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Dettaglio seduta n.76 del 02/02/72 - Legislatura n. I - Sedute dal 6 giugno 1970 al 15 giugno 1975

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Argomento:


PRESIDENZA DEL PRESIDENTE VITTORELLI


Argomento:

Approvazione verbale precedente seduta


PRESIDENTE

La seduta è aperta.
Prima di dare inizio allo svolgimento dell'ordine del giorno, desidero ringraziare i lavoratori della Leumann presenti per aver aderito al mio invito a ritirare i cartelli che avevano esposto dalle tribune. Questa richiesta è stata motivata non dal fatto che il Consiglio Regionale sia insensibile alle giuste rivendicazioni dei lavoratori, ma dal fatto che una assemblea elettiva, democraticamente formata in base alla legge elettorale approvata dal Parlamento, non può né legiferare né discutere sotto pressioni di alcun genere. Per questa stessa ragione il nostro Regolamento vieta al pubblico di dare segni di assenso o di dissenso. Sono lieto di constatare il senso di responsabilità dimostrato dal pubblico aderendo a questo invito.
Prego un Consigliere Segretario di dar lettura dei verbali della seduta precedente.



GERINI Armando, Segretario



PRESIDENTE

Se non vi sono osservazioni sul verbale che è stato testé letto, lo si può intendere approvato. Non vi sono osservazioni, quindi è approvato.


Argomento:

Congedi


PRESIDENTE

Comunico che hanno chiesto congedo i Consiglieri Bianchi per le sedute del 2, 3 e 4 febbraio per motivi di salute, Franzi, anch'egli per motivi di salute, e Giovana per la seduta del 2 febbraio; sempre per la seduta del 2 febbraio, il Consigliere Menozzi


Argomento: Bilancio - Finanze - Credito - Patrimonio: argomenti non sopra specificati - Problemi energetici - Problemi del lavoro e della occupazione

Comunicazioni del Presidente del Consiglio Regionale


PRESIDENTE

Comunico che sono pervenuti alla Presidenza i seguenti documenti: dalla CGIL dalla CISL e dalla UIL di Torino la richiesta di essere tempestivamente informate sugli sviluppi dell'iniziativa dell'Amministrazione comunale di Torino circa la costruzione di un nuovo mercato all'ingrosso ortofrutticolo dal Comune di Serravalle Scrivia un ordine del giorno del Consiglio Comunale circa la situazione in seno alla Gemeaz, proprietaria di una catena di mense aziendali in tutta Italia, nel suo stabilimento di Serravalle Scrivia; da mesi oltre 70 dipendenti lavorano ad orario ridotto dalla Associazione artigiana della Provincia di Cuneo un documento circa la cooperativa artigiana di garanzia e la decisione del Comitato Regionale di controllo sugli atti delle Province che annulla la deliberazione assunta dalla Provincia di Cuneo per la concessione di un contributo agli interessi sulle operazioni creditizie effettuate dalla cooperativa stessa dal Sindaco di Omegna, on. Maulini, un telegramma che segnala l'occupazione simbolica della sala Consiliare di detto Comune in relazione alla vertenza della ditta Vistarini ed auspica una rapida soluzione della vertenza dal Presidente del Comitato di controllo sulle Province e sugli Ospedali, avv. Colonna, un ulteriore telegramma con cui segnala la difficoltà di esame dei bilanci preventivi per la carenza di competente personale di ragioneria e chiede che sia consentito al Comitato di avvalersi, in attesa della formazione di appositi uffici regionali, per l'istruttoria del bilancio e dei mutui dell'Amministrazione Provinciale di Torino, dell'Ufficio di Ragioneria della locale Prefettura.
Comunico inoltre che dalle Segreterie Provinciali ospedaliere della UIL della CGIL e della CISL è pervenuto per conoscenza un documento relativo al rinnovo dei Consigli d'Amministrazione degli Enti Ospedalieri della Provincia di Torino, in cui, a causa del mancato rinnovo di taluni Consigli, si richiama all'attenzione delle autorità in indirizzo la drammatica situazione politico-amministrativa degli enti ospedalieri della Provincia.
Comunico infine che il Sindaco di Gassino, Nicola Pasquero, ha telegrafato per conoscenza che domani, 2 corrente, si svolgerà un dibattito regionale sulla critica situazione di diverse industrie della Regione prega "evidenziare finanziamenti Ditta Sobrero Est Gassino Torinese attualmente in stato fallimentare, considerando grave situazione economica dei duecento dipendenti disoccupati".


Argomento: Provvidenze per la costituzione di aree industriali ed artigiane attrezzate - Ristrutturazione industriale - Commercio - Problemi del lavoro e della occupazione

Relazione della Giunta Regionale sulla situazione economica regionale industriale in particolare, all'inizio del 1972 - Discussione ed eventuali deliberazioni


PRESIDENTE

Al terzo punto dell'ordine del giorno della seduta odierna è la relazione della Giunta Regionale sulla situazione economica regionale industriale in particolare, all'inizio del 1972, con successiva discussione ed eventuali deliberazioni. Ha facoltà di parlare, per illustrare la relazione, già trasmessa al Consiglio, l'Assessore Petrini.



PETRINI Luigi, Assessore all'industria

Signor Presidente, colleghi Consiglieri, la consultazione messa in atto nell'autunno scorso dalla Regione attraverso i diversi incontri presso le Amministrazioni Provinciali e con le Organizzazioni Sindacali dei lavoratori ha permesso di fare il punto in maniera sufficientemente approfondita e dettagliata sulla situazione economica regionale e, in particolare, sulla situazione del settore industriale. Ne riferiamo al Consiglio in questa breve relazione, servendoci peraltro di ulteriori dati per una più completa conoscenza della situazione in atto ed anche perché, a tutt'oggi, non tutte le Province ci hanno inviato il testo stenografico degli incontri o verbali delle riunioni.
Cominciamo con qualche giudizio di carattere generale. Le Camere di Commercio della nostra Regione hanno espresso dei "giudizi, sintetici" sulla situazione economica del 1971 in confronto a quella del 1970. Parlano in tre casi (Asti, Cuneo e Novara) di "situazione rimasta stabile" e in tre casi (Alessandria, Torino e Vercelli) di "situazione poco peggiorata". Il clima di opinione prevalente per il 1972, rilevato attraverso un sondaggio delle stesse Camere di Commercio presso gli imprenditori è, in tutte le Province, di incertezza. Le situazioni di stasi industriale sono molto diffuse, ma sono frequenti anche le flessioni produttive e soprattutto occupazionali, addirittura le situazioni di crisi, che investono interi settori (l'edilizia, i tessili) e intere aree industriali tradizionali (biellese, alto novarese, casalese, ecc.).
Vediamo qualche dato significativo. In provincia di Torino le ore non lavorate nei primi 11 mesi del 1971, edilizia esclusa, sono state 9.832.000, contro 2.197.000 del corrispondente periodo del 1970. Nel febbraio scorso si è toccato il livello massimo di 1.560.967 ore non lavorate, mentre nel 1970 il livello massimo (toccato in gennaio) era stato di 553.904 ore. I settori più colpiti sono quelli tessile (2.672.000 ore non lavorate nei primi 11 mesi del 1971), meccanico (5.034.000 ore) e dell'abbigliamento (670.000 ore).
Segnalazioni analoghe pervengono dalle altre province. A Novara ci segnalano, in particolare, che il grado medio di utilizzazione degli impianti industriali, che nel corso del 1970 aveva oscillato da un massimo del 79,6 per cento ad un minimo del 73,9 per cento, ha continuato a scendere sino a toccare il livello minimo del 71,2 per cento.
Il livello dell'occupazione regionale complessiva è ancora cresciuto nel periodo luglio 1969 - luglio 1971 (Ci riferiamo ai dati delle rilevazioni nazionali ISTAT delle forze di lavoro), ma in misura irrilevante nel corso dell'ultimo anno, per cui non è fuori luogo parlare di stagnazione complessiva. Perde comunque ancora addetti il settore agricolo, mentre ha ridotto di molto il saggio di crescita il settore industriale e il terziario e addirittura anch'esso in fase di flessione.
Questi sono i "grandi totali" dell'occupazione regionale: luglio 1969: agricoltura 284.000, industria 928.000, altre attività 524.000, totale 1.736.000 - luglio 1970: agricoltura 264.000, industria 999.000, altre attività 546.000, totale 1.809.000 - luglio 1971: agricoltura 254.000 industria 1.023.000, altre attività 539.000, totale 1.816.000.
Si tratta, come si è detto, di "grandi totali", che mascherano le situazioni di crisi settoriale e soprattutto le aree in declino o in crisi.
Ma su queste si tornerà presto diffusamente. Restiamo ancora un attimo sui dati globali.
Un tentativo di sintesi congiunturale compiuto dal Prof. Tagliacarne sulla base dell'analisi di sette "indicatori regionali" (si tratta dei seguenti indici: produzione agraria lorda vendibile, iscritti nelle liste di collocamento, impieghi bancari, immatricolazione veicoli industriali presenze alberghiere, costruzione edifici non residenziali, ammontare salari industrie. Si veda comunque il saggio "Il 1971 rispetto al 1970 attraverso alcuni indicatori mensili", in "Cellulosa e carta" n. 11 novembre 1971. Allegato) ha visto collocarsi il Piemonte nella più sfavorevole posizione, superato solo dalla Calabria. Sono state rese note di recente le stime del reddito provinciale per il 1970, raffrontate a quelle relative al 1963. E' interessante vedere come in tale periodo è variato il peso del reddito delle singole province piemontesi sul totale nazionale (in termini percentuali): per il 1963: Alessandria 0,93 - Asti 0,36 - Cuneo 0,90 - Novara 1,09 - Torino 6,38 - Vercelli 1,02. Per il 1970: Alessandria 0,90 - Asti 0,38 - Cuneo 1,07 - Novara 1,02 - Torino 6,46 Vercelli 0,89.
Vediamo perdere peso province periferiche e crescere invece di peso Torino. Sul totale regionale il peso di Torino è ancora salito, tra il 1963 e il 1970, dal 59,7 al 60,2 per cento. Va ancora aggiunto che abbiamo nella Regione una provincia come Asti, con un reddito pro capite inferiore (del 5,6 per cento) alla media nazionale e un'altra provincia, come quella di Alessandria che supera di poco (più 1,4 per cento) tale media. Tra il 1963 e il 1970, rispetto alla media nazionale, solo Cuneo e Asti hanno conseguito dei miglioramenti relativi.
Dai dati del "precensimento industriale" del 1969 risulta poi che in provincia di Torino si concentra ben il 60,67 per cento dell'occupazione regionale nell'industria manifatturiera. Queste sono le cifre assolute: Torino: numero addetti 458.109, composizione percentuale 60,67 - Novara 83.507, 11,06 - Vercelli 81.045, 10,73 - Alessandria 61.253, 8,15 - Cuneo 49.691, 6,58 - Asti 21.536, 2,81 - Piemonte 755.141, 100,00.
Siamo giunti al nodo centrale degli squilibri territoriali, finora nemmeno scalfiti dalla politica di programmazione regionale, rimasta peraltro quasi del tutto disarmata. Passiamo allora a vedere i risultati delle analisi effettuate nel corso degli incontri presso le Amministrazioni Provinciali.
Ad Asti l'analisi della stasi industriale, che colpisce un tessuto di aziende medio-piccole, è stato visto nel contesto di una economia caratterizzata anche da un settore agricolo alquanto in difficoltà (anche per una grave crisi della cooperazione nel settore), nonostante valide iniziative di valorizzazione vinicola. Abbiamo subito sentito parlare dell'esigenza di "depolarizzare" Torino e di diversificare la struttura industriale regionale, ma anche di ente di sviluppo agricolo, di piani di zona (dei quali l'astigiano offre un interessante esperimento di studi).
