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Dettaglio seduta n.58 del 21/09/71 - Legislatura n. I - Sedute dal 6 giugno 1970 al 15 giugno 1975

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Argomento:


PRESIDENZA DEL PRESIDENTE VITTORELLI


Argomento: Organizzazione degli uffici - Regolamento del personale

Qualifiche e contingenti numerici del personale regionale. Norme provvisorie. Negazione del visto e rinvio all'esame del Consiglio regionale: a) parere della Giunta Regionale; b) provvedimenti


PRESIDENTE

La seduta è aperta.
Riprendiamo l'ordine del giorno al punto 3, che esauriremo adesso.
Aveva chiesto di parlare questa mattina - e mi scuso di essermi dimenticato di dargli la parola al termine della seduta antimeridiana - il Consigliere Berti. Ha facoltà di parlare.



BERTI Antonio

Rinuncio.



PRESIDENTE

Allora, non essendo ancora perfettamente a punto il testo che doveva concludere l'esame del punto 3, passiamo al 3 bis, cioè prendiamo in esame la legge regionale 6 luglio '71 recante: "Qualifiche e contingenti numerici del Personale regionale. Norme provvisorie. Negazione del visto e rinvio all'esame del Consiglio Regionale: a) parere della Giunta Regionale; b) provvedimenti".
Ha facoltà di parlare il Presidente della VIII" Commissione, che ringrazio di aver accolto il mio invito a prendere in esame con procedura urgentissima di fatto, non decisa dal Consiglio, il parere della Giunta ed i provvedimenti proposti dalla stessa, ponendoci in condizioni di passare oggi stesso all'esame ed all'approvazione dei provvedimenti proposti.
Appunto perché è stata seguita una procedura urgentissima, non è stato possibile approntare una relazione scritta, e quindi lo stesso Presidente della Commissione, che è anche relatore, svolgerà la sua relazione oralmente.



VIGLIONE Aldo, relatore

Signor Presidente, onorevoli colleghi, vi chiedo qualche minuto della vostra attenzione per puntualizzare alcuni aspetti di questo problema assai importante, come è stato da tutti riconosciuto.
Le due prime leggi varate dalla nostra Regione non sono state vistate dagli organi centrali, come d'altronde quelle di altre Regioni. Non è nostra intenzione aprire un conflitto con lo Stato, abbandonarci al vano piagnisteismo o assumere un atteggiamento di contrapposizione alle autorità centrali, come il collega Bianchi mi è parso voler adombrare nei nostri confronti. Non avanziamo nemmeno rivendicazioni nei confronti dello Stato anche se da qualche parte si vorrebbe, si dice, che le forze politiche preparassero un certo tipo di programma nei confronti dell'Ente Regione e delle Amministrazioni Regionali. Noi, cioè, non chiediamo assolutamente nulla allo Stato; né che allarghi i cordoni della borsa, né che sia liberale, comprensivo nei nostri confronti. Vogliamo solo puntualizzare con chiarezza, sia pur brevissimamente, alcuni aspetti del problema.
Noi riteniamo che il problema non sia di rivendicazione nei confronti dello Stato ma di adempimento costituzionale. Le Regioni, noi sottolineiamo, sono sorte come fatto costituzionale, con attribuzioni in via esclusiva e in via primaria di specifiche materie, per cui quella di cui discutiamo oggi è semplicemente una inadempienza di carattere costituzionale. Non vogliamo che la Regione venga trattata alla stessa stregua di una Provincia o di un Comune, posta cioè sotto tutela di un Commissario governativo, o di una Presidenza di un Consiglio dei Ministri senza una chiara specificazione su quali leve possa toccare o in chi si impersoni: l'Ente Regione è un autentico Governo democratico popolare periferico, decentrato, dotato di poteri, che esercita responsabilmente.
Sottolineo questo avverbio perché uno dei motivi addotti per giustificare il blocco delle leggi è quello del timore di una certa dose di irresponsabilità da parte delle Regioni. Il nostro Paese, si sostiene analogamente a quanto si disse per altri problemi come per esempio per il divorzio, non è ancora maturo per le Regioni, non è ancora responsabile non si sa ancora governare; e in questa prospettiva si inquadra il diniego del visto non soltanto alle leggi varate dalla Regione Piemonte ma anche a quelle della Lombardia e di altre Regioni. Ora, noi vorremmo essere molto chiari e puntualizzare tutto questo non soltanto sotto l'aspetto meramente politico ma anche sotto l'aspetto giuridico-costituzionale, nell'intento di dimostrare, credo con validi argomenti, che da parte dell'Autorità centrale si è incorsi in una inadempienza di carattere costituzionale, mentre la Costituzione deve essere osservata nella sua interezza e senza trovare più alcuna limitazione né in leggi quadro così dette, né in leggi limitative.
La proclamazione contenuta nell'art. 5 della Costituzione che "La Repubblica, una e indivisibile, riconosce e promuove le autonomie locali" assume un particolare significato, in quanto la sua collocazione in forma di solenne affermazione tra i principi fondamentali conferisce alle autonomie locali un preciso rilievo sul piano politico costituzionale. Da un lato, infatti, la determinante considerazione delle autonomie locali vale ad escludere che altre forme del pluralismo sociale, quali raggruppamenti di attività economiche e di categoria tipiche degli ordinamenti corporativi, possano assurgere nel nostro Paese ad uguali livelli di rilevanza; dall'altro la dichiarazione che la Repubblica non solo riconosce ma anche promuove dette autonomie, sta a significare che l'unità e l'indivisibilità della Repubblica non debbono considerarsi principio direttivo paritetico ma soltanto limite al riconoscimento delle autonomie locali, assumendo al contrario quest'ultimo ruolo di principio direttivo. In altri termini, la Carta costituzionale, attraverso il riconoscimento e la promozione delle autonomie locali, non intende limitarsi a conferire a certi Enti una determinata posizione giuridico formale, ma vuole che i medesimi assurgano a centro di vita effettiva nella vita dello Stato, costituendo per i cittadini esercizio, espressione, modo d'essere, garanzia di democrazia e di libertà. In siffatta prospettiva va anche inquadrata una delle espressioni più qualificanti delle autonomie locali, quale è l'attività normativa dell'Ente Regione.
Con riferimento a questo ambito, una funzione di priorità nell'ordine delle fonti legislative della Regione è riconosciuto allo Statuto Regionale, contemplato, d'altronde, dall'art. 123 della Costituzione, che si pone, in relazione ai compiti essenziali dell'ente, quale titolo di legittimazione di ogni ulteriore svolgimento della funzione legislativa dell'Ente stesso. La circostanza, poi, che lo Statuto, oltre ad essere deliberato dal Consiglio Regionale a maggioranza assoluta dei suoi componenti, venga approvato con legge della Repubblica, attribuisce alla potestà statutaria una posizione di preminenza anche nei confronti della legislazione statale. Non minore rilievo assume l'ordinaria attività legislativa della Regione, che trova specifica consacrazione nell'art. 117 della Costituzione, laddove si afferma che "la Regione emana, per determinate materie, norme legislative nei limiti dei principi fondamentali delle leggi dello Stato, sempre che le norme stesse non siano in contrasto con l'interesse nazionale e con quello di altre Regioni".
Pur solitamente parlandosi, in proposito, di legislazione concorrente o ripartita, è bene precisare che il concorso si realizza nel senso che la legge statale e la legge regionale collaborano a porre in essere la complessiva disciplina delle materie, l'una ponendo i principi fondamentali e l'altra le norme ulteriori e di dettaglio, e non certo nel senso che si possa avere una sovrapposizione di norme nello stesso ambito di competenza.
In ordine alle materie ivi elencate, il 117 sta infatti a significare che la competenza legislativa dello Stato rimane circoscritta all'emanazione dei cosiddetti principi fondamentali, mentre al contrario la competenza legislativa della Regione si pone nei confronti della competenza dello Stato non già come concorrente bensì come esclusiva. Conclusione questa cui non osta la circostanza che le norme della Regione non debbano né andare oltre i limiti costituiti dai principi fondamentali della legislazione statale né contrastare con gli interessi dello Stato o di altre Regioni.
Ciò invero non incide sull'anzidetta esclusività di competenze della legislazione regionale riguardo alle materie del 117, in quanto gli effetti dell'eventuale inosservanza del disposto costituzionale restano in ogni caso circoscritti al piano di controllo della validità della legge regionale in concreto posta in essere, senza cioè interessare quello del tutto distinto della competenza normativa dell'Ente Regione a deliberare le leggi concernenti determinate materie.
Ciò premesso, per quanto attiene poi in particolare ai rapporti fra legge statale e legge regionale in relazione alle materie elencate nel 117 può osservarsi che nel momento stesso in cui si è concretamente integrata la competenza legislativa delle Regioni ordinarie, a seguito dell'attuazione dell'ordinamento regionale, e con il passaggio da un sistema legislativo accentrato a un sistema legislativo decentrato, lo Stato ha perduto la competenza a porre in essere in proposito norme che non siano principi fondamentali, restando tutte le cosiddette norme di dettaglio demandate alla competenza legislativa delle Regioni. Di conseguenza, anche nell'ipotesi dell'assenza di attuazione della disciplina legislativa da parte della Regione, qualora lo Stato adottasse ugualmente in ordine alle materie anzidette, una legislazione di dettaglio, questa dovrebbe considerarsi invalida per violazione del 117 e quindi sarebbe suscettibile di impugnazione per illegittimità dinanzi alla Corte Costituzionale. Qualora poi la legge statale di dettaglio investisse una materia già disciplinata da apposita legge regionale, si determinerebbe un caso di vero e proprio conflitto di norme. A dirimere il conflitto non potrebbe valere né il criterio cronologico né quello gerarchico: non il primo, perché, trattandosi di antinomia fra norme con diversa sfera di competenza, non può operare il meccanismo dell'abrogazione della fonte precedente da parte di quella successiva; non il secondo, perché la legge statale ordinaria e la legge regionale concorrente non si trovano in un rapporto di sopra o sotto-ordinazione gerarchica, dovendosi riconoscere almeno per questo profilo la loro parità. Pertanto, in un sistema dove esiste una pluralità di fonti, dove la legge è rigorosamente subordinata alla Costituzione con relativo sindacato di validità, e dove nel contempo è previsto un largo decentramento della funzione normativa, più producente appare allora il ricorso al criterio della competenza, tenendo anche presente che i limiti della competenza sono quasi sempre assoluti ed inderogabili nell'ambito di qualsiasi fonte, compresa la legge dello Stato.
Dal riconoscimento del criterio della competenza come il più idoneo a dirimere eventuali conflitti fra norme statali e norme regionali emerge la particolare importanza che assume, nel contesto di quella norma dell'autonomia regionale che si esprime nell'esercizio della funzione normativa, la necessità di tenere rigidamente distinte le sfere di competenza, e quindi di operatività, rispettivamente riservate allo Stato e alla Regione. Proprio da questa consapevolezza, che permette di adottare il solo criterio ermeneutico compatibile nell'ipotesi di conflitto fra legge statale e legge regionale, emerge la conferma in termini giuridici di quelli che sono in termini politici i valori delle autonomie locali nella Carta Costituzionale.
In particolare, ed in via preliminare, è da osservare che l'opposizione in questione alla legge regionale 6 luglio '71, avente ad oggetto norme provvisorie in tema di qualifiche e contingenti numerici del personale regionale, sembra essere stata sollevata dalla Presidenza del Consiglio dei Ministri, anziché dal Governo, contrariamente a quanto dispone l'art. 127 della Costituzione, cui si richiama l'art. 11 comma 2 della legge 10 febbraio 1953 n. 62. In tale ipotesi, siffatta opposizione sarebbe insanabilmente viziata, dovendo necessariamente intervenire in proposito una apposita deliberazione del Consiglio dei Ministri. Sul punto non possono sussistere dubbi, dopo l'intervento della Corte costituzionale sentenza n. 8 del 1967 - in tema di rinvio per un nuovo esame di una legge regionale del Friuli-Venezia Giulia. La Corte ha ribadito che il rinvio dev'essere disposto dal Consiglio dei Ministri, non dal Presidente del Consiglio, sottolineando che, sebbene il termine "governo" nel linguaggio legislativo non abbia un significato univoco, nel contesto dell'art. 127 della Costituzione esso si riferisce al Consiglio dei Ministri come organo competente a deliberare l'impugnativa di una legge regionale. Pertanto l'unità del sistema, rilevata anche dall'identità della terminologia implica l'esigenza che nella stessa sede vengano valutate le ragioni di rinvio e successivamente quelle dell'impugnazione per illegittimità costituzionale o per contrasto con gli interessi nazionali. I gravi effetti che conseguono al rinvio - divieto di promulgazione ecc. - inducono d'altra parte pure a ritenere che il relativo atto possa essere adottato soltanto dall'organo supremo del potere esecutivo.
Quanto ai rilievi sollevati in ordine alla Legge 6 luglio '71 dalla Presidenza del Consiglio dei Ministri, i medesimi concernono: a) il contrasto con l'art. 117 per l'inosservanza dei principi fondamentali delle leggi statali sul pubblico impiego, quale si evincerebbe dall'inosservanza dell'art. 67 Legge 10 febbraio '53 e del Decreto del Presidente della Repubblica 28 dicembre '70 n. 1077 per la mancata indicazione del numero dei posti delle singole qualifiche delle carriere esecutive e ausiliarie b) l'omessa indicazione che la Regione provvede direttamente a proprio carico alle spese del personale comandato nonché al versamento dell'importo dei contributi e delle ritenute sul trattamento economico del personale alle Amministrazioni di appartenenza dello stesso, in conformità alla legge del 10 gennaio '57 e all'art. 34 del Decreto del Presidente della Repubblica 28 dicembre '70 n. 1077 c) la mancata indicazione dell'onere finanziario e dei mezzi di copertura in relazione a quanto disposto dal quarto comma dell'art. 81 della Costituzione.
In proposito può notarsi: per quanto concerne il punto a), l'affermazione del contrasto con l'art. 117 della Costituzione è immotivata, non essendo sufficiente ad integrare la violazione del disposto costituzionale l'asserita inosservanza dell'art. 67 Legge Scelba e della 1077. Il testo costituzionale, infatti fa espresso riferimento, quale limite alla potestà normativa della Regione ai soli principi fondamentali stabiliti dalla legge dello Stato.
(Stamattina, in Commissione, abbiamo fatto un caso a titolo esemplificativo: se dicessimo di voler pagare tutti i mesi un doppio o triplo stipendio, oppure che la scelta degli impiegati verrà fatta a sua discrezione dal Presidente del Consiglio, violeremmo i principi generali dello Stato, e ci esporremmo pertanto al rischio di incappare in una impugnativa). Pertanto, il fatto in sé dell'inosservanza dell'art. 67 da parte della legge regionale, potendo essere essa determinata da qualsivoglia difformità del trattamento adottato per il personale regionale rispetto al trattamento previsto per il personale dello Stato dalle leggi statali, non è certo sufficiente a concretare il contrasto con il 117 potendo quest'ultimo venire in essere solo qualora la difformità anzidetta investa quelli che nell'ambito della materia considerata possono assurgere alla qualificazione di principi fondamentali della legislazione dello Stato italiano. Per restare nella materia del pubblico impiego, principi fondamentali potrebbero, ad esempio, essere considerati quelli che è dato desumere dalle norme che prescrivono l'accesso ai pubblici impieghi attraverso pubblici concorsi eccetera. A questa stregua, ben si comprende come risulti privo di una adeguata incidenza ai fini dell'asserito contrasto con il 117 l'assunto, beninteso da dimostrare, della mancata indicazione del numero dei posti delle singole qualifiche della carriera esecutiva e ausiliaria, per il fatto che noi avevamo ritenuto di accorciare le distanze collocando sullo stesso piano la carriera esecutiva e quella ausiliaria.
Per quanto concerne il punto b), non si vede perché debba costituire oggetto di rilievo il fatto che sia stata omessa l'indicazione che la Regione provvede direttamente a proprio carico alle spese per il personale comandato nonché al versamento dell'importo dei contributi e delle ritenute sul trattamento economico del personale alle Amministrazioni di appartenenza. Ciò si trova espressamente già stabilito nel comma terzo dell'art. 34 della Legge 28 dicembre '70 n. 1077, la quale dice espressamente: "Alla spesa del personale comandato presso Enti pubblici provvede direttamente ed a proprio carico l'Ente presso cui detto personale va a prestare servizio" (dunque, lo dice già la legge, è inutile che noi facciamo riferimento ad essa); "L'Ente è altresì tenuto a versare all'Amministrazione statale cui il personale stesso appartiene l'importo dei contributi e delle ritenute"; comma sostitutivo dell'art. 57 della Legge 10 gennaio '57 n. 3, la quale disposizione, in quanto tale, assume forza di legge anche nei confronti dell'Ente Regione, senza cioè che ai fini dell'osservanza della norma nella stessa contenuta sia necessario che nel contesto della legislazione regionale in tema di personale comandato venga ogni volta dichiarata, altrimenti dovremmo richiamare in ogni legge sempre tutte le altre.
Per quanto concerne il punto c), che è quello relativo all'art. 81, che prescrive l'indicazione delle fonti cui attingere per la copertura della spesa, il discorso potrebbe essere più delicato. Tuttavia, la dichiarata provvisorietà della legge in questione e l'implicito richiamo alla più organica, oltre che definitiva, legge regionale che dovrà regolamentare l'intera materia dovrebbero valere in qualche modo a superare l'obiezione che nasce dal riferimento al comma 4 dell'art. 81 della Costituzione.
Giunti a questo punto e formulati tutti questi rilievi, la Commissione ha ritenuto di accogliere la proposta della Giunta di approvare una deliberazione per dare immediatamente corso all'assunzione del personale necessario, perché oggi la Regione Piemonte dispone unicamente di 52 impiegati, e si trova quindi per la sua attività in una situazione addirittura disperata. Unica osservazione, quella che, a proposito di carriera esecutiva ed ausiliaria, non si venga a costituire un precedente che comprometta quanto sarà poi disposto dalla legge che dovrà essere varata.
Infine, la Commissione ha proposto la nomina di una commissione che dovrebbe incontrarsi con i parlamentari che fanno parte della Commissione parlamentare per l'attuazione delle Regioni. Certamente, non osta anche che si possa incaricare la Giunta di fare i passi opportuni presso il Governo centrale e la Presidenza del Consiglio.



