia di Torino, di 40 ore è quello che deve osservare oggi.



CALLERI Edoardo, Presidente della Giunta Regionale

Di quarantadue ore èe quello dello stato giuridico dello Stato.



SIMONELLI Claudio

Se la nostra ambizione è quella di fare della Regione una cattiva copia dello Stato...



CALLERI Edoardo, Presidente della Giunta Regionale

E' una legge.



SIMONELLI Claudio

E' una legge che le altre Regioni disattendono, a mio avviso giustamente, con ciò facendo un braccio di ferro con lo Stato, ed è un tipo di legge che comunque dovrà essere disattesa, a meno che noi non pretendiamo, quando daremo disciplina giuridica e trattamento normativo al Personale della Regione, di ridurre gli stipendi che questo personale ha avuto fino ad oggi. Applicare la legge significherà, ad un certo punto, far percepire ai dipendenti meno di quanto hanno avuto fino al giorno prima. Se noi avremo il coraggio di fare quello che nessun padrone privato, in nessuna azienda del nostro Paese, si è mai sentito di fare, credo che daremo la misura di che cosa è la Regione Piemonte. A parte il fatto ancora, che questo svincolarsi da un ossequio formalistico alla norma da parte di altre Regioni ha trovato il confronto dell'approvazione dei commissari del Governo: la Liguria, ad esempio, ai parcellisti ha applicato non le tabelle relative al personale dello Stato ma quelle degli Enti locali, e il Commissario di Governo ha approvato questa delibera.
Altrettanto è avvenuto in Emilia. Noi qui pretendiamo di dare ai parcellisti delle retribuzioni che vanno da 90 a 130 mila lire...



CALLERI Edoardo, Presidente della Giunta Regionale

Strano che queste delibere non ci siano state date, per quanto noi le abbiamo richieste.



RASCHIO Luciano

Ma se non riusciamo neppure noi a farci dare in visione per prenderne conoscenza le delibere della nostra Giunta, quelle che fate voi, Calleri, e sì che ne avremmo diritto.



CALLERI Edoardo, Presidente della Giunta Regionale

Simonelli ha fatto una affermazione: chiediamo che ci dia i documenti che la comprovano.



RASCHIO Luciano

Io ne faccio un'altra.



SIMONELLI Claudio

Non avendo più la ventura di sedere nella Giunta di questa Regione non pensavo fosse mio compito documentare la Giunta su quello che fanno le Giunte di altre Regioni. Tuttavia, se questo è il desiderio del Presidente della Giunta, mi premurerò di raccogliere una documentazione di quanto vado dicendo, con l'impegno per parte mia di riconoscere pubblicamente che mi sono sbagliato qualora essa non esistesse.



CALLERI Edoardo, Presidente della Giunta Regionale

Molte grazie.



SIMONELLI Claudio

Non credo, comunque, che questo modo di concepire la Regione sia quello che ci possiamo attendere in Piemonte. Queste cose le dico non per demagogia - non credo di avere attitudine a far della demagogia e neppure di essere capace di svolgere interventi pugnaci e di effetto, che assai meglio si attagliano al collega Viglione - ma perché sinceramente preoccupato di una situazione che giudico molto grave: non solo perché le Regioni, come abbiamo cercato di spiegare, avrebbero dovuto rappresentare dei modelli organizzativi diversi, ma perché così facendo frustiamo il personale che abbiamo, che è personale eccellente, dal Segretario generale all'ultima dattilografa, personale che si aspettava qualcosa di diverso da questa Regione, e che così rischiamo di perdere; così come rischiamo di non acquisire altro personale, perché la nostra offerta di 130 mila lire per un laureato non può certamente assicurarci la disponibilità alla collaborazione di nuovi validi elementi: può darsi che ci sia un qualche laureato che non riesce a trovare un posto di lavoro a condizioni più vantaggiose, ma non si tratta certo del tipo di personale che noi possiamo augurarci di trovare, a meno che si tratti di entusiasti, pronti al sacrificio pur di lavorare per la Regione (ma non credo che dobbiamo chiedere ad alcuno sacrifici di questo tipo). E' quindi una preoccupazione sulla efficienza della Regione, sulla sua capacità di darsi strutture operanti, quella che ci muove a queste critiche.
Anche per il resto - quello del personale è forse il caso più grave, un caso limite -, non ci sembra che questa Regione sia quella prefigurata attraverso lo Statuto, e neppure quella che attua, come diceva questa mattina il collega Vera, un programma identico a quello della Giunta di centro-sinistra.
Sulla programmazione, che dovrebbe essere il metodo di Governo della Regione, non sappiamo molto. Ci consta che siano in corso studi per il Piano Regionale, che peraltro si svolgono in sordina: in Consiglio non ne abbiamo discusso, non abbiamo indicato degli obiettivi, non sappiamo quali ricerche si stiano conducendo. Il discorso dei comprensori non si è avviato, il tentativo di prima individuazione delle linee di intervento, di pianificazione territoriale non è stato fatto: qualcosa si muove (qualche convegno, qualche riunione, come domenica a Casale), ma per iniziativa che parte dal basso, dagli Enti locali, assente la Regione.
Il discorso delle localizzazioni industriali è rimasto fermo: lavora la Commissione per gli insediamenti industriali di Crescentino, e ci lasci dire il Presidente della Giunta che questo è ancora frutto della prima fase della Regione, non sappiamo se oggi sarebbe possibile crearne un'altra. Ma non c'é l'individuazione del sistema delle localizzazioni industriali, cioè quel lavoro preliminare, di massima ma rapido, che doveva essere la premessa per l'avvio di quella contrattazione programmatica con le industrie che solo dalla presenza di un quadro, di una maglia delle localizzazioni industriali può avere il conforto di una serie di indicazioni operative precise. Perché quale tipo di contrattazione programmatica possiamo avere con l'industria, atteso che non possiamo determinare gli investimenti, perché questi - come entità, misura destinazione - non competono certo alla Regione? Ma non possiamo neppure in mancanza di una maglia delle localizzazioni, decidere dove gli investimenti devono essere ubicati, perché non abbiamo gli strumenti per prendere questa decisione, e quindi ci si squaglia fra le dita la possibilità di una reale contrattazione programmatica con i centri di potere imprenditoriale, e quindi finiamo con il venire a rimorchio, al di là di buona volontà delle scelte aziendali, e il trovarci di fronte a fatti compiuti, dovunque questi si determinano.
L'analisi sui settori industriali non ha ancora preso un avvio corposo.
I rapporti con gli Enti locali sono saltuari, per lo più ispirati a criteri di carattere burocratico quando non autoritario. Le altre indicazioni che presiedevano all'attività di questa Regione, oltre alla programmazione, cioè l'autonomia di decentramento, non sono le linee-guida di una attività amministrativa: non c'é alcun tentativo di coordinare i programmi locali. Neppure si vede l'avvio di fasi conoscitive per precisare meglio le condizioni, i programmi, il fabbisogno sociale, le condizioni della finanza locale, il modo in cui i Comuni e le province di questa Regione intendono far fronte ai bisogni delle loro popolazioni. Il rapporto con i Comuni e le province, in mancanza di interventi su tutti gli altri piani, finisce con l'esaurirsi nel rapporto attraverso i Comitati di controllo; cioè, i Comuni conoscono la Regione solo attraverso i Comitati di controllo, ed è un rapporto che in qualche caso fa rimpiangere il tipo di controllo esercitato delle Prefetture, comunque non sufficiente da solo ad esaurire i rapporti che devono essere fra Regione ed Enti locali se non a prezzo di perdere anche nei confronti del basso ogni possibilità di credibilità e di guida della società regionale nel suo complesso.
Le norme statutarie relative alla partecipazione non hanno trovato attuazione normativa: finanziaria pubblica, Enti di sviluppo agricolo piani zonali. Ancora nulla.
Ci sembra, in conclusione, Colleghi, di dover partire da zero, in più senza le illusioni e le speranze con le quali ci eravamo accinti a dare la nostra attività a questa Regione.
Io penso che sia una constatazione amara, questa, che dobbiamo fare al di là dei rapporti politici e degli scontri politici che dividono la maggioranza dalla minoranza. Noi vogliamo dare anche dal nostro ruolo di minoranza un contributo alla vita di questa Regione: non possiamo rassegnarci a che il Piemonte sia una colonia fedele del potere centrale una colonia fedele dello Stato centralistico. E non perché in questo momento a Roma ci sia il Governo archeologico di Pena, di Scalfaro e di Gonella. Comunque, quale che sia la composizione del Governo a Roma non possiamo ridurci al rango di colonia fedele.



BORANDO Carlo

Hai forse qualcosa a ridire su Scalfaro e Gonella?



SIMONELLI Claudio

Molte cose, ma preferisco evitare di esporle stasera. Ho usato a proposito di questo Governo l'aggettivo "archeologico" perché mi dà l'impressione di un Governo alcuni componenti del quale siano stati riesumati dai musei della vecchia politica centrista, nei quali peraltro avevano da molti anni fatto il loro tempo.



BORANDO Carlo

Senza la programmazione e senza la partecipazione socialista al Governo, hanno fatto il miracolo economico e conquistato parecchie cose che adesso non abbiamo.



SIMONELLI Claudio

Io mi aspetto da questo Governo, e con me i socialisti e i lavoratori del Piemonte, molti altri miracoli, primo fra tutti quello che esso ottenga il voto delle Camere, che credo sanzionerà il giudizio politico che il Paese tutto dà di esso.



BORANDO Carlo

Quello che conterà sarà il voto dell'elettorato, non quello delle Camere.



SIMONELLI Claudio

Preferisco non parlare dei voti dell'elettorato, perché già ho avuto uno scambio di vedute con il collega Carazzoni stamani. Comunque, il nostro elettorato seguirà le sue indicazioni, non credo che si interesserà molto del vostro Governo.



BORANDO Carlo

Perderete anche voi la vostra parte.



SIMONELLI Claudio

Il bilancio lo faremo comunque dopo le elezioni. Noi vogliamo dare un contributo a che questa Regione non sia una fedele colonia del potere centrale, senza costituire una maggioranza alternativa insieme con i comunisti, come da qualche parte si è detto. Noi questa maggioranza alternativa non intendiamo costituirla. Il ruolo della nostra opposizione è un ruolo autonomo, che abbiamo cercato anche di evidenziare tutte le volte che abbiamo potuto farlo, anche presentando documenti nostri sui quali confrontarci con le altre forze ed anche con i compagni comunisti, che come noi sono all'opposizione. Questa volta, il Regolamento del Consiglio non ci consente di presentare documenti diversi, ed è per questo che, nel pieno rispetto della nostra autonomia di posizioni, voteremo la mozione presentata dai Gruppi del Partito comunista e del Partito socialista di unità proletaria. Ma continuiamo a nutrire fiducia che la Regione possa essere diversa da come è, e continueremo a batterci perché essa sia diversa: perché in una Regione diversa abbiamo creduto, in una Regione diversa pensiamo credano i lavoratori del nostro Piemonte, per una Regione diversa credo si possano battere anche tante componenti politiche di questo Consiglio, anche della Democrazia Cristiana, senza fare questioni di corrente, che non è nel nostro costume e nel nostro metodo fare.



CALLERI Edoardo, Presidente della Giunta Regionale

I dorotei no, questo è certo.



SIMONELLI Claudio

Le vie della Provvidenza sono infinite, signor Presidente.



CALLERI Edoardo, Presidente della Giunta Regionale

Interpretando, modestamente, il pensiero dei dorotei, posso escludere senz'altro tale eventualità.



SIMONELLI Claudio

Non mi sono mai occupato in questa sede dei problemi delle correnti della Democrazia Cristiana. Mi rivolgo alla Democrazia Cristiana nel suo complesso.



CALLERI Edoardo, Presidente della Giunta Regionale

Ma si è riferito alla sinistra della Democrazia Cristiana.



SIMONELLI Claudio

Ho detto: senza distinzione di correnti.
Noi continuiamo a credere in una Regione diversa e migliore, per la quale vale la pena di battersi, ed è per questa ragione che, con amarezza ma con fermezza, diciamo "no" a questa Giunta Regionale.



PRESIDENZA DEL DEL PRESIDENTE VITTORELLI

E' iscritto a parlare il Consigliere Gandolfi. Ne ha facoltà.



