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Dettaglio seduta n.63 del 15/10/71 - Legislatura n. I - Sedute dal 6 giugno 1970 al 15 giugno 1975

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Argomento:


PRESIDENZA DEL PRESIDENTE VITTORELLI


Argomento: Organizzazione regionale: argomenti non sopra specificati

Sede della Regione (rinvio)


PRESIDENTE

La seduta è aperta.
Comunico al Consiglio che si è svolta poco fa una riunione della conferenza dei Capigruppo, con la partecipazione del presidente della Giunta. Mi scuso anzi con il Consiglio se abbiamo ritardato un po' l'inizio dei nostri lavori, ritardo dovuto alla riunione che si è protratta finora.
In questa conferenza dei Capigruppo, è stato esaminato, prima di portare la questione in aula, il punto quarto all'o.d.g., quello relativo alla sede della Regione e alla proposta di deliberazione della Giunta Regionale. Nella discussione che si è svolta, si è ritenuto che, per portare al Consiglio una serie di proposte alternative organiche su cui il medesimo si possa pronunciare, fosse opportuno un supplemento di indagine al quale partecipasse anche il Consiglio, chiedendo allo stesso di conferire il mandato alla conferenza dei Capigruppo, con l'ausilio eventualmente, se lo si ritiene necessario, anche di esperti, per un'indagine sulle varie ipotesi relative alla collocazione della o delle sedi della Regione; svolte queste indagini, la Giunta sarà in grado di formulare delle proposte operative e la conferenza dei Capigruppo potrà riferire e porre il Consiglio in grado di discutere e di deliberare su una scelta che naturalmente impegna tutto l'avvenire della Regione.
Non so se il Presidente della Giunta desideri fare anch'egli qualche comunicazione al riguardo, ma siamo stati unanimemente d'accordo anche con la Giunta su questo argomento e riterremmo di aver bisogno di circa un mese al massimo per poter riferire al Consiglio e porlo in grado di deliberare.
Se nessuno ha delle osservazioni da fare e se il Presidente della Giunta non desidera aggiungere qualche cosa per parte sua, chiederei al Consiglio, dato che questo è un mandato formale che viene richiesto, di conferire alla conferenza dei Presidenti, così come definita nel Regolamento e cioè "conferenza dei Presidenti dei Gruppi consiliari" di cui fanno anche parte i componenti l'Ufficio di Presidenza del Consiglio Regionale e il Presidente della Giunta o un suo sostituto, di conferire dicevo, a questo organo, il mandato di svolgere le indagini necessarie per consentire al Consiglio di deliberare in merito alla sede della Regione.
Vi sono osservazioni su questa proposta? Pongo ai voti la proposta di conferire alla conferenza dei Presidenti il mandato relativo alle indagini che consentiranno poi la scelta della sede.
E' approvata all'unanimità.
Il punto quarto all'o.d.g. può quindi essere depennato perché sarà reinserito in un o.d.g. di una successiva seduta.


Argomento: Programmazione: argomenti non sopra specificati

Comunicazioni del Presidente della Giunta Regionale


PRESIDENTE

Al punto primo all'o.d.g. abbiamo "Comunicazioni del Presidente della Giunta Regionale" su un argomento che era stato sollevato in una seduta precedente, quello relativo all'organizzazione di incontri sulla situazione economica del Piemonte. Credo che la Giunta desideri fare alcune comunicazioni su questo tema.
Ha facoltà di parlare il Vicepresidente Cardinali.



CARDINALI Giulio, Vicepresidente della Giunta Regionale

Come i colleghi sanno, in ottemperanza al voto unanime su un o.d.g.
della seduta 9/9 del Consiglio Regionale, il Presidente della Giunta ha indetto una serie di riunioni nelle province piemontesi, allo scopo di verificare la situazione reale dell'economia piemontese, riunioni alle quali sono invitati gli Enti locali interessati, i Sindacati e le varie altre organizzazioni di categoria le quali devono portare il loro contributo dì segnalazioni. Il Presidente ha inviato a questo scopo una lettera che leggo al Consiglio: "Le condizioni congiunturalmente sfavorevoli in cui versa l'economia della Regione, particolarmente in alcuni settori industriali, rendono necessario che l'Ente Regione, accertata la reale portata del fenomeno e i suoi fattori, possa presentarsi come interlocutore anche nei confronti dei poteri statali, oltre che per la sua azione diretta, affinché possa essere superato questo stato di cose. In questo intento sono venuto nella determinazione di promuovere una consultazione degli operatori pubblici e privati delle singole province. Alla consultazione, che sarà organizzata da ciascuna Amministrazione Provinciale, parteciperanno per la Regione il Vicepresidente della Giunta Assessore all'urbanistica ing. Cardinali l'Assessore ai trasporti e comunicazioni ing. Gandolfi, l'Assessore al bilancio e alla programmazione avv. Paganelli, l'Assessore all'industria e artigianato comm. Petrini e il Direttore dell'Ires. Sono invitati i Capigruppo del Consiglio Regionale.
I punti sui quali ritengo debbano orientarsi gli incontri e che saranno trasmessi dai Presidenti di Provincia agli Enti e associazioni invitati sono i seguenti: 1) condizioni delle imprese particolarmente industriali nell'attuale fase congiunturale 2) pareri sui fattori strutturali oltre che congiunturali che determinano l'attuale situazione 3) suggerimenti per superare le difficoltà strutturali e congiunturali".
Il calendario degli incontri è avvenuto secondo questo schema che leggo ai colleghi Consiglieri: per la provincia di Asti la riunione è stata già effettuata il giorno 13 ottobre scorso; per la provincia di Novara avrà luogo mercoledì 20 ottobre alle ore 15,30 presso la sede del Palazzo provinciale; per la provincia di Alessandria avrà luogo giovedì 28 ottobre alle ore 15,30; per la provincia di Vercelli mercoledì 3 novembre ore 15,30; per la provincia di Cuneo martedì 9 novembre ore 15,30; per la provincia di Torino mercoledì 10 novembre ore 15,30.
I Consiglieri della zona sono invitati a partecipare a queste riunioni e non soltanto i Capigruppo. Questa almeno è la consuetudine che abbiamo adottato ad Asti e mi pare che possa essere validamente ripetuta nelle altre province.



PRESIDENTE

Vi sono osservazioni su queste comunicazioni? Richieste di chiarimenti? Ha facoltà di parlare il Consigliere Carazzoni.



CARAZZONI Nino

Non potendo intervenire sulle comunicazioni vorrei solo formulare una domanda. Vorrei sapere se a questi incontri sono stati invitati i Sindacati e i rappresentanti delle organizzazioni imprenditoriali. Mi risulta che in provincia di Novara non sono ancora pervenuti gli inviti.



CARDINALI Giulio, Vicepresidente della Giunta Regionale

Sono stati delegati i Presidenti delle Province a trasmettere gli inviti, con riferimento alle organizzazioni sindacali e imprenditoriali.
Debbo purtroppo lamentare che ad Asti, ad esempio, sia le une che le altre non hanno partecipato, ma per motivi di rapporti interni che non avevano nulla a che vedere con la Regione. Direi che lo sforzo che deve fare ciascuno, indipendentemente dagli inviti, è quello di garantire il massimo di partecipazione.



CARAZZONI Nino

Ma ad Asti gli inviti erano stati fatti? Perché a Novara tuttora non risultano pervenuti.



CARDINALI Giulio, Vicepresidente della Giunta Regionale

Il Presidente della Provincia di Novara ha forse ritardato un po' l'invio perché avevano organizzato con la Camera di Commercio una riunione per domani, che poi è stata rinviata. Presumo che il rinvio sia conseguente all'iniziativa regionale.


Argomento: Urbanistica (piani territoriali, piani di recupero, centri storici - Opere idrauliche ed acquedotti - Viabilità

Esame dello schema di osservazioni al D.D. su urbanistica, viabilità acquedotti e lavori pubblici e dello schema di osservazioni al D.P.R. sul riordinamento del Ministero dei Lavori Pubblici


PRESIDENTE

Dopo questo piacevole scambio di informazioni reciproche, possiamo procedere con l'esame del nostro o.d.g.
Secondo la deliberazione presa questa mattina, la discussione dei punti 2) e 3) all'o.d.g. viene abbinata per ragioni funzionali, cioè si discuteranno insieme l'esame dello schema di osservazioni al decreto delegato sull'urbanistica, viabilità, acquedotti e lavori pubblici di interesse regionale e l'esame dello schema di osservazioni al decreto del Presidente della Repubblica relativo al riordinamento del Ministero dei LL.PP.
Procederemo in questo modo: parleranno successivamente i relatori sui due decreti e cioè prima il relatore sul decreto delegato, Rivalta, e poi il relatore sul decreto presidenziale, Bianchi; quindi, i Consiglieri che vorranno intervenire nella discussione potranno farlo sul complesso di questi due decreti. Al termine della discussione generale, replicheranno se lo ritengono, i due relatori e gli Assessori competenti per la parte che li concerne. Evidentemente, quando passeremo alla votazione sulle osservazioni o sugli emendamenti, le votazioni saranno disgiunte perché si tratta di decreti diversi.
Ha facoltà di parlare il Consigliere Dotti.



DOTTI Augusto

Signor Presidente, signori Consiglieri, se permettono vorrei in primo luogo ringraziare la Giunta per avere inviato le sue osservazioni e per aver partecipato ai lavori della Commissione. Ringrazio i due relatori sempre bravissimi e solleciti.
Voglio informare il Consiglio che abbiamo fatto una vasta consultazione dall'Ires all'Associazione nazionale dei costruttori edili, agli architetti, all'Ordine degli ingegneri e ai Comuni con più di 25.000 abitanti (che sono intervenuti numerosi); non abbiamo però potuto avere l'onore e l'interesse di ascoltare i lavoratori perché il termine così improvviso sopraggiunto non ha permesso loro di concordare una direzione comune.
In proposito vorrei pregare lei e il Presidente della Giunta di riunire i Presidenti delle Commissioni, per vedere se è possibile modificare le procedure in corso, affinché documento, non appena disponibile, possa essere distribuito anche a coloro che le Commissioni desiderano consultare richiedendolo a lei e quindi alla Giunta stessa. Infatti in questo caso particolare è mancata una larga partecipazione che era forse necessaria a noi stessi, in quanto che abbiamo visto su questo argomento, specialmente della urbanistica, tutti molto preparati e molto interessati. D'altra parte le lamentele sono state anche unanimi nel senso di non aver potuto approfondire la materia. Specialmente in questo caso particolare, che è un momento storico per la creazione delle Regioni, il non poter approfondire sufficientemente questa materia pone noi stessi a disagio. Infatti, mentre critichiamo il Governo, coloro che ci hanno inviati questi decreti del riordino dei LL.PP. come Ministero e del trasferimento alle Regioni delle funzioni amministrative in materia di urbanistica, di assetto del territorio, di viabilità e di lavori pubblici, per la loro precarietà perché sono stati abborracciati, perché risulta che non siano nemmeno stati visti dal Ministro competente, noi stessi dobbiamo dire che non abbiamo avuto che un tempo molto breve, direi brevissimo per poter consultare noi stessi, le categorie esterne e per dare ai relatori il tempo materiale di stendere una relazione. Infatti è noto che le due relazioni erano disponibili solamente questa mattina, anzi, la seconda, quella del Consigliere Bianchi, che dà sempre l'anima in queste cose, è pronta solo adesso.
Noi vorremmo pregarla quindi di vedere se e possibile accelerare in qualche modo la distribuzione dei documenti. Nel medesimo tempo voglio segnalare al Consiglio, come risulterà dalle relazioni dei due relatori, la nostra profonda delusione provata ricevendo questi due documenti, appunto perché sembra che lo Stato non abbia desiderato effettivamente o per pigrizia, o per cattiva volontà, o anche per ignoranza, comprendere l'entità e il valore che la materia urbanistica e l'assetto del territorio rappresentano per lo sviluppo economico e sociale della nostra Regione.



PRESIDENTE

Consigliere Dotti, non so se ho ben capito il senso della sua richiesta. Il Consiglio è chiamato a deliberare ora, con urgenza, sui progetti di osservazioni, lei vorrebbe riaprire le consultazioni?



DOTTI Augusto

No.



BERTI Antonio

Ha chiesto una modifica del Regolamento.



PRESIDENTE

Ma qui non si tratta di modificare il Regolamento. Vorrei ricordare rammaricandomi con noi stessi e con lo Stato che ci ha posti in queste condizioni, che in seguito a quella lettera del Presidente della Commissione interparlamentare di cui ho messo a conoscenza il Consiglio ieri, sono stato costretto ad abbreviare tutti i tempi. Ho dato una lunga spiegazione ieri mattina su questo fatto. Il testo che approviamo questa sera è approvato in extremis perché la Commissione interparlamentare ne possa tener conto e trasmetterla insieme con le proprie osservazioni al Governo che poi emanerà i decreti delegati. O noi approviamo, fra oggi e domani, queste osservazioni, o facciamo opera puramente accademica. Quindi tutto ciò che facciamo dopo non sarà recepito da nessuno, possiamo benissimo esprimere ancora dei pareri che influenzeranno l'opinione pubblica, ma se vogliamo rientrare nell'iter stabilito dallo Stato dobbiamo chiudere questo iter questa sera.
Oppure ho capito male la sua richiesta? Se vuole precisare.



DOTTI Augusto

Mi rincresce signor Presidente, io credo che tutti abbiano capito forse lei non era attento (mi scusi se dico queste cose).
Ho solamente pregato, vista la brevità del tempo che abbiamo avuto in questa consultazione, se per il futuro fosse stato possibile procedere a una revisione della procedura attuale, per poter distribuire in futuro altri documenti che ci pervenissero, in tempo utile prima che la Giunta esprima il proprio parere, le proprie osservazioni.



PRESIDENTE

Questo ora l'ho capito, tuttavia le faccio osservare che di decreti delegati non ce ne saranno più e che in avvenire emaneremo leggi di competenza della Regione sulle quali il Consiglio sarà pienamente sovrano di fissare tutte le procedure che intende. Qui siamo stati un po' stretti dall'ordine di tempo e anche dall'accordo, se vuole, quello a cui si riferiva, che è stato concluso alla conferenza dei Capigruppo, in sede di compromesso tra la Giunta e i Gruppi, in modo da consentire a tutti di esprimere il proprio parere.
Questa è una procedura assolutamente insolita che vale quando ci viene richiesto un parere dall'esterno, dagli organi dello Stato. E' chiaro che in avvenire non ci sarà da attendere nessun parere della Giunta, perché o avremo da prendete in esame un disegno dì legge, che emana dalla Giunta stessa (e fino a che non l'ha comunicato non c'è da occuparsi di nulla) oppure una proposta dì legge di iniziativa o consiliare, o di comuni, o di quei cittadini che hanno il diritto di formularlo, di cui le Commissioni saranno investite dal momento della presentazione. Può anche accadere che ci venga richiesto qualche parere che riproduca la situazione attuale, per sarà un fatto eccezionale, là dove invece adesso si è trattato di un fatto ordinario degli ultimi sei mesi di vita del Consiglio.
Raccolgo tuttavia la sua osservazione: essa però, non ha implicazioni pratiche immediate. Il giorno in cui si ponesse di nuovo il problema di esprimere un parere entro tempi brevi, potremo riconsiderare, col modo pragmatistico con cui abbiamo affrontato la questione, la procedura con cui le Commissioni saranno investite dell'esame di questi progetti di parere.
Procediamo ora, nell'ordine che avevo indicato prima, all'esame degli schemi. Ha la parola, per cominciare, il relatore sullo schema di osservazioni al decreto delegato su urbanistica, viabilità ecc., che è il Consigliere Rivalta.
Ha facoltà di parlare.



