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Dettaglio seduta n.74 del 24/01/72 - Legislatura n. I - Sedute dal 6 giugno 1970 al 15 giugno 1975

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Argomento:


PRESIDENZA DEL PRESIDENTE VITTORELLI


Argomento:

Comunicazioni del Presidente del Consiglio


PRESIDENTE

La seduta è aperta Mentre i Capigruppo e una rappresentanza della Giunta si incontrano in questo momento con una delegazione della Bemberg, procederemo, prima di passare al resto del nostro o.d.g., all'esame di alcune interpellanze e interrogazioni che sono pronte per la risposta.
Comunico intanto che nella riunione dei Capigruppo di questa mattina si è deliberato, in linea di massima, di tenere seduta venerdì 28 alle ore 10 per discutere il problema della sede e la mozione Fiat, che perciò non saranno discussi nella seduta odierna ma rinviati all'esame del Consiglio per venerdì 28; che mercoledì 2, giovedì 3 ed eventualmente l4 il Consiglio discuterà: la questione dell'Ires, che era all'o.d.g. delle sedute di oggi e su cui la I Commissione sarà in grado di riferire in quel periodo; il problema, su cui si aprirà un dibattito, della situazione economica e sociale nella nostra Regione, su relazione della Giunta; i provvedimenti attuativi della legge sulla montagna (per lo meno inizierà una discussione generale che possa servire da orientamento alla Giunta); analogamente, una discussione dello stesso genere si terrà sulla situazione degli asili-nido in modo da consentire alla Giunta di conoscere preventivamente le opinioni del Consiglio in questa materia.


Argomento: Norme generali sui trasporti - Viabilità

Interrogazioni e interpellanze (discussione)


PRESIDENTE

Prendiamo ora in esame l'interrogazione presentata dai Consiglieri Fassino, Gerini, Zanone e Rossotto relativa all'accordo CIPE sull'approvazione della costruzione del tunnel del Frejus.
Ha facoltà di rispondere l'Assessore Falco.



FALCO Giovanni, Assessore alla viabilità

In risposta all'interrogazione che i Consiglieri Fassino, Gerini Zanone e Rossotto hanno rivolto circa le iniziative che intende assumere la Giunta Regionale, per sbloccare un'ulteriore situazione di immobilità che pare venga a ricrearsi per la realizzazione del traforo autostradale del Frejus , la Giunta Regionale potrebbe precisare quanto segue: la decisione del 27 luglio '71 da parte del CIPE ha tolto l'ultimo ostacolo di ordine politico alla realizzazione del traforo del Frejus. Con questa decisione il Governo ha autorizzato formalmente le indispensabili trattative per la stipula di una convenzione internazionale tra l'Italia e la Francia, destinata a regolare i rapporti emergenti dalla costruzione e gestione del traforo in oggetto. Queste trattative erano già state per vero iniziate in veste informale fin dal luglio del '70, con la partecipazione oltre che dei rappresentanti dei due Ministeri degli Esteri, anche di rappresentanti di altre amministrazioni statali ed in particolar modo, per quanto concerne l'Italia, del bilancio, dell'Anas, dei trasporti e ultimamente del Ministero degli Interni, della Sanità e delle Dogane.
La definizione degli accordi è avviata a felice soluzione perch proprio nel novembre a Roma è stato parafato il testo della convenzione internazionale. Ovviamente, dopo la stipula della convenzione occorrerà che i parlamentari dei due Paesi approvino i testi stipulati e quindi, sulla base di tali ratifiche, potrà procedersi al formale affidamento della concessione alle Società italiana e francese che l'hanno richiesta fin dal '63/'64. Nell'ipotesi che ciò avvenga nel 1972, i lavori di costruzione del traforo del Frejus si potrebbero iniziare nella primavera del 1973.
La Giunta intende peraltro far rilevare che è tra i suoi obiettivi quello di fare inserire, nel secondo piano quinquennale - come del resto già espressamente preconizzato dal CIPE l'intero itinerario Torino Bardonecchia da realizzarsi a livello autostradale, onde evitare il ripetersi degli inconvenienti a suo tempo verificatisi nella Valle d'Aosta.
La Giunta inoltre ritiene di dover evidenziare al supremo organo della programmazione che per una regione come il Piemonte la politica di apertura dei nuovi passaggi di frontiera idonei al traffico di oggi e futuro, è una delle condizioni base della ristrutturazione territoriale del Piemonte e della politica di decongestionamento dell'area metropolitana torinese.



PRESIDENTE

Ha facoltà di dichiararsi soddisfatto o meno uno degli interroganti.



ROSSOTTO Carlo Felice

Mi dichiaro soddisfatto



PRESIDENTE

Prendiamo ora in esame l'interrogazione presentata dai Consiglieri Conti e Garabello sulla vendita del macchinario della Sobrero di Gassino.
Ha facoltà di rispondere l'Assessore Petrini.



PETRINI Luigi, Assessore all'industria

Con riferimento all'interrogazione relativa alla Società Sobrero, in risposta ai Consiglieri Conti e Garabello, posso precisare quanto segue: la situazione determinatasi alla Sobrero a seguito del fallimento soprattutto per quanto riguarda i lavoratori dipendenti, è nota. Vi è stata la sospensione totale dei 180 addetti circa per i quali è in corso il trattamento economico straordinario di integrazione salariale previsto dalla Legge '68 n. 1115.
Dalle informazioni assunte, risulta che i dipendenti fino ad oggi hanno incassato anche il 60 per cento dei loro crediti verso l'azienda. Per approfondire la questione connessa alla ripresa dell'attività lavorativa della Sobrero e rispondere quindi ai quesiti posti dai colleghi interroganti, sono state assunte informazioni sull'attuale stato della procedura fallimentare. Si è così accertato che è in corso di elaborazione l'inventario dei beni fallimentari e che la stima dei beni medesimi disposta dal giudice delegato, dovrà essere depositata a breve scadenza.
Tale accertamento, peraltro avvalorato e confermato da specifiche dichiarazioni rilasciate dai competenti organi del fallimento, porta ad escludere che si stia procedendo alla vendita dei macchinari. Detta vendita dovrebbe comunque iniziarsi subito dopo il deposito della stima. Poich tale operazione comprometterebbe però irrimediabilmente la possibilità di una continuazione dell'esercizio dell'impresa, con le conseguenti gravi ripercussioni economiche e sociali, soprattutto per quanto riguarda i lavoratori attualmente in cassa integrazione, ma che saranno a breve scadenza privati di ogni mezzo di sussistenza, la Giunta si è preoccupata trovando disponibilità nei responsabili, che venga procrastinata la vendita dei beni aziendali almeno fino al momento in cui si avrà concreta conoscenza dei dati indispensabili per giudicare la possibilità di procedere alla costituzione di una società di gestione.



PRESIDENTE

Ha facoltà di replicare il Consigliere Conti.



CONTI Domenico

Prendo atto di quanto la Giunta ha fatto per fronteggiare la questione della Sobrero. Ho però l'impressione - devo dirlo francamente, in termini molto chiari - che l'impegno della Giunta non sia stato tempestivo. Se ci riferiamo alle dichiarazioni del Presidente della Giunta fatte nel luglio scorso ad una rappresentanza dei lavoratori che l'avevano interpellato sulla difficile situazione dell'azienda, chiedendo un intervento della Regione, egli si era impegnato ad agire nel senso della costituzione di una società di gestione.
Quanto ho sentito adesso dall'Assessore competente è molto vago circa la serietà e la tempestività dell'intervento da parte della Giunta; si tratta semplicemente di un intervento di attesa, si attende che venga depositata la stima dei beni patrimoniali, si spera di ottenere una sospensiva per ciò che riguarda la vendita di questi beni, ma non di più.
Tra la promessa di costituire una società di gestione e ciò che in effetti si viene facendo, mi sembra che ci sia un abisso, e che nella sostanza la garanzia che era stata data ai lavoratori come impegno della Giunta sia stata disattesa.
Faccio ancora presente che ci sono dei problemi attuali gravissimi, già accennati in parte dall'Assessore Petrini: per questi 180 dipendenti le prestazioni ospedaliere non sono più fornite, le prestazioni mutualistiche per quanto riguarda la piccola assistenza, sono scadute fin dal dicembre '71, e l'indennità di disoccupazione speciale (66 per cento) termina con i primi di febbraio.
Ci troviamo quindi in una situazione gravissima per quel che riguarda i lavoratori (che per la stragrande maggioranza sono donne): in una zona scarsamente industrializzata, quella era pressoché l'unica possibilità di lavoro, soprattutto per la manodopera femminile. Tenuto conto delle difficoltà nel trovare un nuovo posto di lavoro oggi, si creano casi veramente drammatici di tensione.
Per cui io vorrei sollecitare, al termine del mio intervento, la Giunta e il suo Presidente a prendere sul serio gli impegni assunti a suo tempo e a procedere nella direzione promessa, cioè della costituzione di una società di gestione che a questo punto è l'unica forma di intervento che possa garantire ai lavoratori, dato che ormai sono esaurite tutte le possibilità di interventi eccezionali previdenziali ecc. a sollievo dei disagi provocati appunto dal fallimento dell'azienda.



PRESIDENTE

Esaminiamo ora un'interrogazione presentata dai Consiglieri Gerini Fassino e Zanone relativa a interventi dell'Anas per l'adeguamento della segnaletica stradale.
Ha facoltà di rispondere l'Assessore Falco.



FALCO Giovanni, Assessore alla viabilità

Rispondo all'interrogazione urgente dei colleghi Gerini, Fassino e Zanone con la quale gli interroganti, considerato il grave aumento di incidenti registrato nei giorni scorsi sulle strade statali della regione chiedono di conoscere se la Giunta ritenga opportuno sollecitare l'intervento dell'Anas per il necessario adeguamento della segnaletica stradale alle avverse condizioni atmosferiche.
L'Assessorato alla viabilità aveva subito interessato in merito il compartimento Anas di Torino, chiedendo con nota del 30 dicembre 1971 lo studio e l'adozione di un tipo di segnaletica visibile anche in caso di fitta nebbia, in modo da ridurre al minimo i gravi incidenti che tanto hanno preoccupato l'opinione pubblica e che costituiscono motivo di serie preoccupazioni per la pubblica amministrazione.
Non è ancora pervenuta risposta ufficiale alla precitata lettera, ma risulta che l'Anas, nel negare che la mancanza di segnaletica possa aver contribuito alla recrudescenza degli incidenti, dovuta semmai ad imprudenze e ad altre cause, concorda sul fatto che la segnaletica è insufficiente affermando però che nulla per adesso è possibile fare, data la mancanza assoluta di fondi. L'Anas provvederebbe per la segnaletica orizzontale anche se la stessa non è obbligatoria, se avesse i fondi necessari. La segnaletica Anas già in opera è di solito rifrangente e si vede anche con la nebbia. L'Anas comunque assicura che, non appena ne avrà la possibilità provvederà a far rifare tutte le strisce lungo le strade.
In relazione a quanto sopra la Giunta ha in programma di interessare direttamente il Consiglio di Amministrazione dell'Anas di Roma, intervento che sarà fatto nella settimana entrante.
Gli interroganti saranno tenuti al corrente della pratica e del suo esito.



PRESIDENTE

Ha facoltà di replicare uno degli interroganti. Parla il Consigliere Gerini.



GERINI Armando

Ringrazio l'Assessore Falco della risposta e per avere interessato l'Anas, però debbo subito rilevare che la risposta data dall'Anas è quanto meno impertinente, e capiamo come quell'Ente abbia potuto lasciare ridurre quest'inverno le strade allo stato in cui sono. E parlo di strade importanti come quelle che collegano Torino al casalese, Alessandria al tortonese (strade che conosco e che percorro sovente). La linea spartitraffico è stata rinnovata due inverni or sono, e gli incidenti sono accaduti specialmente nelle giornate di dicembre in cui vi era nebbia fitta; e si contano a centinaia. Naturalmente se l'Anas prende solo atto degli incidenti mortali è troppo poco. L'utente della strada, che paga diverse imposte attraverso la benzina ed altro, deve sentirsi tutelato.
La linea spartitraffico nei periodi di nebbia è necessaria. Le Amministrazioni Provinciali in questi ultimi tempi hanno ceduto all'Anas parecchie strade; se l'Anas non intendeva provvedere alla loro manutenzione non doveva accettare l'incombenza. Infatti io posso constatare che le strade rimaste in mano all'Amministrazione Provinciale sono tenute in perfetto ordine: c'è la linea spartitraffico, ci sono i segnamargini, le segnalazioni dovute ecc.,e gli incidenti sono stati minimi, mentre nelle altre - e mi riferisco soprattutto al tratto detto della Val Cerrina, che parte da San Mauro e va fino a Casale - gli incidenti sono avvenuti a catena.
Permetta, Assessore Falco, ch'io sottolinei un episodio che ha avuto luogo proprio stamattina: tra Robella d'Asti e San Candido di Murisengo da tre mesi i fossi stradali non vengono spurgati e l'acqua finisce sul fondo stradale; poiché stanotte abbiamo avuto una temperatura piuttosto rigida la strada e ghiacciata per 300 metri circa e diciotto macchine, tra stanotte e stamani, sono ribaltate. Se lei volesse andare a constatare di persona, potrebbe ancora vedere quattro macchine nei prati; naturalmente gli autisti e i passeggeri sono finiti chi all'ospedale di Asti e chi a quello di Casale.
L'Anas non può ignorare queste strade, deve porvi rimedio, non pu fare solamente grandi progetti (voluti anche da grandi città) come deviazioni ecc.; deve prima di tutto, per compito di istituto, mantenere le strade in condizioni perfette; solo allora potrà passare a fare quei miglioramenti che ritiene opportuni.
Perciò io non mi ritengo soddisfatto della risposta che lei mi ha dato.
Chiedo quindi che la Giunta si interessi ancora al problema; abbiamo visto che con i mezzi moderni le linee spartitraffico si possono fare anche in climi particolarmente rigidi.



PRESIDENTE

Discutiamo ora l'interpellanza presentata dal Consigliere Bono relativa all'intervento presso l'Anas per la sistemazione della strada del Sempione ed esecuzione della circonvallazione di Omegna.
Ha facoltà di illustrarla il presentatore Consigliere Bono.



BONO Sereno

Signor Presidente, signori Consiglieri, per chi conosce la situazione della viabilità sulla strada statale del Sempione, in modo particolare nel tratto che va da Domodossola, o meglio, da Paglino fino a Gravellona Toce e il carico di traffico che si diparte verso Arona e verso Omegna e Borgomanero, non ha bisogno che io illustri ulteriormente l'interpellanza.
Infatti è da 15/20 anni che il traffico in quella zona preoccupa enormemente tutti i pubblici amministratori; da 15 anni circa si continua a parlare di grandi opere, dell'autostrada della Sosva finanziata con capitale privato, della Voltri-Sempione ecc., però vi è una serie di problemi illustrati in quest'interpellanza che, anche senza i miliardi occorrenti per le opere che prima citavo, possono essere risolti.
Nel tratto che va da Gravellona a Domodossola la strada del Sempione è attraversata da cinque passaggi a livello che bloccano il traffico; anche l'attraversamento di Omegna sulla S.S. n. 229 costituisce una strozzatura del traffico che scende dal Sempione, dal Passo della Ribellasca e da Piaggio Valmara e che viene verso Torino, Novara, Alessandria, Genova e verso il biellese.
Pur avendo ciascuno di noi le proprie opinioni circa le grandi opere stradali che sono state progettate, ritengo che ci siano dei problemi che vadano affrontati e risolti con maggiore tempestività e decisione indipendentemente da quanto progettato o da quanto ci si ripromette di fare. La statale del Sempione, anche se si realizzeranno altre opere esempio l'autostrada Voltri-Sempione, rappresenterà ancora per parecchi anni un'importante via di comunicazione nella zona dell'Ossola, del Lago Maggiore e del Lago d'Orta. Di qui la ragione della richiesta di intervento della Giunta Regionale, ed io gradirei conoscere le iniziative che la Giunta intende prendere per la risoluzione di questi grossi problemi.



PRESIDENTE

Ha facoltà di rispondere, a nome della Giunta, l'Assessore Falco.



FALCO Giovanni, Assessore alla viabilità

Rispondo all'interpellanza del collega Bono con la quale egli chiede di conoscere se la Giunta Regionale intende intervenire presso l'Anas affinché vengano eliminati i danni che possono essere provocati al traffico sulla statale n. 33, meglio conosciuta come- strada del Sempione, dalla presenza di ben cinque passaggi a livello nel breve tratto di circa 30 Km.
compreso tra Gravellona Toce e Domodossola, e perché venga promossa una decorosa e razionale sistemazione del tratto della statale n. 33 che unisce Domodossola con la frontiera di Paglino, anche in considerazione del fatto che il Governo elvetico ha realizzato in quello che separa Paglino da Briga e che attraversa il Passo dei Sempione a 2000 metri di quota, una sistemazione che rende percorribile detta strada pressoché tutto l'anno.
L'interrogante chiede infine di conoscere se è nei programmi della Giunta di intervenire, sempre presso l'Anas, affinché venga attuata l'esecuzione della più volte promessa circonvallazione di Omegna.
L'Assessorato alla viabilità aveva, nel dicembre del '71, sollecitato il compartimento Anas di Torino per una pronta soluzione dei problemi di cui sopra, chiedendo di essere messoe a conoscenza dei relativi programmi in corso e possibilmente dei piani di attuazione. Non avendo ricevuta ancora la risposta dell'Anas, che sembra non possa fornire in breve tempo assicurazione che in qualche modo possa comportare assunzione di impegni senza che detti impegni siano prima perfezionati, l'Assessorato alla viabilità ha condotto indagini in merito, assumendo anche informazioni che possono ritenersi attendibili.
Sulla base delle predette indagini posso comunicare quanto segue: per quanto riguarda il tratto della statale n. 33 compreso tra Gravellona Toce e Domodossola, risulta che il compartimento Anas per il Piemonte aveva cominciato a studiare il progetto di variante di Ornavasso, che permetteva l'abolizione dei due passaggi a livello e di una sottovia ferroviaria con brutte curve. Circa gli altri tre si cercherà di prendere accordi con le FF.SS. per l'automatizzazione, nel qual caso l'Anas provvederebbe alla conseguente idonea sistemazione della strada. Detta variante avrebbe naturalmente evitato anche l'abitato di Carnavasso. Essendo però già stati appaltati i lavori di costruzione di qualche tronco dell'autostrada Voltri Gravellona Toce (autostrada che non si sa ancora se arriverà fino a Domodossola o addirittura fino al Sempione),è stato sospeso lo studio del progetto per la variante di Ornavasso, sia perché se la Voltri-Gravellona Toce dovesse continuare fino a Domodossola la variante stessa potrebbe perdere interesse immediato, nel senso che qualora la stessa dovesse essere costruita o finanziata dall'Anas, non potendo detta azienda provvedere contemporaneamente alla costruzione di due autostrade, verrebbe differita la costruzione della Variante di Ornavasso, sia anche perché in tal caso occorrerebbe concordare i tracciati delle due autostrade, nonché sentire gli Enti locali interessati prima di decidere se da Gravellona Toce a Domodossola si dovrà costruire un'autostrada oppure una superstrada.
Per quanto riguarda la sistemazione del tratto della statale n. 33 tra Domodossola e la frontiera di Paglino, risulta che da qualche anno in qua sono stati operati vari interventi allo scopo di migliorare la viabilità accrescendo la sicurezza, nei limiti delle disponibilità finanziarie. Sono stati spesi dal '67 in avanti 500 milioni e sono in corso ulteriori interventi che avranno inizio non appena lo permetteranno le condizioni atmosferiche, per una spesa di 130 milioni.
Circa la variante di Omegna posso comunicare che l'Anas è stata in contatto con detto comune e con i progettisti dello stesso, incaricati del progetto per la circonvallazione. Il Comune di Omegna, infatti, si è assunto l'onere di affrontare questo studio. E' stato discusso un tracciato di massima e si è in attesa del progetto definitivo che l'Anas dovrà esaminare e, si spera, finanziare. Soltanto dopo che sarà stato presentato il progetto si potrà svolgere qualche azione intesa ad ottenerne l'approvazione ed il finanziamento.



PRESIDENTE

Ha facoltà di replicare, per dichiararsi soddisfatto o meno, il Consigliere Bono.



BONO Sereno

Io non solo non posso dichiararmi soddisfatto delle risposte sommarie che mi sono state date dall'Assessore Falco, ma debbo dichiararmi anche stupito del tipo di risposte date, della loro sommarietà ed inconsistenza.
Si dice che da parte dell'Ente Regione si è intervenuti presso l'Anas per risolvere globalmente il problema e si sono puntualizzati i tre tipi di interventi nei tre tratti di strada: sulla statale 33 Gravellona Toce Domodossola si parla di un progetto Anas in fase di esecuzione, che prevedeva l'eliminazione di due dei cinque passaggi a livello e un impianto automatico per gli altri tre, e che ora il tutto è stato sospeso in attesa dell'esecuzione della Voltri-Sempione. Ma tutti noi dovremmo sapere che fino ad ora della Voltri-Sempione è stato appaltato soltanto il tratto che va da Voltri ad Alessandria, e solo la Giunta non sa che del tratto Gravellona Toce-Domodossola non si è mai parlato. Aggiungo però che anche se si dovesse costruire il tratto di autostrada Gravellona Toce Domodossola, finora però nemmeno in programma, l'eliminazione dei cinque passaggi a livello sarebbe comunque inderogabile, perché la statale assolve a compiti ben diversi da quelli dell'autostrada. Per cui non è accettabile la sospensione non solo dell'esecuzione dell'opera, ma della redazione del progetto che qui è stata annunciata. Questo denota che vi è un assoluto disimpegno da parte dell'Anas e che non vi è stato - mi permetta, Assessore un sufficiente impegno da parte della Giunta nel sottoporre all'Anas il problema.
Circa il tratto che va da Domodossola a Paglino, si dice che è già stato fatto parecchio. Io invito la Giunta ad andare a vedere sé quel "parecchio" che è stato fatto, su una strada con quel carico di traffico, è sufficiente, se gli interventi sono adeguati. Prendo atto che vi è un altro stanziamento di 500 milioni ......



