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Dettaglio seduta n.59 del 22/09/71 - Legislatura n. I - Sedute dal 6 giugno 1970 al 15 giugno 1975

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Argomento:


PRESIDENZA DEL PRESIDENTE VITTORELLI


Argomento:

Congedi


PRESIDENTE

La seduta è aperta.
Comunico che l'Assessore Franzi essendo ammalato ha chiesto di nuovo congedo; che i Consiglieri Minucci, Furia e Revelli che l'avevano chiesto per la seduta di ieri l'hanno chiesto anche per quella di oggi; che il Consigliere Fonio chiede congedo per oggi e che i Consiglieri Carazzoni e Curci, come comunicato ieri, l'avevano chiesto per le sedute di ieri e di oggi.


Argomento: Norme generali sui trasporti

Esame dello schema di osservazioni al decreto del Presidente della Repubblica relativo al riordinamento del Ministero dei Trasporti e dell'Aviazione Civile


PRESIDENTE

Passiamo all'esame del secondo punto all'ordine del giorno: "Esame dello schema di osservazioni al decreto del Presidente della Repubblica relativo al riordinamento del Ministero dei Trasporti e dell'Aviazione Civile".
Ha facoltà di parlare il Consigliere Bianchi per illustrare la sua relazione.



BIANCHI Adriano, relatore

Signor Presidente, signori colleghi, cercherò di riassumere verbalmente i risultati del lavoro effettuato dalla II Commissione.
La Commissione ha considerato l'esame del decreto del Presidente della Repubblica per il riordino del Ministero dei Trasporti e per il conferimento di deleghe alla Regione, come la naturale continuazione del lavoro effettuato con l'esame del decreto per il trasferimento di funzioni in materia di trasporti e ha subito dovuto rilevare che re considerazioni di carattere generale premesse alle considerazioni particolari in quella prima sede, dovevano essere puntualmente richiamate anche in questa sede.
La Commissione ha avuto a propria disposizione, fin dall'inizio dei suoi lavori, le osservazioni della Giunta che ha trovato puntuali e corrispondenti alle valutazioni che la Commissione stessa andava facendo e che considera pertanto come sostanzialmente qui recepite.
Poiché l'esame di questo decreto involgeva lo studio di delicate questioni di diritto e di carattere costituzionale, il Presidente della Commissione ha ritenuto di dover fare ricorso alla procedura per chiedere ed ottenere, come ha ottenuto, di poter consultare degli esperti che sono poi intervenuti nelle persone del prof. Franco Levi e del dr. Pizzetti fornendo alla Commissione utili elementi. A questo riguardo ritengo opportuno osservare che per l'efficacia del contributo degli esperti, è opportuno che questi siano inseriti con una qualche continuità, riescano ad assimilare l'importanza, le finalità pratiche, il clima politico in cui si svolgono le discussioni, altrimenti il loro apporto rischia di essere troppo dottrinario, troppo astratto e non strettamente legato e pertinente alle esigenze del lavoro della Commissione e quindi alle esigenze del Consiglio.
La Commissione ha quindi portato la propria attenzione su alcuni punti fondamentali quali: il contenuto e la portata delle deleghe proposte e la legittimità giuridico-costituzionale degli strumenti adottati; la compatibilità dei criteri organizzativi che presiedono al riordino del Ministero con la costituzione della nuova realtà regionale e il rispetto della sua sfera di autonomia; i principi, i mezzi, le modalità di esercizio della funzione di indirizzo e di coordinamento in relazione alle materie delegate; la figura del Commissario di Governo, sue competenze, potere di intervento rispetto alla stessa funzione di indirizzo e di coordinamento.
Quanto al problema del trasferimento delle funzioni e delle deleghe in materia di trasporti, la Commissione ha rilevato come la sfasatura tra l'iter di formazione del primo decreto, quello che trasferisce le funzioni in materie nelle quali la Regione ha competenza legislativa e questo secondo di riordino del Ministero e di conferimento di deleghe, ha portato ad una sostanziale sottrazione di competenze che la Regione rivendica in via primaria ed è da augurare che questo inconveniente di carattere temporale non si riveli come un espediente di carattere politico al fine di comprimere la competenza primaria della Regione che è quella che ci sta più a cuore; estendendo magari la delega di funzioni amministrative e così rischiando di snaturare la stessa fisionomia della Regione che è un ente autonomo avente principalmente dei poteri legislativi e delle facoltà di indirizzo, di impulso e di programmazione e non un Ente burocratico, una specie di grosso e debole Ente locale soggetto a tutti i poteri di sindacato, di indirizzo, di revoca da parte del potere amministrativo e centrale dello Stato. In sostanza quindi la Commissione ha rivendicato in maniera ferma quanto già era stato richiesto in prima istanza e quanto è stato riconosciuto fondato dai lavori della Commissione parlamentare in materia di navigazione interna di ogni tipo, di metropolitane e di sistemi di trasporto.
Si è poi passati ad esaminare la legittimità del conferimento alla Regione di deleghe con lo strumento che qui è stato adottato. Io far grazia ai colleghi delle considerazioni giuridiche che vengono addotte per sollevare seri dubbi che lo strumento adottato sia il più pertinente. Le nostre valutazioni - come potrete leggere meglio nella relazione - sono finalizzate al richiamo del Governo e del Parlamento sul rischio che dopo un complesso lavoro, un complesso iter, venga paralizzata tutta quanta l'operazione di conferimento di deleghe alle Regioni da impugnazioni di incostituzionalità dello strumento adottato, il quale sembrerebbe effettivamente andare oltre i limiti della legge di delega.
Altro punto di carattere giuridico, ma di grande rilevanza politica che la Commissione ha affrontato, di grande rilevanza politica per tutta l'assemblea perché è un problema che tocca egualmente tutti i decreti del Presidente della Repubblica per il riordino di Ministeri e per le deleghe di funzioni alla Regione, è quello della configurazione delle funzioni di indirizzo e di coordinamento dello Stato sulle attività regionali. E poich ho sintetizzato gli indirizzi della Commissione in pochi punti, che credo siano l'aspetto più rilevante di questo lavoro della Commissione e della decisione che il Consiglio deve prendere, mi permetto di leggerli.
Il Consiglio Regionale esprime un giudizio preoccupato e sfavorevole per la concezione delle funzioni di indirizzo e coordinamento quale emerge dal quadro delle norme costituenti la bozza di decreto ed in particolare degli artt. 1 e 21. E ciò in relazione: a) alla collocazione, in un decreto che provvede al riordino del Ministero e alla delega di funzioni amministrative ex art. 118, secondo comma, Costituzione, di norme che sembrano stabilire criteri e competenze per l'esercizio di funzioni di indirizzo e di coordinamento riguardanti anche la competenza primaria della Regione; ecco dove può sorgere un grosso equivoco, un grosso inganno: è un decreto che riguarda il riordino del Ministero e il trasferimento di funzioni delegate e lì si introducono concetti, principi e norme che riguardano l'esercizio di una funzione che ha una rilevanza eccezionale nei confronti della Regione che è quella dell'indirizzo, del coordinamento come previsto dall'art. 17 della legge finanziaria che riguarda la funzione primaria b) in relazione alla terminologia usata, che è propria di un istituto particolare, di funzioni che la legge - art. 17 - riconosce allo Stato e quindi al Parlamento e al Governo nella sua collegialità, rispetto alle materie trasferite a sensi degli artt. 117 e 118, primo comma, in relazione ad "attività delle Regioni che attengono ad esigenze di carattere unitario anche con riferimento agli obiettivi del programma economico nazionale e agli impegni derivanti dagli obblighi internazionali".
La legge cioè ha ben precisato quali sono i presupposti per l'esercizio di queste funzioni di indirizzo e di coordinamento, che invece qui diventano ampie, indiscriminate e, come vedremo, addirittura affidate neanche al Ministro, ma al Ministero.
A questo riguardo pare opportuno ribadire, anche in questa sede, che tali atti statali di indirizzo e di coordinamento non possono comunque condizionare i poteri legislativi della Regione, la cui potestà legislativa è unicamente vincolata dai principi fondamentali stabiliti dalle leggi dello Stato c) all'equivoco che nasce dal fatto che viene riconosciuta al Ministero la competenza indiscriminata all'esercizio delle indicate funzioni di indirizzo e coordinamento accentuando così il carattere di intervento burocratico ed operativo anche rispetto alla pur inaccettabile devoluzione di questa competenza al Ministro.
Non è neanche accettabile che sia il Ministro investito di questi poteri perché non è il Ministro titolare dell'esercizio delle funzioni di indirizzo e coordinamento previste dall'art. 17 della legge che abbiamo citato essendo attribuite e riservate allo Stato nei suoi organi fondamentali che lo rappresentano e cioè il Parlamento ed il Governo inteso secondo la nota sentenza alla Corte Costituzionale, secondo l'o.d.g.
del Senato come più volte richiamato in questa sede e secondo la dottrina costituzionale intesa nei suoi organi collegiali.
L'altro problema - l'abbiamo distinto per non mescolare i due piani della validità, dell'efficacia e dei limiti delle direttive che possono essere impartite dal Governo in materia delegata, ci porta a riconoscere (è la Costituzione che lo dice) che questi poteri sono effettivamente attribuiti al Governo centrale, ma ci fa ancora rilevare come non possano questi stessi poteri attribuirsi al Ministero, che è un organo esecutivo burocratico che non è un organo di Governo, perché l'organo di Governo è il Ministro e non il Ministero. In ogni caso anche in questa sede riteniamo che non dovrebbe poter essere conferito neanche al Ministro, perché il Governo centrale - per definizione di una chiarezza costituzionale unica è il Governo in suoi organi collegiali. Io non arriverei a dire il Consiglio dei Ministri, ma il Governo in suoi organi collegiali, almeno questo è l'indirizzo univoco della dottrina su questa materia Ci sono poi tutte le altre considerazioni di opportunità sulle quali poniamo anche l'accento affinché questi interventi siano conformi alla natura della delega ex art. 118, che è di carattere integrativo rispetto al conferimento dei poteri primari e legislativi, serva ad integrare l'organicità, l'armonicità, il carattere di programmazione che è conferito alle Regioni. Pertanto lo stesso indirizzo e controllo non può che essere effettuato efficacemente se non provenendo da atti che abbiamo - recependo una definizione dei consulenti - definiti di alta amministrazione o comunque di indirizzo politico. Abbiamo quindi trasferito queste considerazioni in modo più diretto e concreto, in proposte di modifica degli articoli in cui si organizza il decreto. Ritengo di non dover annoiare l'Assemblea rileggendo o ripetendo i concetti che sono fondamentalmente quelli che ho già sommariamente esposto, sottolineo invece come, in relazione alla figura del Commissario di Governo si è rilevata e notata, facendo discendere le considerazioni dall'impostata data dalla funzione di indirizzo e di coordinamento, che per i rami non si pu scendere a conferire al Ministero questi compiti, dal Ministero al Commissario di Governo fino a conferire a questo compito un carattere meramente operativo e a subordinare la Regione ad un'attività ispettiva e di controllo diretto che non è ammissibile. Il Commissario di Governo ha dei poteri sicuramente di coordinamento, ma rivolti principalmente nei confronti dell'attività periferica nelle competenze residue delle amministrazioni dello Stato per coordinarle rispetto all'attività regionale e ha sicuramente i poteri di rappresentare il Governo e quindi di essere portatore della volontà del Governo nell'esercizio della funzione di indirizzo e di coordinamento, sempre che questa si svolga nel rispetto delle condizioni che abbiamo prima determinato.
Riteniamo così di aver dato un modesto contributo alla soluzione di problemi che non interessano solo questa specifica materia ma l'ulteriore esame di altri decreti e anche un'impostazione generale dei rapporti che andranno delineandosi tra la Regione, il Governo, i suoi organi e il Commissario di Governo.



PRESIDENTE

Chi si iscrive a parlare? Se nessuno chiede la parola e se la Giunta non ha delle osservazioni da fare...



GANDOLFI Aldo, Assessore ai trasporti

Nessuna osservazione.



PRESIDENTE

Si rimette quindi alla relazione.
Il Consigliere Berti chiede di parlare, ma su che cosa?



BERTI Antonio

Sull'argomento in discussione.



PRESIDENTE

Io gliela dò la parola, ma doveva alzarsi prima. In questo caso non ha nessuna importanza e gliela dò, ma normalmente le cose vanno così: quando è presentato un disegno di legge o come in questo caso un progetto di parere il relatore illustra la relazione scritta, si apre su questo la discussione generale, si chiude la discussione generale, replica il relatore, parla la Giunta, si passa alle votazioni, emendamenti e via discorrendo con dichiarazioni di voto se è il caso. Qui non ho nemmeno chiusa la discussione generale perché non si era neppure aperta e quando davo la parola alla Giunta...
Parli pure, Consigliere Rivalta.



RIVALTA Luigi

Più che un intervento in merito alla relazione Bianchi, ciò che ci preme è di esprimere il nostro parere favorevole sia al metodo di lavoro che si è introdotto nella Commissione, sia ai temi che sono stati affrontati nel giudicare questo decreto di riordinamento del Ministero dei Trasporti. Il lavoro non si è limitato ad un giudizio tecnico sul riordinamento del Ministero, ma ha giustamente colto il contesto politico entro il quale questo riordinamento veniva proposto. Ha quindi messo in luce con chiarezza, con puntualità, tutti i limiti che sono all'interno dell'intervento governativo oggi e che tendono a limitare le funzioni primarie della Regione. Questo giudizio, che costituisce elemento generale di impostazione del lavoro della Commissione ha, come citava il collega Bianchi nell'ultima parte del suo intervento, toccato una serie di problemi di carattere generale; particolarmente con riferimento a questo noi esprimiamo il nostro giudizio positivo sul lavoro della Commissione soprattutto sui punti che riguardano il tentativo, di definizione dei compiti e dei contenuti della delega, di definizione e delimitazione del significato dell'azione di coordinamento e di indirizzo da svolgersi da parte del Governo centrale. In questo modo, dando un contributo che va al di là dello specifico discorso sul riordino del Ministero dei Trasporti, si è teso a precisare con chiarezza quali sono i rapporti corretti tra Stato e Regione. Questo giudizio ha introdotto una formulazione di carattere rivendicativo da parte della Regione per la difesa della propria autonomia e della possibilità di ottenere con pienezza i poteri nelle materie primarie stabilite dall'art. 117 della Costituzione.
E' sotto questo profilo che noi riteniamo positivo il lavoro della Commissione e pensiamo che con questo indirizzo, già sperimentato da due lavori portati a termine dalla II Commissione, si possa procedere proficuamente all'esame dei decreti delegati che ci stanno ancora di fronte.



BERTI Antonio

Desidero chiedere in base a quale Regolamento si stabilisce che prima parla il relatore e poi si apre il dibattito generale, poi chiude il relatore e infine parla la Giunta.



PRESIDENTE

Art. 39, comma primo: "Il Presidente, dopo che hanno parlato tutti i Consiglieri iscritti, dichiara chiusa la discussione generale e dà la parola per la replica al relatore e al rappresentante della Giunta Regionale".
Desidera replicare Consigliere Bianchi?



BERTI Antonio

"E al", non prima uno e poi l'altro; secondo me deve chiudere il relatore perché la Giunta non è titolare del...



PRESIDENTE

Consigliere Berti, è scritto nel Regolamento, gliel'ho letto, chiudiamo l'incidente pacificamente e ristabiliamo un clima cordiale come quello che presiede sempre ai nostri rapporti e alle nostre sedute.
D'accordo?



BERTI Antonio

D'accordo.



PRESIDENTE

Il relatore desidera replicare?



BIANCHI Adriano

Ringrazio il Presidente e ringrazio il collega intervenuto.



PRESIDENTE

La Giunta chiede di parlare? Assessore Gandolfi.



GANDOLFI Aldo, Assessore ai trasporti

Siccome il Consigliere Rivalta nel suo intervento ha giustamente sottolineato come la Commissione, affrontando la discussione sul decreto di riordinamento del Ministero abbia affrontato alcuni problemi di ordine generale che poi si ritroveranno in tutti gli altri decreti, desidero, su uno dei temi che sono stati toccati, consegnare al Consiglio quella che è stata la posizione di Giunta che con la Commissione si è confrontata.
Alludo ai poteri di indirizzo e di coordinamento da parte del Governo centrale. Già la Giunta nelle sue osservazioni aveva rilevato come la formulazione dell'art. 1 al riguardo fosse assolutamente illegittima e contraria alla legge nel senso che, non specificando se le funzioni di coordinamento e di indirizzo si riferivano alle funzioni amministrative delegate nel decreto, oppure alle funzioni amministrative derivanti dalle competenze primarie (ex art. 117 della Costituzione), era inaccettabile. Se si riferiva alle funzioni amministrative derivanti dalle materie di competenza primaria, come prima osservava il relatore, i poteri di indirizzo e di coordinamento sono regolati dalla legge finanziaria e sono definiti nei loro meccanismi anche dall'o.d.g. approvato dal Senato e al quale il Governo è tenuto ad attenersi, possiamo senz'altro indicare come illegittima e contraria alla legge la formulazione di questo art. 1. E' chiaro però che non possiamo prescindere dalla possibilità e dal dovere per il Governo, di curare l'indirizzo e il coordinamento delle funzioni delegate invece nell'ambito di questi decreti che stiamo esaminando. La Costituzione stessa parla al riguardo addirittura di istruzioni che il Governo può emanare.



RIVALTA Luigi

Qui non è detto che si tratta di indirizzo e di coordinamento.



GANDOLFI Aldo, Assessore ai trasporti

Sì, ma c'è anche l'imprecisione dei termini, possiamo supporre che il termine "indirizzo e coordinamento" possa significare la potestà da parte del Ministero o di organi del Ministero stesso di intervenire per coordinare e dirigere le attività delegate alle Regioni.



RIVALTA Luigi

Riporti un elemento di confusione su questa interpretazione che la Commissione aveva cercato di eliminare.



GANDOLFI Aldo, Assessore ai trasporti

Se mi permetti di finire chiarisco il mio pensiero.
La Costituzione parla di istruzione ed è chiaro che l'istruzione al limite può significare la circolare ministeriale. Da questo punto di vista la discussione che si è svolta in Commissione e che ci ha portato a risultati sui quali la Giunta concorda pienamente, ci ha permesso di trovarci concordi su una valutazione, non più di illegittimità, ma di opportunità politica che questo potere di direzione, di istruzione, di coordinamento o comunque voglia essere chiamato, sulle funzioni amministrative delegate (ex art. 118 della Costituzione) alle Regioni, sia un atto collegiale di Governo e non sia invece affidato alla discrezionalità del singolo Ministro.
Ci tenevo a precisare questa posizione della Giunta perché pu riflettersi in discussioni successive su altri decreti di riordinamento dei Ministeri.



PRESIDENTE

Non ci sono emendamenti proposti e quindi voteremo globalmente il progetto di osservazioni del Consiglio Regionale allo schema del decreto del Presidente della Repubblica concernente il riordinamento del Ministero dei Trasporti e dell'Aviazione Civile e la delega di funzioni amministrative alle Regioni a statuto ordinario.
Qualcuno chiede la parola per dichiarazione di voto? Nessuno. Pongo in votazione il progetto che è stato distribuito ai Consiglieri su questo decreto del Presidente della Repubblica.
E' approvato.


Argomento: Artigianato - Commercio

Esame dello schema di osservazioni al decreto del Presidente della Repubblica relativo al riordinamento del Ministero dell'Industria, del Commercio e dell'Artigianato


PRESIDENTE

Passiamo ora al 3) punto all'o.d.g. "Esame dello schema di osservazioni al decreto del Presidente della Repubblica relativo al riordinamento del Ministero dell'Industria, del Commercio e dell'Artigianato".
Ha facoltà di parlare il relatore, Consigliere Ferraris.



