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Dettaglio seduta n.72 del 18/01/72 - Legislatura n. I - Sedute dal 6 giugno 1970 al 15 giugno 1975

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Argomento:


PRESIDENZA DEL PRESIDENTE VITTORELLI


Argomento:

Approvazione verbale seduta precedente


PRESIDENTE

La seduta è aperta. Prego un Segretario Consigliere di dar lettura del verbale della seduta precedente.



GERINI Armando, Segretario

Procede alla lettura del processo verbale dell'adunanza del 23 dicembre '71



PRESIDENTE

Se non vi sono altre osservazioni sul verbale della seduta precedente il testo si intende approvato. Nessuno chiede la parola, quindi è approvato.


Argomento:

Congedi


PRESIDENTE

Comunico che hanno chiesto congedo i Consiglieri Borando, impegnato a Cuneo per una riunione connessa all'attività del suo Assessorato, Fabbris per motivi di salute, Franzi per motivi di salute, Gandolfi, Viglione impegnato anch'egli a Cuneo nella stessa riunione cui partecipa l'Assessore Borando, Armella, impegnato a Roma per una riunione ministeriale di Assessori alla Sanità, Rivalta; mi risulta che anche il dott. Calleri sarebbe in congedo.


Argomento:

Comunicazioni del Presidente del Consiglio


PRESIDENTE

Informo che ho inviato un telegramma di auguri al nuovo Capo dello Stato dopo la sua elezione e ne ho ricevuto la seguente risposta: "Particolarmente grato per espressioni augurali rivoltemi, ringrazio vivamente et invio cordiale saluto. Giovanni Leone".
In data 28 dicembre 1971 il Commissario del Governo per la Regione Piemonte ha apposto il visto alla legge approvata dal Consiglio Regionale il 29 novembre '71, concernente "Norme per l'istituzione e l'applicazione dei tributi propri della Regione Piemonte". In data 5 gennaio '72 il Commissario del Governo per la Regione Piemonte ha apposto il visto alla legge approvata dal Consiglio Regionale il 1° dicembre 1971 concernente l'istituzione del Circondario di Biella.
In data 31 dicembre u.s. la Giunta mi ha trasmesso lo schema di decreto del Presidente della Repubblica concernente il riordino del Ministero del Lavoro e della Previdenza Sociale. In data 3 gennaio ho deciso di assegnarlo alla III Commissione per l'esame in sede referente.


Argomento:

Documenti - Annuncio e Assegnazione


PRESIDENTE

Comunico ancora che in data 12 gennaio 1972 è stato presentato dai Consiglieri Marchesotti, Sanlorenzo, Besate e Giovana un progetto di regolamento per il funzionamento dell'organo regionale di controllo sugli atti degli Enti locali. In data 13 gennaio 1972 ho quindi assegnato per l'esame in sede referente alla VIII Commissione questa proposta di regolamento, avendo la VIII Commissione già in esame il progetto di regolamento presentato sull'argomento dalla Giunta.


Argomento:

Comunicazioni del Presidente del Consiglio (seguito)


PRESIDENTE

In occasione dell'ultima riunione dell'Ufficio di Presidenza del Consiglio Regionale, svoltasi il 12 gennaio, ho deciso di dividere i compiti fra i due Segretari in questo modo: il Consigliere Segretario Menozzi ha avuto compiti di segretario questore, sovrintende quindi al funzionamento degli uffici, mentre il Consigliere Segretario Gerini ha avuto compiti di segreteria relativi ai servizi attinenti all'aula, alle Commissioni, ai resoconti eccetera.
Comunico che questa mattina si è riunita la Giunta delle Elezioni. In questa riunione, alla quale hanno partecipato tutti i dodici componenti la Giunta, il Consigliere Paganelli, che ne era Presidente, ha rassegnato le proprie dimissioni. La Giunta ha preso atto con rammarico delle dimissioni del proprio Presidente e unanimemente ha deliberato di rimettere ad un accordo politico fra i Gruppi del Consiglio, come avvenne per la nomina del suo precedente Presidente, il compito di ricercare una soluzione concordata fra tutti i Gruppi per la elezione del nuovo Presidente. Desidero sollecitare i Gruppi a raggiungere questo accordo il più presto possibile per porre la Giunta delle Elezioni in condizioni di funzionare e di riferire al più presto possibile al Consiglio sulle proprie decisioni in merito alla convalida definitiva dei componenti il Consiglio stesso.
Comunico che il giorno 14 si è riunita la conferenza dei Capigruppo per discutere il programma di lavoro del Consiglio Regionale nel corso della sessione che si apre con questa seduta. Sono state raggiunte le seguenti conclusioni. Nella seduta odierna, come è già stato fissato nell'ordine del giorno, verrà discusso lo schema di disegno di decreto del Presidente della Repubblica per il riordino del Ministero dell'Agricoltura e insieme verrà discussa la mozione presentata dai Consiglieri Menozzi Bertorello e Giletta sul finanziamento all'agricoltura. Altri argomenti vengono rinviati per la concomitanza di altri impegni: la convocazione che è stata inviata dal Vicepresidente della Giunta, Cardinali, per l'esame del problema della casa e la riunione presieduta dall'Assessore Borando per quello che riguarda l'orario dei negozi. Inoltre, e noto che i sindacati hanno deciso di consultare i singoli partiti politici e in data odierna hanno già un incontro di questo genere, se non erro con il Partito Comunista Italiano. Per tutte queste ragioni, il Consiglio potrà tener seduta soltanto questa mattina ed esaurire questa mattina il proprio ordine del giorno, rinviando ad una seduta da tenersi il 24, cioè lunedì prossimo tutta una serie di altri argomenti che verranno fissati all'ordine del giorno nelle comunicazioni che farò al termine di questa seduta.
Il 24 gennaio, cioè in questa prossima seduta, fra gli argomenti che dovrebbero avere priorità, dovrebbe esserci, se fosse pronto, - e forse il Presidente della I Commissione potrebbe dirci qualcosa in merito successivamente - il progetto di statuto dell'Ires, per l'esame in aula che è ancora sottoposto all'esame della Commissione. Comunque, spetta alla I Commissione farmi sapere se è in grado di portare la propria relazione su questo progetto alla prossima seduta.
Faccio presente al Consiglio e anche alla I Commissione che la Giunta subordina all'approvazione di questo progetto di statuto la possibilità di consultare l'Ires su una serie di questioni che dovranno poi essere sottoposte all'esame del Consiglio stesso. C'é quindi una certa urgenza di risolvere questa questione dell'Ires.
Probabilmente nella seduta di lunedì prossimo la Giunta ci porrà in grado di discutere una sua proposta in merito alla sede del Consiglio Regionale. La Giunta stessa si proponeva di sciogliere questa riserva nella seduta odierna, ma non vedo qui il Presidente della Giunta e probabilmente dovrò indicare questo argomento all'ordine del giorno con la riserva di esaminarlo se la proposta nel frattempo sarà stata presentata.
Nel corso della sessione trimestrale che ha inizio con la seduta odierna la conferenza dei Capigruppo ha deliberato di prendere in esame in questo Consiglio Regionale le seguenti questioni: 1 - la situazione economica regionale, quale è emersa anche dalle riunioni in merito organizzate a livello provinciale, in relazione anche al piano di sviluppo regionale. Su questa questione presumo che la Giunta farà le proprie comunicazioni in merito alle risultanze cui è pervenuta in modo da porre il Consiglio Regionale in grado di aprire su queste comunicazioni un dibattito ed eventualmente anche di concluderlo con l'approvazione di un documento 2 - il Consiglio Regionale, nel corso della sessione, dovrà prendere in esame una serie di adempimenti che risultano da leggi dello Stato, quali in particolare la legge sulla montagna, a proposito della quale è stato comunicato alla conferenza dei Capigruppo dal Presidente della Giunta che la Giunta stessa sta raccogliendo tutta una documentazione per porre il Consiglio in grado di prendere in esame questa questione e di giungere ad eventuali determinazioni.
La Giunta, come è stato comunicato alla conferenza dei Capigruppo, sta inoltre predisponendo, con la collaborazione dell'Ires, alcuni piani da sottoporre poi al Consiglio, quali ad esempio il piano ospedaliero. Di qui la necessità, che rilevavo poco fa, e l'urgenza che si decida rapidamente in merito alle strutture definitive di questo Istituto.
3 - In terzo luogo, il Consiglio Regionale dovrà prendere in esame, nel corso di questa sessione, i decreti del Presidente della Repubblica per il riordino del Ministero della Pubblica Istruzione, del Ministero della Sanità e del Ministero del Lavoro. Per la data in cui questi schemi di decreto sono pervenuti alla Giunta Regionale, il Consiglio dovrebbe approvare le proprie osservazioni al decreto sul riordino del Ministero della Pubblica Istruzione entro la fine di questo mese ed entro la fine di febbraio per quello che riguarda il Ministero del Lavoro. Circa il Ministero della Sanità la scadenza avviene all'incirca a metà febbraio.
4 - Quando la Commissione, in questo caso l'VIII, avrà concluso i suoi lavori - e vorrei sollecitarla a concluderli rapidamente - il Consiglio sarà posto in grado di prendere in esame il disegno di legge relativo all'iniziativa popolare e al referendum.
5 - Il Consiglio dovrebbe pure essere posto in grado dalla Commissione competente di prendere in esame per l'approvazione un testo di regolamento per il funzionamento del Comitato di controllo Ho comunicato poco fa che è stato presentato un nuovo progetto. Spero che, con l'aiuto, anche, di questo nuovo progetto, la Commissione sarà in grado di giungere ad una conclusione che consenta al Consiglio di prendere finalmente in esame un progetto di regolamento idoneo a risolvere questo problema.
6 - In sesto luogo, il Consiglio Regionale sarà posto di fronte ad un progetto di completamento e di aggiornamento del regolamento del Consiglio Regionale. Noi siamo retti sempre dal regolamento provvisorio che fu approvato all'inizio dei lavori del Consiglio Regionale, poco dopo il suo insediamento, nell'autunno del 1970. Alcune disposizioni di questo regolamento sono state modificate dallo Statuto, e debbono quindi essere modificate nel regolamento stesso, altri problemi non sono stati risolti dal regolamento perché non esisteva ancora lo Statuto e quindi non era stata ancora fissata la procedura in particolare per l'approvazione delle leggi.
L'Ufficio di Presidenza del Consiglio Regionale sta apprestando un progetto da sottoporre alla competente Commissione per il regolamento e dopo che questa avrà deliberato in merito al progetto definitivo il progetto verrà sottoposto al Consiglio Regionale, che dovrà approvarlo come prescrivono le leggi e lo Statuto, articolo per articolo.
Nel corso della sessione, e a cominciare anche dalla prossima seduta il Consiglio dovrà prendere in esame tutta una serie di mozioni che sono state presentate nel corso delle settimane precedenti, alcune delle quali presentate anche di recente su questioni urgenti, come ad esempio quella sulla Montedison, quella sulla situazione edilizia a Bardonecchia, quella sulla libertà di stampa e quella sui prezzi delle autovetture Fiat, che sono tutti problemi di vivo interesse, sui quali il Consiglio certamente si vorrà pronunciare abbastanza sollecitamente. Vedremo adesso di porre il massimo possibile di queste mozioni all'ordine del giorno della prossima seduta.
Il Consiglio dovrà, finalmente, prendere anche in esame un problema sul quale i Capigruppo si sono trovati tutti concordi, e cioè il problema dei rapporti fra Regioni e Rai-TV, che è stato affrontato in incontri di Uffici di Presidenza delle Regioni a Statuto ordinario e a Statuto speciale con gli organi della Rai-TV e in incontri di Uffici di Presidenza dei Consigli Regionali. Da tutti questi incontri è emersa l'urgenza di un esame di questo problema, dei rapporti fra Regioni e Rai-TV. Come i signori Consiglieri certamente sanno, la convenzione dello Stato con la Rai-TV viene a scadenza alla fine di quest'anno. In vista del rinnovo di questa convenzione è all'esame da molto tempo della Commissione Parlamentare di vigilanza sulle trasmissioni radiotelevisive un progetto di riforma; gli stessi organi della Rai-TV stanno per conto proprio procedendo alla elaborazione di una serie di progetti di riforma, che hanno suscitato, del resto, non lievi polemiche, e che vanno sotto il nome di "palinsesto", cioè di riforma dei programmi della RAI-TV, quale che sia poi l'ordinamento che il Parlamento nazionale voglia dare alla Rai-TV.
Analoga e forse peggiore situazione si riscontra nel campo delle trasmissioni destinate alle Regioni. Ad un anno e mezzo di distanza dalla nascita delle Regioni, anche la Televisione italiana si è accorta della loro esistenza, ma non tanto per parlarne quanto per impegnarsi a studiare i modi di parlarne in un futuro che potrebbe anche non essere prossimo.
Nell'incontro che la Presidenza e il Comitato direttivo della Rai-Tv hanno avuto il 12 dicembre ultimo scorso con i rappresentanti delle Regioni Consigli Regionali e Giunte -, da parte della Rai-TV è stato comunicato che, pur essendo la Rai-Tv disponibile ad apprestare delle trasmissioni destinate alle Regioni, queste trasmissioni non potranno superare il tempo di sette od otto minuti la settimana, per ciascuna Regione, in un orario in cui generalmente gli italiani di qualunque zona pensano a tutt'altra cosa che ad aprire la televisione, di modo che, pur parlandosi alla Televisione delle Regioni alle ore 19 ogni giorno, sarà abbastanza difficile che con una trasmissione a quell'ora gli italiani si accorgano un po' di più della esistenza delle Regioni. Alla richiesta che il modo di ordinare questi programmi fosse esaminato di concerto con le Regioni, la Direzione generale della Rai-TV ha risposto che le Regioni avrebbero potuto vedere queste trasmissioni, quando fossero state organizzate, e poi eventualmente fare le loro osservazioni davanti al fatto compiuto.
Di fronte all'emergere di tutte queste situazioni, in sede di Consigli Regionali si è ritenuto di dover affrontare il problema, anche perché il problema dei rapporti fra Regioni e Rai-Tv non è soltanto un problema di organizzazione di trasmissioni destinate alle Regioni ma è forse l'occasione di un ripensamento di alcune concezioni di base che hanno presieduto fino ad oggi all'informazione radiotelevisiva e che impongono una riforma non soltanto dei programmi ma anche di alcune strutture fondamentali della Rai-Tv. Qualunque buon giornalista sa che non vi è giornale che possa coprire veramente l'informazione locale senza avere una importante redazione locale. Ora, la Rai-Tv pretende di coprire tutta l'informazione di venti Regioni italiane con quattro soli centri di produzione, cioè essendo attrezzata soltanto in quattro città italiane per inviare i propri reporters, i propri apparecchi a coprire i fatti di attualità di zone talvolta distanti notevolmente, divise anche se non da un oceano da un mare abbastanza ampio dai relativi centri di produzione, in quanto Sardegna e Sicilia, tanto per indicare soltanto due Regioni a statuto speciale, non hanno propri centri di produzione.
Per tutte queste ragioni, è stato deciso di organizzare, nella primavera prossima, un convegno nazionale sull'informazione radio televisiva, di cui prenderanno l'iniziativa i Consigli Regionali delle venti Regioni a statuto ordinario ed a statuto speciale, invitando a parteciparvi il Governo della Repubblica, la Commissione parlamentare di vigilanza e il Comitato direttivo della Rai-Tv. In vista di questo convegno, si è ritenuto, in una riunione tenuta nei giorni scorsi a Firenze, che fosse utile discutere in ciascuno dei Consigli Regionali questo problema, in maniera che l'opinione dei Consigli potesse manifestarsi ampiamente, non soltanto per esercitare una pressione sugli organi della Rai-Tv, ma anche per consentire a coloro che domani parteciperanno a questo Convegno nazionale di conoscere veramente le opinioni e gli orientamenti che emergeranno nei venti Consigli Regionali.
La Conferenza dei Capigruppo ha pertanto ritenuto che fosse utile prendere in esame nel nostro Consiglio Regionale, in una seduta che potrebbe anche essere quella del 24, la questione dei rapporti fra Regioni e Rai-Tv, in modo che anche il Piemonte possa autorevolmente, attraverso il dibattito nel proprio Consiglio, occuparsi di questa questione.
Sull'andamento della discussione al recente Convegno di Firenze credo che potrò riferire più ampiamente il giorno in cui si aprirà il dibattito in seno al Consiglio Regionale, e consentire, anzi, su queste comunicazioni, una discussione abbastanza ampia ed informata dello stesso Consiglio Regionale.
Un'ultima decisione della Conferenza dei Capigruppo riguarda la formazione della Commissione prevista nella mozione approvata dal Consiglio il 23 dicembre, circa la raccolta e la conservazione degli epistolari degli ex combattenti. In seguito agli accordi intercorsi fra i Capigruppo delibero quindi di comporre questa Commissione con i tre Consiglieri che già fanno parte della Commissione per la biblioteca, ossia i colleghi Oberto, Zanone e Giovana, integrando questa terna con i Consiglieri Sanlorenzo e Viglione. La Commissione prevista dalla mozione approvata il 23 dicembre sarà quindi composta dai cinque seguenti Consiglieri: Oberto Zanone, Giovana, Sanlorenzo, Viglione.
Comunico al Consiglio che è pervenuta una interrogazione scritta agli organi della Regione da parte del Comune di Saluggia, a norma dell'art. 62 dello Statuto. Il Comune di Saluggia ha rivolto un'interrogazione alla Regione sui problemi socio-economici ed urbanistici conseguenti agli insediamenti industriali nella zona Fiat in Crescentino e Lancia in Chivasso e le relative soluzioni che la Regione intende adottare.
L'interrogazione è stata trasmessa per competenza al Presidente della Giunta.
Comunico, da ultimo, che sono pervenuti al Consiglio una serie di documenti e di ordini del giorno: dall'Amministrazione provinciale di Ravenna un ordine del giorno sulla riforma dello stato giuridico dei Segretari comunali e provinciali dall'Intersindacale aziendale e provinciale CISL CGIL e UIL dell'Ospedale specializzato "Costa Rainera", Imperia, una risoluzione circa il problema del nuovo trattamento economico e normativo del personale dei sanatori già a gestione INPS e costituiti in Enti ospedalieri ai sensi della Legge n.
132 del 1968 dalla Comunità Alta Valle Susa una mozione sulla viabilità nell'alta Valle Susa dal Comitato unitario di difesa e di lotta di Crescentino, contro le conseguenze dell'insediamento della fonderia Fiat, un documento approvato nella riunione del 19 dicembre 1971 con cui si invitano la Giunta e il Consiglio Regionale ad organizzare urgentemente il convegno del comprensorio interessato alle conseguenze dell'insediamento delle Fonderie Fiat, allo scopo di costruire ed affermare una direzione pubblica sullo sviluppo che realizzi la priorità dell'interesse sociale pubblico, della collettività, sull'interesse privato; dalla cittadinanza di Sampeyre (Cuneo) un ordine del giorno circa l'apertura domenicale dei negozi nei centri a prevalente economia turistica, come Sampeyre.
Non avendo altre comunicazioni da fare......