PRESIDENTE

La discussione è aperta. Nessuno chiede di parlare sulla relazione svolta dal Presidente dell'VIII Commissione nella sua veste di relatore? Allora, ovviamente, non vi è motivo di replica da parte del relatore. La Giunta desidera completare la relazione o esprimere un giudizio? No.
Allora, la discussione è chiusa.
Possiamo procedere alla votazione sulla deliberazione in merito al progetto proposta dalla Giunta e recepita dalla Commissione ed ora sottoposta all'approvazione dell'Assemblea. Tale deliberazione consta di due punti. Mi limiterò a porre in votazione non la motivazione in premessa ma singolarmente i due punti, dei quali darò lettura successivamente, che costituiscono il dispositivo di questa deliberazione, e che formeranno la deliberazione del Consiglio Regionale; successivamente, il complesso della deliberazione, che avrà quindi per titolo: "Deliberazione del Consiglio Regionale". Primo punto: "E' determinato come segue un ulteriore contingente di impiegati - con qualifiche corrispondenti a quelle di natura dei rispettivi Enti di appartenenza - per cui si reputa necessario il comando ai fini di sopperire alle esigenze e funzionamento degli organi regionali: carriera direttiva n. 31 carriera di concetto n. 15 carriera esecutiva n. 25 ausiliaria n. 15 per un totale di 86 unità".
Vi sono dichiarazioni di voto?



MARCHESOTTI Domenico

La Commissione aveva proposto, e il relatore ha ripetuto poco fa, che si dovevano considerare unitamente gli impiegati della carriera esecutiva e di quella ausiliaria, per un complesso di 40 unità.



VIGLIONE Aldo, relatore

Si è fatta distinzione per tema di incorrere, per questo particolare in un nuovo rinvio, che ci porterebbe a ritrovarci qui, fra due mesi, a discutere della stessa questione; con la precisazione, però, che questa determinazione è provvisoria, e non intacca menomamente il principio insito nella relazione precedente.



CALLERI Edoardo, Presidente della Giunta Regionale

Non costituisce un precedente.



VIGLIONE Aldo, relatore

Rileggo il punto in questione, che forse questa mattina al collega Marchesotti è sfuggito: "Aderisce alla ulteriore proposta di deliberazione con la precisazione che, agli effetti della nuova legge che si dovrà varare per il personale, non costituisce principio la suddivisione delle carriere così come formulata".



MARCHESOTTI Domenico

Comunque, a me preme sia ben chiaro che noi decidiamo di fare distinzione fra carriera esecutiva e carriera ausiliaria, come ha detto il Presidente del Consiglio, soltanto per arrivare ad ottenere un risultato concreto, fermo restando il punto, in linea di principio, che le carriere sono tre e non quattro; perché non vorrei che fossimo costretti ad impostare nuovamente la questione. Se la Giunta è d'accordo, approviamo il testo che essa propone.



CALLERI Edoardo, Presidente della Giunta Regionale

La Giunta stessa ha proposto che sia così.



PRESIDENTE

Allora, è in votazione il testo di cui ho dato lettura, con la precisazione del Presidente della Commissione, con la dichiarazione di voto di precisazione del Consigliere Marchesotti e con l'assicurazione, data con una interlocuzione del Presidente della Giunta, che questa suddivisione non costituisce precedente e che l'intera materia sarà poi sottoposta all'esame del Consiglio Regionale integralmente, quando il Consiglio Regionale prenderà in esame la legge regionale sul personale.
Chi è favorevole al testo del punto 1 di cui ho dato lettura è pregato di alzare la mano. E' approvato all'unanimità.
Passiamo al secondo punto.
"Le spese conseguenti, per il personale via via comandato, e cioè trattamento economico, contributi previdenziali e assistenziali e ritenute relative, sono a carico della Regione, e saranno fronteggiate con i fondi di cui all'art. 16 della legge 16.5.1970, n. 281, modificato dall'art. 3 della legge 23.12.70, n. 1084".
Prima di porre questo secondo punto in votazione, per non correre il rischio che la deliberazione sia approvata senza seguire integralmente le norme del nostro Regolamento, vorrei sapere dal Presidente della I Commissione, che evidentemente non ha potuto convocare la sua Commissione ma che avrebbe dovuto essere interpellato a norma di Regolamento, perch trattasi di questione su cui detta Commissione è chiamata ad esprimere il proprio parere, se la I Commissione ha qualcosa da obiettare.



GARABELLO Enzo

Ritengo di non dover sollevare, a nome della Commissione, alcuna eccezione rispetto alla deliberazione proposta.



PRESIDENTE

Allora, pongo in votazione il punto 2 del testo proposto dalla Giunta accettato dalla VIII Commissione e sul quale la I Commissione non ha nulla da obiettare. Chi favorevole è pregato di alzare la mano. E' approvato.
Pongo in votazione l'intero testo della delibera.
Chi è favorevole è pregato di alzare la mano.
E' approvato.


Argomento: Bilanci consuntivi (generale e del Consiglio Regionale)

Legge regionale 6 luglio 1971 recante: approvazione rendiconto finanziario 1970. Negazione del visto e rinvio all'esame del Consiglio Regionale. Parere della Giunta Regionale e proposta di riadozione del provvedimento


PRESIDENTE

Passiamo ora al punto 3 ter dell'o.d.g.: "Legge regionale 6 luglio 1971 recante: approvazione rendiconto finanziario 1970. Negazione del visto e rinvio all'esame del Consiglio Regionale. Parere della Giunta Regionale e proposta di riadozione del provvedimento".
Ha facoltà di parlare il relatore. A nome della I Commissione parla il Presidente, Consigliere Garabello, in veste di relatore.



GARABELLO Enzo, relatore

Signor Presidente, signori Consiglieri, la mia sarà una relazione molto breve. La Commissione I ha affrontato il problema della proposta della Giunta di riadozione della legge respinta dall'autorità di Governo con un rapido e sostanziale esame delle argomentazioni in controdeduzione che la Giunta ha approntato. Si è successivamente fermata su argomenti di natura più ampiamente politica, sulla quale ho già avuto modo di riferire e che ha formato sostanza del dibattito di stamane, sulla quale, quindi, non intendo più fermarmi. La Commissione ha dichiarato valide le argomentazioni succinte ma precise, contenute in detto documento della Giunta, le fa proprie e pertanto propone al Consiglio Regionale l'adozione della delibera stessa.
Com'è noto, le obiezioni che il Commissario di Governo ha trasmesso con telegramma del Sottosegretario alla Presidenza del Consiglio, ci fornivano tre elementi sui quali dibattere. La Commissione non ha alcunch da opporre sulla dichiarazione fatta dalla Giunta che dette argomentazioni paiono obiettivamente inconsistenti e pretestuose sia dal punto di vista giuridico che da quello sostanziale.
Il primo punto delle obiezioni del Governo è che il rendiconto finanziario non è in armonia con il sistema di classificazione delle entrate e delle spese previsto con decreto del Presidente della Repubblica 3.12.'70, pubblicato, come ricorderà la Giunta, sulla "Gazzetta Ufficiale" il 20 gennaio 1971, cioè quando era ampiamente chiuso l'anno solare, e quindi l'esercizio finanziario in questione. Direi che per un criterio di carattere generale, che riguarda la non retroattività delle leggi, il discorso cade veramente da solo, manca di consistenza.
Il secondo punto delle argomentazioni del Governo era che la legge non contiene l'elencazione delle singole entrate e spese ripartite secondo la loro natura e indicazione. La Giunta precisa che l'elencazione delle entrate e delle spese è fatta ai sensi del combinato disposto dell'art. 15 della Legge 281 e dell'art. 3 del Decreto del Ministro del Tesoro 5 giugno '70, in base ad apposito piano di ripartizione delle somme versate dallo Stato, con puntuale riferimento alle esigenze di gestione della contabilità speciale di cui all'art. 15 della citata Legge 281. Pare che in questo caso le autorità centrali abbiano dimenticato che nel caso specifico non si tratta di un bilancio "modis et formis" bensì di una contabilità speciale che appunto ha riferimento nell'art. 15 della Legge 281, che è stato puntualmente rispettato.
La terza doglianza del Governo riguarda il fatto che il Consiglio Regionale abbia legiferato prima che la Commissione di controllo fosse entrata in funzione. Per la verità, su questo argomento ci si era già intrattenuti nella scorsa seduta del Consiglio Regionale e potrebbero anche essere sollevate sia dalla Giunta che dal Consiglio Regionale delle controdeduzioni diciamo poco gradevoli, anzi piuttosto pesanti. La Commissione è d'accordo con la Giunta di non scendere a questo tipo di argomentazione, che potrebbe sembrare non perfettamente corretto e scorrevole, e pertanto esse si limitano a prendere atto che poiché nel frattempo la nomina della Commissione di controllo è avvenuta non c'è più motivo di arresto dell'approvazione della Legge stessa.
Direi che il contesto generale della delibera della Giunta, che la Commissione fa propria e propone al Consiglio, denota un atteggiamento estremamente fermo e dignitoso dal punto di vista politico; però, nello stesso tempo, mette in evidenza anche una chiara intenzione di evitare di giungere ad una contrapposizione frontale fra la Regione e l'Autorità centrale, che anima l'intero Consiglio Regionale e ne ha sempre ispirato il comportamento. Peraltro, nella valutazione politica più generale, la Commissione, ritenendo di proporre che a questo punto la Regione, nei suoi organi, ciascuno nella propria caratteristica di esecutivo e di legislativo, voglia prendere contatti con le corrispondenti Autorità centrali, ha posto il dito sulla piaga sotto il profilo delle conseguenze politiche. Non sfugge a nessuno - infatti stamane è stato ricordato da molti - che al di là della formalità di questa legge, noi dobbiamo vedere il problema del funzionamento della Regione in prospettiva. Questa legge aveva scarsa consistenza dal punto di vista, diciamo così, sostanziale però, verranno presto - la Commissione ne è stata informata stamane anche dall'Assessore alle Finanze - in discussione documenti di ben diversa rilevanza, cioè quelli che, riferendosi alle leggi finanziarie, alle leggi fiscali, dovranno dare inizio ad un proprio prelievo fiscale da parte della Regione, e quindi, se vogliamo, per conseguenza, assieme ad un'entrata, ad una concreta attività di spesa, che significa un'attività esecutiva un'attività amministrativa vera e propria.
Stando cosi le cose, non è sfuggito ad alcuno che il tentativo di porre delle remore al normale, seppur modesto funzionamento legislativo della Regione Piemonte, come peraltro di altre Regioni, non depone bene sulle possibilità delle Regioni stesse di svolgere un'attività autonoma indipendente, anche se inquadrata, come di dovere, nella Costituzione e nella legge dello Stato. Per questo motivo, si ritiene che i contatti che si potranno prendere in sede responsabile romana ai vari livelli possano servire a chiarire le volontà, disposti sempre - e mi richiamo a quanto diceva stamane l'avv. Bianchi - a correggere eventuali errori o imperfezioni che in una fase iniziale sono sempre possibili ma certamente non a cedere su quelli che sono diritti riconosciuti apertamente dalla Costituzione e che la Regione tende ad esercitare, com'è suo dovere, a questo punto. Il quadro politico si configura in questo modo, ed in tale situazione ci è parso che l'approvazione negli stessi termini della proposta della Giunta fosse la più logica conseguenza.
Aggiungerò un elemento, per chiarire meglio la determinazione della Commissione. La Commissione stessa, come il Consiglio Regionale ricorderà nella precedente approvazione di questo documento aveva suggerito come proprio parere l'adozione di una normale deliberazione. La Giunta in quella circostanza ha ritenuto di dare maggior solennità ed importanza alla cosa proponendo una vera e propria legge. In questa fase, dopo la negazione del visto, dato l'aspetto politico che è stato rilevato, la Commissione ritiene di non fare alcuna eccezione, e pertanto propone di riconfermare con una nuova deliberazione la legge stessa, il che equivale a mettere in movimento le salvaguardie che la Costituzione e lo Statuto regionale consentono.
Tutto ciò ci pare abbia un significato politico non trascurabile. In questo quadro ho pertanto l'onore di proporre al Consiglio Regionale l'approvazione della legge.



