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Dettaglio seduta n.60 del 14/10/71 - Legislatura n. I - Sedute dal 6 giugno 1970 al 15 giugno 1975

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Argomento:


PRESIDENZA DEL PRESIDENTE VITTORELLI


Argomento:

Approvazione verbali precedenti sedute


PRESIDENTE

La seduta è aperta.
Prego un Segretario Consigliere di dare lettura dei verbali delle precedenti sedute.



GERINI Armando, Segretario



PRESIDENTE

Se non vi sono osservazioni i verbali si possono intendere approvati.
Non ve ne sono, quindi si intendono approvati.


Argomento:

Approvazione verbali precedenti sedute

Argomento:

Congedi


PRESIDENTE

Passiamo al secondo punto all'o.d.g. Debbo fare parecchie comunicazioni questa mattina, prima di tutto alcune di ordinaria amministrazione. Ha chiesto congedo il Consigliere Nesi per i giorni 14 e 15. Mi ha comunicato stamattina il Presidente Calleri di essere indisposto, verrà o più tardi in mattinata o per la seduta di oggi pomeriggio, per cui le comunicazioni che si riservava di fare saranno fatte quando sarà presente.


Argomento:

Comunicazioni del Presidente del Consiglio Regionale (seguito)


PRESIDENTE

Debbo una spiegazione al Consiglio Regionale per aver completamente disatteso e capovolto la decisione presa dalla conferenza dei Capigruppo circa l'ordinamento di questi lavori; in quella riunione si era infatti concordato un calendario dei lavori del Consiglio Regionale che prevedeva una seduta per oggi 14 ottobre da dedicare all'esame del decreto delegato sull'agricoltura e ad altri eventuali argomenti proposti dalla Giunta o dai Gruppi e una serie di sedute per il 25, 26 e 27 ottobre da dedicare all'esame degli altri decreti delegati sull'urbanistica, l'assistenza ospedaliera, la beneficenza pubblica e al decreto del Presidente della Repubblica per il riordino del Ministero dei LL.PP. In data 6 ottobre tuttavia, mi è pervenuta, a firma del sen. Oliva, Presidente della Commissione Parlamentare per le questioni regionali, una lettera con la quale si rivolgeva "il presente invito a voler accelerare l'invio delle osservazioni relative allo schema di decreto". Procedeva il Presidente dopo averne informati i Capigruppo ed i Presidenti delle Commissioni interessate, a convocare il Consiglio per tre giorni per l'esame di tutti i decreti ancora pendenti.
Su quest'argomento informo altresì il Consiglio che il giorno 19 ottobre il Presidente del Consiglio e il Presidente della Giunta saranno ricevuti dalla Commissione parlamentare, in sede di indagine conoscitiva per discutere l'intera materia dei decreti delegati.
Mi riservo, al termine dell'approvazione di tutti i decreti delegati e del Presidente della Repubblica, di fare una comunicazione che riassuma i criteri principali che saranno emersi dalle osservazioni approvate dalle singole Commissioni e dal Consiglio, in modo che se qualche Consigliere ritiene utile che nell'incontro con la Commissione parlamentare vengono aggiunti altri criteri o altri motivi di riserva nei confronti degli stessi decreti delegati o decreti del Presidente della Repubblica io possa esserne informato in maniera da rispettare integralmente la volontà del Consiglio.
Comunico pure che in data 5 ottobre 1971 il Presidente della Giunta mi ha trasmesso un disegno di legge regionale relativo all'istituzione del circondario di Biella. Tale disegno di legge, che avrà il n. 5 di ordine, è stato da me assegnato in data 6 ottobre 1971 alla Commissione VIII, cui avevo già in precedenza assegnato, come annunciato, un analogo disegno di legge di iniziativa del Comune di Biella e di altri Comuni della zona.
In data 12 ottobre 1971 il Presidente della Giunta Regionale mi trasmetteva un disegno di legge relativo allo Statuto dell'IRES. Stante la situazione dei rapporti con la Provincia di Torino, situazione illustrata dal Presidente della Giunta nella sua lettera, tale disegno di legge dovrebbe per ora essere sottoposto alla competenza delle Commissioni permanenti I e VIII congiunte, le quali dovrebbero esprimere, in merito al testo predisposto dalla Giunta, un loro parere, che permetta poi alla Giunta stessa di assumere accordi definitivi con la Provincia di Torino. Di questo argomento si è discusso nella conferenza dei Capigruppo e questa è la soluzione che è stata concordata unanimemente dai Capigruppo.


Argomento: Industria - Commercio - Artigianato: argomenti non sopra specificati

Interrogazioni di Enti locali agli organi della Regione


PRESIDENTE

Sono pervenute anche interrogazioni agli organi della Regione da parte di Enti locali, di cui dò comunicazione al Consiglio. Secondo le norme applicabili nella Regione Piemonte queste interrogazioni vengono rivolte per iscritto alla Giunta, la quale per iscritto risponde. Ne do comunicazione al Consiglio perché sono materie che lo interessano, in modo che quando la Giunta avrà predisposto la propria risposta (prego anzi il vice Presidente della Giunta di prendere atto di questa richiesta) possa comunicarmela per iscritto, in modo che il Consiglio sia informato, oltre che del testo dell'interrogazione di cui ora darò lettura, anche della risposta che la Giunta formulerà.
In data 1 Ottobre 1971 è pervenuta dal Comune di Collegno una interrogazione scritta agli organi della Regione Piemonte, per conoscere se la Giunta intenda subordinare al proprio nulla osta l'eventuale concessione o diniego dell'autorizzazione alla Società "La Rinascente" all'apertura ed esercizio di un magazzino per la vendita di merci a prezzo unico in Collegno, Corso Francia n. 153 e conseguentemente chiedere al Prefetto di Torino la revoca della concessa autorizzazione.
In data 12 ottobre 1971, dallo stesso Comune di Collegno, è pervenuta un'altra interrogazione agli organi della Regione per conoscere se questi intendano discutere e proporre gli opportuni provvedimenti a favore delle piccole e medie industrie ed artigiani, in relazione all'attuale situazione economica e promuovere una conferenza economica regionale. A questo riguardo il Presidente della Giunta mi ha informato e ha informato direttamente anche i Capigruppo del Consiglio, del calendario di consultazioni programmate dalla Giunta presso le singole province, sulle condizioni economiche della Regione Piemonte. Non si tratta ancora di una conferenza economica regionale, ma di consultazioni di cui i Capigruppo sono informati, in modo che i Consiglieri eletti nelle singole province possano, se lo desiderano, partecipare agli incontri e alle consultazioni.


Argomento:

Comunicazioni del Presidente del Consiglio Regionale (seguito)