BESATE Piero

Vorrei chiedere chiarimenti sulle sue comunicazioni, signor Presidente.



PRESIDENTE

Ha facoltà di parlare.



BESATE Piero

Chiedo se la sua dichiarazione secondo cui il Consiglio esaminerà mozioni eccetera sottintenda che saranno poste in discussione nella stessa seduta le interpellanze e le interrogazioni sulle quali la Giunta è già in grado di rispondere.



PRESIDENTE

Non sono state poste all'ordine del giorno della seduta odierna perch mi è stata fatta rilevare l'impossibilità, per impegni di varia natura che coinvolgono tutti i Gruppi, o almeno taluni Gruppi, di tenere oggi una seduta molto lunga. Come è prassi del nostro Consiglio, sono comunque iscritte d'ufficio per la prossima seduta. D'altronde, vi è già un'intesa con la Giunta nel senso che tutte le interpellanze ed interrogazioni su cui la Giunta è già disponibile a dare una risposta potranno essere esaminate nella prossima riunione. Quindi, il 24 gennaio saranno certamente iscritte all'ordine del giorno.


Argomento: Norme generali sull'agricoltura

Esame dello schema di osservazioni al Decreto del Presidente della Repubblica relativo al riordinamento del Ministero dell'Agricoltura e delle Foreste


PRESIDENTE

Prendiamo ora in considerazione il punto 3: "Esame dello schema di osservazioni al Decreto del Presidente della Repubblica relativo al riordinamento del Ministero dell'Agricoltura e delle Foreste", relatore Menozzi. Il relatore ritiene di dover completare la sua relazione scritta con un'illustrazione orale?



MENOZZI Stanislao, relatore

Sì.



PRESIDENTE

Allora, ha facoltà di parlare.



MENOZZI Stanislao, relatore

Signor Presidente, colleghi Consiglieri, nell'accingermi a presentare ufficialmente le osservazioni sullo schema al D.P.R. concernente il riordino del Ministero dell'Agricoltura e foreste formulate dalla Commissione che ho l'onore di presiedere, con l'apprezzata, seria e competente collaborazione delle Commissioni V e VII che sentitamente ringraziamo, come sentiamo pure il dovere di ringraziare la Giunta Regionale per le sue considerazioni, che ci hanno trovati sostanzialmente d'accordo, ci rivolgiamo subito alla vostra comprensione per chiedervi di volerci dispensare da una esposizione analitica delle osservazioni stesse permettendoci di limitare il nostro intervento ad una loro sintetica illustrazione, in considerazione del fatto che si è provveduto a far pervenire anticipatamente ai singoli Consiglieri il documento che le contiene, per cui esse sono state certamente già esaminate e valutate con attenzione.
Data per accolta questa nostra richiesta, premettiamo subito che lo schema di D.P.R. in esame, nella sua attuale formulazione, ha evidenziato le stesse lacune formali e carenze sostanziali già emerse nelle bozze di decreto delegato e schemi di D.P.R. precedentemente esaminati, accentuando il nostro profondo rammarico in considerazione del fatto che questo documento è stato steso quando il Governo centrale era già in possesso delle osservazioni mosse dalla nostra come dalle altre Regioni. Ciò non ha fatto che confermare l'esistenza, già da noi paventata, di una burocrazia soprattutto a livello centrale, che non si lascia sfuggire occasione per tentare di dilatare i limiti di una conflittualità non certamente voluta e desiderata dalle Regioni. Sia chiaro che riferendoci alla burocrazia ed ai burocrati non intendiamo fare d'ogni erba un fascio, né misconoscere la validità del supporto amministrativo e tecnico esistente ad ogni livello, e soprattutto a quello periferico. Anche per questo la Regione ne invoca per sé l'integrale passaggio. Per quanto attiene più specificatamente ai burocrati, anche se il termine, per il significato che ha assunto, non suona gradito alle nostre orecchie, non possiamo, onestamente, esimerci dal riconoscere che parecchi di essi, in ogni campo e grado di responsabilità hanno sempre manifestato e continuano a manifestare, oltre che competenza la necessaria sensibilità per recepire le istanze dei cittadini soprattutto di quelli appartenenti ai settori più deboli, fra i quali è tristemente da annoverarsi anche quello agricolo, e per recepire anche quindi, la nuova realtà regionale. Questo riconoscimento va particolarmente espresso nei riguardi degli uomini operanti a livello compartimentale e provinciale: non perché si voglia vedere tutti i reprobi a livello centrale e tutti i buoni a livello periferico, ma per l'ambiente in cui operano, in rapporto al maggiore o minore contatto con la realtà quotidiana e conseguentemente con le sue implicazioni e connessioni di carattere politico, sociale ed economico.
Le precisazioni che abbiamo fatto vogliono essere anche una risposta sia pure indiretta, alle apprensioni espresse recentemente da un settore del Ministero dell'Agricoltura sul proprio organo di stampa. Per contro, si acquisisca la certezza che la Regione, cosciente delle proprie prerogative non può non stigmatizzare non tanto le preoccupazioni di carattere umano che la riforma generale, come tutte le cose nuove, può suscitare, e che sotto questo profilo possono essere comprese e giustificate, bensì la resistenza dettata da una opposizione preconcetta e suggerita dalla inconfessata volontà di svuotare di ogni contenuto la storica portata dell'avvento delle Regioni, per motivi di gretta conservazione.
Venendo alle osservazioni vere e proprie, rileviamo anzitutto che esse sono riconducibili alla considerazione che il testo governativo troppo si sia discostato dai naturali punti di riferimento che, oltre quello del dettato costituzionale, possono ricondursi all'art. 17 della Legge finanziaria e al voto espresso dal Senato in un ordine del giorno del dicembre '70. Appare fin troppo evidente che non è questione di tecnica giuridica ma di impostazione politica. Il fatto da notarsi clamorosamente è che né il decreto delegato in tema di "agricoltura, foreste, caccia e pesca nelle acque interne', ne conseguentemente il D.P.R. in esame è riuscito a dare un organico disegno di ristrutturazione, sembrando che la suddivisione della materia fra competenza statale e competenza regionale sia avvenuta sulla base del metro canzonettistico del "Tu dai una cosa a me, io dò una cosa a te". E' chiaro invece che il legislatore, formulando nell'articolo 17 la norma di una esigenza di un indirizzo e coordinamento statale, ha posto allo Stato una competenza di tipo nuovo, che trova possibilità di esercizio solo se ha di fronte a sé delle realtà istituzionalmente autonome. Ma è necessario, anche e prima di tutto nel campo dell'agricoltura, essere coscienti che va radicalmente mutato il modo del pubblico intervento, da episodico a globale, col criterio di una politica di scelte formate sulla base di realtà zonali.
In tema di riordinamento, dove uffici e personali avrebbero dovuto occupare lo spazio maggiore, per non dire esclusivo, è stato quasi emarginato questo aspetto, per ricalcare i concetti di trasferimenti di funzioni gia espressi nella bozza di decreto delegato in tema di "agricoltura e foreste, caccia e pesca nelle acque interne", per cui ci hanno costretto a seguire questo binario di esame e di discussione. Per un corretto giudizio sul riordinamento del Ministero, del resto, sarebbe stato necessario soprattutto conoscere la consistenza dell'organico del personale statale; come sarebbe stato anche necessario, oltre ad avere le leggi quadro cornice, disporre dei decreti delegati, i quali, a quanto appreso dalla stampa, hanno imboccato solo in questi giorni la strada della loro giuridica emanazione.
Tutto questo sarebbe stato indispensabile perché le Regioni potessero delineare i propri programmi, perché di questi, con il connesso relativo problema del personale, fino ad oggi si è parlato troppo poco e troppo sommariamente, facendo loro correre il rischio, non troppo futuribile e remoto, di trovarsi nelle condizioni di dover operare senza i necessari strumenti, soprattutto in rapporto all'esigenza di doversi esse stesse sviluppare come enti di decentramento mediante un opportuno potenziamento e una ristrutturazione degli enti periferici.
Questa esigenza di elementi conoscitivi si compendia nella necessità di una chiara determinazione delle funzioni e attribuzioni trasferite alle Regioni per la materia "Agricoltura, Foreste, Caccia e pesca nelle acque interne" in base all'ampiezza di contenuto della materia stessa, poiché la funzione di indirizzo e coordinamento non può comportare competenze amministrative residue a favore dello Stato nelle materie per le quali spettano alle Regioni le funzioni amministrative.
Tutto ciò va ribadito per delimitare i campi e i modi di attività dello Stato, attività che comunque non possono essere intese come parallele o concorrenti con quelle regionali, sottolineando con ciò l'indirizzo legislativo, mai messo in forse da alcuno, del trasferimento di funzioni per settori organici di materie, particolarmente valido in agricoltura materie ripartite oggi tra vari Ministeri, con una coordinazione che ben possiamo definire approssimativa, a tutto danno del settore per cui essi erano stati chiamati dallo Stato centralizzato ad operare.
In rapporto alla nuova realtà sociale ed economica, in continuo ed incessante processo di evoluzione e di rinnovamento, si evidenzia una problematica nuova che, se impone una distinzione fra le diverse iniziative, in un quadro politico aderente a finalità sue proprie, deve rimanere ancorata anche alla realtà di un processo evolutivo in continuo divenire. Tutte le iniziative vanno quindi strutturate ed inserite nella particolare funzione della Regione in cui operano. Per questo le Regioni devono conseguire un insieme organico ed armonico di competenze, in un quadro di riforme non solo sollecito ma anche unitario. E per ciò stesso la materia agricoltura deve, come abbiamo rilevato nelle osservazioni al decreto in esame, essere comprensiva anche dei settori finalisticamente congiunti all'agricoltura stessa, evitando una cogestione amministrativa illogica e gravida di conseguenze fra Stato e nuovo Ente regionale.
Da queste considerazioni, di carattere politico e giuridico, discende il giudizio negativo sullo schema di D.P.R. sul riordinamento del Ministero dell'Agricoltura, poiché a mezzo di esso si ritengono non raggiunti gli obiettivi della legge di delega. Desideriamo ribadire che l'errore sta nel voler considerare le Regioni come entità amministrative distinte e separate dallo Stato, in posizione di soggezione e di antagonismo, e non come articolazione autonomistica di un medesimo Stato. Ecco perché si tenta di conservare un Ministero onnipresente e proteso a mantenere funzioni che non gli competono e controlli che non gli spettano e anzi incostituzionali ignorando la sua futura funzione di struttura tecnica amministrativa dello Stato per l'attività preparatoria della funzione di indirizzo e coordinamento propria di quest'ultimo, oltre al controllo di legittimità e merito previsto dall'art. 125 della Costituzione, da esercitarsi con legge o con deliberazione dell'organo collegiale di Governo.
Vale la pena, a questo proposito, rilevare come l'attuale impostazione dello schema di D.P.R. in esame sia in stridente contrasto con il nuovo orientamento della CEE, che pone e postula direttive e regolamenti in chiave marcatamente regionalistica, per la necessità di una maggiore e migliore aderenza della legislazione alle realtà delle singole zone omogenee. Anzi, esso si oppone con stridenti contraddizioni anche alla più recente legislazione italiana, la quale anch'essa assume sempre più una articolazione in chiave regionale. Sono sufficienti i riferimenti, a tale proposito, ai ricordati provvedimenti sul riordino della proprietà coltivatrice (Legge 14 agosto '71 n. 912) e la recentissima legge sulla montagna.
Abbiamo voluto ribadire queste considerazioni in aggiunta a quanto già contenuto nelle osservazioni formulate, a vostre mani, per evidenziare l'errata, o voluta, ma non accettabile, impostazione di fondo del documento trasmessoci dal Governo, mentre è necessario partire dal più corretto concetto che le Regioni nascono da un decentramento prima politico che amministrativo e pertanto devono essere viste come componenti indispensabili della volontà dello Stato. Anche per questo è necessaria una decisa volontà di opporsi ai tentativi di mortificazione delle autonomie regionali, che tendono a vanificare la portata storica delle stesse, la quale dev'essere vera, effettiva e necessaria riforma del vecchio Stato e delle sue antiquate strutture.
Sui particolari aspetti della bozza di D.P.R. sottoposta al nostro esame, conformemente alla premessa a questa nostra necessariamente succinta e sommaria relazione orale, ci esimiamo dall'intrattenerci, ritenendo sufficienti le osservazioni scritte da noi proposte, salvo il ribadire alcuni punti che riteniamo meritevoli di sottolineatura, soprattutto di riferimento a fatti e polemiche attuali.
Così, circa l'istituzione dei comandi interprovinciali del Corpo forestale, per le osservazioni che a tal proposito abbiamo mosso sulla bozza di decreto delegato in tema di "Agricoltura, Foreste, Caccia e Pesca nelle acque interne" e sullo schema di decreto presidenziale in esame, ci pare che la Regione Piemonte si sia collocata su posizioni diverse da quelle di coloro che postulano soluzioni radicali, e con questo pensiamo di avere anche tranquillizzato l'articolista di un noto quotidiano nazionale sulla nostra intenzione di non volere la "Regione con le stellette".
Per quanto riguarda gli osservatori circa le malattie delle piante, noi abbiamo chiesto, come per tutti gli Enti strumentali del settore in esame il trasferimento alle Regioni per le ragioni che si evincono dalle osservazioni poco prima ricordate sugli schemi di provvedimenti governativi; anche se purtroppo circa gli organismi strumentali dobbiamo qui lamentare che proprio il Ministero dell'Agricoltura, avvalendosi di un Decreto presidenziale del '67, D.P.R. 23 dicembre n. 1318, che riordina la sperimentazione agraria, abbia deciso la pratica soppressione del Laboratorio sperimentale di fitopatologia di Torino, disponendone il trasferimento all'Istituto sperimentale di patologia vegetale in Roma. Non c'è da meravigliarsi, perché proprio di questi ultimi giorni, nonostante l'esistenza delle bozze di decreti e le relative osservazioni, il Ministero medesimo sta procedendo, com'è stato denunciato nel recente Convegno degli Uffici di Presidenza di Firenze, testè citato anche dal Presidente di questa assemblea, alla nomina di presidenti di enti di sviluppo, di presidenti di Enti del turismo, di presidenti di aziende autonome di soggiorno. Se ce ne fosse bisogno, sarebbe questa un'ulteriore testimonianza e dimostrazione di come alcuni burocrati, che noi abbiamo poc'anzi additato distinguendoli dalla grande massa dei burocrati medesimi ottusamente, con occhi e soprattutto con mente chiusa, si ostinino a non voler prendere coscienza di una realtà che non saranno certamente loro a modificare. E su questo punto penso che, senza timore di uscire dal Seminato, il Consiglio debba chiaramente pronunciarsi per una presa di posizione onde il deciso smantellamento dell'Istituto di fitopatologia non abbia a verificarsi.
Siamo giunti al momento più cruciale e più innovativo che la nostra agricoltura abbia attraversato in quest'ultimo secolo. La tensione per il decentramento dell'agricoltura è da considerarsi la spinta essenziale per rivedere una struttura politica amministrativa centralizzata e per realizzare un riavvicinamento del centro decisionale politico e di formazione normativa alla concreta attività agricola. Anche un più corretto riordinamento del Ministero dell'Agricoltura, offre l'occasione, che non ci si deve lasciar sfuggire, per poter concepire un ordine nelle competenze che possa garantire alle Regioni la certezza di una strategia globale di cui è vivamente sentita la necessità nella nostra come nelle altre Regioni e che è, in definitiva, un'esigenza soprattutto della Nazione.



PRESIDENTE

E' iscritto a parlare il Consigliere Oberto. Ne ha facoltà.