GANDOLFI Aldo

Signor Presidente, signori Consiglieri, mi sembra che si sia un po' fatto a gara fra presentatori della mozione di sfiducia e rappresentanti della maggioranza a cercare i secondi di dimostrare il carattere elettoralistico della mozione ed i primi, per contro, a cercar di dimostrare non strumentali, non tattiche le ragioni della presentazione della mozione stessa. Direi che di fatto, se dobbiamo andare al di là di quelle che possono essere le valutazioni superficiali e cercar di cogliere all'interno della mozione il suo significato, mi sembra sia indubitabile che il contenuto della mozione sia di fatto un tentativo di dislocazione del Partito comunista in una posizione di contrapposizione frontale rispetto alla Democrazia Cristiana - probabilmente, o non probabilmente questo è un processo alle intenzioni -, in concomitanza con l'inizio della campagna elettorale.
Si è chiuso in queste settimane un po' in tutto il Piemonte, anzi, in tutto il Paese, un periodo di storia politica molto interessante, che vale la pena di analizzare su questo piano; un periodo contraddistinto, pure in una serie di oscillazioni di posizioni politiche, da un tentativo continuo pressante del Partito comunista di arrivare ad una sorta di accordo di fatto con il partito democristiano. La storia parlamentare di questi ultimi due o tre anni, la storia anche dell'inizio della vita regionale dell'ordinamento regionale, dal '70 in poi, è la storia di questa logica: cioè di una logica che ha visto all'interno del nostro Paese, in una situazione in cui una logica di opposizione parlamentare di tipo anglosassone non è possibile, il partito comunista tutto teso a determinare delle condizioni di ampliamento del proprio potere, a tutti i livelli attraverso un lavoro di dialogo, ma anche di contrattazione, con la Democrazia Cristiana, favorito in questo dal fallimento delle forze laiche quali forze intermedie fra la Democrazia Cristiana e il partito comunista del fallimento del centro-sinistra che come formula dovuta in una logica autonoma, direi, non di scontro con il Partito comunista ma di contrapposizione di linee politiche, rispetto al Partito comunista.
Sarebbe interessante anche analizzare la storia di questi ultimi cinque anni, per rendersi conto delle cause del fallimento del disegno originario del centro-sinistra così come lo avevano ideato i leader dei Partiti laici dal '58 in poi; fallimento caratterizzato soprattutto in modo significativo dalla crisi dello schieramento socialista attraverso la molteplice serie di convergenze e divergenze fra i due tronconi socialisti e la serie continua di convergenze e divergenze sull'interpretazione del ruolo del Partito socialista stesso. La storia, in questi anni della fusione, poi della scissione (oggi sembra si stiano di nuovo verificando condizioni di unità d'azione) fra i due tronconi socialisti è una storia che sancisca il fallimento di una funzione terzaforzista nel nostro Paese, e lo spazio e le contingenze che hanno potuto far sì che il Partito comunista procedesse ad una sua iniziativa nei confronti della Democrazia Cristiana e che ha di fatto costretto anche certi settori della Democrazia Cristiana ad accettare una logica di questo genere nascono dalla crisi dell'unificazione socialista. Con la elezione del Presidente della Repubblica ed i fatti politici che nel nostro Paese si stanno verificando in questo momento, la logica che aveva portato il partito comunista a ricercare in continuazione come dimensione strategica, un accordo o una contrattazione permanente con la Democrazia Cristiana a tutti i livelli, si è rotta. Si è rotta per una serie di motivi, fra cui il rischio del referendum sul divorzio, che preoccupava fortemente il Partito comunista per i riflessi elettorali che avrebbe potuto determinare nell'elettorato comunista, la pressione da sinistra sul partito comunista da parte dei gruppi che si raccolgono attorno al Manifesto e che in una prospettiva di questo tipo avrebbero acquistato maggior peso, maggiore incidenza e maggiore capacità di pressione sull'elettorato comunista, la necessità, insomma di muoversi in una prospettiva elettorale con una collocazione strategica che coprisse il Partito comunista e che lo facesse ritrovare in una collocazione elettorale di tipo diverso.
Siamo così passati da una fase che ha caratterizzato in maniera completamente diversa, direi, con gli stessi uomini, le stesse persone, lo stesso metodo di lavoro, l'atteggiamento del Gruppo comunista all'interno del Consiglio Regionale da quello che il Gruppo comunista oggi consegna al Consiglio Regionale con questa mozione; dalla fase della ricerca di unità nel momento statutario, alla ricerca di spazio, anche legittimamente, di potere, com'é accaduto nella discussione di alcuni importanti provvedimenti, come l'approvazione recente dello Statuto dell'Ires, ad una fase in cui questa dislocazione tattica e strategica porta il partito comunista a ricercare, anziché l'incontro, lo scontro con la Democrazia Cristiana, come momento caratterizzante delle prospettive politiche dei prossimi mesi. Questo mi sembra, al di là del processo alle intenzioni elettorali che si può fare, il dato di fatto che noi dobbiamo registrare in questo momento e che certo caratterizzerà, almeno di qui alle elezioni, la vita della nostra Regione.
Per quanto riguarda invece, al di là delle individuazioni di motivi ed intenzioni di carattere strategico, i problemi di contenuti che pure ci sono nel documento presentato dal Partito comunista e dal partito socialista di unità proletaria, dobbiamo rilevare che di fatto ci troviamo a discutere per la terza volta di grossi problemi del nostro Paese, che sono i problemi dello sviluppo economico e della situazione economica. Ne abbiamo discusso una prima volta quando si è parlato degli interventi in favore dell'occupazione, particolarmente nel settore chimico; una seconda volta quando abbiamo discusso la relazione della Giunta sulla situazione economica piemontese; torniamo a discuterne per la terza volta, negli stessi termini, a brevissima distanza, allo stesso modo, con un certo tipo di cliché di interpretazione che i Gruppi di estrema sinistra ci consegnano, e che sono quello della predominanza di certi interessi monopolistici, capitalistici nel nostro Paese, dei tentativi della lotta per i livelli di occupazione contro i tentativi di aggressione alle posizioni del movimento operaio, e così via.
Vorrei far osservare, al di là delle considerazioni che pure ho svolto in Consiglio Regionale come interpretazione della situazione economica da parte del partito Repubblicano, come, in sostanza, questo tipo di interpretazioni che continuano ad esserci consegnate siano tipi di considerazioni che di fatto erano possibili ed accettabili nel periodo che andava dal '50 al '62-'63, un periodo che si è caratterizzato come un periodo di fatto liberista, di espansione di stampo liberistico della nostra economia, senza alcuna possibilità o volontà di intervento dei pubblici poteri all'interno della nostra situazione economica e produttiva tranne alcuni fenomeni particolari che pure ci sono stati di interventi pubblici nel settore. Ma dal '62-'63 si è aperta una fase diversa, ed è sul fallimento di questa fase che noi oggi dobbiamo discutere, del tentativo chiamiamolo pure velleità - da parte dei poteri pubblici, dei Governi, di questa maggioranza di Centro-Sinistra che ha retto il Paese negli ultimi otto anni, tentativo consapevole e voluto, di guidare lo sviluppo della politica economica attraverso una somma di poteri che di fatto non ci permette più di individuare nel nostro Paese una economia preda delle forze puramente liberistiche o di mercato in cui i poteri pubblici soggiacciono a questo tipo di logica. Dobbiamo riconoscere che i poteri pubblici, pur disponendo di strumenti assai importanti - il 25 per cento della struttura produttiva e il 50 per cento delle strutture creditizie di controllo finanziario e del mercato dei capitali -, non hanno saputo realizzare una politica programmatoria. In una tale situazione non possiamo continuare a denunciare le volontà dei padroni; perché, con maggiore o minore responsabilità, in siffatte condizioni, i padroni, al limite, siamo tutti noi. Quello che dovremmo fare è quindi, caso mai, la storia della mancata programmazione economica in questi anni, per cercar di individuare le ragioni della situazione presente e il modo di uscirne.
Sotto questo punto di vista la posizione del Partito repubblicano l'ho già ricordata, mi limiterò a sintetizzarla ora - è quella di chi cerca di individuare l'elemento determinante di certe condizioni di crisi che caratterizzano oggi il settore produttivo non nelle volontà padronali ma nella situazione dei poteri pubblici e delle strutture pubbliche, nella situazione debitoria degli Enti pubblici e nel peso che essa ha avuto sulla crisi e sulla stretta creditizia rispetto particolarmente alle piccole e alle medie aziende. Ancora nella verifica recente che vi è stata fra i partiti del centro-sinistra, il Partito repubblicano ha preso posizione molto chiaramente, facendo riferimento non a propri documenti ma al documento presentato da un Ministro responsabile, il Ministro Giolitti, per la programmazione economica, il quale in termini molto precisi indicava alcuni obiettivi per il 1972 - cioè la necessità di non superare del 10 per cento in termini monetari, cioè del 5 per cento in termini effettivi l'aumento del costo del lavoro, la necessità di ristabilire un clima di normalità nelle fabbriche -, come punti fondamentali dai quali nasceva il corredo di tutta una serie di altre indicazioni. E' mancata da parte delle altre forze politiche del centro-sinistra la volontà di assumere impegni precisi su questo ordine di problemi, che sono i problemi reali del Paese sui quali le forze politiche devono riuscire a produrre delle chiare indicazioni.



MINUCCI Adalberto

Ma che relazione c'è fra la decisione del Partito repubblicano di uscire dal Governo e la tua decisione di rimanere in questo Governo Regionale?



GANDOLFI Aldo

Accetto il rilievo e darò fra poco le spiegazioni relative.
Sono questi i problemi reali del Paese, quelli su cui le forze politiche devono pronunciarsi, ed è a tal fine che il mio partito ha richiesto di fatto da alcuni mesi la consultazione elettorale: come momento di verifica e di svolta sui contenuti, non sugli schieramenti. Cioè, noi abbiamo sempre sostenuto che si trattava di non rovesciare il centro sinistra, di farne uno più avanzato o più arretrato, ma di modificare la politica che il centro-sinistra aveva condotto in questi anni: perch alternative di schieramento, obiettivamente, non ce ne sono. E' rispetto a questi problemi che le forze politiche si devono pronunciare, non rispetto a problemi di mutamenti di schieramento che sono irrealizzabili. Io credo veramente che le forze politiche debbano avere anche coscienza e consapevolezza di farsi carico di tutti i condizionamenti storici nazionali ed internazionali che noi abbiamo alle spalle, anziché cercar di realizzare degli irrealizzabili schieramenti politici, che nel nostro Paese provocherebbero immediatamente, come stavano effettivamente provocando, un certo tipo di contraccolpi.
Che cosa significa tutto questo? Qui la mia risposta a Minucci. Che a nostro avviso tutta una serie di responsabilità che qui si son volute scaricare sulla Giunta Regionale e sulle sue caratterizzazioni non sono innanzitutto sostenibili nel modo in cui è stato indicato nel documento, e soprattutto rispondono a problematiche di carattere nazionale, non di carattere regionale. Da questo punto di vista, la posizione del mio partito credo sia sufficientemente chiara e precisa: il problema di una ripresa del Paese è problema che si risolve con l'avvio di una politica economica diversa, del tipo di quella che indicavo. E la battaglia contro il neofascismo la si fa su questo, non su altri piani; perché il ricorso alle manifestazioni di piazza da parte delle forze politiche per cercar di bloccare la crescita neo-fascista, che è una crescita di malcontento, di scarsa credibilità di tutta la classe politica di centro-sinistra e al limite anche della classe politica di estrema sinistra, può servire a sollievo della nostra coscienza, ma non può avere valore dal punto di vista politico, perché la crescita del neofascismo nel nostro Paese è possibile combatterla efficacemente solo con il condurre avanti una iniziativa politica che ridia credibilità e capacità di Governo alla classe politica.



MINUCCI Adalberto

Come la mettete la partecipazione dei voti fascisti alla elezione del Presidente della Repubblica?



GANDOLFI Aldo

Siete soltanto voi ed i fascisti a sostenere che a tale elezione abbiano concorso i voti fascisti: in effetti, le famose prove che Almirante..



MINUCCI Adalberto

Non so come tu possa smentire senza arrossire quanto è detto da milioni di italiani.



GANDOLFI Aldo

Questi, Minucci, sono slogan. Se una cosa è chiara, è che l'interesse del Movimento sociale era di far eleggere un Presidente della Repubblica votato con i voti comunisti, perché questo avrebbe accresciuto largamente le possibilità di successo elettorale del Movimento sociale.



CARAZZONI Nino

Noi volevamo un Presidente non condizionato dai voti comunisti. E' questo che non avete capito.



CALLERI Edoardo, Presidente della Giunta Regionale

Ma i missini non l'hanno votato Leone. Se no, a chi sarebbero andati i voti della sinistra democristiana?



GANDOLFI Aldo

La presidenza Leone...



PRESIDENZA DEL DEL PRESIDENTE VITTORELLI

Al prossimo dibattito in televisione i rappresentanti dei quattro partiti che stanno ora dialogando potranno misurarsi a loro piacere sull'argomento; non è possibile ammettere che lo facciano adesso in questa assemblea. Prego inoltre i Consiglieri di parlare non insieme ma uno dopo l'altro.



MINUCCI Adalberto

Avete votato insieme.