PRESIDENTE

Nella riunione dei Capigruppo che ha preceduto questo Consiglio, si è discusso anche dei criteri che potrebbero essere adottati alla Regione Piemonte per l'esame da parte della Regione del progetto di piano quinquennale. Noi non siamo investiti formalmente di una richiesta di parere su questo progetto di piano, purtuttavia, trattandosi di un argomento complesso e di un testo piuttosto ponderoso, si è ritenuto, nella riunione dei capi gruppo, di prevedere una procedura ad hoc che consenta fin da questo momento alle Commissioni di prendere in esame le singole parti del piano quinquennale. Questo argomento è stato affrontato, in sede di conferenza dei capi gruppo, il 5 ottobre u.s. In tale sede, il Presidente della Giunta ha comunicato che sono già state richieste al Ministero le copie necessarie del piano quinquennale, per poterle poi distribuire a tutti quanti i Consiglieri. Ed entro mezzogiorno (mi comunica ora il Vicepresidente della Giunta), essendo già pervenute queste copie esse potranno essere distribuite a tutti quanti i Consiglieri.
Si è altresì concordato che, non appena in possesso del testo, le singole Commissioni, dopo essere state investite dal Presidente del Consiglio Regionale, potranno iniziare un primo esame a livello di studio del piano stesso, dando però avvio all'espressione del parere solo dopo che sia loro pervenuto quello della Giunta, secondo la procedura concordata per la presa in esame dei decreti delegati e dei decreti del Presidente della Repubblica. L'intero progetto di piano potrebbe poi essere diviso per materie, a seconda delle specifiche competenze, fra le varie Commissioni in sede consultiva, rispettando, per quanto possibile, la divisione delle competenze anche fra Assessori. Al termine dell'esame da parte di ogni singola Commissione in sede consultiva della parte di piano di propria competenza, i relatori delle varie Commissioni potrebbero riferire alla Commissione per la programmazione, che a sua volta nominerà un relatore unico per riferire in aula. Quindi, mentre la Commissione programmazione prenderà in esame, in sede referente, tutto quanto il progetto di piano quinquennale, le Commissioni competenti per materia lo prenderanno in esame preventivamente in sede consultiva, riferendo alla Commissione programmazione che poi presenterà una relazione unica al Consiglio. E per relazione unica intendo naturalmente il testo di un solo relatore, oppure di più relatori, se si ritiene che la materia sia troppo vasta perché possa essere riferita da una sola persona; vi possono poi essere, se è il caso relatori di maggioranza e relatori di minoranza.
Questo sistema fu già adottato per l'esame del primo piano quinquennale sia dalla Camera dei Deputati, sia dal Senato della Repubblica, e funziono perfettamente bene perché permise di suddividere il lavoro tra le singole Commissioni, pur avendo poi una relazione unica, divisa fra due o tre relatori (tre alla Camera, due al Senato), in maniera da consentire loro di poter continuamente seguire il dibattito, che fu piuttosto lungo, sul piano quinquennale, e perciò anche in un certo senso suddividersi il compito di essere sempre presenti in aula nel corso della riunione, per poter rispondere alle osservazioni.
Comunico pure che il Presidente della Giunta, in data 27 settembre 1971, ha chiesto che il Consiglio proceda alla nomina degli esperti in discipline amministrative nelle sessioni decentrate del Comitato di controllo, per gli atti dei Comuni, di cui all'art. 56 comma 2 lettera a) e 3 legge 10.2.53 n. 62. Questo argomento è già stato affrontato dalla conferenza dei capi gruppo nella riunione del 5 ottobre u.s. e dovrà quanto prima essere riesaminata dai Capi gruppo stessi. Mi riservo, dopo aver fatto studiare dagli Uffici di Presidenza i sistemi con i quali è possibile dividere proporzionalmente questi seggi fra i singoli gruppi, di portare tutta la questione ai Capi gruppo, in maniera da poter predisporre il sistema di elezione e quindi fissare la data della seduta del Consiglio in cui si potrà procedere alle elezioni, dopo che i vari Gruppi avranno scelto gli esperti. E' da tenere presente che la ricerca non è facile perché gli esperti debbono avere la duplice qualifica di essere iscritti nelle liste elettorali della Provincia nella quale esercitano la loro attività e di essere esperti in discipline amministrative. Mi riservo anche, dopo l'incontro con i Capi gruppo, di sottoporre al Consiglio i criteri obiettivi che permettano di accertare la qualifica di esperti ed eventualmente la procedura con la quale la Giunta delle Elezioni potrebbe a sua volta, prima che le candidature siano portate in aula, esaminare i titoli dei candidati, in modo da non correre il rischio che poi la loro elezione venga invalidata per mancanza di uno dei titoli richiesti dalla legge.
Comunico pure che il giorno 12 ottobre ho partecipato, su invito del Ministro dei LL.PP., in rappresentanza del Consiglio Regionale, con l'Assessore Armella, che era stato delegato dal Presidente della Giunta anche egli invitato a questo incontro, ad una riunione presieduta dal Ministro dei LL.PP., in merito alla questione del variato programma di fabbricazione del Comune di Urbe e degli investimenti industriali della Soc. Mammut in questo Comune che, come sapete, fa parte della Provincia di Savona. Il Consiglio Regionale aveva deliberato, in merito a questa materia, una mozione che era stata approvata all'unanimità e l'Assessore Armella, per quello che lo riguarda, in rappresentanza della Giunta ed io stesso in rappresentanza del Consiglio, ci siamo sforzati di interpretare la volontà unanime della Regione Piemonte di evitare un insediamento che potrebbe nuocere fortemente ad una ventina di Comuni circa della Valle dell'Orba, in provincia di Alessandria. A questa riunione hanno anche partecipato i sindaci della maggior parte di questi Comuni, nonch naturalmente il sindaco di Urbe, le autorità provinciali di Alessandria e di Savona ed i rappresentanti della Regione Liguria, esperti del Ministero dei LL.PP. e lo stesso Presidente della VI Sezione del Consiglio Superiore dei LL.PP. alla quale è stato chiesto dal Ministro dei LL.PP. il parere prima che il Ministro stesso deliberi in merito all'insediamento. Non è stata presa nessuna decisione, ma dal modo in cui la delegazione piemontese nel suo complesso ha difeso il punto di vista espresso da questo Consiglio Regionale, ho buoni motivi di ritenere che le tesi dei Comuni della Valle dell'Orba saranno prese in assai seria considerazione dal Ministero dei LL.PP.
Sempre il giorno 12 ottobre, presso la direzione di "Tribuna politica" si è svolta, su invito della RAI-TV e del direttore di "Tribuna politica" una riunione di rappresentanti delle varie assemblee regionali con il direttore della rubrica onde trattare il problema del programma di "Tribuna regionale" per il 1972. Alla riunione ho partecipato io stesso e mi rammarico che gli inviti siano arrivati con troppo ritardo perché i vari Gruppi potessero partecipare. Io stesso trovandomi già a Roma per la riunione precedente alla quale facevo testé cenno, sono stato in grado di recarmi alla RAI-TV.
Il 23 ottobre andrà in onda la seconda "Tribuna regionale" dedicata al Piemonte, alle ore 19,15 sul secondo programma. L'argomento è già stato affrontato dalla conferenza dei Capigruppo nella riunione del 5 ottobre u.s. e dovrà quanto prima essere riesaminato dai Capigruppo stessi.
Per ciò che riguarda la riunione svoltasi alla RAI-TV, competenza del direttore di "Tribuna politica" era soltanto quella di esaminare le questioni che ieri sono state poi affrontate dalla Commissione parlamentare di vigilanza circa l'organizzazione di "Tribuna regionale". Mi sono sforzato, nell'intervento che ho fatto fin dall'inizio della seduta, di portare due serie di argomenti a questa riunione, la prima serie riguardante l'organizzazione di "Tribuna regionale", la seconda riguardante i servizi televisivi e radiofonici regionali. Vorrei attirare l'attenzione del Consiglio su questo fatto, che potrà poi essere anche esaminato dal Consiglio stesso, che per quel che concerne "Tribuna regionale" credo di avere espresso un'opinione largamente condivisa non soltanto in questo Consiglio, ma in tutti gli altri, che il primo esperimento di "Tribunale regionale" è stato un completo fallimento: la sfilata dei rappresentanti dei vari Gruppi consiliari per un certo numero di minuti, non in contraddittorio, ma per esporre i propri motivi, è, dal punto di vista spettacolare, una delle cose più noiose che si possano immaginare, sia quando avviene in sede regionale, sia quando avviene in sede nazionale.
Fatto questo primo rilievo, ho anche osservato che, mentre in questa fase storica all'interno dei Consigli Regionali non si sono verificati contrasti profondi fra i vari Gruppi politici, il vero contrasto è quello che ha diviso le Regioni dallo Stato nell'esame delle sfere di competenza reciproche delle Regioni e dello Stato e che assai più interessante sarebbe, per l'opinione pubblica, se le Regioni potessero essere messe in TV a confronto con lo Stato, perché allora discuterebbero di un problema reale, là dove viceversa c'è uno scarsissimo interesse, anche organizzando un dibattito, che il P.C.I., mettiamo, discuta con il PSIUP o col PSI o con la D.C., perfino col MSI, argomenti sui quali molto spesso, checché ne pensino i vari Gruppi, tutti quanti finiscono per votare nello stesso modo per esempio per quel che riguarda le osservazioni sui decreti delegati. E siccome questa è la materia della quale ci occupiamo in questo momento andare anche a dibattere in "Tribuna regionale" un argomento sul quale in Consiglio siamo più o meno concordi, non presenta un grande interesse per l'opinione pubblica, mentre quei conflitti permanenti che abbiamo con lo Stato, anche se tutti contribuiamo a cercare di risolverli nel modo più pacifico possibile, sono un argomento di estrema attualità.
Il direttore di "Tribuna politica" si è riservato di portare alcune proposte da me formulate e accolte dagli altri rappresentanti delle Regioni, in merito al riordinamento di "Tribuna regionale". Fra queste proposte, vi è intanto quella di spaccare le trasmissioni di "Tribuna regionale" in quattro gruppi anziché due. Sono attribuite attualmente due ore alle Regioni, in tutto l'anno, un'ora ogni semestre. La mia proposta è stata di dividere intanto queste trasmissioni in quattro mezze ore, una per trimestre, in modo che le Regioni abbiano un contatto con l'opinione pubblica un po' più frequentemente.
Un'altra proposta, che verrà portata e che è stata fatta propria dal direttore di "Tribuna politica", è che il modo di utilizzare queste mezze ore sia affidato alle Regioni stesse e l'argomento da porre in discussione sia fissato in sede regionale e non venga calato dal cielo dagli uffici della RAI-TV o dalla Commissione parlamentare di vigilanza, anche perché le esigenze tematiche delle varie Regioni si possono differenziare. Al limite è stato anche richiesto che le Regioni si possano organizzare le loro trasmissioni da sé con l'ausilio dei servizi tecnici della RAI-TV e non si vedano imporre dei criteri che possono non essere soddisfacenti per tutte le Regioni se sono assolutamente omogenei.
Si è presa in esame una seconda serie di considerazioni, anche se non di competenza della direzione di "Tribuna politica", nel campo assai più vasto dell'informazione regionale. Noi abbiamo un contatto per due ore all'anno con l'opinione pubblica attraverso la "Tribuna regionale", ma il contatto che hanno gli organi statali o gli organi nazionali non si limita alle tre ore della "Tribuna politica" affidata ai Partiti in sede nazionale, bensì si moltiplica per tutta una serie di iniziative che non esistono in sede regionale. Per esempio, le varie tribune parlamentari riferiscono ciò che accade in Parlamento quasi tutti i giorni e quindi il numero di ore in cui ci si occupa di problemi politici parlamentari, o di Governo, si eleva a parecchie migliaia all'anno, per cui il paragone fra le tre ore affidate ai Partiti in sede nazionale e le due ore in sede regionale non è calzante. D'altra parte, nei vari giornali televisivi mentre è coperta l'attualità pubblica nazionale, non è affatto coperta l'attività pubblica regionale e, finalmente, mentre le varie cronache giornalistiche televisive coprono gli argomenti locali di interesse nazionale, gli argomenti di interesse locale non trovano alcuna collocazione nella RAI-TV.
Per discutere tutti questi argomenti, mi è stato dato mandato dai rappresentanti degli altri 19 Consigli Regionali, di indire una conferenza nazionale delle Regioni, sull'informazione regionale, alla quale potremo invitare a partecipare anche gli organi della RAI-TV in modo che questi con le proprie relazioni, possano informare tale conferenza di quanto già si sta facendo e possano recepire le opinioni che potranno scaturire da una conferenza di questo genere. Mi riservo di sentire i Presidenti degli altri 19 Consigli Regionali circa i modi, le forme e la data di una simile conferenza, alla quale sarebbe bene fosse fornita la più larga partecipazione possibile.
Mi riservo, al termine delle sedute dedicate all'approvazione dei pareri sui decreti delegati, come ho dichiarato prima, di fare alcune comunicazioni sui decreti delegati e sui criteri che sono stati osservati dalle varie Commissioni. Però, fin da questo momento desidero che il Consiglio, nel suo complesso, sia informato, al termine del lavoro delle Commissioni per l'esame dei decreti delegati e presidenziali, dell'attività che è stata svolta dalle singole Commissioni e che costituisce certamente un fatto assai encomiabile per quel che riguarda i loro componenti. Le Commissioni consiliari hanno tenuto finora complessivamente 93 sedute, la V, VI e VII hanno tenuto cinque riunioni congiunte, conteggiate naturalmente una sola volta nel totale delle sedute. Gli Enti che sono stati consultati dalle Commissioni nell'esercizio della loro attività si eleva a 2248; gli Enti che su richiesta delle Commissioni hanno partecipato a sedute di Commissione per esprimere il loro parere, si elevano al numero di ben 482 complessivamente. Le Commissioni hanno esaminato, oltre il conto consuntivo, anche due disegni di legge sui quali hanno espresso il parere da trasmettere al Parlamento dieci decreti delegati, tre decreti del Presidente della Repubblica, due disegni di legge regionale e due controdeduzioni della Regione alle osservazioni governative sul disegno di legge che era stato approvato da questo Consiglio.
Desidero cogliere questa occasione per ringraziare i Presidenti delle Commissioni, i relatori che, con molta diligenza e con molta sollecitudine hanno permesso al Consiglio di prendere in esame tempestivamente le proposte di osservazioni della Regione Piemonte sui decreti delegati e i decreti presidenziali, nonché tutti i Commissari, che hanno dato una partecipazione ai lavori delle Commissioni altissima, quasi totalitaria perché le assenze sono state molto scarse. A paragone con altre assemblee anche nazionali, il livello della partecipazione e degli interventi è stato tale che, se fosse imitato in sede nazionale, porrebbe gli organi rappresentativi in condizione di funzionare assai meglio.
Do comunicazione di una lettera del Consigliere Carazzoni del seguente tenore (la leggo perché è anche interesse del Consiglio che ad essa venga data pubblicità): "Essendo in congedo nella seduta del Consiglio Regionale del 22 settembre, non mi è stato possibile sottoscrivere la proposta di deliberazione per l'istituzione di un parco naturale della Regione Piemonte nell'Alpe Veglia presentata dai Consiglieri Regionali della Provincia di Novara ed assegnata per esame in sede referente alla V Commissione. Poich tale proposta è stata preventivamente discussa ed approvata unitariamente in una riunione svoltasi a Novara il 20 settembre per iniziativa della sezione novarese di Italia Nostra, del Lyons Club di Verbania, è mio vivo desiderio associarmi all'iniziativa, che pienamente condivido. Pertanto prego di voler considerare come apposta la mia firma in calce alla proposta medesima".
Vi è poi un'interpellanza che verrà letta al termine della seduta quando saranno lette le interpellanze e le interrogazioni pervenute.
Non ho altre comunicazioni da fare per il momento, possiamo quindi passare all'esame del punto 4) all'o.d.g., rimanendo inteso che il Presidente della Giunta farà le sue comunicazioni quando sarà presente.


Argomento: Norme generali sull'agricoltura - Boschi e foreste - Caccia - Pesca

Esame dello schema di osservazioni al decreto delegato su agricoltura e foreste, caccia e pesca nelle acque interne


PRESIDENTE

Al punto 4) all'o.d.g. è l'esame dello schema di osservazioni al decreto delegato su agricoltura e foreste, caccia e pesca nelle acque interne.
Prego il relatore di riferire sinteticamente al Consiglio il senso del progetto che è stato approvato dalla VI Commissione.
Ha facoltà di parlare il Consigliere Menozzi.