FALCO Giovanni, Assessore alla viabilità

Io non ho detto che è stato fatto "parecchio"



BONO Sereno

Comunque c'é una strada dissestata e non adeguata al carico di traffico che deve sopportare.
E anche per quanto si riferisce alla variante di Omegna la risposta è insoddisfacente. E' da almeno un decennio che l'Anas promette il suo intervento (l'Assessore Borando lo sa, e lo sa anche il Consigliere Beltrami). Il Comune di Omegna si era impegnato a suo tempo - da quanto mi risulta - non a realizzare il progetto di variante, che non è di sua competenza, ma a fornire all'Anas determinati studi altimetrici della zona nella quale dovrebbe passare la strada. Io prenderò contatto con il Comune di Omegna per sapere se ciò è stato fatto, però non mi pare logico che l'Anas debba rivolgersi ad un comune che ha le dimensioni, la forza economica e la disponibilità di tecnici che ha Omegna, per chiedere un progetto. Se vi sarà un impegno dell'Anas a realizzare l'opera, vedrò di parlare con gli amministratori comunali di Omegna, riferirò la sua risposta e vedrò in che modo sollecitare.
Certo però che per tutti e tre i punti della mia interpellanza la sua risposta è stata insoddisfacente.



PRESIDENTE

Prendiamo ora in esame l'interrogazione presentata dai Consiglieri Gerini, Fassino, Zanone e Rossotto sulla richiesta dei negozianti di tenere aperti i negozi nei giorni festivi.
Ha facoltà di rispondere l'Assessore Borando.



BORANDO Carlo, Assessore al commercio

Signor Presidente, dispongo di poca voce, ma cercherò di rispondere ugualmente all'interrogazione, che fu già oggetto nella circostanza in cui si è parlato del decreto delegato del trasferimento di fiere e mercati e del commercio.
Si rileva che uno dei criteri fondamentali, esplicitamente notati dalla recente Legge 28/7/1971 n. 558, che regola la disciplina dell'orario dei negozi e degli esercizi di vendita al dettaglio, consiste proprio nella chiusura totale degli stessi nei giorni domenicali e festivi, oltre alla chiusura infrasettimanale obbligatoria di mezza giornata. La stessa legge per quanto concerne le attività miste soggette a licenza comunale o prefettizia del commercio, prescrive l'osservanza dell'orario previsto per l'attività fra di esse prevalente, accertata dal Comune (art. 7). Quanto alle attività miste, soggette parte a licenza di commercio e parte a licenza di pubblica sicurezza (generi di monopolio), non è ammessa la vendita delle merci soggette a licenza di commercio, tranne che per il latte alimentare. Se è prevista la loro chiusura è perché è consentita la vendita delle altre merci, se ciò è disposto dal relativo orario.
Le eccezioni contemplate dal legislatore per questi precetti riguardano i negozi siti nelle località ad economia turistica per i periodi di maggiore afflusso turistico,e con l'obbligo, per la Regione, di sentire il parere dell'Ente Provinciale del turismo e delle organizzazioni sindacali del ramo.
Da ciò consegue che la domanda dei negozianti, cui si riferisce l'interrogazione, trova francamente in via di principio un ostacolo nelle norme di legge. Tuttavia la Regione, e per suo incarico il sottoscritto con i funzionari dell'Assessorato, non mancherà.... Quando ho preparato la risposta avevo scritto "non mancherà"; ora invece sono in grado di dire che sono già in atto nelle Province delle riunioni (a cui ha partecipato qualche Consigliere) con i commercianti, con gli amministratori degli Enti locali (a Cuneo hanno partecipato sindaci e categorie interessate), per esaminare attentamente le domande che verranno rivolte, sia per fornire ogni chiarimento possibile, sia per accertare se sussiste in concreto la possibilità di rilasciare le previste autorizzazioni di eccezione.
In altri termini, dobbiamo suddividere la nostra regione in zone diverse. Intanto, prendiamo come punto di riferimento le varie province nell'ambito delle quali vi sono zone tipiche, le une diverse dalle altre.
Faremo in modo quindi che questo calendario per il quale è prevista una regola, ma sono previste anche delle eccezioni, tenga conto delle reali situazioni di fatto delle varie zone, del desiderio della categoria interessata e anche di quanto previsto dall'art. 1 della legge, cioè della comodità che si deve fornire ai consumatori e alle categorie lavoratrici in rapporto al tempo libero e allo spostamento di massa.
Questo é, in sostanza, il concetto che dovrebbe essere messo in atto in sede di applicazione della legge, mentre la legge del buon senso dovrebbe accontentare e i fornitori e i consumatori.



PRESIDENTE

Ha facoltà di replicare, per dichiararsi o meno soddisfatto, uno degli interroganti.
Ha la parola il Consigliere Gerini.



GERINI Armando

Ringrazio l'Assessore Borando per la risposta, che però si è limitata nella prima parte, a farci conoscere la legge (che tutti conoscevamo).
Io avevo già preso atto della riunione indetta dall'Assessore Borando in provincia di Cuneo alla Camera di Commercio, e mi auguro che riunioni del genere vengano estese a tutte le altre province e che siano invitati specialmente i sindaci e gli operatori dei piccoli paesi. Io, che provengo da un piccolo paese, so come la pensano, perciò chiedo all'Assessore Borando che nelle riunioni che verranno indette nelle altre province siano invitati i sindaci e gli operatori, specialmente dei piccoli paesi.
Vorrei ora illustrare lo spirito della nostra interrogazione e fare presente che le aziende che vivono nei piccoli centri smerciano i generi più disparati e sono a conduzione prettamente familiare; l'attività prevalente dei loro conduttori molte volte non è quella di negozianti bensì di coltivatori diretti o di operai che lavorano in aziende contermini. In secondo luogo queste piccole aziende devono la sopravvivenza al lavoro che viene svolto specialmente nei giorni festivi e nel giorno del tradizionale mercato, anche perché in quei giorni i contadini lasciano il lavoro dei campi per recarsi al capoluogo per l'acquisto di prodotti i più disparati e non solo di prima necessità, ma di attrezzature varie, di abbigliamento e anche dei giornali.
Inoltre, nei giorni festivi rientrano al paese quasi tutti coloro che dato il magro reddito, svolgono la loro attività in città; vengono a trovare i parenti, magari a dare un colpo di zappa all'orto, a fare vedere (se la possiedono) la macchina a quelli che sono rimasti al paese, creando così un turismo di fine settimana, il cosiddetto week-end.
Occorre quindi che i negozi di paese, specialmente quelli a licenze miste (mettiamo magari un limite, paesi fino a 5.000 abitanti) restino aperti nei giorni festivi. Naturalmente la chiusura infrasettimanale è opportuna, ma restino aperti nei giorni festivi anche perché l'introito di quelle giornate è quello prevalente, e il profitto che ne deriva serve per pagare le tasse e le spese. Diversamente queste aziende sparirebbero mettendo così in altre difficoltà gli abitanti della zona, che hanno già poche comodità di trasporto, possibilità culturali scarsissime, mentre le comodità di civile convivenza sappiamo a che punto sono ridotte.
Ringrazio perciò l'Assessore per le riunioni che vorrà promuovere e mi auguro che accetti il mio suggerimento



BORANDO Carlo, Assessore al commercio

Senz'altro.



PRESIDENTE

Prendiamo ora in esame l'interrogazione presentata dai Consiglieri Berti, Marchesotti e Sanlorenzo sulle iniziative politiche per porre fine alle provocazioni teppistiche fasciste.
Ha facoltà di rispondere l'Assessore Cardinali.



CARDINALI Giulio, Vicepresidente della Giunta Regionale

Comunico subito agli interroganti l'estremo imbarazzo in cui mi trovo non per dare, evidentemente, una risposta su questa materia, ma per dover dare una risposta su un'interrogazione specifica che venne redatta in data 8 novembre e che faceva riferimento ad avvenimenti verificatisi il 7 novembre e programmati per il 14 dello stesso mese.
E' evidente che il discuterne oggi non consente di fare riferimento a quei fatti specifici, tanto più se consideriamo che nel frattempo hanno continuato a verificarsi in Italia una serie di fatti preoccupanti che dimostrano le tendenze, da parte di alcune forze politiche, a tentare di risolvere con azioni di intimidazione i problemi del Paese nella piazza. Ed è evidente che questo insieme di manifestazioni ha avuto aspetti preoccupanti sia nella nostra regione che fuori dalla stessa, ed è diventato il motivo di massima preoccupazione da parte di tutti coloro i quali ritengono che la democrazia si difende soprattutto con la rinuncia alla violenza, nell'isolare la violenza e nell'impedirla. Preoccupa l'opinione pubblica generale, la quale è convinta che queste manifestazioni rappresentino ormai il corollario inevitabile di qualsiasi altro tipo di pronunciamento, per cui all'annunciarsi di una manifestazione o di un corteo già si mette in conto la possibilità di un'azione provocatrice o di rappresaglie.
Ebbene, io credo che per valutare il significato che può avere un'azione della Regione contro questo tipo di manifestazioni, dobbiamo rifarci, a ciò che in Consiglio Regionale abbiamo deliberato, o per lo meno abbiamo discusso in una mozione che ha avuto momenti di notevole elevatezza proprio circa un anno fa, nel momento in cui, insediatasi la nuova Giunta si era aperto il problema di valutare il risveglio del rigurgito autoritario e della ripresa dei movimenti fascisti nel nostro Paese.
Dire che iniziative abbia preso la Giunta per impedire tutto questo non è semplice; io credo che il problema non stia in un'iniziativa della Giunta, ma in un chiaro, netto pronunciamento da parte degli organi regionali. Tant'è che mi permetterei di suggerire agli interroganti di farne argomento per un dibattito di più ampia portata in questo Consiglio.
La Giunta ritiene che la situazione non abbia, al momento attuale, aspetti drammatici. Se analizziamo con attenzione i fenomeni che si stanno manifestando e, cioè l'azione violenta da parte dei gruppi di estrema destra, notiamo che tutto ciò rappresenta ancora un tipo di movimento non coordinato. Forse il motivo di tranquillità deriva dal fatto che si tratta di manifestazioni di una parte politica dietro la quale non si delinea ancora una organica forza economica che tenda a rendersene padrona e a dirigerla. Ciò non significa però che non debba elevarsi da questo Consiglio un monito chiaro contro tentativi di questo genere.
Io penso che la Giunta possa prendere l'iniziativa, attraverso l'adempimento delle proprie incombenze, di accelerare tutta quella normativa che riguarda la Regione, risolta la quale anche queste minacce possono essere ridimensionate ed assumere l'aspetto che hanno. Sul piano concreto però iniziative vere e proprie della Giunta non credo che possano essere configurate, al di fuori di un pieno accordo fra il Consiglio e la Giunta stessa, il cui parere su questo argomento è stato espresso quando lo stesso venne dibattuto, e non c'è una virgola da modificare su quanto si è detto. Non penso che un telegramma di protesta o un susseguirsi di atteggiamenti di questo genere possano modificare la situazione, ma che possa essere modificata solo nella misura in cui l'ordine democratico venga garantito e tutelato.
Noi abbiamo preso atto delle iniziative della Magistratura, la quale ha intrapreso azioni concrete per individuare le centrali dalle quali emanano le manifestazioni di tipo neofascista, e nel prendere atto di questo pensiamo che l'atteggiamento della Magistratura sarebbe insufficiente se non fosse appoggiata e seguita dall'atteggiamento energico dello Stato e dall'atteggiamento consapevole soprattutto dei cittadini. Noi ai cittadini diciamo che questo tipo di manifestazioni non soltanto viene condannato bollato per ciò che rappresenta, ma che non può essere ulteriormente tollerato.
La Regione Piemonte non ha possibilità proprie per intervenire, ma pu contribuire a combattere questo tipo di manifestazioni nel fare il proprio dovere con serietà, come questa Giunta cerca di fare nonostante le difficoltà, i rinvii e lo scarso possesso delle funzioni che le sono attribuite.
Sulla questione del racket di Bardonecchia noi torneremo, perché è all'o.d.g., e la dibatteremo, ma credo che sul piano generale le indicazioni possano scaturire esclusivamente dal Consiglio Regionale nella sua interezza, perché è nell'ambito di una precisa valutazione del Consiglio che può emergere anche un'azione concreta, la quale non può che essere condotta nell'ambito dei poteri, delle funzioni, delle possibilità che ha la nostra Regione.



PRESIDENTE

Ha facoltà di dichiararsi o meno soddisfatto il Consigliere Sanlorenzo.



SANLORENZO Dino

Signor Presidente, come sempre succede quando a replicare è il Vicepresidente della Giunta, occorre constatare come vi siano cose su cui si può facilmente consentire e altre, invece, che rimangono o oscure o un po' equivoche, tali da non meritare il nostro apprezzamento.
E' facile consentire con l'affermazione che oggi non bastano più pronunciamenti; non è questione di inviare un telegramma in più o in meno per manifestare la protesta contro gli atti squadristici, siamo d'accordo è anche facile consentire alla proposta che il Vicepresidente ci fa di arrivare presto in Consiglio a un ampio dibattito su questo argomento, per aggiornare la valutazioni che facemmo tempo fa nel Consiglio Regionale e vedere le misure da prendere. Non è invece facile consentire sul fatto che la Giunta, al momento, non ha una risposta da dare, non può dire quello che ha fatto perché, in effetti, non ha fatto niente: veramente la Giunta (o almeno il suo Presidente) ha fatto qualche cosa in questi mesi, nei confronti del fascismo, dando il suo rilevante contributo a eleggere un Presidente della Repubblica con i voti dei fascisti; quindi qualche cosa in questo senso ha fatto il Presidente della Giunta, se non la Giunta stessa.
Io sono convinto che se fosse stato delegato dalla Regione Piemonte il Vicepresidente Cardinali, partigiano, ex presidente dell'ANPI, forse questa iniziativa della Giunta ci sarebbe stata risparmiata in questi mesi.
Il fatto è che altre Regioni fanno e fanno perché i fatti successi in Piemonte sono gravi, ma sono ancora più gravi altri fatti che succedono tutti i giorni: ieri a Roma teppisti fascisti, reduci da un comizio di Almirante, hanno sparato colpi di arma da fuoco contro tre giovani, e alcuni di questi sono rimasti feriti; ieri all'Università di Messina è stato picchiato uno studente, sono entrati mentre un professore stava impartendo la sua lezione e hanno pestato lo studente e poi riempito la lavagna con scritte di "Viva il fascismo". Tutto questo qualche giorno dopo che Almirante era apparso alla TV italiana, tracotante, a far pesare di fronte all'opinione pubblica il prezzo dei suoi voti determinanti (dice lui) all'elezione del Presidente della Repubblica.
E ciò che successe a Bardonecchia era un fatto analogo, con le stesse caratteristiche: maggioranza di teppisti che assaltano gruppi sparuti di giovani o di antifascisti, con un rapporto di venti a tre, di dieci a uno picchiano, bastonano, poi scappano (e non li pescano mai). Fino a quando? Fino a quando qualcuno si muove; fino a quando un procuratore della Repubblica di una città importante ha il coraggio di andare ad affrontare le sue responsabilità e di aprire un'inchiesta; fino a quando una Regione come quella lombarda passa dalle dichiarazioni verbali e dai telegrammi a promuovere un'inchiesta; fino a quando alcuni gruppi democratici in Emilia prendono l'iniziativa di andare a fonde delle cose e riescono a scoprire come stanno le cose delle organizzazioni squadriste in Italia, a denunciarle, a farne oggetto di indagine della Magistratura.
Ecco quello che noi chiediamo alla Giunta Regionale: di farsi promotrice di un'iniziativa di questa natura. Se la risposta del Vicepresidente Cardinali si deve intendere come un suggerimento ai gruppi che hanno promosso l'interrogazione per farsi promotori di un dibattito in Consiglio che porti a decisioni concrete della Giunta, noi ci dichiariamo soddisfatti della risposta del Vicepresidente, ma solo a questa condizione se invece fosse soltanto un'ennesima dichiarazione generica di antifascismo per mettersi in pace la coscienza con un nuovo pronunciamento del Consiglio Regionale, questo non ci basterebbe. Né ci basta la considerazione finale che in Piemonte questi fatti sono meno numerosi; certo, hanno provato anche qualche volta in Piemonte e le hanno prese, quindi si sono limitati, negli ultimi tempi, a pestarsi fra di loro (per lungo tempo è stato assente da questo Consiglio, ahimè, chissà con quanto dispiacere di tutte le forze democratiche, un Consigliere che ha avuto la ventura di pestarsi nella sede del suo partito con dei correligionari.) Ma non ci deve consolare n tranquillizzare tutto questo, perché l'abitudine a usare di queste metodologie per portare avanti la lotta politica fa poi sì che in determinate situazioni, che sono oscure e pericolose nel nostro Paese questa gente riesca ad avere tutti gli appoggi sufficienti e necessari a riversare la sua aggressività, la sua violenza, i suoi sistemi nella lotta politica anche all'esterno delle sue sedi.
Io chiedo quindi che la Giunta, se vuole essere coerente con le dichiarazioni del Vicepresidente, faccia lei stessa delle proposte in Consiglio su cui si possa aprire e concludere positivamente un dibattito.



PRESIDENTE

Esaminiamo ora l'interpellanza presentata dai Consiglieri Soldano e Giletta sulle misure di protezione lungo la spalletta del viadotto Soleri in Cuneo.
Ha facoltà di illustrare la propria interpellanza la Consigliera Soldano.



SOLDANO Albertina

Il viadotto Soleri, lungo oltre 1000 metri, alto metri 47 e mezzo inaugurato negli anni '30, prima della costruzione dei viadotti autostradali, ha goduto fama di essere uno fra i più alti d'Europa; serve la sede stradale e quella ferroviaria ed è un'opera esemplare in muratura valorizzata dalla privilegiata ubicazione a prospetto della corona dei monti. Oggi rappresenta un polmone importante per la vita e lo sviluppo socio-economico di Cuneo e di gran parte della provincia. Il viadotto Soleri alimenta infatti il traffico da Torino, Dronero e dalle vallate del Maira e del Grana; inoltre le correnti del traffico dal saluzzese e dalle altre zone vicine per Cuneo sono incanalate anche sul viadotto verso altre zone della provincia e verso i valichi internazionali. Esso infatti è percorso dalla strada statale n. 20, denominata del Colle di Tenda e della Valle Roia.
Ma oltre alla fama riconosciuta al viadotto quale opera di ardita ingegneria e quale importante arteria di comunicazioni, occorre precisare che la cronaca lo ha reso celebre registrando periodicamente l'avvenuto suicidio di chi, per motivi che soltanto uno psicologo o uno psichiatra potrebbe analizzare, con un balzo nel vuoto ha preferito porre fine ai suoi giorni. Oltre cento sono ormai le persone tragicamente finite sulla pietraia del greto del fiume Stura o fra i rovi delle sue sponde. E' una cifra che non ha soltanto rilievo statistico, ma che documenta soprattutto l'urgente necessità di trovare una soluzione ad un problema che non esitiamo a definire inquietante. Anzi, le statistiche per una volta perdono il tono disumanizzante per richiamare l'urgente dovere di provvedere alla costruzione di un adeguato sistema di protezione da collocare lungo la spalletta del ponte. Spesso i suicidi si susseguono con ritmo incalzante,e non di rado le persone che hanno deciso di togliersi la vita raggiungono Cuneo anche da località distanti, attratte dal lugubre fascino del ponte.
Si verifica così un'assurda reazione a catena che porta inevitabilmente deboli e malati a considerare il ponte della morte come l'unica soluzione ai loro problemi. Per triste esperienza, infatti, i tragici voli dal viadotto non sono mai isolati; al primo ne segue sempre un secondo e sovente un terzo. Non sta a noi spiegare i motivi determinanti dell'aumento dei suicidi in questi ultimi anni; possiamo tuttavia capire che a coloro che cadono in preda a crisi di sconforto o solitudine, raramente oggi la nostra società riesce a rispondere con immediatezza ed efficacia.
L'opinione pubblica cuneese,e non soltanto cuneese, si chiede se non è possibile risolvere l'annosa questione della costruzione di un sistema protettivo. Non basta cioè, egoisticamente quanto affrettatamente affermare che ciascuno deve saper affrontare e risolvere i suoi problemi personali oppure che altre strade, altri luoghi o altri mezzi sono possibili a chi vuol porre fine ai propri giorni. Per quanto riguarda il viadotto Soleri è doveroso osservare l'inadeguatezza e la scarsa razionalità dell'attuale parapetto che offre, anche dal punto di vista psicologico, insufficiente sicurezza. Infatti presenta un livello troppo basso ed una particolare conformazione per cui, in caso di vuoti d'aria, dà un pericoloso senso di vertigine. Inoltre occorre tenere presenti altri fattori, quali la straordinaria altezza del manufatto, la sua vicinanza a un grande centro abitato, il conseguente intenso grado di circolazione automobilistica e pedonale; periodicamente, ma ripetutamente, il problema è stato sollevato dai settimanali locali, oltre che da importanti quotidiani e da numerosi interventi di Consiglieri comunali e provinciali. Ripetutamente l'Amministrazione Provinciale e Comunale di Cuneo, nonché autorevoli membri del Governo, sono intervenuti presso l'Anas, quale proprietaria del manufatto, al fine di realizzare il perfezionamento dell'opera, tenendo altresì presenti varie esigenze sia di carattere tecnico-urbanistico, sia di carattere tecnico-economico.
In particolare è da sottolineare l'impegno concreto con il quale un gruppo di giovani ha cercato di dare il suo contributo per la soluzione del problema. Nel rispetto delle competenze di tutti gli enti interessati Anas, Genio civile, Provveditorato regionale alle opere pubbliche, FF.SS.
è urgente coordinare le iniziative e smuovere gli ultimi ostacoli. Questo ci pare, può fare la Giunta Regionale. Esiste, da parte dell'Amministrazione Provinciale e Comunale di Cuneo, un fermo intento di collaborazione anche dal punto di vista finanziario, pur nel rispetto delle competenze dell'autorità competente. I cuneesi sanno che le autorità responsabili di Wuppertal, in Germania, non esitarono a fare erigere una solida barriera di protezione lungo il parapetto del ponte Blombach, molto simile al viadotto in questione; bastarono (mi sia lecito ricordare la cifra) per i tedeschi 17 suicidi per decidere e soprattutto per costruire il sistema protettivo. Noi, purtroppo, siamo a quota cento.
La Regione Piemonte, nei limiti delle sue competenze, deve contribuire efficacemente a dare una risposta definitiva alle giustificate, reiterate apprensioni dell'opinione pubblica in generale e della cittadinanza cuneese in particolare. Se la società di oggi non è in grado di dare una risposta adeguata agli aspiranti suicidi cerchi, se possibile, di scoraggiarli nei loro propositi, o quanto meno di costringerli a un ripensamento; ogni vita umana ha un valore inestimabile,e se talvolta un uomo può sbagliare la società in cui egli vive deve saper prevenire l'irreparabile, almeno nei limiti delle sue possibilità; un ostacolo, una difesa imprevista possono divenire, in casi estremi, quasi un deterrente che impedisca il gesto irreparabile. Il recupero umano, infine, è sempre possibile; non si lasci dunque intentato alcun mezzo per prevenire e per aiutare.