RIVALTA Luigi, relatore

Signor Presidente, colleghi Consiglieri, la Commissione, nell'esaminare il decreto in oggetto, ha avuto presente la particolare importanza che la materia assume, con riferimenti agli obiettivi che la Regione si è data nel proprio Statuto, particolarmente riportati al Titolo I; e ai metodi di lavoro che la Regione ha assunto, riportati al Titolo VI.
Con questa attenzione, la Commissione, seguendo il metodo adottato per l'esame già di altri decreti, ha ritenuto necessario non limitare il proprio esame all'ambito di osservazioni tecnico-giuridiche, ma di espletarlo con riferimento a problemi d'ordine politico, sociale ed economico che la Regione deve affrontare, e con riferimento al livello di maturazione culturale, teorica e sperimentale accumulato socialmente nella materia in oggetto.
Nel richiamare i problemi che la Regione deve affrontare, oltre all'esperienza di ciascuno di noi, è stata di valido contributo la consultazione degli Enti locali, i quali hanno messo in evidenza l'insieme delle questioni che investono i loro territori, problemi che vanno dalla congestione dell'area metropolitana torinese alla crisi in generale della città; alla degradazione dei centri storici e dei beni culturali all'abbandono e disattivazione di zone agricole; all'irrazionale dislocazione delle zone industriali (proprio ieri abbiamo ancora avuto un esempio con l'industria che voleva insediarsi nella Val d'Orba, la Mammut) alla carenza dei servizi, delle abitazioni; alla crisi dei trasporti; alla difficoltà di comunicazioni (stamattina, in risposta ad un'interrogazione abbiamo avuto un'altra prova dell'irrazionalità delle procedure, con riferimento alle tangenziali nell'area metropolitana torinese); ai conflitti che sono sorti fra le aziende che operano in questo settore e i comuni sui quali le tangenziali vengono costruite; alla degradazione dell'ambiente e delle risorse naturali (che è oggetto continuo, di interventi, spesso di speculazione nelle aree turistiche e nelle aree attorno alle grandi città); all'inquinamento dell'atmosfera e delle acque (oggetto pressante di iniziative in tutto il territorio); al dissesto idrogeologico, in tutte le nostri valli riconosciuto come uno dei problemi urgenti; alla ricostruzione di centri colpiti da calamità naturali e di zone colpite da calamità naturali, riportateci con drammatica evidenza dal Comune di Biella. Sono problemi rispetto ai quali gli Enti locali si sono trovati impotenti sino ad ora, al di là della loro volontà e per i quali essi richiedono un istituto regionale capace di racchiudere le necessarie competenze per poter intervenire.
Nei richiamare il significato e la collocazione culturale dell'intervento urbanistico, sono state di apporto alla Commissione, ancora le consultazioni; questa volta quelle con gli istituti e li organismi culturali operanti in questa disciplina, ed in particolare l'Ires. Si è rimarcato che l'intervento urbanistico ha come finalità quella di organizzare la distribuzione sul territorio delle strutture fisiche attraverso cui si svolgono le attività; ma si è anche precisato che questa non è una ricerca di razionalità formale e spaziale, ma piuttosto la ricerca di una struttura funzionale che tende a consentire e imporre che le attività operino per il conseguimento degli obiettivi che la Regione si è data. Quindi, si è indicata nell'intervento urbanistico una funzione strumentale volta al conseguimento degli obiettivi; un rapporto diretto quindi con gli obiettivi.
Da queste consultazioni, è emersa la necessità che la pianificazione urbanistica e territoriale sia strettamente connessa con il piano economico e rappresenti una condizione operativa e strumentale rispetto al complesso delle relazioni socio-economiche. Si è cioè precisato che l'intervento urbanistico deve coincidere con un potere decisionale effettivo del momento pubblico; potere capace di orientare il sistema delle attività economiche e sociali. Si è anche precisato che questo rapporto deve essere stabilito nel più ampio quadro di intervento che deve fornire la politica di piano, e la programmazione; e in questo senso - si è detto - si deve procedere ad un'esauriente attuazione della Carta Costituzionale in merito all'attribuzione delle competenze alla Regione. Ciò significa intanto collocare la funzione di indirizzo e di coordinamento dell'attività delle Regioni da parte dello Stato nella politica di piano e di programmazione nell'attività legislativa del Parlamento e nelle decisioni collegiali del Governo adottate in esecuzione delle leggi, e non altrimenti.
Altro punto che è stato messo in evidenza, è che l'intervento urbanistico deve costituire un intervento di carattere globale programmato sull'insieme degli atti e dei processi fisici territoriali; non deve cioè correre il rischio di essere un momento parziale a cui sfuggono interventi sul territorio operati da altri, che operando al di fuori della politica di piano potrebbero deformare il processo di organizzazione territoriale ed il conseguimento degli obiettivi. Ciò non significa competenza assoluta ed esclusiva della Regione su tutto, ma certo una compresenza della competenza regionale sempre e in ogni momento, su tutti i fatti che interessano la Regione.
Terzo punto che è stato messo in evidenza dal lavoro della Commissione e dalle consultazioni, è che l'intervento urbanistico deve rappresentare un intervento attivo da parte della Regione ed evitare di essere, come è stato nel passato, una disciplina di vincolo, una disciplina che mette soltanto delle normative. Sotto questo profilo si è messa chiaramente in luce, anche attraverso le consultazioni degli Enti locali, la grande funzione che deve essere svolta dall'Ente locale sul piano dell'organizzazione territoriale attraverso la politica di infrastrutturazione che è capace di orientare oltre che di preparare il territorio ad un assetto confacente agli obiettivi che si vogliono conseguire.
Sintetizzo per non dilungarmi in annotazioni, tenendo conto che la relazione è stata distribuita.
Nel complesso, esaminando il decreto, si è rilevata l'incongruenza fra i poteri trasferibili alle Regioni in base alla legislazione vigente rispetto a quelli che l'autonomia regionale, e la realtà dei problemi, e soprattutto i principi a cui prima ho fatto riferimento, richiederebbero.
Pertanto si è ribadita la necessità di addivenire al più presto alla rifondazione soprattutto in questa materia, delle leggi e all'attuazione degli strumenti e delle procedure della politica di piano e di programmazione. Con ciò non si è affatto rinunciato a perseguire il superamento di questa situazione strutturale, e non si è peraltro rinunciato a portare un'osservazione critica al decreto. Osservazione critica che ha inteso mettere in evidenza quei limiti riconoscibili come disattesa applicazione delle stesse possibilità lasciate dall'attuale assetto legislativo, in direzione di una concreta applicazione dei principi esposti; limiti che pertanto un'attenta volontà politica consentirebbe di eliminare. E' testimonianza di questa volontà politica di non attuare compiutamente la riforma regionale, di non trasferire compiute e organiche competenze alla Regione, un insieme di normative contenute nello schema di decreto, (alle più significative delle quali nel testo è fatto riferimento).
La sistematizzazione delle argomentazioni è stata fatta operando dei raggruppamenti che tendono a rilevare i contrasti della normativa contenuta nel decreto con i principi messi in premessa, secondo tre filoni essenziali: il primo riguarda il trattenimento di funzioni e di poteri a favore del Ministero dei LL.PP., poteri che rientrano invece nell'ambito delle competenze regionali (riguarda la conservazione al Ministero di competenze e controlli relativi a procedimenti urbanistici che finiscono col condizionare l'attività d'intervento regionale). Sono cioè raggruppate in questo primo filone, tutte quelle normative che tendono ad allontanare e non ad avvicinare le possibilità di intervento della Regione, secondo il principio di una politica di piano e secondo giusti rapporti fra Enti locali, Regione e Stato.
Il secondo filone riguarda il mantenimento di funzioni di poteri di natura urbanistica a favore del Ministero dei LL.PP. e di altri Ministeri e organi dello Stato, che oltre a determinare gli stessi aspetti negativi delle normative raccolte nel primo filone, determinano una frantumazione dell'intervento urbanistico; e in questo senso negano la validità dell'affermazione che l'intervento urbanistico ha un carattere globale e unitario. Il riferimento più specifico che si può fare in questo caso è l'intervento di una serie di Ministeri che possono introdurre piani e vincoli che hanno effetto sul territorio e quindi sostanzialmente possono sovrapporsi alla volontà della Regione nell'orientare l'organizzazione territoriale; in particolare significative le competenze che permangono al Ministero della P.I. e che si riferiscono alla tutela delle bellezze naturali, dei paesaggi, alla possibilità di imporre dei vincoli.
Ma molti altri sono i Ministeri che hanno una competenza, quelli dell'Agricoltura e Foreste, Trasporti, Difesa ecc., per non parlare di organismi come la Cassa del Mezzogiorno e l'Anas.
Terzo filone entro cui si è sistematizzato il giudizio sulla normativa del decreto, è quello che si riferisce alle normative che confermano la competenza dello Stato in materia di lavori pubblici, o trattengono parte di questi poteri sui singoli aspetti dei LL.PP. Sono, queste, delle conservazioni di competenza fatte al Ministero che operano nel senso di impedire alla Regione di avere pieni poteri nel campo infrastrutturale e quindi di svolgere quella politica attiva che sul piano dell'organizzazione territoriale si rende necessaria. I riferimenti più significativi in questo senso sono quelli all'art. 8 del decreto, che stabilisce quanto è di potere del Ministero in materia di opere pubbliche, e all'art. 3 che nel trasferire competenze alla Regione introduce pero, attraverso il concetto di interesse regionale, delle forti limitazioni a questo trasferimento.
Altro riferimento specifico, significativo, è quello alle materie che vengono delegate e non trasferite, come dovrebbe essere, alla lettera della Costituzione, trattandosi di materia per cui la Regione è competente ai sensi dell'art. 117 della Costituzione.
Le osservazioni portate allo schema e sistematizzate in questi tre filoni, hanno generato, come conclusione, forti perplessità e preoccupazioni sulla portata di questo decreto rispetto alle esigenze di attuare la riforma regionale e di rendere la Regione soggetto di procedure di pianificazione e di programmazione. Si è in questo senso, espresso un giudizio negativo al decreto, e individuato ih alcune concezioni strutturali le matrici di queste storture. Così il fatto che il decreto si rifà ad un'interpretazione culturale e politica del tutto tradizionale della materia urbanistica e dei lavori pubblici, da cui deriva la mancata ricerca di globalità della materia trasferita e il disconoscimento del rapporto di integrazione strumentale esistente tra lavori pubblici e organizzazione del territorio. A ciò fa riscontro la procedura adottata che ripete quella presente in tutti gli altri decreti, per cui si opera il trasferimento di poteri violando la concezione del decentramento per settori organici di materie come dettato dalla Carta Costituzionale e dalla Legge n. 281 del 1970; ed inoltre, nell'ambito di queste concezioni strutturali deformanti il decreto, l'uso del concetto di interesse regionale che ha il fine, nel decreto, di contenere le competenze all'interno di una ripartizione di ordine burocratico. Ed ancora, la visione burocratica che presiede al trasferimento, e che determina un irrazionale ed insufficiente trasferimento di strumenti e risorse, e la creazione di duplicazioni di uffici e di compresenze di competenze; fatto questo che desta viva preoccupazione in quanto la mancanza della strumentazione necessaria alla vita della Regione, costituisce una condizione di svuotamento dell'autonomia regionale e di svuotamento di volontà politica.
Infine, la surrogazione del trasferimento di competenze che rientra nella materia attribuita dalla Costituzione, art. 117; surrogazione che viene effettuata con l'impiego della delega in base alla Legge 281 del 1970.
Detto quanto sopra, si è sottolineata la necessità che vengano rimossi i caratteri negativi in formatori, sopra riportati e insieme venga visto il decreto in modo coerente alle osservazioni fatte. La relazione che la Commissione sottopone al Consiglio si conclude appunto con un richiamo sintetico, articolo per articolo, all'osservazione fatta nel corso dell'analisi sistematica, che dovrebbe costituire la traccia per una revisione strutturale del decreto. Non si è ritenuto di procedere, data l'insufficienza e insieme la complessità della materia, alla ristesura emendata del decreto stesso, preferendo la via di fissare i criteri e i vincoli entro cui questa operazione deve essere latta dal legislatore.



PRESIDENTE

Passiamo ora alla relazione relativa allo schema di osservazioni circa il riordinamento del Ministero dei LL.PP., relatore Consigliere Bianchi che ha facoltà di parlare.



BIANCHI Adriano, relatore

Signor Presidente, signori Colleghi, sono molto lieto di prendere la parola dopo la relazione del Consigliere Rivalta il quale, per un eccesso di riguardi, se si vuole, nei confronti dell'Assemblea, ha estremamente sintetizzato il frutto di una fatica veramente peritoria, di un lavoro eccellente sotto tutti profili che riassume e precisa in termini che non rivelano certo la pressione e la fretta sotto la quale si è dovuto lavorare, ma che potranno essere momento di riferimento in ogni altra circostanza in cui questo Consiglio sia richiamato a esaminare problemi di questa portata.
Sono lieto anche di prendere la parola dopo, perché nella relazione allo schema di decreto di riordino del Ministero dei LL.PP. che ho avuto l'onore di stendere, è fatto riferimento più volte alla relazione del Consigliere Rivalta perché in questa seconda vengono recepite gran parte delle indicazioni che si trovano nel primo, vengono recepite perché tutte le proposte di riordino del Ministero che vengono formulate in assenza di quelle indicazioni e di quelle soluzioni in tema di trasferimento di poteri che invece vengono rivendicati con le motivazioni che sono state ampiamente riportate nella prima relazione, condizionano necessariamente la struttura del Ministero e quindi a questa io mi sono rifatto, rimandando alle soluzioni che in sede finale si troveranno e che speriamo siano coerenti se non c'è stata coerenza ed organicità nel momento di preparazione e di stesura delle bozze di questi decreti, questa coerenza speriamo si trovi nel momento finale della stesura definitiva e dell'approvazione dei decreti stessi.
Abbiamo, rispetto a questo schema di decreto sul riordino del Ministero, riaffermato necessariamente la coerenza di questo Consiglio (credo di poterne anticipare il pensiero) in ordine a tutte le impostazioni già date nell'esame dei decreti per la difesa dell'autonomia regionale dell'interesse del concetto di interesse regionale e delle competenze soprattutto primarie legislative della Regione.
La materia che qui è stata trattata in modo specifico, particolare, con un qualche sforzo per dare ad essa una definizione il più possibile precisa da un punto di vista giuridico e con tutta l'efficacia di cui siamo stati capaci, e quella che riguarda le funzioni di indirizzo e di coordinamento dello Stato sulle attività regionali, perché se è vero che questo schema di decreto sul riordino del Ministero rispetto ad altre proposte di riordino di altri Ministeri, ha una sua organicità e rivela uno sforzo di ammodernamento, di modificazione di vecchie impostazioni, reca peraltro al suo inizio, nell'art. 1, le affermazioni più gravi e più preoccupanti, più precise in ordine alla concezione che in sede ministeriale si ha di queste funzioni di indirizzo e di coordinamento. Molto brevemente le sintetizzo e le richiamo anche come fatto politico all'attenzione del Consiglio: poich in questo decreto non si prevedono le deleghe non è un decreto di riordino e di delega, ma soltanto di riordino del Ministero, si sente il bisogno di premettere che il Ministero promuove ed adotta nell'ambito della propria competenza i provvedimenti necessari all'attuazione dei compiti che la legge gli attribuisce ed assicura, avvalendosi anche dei Commissari del Governo con atti di indirizzo e coordinamento eventuali, necessari rispetto ecc. ecc. In sostanza si dice che al Ministero dei LL.PP. spetterebbe la competenza di emettere atti e provvedimenti di indirizzo e di coordinamento, rispetto all'attività non delegata, perché dell'attività delegata non si parla, ma addirittura rispetto all'attività fondamentale e primaria della Regione che è quella legislativa, cioè con la prospettiva di subordinazione di un'assemblea legislativa nella sua attività sostanziale ad un indirizzo, ad un'attività meramente burocratica e operativa. Se così fosse sarebbe veramente lo svuotamento dell'istituto regionale, sarebbe veramente la degradazione dell'Ente Regione dalla posizione di un Ente autonomo con capacità legislativa al livello di un Ente locale neanche modernamente concepito. Anzi, la degradazione al rango di un organo periferico e gerarchicamente subordinato all'indirizzo ministeriale. Vi faccio grazia delle argomentazioni giuridiche che sono state stese, per confutare che si possa esercitare una funzione di indirizzo a livello burocratico ministeriale rispetto a qualsivoglia attività della Regione persino rispetto alle attività delegate, perché noi non contestiamo che rispetto alle attività delegate ci sia una funzione direttiva di indirizzo di controllo se si vuole, del Governo, ma se ci riferiamo all'art. 121 della Costituzione vediamo che è il Governo centrale non gli organi burocratici dell'amministrazione statale che esercitano questa funzione e quando si parla di Governo centrale anche per questa posizione occorre che questa funzione di indirizzo venga espletata da organi collegiali, perch solo in essi è riconoscibile il Governo centrale. E non solo il Ministero ma neppure il Ministro, perché non è organo collegiale, ha facoltà in prima persona di svolgere questa funzione e ancor meno può essere svolta direttamente attraverso la mano periferica che è quella del Commissario governativo, il quale sì, svolgerà per conto del Governo tutte le funzioni che questo intende affidargli di coordinamento dell'attività statale periferica, di verifica, di controllo, di relazione sulle attività delle Regioni, di istruttoria se si vuole, per consentire agli organi collegiali di deliberare, ma esso stesso non sarà in prima persona l'organo che compirà questi atti o che prenderà gusti provvedimenti.
E' sostanzialmente tutta qui la parte di rilievo. Abbiamo poi fatto varie osservazioni di cui vi faccio grazia, sul presupposto della permanenza allo Stato di competenze in varie materie che giustificherebbe la creazione di un complesso di strutture organizzative ministeriali che invece dovrebbero cadere, in coerenza con la soluzione che in sede finale sarà data in materia di trasferimento di poteri alla Regione.
Così come abbiamo rilevato che sembra veramente eccessivo e molto grave che si pensi di riservare agli organi statali, per ben cinque anni, la definizione delle pratiche amministrative in corso alla data di approvazione del decreto. In altra sede si è detto invece un po' più correttamente - anche se questa soluzione è criticabile - "riservate solo quelle per le quali occorre una spesa e che è stata iscritta a bilancio" e così via. Invece in questa sede, in modo generalizzato e indiscriminato, si prevede una specie di moratoria in funzione della quale tutte le pratiche amministrative in corso verrebbero trattenute e definite dal Ministero per cinque anni, salvo passare alla Regione fra cinque anni le pratiche che resteranno irrisolte. E' anche questo un modo indiretto di svuotare e mettere in mora la Regione che non può essere accettato.
Anche per quanto riguarda questo decreto noi non siamo scesi alla formulazione di proposte di emendamenti, o alla riformulazione di articoli.
Per quanto attiene al primo siamo stati così espliciti, così ampi nelle argomentazioni che non sorge equivoco su quale debba essere, secondo la nostra impostazione, la formulazione di questa norma. Per quanto riguarda tutti gli altri articoli in cui si prevede la struttura organizzativa del Ministero occorrerà che, in coerenza con le soluzioni da darsi in materia di trasferimento delle funzioni e quindi dei poteri alla Regione, se ne traggano le conseguenze in sede di riordino.
Ancora si è constatato che una possibilità di riserva di competenze è contenuta là dove, nel primo comma dell'art. 1, si parla di funzioni trasferite, come se alle Regioni potessero passare solo quelle materie che vengono obiettivamente, positivamente trasferite attraverso i decreti e non le materie che invece sono proprie delle Regioni che non hanno bisogno di essere trasferite. Abbiamo ricordato che questi decreti sono uno strumento che in questa fase storica, in modo contingente e magari opportuno e pratico viene adottato per più rapidamente consentire alle Regioni di esercitare i poteri che sono loro propri, ma che non si può per altra via attraverso il decreto, restringere le competenze regionali a quelle funzioni che obiettivamente trasferite vengono ad essere. Così crediamo di avere adempiuto, sia pure sotto la pressione del tempo, al nostro compito.



