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Dettaglio seduta n.54 del 29/07/71 - Legislatura n. I - Sedute dal 6 giugno 1970 al 15 giugno 1975

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Argomento:


PRESIDENZA DEL PRESIDENTE VITTORELLI


Argomento:

Congedi


PRESIDENTE

La seduta è aperta.
Comunico che il Consigliere Minucci ha chiesto congedo - mi ero dimenticato di dirlo questa mattina - per le due sedute della giornata odierna.


Argomento: Giunta, organizzazione e funzioni - Presidente della Giunta Regionale

Adempimenti di cui all'art. 32 Statuto: a) discussione del documento con cui si propongono al Consiglio le linee politiche ed amministrative, il Presidente e la lista degli Assessori (Seguito della discussione)


PRESIDENTE

E' iscritto a parlare il Consigliere Rossotto. Ne ha facoltà.



ROSSOTTO Carlo Felice

Signor Presidente, egregi colleghi, il 29 luglio presenta ai nostri occhi una situazione drammatica, di cui stamattina l'amico Oberto ha definito con chiarezza i limiti e la gravità: caos economico e caos sociale; disordine e mancanza di idee a tutti i livelli decisionali.
L'analisi che egli ha fatto della situazione, evidenziata dall'amministratore di un Comune della cintura di Torino, che ha asserito non esservi crisi edilizia dal momento che mancano i concorrenti agli appalti indetti è l'evidenziazione del fenomeno più grave che si sta realizzando: la sfiducia; e se a ciò sommiamo assenteismo e mancanza di impegno politico non si può che considerare questo momento con il maggior senso di responsabilità possibile se vogliamo veramente evitare amare delusioni nel prossimo futuro.
Questa mattina abbiamo udito parole di impegno, di decisione. Si è sostenuta la necessità di chiarezza, sul che mi pare siamo tutti d'accordo e si sono inoltre fatte molte citazioni. Ne vorrei effettuare una anch'io: ricordo qui le parole pronunciate nel marzo 1933, al momento del suo insediamento alla presidenza degli Stati Uniti, da F. D. Roosevelt anche perché ritengo che vi siano molti punti in comune fra la nostra situazione attuale e quella degli Stati Uniti D'America nel 1932 - 1933, preda allora di un lungo attimo di folle crisi e di assoluto disorientamento. Egli disse: "Noi abbiamo fatto della libertà un assunto, e non ci vogliamo rendere conto di quelle che sono le cause che ce la stanno facendo perdere quotidianamente. Queste cause vanno rimosse in maniera democratica".
Per rimuovere le cause che ci stanno facendo perdere la libertà determinando la fine della democrazia occorre chiarezza e impegno, specie nelle riforme delle quali e per tanti anni si parla solo a vuoto.
L'attuale confusione, il disordine economico, la disaffezione al lavoro che si riscontra a tutti i livelli, questo annebbiamento che sta sempre più ovattando le menti di coloro che debbono decidere, e che portano ad attuare un linguaggio sempre più ermetico (questa mattina per ben due volte è stata richiamata l'esigenza di concretezza) sono il frutto dell'equivoco che da tanti anni sta alla base di ogni decisione politica.
Occorre porre con precisione i termini e gli scopi che prefiggiamo alla nostra azione politica e poi decidere in che modo, con che metodologia politica vivificare la nostra azione.
Chiarezza non vuol dire "involuzione": vuol dire necessariamente "decisione", perché la decisione è poi il frutto della chiarezza stessa, e soltanto con la decisione si può giungere alle riforme.
Perché queste riforme sono state sbandierate e non attuate o nel momento in cui si vuole attuarle si giunge continuamente ad una fase di rottura? Perché i metodi per fare le riforme sono due, ed è qui che s'impone un discorso coerente e chiaro: si possono fare con il metodo socialista sovietico (a proposito del quale vi invito alla lettura del libro del comunista russo Zakarov, in cui, partendo dall'assunto che il sistema liberaldemocratico è fallito e additando i grandi vantaggi riformatori del movimento socialista sovietico, si arriva a denunciare i limiti di questo ordinamento in maniera drammatica e drastica, con una crudezza ed una incisività quale in nessun intervento su problemi economici e sociali io, liberale ed anticomunista viscerale, sono mai stato in grado di dare); oppure si possono fare ispirandosi ad un altro sistema, sistema che, se l'aggettivo "liberale" può offendere l'orecchio di qualcuno possiamo chiamare occidentale, o liberal democratico, secondo la definizione di Zakarov, o in altro modo ancora. Quello di cui dobbiamo convincerci è se noi, come forze democratiche, vogliamo attuare delle riforme che si incentrino esattamente in questo sistema occidentale, del quale facciamo ancora parte e del quale, nella nostra stragrande maggioranza vogliamo essere partecipi anche per il futuro.
E qui il discorso si deve restringere, perché noi operiamo in campo regionale e la prima riforma seria che dobbiamo prendere in considerazione è proprio la Regione stessa.
Di fronte a questa realtà nuova che è la Regione, nei confronti della quale il partito cui mi onoro di appartenere ebbe a pronunciare dei "no" precisi e netti non perché non volesse la realizzazione di questo istituto ma perché voleva e riteneva opportuno che la necessaria riforma delle nostre strutture statali, strutture vecchie, obsolete, già vecchie nel 1904, al tempo del Presidente Giolitti, periodo politico esattamente richiamato oggi dal Presidente Calleri, partisse dal vertice e se così si fosse operato, se l'ordinamento regionale fosse sorto dopo una razionalizzazione del potere centrale, non dovremmo oggi conoscere le faticose discussioni sui decreti delegati e le relative defatiganti lotte.
Dato che il corpo elettorale ha deciso chiaramente, nel 1968, di attuare la riforma dello Stato, partendo dall'istituzione delle Regioni noi, ora, dobbiamo crearle - nel rispetto del sistema cui vogliamo e dobbiamo partecipare che è l'Europa Unita - e allora anche il momento interlocutorio di Roma acquista un'altra dimensione, e in funzione ed in relazione a questo obbiettivo dobbiamo alzare la nostra mira, curare la nostra miopia campanilistica, sia regionale che di partito.
Questa mattina si è portato il discorso sui grossi sviluppi e gli ampi disegni: che non sono certo disegni involutivi, ma disegni che chiamano responsabilmente le forze democratiche alla realizzazione del dialogo premessa della sintesi dei contrasti di tesi e opinioni che devono emergere tra le varie componenti politiche.
Il discorso che si apre di fronte a noi è proprio quello delle riforme di cui tanto si è parlato e poco e male si è fatto, solo perché si vuol trasferire in esso un po' di un sistema che ha per presupposto uno Stato accentratore e imprenditore, sulla falsariga delle teorie economiche socialiste, e un po' dell'altro, proprio del mondo liberale-democratico pensando che la mediazione tra contrastanti interessi sia la funzione precisa delle forze politiche democratiche e che la stessa debba avvenire per andare incontro alle istanze, come usa oggi chiamarle, popolari o proletarie, ponendo larghe manciate di obsoleti concetti economici marxisti in un tessuto liberalistico.
Non è in questo modo che bisogna operare: la mediazione e l'attuazione devono avvenire in funzione delle istanze che vengono portate avanti e non sul metodo per risolvere i problemi.
Allora acquista un altro significato anche il discorso di chiusura che io ho letto su questo documento della Giunta, e che sotto questo aspetto approvo: la netta delimitazione, la netta chiusura in direzione delle due aree estreme: quella fascista e quella comunista.
Si è detto e ripetuto, con ricchezza di aggettivazione, (si direbbe che nella politica, in Italia, in questo periodo, si sia affermato il gusto per l'aggettivazione, che arricchisce indubbiamente il linguaggio ma forse impoverisce la volontà di esprimere concetti chiari) che l'anticomunismo non deve essere quarantottesco, né viscerale.
Io non credo che in un anticomunismo e questo anticomunismo conseguenza logica di un discorso di democrazia quale la stiamo intendendo deve essere assoluto, netto, preciso, continuo, senza cedimenti o pie concessioni. Se esso presuppone chiusura politica verso il partito, non vuol dire insensibilità per i problemi che la massiccia adesione popolare a questo partito presuppone, e che ogni elezione, quale libera manifestazione di volontà, rappresenta.
Di ciò parlerò oltre.
Precisato questo concetto non ha senso millesimare l'anticomunismo e sentirsi così, per annate solari, concordi con un tipo di lotta e non con un altro.
Questo serve soltanto a fini elettorali, e se noi, in un momento così drammatico, vedessimo la nostra funzione politica, da questa assemblea, a tutti i livelli, in chiave elettoralistica, in chiave di patriottismo di partito, non potremmo che attenderci il fallimento dei nostri scopi tradire il discorso fatto sulle piazze, l'impegno che abbiamo assunto con noi e di fronte ai nostri elettori parlando di democrazia. Non credo ripeto, ad una millesimazione quarantottesca dell'anticomunismo, si millesima il vino non l'azione politica.
Se si è democratici bisogna per forza essere anticomunisti, per forza contrari alla soluzione che essi vogliono dare ai gravi problemi che incombono.
Perché loro le riforme le vogliono fare, ma le farebbero in un determinato modo, che a noi democratici non va.
Questo è il limite fra noi e i comunisti, lo dico con assoluto rispetto per le istanze, per le esigenze che questo partito dovrebbe esprimere, un partito che pone le radici del suo successo su una miseria culturale e materiale che ancora esiste, su ingiustizie secolari che reclamano una riparazione ed ancora non riescono ad ottenerla.
L'ingiustizia, l'arretratezza, la miseria non devono, anche se creano moti impulsivi, annebbiarci la testa e anteporre alla logica la passione ed io sono profondamente convinto che se esiste una sola possibilità di parzialmente rimuovere le stesse, questa possibilità scaturisce dal sistema liberale democratico e non da quello comunista e questa è la riprova, la giustificazione etica e politica al mio netto e preciso anticomunismo.
Ora, in questa situazione grave e drammatica, in cui tutto è in gioco e tutto è in pericolo, situazione suscettibile di provocare vere involuzioni noi abbiamo realmente la possibilità di effettuare un discorso politico sia di rilancio democratico che di premessa a risultati positivi e di progresso? Sono convinto che la risposta positiva esista a condizione però che la nostra azione sia rigorosa e conforme ai principi che regolano il sistema liberal-democratico.
Perché le denunce di Proudhomme, quelle di Marx, quando constatavano la situazione della classe operaia nel decennio 1830-40, che cosa hanno determinato? Era vero quanto essi denunciavano, era una realtà che tutti potevano constatare quotidianamente: lo sfruttamento del lavoro minorile gli operai che dovevano faticare nelle fabbriche per quindici-sedici ore.
Qual è stato il sistema che però ha trovato la soluzione a questo stato di cose? Il sistema democratico-liberale, o un altro? La risposta che Inghilterra, Stati Uniti, Germania Federale danno è precisa.
Di fronte alle lotte e agli scontri che avvengono fra razze bianca e negra nel mondo americano, e alla capacità di quel sistema d'assorbire democraticamente i contraccolpi di queste forme di violenza non appare ancora più evidente l'incapacità marxista costretta ove è al potere al continuo ricorso a discorsi ideologici, per poter condannare certe forze che non sa assorbire? Non è fare bassa polemica anticomunista ricordare quello che, all'opposto di questa grossa trasformazione sociale che il mondo occidentale può giustamente presentare a titolo di merito e quale garanzia della propria capacità di risolvere questi contrasti, sta avvenendo a Stettino e a Ghidnia.
Ecco il contrasto: da una parte c'è l'egoismo che è alla base di un discorso liberal-democratico ed occidentale, un egoismo che si limita automaticamente perché sa di non poter portare oltre un certo limite il suo discorso se vuol evitare l'esplosione; dall'altra parte l'utopia dell'uomo altruista e un sistema che della esplosione se ne infischia, perché non esita a reprimerla, quando si manifesta, nelle forme che tutti, da tutti i banchi di questa assemblea, da tutti i settori della vita politica italiana condanniamo quando vengono poste in atto e queste esplosioni si chiamano Budapest, Postdam, Praga.... Stettino e altri nomi ancora si aggiungeranno.
Allora ci vuole coerenza, ed a questa coerenza, che è frutto di chiarezza, si richiama il nostro discorso.
Acquista allora, un altro significato anche un certo discorso che è stato fatto qui questa mattina dal Presidente della Giunta, quando si è rivolto a noi liberali ed ai socialisti.
Per quanto io sia ultimo arrivato in quest'aula, quindi il meno maturo politicamente tra i Consiglieri che qui siedono, sono un rappresentante del partito più vecchio e alla vecchiaia una certa dose di saggezza bisogna pur riconoscerla.
Questa saggezza ci induce a dire ai socialisti di non commettere il più grave errore che può venire loro imposto da certe situazioni interne, post e pre-elettorali: devono essi risolvere certi loro drammi interni con chiarezza, come noi li abbiamo saputi risolvere con estrema decisione di fronte a facili suggestioni che i discorsi estremistici hanno sugli elettori e che raccolti e sbandierati da altra forza politica hanno portato al successo fascista del 13 giugno.
E' un momento difficile e per superarlo, nel rispetto delle regole democratiche, ogni partito deve pagare, come noi con dignità abbiamo pagato il relativo caro prezzo elettorale.
Certe prese di posizione costano sacrificio. Ma se siamo democratici se ci crediamo portatori di ideali che si ispirano al comune interesse di tutelare la vita democratica della nostra Patria, se non vogliamo più leggere negli occhi dei ragazzi di oggi, diventati uomini, quelle espressioni di terrore che nella nostra adolescenza abbiamo colto negli occhi dei nostri adulti, negli occhi di coloro che erano braccati con furia belluina da avversari politici sì che giustamente il documento della Giunta parla di storia che "gronda sangue", quelle espressioni terrorizzate che a volte, nelle riprese di cineteca, la televisione ci richiama alla memoria se non vogliamo vedere quello che ci dev'essere ancora oggi negli occhi di coloro che quotidianamente si vedono negata la libertà, è opportuno che ci impegniamo a superare certe concezioni politiche estremamente ristrette e forse anche meschine, che vorrei fossero per sempre legate al passato.
E allora, in un giudizio primo, in attesa di ulteriori, più chiare, più profonde annunciazioni della nostra linea, io dico che noi guardiamo a questa Giunta, che si pone sull'asse centrale della vita politica italiana con un senso di profondo rispetto, proprio perché questa zona di centralità con lo scotto di perdite, di gravi sacrifici in sede elettorale, durante i passati dieci anni noi, opposizione liberale, abbiamo cercato di difenderla.
Però, sia chiaro che se con questo discorso si intendesse far risuscitare il passato centrismo noi non saremmo d'accordo, perché esso è formula politica superata dalla realtà sociale.
Noi vogliamo un governo del Piemonte che muovendo da posizioni di centralità attui riforme coerenti con il sistema occidentale. Non siamo più disposti, signori, a rappresentare in un certo momento, in una certa vicenda della nostra vita politica, la funzione del capoposto che controlli il ritorno nella caserma democristiana di coloro che sono andati in libera uscita verso i voti del PSI: siamo pronti ad un discorso di impegno e di collaborazione per attuare le riforme di cui il Paese ha bisogno, di cui la gente ci sta chiedendo, per realizzare però le stesse in coerenza di principi liberali e di linearità democratica, conforme ai capisaldi democratici dell'Europa libera di cui facciamo parte.
E che ognuno in questa necessaria ricerca di chiarezza, proprio perch la chiarezza non rimanga un vuoto gioco di consonanti e vocali, faccia il suo gioco, profondamente e coscientemente convinto di ciò che dice e afferma.



PRESIDENTE

E' iscritto a parlare il Consigliere Nesi. Ne ha facoltà.



NESI Nerio

Signor Presidente, signori Consiglieri, abbiamo ascoltato con molto interesse le dichiarazioni dei rappresentanti di alcune correnti della Democrazia Cristiana. Attendiamo con ancora maggior interesse le dichiarazioni di altre correnti dello stesso partito, quelle che si sono distinte nel voto sul documento base di cui oggi tratteremo, il documento che ha dato luogo alla crisi politica nella Regione.
Sull'atteggiamento del Consigliere Oberto nulla abbiamo da dire che non si collochi in un amichevole sentimento di pena per una serie di parole al vento, l'unica definizione che si può dare delle quali è che si tratta di posizioni a destra della ragione.



OBERTO Gianni

Quello che importa è aver ragione.



NESI Nerio

Quanto alla posizione del conte Calleri, dobbiamo fare distinzione fra le considerazioni che egli ha svolto questa mattina e le sue dichiarazioni alla stampa. Delle une, possiamo dire che abbiamo ascoltato, in piena umiltà, l'insegnamento che viene a noi intellettuali borghesi da un così autentico figlio della classe operaia



CALLERI Edoardo, Presidente della Giunta Regionale

Rurale, non operaia.



NESI Nerio

Sulle altre, quelle che abbiamo udito questa mattina, mi sforzerò di rispondere a nome del mio partito, facendo presente che per il Partito Socialista Italiano parlerà un solo rappresentante, io stesso, a nome di tutti.
Signor Presidente, signori Consiglieri, il Partito Socialista Italiano esprimerà voto contrario e al documento programmatico e alla Giunta e al suo Presidente. Questo voto contrario ci è molto facilitato, per la verità dal testo dell'accordo tripartito, testo che è la chiara e lampante dimostrazione di quali fossero le vere ragioni della crisi. Queste ragioni si possono riassumere in una sola proposizione: spostare a destra l'asse politico della nostra Regione (una destra che, apparentemente solo conservatrice, può assumere aspetti reazionari), porre il Partito Socialista di fronte all'alternativa dell'umiliazione o della emarginazione, ammonire, secondo la fraseologia cara ad un illustre parlamentare cuneese, l'on. Sarti (questo ammonimento ci ha molto impressionati) il movimento operaio: che dal Piemonte può partire la riscossa degli interessi colpiti dalle riforme.
Se questo era l'intento della destra democristiana piemontese, quello di essere la prima della classe in una competizione, per la verità ardua con la destra democristiana di altre Regioni, con l'on. Togni, con l'on.
Simonacci, con l'on. Trabucchi, con l'on. Zamberletti, in una frenetica corsa antisocialista, bisogna dire che la Democrazia Cristiana locale questa tappa l'ha vinta, con l'aiuto di alcuni volenterosi gregari, sui quali non darò altri giudizi.



CALLERI Edoardo, Presidente della Giunta Regionale

Dott. Nesi, ha dimenticato il dott. Ciccardini.



NESI Nerio

L'onorevole Ciccardini.
Riteniamo però che questa sia una vittoria di Pirro. Ad essa la Democrazia Cristiana arriva dopo profonde lacerazioni, e io credo che noi dovremmo rendere omaggio alla coerenza di quei democratici cristiani che abbandonando alte posizioni di prestigio e di potere, alte posizioni di rappresentanza politica, hanno conservato credibilità alla loro parte e si pongono come interlocutori validi per una politica diversa.
In realtà, l'atteggiamento della maggioranza della Democrazia Cristiana piemontese fa parte di un disegno generale di involuzione moderata che, di fronte ai grandi avvenimenti mondiali ai quali stiamo assistendo, ha i toni e l'aspetto del vecchio provincialismo della destra italiana, sempre in ritardo con i tempi e con gli avvenimenti.
Il documento tripartito non è altro, per vero dire, che la trasposizione in termini programmatici del documento della Democrazia Cristiana del 7 luglio; il che significa che questo documento è assolutamente antitetico al documento firmato dai democratici cristiani insieme agli altri tre partiti il 24 febbraio, anche se ipocritamente vi fa un timido riferimento in alcune parti. Questo documento è poi assolutamente in contrasto con il documento programmatico firmato dai quattro partiti a livello nazionale il 4 agosto 1970, il cosiddetto "documento Colombo" documento sul quale si regge la maggioranza di centro-sinistra a livello nazionale.
Con questo documento, quindi, la maggioranza della Democrazia Cristiana locale, con l'aiuto dei Socialdemocratici e dei Repubblicani, si pone palesemente al di fuori del quadro nazionale di centro-sinistra, postula un rovesciamento delle alleanze, introduce un elemento di grave pericolosità nella già delicata situazione generale del Paese.
Noi concordiamo in una cosa sola con il documento della Democrazia Cristiana del 7 luglio: che la crisi della collaborazione del centro sinistra in Piemonte si pone nel più vasto contesto del deterioramento del quadro politico nazionale. A chi debba attribuirsi questo deterioramento e perché si sia iniziato mi sembrano i problemi di fondo che sono dinnanzi a noi, non per ricercare delle responsabilità, perché questo sarà compito degli storici, ma per vedere se esiste ancora la possibilità di non rompere definitivamente una collaborazione che ha origini lontane.
Molteplici e gravi sono i segni di questo deterioramento, in tutti i campi della vita nazionale, a cominciare dal campo cattolico, dove si tende a diversi livelli ad umiliare i fermenti innovatori delle organizzazioni che si ispirano ai valori cristiani. Mi riferisco innanzitutto, come sta appunto dicendo il Presidente della Giunta, all'atteggiamento assunto recentemente dalle gerarchie nei confronti delle ACLI.
Non è cosa nuova il tentativo di impedire con pressioni ideologiche e dottrinarie l'evoluzione verso il socialismo di larghi settori dei lavoratori cattolici. In passato, le Conferenze episcopali italiane si sono mosse su questo terreno, ottenendo il consenso, se non il plauso, delle forze moderate nel nostro Paese. Tuttavia, non essendovi in Italia discriminazioni di sorta sul terreno della libertà religiosa, dopo il Concilio "Giovanneo" uno spirito di rinnovamento sembrava dovesse pervadere la gerarchia, soprattutto per quanto concerne i rapporti con il mondo politico. Imprevisto giunge quindi il richiamo e il monito alle ACLI perch recedano dalla scelta socialista.