CALLERI Edoardo, Presidente della Giunta Regionale

E allora i democristiani della corrente di sinistra dov'erano?



CURCI Domenico

Lei era presente, dovrebbe saperlo.



GANDOLFI Aldo

La presidenza Leone, dicevo, è una presidenza che toglie armi alla propaganda neo-fascista. Se non si capisce questo e si fa della demagogia su queste cose, veramente si opera contro gli interessi della democrazia nel nostro Paese. E' facile lanciare slogan su questi argomenti: la realtà però, mi sembra sia un'altra, per chi sappia ragionare.
Ritornando al tipo di critica che muoveva alle posizioni del mio partito il Consigliere Minucci, dico: cosa significa tutto questo? Significa che in questo momento sono estremamente importanti delle problematiche di carattere nazionale, ed è inutile, e direi demagogico - ed in parte lo è stato anche l'intervento dell'amico Simonelli, da questo punto di vista - rifarsi a problematiche di questo tipo per scaricare sulla Giunta piemontese la colpa di una certa situazione di contrasti fra l'ordinamento regionale che si va realizzando e l'ordinamento statuale e nazionale, e così via. Queste sono veramente delle forzature polemiche. E' inoltre demagogico imputate inadempienze ad una Giunta Regionale in un momento in cui di fatto questa Giunta non ha nemmeno assunto dei poteri amministrativi. Si può discutere, evidentemente su questo piano. Ci possono e ci devono essere, però, degli altri strumenti di discussione, che mi sembra siano stati sempre accettati, dei contributi, delle sollecitazioni sul piano della predisposizione, dell'articolazione, evidentemente, di studi, l'organizzazione anche dei momenti preparatori della futura vita regionale. Non si può articolare però una mozione di sfiducia su poteri che di fatto la Giunta Regionale non ha ancora acquisito. Direi che da questo punto di vista non va neanche dimenticato che di fatto la situazione in cui la Giunta si muove è una situazione in cui mediamente ogni Assessore dispone, sì e no, di 0,7 funzionari, per la situazione di fatto che si è determinata di impossibilità di ricevere, non solo dallo Stato ma anche dagli Enti locali, i funzionari richiesti per la predisposizione degli uffici regionali. Il discorso va fatto certamente nei confronti del Governo nazionale, ma va fatto anche nei confronti di certe realtà locali che purtroppo ci hanno fortemente vincolate in questa situazione.
Se questa è la valutazione che noi diamo di tutto questo ordine di problemi, qual è la posizione che il partito Repubblicano ha assunto lo scorso anno e continua a mantenere, almeno qui, in sede locale, in rapporto ad essi? Quella di dare il proprio contributo fin dove è possibile, fin dove si possa dimostrare malafede - ma nessuno ce l'ha mai potuta dimostrare - da parte delle altre forze politiche che partecipano ad una esperienza di Governo, a questa fase, obiettivamente difficile contrastata, complicata di messa in opera di questi nuovi organismi regionali, in un quadro che evidentemente deve vedere un impegno ed un minimo di omogeneità politica fra le forze che lo portano avanti. Questa omogeneità politica, macroscopicamente, è venuta a mancare qui, in Piemonte, con una caratterizzazione più spinta di quanto ci sia stata altrove, da parte del Partito socialista su certe tesi politiche che sono state riportate in Consiglio Regionale e di cui la politica di questi mesi ha dimostrato ampiamente il fallimento. Nella misura in cui il partito socialista ha cercato di trovare una sua collocazione, una fisionomia come elemento di mediazione tra il centro-sinistra e le forze dell'estrema sinistra, ha caratterizzato una sua posizione, ma di fatto ha anche sconfessato un certo tipo di concezione che pure, mi sembra non possa essere discussa, era alle origini del centro-sinistra, e che non era n condivisa né condivisibile dagli altri partners del centro-sinistra.
Evidentemente, subito dopo la consultazione elettorale, che sembra ormai prossima, si porrà un problema di ripresa di discorso tra le forze del centro-sinistra, innanzitutto su questi grossi problemi nazionali. Noi ci auguriamo che, sulla base del ripensamento che vi è stato in questi mesi, sulla base, ripeto, di documenti importanti, che anche i Ministri socialisti hanno prodotto, che in parte hanno avvicinato notevolmente le posizioni del Partito socialista, almeno di una parte del Partito socialista, alle nostre tesi di politica economica, dopo la consultazione elettorale questo problema possa essere ripreso. Ma non illudiamoci che i problemi che oggi denunciamo, le difficoltà che oggi constatiamo nella attuazione dell'ordinamento regionale siano problemi che si risolvono ipso facto e che possono essere risolti in questa sede. E' necessario ricondurre ad un quadro e di normalità e di capacità operativa innanzitutto l'assetto politico parlamentare e del Governo nazionale, perché si possano risentire fino in fondo tutte le possibilità e tutti gli effetti anche a livello regionale.
Io credo di poter dare atto, a nome del partito Repubblicano, alla Giunta, anche per aver lavorato all'interno di essa, che tutto quanto era possibile fare in questi mesi per dare un avvio alla vita regionale in maniera seria e coerente è stato fatto, e in considerazione di ciò non possiamo non votare contro la mozione presentata dalle opposizioni.



PRESIDENZA DEL DEL PRESIDENTE VITTORELLI

Ha chiesto di parlare il Consigliere Viglione per fatto personale.
Gli ricordo che a norma dell'art. 35 comma primo del Regolamento del Consiglio, "è fatto personale l'essere censurato nella propria condotta o il sentirsi attribuire fatti non veri o opinioni contrarie a quelle espresse. In questo caso chi chiede la parola deve indicare in che consiste il fatto personale".
Ha facoltà di parlare il Consigliere Viglione.



VIGLIONE Aldo

Poc'anzi il Presidente della Giunta, interrompendo il Consigliere Simonelli avrebbe detto, per quanto riguarda il personale, di chiedere al Presidente dell'VIII Commissione perché la legge non va avanti. A questo punto è evidente ed implicita nella sua affermazione una indicazione di responsabilità verso il Presidente della VIII Commissione che ha, come suo compito, quello di portare in aula, con la relazione, la proposta di legge della Giunta Regionale.
A questo riguardo quindi debbo, per fatto personale, spiegare al Consiglio che ciò non corrisponde al vero e che si tratta di una pura menzogna. Infatti la legge sarebbe già stata portata in aula se non fosse stato richiesto per ben tre volte dall'Assessore al personale Chiabrando (su esplicito mandato del Presidente) di rinviare o di sospendere comunque l'esame della legge



CHIABRANDO Mauro, Assessore al personale

Quando?



VIGLIONE Aldo

Sei venuto addirittura in Commissione per tre volte...



CHIABRANDO Mauro, Assessore al personale

Una volta.



VIGLIONE Aldo

No, dopo di che hai ancora telefonato, per cui abbiamo dovuto rinviare.
Tutti i Commissari sanno che L'VIII Commissione lavora e non vi è nessuno che possa dire che la legge sul personale abbia subito dei ritardi per colpa della Commissione; la legge venne portata in aula a suo tempo respinta..



CALLERI Edoardo, Presidente della Giunta Regionale

E' da giugno che è lì.



VIGLIONE Aldo

Venne respinta dal Commissario di Governo. L'VIII Commissione ha avuto tutta la documentazione, ma furono necessari almeno due mesi per questa ricerca; abbiamo gli atti di tutte le altre Regioni; più una serie di studi importanti. Quando stava per essere portata in aula vi fu questa specifica richiesta..



CHIABRANDO Mauro, Assessore al personale

Dieci giorni fa.



VIGLIONE Aldo

Ma stiano tranquilli il Presidente e l'Assessore che L'VIII Commissione non si adeguerà più, per quanto mi riguarda, ad alcuna richiesta di sospensiva per non vederci accusati di ritardo nell'adempimento del nostro compito.



PRESIDENZA DEL DEL PRESIDENTE VITTORELLI

Essendo chiusa la discussione generale, ha facoltà di replicare il Presidente della Giunta.



