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Dettaglio seduta n.70 del 02/12/71 - Legislatura n. I - Sedute dal 6 giugno 1970 al 15 giugno 1975

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Argomento:


PRESIDENZA DEL PRESIDENTE VITTORELLI


Argomento: Commercio

Ordine del giorno sulla disciplina del commercio


PRESIDENTE

La seduta è aperta.
Non essendovi verbali delle sedute precedenti da approvare e non avendo comunicazioni da fare, passiamo immediatamente alla continuazione dell'esame dell'ordine del giorno.
Punto quarto - "Esame della Legge 11.6.71 n. 426 sulla disciplina del commercio - Capo II - Piani di sviluppo e di adeguamento".
La discussione su questo argomento, come su quello successivo allo stesso punto all'o.d.g. era già stata chiusa in precedente seduta ed il Consiglio si era riservato, dopo che fossero stati elaborati concordemente fra i vari Gruppi, di prendere in esame i due ordini del giorno sui problemi sia della disciplina del commercio, sia della sanità. Quello sulla disciplina del commercio dovrebbe essere a mani dei Consiglieri, ma poich è stato distribuito solo ora, ne dò lettura perché non posso pretendere che i Consiglieri abbiano già letto un testo che è stato loro consegnato solo stamani.
"Il Consiglio Regionale, sentite le comunicazioni della Giunta sulla Legge 11.6.71 n. 426 recante 'disciplina del commercio', dopo ampio dibattito sulla portata innovatrice della detta legge e sulle attribuzioni affidate dalla medesima agli Enti locali ed alle Regioni atteso che la Legge n. 426, nonostante gravi limiti ed in particolare la rigidità dello spazio riservato alla Regione, l'assenza di qualsiasi previsione di investimenti finanziari ecc., può rappresentare, se correttamente e democraticamente gestita, uno strumento capace di avviare un positivo se pure non risolutivo processo di rinnovamento e di ristrutturazione della distribuzione afferma l'esigenza di considerare l'organizzazione di una moderna e regionale rete distributiva come servizio di preminente interesse sociale richiama fra le finalità preminenti dello Statuto quelle che impegnano la Regione Piemonte a coordinare le attività commerciali ed agevolare l'organizzazione regionale del sistema di distribuzione per la tutela del consumatore ed a promuovere lo sviluppo della cooperazione e dell'associazionismo ravvisa la necessità di procedere all'attuazione della nuova disciplina del commercio in modo da rendere gli operatori del settore, dettaglianti esercenti, cooperazione di consumo ecc., partecipi e protagonisti del rinnovamento della rete distributiva sottolinea l'urgenza di provvedere alla riorganizzazione dei mercati generali ed alla promozione dei mercati alla produzione, valorizzando e privilegiando la presenza delle forze associative dei produttori agricoli e dei commercianti alla loro gestione assicura il proprio sostegno a tutte le iniziative che gli Enti locali la cooperazione, le organizzazioni sindacali operaie ed agricole e gli esercenti stanno realizzando ed andranno ad intraprendere per avvicinare la produzione al consumo, vendite a prezzi concordati ecc., promuovendo e valorizzando la cooperazione e l'associazionismo fra i produttori agricoli fra i consumatori ed i lavoratori autonomi addetti alla distribuzione esercenti, dettaglianti, ambulanti ecc.
concorda con l'iniziativa in corso da parte delle organizzazioni sindacali, i movimenti cooperativi, gruppi di dettaglianti e la Giunta comunale di Torino per l'istituzione di grandi centri di vendite controllate nel capoluogo della Regione delibera di promuovere un'ampia ed articolata consultazione fra gli Enti locali, le organizzazioni sindacali, le associazioni professionali dei produttori agricoli e dei commercianti a livello regionale, provinciale e comprensoriale sui problemi generali della distribuzione, fiere, mercati ecc., con particolare riferimento all'attuazione della nuova disciplina del commercio invita la Giunta Regionale a formulare un primo abbozzo di proposte scelte politiche e criteri generali da sottoporre al Consiglio Regionale per giungere a definire, a livello regionale e comprensoriale un quadro di scelte e di principi coerenti da valere come punto di riferimento e di guida sia per espletamento delle attribuzioni affidate dalla Legge n. 426 artt. 26 e 27 alla Giunta ed al suo Presidente, sia per l'elaborazione ed adozione dei piani comunali e comprensoriali di adeguamento e sviluppo della rete distributiva, onde avviare il processo di rinnovamento del commercio ed il superamento della situazione esistente secondo il metodo della programmazione ed in modo conforme alle scelte dei piani comprensoriali di riassetto territoriale del Piano regionale di sviluppo raccomanda a tal fine alla Giunta Regionale di assumere le opportune iniziative presso il Ministero Industria e Commercio, affinché il regolamento disciplinante la materia di cui alla Legge 426 consenta, nella salvaguardia delle autonomie locali, un attivo e concreto intervento diretto a preordinare in modo razionale l'elaborazione dei piani di adeguamento e di sviluppo".
L'o.d.g. che ho testè letto è firmato dai Consiglieri Ferraris Viglione, Fassino, Giovana, Benzi, Bianchi e Menozzi.
Qualcuno dei presentatori desidera illustrarlo? Il Consigliere Ferraris, ha facoltà di parlare.



FERRARIS Bruno

Sono lieto di poter dire che con questo o.d.g. concordato fra tutti i Gruppi che rientrano nel quadro costituzionale, possiamo concludere in modo soddisfacente la discussione avviata nella seduta scorsa sulla Legge 426 per la nuova disciplina del commercio. In questo o.d.g., anche se in una forma meno incisiva di quella richiesta nella mozione, oltre ad una serie di espressioni di volontà volte ad incoraggiare le iniziative associazionistiche nel campo della distribuzione, si prevedono impegni da parte della Giunta che accetta l'invito ad operare nella direzione della consultazione, ma soprattutto alla definizione di criteri, di concetti generali che facciano sì che l'applicazione della nuova legge sia un punto di partenza per l'avvio della riforma della distribuzione.



PRESIDENTE

Nessuno chiede di parlare per dichiarazione di voto? Il parere della Giunta sull'ordine del giorno? Ha facoltà di parlare l'Assessore Borando.



BORANDO Carlo, Assessore al commercio

Signor Presidente, sono sostanzialmente d'accordo con l'o.d.g.
presentato dai Consiglieri firmatari, però proporrei, nel caso l'o.d.g.
stesso dovesse avere una diffusione esterna, ma soprattutto perché intendo mandarlo al Ministro Industria e Commercio, di sostituire nell'ultimo comma, alle parole: ". un attivo e concreto intervento diretto a preordinare in modo razionale l'elaborazione dei piani di adeguamento e di sviluppo" con le parole "la concreta presenza della Regione diretta a preordinare in modo razionale l'elaborazione dei piani di adeguamento e di sviluppo nella loro fase di preparazione".
La differenza c'é perché, pur salvaguardando le autonomie locali consente alla Regione di entrare nella fase preparatoria di questi piani da parte dei Comuni, evitando soluzioni irrazionali e soprattutto guadagnando tempo perché se le soluzioni sono irrazionali occorre correggerle ed intanto il tempo passa.
Se i presentatori dell'o.d.g. consentono questa modifica (se modifica la si può chiamare) sarebbe una bella cosa.



FERRARIS Bruno

Mi pare che la formulazione proposta dall'Assessore renda ancor più pregnante la presenza della Regione e puntualizzi meglio il ruolo che la Regione intende assolvere.



PRESIDENTE

Nessun'altra osservazione? Possiamo allora passare ai voti, con la modifica proposta nel suo intervento dall'Assessore Borando a nome della Giunta, con cui, fra l'altro, l'Assessore ha dato anche il parere favorevole della Giunta all'o.d.g.
Chi è favorevole all'o.d.g. sul commercio? E' approvato.


Argomento: Fondi sanitari

Ordine del giorno sull'assegnazione alle Regioni delle somme stanziate nel fondo nazionale ospedaliero


PRESIDENTE

E' stato presentato un altro o.d.g. (distribuito ieri) a firma dei Consiglieri Viglione, Giovana, Berti e Bianchi relativo alla discussione svoltasi in quest'aula sul decreto ministeriale 2.7.71 contenente "Assegnazione alle Regioni delle somme stanziate nel fondo nazionale ospedaliero".
Non credo sia necessario, a meno che i Consiglieri non lo richiedano di rileggere nuovamente l'o.d.g. che hanno tutti sotto gli occhi.
Desiderano illustrarlo i presentatori? Nessuno lo illustra, in questo caso ha facoltà di parlare il Consigliere Berti per dichiarazione di voto.



BERTI Antonio

Facciamo solo una dichiarazione di voto in quanto su questo argomento abbiamo discusso ampiamente l'altra volta.
Anche su questo argomento l'o.d.g. è la conclusione dell'incontro fra le varie parti. Il documento sintetizza alcuni principi importanti soprattutto quello di evitare l'inefficace funzionamento degli interventi e di assicurare all'intervento la massima organicità possibile permessa dalla legge.
Noi lo approviamo quindi, sottolineando la precedente dichiarazione del Presidente della Giunta circa l'impegno a presentare alla conferenza dei Capigruppo l'elenco delle proposte prima che siano trasmesse al Ministero.
Questo dovrebbe già essere acquisito a verbale, desidererei però sentirmelo ancora dire prima di votare.



PRESIDENTE

Altre osservazioni? Dichiarazioni di voto? Nessuna.
Parere della Giunta su questo o.d.g.? Nessun parere.
Pongo ai voti l'o.d.g. sulla sanità.
E' approvato.


Argomento: Comitato regionale e sue sezioni

Elezione degli esperti nelle discipline amministrative per le sezioni decentrate del Comitato di controllo (rinvio)


PRESIDENTE

Al quinto punto all'ordine del giorno abbiamo "Elezione degli esperti nelle discipline amministrative per le sezioni decentrate del Comitato di controllo sugli atti degli Enti locali di Alessandria, Asti, Cuneo, Novara Torino e Vercelli".
Non so se i Gruppi che dovevano concordare la presentazione di candidature, che per il momento non mi sono pervenute, siano giunti ad un accordo; se non lo fossero dovremmo rinviare ad altra seduta questo punto all'o.d.g.
Formulo la domanda ai Capigruppo. Consigliere Bianchi, per la maggioranza avete già un accordo sulle liste, o rinviamo ad altra seduta?



BIANCHI Adriano

Forse, signor Presidente, una sospensione di cinque minuti ci consentirebbe di sciogliere questo problema in un modo o nell'altro.



PRESIDENTE

Dovreste avere anche i nomi, perché non votiamo l'assegnazione ai partiti, votiamo i nomi e se non ci sono questi forse la sospensione diventa inutile ed è meglio il rinvio.



BIANCHI Adriano

Per quanto mi riguarda i nomi li ho, il mio Gruppo è pronto.



BENZI Germano

Anche il nostro.



FASSINO Giuseppe

Anche il mio Gruppo è pronto.



PRESIDENTE

Allora sospendiamo per cinque minuti, in modo da consentire la verifica.
La seduta è sospesa.



(La seduta sospesa alle ore 10,35 riprende alle ore 10,45)



PRESIDENTE

La seduta è aperta. Consigliere Bianchi, mi vuole riferire sul suo sondaggio?



BIANCHI Adriano

Sussistono, purtroppo, ancora alcune difficoltà tecniche per le quali io la pregherei o di spostare per ora l'argomento mettendolo in coda all'o.d.g. o di provvedere, forse più realisticamente, con un rinvio.



PRESIDENTE

Per ora lo poniamo in coda e probabilmente lo prenderemo in esame in una successiva seduta.


Argomento: Parchi e riserve

Questione dell'Alpe Veglia - Mozione


PRESIDENTE

Passiamo adesso, dopo avere superato i punti cinque e sei all'ordine del giorno, al punto sette "Questione dell'Alpe Veglia".
A questo proposito c'era una proposta di deliberazione sulla quale vi è anche una relazione della V^ Commissione. La delibera, a prescindere dal merito, in quanto tale viene proposta in un campo di attività per il quale non sono state ancora delegate le funzioni alla Regione Piemonte. Una deliberazione di questo genere corre quindi il rischio di essere, come è già stato rilevato nella conferenza dei Capigruppo sia dal Presidente della Giunta sia da me stesso, di essere in contrasto con le competenze di cui si può avvalere la Regione. Alla conferenza dei Capigruppo era stato anche concordato di trasformare questa proposta di deliberazione organica sull'istituzione di un parco naturale, in un'espressione della volontà politica del Consiglio sotto forma di mozione; su questo vi era un accordo unanime fra tutti i Gruppi. Pur tuttavia debbo constatare che sotto i miei occhi vi è sempre la proposta di deliberazione che io dichiaro improponibile, ma non vi è il testo di un progetto di mozione.
Potremmo perciò andare avanti con altre questioni adesso (non consento altre sospensioni) e alcuni colleghi incarichino quelli che hanno elaborato il progetto di deliberazione di tradurlo in termini di mozione.
Ha facoltà di parlare il Presidente della Giunta.



CALLERI Edoardo, Presidente della Giunta Regionale

Io penso che, indipendentemente dalla forma con la quale presentiamo questa risoluzione del Consiglio Regionale, si potrebbe cominciare col discutere l'argomento dato che è all'ordine del giorno. Intanto si prepara il documento finale sul quale poi votare.



PRESIDENTE

La difficoltà è che probabilmente quelli che parteciperanno alla discussione sono gli stessi che debbono preparare il documento.
Allora si potrebbe passare al punto successivo all'o.d.g., in modo da iniziare la discussione sulle mozioni e sugli o.d.g. che sono sottoposti all'attenzione del Consiglio, mentre nel frattempo due o tre colleghi trasformano il testo relativo all'Alpe Veglia, dopo di che, appena questo testo sarà pronto e sarà stato distribuito, sospenderemo di nuovo l'esame delle mozioni e o.d.g. e torneremo alla mozione sull'Alpe Veglia.
Ha facoltà di parlare il Consigliere Fonio.



FONIO Mario

Se fosse possibile sarei d'accordo con la proposta fatta dal Presidente Calleri, perché riunirci adesso per fare un'altra mozione potrebbe essere un'altra volta un lavoro affrettato; invece, siccome il testo base è quello proposto come deliberazione, discusso e sviluppato si fa presto a raccogliere gli elementi che emergono dal dibattito. Si sospende quindi per qualche minuto e si prepara un testo che sia già stato sviscerato e che nella sintesi possa essere facilmente attuabile.



PRESIDENTE

Non vorrei che in questo Consiglio si ritornasse al tempo in cui andavamo la scuola studiando in tram la lezione di latino, perché stiamo veramente studiando in tram, facendo tutto quanto all'ultimo momento.
Incominciare una discussione, sospenderla per trarne il frutto, buttare giù un testo su una questione importante come questa, sulla quale tra l'altro la Commissione ha lavorato, è fare le cose affrettatamente. Io credo che se la Commissione (o qualche membro di essa) è in grado, di qui a un'ora quando avremo finito di discutere gli altri argomenti, di dirci qualche cosa, bene, se no si rinvia a un'altra volta e si fa una cosa seria.
Ha facoltà di parlare il Consigliere Sanlorenzo.



SANLORENZO Dino

Poiché ho la sensazione, assieme al Vicepresidente Oberto che la questione sollevata si possa risolvere con un verbo che cambia tutto invece di "delibera" "assume l'impegno", non c'è nemmeno bisogno di riunire la Commissione, ma si può senz'altro dare inizio ad dibattito e quando è ora di votare si cambia la parola "delibera" con "assume l'impegno".



PRESIDENTE

Scusi Consigliere Sanlorenzo, ma questa è veramente l'improvvisazione sull'improvvisazione: "Il Consiglio Regionale (perché è il Consiglio Regionale che approva questo testo) assume l'impegno di prendere immediato contatto", ma chi? Il Consiglio Regionale?



SANLORENZO Dino

No, poi c'è scritto che la Giunta deve fare una cosa ecc.



PRESIDENTE

Quando cambiamo il verbo come propone lei è il Consiglio Regionale che assume l'impegno (50 persone), di andare coi cartelli all'Enel e in altri posti a fare le cose che sono previste qui.



SANLORENZO Dino

No, dopo è spiegato tutto quello che deve fare la Giunta......



PRESIDENTE

Allora leggo: "Il Consiglio Regionale..., ecc....., assume l'impegno di prendere immediato contatto con gli Enti locali interessati e con l'Enel per verificare se siano esatte le preoccupanti notizie di stampa su riferite...."..



SANLORENZO Dino

No no signor Presidente lei sta leggendo una cosa che non c'entra per niente.



PRESIDENTE

Lei ha detto "sostituisca 'delibera' con 'assume l'impegno' " io l'ho sostituita.



SANLORENZO Dino

Ma lei non ha sotto gli occhi ciò che dovrebbe avere, cioè la relazione della Commissione che è esattamente quella su cui si dovrebbe aprire la discussione e alla fine deliberare.
In fondo alla relazione c'è scritto: "Delibera" e c'è tutto quello che può deliberare. Invece di "delibera" si mette "assume l'impegno" dopo di che la Giunta fa una cosa, altri ne fanno altre e la discussione può aver luogo e la conclusione pure. Lei ha il testo originale della deliberazione e non quello ultimo della relazione.



PRESIDENTE

Se volete fare le cose così, il Consiglio Regionale è sovrano e pu fare quello che vuole.
Allora facciamo la discussione sull'Alpe Veglia e intanto i Consiglieri mediteranno sulle modifiche da apportare al testo.
Il relatore ha facoltà di illustrare la proposta di delibera ed eventualmente di proporre le modifiche per trasformarla in mozione.