CALLERI Edoardo, Presidente della Giunta Regionale

Le libere ACLI.



NESI Nerio

Signor Presidente, io non l'ho mai interrotta, stamane, e la prego di osservare nei miei riguardi un analogo comportamento. Signor Presidente del Consiglio, se il Presidente della Giunta continuerà nelle interruzioni io sospenderò il mio intervento.



PRESIDENTE

Prosegua pure, Consigliere Nesi.



NESI Nerio

Sintomatico è in questo senso il caso del "Regno", la rivista cattolica bolognese, il cui intero gruppo redazionale è stato licenziato. La pressione ecclesiale ha cercato di troncare un discorso assai stimolante sul rinnovamento della Chiesa secondo le indicazioni del Concilio Vaticano II. Nelle dichiarazioni dei redattori contenute nel n. 12 della rivista si legge tra l'altro: "Se oggi questo 'Regno' muore, è perché così è stato deciso in seguito a precise richieste della Santa Sede e della gerarchia italiana...".
In questo contesto si colloca pure il licenziamento in tronco da "La Stampa" di Torino di quello che è forse il più importante giornalista cattolico italiano, Raniero La Valle, già direttore de "L'Avvenire d'Italia", che dal 1969 conduceva avanti un dialogo aperto e coraggioso che si basava sul concetto che è molto meglio il silenzio di quanto sia la parola "adattata, negoziata, compromessa".
Intendo riferirmi infine, e soprattutto, al referendum abrogativo del divorzio, che rischia di coinvolgere il Paese in una guerra di religione in contrasto con i valori di libertà e di tolleranza prevalenti nel mondo moderno, di riaprire ferite e polemiche non ancora sanate nel tessuto sociale del nostro Paese. Basti pensare al Concordato, al clima politico in cui fu fatto, agli interessi che coinvolse, al suo rapporto con l'assunzione della religione cattolica come religione di Stato per comprendere come l'inusitato, sia pur legittimo, ricorso ad uno strumento di consultazione diretta dei cittadini possa avere gravi conseguenze.
Non molte sono state le voci cattoliche di critica e di dissenso rispetto a tale orientamento. E quindi assumono particolare importanza le prese di posizione della stampa cattolica piemontese sulla crisi apertasi nella Regione Piemonte. Mi riferisco in particolare al giornale "L'Avvenire", al giornale "La Voce del Popolo", alla "Voce di Alessandria" all'"Ancora" di Acqui, al "Risveglio del Canavese".



CALLERI Edoardo, Presidente della Giunta Regionale

Sono giornali socialisti, non cattolici.



NESI Nerio

Sono giornali cattolici, signor Presidente.



CALLERI Edoardo, Presidente della Giunta Regionale

Cattolici socialisti.



NESI Nerio

Sono giornali cattolici diretti da prelati. Mi rendo conto di darle un dispiacere dicendo queste cose, ma proprio per questo desidero dirle.



CALLERI Edoardo, Presidente della Giunta Regionale

Non mi dispiace affatto. L'interruzione talvolta è piacevole, come lei sa.



NESI Nerio

Per me non è punto piacevole, per cui chiedo al Presidente del Consiglio se posso riprendere il discorso senza essere ulteriormente disturbato.



PRESIDENTE

Prego, Consigliere.



NESI Nerio

In un articolo pubblicato da uno di questi giornali cattolici - penso che "La Voce del Popolo" non possa non essere considerata giornale cattolico - e ripreso in tutto o in parte da tutti i giornali cattolici che ho qui indicato, e che assume quindi il valore di una precisa presa di posizione di una qualificata parte dei cattolici piemontesi, si dice testualmente, fra l'altro: "Il Piemonte è diventato il banco di prova della rottura fra i due blocchi del Centro-Sinistra".
"Le condizioni poste ai socialisti apparivano sin dall'inizio inaccettabili: chiedere ad un anno di distanza dalle elezioni amministrative la rottura delle Giunte di sinistra cui i socialisti partecipano ha avuto più il senso dell'intimidazione che non di una richiesta politica sulla quale trattare. I socialisti si sono trovati ad un bivio al quale non poteva scegliere che in un modo soltanto: da un lato il cedimento completo e la rinunzia alla loro autonomia di partito, dall'altro il rifiuto di consegnarsi, mani e piedi legati, agli altri membri della maggioranza. La rottura è diventata inevitabile".
Questo brano integrale dell'articolo non ha certo bisogno di commenti.
Del resto, il giornale cattolico spiega nel titolo dello stesso scritto le ragioni vere della crisi, che non sono sfuggite a larga parte dell'opinione pubblica. Dice, questo titolo: "E' scoppiato il processo di involuzione del Centro-Sinistra... E' in atto un tentativo di collocare i cattolici nell'area conservatrice del Paese. Le tematiche religiose che vengono evocate rischiano di compromettere nuovamente la Chiesa con la politica democristiana".
Dobbiamo essere, e siamo, profondamente grati a questi giornali, che sfidando l'ira dei potenti, ci hanno dato il conforto di una testimonianza preziosa.
Siamo anche riconoscenti al Cardinale di Torino e al Vescovo di Ivrea di cui mi onoro di essere personalmente amico, che di alcuni di questi giornali è l'ispiratore. Siamo in buona compagnia, signor Presidente! Vediamo se sarete in miglior compagnia voi, avendo per compagni i fascisti! Un altro sintomo del quadro politico generale...



(Interruzioni in aula)



PRESIDENTE

Mi rivolgo a tutti i Consiglieri, invitandoli al silenzio, perché il Consigliere Nesi ha il diritto di parlare, come ogni altro.
Il numero delle interruzioni già avvenute al discorso del Consigliere Nesi supera il totale di quelle che vi sono state precedentemente. Il Consigliere Nesi ha quindi diritto di proseguire il suo discorso senza essere ulteriormente interrotto. La osservazione riguarda anche lei, signor Presidente della Giunta.



CALLERI Edoardo, Presidente della Giunta Regionale

Il fatto che un discorso sia costellato di interruzioni significa che si tratta di un discorso interessante.



PRESIDENTE

Direi anche stimolante.



CALLERI Edoardo, Presidente della Giunta Regionale

Per me sì.



PRESIDENTE

Comunque, dato che lei ha facoltà di parlare in qualunque momento potrà anche rispondere al Consigliere Nesi.



CALLERI Edoardo, Presidente della Giunta Regionale

Me ne avvarrò indubbiamente.



NESI Nerio

Posso continuare? Lo chiedo al Presidente del Consiglio.



PRESIDENTE

Certo.



NESI Nerio

Un altro sintomo dell'involuzione del quadro politico generale e della crescente pressione che le forze economiche stanno esercitando in ogni settore con lo scopo di salvaguardare il loro potere e i loro privilegi è l'opposizione ormai scoperta al processo di unificazione sindacale, che ha nella categoria dei metalmeccanici la sua avanguardia. Nell'ambito della CISL e della UIL agiscono forze di ispirazione non solo moderata ma chiaramente padronale. A conferma di ciò giungono le notizie concernenti il dibattito svoltosi martedì scorso al Comitato centrale della UIL. ove le componenti socialdemocratiche e repubblicane hanno respinto con argomentazioni tendenziose e pretestuose le proposte sull'unità sindacale.
L'ostracismo, e forse l'espulsione, decretata ai dirigenti nazionali dell'Unione italiana dei metalmeccanici, protagonista di grandi battaglie sindacali dall'autunno del '69, è la prova tangibile delle tensioni createsi nell'ambito del Sindacato e delle feroci opposizioni ad una linea che ha trovato un progressivo larghissimo consenso alla base.
Il disegno scissionistico e provocatorio dei gruppi socialdemocratico e repubblicano potrà anche avere un relativo effimero successo; ma esso è destinato al fallimento rispetto alle tendenze di fondo che oggi possiamo individuare; e provocherà un inasprimento nelle lotte, tale da creare gravi difficoltà proprio a quegli imprenditori che hanno inteso trarne vantaggio.
Si tenta, in sostanza, di ripetere la triste vicenda del dopoguerra quando, per indebolire il movimento operaio, si colpì l'unità sindacale dopo aver colpito l'unità politica dei socialisti.
Gli ispiratori e i finanziatori di questa operazione dimostrano per l'ennesima volta la loro miopia. Al loro disegno generale di arretramento della società italiana noi siamo pronti a rispondere con fermezza nelle fabbriche come nelle assemblee elettive.
Signor Presidente, ho detto prima, e ripeto adesso, che la collaborazione fra cattolici e socialisti è un fatto di tale portata e si inserisce così profondamente nella storia del nostro Paese che nessuno di noi può pensare che sia cosa facile, oltre che buona e giusta, tendere al suo annullamento. Quando questo è avvenuto, il Paese ha corso il rischio di essere travolto da crisi che hanno minacciato le istituzioni stesse, e quando questo è avvenuto le crisi non sono state mai provocate da sinistra: sono state sempre provocate dai tentativi della destra fascista di entrare in gioco, di rompere il patto costituzionale che lega i partiti della Resistenza. Non sono passati troppi anni e sono ancora davanti a noi tutti i fatti di Genova del 1960, la fine ingloriosa di Tambroni, i fatti di Roma del 1964 e le consultazioni del presidente Segni con il generale De Lorenzo.
Dobbiamo dire che la Democrazia Cristiana ha sempre ritrovato, finora la sua anima popolare ed antifascista neutralizzando i germi che la minacciavano. E ci auguriamo che così avvenga anche questa volta. Ma è certo che quando assistiamo alla televisione ai colloqui amicali dell'on.
Andreotti con il signor Almirante...



CURCI Domenico

L'on. Almirante è deputato, vi piaccia o no.



CALLERI Edoardo, Presidente della Giunta Regionale

Ricordiamoci di Lajolo. Scusi, Consigliere Nesi.



NESI Nerio

...ai sorrisi, agli ammiccamenti, alle furtive intese, proviamo un senso di sgomento e di indignazione.
E' vero che l'on.le Andreotti, chiuso in Vaticano, non poteva accorgersi dell'eccidio delle Fosse Ardeatine, ma di don Minzoni avrà pur sentito parlare, e dei Parroci delle nostre valli trucidati dai fascisti insieme ai loro parrocchiani avrà letto qualcosa! Tra l'altro, egli, che è uomo solitamente bene informato, avrà ben saputo della denuncia che pende sul capo dell'on. Almirante per i giudizi insultanti di carattere personale dati in Sicilia sul conto del Presidente del Consiglio, che dell'on.
Andreotti, se non andiamo errati, è collega di partito e di corrente.
Probabilmente l'on. Andreotti appartiene a quel gruppo della Democrazia Cristiana, il leader del quale è un tale onorevole Simonacci, che preferisce colloquiare con l'on. Almirante piuttosto che votare la nomina di Lelio Basso, uno dei più illustri esponenti del socialismo europeo, a membro della Corte costituzionale italiana.



CALLERI Edoardo, Presidente della Giunta Regionale

Speriamo non lo diventi.



NESI Nerio

Forse l'on. Andreotti è fra coloro che pensano che è venuto il momento di andare a destra. E questo penso si debba dirlo con molta chiarezza: che andare a destra nel 1971 vuol dire, per la Democrazia Cristiana, porsi seriamente il problema di un'alleanza di governo con i fascisti. Le recenti consultazioni elettorali hanno tolto, purtroppo - non abbiamo difficoltà a dirlo perché non abbiamo mai appartenuto a coloro che pensano al "tanto peggio tanto meglio" - ogni possibilità di alternativa nella quale non ci siano, direttamente o indirettamente, i voti fascisti. Non a caso "Il Corriere della Sera" di questi giorni, in prima pagina, scriveva testualmente: "Il vero problema politico è di sapere se potrà essere realizzabile un'alleanza fra la Democrazia Cristiana e il Movimento Sociale Italiano". Ebbene, io giro agli amici democristiani in quest'aula questa domanda, uno per uno. La rivolgo all'ex Sindaco di Alba, città medaglia d'oro della Resistenza, la rivolgo al Capogruppo della Democrazia Cristiana, che ha ancora nel suo corpo i segni di quello che ha fatto venticinque anni fa, la rivolgo al Presidente della Giunta Regionale, in prima persona e per il nome che porta.
Il documento della Democrazia Cristiana sostiene che la ricerca del nostro partito di equilibri più avanzati avrebbe creato i presupposti sui quali si è inserita la violenza estremista. Mi duole dover dire che affermazioni di questo genere non fanno onore all'intelligenza politica di chi le ha redatte: esse costituiscono un vero e proprio falso storico anche in ordine di tempo. La violenza come fenomeno politico in questo dopoguerra non è nata certamente un anno fa, da quando cioè nel nostro partito, dopo la scissione socialdemocratica, si è cominciato a discutere delle nuove prospettive. La violenza ha origini ben più lontane, oltre che profondamente diverse. Non esiste, anzitutto, una violenza generica. Noi ci rifiutiamo di accogliere la tesi degli opposti estremismi, l'abbiamo già detto in quest'aula e lo ripetiamo. La violenza fascista è lo strumento preordinato e preciso della parte peggiore del capitale italiano per creare disordine, per colpire le forze popolari, per alimentare una situazione di allarme che si diffonde nel Paese.
L'estremismo fascista è il nuovo squadrismo. Non c'è differenza alcuna fra coloro che hanno bruciato una settimana fa la sede del nostro partito a Reggio Calabria e gli assassini di Giacomo Matteotti. La loro spinta ideale sono i denari con cui sono stati pagati: tante lire per bastonare, tante lire per uccidere, tante lire per incendiare.



CURCI Domenico

Ma non dire cretinate.



RASCHIO Luciano

Ma sta bravo, brigata nera!



NESI Nerio

Con lo squadrismo fascista l'unico rapporto che può avere una classe politica degna di questo nome è il Codice penale.
Niente ha a che vedere tutto questo con le manifestazioni di insofferenza e spesso di intolleranza dei gruppi extraparlamentari manifestazioni che il nostro partito, come tutti i partiti di sinistra, ha fra i primi condannato, ma delle quali non possiamo rifiutarci di cogliere le ragioni profonde, anche perché sono manifestazioni dei nostri figli che sbagliano, e nel momento che sbagliano cominciano a pagare, caro collega Bianchi, duramente.
Io ricordo la definizione acuta che diede il collega Bianchi: "gli eroi dei tempi degli anni facili". Lo disse criticamente, e in quella critica io concordo. Ma quegli anni facili cominciano a diventare anni difficili anche per questi ragazzi. E del resto quale fiducia se non nella forza della classe lavoratrice possiamo chiedere ai giovani che il Tribunale di Torino ha condannato qualche giorno fa a due anni e mezzo di prigione perch portavano dei bastoni che potevano essere pericolosi quando per le vie di Roma circolano impunemente e liberamente, dopo quindici giorni di carcere i sicari di Reggio Calabria? Quando i manganellatoci professionisti, i relitti del fascismo, i traditori di Salò possono impunemente andare sull'altare della Patria?



CURCI Domenico

Sono Medaglie d'oro, quelli di cui stai parlando.



NESI Nerio

In nome di che cosa, se non della solidarietà della classe lavoratrice potremo chiedere ai giovani di avere pazienza, in una società nella quale la speculazione edilizia, la legge del più ricco, l'evasione fiscale sono i termini di paragone del nostro modo di vivere? Come spiegheremo ai giovani che tutte le volte che nel nostro Paese si parla di riforma urbanistica saltano i governi e si minacciano le istituzioni? Il documento della Democrazia Cristiana accusa il Partito Socialista di voler ricercare consensi al di là delle forze quadripartite. Ebbene, noi rispondiamo che ci troviamo oggi di fronte ad antichi problemi mai risolti ed a problemi nuovi ed incalzanti che debbono essere affrontati globalmente e contemporaneamente. L'accumularsi di questi problemi, le loro interferenze reciproche, la loro complementarietà, le loro implicazioni di lunga e breve portata fanno sì che essi non possono che essere affrontati dalla rappresentanza di quella parte (che è la stragrande maggioranza del popolo italiano) che ha interesse alla loro soluzione democratica.
Di fronte a questa consapevolezza e alla coscienza che la bontà delle soluzioni proposte dovrà essere verificata sul terreno dell'esperienza emerge la necessità che si ricerchi un terreno di collaborazione, che non è abdicazione della maggioranza, che non è istituzione di un regime assembleare, ma semplicemente un atto di coraggio e di riconoscimento della necessità di garantire il sostegno alle soluzioni proposte non di una parte soltanto del Paese ma di tutta quella parte che è interessata a queste soluzioni.
Io capisco che questa rappresenta una prova dura, che non si tratta di una operazione indolore, che questa operazione suscita difficoltà, non soltanto nella Democrazia Cristiana, ma nel nostro partito, nel Partito Comunista, negli altri partiti per tutto quello che c'è di nuovo in questo modo di essere; ma questo è un rischio che bisogna correre, perché sono le grandi decisioni quelle che qualificano una classe politica, che dimostrano che essa è in grado di assumersi le proprie responsabilità e che ne è cosciente. Perché queste decisioni si ripercuoteranno sui nostri figli, ai quali non possiamo preparare soluzioni facili, perché non ne esistono, ma soluzioni raggiunte attraverso la severità delle nostre rinunce e la durezza della nostra determinazione.
Questa è una scelta che il nostro partito ha fatto in piena coscienza e attraverso la quale, faticosamente, giorno per giorno, forse con dolore e con pena, come per tutte le cose degne di avvenire, noi cerchiamo di offrire una alternativa alla presente situazione.
Il documento della Democrazia Cristiana ci incolpa di fomentare la conflittualità permanente, attribuendo a questo fenomeno la responsabilità della recessione economica nazionale. Sarebbe troppo facile confutare una tesi che ormai è patrimonio esclusivo neanche di tutta la Confindustria, ma di una parte di essa, della parte più deteriore; ma basterà ricordare che il movimento operaio e tutti i partiti e le organizzazioni che lo rappresentano hanno responsabilmente ritenuto che lo sviluppo della produzione non è incompatibile con le riforme, che in un sistema come il nostro non si può volere il progresso economico e al tempo stesso non volere l'accumulazione del capitale; ma che l'accumulazione del capitale non necessariamente si ottiene con un aumento dei profitti pari all'aumento del costo del lavoro.
Non la classe lavoratrice ma il capitalismo italiano ha sottratto in questi ultimi dieci anni 13 mila miliardi allo sviluppo economico del nostro Paese mandandoli in Svizzera; non la classe lavoratrice, ma un'amministrazione statale spesso incapace ha fatto sì che la metà circa degli stanziamenti decisi in Parlamento siano bloccati e costituiscano quei residui passivi la cui immissione nel ciclo produttivo costituirebbe di per se stesso un elemento di propulsione di grande portata. Non la classe lavoratrice ma una parte della borghesia italiana ha sottratto e sottrae ogni anno, attraverso l'evasione fiscale, somme di tale importanza che il loro ammontare sarebbe sufficiente a finanziare almeno parzialmente le riforme.
Il documento della Democrazia Cristiana ci impone di non considerare la formula di Centro-Sinistra come momento di transizione verso soluzioni cosiddette più avanzate, delle quali contesta la validità.
Non abbiamo nulla da aggiungere su questo punto, a quanto contenuto nella risoluzione della Direzione nazionale del nostro Partito del 1 luglio di quest'anno, che dice testualmente: "Per quanto riguarda le prospettive generali dell'azione politica socialista, la direzione riafferma l'impegno del partito, teso a costituire nuovi e più avanzati equilibri economici sociali e politici, ribadendo che tale azione e tale impegno rientrano nell'autonoma ed irrinunciabile funzione del PSI volta a determinare un profondo rinnovamento nella società e nelle altre grandi forze politiche capace di aprire una fase nuova nello sviluppo della democrazia italiana".
Il documento della Democrazia Cristiana ci impone di rompere le Giunte di sinistra che esistono in Piemonte, con particolare riguardo ad alcune esistenti nella provincia di Torino. Sarebbe facile per noi rispondere imponendo alla Democrazia Cristiana di rompere alcune Giunte di destra esistenti in Piemonte.



CALLERI Edoardo, Presidente della Giunta Regionale

Non ve ne sono.



VIGLIONE Aldo

A Carmagnola, ad esempio.



CALLERI Edoardo, Presidente della Giunta Regionale

Diciassette democristiani.