MENOZZI Stanislao, relatore

Signor Presidente, colleghi Consiglieri, sarà senz'altro mia premura accogliere l'invito rivoltomi di essere sintetico nell'esposizione e chiedo scusa per avervi fatti attendere, ma se questo è il modo per farsi desiderare direi che anche l'attesa non è un fatto negativo.
Mi sia preliminarmente consentito affermare che non è stato poco compito la stesura della relazione sottopostavi, contenente "Osservazioni sullo schema di decreto delegato in materia di agricoltura e foreste caccia e pesca nelle acque interne" che mi accingo ad illustrare, seppure per sommi capi. Compito resosi maggiormente difficoltoso per la complessità, vastità e delicatezza della materia non solo sotto il profilo tecnico-giuridico, ma anche e soprattutto per le particolari quanto gravi condizioni socio-economiche nelle quali versa attualmente il settore primario e conseguentemente l'operatore, principalmente nel nostro Paese.
Altro aspetto che ha notevolmente contribuito a rendere difficoltoso il compito, pur non entrando nel merito della legittimità costituzionale dei decreti delegati e quindi accettandoli nella loro forma di trasferimento di funzioni amministrative, in rispondenza dell'art. 117 della Costituzione, è stato lo sforzo diretto a delineare in prospettiva una politica agraria regionale e la possibilità di una sua effettiva concretizzazione rispondente alle ansie e alle speranze di tutto il mondo agricolo e particolarmente dei coraggiosi giovani che esso ancora annovera: ciò in aderenza al dettato dell'art. 4 del nostro Statuto Regionale.
In questa sede non va sottaciuto, una volta ancora, l'apporto sostanziale derivatoci, in sede di consultazioni, da tutti gli Enti organismi, associazioni, tecnici ed esperti dei vari settori che hanno lodevolmente quanto fattivamente fornito una testimonianza degna della migliore considerazione vuoi in rapporto alle argomentazioni sviluppate vuoi in rispondenza allo spirito che ha informato questo Consiglio nel codificare all'art. 9 del citato Statuto l'istituto della consultazione.
Consultazione che se, come deve, vuole essere interpretata quale porta aperta alla "partecipazione popolare", sulle scelte di fondo che i pubblici poteri sono chiamati ad effettuare, dovrà essere sempre più estesa nella consapevolezza di una necessità di saldatura tra paese legale e paese reale. Ciò ha fornito maggiore e più forte testimonianza anche nel credere in un'effettiva possibilità di transizione da una tradizionale forma di "democrazia rappresentativa" che sta dimostrando una evidente fase di logoramento, ad una fase di "democrazia partecipativa" quale scelta qualitativa verso nuove e più concrete forme di costume e di civiltà.
Vadano, pertanto, ai consultati le espressioni della nostra più viva gratitudine e riconoscenza e, nel contempo, ringraziamo sentitamente i membri della Giunta Regionale in generale ed in particolare l'Assessore all'agricoltura che nonostante il suo attuale stato di salute, non si è sottratto all'impegnativo lavoro fornendo ad esso un valido apporto.
Ulteriore pensiero di gratitudine va rivolto ai colleghi della VI Commissione, che abbiamo l'onore di presiedere e ai Presidenti e ai membri della V e VII Commissione per la cordiale e responsabile collaborazione fornitaci, stante la connessione per alcune materie di loro competenza nella stesura del documento che stiamo sottoponendo al vostro attento e scrupoloso esame.
Entrando nel vivo dell'argomento, vi è subito da rilevare che lo schema di decreto in esame presenta, come e più degli altri, contraddizioni remore e aspetti prevaricativi di quella che è la funzione propria dello Stato e cioè di indirizzo e coordinamento dell'attività regionale che attengono strettamente ad un'esigenza di carattere unitario, con riferimento agli obiettivi del programma economico nazionale e degli impegni derivanti dagli obblighi internazionali. Questo schema di decreto tende anche a creare un rapporto gerarchico e di subordinazione col potere burocratico centrale (vedi art. 7) che intacca profondamente l'autonomia regionale con la pretesa di mantenere in vita "controlli" che snaturano l'Ente Regione chiamato invece ad attuare una "potestà" delegata.
Le contraddizioni e le remore più macroscopiche si lamentano soprattutto dal raffronto degli artt. 1, 4 e 11 dove nell'art. 1 si riconoscono alcune competenze alla Regione che, al 4 vengono negate, mentre all'11 si trasferiscono come delegate competenze che invece dovrebbero essere proprie delle Regioni e, ove si tratti di delega vera e propria, si parla di conformità agli obiettivi centrali e sotto il controllo dell'amministrazione delegante, mentre la delega deve essere piena ed integrale dalla fase istruttoria a quella decisionale.
Ritornando ai precitati articoli, le nostre attenzioni e preoccupazioni si sono particolarmente soffermate e manifestate di fronte alle limitazioni, o peggio ancora esclusioni, per le Regioni che si vorrebbero perpetrare nel campo di importanti problemi quali: credito agrario regolamenti ed altri atti della Comunità Economica Europea; ricerca e sperimentazione scientifica; classificazione e declassificazione di terreni in territori di bonifica integrale e montana, (con tutto quel che segue nell'articolazione); difesa del suolo e protezione della natura, impianti di particolare interesse pubblico per la raccolta, conservazione trasformazione e vendita di prodotti agricoli; incentivi a favore degli organismi associativi, nonché marchi e denominazioni tipiche di origine dei prodotti agricoli, repressione delle frodi, fondo nazionale di solidarietà e parecchi altri che per brevità mi esimo dall'elencare.
Per quanto attiene specificatamente ai marchi e alle denominazioni d'origine, segnaliamo che per pura omissione non è stato introdotto nell'art. 11 questo problema, il quale dovrebbe essere inserito, se non vado errato, alla lettera p).
Soffermandomi su alcuni dei punti citati, proprio in ordine di elencazione, ma direi anche di importanza, vorrei incominciare dal credito agrario. Come evidenziato anche nella relazione - penso che il ripeterlo non sia male - e come avevamo avuto occasione di sostenere nel corso dell'illustrazione della relazione sullo schema di decreto delegato per le cave e torbiere e artigianato, come è pensabile di potere sviluppare una politica consona alle esigenze di determinati settori del lavoro o della produzione, come è possibile anche concretizzare un discorso in termini di programmazione regionale se l'azione della Regione viene ridotta ad una mera e semplice funzione esecutiva di fronte al credito, senza poter minimamente incidervi con una sua particolare visione e con suoi particolari indirizzi rapportati anche e soprattutto alle caratteristiche della Regione stessa? Per cui, senza mettere in discussione le competenze dello Stato per quelli che sono gli aspetti monetari ad esso collegati e senza disconoscere allo Stato il diritto di determinare in campo di tassi una sua funzione, è ovvio che l'esercizio del credito deve essere riconosciuto alla Regione proprio in riferimento ai motivi poc'anzi esposti. Siccome potrebbe sembrare equivoca la formulazione (qualcuno potrebbe parlare di panregionalismo), forniamo una precisazione, che riteniamo valida, anche per quanto concerne il diritto della Regione ad essere qualche cosa di vivo e non di assente o tanto meno di escluso, per quanto riguarda gli atti connessi alla CEE, politica agricola in sede comunitaria che investe e che è destinata ad investire sempre più tutti i problemi dell'agricoltura, anche di natura strutturale e di natura sociale.
La Regione avrà una funzione esecutiva, anche perché l'attuale impostazione regolamentare ha assunto un carattere regionalistico. Si potrà discutere se i limiti di quel tipo di regionalizzazione possono coincidere col nostro ma è indubbio che ci sono aspetti decisionali fondamentali di fronte ai quali la Regione non può sentirsi e non deve essere lasciata assente. Su questo sono confluite le tesi di tutti i Consigli Regionali. Oltre ad esserci preoccupati di seguire innanzi tutto e soprattutto ciò che ci è pervenuto dalle consultazioni, di seguire attentamente le pertinenti osservazioni forniteci dalla Giunta, di trovare una concordanza di vedute come mi pare ci sia stata, all'interno delle nostre Commissioni V, VI e VII, abbiamo cercato di non lasciarci sfuggire anche i pronunciamenti che in tal senso ci sono stati vuoi dalle riunioni degli assessorati ed esperti dell'agricoltura in quel di Venezia, vuoi anche dalle osservazioni agli schemi di decreti delegati predisposte prima delle nostre.
Ricerca e sperimentazione scientifica: vi è stata una lunga discussione in seno alla nostra Commissione, ma si è venuti nella determinazione che pur riconoscendo allo Stato certe funzioni, non si poteva escludere a priori che anche le Regioni potessero intraprendere un'azione in tal senso.
Classificazione e declassificazione delle zone montane. Si arriva alla sorprendente affermazione di zone depresse, ma qui non si tratta più del bacino X o del bacino Y, della zona X o della Y. Quando noi poniamo il problema in termini di depressione dovremmo dire che la depressione riguarda tutto il settore in nome del quale stiamo pronunciandoci.
Altrettanto dicasi per la difesa del suolo e protezione della natura.
Per gli impianti di particolare interesse pubblico per la raccolta e trasformazione, riconosciamo una particolare funzione allo Stato, ma ci che non potevamo accettare erano le delimitazioni relative al valore e cioè che fino ad una certa cifra la Regione poteva anche essere autorizzata ad operare nel campo oltre no.
Sul delicatissimo problema delle repressioni delle frodi alimentari e dei vini in particolare (scusate, ma la lingua batte dove il dente duole) dovendo gli agenti, gli uffici, i funzionari preposti assolvere a funzioni che non sono soltanto di natura amministrativa, ma anche di natura giudiziaria abbiamo cercato di distinguere le funzioni arrivando al tradizionale detto, di dare a Dio quel che è di Dio ma di riconoscere anche a Cesare quel ch'è di Cesare: proprio per le funzioni di carattere amministrativo è stato invocato il diritto di intervento da parte della Regione. Così dicasi per il "fondo nazionale di solidarietà": il riparto degli stanziamenti previsti da una legge nazionale è compito dello Stato (per quanto riguarda le calamità), ma per quanto concerne l'assegnazione delle previdenze contributive o creditizie, il rilievo e la delimitazione delle zone colpite, i pronunciamenti circa i riconoscimenti dei consorzi che si andranno a costituire a mente dell'art. 14 della citata legge; tutto ciò deve essere di competenza regionale.
Vi chiedo scusa se mi sono soffermato a lungo su questo problema ma lo ritenevo necessario.
Non riteniamo necessario dilungarci su altre osservazioni in quanto ognuno di voi ha in visione la relazione. Giova piuttosto, prima di concludere l'intervento, osservare che lo schema tratta, anziché di materie omogenee, organicamente concepite, il passaggio di singoli settori riproponendo a livello regionale le carenze riscontrate nell'attuale organizzazione amministrativa dello Stato. E' quindi indispensabile, come abbiamo cercato di fare, di rivendicare tutte le funzioni amministrative e tecniche e per settori organici di materie, indipendentemente dagli organi che tali funzioni attualmente esercitano.
Giunto a questo punto - altrimenti non manterrei fede all'impegno assunto di fronte all'invito della Presidenza - concludo con l'augurarmi che, siccome sta per volgere al termine la presentazione delle osservazioni agli schemi di decreti delegati, che le stesse possano essere recepite e che le conflittualità registrate, con le inevitabili polemiche, abbiano a cessare affinché col 1 gennaio 1972 si possa entrare nel vivo dell'operatività regionale.
Vorremmo in questa sede esprimere anche una parola rassicurante: in noi non c'è mai stata la benché minima intenzione di soverchiare le funzioni proprie statali, alle quali abbiamo fatto più volte riferimento, e tanto meno vogliamo minare l'unità sostanziale del nostro Paese. Se abbiamo cercato di usare, per quel poco che ci è stato possibile, chiarezza di linguaggio, lo abbiamo fatto non per amore di polemica, ma perché fidenti nel nuovo istituto regionale che non tende a scardinare ma piuttosto a rafforzare e potenziare l'unità del Paese, dello Stato. Sarebbe imperdonabile che un diverso atteggiamento fosse stato assunto da questa assemblea, proprio in quel Piemonte che nel secolo scorso svolse un ruolo preminente per l'unità del Paese. Questo secolo attende con urgenza, con celerità che da quell'unità geografica si possa arrivare all'unità politica, sociale, economica, perché solo così quel mirabile inizio di disegno del secolo scorso troverebbe compimento. Ci auguriamo che il tempo che dovrà ancora passare non sia troppo lungo.
Chiedo scusa se sono stato un pochino prolisso. L'amico Viglione mi parlava di cinque minuti, penso che essi se ne siano andati; ma avendo già avuto occasione di apprezzare la vostra bontà in passato, sono certo che non mi lascerete mancare un gesto di bontà anche in quest'occasione.
Grazie.



PRESIDENZA DEL VICEPRESIDENTE OBERTO



PRESIDENTE

Ringrazio il relatore.
Ha chiesto di parlare il Consigliere Carazzoni, ne ha facoltà.