CALLERI Edoardo, Presidente della Giunta Regionale

Signor Presidente, signori Consiglieri, io non indugerò in processi alle intenzioni, né andrò a vedere le ragioni per cui in prossimità di una scadenza elettorale, che mi pare sia grosso modo programmata da tutti sorga improvvisamente la mozione di sfiducia nei confronti della Giunta Regionale del Piemonte e con delle motivazioni che presupporrebbero, ove potessero avere un minimo di validità, l'ormai avvenuto trasferimento delle funzioni amministrative e conseguentemente delle funzioni legislative da parte dello Stato alla Regione.
Non indugerò su questo perché penso che le polemiche su questi argomenti non hanno un minimo di contenuto costruttivo e in sostanza finiscono di rendere la lotta politica quel muro contro muro rispetto al quale io non ho alcun timore ma che non cerco assolutamente e che credo, in un'assemblea come quella regionale del Piemonte, che si accinge ad affrontare dei compiti di carattere normativi quali quelli che le derivano dalle funzioni assegnatele dalla Costituzione richiederebbe veramente, in un clima politico già deteriorato, di apportare ulteriori motivi di deterioramento e conseguentemente di creare a livello dell'opinione pubblica non soltanto disaffezione ma sfiducia nei confronti degli istituti democratici.
Io credo che nessuno possa, in questa assemblea come altrove, negare alla D.C. un profondo contenuto di carattere democratico e una fede democratica, talché credo che al di là delle valutazioni politiche in ordine alle quali si considera la posizione di schieramento che la D.C. pu porre in particolari condizioni ed in relazione a particolari situazioni non si possa minimamente mettere in dubbio la lealtà istituzionale al regime democratico e la profonda fede democratica di chiunque militi nell'interno della D.C.
E' da questa ottica che io sento innanzi tutto il dovere di una risposta di fronte ad una mozione che proponendo la sfiducia alla Giunta Regionale, parte da valutazioni che in coscienza devo respingere in quanto possono far presumere delle collusioni non solo in termini politici, ma in termini di alleanze sociali tra la D.C. e forze le quali sono quanto meno neutrali rispetto ai regime e alle istituzioni politiche.
Vi sono almeno due punti sui quali occorre un profondo chiarimento nell'interno di questo Consiglio Regionale. Il primo è in relazione all'accusa portata da parte del PCI ad un'affermazione che io ho fatto nello scorso dibattito sulla situazione economica regionale e nazionale, in ordine ad una scelta di campo. Se non è strumentale, se non è elettorale se non è propagandistica la posizione del Partito comunista, allora credo che questa precisazione debba essere raccolta e valutata per quella che essa è e per quello che essa voleva affermare. Io posso anche pensare di non essermi spiegato bene, posso ritenere di avere usato un linguaggio improprio, ma non posso davvero credere che da parte di esperti politici quali sono certamente i colleghi comunisti, si possa, superando la logica delle posizioni e la logica dei fatti, fare delle affermazioni che non rispondono alla verità. Quando ho parlato di scelta di campo ho chiaramente inteso dire che in Italia le forze democratiche che hanno avuto la responsabilità del Governo hanno fatto una scelta in ordine alla struttura economica del Paese, scegliendo una struttura economica in cui la libertà di iniziativa esiste, in cui è prevista un'economia di mercato, sia pure nell'ambito di un intervento pubblico finalizzato al raggiungimento di particolari risultati, ma rispettoso al tempo stesso di alcune regole, di alcune norme che sono poi quelle regole e quelle norme che sono state accettate a livello di trattati internazionali nel momento in cui l'Italia ha scelto di inserirsi nel MEC e di dare vita ad una struttura economica complessiva in cui evidentemente non la visione di un'economia collettivista e di pianificazione integrale, ma una visione di economia di mercato programmata era il presupposto della struttura economica.
Quando ho affermato che questa era la scelta di campo che aveva fatto la D.C. insieme ad altre forze democratiche che hanno avuto la responsabilità del Governo in questi ultimi 25 anni io non ho, credo affermato di subordinare la politica e le scelte economiche della Regione Piemonte agli interessi del grande capitale monopolistico, finanziario e industriale e se si vuole essere sinceri e schietti, un'intenzione di questo genere non si può certo attribuire all'affermazione che io ho fatto.
Ed allora lo preciso di nuovo, le affermazioni fatte allora e che riconfermo ora, hanno questo significato e credo di essere uno di coloro che nell'interno della D.C., hanno più volte dimostrato di non patire alcun male e complesso di inferiorità, di non subire alcuna subordinazione, di non avere alcuna sudditanza rispetto alle posizioni, alle scelte che a livello piemontese, così come a livello nazionale, sono fatte dal grande capitale sia privato che pubblico. Credo di essere stato uno di coloro che non ha mai avuto alcuna esitazione (ed in questo senso è proprio stato il primo intervento che ho fatto in questo Consiglio ) a criticare alcuni insediamenti industriali fatti in Piemonte dalla Fiat; non ho mai avuto alcuna esitazione nel dichiarare che si trattava di scelte a mio giudizio errate per le conseguenze che portavano sui problemi di carattere umano e sociale, rispetto ai quali proprio gli Enti pubblici si trovavano a dover dare con mezzi estremamente limitati e con delle possibilità estremamente ristrette delle risposte positive.
Credo, questo, di averlo dimostrato e di essere uno di coloro che gode di scarse simpatie a causa delle affermazioni pubbliche, attraverso i giornali, su questa grande azienda a livello locale e nazionale e di ci non mi dolgo perché obiettivamente ritengo che il compito di ciascuno di noi sia quello di essere estremamente libero di esporre le proprie considerazioni e di non nascondersi (al di là delle risate che lei Consigliere Bono può fare) dietro i fatti. E' probabile che ci siano altri che attaccano, magari con durezza, nelle assemblee, certe scelte e che si dilettano di fare la polemica contro il capitalismo, contro il monopolismo ma che in concreto non operano in coerenza con le affermazioni che fanno.
Così come quando ho parlato di programmazione contrattata, non ho fatto che riprendere un concetto che non ha neanche il pregio di essere nuovo quindi nemmeno quello di indicare una via nuova sulla politica regionale.
Ho ripreso il concetto che è stata una delle strutture attraverso le quali a livello governativo si è pensato di articolare la programmazione nazionale, atteso che una politica di mercato, una politica riferita anche ai trattati internazionali non poteva contemplare un controllo totale sugli investimenti delle aziende private e pubbliche; non rimaneva altro, dal punto di vista di analisi concettuale ed economica, che utilizzare la forza politica come una forza contrattuale rispetto alle scelte di localizzazioni, di investimenti e di indicazioni produttive delle grandi aziende, al fine di regolare lo sviluppo dell'economia secondo delle indicazioni che rispondessero a degli obiettivi programmati nel programma nazionale.
Ed il fatto di trasferire questo concetto di programmazione contrattata da una questione di carattere nazionale ad una questione di carattere locale, rispondeva ad una concezione che è comunemente accettata e che era fra l'altro largamente condivisa dal PSI e rispondeva, se non vado errato esattamente all'impostazione che il Ministero del Bilancio ha dato alla programmazione nazionale. E siccome il Ministero del Bilancio è stato per lungo tempo gestito da un Ministro socialista tutte le strutture a lato di questo Ministero sono condizionate da componenti del partito socialista dovrebbe essere una concezione che il PSI condivide. E allora da dove nasce, da parte di coloro che hanno presentato la mozione di sfiducia nei confronti della Giunta, questa trovata che nell'affermazione fatta in sede di assemblea regionale la Giunta aveva inteso dire che era pronta a subire le imposizioni, le scelte, ad essere strumento di subordinazione al grande capitale o, per dirla in termini molto più espliciti, alla Fiat, al suo Presidente, ai suoi amministratori delegati o che so io? Queste mi paiono illazioni che non solo non corrispondono alla verità ma non hanno con la verità la benché minima connessione, nemmeno quel tanto da renderle minimamente credibili. Né bastano, egregi colleghi, le modeste osservazioni in ordine a due elementi che mi pare che qui siano stati portati a sostegno di questa tesi, cioè la posizione favorevole che la Giunta ha manifestato nei confronti dell'insediamento della Lancia a Verrone, e dell'insediamento di Crescentino. Non bastano perché riesce davvero difficile comprendere come da parte del partito comunista e dello PSIUP si possa dire che la dimostrazione della subordinazione della Giunta e la sua fisionomia di Giunta di centro destra viene dalla scelta di Verrone perché allora dovremmo dire che questa Giunta di centro destra si trova nell'autorevole compagnia di un personaggio che difficilmente pu essere qualificato di centro destra, il Ministro del Lavoro on. Carlo Donat Cattin, il quale ha reiteratamente dato un parere positivo a questo tipo di scelta, e dell'ex Ministro del Bilancio on. Giolitti, il quale non mi pare abbia manifestato opinioni contrarie all'insediamento della Lancia a Verrone. Ciò vuol dire che questa Giunta di centro destra si trova insieme all'on. Giolitti e all'on. Donat-Cattin su una posizione subordinata alla scelta del grande capitale monopolistico. Un analogo ragionamento potrebbe valere anche per quanto riguarda l'insediamento di Crescentino, senza voler considerare che quando ci sono state le elezioni regionali e la Giunta è stata costituita, la scelta di Crescentino era gia fatta e credo che fossero già non soltanto acquistati i terreni, fatte le fondamenta, fatte alcune costruzioni, ma fossero anche già stati presi degli accordi a livello di Enti locali ministeriali rispetto all'insediamento stesso con l'intervento degli IACP e del Ministero dei Lavori pubblici, il quale mi pare che da alcuni anni non sia più propriamente un Ministero retto da democratici cristiani. Se questi sono gli elementi che configurano il centrodestrismo della Giunta e la sua subordinazione alle scelte del grande capitale, vuol dire che le accettiamo sapendo di essere in compagnia di Ministri della sinistra D.C. e di Ministri della destra socialista.
Ci riesce poi difficile vedere come si possano unire i colleghi socialisti nel dare la sfiducia alla Giunta, ma possiamo ammettere che sia da parte dei comunisti che da parte dello PSIUP ci sia questa valutazione di carattere negativo. Al di là però delle polemiche, degli aspetti elettorali, di tutti i processi alle intenzioni che ciascuno di noi pu fare, un discorso serio a livello di assemblea regionale, un'analisi seria dei problemi della Regione credo che comporti la comprensione, comporti lo sforzo di capire le posizioni degli altri non per condividerle evidentemente se non si possono condividere, ma certamente per capirle. Io penso che non possa essere preso questo elemento per avviare una campagna nella quale si vuole presentare la Giunta Regionale come schierata a difesa e a tutela di interessi che automaticamente vengono contrabbandati come posizioni antioperaie, contro i lavoratori, come posizioni sostanzialmente arretrate.
Io ritengo che una parte della crisi che patiscono le istituzioni del nostro Paese, una parte delle disaffezioni che nei confronti degli istituti democratici si sentono a livello della pubblica opinione, sia largamente determinata dalla strumentalizzazione che troppo spesso (comprensibilmente certo, dal punto di vista della propaganda dei singoli partiti) nella contrapposizione e nella lotta politica si fa rispetto alle intenzioni di chi ha la responsabilità dell'esercizio delle pubbliche funzioni. Credo che noi non serviamo davvero gli istituti che tutti quanti insieme diciamo di voler servire, se continuiamo ad attribuirci reciprocamente delle intenzioni soltanto per fini strumentali e propagandistici. Ma voi credete seriamente che non sarebbe estremamente più facile per ciascuno di noi e per me personalmente, fare il discorso più demagogico, più facilone rispetto ai poteri della Regione? Dire al pubblico che la Regione può fare tutto, può assumersi la responsabilità di superare anche (come mi è parso di sentire oggi in un intervento) le leggi dello Stato? Queste sono le cose più semplici da dirsi, sono anche le più facili e quelle che impegnano di meno, lasciando sempre a qualcuno di assumersi la responsabilità di respingere le leggi, di bocciare le deliberazioni e sostanzialmente di dimostrare che la volontà politica della Giunta è in una certa direzione ma che il centralismo, il burocraticismo, l'arretratezza dello Stato, non consente di fare certe cose. Anche nelle trattative col personale figuratevi come sarebbe stato facile dire ma certo, accettiamo le richieste, accettiamo tutto quanto, non c'é nessuna difficoltà, facciamo gli organici, in un certo modo, consentiamo ad un orario di lavoro quale quello che viene richiesto; sarebbe stato facilissimo, una deliberazione di questo genere non recava nessun fastidio alla Giunta Regionale, ma noi crediamo che il compito di una classe politica seria sia quello di porre tutti di fronte alle proprie responsabilità. Può anche darsi che commettiamo degli errori nel vedere il riferimento alle leggi dello Stato in termini, se mi consentite, drastici, ma noi crediamo che l'autonomia delle Regioni intanto si potrà affermare, non provocherà le resistenze che ha provocato se le Regioni sapranno con serietà, non con superficialità approfondire i problemi della propria struttura giuridica, della propria struttura istituzionale e sapranno colloquiare con lo Stato non da una posizione di polemica, non da una posizione di sterile antagonismo, ma da una posizione di consolidato diritto.
Certo, noi, come Giunta lo dobbiamo dire, io personalmente me ne faccio carico, abbiamo cercato di dare questo taglio alla Regione Piemonte e l'abbiamo ricercato, badate bene, anche quando abbiamo formulato lo Statuto tutti quanti insieme e a tutti quanti insieme ci è stato riconosciuto di non avere avuto indulgenze verso formule demagogiche, di non aver voluto andare al di là dei limiti che costituzionalmente erano assegnati alle Regioni ed è stato quasi generalmente affermato che lo Statuto della Regione Piemonte si era attenuto a degli indirizzi che facevano contemporaneamente salvi i diritti dell'autonomia regionale da un lato e il senso dello Stato dall'altro.
E io credo che questa sia una linea lungo la quale la Regione Piemonte deve continuare a camminare, non penso che serva alle Regioni continuare a proporre alla Corte costituzionale delle contestazioni nei confronti dello Stato e non credo che siano vive, esistano nella coscienza popolare e servano gli interessi del cittadino soltanto per la quantità di ricorsi che sono capaci di fare alla Corte costituzionale; le Regioni vivono, si affermano, sono presenti nella coscienza popolare e servono ai cittadini se sanno crescere nel senso di responsabilità della loro autonomia e rafforzandola nei confronti dello Stato. Guai se fossero qualcosa di alternativo allo Stato, le Regioni sono una struttura dello Stato così come l'ha visto la Costituzione, così come l'hanno fatto i costituenti, sono cioè qualche cosa che serve a far crescere la Democrazia dall'interno delle istituzioni, non facendo superare le responsabilità che sono proprie dello Stato da istituzioni che queste responsabilità non hanno e non si possono assumere.
Questa e la linea lungo la quale la Giunta intende camminare ed è una linea, cari colleghi, che poi ci vediamo ribaltare ogni volta che presentiamo delle proposte di legge, delle deliberazioni, allora tutti quanti insieme, al di là delle differenziazioni politiche, ci preoccupiamo di sapere se ci sono delle opposizioni da parte della autorità centrale, se le nostre proposte si collocano o meno in una visione giuridicamente accettabile.