NESI Nerio

Ma non riteniamo opportuno ricorrere a siffatte ritorsioni. Ci sembra molto più significativo richiamare la Democrazia agli accordi programmatici che sono alla base della collaborazione quadripartita a livello nazionale accordi che sono stati firmati dai quattro partiti il 4 agosto '70 e che sono alla base del Governo Colombo.
E' detto in questi accordi testualmente: "La formazione del Governo costituisce un elemento di sollecitazione affinché, pur non ignorando la varietà delle situazioni locali e l'esigenza di dar vita ad amministrazioni democraticamente elette, le forze che sono solidali nel Parlamento e nel Governo siano solidali, ovunque è possibile, anche negli Enti locali; le soluzioni adottate al di fuori dell'area del Centro-Sinistra in collaborazione con il Partito Comunista Italiano non assumono rilevanza politica generale; nei casi in cui esistano alternative tra Giunte di sinistra e Giunte di Centro-Sinistra, viene confermato l'impegno a dar luogo in prevalenza alla formazione di Giunte di Centro-Sinistra".
In Piemonte ci siamo attenuti strettamente a questi accordi e su questa linea è nostra intenzione proseguire.
Signor Presidente, signori Consiglieri, ho avuto l'onore di esporvi la posizione del nostro partito in ordine alle dichiarazioni del Presidente della Giunta. Mi sia consentita un'ultima considerazione.
Noi non siamo insensibili alle preoccupazioni della Democrazia Cristiana per le sue perdite elettorali. Riteniamo però che sarebbe un grave errore per la Democrazia Cristiana se essa, nell'intento di riguadagnare la fiducia di alcuni settori sociali limitati, rimettesse in gioco le forze dell'estrema destra, vale a dire le forze fasciste.
Riteniamo di avere tutte le carte in regola per fare questa considerazione, sulla quale ci permettiamo di richiamare la meditazione della Democrazia Cristiana. In questi ultimi dieci anni, da quando è cominciata la collaborazione di Centro-Sinistra, siamo stati il partito che ha pagato più duramente la sua coerenza e la sua fedeltà agli impegni presi. Per mantenere fede a questi impegni abbiamo subito non soltanto gravi perdite di voti, ma il fatto più drammatico e più doloroso per il movimento socialista: la scissione del 1963. In nome della loro coerenza gli uomini più rappresentativi del socialismo italiano di quel tempo, da Pietro Nenni a Lelio Basso, da Riccardo Lombardi a Vittorio Foa, si sono ritrovati in partiti diversi e in certi momenti opposti. Per mantenere fede agli impegni presi, qui a Torino il Partito Socialista Italiano ha perduto alcuni fra i suoi quadri dirigenti di maggior prestigio.
Non a noi, quindi, si può chiedere di dar prova di coerenza. Siamo noi invece a porre alla Democrazia Cristiana una domanda precisa: vuole essa la collaborazione dei socialisti, scontando il prezzo di perdite elettorali che noi abbiamo già scontato? Se sì, essa deve considerare acquisito ed ormai fuori discussione quel processo di maturazione democratica della società italiana che ha il suo dato decisivo e qualificante nella politica delle riforme, nel quadro di una intransigente difesa delle istituzioni democratiche nate dalla Resistenza e rette dalla Costituzione, che non è neutrale ma è repubblicana e antifascista. L'altra scelta che la Democrazia Cristiana ha di fronte è quella della collaborazione, oggi o domani, con i fascisti.



PRESIDENTE

E' iscritto a parlare il Consigliere Berti. Ne ha facoltà.



BERTI Antonio

E' stato fatto ampio sfoggio, in questo dibattito, molto interessante di numerose citazioni, da quelle molto dotte del Presidente Calleri apparse stamattina su "La Stampa" a quelle di Roosevelt e di tanti altri che ora non ricordo. Pur non avendo tanta "rudisione", come direbbe il mio vecchio amico Pinin, mi permetterò di fare anch'io qualche citazione, molto modesta, di citare cioè alcune lettere e alcuni ordini del giorno che sono giunti alla Presidenza dell'Assemblea da alcuni Consigli di fabbrica e da Comuni del Piemonte.



CALLERI Edoardo, Presidente della Giunta Regionale

Ne ho anch'io.



BERTI Antonio

Forse dell'on. Simonacci?



CALLERI Edoardo, Presidente della Giunta Regionale

Anche di altri.



BERTI Antonio

Benissimo. Io citerò i miei, lei i suoi.
Questi pronunciamenti delle fabbriche sono a mio avviso molto sintomatici. Per ora sono numerosi, non numerosissimi; ma si allargherà certamente questa conoscenza e partecipazione di coloro che in definitiva sono i più diretti interessati al funzionamento della Regione e degli organismi che dirigono la Regione per il tipo di politica che questi faranno.
Uno di questi pronunciamenti è del Consiglio di fabbrica dei lavoratori delle Ferriere Fiat. Essi "seguono con preoccupazione l'attuale fase di crisi della Regione Piemonte, crisi aperta in un momento assai delicato per la situazione produttiva del Paese e per la stessa Regione, che in questa sua seconda fase di costruzione delle proprie strutture e funzioni incontra, com'è noto, seri ostacoli".
"I lavoratori delle Ferriere hanno seguito ed infine accolto con grande interesse l'elaborazione e l'approvazione dello Statuto piemontese ravvisando nello spirito e nei principi ispiratori, oltre che nelle norme volontà e contributi nuovi per operare a favore delle grandi masse popolari. In particolare, questi si evidenziano nei principi partecipativi e in alcune norme indicative di strumenti come l'art. 6 capaci di rispondere positivamente, tra le altre, ad una delle grandi questioni poste dai lavoratori italiani ed in particolare dai lavoratori Fiat: la salvaguardia dell'ambiente e della salute nei luoghi di lavoro".
"A dare credibilità a ciò venne l'incontro del nostro Consiglio di fabbrica, della Michelin, dei Comitati di quartiere, con il Presidente della Giunta, Calleri, ed altri rappresentanti del Consiglio Regionale.
Quello che è seguito dal 13 marzo ad oggi, tuttavia, non ha confermato le speranze. La crisi odierna, infine, le proposte di soluzione di cui si sente parlare, sono tutti elementi che giustificano la nostra preoccupazione. Sono tuttora presenti i problemi, illustrati in quell'incontro, della nostra condizione nella fabbrica, e perciò viva è l'attesa per le risposte che verranno dalla Regione alle richieste delle organizzazioni sindacali sul problema dell'ambiente di fabbrica, sul problema del quartiere, in rapporto all'annunciata riorganizzazione tecnologica delle Ferriere, del ventilato trasferimento della Michelin e delle stesse strutture sociali del quartiere".
"Noi lavoratori sappiamo che è in atto un tentativo per ricacciare indietro conquiste ed istanze di rinnovamento che i lavoratori uniti hanno ottenuto e posto in lotte e sacrifici. Ci rendiamo conto che la stessa funzione legislativa della Regione è in pericolo. Siamo comunque consapevoli della nostra forza unitaria, ed è in nome di questa che ci rivolgiamo a tutte le forze, a tutti gli uomini politici antifascisti del Consiglio Regionale per un appello e per un avvertimento: occorre respingere il tentativo di andare indietro, occorre isolare forze e uomini che si fanno portatori di remore conservatrici che tradiscono lo spirito ed i principi innovatori dello Statuto". Così si è espresso il Consiglio di fabbrica delle Ferriere, con tutte le firme dei suoi componenti, quindi delle varie componenti sindacali.
Un altro pronunciamento che desidero citare è quello del Consiglio comunale di Fossano, scelto fra i vari giunti dal Cuneese, che sono piuttosto interessanti, proposti anche dai Gruppi consiliari della D.C. ed approvati in generale all'unanimità.



CALLERI Edoardo, Presidente della Giunta Regionale

Guardi che la Giunta Comunale di Fossano non è democristiana, è indipendente.



BERTI Antonio

Comunque, c'è un Gruppo consiliare democristiano.



CALLERI Edoardo, Presidente della Giunta Regionale

Ridotto a poca cosa, poiché la D.C. non si è presentata.



BERTI Antonio

E' di buon auspicio per noi che la rappresentanza D.C. sia ridotta a poca cosa. Comunque, quella poca cosa era presente ed ha votato in senso positivo: "Il Consiglio Comunale di Fossano, nella sua riunione del 23 luglio prende atto della grave crisi in corso alla Regione Piemonte, crisi che lascia spazio a tutte quelle forze della destra economica e conservatrice che hanno come proposito il discredito delle istituzioni repubblicane nate dalla Resistenza e in primo luogo dell'Assemblea Regionale, impedendo a questa di lavorare per dare soluzione ai gravi problemi della comunità piemontese.
Esprime le sue più vive preoccupazioni per i modi e i contenuti con cui si è giunti a tale crisi. Ribadisce la sua fiducia nell'istituto regionale come strumento fondamentale per un decentramento ed una trasformazione democratica dello Stato fondata sulla partecipazione dei cittadini alle decisioni come mezzo essenziale per realizzare una diversa, una nuova politica di riforme di struttura, una seria politica di riforme di struttura, che dia soluzione ai problemi posti dalle lotte dei lavoratori in questi ultimi anni, nell'interesse della stragrande maggioranza dei cittadini, come centro di reale promozione dell'autonomia degli Enti locali. Sottolinea la necessità che la Regione dia piena attuazione allo Statuto della Regione Piemonte, in particolare per quanto concerne la costituzione dei Comitati di controllo sugli atti degli Enti locali nelle sei Province piemontesi, nel quadro di una rinnovata concezione del ruolo dei Comuni e delle Province quali Enti dotati di poteri autonomi, ecc. ecc.
Fa infine appello a tutte le forze sinceramente antifasciste e regionaliste per dare sviluppo a questa politica, ecc. ecc.".
Vi sono poi altri ordini del giorno, fatti pervenire dai Consigli di fabbrica della Viberti, della Michelin, di molte altre fabbriche.



CALLERI Edoardo, Presidente della Giunta Regionale

Citale, dunque. Poi citerò le mie.



BERTI Antonio

Lo farò dopo. Comunque, ho qui i testi.



PRESIDENTE

Dopo i "testi" a carico, verranno citati i "testi" a discarico.



BERTI Antonio

Sarò davvero curioso di apprendere quali Consigli di fabbrica approvano l'azione di Calleri.
Credo, comunque, che il momento che stiamo attraversando sia, come altri già hanno detto, veramente molto importante e molto serio, e che sia effettivamente il caso di compiere una verifica. Per questo noi comunisti avevamo presentato una mozione al Consiglio in cui chiedevamo di verificare il modo in cui il Consiglio Regionale operava; perché, a nostro giudizio esistevano ragioni di critica, essenzialmente per l'atteggiamento della Giunta e del suo Presidente, che noi reputiamo non conforme allo spirito ed ai principi dello Statuto.
Questa verifica, da noi richiesta, sospesa successivamente per una settimana, non si tenne perché all'improvviso il Presidente della Giunta presentò le sue dimissioni.



CALLERI Edoardo, Presidente della Giunta Regionale

"Colto da raptus di follia", come avete scritto.



BERTI Antonio

Pare che, avendo abbondantemente mangiato e bevuto alla sera, dopo aver partecipato alla seduta di Consiglio, sia andato improvvisamente alla "Stampa", senza nemmeno consultare i suoi organi di partito



CALLERI Edoardo, Presidente della Giunta Regionale

Non a "La Stampa", da Agnelli personalmente.



BERTI Antonio

Niente di più probabile. L'avevo sentito dire da tanti, ma non lo volevo dire così brutalmente.
... ad annunciare le sue dimissioni, con un vero e proprio colpo di mano.
Ritengo dunque che, fra tanti discorsi, molto importanti, di politica generale, sia opportuno, a questo punto della discussione, giungere ad una verifica dei problemi che investono il Consiglio Regionale.
Quali sono i motivi veri della crisi? Finora non ne sono emersi. Nella prima pagina del documento che ci avete presentato leggiamo che non sono stati rispettati integralmente gli accordi quadripartiti. Non sar certamente io a negare la funzione dei partiti, ma devo dire che per quanto riguarda il Consiglio Regionale i soli documenti proposti alla discussione dei quattro partiti sono stati la dichiarazione del febbraio e la successiva dell'aprile con la quale si presentava il programma della Giunta.



CALLERI Edoardo, Presidente della Giunta Regionale

Ci sono i protocolli segreti.



BERTI Antonio

Speriamo che una volta o l'altra questi vengano resi pubblici, affinch ci si possa render conto tutti quanti di quello che non c'è di politico nelle questioni che regolano i rapporti di potere.
Qui è stata respinta, nell'introduzione del Vicepresidente Oberto, la pretestuosità dell'iniziativa di dimissioni, che noi invece abbiamo denunciato. Credo che la questione meriti di essere ripresa, perché la crisi della Regione piemontese non può non esser vista in un quadro più ampio. Del resto, la stessa intervista di stamattina a "La Stampa" del Presidente della Giunta è piuttosto interessante, oltre che per le dette citazioni già menzionate, in quanto ad un certo punto si ha l'impressione che i problemi della Regione Piemonte siano completamente scomparsi. Il Presidente della Giunta, dopo avere accampato diversi motivi: il "colpo di mano" dell'Ufficio di Presidenza, il mancato rispetto degli accordi, il funzionamento del Consiglio, i rapporti fra maggioranza e minoranza, fra Esecutivo e Consiglio, il funzionamento delle Commissioni, passa all'improvviso a parlare di problemi che investono addirittura l'area nazionale entro cui si colloca la politica del Piemonte, della Regione ecc. ecc.
Credo valga la pena di riprendere questi vari motivi addotti per aprire la crisi, al di là del metodo, per verificare se l'atteggiamento l'attività del Consiglio Regionale in questo suo primo anno di vita comporti, abbia sviluppato, abbia espresso tali elementi di carattere negativo da giustificare la crisi e il modo in cui essa è stata aperta. In questo mio intervento io vorrei riuscire a dimostrare che in realtà c'è una contraddizione di fondo fra i motivi che vengono addotti per l'apertura della crisi e la pratica corrente dell'attività del Consiglio Regionale.
Inviterò i vari componenti, i presidenti delle Commissioni, coloro che hanno concretamente partecipato all'attività del Consiglio Regionale, a pronunciarsi anche loro, a dire quali sono gli elementi che giustificano oggi le motivazioni addotte, ripeto, per quanto riguarda l'attività del Consiglio Regionale.
Dico subito che io condivido molte delle considerazioni che ha fatto Giovana questa mattina e quelle contenute nel coraggioso e valido intervento svolto dal collega Nesi poco fa, un intervento che si colloca in un quadro nazionale e che in tale quadro va visto, perché solleva problemi che sono di interesse nazionale e che pongono la crisi della Regione Piemonte in un contesto di carattere nazionale.
Che la crisi piemontese si collochi in un contesto di sterzata a destra credo sia difficile smentire. Sono gli atti, gli avvenimenti di questi giorni, e sono i documenti ed i discorsi degli uomini più rappresentativi della Democrazia Cristiana, del Consiglio Nazionale della Democrazia Cristiana, a dimostrarlo. Non è un caso che la crisi venga aperta contemporaneamente in Piemonte, in Liguria e in Campania, dopo che già era presente nel Lazio, e venga aperta sempre, sia pur con motivazioni diverse per ricercare un colpevole: il Partito Socialista. Colpevole di richiamare a una politica di equilibri più avanzati, su cui già c'è stata una risposta ma su cui noi comunisti vorremmo dare una nostra spiegazione.
E' certo che è in atto, nelle Regioni che ho citato e in altre che sono in crisi ormai da sempre, un tentativo di svolta a destra che, per quanto riguarda le forze alleate del quadripartito, ha come obiettivo l'estromissione del PSI: questo l'obiettivo nella Regione Liguria, questo l'obiettivo nella Regione Campania e nella Regione Piemonte, come altrove.
Sul piano politico generale credo che occorra una buona dose di cecità a meno di essere in malafede, per non cogliere gli elementi di rottura e di sterzata a destra: l'atteggiamento della Democrazia Cristiana sul problema della casa (con i famosi 70 Deputati che votano contro alla Camera), il problema dei 300 che si preparano alla carica, animati da fieri propositi ma non si sa se in ultima analisi abbastanza forti da realizzarli.
C'è infine un'indicazione orientativa che viene dai pronunciamenti della Democrazia Cristiana. (Quando noi parliamo da questa tribuna l'abbiamo già detto altre volte, ci rivolgiamo, ovviamente, alle forze politiche presenti in Consiglio, ma indirettamente alle forze esterne, ai lavoratori, ai cittadini; pertanto, se qui qualcuno si astiene dal prestarci attenzione poco ci importa, l'importante è che non ci asteniamo dal dire quello che noi intendiamo far sapere a tutto il Paese). Gli esponenti del Consiglio Nazionale della Democrazia Cristiana, in particolare Forlani, si sono distinti in Sicilia per una campagna elettorale condotta in funzione nettamente anticomunista di tipo veramente quarantottesco, che ha prodotto quei risultati elettorali che sono noti e che sono stati e sono ancora oggetto di discussione in seno alla stessa Democrazia Cristiana, e che hanno reso certamente molto più teso il quadro politico ed hanno determinato un secondo pronunciamento, in particolare da parte di alcuni uomini dello stesso Consiglio Nazionale, di cui uno dei più scatenati è l'on. Piccoli, amico ed appartenente alla stessa corrente del Presidente della Giunta Piemontese. (Credo che appunto all'on. Piccoli egli si ispiri quando fa quelle dotte citazioni che abbiamo già ricordato). Dice Piccoli, in seno al Comitato Nazionale della Democrazia Cristiana: "Non siamo in un momento qualunque: siamo al 'momento', e la decisione che ci è richiesta riguarda ormai la D.C., il suo modo di presenza nel Paese, il significato stesso della sua presenza". Prosegue poi: "I risultati provano che un discorso non basta - con allusione a quello di Forlani prima delle elezioni -: occorrono fatti e atti politici coerenti e capaci di determinare un processo di adeguamento della realtà del Paese a quella linea ed a quella politica". Continuando, aggiunge che questi fatti concreti devono essere la rottura di un certo tipo di dialettica politica che nello stesso Parlamento si è aperta, devono essere ancora l'ostracismo a sinistra nel modo più netto, devono essere un no alla politica delle riforme, o una politica di riforme di tipo ammorbidito, certamente non quella che può trasformare il Paese, come è invece nelle istanze dei lavoratori delle nostre fabbriche, qui in Italia.



CALLERI Edoardo, Presidente della Giunta Regionale

Le fabbriche di proprietà del Partito Comunista.



BERTI Antonio

Quando avremo nazionalizzato la Fiat, il giorno in cui porremo questa questione, la fabbrica sarà di proprietà comunista... Ma so che lei è d'accordo su questo, soltanto non osa dirlo.



CALLERI Edoardo, Presidente della Giunta Regionale

Anzi, dica pure che l'idea gliel'ho suggerita io, se ben ricorda.



BERTI Antonio

Lei è un tipo previdente, che, data l'incertezza del domani, tiene sempre i piedi un po' in tutte due le staffe.



CALLERI Edoardo, Presidente della Giunta Regionale

No davvero, io resto sempre da una sola parte.



PRESIDENTE

Prego i signori Consiglieri di non discutere di questioni che non sono di competenza della Regione.



CALLERI Edoardo, Presidente della Giunta Regionale

Purtroppo non sono di competenza della Regione.



BERTI Antonio

Se questi sono i pronunciamenti ufficiali degli uomini della corrente della Democrazia Cristiana che in questo momento si affiancano a Togni e altri nel tentativo di spostare a destra l'asse politico del nostro Paese come si è già detto e nell'intervento di Giovana e nell'intervento di Nesi nei documenti della sinistra cattolica, come si rileva anche da quel documento espresso dalla "Sinistra '70" Ligure, che riproduceva ieri "La Gazzetta del Popolo", in cui si dava di questa crisi politica praticamente lo stesso giudizio che noi stiamo dando e che altri qui hanno espresso in questa discussione.



CALLERI Edoardo, Presidente della Giunta Regionale

Giornale socialcomunista.



BERTI Antonio

Il Presidente della Giunta solitamente segue i dibattiti, quando li segue, con una certa attenzione. Oggi è invece in vena di interrompere. I casi sono due: o dopo il terzo bicchiere di whisky



CALLERI Edoardo, Presidente della Giunta Regionale

Coca-cola, per l'esattezza.



BERTI Antonio

... incomincia ad essere un po' allegro, oppure si sente a disagio e cerca con le battute di superare questo senso di disagio. Comunque, non è certo in questo modo che può riuscire ad impressionarmi...



(Voce dal pubblico. Si sente vincitore, non a disagio.)



PRESIDENTE

Prego i commessi di far uscire dall'aula la persona che ha interrotto.



(Voce dal pubblico. Noi cittadini abbiamo eletto la Giunta Regionale ed abbiamo il diritto di dire il nostro pensiero.)



PRESIDENTE

Se ne vada, signora, prima di essere buttata fuori.
Vorrei ricordare al pubblico...



CALLERI Edoardo, Presidente della Giunta Regionale

Non credo, signor Presidente, che avrebbe fatto espellere con tanta disinvoltura dall'aula un lavoratore della Michelin!



PRESIDENTE

...che in questo Consiglio Regionale siedono cinquanta Consiglieri eletti dal popolo in base ad una legge elettorale che garantisce...



REVELLI Francesco



CALLERI Edoardo, Presidente della Giunta Regionale

Non ti immischiare, fascista... missino... franchista!



REVELLI Francesco

A me dice questo? Mascalzone!



PRESIDENTE

Signor Presidente, la richiamo all'ordine.
Consigliere Revelli, la prego, lasci proseguire il suo collega.



REVELLI Francesco

Riprenderemo il discorso dopo...



PRESIDENTE

Consigliere Berti, prosegua nel suo intervento.



BERTI Antonio

Veramente, vorrei riprenderlo in altra sede, ove non è consentito a chicchessia di tacciare impunemente di fascista un comunista. Qualcuno uscirebbe piuttosto malconcio.



