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Dettaglio seduta n.65 del 18/11/71 - Legislatura n. I - Sedute dal 6 giugno 1970 al 15 giugno 1975

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Argomento:


PRESIDENZA DEL PRESIDENTE VITTORELLI


Argomento: Edilizia e norme tecnico-costruttive - Edilizia pubblica (convenzionata, sovvenzionata, agevolata)

Comunicazioni della Giunta Regionale sulla Legge 22/10/1971 n. 865 relativa a programmi e coordinamento dell'edilizia residenziale pubblica


PRESIDENTE

La seduta è aperta.
Iniziamo la discussione sulla terza questione al terzo punto all'o.d.g.: "Applicazione della Legge 22/10/1971 n. 865 relativa a programmi e coordinamento dell'edilizia residenziale pubblica".
Le comunicazioni della Giunta saranno fatte dal Vicepresidente Cardinali, il quale ha facoltà di parlare.



CARDINALI Giulio, Assessore all'urbanistica

Signor Presidente, colleghi Consiglieri, come voi tutti saprete, il 30 ottobre scorso è entrata in vigore la Legge n. 865 (un altro numero al quale dovremo abituarci) detta comunemente "legge sulla casa". Voi conoscete l'iter tormentato che ha avuto questa legge, ma non staremo qui a rifarne la storia e a rappresentarne le varie fasi; quello che conta è che la nuova legge ha alcuni aspetti fondamentalmente positivi e che riguardano soprattutto le espropriazioni e le competenze che vengono delegate alle Regioni. Dico "positivi" perché con la prima parte, attraverso questa legge, riusciamo a dare un assetto soddisfacente alla ricerca dei terreni al di fuori di quei canali speculativi che hanno spesso reso difficili i nuovi insediamenti. Attraverso alle competenze alle Regioni abbiamo inoltre, quel decentramento di funzioni che avevamo sempre auspicato.
Orbene, in base alla Legge n. 865 e al suo art. 3, entro 30 giorni le Regioni devono trasmettere al CER (Comitato dell'edilizia residenziale) le indicazioni delle esigenze prioritarie in materia di edilizia economica e popolare (così dice l'articolo).
E' evidente che i termini sono estremamente brevi e di questo fatto ci si era resi conto già da parecchio, tant'è che nel mese di agosto avevamo preso degli accordi con gli IACP e con il loro consorzio da poco costituito, per iniziare un'immediata indagine che ci consentisse di avere un quadro preciso del fabbisogno della nostra Regione. Diremo che, ad eccezione di alcune Regioni italiane, forse siamo stati tra i primi e prendere queste misure. Vi sono delle Regioni ancora oggi, come le Marche e la Campania che hanno appena iniziato il censimento del fabbisogno tallonate a vista dalla scadenza dei termini.
Abbiamo concordato, con gli IACP, un questionario da inviare ai Comuni (1209) della nostra Regione. Lo abbiamo concordato con gli IACP in primo luogo perché ci sembrava che rappresentassero lo strumento di più facile operatività, essendo enti che avevano da lungo prestato la loro opera (sempre a mio modo di vedere) positiva nell'ambito dell'edilizia economico popolare; in secondo luogo perché, ai sensi dell'art. 4 della legge, la Regione svolge la funzione che le viene delegata attraverso i due enti a cui si fa riferimento, cioè gli IACP e le cooperative o loro consorzi. Non abbiamo (lo dico francamente) interpellato in questa fase i consorzi delle cooperative per la semplice ragione che il problema era ancora a livello di censimento, vale a dire non era ancora necessario avere delle interpretazioni o delle indicazioni, ma occorreva sapere l'effettivo fabbisogno abitativo nella Regione Piemonte. Abbiamo così svolto la nostra ricerca attraverso gli enti più qualificati a dare queste indicazioni e cioè i Comuni; è stato perciò inviato ai 1209 Comuni della nostra regione un questionario, piuttosto complesso, in cui erano però contenute domande alle quali era opportuno rispondere. A dire il vero, salvo rare eccezioni i Comuni hanno risposto non dimostrando preoccupazioni di fronte al questionario, semmai ci hanno detto di essere impossibilitati a rispondere tempestivamente per motivi legati al censimento in corso. Il questionario è stato inviato in data 12 ottobre e avevamo posto come termine, per la risposta, il 6 novembre. Erano evidentemente dei tempi che non lasciavano molto spazio, ma dobbiamo dire che le risposte sono state pronte. Al giorno 6 novembre erano pervenute un numero di risposte pari a poco più del 20 per cento del totale dei Comuni, ma tra il 6 e oggi ne sono pervenute molte altre.
Oggi possiamo ritenere che le risposte pervenute rappresentano all'incirca, il 60/65 per cento dei Comuni della Regione. Se pensiamo che la Lombardia che aveva iniziato prima ha raggiunto il risultato che lambisce, senza superarlo, il 70 per cento, dobbiamo essere grati a tutti gli Enti locali che si sono immedesimati nel problema.
Nella riunione che abbiamo tenuto il giorno 15 con gli IACP (per una singolarità di date si può dire che a cavallo fra il 13 ed il 15 si sono verificati in tutte le Regioni italiane a Statuto ordinario, incontri analoghi) abbiamo avuto dei dati che si rifacevano a una massa di Comuni corrispondenti a 527 su 1209. Personalmente, come Assessorato e come Giunta, non ritenni opportuna la comunicazione di questi dati, prima di tutto perché non erano completi, in secondo luogo perché occorreva chiarire alcuni aspetti contenuti nei dati, in particolare quelli relativi alla situazione urbanistica che risultava molto pesante. Evidentemente il criterio al quale ci siamo attenuti non poteva esimere gli IACP e il loro consorzio dal rendere pubblici dei risultati per cui giustamente rivendicavano se non altro il merito del lavoro compiuto per ottenerli.
Dal punto di vista urbanistico i dati che sono in grado di comunicare in modo globale a questo Consiglio risultano questi: sui 1209 Comuni ne abbiamo soltanto 343 in cui è stato approvato un programma di fabbricazione con relativo regolamento edilizio; soltanto per 16 Comuni, tra quelli tenuti a fare il piano regolatore, detto piano è stato approvato: 343 più 16 = 359, è una cifra molto bassa. 492 programmi di fabbricazione sono attualmente all'esame del Provveditorato ai LL.PP. e stanno seguendo l'istruttoria normale, con continuo rinvio ai Comuni per rielaborazioni al fine di far rientrare detti programmi nelle norme stabilite dalla legge ponte e dal decreto dell'aprile '68; 335 Comuni non hanno ancora, fino a questo momento, presentato il programma di fabbricazione.
Questa situazione deve essere giudicata preoccupante, anche se i dati sono lievemente migliori di quelli apparsi dopo la riunione del giorno 15 perché buona parte dell'attuazione dei programmi di edilizia economico popolare che ci accingiamo a portare avanti, è legata alla presenza degli strumenti urbanistici.
E torniamo ai dati emersi dal fabbisogno. Abbiamo notato, nella riunione del giorno 15 (i grossi Comuni avevano già risposto, questo è un fatto importante) che c'era la tendenza da parte di qualche Comune a gonfiare i dati della richiesta. Io ho voluto raccoglierne alcuni, che comunico al Consiglio: su una popolazione di 3.200.000 abitanti che aveva risposto al questionario, mentre la popolazione attuale del Piemonte si pu stimare attorno ai 4.600.000, avevamo una richiesta globale massima di 176.104 alloggi. Se voi pensate che mediamente ogni alloggio rappresenta un'entità di 5,5 vani, vi rendete conto del numero di vani che si ottiene moltiplicando 176.000 per 5,5. La spesa presunta di questa richiesta di fabbisogno massimo, secondo le segnalazioni dei Comuni, (tenuto conto che l'unità immobiliare, l'alloggio, compresa anche la quota parte di terreno che compete alla costruzione, può essere valutata attorno ai dieci milioni) ragguagliata ai 3.189.000 abitanti, era di 1761 miliardi, mentre ragguagliandola ai 4.600.000 abitanti, la richiesta sale a 2500 miliardi.
Cifre impressionanti.
Avevamo richiesto ai Comuni anche dei dati minimi rispetto a questi: sulla popolazione di 3.200.000 abitanti, le esigenze, in numero di alloggi sono di 94.576; ragguagliate a 4.600.000, che è la popolazione attuale, ne consegue una richiesta minima di 136.000 alloggi. E' evidente che questi dati non individuano il parametro preciso del fabbisogno minimo e massimo ma è certo che il nostro fabbisogno abitativo regionale è in una cifra intermedia fra questi valori e cioè, sempre ragguagliandola ai 4.600.000 abitanti, è tra 1360 miliardi e 2500 miliardi. Abbiamo così una media di 200.000 alloggi che corrisponderebbe, sempre per i 4.600.000 abitanti, a 2000 miliardi di lire. Se trasformiamo la richiesta di 2000 miliardi di lire in vani, dividendo cioè i 200.000 alloggi per 5,5 otteniamo 1.100.000 vani corrispondente al fabbisogno medio dei due valori indicati.
Ho citato queste cifre non per annoiare i colleghi Consiglieri, ma perché questa cifra, che valuteremo ulteriormente in una riunione che avrà luogo il giorno 24 con gli IACP, deve essere verificata su altri dati di cui siamo in possesso e che sono : le indagini Ires effettuate nel 1964 per la ricerca del fabbisogno abitativo, che avevano portato, con i successivi aggiornamenti nel 1968, a individuare una necessità di vani nella nostra Regione di 1.617.000. Allora, il dato medio ricavato dai due dati fornitici dai Comuni ci dà 1.100.000 vani come minimo e 1.480.000 come massimo; il dato Ires, al '68, era di 1.697.000.
Io ritengo che, tenuto conto dei vani che sono stati costruiti in questo periodo, il dato di 1.400.000 vani possa rappresentare un'indicazione precisa del fabbisogno abitativo. Questo è il censimento che aggiorneremo con tutti i dati appena li avremo nelle nostre mani. A questo proposito vorrei precisare subito al Consiglio Regionale, (ammesso che abbia interesse ad ascoltare queste cose, visto che c'è una certa disaffezione all'ascolto) mi pare che il Consiglio debba sapere.



PRESIDENTE

Prego i signori Consiglieri o di ascoltare al loro posto o di parlare all'esterno, perché è impossibile per l'oratore procedere davanti alla disattenzione del Consiglio.
Prosegua pure Assessore.



CARDINALI Giulio, Assessore all'urbanistica

Grazie, molto gentile.
Dai dati, che non abbiamo elaborato noi, ma che sono attendibili, circa il monte premi della legge per i tre anni dal '71 al '73, sappiamo che sono disponibili 2400 miliardi di lire. Se teniamo conto che il fabbisogno a livello medio da parte del Piemonte indicava una richiesta di 2000 miliardi, vediamo che la cifra a disposizione è estremamente modesta, anche se rappresenta un avvio di cui tutti prendiamo atto. D'altra parte, di questi 2400 miliardi, una quota dovrà essere destinata alla decapitazione degli affitti degli attuali utenti delle case già costruite; un'altra quota dovrà essere dedicata alle sistemazioni interne degli edifici esistenti per renderli adeguati alle nuove esigenze; una terza quota è destinata ad interventi speciali nei Comuni di Messina, Napoli, Roma e Bologna. Oltre tutto noi abbiamo una quota del 45 per cento di ciò che resta, destinata al meridione.
Da conti che ritengo di considerare sufficientemente attendibili, la somma di cui potremo disporre per questi primi tre anni, si aggirerà attorno ai 170 miliardi di lire. Non è una grande cifra se pensate che soltanto il piano straordinario Gescal per Torino aveva comportato un intervento di 60 miliardi. E' vero che a questo punto dobbiamo aggiungere anche ciò che viene messo a disposizione per effetto della Legge 291 del 3 giugno, destinata ad incrementare l'edilizia. Su questa legge abbiamo un dato che io cito perché vorrei richiamare all'attenzione dei Consiglieri l'aspetto di questa fame di alloggi che viene fuori da ogni richiesta: voi sapete che sono stati assegnati al Piemonte 840 milioni della trancia di 10 miliardi che erano disponibili, per contributi a mutui agevolati; la somma che può essere ricavata, spendibile in alloggi, è, per 840 milioni, di 27 miliardi. La Giunta ha fatto una ricerca presso gli istituti di credito che hanno ricevuto le domande che dovevano essere presentate entro il 4 ottobre e abbiamo una richiesta di 241 miliardi di costruzioni contro i 27 disponibili. Ma se i 27 possono essere aggiunti ai 170, raggiungiamo un'entità dell'ordine di 200 miliardi.
Giunti a questo punto, qual è il compito che compete al Consiglio Regionale? La cosa importante mi pare non sia quella di discutere i dati del fabbisogno, che sono sufficientemente centrabili, ma discutere sui criteri con cui dovranno essere determinate le priorità, perché al CER dovremo mandare l'elenco del fabbisogno, ma dovremo indicare anche le priorità.
A questo proposito, secondo la Giunta, occorre individuare alcuni criteri o parametri che dir si voglia; ne abbiamo discusso e mi sono permesso di proporne alcuni nella riunione tenuta con gli IACP. Quali possono essere questi parametri? Io vorrei che i Consiglieri li ascoltassero perché sarebbe cosa utile se arrivassimo a discuterne assieme se invece portassimo la discussione sui concetti generali o sulla mistica della casa, mancheremmo ad un compito immediato e che entro il 30 novembre sarà comunque portato a termine dalla Giunta.
Gli indici o parametri sono: 1) indice di affollamento; 2) abitazioni malsane; 3) esistenza dei piani della Legge 167; 4) insediamenti nuovi industriali; 5) reddito pro capite (questa è stata una richiesta fatta soprattutto, tramite gli IACP, dalle province a reddito più basso nella Regione); 6) pendolarità e turismo; 7) immediata spendibilità degli importi, anche a fini congiunturali. A questi criteri generali potremmo aggiungerne un altro, sul quale però non farei delle previsioni: quello della disponibilità sul piano urbanistico: infatti ciò implicherebbe un preventivo giudizio di localizzazione che in questa fase non diamo in nessun modo. (Gli indici non li ho letti per ordine di importanza).
E' evidente che se questi parametri vengono adottati in maniera caotica o "alla pari" per usare un'espressione molto semplice, non arriveremmo a risultati concreti. Faccio un esempio: se dovessimo valutare la priorità in base ai nuovi insediamenti industriali sappiamo già dove va a finire tutta la disponibilità che c'è; e così se dovessimo valutare il problema della pendolarità, avremmo ugualmente delle destinazioni anomale; lo stesso avverrebbe se lo facessimo in base al reddito pro capite. Io credo che l'uso di questi parametri debba avvenire attraverso precisi pesi, pesi che daranno luogo a una media ponderata degli stessi parametri. Mi pare che nella mozione presentata dai colleghi del Gruppo Comunista in realtà si dia la precedenza ai primi due che ho segnalato, cioè indice di affollamento e più ancora quello delle abitazioni malsane; ma, ripeto, queste sono le indicazioni che dovranno scaturire dal Consiglio.
Ora noi siamo qui per sentire le vostre indicazioni. Forse qualcuno potrà dire che si è parlato fino a questo momento degli IACP e non si è fatto riferimento ad alcun altro ente. Dissipo subito questa preoccupazione. E' evidente che ci trovavamo nella fase di accertamento del fabbisogno. Avrei personalmente - d'accordo con la Giunta - consultato alcuni organismi indispensabili per dare un valido apporto, vale a dire i consorzi delle cooperative, i Sindacati dei lavoratori, ma mi è sembrato scorretto anticipare un intervento di questo genere prima che il Consiglio avesse dato indicazioni sui criteri da adottare. Su questi indirizzi per una volta che il dibattito li abbia chiariti, a tamburo battente perché i tempi non consentono di scialare ma implicano concretezza di indirizzi convocheremo i Sindacati, i lavoratori, i consorzi delle cooperative e le cooperative stesse. Il 24 di questo mese abbiamo la riunione con gli IACP per il completamento del quadro, che a mio modo di vedere non subirà sostanziali variazioni dai dati che mi sono permesso di anticipare al Consiglio; a cavallo di questa data effettueremo le consultazioni che io mi permetterò, sulla base dei risultati della seduta di oggi, di iniziare da domani con convocazioni di carattere telefonico perché quando i tempi stringono non è problema di forma.
Direi, per dissipare alcune altre preoccupazioni, che noi stiamo attuando una prima fase; la seconda, destinata a iniziare subito dopo, ed è quella più complicata e difficile, e cioè, quando conosciuta la disponibilità che il CER ci avrà comunicato, dovremo procedere alle localizzazioni. La questione è importante e mobiliterà non soltanto la serietà dell'Assessorato, ma anche e soprattutto la serietà degli enti che la legge ci dice devono essere quelli di cui ci dobbiamo avvalere per la attuazione dei programmi.
Concludendo, vorrei aggiungere una cosa: io ho indicato alcuni parametri, ma ritengo sia opportuno, in questa fase preliminare di segnalazione delle priorità al CER, dare delle indicazioni di priorità in percentuale, per ogni provincia; non penso che sia il caso di intervenire con indicazioni più analitiche che presuppongano già delle valutazioni di localizzazione. A questo proposito ritengo che il Consiglio possa opportunamente esprimersi. D'altra parte mi pare che a valle di tutto questo c'è anche quanto ho visto in parte contenuto nella mozione presentata stamane: in questa fase (abbiamo 110 giorni per arrivare a definire le localizzazioni) attueremo tutto ciò che deve essere attuato per mettere in movimento i meccanismi; chiederemo agli IACP di mettere in discussione immediatamente il problema del loro adeguamento ai fini della legge (anche se questa dà loro 360 giorni per farlo), nomineremo le Commissioni tecniche necessarie e di pari passo attueremo tutto ciò che è indispensabile per arrivare a dare una risposta a coloro i quali chiedono la casa.
E poiché ho condotto (sto terminando onorevoli colleghi) una relazione scarna e forse arida, lasciatemi concludere con qualche cosa che ne sollevi il tono, se non altro nella prospettiva: è intenzione della Giunta che questa risposta, alla quale i lavoratori guardano e tutti oggi considerano uno dei problemi fondamentali del nostro Paese, sia concreta e non basata su fantasie o su cose cervellotiche, ma soprattutto dia la sensazione che il denaro sarà speso nel loro interesse e senza nessun criterio che possa destinarlo a compiti che non siano quelli di dare effettivamente la casa a chi ne ha bisogno.