OBERTO Gianni, relatore

Signor Presidente, colleghi Consiglieri, l'argomento che viene proposto alla nostra attenzione e alla nostra considerazione, è indubbiamente di notevole rilievo e di grandissima importanza. Ci rendiamo perfettamente conto che la forma ha la sua parte, anche in quella che può essere una determinazione, una decisione che noi crederemo di assumere e ci rendiamo soprattutto conto che in questo momento non è possibile procedere ad un atto deliberativo mancando l'atto di delega che ne sarebbe il presupposto.
E' tuttavia certo che il Consiglio Regionale è in condizioni di poter esprimere, attraverso un o.d.g., ad una mozione, il proprio pensiero dopo avere assunto degli elementi conoscitivi sul problema all'istituzione di un parco naturale della Regione Piemonte nell'Alpe Veglia. E' un fatto molto rilevante, dibattuto, oggetto di attenta considerazione. L'argomento è stato trattato recentemente a Roma, in occasione del Consiglio nazionale della Pro natura, è echeggiato sui giornali quotidiani e su quelli che si occupano in modo particolare della difesa dell'ambiente naturale e anche qui indicheremmo forse per primi, come è avvenuto ieri relativamente all'istituzione del circondario di Biella, un piano d'azione che i Consigli Regionali hanno, per norma di legge, la possibilità di portare innanzi.
Penso che tutti loro abbiano avuto il testo della relazione che accompagnava la proposta di delibera, e pertanto restringo notevolmente il discorso e riduco all'essenziale la relazione che ha messo la V Commissione in condizione di operare attraverso ad una larga ed approfondita consultazione, raccogliendo gli elementi che possono consentire al Consiglio Regionale di esprimere, responsabilmente, il proprio parere.
E' indubitato che l'Alpe Veglia costituisce un gioiello fra i più preziosi del Piemonte. Il Consiglio Regionale può disporre sulla materia in relazione alla norma contenuta dall'art. 5 dello Statuto, che si riferisce alla tutela del patrimonio naturale e culturale e prevede tra l'altro, come suo compito, l'istituzione di parchi e riserve naturali nel vasto quadro della tutela del paesaggio ed il coordinamento di iniziative dirette al raggiungimento di questi fini.
Il problema di fondo, che in certa maniera dovrebbe essere anche portato all'esame del nostro Consiglio Regionale, è quello di dirci che cosa sia, che cosa possa intendersi per parco o per riserva naturale a livello regionale. Giungere a questa definizione ha un senso e un significato non soltanto per quanto attiene all'Alpe Veglia, ma lo ha forse ancor più per quanto attiene ad un ancoraggio per la determinazione in altre situazioni analoghe, di affermazioni di principi ai quali potere poi adeguarsi per stabilire se quelle altre zone abbiano caratteristiche simili a quelle dell'Alpe Veglia per una dichiarazione di parco.
Potrà sembrare una cosa che stupisca molti, ma nemmeno una definizione di parco nazionale è attualmente conosciuta e riconosciuta universalmente valida. Il problema ha formato oggetto di grosse discussioni fin dal 1947 quando si tenne la prima conferenza internazionale della protezione della natura a Brunnen e si arrivò così un po' genericamente ad affermare che queste riserve sono dei territori o dei luoghi alla superficie, quella profondità del suolo che per ragioni di interesse generale e specialmente per ragioni di ordine scientifico, estetico ed educativo, vengono sottratte al libero intervento dell'uomo e sono poste sotto controllo di pubblici poteri, in vista della loro conservazione o protezione. E in quello schema datato da quella conferenza, si prevedono appunto le formazioni di riserve naturali, zone di protezione e zone intermedie. Si ipotizzano così delle riserve naturali integrali, delle riserve naturali guidate, dei parchi nazionali, delle riserve parziali che attengono in modo particolare ad aspetti geologici, botanici, zoologici, antropologici, e riserve speciali di località naturali, di monumenti naturali, forestali, di protezione, di caccia e di pesca.
A questi concetti generali evidentemente si deve fare riferimento per orientarci, anche per determinare alcune normative che dovranno regolamentare i parchi e le riserve a livello regionale, sempre che sussistano delle esigenze in questo senso, relativamente a quelle di un accesso aperto, ma regolamentato, a quello di difesa e salvaguardia rigorosa interdetta all'insediamento, a quella aperta invece anche a controllati insediamenti di vario genere, turistici, urbanistici zootecnici, cioè a limitate opere ricettive e di arroccamento indispensabili al pubblico godimento.
Per poter operare in questa direzione, la V^ Commissione ha all'unanimità consentito su questo concetto: che si debba innanzi tutto tenere presente la reale e concreta situazione piemontese, che si debba di conseguenza fare una specie di censimento per indicare quali sono le zone che a prima vista possono presentare delle caratteristiche particolari di vocazione ad essere qualificate come riserva o come parchi regionali, in maniera che la definizione aderisca alla consistenza dei biotopi da conservare e da difendere.
Il problema è indubbiamente molto grosso. Si fa spesso confusione anche in tema di parchi nazionali. Noi sentiamo molte volte paragonare i parchi nazionali europei, italiani in ispecie, con i parchi americani, il che è cosa assolutamente assurda: si pensi che il parco di Yellowstone, il primo fondato in America, giusti cent'anni fa, nel 1872, ha una superficie di 900 mila ettari, quando il più esteso dei parchi italiani, quello dello Stelvio, ha una superficie planimetrica di 90 mila ettari (lo Stelvio, lo dico per inciso, sta correndo grossi rischi, che i quotidiani in questi giorni hanno posto in evidenza, proprio in relazione ai piani che possono essere prospettati dagli interventi regionali: un parco nazionale dovrebbe avere sempre la caratteristica di nazionale, come dice l'espressione, con una partecipazione maggiore e diretta delle Regioni anche nell'amministrazione e conduzione, ma non dovrebbe assolutamente perdere quella caratteristica), e il nostro Parco nazionale del Gran Paradiso di 60 mila ettari.
C'è una grande differenza anche nella loro origine: i parchi nazionali in Italia, ad esempio, sono tutti, più o meno, compromessi dal fattore antropico, dalla presenza, molte volte massiccia, dell'uomo nell'ambito territoriale del parco, dalla presenza di costruzioni, di attività di natura agricola che certamente rendono più disagevole la salvaguardia e la difesa integrale dell'ambiente. D'altra parte - e mi pare che il Consiglio Regionale non possa non consentire su questa proposizione -, guai se non si tenesse presente che nei parchi nazionali italiani esiste l'uomo ed è una componente dell'ambiente naturale, è anzi la più alta componente dell'ambiente naturale, e che conseguentemente dev'essere rispettato e tutelato nei suoi interessi e nei suoi diritti. Dal che si deve dedurre che per poter portare innanzi un discorso politico sui parchi nazionali, e in minor misura anche sui parchi regionali, è assolutamente indispensabile arrivare, per quanto possibile, alla piena disponibilità dei terreni, in maniera che non si abbiano a subire danni da parte di coloro che vivono nell'ambiente destinato a parco o a riserva naturale. Così come è necessario che si porti innanzi il discorso relativamente ad un gravame che non dev'essere soltanto degli abitanti della zona, sotto forma di limitazioni all'esercizio dei loro diritti, alla cura dei loro interessi ma che deve far carico per i parchi nazionali all'intera Nazione, per i parchi regionali evidentemente all'intera Regione. Il peso della conservazione di questi beni non dev'essere sopportato esclusivamente nell'ambito territoriale e con la partecipazione delle popolazioni locali ma dalla generalità dei cittadini della Nazione, o dei cittadini della Regione.
Finalmente, il discorso è ampiamente avviato nel progetto 80. E' forse la prima volta che chiaramente il rapporto preliminare al programma economico nazionale '71 - '75, di cui anche la Regione è chiamata adesso ad occuparsi, indica in termini abbastanza chiari e precisi la direttiva di marcia alla quale ci si deve attenere. Secondo questo progetto 80, "la difesa dell'ambiente naturale richiede una politica del verde basata su iniziative di grande respiro". "Una nuova disciplina dovrà consentire vaste unità ambientali da adibire a parco naturale. I parchi saranno - si legge ancora nel testo del progetto 80 - di interesse nazionale, regionale o locale, secondo la loro estensione, funzione e caratteristiche specifiche".
Cito ancora: "Ogni Regione potrebbe istituire, in attuazione del proprio schema di assetto territoriale, parchi di vario genere, avendo come limite solo l'osservanza dei principi fondamentali stabiliti nella legge-quadro dello Stato".
Ed a proposito di questa legge-quadro dello Stato il Consiglio Regionale potrebbe forse anche prendere una certa posizione per invitare la Commissione senatoriale che ha in esame in questo momento questo disegno di legge-quadro a sollecitare le sue conclusioni. Sembra incredibile, ma di testi di legge-quadro ne sono stati presentati sei, e nessuno è arrivato in porto. Sembra che adesso questo abbia, anche per la partecipazione diretta di alcuni senatori della nostra Regione e della Regione finitima, fra cui il sen. Benedetti, di Torino, e il sen. Berthet di Aosta, prematuramente scomparso nei giorni passati, ricevuto una spinta notevole verso una conclusione.
Il documento programmatico preliminare al quale mi sembra che noi dobbiamo fare riferimento per il nostro discorso, perché sia valido fornisce gli elementi per l'impostazione del programma economico nazionale apporta un sostanziale ed autorevolissimo sostegno alla legge-quadro propugnando, in armonia con questa, una impostazione moderna, autonoma decentrata e plurisettoriale. Sottolineo il concetto della plurisettorialità, perché i problemi dei parchi non sono problemi che possano essere risolti sotto un profilo esclusivamente naturalistico, di fauna, di flora, di zoologia, ma hanno una complessa valutazione: riguardano, per esempio, un certo assetto, una certa ambientazione del territorio dal punto di vista architettonico, uno sviluppo di natura sociologica controllata, e particolarmente importante è il problema della ricezione di quel fenomeno, che agisce sotto una spinta assolutamente inarrestabile, che si chiama turismo; turismo che non può non essere ammesso nell'ambito dei parchi, ma che deve consapevolmente comportarsi con adeguato senso di responsabilità; turismo che, vorrei dire, non soltanto dovrebbe essere autocritico ed autolimitato, ma che dovrebbe essere guidato consapevolmente e responsabilmente da coloro che presiedono alla vita del Parco, ad evitare quello che purtroppo molte volte accade, nel parco come in altri campi, che molti, pur trovandosi di fronte ad una bellezza, ad una rarità, nemmeno se ne accorgono, nemmeno la sanno apprezzare, proprio perché non vi è chi la faccia rilevare.
Secondo la visione del programma nazionale, i tipi di parchi previsti sono tre: parchi nazionali, parchi regionali, riserve naturali.
I parchi nazionali sono aree di eccezionale importanza e complessità naturalistica, di vasta estensione e di valore ed interesse internazionale rappresentative di ambienti unici o tipici di un certo territorio. Vorrei sottolineare, a proposito di questo carattere di internazionalità, che il Parco dello Stelvio ha certamente un carattere di internazionalità, perch confina con il parco svizzero dell'Engadina, che il Parco nazionale del Gran Paradiso ha lo stesso carattere di internazionalità, perché confina con il parco francese della Vanoise, tanto che sono in corso iniziative per stabilire rapporti non soltanto formali o folcloristici di gemellaggio ma una certa linea di conduzione e di esercizio proprio tra i parchi italiani e i parchi svizzero e francese. Rappresentativi di ambienti unici o tipici di un certo territorio, famosi anche per la presenza di particolari entità o associazioni vegetali o animali, nella previsione del piano saranno un numero chiuso: se ne prevedono nove, tre dei quali, già esistenti (i due nominati più quello dell'Abruzzo), da riorganizzare e da rafforzare, sei invece da creare, per una estensione complessiva di circa 500 mila ettari pari approssimativamente all'1,3 per cento del territorio nazionale percentuale che diventerebbe doppia rispetto a quella attuale. Due dei parchi esistenti dovranno essere riclassificati in modo più aderente alla situazione reale e saranno trasferiti alle successive categorie. Si riferisce evidentemente, il concetto del documento programmatico preliminare, al Parco praticamente costituito ma che resta soltanto per adesso sulla carta, della Calabria, ed a quello che è stato una volta classificato parco nazionale del Circeo e che oggi è praticamente una landa che di parco non ha più assolutamente nulla.
I parchi naturali regionali, che è quanto ci interessa più da vicino sono previsti come "aree di notevole estensione, spesso coincidenti con un comprensorio naturale non ancora trasformato dalla civiltà industriale metropolitana, idoneo per vocazione ad assolvere finalità composite, tra le quali, accanto alla prioritaria esigenza di conservazione, trovino il giusto posto anche gli scopi della ricreazione, dell'educazione e del tempo libero, che saranno - secondo la previsione del piano - una serie aperta a discrezione delle Regioni interessate al problema".
Il documento dà soltanto un'elencazione indicativa di ventisei proposte. Tutti noi abbiamo ricevuto in questi giorni il testo e quindi lo possiamo agevolmente controllare. Tutte sono di accertato valore ambientale e funzionale, aggiungendo peraltro esplicitamente il documento che ogni Regione dovrebbe, a lungo termine, destinare almeno il 5 per cento del proprio territorio a questo tipo di realizzazione.
Infine, le riserve naturali, che sono aree di estensione particolarmente limitata, a volte identificabili addirittura con un singolo biotopo, con caratteristiche però rilevanti e particolari, per fenomeni di entità naturale, pregevoli sul piano ecologico e paesaggistico significative dal punto di vista scientifico o rappresentative di aspetti peculiari di determinati territori, e questi costituiranno anche una serie aperta molto vasta ed eterogenea. Il documento ne elenca 41 a carattere prioritario, e fra esse sono comprese alcune riserve o analoghe istituzioni che già di fatto esistono nel nostro Paese.
E' indubitato che l'avvento delle Regioni, nuova realtà di fondamentale importanza nell'assetto del territorio, pone nuovi problemi di competenze che potranno essere organicamente risolti da un lato assicurando alle Regioni stesse - ad avviso mio e ad avviso della Commissione, perché questa questione è stata oggetto di discussione in sede di Commissione - una adeguata rappresentanza negli Enti di gestione dei Parchi nazionali direttamente dipendenti dallo Stato, dall'altro affidando ad esse l'impegnativo compito di creare, nella piena esplicazione delle proprie competenze in materia di urbanistica, di turismo, di caccia, di pesca nelle acque interne, di agricoltura e di foreste, i nuovi parchi naturali regionali. Questo sistema trova, del resto, analogie, più o meno spiccate più o meno valide, in vari Paesi, come gli Stati Uniti, dove esistono accanto ai parchi federali, quelli dei singoli Stati dell'Unione, per esempio nel Canada, ove oltre ai parchi nazionali s'incontrano numerosissimi parchi provinciali, e nella stessa vicina Francia, Paese in cui, accanto ai due parchi nazionali, la cui disciplina è molto recente risale soltanto al 1960, vi sono dal '67 i parchi regionali, con caratteristiche, almeno in rilevante parte, diverse dalle caratteristiche dei parchi nazionali.
Particolarmente appropriato mi sembra questo discorso perché se è evidente che in ogni caso la competenza regionale in materia di tutela dell'ambiente, della natura e del paesaggio non dev'essere ristretta in ambiti marginali e secondari, è anche chiaro che essa, per quanto estensivamente considerata, non può comunque spingersi ad assorbire e ad assicurare un'efficiente gestione dei veri e propri parchi nazionali proprio alla stregua della definizione di questi, data in rapporto al loro interesse eccezionale, al possibile rilievo internazionale e all'ambito territoriale assai spesso pluriregionale. Il Parco del Gran Paradiso interessa la Regione autonoma della Valle d'Aosta e la Regione Piemonte, il Parco dello Stelvio interessa la Regione lombarda, il Trentino, l'Alto Adige, il Parco dell'Abruzzo interessa in minima parte la Regione del Lazio, e l'Abruzzo e il Molise: quindi hanno tutti fisionomie e caratteristiche interregionali.
La Commissione ha fatto un lavoro di studio e di approccio per quello che si riferisce all'Alpe Veglia. Essa è disponibile, sempre che evidentemente ne sia investita, ad approfondire, in collaborazione con la Giunta, anche attraverso la composizione di una Commissione probabilmente utilmente integrata con la partecipazione di elementi tecnici del luogo e non del luogo al fine di evitare la possibilità di commettere errori, ad approfondire questo argomento. Per quello che specificamente costituiva motivo della proposta di delibera, e che può diventare invece un ordine del giorno, una mozione - vedrà il Consiglio come meglio concludere su questo punto -, possiamo essere in grado di dire che per l'Alpe Veglia la Commissione si è trovata unanime nell'affermare che è una zona meritevole della massima conservazione. Sottolineando a questo proposito il parere favorevole del Consiglio nazionale delle ricerche, espresso il 3 settembre '70 e intorno al quale parere si sono portati un poco innanzi i discorsi nei vari settori.
La prima preoccupazione che si aveva per la conservazione dell'Alpe Veglia era quella relativa all'insediamento ipotizzato da parte dell'Enel che avrebbe inteso ivi costruire una diga. Nella consultazione effettuata si è avuta la precisa informazione che l'Enel non intende assolutamente fare un impianto in quella località; non solo, ma che vi ha espressamente rinunziato, e che è intervenuta da parte del Ministero competente l'accettazione di questa rinunzia; di tal che il problema più grosso quello che impauriva di più, di un insediamento di questa natura è praticamente del tutto scomparso. Vero è che l'Enel è proprietario non di terreni ma di alcune costruzioni che sono nell'ambito di questa Alpe Veglia: preoccupazione locale, e non solo locale, era che questi ambienti potessero essere venduti a scopo speculativo. Attraverso l'avvenuta consultazione abbiano invece avuto assicurazione che: 1) la vendita di questi beni, in ogni caso, avverrebbe attraverso un'asta pubblica, e quindi a conoscenza di tutti 2) la disponibilità da parte dell'Enel - che è tra i non molti Enti che hanno creato un ufficio apposito per i rapporti con la Regione - a consultare la Regione stessa al fine di evitare qualunque speculazione, che è la ragione forse più valida perché il Consiglio Regionale piemontese esprima oggi, attraverso un ordine del giorno, attraverso la mozione l'interesse proprio a che, approfonditi gli studi, l'Alpe Veglia sia conservata nella sua integrità, in modo che il giorno in cui gli strumenti legislativi ci saranno e la volontà politica sarà perfezionata in questa direzione si possa creare il Parco regionale dell'Alpe Veglia.
Secondo argomento era quello della conservazione delle bellezze naturali. Attraverso la consultazione, si è potuto stabilire che la zona è stata dalla Sovrintendenza per le bellezze naturali del Piemonte vincolata con un atto del 7 ottobre '70, fra larghi consensi anche da parte di Enti e di personalità del luogo. Tuttavia, questo atto di vincolo emesso dalla Sovrintendenza per le bellezze naturali, perché possa estrinsecare la completa efficacia nel tempo, deve ottenere approvazione da parte del competente Ministero, il che dall'ottobre del '70 ad oggi non è ancora avvenuto. La Commissione si è molto preoccupata di questo, ma ha avuto anche il conforto di apprendere che il vincolo, così come apposto dalla Sovrintendenza, ha per un certo periodo - il cosiddetto periodo di salvaguardia, che vale anche per altri aspetti di natura urbanistica - la capacità e la possibilità di tenere vincolato questo ambiente paesaggistico. E' indubbio, e la Commissione fa presente ciò al Consiglio Regionale, che deve a questo proposito esercitarsi una severissima vigilanza, perché purtroppo molte cose che sono state bloccate ad un certo momento sono state sbloccate dall'iniziativa speculativa privatistica.
"A questa delibera di vincolo non sono state fatte opposizioni dagli Enti locali interessati nelle forme legali", è scritto nella relazione.
Intendo precisare che l'espressione "nelle forme legali" significa non che non ci sia stata un'opposizione ma che questa è stata fatta attraverso una delibera di Giunta comunale poi non seguita e non inoltrata come richiede la legge, per cui la Sovrintendenza rifiuta di dar credito di legalità all'opposizione.
Anche in merito al pericolo di compromissione dell'Alpe Veglia per uno sfruttamento turistico la Commissione ha approfondito l'esame e lo studio ed ha ricavato qualche cosa di più dell'impressione, la convinzione, che si tratti di una zona non obiettivamente adatta ad esercitare una forte attrazione per l'attività sciistica. L'ambiente non si presta all'installazione di grossi impianti di risalita, che comprometterebbero indubbiamente l'ambiente.
C'é invece un'altra realtà, di fronte alla quale la Commissione si è trovata; ed è il cosiddetto Piano Vedefor, che ha preso il nome dalle iniziali dei tre centri che dovrebbero costituire questo piano di sfruttamento, che comprenderebbe l'Alpe Veglia e le zone di Devero e di Formazza. La Commissione non l'ha potuto avere nel testo originale; per uno dei Sindaci consultati ha avuto l'amabilità di lasciarne una copia conforme, copia che si può ritenere fedele. Non avendo avuto il tempo per approfondirne la disamina, la Commissione si è fermata sull'aspetto finanziario, che è abbastanza confortevole, almeno a suo avviso, nel senso che il costo della realizzazione di questo piano del Vedefor (che impegnerebbe una spesa dell'ordine di grandezza di 60-70 miliardi) dà adito a sperare e pensare che difficilmente si porrà mano a tale realizzazione.
Insomma, non si deve vedere Annibale già alle porte.
Nel corso delle consultazioni sono stati sentiti i Sindaci di Trasquera e di Varzo, i quali si sono espressi in modo eguale sotto certi profili diverso sotto altri: entrambi i rappresentanti dei Comuni di Trasquera e di Varzo, però, hanno detto che anche quelle Amministrazioni locali non hanno fatto ancora delle scelte definitive perché mancano loro gli stessi precisi dati conoscitivi e i piani finanziari che mancherebbero al Consiglio Regionale se dovesse oggi prendere su questo argomento una posizione specifica. Gli amministratori locali intelligentemente pensano ad un piano urbanistico: nel piano urbanistico dovrebbe, se mai, collocarsi nel tempo la realizzazione del Piano Vedefor, ma certamente al più presto possibile dovrebbe collocarsi la realizzazione relativa all'Alpe Veglia, aspirando una intelligente difesa dell'ambiente, un razionale sfruttamento che non alteri le peculiari caratteristiche, e ben tenendo conto di esigenze turistiche ed agricole, queste ultime tali da poter riprendere quota specialmente sotto il profilo zootecnico. Un dato che si è acquisito è che il carico di bestiame sull'Alpe Veglia, che è sceso dalle 1500 unità di un tempo alle 600-700 come massima attuale, potrebbe indubbiamente riprendere quota e dare così una ragione di migliore assetto economico a questo ambiente. La risoluzione del problema attraverso l'impegno per il funzionamento dei servizi dell'Alpe Veglia potrebbe forse incidere anche in misura non piccola, sul grosso fenomeno dei frontalieri della zona, i quali troverebbero in patria, in casa loro, praticamente modo di guadagnarsi il pane senza dover affrontare il disagio del viaggio quotidiano.
La Commissione ha raccolto tutti questi elementi, che sommariamente ho esposto come primo momento conoscitivo. Sottolinea all'attenzione del Consiglio Regionale l'urgenza dell'intervento per impedire comunque che abbia inizio lo sfruttamento speculativo e quello che normalmente viene gabellato per sviluppo turistico, che in genere favorisce la speculazione di quattro o cinque grossi borsisti con l'illusione che questo vantaggio vada anche alle popolazioni, le quali potrebbero invece ricavare in definitiva un grosso vantaggio proprio dalla conservazione di questi ambienti nelle condizioni in cui essi si trovano.
La Commissione è pertanto dell'avviso che il Consiglio Regionale esprima la propria approvazione ad una presa di coscienza responsabile relativamente all'esigenza di enunciare all'opinione pubblica l'interesse che il Consiglio porta alla realizzazione, alla creazione ed alla costituzione di questo primo Parco regionale dell'Alpe Veglia, nella convinzione che il Consiglio Regionale veramente anche in questa direzione scriverebbe una pagina che tornerebbe ad onore del suo senso di attaccamento e di difesa all'ambiente naturale nell'ampio quadro dell'assetto dell'ambiente, del territorio, dell'urbanistica, del divertimento ed anche in quello della difesa dell'ambiente ai fini dell'impedimento di quegli inquinamenti ai quali ci si può sottrarre, molte volte, anche incontrandoci ancora con il silenzio e stando ad ascoltare.