CARAZZONI Nino

Onorevole Presidente, colleghi Consiglieri, desideriamo anticipare subito, parlando a nome del MSI, il nostro convinto dissenso nei principi generali e sui temi specifici dall'opinione espressa dalla Commissione sul decreto delegato concernente il trasferimento alle Regioni a Statuto ordinario delle funzioni amministrative statali in materia di agricoltura foreste, caccia e pesca nelle acque interne.
Noi non abbiamo ritenuto di dover presentare una relazione di minoranza per quelle ragioni un poco di disimpegno politico che hanno caratterizzato il nostro atteggiamento durante la lunga discussione seguita all'esame dei decreti delegati. Questa nostra posizione, per chi volesse ricordare l'impegno con il quale avevamo affrontato la battaglia di elaborazione dello Statuto Regionale, potrebbe anche stupire, per cui alla conclusione di questo intervento vedremo di fornire gli opportuni chiarimenti, anche per una doverosa assunzione di responsabilità. Non abbiamo presentato una relazione di minoranza, e tuttavia non poche e forse non trascurabili sono le osservazioni che sentiamo di dovere qui esprimere.
Il decreto delegato, predisposto dal Ministro per l'attuazione delle Regioni, vorrebbe assolvere all'obbligo costituzionale previsto dalla disposizione 8 delle Norme transitorie della Costituzione, in ottemperanza anche ai criteri stabiliti dall'art. 17 della legge 16.5.1970 n. 281 e all'ordine del giorno del Senato espresso nella seduta del 18.12.1970. Si è osservato da parte delle così dette forze regionaliste, da parte della relazione di maggioranza, che nel decreto delegato non verrebbe rispettato il criterio previsto dall'art. 17 della citata legge n. 281, in quanto in detta legge si precisa che il trasferimento delle funzioni amministrative statali alle Regioni deve attuarsi per settori organici.
A noi sembra che a questo punto si imponga un chiarimento di fondo: cosa intende la legge quando parla di settori organici? Per certo non le diciotto materie previste, elencate dall'art. 117 della Costituzione che già appartengono alle Regioni e che, per usare un'espressione naturalistica, rappresentano un genus. Settori organici, noi crediamo devono intendersi invece le varie branche, i vari aspetti, le varie spartizioni in cui le diciotto materie indicate all'art. 117 della Costituzione si articolano in via normativa nelle varie fasi di intervento dell'attività amministrativa dello Stato. Per rimanere aderenti all'immagine naturalistica cui siamo ricorsi, i settori organici rappresentano le varie specie del genus, cioè i settori di intervento dell'attività amministrativa dello Stato nelle materie di interesse pubblico. Non può perciò essere condivisa l'opinione del relatore che attribuendo all'espressione "settori organici" il significato di genus vorrebbe che tutta la materia relativa all'agricoltura e foreste, alla caccia e pesca nelle acque interne, venisse delegata alla Regione riservando allo Stato solo il coordinamento e l'indirizzo generale, in relazione anche ai rapporti internazionali, alle esigenze di carattere internazionale.
La relazione di maggioranza, in sostanza, fa addebito al decreto delegato di non dare alla materia agricoltura e foreste il significato e la interpretazione previsti dall'art. 38 del trattato di Roma, istitutivo della CEE, non provvedendo il decreto delegato al trasferimento organico della materia. Questa interpretazione è indubbiamente in contrasto con il significato che si deve dare all'art. 17 della legge 16.5.1970 n. 281 e alla norma ottava delle disposizioni transitorie della Costituzione. La norma ottava difatti stabilisce che venga regolato con legge il passaggio delle funzioni dallo Stato alle Regioni per ogni ramo della Pubblica Amministrazione. Però l'organizzazione dei pubblici uffici, secondo disposizioni di legge, costituisce, nel suo insieme, la Pubblica Amministrazione che nella sistematica costituzionale trova la sua collocazione nell'art. 3 che tratta del Governo. Pertanto rami della Pubblica Amministrazione devono intendersi sicuramente i Ministeri. Da ci consegue che, per dettato costituzionale, il passaggio delle funzioni statali attribuite alle Regioni deve essere attuato per ciascun Ministero con legge della Repubblica, cioè con decreto delegato.
Fatta questa premessa, che chiameremo di ordine generale, non può farsi addebito al decreto delegato di limitare il trasferimento solo ad attribuzioni e sfere di competenze del Ministero Agricoltura e Foreste. A nostro avviso va invece fatto addebito al decreto delegato di non rispettare il principio del trasferimento per settori organici, perché non individua attribuzioni e sfere di competenza proprie della Regione, che siano distinte dalle attribuzioni, dalle funzioni, dalle sfere di competenza proprie dello Stato, ma conserva costanti interferenze non chiaramente definite, in questi medesimi settori, in modo tale da far sorgere (questo è il timore che esprimiamo) una permanente conflittualità fra lo Stato e la Regione. Non risulta cioè chiaro, nel decreto delegato il limite dell'autonomia regionale nei singoli settori organici.
Ancora crediamo di dover fare addebito al decreto delegato di non prevedere alcun coordinamento nella materia agricoltura e foreste, caccia e pesca nelle acque interne con gli altri rami della Pubblica Amministrazione e cioè con gli altri Ministeri alla cui sfera di competenza è attribuita potestà di intervento nella materia specifica. Difatti è noto che non tutta la materia relativa all'agricoltura trova la sua collocazione nelle competenze del Ministero dell'Agricoltura e Foreste; la materia trova normativa e intervento, pure per settori organici, anche in altri Ministeri quali quelli della Sanità, dei LL.PP., dei Trasporti, del Commercio con l'estero per non parlare del Ministero della programmazione. Era perci obbligo del Governo e per esso del Ministro per l'attuazione delle Regioni per un uso corretto della delega legislativa attribuitagli, di procedere al coordinamento della materia individuando, per ciascun Ministero, i settori organici afferenti all'agricoltura e foreste, caccia e pesca nelle acque interne e predispone poi, per ciascun Ministero, i decreti delegati in modo che la materia stessa, in ciascun decreto, fosse chiaramente individuata per settori organici, con l'attribuzione alle Regioni dei settori di competenza regionale e con riserva allo Stato dei settori di propria competenza.
Tuttavia noi pensiamo che la critica al decreto delegato resterebbe sterile se non venisse individuato il criterio dell'attribuzione alle Regioni dei settori organici di competenza in questa materia. Ed è proprio su questo argomento che noi crediamo di doverci differenziare dalla relazione di maggioranza per l'interpretazione che essa dà della sfera di competenza della Regione. E' vero che la norma costituzionale attribuisce alle Regioni la potestà legislativa in materia di agricoltura e foreste caccia e pesca nelle acque interne, ma è altrettanto vero che l'evoluzione della materia, che i vincoli, che i legami della stessa a norme di natura internazionale e sovranazionale, conseguenti tutti all'istituzione della CEE, danno a questa norma costituzionale un particolare significato diverso da quello che (ci è sembrato di cogliere nella relazione di maggioranza) si attribuisce alla Regione.
Con l'adesione della Repubblica italiana alla CEE, lo Stato ha rinunciato ad una parte del proprio potere di imperio in materia accettando di sottostare alle norme dell'organismo sovranazionale. Da ci consegue che non solo lo Stato italiano, ma le stesse Regioni devono uniformare il proprio potere decisionale alle norme comunitarie e viene rafforzato, proprio in forza di quelle norme, l'obbligo dello Stato di mantenere il potere di indirizzo e di coordinamento sull'attività legislativa ed amministrativa delle Regioni, affinché queste abbiano a svolgere la propria attività in conformità ai principi, agli indirizzi agli orientamenti voluti dalla comunità. In forza di questo principio il potere decisionale delle Regioni rimane assai limitato. Questa limitazione appare ancora più evidente se si pone mente al fatto che la materia va inquadrata oltre che nell'ambito comunitario per la sua totalità nella sfera della programmazione nazionale e che gli interventi di natura finanziaria avvengono, per la quasi totalità, con norme di carattere straordinario di intervento comunitario o statale.
Le considerazioni sopra svolte dimostrano che nell'attuale fase costituente, la materia va distinta in tre settori: competenza comunitaria competenza statale, competenza regionale. E sono settori distinti nell'ambito delle rispettive autonomie e potestà normative, anche se tra loro coordinate. Questa sistematica fa sì che il potere normativo attribuito alla Regione resta per così dire limitato alla fase di base cioè la fase produttiva dell'agricoltura, sia pure intesa nell'ampia accezione del termine, con esclusione delle fasi di prima trasformazione di prima commercializzazione, non oltre. Il resto rimane e deve rimanere allo Stato.
Partendo da questo concetto non è perciò difficile individuare per l'agricoltura, intesa nella sua fase di base, i settori organici di competenza regionale, per il quale va attuato il trasferimento delle funzioni amministrative dallo Stato alle Regioni. Il decreto delegato avrebbe dovuto regolare il passaggio delle funzioni statali attribuite alle Regioni, in esso cioè doveva trovarsi l'elencazione precisa della specificazione analitica, delle sfere di competenza, delle funzioni e delle attribuzioni che dal Ministero dell'Agricoltura e Foreste vengono trasferite per settori organici alle Regioni. Il decreto delegato invece agli artt. 1 e 2, in parte agli artt. 9 e 10 elenca varie attività produttive ed economiche concernenti la materia, non sfere di competenze e funzioni, per le quali viene attribuito alla Regione un potere di intervento. L'elencazione genericamente indicativa per i collegamenti con le varie attività indicate negli artt. 1, 2, 9 e 10, provocano poi con le attribuzioni riservate allo Stato agli art. 4, 5, 6 e 7 e in parte, come dicevamo, agli art. 9 e 10, una tale situazione d'incertezza nelle rispettive attribuzioni, da fare legittimamente ritenere la futura certa insorgenza di un permanente contrasto, non solo politico, ma un conflitto di competenza vera e propria fra Stato e Regione.
Nel nostro ordinamento statale le funzioni, le attribuzioni, le sfere di competenza, l'ordinamento e l'organizzazione degli uffici sono stati attribuiti, per le varie materie a ciascun Ministero con specifiche leggi e con chiara individuazione delle competenze. In virtù della norma costituzionale, pure con legge, cioè con il decreto delegato, dovrebbe regolarsi la sottrazione per settori organici di una parte delle funzioni delle attribuzioni, delle sfere di competenza e dell'organizzazione degli uffici dallo Stato alle Regioni. Se si toglie la parte relativa all'organizzazione degli uffici, il decreto delegato invece non assolve all'obbligo costituzionale perché non indica in modo specifico e preciso quali siano le funzioni e le attribuzioni non più nella sfera di competenza del Ministero dell'Agricoltura e Foreste, ma di competenza della Regione.
Va invece rilevato che nell'elencazione riportata dal decreto delegato figurano, con palese contraddittorietà, funzioni che appaiono attribuite alle Regioni e nello stesso decreto vengono poi riservate allo Stato, senza che sia individuata, per le stesse funzioni, la sfera di competenza dello Stato e quella della Regione. Vengono inoltre attribuite alle Regioni potestà di intervento in istituti giuridici, che attengono all'ordinamento generale dello Stato o addirittura alla potestà costituzionale.
Ecco perché noi diciamo che il decreto delegato va ristrutturato in conformità alla norma costituzionale e allo spirito informatore della legge delega.
Altre osservazioni critiche abbiamo da muovere al decreto delegato per la parte non proprio dell'agricoltura, ma per quella relativa alle foreste e al corpo forestale che è veramente scandalosa (ci si passi il termine) là dove afferma che l'organismo resta di competenza dello Stato, mentre la disponibilità va alla Regione. A nostro avviso vi è l'esigenza indispensabile di un coordinamento per tutto il territorio montano indipendentemente dai confini delle Regioni. Il decreto invece non ne parla, mentre è evidente che non solo il corpo forestale, ma anche le stesse Regioni devono obbedire allo Stato nella questione della difesa del suolo e dell'economia montana. E il problema non può essere disgiunto dalla questione del demanio, tant'è che noi ci domandiamo che succederà delle aziende di Stato per le foreste demaniali, chi le amministrerà, quali garanzie avrà lo Stato. La stessa legge per la montagna è la negazione della competenza esclusiva della Regione in materia di foreste. In definitiva a noi sembra che il decreto delegato sia contraddittorio indeterminato, incompleto e che non attui, come pure sarebbe stato auspicabile, il trasferimento delle competenze dallo Stato alle Regioni in materia di agricoltura e foreste, caccia e pesca nelle acque interne, con chiarezza, sì da evitare conflitti di competenza e da consentire al tempo stesso un ordinato sviluppo di una moderna agricoltura.
Ecco perché, onorevole Presidente, e colleghi Consiglieri, noi non approviamo lo schema predisposto, anche se, per tutte le ragioni che siamo andati fin qui evidenziando, non per questo possiamo condividere le impostazioni del relatore e della Commissione dalle quali anzi profondamente dissentiamo perché tendono ad un inammissibile ampliamento delle funzioni e dei poteri regionali. Tutti i decreti delegati, questo come gli altri già esaminati, come quelli che ancora sono da esaminare sono criticabilissimi, ma ugualmente criticabili, per noi anzi inaccettabili, sono le osservazioni di coloro che vorrebbero tutto sottrarre allo Stato e tutto attribuire alla Regione.
Noi ringraziamo i Consiglieri che hanno avuto la cortesia di seguirci fino a questo punto; siamo stati, a differenza della stringata esposizione del relatore, anche troppo prolissi, tuttavia dovevamo pure, una volta per tutte, precisare quale fosse la posizione del MSI a fronte dei decreti delegati in genere. La discussione sul decreto concernente l'agricoltura ci ha offerto questa opportunità. Noi questo decreto l'abbiamo voluto esaminare nel merito; non riteniamo, per la verità, che sia il caso di fare altrettanto per gli altri decreti delegati che figurano ai successivi punti dell'o.d.g. di questa seduta perché ci sembra più che sufficiente, per l'affermazione e la definizione di una presenza politica, di una posizione politica, quanto abbiamo sin qui detto che cioè, pur non approvando gli schemi di decreti portati alla nostra attenzione ed al nostro giudizio tanto meno approviamo le osservazioni di sapore critico, di sapore eversivo (molto spesso almeno) di sapore insomma estensivo dei Partiti regionalisti contro i quali, pertanto, opporremo il voto contrario del MSI. Noi infatti riteniamo di dovere contestare qualsiasi richiesta di allargamento delle funzioni da trasferire, non tanto per un'opposizione immotivata e preconcetta, ma perché abbiamo ben presente l'affermazione alla lettera e soprattutto allo spirito contenuto nell'art. 17 della legge 281. Nella stessa resta riservata allo Stato la funzione di indirizzo e di coordinamento delle attività delle Regioni che attengano ad esigenze di carattere unitario anche con riferimento agli obiettivi del programma economico nazionale e agli impegni derivanti dagli obblighi internazionali.
E se è vero - questo lo vogliamo dire a conclusione - che tutti od alcuni dei decreti delegati possono sembrare, e in realtà sono, aridamente restrittivi, tuttavia questo ci pare non debba inficiare la validità della nostra posizione che è una posizione di fondo e di principio. Semmai, anzi ci consente una conclusiva osservazione politica. Ammessa per vera l'aridità dei decreti delegati, un'aridità soffocante le ansie (o le smanie) innovatrici (o eversive) delle forze regionali, la domanda che noi colleghi Consiglieri, vi poniamo, la domanda che vi pone il MSI, domanda dalla quale debbono discendere delle conseguenze di chiaro carattere politico, è la seguente: di chi è la colpa? E' del potere politico O è del potere così detto burocratico? Del potere centrale o della burocrazia statale? Se a limitare le richieste o le pretese regionali fossero i burocrati, come taluno di voi Consiglieri ci dice, allora dovremmo amaramente concludere che il lassismo è diventato tale, che lo scollamento è diventato tale, che lo scadimento dei poteri statali è diventato tale per cui il potere politico non esiste più, per cui lo Stato come volontà politica non esiste più, condizionato com'è, vinto com'è dall'apparato burocratico. Se invece, a limitare le richieste o le pretese regionali fosse proprio il potere politico, in altre parole il Governo, i Partiti di centro sinistra, la maggioranza demo-marxista, allora noi dovremmo ironicamente concludere che la riforma regionale non è più che una burletta, non è certo la innovatrice rivoluzione di cui voi tanto spesso ci avete parlato; si è messa al mondo la Regione e adesso si vuole che la Regione non cresca e questo ad opera di quelle stesse forze politiche che alla Regione hanno dato vita.
In un caso come nell'altro, a fronte di tutta la vicenda regionale e di questo particolare momento di sua attuazione, che è rappresentato dalla discussione sui decreti delegati, la posizione critica del MSI ci sembra essere motivata e ampiamente giustificata.