PRESIDENTE

E' iscritto a parlare il Consigliere Rivalta, ne ha facoltà.



RIVALTA Luigi

Signor Presidente, colleghi Consiglieri, da tempo il nostro Gruppo ha sollecitato la discussione sul tema della casa, e lo ha fatto in ragione dell'incidenza che ha sulla vita dei lavoratori a causa degli alti costi dell'affitto, della sua distribuzione irrazionale, del disagio per i pendolari, delle condizioni cattive di abitazione; lo ha fatto per il significato che la casa, e il modo con cui viene data in uso, viene ad assumere nei processi di discriminazione sociale. Un problema di fondo per la vita della comunità che noi volevamo fosse affrontato dalla Regione.
D'altra parte siamo stati convinti sempre che il movimento di lotta che si è aperto nel paese, in particolare nella nostra Regione e nella nostra città, con manifestazioni di sciopero e movimenti di quartiere, dovesse avere un riflesso nell'attività della Regione; o meglio, che la Regione dovesse assumere una propria posizione di fronte a manifestazioni di così larga portata. Dobbiamo annotare invece che la Regione Piemonte è rimasta indifferente a questo movimento, e non ha partecipato all'azione rivendicativa e politica che voleva portare a soluzione, attraverso riforme, il problema della casa. Solo oggi, per la prima volta, la si affronta in Consiglio ma più che altro per assolvere burocraticamente alla scadenza posta dalla legge sulla casa.
Non credo che il tema possa essere posto in questi termini; non si fa della demagogia, Assessore Cardinali, quando si parla dell'importanza di questo argomento e della portata politica degli interventi atti ad affrontarlo.
Interveniamo quindi in questo dibattito avendo chiara in mente la disaffezione finora mostrata dalla Regione Piemonte in proposito, ed auspichiamo che con oggi si dia inizio ad una attività di maggiore impegno correttamente impostata sul piano del metodo e della partecipazione. Perch ciò avvenga, riteniamo si debba prender atto intanto dell'incongruenza tra l'importanza politica del problema, la difficoltà della ricerca delle modalità di applicazione della legge e il metodo che stiamo adottando per discuterne, attraverso la pura dichiarazione delle rispettive posizioni in Consiglio.
Io credo che la materia richieda un serio approfondimento che è possibile solo attraverso il lavoro delle Commissioni. Non ritengo quindi giustificato il sistema che la Giunta intende adottare (come ha detto l'Assessore Cardinali) di discutere il problema nel proprio ambito; è necessario invece vi sia un esame approfondito ed esauriente da parte degli strumenti di lavoro del Consiglio.
E' quindi con questa pregiudiziale, che non vuole essere solo denuncia ma che si pone come precisa richiesta, (come è detto nella mozione presentata), che noi esprimiamo la nostra posizione sulla legge e sui criteri di attuazione della stessa. Il nostro Partito ha sostenuto che una riforma nel settore della casa è realizzabile solo attraverso alcuni passi importanti di ordine economico e legislativo, cioè con la riforma urbanistica, il cambiamento radicale del regime d'uso dei suoli, una diversa utilizzazione delle risorse e loro ripartizione, nuovi indirizzi della politica creditizia e rinnovamento delle strutture produttive.
Problemi rispetto ai quali è necessario un diverso ed impegnativo intervento da parte dello Stato.
Ci rendiamo conto che la legge non è questo, e che presenta limiti e contraddittorietà che non sono rilevabili soltanto nella limitazione degli interventi a cui faceva riferimento l'Assessore Cardinali, ma che sono di natura qualitativa, strutturale, nella misura in cui disconoscono quelle necessità di riforma urbanistica, di diverso utilizzo delle risorse, di rinnovamento del sistema produttivo; ma riconosciamo anche che, pur con i suoi limiti qualitativi e strutturali, contiene alcuni principi e istituti nuovi che, pur timidamente vanno in quella direzione, e che proprio per questi contenuti deve essere considerata come conquista di un largo movimento di lotta che ha visto la partecipazione di tutte le categorie dei lavoratori. E, pertanto, riconosciamo questa legge come una sconfitta delle forze più reazionarie e come il frutto di un processo di partecipazione a livello di massa che ha inteso intervenire oltre che sul piano rivendicativo anche sull'elaborazione della politica delle riforme, in questo caso particolare, della politica della riforma sulla casa. Ciò è il frutto di lotte unitarie che hanno trovato motivazioni nella drammatica situazione abitativa e nell'alto costo della casa. Situazione abitativa che è dato cogliere, a livello nazionale, nelle cifre del fabbisogno che sono state formulate dagli stessi Ministeri; che è dato cogliere nella Regione Piemonte dalle stesse cifre riportate dall'Assessore Cardinali.
La larga partecipazione avutasi attorno a questo problema, e a cui si deve questo sbocco legislativo, deve essere quindi considerato il riferimento di fondo anche per la gestione della legge. La partecipazione di chi la legge ha voluto, di chi per la legge ha lottato, deve essere la condizione per l'attuazione e la gestione della stessa. Tutto ciò richiama l'esigenza che la sua attuazione non assuma il carattere burocratico (come ci pare venga messo in luce dalle parole dell'Assessore Cardinali e dalla posizione della Giunta) di una serie di scadenze da assolvere, ma avvenga attraverso processi di formulazione delle decisioni in cui siano presenti le forze sindacali e sociali a cui la legge si riferisce.
Riteniamo anche, che di fronte ai limiti qualitativi e quantitativi della legge, la partecipazione dei lavoratori alla sua gestione, alla sua attuazione, debba essere considerato un momento fondamentale per rilanciare l'azione di rivendicazione, al fine di superare i limiti che la legge ha sia nei suoi contenuti, sia nella possibilità di intervento quantitativo.
A proposito dei limiti quantitativi, che sono enormi, l'Assessore Cardinali ci ha indicato quale sarà l'apporto della legge nel triennio rispetto all'entità dei fabbisogni; io vorrei aggiungere che a livello nazionale, valutando l'aumento di popolazione annua che abbiamo in Italia si rileva che la legge non consentirà neanche di soddisfare i fabbisogni determinati dall'aumento naturale della popolazione; sostanzialmente non corre nemmeno dietro alla domanda che proviene da un incremento naturale di popolazione. E ciò quando, considerato in cento anni la vita di un'abitazione in condizioni efficienti, ogni anno, per rinnovare il patrimonio esistente, dovremmo costruire cinque milioni di vani nuovi oltre a dover recuperare milioni e milioni di vani obsoleti, accumulati nel passato, proprio perché non si è dato luogo ad un rinnovo annuo delle abitazioni.
Di fronte a questa realtà è necessario che già fin nella prima fase attuativa della legge emerga una visione critica tale da costituire elemento di presa di coscienza e di pressione politica perché questi limiti vengano rimossi; e che partecipazione e gestione della legge da parte dei lavoratori, siano gli elementi fondamentali di tale prassi. Noi vogliamo che si realizzi una coerente rispondenza tra le situazioni reali da affrontare, le esigenze dei lavoratori e le decisioni che verranno prese.
Vogliamo che questi criteri e questi metodi siano presenti già nelle prime e importanti scadenze che la Regione ha, e che si riferiscono all'art. 3 della legge, al quale si richiamava l'Assessore Cardinali: la definizione dell'indicazione delle priorità in materia di edilizia economica popolare e la predisposizione dei programmi di localizzazione.
Non si tratta affatto di soluzioni burocratiche di mera distribuzione quantitativa, ma di precise scelte di natura politica che riguardano l'organizzazione e le linee di sviluppo della Regione, e che devono essere riportate a processi di formulazione in cui i lavoratori, le loro organizzazioni, gli Enti locali e le loro formazioni comprensoriali abbiano un ruolo decisivo. E' importante che questi metodi e criteri vanno introdotti sin dalla prima applicazione della legge, poiché la scadenza dell'indicazione delle priorità e della formulazione dei programmi si ripeteranno annualmente, ogni 30 settembre (quindi, in sostanza, su di esse dovremo ordinare l'attività della Regione attorno al problema della casa con continuità).
Intanto va precisato che non è possibile dare nessuna indicazione di priorità se non si conosce il quadro completo dei fabbisogni; non è possibile fare nessun programma di localizzazione di sviluppo se non si conosce la realtà, e se non si indicano quali obiettivi si vogliono raggiungere nei processi di trasformazione di questa realtà. D'altra parte è necessaria una conoscenza scientifica della realtà, se vogliamo realizzare processi di partecipazione non demagogici, e riteniamo che questa conoscenza tecnica debba essere strettamente connessa ad un momento di direzione politica: i parametri, attraverso cui si deve misurare la realtà e attraverso cui si devono fissare gli obiettivi, non possono essere lasciati ai tecnici, ma devono essere demandati alle forze politiche e sociali.
Sotto questo profilo, riteniamo che la Regione sia per la scadenza immediata del 30 novembre, sia per quella del successivo marzo, in preparazione già di tutta un'attività che si succederà negli anni, debba darsi degli opportuni strumenti di ricerca e di partecipazione. Credo perciò che si debba riconoscere la necessità di giungere rapidamente alla creazione di una politica di piano, attraverso cui esprimere la volontà delle comunità locali, dando inizio alla politica di piano di sviluppo regionale. Noi pensiamo che dal punto di vista della conoscenza della realtà si debbano avere degli opportuni strumenti; uno di questi è già a nostra disposizione: l'Ires. Non credo, con questo, di fare torto alcuno a quanto è stato fatto dalla Giunta in collaborazione con l'Istituto autonomo case popolari, se dico che la rilevazione della realtà è un processo complesso, che richiede un'opportuna specializzazione e che non può essere demandata all'improvvisazione (se non si vogliono avere dei risultati inutilizzabili). Non mancheranno occasioni all'IACP, opportunamente strutturato e potenziato, di svolgere una sua attività di ricerca ma nel settore che gli compete, quello della produzione edilizia, che è estremamente vasto; qui, le possibilità di applicazione vanno dal momento della conoscenza della domanda al momento della soddisfazione della stessa e investe tutti i problemi relativi alla progettazione, alla tipologia alla produzione e alla struttura produttiva edilizia (naturalmente anche qui, il rapporto partecipativo di direzione politica da parte di chi deve utilizzare la casa deve essere posto alla base della ricerca). Penso quindi di non togliere nulla di quanto è dovuto all'IACP se riteniamo di dover attribuire ad altri istituti il compito di approfondire il problema del fabbisogno e della localizzazione (tra l'altro ad istituti che diano delle garanzie democratiche, visto che il IACP avendo sollecitato gli Enti locali attraverso il Prefetto, ha mostrato di disconoscere i rapporti democratici che devono esistere tra Regione e Comuni).
Il discorso che io ho fatto, relativo al lavoro che la Regione deve svolgere, deve trovare un momento operativo anche per le scadenze più immediate. Non mi pongo tanto il problema della definizione di questo primo fabbisogno, cui ordine di grandezza è certamente dell'ordine del milione di vani; forse anche di più, visto che l'indagine Ires del '64 diceva che due milioni e 600.000 abitanti su 4.200.000 vivevano in condizioni insoddisfacenti dal punto di vista igienico e dell'affollamento. Peraltro il fabbisogno di vani deve essere valutato al di là delle cifre che ci provengono da un'analisi della condizione abitativa, poiché si deve tener conto che la domanda di vani all'interno di strutture edilizie economico popolari, cioè di strutture che offrono la casa a basso prezzo, deriva non soltanto dalla condizione abitativa, ma dalla condizione di affittuari.
Gran parte della popolazione piemontese a Torino, il 79 per cento degli abitanti, paga l'affitto; di qui la domanda per avere la casa a basso costo, e non soltanto per eliminare le condizioni anti-igieniche di affollamento. Comunque in questa prima fase, il problema non è tanto quello dell'approssimazione, quanto quello di cercare di avere una valutazione che abbia il carattere di omogeneità; che ci permetta, cioè, di avere a livello piemontese, all'interno delle varie aree ecologiche, delle indicazioni omogenee, confrontabili fra di loro, senza le quali non è possibile fare un effettivo programma di localizzazione.