PRESIDENTE

E' iscritto a parlare il Consigliere Fonio, ne ha facoltà.



FONIO Mario

Signor Presidente, colleghi Consiglieri, la proposta dei Consiglieri novaresi è nata da una chiara situazione di emergenza e di pericolo, e non certo perché si sia voluto cercare, per spirito velleitario, di anticipare la programmazione regionale anche in questo campo. Ritengo sia opportuno dire questo, per inquadrare giustamente la nostra iniziativa. Siamo tutti presi dallo scrupolo di affrontare il complesso dei problemi che ci stanno davanti secondo una precisa impostazione programmatica, e sarebbe tanto bello che ogni situazione si presentasse come una bella lavagna bianca sulla quale poter partire dallo zero. Questo problema ci si presentava già anche in rapporto, per esempio, alla programmazione ospedaliera, e l'esperienza ci dice che abbiamo sempre dovuto affrontare dei problemi grandi o piccoli, ma in modo del tutto contingenti, cercando d'inserirli in quello che dovrebbe essere il piano regionale.
Nel caso in discussione noi abbiamo ritenuto di dover subito intervenire e di dover subito parlare di queste cose, prima che il silenzio favorisse il realizzarsi di qualche cosa di irreparabile. E così è nata quell'iniziativa che è passata alla Commissione e che oggi si porta qui con la relazione che è stata ampiamente illustrata dal relatore Oberto maestro in queste cose, che ci dà già molti elementi tranquillanti e che quindi a posteriori sembrerebbe riferirsi ad una situazione meno grave di quella di partenza.
Noi prendiamo atto con soddisfazione di tutto quello che ha dichiarato l'Enel, sia in merito alla sua rinuncia ai progetti di invaso che aveva inizialmente, sia soprattutto per la sua intenzione di non vendere le baite e gli alpeggi, contrariamente alla notizia di quei giorni, che pure aveva notevoli indizi di quella natura e che aveva mosso la nostra iniziativa. E proprio perché così è nata questa proposta e così si è portata avanti questa discussione la Commissione ha concluso con un parere che definisce preliminare e che si presenta con tutte quelle incertezze e con tutte quelle ombre che derivano dall'essere in questo momento la Regione ancora mancante delle sue specifiche attribuzioni e funzioni e dall'essere in cammino una legge-quadro che dovrebbe impostare tutta questa materia.
Il relatore ci ha già illustrato tutte queste ragioni che riducono il parere della Commissione ad un parere preliminare, e si è rifatta a tutte quelle che sono le definizioni ancora da consacrare, ancora da definire, da perfezionare in materia di parchi nazionali, di riserve naturali e di parchi naturali. Io ritengo, essendo esatto tutto quello che è stato detto dalla Commissione e dal relatore, che, se vogliamo precisare verso la soluzione del problema, dobbiamo approfittare di questo momento in cui, sia pure anticipatamente, abbiamo preso in considerazione la creazione di un primo parco naturale. La Regione potrebbe approfittare dell'occasione per portare avanti un discorso già un po' più concreto di quello uscito dalla Commissione, dal momento, soprattutto, che se molte riserve e molti dubbi vi possono essere ancora in rapporto alla definizione e alla consistenza dei parchi nazionali e delle riserve naturali, il parco naturale invece, e cioè l'argomento di cui ci occupiamo, è quello meno avvolto da ombre, da interrogativi e da dubbi e, senza voler fare i profeti o voler azzardare previsioni su quella che sarà la sorte anche della legge-quadro, è quello che ha già una concezione più limpida, più universalmente accettata più semplice, e che è già stata recepita da noi anche quando abbiamo deciso di attuare di questi istituti nell'ambito del nostro Statuto.
Ecco, è chiaro, non per ripetere ma per evidenziare maggiormente quella differenza che io sostengo, e che sembra emergere anche dalla legge-quadro e dai commenti in materia, i parchi nazionali sono quelli istituiti in territori fortemente caratterizzati da valori scientifici, ecologici ed estetici, la cui conservazione assurge ad interesse nazionale ed il cui mantenimento richiede l'impegno dello Stato; destinati a costituire luoghi di protezione e conservazione della natura e delle sue risorse, di sperimentazione e d'insegnamento ecologico. In via subordinata sono considerate le attività ricreative.
Le riserve naturali, invece, indipendentemente dalle loro dimensioni sono caratterizzate soprattutto da caratteri scientifici e tecnici rispetto ai parchi nazionali. In esse dovrebbe essere rigorosamente bandita l'attività ricreativa, e anche la sperimentazione dimostrativa ed educativa vi riveste una minore importanza che non nei parchi nazionali.
I parchi naturali regionali e dichiaratamente di competenza regionale sono concepiti soprattutto ed essenzialmente per tutelare gli ambienti naturali, seminaturali ed umanizzati con caratteri scientifici, ecologici ed estetici ma di grande interesse regionale, con finalità naturalistiche e culturali, ma in essi sono ammesse anche le attività ricreative.
Senza pretendere che questa puntualizzazione risolva tutte le dispute che sono in corso e tutte le impostazioni che ancora stanno andando avanti in materia, osservo che l'oggetto della nostra iniziativa è chiaramente e limitatamente un parco naturale, per cui ritengo che in rapporto a quello che è il diritto in via di definizione non ci debbano essere grandi dubbi da parte nostra. Per quanto riguarda in particolare l'Alpe Veglia, è già stato ricordato qui che tutti sono concordi non solo nel definirla una perla, come ha detto il relatore, un angolo di paradiso naturale, ma, al di là di quelle cose che tutti sapete - mi riferisco alla documentazione che ognuno ha avuto e a quello che è detto nella relazione, senza ampliarla ed aggiungere altro - basterebbero il voto e il parere già espresso dal Consiglio nazionale delle ricerche e quello del XX Congresso geografico italiano per dire a noi tutti che non vi è alcun dubbio circa il fatto che l'Alpe Veglia ha le caratteristiche occorrenti per ottenere la classificazione e la costituzione in parco naturale.
A questo punto, allora, dobbiamo venire alle conclusioni di quello che era in partenza un ordine del giorno, del quale io accetto, ovviamente sulla base di quella che è stata la proposta dei Capigruppo, la trasformazione in mozione, per ragioni che tutti intendiamo e che sono già da considerarsi superate. Ora, al di là della proposta già fatta nel preambolo di questa discussione perché, togliendo la parola "delibera" si possa avere già un testo accettabile e votabile come mozione, intendo fare qualche osservazione di merito che lo porti al di là di quella che era stata l'impostazione originaria ed improvvisata. Noi tutti Consiglieri Regionali di Novara ci eravamo trovati la sera prima di quando fu presentato quel testo, che anche io avevo sottoscritto e che non rinnego affatto, anche se l'avevo firmato quando era ormai redatto. Vorrei proporre ora una piccola correzione, sperando di non incorrere nei fulmini del Presidente, che ha già dimostrato di non vedere di buon grado gli emendamenti non presentati per tempo. Nella parte finale si dice: "Impegnare la Giunta Regionale a considerare nel quadro della programmazione regionale i problemi socio-economici relativi alla salvaguardia e alla promozione dell'agricoltura, dell'industria e del turismo nelle valli Cairasca e Divedro"; e si aggiunge, al punto quarto: "Invitare gli Enti interessati e le associazioni, le quali hanno per fine la difesa della natura e il servizio della collettività, a promuovere ulteriori studi e proposte per la salvaguardia dell'Alpe Veglia e la sua costituzione in parco naturale". Io ritengo, res melius perpensa, che non siamo nel solco di una formulazione giusta ed appropriata, in quanto diamo già per scontate tutte quelle cose che sono state illustrate dal relatore in rapporto alle difficoltà che queste iniziative, prese da "Italia nostra" e dai Lions Clubs ecc., hanno incontrato in rapporto agli Enti locali, dove si ha naturalmente la ferma determinazione di non lasciarsi sfuggire, in mancanza di alberghi e lottizzazioni, quel rivolo d'oro che è rappresentato dal flusso turistico. Sono concepibili questi contrasti in loco fra queste iniziative e i rappresentanti degli Enti locali, ma quello che a me è sembrato, ad un più attento esame della questione, non esatto e non bene impostato, è il fatto di impegnare la Giunta Regionale a considerare nel quadro della programmazione i problemi socio-economici e poi invitare gli Enti interessati e le associazioni per la difesa della natura a promuovere ulteriori studi per la salvaguardia dell'Alpe Veglia e la sua costituzione in parco naturale. Io direi che tutto quello che di promozionale, di stimolo, di iniziativa poteva essere fatto da queste associazioni, da questi Enti, è stato fatto, e che, dal momento che il Consiglio Regionale sia pure partendo da quelle premesse di carattere contingente, di pericolo di urgenza, fa proprio questo argomento ed anticipa così non solo una discussione ma una impostazione di questi problemi, dal momento che, sulla base anche dei già ricordati pareri del Comitato nazionale delle ricerche e del Congresso geografico eccetera pare fuori di dubbio che, almeno per il Piemonte orientale, l'Alpe Veglia abbia tutte le caratteristiche, tutti i requisiti, al di là di quelli che possono portare avanti i rappresentanti novaresi, per diventare un parco naturale, non concluderei la mozione invitando gli Enti interessati e le associazioni a promuovere ulteriori studi. Direi che così facendo ci sottraiamo ad una responsabilità che è propria della Regione: perché, come impegniamo la Giunta Regionale per tutti i problemi socio-economici della zona, dovremmo impegnarla anche e direttamente per la costituzione del Parco nazionale, senza di che ci sarebbero una sfasatura ed uno squilibrio nel distinguere i due argomenti e nel lasciare che l'iniziativa per la costituzione del Parco nazionale venisse portata avanti da istituti diversi.
Ora, per questo, e dal momento stesso che proprio esiste non solo un Assessorato - che non è nemmeno quello della tutela dell'ambiente, ma in questo caso quello per il turismo - che ha la competenza sui parchi naturali (ed oggi io più disinteressatamente posso dire quello cui avevo sempre accennato, ma che non avevo mai portato avanti perché mi sembrava potesse attirarmi l'accusa di essere un po' Cicero pro domo sua: che questo problema, questa competenza sui parchi naturali meglio starebbe nell'Assessorato che si occupa in modo specifico della tutela dell'ambiente, anche perché la questione turismo quasi sempre nasce proprio in contrasto con i problemi della tutela dell'ambiente, come verifichiamo nel caso concreto anche per l'Alpe Veglia), ma perché esiste la stessa relazione programmatica fatta dal Presidente della Giunta, in cui egli proponeva in rapporto a questo problema del verde interventi concreti della Regione, non appena possibile, un impegno finanziario diretto, io direi che questa mozione sarebbe molto più concreta, molto più coerente, se, oltre ad impegnare la Giunta per i problemi socio-economici connessi, trasformasse il punto quarto nella richiesta precisa alla Giunta stessa di impegnarsi a promuovere ulteriori studi e proposte per la salvaguardia dell'Alpe Veglia e la sua costituzione in parco naturale. Ovviamente, gli Enti e le associazioni che hanno portato avanti questi problemi collaboreranno, come sempre, tanto più che è in noi l'intenzione e l'abitudine di dare e cercare la massima partecipazione di tutti. Ma mi parrebbe, soprattutto un modo di garantirci un impegno più specifico e concreto da parte della Giunta quello di adottare questa formulazione che ho proposto con una piccola correzione al punto quarto.



PRESIDENTE

E' iscritto a parlare il Consigliere Bono, ne ha facoltà.



BONO Sereno

Signor Presidente, colleghi Consiglieri, non intendo riprendere in questo mio intervento i temi che hanno informato la relazione della V Commissione, che, come ha già annunciato il collega Oberto, è una relazione unitaria, che è stata preceduta da ampi dibattiti pubblici esterni al nostro Consiglio ma anche da consultazioni alle quali hanno partecipato uomini di scienza amanti della natura, operai, montanari, pubblici amministratori, tutte le categorie dei cittadini interessati, dai quali è venuta la richiesta unanime di concrete decisive misure di salvaguardia dell'Alpe Veglia. Farei cosa inutile mettendomi a ripetere cose già unanimemente acquisite e che mi pare che anche in questo Consiglio Regionale non sollevino obiezione alcuna.
Intendo però soffermare la mia attenzione su due aspetti particolari del problema, che per ovvie ragioni la relazione non ha potuto affrontare compiutamente mentre a mio avviso è opportuno siano portati a conoscenza dell'intero Consiglio. Anzitutto, considerare per chi e per cosa la natura debba essere salvata, per quale ragione si proponga questo intervento della Regione, che tende a salvare l'Alpe Veglia conservandola integra qual è rimasta finora. In secondo luogo, tratteggiare molto brevemente, anche se alcuni cenni li ha già fatti il collega Oberto, che cosa è il Vedefor, che qualcuno vorrebbe contrapporre al parco naturale, e che cosa presenti questo piano nella realtà non solo, direi, della Valle Divedro e della Valle Cairasca ma nella realtà provinciale, addirittura che cosa potrebbe rappresentare, per la dimensione dei suoi interventi, nella stessa realtà nazionale.
Vediamo il primo punto: per chi salvare la natura, e nel caso specifico per chi salvare l'Alpe Veglia? Come abbiamo già detto in altre occasioni la difesa della natura non può essere vista solo fine a se stessa. La natura e un bene ed un patrimonio collettivo, la sua conservazione è una necessità per la vita degli stessi uomini; quindi, tutte le azioni che tendono a questo fine debbono in primo luogo essere viste in funzione della vita dell'uomo, delle sue possibilità di esistenza, del suo diritto a poter usufruire del progresso sociale, del progresso umano; io direi, anzi, che la difesa della natura è un momento indispensabile per assicurare il progresso dell'uomo: senza la difesa della natura, senza la difesa dell'ambiente non vi può essere progresso civile, non vi può essere progresso sociale. E se questa esigenza è valida in senso generale diventa un imperativo quando quest'opera di salvaguardia dell'ambiente interessa delle zone estremamente povere come sono le zone delle nostre vallate, e tra queste, come sono le zone della Valle Divedro e della Valle Formazza che sono direttamente interessate.
Queste due valli, che comprendono due paesi di montagna che complessivamente assommano a non più di tremila abitanti, contano oggi più di trecento lavoratori frontalieri, il 10 per cento dell'intera popolazione della vallata, attiva e non attiva, che ogni giorno debbono recarsi in Svizzera mediante quel maledetto treno del Sempione del quale abbiamo sentito parlare solo qualche mese fa, a proposito di una luttuosa sciagura.
Una volta le popolazioni di queste vallate vivevano per la presenza di una fiorente agricoltura, di una quantità considerevole di bestiame; vivevano perché nella zona vi erano alcune fabbriche (la Galtarossa, chiusa da oltre un decennio, ad esempio, di Varzo, che occupava più di trecento dipendenti realizzando una produzione per la quale utilizzava materia prima ricavata direttamente in loco). Sarebbe perfettamente ammissibile questo loro trasferimento, se si recassero in Svizzera per loro libera scelta determinata dal trovarvi condizioni di lavoro più favorevoli che in Italia: ma essi vanno oltre confine a lavorare per necessità, costretti ad accettare pesanti condizioni di lavoro, pesanti condizioni di disagio costituito da ore ed ore passate in treno, con inizio della giornata alle cinque del mattino e termine soltanto alle dieci di sera.
Pertanto, sotto questo aspetto a mio parere assume un particolare significato il disposto della proposta di delibera, o di mozione, così come verrà fuori, che prevede di impegnare la Giunta Regionale a considerare nel quadro della programmazione regionale i problemi socio-economici relativi alla salvaguardia e alla promozione dell'agricoltura, dell'industria e del turismo nelle Valli Divedro e Cariasca. Nel quadro della programmazione regionale, se vogliamo sollevarle dalle condizioni di miseria nelle quali si trovano, dobbiamo prevedere per queste zone alcuni interventi atti ad alleggerire le difficoltà ed i disagi delle popolazioni locali. Noi chiediamo agli abitanti di queste zone un certo sacrificio, che è quello di salvaguardare un patrimonio come l'Alpe Veglia considerandolo patrimonio non delle popolazioni di Varzo e di Trasquera, ma della collettività più in generale, dell'intera Regione piemontese con interesse anche per larga parte della Regione lombarda. In compenso, dovremmo impegnarci nei loro confronti su tre direttrici di fondo: la prima è quella di prevedere, appunto nel quadro della programmazione regionale, interventi che permettano il reinserimento di quella industria che è venuta a mancare e quindi che garantiscano il posto di lavoro a coloro che oggi sono costretti ad emigrare in Svizzera la seconda, di intervenire per un risanamento dell'attività agricola (i pochi significativi dati che sono già stati indicati dall'avv. Oberto nella sua relazione, fatta a nome della Commissione, sono confortati da studi che sono a disposizione di tutti e che indicano, per esempio, il notevole impoverimento in fatto di patrimonio zootecnico: nel 1957 nell'Alpe Veglia fra ovini e caprini, vi erano complessivamente 1700-1800 capi, scesi nel 1969 a 1100; quanto ai bovini, da oltre 800 capi nel 1957 si è calati a meno di 60 nel 1969. E l'Alpe Veglia, come è stato detto e dimostrato in più occasioni, è un alpeggio che può ospitare più di 1500 capi di bovini oltre a tutto il rimanente.
Se vogliamo assicurare la difesa dell'ambiente, è necessario un serio impegno della Regione in questa direzione; impegno che, intendiamoci, non dev'essere visto solamente in funzione della popolazione locale, anche se questa ne sarà la prima beneficiaria, ma nel quadro della necessità di un risanamento, di un aiuto allo sviluppo di tutta la nostra agricoltura ed in particolare dell'agricoltura montana, che è la più povera. Potenziando così il patrimonio zootecnico, noi daremmo anche un contributo modesto al risanamento di quella bilancia commerciale che ogni anno prevede una spesa di gran lunga superiore ai mille miliardi di lire solo per l'importazione di carne dall'estero..