Ad Alessandria (stagnazione demografica e stagnazione economica, che tocca punte particolarmente gravi nel casalese, nell'ovadese e nell'acquese, ma anche crisi di aziende industriali nel capoluogo provinciale) si è affacciato anche (e lo stesso affermano i Sindacati nel loro documento) il timore che le "partecipazioni statali" possano mancare di provvedere a quegli investimenti aziendali nei loro stabilimenti del Nord (ma è chiaro il riferimento allo stabilimento ITALSIDER di Novi Ligure) qualificabili come meri investimenti di "aggiornamento tecnologico". Ma la stagnazione, ad Alessandria, non è stata definita di mero ordine congiunturale, se si sono citati i seguenti fattori strutturali di stagnazione: alcuni settori portanti dell'economia provinciale (come il settore cementiero e il settore tessile) hanno perso o ridotto notevolmente il loro peso i settori nuovi "indiziati", secondo gli studi per il piano provinciale, di diventare i settori di sviluppo industriale del domani (come i settori della trasformazione dei prodotti agricoli, della prefabbricazione, della metalmeccanica e della petrolchimica) sono rimasti sulla carta sono mancate le grosse realizzazioni infrastrutturali programmate ormai da anni (dai grandi assi autostradali ai decentramenti portuali), che avrebbero resa concreta espressione economica l'ottima collocazione spaziale della provincia, al centro del "triangolo industriale" e alle spalle dei porti liguri.
A Novara si è parlato di calo degli investimenti, di carenze e di ritardi di ordine infrastrutturale (ma si sono avute presenti quasi esclusivamente le vie di comunicazione), di massicce dipendenze dalle politiche economiche di taluni colossi industriali, naturalmente esterni alla provincia. Soprattutto dell'area Cusio-Verbano-Ossola sono state messe in luce le difficoltà. Non è mancata l'indicazione di una serie di aziende in crisi, anche di una certa dimensione, mentre da altre parti l'accento è stato posto sulla crisi del settore edilizio, a fronte di un fabbisogno di case per lavoratori di grandi proporzioni.
Nella riunione di Vercelli è stato posto in primo piano il problema della ristrutturazione del settore tessile nel Biellese (ristrutturazione che si sta effettuando con gravi colpi all'occupazione: ancora nel 1970 il settore ha accusato una riduzione occupazionale del 3,12 per cento) rispetto al quale l'insediamento della Lancia è un cospicuo episodio nell'indirizzo della diversificazione produttiva della zona. Ma la stasi è di casa anche a Vercelli, che tra il 1963 e il 1970 ha perso occupati e occasioni di lavoro, lasciando parte dei giovani nella condizione di dover emigrare per trovare una adeguata possibilità di lavoro. All'incontro di Torino sono state citate subito le cifre, pesanti, delle ore non lavorate che abbiamo anche noi riportato all'inizio di questa relazione. Qui il discorso è servito soprattutto a mettere in luce l'abnorme crescita dell'area metropolitana torinese e i problemi di servizi civili e di congestione generati da questa crescita. Anche per questo verso si è ritornati al nodo centrale dei problemi del Piemonte - una grande Torino e una periferia con molte zone d'ombra -, rispetto al quale è veramente essenziale il cercare di concepire operativamente la nostra regione "non con una sola grande testa (Torino) ma anche con una periferia adeguatamente bilanciata rispetto a detta testa" (come si dice in un documento preparato da una Amministrazione Provinciale della Regione). A Torino è pure venuto alla luce in termini drammatici il problema del credito, con i fabbisogni insoddisfatti (o soddisfatti a condizioni definite "scandalose" non solo dall'industria minore, ma anche dagli Enti locali).
La riunione di Cuneo ha illustrato le condizioni di una provincia che ha visto negli anni sessanta un decollo industriale relativamente importante. La situazione è meno preoccupante di altre province, se è vero che non mancano nuove, pure limitate, iniziative e progetti di ampliamento di preesistenti stabilimenti. Viene però vivamente avvertita l'esigenza di togliere Cuneo dall'isolamento in cui si trova, per un efficace inserimento nel contesto regionale e internazionale.
Si è quindi a lungo parlato di viabilità e trasporti Sulla caduta dei livelli di occupazione in generale e sulla "dilatazione regionale" del polo torinese hanno insistito anche le organizzazioni sindacali dei lavoratori, evidenziando le crisi settoriali e la marginalizzazione di aree importanti e di vecchia industrializzazione come anche il disimpegno delle "partecipazioni statali". I sindacati ci hanno consegnato un documento unitario, corredato da una serie nutrita di allegati, in cui, tra l'altro, fanno il punto dei loro orientamenti su settori in crisi (tessili, edilizia), su particolari insediamenti (FIAT a Crescentino e LANCIA nel Biellese), sulle grandi riforme sanitarie, della casa e dei trasporti. Si tratta di temi e di impegni sui quali dovranno esserci approfonditi dibattiti a parte.
Per proseguire nella linea dell'esposizione, a grandi linee, di una relazione che puntualizzi la situazione economica regionale, aggiungeremo solo più, in merito ai documenti dei sindacati, che talune indicazioni operative, come quelle relative al riassetto territoriale, ai piani territoriali e al controllo degli investimenti che devono accompagnare queste operazioni programmatorie e di direzione dello sviluppo, possono senz'altro formare oggetto di confronto, particolarmente in una fase, come l'attuale, di rilancio della programmazione e di avvio del secondo piano regionale piemontese.
Al fondo della fase che abbiamo definito di stagnazione c'è soprattutto una forte riduzione degli investimenti e una carenza di nuove iniziative.
Il fenomeno non si avverte solo nelle aree periferiche della regione, ma nella stessa città di Torino, come appare da questi dati riguardanti i progetti di fabbricati per uso industriale dei primi 11 mesi degli ultimi tre anni: 1969: numero progetti 195, superficie per progetto (mq.) 1.650 1970: numero progetti 124, superficie per progetto (mq.) 1.091; 1971: numero progetti 100, superficie per progetto (mq.) 2.321.
Questa carenza di investimenti è avvertibile per altra via indiretta (ché non pensiamo, ovviamente, di parlare sic et simpliciter di investimenti considerando gli impegni bancari) osservando l'atteggiarsi in Piemonte del rapporto impieghi-depositi. Al 30 settembre scorso nelle singole province piemontesi - secondo i dati della Banca d'Italia l'indice in esame denunciava i seguenti "valori": Alessandria 40,45, Asti 47,13, Cuneo 37,32, Novara 41,63, Torino 57,58, Vercelli 53,14, Piemonte 51,04.
Sono valori estremamente bassi, se teniamo conto che il rapporto impieghi-depositi a livello nazionale, sempre al 30 settembre scorso, si attestava a quota 63,51. I valori di Cuneo, Alessandria e Novara (dove su 100 lire di risparmio bancario formatosi in loco meno di 42 trovano impiego in loco) sono poi tra i più bassi in senso assoluto tra tutte le province italiane. Il rapporto fra depositi e impieghi ha tuttavia una significatività limitata se considerato a livello provinciale perché non tiene conto dei flussi finanziari che dal centro, dalle grandi unità finanziarie nazionali, fluiscono alla periferia. Questo rapporto ha valore piuttosto come comparazione fra gli andamenti dei vari anni.
La stagnazione economica regionale, che assume, come si è visto caratteri diversi nelle varie zone, si presenta inscritta nella congiuntura sfavorevole attraversata dal sistema economico nazionale, a sua volta inscritto nei processi di rallentamento che l'economica occidentale ha attraversato e ancora sta attraversando.
I più accentuati caratteri che questo andamento congiunturale ha assunto in Italia sono stati ravvisati, come è noto, sia nel brusco ricupero dei ritardi salariali che il sistema italiano aveva negli ultimi otto anni accumulati rispetto alle dinamiche riscontrate negli altri Paesi del MEC, sia nella crisi del settore edile, in buona parte imputabile alle vicende politico-giuridiche che hanno investito questo settore.
La bassa congiuntura ha poi messo allo scoperto difficili situazioni strutturali, quali quelle del settore tessile e quelle di una fascia di piccole e medie imprese.
La ripresa economica appare, dai cenni più sopra fatti, legata ad una politica congiunturale che stimoli gli investimenti, ma anche ad una politica strutturale che operi sia a livello dei settori in crisi sia puntando su nuovi settori produttivi, i cosiddetti settori nuovi, sia ancora sui settori legati alla domanda interna, quale quello delle infrastrutture civili.
Queste indicazioni richiedono, quindi, che la politica anticongiunturale sia chiaramente collegata ad una politica di programmazione come sola politica capace di incidere sulle strutture produttive.
L'azione della Regione in questo campo trova dei forti limiti sia nel fatto che la dinamica del sistema regionale è chiaramente inscritta in quella nazionale e, quindi, solo interventi politici a livello di tutto il sistema possono essere capaci di incidere con efficacia sugli andamenti economici regionali, sia nel fatto che lo stesso campo operativo dell'Ente Regione è ancora molto limitato.
Le consultazioni condotte hanno, tuttavia, consentito di cogliere nettamente l'importanza degli obiettivi economici e territoriali che il primo piano piemontese aveva formulato, con riferimento alle problematiche socio-economiche e territoriali regionali: l'industrializzazione dei poli secondari del Piemonte, in concomitanza con il contenimento dello sviluppo del polo torinese, la diversificazione produttiva del sistema economico regionale puntando, tra l'altro, sulla terziarizzazione dell'economia, in particolare sul terziario superiore, quali centri di ricerche, centri di affari economico-finanziari, istituzioni universitarie e post universitarie, ecc.
Il nuovo piano regionale dovrà calibrare questi obiettivi alla nuova realtà che si è venuta producendo in rapporto anche ai recenti andamenti congiunturali.
Sono emerse inoltre, chiaramente le esigenze di strumenti operativi capaci di tradurre in atto le linee di piano.
In particolare, per restare al settore industriale, che è stato oggetto della consultazione condotta, è emersa l'importanza di uno strumento finanziario regionale, connesso con gli indirizzi di pianificazione, capace di convogliare capitale di rischio, in particolare nella fascia delle piccole e medie imprese; per le grandi imprese infatti il problema è di organismi di dimensioni e di potenza nazionali, al fine di favorire il raggiungimento da parte di queste imprese di dimensioni ottimali l'acquisizione di adeguate capacità tecniche, oltre che di capacità di penetrazione sui mercati italiani ed esteri. Non, quindi, strumenti finanziari di salvataggio ma di promozione e di sviluppo.
Sempre nel campo finanziario è emersa l'importanza di quell'indirizzo gia enunciato dal Presidente della Giunta Regionale, volto a costituire un "fondo di garanzia" per le piccole e medie imprese della regione onde facilitarne l'accesso al credito.
Questi strumenti dovranno affiancarsi ad altri, quali quello relativo al settore agricolo, quello relativo al settore dei trasporti, gli strumenti per le infrastrutture sociali; strumenti tutti mediante i quali la pianificazione piemontese potrà incidere sui meccanismi socio-economici e territoriali per dare un nuovo volto alla Regione.