E io non credo che i dati raccolti dall'IACP abbiano queste caratteristiche; i criteri seguiti nella raccolta di informazioni non garantiscono questo risultato. Il questionario che gli IACP hanno mandato ai 1200 Comuni è formulato in modo da consentire una larga discrezionalità una larghissima interpretazione soggettiva, e quindi sostanzialmente non ha carattere di scientificità; non consente delle valutazioni confrontabili.
Ho letto per esempio sui giornali (a questo proposito, non credo sia corretto avere dei dati soltanto dalle comunicazioni dei giornali), che le abitazioni anti-igieniche in Torino sono 76 mila, più 136 edifici. Cosa significano 136 edifici? A quanti vani corrispondono; quanto si deve aggiungere per essi, ai 76 mila? Questa è soltanto una delle perle di quel questionario, che dimostra una non conoscenza tecnica di come devono essere impostate le indagini; il risultato che esso fornisce non può consentire un'effettiva localizzazione del fabbisogno nella realtà regionale, e una scelta di priorità. Credo quindi che sulla base di questa esperienza non si debba tardare ad utilizzare gli istituti di ricerca che possono fornirci un lavoro qualitativamente più fondato e scientificamente valido. E penso che già nella formulazione di questo fabbisogno per il 30 novembre, l'indagine dell'Ires del '64 possa essere opportunamente aggiornata.
Per quanto concerne i criteri di priorità, l'Assessore Cardinali ha già dato alcune indicazioni. Noi riteniamo che sia indispensabile dare priorità, in questo primo programma, alle case malsane e fatiscenti procedendo subito alla loro individuazione in modo che nei tre mesi che stanno di fronte alla formazione del programma si possa formulare un piano di intervento su basi di conoscenza della realtà.
Ecco quindi la necessità, in relazione anche alle successive scadenze annue, che la Regione si dia immediatamente degli strumenti di indagine e segua nella formulazione del programma, alcuni criteri-base quali: intervento prioritario sulle condizioni più fatiscenti, tenendo conto delle linee di sviluppo che alla nostra Regione vogliamo attribuire e che sono quelle del decentramento. Non si tratta di fare delle discriminazioni territoriali, ma di tenere presente il fatto che se gli interventi, pure in quell'ordine di priorità indicato, avvenissero proporzionalmente al numero delle abitazioni malsane, probabilmente ci troveremo con una localizzazione fortemente incentrata sulla città di Torino, e non si andrebbe nella direzione di un riequilibrio regionale (anzi un intervento che non privilegi le zone periferiche, potrebbe accentuare i meccanismi di incentivazione dello sviluppo nell'area torinese).
Per quanto riguarda lo sviluppo industriale a cui faceva riferimento l'Assessore Cardinali, noi certo non lo dimentichiamo. Purtroppo lo squilibrio Nord-Sud è ancora una realtà amara, e ci rendiamo conto che nella misura in cui lo sviluppo industriale è in atto nella nostra Regione crea immigrazione e l'esigenza di nuove case. A questo proposito noi pensiamo che intanto ci debba essere un atteggiamento della Regione di carattere operativo, attraverso l'attuazione della politica di piano, e di carattere legislativo, che tenda a limitare qui lo sviluppo industriale e a limitare quindi i ritmi di crescita della popolazione e conseguentemente i ritmi di crescita del fabbisogno futuro. Di fronte alla limitatezza dell'intervento dello Stato nel settore della casa, crediamo che questo fabbisogno non debba assorbire quella parte che deve essere attribuita prioritariamente alle situazioni malsane attuali, quindi riteniamo che debba essere assunta una precisa posizione politica, con riferimento al piano e alla legislazione della Regione, affinché il fabbisogno addizionale che si crea nelle zone di sviluppo industriale venga coperto con interventi e contributi dell'industria, attuati dagli strumenti messi a disposizione della Regione, quindi IACP e Movimento cooperativo. Crediamo, peraltro, che proprio in questa direzione il Movimento cooperativo possa avere un largo spazio nella misura in cui i lavoratori non solo ottengono questi contributi dagli industriali, ma ne diventano i gestori attraverso forme di cooperazione a proprietà indivisa. Questa posizione è connessa, fra l'altro, a quei principi che sono stati introdotti anche nello Statuto: cioè, favorire attraverso un'opportuna politica regionale, lo sviluppo del Mezzogiorno. Riteniamo che imporre all'industria il finanziamento per la costruzione delle case sia un reale disincentivo allo sviluppo industriale nella nostra Regione, e quindi uno dei mezzi per riportare la politica di sviluppo nazionale ad un potenziamento del Sud.
A questi problemi credo se ne debbano aggiungere alcuni altri, a cui l'Assessore Cardinali non ha fatto riferimento, ma che credo sia necessario introdurre nella nostra discussione perché si traducano in assunzione di impegno da parte del Consiglio e della Giunta. L'esiguità dell'intervento che ci porterà a costruire qualcosa come 50 mila vani all'anno in Piemonte richiede certamente, da un lato, una azione per dilatare questa dimensione quantitativa, e dall'altro, la massima attenzione perché non ci siano slittamenti nell'attuazione dei programmi, e che quindi quei 170 mila vani o 150 mila, o quello che saranno, da attuarsi nel prossimo triennio, non si costruiscano invece in cinque o sei anni. E' un pericolo presente, le cui possibilità di verificarsi sono mostrate dall'esperienza del passato faccio riferimento al fatto che i 70 miliardi di quell'intervento straordinario per il Piemonte, promessi dal Ministro Donat Cattin in una riunione della Prefettura nell'agosto del '69, risultato di una vertenza sindacale, a tutt'oggi non sono andati in appalto. Anzi, dalle informazioni di cui disponiamo, risulta che non sono ancora neanche iniziati i progetti (ciò dimostra che i dubbi e le preoccupazioni oggetto di una mia interrogazione alla Giunta, a cui aveva risposto l'Assessore Cardinali erano molto pertinenti). Noi pensiamo che, anche per non gettare ulteriore discredito sulle istituzioni, per non togliere quel minimo di credibilità che la legge richiede nei confronti dei lavoratori, dobbiamo assicurarci (e questo è un impegno che non può riguardare soltanto l'Assessore, ma il Consiglio Regionale) che non ci siano ritardi. E' necessario quindi che oltre ad un procedere corretto e tempestivo della Regione in merito alla legge sulla casa, ci sia la costituzione di tutti quegli strumenti attuativi necessari per realizzare il programma. E qui faccio riferimento a quelli cui si riferisce l'art. 4 della legge (e vorrei precisare, visto che l'Assessore Cardinali ha detto che sono gli strumenti di ricerca che la legge ci dà, che non si tratta di strumenti di ricerca; l'art. 4 dice "per attuare i programmi la Regione si avvale degli IACP e del Movimento cooperativo"; strumenti di attuazione quindi).
Credo che allora, ci si debba anche preoccupare dello stato delle strutture degli IACP e del Movimento cooperativo, sia sul piano della capacità tecnica di attuare i programmi, sia con riferimento all'esigenza che questi istituti siano effettivamente portatori di quei processi di partecipazione che sono indispensabili per la gestione della legge. E quindi penso che compito del Consiglio e della Giunta sia proprio quello di conoscere meglio queste strutture, di valutare la loro consistenza e di promuovere tutte le iniziative necessarie per adeguarle alle esigenze attuali.
Non so quale sia stato il potenziale di intervento degli IACP e delle cooperative in questi anni, ma credo che non sia neanche dell'ordine di grandezza di quello che si presuppone con i pur limitati interventi che la legge ci fornisce.
A questo proposito, penso che sia indispensabile dare attuazione ad un altro articolo della legge per rendere le strutture momento di partecipazione, di gestione democratica, e procedere alla verifica della loro capacità tecnica e della loro possibilità di essere aderenti alla politica di intervento sulla casa: faccio riferimento all'art. 6, che chiede il rinnovo dei Consigli di amministrazione degli IACP, rinnovo che comporta la democratizzazione dei Consigli stessi.
Se si vuole assumere con pienezza la responsabilità politica che deriva dall'utilizzare questi strumenti per l'attuazione dei programmi di cui la Regione ha impegno legislativo, non si può lasciare passare burocraticamente l'anno che è ammesso dalla legge per il rinnovo dei Consigli di amministrazione, ma si devono promuovere tutte le iniziative di carattere politico perché ciò avvenga nei termini più rapidi. L'esempio che citava il collega Berti, circa l'utilizzo del Prefetto per fare pressioni sui Comuni, anche se è un esempio marginale (non varrebbe neanche la pena di assumerlo come riferimento), ci dice che questi istituti non hanno il minimo rispetto per i principi e per i concetti di democrazia che sono connessi all'istituzione della Regione.
Ultimo punto che va toccato, anche per la gravità delle cifre che ci dava l'Assessore Cardinali, è quello della situazione degli strumenti urbanistici dei Comuni nella nostra regione. E' certamente migliorata in questi ultimi anni, ma è ancora estremamente carente. In questi prossimi anni occorrerà fare uno sforzo, mai fatto fino ad ora, per poter dare rapidamente i piani di fabbricazione e i piani regolatori ai Comuni. I 442 programmi di fabbricazione all'esame, richiedono una sollecita procedura di esame, perché possano essere disponibili da parte dei Comuni. La Regione ha in merito delle precise competenze e responsabilità (la Regione e non l'Assessore Cardinali soltanto o la Giunta), che le provengono dall'art. 7 della legge, e che le proverranno dalla prossima entrata in vigore dei decreti delegati. E' indispensabile chiederci quali strutture saranno necessarie per espletare tutta l'attività di sostegno e di smaltimento delle pratiche inerenti agli strumenti di carattere urbanistico, tenendo conto che, comunque, anche se venissero immediatamente trasferiti alla Regione le attuali strutture e l'attuale personale dei Provveditorati questi sarebbero assolutamente inadeguati (sono poche persone che pur con la più grande buona volontà non possono assolutamente rispondere alle esigenze che queste procedure richiedono).
In merito a tutti questi problemi che io ho toccato, e che si riferiscono ai criteri e alle linee che devono essere introdotti per l'indicazione della priorità, per la formulazione dei programmi e per quanto concerne gli strumenti e le strutture che la Regione deve avere a disposizione per attuare i programmi, noi crediamo (e qui mi richiamo alla pregiudiziale che avevo fatto all'inizio: non essere la nostra una mera denuncia) che i nostri confronti non possano limitarsi al dibattito in Consiglio, e soprattutto non possano limitarsi ad un confronto di idee. Noi riteniamo che questi problemi debbano essere affrontati attraverso un lavoro serio, e pensiamo quindi che ci debba essere, da un lato l'iniziativa della Giunta la quale dovrà proporre deliberazioni ma dall'altro, ci debba essere un mandato del Consiglio alle Commissioni perché diano un preventivo parere su questi problemi e sulle deliberazioni di Giunta. Con questo, mi richiamo al metodo politico che deve essere introdotto nel nostro Consiglio, affinché si possa lavorare nello spirito dell'istituzione regionale; ma faccio anche riferimento agli aspetti formali che il problema ci pone, e a quanto contenuto nello Statuto all'art. 16: "tutto quanto è attribuito alla Regione si intende oggetto di deliberazione del Consiglio Regionale".
La legge sulla casa, e altre leggi che abbiamo qui esaminato, fanno, in genere, riferimento alla Regione. Quando vogliono fare riferimento all'organo esecutivo, e al suo Presidente, dichiarano esplicitamente la loro competenza. L'art. 16 dello Statuto pertanto attribuisce al Consiglio precise responsabilità: quando la legge dice Regione non può intendersi solo l'esecutivo, ma l'intero Consiglio. Non solo, ma un altro articolo dello Statuto (di cui non ricordo il numero, il 18 probabilmente) dice che "il Consiglio può demandare alle Commissioni permanenti, per un preventivo esame, tutte le deliberazioni che competono al Consiglio stesso". Ora mi sembra che l'art. 16 e l'ultimo comma dell'art. 18, anche sul piano formale sostanzino la nostra rivendicazione di andare ad un lavoro di Commissione su questi temi che impegnano la Regione.



PRESIDENZA DEL VICEPRESIDENTE OBERTO



PRESIDENTE

Ha chiesto di parlare il Consigliere Simonelli, ne ha facoltà.