PRESIDENTE

E' aperta ora la discussione generale abbinata sui due progetti di decreto.
E' iscritto a parlare il Consigliere Fonio, ne ha facoltà.



FONIO Mario

Signor Presidente, colleghi Consiglieri, è inutile premettere che le conclusioni alle quali è giunta la Commissione sono di carattere unitario ed hanno la nostra approvazione Penso che con il decreto delegato sull'urbanistica e con il decreto presidenziale sull'ordinamento del Ministero dei Lavori Pubblici, stiamo discutendo davvero due documenti della maggiore importanza per la vita delle Regioni, per ciò che le Regioni potranno essere e per ciò che potranno fare. Eppure, almeno uno di tali documenti, lo schema sul decreto delegato, a prima vista sembrava dei più semplici e dei più soddisfacenti, salvo fare rilevare subito dopo che è attraverso la materia in esso trattata che passa la possibilità o meno di trovarci in quella condizione che siamo andati sempre auspicando per poter realizzare in concreto quel tipo di Regione programmatoria al quale ci siamo rifatti anche nell'impostazione del nostro Statuto.
E' attraverso questi decreti che rischiano di essere vanificati molti principi e molti impegni che nello Statuto stesso abbiamo assunto. In quest'aula infinite volte abbiamo ricordato come la Costituzione nazionale nei lontani anni '46/'47, operando in un clima politico dominato dalle conseguenze del precedente regime autoritario, volle le Regioni in primo luogo come istituti di democrazia politica, come tale esigenza fosse stata avvertita prima dell'esigenza di stabilire cosa le Regioni dovessero poi fare e che comunque troppo tempo ormai è passato perché non si imponga un'interpretazione evolutiva della Costituzione onde l'Ente Regione possa essere valido oggi di fronte ai problemi che lo sviluppo industriale ha posto agli italiani. Oggi che la nozione di pianificazione territoriale fondamentale per l'organizzazione degli insediamenti umani, fa parte di un medio bagaglio culturale, c'è ancora chi viaggia in senso inverso e sostiene che poiché la nozione di pianificazione territoriale era del tutto estranea al panorama concettuale dei nostri padri costituenti, bisogna dare all'urbanistica un'interpretazione limitata ai contenuti della Legge del 1942 che costituì un mezzo di mero regolamento del territorio limitatamente alle previsioni dei tipi e delle linee di sviluppo di una singola area urbana. E giustamente il relatore collega Rivalta, (al quale rivolgo il più sentito ringraziamento anche a titolo strettamente personale perch nell'imprevisto abbreviarsi dei termini e nel sovrapporsi dei vari impegni sostituendomi mi ha consentito di partecipare al congresso organizzato dalla Federnatura e dalla Regione) ha impostato la sua pregevolissima e tecnica relazione con particolare riferimento, oltre che ai problemi politici e socio-economici della Regione, a livello di maturazione culturale - come egli ci ha spiegato - raggiunto nella materia di cui trattasi.
Durante le consultazioni, abbiamo sentito sempre ribadire che le esperienze e le ricerche indicano i processi territoriali come manifestazioni sul territorio dei processi socio-economici, dal che si deduce che l'urbanistica, la programmazione territoriale non può essere concepita che nell'ambito del più generale processo di pianificazione.
Soprattutto non può concernere il territorio che nella sua globalità e quindi non può non assumere, come strumenti del suo perseguimento, tutti quelli che emergono dalle politiche settoriali piegandoli ai più generali obiettivi della pianificazione territoriale. Ne esce automaticamente una concezione moderna di pianificazione territoriale, intesa in senso lato come indicazione delle aree di insediamento residenziale e industriale come tracciato dalla rete viaria certo, ma anche come configurazione di un dato rapporto tra aree urbane e tra queste e il territorio circostante come vincolo di zone agricole. A questa concezione unitaria dell'urbanistica vanno ricondotti anche i compiti della difesa e della conservazione del suolo, dell'uso delle risorse idriche, della tutela paesaggistica ambientale ed ecologica. Solo con un'urbanistica così concepita, come sostenevo l'altro giorno nel già citato convegno, connessa con le altre materie di competenza regionale (agricoltura e foreste ecc.) si possono affrontare i nodi politici e sociali che scaturiscono dalla gestione del territorio e trovare quella possibilità di soddisfacimento di un interesse prevalente della comunità regionale attraverso gli opportuni lavori pubblici di interesse regionale per la definizione dei quali tanto si discute nell'ambito della valutazione dei decreti che stiamo esaminando.
Molti altri punti sono stati ampiamente trattati dalla relazione Rivalta e forse altri ne avremmo trovati poiché il decreto è un po' come quelle figurine cangianti che appena si muovono offrono sempre nuove e diverse figurazioni. Proprio per questa particolarità e per le numerose osservazioni che si sono poste via via alla Commissione, il relatore giustamente le ha - come già spiegato - raggruppate in capitoli dai quali io ritengo di dovermi sottrarre, stante la sintesi che egli ha già fatto per passare semplicemente alla citazione di qualche argomento tra i più importanti, soprattutto per collegarmi al discorso sul decreto di riordinamento del Ministero Lavori Pubblici e alla relazione, pure pregevole, secondo le sue ben note abitudini, redatta dal collega avv.
Bianchi.
Un punto fondamentale l'ha proprio già indicato il collega Bianchi definendolo come tale ed è quello relativo all'art. 2 che attribuisce al Ministero i compiti di indirizzo, di coordinamento e di controllo e che certamente è visto solo con un'ottica che ha riferimento alla legge, come s'è detto, del '42, e alla cultura urbanistica dell'epoca. Perché non si può pensare di attribuire alla Regione solo il compito di formulare i piani territoriali, rimandando l'approvazione al Ministero.
Noi non ignoriamo che l'assetto territoriale nazionale non può essere come diceva un funzionario dell'Ires, un semplice "collage" dei piani regionali, ma non si può ridurre il compito della Regione alla predisposizione di un elaborato che è subordinato poi all'approvazione del Ministero. Evidentemente in questa materia è necessario instaurare un metodo di reciproca consultazione tra organi centrali e regionali e ricondurre poi al Parlamento quelle scelte per le quali possono sorgere motivi di conflitto tra i diversi livelli di competenza, ma soprattutto è inaccettabile quella concezione delle funzioni di indirizzo e di coordinamento dello Stato sulle attività regionali, quale emerge dall'art.
1 del decreto di riordinamento del Ministero che attribuisce le stesse funzioni al Ministero invece che agli organi collegiali di Governo. Contro tale concezione si erge la relazione Bianchi affermando a tutte lettere che una tale concezione porterebbe al più vero e concreto naufragio dell'autonomia regionale.
Il collega Rivalta ha già chiarito come tutti quegli argomenti, che via via si affacciavano attraverso questa figurina cangiante, come io l'ho chiamata, attraverso una scelta metodologica siano stati raggruppati in filoni vari, la traccia dei quali è stata da lui illustrata richiamando gli aspetti più salienti. Io non voglio certo ripetere quanto lui ha già detto se non compiacermi di ricordare quel richiamo ad un rifiuto da parte della Regione, mentre combatte il centralismo statale, di istituire un sub centralismo che sembrerebbe voluto per attribuire alle Regioni delle competenze che invece devono essere semplicemente delle comunità locali.
Il collega relatore ha già ampiamente trattato quello che è uno dei nodi principali (al quale pure io ho accennato) in riferimento all'interpretazione dei "lavori pubblici di interesse regionale". E' certo che attraverso l'interpretazione degli stessi passa la nostra valutazione del tutto insoddisfacente, anche per quanto riguarda gli acquedotti e le strade e la competenza assoluta che si lascia all'Anas, mentre è a tutti noto come le comunicazioni stradali costituiscono uno strumento di organizzazione territoriale dei più incisivi. Comunque è certo che anche richiami a competenze che vengono lasciate ancora al di fuori e che appartengono perfino ad altri Ministeri come quello dei trasporti, della P.I. e dell'Agricoltura, sono contrari a quella visione unitaria dell'urbanistica che è la premessa di tutto il nostro discorso e della valutazione che la Commissione ha fatto di questo decreto.
E poiché vedo che il discorso si fa più lungo del previsto, vorrei venire ad un argomento che mi sta particolarmente a cuore; forse è logico che sia fatto da me nell'ambito di questa discussione, perché l'ho portato avanti dai primi giorni della Regione, ma sinceramente ho paura di tradire tutto quel pessimismo al quale si è fatto riferimento qui stamattina parlando del comportamento dello Stato nell'emanazione dei decreti delegati. Mi riferisco al capitolo che riguarda le acque pubbliche, la sistemazione idrogeologica, la conservazione del suolo e la difesa idraulica. Veramente forse il discorso varrebbe la pena di farlo grosso, ma finisce per voi di essere una stantia mia ripetizione. Mi riferirò invece ad accenni di altre Regioni che evitando al sottoscritto infinite ripetizioni, sembrano cogliere, in occasione dei decreti delegati, quelle che sono state le impostazioni da noi sempre portate avanti. Sia il collega Rivalta che il collega Bianchi, riferiscono come ci sia una certa contraddizione anche per il fatto che lo Stato ci riconosce delle competenze relative semplicemente alle opere idrauliche di IV e V categoria, prescindendo dall'unanime riconoscimento che invece il criterio informatore dell'attuale sistema di classificazione dovrebbero riferirsi ai bacini di intervento più che all'entità delle opere.
Nella relazione Bianchi si ricorda, a questo proposito, come sussistano forti dubbi che alle Regioni non debba essere riconosciuta alcuna competenza in merito a questi problemi. E' chiaro che la mia posizione è sempre stata personalmente al di là di questi dubbi e di queste riserve, se si è portata avanti un'impostazione di rivendicazione financo sul programma regionale fondato espressamente sul presupposto di specifiche competenze in materia alla Regione.
Io ritengo, come ho già detto, che a monte di ogni altra considerazione, vi sia quella concezione unitaria della pianificazione territoriale nella quale, abbiamo già incluso la difesa idraulica, la sistemazione idrogeologica, le acque e gli inquinamenti. Ma se si vogliono valutare questi decreti, bisogna anche chiedersi perché, così radicalmente in maniera così eccessiva lo Stato su questi punti sia stato egoista e abbia voluto riservarsi interamente i compiti in materia di difesa idraulica e di difesa idrogeologica.
Sappiamo, perché l'abbiamo già detto più volte, che questa impostazione prende le mosse da una sin troppo citata ormai Commissione interministeriale che aveva studiato e cercato una soluzione a questi problemi, e precisamente la Commissione De Marchi, la quale conclude con la tesi che il tutto deve essere riservato allo Stato per due motivi: 1) perché i problemi sono di vitale importanza per la Nazione 2) perché fino a ieri questi problemi non hanno dato la possibilità di essere risolti e si vede la soluzione solo con una direttiva unica centralizzata.
Di fronte a questi argomenti è facile forse rilevare che di vitale importanza ce ne sono molte materie: c'è per esempio anche la difesa della salute che è di vitale importanza e non per questo la Regione deve essere esclusa dalle competenze in materia.
L'altro è puramente paradossale: fino ad oggi ogni competenza in materia è stata puramente e semplicemente tutta ed esclusivamente dello Stato. Non si vede perché in senso inverso alla realtà bisogna valutare la condotta dello Stato semplicemente per esasperare ancora di più una centralizzazione che si è dimostrata così controproducente e così inefficace.
Io ho già avuto occasione di intratteinervi più volte su questo argomento; del resto ricordate come sotto un profilo di un'organica trattazione delle materie, con una disaggregazione e aggressione di tutte le materie che incidono sulla soluzione di questi problemi, si fosse arrivati anche a formulare un indirizzo regionale su questi temi e dei programmi operativi. Certo è che non posso non considerare le conclusioni alle quali arriva lo Stato sulle premesse che ho appena esaminato. Proprio perché è necessario un intervento unitario ed accentrato dello Stato, si lasciano alle Regioni soltanto le competenze sui consorzi di IV e V categoria e, guarda caso, sono gli unici per cui non è previsto il contributo statale. Mentre per la prima categoria, che riguarda i fiumi di confine, per la seconda che riguarda i fiumi già arginati, con affluenti già arginati, per la terza che considera le difese di ferrovie, strade ecc.
nelle altre vediamo che sono più direttamente interessati i comprensori, i Comuni ecc., quei Comuni che con l'andazzo che c'è si troveranno sempre in maggiore disponibilità finanziaria, nell'ambito di quella concezione unitaria che dice la Commissione De Marchi deve prescindere da qualunque classificazione, perche la mano dello Stato deve arrivare finalmente in qualsiasi angolo dove ci sia da sistemare qualche cosa ai fini della difesa del suolo. Però la conclusione del Ministero è che si vuol tenere gli scomparti dove ci sono i finanziamenti, dove c'è una possibilità di spesa e, unitarietà a parte di tutta l'operazione dello Stato, si ricarica sui Comuni o su qualsiasi altro Ente la parte meno appariscente. Cosa che poi è una sconfessione plateale di tutta l'impostazione stessa De Marchi perch sappiamo che è tutto un gioco a catena quello della difesa idraulica e le conseguenze del dissesto idrogeologico e non si possono lasciare dei settori non finanziati e quindi, fuori dall'intervento organico.
Quindi è con una certa amarezza che si guarda a questi risultati ed io vedo sotto un'altra ottica la mancanza in questo decreto di riordino di quelle deleghe e di poteri piuttosto che sotto il solito profilo tecnico giuridico. Giustamente il collega Bianchi ha annotato che una volta tanto non si sia fatto scempio dei principi giuridici nell'ambito di questo decreto, ma al di la della legittimità di fare delle deleghe in sede di questo decreto per le questioni costituzionali che abbiamo esaminato in rapporto per esempio a quello dei trasporti, qui non c'è pericolo che ci siano perché di deleghe in questo campo proprio non ne sono scappate.
Su ogni caso qui c'è tutta una questione di legislazione da riordinare di leggi cornice e il discorso sarebbe ampio, ma stamane altri colleghi hanno detto quali sono le previsioni in ordine proprio alle leggi cornice e alla reale situazione a seguito dell'emanazione di questi decreti delegati.
Vorrei però ricordare che c'è un aspetto particolare nell'ambito della strutturazione per tutte queste competenze che lo Stato si riserva in materia di difesa idraulica e di sistemazione del suolo: si inserisce all'art. 24, un concetto con una dizione che dice esattamente: "Hanno in particolare (i magistrati) il compito di curare in modo organico e ordinato la compilazione dei piani di generale sistemazione idrologica, difesa del suolo ecc. Curano altresì l'attuazione del piano e il suo sistematico aggiornamento, nonché il riferimento alla necessaria coordinazione dei piani territoriali che dovranno sottostare ai piani di bacino per quanto attiene alla difesa idraulica dei territori e delle popolazioni interessate. A loro volta i piani di bacino terranno conto delle indicazioni programmatiche ecc.". In sostanza, i piani territoriali devono sottostare ai piani di bacino per quanto attiene alla difesa idraulica, si dice, e alle popolazioni interessate, ma è chiaro che con questo si dà un mezzo al Ministero, attraverso il Magistrato delle acque, di essere a monte e di inserirsi nuovamente nel discorso urbanistico con quei poteri che ben sappiamo voler riservarsi. E questo aspetto negativo del Senato è stato colto, come dicevo, da un'altra Regione ed io vorrei richiamare quanto è stato scritto dalla vicina Liguria, con questa intenzione: di confortare una visione che non è solo mia personale (come spesso assume la mia trattazione) su quanto è al fondo di tutta la discussione oggi portata avanti.
Dice la relazione ligure: "Con l'individuazione dei bacini idrografici e dei piani di generale sistemazione idrologica di difesa del suolo per ciascun bacino, ai quali dovranno sottostare i piani territoriali, i piani urbanistici, ecc, si delinea un'ennesima possibilità del Ministero dei Lavori Pubblici di fare urbanistica anche se pure ha alla base motivazioni certamente serie. Richiede perciò stesso di unificare in sede regionale tutta l'attività di piano, attribuendo quindi alle Regioni e non togliendo e quindi mettendosi in condizioni di dover verificare anche le competenze in ordine ai piani idrogeologici e quindi alla definizione dei bacini, il quale come sarà il caso dei consorzi di bonifica delle zone agrarie e delle aree commerciali dei bacini di traffico delle aree metropolitane ecc.
richiederanno di essere visti in uno col problema dei comprensori, ovvero di quel governo intermedio tra Comune e Regione che gestirà di fatto il piano urbanistico".
La Regione ligure, in parole povere, rivendica quell'impostazione che noi abbiamo sempre portato avanti, anche in sede di programma esecutivo della Giunta, per avere nell'ambito dei comprensori e dei bacini secondari della Regione quelle competenze che proprio ci vengono escluse in quelle materie che, ripeto per l'ultima volta, costituiscono l'unità della pianificazione territoriale.
Ed è in base a queste considerazioni soprattutto che io ritengo la Commissione sia pervenuta giustamente e fondatamente alla conclusione che era inutile proporre degli emendamenti perché il giudizio è totalmente negativo su questi due decreti che vanno praticamente respinti, come è nella sostanza delle relazioni sottoposte al Consiglio.