FERRARIS Bruno, relatore

Signor Presidente, signori Consiglieri, seguendo l'esempio del collega Bianchi e di altri che hanno già fatto la loro relazione, io non proceder alla lettura del testo della relazione predisposta dalla VI Commissione, ma mi limiterò ad una rapida sintesi della medesima e a dare conto al Consiglio del metodo che la Commissione ha ritenuto di adottare nel procedere all'elaborazione del documento.
Purtroppo per ragioni di tempo e soprattutto a causa della pausa estiva, la VI Commissione ha dovuto soprassedere alle normali consultazioni, ma l'esame dello schema di decreto presidenziale è stato condotto in stretto legame e contestualmente all'esame del decreto delegato concernente il trasferimento delle funzioni amministrative in materia di fiere e mercati, acque minerali e termali, cave e torbiere, artigianato.
Pertanto, l'ampia consultazione indetta a proposito di quest'ultimo schema di decreto delegato e sulla quale certamente riferirà il Presidente della VI Commissione, è servita in parte a confortare le osservazioni che stiamo discutendo.
Per le questioni di principio e di diritto che, come avete visto abbiamo dovuto affrontare e risolvere, ci siamo avvalsi di nostre ricerche confrontando il risultato del nostro lavoro con quello a cui sono pervenuti i colleghi della II Commissione giungendo a identiche conclusioni Infine sulle questioni di merito, la VI Commissione si è valsa ampiamente delle osservazioni della Giunta, riprendendo integralmente le parti che ha ritenuto più penetranti o conformi alla propria scelta di fondo, quella di esprimere cioè un giudizio di carattere complessivo sul decreto in esame non limitato all'ordinamento degli uffici periferici del Ministero come vorrebbero certe interpretazioni restrittive della legge delega del 18.3.68 n. 249 poi modificata con la legge n. 775.
La scelta operata dalla II Commissione di esprimere un giudizio globale sul decreto presidenziale viene ora proposta al Consiglio, non solo perch si è ritenuto che essa meglio rispondesse all'esigenza di tutelare nel modo migliore le prerogative della Regione, ma anche per non perdere l'occasione di portare un contributo, forse modesto ma concreto, alla riforma, in modo non solo razionalizzante ma democratico, della pubblica amministrazione.
Tutto ciò in considerazione della rilevanza che oggi assumono i problemi dell'efficienza e dello snellimento dell'apparato centralizzato dello Stato, sia in ordine alla nascita dell'ordinamento regionale, sia in relazione alla domanda delle grandi riforme sociali che nasce dal Paese.
Passando ora ad illustrare sinteticamente le parti più salienti delle osservazioni, come ho già detto in via preliminare, si è affrontato il problema di illegittimità costituzionale e cioè se il Governo era delegato o meno a conferire deleghe di funzioni amministrative dallo Stato alle Regioni (ex art. 118 secondo comma Costituzione) sulla base della legge delega n. 775.
Non riprendo le argomentazioni di ordine giuridico portate a favore della tesi del vizio di forma, certo è che la legge 775 non dice nulla a favore della potestà che il Governo si è attribuita di conferire deleghe di funzioni amministrative dallo Stato alla Regione. Purtuttavia la VI Commissione non ha ritenuto di sposare la tesi estrema e non ha respinto tout-court lo schema di decreto, ma si è preoccupata di rappresentare un'opinione, che ha cercato di argomentare nel modo migliore e ha soprattutto fatto rilevare che il decreto può essere successivamente essere invalidato, con tutte le conseguenze negative del caso. Starà ora alla Commissione Parlamentare, al Governo e se del caso al Parlamento nel suo complesso, risolvere nel modo più corretto la questione.
La relazione della VI Commissione, come i colleghi avranno notato, si è invece diffusa maggiormente sugli aspetti sostanziali della delega respingendo l'interpretazione o meglio l'utilizzazione dell'istituto-delega che si fa in questo decreto. Infatti, l'istituto-delega che emerge da un attento esame dell'intero contesto di decreto, si configura come un tradizionale istituto di decentramento amministrativo. In sostanza, le Regioni si verrebbero così a configurare come grossi Enti locali e i loro rapporti con lo Stato sarebbero rapporti strettamente gerarchici, il che contrasta con il dettato costituzionale che vede la Regione come parte e non controparte dello Stato, ma dotata di proprie prerogative legislative e quindi di ampia e piena autonomia nei limiti fissati dalla Costituzione.
Tutto ciò - come ci lusinghiamo di essere riusciti ad argomentare nel testo della relazione - emerge nettamente sia attraverso l'arbitraria utilizzazione che si fa della delega per delegare funzioni amministrative che in forza degli artt. 117 e 118 primo comma della Costituzione, sono rivendicati dalla Regione come proprie e quindi debbono essere trasferite sia attraverso una inaccettabile interpretazione della funzione di indirizzo e di coordinamento. Anche qui non è che si neghi la funzione di indirizzo e di coordinamento, ma si osserva che essa non può essere rimessa alla discrezione di un singolo Ministero, o, peggio ancora, di un ufficio ministeriale; può essere solo un atto esercitato attraverso leggi, o atti collegiali del Governo, cioè con atti politici e non amministrativi o burocratici.
Conseguentemente nelle osservazioni generali si chiede: la soppressione di tutti gli uffici aventi compiti particolari di indirizzo e coordinamento delle attività delle Regioni; l'eliminazione di ogni riferimento circa le modalità di esercizio della delega medesima (ad un certo punto si dice persino che per esercitare una certa delega ci si deve servire della Camera del Commercio, ecc.); la soppressione di tutti gli uffici relativi ad attività di competenza regionale, o il loro trasferimento alle Regioni (ex Comitato Centrale dell'Artigianato, ENAPI, ecc.). Il tutto in coerenza sia con l'art. 17 della legge n. 281 nell'interpretazione data dall'o.d.g. del Senato, sia con la sentenza 39 del 1971 della Corte Costituzionale, sia ancora con l'art. 121 ultimo comma della Costituzione, che identifica nel Governo l'organo cui spetta emanare le necessarie istruzioni per quanto attiene all'esercizio delle funzioni amministrative delegate dallo Stato alle Regioni.
Infine si osserva pure che la regolamentazione dei rapporti finanziari che rappresentano senza dubbio un aspetto fondamentale della delega, non può essere risolta nel modo previsto dall'art. 26 del decreto che non solo li definisce "eventuali" come se potessero anche non esistere, ma soprattutto ne demanda la regolamentazione alla discrezionalità dei Ministeri.
La relazione scritta procede quindi, in coerenza alla scelta di cui ho detto all'inizio, nel merito del riordinamento del Ministero. A tale proposito si osserva che il nuovo organigramma, così come emerge dal contesto dello schema di decreto, nonostante la drastica riduzione delle divisioni da 137 a 82, presta un ossequio solo formale ai criteri direttivi contenuti all'art. 1 della legge 775 in quanto le direzioni generali restano pressoché invariate; non rispetta i criteri contenuti ai punti 2 e 3 dell'art. 1 della legge sopra citata che prevedono la soppressione degli uffici che non corrispondono ad un rigoroso criterio di funzionalità e l'attribuzione di attività concernenti materie e compiti omogenei.
Riprendendo quindi dalle osservazioni della Giunta, si propone in concreto sia la riduzione del numero delle direzioni generali, sia una ulteriore riduzione del numero delle divisioni, così come si propone pure la modifica della denominazione del Ministero e cioè il ritorno del medesimo alla sua denominazione originaria di Ministero dell'Industria e del Commercio, stante che l'artigianato è materia di competenza della Regione.
Per quanto riguarda poi le osservazioni ai singoli articoli, si è scartata la prassi usata per molte altre osservazioni ai decreti, e non si è proceduto alla riformulazione di nuovi testi di progetti di articoli, ma ci si è limitati a tradurre in modo puntuale e consequenziale alle osservazioni preliminari generali e di merito, proposte di soppressione o di aggiunte ai diversi articoli preceduti da brevissime argomentazioni.
Questo è quanto ho ritenuto di dover dire a illustrazione della relazione che la VI Commissione ha presentato all'esame del Consiglio per la discussione e il voto finale che si auspica positivo ed unanime.



PRESIDENTE

Ringrazio il relatore.
E' iscritto a parlare il Consigliere Gerini, ne ha facoltà.



GERINI Armando

Un problema di fondo che doveva e deve essere risolto in via preliminare non appena furono licenziati i decreti di trasferimento delle funzioni legislative ed amministrative, di cui all'art. 117 e 118 della Costituzione, era ed è quello di ridurre automaticamente l'apparato ministeriale con la riduzione delle Direzioni Generali e degli Uffici Centrali, in modo che restasse agli uffici superstiti, di massima, la spettanza di emanare le necessarie istruzioni per le funzioni di coordinamento e per quanto attiene alle funzioni amministrative delegate alla Regione.
Avendo ora riguardo allo schema che concerne il riordinamento del Ministero dell'Industria, del Commercio e dell'Artigianato di cui ora ci occupiamo, chiaramente traspare dalla relazione Ferraris che questo problema non si è voluto adeguatamente risolvere. Sono stati così disattesi i criteri informatori contenuti nella legge 775 perché non v'è chi non veda una esorbitanza numerica nell'organigramma proposto, stante le funzioni che residuano all'organo centrale dopo il trasferimento delle materie alle Regioni. Cela va sans dire che la denominazione del Ministero dovrebbe tornare alle origini togliendo "e dell'artigianato", posta l'esclusiva competenza delle Regioni in materia di artigianato. La proposta della VI Commissione a che i servizi statistici siano il più possibile accentrati nell'istituto centrale di statistica, ed il riferimento va fatto per tutti gli altri Ministeri, ci trova concordi nel Consiglio Regionale, perché lo scopo da raggiungere è quello di rendere le rilevazioni statistiche tra loro omogenee ed ufficiali e dotate di un grado comune di credibilità e di affidamento.
L'altro punto chiave che condividiamo e di cui il mio partito è sempre stato alla ricerca, è di conseguire un'amministrazione centrale snella agile, funzionale, che possa coordinare, stimolare opportunamente i nuovi gravi ed importanti compiti che spettano alle Regioni in base alla Costituzione.
A proposito dell'art. 25 dello schema di decreto in questione, il mio Gruppo desidera ancora segnalare che la regionalizzazione impone non il superamento o l'emarginazione delle Camere di Commercio, bensì una profonda ristrutturazione delle stesse al fine di garantire il metodo democratico nella formazione dei loro organi direttivi.
Va inteso quindi come favorevole il nostro parere al lavoro della Commissione.



PRESIDENTE

E' iscritto a parlare il Consigliere Bianchi, ne ha facoltà.



BIANCHI Adriano

Voglio solo esprimere il nostro compiacimento per la relazione che è stata presentata e il nostro giudizio favorevole alle argomentazioni addotte.
Ho dimenticato nella precedente sede di dare chiaramente atto della collaborazione che si è svolta tra le due Commissioni e tra i relatori per dare univocità non formale ma sostanziale di indirizzo alle soluzioni che interessavano.



PRESIDENTE

Nessun altro chiede di parlare? Ha facoltà di replicare il relatore se lo ritiene.



FERRARIS Bruno

Ringrazio per gli apprezzamenti fatti dai colleghi che hanno preso la parola.



PRESIDENTE

Per la Giunta parla l'Assessore Petrini.



PETRINI Luigi, Assessore all'industria e artigianato

Signor Presidente, prendo la parola per quanto riguarda la competenza del mio Assessorato perché probabilmente il collega Borando avrà qualcosa da dire.
Ho ascoltato attentamente la relazione del Consigliere Ferraris che illustra le considerazioni della VI Commissione per i problemi economici sulla bozza di decreto del Presidente della Repubblica concernente il riordinamento del Ministero dell'Industria e del Commercio e Artigianato ed ho preso atto con soddisfazione che le osservazioni formulate sono sostanzialmente in linea, per quanto concerne i punti fondamentali, con i rilievi già riportati dalla Giunta nella propria relazione.
Nel sottolineare ancora una volta la necessità, dal punto di vista costituzionale e regionalistico, di una revisione del decreto in esame perché di taglio ancora troppo centralistico in quanto vengono mantenute funzioni di indirizzo e di coordinamento in capo a organi burocratici compiti che evidentemente spettano invece al Parlamento e al Consiglio dei Ministri, vengono mantenuti uffici, Enti e organismi centrali che hanno competenza in ordine a funzioni trasferite alle Regioni, vengono mantenuti uffici che hanno competenza in ordine a funzioni che essendo residue devono essere delegate alla Regione, non mi pare che ci sia altro da dire se non che, per quanto sopra espresso, la Giunta convalida e sottoscrive le osservazioni presentate dalle competenti Commissioni e che quindi si rimette al Consiglio per l'approvazione, non senza però ringraziare il relatore Ferraris e i membri della Commissione per il lavoro svolto.



PRESIDENTE

E' iscritto a parlare l'Assessore Borando.



BORANDO Carlo, Assessore al commercio

Io ho avuto l'occasione di partecipare almeno a due riunioni della Commissione dove queste materie erano già state abbondantemente delibate.
Voglio solo ribadire l'approvazione della Giunta e mia personale per ci che riguarda l'art. 25 che è veramente scottante là dove parla delle funzioni delegate relativamente al problema della Camera di Commercio. E' evidente che c'è una contraddizione in tutto ciò perché giustamente la Commissione dice: in fatto di diritto si potrebbe dire che è fuori delega la legge 775, più appropriatamente la materia avrebbe dovuto essere trattata in sede di decreto ex art. 17 della 281. La Commissione dice che si può osservare l'esistenza di una grave contraddizione. Infatti con la prima parte di questo articolo si trasferisce alle Regioni la possibilità di avere dei poteri di norma, di vigilanza, di tutela sulle Camere di Commercio e nel contempo il Ministero tiene per sé alcune funzioni come l'approvazione dei regolamenti della stipulazione dei mutui, il conferimento della personalità giuridica, l'annullamento delle deliberazioni e lo scioglimento degli organi, compiti che dovrebbero essere invece attribuiti alle Regioni.
Dal contesto generale in sostanza si rileva che è uno di quegli organismi che non può non essere a disposizione della Regione affinché la stessa possa disciplinarne lo svolgimento delle funzioni.
Ringrazio la Commissione per averlo ribadito e dò la mia approvazione.



PRESIDENTE

Non è stato presentato nessun emendamento. E' facoltà di ogni Consigliere prendere la parola per dichiarazione di voto se lo ritiene necessario. Se nessuno la chiede possiamo passare alla votazione.
Pongo in votazione per alzata di mano le osservazioni del Consiglio Regionale allo schema del decreto del Presidente della Repubblica concernente il riordinamento del Ministero dell'Industria, del Commercio e dell'Artigianato e la delega di funzioni amministrative alle Regioni a statuto ordinario.
E' approvato.


Argomento: Acque minerali e termali - Artigianato - Fiere, mostre e mercati - Cave e torbiere

Esame dello schema di osservazioni al decreto delegato sulle fiere e mercati, acque minerali e termali, cave e torbiere, artigianato


PRESIDENTE

Passiamo al 4) punto all'o.d.g.: "Esame dello schema di osservazioni al decreto delegato sulle fiere e mercati, acque minerali e termali, cave e torbiere, artigianato." Ha facoltà di parlare il relatore Consigliere Menozzi.



MENOZZI Stanislao, relatore

Signor Presidente, colleghi Consiglieri, innanzi tutto ci preme sottolineare che la Commissione, che abbiamo l'onore di presiedere, nelle sue molteplici riunioni si è responsabilmente preoccupata di arrivare alla formulazione della relazione che stiamo per illustrare, avanzando "osservazioni" scevre di spunti demagogici e polemici, bensì ispirate ad una corretta interpretazione costituzionale, anche se non abbiamo avuto la possibilità di avvicinare esperti del settore. Conseguentemente abbiamo rivendicato alla Regione tutto ciò che ad essa compete, in un quadro organico ed armonico di competenze. Abbiamo così fatto nostro l'asserto sempre chiaramente proclamato, secondo il quale la Regione non può e non deve collocarsi in posizioni opposte e contrapposte allo Stato, essendo però, la Regione un'articolazione organica di uno Stato decentrato ma unitario; vi è da augurarsi che anche il Centro, sia a livello politico che burocratico, abbia celermente ed integralmente a comprendere che lo Stato non può rendersi responsabile delle paventate "opposizioni e contrapposizioni" nei confronti delle Regioni. Tutto ciò al fine di evitare, o quanto meno contenere il profilarsi di situazioni conflittuali le quali verrebbero per vanificare gli sforzi che si stanno compiendo per dare al Paese una più ordinata e concreta forma di governo, atta a recepire, maggiormente e con più sollecitudine, le nuove e più pressanti esigenze della società civile, alla luce di una nuova problematica democratica, consona ad una realtà economica e sociale in evidente processo di evoluzione e di rinnovamento.
L'impegno della Commissione è stato anche quello di sostanziare le proprie osservazioni, avvalendosi dell'apporto, veramente notevole, fornito dai rappresentanti di associazioni, Enti ed organizzazioni consultati.
Poiché dette "osservazioni" non richiedono specifiche illustrazioni essendo esse già in vostro possesso, ci preme piuttosto far rilevare alcuni punti fondamentali che meritano una particolare attenzione: prima fra essi l'evidenziata carenza delle "leggi cornice" stabilenti i principi fondamentali di cui all'art. 117 della Costituzione, il che renderà difficoltoso l'esercizio delle competenze regionali e creerà, come ha già creato, conflittualità dannose (vedi quanto già verificatosi in alcune Regioni, compresa la nostra).
Altro punto da sottolineare è che lo Stato non tanto dovrebbe preoccuparsi dì riservarsi delle prerogative, quanto piuttosto di definire il suo primario compito di indirizzo e di coordinamento. Ed è proprio in coerenza alla richiamata primaria funzione statuale che ogni programma di intervento dello Stato dovrà attuarsi a mezzo delle Regioni, ad esse attribuendo la devoluzione dei relativi fondi; ciò anche sotto il delicato quanto determinante aspetto creditizio, il quale costituisce l'aspetto essenziale di ogni e qualsiasi pubblico intervento.
A questo punto abbiamo ritenuto anche opportuno far rilevare che è indispensabile giungere ad un'ampia delega di funzioni da parte dello Stato, prevista dal secondo comma dell'art. 118 della Costituzione, per far coincidere il momento legislativo con quello esecutivo, onde evitare errori di incoerenza anche funzionale ed economica che caratterizzano l'attuale andamento ed anche perché le Regioni debbono conseguire un insieme organico ed armonico di competenze, in un quadro di riforme non solo sollecito ma anche unitario.
Per quanto più specificatamente attiene ai vari settori di esame ed alla relativa problematica, vi chiederei di consentirmi la lettura, anche perché vi sono punti sui quali la meditazione si impone in modo del tutto particolare. (Legge la relazione da pag. 7 a metà pag. 13 alle parole: "...
e programmazione regionale").
A questo punto non riteniamo di passare al commento degli articoli anche perché ognuno di essi è stato preceduto da un cappello che ripete un pochino le giustificazioni già addotte per le modificazioni apportate agli articoli stessi. A me non rimane, concludendo, che ringraziare nuovamente tutti i membri della Commissione, dimostratisi attenti, seri, responsabili e preparati. Come debbo altresì ringraziare in particolare l'Assessore Borando direttamente interessato allo schema in discussione, come membro di Giunta, ma anche il mio predecessore, collega Chiabrando, che ha seguito con attenzione i lavori della Commissione.
Debbo fare anche notare che gli Enti consultati, per quanto concerne la Giunta, sono venuti per condividere parecchie delle osservazioni avanzate dalla Giunta stessa.



PRESIDENTE

E' iscritto a parlare il Consigliere Gerini, ne ha facoltà.



GERINI Armando

Signor Presidente, colleghi Consiglieri, chi ha steso il decreto delegato in discussione, forse per motivi di urgenza ha unificato materie riguardanti quattro diversi comma dell'art. 117 della Costituzione e che nel testo medesimo sono ovviamente separati. Un tale metodo legislativo forse ineccepibile da un punto di vista strettamente formale, fa però a pugni con il buon senso che preferirebbe un discorso chiaro su materie ben definite, piuttosto che molti discorsi confusi su materie differenti.
Per quanto concerne l'artigianato, tale materia oggi ha importanza rilevante per l'attività che ha raggiunto nel Paese, Dobbiamo considerare infatti che attualmente operano nel territorio nazionale circa un milione di imprese con un numero, tra titolari, soci e familiari, di oltre tre milioni di cittadini che gravitano direttamente sul settore. L'apporto dell'esportazione dei prodotti artigianali alla bilancia commerciale ha raggiunto oggi circa i mille miliardi ed in questa cifra non sono incluse le esportazioni invisibili, quelle rappresentate dagli acquisti di prodotti artigianali effettuati direttamente dai turisti stranieri che vengono in Italia.
Per queste considerazioni, le Regioni debbono, sostituendosi al Governo centrale, formulare una nuova e moderna politica dell'artigianato che tenga conto non solo dell'importanza cui si è fatto riferimento, ma anche e soprattutto delle prospettive che il decreto delegato può aprire. Due metodi sarebbero da scegliere: lasciare che le Regioni, secondo i comma a) e b) e seguenti dell'art. 3 dello schema di decreto delegato operino pienamente ed individualmente per competenze di territorio, poi coordinare disciplinare tutto il settore attraverso l'istituzione di una legge cornice per l'artigianato a carattere nazionale, nell'ambito della quale le singole leggi regionali dovrebbero trovare il loro indirizzo ed il loro limite a norma dell'art. 117 della Costituzione stessa. I grossi problemi non ancora ben risolti, che interessano l'artigianato, sono quelli fiscali, di apprendistato, previdenziali, di propaganda del prodotto, assicurativi ed infine e non ultimo, il problema del credito.
Il documento di osservazioni presentato dalla Giunta Regionale in materia di artigianato, fiere e mercati, acque minerali e termali, cave e torbiere, è stato impostato per dare maggiore possibilità di intervento alla Regione e la critica obiettiva allo schema del decreto è stata recepita e adattata, sulla scorta delle proposte delle categorie economiche e sindacali consultate dalla Commissione Menozzi. Ancora in materia di artigianato, merita particolare rilievo la ferma posizione della VI Commissione circa il nuovo aspetto configurato nella politica del credito.
Viene rivendicata la eliminazione degli aspetti attuali di esasperata centralizzazione, chiedendo il trasferimento delle competenze alle Regioni e riservando allo Stato il solo compito di determinare e ripartire i fondi di dotazione.
Lo schema di decreto delegato sul trasferimento alle Regioni delle funzioni amministrative statali concernenti le fiere ed i mercati, risente delle diverse e non sempre conciliabili posizioni degli organi centrali da un lato e di quelli regionali dall'altro. Indipendentemente da considerazioni di carattere giuridico costituzionale, la materia va considerata sotto il profilo organizzativo stesso. Certo è che la competenza legislativa ed amministrativa delle Regioni si dovrà esplicare nell'ambito del relativo territorio e quindi le manifestazioni fieristiche aventi un riflesso operativo limitato ai confini regionali, debbono essere regolate pienamente dalla Regione. Sembra necessario altresì sottolineare che le fiere ed i mercati che esorbitano da tali confini non solamente geografici ma anche economici e sociali, debbono, per loro stessa natura rimanere nell'ambito di un sistema organico ed unitario quale quello nazionale.
Facciamo anche nostre le osservazioni della Commissione in materia di acque minerali e termali e cave e torbiere. E così il nostro parere è ancora positivo al lavoro della Commissione ed agli emendamenti proposti ai singoli articoli del decreto delegato in questione.



PRESIDENTE

Ha facoltà di parlare il Consigliere Ferraris.



FERRARIS Bruno

Signor Presidente, prendo la parola unicamente per esprimere il pieno apprezzamento del Gruppo comunista e mio personale alla relazione or ora illustrata dal Consigliere Menozzi, che se pure è frutto di un lavoro collegiale di tutta la Commissione e dell'ampia consultazione effettuata dalla Commissione stessa, è costata non poco lavoro e fatica al relatore che io ringrazio per avere saputo interpretare e tradurre per iscritto obiettivamente, sia i contributi positivi degli Enti consultati, sia le opinioni ed i giudizi espressi dai singoli Commissari.
Con riferimento al lavoro e alla fatica svolti dal Presidente, mi si consenta ancora di ringraziare con lui il personale e quella parte di personale che è a disposizione delle Commissioni e di chiedere però che al più presto il personale sia adeguato ai compiti e alle funzioni delle Commissioni.



PRESIDENTE

Ha facoltà di parlare il Consigliere Oberto.