PRESIDENTE

La discussione è aperta. Qualcuno chiede di intervenire? Ha facoltà di parlare il Presidente della Giunta.



CALLERI Edoardo, Presidente della Giunta Regionale

Desidero fare una breve dichiarazione, ovviamente riprendendo quanto già la Giunta aveva sottoposto nella sua deliberazione all'attenzione della Commissione per l'esame preliminare e che quindi sottopone oggi all'approvazione del Consiglio e cioè le motivazioni in base alle quali la Giunta non ha ritenuto di poter accettare le osservazioni fatte dal Governo in ordine a questa legge.
Intendo intervenire in relazione all'importanza di questa legge. Si è detto questa mattina, ed è stato ribadito or ora dal Consigliere Garabello Presidente della I Commissione, che questa legge non ha di per sé una grande importanza. Condivido questa opinione per quanto riguarda il contenuto: questa legge non è infatti importante tanto per il suo contenuto quanto come documento in sé, per gli scopi di chiarezza amministrativa che attraverso essa ci si prefigge. In Italia molto spesso presso gli Enti locali, come d'altronde da parte dello Stato, è invalso il malvezzo di presentare i consuntivi dei propri bilanci con notevole ritardo, fatto che è stato reiteratamente deplorato ai diversi livelli, per motivi sia di carattere amministrativo sia di carattere politico sia di carattere giuridico. La Regione Piemonte, con il proporre una legge di approvazione del consuntivo, ha voluto precisare immediatamente che non intende seguire tale andazzo ma si propone di presentare i consuntivi all'approvazione del Consiglio entro i termini previsti dalla legge.
La Giunta Regionale aveva dichiarato di voler fare una legge in merito all'approvazione dei consuntivi proprio per dare la dovuta importanza a tale affermazione di principio. Ritiene pertanto di dover riadottare la legge respingendo le motivazioni con le quali è stata rinviata al nostro esame, per riaffermare l'esigenza di correttezza e di linearità rispetto al disposto della legge per quanto riguarda l'approvazione dei bilanci e dei consuntivi. Questo in ossequio alla chiarezza in materia amministrativa e finanziaria che deve sempre caratterizzare gli aspetti di tipo amministrativo nell'ambito di un Ente pubblico.



PRESIDENTE

Ha facoltà di parlare il Consigliere Berti per dichiarazione di voto.



BERTI Antonio

Chi si accontenta gode, dice un noto proverbio. Il Presidente della Giunta ha sentito il bisogno di sottolineare che la Regione Piemonte intende approvare il consuntivo entro i termini di legge eccetera eccetera.
In proposito ho due osservazioni da fare, pur dichiarando che darò voto favorevole a quanto la Commissione ha deciso di proporre.
La Regione Piemonte aveva altre occasioni, molto più importanti, per dimostrare di voler essere ossequiente delle disposizioni di legge, a proposito di decisioni che prenderemo, se le prenderemo, con notevole ritardo; d'altra parte, il consuntivo in questione non richiedeva un alto grado di elaborazione, data anche la modestia della somma da spendere, da inquadrarsi per lo più in norme fissate da altri.
E' poi sempre aperto il discorso su come si presenta il consuntivo: oltre ad un rendiconto finanziario, sarebbe opportuno un rendiconto che il rag. Paviolo chiama morale, ovvero una relazione politica che accompagni il conto consuntivo e dica come nel corso dell'anno la Regione non soltanto ha speso i soldi che aveva a disposizione ma ha operato in rapporto alle possibilità che aveva di operare.



PRESIDENTE

Nessun altro chiede di parlare per dichiarazione di voto? Procederemo allora alla votazione.
Faccio presente anzitutto che, per le leggi che sono rinviate all'esame del Consiglio Regionale, la Costituzione, nel suo art. 127 ultimo comma dispone: "Ove il Consiglio Regionale la approvi di nuovo a maggioranza assoluta dei suoi componenti, il Governo della Repubblica può..., ecc.".
E' quindi prevista la necessità di una maggioranza qualificata, che è la maggioranza assoluta dei componenti il Consiglio Regionale, per l'approvazione della legge rinviata all'esame del Consiglio Regionale stesso. Questa disposizione si ritrova anche nell'art. 45 comma ultimo del nostro Statuto, ai sensi del quale, "in caso di rinvio di una legge da parte del Governo, e di nuova approvazione del Consiglio a maggioranza assoluta dei suoi componenti, la legge viene promulgata. ecc.".
Il testo che è stato proposto dalla Giunta e accolto dalla Commissione ora proposto all'approvazione del Consiglio, contiene due serie di norme: una proposta di deliberazione nella quale vi sono in un primo punto le controdeduzioni con le quali si motiva la riapprovazione della legge rinviata all'esame del Consiglio Regionale; al punto 2, in un articolo unico, la legge stessa.
Orbene, l'art. 44 del nostro Statuto prevede, al suo comma II, per quel che riguarda le leggi, le modalità di approvazione dei disegni e delle proposte di legge, quanto segue: "La votazione sui singoli articoli e quella finale avvengono sempre per appello nominale". Qui abbiamo perciò proposte di deliberazione che non richiedono l'appello nominale e non richiedono la maggioranza qualificata contenute nel punto 1; vi è viceversa un disegno di legge che richiede la maggioranza qualificata ed anche l'appello nominale; poi vi sarà da votare sul complesso del testo.
Avremo quindi tre votazioni: la prima per alzata di mano, senza necessità di maggioranza qualificata, la seconda per appello nominale, con necessità di maggioranza qualificata, la terza per alzata di mano, sul complesso della deliberazione, senza necessità di maggioranza qualificata perch questa sarà già stata conseguita nella votazione del punto 2.
"1) Sono approvate le sottoriportate controdeduzioni alle motivazioni che accompagnano la negazione del visto ed il rinvio da parte dell'Autorità di Governo, all'esame del Consiglio Regionale, della Legge regionale 6 luglio 1971, recante l'approvazione del rendiconto finanziario 1971.
"1.1) - Il rilievo che la legge in oggetto non è in armonia con il sistema di classificazione delle entrate e delle spese indicate dal D.P.R.
3/12/1970, n. 1171, non può avere alcun valore: a) perché il predetto decreto presidenziale è stato emanato il 3 dicembre 1970, pubblicato sulla Gazzetta Ufficiale il 20/1/1971 e quindi non ha potuto trovare applicazione per una gestione finanziaria svoltasi interamente e prima della vigenza delle predette norme; né è pensabile che si possa reimpostare tutta la contabilità finanziaria dell'anno 1970, per adottare la classificazione prevista nel D.P.R. 1171 per le entrate e le spese relative al 1970, concretandosi in tale ipotesi la violazione di numerose disposizioni di leggi in materia di contabilità generale dello Stato b) perché le entrate e le spese relative all'esercizio 1970 sono state classificate, ai sensi del combinato disposto dell'art. 15 della L.
16/5/1970 n. 281 e dell'art. 3 del decreto del Ministro del Tesoro 5/6/1970, in base ad apposito piano di ripartizione delle somme versate dallo Stato, con puntuale riferimento alle esigenze di gestione della contabilità speciale di cui all'art. 15 della citata legge n. 281. Si aggiunga che il citato D.P.R. 3/12/1970 n. 1171 recante norme per il coordinamento del sistema di classificazione delle entrate e delle spese delle Regioni a Statuto ordinario con le norme della Legge 1/3/1964, n. 62 si riferisce espressamente (vedi in particolare il testo degli artt. 1 e 5) ai "Bilanci regionali", mentre d'altro lato non contiene alcuna disposizione che estenda l'applicazione del provvedimento alle "contabilità speciali" provvisorie delle Regioni.
"Infine, non è priva di significato l'ammissione dell'organo di Governo che, negando il visto alla legge regionale, afferma mancare attualmente una specifica disciplina in materia.
"1.2) - Circa il secondo rilievo addotto - e cioè che l'approvazione del rendiconto con legge da parte del Consiglio Regionale anteriormente all'entrata in funzione della Commissione di controllo, prevista dall'art.
41 della legge 10/2/1953 n. 62 e tenuta, ai sensi dell'art. 3 del D.M.
5/6/1970, a svolgere sulle singole deliberazioni di ripartizione e di effettuazione delle spese adottate dalla Giunta Regionale il controllo di cui agli artt. 65 e seguenti della predetta legge n. 62 verrebbe ad eludere il controllo medesimo - ben si comprende lo spirito che ha suggerito il rilievo e, pur potendosi agevolmente argomentare in contrario, tenuta appunto in considerazione l'ormai avvenuta costituzione della Commissione di controllo citata e l'inizio di attività da parte della stessa, si ritiene opportuno il riesame e la nuova approvazione della legge regionale respinta".
Chi è favorevole al punto 1 della proposta di deliberazione, di cui ho dato ora lettura, è pregato di alzare la mano.
E' approvato.
Passiamo al punto 2 della proposta di deliberazione, che contiene il disegno di legge nel suo testo precedente: "E' approvato il seguente disegno di legge regionale, recante "l'approvazione del rendiconto finanziario 1970" già approvato dal Consiglio il 6 luglio 1971 e rinviato all'esame del medesimo con nota n.
10157/Div. C.G. in data 7 agosto 1971 del Commissario di Governo per la Regione Piemonte: Art. 1 Il Rendiconto finanziario 1970, presentato dalla Giunta Regionale è approvato secondo le risultanze del documento allegato.
Allegato CONTO CONSUNTIVO 1970 A) CONTO DI CASSA Riscossioni L. 462.133.335 Pagamenti L. 184.934 020 Fondo cassa al 31/12/1970 L. 277.199.315 B) CONTO AMMINISTRATIVO Somme rimaste da riscuotere L. 1.251,630 Totale attività Finanziaria L. 278.450 945 Somme rimaste da pagare L. 202.444.930 Fondo disponibile alla chiusura dell'esercizio L. 76.006.015



GERINI Armando, Segretario

Procede all'appello nominale dei Consiglieri



PRESIDENTE

Proclamo l'esito della votazione: Hanno partecipato alla votazione 36 Consiglieri; hanno votato "sì" 36 Consiglieri.
Pongo ora in votazione per alzata di mano il complesso della proposta di deliberazione. Chi è favorevole è pregato di alzare la mano.
E' approvato.
Faccio rilevare che il disegno di legge che è stato votato nuovamente dal Consiglio Regionale ha conseguito la maggioranza qualificata richiesta dalla Costituzione e dallo Statuto, e quindi è stato regolarmente approvato.


Argomento: Esercizio delle funzioni amministrative trasferite o delegate dallo Stato alle Regioni - Rapporti Regioni - Governo

Mozione del Consiglio Regionale in merito allo svolgimento da parte della Regione di una propria autonoma attività legislativa e amministrativa


PRESIDENTE

Adesso, essendone terminata l'elaborazione, do lettura del progetto di mozione conclusivo sul punto 3 dell'ordine del giorno, sottoscritto dai Consiglieri Garabello, Sanlorenzo, Fassino, Debenedetti, Gandolfi e Viglione, il cui testo sarà ora probabilmente distribuito ai Consiglieri: "Il Consiglio Regionale Piemontese, in merito alla legge regionale n. 1 respinta dall'Autorità di Governo, ritiene obiettivamente inconsistenti e pretestuose le argomentazioni addotte, sia dal punto di vista giuridico che da quello sostanziale.
In merito alla legge regionale n. 2, anch'essa respinta dall'Autorità di Governo, ritiene le argomentazioni addotte infondate sul piano giuridico mentre sul piano pratico vanno respinte in quanto passibili di costituire remora efficace ad ogni iniziativa, anche modesta, della Regione.
Il Consiglio Regionale piemontese, rilevando in tali atti un preoccupante atteggiamento in ordine all'autonomo funzionamento della Regione, in quanto trattamento analogo hanno avuto le prime leggi approvate da altri Consigli Regionali, ritiene necessari opportuni e tempestivi contatti degli organi regionali con i corrispondenti organi dello Stato, Giunta Regionale Governo e Consiglio Regionale, Commissione parlamentare per gli Affari regionali, al fine di ottenere una chiarificazione che consenta alla Regione un effettivo svolgimento della propria autonoma attività legislativa ed amministrativa".
Si ritiene necessario illustrarlo ulteriormente, dopo l'illustrazione già fattane questa mattina? La Giunta ha qualcosa da osservare su questo progetto di mozione? Poiché nessuno chiede di parlare, questo progetto di mozione, di cui ho dato lettura, che è approvato dalla Giunta, viene ora sottoposto all'approvazione del Consiglio Regionale.
Chi è favorevole è pregato di alzare la mano.
E' approvato all'unanimità.


Argomento: Controlli amministrativi: argomenti non sopra specificati

Comunicazioni del Presidente della Giunta Regionale


PRESIDENTE

Il Presidente della Giunta ha chiesto ora di parlare per una comunicazione. Ne ha facoltà.