PRESIDENTE

E' iscritto a parlare il Consigliere Rossotto, ne ha facoltà.



ROSSOTTO Carlo Felice

Signor Presidente, colleghi Consiglieri, il giudizio negativo sui due decreti delegati è dato, anche a nome del Gruppo Liberale, per aver aderito in sede di Commissione alle relazioni che i relatori avevano predisposto.
Pieno accordo, pertanto, sia per quel che riguarda l'urbanistica, sia per quel che riguarda il riassetto del Ministero dei LL.PP., con le altre forze politiche qui presenti. Questo può sembrare un assurdo prima di tutto perché sull'urbanistica c'è stato il più violento scontro proprio tra il Partito al quale io appartengo e quello a cui appartiene il relatore (questa è la dialettica politica che è necessario in una democrazia avvenga) e l'accordo raggiunto in sede di Commissione non è dovuto a tatticismo, e qui va un pieno riconoscimento al collega Rivalta che ha individuato esattamente i termini del problema e quello che deve essere l'asse portante di una politica per la pianificazione territoriale. Starà poi alla volontà politica in atto, secondo la responsabilità di coloro che sono andati a rappresentare gli interessi della totalità del Paese individuare come servirsi di questi strumenti. I rapporti dell'urbanistica con la pianificazione generale dello Stato, tra programmazione a tutti i livelli e urbanistica a tutti i livelli sono stati chiaramente enunciati.
Io vorrei qui ricordare l'importanza nell'affrontare dei problemi che sempre più si dilatano ed escono addirittura dal campo nazionale e ci specialmente per una Regione come la nostra, posta al confine di altri Paesi che fanno parte, insieme a noi, di quella Comunità Europea di cui in ogni caso, in ogni attività, da questo momento dovremo tenere conto. Fatta questa breve precisazione, non a giustificazione o come senso di colpa per avere aderito totalmente ad un indirizzo unitario, ma proprio perch responsabilmente a questa visione unitaria abbiamo partecipato, noi che ad un certo punto abbiamo rappresentato di fronte all'opinione pubblica un momento antiregionalista in una lotta di attuazione delle Regioni, vogliamo qui ricordare che se facciamo le Regioni, come questi decreti delegati impongono, avevamo perfettamente ragione nel denunciare l'errore di attuarlo così al buio. Dato che ci sono è assurdo pensare che esiste in un decreto delegato un art. 2 dove dicendo che l'attuale legislazione urbanistica è superata (e su questo siamo tutti d'accordo, l'hanno detto tutti i consultati, ne eravamo convinti noi stessi) in attesa della nuova legislazione questo indirizzo, questo coordinamento, questa visione unitaria di tutti i problemi ecologici, paesistici, vengono interpretati dal Ministero dei LL.PP. Questo mi pare l'elemento più grave che esiste nel documento. Gli altri sono stati individuati esattamente nella relazione.
Vorrei ricordarne ancora uno che è stato presente in tutte le osservazioni dei partecipanti alle consultazioni, proprio per dimostrare maggiormente che questa nostra denuncia non è soltanto dovuta al voler avere tutti i nostri poteri, ma perché questi poteri ci sono sollecitati da coloro che dovrebbero amministrare e che da Roma amministrano secondo una certa logica e una certa imposizione di legge: è quello che riguarda l'art. 11. E qui si reinnesta la mancanza di un adempimento che le forze politiche avevano convenuto; le deleghe dovevano venire per materia e ciò avrebbe evitato di trovarsi a non poter chiedere in questa relazione il trasferimento alle Regioni della Sovrintendenza ai monumenti che è dipendente dalla pubblica istruzione e come tale avrà al fine di tutto un iter democratico e di validità di politica urbanistica portata avanti da noi Regione con possibilità di controllo di un solo organo in perfetta dipendenza gerarchica da un Ministero dello Stato, contravvenendo a tutto ciò che dottrina, volontà politica, forze politiche stanno sostenendo deve essere il rapporto corretto tra Regione e Stato. Il parlare degli altri argomenti sarebbe fare dell'accademia. Io mi richiamo pertanto totalmente alle relazioni con questo loro significato di chiara responsabilizzazione nei confronti degli organi dello Stato, se vogliamo fare una politica nuova attraverso le Regioni in aderenza alle realtà sociali che si impongono.
Si parlava qui della congestione dell'area metropolitana. Dovremo discutere noi se questa congestione è dovuta a un'eccessiva concentrazione oppure a disorganizzazione; io ritengo sia dovuta a disorganizzazione, ma in ogni caso tutti questi problemi presuppongono che da parte del potere centrale ci siano dati tutti quei poteri che ci competono per Costituzione.
Questa limitazione nei nostri confronti è una violazione della Carta Costituzionale, e un'offesa per la dignità dei cittadini che ci hanno mandati a rappresentarli.



PRESIDENTE

E' iscritto a parlare il Consigliere Garabello, ne ha facoltà.



GARABELLO Enzo

Signor Presidente, colleghi Consiglieri, ritengo di dover aggiungere anch'io delle considerazioni alle relazioni che anche troppo stringatamente i due relatori hanno voluto portare verbalmente al Consiglio, per mettere in rilievo anzitutto che i due decreti, particolarmente quello relativo all'urbanistica, sono stati definiti da tutti noi che abbiamo lavorato all'interno delle Commissioni, delle scatole a sorpresa. In effetti, da un primo esame compiuto forse un po' superficialmente avevamo ritenuto che particolarmente il decreto sull'urbanistica avesse determinato una svolta cioè che ad un certo punto lo Stato avesse compreso che delle contestazioni delle Regioni ai testi dei precedenti decreti sarebbe stato bene tenerne conto attraverso un'analisi e un lavoro più approfondito. In realtà compiuta l'analisi più approfondita, ci siamo resi conto che, tutto sommato, è quasi più apprezzabile il decreto del Ministro degli Interni che abbiamo discusso ieri, il quale per lo meno dice chiaramente "non vi voglio dare niente". Questo invece apparentemente all'esterno è pitturato di validi colori mentre all'interno contiene degli strani marchingegni per cui i colori di fuori non hanno più alcun significato.
A proposito di urbanistica, è evidente che se c'è una materia sulla quale non dovremmo aver avuto necessità di fare alcuna elucubrazione mentale, di cercare alcun ammodernamento nell'interpretazione dei termini era proprio quella mentre in altri casi si è dovuto sempre cercare, pur nell'ambito della Costituzione, di dare interpretazioni più aggiornate. E' pur vero che da molte parti vi è stato sempre il dubbio che nell'art. 117 l'urbanistica sia entrata perché eravamo nel '46/47, quando questa materia non aveva ancora assunta nella vita pubblica e sociale tutta l'importanza che successivamente ha avuto, però è certo che non ha nessun attributo nella Costituzione, nessuna aggiunta, nessuna limitazione, si dice "urbanistica". Per cui ci pare che le limitazioni che il Ministero dei LL.PP. ha posto in quel decreto, siano chiaramente incostituzionali. Quindi concezione statica anche delle leggi vigenti, nessuna visione evolutiva, ma anzi, chiara volontà di restringere i termini dei poteri dati alle Regioni.
Praticamente dell'urbanistica in questo decreto viene data la vecchia interpretazione, che è quella di una strana scienza fatta da moderni stregoni che pitturano delle carte geografiche, che fanno delle norme non sempre chiare e comprensibili a tutti, ma soltanto agli addetti ai lavori per cui praticamente il territorio viene macchiettato sulla carta geografica in maniera diversa, per stabilire essenzialmente dei vincoli, è l'urbanistica dei no, tipica di un certo tipo di concezioni di piani regolatori sostenuta nei primi tempi proprio dagli urbanisti, e che ha messo in crisi molte volte la loro stessa funzione. Ora il passaggio c'è stato, non è che occorrano grandi sforzi per renderci conto che ormai questi concetti sono superati. Evidentemente l'urbanistica non è in una visione panurbanistica a cui si richiama tutto, altrimenti ciascuno guardando i problemi dal proprio angolo visuale riesce a ricondurre a sé e alle proprie visioni tutte quante le materie, ma è in una visione più moderna in cui entra chiaramente come un aspetto settoriale importante di una più generale politica di piano. La programmazione economica sociale non si può fare senza una pianificazione urbanistica che ne sia una degna interprete sull'assetto del territorio. Questo spirito, questa concezione nel decreto manca. E' pur vera (e di qua nasce la richiesta) la necessità che il Governo, il Parlamento si impegnino presto nella legge quadro, cioè in una nuova legge urbanistica che proprio per l'avvento delle Regioni si troverà enormemente facilitata e che dovrà esclusivamente determinare alcune interpretazioni strettamente costituzionali sugli aspetti fondamentali; quando abbia definito l'uso della proprietà, sostanzialmente la legge urbanistica a livello nazionale ha già fatto la più parte dei suoi compiti essendo poi demandato alle Regioni di interpretarne gli aspetti operativi, tecnici e di collegamento con la politica di piano. Però nella vecchia legge urbanistica vigente vi è un'interpretazione da parte del Ministero che ha prodotto questo schema di decreto delegato veramente superato infatti (e qui si ritrova di fatto la linea incostituzionale di questo schema di decreto) vengono limitate alle Regioni le funzioni previste dall'art. 117. La Commissione e Rivalta hanno parlato in maniera precisa dell'atteggiamento che devono avere le Regioni rispetto all'azione di indirizzo e di coordinamento nel collegamento del piano economico, del piano urbanistico nazionale che deve essere attuato a livello di piani territoriali e regionali; è indubbio che una determinata funzione dello Stato certo non come detta nel decreto, ma in una visione veramente di azione e di legge, di azione collegiale del Governo, la si può ritrovare.
Ma la limitazione peggiore si ha quando anche a livello di piani sub regionali, quindi di piani che interpretano la volontà regionale unitaria data dal piano economico e dal piano urbanistico regionale, viene limitato il potere della Regione alla fase di studio e di formazione, riservando al Ministero dei LL.PP. l'approvazione di questi piani. Qui veramente è un chiaro ritaglio di competenze proprie della Regione che dobbiamo respingere; lo dobbiamo respingere perché non ci possiamo ritenere soddisfatti di avere acquisito dei poteri di approvazione di pianificazione urbanistica a livello comunale come è stata finora attuata e che rappresentava uno dei compiti principali del Ministero dei LL.PP. o a livello nazionale, o a livello dei Provveditorati regionali sezioni urbanistiche, in quanto è evidente che più andremo avanti ad attuare un collegamento chiaro fra politica di piano generale economico-sociale e piano urbanistico, sempre meno si avrà una specificazione di piani regolatori di singoli comuni e sempre di più a livello del comprensorio, a livello di settori di intercomunalità individuati dal piano si potrà fare la pianificazione esecutiva quella che poi consentirà e regolerà l'attività edilizia.
E' chiaro quindi che l'aver tolto alla Regione il potere di decidere nell'ambito di queste materie, è un chiarissimo ritaglio di competenze che va respinto, anche perché (e qui non ripeto argomentazioni molto bene portate avanti da altri) le famose funzioni di indirizzo e di coordinamento il decreto le intravede identificate nel Ministero dei LL.PP. In proposito hanno parlato Rivalta e Bianchi e vi si sono riferiti altri colleghi: gli aspetti legislativi dell'attività della Regione non possono avere come controparte, un Ministero ma caso mai lo Stato nella fisionomia di un'azione collegiale di Governo; accanto a questo (ne ha parlato prima Rossotto e mi associo ampliando ancora il concetto) occorre pero la presenza di poteri di altri Ministeri che indirettamente, ma con estremo peso, hanno la loro parte nelle vicende urbanistiche.
E bene ha fatto la relazione a chiarire e ricordare che oltre il già citato Ministero della P.I. con le sovrintendenze ai monumenti per i problemi paesistici, vi sono il Ministero Agricoltura e Foreste che si è tagliato per conto proprio la questione dei piani di bonifica e tutta la questione dei vincoli idrogeologici di cui prima parlava Fonio, e inoltre il Ministero dei Trasporti, della Sanità, della Difesa, della Marina mercantile, l'amministrazione dell'Anas, la Cassa del Mezzogiorno ed altri Enti collaterali allo Stato. Ora noi dobbiamo dire chiaramente che se alle Regioni viene data la funzione che la Costituzione prevede, deve essere data integralmente, non soltanto nel territorio, ma anche per quegli aspetti particolari che poi diventeranno funzionali rispetto allo sviluppo delle politiche di settore.
Sul problema dei lavori pubblici, sempre particolarmente sul decreto delegato dell'urbanistica, il fondamentale intento del Ministero di impedire alle Regioni l'attuazione unitaria ed autonomia dei propri piani di sviluppo è evidente nel tipo di interpretazione che si dà della dizione "interesse regionale". In altri termini, il Ministero dice: le opere pubbliche correlative, che sono proprie della Regione perché ad essa trasferite dallo Stato, per la parte funzionale sono trasferite alla Regione. Quindi, tutto il resto no. Ditemi voi come possa una Regione che vuol vivere la sua vita su un piano di programmazione che non consista soltanto nel fare, come dicevo prima, e a livello generale e a livello urbanistico, dei documenti freddi, statici, bensì nello sperimentare con una certa fantasia formule nuove di carattere dinamico che veramente seguano ed anticipino la vita della comunità regionale, svolgere una funzione di questa natura quando - cito soltanto alcune delle materie che secondo il decreto delegato non sono di competenza primaria delle Regioni non le viene lasciata possibilità di decidere in merito all'edilizia abitativa (per cui c'è una legge arrivata ormai, almeno è sperabile, vicina all'approvazione), all'edilizia scolastica, all'edilizia universitaria, si può dire a tutta la viabilità (perché il tipo di ritaglio che vi è fatto consente alla Regione una operatività minima), a tutto il problema delle ferrovie, anche al di là di quanto già ammesso nel decreto delegato sui trasporti, a tutto il problema degli acquedotti (per cui esiste un piano regolatore generale degli acquedotti nato morto al momento in cui è stato approvato) e a tutti i già ricordati problemi delle acque, del regolamento idraulico, idrogeologico e della difesa del suolo (e se andassimo a ben guardare troveremmo altri settori)? Come pensa la Giunta di poter attuare una pianificazione seria e di portare avanti i lavori pubblici relativi a piani che consentano un certo tipo di sviluppo ordinato, un certo tipo di sviluppo previsto in un disegno del domani della Regione, non avendo a diretta disposizione tutto questo? E' pur vero che può darsi che in qualche forma il Ministero, che non ha provveduto alle deleghe della parte, diciamo, di serie B e io concordo fondamentalmente con quello che ha detto Bianchi, che da un punto di vista formale è giusto sia così, perché lo abbiamo lamentato per altri decreti del Presidente della Repubblica; però mi corre anche l'obbligo di rilevare che, come giustamente faceva rilevare Forno, a questo proposito siamo veramente allo scoperto, non sappiamo quali siano le intenzioni dello Stato risolverà la questione, perché certamente si dimostrerà successivamente aperto a forme di delega di funzioni. Comunque, veramente non so come noi potremo pensare ad attuare un serio piano di sviluppo per la nostra Regione.
Questa mattina, un giornale cittadino, in un occhiello in seconda pagina, osservava che dei 9000 edifici scolastici previsti nel piano della scuola, per una spesa di 1000 miliardi, ne sono stati realizzati finora 311, per 5 miliardi di spesa, e faceva presenti tutte le difficoltà che vi sono in proposito, non ultime, tra l'altro, quelle che incontrano i Comuni per la progettazione e la predisposizione delle aree ecc. Ora, se un piano che è partito con tante ambizioni, gestito direttamente dallo Stato e attuato tramite i Comuni, arrivato, si può dire, quasi al termine della sua attuazione, ha visto realizzato soltanto il 3 o 5 per mille della previsione, quale potrà essere il risultato di un piano di sviluppo quando le fondamentali infrastrutture, come questa che oggi tutti riconoscono essere veramente una spesa di investimento indispensabile, non più soltanto una spesa per un impiego secondario come era concepita un tempo, rimangano accentrate nelle mani del potere centrale? Non è difficile prevedere che i Comuni, in un domani, saranno messi sotto accusa dallo Stato per aver tardato a predisporre, dimenticandosi però che molte volte i Comuni, e per ragioni di bilancio e per difficoltà di organizzazione, e per tutti quei motivi che noi, essendo stati tutti amministratori comunali, conosciamo benissimo, non trovano mai facile soluzione.
Io penso che la Regione, senza nulla togliere ai Comuni delle loro prerogative attuative, qualora avesse in mano la fetta di competenza che le spetta per pianificare e per attuare opere pubbliche di questa natura potrebbe essere veramente vicina ai Comuni, per assisterli, aiutarli, far loro ottenere risultati certamente diversi da quelli che danno motivo a lamentele.
Sulla ristrutturazione del Ministero è già stato detto. Io vorrei rilevare soltanto un aspetto: in termini immaginifici, i palazzi regionali del Ministero, i Provveditorati alle opere pubbliche, attraverso il decreto presidenziale, da palazzi diventano castelli, ove si scelgono non più funzionari ma magistrati: cioè, c'è stata addirittura una promozione concettuale dei funzionari del Ministero dei Lavori Pubblici, direi quasi per rimarcare il maggior peso che devono avere in sede locale, in sede regionale nello svolgimento della propria attività. Mi pare che questi Magistrati alle acque e alle Opere Pubbliche abbiano circondato e intendano circondare questo castello di un fossato colmo d'acqua, per rendere più difficile, in particolare quello per le acque, lo scorrimento. Fuor di metafora, è certo che se si accentuano - anche se molti uffici poi dovrebbero essere trasferiti alle Regioni - i poteri di queste istituzioni attraverso una valorizzazione, una trasformazione in castelli di questi palazzi, ben difficilmente la Regione potrà avere veramente un peso nella pianificazione, nell'attuazione dei piani. Giustamente ha fatto presente il Consigliere Bianchi, nella sua relazione, che poi nei Comitati tecnici, e neppure in tutti, previsti presso i castelli dei magistrati vi è un rappresentante delle Regioni. Veramente la Regione è mortificata al rango di un qualsiasi Ente locale che deve mandare lì il proprio rappresentante perché stia a sentire, sostanzialmente, e non perché sia alla guida politica, alla guida di pianificazione dello sviluppo regionale.
Ci sarebbero altre considerazioni da fare, ma rinvio i colleghi alle due relazioni, che sono molto chiare in proposito.
Ci si potrebbe forse rammaricare - già è stato osservato dai due relatori - che la limitatezza del tempo a disposizione non abbia consentito alla Commissione di definire l'articolato in contrapposizione o in confronto a quello ministeriale. Io, però, non credo che il Consiglio Regionale debba dolersi se in questo caso l'articolato non ha potuto essere sistemato definitivamente, dal momento che nelle relazioni ci sono indicazioni sufficienti: in quella sull'urbanistica, che certamente è più importante come materia in generale, vi è un riferimento puntuale alle osservazioni contenute nel testo della relazione per ogni articolo. Noi confidiamo che la Commissione parlamentare per gli affari regionali, che in questa fase si pone come controparte rispetto al Governo nell'accogliere e nel portare avanti le richieste che salgono dalle Regioni per quanto riguarda tutti i decreti ma in particolare per questo, cui abbiamo annesso e annettiamo, ritengo a ragione, così notevole importanza, ne colga soprattutto nelle osservazioni gli aspetti fondamentali, gli aspetti direi di guida di un nuovo modo di concepire l'urbanistica, di un nuovo modo di concepire i lavori pubblici nel nostro Paese.
A questa concezione contenuta nelle relazioni, delle quali ho semplicemente voluto puntualizzare alcuni aspetti politici particolari mentre rinnovo l'apprezzamento del mio Gruppo per il lavoro della Commissione e il cordiale ringraziamento ai relatori, che si sono sobbarcati ad una fatica improba per condensare in così breve tempo un dibattito molto ampio, dichiaro fin d'ora, a nome del mio Gruppo, che dar voto favorevole.