CALLERI Edoardo, Presidente della Giunta Regionale

Un miliardo al giorno.



BONO Sereno

..quando abbiamo pascoli abbondanti che consentirebbero una produzione molto maggiore nel nostro Paese.
Certo, l'agricoltura nell'Alpe Veglia e nei comuni di Varzo e Trasquera non può più essere concepita come lo era cinquant'anni fa, ma dev'essere vista con strutture e tecniche moderne, attraverso una selezione del bestiame, attraverso il potenziamento dei pascoli, una lavorazione industriale dei prodotti che questo bestiame dà.
Infine, la terza direttrice che dev'essere vista è quella di un miglioramento e di un potenziamento dell'attività turistica, la quale anche è una componente importante dell'economia della zona, anche se non pu essere vista come una componente sostitutiva di tutte le altre dell'industria e dell'agricoltura, come alcuni intenderebbero vederla. La conservazione dell'Alpe Veglia nel suo stato attuale è un insostituibile importante elemento di richiamo dello sviluppo turistico. Già è stato detto e su questo io non mi soffermo ulteriormente - dall'avv. Oberto che l'Alpe Veglia è zona inadatta allo sport sciistico o al turismo sciistico: è ad una altitudine di quasi duemila metri, con situazioni climatiche molto difficili per lunghi periodi dell'anno, con notevoli difficoltà per raggiungerla, con scarsità di piste, scarsa possibilità di costruirne, e quelle poche che eventualmente si potrebbero costruire si costruirebbero solamente sacrificando il bosco che circonda l'Alpe Veglia; ma soprattutto, è una zona nella quale le valanghe, le slavine, i pericoli per l'uomo sono presenti durante tutta la stagione invernale e primaverile.
Altre scelte in questa direzione possono essere effettuate, e sono nelle zone immediatamente sottostanti l'Alpe Veglia, come quelle di San Domenico di Nembro, di Ciamporino, del Vallè, dove si possono realizzare iniziative di attività sciistiche di notevole interesse, trattandosi di località più facilmente raggiungibili e in posizione più favorevole.
Ora, io ritengo che proprio in preparazione del piano di sviluppo regionale per il 1971-1975, la Regione Piemonte, nel quadro dei problemi che si accinge ad affrontare per il risollevamento dell'economia - e ritengo che l'economia dell'arco alpino, in questo disegno, per una Regione come il Piemonte, debba avere un suo posto specifico, una sua collocazione specifica - debba considerare anche questi elementi, che sono quelli che assicurano la permanenza del montanaro sulla montagna, unica condizione per salvare veramente la montagna, e per salvare, con la montagna, anche la pianura.
Veniamo ora ad alcune brevi considerazioni sul piano Vedefor (sigla formata con le iniziali delle località Veglia, Devero e Formazza), che dovrebbe prevedere una linea sciistica un po' fantastica, un po' futuristica, lungo la quale i turisti svizzeri, patiti dello sci dovrebbero partire dal Sempione, in territorio elvetico, venire in Italia e qui fermarsi a spendere i loro soldi. E' un piano un po' azzardato anche perché prevede che questo impianto per far uscire i turisti dalla Svizzera sia costruito dagli stessi svizzeri, il che mi pare quanto meno un pochino ingenuo.
Oggi, dileguatosi il pericolo di vendita delle baite dell'Enel, il pericolo più grosso che si presenta per la salvezza del Veglia è appunto rappresentato dal Vedefor. Che cosa è questo Vedefor? E' un piano che si vorrebbe far passare come un elemento della programmazione di base che scaturisce dalla furia, dalla volontà popolare, ma che in effetti, per nessuno ha mai discusso e che forse solo pochissimi conoscono nella sua vera essenza. I Comuni di Varzo e di Trasquera, che noi abbiamo consultato hanno dichiarato di non avere mai esaminato il piano nei Consigli comunali e così è stato per gli altri Comuni della zona; l'Amministrazione Provinciale, che è pure una finanziatrice del piano, non ha mai avuto occasione di discutere in sede di Consiglio Provinciale - il collega Borando me ne può dare atto, siamo stati in Amministrazione Provinciale insieme per tanti anni - il piano Vedefor; così come questo non è mai stato discusso nel Consiglio dell'Ente provinciale di Novara, che dovrebbe addirittura essere il promotore di tutta l'iniziativa. Non so se se ne sia discusso nella sede della Camera di Commercio, ma questo sarebbe comunque un ambiente molto ristretto, che non so fino a qual punto potrebbe essere considerato rappresentativo della volontà di base. Quindi, un piano del quale in effetti tutti parlano e che pochissimi conoscono, del quale si è vista solo qualche paginetta pubblicata nel periodico della Camera di Commercio di Novara.
Mi pare, però, che, al di là di queste cose, da tutto questo discorso emerga con chiarezza e con forza che noi ci troviamo di fronte ad un programma che intende precostituire una situazione, magari ottenendo precedentemente il consenso da Enti locali del posto, che anticipi e che ponga il Piano regionale di sviluppo di fronte a scelte già compiute senza lasciare che queste scelte possano essere collocate in un disegno più organico di tutta la nostra realtà. Di piani di questo genere, diciamolo chiaro e tondo, l'Ente provinciale del turismo di Novara è abbastanza prolifico: riesce a sfoderarne tutti i giorni. Un piano avveniristico dicevamo: un piano che prevede impianti di risalita per circa 70 chilometri e piste per oltre 200 chilometri; un piano che, diceva il relatore collega Oberto, comporta una spesa di 60-70 miliardi, così com'è stato pubblicato sulla rivista della Camera di Commercio (ma alcuni dicono che questi 60-70 miliardi potrebbero arrivare anche a duecento, perché non c'é nessuno che abbia fatto i piani esecutivi e quindi che abbia dato indicazioni più precise sui costi effettivi di questo piano). Già da queste cifre ci rendiamo conto delle dimensioni e anche della pericolosità dell'iniziativa.
Perché si possono usare certi piani, certi strumenti come specchietto delle allodole per raggiungere determinati obiettivi, e poi, permettetemi l'espressione, "passata la festa gabbato lu santu", e "chi ha avuto ha avuto, chi ha dato ha dato", ognuno se ne va per conto proprio e chi ha realizzato i suoi profitti se li tiene.
Come ci si propone di fronteggiare queste spese? In maniera risibile.
Sono ancora i tecnici della Camera di Commercio che ce lo vengono a dire.
Essi ci propongono due soluzioni: la prima è quella di costituire un consorzio fra i comuni, come quelli di Varzo, Trasquera ed altri comunelli di queste valli, che complessivamente non so se arrivano a mettere insieme un bilancio di 30-40 milioni l'anno. Essi dovrebbero assumere impegni in un consorzio per affrontare una spesa globale di 60-70 milioni di lire. Certo c'è anche l'Amministrazione Provinciale, ma che cosa può fare di fronte a problemi del genere? E così dicasi per l'Ente provinciale del Turismo, ed anche per la Camera di Commercio.
La seconda ipotesi è più interessante: si propone la costituzione di una società per azioni in cui insieme a questi comunelli vi siano anche dei privati, degli operatori economici, Questi, evidentemente, vedono in tutto il disegno una grossa possibilità di realizzazione di alcuni profitti, e pensano di realizzare del piano quel che loro interessa, scartando quello che non torna a loro vantaggio. Certo, il disegno da portare avanti è un disegno chiaro, preciso, ed i comuni, questi comunelli di montagna così poveri, così miseri, da un punto di vista finanziario servono da ottima copertura anche sul piano sociale, sul piano demagogico, per dire allo Stato, alla Regione, a chi di dovere, che i soldi debbono essere tirati fuori per la realizzazione di questi disegni, magari anche a fondo perduto.
Da queste poche cose mi pare emerga con chiarezza evidente che noi non ci troviamo di fronte a programmi seri, ma a tentativi di precostituire delle situazioni di fatto per permettere alla speculazione, così come ha già indicato l'avv. Oberto prima, di realizzare quello che vuole realizzare. Infatti, non a caso in tutte due le bozze di Statuto che la Cartiera di Commercio propone, sia per il Consorzio fra i comuni sia per la società per azioni, è detto con molta evidenza che il Consorzio, o la Società per azioni, hanno la facoltà di acquisire tutti i terreni di questi Comuni, di fare dei piani di lottizzazione di questi terreni, e poi di discutere, di distribuirsi i ricavi così come si intende distribuirli.
Queste poche cose, ritengo, sono già indicative del tipo di piano che ci troviamo di fronte, ed anche dei pericoli che noi dobbiamo superare per salvaguardare l'ambiente naturale dell'Alpe Veglia. L'invaso non c'é più le baite l'Enel ha assicurato che non si venderanno, il Vedefor è ancora lì come un punto interrogativo, fra l'altro non abbiamo potuto nemmeno come Commissione avere una conoscenza più dettagliata del Vedefor, perché l'Ente Provinciale del turismo, che è stato invitato, ha mandato un telegramma così concepito: "Mi spiace, sono impossibilitato a partecipare, confermo le mie tesi sul Vedefor", senza però che la Commissione potesse acquisire minimamente qualche elemento di che cosa rappresenta questo famoso Vedefor.
Un piano, quindi, che evidentemente non possiamo valutare interamente n definire in questa discussione, in questa seduta, perché non è all'ordine del giorno e perché non ne abbiamo materialmente, diciamo così, la disponibilità. però ritengo che la intelligenza dei signori Consiglieri mi esoneri dal dare su di esso ulteriori valutazioni, perché tutti possono essersi resi perfettamente conto di come stanno le cose.
E permettetemi anche di aggiungere, a chiusura di questo intervento alcune considerazioni su certe stranezze che ancora non si riesce a spiegare: come si può, per esempio, comprendere che coloro che finanziano il Vedefor, per esempio la Camera di Commercio - tanto per non fare dei nomi di Novara - da un lato finanzi il Vedefor, pubblichi tutte le relazioni, tutti gli stralci del piano Vedefor, e dall'altro finanzi contemporaneamente il "libro verde" per la difesa dell'Alpe Veglia e perch l'Alpe Veglia diventi parco naturale? Quanto meno c'é una certa contraddizione nelle posizioni di questi uomini: da un lato si cerca di buttare del fumo negli occhi e dall'altro si cerca di raccogliere tutto quel che è possibile, Però, elementi di contraddittorietà come questi emergono anche da altre posizioni: l'Ente provinciale per il turismo è stato promotore e finanziatore di questa iniziativa e dall'altro lato nella seduta avuta con la Sovrintendenza si è espresso in favore del vincolo sull'Alpe Veglia. Noi avremmo gradito avere nelle consultazioni la possibilità di un incontro con queste persone, per cercar di trovare una spiegazione logica a questi atteggiamenti contraddittori.
Concludo esprimendo una brevissima valutazione sulle proposte che ha fatto il collega Fonio. Mi pare che egli sia perfettamente d'accordo per quanto si riferisce al punto 3. Sul punto 4 l'obiettivo, l'intento della Commissione - forse poi lo spiegherà meglio il Presidente della Commissione non era quello di delegare ad altri compiti che sono della Regione, ma di utilizzare tutte le forze possibili immaginabili, tutte le conoscenze tutte le esperienze, proprio in base al principio che noi vogliamo governare come Regione Piemonte assieme agli altri, raccogliere tutto quello che può venire, al fine di utilizzarlo per portare avanti il discorso e per approfondirlo. Per cui, se vogliamo, possiamo anche sottolineare maggiormente l'impegno della Giunta o del Consiglio.



FONIO Mario

Ho già trovato la soluzione di "coordinare".



BONO Sereno

Ma questo non deve escludere la ricerca, la sollecitazione continua di queste collaborazioni.



PRESIDENZA DEL VICEPRESIDENTE OBERTO



PRESIDENTE

E' iscritto a parlare il Consigliere Zanone. Ne ha facoltà.



ZANONE Valerio

Signor Presidente, colleghi Consiglieri, io non entro nel merito del provvedimento che stiamo per votare, concordando pienamente con l'esauriente relazione dell'avv. Oberto e con gli altri elementi che sono stati testè addotti dai colleghi di elezione novarese. Vorrei soltanto richiamare un punto che era compreso nella relazione illustrativa della Commissione e che è stato finora posto in scarsa luce nel corso di questo dibattito.
La relazione stesa per conto della V Commissione dal collega Oberto rilevava a pag. 6 l'opportunità di una rilevazione dei biotopi esistenti in Piemonte che possano essere considerati e classificati come parchi o riserve naturali. E in questo senso una mozione sottoscritta dai Consiglieri componenti quella Commissione e da altri colleghi è stata anche depositata presso la Presidenza del Consiglio. Credo anzi che sarebbe stato opportuno, per analogia di argomenti che questa mozione venisse collegata alla discussione del provvedimento per l'Alpe Veglia. Ma credo anche che il problema sia più facilmente risolvibile (visto che siamo entrati, se non vado errato, nell'ordine di idee che sia opportuno trasformare questa proposta di delibera in una mozione) assorbendo quell'elemento nelle due premesse che ritengo vadano fatte in sede di stesura della mozione. La prima premessa è quella di recepire dalla mozione di Oberto che il Consiglio Regionale ravvisa la propria competenza a disporre in materia di parchi e di riserve naturali non solo ai sensi dell'art. 5 dello Statuto Regionale ma anche nel quadro dei provvedimenti legislativi che sono attualmente all'esame del Parlamento, in particolare la proposta di legge cornice per i parchi e le riserve naturali e quanto si dice a questo proposito nel documento preliminare per il programma economico '71-'75; la seconda premessa, che riassorbirebbe quindi la mozione a suo tempo presentata, sarebbe quella di riconoscere l'opportunità che la Regione, e se vogliamo essere più precisi, la Giunta Regionale, disponga sollecitamente le indagini necessarie a determinare l'elenco dei biotopi da salvaguardare nell'ambito della Regione Piemonte, in modo che questa nostra prima presa di posizione ufficiale per quanto riguarda l'Alpe Veglia non sia l'inizio di una serie di interventi sprogrammati ma si inserisca in un quadro coordinato.
Fatte queste due premesse, credo che, per quanto riguarda la parte propositiva, l'intervento correttivo da arrecare sia molto modesto e si possa limitare alla soppressione della parola "delibera", mettendo all'indicativo presente i vari impegni che il testo della proposta di deliberazione già prevedeva, in maniera da superare il pericolo che si correrebbe dando a questo documento, che è in fondo un documento espressivo di una volontà politica, l'aspetto formale di una deliberazione che in quanto provvedimento amministrativo potrebbe implicare un problema di titolarità della iniziativa nel senso che l'iniziativa dei provvedimenti amministrativi spetta per Statuto alla Giunta e non, come in questo caso all'iniziativa di un gruppo di Consiglieri.
Per quanto riguarda, infine, l'emendamento al paragrafo 4 proposto dal collega Fonio, mi pare che le osservazioni che sono state fatte poco fa dal collega Bono possano essere conciliate nel senso di invitare l'Assessorato regionale competente a coordinare le iniziative dei vari Enti e delle varie associazioni locali che finora si sono fatte carico di questa questione.
Una bozza di mozione che recepisce questi vari emendamenti è in corso di stesura.



PRESIDENTE

E' iscritto a parlare il Consigliere Sanlorenzo. Ne ha facoltà.