OBERTO Gianni

Signor Presidente, colleghi Consiglieri, il mio intervento si limita all'esame del penultimo articolo dello schema di decreto del Presidente della Repubblica, che concerne il riordinamento del Ministero dell'Agricoltura e delle Foreste, l'art. 22, il quale recita testualmente: "Gli organi collegiali deliberanti degli Enti di gestione dei Parchi nazionali, sono integrati da rappresentanti delle Regioni territorialmente interessate, in numero pari agli attuali componenti più uno, designati d'intesa dai competenti Consigli Regionali".
Il concetto ispiratore di questo articolo è indubbiamente preciso ed è anche giusto e si sostanzia in queste affermazioni: assicurare un'adeguata presenza della Regione nei Consigli Amministrativi degli Enti Parchi nazionali che pur continuando ad essere tali, cioè nazionali, debbono accogliere nel momento gestionale, l'apporto della Regione. Ma, mentre a tutta prima la norma appare chiara e semplice, in realtà potrebbe non esserlo al momento dell'applicazione concreta, onde a mio avviso è opportuna una precisazione, anzi, direi due precisazioni. L'espressione "designati d'intesa dai competenti Consigli Regionali" ha da intendersi come elezione degli amministratori dei Parchi fatta da ogni singolo Consiglio Regionale, previa intesa quando il Parco interessi regionalmente due o più Regioni. L'altra precisazione è fatta in relazione all'attuale diverso regime giuridico che governa la formazione dei Consigli Amministrativi che gestiscono gli Enti parco. Intendo riferirmi ai cinque parchi nazionali istituiti, anche se di fatto non è ancora funzionante quello della Calabria.
L'art. 4 della legge istitutiva dell'Ente Nazionale Parco Gran Paradiso, (costituito con il R.D.L. 3.12.1922 n. 1584 e convertito poi in Legge 17.4.1923 n. 473) l'art. 4, dicevo, del decreto C.P.S. 5.8.1947 n.
871 stabilisce che il Consiglio di Amministrazione è composto di tredici membri, dei quali quattro designati dal Ministero Agricoltura e Foreste uno dal Ministero della P.I., quattro dal Consiglio della Valle d'Aosta quattro dalla deputazione provinciale di Torino. Durano in carica 6 anni Il Parco Nazionale del Gran Paradiso ricade territorialmente parte nella Regione a statuto speciale della Valle d'Aosta, parte nella Regione Piemonte.
Prima domanda: come dovrà essere calcolato il raddoppio dei componenti? Sembra ovvio che ciò debba avvenire sul numero residuo, tolti cioè da tredici i quattro attuali Consiglieri già eletti dalla Regione aostana. Il Consiglio di Amministrazione risulterebbe così composto da 19 Consiglieri.
L'art. 4 del decreto del Presidente della Repubblica 30 giugno 1951 n.
535, che detta norme per l'organizzazione ed il funzionamento dell'Ente autonomo del Parco Nazionale d'Abruzzo (che è stato costituito con R.D.L.
dell' 11.1.1923 n. 257) stabilisce che il Consiglio di Amministrazione è costituito con decreto del Ministro Agricoltura e Foreste e ne fanno parte il Presidente dell'Ente (che è nominato in base all'art. 3 dello stesso decreto del Presidente della Repubblica dal Ministro dell'Agricoltura e Foreste, mentre il Presidente del Parco Nazionale del Gran Paradiso è eletto dai Consiglieri); quattro funzionari, in rappresentanza dei Ministeri dell'Agricoltura e Foreste, della P.I., dell'Industria e Commercio e del Turismo; quattro rappresentanti dei comuni compresi nel territorio del parco designati, due dal Prefetto dell'Aquila, uno dal Prefetto di Frosinone, uno dal Prefetto di Campobasso; un esperto di zoologia, uno di botanica, uno di geologia, scelti di preferenza tra titolari di cattedra, e durano in carica cinque anni.
Il Parco Nazionale d'Abruzzo ricade territorialmente nell'ambito di tre Regioni a statuto ordinario: Abruzzo, Molise, Lazio. Consiglio di Amministrazione risulterebbe composto di 25 membri. La gestione tecnica ed amministrativa del Parco Nazionale del Circeo, costituito con legge 25.1.1934 n.285, è, in base all'art. 2, affidata all'Azienda dello Stato per le foreste demaniali. E' prevista, in base all'art. 10, l'istituzione di una Commissione consultiva presieduta dal Ministro dell'Agricoltura e Foreste per la formulazione di proposte di carattere scientifico e tecnico.
Non è prevista la partecipazione a tale Commissione consultiva di alcun rappresentante degli Enti locali. Il territorio del Parco del Circeo ricade interamente nella regione del Lazio, quindi non si verificherebbe l'ipotesi di integrazione perché non vi sono organi collegiali deliberanti? L'art. 2 della legge 25.4.1935 n. 740, costitutiva del Parco Nazionale dello Stelvio, prevede del pari che la gestione tecnica ed amministrativa è affidata all'Azienda di Stato per le foreste demaniali.
L'art. 8 prevede egualmente la costruzione di una Commissione consultiva del Parco Nazionale dello Stelvio, per la formulazione di proposte di carattere tecnico-scientifico sulle quali decide il Ministro che la presiede. Della Commissione sono chiamati a far parte i presidi delle amministrazioni provinciali, (ora presidenti) di Trento, Bolzano Sondrio. Il territorio del parco ricade in parte nella Regione a statuto speciale Trentino-Alto Adige e all'interno, nelle province di Trento e di Bolzano, entrambe con capacità legislativa, ed in parte nella Regione a statuto ordinario Lombardia. Anche qui non vi è un organo elettivo deliberante e allora anche qui nessuna integrazione? Il Parco Nazionale dello Stelvio è al centro, proprio in questi giorni, di accese polemiche per le determinazioni assunte dalla Regione Trentino-Alto Adige tendenti a disporre in modo autonomo nell'ambito del Parco nazionale per la parte che ricade in territorio della Regione. Quindi, praticamente, scindendo in due il parco, facendone una parte a regime e governo regionale, l'altra parte che è in Lombardia in provincia di Sondrio, rimanendo invece nazionale.
Si ha notizia, dai giornali per ora, che la Presidenza del Consiglio dei Ministri ha impugnato la legge regionale, onde il conflitto dovrà essere risolto assai verosimilmente dalla Corte Costituzionale sull'interpretazione del punto dell'art. 4 della legge costituzionale costitutiva di quella Regione (26.2.1948 n. 5) che le attribuisce potestà legislativa in materia di "apicoltura e parchi, per la protezione della flora e della fauna", norma che non fa però cenno alla qualifica "nazionali", limitandosi genericamente al termine "parchi".
Il Parco Nazionale della Calabria, infine, istituito con legge 2.4.1968 n. 503, ma ancora non praticamente funzionante, ha affidato in base all'art. 8 l'amministrazione all'Azienda di Stato per le Foreste demaniali e si avvale della collaborazione di un comitato per la tutela del Parco nazionale della Calabria, molto ampio nella sua composizione, ventisette persone, delle quali nove elette, tre per ciascuno dei Consigli Provinciali di Cosenza, Catanzaro e Reggio Calabria, con diritto di un posto ciascuno alla minoranza. Anche i membri di questo comitato, che sono chiamati ad esprimere pareri, vengono nominati con decreto del Ministro Agricoltura e foreste e durano in carica cinque anni. Il territorio del parco ricade interamente nella Regione Calabria.
Esprimere pareri non è deliberare e allora, anche in questo caso niente integrazione? In tanta disparità l'unica nota comune è che tutti gli amministratori prestano, per espressa previsione legislativa, gratuitamente la loro opera.
Ognuno vede a questo punto che è utile chiarire e precisare per mettere ordine, in modo che le varie amministrazioni abbiano una certa omogeneità di struttura, pur nella varietà delle singole componenti che evidenziano aspetti giuridici assai differenti.
E' in corso di esame presso l' VIII^ Commissione del Senato della Repubblica un disegno di legge quadro sui parchi nazionali e le riserve naturali, di cui ebbi altra volta motivo di parlare, augurando che non gli tocchi la triste sorte di non giungere in porto, quale ebbero altre tre iniziative del genere. Tale disegno di legge, che ha molti aspetti e contenuti di validità, di iniziativa dei sen. Cifarelli, Spagnolli Romagnoli Carrettoni Tullia, Bergamasco, Gatto Simone, Pieraccini e Iannelli, prevede all'art. 6 che in ciascun parco nazionale il raggiungimento delle finalità istitutive venga curato da un Ente parco persona giuridica di diritto pubblico, rappresentato da un Presidente che ne coordina l'attività e precisa: "Organo deliberativo dell'Ente è un Consiglio Direttivo di cui fanno parte esperti delle discipline naturalistiche, rappresentanti degli Enti locali e delle associazioni ed Enti istituzionalmente interessati alle finalità del parco. In seno al Consiglio direttivo dovrà essere nominata una Giunta esecutiva composta dal Presidente, da un naturalista, da un rappresentante degli Enti locali, da un rappresentante di un'associazione culturale di tutela o di altro ente istituzionalmente interessato alle finalità del parco. Attribuzioni e struttura organizzativa vengono precisate per ogni singolo Ente nell'atto istitutivo".
L'art. 9 di tale progetto prevede che il Governo sia delegato a provvedere con decreto entro due anni dall'entrata in vigore della legge quadro, ad adeguare il regime giuridico dei parchi esistenti, alle disposizioni della legge stessa. E queste determinazioni sono pratiche e sono realistiche, ma la domanda qui é: quando avranno efficacia? Mi scuso, signor Presidente, colleghi Consiglieri, di questo dettagliato excursus comparativo, ma mi è sembrato non inutile farlo per mettere loro a giorno di una situazione che è forse tra le meno note per chi non abbia motivo di una diretta conoscenza. L'argomento è di grande rilievo e di attualità per tutti i problemi che investono la vita dei parchi nazionali, l'esercizio delle loro funzioni, il raggiungimento dei loro scopi cui la Regione - e la Regione Piemonte in specie - è sotto molteplici aspetti direttamente interessata, pur in una visione di respiro non solo regionale ma nazionale; soprattutto per quelli che determinano rapporti relativi agli insediamenti umani. L'uomo è al centro, sempre, di qualsiasi attività volta alla difesa e alla conservazione dei beni naturali. E' pertanto interessato a dire, attraverso l a rappresentanza degli Enti locali, ed ora in maniera perspicua attraverso quella della Regione, il proprio pensiero non solo in forma consultiva, ma con responsabilità decisionale.
Il problema del turismo nei parchi nazionali, pressoché inesistente quando furono istituiti quelli del Gran Paradiso e d'Abruzzo (1922-23), e appena accennato quando si istituirono quelli del Circeo e dello Stelvio (1934/1935) è oggi premente ed in certo senso, almeno per quanto attiene ai rapporti con le popolazioni dei centri parchigiani, preminente. E' un delicato problema che deve trovare una razionale, rapida soluzione, non facile certo, ma non impossibile. E' problema di tutti i parchi europei che sarà trattato a Torino, nel quadro del Salone internazionale, il 26 febbraio di quest'anno in un apposito dibattito (che chi vi parla avrà la responsabilità di presiedere) ed al quale parteciperanno, con i cinque parchi nazionali italiani, quelli francesi, svizzeri, jugoslavi cecoslovacchi, austriaci, tedeschi e forse altri, nonché esperti di turismo ed amministratori di Enti locali. Il tema è "Apertura e limiti del turismo nel quadro delle funzioni dei parchi nazionali". E' probabile che si formuli, a conclusione del dibattito, un documento contenente norme di comportamento di carattere generale.
Su questo argomento è ovvio che l'Ente locale debba potere esprimersi responsabilmente, in termini decisionali, nei Consigli di Amministrazione di parchi nazionali.
Ecco perché diventa veramente urgente l'integrazione prevista dall'art.
22 del decreto di cui ci stiamo occupando, in modo e in misura meglio e più opportunamente da precisare.
Per questo, concludendo, propongo (e mi scuso per non averlo potuto fare prima, in sede di Commissione) che la relazione della Commissione oggetto attualmente di discussione e quella della Giunta Regionale contenenti le osservazioni allo schema di decreto del Presidente della Repubblica, concernenti il riordinamento del Ministero dell'Agricoltura e delle Foreste, vengano, con riferimento all'art. 22, articolate nelle seguenti proposizioni da valere sino a che non sia entrata in vigore la legge quadro sui parchi nazionali: 1) - in tutti gli Enti gestori dei parchi nazionali esistenti, i Consigli di Amministrazione vengono, con provvedimento legislativo urgente integrati con la partecipazione di tre Consiglieri, eletti da ciascun Consiglio Regionale, nel cui ambito territoriale ricada un parco o parte di esso, uno dei quali Consiglieri rappresenti la minoranza 2) - auspicando la sollecita approvazione della legge quadro sui parchi nazionali, in relazione agli artt. 6 e 19 del testo richiamato, si fissi il principio che nella composizione dei Consigli di Amministrazione dei parchi si determini la partecipazione effettiva e deliberante, anche nel caso che per taluno fosse ancora affidata la gestione del parco all'Azienda forestale dello Stato, di un'adeguata rappresentanza degli Enti locali Comuni e Regioni, con rappresentanza delle minoranze in misura tale che nella composizione di ciascun Consiglio di Amministrazione prevalga di almeno un'unità la rappresentanza degli Enti locali elettivi 3) - si determini, per quanto specificamente attiene al Parco Nazionale del Gran Paradiso, la partecipazione al Consiglio di Amministrazione anche della rappresentanza eletta dal Consiglio Provinciale di Torino con un membro riservato alla minoranza e ciò in considerazione del fatto che il Consiglio Provinciale di Torino fu nel 1919 promotore della costituzione del parco, è stato ed è fra gli Enti sovvenzionatori, anche con contributi straordinari erogati in modo e in momenti particolarmente difficili per la vita del parco 4) - si affermi il principio che la determinazione legislativa della composizione dei Consigli di Amministrazione di ciascun parco nazionale sia assunta previa intesa con le Regioni interessate.
E' materia arida signor Presidente, colleghi Consiglieri, quella che ho trattato, ma è in radice un modo che consentirà di risolvere presto molti problemi nell'interesse dei parchi nazionali, la cui salvaguardia è fuori discussione, ed insieme alle popolazioni locali, secondo il principio che l'onere per la vita di un parco nazionale non può gravare esclusivamente o in modo preminente su di esse e che l'uomo non può vedere limitati suoi diritti o legittime attese, senza un giusto e doveroso compenso.



PRESIDENTE

E' iscritto a parlare il Consigliere Fonio, ne ha facoltà.



FONIO Mario

Signor Presidente, colleghi Consiglieri, ogni discussione fatta in quest'aula, sulle varie bozze dei decreti per il trasferimento alle Regioni delle funzioni amministrative sulle materie che la Costituzione ci assegna in competenza e sui decreti presidenziali per il riordinamento dei Ministeri relativi a tali materie, ci hanno portati sempre tutti a considerare che è attraverso questi provvedimenti che in concreto si gioca il destino delle Regioni, si gioca ciò che le Regioni potranno essere, ci che potranno fare.
In relazione a tutti indistintamente i decreti esaminati, abbiamo dovuto denunciare il pericolo che venisse vanificato il tipo di Regione che avevamo impostato e voluto, che venissero compromessi molti principi e molti impegni che nel nostro Statuto in particolare avevamo assunto.
Di fronte al decreto che abbiamo in esame oggi per il riordinamento del Ministero Agricoltura e Foreste, la relazione della VI^ Commissione è costretta a ribadire tali considerazioni (e l'illustrazione coraggiosa e vivace del relatore Presidente Menozzi ha il più vivo apprezzamento del Gruppo che rappresento e mio personale) dal momento che anche questo decreto è viziato da un'impostazione che invece di rifarsi alla potestà statuale di mero indirizzo e coordinamento, parte dall'errata concezione di una competenza amministrativa condominiale tra Stato e Regione, anche in questa materia che la Costituzione attribuisce per intero e fin dall'origine alla Regione.
Dice la relazione della Commissione, che appare evidente anche in questo provvedimento l'intenzione di mortificare le autonomie regionali che la previsione di una nuova ristrutturazione e di un ridimensionamento del Ministero viene ampiamente delusa, che le strutture ministeriali che si vogliono mantenere tendono a creare duplicazioni di uffici e servizi e che quindi non si opera una riforma coraggiosa. E' questo il punto sul quale vorrei dire poche parole, dando per scontate tutte le altre osservazioni della Commissione che il mio Gruppo ed io ampiamente condividiamo.
E appunto prendendo la parola più che altro per ribadire l'adesione del mio Gruppo alla relazione della Commissione, e senza dilungarmi in particolari, vorrei esaminare proprio questa mancata occasione di riforma coraggiosa partendo da un angolo visuale che superi la stretta difesa delle nostre competenze istituzionali e la difesa della nostra autonomia regionale in materia agraria per salvare la quale non pochi hanno detto e scritto addirittura che bisognerebbe abolire il Ministero Agricoltura e Foreste.
Vorrei vedere il tutto nel puro e semplice interesse dell'agricoltura stessa. Siamo, credo, tutti convinti che come il passato è stato il momento della rivoluzione industriale, questa seconda metà del secolo è quella della trasformazione agraria; è una trasformazione che dovrebbe fare scaturire un'agricoltura più moderna, integrata nel MEC, inserita da forza trainante e non da peso morto nel processo generale di sviluppo, capace di produrre meglio e di più e a costi più bassi, capace di far vivere dignitosamente coloro che si decideranno a rimanere in questo settore. Per arrivare a ciò occorrono trasformazioni strutturali, l'organizzazione del mercato, i necessari provvedimenti sociali, ma occorre soprattutto una riforma istituzionale che crei la condizione prima perché tutto il resto si possa verificare. Per noi in particolare che vogliamo le trasformazioni strutturali sì, ma favorendo un'evoluzione in senso associativo e cooperativistico, che siamo per un'organizzazione del mercato che faccia più largamente partecipi i produttori al valore aggiunto della trasformazione e della distribuzione, aumentando così i loro redditi senza incidere sui prezzi, ma che siamo contrari al finanziamento di produzioni eccedentarie e ancor più alla loro distruzione in un mondo ove ancora si soffre la fame, noi che sosteniamo indispensabile che i provvedimenti sociali per i lavoratori partano dallo svecchiamento della manodopera e dal suo inserimento in un sistema generale di sicurezza sociale, riteniamo che tali fini sono irraggiungibili se non si dispone di strumenti che consentano di rendere operative le scelte e le modifiche necessarie. Perci concordiamo, per esempio, con il Presidente della Regione Lombardia quando scrive che la costruzione di una nuova agricoltura in Italia non pu nemmeno essere pensata se non si elimina in via preliminare il potere centralista che l'ha fino a ieri impedita. Il passaggio dei poteri dal centralismo del Ministero Agricoltura e Foreste alla Regione deve essere interpretato appunto come la realizzazione di questa grande occasione.
Ecco perché, al di là della battaglia per la difesa delle nostre competenze, e della nostra autonomia, dobbiamo lottare contro ogni ulteriore tentativo di far sopravvivere quell'impostazione ministeriale anacronistica di fronte a questo grosso momento della trasformazione agraria resa necessaria proprio per il superamento dei difetti portati dalla vecchia concezione ed organizzazione.
Noi non siamo tra quelli che propongono e propugnano l'eliminazione del Ministero dell'Agricoltura e Foreste, l'affermazione è un poco enfatica. Un organo a livello ministeriale che tracci le linee della politica agraria nazionale da inquadrare nel programma economico, per quell'opera di indirizzo e coordinamento che lo Stato deve esercitare in forma costituzionalmente corretta, ci sembra debba esistere, ma appunto si deve trattare solo di un organismo di tale natura che operi al fine di indirizzo e di coordinamento, ma che non preveda certo sei direzioni generali e 60 Divisioni e ancor meno uffici periferici e in particolare i distretti contemplati dal decreto in esame. E ciò sia per evitare duplicazioni, ma ancor più per evitare un ibrido connubio di funzioni accentrate e decentrate.
Nel momento attuale il problema di una programmazione nazionale, capace di inquadrarsi nelle linee dello sviluppo comunitario, s'impone più che mai in relazione ad un'attuazione corretta ed efficiente dell'ordinamento regionale, senza confusioni di sorta, quelle confusioni che possono invece derivare da quei fondamentali errori che la relazione della VI^ Commissione mette in luce e denuncia anche in ordine a questo secondo decreto riguardante l'agricoltura.
Noi osiamo ancora sperare che questi errori possano venire corretti perché potrebbero causare gravi contrasti, oltre che incertezze amministrative e intralci e rendere inevitabile ciò che ad ogni costo deve essere evitabile, ossia che proprio nel momento, come già detto, della trasformazione agraria, che viene a coincidere con il momento della ristrutturazione del nostro Stato, una concezione ristretta da parte dell'Amministrazione Centrale ponga l'Italia in condizioni di incapacità ad avviare un nuovo corso della politica agricola nazionale, che sia anche capace di ridurre il distacco del nostro Paese da quegli altri al cui destino siamo sempre più legati.



PRESIDENZA DEL VICEPRESIDENTE OBERTO



PRESIDENTE

E' iscritto a parlare il Consigliere Ferraris, ne ha facoltà.