PRESIDENTE

Ha facoltà di rispondere, a nome della Giunta, l'Assessore Falco.



FALCO Giovanni, Assessore alla viabilità

Rispondo all'interpellanza dei colleghi Soldano e Giletta, con la quale chiedono l'intervento della Giunta al fine di coordinare eventuali iniziative tendenti a portare a soluzione l'annoso ed indilazionabile problema di un adeguato sistema di protezione da collocare lungo le spallette del viadotto Soleri di Cuneo, tristemente noto all'opinione pubblica come "ponte dei suicidi".
Gli interpellanti chiedono la costruzione di un adeguato sistema di protezione da collocare lungo la spalletta, tenendo nella dovuta considerazione le varie esigenze sia di carattere estetico urbanistico, sia di carattere tecnico-economico. Per la soluzione del grave problema si sono interessati in passato l'Amministrazione Provinciale, il Comune di Cuneo, e la questione è nota da tempo per la sua gravità e complessità agli enti interessati, quali l'Anas (responsabile della statale n. 20 e quindi anche del viadotto), il Genio civile di Cuneo ed il Provveditorato regionale alle opere pubbliche.
La Giunta si è fattivamente interessata alla soluzione del problema, ed a seguito del suo intervento la direzione generale dell'Anas ha autorizzato la Direzione compartimentale del Piemonte a redigere una perizia per l'importo di 22 milioni, da sottoporre all'esame del comitato tecnico. Il progetto consisterebbe nella messa in opera di una rete verticale lungo le due spallette del viadotto, montata sulla ringhiera e sui pilastrini, in modo da impedire lo scavalcamento delle spallette stesse e consentire ai passanti la visibilità del paesaggio alpino, molto interessante dal punto di vista urbanistico.
In data 23 novembre '71 l'Assessorato alla viabilità ha avuto assicurazione che il progetto sarebbe stato redatto entro la prima settimana di dicembre, secondo le indicazioni precedentemente concordate, e quindi sottoposto all'approvazione del comitato tecnico. Dopo tale approvazione il progetto sarà inviato alla Direzione generale Anas Roma che disporrà definitivamente per il suo finanziamento, e quindi si potrà procedere all'appalto dei lavori.
La Regione proseguirà nel suo interessamento, al fine di accelerare la progettazione e l'iter della pratica e di consentire l'esecuzione dell'opera nel più breve tempo possibile. Questo Assessorato ritiene che i lavori possano essere iniziati tra non molto e portati a termine entro brevissimo tempo.



PRESIDENTE

Ha facoltà di dichiararsi soddisfatta o meno la interpellante.



SOLDANO Albertina

Ringrazio l'Assessore Falco per la diligenza e la precisione con cui ha risposto alla nostra interpellanza. Mi permetta tuttavia di chiedere che l'interessamento attivo della Giunta continui ancora, senza sosta, al fine di ottenere che gli organi competenti realizzino quanto hanno promesso. Pu essere utile precisare che è ormai passato alquanto tempo dall'8 novembre data di presentazione della nostra interpellanza; purtroppo, da allora si è verificato un altro suicidio. Non vorremmo che la catena continuasse.
La Giunta Regionale voglia pertanto considerare il problema tuttora aperto e soprattutto urgente. Grazie.



PRESIDENTE

Sospendiamo l'esame delle interpellanze e delle interrogazioni, per riprendere quello del nostro o.d.g.


Argomento: Informazione

Mozione su Regioni e riforma della Rai-Tv


PRESIDENTE

Prima di discutere ed approvare altre mozioni, dobbiamo concludere la discussione che c'é stata stamani sulla Rai-Tv, sulla quale ho presentato il seguente o.d.g. che ho fatto vedere ai Presidenti dei vari Gruppi e alla Giunta: "Il Consiglio Regionale del Piemonte, esaminata la questione dei rapporti fra Regioni e Rai-Tv con l'avvicinarsi della scadenza della convenzione fra lo Stato e la Rai-Tv, delibera di esprimere i seguenti orientamenti: 1) la Rai-Tv è il principale canale di informazione dell'opinione pubblica italiana e riveste il carattere di un servizio pubblico essenziale al pari della scuola 2) per il suo carattere di servizio pubblico essenziale la Rai-Tv deve garantire la piena liberta di informazione su tutte le questioni di interesse pubblico e consentire perciò, nella loro trattazione, la massima libertà e autonomia di informazione e di opinione, al di là di ogni vincolo di censura, nonché la più ampia libertà di scelta degli argomenti trattati 3) la tutela di questa libertà non può essere affidata esclusivamente ai gestori di questo servizio pubblico essenziale, ma deve comportare un intervento organico, oltre che di organi esclusivamente parlamentari, anche di altri rappresentanti della pubblica opinione 4) le Regioni costituiscono un organo rappresentativo della pubblica opinione che, per l'istituto della partecipazione popolare, è iscritto negli statuti regionali, e garantiscono, mediante il loro inserimento nell'organizzazione della vigilanza sulla Rai-Tv, la partecipazione di tutto il tessuto amministrativo e sociale delle singole regioni 5) la creazione di commissioni regionali di vigilanza, che potrebbero delegare un loro rappresentante a un organo nazionale di vigilanza consentirebbe alle Regioni di partecipare alla promozione, oltre che al controllo, dell'esecuzione della programmazione regionale 6) per consentire la raccolta delle informazioni di base a carattere regionale, e pertanto l'arricchimento dei servizi radio-televisivi chiamati a fotografare una realtà che oggi largamente sfugge a una Rai-Tv organizzata in maniera centralizzata, occorre potenziare le sedi regionali della Rai-Tv e potenziare i centri di produzione 7) pur senza suggerire mezzi tecnici atti a far conoscere questa realtà regionale al Paese, appare difficile considerare assolta tale esigenza mediante l'utilizzazione dei due canali esistenti in fasce orarie di scarso ascolto o con tribune politiche regionali 8) il Consiglio Regionale è pertanto favorevole alla proposta di un convegno nazionale sull'informazione radiotelevisiva regionale, da tenersi tempestivamente per poter influire sul nuovo assetto della Rai-Tv, con la partecipazione del governo della Repubblica, della commissione parlamentare di vigilanza e dei rappresentanti della Rai-Tv 9) il Consiglio delibera inoltre di affidare alla propria III Commissione il compito di studiare e di riferire in seguito al Consiglio i modi migliori in cui può essere sviluppata l'informazione radiotelevisiva con particolare riguardo a quella regionale".
Qualcuno chiede la parola su questo o.d.g.? Ha facoltà di parlare il Consigliere Gandolfi.



GANDOLFI Aldo

Signor Presidente, osservavo, mentre leggeva il testo, che in sostanza dei due elementi politici che erano stati individuati stamani, cioè l'informazione regionale e la riforma della Rai-Tv, il secondo viene ignorato. Mi sembra importante, proprio per la discussione che abbiamo fatto, che con l'angolatura data alla mozione venga detto esplicitamente come indicazione di volontà politica del Consiglio, che noi chiediamo la riforma della Rai-Tv prima del rinnovo della concessione alla Rai-Tv stessa.
Io proporrei che al punto 9), dopo le parole "i modi migliori in cui può essere sviluppata l'informazione radiotelevisiva" si aggiunga "nel quadro di una riforma dell'ente radiotelevisivo da realizzarsi prima del rinnovo della concessione statale".



PRESIDENTE

Non ho difficoltà ad accogliere il suo emendamento. Non so se da parte di altri ve ne siano. La frase dovrebbe andare proprio alla fine?



GANDOLFI Aldo

Sì, alla fine " .....con particolare riguardo a quella regionale, nel contesto di una riforma dell'ente radiotelevisivo da realizzarsi prima della scadenza della convenzione con lo Stato".



PRESIDENTE

Vi sono altre proposte di emendamenti od osservazioni? Se non ve ne sono, pongo ai voti l'o.d.g. che è stato testè letto, con l'integrazione proposta dal Consigliere Gandolfi.
Chi è favorevole è pregato di alzare la mano.
E' approvato all'unanimità.


Argomento: Urbanistica (piani territoriali, piani di recupero, centri storici - Beni ambientali - tutela del paesaggio (poteri cautelari, vincoli - Valutazione impatto ambientale - Edilizia e norme tecnico-costruttive

Mozione sulla situazione edilizia a Bardonecchia


PRESIDENTE

Fra le mozioni da esaminare oggi, la prima è quella che riguarda la situazione edilizia a Bardonecchia.
Ha facoltà di parlare il Consigliere Sanlorenzo.



SANLORENZO Dino

Signor Presidente, vorrei chiederle di invertire l'ordine della discussione, di anticipare il dibattito sulla mozione Montedison, sia per i contatti che abbiamo avuto oggi con delegazioni operaie, sia perché sono presenti, ad assistere ai nostri lavori, numerosi lavoratori della Montedison.



PRESIDENTE

Se non vi sono obiezioni - e non credo che ve ne siano - possiamo invertire l'ordine del giorno.


Argomento: Industria (anche piccola e media) - Problemi del lavoro e della occupazione

Mozione circa la decisione della Montedison di chiudere le proprie aziende in Piemonte


PRESIDENTE

Prendiamo quindi in esame il punto 6) b) "Decisione della Montedison di chiudere le proprie aziende in Piemonte".
Ha facoltà di illustrare la mozione uno dei presentatori.
La parola al Consigliere Sanlorenzo.