PRESIDENTE

E' iscritto a parlare il Consigliere Furia. Ne ha facoltà.



FURIA Giovanni

Signor presidente, signori Consiglieri, desidero anzitutto esprimere la sorpresa del Gruppo comunista per il tipo di relazione che la Giunta ci ha presentato. Noi pensavamo che l'occasione ci offrisse la possibilità di avere sulle questioni dello sviluppo economico in Piemonte non solo uno scambio di idee ma una puntualizzazione degli impegni della Regione. La relazione della Giunta, invece, ci dà, sì, in modo soddisfacente, mi pare i risultati dei Convegni Provinciali che abbiamo tenuto per ciò che riguarda l'aspetto di analisi della situazione, ma non ci dice nulla, e assolutamente carente, per quanto riguarda le indicazioni sul come uscire dalla situazione.
Il quadro che emerge è grave ed allarmante, e credo che nessuno possa minimamente sottovalutarlo. Ma credo che a quanto è scritto nella relazione della Giunta, e che risulta appunto dai convegni che abbiamo tenuto oltre due mesi fa, si debbano aggiungere i fatti che ogni giorno si vanno accumulando e che rendono la situazione ancora più drammatica, almeno in parecchi casi.
Per ciò che riguarda i tessili, ad esempio. Nel Biellese, dopo l'attacco all'occupazione che abbiamo avuto nella Bozzalla, nella Rivetti nella Zegna, e in numerosissime altre aziende, ora la situazione si presenta critica alla Gallo Vittorio, che da lavoro a circa 800 dipendenti alla Pettinatura San Paolo. A Torino si sono imposte alla vostra attenzione in queste ultime settimane le vicende della Leumann, della Maggia, della Caesar. A Novara già sentiamo profilarsi nuove minacce riguardanti la Rossari &Varzi e la possibilità di chiusura della Contex.
Quanto al settore dei chimici, abbiamo discusso approfonditamente l'altro giorno la situazione della Montedison, con quel che ciò significa per la Bemberg, la Imes di Alessandria, la Chatillon eccetera.
In altri settori ancora, la situazione alla Giargia, alla Vistarini alla Sobrero Est.
Sono tutte situazioni di estrema gravità e drammaticità, dietro la cui elencazione e facile intravedere il carico di sofferenze che pesa su migliaia, decine di migliaia di famiglie di lavoratori del nostro Piemonte.
Io direi che è in rapporto a queste situazioni, prima di tutto, che sorge l'esigenza primaria per il Consiglio Regionale di mettersi in grado di dare una risposta positiva.
Per il settore tessile, si pone per ciascuno di noi i] problema di vedere come fronteggiare ogni singola situazione, quelle che ho citato del Biellese e le altre. Io mi auguro che l'incontro che deve avvenire proprio oggi, a Roma, per la Leumann e per la Caesar possa concludersi positivamente, in modo da ridare tranquillità ai lavoratori di queste aziende, ma è chiaro che se così non fosse, la nostra Regione dovrà continuare nel suo impegno. Dobbiamo inoltre chiederci come operare concretamente, adesso, per l'attuazione di quella legge tessile che è stata approvata, pur con molti difetti che noi abbiamo severamente denunciato cosa vogliamo fare cioè, per andare rapidamente alla individuazione delle zone di intervento, per garantire che gli interventi nel settore tessile vadano soprattutto nella direzione della piena occupazione.
Io chiedo a questo proposito se l'Assessore Petrini non vede la necessità di prevedere un momento specifico di confronto per affrontare questo problema. So che anche i sindacati hanno richiesto qualcosa di analogo: vorremmo pertanto una risposta in merito da parte della Giunta.
Per quanto riguarda il gruppo Montedison, noi riteniamo che l'incontro che vi è stato l'altro giorno, in conseguenza delle sollecitazioni del Consiglio Regionale, si sia dimostrato utile. Certo, non siamo ottimisti come è apparso un giornale cittadino nel commentare i risultati dell'incontro: però riteniamo che l'incontro sia valso a mettere in luce alcuni elementi su cui possiamo ulteriormente lavorare. Ci eravamo d'altronde, impegnati in Consiglio Regionale ad organizzare sollecitamente una conferenza sul settore chimico: credo che anche a questo riguardo ci debba essere data una risposta precisa. E' ormai noto il piano chimico nazionale, ormai si conoscono, a grandi linee, i piani della Montedison.
Siamo quindi in grado di rispettare l'impegno: entro febbraio dobbiamo arrivare a questa conferenza sul settore chimico.
Vorrei poi sapere quando daremo concreta attuazione all'impegno che abbiamo assunto con i lavoratori della Bemberg per un incontro con il Presidente Costa, in cui sia possibile puntualizzare meglio alcuni principi che già erano stati affermati.
Chiediamo poi quali impegni concreti possiamo assumere per le altre situazioni. Cioè, più in generale, ci sembra di dover verificare nel corso di questo dibattito come la Regione intenda intervenire in queste situazioni in modo organico, e non con interventi sporadici.
Noi sappiamo che in favore di queste lotte dei lavoratori per la difesa del posto di lavoro si sono mossi vari Enti locali, Province, Comuni, ed esprimiamo il nostro apprezzamento per questo fatto; anzi, vorrei cogliere l'occasione per auspicare che il Comitato di controllo approvi al più presto gli atti attraverso i quali gli Enti locali vogliono rendere tangibile la loro solidarietà con questi lavoratori in lotta. Quello che mi chiedo è come la nostra Regione possa diventare elemento unificante degli interventi in queste situazioni particolarmente drammatiche.
Se questa è l'esigenza più urgente, occorre però dire subito che dai convegni provinciali sono venute indicazioni e sollecitazioni ben più vaste ed articolate, e che proprio da questo punto di vista sia incomprensibile che la Giunta non abbia sentito l'esigenza di farsi portavoce anche di queste indicazioni così articolate e ci abbia presentato un rapporto assolutamente desolante, sconcertante. Nel documento è contenuta l'analisi delle situazioni provinciali ed il quadro che emerge, diciamocelo francamente, conferma le previsioni che almeno da parte nostra erano state fatte più volte: questo tipo di sviluppo non poteva che provocare, ed infatti ha provocato, non solo l'accrescersi degli squilibri diciamo pure tradizionali fra il Nord e il Sud del Paese, fra la città e la campagna fra il polo torinese e le altre zone del Piemonte, ma ha avuto ripercussioni fatali, inevitabili, anche nella determinazione della crisi economica nella quale ci troviamo, caratterizzata da una stagnazione produttiva in alcuni importanti settori dell'industria e nel settore dell'agricoltura, da un aumento clamoroso delle ore di cassa integrazione da una vasta e massiccia azione di licenziamento, da insufficienti investimenti, da serie difficoltà, soprattutto nel settore delle piccole e medie industrie e nel settore dell'artigianato, con una flessione della domanda interna e con un aumento generalizzato dei prezzi. Come non ricondurre tutti questi fenomeni all'elemento centrale, cioè al tipo di sviluppo che ha dominato l'economia in questi anni? Il documento della Giunta riconosce che non vi sono solo difficoltà di carattere congiunturale, ma che vi sono anche ragioni strutturali; ci dice che la situazione in Piemonte è influenzata da fattori nazionali ed anche da fattori internazionali. Siamo perfettamente d'accordo, in questo. Ma il documento si guarda bene dal sottolineare quanto abbiano pesato, in tutto questo, le inadempienze del Governo centrale, ed anche della nostra Giunta regionale; quanto abbiano pesato le scelte sbagliate che sono state fatte nel nostro Paese; quanto abbia pesato il fatto che si sia continuato a concedere ai grandi gruppi monopolistici ampia facoltà di manovra, che si sia cioè voluto continuare ad andare avanti per la vecchia strada.
Io credo che sarebbe pura ipocrisia da parte nostra non denunciare queste gravi responsabilità, quasi ci trovassimo di fronte ad un fatto tecnico, oggettivo, e non a conseguenze di precise determinazioni politiche. Tanto più che - dobbiamo dire anche questo, obiettivamente - non sono mancate in questi anni le indicazioni opposte: ne sono venute dal nostro Partito, ne sono venute dalle forze della sinistra democratica del nostro Paese, sono state al centro delle lotte dei lavoratori, delle lotte in fabbrica, delle lotte per le riforme, che i lavoratori hanno avuto la capacità di proiettare, sempre meglio, in direzione della richiesta di un nuovo sviluppo economico al cui centro ci fosse lo sviluppo del Mezzogiorno. Il fatto che non si siano volute raccogliere queste indicazioni è estremamente grave, ed è ancora più grave, anzi, che contro i lavoratori e le loro organizzazioni sindacali e politiche si sia scatenata una vergognosa campagna di calunnie, base della controffensiva di destra in atto nel nostro Paese. Mentre la verità è che la classe operaia non è mai stata per il "tanto peggio tanto meglio", perché la classe operaia paga questa situazione con licenziamenti, particolarmente le donne (ed in effetti di particolare gravità sta diventando la disoccupazione femminile) perché la classe operaia paga questa situazione con l'emigrazione, con la repressione (quanti sono i casi di repressione che abbiamo riscontrato in queste ultime settimane! Come non ricordare qui l'aggressione da parte della polizia che hanno subito qualche giorno fa i lavoratori della Giargia? Come non esprimere qui la nostra indignazione per il licenziamento, che è stato decretato in questi giorni di un impiegato della Oreal per il semplice fatto di aver espresso apertamente le proprie opinioni nel corso di una assemblea di quei lavoratori, impegnati nella lotta contro i licenziamenti?); e, ancora, la classe operaia paga questa situazione con la vita (noi abbiamo apprezzato il fatto che l'altro giorno il Consigliere Bianchi abbia voluto testimoniare la partecipazione del Consiglio Regionale al lutto della famiglia del lavoratore che ha perso la vita all'Italsider di Novi in un infortunio sul lavoro. Ma gli infortuni sono ormai cosa quotidiana: ancora ieri abbiamo avuto cinque infortuni sul lavoro, il che dimostra che esistono condizioni di lavoro intollerabili).
La classe operaia, sostenendo i propri interessi, si fa portatrice degli interessi generali del Paese. Ed io credo sia doveroso da parte del nostro Consiglio rendere omaggio alla tenacia, allo spirito di sacrificio con cui i lavoratori difendono il loro posto di lavoro e con questo gli interessi generali del nostro Paese.
Non credo, signor Presidente, signori Consiglieri, che queste considerazioni siano fuori tema. Direi anzi che sono al centro della nostra discussione, proprio perché vi sono ancora talune forze politiche ed economiche che ritengono di poter risolvere i problemi alla vecchia maniera, sulla vecchia strada. Perché il documento della Giunta è di così desolante povertà? Perché in esso non si trova una qualsiasi espressione di partecipazione alle traversie di tante famiglie di lavoratori del nostro Piemonte? Quanto siete lontani, Consiglieri della Democrazia Cristiana membri della Giunta, lasciatemelo dire, dal calore con cui il cardinale Pellegrino affronta queste questioni nella sua recente lettera pastorale! Non vi é, nel vostro documento, alcuna prospettiva di soluzioni concrete, tanto che manca persino la base per un confronto vero, reale.
Alla luce di questo fatto, ci spieghiamo assai meglio il giudizio negativo che i sindacati, nella conferenza-stampa di un mese fa, hanno espresso sull'incontro avuto con la Giunta Regionale. Risulta che nell'incontro sia stato detto da parte degli Assessori presenti che le proposte delle organizzazioni sindacali erano troppo generiche; ma dobbiamo dire che rispetto a ciò che ci prospetta oggi qui la Giunta, il documento dei sindacati, che noi abbiamo avuto occasione di discutere in una riunione della Segreteria Regionale del nostro Partito con le Segreterie Regionali delle tre Organizzazioni sindacali, è una miniera di idee e di proposte.
Come sfuggire allora alla tentazione che al documento si sia giunti più che altro per dar seguito alle nostre sollecitazioni, ma senza alcuna convinzione? Ma non credo che tutto ciò avvenga per caso. In realtà, questo è il modo per eludere i problemi; in realtà ci troviamo di fronte ad una chiara scelta politica, che è la scelta del non intervento, affinché a decidere continuino ad essere quelli che hanno deciso fino ad ora, affinché le cose continuino a procedere come prima. In questa luce credo che ognuno di noi ogni cittadino piemontese possa avvertire meglio il vero significato della svolta a destra che si è voluto imporre nella Regione Piemonte, il vero significato del fatto che continui a governare la nostra Regione una maggioranza di centro destra. Noi accusiamo la Giunta non solo di inettitudine, di incapacità: la accusiamo di non avere la volontà politica di affrontare in modo nuovo i problemi, e di compromettere con ciò la costruzione di una Regione cui possa andare la fiducia delle masse lavoratrici del nostro Piemonte.
Ma sottolineiamo altresì a tutte le forze democratiche l'urgenza di imporre una svolta. Siamo in un momento molto delicato della situazione generale del Paese; lo scontro si fa più acuto, cresce il distacco delle masse dalla direzione politica del Paese, cresce il marasma, cresce il qualunquismo, cresce il disfattismo. Come è pensabile che si possa superare questo stato di cose se in Italia, dopo il poco edificante spettacolo che la Democrazia Cristiana ha offerto in occasione della elezione del Presidente della Repubblica, questa stessa parte politica oggi sta conducendo in modo ignominioso la crisi di governo? Come è possibile superare questo stato di cose se la Democrazia Cristiana gioca tutte le sue carte per uno spostamento a destra, per un referendum che dovrebbe spaccare il Paese in due parti, se la Democrazia Cristiana si dimostra preoccupata soltanto di fare la concorrenza al Movimento Sociale Italiano e di riversare, quindi, sull'intero Paese la sua crisi interna? Com'é pensabile che si possa superare l'attuale situazione se in Piemonte si tiene in vita una maggioranza di centro destra in netto contrasto con la realtà del nostro Piemonte? L'altro giorno sono state dette qui, in Consiglio Regionale, parole di fuoco sui metodi di lotta instaurati nella città, si è deplorato il metodo dell'attacco personale, si sono messe sotto accusa le reazioni dell'opinione pubblica, si è parlato di linciaggio morale, di malcostume.
Ma perché - riprendo una interruzione che ho già fatto in quella occasione non ci si chiede se i gravi sospetti che alimentano, certo, anche il qualunquismo, il disfattismo, nascano non dalla fantasia di qualcuno, bensì da atti poco chiari che si compiono? Il Presidente Calleri ci ha detto di sentirsi con le carte in regola.
Vedremo se lo sarà realmente al momento in cui la Giunta delle Elezioni ci porterà i necessari elementi di valutazione. Ma intanto, come scandalizzarci, signori Consiglieri, se il senso comune, prima ancora che le norme giuridiche, reagisce in un certo modo quando un cittadino Presidente della Giunta Regionale con una indennità che gli consente di vivere, dobbiamo dirlo, avendo pur tuttavia altri trentaquattro incarichi non sappiamo quanti dei quali retribuiti, difende fin che può il posto di Presidente alla Cassa di Risparmio e, visto che non riesce più a trattenerlo per sé, si dà da fare in modo di riuscire ad essere reinserito nel Consiglio d'Amministrazione della Cassa di Risparmio in veste di Consigliere? Non sto a porre ora altre questioni che avremo occasione di discutere. Mi pare però che una Regione che fornisce adeguati mezzi al Presidente della Giunta debba avere il diritto di pretendere che questi sia a completa disposizione (naturalmente, non intendo con ciò dire che egli non debba avere altri impegni di partito o di altro genere, mi riferisco al fatto che non debba avere altri incarichi retribuiti). In una tale situazione è spiegabile il nascere del qualunquismo, il nascere alimentato ad arte in questo caso - dell'attacco a tutta la classe politica, che noi respingiamo sdegnosamente perché nessuno, riteniamo, ha il diritto di mischiare cose tanto diverse: una Democrazia Cristiana, da un lato, responsabile della situazione in cui ci troviamo, e un Partito comunista italiano, dall'altro, che si è sempre battuto per modificare le cose, per far sì che il nostro Paese andasse avanti per una strada diversa.
Noi comunisti sentiamo tutta l'urgenza di operare per ricreare nel paese un clima di fiducia, perché non crediamo che la situazione economica possa essere affrontata senza aver prima risolto, o contemporaneamente risolto, questo grosso problema. Vi è chi tende a ricercare la fiducia dei grandi gruppi monopolistici e del ceto imprenditoriale: noi riteniamo che sia essenziale costruire intorno alla Regione la fiducia della classe operaia, delle masse lavoratrici e del ceto medio.