SANLORENZO Dino

Vorrei aggiungere pochissime parole all'intervento del Consigliere Bono, del mio Gruppo, sul quale c'è stato da parte nostra completo accordo e anche all'introduzione fatta dal Vicepresidente Oberto in merito ai lavori della Commissione. Mi si permetta soltanto, come presentatore del progetto di delibera, di rilevare da una parte la confortante convergenza che si sta manifestando in questo Consiglio Regionale dal punto di vista politico su una questione che è di rilevante importanza soprattutto per le conseguenze che ne possono derivare sul piano della programmazione economica regionale, sul piano di una scelta di civiltà che abbiamo fatto questa sì, davvero utile - nello Statuto Regionale, nello stendere il testo dell'art. 5 e dall'altra un aspetto che finora soltanto il collega Bono ha rilevato, e cioè come la mozione che ci accingiamo a votare in questo Consiglio Regionale non sia il frutto facile di una convergenza immediata di tutte le volontà dei soggetti interessati, ma di un parto laborioso faticoso, difficile, che non aveva mai potuto trovare uno sbocco positivo prima dell'esistenza della Regione, che può darsi abbia poi dei risultati decisivi con l'esistenza della Regione, e la cui accettazione come risultato unitario delle forze politiche presenti in questo Consiglio, se si avrà, non avverrà in modo indolore.
Siamo stati d'accordo in questo Consiglio, finora, sull'importanza del problema, sul rilievo statutario che ad esso abbiamo dato, sul carattere anche unitario della formazione di questo pensiero che è stato consegnato nella relazione dell'avv. Oberto. C'è stata una fusione di iniziative, una contemporaneità di atti fra la società "Italia nostra", fra gruppi di cittadini e di giovani, persino, che hanno assunto questo problema come un tema su cui impegnarsi a fondo politicamente; decine e decine di giovani architetti, di giovani dell'Alpe Veglia hanno iniziato la loro milizia politica su un tema di questa natura, appassionandosi, confrontandosi con i problemi che ne venivano fuori. Sono cose di enorme importanza metodologica. In fondo, qui stiamo per approvare un progetto di mozione, di delibera, chiamiamolo come vogliamo, che ha realizzato una fusione esemplare di quello che dovrebbe essere il modo di formazione delle leggi nella Regione Piemonte. I cittadini, le forze politiche, la consultazione le Commissioni permanenti, con tutto l'iter che bisogna sempre seguire quando si dà vita ad un processo di formazione di una volontà politica.
Possiamo definire indolore questo processo? Possiamo dire che tutti sono contenti? Eh no! Non eravamo tutti contenti, non lo siamo, e forse non lo saremo nemmeno domani. Cioè, non si deve pensare mai che ciò che la Regione fa quando è unitaria la volontà politica che la esprime avviene in sostanza senza che alcuno sia colpito, senza che determinati interessi siano individuati e poi centrati. Già il Consigliere Bono illustrava acutamente alcuni di questi interessi. Ebbene, io voglio dire, per la parte politica che rappresento, che nessuna considerazione tattica mi frenerà dal dire alcune cose, perché riteniamo che le convergenze politiche che si devono realizzare in questo Consiglio devono avvenire sempre nella chiarezza delle posizioni e delle responsabilità che abbiamo dietro di noi.
L'Ente provinciale per il turismo non viene alla consultazione della Regione: è promotore del piano Vedefor, o lo sollecita. La contraddizione che il Consigliere Bono rileva - da una parte l'Ente finanzia il "libro verde" sull'Alpe Veglia, dall'altra promuove il Vedefor - è solo apparente.
L'Italia è notoriamente patria del diritto, ma anche dei "dritti": figuratevi se in una provincia industriosa come quella di Novara manca il diritto e mancano i dritti! Ci sono l'uno e gli altri, e bisogna sempre fare uno sforzo per andare ad accertare il diritto vero nei confronti di una pletora dei dritti che cercano di impedire che si veda chiaro. I piani in Italia, si sa, si fanno, si scrivono, si propagandano, poi non si realizzano, mentre le speculazioni, quelle sì, camminano sempre, vanno avanti con la forza delle cose e delle persone. Ebbene, è davvero strano che a capo dell'Ente provinciale per il turismo di Novara ci sia un esponente con cui in passato abbiamo avuto anche convergenze politiche di grande rilievo ma che era, per quel che ne so io, esponente di una parte della sinistra della Democrazia Cristiana, una parte della base, mi pare (almeno, così è ancora per quanto riguarda il Presidente della Camera di Commercio). Beh, bisogna dire allora, su questo punto, su questa questione: che da una certa base della D.C. ci guardi Iddio, perché dalla destra storica cerchiamo di guardarci noi! Perché una cosa di questa natura portata avanti in questo modo, fa rilevare che davvero dobbiamo sempre misurarci sui problemi prima di capire come devono essere portati avanti gli schieramenti.
Ma questo vale solo per l'Ente provinciale per il turismo? No, vale anche per l'Enel, perché qui ad un certo punto quelli dell'Enel son venuti a dirci che non hanno più voglia di mollare le baite. Eppure, i giornali avevano riportato ampiamente che questa intenzione aveva camminato ed aveva avuto dei sostenitori. Può darsi che io faccia pure illazioni, ma in questo aureo volumetto, pubblicato con i soldi della Camera di Commercio compaiono tanti bei nomi di proprietari della zona e fra i titolari di esercizi alberghieri troviamo Damiani e Torelli, un nome, quest'ultimo, non del tutto nuovo nella provincia di Novara, un nome che mi pare possa far pensare ad un qualche legame con un parlamentare della D.C., il sen.
Torelli. Allora, non saremo tutti quanti uniti qui, probabilmente, nel votare questa mozione, e le rispondenze che ne possono derivare in provincia di Novara. Le forze politiche daranno voto favorevole, sì, ma ci sarà qualche elemento di contraddizione.
Desidero infine portare a conoscenza del Consiglio Regionale piemontese questo foglietto (se il ridicolo dovesse uccidere ho l'impressione che qualche amministratore comunale avrebbe motivo di essere preoccupato di quello che vi è scritto). E' a firma della prof.ssa Antonietta Cardinali signora che ha dato un contributo notevolissimo a tutta questa vicenda, con gli studi, con l'approfondimento, con il lavoro che c'è stato dietro tutta la questione dell'Alpe Veglia, e contiene una precisazione che dev'essere consegnata alla nostra meditazione. Eccone il testo: "Alpe Veglia - parco naturale - Rettifica di notizia riportata in nostra lettera del 3/6/1971. Al punto 7 b della lettera citata in oggetto abbiamo usato la frase 'Programma dell'Amministrazione Comunale di Varzo per lottizzare l'Alpe Veglia e per lo sfruttamento turistico edilizio'.
Poiché il Sindaco di Varzo ci ha chiesto di smentire tale asserzione in quanto non corrispondente al vero, di buon grado, sulla scorta di quanto approvato dal Consiglio Comunale di Varzo in data 26/6/'71, rettifichiamo la frase come segue - ecco il ridicolo di questa rettifica -: 'Programma dell'Amministrazione Comunale di Varzo per lo sfruttamento turistico sciistico dell'Alpe Veglia nel quadro del piano Vedefor con la sola concessione di insediamenti controllati e tipologicamente qualificati' ".
Voi capite bene che la differenza fra la prima frase e la seconda bisogna andarla a scoprire nell'ambito dei dritti che popolano la nostra provincia e l'Italia, perché in realtà quando si parla di sfruttamento turistico-sciistico si vuole in fondo gabellare la sostanza del piano Vedefor presentandolo come strumento di attuazione di chissà quale disegno programmatorio in quella zona.
Anche qui, dunque, c'é stata una faticosa acquisizione di questo pensiero che stiamo per licenziare nel Consiglio Regionale, e dovremo da ciò dedurre che c'è, dietro questa delibera e questo lavoro che abbiamo svolto, l'insegnamento per cui quelle cose che vengono consegnate al futuro dell'attività della Regione avranno la possibilità di essere attuate solo se ci sarà una fortissima volontà politica. Arriveremo, in sostanza, a fare il parco naturale, arriveremo a impedire la speculazione, arriveremo a bloccare ciò che era già in atto e ciò che qualcuno pensava che sarebbe potuto essere in atto solo se ci sarà domani una coerente e forte volontà politica tesa ad attuare in modo estremamente preciso, puntuale e tempestivo ciò che è contenuto nella mozione che il Presidente della Commissione, Consigliere Zanone, come ha già annunciato in quest'aula consegnerà ai Consiglieri perché la votino. E' comunque, credo, esemplare il modo che abbiamo seguito per produrre questo atto di volontà politica.
Devo, per finire, soltanto far presenti le mie perplessità sulla modifica della delibera che era stata progettata dal Presidente della Commissione. Capisco perfettamente i dubbi che ci possono essere circa il fatto che l'autorità di controllo possa prendere qualsiasi pretesto per impugnare una delibera del Consiglio Regionale; tuttavia, la scelta l'abbiamo fatta quando abbiamo approvato le nostre leggi tributarie, anche se c'era già stata una posizione del Governo che diceva di voler impugnare questa iniziativa legislativa perché non tutti i nostri poteri sono stati ancora consegnati; infine, il dispositivo suonava in maniera tale che in effetti noi non deliberavamo alcunché: deliberavamo la nostra volontà politica di fare domani ciò che non possiamo fare oggi, Quindi, anche in questo senso non credo che una autorità tutoria avrebbe voluto impugnare un progetto di delibera di questa natura, tenuto conto del carattere dell'argomento e del fatto che era espressione di ampia volontà politica del Consiglio. Tuttavia, se questo elemento di preoccupazione pu costituire un qualche cosa che ci frena nel manifestare questo tipo di volontà politica, accetto di buon grado anche la manifestazione generale che gli altri Consiglieri hanno espresso e che è contenuta nella mozione del Consigliere Zanone.



PRESIDENTE

E' iscritto a parlare il Consigliere Gandolfi. Ne ha facoltà.



GANDOLFI Aldo

Signor Presidente, signori Consiglieri, mi sembra che gli ultimi interventi, quelli dei colleghi Sanlorenzo ed in particolare quello precedente del collega Fonio, abbiano chiarito a sufficienza al Consiglio Regionale come l'istanza che aveva mosso alla presentazione di quella proposta di delibera che è stata poi esaminata dalla Commissione fosse volta fondamentalmente a creare un quadro ed un contesto politico che impedisse delle manovre di speculazione sull'Alpe. L'intento era certamente lodevole, ed è doveroso da parte del Consiglio Regionale accettare la proposta.
Devo però rilevare che la proposta di delibera ed il testo di mozione che è poi stato elaborato si muovono su due piani diversi: uno è una sollecitazione politica alla Giunta, agli organi pubblici perch intervengano ad impedire una speculazione che può pregiudicare una utilizzazione della zona a fini turistici e di parco naturale; l'altro piano, invece, in un certo senso impegna già gli organi regionali a configurare questa zona come parco naturale.
Se nel merito, evidentemente, non si può eccepire assolutamente nulla ad una proposta di questo genere, nel metodo evidentemente non possiamo non tener conto di un certo tipo di preoccupazioni. Per quanto misurata, la proposta di delibera indubbiamente pone un primo elemento di decisione all'interno della Regione, che noi dobbiamo attentamente valutare e vagliare perché dobbiamo essere estremamente consapevoli che se questo tipo di decisione, per quanto riguarda il futuro assetto di parchi naturali del Piemonte, non si colloca in un quadro di indicazioni programmatiche sufficientemente chiare e precise, noi rischiamo di prendere oggi una deliberazione nel merito pienamente valida e legittima ma di esporci successivamente, nei prossimi anni, a tutta una serie di pressioni, di sollecitazioni che provengono dalle varie zone del Piemonte che hanno problemi analoghi da sottoporre al Consiglio Regionale. Ed è certamente importante che noi cogliamo questa occasione per assumere invece un impegno; dobbiamo riuscire - in questo concordo perfettamente con quello che diceva il Presidente della Commissione, Zanone - a darci un impegno ben preciso, che è quello di fare un censimento dei biotopi interessanti da questo punto di vista (evidentemente, questo è un compito della Giunta: devo dirlo, senza alcun intento critico nei confronti del collega Debenedetti, l'Assessore competente, che tutti sappiamo come nei mesi scorsi, per ragioni di salute, non abbia certamente potuto occuparsi attivamente di questo tipo di problemi); direi che l'impegno che dobbiamo riuscire ad assolvere è quello di discutere abbastanza rapidamente in futuro, in Consiglio, su una proposta organica presentata dalla Giunta, un quadro coerente che ci permetta da un lato di stabilire dei criteri e delle priorità per questi ordini di problemi e dall'altro di avere anche uno strumento politico e tecnico al tempo stesso che ci metta in grado di aprire anche un dialogo con gli organi nazionali, ministeriali ed interministeriali preposti a questo ordine di problemi. Direi che l'elenco che abbiamo visto, ad esempio, delle risorse naturali da tutelare nell'introduzione al piano 1971-'75, è da questo punto di vista incompleto con ordini di priorità - se sono ordini di priorità quelli che sono contenuti nell'elenco delle zone destinate a parchi naturali per il Piemonte - che possiamo, mi sembra, legittimamente discutere.
Questo l'elemento che io volevo rilevare in questa discussione essendo, ripeto, perfettamente concorde sulla necessità di interventi che garantiscano la zona dell'Alpe Veglia da uno sfruttamento assolutamente non compatibile con la destinazione che noi vogliamo dare ad essa. L'altro elemento politico che dobbiamo far emergere da questa discussione è questo tipo di impegno per un censimento, una classificazione dei biotopi di interesse regionale e per una predisposizione di un piano organico nel quale collocare l'iniziativa regionale nei prossimi anni.



PRESIDENZA DEL PRESIDENTE VITTORELLI



PRESIDENTE

Ha facoltà di parlare il Presidente della Giunta.



CALLERI Edoardo, Presidente della Giunta Regionale

La proposta di deliberazione o di mozione che è stata presentata per quanto attiene all'Alpe Veglia è stata largamente motivata in questa sede.
Credo quindi vi sia poco da aggiungere se non sottolineare che la Giunta si trova perfettamente consenziente con le indicazioni che sono state date e ritiene che, al di là di ciò che è stato affermato nello Statuto per quanto attiene in particolare alla difesa ambientale e alla creazione di parchi questo sia un problema che rientra perfettamente nelle potestà legislative regolamentari della Regione per quanto va riferito in questo anche alle competenze urbanistiche che derivano alla Regione dall'art. 117 della Costituzione.
Si tratta di trovare i modi di intervento; cioè, l'accoglimento di questa mozione è strettamente collegato, per quanto riguarda gli impegni della Giunta, ai modi con i quali poter intervenire. Io credo che i modi siano in sostanza due: da un lato, quelli che ci saranno consentiti dalla possibilità di intervenire nella programmazione urbanistica, dall'altro un modo, forse più informale ma credo anche più efficace sul piano della operatività immediata, che è quello di prendere contatti con questi Comuni soprattutto, i quali, a quanto mi risulta, sono in larga misura proprietari dei terreni in questione, per vedere se è possibile un collegamento tra l'Amministrazione Regionale e queste Amministrazioni Comunali nel senso di consentire, ad esempio, un'affittanza di questi terreni ai fini di poter avviare il problema della creazione di un parco naturale, o di un parco regionale che andrà poi successivamente valorizzato come tale. La Giunta gradirebbe, sotto questo profilo, avere mandato di trattare anche in questa direzione.
Nel corso di questo periodo sono state fatte alcune iniziali valutazioni in ordine al patrimonio ancora libero, ancora non sfruttato che è di proprietà delle Amministrazioni Comunali, e che quindi è un patrimonio, sotto questo profilo, notevolmente disponibile per la creazione di questo tipo di parchi a disposizione del pubblico, da tutelare evidentemente dalla utilizzazione spontanea e spesso mossa da preoccupazioni esclusivamente di carattere economico, non sempre conciliabili, evidentemente, con la valorizzazione dell'ambiente e la conservazione delle sue caratteristiche naturali. Credo che veramente possa trovarsi, in questo tipo di collegamento fra l'Amministrazione Regionale e le Amministrazioni Comunali proprietarie di questi beni, il modo di porre la Regione in grado di avviare, in termini contrattuali se si vuole, un discorso estremamente serio, estremamente valido con queste Amministrazioni, già premettendo che nella misura in cui potrà utilizzare i suoi poteri dal punto di vista della pianificazione urbanistica la Regione potrà tutelare in massimo grado, d'altronde in conformità con quanto è stabilito dallo Statuto, l'ambiente naturale, preservarlo nelle sue migliori condizioni ma anche valorizzarlo nel senso di poterlo mettere a disposizione dei cittadini attraverso quelle opere che possono risultare necessarie per facilitarne l'accesso e l'utilizzazione ai cittadini. Si tratta, in fondo, di fare un censimento di questi beni, di valutarne con esattezza la utilizzabilità sotto questo profilo e conseguentemente di prendere tutte le deliberazioni che si possono assumere in questa direzione.
La Giunta è in grado in una certa misura di proporre già una prima via concreta per giungere, al di là di quelli che saranno poi i suoi poteri specifici in materia legislativa e di pianificazione territoriale, ad una acquisizione di utilizzazione di questi beni proprio per porli a disposizione di una politica di questo tipo e una valorizzazione ambientale quale è appunto quella che rientra non soltanto nei compiti statutari della Regione ma anche in quella indicazione di carattere programmatico che la Giunta stessa aveva fatto in questa sede.
Pertanto, le indicazioni che qui sono pervenute sono fatte proprie dalla Giunta. Io ho ritenuto di dover aggiungere questa indicazione di indirizzo politico che la Giunta in ordine a questo problema della tutela ambientale intende fare, mobilitando evidentemente tutte le energie e tutte quelle associazioni e quegli enti che in particolare si interessano di questo problema e che già hanno recato un notevole contributo per uno studio approfondito dell'intera situazione del Piemonte in ordine alla sua valorizzazione ambientale e alla conservazione di questi beni naturali.
Ciò premesso, credo di poter accettare a nome della Giunta le indicazioni che sono state qui fatte dal collega Fonio, legando il problema dell'utilizzazione degli enti interessanti e delle associazioni che hanno studiato questo problema a quel quadro di consultazioni che in definitiva la Giunta, per proporre qualcosa di concreto allo stesso Consiglio Regionale per una successiva deliberazione, è necessariamente tenuta direi, anche per una più vasta informativa, a consultare. Quindi, penso che il dispositivo della mozione, o della deliberazione, che vogliamo assumere possa benissimo collegare il punto 3 e il punto 4 nel senso di impegnare anche la Giunta a consultare tutti gli enti interessati eccetera al fine di promuovere un approfondimento e ulteriori studi sia per quanto riguarda l'Alpe Veglia in sé che per quanto riguarda tutte le altre situazione di carattere più generale che sono comunque tutte collegate con l'esistenza di vaste proprietà dei Comuni, spesso abbandonate a se stesse, spesso non utilizzate, non di rado nemmeno inserite in un programma di valorizzazione anche soltanto dal punto di vista degli impianti boschivi, e quindi in sostanza sono per i comuni spesse volte un inutile peso, anche perché molti di questi alpeggi oggi non costituiscono nemmeno più delle entrate per i bilanci dei comuni e quindi sono spesse volte anche dei pesi inutili. Noi abbiamo, per esempio, vicino a Torino una zona di oltre 800 ettari di proprietà del Comune di Almese, che potrebbe essere appunto utilizzata sulla quale noi abbiamo già condotto uno studio. Probabilmente la Giunta sarà presto in condizione di proporre qualcosa di più concreto anche a questo Consiglio: si tratta di un notevole patrimonio alle porte della città, che si può valorizzare sotto questo aspetto ma che è, per il momento, per quanto riguarda il Comune di Almese, ad esempio, un patrimonio totalmente passivo, e passivo anche per l'Amministrazione dello Stato perché essendo in condizioni di incuria è spesso preda di incendi e quindi comporta oneri notevoli per intervento dei Vigili del fuoco e per tutta l'attività collegata con lo spegnimento di questi incendi.
In questa direzione noi intendiamo camminare, perché ci rendiamo perfettamente conto dell'importanza del problema. Ringraziamo la Commissione per aver condotto uno studio così approfondito per quanto riguarda il problema particolare dell'Alpe Veglia, e ringraziamo coloro che hanno portato all'attenzione del Consiglio Regionale questo problema dichiarando di accettare le indicazioni che sono state fatte e di operare nella direzione che questa mozione propone, noi stessi impegnandoci come Giunta di portare al più presto possibile una precisa proposta al Consiglio Regionale per veder di cominciare ad avviare, sia pure in un quadro già di una certa programmazione, anche se non di una programmazione definitiva delle proposte positive in questa direzione.