OBERTO Gianni

Ho chiesto di intervenire semplicemente per esprimere un pensiero che mi induce ad una certa perplessità.
A pag. 7 della relazione si rileva la discutibilità di una classificazione territoriale, con particolare riguardo alla riserva allo Stato prevista dallo schema circa le funzioni inerenti alla Mostramercato dell'Artigianato di Firenze e all'Ente italiano della Moda di Torino.
La Mostramercato dell'Artigianato di Firenze è un fatto di grossissimo rilievo. Il azionale ed anche internazionale; l'Ente italiano della Moda di Torino, che si è potuto collocare nella città capoluogo della Regione Piemonte, è un altro fatto di notevolissima importanza e rilevanza, a carattere nazionale ed a carattere internazionale. Ho voluto sottolideare questi aspetti perché, convinto regionalista, ritengo anche che taluni Enti a carattere nazionale non possano ridimensionarsi territorialmente non consentendo che vi sia un intervento a carattere nazionale, statale, in operazioni che sembrerebbero un poco ridotte se dovessero collocarsi nell'ambito semplicemente della Regione.
E' un problema, evidentemente, molto discutibile: un problema, però, di opportunità che mi sembra debba essere rilevato in margine a questa relazione, specialmente perché poi, all'art. 6, il testo governativo, che rileva come restino ferme le competenze degli organi statali in materia di relazioni internazionali concernenti il settore delle fiere-mercato e delle mostre ed esposizioni viene totalmente sostituito da una norma molto concettosa, ma anche drastica e radicale, dove si dice che "sono trasferite alle Regioni a statuto ordinario per il rispettivo territorio le competenze in materia di fiere e mercati, mostre ed esposizioni, fatta salva la competenza dello Stato in materia di relazioni internazionali riguardanti il settore".
Ora, le manifestazioni dell'Ente dell'Artigianato di Firenze e dell'Ente Italiano della Moda hanno implicazioni internazionali ma anche manifestazioni a carattere nazionale. Certo, se la manifestazione la si fa in Torino o la si fa in Firenze, l'interesse, la competenza della Regione deve in qualche maniera esplicarsi; ma quando questi Enti a carattere nazionale portassero innanzi manifestazioni a carattere interregionale o più ancora a carattere nazionale dovrebbe esserci, quanto meno, un'intesa perché non è sufficiente, almeno a mio avviso, che si badi a quello che è il punto di residenza di un Ente per dire che questo comporta la competenza della Regione ad assistere, a vigilare, ad interessarsi, ad intervenire. E' chiaro che la Regione Piemonte, come penso la Regione Toscana, avrà un grosso interesse alla partecipazione l'una all'Ente italiano Moda, l'altra all'Ente Artigianale fiorentino: ma le manifestazioni a carattere nazionale debbono essere viste con un respiro a mio avviso più ampio di quello regionale.
Quindi, se mi è consentito, vorrei pregare il relatore di riconsiderare l'opportunità di una precisazione, che anche le manifestazioni a carattere nazionale debbono rimanere di competenza di questi Enti, ovviamente con la partecipazione della Regione quando le manifestazioni si svolgano nell'ambito territoriale delle Regioni stesse.
I colleghi Consiglieri sanno quanto dura sia stata la battaglia per ottenere che fosse Torino la sede dell'Ente Moda. Adesso che questa battaglia è stata combattuta, vogliamo correre il rischio che questo complesso di natura giuridicamente potremmo dire mista, abbastanza complessa, chieda un eventuale trasferimento della sua sede a Roma, così come all'inizio era stato chiesto e proposto, e soltanto dopo dure battaglie condotte dalla Città di Torino, dal Comune di Torino, dalla Provincia di Torino, ottenendo solo dopo accese polemiche che la sede fosse qui? Non vorrei suscitare grossi motivi di turbativa, ma ho ritenuto opportuno illustrare al Consiglio Regionale le esitazioni che determinano in me la relazione nella parte illustrativa e l'art. 6 così com'è stato formulato. Mi riservo, in caso di presa in considerazione della mia proposta, di presentare un emendamento.



PRESIDENTE

Allora, il suo emendamento, se riterrà di presentarlo, sarà posto in discussione a conclusione del dibattito, in modo che lei abbia il tempo di predisporlo.
Qualcun altro desidera parlare, prima che si chiuda la discussione generale? Ha facoltà di parlare il Consigliere Marchesotti.



MARCHESOTTI Domenico

Intervengo a proposito dei rilievi fatti dal Consigliere Oberto.
Sull'art. 6, osservo che se si pone mente soltanto a questo articolo e non si considera anche l'art. 5 non si comprende la sostanza del perché la Commissione sia arrivata a quella conclusione che propone al Consiglio.
L'art. 6 fissa le competenze dello Stato. L'art. 5 fissa in modo esatto, e non abbiamo osservazioni da fare e non ne abbiamo fatte, le competenze dei Comuni e delle Province. Fissate le due competenze, di Comuni e Province, e di quelle dello Stato, era chiaro che la discussione diventava addirittura di carattere costituzionale, perché fiere e mercati sono materia delle Regioni e invece con questi due articoli, così come sono stati formulati nel decreto, alle Regioni nulla passava.
Pertanto, siamo arrivati alla conclusione, che la Commissione ha proposto unitariamente, di nuova formulazione dell'art. 6. E' in questo quadro che si inserisce il contesto dell'Ente Italiano Moda di Torino e della Mostra Artigianato di Firenze. Per queste ragioni, quindi per una difesa dell'autonomia delle Regioni e perché siano passate alle Regioni quelle competenze che esse devono avere su fiere e mercati, senza alcun ritaglio a favore dello Stato, credo che dovremo mantenere il testo così com'è stato formulato dalla Commissione, anche perché questo testo contiene già per se stesso ampie possibilità di giudizio e di merito per la Commissione parlamentare e per il Governo stesso, sia pure nel senso che il Consigliere Oberto già ha detto.



PRESIDENTE

Nessun altro chiede di parlare? Allora, ha facoltà di parlare per la replica il relatore. Anzi, inviterei il relatore e la Giunta, dato che c'è un solo emendamento eventualmente proposto che suscita discussioni, di riflettere un attimo e di esprimere il loro parere anche su questa proposta.



MENOZZI Stanislao, relatore

Devo subito precisare che mi è sfuggita la sostanza del riferimento ai quattro punti unificati di cui all'art. 117, sui quali è stata rilevata una certa quale incongruenza. Sarei grato se mi fossero fornite maggiori precisazioni in proposito dal collega Gerini.
Per quanto concerne, poi, gli aspetti evidenziati circa l'artigianato che sono aspetti a tutti noi ben presenti e già oggetto di dibattito anche con gli Enti consultati circa gli aspetti tecnologici, circa gli aspetti fiscali e circa gli aspetti tributari, era ovvio che questi non potevano inserirsi nel contesto di osservazioni ad uno schema di decreto delegato il cui carattere non era certamente quello di scendere a considerazioni di carattere specifico, che, se mai, riguarderanno il poi, cioè la fase veramente e meramente operativa.
Quanto alle osservazioni mosse dal collega e Vicepresidente Oberto dobbiamo riconoscere sinceramente che le esitazioni sono emerse anche in Commissione e sono anche state oggetto di un lungo dibattito. Per dobbiamo anche osservare, a questo punto, che il problema della Mostra mercato di Firenze e dell'Ente Moda di Torino va posto e collocato in una tematica ben più ampia, che, oltre all'aspetto fondamentale dell'autonomia della Regione, investe anche problemi di particolare natura organizzativa oltre che economica e commerciale, e nella relazione ci siamo permessi di evidenziare come sia ovvio che, a somiglianza di quanto avviene già oggi pur con una strutturazione che non possiamo totalmente condividere, per ove si verificano queste manifestazioni - e direi che per quanto concerne l'Ente Moda questo va ascritto a merito e ad onore del Piemonte in generale e di Torino più in particolare - c'è sempre una funzione guida della Regione sede delle manifestazioni indette periodicamente da questi Enti.
Proprio anche per non incappare nei problemi di sottile carattere costituzionale sollevati dal collega Marchesotti, si potrebbe prendere la decisione salomonica di arrivare ad una delimitazione nella formulazione dell'articolo, in attesa di poter successivamente trovare una soluzione che possa salvare e l'esigenza della Regione in sé e per sé e il carattere fieristico, il carattere dell'Ente, dall'altra parte.
Perché dobbiamo anche preoccuparci (anche questo è stato osservato dal collega Marchesotti) che, in tema di fiere e mercati, facendo l'accostamento tra il 5 e il 6, è indubbio che come autonomisti non possiamo non riconoscere agli Enti locali della Regione determinate funzioni e in modo primario, nella fattispecie, per ciò che attiene al problema "fiere e mercati". Se poi su altre manifestazioni, che esulano dalla competenza degli Enti locali minori della Regione, ci poniamo su posizioni di pavida rinuncia aprioristica, vuol dire che su questo punto la Regione non ha proprio più nulla da dire.
Cerchiamo pure di evitare la conflittualità, ma rivendichiamo, in quanto sede di determinate manifestazioni, di poter avere, se non altro una funzione specifica in tal senso, senza per questo togliere allo Stato le funzioni di coordinamento e di indirizzo.



PRESIDENTE

A nome della Giunta, ha facoltà di parlare l'Assessore Borando.



BORANDO Carlo, Assessore al commercio, fiere e mercati

Non saremmo coerenti con noi stessi se non salvaguardassimo l'autonomia che compete ai Comuni ed alle Province in questa materia, come del resto questi hanno già avuto fino ad oggi, con la collaborazione della Camera di Commercio. Ma per essere coerenti fino in fondo dobbiamo rivendicare tale autonomia anche per ciò che riguarda l'art. 6, oltre che per l'art. 5.
Io sostengo, quindi, in pieno il testo formulato dalla Giunta, là dove nelle sue considerazioni, dice che appare evidente il carattere gravemente limitativo del trasferimento di competenze dallo Stato alla Regione: infatti, se esaminiamo il testo governativo, ci accorgiamo che vengono mantenute ferme le competenze degli organi statali in materia di relazioni internazionali concernenti il settore delle fiere-mercati, delle mostre ed esposizioni, nonché "le competenze concernenti le fiere internazionali e campionarie in generale e l'istituzione (qui sta l'insidia), l'ordinamento l'attività e la vigilanza degli Enti fieristici costituiti per l'organizzazione delle fiere medesime".
E' evidente che in un prossimo domani ogni fiera tenderà di dilatare il proprio interessamento verso orizzonti nuovi. Se poi teniamo conto del Mercato Comune Europeo, non ci è difficile concludere che diventerà più frequente e sempre più consistente il carattere internazionale delle fiere per cui anche per la fieretta di Cuorgnè o per quella cui accennava l'amico Chiabrando relativamente al peperone e alla sua zona tipica di produzione prodotto di cui si tende ad incrementare l'esportazione in Francia, si prospetta anche qui con immediatezza il problema del rapporto internazionale, cosicché anche queste modeste manifestazioni non rimarrebbero alla competenza della Regione ma finirebbero col ricadere nella sfera di competenza esclusiva dello Stato. Se si dovesse applicare questo concetto, la funzione in materia della Regione sarebbe quindi ridotta a cosa ridicola.
D'altro canto, abbiamo altri episodi che ci dimostrano come veramente i Ministeri tentano, con interpretazioni cavillose delle disposizioni di legge, o con interpretazioni distorte, dì trattenere per sé competenze che a loro più non toccherebbero. Un esempio l'ho avuto soltanto una settimana fa, quando venni invitato al Ministero dell'Industria dove era in discussione la questione della regolamentazione degli orari dei distributori di carburante, che il testo della legge approvato dalla Camera poneva sotto il controllo delle Regioni, mentre un susseguente emendamento del Senato ha conservato a detto Ministero. Ad un osservatore superficiale può sembrare che tutto il problema si riduca a stabilire l'orario di apertura al mattino, dì chiusura al mezzogiorno, di riapertura al pomeriggio, di chiusura alla sera dei distributori di carburante. Così non è, invece, perché di contro agli interessi di una categoria di lavoratori quella degli addetti ai distributori di carburante, che sgobbano veramente svolgendo un'attività estremamente disagevole, impegnati ad operare sempre all'aperto, d'estate e d'inverno, al caldo e al freddo, di giorno e di notte, i quali vorrebbero una più umana regolamentazione, stanno i grossi interessi delle Compagnie petrolifere, per le quali è più conveniente l'apertura per il maggior numero possibile di ore. Permanendo la disciplina di questa materia affidata al Ministero dell'Industria, tutto si risolve in contatti diretti fra il Ministero ed una organizzazione di distribuzione all'ingrosso quali sono le Compagnie petrolifere. Se i rapporti fossero impostati tra queste e le Regioni il discorso sarebbe diverso. Di qui la necessità di rivendicare la nostra competenza in questo campo, tanto più che non è chiaro per quale motivo, con la scusa del coordinamento, non debbano soggiacere alla stessa disciplina anche le Regioni a statuto speciale (Sicilia, Sardegna, Trentino-Alto Adige eccetera), quasi che vi fossero Regioni che hanno raggiunto la maggiore età ed altre ancora minorenni. E' questo un caso tipico di tentativo di un Ministero di trattenersi, con motivazioni speciose, competenze che decisamente ad esso non spetterebbero. Si ha la netta sensazione, di fronte a casi del genere che le Regioni siano state create soltanto per prenderle in giro. Vogliate scusarmi se mi son lasciato trascinare dalla passione ad esprimermi senza mezzi termini.
Sta bene, poi quanto prospettato per l'art. 7, perché non si riesce a capire per quale motivo le Regioni, dal momento che devono disciplinare queste materie, non debbano disporre degli strumenti necessari per poterlo fare. Quindi, lasciando a parte il problema della pubblica sicurezza, come la polizia od altro, è evidente che la parte amministrativa del controllo tecnico relativamente a questa materia deve essere trasferita alle Regioni che altrimenti non avrebbero strumenti idonei.
Per concludere, pertanto, dichiaro di approvare il testo e ringrazio gli amici della Commissione, e per essi il Presidente Menozzi, che tanto si è prodigato, a quel che mi risulta, per sintetizzare chiaramente nel testo questi concetti.
Mi dichiaro anche sensibile alle perplessità manifestate dall'avv.
Oberto, evidentemente molto attento ai problemi di Torino. Egli ha fatto richiamo ad alcuni temi specifici, come quello dell'Ente Italiano della Moda e quello della Mostra dell'Artigianato di Firenze, per i quali si corre veramente il pericolo di un declassamento a manifestazioni regionali anziché nazionali o internazionali. Arrivo a dire che renderemmo in tal modo un pessimo servizio all'Ente Moda, un Istituto che Torino ha avuto in dote. Però, è giusta anche l'osservazione del Consigliere Menozzi; la Regione dev'essere il tramite per la promozione di queste manifestazioni e quindi deve poter contare in misura diversa da quanto possano contare altri. Forse un compromesso potrebbe essere raggiunto nel senso di lasciare la paternità di questo Ente all'organizzazione che la detiene, e sotto l'egida dello Stato, ma evidentemente con la partecipazione della Regione in misura più cospicua: una rappresentanza di tre membri della Regione alla Giunta amministrativa è senz'altro troppo modesta: se la sua rappresentanza divenisse più cospicua, passando per esempio da tre a cinque elementi - non so se si possa già fare ora una proposta in tal senso o se sia più opportuno sostenerla quando si esaminerà il decreto delegato - la Regione riuscirebbe, penso, a dare un carattere diverso alla propria partecipazione a quell'Ente.



PRESIDENTE

Ha facoltà di parlare l'Assessore Petrini.



PETRINI Luigi, Assessore all'artigianato, cave e torbiere, acque minerali e termali

Premesso che condivido e sottoscrivo le considerazioni generali espresse dal collega Menozzi a nome della Commissione per i problemi economici in esame, e preso atto con soddisfazione che la predetta Commissione e quasi tutti gli Enti ed Associazioni consultati hanno sostanzialmente confermato i rilievi formulati dalla Giunta in sede di esame del Decreto delegato ritengo, intervenendo in questa discussione, per la parte che mi riguarda, a nome della Giunta, di dover porre ancora una volta l'accento sul fatto che anche qui, come nella predisposizione degli altri Decreti delegati, lo Stato si è purtroppo attestato su posizioni centralistiche, dimostrando di non comprendere appieno la necessità che le Regioni operino in modo innovatore rispetto al passato, non come meri organi di decentramento amministrativo ma per realizzare le finalità politiche che hanno informato la stessa costituzione dell'ordinamento regionale. Questo non significa assumere una posizione antagonistica nei confronti dello Stato, giacché, per esempio per quanto riguarda il settore dell'artigianato, gli strumenti pubblici di intervento sono, secondo le Regioni, destinati ad assumere un'importanza fondamentale, stante la necessità di una rivalutazione del ruolo economico e sociale che questa parte non trascurabile della comunità dovrà esercitare nel contesto della programmazione e delle riforme, soprattutto per renderla competitiva ed alternativa rispetto alle grosse concentrazioni monopolistiche e per darle in ultima analisi, un'autonoma funzione nello sviluppo regionale come forza sociale impegnata con altre alla trasformazione democratica della società.
E' evidente che una valutazione dello schema di decreto delegato, oltre agli aspetti di legittimità costituzionale per i quali i documenti predisposti dalla Giunta e dalla Commissione sono più che esaurienti, deve coinvolgere nel merito la rispondenza dello schema stesso agli obiettivi strategici della politica regionale nei confronti delle materie che vengono trattate.
Per non sottrarre troppo tempo alla discussione, mi limiterò, in questo esame, alla sola materia dell'Artigianato, che tra quelle contemplate dallo schema di decreto in discussione pare indubbiamente quella di maggiore rilevanza, come giustamente è stato richiamato dal collega Gerini. E' indubbio che per garantire e valorizzare il ruolo promozionale spettante all'artigianato, la politica regionale dovrà essenzialmente perseguire i seguenti obiettivi: colmare lo svantaggio che obiettivamente esiste fra l'artigianato e gli altri settori nel campo della ricerca scientifica delle applicazioni tecnologiche e della politica di mercato; colmare lo svantaggio ancora esistente per l'artigianato nel campo dell'approvvigionamento dei capitali, con particolare riferimento alla disponibilità del credito; garantire l'inserimento nel settore artigiano di mano d'opera qualificata; consentire alla categoria degli imprenditori artigiani condizioni sociali pari a quelle delle altre categorie.
Tenuto presente che per quanto attiene all'istruzione professionale ed artigiana nonché all'apprendistato una verifica è già stata effettuata in sede di approvazione delle osservazioni al relativo schema di decreto delegato; che per quanto attiene all'assistenza sanitaria ed ospedaliera si formuleranno le conseguenti osservazioni che si reputeranno necessarie nella sede appropriata (relativo schema di decreto delegato); che, per quanto attiene alla previdenza, la Giunta Regionale non mancherà di intraprendere e sviluppare una coerente dialettica con l'Amministrazione statale; e che per quanto attiene alla riforma tributaria si fa affidamento che il Parlamento recepisca la motivata posizione unitaria dei sindacati di categoria, non si può che valutare, per i restanti obiettivi, ancora deludente lo schema di decreto delegato.
Si è visto, infatti, che un obiettivo fondamentale della politica regionale per l'artigianato è quello dell'eliminazione dello svantaggio in atto a danno delle imprese artigiane nel campo della ricerca scientifica delle applicazioni tecnologiche e della politica di mercato. Ciò presuppone una flessibilità ed una tempestività di interventi intimamente raccordata alle esigenze dell'artigianato locale. Lasciare sopravvivere l'ENAPI (l'Ente cioè che in base all'art. 3 del proprio statuto "ha lo scopo di promuovere e sviluppare l'attività economica e il perfezionamento tecnico dell'artigianato e delle piccole industrie, sostenendoli e tutelandoli sotto ogni riguardo"), significa pertanto essenzialmente, oltre ad ogni valutazione di carattere costituzionale, costringere ad una duplicazione di spese il potere pubblico, in quanto le Regioni ovviamente non potranno disattendere il proprio impegno in questo campo, con grave nocumento per le disponibilità finanziarie pubbliche globalmente considerate. E' pertanto da ritenersi che la richiesta di riorganizzazione e di democratizzazione a livello regionale dell'ENAPI con il trasferimento alle Regioni delle funzioni in atto svolte, così richiesta dalla Giunta e dalla Commissione come affermato anche dagli Assessori regionali nel documento della Conferenza interregionale tenutasi ad Ancona, trovi ampia giustificazione.
Un discorso a parte merita l'Ente Moda di Torino, qui richiamato dal collega Oberto e dal relatore Menozzi. Nel caso, infatti, dell'Ente Moda di Torino, più che di mantenimento di inaccettabili riserve di funzioni da parte dello Stato, sembra infatti trattarsi di un erroneo inserimento di tale Ente nel decreto in esame. L'Ente Moda di Torino non è infatti un Ente dotato di competenze statali trasferibili ma ha per statuto funzioni di indirizzo e di coordinamento a livello nazionale; e non può quindi identificarsi con gli Enti strettamente trasferibili alle competenze regionali, e quindi non va sottovalutato il fatto che un suo trasferimento limiterebbe la sua azione dal campo nazionale a quello regionale, con evidente pregiudizio per la sua stessa attività. In questo senso si sono espressi anche i Sindacati artigiani, vale a dire l'Unione Artigiana di Torino e provincia e la Confederazione Artigiana Sindacati autonomi, in sede di consultazione. Se ne deduce che tale Ente non va inserito nel decreto in esame, e pertanto si condivide (in questo senso) la soppressione dell'intero ultimo comma dell'art. 6.
Per quanto concerne il credito, scontato che esiste a monte il problema generale della sua utilizzazione e finalizzazione, e che si impone una sostanziale riforma della legge relativa, lo schema di decreto delegato non affronta né tanto meno risolve il problema dell'Artigiancassa. Essa, com'è noto, opera attraverso tre fonti: di finanziamento delle operazioni creditizie poste in essere dalle normali aziende di credito, di contributi sugli interessi, di garanzia per le eventuali perdite subite dagli istituti di credito in operazioni a favore di imprese artigiane. Com'è stato ampiamente dimostrato nella relazione della Giunta, è chiaro che soltanto il primo dei suddetti compiti attiene strettamente al credito (materia non rientrante nell'elencazione di cui all'art. 117 della Costituzione) mentre i restanti due sono compresi specificatamente nella materia dell'artigianato, ed anzi ne sono i fattori promozionali ed incentivanti più evidenti. Il che significa che le Regioni devono rivendicare che in sede di decreto delegato (e lo schema non ne fa invece alcuna menzione) tutte le disponibilità finanziarie costituenti il fondo per il concorso statale nel pagamento degli interessi su operazioni di credito a favore delle imprese artigiane oggi gestite dall'Artigiancassa vengano ad esse trasferite. Il trasferimento dei fondi, insieme con la ristrutturazione istituzionale ed organizzativa dell'Artigiancassa su basi regionalistiche consentirebbe di superare le notevoli carenze dell'attuale sistema creditizio all'artigianato. Una strategia politica regionale per il settore artigiano presuppone una estrema sensibilizzazione degli strumenti operativi alle vocazioni di base e non può quindi giustificare, in relazione proprio ad una valida programmazione regionale, il mantenimento (tacito nello schema di decreto delegato, ma espressamente dichiarato nella bozza del decreto presidenziale concernente il riordinamento del Ministero dell'Industria, Commercio e Artigianato), del Comitato centrale dell'Artigianato, ad esempio, come organo consultivo del citato Ministero.
Evidenziati così i punti di macroscopica frizione fra strategia politica regionale nel settore artigiano e schema di decreto delegato, è d'uopo concludere ringraziando con il miglior apprezzamento il Presidente della Commissione e relatore collega Menozzi e tutti i membri della stessa Commissione per il buon lavoro svolto, che sarà senza dubbio proficuo nella misura in cui non solo saranno accolte le nostre giuste istanze ma assicureremo noi stessi come Consiglio Regionale che il settore dell'artigianato in Piemonte non verrà trascurato a vantaggio di altri settori, in quanto costituisce una componente essenziale del mondo del lavoro e della produzione, oltre, evidentemente, a rappresentare un fattore civile e sociale di primaria importanza.