SIMONELLI Claudio

Signor Presidente, colleghi, l'esame che oggi siamo chiamati a fare del punto terzo all'o.d.g., avviene in modo necessariamente affrettato, attese le scadenze strette che la legge ci impone e dunque anche per quella parte critica del nostro intervento non intendiamo far colpa o carico n all'Assessore Cardinali né alla Giunta soltanto, ma rilevare la necessità che ciò che oggi, per forza di cose, si fa frettolosamente e in modo che io ritengo - d'accordo con il collega Rivalta che ha parlato poc'anzi inadeguato, possa per il futuro farsi in modi, tempi e forme perfettamente rispondenti alle grosse responsabilità che in questo settore alla Regione competono.
La legge sulla casa ha messo in moto un meccanismo profondamente innovatore nel settore non soltanto dell'edilizia economico-popolare, ma della pianificazione territoriale e dell'urbanistica. Io credo che, al di là delle critiche di dettaglio che possono essere fatte su questo o quell'aspetto della legge, al di là dell'insufficienza e della contraddittorietà di alcune delle sue formulazioni, la legge sulla casa ha aperto una serie di possibilità di interventi che possiamo tranquillamente definire innovativi se non addirittura rivoluzionari per gli Enti pubblici operanti nel settore dell'edilizia. Innanzitutto per la profonda riorganizzazione del sistema degli Enti pubblici operanti nel settore, con la liquidazione della Gescal e degli altri istituti, la concentrazione degli interventi attraverso gli IACP e le cooperative, ma soprattutto il riconoscimento del ruolo centrale della Regione, facendo cioè della Regione l'organismo di intervento e di programmazione generale in questo campo; in secondo luogo per le innovazioni che introduce nel funzionamento dell'apparato pubblico, cioè il criterio della programmazione della spesa che viene assunto come linea-guida dell'attività da svolgere nel settore e con ciò rompendo tutta una serie di corse ad ostacoli tra i vari Enti operanti in precedenza nel settore dell'edilizia economico-popolare rompendo il cerchio delle clientele e dei programmi settoriali e speciali infine, nella modificazione del rapporto che interviene attraverso questa legge (e con ciò siamo già completamente sul terreno dell'urbanistica e della pianificazione territoriale) nel rapporto tra ciò che è pubblico e ciò che è privato, rompendo una visione tradizionale anche dell'urbanistica migliore, che vedeva da una parte il privato semplicemente come proprietà privata e come libertà di iniziativa del proprietario privato dei suoli e il pubblico soltanto come momento del piano regolatore, cioè come momento del vincolo e del limite rispetto alla indiscriminata libertà del proprietario dei suoli.
Con questa legge si viene a rompere questo rapporto, in fondo di tipo ottocentesco, tra momento privato e momento pubblico; viceversa col riconoscimento di un demanio pubblico, di un patrimonio pubblico, si viene a dare alla presenza pubblica nel settore dell'urbanistica, una sua pregnanza, una sua forza che certamente è destinata ad avere un grosso effetto nei prossimi anni.
Collegato a questo, infine, l'ultimo punto, l'ultima innovazione positiva della norma, cioè che non ci si occupi più soltanto del suolo, di ciò che succede dei suoli, ma si vada a vedere anche quale sarà la sorte degli edifici, ossia che in definitiva il momento dell'intervento non si esaurisca a livello di suolo, ma vada a toccare la sua utilizzazione, la sorte degli edifici con tutto quello che ne consegue in ordine ai canoni alle prelazioni e così via; questo attraverso una visione dinamica del problema che è certamente più consona alle reali esigenze del settore.
Su questa realtà, sulla quale la legge incomincia ad introdurre degli elementi innovativi di grande interesse, la prima immediata scadenza è la determinazione delle priorità che secondo l'art. 3 competono alle Regioni.
E qui il discorso del fabbisogno. E' chiaro che se noi analizziamo da un punto di vista globale, come dato aggregato nel suo complesso, le indicazioni che l'Assessore Cardinali ci ha dato, dovremmo probabilmente convenire che come dato globale non siamo lontani dalla realtà di quello che può essere il fabbisogno della nostra Regione, che anch'io penso si aggiri tra il milione e il milione e mezzo di vani. Con ciò però siamo ancora in una fase che non è sufficientemente precisa come dati né per indicare priorità, né tanto meno per indicare le localizzazioni, come alla Regione competerà fare successivamente. Perché questo fabbisogno è stato determinato (probabilmente in questa fase non si poteva fare diversamente) sulla base di una valutazione che innanzitutto è parziale e cioè avviene non tenendo conto di tutte le realtà, ma solo di quelle i cui dati sono disponibili; in secondo luogo è approssimativa perché nasce dall'indicazione di fabbisogno genericamente fornita dai Comuni, sulla base di valutazioni che non si sa come siano state ottenute: se il Comune di Alessandria, invece di darmi da 4 a 6.000 alloggi, ne dava da 8 a 12.000 noi prendevamo quel dato per buono ed entrava a costituire il livello del fabbisogno nello stesso modo. Siamo lontani da una valutazione del fabbisogno che abbia quel carattere di scientificità e di omogeneità che deve necessariamente essere il presupposto dell'attività programmatrice della Regione in questo settore.
Il collega Rivalta ha citato l'indagine campionaria dell'Ires del '64.
Io vorrei ricordare un'altra indagine che è stata fatta a livello nazionale nel '63, per conto del Ministero del Bilancio e della programmazione e che aveva consentito un'analisi dei fabbisogni al '61 sulla base del rapporto tra nuclei familiari e alloggi; attraverso un ulteriore approfondimento del rapporto abitanti-stanze, in maniera da tenere conto del rapporto di un abitante per stanza non in astratto, ma riferito sia alle classi di alloggi, sia alle classi di famiglie, al fine di non mediare commedie trilussiane tra famiglie di un membro abitanti in dieci stanze e famiglie di dieci membri abitanti in una stanza. Attraverso questa indagine, che ha consentito di arrivare ad un'approssimazione abbastanza ragionevole dei livelli del fabbisogno, si arrivava per la nostra Regione ad indicare un fabbisogno totale, al 1961, di 970.000 vani, cifra non molto lontana da quelle che abbiamo sentite qui, tenendo conto che probabilmente dal '61 ad oggi, nonostante l'attività di costruzione esercitata, il fabbisogno non è diminuito ma è aumentato, proprio perché le case che si sono costruite non sono andate, in buona parte almeno, a coprire l'esigenza così come si era venuta determinando, ma l'hanno semmai accentuata nel senso che ci sono stati alloggi di due-tre stanze destinati a famiglie di quattro o cinque membri. C'è stata sempre una sfasatura tra tipo di famiglie destinate ad abitare gli alloggi e tipologia dell'edilizia che faceva fronte a questa domanda.
Su queste basi è chiaro che occorrerà approfondire in modo più consistente l'analisi del fabbisogno nella nostra Regione, partendo anche dal lavoro che l'Ires ha fatto, in modo da giungere a quelle priorità che siano più corrispondenti ad una realtà reale. Credo che non potremo sottrarci, anche in questa fase frettolosa di novembre, a tentare un approfondimento in questa direzione anche perché (parliamoci chiaro colleghi del Consiglio) noi diciamo "la parte politica a cui appartengo dice", ma io penso che tutte le forze democratiche impegnate nella battaglia dicono che la legge sulla casa, nel complesso, è un passo avanti ed è comunque uno strumento per lavorare meglio in questo settore. Per questa legge presuppone una Regione efficiente e capace di gestire questo settore, se no il risultato sarebbe enormemente peggiore; anche perché non dobbiamo nasconderci che la tendenza nella quale noi crediamo e ci muoviamo è quella di spostare progressivamente la incidenza del fattore abitazione da investimento produttivo, e quindi redditizio per chi lo fa, in servizio sociale. E se questo ha un senso, allora dobbiamo ritenere che nel giro di pochi anni l'investimento immobiliare verrà a perdere, almeno in gran parte, la sua redditività per chi lo fa e quindi l'iniziativa privata nel settore è destinata a procedere con ritmi meno intensi di quanto non sia accaduto in passato. O la mano pubblica, in tutte le sue componenti, è in grado di far fronte, di surrogare a questa caduta dell'investimento privato, oppure ci troveremo ad avere una carenza ancora maggiore di alloggi, ci troveremo di fronte ad una crisi dell'edilizia che non solo drammaticamente ripresenterà il problema del fabbisogno, ma che addirittura metterà in forse l'ulteriore evoluzione della legislazione urbanistica del nostro Paese, che noi ci attendiamo.
Quindi la legge presuppone una Regione e in genere un apparato pubblico efficiente e capace di far fronte ai nuovi compiti e presuppone anche la partecipazione. Io sono convinto che la legge sulla casa è passata in Parlamento non solo perché la sensibilizzazione negli ultimi anni è cresciuta, non solo perché un modo come quello che permise alle forze della destra, dentro e fuori il centro sinistra, di affossare la legge urbanistica di Sullo nel '63, oggi non è possibile in Parlamento, ma anche perché questa legge era nata sulla spinta di lotte sindacali, di partecipazione dal basso, di reali esigenze emerse nel tessuto della società civile e nel movimento sindacale in modo particolare. E allora è chiaro che la stessa forza che ha consentito alla legge di passare, deve consentirle di essere gestita e di venire al fine realizzata; e quindi la partecipazione dei quartieri e dei sindacati è essenziale perché possa trovare la sua attuazione. Anche perché gli interessi colpiti non è che rinunceranno a farsi valere, ma cercheranno di sabotarla, di renderla inoperante e meno incisiva di quanto noi vogliamo.
Circa poi l'individuazione in concreto dei criteri attraverso i quali delineare le priorità di intervento, sono d'accordo con quanto l'Assessore Cardinali indicava, cioè sulla necessità di individuare una serie ponderata di indici attraverso i quali venire ad individuare le priorità. E qui secondo me tocchiamo uno dei punti più delicati ed importanti. Noi abbiamo un fabbisogno talmente ampio e soprattutto delle fasce di fabbisogno talmente evidenti come sono le abitazioni malsane carenti di impianti igienici ecc., da ritenere che con tutta probabilità almeno il primo intervento della legge servirà solo a coprire le esigenze maggiori e magari neppure tutte. Ma a mio avviso dobbiamo fare uno sforzo per non fissarci ad immaginare che basta coprire il fabbisogno là dove è maggiore, per rispondere alle esigenze che questa legge ci pone. Il fabbisogno maggiore dalle indagini fatte, emerge con assoluta chiarezza che esiste in due tipi di aree geografiche del Paese: nelle aree di fuga e in quelle di congestione. Nelle aree di fuga perché la situazione generale di decadimento delle strutture sociali porta al mantenimento di case, di alloggi, di stanze assolutamente inadeguati in quanto a requisiti igienico sanitari e a condizioni di abitabilità; nelle aree di congestione perché i fenomeni immigratori sono di tale portata da rendere l'affollamento e l'uso di abitazioni non igieniche molto elevato e quindi da rappresentare un enorme fabbisogno. Certo, ci sono delle situazioni da aggredire prioritariamente, ma se noi pensassimo che basta investire là dove il fabbisogno è più alto, dobbiamo stare attenti a non far sì da incentivare ulteriormente la congestione e la corsa all'inurbamento delle aree metropolitane; se noi esaurissimo gli investimenti soltanto là dove il fabbisogno è maggiore, l'area metropolitana di Torino esaurirebbe probabilmente, sulla base di questo criterio, l'intera quota che spetterebbe al Piemonte. E con ciò certamente verremmo incontro a delle esigenze che ci sono, che sono precise, sentite e presenti, ma rischieremmo di determinare, una volta coperta la prima fascia del fabbisogno più grande, di sostituire ad esso un'altra necessità per il sovrapporsi di nuove correnti immigratorie che sfrutterebbero queste condizioni di minore disagio.
Io credo viceversa che il criterio guida fondamentale, accanto a quello della sostituzione delle abitazioni malsane, della copertura delle urgenze maggiori, sia quello di fare delle priorità, in materia di edilizia economico-popolare, uno degli strumenti del piano regionale e dunque di accompagnare all'individuazione dei settori nei quali intervenire con priorità, l'individuazione della politica di localizzazione delle attività produttive sul territorio della Regione (e perciò attraverso un uso coordinato di tutti gli strumenti di intervento sul territorio) in maniera anche per questa via, di dare concretezza e forza alla politica di piano.
Il problema evidentemente non si esaurisce nell'arco di questo mese, ma io credo sia bene in questo periodo di tempo incominciare a dare delle indicazioni che non siano in contraddizione col lavoro di più lunga portata che ci sta davanti e per il quale io credo debba essere tenuto nella giusta considerazione quanto diceva il collega Rivalta: non è soltanto una questione di Statuto o di competenza giuridicamente individuata, il problema è che su queste cose o siamo consapevoli che tutto il Consiglio deve lavorare, deve macinare la propria capacità di entrare dentro questi problemi, e ci rendiamo conto che è una grossa questione sulla quale tutte le forze di cui la Regione può disporre devono poter dare il loro contributo; oppure ci riduciamo a fare una serie di schermaglie tra una Giunta che si trattiene i dati tecnici a sua disposizione e un Consiglio o dei gruppi che cercano affannosamente di recuperare il terreno perduto: e con ciò non faremmo un buon servigio alla Regione che rappresentiamo. E' questo un tema, viceversa, che sia per le sue implicazioni di partecipazione (che ci piaccia o no andranno avanti), sia per la complessità, la vastità e la novità dei compiti che abbiamo davanti, esige che ci sia un impegno totale, che ci sia una mobilitazione di tutte le componenti del Consiglio nel suo complesso.
Ed è con questo spirito che crediamo di dare oggi e di poter dare in futuro il nostro contributo alla discussione di un tema così importante per la Regione Piemonte.



PRESIDENTE

Ha chiesto di parlare il Consigliere Rossotto. Ne ha facoltà.



ROSSOTTO Carlo Felice

Signor Presidente, colleghi Consiglieri, il Consigliere Rivalta, con il suo intervento, in cui si è riallacciato a tutti i precedenti, richiamando il pensiero alle martellanti offensive cadorniane - la prima, la seconda la terza -, in materia di urbanistica, ha riportato in discussione tutti i temi della politica in questo settore come è auspicata da lui e dai componenti il suo Gruppo, prendendo spunto dalle comunicazioni che la Giunta ha effettuato oggi in ordine ad adempimenti che alla Regione sono demandati in funzione conoscitiva della situazione di fabbisogno attuale per poter permettere finalmente un intervento nel settore urbanistico; una situazione che tutti sappiamo essere drammatica, follemente drammatica, se si considera, come risulta dalla mozione presentata dal Gruppo Comunista che fra il '65 e il '70 si sono costruiti 850.000 vani, cioè 170.000 l'anno, e qui per un triennio si parla proprio della stessa entità, come unico intervento previsto in questo settore.
Mi pare che il soffermarsi a discutere se fosse meglio rivolgersi ad una indagine conoscitiva effettuata dall'Istituto autonomo Case popolari o dall'Ires, che già nel '64 aveva compiuto una ricerca in materia, contrasti proprio con quei principi di partecipazione cui noi molte volte ci appelliamo. L'Istituto autonomo Case popolari, indipendentemente dagli interventi dei Prefetti, che possono aver sollecitato i Sindaci a compilare, com'è d'altronde loro dovere, il formulario inviato, si è rivolto direttamente ai Comuni - è vero, esistono altre forze rappresentative in questo nostro contesto, forze che hanno portato avanti questa legge - affinché si possa mettere insieme un quadro della situazione nei singoli Comuni. Il fatto che il Prefetto abbia richiamato i Sindaci al dovere di riempire il modulo e di farlo pervenire all'Istituto autonomo Case popolari, al dovere cioè di compiere un atto che è presupposto di un'attività doverosa da parte di un altro Ente qual è la Regione, a me pare sia perfettamente in linea con l'intento di raggiungere quella partecipazione conoscitiva che è uno dei principi fondamentali contemplati nel nostro Statuto.
Ho sentito poi parlare, oggi, di priorità. Questo sì, è un discorso basilare. Una volta che ci siamo procurati, attraverso un'indagine conoscitiva condotta nel modo migliore, il quadro esatto di quella situazione che già ognuno di noi conosce come drammatica, per cui sarebbe pura retorica stare a descriverla con molte parole - vi ricordo, chiedendo scusa per la citazione irriverente all'Assessore Vietti e alla Consigliera Soldano, che un motto, adottato duecento anni fa da uno Stato americano dice che "Le parole sono femmine, i fatti sono maschi"; oggi, dopo l'evoluzione che vi è stata in questi duecento anni nei concetti e nei rapporti tra uomo e donna, potremmo dire invece che i fatti sono qualcosa di positivo, le parole invece sono qualcosa di negativo -, dovremo stabilire una scala di priorità; e una volta che su queste priorità ci siamo impegnati, non dobbiamo poi, come forze politiche democratiche avanzare altre richieste al di fuori delle scelte prioritarie concordate.
E' questo, invece, purtroppo, il modo in cui si procede oggi, con notevole demagogia, a proposito dell'istanza di grandi riforme che devono essere portate avanti. Deve esser chiaro che, una volta che si è individuata una scelta, che ci si è impegnati in una legge - però, con quei limiti che sono consentiti, sia chiaro, perché si può fare una bella legge o una brutta legge, e per me la legge sulla casa è una bruttissima legge, per lo più vecchia - che veramente consenta di fare un qualche cosa, nell'ambito di questa legge dobbiamo fissare, per questo qualcosa che deve essere effettuato, una scala di priorità. Se si decide di dare la priorità al risanamento delle abitazioni malsane, però, non deve immediatamente essere portata avanti l'istanza di un'altra categoria ad un certo livello, e non deve, sulla base di questa istanza, essere posta sotto accusa tutta quanta una classe dirigente che ha fatto responsabilmente una scelta prioritaria.
Noi siamo ora nel momento decisionale in cui si deve accertare e stabilire che cosa si vuole prioritariamente realizzare. E tale programma si dovrà poi seguire fedelmente, se non si vuol arrivare a contraddizioni ad assurdità che producono conseguenze dolorose. Solo questa mattina abbiamo sentito ancora una volta in quest'aula la dolorosa istanza di nostri concittadini che rischiano di perdere il proprio posto di lavoro a causa del sempre più rapido deteriorarsi della situazione economica, e abbiamo udito chiedere che cosa possa e debba fare la Giunta, quali posizioni possa assumere. E' veramente difficile dare una risposta a questa domanda: indipendentemente dalla colorazione che può avere una Giunta, sia che questo quesito sia posto al Presidente della Giunta toscana, o di quella lombarda, o di quella piemontese, la risposta è sempre che ci sono dei limiti in questa posizione. Non si può continuare a condurre quella politica nei confronti dello sviluppo industriale che è sostenuta dal Partito Comunista, mirante ad ostacolare, ad impedire, sulla base di tutti quei ragionamenti che abbiamo ancora sentito oggi riproporre dal Consigliere Rivalta, uno sviluppo industriale moderno, e contemporaneamente, non appena qualche organismo produttivo entra in crisi prospettare la necessità di un intervento per mantenere immutato il livello occupazionale.
Per concludere su questi pochi concetti, vorrei richiamare le forze democratiche alla necessità che esse si stacchino dall'opposizione di sinistra nel modo di condurre il dibattito economico, il dibattito sulle riforme che il nostro Paese attende, facendo una propria scelta di fondo ed a questa attenendosi costantemente, senza dirottamenti di sorta. Di fronte al continuo premere, al cadorniano insistere dell'opposizione su tutto il fronte, con richieste d'ogni genere, occorre da parte delle forze democratiche uno sganciamento netto, una assunzione di alcuni principi basilari e fondamentali per un' economia libera. Occorrono, sì, le indagini conoscitive. Ma di fronte ad una realtà che proporrà per i prossimi tre anni come soluzione abitativa soltanto quello che l'impegno '65-'70 ha dato in un anno, non va dimenticato che da oltre un anno e mezzo la attività imprenditoriale dell'edilizia privata è paralizzata, senza speranze n possibilità di iniziare nuove intraprese con le quali poter cooperare alla soluzione di questo grosso problema. Se vogliamo che le parole indipendentemente dal sesso - perché dall'adozione di quel motto sono passati duecento anni -, trovino traduzione nei fatti, dobbiamo onestamente riconoscere che questo è soltanto un passo minimo e che in questo modo operando in questa maniera, cioè soltanto con parole in funzione di larghi schemi, di visioni utopistiche, non potremo dare una soluzione concreta alle istanze che la popolazione avanza, indipendentemente dalle scelte e dai colori politici delle Amministrazioni.