Argomento: Parchi e riserve

Proposta di mozione sull'Alpe Veglia


PRESIDENTE

Dò ora lettura della proposta di mozione presentata in sostituzione del progetto di deliberazione sull'Alpe Veglia dei Consiglieri Sanlorenzo Fonio, Bono, Zanone, Bianchi, Oberto, Giletta e Giovana. Eccone il testo: "Il Consiglio Regionale del Piemonte ravvisata la competenza a disporre in materia di parchi e riserve naturali, ai sensi dell'art. 5 dello Statuto e nel quadro dei provvedimenti legislativi attualmente all'esame del Parlamento; premessa l'opportunità che la Regione sollecitamente disponga le indagini necessarie ad esaminare l'elenco dei biotopi da salvaguardare nell'ambito della Regione Piemonte consapevole che l'Alpe Veglia, splendida conca d'alta montagna, non guastata da opere di sfruttamento, si presenta come unità geografica bene individuata da limiti oro-idrografici e come biotopo di alto interesse naturalistico-paesistico da salvaguardare e da conservare nella sua integrità avendo preso atto che la Sezione novarese di 'Italia nostra' ed il Lions Club di Verbania, dopo ampi studi, hanno proposto in un documentato 'libro verde', pubblicato a cura della Camera di Commercio di Novara, la costituzione dell'Alpe Veglia in parco naturale viste le adesioni di Enti pubblici, di associazioni e di privati cittadini pervenute ai due sodalizi promotori, nonché il voto del Consiglio nazionale delle ricerche in data 3 settembre '70 nel quale il massimo organo scientifico italiano ha fatto propria la proposta di costituire il Parco naturale Alpe Veglia, dopo avere incluso la stessa Alpe Veglia nell'elenco nazionale dei biotopi da proteggere preso atto che nel trascorso mese di settembre il XX Congresso geografico italiano ha espresso voto unanime per la salvaguardia integrale dell'Alpe Veglia e per la costituzione del parco naturale considerato che la V Commissione permanente, in esecuzione del mandato ricevuto dal Consiglio, ha in sede di esecuzione accertato quanto segue: a) Il Ministero dei Lavori pubblici ha emanato nel maggio '70 un decreto di accoglimento della rinuncia all'invaso b) l'Enel ha dichiarato di non aver preso in esame la possibilità di vendere gli immobili di sua proprietà, vendita che eventualmente sarebbe fatta con asta pubblica previa pubblicazione sul foglio Annunzi legali e con priorità ai detentori dei pascoli, ed ha inoltre precisato che i contratti d'affitto delle baite sono annuali, revocabili con quindici giorni di preavviso c) la Sovrintendenza alle bellezze naturali ha illustrato la natura del vincolo imposto sull'Alpe Veglia, precisando che tale vincolo (proibizione di costruire, distruggere o modificare senza l'autorizzazione della Sovrintendenza) non ha ancora avuto l'approvazione ministeriale d) l'EPT di Novara ha confermato i criteri del piano Vedefor e) i rappresentanti delle Amministrazioni comunali di Varzo e Trasquera hanno richiesto interventi atti a promuovere lo sviluppo socio-economico della zona in previsione dell'azione che la Regione dovrà svolgere nel settore della organizzazione territoriale e della salvaguardia dell'ambiente e della istituzione dei parchi naturali tutto ciò premesso, il Consiglio Regionale 1) indica fin d'ora l'Alpe Veglia fra i territori per i quali la Regione dovrà istituire precisi vincoli conservativi al fine di assicurare la salvaguardia integrale del patrimonio naturalistico, ambientale e paesaggistico 2) impegna la Giunta Regionale ad intervenire con urgenza presso la Sovrintendenza ai monumenti del Piemonte, il Provveditorato regionale alle Opere pubbliche e l'Ispettorato regionale forestale affinché nell'ambito delle rispettive competenze, ai sensi e per gli effetti delle norme vigenti, assicurino rigorosa e rapida tutela ai fini della massima tutela dell'ambiente alla conca dell'Alpe Veglia, nel contempo sollecitando il Ministero competente ad ammettere il decreto relativo 3) impegna la Giunta Regionale a considerare nel quadro della programmazione regionale i problemi socio-economici relativi alla salvaguardia ed alla promozione dell'agricoltura, dell'industria e del turismo nelle valli Cairasca e Divedro 4) impegna la Giunta Regionale a coordinare l'azione degli Enti interessati e delle associazioni le quali hanno per fine la difesa della natura e la salvaguardia dell'Alpe Veglia e la sua costituzione in parco naturale".
Qualcuno chiede di parlare per dichiarazione di voto? Nessuno? Pongo allora in votazione la mozione che ho testè letta, per alzata di mano.
Chi è favorevole è pregato di alzare la mano.
E' approvata all'unanimità.


Argomento: Università

Mozione sulla situazione dell'Università di Torino


PRESIDENTE

Prendiamo ora in esame, al punto 8) all'o.d.g., il progetto di mozione sulla situazione dell'Università di Torino.
Erano state presentate due mozioni i cui presentatori ne hanno adesso elaborato una unificata, della quale dò lettura; i presentatori sono: Nesi Rivalta, Viglione, Vera, Bianchi, Giovana, Revelli, Zanone, Conti, Soldano: "Il Consiglio della Regione Piemonte, vista la crescente gravità, nella quale versa l'Università di Torino e rilevato che la crisi è acutizzata dal ritardo di una riforma universitaria che deve quindi essere sollecitata affinché si diano valide risposte alle esigenze di rinnovamento dell'istituzione, considerata la funzione culturale e formativa che essa deve assolvere per la soluzione dei problemi di sviluppo della società italiana considerato altresì che tale crisi è resa più evidente ed allarmante sul piano regionale cittadino dai recenti fatti verificatisi nell'ateneo e dall'attuale incertezza ed insufficienza di poteri sollecita ed impegna la Giunta: a) ad assumere con l'urgenza imposta dai fatti iniziative nelle sedi opportune per un esame con tutte le componenti universitarie della situazione in cui si trova l'Università di Torino, al fine di evitarne l'ulteriore deterioramento e la minacciata paralisi b) a riferire ed avanzare proposte al Consiglio affinché, sentite le stesse componenti universitarie, gli Enti locali e le forze sociali interessate, evitando scelte particolari o dispersive si possano adottare soluzioni conformi alla reale dimensione dei problemi universitari ed alle esigenze di organicità garantite dall'attività di programmazione cui la Regione è chiamata, al fine di meglio realizzare l'attuazione dei principi costituzionali che lo Statuto Regionale ha specificato.
In questo quadro ed ai fini indicati fa appello a tutte le componenti interessate alla vita dell'Università di Torino, perché vogliano rendere operanti i manifestati propositi di collaborazione costruttiva".
E' aperta la discussione.
E' iscritto a parlare il Consigliere Bianchi, ne ha facoltà.



BIANCHI Adriano

Signor Presidente, signori Consiglieri, la mozione che abbiamo concordato riassume già l'atteggiamento che il mio Gruppo ha nei confronti della situazione universitaria che è veramente ad un punto di rottura e che preoccupa vivamente l'opinione pubblica e ciascuno di noi. La Regione avrà sicuramente competenze e poteri importanti, ma questi saranno, in ogni caso, limitati rispetto alla vastità ed all'importanza a livello nazionale del problema universitario nel suo complesso.
Il significato della mozione per noi è soprattutto questo: la Regione non si trincera dietro le sue insufficienti strutture organizzative, non si chiude dietro la limitatezza dei suoi poteri, ma accetta, in questo momento in cui l'Università e il Paese e l'opinione pubblica e le categorie sociali e il mondo delle famiglie, della scuola, del lavoro sono quasi separate per cui ci sembra che questa istituzione ruoti in un vuoto pericoloso, in un distacco pericoloso con la realtà sociale, la Regione, dico, accetta di costituire il punto di contatto, di raccordo tra questa importantissima realtà della vita del nostro Paese e della nostra Regione e la realtà sociale e quanti vedono nell'Università uno degli elementi essenziali per la formazione dei cittadini, per lo sviluppo economico e civile della società.
Noi quindi accettiamo questo ruolo senza atteggiamenti di eccessiva sicurezza, senza sopravvalutazione delle nostre possibilità. Per questo la mozione fa anche appello alla collaborazione. Bisogna invertire una rotta una situazione che è andata deteriorandosi progressivamente sino a far prevalere gli elementi di disgregazione, di sfiducia, di delusione, di stanchezza. Noi sappiamo che, pur nelle enormi difficoltà in cui l'Università versa, in essa vi sono preziosissime energie costituite dal corpo insegnante che è la base essenziale per il rilancio, costituite dalla carica e dalla volontà di studiare, di apprendere, di formarsi con apertura ai problemi della vita democratica, sociale e civile del nostro Paese, da parte della stragrande maggioranza dei giovani, di sicura volontà costruttiva da parte di quanti prestano la loro opera in questa istituzione. Ma un complesso di circostanze porta, in ciascuna di queste componenti, a far prevalere quasi il momento della stanchezza; solo piccoli gruppi avvertono che è necessario dare un colpo di barra per avviare su un terreno più concreto, costruttivo, l'iniziativa per restituire l'Università alla comunità regionale e per raccordare la comunità regionale con la sua Università.
Noi avvertiamo che le difficoltà con cui si procede per l'attuazione di una riforma universitaria concorrono a rendere incerto il quadro e difficile la soluzione di tutti i problemi universitari e pensiamo che a questo riguardo, in una società che si trasforma così rapidamente, il perseguire finalità di perfezione, il perfezionismo sicuramente non giova.
Meglio una modesta, non definitiva, non ottima riforma oggi, che nessuna riforma, perché la vita continua e ciò che, oggi, si realizza in modo magari non compiutissimo, secondo un'impostazione intellettuale e di carattere generale, domani può essere modificato.
In secondo luogo ci allarmiamo per le specifiche situazioni e condizioni di deterioramento dell'Università di Torino dove la paralisi è alle porte, le strutture non funzionano più. Oggi è in corso uno sciopero sulle cui cause io non sto a discutere, sicuramente i dipendenti che sono entrati in agitazione avranno e hanno moltissime e valide ragioni, il guaio è che il concorrente di queste situazioni minaccia la paralisi. Noi vogliamo che l'intervento della Regione, le prospettive che il suo intervento assicura di poter fare da punto di riferimento, per un dialogo per fare emergere tutti gli apporti positivi, per far chiarire dal fondo le ragioni di questa crisi e le vie sulle quali occorre camminare per restituire l'Università alla sua alta e nobile funzione, debbano essere fatte prevalere.
La mozione sollecita la Giunta a prendere le opportune iniziative consultando rapidamente le componenti universitarie, sollecitandole a moltiplicare i propri sforzi sul piano della collaborazione per superare intanto questa fase, ma chiedendo dei sacrifici anche alle posizioni singole, specifiche dei vari gruppi, delle varie impostazioni che si scontrano anche nell'ambito dell'Università, offrendo come contropartita questa prospettiva democratica e costruttiva, questa prospettiva di confronto, di esame, di ampliamento della visuale degli orizzonti nei quali si deve collocare la soluzione dei problemi dell'Università di Torino.
Io sono certo che la Giunta, malgrado sia continuamente sollecitata ad interessarsi di una quantità di problemi, avverte come la questione dell'Università sia al centro morale della nostra vita, della nostra attività regionale e quindi dedicherà ad essa l'impegno che è richiesto in via d'urgenza assoluta per evitare che gli avvenimenti portino alla chiusura dell'Università.
Noi non abbiamo ritenuto opportuno che si sollecitassero delle ampie conferenze in cui venissero a galla, in termini polemici, le varie posizioni, ma abbiamo aperto la via (a nostro avviso più corretta) per affrontare nel senso democratico più ampio e nel senso costruttivo più corretto questo tema, e cioè la Giunta rapidamente prende contatto, la Giunta puntualizza per sé, come responsabile della iniziativa amministrativa e politica della Regione, il problema, quindi riferisce e propone al Consiglio il quale, nell'ambito della partecipazione che è alla base dell'impostazione che noi diamo alla soluzione di tutti i problemi della Regione, potrà articolare questo discorso in senso democratico, senza preclusioni di sorta, offrendo, anzi stimolando ogni parte, ogni componente, interna ed esterna all'Università, interessata alla sua sorte a dare un suo contributo costruttivo. La sede del dibattito, in sostanza, è in questo Consiglio, ed è quella che noi possiamo verificare e sollecitare.
Con quello che la mozione dice e presuppone noi accettiamo di essere sede e centro dell'iniziativa costruttiva e del dibattito per avviare l'Università di Torino (speriamo che concorrano anche fattori esterni) a una fase di ripresa, di rilancio, così come le sue altissime tradizioni, così come la sua funzione nobilmente esercitata in altri tempi, possa essere adeguata e sia una funzione di guida anche in un tempo turbinoso, ma che è un tempo di crescita democratica, come questo. E noi auspichiamo che, in conformità a questa crescita democratica, cresca l'Università della nostra Regione.



PRESIDENTE

E' iscritto a parlare il Consigliere Revelli, ne ha facoltà.



REVELLI Francesco

Signor Presidente, colleghi Consiglieri, la mozione che anche noi abbiamo sottoscritto ritirando quella che avevamo presentato con altri Gruppi della sinistra, ci soddisfa per quanto riguarda il concetto centrale; alcune cose avremmo voluto che venissero recepite, ma di questo dirò brevemente dopo.
In primo luogo vorremmo ricordare la situazione in cui si trova oggi l'Università di Torino in cui tutte le sue componenti interne, professori studenti, personale non insegnante, sono costrette ad una paralisi provocata da incertezze di potere e dal fatto che stanno saltando completamente le vecchie strutture sulle quali era basata l'autonomia universitaria. Siamo giunti ad una crisi dei rapporti di potere anche all'interno dell'università, ma a questo proposito dobbiamo sottolineare la responsabilità di tutti i governi che si sono succeduti dalla liberazione ad oggi (Governi diretti dalla D.C., in primo luogo) che hanno lasciato l'Università in mano ai corporativismi più gretti di pochi. Pur tuttavia diciamo che la crisi dell'Università è oggi al centro di uno scontro sociale che si ripercuote profondamente all'interno degli atenei e si collega alla battaglia più generale in atto nel Paese per un loro radicale rinnovamento. Occorre che si verifichino i momenti di saldatura democratica e di connessione per dare sbocco a questa crisi. L'Università oggi, come la scuola in genere, è un terreno di lotta fondamentale per le forze progressive ed operaie in primo luogo, è una condizione essenziale per una politica di riforme che porti a nuovi e più avanzati livelli sul terreno della democrazia.
Bisogna avere presente in linea generale che la crisi parte oggi da una chiara visione del rapporto Università-società come fatto sociale, come fatto politico ed è partendo da questa considerazione (che andrà approfondita in un dibattito serrato) che si imbocca la strada delle proposte; ogni proposta, ogni finalità e funzione dell'Università in merito al diritto allo studio, al problema del governo dell'ateneo, della ricerca e della programmazione non può prescindere da questo dato fondamentale che ci deve portare ad un'azione coraggiosa volta ad individuare nelle carenze strutturali, nelle linee di politica economica sin qui seguite, nelle mancate ritardate riforme le cause dello sfacelo che vive oggi l'Università in generale, quella di Torino in particolare. E' una crisi che ha le sue motivazioni in una serie di fenomeni che sono usciti con prepotenza dal movimento di lotta operaia, in primo luogo di tutte le forze progressiste del nostro Paese e che si ricollegano all'occupazione, all'organizzazione del lavoro, alle scelte di sviluppo economico produttivo, alla ricerca.
Tutto questo ci porta ad alcune brevissime considerazioni sul fatto che si chiami oggi la Giunta ad intervenire su delle questioni specifiche immediate, atte ad impedire che l'Università di Torino venga ad essere completamente paralizzata. Sulla legge universitaria odierna noi diamo un giudizio negativo e ci siamo impegnati a modificarne alcuni elementi qualificanti ritenendo che la cosa peggiore che si possa fare oggi per l'Università è di non fare niente. Poteri alla Regione lo Statuto ne dà: al Titolo V sugli studenti (tutto il problema del diritto allo studio) al Titolo VI negli organi di governo, al Titolo VII sul problema della programmazione universitaria. Quindi, indipendentemente dalla richiesta di partecipazione che è venuta dalle forze interne dell'Università negli incontri avvenuti in questi giorni tra professori universitari e tutti i partiti presenti nel Consiglio, è evidente che una nostra azione deve tendere ad operare di fronte a questa riforma con i poteri che ci vengono dati. Noi riteniamo che oggi si giochi una partita grossa con l'intervento della Giunta Regionale e del Consiglio e il tipo di rapporto che si viene a stabilire con l'Università dev'essere improntato alle linee dello Statuto che tutte le forze democratiche hanno votato, un rapporto nuovo cioè di partecipazione e di collaborazione che faccia sì che l'Università e la Regione abbiano altro da dirsi che non soltanto quanto è previsto dalla legge di riforma; la Regione deve diventare realmente l'interlocutore politico dell'Università in tutte le sedi e in tutte le forme, questo perché la riforma in atto ha troppi aspetti negativi per essere pienamente accolta da noi; la Regione deve far sì che altri provvedimenti seguano rapidamente per giungere ad una situazione nuova.
Questa mozione quindi noi l'accettiamo, tenendo presente però che i tempi (é già stato sottolineato anche dal collega Bianchi) devono essere rispettati. E' questione di giorni, si minaccia di chiudere l'ateneo la prossima settimana, quindi innanzi tutto la Giunta deve intervenire riferire al Consiglio e dare mandato anche alle Commissioni affinché vedano i problemi specifici più importanti ed in particolare quelli dell'edilizia e delle localizzazioni delle nuove Università.
Su questo piano noi daremo un giudizio sull'azione portata avanti dalla Giunta.



PRESIDENTE

E' iscritto a parlare il Consigliere Zanone, ne ha facoltà.



ZANONE Valerio

Signor Presidente, signori Consiglieri, come osservava poco fa il collega Bianchi, l'Università di Torino assiste, al pari di tutte le altre al ritardo ventennale di una riforma che un Ministro, il quale non mi risulta facesse parte della contestazione (per lo meno non della contestazione di estrema sinistra) come Guido Gonella, riconosceva di inderogabile urgenza già nella prima legislatura, oltre vent'anni fa.
Mentre la riforma universitaria trascina in Parlamento la sua vicenda in un clima politico che è di confusione pressoché totale, la nostra Università più di altre per essere l'unico ateneo di tutta la regione, soffre in pieno i problemi derivanti dal passaggio dalla istruzione universitaria come fenomeno di elite all'istruzione universitaria come fenomeno di massa.
Nell'Università di Torino, dieci anni fa, gli studenti iscritti erano circa seimila, oggi sono 35.000, ma l'organico del personale non insegnante, soprattutto per i gradi più elevati dei funzionari e impiegati di concetto, è rimasto lo stesso di dieci anni fa. Questo è un punto che bisogna tenere presente nell'esprimere un giudizio sulle agitazioni che sono in corso.
Vorrei fare, molto brevemente, alcune precisazioni più dettagliate rispetto agli interventi dei colleghi che mi hanno preceduto. Noi non abbiamo evidentemente né il titolo né la possibilità di valutare l'efficienza del personale universitario in servizio, comunque è probabile che questa efficienza sia compromessa anche dallo scarso numero dei funzionari direttivi e responsabili rispetto al personale subalterno e agli avventizi, molti dei quali sono retribuiti a fattura o in altre forme, come si suol dire, atipiche che in alcuni casi non sarebbero ammesse neppure nelle aziende private.
In particolare l'agitazione che è in corso va addebitata, come è noto alla cosiddetta legge Signorello che è stata approvata dal Parlamento ma non è stata ancora pubblicata sulla Gazzetta Ufficiale. In base ai parametri di quella legge, il personale non insegnante, soprattutto nelle categorie inferiori, vedrebbe ridotti i cosiddetti premi d'incentivazione che in realtà sono premi che non incentivano niente e nessuno perch corrispondono unicamente all'integrazione dei salari troppo bassi previsti dalla legge. Tra l'altro, sembra che in occasione di questo sciopero, come nei precedenti, non sia stata sospesa la retribuzione ordinaria per il personale e neppure la corresponsione dei premi d'incentivazione, per cui i dipendenti dell'Università sono forse gli unici al mondo ad avere un premio d'incentivazione non solo per le ore in cui lavorano ma anche per quelle in cui scioperano.
A parte questo, io credo che le rivendicazioni del personale appaiano oggettivamente giustificate e anzi, la stessa conferenza nazionale dei rettori si riunirà a giorni proprio per sollecitare un intervento correttivo sulla legge Signorello. Ciò che né gli amministratori dell'Università possono fare, né l'amministrazione regionale pu sollecitare da nessuno, è l'assunzione di comportamenti che siano contrari alle disposizioni della legge una volta che essa sarà pubblicata ed entrerà in vigore. E' chiaro che gli atti erronei del legislatore si possono correggere ma non si possono disattendere, soprattutto da parte di un Ente pubblico sottoposto ad una serie di controlli assai rigidi, come è, in questo momento almeno, l'Università di Torino.
Quanto allo sciopero, le conseguenze che derivano dal protrarsi dell'agitazione sono di grande gravità (del resto la stampa se n'è già fatta carico in una serie di interviste con il pro-Rettore); gli studenti rischiano di restare privi dei certificati che occorrono per avere il rinvio del servizio militare, vi sono dei neo-laureati che non possono avere i documenti per partecipare a concorsi la cui scadenza è imminente e, fra le altre cose che vengono dilazionate e ritardate dall'agitazione c'è anche la preparazione delle nuove convenzioni con le cliniche ospedaliere la cui urgenza è stata riconosciuta da tutti e anche da questo Consiglio.
In sostanza, questo sciopero è una lesione grave dei diritti degli studenti e dell'interesse generale, che riguarda direttamente la Regione al normale funzionamento di questa Università che oggi versa in condizioni disastrose e che, a giudizio di tutte le sue componenti, rischia di andare a picco.