PRESIDENTE

Ha chiesto di parlare il Consigliere Simonelli, ne ha facoltà.



SIMONELLI Claudio

Signor Presidente, colleghi Consiglieri, ritengo doveroso innanzi tutto ringraziare il relatore Menozzi per il lavoro egregio svolto con la relazione sul decreto delegato relativo all'agricoltura, lavoro che ha impegnato Menozzi e gli altri membri della V, VI e VII Commissione in lunghe sedute, che si è concretato in un esame estremamente analitico ed ampio delle materie oggetto della nostra discussione, che ha avuto poi il pregio di tradursi in un'ampia ed esauriente relazione. E credo che dobbiamo dare atto a Menozzi e a chi con lui ha collaborato, in modo particolare al Consigliere Ferraris, di avere veramente spaziato come forse meglio non si sarebbe potuto, in questa materia.
Il decreto delegato sull'agricoltura evidenzia in modo ancora più marcato degli altri, i limiti del trasferimento così come sta emergendo dai decreti delegati sottoposti all'esame delle Regioni. In particolare il decreto delegato presenta una serie di elementi negativi che devono essere se pure brevemente, sottolineati. Innanzi tutto una concezione restrittiva della materia da trasferire alle Regioni. Siamo, credo, tutti consapevoli colleghi, che soprattutto col rinnovamento tecnologico e l'evoluzione in atto, riesce sempre più difficile distinguere ciò che attiene all'agricoltura da ciò che riguarda anche altri settori produttivi, per deve essere chiaro che quando con questo decreto delegato si trasferiscono delle funzioni e dei poteri alle Regioni, non si trasferiscono attività agricole, ma si trasferiscono i poteri pubblici relativi all'agricoltura quindi tutto l'insieme degli strumenti che riguardano l'agricoltura, che deve perciò essere intesa nella sua accezione più ampia comprendendovi cioè anche, per esempio, tutte le attività di valorizzazione e trasformazione dei prodotti agricoli.
Viceversa il decreto delegato adotta una concezione estremamente restrittiva della materia, tentando quindi di mantenere ampie competenze allo Stato. Questo primo limite è ben evidente ed è chiaro che lo si pu controbattere e contrastare, ma ciò che forse è più pericoloso e che emerge tra le righe del decreto delegato, è la volontà di mantenere in piedi una struttura periferica dello Stato, cioè di perpetuare anche nelle Regioni a statuto ordinario, il tipo di soluzione adottato nelle Regioni a statuto speciale, in cui cioè, al trasferimento delle funzioni non consegue l'eliminazione della struttura periferica dello Stato ma permane in vita un doppione di strutture, le nuove regionali e le vecchie statali. E' dunque questo tentativo, che è più sottilmente ma più pericolosamente lesivo delle autonomie regionali, che emerge dal decreto delegato sull'agricoltura; là dove in particolare c'è un tentativo di trasferire alle Regioni una massa di competenze, ma di mantenerne un'altra altrettanto e forse più importante, allo Stato, di fare quindi delle Regioni degli organi di decentramento burocratico soggetti ad una specie di potere di supremazia da parte degli organi dello Stato.
Questo disegno si rileva con estrema chiarezza, se confrontiamo il combinato disposto degli artt. 1, 4 e 11 del decreto delegato: accanto al trasferimento di funzioni alle Regioni, è previsto ampiamente l'uso della delega di funzioni da parte dello Stato alla Regione e si tende cioè, non già a riconoscere la pienezza delle attribuzioni costituzionali alle Regioni, ma a fare delle Regioni in parte degli organi che autonomamente gestiscono materie di loro competenza, in parte degli organi che gestiscono materie delegate dallo Stato e sulle quali lo Stato intende evidentemente esercitare (e lo si dice chiaramente) un potere di controllo, un potere di intervento sostitutivo, un potere di supremazia. E' qui che c'è, secondo me, il disegno centralista che viene avanti con particolare forza e che ci crea i più grossi problemi, nella misura in cui la struttura dello Stato dovrebbe permanere nelle Regioni a controllare l'esercizio delle funzioni delegate.
E allora, tra l'altro ci troveremmo anche a fare i conti con una situazione di questo tipo: quali sono gli organi dello Stato, attraverso i quali si dovrebbe esercitare questo controllo sulle attività delegate? Lo Stato dovrebbe creare delle nuove strutture che sostituiscano quelle che passano alla Regione? Oppure saranno le stesse strutture, gli ispettorati agrari, le altre strutture periferiche del Ministero dell'Agricoltura che saranno contemporaneamente organi della Regione per una parte e controllori per conto dello Stato dall'altra? In questo caso non avremmo neppur più la burocrazia ministeriale, ma la burocrazia periferica che comanderà, una specie di braccio secolare dello Stato all'interno della Regione.
Ecco dunque il limite più grave, più pericoloso di questo decreto delegato, che deve essere smantellato, come del resto sostengono le proposte della Commissione.
Io non mi soffermerò ad esaminare i diversi articoli, ritenendo che l'ampio esame che le Commissioni congiunte ne hanno fatto e la discussione che si è svolta qui, siano sufficienti per evidenziare i punti di dissenso con il decreto delegato. Vorrei solo accennarne due o tre. Passerò sopra all'art. 5, che pure a me sembra particolarmente provocatorio, proprio dove stabilisce che non passano alla competenza della Regione gli Enti di sviluppo a competenza interregionale che poi sono in realtà tutti gli Enti di sviluppo che esistono. Questo discorso è provocatorio perché sempre si è detto che si attendeva l'istituzione delle Regioni per poter finalmente regionalizzare gli Enti di sviluppo, cioè i due momenti: creazione delle Regioni a statuto ordinario, regionalizzazione degli Enti di sviluppo erano sempre stati considerati da tecnici, studiosi, politici come due momenti strettamente congiunti. Il fatto che questo discorso venga eluso, è un'ulteriore riprova della volontà dell'Amministrazione centrale di non trasmettere alle Regioni le competenze esercitate attraverso Enti strumentali. E' un discorso che abbiamo già fatto in relazione agli altri decreti delegati e anche qui emerge con particolare evidenza.
Qualche altro aspetto particolare, lettera b) art. 4: si prevede il mantenimento come competenza dello Stato delle competenze che nascono da regolamenti e atti della CEE. Anche qui è opportuno sottolineare che una riserva di questo tipo può valere soltanto per i regolamenti di mercato cioè quelli che operano direttamente nella sfera comunitaria, mentre per gli atti e le direttive in particolare quelle relative alla politica delle strutture che si traducono cioè in direttive le quali consentono un ampio margine di discrezionalità da parte degli stati membri, sarebbe assurdo che non emergesse una competenza delle Regioni perché per questa via ci verrebbe allora sottratta tutta un'altra serie di competenze. Infatti le direttive relative alle strutture dell'agricoltura in sede CEE toccano praticamente tutti i problemi che riguardano l'agricoltura. E allora è chiaro che se per questa via si esclude la competenza delle Regioni si ha un'indebita restrizione, una notevole restrizione delle competenze costituzionali. Del resto il paradosso di questa situazione è che le stesse direttive CEE, le direttive ultime della Commissione CEE al Consiglio dei Ministri prevedono, a livello delle strutture, un'agricoltura regionalizzata. E' in sede comunitaria che si prevede che l'agricoltura degli stati membri abbia una struttura regionalizzata, e noi pretenderemmo con questo decreto delegato, di mantenere, viceversa, le competenze allo Stato. Il limite dell'assurdo poi è la norma che troviamo all'art. 11 comma b) là dove prevede la possibilità di delegare alle Regioni gli interventi derivanti dalle normative comunitarie relative ad iniziative, per investimenti non superiori ai 200 milioni, arrivando così a dare un valore giuridico di discriminazione all'interno della stessa materia, a seconda dell'entità del progetto in esame. E' un assurdo che contraddice tutto il sistema costituzionale e legislativo.
Un altro punto che merita di essere sottolineato - e lo fa la relazione in modo esemplare - riguarda l'attribuzione alle competenze regionali degli interventi relativi alla bonifica e di tutti gli interventi connessi. Io credo che anche questo sia un punto delicato ed importante. Se venissero sottratti alla competenza primaria, non delegate, delle Regioni, gli interventi relativi alla bonifica - sia quella integrale che montana sarebbe di fatto preclusa ogni possibilità di fare una politica di programmazione in agricoltura, giacché attraverso gli interventi di bonifica, o meglio attraverso quella che potrebbe essere la trasformazione del piano di bonifica in piano zonale, si esercita poi, in concreto l'attività agricola nelle diverse zone. Io credo che il passaggio ad una moderna concezione degli interventi in agricoltura, stia proprio nel passaggio dal piano di bonifica, cioè da un intervento di carattere eccezionale riservato a zone particolari: montana, o dissestate, o paludose ecc., (per le quali si richiedeva un piano che si chiamava appunto di bonifica e che si imperniava in buona sostanza soltanto su opere pubbliche e molto meno sull'iniziativa degli interessati e sulla volontaria adesione dei proprietari) al piano di zona; cioè ad uno strumento di carattere normale che riguarda il settore dell'agricoltura in quanto tale, che si articola per zone proprio perché per le zone omogenee è possibile programmare l'intervento in un modo razionale. La novità sta proprio nel passaggio da un piano di bonifica, essenzialmente basato sull'erogazione delle opere pubbliche, ad un piano di zona che invece sia globale, che investa cioè la risistemazione fondiaria, le colture, la politica delle singole aziende comprese nel piano e che quindi metta in moto un progetto di partecipazione degli agricoltori e sia veramente il fatto di novità e di rottura rispetto ad una situazione che giudichiamo negativa.
Se tutto questo la Regione non lo può fare, se questi meccanismi la Regione non li può innescare perché certe competenze relative ai piani di intervento (bonifica integrale, bonifica montana) restano ancora affidate ai poteri centrali, credo che si vanifichi ogni possibilità di interventi programmati.
E' chiaro che ci troviamo in presenza, nel settore dell'agricoltura, di una delle situazioni più complesse, più difficili da affrontare da parte della Regione (ed è un discorso che secondo me già in questa sede dobbiamo cominciare a fare); è un settore in cui ci sono circa tremila leggi, in cui abbiamo una miriade di interventi anche finanziari, quali emergono anche dall'elenco dei capitoli da ridurre o da sopprimere sul bilancio dello Stato, che dimostra l'estrema frammentarietà degli interventi, l'estrema dispersione delle risorse.
Un settore di questo tipo porrà dei grossi problemi alle Regioni a statuto ordinario quando dovranno gestire questa materia. Io penso che innanzi tutto dovremo avere presente una cosa: che senza un intervento radicale a livello legislativo ci sarà estremamente difficile portare avanti il nostro compito.
Mai come in questo caso suona ironica la premessa, del resto ineccepibile dal punto di vista formale, "vengono trasferite le competenze in base alla legislazione vigente". Perché è proprio la legislazione vigente che renderà in pratica, se non impossibile, estremamente difficoltoso esercitare le competenze della Regione. Quindi io credo che dobbiamo darci carico della necessità di fare sentire la nostra voce per modificare, per semplificare il sistema normativo, relativo all'agricoltura, per sollecitare una legge quadro o al limite un testo unico sull'agricoltura, che valga a dare ordine, a razionalizzare un insieme affastellato di norme (tra l'altro molte delle quali non più in vigore sostanzialmente ma in vigore formalmente) perché si possa finalmente operare in modo razionale.
Credo, per esempio, che le somme elencate nei capitoli di spesa del bilancio dello Stato da sopprimere o da modificare, e quindi le risorse che vengono trasferite alle Regioni, non possano essere dalle Regioni spese ed impegnate secondo gli stessi criteri adottati dallo Stato. Quindi, queste risorse che il decreto delegato ci trasferisce devono costituire un fondo globale per l'agricoltura della Regione, che poi la Regione spenderà in modo, io mi auguro, molto diverso da come lo ha speso lo Stato. Di queste cose dobbiamo cominciare a parlare, dobbiamo cominciare a darci carico se vogliamo che questo settore, (che in una Regione come la nostra, ben industrializzata, e destinato a mantenere ad avere una sua importanza non effimera, permanente) la Regione sia in grado di gestirlo in modo diverso da come lo ha gestito lo Stato, per venire incontro a quelle esigenze così sentite dal mondo contadino piemontese, di cui le consultazioni di questi mesi ci hanno dato modo di avvertire la passione e il profondo interessamento.



PRESIDENZA DEL PRESIDENTE VITTORELLI



PRESIDENTE

E' iscritto a parlare il Consigliere Gerni. Ne ha facoltà.