PRESIDENTE

Poiché non ho altri iscritti a parlare, darei la parola ai due relatori, se intendono replicare agli interventi finora svolti. Ha facoltà di parlare il Consigliere Rivalta.



RIVALTA Luigi, relatore

Non direi che ci sia motivo di replica, visto che gli interventi dei Colleghi hanno sostanziato le argomentazioni, da me molto sintetizzate, che sono contenute nella relazione. Mi sembra piuttosto opportuno fare alcune considerazioni.
Prima di tutto, vorrei ribadire ancora una volta il fatto, che l'analisi del decreto ha portato nella sua evoluzione ad un succedersi di sorprese (come hanno osservato i Consiglieri Garabello e Fonio) per cui ci si è trovati di fatto di fronte ad uno schema di decreto che a mano a mano che lo si osservava tradiva le aspettative. Ci si è quindi trovati vincolati, nelle osservazioni, a considerazioni di carattere strutturale nei confronti dello schema di decreto e all'individuazione dei fatti più macroscopici, più importanti, che dovevano essere giudicati criticamente.
Io credo che da questa necessità di approccio critico generale non dipenda un giudizio di superficialità da cui possa poi anche derivare un accordo platonico fra i partecipanti al lavoro della Commissione. Credo si debba invece intendere il risultato del lavoro della Commissione come derivato da una sorta di accumulazione culturale, da una sorta di socializzazione che sta avvenendo anche indirettamente nel tempo, per cui le formulazioni anche sintetiche e generali che oggi ci possiamo permettere di enunciare fanno, tutto sommato, riferimento ad un passato di due, tre, quattro mesi di lavoro sulla materia, quindi ad un retroterra culturale consistente, non superficiale.
Al di là di questo mi sembra anche di poter dire, a conclusione di questo dibattito, che l'avere assunto una posizione critica nei con fronti dello schema di decreto, essenzialmente fondata sugli strumenti proposti e sulle procedure di cui deve godere la pianificazione, non può lasciar posto a prese di posizione equivoche. Nella discussione in Commissione ci si è richiamati chiaramente, nei confronti del contenuto di questo decreto e degli altri passati, ad una situazione presente di estrema gravità. Quando parliamo di crisi della città, di insufficienza di intervento sul territorio, abbiamo dei riferimenti specifici, che non possono consentire possibilità di interpretazione equivoca: sappiamo cosa significa la congestione della città, la degradazione del territorio, sappiamo cosa significa utilizzare male il territorio. Credo quindi che da questi riferimenti debba derivare una chiarezza nell'interpretazione della posizione nei confronti di questo schema: si intende cioè rifiutare un insieme di circostanze che ha consentito di andare avanti in questo modo che potrebbe consentire di portare avanti gli stessi mali sul piano della pianificazione territoriale e dell'urbanistica. Non si vuole, cioè, che il campo rimasto finora di assoluto dominio della speculazione nella città possa continuare ad estendersi, come già sta avvenendo, investendo le aree agricole per insediamenti industriali collocati irrazionalmente, investendo le aree turistiche per la formazione di centri turistici di speculazione distruggendo ulteriormente le risorse idriche naturali, continuando ad ammorbare l'atmosfera. Tutto questo ha un preciso significato politico, che secondo me non può essere trascurato.
Per contrapporsi a questi processi occorre evidentemente dotarsi di determinati strumenti, e il riferimento agli strumenti porta con se una precisa linea di condotta e un preciso riferimento agli obiettivi che si vogliono conseguire. Per parte mia, a proposito di strumenti e di riferimento ad una realtà, sono portato a richiamarmi a contenuti e obiettivi ben precisi: quelli espressi dalle rivendicazioni operaie; dai gruppi sociali che su questi problemi hanno manifestato la necessità di superare una situazione come quella che abbiamo ereditato e che ci troviamo a fronteggiare.
Detto questo, penso anche che il fatto che si sia manifestata, nei confronti dello schema del decreto, una estesa presa di posizione fortemente critica, debba essere considerato come un auspicio per poter andare avanti a lavorare in una certa direzione; come fatto positivo di una posizione regionalista della Regione Piemonte, nei confronti di una situazione governativa che tende invece a continuare a parcellizzare i momenti di potere, a trattenere al momento centrale tutta una serie di funzioni. Anche in questo senso mi pare che il giudizio espresso abbia un dettato politico significativo: tutte le volte che si è tentato o si è riusciti a parcellizzare i poteri lo si è fatto in funzione antidemocratica; la parcellizzazione burocratica non è assolutamente una condizione di decentramento.
Noi oggi stiamo sostenendo, con questo discorso sul decreto, la necessità di un decentramento organico di carattere democratico che dia alle Regioni la possibilità di intervenire sui problemi di propria competenza, in contrasto con tutta la suddivisione burocratica dei poteri attuali. In questo c'è anche una precisa posizione politica: la difesa dell'interesse regionale, non inteso come contrapposizione allo Stato, che è venuta fuori come posizione unitaria dei partecipanti al lavoro delle Commissioni. Abbiamo detto: non c'è alcun interesse che sia soltanto regionale o soltanto nazionale, tutti gli interessi sono contemporaneamente di natura nazionale e di natura regionale: la suddivisione di competenze quindi, non può essere fatta sul piano burocratico, e quindi ancora con posizione antidemocratica, ma dev'essere fatta nel senso di attribuire, o direttamente alle Regioni o come compartecipazione, una competenza regionale su tutti i problemi che investono il territorio. Sotto questo profilo mi sembra anche, da ultimo, che una posizione politica emerga con tutta chiarezza e non possa consentire facili adesioni: se le adesioni ci sono, sono da intendersi maturate nell'ambito di questi convincimenti.



PRESIDENTE

Ha ora facoltà di parlare il Consigliere Bianchi.



BIANCHI Adriano, relatore

Desidero anzitutto ringraziare i Colleghi che sono intervenuti, i quali hanno effettivamente integrato non solo l'esposizione fatta da me qui ma anche la relazione scritta, diffondendosi su significati e su momenti particolari di grande rilievo.
Mi soffermo solo su un punto: quello relativo all'assenza di deleghe nel decreto di riordino del Ministero. Ribadisco il significato che si è voluto dare a questa affermazione, ma ribadisco anche che ritengo, quanto meno a titolo personale, che la Regione debba preoccuparsi innanzitutto di salvaguardare le sue potestà primarie e legislative, piuttosto che vederle apparentemente compensate con abbondanza di deleghe. Noi sollecitiamo ampie deleghe solo nella visione e in rapporto alla previsione costituzionale dell'art. 118, e cioè come strumento per l'integrazione dei poteri regionali ai fini dell'esercizio di un'attività organica programmata e quindi armonica della funzione dell'Ente Regione. Non perdiamo peraltro l'occasione per ricordare che il Governo non può venir meno al dovere di provvedere alle deleghe anche in questo settore. Non siamo certo disposti e l'abbiamo detto a tutte lettere nelle varie sedi in cui ci siamo espressi a questo riguardo, a pagarle con ritagli di competenza rispetto all'attività primaria della Regione, che è quella legislativa.



PRESIDENTE

Il parere della Giunta sui due decreti delegati viene per primo espresso dall'Assessore Falco, che ha chiesto la parola.



FALCO Giovanni, Assessore alla viabilità e infrastrutture

Signor Presidente, signori Colleghi, intervengo anch'io in questo dibattito per esprimere il parere positivo personale tanto sulla prima quanto sulla seconda relazione per quel che concerne le materie che interessano il mio Assessorato.
Ho avuto modo di assistere ieri sera in Commissione alla discussione dettagliata della relazione Rivalta. Sono spiacente che oggi la limitatezza del tempo abbia impedito di entrare nel merito: tanto il primo quanto il secondo relatore hanno dovuto sunteggiare, purtroppo. Non posso pronunciarmi sulla relazione Bianchi, perché non ho ancora avuto il tempo di leggerla, ma sulla relazione Rivalta debbo dire che si tratta di una relazione completa, precisa, che ha trattato tutti gli argomenti. Penso che tanto il primo quanto il secondo relatore abbiano fatto tesoro dei risultati dei lavori dei Convegni degli Assessori ai Lavori pubblici e all'Urbanistica di Perugia e di Genova, e certamente anche delle numerose consultazioni che si sono avute in questi giorni.
Confermando il mio parere favorevole alla prima come alla seconda relazione, voglio anche esprimere un ringraziamento ai due relatori, ai componenti la Commissione e al Presidente della Commissione, che così attivamente e magistralmente ne ha diretto i lavori.



PRESIDENTE

Ancora per la Giunta, ha facoltà di parlare il Vicepresidente Cardinali.



CARDINALI Giulio, Vicepresidente della Giunta Regionale

Signori Consiglieri, siamo ormai alle ultime battute della discussione per l'approvazione delle osservazioni ai due decreti che abbiamo abbinato.
Credo si debba dare senz'altro atto alla Commissione di aver fatto un discorso molto approfondito sul tema dell'urbanistica, tradotto nella relazione del Consigliere Rivalta. In questo approfondimento la Commissione ha avuto davanti a sé un quadro che si saldava agli altri già visti nel corso dell'esame dei decreti delegati precedentemente discussi e sui quali il giudizio di fondo è andato, mi pare, maturando in questi ultimi mesi dal primo decreto ai successivi, essendosi costatata una evidente predisposizione da parte della burocrazia, dei Ministeri, dello Stato stesso, a ridurre al minimo le funzioni trasferite, o per lo meno a fare di questo trasferimento delle funzioni un qualche cosa che lasciasse sempre una buona parte di controllo allo Stato.
La stessa situazione si è appalesata anche nel decreto delegato sui Lavori pubblici, che, a dire la verità, a mio modo di vedere non è il decreto del Governo sui Lavori pubblici ma è il decreto delegato del Ministero dei Lavori pubblici, il quale non ha fatto altro che inserirvi le funzioni di cui è in possesso e quindi le ha accompagnate con tutto quel bagaglio, se volete, di non aggiornamento di cui ha sofferto l'attività in questo settore dei Ministeri negli ultimi tempi.
L'aspetto critico che la Commissione ha posto in evidenza e che la Giunta non ha esitazione ad accettare pienamente, è stato determinato proprio da questa analisi approfondita, in una visione generale. Io vorrei soltanto affermare, con la responsabilità che mi deriva dall'appartenere all'organo esecutivo della Regione, che il problema è stato dalla Giunta affrontato in termini, se volete, di maggiore aderenza all'immediato.
Io mi auguro che il futuro dei decreti delegati possa essere un futuro che tenga conto delle osservazioni delle Regioni, ma non mi faccio soverchie illusioni. Comunque, proprio per non spargere pessimismo a piene mani, perché non vorrei che questo pessimismo finisse con il ritorcersi anche sull'attività operativa che ci attende, direi che, tutto sommato, non è buio completo a mezzogiorno: pur nella manchevolezza delle definizioni nella genericità del testo, nella non definizione di determinati aspetti vengono trasferite alle Regioni due funzioni fondamentali, la prima delle quali permette ad esse di approntare il piano territoriale regionale possibilità di cui noi dovremo far tesoro. Il giorno in cui avremo avviato e portato a risoluzione il piano territoriale regionale, avremo fatto saltare anche il castello di contraddizioni che perdura tuttora, perch solo attraverso questa prima presa di posizione, che deriverà dal dibattito programmatorio che la Regione avrà fatto, arriveremo realmente a modificare la situazione e quindi potremo affrontare in termini concreti il problema.
Quanto alla ristrutturazione del Ministero, è evidente - non lo dico per fare una battuta - che il Ministero dei Lavori Pubblici si è trovato nella necessità di cercarsi una collocazione, un po' come la Bastogi al momento della nazionalizzazione delle ferrovie: ed ha creduto di individuarla in quei settori ai quali malauguratamente la Costituzione non fa riferimento specifico; settori che sono ormai diventati fondamentali e che stanno a monte di qualsiasi serio programma, di qualsiasi seria pianificazione territoriale che la Regione possa portare avanti.
E' evidente che in queste condizioni il nostro giudizio non poteva essere che negativo, in quanto riteniamo che le funzioni che il Ministero dei Lavori Pubblici pretende di accollarsi e comunque si attribuisce con questa sua ristrutturazione non sono altro che funzioni complementari delle quali la Regione deve rivendicare la competenza, e che fatalmente implicheranno un vasto settore di competenza anche da parte della Regione.
Certo, ci troviamo di fronte, comunque, ad un aspetto del problema che secondo me va sottolineato, e cioè all'estrema difficoltà di portare avanti, con questi decreti delegati, il presupposto di quell'attività legislativa che è, secondo il parere della Giunta, il problema di fondo della vita regionale. Tutto questo resta nebuloso, resta legato ad una legislazione urbanistica italiana in questo momento non definita, una legislazione urbanistica che non si ha il coraggio di portare avanti in modo coerente, che vive di stralci nello stralcio. Io credo che soltanto nella misura in cui noi opereremo con azione incisiva, almeno a livello di piani territoriali regionali, potremo contribuire a rimuovere questi ostacoli.
Fatte queste brevi osservazioni, ringraziati i relatori per la loro fatica e per l'impegno messo nell'analizzare compiutamente i due decreti dichiaro, a nome della Giunta, di associarmi alle osservazioni fatte sui due decreti.