PRESIDENZA DEL PRESIDENTE VITTORELLI



PRESIDENTE

Non vi sono altri iscritti a parlare Se nessuno chiede di intervenire la discussione su questo argomento è chiusa.


Argomento: Commercio - Fondi sanitari - Edilizia pubblica (convenzionata, sovvenzionata, agevolata)

Mozioni sui problemi della casa, della disciplina del commercio e della ripartizione dei fondi ospedalieri


PRESIDENTE

Sono state presentate tre mozioni, su ciascuno degli argomenti. A quanto mi risulta, il Gruppo della Democrazia Cristiana intenderebbe chiedere una sospensione della seduta. E' esatto, Consigliere Bianchi?



BIANCHI Adriano

Signor Presidente, è effettivamente mia intenzione chiedere, in relazione alla questione delle mozioni, una breve sospensione della seduta sia per concertarmi con il mio Gruppo, sia per avere eventualmente rapide consultazioni anche con gli altri Gruppi.
Penso però sia opportuno fare la sospensione dopo l'intervento di replica che mi pare il Presidente della Giunta abbia in animo di fare.



PRESIDENTE

E' iscritto a parlare il Presidente della Giunta. Ne ha facoltà.



CALLERI Edoardo, Presidente della Giunta Regionale

Signor Presidente, signori Consiglieri, la Giunta ha aderito molto volentieri alla richiesta di un dibattito per la determinazione dei criteri relativi alle tre leggi di cui abbiamo oggi discusso.
Devo fare una dichiarazione preliminare. Queste leggi non disciplinano in realtà, delle materie demandate dall'art. 117 della Costituzione alla potestà legislativa della Regione: sono leggi che, definendo temi, problemi e materie che restano di competenza dello Stato, attraverso quella che i giuristi chiamano una "delega gerarchica" e non una "delega istituzionale" delegano ad altri Enti dei poteri che normalmente venivano esercitati direttamente attraverso la burocrazia dello Stato. Cioè, rientrano, in realtà, in quel tipo di delega che è previsto anche dall'art. 121 della Costituzione e che demanda al Presidente della Giunta di dirigere queste funzioni delegate gerarchicamente dallo Stato alla Regione e di risponderne al Governo.
Evidentemente, dovendo determinare dei criteri, dovendo operare delle scelte, il fatto di discuterne in sede di Consiglio Regionale, al di là di una distinzione di poteri o di una gelosa suddivisione dei medesimi - per avere da una discussione indicazioni per scelte operative, rientra in un tipo di colloquio, di dialogo aperto con tutte le forze del Consiglio di cui, è chiaro, la Giunta ha desiderio di avvalersi. Anche e perché, non solo nel caso specifico, ma al di là di esso, i tempi relativamente modesti che sono stati posti a disposizione della Giunta per la determinazione di questi criteri e di questi indirizzi obbligano evidentemente ad aprire quanto più sia possibile il nostro discorso alla collaborazione di tutte le forze che in materia possono dare suggerimenti ed indicazioni, primo fra tutti, ovviamente, il Consiglio Regionale.
Vorrei sottolineare questo aspetto, che è un aspetto di particolare rilievo, non tanto per le sue implicazioni di carattere giuridico, le quali di per sé potrebbero avere un significato relativamente modesto, quanto piuttosto per il fatto che noi ci troviamo, comunque, ad operare nell'ambito di una legge la quale, definendo questa delega gerarchica, come ho detto, in realtà contiene precisi punti di riferimento, limiti molto rigorosi rispetto ai criteri che si devono adottare. Cioè a dire, l'ambito di operatività entro il quale ci si può muovere nella direzione delle scelte è un ambito predeterminato dal contenuto della legge stessa.
Dico questo perché, siccome mi risulta che sono state presentate delle mozioni, obiettivamente mi ritengo in difficoltà a poterle accettare come tali, nella misura in cui le mozioni sono vincolative per la Giunta e nella misura in cui la Giunta, oltre ad avere i vincoli delle mozioni stesse, si trova ad avere dei vincoli posti dalla legge, e conseguentemente dal Governo che la medesima legge attua. Mentre, quindi, è possibile accettare perché non vincolanti, ordini del giorno che definiscano, grosso modo, i contenuti esplicitati nelle mozioni, riesce molto difficile accettare le mozioni, perché accettarle vuol dire poi rispondere di queste di fronte al Governo, qui di fronte al Consiglio Regionale, e quindi di fatto contravvenire a quella che invece è l'indicazione generale della legge sotto questo profilo, che è la diretta responsabilità nei confronti del Governo.
Ho ritenuto di dover sottolineare questo aspetto preliminare non perch dal dibattito che oggi si è qui fatto non siano scaturite indicazioni di rilevante interesse, rispetto alle quali è evidente che la Giunta si trova in una qualche misura impegnata, ma per dire che essa stessa si trova impegnata nella misura in cui poi la sua voce può trovare sufficiente accoglimento presso gli organi dello Stato che poi, in realtà, definiscono e decidono sulla maggior parte delle questioni che vengono prospettate a livello di proposta e non a livello di decisione da parte della Giunta Regionale.
Sono emerse qui indicazioni, in ordine alla impostazione generale rispetto alla prima legge in discussione, all'impostazione che è stata qui data dell'esigenza di una impostazione di politica commerciale volta a superare la polverizzazione delle strutture commerciali e volta a valorizzare nella misura massima possibile l'intervento di tutte quelle organizzazioni che a livello commerciale possono recare un grosso contributo per il superamento di questa polverizzazione, e che vanno dalle cooperative alle associazioni dei produttori e investono anche problemi che pure dovremo affrontare quando, attraverso la possibilità di legiferare in materia di polizia urbana, avremo veste anche per dettare norme regolamentari nella compiuta facoltà e potestà regolamentare legislativa del Consiglio Regionale.
Molte delle indicazioni che sono qui pervenute sono, quindi indicazioni di cui evidentemente ci facciamo carico, collegandole anche ad un più vasto disegno che è poi quello del collegamento di queste indicazioni con le competenze di carattere più propriamente urbanistico che pure sono complementari, sono un riflesso ed a loro volta si riflettono sulla possibilità di un'impostazione di politica urbanistica e commerciale che è, in definitiva, un modo moderno, aperto, di politica commerciale.
Così come, rispetto alla seconda legge che è venuta in discussione quella relativa ai fondi che vengono destinati alle strutture ospedaliere ci troviamo di fronte ad una richiesta di collaborazione da parte dello Stato per giungere all'identificazione dei fabbisogni all'interno della Regione per la destinazione di fondi che sono ancora fondi dello Stato e che infatti il Ministero della Sanità si riserva logicamente di distribuire anche al di fuori delle indicazioni che potranno da noi pervenire.
Molto interessanti, comunque, mi sono sembrate le valutazioni ed i criteri che qui sono stati formulati. Il criterio, intanto, che mi pare debba esser posto alla base di un indirizzo politico che si potrà esplicitare proprio nel momento in cui, attraverso il trasferimento delle funzioni amministrative alle Regioni, la conseguente possibilità legislativa si potrà rendere concreta ed operante, è precisamente quello di una politica volta alla realizzazione di un piano ospedaliero, e nell'ambito di questo, alla copertura di quei fabbisogni di cui ha parlato Berti stamattina in riferimento ad un documento a suo tempo elaborato dal CRPO. Quel documento, a dire il vero, per quanto riguarda gli strumenti di emodialisi è già stato superato nella realtà dei fatti, perché si è già costatato da parte di molti studiosi di questo problema come, in realtà l'aumento stesso dell'offerta di questi servizi abbia incrementato la domanda in modo consistente, direi stupefacente, tal che in zone dove si prevedeva, ad esempio, di poter praticamente soddisfare tutte le richieste con sei apparecchiature, ci si accorge che non solo non sono soddisfatte tutte queste richieste ma che addirittura, raddoppiando queste apparecchiature, in realtà si suscita una nuova domanda e quindi si resta in arretrato rispetto alla domanda stessa. Vale a dire, sono anche tutti problemi in elaborazione, sono anche tutte esigenze che, una volta emerse una volta che hanno cominciato a trovare una prima soddisfazione, suscitano a loro volta un complesso di domande di fronte alla cui ampiezza molto spesso si resta sbalorditi. Comunque, non c'è dubbio che sotto questo profilo è indispensabile fare un'indagine rispetto a queste esigenze prioritarie che la legge stessa di cui abbiamo discusso propone; e in questa direzione non ho alcuna difficoltà a dichiarare che noi intendiamo camminare, proprio per avere un supporto conoscitivo di base indispensabile per poter operare scelte valide.
Vorrei anche dire che, se pure a taluni può sembrare secondario tutto l'aspetto relativo alle lavanderie, ricordato da questa legge, questo è uno dei grossi problemi che si presentavano. Anche perché spesso negli ospedali si sono fronteggiati molti problemi relativi alla costituzione di reparti di specializzazioni, ma si sono disattesi e trascurati molti degli aspetti relativi all'igiene delle strutture. Mentre a mio giudizio, e non solo a mio giudizio, come è provato da rilevazioni statistiche che sono state fatte non solo nella reale situazione torinese e piemontese ma a livello mondiale, molto spesso la mancanza di dovuti accorgimenti in questo settore porta come conseguenza, ad esempio, una permanenza negli ospedali largamente superiore a quella che si potrebbe avere ove questi accorgimenti fossero stati adottati.
Così come devo dire al Consigliere Viglione che molte delle valutazioni che egli ha fatto rispetto all'esigenza di una computerizzazione di questi servizi - per la verità, già largamente praticata, come egli sa, negli ospedali americani, mentre noi siamo, obiettivamente, estremamente indietro mi trovano consenziente. Non vi è dubbio alcuno che nell'impostazione di una programmazione ospedaliera a livello regionale questo sia uno dei grossi problemi da affrontare, per lo meno a livello di un certo numero di ospedali, dapprima a titolo di esperimento, per estendere poi il sistema dato che sicuramente esso darà buoni risultati, nella misura massima possibile. La computerizzazione permette, se non altro, di evitare un eccesso di degenze negli ospedali nella fase diagnostica preliminare, che potrebbe benissimo svolgersi senza trattenere in ospedale coloro che si devono sottoporre agli esami.
E questo aspetto diventa estremamente importante quando si voglia affrontare in termini seri la medicina preventiva: è uno dei punti fondamentali sui quali si può basare la medicina preventiva. In questa direzione intendiamo camminare, avere un indirizzo molto preciso, anche se le stesse grosse fabbriche di computers, come l'IBM e la Siemens, non hanno completamente risolto molti dei problemi che si pongono per un tipo di utilizzazione vasta e al tempo stesso efficiente di questi sistemi in tale direzione.
Per quanto riguarda infine il terzo punto, quello dell'edilizia popolare, anche qui, ricordando che l'edilizia popolare non rientra evidentemente nelle materie di competenza specifica legislativa della Regione ma la Regione viene anche in questo caso utilizzata come articolazione periferica di una delega gerarchica dello Stato, devo dire che alcuni degli indirizzi emersi mi pare non siano sostanzialmente in contrasto con le indicazioni esposte qui dall'Assessore Cardinali.
Detto questo, e pur essendo ben disposto a raccogliere queste indicazioni, sento il dovere di precisare che da un punto di vista strettamente giuridico la Giunta non ha la possibilità di accoglierle sotto forma di mozioni. Prego pertanto i Consiglieri che hanno presentato queste mozioni, sul cui contenuto la Giunta, ad un esame peraltro sommario, non approfondito, non ha rilevato motivi di contrapposizione o di particolare revisione da portare avanti, di trasformarle eventualmente in ordini del giorno. La Giunta non può accettarle come mozioni vere e proprie dal momento che il suo interlocutore non è unicamente il Consiglio Regionale bensì anche il Governo.
Non mi resta che sottoporre alla vostra attenzione queste argomentazioni, che ho ritenuto mio dovere portare in questa sede proprio perché mi sembra che una corretta impostazione del problema sotto il profilo giuridico sia pregiudiziale e sia necessaria ed indispensabile al fine di articolare i nostri lavori in modo tale da far sì che l'assunzione delle reciproche responsabilità sia sempre estremamente chiara e sempre estremamente aperta e non dia luogo ad equivoci suscettibili di mettere in difficoltà dei rapporti che, per quanto riguarda la Giunta, vogliono essere rapporti di accettazione, di collaborazione, di acquisizione conoscitiva con tutte le forze presenti all'interno del Consiglio.