GERINI Armando

Signor Presidente, colleghi Consiglieri, desidero associarmi al collega Simonelli nel ringraziare il relatore cav. Menozzi per la fatica che ha profuso nell'elaborare la relazione e nel dirigere le tre Commissioni riunite specialmente in occasione della consultazione degli Enti che avevamo invitati.
Lo schema di decreto delegato in esame, trasmessoci dal Ministero per l'attuazione delle Regioni verso la fine di luglio, abbraccia una materia vasta, importante e al tempo stesso delicata perché tra l'agricoltura e gli altri settori produttivi esistono profondi squilibri.
In occasione della discussione di mozioni e dello svolgimento di interpellanze sull'attuazione dell'ordinamento regionale svoltosi recentemente alla Camera dei Deputati, un nostro rappresentante, l'on.
Bozzi, primo firmatario di una di queste, rilevava nel suo intervento che se c'era la volontà politica di operare, occorreva, come promesso dal ministro Gatto il 14 luglio scorso, dare avvio a leggi-cornice, o quanto meno varare le più importanti, anche per ridurre al minimo le possibilità di conflitto fra Stato e Regioni. Il Ministro, nella sua replica riconosceva all'on. Bozzi e ad altri oratori l'opportunità che per l'urbanistica, per l'agricoltura sarebbe stato opportuno attendere prima l'emanazione della legge quadro.
Così, ci troviamo per questa delicata materia senza una legge-quadro, e siamo arrivati all'ultima versione del Decreto delegato, che modifica, ma non migliora, a detta di molti, il testo precedente, che lascia irrisolti molti problemi, che non denota una reale volontà politica di riconoscere pienezza di diritto e di autonomia alle Regioni nello spirito degli artt.
117 e 118 della Costituzione. In più, nello schema attuale, viene riproposta la precedente determinazione degli stanziamenti nel bilancio di spesa del Ministero dell'Agricoltura, che riservano alle Regioni fondi limitati ed inconsistenti. Basti dire che per le beghe insorte fra i vari Ministeri interessati al settore l'attuale schema è stato indicato come il "decreto della discordia".
Occorre quindi che la Commissione interparlamentare per le questioni regionali, incaricata di verificare le osservazioni e le proposte di emendamento al Decreto che discutiamo, recepisca i punti fondamentali e qualificanti, perché i criteri che ispirano l'art. 17 della legge 16.5.1970 n. 281, ribaditi nel noto ordine del giorno del dicembre 1970 approvato dal Senato, non siano così vanificati.
Detto questo, rivendicando alla Regione il riconoscimento delle funzioni e dei poteri che le spettano e non possiamo essere tacciati da destra di spirito panregionalista, perché la battaglia che i liberali a suo tempo combatterono non fu contro il principio del decentramento, al quale il mio Partito per tradizione è favorevole, ma perché fra l'altro era legittimo il timore che la creazione degli organismi regionali avvenisse per puri fini strumentali e che poi, una volta creati, questi organismi fossero messi in condizioni di non funzionare o di funzionare male, come oggi avviene, determinando una situazione di incertezza e di conflitto fra lo Stato e la Regione - osservo che se si esamina il Decreto in materia di agricoltura balza evidente la riluttanza, la resistenza a spogliarsi di poteri e funzioni che lo Stato per una sua precisa legge deve decentrare.
Il potere di indirizzo e di coordinamento, di cui parla la legge 281, viene esasperato cercando di mutilare le attribuzioni alle Regioni, con il pericolo poi di interventi della Corte Costituzionale.
Tutto questo dimostra e mette a nudo una mentalità centralistica, che aumenta la confusione in cui viviamo.
Ciò che viene attribuito all'art. 1, con tecnica raffinata, direi, dopo verrebbe, a ben guardare, tolto in parte o ingarbugliato con l'art. 4, in netto contrasto con l'esigenza del trasferimento globale delle funzioni amministrative. Bene ha fatto la Commissione ad osservare che le funzioni amministrative di cui all'art. 1, così come sono elencate, devono ritenersi a titolo puramente esemplificativo, come altresì bene ha fatto ad aggiornare l'elencazione dalla lettera R alla lettera V.
L'ultima voce aggiuntiva, che tratta della gestione degli stanziamenti del Fondo di solidarietà nazionale per le calamità atmosferiche, soddisfa particolarmente chi vi parla, perché viene ivi recepito il concetto espresso in un mio intervento del gennaio scorso in questa sede. Ne consegue che quanto rimane all'art 4 dopo gli emendamenti soppressivi deve avere carattere tassativo e limitativo.
Per quanto attiene alla caccia, settore oggi molto importante per il continuo incremento degli appassionati a questo esercizio, sarebbe stata ripeto, opportuna una legge-quadro. La Commissione ha fatto, in sostanza acquiescenza al dettato governativo aggiungendo le parole "tutte le materie di caccia". Era doveroso però una precisazione in premessa all'art. 1 oppure anche nella parte generale, anche per dimostrare maggiore sensibilità verso il maggior organismo consultato, qual è la Sezione provinciale di Torino della Federazione italiana della caccia. Le parole "tutte le materie di caccia" potrebbero chiudere, come non chiudere, il discorso. Un vero e proprio corpo di sorveglianza venatoria, che dovrà essere istituito per il sopravvivere dell'esercizio della caccia, non è previsto; non si accenna altresì alla sorte che toccherà ai Comitati Provinciali caccia, che debbono essere mantenuti e potenziati nel loro ridimensionamento.
L'idea della Federazione di istituire una licenza di caccia regionale salva la competenza esclusiva per il rilascio del porto di arma allo Stato non era un'idea da scartare in toto, perché alla Regione sarebbe derivato un considerevole beneficio finanziario che le avrebbe permesso di meglio espletare le funzioni in materia di caccia e per limitare, magari temporaneamente, lo spostamento in massa da una regione all'altra dei cacciatori, ristabilendo forse un certo equilibrio ecologico.
Queste osservazioni, doverose da parte di un vecchio cacciatore quale sono io, non debbono urtare minimamente la suscettibilità di alcun membro della Commissione, e tanto meno del valente oratore che presiede la Commissione stessa, perché prima sfuggite per il pochissimo tempo concesso ai Commissari della VI- di commentare la relazione Menozzi.
Perché il mio Gruppo possa consentire in piena coscienza alle osservazioni e proposte di emendamento allo schema di decreto delegato in questione, chiedo che al testo dell'art. 1 lettera F delle modifiche ed aggiunte proposte vengano soppresse le parole "od insufficientemente coltivati". A tal uopo poc'anzi ho presentato al signor Presidente un emendamento soppressivo, che illustro brevemente.
Come è stato evidenziato dall'Associazione Regionale Unione Agricoltori, consultata dalle Commissioni V, VI e VII riunite, l'attribuire competenze alla Regione per quanto riguarda la concessione di terreni insufficientemente coltivati potrebbe essere pericoloso, a motivo della genericità dell'espressione stessa, dalla mancanza di riferimento preciso ad eventuali organi che dovrebbero giudicare dallo stato di insufficiente coltivazione di un terreno. Pare che lasciare la dizione "concessione di terreni incolti" sia sufficiente e dia piena garanzia per lo sviluppo di una sana e progredita agricoltura. Il termine "insufficientemente coltivati" è, a me pare, e mi pare sia apparso anche ad altri Commissari un termine ambiguo. Nel nostro ordinamento giuridico esistono praticamente solo le norme delle leggi di riforma fondiaria: Legge Sila del 12.5.'50 e Legge stralcio del 21.5.'50, le quali disponevano che i terreni potevano essere espropriati purché fossero suscettibili di trasformazione condizione, come ben si vede, limitativa dell'esproprio, per cui non pu essere presa a sostegno in questo caso.



PRESIDENTE

L'emendamento proposto verrà esaminato, naturalmente, al momento di prendere in esame il testo delle osservazioni per la loro approvazione da parte del Consiglio.
E' ora iscritto a parlare il Consigliere Ferraris. Ne ha facoltà.



FERRARIS Bruno

Signor Presidente, signori Consiglieri, il testo delle osservazioni elaborate dalle Commissioni V, VI e VII ci trova pienamente consenzienti e concordi. D'altra parte, come ha già affermato il relatore, si tratta del frutto dell'impegno di tutti i Commissari, che se ne sono occupati più direttamente, e di un'ampia articolata consultazione, in cui hanno espresso il loro parere favorevole i rappresentanti delle maggiori organizzazioni professionali dei produttori agricoli, i sindacati, i tecnici periferici dello Stato esperti di diritto agrario, gli sperimentatori pur essi funzionari dello Stato, i rappresentanti degli Enti locali.
La consultazione ha espresso soprattutto grande attesa e speranza nella Regione come articolazione autonoma dello Stato e soprattutto come potere democratico capace di affrontare e risolvere, attraverso una nuova politica agraria, i gravosi problemi aperti in campo agricolo.
Più che entrare nel merito delle osservazioni, mi soffermerò ancora a sottolineare i caratteri fortemente negativi di questo schema di decreto proprio perché se il medesimo non sarà ampiamente modificato, le attese e le speranze di cui dicevo più sopra saranno inevitabilmente frustrate indipendentemente e al di sopra della nostra stessa volontà politica.
Infatti, lo schema in questione, lo schema, come giustamente ha già detto il collega Gerini, della discordia - almeno, così è stato definito dalla rivista democristiana "La via democratica all'agricoltura", non solo contrasta, come del resto tutti gli altri schemi (sono cose che abbiamo già detto e che dovremo certamente ancora ripetere), con lo spirito e la lettera della Costituzione, in relazione alle sottrazioni di competenza sulle materie e soprattutto in relazione alla più volte richiamata questione delle funzioni di coordinamento e di indirizzo, ma inventa una concezione del tutto singolare di quello che in Italia, sia in base al normale senso comune, sia in forza della letteratura giuridica, politica e tecnica, si è sempre considerato fosse l'agricoltura.
Non vi sono dubbi su come l'agricoltura sia stata concepita dai costituenti, quando assegnarono quest'ampia materia alla potestà primaria della Regione. Il decreto in esame, invece, si articola come se per agricoltura si potesse intendere la sola attività afferente alla pura coltivazione del fondo, quasi che per lavorare e produrre non fossero indispensabili strumenti essenziali, a partire dalla stessa terra, e quindi a tutta la materia afferente ai contratti agrari e via di seguito, ai problemi del credito, ai mezzi d'uso e via di seguito; né si tiene in alcun conto che in agricoltura, come del resto in qualsiasi altro settore, si produce per vendere.
Come si può programmare, su qualsiasi scala, sia pure quella dell'azione dell'azienda coltivatrice, se non si è in grado di intervenire e concorrere alla determinazione dei passaggi, dei prezzi che via via saranno spuntati alle taglie che saranno imposte, e condurre analisi per individuare e accertare le capacità finali del mercato in ordine all'assorbimento della produzione stessa? Inoltre, la quasi totalità della produzione agricola italiana è destinata all'alimentazione, ma ci si dice, l'alimentazione non è compresa fra le materie indicate dall'art. 117 della Costituzione, e perciò deve restare interamente nelle mani del Ministero. Ma quando, infine, si arriva ad un servizio che è di esclusivo interesse agricolo, come il servizio veterinario, ad esempio, con tutto ciò che questo servizio rappresenta in materia di risanamento, bonifica del bestiame eccetera, qui vale, o meglio qui si fa valere, il principio dell'inquadramento statale; e poiché tale servizio al presente è inquadrato nel Ministero della Sanità, quest'ultimo bontà sua, delega in parte le attribuzioni amministrative alla Regione conservando la supervisione e la direzione effettiva.
Le foreste, invece, sono indicate all'art. 117 fra le materie di competenza legislativa delle Regioni. Ma il Corpo forestale dello Stato ha pure funzioni di polizia. Infine, la legge n. 1965 prevede che il servizio ivi prestato valga come servizio di leva. Apriti cielo! Qui entra addirittura in campo la Difesa. Le regioni rosse, ricordava di aver letto Gerini, in non so quale rivista, verrebbero ad essere armate per marciare al comando di Fanti alla conquista di Roma.
La difesa del suolo e la conservazione della natura. Attualmente non esiste, come materia a sé, nell'ordinamento statale, e tanto meno nell'ordinamento del Ministero dell'Agricoltura; ma è stata appositamente inventata per sottrarre alle Regioni tutta una serie di attribuzioni, con particolare riferimento al settore della bonifica integrale e montana.
Si tratta soltanto di qualche perla fra le tante, si tratta cioè di espedienti più o meno ingegnosi per sezionare la materia "agricoltura foreste, caccia e pesca nelle acque interne" in un lungo elenco di submaterie, le più importanti da trattenere alla competenza legislativa statale. Infatti, lo schema di decreto, nel testo che ci è stato trasmesso sottrae alle Regioni ogni seria incisiva possibilità di intervento in tutto ciò che riguarda la produzione agricola, cioè opere di bonifica, intervento sui settori economici che forniscono i beni di servizio all'agricoltura amministrazione e interventi comunitari, per i quali saremmo abilitati a disporre per interventi che non superino la somma di duecento milioni.
Sottrae inoltre il concorso alla definizione stessa degli interventi in campo comunitario, interventi nel campo fitopatologico e fitosanitario interventi sugli allevamenti, tenuta dei libri genealogici, riforestazione sperimentazione agraria, usi civici, attribuzione in materia di terre inoltre ed insufficientemente coltivate (di questo, collega Gerini, parler poi, se mai, in sede di discussione dell'emendamento, ma vorrei fin d'ora ricordare che non si tratta altro che di chiedere le attribuzioni su una funzione che porta quella dizione e che è oggi in atto), per i quali chiaramente la potestà rimarrebbe ai prefetti.
Ciò fa pensare che si consideri il Consiglio Regionale come composto da sprovveduti: data e non concessa l'esistenza di equivocità di termini in fatto di competenze, è infatti per lo meno strano che nel dubbio si opti per lasciare la gestione affidata ai Prefetti.
Sottrae, come già hanno rilevato altri colleghi, e come ha messo giustamente ed ampiamente in evidenza il relatore, tutta la materia del credito agrario; così come tutta una serie di interventi su ciò che riguarda la destinazione della produzione, attraverso la quale, in fin dei conti, poi si determina il reddito agricolo, o meglio la retribuzione dei produttori. Ed allora ecco qui gli impianti per la trasformazione e la commercializzazione dei prodotti, la repressione delle frodi, i marchi di denominazione di qualità e di origine e i problemi dell'alimentazione ancora i problemi del credito.
E' evidente che con tutto quanto sono venuto fin qui dicendo non ho inteso, e non intendo, rivendicare alla Regione la competenza legislativa o le funzioni amministrative in ogni e per ogni materia connessa all'Agricoltura e foreste. Sappiamo benissimo che oggi ciò non solo è al di fuori di ogni concreta possibilità politica ma è anche al di là della stessa lettera e dello spirito della Costituzione. Ma ho voluto insistere sugli aspetti negativi del decreto sia per suffragare le conclusioni alle quali sono pervenute unanimemente le Commissioni V, VI e VII e la relazione orale, che condivido, del collega Menozzi, al quale esprimo il mio apprezzamento e quello del mio Gruppo, sia per sottolineare in rapporto alle attese e alle speranze, ed in ogni caso, l'urgenza di operare rapidamente per un profondo rinnovamento dell'agricoltura, il che non sarà possibile senza una radicale modificazione del decreto in esame.
Mi pare valga ancora la pena di evidenziare che, così come è stato concepito e formulato, questo schema denuncia più ancora di altri la volontà di impedire ogni rinnovamento nell'agricoltura del nostro Paese.
Non voglio qui esprimere un giudizio di carattere complessivo o fare analisi comparative con altri decreti delegati, ma certo è che questo forse più di ogni altro ha subito i condizionamenti politici delle forze antiregionaliste e conservatrici; e siccome non è credibile che tutto dipenda solo dall'alta burocrazia e dai bonificatori, che certo hanno agito e influito per conservare le proprie prerogative di potere, evidentemente hanno operato ed hanno agito ed influito la Confagricoltura, la Federconsorzi ed altre forze politiche interne ed esterne al Centro Sinistra, cioè le forze che si erano opposte e che hanno poi subito l'ordinamento regionale, senza però disarmare. E siccome queste forze sono più attive che mai, anche se almeno su questo punto mi pare dovrebbero aver trovato un certo sbarramento nelle conclusioni dei lavori del Consiglio Nazionale della Democrazia Cristiana (mi riferisco ovviamente a quel passo del documento che credo di poter interpretare per un verso di censura agli attuali schemi di decreti delegati, per altro verso favorevole ad una loro trasformazione nel senso della valorizzazione delle autonomie locali) ritengo che il Consiglio non possa considerare esaurito ogni suo compito con il voto su questo decreto e sugli altri tre che andremo a votare oggi e domani e sull'insieme dei decreti per i quali già siamo pervenuti ad approvare relazioni ed osservazioni in forma pressoché unanime o senz'altro unanime.
Al contrario, ritengo che, consapevoli come siamo e come dobbiamo essere che lo schieramento antiregionalistico e conservatore opererà ancora, altrettanto dovrà essere fatto da noi: pertanto si tratterà di assumere iniziative nell'ambito della Regione, di concerto con altre Regioni, per sensibilizzare, mobilitare ancora gli Enti locali, le organizzazioni sindacali, le forze sociali interessate al rinnovamento dell'agricoltura in particolare ma interessate alla riforma democratica dello Stato, che si realizza attraverso l'ordinamento regionale, per determinare una spinta dal basso capace di vincere e battere le resistenze politiche e burocratiche delle forze conservatrici.
Mi induce a questa proposta anche il fatto che ritengo senz'altro condivisibile quanto si afferma nel documento programmatico preliminare del Ministero del Bilancio, e cioè che l'istituzione dell'ordinamento regionale avrà i suoi pilastri nei decreti delegati di trasferimento delle funzioni amministrative e degli uffici, piuttosto che nelle leggi-cornice. Se così è o così sarà, è ovvio che questi, i decreti delegati, prefigureranno le leggi-cornice. Anche di qui, quindi, l'esigenza che ho sottolineato più sopra di non considerare la battaglia sui decreti come conclusa con il voto sulle osservazioni ma di assumere iniziative da collegarsi però ai contenuti concreti, ai problemi concreti della gente interessata nei vari settori, per promuovere larghi schieramenti unitari capaci di conseguire i risultati voluti e dovuti nel rispetto del dettato costituzionale.