FERRARIS Bruno

Signor Presidente, colleghi, innanzitutto a nome del Gruppo comunista intendo esprimere la piena adesione al testo delle osservazioni elaborate dalla VI^ Commissione, con il contributo della V^ e della VII^ ed ora egregiamente illustrate dal relatore collega Menozzi con dovizia e validità di argomentazioni giuridiche, tecniche ed anche politicamente assai coraggiose ed avanzate.
Anzitutto una questione di metodo. Certo è che dal momento che il Governo non ha voluto procedere all'emanazione congiunta e contestuale dei decreti delegati per il trasferimento delle funzioni e dei decreti di riordino dei Ministeri, ma ha imboccato un diverso metodo, facendo discendere - almeno così si poteva e doveva arguire - il riordino dei Ministeri dal trasferimento delle funzioni amministrative per procedere poi alla ristrutturazione dei Ministeri medesimi, tenendo conto delle funzioni residue, sarebbe stato più giusto sia sotto il profilo del metodo che del merito, conoscere il testo esatto ed ufficiale dei decreti delegati nella loro stesura definitiva formulata dal governo, dopo l'esame delle osservazioni delle Regioni e sulla base delle indicazioni formulate dall'apposita Commissione Parlamentare. Ciò però non è potuto avvenire sia perché questa non è stata, ovviamente, la scelta del Governo, sia per l'avvenuto blocco di decreti di trasferimento presso il Ministero del Tesoro con la conseguente e arbitraria (non concordata con le Regioni) gravissima decisione dello slittamento dei termini ad aprile per il pieno ed integrale inizio dell'attività amministrativa e legislativa della Regione. Prova, quest'ultima, di quanto duri, tenaci, siano ancora gli ostacoli, le resistenze non certo solo della cosiddetta burocrazia statale ma di bene individuate forze politiche e dello stesso Governo nei confronti dell'ordinamento regionale.
Del resto la riprova di quanto stiamo unanimemente constatando in mille occasioni emerge in modo massiccio dal testo governativo del decreto presidenziale per il riordino del Ministero Agricoltura e Foreste caccia e pesca; un Ministero forse e senza forse più di ogni altro profondamente investito dalla riforma regionale, in quanto alla luce del dettato costituzionale l'agricoltura è tra quelle materie considerate di potestà quasi esclusiva della Regione, tanto è che, a giusta ragione, si è parlato da più parti della possibilità e della convenienza non solo di un radicale ridimensionamento del Ministero medesimo, ma della sua abolizione. Noi naturalmente non abbiamo mai fatto questioni nominalistiche di abolizione o meno, ma certo di profonda ristrutturazione, di rifondazione di nuovi compiti.
Ebbene, in contrasto con tutto ciò, in contrasto non solo con la Costituzione, ma con le stesse leggi di delega al riordino dei Ministeri il decreto si muove in tutt'altra direzione, cioè il riordino e la ristrutturazione che ne deriva si muovono all'insegna del motto gattopardesco del cambiare affinché tutto resti come prima. E tutto questo lo si fa in modo grossolano ed offensivo, senza nemmeno cercare di salvare le apparenze, cosa che invece, in certa qual misura, era stata fatta per quanto concerne il decreto delegato. Infatti, se la falsariga su cui si muove questo decreto di riordino - come del resto viene messo in luce dalle osservazioni e dalla relazione del collega Menozzi - è quella dell'originario progetto di schema delegato per il trasferimento delle funzioni amministrative (che già le Regioni hanno discusso e sostanzialmente respinto per il suo contenuto anti-autonomistico mortificante e lesivo delle competenze della Regione) ebbene, l'attuale decreto presidenziale di riordino è peggiorativo in quanto è tutto proteso al recupero di prerogative e funzioni e strutture periferiche che in quello stesso decreto venivano pure delegate alle Regioni. Avevamo detto che erano poche, inadeguate (e non voglio rifare la discussione che insieme abbiamo fatto quando si è discusso il decreto delegato) eppure la filosofia del decreto di riordino muove in quella direzione andando a ricuperare ciò che era stato previsto originariamente dal Governo.
Si rifletta ad esempio su ciò che rappresenta e potrà rappresentare in futuro l'istituzione dei cosiddetti distretti regionali o interregionali si pensi al poderoso potenziamento già in atto anche col trasferimento di funzionari dagli Ispettorati agrari provinciali agli Ispettorati dell'alimentazione, strutture il cui passaggio non era previsto nel decreto delegato (e a quanto si sa non sarà previsto neppure nel decreto emendato e migliorato attraverso le osservazioni delle Regioni, attraverso le indicazioni raccolte dalla Commissione Parlamentare) strutture che nel corso di questi ultimi vent'anni non hanno assolto ad alcuna funzione, che erano considerate da tutti fra quegli Enti inutili e parassitari, residui del periodo bellico e da sciogliere. Invece avviene questo potenziamento.
Ora, la prevista istituzione dei nuovi distretti, il potenziamento degli Ispettorati dell'alimentazione danno la misura, se così si può dire del riordinamento di un Ministero che a guisa di una piovra prepara di già nuovi tentacoli per assicurarsi quella onnipresenza giustamente denunciata con fermezza nel testo delle osservazioni.
Tralascio qui ogni altra considerazione di contenuto che pur si potrebbe e si dovrebbe riprendere, del resto sono tutte puntualmente comprese nelle osservazioni presentate dalle Commissioni.
Concludendo, desidero invece non solo manifestare l'esigenza di un'azione e un impegno che vadano nella direzione di un completo rifacimento di questo decreto da parte del Governo, cioè che non ci si limiti al voto che andiamo ad esprimere, ma che si segua un'azione e un'espressione di volontà politica da parte della Giunta, del Presidente del Consiglio, del Consiglio nel suo complesso affinché queste osservazioni non siano disattese o soltanto parzialmente accolte.
Vorrei ancora sottolineare a questo fine e soprattutto ai fini della nostra azione concreta, le corpose affermazioni contenute nella relazione sul piano dei principi, sia con stretto riferimento all'affermata e ribadita esigenza che in tema di politica agraria si impone la necessità di cambiare tipi, metodi ecc., sia con riferimento al forte taglio politico con cui nelle osservazioni si riaffermano le prerogative della Regione. E dico questo perché non si può da parte nostra approvare il testo delle osservazioni, la relazione che le accompagna e poi, da parte della maggioranza, ma soprattutto da parte della Giunta, procedere come si è proceduto sino ad oggi, senza una politica, senza un impegno, rinviando continuamente ogni scelta, il che rappresenta pur sempre una scelta, quella contraria, quella delle destre, quella delle forze che si sono opposte alle Regioni e che oggi si oppongono alla loro piena costituzione, alla loro crescita come fu prevista dal costituente e come il successivo e poderoso sviluppo delle forze produttive e sociali del nostro Paese esigono che sia.
Signor Presidente, colleghi, mi sarebbe assai facile e agevole verificare con voi le carenze, le responsabilità assai gravi già accumulate dalla Giunta in questa direzione e in particolare relativamente alla politica agraria, all'impegno della Giunta in questo settore e lo farei, mi basterebbe citare il fatto che abbiamo lasciato passare l'occasione di un dibattito sul parere che la Regione era tenuta ad esprimere sui finanziamenti Feoga che sono stati in tutte le Regioni oggetto di esame e di consultazione da parte della Commissione e di dibattito da parte del Consiglio. Qui certamente pochissimi colleghi sanno quali sono le pratiche che la Regione Piemonte ha detto debbano essere finanziate.
Potrei riferirmi alla legge della montagna di cui si è parlato per la quale, all'infuori di un dibattito quando la legge era ancora in discussione, non abbiamo ancora avuto un dibattito generale per iniziare a compiere le scelte di fondo che dovranno presiedere agli atti legislativi ed amministrativi. Lo stesso discorso lo potrei fare per quanto concerne la legge sulla piccola proprietà contadina. Ma non è il caso che io mi dilunghi in quanto la mozione presentata, con molta opportunità, dal collega Menozzi, mi consentirà, nel corso di questa seduta, di farlo in modo più appropriato anche sotto il profilo procedurale.



PRESIDENZA DEL PRESIDENTE VITTORELLI



PRESIDENTE

Ha chiesto di parlare il Consigliere Carazzoni, ne ha facoltà.



CARAZZONI Nino

Signor Presidente, colleghi Consiglieri, allorquando venne discusso il decreto delegato concernente il trasferimento alle Regioni delle funzioni amministrative statali in materia di agricoltura e foreste, caccia e pesca nelle acque interne, noi dichiarammo, a nome del MSI, il nostro convinto dissenso nei principi generali e su alcuni temi specifici, delle opinioni espresse dalla VI^ Commissione permanente.
Discutendosi ora lo schema di decreto del Presidente della Repubblica per il riordinamento del Ministero dell'Agricoltura e delle Foreste, ci richiamiamo per logica coerenza a quanto abbiamo già avuto occasione di dire in quel precedente dibattito e ci confermiamo (così come abbiamo già fatto in Commissione, ce ne può dare atto il Presidente) contrari alle osservazioni che il relatore Menozzi ha or ora qui illustrato, in pieno accordo con i Commissari di tutti gli altri gruppi politici.
Noi possiamo infatti convenire che lo schema di decreto, così com' portato al nostro esame, sia troppo restrittivo e nasconda in talune sue parti il disegno di mantenere in funzione un'impalcatura burocratica che al contrario, può e deve essere snellita proprio come conseguenza del nuovo ruolo che la Regione è tenuta a svolgere. Pertanto siamo anche noi d'accordo nel riconoscere che il conservare il Ministero composto di sei direzioni generali a loro volta articolate in 60 divisioni ed in cinque sezioni ispettive, sia un aspetto dello schema di decreto che ha da essere meditato e possibilmente riveduto e corretto. Questo riconoscimento lo possiamo fare con tutta tranquillità, convinti come siamo, proprio noi, che si debba fare il possibile perché accanto alla nuova struttura burocratica regionale non abbia a continuare a permanere, senza alcun opportuno ridimensionamento, la vecchia struttura burocratica statale.
Se dunque le osservazioni della VI^ Commissione permanente fossero formulate in forma critica sì, ma al tempo stesso restassero contenute entro questi limiti, allora il voto contrario del MSI non avrebbe alcuna ragione d'essere; ma è vero il contrario, è vero cioè che l'obiettivo a cui si mira è ben diverso, vale a dire è quello di affermare anche in questa occasione il principio del "tutto il potere alla Regione". Ed è da questo punto che nasce e si motiva il nostro dissenso di fondo. Vi è senza dubbio e lo riconosciamo - un'impostazione coerente da parte dei colleghi che per essere regionalisti convinti si sono già affannati, in questo lungo ciclo di discussioni che ha caratterizzato tutta l'attività del 1971, a rivendicare quei poteri e quelle competenze che al vertice - sarà la burocrazia statale, sarà il governo centrale - non si vogliono cedere alle Regioni neonate; ma è per una opposta e ugualmente coerente impostazione che noi, che regionalisti non siamo, pur accettando la nuova realtà regionale, sentiamo di dovere respingere questa interpretazione che a nostro avviso è troppo estensiva quando non addirittura eversiva.
Ecco allora - per stare al tema in discussione - che noi non condividiamo il principio che l'agricoltura debba avere una definizione ampliata e giungere a ricomprendere tutti quei settori che ad essa finalisticamente si richiamano o subsettori, o materie connesse. E non accettiamo pertanto, in questi termini, il principio che tutta l'agricoltura così concepita sia da trasferire alle Regioni. Ne deriva che pur con quelle riserve che prima anticipavamo, noi contestiamo la richiesta di ridurre il Ministero dell'Agricoltura e delle Foreste soltanto ad un organismo tecnico-amministrativo, con limitate funzioni di studio e di coordinamento. Non è possibile - a nostro sommesso giudizio - che sia tolta allo Stato e demandata alle Regioni, alle Regioni che hanno caratteristiche diverse e quindi diversificati interessi, per esempio la politica attinente all'economia forestale, oppure la bonifica irrigua; né tanto meno è accettabile, nella nostra impostazione, che lo Stato, nella determinazione della politica agraria a livello europeo, debba subire i condizionamenti o le interferenze delle Regioni.
Su questi aspetti, riassunti sotto la voce "Osservazioni generali", il nostro dissenso dalla relazione della VI^ Commissione permanente è radicato e totale. E poiché il relatore Menozzi ha voluto richiamarsi ancora a questo tema, peraltro già più volte sottolineato nella relazione, noi vogliamo anche aggiungere che ci sembra essere una gratuita forzatura quella di affermare che tali osservazioni tanto più si giustificano in quanto si richiamano agli indirizzi delle ultime direttive comunitarie formulate in chiave marcatamente regionalistica. Questo si può dire soltanto se si arriva a confondere deliberatamente ciò che è la Regione in Italia e ciò che è la Regione nel M.E.C.: entità amministrativa nel primo caso, zona agraria omogenea nel secondo, per cui è quanto meno inesatto richiamarsi, per portare avanti certe interpretazioni regionaliste, agli orientamenti della Comunità Economica Europea.
Detto questo abbiamo solo più da aggiungere qualche breve considerazione alle osservazioni della Commissione sugli aspetti particolari dello schema di decreto. Abbiamo già espresso il nostro punto di vista in ordine al commento dedicato all'art. 1, compiti del Ministero e all'art. 2, costituzione di sei direzioni generali.
Confermiamo a questo proposito anche la nostra perplessità per una articolazione che ci sembra essere eccessiva. Ferme restando le riserve sulle opinioni espresse dalla Commissione, sui compiti della direzione dei programmi e del coordinamento e dei rapporti con gli organismi internazionali e sopranazionali, siamo invece d'accordo con la Commissione per quanto afferma nella parte relativa alla direzione generale degli orientamenti produttivi, della tutela dei prodotti e della sperimentazione in agricoltura. In particolare condividiamo la richiesta di trasferire alle Regioni gli istituti di sperimentazione agraria e approfittiamo anzi di questa occasione, poiché se n'é fatto cenno nel dibattito, per manifestare il nostro consenso all'azione preannunciata, in difesa dell'Istituto di fitopatologia di Torino.
Andando oltre, senza stare a ripeterci sulle competenze regionali in ordine ai rapporti internazionali con la CEE (Vice Direzione Generale delle strutture e dei servizi agricoli in agricoltura) in tema di credito agrario noi siamo dell'avviso - e cogliamo l'occasione per dirlo qui poiché se n'è parlato nella relazione - che se da una parte non dovrà essere lo Stato a distribuire, sovente con criterio politico, i finanziamenti per mutui e prestiti a tasso agevolato, a questo o a quell'altro istituto di credito d'altra parte neppure dovrà essere la Regione ad operare questa scelta.
Piuttosto si disponga un fondo globale accessibile a tutti gli istituti di credito e si lasci l'agricoltore libero di scegliere quello di sua fiducia perché in questo modo, non avendo le banche un fondo prefissato, le richieste verrebbero ad essere molto più rapidamente evase, così da evitare le remore e gli ostacoli che oggigiorno chi opera in agricoltura si trova a dover affrontare quotidianamente.
D'accordo - per tornare al tema - che sia la Regione e non lo Stato l'Ente più idoneo per la gestione amministrativa e la liquidazione degli usi civici. Non d'accordo, invece, con molte delle considerazioni espresse a proposito dei compiti della Direzione Generale della difesa del suolo e dell'ecologia agraria e forestale.
Per quanto annunciato qui stamani con la solita e documentata competenza dall'avv. Oberto, non abbiamo alcuna difficoltà a dichiararci d'accordo con le proposte da lui formulate.
In conclusione, il giudizio del MSI, pur critico in ordine al contenuto dello schema di decreto per il riordinamento del Ministero dell'Agricoltura e Foreste - e ne sono prova le numerose riserve che anche noi siamo andati sin qui formulando, non ultima, se non una dichiarata avversione certo una qual perplessità in ordine ai costituendi distretti periferici -- il giudizio del MSI dicevamo, tuttavia non si sposa con le osservazioni della VI Commissione permanente che appaiono improntate ad un'eccessiva ed abnorme autonomia regionale e che pertanto riteniamo debbano essere da noi respinte.



PRESIDENTE

Ha chiesto di parlare il Consigliere Besate, ne ha facoltà.