PRESIDENTE

Consigliere Oberto, se intende proporre l'emendamento che aveva preannunciato ha facoltà di parlare.



OBERTO Gianni

Vorrei intervenire, signor Presidente, soltanto per dire che non presento...



PRESIDENTE

Non le posso dare la parola se non nel caso in cui proponga un emendamento.



OBERTO Gianni

Allora, propongo un emendamento in questi termini. Nella premessa all'art. 6, secondo capoverso, ove è detto: "Rivendicando una maggiore rappresentanza regionale nei Consigli di Amministrazione e nelle Giunte esecutive di Enti fieristici" proporrei di aggiungere: "anche a carattere nazionale".
Questo perché nel testo presentato ed accettato dalla Giunta si dice giustamente: "Sono trasferite alle Regioni a statuto ordinario per il rispettivo territorio" - Ringrazio l'Assessore delle sue precisazioni, che mi inducono a non fare altra presentazione di emendamenti, in quanto le precisazioni chiariscono le cose sulla questione specifica dell'Ente Moda di Torino; l'art. 117 viene correttamente interpretato nella stessa proposta che viene formulata dalla Commissione ed accettata dalla Giunta.
Se noi non esplicitiamo nella parte precedente che questa rappresentanza dev'essere anche nelle Giunte esecutive e nei Consigli d'Amministrazione a carattere regionale, né Firenze potrà ottenere una rappresentanza nell'Ente fiorentino né Torino potrà ottenere una rappresentanza nell'Ente Nazionale della Moda. Senza parlare di altri aspetti che sono stati trascurati: manifestazioni come il Salone della Tecnica, il Salone dell'Automobile, che si svolgono a Torino, che cosa sono? Sono fiere? Sono mostre? Sono mercati? Hanno carattere nazionale? Hanno carattere internazionale? Hanno carattere privatistico? La Regione ha un interesse ad intervenire? Sono interrogativi che mi si dice essere stati proposti in sede di Commissione e che mi sono rivolto anch'io, come modesto Consigliere.
Propongo pertanto l'emendamento che ho enunciato.



PRESIDENTE

L'emendamento proposto dal Consigliere Oberto consiste nell'inserire a pag. 21, art. 6, dopo la parola "fieristici", la frase: "anche a carattere nazionale aventi sede nella Regione".
Qualcuno desidera prendere la parola su questo emendamento? Poiché si sono svolte discussioni molto accese in materia attorno a questo banco sarebbe opportuno che le eventuali obiezioni venissero illustrate.



FERRARIS Bruno

Anche se l'aggiunta è pleonastica, l'accettiamo.



VIGLIONE Aldo

Per noi va bene.



PRESIDENTE

Che ne pensa il relatore?



MENOZZI Stanislao, relatore

Accetto l'emendamento.



PRESIDENTE

Anche la Giunta dichiara di accettarlo.
Allora, prima di votare il testo nel suo complesso, pongo in votazione l'emendamento proposto dal Consigliere Oberto, consistente nell'inserire a pag. 21, art. 6, dopo la parola "fieristici", l'aggiunta: "anche a carattere nazionale aventi sede nella Regione". Dichiarazioni di voto non ce ne sono. Chi è favorevole è pregato di alzare la mano. E' approvato.
Pongo ora in votazione il complesso delle "Osservazioni del Consiglio Regionale allo schema di Decreto delegato concernente il trasferimento alle Regioni a statuto ordinario delle funzioni amministrative statali in materia di fiere e mercati, acque minerali e termali, cave e torbiere artigianato". Chi è favorevole è pregato di alzare la mano.
E' approvato.


Argomento: Organizzazione turistica - Strutture ricettive (albergh., extra-albergh., campeggi e villaggi, classif., vincolo) e strutture e impianti turist.

Esame dello schema di osservazioni al Decreto delegato su Turismo e Industria alberghiera


PRESIDENTE

Passiamo ora all'esame del punto 5) all'o.d.g.: "Esame dello schema di osservazioni al Decreto delegato su Turismo e Industria alberghiera".
Prima di dare la parola alla relatrice Soldano, essendo stato il testo delle osservazioni distribuito poco fa, desidero sapere dal Consiglio se abbia obiezioni a discuterlo subito e ritenga pertanto di dover rimandare la discussione ad altra seduta, e se, accettando invece di discuterlo subito, vi è qualcuno che ritenga necessario che la relatrice, oltre ad illustrarle, dia anche lettura del testo di osservazioni, distribuito all'ultimo momento, come ho detto.
Ha facoltà di parlare il Consigliere Berti.



BERTI Antonio

A mio parere, potremmo discuterlo subito. Mi pongo solo il problema se iniziare adesso il dibattito o rinviarlo alla seduta pomeridiana.



PRESIDENTE

Consigliere Berti, ci rimane solo questo punto, a parte interpellanze e interrogazioni, e quindi vedrei la possibilità di concludere i nostri lavori già questa mattina, come avevo preannunciato ieri.



BERTI Antonio

Per quanto mi riguarda, la cosa non è possibile, perché, in previsione di una doppia seduta, ho assunto impegni per le 13. Comunque, la mia presenza non è indispensabile.



PRESIDENTE

Ho l'impressione che finiremo prima delle 13.
Allora, la lettura non viene richiesta. Ha facoltà di parlare, per illustrare la relazione, la relatrice Soldano.



SOLDANO Albertina, relatrice

La relazione consta anzitutto di una premessa, nella quale si presenta il turismo come fenomeno da considerare non soltanto dal punto di vista economico, anche se questo è l'aspetto più appariscente, ma soprattutto dal punto di vista umano e sociale, nel superamento di un'arcaica distinzione discriminatoria fra classi sociali per cui si è giunti a considerare il turismo stesso non più come movimento di "elites ", ma come movimento di massa, cioè turismo di massa: vale a dire, il turismo viene presentato in senso promozionale, come un aspetto nuovo della nostra realtà regionale, da collegare con tutti gli altri aspetti, nel quadro generale della programmazione. Ne deriva quindi il richiamo che noi abbiamo ritenuto di dover fare al complesso problema dell'educazione permanente, già ampiamente discusso in altra sede, ed ai rapporti specifici di tale problema con le culture vive, con i centri storici, oppure come scoperta del mondo culturale, del mondo artigiano, delle attività minori, fino a ricollegarci ai complessi problemi che concernono l'urbanistica e l'ecologia in generale.
La relazione passa poi alle osservazioni generali, sia dal punto di vista giuridico costituzionale sia dal punto di vista tecnico. Queste nella sostanza, ribadiscono i punti precisati nel documento della Giunta.
Il concetto essenziale sul quale tali osservazioni si fondano è quello di rivendicare alla Regione tutto ciò che è di sua competenza, cioè tutto il settore del turismo e dell'industria alberghiera, nel pieno rispetto del dettato costituzionale.
Mi pare opportuno comunque illustrare meglio qualche punto. In particolare dagli artt. 117 e 118 della Costituzione e dall'art. 17 della Legge 16 maggio '70, 281, scaturiscono almeno tre aspetti, che schematicamente si potrebbero cosi presentare: 1) il rapporto fra la potestà amministrativa e quella legislativa, con tendenza, evidente nello schema di decreto delegato, limitativa nei confronti della Regione da parte dello Stato; 2) il riconoscimento della potestà amministrativa della Regione in materia, mentre allo Stato rimane la funzione di indirizzo e di coordinamento; 3) il trasferimento alla Regione, sempre pel rispetto del dettato costituzionale, per settori organici, di materie, fino a considerare la possibilità di attrazione nell'ambito regionale di ogni residua competenza dello Stato mediante la delega (per la verità, questo terzo aspetto non dovrebbe emergere con riferimento alla materia del turismo e dell'industria alberghiera, data la competenza totale attribuita in merito dalla Costituzione alla Regione).
Noi ci siamo resi conto che esistono indubbiamente precise esigenze di carattere unitario, quali il programma economico nazionale o gli impegni derivanti da accordi internazionali, che possono essere affrontati solo attraverso precise norme legislative emanate dallo Stato; ma ci ribadiamo, deve avvenire nel rispetto dell'autonomia delle Regioni, anzi con la diretta, corresponsabile partecipazione delle Regioni. Pertanto, a conclusione dell'esame del rispetto del dettato costituzionale, ed a conclusione anche di alcuni particolari tecnici, noi riteniamo di dover esprimere parere decisamente sfavorevole al decreto delegato in oggetto.
Tali tesi sono state confermate dalla consultazione che ha avuto luogo ai sensi dell'art. 20 del nostro Statuto e che ha confermato, in sostanza tutti i rilievi formulati nella relazione presentata dalla Commissione, e già, in precedenza, espressi nel documento della Giunta.
In particolare, mi pare significativo dover richiamare alcuni aspetti della consultazione, con riferimento ai seguenti punti: la necessità di sintesi fra gli aspetti del turismo relativi alla ricettività e al confort e gli aspetti più propriamente culturali, in particolare connessione con il problema del tempo libero l'importanza della preparazione e dell'aggiornamento del personale che dev'essere turisticamente sensibilizzato ai luoghi e alle istituzioni in cui è presente la domanda del turista la stretta connessione fra i problemi del turismo e quelli delle altre attività, con particolare riferimento al mondo rurale, artigianale e alle imprese minori quindi il collegamento con gli istituti per la tutela e la promozione dei beni culturali, la difesa della natura e del paesaggio, oltre che con i centri storici inoltre, l'urgenza di affrontare con organicità i problemi socio economici di vaste aree depresse, ma decisamente suscettibili di sviluppo con particolare riferimento alle comunità montane, mirando costantemente alla salvaguardia dei principi di libertà e di potere decisionale autonomo da riservarsi a dette comunità, anche in ottemperanza a quanto risulta sancito dalla nuova legge sulla montagna attualmente in discussione al Senato.
In ultima analisi - si passa alle proposte di emendamenti, ai singoli articoli ed alle osservazioni analitiche - mi permetto richiamare l'attenzione dei signori Consiglieri sulle osservazioni fatte all'art. 1.
Qui si rileva come, in contrasto anche con la relazione ministeriale, che parla di trasferimento integrale delle attribuzioni da conferire alle Regioni, l'articolo in questione si riduca ad un'arida e superflua elencazione delle competenze regionali. Detta elencazione potrebbe essere ammessa soltanto come esemplificazione, di per sé restrittiva e non vincolante. In caso diverso, si rileva come il secondo comma che la comprende sia in netto contrasto con quanto asserito nel primo comma dell'art. 5 stesso, che ribadisce il concetto del trasferimento di tutte le funzioni amministrative in materia di turismo e industria alberghiera alle Regioni.
In particolar modo, alla lettera c) noi osserviamo che è superfluo specificare il trasferimento alle Regioni delle funzioni amministrative che lo Stato attualmente esercita nei confronti degli Enti provinciali per il Turismo e delle Aziende autonome, perché è implicito nella norma generale del trasferimento di tutte le funzioni amministrative.
Inaccettabile, poi, consideriamo la riserva circa il mantenimento delle norme vigenti, che disciplinano i collegi dei Revisori: mantenere il collegio dei Revisori dei conti, di nomina statale, quando ogni funzione amministrativa sin qui esercitata dagli organi centrali e periferici dello Stato viene attribuita alle Regioni, significa compiere un'aperta violazione dell'autonomia regionale.
Infine, risulta incomprensibile la specificazione delle funzioni di vigilanza sulle Aziende autonome, sia perché si fa riferimento ad esse sole, sia perché non si fa cenno agli Enti provinciali per il turismo, sia perché la materia deve avere una regolamentazione del tutto diversa. Il controllo sugli atti degli Enti provinciali per il Turismo e delle Aziende autonome non potrà ovviamente essere esercitato che dagli organi regionali di controllo, mentre le funzioni di vigilanza e di merito non potranno che essere regolati da leggi regionali, nella considerazione dello stretto rapporto che dovrà instaurarsi per l'attuazione dei programmi regionali di sviluppo turistico.
All'art. 2 si richiama in particolar modo il secondo comma, che è da respingere in quanto vincola l'ordinamento degli Enti provinciali per il turismo a quello oggi in vigore, in aperta violazione della competenza esclusiva, in materia, della Regione.
All'art. 3, si propone una sostituzione determinata dalla particolare fisionomia dell'Enit. Cioè, l'Enit, si precisa, continuerà a svolgere, fino a che non sarà diversamente stabilito, e nell'ambito dei suoi fini istituzionali, attività di ricerca, di studio, di raccolta di dati statistici, secondo le direttive della Regione.
Mi permetto inoltre di richiamare, perché ci è sembrato particolarmente importante, l'art. 8. Noi vi abbiamo rilevato la mancanza di qualsiasi indicazione in ordine al contingente del personale statale da trasferire alle Regioni, oltre la discutibilità del separato provvedimento di cui al terzo comma, che contiene un rinvio privo di qualunque delimitazione. E con tale affermazione non si vuole naturalmente sottovalutare, da parte della Commissione, l'importanza del problema. Tuttavia, dobbiamo prendere atto della genericità ed evasività della formulazione, che nella sostanza tende piuttosto al rinvio del problema anziché all'impostazione seria del medesimo. A questo proposito io, a nome e per incarico della Commissione ritengo di dover auspicare l'accoglimento delle legittime richieste del Personale dipendente, con particolare riguardo a quello degli Enti provinciali per il Turismo ed a quello delle Aziende autonome.
L'art. 9 prospetta un sostanziale cambiamento nella nostra proposta di formulazione, in quanto noi teniamo presente un elenco, che viene allegato dei capitoli di bilancio dello Stato da sopprimere dallo stato di previsione per l'anno finanziario 1971 del Ministero del Turismo e dello Spettacolo, intendendoli come capitoli "da sopprimere" in vista del passaggio al bilancio delle Regioni; analogamente elenchiamo una serie di capitoli "da ridurre". Per quanto, poi, riguarda lo stato di previsione per l'anno finanziario 1971 di altri Ministeri, segnaliamo alcuni capitoli da ridurre nello stato di previsione del Ministero del Tesoro, del Ministero degli Affari Esteri, del Ministero della Pubblica Istruzione e del Ministero dell'Interno.
Sono a disposizione per dare quei chiarimenti che eventualmente mi fossero richiesti. A conclusione di questa relazione, ritengo di dover esprimere un sentito ringraziamento ai colleghi Commissari per lo spirito di collaborazione che ha animato i lavori della Commissione stessa, il che ha permesso di superare anche difficoltà di ordine cronologico.



PRESIDENTE

Ha facoltà di parlare il Consigliere Benzi.



BENZI Germano

Signor Presidente, signori Consiglieri, in qualità di Presidente della VII Commissione, che ha presentato le osservazioni allo schema di Decreto delegato sul Turismo e l'Industria alberghiera, desidero anzitutto rivolgere un ringraziamento alla Commissione stessa, ed in particolare alla relatrice, Consigliera Soldano e al Consigliere Bono.
Colgo poi l'occasione per far rilevare la necessità di un cambiamento nei rapporti fra la Commissione e la Giunta. Noi ci siamo trovati in condizioni di non potere spedire fino al 15 di questo mese ai vari Enti il testo del decreto delegato con il parere della Giunta, e per questo ritardo abbiamo avuto lamentele ed aspre contestazioni da parte delle persone che abbiamo convocato. L'esperienza che tutti quanti abbiamo avuto modo di fare in questi cinque-sei mesi di lavoro mi induce a rilevare che sarebbe bene riunire nuovamente i Presidenti delle Commissioni ed i componenti la Giunta per studiare insieme altri meccanismi che ci permettano di intrattenere rapporti e di aprire un colloquio diretto con gli Enti che facciamo intervenire alle nostre riunioni, perché la Regione possa ricevere veramente impulso dall'esperienza che anche questi vari Enti hanno acquisito; altrimenti una parte del nostro lavoro risulterà vanificata.



PRESIDENTE

Ha facoltà di parlare il Consigliere Bono.



BONO Sereno

Signor Presidente, colleghi Consiglieri, anch'io ritengo che il Consiglio debba dare atto dell'impegno intelligente e della volontà operosa della collega Soldano, la quale nello spazio di tempo di poco superiore alle ventiquattr'ore rimasto dopo che, al termine delle consultazioni, la Commissione ha potuto riunirsi e tirare le somme di queste consultazioni, è stata in grado, molto probabilmente non rispettando il precetto festivo...



SOLDANO Albertina, relatrice

A Messa sono andata ugualmente.