PRESIDENTE

Non ho altri iscritti a parlare sulla discussione generale. Dichiaro pertanto chiusa la discussione generale.
Ha facoltà di parlare, se lo desidera, il relatore Consigliere Menozzi.



MENOZZI Stanislao, relatore

La mia risposta al collega Carazzoni non può che essere estremamente concisa: l'esplicita affermazione di disimpegno politico che egli ha fatto proprio all'inizio del suo intervento penso mi esoneri dal fornire risposta politica sullo schema di decreto in discussione.
Mi permetto anche di osservare al collega Carazzoni, senza nulla togliere alla validità delle critiche da lui mosse, se non altro in quanto espressione della libertà di parola che è consentita a ciascuno di coloro che siedono in quest'aula, che se egli avesse partecipato alle numerosissime riunioni della Commissione, come era in suo diritto di fare avrebbe potuto, in quella sede, svolgere un intervento di maggior efficacia, pur riconoscendosi ovviamente all'Assemblea la sua funzione primaria.
Il fatto che il suo giudizio sia stato decisamente negativo non ci mortifica: rientra nella prassi democratica.
Concludo questa mia breve risposta pregando il collega Carazzoni di voler considerare che noi, nell'esaminare il decreto delegato, abbiamo avuto presente lo Stato quale deve essere oggi, non certo lo Stato che abbiamo conosciuto per anche troppo tempo, caratterizzato soltanto da un vertice noncurante di ciò che ad esso stava attorno: ci siamo prefigurati uno Stato democratico che si adegui alle trasformazioni della società e sia in grado di affrontarne le esigenze sempre più pressanti. E' un discorso che può essere recepibile o meno, comprensibile o meno, a seconda che si concepisca e si recepisca, o no, un discorso democratico. Non c'era, n c'è, in noi alcuna intenzione di disconoscere le funzioni dello Stato, le esigenze più volte ribadite di indirizzo e di coordinamento, ma neppure ammettiamo che si tolga valore alcuno alla sostanza di questo nuovo istituto regionale, così com'è stato prefigurato dai costituenti e inalienabilmente codificato nella Costituzione e che desideriamo venga rispettato fino in fondo.



CURCI Domenico

Ci sarà l'intenzione, ma i fatti non la rispecchiano.



MENOZZI Stanislao, relatore

Simonelli Claudio, ti sono grato per il tuo ringraziamento. Abbiamo cercato, semplicemente, di compiere il nostro dovere, in coerenza con le nostre convinzioni. Colgo anche l'occasione per rimediare ad una dimenticanza fatta nel mio primo intervento, con il rivolgere anch'io, non per pura formalità ma per sentito dovere, un vivo ringraziamento al mio collega Vicepresidente Ferraris, che ha dato un apporto veramente notevole in questa come in altre circostanze. E questo sta a dimostrare un fatto notevolissimo, amico Carazzoni: che le differenze ideologiche che caratterizzano me ed i Consiglieri del mio Gruppo e di altri Gruppi nei con fronti tuoi ma anche di altri, non impediscono che, in un'assemblea democratica, in un istituto impegnativo come questo, quando c'è veramente la volontà di fare un qualche cosa di nuovo, e aggiungo di meglio, quando ci si sente impegnati ad individuare gli scopi e le funzioni preminenti dell'istituto del quale ci si è posti al servizio, si giunga a positive convergenze, che non vengono assolutamente ad intaccare e ad inficiare le rispettive, tante volte contrastanti, posizioni ideologiche. O vale il discorso regionalista e si crede a questo, o non ci si crede e allora ogni possibilità di collaborazione cade. E la cosa è tanto più grave quando si sente far riferimento ai disimpegni politici nel modo più esplicito.
Tornando al ringraziamento che mi ha gentilmente rivolto il collega Simonelli, glielo ricambio per aver voluto esprimere un parere benevolo e positivo sui temi ricalcati e trasfusi in sede di osservazioni alla relazione in margine allo schema di decreto delegato. Anzi, mi pare di aver colto nel suo intervento un punto che già avevo toccato nella relazione: proprio l'anacronismo di parlare di classificazioni e di declassificazioni facendo riferimento ai piani generali di bonifica, dato che l'unico piano valido, perché costituente il supporto della nuova politica agraria dev'essere individuato nei piani di zona. Non ha senso continuare il discorso sui piani generali di bonifica quando vi sono i piani generali di zona, e soprattutto - un altro punto positivo di fronte al quale condivido il pensiero qui espresso e che avevo già avuto occasione di esprimere in altre occasioni - piani di zona visti nella loro globalità ché devono, nel momento in cui saranno attuati e nel momento in cui saranno caratterizzati da una precisa azione in tal senso, considerare globalmente tutti i problemi, senza discriminazioni, distinzioni, classificazioni di carattere settoriale o altro. Zona indubbiamente che, dovendo rappresentare il supporto della nuova politica agraria, l'Ente di sviluppo dovrà diventare l'Ente operativo di questa nuova politica.
Sono grato anche al caro e simpatico collega Gerini per le lusinghiere espressioni che mi ha voluto riservare. Concordo con lui che sarebbe stata ottima cosa se gli schemi di decreti delegati fossero stati preceduti dalle leggi-quadro o cornice. Mi ha fatto anzi ricordare, l'amico Gerini, che io esordii nella mia relazione sul precedente schema di decreto delegato evidenziando questa lacuna. Però, nei giorni scorsi si è avuta una risposta positiva in tal senso, che c'è da augurarsi venga confermata, venuta proprio dal Ministro per le Regioni, il sen. Eugenio Gatto: egli non solo ha manifestato la precisa volontà che entro il 31 dicembre l'iter dei decreti delegati possa essere completato, ma, in risposta anche all'on.
Bozzi, ha precisato che comunque il ritardo nell'emanazione di queste leggi quadro o cornice non dovrebbe per nessun motivo pregiudicare l'inizio della piena assunzione di funzioni da parte delle Regioni.
Per quanto concerne la materia della caccia e pesca, noi abbiamo cercato di recepire al massimo le indicazioni forniteci nelle sedute di Commissione, alle quali anche tu, amico Gerini, hai partecipato, con assiduità ed autorevolezza. Io penso che anche il problema della caccia e pesca non sia stato eluso e per quanto era possibile sia stato sufficientemente lumeggiato nella relazione che accompagna lo schema di decreto delegato. Certo, in questa materia io non ho la competenza che hai tu, che sei appassionato ed abilissimo cacciatore. Io formulo una volta ancora l'augurio che questi due nobili sport, congiunti insieme, abbiano a manifestarsi sempre più tali, specialmente il primo; abbiano a diventare sempre di più un nobile agonismo sportivo e non motivo per compiere carneficine, come, negli aspetti deteriori, potrebbe anche verificarsi.
Per quanto poi concerne i terreni incolti o insufficientemente coltivati, l'amico e collega Gerini sa che c'è stata una lunghissima discussione. Io concordo sulla risposta fornita dal collega Ferraris: esiste una legislazione che contempla detta normativa. Noi possiamo disquisire, e questo concetto è stato evidenziato anche nella relazione adducendo le modificazioni nel frattempo verificatesi - trattasi di legislazione risalente al '47 - '48 - '49 - '50, e non vi può essere alcuno che non ammetta che in più di vent'anni molta acqua è passata sotto i ponti : però è un fatto che deve essere recepito e in un domani non lontano potrebbe dimostrarsi non inutile l'averlo fatto. Perché? Pur riaffermando con tutta la convinzione che mi sorregge in tal senso, la validità della proprietà, che, se volete, aggiungo di considerare sacra ed inalienabile rammento, che, già prima che nascessimo, forse, tutti noi, era chiaramente precisato e individuato che la proprietà non doveva essere fine a se stessa ma era chiamata ad assolvere funzioni di natura socio-economica, di natura umana. Che cosa potrebbe verificarsi, in un'epoca in cui le conflittualità sono sempre all'ordine del giorno (ne abbiamo conosciute ieri l'altro e ne abbiamo conosciute anche ieri: mi riferisco alla nuova legge che regola i contratti, l'affittanza agraria)? Non entro nel merito perché non reputo sia oggi il momento adatto per farlo. Fra qualche mese ci troveremo di fronte ad un'altra conflittualità, di natura attuale, che sarà il passaggio dalla mezzadria all'affitto.
Potrebbe accadere che, siccome nel campo dei proprietari, come anche nel campo dei nullatenenti, non è che si manifesti in tutti la necessaria sensibilità o prontezza di aggiornarsi ai tempi, noi potremo trovarci di fronte a terreni che presentano le condizioni o dell'incolto o dell'insufficientemente coltivato. Anche in questa luce si è cercato di recepire quella dizione, pur denunciando l'incongruenza, del mancato aggiornamento di una definizione così com'è riportata ai giorni nostri dicendo però che sarà poi compito della Regione uniformare eventualmente i suoi indirizzi ed i suoi pronunciamenti in rapporto a quella che sarà la realtà regionale in quel momento, a quello che saranno le situazioni che di volta in volta si verranno a determinare.
E non è vero che la legislazione si fermi soltanto ai terreni incolti: le leggi-stralcio di riforma agraria limitavano il discorso esclusivamente all'incolto, ma abbiamo avuto successivamente proprio leggi riguardanti gli aspetti contrattuali in riferimento anche ai terreni insufficientemente coltivati.
Questo ho detto soltanto a titolo di precisazione, assicurando immutata la mia stima all'amico e collega Gerini e il mio apprezzamento per la serietà della posizione politica sua e del suo Gruppo, che, in tema di Regione, è intervenuto una volta ancora per mettere a punto certe questioni che noi già conoscevamo ma che abbiamo ascoltato volentieri perch testimoniano, ripeto, di correttezza e serietà politica.
Al collega Ferraris ho prima rivolto, sia pur tardivamente, il ringraziamento che gli dovevo. Gli esprimo la mia riconoscenza per avermi voluto esprimere l'apprezzamento per il mio lavoro, anche a nome del suo Gruppo. In merito ai "terreni insufficientemente coltivati" si è manifestata in certo qual modo fra noi una concordanza di idee. Quanto alle cosiddette "forze della reazione", della conservazione, ai burocrati incalliti ai quali tu hai fatto riferimento, amico e collega Ferraris, ti invito soltanto ad una considerazione che penso abbiamo fatto insieme due o tre giorni fa in relazione proprio a quelle consultazioni di cui penso dobbiamo dare pubblicamente atto della loro validità in questa sede: quante volte ci siamo trovati di fronte a uomini legati ad inveterati, ed in quanto tali superati, concetti burocratici, che avevamo sempre considerato e visto in una determinata luce. Poi, nel corso della consultazione abbiamo dovuto rivedere questi nostri concetti, ricredendoci positivamente sul loro conto. Direi che quanto più certe persone apparivano burocrati incalliti, tanto più fortemente hanno manifestato desiderio, ansietà speranza, disponibilità a collaborare perché la Regione possa diventare una realtà seria e concreta. Anche questo è un aspetto positivo delle consultazioni. Poi, però, data la varietà di questo nostro Paese, si possono trovare, a far da contrappeso agli incalliti burocrati che riescono a superare il peso e l'intensità dei calli, dei politici che rimangono incalliti più dei burocrati. Per cui, anche in certi giudizi, direi badiamo ad avere chiarezza di linguaggio, ma cerchiamo anche di far sì, con la nostra serietà, la nostra operosità, la manifestazione di una nostra precisa volontà, che abbiano a diminuire sempre più i. calli e ad aumentare i cervelli aperti verso il nostro istituto regionale.