CALLERI Edoardo, Presidente della Giunta Regionale

E' naturale, perché quella di picchiare è una vostra abitudine.



BONO Sereno

Sei tu un fascista!



PRESIDENTE

Signori Consiglieri, prego di riprendere questo dibattito in maniera ordinata!



BERTI Antonio

Signor Presidente, io stavo parlando in tutta tranquillità.



PRESIDENTE

Non mi riferisco a lei, Consigliere Berti, che è il più tranquillo di tutti, questa volta almeno.



BERTI Antonio

Io personalmente ho ascoltato tutti con molta attenzione, senza mai interrompere, mentre devo far rilevare che già nei confronti del Consigliere Nesi il Presidente Calleri ha tenuto un atteggiamento quanto mai irritante. Per me questo modo di comportarsi non è motivo di alcun turbamento, anzi, su questo terreno mi trovo perfettamente a mio agio. Per disturba chi ascolta.
Che il problema della svolta a destra in Italia sia un problema che non si possa tacere è dimostrato anche da un articolo di un certo Sulzberger sull'attendibilità del quale non mi sento di esprimere un giudizio sicurissimo, ma che una certa validità deve pur averla dal momento che "Il Corriere della Sera" vi fa cenno con inquietudine e preoccupazione. Questo articolo concerne l'interesse americano per l'Italia, sostiene l'asserto che gli americani sono inquieti per l'Italia. Dopo aver affermato che gli Stati Uniti ritengono che un rafforzamento della Democrazia Cristiana meglio servirebbe i loro interessi in Italia, conclude preannunciando un intervento americano: "Nei mesi futuri emergerà più chiaramente l'interesse degli Stati Uniti ad incoraggiare l'Italia a riformare i suoi corpi politici in modo da consentire un governo realmente di Centro-Sinistra, in cui la parola Centro abbia un rilievo particolare di recuperare in due anni il potere effettivo ecc. ecc.".
Seguono altre considerazioni che, ripeto, hanno un loro valore in quanto pubblicate dal "Corriere della Sera" e di cui occorre prender nota perché a nostro giudizio confermano che oggi incombe sul nostro Paese un grave pericolo per la democrazia italiana, per quel moto di rinnovamento che si era aperto; un pericolo di cui porta la responsabilità la Democrazia Cristiana, in particolare il gruppo oltranzista democristiano che qui in Piemonte fa capo a Calleri, lo diciamo a tutte lettere, anche se egli ha respinto, nel suo intervento, questa motivazione.
Noi dobbiamo rilevare che questa crisi si colloca nel quadro di carenze di funzionamento della Regione, più volte sottolineate, con responsabilità chiaramente denunciate da questo Consiglio, per battere e superare le quali è stata più volte affermata l'assoluta necessità di coesione, di fermezza di carenza delle forze regionaliste. E dobbiamo prendere atto che in questi giorni, per esempio, una polemica non di contestazione ma di conflitto aperto con lo Stato è assunta sulle colonne de "La Stampa" dal Presidente della Lombardia, da quello del Veneto, da quello delle Puglie addirittura ma noi non abbiamo mai il piacere di vedere il nostro Presidente piemontese collocarsi a fianco degli altri per battersi - come del resto in una certa misura ha fatto nella relazione della Giunta, in cui su questo terreno si era collocato positivamente - per rivendicare quel quadro d'insieme di poteri che la Regione dovrebbe avere.
Dato che il tempo passa, vorrei venire alla questione che per me diventa la più importante. Si è detto, per aprire questa crisi, che il motivo sarebbe stato il voto del Consiglio per la rielezione dell'Ufficio di Presidenza; io non ho niente da aggiungere alla risposta che il Consiglio stesso ha dato nella sua pressoché unanimità nella seduta precedente. Non è vero, avv. Oberto, che sotto sotto tutti riconoscono una certa illegittimità del provvedimento, non è così, in realtà tutti noi abbiamo assunto consapevolmente una posizione, liberi da ogni sottinteso di carattere politico. Era pacifico, nel momento in cui la D.C. ci ha proposto la rielezione dell'Ufficio di Presidenza per cinque anni nel numero di cinque, non essendoci da parte nostra nessun problema relativo all'Ufficio di Presidenza, che la cosa passasse. E' una questione di forma o di contenuto?



CALLERI Edoardo, Presidente della Giunta Regionale

Di forma, di forma.



BERTI Antonio

Non credo che si possa aprire una crisi alla Regione in questo momento per una questione di forma. Oppure ci sono questioni di contenuto che attengono alla rielezione e allora il motivo deve essere reso esplicito e dire quali sono i problemi che investono l'attività di presidenza e su questo eventualmente esprimere un dibattito alla fine del quale si decida se confermare o no, se modificare e come. Ma in quel momento problemi del genere non ne erano sorti e ognuno di noi ha agito in buona fede rieleggendo, così come ci veniva proposto dalla DC, l'Ufficio di Presidenza. E' quindi una motivazione inconsistente in quanto qui si riconferma che è una questione di forma.
Il secondo motivo, che del resto è un motivo costante di polemica nel nostro Consiglio, è quello della delimitazione della maggioranza e della minoranza. Citerò ora alcune persone molto importanti, come il Presidente Calleri, per fare osservare al Consiglio una differenza sostanziale esistente fra certe affermazioni, la pratica del Consiglio Regionale e i motivi addotti per aprire la crisi oggi. Diceva il Presidente della Regione nella relazione presentata in aprile sul programma della Giunta: "Costruire la Regione significa anche costruire un modo nuovo di confrontarsi e dialogare, senza rinunce alle distinzioni politiche e ai confini ideali che contraddistinguono e separano forze politiche di diversa ispirazione, ma senza disattenzione alcuna verso quanto, al di là delle distinzioni e dei confini, appare significativa espressione di inquietudini, di spinte, di ansie, di esigenze comuni a vasti strati popolari dei quali vogliamo che la Regione sappia proporsi come interprete valida e credibile, per poter davvero diventare ciò che per noi dovrà e potrà essere istituto di avanzamento di crescita democratica, centro propulsore di riforme civili e sociali, sintesi autentica di valori nuovi, di cultura, di civiltà, di progresso e di fervida convivenza comunitaria". Aggiungeva ancora: "Alla costruzione di questo modello di Regione, la Giunta intende orientare il suo programma, pienamente consapevole peraltro che a questo fine la stessa disponibilità di poteri e di mezzi, quand'anche fosse ampia e consistente approderebbe a ben modesti risultati se non fosse ispirata e sorretta dall'animazione partecipativa di un articolato pluralismo di forze politiche e sociali, aperte a reciproci contributi e capaci di fecondi scambi di esperienze e se non fosse nel contesto guidata da una solida e accurata impalcatura di organi e di strutture democraticamente operanti".
Nella dichiarazione del febbraio dei quattro partiti del centro sinistra ci sono alcune altre affermazioni (che noi abbiamo allora giudicate positive in un contesto complessivo che allora giudicammo negativo): che per quanto riguarda i rapporti tra maggioranza e minoranza consiliare, il primo rilevante problema all'interno dell'Istituto regionale è quello dei rapporti ecc.



CALLERI Edoardo, Presidente della Giunta Regionale

E lo confermiamo.



BERTI Antonio

La domanda che noi comunisti poniamo, la poniamo alle forze politiche qui presenti e all'opinione pubblica: a fronte di questa impostazione del documento della Giunta che aveva avuto una sua fase iniziale nell'elaborazione dello Statuto, in cui la ricerca di un confronto dialettico tra le varie forze politiche aveva portato a conclusioni che sono state assunte da tutti i gruppi come elemento positivo e nuovo della situazione, a fronte di questa dialettica nuova che non fa il muro della maggioranza all'opposizione, ma ricerca, pur nella chiarezza delle impostazioni ideali e politiche, una nuova forma di rapporto aperta a recepire i contributi che possono venire costruttivamente dalle opposizioni, qual è la pratica del Consiglio Regionale? Si è forse posta in contrasto a queste indicazioni? Dove, come e quando c'è stata confusione tra maggioranza e minoranza? Quando c'è stato un metodo prevaricatore delle opposizioni nei confronti della maggioranza? E io qui, escludendo la fase statutaria di cui si è già persin troppo parlato e che tutti hanno vantato e citato come modo nuovo di fare politica e il lavoro delle Commissioni chiedo ad ogni Presidente di Commissione, chiedo ai relatori, ai membri delle Commissioni che hanno con noi lavorato sui decreti delegati, sui problemi del Mezzogiorno: c'è stata forse un'occasione in cui il rapporto all'interno delle Commissioni abbia superato i limiti statutari e sia andato oltre un confronto dialettico tra le varie componenti del Consiglio? Io chiedo di essere smentito qui pubblicamente, ma per quanto mi consta nelle Commissioni di cui faccio parte, in particolare nella Il, abbiamo operato portando delle nostre argomentazioni, cercando di recepire, per quanto era possibile, i documenti che ci venivano portati dalla maggioranza; in un rapporto veramente dialettico e nuovo, ma che aveva come base la ricerca di un interesse effettivo della Regione, si è trovato il punto di incontro, avendo tutti in comune la ricerca dei poteri della Regione che nei decreti delegati venivano infatti disattesi. C'è stato un incontro fino ad un certo punto oltre il quale, per esempio nei trasporti noi, non condividendo alcuni punti su cui era giunta la maggioranza della Commissione, abbiamo fatto le nostre riserve pubblicamente e non abbiamo votato. C'è stato un episodio, collega Gandolfi, nel lavoro della Commissione, che possa farle dire che si è verificata una confusione politica? O invece, come ha detto Bianchi stamattina, non c'è stato da parte di ognuno una libera ed autonoma presentazione delle proprie idee delle proprie argomentazioni per un massimo di confluenza nella mozione finale? E che cosa è questo, se non quel nuovo rapporto dialettico tra le varie componenti? La realtà forse è che nella misura in cui ognuno di noi ogni componente del Consiglio, si accinge al proprio lavoro sui problemi (e si è parlato troppo poco dei problemi in questa seduta) fermo nelle proprie posizioni di partito, ma onestamente, politicamente portato a lavorare nella misura in cui cerca veramente un collegamento con la realtà regionale, con i lavoratori, con le categorie professionali, è chiaro che o rinuncia a questa prerogativa di onestà politica ed intellettuale e allora dice nero anche quando è bianco, oppure se fa con coscienza questo lavoro è chiaro che le conclusioni non possono che essere quelle a cui siamo pervenuti in tutte le Commissioni.
Probabilmente il discorso è un altro, è che quando si è veramente aderenti ai problemi come lo siamo stati nelle Commissioni, la realtà che emerge è fortemente aderente alla vita dei lavoratori nelle fabbriche nelle campagne; ma devo dare atto che anche altri in Commissione sono stati aderenti a queste realtà, e ciò mi porta a delle conclusioni che certamente oggi si scontrano con un tipo di realtà politica che una parte della maggioranza DC vuole ricacciare indietro. E quindi, nel tentativo di colpire la dialettica che si è aperta in Consiglio e di chiamare sempre in causa il lavoro delle Commissioni, noi vediamo il tentativo di colpire un modo nuovo di fare della politica. Sappiamo che una delle condizioni poste dalla delegazione DC (che qui non è ancora emersa) è che d'ora in avanti non sarà accolto un emendamento comunista o dell'opposizione. Ecco il rapporto nuovo tra maggioranza e opposizione ; si parla di confronto, di raffronto dialettico, di ricerca di contributi positivi, ma nella realtà quello che la maggioranza decide nel proprio interno, quello e solo quello deve passare, sorda a tutti i contributi positivi che possono venire dalle opposizioni e dalle istanze esterne. Queste forme di partecipazione esterna, è chiaro, mutano il quadro delle impostazioni politiche che per quanto riguarda per esempio i decreti delegati viene dal Governo. E' un fatto che i decreti delegati che sono pervenuti alle Regioni sono stati unanimemente contestati. Da chi, dai comunisti? No, sono stati contestati dall'unanimità del Consiglio Regionale e non soltanto piemontese, perch sulle rivendicazioni dei poteri alle Regioni, sulla Regione come centro di autonomia politica, come modo nuovo di gestire il Paese, si è registrata una confluenza importante. E questa è confusione? Io capisco che possa dare fastidio che sulla base di questo confronto aperto, emerga un parere sul Mezzogiorno che non piace a coloro che la vedono in modo diverso, ma questa è la realtà che si esprime nel nostro Consiglio Regionale.
E allora ecco, prendendo uno per uno i problemi che attengono all'attività del Consiglio Regionale, con il tentativo di dare una soluzione politica diversa escludendo i socialisti, si ritrova una delle componenti della sterzata a destra. E' certo, per fare questa politica occorre una maggioranza in cui non ci siano componenti che rimangano fedeli alla loro concezione di partito di classe e che vogliano mantenere costantemente i rapporti con la classe operaia; non è concepibile, non si può accettare da parte di chi respinge nei fatti questa dialettica nuova.
La presenza di una componente politica che invece questa dialettica vuole non soltanto confermare, ma addirittura ampliare. Magari occorrerebbe un Presidente di assemblea compiacente ai bisogni e alle esigenze della maggioranza che convocasse poco il Consiglio, che facesse dell'ostruzionismo alle richieste dei comunisti, in modo da avere un'Assemblea molto limitata, che discuta pochissimo e un esecutivo che non avendo nelle sue componenti nessuna opposizione, possa fare o disfare come gli pare, certamente respingendo, o limitando al minimo, in modo molto formale, quel tipo di partecipazione, quel modo nuovo che invece nelle dichiarazioni programmatiche e nelle dichiarazioni pubbliche del Presidente della Giunta sono dette in modo esplicito e politicamente molto valido.
C'è quindi un contrasto di fondo e quando noi denunciamo questa crisi come deleteria rispetto ai problemi dello sviluppo democratico della Regione, della sua capacità di affrontare e risolvere i problemi in rapporto alla realtà regionale, cogliamo, in questo tentativo di limitare la dialettica che si è aperta in Consiglio, uno degli elementi della sterzata a destra.
Signor Presidente, si è parlato qui di politica di riforme, le riforme le vogliono tutti e il Presidente Calleri ha respinto le tesi di coloro i quali (tra cui noi) denunciano la politica della DC che sul tema delle riforme ha atteggiamenti ritardatari; a proposito della riconfermata volontà di fare le riforme aggiunge che quando queste sono sorrette da una concretezza di contenuto di programma, il problema non è di avere i socialisti nella Giunta, o i liberali. Io credo che il problema posto in questi termini non sia corretto politicamente, ogni politica per essere portata avanti ha bisogno delle sue forze motrici. E' possibile cogliere nella presenza liberale, nella maggioranza una delle forze motrici, viste le posizioni dei liberali sulla Regione intesa come organismo decentrato dello Stato, una forza motrice capace di realizzare spirito, principi innovatori e norme, strumento dello Statuto? E forse questo tipo di politica di rinnovamento di cui abbiamo largamente scritto nello Statuto non si realizza con la presenza magari dei socialisti aperta ai contributi alla ricerca delle altre forze di sinistra? Non è possibile dire "questa o quella per me pari sono", si fa una politica con i liberali, si fa una politica con i socialisti, se ne fa un'altra ancora quando questa politica va alla ricerca di schieramenti nuovi, di alternative veramente capaci di affrontare la questione delle riforme. La politica delle riforme non è un parto indolore, ma fa parte della lotta di classe, colpisce gli interessi e crea degli schieramenti; o si è per le riforme in senso assoluto, o si è contro o si spera magari nella funzione di centro, di mediazione come veniva detto qui stamattina, per frenare, per snaturare la politica di riforme che viene avanti invece a gran voce dalla stragrande maggioranza dei lavoratori del nostro Paese.
Infine - e concludo - noi prendiamo atto che la sinistra nel suo complesso, deve registrare che non è in grado oggi di impedire l'elezione di una Giunta col voto dei liberali. Ma diciamo anche, mentre prendiamo atto di questo, che il tentativo di battuta di arresto di questa nuova politica regionale di coloro che si presentano oggi col tripartito patrocinato da Calleri, ottiene delle adesioni: i repubblicani (del resto ci sono sempre stati i repubblicani aperti a tutte le politiche, a tutte le operazioni di carattere conservatore, al di là dei discorsi di La Malfa e di altri esponenti repubblicani) i socialdemocratici. Ma quanti contrasti! Io non ripeto quanto è stato detto da Nesi che ha citato le fonti; è certo che la Giunta tripartita non è per la DC un parto indolore. Anche noi prendiamo atto della posizione di "Forze Nuove", anche noi prendiamo atto di una differenziazione dei fanfaniani; vedremo poi se alla base di questo atteggiamento esiste una effettiva volontà di adeguarsi in modo nuovo alla realtà, o se non c'è invece una strumentalizzazione a fini di spartizione di potere. Sarà il domani che ce lo dirà; prendiamo atto per il momento che l'operazione a destra, tripartito coi voti dei liberali, è un'operazione che, ripeto, non è indolore, che apre una dialettica nell'interno della DC e che certamente non potrà produrre che effetti che probabilmente non sono quelli sperati dal Presidente della Giunta che questa sera forse verrà riconfermato.
Noi agli amici di "Forze Nuove" come altri hanno detto, non facciamo nessuna insaponata, il problema è di essere o non essere collegati con le masse lavoratrici, di rappresentarle effettivamente o no, il problema è di essere oppure no coerenti con le impostazioni e con le cose che si dicono: alla luce della situazione attuale questa coerenza a noi pare di raccoglierla. Così come diciamo che il Partito Socialista ha risposto unito e compatto, come dimostra l'intervento del collega Nesi, nell'unico modo che gli è consentito oggi, da partito di classe che non rinuncia ad essere collegato con le masse operaie.
Il Partito Socialista, a nostro giudizio, ha ricercato e infine trovato una giusta collocazione politica, al di là della quale diventa o ridiventa socialdemocratico; nella misura in cui ha ritrovato una sua capacità di collegamento con le masse lavoratrici, il PSI ha ritrovato giornalmente continuamente una sua valida funzione che oggi dimostra, opponendosi nel modo che ha fatto, ai tentativi di spostamento a destra della politica della Regione e nazionalmente. Mentre prendiamo atto di questo, per quanto riguarda noi comunisti rileviamo che sarà vero che oggi la maggioranza tripartita è orientata verso i liberali, ma sappiamo anche che l'opposizione che esce da questa operazione politica al Consiglio Regionale è in realtà maggioranza nel Paese. Ed è con la forza e con la consapevolezza che abbiamo di essere maggioranza nel Paese, è per la nostra aderenza effettiva ai problemi che diciamo che opereremo ancora con un'opposizione anche più forte di quanto non fosse prima per impedire operazioni e contenuti di destra e per imporre soluzioni che sono quelle richieste, che sono fortemente volute e indilazionabili, poste dalla grande massa dei lavoratori italiani, contro le quali non è più possibile andare.
Chi lo volesse fare può anche ottenere qualche risultato parziale, ma alla lunga finirà per essere sopraffatto da questa grossa presenza unitaria e democratica.



PRESIDENTE

Ha chiesto di parlare il Consigliere Curci, ne ha facoltà.