BESATE Piero

Signor Presidente, colleghi Consiglieri, non mi tratterrò sulle parti singole del provvedimento che ci viene proposto, per esaminare invece il ruolo che il provvedimento nel suo insieme viene ad assumere, dopo il giudizio che se ne è dato.
In realtà sarebbe stato facile dare un parere sul provvedimento relativo al riordinamento del Ministero, avvalendoci anche dei circostanziati giudizi che già le altre Commissioni ed il Consiglio ebbero a dare in occasione degli schemi di decreto del Presidente della Repubblica sul riordinamento di altri Ministeri. Ma il momento attuale è caratterizzato da un fatto nuovo: siamo non solo alla vigilia dell'emanazione dei decreti delegati, ma ieri la Gazzetta Ufficiale ha pubblicato i primi due decreti delegati "polizia locale" e "cave torbiere ecc." Si impone quindi una considerazione di carattere pregiudiziale poiché, come dice l'art. 1 della 775: "Il numero delle Direzioni Generali degli Uffici Centrali assimilabili e delle divisioni, sarà ridotto in conseguenza del trasferimento alle Regioni delle attribuzioni degli organi centrali dello Stato ecc.". Mi pare che non occorra molto acume per dire che nelle ormai relativamente strette more di tempo per il trasferimento di funzioni amministrative alle Regioni, appare dubbio che ci vengano fatte proposte di riordinamento dei Ministeri in questo momento, giuste le norme del citato art. 1 della 775, prima del trasferimento stesso.
Infatti, per procedere al riordinamento del Ministero, dati questi vincoli giuridici, occorre accertare, secondo l'art. 117 della Costituzione e l'art. 17 della 281, quali funzioni dovranno ancora essere trasferite alle Regioni perché non pensiamo che con la emanazione dei decreti delegati le Regioni si riterranno soddisfatte. Lo Stato nel suo complesso non pu essere assolto e ritenere chiuso il capitolo del trasferimento delle funzioni amministrative alle Regioni. E ciò prescindendo anche dalla delega dell'esercizio di funzioni amministrative secondo l'art. 118. Si tenga poi presente che il Governo ha tempo fino al 30.10.72 per emanare il provvedimento di riordinamento dei Ministeri.
Accertato quanto dovrà essere trasferito o delegato alle Regioni risulterà poi ovvia la materia da riordinare, le direzioni, divisioni sezioni, servizi, organi e uffici centrali e periferici da sopprimere ridimensionare, snellire, anche in funzione delle scelte programmatorie nazionali, generali, regionali.
Il procedimento adottato, invece, che sembra (ma sembra soltanto) ispirato a criteri di sbrigativa efficienza operativa, ha il preciso scopo di sfuggire alla logica regionale autonomistica e costituzionale; così facendo si è riservato tutto lo spazio voluto al centro per mettere in atto un disegno preciso. L'esame dello schema di decreto di presidenza della Repubblica per il riordinamento del Ministero dell'Agricoltura conduce alla conclusione principale che non tanto di provvedimento di riordinamento si tratta, ma di una vera e propria legge cornice la quale si manifesta ed opera con il ferreo meccanismo delle strutture preordinate, delle competenze attribuite, delle funzioni riservate, degli ordinamenti condizionati e dei (contenuti politici veri e propri dei poteri speciali attribuiti.
Faccio mie le osservazioni già acutamente svolte dalla Commissione sul riordinamento del Ministero dell'Agricoltura, soprattutto in ordine alle funzioni di coordinamento e di indirizzo circa le quali però mi pare debbasi decisamente affermare, accanto a quella del Governo, la funzione del Parlamento. E' vero che lo Stato ha, per quanto riguarda l'esecuzione della sua attività, il Governo come organo, ma la formazione della volontà dello Stato viene espressa dal Parlamento, quindi non si può prevedere che sia soltanto il Governo a svolgere la funzione di coordinamento e di indirizzo, tanto è vero che nello schema di riordinamento del Ministero del Lavoro si trova già una eco delle critiche fatte dalla Regione. Voi avete avuto, credo, lo schema di riordinamento del Ministero del Lavoro nel quale comincia a dirsi che non è più il Ministero che svolge la funzione di coordinamento, ma è il Governo con atti collegiali. Questa critica puntuale delle Regioni ha una sua fondatezza, non è campata in aria, non si tratta di febbri regionalistiche, autonomistiche, campanilistiche, ma di osservazioni che traggono il loro fondamento da un'attenta sensibilità costituzionale.
La questione principale che voglio trattare consiste nel considerare il provvedimento nella sua globalità, sistematicità e organicità e non nelle norme, ad una ad una.
La validità del criterio proposto mi pare sia ovvia, sennonché non essendo ancora tale criterio stato utilizzato, mi corre l'obbligo di sostenere la legittimità. Nel caso specifico si tratta di provvedimento concernente il riordinamento del Ministero il quale, per sua natura e funzione, è organicamente strutturato centralmente e ramificato perifericamente in vista della competenza speciale che gli è propria, come un corpo unico risultante dalla connessione e integrazione di organi interni, in virtù di specifiche attività e responsabilità. L'insieme del provvedimento, infatti, è sistematicamente e organicamente strutturato.
Esso, se fosse approvato non solo così com'é, ma anche con modificazioni che un'attenta sensibilità costituzionale potrebbe suggerire, costituirebbe comunque un vincolo condizionante per la futura legislazione in tutta la materia sulla quale, direttamente o indirettamente, esercita la sua attività il Ministero. E' sufficiente esaminare alcuni capisaldi del provvedimento e porli in connessione per comprendere la validità di questo giudizio. Si guardi alla programmazione, agli orientamenti produttivi, alla sperimentazione - e qui mi permetto di richiamare l'attenzione non solo come ha fatto diligentemente il relatore, sul laboratorio di fitopatologia (e concordo con la considerazione e le richieste fatte) - ma anche sulla stazione sperimentale di risicoltura. La risicoltura l'abbiamo per tre quarti in Piemonte nelle province di Vercelli, Novara e Alessandria dove vi sono operatori e scienziati di levatura internazionale e mondiale; ho visto spesso studiosi dell'Asia, dell'America latina a Vercelli, fermarsi mesi e mesi per apprendere l'arte di coltivare il riso e anche dei tecnici di paesi che da millenni si nutrono di riso. Il più grande tecnico della risicoltura italiana, invece, è stato trasferito presso il Ministero a Roma: un giorno l'ho trovato alla stazione Termini, partiva melanconicamente per Ferrara per un'ispezione alla irrorazione delle materie chimiche che rendono incommestibili le pere (perché così si utilizzano le forze della scienza in Italia da parte di scelte politiche burocratiche). Mi pare che nel complesso quel giudizio che consiste nel definire questo documento non tanto un decreto di riordinamento, ma una legge cornice, completi nel suo insieme le critiche e che accolga in pieno il parere che la Commissione ed il relatore hanno dato sul decreto.
Gli approfondimenti singoli che ci sono stati proposti li approvo completamente. Ciò che intendo evidenziare è che l'insieme del provvedimento costituisce non solo e non tanto un ordinamento dell'Amministrazione Centrale e periferica del Ministero dell'Agricoltura ma un vincolo generale, una legge cornice sui generis per tutto l'universo agricolo (così come è definita l'agricoltura dalla Commissione). Infatti nessun nuovo provvedimento in materia potrà non tenere conto delle strutture, delle competenze, delle procedure ivi codificate le quali pertanto condizioneranno tutte le scelte nelle politiche agricole che verranno, dai minimi particolari alla programmazione.
Per queste motivazioni lo schema di decreto del Presidente della Repubblica sarebbe da respingere in blocco reclamando che la proposta di riordinamento venga radicalmente rielaborata: alla luce dei trasferimenti delle funzioni alle Regioni, in base al disposto dell'art. 117 della Costituzione e all'art. 17 della legge 281; al completamento del trasferimento delle funzioni, secondo l'art. 117, con legge cornice o all'individuazione delle funzioni ancora da trasferire mediante strumento politico parlamentare; in base alle funzioni delegate alle Regioni, sulla scorta dell'art. 118 della Costituzione; alla luce delle osservazioni elaborate dalle Regioni (in particolare, per quanto ci riguarda, dalla Regione Piemonte) sia in ordine agli schemi di decreti delegati previsti dall'art. 17 della 281 che abbiamo svolto tempo fa, sia in ordine allo schema di decreto Presidente della Repubblica per il riordinamento del Ministero.
Queste idee mi sono permesso, con il collega Ferraris, di sintetizzarle in un o.d.g. che, come dall'art. 38 del nostro Regolamento par. 5, possiamo inserire eventualmente, se sarà approvato dal Consiglio, nel parere che il Consiglio sta dando.
L'o.d.g. dice: "Il Consiglio della Regione Piemonte, in sede di esame dello schema di decreto Presidente della Repubblica per il riordinamento del Ministero dell'Agricoltura e delle Foreste considerato che il Governo ha annunciato di avere approvato i decreti delegati per il trasferimento alle Regioni delle funzioni amministrative e in base all'art. 17 della Legge 281 considerato altresì che il riordinamento del Ministero è logico attuarlo a completo trasferimento della delega delle funzioni amministrative alle Regioni, secondo l'art. 117 e 118 della Costituzione con altri provvedimenti legislativi basati sulle osservazioni della Regione constatato che lo schema di decreto Presidente della Repubblica per il riordinamento del Ministero Agricoltura e Foreste nel suo insieme costituirebbe un vincolo strutturale per qualunque futura politica agricola, ferme restando le osservazioni allo schema di decreto Presidente della Repubblica proposto auspica che lo schema stesso venga ritirato e radicalmente rielaborato in base alle indicazioni delle Regioni e ripresentato sollecitamente alle Regioni stesse immediatamente dopo la pubblicazione dei decreti delegati e il completo trasferimento e delega alle Regioni delle funzioni amministrative ad esse spettanti. Firmato Besate e Ferraris"



PRESIDENTE

Nessun altro è iscritto a parlare, la discussione è chiusa. Ha facoltà di replicare, se lo ritiene, il relatore.



MENOZZI Stanislao, relatore

Prima di rispondere ai vari intervenuti vorrei manifestare (per l'importanza che può avere) il mio disappunto per il numero di poltrone vuote che vi sono in quest'aula.



PRESIDENTE

Lei sa che stamani sono in corso delle riunioni alle quali partecipano i Consiglieri Regionali e che se vi è una seduta che non poteva essere spostata ad altra data era quella del 18, quindi il suo rilievo mi pare assolutamente fuor di luogo. Questa è una seduta che per Statuto deve essere tenuta il terzo martedì del mese di gennaio, data di inizio della sessione. Non potendo fare altrimenti ed essendovi altri impegni ai quali sia gli Assessori, sia i Consiglieri sono vincolati, l'abbiamo indetta ugualmente con l'accordo di tutti i Gruppi.



MENOZZI Stanislao, relatore

Allora il mio è un augurio che in altre circostanze l'aula abbia ad essere un pochino più affollata.
Auguriamoci altresì di non metterci su una certa china perché da motivi giustificati si potrebbe arrivare anche a quelli non giustificati.
Riferendomi al primo intervento, cioé a quello del Vicepresidente Oberto, non posso non prendere atto della competenza, della passione che ancora una volta col suo intervento è venuto ad apportarci. Sono d'accordo di accogliere quanto da lui proposto che, più che modificare le osservazioni espresse dalla Commissione, le rendono meno lapidarie e meno sintetiche. Io penso che non vi sia bisogno (ma lo faccio ugualmente) di ricordare che le osservazioni erano queste: in riferimento all'art. 22 che fissa l'integrazione degli Enti di gestione dei parchi nazionali, si osserva che per meglio adeguare la norma alla realtà della situazione alla quale la Regione è direttamente interessata, appare necessaria una revisione della formulazione proposta che assicuri, con la garanzia di una maggioranza espressa dagli organi elettivi, la creazione di un organismo effettivamente operante che possa risultare applicabile all'Ente del parco del Gran Paradiso e così quel che segue.
Comunque, come ripeto, nulla in contrario da parte del sottoscritto ad accogliere le proposte suggerite.
Per quanto attiene all'intervento dell'amico Fonio, non ho che da esprimere un sentito ringraziamento per le lusinghiere espressioni che ha voluto rivolgere sia personalmente, sia a nome del Gruppo (e questo è ci che maggiormente fa piacere) alla Commissione che ho l'onore di presiedere ed a me personalmente.
Un analogo ringraziamento debbo rivolgerlo al collega e Vicepresidente della mia stessa Commissione, Ferraris, per gli altrettanto lusinghieri apprezzamenti, ringraziamento però soltanto parziale perché sono venuto poi per cogliere alcune sue successive affermazioni di natura astiosamente polemico-politica. Debbo dire all'amico e collega Ferraris che, come non abbiamo voluto dividere in reprobi e in buoni i burocrati in generale, ci rifiutiamo di accettare che anche in quest'aula consiliare si abbiano a dividere in reprobi e in buoni i vari raggruppamenti politicamente rappresentati.



CARAZZONI Nino

Alla prossima occasione te lo ricordiamo!



MENOZZI Stanislao, relatore

E' un discorso ovviamente di ordine generale, non sono sceso nei particolari. Naturalmente si è parlato anche di maggioranza oltre che di Giunta e siccome mi onoro di far parte di una certa maggioranza, non sono qui per abbandonarmi a bizantinismi e peccare di incoerenza con quanto andiamo sostenendo; ecco i motivi del mio....



BERTI Antonio

Perché dici "di una certa maggioranza"?



MENOZZI Stanislao, relatore

Perché il Gruppo a cui appartengo non costituisce maggioranza assoluta.
Al collega Carazzoni non ho nulla da obiettare, se non prendere atto della sua coerenza; aveva dichiarato il suo disappunto quando ci trovammo a discutere lo schema di decreto delegato, per coerenza non poteva non ripetere la sua disapprovazione, anche se l'ha modificata un tantino in quanto alcuni punti sono stati riconosciuti validi ed accettabili. Io prendo atto di questa buona volontà, auguriamoci che aumenti e abbia a perpetuarsi anche in avvenire.
Circa i riferimenti al MEC, il collega Carazzoni ha smentito il sottoscritto. Io gli restituisco la smentita che a sua volta viene restituita da una voce ben più autorevole della mia ed è quella addirittura del Vicepresidente Mansholt che, in un'intervista concessa in ottobre al giornalista Zucconi della Stampa di Torino, invitato a pronunciarsi su quanto le varie Regioni vanno affermando in materia di una possibile e necessaria collaborazione e di una rappresentanza delle stesse a livello comunitario, ha risposto che egli rileva alcuni aspetti positivi in ciò che le Regioni vanno chiedendo e si augura che si creino condizioni tali perch ciò si realizzi quanto prima.
Amico Besate, accetto toto corde il riferimento (mi era sfuggito) all'ente di sperimentazione sulla risicoltura di Vercelli.
Non posso essere d'accordo sull'o.d.g. proposto non perché non veda la validità della riaffermazione di determinati principi, non perché non capisca il desiderio di poter avere tra le nostre mani un decreto di riordinamento come lo abbiamo delineato nelle osservazioni, ma perché c'è un timore: a parte lo scivolamento verificatosi dei tre mesi, prima del passaggio dei poteri dallo Stato alle Regioni, non vorrei che quell'o.d.g.
venisse recepito e sono certo che se dipendesse da certi burocrati e da alcune forze politiche indicate dal collega Ferraris sarebbe senz'altro accettato con l'intenzione di insabbiare e di rendere difficoltoso il cammino della Regione; forniremmo così con le nostre mani l'arma più valida per far sì che quel riordinamento, rielaborato nel senso da te invocato, ci pervenga non a giugno, non alla fine dell'anno, ma probabilmente nel 1973.
Reputo invece necessario che la Regione abbia a manifestare un deciso impegno affinché le osservazioni da noi mosse abbiano, dagli organi responsabili, ad essere recepite per poter disporre nel minor tempo possibile del decreto in discussione.
Non ho null'altro da osservare.



PRESIDENTE

Per la Giunta ha facoltà di parlare l'Assessore Chiabrando.



CHIABRANDO Mauro, Assessore alla tutela dell'ambiente

A nome della Giunta devo dare atto dell'ottimo lavoro che hanno svolto le Commissioni e degli interventi qualificati che tutti i Consiglieri hanno qui fatto stamattina.
La Giunta aderisce completamente alla relazione predisposta dalle tre Commissioni ed anche alle eventuali modifiche che il Consiglio riterrà di fare in merito alle proposte Oberto e Besate sui parchi nazionali e sull'Ente risicolo.
Anche la Giunta si è resa conto delle difficoltà che ci sono state nel giudicare la ristrutturazione del Ministero dell'Agricoltura mentre non conoscevamo le competenze e le funzioni che il Ministero intende trasferire alle Regioni e non conoscevamo neppure uno schema di legge cornice che prevedesse il passaggio di questi poteri. Infatti la Giunta ha dovuto basarsi, per dare questo giudizio, sulle osservazioni che erano state fatte al decreto delegato che è in corso di pubblicazione. Devo aggiungere a questo proposito che ho avuto modo di confrontare le proposte fatte dalla Regione Piemonte con quelle presentate da altre Regioni ed ho avuto il piacere di constatare come le nostre fossero non solo le più numerose, ma anche le più importanti e qualificate.
Un rilievo di carattere generale è che il tentativo dello schema proposto è di mantenere un potere di controllo o di cogestione tra Ministero Agricoltura e Regione, cosa non logica, anzi, incostituzionale.
In questo schema abbiamo trovato delle incongruenze come quella che riguarda la classificazione delle zone montane depresse e l'approvazione dei piani di bonifica: proprio nel momento in cui alcune leggi che sono già state emanate, prevedono la competenza delle Regioni in queste materie, ci troviamo di fronte a un decreto di riordino del Ministero dell'Agricoltura che invece mantiene a sé questo potere.
Anche la Giunta ha constatato il pericolo, e lo sottolineo dell'istituzione di distretti (che dovrebbero essere organi periferici del Ministero dell'Agricoltura) che sarebbero dei duplicati e comunque creerebbero interferenze con l'attività delle Regioni.
Concludo anch'io dicendo, come già ha affermato il Consigliere Ferraris, che questo documento è peggiorativo nei confronti del decreto delegato che sta per essere pubblicato e di alcune leggi pubblicate recentemente.
In ultimo, rispondendo al collega Ferraris, devo dare una comunicazione che riguarda la legge sulla montagna: io sono stato incaricato, come Assessore, di affrontare il problema e ho già predisposto un piano operativo provvisorio molto semplice. Nei prossimi giorni convocherò una riunione di esperti di tutto il Piemonte (che rappresentano uffici ed enti che hanno trattato questa materia nel passato) per discutere assieme un piano operativo di lavoro per far fronte alle scadenze imposte dalla legge sulla montagna. Mi riservo di informare il Consiglio Regionale e di interpellare anche i colleghi su questa materia.



PRESIDENTE

E' stato presentato un o.d.g. relativo alla materia della quale ci stiamo occupando, che ha quindi la precedenza sulla votazione delle osservazioni elaborate dalla Commissione.
Ha chiesto di parlare il presentatore Consigliere Besate. Ne ha facoltà.



BESATE Piero

Signor Presidente, colleghi Consiglieri, d'accordo con il collega Ferraris che con me ha firmato l'o.d.g., sentite le dichiarazioni del relatore, riteniamo che l'o.d.g. conservi tutta la sua validità e sia perfettamente pertinente alle osservazioni che la Commissione ha proposto al Consiglio di adottare.
Tuttavia, in questa sede di approvazione delle osservazioni allo schema di riordinamento del Ministero Agricoltura e Foreste, allo scopo di non dare occasione al Consiglio di trovarsi in qualche modo diviso (forse non si è afferrata, completamente tutta la portata della vicenda) noi ritiriamo questo o.d.g.
Per quanto ci riguarda, in relazione ai prossimi schemi di decreti del Presidente della Repubblica, che verranno all'esame del Consiglio, ci ripromettiamo di esaminare il punto specifico sul quale si accentra l'o.d.g. e di riproporlo al Consiglio già partendo dalla sede delle Commissioni.
Pertanto chiediamo che l'o.d.g., con queste motivazioni, venga ritirato e non sottoposto alla votazione del Consiglio.



PRESIDENTE

Purtroppo, essendosi incantata la macchina, non ho potuto fare distribuire l'o.d.g. a tutto il Consiglio. Non so se i presentatori desiderino che ne venga data lettura, dopo di che sarà acquisito agli atti.



BESATE Piero

L'ho letto nel corso del mio intervento, signor Presidente.



PRESIDENTE

Si, lo so. Se però in questa sede non si richiede che ne venga data nuovamente lettura l'o.d.g. è acquisito agli atti e non sarà sottoposto a votazione.
Passiamo adesso alle votazioni relative alle osservazioni. E' stato proposito un emendamento aggiuntivo dal Consigliere Oberto, che propone di aggiungere una parte delle osservazioni da lui fatte nel corso del suo intervento, al termine del testo proposto dalla Commissione. Dò lettura dell'emendamento aggiuntivo, che verrà posto in votazione prima del testo completo, proposto dal Consigliere Oberto.
Aggiungere, al termine delle osservazioni proposte dalla Commissione il seguente testo: "In tutti gli Enti gestori dei parchi nazionali esistenti i Consigli di Amministrazione vengono, con provvedimento legislativo urgente integrati con la partecipazione di tre Consiglieri eletti da ciascun Consiglio Regionale nel cui ambito territoriale ricada un parco, o parte di esso, uno dei quali Consiglieri rappresenti la minoranza.
Auspicando la sollecita approvazione della legge quadro sui parchi nazionali, in relazione agli artt. 6 e 19 del testo richiamato, si fissi il principio che nella composizione dei Consigli di Amministrazione dei parchi si determini la partecipazione effettiva e deliberante, anche nel caso che per taluno sia ancora affidata la gestione del parco all'Azienda forestale dello Stato, di un'adeguata rappresentanza degli Enti locali, Comuni e Regioni, con rappresentanza delle minoranze, in misura tale che nella composizione di ciascun Consiglio di Amministrazione prevalga di almeno una unità la rappresentanza degli Enti locali elettivi si determini, per quanto specificamente attiene al Parco nazionale del Gran Paradiso, la partecipazione al Consiglio di Amministrazione anche della rappresentanza eletta dal Consiglio Provinciale di Torino, con un membro della minoranza e ciò in considerazione che il Consiglio Provinciale di Torino fu nel 1919 promotore della costituzione del Parco, è stato ed è fra gli Enti sovvenzionatori anche con contributi straordinari erogati in momenti particolarmente difficili per la vita del Parco si affermi il principio che la determinazione legislativa della composizione dei Consigli di Amministrazione di ciascun parco nazionale sia assunta previa intesa con le Regioni interessate".
Penso che il presentatore non abbia bisogno di illustrarlo perché l'ha già fatto nel corso del suo intervento.
Vi è qualcuno che chiede la parola? Nessuno chiede di parlare.
Pongo in votazione per alzata di mano l'emendamento aggiuntivo, di cui ho dato testè lettura, proposto dal Consigliere Oberto.
E' approvato.
Pongo ora in votazione, con l'emendamento aggiuntivo teste approvato le osservazioni proposte dalla Commissione allo schema di decreto del Presidente della Repubblica, concernente il riordinamento del Ministero dell'Agricoltura e delle Foreste.
Chi è favorevole è pregato di alzare la mano.
E' approvato.