CALLERI Edoardo, Presidente della Giunta Regionale

Iniziando di fatto, a questo punto, dopo il riesame delle deliberazioni assunte nella sessione passata, i lavori della nuova sessione del Consiglio Regionale, desidero comunicare ai signori Consiglieri, per loro conoscenza anche in risposta, su un particolare argomento, ad una interrogazione del Consigliere Marchesotti ed altri, quali saranno le iniziative legislative e regolamentari che la Giunta presenterà all'approvazione del Consiglio entro brevissima scadenza.
In materia di controllo sugli atti degli Enti locali, premesso che è già stato emanato il decreto e sono state inviate le relative circolari esplicative perché il Comitato di controllo centrale inizi, a decorrere dal 1° novembre prossimo, l'attività di controllo sugli atti delle Amministrazioni Provinciali, comunico che è in preparazione, e verrà emanato entro la settimana, il decreto per l'istituzione delle Sezioni di controllo sui Comuni nei capoluoghi di provincia. A seguito di tale decreto il Consiglio Regionale dovrà provvedere ad eleggere i componenti di propria competenza e la Giunta provvederà ad invitare gli altri organismi per i quali la legge lo prevede alla designazione degli altri componenti di queste Sezioni periferiche. E' intenzione della Giunta che l'attività di controllo sui Comuni, da esercitarsi, secondo le indicazioni statutarie dalle costituende Sezioni decentrate, abbia inizio con il 1° gennaio 1972 in tempo utile perché sia possibile effettuare l'esame dei bilanci di previsione dei Comuni stessi, ai quali verrà richiesto di inviare detti bilanci a queste Sezioni, che sono organi regionali decentrati di controllo.
E' già stato predisposto dalla Giunta il disegno di legge sulla istituzione del circondario di Biella. Tale disegno di legge, dopo il prescritto parere dei Comuni interessati e dell'Amministrazione Provinciale di Vercelli, verrà presentato all'approvazione del Consiglio. Desidero ricordare che questa approvazione è indispensabile per poter costituire a Biella la Sezione decentrata di controllo sugli atti dei Comuni. Comunico anche che rispetto all'iniziativa assunta dai Comuni del comprensorio di Biella circa la costituzione del circondario, il disegno di legge che la Giunta intende presentare contiene una diversificazione, nel senso che questo circondario, allo stato attuale delle cose, può essere istituito soltanto per l'esercizio del potere di controllo; cioè, non è ancora possibile, contenere nella legge, come invece è contenuto nella proposta di legge di iniziativa di questi Comuni, l'attribuzione di altri poteri al circondario.
Ricordo inoltre che in ogni capoluogo di provincia, ed anche a Biella la Giunta ha già predisposto ed attrezzato i locali necessari per l'esplicazione dell'attività delle Sezioni decentrate.
La Giunta sta infine ultimando la elaborazione del regolamento per il funzionamento del Comitato di controllo e delle sue Sezioni, che confida di poter presentare all'approvazione del Consiglio entro il corrente mese.
Comunico ancora che in merito alle leggi attuative dello Statuto, la Giunta ha allo studio, ed intende presentare entro la prima quindicina del prossimo mese, i disegni di legge relativi al referendum ed all'iniziativa popolare, due argomenti che sono apparsi alla Giunta prioritari rispetto ad altri pur importanti adempimenti statutari. Faccio rilevare che il problema dell'approntamento di questi disegni di legge presenta non poche difficoltà di carattere giuridico, e conseguentemente non è possibile procedere con grande rapidità dal momento che la Giunta non intende ovviamente proporre un disegno di legge che corra il rischio di incontrare opposizione da parte della Commissione presieduta dal Commissario del Governo, e quindi da parte del Governo, in fatto di legittimità.
In ordine ai problemi relativi all'apprestamento degli strumenti di programmazione, la Giunta ha pronto il progetto del nuovo statuto dell'Ires, che verrà presentato nei prossimi giorni all'esame della Commissione e successivamente all'approvazione del Consiglio.
Desidero infide comunicare che la Giunta sta predisponendo, come d'altronde credo abbia già comunicato questa mattina alla Commissione competente l'Assessore alle Finanze, al Patrimonio e al Bilancio, i disegni di legge relativi ai tributi propri della Regione, e precisamente: i disegni di legge riguardanti l'imposta sulle concessioni statali dei beni del demanio e del patrimonio indisponibile; il disegno di legge per la tassa sulle concessioni regionali, che è di nuova istituzione, e quindi ha anche degli aspetti di carattere innovativo che richiedono un adeguato approfondimento dal punto di vista della legittimità; infine, il disegno di legge relativo alla tassa di circolazione regionale e il disegno di legge relativo alla tassa per l'occupazione di spazi ed aree pubbliche Naturalmente, la predisposizione di questi disegni di legge comporta anche una valutazione esatta dell'introito che dall'approvazione di tali disegni di legge potrà derivare alla Regione, e quindi tutta un'analisi di documenti che purtroppo non vengono messi a disposizione con la necessaria tempestività e soprattutto con la necessaria ampiezza dai competenti uffici governativi. Comunque, la Giunta confida di poter concludere rapidamente tale lavoro e giungere sollecitamente all'approvazione di tali schemi, in quanto occorre che essi siano sanzionati prima del 1° gennaio '72, data dalla quale decorrerà il diritto per la Regione ad imporre questi tributi.



PRESIDENTE

Il Consigliere Marchesotti chiede di parlare sulle comunicazioni del Presidente? A dire la verità il Presidente ha fatto una dichiarazione che contiene tutto; se si vuole considerare quella parte della dichiarazione del Presidente della Giunta che si riferisce all'interrogazione, ha facoltà di parlare.



MARCHESOTTI Domenico

Sembrerebbe, dalle comunicazioni del Presidente della Giunta ed in particolare per quanto riguarda i controlli, che ci troviamo di fronte ad una Giunta che possiede una larga capacità di movimento e di efficienza. Mi consenta il dott. Calleri di prendere atto degli impegni assunti dalla Giunta sulla questione dei controlli, facendo una riserva sull'effettiva sua capacità di mantenervi fede, perché vi è tutta un'esperienza delle Giunte precedentemente presiedute dal dott. Calleri. La Giunta è inadempiente nei confronti di questi problemi, vi è un notevole ritardo e vi sono delle giuste sollecitazioni. Sarebbe stato bene che invece di rispondere ad una nostra interrogazione, fosse stato fatto dalla Giunta mesi or sono ciò che oggi si dice che verrà fatto nei prossimi giorni, o nei prossimi mesi.
Io ho qualche dubbio - e lo espongo perché il Presidente della Giunta provveda nel caso che anch'egli lo abbia - sul fatto che davvero i prefetti accettino, in relazione all'approvazione dei bilanci, (in particolare per i piccoli comuni) che devono essere fatti a termini di legge ad una certa data, che non siano inviati alle prefetture, a meno che davvero sorga il comitato di controllo con tanto di decreto della Regione entro tale termine. L'altra questione che deve essere risolta sono i rapporti tra le forze politiche che costituiscono il Consiglio Regionale, per la creazione del Comitato, affinché non avvenga quanto è avvenuto in occasione delle scelte per il Comitato di Controllo sulle Regioni.



CALLERI Edoardo, Presidente della Giunta Regionale

Non può avvenire.



MARCHESOTTI Domenico

Tanto meglio, c'è un impegno del quale prendo atto.



PRESIDENTE

Consigliere Berti, su che cosa vuole parlare?



BERTI Antonio

Sulla comunicazione.



PRESIDENTE

Sul resto delle comunicazioni?



BERTI Antonio

No, su questa.



PRESIDENTE

Cerchiamo di essere chiari. Sulle comunicazioni del Presidente della Giunta, quando avvengono, può essere consentita facoltà di parola per chiedere chiarimenti o per chiedere anche che vengano dibattute in momento ulteriore della seduta con l'accordo della Giunta stessa, come prevede il Regolamento.



BERTI Antonio

Vorrei dei chiarimenti.



PRESIDENTE

Ha facoltà di parlare.



BERTI Antonio

In relazione alla costituzione delle Commissioni decentrate per il controllo, vorrei sapere con esattezza (forse mi è sfuggito) se la Giunta intende presentare contemporaneamente la proposta di regolamento. Mi sembra importante e non credo che lo abbia annunciato.
L'ha annunciato? Allora chiedo scusa. Mi sembra importante anche perch con il Regolamento ritengo si possa fare il tentativo di anticipare, per quanto possibile, un modo nuovo di esercitare il controllo pur sapendo che attualmente è vincolato.
C'è allora l'assicurazione che c'è anche il Regolamento.


Argomento: Musei - Beni librari (biblioteche, tutela ecc. - Istruzione e Formazione Professionale: argomenti non sopra specificati

Esame dello schema di osservazioni al Decreto delegato sull'assistenza scolastica e musei e biblioteche di Enti locali


PRESIDENTE

Passiamo ora, se non vi sono altre richieste di delucidazioni all'esame del punto 5 all'o.d.g. che, secondo quanto fu deliberato questa mattina circa l'inversione dell'ordine del giorno, riguarda: "Esame dello schema di osservazioni al Decreto delegato sull'assistenza scolastica e musei e biblioteche di Enti locali." Ha facoltà di parlare la relatrice Soldano.