CURCI Domenico

Signor Presidente, signori colleghi, noi abbiamo ascoltato con molto interesse le dichiarazioni dell'avv. Oberto, dichiarazioni esatte, giuste nelle premesse, anche se - come ho avuto occasione di rilevare - sono giunte con almeno dieci anni di ritardo.
Abbiamo ascoltato con altrettanto interesse le dichiarazioni del Presidente della Giunta e l'intervento del Capogruppo della D.C.
Il complesso di questi interventi ha recato - e per la verità non ci si aspettava cosa diversa - un troppo modesto contributo alla chiarificazione necessaria imposta dalla nuova realtà politica.
Il gruppo del MSI prende atto di questo primo timidissimo, ripeto troppo timido tentativo di chiarimento, ma non può non denunciare alla pubblica opinione come ancora una volta si registri, da parte della D.C.
la assoluta incapacità di rompere gli schemi di cui volontariamente si è resa prigioniera. Se le vicende politiche del nostro Paese infatti e soprattutto le vicende della politica del centro-sinistra, rispondessero alla logica, noi dovremmo ritenere, dopo quanto è accaduto, finalmente iniziata, almeno in Piemonte, l'operazione sepoltura di questo sciagurato aborto della politica italiana che è il centro-sinistra. Sennonché le vicende politiche della nostra nazione e soprattutto le vicende della politica del centro-sinistra, non alla logica rispondono, bensì all'interesse, alla convenienza, all'utilità, agli appetiti e perci temiamo che dopo quanto è avvenuto, ciò che è avvenuto non sia altro, non possa essere considerato altro che l'atto di una parte - anche se la più considerevole - della D.C. - una manifestazione, ripeto, timidissima e non sappiamo sino a che punto velleitaria di un buon proposito. Uno di quei propositi, anche se significativo, che affiorano qua e là nell'ambito della D.C. dopo che la campana, o se si preferisce, più modestamente il campanello che è squillato il 13 giugno, ha rivelato il risveglio, la ribellione, la protesta della coscienza anticomunista ed antimarxista della nazione. Non si può infatti per anni carpire con l'inganno il voto di italiani anticomunisti ed utilizzarlo per portare, o comunque consentire che molto si avvicinasse all'area del potere proprio quel partito contro il quale quel voto è stato espresso. La D.C. è stata esemplarmente punita dagli elettori ingannati e certi atteggiamenti di resipiscenza, anche se molto tardivi, come questo, stanno a dimostrare appunto quanto il voto del 13 giugno sia stato salutare.
Non è il caso che io faccia qui un'elencazione di tutti i cedimenti di cui il partito di maggioranza si è reso responsabile nei confronti dei comunisti, a causa principalmente della pressione esercitata in tale senso dal gruppo socialista. Tutte le vicende, importanti e meno importanti, di questo primo anno di vita del nostro Consiglio Regionale, sono state contrassegnate da questo dato di fatto che ne ha pesantemente caratterizzato l'attività; per tutto l'arco dei dodici mesi trascorsi, la politica della D.C. in questo Consiglio è stata contraddistinta da una continua, progressiva, irrefrenabile ed inoccultabile cupidigia di sbracamento (prego il Presidente di passarmi l'espressione) nei confronti degli alleati socialisti e dei comunisti.
Noi spesso ci siamo domandati come fosse possibile che gli elettori del più grande partito italiano e quindi del Piemonte, che è il più grande proprio perché raccoglie la grande maggioranza dei voti degli anticomunisti, che rappresentano la grande maggioranza degli italiani e quindi dei piemontesi, potessero essere così complessati nei confronti degli alleati socialisti e quindi dei comunisti, da apparire quasi come plagiati da essi. Comunque, qualcosa finalmente si è cominciato a muovere in Piemonte ed altrove.
Se a livello nazionale ci si ostina a mantenere in piedi una formula consunta, in periferia si danno segni abbastanza evidenti di insofferenza.
La vittoria del MSI in Sicilia, la sua grande affermazione in importanti città come Roma, hanno permesso quello che sta avvenendo, anzitutto la caduta della irreversibilità della formula del centro-sinistra, ammessa anche dall'avv. Oberto stamane; se il Presidente del Consiglio dei Ministri ha potuto precisare i confini fra i compiti istituzionali del Parlamento e le consultazioni con la trimurti sindacale, se il sen. Togni ha potuto al Senato elencare gli errori e le incoerenze sulla casa, se la riforma fiscale e la riforma sanitaria sono nuovamente in discussione nei loro punti qualificanti fra socialisti e D.C., e la qualificazione degli uni è in contrasto con la qualificazione degli altri, se a Genova la crisi è generale, io credo che tutti riconoscano che questi fatti sono dovuti ai risultati elettorali del 13 giugno che hanno di colpo portato una schiarita su tutto l'orizzonte politico ed hanno ridato un po' di coraggio a quelli che da troppo tempo lo avevano perduto. Ho parlato di coraggio, anche se le sue manifestazioni sono mantenute entro limiti molto modesti.
Ci si è voluti mantenere infatti, in Piemonte, nell'ambito del centro sinistra essendo mancato quel poco più di coraggio sufficiente a dichiarare finita definitivamente la formula. Ma quello che meno comprendiamo è l'adozione del programma concordato coi socialisti; non comprendiamo come si possa rompere col Partito Socialista conservandone le idee. Non potendo accettare l'ipotesi della rottura fra le persone, dobbiamo ritenere che si è rotto riconoscendo la fine, o per lo meno la crisi del Centro-Sinistra.
Che senso ha allora conservare il programma dei socialisti? La logica di tutto questo sta nel fatto che, pur rompendo, si vuole mantenere in piedi la possibilità di riesumare il cadavere.
Il nostro atteggiamento allora non può che essere negativo, come negativo è stato nei confronti dei vari governi nazionali monocolori di attesa o di parcheggio. E' stato annunciato che tra qualche mese si procederà ad un ulteriore chiarimento. Noi riteniamo che l'unico chiarimento che la D.C. debba fare sia quello con se stessa, riconoscendo quanto questi ultimi dieci anni, il decennio del centro-Sinistra, sia stato esiziale agli interessi politici ed economici della nazione. E questo non per colpa di tutti quanti noi come qualche settimana fa ha affermato l'on.
Colombo, ma per colpa esclusiva di quelle forze che all'interno della D.C.
l'apertura al marxismo hanno perseguito con irragionevole testardaggine.
Ai colleghi della D.C. vogliamo ricordare che l'opinione pubblica non può accettare incertezze, compromessi, o comunque soluzioni di attesa nei confronti di una formula politica che si è rivelata tanto perniciosa.
L'opinione pubblica tenta il radicale mutamento della situazione politica nazionale e quindi anche piemontese.
Oggi, dicevo, non si è avuto il coraggio di invertire vigorosamente la tendenza con una nuova formula ed un diverso programma. Per quanto ci riguarda respingiamo energicamente la formula ed il programma, per le stesse ragioni per le quali respingemmo l'una e l'altro nel mese di aprile.
Non comprendiamo come i liberali - se ho ben interpretato le parole del collega Rossotto - possano accettare oggi quello che anch'essi respinsero tre o quattro mesi or sono. Non lo comprendiamo, ma tutto sommato siamo lieti che i liberali si comportino in questo modo, così come siamo lieti degli elogi loro rivolti dall'on. Mancini (non dico del sig. Mancini) valutazione quindi negativa nei confronti della Giunta in questo momento.
Attenderemo la Giunta all'azione, riservandoci di esprimere il nostro giudizio politico sugli atti che la Giunta stessa svolgerà nell'ambito e coerentemente con gli impegni presi col nostro elettorato, il quale ci ha dato abbondantemente i suoi voti perché si arrivi ad un ribaltamento totale della situazione politica.



PRESIDENTE

E' iscritto a parlare il Consigliere Gandolfi, ne ha facoltà.



GANDOLFI Aldo

Signor Presidente, signori Consiglieri, nel portare in questo dibattito le indicazioni del Partito Repubblicano, non posso non ricollegarmi a quello che è stato motivo costante degli interventi che mi hanno preceduto e cioè il tentativo di interpretazione, di inquadramento della crisi sulla quale stiamo discutendo e delle proposte di soluzione sulle quali dobbiamo esprimere il nostro voto, con la situazione politica nazionale e la sua collocazione nei vari partiti.
E' fuor di dubbio che gli elementi contingenti della crisi, talune inadempienze rispetto a Giunte frontiste (Nichelino, Castellamonte, Caluso) l'elemento contingente quale l'elezione del Consiglio di Presidenza, altri elementi che sono stati portati in discussione in queste settimane sono in realtà - e non poteva essere diversamente - elementi di denuncia di una situazione di difficoltà, di crisi di rapporti che è emersa, ma che ha ragioni di fondo notevoli e che mi sembra importante per il futuro del Consiglio Regionale cercare di chiarire. E di chiarire con dei toni, dei tentativi di approfondimento politico che vadano al di là di alcuni schematismi che abbiamo sentito annunciare, a cominciare da quelli del collega Nesi nelle dichiarazioni che ha fatto come Capogruppo del partito socialista, dichiarazioni che erano troppo palesemente tese a voler identificare un disegno D.C. di collegamento con le forze neo-fasciste per essere credibili. Quella del collega Nesi è una dichiarazione che pu certamente essere dettata sul piano del risentimento, della reazione, da alcuni elementi che sono stati portati da parte D.C. in discussione questa mattina. Io mi riferisco all'intervento del Vicepresidente del Consiglio Oberto il quale forse andando al di là delle sue intenzioni, del suo pensiero, è arrivato a configurare un certo tipo di collocazione del Partito Socialista che può apparire a quella parte ingiusto.
Ciò che in effetti dobbiamo cogliere, e si è colto poco in questo dibattito, sono i dati di fatto che abbiamo di fronte, le responsabilità, i problemi politici che li hanno determinati. I dati di fatto qualcuno li ha ricordati: il fatto che quest'anno il reddito nazionale probabilmente sarà inferiore al 3 per cento; che la conflittualità continua all'interno delle aziende e all'interno di tutta la struttura produttiva economica di gestione dei servizi è tale da rendere quasi impossibile la concorrenzialità in condizioni di mercato; che la crisi permanente delle istituzioni dello Stato e l'accentuarsi della crisi delle istituzioni pubbliche rende estremamente problematico non solo raggiungere gli obiettivi che ci eravamo proposti in passato con la programmazione, ma addirittura raggiungere i grandi obiettivi di sviluppo democratico sui quali le forze di centro-sinistra avevano concordato.
Allora dobbiamo cercare di capire la radice, le ragioni, le cause di questa situazione. Sono cause che si intrecciano con le responsabilità di tutti i partiti di centro-sinistra, il nostro compreso, non ci sottraiamo certo alle nostre responsabilità, ma che si confrontano con una situazione generale politica del Paese che presenta, a fronte del centro-sinistra e delle sue componenti maggiori, la D.C. e il PSI, anche una posizione diversa, importantissima, di estremo rilievo, che è quella del PCI. Ed è di qua che vorrei cominciare, prima ancora di parlare delle deficienze, delle inefficienze e dei difetti di capacità politica del centro-sinistra. Ma ne dà motivo l'intervento che ha fatto il Capogruppo comunista, il quale ha riproposto a livello di problematiche regionali e interne al Consiglio Regionale, con estrema coerenza e serietà, il disegno che il PCI ha portato avanti in questi anni e di fronte al quale è mancata la capacità di iniziativa alternativa e globale del centro-sinistra. Solo riferendoci a questo tipo di disegno possiamo chiarire le ragioni della crisi in Piemonte e della crisi della politica di centro-sinistra a livello nazionale.
Qual è stata la linea politica del PCI, non solo in questo ultimo decennio, ma dal 1948 in poi? Una politica che ha due componenti, una di carattere istituzionale, l'altra di carattere economico e di concezione della politica economica molto particolare, che la caratterizzano e che porta avanti con estrema coerenza. Vediamo di analizzare, innanzi tutto gli aspetti della politica istituzionale del partito comunista che in questi ultimi anni in particolare, con l'accentuarsi della crisi del centro sinistra, hanno determinato veramente una modificazione profonda del modo di operare a livello di istituzioni pubbliche; è una concezione istituzionale che investe rapporti tra Governo e Parlamento, tra gli Enti locali e lo Stato, tra lo Stato e i sindacati. Cercherò di analizzare brevemente questo tipo di concezione.
E' una concezione che vede il Governo, a tutti i livelli, anche a quello regionale, non come l'organo di indirizzo della maggioranza e come l'espressione e la guida di una politica di maggioranza all'interno degli organismi rappresentativi che hanno il dovere di esprimere, ma come un semplice organo esecutivo di volontà collegiali degli organi rappresentativi. Vede quindi non una contrapposizione di politiche alternative che è il fondamento della politica istituzionale e costituzionale dei paesi che hanno istituzioni come la nostra, fra una maggioranza e un'opposizione, fra una maggioranza che ha una sua politica e l'opposizione che ha una politica contrapposta, ma un tentativo di creare all'interno degli organi deliberativi ai vari livelli una contrattazione permanente fra tutte le componenti consiliari; che è poi in realtà una rivendicazione di poteri totali dei poteri legislativi, cioè un tentativo di ridurre o negare al limite una sfera autonoma di iniziativa tra gli organi esecutivi e gli organi deliberativi.
Tutto questo noi l'abbiamo verificato a livello governativo nei rapporti tra Governo e Parlamento, quando si è verificato che riforme concepite magari in maniera tecnicamente imperfetta, ma con principi ispirati ad un minimo di organicità, erano ricondotte a una logica di contrattazione all'interno degli organi legislativi che le snaturava articolo per articolo, confondendo i connotati e stravolgendo molto spesso le caratteristiche delle riforme che venivano proposte. L'abbiamo verificato anche qua, a livello regionale, perché questo tipo di analisi che ho fatto non significa certamente che tra maggioranza e minoranza, tra espressione di Governo e opposizione, non ci possa e non ci debba essere di volta in volta un confronto serio, aperto e anche dei correttivi, se dalla discussione emerge la necessità di farlo, ai singoli provvedimenti che vengono proposti. Ma è quando da parte di una maggioranza si accetta o si parte dal presupposto che si possano mettere in discussione i principi ispiratori di una riforma, che evidentemente si cade e si permette l'ampliarsi di una dimensione di carattere assembleare che è il contrario di una possibilità di Governo e di indirizzo di organi pubblici e di organi operativi come devono essere gli organi istituzionali moderni.
Tutto questo che cosa significa? Questa è una linea portata avanti con molta coerenza dal PCI, è più un fatto forse istintivo che una chiara consapevolezza di obiettivi nella misura in cui il PCI ha dovuto uscire da una posizione difensiva dal '48 in poi, con una prospettiva che non è certo quella di prendere il potere, ma che è la prospettiva di assumere e di conquistare poco per volta le maggiori frange possibili di potere a livelli periferici, approfittando dell'articolazione che oggi uno Stato moderno come si avvia ad essere il nostro, permette attraverso l'articolazione di centri decisionali e istituzionali. Questa è anche una politica - io cerco di centrare le responsabilità dell'estrema sinistra in questo - che di fatto scardina le istituzioni, perché distrugge le possibilità di Governo crea situazioni di conflittualità permanente, distrugge, ove ce ne siano quegli indirizzi coerenti che attraverso il Governo, come espressione di una maggioranza, devono essere garantiti al Paese e alle istituzioni.
Direi di più ai comunisti su questo piano: è questa realmente una politica di sinistra? Se la politica di sinistra, come mi sembra indubitabile, è una politica di sviluppo programmato globale, una politica cioè che fa delle scelte di priorità, non può non significare indirizzo chiaro e omogeneo ai vari livelli, collegamento armonico tra i vari centri decisionali e non conflittualità fra tutti gli organi dello Stato, ma sforzo di dare coesione a tutto l'insieme dello Stato, per raggiungere gli obiettivi che il Parlamento esprime sulla programmazione nazionale. E questo che cosa significa? Che tra certi obiettivi di fondo della politica economica che le forze di sinistra devono riuscire a darsi - e cioè: l'industrializzazione del Mezzogiorno, il rovesciamento di certe tendenze qualitative dello sviluppo economico nel senso di maggiori servizi di carattere pubblico, di ampliamento dei consumi di carattere sociale - e tra questo tipo di politica istituzionale c'è una contraddizione insanabile tanto più insanabile in quanto si concepisce il rapporto tra sindacati programmazione e organi di Governo, come un rapporto del tutto particolare cioè si concepiscono da parte del PCI i sindacati non come soggetti di programmazione, come elementi che nel contesto della programmazione arrivino a determinare delle proprie esigenze e a doverle comporre in un quadro organico di obiettivi, che poi è il Parlamento che deve sanzionare ma invece come variabili indipendenti che si tengono slegate da tutte le decisioni che possono essere impegnative sul piano della programmazione economica, per avere sempre e comunque la massima libertà d'azione. Questo significa teorizzare, anche sul piano economico, una conflittualità permanente che è l'esatto contrario delle possibilità di programmazione. E se oggi ci sono delle crisi sul piano sindacale non sono tanto manovre di destra contro tendenze di sinistra, ma perché c'è una larga parte del mondo operaio che oggi si rende conto che la conflittualità permanente, cioè il rifiuto di un dialogo globale con i centri che determinano la politica programmata a livello nazionale e l'assoggettarsi quindi a certi vincoli, è un rifiuto che di fatto scardina le possibilità di avanzamento democratico.
Altro che tentativi reazionari o frazionistici! Il mondo operaio oggi queste cose comincia ad avvertirle, c'è una notevole stanchezza verso una politica di conflittualità continua che non ha sbocchi chiari nelle scelte programmatiche nazionali.
Questo è il disegno del PCI, questi sono i suoi limiti che noi come partito repubblicano abbiamo individuato e abbiamo cercato con un rapporto dialettico che credo ci dovrà essere dato atto non è mai mancato come tentativo di chiarimento reciproco di posizioni e mi sembra che certe posizioni gli esponenti comunisti, a cominciare dal Vicesegretario del partito, in questi ultimi due anni, abbiano recepito il significato di alcune osservazioni di carattere concettuale su una politica di sinistra e siano riusciti a portarlo a livello di dibattito anche nel loro partito. Ma se queste sono le contraddizioni che noi cogliamo, cos'è che ha portato il Paese a questa situazione di crisi che oggi si riflette all'interno del Consiglio Regionale Piemontese? Cos'è che soprattutto ha portato a questo deterioramento dei partiti di centro-sinistra? Dicevo all'inizio che dobbiamo fare un'analisi delle responsabilità, responsabilità innanzi tutto della D.C. come componente fondamentale di questa maggioranza in quanto ha perpetuato certi tipi di tecniche di governo, di fatto ha rifiutato in molti casi di fare delle scelte, di imporre all'amministrazione statale e a tutte le organizzazioni dello Stato le scelte che dal piano discendevano necessariamente per l'organizzazione dello Stato e al limite anche per il Parlamento. Il modo con cui ad esempio l'on. Andreotti ha concepito la tecnica di discussione in Parlamento delle riforme presentate dal Governo è l'assoluta negazione di una possibilità di governare secondo una politica programmata; il modo con cui Bassetti e certi Presidenti di Giunte Regionali, sulla scia di certe teorizzazioni quali quelle del prof. Elia hanno cercato di contestare lo Stato e di dare alle Regioni un ruolo contestativo dello Stato anziché un ruolo coesivo di una diversa concezione dello Stato è un altro elemento che ha alterato fortemente il quadro politico nel quale si andavano collocando. E, volendo risalire ancora più in là, il modo con cui l'on. Moro come Presidente del Consiglio ha governato per tre anni nel momento in cui si è realizzato il centro sinistra organico, dal '63 in poi, non è certamente un modo deciso e coerente di portare avanti una politica nuova. Di qui è nata la crisi dello Stato, delle istituzioni, le difficoltà ricorrenti alle quali oggi ci richiamiamo.
Ma direi che analogo discorso, per altri versi, noi dobbiamo fare anche al PSI che in questi anni, attraverso fasi alterne, ha combattuto, è stato dilacerato da tentazioni e da tensioni completamente diverse: da una concezione come quella autonomista che doveva portarlo a configurarsi come forza di Governo democratica ma moderna, capace veramente di portare avanti un discorso non solo di razionalizzazione ma di democratizzazione dello Stato, con le leve del Governo in mano, cioè con questa visione di programmazione globale e di Governo coerente a tutti i livelli che lo indicano come essere l'autentica ispirazione di una forma di sinistra nei paesi di democrazia occidentale; è stato dilacerato fra questa tensione tra questa indicazione politica e le componenti massimalistiche che sono rimaste all'interno del Partito Socialista, a tutti i livelli, la contraddizione tra quello che può e deve essere una forma di sinistra moderna e un tipo di radicalismo, di massimalismo che oggi con lo Stato moderno veramente non ha più niente a che fare, che non è collegamento con le forze di classe, è una tentazione di tipo massimalistico che non ha possibilità di coesistere con le responsabilità di Governo. E se il PSI questa contraddizione al suo interno non la risolve, porterà sempre nelle coalizioni che si potranno realizzare un tipo di tensione, di azione politica incoerente e improduttiva rispetto agli obiettivi democratici che il PSI certamente si dà e rispetto al tipo di tensione morale che tutto il partito certamente ha.
Un dato significativo da questo punto di vista è stata la riunione della direzione del PSI a livello nazionale dopo le elezioni del 13 giugno quando, dopo i risultati elettorali ed i principi dati che lo stesso Ministro al bilancio socialista consegnava sull'andamento dell'economia nazionale, gli unici elementi che sono venuti in discussione all'interno del PSI sono stati elementi di schieramento di carattere massimalistico cioè una contrapposizione, non di cose concrete, ma di un discorso di schieramenti nuovi che avrebbero dovuto modificare la situazione del Paese.
La concretezza non viene certamente dal discorso delle riforme; di riforme ne abbiamo fatte, non è vero che il Centro-Sinistra non ne abbia fatte. Ad esempio la nazionalizzazione dell'energia elettrica è stata fatta e doveva significare razionalizzazione di tutto il settore, si pensava che dovesse rappresentare la possibilità di un aumento di produttività del 10/15 per cento all'anno attraverso la fusione di tutti gli organismi e di tutti gli operatori che prima erano a carattere privato; ma tutto questo si è sprecato in un'attuazione della riforma che è stata veramente illusoria con sì, un Presidente dell'Enel D.C., ma anche con un Vicepresidente socialista, che ha sprecato tutte le possibilità operative e di modifica di certe politiche dell'Ente in una politica interna sotto la spinta sindacale che ha riconvertito in redistribuzione di reddito interno tra i dipendenti dell'Enel tutte le possibilità immense che l'Enel aveva di agire sull'economia del Paese con politiche tariffarie, di investimenti e di indirizzo degli investimenti diversi. Questo non è che un esempio. Su queste cose non bisogna fare la mistica delle riforme, le riforme sono una cosa seria se si realizzano tecnicamente bene e si sanno gestire bene; se si realizzano male e si gestiscono male, si getta il Paese in avventure e in tipi di avventure quali quelle che oggi dobbiamo registrare.
Questo tipo di analisi è quella che noi dobbiamo consegnare all'attenzione delle forze politiche che sono in Consiglio e all'attenzione generale dell'opinione pubblica. Non ha senso parlare né di colpevolezza del PSI né di sterzate a destra in senso moderato piuttosto che in senso avanzato, ma di chiarimenti profondi che devono nascere da un approfondimento di carattere innanzi tutto culturale, poi politico sui grandi temi di sviluppo del Paese, sui quali ci sono ancora oggi troppi e troppo grandi equivoci. E il problema è quello di articolare in Consiglio il tipo di dibattito, di prospettiva di lavoro, di discussione che ci permette di ritrovare quelle convergenze che oggi si vanno perdendo.
Cosa rappresenta questa soluzione che oggi proponiamo al Consiglio soluzione che è chiaramente nell'ambito del centro sinistra? Per noi rappresenta il fatto che, malgrado tutte le affermazioni che si sono fatte noi nella D.C. piemontese, senza fare nessuna distinzione tra le sue componenti, attraverso il Presidente che ha espresso e che ripropone oggi al Consiglio, abbiamo trovato una proposta di politica istituzionale per quanto riguarda la Regione, che coincide perfettamente col discorso che ha fatto sempre il PRI.
Il collega Berti citava una parte delle dichiarazioni del Presidente Calleri nella presentazione della Giunta quadripartita. Come sempre capita quando si isolano una o più frasi dal contesto di carattere generale, molto spesso si rischia di stravolgerne il senso.
Se Berti fosse andato avanti non più di venti righe, avrebbe trovato un'esplicitazione di modi con cui questa nuova politica regionale si doveva realizzare e l'indicazione che allora il Presidente Calleri dava del modo in cui doveva essere concepita l'autonomia regionale e il ruolo delle Regioni, i rischi a cui si andava incontro concependo la Regione come momento contestativo dello Stato, instaurando all'interno della Regione una visione di carattere assembleare che negasse all'organo espressione della maggioranza la possibilità di governare e di impostare il momento programmatorio regionale in modo corretto. Avrebbe trovato anche l'indicazione del modo corretto con cui la partecipazione si poteva articolare, cioè nel momento della formulazione tecnica delle leggi, senza stravolgere le possibilità di governo e di indirizzo che la Giunta Regionale deve poter dare.
Questo è il tipo di discorso istituzionale che facevo prima, e che il PRI ha sempre portato avanti e in cui crede: la Regione come momento di una organizzazione dello Stato che con coerenza, attraverso uno sforzo di coesione tra tutti i livelli dello Stato, possa permettere una programmazione globale. Direi che ricollegandoci a questo disegno, a questo tipo di impegno che fino ad oggi non abbiamo visto disatteso, votiamo questa Giunta tripartita che viene proposta al Consiglio. La votiamo nella certezza che se le condizioni generali delle forze politiche lo permetteranno, se questo discorso di approfondimento sui contenuti e sugli obiettivi di una politica di programmazione economica riusciranno a realizzarsi tra i partiti di centrosinistra, questa Giunta che non è certo balneare arriverà a determinare gli elementi di convergenza, di sicurezza e di coesione, che possano riportare tutti i partiti di centro sinistra al governo della Regione.
E' con questa fiducia, con queste aspettative, con queste speranze che il Partito Repubblicano dà il suo voto favorevole alla Giunta che viene proposta.