BERTI Antonio

Scusa Zanone, ma hanno ragione o hanno torto i dipendenti a fare sciopero?



ZANONE Valerio

Io ho detto che le loro rivendicazioni sono, a mio avviso, legittime ma che lo stato di marasma in cui si trova l'Università di Torino è tale per cui i premi d'incentivazione che sono in fondo un'integrazione del salario disposto per legge, vengono corrisposti anche durante gli scioperi il che è certamente un fatto gravemente anomalo. Noi dobbiamo distinguere la legittimità delle rivendicazioni del personale (che a mio avviso sussiste) dallo stato di grave disordine amministrativo in cui versa tutto l'ateneo e in cui, secondo me, le responsabilità principali spettano certamente agli organi statali, al corpo legislativo che trascina la riforma senza riuscire a concluderla e che la concluderà probabilmente in una forma peggiorativa, e agli organi ministeriali che dovrebbero farsi carico di questa situazione con più efficacia di quanto finora non abbiano fatto; e non so fino a che punto sia stato incisivo l'interessamento del Ministro della P.I. alle condizioni critiche in cui versa la nostra Università.
Vi sono alcuni che ritengono che per venire incontro a questo stato di difficoltà e per avviare ad una soluzione, sarebbero opportune le dimissioni immediate del Rettore. Non entro in questa considerazione che spetta tipicamente all'autonomia accademica, ma se non vado errato esiste un altro problema connesso all'approvazione della riforma universitaria e cioè che fino a quando questa riforma non sarà approvata, non sarà possibile l'elezione di nuovi rettori. E quindi, quando anche il Rettore attualmente sospeso dalle sue funzioni si dimettesse, il pro-Rettore sarebbe costretto a gestire l'ordinaria amministrazione fino alla finale approvazione della riforma universitaria, come sta già accadendo al Rettore del Politecnico di Milano.
D'altra parte sulle questioni di carattere amministrativo il Rettore è soltanto un organo esecutivo del Consiglio di amministrazione e questo è forse uno dei punti più delicati della crisi universitaria, perché il Consiglio di amministrazione è, almeno in parte, formato da membri che sono decaduti per scadenza del loro mandato e perciò ridotto a funzionare in condizioni fortemente precarie anch'esso.
Noi auspichiamo, come Gruppo liberale, che il Consiglio Regionale riconosca il fondamento delle rivendicazioni del personale non insegnante solleciti, se è possibile, una ripresa degli stanziamenti da parte del Consiglio nazionale delle ricerche - perché pare che molte di queste retribuzioni siano connesse a borse di ricerca del CNR che forse sono sospese - condivida l'atteggiamento che è stato assunto anche dal Consiglio di amministrazione nel senso che fino a quando ciò non sia formalmente vietato dalla pubblicazione della legge Signorello, si continui a corrispondere al personale i premi d'incentivazione di cui ha goduto finora; ma anche inviti gli scioperanti a rendersi conto che questa agitazione, la quale causa effetti gravissimi agli studenti e agli interessi generali della comunità regionale, può essere risolta soltanto a livello nazionale e che quindi potrebbe più opportunamente essere rinviata come del resto si fa in tutte le altre Università, al mese di gennaio e intanto potrebbe essere sospesa in attesa di questi pronunciamenti.
Noi riconosciamo, per rifarmi a quanto diceva poco fa Revelli, che la gestione dell'Università è un fatto sociale, politico in cui tutte le parti politiche e sociali sono chiamate in causa ed in cui la Regione deve avere un suo ruolo interlocutore. Siamo d'accordo soprattutto che bisogna apprestare quelle iniziative che si possono apprestare sin da oggi, per avviare un dialogo sulla programmazione regionale degli insediamenti universitari. Mi pare che il punto su cui la nostra competenza può essere più forte è proprio questo, la programmazione i nuovi insediamenti universitari, alcuni dei quali sono già allo studio e altri sono necessari per un prossimo futuro. Va tenuto soltanto presente, da questo punto di vista, che per alcuni di questi insediamenti che sono già stati regolarmente deliberati ed approvati, vi sono delle scadenze; ad esempio per l'ampliamento dell'orribile palazzo di Via Sant'Ottavio in cui le facoltà umanistiche sono andate ad alloggiarsi dopo un ritardo di molti anni, trovando quindi una sede che era diventata già troppo esigua per le loro necessità. Si è posta immediatamente la necessità di un ampliamento e il terreno che a questo scopo è stato concesso dal demanio militare ha una scadenza di cinque anni, uno è già trascorso e si rischia, procrastinando ulteriormente ogni intervento, di arrivare ad una situazione in cui l'Università non possa più rispettare le scadenze alle quali è obbligata per legge.
Fatte queste precisazioni, noi aderiamo e voteremo la mozione che è stata concordata fra i vari Gruppi



PRESIDENTE

E' iscritto a parlare il Consigliere Nesi, ne ha facoltà.



NESI Nerio

Signor Presidente, quella che andiamo ad approvare è certamente una mozione di compromesso, come si evince chiaramente dalla sua genericità credo sarà facile per la Giunta aderirvi e dire che su queste basi va bene per i liberali come per noi, per i D.C. e per i comunisti In realtà essa nasconde una faticosa maturazione, perché i convincimenti dei nostri partiti su questi problemi sono, come è noto, abbastanza diversi: ne sono dimostrazione le vicende della riforma universitaria che vedono non solo un forte scontro all'interno della coalizione di Governo, ma posizioni differenziate anche nell'ambito della sinistra italiana anche se, come è noto, è soltanto attraverso la benevola astensione dei comunisti (e spesso per il loro voto a favore) che passa il disegno di legge proposto dal Governo. Ma questo è un fatto che non costituisce più l'eccezione bensì la regola del nostro Parlamento e non su questo noi vogliamo discutere, anzi per parte nostra non possiamo che compiacercene.
Dicevo che la stesura della mozione è stata faticosa e direi anche che lascia un po' perplessi sulle nostre funzioni. Io credo che in questi casi la funzione del Consiglio Regionale sia non tanto di competenza specifica quanto di sintesi politica generale. Discutiamo cioè non solo per stabilire alcune cose in senso specifico, ma per assumerci ancora una volta la rappresentanza politica generale della nostra Regione e prendere una posizione che sia politica e non tecnica e non giuridica, in ordine a un problema estremamente grave che non riguarda soltanto Torino ma, come ben sappiamo, anche Milano e Roma e l'intero Paese.
Noi dobbiamo risalire a quella che fu negli anni scorsi la contestazione giovanile per dire che dobbiamo essere grati a quei giovani che fecero quello che hanno fatto perché, anche se commisero degli errori (e sono gli errori dei nostri fratelli minori) posero però il problema nella sua assoluta drammaticità. E quindi il nostro saluto va innanzitutto a quei giovani, oltre che naturalmente ai docenti (soprattutto ai 25 docenti che si sono assunti il coraggioso incarico di lasciare l'altro giorno l'aula in cui si svolgeva l'assemblea generale dei titolari di cattedra) ed al personale non insegnante dell'Università di Torino.
Desidero dire qualcosa sull'intervento del Consigliere Zanone, quale dobbiamo dare atto che ha la capacità di portare i problemi ad un livello di natura concreta, ad un livello in cui si discute di articoli, di decreti, di leggi, di problemi specifici. Il suo ragionamento (è giusta l'interruzione del collega Berti) ci lascia però profondamente insoddisfatti per il modo, il taglio che egli ha dato al problema, cioè un taglio di natura amministrativa, di natura occasionale: lo sciopero del personale non docente. La questione è ben più grave, ben più ampia, è il dramma (la parola è forte ma credo che ne valga la pena) che attraversa innanzitutto il corpo docente dell'Università, sia quei docenti che sono dalla nostra parte, sia, con tutti i loro limiti, i loro difetti, le loro gravi colpe, quei docenti che sono ancora portatori di valori di un tempo e che non riescono a superare quelli che per noi non sono più valori o non lo sono mai stati.
Io credo che l'importante, caro Zanone, non sia vedere se è giusto o no che siano pagati quelli che fanno sciopero, l'importante è il rapporto fra l'Università e la società civile, fra l'Università e la classe lavoratrice è vedere a che cosa serva l'Università, se serva ancora avere una laurea importante è l'abbassamento del livello tecnologico del nostro Paese, la vendita alle industrie straniere della parte migliore della nostra industria, la svendita che è stata fatta della ricerca scientifica (è stato fatto un tentativo di costituire un Ministero della ricerca scientifica, ma ha avuto la vita che ha avuto e non se ne parla assolutamente più, non si sa neanche se esista), importanti sono l'ingiusta ripartizione dei fondi attraverso quella che doveva essere la programmazione della ricerca scientifica, gli errori gravissimi che ha fatto la programmazione, anzi la inesistenza di una programmazione anche là dove forse si poteva fare. E' giusto che la ricerca scientifica la facciano gli Istituti universitari che la faccia l'Università in collaborazione con la grande industria o la devono fare soltanto o la grande azienda o l'Università? E' tutta una serie di problemi non risolti. Certo, m'inchino a quello che diceva Gonella nel 1945, però siamo nel 1971 e ci ritroviamo puntualmente con un problema che non riguarda più solo i docenti universitari o il personale non insegnante o lo sciopero del personale non insegnante (che è soltanto una derivazione occasionale di questo fatto), ma riguarda il Parlamento, il Governo l'avvenire delle nuove generazioni. Noi sforniamo dei diplomati, dei laureati, ma quale destino avranno essi? Saranno preparati per fare gli ingegneri, gli insegnanti, i medici? Dev'essere chiaro che il loro destino ci interessa non perché essi siano più utili degli operai o degli impiegati che non hanno fatto l'Università, bensì per quello che la collettività ha pagato perché diventino laureati. Quale posto dà loro la collettività nel nostro Paese? Dovranno ricercare collocazioni migliori all'estero, o dovranno essere svenduti? Abbiamo dei dati estremamente preoccupanti della situazione, dati che dimostrano che i nostri giovani migliori sono costretti a cercare lavoro all'estero perché non c'è più spazio nelle aziende, le quali non fanno più ricerca scientifica. E perché non la fanno? Perché sono aziende che non hanno più uno spazio internazionale ma hanno uno spazio locale, sono diventate proprietà di aziende che hanno i propri uffici studio nel New Jersey, o in Florida, o a Francoforte sul Meno. Questo è il grande problema dei rapporti Università-società civile-azienda, questo è il tema che noi in assenza di altri, dovremo studiare, esaminare.
Non si tratta soltanto dell'Università di Torino, ma di tutte le Università italiane, di tutta la cultura scientifica italiana e la conferma ci viene da ciò che sta succedendo nell'iter della riforma universitaria a livello nazionale.
Per queste ragioni io credo che abbiamo fatto bene a discutere oggi la questione, anche se brevemente, anche se affrettatamente, ma con la coscienza che i nostri mezzi giuridici, istituzionali sono insufficienti, è vero, per l'aspetto generale, ma sono sufficienti per due aspetti specifici ai quali mi auguro che il Presidente della Giunta nella sua risposta si richiamerà: quello dell'edilizia universitaria e quello degli insediamenti universitari a livello regionale. In questo campo abbiamo la nostra competenza e penso che la Giunta farà bene a manifestarla, a sentire il Consiglio Regionale per fare qualcosa in questo campo.
Ecco i due problemi specifici sui quali richiamare l'attenzione della Giunta. Io non ho altro da dire, mi sono proposto di intervenire molto brevemente e voi scuserete la passione con la quale parlo, ma tanti giovani vengono da noi (giovani con 110 e lode se questo può avere ancora un senso nel 1971), giovani preparati che non sanno cosa fare, disposti a fare qualsiasi lavoro, per ciascuno dei quali la collettività ha speso dei milioni che sono perduti per il nostro Paese.



PRESIDENTE

E' iscritto a parlare il Consigliere Vera, ne ha facoltà.



VERA Fernando

Non credo resti molto da aggiungere dopo gli interventi dei colleghi che in larga parte condivido.
Il nostro Gruppo ha aderito all'ordine del giorno presentato dal collega Bianchi e da altri ed è stato maggiormente confortato in questa adesione dal colloquio che abbiamo avuto (una parte dei Capigruppo) con alcuni professori universitari, colloquio che ci ha resi più edotti, se è possibile, della gravissima situazione in cui versa l'Università gravissima se si pensa che dei professori certamente non adusi a gesti demagogici o a colpi di mano direi quasi rivoluzionari, parlano con estrema serenità e tranquillità della chiusura dell'Università come di una misura che incontra larghi consensi tra gli amministratori e i professori dell'Università di Torino.
Questa situazione si inquadra in quella nazionale della scuola e dell'Università che gia di per sé stessa è gravissima, ma trae aggravamento da alcune situazioni di carattere locale che sono state qui accennate, come quella delle vicende che hanno colpito al vertice l'ateneo e l'altra della mancata scelta del territorio per la sede, problema che si trascina da anni e che non è riuscito a trovare una soluzione. Non credo sia il caso di fare qui il processo per accertare le responsabilità, che però vanno indubbiamente divise tra coloro che per spirito conservatore hanno mantenuto e difeso una certa situazione universitaria ormai anacronistica rispetto ai nostri tempi e che si andava incancrenendo, e coloro che dicono di volere un rinnovamento radicale dell'Università, ma che molte volte hanno contribuito a distruggere senza poi proporre concretamente delle soluzioni. Certo la maggior parte delle responsabilità grava, secondo me su coloro che per anni hanno difeso una situazione che si rivelava anomala rispetto ad una nazione civile e moderna come l'Italia vuole essere.
La Regione Piemonte rispetto ad altre Regioni ha una sola Università maggiore dev'essere quindi l'impegno della Regione nel difenderla, nel rinnovarla, nel portare a soluzione i problemi della sua Università. E' un impegno che s'inquadra, penso, anche nell'esigenza di difendere il ruolo primario della collettività nella formazione dei quadri dirigenti della società di domani, ruolo nel quale veramente rischiano d'inserirsi, nel vuoto lasciato dallo Stato, iniziative di carattere privatistico sotto forma di corsi post-universitari , di preparazione di laureati che molte industrie potrebbero essere tentate di portare avanti e che certamente non contribuirebbero a mantenere allo Stato un compito che gli è proprio come quello della formazione dei quadri della società di domani.
L'impegno che nell'ordine del giorno chiediamo alla Giunta, dev'essere inteso in senso letterale per quanto riguarda l'urgenza, che è veramente estrema, ed è di portare avanti iniziative concrete, perché a questo punto l'Università non ha bisogno di parole, non ha bisogno di mozioni ma di iniziative reali che ne sanino la situazione.



PRESIDENTE

E' iscritto a parlare il Consigliere Giovana, ne ha facoltà.



GIOVANA Mario

Signor Presidente, colleghi Consiglieri, noi abbiamo aderito a questa mozione di compromesso nella piena consapevolezza delle precarietà e della genericità di una serie di affermazioni che sono contenute nella mozione stessa, delle riserve mentali che probabilmente stanno dietro ad alcune adesioni, degli equivoci che attorno a questa mozione si possono creare. Se una conferma di ciò era necessaria, questa ci è stata data dall'intervento del collega Zanone il quale, come giustamente rilevava il Consigliere Nesi poc'anzi, ha teso a rendere restrittiva nei suoi limiti più burocratici una questione che ha ben altra latitudine e ben altra importanza, manifestando una singolare, e per me nuova preoccupazione di parte liberale per una vicenda sindacale che ha certo grandissimo rilievo, ma che non esaurisce in se il più vasto problema dell'Università così come esso si pone.
Mi rendo conto delle difficoltà dei colleghi liberali, nella specifica condizione della realtà universitaria torinese, ad affrontare l'argomento avendo avuto al vertice dell'Università stessa uomini che o nelle variegate tappe delle loro avventure politiche hanno anche nutrito una fede liberale o che la nutrono tuttora e rappresentano in modo fatiscente delle cariche universitarie, mi auguro, di transizione. Tuttavia, è chiaro che il problema va posto nei termini in cui concretamente - e me ne compiaccio lo poneva il collega Bianchi a nome del Gruppo della D.C.
Vorrei ricordare che in questi giorni, in quest'aula, è stato reso omaggio a due eminenti nomi del mondo politico cattolico: Don Sturzo e Donati. Io mi permetterò di ricordarne un altro: Francesco Luigi Ferrari una limpida figura di cattolico e di antifascista, uomo che a 35 anni affrontando l'esilio, ricominciò a fare lo studente a Lovagno, elaborò una tesi (non a caso) sul regime fascista, non ancora (penso sempre non a caso) tradotta in Italia, e mantenne integra questa sua posizione di antifascista morendo in esilio. Francesco Luigi Ferrari, l'ultima volta che incontr quell'altra eminente figura dell'antifascismo laico che fu Gaetano Salvemini, nell'ottobre del 1930 a Bruxelles, al processo contro un giovane studente universitario torinese, De Rosa, il quale aveva compiuto un attentato dimostrativo contro il principe ereditario, congedandosi da Salvemini stesso gli disse: "Speriamo di ritrovarci per rifare democraticamente l'Università in Italia". Questo auspicio purtroppo non si è compiuto per Francesco Luigi Ferrari. Credo che se avessimo avuto la ventura di vederlo presente nelle vicende politiche di questa nostra Repubblica, avremmo potuto constatare la sua demoralizzazione, la sua sfiducia per quanto in questi lunghi anni dalla nascita della Repubblica e dall'affermazione della Costituzione, non è stato fatto per riformare l'Università, ma tenendole al contrario addosso arcaiche bardature e soprattutto arcaiche satrapie.
Il momento che ha richiamato la nostra attenzione, quello della crisi dell'Università di Torino, come già hanno sottolineato altri colleghi s'inserisce in un quadro più ampio e più generale d i crisi dell'Università italiana. Giustamente il collega e compagno Nesi ricordava come l'esplodere di questo fatto agli occhi di tutta l'opinione pubblica, anche della meno consapevole e della meno attenta, sia merito indubbio di quelle forze giovanili che pure con i loro errori, con i loro momenti sussultori a vuoto, hanno dato uno scossone a qualche cosa che non si muoveva. Il problema di fondo è certamente quello di recuperare rapidamente l'Università alla sua funzione essenziale che a mio avviso - e in questo c'é forse una sfumatura di dissenso con quanto diceva il collega Nesi - non si esaurisce, non può esaurirsi nel compito di recupero, certamente importante e fondamentale anch'esso, della preparazione e della formazione dei quadri per la classe dirigente economica e politica del Paese, ma è in primo luogo, proprio per collocarla giustamente in un quadro di formazione culturale, spirituale, organica e integrale, momento di formazione della coscienza civile e morale dei cittadini. Ed è in questo quadro che noi, al di là dei limiti dei poteri che possiamo avere o non avere come Regione Piemonte, abbiamo il dovere specifico di manifestare, e subito, con atti precisi, una volontà politica che non possiamo eludere.
E' in questo spirito - per la parte che ci compete - che noi abbiamo aderito alla mozione, ritenendo che attraverso ad essa si potesse realizzare, nel modo più rapido e nella forma più pregnante, un intervento il più unitario e il più largo possibile per incominciare a porre le basi di un reale rinnovamento universitario che trovi partecipi e consapevoli tutte le forze che nell'Università e nella società hanno bisogno di una sua profonda riforma.