A questo fine sono del tutto convinto che il fatto che la Giunta abbia presentato un tale documento credo non esima il Consiglio dall'impegno necessario per prospettare quelle soluzioni che sono indispensabili per assicurare il rilancio e un diverso sviluppo economico del Paese, per determinare un miglioramento delle con dizioni delle grandi masse lavoratrici. Secondo noi, la Regione può e deve essere protagonista della ripresa e della svolta: per ciò che ad essa compete direttamente, ma anche per ciò che può contribuire a determinare nelle scelte generali, nazionali e persino internazionali.
Credo che sarebbe ozioso ritornare a discutere qui sui limiti della Regione. Il nostro partito non ha mai alimentato nei confronti della Regione atteggiamenti errati di richieste purchessia, che avrebbero creato delle illusioni e conseguentemente poi delle delusioni, ed infine un senso di sfiducia da parte delle masse lavoratrici nei confronti dell'istituto regionale. Ma se c'è la volontà politica molte cose si possono fare considerando anche il fatto che dal 1° aprile avremo più ampi poteri. Non è intenzione del nostro Gruppo formulare un lungo elenco di esigenze e rivendicazioni, ma vogliamo individuare in questo dibattito alcuni indirizzi generali che la Regione dovrebbe seguire, alcune scelte qualificanti, alcuni impegni precisi, su cui costruire una politica nuova al cui centro vi sia il problema della piena occupazione e il rilancio dello sviluppo economico. A nostro avviso, la Regione può essere protagonista di questo rilancio. Ma ad alcune condizioni.
La prima condizione è che la Regione faccia proprie le istanze che vengono dalle masse lavoratrici, a partire dalla consapevolezza che nessuna politica sarà possibile se non sarà condivisa, compresa e sostenuta dalle masse lavoratrici. Nessuno può farsi illusioni, a questo riguardo, sulla volontà dei lavoratori di andare avanti sulla via che hanno aperto attraverso le loro lotte. E io credo che dobbiamo tutti avvertire il fatto nuovo che per la prima volta i padroni, anche se hanno compiuto sforzi innumerevoli in questa direzione, non hanno potuto utilizzare la crisi per schiacciare il movimento di lotta dei lavoratori, e che per la prima volta i lavoratori, il movimento operaio nel nostro Piemonte e in tutta Italia abbiano sì condotto lotte difensive nei casi in cui hanno visto minacciato il posto di lavoro, ma siano complessivamente riusciti a mantenersi all'offensiva.
In concreto, crediamo che ciò debba significare la necessità che la Regione definisca il suo atteggiamento sulle lotte che sono aperte per ci che riguarda la difesa del posto di lavoro, sulle lotte che sono aperte per ciò che riguarda i tutte le questioni dell'organizzazione del lavoro e dell'ambiente di lavoro (qui mi ricollego ancora a quanto dicevo prima a proposito degli "omicidi bianchi", ma anche ad altre condizioni che se non giungono a determinare l'omicidio minano comunque gravemente la salute dei lavoratori); la necessità di definire l'atteggiamento sulle prossime lotte contrattuali che interesseranno, mi pare, quattro milioni e mezzo di lavoratori, di definire l'atteggiamento sulla lotta per le riforme che i lavoratori stanno conducendo, compiendo, nel definire la posizione della Regione Piemonte, una chiara scelta di campo a favore dei lavoratori.
La seconda condizione è che la Regione promuova iniziative per influire positivamente sulle scelte generali che vengono compiute nel nostro Paese.
Noi crediamo che ci sia oggi la necessità di sollecitare con più forza una ripresa degli investimenti su larga scala, sia pubblici che privati rivendicando che essi siano orientati alla piena occupazione, ad una giusta distribuzione territoriale, e che siano adottate misure per uno sviluppo del mercato interno. Occorrono misure per l'aumento dei consumi sociali per l'aumento dei salari più bassi e dei minimi di pensione. E io chiedo che la Regione, mentre si dichiara favorevole a queste cose, si pronunci invece decisamente contro gli scandalosi aumenti che si stanno prospettando per i funzionari direttivi dello Stato. Non so se avete avuto occasione di leggere su "La Stampa" di questi giorni che il progetto che si sta definendo prevede per un dirigente generale uno stipendio annuo dai 6.063.000 lire originari a 7.580.000 a partire dal 1° gennaio '71, a 12.346.000 a partire dal 1° aprile '72, infine a 13.925.000 a partire dal 1° dicembre '72. Ciò, voi capite, suona insulto a chi vive della modesta pensione di 18.000 lire o di chi vive di un salario in molti casi ancora fermo sulle 60-70-80 mila lire mensili; ed è anche pericoloso, perch rischia di scatenare nuovamente nel nostro Paese un'ampia lotta da parte dei dipendenti dello Stato, che sono 1 milione e 400 mila, il cui riassetto tanto faticosamente conquistato potrebbe saltare proprio per queste ragioni.
Chiediamo poi che la Regione solleciti misure contro il rincaro del costo della vita. Abbiamo a questo riguardo presentato una mozione specifica sull'aumento del 5 per cento, da parte della Fiat, sia delle automobili che dei trattori (vi sarà su questa questione un altro intervento del mio Gruppo: si tratta di vedere se vogliamo affrontare questa mozione nell'ambito stesso di questa discussione). Vorrei anticipare a questo riguardo che è assolutamente necessario che la nostra Regione si schieri contro questo aumento e chieda l'intervento del Governo per costringere la Fiat ad annullare il provvedimento che ha adottato.
Credo ci sia poi la necessità di sollecitare, sempre in riferimento a queste iniziative di carattere generale, l'adozione di un reale piano di riforme strutturali per ciò che riguarda la sanità, i trasporti, la scuola ecc. ecc. Perché di queste riforme si continua a discutere - Presidente Calleri, su questo avevamo già polemizzato -, si continua a spaventare coloro che dalle riforme dovrebbero essere sfavoriti, ma queste riforme in realtà non si fanno. E, insieme a questo piano di riforme strutturali, una programmazione democratica diversa da quella che è stata abbozzata dal Governo per il 1971-1975 La terza condizione perché la nostra Regione sia protagonista di una azione di ripresa è che essa programmi chiaramente le sue scelte e i suoi interventi qui, nel nostro Piemonte. L'ho già detto all'inizio, anzitutto per ciò che riguarda l'intervento immediato nelle situazioni più acute e drammatiche, e più in generale per ciò che riguarda la politica della Regione verso le piccole e le medie aziende, verso l'artigianato. Penso siamo tutti d'accordo nel ritenere che l'intervento della Regione non possa essere soltanto un intervento di carattere assistenziale o ospedaliero come si dice, ma debba essere invece un intervento preventivo, teso non già a sanare situazioni drammatiche, ma ad impedire che queste si creino. Qui si impongono però alcune cose: prima di tutto, una indagine nel nostro Piemonte sulle caratteristiche delle piccole e delle medie aziende, perch non si può ignorare che vi sono differenze sostanziali (vi sono aziende che sono autonome, aziende che sono una proliferazione della Fiat, e noi non vorremmo correre il rischio di dare denaro a piccole aziende che vada, in realtà, a vantaggio della Fiat); in secondo luogo, la necessità di definire ciò che la Regione deve fare per la creazione di un centro di promozione in grado di favorire la creazione di consorzi di piccoli produttori capaci di agevolare le piccole aziende nell'acquisto di materie prime, nella vendita dei prodotti nonché nell'elevamento del loro livello tecnologico (a questo riguardo dobbiamo dire, poiché la questione già l'avevamo posta da tempo che si è perso già troppo tempo); infine, la necessità di definire bene tutte le questioni concernenti l'intervento della Regione nella politica creditizia a favore delle piccole e medie imprese. Noi siamo dell'avviso che si imponga più che mai una riforma generale del sistema creditizio.
Però non crediamo che si possa rinviare alla riforma generale del sistema creditizio la soluzione di molti dei problemi di fronte ai quali ci troviamo. D'altro canto, dobbiamo dire francamente che non ci soddisfa ci che la Giunta nella propria relazione ci prospetta a questo riguardo.
Intanto, per ciò che concerne questo fondo di garanzia vorremmo saperne di più: cosa è, come funziona, quali sono gli obiettivi che si può prefiggere? A proposito dello strumento finanziario pubblico regionale, esso non ci soddisfa così com'é prospettato oggi. Perché in realtà non possiamo non sapere che le esperienze di altre Finanziarie in altre Regioni d'Italia sono state totalmente negative: esse non hanno inciso minimamente sulla ripresa dello sviluppo economico e sulla salvaguardia di alcune condizioni delle piccole e delle medie aziende. Ci chiediamo allora, e poniamo il quesito al Consiglio Regionale, se non si debba invece lavorare perché la Regione si dia degli strumenti che la facciano diventare il centro coordinatore di tutti gli interventi finanziari dei vari istituti. Perch c'è una esigenza di coordinamento sia degli interventi statali che di quelli periferici.
Crediamo comunque che tutte queste questioni non possano essere definite dal Consiglio Regionale a prescindere dalle opinioni degli interessati, in particolare dei piccoli e medi industriali. Per cui, a questo proposito, riteniamo sia urgente indire una conferenza regionale delle piccole e medie aziende nella quale queste questioni siano messe a fuoco e definite con la partecipazione dei diretti interessati, oltre che naturalmente, con la partecipazione delle organizzazioni sindacali e dei lavoratori che alla vita di queste aziende sono direttamente interessati.
Credo poi che ci sia la necessità di definire meglio gli interventi in agricoltura. Su questa questione abbiamo parlato in varie altre occasioni.
Non so se possiamo considerare che, poiché qui si tratta di affrontare particolarmente i problemi dell'industria, questa sede non sia idonea per dedicare una certa attenzione anche a quelli dell'agricoltura. Io ritengo che anche nel settore dell'agricoltura siamo in notevole ritardo. I dati forniti dal documento della Giunta testimoniano che la situazione si va facendo gravissima: si accentua il processo di emarginazione, si accentua l'abbandono, l'esodo dei contadini dalle campagne. Anche qui dobbiamo dire che scontiamo l'assenza di una politica agraria e le conseguenze negative della politica comunitaria. E non è difficile comprendere, a questo proposito, che lo stato attuale dell'agricoltura e una delle principali ragioni della crisi economica in atto nel nostro Paese. Dobbiamo quindi sentire tutti l'urgenza di una riforma agraria effettiva e generale, della costituzione dell'ente di sviluppo agricolo, della predisposizione dei piani di zona. Il documento della Giunta accenna a queste questioni, ma non ci dice quando e come ha intenzione di passare dalle parole ai fatti.
Vi è poi l'urgenza di uno spostamento massiccio delle risorse verso l'agricoltura, in particolare verso l'azienda contadina, con due obiettivi fondamentali: la trasformazione e l'ammodernamento dell'azienda contadina (non dimentichiamo che ormai da due anni non vi sono più finanziamenti in agricoltura, e che i provvedimenti decisi dal Governo nell'agosto '71 concernenti opere di miglioramento agrario e i problemi relativi alla formazione della piccola proprietà contadina, non sono ancora in attuazione), e il miglioramento delle condizioni dei contadini, in primo luogo determinando un aumento del reddito, in secondo luogo determinando una parità di trattamento assistenziale e pensionistico per queste categorie di lavoratori che oggi non hanno le medicine gratuite, ma si pagano il medico e poi debbono ottenere il rimborso, e hanno ancora le pensioni a 18.000 lire mensili; in terzo luogo il miglioramento delle strutture sociali e civili nelle campagne così da portarle al livello delle città, perché altrimenti l'esodo dalle campagne non si riuscirà ad arrestare.
Noi riteniamo che, mentre si avvicina il momento del potere legislativo in una materia in cui la Regione ha potestà primaria, sia necessario chiedere che vengano date risposte precise a queste questioni, in particolare in due settori che sono molto importanti per il nostro Piemonte: il settore della viticoltura (occorrono interventi per il risanamento delle cantine sociali, per la creazione di un centro pubblico cooperativo per la commercializzazione dei vini) e quello della zootecnia che è uno dei valori economici essenziali, come sapete, della nostra regione. Io chiedo la sollecita convocazione di una conferenza, anche in vista di quella che ci sembra già programmata in tutta la Val Padana, per iniziativa delle Regioni.
Noi chiediamo poi che la Regione definisca interventi nel processo di distribuzione delle merci. Mi limito ad enunciare queste esigenze, senza ovviamente poterle approfondire. Vi sono, a questo riguardo, deliberazioni precise del nostro Consiglio: bisogna concretizzarle. In particolare chiediamo qual è il contributo che la Regione intende dare per superare le difficoltà che si stanno incontrando per l'istituzione del Centro di vendita dei prodotti in cui è impegnato il Comune di Torino e quale posizione la Giunta intenda assumere in merito alla questione dei Mercati generali, giacché dal 1° luglio '71 la Giunta era stata invitata a definire questa sua posizione, ma alla richiesta noi ha dato risposta, e giacché su questa questione dei Mercati generali il Comune prosegue nella sua azione (l'assessore Costamagna porta avanti l'iniziativa), mentre ci risulta che gli stessi giovani della Coltivatori diretti contestano le scelte che si stanno realizzando.
Chiediamo poi impegni precisi nel settore dell'edilizia, in particolare per quanto riguarda la questione della casa. Anche a questo proposito, c'e una nostra mozione, che bisognerà decidersi a discutere. E' anche questo un problema molto acuto. Al di là di come le varie forze possono giudicare il modo in cui vengono occupati gli alloggi, nessuno può però ignorare la drammaticità della situazione in cui si trovano famiglie che sono senza un alloggio, o senza un alloggio sufficiente, e che debbono pur muoversi per risolvere questo loro problema. Senza contare poi che questo è un settore il cui rilancio può tonificare il mercato e la ripresa produttiva. Occorre sollecitare gli stanziamenti, definire i piani delle localizzazioni. A questo riguardo noi diciamo: senza delegare il compito al Consorzio dell'istituto autonomo delle Case popolari, perché riteniamo che questo sia un compito che può assolvere direttamente la Regione, con il concorso naturalmente, degli Enti locali.
Ma tutti questi interventi settoriali - ed è l'ultima questione che voglio porre - sarebbero destinati a sortire ben scarsi risultati se non ponessimo contemporaneamente in primo piano la necessità di elaborare rapidamente un piano regionale in cui siano introdotti elementi di programmazione reale. Nel documento si accenna al piano regionale, ma anche a questo proposito non si specifica nulla. Pur rinviando al momento in cui si discuterà questo piano l'approfondimento del tema, dobbiamo domandare alla Giunta quando questo piano regionale verrà portato in discussione quali orientamenti lo ispireranno. Il dibattito di oggi, che nasce appunto dai risultati delle conferenze provinciali, deve pur dirci qualcosa in merito. Nel documento della Giunta, in rapporto agli squilibri territoriali, si dice che essi finora non sono stati nemmeno scalfiti dalla politica di programmazione regionale, rimasta peraltro quasi del tutto disarmata: è fuori dubbio, allora, che occorre prevedere un piano regionale dai contenuti alquanto diversi da quelli che abbiamo avuto nel passato.
Ecco che ritorna allora l'esigenza di porre in primo piano, signori Consiglieri, la questione dello sviluppo del Mezzogiorno, a cui la relazione della Giunta non dedica il minimo cenno. Sappiamo che vi è chi sostiene che, dato che esistono problemi di occupazione anche in Piemonte il tema del Mezzogiorno è da accantonare e da rinviare: prima risolviamo i nostri problemi, poi penseremo al Sud. Ma dobbiamo anche dire molto francamente che si tratta di una idiozia pura, assolutamente inaccettabile che può nascere solo in chi in buona fede, e ve ne sono certamente, non ha ancora compreso che la nostra crisi attuale è in gran parte il frutto della persistenza del sottosviluppo nel Sud e in chi, perfettamente consapevole invece, insiste su questa scelta per evidenti ragioni di profitto.
E ritorna altresì in primo piano l'esigenza di strumenti di controllo sugli investimenti e sugli insediamenti dei grandi gruppi monopolistici.
Nel documento lamentate l'accentuarsi del carattere monoindustriale dell'economia piemontese, ma nei fatti chi è stato, se non voi, ad assecondare i piani dei grandi gruppi monopolistici, ed in particolare della Fiat?