BONO Sereno

... di preparare una bozza di documento per le osservazioni allo schema di decreto delegato che la Commissione è poi stata costretta a discutere nelle giornate di lunedì e di ieri. Penso si debba dare atto anche alla Commissione nel suo insieme di avere pur essa operato in modo da giungere alla stesura di un documento serio nonostante i termini di tempo assolutamente insufficienti entro i quali doveva agire. Penso sia anche giusto sottolineare in Consiglio che, come giustamente ha già rilevato il Consigliere Benzi, nei confronti degli organismi e degli Enti che sono stati consultati su questa bozza di decreto delegato, la Regione Piemonte nel suo insieme non ha certamente fatto bella figura, in quanto il tempo materiale concesso ai nostri cortesi interlocutori per l'esame del decreto delegato e del parere della Giunta (teniamo conto che le consultazioni sono state spedite martedì e le consultazioni sono iniziate nella giornata di venerdì) non ha certamente loro consentito, nonostante tutta la loro buona volontà e l'impegno della Commissione, di formulare un giudizio serio e meditato, di tenere anche le consultazioni dei loro organi collegiali di direzione che la complessità e la delicatezza della materia avrebbero richiesto.
D'altronde, la scarsa partecipazione degli organismi invitati alla consultazione diretta sta ad indicare non certo un disinteresse degli stessi per la materia ma piuttosto l'imbarazzo e la difficoltà in cui si sono venuti a trovare, ove queste assenze non assumono addirittura un significato di chiara ed esplicita protesta. Nella giornata di mercoledì poi, i documenti sono stati inviati a numerosi altri organismi che venivano invitati a far pervenire un parere scritto, per l'invio del quale, come risulta dalla lettera di accompagnamento a firma del Presidente della Giunta, Calleri si fissava il termine di sabato prossimo 25 settembre (quindi alcuni giorni dopo la espressione del parere da parte del Consiglio). Questa mattina abbiamo poi ricevuto un telegramma, sottoscritto da tutti i Presidenti degli Enti provinciali per il Turismo del Piemonte col quale protestano perché "impediti ristrettezza termine esprimere motivato parere proposta Giunta Regionale circa osservazioni su schema di decreto delegato turismo".
Il ritardo del nostro lavoro e la conseguente stretta finale non sono stati determinati da condizioni oggettive di fatto ma costituiscono esclusivamente il risultato di un modo di procedere assolutamente inaccettabile che è stato seguito dalla Giunta, e forse, più in particolare, del suo modo di concepire e regolamentare i rapporti fra la Giunta e il Consiglio Regionale e fra la Giunta e le Commissioni, che del Consiglio Regionale sono espressione. Infatti, il Decreto delegato sul Turismo è giunto alla Regione Piemonte il 19 luglio. La VII Commissione si è riunita una prima volta il 26 luglio e in quell'occasione ha predisposto tenendo conto del ritardo con il quale il Governo ha emanato lo schema di Decreto delegato, e dell'impossibilità - questa volta sì, veramente oggettiva, in quanto non dipendente da noi - di procedere alle consultazioni entro il mese di agosto, un programma di lavoro capace di garantire le consultazioni per le prime giornate di settembre, lasciando quindi il tempo necessario sia agli organismi da interpellare che alla Commissione di elaborare un giudizio serio e meditato. Tutto questo ovviamente presupponeva, in base all'intesa raggiunta nella conferenza dei Presidenti del 19 maggio '71, che la Giunta presentasse entro un termine ragionevole, che poteva essere indicato nella seconda decade di agosto, il proprio parere scritto. Il parere della Giunta non si è avuto entro i termini previsti, non so se per disaccordi politici o per pura negligenza: sta di fatto che la mancanza di questo parere ha fatto saltare le consultazioni che la Commissione aveva all'unanimità deciso di effettuare nei giorni 6, 7 e 8 settembre in considerazione del fatto che la legge appunto assegna alla Regione 60 giorni di tempo per le proprie osservazioni.
Chiedo scusa ai colleghi se li ho annoiati con una elencazione troppo fitta di date, ma questo era necessario per dimostrare come al 7 settembre cioè dopo ben cinquanta giorni dal ricevimento dello schema di decreto delegato, la Commissione, riunitasi per effettuare le consultazioni, abbia dovuto modificare i propri programmi in quanto la Giunta non aveva ancora provveduto ad esprimere il suo parere. Questo parere della Giunta è poi pervenuto in via ufficiosa giovedì 9 settembre, ed ufficialmente i membri della Commissione l'hanno ricevuto il 15 settembre, due giorni soltanto prima dello scadere del termine fissato dalla legge e sei giorni prima della convocazione di questa seduta del Consiglio Regionale.
Concludendo su questo aspetto, ritengo che dobbiamo non solo prendere atto che la Giunta ha impiegato cinquantadue giorni per esprimere un suo parere e che alla Commissione sono rimasti, dovendo anche attuare la procedura inaccettabile che prima ho denunciato, solo quattro giorni per effettuare le consultazioni e stendere il documento che oggi è presentato al Consiglio, ma anche cercar di comprendere insieme, per esprimere un giudizio politico sul comportamento della Giunta, se tale atteggiamento rappresenti il frutto, come dicevo prima, di un dissenso politico esistente al suo interno oppure sia il prodotto di colposa negligenza, oppure - e queste altre ipotesi non inverosimili sarebbero estremamente gravi - se tale modo di agire dovesse rappresentare più semplicemente una manifestazione di disprezzo della Giunta verso il Consiglio e facesse parte di un disegno preordinato, che non potrebbe essere definito che antiregionalista, eversivo e di destra, di operare per uno svuotamento delle prerogative e quindi per uno svilimento delle funzioni del Consiglio stesso.
Queste ultime considerazioni rappresentano, comunque, la deduzione inevitabile sul comportamento della Giunta, sia stato esso determinato da un disegno preordinato, o, nella più benevola delle ipotesi, da colposa negligenza Fatta questa premessa ed informazione, che ritenevo doverosa nei confronti del Consiglio, il quale dovrà assumere le necessarie deliberazioni al fine di evitare che si ripetano fatti di questa natura gravemente dannosi per l'Istituto regionale, che sta attraversando la sua fase costitutiva, regolamentando in modo diverso il rapporto Giunta commissioni, come ebbe a chiedere il Presidente della VII Commissione Benzi, passo ad esaminare molto rapidamente alcuni aspetti del Decreto delegato.
E' già stato più volte detto in questa sede che gli articoli 117 e 118 della Costituzione assegnano interamente alle Regioni tutte le competenze legislative ed amministrative in materia di turismo e di industria alberghiera. Da questa assegnazione di totale competenza della materia alle Regioni dovrà dischiudersi per il turismo e per l'industria alberghiera del nostro Paese l'avvio di una fase nuova, nella quale tali attività si dovranno collocare in un contesto più corrispondente alle esigenze di sviluppo culturale, sociale e democratico del Paese. Ma per assolvere una così impegnativa funzione, le Regioni, ed il Piemonte per quanto ci riguarda in particolare, devono cominciare a verificare, e noi riteniamo a correggere, la tradizionale visione dell'attività turistica, finora concepita prevalentemente come intervento pubblico a sostegno di categorie e di operatori interessati a questa attività sotto l'esclusivo profilo economico e che più in generale viene concepita dai teorici del neo capitalismo come una componente significativa della cosiddetta politica dei consumi. Il turismo visto esclusivamente o prevalentemente in chiave consumistica potrà godere le simpatie e l'interesse di alcuni gruppi ristretti della dirigenza economica e politica del Paese; ma questa visuale distorta lo priva però di contenuto e valore sociale e ne pregiudica conseguentemente le prospettive di sviluppo.
Anche nel settore del turismo, quindi, se non si vuole costruire sulla sabbia e nell'interesse di pochi, l'analisi deve partire collocando al centro dell'attenzione di tutti coloro che si occupano di turismo, ma in particolare degli Enti pubblici, lo sviluppo e l'esaltazione della personalità umana, in quanto che, essendo l'uomo il patrimonio di più grande rilevanza per qualsiasi tipo di società, esso deve rappresentare l'obiettivo di fondo di tutta la strategia anche in questo settore. Quindi non una meschina e restrittiva visione consumistica, che assegna al turismo e al tempo libero la sola, o prevalente, funzione dì rigenerazione delle forze che l'uomo moderno deve spendere per lavorare e per vivere in città e in ambienti che non corrispondono più alla dimensione umana, visione questa di carattere meramente efficientistica del sistema e di coloro che nel sistema realizzano lauti profitti ma al turismo e al tempo libero dev'essere assegnata una funzione che con lo sviluppo ed il progresso fisico assicuri anche e soprattutto l'elevazione culturale e sociale dell'uomo. Che senso avrebbero, infatti, la lotta per la conservazione della natura e del paesaggio, per la salvaguardia ed il potenziamento delle ricchezze artistiche e storiche del Paese, che senso avrebbero le ingenti spese che si affrontano per l'organizzazione del territorio, se non fossero viste in funzione dell'uomo, sia esso indigeno o straniero, sia esso un utente permanente o stagionale di questi patrimoni? Questa premessa, necessariamente troppo sintetica per dovere nei confronti dell'economia dei nostri lavori, è necessaria al fine di stabilire se si ritrova, nello schema di decreto delegato, quel passaggio di competenze, pur trattandosi per ora solo di funzioni amministrative dallo Stato alle Regioni che la Costituzione ci affida in materia di turismo e di industria alberghiera. La risposta a questo interrogativo non può che essere nettamente negativa, in quanto, come risulta chiaramente dalla relazione della Commissione e da quanto detto dalla relatrice collega Soldano, il decreto delegato disattende in larga misura non solo il disposto degli articoli 117 e 118 della Costituzione ma lo stesso art. 17 della Legge del 1970, il noto ordine del giorno approvato dal Senato, e la sentenza n. 39 del 1971, che nel merito è stata emessa dalla Corte Costituzionale.
Quindi, noi ci troviamo di fronte ad uno schema di decreto delegato approntato dal Governo che non solo si ispira, come è stato fino ad ora unanimemente riconosciuto da tutti coloro che l'hanno preso in esame, al più aperto antiregionalismo, ma che vuole anche operare sul piano politico affinché, con grande soddisfazione delle destre, al 1° gennaio 1972 nessuna competenza venga passata alle Regioni, nonostante quanto si afferma all'art. 11. Infatti, mentre ritengo che possiamo senz'altro definire senza tema di essere smentiti, che gli estensori dello schema sono degli irrecuperabili antiregionalisti, e perciò disposti, come hanno fatto per oltre vent'anni, a calpestare ancora una volta la Costituzione, non possiamo d'altra parte ritenerli tanto ingenui ed impreparati da poter ritenere che un simile schema, anche se dovesse trovare una maggioranza parlamentare disposta ad approvarlo, potrebbe diventare legge dello Stato in quanto, come è chiaramente rilevato, nel disposto della sentenza della Corte costituzionale che ho già citato si dice tra l'altro: "E' superfluo aggiungere che qualora, in ipotesi, le disposizioni che saranno poste al riguardo dai decreti delegati di trasferimento delle funzioni, travalicando l'oggetto e gli scopi compatibili con i poteri costituzionali delle Regioni, fossero ritenute inevasive della competenza ad esse spettanti, non sfuggirebbero al sindacato di questa Corte, davanti alla quale le Regioni sarebbero legittimate ad impugnare i decreti dopo la loro pubblicazione".
Io non sono un giurista, e mi pongo la domanda sul piano politico: quali conseguenze si avrebbero se domani le Regioni dovessero impugnare di fronte alla Corte Costituzionale dei decreti delegati che sono incostituzionali, che debbono essere rivisti e rimeditati? Penso che, sul piano politico, il pericolo più grande che noi dovremmo paventare è che come minimo, al 1° gennaio '72 le competenze non passerebbero alle Regioni.
Concludo, pertanto, rilevando che le osservazioni che sono state formulate, non solo mirano a migliorare la bozza di decreto delegato, che ci è stata presentata per renderlo più preciso, per fare di esso un buon decreto, ma anche a garantire che il passaggio avvenga inderogabilmente entro il 1° di gennaio prossimo. Ho voluto solo aggiungere queste osservazioni di carattere generale a quanto era già contenuto nella relazione della Commissione e nella relazione presentata qui oggi dalla collega Soldano: non intendo entrare negli aspetti più particolari, perch come è già stato detto, quello che è scritto nella relazione è frutto di un'attività strettamente collegiale, che è stata condotta, e quindi ne ha ottenuto il parere favorevole unanime, di tutti i membri della Commissione stessa.



PRESIDENTE

E' iscritto a parlare il Consigliere Simonelli. Ne ha facoltà.



SIMONELLI Claudio

Signor Presidente, colleghi, poche parole ancora, ovviamente di adesione al documento elaborato dalla Commissione, che riprende sostanzialmente quello predisposto dalla Giunta. Insieme, anch'io vorrei unire il mio compiacimento per il lavoro che ha fatto la Consigliera Soldano, e dire anche, perché corrisponde a verità, - e noi "laici" ci siamo preoccupati di accertarlo - che, nonostante il lavoro egregiamente svolto, la Consigliera Soldano domenica ha ugualmente potuto recarsi a Messa: dobbiamo dargliene atto qui, anche se le è costato una levataccia ha adempiuto i suoi doveri di cattolica.
Il documento della Commissione rifiuta sostanzialmente il decreto delegato che è stato predisposto dal Governo, per le ragioni indicate dai colleghi, e che limito ad enumerare succintamente. Innanzitutto, perché il Decreto delegato non realizza il completo trasferimento delle funzioni alla Regione secondo il disposto costituzionale; poi, perché mantiene, sotto il pretesto dei poteri di indirizzo e di coordinamento indebitamente estesi degli inammissibili poteri di ingerenza riservati al Ministro nei confronti dell'attività delle Regioni.
E' chiaro che tutta la controversa materia su quali siano i poteri di indirizzo e di coordinamento dev'essere vista alla luce della norma costituzionale, e quindi senza indebitamente allargare l'ingerenza governativa in ordine all'attività esercitata dalle Regioni. Ovviamente, i poteri di indirizzo e coordinamento si possono esprimere in molti modi: attraverso la emanazione di leggi-cornice, di leggi di piano, attraverso le determinazioni collegiali del Governo, attraverso tutta la manovra articolata che al Governo compete, per esempio, attraverso l'uso dei contributi speciali di cui all'art. 12 della legge sulla finanza regionale o l'uso del fondo per il finanziamento dei programmi regionali di sviluppo di cui all'art. 9, e, al limite, successivamente, attraverso la richiesta di intervento del Parlamento per il giudizio sul merito delle leggi regionali. Ma certo non è ammissibile una forma di coordinamento e di indirizzo che si esprima in direttive vincolanti del Ministro nei confronti delle Regioni né in una forma di intervento che approvi i programmi delle Regioni.
Altra ragione di opposizione è la circostanza che il Decreto delegato non realizza il trasferimento alle Regioni dell'intera attività esercitata in materia turistica, ma anzi tende a far sì che quell'attività continui ad essere esercitata dallo Stato attraverso gli enti strumentali. In particolare, è significativo, sotto questo profilo, il fatto che vengano paradossalmente attribuiti addirittura all'Enit, anziché al Ministro compiti di indirizzo e coordinamento nei confronti di attività che devono invece essere regionali. Analogamente per gli altri Enti contemplati all'art. 4.
Pure motivo di perplessità è la posizione ambigua nella quale il Decreto delegato mantiene gli Enti provinciali per il turismo, la cui sorte, viceversa, deve essere decisa dalle Regioni, se mai nell'ambito di una legge-cornice che il Parlamento dello Stato può emanare, volta a dare alle Regioni criteri generali di massima.
Sul punto relativo agli E.P.T. credo valga la pena spendere qualche parola in più, perché la relazione della Commissione non concorda - ed è l'unico punto di dissenso - mi sembra, con le indicazioni che erano state fornite dalla Giunta, secondo la quale gli E.P.T. vengono considerati come Enti locali ai quali sarebbe possibile delegare funzioni in materia turistica di interesse locale a norma dell'art. 118 della Costituzione.
Questa controversia relativa agli Enti provinciali per il turismo credo debba essere correttamente risolta indicando gli Enti Provinciali per il turismo non come "Enti locali" ma "enti strumentali", cioè "enti del parastato". E questo non perché il termine "Ente locale" di per s corrisponda ad "ente democraticamente eletto" ecc., perché se mai, se volessimo attenderci ad un criterio terminologico corretto, i Comuni e le Province sono "Enti territoriali", non Enti locali, cioè Enti in cui la caratteristica di rappresentanza democratica è data dal fatto che elementi costitutivi sono appunto la potestà, il territorio, la popolazione; e quindi "Ente locale" è termine alquanto generico e vago, che non è detto debba necessariamente comprendere soltanto i Comuni e le Province.
Però, se noi cerchiamo di approfondire questo discorso, vediamo che la Costituzione consente che con legge dello Stato siano attribuite ad altri Enti locali, pur in settori di competenza regionale, materie di interesse esclusivamente locale. Se consideriamo che questa è la previsione della Costituzione, dovremo vedere se in realtà la configurazione, la funzione attuale degli E.P.T. e il loro rapporto con gli altri organi dell'Amministrazione pubblica siano tali da configurare questi Enti come meramente locali. E allora noi vediamo che, per esempio, l'Ente provinciale per il Turismo non è locale, in questo senso, almeno nella misura in cui i poteri di vigilanza non spettano al Prefetto, come sarebbe se di Enti a funzione e rilevanza esclusivamente locali si trattasse, ma appartengono al Ministro; gli E.P.T. quindi, sono Enti che si configurano, mi sembra, con più precisione tra quelli dell'Amministrazione indiretta dello Stato, cioè Enti del parastato, Enti strumentali, attraverso i quali, cioè, lo Stato persegue i suoi fini, servendosi, anziché dei suoi organi periferici, di Enti pubblici organizzati autonomamente ma tuttavia sottoposti a penetranti poteri di ingerenza e di vigilanza da parte del Ministro.
Se noi diamo, come la relazione dà, agli Enti provinciali per il Turismo questa caratteristica, dobbiamo ancor più ampiamente riconoscere che tutta la materia che riguarda gli E.P.T. e le Aziende autonome dev'essere disciplinata dalla Regione e che quindi la loro sorte è legata ad una riorganizzazione generale del settore, che non può non spettare alla Regione; ripeto, se mai nell'ambito di una legge-quadro, una legge-cornice disposta per garantire una soluzione unitaria per tutto il Paese.
Sotto questo profilo, mi sembra che debba essere apportato anche un piccolo emendamento soppressivo alla stessa relazione della Commissione - e ne ho parlato sia con il Presidente che con la relatrice, che sono d'accordo - laddove si accenna al controllo sugli atti degli Enti provinciali del Turismo e delle Aziende autonome. A pag. 11, ultimo comma la relazione dice: "Il controllo sugli atti degli Enti Provinciali del turismo e delle Aziende autonome non potrà che essere esercitato dagli organi regionali di controllo". Mi sembra che questa dizione valga a confermare, viceversa proprio il carattere di Enti locali che in tutto il resto della relazione è stato abbandonato. Cioè, se noi diciamo che gli Enti Provinciali per il turismo sono controllati dagli organi regionali di controllo, in pratica li equipariamo agli Enti locali; io penserei viceversa che si potrebbe lasciare soltanto la seconda parte della dizione: "Le funzioni di vigilanza e controllo non potranno che essere regolate da legge regionale". In definitiva, non si decide in questo momento che l'attività degli E.P.T. sia sottoposta agli organi di controllo, ma si lascia la questione impregiudicata. Perché, se gli Enti provinciali per il Turismo fossero soppressi - e potrebbero esserlo, al limite, visto che noi sosteniamo che la loro disciplina deve essere dettata dal Consiglio Regionale - l'insieme della relazione calzerebbe ugualmente, non parlando di controllo da parte degli organi regionali.
A proposito degli E.P.T., il personale ha avanzato rivendicazioni, che noi abbiamo esaminato in Commissione. A me sembra che appunto proprio perché si tratta di materia riservata all'autonomia regionale, sarebbe sbagliato da parte nostra trattare, in questa relazione sul Decreto delegato, un argomento che competerà esclusivamente alla Regione di affrontare e di risolvere. Naturalmente, è chiaro che la Regione non si permetterà di passare sopra né ai diritti acquisiti né alle garanzie relative al posto di lavoro di cui gode il personale degli Enti Provinciali per il turismo.
Mi sia consentito rivolgere ancora un elogio alla Consigliera Soldano per la diligente attività di ricerca svolta per individuare tutti i capitoli di spesa da ridurre o sopprimere sul bilancio dello Stato. Mi sembra che sia stato giusto procedere ad una verifica di tutte le fonti di erogazione di spesa pubblica, in quanto mi sembra che dobbiamo ribadire come l'erogazione dei contributi statali debba necessariamente avere come suo tramite la Regione, perché il sistema previsto dalla Costituzione non consente che un'attività amministrativa, come è certamente l'erogazione di contributi, possa essere fatta direttamente dallo Stato.
Quindi, anche i contributi che lo Stato eroga per manifestazioni turistiche, per Enti speciali, per attività particolari, devono passare necessariamente per il tramite delle Regioni.
Dall'insieme delle critiche e delle proposte alternative che vengono formulate nella relazione emerge quella necessità di trasferimento globale del settore turistico che è del resto indispensabile per fare una politica del turismo. Credo che tutti noi siamo consapevoli che occuparci di turismo non è svolgere una specie di attività magari divertente ma leggermente "demodee " quasi che il turismo fosse ancora quel fenomeno elitario ristretto alle famiglie benestanti che si recavano in carrozza a trascorrere qualche mese nella villa di campagna: il turismo oggi interessa le masse dei lavoratori della nostra Regione, specie dell'area metropolitana, interessa l'organizzazione del territorio, comporta investimenti massicci, coinvolge la politica dell'ambiente, la politica ecologica, richiede una politica di programmazione e l'uso da parte della Regione di adeguati strumenti: solo a queste condizioni, è possibile svolgere una vera politica del turismo, con una sostanziale attuazione del disposto costituzionale.



PRESIDENTE

Ha chiesto di parlare il Consigliere Giovana. Ne ha facoltà.



GIOVANA Mario

Signor Presidente, colleghi Consiglieri, prendo la parola per una richiesta di chiarimento alla collega Soldano, alla quale desidero peraltro esprimere subito il mio apprezzamento per la sua relazione, stringata e chiarissima.
Nella sua esposizione orale la collega Soldano ha fatto accenno alla necessità di una "sensibilizzazione turistica" del personale. Non ho trovato questo concetto espresso nel testo della relazione, ma può essere che mi sia sfuggito, dato che il fascicolo stampato ci è stato consegnato solo poc'anzi ed ho solo potuto scorrerlo rapidamente. In ogni caso desidero proporre alla collega Soldano ed ai colleghi Consiglieri di prendere in considerazione l'opportunità di inserire una esplicitazione di questo concetto di "sensibilizzazione turistica". Molto spesso la preparazione professionale del personale turistico viene curata unicamente sotto l'aspetto dell'operatività relativa alle loro strette mansioni mentre emerge evidente da tutto il contesto della premessa del documento e dalla relazione della collega Soldano stessa che essa va effettuata con la prospettiva di una necessaria ricerca di abilitazione culturale del personale a svolgere le proprie mansioni.



PRESIDENTE

Qualche altro Consigliere chiede di parlare? Non vi è più alcun iscritto a parlare, e quindi la discussione generale è chiusa, Ha facoltà di replica la relatrice.



SOLDANO Albertina, relatrice

Mi sia permesso un "grazie" per gli apprezzamenti che cortesemente sono stati espressi nei miei confronti. Vorrei a mia volta tranquillizzare il collega signor Bono: nel quadro generale del "servizio ai fratelli" si conciliano i doveri verso tutti. Voglia perdonarmi la puntualizzazione.
Credo di essere in debito di una risposta particolare al Consigliere Giovana. In realtà, il problema della sensibilizzazione, in senso turistico, del personale addetto al turismo è stato affrontato e discusso in Commissione; anzi se n'era fatto cenno anche in un punto della relazione. Il richiamo è stato tolto in un secondo momento, lasciando il concetto sottinteso, nel timore che potesse essere interpretato con significato esclusivamente "addestrativo" (così almeno, mi pare di poter interpretare le opinioni espresse al riguardo dai colleghi).
Per la verità, quando io ho fatto oggi l'accenno all'educazione permanente, e quindi al problema dell'approfondimento della preparazione professionale, al collegamento con i complessi problemi relativi alla professionalità, che tutti quanti ci deve impegnare, avevo presente la relazione già illustrata e discussa in precedenza, in questa sede, sulla istruzione professionale ed artigiana. D'altra parte, là dove nella relazione odierna (sulla quale in verità io stesso non riesco ad orientarmi sufficientemente, perché il testo stampato è pervenuto solo ora anche nelle mie mani) abbiamo auspicato il collegamento con tutti gli altri problemi ivi compresi i centri storici, quindi i centri culturali, le culture vive eccetera, alludevamo proprio a questa sensibilizzazione, che è stata definita, diciamo, "in senso turistico", ma in realtà deve essere una preparazione umana e professionale del personale. Io ritengo personalmente, che anche a questo riguardo sia indispensabile una qualificazione e un aggiornamento continuo; per cui prego il collega di tener cortesemente presente quanto è già stato affermato in sede di preparazione professionale, nel commento al precedente schema di Decreto delegato. Grazie.



PRESIDENTE

Per la Giunta ha facoltà di parlare l'Assessore Debenedetti.