SANLORENZO Dino

I Consiglieri non hanno dovuto attendere l'illustrazione di questa mozione per comprenderne l'attualità e la pertinenza, dato che stamattina i lavoratori della Bemberg hanno voluto sensibilizzare i Consiglieri Regionali con un loro documento, e oggi pomeriggio sono presenti fra di noi anche delegazioni dei lavoratori della Chatillon di Vercelli e della Imes di Alessandria a sottolineare un collegamento che si è stabilito (nelle forme previste dallo Statuto e con un metodo che io credo ampiamente democratico e utile e positivo per il Consiglio Regionale), di partecipare di assistere alla discussione su problemi di tanta rilevanza che toccano direttamente loro e tutta l'economia della Regione.
Quali sono i fatti che hanno suggerito la presentazione della mozione? Eccoli: prima di tutto quelli rilevabili dalle lotte dei lavoratori della Imes di Alessandria, del gruppo Montedison, che da due mesi occupano lo stabilimento dopo la comunicazione di 75 licenziamenti preannunciati dalla direzione. Mi pare che su questo caso vi siano delle notizie che sembrerebbero positive, apparse ieri sulla stampa e che forse attendono oggi, dalla Giunta, una conferma. La stampa ieri pubblicava la notizia secondo la quale l'Assessore Visone, incontrandosi con il Ministro delle partecipazioni statali Piccoli, avrebbe assicurato che il Presidente della Montedison Cefis e l'amministratore delegato della Cognitex, avevano garantito che la Imes poteva passare alla Cognitex, e quindi l'operazione avrebbe potuto garantire il mantenimento dei livelli di occupazione. Si tratta di una conferma che dobbiamo attendere da questo stesso dibattito la attenderemo; si tratta comunque di uno spiraglio che si sarebbe aperto in questo discorso.
Altri fatti sono quelli dei lavoratori della Bemberg, i quali hanno consegnato un'ampia documentazione ai Capigruppo e a tutti i Consiglieri il che mi esime dall'illustrarla in modo particolare. Voglio solo ricordare che la questione non è solo preoccupante e grave per i 238 lavoratori passibili di licenziamento immediato, ma per la ragione che i lavoratori stessi illustrano in una parte del loro documento, là dove sta scritto che "il quadro delle previsioni è allarmante e drammatico per tutti, e non soltanto per i 238 lavoratori passibili di licenziamento immediato: per il poliammidico si preannuncia un aumento dei ritmi e carichi di lavoro; per il cupro e le lavorazioni tessili, se a fine giugno (cioè a fine cassa integrazione) non saremo in grado di riprendere al cento per cento, grazie a una ripresa sperabile delle vendite, si profila il licenziamento di altre centinaia e centinaia di lavoratori, o peggio, per le lavorazioni tessili si minaccia addirittura la chiusura o il licenziamento totale delle operaie".
Sono fatti anche quelli che concernono il blocco delle assunzioni avvenuto, fin dalla primavera scorsa, alla Rhodia di Pallanza; e sono fatti la riduzione dell'occupazione di circa 300 unità, avvenuta in quello stabilimento; sono fatti, i 2600 dipendenti a cassa integrazione per la ristrutturazione particolarmente del reparto tessile (sempre della Rhodia) e sono fatti anche la riduzione progressiva, silenziosa ed esplicita avvenuta fra gli occupati nell'azienda Azoto Montecatini di Novara, e la riduzione particolarmente significativa, di 60 unità, oltre al blocco delle assunzioni, all'Istituto ricerche Donegani di Novara, l'unico grande istituto di ricerca che esista in Italia nel settore chimico; e sono ancora fatti il blocco delle assunzioni a Spinetta Marengo e il blocco delle assunzioni alla Chatillon di Ivrea, accompagnato anche qui da licenziamenti silenziosi (io chiamo licenziamenti silenziosi quelli che avvengono quando i lavoratori vanno in pensione e non vengono sostituiti da nuova manodopera; c'è, in sostanza, una riduzione dell'occupazione, di fatto) che avvengono anche alla Chatillon di Vercelli, accompagnati da un annuncio che è stato ventilato in alcune riunioni sindacali, con i poteri pubblici anche, di 200 licenziamenti.
Ma sono fatti,e in un certo qual modo persino fatti più preoccupanti le dichiarazioni rese a più riprese in incontri con i sindacati a Vercelli e a Torino da parte del Ministro del Lavoro Donat Cattin, circa la possibilità di migliaia di riduzioni di posti di lavoro nel complesso Montedison, in conseguenza del processo di ristrutturazione; e sono fatti altrettanto gravi, collegati a questi, anche la conferenza stampa che i dirigenti del grande complesso nazionale hanno tenuto recentemente a Milano, e che sono tali, appunto, da motivare di per sé le richieste contenute nella mozione che è stata presentata.
Quali sono gli elementi di preoccupazione aggiuntivi a quelli che sono gia stati da me esposti? Sono numerosi e di varia natura: prima di tutto il problema dell'occupazione che si ripropone, dico ripropone,perché non si può dire che negli ultimi sei-sette anni quello dell'occupazione sia stato il tema centrale della nostra regione; altri erano e sono ancora i problemi centrali della nostra regione e cioè quelli derivanti dalla grande immigrazione, dalla congestione, dal problema esasperato della casa, dai trasporti, dagli inquinamenti, ma non il problema dell'occupazione. E anche se mai si era raggiunto in Piemonte un momento di piena occupazione nel senso classico della economia e cioè della piena occupazione di tutte le risorse disponibili, perché anche nel momento di massima, esasperata occupazione si è trattato tuttavia di un'occupazione abbastanza distorta perché coesistevano il fenomeno del flusso degli immigrati dal sud e da ogni altra parte del Piemonte verso le zone congestionate e il fenomeno per esempio di un'insufficiente occupazione femminile, anzi, di una riduzione del tasso percentuale di occupazione femminile nei confronti del tasso generale, si è aggiunto quell'altro fenomeno che c'è sempre stato, ma che sta divenendo sempre più grave, della disoccupazione giovanile intellettuale di cui parlò già, portando un dato drammatico, il Consigliere Nesi quando citò quelle migliaia di domande di assunzione alla Cassa di Risparmio. E non avevamo bisogno di conferme, giacché sappiamo tutti che stanno venendo a maturazione le leve dei giovani che sono entrati nella scuola d'obbligo, si sono diplomati e oggi si affacciano sul mercato del lavoro che può solo offrirgli o una sottoccupazione o una disoccupazione.
Quindi il problema della piena occupazione non c'è mai stato, neanche nel momento del drammatico flusso dell'immigrazione in Piemonte, come lo avremmo voluto noi. Oggi invece si ripropone in termini nuovi, per effetto appunto, di ciò che è stato denunciato nel settore chimico; ma noi sappiamo per effetto di quali altre componenti, che già abbiamo analizzato e che prossimamente analizzeremo, secondo ciò che è stato deciso dalla riunione dei Capigruppo quest'oggi, in un dibattito che il Consiglio Regionale sta per affrontare.
Il secondo elemento grave di preoccupazione generale deriva dal fatto che dalla crisi di ristrutturazione di un settore, quello chimico, non è messa in discussione soltanto la struttura dell'industria chimica in Piemonte, è messo in discussione il problema dell'indirizzo, dell'obiettivo di fondo che ci siamo dati nel nostro Statuto regionale e che è stato alla base della programmazione regionale nei suoi studi, poiché in una Regione come il Piemonte (anche se noi comunisti abbiamo mantenuto sostanziali riserve su certi aspetti degli obiettivi che venivano posti alla base del primo piano di programmazione) c'era tuttavia un punto su cui non si poteva non essere tutti quanti d'accordo e cioè che in una Regione come questa bisognava impedire, bisogna impedire che ci sia una monocultura industriale, che il Piemonte diventi soltanto una regione dove si fabbricano automobili, autostrade, magari con il conforto di qualche raffineria di petrolio che, come si sa, è quanto di meglio è auspicabile per la salute pubblica e per lottare contro gli inquinamenti. Noi pensiamo che alla nostra regione debba essere riservato invece un futuro diverso che sul piano economico, produttivo può essere garantito soltanto se vi è una diversificazione produttiva e se vi è anche un decongestionamento dell'attività industriale dal polo di Torino.
Ebbene, questi obiettivi, da tutti accolti, vengono qui messi in discussione; perché mettere in discussione la struttura dell'industria chimica in Piemonte che cosa vuol dire se non di fatto, oggettivamente convergere verso un indirizzo monoculturale, industriale, automobilistico e far sì che diventi ancora più difficile il perseguimento di quell'obiettivo che ci eravamo posti anni or sono. Elemento di preoccupazione, quindi grave, che deriva dal fatto che non siamo solo in presenza della crisi di un settore in una regione, ma siamo in presenza anche della presentazione di due piani; cioè, mentre possiamo lamentare il fatto dell'assenza di una programmazione operativa in numerosi altri campi dell'economia italiana qui questi fenomeni avvengono nel momento in cui si annuncia e si delinea un piano chimico, quindi un piano di intervento del governo sull'industria chimica e si annuncia un piano di ristrutturazione del più grande complesso chimico a partecipazione statale, che è la Montedison e l'un piano è scollegato dall'altro, ma ambedue non sanno dare una risposta - l'unica che ci interessi - circa il futuro prossimo dell'industria chimica in Piemonte. Ecco il punto che deve esigere un nostro intervento, una nostra riflessione, una nostra elaborazione. Non siamo qui a rivendicare un intervento qualsiasi; l'intervento c'è, di tutti quelli che possono intervenire in Italia: del Governo e della Montedison, non c'è altro che conti nell'industria chimica italiana. Ma quale parte ha il Piemonte in questi piani? Ecco la domanda a cui nessuno oggi può dare una coerente risposta se non quella che ci viene dagli operai che vengono qui a dirci: badate, noi non sappiamo bene che cosa sarà il piano chimico in Piemonte non sappiamo bene che cosa sarà il piano della Montedison, sappiamo soltanto che sono arrivati e che ci arrivano delle lettere di licenziamento. A completare il quadro c'è anche la Bemberg (si cui mi soffermerò più tardi) che sembra portare l'ultimo tocco, l'ultima pennellata al quadro generale. Se c'era un'industria che non era n Montedison, né a partecipazione statale in Piemonte, era la Bemberg, una delle due fabbriche al mondo che fa una certa produzione e anche questa viene a dirci che per intanto sono 238 licenziamenti, poi si vedrà.
Voi capite quindi che c'è più di un motivo non solo per essere preoccupati, ma per agire, per intervenire. Di lì le proposte che sono contenute nella mozione. E sono problemi destinati ad incidere a lungo in tutta la struttura del Paese, e che vanno sciolti a brevissimo termine (nella proposta di mozione c'è il mese di febbraio, almeno per quanto riguarda gli elementi della conoscenza della prospettiva). E vogliamo sapere che cosa sarà il secondo piano di sviluppo regionale, vogliamo sapere su quali nuove ipotesi dovranno lavorare e i programmatori che fanno le analisi e la Giunta che dovrà proporci una linea di intervento e delle scelte.
Si tratta, in sostanza, per quanto riguarda la Montedison, di un gruppo che occupa nel settore chimico e tessile 122.500 persone, con un fatturato di 1330 miliardi (65 per cento del gruppo); il programma strategico di questo gigantesco gruppo è quello di spendere 400 miliardi all'anno per sette anni. Notizia confortante, si passa dalla fase dello sciopero degli investimenti alla fase degli investimenti. Talmente è cospicuo il piano degli investimenti che c'è forse il sospetto di un qualche velleitarismo nell'investire una cifra così grande, velleitarismo che viene poi confortato, nell'analisi critica, dal fatto che questi soldi si dice di volerli spendere, ma poi non è che si abbiano in tasca; c'è tutto un problema, non secondario, che consiste nel reperire sul mercato italiano le finanze per questi investimenti.
All'interno del settore della chimica le scelte che sono state annunciate nella conferenza di Milano sono quelle della Petrolchimica etilene e derivati, dei prodotti intermedi di base, aromatici e olefine, e delle materie plastiche, mentre vengono scartati i settori degli idrocarburi, per non dare fastidio all'Eni, dei fertilizzanti (anche qui sempre per un rapporto con l'Eni), della gomma sintetica per non dare fastidio alla Pirelli. C'é quindi una specie di consenso oggettivo tacito fra i grandi operatori del settore, per non disturbarsi a vicenda.
Tutto questo potrebbe essere un elemento negativo o positivo, a seconda dei risultati che dà. Noi di fronte a queste scelte dobbiamo porci con questo animo, con questa mentalità: tutto questo che cosa produce? Pi occupazione o meno occupazione? Scelta nei settori strategici o no? Attività assistenziali e speculative, oppure attività di investimento che poi producono nuovo lavoro? Questo è il nostro interrogativo,e non soltanto dal punto di vista regionale; certo, non potremo qui dimenticarci di quell'altro articolo dello Statuto che dice che dobbiamo avere una visione nazionale di questi problemi, dobbiamo ricordarci del rapporto nord e sud e questo elemento viene giocato sia dalla conferenza stampa della Montedison sia dai programmatori nazionali i quali dicono che le scelte fondamentali vanno fatte nel Mezzogiorno. Ma attenti, qui ci può essere un inganno: la proposta di investire nel Mezzogiorno quelli della Montedison come l'avanzano? Andiamo a vedere ciò che si sa già, non ciò che dovremo scoprire e sapere attraverso la conferenza di settore che abbiamo proposto e attraverso l'incontro con Cefis che abbiamo richiesto. Si sa già, per esempio, che la gestione di bilancio del 1971 ha fatto registrare perdite secche, quindi di lì soldi da investire non ne vengono e molte fabbriche sono in deficit per un insieme di 70 miliardi (parlo del deficit della Montedison).
La seconda domanda deriva dal fatto che gruppo Montedison ha subordinato l'attuazione dei propri programmi a finanziamenti dello Stato non solo nel Mezzogiorno e nelle are depresse, ma anche in altre parti del Paese. Ecco un elemento di ricatto, di pressione. Insomma, la Montedison dice di voler ristrutturare, di voler cedere le aziende passive, di investire centinaia e centinaia di miliardi, però con denaro pubblico e con denaro pubblico che deve essere tanto, consegnato subito, diretto dai dirigenti della Montedison, senza controlli di alcuno e senza rispondere alle domande che facevamo prima cioè alle domande che ci interessano e che ci permettono di capire che cosa succederà in Piemonte e in Italia attraverso questi investimenti.
Giorgio Corsi, addetto alle questioni finanziarie amministrative, ha ammesso nel corso della conferenza stampa che il 60 per cento dei nuovi investimenti previsti sarà dislocato in aree geografiche dove esiste la possibilità di credito statale a basso tasso di interesse, oltre a un buon 12 per cento versato addirittura a fondo perduto, attraverso il meccanismo della legge sulla Cassa del Mezzogiorno e di altri meccanismi che sono sostanzialmente quelli degli incentivi che conosciamo molto bene e che abbiamo criticato tutti quanti nel documento che abbiamo approvato in Consiglio Regionale, per quanto riguarda la nuova politica verso il Mezzogiorno d'Italia.
La stessa questione dell'occupazione è stata posta da Giorgio Mazzanti il grande capo dell'operazione Montedison assieme a Cefis, il quale ha lasciato intendere (sempre nella conferenza stampa di Milano) che se non arrivano "molti soldi e subito" (i denari dello Stato), per le fabbriche in perdita non si escludono delle riduzioni di personale. Badate che per dei dirigenti che si vantano di essere i primi nella storia della Montedison a fare della conferenza pubblica (e questo è vero), venire ad ammettere apertamente che non si esclude una riduzione di personale, è come qui trovare una verifica puntuale di ciò che Donat Cattin ha detto a Vercelli e cioè che si tratta di un piano di 17.000 licenziamenti nel gruppo Montedison. Quanti toccheranno al Piemonte? Ecco l'interrogativo.
Ecco perché è indispensabile esigere subito, con tutta la forza politica che può esprimere il Consiglio Regionale all'unanimità, forme di controllo pubblico sulle intenzioni precise di un complesso che per meta è pubblico, e sostanzialmente nel centro di potere, è più della metà, perch più della metà è la facoltà del potere pubblico di controllare le scelte della Montedison, che chiede soldi da tutte le parti, minaccia licenziamenti, in parte ricatta e deve ancora rendere conto alla nostra Regione come intende spendere i soldi nostri, come intende programmare lo sviluppo dell'azienda. Perché non ci rassicurano neanche le manie di grandezza, neanche i titoli precedentemente accumulati, non ci rassicura nessuno dei nomi che oggi dirigono la Montedison; noi siamo gia stati scottati a sufficienza. I grandi dirigenti d'industria della Montedison si chiamano Valerio, e di Valerio ce n'è già stato uno, non è indispensabile che ce ne siano altri. Anche costoro anni fa si presentarono di fronte alla scena industriale del Paese, al mondo politico italiano, come i salvatori della patria, i protagonisti del miracolo economico, coloro che avevano risolto i problemi dell'economia italiana; poi, abbiamo visto come è andata a finire questa gente,- adesso se Dio vuole li mettono forse anche in galera, ma prima di andare in galera si sono presi ancora milioni e milioni di liquidazione, pagati col denaro pubblico, per aver portato la Montedison nella situazione in cui è giunta in questi anni. Quindi ai salvatori della patria non crediamo, non crediamo a nessuno, né a quelli grandi, né a quelli intermedi; noi crediamo al controllo pubblico su quello che si dice di fare e su quello che si fa.
Ecco perché chiediamo l'incontro della Regione con chi? Con Cefis, non con uno dei suoi, né con Mazzanti, né con altri, vogliamo un incontro con Cefis. In fondo è facile trovarlo, l'ha trovato persino l'Assessore Visone quando è andato a Roma, è bastato un colpo di telefono, ha trovato il modo di portare una risposta che forse sarà positiva per i lavoratori della Imes, figuratevi un po' se deve dire di no al Presidente della Giunta.
D'altra parte se il Presidente della Giunta ha tanta autorità politica - lo ripeto qui - per contribuire ad eleggere un Presidente della Repubblica (magari con i voti dei fascisti), può anche avere l'autorità politica di convocare un Cefis, molto meno importante di un Presidente della Repubblica. Venga Cefis e discuteremo dei suoi programmi, di come intende collocarli, dei rapporti con gli altri gruppi, con la Pirelli, con la programmazione regionale e si vedrà. Conferenza di settore però anche perché appunto il problema non riguarda solo la Montedison, ma tutta una serie di aziende chimiche.
Per concludere, il problema della Bemberg, che ha un suo posto particolare nella vicenda. Perché particolare? Per il luogo dove la fabbrica è collocata, per la dimensione dell'azienda, per la composizione delle maestranze. La fabbrica Bemberg e vicina a un lago, un lago che c'era una volta ed era una bellezza della natura del Piemonte; adesso è pieno di ammoniaca, i pesci sono morti, la flora è distrutta. La Bemberg c'entra vero Consigliere Bono, in questa vicenda? Ce ne siamo occupati in questa sede e fu il Presidente della Giunta che ci diede la notizia molto interessante di un intervento positivo fatto dalla Regione per costringere la proprietà e per invitare un sindaco, questo ad essere meno remissivo nei confronti della proprietà e quest'ultima ad abbassare il tono circa quello che voleva e poteva fare. Fu un intervento positivo, ce ne siamo già occupati.
Dicevo, il luogo dove è situata l'azienda, ma anche la composizione delle maestranze; sono duemila lavoratori, e duemila lavoratori non sono mai una cosa trascurabile, ma in quella zona sono una cosa particolare. Per il nostro lavoro noi ci siamo recati spesso in quella fabbrica, e ci siamo andati anche quando quei lavoratori, composti in prevalenza da donne, non avevano ancora acquisito quella coscienza sindacale che oggi li porta a venire al Consiglio Regionale: assunte così, con una trafila qualche volta anche odiosa, queste ragazze che arrivavano sovente lì con la raccomandazione del prete, oppure di quello che comandava lì dentro trovavano tuttavia l'ingresso nella vita produttiva, nella vita sociale anche nella vita sindacale e poi politica di quel paese e hanno cambiato le caratteristiche della zona della provincia di Novara perché hanno portato un elemento di progresso, di civiltà che è venuto nella economia della zona e poi è venuto dentro di loro, e ha portato le maestranze progressivamente ad acquisire coscienza dei propri diritti e ad avere una funzione che adesso svolgono non più soltanto a difesa della loro occupazione, ma a difesa degli interessi generali della collettività, della provincia e della regione. Ecco il valore della loro visita al Consiglio Regionale piemontese; non vengono qui (come altri lavoratori in fondo hanno acquisito negli ultimi mesi) a dire "veniamo a chiedere assicurazioni per i 230 posti di lavoro", in tutti i documenti che ci hanno consegnato non c'è mai solo questo punto di vista particolaristico, tuttavia pienamente legittimo; c'è l'avanzamento di proposte, il problema di carattere generale, ciò che l'azienda rappresenta nella zona, nella provincia, nella regione. Sono i nostri interrogativi, che sono gli interrogativi delle forze di fronte all'interesse generale per realizzare anche un problema particolare di tali dimensioni.
Poi ci interessa la questione, perché questa manodopera femminile se fosse licenziata dove andrebbe a lavorare? Ce ne siamo già occupati per la Magnadyne. Guardate che questo è un elemento che ricompare in tutti i problemi di crisi aziendale di questo periodo nel Piemonte; è la manodopera femminile che viene colpita prima di tutte, sia perché le donne che hanno 35/40 anni non sanno più dove andare se vengono cacciate via di lì (anche perché sovente la qualificazione professionale è molto bassa), sia perch le ragazze che sono entrate nella produzione non intendono più tornare a casa ad aspettare di sposarsi, hanno conquistato il diritto al lavoro e non lo vogliono perdere, hanno capito che in Italia si può vivere anche meglio se si lavora, il problema dell'emancipazione l'hanno compreso così e non vogliono fare dei passi indietro, e sanno che se fanno dei passi indietro loro, li fa l'economia di tutta la civiltà di quella zona, e quindi hanno scelto la strada della lotta e della consapevolezza.
La questione della Bemberg ci interessa perché il suo presidente è un uomo come in Piemonte ce ne sono tanti, il Piemonte è il coacervo di tutte le contraddizioni, di tutti i problemi del nostro Paese in un momento così complesso come questo: noi abbiamo gli Agnelli, i Pirelli, i Costa (ex presidente della Confindustria) e i Lombardi (attuale presidente della Confindustria), li abbiamo tutti qui da noi, l'ex presidente della Confindustria è l'interlocutore diretto degli operai, ha scritto una lettera (che vi risparmio nella sua lunghezza ma che non sarebbe male che tutti i Consiglieri conoscessero). In questa lettera ci sono dei fiorellini incredibili. Gli operai, in uno dei tanti documenti che hanno consegnato alla direzione nella vertenza ormai lunga che li mette in contrapposizione ad un certo punto hanno rivendicato un senso di responsabilità che hanno avuto anche più del dovuto, perché la produzione di quell'azienda è tale per cui, se un gruppo di operai fa fermare un certo reparto, si blocca davvero tutto, e con dei danni enormi per l'azienda. Ebbene, agli operai che, proponendo un piano di soluzione del problema, facevano presente questo loro senso di responsabilità di avere evitato forme di lotta di questo genere, sapete come risponde il nostro Costa, che il Presidente del Consiglio conosce molto bene perché è ligure e quindi ha a che fare anche con la regione ligure......



PRESIDENTE

Non è più ligure, è diventato napoletano.



SANLORENZO Dino

Ah! Adesso è diventato napoletano! Già, perché paga di meno diventando napoletano! Costa ha scritto che "in un'epoca nella quale le manifestazioni di irresponsabilità sono frequenti, il rinnovare il senso di responsabilità fa sempre piacere, ma non si deve dimenticare che aver senso di responsabilità è un dovere e non un merito, tanto più quando lo si ha nel proprio interesse".
Secondo la logica di questo frasario, lui che comunica a 238 operai di licenziarli, di sbatterli fuori, lui sarebbe il responsabile, e gli altri sarebbero dei responsabili solo se accettano di essere licenziati. Per cui si mette sullo stesso piano colui che licenzia e colui che viene licenziato, e quasi lascia intendere che la filosofia che dovrebbe ispirare i lavoratori della Bemberg sarebbe quella di essere licenziati, di stare zitti e buoni altrimenti, se loro si agitano e se non accettano subito di essere licenziati loro 238, turbano l'ambiente della fabbrica perché si mettono in condizioni di non sapere mai chi saranno questi 238, e quindi sono tutti agitati, non si produce più, non si lavora più con tranquillità non si rende e si è irresponsabili. Badate che questa non è un'interpretazione, sono le cose che sono state dette e riportate nel documento. La filosofia è questa; adesso vi licenzio subito tutti e 238 così si recupera un elemento di tranquillità nell'azienda, tutti quanti si ritorna a lavorare, la smettete di scioperare, vi beccate questi subito e alla fine dell'anno vedremo come andranno le cose.
L'Angelo Costa lo conosciamo, lo conoscono bene i lavoratori della Bemberg, dovremo imparare a conoscerlo anche noi. Facciamo questa conoscenza e la proposta che le maestranze avanzano nel loro documento è che la Regione Piemonte abbia un immediato contatto con Angelo Costa, il quale, sempre nella lettera, dice che lui è un presidente ad honorem di questa società, composta in parte da capitale francese, in parte da capitale italiano e in parte da capitale olandese e lui fa il presidente a tempo perso, per mettere d'accordo le tre parti dei finanziamenti e dice "che cosa volete, io non sono nemmeno azionista, sono un benefattore dell'umanità; come potete non accettare le proposte che vi faccio di cacciarvi via tutti quanti? State buoni, io più di così non posso fare".
Conosciamolo anche noi questo Angelo Costa, andiamo a vedere se le cose stanno davvero così. Se sta davvero così il fatto che non si può fare altro che licenziare gli operai, se non si può fare altro che accettare passivamente che una delle produzioni della Bemberg non abbia altro destino che quello di sciogliersi in un tempo più o meno breve, perché gli interrogativi nascono e nascono dai documenti che ci sono stati consegnati dai lavoratori. Come mai si è dimesso dalla Bemberg il dott. Cerutti che era destinato a diventare il futuro direttore dello stabilimento? Noi abbiamo conosciuto il novarese dott. Cerutti, l'abbiamo conosciuto davanti all'azienda quando lui era dall'altra parte degli operai e le cose che gli abbiamo urlato è meglio che non le ripeta in questo Consiglio; era dalla parte dei padroni, era autoritario e anche parecchio fascista. Quindi non c'è nessuna scelta di carattere politico nell'adesione eventuale a ciò che ha fatto il dott. Cerutti. Sta di fatto, però che stava per diventare il futuro direttore dello stabilimento, e invece è stato licenziato. Una missione di tre tecnici era andata in Giappone pochi mesi or sono a visitare la Sakikasni, cioè l'unica fabbrica ancora esistente al mondo a produrre, come a Gozzano, il filo bemberg e lì se ne produce sette volte tanto di quanto se ne produce in Italia. Questi tecnici, quando tornano sostengono che è possibile operare a favore della Bemberg; nel complesso si dice nel verbale della relazione della commissione di studio - la visita è stata coronata da successo ed ha raggiunto gli obiettivi proposti. I componenti la missione sono tornati con una nota di speranza per quanto riguarda la possibilità di sopravvivenza del filo cupro; naturalmente occorrerà intensificare gli sforzi per acquisire nuovi campi di produzione nuovi mercati, ma c'è la possibilità di diminuire i costi di produzione.
In sostanza, questi tecnici quando tornano sono in grado di elaborare un piano di investimenti e avanzano proposte molto serie. La conclusione però è che il dirigente che avanza queste proposte viene licenziato e incaricano la società olandese di trovargli un posto possibilmente lontano perché non si faccia più vedere con delle proposte di questo genere. Pu anche darsi che il capitale straniero non abbia intenzione di investire, ma allora che cosa ci sta a fare Angelo Costa, presidente del complesso? Quali azioni ha esercitato per convincere i riottosi ad investire, che stimolo dà, che parte ha avuto nell'imporre degli investimenti nei momenti difficili? Cosa voleva, che gli operai italiani continuassero a prendere i salari dal Giappone? Gli operai italiani i salari dal Giappone non li accettano perché hanno lottato anni e anni per rifiutare di lavorare in quella maniera; le donne italiane non lavorano con le rotelle sotto i piedi, non accettano di lavorare con i pattini a rotelle per fare più in fretta a spostarsi da un telaio all'altro; deve toglierselo dalla testa Angelo Costa e chiunque altro e deve affrontare invece il problema che ne deriva che è quello di affrontare la produzione in termini competitivi, in un mercato che cambia, investendo un po' di quei miliardi che ha preso sulle spalle degli operai per tanti anni (quasi 50) e facendo la sua parte di imprenditore, di industriale, che non è quella di lucrare quando tutto va bene e di licenziare quando vi sono difficoltà. Questo il papà Angelo Costa deve capire; dobbiamo dirglielo noi Regione, dato che gli operai gliel'hanno già detto.
Dobbiamo ancora porci l'ultimo interrogativo: come mai la commissione di studio che era stata costituita nel mese di novembre e accettata dall'ing. Zoia, è costretta a dare le dimissioni il 15 dicembre? Commissione di studio fatta dagli operai, dai tecnici i quali, ad un certo punto hanno sfidato la direzione dicendo: vediamo i vostri conti e vediamo i nostri, vediamo le vostre proposte e quelle che elaboriamo noi studiamole assieme, facciamo una commissione. La direzione accetta; il 15 dicembre però la commissione è costretta a dare le dimissioni perché quando questa commissione chiede i rapporti veri, i dati veri, quelli che potrebbero illustrare la situazione fino in fondo (da cui ricavare poi le idee per il bilancio dell'industria), quando chiede i rapporti annuali della direzione vendite, quando chiede i rapporti bimestrali e trimestrali dei reparti di produzione, quando chiede l'andamento del magazzino filati e del magazzino spedizione, si ritrova di fronte ad una lettera della direzione che dice no, queste cose non possiamo darvele, la commissione di studio dica quel che vuole, noi queste cose non ve le forniamo. Allora il sospetto da parte dei lavoratori diventa certezza. Qui non è un problema insolubile, non è un problema oggettivo, ma di scelte e di volontà di fronte alle quali la direzione, i gruppi finanziari decidono scelte diverse, di opportunità che portano i lavoratori quest'oggi a venire con il consiglio di fabbrica, e altre volte a venire qui, o altrove, anche in duemila, se si renderà necessario fare altre cose per capire, per conoscere, per accertare.
Per concludere, le proposte che vengono avanzate in aggiunta a quelle già contenute nella mozione sulla Montedison, sono: che la Giunta Regionale promuova immediatamente un incontro con Angelo Costa; che questo intervento avvenga nei prossimi giorni e sia accompagnato dalla richiesta di bloccare subito la procedura dei licenziamenti, perché se inizia ha poi tempi previsti dai contratti di lavoro, dalle norme sindacali e a questo punto il tempo che abbiamo davanti per dare uno sbocco diverso alla situazione si riduce per chiunque, per il potere pubblico, per la forza contrattuale dei lavoratori e anche, oggettivamente, nei confronti della legge; conferenza di settore a cui la Regione deve prepararsi non solo con i dati che ha già non solo con quelli che acquisirà con un confronto diretto con i centri del potere economico, ma con una serie di proposte che noi auspichiamo siano già contenute nelle dichiarazioni programmatiche che la Giunta si accinge a presentare nel prossimo futuro, di modo che la volontà politica del Consiglio Regionale (ancora privo di mezzi, di leggi, di poteri concreti) sia tuttavia tale da obbligare il potere economico ad accettare forme di controllo. Che questo sia possibile ce lo dimostra l'esperienza che abbiamo compiuto tutti quanti nel recente passato; non è negativa l'esperienza della Regione Piemonte nei conflitti di lavoro, nei contrasti che si sono aperti di fronte al problema dell'occupazione. Abbiamo degli esempi positivi, anche lì non avevamo dei poteri giuridici, anche lì non avevamo soldi, ma avevamo una volontà che si è fatta sentire nei posti giusti, al momento giusto. E' il momento di giocare questa volontà e questo potere fino in fondo, perché qui c'è in discussione non soltanto il problema dell'occupazione dei lavoratori della Bemberg, della Chatillon o della Imes di Alessandria, c'è il futuro, l'avvenire dell'economia piemontese, e sappiamo che assieme all'avvenire economico c'è, in sostanza, l'avvenire sociale e culturale della nostra Regione.