CALLERI Edoardo, Presidente della Giunta Regionale

Spero non la Giunta Regionale, che non c'era.



FURIA Giovanni

Certo, anche la Giunta, perché per esempio a proposito della questione della Fiat di Crescentino, anche se non abbiamo potuto arrivare in tempo a trattare la localizzazione, è da sottolineare come abbastanza significativo il fatto che a quasi un anno da quando abbiamo detto che la Commissione avrebbe dovuto elaborare un apposito documento, questo documento ancora non l'abbiamo visto. Ma poi ci sono altri fatti: il raddoppio della Lancia di Chivasso è stato assecondato da voi, e così l'insediamento della Lancia nel Biellese, che se anche dovesse contribuire a risolvere i problemi del Biellese, il che non é, dato quello che sta avvenendo e di cui siete in gran parte responsabili, resterebbe comunque una operazione non diretta in senso opposto alla esistenza della monoindustria dell'auto in Piemonte.
E' doveroso allora ribadire con forza che senza un rigoroso controllo sulle scelte dei grandi gruppi monopolistici, e in Piemonte in particolare della Fiat e della Montedison, senza il potere di dire loro di no quando le loro scelte contrastano con gli interessi generali del paese e della collettività, senza, quindi, un regime rigoroso di autorizzazione, ogni proposito di reale programmazione diventa pura illusione, pura velleità. E questo lo dobbiamo sapere.
Infine, è di grande importanza, a nostro avviso, la metodologia che vogliamo seguire nell'elaborazione del piano. Darò anche su questo, molto brevemente, alcune indicazioni. Noi, intanto, chiediamo che la Giunta ci dica finalmente qualcosa di preciso a proposito dei piani comprensoriali.
Il nostro Statuto prevede la istituzione dei comprensori, prevede che il piano regionale si articoli in piani comprensoriali. Non c'e più da discutere su tale necessità, si tratta invece di vedere come e quando la Giunta intenda proporre una concreta soluzione anche per questo problema.
In secondo luogo, noi chiediamo che la Giunta si impegni seriamente fin d'ora, a promuovere, per la elaborazione del piano regionale, una consultazione la più ampia possibile. Abbiamo già posto altre volte questo problema, ma una risposta precisa ancora non ci è venuta neppure a questo proposito. Ricordiamo che il primo piano regionale era stato elaborato sulla testa delle masse lavoratrici, e si è poi visto cosa fosse e quali risultati potesse dare. Questo, noi diciamo, non deve accadere più: occorre fin d'ora prevedere iniziative che rendano partecipi gli Enti locali, i Sindacati, le Organizzazioni economiche e sociali, le Organizzazioni politiche e tutti i lavoratori. Anche a questo riguardo attendiamo una risposta precisa.
Signor Presidente, signori Consiglieri, questo è quanto il nostro Gruppo ritiene debba essere fatto dalla nostra Regione per fronteggiare la grave situazione nella quale ci troviamo. Ci siamo assunti noi l'onere di prospettare al Consiglio una concreta base di discussione, per colmare la imperdonabile carenza della Giunta; ma crediamo che la Giunta non possa ora esimersi dal dare a noi, al Consiglio Regionale e alle popolazioni del Piemonte, delle risposte precise per ogni questione, piccola o grande che sia, che è stata qui posta al centro del dibattito. Pure in presenza di una Giunta di centro destra, che, come ho già detto prima, non ci dà alcun affidamento, noi non rinunciamo, come vedete, a svolgere un'azione costruttiva perché la Regione Piemonte risponda positivamente alle aspettative dei lavoratori piemontesi. Ma sia ben chiaro che attorno a questa piattaforma già vi è, e si accrescerà ancora di più, la mobilitazione e la lotta di tutte le forze sociali, di tutte le forze politiche che vogliono uscire positivamente dalla grave situazione in cui ci troviamo.



PRESIDENTE

Ha facoltà di parlare il Consigliere Berti.



BERTI Antonio

Sono presenti in tribuna alcune delegazioni di operai della Gallo e credo, della stessa Leumann che vorrebbero essere ricevute per esporre personalmente alcune loro questioni. Chiederei al Presidente se non ritiene di sospendere la seduta per dar modo ai Capigruppo e alla Giunta eventualmente, di parlare con questi rappresentanti, o comunque di precisare il suo intendimento.



PRESIDENTE

Ho ancora iscritto a parlare il Consigliere Oberto, al quale dò la parola, poi sospenderemo la seduta e procederanno a tutti gli incontri che ritengono di fare.
Ha facoltà di parlare il Consigliere Oberto.



OBERTO Gianni

Signor Presidente, colleghi Consiglieri, il mio intervento sarà diviso in due parti, la prima un po' meno elaborata probabilmente della seconda perché mi sono determinato a farlo soltanto questa mattina. Vi chiedo scusa pertanto se vi sarà una certa disorganicità nella espressione. La seconda riguarderà invece una tessera che compone questa realtà che è il Piemonte e cioè l'eporediese ed il canavesano.
Desidero innanzi tutto dare atto all'Assessore Petrini e alla Giunta della nobiltà della fatica compiuta presentando questo testo, il quale evidentemente non ha anche la chiave risolutrice dei problemi. Mi sembra che sia sufficientemente trasparente dalla lettura del testo stesso che la Giunta si è preoccupata di dare al Consiglio l'elaborazione di dati, il coordinamento di dati sui quali poi il Consiglio lavorasse ed operasse per dare un contributo ai fini della realizzazione di quel piano di cui parler al termine e che sarà la realtà concreta dell'attività della Giunta Regionale, del Consiglio Regionale, della Regione Piemonte. Ritengo quindi che le censure che si possono muovere di documento "superficiale", non contenutistico di soluzioni, debbano essere ridimensionate proprio per lo spirito e la natura che il documento ha voluto assumere e praticamente contiene.
Al documento mi permetterei di fare un rilievo sotto forma di interrogativo: la visione complessiva e globale, regionale, deve ancora formarsi secondo l'ottica dell'esistenza di amministrazioni provinciali cioè di realtà puramente amministrative, o ad un certo momento non dobbiamo già collocarci con un'ottica diversa che riguardi non tanto la dimensione amministrativa della Provincia, quanto piuttosto quella realtà, ormai espressa anche attraverso documenti, di zone o di aree comprensoriali, in maniera che i risultati finali possano tener conto meglio di talune esigenze che qualche volta all'interno delle stesse province hanno delle discrepanze e delle dissonanze? Il mio discorso sarà limitato al tema: economia industriale. Certo nessuno ignora che la componente economica della Regione, come la componente economica della politica nazionale, non può prescindere - come ha sottolineato il Consigliere che ha parlato poc'anzi - dall'esame anche di altri problemi; si è soffermato particolarmente su quello dell'agricoltura (argomento già altre volte dibattuto, lo sarà ancora).
Certo, l'economia della Regione deve tenere conto di queste situazioni come deve tenere conto della situazione di un'altra componente, che è quella del commercio oltre che di quella dell'industria, di quella del turismo,che nella Regione Piemonte ha gia un'incidenza, o potrà avere, in futuro, un'incidenza notevolissima.
Oggi però siamo chiamati ad esaminare la questione della economia sotto il profilo della realtà industriale di questo nostro Piemonte. E' innegabile, signor Presidente, che la discussione nostra viene in un momento di tensione, direi anche di incertezza, ma forse è dire poco, di inquietudine, per cui non possiamo chiudere gli occhi dinanzi alla realtà che dobbiamo esaminare e valutare.
Si hanno dei segni contrari, alcuni sintomi ci dicono che si potrebbe andare ad un ulteriore deterioramento con pericolo di nuove tensioni, anche più gravi, tensioni di carattere sociale oltre che di carattere economico altri segni contrari, che sono prudentemente posti innanzi anche attraverso talune relazioni di enti responsabili, ci direbbero che ci sono dei segni non ancora estremamente evidenziati, forse nemmeno completamente qualificati, per i quali si dovrebbe pensare ad un momento di possibilità di ripresa.
Certo, grossi problemi stanno all'orizzonte, dei quali dobbiamo quanto meno aver coscienza anche se non entriamo nel merito della discussione, in un approfondimento che pure avrebbe una sua rilevanza; certo, ci sono dei fatti grossi che si chiamano, di fronte alla realtà di una manifestazione che avviene domani a Roma, scioperi. Scioperi di carattere regionale o di carattere generale, che hanno una loro enorme incidenza nell'attività economica, di sviluppo. C'è il problema della disoccupazione che determina delle reazioni e delle apprensioni del mondo operaio estremamente giustificate. C'è un problema che sta al di là di quello della disoccupazione e che è altrettanto preoccupante, quello di una sottoccupazione che va facendosi allarmante, forse non ancora evidenziato in tutta la sua completezza, ma del quale abbiamo una certa sensibilità attraverso taluni allontanamenti avvenuti nel passato da fabbriche, da piccole industrie, da medie industrie ed anche da grandi industrie. Certo vi è il grosso problema dei crediti bancari resi estremamente difficili e che nonostante quanto aveva drasticamente detto il Presidente della Giunta Regionale, mentre rigurgitano gli istituti bancari di denaro, è difficile trovare delle domande tali da poter essere soddisfatte, con un minimo di copertura di rischio, da parte degli istituti bancari che finanziano le opere, vuoi pubbliche, vuoi private. Certo, talune industrie hanno minacciato, talune hanno realizzato addirittura la chiusura della propria attività, altre la minacciano. Sono dati reali, non soltanto stati d'animo che in questo nostro Piemonte, come nel resto d'Italia, noi sentiamo.
Indubbiamente vi è uno stato di agitazione pressoché permanente, che è sollecitato da forze le più varie, da componenti che vengono dall'estrema destra, dall'estrema sinistra, che hanno bisogno di uno stato effervescente di agitazione a carattere permanente. Certo, abbiamo un fatto grosso importantissimo, che non mi è parso sia stato rilevato dal Consigliere che mi ha preceduto: in questo anno 1972 vengono alla ribalta rinnovazioni di contratti a carattere nazionale di lavoro.....



FURIA Giovanni

L'ho rilevato, l'importante è se siete d'accordo oppure no.



OBERTO Gianni

Le dirò dopo, se lei consente; lei ha parlato un'ora e un quarto, io spero di parlare meno e dirò qualcosa anche in risposta a quanto ha detto.
Indubbiamente la rinnovazione dei contratti nazionali è un fatto molto importante. Si è chiesto cosa auspichiamo, che cosa chiediamo. Una Giunta di centro-destra? Semplicemente una Giunta realistica, efficiente, una Giunta che vorrebbe poter risolvere i problemi a tavolino, non attraverso l'agitazione di piazza, non attraverso il ricorso all'esercizio del diritto di sciopero, da esercitarsi come esigenza estrema, ma attraverso discussioni che trovino al banco del dibattito le varie parti, che si compongano e che ritrovino un momento di soluzione. Finché noi manterremo questo stato eccessivo di tensione, probabilmente non determineremo soltanto uno squilibrio di natura politica, ma accentueremo....



BERTI Antonio

Ma quando la gente è senza posto di lavoro, che cosa fa? Aspetta le indagini a tavolino?



OBERTO Gianni

La prego, mi lasci dire; lei sa che io non ho aspettato, lei sa che quando è stato il momento di scendere anche in mezzo ai lavoratori, sono sceso. Mi perdoni se le debbo riproporre alla considerazione che cosa chi parla in questo momento ha fatto per esempio per il Cotonificio Valle di Susa, scendendo proprio.....



BERTI Antonio

Questo è di nuovo il momento di scendere!



OBERTO Gianni

Mi lasci esporre il mio pensiero.
Certo, ci sono delle preoccupazioni che vengono dalle stesse relazioni al bilancio dello Stato. Chi ha letto la relazione del Senatore Valsecchi chi ha letto la relazione del Senatore Tanassi al bilancio, non può che essere seriamente preoccupato di un deterioramento, di uno smagliamento notevole a livello nazionale che per forza si ripercuote sulla situazione della nostra Regione. Sono dei dati conoscitivi. Le impazienze, collega Consigliere Berti, le attese non soddisfatte possono portare anche alle manifestazioni di piazza, che trovano la loro legittimazione e la loro giustificazione in un comportamento che sia responsabilmente passivo dall'altra parte, ma il giorno in cui noi vediamo una Giunta che viene qualificata di centro-destra, che agisce invece in direzione del tutto opposta, che prende contatto con le maestranze operaie così come prende contatto con coloro che sono i responsabili della conduzione delle industrie piccole e grandi, non possiamo dire che non si faccia almeno il possibile per evitare queste situazioni di allarme e di preoccupazione che servono soltanto alla piazza, e non a risolvere i problemi.
D'altra parte noi dobbiamo consentire che questa ora particolarmente difficile è paragonabile all'ora più buia della giornata, che è quella dell'alba, quella che precede l'aurora. Siamo arrivati ad un punto buio non si debbono avere delle esitazioni ad affermarlo; sono momenti difficili, forse quelli più difficili che abbiamo trascorso dal momento in cui siamo rinati dalla Resistenza ed abbiamo avuto la nostra Costituzione.
Abbiamo trovato i primi due o tre anni durissimi per lo stato di necessità in cui eravamo, poi siamo risaliti, ma questo è un momento di grossa difficoltà, sarebbe chiudere gli occhi il non riconoscerlo e il non ammetterlo, nel rispetto, indubbiamente, delle visioni di ciascuno. Noi vediamo secondo una nostra angolazione, i comunisti, i socialisti, i radicali, i repubblicani, i liberali vedono questi problemi secondo una loro angolazione; se non fosse così non ci sarebbe democrazia, nemmeno sotto il profilo economico, anche se io credo che il profilo economico ad un certo momento ha tale una forza ed un'esigenza parlante e pregnante, che induce tutti quanti a discendere dalle visioni particolari ed individuali per essere a contatto con la realtà concreta, che non consente delle distorsioni se non entro un certo limite di sicurezza, salvo saltare e spaccarsi.
Ecco quindi che il documento della Giunta ci dà questa visione retrospettiva, ma a chi voglia vedere sottilmente, dirsi che ci sono anche delle caute linee di azione in prospettiva futura. Sì, ha ragione il Consigliere Furia, loro aspettavano e preferivano un altro tipo di relazione, ma per il momento polemico rovesciamo i termini; supponiamo che alla presidenza della Giunta ci sia il collega Berti: indubbiamente noi ci troveremo nella stessa condizione di dire che avremmo preferito una diversa formulazione della relazione; altrimenti è un rinunciare a se stessi, è un rinunciare ai principi anche di natura economica oltre che di impostazione politica, oltre che di impostazione sociale. E occorre anche tenere ben presente che i miracoli non si fanno né qui a Torino, in Piemonte, in Italia, ma nemmeno altrove. Qui quanto meno siamo in una situazione in cui il bene più grande è presidiato, ed è quello della libertà. Nemmeno altrove si fanno con certezza assoluta, le impostazioni miracolistiche. Noi abbiamo avuto un periodo, nel nostro Paese, in cui si è parlato di miracolo italiano; è stato un periodo nel quale tutti veramente ci siamo ubriacati di questa formulazione, e poi, che cosa è capitato dopo questo periodo del miracolo italiano? E perché è capitato qualche cosa? Io non voglio risalire a fare un discorso retrospettivo, che sarebbe anche interessante e forse anche eloquente, l'analisi del perché vi siano state situazioni di recessione, di modifiche ecc., interessantissimo, sta di fatto che il miracolo in materia economica non si verifica se non vi è una partecipazione diretta, precisa responsabile, delle varie componenti che producono il profitto, che riguardano il costo del lavoro, la remunerazione del costo del lavoro, la legittima difesa del posto di lavoro, e tuttavia noi crediamo....



BERTI Antonio

Il miracolo per le tasche dei padroni era stato quello!