SOLDANO Albertina, relatrice

Signor Presidente, signori Consiglieri, in sede preliminare ritengo di dover precisare che nel corso dei lavori della III Commissione, e in particolare nel corso della consultazione degli Enti interessati, è emersa una chiara, piena, unanime adesione al documento predisposto dalla Giunta circa il Decreto delegato in oggetto. Pertanto, la Commissione ha ritenuto di acquisire il documento stesso nella relazione, sia per quanto concerne gli elementi di ordine giuridico costituzionale, sia per quanto si riferisce ai contenuti del medesimo e alle prospettive di lavoro che esso propone.
Al di là, dunque, di un giusto quanto doveroso apprezzamento per l'impegno personale del dott. Conti, allora Assessore, la Commissione ha ritenuto di assumere un impegno preciso per l'attuazione dei principi enunciati, in una soluzione di continuità e di organicità.
Ai fini di snellire i lavori del Consiglio, mi permetto ora di proporre di sostituire alla lettura completa della relazione, che d'altra parte è stata distribuita a tutti i Consiglieri, una lettura parziale attraverso i punti più significativi di essa con opportuni collegamenti, salvo poi ad approfondire in sede di discussione gli elementi che eventualmente non fossero risultati sufficientemente illustrati.
Si rileva in primo luogo l'inopportunità di abbinare la materia "musei e biblioteche di Enti locali" alla materia concernente l'assistenza scolastica. Quindi, si ritiene di dover richiedere preliminarmente che la materia oggetto del decreto in esame sia disciplinata da due distinti schemi di decreto, l'uno relativo all'assistenza scolastica, l'altro concernente i musei e biblioteche di enti locali.
Al fine di chiarire il significato delle osservazioni, occorre una premessa di fondo. L'art. 117 della Costituzione elenca fra le materie di competenza regionale l'assistenza scolastica e successivamente si riferisce ai Musei e biblioteche di Enti locali trattandone separatamente. L'art. 118 stabilisce poi che spettano alla Regione le funzioni amministrative per le materie elencate nel precedente articolo, e in particolare l'art. 17 della Legge 16 maggio '70 n. 281, dopo aver stabilito che resta allo Stato la funzione di indirizzo e di coordinamento, dispone che il trasferimento delle funzioni amministrative avverrà per settori organici di materie. Da queste distinte norme emerge un punto coerente ed unitario, i cui punti fondamentali risultano i seguenti: a) la potestà amministrativa si deve modellare, per contenuto ed intensità su quella legislativa, nelle materie considerate; quindi, pur non potendosi trasferire alle Regioni nulla di più di quanto lo Stato attualmente esercita in materia, non si possono trasferire competenze tassativamente elencate, con l'implicita esclusione di tutte quelle ivi non nominate. Così facendo, indirettamente si limita la competenza legislativa della Regione precostituendo allo Stato una posizione di vantaggio in sede di elaborazione delle leggi-quadro b) la potestà legislativa regionale in questa materia è la vera potestà di amministrare e di gestire ogni servizio, attività, programma comunque legato alla materia considerata. Si ritiene quindi necessario affermare che anche competenze finora non esercitate dallo Stato, ma comunque rientranti a pieno diritto nel campo materiale dell'assistenza scolastica e dei musei e biblioteche di Enti locali, quali l'art. 117 della Costituzione le configura, vanno originariamente attribuite fin d'ora alla competenza amministrativa regionale: lo Stato, cioè, rinuncia e si preclude a questi settori, nei quali è destinato ad esercitarsi, a livello di iniziativa organizzativa e di controllo, la competenza, che è regionale, ferma restando allo Stato la sola funzione di indirizzo e di coordinamento. Allo Stato resta la sola funzione di indirizzo e di coordinamento, cioè non pu permanere nello Stato alcuna funzione amministrativa omogenea con quelle proprie della Regione, la cui competenza tende ad assumere i caratteri della completezza e della esclusività. In effetti, la funzione di coordinamento e di indirizzo, l'unica rimasta allo Stato ai sensi della Costituzione e della legge, viene esercitata, secondo alcuni autori, a livello di legislazione, fissando in sede di legge quadro i principi fondamentali anche dell'indirizzo amministrativo in rapporto agli interessi regionali; secondo altri, invece, a livello di direttive governative operanti nei confronti dell'attività amministrativa regionale. Orbene, si ritiene comunque che, nell'uno come nell'altro caso, la funzione di indirizzo e di coordinamento non consente di riservare allo Stato nessuna funzione amministrativa residua nella materia c) Per questo, e non a caso, si parla di "trasferimento per settori organici di materia", intendendo con ciò riferirsi a complessi unitari comprendenti il trasferimento alla Regione delle cosiddette "competenze connesse" a quelle regionali, con l'attrazione nell'orbita della Regione di ogni altra competenza dello Stato, Non a caso, infatti, è previsto, accanto all'istituto del trasferimento, quello della delega.
Alla luce di tali considerazioni e delle indicazioni contenute nell'ordine del giorno votato dal Senato il 18 dicembre '70, non si può non rilevare come lo schema di decreto delegato in esame sia ispirato ad una impostazione angusta ed arretrata, tanto da non poter significare un atto soddisfacente non soltanto per l'esclusione nel testo del decreto stesso di disposizioni innovative che incidano veramente sul contenuto della materia ma soprattutto per l'estrema limitatezza con la quale viene effettuato il trasferimento alle Regioni delle funzioni statali, nonché per l'evasività e il disimpegno della relazione accompagnatrice. E' questo un metodo comune a tutti gli altri Decreti delegati.
Esprimendo pertanto tali riserve, si ritiene di non voler assumere, da parte della Regione Piemonte, nei confronti dello Stato, atteggiamenti rivendicazionistici, che porterebbero ad una visione unilaterale, e pertanto errata, della funzione dell'Ente Regione; però si intende sottolineare che la Regione non può essere ridotta ad organo meramente amministrativo burocratico. Se la Regione è infatti, come dev'essere, un nuovo strumento di vita democratica, al fine di avvicinare lo Stato al cittadino, e se essa stessa deve assumere un ruolo promotore nel concorrere alle riforme di importanza nazionale, si deve riconoscere che l'effettiva e organica attuazione dell'ordinamento regionale, secondo i principi della Costituzione, è condizione essenziale non soltanto per realizzare quella visione pluralistica e comunitaria che fu patrimonio dei Costituenti e per garantire la pienezza dei diritti di libertà, ma altresì per attuare pienamente la riforma dello Stato democratico, nel rispetto delle esigenze di partecipazione e di sviluppo democratico poste dalla realtà del Paese.
Assistenza scolastica. Il termine di "assistenza scolastica" ha oggi assunto un nuovo significato. Nel più ampio contesto che vede tutta l'assistenza tesa a trasformarsi da una tradizionale forma di beneficenza in un intervento diretto a garantire a tutti i cittadini la sicurezza sociale, l'assistenza scolastica è oggi da considerare nel quadro globale del complesso problema del diritto allo studio. Il diritto allo studio e sancito dalla nostra Costituzione in termini diversi a seconda che si tratti del livello in cui l'istruzione è obbligatoria, ed esso costituisce perciò un diritto-dovere, oppure di livelli scolastici ulteriori, per i quali esso viene affermato soltanto per i capaci e meritevoli.
Ma anche questa seconda configurazione, ristretta e selettiva, del diritto allo studio può essere gravemente compromessa se la scuola di base e in genere la scuola dell'obbligo, non realizza pienamente il principio enunciato secondo le modalità in cui si deve e si può realizzarlo a tale livello formativo. Occorre, cioè, non limitarsi alle provvidenze economico logistiche, ma realizzare un'azione didattica di tipo compensativo, che dia di più a chi ha di meno in fatto di arricchimento e stimolazione culturale.
Soltanto in tal modo la successiva assistenza di tipo selettivo in base al merito, che deve essere superato, può avere una certa motivazione e riuscire anche moralmente accettabile per il periodo di tempo in cui resterà in vigore. Nei casi nei quali, come già avviene per l'assegno universitario, la selezione di merito sia minima, e il criterio fondamentale di cernita sia quello del reddito familiare, la qualità della formazione precedente diventa il fattore decisivo: se infatti detta formazione sarà tale da venire concretamente incontro anche alle esigenze dei ragazzi meno culturalizzati e meno naturalmente motivati, sino a renderli capaci e desiderosi di continuare gli studi, migliorando di conseguenza la propria formazione umana e professionale, la fisionomia complessiva delle crescenti aliquote di giovani che completano gli studi secondari e superiori sarà assai diversa da quella di oggi. E questo, in verità, dovrebbe essere un punto di partenza per lo sviluppo globale della società, in un progressivo conseguimento di maturità civile. Occorre, cioè interpretare il dettato costituzionale cogliendone il contenuto di promozione della persona umana e altresì tenendo conto delle carenze che in materia scolastica oggi sono assai evidenti.
In questi termini, la nuova competenza regionale rappresenta un momento necessario e conclusivo per una indilazionabile, effettiva attuazione del dettato costituzionale. Detta lettura è necessitata dalla circostanza che in caso contrario, ne deriverebbe una concezione dell'assistenza carica di implicazioni discriminatorie, con evidente contraddizione rispetto agli articoli 3 e 4 della Costituzione. In particolare, risulta opportuno richiamare anche quanto sancito dall'art. 34 della Costituzione nel suo complesso, circa il diritto allo studio, ponendolo in relazione con gli articoli 2, 3, 4, dai quali l'art. 4 dello Statuto della Regione Piemonte trae la sua profonda ragione d'essere: "La Regione, avvalendosi delle proprie competenze, in concorso con lo Stato e gli Enti locali, opera in particolare per realizzare le condizioni atte a rendere effettivo il diritto allo studio, il diritto al lavoro, la piena occupazione, la tutela dei diritti dei lavoratori".
E' dunque assistenza scolastica qualunque iniziativa intesa a produrre il decondizionamento economico, territoriale, socio-culturale, fisico psicologico e pedagogico, al fine di recuperare o prevenire il disadattamento e l'emarginazione rispetto ai processi formativo-educativi scolastici. E', cioè, assistenza scolastica, ogni iniziativa di promozione dello sviluppo della persona umana, in connessione o per rapporto ai processi formativo-educativi scolastici.
Si sottolinea come nel presente schema di Decreto delegato non si tenga in alcun conto la dimensione di massa oggi assunta dalla scuola, e in particolare dall'assistenza scolastica, in termini nuovi. Eppure, occorre ribadire la necessità di sostituire al concetto di assistenza scolastica quello costituzionale di diritto allo studio, nella prospettiva a breve termine di una radicale riforma dell'ordinamento scolastico, che coinvolga organicamente tutta la scuola, da quella materna all'Università.
L'assistenza scolastica, come autentico servizio sociale educativo, si traduce, quindi, nella realizzazione di condizioni e di ambienti efficaci ai fini dello sviluppo della persona per tutto ciò che concerne i processi educativi e formativi. Risulta dunque rafforzata ed estesa la competenza regionale in questa materia, con la conseguente necessità di attribuire alle Regioni, ai sensi dell'art. 117 della Costituzione, la competenza ad emanare norme anche legislative per l'attuazione delle leggi dello Stato concernenti i processi scolastici. Va da sé che risulta confermata la piena competenza a livello amministrativo in tutta la materia. Tale conclusione è rafforzata dalla considerazione che gli interventi suddetti debbono essere attuati quali veri e propri momenti integrativi dei processi formativo educativi scolastici, secondo il concetto di scuola integrata, al fine di assicurare la massima efficacia dell'assistenza scolastica anche in ordine al decondizionamento nonché al superamento o alla prevenzione del disadattamento e della emarginazione scolastica.
In materia di istruzione, spetta allo Stato la competenza ad emanare norme generali, (art. 33 della Costituzione), Invece, l'assistenza scolastica spetta, in linea di principio, alle Regioni. Se però si volesse a questo punto, ritenere che sussista, sotto il profilo della disciplina legislativa e dell'azione amministrativa, una netta dicotomia tra processi formativi scolastici e momenti integrativi e promozionali dell'assistenza scolastica, si commetterebbe una grave scorrettezza interpretativa. Va infatti sottolineato che l'art. 33, secondo comma, citato, attribuisce allo Stato la sola competenza ad emanare norme generali sull'istruzione istituendo così una doppia riserva di legge: quella delle norme generali proprie dello Stato e quella specifica di norme per l'attuazione di tali norme generali, che non è detto debba spettare allo Stato, ma che può e deve anzi oggi incardinarsi logicamente nella Regione, unico Ente costituzionale diverso dallo Stato-persona e dotato di potestà normativa a livello legislativo. Anzi, in quest'ordine di idee, l'ultimo comma dell'art. 117 della Costituzione assume uno specialissimo significato: nella materia indicata le leggi della Repubblica non solo possono, ma più specificatamente debbono, in base alla riserva implicita di legge regionale la cui esistenza è appena dimostrata, demandare alla Regione il potere di emanare norme per la loro attuazione. Che dette norme possano anche essere legislative non sembra dubbio, secondo i risultati cui è giunta da tempo la dottrina più attenta. Sul piano pratico, ne consegue che anche a livello amministrativo dev'essere riconosciuta competenza alla Regione in materia.
L'assistenza scolastica ha carattere promozionale in funzione concretizzatrice dei procedimenti formativo-scolastici, nei cui confronti assume caratteri di netta attrazione funzionale; ciò, in particolare, vale secondo una diversità di gradi di intensità. Più marcato per la scuola dell'obbligo, si stempra via via a seconda dei livelli di istruzione specificandosi sul piano universitario secondo una duplice direzione: la Regione a questo livello è presente come interlocutore politico dell'università per quanto concerne i processi formativi e la ricerca nonché sul piano del servizio sociale.
Si rileva come in netto dissenso, a questo riguardo, sia la relazione ministeriale, là dove dice: "Non risultano quindi compresi né istituti od organi nuovi, né enunciati principi fondamentali di legislazione nella considerazione che essi debbano costituire oggetto di norme cornice le quali vanno adottate eventualmente con separato provvedimento da sottoporre all'approvazione del Parlamento", con formulazione apparente ovvia, ma ambigua e restrittiva verso le competenze regionali. Secondo tale impostazione della relazione ministeriale, si tende a procrastinare ulteriormente il momento in cui necessariamente dovranno attuarsi le competenze regionali in materia di diritto allo studio, con la conseguente instaurazione di nuovi rapporti tra scuola e società.
Per quanto concerne i principi di organicità nel trasferimento delle funzioni amministrative nei diversi settori di materie, va precisato che detta organicità è da considerarsi, sia in rapporto alla concezione dello "Stato regionale", sia in rapporto allo stesso concetto di assistenza scolastica quale delineato in precedenza, dal che discende una chiara ed organica visione della materia da trasferire e riservare alle competenze regionali. Devono perciò essere individuate le materie connesse all'assistenza scolastica, quando non addirittura parte integrante di essa così come viene qualificata in base ad un'organica interpretazione del testo costituzionale. Sono quindi da considerarsi: l'orientamento scolastico, l'assistenza socio-medico-psico-pedagogica, i trasporti, i pensionati scolastici e i convitti, le iniziative per il tempo libero, in modo da far sì che l'assistenza scolastica renda effettivo il diritto allo studio. Si rileva che un preciso ostacolo all'analisi della materia deriva oggi dal groviglio dell'attuale sistema assistenziale italiano, gestito da una miriade di Enti, con figure giuridiche diverse e le più varie attribuzioni, fruenti di contributi dallo Stato e di fatto interferenti nel campo scolastico, sia dal punto di vista educativo che da quello assistenziale. Si riproduce cioè, nel settore scolastico, quanto è proprio di tutta l'assistenza pubblica in Italia. Si sottolinea dunque come nello schema di Decreto Delegato sia negletto ogni accenno alle iniziative attuali di altri Ministeri, oltre quello della Pubblica Istruzione, e di numerosi Enti pubblici sottoposti a tutela o a vigilanza delle autorità dello Stato, che operano interventi assistenziali a favore di alunni delle scuole e che non vengono presi in alcuna considerazione in relazione alle competenze regionali.
Si rileva altresì come, nello schema di decreto delegato in esame, non si faccia alcun riferimento alle Casse Scolastiche che, istituite ormai in tutte le Scuole Medie e Superiori in base al R.D. 30 aprile 1924, n. 965 ed erette quasi ovunque in Ente morale, svolgono oggi, di fatto, pur tra molteplici difficoltà di carattere finanziario, un'opera di assistenza sia nei confronti degli alunni della scuola media, spesso in sostituzione dei Patronati scolastici, sia nei confronti degli alunni della scuola superiore, per i quali sono tuttora insufficienti per numero ed entità le Borse di studio ministeriali od offerte da Enti diversi.
Al riguardo appare anzi particolarmente significativo quanto richiamato esplicitamente dalla Circolare Ministeriale 21.9.62 n. 316, prot. n. 1610 nell'imminenza dell'istituzione della nuova scuola media. In tale circolare si stabilisce l'obbligo della costituzione, in tutte le scuole di istruzione secondaria, della Cassa Scolastica, le cui finalità risultano essenzialmente assistenziali e precisamente là, dove si parla di assistenza agli alunni di disagiate condizioni economiche che per profitto e condotta dimostrino volontà e particolare attitudine allo studio; oppure ove si accenna ai premi agli alunni meritevoli, agli insegnamenti complementari e facoltativi, gite istruttive, assistenza bio-psico-pedagogica, gare e convegni, acquisto di pubblicazioni, ecc.
Si rileva inoltre che, in base alla stessa circolare, il Consiglio di amministrazione della Cassa scolastica è costituito, oltre che dal preside e da un certo numero di insegnanti, da persone o rappresentanti di Enti particolarmente sensibili alle necessità della scuola, e soprattutto da genitori di alunni che oggi, in base alle ben note disposizioni ministeriali, risultano eletti dai rispettivi consigli dei genitori, in un graduale, sempre più consapevole processo di partecipazione delle famiglie alla vita della scuola. Sulla base di queste precisazioni, appare indilazionabile un organico coordinamento tra l'attività dei Patronati scolastici e quella delle Casse scolastiche, sia al fine di chiarire l'effettiva zona di influenza e di azione, sia al fine di evitare possibili dispersioni di energie. Analogamente si ritiene di dover porre nella giusta evidenza la presenza efficace, nel mondo della scuola, delle Opere Universitarie, attraverso le quali passa l'amministrazione dell'assistenza a livello universitario con particolare riferimento all'attribuzione dell'assegno di studio. Per quanto concerne l'Università di Torino, si segnala che, accanto all'Opera universitaria, svolge opera assistenziale con specifico riguardo alla gestione di servizi, l'Ente collegi.
Il Collegio universitario di Torino, già Casa dello studente, eretta in Ente morale con decreto 17.8.1935, denominato Collegio universitario con D.P.R. 11.4.50 n. 345, svolge un'ampia opera di assistenza morale e culturale a favore di studenti dell'Università e del Politecnico di Torino che a seguito di apposito concorso indetto annualmente dal Collegio risultino particolarmente meritevoli e di disagiate condizioni economiche.
Tale azione viene svolta in collaborazione con l'Opera dell'Università e del Politecnico di Torino e costituisce, allo stato attuale, il primo serio tentativo di servizi a disposizione, pur nei limiti consentiti da ragioni logistico-economiche, di studenti provenienti dal Piemonte e da altre regioni.
In merito al mancato discorso nello stesso schema di decreto delegato sulle iniziative attuali di altri Ministeri ed Enti in materia di assistenza scolastica, si segnalano le seguenti: Ministero dell'Interno: nel bilancio del medesimo esistono varie voci che all'art. 10 dello schema di decreto delegato non risultano annullate né ridotte, lasciando quindi intendere che sarà ancora possibile, anche dopo il passaggio alle Regioni delle competenze in oggetto, un intervento ministeriale in materia Ministero degli Esteri: borse di studio per l'estero Ministero dell'Agricoltura: II piano verde, assistenza tecnica Ministero del Turismo: turismo scolastico Ministero della sanità: in tale settore è assai importante il problema del servizio medico-scolastico e di igiene nella scuola.
Ai sensi dell'art. 117 della Costituzione, tale problema si ricollega a quello dell'assistenza sanitaria, che è di specifica competenza delle Regioni. Tuttavia si ritiene indispensabile sottolineare che, nell'apposito Decreto delegato, tale aspetto dell'assistenza sanitaria dovrà essere collegato con quello dell'assistenza scolastica, con specifico riferimento agli alunni spastici, poliomielitici, colpiti da paralisi spastiche infantili e da lussazioni congenite dell'anca, ecc.
Le spese per tale forma di assistenza sono previste nel bilancio del Ministero della Sanità. Analogamente dicasi per le spese relative all'assistenza sanitaria svolta dai Patronati scolastici. Interferenze simili si segnalano per i servizi di orientamento scolastico, di assistenza psicopedagogica. A questo punto si ritiene doveroso richiamare il grave tuttora discusso problema delle scuole speciali per disadattati ed inabili ai fini dell'adempimento dell'obbligo scolastico e del recupero umano e professionale del soggetto. Al riguardo il Consiglio della Regione Piemonte sottolinea che le competenze in materia devono essere attribuite alle Regioni, anche per gli strettissimi legami con la realtà socio-economica.
Fra gli altri Enti, che nel decreto non sono annoverati, si segnalano: il Commissariato Gioventù italiana, l'Ente Nazionale solidarietà giovanile e mutualità scolastica, l'Ente Nazionale per la protezione morale del fanciullo, l'ONMI, il CONI. Tutta l'attività degli Enti elencati deve essere trasferita alla competenza regionale anche in correlazione con la beneficenza pubblica. Analogamente devono essere trasferite le funzioni di vigilanza e controllo su Fondazioni o Enti morali operanti nel campo dell'assistenza scolastica. Si sottolinea dunque che l'attribuzione delle competenze amministrative e legislative alle Regioni, nel rispetto del dettato costituzionale e delle leggi dello Stato, è stata già ripetutamente sollecitata dal Consiglio stesso in vari o.d.g.
Musei e biblioteche di Enti locali: per quanto concerne la materia relativa ai musei e biblioteche degli Enti locali, si rileva anzitutto che le norme proposte risentono di concezioni superate dalle più vive tendenze culturali e chiaramente ancorate a momenti storici ormai tramontati. A merito dei Costituenti va ascritta la specifica menzione della materia in oggetto immediatamente a ridosso dell'altra (istruzione artigiana e professionale e assistenza scolastica), anche per designare settori della vita e dello sviluppo culturale del paese in cui l'iniziativa e l'opera normativa dell'amministrazione centrale e del Parlamento nazionali sono state poco efficaci od affatto carenti e quindi avrebbero trovato più valida ed articolata attuazione nelle Regioni.
In particolare, sul piano dell'analisi storica, va sottolineato che, di fatto, al momento dell'entrata in vigore della Costituzione, le uniche istituzioni che in qualche modo provvedessero ai bisogni di educazione e d'informazione della stragrande maggioranza dei cittadini, non dedita per professione allo studio od alla ricerca, erano le varie centinaia di biblioteche comunali e provinciali, o almeno la frazione di esse effettivamente funzionanti: sia che traessero le loro origini da fondazioni e lasciti di benemeriti cittadini avvenuti nel corso degli ultimi secoli sia che continuassero l'attività delle biblioteche dipartimentali istituite, per buona parte, con libri confiscati alle Congregazioni soppresse, dalle Amministrazioni dell'età napoleonica, sia che fossero sorte nell'ultimo secolo, spesso con la denominazione di "popolari", per appagare i bisogni di un pubblico nuovo, diverso per caratteri ed esigenze dai ceti colti tradizionalmente esclusivi consumatori di lettura, generato e stimolato sia dalla diffusione dell'istruzione obbligatoria, sia dalle trasformazioni implicite alla rivoluzione industriale. La rete delle biblioteche pubbliche amministrate direttamente dallo Stato, da noi assai più numerose che in altri Paesi (oggi ammontano a 34) per la stessa natura antichità e ricchezza degli istituti che la compongono, ha assolto ed assolve, infatti, quasi esclusivamente compiti di sussidio alla ricerca ed all'istruzione superiore oltre che, ovviamente, di conservazione di un ingente patrimonio storico ed artistico. Con le riserve dovute alla maggiore disorganicità della materia e alle ineguaglianze nella distribuzione, nelle origini, nei criteri di gestione, un discorso analogo si potrebbe fare a proposito dei musei appartenenti ad Enti locali, i quali racchiudono indubbiamente un patrimonio qualitativamente minore di quello ineguagliabile contenuto nelle grandi raccolte di proprietà nazionale, ma nella loro stessa varietà di contenuti, di intenti, di presentazione e magari di attività, offrono una gamma infinitamente più varia di stimoli di centri di interesse, di possibilità di trasferire su livelli talora insospettati l'impiego del tempo libero di ogni categoria sociale, tanto da rappresentare il campo più vasto ed inesauribile aperto ad un'azione culturale che voglia qui indirizzare una parte almeno delle esigenze suscitate e nutrite attraverso l'indispensabile intelaiatura di base. Sul piano strettamente costituzionalistico si richiama l'articolo 3 sulla rimozione degli ostacoli di ordine economico e sociale che, limitando di fatto la libertà e l'eguaglianza dei cittadini, impediscono il pieno sviluppo della persona umana e l'effettiva partecipazione di tutti i lavoratori all'organizzazione politica, economica e sociale del Paese.
Si richiama poi l'art. 9 sullo sviluppo della cultura, la ricerca scientifica e tecnica e la tutela del patrimonio storico ed artistico della nazione che assumono un'importanza essenziale. E' infatti, questo, un chiaro accenno ai compiti di "educazione degli adulti".
Si ritiene che questi siano principi determinanti per chiarire il nesso strettissimo che lega le norme qualificanti del testo costituzionale con la proiezione comunitaria a livello locale, che trova appunto il momento culminante nell'esperienza regionale; da tali principi trae giustificazione la funzione culturale - proprio a tale livello - delle biblioteche e dei musei, come nuclei di base per l'educazione permanente. Essa comprende la mediazione culturale, la partecipazione (sia come "preparazione a partecipare", sia come esercizio della stessa) alla vita culturale, con chiara implicazione di consapevolezza proiettata nel campo politico economico e sociale, nonché la formazione professionale permanente.
In questi termini l'attività delle biblioteche e dei musei può e deve svilupparsi anche come integrazione dei processi formativo-educativi scolastici.
Appare inoltre possibile una valida integrazione delle funzioni promozionali dei musei e delle biblioteche di Enti locali, visti nel più ampio contesto dei "beni culturali", con le esigenze del turismo che sono innanzi tutto le esigenze di rapporto umano e di incontro di culture vive.
Nella relazione ministeriale non si da un'esauriente definizione dei soggetti, si rimandano le funzioni amministrative statali inerenti alla conservazione, integrità, sicurezza, riproduzione e godimento pubblico delle cose raccolte nei musei e nelle biblioteche di Enti locali che la legge 1.6.39 n. 1089 e le altre norme in materia attribuiscono al Ministero della P.I. ed alle Sovrintendenze alle antichità, alle Gallerie ed ai monumenti ed alle Sovrintendenze bibliografiche, ad una successiva delega non si fa alcun riferimento al campo della tutela delle cose di interesse artistico, storico, archeologico, ecc.; si accenna alla conservazione, ma non alla tecnica del restauro, agli esperti, alle officine da crearsi nel territorio regionale; non si fa alcun riferimento sul deposito obbligatorio degli stampati e delle pubblicazioni; non si fa alcun cenno ai Centri di lettura, che sono Centri sociali di educazione permanente; non sono citati i Centri di servizi culturali del Mezzogiorno; non si fa cenno alle Biblioteche popolari scolastiche; non vi è riferimento alle "Biblioteche del contadino" né alla lettura pubblica nelle zone di riforma; non si nomina il servizio nazionale di lettura; non si accenna all'insegnamento bibliografico, né si citano le Mostre di materiale antico.
Si ritiene di dover richiamare l'importanza di superare, in merito alla formazione tecnica ed alla qualificazione professionale degli operatori bibliotecari, la legge attualmente esistente. Oggi essa è valida soltanto per i bibliotecari popolari e scolastici, mentre è necessario addivenire ad un tipo di insegnamento più approfondito, accompagnato da un'informazione culturale e sociale legata alla tradizione, all'ambiente e alla realtà di ogni Regione.
Soprintendenze bibliografiche. Le funzioni di tali Soprintendenze sono: vigilare, inventariare e restaurare il materiale bibliografico raro e di pregio; provvedere alle proposte di prelazione da parte dello Stato nel caso di vendita del predetto materiale; esercitare l'ufficio di esportazione bibliografica; formulare proposte di aiuti statali a biblioteche di Enti locali; promuovere l'istituzione di nuove biblioteche non statali; esercitare la vigilanza sulle biblioteche popolari; curare la raccolta dei dati per la statistica regionale Tali Soprintendenze non esercitano quindi nessun compito nei confronti delle biblioteche statali. E' opportuno pertanto che il decreto delegato ne preveda il totale trasferimento alla Regione, secondo l'art. 117 della Costituzione e l'art. 17 della legge n. 281.
Soprintendenze alle antichità, gallerie, monumenti. A tale riguardo il discorso deve richiamarsi al significato e all'importanza stessa della disposizione costituzionale, che attribuisce la materia dei musei alle Regioni. L'attribuzione alle Regioni non può tuttavia comprendere soltanto la gestione e la regolamentazione degli Enti locali esistenti e funzionanti, ma deve riferirsi anche alla fondazione e predisposizione di nuovi, secondo quanto risulta confermato dall'art. 3 lettera a) 2° comma dello stesso decreto. Dette attività debbono essere attribuite alle Regioni secondo l'art. 117 e non delegate in base al secondo comma dell'art. 118 della Costituzione.
Con il silenzio su questi ed altri argomenti, per cui, per quanto si riferisce ai Musei ed alle biblioteche, alle Regioni non si trasferisce quasi nulla, lo schema di decreto sembra in realtà prefigurare per tutta la materia una politica svolta dalle Soprintendenze, attraverso commissioni burocratiche che la Commissione Papaldo ha già prefigurato nel quadro della costituzione di un Ministero dei beni culturali. Si chiede dunque un'estensione della delega in rapporto a quanto esposto.
In conclusione, si ritiene che il nuovo ruolo che i Musei e le Biblioteche possono svolgere nell'ambito regionale, non può prescindere da una direzione politica ed amministrativa unitaria a livello regionale e che, di conseguenza, debbono essere trasferiti alle Regioni, in modo organico, poteri sinora detenuti dallo Stato.
Ai sensi dell'art. 20 dello Statuto della Regione Piemonte, è stata altresì effettuata la consultazione di vari Enti, separatamente per l'assistenza scolastica e per i musei e le biblioteche di Enti locali.
L'elenco di questi Enti risulta a pag. 21 del documento distribuito ai signori Consiglieri. Tutti gli intervenuti, lamentando le limitate possibilità del decreto delegato come strumento ed il carattere restrittivo del suo contenuto, hanno motivato l'esigenza che alle Regioni siano trasferiti poteri ampi ed organici. In particolare sono stati richiamati i seguenti aspetti: la piena ed unanime adesione alle osservazioni e proposte formulate dalla Giunta al decreto delegato in esame; la necessità di rivendicare alle Regioni la piena competenza in materia, cui deve corrispondere un trasferimento globale dei fondi stanziati nel bilancio dello Stato a tale scopo; l'accostamento logico tra assistenza scolastica e musei e biblioteche, se l'assistenza scolastica è intesa come diritto allo studio, nel quadro dell'educazione permanente, per cui i musei e le biblioteche diventano strumento fondamentale; il superamento del concetto tradizionale di assistenza scolastica in una proiezione di servizi sociali in senso ampio, favorendo altresì la partecipazione delle famiglie alla gestione dei medesimi; l'importanza dell'orientamento scolastico e professionale; la necessità di superamento degli attuali sistemi assistenziali e il conseguente coordinamento da affidarsi alla Regione quale Ente promotore e di sviluppo; l'importanza dei problemi connessi all'edilizia scolastica quale elemento di remora nell'attuazione graduale della scuola a tempo pieno; la validità dell'istituzione dei Convitti alpini nelle zone montane; i problemi connessi non soltanto alla conservazione, ma soprattutto all'utilizzazione ed incentivazione dei musei e delle gallerie; la necessità di migliorare e potenziare il funzionamento delle biblioteche, in organico collegamento con la scuola, sia per rispondere adeguatamente alle nuove esigenze delle masse studentesche, sia per favorire nei ceti popolari il diffondersi della cultura, partendo dalla concezione delle biblioteche come centri di educazione permanente l'importanza dei centri di lettura, opportunamente riorganizzati, e dei servizi di bibliobus, già largamente sperimentati in alcune zone.
Le osservazioni agli articoli e le motivazioni di proposte di emendamenti sono da porre in correlazione con le osservazioni di carattere generale testé esposti; comunque sono ampiamente espresse nel testo consegnato ai signori Consiglieri. Pertanto, con il permesso del signor Presidente, darei lettura soltanto delle formulazioni proposte per il nuovo testo.