Io non ho certo la pretesa di ritenere che tutte le scelte che la Giunta può fare o avere fatto, siano giuste, accettabili, è chiaro che vi possono essere motivi di opinabilità, ma questo è l'indirizzo che abbiamo cercato di dare e lungo il quale cerchiamo di camminare. Ed io non credo caro collega Giovana, che ciò rappresenti un ritardo culturale, una visione provinciale, che sia qualcosa di aristocraticamente microgollista, se dovessi in qualche modo definirlo, direi che è una visione realistica e in qualche misura empirica di ciò che in concreto possiamo fare, non di ci che affermiamo in generale senza poi tradurlo in fatti concreti. Questo è un modo di vedere il funzionamento regionale, noi crediamo che così la Regione Piemonte possa fare dei grandi progressi, sia pure nella dialettica delle contrapposizioni. Non ci illudiamo certo di avere una visione comune con altri partiti in ordine al problema dell'aspetto economico, delle strutture economiche, ci mancherebbe, ciascuno di noi ha evidentemente i propri punti di vista e i propri angoli visuali, ma noi crediamo che un colloquio, un dialogo anche di contrapposizione possa concretamente avvenire.
Un dialogo su questi problemi, sempre a patto che non si vogliano alterare le cose, sempre a patto che si presupponga che qui non esistono dei difensori degli interessi del grande capitale, sempre a patto che si vogliano accettare per vere le cose che affermiamo anche se possono risultare sbagliate nella realizzazione, perché ciò fa parte degli errori che ciascuno può commettere. Ma quando diciamo che accettiamo il piano regionale di sviluppo così come è stato elaborato, che prevede il decentramento da Torino, che prevede un modo diverso di localizzazione industriale, che prevede la messa in moto di un meccanismo diverso di sviluppo, che assegna alla area metropolitana torinese una funzione di intensificazione di terziarizzazione e quindi una diversificazione del suo sviluppo, vogliamo che queste affermazioni siano accettate come affermazioni nelle quali crediamo e che vogliamo portare avanti e non siano viste come un grande polverone dietro al quale vogliamo mascherare qualche cosa di diverso, perché se così fosse il dialogo fra di noi risulterebbe alterato, sarebbe qualche cosa che non può più costituire un motivo di rapporto, diventerebbe soltanto un fatto di contrapposizione alterando, al di là della nostra volontà, i nostri rapporti che, io tengo a ricordare sono stati visti dalla D.C. e dalla Giunta come rapporti che si liberavano da qualsiasi processo alle intenzioni, che presupponevano una reale volontà, sia pure da posizioni diverse di collaborare. Altrimenti non avrebbe avuto senso alcuno, cari colleghi, questo articolare le Commissioni dandone la presidenza anche alla minoranze. Dobbiamo ricordarci che se abbandoniamo questo terreno comune, creiamo motivi di contrapposizione e ci poniamo nella condizione di non poter più fare le valutazioni che abbiamo fin qui portato avanti.
Noi non accettiamo, devo dirlo con estrema schiettezza, la valutazione fatta dal Partito comunista perché non vera, perché non risponde alle scelte politiche che concretamente dimostreremo di fare nel momento in cui avremo degli effettivi poteri di intervento. E' su questo terreno, egregi colleghi, che vorremo essere giudicati, non sulle intenzioni e sulle parole generiche, e sapremo certamente assumere la nostra piena responsabilità.
Quindi non accettiamo tutto ciò che è conseguente a questa impostazione tutto ciò che riguarda la non messa in movimento degli strumenti della pianificazione (siamo noi i primi a dire che non sono stati messi in movimento) ma credo che nessuno vorrà negare alla Giunta di avere proposto da molti mesi la possibilità di utilizzazione e di controllo di un istituto regionale di ricerche proprio ai fini di questo piano. Nessuno credo potrà negare alla Giunta, dopo avere controllato la proposta - che per la verità non era esclusivamente della Giunta, ma anche di quegli organismi che prima della Regione avevano la responsabilità della gestione dell'istituto di ricerche - di avere accettato un'articolazione dall'istituto regionale così come poteva essere accettata da tutte le forze politiche rappresentate in Consiglio, di non averne cioè fatto un problema né di prestigio, né di dignità, né di durezza nel volere imporre una propria posizione, ma di essersi preoccupati assai più di mettere in movimento lo strumento affinch tutta la politica di pianificazione nei diversi settori potesse essere condotta attraverso un istituto articolato secondo una visione che trovava concordi tutte le forze del Consiglio.
E vorrei ricordare che lo Statuto che avevamo a suo tempo presentato relativo all'IRES, non era diverso dallo Statuto che aveva regolato la vita dell'IRES in passato e che, se non vado errato, era stato approvato da tutte le forze politiche anche in altre sedi; quindi è quanto meno ridicolo attribuire intenzioni di presidenzialismo e volontà di strapotere per la presentazione di un progetto che di fatto non poteva che riprodurre un progetto che era stato, se non singolarmente dai Consiglieri regionali certamente da tutte quante le forze politiche qui rappresentate, approvato in altre sedi quali il Comune di Torino e la Provincia di Torino.
Ma voi credete davvero che la Giunta non si preoccupi seriamente dell'elaborazione del piano ospedaliero, dell'impostazione dei problemi di carattere comprensoriale? Ma voi credete realmente che questi problemi non siano stati posti, non siano stati richiesti i dati, non si sia tentato di avere tutto lo studio di base necessario? Io credo che nel tentativo di fare uno studio serio, approfondito, si possa anche consentire che i dati a mani dell'istituto di ricerca debbano essere adeguatamente aggiornati tenuto conto del tipo particolare di programmazione (anche a livello territoriale) che noi con lo Statuto abbiamo scelto e faccio riferimento ai piani zonali per quanto attiene ad esempio all'agricoltura. E credete che tutti questi problemi non debbano essere collegati con il tipo di funzioni amministrative che non da molto noi conosciamo come strutture e funzioni amministrative che vengono trasferite dallo Stato alle Regioni? Tranne che qui ci sia qualcuno dotato di particolari doti profetiche, ho l'impressione che siano stati modificati abbastanza i primi schemi di decreti delegati le attribuzioni date alla Regione comportano degli studi e degli approfondimenti anche in ordine alla loro connessione con le realtà territoriali nelle quali vogliamo calare la soluzione di questi problemi e comportano anche uno studio che - mi consenta il collega Berti - io direi dobbiamo fare non lamentandoci se la Giunta o l'Assessore (al quale esprimo la mia completa solidarietà) hanno ritenuto di utilizzare degli Enti per procedere ad un primo studio in ordine a problemi relativi alla casa o ad altre funzioni amministrative. Sarà proprio questo uno dei modi di operare della Regione che non la dovrà privare dei suoi poteri decisionali, certo ma farà partecipare alle scelte anche coloro che dovranno attuare le deliberazioni della Regione, che non sono scelte della Regione, ma sono proposte fatte alla Regione. Così credo che il collega Berti ed il suo gruppo debbano interpretare la scelta che, in coerenza alla Legge, il vice Presidente della Giunta ha fatto rispetto ai problemi che qui sono stati posti.
In definitiva penso siano questi i problemi di fondo, altri ne sono stati qui portati, ma credo che siano tutti riconducibili ad un'impostazione di carattere politico e di scelta di sviluppo economico che io ho voluto precisare perché non ci fossero degli equivoci e noi non avremo nessuna difficoltà ad avere sempre come d'altronde doveroso, il controllo delle forze politiche a livello regionale.
La nostra è una Regione che attua il suo piano di sviluppo secondo le scelte del Consiglio Regionale, secondo le scelte che la Giunta propone e che la maggioranza o l'unanimità del Consiglio accetta e la cui attuazione è continuamente controllata dalle forze politiche all'interno e all'esterno del Consiglio; è una Regione che vuole attuare ciò che lo Statuto ha di più aderente e con la visione costituzionale e con ciò in cui noi crediamo cioè con il più vasto decentramento di carattere amministrativo e con l'esercizio delle funzioni amministrative demandate agli Enti locali che noi vogliamo valorizzare in quanto rappresentano quel momento di sviluppo e di crescita democratica che giustifica l'avvento delle Regioni in modo molto più valido di quanto non sia giustificato dalle semplici elezioni dei Consigli Regionali.
E' su questi argomenti che noi ci misureremo nell'interno del Consiglio Regionale ed è qui che vorremo essere giudicati, non sui discorsi di carattere generico, non sulla facile demagogia rispetto alla quale la Regione Piemonte o per lo meno la Giunta Regionale piemontese ha sempre assunto degli atteggiamenti costanti. Io non ho nulla da obiettare a coloro che hanno accusato la Giunta di questo, ma l'abbiamo fatto nella consapevolezza che quanto più sappiamo dargli un contenuto non di aria fritta e di parole, ma un contenuto di realtà, tanto più anche nei confronti dello Stato, avremo delle possibilità operative e questo anche se sapremo presentarci con i connotati che completano una Regione consapevole delle forze sociali che rappresenta, consapevole degli obiettivi che attraverso la propria programmazione economica e sociale vuole raggiungere.
E questo noi l'abbiamo fatto in un momento di difficoltà; certo, abbiamo rotto un quadro di carattere politico, di collaborazione politica con il partito socialista perché ritenevamo che le posizioni assunte da quel partito non rispondessero al quadro di collaborazione che aveva fin dalle origini giustificato, ispirato la linea politica scelta dalla D.C. e che aveva costituito il presupposto sul quale si era per anni collaborato con il partito socialista.
Io ripeto ciò che ha detto il segretario del mio partito, quando una collaborazione non è libera scelta ma una necessità cessa di essere collaborazione e quindi disimpegna coloro che devono collaborare da quegli obblighi di sintesi comuni che soli garantiscono l'effettiva attuazione di una linea politica e conseguentemente rispondono al mandato che l'elettorato ha loro consegnato.
Dopo le elezioni del giugno dell'anno scorso abbiamo sentito il profondo disagio di ceti fondamentalmente democratici, collegati alle ragioni dello sviluppo della nostra economia regionale, di quei ceti medi che non abbiamo scoperto noi, ma che sono spesse volte ricordati anche dalla più avveduta analisi portata avanti dal partito comunista, quei ceti medi coi quali sentiamo di dover avere un collegamento, ed abbiamo sentito come non si dovesse mai più ripetere in Italia l'esperienza fatta 50 anni fa quando, per avere trascurato gli stati d'animo, per avere trascurato le reazioni magari anche emotive, la classe dirigente democratica ha visto orientarsi questi ceti verso posizioni politiche che ci hanno regalato un regime autoritario dittatoriale. Voi consentirete che questa analisi (rispetto alle quali possiamo anche non trovarci d'accordo) un partito serio, un partito democratico le faccia con piena consapevolezza e le faccia soprattutto in Regioni dove la struttura economica e tale per cui di fronte a delle aristocrazie operaie, di fronte a grosse imprese industriali vi è una quantità di piccole e medie industrie, che in Piemonte occupano il 70% dei lavoratori, che si trovano in difficoltà, che attraversano crisi non solo di carattere strutturale rispetto alle quali ciascuno deve assumersi responsabilità propria, anche di carattere congiunturale, sono medie e piccole industrie, artigianato, ceti commerciali la cui forza politica è notevole e che non bisogna abbandonare alla disperazione che porta necessariamente a reazioni di carattere politico. Come D.C. noi sentiamo profondamente la responsabilità di difendere e garantire le strutture democratiche del Paese e di non abbandonare questo elettorato questi ceti medi che hanno dato a noi come ad altri partiti democratici il loro voto, a delle reazioni emotive e quindi di non spingere verso posizioni autoritarie ed eversive queste forze democratiche che possono recare un grande contributo allo sviluppo della democrazia. Queste sono le ragioni che abbiamo detto qui in questo Consiglio e ci hanno separati rispetto alle valutazioni del Partito socialista, valutazioni che poi si realizzarono a livello di Giunta con delle posizioni che noi non potevamo condividere e che sono quelle che hanno portato il Partito socialista a differenziarsi nel suo comportamento, nella sua libertà di scelta, ma che ovviamente non possono condizionare la nostra libertà di scelta.
Queste sono le ragioni che hanno provocato la crisi della collaborazione del centro sinistra in Piemonte, solo queste, ma sono state io credo, delle ragioni che non possono non essere meditate per il significato che hanno e per il contenuto che ad esse abbiamo dato nella valutazione responsabile di ciò che significa la presenza della D.C. nel tessuto democratico del Paese ed in questa centralità democratica che molto chiaramente ha ricordato oggi il nostro capogruppo amico Bianchi in questa sede.
Ecco qual'é il significato di questa posizione, non certo quello di essere in una posizione subordinata rispetto alle scelte del grosso capitale finanziario industriale, non certo quello di fare pagare ai lavoratori il costo di ristrutturazioni di carattere industriale; abbiamo più volte in questa sede richiamato l'attenzione sul fatto che riteniamo estremamente importante, nel quadro di un'economia di mercato, che se si devono attuare delle ristrutturazioni che esigono l'espulsione di manodopera delle aziende, ci debba essere una legislazione che dia la garanzia a questi lavoratori di poter usufruire dello stesso trattamento economico e previdenziale che avevano nel momento in cui erano occupati anche se non lo sono più, per poterli accompagnare in questa fase.
D'altronde questa tesi non è una particolare novità, è un indirizzo che la più recente analisi economica porta avanti come uno dei capisaldi dello sviluppo dell'economia competitiva e di mercato ed è una scelta coerente con i postulati della Costituzione.
Nel momento in cui, come giustamente ha affermato il collega Nesi avvertiamo una sorta di sottile sfiducia nell'elettorato italiano, una sorta di opposizioni quasi a questi indirizzi, a queste istituzioni democratiche, credo che dobbiamo tutti quanti insieme (anche noi per quanto ci riguarda) fare un esame di coscienza e tutti insieme ricordarci che non possiamo approfittare di ciò che i regolamenti, gli statuti ci consentono di fare, per trasformare in tribune la vita delle nostre istituzioni.
Noi abbiamo accettato e accettiamo volentieri qualunque dibattito perché crediamo che al di là del significato e degli scopi particolari che coloro che lo provocano vogliono raggiungere, il dibattito serva per chiarire le idee, naturalmente sempre a patto che si sia poi tutti quanti disposti coscienziosamente a sentire l'opinione altrui e a farci tutti quanti credito della verità di ciò che affermiamo e della buona fede con la quale esponiamo i nostri punti di vista. Se non vi è questa buona fede, se non vi è questa reciproca credibilità i dibattiti rischiano di essere inutili, ed io mi auguro che quello che oggi abbiamo avuto, al di là delle opinioni e delle polemiche che ci sono state, al di là degli spunti demagogici che sempre in una discussione di questo genere possono sorgere serva per verificare le reciproche ragioni di buona volontà e per dedicarci tutti quanti ad affrontare i nostri compiti nel momento in cui, a partire dal l ° aprile, alle Regioni saranno trasferite le funzioni amministrative e legislative. Insieme dovremo, con le nostre scelte, con la volontà politica effettiva e non soltanto proclamata, scegliere le vie dello sviluppo della Regione articolandole secondo gli indirizzi che insieme sceglieremo nel dibattito e nel confronto tra di noi. E' evidente che tutto il resto, tutto quanto attiene alla attribuzione di una volontà prevaricatrice da parte della Giunta, di una volontà non collaborativa, di sopraffazione dei diritti del Consiglio, fa parte di una polemica che certamente continuerà fino al momento in cui avremo da affrontare problemi concreti. Io sono certo che queste polemiche saranno facilmente superate quando avremo, col trasferimento delle funzioni amministrative, da fare scelte concrete e reali nei confronti della politica da perseguire, ma tutti quanti insieme, per dare un significato ed un senso a questo dibattito, dobbiamo sforzarci di attribuirci almeno la buona volontà e la buona fede rispetto alle affermazioni che siamo andati facendo nel corso di questi anni nei dibattiti ai quali abbiamo partecipato.