PRESIDENTE

Se ho inteso bene il significato della sua replica, il Presidente della Giunta è disposto ad accogliere come raccomandazioni i contenuti di queste mozioni qualora esse siano convertite in ordini del giorno. In tal caso non si darebbe luogo, a meno di esplicita richiesta, ad alcuna votazione essendovi un incontro tra l'ordine del giorno contenente la raccomandazione e l'accoglimento della raccomandazione medesima da parte della Giunta. Ai presentatori delle mozioni tocca ora esprimere il loro intendimento.
Ha facoltà di parlare il Consigliere Berti.



BERTI Antonio

Il problema è di contenuto, non di forma: se la Giunta è d'accordo di accettare - bisogna vedere quanto e come - i contenuti delle nostre mozioni, che l'approvazione avvenga su una mozione o su un ordine del giorno non ha grande importanza.
Noi abbiamo fatto rilievi sui criteri di applicazione delle leggi abbiamo, credo, anche argomenti per confutare eventualmente le tesi soprattutto per quanto riguarda la legge sulla casa, portate qui dal Presidente Calleri. In questo momento ci interessa sapere in qual misura i criteri che noi abbiamo proposto vengono accettati e se la metodologia per le ulteriori incombenze e le ulteriori attività che noi abbiamo proposto è acquisita dalla Giunta. In questo caso il discorso può essere certamente visto anche sotto l'aspetto di un ordine del giorno.
A questo punto, mi pare utile una sospensione per vedere come procedere, confrontando anche le varie posizioni in merito.



PRESIDENTE

La seduta è sospesa per alcuni minuti.



(La seduta sospesa alle ore 18,55, riprende alle ore 20,20)



PRESIDENZA DEL VICEPRESIDENTE OBERTO



PRESIDENTE

La seduta è aperta. Il Consigliere Bianchi, che aveva chiesto la sospensione, vuol riferire al Consiglio?



BIANCHI Adriano

Sento il dovere di chiedere scusa, anche a nome degli altri colleghi che hanno utilizzato questo spazio di tempo, per la durata di questa sospensione. Direi però che questo lungo intervallo non è stato inutile.
Esaminati i problemi posti al Consiglio dalla presentazione di tre mozioni la natura delle mozioni, il significato di queste, rispetto anche alle implicazioni di ordine istituzionale di rapporti fra gli organi regionali e in ordine alle responsabilità collegate con gli argomenti oggetto delle comunicazioni dei signori Assessori e del Presidente della Giunta, si è arrivati, in questo incontro tra i presentatori delle mozioni e il Presidente della Giunta e la Giunta, ad alcune conclusioni positive.
In ordine al problema della sanità, della ripartizione dei fondi fra gli ospedali, vista la possibilità di trasformare la mozione in un ordine del giorno nel quale sono sostanzialmente recepite le indicazioni, le raccomandazioni e le sollecitazioni formulate dagli estensori della mozione, mentre sono eliminati quegli aspetti di impegno particolare riguardante le Commissioni o di indicazione di soluzioni delle ripartizioni delle responsabilità fra Giunta e Consiglio, il Presidente della Giunta superata la questione di carattere giuridico, e riguardando i significati più propriamente politici della richiesta contenuta nella mozione, si è dichiarato disponibile a sottoporre i risultati dei lavori della Giunta in ordine alla ripartizione di questi fondi a tutti i Capigruppo consiliari.
In ordine alla mozione sul commercio, si è pure convenuto che trattandosi in questa fase esplicitamente di materia delegata con delega burocratica, la mozione debba essere trasformata in ordine del giorno, il cui testo è stato sostanzialmente già redatto ma che si richiede venga perfezionato per non sottoporre al Consiglio documenti magari abborracciati, nei quali sfuggono delle improprietà.
In ordine al problema della casa, invece, pur verificandosi una disponibilità della Giunta a raccogliere le indicazioni, le raccomandazioni, le valutazioni di merito formulate attraverso la mozione ed attraverso gli interventi nel Consiglio, vi è dissenso sulla interpretazione da darsi alle conseguenze che derivano dalla legge sulla casa in ordine alle competenze regionali; ma non si ritiene, poiché vi è sostanziale accordo sui contenuti, di approfondire e drammatizzare in questo momento questo contrasto, la cui soluzione potrà venire più facilmente, si è ritenuto, quando la Regione sia investita di tutti i suoi poteri attraverso il trasferimento dei poteri legislativi; per cui si propone di non passare alla votazione, restando ogni Gruppo libero di precisare successivamente la propria posizione in ordine a questa questione.



BERTI Antonio

Però, rimane iscritta all'ordine del giorno.



BIANCHI Adriano

Naturalmente, rimane iscritta e verrà in esame in gennaio, al momento in cui interverranno altri elementi a consentire di affrontare in modo più chiaro e più sicuro il problema. Probabilmente verrà inglobata in una situazione nuova, che sdrammatizzerà la questione, ammesso che essa possa essere considerata drammatica.
Prego il Presidente della Giunta di voler cortesemente, se ritiene di poterlo fare, confermare se sono stato esatto nel riferire la sua disposizione in ordine al problema della ripartizione dei fondi agli ospedali.



CALLERI Edoardo, Presidente della Giunta Regionale

Ha riferito perfettamente. Non ho nulla da aggiungere.



PRESIDENTE

Nessun altro intende parlare? Allora, se ho inteso bene, praticamente mozioni, o ordini del giorno che siano, vengono aggiornati, non ritirati salvo quanto è stato recepito ed accettato dalla Giunta, e la discussione su quello relativo all'ultimo punto cui si è riferito il Consigliere Bianchi avverrà in forma ampliata in una prossima riunione.


Argomento:

Mozioni sui problemi della casa, della disciplina del commercio e della ripartizione dei fondi ospedalieri

Argomento:

Sull'ordine dei lavori


PRESIDENTE

Devo, a questo punto, informare il Consiglio che il Presidente Vittorelli, il Vicepresidente Sanlorenzo e il Consigliere Giovana hanno dovuto assentarsi per impegni di natura politica che richiedono la loro presenza a Novara per le ore 21; che l'Assessore Paganelli e il Segretario Menozzi hanno chiesto congedo per l'ultima parte di questa seduta; che i Consiglieri Gerini, Fassino e Rossotto alle 21-21,15 dovranno lasciare comunque i lavori del Consiglio perché debbono partire per partecipare ai lavori del Consiglio nazionale del loro partito.
Questa essendo la situazione, proporrei che alcuni argomenti possano anche, eventualmente, essere aggiornati se il Consiglio ritiene di non dover effettivamente discutere questa sera questi altri argomenti soprattutto in considerazione del fatto che i vuoti in aula fra tre quarti d'ora aumenteranno.
In merito all'argomento n. 4: "Comunicazioni sui lavori della Commissione sul problema della sede", devo riferire quanto il Presidente Vittorelli mi ha detto. Egli riterrebbe opportuno attendere, prima di passare alla discussione di questo argomento che è stato presentato, che egli possa avere ancora una presa di contatto con il Sovraintendente, e proporrebbe all'attenzione del Consiglio l'eventualità di uno spostamento della discussione alla prossima riunione, che fisseremo per il 29 di questo mese. Su questa proposta qualcuno chiede di parlare? La Giunta concorda sulla proposta di aggiornamento? Non ci sono dissensi da parte del Consiglio. Allora, nell'ordine del giorno dei lavori del Consiglio per la seduta del 29 novembre, che leggerò successivamente, includeremo questo argomento.
Veniamo alle interrogazioni ed interpellanze. Vi sono interrogazioni e interpellanze che si ritengono particolarmente urgenti alle quali i competenti Assessori siano pronti a rispondere? Ha facoltà di parlare il Presidente della Giunta.



CALLERI Edoardo, Presidente della Giunta Regionale

Chiederei di passare, se possibile, in discussione subito il sesto punto dell'ordine del giorno, proprio in considerazione delle comunicazioni fatte prima dal Presidente Oberto. Si tratta di costituire gli uffici delle Commissioni decentrate di controllo, la cui importanza credo sia a tutti nota, e mi pare sia evidente l'urgenza di prendere le necessarie decisioni in merito.



PRESIDENTE

Il Consiglio concorda su questa proposta del Presidente della Giunta? In ogni caso, rimandiamo a dopo interrogazioni e interpellanze, o aggiorniamo anche questa parte dell'ordine del giorno ad una prossima seduta.
Ha facoltà di parlare il Consigliere Berti.



BERTI Antonio

Chiederei una sospensione, per poter consultare brevemente il mio Gruppo su questa questione.



PRESIDENTE

La sospensione è accordata. Raccomando però la massima rapidità.



(La seduta sospesa alle ore 20,30, riprende alle ore 20,40)



PRESIDENTE

La seduta è riaperta. Ha facoltà di parlare il Consigliere Berti.



BERTI Antonio

Dobbiamo far osservare ancora una volta che non viene rispettato l'impegno di rispondere tempestivamente alle interrogazioni e alle interpellanze, come d'altronde è stabilito per regolamento. Fra le altre ve ne sono alcune molto importanti, soprattutto quelle collegate alle condizioni dei lavoratori, che richiederebbero una risposta immediata.
Elevata questa protesta e ribadita l'esigenza che interrogazioni e interpellanze vengano sollecitamente discusse, a norma di regolamento diciamo però, a questo punto, che accettiamo di trattare ora il problema del personale, per motivi che non mancheremo di precisare.



PRESIDENTE

Il Consiglio è dunque d'accordo di postergare le interrogazioni eventualmente inserendone la discussione nell'ordine del giorno della prossima seduta, dato che la trattazione del punto 6 dell'o.d.g. e le ultime comunicazioni ci porteranno comunque a concludere questa seduta ad un'ora piuttosto tarda.


Argomento: Organizzazione degli uffici - Regolamento del personale - Controllo sugli atti degli enti locali

Prima costituzione degli uffici regionali. Determinazione ai fini del comando di un quarto gruppo di impiegati. Organizzazione delle Sezioni di controllo sugli atti degli Enti locali


PRESIDENTE

Il Presidente della Commissione VIII è pregato di riferire.



VIGLIONE Aldo, relatore

Colleghi Consiglieri, signor Presidente, la Commissione VIII, che già si era riunita ma si era trovata nell'impossibilità di assumere delle decisioni, oggi alle 15 ha ripreso in esame ex novo la deliberazione che la Giunta ha sottoposto per il parere.
Anzitutto, si è discusso su un punto che non tocca alla Commissione di per se stessa ma all'intero Consiglio, o comunque ai Capigruppo e agli organi del Consiglio, risolvere: se si tratti di deliberazione che debba o no essere sottoposta all'esame della Commissione per un parere. E' stato osservato che, ai sensi dell'art. 18, "alle Commissioni può essere demandato l'esame preventivo di deliberazioni di competenza del Consiglio" come confermato dall'art. 6 del Regolamento, che prevede che la Commissione "esamini in sede referente e consultiva i disegni e le proposte di legge ed in generale ogni deliberazione su cui sia richiesta una relazione al Consiglio, nonché ogni affare". Non spetta alla Commissione, ma agli organi competenti, decidere quali deliberazioni, o quali atti, o quali "affari" come viene detto nel Regolamento e come viene specificato nello Statuto debbano essere assoggettati al parere delle Commissioni.
La Commissione ha poi proceduto all'esame della deliberazione della Giunta. E' sorta in un primo momento una perplessità rispetto ai contingenti numerici assegnati alle singole Province: la Commissione, sia nella prima seduta, non valida, che nella seconda seduta, valida, ha rilevato, sulla base del prospetto allegato, una sproporzione fra i contingenti numerici assegnati alle singole Province, riscontrandoli non proporzionati al numero di comuni interessati. Ha riconosciuto che quanto meno un minimo debba essere assegnato ad ogni Provincia, ma ha osservato che tra Provincia e Provincia c'è una notevole diversificazione in quanto a mole di lavoro: alla Provincia di Alessandria, per esempio, fanno capo 190 Comuni, a quella di Novara 165, a quella di Torino 315, a quella di Cuneo 250, mentre il prospetto presentato tende a livellare i contingenti, in quanto assegna, per esempio, 9 dipendenti ad Asti, che ha 121 Comuni, con una popolazione di 200.000 abitanti, solo tre di più a Cuneo, ove vi sono 250 Comuni, con quasi 600.000 abitanti. Pur avendo giudicato questa sperequazione un aspetto gravemente negativo della delibera, e pur avendo rilevato che l'assegnazione di personale è assai più consistente per altre Regioni (contro gli 11 addetti per Provincia assegnati al Piemonte, per un totale di 68 elementi, stanno i 19 circa assegnati alla Lombardia, i 15 del Veneto e dell'Emilia Romagna, i 22 del Lazio, cifra questa che mi pare un po' esagerata rispetto a quelli che dovrebbero essere i fabbisogni), la Commissione ha ritenuto, per non creare remore, di non sollevare obiezioni su questo punto, rinviando ad una fase successiva eventuali interventi correttivi. Certo, sarebbe spiacevole se, dati gli intasamenti di lavoro che questa inadeguatezza di personale comporterà, nei nostri amministrati si creasse l'opinione che mentre la Prefettura qualcosa faceva, con le Sezioni decentrate più nessuna pratica riesca ad andare in porto: perché mi pare che ad una Provincia siano stati assegnati due funzionari direttivi quelli che dovrebbero esaminare tutte le deliberazioni dal punto di vista giuridico-scientifico, e non so cosa essi potranno fare, subissati come saranno da una massa enorme di lavoro.
Superata questa questione dei contingenti numerici, il giudizio della Commissione non è stato concorde sul prosieguo della deliberazione. Una parte di essa ha ritenuto che si dovesse procedere all'approvazione dell'intero testo così com'è stato presentato; un'altra parte ha formulato invece quattro osservazioni per una più esatta puntualizzazione della delibera.
A pag. 2 - "Spetterà poi alla Giunta Regionale, sempre secondo il citato art. 5, promuovere le intese con le Amministrazioni cui gli impiegati appartengono, agli effetti del loro concreto 'comando' ed assegnare agli impiegati comandati specifici incarichi"; una parte della Commissione ha pensato che con il parlare di "specifici incarichi" in una deliberazione si darebbe un carattere di stabilità e definitività a questo rapporto, e quindi proporrebbe di cancellare tale precisazione.
Poi, si legge ancora nella delibera: "Nell'ambito dei funzionari della carriera direttiva, il Presidente della Giunta designerà segretario di ciascuna sezione decentrata". Una parte della Commissione propone di inserire: "Sentita la Sezione decentrata", in quanto si ritiene presumibile che la Sezione decentrata, conoscendo la situazione degli impiegati, sia in grado di indicare chi possa avere le qualità per fungere da segretario.
Terza osservazione, nel corpo della deliberazione, che inizia: "E' determinato." si propone di inserire "con carattere di temporaneità", per non dare carattere di definitività alla deliberazione.
Infine, al punto 2 si propone, dopo le parole: "La Giunta Regionale esperite le formalità relative al 'comando' " di sostituire le parole "sentito il Segretario Generale" con "sentita la Segreteria Generale" perché nello Statuto non si parla mai di Segretario Generale ma sempre di "Segreteria Generale". Naturalmente, la espressione "specifici incarichi" di cui si è chiesta la cancellazione prima, andrebbe cancellata anche qui.