PRESIDENTE



ROSSOTTO Carlo Felice

Signor Presidente, colleghi Consiglieri, la mozione presentata dai Consiglieri Sanlorenzo, Nesi, Furia, Raschio e Giovana è una tessera di un mosaico drammatico; un mosaico che possiamo chiamare disoccupazione inflazione, o, con termine di nuovo conio, stagflazione, disaffezione e sprogrammazione, e che tra la demagogia di molti e l'incapacità di altri si sta componendo giorno per giorno. Tessera che oggi si chiama Montedison nei giorni passati si è chiamata Leumann, si è chiamata Caesar, e Magnadyne in tempi ancor più lontani. Le altre tessere sono state oggetto di un dibattito leale, franco, fra le varie componenti politiche di questo Consiglio: problemi di ordine economico, problemi di ordine generale, che abbiamo affrontato nell'interesse della Regione Piemonte anche nel lontano mese di luglio, quando si parlò dell'insediamento industriale Lancia avvertendo e ricordando quali tristi momenti stavano profilandosi per la nostra economia.
Ma qual è la causa reale della drammatica situazione che si va determinando? Di tanti preoccupanti sintomi, sempre più accentuati, di momenti di difficoltà, per i nostri concittadini, per i nostri fratelli, di avere quella sicurezza che la dignità umana presuppone nel posto di lavoro? Oltre alla necessità di adeguamenti tecnici e tecnologici, una grave carenza di azione politica.
In che cosa è stata carente l'azione politica? Abbiamo ripetutamente denunciato una instabilità politica, che ha determinato mancanza di fiducia e di chiarezza in tutti gli operatori del mondo del lavoro, siano essi operatori in quanto forza di lavoro oppure operatori in quanto forza di capitale. Dal che è derivato un certo lassismo attraverso parole grosse che con demagogia abbiamo continuato a ripetere, fra le quali parole ricorreva assai di frequente: "programmazione".
Programmazione, l'ho già detto, ne abbiamo fatta poca, o affatto. Anzi abbiamo molto programmato. Ed uno dei casi di sprogrammazione che ha contribuito in misura notevole a farci giungere all'attuale drammatica situazione di crisi - una situazione che impone a tutte le componenti politiche di parlare con chiarezza, anche se in certi momenti la chiarezza può sembrare controproducente, sotto un piano di simpatie umane che bisogna tener conto, le parole possono suscitare o alienare - vi è quella politica meridionalistica in favore della quale ci si è più volte pronunciati anche in questo Consiglio, approvando anche un documento a sostegno di tale tesi.
Noi avevamo avvisato che non si può incoraggiare una incentivazione degli investimenti nel sud attraverso la disincentivazione degli investimenti al nord, per raggiungere un livello produttivo fra le due aree, se non danneggiando seriamente l'economia del nord. L'attuale realtà drammatica mi pare sia di ciò una eloquente conferma. Leggiamo le considerazioni svolte dagli esponenti della Montedison nella conferenza stampa tenuta il 19 gennaio: il gruppo, elefante ammalato dell'economia italiana, ha bisogno di una chiara politica di nuovi investimenti; allo stato attuale delle cose, in base alla volontà politica evidenziata da tutte le componenti di una certa azione di governo, devono prima di tutto essere effettuati investimenti nelle aree del sud. Ecco, dunque, una delle cause determinanti delle nostre attuali preoccupazioni. Non si pu promuovere alcuna azione seria a tutela di un posto di lavoro, nel momento in cui la conservazione di questo posto di lavoro è messa in grave pericolo, senza ricordarsi di queste cause determinanti.
Questa impostazione meridionalistica ha contribuito in modo notevole a causare le preoccupazioni per gli operatori economici di lavoro, per coloro che creano il lavoro, con la loro partecipazione alla vita dell'azienda, in tutte le aziende, piccole, medie ed anche grandi, che fanno parte di un più grosso complesso come questo, lavorino essi a Vercelli, o a Spinetta Marengo. Impostazione che si è dimostrata errata, perché non si pu svolgere un'azione politica a favore di zone depresse partendo dal presupposto che prima di tutto si debbono colpire quelle zone dove un certo sviluppo c'era stato- Le conseguenze immediate di un tal modo di operare sono quelle che appaiono oggi ai nostri occhi.
Quando abbiamo parlato dell'insediamento Lancia, da alcune componenti politiche i cui esponenti hanno parlato prima di me nel dibattito odierno è stato detto che lo stabilimento Lancia doveva essere costruito nel sud perché non avrebbe assolutamente risolto il problema del Biellese: io penso, invece, che quando esso inizierà a funzionare, sia monoculturale o diversificativo dalle colture industriali caratteristiche del Piemonte, in alcune famiglie ritornerà una tranquillità economica che oggi in quella zona è messa fortemente in dubbio.



BERTI Antonio

Per intanto, li sbattono fuori, a migliaia.



ROSSOTTO Carlo Felice

Voi avevate detto, a proposito dell'insediamento Lancia nel Biellese che doveva essere fatto nel sud. La nostra replica era stata che avrebbe offerto a duemila lavoratori del Biellese la possibilità di trovar lavoro senza dover emigrare altrove.
Voce da sinistra. Non lo troveranno, perché alla Lancia verranno assunti lavoratori reclutati nel sud.



ROSSOTTO Carlo Felice

Io dico invece che lo troveranno, e sia chiaro che lo dovranno al fatto che alcune componenti politiche di questo Consiglio Regionale hanno difeso un insediamento industriale a tutela del loro lavoro, aiutandoli ad evitare la disoccupazione.
Si è parlato qui del finanziamento. I dati che ho potuto rilevare dalla conferenza non portano alla cifra indicata dal collega Sanlorenzo, anche se costituiscono un impegno da parte della Montedison veramente massiccio: 1400 miliardi dal 1972 al 1975, oltre ai 550 miliardi già programmati in investimenti, per un totale di 2150 miliardi.
Ma questo del finanziamento è un altro grosso problema di questo mosaico che si sta mettendo insieme di disoccupazione, inflazione disaffezione. Da anni la componente politica alla quale mi onoro di appartenere va dicendo con lealtà a tutti che il finanziamento, così per le piccole e le medie aziende come per i grossi complessi, è reso difficile dalla politica economica condotta dalla classe dirigente. A quanto vedo ora lo stesso Consigliere Sanlorenzo ha delle perplessità in proposito poiché si chiede come possa la Montedison ritrovare sul mercato finanziario somme di tale entità. La Borsa è stata ridotta al lumicino, le obbligazioni hanno rappresentato il rastrellamento da parte della mano pubblica di tutto quello che era formazione di nuove possibilità di liquidità finanziaria di cui il Paese aveva necessità, per cui è venuta a mancare, a quelle forze spontanee di lavoro che ricreano lavoro per altri e determinano il lavoro degli altri attraverso nuovi investimenti, la possibilità di realizzarli.
Ed oggi noi vediamo drammaticamente le imprese, una dopo l'altra, entrare in crisi, non certamente tutte per incapacità dell'imprenditore.
L'intervento che sono venuti a perorare da noi questi nostri concittadini, atto a salvare il loro posto di lavoro, potrà essere un intervento soltanto congiunturale se lasceremo che le cose continuino in questo modo: mentre ci occupiamo di garantire loro serenità di lavoro nei prossimi mesi, noi dovremo anche adoperarci per mutare quelle condizioni politiche ed economiche che hanno determinato una tale situazione.
Il mutamento potrebbe essere, senz'altro, nel senso prospettato dal Consigliere Sanlorenzo. Per la verità, ho i miei dubbi sulla effettiva validità delle soluzioni che egli propone, perché abbiamo già troppi esempi di incapacità da parte di componenti politiche che attuano le soluzioni economiche e politiche da lui caldeggiate.



SANLORENZO Dino

L'ing. Valerio.



ROSSOTTO Carlo Felice

E' certo che l'economia occidentale ha saputo equilibrare i casi di cattiva amministrazione con la capacità imprenditoriale di infiniti altri operatori, che hanno determinato quel benessere, quel "boom" economico italiano per effetto del quale in Piemonte - mi pare sia stato riconosciuto dallo stesso Consigliere Sanlorenzo - non si poneva più un problema di disoccupazione ma l'occupazione aveva raggiunto il massimo tanto che la nostra Regione era diventata forza assorbente di componenti di lavoro di paesi e di regioni d'Italia sottosviluppate.
C'è poi anche un fattore psicologico, di cui è bene parlare con estrema chiarezza, per quanto ciò possa sembrare impopolare, perché su di esso non soltanto si innesta una speculazione di alcune componenti politiche dell'arco costituzionale, ma sta avanzando a passi spietati quel fascismo che a parole tutti quanti vogliamo combattere. Il condurre continuamente avanti una lotta di classe non nei limiti della normale contrattazione, ma attraverso il continuo, sistematico screditamento di ogni capacità, di ogni volontà seria di determinare un progresso nel Paese in quelle componenti che, richiamate al loro senso di responsabilità quando le cose vanno male sono continuamente sottoposte ad una campagna di denigrazione. Agli operatori economici, che investono i propri capitali per determinare certo, un proprio vantaggio, ma anche per determinare quelle forme di ricchezza nazionale, di benessere nazionale che vanno a vantaggio di tutti non ci si riferisce mai se non tacciandoli di sfruttatori, di insensibili di gente che avanza nell'intento di piegare le volontà attraverso una lotta di classe svolta con sistemi polizieschi, incapace di creare alternative di democrazia.



RIVALTA Luigi

Non è un giudizio morale



ROSSOTTO Carlo Felice

Ad ogni modo, io credo che nel nostro Paese vi siano persone sensibili in grado di dare ascolto alle nostre parole e di capirne il significato.
Sappiamo che si sta determinando una situazione che può avere delle soluzioni positive soltanto se le forze politiche ed economiche che si riconoscono in un sistema di libero mercato sapranno ritrovare la volontà e la coesione per portare avanti un discorso a vantaggio non soltanto della libertà di tutti i cittadini ma a vantaggio di coloro che nel mondo del lavoro portano la loro opera; in caso contrario, arriveremo realmente a termini di grave, profonda rottura.
Convochiamo pure qui Cefis, con una specie di cartolina precetto mandiamone un'altra ad Angelo Costa; serve a darci un po' di offa, a dimostrare la nostra volontà politica. Creiamo la conferenza regionale continuiamo a discutere, a parlare, a dire tante belle cose, per convincere i lavoratori che ci interessiamo dei loro problemi. La realtà è per un'altra: mentre a Roma si discute, Sagunto cade. Se noi crediamo realmente che ci sia ancora nel nostro Paese la possibilità di conoscere periodi di piena occupazione, problemi di tempo libero, così che il nostro Paese possa trovare le risorse economiche occorrenti per risolvere le grosse riforme di cui si è parlato per otto, nove, dieci anni senza attuarne alcuna, non illudiamoci di concretizzarla con l'invio di una cartolina precetto. Cosa potrà dirci, infatti, Cefis? Ci domanderà cosa vogliamo ancora dalle forze economiche dopo esserci dichiarati, in gran parte, come componenti politiche di questo Consiglio Regionale, favorevoli ad un documento che diceva che gli investimenti dovevano andare prioritariamente al sud. Ci dirà che nel quadro di ristrutturazione degli investimenti che deve far approvare dal CIPE dev'essere preminente questa pregiudiziale di investimenti nei confronti del sud.
Noi qui dobbiamo dire chiaramente, con estrema schiettezza, che alla tessera Montedison altre se ne aggiungeranno se non sapremo una buona volta decidere chiaramente, e non soltanto sulla base di una speculazione prettamente politica e demagogica, su quali strade vogliamo muoverci: se optiamo per una economia libera di mercato, nella quale operano forze economiche- private, e forze economiche pubbliche, o se vogliamo invece diventare un Paese in cui ad ogni pié sospinto un Consiglio Regionale, un Parlamento, fatto di componenti politiche sempre più assottigliate nella loro diversificazione e sempre più totalitarizzate, sarà chiamato a decidere in luogo dei veri conoscitori dei problemi.



PRESIDENZA DEL VICEPRESIDENTE OBERTO



PRESIDENTE



SIMONELLI Claudio

Tenterò innanzitutto, signor Presidente e colleghi, di precisare quello che questo Consiglio Regionale potrebbe chiedere al dott. Cefis, se mai qualcuno di noi avrà la ventura di parlargli.
Potremmo dire, per esempio, al dott. Cefis che noi non siamo contrari evidentemente, agli ambiziosi progetti di ristrutturazione e di potenziamento dell'industria chimica del Paese, ma che chiediamo ad un gruppo come la Montedison, ad un grande cartello internazionale come la Montedison, di non far pagare agli operai il prezzo di questa trasformazione.
Potremmo dire, per esempio, al dott. Cefis, che è costume certamente abile ma nondimeno riprovevole quello di volersi comportare da privato per quanto riguarda la possibilità di licenziare le maestranze degli stabilimenti del gruppo e da pubblico per quanto riguarda invece la possibilità di ottenere quattrini per effettuare gli investimenti negli stabilimenti del gruppo.
Potremmo, per esempio, cercar di chiarire come ed in qual modo, nel momento di difficoltà che attraversa l'occupazione e che attraversano i settori produttivi del nostro Paese, si possa da un lato pensare che l'economia sia in grado di reggere un ritmo di investimenti del tipo di quelli che il piano settennale della Montedison comporta e dall'altro illudersi che il Paese possa lasciar attuare tranquillamente l'espulsione dal processo produttivo, delle migliaia di lavoratori che questo tipo di ristrutturazione aziendale comporta.
Questi e vari altri interessanti argomenti si potrebbero trattare con il dott. Cefis. E credo che non sarà male che da questa particolare situazione, così drammaticamente espressa al Consiglio Regionale, prendiamo le mosse per cercar di evidenziare quale ruolo questa Regione può assumere in queste vicende travagliate e difficili, che saranno, io credo, anche più difficili nei prossimi mesi.
E allora incominciamo a vedere prima un dato profondamente contraddittorio tra la realtà e certe cifre e certi documenti che abbiamo letto.
Il piano chimico 1971-1975, com'é noto, prevede un grosso sforzo di ristrutturazione, di concentrazione e di potenziamento dell'industria chimica del nostro Paese, giustamente orientato al potenziamento di una serie di impianti, in prevalenza dislocati nell'Italia meridionale (ritornerò poi su questo punto). Abbiamo letto, poi, delle previsioni credo autorevoli, poiché provengono dagli uffici-studi dell'Eni- secondo le quali dovremmo assistere, negli anni Settanta, cioè nel decennio che va dal 1970 al 1980, ad un notevole incremento di investimenti nei settori della chimica primaria e di quella secondaria, in modo da registrare, nei dodici anni che intercorrono fra il 1968 e il 1980, un tasso di incremento annuo degli investimenti nel settore della chimica primaria grosso modo superiore al 10 per cento e nel settore della chimica secondaria al 9, 5 per cento.
Corrispondentemente, l'occupazione dovrebbe all'incirca raddoppiare, fra il '68 e l'80, passando da 275.000 a 530.000 unità.
Queste previsioni di sviluppo, se confrontate con la realtà delle aziende, almeno a quanto hanno dichiarato nella nota conferenza stampa i signori Giorgio Corsi e Giorgio Mazzanti, amministratori delegati della Montedison, risultano errate: non per quanto riguarda il livello ed il ritmo degli investimenti, ma per quanto concerne il ritmo dell'occupazione che dovrebbe anzi risultare diminuito, anche se qui si gioca evidentemente su due tableaux distinti, quello delle attività propriamente chimiche e quello delle diverse altre attività raggruppate nella Montedison.
Proviamo a scendere da questa realtà un po' astratta delle previsioni dei piani e degli studi, per affrontare la realtà che più concretamente più corposamente ci viene indicata dagli amministratori delegati della Montedison. E' una realtà nella quale, senza mezzi termini, ci si chiarisce che la Montedison intende abbandonare tutta una serie di settori, i meno ricchi, i meno interessanti in una prospettiva aziendale. Sono state pronunciate parole che dicono, senza possibilità di equivoco, che da certi settori, quali la siderurgia, la meccanica, l'elettronica, la elettromeccanica, le costruzioni, la ricerca di idrocarburi, la Montedison si sta, disimpegnando con decisione e fermezza, e il disimpegno significa chiusura di stabilimenti, licenziamenti, abbandono e crisi per intere zone del nostro Paese.
Ora, noi non abbiamo certo il diritto di chiedere alla Montedison di fermare e di cristallizzare la struttura delle sue aziende e dei suoi impianti a come li ha oggi, 1972: dobbiamo chiedere però di sottoporre al controllo dell'autorità pubblica e della autorità di piano un processo di ristrutturazione di queste dimensioni e di queste conseguenze, economiche e sociali. La Montedison intende concentrare i suoi investimenti ed il suo interesse in tre settori soltanto - quello della chimica, quello delle fibre tessili e quello della grande distribuzione -, abbandonando progressivamente tutto il resto.
Qui si colloca, a mio avviso, un ulteriore elemento di difficoltà e di crisi, che ci pone dei problemi e che noi però dobbiamo affrontare nella chiarezza delle posizioni, che non ci debbono far velo. Allora, il problema degli investimenti nella loro ripartizione territoriale acquista il suo preciso significato. Perché dall'intervento del collega Rossotto una cosa emerge, sulla quale siamo d'accordo, ma una sola, la diagnosi, mentre evidentemente siamo in totale e completo disaccordo sulla indicazione - dei rimedi. E' vero che i settori che il gruppo Montedison intende abbandonare quegli stabilimenti che, in parte obsoleti, in parte vecchi, in parte superati, o, in parte soltanto, appartenenti a settori che al gruppo Montedison non interessa più mantenere, sono per lo più localizzati nelle regioni del centro e del nord, mentre i settori interessanti sui quali si concentreranno gli investimenti del gruppo sono prevalentemente ubicati nel Mezzogiorno. Questo è un dato di fatto reale, un dato che ci prospetta il problema della evoluzione economica nelle regioni del nord in termini più gravi, più drammatici, più pesanti di quanto fossero ieri. Ma non ci porta a stravolgere il senso delle scelte di politica economica che questo Paese ha di fronte fino a rimettere in discussione quella scelta capitale baluardo di ogni politica seriamente riformatrice, vorrei dire di ogni politica seria del nostro Paese, che è lo sviluppo del Mezzogiorno, che è la politica di industrializzazione delle Regioni meridionali; questa non deve andare, evidentemente, a scapito di una evoluzione delle economie del nord, non deve porsi evidentemente in alternativa. Se noi dovessimo colleghi Consiglieri, di fronte alle minacce di crisi e di licenziamenti che colpiscono le industrie del nord, irresponsabilmente chiedere che tutti gli investimenti, o gran parte, per esempio, per la chimica venissero localizzati nel nord e non nel sud, noi certamente aggraveremmo, non miglioreremmo, le condizioni economiche del nostro Paese, perché la Montedison chiuderebbe ugualmente le fabbriche che sta chiudendo nel nord ed assisteremmo a massicci fenomeni di immigrazione dal sud per i nuovi impianti chimici; quindi, subiremmo ugualmente i danni di una ristrutturazione fatta pagare alla classe operaia, e in più i danni di altri processi di immigrazione, di sviluppo distorto, anomalo, come quelli che il Paese ha conosciuto nel decennio passato.
E' dunque una risposta diversa che noi dobbiamo dare, una risposta opposta a quella che il collega Rossotto dava poc'anzi. E' un bene che la Montedison, accettando una linea di politica economica che i grandi gruppi privati hanno mostrato fin qui di non voler accettare, localizzi nel Mezzogiorno i suoi impianti chimici; è un male che la Montedison si disimpegni, nel modo irresponsabile nel quale mostra di volerlo fare, dagli altri settori produttivi al di fuori di quello chimico.
Questo è il discorso, nei suoi termini corretti e precisi, che noi dobbiamo fare al dott. Cefis, o a chi per lui, e che dobbiamo comunque porre come piattaforma politica chiara e precisa dinanzi a tutte le forze ed a coloro che hanno responsabilità.
E' chiaro che la programmazione non ha fatto il suo dovere fino in fondo; è certo, è chiaro che quando noi abbiamo da una parte un piano chimico - non sto neppure ad entrare nel merito, ora, se sia un piano che delinea delle scelte o un piano che si limita a recepire le scelte dei grandi gruppi, è un discorso che faremo un'altra volta - che detta una serie di indicazioni per un solo settore e ci manca la capacità di conoscere l'evoluzione e la dinamica degli altri settori produttivi evidentemente siamo di fronte non ad una programmazione, ma ad un singulto di programmazione, non seguito da un discorso serio. Quando ci manchi il riferimento territoriale degli investimenti e della localizzazione degli impianti, quando non sappiamo dove i settori industriali presentano le loro localizzazioni attuali, dove devono presentare le loro localizzazioni future, ci mancano gli strumenti corretti attraverso i quali dirigere guidare, indirizzare secondo l'interesse pubblico il processo di sviluppo e di evoluzione del nostro sistema economico.
E allora che cosa possiamo chiedere, su quali linee ci possiamo muovere in questa verifica che noi chiediamo all'azienda, ai grandi gruppi imprenditoriali? In una direzione molto precisa, che è innanzitutto quella di conoscere noi dobbiamo respingere la pretesa che operazioni di questo tipo ridimensionamenti e ristrutturazioni di queste proporzioni avvengano all'insaputa degli organi regionali, vengano fatte passare sotto banco così che ci si accorga di esse soltanto quando i lavoratori interessati vengono qui, civilmente, a portare la loro protesta e spesso la loro disperazione. Noi dobbiamo quindi conoscere, dobbiamo essere in grado di sapere ed essere in grado di intervenire.
Dobbiamo poi chiaramente ed immediatamente chiedere all'autorità di Governo, oltre che alle aziende ed ai gruppi interessati, che il problema della ristrutturazione dei settori marginali, che la Montedison ha ufficialmente annunciato - a questo punto non possiamo fingere di ignorare il problema: nella conferenza stampa degli amministratori delegati della Montedison sono state annunciate ufficialmente chiusure di stabilimenti e conseguenti licenziamenti -, sia posto nei suoi termini corretti. Non possiamo accettare che aziende vengano chiuse, abbandonate, accantonate come rami secchi: dobbiamo esigere che un gruppo di questa importanza non licenzi un solo lavoratore nel territorio del Paese, dobbiamo esigere che quando la Montedison si vuol alleggerire di attività imprenditoriali che più non la interessano garantisca comunque il mantenimento dei livelli di occupazione, la vita e la ripresa produttiva di tali aziende. E le possibilità ci sono: ci sono nell'ambito della mano pubblica e ci sono, io credo, anche nell'ambito dell'iniziativa privata. Abbiamo visto, in occasione della questione della Imes, che c'e la possibilità di garantire la sopravvivenza di una azienda che è vitale, e che c'é anche chi è interessato a farla continuare: ancora una volta la mano pubblica, la Cognitex.
L'operazione sganciamento della Montedison, come abbiamo visto in occasione di questo episodio, può essere positiva, può essere accompagnata da una operazione di vitalizzazione e di rilancio dell'azienda senza licenziamenti. Ma è stato necessario che gli operai occupassero la fabbrica, lottassero per tre mesi nella Imes occupata, perché i signori che dirigono la Montedison venissero nella determinazione di aprire trattative per la cessione dell'azienda, perché questo confronto di possibilità si concretasse. Ora, in questo caso, come in tanti altri esaminati, noi Consiglieri Regionali, come interpreti di tutta la popolazione del Piemonte, di tutti gli interessi economici del Piemonte, dobbiamo ringraziare gli operai della Imes, che lottando con tanta fermezza hanno difeso non solo il loro posto di lavoro, ma profonde ragioni dell'economia di questa Regione.
E' dunque proprio necessario arrivare a questo tipo di lotta perché ci si muova sul terreno della trattativa, sul terreno del confronto, duro indubbiamente, ma realistico, delle possibilità che hanno queste aziende di sopravvivere? Io dico che noi dobbiamo come Regione chiedere che su questo terreno si operi, e con sollecitudine, senza attendere per farlo di aver messo in condizioni di estremo disagio e di estrema precarietà migliaia di famiglie di lavoratori: si verifichi sempre immediatamente la possibilità di ristrutturazioni indolori, di un passaggio di mano delle aziende che possono e devono essere salvate.
Il caso della "Bemberg", sul quale non voglio intrattenermi, poiché già il collega Sanlorenzo ha illustrato quanto oggi ci ha esposto il Comitato di fabbrica dell'azienda, e un altro esempio di una realtà aziendale nella quale i lavoratori difendono non soltanto il loro posto di lavoro, ma obiettive ragioni di crescita dell'azienda, nel quale da un lato c'é una pretesa di licenziamenti immotivati e dall'altro una ancor più assurda, se mi fosse consentito dirlo, pretesa di garantire una futura ripresa di investimenti attraverso un piano di austerità e di economia che credo soltanto nella mente di un imprenditore "genovese" - lo dico fra virgolette, per non offendere i nostri amici della Liguria - poteva essere concepito. Un piano di austerità per garantire il rilancio produttivo dell'azienda! Un assurdo, nel 1972! Concludo. La Regione si deve fare promotrice di questi incontri ai massimi livelli dirigenziali del gruppo Montedison, della Società Bemberg Non per demagogia. Io credo che da questo tipo di discorso la demagogia debba essere bandita. Non facciamo discorsi né di sapore moralistico né di classismo esasperato. Quando in questo Consiglio svolgiamo dibattiti come quello odierno, lo facciamo basandoci non soltanto sulla lotta dei lavoratori di queste fabbriche, ma su documenti, studi, dati che questi lavoratori sono venuti elaborando. I lavoratori stessi si sono fatti parte diligente, così da metterci in condizione di superare quel gap dell'informazione che tanto pesa su questi primi mesi di vita della Regione, e ci consentono di affrontare questi problemi avendo in mano alcuni dati, di fare il nostro dovere di pubblici amministratori sulla base di conoscenze sicure. Dobbiamo ringraziarli di questo. Essi danno prova di un interesse, di un impegno che è di natura pubblica che serve a noi tutti.
Quindi, non con demagogia, ma con la consapevolezza di fare il nostro dovere, di giocare la parte che ci è propria, di fare il nostro mestiere dobbiamo accingerci a questo incontro, dobbiamo sollecitarlo, dobbiamo far sì che la Regione, di fronte a problemi di questa drammaticità, di fronte a problemi che ci prospettano una problematica in gran parte nuova, che ci obbligano a prendere coscienza di una grave crisi economica, a distanza di pochi anni - non più di quattro - dal momento in cui pensavamo di doverci occupare di una economia che si avviava alla piena occupazione, dal momento in cui si elaborò il piano di sviluppo piemontese, dal momento in cui operammo insieme. Presidente, tante volte nel CRPE, dal momento in cui sembrava che l'economia di questa regione fosse una economia di piena occupazione, di cui soltanto si dovesse trattare una diversificazione produttiva e una diversa distribuzione territoriale, all'interno però di un contesto nel quale il posto di lavoro fosse comunque garantito a tutti. Con la rapidità di una crisi che si accende e divampa continuamente, ci si presentano oggi problemi molto diversi, molto più gravi: la Regione deve darsene carico subito, prima che diventino irrisolvibili.
Con questo spirito, con questa esigenza, noi chiediamo al Consiglio di approvare la mozione su cui stiamo discutendo, di dare anche in questa occasione piena credibilità, fra i lavoratori ed i cittadini del Piemonte alla nostra Regione.