PRESIDENTE

E' iscritto a parlare il Consigliere Garabello, ne ha facoltà.



GARABELLO Enzo

Signor Presidente, colleghi Consiglieri, ritengo necessario intervenire nel dibattito sulla formazione del Governo della Regione Piemonte, per puntualizzare la posizione della sinistra D.C. Se il mio discorso non sarà ampio nell'analisi, nelle implicazioni di vario genere come è stato di altri discorsi in questo Consiglio, è perché mi sono posto dei limiti di tempo che cercherò di rispettare. Del resto la posizione della sinistra D.C. in questa crisi è nota, essendo ormai assodato che le discussioni che oggi avvengono tra i partiti e nei partiti ricevono di fatto ampia pubblicizzazione e ciò avviene anche attraverso una stampa cattolica attenta a cogliere i fenomeni di vita sociale e politica e tanto più significativa in quanto oggi, nello spirito conciliare dell'autonomia dei laici impegnati sul piano politico, essa esprime un pensiero autonomo culturalmente impegnato e quindi non strumentalizzabile da chiunque e in nessun senso.
E' noto che la nostra posizione è stata e rimane contraria alla motivazione sull'apertura della crisi, al suo svolgimento, alle conclusioni politiche cui si è pervenuti nonostante interventi di contrario avviso degli organi centrali del partito. Abbiamo cercato, con dignità e fermezza di far valere nel dibattito di partito le nostre fondate convinzioni sui rischi che la rottura del quadripartito, linea politica ufficiale della D.C. confermata ancora ieri dal segretario Forlani, comporta per la continuità non solo locale della politica di centro sinistra che fin dall'inizio, da più parti fu definita in termini di occasione storica, di ampie prospettive. E si è dimostrato di fatto non avere possibilità risolutive di grossi problemi della nostra società. E non è di oggi la manifestazione delle nostre preoccupazioni nel constatare come il centro sinistra, tuttora capace di cogliere la sostanza delle istanze popolari per una coraggiosa politica di riforme avanzate da una classe lavoratrice più unita e consapevole, riveli non poca incertezza, non poche smagliature nell'individuare le strade e i metodi per definire le riforme in sede legislativa in modo che la legislazione ne risulti tanto certa e coerente quanto realistica. E per attuarle attraverso un'azione di Governo tanto unitaria e gradualistica quanto univoca e comprensibile, in una parola individuando e perseguendo una volontà politica che sappia offrire al popolo italiano un quadro di fiducia e di certezza. Quadro che si rifà alla visione degasperiana; lo steccato abbattuto negli anni '50 tra cattolici e laici e che negli anni '60 ha trovato logico e consequenziale sviluppo nell'abbattimento dello steccato tra cattolici e socialisti. L'integrazione dell'abbattimento di questi due steccati è l'elemento portante della politica D.C. di questi anni e quindi io devo obiettare all'amico avv.
Oberto che è una cosa diversa la situazione nazionale con parziale disimpegno del Partito Repubblicano, rispetto ad una situazione di centro sinistra in cui non sia presente il Partito Socialista. Il PRI appartiene a quella prima fase di apertura dei cattolici verso il mondo laico, il PSI è l'elemento determinante della seconda fase e pertanto solo in una simbiosi in una compenetrazione di questi due momenti noi possiamo trovare veramente una visione organica del centro-sinistra. La nostra convinzione di regionalisti da sempre ci aveva fatti certi che la riforma regionale dell'estate, riforma programmatoria, autonomistica, partecipativa, frutto del centro-sinistra, avrebbe esaltato le potenzialità del centro-sinistra stesso come guida politica del progresso civile, economico e sociale. E di questa prospettiva siamo tuttora convinti. E' per questo che ci siamo mossi a difesa del quadripartito, cercando di far prevalere nel confronto di verifica una linea più incisiva ed articolata per puntasse però a mettere in rilievo i punti di comune accordo piuttosto che, in una contrapposizione frontale fra D.C. e P.S.I., quei punti di contrasto, individuati e da individuarsi, per affrontarli con seri intendimenti risolutivi. E vediamo ancora utile la nostra funzione in questa direzione, per mantenere aperto il dialogo fra la D.C. e il PSI. In questo senso è chiaro che il nostro dissenso rispetto alle dichiarazioni dei comunisti è netto. Noi non concordiamo con la posizione dei comunisti che plaudono ad una posizione di sganciamento, di liberazione, di equilibri diversi da parte del PSI che comprendono la sua rottura rispetto ai partiti del Centro-Sinistra. In questo senso vi è ampio dissenso e speriamo soprattutto che non vi sia dissenso nell'approfondimento dei temi seri di politica con il PSI.
Dicevo che se in questa direzione di mantenere aperto il dialogo vediamo una funzione nostra, la vediamo tanto più dopo questa seduta di Consiglio Regionale dove abbiamo sentito dei discorsi di contrapposizione talmente netta, talmente pesante, certamente difficile a superare che speriamo comunque con maggior impegno di essere ugualmente nelle condizioni di poter agevolare. In questo senso va pure intesa la nostra non partecipazione alla Giunta. Da questa posizione che ci costa, come di solito costano gli atteggiamenti coerenti, riteniamo di poter essere nelle migliori condizioni per richiedere a tutti i partiti del centro-sinistra una meditazione ed una misura più attenta delle proprie posizioni.
Riteniamo che nell'auspicata ripresa di rapporti quadripartiti i patti relativi siano stipulati con maggiore chiarezza di quanto è avvenuto per il passato; patti più chiari, più articolati, più criticamente analizzati possono richiedere più tempo e fatica nella stipula, ma possono produrre un clima diverso nella collaborazione. Una maggioranza più schietta e senza sottintesi è più drammatica e come tale offre maggiori garanzie operative.
Noi temiamo le ulteriori divaricazioni che possono sorgere tra le forze del centro-sinistra per la presenza di un tipo di Giunta che rompe con il PSI e per la verità abbiamo seriamente operato affinché, pure nella formazione di questa Giunta, fosse dato maggiormente il senso di una volontà che pure è stata largamente affermata nell'interno della maggioranza paritaria di una separazione transitoria piuttosto che di un divorzio irrevocabile (noi siamo antidivorzisti anche tra le forze politiche). Avremmo cioè preferito una Giunta più ristretta nel numero degli Assessori, a testimonianza di una disponibilità e di una possibilità di ripresa del dialogo. Pensiamo che una tale soluzione avrebbe attenuato la contrapposizione su motivazioni pregiudiziali a muso duro, che hanno provocato il primo atto, peraltro se si vuole non irreparabile, di un allargamento della crisi al Comune e alla Provincia di Torino; tale allargamento è da noi giudicato deleterio perché, contrari ad una crisi siamo maggiormente contrari a tre crisi.
Ci sia consentito auspicare che i necessari contatti per scongiurare la caduta delle due grosse amministrazioni che stanno operando fra difficoltà obiettive crescenti, ma con indubbia efficacia e in valida collaborazione di centro-sinistra organico, riportino i quattro partiti al tavolo della trattativa senza quello che ho definito prima il "muso duro".
Una parola - e concludo - sulla confluenza del Partito Liberale. Non è nuova l'intenzione e l'attitudine dimostrata dal PLI di inserirsi nuovamente nella maggioranza. Del resto qui siedono esponenti significativi di tale tendenza. Da diversi partiti del centro-sinistra e forse con opposte intenzioni, più o meno scoperte, vengono fornite patenti e credenziali al PLI. Al PLI noi chiediamo semplicemente di voler chiarire come si possa, con tutta tranquillità, votare contro o a favore, a seconda delle circostanze, per le stesse dichiarazioni programmatiche. Noi rileviamo soltanto che non si può far passare un programma confermato nelle linee essenziali a suo tempo concordato nel quadripartito di centro sinistra (pag. 3 del documento) con l'eliminazione dell'ala sinistra e con l'inserimento, anche se non previsto dal documento della maggioranza, di un'ala destra, se pure dichiaratamente centrista, senza sfuggire ad un giudizio di trasformismo, fenomeno noto nella vita politica italiana prefascista cui si è largamente riferito il Presidente della Giunta stamane in aula e anche in un'intervista ad un giornale cittadino, trasformismo da cui pensavamo e speravamo che proprio l'avventura ventennale del fascismo e la Resistenza ci avessero definitivamente vaccinati.
La scelta a qualcuno potrebbe sembrare indifferente, ma per noi non lo è. Programmi di riforme e piattaforme politiche o sono legati in modo coerente e operativamente incisivo ed allora determinano il clima di fiducia e certezza nel Paese che primo ho ricordato; oppure portano conseguenze anche elettorali (vedi 13 giugno) che poi si scontrano nella difficoltà di interpretazione e di superamenti in termini di avanzamento democratico, anziché di timore e di involuzione. A questo proposito potrei anche entrare in dialogo col MSI e con le sue macabre impostazioni di tombe e di cadaveri, ma credo che in proposito penserà qualcuno dei rappresentanti ufficiali della maggioranza a cui non ho nessuna difficoltà ad associarmi.



CARAZZONI Nino

Ci stai facendo ricuperare i voti che stamattina l'avv. Oberto tentava di sottrarci.



GARABELLO Enzo

Sul PLI in generale, mi rifaccio alle dichiarazioni sul quadro politico fatte stamane dal Capogruppo avv. Bianchi. Dobbiamo pero dichiarare che non accettiamo l'inserimento del PLI come fatto di puro pragmatismo o di realismo politico o addirittura come fatto tecnico. In merito ci rimettiamo alle decisioni sul quadro dell'alleanza a suo tempo prese dal Congresso e dal Consiglio Nazionale della D.C., nonché al documento programmatico che delimita la maggioranza nell'ambito del centro-sinistra; e ci parrebbe pertanto incoerente che questo documento fosse disatteso dal primo atto politico che si compie in questo Consiglio Regionale, sul documento stesso.
E' per questo che abbiamo chiesto e chiediamo chiarezza sul significato politico del voto liberale, senza sollevare - e l'avv. Oberto me lo vorrà permettere - questioni di carattere geografico.



PRESIDENTE

E' iscritto a parlare il Consigliere Vera, ne ha facoltà.



VERA Fernando

Signor Presidente, signori Consiglieri, la posizione del PSDI nella vicenda di questa crisi e nella sua soluzione, anzi, più che nella vicenda della crisi io direi in tutto il periodo di collaborazione del centro sinistra che ha preceduto la crisi è di una chiarezza e linearità tali che ci dispensano da lunghe e prolisse giustificazioni. Noi abbiamo firmato con gli altri tre partiti di centrosinistra, degli impegni che prevedevano il realizzarsi di certe condizioni, abbiamo mantenuto in ogni nostro atteggiamento fedeltà a quegli impegni e li abbiamo mantenuti anche quando sono venute meno alcune delle condizioni che nei documenti allora firmati erano introdotte; li abbiamo mantenuti quando abbiamo visto formarsi delle amministrazioni comunali diverse dalla formula e dalla politica di centro sinistra ove invece sarebbe stato possibile costituirne di centro-sinistra e l'abbiamo fatto non perché non giudicassimo importanti queste amministrazioni comunali, perché riteniamo che il centro-sinistra non possa essere soltanto un fatto verticistico, ma che sia soprattutto importante che esso fondi le sue radici alla base della vita politica ed amministrativa del Paese in quei Comuni di cui giustamente diceva Toqueville che sono la base prima della democrazia in qualsiasi paese che voglia dirsi democratico. L'abbiamo fatto perché ritenevamo che attraverso l'evolversi della politica di centro-sinistra fosse possibile sbloccare quelle situazioni in cui non noi, ma altri contraenti erano venuti meno agli impegni presi e abbiamo mantenuto fede alla politica di centro sinistra e agli impegni assunti con gli altri partiti di centro-sinistra anche quando abbiamo visto in molti degli organismi eletti nel giugno scorso verificarsi una confusione di compiti e di funzioni tra la maggioranza e l'opposizione di estrema sinistra, con una non ben chiara linea di demarcazione (tra questi organismi anche il Consiglio Regionale Piemontese). Abbiamo mantenuto questa fedeltà quando abbiamo visto assumere negli organismi elettivi da parte dei rappresentanti di uno dei partiti di centro-sinistra, posizioni difformi da quelle che venivano decise negli esecutivi in cui erano presenti tutti c quattro i partiti della maggioranza. Abbiamo mantenuto questa fedeltà malgrado il levarsi ripetuto a cominciare da questo Consiglio Regionale nella sua prima riunione, di voci che dichiaravano superata la formula del centro-sinistra in nome e a favore di non ben chiari equilibri più avanzati.
Tutto questo, colleghi Consiglieri, significa che la crisi non è scoppiata estemporaneamente, non è scoppiata perché una mattina il Presidente Calleri si è alzato di cattivo umore dopo aver passato una brutta nottata, ma è scoppiata nel momento in cui elementi catalizzatori tra i quali certamente non va sottovalutato il risultato delle elezioni del 13 giugno, hanno provocato l'esplosione dei numerosi elementi di crisi che erano rimasti latenti in un anno di vita politica della nostra Regione. La crisi ha dato ragione a chi, come noi, in quest'anno ha più volte lanciato grida d'allarme nei confronti di una situazione che giudicavamo pericolosa se non esplosiva; ma noi non ce ne rallegriamo, anzi, esprimiamo il nostro rammarico, perché valutiamo l'importanza della presenza del PSI nella coalizione e valutiamo soprattutto l'importanza di un'adesione più in prospettiva, di un'adesione anche diversa da quella che è stata data da quel partito, un'adesione che avremmo voluto senza riserve a una politica globale e coerente di Centro-Sinistra. Noi sappiamo ora che più difficile sarà il cammino e più duro il nostro compito di rappresentanti della sinistra democratica agli effetti della realizzazione del programma di centro-sinistra. Per queste ragioni, nel corso degli incontri, delle trattative che hanno caratterizzato la crisi, abbiamo più volte, attraverso gli organi regionali del nostro partito, rivolto un reiterato invito al PSI perché si incontrasse con gli altri tre partiti nell'accettazione di una globale e coerente politica di Centro-Sinistra in tutta la Regione. Ed è con rammarico che abbiamo constatato la dichiarata indisponibilità del PSI a queste condizioni.
Noi abbiamo accettato la proposta di una Giunta tripartita presieduta dal dott. Calleri che già presiedeva la Giunta dimissionaria e col programma della Giunta dimissionaria per dare un governo alla Regione, per mantenere in questo modo credibilità all'istituto regionale e soprattutto per permettere al governo della Regione di affrontare una situazione economica che giudichiamo difficile, pericolosa, che si riflette sulla collettività regionale ma specialmente sulla classe lavoratrice, situazione che ha dei riflessi sulla vita stessa delle organizzazioni dei lavoratori.
E' di ieri la coraggiosa presa di posizione sotto la pressione di migliaia di lavoratori democratici di uno dei tre sindacati nei confronti di un discorso strumentale che mira a distruggere la democrazia di rappresentanza e di decisione degli organismi di lavoratori e a trasformarli in uno strumento di eversione dello sviluppo economico del Paese.
Dicevo che abbiamo accettato di dar vita assieme agli altri due partiti a questa Giunta tripartita e l'abbiamo fatto però con la prospettiva che non siano pregiudicate le possibilità di una ripresa del dialogo con tutti i partiti del centro-sinistra, quindi anche col PSI. Noi pensiamo che la qualificazione della Giunta avverrà sul programma e sulla sua realizzazione ed è qui che si verificheranno le disponibilità delle forze presenti in Consiglio e la loro collaborazione. Noi ci auguriamo che sulla realizzazione del programma il PSI, che ha contribuito alla redazione dello stesso al momento della formazione della precedente Giunta quadripartita non vorrà far mancare la sua collaborazione che può certamente contribuire in modo importante e determinante ad una ripresa del dialogo con quel partito; anche se non possiamo tacere che la decisione presa dal PSI, in conseguenza della formazione della Giunta tripartita, di far cadere le amministrazioni di centro-sinistra nelle Province e nei Comuni, non aiuta questa possibilità di dialogo ma viene a rappresentare una grossa remora e soprattutto una contraddizione con impegni che sono stati presi non soltanto con noi, ma anche con gli elettori.
Per quanto ci riguarda il nostro impegno nei confronti della realizzazione del programma è totale e potrebbe anche portarci, se necessario, a una diversificazione, pur sempre nei limiti dei diritti e dei doveri che competono ad un componente di coalizione di forze democratiche.
Il nostro partito, fedele alla politica che gli è propria di sinistra democratica, di sinistra nella libertà, si batterà per le riforme sul terreno della concreta realizzazione e nel quadro della difesa delle possibilità di sviluppo economico del Paese. Noi respingiamo l'interpretazione di svolta a destra, di involuzione a destra che si vuole dare a questa crisi che noi non abbiamo voluto, di cui non siamo responsabili, di cui non sono responsabili le forze che compongono la Giunta tripartita. Noi respingiamo soprattutto questa interpretazione perché la riteniamo storicamente impossibile, in un mondo che cammina nel senso della partecipazione del maggior numero possibile di cittadini e soprattutto di lavoratori al progresso economico e sociale, che cammina non tanto verso una sinistra topografica di schieramento, quanto veramente verso una sinistra di sostanza, un mondo nel quale vediamo che anche forze politiche in passato allineate su posizioni di conservazione, quali ad esempio il PLI, si sono trovate sempre più spesso su posizioni aperte di esigenze riformatrici, come ha riconosciuto - sia pure rientrando in un suo intelligente disegno politico - il Segretario del PSI, on. Mancini; in un mondo di questo tipo noi pensiamo che non vi possa essere altra prospettiva che quella offerta da un programma di riforme che attengano alla vita e alla condizione sociale, culturale ed economica di tutti i cittadini.
Noi pensiamo che il 1948 è un anno lontano nel tempo e nella storia e che la lotta per la libertà si svolge oggi in un altro modo, con altri mezzi, in altri campi, tenendo presenti le esigenze dei giovani, dei lavoratori, delle donne, mostrando loro che la democrazia, con tutti i suoi difetti, è il miglior, o se volete il meno cattivo dei sistemi di conduzione politica e che nei risultati, nelle possibilità riformatrici che attengono veramente alla condizione umana, è il sistema più efficiente.
Basta un confronto su quanto avviene, su questo piano, nei regimi totalitari di destra o di sinistra. Ed è per questo che noi pensiamo vadano bloccate soluzioni estremiste che, come ricordava stamane il Presidente Calleri, sono la premessa di svolte a destra estremamente determinanti perché portano da soluzioni di destra a soluzioni autoritarie e poi a soluzioni totalitarie. Quindi è un dovere che abbiamo, soprattutto nei confronti dei giovani, di offrire loro una situazione non compromessa definitivamente quale sarebbe la soluzione totalitaria, ma una situazione che offra invece un ampio vantaggio di possibilità evolutive.
Per concludere, il PSDI ha dato, nelle firme al documento presentato in Consiglio e lo darà col voto, il suo appoggio alla Giunta tripartita che si viene a costituire; lo darà interpretando il voto degli elettori che in due consultazioni elettorali svoltesi tra il giugno scorso ed oggi, hanno dato al PSDI il loro voto quale istanza di progresso nella libertà, nell'ordine nella difesa della legalità repubblicana.