PRESIDENZA DEL VICEPRESIDENTE OBERTO



PRESIDENTE

Con le dichiarazioni del Presidente della Giunta la discussione è chiusa. Dobbiamo passare alla votazione. Qualcuno chiede la parola per dichiarazione di voto? I Consiglieri Minucci, Fassino, Nesi, Bianchi Bertorello.
Ha facoltà di parlare il Consigliere Minucci.



MINUCCI Adalberto

Io non vorrei perdere molto tempo a replicare su quello che a me è sembrato l'argomento principe della critica alla mozione di sfiducia presentata dal mio partito e dal collega Giovana del PSIUP e che consiste essenzialmente nel declassare questa mozione, nello squalificarla perch traspira già l'atmosfera elettorale, quindi è una mossa puramente strumentale dell'opposizione di sinistra. Ci ritorno appena su questo argomento e non tanto per rispondere agli argomenti del collega Vera perché è difficile rispondere al niente, né per rispondere al collega Gandolfi che a questo proposito si è lanciato in una disamina della politica del PCI in questi anni, che mi è sembrata molto singolare, e siccome ho una certa stima nelle capacità di analisi del collega Gandolfi gli raccomanderei, quando si tratta di un argomento relativo al PCI, di cui si può parlare anche molto male ma del quale non si può trascurare la realtà nel nostro Paese, gli raccomanderei di farsi una cultura sulla politica comunista che non sia quella che discende dagli asterischi dell' "Espresso" o di qualche altro rotocalco; ci sono altri documenti, ci sono fatti quotidiani, meglio studiare seriamente queste cose perché, se si vuole combattere il partito comunista - come mi sembra il collega Gandolfi sia bene intenzionato a fare - lo si faccia almeno con una base di serietà.
Vorrei invece rifarmi alle cose dette dal Consigliere Bianchi nel suo intervento. Io sono fra quei colleghi che hanno sempre la migliore disposizione d'animo verso il candore con cui il capogruppo della D.C.
pone certe cose e penso che con candore abbia posto anche la questione della nostra speculazione preelettorale. Voglio dirgli però una cosa molto semplice: da due anni la D.C. non fa altro che proclamare, in tutti i discorsi dei suoi maggiori esponenti, che la sua unica preoccupazione, da molto tempo a questa parte, è quella di parare una possibile frana elettorale a destra, disfa e rifà le maggioranze, disfa e rifà. Governi, fa delle scelte politiche che stanno portando il Paese verso certi sbocchi sempre e soltanto con l'unica, dichiarata preoccupazione dei voti di quelle classi medie a cui si è riferito il Presidente Calleri. Questa è la cosa che vi ossessiona ormai e avete il coraggio di dire a noi che ci muoviamo per preoccupazioni elettorali. Ma se tutto ciò che facevate non guardava altro che alle elezioni prima ancora che si parlasse di elezioni anticipate.
D'altra parte la mozione del PCI e del PSIUP è stata preannunciata molti mesi fa, prima ancora che si delineasse la prospettiva dello scioglimento delle Camere. Allora vuol dire che noi dovremmo chiedere dei voti e meritarceli non soltanto per tutto quel che abbiamo fatto a difesa di certe classi sociali, ma anche per le nostre capacità divinatorie almeno stando alle vostre argomentazioni.
Noi siamo stati mossi, nella nostra iniziativa, dalla consapevolezza che c'é stato un brusco spostamento a destra nella Giunta Regionale piemontese che ha avuto il suo aspetto formale: la cacciata dei socialisti dalla Giunta per iniziativa della D.C. e del Presidente Calleri, a cui è seguita tutta una serie di atti politici e di scelte che non hanno fatto altro che confermare la natura politica di queste scelte.
Il collega Zanone ci chiede che cosa vuol dire politica di destra, ci dice che facciamo del nominalismo, che strumentalizziamo una definizione.
Io non sono convinto, come mi sembra lo sia stato l'oratore del MSI, che una politica di destra si definisca soltanto per i voti che può raccogliere dal MSI, tanto più quando questi voti sono cosa striminzita come possono essere in quest'aula. No, il MSI in genere è usato in questo periodo per i bassi servizi, non sempre viene accolto dalla porta padronale, quasi sempre da quella dei servi invece; qualche volta, in Parlamento, nel caso delle elezioni presidenziali, lo si fa passare anche dalla porta padronale e in quel caso i voti ci sono stati. Poi non so che cosa direte ai vostri elettori per difendere il vostro distacco dalla D.C., ma avete votato con la D.C., con i socialdemocratici e così via. No, non è questo che definisce una politica di destra, una politica di destra è definita da certi atti politici fondamentali che si assumono di fronte ai grandi problemi del Paese, delle masse, della Regione in questo caso.
Ora, la nostra Regione sta attraversando un periodo drammatico, le grandi masse popolari, anche quei ceti medi a cui si riferiva poco fa il Presidente Calleri stanno attraversando un periodo difficile perché è in atto un processo da un lato di crisi, dall'altro di ristrutturazione, di riorganizzazione delle maggiori centrali produttive che, guarda caso, sono anche le maggiori centrali produttive del Paese, le maggiori industrie motrici. Questo processo di ristrutturazione, di riorganizzazione viene portato avanti in modo del tutto unilaterale da queste grandi centrali che licenziano, assumono, fanno investimenti o non li fanno, sempre sulla base di scelte unilaterali; una scelta di destra, una politica di destra significa accettare la politica del "laisser faire", lasciar fare a questi quello che vogliono e voi avete fatto una Giunta Regionale di destra per una politica di lasciar fare, perché a comandare siano ancora una volta soltanto i grandi gruppi privati. E non mi convincono le argomentazioni del Presidente Calleri sulla politica degli insediamenti. Anche nello Statuto abbia incluso un'analisi della nostra Regione, dei suoi squilibri, di ci che rappresenta di fronte alla realtà economica e sociale del Paese abbiamo detto che la Regione deve adeguarsi ai grandi processi, alle contraddizioni dell'economia, deve fare una politica di controllo sugli insediamenti industriali, prima ancora di averne gli strumenti deve fare affermazioni politiche, deve fare delle scelte, non si è fatto niente anzi, l'unica cosa che io ricordi è quella che del resto ha ricordato anche il Presidente Calleri, invocando poi magari la buona compagnia di qualche Ministro del suo partito, è stato un gesto che ha facilitato un nuovo insediamento nell'area congestionata del Piemonte. Poi ha parlato di preoccupazioni. Io non so come e quando queste manifestazioni si estrinsechino anche perché sappiamo così poco delle attività della Giunta ma queste preoccupazioni in realtà sui fatti concreti di questi mesi non si sono mai espresse; abbiamo chiesto, per esempio, una presa di posizione politica sull'aumento dei prezzi Fiat, abbiamo documentato il carattere politico di questo provvedimento, abbiamo detto che è un gesto che non fa altro che spingere verso una maggiore inflazione e voi avete taciuto e avete accettato la politica della Fiat.
La Regione, sia per la caratteristica che assume per la sua stessa matrice costituzionale, sia per quel che abbiamo scritto di molto preciso e concreto sullo Statuto regionale, sia per certe prese di posizione nozioni, documenti che sono stati approvati in quest'aula, doveva presentarsi come un nuovo soggetto politico, come un programmatore economico, un organizzatore della democrazia. Che cosa si è fatto in questo senso, io vi chiedo, in questi mesi.
E non ci si può nascondere dietro il dito dicendo: noi non vogliamo disarticolare lo Stato, vogliamo un colloquio, un dialogo. Non mi sembra che abbiamo mandato le truppe in Lombardia perché il Presidente Bassetti ha intrecciato un dialogo con lo Stato, anche polemico; non mi sembra che in Emilia i carabinieri si siano messi in assetto di guerra perché la Regione ha contestato certe cose allo Stato, queste Regioni si sono semplicemente date da fare, hanno cercato di strutturarsi in modo tale da fronteggiare i grandi compiti di programmazione. Questa è la prima scelta di destra che voi avete realizzato.
Che cosa significa "politica di destra " ha chiesto Zanone: significa avviare quella spirale che ha avviato da due anni la D.C.: da un lato si crea di fatto (e guarda collega Bianchi, non vado a sindacare la buona o cattiva fede democratica, non è un argomento politico secondo me) un malessere sociale sempre più grave, lo si crea avendo in mano le leve del potere, per esempio non facendo le riforme sociali che si sono promesse. Il maggior malessere sociale in Italia oggi è dovuto alle mancate promesse della D.C., al fatto che vi presentate sempre sulle piazze a promettere riforme, misure ecc. e poi non fate niente, questo è il vostro malessere che porta anche il discredito sulle istituzioni. Ebbene, create questo malessere, lo fate maturare di fatto a destra e poi vi mettete a rincorrere la destra che beneficia di questo malessere, questa è la vostra tecnica, il vostro spostamento a destra nasce di qui, c'é un processo che voi provocate e poi cercate di avviarlo in una certa direzione. Io mi sono trovato (l'ho detto ad alcuni colleghi D.C. che ne sono rimasti sinceramente colpiti) su una piazza di Catania alle elezioni del '71 ad ascoltare un comizio del vostro attuale segretario politico, l'on. Forlani; egli dava quasi un'immagine fisica di questa logica, di questa spirale; poco prima aveva parlato il gerarca del MSI in quella stessa piazza, e Forlani diceva: "Almirante ha ragione, certo che le riforme sono troppo audaci, certo che i socialisti hanno una funzione troppo rivoluzionaria nel Governo, ma state tranquilli, cambieremo". E la gente che lo ascoltava diceva: "Ma se ha ragione Almirante questo promette addirittura di cambiare per dare ragione ad Almirante, perché io non devo votare Almirante? ". Questa è la tattica che voi avete adottato. E' stata di fatto una copertura, un appoggio alle scelte della destra eversiva, ma su questa strada siete andati a rispolverare persino delle mummie (senza offesa per nessuno) in questi ultimi anni non è che il peso dell'on. Malagodi nella vita politica italiana fosse così trascendentale, l'avete rispolverato voi in questi mesi, avete detto che era il vostro alleato privilegiato o non so che cosa nelle elezioni presidenziali, avete avuto incontri con lui durante la crisi di Governo, lo avete rilanciato sulla scena politica; siete andati a rispolverare anche alcuni vecchi personaggi, rispettabili magari per molti di voi, come Pella, come Gonella e così via e gli avete dato una lustratina in questa spirale della corsa a destra.
Ora però vorrei dire, egregi colleghi, che secondo me nella situazione di oggi c'é qualcosa di più del malessere che nasce da questa spirale, da questo spostamento a destra della D.C. - e qui il mio discorso è molto sincero, come del resto lo era nella prima parte e non ha nessun riferimento elettorale -. Io vorrei che davvero fosse possibile quell'ascolto reciproco a cui si riferiva il Presidente Calleri, al di là di ogni battuta polemica che sempre nell'oratoria politica si fa, ma c'è qualcosa di più, c'é una crisi di fondo della società italiana in quanto tale, molto grave, non è soltanto crisi economica o politica, o sociale che è pure lacerante, ormai è diventata una crisi istituzionale per molti aspetti e anche morale. E vi scarico di alcune responsabilità dicendo che questa crisi sta facendo sedimentare dei processi storici che vanno al di là persino del periodo in cui voi avete rappresentato il Governo, è una crisi, per certi aspetti, della società capitalistico-borghese in Italia e anche una crisi dei valori su cui la borghesia italiana ha sempre retto la sua egemonia, il suo consenso, ma dobbiamo esserne consapevoli.
C'é una crisi, dicevo, di certe istituzioni. Qui qualcuno ha parlato di crisi della giustizia, del diritto; quando voi vedete dei giudici che condannano in nome di certi principi e altri giudici che condannano in nome di principi opposti e quando sentite il procuratore della Repubblica di Torino che dice: "Ci sono stati dei magistrati che hanno assolto gli operai della Rhodiatoce in nome di un nuovo diritto, io subito mi sono preoccupato di far fare un mese dopo un nuovo processo per farli condannare in nome del vecchio diritto" dove vanno a finire l'oggettività e la certezza dei diritti? Questa è la realtà, ma, signori, il manico l'avete voi, il Governo del Paese l'avete voi, era vostro il dovere di dare un indirizzo e una linea al Paese. A voi sembra davvero comprensibile e logico che un partito di maggioranza relativa che da vent'anni governa il Paese, faccia questo strano gioco di marce in avanti e indietro, di fermate, di promesse da una parte e dall'altra, di mancanza di scelte e così via? Questo è il vero dramma che sta attraversando oggi l'Italia, ma guardate che da questo bisogna uscire rapidamente o guai a voi, guai a noi tutti credo perch potremmo pagarla tutti questa vostra campagna sul disordine e sul caos.
Voi dite "non fate della demagogia", ma noi siamo l'unico partito politico che ha presentato in Parlamento una proposta di legge molto specifica, noi siamo convinti, lo diciamo sempre, che il disordine, la stessa delinquenza sono in primo luogo un problema sociale e bisogna trovare una soluzione a monte di questi fenomeni. Quando vediamo in una città come la nostra ad esempio decine di migliaia di lavoratori immigrati sbalestrati, lasciati a sé stessi, senza nessuna assistenza, senza nessuna soluzione per i propri problemi, non ci stupiamo che poi ci siano anche dei fenomeni di delinquenza. Ma noi sappiamo anche che certi provvedimenti concreti possono contare: è stato il nostro l'unico partito a presentare in Parlamento una proposta di legge per dire: "Signori, avete 70.000 carabinieri" (la cosa a cui si riferiva anche il compagno Nesi) di questi soltanto 6.000 sono addetti a funzioni di polizia giudiziaria, gli altri 64.000 io non so con che cosa vanno, coi carri armati, cogli elicotteri, ma certo di tutto si occupano meno che dei delinquenti. E sapete poi dove si trovano? Davanti ai cancelli delle fabbriche in sciopero, a spiare sedi politiche e così via, cioè a svolgere una funzione che è il contrario di quella che il corpo di uno Stato democratico dovrebbe assolvere; ma chi dirige la polizia? Chi ha in mano il Ministero degli Interni? Chi governa il Paese e permette queste cose? Con quale faccia andate voi dicendo ai ceti medi: noi organizziamo lo Stato in modo da proteggere i vostri beni e la sicurezza della vostra vita? Poi magari incoraggiate la stampa a dire che i tabaccai fanno bene a sparare sul primo che passa e che gli mette paura e si danno le medaglie al negoziante che ammazza una persona. Si ristabilisce la legge del Far West, questo è il progresso che fate fare al Paese, è una nuova morale che voi vorreste. Queste sono cose a cui non potete sfuggire, la responsabilità del Paese è vostra in primo luogo.
Ed io vorrei concludere rapidamente sottolineando che credo sia necessaria una riflessione comune: la D.C. è il vostro partito, ma la D.C.
è anche un fenomeno politico che interessa tutto il Paese, anche noi ovviamente; ebbene, io credo che questa crisi e questo marasma in atto nella società si riflette nel modo peggiore all'interno della D.C.; questa disarticolazione, disgregazione, lacerazione di cui si è parlato comincia nella D.C., un partito che finora in qualche modo (il modo che noi abbiamo sempre criticato e combattuto) ha cercato di rappresentare un disegno unitario nel Paese che se volete riconduco alla famosa espressione di De Gasperi "un partito di centro che si sposta a sinistra". Non dimenticate mai, quando parlate di centralità e vi richiamate a De Gasperi, questo riferimento a sinistra. Questo partito oggi non è più in grado di fornire a sé stesso e al Paese un disegno unitario, una soluzione positiva dei problemi e allora si abbarbica al potere sapendo che non dura a lungo un partito al potere se non ha un progetto da portare avanti, si abbarbica al potere sulla base di una propria corporativizzazione e di un tentativo di corporativizzare sia lo Stato sia le istituzioni. Di qui nasce la disarticolazione che poi in seno al vostro partito si traduce in una frantumazione in correnti, conventicole, clientela e così via; voi state restaurando in Italia (per fortuna che non siete soli, ci siamo anche noi) una specie di sistema neofeudale, l'Italia si sta dividendo in granducati in Piemonte, se permetti Calleri, in contee...