PRESIDENTE

E' iscritto a parlare il Consigliere Raschio. Ne ha facoltà.



RASCHIO Luciano

Signor Presidente, ritengo di dover portare anch'io in questa sede il modesto contributo dell'esperienza che ho potuto ricavare in tutte queste settimane da un contatto con gli operai della Imes occupata e con gli operai della Montedison di Spinetta Marengo.
Come il collega Simonelli, sento il dovere di ringraziare gli operai oggi qui presenti, con una loro delegazione, per avere essi messo a fuoco il problema della Montedison su scala nazionale, ma anche, per quanto ci riguarda, su scala piemontese. Io ritengo che il loro caloroso sostegno sia un elemento capace di infondere grande forza al Consiglio Regionale nel suo insieme, mettendolo in grado di trattare, con consapevolezza ed anche con imperio politico, con la dirigenza della Montedison il problema. Però non certo nel modo che ha indicato il collega Rossotto, del Partito liberale il quale evidentemente dimentica che anche la sua parte in seno al Consiglio Regionale ha votato a suo tempo il piano di programmazione e di intervento per il Meridione, ma facendo chiaramente intendere che le masse lavoratrici del nostro Piemonte hanno la capacità di impedire che questo disegno di ristrutturazione, fatto al di sopra dello Stato, al di sopra della stessa Repubblica e sulle teste dei lavoratori, debba assolutamente realizzarsi.
Vorrei ricordare al signor Presidente, che come membro della V Commissione si interessa vivamente del problema degli inquinamenti, una vera assurdità: la Montedison a Spinetta Marengo ha licenziato 40 lavoratori, dipendenti dell'impresa interna Moseviz, che lavoravano per l'impianto di depurazione del solfato ferroso, finora scaricato nel fiume Bormida, con la conseguenza, fra l'altro, che la Satap, l'impresa che costruì l'autostrada Torino-Alessandria-Piacenza, dovette eliminare i plinti del ponte sul Bormida dato l'alto tasso di acidità e il potere tossico e corrosivo di quelle acque. Questo licenziamento significa un preciso accantonamento da parte della Montedison del problema dell'inquinamento dell'aria e dell'acqua, che ormai è diventato un problema di spaventosa gravità per la città di Alessandria e sobborgo di Spinetta Marengo. Nel contempo, da un altra impresa, anch'essa sotto la Montedison di Spinetta Marengo, si licenziano 90 dipendenti edili, anche questi impegnati finora in lavori non solamente di manutenzione straordinaria, ma in direzione del primo punto che poc'anzi citavo. Ecco dove si vede il buon cuore di questi imprenditori, che Rossotto descrive vivamente preoccupati per la situazione che si trovano a dover affrontare nel nostro Paese e scoraggiati dall'investire! Se mai, la caduta di Sagunto, per richiamarmi alla citazione latina di Rossotto, ha danneggiato la classe operaia della Montedison di Spinetta Marengo, non solo, ma tutto il comprensorio della città di Alessandria, costretto a subire da un lato il potere Montedison dall'altro l'inquinamento Montedison.
Nelle piccole o medie industrie del gruppo Montedison si riscontra il più alto tasso di sfruttamento, non solo, ma anche il più alto tasso di incidenti, di infortuni sul lavoro. Il documento dei sindacati ci dice in modo chiarissimo perché vengano sottratte da questi elefanti, da questi grossi elefanti pirateschi dell'industria italiana, le imprese che foraggiano ancora in un altro modo il plusprofitto dei i grandi gruppi monopolistici e, nel caso specifico, della Montedison.
Accanto alla lotta degli operai delle imprese in seno alla Montedison e della stessa classe operaia della Montedison, che ha investito non solo la zona di Spinetta ma la stessa città, promuovendo convegni su questa condizione di lavoro ed anche sull'inquinamento e sul supersfruttamento, è meraviglioso citare l'esempio della Imes, ove gli operai, con oltre sessanta giorni di occupazione, hanno dimostrato a chiare lettere la loro coscienza di lavoratori, sostenendo anche con la lotta le iniziative dell'Assessore Visone, per un concreto esame dello stato di fatto in questa industria, realizzatosi con l'intervento del Ministro Piccoli, e quelle in appoggio alla lotta Imes sviluppate dalle varie rappresentanze politiche di Alessandria a livello comunale, provinciale e parlamentare.
Giustamente Sanlorenzo indicava alla pubblica considerazione il senso di responsabilità di cui hanno dato prova i lavoratori inseriti negli stabilimenti Montedison, particolarmente per quanto riguarda i casi verificatisi nella nostra Regione. Ci troviamo davanti a lavoratori che hanno saputo condurre un'azione responsabile all'interno della fabbrica quando già a una parte di essi, essendo la mano d'opera più qualificata della città di Alessandria in campo metalmeccanico, venivano offerte possibilità di assunzione come operai qualificati o addirittura come operai specializzati. Questi tecnici qualificati hanno scelto di continuare a fianco dei loro compagni di lavoro l'occupazione della fabbrica fino alla fine, fino alla vittoria della loro sacrosanta lotta. A questa maestranza in lotta tutta la città di Alessandria, dai commercianti, agli studenti, ai lavoratori di altre fabbriche e persino a gruppi artistici, ha manifestato piena e concreta solidarietà, con offerte di danaro e costringendo tutte le forze politiche ad un doveroso pronunciamento. Certo, se i liberali di Alessandria avessero usato il linguaggio di Rossotto questa sera, non so quale sarebbe stata la reazione nei loro confronti da parte dell'opinione pubblica alessandrina! Non desidero ovviamente riferirmi a quella delle masse lavoratrici che occupano la Imes, a questi lavoratori che hanno trascorso nella fabbrica occupata il Natale, il Capodanno, l'Epifania , ed ancora perseverano in questa azione, con tale spirito altamente unitario.
Desidero evidenziare che anche congregazioni ed associazioni religiose quali la San Vincenzo, hanno portato il loro aiuto, ben 200 mila lire, in questi giorni, agli operai della Imes che rimangono a presidiare la fabbrica.
Oggi si apre una concreta prospettiva con la Cognitex. Noi riteniamo che gli impegni assunti dal Ministro per le Partecipazioni statali Piccoli dovrebbero essere concretizzati in questi giorni in un documento ben chiaro, in cui sia confermata ufficialmente la soluzione che l'Assessore Visone ed altre fonti ci hanno, poche ore fa, fatto conoscere. Anche perch l'esempio della Imes ci indica come sia possibile operare su questa base anche in altri settori. Nell'incontro con Cefis per la Montedison e con Costa per la Bemberg il nostro Consiglio Regionale sarà posto in grado di trattare avendo tutto un saldo schieramento alle sue spalle e ricevendo come dicevo, forza, prestigio e capacità di penetrazione.
Ricordo ancora che ad Alessandria, oltre alla Imes, vi è un'altra fabbrica occupata, la Burzi, e che a Serravalle Scrivia vi è analoga situazione, a seguito di una serrata padronale, alla Gemeaz. Vi è quindi nella città di Alessandria una situazione oltremodo tesa, che richiede non solamente per la Imes un intervento concreto immediato. Qui veramente il Consiglio Regionale ha la possibilità di far sentire chiaramente la sua parola. Ha ragione pertanto il collega Simonelli quando invita noi tutti Consiglieri, su scala regionale, a votare quella mozione. Quel documento però, non deve servire soltanto a tacitare la nostra coscienza: ci deve invece impegnare su una linea di programmazione concreta, reale, che veda la Regione finalmente protagonista, al primo livello, nell'ambito di tutta un'azione in campo politico, economico, strutturale, urbanistico, di insediamenti industriali che qualifichi veramente il nostro lavoro, crei posti di occupazione, respinga queste azioni tipicamente banditesche del grande padronato che recentemente ed ancor oggi in quest'aula abbiamo stigmatizzato.



PRESIDENTE

E' iscritto a parlare il Consigliere Gandolfi. Ne ha facoltà.



GANDOLFI Aldo

Signor Presidente, signori Consiglieri, penso anch'io che le delegazioni di operai della Montedison e della Bemberg venuti oggi alla sede del Consiglio Regionale ci pongano di fronte e ci obblighino ad affrontare problemi importanti, taluni molto complessi, specialmente in rapporto alle due grandi aziende di cui oggi discutiamo. Sono pienamente d'accordo sull'opportunità che si esamini obiettivamente nei suoi elementi il piano di ristrutturazione della Montedison, poiché esso costituisce un fatto assai importante nel quadro della politica economica del nostro Paese. Io non credo che, come si diceva prima, la Montedison abbia dei plusvalori o dei profitti che continua ad accumulare: la Montedison è un elemento vitale dell'economia italiana che oggi è in crisi, ed è quindi essenziale che si dia finalmente una politica in grado di portarla fuori dalla crisi. Benvenuta, dunque, una dirigenza che si propone di affrontare questi problemi con un minimo di coordinamento con il resto dell'industria italiana del settore e in accordo - ce lo auguriamo e tutto lascia in effetti intendere che sia così - con il Governo nazionale.
Però non c'è dubbio che il principio che noi dobbiamo stabilire è che queste grandi aziende fra le quali io comprendo anche quelle, come la Bemberg, che pur occupando una maestranza di entità limitata, nel caso della Bemberg duemila unità, sono indubbiamente molto consistenti in una economia strutturata come quella piemontese -, quando affrontano piani di questo genere, non lo devono fare semplicisticamente licenziando o con altri simili sistemi. Io sono stato colpito dal modo responsabile con cui la delegazione della Bemberg ha posto certi problemi: se li ha prospettati allo stesso modo agli imprenditori - e non ho motivo per dubitarne - è chiaro che questi si sono messi automaticamente dalla parte del torto. I lavoratori hanno proposto delle soluzioni che, tutto sommato, rappresentano un sacrificio per essi stessi. Indubbiamente, le grandi aziende, che in quanto tali hanno ampie possibilità di accesso al credito, che hanno strutture finanziarie alle spalle in grado di soccorrerle anche nei momenti di crisi, devono rendersi conto e tener conto dell'importanza sociale di un certo tipo di atteggiamento e di un certo modo di comportarsi in momenti di crisi. Non c'é dubbio che se tutte le grandi aziende italiane che oggi lavorano senza profitto - e ve ne sono moltissime - in questa crisi congiunturale adottassero lo stesso tipo di atteggiamento che sembrano orientati ad adottare i dirigenti della Bemberg si arriverebbe in breve al collasso della struttura produttiva del nostro Paese e dell'economia di molte zone del nostro Paese. Oggi vi è - ripeto, per le grandi aziende - la possibilità di avviare delle politiche di ristrutturazione, in situazioni che vedano la controparte, cioè la parte sindacale, partecipe di certe decisioni con dei programmi sul medio termine che ripartiscano adeguatamente certi oneri: abbiamo sentito proporre, ad esempio, riduzione di orario di lavoro per certi periodi di tempo, interventi della Cassa integrazione per affrontare una certa fase congiunturale, risoluzione del contratto di lavoro o pensionamenti anticipati, fatti in un certo modo contrattati, con chiarezza di obiettivi e di intenzioni.
Il Consiglio Regionale, che recepisce queste indicazioni, deve riuscire ad ottenere che si affermi l'esigenza di impostare in questo modo, per il bene del Paese, le responsabilità sociali delle grandi aziende, come i lavoratori richiedono. Credo si possa concordare, pertanto, su certe proposte di metodo, su certe indicazioni e richieste che sono già state formulate.
Peraltro, dai discorsi di coloro che sono intervenuti prima di me, in questo dibattito, sono emerse altre valutazioni: giudizi sulla crisi economica che stiamo attraversando, sui problemi di politica economica di carattere generale, in merito ai quali vorrei precisare il punto di vista del Partito repubblicano, in modo che il Consiglio Regionale possa recepire anche una articolazione di posizioni politiche.
Certamente la prossima settimana avremo, in base agli accordi che sono stati presi oggi nella conferenza dei Capigruppo, una occasione direi più completa per avviare un discorso di questo genere: quella della discussione della situazione economica regionale, a conclusione delle consultazioni che sono state fatte nelle varie province. E' certamente l'occasione giusta per aprire un discorso di carattere generale su questo problema. Ma, visto che vi sono stati accenni e prese di posizione già oggi sulle questioni di politica economica del Paese in relazione a questi due problemi specifici vorrei dire qualcosa già stasera.
Io penso che la situazione economica si rivelerà particolarmente grave nei prossimi mesi, non solo per queste situazioni di grandi aziende che noi oggi registriamo, ma per tutto quello che verrà dopo, in questa dinamica congiunturale che oggi denunciamo. Cioè, agli elementi di crisi che già ci sono altri se ne aggiungeranno ancor più gravi, soprattutto in rapporto alla crisi delle piccole e delle medie aziende, in particolare di quelle non legate a strutture finanziarie consistenti o ad holding finanziarie particolarmente robuste. Ed è questa crisi che dobbiamo seguire, ritengo con speciale attenzione; è rispetto a questa crisi che noi dobbiamo riuscire a fare anche un certo tipo di diagnosi.
Qual è la diagnosi che la mia parte politica ha ritenuto di poter dare di questa crisi congiunturale? Non certo un eccesso di orientamento meridionalista della politica, come gli amici liberali prima indicavano con giudizio, io ritengo - non me ne voglia l'amico Rossotto - veramente troppo semplicistico, di stile marxista. E nemmeno quella che danno le sinistre. Direi, se i dati - che citerò più diffusamente la prossima settimana, quando svolgeremo il dibattito sulla situazione economica globale del Piemonte - delle statistiche economiche degli ultimi due anni sono esatti, in questo periodo di tempo determinanti sono stati fondamentalmente due meccanismi concomitanti: un aumento dei costi di lavoro in tutti i settori industriali- ed una stretta creditizia a livello nazionale, attraverso gli, istituti di credito, che ha messo in luce un grosso- problema di gestione della politica economica nazionale, una grossa spinta alla riduzione del credito alle strutture, specialmente alle piccole e, alle medie aziende, le meno capaci- di autofinanziarsi, derivante da una situazione della finanza pubblica del nostro Paese tipo particolare.
Cosa si è in sostanza verificato? Ad una spinta salariale di un certo tipo non addentriamoci per ora a discutere se giusta o sbagliata, comunque fondamentalmente giusta per le condizioni di reddito di certi settori direttamente produttivi che ha agito sul mercato economico, si è accompagnata una situazione della finanza pubblica talmente deficitaria da obbligare, proprio nel momento più difficile per la struttura produttiva per gli istituti di credito, la Banca d'Italia, in sostanza, che controlla la circolazione monetaria del nostro Paese, a ridurre drasticamente il finanziamento ai settori produttivi. Ciò non perché fosse diminuita la liquidità, o la circolazione monetaria, o il volume totale di moneta che l'Istituto di emissione ha posto a disposizione dell'economia, ma allo scopo di finanziare, in sostanza, il deficit crescente delle strutture pubbliche, il deficit crescente delle strutture dello Stato, il deficit crescente degli Enti locali, di tutta la finanza pubblica nel suo complesso. Documenterò queste affermazioni in sede di discussione generale su questi problemi.
Tutto questo che cosa mette in luce? Che la gestione del settore pubblico in particolare del nostro Paese è stata condotta in questi anni in modo tale che proprio nel momento in cui era necessario un maggior volume di investimenti a sostegno delle strutture direttamente produttive, il settore pubblico ha pesato in questa situazione come elemento di ristagno.
Perché se il debito pubblico fosse stato, tra l'altro, accumulato per fare investimenti produttivi in servizi sociali, in infrastrutture, tutto questo avrebbe avuto anche una sua logica ed avrebbe permesso di superare la congiuntura. Ma questo debito pubblico è stato accumulato invece in modo sbagliato, con un aumento sconsiderato della spesa corrente, spesa altamente improduttiva: cioè, il debito del settore pubblico è stato accumulato per pagare spese di gestione, aumenti di costo del personale e via dicendo. Di qui è derivato il tipo di polemica che la mia parte politica ha condotto nei confronti della politica economica del nostro Paese in questi anni, contro le forze che la guidavano, anche le forze politiche, i governi, di cui pure noi siamo stati corresponsabili, ed anche contro le forze di sinistra che, alimentando una spinta rivendicativa di un certo tipo nel settore pubblico, nelle strutture pubbliche, nelle strutture statali, parastatali, in certe strutture tipo - l'Eni, l'Iri e così via, di fatto hanno creato, o per lo meno accentuato, questo fenomeno in maniera assolutamente non coordinata, senza rendersi conto della grave incidenza negativa che ciò avrebbe potuto determinare sulle strutture direttamente produttive.
Siamo così arrivati all'assurdo - e qui il nostro giudizio si differenzia nettamente da quello degli amici liberali - che, posto come obiettivo prioritario quello della industrializzazione del sud, cioè quello del raggiungimento della piena occupazione in maniera da impedire che si accentuassero, o meglio da far sì che si riducessero, meglio ancora si eliminassero i grandi flussi migratori verso i principali poli industriali del nord, questo obiettivo è stato completamente disatteso, per il i fatto che si è realizzata una politica che in effetti non permetteva accumulazione di capitali ed investimenti né per il settore pubblico né per il settore privato; si è realizzata una politica economica che specialmente per il settore pubblico, ha determinato una sostanziale riduzione del saggio di investimenti che il settore pubblico nel suo complesso poteva determinare. Di qui le ragioni delle critiche all'impostazione globale della politica economica che il Partito repubblicano ha fatto in questi ultimi due o tre, anni, proprio nel nome di alcune scelte prioritarie che sono appunto l'industrializzazione del sud e la piena occupazione nel nostro Paese.
Chi paga oggi gli effetti di una politica non coordinata, sconsiderata che, pur composta di tanti fatti ciascuno dei quali valido se considerato singolarmente, ha portato al risultato di questa grave situazione di crisi? A pagare sono purtroppo i lavoratori, molti dei quali oggi si trovano in cassa integrazione o sotto la minaccia del licenziamento; la pagano, in questo ha perfettamente ragione Sanlorenzo, i giovani, la mano d'opera femminile, che nei prossimi anni avrà gravi difficoltà nella ricerca di un posto di lavoro. Perché la conseguenza di tutto questo, tra l'altro, è che la possibilità di recupero da parte delle aziende che versano in condizioni così pesanti sarà una tendenza ad accentuare gli investimenti che fanno risparmiare posti di lavoro, cioè una spinta ulteriore a fenomeni di automazione, di incentivazione tecnologica, a tutto scapito di una gradualità di sviluppo tecnologico che garantisca in effetti la piena occupazione.
Questi sono i dati che noi dobbiamo riuscire ad analizzare e a denunciare. Mentre oggi ci accingiamo, come è giusto, a prendere atto di questo tipo di esigenze che i lavoratori ci chiedono di sostenere, e quindi ad invitare le grandi aziende che operano in Piemonte a discutere per riuscire ad impostare politiche di miglioramento, di risanamento delle loro condizioni aziendali, senza mettere drasticamente i lavoratori di fronte a lettere di licenziamento, ma concordando, specialmente con la controparte una politica per cui si arrivi agli obiettivi prefissati con gradualità con riconversioni, con trattative aperte verso altri settori economici, al fine di trovare possibilità di riassorbimenti, così da evitare il crearsi di problemi molto gravi per l'occupazione immediata, dobbiamo indubbiamente prospettarci - è questa l'unica considerazione dell'amico Rossotto che condivido - il problema dell'occupazione in Piemonte nei prossimi anni come un problema che si lega ad una visione economica nazionale, ma che deve essere attentamente meditato in tutte le sue componenti e deve far predisporre ai livelli decisori nazionali la programmazione economica in termini di consapevolezza delle situazioni che vi ho or ora esposte, di consapevolezza che, in sintesi, questi problemi si possono risolvere alla lunga, cioè con una prospettiva a medio o a lungo termine, mediante una politica di programmazione responsabilmente e coerentemente condotta.