PRESIDENZA DEL PRESIDENTE VITTORELLI



PRESIDENTE

Non risultano presentati emendamenti, e quindi possiamo passare alla deliberazione sui due schemi di osservazioni che sono stati approntati dalle Commissioni.
Nessuno chiede di parlare per fare una dichiarazione di voto? Si tenga conto che si procederà a votazioni divise sui due decreti delegati, e quindi le stesse dichiarazioni di voti, se ve ne fossero, dovrebbero riferirsi prima al decreto delegato in materia di urbanistica, poi al decreto del Presidente della Repubblica in materia di riordino del Ministero dei Lavori Pubblici. Poiché nessuno chiede di parlare per dichiarazione di voto, pongo in votazione le osservazioni e le proposte di emendamenti allo schema di decreto delegato, secondo il testo che è stato distribuito, in materia di "urbanistica, viabilità, acquedotti e lavori pubblici di interesse regionale". Chi è favorevole è pregato di alzare la mano.
Lo schema di osservazioni è approvato; hanno votato contro i Consiglieri missini.
Passiamo ora alla deliberazione in merito al decreto del Presidente della Repubblica concernente il riordinamento del Ministero dei Lavori Pubblici. Nessuno chiede la parola per dichiarazione di voto? Pongo allora in votazione le osservazioni e le proposte di emendamento al citato schema di decreto. Chi è favorevole è pregato di alzare la mano.
E' approvato.


Argomento: Ristrutturazione industriale

Esame e deliberazione sul progetto di mozione sullo smantellamento del Zuccherificio di Spinetta Marengo


PRESIDENTE

Avendo già esaminato prima il punto quarto all'ordine del giorno possiamo passare al quinto punto: "Esame e deliberazione sul progetto di mozione sullo smantellamento del 'Zuccherificio di Spinetta Marengo'".
E' stata data lettura di questa mozione al termine della seduta di questa mattina. Uno dei presentatori desidera illustrarla? Ha facoltà di parlare il Consigliere Bianchi.



BIANCHI Adriano

Il progetto di smantellamento dello Zuccherificio di Spinetta Marengo ad un primo esame, non presenta aspetti drammatici, perché sembra non toccare il problema dell'occupazione, sia per il numero relativamente ridotto di occupati, sia per l'alternativa che agli stessi viene offerta né il problema della produzione bieticola, perché si offrono possibilità di eguale utilizzazione, collocazione e investimento di colture della bietola.
Ma ad un più attento esame balza in evidenza, come del resto è sottolineato nel progetto di mozione come venga in questa maniera soppresso l'unico zuccherificio esistente in provincia di Alessandria e nella Regione Piemonte; e come il prodotto possa essere trasferito allo Zuccherificio di Casei Gerola, che è in Lombardia, più facilmente per alcune zone limitrofe e sempre più difficilmente per quelle più lontane, naturalmente per l'aumento dei costi, con prospettiva di abbandono delle colture e degli investimenti per zone che invece si affacciavano già a questo tipo di coltura, che è una coltura, come sappiamo, che migliora i terreni e offre anche possibilità di reddito maggiori di quelle tradizionali e quindi costituisce una notevole alternativa alla cerealicoltura e un mezzo di integrazione con la zootecnia. In sostanza, tutti i terreni delle valli del Tanaro, delle valli della Bormida, verso l'Astigiano e ai margini della provincia di Torino e di quella di Cuneo, delle valli che potevano avere una indicazione elettiva rispetto alla bieticoltura, vengono, mentre stavano affacciandosi a questa importante coltura, ad essere improvvisamente tagliate fuori. E quindi l'economia delle Province del Sud Piemonte, l'economia regionale nel suo insieme viene ad essere seriamente pregiudicata.
Di fronte ad un pregiudizio di questo genere, una decisione è stata presa da parte di società che pure utilizzano mezzi e strumenti di origine pubblica per la ristrutturazione del settore, con una unilateralità che non ci può assolutamente lasciare soddisfatti. Per questo nella mozione che ho sottoscritto e concorso a stendere si formula un invito pressante alla Società perché riesamini le sue decisioni, e soprattutto si sollecita un mandato alla Giunta perché prenda contatti immediati con gli organi di Governo e con il Cipe affinché dall'alto della funzione di coordinamento degli investimenti e dell'attività di programmazione esercitati la giusta influenza, mostrando l'efficacia dei riaffermati principi di validità appunto di questa attività di programmazione.
Penso che la Regione Piemonte, sia regolarmente costituita e titolare di poteri di programmazione, pur non ancora esercitati in effetto, dovesse quanto meno essere interpellata, e poiché non si è ritenuto di farlo essa riafferma, ricorda a tutti - e dovrà mostrarlo attraverso gli interventi della Giunta al giusto livello - di essere preposta alla tutela di interessi non opinabili che non intende trascurare.



PRESIDENTE

E' iscritto a parlare il Consigliere Gandolfi. Ne ha facoltà.



GANDOLFI Aldo

Ho ascoltato l'illustrazione che ha fatto della mozione il collega Bianchi, e devo dire che sono perfettamente d'accordo sulle motivazioni che egli ha dato e che sono anche contenute nella mozione per quanto riguarda i problemi di metodo, cioè la necessità che la Regione sia consultata e partecipi a questo tipo di decisioni; non sono invece, devo dirlo francamente, per niente convinto delle argomentazioni che sono state portate e che sono contenute nella mozione sulle questioni di merito.
Per le informazioni che ho, gli agricoltori intenzionati a proseguire la coltivazione delle barbabietole non sarebbero affatto danneggiati da questo tipo di decisione, dal momento che lo Zuccherificio di Casei Gerola non dista più di venti chilometri da quello di Alessandria, per certi sarebbe anzi ancora più comodo di quello di Alessandria. E direi che non sono affatto convinto del fatto che eventualmente non ci siano per gli agricoltori stessi delle soluzioni in alternativa.
E' fuori di dubbio, specialmente dati i prezzi che ha lo zucchero sul mercato internazionale, che l'industria zuccheriera debba puntare anche ad una riorganizzazione e a degli aumenti di produttività. Il problema è di fare in modo che una riorganizzazione dell'industria venga effettuata salvaguardando l'occupazione di chi ci lavora; ma è altrettanto indubbio che noi dobbiamo tenere attentamente presente questo tipo di esigenze, se non vogliamo condannarla in futuro ad una crisi anche più grave di quella che oggi si può prospettare in questo settore.
Poiché, per le ragioni dette, non considero convincenti le argomentazioni sul merito, in sede di votazione mi asterrò.



PRESIDENTE

E' iscritto a parlare il Consigliere Rossotto. Ne ha facoltà.



ROSSOTTO Carlo Felice

Le argomentazioni svolte dal Consigliere Gandolfi trovano piena adesione da parte mia, specialmente per quella parte dell'ordine del giorno dove il Consiglio Regionale piemontese "riafferma la propria volontà di operare al fine di garantire alla bieticoltura e quindi ai produttori concrete possibilità di affermazione e di sviluppo".
Mi pare che questa mozione lasci trasparire fin troppo fini campanilistici e particolaristici, in contrasto con quanto precedentemente sostenuto in sede di discussione sul decreto delegato sull'urbanistica: che cioè una visione della programmazione dello Stato, per essere corretta dev'essere coordinata con gli impegni in campo internazionale.
E' noto che il prezzo politico dello zucchero è, in sede comunitaria, a livelli altissimi proprio per lo stato di disorganizzazione industriale che in questo settore, l'Italia conosce. E questo con tutte quelle complicazioni successive che portano anche - mi riallaccio ad un concetto espresso quando si discusse dell'insediamento della Lancia nel Biellese nei riguardi dei doveri e degli obblighi che come Paese in fase di avanzata industrializzazione dobbiamo avere verso il Terzo Mondo. Sono noti i riflessi negativi sul commercio internazionale che una certa politica comunitaria sta determinando nei confronti dei Paesi produttori, Cuba prima di tutto: si vedono esportare i prodotti saccariferi dell'industria europea a prezzi inferiori e quelli della media internazionale dei prodotti della canna da zucchero, soltanto perché la Comunità ha un supero di produzione non sa più cosa fare delle partite in eccedenza, oltre il degradarle trasformandole in alcool o in altri prodotti di degradazione, garantendo così sempre all'industria prezzi molti alti, affinché questa industria possa entro il 1975, se non vado errato, adeguarsi ad essere concorrenziale. Ora, un'affermazione di questo genere: "Operare al fine di garantire alla bieticoltura, e quindi ai produttori, concrete possibilità di affermazione", mi pare che non tenga conto di quelle che possono essere queste implicazioni successive.
Tenete anche presente - questo è un dato di fatto accertato, che possiamo ricavare da tutte le documentazioni in sede di Mercato Comune che, mentre le industrie degli altri Paesi arrivano a quantitativi, cioè l'unità aziendale, che in media raggiungono dai 50.000 quintali ai 150.000 quintali in media, qui si tratta di un'industria, di una concentrazione industriale, che lavora 20-25.000 quintali l'anno.
Ora, io pongo questo problema: se le industrie modernamente e tecnicamente progredite possono essere rifornite della materia prima, che è la bietola, nonostante questa loro forte capacità di produzione, non mi pare ci sia un grosso problema di squilibrio economico per i produttori se una concentrazione viene fatta a distanza di 25-30 chilometri, perché la bietola sarà coltivata, e avrà la capacità di estensione di interessamento dei territori vicini, e l'industria saccarifera interesserà produttori con un arco ben maggiore in Paesi come il Belgio, la Francia, la Germania, che hanno queste industrie con capacità di utilizzazione di dieci-quindici volte superiore a quelle dello stabilimento di cui stiamo parlando.
Mi pare che questa mozione, che è valida nel senso di invito al Cipe e agli organi di Governo perché esaminino concretamente il problema, non lo sia più dove afferma alcuni principi di stretta e rigida difesa di interessi particolaristici o campanilistici. Non è in questa maniera che noi possiamo attuare coordinatamente un piano di tutela degli interessi economici piemontesi nel pieno rispetto dei nostri impegni nei confronti della collettività nazionale e della più ampia collettività europea. Per questo motivo il Gruppo liberale su questa mozione si asterrà.



PRESIDENTE

Ha facoltà di parlare il Consigliere Raschio.



RASCHIO Luciano

Signor Presidente, colleghi, cercherò di essere molto breve, non già perché l'argomento meriti scarsa attenzione, ma in considerazione dell'intenso lavoro che i colleghi in questi due giorni hanno dovuto svolgere per esaminare tanti altri problemi.
Già Bianchi ha molto bene illustrato questa mozione. Io prendo la parola soltanto per dire che non posso assolutamente accogliere le argomentazioni che il collega Rossotto ha dianzi illustrato.
Innanzitutto, non si tratta di un problema di chilometraggio, come particolarmente Rossotto sosteneva: si tratta invece di problema che riguarda un campo fondamentale, quello della strutturazione industriale al servizio dell'agricoltura. Non so se Rossotto sappia, ad esempio, che in Italia produciamo dagli 11 ai 12 milioni di tonnellate di zucchero l'anno mentre ce ne occorrono come fabbisogno nazionale ben 16 milioni. Questi 4 milioni di differenza dobbiamo andare ad acquistarli all'estero. Collegato a questo problema c'è quindi anche il fatto che già la bilancia commerciale, per quanto riguarda carni, latticini ecc. è in disavanzo pauroso.
Ebbene, i produttori bieticoli, ai fini della produzione saccarifera sono costretti in queste limitazioni da loro non volute a pesare ulteriormente sulla nostra bilancia commerciale per coprire con importazioni questa parte di fabbisogno che ci manca. Ci sono ci si dice i regolamenti comunitari, gli orientamenti per contingente che bloccano la produzione. Ebbene, non solamente noi rappresentanti regionali ma soprattutto il Parlamento, le forze contadine e le forze operaie, a diversi livelli stanno manifestando in queste settimane, se ottenere di modificare tali regolamenti che bloccano purtroppo il contingente produttivo bieticolo.
E' chiaro che in Italia la situazione in campo saccarifero viene esposta dagli industriali saccariferi con un certo taglio nel campo finanziario e produttivo, mentre invece in Europa vi è "un surplus" di produzione saccarifera; ricordo come alcuni anni fa le industrie incoraggiavano gli agricoltori, sollecitandoli a mettere a coltura le barbabietole nelle zone cosiddette ormai storicamente tradizionali; da qualche anno a questa parte, invece, addirittura bloccano il quantitativo di consegna del prodotto.
Ma qui credo si debba fare una precisa dichiarazione: ciò che si impone in Italia è soprattutto una nuova politica in campo saccarifero a livello nazionale. Il problema di Spinetta giustamente è stato, data l'urgenza che presenta, sottoposto al Consiglio Regionale. Ma non è l'unico caso del genere: abbiamo letto tutti, recentemente, sui giornali, cosa sta avvenendo in Italia nel campo dello zucchero, che costituisce uno dei casi più vergognosi, più gravi, nei confronti dei coltivatori diretti, dei lavoratori nelle campagne, nei confronti anche degli operai delle stesse fabbriche, e tutto ciò ha determinato un movimento di opinione pubblica, ed anche di parlamentari, inteso a promuovere una nuova politica nel campo saccarifero.
Noi oggi siamo chiamati - questo l'intendimento della mozione - ad assumere una posizione politica precisa (perché la nostra è indubbiamente soprattutto una presa di posizione politica: non abbiamo purtroppo il potere di decidere noi, come Regione, nei confronti del Gruppo Montedison) posizione che (ci permettiamo di richiamare l'attenzione del Consiglio) deve essere fatta conoscere in questi giorni al Ministero perché tutti i grossi o medi gruppi industriali saccariferi sono stati impegnati a presentare entro il 31 ottobre i loro piani nei confronti della situazione saccarifera al Ministero del Bilancio e della Programmazione insieme a quello dell'Agricoltura, in quanto essi, come giustamente è sottolineato nella mozione, attingono fondi al patrimonio pubblico.
Noi osserviamo che non è vero che i trenta chilometri per la consegna del prodotto a Casei Gerola possano essere agevolmente superati dai nostri contadini, in quanto a questi si aggiungono, se mai, per i contadini che vengono dall'Astigiano, dalla Val Cerrina, dalle stesse zone di confine con il Cuneese, altri percorsi considerevoli, con punte che superano gli 84 chilometri per quelli delle zone periferiche della provincia di Alessandria.
L'attrezzatura dello zuccherificio di Spinetta è obsoleta? Si veda allora nel quadro generale come ovviare a questo inconveniente, come rammodernarlo: si tenga però presente che, anche con macchinario obsoleto nello zuccherificio di Spinetta Marengo, ad Alessandria, si lavora da un milione a un milione e 200 quintali di bietola l'armo, che non è per nulla poco. Si tratta quindi non di una fabbrichetta di poco conto ma di un'industria che ha una sua funzione, almeno per le tre province interessate della regione Piemonte.



PRESIDENTE

E' iscritto a parlare il Consigliere Simonelli. Ne ha facoltà.