PRESIDENTE

Si deve dare per letto, quindi si limiti ad illustrare gli aspetti più significativi.



SOLDANO Albertina, relatrice

Art. 1) Sono trasferite alle Regioni a Statuto ordinario, per il rispettivo territorio, le funzioni amministrative esercitate dagli organi centrali e periferici dello Stato, in materia di assistenza scolastica, in tutti gli organi e gradi della scuola. Spettano alla Regione funzioni amministrative di promozione, coordinamento e controllo in tema di assistenza universitaria. Si considera assistenza scolastica ogni iniziativa di promozione dello sviluppo della persona umana, in connessione o per rapporto ai processi scolastici. Rientra nell'assistenza scolastica anche il complesso delle attività amministrative dirette a produrre il decondizionamento economico, territoriale, socio-culturale, fisico psicologico, pedagogico, al fine di recuperare o prevenire il disadattamento e l'emarginazione dei processi formativo-educativi scolastici.
Art. 2) Sono trasferite alle Regioni a Statuto ordinario le funzioni esercitate dai Patronati scolastici e dai Consorzi provinciali dei Patronati scolastici, nonché le funzioni attualmente esercitate dagli organi centrali e periferici dell'amministrazione statale in ordine agli stessi.
Art. 3) Al secondo comma dovrebbe essere così modificato: "Sono escluse dal trasferimento le sole funzioni amministrative statali esercitate sui fondi e materiali di interesse nazionale di Musei e Biblioteche nazionali" Art. 4) Tale articolo non può essere accettato perché gravemente limitativo dello stesso dettato letterale dell'art. 117 della Costituzione. Si chiede di sostituirlo come segue: "Vengono altresì attribuite alle Regioni le materie integranti o comunque necessariamente collegate con l'assistenza scolastica ai sensi dell'art. 117 della Costituzione".
Art. 5) La funzione di indirizzo e di coordinamento delle attività delle Regioni a Statuto ordinario che attengono ad esigenze di carattere unitario, anche con riferimento agli obiettivi del programma economico nazionale ed agli impegni derivanti dagli obblighi internazionali, spetta allo Stato e viene esercitata mediante deliberazioni collegiali del Governo, con la partecipazione delle Regioni. Gli organi statali e le amministrazioni regionali si forniranno reciprocamente ed a richiesta ogni notizia utile allo svolgimento delle proprie funzioni.
Art. 6) La definizione dei procedimenti amministrativi che abbiano avuto inizio prima della data di entrata in vigore del presente decreto, rimane di competenza degli organi statali nei limiti delle somme legittimamente impegnate su capitoli iscritti nei bilanci dello Stato relativi ad esercizi finanziari degli anni 1971 e precedenti. Le somme comunque non impegnate in detti bilanci per l'assistenza scolastica, i musei e le biblioteche di Enti locali saranno devolute alle Regioni per gli stessi fini.
Art. 7) Mentre si riconosce la legittimità della salvaguardia del trattamento economico del personale, deve essere fatta salva l'autonoma competenza delle Regioni in rapporto allo stato giuridico dei propri dipendenti e all'ordinamento dei propri uffici o Enti dipendenti. Dal momento che tutto quanto elencato nella vecchia formulazione passa alla Regione, ma in più debbono passare tutte le altre funzioni comunque collegate all'assistenza scolastica, musei e biblioteche, si osserva che la fissazione del contingente del personale statale da trasferire e le modalità del trasferimento non possono essere attuate con provvedimenti separati e comunque non precisati.
Le spese aggiuntive debbono comunque essere tali da garantire l'assistenza scolastica indispensabile a tutti gli alunni e studenti appartenenti alle scuole operanti nella Regione, per rendere effettivo ad ognuno il diritto allo studio.
Art. 8) Con l'art. 7 si trasferisce alle Regioni il personale statale che svolge funzioni nel settore dell'assistenza scolastica e dei musei e delle biblioteche. Con l'art. 8, solo in via transitoria, si trasferiscono i maestri elementari di ruolo assegnati alle direzioni didattiche per servizi da svolgere presso i Patronati scolastici e i Consorzi provinciali degli stessi. Per le Regioni non è quindi possibile contare definitivamente su tale contingente di personale, nonostante la necessità di fruire della sua opera per il funzionamento di detti servizi, anche qualora vengano strutturati. Non può essere accettato il trasferimento di un servizio senza il corrispondente personale, soprattutto nella posizione particolare del comando, in contrasto con l'art. 17 della legge 281 e con grave onere finanziario per le Regioni. Ciò si precisa, pur tenendo nella dovuta considerazione la notevole competenza sui problemi assistenziali acquisita da parte di tale personale, attraverso un'esperienza spesso pluriennale.
Art. 9) Proposta di sostituzione: "Alle Regioni sono trasferiti anche quei servizi tecnici statali che svolgono compiti da trasferire alle medesime in materia di musei, biblioteche di Enti locali e Soprintendenze bibliografiche".
A proposito dell'art. 10 si fa rilevare che l'intera struttura è da rivedersi in relazione a quanto affermato nelle osservazioni generali e nei precedenti articoli. E' necessario quindi comprendere nell'elencazione degli stanziamenti dello stato di previsione del bilancio statale, da sopprimere o da ridurre, anche capitoli di altri Ministeri A questo punto segue un'elencazione di capitoli relativi al bilancio del Ministero della P.I., che dovrebbero essere soppressi e analogamente altri da ridurre. Si citano inoltre capitoli da ridurre nel bilancio del Ministero dell'Interno e nuovamente nel bilancio del Ministero della P.I.
per quanto riguarda i musei e le biblioteche di Enti locali. Anche qui si distinguono i capitoli fra quelli da sopprimere e quelli da ridurre. Per maggior chiarezza si propone comunque di aggiungere, dopo l'ultimo comma all'art. 10, la seguente dicitura: "Verranno inoltre disposte, con ulteriori provvedimenti, le opportune variazioni relative ai capitoli di spesa interessati dall'ulteriore eventuale trasferimento di attribuzioni e uffici dallo Stato alla Regione e per i quali non è stato comunque possibile disporre nel presente decreto delegato".