PRESIDENZA DEL PRESIDENTE VITTORELLI



PRESIDENTE

E' iscritto a parlare il Consigliere Bianchi. Ne ha facoltà.



BIANCHI Adriano

Non voglio anticipare, se non forse per qualche accenno, argomenti validi per la discussione di carattere generale sulla situazione economica sulle iniziative della Regione, sul significato della programmazione regionale ed i suoi rapporti con quella nazionale. Anche, perché, in un momento in cui un aspetto umano è così vivamente presente, certe considerazioni potrebbero essere in parte motivo di disagio, o di inesatta comprensione.
Dirò che in un quadro così pessimistico, serio e preoccupante, io trovo alcuni motivi di fiducia. Il primo motivo, che discende da un'esperienza personale estremamente positiva vissuta in tutti questi mesi di contatti con situazioni aziendali di crisi, di difficoltà - e lo dico senza alcuna ombra o accentuazione di demagogia o di captazione di benevolenza costituito dalla prova di grande maturità, di grande senso di responsabilità, di competenza, di volontà e capacità di affrontare con animo pacato, mentre sono in discussione le stesse sorti delle famiglie, i problemi, vedendoli nel quadro dell'interesse comune; in sostanza, la grande maturità politica e la grande maturità tecnica, economica, aziendale del mondo del lavoro. E' un patrimonio prezioso che, anche attraverso tempi calamitosi, il Paese ha messo insieme ed è un patrimonio che è garanzia di sicuro progresso: progresso economico, progresso tecnico, ma soprattutto progresso umano e civile. E proprio nel momento in cui questa maturità, non solo per prudenza, per calcolo, ma proprio per intima convinzione si manifesta, è certo che diventa ancor più evidente, come del resto è già stato detto, che i problemi che vengono posti da crisi che sono innegabili non possono essere affrontati, e non si deve tentare di risolverli partendo da linee di presunta minor resistenza, e cioè, per esempio, quella di cominciare con il toccare l'occupazione, toccare la sorte di persone così capaci e qualificate, elementi così vitali della vita nazionale. Si deve invece premere - questo è un dato politico - per modificare il residuo di una mentalità consolidatasi nei tempi, secondo la quale di fronte a certe situazioni non vi è altra soluzione che quella di licenziare: ritenendo di salvare intanto così l'azienda, il nucleo produttivo lasciando agli sviluppi futuri la prospettiva di riassorbimento. Gli strumenti finanziari, gli strumenti tecnici, gli strumenti politici, il controllo pubblico, la manovra delle risorse nazionali opportunamente indirizzate, tutto ciò deve consentire le varie operazioni di ristrutturazione, di modificazione, di ammodernamento, di sviluppo dell'apparato produttivo del Paese - sarebbe infatti follia pensare di pietrificare una situazione determinata in un certo momento -. Ma ciò deve avvenire senza che si debba passare attraverso fasi drammatiche di licenziamenti, di disoccupazione, di inutilizzazione, anche sotto questo profilo, di risorse preziosissime, di capacità produttive elevate delle quali il Paese ha tanto bisogno. Se queste crisi serviranno anche a trovare e consolidare gli strumenti tecnici, oltre che politici, per accantonare definitivamente certe vecchie formule e mentalità, certe vecchie tecniche solutive, si compirà un balzo in avanti, politico e di civiltà, di grande momento; un balzo per il quale riteniamo di dover e di voler dare il nostro contributo.
E' evidente che il quadro economico nazionale presenta una serie di aspetti oscuri e negativi, a costituire i quali si è contribuito in molti.
Non starò ad elencarli, non volendo suscitar ora polemiche. E' certo che nel momento stesso in cui si riafferma la volontà di tener fermo il livello di occupazione, si afferma la volontà di riformare la struttura economica del Paese senza che a pagare siano i lavoratori; nel momento in cui l'uomo nella sua dignità, nelle sue esigenze, viene messo al riparo per quanto i nostri mezzi, la nostra volontà, le nostre capacità lo consentano, da queste conseguenze negative, dobbiamo anche farci carico di garantire dobbiamo concorrere a ristabilire, nella severità della programmazione nella severità fiscale, nella severità dei controlli sull'impiego delle risorse, un quadro di certezza della quale il mondo imprenditoriale, sia pubblico che privato, ha assolutamente bisogno.
E' stato già detto molto bene che abbiamo qui di fronte dei problemi che sono drammatici ma risololubili, proprio perché toccano settori forti che hanno facilità di attingere al credito, che possono trovare facili interlocutori sul piano finanziario, ed anche essere oggetto di non resistibili pressioni da parte del potere pubblico. Ma queste situazioni drammatiche si vanno - come sa chi ha esperienza professionale - estendendo in modo non controllabile, non comprimibile, che non lascerà spazi facili ad interventi, spazi che si vanno allargando in altri settori, la cui soluzione deriva appunto dal ristabilimento di un quadro politico economico, finanziario, diciamolo pure di severità, di volontà di riforma ma di certezza politica, di severità e serietà finanziaria, di possibilità di programmazione, di previsione per l'avvenire, di rapporti con l'estero.
In sostanza, una situazione, un rapporto di certezza che ci faccia sentire membri non ultimi e non disprezzati di un contesto europeo al quale siamo arrivati, nel quale ci siamo attestati ad un certo momento come una grande conquista di un Paese già agricolo, arretrato e depresso, contesto dal quale non vogliamo assolutamente essere respinti, perché da questa corsa da questo allineamento ai livelli più civili di questi Paesi dipendono anche l'avvenire e il consolidamento delle condizioni del nostro Paese.
La Regione fa e deve fare appieno il proprio dovere. Ha già dato prova di questa sua volontà attraverso interventi della Giunta, del Presidente della Giunta, attraverso la sensibilità dimostrata negli interventi dell'opposizione e della maggioranza in questo Consiglio, una serie di atti particolari risolutivi di situazioni che sembravano obiettivamente, in un primo momento, dal punto di vista meramente tecnico professionale irrisolvibili, mentre si è riusciti a risolverle e penso bene anche dal punto di vista non solo umano e della occupazione, ma dal punto di vista generale della vitalità, e dell'efficienza produttiva delle aziende interessate. Adesso c'è qualcosa di più da fare: verificare la volontà coerente della Regione in ordine alla programmazione regionale, verificare e coordinare, inserire questi interventi per garantire gli impegni che abbiamo preso, i principi in cui crediamo.
Quando parliamo di diversificazione, di garanzia di diversificazione dell'economia piemontese, non lo facciamo in odio demagogico o sciocco rispetto ad una azienda che, si dà il caso, a mio giudizio, non è per ora fortunatamente in crisi dal punto di vista delle possibilità dell'occupazione, e che non abbiamo alcuna intenzione di mettere in crisi ma anzi per la quale auspichiamo che, inquadrandosi nelle linee di politica economica, di politica urbanistica, di politica dell'occupazione, di condizione di vita nelle fabbriche, ai livelli civili che noi vogliamo assicurare, divenga ancor più efficiente domani di quanto non lo sia oggi.
Lo facciamo invece proprio perché ci rendiamo conto delle possibili conseguenze umane e urbanistiche dell'esistenza di una monocoltura industriale, del gravissimo rischio economico che essa comporta in rapporto ad imprevedibili eventualità di politica mondiale, di politica economica di sviluppi (sappiamo qual è la sorte dei paesi ad indirizzo monocolturale o monoindustriale, conosciamo anche i condizionamenti di carattere veramente culturale, umano, che discendono da una tale situazione). In questo contesto di crisi, l'operare per garantire una diversificazione significa almeno non andare indietro, non fare passi decisivi all'indietro.
Noi sappiamo che occorrono generazioni per mettere insieme quel patrimonio prezioso di capacità operaie, di capacità tecniche, di capacità di lavoro che costituiscono un'azienda: è un patrimonio che non si misura in miliardi, che sarebbe veramente da incoscienti lasciar disperdere patrimonio spesso irripetibile, perché rimetterlo insieme richiederebbe spese enormi, a parte il costo umano, che non è mai determinabile in termini di moneta ma è misurabile in termini di valori nei quali noi crediamo, che sono di importanza incommensurabile.
Anche in rapporto alla situazione della Montedison - io non conosco i dati particolari, né voglio ripetere quanto altri ha detto a questo riguardo: conosco la serietà, la tenacia veramente patetica ed edificante con cui i lavoratori della Imes, per esempio, hanno difeso questa loro posizione, la estrema civiltà con cui hanno condotto questa battaglia.
Credo ci sia da rilevare un aspetto estremamente positivo: era drammatica come prospettive, questa situazione, sette, otto mesi fa, in assenza di una prospettiva, di un programma, senza il coraggio di iniziative. Non so se ho inteso bene quello che ho letto - non sono andato a conferenze stampa, non ho fatto inchieste personali -, ma mi sembra che fra le dichiarazioni rilasciate ci siano anche quelle che le ristrutturazioni da compiersi non dovrebbero essere effettuate passando attraverso fasi di licenziamenti massicci. E' vero che le aziende da ristrutturare o da scorporare rispetto alla vita futura della Montedison investono l'occupazione di migliaia di operai, ma io ritengo che non sia vero che questo debba avvenire attraverso licenziamenti: questo dovrà avvenire, deve avvenire - è la soluzione emblematica sotto questo profilo - in quelle prospettive di riaccorpamento ricostruzione di altri gruppi che abbiano specifica competenza preparazione tecnica, sostegno finanziario per assumere su di sé e indirizzare le attività produttive di queste aziende. E il Consiglio Regionale, la Giunta Regionale opereranno affinché ciò avvenga.
E' pertanto molto opportuno che la Regione, assumendo la sua responsabilità di interlocutrice in nome dei lavoratori, in nome dell'economia regionale, in nome degli interessi delle popolazioni dell'intero suo territorio, che in questo caso coincidono, per la correttezza con i cui sono sempre stati posti anche rispetto al sud, con gli interessi nazionali, chieda di parlare con le persone direttamente responsabili. Il nostro Paese, io penso, ha bisogno di molte persone che sappiano affrontare, come Cefis, anche se qualche volta con un tantino di eccessivamente ostentata sicurezza, che può avere anche qualche momento urtante, i problemi dell'organizzazione e sviluppo delle aziende. Ha bisogno di strumenti politici, di assemblee, di organi, di istituti che sappiano esercitare su siffatte personalità il dovuto controllo, la dovuta pressione, sì da trarne tutti i risultati positivi e costruttivi evitandone gli eventuali errori o gli eventuali eccessi, rispondenti, a volte, a logiche limitate rispetto alle logiche generali, di interesse generale per il Paese. Confido pertanto in questa iniziativa di incontro che mira a rendere efficiente, produttiva, valida la chimica nazionale rispetto alla situazione del Paese e rispetto a quella europea ed internazionale, iniziativa che tende a far passare certe aziende da mani diventate incompetenti, impreparate a seguirne la sorte, in mani, in organismi attrezzati per garantirne la vitalità. In questo senso dobbiamo operare.
Dirò ancora, solo per completezza, perché non appaia una dimenticanza che qualcosa di analogo dev'essere operato anche per un'azienda che ha le tradizioni, il nome e la qualificazione sul piano del mercato, soprattutto la qualificazione tecnica e di personale, della Bemberg; che, oltre tutto ha dimostrato nel suo personale una tale moderazione, un tale senso di responsabilità rispetto alle sorti della produzione, una tale capacità di comprensione - non starò a citare le considerazioni che sono state fatte proprio per non indebolire posizioni che devono essere sostenute - da meritare un'affermazione di fiducia da parte nostra: fiducia nelle possibilità di una soluzione radicale, che garantisca l'avvenire e non solo in un palliativo che blocchi al livello attuale l'occupazione per sei otto, dieci mesi.
Siamo di fronte ad una serie di attività, una serie di energie, una serie di aziende e di imprese che costituiscono un capitale prezioso, un capitale avanzato, un capitale tecnicamente e tecnologicamente aggiornato che non può andar disperso nel momento in cui il Paese ha bisogno di fare un balzo in avanti. Operiamo tutti, ognuno adempiendo al proprio dovere perché si ricostituiscano tutte le condizioni, di carattere psicologico, di esatta impostazione politica e di programmazione, di esatta impostazione economica, tecnica e finanziaria, perché il Paese superi questo stato di difficoltà obiettiva e soprattutto di difficoltà psicologica, di sconcerto di stanchezza, di sfiducia, e riprenda un cammino che già ha percorso forse in forme più disordinate e caotiche, delle quali anche paghiamo alcune delle conseguenze e si metta sulla via di uno sviluppo ordinato, nel quale il posto di lavoro, la prospettiva della propria vita, la serenità delle famiglie, la possibilità di affermare le proprie competenze e di sviluppare la propria personalità trovino quelle garanzie che la Costituzione ha affermato, che qualcuno che ha preparato questa Costituzione repubblicana, prima, con tanto sacrificio, ha così vivamente sperato di realizzare e che costituiscono proprio la ragione, nello spirito della partecipazione, della rappresentanza degli interessi democratici della vita e della presenza dell'istituto regionale.



PRESIDENTE

La discussione è chiusa. Per la Giunta ha facoltà di parlare l'Assessore Petrini.



PETRINI Luigi, Assessore all'industria

Signor Presidente, colleghi Consiglieri, in relazione alla mozione in discussione e agli interessanti interventi svolti da vari Consiglieri espressa la più viva solidarietà della Giunta per i lavoratori colpiti dai licenziamenti nel settore e affermata la volontà della stessa Giunta di operare per evitare che questi possano essere attuati indiscriminatamente e quasi fatalisticamente, nella nostra Regione Piemonte, ritengo opportuno tracciare un quadro preciso della situazione nel settore.
In Piemonte l'industria chimica fa perno su numerose società ed aziende, oltre la Montedison. Le unità locali dell'industria chimica operanti in Piemonte, nel 1969, secondo i dati del precensimento dell'industria e del commercio, ammontavano a 979 aziende, rappresentanti l'8,91 per cento del totale nazionale, di quasi 11.000 unità, ed erano così suddivise fra le varie province; Torino 570 aziende, Alessandria 123 Novara 105, Cuneo 68, Vercelli 64, Asti 32.
Gli addetti all'industria chimica sono così distribuiti per provincia: Torino 29.973, Novara 10.075, Vercelli 3855, Cuneo 3792, Alessandria 3427 Asti 446, per un totale nella Regione Piemonte di 51.568; totale che mette ovviamente in evidenza l'importanza del settore.
L'andamento dell'industria in esame risulta evidente dall'aumento del numero degli addetti, passati in Piemonte, nel periodo '61-'69, da 45.771 unità a 51.568, con un incremento pari al 12,67 per cento. Durante lo stesso intervallo di tempo, la variazione in campo nazionale è stata per del 15,74 per cento, essendo i lavoratori passati da 324.659 a 375.768 unità. In virtù di questi diversi tassi di sviluppo dell'occupazione l'incidenza degli addetti alla chimica nel Piemonte sul totale italiano è diminuita dal 14,10 per cento al 13,72 per cento, in approssimativa sincronia con il calo registratosi sulle unità locali. Il raffronto di tale valore con quello della percentuale di addetti all'industria manifatturiera della Regione sul totale degli occupati del ramo a livello nazionale diminuito dal 15,47 per cento nel '61 al 15,24 per cento nel '69, mette in definitiva in luce un certo sottodimensionamento dell'industria chimica piemontese rispetto all'industria trasformatrice in genere.
Il bilancio, poi, dell'industria chimica piemontese per il '71 si è chiuso in modo poco soddisfacente. Le note negative si possono soprattutto individuare in una carenza di ordinativi provenienti sia dal mercato nazionale che da quelli esteri e in una conseguente perdita di vigore del ritmo produttivo. Se si tien conto anche dell'ascesa dei costi, si comprende come la redditorietà delle imprese, data la dinamica stagnante della produttività, abbia subito un sensibile contenimento.
Ma, per venire all'argomento oggetto della nostra discussione, va anche detto che nell'industria chimica piemontese occupano indubbiamente una posizione di rilevanza le aziende del gruppo Montedison. Esse sono infatti circa una trentina, come stabilimenti, per circa 20.000 addetti, che toccano quattro delle sei province piemontesi. La notizia secondo cui la Montedison, nel rilanciare la propria attività, avrebbe predisposto un programma che comporterebbe, fra l'altro, un ridimensionamento di tutti gli stabilimenti piemontesi desta pertanto viva e giusta preoccupazione e richiede la più attenta verifica, soprattutto per la difesa dei livelli di occupazione, che credo ci debba preoccupare seriamente.
La situazione della Montedison, per quanto si è appreso dalla stampa in quanto la mozione è di pochi giorni fa, non è brillante. Il gruppo secondo l'annuncio dato dalla dirigenza in una recente conferenza stampa ha chiuso il '71 con un fatturato di poco più di due miliardi circa e una quota di ammortamento inadeguata a immobilizzazioni per oltre tremila miliardi. I debiti ammontano a 1500 miliardi, fra obbligazioni, mutui impegni verso le banche, fornitori, di cui quelli a breve termine sono molto al di sopra del 15-20 per cento dell'indebitamento totale che viene considerato lo standard normale.
Per uscire da questa situazione, la Montedison intenderebbe agire soprattutto in due direzioni: razionalizzare al massimo la gestione attuale e compiere le scelte per definire le strategie dei prossimi anni. Fra i tanti settori in cui agisce il Gruppo, due particolarmente dovrebbero essere seguiti, presentando un interesse assolutamente prioritario l'attività chimica e le fibre. In tali settori sono impegnate, infatti, il 92 per cento delle immobilizzazioni, il 70 per cento dei 181.000 dipendenti del Gruppo. Essi contribuiscono al fatturato con il 65 per cento delle vendite.
Per tradurre in atto le proprie strategie, fare le necessarie scelte e razionalizzare ov'è opportuno, la Montedison avrebbe un programma di investimenti per 2800 miliardi di lire nei prossimi sette anni, di cui circa 2000 miliardi nel quadriennio '72-'75, destinati per il 72 per cento alla chimica, per il 18 per cento alle fibre, per il 18 per cento alla grande distribuzione e per il 2 per cento ad attività varie non meglio precisate. E' fuor di dubbio che questo programma di ristrutturazione toccherà anche i settori in cui operano le aziende Montedison piemontesi per alcune delle quali esistono effettivamente dei problemi.
Dalle notizie ufficiosamente fin qui assunte, sembrerebbe comunque da escludersi che tali problemi comportino così drastiche misure nei confronti dei livelli di occupazione com'è indicato dalla mozione, e questo è anche nostro preciso augurio. Comunque, per l'opportuna verifica l'Assessorato alla programmazione e l'Assessorato all'industria si sono fatti subito premura di fissare un incontro con alcuni responsabili della Montedison.
Questo incontro si terrà dopodomani, mercoledì, a Milano, presenti per la Montedison il responsabile per i rapporti con il pubblico potere e le Regioni, il responsabile della programmazione aziendale generale e il responsabile dei settori in cui operano le unità locali dislocate in Piemonte; per la Regione Piemonte parteciperanno, come si è riferito l'Assessore alla programmazione, avv. Paganelli, l'Assessore al lavoro Visone, e chi vi parla.
Circa la conferenza regionale sul settore chimico, sarà quindi opportuno, evidenziata l'esatta situazione dopo l'incontro di Milano stabilire tempi e modi per la sua effettuazione. Resta comunque fermo l'impegno della Giunta, in particolare dell'Assessore al lavoro collega Visone, che si analizzerà subito lo stato di crisi dell'azienda Bemberg di Gozzano, per ricercare soluzioni alternative ai licenziamenti e quindi indirettamente e direttamente per la difesa dei livelli d'occupazione.
In accenno anche alla situazione della Imes di Alessandria, su cui si è soffermato il collega Sanlorenzo, nell'incontro avvenuto fra il Ministro Piccoli e l'Assessore Visone (che mi ha pregato di riferire in sua vece avendo egli dovuto assentarsi per ragioni di lavoro relative al suo Assessorato), incontro avvenuto mercoledì scorso, è stato esaminato il problema della grave situazione dell'azienda e delle sue possibilità di sopravvivenza e della possibilità di concludere le trattative da tempo in corso, per il suo assorbimento da parte della Cognitex. Nel corso dell'incontro il Ministro Piccoli, dopo avere avuto contatti telefonici con il Presidente della EDAM, di cui fa parte la Cognitex, e il Presidente della Montedison, Cefis, ha accertato la definitiva possibilità di condurre felicemente in porto l'operazione in tempi molto ravvicinati.
Resta comunque, come dicevo, fermo l'impegno della Giunta, e in particolare dell'Assessorato alla programmazione e dell'Assessorato all'industria, per conoscere e approfondire i piani di sviluppo in Piemonte della Montedison e per tutte le iniziative indispensabili per il superamento della crisi e- conseguentemente, per un equilibrato progresso dell'attività produttiva nel settore chimico, nel quadro ovvio, come ricordavo, della difesa dei livelli di occupazione nel nostro Piemonte in quanto non sono certo i lavoratori a dover pagare eventuali ristrutturazioni quando si adopera il denaro pubblico e della difesa logica, degli investimenti imprenditoriali esistenti nel nostro Piemonte.