PRESIDENTE

Prima di dare la parola al Presidente della Giunta o ad un Assessore che abbia competenza in materia, vorrei rilevare che la prima richiesta si riferisce non tanto all'atto deliberativo quanto piuttosto alla relazione che accompagna l'atto formale di deliberazione. Gli emendamenti richiesti invece sulla parte deliberativa sono tre: al numero 1, dire: "E' determinato con carattere di temporaneità, come segue, al fine del comando" al numero 2, anziché "sentito il Segretario Generale", "la Segreteria Generale". E in entrambi i punti la eliminazione della espressione "specifici incarichi".
Ha facoltà di parlare il Presidente della Giunta, per precisare il pensiero della Giunta in merito agli emendamenti.



CALLERI Edoardo, Presidente della Giunta Regionale

Quanto alle proposte di emendamento, dovrei osservare, sul piano formale, che a fare le proposte dovrebbe essere personalmente un Consigliere, non la Commissione. Comunque, è una osservazione marginale perché suppongo che il Consigliere Viglione intende fare propri gli emendamenti e proporli a titolo personale.
La preoccupazione per il carattere di temporaneità è superata dal fatto che il comando ha per forza di cose un carattere di temporaneità: il precisarlo nel dispositivo della deliberazione in realtà non aggiunge nulla al contenuto della deliberazione stessa e pertanto è pleonastico e direi di nessun interesse reale. Per la chiarezza della deliberazione, ritengo pertanto non opportuna l'aggiunta "con carattere di temporaneità".
Quanto alla seconda delle osservazioni fatte dal Consigliere Viglione relativamente alla consultazione della Segreteria Generale o del Segretario Generale, faccio notare che la Giunta non può rivolgersi alla Segreteria genericamente, ma si rivolge al Segretario Generale, che è la persona che rappresenta la Segreteria Generale; in assenza del Segretario Generale, si rivolge conseguentemente al Vicesegretario. Non si può comunque usare l'espressione generica di Segreteria Generale.
L'interpretazione data dal Consigliere Viglione della dizione "assegnare specifici incarichi agli impiegati comandati" non mi pare logica: essa sta ad indicare semplicemente che nel quadro dell'attività che debbono svolgere le Commissioni di controllo ci devono essere degli incarichi specificatamente assegnati, per una organicità dell'insieme. E' un problema di organizzazione interna, direi, di attività, di attribuzione di funzioni date a questi dipendenti che poi, come si vede, sono articolati in un certo modo, quindi non c'è possibilità di confusioni o comunque che queste cose avvengano non secondo criteri rigorosamente logici e funzionali.
Siccome pertanto mi pare che le considerazioni fatte dal Consigliere Viglione, in definitiva, esprimano preoccupazioni che mi sembra non abbiano motivo di esistere, ed in realtà le modifiche, gli emendamenti che egli consiglia o richiede non servono a chiarire obiettivamente i termini nella misura in cui egli li vuol chiarire - mi sembra che non vi siano divergenze sul contenuto della deliberazione, perché gli emendamenti non sono modificativi del contenuto ma solo di natura formale -, lo pregherei di non insistere nella proposta di questi emendamenti e di lasciare immodificato il testo, al quale si è pervenuti dopo approfondito ed accurato studio.



VIGLIONE Aldo

Ce n'è uno, però, signor Presidente, che mi pare possa essere accolto per ragioni di correttezza verso la Sezione decentrata e di funzionalità, e cioè di inserire, per la nomina del segretario di una Sezione decentrata le parole: "Sentita la Sezione decentrata". Tanto più che sono convinto che, nella pratica, lei non potrà fare a meno di rivolgersi al Presidente della Sezione, per chiedergli di indicare quale fra i dodici elementi che fanno parte della Sezione ritiene il più adatto a svolgere tale attività.
Perché dunque non vorrebbe legalizzare questa prassi? Vorremmo che potesse passare almeno questo emendamento.



PRESIDENTE

Il punto indicato è nella relazione.



CALLERI Edoardo, Presidente della Giunta Regionale

Vorrei ricordare al Consigliere Viglione che la deliberazione dev'essere anche in conformità alla legge: e poiché la legge dice che il Presidente della Giunta nomina il Segretario, non vedo perché dovremmo modificare la dizione. Il Consigliere Viglione, che è anche giurista ed avvocato, dovrebbe sapere che esiste una disposizione di legge in merito.



VIGLIONE Aldo

Ma non vieta di dire: "sentita la Sezione decentrata".



CALLERI Edoardo, Presidente della Giunta Regionale

D'accordo, ma la dizione è quella e la deliberazione deve essere assunta e presa in relazione ad un dispositivo di legge.



PRESIDENTE

Ha facoltà di parlare il Consigliere Marchesotti.



MARCHESOTTI Domenico

L'affermazione del Presidente della Giunta, secondo cui, non vi sono divergenze sul contenuto della delibera, è valida limitatamente alla parte di essa che si riferisce al numero di impiegati assegnati alle varie Sezioni decentrate di controllo; non lo è invece assolutamente per gli altri rilievi. Inoltre, non che si tratta di questioni formali. Potremmo anche non insistere, purché ci fosse un impegno da parte del Presidente sul fatto che si debbano interpellare i singoli Comitati di controllo prima della nomina del loro Segretario. In effetti la legge, sia pure da rifare dice che il Presidente della Giunta nomina con suo decreto il Segretario.
Dobbiamo invece riaffermare le altre richieste, sulle quali c'è proprio divergenza di merito.
Intanto, non è accettabile, a mio avviso, la tesi del Presidente della Giunta, secondo cui la Commissione non può proporre emendamenti sulle delibere della Giunta; non capisco su quali basi egli faccia questa affermazione. L'art. 16 dello Statuto, alla lettera h), dice che "il Consiglio delibera sull'ordinamento degli Uffici e dei Servizi regionali" e noi ci troviamo proprio di fronte ad una delibera, che riteniamo debba essere provvisoria e temporanea; con la quale si prendono decisioni addirittura su organi della Regione, perché i Comitati di controllo, in base alla Costituzione, sono organi della Regione. Poi, oltre all'articolo del Regolamento già citato dall'avv. Viglione, va ricordato l'art. 18 dello Statuto, secondo il quale "alle Commissioni può essere demandato l'esame preventivo di deliberazioni di competenza del Consiglio". Se il Presidente del Consiglio ha assegnato alla Commissione VIII la delibera, è chiaro che avvalendosi del suo legittimo potere, ha fatto uso della facoltà che gli è concessa, quindi la Commissione VIII è perfettamente competente ad esaminare la delibera in oggetto, ad entrare nel merito e ad esprimere il suo parere anche per quanto riguarda la sostanza della stessa. Questo non può essere contestato ad alcuna Commissione, a meno che - ecco la prima divergenza di merito - il Presidente della Giunta e la maggioranza non pensino ad una Regione a carattere presidenziale, che non può essere attuata perché lo Statuto non la prevede.
Qui comincia a rivelarsi ed a chiarirsi la divergenza sostanziale.
Intanto, la Giunta, preparata la delibera, l'ha consegnata alla Presidenza del Consiglio e quindi alla Commissione che doveva esaminarla, lasciando a questa un margine di tempo assolutamente insufficiente, per un esame serio approfondito. Tanto più che manca di una relazione: chi ne abbia letto il testo si sarà reso conto che nella parte che dovrebbe contenere la relazione, non si dice altro che quello che è poi riaffermato nella parte deliberativa. Per la verità, pensavo che il Presidente della Giunta si rendesse conto di questo limite suo e della Giunta e nonché della scorrettezza nei riguardi del Consiglio e della Commissione permanente.
Mancando la relazione, la Commissione chiese alla Giunta di fornire più chiari elementi di giudizio, ma alla apposita riunione della Commissione non intervenne né il Presidente né l'Assessore competente, per dare le spiegazioni richieste. Questo è un atteggiamento inammissibile da parte della Giunta nei confronti della Commissione a cui è stata assegnata una delibera in esame. Si poteva discutere se la delibera andasse o no assegnata: ma, una volta che il Presidente del Consiglio aveva deciso di usare del suo potere assegnandola, la Giunta ed il suo Presidente erano tenuti a rispettare la decisione e a riconoscere quindi la competenza della Commissione. Questa è una prima divergenza di merito e di contenuti e non di carattere formale, come sostiene il dott. Calleri.
Ma c'è dell'altro. Nella deliberazione si parla di assegnazione da parte della Giunta agli impiegati comandati di "incarichi specifici", e, al punto 2, si dice: "Sentito il Segretario Generale". Si tratta di due altri principi contenutisi nel disegno di legge presentato dalla Giunta alla Commissione VIII sull'organigramma e sull'assetto del personale della Regione, da noi contrastata, ma non ancora norme e leggi della Regione Piemonte. Pertanto non possono per correttezza politica e giuridica essere affermati nella delibera in esame come se lo fossero. Cosa significa infatti, "specifici incarichi"? Finché si intende dire che Tizio lo destiniamo ad Alessandria, Caio lo mandiamo a Torino, siamo d'accordo ed il significato non muterebbe togliendo, come proponiamo, la dizione "specifici incarichi", in quanto è logico che i comandati debbano andare là ove sono destinati. Ma se con tale dizione si vuol dire, come si dice, che il Presidente della Giunta, dopo che chi è competente a decidere - il Consiglio in questo caso - avrà stabilito la destinazione ed il numero degli addetti alle Sezioni decentrate di controllo, destinerà Tizio a svolgere una mansione, Caio a fare quell'altra, senza lasciare un minimo di autonomia alle "Sezioni decentrate", che peraltro sono organi della Regione, si comprende perfettamente che le cose cambiano e noi non ci sentiamo di avallare una simile conclusione.
Quanto poi alla consultazione del Segretario Generale, questa è una carica che il nostro Statuto non prevede, in quanto esso parla semplicemente di "Segreteria Generale", diretta e presieduta naturalmente da un funzionario che, come disse un Consigliere democristiano nel replicare alle nostre osservazioni in proposito al momento della discussione dello Statuto, deve essere considerato tra pari (inter pares).
Se la maggioranza non accetta di correggere questi due punti, relativi all'affidamento di specifici incarichi da parte del Presidente e della consultazione del Segretario Generale è chiaro che essa vuol affermare delle norme che secondo noi, non debbono essere affermate, né in questa delibera né nella legge sull'organigramma e sul personale, perché sono in contrasto con quanto affermato dal nostro Statuto.
Si tratta, signor Presidente, non di questione formale, ma di contenuti, e quindi noi insistiamo nel chiedere che vengano accolti gli emendamenti presentati dal Presidente della Commissione VIII Consigliere Viglione. Faccio presente che su queste richieste erano d'accordo quasi tutti i componenti la Commissione stessa prima che lei sollevasse, questa mattina, la pregiudiziale circa la competenza della Commissione a decidere.
Dato che le cose stanno in questi termini, bisogna che la maggioranza ci dica chiaramente se ne fa una questione politica; se essa accetta di discutere; se accetta di riesaminare la delibera accogliendo gli emendamenti e quindi di muoversi nella direzione giusta; se fosse così noi saremo certo disponibili. Se invece la Giunta, il Presidente rifiuta di prendere in considerazione gli emendamenti, ben sapendo che non si tratta di questioni formali, ma di contenuti, di principi, di norme, di orientamenti, noi non potremo approvare questa delibera.



PRESIDENTE

Qualcun altro chiede di parlare? Ha facoltà di parlare il Consigliere Besate.



BESATE Piero

In aggiunta a quanto illustrato dal collega Marchesotti, credo di dover ribadire alcuni aspetti della questione che è sottoposta al nostro esame aspetti che sono di contorno all'argomentazione principale, svolta or ora dal collega, ma che mi pare debbano essere richiamati all'attenzione del Consiglio per sottolineare l'importanza del dispositivo che ci viene proposto, non riferito al momento attuale, come fatto chiuso in sé, ma per quanto può andare a precostituire, a prefigurare nei rapporti tra i vari organi.
Nell'art. 130 della Costituzione è detto che sarà un organo della Regione ad esercitare il controllo, anche in forma decentrata, pur se l'art. 121 precisa che organi della Regione si intendono il Consiglio, la Giunta, il Presidente (non è fatta a caso questa elencazione, ma in ordine di priorità), ciò significa che il Comitato di controllo, destinato ad esercitare tale controllo, è un organo della Regione, che è stato distinto dagli altri organi volitivi in quanto si è voluto sottolineare una sua caratteristica speciale di autonomia in rapporto con la volontà degli organi regionali.
Quando trattiamo di queste cose dobbiamo aver presente che noi stabilendo di istituire le Sezioni decentrate del Comitato di controllo attuiamo un dettato costituzionale e statutario previsto anche dalla legge cosiddetta Scelba, la legge del '62, secondo le leggi dello Stato, ma allo stesso tempo adottiamo una decisione politica molto importante. Perché è poi questo che decide: la politica. Dietro una pretesa divergenza formale in realtà si maschera una divergenza di natura politica, come già ha messo in rilievo il collega Marchesotti e come io desidero sottolineare in modo più approfondito.
Noi parliamo di assunzione di personale, e al personale bisogna conferire incarichi, mansioni, funzioni. Però, generalmente, a casa nostra nei nostri uffici, nelle sedi in cui svolgiamo la nostra attività, prima stabiliamo quali funzioni sono da svolgere, quali scopi vogliamo raggiungere, e soltanto dopo stabiliamo quali sono i posti da coprire e ai singoli posti destiniamo gli elementi idonei. Se invece adottiamo anzitutto la deliberazione di assumere - e siamo stati portati a questo evidentemente, perché, surgelato o no che sia il Presidente (o la Regione o la Giunta), ci troviamo nella necessità di far fronte all'esigenza primaria di dar vita ai controlli, senza aver discusso prima, come diceva Marchesotti, il regolamento sulle funzioni e i limiti di funzionamento di questi Comitati -, in realtà non è vero che non decidiamo niente: dicendo che occorrono tot elementi della carriera direttiva, tot della carriera di concetto, che lo vogliamo o no, ci poniamo nella condizione di stabilire un ordinamento purchessia, mettendo, come si suol dire con metafora contadinesca, il carro davanti ai buoi. E ciò significa che c'è un preciso disegno nella mente di qualcuno, che poi viene richiamato alla potestà presidenziale, e che si tenta di attribuire a questa la competenza di assegnazione di incarichi specifici.
Cosa vuol dire "incarichi specifici", signor Presidente? Nella evoluzione della strutturazione delle carriere e del personale statale e dei dipendenti degli Enti locali, signor Presidente, anche in applicazione del riassetto delle carriere e degli stipendi ora si parla di qualifiche funzionali, non più di gradi. Non vorremo mica riesumare alla Regione Piemonte il vecchio sistema delle carriere strutturate sui gradi, non sulle qualifiche funzionali?! Ma quando si va agli "incarichi specifici" - ve lo dice uno che attorno a queste cose ha rimestato per almeno due decenni anche la Magistratura, anche la Cassazione, di fronte ad un dubbio relativamente alle qualifiche, andavano ad analizzare le mansioni svolte da ciascun dipendente, sia di industria privata sia soprattutto quanto si trattava di dipendenti di Enti pubblici e di dipendenti dello Stato. Quale che fosse il grado, quale che fosse la qualifica riconosciuta ufficialmente da un Ente, quando un dipendente promuoveva vertenza per avere il riconoscimento di una qualifica o di un grado, la Magistratura doveva prima per forza di cose decidere se assegnargli il grado o la qualifica in funzione delle mansioni reali svolte, che sono poi gli "incarichi specifici". Tutti sappiamo che le qualifiche funzionali sono state fatte con a fianco un mansionario che stabilisce quali sono le mansioni per ciascun dipendente, e di un Ente locale e dello Stato. Nel 1971 le cose stanno così, piaccia o non piaccia a chicchessia, e noi diciamo che è una situazione ancora arretrata, che ancora necessita di miglioramenti.
Quanto lei dice che "il Presidente conferisce incarichi specifici" lei travalica persino la Legge Scelba, che stabilisce, se non vado errato, al comma terzo dell'art. 65: "Spetta al Consiglio Regionale determinare il numero (e fin qui ci siamo) e le qualifiche dei funzionari di cui reputa necessario il comando", per cui è il Consiglio Regionale che deve stabilire gli "incarichi specifici", che è poi la forma sotto la quale si stabiliscono le qualifiche reali: la qualifica non è una etichetta che si applica ad un funzionario.