SIMONELLI Claudio

Mi sembra che già i colleghi intervenuti prima abbiano evidenziato tutti gli aspetti di questa mozione. Mette conto, forse, sottolineare ancora che chiedendo l'intervento del Cipe e dei Ministri competenti per ridiscutere la questione, evidentemente il Consiglio Regionale del Piemonte non intende farsi sostenitore dell'assoluta necessità di salvaguardare qualsiasi stabilimento, nel caso specifico lo Zuccherificio di Spinetta anche se inefficiente, anche se obsoleto, per il solo fatto che esiste direi per spirito campanilistico; e neppure pretende che, siccome alcune zone delle province meridionali del Piemonte producono barbabietole debbano continuare a produrle così come avevano fatto finora, per tutta l'eternità. Non sono queste le considerazioni che hanno ispirato la nostra mozione. Ciò che intendiamo sottolineare è invece che la chiusura dello stabilimento coinvolge tali problemi che deve essere l'autorità pubblica in quanto responsabile della politica di piano, ad assumere in prima persona tutte le responsabilità che ne conseguono.
Se si riscontra che la resa per ettaro, per esempio, dei terreni coltivati a barbabietola in provincia di Cuneo, Asti e Alessandria, è la metà di quella di altre zone, il problema non lo si risolve certo fingendo che ciò non sia vero e dicendo che gli agricoltori continueranno come per il passato a trovare collocazione alla loro produzione semplicemente portandola trenta chilometri più in là di Spinetta: così facendo non si otterrebbe che di danneggiare, ingannandoli, gli agricoltori, perch l'apparente garanzia che lo zuccherificio dà in realtà si tradurrebbe nel volgere di qualche anno in una amara disillusione per i produttori. Si deve invece affrontare il problema alle radici: l'autorità di programmazione e solo essa deve cioè mettere, se necessario, gli agricoltori e le loro associazioni davanti all'opportunità di ristrutturare la produzione delle zone bieticole.
Questo, evidentemente, non interessa alla Società Montedison, ma interessa a noi. Quindi, il problema va visto in tutte le sue implicazioni e diventa un problema di programmazione, un problema di interesse pubblico.
Ecco perché non possiamo tollerare che una scelta di questo tipo venga fatta quasi in sordina dall'azienda, pur comprendendo che essa abbia i suoi problemi di ristrutturazione: intendiamo ribadire che i problemi di assetto produttivo e di vita delle imprese agricole del Piemonte interessano la Regione, ed interessano l'attività di Governo, e pertanto chiediamo che a questo livello si prendano le decisioni opportune.



PRESIDENTE

Nessun altro chiede di parlare? Se non vi sono dichiarazioni di voto possiamo procedere alla votazione sulla mozione presentata dai Consiglieri Marchesotti, Bianchi, Simonelli ed altri. Chi è favorevole è pregato di alzare la mano.
E' approvata.


Argomento: Elezioni - Ineleggibilita' - Incompatibilita'

Deliberazione in merito al ricorso del signor Ermenegildo Brezzo avverso il Consigliere Regionale Fernando Vera


PRESIDENTE

Passiamo ora al punto sei dell'o.d.g.: "Deliberazione in merito al ricorso del signor Ermenegildo Brezzo avverso il Consigliere Regionale Fernando Vera".
In data 15 ottobre u.s. mi è pervenuta una lettera del Presidente della Giunta delle Elezioni, avv. Ettore Paganelli, con la quale mi è stato trasmesso il verbale della seduta del 17 settembre della Giunta delle Elezioni, nel corso della quale la Giunta stessa ha deliberato in ordine al ricorso del signor Ermenegildo Brezzo avverso l'elezione a Consigliere Regionale del signor Fernando Vera.
Dò lettura del verbale, che contiene anche una proposta di deliberazione.
"Il giorno 17 settembre 1971, alle ore 15,30, si è riunita, presso la sede provvisoria della Regione (Via Maria Vittoria 12), la Giunta delle Elezioni, sotto la Presidenza del suo Presidente avv. Ettore Paganelli.
Sono presenti i Consiglieri:



GILETTA - PETRINI - VIETTI - LO TURCO - MARCHESOTTI - SIMONELLI



ROSSOTTO - BENZI

Scusa l'assenza il Consigliere BESATE.
In ordine al n. 1 dell'o.d.g. che reca 'Esame del ricorso contro l'elezione a Consigliere Regionale del sig. Fernando Vera'.
La Giunta delle Elezioni, udita la relazione del Presidente avv.
Paganelli che riferisce in ordine ai motivi di ineleggibilità e di incompatibilità ravvisati dal ricorrente, sig. Ermenegildo Brezzo, circa l'elezione a Consigliere Regionale del sig. Fernando Vera; esaminati singolarmente tali motivi e ritenuti tutti infondati per le seguenti ragioni: a) per quanto attiene all'ineleggibilità: in relazione all'art. 5 lett. a) L. 17.2.1968, n. 108, in quanto l'Azienda Elettrica Municipale non è, allo stato attuale, sottoposta a vigilanza della Regione, vuoi perché non sono ancora funzionanti i Comitati di Controllo sugli atti dei Comuni, vuoi perché è ancora da vedersi se la competenza di tali Comitati si estenderà anche agli atti delle Aziende Municipalizzate o non si tratterà invece di un controllo indiretto attraverso quello esercitato dal Comitato stesso sugli atti del Comune e fra questi, sul bilancio dello stesso cui viene allegato il bilancio dell' A.E.M. Ed in tal caso non può trattarsi di 'vigilanza' stante anche la definizione giurisprudenziale di vigilanza (Corte di Cassazione 15.6.1967 n. 1378) b) per quanto attiene all'incompatibilità: in relazione all'art. 6 L. n. 108/1968 citata e all'art. 4, comma ottavo dello Statuto della Regione Piemonte, sia perché allo stato attuale l'A.E.M, non è 'dipendente' dalla Regione, sia perché l'affermazione statutaria ha valore prevalentemente programmatico né d'altra parte è accoglibile il riferimento all'analogia stante quanto in tal senso più volte affermato dalla giurisprudenza circa il divieto del ricorso dell'analogia in materia di eleggibilità (cfr. Corte Costituzionale Sentenza n. 46 del 20.3.1969, e Corte di Cassazione 7.12.1967, n. 2902) ritenuto fondato e legittimo il richiamo del Consigliere Marchesotti alle norme regolamentari secondo cui, se allo stato attuale non si ravvisano condizioni di ineleggibilità e di incompatibilità nel caso in esame, l'intera questione potrebbe però presentarsi diversamente allorch la Regione eserciterà totalmente l'attività di controllo sugli atti degli Enti locali e che la Giunta delle Elezioni dovrebbe in tal momento riesaminarla delibera di esprimere il parere che sia da respingere il ricorso del sig.
Ermenegildo Brezzo non ritenendo fondati per le suesposte argomentazioni i motivi addotti dal ricorrente.
Il presente verbale è stato approvato dalla Giunta delle Elezioni adunanza 14 ottobre 1971".
Faccio presente che il Regolamento del Consiglio, all'art. 21 comma secondo, prevede quanto segue: "Il Consiglio può riunirsi in seduta segreta quando vi sia la richiesta del Presidente del Consiglio, o della Giunta, o di almeno dieci Consiglieri, o quando si tratti di questioni riguardanti persone. Su tale richiesta esso delibera per alzata di mano dopo che abbiano eventualmente parlato non più di un oratore contro e uno a favore".
Desidero far presente al Consiglio che, trattandosi di questioni di persone, è facoltà del Consiglio decidere il passaggio in seduta segreta.
Se qualcuno dei Consiglieri volesse aprire un dibattito sulle proposte della Giunta delle Elezioni mi parrebbe opportuno proporla io stesso. Se il Consiglio ritenesse invece di poter deliberare su quanto è stato proposto dalla Giunta delle Elezioni, non vi sarebbe necessità di ricorrere a tale procedura.
Qualcuno chiede di parlare sulla proposta della Giunta delle Elezioni? No, quindi non c'è bisogno di ricorrere alla seduta segreta.
Dò quindi lettura di un altro testo del Regolamento, che mi pare sia utile applicare nell'interesse dello stesso Consigliere Vera: "Nelle questioni riguardanti persone, la votazione è fatta a scrutinio segreto".
Questa norma del Regolamento, art. 41 comma quinto, potrebbe essere eventualmente invocata, qualora non si ricorresse allo scrutinio segreto per eccepire la nullità della deliberazione del Consiglio. Dato che vi è un dubbio in materia, ritengo che per rendere più valida la deliberazione del Consiglio sia opportuno procedere allo scrutinio segreto.
La deliberazione proposta in merito alla decisione della Giunta delle Elezioni è quindi la seguente: "Il Consiglio Regionale delibera di prendere atto, con approvazione della determinazione in data 17 settembre '71 della Giunta delle Elezioni in merito al ricorso contro l'elezione a Consigliere Regionale del signor Fernando Vera, e di conseguenza di non dare avvio alla procedura di cui all'art. 18 della Legge 17 febbraio 1968 n. 108 e all'art. 13 del Regolamento provvisorio del Consiglio per la dichiarazione di decadenza del predetto Consigliere".
Se non vi sono osservazioni, possiamo procedere alla votazione per scrutinio segreto.



VERA Fernando

Dichiaro che non prenderò parte alla votazione.



PRESIDENTE

Ne prendo atto e lo farò iscrivere a verbale. Verranno ora distribuite le schede. I Consiglieri favorevoli alla proposta della Giunta delle Elezioni di convalida dell'elezione del Consigliere Vera scrivano "sì" quelli contrari, cioè favorevoli alla decadenza del Consigliere Vera dall'incarico per incompatibilità, scrivano "no", quelli che desiderano astenersi depongano scheda bianca.
Si procede alla votazione a scrutinio segreto. I Consiglieri, a mano a mano che vengono chiamati, in ordine alfabetico, dal Consigliere Segretario Gerini, depongono la loro scheda nell'urna.
Proclamo l'esito della votazione: presenti 35 votanti 34 hanno votato SI 26 Consiglieri hanno votato NO 6 Consiglieri schede bianche 2.
Dichiaro quindi accolta la proposta di deliberazione che respinge il ricorso contro il signor Fernando Vera e fa quindi decadere la richiesta di ineleggibilità, o di incompatibilità, nei confronti del collega Vera.


Argomento: Bilanci preventivi

Interpellanza urgente dei Consiglieri Besate, Fabbris e Marchesotti sui bilanci di previsione per l'esercizio 1972 degli Enti locali


PRESIDENTE

Abbiamo ora un'interpellanza urgente, che la Giunta aveva accettato di discutere, quella presentata dai colleghi Besate, Fabbris e Marchesotti.
Trattandosi di interpellanza, uno degli interpellanti ha facoltà di illustrarla.
Ha facoltà di parlare il Consigliere Besate.



BESATE Piero

Se la Giunta ha acquisito conoscenze concrete in rapporto ai due punti oggetto dell'interpellanza - il comportamento del Prefetto e la richiesta di riunione dei Sindaci - rinuncio ad illustrarla, perché è un'interpellanza che si illustra da sé. Mi riservo la replica.



PRESIDENTE

Ha facoltà di rispondere, a nome della Giunta, il Vicepresidente Cardinali.



CARDINALI Giulio, Vicepresidente della Giunta Regionale

L'interpellanza dei Consiglieri Besate, Fabbris e Marchesotti, come i colleghi ricorderanno, fa riferimento ad una circolare inviata dal Prefetto di Vercelli ai Comuni della Provincia con cui li si invita al rispetto degli adempimenti nella presentazione dei bilanci al 31 ottobre, con riferimento ad altra circolare dello scorso anno che conteneva, oltre tutto, la dizione che "in assenza della formulazione del bilancio stesso" avrebbe provveduto direttamente la Prefettura.
Questa mattina la Giunta ha dichiarato l'intenzione di rispondere subito perché era evidente che il problema o aveva un aspetto politico preoccupante o nascondeva un equivoco che sarebbe stato possibile chiarire subito. Proprio per evitare la possibilità di equivoci di questo tipo mi sono permesso di interpellare direttamente il Prefetto di Vercelli. Questi mi ha dichiarato di avere inviato la circolare in data 25 settembre in quanto non aveva ancora ricevuto quella del Presidente della Giunta, in data 23, che è arrivata troppo tardi. Cito parole sue: "Se avessi ricevuto prima tale comunicazione non avrei diramato la circolare". Ha ribadito il principio che la circolare intendeva richiamare Comuni al rispetto di scadenze e non invece all'invio dei bilanci ad un certo destinatario. Ha anche aggiunto che i bilanci che i Comuni consegneranno saranno senz'altro inviati alla Regione.
Poiché però rimane la sovrapposizione di circolari con conseguente equivoco, mi farò promotore immediatamente presso la Giunta di una iniziativa che tenda a ribadire - non mi pare però sia il caso di farlo attraverso un convegno, sarebbe forse eccessivo - il significato della circolare inviata dalla Regione, che evidentemente supera, per questioni di termini ormai chiarite, la circolare inviata dal Prefetto.
Mi pare comunque non sussista alcun dubbio che non ci siamo trovati di fronte ad un tentativo di scavalcare poteri o creare fatti compiuti ma di fronte ad un atteggiamento burocratico consueto a chi forse - e sono state parole dello stesso Prefetto - era convinto che anche quest'anno sarebbero scivolati i termini dell'intervento regionale.



PRESIDENTE

Ha facoltà di replicare il Consigliere Besate.



BESATE Piero

Prima di tutto, mi congratulo con il Vicepresidente della Giunta per la sollecitudine con cui ha accertato la situazione e gli intendimenti del Prefetto di Vercelli. Si trattava, oltre tutto, di disposizioni emanate dal Presidente della Giunta Regionale, il quale non è qui presente. Mi sia permesso di osservare per inciso che non sarebbe male introdurre nel nostro Statuto il principio dell'usucapione, per cui il Vicepresidente, anzich limitarsi a fare le veci del Presidente in caso di assenza o di impedimento, possa acquisire la titolarità della Presidenza dopo un certo numero di ore di sostituzione. Nel corso di queste quattro sedute abbiamo visto il Presidente circolare qui solo per qualche minuto, sempre sulle mosse per andarsene.
In secondo luogo, faccio presente che prendo atto del fatto fondamentale che non era intendimento del Prefetto di Vercelli contraddire le disposizioni del Presidente della Giunta in rapporto e all'invio dei bilanci e alla titolarità, quindi, del controllo sui bilanci stessi dei Comuni e delle Province, a qualunque classe i Comuni appartengano (perch c'è una diversa scadenza nella presentazione dei bilanci e nella loro deliberazione a seconda che si tratti di Comuni di una classe o di un'altra). Tuttavia, dato che la prima circolare del Presidente della Regione, quella relativa alle Province, che è del 17 settembre, era sicuramente già arrivata, il Prefetto, che ha diretto la sua circolare anche al Presidente della Provincia, avrebbe avuto tutto il tempo, essendo trascorso un mese dalla spedizione della sua circolare, per provvedere ad una rettifica, ma non l'ha fatta se non oggi, attraverso i contatti avuti con il Vicepresidente della Regione.
Comunque, se ci fossero altri Prefetti, nella Regione piemontese, che avessero ritenuto, per routine, come si è detto, per prassi burocratica di tenere un comportamento analogo a quello del Prefetto di Vercelli, questa dichiarazione credo valga anche per essi e non sia da intendersi riferita in senso restrittivo alla sola Provincia di Vercelli. Perché sarebbe bene che la Regione, appunto come ha detto il Vicepresidente, non solo intervenisse nel caso della Provincia di Vercelli, ma ribadisse per l'intero Piemonte la circolare del Presidente della Giunta Regionale relativa all'invio dei bilanci, sia per quanto riguarda le Province naturalmente, sia anche per quanto riguarda i Comuni, a qualsiasi classe appartengano, e anche in rapporto alla potestà sostitutiva dei Prefetti. E' una precisazione assai importante.
La richiesta di una riunione dei Sindaci è stata avanzata, oltre che in relazione a questo fatto - perché, come giustamente ha detto il Vicepresidente, se vi fosse stata da parte del Prefetto l'intenzione di mantenere quella posizione ci saremmo trovati di fronte ad un grossolano attacco alle autonomie e quindi sarebbe stato necessario anche un atto comune di tutti i Sindaci, del Presidente della Provincia e del Consiglio Regionale contro questo attacco -, anche in rapporto proprio al contenuto della circolare del Presidente della Giunta Regionale, in cui si parla di collaborazione, di andare avanti sulla base delle esperienze, perché in questo momento i Comuni sono veramente gravati di compiti onerosi che hanno scadenze perentorie: una è quella della preparazione dei bilanci, un'altra molto importante, quella del censimento. Per i bilanci, si pensi soltanto alla gravità della situazione economica.
Non è solo per una questione di principio che si chiede che i bilanci vengano inviati alla Regione, e non ai Prefetti: dal fatto che controllo sia effettuato dall'uno o dall'altro dipende anche un modo sostanzialmente diverso di compilare i bilanci; e mentre si parla di accelerazione della spesa pubblica, di necessità di rispondere ad una domanda sociale ed economica sempre più pressante, una domanda alla quale i Comuni molte volte sono in grado, con la loro volontà e con la loro iniziativa, di dare una risposta anche per conto dello Stato, che frequentemente non affronta spese di sua competenza (se si dovesse fare il conto di tutte le spese che i Comuni sostengono e che sono invece di competenza dello Stato si troverebbe che i famosi ottomila miliardi di indebitamento degli Enti locali si ridurrebbero a ben poco), in una situazione di questo genere è molto importante avere degli indirizzi nella compilazione dei bilanci, che significa veramente un ponte verso la situazione nuova alla quale si tende tenendo anche presente che sui Comuni, come sulle Regioni, sulle Province e su tutti gli Enti locali, pende anche la spada di Damocle della legge tributaria così com'è stata formulata. Il Convegno di Torino degli Assessori alle Finanze, il Convegno di Viareggio hanno parlato chiaro: hanno permesso di costatare una comunanza di vedute su queste questioni. In questo momento la Regione Piemonte può diventare veramente il punto di coagulo, la leva, sulla quale fare perno per un'azione che vada e nella direzione di indirizzi nuovi e nella direzione anche di modificazioni delle leggi che sono state recentemente approvate e che opprimono le autonomie comunali.
Dette queste cose, osservo, avendo presente che i Segretari Comunali poi, molte volte sono Segretari di due o tre diversi Comuni consorziati fra di loro, per cui sullo stesso funzionario grava la tenuta di tutti gli atti di uno o più Comuni, e per quanto riguarda il bilancio e per quanto riguarda il censimento, che sarebbe opportuno che la Regione intervenisse a dare degli orientamenti, con una partecipazione dei Comuni stessi, per far sì che i Comuni possano compilare i loro bilanci, far fronte ai loro adempimenti con un certo periodo di tempo davanti che li ponga in condizione di poter adempiere non in modo burocratico ma in modo partecipativo e in modo incisivo alla formulazione di questo atto fondamentale della vita degli Enti locali.