PRESIDENTE

E, stata presentata una mozione, distribuita da tempo ai Consiglieri Regionali, e che perciò è a conoscenza di tutti, a firma dei Consiglieri Sanlorenzo, Nesi, Furia, Raschio e Giovana.
Inoltre, in seguito ai colloqui che si sono avuti oggi con la delegazione della- Bemberg, è stato presentato un ordine del giorno a firma dei Consiglieri Sanlorenzo, Giovana, Garabello, Bianchi, Simonelli e Bono.
Le parole- iniziali - dell'Assessore Petrini, il quale ha espresso la propria solidarietà e quella della Giunta ai lavoratori in lotta, mi fanno supporre che la Giunta non abbia difficoltà ad accogliere questo ordine del giorno.



PETRINI Luigi, Assessore all'industria

Suggerirei però di non indicare nell'ordine del giorno il numero di posti di lavoro che si perderebbero, perché non è confermata una tale cifra: mi pare arrischiato parlare di 7-8 mila, caso mai possiamo parlare genericamente di migliaia.



PRESIDENTE

In effetti, il testo corretto che mi è stato consegnato non parla più di 7-8 mila posti di lavoro ma di "migliaia".



FASSINO Giuseppe

Bisognerebbe leggerlo, perché noi abbiamo soltanto il testo originario.



PRESIDENTE

Rispetto a quello vi è soltanto la modifica indicata. Comunque, io mi riferivo all'ordine del giorno successivo, quello firmato da tutti i Gruppi.
Leggo dunque il testo della mozione, poiché è bene che il Consiglio prima di deliberare, possa averne ben presente il contenuto.
"In più occasioni, recentemente, il Ministro del lavoro, Donat Cattin ha dato l'annuncio, in riunioni sindacali ed ultimamente all'Unione sindacale di Vercelli, della decisione della Montedison di chiudere le proprie aziende in Piemonte (esclusa parte della Chatillon di Vercelli e parte dello stabilimento di Spinetta Marengo).
La verifica compiuta nelle singole aziende del Piemonte dalle organizzazioni sindacali ha permesso di accertare: 1) che l'annuncio può riguardare migliaia di posti di lavoro 2) che tale annuncio è accompagnato da situazioni di fatto che vedono il blocco degli investimenti e delle assunzioni ed altri 3000 lavoratori del settore già in cassa integrazione 3) che in alcune fabbriche si è già alla fase dei licenziamenti conseguenti alle cessioni che la Montedison sta compiendo 4) che in altre- aziende del settore chimico in Piemonte (Bemberg) sono pure in atto processi di licenziamento.
Di fronte a tale, situazione, che accentua sempre di più nella nostra Regione la caratterizzazione industriale monocolturale e automobilistica in aperto e totale, contrasto con gli obiettivi dichiarati della programmazione regionale, il Consiglio Regionale impegna la Giunta Regionale a promuovere entro il mese di gennaio un incontro della Regione Piemonte con il Presidente della Montedison.
ed entro il mese di febbraio a convocare una conferenza regionale del settore chimico cui partecipino tutte le forze sociali e politiche e gli Enti locali interessati".
Chiede di parlare il Consigliere Bianchi. Ne ha facoltà.



BIANCHI Adriano

Mi sembra imprudente e controproducente attribuire, tanto più in una mozione, al Ministro del Lavoro, Donat Cattin, senza con ciò aggiungere nulla alla sostanza di quello che viene detto, affermazioni che in questi termini la sua Segreteria ha recisamente smentito. D'altronde, il parlare esplicitamente di decisione di chiudere mi pare sia un po' fare il processo alle intenzioni: può darsi che nelle arrières pensèes ci sia anche l'intenzione di chiudere, ma nessuno l'ha espressa; è stata espressa invece l'intenzione di concentrare l'interesse della Montedison in alcuni settori e di trasferire e disinteressarsi di altri, il che non significa affatto chiusura.



PRESIDENTE

A me pare che l'interesse politico della mozione derivi non tanto dalla fonte cui è attribuita la notizia, quanto dalle indicazioni di fatto contenute nei quattro punti e dall'impegno che viene specificato nella parte del dispositivo. Quindi si potrebbe benissimo modificare il capoverso nel senso di indicare la preoccupazione del Consiglio Regionale per il diffondersi di notizie in merito alla possibilità che la società Montedison proceda ad una revisione dell'occupazione nelle proprie aziende in Piemonte, esclusa parte della Chatillon di Vercelli e parte dello stabilimento di Spinetta Marengo. Si tratta ora di vedere come redigere un cappello che parta dalla stessa considerazione di fatto senza attribuirne la responsabilità ad alcuno in modo particolare, poiché non sarebbe certamente giovevole per il Consiglio Regionale approvare non soltanto un dispositivo, ma una motivazione in cui è chiamata in causa una fonte che domani potrebbe contestare l'esattezza del punto di partenza da cui si traggono le deduzioni.
Ha facoltà di parlare il Consigliere Besate.



BESATE Piero

Avrei da proporre anch'io un emendamento di carattere marginale. Là dove è detto: "Esclusa parte della Chatillon di Vercelli e parte dello stabilimento di Spinetta Marengo" propongo sia scritto: "Inclusa parte....". Con il termine "esclusa", per quanto, in ultima analisi corretto, si dà l'impressione che i lavoratori di questi stabilimenti siano fuori dalla tempesta, mentre lo sono per una parte soltanto, il che significa che in parte sono coinvolti. E' meglio, secondo me, usare un'espressione che chiarisca che anche essi sono in parte compresi nel vortice programmato: "inclusa parte della Chatillon....ecc.".



PRESIDENTE

Il primo capoverso, da sostituire a quello precedentemente presentato potrebbe suonare così: "Il Consiglio Regionale del Piemonte ha preso in esame la decisione attribuita alla Montedison, di ridurre il livello della occupazione nelle proprie aziende in Piemonte, comprese parte della Chatillon di Vercelli e parte dello stabilimento di Spinetta Marengo"; poi si riprenderebbe dal testo precedente.
Non so se questo testo sciolga le perplessità che esprimeva il Consigliere Bianchi.



BIANCHI Adriano

Sostanzialmente sì. Mi sembrerebbe però ancor più corretto e preciso dire che noi prendiamo notizia e atto che le prospettate iniziative di ristrutturazione da parte della Montedison fanno temere la chiusura di aziende e la riduzione dei livelli di occupazione in aziende della nostra zona.



PRESIDENTE

Allora potrebbe andar meglio cosi: "Il Consiglio Regionale del Piemonte ha preso in esame alcune iniziative attribuite alla Montedison in merito alla ristrutturazione delle proprie aziende, che potrebbero comportare la riduzione del livello dell'occupazione in queste aziende in Piemonte, comprese parte della Chatillon di Vercelli e parte dello stabilimento di Spinetta Marengo".



BIANCHI Adriano

Anche la frase successiva andrebbe un tantino ritoccata: "Compiuta una verifica nelle singole aziende.., ecc.".



PRESIDENTE

No, perché la verifica non l'abbiamo compiuta noi, ma le organizzazioni sindacali.



FASSINO Giuseppe

Ma di questa verifica la Regione ha avuto comunicazione in via ufficiale, seguita da una discussione in seno al nostro Consiglio? Ci pare di no, quindi, con tutto il rispetto per le organizzazioni sindacali, ci pare strano che il Consiglio prenda atto dei risultati di un'indagine che non abbiamo fatto noi e che neppure ci è i stata comunicata ufficialmente.
Siamo pertanto d'accordo sulla parte conclusiva e pronti a votare favorevolmente sul dispositivo conclusivo che invita all'incontro, ma il prendere atto di una verifica compiuta dalle organizzazioni sindacali che non ci è stata neppure ufficialmente comunicata, non mi sembra molto ortodosso.



PRESIDENTE

Consigliere Fassino, la responsabilità della verifica viene attribuita alle organizzazioni sindacali. Si potrebbe attenuare, eventualmente, quel "ha permesso di accertare", per esempio dicendo : "La verifica compiuta nelle singole aziende del Piemonte dalle organizzazioni sindacali fa temere.... ecc.".



BERTI Antonio

Io direi che le preoccupazioni dei Consiglieri liberali non hanno motivo d'essere, perché la verifica è confermata dai dati di fatto, e cioè dal fatto che tremila lavoratori siano già ora in cassa integrazione, che in alcune fabbriche, come ci hanno detto gli stessi operai, si sia già alla fase dei licenziamenti. Quale altra verifica può occorrere? Non si possono mettere in discussione la denuncia e le comunicazioni che hanno fatto le forze sindacali.
Quindi, credo che l'ordine del giorno debba essere votato così. Del resto, si tratta di modifiche del tutto relative alla forma.



FASSINO Giuseppe

La correzione di attenuazione proposta dal Presidente mi pare molto opportuna e la sua adozione potrebbe indurci a dare anche la nostra approvazione al documento. Perché situazioni come quelle indicate sono effettivamente riscontrabili, però probabilmente non tutte, o almeno non tutte in tale entità.



PRESIDENTE

Effettivamente non cambia nulla, perché, la responsabilità essendo delle organizzazioni sindacali e non essendo avvenuta di fatto in Consiglio Regionale mediante consultazione la verifica che la verifica fatta dalle organizzazioni sindacali corrisponde a verità, si prende per buono quanto detto dalle organizzazioni sindacali e se ne trae motivo di preoccupazione.
Vorrei attirare l'attenzione dei Consiglieri liberali su questo fatto che, pur supponendo, per ipotesi assurda, che la verifica fatta dalle organizzazioni sindacali non corrisponda al vero, essa costituisce tuttavia un elemento di lotta politica e sindacale e di tensione che non può non determinare il Consiglio Regionale ad esprimere la propria preoccupazione e a deliberare le iniziative che sono deliberate in questa mozione.
Basterebbe, cioè, che le organizzazioni sindacali, magari avendo accertato male la situazione, ne deducano un intento di lotta perché il Consiglio Regionale si assuma la responsabilità di intervenire per poter comporre la tensione ed eventualmente rilevare che questi motivi di preoccupazione sono infondati. E siccome c'e sempre, ragionando sempre per assurdo, una parte di verità almeno in tutti gli accertamenti che si effettuano, il semplice intento espresso dal Consiglio Regionale potrebbe essere di per se stesso un mezzo di pressione disincentiva nei confronti della Montedison, alla quale il Consiglio Regionale autorevolmente si rivolge con i colloqui che invita la Giunta a tenere con la stessa Montedison.
Ha facoltà di parlare l'Assessore Cardinali.



CARDINALI Giulio, Vicepresidente della Giunta Regionale

Dopo quanto ha or ora detto l'Assessore Petrini, mi pare giusto che proprio in quanto l'impegno che deve assumere la Giunta riguarda i tempi brevi, cioè "entro gennaio", si sostituisca a "con il Presidente" "con i dirigenti". Ciò non esclude che successivamente si addivenga anche all'altro colloquio, ma consente di prendere in questo momento conoscenza diretta del problema discutendone con i diretti responsabili.
Per l'altro ordine del giorno, quello relativo alla Bemberg preannuncio che mi permetterò di chiedere che venga invece effettivamente richiesto all'Assessore Visone il contatto con il Presidente della Bemberg per la ragione che abbiamo precisato.



PRESIDENTE

Ci sono obiezioni all'accoglimento della modifica proposta dal Vicepresidente Cardinali, nel senso che l'incontro debba avvenire, anzich "con il Presidente"; "con i responsabili"? Allora, leggo il testo quale risulta introducendo le modifiche proposte: "Il Consiglio Regionale del Piemonte ha preso in esame alcune iniziative attribuite alla Montedison in merito alla ristrutturazione delle proprie aziende, che potrebbero comportare la riduzione dell'occupazione in Piemonte (comprese parte della Chatillon di Vercelli e parte dello stabilimento di Spinetta Marengo). La verifica compiuta nelle singole aziende del Piemonte dalle organizzazioni sindacali fa temere che:".
Seguono i quattro punti, immutati.
"Di fronte a tale situazione, che accentua sempre di più nella nostra Regione la caratterizzazione industriale monocolturale e automobilistica in aperto e totale contrasto con gli obiettivi dichiarati dalla programmazione regionale il Consiglio Regionale impegna la Giunta Regionale a promuovere entro il mese di gennaio un incontro della Regione con i responsabili della Montedison ed entro il mese di febbraio a convocare una conferenza regionale del settore chimico cui partecipino tutte le forze sociali e i politiche e gli Enti locali interessati".
Vi sono altre osservazioni? Ha facoltà di parlare, per una dichiarazione, il Consigliere Sanlorenzo.



SANLORENZO Dino

Desidero dichiarare che le cifre indicate nella mozione e l'attribuzione delle dichiarazioni non sono frutto né di invenzione né di suggerimento di alcuno, ma il risultato di dichiarazioni effettivamente fatte in due sedi diverse. Non abbiamo nulla in contrario a modificare il testo per evitare di mettere in difficoltà o in polemica un Ministro con gli organi direttivi della Montedison, ma le dichiarazioni sono state fatte, le cifre sono state date, e questo è quanto risulta alle organizzazioni sindacali, che hanno suggerito e compilato con noi il testo della mozione.
Ciò premesso, accetto il testo modificato e sono disposto a votarlo anche così.



PRESIDENTE

Avverto che, per correttezza di linguaggio, sarà necessario modificare il tempo del verbo dal presente dell'indicativo al presente del congiuntivo nei quattro punti retti dall'espressione "fa temere che" ora introdotta.
Penso non abbiate obiezioni a che, in sede di revisione, sia fatta questa variazione di carattere puramente linguistico.
Ha facoltà di parlare il Consigliere Fassino, per dichiarazione di voto.



FASSINO Giuseppe

Desidero ribadire quanto già dichiarato prima e cioè che, restando ferme le considerazioni fatte dal collega Rossotto nel suo intervento nel dibattito, il Gruppo si trova perfettamente concorde soprattutto sulla parte del dispositivo conclusivo di questa mozione, per cui voterà a favore, nella fiducia che essa possa contribuire alla risoluzione di un problema della cui importanza tutti ci rendiamo conto.



PRESIDENTE

Non essendovi altre richieste di parlare per dichiarazione di voto pongo ai voti la mozione di cui ho dato testè lettura. Chi è favorevole è pregato di alzare la mano.
E' approvata all'unanimità.


Argomento: Ristrutturazione industriale - Problemi del lavoro e della occupazione

Ordine del giorno sul piano di ristrutturazione della Bemberg di Gozzano


PRESIDENTE

Vi è ora da porre in votazione l'ordine del giorno, redatto nel corso di incontri avvenuti questo pomeriggio, relativo alla situazione della Società Bemberg, sottoscritto, mi pare, da quasi tutti i Gruppi. Ne do preventivamente lettura, perché tutti i Consiglieri siano in grado di esprimere su di esso il proprio voto con conoscenza di causa: "Il Consiglio Regionale piemontese, nella seduta del 24 gennaio '72 ricevuta la delegazione del Consiglio di fabbrica della Società Bemberg di Gozzano, produttrice di tecno-fibre, che ha consegnato un esposto sullo stato di crisi dell'azienda e sul piano, messo in atto dalla Direzione, di ristrutturazione basato sul licenziamento di 200 lavoratori esprime apprezzamento per la maturità democratica con cui i lavoratori stanno svolgendo l'azione sindacale per la difesa del posto di lavoro condivide con piena solidarietà i motivi altamente sociali ed umani con cui i lavoratori contestano alla Direzione della Società la licenza di licenziare senza una giusta causa imputabile alla persona del lavoratore motivi questi che traggono ispirazione, dal principio costituzionale che la Repubblica italiana è fondata sul lavoro; impegna la Giunta a promuovere entro gennaio l'incontro richiesto dai lavoratori della Regione Piemonte con il Presidente dott. Angelo Costa e il Consiglio d'amministrazione della Società Bemberg, per far valere l'assoluta esigenza di difendere l'occupazione contro la crisi dilagante nella provincia di Novara e particolarmente nella zona del Cusio accoglie con vivo interesse l'adesione dei lavoratori della Bemberg ad una conferenza regionale che sarà indetta dall'Amministrazione regionale per puntualizzare la situazione del settore chimico e tecno-fibre del Piemonte nel contesto nazionale e contribuire alla difesa dell'occupazione e al rilancio degli investimenti e dell'attività produttiva".



FASSINO Giuseppe

Anche per questo ordine del giorno, siamo d'accordo per la parte dispositiva finale, quella che prevede l'incontro e la conferenza. Avendo preso conoscenza del testo solo in questo momento, abbiamo per l'impressione che su altre affermazioni dovremmo muovere alcune obiezioni.
Pertanto, proponiamo una votazione per divisione, preannunciando voto favorevole in merito all'incontro e alla conferenza, e astensione invece nella prima parte.



PRESIDENTE

Vi astenete, in sostanza, sulla motivazione, mentre accettate il dispositivo.
Vi sono altre osservazioni o richieste di parola? Non ve ne sono.
Allora pongo in votazione per divisione l'ordine del giorno. Chi è favorevole alla prima parte, fino all'impegno della Giunta escluso contenente la motivazione, è pregato di alzare la mano.
E' approvato con l'astensione dei componenti del Gruppo liberale.
Pongo ora in votazione la seconda parte, quella dispositiva. Chi è favorevole è pregato di alzare la mano.
E' approvato all'unanimità.
Pongo infine in votazione il testo complessivo. Chi è favorevole è pregato di alzare la mano.
E' approvato.


Argomento:

Mozioni, interrogazioni e interpellanze (annuncio)


PRESIDENTE

Prego un Consigliere Segretario di dar lettura delle interrogazioni ed interpellanze pervenute alla Presidenza.



GERINI Armando, Segretario

dà lettura delle interrogazioni e interpellanze pervenute alla Presidenza


Argomento:

Ordine del giorno della prossima seduta


PRESIDENTE

Il Consiglio Regionale è convocato venerdì 28 gennaio alle ore 10 con il seguente ordine del giorno: 1) Approvazione verbale precedente seduta 2) Comunicazioni del Presidente 3) Nuova sede della Regione: proposte della Giunta e relative deliberazioni del Consiglio 4) Esame dello schema di osservazioni al D.P.R. relativo al riordinamento del Ministero della Pubblica Istruzione (relatore Soldano) 5) Esame di mozioni sui seguenti argomenti: a) nuovi prezzi delle autovetture Fiat b) situazione edilizia a Bardonecchia c) libertà di stampa 6) Interpellanze e interrogazioni.
Il Consiglio tornerà a riunirsi i giorni 2, 3 ed eventualmente 4 febbraio, per esaminare, fra l'altro, i seguenti argomenti: progetto di Statuto dell'Ires, situazione economica del Piemonte, adempimenti relativi alla Legge sulla Montagna e alla Legge sugli Asili nido.
La seduta è tolta.



(La seduta ha termine alle ore 20.15)



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