OBERTO Gianni

Ma, guardi, in quel momento non era così; mi permetterò, al termine dell'intervento - se lei me lo consente, non interrompendomi perché ho detto che ho buttato giù la prima parte così, ad impressione, non sufficientemente meditata, l'ho detto anche in premessa - di darle delle documentazioni che le permetteranno di stabilire che non è stato soltanto per le tasche del padrone; ed è un bene che sia così. Sa quanti telefoni ci sono nella mia cittadina di Ivrea? Ottomila telefoni!



BERTI Antonio

Il telefono è un indice di ricchezza!!?



OBERTO Gianni

No, non è la ricchezza, è un modo di vita, è un modo di star bene è un modo di avere e usare un servizio e se lei passa l'elenco di coloro che sono abbonati, non trova soltanto il gruppo dei 10/15 grossi industriali dei 10/15 grossi dirigenti di industria, trova con professionisti e commercianti dei modesti e semplici operai e lavoratori che hanno questo servizio.....



BERTI Antonio



OBERTO Gianni

Non ha importanza, io le parlo della mia città, Berti, non le parlo delle altre località.



PRESIDENTE

Consigliere Berti, il Consigliere Oberto ha avuto la cortesia di considerare l'ipotesi astratta della sua presidenza nella Giunta, abbia quindi la compiacenza di lasciarlo parlare senza interruzioni. Prosegua pure, Consigliere Oberto.



OBERTO Gianni

Direi però che è molto astratta, proprio un'ipotesi così....



PRESIDENTE

Comunque l'ha formulata lei!



OBERTO Gianni

Arrivati a questo punto mi pare che l'interrogativo è se abbiamo in questo momento le condizioni per potere riemergere, e noi rispondiamo che sì, abbiamo la possibilità di riemergere, che certamente vogliamo riemergere e condividiamo il punto di vista manifestato anche da chi ha parlato in precedenza, che per poterlo fare occorre la volontà politica noi a questo punto aggiungiamo che la volontà politica l'abbiamo, la manifestiamo e la realizzeremo concretamente.
Certo, occorre la cooperazione di tutti. Quando, nella conclusione dell'intervento del Consigliere precedente, si diceva: nonostante che noi siamo all'opposizione diamo un contributo critico e costruttivo, noi rispondiamo: questo contributo critico noi, nel limite delle cose possibili, lo accettiamo e lo realizziamo. E non è la prima volta che suggerimenti venuti anche da quella parte sono stati accettati considerati, valutati e realizzati. E' necessario cooperare, ma è necessario anche che si lavori seriamente, si produca attraverso il lavoro.
Mi è occorso una volta di parlare in una grande assemblea, in un teatro cittadino, nel momento in cui si conferivano le onorificenze a lavoratori e a piccoli industriali e commercianti, al merito del lavoro; ricordo che in quell'occasione ebbi a dire, improvvisando, tra l'altro, che quando un piemontese vuole squalificare un altro piemontese, non va tanto a vedere se abbia delle protuberanze che gli illustrino la fronte, o se sia sul piano di moralità assolutamente ineccepibile, non cerca queste cose, dice semplicemente: "Chiel'lì a l'ha nen voeia 'd travajé". Il teatro è scattato in un applauso di generale consenso. E questa crisi di lavoro deve essere denunciata, deve essere denunciata nel corso di questo dibattito, perché se mancano questa forza e questa volontà e capacità di lavoro, non vi è assolutamente la possibilità di riemergere; di lavoro da parte di tutti, da parte dei datori di lavoro e di coloro che prestano il lavoro.
Io non vado sovente in ambienti di fabbrica, ma qualche volta ci vado ed ho avuto occasione di rilevare che i ritmi che erano una volta veramente spaventosi e dannosi anche per la salute, sono dei ritmi che hanno ora una cadenza impressionante, cosicché il reddito di produzione e il costo del lavoro e quindi la stessa retribuzione sono in parte compromessi anche da questa situazione. Ho detto degli scioperi; considero lo sciopero come lo stabilisce la Carta Costituzionale, un diritto. Come tutti i diritti è da esercitarsi nel momento in cui vi è la necessità di questo esercizio altrimenti diventa uno strumento che si lacera nelle mani stesse di coloro che lo usano, e diventa anche nell'opinione pubblica (che ha la sua importanza nel dibattito politico dell'economia regionale piemontese) motivo non tanto di repressione, che è un'espressione non accettabile, ma di ripulsa. E quando voi dite che la Giunta porta verso la destra, a me sembra di poter dire che sono queste esasperazioni, sono queste prese di contatto che voi avete che determinano una crescita di voti all'indirizzo dell'estrema destra, addebitando invece questo ad una collusione della Giunta di centro destra, qui, e del governo sul piano nazionale.
Se lasciassimo ciascuno al margine della propria importanza e lasciassimo che ciascuno facesse fuoco con la propria legna e non fossimo noi invece a portar legna perché si aumenti il fuoco, vedremmo che certi fenomeni che ci preoccupano seriamente sarebbero naturalmente ridimensionati. E' chiaro, nell'economia del lavoro il problema dell'ambiente di lavoro e un aspetto non secondario; anche come fattore di produzione, l'ambiente di lavoro che tutela il lavoratore.....



RIVALTA Luigi

Ma parli per la salute degli operai, non per la produzione.



OBERTO Gianni

Mi lasci finire, io non ho interrotto mai, nemmeno una volta, non è un bel sistema, non facciamo un dialogo.



RIVALTA Luigi

Di fronte a certe argomentazioni non si può.....



OBERTO Gianni

Ma mi lasci dire, signor Presidente, me lo consenta! La difesa dell'ambiente di lavoro non è soltanto per il fatto della produzione finalisticamente, ma è perché si arriva ad una migliore e maggiore produzione in tanto in quanto si difende la salute del lavoratore che è in condizione di fare questo lavoro, di determinare questa produzione. Quindi l'aspetto della difesa dell'ambiente è in questa direzione. E così la difesa del posto di lavoro e della remunerazione del posto di lavoro. La Giunta terrà conto di un grosso fatto, che è quello dell'inquinamento,che dovrà trovare rapidamente una messa a punto e che costituirà un impegno di spesa, per le industrie a non piccolo livello, di grande rilevanza, che inciderà indubbiamente in quella che è la valutazione dell'aspetto economico.
E se un rilievo posso fare - salvo che io abbia letto distrattamente la relazione - è che forse non si è sottolineata la realtà ormai prossima di un'integrazione europea a livello di dieci partecipanti, che interessa grandemente la Regione Piemonte proprio per la sua collocazione, avendo alle spalle una Svizzera che non è ancora entrata nell'Europa dei dieci, ma avendo una Francia che vi è entrata accettando l'ingresso dell'Inghilterra.
Queste aree piemontesi e francesi costituiscono un elemento importante anche nella economia industriale. Teniamo presente che noi abbiamo due grosse industrie nel Piemonte a carattere sovranazionale: la Fiat e la Olivetti, a carattere addirittura mondiale. Queste realtà non possono essere disattese e sottaciute in una valutazione che sia veramente complessiva del problema. Gli stessi comunisti sono ormai sensibili alla questione dell'integrazione europea sotto il profilo economico ed anche sotto il profilo politico, se è vero, che nel novembre '71 tennero a Roma un congresso di altissimo rilievo, la cui validità è forse un po' troppo sfuggita alla stampa di osservazione, perché i discorsi là pronunciati dall'On. Amendola e dalla On. Jotti, sono motivo di meditazione profonda.
Noi abbiamo sempre diffidato di questa partecipazione del PCI alla realizzazione dell'unita europea, perché furono decisamente contrari fino a ieri; in questo momento vi è una resipiscenza. Il problema lo si ripropone alla considerazione e noi non possiamo respingere il dialogo ed il colloquio; certamente lo dobbiamo accettare nelle posizioni di europeisti convinti, senza accettare l'insidiamento (non dico l'insediamento) che possa venire. E noi crediamo che i comunisti che hanno potuto partecipare a quella larva di parlamento europeo creato per volontà dei governi, che non è ancora quel parlamento europeo che noi auspichiamo venga creato invece dalla base attraverso ad elezioni dirette, forse proprio in quei contatti a livello altamente democratico i comunisti italiani si sono persuasi della necessità che si realizzi questo aspetto di unità europea, che, ripeto, per la Regione Piemonte, ha delle prospettive grandissime....



FURIA Giovanni

Su quel che ha detto Amendola credo debba rimeditare ulteriormente!



OBERTO Gianni

Io accetto il suo consiglio, io rimedito sempre, non mi accontento della prima lettura, ne faccio sempre una seconda, disposto a correggermi ma non secondo l'interpretazione Furia come evangelista di Amendola, ma secondo l'interpretazione mia; mi consenta almeno questa libertà.



FURIA Giovanni

Non deve falsificare le posizioni però.



OBERTO Gianni

Io non falsifico niente, il giorno in cui lei mi dimostrerà che ho falsificato qualche cosa sarò pronto a dichiararle che ho commesso l'errore, ma prima me lo deve dimostrare. Le dico soltanto che i due discorsi della On. Nilde Jotti e di Amendola sono stati da me letti e riletti, e farò la terza lettura per darle soddisfazione.
Ecco perché il problema diventa grosso; nella Regione Piemonte abbiamo dei problemi come quello del Frejus, dell'autostrada Torino-Valle di Susa Bardonecchia, che incidono sull'economia nel suo complesso, che incidono sul fattore di occupazione di manodopera a larghissimo raggio, e questo indubbiamente, recepito già come indicazione meramente di sillaba nel primo documento del CRPE (e sono d'accordo con Furia che era un programma molto superficiale), e collocato però come realtà; e nel piano della Giunta Regionale certamente questo non potrà essere disatteso, non fosse altro perché vi è motivo di un assorbimento larghissimo e vastissimo di occupazione locale in una valle estremamente provata dalla crisi dell'industria. E se anche questa soluzione verrà fuori attraverso un'attività non strettamente industriale, sempre sarà motivo per risolvere in certa misura un determinato problema.
Non potevamo certo aspettarci altro che questi addebiti: che le nostre scelte a livello regionale e a livello governativo sono sbagliate. Lo avete ripetuto stamattina e ce lo ripeterete in futuro, anche quando, per avventura, accogliessimo in testi programmatici delle vostre affermazioni perché ci direste che devono essere scritte ed interpretate secondo quel tale pensiero. Avete parlato di inerzia di Governo (io non sono il difensore del Governo) e avete parlato di inerzia del Governo Regionale.
Ecco qui se non ci sono delle distorsioni della verità e della realtà! Se c'è un settore che in questo anno di vita della Giunta Regionale ha avuto costante la presenza della Giunta, sono i problemi del mondo del lavoro della industria; i lavoratori sono stati ricevuti qui, si è arrivati anche ad interrompere i lavori del Consiglio, sono stati ricevuti dal Presidente del Consiglio, dal Vicepresidente Sanlorenzo, da chi vi parla, dal Presidente della Giunta, che si è trasferito anche fuori sede, vi sono stati interventi di natura economico-finanziaria, risanamento di determinate posizioni. Ecco, questo veramente è da respingere senza rilettura, che vi sia stata un'inerzia in tale settore. Che non si siano raggiunti tutti i risultati voluti, ebbene sì, ma allora bisogna scendere ad un livello diverso, altra cosa è non interessarci di un problema, altra cosa è poterlo risolvere. Per poterlo risolvere ci vogliono tre componenti: di colui che fa il mediatore e delle due parti che abbiano la possibilità di incontrarsi su un piano concreto di realizzazione.
Mi ero segnato anche l'addebito "repressione". Lo abbandono, è un tema ricorrente che fa parte ormai della vostra dialettica; non c'e più un discorso che non sia un poco "rinvigorito" da questa repressione, che non riuscite mai in concreto ad acchiappare; ma perché le cose vanno prese vanno collocate, messe lì ad effetto. Il perseguimento da parte della giustizia, nel quadro della legge, di reati, non è repressione, è quello che capita in tutti i paesi, è quello che tiene in carcere, per esempio, in questo momento Ochetto: è l'applicazione di una legge barbara, secondo me ma di una legge. La repressione è intervenire senza che ci sia la legge, la repressione è conculcare il diritto dell'altro, la repressione vuol dire far prevaricare la mia forza, la mia violenza, la mia volontà a danno di chi non riesce più a portare innanzi la propria volontà, la propria impostazione. Lasciamola quindi stare.



BERTI Antonio

Ma la repressione non c'é per Marzollo, che arriva qui con il suo aereo personale, dopo avere trafugato miliardi!



OBERTO Gianni

Ma caro Berti, ma è repressione quella? Sto parlando di repressione, e lei mi parla di Marzollo; Marzollo, la sua repressione l'avrà attraverso la sentenza dei giudici.



BERTI Antonio

E' un modo diverso di operare della polizia, con Marzollo e con gli operai. Ecco perché è repressione, perché non è vero che la giustizia è uguale per tutti.



OBERTO Gianni

Provatelo, non basta fare l'affermazione, bisogna provare.



BONO Sereno

E i 40 della Rhodiatoce che sono stati portati in Tribunale per avere difeso il posto di lavoro?



BERTI Antonio

C'é un operaio della Valle di Susa da quattro mesi in galera perch difendeva il posto di lavoro. Mi dica qualcosa!



OBERTO Gianni

Se è stato messo in galera a torto hanno sbagliato i giudici che l'hanno messo in galera, e lo dimostreranno; se lo hanno messo in galera perché ha commesso un reato, hanno applicato la legge.



BERTI Antonio

No, difendeva soltanto il posto di lavoro.



OBERTO Gianni

Non lo so, è una forma ermetica quella di dire che si difende il posto di lavoro; per esempio avendo in mano una pistola e minacciando taluno.....



BERTI Antonio

Non aveva nessuna pistola, ingombrava la strada soltanto!



OBERTO Gianni

Non lo so, non lo so.....



PRESIDENTE

Prosegua Consigliere Oberto con il suo ragionamento.



OBERTO Gianni

Un'accusa che io debbo respingere personalmente, ma che credo la Giunta potrà respingere con me, certo i colleghi della D.C., è che noi siamo lontani dal Cardinale Pellegrino, che ha scritto l'ultima pastorale "Vivere insieme". Non so se tutti coloro i quali parlano di questa pastorale l'hanno letta. Capita spesso così: c'é della gente che parla per sentito dire, io non so se l'abbiano letta, certamente io l'ho letta.



RIVALTA Luigi

Noi, con attenzione!