PRESIDENTE

Qualcuno chiede di parlare? Ha la parola il Consigliere Oberto.



OBERTO Gianni

Il mio intervento, signor Presidente e signori Consiglieri, sarà estremamente breve, ma mi sembra davvero che non si possa non sottolineare la fatica di questa relazione e la perspicua puntualizzazione di alcuni aspetti che non debbono cadere nel vuoto, anche se evidentemente per lo sviluppo particolarmente lungo, può essere caduta la tensione dell'attenzione. Ma è uno degli argomenti che la Regione Piemonte deve avere ben presente se vuole rispondere e corrispondere alle attese in due settori estremamente importanti: quello dell'assistenza scolastica e quello che si accompagna, in un certo senso, al valore dell'assistenza scolastica ma che si distacca perché diventa, come opportunamente è stato detto nella relazione della collega Soldano, quella funzione di educazione permanente che si evidenzia proprio dall'esistenza dei musei e delle biblioteche. Cioè qualche cosa che va oltre al semplice settore del mondo scolastico, ma che attiene a una esigenza di tutti coloro i quali credono nella validità della cultura, credono che la civiltà sia anche un fatto di cultura.
Mi sembra di poter dire che correttamente il Consiglio Regionale accogliendo le proposte, chiederà che nella delega di queste competenze di carattere amministrativo si operi con due distinti provvedimenti: l'uno che attenga in modo particolare al problema dell'assistenza scolastica ed uno correlato, ma distaccato, che attenga ai musei e alle biblioteche degli Enti locali.
Sull'assistenza scolastica io non avrei granché da dire se non associarmi e sottolineare quanto correttamente ha detto la collega Soldano (e forse valeva la pena di sottolinearlo anche più icasticamente) sull'evasività ed il disimpegno della relazione accompagnatrice del testo del decreto delegato. In verità mi sembra di poter dire, avendo letto anche altre relazioni accompagnatrici, che questo disimpegno e questa evasività siano un peccato di fondo perché vi è in genere una certa reticenza nell'accompagnare il testo, nell'evidenziare la delega del potere centrale al nuovo Ente regionale. Quindi va sottolineato; e se gli atti accompagneranno la relazione e il voto del Consiglio Regionale, desidero con la modestia della mia voce e la poca importanza che può avere il pensiero del Consigliere Oberto nel settore dell'assistenza scolastica e in quello che è il problema di cultura del museo e della biblioteca sottolineare questa esigenza, per questo decreto e per gli altri.
Direi per inciso che c'è una "vocazione" forse perché l'art. 4 mangi dappertutto quello che è detto genericamente nell'art. 1. Anche in altre occasioni abbiamo rilevato che si dà con l'art. 1, molto, o si crede di dare; e poi nell'art. 4 si esercita una ritenzione; per cui quello che è dato con la mano destra - o con la mano sinistra, non ha una implicazione di natura politica - viene ritratto con l'altra mano.
Nel tema dell'assistenza scolastica chiederei che nella relazione, a pag. 10 del testo che ci è stato dato, quando si parla di "orientamento scolastico, assistenza socio-medico-psico-pedagogica, trasporti, pensionati scolastici e i convitti" si precisasse "compresi quelli alpini". Questo per essere coerenti con il fatto che nella consultazione avvenuta, è stato evidenziato, come riportato nella pagina dove si dà atto di questa consultazione, che per coloro i quali vivono in montagna non vi siano diversificazioni, perché nei confronti dei convitti alpini c'è una grossa incomprensione e molta diffidenza Su questo punto avrei esaurito il mio discorso. Vorrei invece brevemente, dire qualcosa sulle biblioteche e musei. Noi non abbiamo ancora una rivista nostra; un'associazione giornalistica torinese pubblica la rivista "Piemonte". Ho avuto occasione di scrivere un articolo (test pubblicato) nel quale esprimo il mio pensiero sul problema dei musei e sulle biblioteche. Dobbiamo essere grati che ci sia qualcuno che pubblica qualcosa dell'attività nostra, di Consiglio, a visione più ampia e più spaziata di quella che non possa essere consentita dalla ristrettezza del tempo e dalla mole di lavoro che dobbiamo compiere.
Ma io pregherei i signori Consiglieri di volere anche nell'approvazione (se ritengono che la proposizione sia corretta e giusta), anche nell'accompagnare questi nostri concetti ai progetti delegati, tenere sempre come base, come fondamento la nostra legge fondamentale. Checché si sia detto in ordine alla validità dello Statuto nostro e di tutti gli statuti regionali, anche se si tende addirittura a negare la validità concettuale e formale di una legge organica e fondamentale, noi riteniamo che lo Statuto sia veramente, accanto alla Carta costituzionale che regola tutta la vita del nostro Paese, la Carta costituzionale specifica particolare della nostra Regione.
All'art. 5 e all'art. 7 dello Statuto è espressamente detto: "Difende il patrimonio culturale anche nelle sue espressioni regionali.
A questi fini coordina ed indirizza gli strumenti e le iniziative esistenti e concorre allo sviluppo di adeguati mezzi educativi e di informazione".
E allora noi adempiamo a questo scopo. Ecco perché chiederei (in quanto possibile) alla gentile relatrice, che personalmente almeno voglio ringraziare della grossa fatica che ha fatto redigendo il documento che ci ha messo dinanzi agli occhi, che veda se non sia possibile di inserire nella relazione - e se fosse possibile addirittura anche, con un piccolo emendamento nel testo - questo concetto: noi abbiamo delle biblioteche e abbiamo dei musei, bisognerebbe accentuare, in talune di queste biblioteche, la raccolta di quei documenti, di quei libri, di quelle pubblicazioni che riflettono proprio la cultura regionale piemontese. E' uno dei nostri compiti specifici; ce lo siamo dato, questo compito, con l'art. 5 e con l'art. 7. Pensare, per esempio, ad una biblioteca specializzata dove si trovino tutti i testi, oggi difficilmente reperibili e sparsi in varie biblioteche, anche con copie fotostatiche; avere cioè una biblioteca dove tutta la tradizione del passato, letteraria, culturale storica, pittorica, di scultura, di attività artistica e vorrei aggiungere di musica, venga raccolta e conservata.
Ripeto, a conclusione di questa preghiera, di questo invito, quella che ho spesso dinanzi ai miei occhi, (non per blandire i colleghi comunisti, ma perché credo nella validità di quell'affermazione), l'affermazione di Gramsci che se non si sa di dove si viene, non si può sapere dove si vuole andare. E se noi ignoriamo e non raccogliamo e non conserviamo questa documentazione, anche proprio come assolvimento di un compito che ci siamo dato della conservazione della cultura passata, non sappiamo dove vogliamo effettivamente andare.
Ecco quindi il perché di questa preghiera alla Consigliera Soldano rivolta poi alla Giunta che dovrà recepirla, che questo concetto che ho rapidamente evidenziato possa, se il Consiglio lo ritiene opportuno, essere indicato in maniera precisa nella relazione, eventualmente in un emendamento.



PRESIDENTE

Nessun altro chiede di parlare? Ha facoltà di parlare il Consigliere Conti. Avrà poi anche facoltà di illustrare l'emendamento proposto.



CONTI Domenico

Signor Presidente, signori Consiglieri, io vorrei soltanto richiamare la loro attenzione sui criteri fondamentali che hanno ispirato la formulazione delle osservazioni allo schema delegato, osservazioni fatte proprie dalla Giunta e integralmente condivise e recepite dalla Commissione consiliare e condivise altresì da tutti coloro che si sono presentati per le consultazioni. Mi sembra necessario insistere su questi criteri fondamentali perché il nostro compito, a proposito di decreti delegati, mi sembra che non sia finito in quanto è nostro dovere di continuare ad avere relazioni - ciascuno per la sua parte di competenza - vuoi col Governo vuoi col Parlamento, vuoi con le Commissioni speciali di partito che poi faranno confluire i loro pareri in sede di Commissioni parlamentari. Tanto più questo dovere lo abbiamo dopo avere registrato questa ampia convergenza, direi totale convergenza di pareri della Regione Piemonte anche coloro che sono stati intervistati hanno condiviso questo parere e perciò abbiamo una grossa responsabilità di continuare ad agire nei termini e nelle forme che ci sono consentite perché questi pareri ricevano un soddisfacente accoglimento.
Fatto questo preambolo, vorrei ribadire alcuni concetti fondamentali che sono stati alla base delle osservazioni. Innanzitutto il principio in base al quale sono state modellate le osservazioni è questo: che la potestà amministrativa si deve modellare, per contenuto ed intensità, su quella legislativa nelle materie considerate. Se così non fosse, tra l'altro sarebbe impossibile per le Regioni svolgere un'efficace azione legislativa tanto più se questa azione legislativa si dovrà svolgere nel quadro di uno sviluppo programmato dove le materie del 117 debbono potersi sviluppare da parte delle Regioni come autentici settori base della programmazione regionale. Se questo primo principio è valido, si può subito derivare l'osservazione di fondo che ha mosso le considerazioni allo schema di decreto delegato. La prima osservazione è quella che non è stata tentata un'individuazione della materia a livello di definizione legislativa, ci si è preferito abbandonare all'elencazione di passaggio, ma non ci si è basati su una definizione legislativa. Ciò avrebbe consentito di impostare razionalmente i problemi relativi alla materia oggetto del decreto individuando con esattezza ciò che doveva passare alle Regioni e ciò che doveva rimanere alle competenze dello Stato. Questo vale anche, nel nostro caso, se non ci si vuole limitare ad una concezione subalterna discriminatrice, paternalistica per esempio dell'assistenza scolastica, in contrasto con un'interpretazione organica dell'art. 117 della Costituzione riferita in modo particolare agli articoli fondamentali della Carta costituzionale.
In questo ordine di idee i decreti delegati si qualificano come provvedimenti di attuazione costituzionale, configurandosi come portatori di fondamentali scelte di indirizzo politico, a livello particolarmente elevato nella misura in cui si pongono a diretto contatto con la Costituzione che interpretano nel quadro della sua realizzazione. Sotto questo profilo, la differenza fra decreti delegati e leggi quadro è solo di funzioni tecniche, non di intensità e di importanza materiale e di contenuto politico, tanto è vero che se le materie trasferite in base ad un decreto delegato non sono sufficientemente ampie ed intense come la potestà legislativa lo richiederebbe conferita dalla Costituzione alle Regioni praticamente questa potestà legislativa sarebbe svuotata pressoché di valore e di efficacia.
Un secondo punto è che la potestà amministrativa regionale è una vera potestà di amministrare e di gestire ogni servizio, attività, programma ecc., comunque legati alla materia considerata. Perciò, nei decreti delegati, quando si parla di funzioni attualmente esercitate dallo Stato e solo queste vengono considerate ai fini del trasferimento alle Regioni, si dimentica che deve essere compreso in detto trasferimento anche quel complesso di attribuzioni che pur non essendo ora esercitato dallo Stato potrebbe in realtà esserlo, mentre non lo è per ragioni meramente accidentali ed esterne. Per contro, qualora dette attribuzioni si palesino congrue e necessarie ai fini dell'organico esercizio dei poteri conferiti costituzionalmente alle Regioni, non si vede perché lo Stato non debba disporre che passino alla Regione i poteri nella loro totalità afferente all'esercizio concreto ed organico delle singole attribuzioni regionali relative alla materia, indipendentemente dal fatto che, per mere ragioni storiche ed accidentali, lo Stato non abbia ancora intrapreso ad esercitarli concretamente.
La sfera di poteri costituzionalmente riconosciuta alle Regioni sarebbe infatti attualmente svuotata in base ad un elemento non di carattere giuridico, ma operante sul piano del mero fatto. Ciò vale in particolare anche per un'ulteriore serie di ragioni politiche e costituzionali ad un tempo. La determinazione in astratto e in concreto di un'ampia sfera dì attribuzioni regionali a livello amministrativo, è elemento fondamentale per creare un supporto organizzativo adeguato per un corretto ed ampio uso della potestà legislativa regionale.
Un altro principio, già accennato dalla Consigliera Soldano, è quello dell'organicità, sulla base di quanto sancisce l'art. 17 della Legge 281 che dispone che il trasferimento delle funzioni amministrative avvenga per settori organici di materia, mentre deve rimanere allo Stato la sola funzione di indirizzo e di coordinamento. Di qui l'interpretazione della materia assistenza scolastica come coinvolgente tutto ciò che direttamente è destinato ad operare in favore dei così detti processi formativi scolastici e sotto il profilo del decondizionamento sociale, economico psicologico, ecc., e sotto l'aspetto promozionale della persona umana.
Infine vorrei richiamare un criterio politico che è stato affermato nella relazione della Giunta ed accolto dalla relazione della Commissione: un indirizzo essenziale affermato in ordine agli indirizzi e alla gestione dei processi formativi scolastici, con l'affermazione di assicurare l'iniziativa politica e legislativa della Regione in materia. Per una scuola che si prefigge finalità educative (perché questa è la rivoluzione che si deve operare nel campo della scuola) e non soltanto di conoscenza per una scuola chiamata a rispondere dei suoi risultati in termini di crescita personale, culturale, sociale, morale e politica, occorre che sia assicurata al potere politico la responsabilità e di promozione e di indirizzo, facendo della scuola la prima grande palestra per un'effettiva partecipazione. Se compito della scuola è il diritto allo studio generalizzato a tutti i cittadini affinché si consegua un'eguaglianza sostanziale e un rinnovamento continuo della società in senso sempre più personalistico e comunitario, autenticamente democratico, occorre che i poteri politici sufficientemente decentrati come quello regionale sufficientemente incidenti perciò, abbiano effettive possibilità di inserire la scuola in termini di pianificazione scolastica nel quadro dello sviluppo globale programmato della comunità regionale. Una visione particolarmente approfondita del problema dell'assistenza scolastica aprirebbe il campo ad una serie di valutazioni circa il condizionamento ed il conseguente disadattamento, nonché l'emarginazione derivante dagli stessi processi formativi scolastici. Ne risulterebbe, anche per questa via, rafforzata ed estesa la competenza regionale in questa materia, con la conseguente necessità di attribuire alle Regioni, ai sensi dell'art. 117 ultimo comma (e non soltanto ai sensi dell'art. 118) la competenza a emanare norme anche legislative per l'attuazione delle leggi dello Stato concernenti i processi scolastici. Va da sé che risulta assodata la piena competenza a livello amministrativo in tutta la materia. Detta conclusione è rafforzata dalla considerazione che gli interventi di cui si è appena detto, devono essere attuati quali veri e propri momenti integrativi dei processi educativi scolastici, (scuola integrata) e ciò soprattutto al fine di assicurare la massima efficacia dell'assistenza scolastica anche in ordine al decondizionamento, nonché al superamento o alla prevenzione del disadattamento e dell'emarginazione scolastica.
Si apre, a questo punto, una serie di considerazioni che direttamente fondate su di una coerente interpretazione dell'art. 33 della Costituzione e dell'art. 117, offrono anche dal punto di vista strettamente tecnico giuridico non pochi punti di appoggio a quanto fin qui osservato sotto il profilo dei contenuti materiali della competenza in esame. Occorre osservare che la materia di istruzione - e in ciò sembrano rientrare i così detti processi formativi scolastici - spetta allo Stato la competenza a emanare norme generali, mentre invece l'assistenza scolastica spetta in linea di principio alle Regioni e questo sia a livello legislativo nell'ambito dei principi generali stabiliti dalle così dette leggi cornice dello Stato, sia a livello amministrativo, salva la funzione di indirizzo e di coordinamento (così detta alta amministrazione) riservata allo Stato.
Se però si volesse a questo punto ritenere che sussiste sotto il profilo della disciplina legislativa e dell'azione amministrativa una netta dicotomia fra processi formativi e momento integrativo e promozionale dell'assistenza scolastica, si commetterebbe una grave scorrettezza interpretativa. Va sottolineato infatti che l'art. 33 secondo comma citato attribuisce allo Stato la sola competenza ad emanare norme generali sull'istruzione, istituendo così in modo trasparente una doppia riserva di legge, quella delle norme generali proprie dello Stato, quella specifica di norme per l'attuazione di dette norme generali, che non è detto debba spettare allo Stato ma che può e deve anzi logicamente incardinarsi nella Regione, unico Ente costituzionale diverso dallo Stato-persona e dotato di potestà normativa a livello legislativo; anzi, in quest'ordine di idee l'ultimo comma dell'art. 117 assume un significato specialissimo: nella materia indicata le leggi della Repubblica non solo possono (come dice la riserva implicita di legge regionale la cui esistenza è stata appena dimostrata) demandare alle Regioni il potere di emanare norme per la loro attuazione, ma che dette norme possono anche essere legislative non sembra dubbio, secondo i risultati a cui è giunta da tempo la dottrina più attenta. Ne consegue, sul piano pratico, che anche a livello amministrativo deve essere riconosciuta competenza alla Regione in materia.
L'assistenza scolastica ha carattere promozionale in funzione concretizzatrice dei processi formativi scolastici, nei cui confronti assume carattere di netta trazione funzionale; ciò in particolare vale secondo una diversità di gradi e di intensità. Detta definizione è necessaria per poter correttamente e compiutamente individuare i rispettivi limiti tra Stato e Regioni con chiara ed esatta determinazione delle funzioni amministrative attualmente già esercitate dagli organi dello Stato e come tale da attribuirsi alle Regioni. Ciò va detto e in netto dissenso da quanto afferma la relazione ministeriale dove dice: "Non risultano quindi compresi né istituti od organi nuovi né enunciati principi fondamentali di legislazione, nella considerazione che essi debbano costituire oggetto di norme cornice le quali vanno adottate eventualmente con separato provvedimento da sottoporre all'approvazione del Parlamento" con formulazione apparentemente ovvia, ma ambigua ed illegittimamente restrittiva verso le competenze regionali. Ne deriva una notevole contraddittorietà nel provvedimento, che può dar vita a vere e proprie perplessità nella motivazione, non prive di gravi conseguenze anche sul piano del contenzioso.
Avendo allora scelto la strada di suggerire all'art. 1 una definizione dell'assistenza scolastica, al posto di un'elencazione di attribuzioni che debbono passare alla Regione e d'altra parte per non rendere tassativo l'elenco delle voci del bilancio dello Stato comprese nell'art. 10 - elenco tassativo che impedirebbe il passaggio alle Regioni di funzioni e di personale man mano che la consapevolezza sulla vera realtà e sulla funzione dell'assistenza scolastica va facendosi - è stato proposto l'emendamento all'art, 10 che ha questo scopo: di non rendere tassative tutte quelle voci che si devono depennare dal bilancio dello Stato per il passaggio alle Regioni; questo per poter operare in base ad una concezione dell'assistenza scolastica e dei musei e delle biblioteche in primo luogo che sia confacente con la Costituzione innanzi tutto e poi con le esigenze dei tempi; in secondo luogo perché permetta di configurare i musei e le biblioteche proprio come nuclei di un'educazione permanente, con le funzioni già accennate dalla relazione Soldano. L'emendamento recita: "Verranno inoltre disposte, con ulteriori provvedimenti, le opportune variazioni relative ai capitoli di spesa interessati dall'ulteriore eventuale trasferimento di attribuzioni di uffici dello Stato alla Regione e per le quali non è stato comunque possibile disporre nel presente decreto delegato".
Questa è la funzione che mi sembra coerente con le osservazioni condivise da tutto il Consiglio Regionale - almeno dalla Commissione competente - per salvaguardare la possibilità che dicevo.
Termino ribadendo il concetto della necessità (che ci viene, ripeto anche da questo ampio consenso registrato durante le consultazioni) di svolgere di qui in avanti una costruttiva azione in appoggio a quanto la Regione delibererà su questa materia, presso gli organi competenti, Governo da una parte, Parlamento dall'altra, Partiti, Commissioni, ecc. affinch queste universali esigenze della Regione Piemonte, condivise da tutti quanti (Giunta, Commissione consiliare, speriamo Consiglio, tutti gli Enti e le persone invitati per la consultazione) possano ricevere un'adeguata e giusta risposta.