Argomento: Bilancio - Finanze - Credito - Patrimonio: argomenti non sopra specificati - Agricoltura: argomenti non sopra specificati

Mozione circa il problema dei finanziamenti per l'agricoltura


PRESIDENTE

Rimane ancora all'o.d.g. di questa mattina la mozione proposta dai Consiglieri Menozzi, Bertorello, Giletta, già letta in Consiglio e di cui è stata fatta ampia distribuzione, Desiderano illustrarla? Ha facoltà di parlare il Consigliere Menozzi.



MENOZZI Stanislao

Signor Presidente, colleghi Consiglieri, durante i trascorsi giorni di dicembre, nei quali assistemmo all'interminabile serie di fumate nere per l'elezione del Presidente della Repubblica, ci venne chiesto se di ci eravamo preoccupati, al che rispondemmo che, pur non volendo sottovalutare l'importanza dell'avvenimento, non ne facevamo un dramma in quanto nella nostra posizione di sindacalisti lamentavamo la mancanza, per la categoria rappresentata, non solo del Presidente, ma della Repubblica intera. E non è una battuta di spirito. E purtroppo le cose da allora ad oggi - anche perché è trascorso breve tempo - non sono mutate, anzi, si sono aggravate perché se è vero che oggi abbiamo un Presidente della Repubblica, è venuto però a mancare addirittura il Governo.
Infatti, dall'inefficienza di adeguati strumenti legislativi e finanziari di ieri, atti sostanzialmente a modificare il volto dell'agricoltura italiana per avviarla decisamente e seriamente sulla strada del suo rinnovamento strutturale ed infrastrutturale, e soprattutto per collegarla su posizioni di maggiore idoneità a svolgere il ruolo che le compete nell'ambito dell'economia generale del Paese e per soddisfare le insopprimibili esigenze socio-economiche e civili di quanti nel settore primario tuttora operano, si è veramente costretti a dovere, nostro malgrado, denunciare la totale paralisi dell'intervento pubblico in essere da oltre un anno a questa parte.
A maggiore precisazione di quanto affermato, mi sia consentito fornirvi il quadro della situazione odierna degli operatori agricoli piemontesi, in rapporto alle pratiche di finanziamento a vario titolo giacenti nei vari Ispettorati provinciali e al compartimento per mancanza di fondi.
Prendiamo per prima la situazione relativa alla legge sulla proprietà coltivatrice. In base alla precedente legge che va sotto il numero di 590 e che è del 27.5.1965, le domande giacenti al 30.10.71 sono 479, per un importo di oltre 11 miliardi. Aggiungasi che nel frattempo la legge 590 essendo scaduta col 30 dicembre '70, è stato legislativamente deciso di rifinanziarla nell'agosto dello scorso anno; da allora a tutt'oggi gli Ispettorati non hanno potuto non solo liquidare le 479 domande giacenti, ma non hanno neanche potuto soddisfare le richieste di presentazione di varie domande che nel frattempo sono pervenute agli uffici interessati.
Altra legge importantissima, pure essa scaduta il 30.12.70 (e mi riferisco al piano verde n. 2, pure esso legislativamente rifinanziato con la legge ponte del 4 agosto '71) presenta un quadro non meno squallido.
Per quanto concerne il piano verde n. 2 di cui alla legge 27.10.1966 n.
910, l'art. 7, che interessava la difesa fitosanitaria non presenta pratiche giacenti o insoddisfatte perché era stato dato ordine di non finanziarne, Con la nuova legge del 4.8.71, la 592, sono già pervenute pratiche per un importo preventivato di 70 milioni, giacenti perché non vi sono fondi.
Se passiamo all'art. 12 che riguarda la meccanizzazione: provvidenze che si manifestavano nella concessione di contributi in conto capitale e in prestiti quinquennali, il discorso addirittura scompare perché la legge ponte non contempla la concessione di contributi di cui al vecchio art. 12 del piano verde n. 2.
Art. 14: zootecnia. Giacciono insoddisfatte 193 pratiche, per un ammontare di 293 milioni e 179 di cui alla legge ponte per un impegno di 240 milioni e così complessivamente per 372 pratiche e per una necessità di 533 milioni, tutte ferme per mancanza di fondi.
Art. 16: contributo per il miglioramento delle strutture aziendali. Uno dei più delicati e scottanti punti di intervento: giacciono 223 domande riferentisi al vecchio piano verde per un importo di un miliardo e 191 milioni, 196 sulla legge ponte per un miliardo e 548 milioni complessivamente 419 pratiche per un impegno finanziario di 2.739.000.000.
Art. 16: mutui, con 1191 pratiche in sospeso sul vecchio piano verde per oltre nove miliardi, 512 sulla nuova legge ponte per 4.825.000.000 complessivamente 1703 pratiche per un importo complessivo di 14.251.000.000.
Art. 17: piani di viabilità rurale e di approvvigionamento idrico. E qui mi sia consentito un inciso che sta a dimostrare lo stato di precarietà anche di fronte ai più elementari e in quanto tali essenziali servizi di cui le popolazioni rurali dovrebbero disporre. E questo non solo si verifica nel Piemonte risorgimentale, ma nel 1972 e cioè nell'era delle autostrade e delle superstrade. Abbiamo così 32 pratiche ferme sul vecchio piano verde per 287 milioni; 47 sulla nuova legge ponte per un miliardo e 225 milioni; complessivamente 75 pratiche per un miliardo 512 milioni. Sono 75 comunità che non dispongono ancora né di viabilità, né di approvvigionamento idrico.
Art. 19: sviluppo elettrificazione agricola. L'applicazione di questo intervento statale è di competenza della Commissione regionale appositamente costituita, la quale, sulla base dei fondi disponibili formula i programmi di massima degli interventi. Ebbene, le richieste di allacciamento elettrico non accolte per insufficienza di fondi, si presume raggiungano il numero di 10.000 aziende con una spesa presunta di 10/12 miliardi di lire.
La somma complessiva necessaria per soddisfare unicamente le domande già presentate è di 19.105.000.000; se aggiungiamo i 10/12 previsti per l'elettrificazione, il bisogno del Piemonte sarebbe di circa 30 miliardi senza considerare le migliaia di domande che perverranno agli Ispettorati e al compartimento non appena i finanziamenti di cui oggi noi lamentiamo la mancanza, diventeranno un fatto realizzabile.
Gli operatori agricoli in generale ed i coltivatori in specie, sono veramente esasperati per quanto sta verificandosi, non solo in base alle carenze finanziarie di cui alle citate leggi, ma anche in riferimento al fondo nazionale di solidarietà, di cui alla legge 25.5.70 n. 364 il quale dopo quasi un secolo di attese (e non è una boutade perché si incominciò a porre il problema al Parlamento italiano, per la prima volta, nel 1892) doveva costituire valido strumento di difesa contro le avversità atmosferiche, ma corre il serio rischio di essere vanificato dalle lungaggini burocratiche in essere, oltre che dalla mancanza dei finanziamenti.
Infatti, come stanno le cose? Consorzi. L'art. 14 e seguenti della citata legge contempla la possibilità di costituzione di consorzi volontari. Nel primo anno di attuazione ne sono stati costituiti due, uno ad Asti e l'altro a Cuneo. Questi consorzi non possono ancora dichiararsi operativi per mancanza di definizione di alcuni aspetti e procedure di carattere burocratico. Ma la carenza non sta soltanto in questo.
Contributi e prestiti (stessa legge). Gli Ispettorati provinciali hanno potuto solo parzialmente procedere alla liquidazione dei contributi e prestiti per coloro che hanno subito danni da eventi calamitosi nel 1970 per le grandinate e per le calamità atmosferiche in generale del 1971 non sono ancora stati emessi i decreti di delimitazione delle zone colpite mancando i quali non è assolutamente possibile accogliere le domande inoltrate dai singoli interessati e soddisfarle. Pensate e pensiamo per un solo momento in quale situazione si sono venuti a trovare quei produttori che per fatalità hanno subìto, per due anni consecutivi, e cioè nel '70 e nel '71, il quasi totale flagello delle calamità in discussione. Tra questi si possono annoverare parecchi Comuni in provincia di Asti, di Cuneo e in altre province del Piemonte.
Ma c'è un altro pericolo di cui questo Consiglio si deve rendere cosciente, per quanto attiene alla cosiddetta legge ponte che doveva soddisfare alle istanze maturate dal 1° gennaio al 31.12.71; siamo nel 1972 e i finanziamenti ancora non ci sono e potrebbero finire nel più volte denunciato calderone dei residui passivi, il che verrebbe ad aggravare maggiormente la situazione già grave di per sé.
A tale proposito c'é stata recentemente, sulla rivista Agricoltura, una dichiarazione del Ministro Natali, il quale purtroppo non è stato sostenuto dalla fortuna perché egli a ottobre prevedeva che entro il dicembre parecchie delle pratiche giacenti avrebbero potuto trovare soddisfazione cosa che non si è ancora verificata. E per portare un contributo rafforzativo a quanto abbiamo lamentato sia in sede di decreto delegato sia oggi in sede di esame di DPR per il riordinamento del Ministero dell'Agricoltura, per quella mancanza di omogeneità e di una visione seria globale e completa della grave problematica agricola, che cosa si è nel frattempo verificato? Che alcune assegnazioni - specialmente attinenti alle pratiche del 1970 - sono state inviate a Regioni che pratiche non avevano lasciando mancare i fondi alle Regioni ove le pratiche abbondavano. Ecco un'altra disfunzione della quale dobbiamo preoccuparci nel momento in cui l'azione legislativa e l'operatività della Regione saranno fatti conseguiti, facendo tesoro delle amare esperienze affinché non si abbiano a trasferire tali difetti dalla sede centrale a quella regionale.
A questo punto viene logico chiedersi a che cosa è servita l'opera del legislatore, a che cosa sono servite le leggi approvate nell'agosto scorso per poi trovarci nell'odierna situazione. Io penso che siffatta azione abbia la stessa validità di colui che offre ad una persona che sia sotto il diluvio, un ombrello senza tela.
Se la situazione di stallo è preoccupante all'interno della nazione non lo è meno nei confronti del MEC e se ce ne fosse bisogno è venuto anche il Vicepresidente Mansholt a ricordarcelo. Vi dispenso dal darvi lettura delle dichiarazioni rilasciate al giornalista Zucconi, nella quale si diceva fortemente preoccupato per le sorti dell'Italia, la quale sta correndo il rischio di trovarsi impegnata a sostenere gli oneri che il finanziamento del Feoga comporta, senza avere la possibilità di usufruire degli stanziamenti che all'Italia dovrebbero essere devoluti. Sono impegnati un miliardo e 600 milioni circa di unità di conto le quali, se non saranno predisposti celermente i relativi strumenti legislativi verranno vanificate come tante altre.
"Non va dimenticato - ha poi aggiunto Mansholt - che all'Italia spetta per il pensionamento anticipato degli anziani un contributo maggiore di quello degli altri; la percentuale concessaci è del 65 per cento, per tener conto delle particolari difficoltà del Mezzogiorno. Si tratta di una eccezione; ma il problema è talmente grave nella penisola che la Commissione ha insistito perché il Consiglio dei Ministri concedesse all'Italia una percentuale extra altissima. E' indispensabile - ha ripetuto Mansholt - che l'Italia prepari la legislazione nazionale adeguata, che deve quindi essere approvata dal Parlamento." Nell'augurarci che questo Consiglio sappia rendersi interprete delle indilazionabili attese della gente dei campi, delegando la Giunta a farsi portavoce delle loro istanze presso il Governo centrale e per favorire lo sblocco di una così grave situazione, ci auguriamo altresì che la Regione dopo aver portato avanti le seppure importanti osservazioni ed osservazioni di ordine giuridico, possa quanto prima iniziare un discorso semplice ma concreto, anche e soprattutto sul come procedere in previsione dell'inizio dell'attività legislativa ed operativa vera e propria, discorso e impostazione che per chiarezza e linearità tolga il produttore agricolo dall'umiliante preoccupazione di essere costretto a fare ricorso all'invio di letterine alle arcaiche, altrettanto umilianti, raccomandazioni e sollecitazioni, per poi ottenere con estremo ritardo, nella migliore soluzione, un minimo di quanto richiesto su quanto gli era stato promesso o anche niente, nella peggiore delle ipotesi, come si sta verificando da oltre un anno a questa parte.
Ci auguriamo pure che la Regione abbia riguardo, prima di portare avanti nuovi problemi con scelte prioritarie, di risolvere celermente quelli in sospeso usando il trinomio concretezza-tempestività-semplicità.



PRESIDENTE

E' iscritto a parlare sulla mozione Menozzi il Consigliere Gerini. Ne ha facoltà.



GERINI Armando

Signor Presidente, colleghi Consiglieri, il Gruppo liberale si associa di buon grado alla mozione presentata dai colleghi Consiglieri che rappresentano in questo Consiglio i Coltivatori diretti, ricordando anche che la grave situazione in campo agricolo, alimentata dalla carenza di investimenti, pur previsti dalle due recenti leggi, la n. 592 e la n. 817 dell'agosto scorso, e dalla mancata iniziativa di urgenti provvedimenti per mettere a punto e far approvare idonei strumenti legislativi che permettano di utilizzare senza ritardo gli ingenti mezzi finanziari che saranno posti a disposizione del Paese, in relazione agli accordi presi otto mesi fa in seno al MEC per lo sviluppo dell'agricoltura comunitaria secondo il cosiddetto "memorandum Mansholt", fu oggetto da parte del mio partito di una recentissima interrogazione al Ministro dell'Agricoltura e di una altrettanto recente mozione per il rilancio dell'agricoltura, al Senato della Repubblica. Tali strumenti legislativi sono molto importanti per la propulsione di una moderna economia agricola, essendo previsti investimenti per lo sviluppo aziendale, per la concessione di indennità a vecchi agricoltori che cessino spontaneamente l'attività agricola, per la creazione di servizi di informazione socio-economici in campo agricolo, per i finanziamenti, infine, per la costituzione e il funzionamento di riconosciute associazioni di produttori.
Se è grave che questi importanti provvedimenti non siano ancora stati presi, in tempo per poter diventare operativi con l'inizio di quest'anno, è altrettanto grave che, come ha dichiarato non molto tempo fa lo stesso signor Mansholt, rimangano tuttora inutilizzati nelle casse europee, per colpa nostra, rilevanti mezzi finanziari già da tempo posti a disposizione del nostro Paese. Non è infatti una novità l'inerzia del Governo in campo agricolo, inerzia che rischia di diventare cronica; e non suscita alcuna meraviglia la riluttanza del Ministero a spogliarsi di prerogative che per preciso dettato costituzionale sono proprie ora delle Regioni. Quando i finanziamenti della legge-ponte per il "Piano verde" numero 2 o dell'altra legge circa le provvidenze per lo sviluppo della proprietà diventeranno finalmente operanti avremo forse, chissà, una legge che trasformerà in affitto i contratti di mezzadria e di colonia parziaria, e così aggiungeremo contraddizione a contraddizione, con il risultato di mandare a Patrasso quel che resta di buono in agricoltura e di portare non grano al mulino ma ancora voti, forse, all'on. Almirante. Il non avere ancora provveduto alla emanazione....



BERTI Antonio

Se invece di non fare voi faceste, vedreste che nessuno porta voti ad Almirante.



GERINI Armando

Caro Berti, se in agricoltura si continuerà ad operare secondo l'indirizzo attuale, sarà proprio quello il risultato. Nelle recenti elezioni del '70 tanti voti affluirono al partito dell'on. Almirante proprio come reazione alla legge sugli affitti.



BERTI Antonio

Non si fa e si ha paura di portare voti all'on. Almirante



CARAZZONI Nino

Le considerazioni politiche, comunque, andrebbero fatte con altro tono.



GERINI Armando

Il fatto che non si sia ancora provveduto all'emanazione dei previsti decreti ministeriali per la delimitazione delle zone colpite dalla grandine ai sensi dell'art. 2 della Legge 364 del maggio '70 sull'istituzione del Fondo di solidarietà nazionale è una ulteriore riprova della confusione che regna al centro e alla periferia, quasi che un tacito accordo per il non fare si sia automaticamente stabilito fra di essi.
L'agricoltura, nel nostro Paese, e oggi più che mai emarginata rispetto agli altri settori produttivi; emarginazione che si verifica a causa dell'errata politica economica, sia attraverso un passaggio indiscriminato di mano d'opera agricola in altri settori, sia attraverso una politica del commercio con l'estero dei prodotti alimentari; politica condotta sovente senza riguardo agli interessi dei produttori nazionali. Il Governo, perciò, deve impegnarsi, oltre ai problemi contenuti nella mozione, ad attuare una politica agraria veramente seria ed attenta, che tenga conto delle necessità di salvaguardare lo sviluppo dell'agricoltura nazionale e gli interessi degli agricoltori, non operando discriminazioni artificiose fra di essi.



PRESIDENTE

E' iscritto a parlare il Consigliere Ferraris. Ne ha facoltà.