OBERTO Gianni

Però vi dico che non dovete fermarvi, per motivi polemici aggrappandovi alla tonaca rossa o nera del Padre Pellegrino, per dire che noi siamo in una posizione di difetto. Noi come D.C. abbiamo motivo di dire che molto tempo indietro, coevi all'attività di Carlo Marx, vi furono degli altri pronunciamenti di carattere sociale di grandissimo rilievo, che voi avete sempre respinto e dichiarato inaccettabili. Intendo riferirmi a Leone XIII con la "Rerum Novarum" .....



(Proteste dai banchi di sinistra)



OBERTO Gianni

Si capisce, la leggete con la vostra ottica....



BERTI Antonio

Ma è vent'anni che parla di Leone XIII!



OBERTO Gianni

E di Marx, da quanti anni lei ne parla?



FALCO Giovanni

Lascialo parlare!



BERTI Antonio

Tu sta zitto, non aprire neanche la bocca; tu non parli mai, è inutile che parli adesso, silenzio!



OBERTO Gianni

Consigliere Berti, mi permetta, da quanti anni è che lei parla di Marx?



PRESIDENTE

No, senta Consigliere Oberto, se lei rivolge domande risponderà, non lo provochi!



OBERTO Gianni

Ma scusi, si parla di chi? Di Leone XIII.



PRESIDENTE

Sta facendo un ragionamento interessante, prosegua pacificamente.



OBERTO Gianni

E allora me lo lascino finire.
La "Rerum Novarum", dicevo, per arrivare anche alla "Mater et Magistra". Se posso qui introdurre un momento di distensione, per arrivare poi alla seconda parte della mia relazione, rilevo come sia facile distorcere: quando è uscito questo documento di grandissimo rilievo naturalmente scritto in latino, quel latino che tutti stanno abbandonando anche la Chiesa, anche il Cardinale Pellegrino, anche il Papa, tutti lo stanno abbandonando, se c'era una lingua universale era quella, perdiamo anche quel valore....



RIVALTA Luigi

La capivano tutti!



PRESIDENTE

Basta, per cortesia, non interrompete ogni parola, non è possibile andare avanti così.



OBERTO Gianni

Quando è uscita, dicevo, naturalmente in latino, incominciava "Mater et magistra", e i gruppi della sinistra dicevano: vedete, è un'enciclica che va tutta a sinistra. Qualcuno la traduceva in italiano così: madre e maestra. Per cui altri dicevano: vedete, è una enciclica che va tutta a destra. Questo per dare la dimostrazione come i documenti vadano visti con estrema obiettività, tranquillità e serenità, con lettura e studio approfondito.
Avete accusato la Giunta di mancanza di volontà politica. Ho detto che il Consiglio ha questa volontà politica; ho detto che la Giunta è espressione della maggioranza del Consiglio, e pertanto è portatrice di questa volontà politica che viene evidenziata attraverso il documento.
L'anno 1971 è stato un anno decisamente negativo (queste sono le conclusioni alle quali possiamo arrivare) per l'economia nazionale e per l'economia regionale. Il reddito nazionale si accrescerà in definitiva molto poco rispetto al '70, e quello industriale, del quale ci occupiamo in modo specifico, sarà con segno negativo. I due fenomeni che evidenziano in modo particolare questo stato di crisi sono: il massiccio intervento della Cassa integrazione guadagni, la caduta della redditività netta delle imprese, che impedisce non soltanto la remunerazione dei capitali investiti, ma anche il semplice ricupero del costo degli investimenti.
Questi sono dati precisi che la buonanima di Kruscev ha ricordato parlando agli operai, dicendo loro: scioperate nei momenti delle vacche grasse; nei momenti difficili gli scioperi portano soltanto rovina e non risolvono alcun problema.
In altri anni, in un passato anche molto recente, si sono avuti dei modestissimi aumenti; sennonché quegli aumenti sono stati dovuti essenzialmente al sostegno della domanda estera. E anche questo teniamo in conto e in considerazione. Non possiamo pensare ad un'economia a circolo chiuso. La domanda è: nel '71 questa componente è stata debolissima e va costantemente affievolendosi nell'arco dell'indicazione della partecipazione? L'accordo monetario, venuto alla superficie del gruppo dei dieci, è certamente un elemento di chiarezza maggiore, che dovrebbe - noi ce l'auguriamo - essere valutato positivamente anche dagli imprenditori italiani. Col ritorno al sistema dei cambi fissi, con l'eliminazione della sovrattassa americana all'importazione e del privilegio fiscale per i soli impianti e macchinari che sono prodotti negli Stati Uniti d'America dovrebbe ricostituirsi un maggiore equilibrio nel campo monetario. E anche questo problema deve essere tenuto assai più in conto di quel che non abbia fatto nella sua relazione critica il Consigliere Furia. La moneta nell'ambito di una nazione, nell'ambito di un complesso europeo, ha una rilevanza indiscutibile. E' vero che la lunga controversia monetaria e doganale si è conclusa, per il momento almeno, con un accordo che alcuni esperti hanno definito più un armistizio che non una vera pace. Infatti, la persistenza del deflusso di dollari dagli Stati Uniti e la tensione sul mercato dell'oro non soltanto prospettano eventualità di una nuova svalutazione del dollaro (si vede il continuo deteriorarsi della bilancia commerciale degli Stati Uniti) ma esercitano altresì pressioni non controllabili sulle monete dei Paesi verso i quali il flusso è più forte in particolare la Germania ed il Giappone. Situazione pertanto ancora molto delicata, che se può legittimare una fondata speranza nel mondo imprenditoriale, richiede anche una continua osservazione da parte del potere pubblico. E in questo noi, per quanto lo riteniamo superfluo richiamiamo la cortese attenzione della Giunta perché anche nel settore piemontese l'aspetto sia valutato e controllato.
Per molti settori si è verificato un calo della domanda estera, sia per una più difficile competitiva dei nostri prodotti, sia per un calo di domanda interna in tutti i Paesi del Mercato Comune. La congiunzione di questi fattori ha portato ad un'accumulazione considerevole di prodotti finiti a magazzino, e ad un'utilizzazione degli impianti largamente al di sotto della loro capacità produttiva. Questo ha influito sull'occupazione creando delle condizioni di flessione della domanda, e anche sugli investimenti. Questi investimenti sono diminuiti stante la presenza di larghe fasce di capacità produttiva inutilizzata, di carenti redditività delle imprese, di caduta della domanda; e a questi motivi si può forse anche, in piccola parte, legare il ritardo nell'applicazione dell'IVA.
Se si esaminano i bilanci delle 200 maggiori società industriali italiane, vediamo che nel complesso chiudono l'anno con 30 miliardi di perdita, 121 società hanno utili per complessivi 107 miliardi, le rimanenti registrano perdite per 138 miliardi, pur avendo accresciuto il fatturato complessivo di oltre il 17 per cento. E' da tenere anche in conto, a questo proposito, il fattore dell'aumento dei prezzi. Le cause principali consistono in un aumento dei salari non assorbito da una maggiore produttività, aumento giustificato, sul quale assolutamente non discutiamo ma che non è stato assorbito da una maggiore produttività, e nel pesante onere degli interessi passivi. Mi pare che su questo concetto si possa tutti quanti convenire, indipendentemente dalle posizioni polemiche e politiche sulle quali ci troviamo.
L'indebitamento nasce anche perché non è possibile trovare azionisti disposti ad investire nelle azioni i loro risparmi. C'é in questo Consiglio un collega che risiede, come me, ad Ivrea, e sa che cosa sia stato il fenomeno dell'investimento azionario anche da parte dei lavoratori i più modesti e i più umili della società Olivetti; investimento avvenuto in larghissima misura con risparmio su salario e stipendio, e che è privo oggi di qualunque remunerazione, quindi con delle implicazioni notevoli, perch lo stesso risparmio fatto è in misura totale da due o tre anni (e potrebbe esserlo anche per l'anno in corso) senza una remunerazione. Ed erano i lavoratori della fabbrica che avevano investito attraverso azioni, oltre che a messa a risparmio all'impresa Olivetti, il risparmio della remunerazione del loro lavoro. Tutto questo deve essere tenuto presente in un'economia quasi monocorde come quella che si sviluppa nell'ambiente nel quale vivo, eporediese e canavesano.
In questa situazione ritengo che divenga un fattore determinante, per riattivare il sistema economico, la funzione della spesa pubblica.



BESATE Piero

Se mi permette, cito Orazio, giacché ha parlato di latino.



OBERTO Gianni

Io ne cito un altro se mi permette, Orazio lo lascio a lei, un altro che mi è più congeniale.



BESATE Piero

Volevo dire che anche i ricchi di allora dicevano: più ce n'é, meglio è.



OBERTO Gianni

Nei nostri colloqui estemporanei parleremo anche di Orazio, di Virgilio e di altri.
Dicevo, signor Presidente della Giunta, che a mio avviso in questa situazione, anche nella Regione piemontese, il fattore determinante per riattivare il sistema economico è la funzione della spesa pubblica, la quale certamente ha un grosso inconveniente, di non essere celere, di non raggiungere il risultato presto, mentre la situazione richiederebbe una soluzione estremamente rapida. So che lei ha una fervida inventiva, e se fosse possibile prendere la gestione di questa spesa pubblica a carattere aziendale, ovviamente con un controllo costante e diretto della Regione penso che l'investimento verrebbe a creare una situazione di minore tensione e a mettere in circolo elementi di produzione di ricchezza e posti di lavoro.
Tutti questi fattori, sia interni sia esterni, si riflettono sulla situazione economica di carattere generale, ma anche sulle prospettive del mio Canavese (ed è la seconda parte del mio discorso). O i dibattiti hanno una loro funzione intrinseca e hanno un loro valore costruttivo, o i dibattiti non si fanno, o non si fanno in Consiglio Regionale.
Questa area ha risentito in modo sensibile le conseguenze della crisi dell'industria tessile (Strambino, Rivarolo, San Giorgio Canavese, Pont Canavese) e del conseguente passaggio ad un aspetto industriale prevalentemente meccanico, unendosi a questa situazione anche quella congiunturale del rallentamento dell'espansione dell'occupazione. La quale occupazione nella regione canavesana è in queste condizioni: le assunzioni sono, al momento, ferme, in quanto le aziende, piccole e grandi, temono di trovarsi con un organico troppo pesante. Il periodo di stasi dura da molto tempo con tendenza al deterioramento; la disoccupazione, nella zona di Ivrea, attualmente non è molto diversa da quella degli anni passati. La Cassa di integrazione è però intervenuta con queste cifre proporzionali: nell'intera provincia di Torino (1971) per 11 milioni di ore circa, per la zona di Ivrea per 308.952 ore; il che indubbiamente non è poco se viene rapportato alla somma totale, e soprattutto se viene rapportato all'ambiente di lavoro e a quella grossa cosa che è la Olivetti.
L'assenteismo dal lavoro (al quale avevo accennato) è nella misura del 16 per cento, di cui il 10 per cento è dovuto a cause di malattia e il 6 per cento ad altre cause. Rimane un grosso problema, la cui origine è l'impossibilità di effettuare dei controlli. Siamo realisti, ma vogliamo dircele una buona volta queste cose? Effettuare dei controlli? Ma oggi si presenta semplicemente il certificato della mutua. Queste cose sono moralmente prima che politicamente e socialmente possibili? I controlli da parte dell'INAM non vengono, il carrozzone dell'INAM diventa sempre più carrozzone, il pubblico paga e il reddito si deteriora anche in relazione a questa componente.
Non parlo della situazione commerciale perché il discorso è già abbastanza lungo. Sottolineo le indagini fatte alle banche locali e anche fuori della città: nella zona eporediese, in questi ultimi tre mesi, manca quasi completamente la richiesta di investimenti nell'edilizia. Io ho sempre sentito dire che quando l'edilizia è ferma tutto è destinato a fermarsi e a frenarsi; è un dato che presento alla loro considerazione.
Il costo del lavoro è stato nel 1970, per la piccola industria, più basso che altrove; dopo un solo anno troviamo che la piccola industria ha un costo superiore alla media. I Consiglieri si renderanno conto di cosa vuol dire questo? Vuol dire estrema facilità di mettere la chiave nella toppa e chiudere e creare dei focolai di disoccupazione un poco in tutti i paesi, perché, così com'è la composizione industriale del Canavese, la piccola industria ha una notevole rilevanza accanto all'altra; ma qui siamo in una situazione di deterioramento. Badino che il dato percentuale dà la crescita, in un solo anno, del 22 per cento, e non si può prescindere da questa valutazione. Il Canavese ha un complesso di popolazione di 120.000 persone; 45.000 sono operai e impiegati dell'industria. E' opportuno tenere presente che le quattro grandi industrie, una grandissima rispetto alle altre, comunque le quattro maggiori del Canavese, impiegano circa 25.000 tra operai e impiegati, mentre le altre 290 medie e piccole industrie impiegano gli altri 20.000. Il totale dei guadagni dei prestatori d'opera è valutabile in cento miliardi di lire annui, oltre ai 40 miliardi di contributi assicurativi e previdenziali che costituiscono una riserva per il domani.



ROSSOTTO Carlo Felice

I contributi sono bassi.



OBERTO Gianni

E i contributi sono bassi.
Nel Canavese lavorano altresì 4500 artigiani e 11.000 coltivatori diretti. Io non apro il discorso dell'agricoltura, ma è indubbiamente una forza di lavoro e una componente della produzione economica che non pu essere sottovalutata. I coltivatori diretti sono in parte attivi e in parte pensionati, e i pensionati, per la miserevole pensione che ricevono, sono costretti ancora a svolgere delle attività di lavoro; e anche supponendo che il loro reddito medio sia la metà di quello di un prestatore d'opera dell'industria, il totale è di altri 15 miliardi annui. Per cui, tenendo da parte i 40 miliardi di contributi assicurativi e previdenziali, sono 115 miliardi che entrano nel gioco del campo della produzione, settore lavoratori. Non si è qui tenuto conto - anche perché estremamente difficile definire esattamente il numero e il reddito - degli addetti al commercio dei professionisti, degli impiegati degli enti pubblici e dei pensionati.
Questa notevole mole di redditi spiega la presenza dell'eccezionale numero di automezzi. Anche questa - come ho accennato prima agli 8.000 telefoni senza determinare scandalo da nessuna parte, è una cosa che deve essere tenuta in conto se vogliamo valutare obiettivamente la situazione economica industriale, di benessere, di malessere, di società del benessere, di società del progresso, di società distruttiva; ma intanto in automobile ci vanno tutti.