PRESIDENTE

Consigliere Conti, in che punto esattamente va messo, a quale pagina? Dopo l'elenco?



CONTI Domenico

Dopo l'elenco, a pag. 42.



PRESIDENTE

Cioè al termine del testo Ha facoltà di parlare il Consigliere Besate



BESATE Piero

Signor Presidente, direi che l'astuzia della realtà ha voluto che si discutesse dell'assistenza scolastica il 21 settembre, alla vigilia dell'apertura del nuovo anno scolastico. Credo che mai come in periodi come questi si possa verificare l'importanza politica, sociale, culturale di questo argomento che ormai investe la società tutta, Basta andare sui treni per trovarli già affollati di studenti che si avviano per le iscrizioni alla Università, che discutono seriamente di come si sistemeranno per il nuovo anno scolastico, se troveranno posto all'Ente collegi o presso parenti, se hanno trovato ad affittare una stanza o due riunendosi in parecchi Il che fa immediatamente pensare a quanto sia precaria la struttura del diritto allo studio di cui questa è una delle componenti.
Ma oltre a questi aspetti, ci sono anche tutti gli altri, a cominciare da quelli della scuola materna (se n'è parlato proprio stamane in occasione di un'interrogazione) ai quali la relazione ha dedicato un'approfondita attenzione, anche se non con l'ampiezza che la Commissione avrebbe voluto cosa che si ripromette di fare in collaborazione con tutto il Consiglio, e con tutti gli operatori che in Piemonte si occupano della materia. E quando diciamo "operatori" in primo luogo pensiamo ai sindacati, ai rappresentanti dei lavoratori, agli studenti, ai rappresentanti dei centri di cultura e di sviluppo della cultura nel Piemonte, agli insegnanti, pensiamo, in una parola, a tutti coloro che si interessano della scuola, come anche i Comuni, le Province, ecc.
Questi temi sono di tale entità e strettamente connessi con quelli che il Consiglio Regionale ha affrontato in occasione dell'approvazione della relazione e delle osservazioni al decreto delegato sull'istruzione artigiana, professionale, ecc., che ci pare veramente di dover richiamare all'attenzione del Consiglio non solo quelle limitazioni che lo schema di decreto delegato proposto dai poteri centrali alle Regioni ha messo in evidenza e che sono state sottolineate e dalle relazioni e dagli interventi dei Consiglieri Oberto e Conti, ma anche i pericoli che vengono ribaditi da un atto del Governo, dal Ministro della P.I., con la circolare che tutti conoscono e che è oggetto di discussione anche sulla stampa.
Noi ci dichiariamo d'accordo e con la relazione presentata dalla collega Soldano e anche con l'emendamento illustrato dal collega Conti da inserire al termine dell'art. 10.
Sotto il profilo politico mi corre l'obbligo di sottolineare come la nostra parte ritenga che documenti come questo sottoposto alla nostra approvazione oggi, possano costituire per le forze politiche e sociali che operano in Piemonte, una base unitaria d'azione per la realizzazione delle indicazioni contenute in quel documento.
Quale presidente della Commissione e non solo per una questione di formalità, ringrazio la relatrice signorina Soldano per il lavoro eccezionalmente oneroso svolto e anche sotto il profilo qualitativo, ed il Consigliere Conti per l'indubbio contributo che ha portato alle osservazioni della Regione al decreto delegato.
E' bene che il Consiglio sappia che numerosissimi sono stati i consultati, che anche se sono stati chiamati il 3 di agosto, si sono presentati ringraziando la Regione per l'attenzione che loro veniva dimostrata. Ciò vuol dire che questa è una materia molto sentita e che richiede il massimo interessamento da parte della Regione per rispondere alle vive attese di coloro che se ne occupano.



PRESIDENTE

Non ho altri iscritti a parlare, quindi la discussione generale è chiusa. Ha facoltà di replica, se lo ritiene, la relatrice.



SOLDANO Albertina, relatrice

Ritengo sia mio dovere anzitutto ringraziare per gli apprezzamenti che cortesemente sono stati rivolti alla mia persona e puntualizzare che il lavoro è stato svolto in collegialità, con l'apporto sereno e generoso nonostante la calura estiva, di tutti i membri della Commissione e particolarmente di coloro che il Presidente Besate ha già voluto qui ricordare.
In effetti credo sia prevalso nei lavori della Commissione un profondo senso di responsabilità nella consapevolezza di dover rispondere alle necessità incalzanti e ormai indilazionabili del mondo della scuola. E vorrei con questo riallacciarmi a quanto accennava il dr. Conti, là dove egli presentava l'inderogabilità dell'affidamento da parte dello Stato del potere legislativo alla Regione in questa materia. Noi dobbiamo ottenere che la Regione acquisisca questa potestà legislativa particolarmente su quei processi formativo-scolastici che costituiscono oggi il decondizionamento e quindi impediscono il naturale sviluppo della persona umana.
Mi permetto quindi di concludere dicendo che al centro di questo rapporto sempre più difficile e complesso, rapporto scuola-società dobbiamo veramente preoccuparci di collocare l'uomo e il cittadino.
Obiettivamente dobbiamo riconoscere che i ragazzi di oggi, i giovani di oggi non hanno dalla scuola tutto ciò che ad essi spetterebbe. Possa la Regione, nel pieno esercizio della sua funzione legislativa, affrontare il gravissimo e complesso problema. Come giustamente diceva il Presidente Besate, in una relazione non è stato possibile affrontare e soprattutto approfondire tutti i problemi che venivano accennati; però, quando gli strumenti ci saranno dati, sono convinta che quella volontà comune che è emersa dal lavoro collegiale di queste settimane, farà sì che e la Giunta e la Commissione possano veramente rispondere alle esigenze della società piemontese emerse in questa circostanza.



PRESIDENTE

Ha facoltà di parlare, se lo ritiene, un rappresentante della Giunta.
La parola all'Assessore Visone.



VISONE Carlo, Assessore all'assistenza scolastica

Signor Presidente, signori Consiglieri, in relazione allo schema di decreto delegato in esame, concernente il trasferimento alle Regioni delle funzioni amministrative statali in materia di assistenza scolastica, musei e biblioteche di Enti locali, desidero esprimere il mio apprezzamento per il lavoro svolto dal mio predecessore, dr. Conti e dalla Commissione che ha esaminato detto decreto. E' stato un lavoro sistematico, svolto in profondità, trattando i vari temi nella loro globalità e anche specificatamente, in una chiara visione delle funzioni che la Regione deve assolvere in questi specifici settori.
Esprimo quindi la piena adesione ai principi enunciati nella relazione sia sul piano giuridico costituzionale, sia su quello più strettamente collegato ai contenuti e alle prospettive di impegno e di lavoro. In particolare occorre ribadire che i problemi connessi con l'assistenza scolastica sono da inquadrare organicamente nel piano, assai più vasto, del diritto allo studio da garantire a tutti i cittadini, indipendentemente dalla loro estrazione socio-economica. Analogamente nel quadro dell'educazione permanente, è assai importante la riorganizzazione del complesso settore musei e biblioteche, di cui mi pare significativo cogliere la connessione logica con l'assistenza scolastica, in risposta anche alle nuove esigenze del tempo libero.
Inoltre ritengo che tutti i problemi sollevati anche in sede di consultazione della Commissione, debbano essere affrontati con chiarezza di vedute e volontà di intenti.
Per parte mia, mentre mi dichiaro pienamente a disposizione per continuare la linea intrapresa, formulo l'auspicio che la collaborazione tra la Giunta e la terza Commissione consiliare, possa continuare in modo sempre più fecondo e costruttivo per impostare e gradualmente avviare a soluzione i complessi problemi del settore che ci interessa.



PRESIDENTE

Passiamo ora alle votazioni. Vi sono due emendamenti proposti, il primo illustrato nel corso del suo intervento dal Consigliere Oberto; il secondo pure illustrato nel suo intervento, dal Consigliere Conti.
La proposta di emendamento del Consigliere Oberto chiede di aggiungere a pag. 10, riga 33, alla voce "Convitti" il seguente concetto "ivi compresi quelli alpini". Non credo che richieda ulteriore illustrazione.



SOLDANO Albertina, relatrice

Sono d'accordo.



PRESIDENTE

Pongo in votazione l'emendamento proposto dal Consigliere Oberto. E' approvato.
Esaminiamo ora l'emendamento aggiuntivo all'art. 10 delle osservazioni al decreto delegato proposto dai Consiglieri Conti, Besate e Fassino, col quale si chiede di aggiungere, dopo l'ultimo comma a pag. 42, il seguente testo: "Verranno inoltre disposte, con ulteriori provvedimenti, le opportune variazioni relative ai capitoli di spesa interessati dall'ulteriore eventuale trasferimento di attribuzioni e uffici dallo Stato alla Regione e per i quali non è stato comunque possibile disporre nel presente decreto delegato".
Pongo in votazione questo emendamento.
E' approvato.
Pongo ora in votazione, con gli emendamenti testé approvati, il complesso del progetto di osservazioni del Consiglio della Regione Piemonte allo schema di decreto delegato concernente il trasferimento alle Regioni a Statuto ordinario delle funzioni amministrative statali in materia di assistenza scolastica, musei e biblioteche di Enti locali.
Chi è favorevole è pregato di alzare la mano.
E' approvato.


Argomento:

O.d.g. della seduta di domani


PRESIDENTE

Il Consiglio terrà domani due sedute, a meno che esso non riesca ad esaurire i propri lavori nel corso di una seduta prolungata. Il Consiglio è quindi convocato nel Palazzo delle Segreterie il 22 settembre alle ore 10 e alle ore 16, con il seguente o.d.g.: 1) - Comunicazioni del Presidente 2) - Esame dello schema di osservazioni al decreto del Presidente della Repubblica relativo al riordinamento del Ministero dei Trasporti e dell'Aviazione Civile.
Relatore Bianchi.
3) - Esame dello schema di osservazioni al decreto del Presidente della Repubblica relativo al riordinamento del Ministero dell'Industria, del Commercio e dell'Artigianato. Relatore Ferraris.
4) - Esame dello schema di osservazioni al decreto delegato sulle fiere e mercati, acque minerali e termali, cave e torbiere, artigianato. Relatore Menozzi.
5) - Esame dello schema di osservazioni al decreto delegato sul turismo e industria alberghiera. Relatrice Soldano.
6) - Interpellanze e interrogazioni.
Nessuna osservazione sull'o.d.g.? La seduta è tolta.



(La seduta ha termine alle ore 19)



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