PRESIDENTE

E' iscritto a parlare il Consigliere Zanone, ne ha facoltà.



ZANONE Valerio

Signor Presidente, colleghi Consiglieri, è stato qui ricordato da numerosi intervenuti, che la crisi si inserisce in un contesto più ampio come del resto dimostrano gli abbondanti riferimenti che nel corso del dibattito sono stati fatti non solo alla situazione attuale e regionale, ma alla situazione storica, nazionale ed internazionale.
Io mi fermerò al nostro livello, non senza un punto di riferimento a ciò che accade nei Consigli regionali di altre Regioni. Non c'è dubbio che gli schieramenti politici sono in movimento, dalla Liguria, alla Campania alla Sicilia dove all'interno del centro-sinistra i franchi tiratori hanno aperto la sparatoria già sull'elezione del Presidente dell'assemblea.
Quanto a noi, in realtà questa seconda crisi della Giunta Regionale Piemontese, non è se non la continuazione della prima crisi che in alcuni mesi di trattative non pervenne a risolvere le divergenze che esistevano fra i quattro partiti di centro-sinistra. Quando si costituì la Giunta oggi dimissionaria, il gruppo liberale dichiarò che restavano insoluti certi equivoci di fondo sui rapporti politici all'interno della coalizione di maggioranza e nei rapporti tra la maggioranza e l'opposizione comunista. Ed ora ci troviamo qui a prendere atto che la nostra dichiarazione era nel vero.
Il chiarimento che è stato promosso dal Presidente Calleri, era ed è certamente opportuno e inderogabile, ma passa per il riconoscimento che non fu ottenuto alla chiusura della crisi precedente e che invece è esplicitamente pronunciato in questa mozione: il riconoscimento che la coalizione di centro-sinistra non può, come qui elegantemente si dice essere concepito come "un assoluto concettuale", ma è una scelta possibile a determinate condizioni, però non è uno stato di necessità irreversibile e obbligatorio che dobbiamo accettare come una fatalità.
E' proprio il mito assurdo di questa irreversibilità la causa che ha prodotto a nostro avviso, all'interno del PSI, la politica del doppio binario che oggi è giustamente deplorata e ricusata dai democristiani, dai socialdemocratici e dai repubblicani; perché la irreversibilità vuole anche dire immunità per le dissidenze interne alla coalizione, vuole anche dire indebito vantaggio di posizione che viene accordato ad un massimalismo risorgente, il quale gestisce il potere in una coalizione democratica e nello stesso tempo organizza la contestazione dello stesso potere all'interno di un'altra coalizione, di una coalizione di sinistra in attesa che essa divenga a sua volta la "grande coalizione", cioè la formula di successione alla presente formula di governo.
Io mi esimerò da molte considerazioni che pure mi piacerebbe fare e vorrei dire a questo punto che credo sia interesse di tutti non fermarsi ad una considerazione statica degli schieramenti che sono in atto, perché ci che interessa tutti, nella diversità delle tendenze e dei rispettivi obiettivi, è l'individuazione degli sviluppi che si preparano a livello regionale e forse a livello nazionale.
Noi dobbiamo avere ben presente che la democrazia italiana, l'area democratica nel suo complesso, cioè nell'arco che comprende i tre partiti sottoscrittori di questa mozione, il PSI e il PLI, non è senza avversari, e che questi avversari, con le elezioni del 13 giugno, sono fortemente cresciuti sulla destra. I risultati del 13 giugno dimostrano che i margini dell'area democratica nel suo complesso si vanno riducendo e vi è in atto una spinta reazionaria non solo nell'eterna Vandea meridionale, ma forse in tutto il Paese, quindi devono indurre tutte le forze democratiche a cercare, superando gli ideologismi e i formalismi di schieramento, a fare ciò che si può fare insieme, nel reciproco rispetto e nella reciproca autonomia per una gestione democratica che sia più razionale e più coerente.
Dal punto di vista liberale, riprendendo il discorso fatto stamane dal collega Oberto, penso si possa oggi riconoscere, come ha fatto non per la prima volta l'on. Mancini, che il nostro partito non si è sottratto ai suoi obblighi di intransigenza democratica, perché di fronte ad un elettorato parzialmente immaturo e a un'opinione pubblica largamente sconcertata, il PLI il 13 giugno ha pagato un prezzo grave per la propria ribadita fedeltà ai valori e ai metodi della democrazia. Caro Garabello, se l'abbiamo fatto non è per inserirsi di soppiatto nell'area di governo, non è per concorrere alla spartizione delle spoglie che ha tanta parte, forse troppa, nella logica delle forze governative tradizionali. Anche in questo Consiglio, in passato, si è ricordata l'ingiusta e ingiuriosa definizione che vorrebbe i liberali ruota di scorta del centro sinistra, definizione indecorosa non per noi, ma per chi la pronuncia, visto che a suo tempo fu coniata dal segretario del Movimento Sociale.
Questo richiederebbe uno di quei discorsi più ampi ai quali ritengo si possa qui rinunciare sulla comune adesione a determinati principi: per cui le definizioni che vengono dal MSI su un partito appartenente all'area democratica non si può pretendere che siano accolte da questo partito come definizioni di autenticità.
Noi crediamo, (in quanto possibile, ma cerchiamo di crederci nella maggior misura possibile), nel confronto delle tesi che si conducono all'aperto nella discussione consiliare e perciò non per manovre tattiche ma proprio per necessità di chiarimento abbiamo deliberato che il nostro voto su questa mozione sarà stabilito alla chiusura del dibattito e sarà comunicato al Consiglio dalla dichiarazione del nostro Capogruppo Fassino.
Ma il collega Garabello mi pare dia per inteso che noi ci accingiamo ad un voto favorevole e ne sia gravemente preoccupato. Io cercherò, per quanto posso, di venire incontro alla sua preoccupazione, rispondendo alla domanda che ci ha posto: si può, senza cadere nel trasformismo, votare pro o contro il medesimo programma? Direi che questa mozione non è un programma; vi è un programma della Giunta, vi sono le dichiarazioni programmatiche del Presidente della Giunta oggi dimissionaria che noi a sua tempo abbiamo ampiamente discusso e criticato; attendiamo le dichiarazioni programmatiche della nuova Giunta e le esamineremo per quello che conterranno. Fino ad oggi votiamo su una mozione di indirizzo politico e questo indirizzo politico non è il medesimo di quello con cui fu eletta la Giunta precedente. Nelle prime righe si legge che "l'assenza del PSI modifica il disegno di alleanza organica quadripartita di centro-sinistra che era stato perseguito o realizzato nelle Giunte precedenti", e alla pagina successiva si legge che "l'atteggiamento del PSI ha provocato il deterioramento e il logoramento di una politica di alleanza la cui validità non può certo essere concepita come un assoluto concettuale".
Le ultime tre pagine della mozione poi, sono un "invito alla chiarezza" e leggendole mi è parso di capire che questo invito alla chiarezza sia essenzialmente, da parte dei sottoscrittori della mozione, una revisione di tipo autocritico. Se poi questa crisi e questa mozione significassero che nulla cambierà nell'operato concreto della maggioranza, allora dovremo ribaltare sulla maggioranza e quindi anche sul collega Garabello che ci risulta farne parte, sia pure con entusiasmo alquanto tiepido, l'accusa di trasformismo, allora il trasformismo starebbe da quella parte.
Noi, in questo momento, vorremmo soltanto fare qualche precisazione e quella che preme fare a me è che non ci riteniamo, quale che sia l'uso che gli altri partiti vorranno fare di questa nostra manifestazione di intenzione e di volontà, non ci riteniamo e non siamo un contrappeso da destra all'uscita del PSI dalla maggioranza. Non stiamo qui a ripristinare tutto il discorso dottrinario sulle divergenze e le somiglianze che ci sono fra i liberali e i socialisti in una società moderna. Certo, come si dice i liberali e i socialisti vengono da lontano, vengono da strade diverse anche se un papato antimodernista li accomunò a suo tempo nella stessa condanna come il volto bifronte della civiltà moderna, tesi poi riveduta dalla dottrina sociale cattolica. Noi veniamo da strade diverse e dobbiamo seguire ciascuno la nostra strada, senza confusioni e senza travestimenti.
Ma ha detto giustamente stamane il Presidente Calleri che lo schematismo verbale fa parte della sottocultura politica nel nostro Paese; e solo una sottocultura può credere che la differenza fra il socialismo e il liberalismo, il terreno di contesa fra socialismo e liberalismo sia la differenza e il terreno di contesa che intercorre fra la politica di progresso e la politica di conservazione, perché solo l'ignoranza della sottocultura disconosce che socialismo e liberalismo si fondano su una opzione comune in favore del mutamento storico. Certo, nel quadro poi di questa azione comune ognuno ha la propria funzione peculiare: compete ai liberali la tutela dei principi della libertà, competerà ai socialisti la tutela dei principi di eguaglianza; però nella politica attuale questi principi anziché contrapporsi si collocano in una reciproca integrazione perché la libertà dei moderni non è un privilegio per pochi, ma è una facoltà positiva per tutti e l'eguaglianza dei socialisti moderni e a sua volta un'eguaglianza di facoltà positive e non può essere una eguaglianza sotto una soggezione di modello totalitario.
Traducendo queste formule teoriche del resto viete e logore in pratica ciò a mio avviso vuole anche significare che il prezzo, forse elevato, che si è pagato in questi dieci anni dalla società italiana per introdurre il socialismo nella responsabilità di governo, non può andare dissipato; non è pensabile l'ipotesi di tornare agli anni '50; noi non ragioniamo come quel re subalpino che tornando dall'esilio proponeva di ripristinare il Palmaverde, cioè di ignorare il costo della rivoluzione e il mutamento sociale avvenuto in vent'anni. Noi ci rendiamo conto che i problemi del socialismo sono anche e forse in buona parte i problemi della democrazia e che non è pensabile ridurre oggi (come disegno di prospettiva) i margini di un'area democratica che è già troppo ristretta, ricacciando con una politica di chiusura il movimento socialista per lungo tempo, in una prospettiva strategica, nell'area dell'opposizione di sinistra. Certo ci che riteniamo debba essere richiesto ai socialisti, essendo con ci concordi sulla linea di questa mozione, è che essi sappiano essere se stessi e che nell'interesse generale della logica democratica sappiano chiarire la propria vocazione e la propria intenzione superando schemi di classismo ideologico che invece sono periodicamente riaffiorati, anche nei modesti lavori deliberativi di questo Consiglio e che non corrispondono sicuramente ad un'interpretazione adeguata della condizione sociale di cui ci dobbiamo rendere interpreti.
Il collega Oberto stamattina ha descritto una situazione manzoniana anch'io ne illustrerò una in ossequio a quel grande scrittore cattolico liberale. Io credo che analizzare le tensioni sociali che si riscontrano oggi ad esempio nella Regione Piemontese, secondo i schemi ottocenteschi della lotta di classe, significa ragionare come il manzoniano Don Ferrante il quale voleva spiegare le epidemie in base alle teorie di Aristotele e quindi meritatamente morì di peste. Questo non dovrebbe neppure essere materia di contrasto con il collega Nesi dal momento che un autorevole interprete dell'attuale linea maggioritaria del suo partito, Landolfi, ha scritto già da qualche anno che il mito del classismo rappresenta un complesso tipico del socialismo antiquato nei confronti del capitalismo primordiale e che la lotta di classe, come fattore di catarsi generale della società, è inconcepibile, inconciliabile con un sistema di economia mista e con un sistema politico che vede i socialisti corresponsabili del potere.
Noi condividiamo, nella mozione che ci è proposta, questo appello alla chiarezza che si rivolge al PSI. Lo condividiamo forse talmente da rivolgerlo anche in qualche parte ai presentatori di questa mozione, i quali hanno forse ceduto qua e là alla fatica del loro lavoro notturno. Ad esempio dove scrivono che questa nuova maggioranza, che in realtà non è una maggioranza ma una metà del Consiglio, intende essere "politicamente e numericamente delimitata nell'ambito del centro-sinistra". Proprio per evitare riferimenti che non gradirei e funzioni subalterne in cui non saprei riconoscermi, voglio essere chiaro, e dedicare ancora un minuto a questi due avverbi. Noi non abbiamo difficoltà a capire le ragioni formali che inducono i tre partiti a scegliersi come ambito di delimitazione politica la cornice di centro-sinistra, anche se, in coerenza con le tendenze dell'arte più avanzata, questa cornice racchiude ormai figure di difficile interpretazione. Però ci è meno facile capire, non per problemi politici, ma aritmetici, come questa maggioranza può essere tale ponendosi una delimitazione anche numerica. E' vero che la maggioranza assoluta dei componenti è richiesta solo per l'elezione del Presidente, ma credo sia superfluo ricordare che secondo lo spirito e la lettera dello Statuto il Presidente e la Giunta sono due organi politici legati da una diretta solidarietà; per cui il significato politico dell'elezione del Presidente si riflette necessariamente nella successiva elezione della Giunta, tanto è vero che nel nostro Statuto non richiediamo la maggioranza qualificata per la formazione della Giunta, proprio perché essa è già politicamente coperta e legittimata dalla precedente elezione del Presidente.
Al di là delle tattiche di schieramento, che valgono quello che valgono e cioè non molto, noi crediamo che comunque vadano a finire le votazioni di questa sera la nuova Giunta potrà positivamente qualificarsi non attraverso dichiarazioni di delimitazione preliminare, ma attraverso un'azione concreta e quotidiana sui contenuti programmatici che in fondo non sono poi stati molto trattati in questo dibattito e che, in luogo di formulazioni verbali spesso logore e fuorvianti, costituiscono il banco di prova della volontà delle forze politiche e delle convergenze operative sulle quali queste volontà si possono incontrare.



PRESIDENTE

E' iscritto a parlare il Consigliere Sanlorenzo, ne ha facoltà.



SANLORENZO Dino

Egregi Consiglieri, credo che tutti abbiamo avvertito, nello svolgersi di questo dibattito, che c'era qualche cosa di diverso da quelli che pure ci hanno impegnati in questo anno di vita della Regione, non perché siano mancati gli interventi, né perché, come in altre occasioni, siano mancate le parole chiare da parte di alcuni settori della maggioranza, tuttavia abbiamo avvertito che il clima era ed è teso, artefatto; c'è qualche cosa di falso che suona in certe drammatizzazioni, in certe analisi che sono state compiute stamattina e anche oggi pomeriggio e questo elemento di falsità non mi fa ritrovare a mio pieno agio rispetto a ciò che era stata l'esperienza di quest'anno. Io avverto qualche cosa di contraddittorio non con la gravità della situazione politica nazionale, ché essa è grave e se qualcuno lo dubitasse ancora lo inviterei a leggere ciò che è stato scritto pochi giorni or sono sul quotidiano "La Stampa" di Torino, dove si richiamava tutti all'ipotesi di una crisi di Governo che il 7 di questo mese potrebbe essere riservata al nostro Paese, richiamava all'ipotesi di un Presidente della Repubblica che potrebbe rimettere il suo mandato prima del tempo, richiamava all'ipotesi di un Governo mandato alle Camere per evitare una crisi ancora più grave, quindi non perché la situazione tesa qui dentro non abbia un riflesso sulla situazione tesa su scala nazionale non perché non sia grave la situazione economica, lo è grave, per i dati della produzione e per gli elementi di analisi che abbiamo condotto Consigliere Gandolfi, noi comunisti; non da oggi, da anni continuiamo a dire che andando avanti così, promettendo le riforme e non facendole annunciandole e destando tutti gli anticorpi delle riforme, la situazione si aggrava una volta di più, siamo stati noi a indicare la gravità e ancora recentemente in Parlamento abbiamo sottolineato gli elementi di questa gravità, trovando anche spunti di analisi e di convergenza con altre forze dello schieramento di sinistra laica e cattolica. E non perché noi non riconosciamo l'esigenza di ordine nel nostro Paese, ma si tratta di stabilire che razza di ordine bisogna dare all'Italia, si tratta di stabilire le forze del disordine del nostro Paese e si tratta di stabilire se questa crisi, che si è voluta alla Regione Piemontese, si colloca nella direzione di dare ordine al nostro Paese, ordine democratico o se invece contribuisce al disordine politico non apre nessuna possibilità di soluzione democratica della crisi stessa alla Regione Piemonte e in realtà nel momento in cui si annuncia come crisi che si chiude oggi, ne prepara un'altra, come dimostrerò fra poco.
Avverto qualche cosa di profondamente diverso nel clima del dibattito di oggi, diverso dal modo di vita della Regione Piemonte di quest'anno, dal modo di governare che avevamo, tutti quanti assieme, detto che volevamo instaurare nella Regione e se così non fosse stato la riforma regionale sarebbe stata nulla. E invece permettete che vi dica che ho sentito di nuovo aleggiare questa mattina, qui, il trasformismo, individuale e di gruppo, l'anticomunismo del 1948 riportato alla ribalta; ecco la forzatura il falso, in modo che persino chi lo proponeva, probabilmente, non credeva alla possibilità per risolvere la crisi della Giunta Regionale del Piemonte. Accettazioni acritiche di inserimenti nella maggioranza. Vede Consigliere Zanone, lei è arrivato verso la fine a leggere anche quelle righine della pag. 3 che ero sicuro non sarebbero sfuggite alla sua attenzione, ma lei dovrebbe allora spiegarmi perché il Presidente della Giunta Regionale, che viene qui a chiedere la fiducia, si è sentito in dovere di parlare come terzo oratore, non per dire qualcosa di straordinariamente nuovo ed interessante rispetto a quello che c'è scritto qui dentro, ma soltanto per chiedere quel voto al Partito Liberale che qui invece non c'è; qui c'è scritto qualcosa di diverso, quel che ha letto lei un minuto fa: "Riaffermano l'autonomia della maggioranza politicamente delimitata nell'ambito del centro-sinistra". Misuriamoci pure sul piano degli avverbi, ma qui vuol dire che 25 per il nostro Presidente della Giunta, che è notoriamente esperto di Statuti e anche di aritmetica, è maggioranza rispetto a 50. C'è una sola possibilità per cui invece questo 25 diventi 26 questa sera stessa, ed è che queste tre righe, che sono scritte qui siano immediatamente smentite da quello che ha detto lui come terzo oratore del dibattito; infatti per questo e solo per questo è intervenuto. Allora non c'è bisogno di aspettare il Capogruppo Fassino che ci comunichi alla fine quale sarà l'atteggiamento del Partito Liberale perché da quello che ha detto lei, Consigliere Zanone, si capisce già, per lei non vale già più il documento, che pure è soltanto di grande linea politica, vale già soltanto quel che ha detto il Presidente Calleri: questo invito a tutte le forze del Consiglio (magari pensava che fossimo pure noi a darglielo) di dargli quel voto che gli manca, per far in modo che la maggioranza nasca questa sera. Certo può nascere, a norma di Statuto, anche fra otto giorni, ma è del tutto irrilevante che nasca stasera o fra otto giorni, Consigliere Zanone? Io credo di no. Allora, se le cose stanno così è su questo che dobbiamo avvertire che c'è qualche cosa che ci fa ritornare indietro di 10/15 anni nella vita politica italiana, quando usciva il PSDI entrava il PRI, usciva il PRI, entrava il PLI e tutte le volte che entravano questi partiti del centrismo avevano motivazioni molto simili a quelle che stasera per parte liberale sono state presentate per giustificare un appoggio che si vuole dare alla Giunta.
Ma, dicevo, si risolve la crisi della Giunta Piemontese con l'impostazione che il documento dà? Dopo un anno di vita della Regione siamo alla terza Giunta e alla seconda crisi e se dobbiamo prestar fede al documento e alle intenzioni del Presidente Calleri - e io non ho motivo di dubitare delle cose che sono scritte qui dentro - questa seconda crisi prelude alla terza e alla quarta, perché qui c'è scritto che, in sostanza si considera questa Giunta che nasce oggi come una vacanza, un periodo di tempo concesso al Partito Socialista per riflettere, per diventare più democratico - mi pare che dica nell'intervista rilasciata alla Stampa questa mattina. Dopo di che ci sarà una nuova crisi per fare rientrare il Partito Socialista, cambiare gli Assessori e quindi dare finalmente l'assetto che si vuole dare, giustamente, infine, alla Giunta Regionale Piemontese. Se questo dovesse avvenire nel '71 o, poniamo, al principio del '72, qualche cosa di preciso avremmo già acquisito alla Regione Piemontese un primato assoluto nella storia del nostro Paese; saremmo riusciti, in poco più di un anno, ad avere quattro governi e tre crisi; e badate che il record finora lo deteneva la Sicilia che era riuscita sì, a fare sei governi, ma in quattro anni.



CALLERI Edoardo, Presidente della Giunta Regionale

Anche il Lazio...