DEBENEDETTI Mario, Assessore al turismo e industria alberghiera

Signor Presidente, colleghi Consiglieri, ritengo doveroso anzitutto, da parte mia, replicare alle censure che sono state mosse dal Consigliere Bono all'operato della Giunta. Censure che, se mai, avrebbero dovuto essere rivolte in altra direzione, e cioè verso gli organi ministeriali, che hanno trasmesso i documenti nel pieno della stagione feriale, condizionando con ciò, obiettivamente, il lavoro della Giunta. Devo aggiungere poi che, a quanto mi risulta, si era concordato con gli organi della Presidenza del Consiglio che le osservazioni della Giunta avrebbero dovuto essere presentate entro il 10 settembre; ed in effetti, nei primi giorni di settembre, la relazione della Giunta era pronta. Ovviamente, si è verificato anche qualche ritardo di carattere, direi, burocratico nella trasmissione dei documenti. Vorrei poi pregare il Consigliere Bono di non interpretare questo ritardo, come ha ventilato, nel senso di una mancanza di considerazione da parte della Giunta nei confronti della Commissione consiliare. Rilevo ancora che alle osservazioni che lo stesso Consigliere Bono ha fatto in ordine al telegramma pervenuto dai Presidenti degli E.P.T.
si sarebbe dovuto per obiettività aggiungere che i Presidenti erano già stati sentiti dall'Assessore e che nel telegramma essi hanno dichiarato, in aggiunta a quanto ha riferito il Consigliere Bono, testualmente: "I Presidenti degli E.P.T. del Piemonte confermano adesione concetti ispiratori relazione disposta da Giunta Regionale". Ho ritenuto doverosa questa precisazione anche perché riguarda proprio il merito del problema.
Fatta questa premessa di puntualizzazione, ritengo doveroso rivolgere a mia volta un caldo ringraziamento alla Commissione, ed in particolare alla relatrice, per il proficuo lavoro, svolto in condizioni estremamente difficili, come abbiamo detto, per brevità di termini.
Senza addentrarmi in discussioni di merito mi pare che sui problemi fondamentali, cioè per quanto riguarda la competenza esclusiva in materia della Regione e per quanto riguarda le interpretazioni da dare alle funzioni di indirizzo e di coordinamento, si sia verificata una sostanziale concordanza. La Commissione, nelle sue premesse, molto opportunamente ha già addirittura delineato, configurato, degli indirizzi di politica che la Regione dovrà fare nel settore; però, mi sembra di dover osservare che forse queste delineazioni potevano anche essere successive alla trattazione del tema specifico, che riguarda esclusivamente le osservazioni sullo schema di decreto delegato. Comunque, la Giunta fa proprio questo testo senza dubbio apprezzabile, anche perché, ripeto, sulla sostanza dei problemi si è verificata una assoluta concordanza.
Non vorrei avviare una discussione sui temi toccati dal Consigliere Simonelli in ordine alla qualificazione giuridica degli E.P.T. Ovviamente è materia controversa: studi fatti da giuristi, quali il prof. Acquarone dell'Università di Genova, portano a concludere, con argomentazioni veramente molto valide, che gli E.P.T. si possono considerare Enti locali.
Questa indicazione, nella relazione della Giunta, era stata fatta non certamente per dare una collocazione particolare agli E.P.T., quasi venendo a limitare le competenze della Regione; nella stessa relazione si premette infatti, che la Regione può non recepire gli E.P.T. così come oggi sono strutturati, in quanto essa rivendica la competenza di strutturare l'organizzazione turistica nella Regione nelle forme che riterrà più opportune. Riterrei superflua la discussione prettamente giuridica: per mi permetto di ricordare che la tendenza che ravvisa la natura di Enti locali negli E.P.T. trova una motivazione valida quando si riferisce al concetto di prevalenza delle funzioni. Cioè, le funzioni degli E.P.T. si distinguono in funzioni proprie e funzioni strumentali. Le funzioni proprie sono esplicate in perfetta e completa autonomia, e sono le principali tant'è che le funzioni strumentali sono state individuate unicamente nel rapportare al Ministero dei dati statistici, quindi sussiste una funzione effettivamente strumentale ma limitata a questo settore. Proprio per questo criterio di prevalenza, rispetto all'autonomia effettiva, nelle funzioni proprie che hanno gli E.P.T., la conclusione è stata che essi possano considerarsi Enti locali. Ma, direi, questa discussione è oziosa, in quanto tutti concordiamo sulla necessità che si rivendichi alla Regione la competenza di provvedere all'organizzazione turistica in forme nuove, in forme comprensoriali che saranno materia di studio e di approfondimento ma che implicano, ovviamente, l'affermazione di principio che non possiamo accettare l'attuale strutturazione degli E.P.T.
Vorrei riferirmi ad un altro punto accennato dal Consigliere Simonelli cioè informare il Consiglio - ritengo doveroso farlo - delle richieste avanzate dai dipendenti degli E.P.T. I rappresentanti sindacali dei dipendenti avevano proposto che all'art. 8 venisse aggiunto questo comma: "Nella collocazione giuridica degli Enti locali del turismo - e cioè degli Enti provinciali per il Turismo e delle Aziende Autonome di soggiorno, cura e turismo - nel quadro dell'ordinamento regionale, è assicurato al personale, in ogni caso, il diritto al posto con le funzioni inerenti alla propria qualifica e senza pregiudizio della progressione di carriera a tutti i livelli".
Già nei contatti avuti da chi parla si è evidenziata l'inopportunità di inserire, nel progetto di schema delegato, questo comma, proprio perch riguarda esclusivamente una materia di competenza regionale: sarà la Regione che, nel quadro della regolamentazione per legge dell'ordinamento del personale, dovrà ovviamente tener conto di queste pur legittime esigenze dei dipendenti degli E.P.T. Quindi, non si è ritenuto di inserirla come osservazione specifica non perché non si concordi sulla sostanza, sul merito delle legittime rivendicazioni dei dipendenti, ma soltanto per una opportunità formale, ritenendosi, per le ragioni che ho detto, che non potesse trovare logica collocazione in questo contesto.
Non mi resta che ribadire i concetti così ampiamente espressi dalla relatrice in ordine ai problemi di fondo, cioè alla rivendicazione completa della competenza in materia alla Regione e alla delimitazione delle funzioni di indirizzo e di coordinamento così come sono state espresse nella relazione della Giunta e analogamente nella relazione della Commissione consiliare.
Un'ultima osservazione: in ordine alla proposta specifica del Consigliere Simonelli sono pienamente d'accordo, proprio per le ragioni logiche che ha addotto, di modificare la formulazione letterale di questa disposizione nel senso da lui proposto.



PRESIDENTE

La relatrice ha proposto un emendamento, concordato con il Consigliere Simonelli, di cui darò lettura e sul quale si potranno anche eventualmente pronunciare i Consiglieri prima di passare alla votazione. Se non ve ne sono altri, possiamo procedere con questo, che si riferisce ad un testo a pag. 11 delle osservazioni.
Per rendere più facile la comprensione, darò prima lettura del testo originario, poi di quello che si propone di sostituirgli. Il testo precedente era: "Il controllo sugli atti degli Enti provinciali per il Turismo e delle Aziende autonome, ovviamente, non potrà che essere esercitato dagli organi regionali di controllo, mentre le funzioni di vigilanza e controllo di merito non potranno che essere regolate da leggi regionali nella considerazione dello stretto rapporto che dovrà instaurarsi per l'attuazione dei programmi regionali di sviluppo turistico".
Dovrebbe essere sostituito dal seguente: "Le funzioni di vigilanza e controllo non potranno che essere regolate da leggi regionali, nella considerazione dello stretto rapporto che dovrà instaurarsi per l'attuazione dei programmi regionali di sviluppo turistico".
Ha facoltà di parlare il Consigliere Simoinelli.



SIMONELLI Claudio

Forse sarà opportuno ripetere: "Le funzioni di vigilanza e controllo sugli Enti Provinciali del Turismo e sulle Aziende Autonome", per renderlo comprensibile.



PRESIDENTE

La relatrice Soldano è d'accordo? Allora, il testo definitivo è: "Le funzioni di vigilanza e controllo sugli Enti Provinciali Turismo e sulle Aziende autonome non potranno che essere regolate".
Ha facoltà di parlare il Consigliere Giovana.



GIOVANA Mario

Anche nella nuova formulazione dell'emendamento che lei ha letto, non è chiaramente detto tra chi deve instaurarsi questo rapporto: bisognerebbe esplicitare il concetto, altrimenti con la frase così fatta esso rimane monco, anche se si può sottintenderlo.



PRESIDENTE

Ha qualche suggerimento da formulare?



GIOVANA Mario

Si potrebbe dire: "Nella considerazione degli stretti rapporti che dovranno instaurarsi 'fra gli Enti'".



PRESIDENTE

O "fra gli organi competenti".



SOLDANO Albertina, relatrice

Il testo è divenuto incompleto perché è stata fatta una cancellatura.



PRESIDENTE

La relatrice ed il Presidente della Commissione sono d'accordo?



SOLDANO Albertina, relatrice

Senz'altro.



PRESIDENTE

Allora, con il consenso della relatrice e della Giunta, al testo vengono apportate le due modifiche anzidette, per cui esso suona così: "Le funzioni di vigilanza e controllo sugli Enti Provinciali turismo e sulle Aziende autonome non potranno che essere regolate da leggi regionali nella considerazione dello stretto rapporto che dovrà instaurarsi fra gli organi competenti per l'attuazione dei programmi regionali di sviluppo turistico".
Allora, pongo in votazione l'emendamento proposto dalla relatrice Soldano e dal Consigliere Simonelli. Chi è favorevole è pregato di alzare la mano. E' approvato.
Pongo ora in votazione il testo delle osservazioni del Consiglio Regionale allo schema di Decreto delegato concernente il trasferimento alle Regioni a statuto ordinario delle funzioni amministrative statali in materia di turismo e di industria alberghiera. Qualcuno desidera fare dichiarazioni di voto? Nessuno. Chi è favorevole è pregato di alzare la mano.
E' approvato.


Argomento: Fondi sanitari

Interrogazione del Consigliere Viglione sulle rette ospedaliere


PRESIDENTE

Rimangono ora alcune interpellanze ed interrogazioni, per la precisione, due interpellanze e due interrogazioni ridotte ad una perché si risponde congiuntamente ad entrambe.
Cominciamo dall'interrogazione del Consigliere Viglione sulle rette ospedaliere da parte dell'INAM e dell'INPS. Risponde l'Assessore Armella che ha facoltà di parlare.



ARMELLA Angelo, Assessore alla sanità

L'interrogante chiede se la Giunta sia a conoscenza dell'iniziativa assunta da diversi istituti ed enti previdenziali e mutualistici di contestare le rette di degenza che sono state approvate dal Comitato di controllo della Regione e chiede che siano assunte iniziative al fine di garantire un minimo di vita ospedaliera. Trattandosi di un grosso problema penso sia utile riepilogare i termini della questione ed i motivi per cui si è verificata questa situazione di gravissimo disagio.
Le rette ospedaliere della Regione Piemonte, e all'incirca di tutta Italia, erano nel 1969 corrispondenti a livelli di 5000-7000 lire al giorno. Dopo l'applicazione dei decreti delegati emessi a seguito della Legge 132 del 1968, decreti delegati che portano i numeri 128, 129, 130 del marzo '69, con l'aumento corrispondente del personale per assicurare più vasti e migliori servizi, a seguito poi dei contratti di lavoro sottoscritti nel 1970, 2 aprile '70, per il personale non medico all'accordo con i medici, assistenti ed aiuti e all'applicazione delle nuove classi di stipendio anche in relazione all'abolizione dei compensi fissi, per cui le mutue non pagano più i compensi in relazione al numero dei ricoveri bensì confluiscono nelle rette i compensi mensili, cioè le retribuzioni maggiorate che si danno ai medici, ai primari, ed aiuti assistenti, le rette ospedaliere sono state deliberate da parte degli Enti ospedalieri in una misura che va dalle 12.000 lire alle 14.000 al giorno con punte anche superiori (un ospedale di Torino, in particolare, segna 16.000 lire al giorno). Ciò per l'anno 1970. E' stata altresì deliberata la misura della retta per l'anno 1971 che segna un ulteriore aumento anche oltre le 16.000 e le 17.000 lire al giorno, con punte isolate che si avvicinano alle 20.000 lire giornaliere. In questa situazione, le mutue non sono in grado di soddisfare le richieste dei relativi pagamenti.
Per l'approvazione delle rette ospedaliere si è dovuto attendere che si costituisse, e poi che entrasse in funzione, il Comitato di controllo della Regione: questo ha esaminato le rette, ne ha approvata una parte ed ha rinviato un'altra per maggiori istruzioni, ma ha poi definitivamente approvato pressoché la totalità delle rette del 1970. La misura è all'incirca quella che ho già detto.
Avutasi l'approvazione da parte del Comitato Regionale di controllo gli ospedali possono riscuotere dagli Enti mutualistici la relativa retta.
Sennonché, le mutue oppongono anzitutto di non aver avuto introiti maggiorati nella misura in cui sono state aumentate le rette negli ospedali, in secondo luogo che da parte degli organi ministeriali si era previsto che l'aumento delle rette fosse contenuto nella misura del 35 per cento per l'anno 1970 e chiedono che siano rivisti il modo e i termini per cui sono state determinate le rette di degenza. Talune anche hanno proposto, o si accingono a proporre, dei ricorsi giurisdizionali contro la determinazione delle rette stesse.
A questo punto pare chiaro, chiarissimo, che gli ospedali, anzi, in definitiva, il sistema, che fa il deficit, deve essere integrato con apporti di denaro, con contributi da parte dello Stato che consentano il pagamento delle rette stesse. E' vero che una riorganizzazione di tutto il servizio sanitario potrebbe ridurre sprechi ed anche i casi più evidenti di servizi inutili: congloberebbe nel sistema i servizi ambulatoriali attualmente gestiti dall'INAM, potrebbe verosimilmente far ridurre il numero dei ricoveri (ma è già avvenuto che la riduzione del numero dei ricoveri, verificatasi nell'anno 1971, a seguito, sembra, della impiegatizzazione dei medici ospedalieri abbia portato come conseguenza una maggiore incidenza delle spese generali e quindi non ad una diminuzione ma ad un aumento delle rette pur applicate ad un numero inferiore di ricoveri); il risparmio consentito dal ridurre il numero dei ricoveri è cioè risultato di cifra inferiore all'onere globale determinato dall'aumento dell'incidenza delle spese generali.
In una situazione di questo genere, è difficile valutare esattamente l'intero deficit del sistema. Conteggi effettuati insieme alla Federazione degli Ospedali hanno portato sin dall'aprile del '71 all'esame di un indebitamento da parte delle mutue, cioè ad un importo di crediti da parte degli Ospedali del Piemonte nella misura di 48 miliardi. Le anticipazioni di cassa, che hanno consentito di far fronte ai bisogni più immediati, sono ormai in misura corrispondente al 100 per cento dei fidi concessi, e cioè ad oltre 20 miliardi.
E' inutile fare una disamina particolareggiata della situazione delle singole mutue: è evidente, ed è noto, che l'importo, in cifra assoluta, più rilevante è quello dell'INAM, che assiste il 75 per cento della popolazione della nostra Regione, e che in via, potremmo dire, capitaria il maggior onere, cioè il maggior indebitamento, il maggior deficit, è della Cassa Mutua Coltivatori diretti, che non riesce ad adeguare, per il minor reddito dei coltivatori diretti, le contribuzioni dei dipendenti all'aumento dei costi.
La situazione è stata ampiamente esaminata dalla Federazione degli Ospedali insieme al Presidente del Consiglio dei Ministri. Nella primavera scorsa si è venuti nella determinazione di concedere una prima contribuzione, che è stata indicata dell'importo di 230 miliardi, da parte dell'Italcasse, che questa somma ha messo successivamente a disposizione in parte alla fine del mese di giugno e in periodo successivo per il rimanente, e che serve però per soddisfare solo una quota del deficit che si è formato. E' noto come quanto ricavato dal "decretone", che viene indicato nella misura di 750 miliardi, indirizzati per il ripianamento del deficit del sistema sanitario, sia del tutto insufficiente, e l'importo del deficit successivo, ulteriore, si debba conteggiare all'incirca nella stessa misura. La Federazione degli Ospedali indica in 750 miliardi i deficit che si sono sommati e le contribuzioni che sarebbero necessarie per sanare la situazione almeno fino al giugno scorso (è evidentissimo che ad ogni giorno che passa, non solo ad ogni mese, il deficit del sistema sanitario continua ad aumentare).
In questa situazione, la Giunta ha provveduto a ripetuti contatti anche in sede ministeriale. L'ultimo di questi è stato effettuato ieri, a Roma, presso il Ministero della Sanità, avendo il Ministro Mariotti riunito gli Assessori della Sanità con esperti e con i sindacati per costituire una Commissione di studio per la Sanità e la Sicurezza sociale. Questo problema è stato poi ancora trattato in sede ristretta, fra gli Assessori regionali e il Ministro della Sanità, il quale suggerisce ulteriori pressioni da parte nostra sul Presidente del Consiglio dei Ministri per ottenere che la situazione sia esaminata, mentre è presentato per altro il progetto di riforma sanitaria allo stesso Consiglio dei Ministri.
La Giunta non mancherà di provvedere, per quanto è nelle sue possibilità, affinché gli ospedali possano sopperire al servizio (i fornitori non vengono più pagati, è stato possibile soltanto provvedere al pagamento degli stipendi, e talvolta con fatica). Si è ripetutamente rivolta alle banche che fanno il servizio di tesoreria affinché non lasciassero mancare i mezzi per queste necessità immediate; provvederà ancora a rivolgersi alla Presidenza del Consiglio per un incontro che ci auguriamo sia in effetti risolutivo; e non mancherà di riunire gli amministratori degli ospedali allo scopo di provvedere anche a quei mezzi che si rendano effettivamente necessari di pressione perché il problema sia finalmente risolto. Non v'è dubbio che non c'è soltanto la necessità di questo pagamento per l'immediato e di assicurare i pagamenti successivi: vi è anche un ulteriore problema, quello di adeguare i costi ai mezzi e di sapere cosa in effetti e quanto in effetti il Paese e le singole Regioni possano disporre per provvedere al servizio sanitario.
La Regione ha fra i compiti squisitamente di sua competenza (e su questo punto discussioni non ve ne dovrebbero essere, ed in effetti non ve ne sono: si ha anzi l'impressione che si scarichi volentieri sulla Regione persino con un certo sollievo tutto quello che può essere scaricato, in questa materia) di esercitare la vigilanza ed il controllo sugli Enti ospedalieri, già in forza della legge del 1968; però ha degli strumenti che arrivano soltanto al momento nell'applicazione di una legge che andrebbe in larga misura modificata. Da tutti gli Assessori alla Sanità delle Regioni ed in definitiva da tutte le Giunte, si è avanzata la richiesta che la classificazione degli ospedali in ospedali di zona, provinciali e regionali, prevista dalla Legge 132, sia abolita, perché ha provocato una corsa insensata all'aumento della qualifica. E' noto, ancora, che occorre dare poteri programmatori (per la verità, un programma sta per essere redatto); ma occorre dare poteri diretti di intervento sulle Amministrazioni ospedaliere, perché altrimenti il fenomeno che sta verificandosi, di aumento considerevole e sconsiderato del numero dei reparti e del personale relativo finirà col travolgere l'intero sistema. I medici primari, che avevano dei settori che un tempo sopperivano a necessità diverse, oggi impiegatizzati, cioè a stipendio fisso - seppure è uno stipendio certamente più cospicuo di quello di molte altre categorie tendono, direi quasi inevitabilmente, a premere sulle Amministrazioni degli ospedali allo scopo di aumentare il numero dei reparti e quindi di dividere l'onere del servizio stesso. E' verissimo che è stato istituito il tempo pieno, o tempo definito, che vorrebbe una costante presenza degli stessi nei reparti, ma è altrettanto vero, e a tutti noto, che in un sistema mutualistico in cui molto spesso sono gli stessi medici a prestare servizio presso due diversi Enti - la concomitanza dei due servizi nello stesso posto di lavoro, nella stessa città, nello stesso luogo porta fatalmente ad una duplicità di prestazioni - è difficile che si ottenga il rispetto in ogni posto, in ogni luogo, degli orari pieni come previsto dal Decreto delegato. Non è una valutazione di ordine generale, che possa valere per ogni ospedale, per ogni zona, ma è una valutazione che abbiamo il dovere di fare per dire che occorre che anche da parte delle Amministrazioni ospedaliere si interpelli la Regione e non ci si limiti ad attendere l'esame da parte delle Commissioni di controllo, che fanno una valutazione di legittimità o di merito ma comunque fuori dall'ambito dell'amministrazione attiva, delle richieste che dagli stessi ospedali vengono fatte.
E' quindi certamente un lavoro notevole, immenso quello che impegna in questo momento le Amministrazioni regionali per il servizio sanitario, con estrema limitatezza di mezzi, e, come tutti sappiamo, anche di personale qualificato, per cui si può avere personale solo prelevandolo per comando dagli Enti locali, che non sono certo molto generosi nel considerare le necessità della Regione. Il Ministro promette che, in attesa dell'applicazione del Decreto delegato, che dovrebbe, stando alle previsioni, entrare in vigore il 1° gennaio, già fin d'ora inviterà i Medici provinciali a mettersi a disposizione della Regione, non soltanto per una collaborazione che in effetti è già stata data ma anche proprio per operare concretamente a ridurre in termini sopportabili il disservizio sanitario.



PRESIDENTE

Ha facoltà di dichiararsi soddisfatto o insoddisfatto e di giustificarne le ragioni, il Consigliere Viglione.



VIGLIONE Aldo

Signori Consiglieri, io ritengo che questo sia un argomento di estrema importanza. Quattro sono le cose preoccupanti in questo momento per quanto riguarda la sanità: la prima è che non si tratta di 750 miliardi, ma dalle ultime statistiche pare che si siano superati i mille miliardi; la seconda è che gli Enti mutualistici non soltanto denunciano il deficit e non pagano, ma contestano le rette. Tanto vale allora che sia stata nominata una Commissione di controllo, tanto vale che la legge preveda determinate formalità. Tutto ciò mette gli ospedali in una gravissima situazione perch quando si forma il bilancio di previsione non si ha alcun elemento base, e quando si passa all'approvazione della retta, che dovrebbe essere l'atto definitivo che consente all'amministrazione di dare finalmente l'avvio all'anno di bilancio, (io ho fornito due documenti, uno dell'INAM e uno della Previdenza Sociale), l'INAM chiede addirittura la formazione di un bilancio secondo proprie voci, secondo la propria collocazione di spese e di indirizzi, l'Istituto di Previdenza Sociale stabilisce la retta e la trasmette addirittura facendosi un bilancio interno. Su questo punto devo dire che la risposta non mi soddisfa affatto e che questo atto degli istituti mutualistici viene a violare gravemente l'autonomia degli organi di controllo della Regione.
La terza preoccupazione è la mancata attuazione della riforma sanitaria. Pare che il progetto di legge presentato da Mariotti sia andato sette volte sul tavolo di Colombo e sette volte sia tornato indietro sempre con appunti e finalmente sia stato definitivamente depositato, per con quale successo lo si è desunto l'altro giorno dalla dichiarazione di Mariotti, tendenti a preannunciare che i tempi sono ancora lunghi. Quarto motivo di doglianza è che non è vero che la Regione non possa fare niente direi che può fare tutto. Cominciamo a vedere la differenza tra le 14.000 lire di retta ospedaliera e quella delle infermerie periferiche, che oggi è ancora liquidata a 2500 lire. Vi è un tipo di malato acuto che deve stare in ospedale e vi è un tipo di malato che immediatamente può essere trasportato in un'infermeria periferica perché deve essere soltanto assistito, come nel campo della traumatologia o delle fratture. I Medici provinciali dicono che le convenzioni non si possono fare per cui ci sono dei malati nei nostri ospedali a Torino per i quali si pagano 16.000 lire a Cuneo 14.000 lire, in altri posti 15.000, quando potrebbero essere ricoverati nelle infermerie, nelle case di riposo a 2.500 lire.
Il Medico provinciale, in mia presenza, quando gli ho sottoposto la convenzione ha detto no, non si può fare e ha tirato una riga sopra.