CALLERI Edoardo, Presidente della Giunta Regionale

Le marche di confine!



MINUCCI Adalberto

Si, le marche. Ognuna ha il granduca, il conte ecc. di una fetta del nostro Paese, Bassetti va a sinistra, Calleri va a destra, l'altro al Centro, è l'Italia dei cento staterelli. Badate che questo è un fenomeno preoccupante non solo per il vostro partito, ma per tutto il Paese.
Quando noi vi chiamiamo a un confronto, lo facciamo proprio perch siamo convinti che il disegno nuovo è un rilancio della funzione della D.C.
A me viene persino il dubbio che non è detto che non ci riusciate, non è che i partiti durino in eterno, soprattutto quando sono partiti interclassisti; la D.C. francese ha avuto il Governo, è stata un grande partito per tanti anni poi è scomparsa dalla scena. Io non so se voi avrete un avvenire simile, certo siete durati più a lungo, ma quando noi vi chiamiamo ad un confronto lo facciamo perché siamo convinti che un nuovo disegno, un nuovo rapporto con la società italiana potete ristabilirlo soltanto guardando a sinistra e avendo un confronto reale con le masse popolari e non con le loro ossessioni psicologiche che magari voi alimentate, la paura dei ceti medi e così via; potete ristabilirlo assolvendo ad una funzione dirigente, non accodandovi alle spinte più emotive che la vostra stampa suscita. E' questo il confronto a cui vi chiamiamo e a cui siete sfuggiti. Ma cosa cercate, un dialogo con i fantasmi, credete davvero di risuscitare gli spettri, credete davvero che l'Italia abbia oggi paura del fascismo?



BORANDO Carlo

Noi!



MINUCCI Adalberto

Però voi lo state alimentando quello spettro, voi li state riaccreditando e non potete sfuggire a questa grave responsabilità. Quando noi cerchiamo un confronto con la D.C., caro Bianchi, non vogliamo n spezzarla, né dividerla, né umiliarla, quello è un fatto che dipende da voi, vi dividete, vi spezzate, vi umiliate voi, noi riteniamo di essere abbastanza forti, ma non tanto forti da pretendere che altri partiti si spezzino, si dividano, si umilino. Tu ti sei riferito alla questione delle elezioni delle presidenze, ma è proprio in quel tuo intervento che c'é il paradosso del vostro partito di oggi: in quale abisso, in quale vicolo cieco precipitate! Tu hai accusato il partito comunista di voler dividere la D.C. soltanto perché vi ha proposto di eleggere Presidente Moro, un leader D.C. Noi lo riteniamo, se volete, più disponibile al dialogo col movimento operaio, ma è un vostro uomo; è Ministro degli Esteri del vostro Governo, è stato segretario del vostro partito, è stato Presidente del Consiglio e voi vi dividete su un nome così, ma vi dividete solo perch volete andare coi fascisti signori miei allora. Allora, se davvero il vostro partito ha paura di eleggere uno dei suoi leaders Presidente del Consiglio, vuol dire che arrivate a un punto in cui non esistete più come partito, siete incapaci di stare assieme.



CALLERI Edoardo, Presidente della Giunta Regionale

Modestamente, vorremmo sceglierlo noi!



MINUCCI Adalberto

Ma signori, il vostro esclusivismo deve finire, dite di accettare un confronto, un dialogo però dovrebbe essere sempre sulle vostre imposizioni.
Questo è il vostro errore di fondo, venite a un discorso concreto.
Noi guardiamo alla crisi di oggi senza lo spavento che coglie gli esponenti della D.C., con preoccupazione certo, ma siamo convinti di rappresentare un movimento, il movimento della classe operaia, dei lavoratori che alla crisi di vecchi valori, che spesso sono falsi sa opporre la costruzione di nuovi valori, sa opporre cioè una nuova visione della società. E se foste meno miopi (parlo di molti colleghi che sono sempre disposti a seppellire con cattive parole le lotte operaie, le lotte sindacali) proprio guardando alle lotte operaie e popolari di questi anni vedreste quanti nuovi valori di solidarietà, di autogoverno e di democrazia stanno sorgendo.
E' a queste cose che dovete guardare e questa nuova società noi vogliamo costruirla non da soli. Siamo lieti che anche in questa seduta si sia riaffermata di fatto una unità di sostanza tra le forze di sinistra, ma noi vogliamo che in questa costruzione siano coinvolte, sempre più come protagoniste non soltanto le sinistre marxiste, ma anche le forze popolari cattoliche e dipende da voi se a rappresentarle in questo processo che oramai è ineluttabile sarete ancora voi D.C. o saranno altre forze politiche, ma a questa costruzione nuova noi vogliamo andare e la Regione è un punto essenziale nella costruzione di una nuova democrazia.
Se oggi ci pronunciamo con forza per la sfiducia nella vostra Giunta è proprio perché voi fate di tutto affinché la Regione si estranei in Piemonte dalla costruzione di una nuova Democrazia, perché volete fare della Regione ancora una volta uno strumento morto, uno strumento di manovre di strapotere, di conventicole, di correnti, ma noi non ve lo permetteremo.
Non so come andrà questo voto, ma la lotta continuerà e il Piemonte di oggi, il Piemonte della classe operaia e, se volete anche dei ceti medi non tollererà che sia una Giunta orientata a destra a dirigere i destini della Regione.



PRESIDENZA DEL PRESIDENTE VITTORELLI



PRESIDENTE

E' iscritto a parlare il Consigliere Fassino, ne ha facoltà.



FASSINO Giuseppe

Nel fare la dichiarazione di voto a nome del gruppo liberale, mi ricollego a quanto il collega Zanone ha espresso nel suo intervento di oggi.
Il Gruppo liberale non accetta e non condivide il giudizio negativo della mozione presentata dai colleghi del Partito comunista e dal Consigliere Giovana, voterà quindi contro. Qualcuno dirà che non è una novità, ma è un voto coerente che i liberali in altre occasioni hanno già dato quando in questo Consiglio hanno confermato il loro appoggio alla Giunta (a livello nazionale oggi del partito liberale viene dato a quello che è definito il Governo monocolore e che non è accettato dai presentatori di questa mozione) appoggio ufficialmente dato in luglio così come ufficialmente era stato richiesto, che riconfermiamo oggi, soprattutto dopo avere sentito le realistiche dichiarazioni del Presidente Calleri di replica agli interventi dei vari oratori.
Al Presidente Calleri mi permetto di ricordare unicamente quanto il collega Zanone ebbe a dire oggi, cioè la necessità che noi rileviamo, come gruppo, di avere al più presto il programma preciso dei dieci assessorati affinché non appena le nostre competenze saranno definite, si possa operare concretamente nell'interesse della Regione Piemonte.
Respinti dalla sinistra e respinti dalla destra, i voti liberali hanno avuto oggi, nelle dichiarazioni dei colleghi intervenuti, pur appartenendo a parti politiche diverse, secondo me la loro esatta collocazione, la collocazione al centro democratico in questa situazione politica molto grave e molto confusa, così come idealmente erano attuali nell'affermazione crociana e come praticamente lo furono quando il PL fu al Governo e contribuì alla ricostruzione dell'Italia dopo la guerra. Né in questo nostro voto contrario può esserci una manifestazione di conformismo retorico vuoto.
La Giunta, come ha detto Zanone, non ha certamente fatto tutto, ha fatto quanto poteva, considerata la situazione particolare che a nessuno sfugge; la Giunta si è trovata senza dubbio ad operare in un ambiente difficile, profondamente mutato, le Regioni, secondo noi create in fretta e male, dovevano essere inventate da tutti noi giorno per giorno, lo vediamo nelle varie Commissioni di cui ciascuno fa parte, dove ci sono cento diverse esperienze, dove ci sono i grandi temi di tutto il mondo del lavoro (l'Assessore Visone ne sa qualcosa, perennemente di corsa per risolvere questi problemi) dove ci sono nuove forze da fronteggiare, dove occorre coordinare la Regione con lo Stato, la Regione con le Province, la Regione coi comuni. E' un compito duro, lo riconosciamo per l'infelice maniera forse in cui la Regione è venuta in essere, ma tanto più duro per chi ritiene che possa essere sufficiente una bella, elegante e costosa pubblicazione per illustrare magari il poco che si fa e tacere il molto che non si può fare per colpa di nessuno, ma per un'infinità di ragioni che è inutile qui oggi, data l'ora, rielencare.
Noi riteniamo che le parole hanno oramai stancato tutti, cerchiamo di convincercene tutti insieme, ma vogliamo ugualmente credere che dopo questi otto mesi di necessario rodaggio la Regione Piemonte sia ormai in grado di rispondere con i fatti e non con le parole alle aspettative ansiose dei piemontesi, di quei piemontesi che laboriosi come sono si preoccupano anche quando vedono stabilimenti non bloccati dalla crisi, ma nei quali il lavoro sembra diventare soltanto più un episodio occasionale, di quei nostri piemontesi che non tollerano la violenza, l'intimidazione o la sopraffazione, ma pretendono il rispetto delle leggi e pubblici ufficiali che non avallino e giustifichino la violazione delle stesse ma si battano perché la loro applicazione sia giusta, di quei piemontesi infine, che allorquando la delinquenza domina la città, perché forse un pietismo imbecille lega le mani della polizia, ci chiedono giustamente che cosa ancora ci sia rimasto di concreto nella nostra democrazia. Lo stesso energico intervento in proposito fatto dal Presidente Calleri nei giorni scorsi, ci assicura che anche in tal senso ci stiamo muovendo - speriamo con i risultati positivi - proprio in difesa di quella Democrazia in cui crediamo fermamente.
Nell'annunciare quindi, signor Presidente, colleghi, il voto contrario alla mozione, il gruppo liberale a nome del quale ho l'onore di parlare auspica che oggi, domani e nel futuro possa riaffermarsi con un programma completo una vera alternativa basata su quei criteri di obiettiva serietà e di valida concretezza di cui riconosciamo al Presidente di averci dato conferma nel suo intervento di replica, criteri che secondo noi si possono concretizzare in una politica dinamica e riformatrice sulla linea centrale della vita italiana, in un quadro di sicurezza democratica, al di fuori di ipoteche marxiste o massimaliste in genere, corrispondendo in tal modo alle esigenze largamente diffuse, largamente sentite da tutti, di ordine e di moralità pubbliche, di ripresa dell'occupazione e della produzione, di riforme costruttive, di armonia per la costruzione europea nel cui contesto c'é la costruzione italiana, dentro alla quale c'é quella della Regione Piemonte.