OBERTO Gianni

LO TURCO Giorgio



OBERTO Gianni

Sono tutte cambiali da pagare comunque.



OBERTO Gianni

No no, ci sono pagamenti fatti sull'unghia, caro collega, ce ne sono anche fatti con cambiali, ma ce ne sono di quelli fatti in contanti, glielo assicuro.
Nella zona, al 30 ottobre '71 si avevano questi dati: 49.500 automobili che circolano nella zona del Canavese, escludendo i camion, gli autotreni e gli autobus, quindi i trasporti merci ed i trasporti di massa. E così il Canavese rimane nelle primissime posizioni come densità automobilistica, il che ha un riflesso per le valutazioni che abbiamo detto, per cui si determina una media di una automobile ogni 2,55 abitanti. Può darsi che ci sia chi ha due o tre automobili, non credo più di tre, vuol dire che questo 2,55 chiarisce come effettivamente ci sia questa larga, capillare possidenza (proprietà o con cambiali da pagare, come volete) di questo mezzo di trasporto. Ora, se loro tengono presente ciò che abbiamo detto e valutano la spesa di acquisto di tutte queste automobili, la somma non è inferiore a 40 miliardi, ed il rinnovo e le nuove unità comportano una spesa annua di circa 10 miliardi.
Tiriamo, ciascuno per conto nostro, delle conclusioni su questo guadagno e su questo impiego di denaro. Le tasse di circolazione riscosse nel 1971 (argomento che interesserà adesso la Giunta Regionale) superano il miliardo; per benzine e per lubrificanti e accessori si calcola la spesa di cinque miliardi e mezzo all'anno; se si aggiunge la spesa delle assicurazioni obbligatorie si hanno altri due miliardi e mezzo. Mi sembra che questi dati abbiano una loro significazione e una loro importanza. Il reddito che viene prodotto nel Canavese non supera i 200 miliardi; le spese per l'automobile non sono inferiori ai venti miliardi e perciò la loro incidenza è non meno del 20 per cento. E questo può dare un'idea del livello raggiunto dai consumi. Io non dico che sia tutto benessere, dico però che è un dato che dobbiamo tenere presente nella valutazione complessiva, che richiede un'osservazione e uno studio continui, i quali possono essere facilitati appoggiandosi e utilizzando l'esperienza e l'attrezzatura degli enti esistenti per dare mano ad un tentativo di guida e di controllo dei fenomeni.
Ho accennato ai telefoni: 20.000 abbonati in tutto il Canavese, di cui 8.000 nella sola città di Ivrea.
Mi pare allora, concludendo, di poter dire, sul documento che è stato presentato, che bisogna vedere in prospettiva, dopo avere valutato le origini e le cause di questo grosso fenomeno di stagnazione, sulla cui esistenza nessuno può avere dei dubbi; sulle cause, sui motivi c'è necessità di indagine per evitare che si ripetano quelle cause e quei motivi.
E per riferirmi all'amico e collega Besate che divide con me il privilegio di essere il più anziano del suo gruppo, anziché citare Orazio citerei Alceo, che è anche più vecchio di Orazio perché scriveva nel 600 a.C. "Nè case dai bei tetti, né pietre di ben costruite mura, né canali o cantieri fanno una città, ma uomini capaci di cogliere le occasioni". Mi sembra proprio pertinente questo impegno di Alceo, che potremmo fare anche nostro, al di sopra delle divergenze di natura polemica che si sono manifestate, che si manifesteranno sempre, che a me piacciono infinitamente, anche per la professione che esercito; ma uomini capaci di cogliere le occasioni.
Lei ha detto una parola che mi trova consenziente e che abbiamo ripetuto molte volte: essere protagonisti della nostra storia, essere i facitori della nostra storia attraverso i contrasti, ma in una componente finale dove abbiamo di mira il servizio che si deve rendere regionalmente all'uomo che abita nella regione: una Regione capace di avere civiltà per la residenza dell'uomo libero e civile. Ma è da aggiungere che la politica è l'arte del possibile, non bastano nemmeno i piani quinquennali, lo hanno dimostrato le esperienze vicine e lontane; i più ambiziosi piani sono franati, mancando la base, il criterio della libertà e della giustizia che sorreggono come dei supporti indispensabili anche la volontà creativa di quelle città alle quali abbiamo fatto riferimento.
Il dibattito di oggi vuole essere, signor Presidente del Consiglio signor Presidente della Giunta, a nostro avviso, un contributo per la realizzazione rapida; completa di quel piano che non deve essere un altro bel sogno nel cassetto, di quel piano che per volontà politica non solo manifestata dal Consiglio in questa sede, ma per volontà manifestata nel momento più alto della costituzione del Consiglio, quello dello Statuto tenga conto delle esigenze che pongono non in antitesi, ma in collaborazione nord e sud. Lo abbiamo scritto, noi crediamo che anche in una politica regionale questo aspetto di un'intesa debba essere pregnante e vivo, e noi siamo convinti che voi lo farete, senza fantasticherie irrealizzabili, un piano concreto - se mi è lecito dirlo sottovoce - un piano alla piemontese.


Argomento: Controllo sugli atti degli enti locali - Commissione di controllo sugli atti della Regione

Interrogazione del Consigliere Marchesotti sul funzionamento del Comitato di controllo sugli atti delle Province


PRESIDENTE

Proseguiremo la discussione sul terzo punto all'o.d.g. oggi pomeriggio.
E' stata presentata un'interrogazione urgentissima dal Consigliere Marchesotti al Presidente della Giunta Regionale, che è disposto a rispondere subito, e che può pertanto essere discussa immediatamente. Ne d lettura: "Il sottoscritto Consigliere interroga il Presidente della Giunta Regionale per conoscere se è vero che il Comitato di controllo sugli atti delle province ha chiesto autorizzazione ad utilizzare, per l'esame dei bilanci di previsione per il 1972 delle amministrazioni provinciali l'ufficio di ragioneria della Prefettura. Poiché la richiesta, nel caso fosse vera e confermata, ricopre una sua particolare gravità rispetto all'autonomia del controllo della Regione e delle amministrazioni provinciali, chiede inoltre come il Presidente e la Giunta intendono rispondere alla suddetta illegittima richiesta, come si intende porre il Comitato in grado di avere un suo preciso strumento di istruttoria e di esame e come si difende l'autonomia ed il potere della Regione in materia di controlli sugli atti degli Enti locali. F.to Domenico Marchesotti".
La parola al Presidente della Giunta.



CALLERI Edoardo, Presidente della Giunta Regionale

Ho desiderato rispondere subito all'interrogazione del collega Consigliere Marchesotti perché il problema sollevato è di notevole rilevanza e riguarda molto da vicino l'autonomia, la vitalità dell'autonomia degli Enti locali e il modo diverso di procedere ai controlli.
Dopo aver dichiarato a questa assemblea il mio intervento per evitare che questa richiesta approdasse a dei risultati positivi, direi che la questione è stata in parte sollevata dalla sollecitazione che, soprattutto a livello delle province ed in particolare a livello dell'Amministrazione Provinciale di Torino, è stata fatta al Comitato di controllo, di una rapida approvazione del proprio bilancio. Purtroppo, all'indicazione che da parte della Giunta Regionale è stata data al Comitato di controllo di avvalersi dell'apporto tecnico degli uffici della Regione, ostava - per quanto in particolare riguarda la Provincia di Torino - il fatto che il Ragioniere Capo della Regione è il Ragioniere Capo della Provincia di Torino, distaccato alla Regione. Vi era così un motivo di perplessità e di preoccupazione dal punto di vista della correttezza in generale, che colui che ha partecipato di fatto alla redazione del bilancio, fosse poi colui che doveva dare un parere tecnico alla Commissione di controllo.
Questa è stata la preoccupazione e dell'Amministrazione Provinciale di Torino e del Comitato di controllo. E allora hanno pensato, non per un'utilizzazione di carattere generale, ma specificatamente per l'esame del bilancio della Provincia di Torino, di chiedere di poter utilizzare il Ragioniere Capo della Prefettura. Soltanto che il testo del telegramma inviato al Prefetto per chiedere questa autorizzazione lasciava adito alla supposizione - peraltro obiettivamente valida - che il Comitato di controllo chiedesse stabilmente e permanentemente di potersi avvalere dell'ufficio di Ragioneria generale della Prefettura. Il che, ovviamente sarebbe stato in contrasto con le indicazioni che erano pervenute al Comitato di controllo da parte della Giunta, e cioè che il Comitato nell'eventualità che si fosse trovato nella necessità di avere dei pareri tecnici a supporto delle decisioni che sul merito avesse dovuto assumere non avrebbe potuto che avvalersi degli uffici della Regione, sia pure nelle limitate possibilità che gli uffici stessi, in questa fase di insediamento possono avere.
Questa è la ragione che sta a monte della richiesta; sulla richiesta io ho creduto di dovere immediatamente intervenire per precisare, per puntualizzare qual è la posizione che la Giunta assume in relazione ad un'interpretazione che la Giunta credo dia oggettivamente e delle volontà del Consiglio da un lato e anche da un punto di vista giuridico, perch questo è un organo della Regione e se si deve avvalere di uffici non pu che avvalersi degli uffici della Regione e non di quelli di amministrazioni esterne. Ma mi corre anche l'obbligo di dover dire qual è stata la ragione per cui il Comitato di controllo si è trovato nella condizione di chiedere questo intervento.
Per quanto riguarda la domanda che il Consigliere Marchesotti pone, e cioè come si intende porre il Comitato in grado di avere un preciso strumento di istruttoria e di esame e come si difende l'autonomia ed il potere della Regione in materia di controlli sugli atti degli Enti locali noi abbiamo indicato questo obbligo del Comitato di controllo di avvalersi esclusivamente di uffici e di personale della Regione.
Non mi pare di avere altro da aggiungere in ordine alle domande qui presentate, e penso possa essere di soddisfazione del Consigliere Marchesotti.



PRESIDENTE

Il Consigliere Marchesotti ha facoltà di replicare per dichiararsi o meno, soddisfatto.



MARCHESOTTI Domenico

Io credo che potrei dichiararmi soddisfatto della risposta del Presidente della Giunta, se il Comitato di controllo e la sua maggioranza in questo caso, invece di chiedere di utilizzare l'ufficio ragioneria della Prefettura, avessero più semplicemente chiesto di avere a disposizione un ragioniere o un laureato in scienze economiche e commerciali, al quale affidare l'esame dei bilanci. Poiché invece non è così, sorgono alcune questioni che intendo qui sottolineare.
Non è solo il fatto in sé che è un errore, ma è un grave errore il modo che ha il Comitato Regionale, e in particolare alcuni dei suoi membri dirigenti di intendere i controlli.
La prima questione che sorge è se la maggioranza possa continuare con rappresentanti nel Comitato di controllo, che concepiscono la loro funzione in termini prefettizi, quindi di tutela nei confronti dei comuni, e che ritengono di esercitarli (in questo caso nei confronti della Provincia) in modo assurdo, contro l'autonomia stessa della Regione e degli Enti locali.
Si pone cioè a questo punto una questione di fiducia e di credibilità nella Regione. La maggioranza dovrebbe, a nostro modo di vedere, provvedere al più presto. Ho dei dubbi, che tali dannose concezioni, sia possibile mutarle con un regolamento che andremo a fare (mi auguro) molto presto.
Seconda questione. E' chiaro, dopo questo ultimo atto del Comitato, che le Sezioni decentrate di controllo non possono assolutamente essere subordinate al Comitato stesso, come la Giunta invece ritiene possibile: sarebbe un grosso guaio per la Regione, per i Comuni e per le Province.
D'altra parte le sezioni decentrate nel complesso presentano un quadro più positivo del Comitato, sia pure in gravi difficoltà per mancanza di personale. La Giunta dovrebbe immediatamente provvedere ad assumere personale non prefettizio, deciso dal Consiglio, e metterlo a disposizione delle sezioni decentrate. In tal modo si contribuirebbe a correggere, più velocemente, le suddette errate concezioni prefettizie.
Un'altra questione è che vi sono delle sezioni decentrate (vedi quella di Torino) che non rilasciano ai comuni la data di ricezione degli atti.
Questo è illegale, in quanto non inizia la decorrenza del termine dei venti giorni fissati per legge. La domanda che ci si pone è questa: i sindaci che cosa debbono fare? Debbono adire alla Magistratura? Oppure il Consiglio e la Giunta intendono intervenire subito, al fine di normalizzare le cose? La grave illegalità consente ai Sindaci di adire alla Magistratura, per cui si ripresenta ancora una volta la questione di credibilità della Regione.
Per ultimo: che cosa intende fare la Giunta del suo progetto di regolamento sugli organi di controllo, respinto all'unanimità......



PRESIDENTE

Ma lei sta presentando un'altra interrogazione.



MARCHESOTTI Domenico

Ho finito, signor Presidente, è l'ultima.
Respinto all'unanimità dagli Amministratori locali presenti alla consultazione? Anche qui il problema della credibilità viene in primo piano. Una decisione della Giunta su questa questione particolare diventa urgente.
Queste questioni sono di fronte al Consiglio Regionale, alle assemblee elettive locali, ai cittadini, perciò vanno risolte.


Argomento:

Interrogazione (annuncio)


PRESIDENTE

Prego il Consigliere Segretario di dare lettura di un'interrogazione pervenuta alla Presidenza.



GERINI Armando, Segretario

Legge l'interrogazione dei Consiglieri Fassino, Germi, Rossotto Zanone Valerio, sui rapporti tra la Regione e la RAI-TV.


Argomento:

Sull'ordine dei lavori


PRESIDENTE

Il Presidente della I^ Commissione mi comunica di avere convocato per questo pomeriggio alle ore 15, in questa sede, d'accordo con il Presidente dell' VIII^ Commissione, le Commissioni I^ e VIII^ in seduta congiunta per l'esame del nuovo Statuto dell'IRES.
Alle ore 16 è convocata, sempre in questa sede, la conferenza dei Capigruppo.
Il Consiglio è riconvocato alle ore 16,30 per il proseguimento dell'esame dell'o.d.g.
La seduta è tolta.



(La seduta ha termine alle ore 13,10)



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