MARCHESOTTI Domenico

Lo sanno tanto bene che chiedono la delega.



BESATE Piero

Le qualifiche risultano dalle mansioni specifiche affidate ad un funzionario. E poi lei quando parla di "carriera direttiva", "carriera di concetto" ecc. non parla di qualifiche ma di carriere, facendo una confusione enorme, anche se sono cose che dovrebbe conoscere benissimo dal momento che è anche amministratore di Comuni, fra carriera e qualifiche.
Lei parla ancora di grado direttivo, di carriera direttiva, cioè di "carriere"; la legge parla invece di qualifiche, e stabilisce comunque che le qualifiche le decide il Consiglio.
Io credo, signor Presidente, che, chiarito questo equivoco, al di là della vivacità della discussione, dovuta forse anche all'ora assai tarda in cui facciamo questo discorso, da persona saggia, capace, come ha dimostrato in altre circostanze, di mutar consiglio di fronte alla palmarità di una situazione (e non c'è nulla di più saggio di questo), lei sarà in grado benissimo di dimostrare che non intende affatto recare offesa non a noi ma al Consiglio, anzi, più ancora alla maggioranza che l'ha eletto, con il metterla in condizione di dover dare un voto purchessia pur di far passare questa delibera per timore che altrimenti possa succedere chissà che cosa ma è disposto a rivedere questa situazione La delibera è stata elaborata forse in modo un po' affrettato - per colpa sua, signor Presidente, perch si sarebbe potuto farla prima, in modo da disporre di un maggior spazio di tempo per l'esame -; comunque, c'è ancora la possibilità di rivederne qualche aspetto e di riconoscere che la competenza a stabilire le qualifiche è del Consiglio, così come vuole la legge.
Credo che da persona saggia e intelligente qual è lei vorrà accettare questa osservazione e chiarire l'equivoco riconoscendo la competenza del Consiglio in questo campo, come stabilito dalla Legge Scelba.



PRESIDENTE

A questo punto pregherei il Consigliere Viglione di voler formalizzare per iscritto questi emendamenti, a meno che egli voglia accogliere l'invito del Presidente della Giunta di rinunciare alla presentazione. Questo per poterli mettere eventualmente in discussione e in votazione.



VIGLIONE Aldo, relatore

Prego accordarmi cinque minuti di sospensione per la stesura



PRESIDENTE

La inviterei però a non superare questo spazio di tempo perché è assai tardi e fra cinque minuti dovrà assentarsi, fra l'altro, il Segretario del Consiglio ancora presente. Il caso della assenza di entrambi i Segretari non è previsto dal Regolamento e mi mette in imbarazzo circa la prosecuzione dei lavori.



(La seduta è sospesa per brevi istanti)



PRESIDENTE

La seduta è ripresa. Informo il Consiglio che è pervenuta da parte del Consigliere Viglione la proposta dei seguenti emendamenti alla delibera n.
14: a pag. 2 - eliminare le due parole "specifici incarichi" aggiungere, dopo "designerà", le parole: "Sentite le Sezioni decentrate" al punto 1, dopo la parola "determinato" aggiungere: "Con carattere di temporaneità" al punto 2 sostituire totalmente: "La Giunta Regionale esperirà le formalità relative al comando, sentita la Segreteria Generale".
Pongo in votazione i singoli emendamenti. Primo emendamento: eliminazione delle parole "specifici incarichi". Chi lo approva è pregato di alzare la mano.
L'emendamento non è accolto.
Secondo emendamento: aggiungere dopo "designerà" le parole: "Sentite le Sezioni decentrate". Chi lo approva è pregato di alzare la mano.
L'emendamento non è accolto.
Terzo emendamento: dopo la parola "determinato" aggiungere "con carattere di temporaneità". Chi lo accoglie è pregato di alzare la mano.
L'emendamento non è accolto.
Quarto emendamento: al punto 2 sostituire totalmente: "La Giunta Regionale esperirà le formalità relative al comando, sentita la Segreteria Generale". Chi lo approva è pregato di alzare la mano.
L'emendamento non è accolto.
Pongo ora in votazione la delibera nel testo integrale presentato dalla Giunta, già letto e del quale credo pertanto mi esimerete dal ridar lettura.
Ha facoltà di parlare il Consigliere Berti.



BERTI Antonio

Noi votiamo contro per il modo in cui siamo costretti a discutere questa deliberazione. E' noto che noi abbiamo presentato circa un anno fa mozioni e proposte concrete in ordine alla costituzione degli uffici; siamo quindi costretti a discutere di questo praticamente con un anno di ritardo spinti dal desiderio che abbiamo di vedere comunque funzionanti le Commissioni di controllo. Tuttavia, pur sentendo più di altri, com'è dimostrato dal fatto di aver noi posto il problema da più di un anno, con ripetute sollecitazioni, l'urgenza di adempiere questo compito, non ci sentiamo di approvare delle proposte per il cui esame ci è stato concesso un troppo breve lasso di tempo, senza che sia stato approvato il relativo Regolamento e senza che ci sia chiarito esattamente quali compiti dovranno assumere queste persone.
Il nostro voto negativo è quindi un voto di protesta per il metodo mentre riaffermiamo che siamo per il funzionamento delle Commissioni di controllo.



PRESIDENTE

Per altre dichiarazioni di voto ha facoltà di parlare il Consigliere Viglione.



VIGLIONE Aldo

Mi pare di aver già esposto chiaramente nell'intervento precedente le mie personali osservazioni alla deliberazione, che si possono riassumere nella ripartizione numerica totalmente errata e negli emendamenti che mi sono indotto a proporre pur non disponendo del tempo necessario per un attento esame, in considerazione del fatto che è necessario che le Commissioni comincino a funzionare dal 1^ gennaio '72.
Però, questo modo di procedere, con il fatto che la deliberazione ci sia giunta esattamente non più di cinque giorni fa, con il fatto che una così importante parte dell'attività regionale com'è quella dei controlli sia affidata ad una delibera di questo genere, ci induce a rifiutarla nel suo complesso. Tanto più che anche noi riteniamo che allorquando la Giunta avrà stabilito lo specifico incarico per ognuno dei funzionari che saranno chiamati a svolgere la loro attività nei Comitati di controllo essa avrà compiuto un atto di per sé irreversibile, che ci metterà in gravi difficoltà nel momento in cui dovremo procedere alla approvazione della legge sul personale della Regione. Osservo anche che bisogna far attenzione a comandare del personale alla Regione, bisogna tener conto che molti dei funzionari comandati presso di noi si verranno a trovare, con l'andar del tempo, nell'impossibilità di ritornare a ricoprire i posti che avevano nelle amministrazioni di partenza, essendo stati tagliati i ponti alle loro spalle (anche la Provincia di Torino ha già posto questi funzionari in una determinata situazione per cui tornare indietro sarà per essi assolutamente impossibile), e che quindi la legge regionale dovrà prevedere delle norme transitorie per coloro che attualmente lavorano per la Regione Piemonte con il titolo di "comandato" ma in effetti senza possibilità praticamente di ritornare sui propri passi, specialmente se proveniente da Enti locali e non dallo Stato.
Giunti a questo punto, possiamo anche dire che il fatto che non si senta nemmeno per la nomina del loro Segretario il dovere di interpellare le Sezioni decentrate ha il significato anche di un atto antidemocratico per il semplice fatto che una Commissione di controllo, una Sezione decentrata, che è un organo che ha tutti i poteri di disponibilità interna si troverà già praticamente in sostanza un organico fatto con specifici incarichi, con un Segretario, e quindi praticamente non sarà libera di operare e di decidere, perché già tutto sarà stato precostituito.
Riaffermiamo anche noi, sia ben chiaro, che vogliamo si proceda in modo che dal 1^ gennaio 1972 sia possibile il funzionamento degli organismi di controllo. Ma questa deliberazione, noi oggi vogliamo sia ribadito ben chiaramente, provocherà alla Regione conseguenze negative assai gravi.
Questo vogliamo sia precisato in tutte lettere, per iscritto, perché il giorno in cui si profileranno queste responsabilità sia a tutti evidente come la Giunta sia stata cieca nel voler insistere contro questi emendamenti che qualificavano soltanto giuridicamente e democraticamente questo provvedimento.



PRESIDENTE

Qualcuno chiede ancora di parlare per dichiarazione di voto? Allora, la delibera viene messa in votazione nel testo presentato, che i Consiglieri mi consentiranno di non rileggere.
Chi approva la delibera è pregato di alzare la mano.
La delibera è approvata.


Argomento: Agricoltura: argomenti non sopra specificati

Documenti - Annuncio e assegnazione a Commissioni


PRESIDENTE

Il Presidente Vittorelli, prima di assentarsi, mi ha dato incarico di comunicare che in data odierna è pervenuta dalla Giunta copia dello schema di decreto del Presidente della Repubblica concernente il riordinamento del Ministero dell'Agricoltura e delle Foreste. In analogia a quanto fatto per l'esame del decreto delegato in materia, ha deliberato di assegnare tale decreto all'esame in sede referente delle Commissioni V, VI e VII.


Argomento:

Documenti - Annuncio e assegnazione a Commissioni

Argomento:

Annuncio di ordini del giorno, mozioni, interrogazioni e interpellanze


PRESIDENTE

Il Segretario Consigliere Gerini deve ora assentarsi, come avevo preannunciato. Mancando una disposizione precisa di Regolamento che preveda il caso di assenza di entrambi i Consiglieri Segretari, per analogia con quanto vale per altre assemblee in circostanze analoghe, invito il Consigliere più giovane a fungere da Segretario nell'ultimo scorcio di questa seduta.
Le operazioni da compiere sono praticamente ancora due: riferire la convocazione per il 29 di questo mese e l'ordine del giorno, il che pu essere fatto direttamente dal Presidente; poi si dovrebbe dar lettura di un gran numero di ordini del giorno, mozioni, interrogazioni ed interpellanze che sono pervenuti. Il Consiglio accetta che se ne rinvii la lettura al giorno 29?



BESATE Piero

In tal caso, però, la risposta verrebbe data in una riunione successiva.



PRESIDENTE

Ci sarebbe un'altra soluzione che permetterebbe di evitare la lettura e di consentire la discussione già nella prossima seduta: quella di comunicare ai singoli Consiglieri il testo di queste interrogazioni in maniera che ne prendano visione prima della prossima riunione, cosicché il giorno 29 sia già possibile discuterne.
Allora, se non vi sono obiezioni, la Segreteria comunicherà ai singoli Consiglieri il testo di queste interrogazioni in modo che, se gli Assessori saranno in grado di rispondere, esse possano esser messe in discussione nella prossima seduta.



BERTI Antonio

Potremmo darle per lette.



PRESIDENTE

Il Consiglio si esprime unanimemente in questo senso? Non ci sono opposizioni, riserve, voti contrari? Allora, i testi sono dati per letti e saranno comunicati in tempo utile perché la discussione possa avvenire nella prossima seduta.


Argomento: Montagna

Ordine del giorno sulle nuove norme per lo sviluppo della montagna


PRESIDENTE

C'è un testo soltanto che mi permetterei di chiedere fosse discusso subito - e in questo penso di trovare il consenso di tutto il Consiglio perché ha carattere di urgenza. Tratta un argomento che la Commissione in sede legislativa della Camera affronterà fra pochissimi giorni probabilmente già lunedì o martedì della settimana ventura (avrebbe dovuto esaminarlo l'11 di questo mese, ma vi è stato un rinvio), per cui se si vuole abbia ancora un significato occorre che il Consiglio lo voti stasera: "Preso atto dell'avvenuta approvazione da parte del Senato del disegno di legge recante 'Nuove norme per lo sviluppo della montagna' valutate positivamente le modifiche apportate dal Senato al testo del disegno di legge n. 1707 precedentemente approvato dalla Camera dei Deputati che accolgono le principali richieste delle Regioni, dell'Uncem e delle popolazioni montane, adeguando così la legge alla nuova realtà regionale attesa l'estrema urgenza dell'approvazione definitiva del provvedimento legislativo e della sua rapida promulgazione considerato che il testo del disegno di legge così emendato è stato iscritto presso la Commissione Agricoltura della Camera dei Deputati in sede legislativa per la definitiva sanzione sollecita la Commissione stessa ad approvare con la massima urgenza respingendo ogni manovra dilatoria, il disegno di legge nel testo licenziato dal Senato".
Reca le firme dei Consiglieri Giovana, Claudio Simonelli, Albertina Soldano, Bruno Ferraris, Franco Revelli, Domenico Marchesotti, Domenico Bertorello, Giuseppe Giletta e Armando Gerini.
Se il Consiglio non ha nulla in contrario lo pongo in votazione. Chi è favorevole è pregato di alzare la mano.
E' approvato all'unanimità.


Argomento:

Ordine del giorno sulle nuove norme per lo sviluppo della montagna

Argomento:

Ordine del giorno della prossima seduta


PRESIDENTE

Informo che il Consiglio è convocato per il giorno 29 novembre '71 alle ore 10 (e penso si possa dire fin d'ora anche alle ore 16) presso il Palazzo delle Segreterie, in piazza Castello, con il seguente ordine del giorno: 1) Approvazione verbali sedute precedenti 2) Comunicazioni del Presidente 3) Disegno di legge "Norme per l'istituzione e l'approvazione dei tributi della Regione Piemonte" 4) Disegno di legge "Istituzione del circondario di Biella" 5) Comunicazione sui lavori della Commissione sul problema della sede 6) Sede della Regione. Progetto di deliberazione della Giunta Regionale 7) Esame ordini del giorno su Legge 11 giugno '71 - Disciplina del commercio - Capo II: Piani di sviluppo e di adeguamento - Decreto ministeriale 2 luglio '71: Assegnazione alle Regioni delle somme stanziate nel Fondo nazionale ospedaliero 8) Interpellanze e interrogazioni.
Ripeto ancora che il terzo punto, che doveva essere oggetto di una mozione presentata, quello relativo alla Sanità, sarà concordato fra i diversi Gruppi e riproposto una successiva tornata dei lavori del Consiglio La seduta è tolta.



(La seduta ha termine alle ore 21,45)



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