PRESIDENTE

E' iscritto a parlare il Consigliere Conti, ne ha facoltà.



CONTI Domenico

Signor Presidente, signori Consiglieri, io non mi soffermo sugli aspetti contingenti del problema che hanno determinato questa nostra iniziativa, vorrei soltanto portare un modestissimo contributo circa la correttezza del rapporto che tutti auspichiamo, anzi, sollecitiamo urgentemente che si instauri fra Regione e Università. Mi sembra che sia il punto fondamentale ed è stato già sottolineato da altri colleghi.
A me pare che questo rapporto debba essere anzitutto efficace ed ecco perché la mozione prevede due tipi d'intervento, uno per questioni immediate, l'altro per questioni di fondo per quel che riguarda l'Università. Questo rapporto dev'essere permanente e doveroso al quale la Regione non può e non deve rinunciare, e deve essere soprattutto un rapporto corretto. E su questo punto che vorrei soffermarmi brevemente.
Già nel decreto delegato per l'istituzione professionale il Consiglio aveva votato il parere della Regione e si parlava dei rapporti della Regione con l'Università, definendo l'Ente Regione interlocutore politico dell'ateneo. Mi sembra che questo sia il punto base per la correttezza del rapporto fra Regione e Università. Con questo non s'intende fare un'Università regionale nel senso deteriore, non s'intende affatto subordinare la cultura e la ricerca e i processi formativi universitari, al potere politico regionale. Quando si dice che la Regione dev'essere interlocutore politico dell'Università, s'intende realizzare un rapporto permanente tra Regione e ateneo, rapporto che tenga nel debito conto e miri al loro soddisfacimento, le esigenze che emergono da questi fatti: innanzitutto che la comunità regionale, politicamente rappresentata dall'Ente Regione, è il destinatario principale, anche se non esclusivo, di un servizio che ha enorme importanza e sotto molti aspetti per la vita e lo sviluppo della stessa comunità. S'intende anche affermare che la comunità regionale esige di aprirsi a livelli superiori, a orizzonti sempre più ampi di conoscenza scientifica della realtà oggettiva, di capacità espressiva e manifestativa, di capacità operativa e trasformatrice, di costume civile e democratico a cui questo sviluppo di capacità è chiamato a sostituire in modo insostituibile la stessa Università. Vuole ancora sottolineare, quando si dice che la Regione è interlocutore politico dell'Università, che è principalmente la comunità regionale che contribuisce con una grande varietà di apporti e di sollecitazioni, a rendere possibile l'attività stessa dell'Università. Ancora, che l'Ente Regione, sulla base dell'art.
117, sarà chiamato ad esercitare competenze rilevanti in rapporto all'Università. Già è stato ricordato: l'edilizia universitaria, la localizzazione dell'ateneo, c'è il diritto allo studio, la formazione professionale, i trasporti e così via. Infine ci sono i precisi impegni statutari: ricordo brevemente l'art. 2 sulla partecipazione; evidentemente la Regione deve promuovere la partecipazione ovunque e non soltanto nel suo ambito ristretto e l'Università è pur sempre un'altissima espressione di forma di vita civile e la Regione non può essere insensibile ai rapporti all'interno dell'Università, proprio perché da questo regime di rapporti scaturirà una conseguenza importantissima sui rapporti della comunità in generale. Tra l'altro c'é l'art. 4 dove viene affermato, in concorso con lo Stato e con gli altri Enti, lo sviluppo della cultura e della ricerca scientifica.
Mi pare sia importante quindi che subito il rapporto, sia pure per riguardo ad un problema contingente come è quello delle controversie che dilaniano l'Università di Torino, si realizzi nel modo più corretto. In sostanza la Regione deve, fin dall'inizio, esercitarsi ad acquistare e ad esplicare una capacità interpretativa, di sintesi, di rappresentanza delle istanze della comunità regionale; deve parimenti conseguire una capacità di interloquire con l'Università, nel rispetto della sua autonomia, proprio perché interlocutore politico e perciò difensore e sostenitore delle debite autonomie; capacità di orientare e di determinare certe scelte sia attraverso le materie dell'art. 117, ma anche al di là appunto come sintesi rappresentativa di tutte le istanze che ci sono sul terreno della Regione.



PRESIDENTE

Ha facoltà di parlare il Presidente della Giunta.



CALLERI Edoardo, Presidente della Giunta Regionale

La Giunta accoglie questa mozione sull'Università, pur rendendosi perfettamente conto che si tratta di una convergenza frutto di un compromesso e pertanto non espressiva, così come non lo potrebbe essere appunto perché convergenza, delle varie posizioni che ci sono all'interno del Consiglio Regionale, come nell'interno dell'articolazione politica dell'intero Paese. Ma desidero qui ricordare come noi dobbiamo essere estremamente rispettosi, nella misura in cui vi crediamo, di una democrazia pluralistica dei poteri autonomi che sono tradizionalmente propri del mondo universitario e dell'autonomia che l'Università deve avere nell'interno del nostro Paese, come di una delle strutture che, per la propria tradizione e per il contenuto espressivo della propria attività, deve essere con estrema attenzione tutelata. Il che, come ha giustamente sottolineato il collega Conti, non vuol dire che la Regione non debba porsi come interlocutrice sia per quanto attiene ai problemi che sono demandati alla sua competenza, e che si rifanno a ciò che il Consigliere Nesi diceva nel suo intervento alle scelte di localizzazione nell'interno della Regione delle strutture universitarie, sia per quanto più direttamente attiene a quei compiti di approfondimento generale della vita culturale della Regione che devono trovare ovviamente nell'Università un interlocutore valido.
Però nel momento in cui la Regione assume una posizione nei confronti di questi problemi noi non possiamo, pur attribuendo tutte le responsabilità che vanno attribuite al legislatore ed all'amministrazione dello Stato in ordine alle particolari difficoltà in cui si trova l'ateneo di Torino, come in generale tutte le strutture universitarie italiane, non possiamo non discendere sul terreno di ciò che è il contingente, di ciò che è in questo momento più urgente da affrontare per assicurare la regolarità dei corsi universitari e quindi la vita della Università, in attesa che la riforma vada avanti e ricostituisca quelle strutture nuove che l'espansione stessa dell'Università propone all'attenzione di tutti coloro che hanno responsabilità politiche. Dobbiamo cioè rifarci all'attuale condizione e io che sono solitamente un difensore dell'autorità di governo, non posso non deprecare qui in modo estremamente duro la totale assenza del Ministero della P.I. nei confronti della gravissima situazione che si è venuta a creare a Torino (e non solo a Torino) nell'interno dell'Università, e non giudicare con estrema pesantezza il disinteresse che ha caratterizzato, nel corso di questi ultimi mesi, la responsabilità del Ministero della P.I. in ordine all'attività amministrativa dell'Università di Torino come delle altre Università lasciando alla magistratura ordinaria il compito di fare un controllo all'interno di strutture vecchie, con delle regolamentazioni vecchie, e di dare poi un giudizio che è suonato molto pesante nei confronti degli amministratori e della gestione dell'Università. Ciò ha aggravato uno stato di tensione e di disagio di cui gli episodi di oggi sono l'espressione più concreta: nessuno si vuole assumere delle responsabilità nei confronti dei dipendenti, riconoscendo ciò che in passato è stato riconosciuto, per la preoccupazione che possa diventare un capo di imputazione che aggravi ulteriormente le già difficili condizioni in cui si trovano molti degli amministratori e molti dei responsabili della gestione universitaria. Per questo io depreco la totale assenza di qualunque chiarimento da parte del Ministero della P.I. il quale molto pilatescamente se ne lava le mani e non si vuole assumere nessuna responsabilità in ordine ad eventuali irregolarità che possono essere state compiute, ma che se sono state compiute, lo sono state per carenza di chiare indicazioni di carattere amministrativo prima ancora che per volontà di prevaricare i limiti della legge.
Io credo che tutte queste cose debbano essere superate nel modo migliore, con la collaborazione di tutte le forze a livello regionale, non attardandoci in polemiche, cercando di comporre ciò che è componibile, e cercando di venire incontro a quelle esigenze che qui sono state manifestate e che sono la base di partenza per poter dare un minimo di avvio alla ricostruzione di queste strutture che si trovano oggi a dover fronteggiare, con degli strumenti obiettivamente obsoleti, dei problemi nuovi che sono in larga misura determinati anche dall'esplosione della frequenza degli studenti all'Università e dal ritardo nell'adeguamento delle strutture a questa nuova domanda che è poi la società stessa ad avere creato.
In questo limite che, mi rendo conto, non può essere che limite contingente, la Giunta può accettare l'indicazione del Consiglio e farla propria, cercando di risolvere il problema così come oggi si pone, con un intervento che miri ad assicurare, in un clima di collaborazione, la possibilità all'Università di superare questo stato di disagio e di riprendere il suo funzionamento, ferme restando come premesse, come punto di vista generale, molte delle considerazioni che qui sono state fatte e che ci possono anche trovare su delle posizioni differenziate ma che tutte quante insieme ci possono unire (come lo stesso testo della mozione dimostra) sulla esigenza di un intervento a breve termine.
Io non approfondirei ulteriormente il limite che tutti quanti noi diamo, sia pure da ottiche diverse, alla convergenza che si viene verificando su questa mozione che è sottoscritta pressoché da tutti i gruppi, non darei un'ulteriore dilatazione all'argomento che però impegna l'attività della Giunta e coglie questo carattere di urgenza che da molte parti è stato sollevato per vedere di risolvere in modo positivo, con il concorso di tutte le componenti universitarie, il problema a breve termine esprimendo noi delle indicazioni politiche di carattere generale nelle quali ovviamente ci ritroviamo, ma lasciando al legislatore il compito di ristrutturare questa entità autonoma che è l'Università secondo quelle espressioni di democrazia, di pluralismo che costituiscono il punto fondamentale su cui è articolata la società italiana e su cui vuole essere articolata la democrazia in Italia.
Nei termini che dicevo la Giunta si assume l'impegno che il Consiglio le demanda per vedere di risolvere nel modo migliore e più positivo, con tutte le componenti universitarie e con la collaborazione di tutti gli enti che qui sono indicati, il problema immediato dell'Università di Torino.



PRESIDENTE

Se nessuno chiede di parlare per dichiarazione di voto, pongo in votazione per alzata di mano la mozione presentata dal Consigliere Nesi ed altri, accettata dalla Giunta: chi è favorevole è pregato di alzare la mano E' approvata all'unanimità.


Argomento: Controllo sugli atti degli enti locali

Sull'ordine dei lavori


PRESIDENTE

Prima di passare all'ultima questione che possiamo esaminare questa mattina, desidero comunicare, per quel che riguarda la "Elezione di esperti nelle discipline amministrative per le Sezioni decentrate del Comitato di controllo sugli atti degli Enti locali" delle varie province piemontesi e del circondario di Biella, che mi è stato fatto presente da parte dei Gruppi di maggioranza di non essere ancora pronti a formulare le candidature per la loro rappresentanza in queste sezioni decentrate; non sarà quindi possibile procedere questa mattina a questa elezione. Da parte dei Gruppi di opposizione mi è stato fatto presente che erano pronti e che avrebbero desiderato che si procedesse all'elezione se non stamane in fine di seduta, per lo meno oggi pomeriggio. E' evidente però che dovendo procedere ad una elezione, non possono non tener conto della richiesta formulata dai Gruppi di maggioranza.
Desidero tuttavia assicurare al Consiglio che data anche l'esigenza di poter formare queste sezioni decentrate prima della scadenza che è prevista per l'entrata in vigore delle stesse sezioni decentrate fissata per l'1/1/1972, sarà necessario procedere all'elezione prima di quella data. Mi propongo perciò di convocare il Consiglio Regionale per procedere a questa elezione, subito dopo l'elezione del nuovo Capo dello Stato e comunque, se questa elezione dovesse protrarsi (cosa che speriamo questa volta non avvenga) al di là dei termini normali nei quali dovrebbe avvenire, mi proporrei di indire il Consiglio Regionale prima delle feste natalizie.
Vi è qualcuno che ha da fare delle osservazioni?


Argomento: Problemi del lavoro e della occupazione

Mozione sulla situazione della Fabbrica Caesar


PRESIDENTE

Procediamo per ultimo (tutte le altre questioni vengono perciò rinviate ad altra seduta) alla proposta di mozione sulla situazione della fabbrica Caesar, che porta le firme dei Consiglieri Giovana, Sanlorenzo, Berti Furia, Minucci, Lo Turco, Viglione e Simonelli.
Ne dò lettura anche se è stata distribuita: "Il Consiglio della Regione Piemonte, in ordine alla minaccia di licenziamento che grava sui lavoratori dell'azienda Caesar ed a prospettive di ulteriore crisi produttiva dell'azienda stessa che possano essere avanzate dai suoi proprietari impegna la Giunta Regionale di intervenire affinché: 1) non si effettui alcun licenziamento fra le maestranze dell'azienda 2) non si dia luogo ad alcun finanziamento nei confronti della Caesar che non contenga garanzie di mantenere i livelli di occupazione attuali, di migliorare le condizioni di lavoro e che non sia legato ad un controllo della Regione 3) la Rai-Tv metta in onda un servizio sulla questione della fabbrica in accordo con il consiglio di fabbrica".
Qualcuno chiede di illustrarla? Ha facoltà di parlare il Consigliere Giovana.



GIOVANA Mario

Io sono pronto ad illustrarla, se i colleghi avranno la bontà di ascoltarla, poiché intendo fare un'illustrazione che non sarà brevissima.
Mi era stato detto che l'Assessore Visone avrebbe fornito un'informazione sulla risultanza di un incontro, dopo di che avremmo discusso nel pomeriggio. Se però si intende farlo adesso io sono pronto, avvertendo i colleghi però che non svolgerò un intervento di pochi minuti



PRESIDENTE

Era previsto di tenere il Consiglio Regionale questa mattina, alcuni colleghi già non ci sono e comunque non ci saranno oggi pomeriggio perch non era prevista una seduta pomeridiana.
Ha facoltà di parlare il collega Sanlorenzo.



SANLORENZO Dino

Io credo che sia di grande utilità per tutto il Consiglio e soprattutto per la stampa che tutti i Consiglieri siano resi edotti dei primi risultati già ottenuti dall'iniziativa che la Giunta Regionale, alcuni Consiglieri e i Sindacati dell'azienda hanno intrapreso in questi giorni, anche perch pare che nei prossimi giorni ci sarà un incontro con il Ministero che dovrebbe essere risolutivo. Nello stesso tempo però non bisognerebbe sottrarre a un dibattito del Consiglio l'argomento Caesar e quelli che possono esservi collegati, ragion per cui proporrei, anche data l'ora, che l'Assessore Visone facesse una brevissima comunicazione del punto in cui è la situazione, rimanendo intesi che la questione sarà esaminata nel suo complesso nella prossima seduta del Consiglio.



PRESIDENTE

La sua proposta, se non erro, è di ottenere l'informazione dalla Giunta sui contatti che ci sono stati finora, mantenere iscritta la questione all'ordine del giorno e procedere all'esame ed eventualmente alla deliberazione di una mozione in ulteriore seduta, modificando la mozione in base agli avvenimenti che si sono verificati dopo l'esame dell'o.d.g.



SANLORENZO Dino

Esattamente.



PRESIDENTE

Credo che l'Assessore Visone abbia qualche informazione da dare; ha facoltà di parlare.



VISONE Carlo, Assessore ai problemi del lavoro e dell'occupazione

Signor Presidente, colleghi, penso che conosciate ormai tutti la situazione della Caesar; è un'azienda che lamenta un eccesso di personale rispetto alla produzione vendibile e un eccesso di spese generali. In questo contesto l'azienda aveva iniziato la procedura per il licenziamento di 200 dipendenti e cioè 164 operai, 32 impiegati e quattro intermedi. Di fronte a questa situazione le maestranze hanno dichiarato lo sciopero e hanno proceduto anche all'occupazione della fabbrica. Allo scadere della procedura mediante la quale l'azienda doveva inviare le lettere di licenziamento, è stato chiesto l'intervento del Consiglio Regionale e della Giunta. L'Assessorato al Lavoro ha provveduto a convocare le parti e dopo una lunghissima discussione si è addivenuti a questa decisione: l'azienda sospende i licenziamenti e chiede l'intervento della legge 1115. Poich questo intervento presuppone un decreto del Ministro del Lavoro, è stato chiesto un incontro con quel Ministro che avrà luogo (ve lo posso dire in via ufficiosa perché il telegramma non è ancora arrivato) lunedì pomeriggio in Prefettura. In questa riunione dovrebbe essere definita la situazione per cui l'azienda, godendo dei benefici della 1115, sospenderebbe i licenziamenti, si applicherebbe la cassa integrazione con l'impegno che entro sei mesi verrebbe rivista tutta la situazione. C'è da sperare che i licenziamenti possano così essere ritirati.


Argomento:

Mozione sulla situazione della Fabbrica Caesar

Argomento:

Interrogazioni (annuncio)


PRESIDENTE

Prego il Segretario Consigliere Gerini di dare lettura delle interrogazioni pervenute.



GERINI Armando, Segretario

dà lettura di due interrogazioni pervenute alla Presidenza



PRESIDENTE

Il Consiglio sarà convocato a domicilio posteriormente all'elezione del Capo dello Stato e comunque in data anteriore alle ferie natalizie.
La seduta è tolta.



(La seduta ha termine alle ore 14,10)



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