Argomento: Organizzazione regionale: argomenti non sopra specificati

Interrogazione del Consigliere Sanlorenzo sulla pubblicazione dei resoconti stenografici delle sedute consiliari


PRESIDENTE

Mi risulta che la Giunta ha pure accettato di rispondere all'interrogazione del Consigliere Sanlorenzo sugli strumenti di informazione della Regione.
Ha facoltà di parlare il Vicepresidente della Giunta.



CARDINALI Giulio, Vicepresidente della Giunta Regionale

Vorrei anzitutto puntualizzare, in rapporto al rilievo che è stato fatto in merito alla scarsa assiduità del Presidente della Giunta a questa tornata di lavori, che il Presidente in questi giorni non è stato bene, in quanto tormentato da un doloroso ascesso.
Quanto alla richiesta del Consigliere Sanlorenzo, che era stata considerata obsoleta, per usare un'espressione ora molto usata, in quanto la si riteneva superata dalle dichiarazioni fatte dal Presidente del Consiglio, vorrei fare il punto sulla situazione. Sono stati distribuiti oggi i resoconti relativi alle sedute dal 16 settembre al 6 ottobre '70.
Effettivamente, siamo piuttosto indietro. Entro la fine di novembre saranno pronti tutti i resoconti relativi al dibattito sullo Statuto, che aveva occupato parecchie sedute.
Direi che una ripresa c'è stata: si tratterà di mettere a disposizione il personale necessario perché possa continuare e non si arresti soprattutto non sia frammentaria; ma è evidente che dobbiamo tendere ad arrivare alla saldatura, per cui intercorrano al massimo venti-trenta giorni fra sedute e resoconti.



PRESIDENTE

Ha facoltà di replicare il Consigliere Sanlorenzo.



SANLORENZO Dino

Sarei veramente un ingrato se non mi dichiarassi, oltre che soddisfatto, pressoché giulivo: ad una interrogazione presentata il 16 giugno mi si risponde il 16 ottobre, non soltanto, ma vengono persino consegnati i resoconti stenografici dell'ottobre..., beninteso si tratta dell'ottobre del '70. Che cosa si potrebbe desiderare di più? Devo dire anche che, nel rileggere quei resoconti stenografici dell'ottobre '70, ho provato un po' di commozione, perché ho potuto costatare che un anno fa affrontavamo esattamente gli stessi problemi che affrontiamo in questa sede un anno dopo: l'Ires, i decreti delegati, che si auspicava fossero emessi sulla fine del 1970...
Comunque, un primo passo è stato fatto. Però, non mi soddisfa molto il contenuto della risposta, perché in realtà nella interrogazione si ponevano altre domande: si chiedeva, fra l'altro, perché non si fosse più dato corso alla stampa del notiziario di informazione della Regione, che il solerte Segretario Generale aveva opportunamente redatto per un certo numero di settimane, suppongo con impegno personale particolare, e che da un certo momento non si è più visto, perché non c'era più personale sufficiente per metterlo insieme, di modo che la Regione Piemonte è rimasta, insieme a poche altre Regioni d'Italia, senza il benché organo di informazione: non i resoconti stenografici, non più neanche questo bollettino.
Ora, il problema non è soltanto di stampare i resoconti stenografici il che è il minimo indispensabile: dovrebbe perfino essere ravvisata l'opportunità di stampare i deliberati della Giunta, per applicare lo Statuto, a scanso di conseguenze penali (mi pare di aver assodato che numerose delibere della Giunta non sono state rese pubbliche sull'organo ufficiale della Regione, il che è alquanto disdicevole: per esempio, i contratti con cui si è provveduto ad affittare i palazzi nei quali dovremo andare ad abitare sono stati stipulati con delibera della Giunta, ma poi tutto questo non è stato pubblicato sull'organo ufficiale della Regione, il che mi pare mancanza assai grave). Qualora si facesse poi anche ciò che si deve fare, non si farebbe ancora ciò che occorre per completare gli organi di informazione, perché le altre Regioni d'Italia stanno stampando riviste periodiche, settimanali del Consiglio, della Giunta ecc. Ora, io chiedo anche soltanto fogli di carta ciclostilata; ma qualcosa che circoli in questa Regione abbastanza evoluta, dove gli analfabeti non sono poi tanti e tanti e quasi tutti sono in grado di leggere e scrivere, sarebbe cosa opportuna, saggia, per far conoscere anche a qualcuno che la Regione qualcosa, tutto sommato, fa, malgrado tante carenze.
Il problema è dunque tutto da affrontare. La mia proposta, la mia interrogazione - dato che la mia è stata soltanto un'interrogazione, non una interpellanza, e quindi non postulava un'immediata risposta da parte della Giunta - è che ci sia un incontro fra la Giunta e l'Ufficio di Presidenza e che nei prossimi mesi, diciamo nelle prossime settimane, si decida quali sono gli organi di informazione pubblica della Regione Piemonte, quali sono a cura dell'Ufficio di Presidenza, quali a cura della Giunta, ma si esca entro il 1971 con pubblicazioni che rendano edotta l'opinione pubblica di ciò che il Consiglio Regionale, la Regione Piemonte fanno ed operano.


Argomento: Esercizio delle funzioni amministrative trasferite o delegate dallo Stato alle Regioni

Considerazioni del Presidente del Consiglio sulle osservazioni espresse dal Consiglio in merito ai decreti delegati e ai DPR


PRESIDENTE

Abbiamo esaurito il nostro ordine del giorno. Prima di chiudere la seduta, e prima di dare lettura dell'ultima interrogazione che è stata presentata nel corso della seduta odierna, avendo concluso il Consiglio Regionale l'esame dei decreti delegati e dei decreti del Presidente della Repubblica, desidero fare alcune considerazioni riassuntive dei motivi che sono contenuti in tutte le osservazioni del Consiglio Regionale, anche perché, dovendo riferire martedì prossimo, a nome del Consiglio, alla Commissione interparlamentare sulle Regioni, le opinioni del Consiglio Regionale, che sono già del resto note alla Commissione stessa, perché il testo delle osservazioni è già stato inviato alla Commissione e quello delle osservazioni approvate nelle sedute di ieri e di oggi sarà trasmesso entro lunedì mattina, è forse utile che il Consiglio sappia quali sono le valutazioni che da tali osservazioni si possono ricavare.
In merito ai decreti delegati, in primo luogo conviene sottolineare l'opportunità rilevata dal Consiglio Regionale di ricorrere sollecitamente all'elaborazione di leggi-quadro. La procedura adottata finora rischia infatti di procrastinare nel tempo le leggi-quadro, di cui si è invece avvertita la necessità e l'urgenza, con la pericolosa alternativa di orientare l'attività della Regione secondo un indirizzo che dovrà poi essere corretto dalla legge-cornice. (Solo il parere al decreto sul turismo rileva la necessità che l'esercizio della funzione legislativa sia intesa in senso più ampio di quella amministrativa e non debba dipendere in assoluto da eventuali leggi-cornice).
In secondo luogo, ciascuna delle Commissioni, e successivamente il Consiglio, che ne ha accolto le raccomandazioni, ha rilevato l'esperienza positiva delle consultazioni. Ieri mattina ho dato alcune cifre indicative sulla portata delle consultazioni alle quali ha proceduto la Regione Piemonte; ed è stato pure rilevato questa sera dal Presidente della I Commissione, Dotti, come la I Commissione avrebbe largamente esteso le proprie consultazioni se non fosse stata condizionata dal tempo.
In terzo luogo, è stata rilevata la limitatezza e la disorganicità delle funzioni trasferite. In queste osservazioni si reclama, tra l'altro il completo e totale passaggio dei poteri in una visione organica e moderna delle singole materie; si rileva una tendenza limitativa dello Stato nei confronti delle Regioni; non si tiene conto del nuovo ruolo promozionale delle Regioni; in molte delle materie la legislazione attuale si è rivelata arcaica ed arretrata; questa avrebbe potuto e dovuto essere l'occasione per ammodernarla, tenendo altresì presente la necessità di interrelazione fra le varie materie anche con riferimento al grosso fenomeno attuale della programmazione, che permette di dare un nuovo senso alla terminologia costituzionale; in altri casi (come si può rilevare, per esempio, nel caso dell'assistenza scolastica e dei musei e biblioteche di Enti locali) è stata rilevata la inopportunità di un unico decreto delegato per materie così diverse; inoltre, si è tenuto piuttosto conto delle singole competenze ministeriali senza considerazione per i criteri di organicità e di globalità previsti dalla legge (conviene dare come esempio anche in questo caso il decreto delegato sull'assistenza scolastica, in cui si fa riferimento solo alle competenze del Ministero della Pubblica Istruzione senza ricordare quelle degli altri Ministeri). In conclusione, a questo riguardo è stata rilevata la necessità di un'interpretazione progressiva del dettato costituzionale.
Una quarta considerazione si riferisce alla mancata previsione in taluni decreti del passaggio di personale e di fondi (o, se tale previsione è nei decreti contenuta, essa si è rivelata carente). Nei pareri si chiede pure l'esclusiva devoluzione dei fondi relativi alla Regione con la soppressione dei corrispondenti capitoli del bilancio statale.
Una quinta considerazione si riferisce alla richiesta che non venga seguito il metodo di una competenza regionale basata su una elencazione rigida e tassativa, con esclusione di quanto in essa non compreso. Anche perché un metodo di questa natura è contrario sia allo spirito sia alla lettera degli artt. 117 e 118 della Costituzione.
In sesto luogo, si insiste, nelle osservazioni della nostra Regione sulla necessità che, anche in adempimento dell'o.d.g. del Senato, resti allo Stato la sola funzione di indirizzo e coordinamento.
Infine, un'ultima considerazione relativa ai decreti delegati sottolinea l'opportunità di evitare una dicotomia tra momento legislativo e momento amministrativo.
Alcune considerazioni vanno anche fatte in maniera particolare sui decreti del Presidente della Repubblica.
Una prima considerazione ci induce a criticare la procedura seguita perché questa affronta i trasferimenti non in modo organico ma per settori materie e competenze dei singoli Ministeri, e inoltre perché il secondo decreto non ha forzatamente potuto tener conto delle osservazioni al primo.
In secondo luogo, i decreti presidenziali non rivelano propositi di riforma sostanziale, ma al massimo intenti tradizionalmente razionalizzatori.
In terzo luogo, vengono evidenziati, nelle osservazioni della nostra Regione, i dubbi sulla legittimità del conferimento alle Regioni di deleghe amministrative ai sensi dell'art, 118, secondo comma della Costituzione con decreti delegati emanati in attuazione della delega legislativa di cui alla Legge 18.3.1968 n. 249, modificata con Legge 28.10.1970, n. 775.
In quarto luogo, conviene rilevare che l'attività di coordinamento sembra improntata a criteri di subordinazione gerarchica.
In quinto luogo, conviene esprimere un giudizio preoccupato e sfavorevole sulla concezione che traspare delle funzioni di indirizzo e coordinamento, e ciò in relazione alla sua collocazione, in un decreto che provvede al riordino del Ministero, alla terminologia usata, alla sua devoluzione al "Ministero", che non può non avere una visione settoriale mentre dovrebbe essere riservata al Parlamento e al Governo inteso come organo collegiale. Inoltre, l'esercizio di tale funzione può avvenire anche a mezzo del "Commissario di Governo!".
In sesto luogo, vi è da rilevare che l'esercizio da parte dello Stato del potere di delega rischia di apparire come il mezzo per snaturare la Regione nella sua funzione primaria legislativa surrogandola con funzioni amministrative delegate. Si ravvisa pure la tendenza a considerare la delega come tradizionale istituto di decentramento amministrativo e non come nuova espressione ricavata dalla Costituzione del concetto di autonomia. I decreti, inoltre, vincolano la Regione a determinate modalità di esercizio della delega.
Una settima considerazione è quella per la quale la Regione rivendica il suo diritto ad esprimere il parere sull'intero testo dei decreti in questione anziché solo sulla parte relativa al riordinamento degli uffici periferici, come richiesto dal Ministero.
In ottavo luogo, occorre sopprimere gli uffici statali periferici, onde evitare inutili duplicati.
In nono luogo, infine, non si può accettare che la regolamentazione dei rapporti finanziari venga devoluta alla discrezionalità dei Ministeri interessati, che vi provvedono con atti amministrativi.
Alcune considerazioni supplementari si possono ricavare dalle osservazioni che sono state approvate dal Consiglio Regionale nelle sedute di ieri e di oggi. In merito, in particolare, all'agricoltura, conviene rilevare che anche le funzioni facenti capo a Enti pubblici ausiliari dello Stato debbono essere devolute alle Regioni; che è da respingersi la residualità statale, che tende a creare un rapporto gerarchico col potere burocratico, il quale lede gravemente l'autonomia regionale, poiché la Regione rischia così di configurarsi come ufficio dipendente dell'Amministrazione dello Stato. Circa il problema dei rapporti con la CEE, conviene rilevare, a proposito della politica agricola comunitaria che è fuor di dubbio che spetta allo Stato la competenza in ordine ai rapporti internazionali e con la Comunità Economica Europea, ma non è meno vero che l'attività esecutiva che deriva dai predetti atti internazionali in materia di agricoltura spetta alle Regioni.
In materia di beneficenza pubblica è stato rilevato l'emergere, se non il progredire, di una volontà ostruzionistica nei confronti dell'Istituto regionale, caratterizzata dal tentativo di duplicare sullo Stato e sulle Regioni così competenze legislative come funzioni amministrative. In materia di assistenza sanitaria ed ospedaliera, conviene rilevare che il ruolo della Regione non può essere quello prospettato dalla legge ospedaliera, secondo cui è stata ridotta la potestà legislativa della stessa a potestà regolamentare, senza che essa abbia possibilità di operare delle scelte sulla politica dei servizi ospedalieri. Si tratta non di razionalizzare il sistema esistente ma di organizzare un sistema nuovo.
Nei decreti delegati si parla infine di funzioni "attualmente esercitate dallo Stato": si dimentica che deve essere compreso in detto trasferimento anche quel complesso di attribuzioni che, pur non essendo ora come ora, esercitate dallo Stato, potrebbe in realtà esserlo indipendentemente dal fatto che per ragioni storiche ed incidentali lo Stato non abbia ancora intrapreso ad esercitarle concretamente.


Argomento:

Considerazioni del Presidente del Consiglio sulle osservazioni espresse dal Consiglio in merito ai decreti delegati e ai DPR

Argomento:

Interpellanza (annuncio)


PRESIDENTE

Prego ora un Segretario Consigliere di dar lettura dell'ultima interpellanza pervenuta a questo Ufficio di Presidenza nella seduta odierna.



GERINI Armando, Segretario

dà lettura di un'interpellanza pervenuta alla Presidenza


Argomento: Organizzazione regionale: argomenti non sopra specificati

Comunicazioni del Presidente del Consiglio Regionale


PRESIDENTE

Comunico che nella conferenza dei Capigruppo non è stata ravvisata l'opportunità di fissare fin d'ora la data della prossima seduta poiché non vi è alcuna materia urgente che possa essere portata in aula. La conferenza dei Capigruppo, secondo il mandato ricevuto dal Consiglio Regionale, si riunirà fin da lunedì sera per esaminare la questione della sede. In quell'occasione verrà presa in esame la materia che può essere portata davanti al Consiglio per fissare la data della prossima seduta del Consiglio stesso.
Ritengo assai improbabile, a meno che non sopravvengano ragioni di urgenza, che Consiglio sia convocato nel corso della settimana prossima: sarà presumibilmente convocato dopo la settimana prossima, in data che sarà tempestivamente comunicata a domicilio ai signori Consiglieri.
La seduta è tolta.



(La seduta ha termine alle ore 19,50)



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