PRESIDENTE

La Giunta desidera esprimere la propria opinione sulle osservazioni? Ha facoltà di parlare il Vicepresidente Cardinali



CARDINALI Giulio, Vicepresidente della Giunta Regionale

La Giunta prende atto dell'unanimità con cui le osservazioni sono state elaborate dalla Commissione e non ha nulla da eccepire, e quindi le accoglie e le fa proprie.
Forse non sarà fuori luogo da parte mia esprimere un concetto che ha riferimento a questo e a tutti gli altri decreti delegati: la Giunta, nel fare le proprie osservazioni, si è attenuta a criteri che trovassero nei decreti delegati gli elementi di fondo atti a consentire il prossimo riempimento del quadro programmatorio, che è l'aspetto fondamentale al quale noi miriamo. Le Commissioni hanno approfondito il discorso, e questo e altri decreti naturalmente hanno esteso il campo delle rivendicazioni. La Giunta accetta questa estensione e la fa propria, perché nella prospettiva di un rinvio nel tempo dell'emanazione delle leggi-quadro è opportuno che si arrivi al più presto ad assumere la completezza delle funzioni che sono trasferite alla Regione.



PRESIDENTE

Non sono previsti altri interventi. Vi è un solo emendamento presentato dai Consiglieri Gerini, Fassino e Zanone, che ha precedenza naturalmente, sulla votazione del complesso delle osservazioni, e che verrà preso in esame e deliberato prima di tale votazione. Dopo la votazione sull'emendamento, procederemo secondo il sistema che abbiamo adottato per gli altri decreti delegati: non essendo tenuti ad esaminare articolo per articolo e a votare articolo per articolo le osservazioni, le approveremo in blocco.
L'emendamento si riferisce ad un testo che è all'inizio della pagina 19, nella seconda colonna, ed è di questo tenore: "I sottoscritti Consiglieri presentano il seguente emendamento soppressivo al testo dell'art. 1, comma F delle modifiche ed aggiunte proposte allo schema di decreto delegato in materia di agricoltura foreste, caccia e pesca nelle acque interne. Si chiede la soppressione delle parole 'o insufficientemente coltivati'".
Il Consigliere Gerini l'ha già illustrato nel corso del suo intervento.
Poiché egli non desidera illustrarlo ulteriormente, ha facoltà di parlare il Consigliere Bianchi, che ne aveva precedentemente fatto richiesta.



BIANCHI Adriano

Il relatore ha già anticipato gran parte delle argomentazioni che intendevo esporre, e pertanto vi farò grazia di un intervento che risulterebbe denso di ripetizioni.
Mi accorgo adesso di non aver adempiuto alle formalità per la presentazione di un emendamento modificativo che intendevo proporre, in sostanza, una correzione all'ultimo comma oggetto dell'emendamento Gerini là dove si dice: "La concessione di terreni incolti o insufficientemente coltivati". "Concessione" è, secondo me, in questo caso, un termine assolutamente improprio, perché presuppone la disponibilità dei beni, e quindi avrebbe un significato molto diverso da quello cui voleva far riferimento anche il relatore. Avrebbe solo ad oggetto la concessione di terreni di natura demaniale, se esistesse un demanio regionale (ma a questo riguardo è da stabilire come e quando e con che dimensioni potrà essere costituito).
Il mio emendamento modificativo potrebbe suonare così, se mi è consentito presentarlo in questa sede: "Il trasferimento delle competenze dello Stato in materia di terreni incolti o insufficientemente coltivati".



PRESIDENTE

Il suo emendamento, in sostanza, consisterebbe nella sostituzione della parola "concessione" con "le competenze dello Stato in materia di".



BIANCHI Adriano

La Commissione si è preoccupata che questo richiamo ad una formulazione che ha avuto una sua collocazione in provvedimenti legislativi di altra natura, che ha avuto un suo iter formativo diverso, in ogni caso in parte superato, potesse suonare equivoco, anche dal punto di vista politico, ai cittadini della Regione, così che questi potessero pensare che improvvisamente la Regione era dotata di poteri non specificati, non qualificati, esercitabili in forme discrezionali pericolose. Perciò si è introdotto nel testo esplicativo un periodo che suona: "Considerato ancora che la legislazione nazionale prevede competenze ed interventi in tema di terreni incolti o insufficientemente coltivati". Sono definizioni che recepiamo da una legislazione vigente. Pur rilevato che questi concetti sono generici ed equivoci rispetto agli sviluppi dell'economia e della tecnica agraria, la Regione deve rivendicare il trasferimento delle relative funzioni e competenze, che troveranno specificazione nella legislazione regionale, in sede di riordino fondiario, e, aggiungo ora, in ogni altra sede opportuna.
Quindi, le preoccupazioni che mi sembra sottostiano all'emendamento Germi sono superate da questo chiarimento, mentre non vedo come potremmo rinunciare a rivendicare delle competenze in questa materia dal momento che esse sussistono. Il contenuto dipenderà dalla nostra volontà politica dalla capacità di formulare in un domani una legislazione precisa e aderente alla situazione culturale, sociale, economica della Regione.



PRESIDENTE

Abbiamo, dunque, due emendamenti. Prenderemo in esame per primo l'emendamento Bianchi, perché si riferisce alla prima parte del periodo e condiziona il resto del periodo. Il Gruppo liberale ci dirà poi se mantiene il testo dell'emendamento soppressivo. Vi sono richieste di parola o osservazioni sull'emendamento Bianchi? Il Consigliere Ferraris mi dice che è concordato. Se nessuno chiede di parlare. potremmo procedere immediatamente alla votazione.
Se non ci sono altre richieste di parola o dichiarazioni di voto, pongo ai voti l'emendamento sostitutivo proposto.
Ha facoltà di parlare il Consigliere Curci.



CURCI Domenico

Ritengo che prima di passare alla votazione sull'emendamento Bianchi i colleghi del Gruppo liberale dovrebbero farci sapere se, dopo le osservazioni formulate dal collega Bianchi, intendono mantenere l'emendamento o lo ritirano.



PRESIDENTE

Non è incompatibile.



CURCI Domenico

A me sembra di sì.



PRESIDENTE

No, perché, se fosse mantenuto, ... l'emendamento liberale escluderebbe l'attribuzione alla Regione delle competenze dello Stato, supposto che esistano, in materia di terreni insufficientemente coltivati. E' in loro facoltà il proporlo.
Comunque, se i Consiglieri liberali accettano di precisare subito le loro intenzioni, ci si potrà pronunciare con maggior chiarezza.
Ha facoltà di parlare il Consigliere Zanone.



ZANONE Valerio

Noi concordiamo sull'emendamento sostitutivo proposto dal collega Bianchi e pertanto ritiriamo l'emendamento Gerini-Fassino-Zanone.



PRESIDENTE

C'è così un solo emendamento in discussione.
Qualcuno desidera fare una dichiarazione di voto? Ha facoltà di parlare il Consigliere Curci.



CURCI Domenico

Se la tecnica della discussione ce lo consente, desideriamo fare nostro l'emendamento Gerini.



PRESIDENTE

Ne hanno facoltà.
Allora, viene riproposto all'esame del Consiglio anche il secondo emendamento. Se non vi sono altre osservazioni sull'emendamento Bianchi concordato anche con altri Gruppi, che ha priorità nella votazione perch si riferisce ad una parte precedente del testo, lo pongo ai voti. Esso consiste nel sostituire a pag. 19, II col., Art. 1, comma F, al posto delle parole: "La competenza dello Stato in materia".
Chi è favorevole all'emendamento Bianchi è pregato di alzare la mano.
E' approvato.
Adesso pongo in votazione, se non vi sono dichiarazioni di voto l'emendamento ritirato dal Gruppo liberale e fatto proprio e ripresentato dai Consiglieri Curci e Carazzoni. Desiderano fare dichiarazioni di voto illustrare le ragioni del mantenimento?



CURCI Domenico

Mi rifaccio all'illustrazione già data da Gerini.



PRESIDENTE

Nessuno chiede di parlare, e quindi pongo in votazione l'emendamento Curci-Carazzoni. Chi è favorevole è pregato di alzare la mano. E' respinto.
Qualcuno chiede la parola per dichiarazione di voto sul complesso del testo? Nessuno. Quindi, pongo in votazione, con l'emendamento accolto, il complesso del testo delle osservazioni del Consiglio Regionale concernenti il trasferimento alle Regioni a Statuto ordinario delle funzioni amministrative stabilite in materia di agricoltura e foreste, caccia e pesca nelle acque interne.
Chi è favorevole è pregato di alzare la mano.
E' approvato.


Argomento:

Interrogazioni e interpellanze (Annunzio)


PRESIDENTE

Vi sono alcune interrogazioni urgenti. Prego un Segretario Consigliere di dare lettura delle interrogazioni presentate questa mattina.



GERINI Armando



PRESIDENTE

Ha facoltà di parlare il Consigliere Sanlorenzo.



SANLORENZO Dino

Poiché esiste molto evidentemente una diversa interpretazione del concetto di urgenza, dal momento che la Giunta impiega normalmente quattro mesi per dare le risposte urgenti, vorrei sottolineare l'opportunità che alle due interrogazioni che ho presentato fosse veramente data una risposta urgente, perché nel primo caso, se non si provvedesse tempestivamente potrebbero crollare la montagna e la torre, e se la calamità si verificasse la risposta diverrebbe inutile, nel secondo caso, in mancanza della nomina dei tre rappresentanti della Regione Piemonte nelle Commissioni, queste farebbero anche a meno di tali membri. Si tratta, quindi, di due questioni che vanno risolte prima della fine del mese: dal che la presentazione con carattere di urgenza.



PRESIDENTE

Il Consiglio è convocato per questo pomeriggio alle ore 16, per la continuazione dell'esame dell'o.d.g. .
Vi sarà una piccola inversione nell'o.d.g., poiché, non essendo ancora pronto il testo della relazione sul punto 5, procederemo prima all'esame del punto 6.
La seduta è tolta.



(La seduta ha termine alle 13,15)



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