FERRARIS Bruno

La mozione presentata dai colleghi Menozzi, Bertorello e Giletta affronta essenzialmente un problema acuto, gravissimo, importante: quello del finanziamento di alcune leggi. Pensate che si tratta del finanziamento o della erogazione dei finanziamenti, relativo a leggi aventi esclusivo valore per l'annata ormai trascorsa del 1971. Ulteriore conferma, se ancora fosse necessaria, della esattezza di quanto abbiamo detto pochi minuti fa sulla esigenza del completo passaggio delle competenze statali in agricoltura alla Regione.
Questa mozione, pur affrontando soltanto un problema specifico ed acuto, che riguarda una situazione pregressa, avrebbe, a mio parere, potuto rappresentare l'occasione per un più ampio dibattito sui problemi dell'agricoltura, direi per la riproposizione dell'insieme della politica agricola della Regione. Un dibattito che avrei intenzione di aprire nonostante i larghi vuoti che si notano oggi in questi banchi, già rilevati dal collega Menozzi ma giustificati dal Presidente con il fatto che si tratta di una riunione obbligatoria, fissata quindi senza poter tener conto dei vari impedimenti dei singoli Consiglieri. Ma vorrei che i colleghi avessero presente l'esigenza di guardare alle questioni della politica agraria nella loro globalità, rilevando che se varie e tante sono le cause delle attuali tensioni inflazionistiche, le cause delle difficoltà economiche in cui versa il Paese, ebbene, lo stato attuale dell'agricoltura si concretizza come una delle componenti determinanti delle tensioni inflazionistiche e dell'aggravarsi degli squilibri fra le varie zone del Paese, e quindi, se non si pone rimedio a questa situazione, essa finirà con il condizionare negativamente tutte le possibilità di ripresa della economia nazionale.
E' necessario, quindi, riprendere e riproporre i temi della politica agraria, e soprattutto del ruolo che intende esercitare la nostra Regione vedendo le cose non soltanto settorialmente - anche se abbiamo qui acuti problemi settoriali, sia per quanto riguarda l'assetto produttivo, sia per quanto riguarda le condizioni dei lavoratori, degli operatori in agricoltura, ma, come del resto emergeva dalla relazione svolta egregiamente dal collega Menozzi, nella loro globalità. L'agricoltura pu ancora diventare settore trainante, invece che essere causa, com'è attualmente, di ulteriori difficoltà.
Però, non basta parlare dei problemi, dibatterli, discuterli: occorre che la Giunta di maggioranza - riprendo il discorso già fatto prima, che non è un discorso astioso, credi, caro Menozzi - dica che cosa intende fare. Perché le altre Regioni (intese in senso generale, senza fare riferimento specifico all'Emilia o alla Toscana, perché potrei benissimo portarvi l'esempio del Veneto, della Lombardia) hanno già proceduto a compiere scelte, a discutere determinate scelte, secondo il metodo che oltre tutto, ci è imposto anche dal nostro Statuto, della partecipazione ed a formulare alcuni criteri fondamentali sui quali poter operare. Da parte nostra, nulla di tutto questo: non si adempie neppure a quelle che sono gia le prerogative della Regione.
Citavo prima, di passaggio, la questione del parere che per legge la Regione è tenuta ad esprimere sulle domande di finanziamento Feoga. Sapete come ha espresso il suo parere la Regione Piemonte in merito alle domande presentate per la nona tranche? A differenza delle altre Regioni, che hanno consultato le organizzazioni, in Commissione ed in Consiglio, in tutta fretta, forse neppure un Assessore competente ma soltanto il funzionario addetto, all'ultimo momento ha apposto un visto positivo su un elenco presentato dall'Ispettorato compartimentale, il quale, dimenticando che la legge prevedeva il passaggio al vaglio della Regione, aveva inviato tutta la documentazione al Ministero, che, memore delle precise norme che richiedono l'impegno della Regione, l'ha girato a noi.
Io vorrei sapere, ad esempio, che cos'è il consorzio "Il Torrione" società di Saluzzo per la costruzione di pollai, del quale si appoggiala richiesta di finanziamento per 593 milioni: probabilmente e una attività egregia, meritevole del riconoscimento da parte della Regione, ma io ancor oggi non sono stato messo in condizione di dire se si sia trattato di una scelta giusta; lo stesso vale per il Consorzio agrario di Cuneo, impianti essiccazione di mais, per il Consorzio difesa colline del Barolo l'eliporto, il reimpianto vigneti (qui vorrei accertarmi che non si tratti dell'iniziativa di persone che, per poter trarre vantaggio dalla denominazione d'origine, vanno ad acquistare anche calanchi nella zona del barolo per piantare qualche gambo di vite al fine di dimostrare che hanno un piede in quella zona).
Potrei continuare di questo passo per tutte le tredici pratiche, che si concretizzano in un finanziamento per 10 miliardi 928 milioni 866 mila lire, quindi quasi 11 miliardi.
Il Consiglio della Regione Piemonte nel suo insieme non sa di questo adempimento e non ha naturalmente potuto entrare nel merito e dare una propria valutazione.
Lo stesso discorso vale per la legge sulla piccola proprietà contadina E' giusto sollecitare una immediata erogazione dei fondi in relazione a quell'elenco, che molto opportunamente ci ha indicato il collega Menozzi di domande pregresse da anni, in attesa di finanziamento. Però questa stessa legge, per la quale non sono ancora stati disposti i finanziamenti o la loro erogazione - pare che i finanziamenti siano stati stanziati in questi giorni - demanda alla Regione la fissazione dei nuovi criteri sulla base dei quali almeno dal luglio prossimo la Regione potrà decidere come e a chi di preferenza dovranno essere destinati i finanziamenti della stessa legge per la piccola proprietà contadina. Ebbene, nonostante ripetuti solleciti (non voglio però calcare troppo la mano, perché noi tutti conosciamo le condizioni di salute dell'Assessorato preposto, per quanto la responsabilità vada ascritta alla Giunta nella sua collegialità), a tutt'oggi, mentre su questa questione già in altre Regioni sono state avviate consultazioni, già si stanno formulando criteri, l'Assessore competente ha risposto, per quanto ci riguarda, respingendo il mio invito.
Se continueremo di questo passo, ci troveremo anche noi a luglio o a procedere come sta procedendo adesso il Ministero dell'Agricoltura o a creare una nuova situazione di domande pregresse che attendono poi i finanziamenti.
Credo di essere riuscito con ciò a documentare ed argomentare un po' meglio quelle obiezioni che feci a conclusione del mio intervento in merito alla relazione sulle osservazioni al decreto di riordino del Ministero dell'Agricoltura. Lo stesso discorso vale per la montagna. Prendo atto che finalmente questa materia è stata delegata ad un Assessore e che questo Assessore si è già posto al lavoro, e mi auguro che presto egli ci convochi per avviare sul problema un confronto di opinioni, consultazioni, in modo anche qui, da mettere insieme al più presto gli elementi essenziali per poter procedere alla elaborazione delle leggi che concernono le comunità montane, la classificazione dei territori, la delimitazione delle zone, le indicazioni per gli Statuti. Anche in questo caso, guai se ci fermassimo sempre soltanto alla cornice delle cose: occorre procedere con urgenza per compiere alcune scelte di fondo in modo da essere pronti per la richiesta dei finanziamenti, che dovrà avvenire sulla base di programmi annuali all'interno di programmi pluriennali e quinquennali, che, se non sbaglio dovranno essere presentati a settembre, e sulla base dei quali, insieme ad altri fattori, ad altri addendi, si concorrerà alla ripartizione dei fondi stanziati da quella legge tra le varie Regioni.
Si tratta di risolvere il problema - e qui credo occorra anche fare un discorso sul Regolamento, sul funzionamento delle Commissioni e via di seguito (quando dico questo non intendo addossare alcuna responsabilità all'uno o all'altro dei Presidenti di Commissione) - affinché, se non si muove la Giunta, se non si muovono gli Assessori, le Commissioni possano come del resto avviene in tutte le altre Regioni, iniziare a discutere, ad elaborare, a consultare, a formulare programmi di interventi.
Perché la riproposizione generale dei problemi dell'agricoltura deve concretizzarsi in una riflessione attenta, a livello regionale e locale per capire bene la situazione esistente oggi nelle nostre campagne, per vedere bene la stratificazione sociale, i problemi dell'assetto produttivo e proprietario, le strutture sociali, civili, economiche, gli strumenti degli impianti per la conservazione, trasformazione e distribuzione, le forme associative e cooperativistiche, ma da farsi zona per zona; in quanto è solo con una conoscenza aggiornata della realtà che sarà possibile impostare precise scelte operative e porsi obiettivi di costruzione di quelle nuove linee, di quei nuovi principi e metodi per il rinnovamento e la rifondazione dell'agricoltura regionale e nazionale di cui si diceva a chiare lettere, anzi con questi stessi termini, nella relazione alle osservazioni presentata dal Presidente della Commissione Agricoltura.
Io sollecito, quindi, un dibattito di questa natura, che si colleghi ai problemi più ampi che riguardano gli altri settori, che investono i problemi della distribuzione. E ricordiamoci tutti che l'autunno caldo, il processo di unità sindacale che va avanti fra i sindacati dei lavoratori dipendenti, dei lavoratori della classe operaia in particolare, non sono fatti che non abbiano lasciato tracce anche per le campagne e anche per i contadini.
Alcuni colleghi, i firmatari della mozione almeno, avranno certamente letto il n. 51 del 18 dicembre del "Coltivatore piemontese" ed avranno apprezzato come me questa pagina, il fondo di Carlo Gottero, e tutte le altre notizie di iniziative, di impegni presi appunto in una direzione.
Occorre naturalmente partire dalla esigenza, da uno sforzo, da una rivendicazione dei mezzi, degli strumenti necessari per risolvere i problemi alla base, alla produzione, nelle campagne, per vedere giustamente la soluzione complessiva e finale di questi problemi nel collegamento con gli altri settori, soprattutto con le altre forze sociali che operano, ed affrontare, come qui giustamente si affrontano, i problemi della distribuzione, proprio per riuscire in questo modo ad affrontare il problema della difesa del reddito del contadino e contribuire a combattere il carovita, nel senso di riuscire a sconfiggere, ad eliminare, le speculazioni parassitarie ripetitive, in specie le strozzature determinate dai mercati generali, a neutralizzare l'azione di subordinazione che viene realizzata sul mercato dai gruppi monopolistici, e quindi incorporare nel prezzo del prodotto contadino una parte di quello che appunto oggi va ai monopoli o viene disperso a causa dell'attuale rete distributiva.
In questo modo noi affronteremo correttamente i problemi.
Mi sia consentito ancora un riferimento al decreto delegato, al decreto di riordino. Giustamente il relatore Menozzi, illustratore della mozione ha fatto rilevare che cosa comporti per i contadini e i viticoltori della Val Cerrina, dell'Astigiano e di altre zone, che hanno visto distrutti a maggio i loro raccolti, il fatto che non si sia ancora provveduto - e siamo al 18 gennaio - alla delimitazione della zona. Di questo passo quando potranno avere la erogazione dei fondi? Eppure, questa partita, questa materia, diciamo, questa submateria, sia nel decreto delegato, sia nel decreto di riordino, deve rimanere di competenza statale, ed ho forti dubbi che rimarrà di competenza statale, nonostante i miglioramenti apportati dalla Commissione Parlamentare e dal Governo al decreto delegato.
In senso più stretto sta bene chiedere questa azione immediata del Presidente e del Consiglio tutto nei confronti del Governo per la immediata erogazione dei fondi di cui alla legge-ponte. Vorrei soltanto, mentre dichiaro la mia piena approvazione a questa richiesta, che si trovasse il modo di tener conto della situazione che però si viene a creare per il settore vitivinicolo; un settore in cui operano, credo, circa un terzo dei coltivatori diretti e dei contadini della nostra Regione (70-80, forse 90 mila addetti); settore colpito da grave crisi (ne abbiamo già discorso qui lo scorso anno). Per dare la misura della crisi, in questa situazione di disagio generale, basti dire che i prezzi delle uve e del vino sono quest'anno pari, se non inferiori, a quelli pagati nelle annate 1947-'48 '49. In tanti anni tutto si è modificato, il prezzo pagato al viticoltore per il suo prodotto no. Questa è la condizione in cui si trovano i viticoltori astigiani, che sono poi, insieme a quelli del Cuneese, quelli che dispongono del vino di maggior pregio; ancora peggiore la situazione nelle altre zone.
Con l'approvazione di questo documento, così com'è formulato per la erogazione dei fondi della legge-ponte, si rischia di lasciare fuori questo settore. Perché qui sono intervenute ed intervengono le pretese del MEC.
Giustamente si è fatto presente che noi non ci siamo ancora dati la legislazione necessaria, per cui per il MEC paghiamo e non riusciamo a ricevere un bel nulla. A parte tutto il discorso che ci sarà da fare su come dovremo adeguare la nostra legislazione, - l'art. 8, quello che consentiva appunto gli acconti ai soci delle Cantine sociali, i contributi sulle spese di gestione, per le quali sono stati stanziati, mi pare, 6 miliardi, non ha potuto essere applicato: per questa partita non si è più potuto parlare di cantine sociali e di contributi sulle spese di gestione per evitare di incorrere nelle ire del MEC - c'era un impegno del Ministro Natali a provvedere in qualche modo. Io credo che l'ordine del giorno di una Regione come quella del Piemonte non possa non ricordare in qualche modo questo impegno. Comunque, questo dev'essere l'impegno nostro nei confronti dei viticoltori. Lo stesso pericolo si corre in rapporto agli articoli della legge-ponte, per quanto si riferisce ai tre miliardi stanziati per la propaganda: riteniamo che almeno un terzo di questo stanziamento dovrebbe essere destinato alla propaganda del vino.
Ultima osservazione: questo ordine del giorno riguarda una situazione che dicevo pregressa, sia pure attuale, perché coloro che hanno presentato le domande attendono il finanziamento, sia per quanto riguarda le pratiche per la piccola proprietà contadina sia per quanto riguarda le altre pratiche, tutte puntualmente indicate dal collega Menozzi. Ma siamo nel 1972. Quale sarà l'avvenire? Quali sono le possibilità attuali e quelle che si avranno appena saranno arrivati i decreti delegati e sarà scattata la potestà legislativa della Regione? Ci si ritroverà in una situazione di vuoto di finanziamenti. Almeno i firmatari della mozione sono per certamente a conoscenza che sono state presentate in Parlamento due distinte proposte di legge: la 3749 e la 3831, le quali, pur in forme diverse, sono dirette entrambe ad impedire che si ripeta la situazione dello scorso anno; in una si propone appunto la istituzione di un fondo di 250 miliardi per il solo '72, da ripartire fra le Regioni in relazione ai soliti criteri della legge finanziaria, modificata in un punto, quello che riguarda la popolazione, che si dovrà intendere la popolazione agricola nell'altra, della stessa natura, si vedono le cose con più ampia prospettiva e si prevede il finanziamento di 300 miliardi, ma per il quinquennio.
Se non vogliamo dover far seguire a questo un altro ordine del giorno sarà opportuno che cerchiamo di accordarci in modo da rendere completo quello in discussione, in modo che esso valga non dico per il presente o per il futuro - perché il presente è ancora presente, dato che riguarda il '71, e non è futuro quel che riguarda oggi, domani, i finanziamenti nuovi per le nuove domande che saranno presentate - ma serva a indicare un orientamento da parte della Regione. Se nessun Assessore si occupa di questo problema, propongo che si trovi il modo di demandarne l'esame alla Commissione che possa affrontarlo.
Concludendo, credo si imponga una sospensione della seduta per un tentativo di giungere alla formulazione di un nuovo testo di ordine del giorno, non dico completo, perché i problemi sono enormi, ma che puntualizzi anche le questioni che ho ritenuto di dover far presenti.



PRESIDENTE

Consigliere Ferraris, il suo Gruppo mi aveva chiesto di concludere i lavori questa mattina, essendo impegnato con i sindacati questo pomeriggio.
Se dovessi accogliere la sua proposta di sospendere adesso la seduta per permettere l'elaborazione di un nuovo testo penso che sarebbe abbastanza difficile, essendovi ancora tre oratori iscritti a parlare, che hanno diritto ad intervenire per un massimo di venti minuti, impegnando così forse anche un'altra ora, e tenendo conto del tempo di sospensione riuscire a terminare i lavori questa mattina. Si potrebbe, se i presentatori sono d'accordo, esaurire la discussione senza procedere alla votazione, per portare alla prossima seduta un testo già concordato. Se però i presentatori chiedono che la votazione avvenga questa mattina, io sono tenuto a porre in votazione la mozione stessa.
Ha facoltà di parlare il Consigliere Menozzi.



MENOZZI Stanislao

Dato che si tratta di una mozione presentata parecchio tempo fa, per una situazione che è addirittura andata ulteriormente evolvendosi in questi ultimi tempi, il nostro desiderio è che possa essere posta in votazione questa mattina.
Non sottovalutiamo certo gli argomenti portati dal Consigliere Ferraris per richiedere un ampliamento del contenuto: teniamo a precisare però che la nostra mozione è stata presentata con lo specifico scopo di esaminare una situazione pregressa; ci siamo, cioè, proposti, anche in coerenza con quanto abbiamo precedentemente affermato, di sgomberare il campo, prima di procedere a nuove scelte prioritarie, con ordine e con coerenza (e non ignoravamo il progetto di legge dei 250 miliardi dell'on. Bonomi), da quei residui di cui abbiamo chiesto il passaggio della gestione alla Regione.



PRESIDENTE

A me pare non ci sia un contrasto reale sui problemi. Questa mozione si riferisce a quella che voi solete definire con la espressione "situazione pregressa", mentre i problemi posti dal collega Ferraris riguardano la prospettiva, i provvedimenti, cioè, da prendere al di là di questa situazione. Si potrebbe benissimo, quindi, distinguere le due situazioni e considerare risolta questa con l'approvazione di questa mozione impegnandosi i vari Gruppi, soprattutto il Gruppo della Democrazia Cristiana, presentatore di questa mozione, a cercar di concordare per una delle prossime sedute, possibilmente non troppo lontana nel tempo, una mozione che riguardi i problemi di prospettiva. In questo caso ci sarebbe la possibilità di approvare questa mozione subito per poi sottoporre all'approvazione del Consiglio qualcosa di più ampio con il dibattito adeguato che richiedeva il Consigliere Ferraris. Perché non credo si tratti soltanto di aggiungere qualche frase: si tratta di dibattere seriamente in Consiglio Regionale i problemi futuri dell'agricoltura, ed in particolare di quella piemontese, su cui potrebbe forse essere necessaria una intera seduta, se non due.
Se non vi sono obiezioni, potremmo concludere la discussione su questa mozione e deliberare in merito ad essa, considerando, se nessuno ha obiezioni, che vi è un impegno dei vari Gruppi del Consiglio a prendere in esame in una prossima seduta i problemi di prospettiva dell'agricoltura italiana e di quella piemontese, con il tentativo, prima di quella seduta di giungere ad un accordo fra i Gruppi in modo da sottoporre al Consiglio un testo sul quale si possa poi iniziare il dibattito.
Allora proseguiamo la discussione. E' iscritto a parlare il Consigliere Carazzoni. Ne ha facoltà.



CARAZZONI Nino

Signor Presidente, colleghi Consiglieri, nella mozione firmata dai rappresentanti democristiani Menozzi, Bertorello e Giletta è chiaramente percepibile un salto di tensione: dopo aver formulato, nei primi tre paragrafi del testo, le gravissime e giustificate accuse, ci si limita a chiedere, nel quarto, che il Consiglio Regionale esprima il suo disappunto e la sua preoccupazione per il comprovato disinteresse governativo a fronte dei problemi dell'agricoltura e del mondo agricolo.
Abbiamo detto "salto di tensione": così, infatti, noi crediamo debba qualificarsi l'improvviso ed imprevisto abbassamento di tono con cui i colleghi Menozzi, Bertorello e Giletta, partiti, lancia in resta, alla denuncia dell'assoluta mancanza di volontà politica del Governo e della classe dirigente, pacificamente si accontentano poi di arrivare ad un risultato di tutto riposo, appunto avendo perso per strada la tensione, lo spirito battagliero, che avrebbe dovuto portarli a concludere nel solo modo che, date le premesse, ci si poteva e doveva attendere, vale a dire non certo con una sussurrata espressione di generico disappunto bensì con un voto di aperta condanna nei confronti di coloro che, pur detenendo posizioni di governo e di potere, nulla o ben poco hanno fatto per l'agricoltura italiana.



MENOZZI Stanislao

Guarda che non siamo irreggimentati, e diciamo apertamente quello che pensiamo, senza tema di essere richiamati.