PRESIDENTE

E' iscritto a parlare il Consigliere Nesi, ne ha facoltà.



NESI Nerio

Noi non abbiamo niente da aggiungere a quanto ho avuto l'onore di dire a nome del Gruppo socialista, se non che il nostro Gruppo darà voto favorevole alla mozione di sfiducia.



PRESIDENTE

La parola al Consigliere Bianchi.



BIANCHI Adriano

Signor Presidente, nelle disordinate argomentazioni che ho esposto al Consiglio prima e nella organica, puntuale, replica del Presidente della Giunta, si trovano le motivazioni che il nostro gruppo presenta per respingere la mozione di sfiducia.
La requisitoria carica di calore e di convinzione del Consigliere Minucci mi impone una breve precisazione più del mio pensiero che come risposta alle affermazioni che sono state fatte. Noi non abbiamo tanto la preoccupazione dei voti, quanto quella delle condizioni del quadro politico del nostro Paese. Ci preoccupano le divaricazioni, le fughe, le velleità che rendono inefficace la collaborazione tra i partiti democratici. Ci preoccupano i processi recessivi che rischiano di farci tornare a situazioni che credevamo definitivamente superate. Credo che proprio noi non ignoriamo che la soluzione dei problemi più acuti d'ordine sociale d'ordine morale, economico, civile non si ottengono con affermazioni politiche, con schieramenti, con il ricorso alle suggestioni emotive, ma operando nel profondo di una società. Si domandano tutti se le ragioni di crisi, che toccano anche fattori morali di straordinaria importanza siano da addebitare improvvisamente ad un partito di maggioranza relativa condizionata da una infinita serie di situazioni: condizionata da una opposizione forte, attenta, presente in ogni momento; condizionata dalla necessità di coordinare, di trovare una linea mediana a una serie di forze diversamente ispirate, diversamente nutrite dal punto di vista ideologico.
Sappiamo benissimo che non si combatte la delinquenza armando i tabaccai e credo ti sia scappato Minucci che la nostra ideologia, la nostra proposta la soluzione che indichiamo per questi problemi sia quella della legge del Far West non è la nostra la legge del Far West, Collega Minucci così come non è nostra la legge della forza tanto schiacciante dell'apparato dello Stato e dell'apparato politico che porti a controllare persona per persona casa per casa, sì da imporre in una eguaglianza di posizioni......



MINUCCI Adalberto

Alludi al Sifar?



BIANCHI Adriano

Alludo al Sifar? Il Sifar è uno scherzo, e un gioco rispetto all'esperienza, alla metodologia che voi conoscete. Amici, io a voi d credito di molte cose, voi siete passati attraverso il travaglio della Resistenza, avete esercitato un'opposizione, avete respirato l'aria della democrazia..



MINUCCI Adalberto

L'abbiamo creata con le armi in pugno la democrazia.



BIANCHI Adriano

Non esiste un Paese governato da voi che conosca le regole della Democrazia anche se riconosco che nel profondo del vostro spirito l'auspicate e potete temere anche per il nostro Paese certi allineamenti.
Se il Fronte popolare del '48 avesse vinto saremmo passati attraverso i travagli che conoscono i Paesi dell'Europa orientale e che voi conoscete benissimo, basta andare a Praga in questi giorni e siamo a 60 anni dalla rivoluzione sovietica!



BERTI Antonio

La nostra libertà si paga con la perdita del posto di lavoro caro Bianchi, ecco la verità; è la libertà dello sfruttamento degli operai la vostra libertà.



BIANCHI Adriano

Va ad ascoltare gli operai della Fiat che sono andati a Togliattigrad che hanno visto le condizioni di lavoro di quella manodopera e che si scontrano con le vostre delegazioni all'aeroporto di Mosca e vi dicono quello che vi spetta su questo piano.



MINUCCI Adalberto

E che si sono iscritti al Partito comunista quando sono ritornati!



BIANCHI Adriano

Ce ne saranno anche di questi immagino, c'e di tutto a questo mondo, ma voi conoscete bene la realtà.
Io non vi faccio il torto di dirvi che non riconoscete e non giudicate l'estrema diversità delle nostre condizioni, ma credo che sia troppo orgoglioso per un partito che ha un travaglio che non ha ancora completato per un partito, che non ha ancora risolto i problemi del pluralismo politico, che non ha ancora risolto al proprio interno i problemi della libertà politica, il proporsi come "leadership", come guida del nostro Paese. Questa credo che sia una delle situazioni che ha reso difficile e travagliata la vita dell'Italia in questi anni. E ripeto, ogni volta che parlo del PCI non dimentico la realtà umana, sociale alla quale vogliamo guardare con attenzione e senza manicheismo, che sta dietro di voi; ma non posso dimenticare la realtà mitologica, politica, l'ideologia del PCI che voi cercate faticosamente di superare, ma che il condizionamento storico internazionale non vi consente di realizzare nel modo che sarebbe risolutivo per la democrazia italiana.
Certo, la crisi della società italiana, che è anche crisi dei valori passa anche attraverso la D.C., di questo la D.C. soffre. Io non sono certo un profeta, non so se la D.C., come partito, avrà vita molto lunga, ma mi auguro che il trapasso dalla D.C. ad altri schieramenti avvenga, se dovrà avvenire, in modi diversi da quelli che auspica l'opposizione oggi, perch essa stessa ne soffrirebbe per prima duramente. In questo periodo tanto vituperato di Governo D.C. l'aver suscitato una quantità di problemi che hanno origine dalla scelta di libertà dal suo orientamento, dalla giustizia sociale, dall'attenzione al mondo del lavoro, dalla sua ricerca di progresso, solo questo è un fatto notevole di civiltà. Certo noi non abbiamo la soluzione totale, globale, pseudo-scientifica di tutti i problemi, sappiamo che si può ricercare, e noi ricerchiamo, l'eguaglianza nell'avere, ma il dramma è proprio questo (dramma che voi non avete saputo risolvere) trovare il modo di garantire anche la disuguaglianza, la diversità nell'essere. Questo è un problema di civiltà: eguaglianza nell'avere, eguaglianza nell'accesso ai beni, ma disuguaglianza, la diversità, ma autonomia nell'essere. Noi potremo, dal punto di vista operativo, apparire insufficienti a dare risposte valide a questa domanda: questo è il nostro dramma, ma è un dramma che passa anche attraverso di voi, o almeno attraverso i migliori di voi, cioè di quelli che non hanno un eccesso di spirito di corpo, che non si sentono troppo legati a questo apparato che è presente nella vita politica italiana, quanto più vi raccordate ai tormenti, alle preoccupazioni degli operai italiani. Io li ho visti in questi giorni attorno alle fabbriche: sono frastornati, sono bombardati in continuazione da manifestini, da suggestioni, dalle utopie più folli, dalle proposte più avveniristiche e meno meditate sono li che si guardano attorno, qualcuno pensa a voi come strumento per ristabilire l'ordine, qualcun altro pensa a qualcun altro come mezzo per riportare l'ordine.
Noi pensiamo invece che è interesse della democrazia italiana che l'ordine lo si ritrovi nella libertà, nel rispetto di tutte le opposizioni.
E sono sicuro che per raggiungere questo risultato occorre un momento di riflessione, di pacatezza, occorre abbassare il tono. Il Paese ha bisogno di respirare un attimo e ciò non significa rinviare le riforme: certe accelerazioni si traducano facilmente in gravi ritardi e voi lo sapete avete sperimentato proprio nei Paesi dove siete stati al potere come certe illusioni o certe accelerazioni hanno provocato ritardi nella misura di intere generazioni. Non per niente c'é un intero martirologio, che ha il suo precedente forse solo nel martirologio cristiano, sa che riguarda tutto il mondo della cultura, che è l'unica interpretazione a livello umano delle aspirazioni profonde che sono in una società che ha avuto su di sé una cappa di ferro, nella presunzione di coloro che hanno in mano il potere di detenere tutte le formule per risolvere tutti i problemi. Noi non abbiamo questa presunzione, sentiamo l'estrema debolezza della nostra posizione sentiamo la varietà nostra come una debolezza, può darsi che riusciamo ed io spero che riusciremo a comporle in sufficienti unità queste nostre diversità.
In sostanza però noi riproponiamo al Paese (e questa e la nostra volontà) un'alternativa di libertà che richiede di saper superare le insofferenze rispetto ai problemi che la libertà procura.



PRESIDENTE

Sono esaurite le dichiarazioni di voto.
Dò lettura della norma che regola la deliberazione in merito alla mozione di sfiducia: "A norma dell'art. 33, comma terzo, del nostro Statuto, il Presidente e la Giunta cessano dalla carica in caso di approvazione di una mozione di sfiducia espressa per appello nominale col voto della maggioranza dei Consiglieri assegnati alla Regione. Si procederà quindi alla votazione per appello nominale. La mozione potrà essere approvata soltanto se consegua la maggioranza assoluta dei componenti il Consiglio Regionale, e cioè un numero non inferiore a 26 Consiglieri Regionali".
Procediamo ora alla votazione per nominale. L'Assessore Armella solleva una questione che è bene chiarire: la mozione di sfiducia è quella presentata dai Consiglieri Berti ed altri, chi è favorevole alla mozione di sfiducia, quindi contrario alla Giunta, dice "si"; chi è contrario alla mozione di sfiducia e perciò favorevole alla Giunta, dice "no"; chi non è né contrario ne favorevole dichiara "astenuto".
Si proceda all'appello nominale.



MENOZZI Stanislao, Segretario

Procede all'appello nominale



PRESIDENTE

La votazione è chiusa, si proceda allo scrutinio.
Proclamo il risultato della votazione: votanti 47; hanno risposto "si" 17 Consiglieri Regionali; hanno risposto "no" 27 Consiglieri Regionali; non hanno partecipato alla votazione due Consiglieri più il Presidente del Consiglio Regionale. La mozione è quindi respinta.
E' indetta per domattina alle 10, alla sede del Consiglio Regionale in Via Maria Vittoria, 18, la conferenza dei Capigruppo.


Argomento:

Esame della mozione di sfiducia presentata dai Consiglieri del gruppo comunista e del PSIUP (seguito)

Argomento:

Interrogazioni e interpellanze (annuncio)


PRESIDENTE

Prego di dare lettura delle interrogazioni che sono pervenute alla Presidenza.



GERINI Armando, Segretario

dà lettura delle interrogazioni e dell'interpellanza pervenute alla Presidenza



PRESIDENTE

La prossima riunione del Consiglio sarà fissata dopo la conferenza dei Capigruppo che avrà luogo domattina. Presumo che si terra verso la metà della settimana prossima.
Il Consiglio sarà convocato a domicilio.
La seduta è tolta.



(La seduta ha termine alle ore 20,30)



< torna indietro