ARMELLA Angelo, Assessore alla sanità

Perché la legge Mariotti non consente di farlo.



VIGLIONE Aldo

Allora bisogna che la Regione prenda l'iniziativa, cosa che può fare: da 14/15.000 lire si scende a 2.500 lire.
Un'altra iniziativa possiamo prenderla per quanto riguarda le apparecchiature mediche. A Cuneo abbiamo degli analiser che non esistono a Torino, che lavorano solo due ore al giorno e potrebbero invece lavorare dodici ore al giorno; due analiser potrebbero servire una città come Torino, mentre qui non abbiamo analiser elettronici, usiamo ancora il vecchio modo. Il piano programmatico regionale della sanità è sempre in alto mare. Anche questo sarebbe stato fondamentale per individuare le zone dove si può operare e collocare determinati apparecchi, (adesso abbiamo dei piccoli ospedali che rivendicano la bomba al cobalto che costa 200 milioni che deve avere venti addetti e poi hanno cinque malati) per servire la collettività. E' giustissima l'osservazione dell'Assessore che ha ragione di esistere una collocazione di ospedale di base, ospedale specializzato e basta. Non vede perché a Canelli debbano essere diversi da Torino, o a Ceva diversi da Novara. L'ospedale base ha determinati servizi, l'ospedale specializzato ha determinati servizi, può essere di base e specializzato e quindi avere determinati servizi di specializzazione, ma gli uomini di fronte alle cure sono uguali, non è che a Ceva abbiamo l'ospedale zonale che è un ospedaletto così, mentre quello regionale è il grande ospedale dove vanno a curarsi quelli di Torino o dei dintorni. Io ritengo che la Regione possa fare molto anche in questo campo, con le somme che saranno messe a disposizione, solo che si razionalizzi, solo che si cambi, solo che si porti avanti un nuovo modo d'essere della sanità. Io comprendo che il problema è scarsamente sentito, lo vedo, spesso quando si parla di sanità ci si sente rispondere: adesso non sono ammalato, quando lo sarò verrò a trovarvi. La Giunta in questo campo non ha fatto molto. Naturalmente si è d'accordo nel rilevare i mali, nell'indicare le situazioni dolenti, ma alla fin fine una iniziativa non è ancora stata presa. Quindi mi dichiaro parzialmente soddisfatto per le informazioni date, che sono interessanti, e insoddisfatto per le iniziative che non sono state prese. Ci sarebbe ancora una mia interrogazione relativa al San Giovanni.



PRESIDENTE

L'Assessore Armella prega di rinviarla ad altra seduta perché non è in grado di dare una risposta.



VIGLIONE Aldo

Speriamo che non sia rinviata ulteriormente.



PRESIDENTE

Ha facoltà di commentarla se vuole.



VIGLIONE Aldo

No, no.



SANLORENZO Dino

Ci sono anche una quindicina di interrogazioni mie che...



PRESIDENTE

Ne abbiamo ancora due; finiamo di prenderle in esame e poi è sua facoltà chiedere alla Giunta quando intenda rispondere alle sue interrogazioni. Anche perché i termini sono largamente scaduti.


Argomento: Pianificazione territoriale - Urbanistica: argomenti non sopra specificati - Tutela dell'ambiente - Inquinamenti: argomenti non sopra specificati

Interpellanza trasformata in mozione, del Consigliere Simonelli sugli insediamenti industriali a Urbe


PRESIDENTE

Abbiamo adesso due interpellanze, una delle quali è trasformata in mozione con le firme di tutti i Consiglieri dei vari Gruppi della provincia di Alessandria, tranne il Consigliere Debenedetti che l'accetta ma che essendo Assessore, non è in grado di firmare una mozione che invita se stesso a fare queste cose. Si tratta dell'interpellanza presentata dal Consigliere Simonelli, relativa agli insediamenti industriali della società Mammut in provincia di Savona. La procedura della discussione non è molto diversa: uno dei presentatori ha il diritto di illustrarla e un altro o lo stesso presentatore, dopo che la Giunta avrà precisato la sua posizione può replicare. L'unica differenza con la procedura dell'interpellanza è che su una mozione hanno il diritto di parlare tutti quanti i Consiglieri. Dopo aver dato lettura della mozione quindi darò la parola ad un presentatore, a chi la chiede, alla Giunta ed eventualmente, se vi è una replica, (che in questo caso non è indispensabile), a uno dei presentatori. Dò prima lettura della mozione che porta le firme dei Consiglieri Simonelli, Bianchi Marchesotti, Raschio, Gerini, con l'adesione morale dell'Assessore Debenedetti.
Il testo della mozione dice: "Il Consiglio della Regione Piemonte, udita la relazione della Giunta sulle iniziative svolte in ordine alla progettata realizzazione di una zona industriale nel Comune di Urbe (Savona), per l'insediamento di uno stabilimento della Società Mammut in una zona sita alle sorgenti del torrente Orba, che scorre interamente in provincia di Alessandria, rilevato che tale insediamento contrasta con tutte le indicazioni di pianificazione territoriale e di programmazione dello sviluppo delle aree interessate e che pertanto vanifica ogni possibilità di razionale organizzazione territoriale dell'area alessandrina, e del comprensorio ovadese in particolare fatte proprie le gravi preoccupazioni espresse dal Consiglio Provinciale di Alessandria, dai Comuni dell'Ovadese, dall'E.P.T., dalle Pro Loco, dal Consorzio dell'acquedotto Val Badone, dai Consorzi irrigazione da Italia Nostra e dall'Associazione difesa della Val d'Orba considerata l'estrema spregiudicatezza con la quale l'iniziativa della Mammut procede, le evidenti complicità che - anche a livelli elevati della Pubblica Amministrazione - tendono a creare fatti compiuti per rendere irreversibile una scelta effettuata in forte - e per ora non smentito sospetto di violazione delle norme urbanistiche vigenti, e infine l'annunciato prossimo inizio di lavori per realizzare nella zona in questione le infrastrutture necessarie allo stabilimento della Mammut preso atto del parere contrario all'insediamento della Mammut espresso dal Provveditore Regionale alle Opere Pubbliche per la Liguria, che ha rilevato che le previsioni del Piano Regolatore Generale degli Acquedotti e le attuali utenze del torrente Orba, non consentono concessione di derivazione di acque ad uso industriale, come nella specie, di rilevante entità; esprime la sua ferma opposizione al previsto insediamento sollecitando il responsabile esame del problema da parte della Regione Liguria e dei competenti organi ministeriali, nel rispetto delle scelte della programmazione, che nella specie non può non essere interregionale dà mandato alla Giunta di assumere le idonee iniziative per una corretta soluzione del problema.".
Chi desidera illustrarla?



RASCHIO Luciano

Signor Presidente, io propongo che questa interpellanza, trasformata in mozione, sia illustrata, a nome dei Consiglieri Regionali della Provincia di Alessandria, dal collega avv. Simonelli, anche perché essendo stato il primo a proporre mediante l'interpellanza un problema così grave, credo sia giusto che lo illustri.



PRESIDENTE

Se non vi sono difficoltà, ha facoltà di illustrarla l'avvocato Simonelli.



SIMONELLI Claudio

Il fatto che il Consiglio Regionale del Piemonte discuta di un insediamento industriale che dovrebbe avvenire in Liguria, non paia una situazione paradossale perché le questioni che il predetto insediamento sollevano sono gravi e toccano direttamente il Piemonte. Innanzi tutto perché avverrebbe ai confini di questa Regione, utilizzando per i suoi scarichi un corso d'acqua che scorre interamente in territorio piemontese che è l'Orba, l'unico forse non ancora inquinato in tutta la Regione, che attraversa una zona a vocazione turistica e agricola e nel cui alveo pescano gli acquedotti di un intero comprensorio. Questa è la prima ragione che ci riguarda da vicino e che sta sollevando le preoccupazioni dei Comuni e delle popolazioni della zona, preoccupazioni sinora espresse - come molti di noi sanno per essere stati presenti - in modo estremamente civile ed urbano dai sindaci e dai cittadini in occasione di incontri e di convegni ma che stanno per esprimersi in forme più dure, se è vero, come a me risulta, che nella riunione che questa sera è stata indetta al Comune di Molare i sindaci e le popolazioni della zona si ripromettono di dare inizio, ove non sorgessero possibilità di soluzione razionale del problema a manifestazioni più decise, a marce di protesta, ecc. Una seconda ragione di ordine più generale, ma che ci interessa anch'essa da vicino, riguarda il modo con cui la Regione affronta problemi di localizzazione industriale.
In questo Consiglio Regionale e nelle Commissioni, in particolare nella Commissione speciale sugli insediamenti industriali, abbiamo affrontato in modo responsabile e fermo la questione del controllo da parte dell'Ente Regione sulle nuove localizzazioni di impianti industriali e riteniamo che il caso della Mammut sia sintomatico di un certo modo (che è esattamente il contrario di quello che noi vogliamo) di decidere e realizzare insediamenti del genere. In questo caso abbiamo una scelta di tipo aziendale che avviene al di fuori di qualsiasi previsione di piano, una scelta che per quanto riguarda l'ubicazione viene ad incidere in un comprensorio turistico, in una zona che non ha bacino di manodopera, che non è fornita di infrastrutture, che non presenta requisiti di nessun genere per uso industriale e che viene anzi ad alterare una destinazione interregionale di tutto il comprensorio appenninico che sta a cavallo tra le due Regioni e che dai piani regionali, sia piemontese che ligure, è destinato ad uno sviluppo turistico.
La scelta dell'azienda in questa zona prescinde da qualsiasi valutazione della politica di piano, comporta un impiego di risorse pubbliche massiccio per realizzare le infrastrutture necessarie, giacch non vi è neppure la strada per accedere al terreno su cui dovrebbe fisicamente essere costruita la fabbrica, non offre dati sul tipo di produzione né sulle caratteristiche degli impianti, sugli scarichi e sulle immissioni nocive: ciò nondimeno assistiamo al fatto sconcertante che sul versante ligure gli Enti preposti alla salvaguardia dell'interesse pubblico non si muovono in modo conforme a quello che la legge e le stesse ragioni di fondo di interesse collettivo imporrebbero, ma anzi sembrano offrire a questa scelta aziendale, ripeto, contro ogni logica di piano, una copertura ed una protezione che dobbiamo ritenere paradossali ed inammissibili. Se tutto questo è vero e se l'Assessore Armella, che si è occupato per conto della Giunta di questo problema, ha dovuto di persona registrare la sordità degli organismi preposti alla salvaguardia dell'interesse pubblico e al rispetto della legge e se temiamo tutti quanti che nonostante le palesi assurdità questa iniziativa industriale possa andare in porto, ecco che sorge la necessità per noi come Consiglieri Regionali, come rappresentanti ed interpreti delle esigenze della popolazione piemontese, di levare una voce di protesta, una voce che valga nello stesso tempo a mettere in guardia la Liguria e l'autorità di Governo sulle conseguenze che da un'approvazione inconsulta di questo insediamento potrebbero derivare.
Queste conseguenze sono tali da mettere in discussione non solo lo sviluppo economico e le condizioni di vita ed ambientali di una parte del Piemonte ma, più gravemente, il rapporto tra l'autorità pubblica, l'autorità di piano e le scelte di un'industria privata.
Per queste ragioni, riteniamo che il Consiglio Regionale del Piemonte debba pronunciarsi nel modo in cui la mozione lo invita a pronunciarsi dando mandato alla Giunta di continuare in un'azione che valga ad impedire questo insediamento.



PRESIDENTE

C'è qualche altro Consigliere che chiede la parola? Ha facoltà di parlare il Consigliere Raschio.



RASCHIO Luciano

Vorrei associarmi a quanto già ha dichiarato autorevolmente il collega Simonelli. Io ho avuto modo, anche perché mi occupo di problemi agrari e quindi di questioni contadine, di partecipare a diverse riunioni con sindaci, con i contadini, con le popolazioni dell'ovadese. All'ultima mostra del dolcetto di Ovada, alla quale partecipò anche il nostro Presidente Senatore Vittorelli, al termine di una interessantissima tavola rotonda, ci fu un'unanime presa di posizione da parte delle autorità comunali presenti e dei contadini per chiedere una decisa azione al fine di impedire la presenza, in un prossimo futuro, della Mammut in quel di Urbe.
Voglio dire che questo insediamento provoca una violenza estrema a tutto il tessuto agricolo della zona che è un tessuto di alta qualità di produzione vitivinicola. L'inquinamento verrebbe, lo dico per i giornalisti qualora non lo sapessero, da una fabbrica di plastica, di gomma, a capitale straniero, oltre tutto, che dovrebbe usufruire, per la propria attività, di un'enorme quantità di acqua che è invece fondamentale per gli acquedotti di una serie di paesi della zona interessati allo sviluppo di un'attività turistica e non solo agricola, sui quali si riversa buona parte del genovesato. Non solo; ma queste sono le uniche acque pulite di tutta la zona tra Novi, Ovada e l'alessandrino, con presenza notevole e qualificata di pesci. Non c'è altra acqua veramente intatta al di fuori dell'Orba; non parlo più della Bormida per le vicissitudini che Armella molto bene conosce perché è stato Presidente della Provincia, non parlo più ormai del Tanaro e neanche dello Scrivia. Inquinando con la Mammut l'Orba verrebbero anche privati del loro divertimento migliaia di pescatori dell'alessandrino e della Liguria. L'insediamento Mammut provocherebbe un danno enorme all'agricoltura che dovrebbe utilizzare acque inquinate e sappiamo (abbiamo la ben triste esperienza del Bormida) che l'acqua inquinata provoca l'avvizzimento del prodotto e ne altera gravemente il sapore. Infine, come ho detto, ne deriverebbe un danno notevole anche per la caccia e per la pesca. Queste sono alcune altre indicazioni oltre quelle che già Simonelli ha dato. Io desidero qui espressamente dare atto al Consiglio Provinciale di Alessandria, ai Comuni dell'ovadese che si sono costituiti in consorzio all'Einte provinciale del turismo in particolar modo, all'Alleanza contadini, ai Coltivatori Diretti di essersi mossi, ma a questo punto del problema bisogna tenere presente che se non verrà positivamente risolto si andrà incontro ad una mobilitazione generale delle popolazioni che hanno intenzione di piantare le tende là dove si dovrebbe costruire la Mammut. Si diceva in questi giorni fra colleghi che era più facile la caccia al mammut dell'epoca paleolitica che buttare a mare questa industria, che non è neanche italiana. Chiedo pertanto al Presidente del Consiglio, alla Giunta in mancanza del suo Presidente, che si realizzi al più presto possibile un incontro fra la Presidenza e la Giunta del Piemonte con la Presidenza e la Giunta della Liguria. Non mi permetto, per il rispetto che dobbiamo ai colleghi della regione ligure, di dire altro, però penso che una sottovalutazione della situazione che verrebbe a creare l'insediamento Mammut non abbia facilitato un coraggioso atteggiamento che invece ci attendevamo da parte dei colleghi della Liguria.
Questo incontro è indispensabile se vogliamo puntualizzare le cose, poi ognuno, a quel punto, si prenderà le proprie responsabilità. Io come Consigliere Regionale al pari degli altri colleghi alessandrini, sono con i contadini, con gli Enti locali, con l'Amministrazione Provinciale che si batte su questo terreno e qualora dovessero esserci delle azioni dimostrative popolari dico subito che, in questo caso, avrebbero un effetto certamente positivo e ben diverso di quelle che abbiamo fatto tanti anni addietro nei confronti della Montecatini di Cengio, perché nell'ovadese c'è gente che sa quel che vuole, che difende il proprio prodotto, il proprio ambiente naturale, che è veramente uno dei più grossi ambienti turistici della provincia di Alessandria. Nell'ovadese le azioni popolari non subiranno sconfitte come è avvenuto purtroppo nel passato nelle zone della Bormida. Noi abbiamo il preciso dovere di intervenire chiamando in primo luogo le organizzazioni politiche, gli Enti locali e soprattutto la Regione della Liguria ad esaminare la questione con noi. Potrebbe essere opportuno dopo questo incontro, formare una delegazione, a livello di Consiglio Regionale Piemontese, che vada a chiarire la questione al Ministero dei Lavori Pubblici e al Ministero della programmazione, perché è necessario che il Governo venga messo al corrente di una situazione che sarebbe insostenibile e pericolosa.



PRESIDENTE

Nessun altro Consigliere chiede la parola? Ha facoltà di parlare, a nome della Giunta, l'Assessore Armella.



ARMELLA Angelo, Assessore alla sanità

La Giunta ha già espresso il proprio parere ed ha svolto un'attiva azione a questo proposito a diversi livelli, come la stampa ha dato ripetutamente notizia.
Alla fine dell'anno scorso si è ventilata la possibilità di un insediamento ai confini della Regione, in provincia di Savona; in un primo momento pareva che ci sarebbe stato un trasferimento della Mammut, che si trova tra Arenano e Cogoleto, successivamente si è appreso che lo stabilimento sarebbe servito non per la produzione di gomma sintetica (che è attualmente l'oggetto della produzione) bensì per lo stampaggio di materie plastiche, e l'acqua sarebbe servita soltanto per il raffreddamento.
Si è avuto un incontro con la Regione Liguria, nel mese di febbraio dopo che il Comune di Urbe aveva deliberato la modifica del proprio regolamento edilizio per costituire una zona industriale di 160.000 mq alle sorgenti dell'Orba, in località Rostiolo, frazione di Vara. Durante questo incontro la Giunta ha espresso con fermezza la propria opposizione alla costituzione di una zona industriale, che tra l'altro sarebbe stato l'inizio di un processo di industrializzazione in una località che ha invece un chiaro interesse turistico, inoltre avrebbe sconvolto ogni previsione di una programmazione razionale del territorio che non può non comprendere anche nel comprensorio dell'ovadese quanto è in provincia di Savona, ma che è posto orograficamente in provincia di Alessandria. In provincia di Alessandria abbiamo alcune zone dove la circoscrizione amministrativa non corrisponde allo spartiacque dell'Appennino, una è verso la Provincia di Savona, là dove è insediato lo stabilimento dell'Acna di Cengio che ha rovinato tutta la valle Bormida, (come è stato giustamente rilevato or ora dai Consiglieri Simonelli e Raschio) un'altra è quella del comprensorio dell'ovadese dove c'è la stessa situazione.
Si finì per ottenere, per quanto fosse una cosa subordinata a noi non gradita, la costituzione di una Commissione mista di tecnici che esaminasse il progetto; questa Commissione non venne mai riunita perché ad un certo punto, di fronte alle opposizioni che venivano da ogni parte, della Regione Piemonte, dalla provincia di Alessandria direttamente interessata e dai sindaci di tutto il comprensorio, la Mammut fece sapere (fu scritto anche nei giornali) che avrebbe trasferito la propria attività a Latina. Ancora ieri l'Assessore all'igiene e sanità della Regione Liguria, dottoressa Pedemonde, mi ha detto che non ha più avuto modo di interessarsene proprio perché aveva saputo che lo stabilimento non sarebbe più stato insediato in Liguria. Invece, nonostante questa dichiarazione, le manovre per installare lo stabilimento ai confini del Piemonte sono proseguite.
Abbiamo avuto un incontro con il Prefetto di Savona e gli è stato fatto presente che la delibera del Comune di Urbe è da noi ritenuta illegittima anzitutto perché ha introdotto una zona industriale che comprende dei terreni che sono stati in parte già acquistati dalla Mammut e che a detta dello stesso titolare della Mammut sono stati opzionati come si dice, cioè la Mammut avrebbe una prelazione o una scrittura privata e questo è una adesione ad un interesse privato che non può essere, a nostro avviso interamente coperta dal preteso interesse pubblico da parte del Comune di Urbe all'insediamento; in secondo luogo abbiamo fatto presente che è illegittima la variante del programma di fabbricazione annessa al regolamento edilizio di Urbe perché non ha tenuto conto dei criteri della legge-ponte; si tratta di un regolamento che è stato emanato prima della legge-ponte del 1967 la quale imponeva e impone tuttora a tutti i Comuni di rivedere i propri regolamenti entro sei mesi dall'emanazione della stessa dando poteri sostitutivi ai Prefetti, ed invitando formalmente il Comune ad adeguare il proprio regolamento alle prescrizioni della legge-ponte e di conseguenza ad esaminare, nel quadro più generale di una programmazione urbanistica, l'intera situazione.
A seguito di questo il Prefetto, che aveva tutta l'aria di fare scadere il termine di tre mesi per l'esame, sottopose il provvedimento alla GPA che non rilevò alcuna illegittimità; il provvedimento passò poi al provveditorato alle OO.PP. Noi sollecitammo degli incontri sia col Ministero dell'Interno (si chiese anche un'inchiesta sull'operato del Prefetto di Savona) che coi Lavori Pubblici affinché esaminasse la questione poiché come è ben noto, ha poteri sostituitivi per quanto riguarda l'urbanistica ai sensi della già citata legge-ponte. Mentre il Ministero degli Interni provvide a fissarci un appuntamento col Sottosegretario, onorevole Sarti, col quale ci trovammo assieme ai Sindaci al Presidente della Provincia, a rappresentanti delle Associazioni locali Pro loco, a Italia Nostra e a tutte le altre associazioni che si sono largamente interessate della cosa di qua e di là dall'Appennino, il Ministero dei LL.PP, non diede alcuna risposta. Passata la pratica al Provveditorato alle OO.PP. questo ci disse, in modo esplicito, che non si poteva entrar nel merito della previsione urbanistica perché c'era un vincolo non superabile determinato dalle previsioni del piano regolatore generale degli acquedotti per cui, tenuto conto delle utenze già in atto sul fiume Orba, che sono utenze irrigue e per il rifornimento idrico degli agglomerati urbani, (tra cui quelle della Val Badone che comprende molti Comuni) non si poteva consentire concessione di derivazione di acque ad uso industriale, che per la Mammut riteneva fossero di notevoli entità. A questo punto abbiamo pensato che finalmente la questione fosse chiusa.
Invece abbiamo avuto la sgradita sorpresa di apprendere che la pratica era stata rimessa al Ministero dei LL.PP., Direzione generale dell'urbanistica per un riesame, su proposta dello stesso provveditore, (non si sa se sollecitato o no a farlo), il quale ha fatto presente al Ministero dei LL.PP. che è utile il parere del Consiglio superiore dei LL.PP. ma che il vincolo determinato dalle previsioni del piano degli acquedotti avrebbe dovuto non consentire comunque la concessione di derivazioni di acque. Per conto della Giunta ieri sono andato al Consiglio superiore dei LL.PP., ho reperito le pratiche e ho anche avuto la possibilità di conferire con l'Ispettore che sarà il relatore alla seduta della VI Sezione; questi non era ancora a conoscenza della pratica, ne prenderà visione e ho chiesto che una delegazione o comunque persone interessate, a livello delle amministrazioni locali, potessero conferire con lui, in attesa del parere.
E' giunta peraltro notizia proprio stamane che il Comune di Urbe cercherebbe altra via per raggiungere lo scopo e sarebbe quella (la esprimo in forma dubitativa perché non ancora verificata) di avvalersi della sconcertante legge del 1.6.71 n. 192 che liberalizza l'urbanistica concedendo l'immediata applicazione dei regolamenti edilizi e dei pro grammi di fabbricazione presentati ai Provveditorati delle OO.PP. Resta comunque aperta a tutte le questioni che riguardano la programmazione e la difesa del territorio, resta e resterebbe comunque sempre aperta alle questioni che riguardano l'utilizzazione delle acque. E' vero che un giornale genovese sostiene in questi giorni che la Mammut, desiderosa di riprendere le trattative per l'insediamento, dice che pescherebbe le acque nel sub-alveo, ma è troppo evidente che è un sub-alveo che fa parte del bacino imbrifero dell'Orba e quindi pescherebbe sempre delle acque pubbliche non soltanto quelle dei fiumi ma anche quelle comprese nel bacino imbrifero che li forma. Il Presidente di questo Consiglio ha constatato di persona recandosi a Tagliolo in occasione della mostra del dolcetto, qual è lo stato d'animo dei sindaci della zona e risulta alla Giunta che si sia fatto portatore di queste preoccupazioni presso il Ministero dei LL.PP.
Anche il Presidente della Giunta, a seguito dell'incontro di Tagliolo, ha confermato con telegramma (cosa che io ho detto al relatore ieri) che la Giunta condivide pienamente le preoccupazioni degli Enti locali e delle popolazioni.
La Giunta ringrazia coloro che hanno promosso questa iniziativa in Consiglio perché è di chiaro appoggio a quanto ha fatto e sta facendo accoglie con soddisfazione l'invito di promuovere un incontro a livello di Regione, Presidenti, Giunte e quant'altri riterranno di partecipare affinché la questione sia posta nei suoi giusti termini e non si avallino delle iniziative disordinate settoriali, in definitiva sconcertanti che provocano una vera distruzione del nostro patrimonio ed inoltre nella specie provocherebbero anche la distruzione di notevoli investimenti che nella Val d'Orba sono stati fatti, sia con pubblico denaro da parte del Ministero con i contributi all'irrigazione che vengono addirittura da parte del Feoga, sia con tutta l'attività spesa dalle Amministrazioni locali come di interventi viari che sono stati notevoli nella zona per valorizzare, ai fini di una maggiore utilizzazione anche turistica, la zona stessa.