CARAZZONI Nino

Sto facendo proprio una valutazione politica per dire che mi pare che siate mancati nelle conclusioni, in questa mozione, e soprattutto nella coerenza conclusiva. Potrei dire che è già apprezzabile questo inizio di autocritica, restituendo il complimento che, peraltro non gradito, mi era stato rivolto stamani.
Poiché, cari colleghi firmatari della mozione, se le premesse vostre sono esatte, e non v'é dubbio che lo siano; se è vero cioè che nel settore agricolo si è venuta a determinare una situazione pesantissima nel pubblico finanziamento perché non sono stati ancora erogati gli stanziamenti disposti con la Legge 4 agosto 1971 n. 592 e con la Legge 14 agosto 1971 n.
817; se, ancora, è vero che a tutt'oggi non sono stati emanati i decreti ministeriali per la delimitazione delle zone colpite dalla grandine nella passata stagione estiva; se soprattutto è vero, amaramente vero, che l'Italia rischia di perdere centinaia di miliardi di lire della CEE perch le forze politiche di maggioranza, dimostrando di curarsi ben poco degli interessi e delle sorti della nostra agricoltura, ancora non hanno predisposto gli strumenti legislativi per una corretta utilizzazione di questi fondi; se tutto questo è vero, come è vero, a noi non sembra colleghi Consiglieri, che si possa concludere limitandosi ad esprimere preoccupazione e disappunto: alla preoccupazione e al disappunto bisognava aggiungere qualcosa ancora, cioè un voto inequivocabile di condanna nei confronti della politica agraria di questi tempi e dell'indirizzo di coloro che su di sé hanno assommato tante pesanti responsabilità. Questo voto di condanna recisamente espresso, questa presa di posizione non sfumata questo atteggiamento fermo e reciso l'abbiamo cercato invano nella mozione dei colleghi Menozzi, Bertorello e Giletta. Proprio per questa ragione non ci sentiamo di condividere appieno e fino in fondo il documento che ci viene proposto.
Sulle denunce formulate in premessa, già l'abbiamo rilevato, noi siamo del tutto d'accordo: il mancato adempimento di alcuni impegni fondamentali le già citate leggi 592 e 817 - costituisce colpa gravissima, perch l'agricoltura non può essere costretta a vivere in uno stato di snervante incertezza, e non può prospettare l'attività agricola, che ha bisogno di tempi lunghi e di un'azione continuativa e costante, se la si sottopone ripetutamente ad un regime di doccia scozzese e di finanziamenti a singhiozzo. Anche più grave, poi, è stato l'atteggiamento immobilistico del Governo, che, dopo l'azione svolta in sede comunitaria per ottenere la politica delle strutture, cioè l'ammodernamento delle aziende, capace di allineare la nostra agricoltura a quella degli altri Paesi d'Europa, non ha avuto poi la volontà di trasformare questo impegno in concreti strumenti legislativi.
Ma ci dobbiamo anche chiedere perché tutto questo si è potuto verificare. I colleghi firmatari della mozione, per la verità, questo non lo dicono, né l'abbiamo sentito dire nella illustrazione che della mozione stessa ha fatto il collega Menozzi. Eppure, sviluppando logicamente la loro critica, che tra l'altro, provenendo da parte democristiana, potremmo meglio definire autocritica, avrebbero ben potuto aggiungere che nel 1971 l'anno giustamente definito dal Presidente della Confagricoltura, dott.
Diana, come l'anno delle occasioni mancate, nulla di serio e di costruttivo è stato fatto per l'agricoltura italiana perché si è preferito accantonare i concreti, reali problemi per drammatizzarne invece altri di interesse del tutto marginale. Così, le Camere sono state impegnate per lungo tempo a discutere una riforma del contratto di affitto che a pochi mesi dalla sua approvazione già denuncia tutti i difetti derivanti dalla impostazione irrazionale e demagogica che ad essa hanno dato i Senatori De Marzi e Cipolla, cioè democristiani e comunisti uniti in solidale accordo, così come lo sono stati in Parlamento nella approvazione di questa legge e lo erano stati prima in questo stesso Consiglio Regionale, compresi i firmatari della mozione, nel chiedere e nel sollecitare una rapidissima discussione parlamentare del progetto De Marzi-Cipolla. In questo caso il tempo, e soprattutto la volontà, non sono mancati. Sono mancati quando si trattava di affrontare sul serio i problemi dell'agricoltura italiana: si è preferito andare avanti nell'andazzo demagogico, portando oltre leggi che configurano una vera e propria spoliazione del diritto altrui e che sul piano tecnico conducono soltanto ad un ulteriore smembramento della proprietà fondiaria e quindi non offrono alcuna valida soluzione dal punto di vista economico e dal punto di vista sociale. Tempo e volontà sono stati trovati per far questo, non per predisporre gli strumenti legislativi necessari al fine di poter concretamente e correttamente utilizzare i quattrini della CEE, una bazzecola come un miliardo e 400 milioni di dollari. Ugualmente, sul finire dell'anno è stato vivacizzato ad arte il tema dei contratti associativi, che coprono appena il 6 per cento delle superfici agricole del Paese; altro esempio clamoroso, questo, di come in Italia, proprio per la demagogia e per la insipienza della classe dirigente, si preferisca drammatizzare falsi problemi anziché affrontare quelli veri.
Le dichiarazioni, che non sono state lette, anche se ricordate, dal collega Menozzi, fatte dal Vicepresidente della Commissione esecutiva della CEE, Sicco Mansholt, meritavano veramente di essere considerate e meditate.
Mansholt è stato più volte citato stamani, non del tutto a proposito, nel corso della discussione sul decreto per il riordinamento del Ministero dell'Agricoltura e delle Foreste. Io vorrei anche ricordare che Mansholt in una recente intervista ad un settimanale italiano, ha detto: "Il problema in Italia è politico, di politica interna. Io credo che la sola difficoltà per l'Italia sia ora quella di trovare in Parlamento una maggioranza in grado di adottare una legislazione globale conforme alle direttive comunitarie. Essere contrari a questo significa essere contrari o meglio disinteressati, al futuro degli agricoltori, significa cedere alla demagogia, significa voler restare in una situazione di immobilismo.".
Da tutto quanto siamo andati fin qui dicendo risulta chiaro che il MSI in coerenza con l'azione svolta a livello nazionale, non può non essere d'accordo anche in questa sede sulle affermazioni di critica e di denuncia che sono contenute nella mozione. Il dissenso nasce invece, come prima anticipavo, dalla constatazione della mancanza nella mozione di una conclusione consequenziale e coerente: l'aperta condanna della politica agraria seguita sinora, una politica condizionata da visioni demagogiche ed antistoriche; e l'auspicio di una politica nuova, una politica moderna, una politica rivolta al futuro, una politica capace veramente di risollevare l'agricoltura dalle drammatiche condizioni in cui è stata fatta precipitare. Per questa debolezza conclusiva, obiettivamente rilevabile in un documento altrimenti valido, poiché si è deciso di passare questa mattina stessa alla votazione, annuncio che in sede di voto il MSI si asterrà.



PRESIDENTE

Avendo uno degli iscritti rinunciato a svolgere il suo intervento rimane un ultimo iscritto, il Consigliere Fonio, che ha facoltà di parlare.



FONIO Mario

Mi limiterò a poche considerazioni, più che altro per motivare l'adesione del Gruppo socialista a questa mozione.
Siamo perfettamente d'accordo su tutti quegli argomenti che sono stati ampiamente sviluppati dal presentatore e relatore Menozzi, come pure su tutti quegli altri che ha aggiunto, in base alla sua specifica competenza il collega Ferraris. Al di là di ogni situazione contingente, gli argomenti che riguardano l'agricoltura forse non riescono ad essere affascinanti.
Mentre Ferraris parlava, io pensavo proprio che tutto quello che lui diceva, moltissimi dei punti che lui trattava, anziché essere racchiusi nell'ambito di una mozione, che tra l'altro egli vorrebbe ampliata - dir il mio pensiero anche su questo punto -, dovrebbero costituire argomenti quotidiani, direi il pane quotidiano, visto che siamo in tema di agricoltura, del nostro discutere, perché si potrebbe veramente fare qualcosa di molto serio e molto importante, anche semplicemente in questo campo, per la nostra Regione.
Mi fa piacere che si sia deciso di votare questa mozione, raccogliendo eventualmente tutti gli altri problemi sollevati da Ferraris sull'attività della Giunta in un altro documento; anche perché, siccome questa mozione ha validissime motivazioni, ed impinge in una realtà che fa carico in tutta la sua durezza allo Stato, non mi sembra giusto legare la Regione alle specifiche responsabilità che stiamo addossando allo Stato.
Qui sono già state portate tutte le statistiche del caso sul piano regionale: da Menozzi sotto i vari aspetti delle varie leggi e persino dei singoli articoli della legge-ponte e del Piano verde, dal collega Ferraris altre di valore più specifico e indicativo, per cui ritengo che non vi sia che da richiamare quello che ampiamente è stato detto nel dibattito in ordine al decreto di riordinamento dell'agricoltura, e penso che anche da questa coda alla discussione di oggi emerga la riprova di quanto andavo dicendo, e cioè che se non si riesce a superare una conduzione centralizzata non si riuscirà mai a mettersi in condizioni di avviare un nuovo corso della politica agricola nazionale. Un corso che sia capace di ridurre il distacco del nostro Paese da quegli altri ai quali siamo sempre più legati (vediamo che giustamente la mozione pone l'accento anche sul miliardo e 400 milioni di dollari di finanziamento che nelle casse europee giacciono inutilizzati perché non sappiamo darci le strutture necessarie) perché è chiaro che, al di là delle decisioni, bisogna disporre veramente degli strumenti che consentano di rendere operative le scelte e le modifiche che riteniamo necessarie.
Ora, è anche chiaro che, di questo passo, la conduzione centralizzata quale si è avuta fino ad oggi, non solo non riesce ad essere adeguata ai tempi in senso lato ma neanche ai tempi nel loro significato più stretto e stagionale, dal momento che abbiamo visto come gli agricoltori non siano riusciti ancora ad avere i contributi relativi alle avversità atmosferiche alle grandinate che li hanno colpiti in primavera, quando siamo ormai avviati verso la fine dell'inverno e stiamo per affrontare una nuova stagione agraria. Non sarà certo in questo modo che si riuscirà ad incentivare l'affezione al mondo dell'agricoltura di quegli elementi che vorremmo trattenere nei campi, facendo loro sentir vicino un nuovo modo d'essere del nostro mondo agricolo.
Ora, non solo le leggi che sono citate nella mozione sono inoperanti perché i finanziamenti che giungono - e sappiamo tutti come la situazione sia veramente seria, stagnante, con montagne di domande che giacciono inevase ma quel poco che hanno portato ha arrecato forse complicazioni anche sul piano legislativo, come quella del 14 agosto '71 per il rifinanziamento della proprietà, con quelle prelazioni che finiscono con l'accavallarsi ad altre prelazioni precedentemente stabilite, senza nemmeno specificare, quando si dà la prelazione ai confinanti, come ci si comporta nel caso in cui vi siano più confinanti.
E' vero, Ferraris, che abbiamo molto da impostare in prospettiva per quella che sarà l'opera della Regione in questo settore. Io ribadisco semplicemente il concetto che proprio perché molto abbiamo da fare in questo senso converrà che affrontiamo la panoramica regionale distintamente dalle responsabilità statali che intendiamo sottolineare oggi per esprimere il nostro disappunto e la nostra preoccupazione.
Avrei voluto dire al collega Carazzoni, che però non vedo più in aula che anche lui non è coerente, perché lui che vorrebbe che, in luogo di disappunto e preoccupazione, esprimessimo una condanna, dovrebbe quanto meno, oltre che deprecare la situazione di oggi, vederne la derivazione: la politica agraria attuale è certamente la conseguenza della politica agraria condotta in passato, tutta imperniata sulla tutela di un alto prezzo del grano per giustificare l'insufficienza del latifondo. Oltre a mostrare la sua coerenza con l'agganciare la situazione di oggi al passato, per risalire alle cause, dovrebbe altresì tentare di individuare il rimedio: forse per una volta ci troveremmo d'accordo nell'auspicare che con i decreti di trasferimento delle funzioni amministrative e con i decreti di riordinamento dei Ministeri arrivino alle Regioni tutti quei poteri che essi missini, regionalisti per eccellenza, vanno sollecitando per ovviare a queste situazioni, che sono per loro di tutta condanna.



RASCHIO Luciano

Solamente con il manganello sono coerenti.



FONIO Mario

E' chiaro che da tutto questo emerge una conferma di quello che siamo andati dicendo nella discussione della mattinata e che sempre più questa impostazione centralizzata fa sentire staccato e lontano dalla realtà, in questo caso specifico dalla realtà rurale, lo Stato, e porta una ulteriore giustificazione, come ho già detto, al nostro rivendicare il rispetto della piena competenza delle Regioni e dei loro scopi istituzionali, attraverso i quali soltanto, in una con quelle preoccupazioni che faccio mie e alle quali si riferiva Ferraris, dovremo trovare il modo veramente perché queste situazioni non abbiano più a ripetersi, evitando disappunto e preoccupazione non solo ai Consiglieri Regionali ma alle nostre popolazioni, che guardano alla Regione soprattutto in rapporto al loro futuro.



PRESIDENTE

La discussione è chiusa. Ha facoltà di parlare, se lo ritiene, a nome della Giunta, l'Assessore Chiabrando.



CHIABRANDO Mauro, Assessore alla tutela dell'ambiente

Annuncio l'adesione della Giunta alla mozione presentata dai Consiglieri Menozzi, Bertorello e Giletta. Quanto ai rilievi che il collega Ferraris ha fatto in merito alla conduzione attuale dell'Assessorato all'Agricoltura, rammentando che essa è conseguente ai noti impedimenti che l'Assessore competente ha avuto, posso assicurare che entro brevissimo tempo la situazione sarà sbloccata.
Come Giunta, mi dichiaro favorevole alla proposta fatta dal Presidente Vittorelli di scindere i due problemi: votare la mozione presentata che riguarda alcuni problemi, chiamiamoli così, del passato, relativi ai rapporti fra la Regione e il Governo, ai finanziamenti e alle decisioni da prendere in funzione del Mercato Comune, tenendo a parte, per una ulteriore discussione, i problemi più generali, che riguardano l'attività e la politica futura della Regione. Posso senz'altro prendere impegno, per conto della Giunta, che questa parteciperà anche attivamente, con proposte concrete, che saranno presentate a breve scadenza, alla scelta delle linee d'azione che la Regione dovrà seguire per la sua attività futura nel settore dell'agricoltura.



PRESIDENTE

Nel prendere atto delle dichiarazioni che ha fatto testé, a nome della Giunta, l'Assessore Chiabrando, credo di poter fissare alcuni punti fermi.
La Regione disporrà, a decorrere dal 1° aprile, delle funzioni amministrative e della competenza legislativa, in questa materia come nelle altre previste dai decreti delegati. Il Consiglio Regionale potrebbe quindi, prima di tale data, procedere ad un ampio dibattito sui problemi relativi al futuro dell'agricoltura, in maniera da dare gli orientamenti necessari anche alla Giunta per il momento in cui la Regione sarà entrata nel pieno possesso delle sue facoltà legislative ed amministrative. Questo dibattito sarà quindi anche legato alla fase di preparazione dell'attività che la Regione si appresta a svolgere a decorrere dal 1° aprile.
Non è stata richiesta la votazione per divisione di questa mozione: mi pare di aver inteso che il Gruppo del MSI manifesterà il suo atteggiamento mediante l'astensione su tutto quanto il testo. Pongo quindi in votazione la mozione presentata dai Consiglieri Menozzi ed altri.
"Il Consiglio Regionale constatata la grave situazione verificatasi nel settore agricolo a causa del vuoto che si è creato nel pubblico finanziamento, in ragione fino ad oggi, della non avvenuta erogazione degli stanziamenti previsti dalla Legge 4 agosto 1971 n. 592, cosiddetta 'Legge Ponte per il Piano Verde n. 2, e della Legge 14 agosto 1971 n. 817,' avente per titolo 'Disposizioni per il rifinanziamento delle provvidenze per lo sviluppo della proprietà coltivatrice' constatato inoltre come, a tutt'oggi, non si sia ancora provveduto all'emanazione dei previsti decreti ministeriali per la delimitazione delle zone colpite dalla grandine nella passata stagione estiva, ai sensi dell'art. 2 della Legge 25 maggio 1970 n. 364 sulla 'Istituzione del Fondo di solidarietà nazionale' tenuto conto che non si è ancora provveduto a dotare il nostro Paese degli strumenti legislativi atti a recepire le direttive C.E.E. per la riforma dell'agricoltura, con la conseguenza che l'Italia dovrà pagare come tutti, la sua parte senza poter godere di nulla, mentre già oggi giacciono, a nostra disposizione, inutilizzati, 1 miliardo e 400 milioni di dollari di finanziamenti nelle casse europee, che non possono utilizzarsi proprio per le carenze dei mezzi legislativi suddetti esprime disappunto e viva preoccupazione per la presente situazione di disinteresse nei confronti dell'agricoltura e del mondo rurale, ancora una volta afflitto da una ingiusta penalizzazione, in un momento assai complesso come l'attuale, in considerazione anche del previsto trapasso di competenze per il settore a livello regionale invita pertanto il Governo della Repubblica a sollecitamente intervenire affinché le leggi nazionali vigenti a favore del settore diventino concretamente operanti nell'interesse degli operatori agricoli e di tutto il Paese" Chi e favorevole è pregato di alzare fa mano.
E' approvata.


Argomento:

Mozioni, interpellanze e interrogazioni (annuncio)


PRESIDENTE

Prego un Consigliere Segretario di dar lettura delle mozioni interpellanze e interrogazioni che sono pervenute alla Presidenza.



GERINI Armando, Segretario

dà lettura delle mozioni, interpellanze e interrogazioni pervenute.


Argomento:

Ordine del giorno della prossima seduta


PRESIDENTE

Il Consiglio Regionale è convocato nel Palazzo delle Segreterie per il giorno 24 gennaio, lunedì prossimo, alle ore 10 (e potrà continuare le proprie sedute nel pomeriggio ed eventualmente il giorno successivo) con il seguente ordine del giorno: 1) Approvazione verbale precedente seduta 2) Comunicazioni del Presidente 3) Nuova sede della Regione: proposte della Giunta e relative deliberazioni del Consiglio (con riserva di presentazione del progetto da parte della Giunta) 4) Progetto di Statuto dell'Ires (con riserva di esame nel caso in cui la Commissione abbia presentato la sua relazione) 5) Rapporti fra Regioni e Rai-Tv: comunicazioni del Presidente del Consiglio Regionale ed eventuali deliberazioni 6) Mozioni sui seguenti argomenti: a) situazione edilizia a Bardonecchia b) decisione della Montedison di chiudere le proprie aziende in Piemonte c) nuovi prezzi delle autovetture Fiat d) libertà di stampa.
7) Interpellanze e interrogazioni.
Se non vi sono osservazioni, l'ordine del giorno si può intendere approvato.
La seduta è tolta.



(La seduta ha termine alle ore 14,10)



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