PRESIDENTE

I presentatori desiderano replicare? Mi pare che ci sia un consenso generale. Se non vi sono dichiarazioni di voto porrei in votazione la mozione. Non ne ridò lettura perché è stata letta e ampiamente illustrata.
Pongo ai voti la mozione presentata dai Consiglieri Simonelli, Bianchi Marchesotti, Raschio e Gerini. E' approvata all'unanimità.


Argomento: Commercio al dettaglio

Interpellanza dei Consiglieri Bono e Sanlorenzo sulla costruzione della Centrale Termica della Società Bemberg in Gozzano


PRESIDENTE

Rimane un'ultima interpellanza da esaminare questa mattina. Mi scuso con i signori Consiglieri se faccio appello a un resto di pazienza, ma questo ci consente di non tenere seduta nel pomeriggio e di chiudere la sessione stamattina stessa.
L'interpellanza è presentata dai Consiglieri Bono e Sanlorenzo e riguarda la costruzione della Centrale Termica della società Bemberg in Gozzano. Secondo la procedura prevista per la discussione delle interpellanze un interpellante ha facoltà di illustrarla, la Giunta risponde e l'interpellante replica per dichiararsi soddisfatto o insoddisfatto. Chi la vuole illustrare? Ha facoltà di illustrare l'interpellanza il Consigliere Bono.



BONO Sereno

Innanzi tutto prendo atto della dichiarazione del Presidente del Consiglio circa l'accordo intervenuto affinché in futuro non si verifichino più dei ritardi così forti nelle risposte che la Giunta dà alle interpellanze e alle interrogazioni, in modo che il termine di trenta giorni stabilito dal Regolamento non diventi di 90 come nel caso in esame per non costringere i Consiglieri a degli interventi (qualcuno dice piuttosto pesanti) come quelli che sono stati fatti stamane sui rapporti da instaurarsi tra la Giunta e il Consiglio. La sostanza dell'interpellanza parte dall'iniziativa della Società Bemberg di Gozzano di mettere in funzione una nuova centrale termoelettrica che dovrebbe funzionare con nafta particolarmente scadente, avente una forte percentuale di zolfo, (dal 2 al 4 per cento) che in base a dati tecnici redatti da competenti costituirebbe una gravissima fonte di inquinamento per tutta la zona del lago d'Orta; non solo, ma poiché i venti trasporterebbero queste nubi (gravi quasi quelle radioattive, per la loro pericolosità) le sostanze venefiche cadrebbero sulle città, nei centri abitati e nelle campagne con un danno grave alle persone, alla vegetazione e all'agricoltura. La società Bemberg di Gozzano prevedeva in un primo tempo, da quanto mi risulta, come unico correttivo all'eliminazione di questi fumi (che poi eliminazione non era perché si trattava solamente di trasferirli ad una quota più elevata) l'erezione di una bellissima ciminiera di oltre 90 metri di altezza che nella zona definita la "perla del Cusio" sarebbe qualche cosa di ammirevole.
Il problema che si presenta però non è solo quello di portare i fumi inquinanti ad un'altezza maggiore, bensì quello di depurarli al fine di evitare che si riversino sul terreno così come sono stati espulsi. Io vi faccio grazia di una serie di dati tecnici, vi informo soltanto che la quantità media giornaliera dei fumi sarebbe qualcosa come 2 milioni e 400.000 mc, normali contenenti una quantità notevole di anidride solforosa che a contatto con l'acqua si trasformerebbe in acido solforico.
E' evidente che un pericolo di questa natura, dopo quello che è già stato provocato dalla società Bemberg con gli scarichi inquinanti nelle acque ha completamente distrutto il patrimonio ittico del lago d'Orta (uno dei più preziosi dei laghi alpini italiani) ha preoccupato amministratori cittadini e tutti coloro che vivono in quella zona.
Lo scopo dell'interpellanza non è quindi quello di impedire che la Bemberg realizzi i suoi programmi di sviluppo, ma di fare in modo che questi programmi siano realizzati con quelle misure di sicurezza che possono garantire l'incolumità degli uomini e delle cose.



CARDINALI Giulio, Assessore all'urbanistica e assetto territoriale

Con riferimento all'interpellanza dei colleghi Bono e Sanlorenzo, la Giunta informa che il Comitato Regionale contro l'inquinamento atmosferico per il Piemonte ha preso in esame il problema sollevato dalla richiesta della S.p.A. Bemberg di Gozzano, per l'ampliamento e il rimodernamento della centrale termoelettrica dello stabilimento, nell'ultima seduta del 25 maggio u.s. Il Comitato esprimeva i seguenti pareri e decisioni: "Rileva la carenza di informazioni sulle condizioni meteorologiche della località in cui doveva essere installata la nuova centrale termica; decide di procedere ad un supplemento di istruttoria, invitando gli ufficiali sanitari dei Comuni interessati e il Medico provinciale di Novara, a fornire i dati meteorologici richiesti, con l'eventuale consulenza di esperti nel ramo decide altresì di invitare l'Amministrazione Comunale interessata a non procedere al rilascio di nessuna autorizzazione in merito all'installazione della centrale fino a quando il Comitato stesso non sarà in grado di fornire il proprio motivato parere al riguardo; decide infine di richiedere direttamente alla società interessata delucidazioni sull'eventuale impiego del metano, quale combustibile nel funzionamento della centrale stessa".
Il deliberato del Comitato è stato trasmesso al Sindaco di Gozzano alla soc. Bemberg e al Medico provinciale di Novara, affinché ne rendesse edotti anche gli ufficiali sanitari dei Comuni interessati. La Soc. Bemberg ha in questi giorni risposto, in prima persona e tramite il Medico provinciale di Novara: "1) per la realizzazione di questo progetto presentato al Ministero dell'Industria il 23.6.1967, abbiamo avuto da tale Ministero il benestare con decreto in data 20.12.1967 e successivamente la licenza edilizia del Comune di Gozzano in data 7.10.1968 n. 6372. Il progetto prevedeva un camino alto 35 metri. I lavori sono in corso di ultimazione, 2) Il combustibile considerato dal progetto era lo stesso in uso nelle caldaie già in esercizio da anni, cioè nafta normale, contenuto in zolfo del 3 per cento ed era previsto un adeguato impianto di abbattimento degli incombusti. Il progressivo emergere di sempre più vive esigenze antinquinamento, ci spinse ad esaminare la possibilità di alimentare le nuove caldaie con combustibile a minor contenuto di zolfo, la così detta nafta BTZ con zolfo inferiore all'1 per cento, ma non ci fu possibile ottenere garanzie di una fornitura continua. Passammo allora a progettare un camino di altezza sufficiente a diluire i composti solforosi dei fumi fino ai limiti che si presumeva fossero e che di fatto furono poi previsti dal regolamento della legge 13.7.66 n. 615 (legge antismog). Ne risultò l'opportunità di costruire un camino di 90 metri, per il quale abbiamo infatti chiesto al Comune di Gozzano la licenza di variante. Solo recentemente, non avendo mai cessato le ricerche per l'acquisto di altri combustibili, siamo riusciti ad assicurarci la fornitura continua di nafta BTZ, nonché la concessione, peraltro a titolo precario, di metano. Di conseguenza in data 16.7.71 abbiamo comunicato al Comune di Gozzano la rinuncia alla variante per un camino più alto, in quanto con i nuovi combustibili riteniamo sufficiente l'altezza di 35 metri, come previsto nella licenza edilizia già in nostro possesso e valida anche per le nuove prescrizioni legislative. Verrà naturalmente installato anche l'impianto di abbattimento degli incombusti".
Questa la nota della ditta: "Ciò premesso, si provvederà senza indugio a richiedere la relazione tecnica contenente la descrizione dell'impianto di abbattimento e le condizioni di funzionamento dello stesso su cui il Comitato, in base all'art. 5 del Regolamento per l'esecuzione della legge antismog per il settore dell'industria, decreto Presidente della Repubblica 15.4.71 n. 322 e entrato in vigore il 9.9 u.s., deve esprimere il proprio parere tenendo conto anche dei limiti di immissione fissati nell'art. 8 dello stesso Regolamento.
Concludendo: poiché giuridicamente soltanto nei territori inclusi nelle zone A e B previste dall'art. 2 della legge antismog si esercita il controllo sull'inquinamento atmosferico provocato dagli impianti termici e dagli stabilimenti industriali e che si applicano le norme previste dai relativi regolamenti di esecuzione, si proporrà anche da parte nostra al Comitato, nella sua prossima seduta, che venga richiesto al Ministero della Sanità l'immediato inserimento del Comune di Gozzano in zona di controllo A o B".
Da ultimo va data lettura di una lettera giunta in data 17.9.71 prot.
n. 7006 da parte del Comune di Gozzano inviata al Comitato Regionale contro l'inquinamento atmosferico: "Con richiamo alla lettera n. 3652 in data 15.9.71 dell'ufficio del Medico provinciale di Novara, riguardante l'oggetto ed in relazione al parere stesso del Comitato Regionale contro l'inquinamento atmosferico del Piemonte, lo scrivente (è il Sindaco di Gozzano) si permette di richiamare l'attenzione dell'Ill.mo Comitato al fine di riesaminare il parere espresso in seduta del 25.5.1971, alla luce delle nuove modifiche apportate dalla S.p.A. Bemberg all'impianto termico in fase di realizzazione. Con l'occasione si permette richiamare l'attenzione del Comitato affinché detto esame avvenga con la massima sollecitudine, in considerazione del fatto che la ditta in parola sta attraversando un periodo di crisi che fa presupporre possa essere aggravato dal mancato funzionamento del citato impianto.
E' infatti noto che una parte delle maestranze della predetta azienda sono attualmente poste in cassa di integrazione con grave disagio per le classi lavoratrici ed in particolare per l'economia della zona. Ritiene inoltre lo scrivente che dopo le proposte modifiche, l'impianto in parola possa essere autorizzato, sulla base di quanto previsto dalla legge 13.3.66 n. 615, in quanto il Comune di Gozzano non è fra quelli soggetti agli obblighi imposti dalla legge citata e d'altra parte le modifiche adottate all'impianto e l'uso carburante a basso tenore di zolfo dovrebbe ridurre alquanto il pericolo di un possibile inquinamento atmosferico.
Ciò premesso, lo scrivente confida in un sollecito riesame della pratica per un possibile rilancio del nullaosta richiesto dalla società".
Questa è la lettera del Comune su cui non facciamo commenti, ma ciò che resta valido è che sulle nuove condizioni di funzionamento del camino della centrale termica a combustibile con percentuale di zolfo inferiore almeno all'1 per cento deve esprimersi in termini precisi il Comitato Regionale per l'inquinamento, poiché si osservano le disposizioni della legge antismog.
D'altra parte la richiesta fatta per l'estensione del Comune di Gozzano a una delle zone A o B che sono interessate direttamente dalla legge dovrebbe cautelarci che ciò che viene detto sia effettivamente mantenuto cioè il camino abbia quelle caratteristiche che lo mettono nelle condizioni fissate dalla legge e quindi non nocive per l'inquinamento atmosferico.



PRESIDENTE

Ha facoltà di replicare il Consigliere Bono.



BONO Sereno

Prendo atto delle dichiarazioni della Giunta che stanno ad indicare che l'azione svolta dagli Enti locali e dalla cittadinanza interessata ha sortito un primo effetto, quello di bloccare una centrale termoelettrica che si pensava di far funzionare con nafta contenente il 4 per cento di zolfo perché costava meno, risolvendo poi il problema di coscienza nei confronti dell'inquinamento con la costruzione di un camino alto 90 metri.
Prendo atto quindi di questo primo risultato, e vorrei sottolineare la validità della pressione che ha determinato lo stabilirsi di un rapporto tra l'azienda, la Regione e gli Enti locali. Si è visto così che l'intervento dell'Ente pubblico può portare a delle soluzioni che pur soddisfando le giuste necessità di sviluppo delle aziende, non sono in contrasto con gli interessi generali della popolazione.
Io ritengo che il discorso tra la Società Bemberg e la Regione debba continuare in futuro poiché esiste la necessità di ridare vita al lago d'Orta che non può essere considerato morto in senso definitivo; occorre fare intervenire il capitale che ha distrutto quel patrimonio pubblico perché sia restituito, almeno in parte ripristinato, ai suoi giusti proprietari, che sono i cittadini.
Vorrei anche sottolineare la necessità che nel rilascio della eventuale licenza sia fissato con estremo rigore il concetto del controllo permanente da eseguirsi su quello scarico, perché non possiamo accontentarci di eliminare una fonte di inquinamento senza poi controllarla, in quanto l'inquinamento ha carattere permanente e può assumere, in un prossimo futuro, degli aspetti diversi, magari più gravi e pesanti, di quelli odierni. Perciò è indispensabile che il controllo venga realizzato con la massima severità e giustizia nell'interesse delle popolazioni interessate.



PRESIDENTE

Nonostante il Regolamento preveda una sola replica fatta dagli interpellanti, dato che ormai abbiamo finito e con la raccomandazione per di rimanere concisissimo, ascolteremo le tre o quattro battute del Consigliere Sanlorenzo.



SANLORENZO Dino

Non ne ho neanche la forza, come sente sono senza voce, ma siamo così impegnati tutti i giorni a far cadere questa Giunta che una voce val bene una Giunta! Vorrei soltanto aggiungere una proposta. Abbiamo sentito, oltre alle apprezzabili dichiarazioni dell'Assessore sull'intervento della Regione in questa materia, anche la lettura di un documento di cui non devono essere privati gli altri Consiglieri e cioè la risposta del Sindaco del Comune uno dei documenti più vergognosi che io abbia sentito, scritto da un qualsiasi Comune d'Italia, che deve essere meditato dai Consiglieri presenti perché illustra il tipo di rapporti che ci sono con un grande monopolio come è la Bemberg la quale riesce a distruggere i pesci, riesce a distruggere la fauna, riesce a distruggere l'ambiente, riesce a distruggere anche l'arte - perché quello era considerato il lago dei pittori -, tenta di distruggere la vita della gente e riesce anche a comprare i Comuni, o qualcuno dei Comuni. La proposta è che quel documento sia ciclostilato e consegnato a tutti i Consiglieri e tutti ne traggano una qualche riflessione sul rapporto che ci deve essere fra i Comuni e la Regione secondo lo Statuto, anche sulla sostanza politica che a volte lega i Comuni ai centri di potere economico.



PRESIDENTE

Abbiamo così esaurito l'ordine del giorno.
Mi pare che il Consigliere Sanlorenzo volesse chiedere notizie alla Giunta per quel che riguarda la risposta alle interrogazioni. Vorrei prima fare presente che nell'ultima riunione dei Capigruppo, come ho già informato ieri mattina il Consiglio, è stato convenuto d'ora in poi di inserire in tutte le sedute del Consiglio Regionale la voce "Interrogazioni e interpellanze" con l'impegno da parte della Giunta di comunicare volta per volta a quali di queste interrogazioni ed interpellanze risponderà e con la intesa che la Giunta si adoprerebbe, quando ha informazioni in proprio possesso che consentano di rispondere alle interrogazioni e alle interpellanze, di dare una risposta più sollecita, in modo da non far superare l'attualità al documento che vale, quando si tratta di un fatto immediato, se ottiene risposta immediata, mentre non vale se si risponde con tre o quattro mesi di ritardo.



SANLORENZO Dino

La mia è soltanto una sollecitazione affinché alla prossima tornata siano date risposte alle interrogazioni che avevo presentato. Nello stesso tempo è anche una protesta perché queste interrogazioni non abbisognavano di uno studio particolare da parte della Giunta, di ricerche di documenti altrove fuori del Consiglio, ma erano tutte quante inerenti al funzionamento della Giunta e del Consiglio, tanto che non avendo potuto ricevere risposta in tempi brevi, ho dovuto porre il problema all'Ufficio di Presidenza il quale ha dovuto porre la questione, nel suo complesso alla Giunta. Molte delle notizie che il Presidente del Consiglio ha dato in questi giorni circa le regolamentazioni, la stampa dei documenti ecc., sono gia effetto di questa iniziativa che è un po' al di fuori della prassi tradizionale. Malgrado questo, credo che la questione non debba essere risolta con le comunicazioni che il Presidente del Consiglio ci ha fatto su tutta una serie di materie che erano oggetto di quelle interrogazioni, ma che la Giunta debba venire a rispondere a quelle interrogazioni e a spiegare i ritardi di un anno, anche se c'è la speranza che questo ritardo di un anno, nel prossimo futuro, non si verifichi più.



PRESIDENTE

Ha facoltà di parlare il Vicepresidente Cardinali.



CARDINALI Giulio, Vicepresidente della Giunta Regionale

Evidentemente non è che la Giunta voglia lasciar decorrere i termini dell'usucapione per appropriarsi delle interrogazioni e delle interpellanze senza rispondere. Alcuni degli argomenti che formano oggetto di questi documenti d'altra parte sono stati superati dai dibattiti intercorsi in Consiglio. In ogni modo - fermo restando ciò che ha detto il Presidente del Consiglio circa i nuovi rapporti, la nuova metodologia che useremo nello sveltire anche questa attività - credo sia opportuno che la Giunta raccolga tutte le interrogazioni e le interpellanze e risponda alla parte che è rimasta.



MARCHESOTTI Domenico

Fatelo presto però, perché se lo fate fra un mese non si sa più come va a finire!


Argomento: Parchi e riserve

Proposta di deliberazione del Consigliere Sanlorenzo ed altri sull'Alpe Veglia


PRESIDENTE

Comunico che è stata presentata dai Consiglieri Sanlorenzo ed altri dei vari Gruppi politici (dico altri perché alcuni sono Assessori e non avrebbero normalmente il diritto di presentare una proposta di deliberazione, ma comunque i nomi ci sono e rimangono e rappresentano tutti i Partiti) una proposta di deliberazione sulla istituzione di un "parco naturale della Regione Piemonte nell'Alpe Veglia". Ho messo io stesso questo titolo per dare una terminologia che sia confacente alla prassi che si deve seguire in questo Consiglio Regionale.
Comunico pure di avere deliberato di assegnare all'esame della V Commissione questa proposta di deliberazione.
L'o.d.g. essendo esaurito e non essendo ancora in grado di stabilire quando le varie Commissioni avranno predisposto le loro relazioni ed il loro progetto di osservazioni sui cinque decreti delegati Presidenziali che sono sottoposti al loro esame, mi riservo di consultare i Presidenti delle Commissioni competenti cui sono stati assegnati questi progetti e di fissare successivamente la data della prossima sessione del Consiglio in cui verranno esaminati.
Il Consiglio sarà convocato a domicilio. La seduta è tolta.



(La seduta ha termine alle ore 14,35)



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