SANLORENZO Dino

...quindi noi in un anno e mezzo avremmo quattro governi e tre crisi un record indiscutibile, con tanti saluti al meridionalismo che conosciamo così profondo dell'avv. Oberto, con il riferimento a questa classe regionale piemontese che insomma, almeno sul piano dell'efficienza, della sostanza, si distingue da tutte le altre regioni d'Italia e ci regala per intanto questa bella classe dirigente piemontese borghese, ci regala intanto quattro governi e tre crisi in un anno e mezzo.
Nelle due Giunte precedenti vi era una maggioranza precostituita, con le firme di trenta onorevoli Consiglieri, ora quella che nasce, invece, è una Giunta di minoranza, minoranza nel senso dello Statuto come giustamente ricordava il Consigliere Zanone, che per vivere e appoggiarsi avrà bisogno di un altro partito, stanti anche l'adesione convinta che abbiamo sentito qui oggi portare dal Consigliere Garabello (e non solo da lui, suppongo anche dal Consigliere Conti) e quell'entusiasmo vibrante che abbiamo sentito nel Capogruppo della DC che tutte le volte che parla in questo Consiglio sappiamo già che viene a spiegarci una sconfitta e più noi gli diamo la solidarietà morale e più lui si sente incoraggiato a venire, tutte le volte in questo Consiglio Regionale a denunciarci una nuova sconfitta.
Ma questa volta c'è un fatto nuovo, di cui non possiamo non tener conto: è il fatto che questa volta una battaglia è stata data e si può anche perdere una battaglia, l'importante è non perdere le guerre. Mentre ho l'impressione che il Presidente Calleri abbia la sensazione di aver vinto una battaglia e la guerra. E questo, Presidente Calleri, è ancora invece tutto da verificare.
Prima la sinistra DC era in Giunta e ora non c'è più, per scelta meditata e consapevole, di cui abbiamo sentite precise, serie dichiarazioni oggi. Prima la DC aveva sette Assessori su dodici, ora ne ha nove su dodici. Anche questo è un fatto politico, non possiamo mica nasconderlo e certamente qui viene messa in causa anche la capacità contrattuale dei partiti laici. Ma come avete potuto accettare che per tenere il posto caldo ai Socialisti che verran domani, intanto questi due posti in più bisogna darli alla DC? Si potevano dare anche ad altri; non è vero? Ma intanto la D.C. è riuscita a dire che, sì, i posti sono lì per il Partito Socialista quando li vorrà, ma per intanto se li prende lei, con quella concezione nuova dei rapporti democratici fra le forze politiche che è tutta nella persona e nella figura del nostro Presidente della Giunta che, come voi sapete, è un campione di democrazia, di correttezza politica e soprattutto di generosità nei confronti del suo partito e delle forze politiche italiane nel loro complesso.
Prima il Consiglio Regionale Piemontese aveva respinto la tesi degli opposti estremismi. Voi ricordate che ci fu un dibattito in questo Consiglio? Come no, ci fu un altro elevato dibattito, al termine del quale si concluse che effettivamente la tesi degli opposti estremismi non stava in piedi, che di estremismi in Italia, di quelli veramente pericolosi, di quelli che contano, di quelli che possono cambiare la struttura democratica del Paese ce n'era uno ed era quello del movimento fascista, in tutte le sue articolazioni e varietà vecchie e nuove e così avevamo concluso il documento unitario votato da tutto il Consiglio Regionale, con l'esclusione del MSI. Ora invece questa dizione, che è piena di significati, perché vi è tutta una polemica nazionale dietro, compare nel programma di governo della Giunta. Tutto questo avviene dopo i risultati delle elezioni siciliane contemporaneamente alla crisi in Liguria, contemporaneamente alle cose ricordate in Campania e Sicilia, contemporaneamente all'offensiva condotta all'interno della UIL contro l'unità sindacale, contemporaneamente al colpo di mano nella RAI-TV e contemporaneamente all'annuncio di voler andare avanti sulla strada di quel referendum, che se davvero si terrà spaccherà l'Italia e la terrà indietro non di dieci anni, non di 25 anni, ma di più perché ci sono in quella proposta, subito firmata dal Presidente Calleri in nuce tutti gli elementi di rottura dell'unità nazionale, ma dell'unità democratica costituzionale, dell'unità fra cittadini. Ma voi sentite i comizi nei quali si dovrebbe andare a cercare la strada per orientare il singolo voto dei cittadini italiani su un referendum di quella natura, di quella portata? Cento anni di unità nazionale sono messi in discussione con questa questione e se oggi le forze democratiche italiane devono avere qualche elemento di preoccupazione su ciò che può essere il futuro immediato nel nostro Paese, questo è l'elemento che dovrebbe guidarli per evitare di mettere in discussione l'assetto democratico, per evitare di giocare sulle crisi regionali quando la situazione italiana ha già ben altri motivi di turbamento e di gravità che pesano su tutti i cittadini.
Che cosa c'è in sostanza, di comune, fra questa Giunta e quelle precedenti? Il Presidente della Giunta, questo sì, è l'elemento comune, e come si sa, lui è uno e trino, le crisi sono state tre e lui fermo lì immobile...



CALLERI Edoardo, Presidente della Giunta Regionale

La quarta...



SANLORENZO Dino

No, alla quarta vedremo, io non sono più tanto sicuro che lei rimanga lì a fare anche la quarta. Comunque vedremo anche questo. Per adesso è uno e trino.
Poi c'è la prepotenza di un settore della DC, che c'era già prima, ma adesso è più netta e si è espressa in numeri con questo sette che è diventato nove. L'accettazione è, purtroppo, supina. Oggi c'è stato qualche tentativo, io non credo che dobbiamo disconoscere le cose parziali dette oggi da Gandolfi, persino dette da Vera, ma come si può salvare la coscienza quando poi si accettano i fatti politici? Vede, Consigliere Gandolfi, da questo punto di vista lei è un seguace attento della politica di La Malfa, viene sovente qui e ci fa la ramanzina; oggi ce ne ha fatto di nuovo una, ha sentito Nesi? Voi socialisti fate così e dovreste fare cosà voi comunisti (perché il problema è che La Malfa dialoga coi comunisti ogni tanto, scrive degli articoli) però mai una volta che sto Partito Repubblicano che si pone come mosca cocchiera della sinistra laica italiana, pensi un po' di guardare in casa sua ed incominciare a vedere se per caso, non c'è qualche elemento di contraddizione fra l'atteggiamento per esempio in questo caso di La Malfa su scala nazionale e questa tenace volontà di rimanere aggrappato, in ogni caso, a qualunque costo, con la Giunta di centro-sinistra presieduta dal dott. Calleri; il che mi lascia intendere che ci sia qualche elemento di debolezza anche laicistica. Forse Gandolfi ha avuto l'ispirazione da qualche Madonna, forse dalla Madonna della Seggiola che deve essere stata particolarmente attiva negli ultimi tempi, nei settori anche laici, ed ha ispirato le mosse di questo nostro fortissimo laico che a tutti i costi, può succedere qualunque crisi, ma lui dentro alla Giunta ci sta con i suoi trasporti e di lì non lo toglie nessuno.
C'è però una persona giuliva in questa crisi, ed è il Presidente Calleri, il quale oggi era giulivo mentre avveniva questo dibattito così preoccupante per le sorti della Regione Piemonte, lui era felice, rideva.
Io credo che avesse ragione il Consigliere Berti quando notava che c'erano degli elementi un po' forzati in questa sua allegria. Ma in fondo anche lui aveva degli obiettivi da ottenere, e che obiettivi ha ottenuto? Siamo giusti, vediamoli correttamente: lui si prefiggeva di piegare il PSI, di umiliarlo, di giocare sulla sua dialettica interna. E perché no? Invece non è mica successo questo, sa? Il PSI ha reagito bene, in modo unitario: fate la crisi? Va bene, vediamo cosa succede al Comune e alla Provincia. Questa cosa non gli è mica riuscita. Si prefiggeva di piegare la sinistra della DC: strilleranno un po', ma gli daremo un posto in Giunta e staranno bravi anche loro. Invece ecco che questi qua escono fuori e non stanno alla battuta, hanno provocato quasi la rottura del gruppo dirigente provinciale e regionale della D.C., ci sono delle minacce che dovranno avere corso, i fanfaniani han mica votato all'unanimità, anzi, non hanno votato un bel niente e ci sono richieste di dimissioni del segretario Fiore. Non credo che questo fosse negli obiettivi del Presidente della Giunta Calleri.
Non è riuscito a far saltare le Giunte di sinistra, neanche una, non c'è stato un sindaco socialista o un vice sindaco che si sia sentito turbato dalle dichiarazioni, dai ricatti del Presidente Calleri: se la questione di Caluso è quella che mette in discussione la Giunta Regionale diamo le dimissioni. Manco uno che abbia dato le dimissioni: se si era posto l'obiettivo guardi che qui non ha trovato da sfondare, per niente.
Ha fatto convergere obiettivamente tutte le componenti di sinistra del Consiglio e ha perfino creato una cattiva coscienza nei repubblicani e nei socialdemocratici i quali hanno poi detto: qui bisogna fare attenzione perché se c'è la crisi di Governo questo qua ci imbarca in una direzione dove, tutto sommato, salviamo Giunta e posto; ma se la crisi di Governo non c'è, Presidente Calleri? In sostanza quando lei è venuto da Roma tutto arrabbiato perché la direzione del suo partito non aveva ancora deciso la crisi di governo, ha detto: io la piazzo qui in Piemonte, poi in Liguria fanno la stessa cosa e vediamo un po' cosa succede. Ma se la crisi di governo non c'è lei si trova con un centro sinistra che sta in piedi in qualche misura, ma sta in piedi; con il cast di 25 e tutte le volte deve contrattare; con i liberali che bisogna poi mettere dentro e allora bisogna cacciar fuori dei DC; è complicata, sa, la situazione, è molto complessa.
Io non so se si rende conto che potrebbe anche succedere che a breve scadenza lei si trovi in un vicolo cieco da cui non può uscire. E lei pure sapeva la nostra soddisfazione in tutto questo, perché vede, in questa vicenda, non ha svolto proprio nessuna funzione positiva, proprio niente fosse stato al servizio di una linea politica, ma quale linea politica? Lei ci ha richiamato oggi al dovere dell'umiltà, perché si conosce sempre troppo poco la storia. Io non so quanto la conosca, sono certo che conosca la cronaca, specialmente quella nera che si rivolge ai medici e ai clinici penso che quella la conosca bene perché riesce ad assolverli prima ancora che ci siano i giudizi in tribunale; quindi lì ha una competenza specifica che nessuno le contesta.



CALLERI Edoardo, Presidente della Giunta Regionale

E me ne vanto.



SANLORENZO Dino

Sì, sì.
Per quanto riguarda la storia, credo invece che la sua umiltà sia troppa. Qui sono state fatte citazioni di tutti i tipi oggi, permettetemene una modesta, piccola, eh via, si è passati da Carlo Alberto a Carlo Emanuele, a Lincoln, ad Eisenhower. Io citerei un opuscoletto di un certo abate Galliani che in un "Socrate immaginario" diceva qualche cosa del genere di quello che ha detto lei oggi: "Sol chi sa che non sa, ne sa più di chi sa". Ma lei non deve farci credere che ne sa proprio niente, perch se ne sa proprio niente è troppo umile, dato che è difficile che sia troppo saggio. Quando ci cita Turati e Giolitti, fa un'analogia che non regge perché allora si trattava di discutere l'ingresso dei socialisti al Governo, qui si tratta di cacciarli via. Capisce che la situazione è profondamente diversa, non c'è il minimo elemento di paragone. Ha citato De Gasperi, partito di centro che si muove verso sinistra, ma De Gasperi disse queste cose, poi riuscì a morire prima ancora che il centro-sinistra si avviasse a una qualche concretizzazione, tuttavia non può essergli sfuggita la linea di sviluppo storico del centro sinistra del 1960 ad oggi, è troppo recente l'esperienza che abbiamo compiuta. Invece dal suo discorso, dalla sua prospettiva politica, pare che non ci siano questi dieci anni. Ma il centro-sinistra nacque sulla crisi di che cosa? Sulla crisi del centralismo, non è mica che la D.C. è arrivata al centro-sinistra a vele incrociate, per libera scelta, c'è arrivata dopo che nel 1960 aveva cercato di andare a destra e l'Italia ha detto non si va, Presidente Calleri. Ma cosa crede, lei, di prendersi i voti che vi sono sfuggiti al MSI? Lei pu correre a destra con tutte le diligenze di questo mondo, non li riprende più quelli lì, perché allora vuol dire che non avete capito il perché i voti sono andati a finire al MSI. Oggi cercate di ripercorrere una strada che è fallita nel 1960, ma che fallirebbe inesorabilmente e vi trovereste soli. Ma cosa credete, di imbarcare i liberali, oggi, per ricuperare i 50 deputati che vi sentite tremare sotto i piedi quando si voterà nel 1973?



BORANDO Carlo, Assessore

Anche i vostri sono andati di là.



SANLORENZO Dino

Con 50 deputati in meno nel Parlamento Italiano non c'è il centrismo che sta in piedi, c'è l'alleanza col MSI e la sua azione eversiva oggi e la crisi che apre qui è grave perché si muove nella prospettiva politica consapevole o meno, di questo genere. A meno che le ragioni della crisi siano così banali, così personali, così deteriori come lasciano intendere anche certe dichiarazioni del Ministro Donat Cattin e dell'on. Arnaud, per cui in realtà qui si sta discutendo di destra e di sinistra e tutto il problema in realtà è quello di una "cassa", non dico del Mezzogiorno ma del mattino, del pomeriggio, come è la Cassa di Risparmio. Se questa fosse davvero poi, alla lunga, la motivazione, il tormento di cui si è parlato tanto qui dentro oggi, che ha mosso davvero le acque di questa crisi allora il giudizio sarebbe ancora più severo, perché nessun partito nessuna corrente ha il diritto di mettere a repentaglio le sorti delle istituzioni democratiche perché una "cassa" non è ancora assegnata, perch le divergenze che ci sono fra le varie correnti della DC su questa questione o fra i partiti interni del centro-sinistra devono per forza dare delle armi contrattuali in mano a qualcuno, per cui io ti risolvo la crisi alla Regione se tu dai la cassa a chi dico io.
La crisi del 1960, Presidente Calleri, fu superata perché la D.C. vi fu costretta; la D.C. arrivò al centro-sinistra incalzata da una situazione che non poteva più reggere sul centrismo e non poteva andare a destra.
Certo, c'era all'interno della DC una componente molto cospicua che ci andava, con tutte le illusioni, le aspirazioni, le intenzioni positive di un grande partito popolare che vuole andare con i socialisti, ma questo discorso si aprì nel 1955. Io ricordo molto bene il discorso di Togliatti alla Camera di fronte al primo Governo di Centro-Sinistra. "Noi non siamo pregiudizialmente contrari alla partecipazione del Partito Socialista al Governo, noi non siamo così ciechi da non vedere che cosa può rappresentare di nuovo rispetto alle sorti del nostro Paese, rispetto alla paralisi in cui l'Italia era stata messa dagli anni del centrismo. Noi vi aspetteremo sulla base dei contenuti dei programmi, noi accettiamo la sfida democratica". E ci fu anche chi credette in questa sfida democratica. Vi dimenticate il primo Governo Fanfani? Quando disse: bisogna piantarla lì con l'epoca di Scelba, basta con i manganelli, qui non si risolve niente il Partito Comunista aumenta i voti tutte le volte, noi a destra non è che ricuperiamo granché, a un certo punto la situazione si cristallizza su queste basi e non si muove nulla. E disse: la sfida ai comunisti la promuoviamo noi, faremo le riforme. Poi sapete come andò a finire, non fece le riforme, ci furono le elezioni, la DC perse un milione di voti e lui perse persino il posto di Presidente del Consiglio.
Dopo di lui venne Moro che disse: qui l'errore è di fondo, qui non bisogna tanto fare le riforme, ma gestire il potere, fare molto poco creare le condizioni attraverso la maturazione di certe componenti interne della DC in un rapporto con i socialisti che progressivamente tenda ad emarginare i comunisti, avere un rapporto in cui loro siano subalterni. E ratifica di nuovo la frase che anche qui aleggia ogni tanto, cioè che i comunisti stanno molto bene all'opposizione, i comunisti sono fatti per l'opposizione e ci stiano, se loro stanno sempre all'opposizione e se noi stiamo sempre al Governo la situazione è idillica. E nella grande apertura del discorso di oggi del Presidente Calleri in fondo aleggia ancora questa concezione. Quando parla del rispetto delle funzioni fra Giunta e Governo pensa sempre a questo: i comunisti all'opposizione, la DC al Governo una volta con i liberali, un'altra volta con i socialisti, l'importante è che ci siano la DC al Governo e i comunisti all'opposizione. Ma anche questa formula fallì perché cadde anche Moro, è stato in piedi più degli altri, a dire il vero, ma cadde anche lui quando la società italiana si risvegliò e disse che non era più possibile nemmeno gestire il potere per il potere (le cose che scrive il Presidente Calleri sull'intervista de "La Stampa" di oggi). E fu il 1968/69 che rese impossibile anche quel modo di concepire il volto politico italiano.
Venne Rumor. Io capisco che l'anno scorso sia stato piuttosto sorpreso delle dimissioni, che pure diede: perché tutto sommato, poteva invece fare un discorso e dire: guardate i miei predecessori hanno annunciato le riforme ma non le hanno fatte, quando ho governato io: riforma della previdenza, gabbie salariali, avvio delle Regioni, Statuto dei lavoratori.
Ma non lo disse questo e diede le dimissioni (nessuno ha ancora saputo perché), ad ogni modo l'eco politica fu di destra, cioè, invece di assumere la paternità, molto relativa perché il protagonista di questo movimento era il movimento dei lavoratori che aveva creato tutte le condizioni perch nessun Governo potesse respingere ciò che era maturo da dieci, vent'anni: lo Statuto dei lavoratori, le gabbie salariali; invece di assumere coraggiosamente un ruolo di punta nella difesa di quell'avvio di una politica di riforme che si era attuata, cadde e cadde già con delle implicazioni che sono simili a quelle che hanno portato Forlani nel Consiglio Nazionale della DC a schierarsi nel modo che si è schierato pochi mesi prima delle elezioni.
Adesso c'è Colombo che governa un Governo ingovernabile, una maggioranza che si sfalda, sotto i colpi anche di presidenti come questi e di socialdemocratici come quelli liguri. La DC non sa affrontare il vero problema politico e storico che ha di fronte e che continua ad essere quello del '60: a destra non si può andare per la coscienza democratica antifascista perché la critica civile della società italiana non consente Governi né diretti né indiretti col MSI; al centro non ci sono le forze neanche numeriche per governare. In Piemonte voi potete mettere in piedi una Giunta come volete, ma nell'alessandrino avete pensato che cosa: pu succedere da una scelta di questo genere? In quanti comuni governerete voi? In quanti comuni governate già adesso; il vostro centro-sinistra, in Piemonte, dove è ancora in piedi? A Omegna? No. A Verbania? No. Ma non perché sarebbe possibile fare le Giunte di centro-sinistra e invece questi cattivi di socialisti hanno fatte le Giunte con il Partito Comunista, ma perché i numeri sono già cambiati, e i numeri sono già tali in centinaia di comuni per realizzare delle Giunte di sinistra. E badate che quando succede questo noi non riproponiamo il vecchio discorso dell'unità frontista, tanto è vero che a Verbania l'alleanza è con altre forze cattoliche, tanto è vero che in altre parti del Piemonte, in Valle d'Aosta il discorso si è già aperto; né noi proponiamo soltanto la rottura nella DC di frange che si uniscono in funzione subalterna al Partito Comunista e al Partito Socialista. Lei qui ha rivendicato una funzione centrale alla DC nella società italiana. Io non credo di dire nulla di diverso dalla politica del mio partito se dico che nessuno si è mai sognato di non attribuire al movimento dei cattolici una posizione centrale; possiamo pensare che i voti dati alla D.C. siano tutti voti di gente catturata, non consapevole, che il partito della D.C. sia un piccolo partito, non una componente essenziale della società italiana? No, noi diciamo che è ora di prendere atto che la società italiana può essere diretta e governata se c'è un'intesa rinnovatrice fra le tre grandi componenti della società italiana storiche culturali e politiche, il PCI, il PSI, la DC con uno spazio a tutte le altre forze che si collocano nell'ambito costituzionale, che hanno una radice nella società italiana. Quando avete cercato di contrapporci, perch avevate paura di questo confronto, la Repubblica conciliare, l'abbiamo respinta con disprezzo. Ma cosa pensate, che noi possiamo fare le mosche cocchiere dei compagni socialisti, che noi possiamo andare ad un'intesa e una intesa di potere, come forse anche a voi farebbe comodo, fra PCI e DC? Noi siamo davvero i protagonisti difensori della Costituzione Repubblicana perché quella Costituzione non sarebbe scritta se una sola di queste componenti non avesse dato tutto il suo contributo allora ed oggi. In questo senso rivendichiamo la continuità con la lotta di liberazione, non con le bandiere. Presidente Calleri, lei ha partecipato a un corteo di Torino, ma io voglio che lei risponda presto in questo Consiglio all'interrogazione del Consigliere Nesi, che le chiede che cosa intende fare la Regione Piemontese nei confronti di ciò che è successo a Montanaro (perché oggi ci si misura sul piano della democrazia non partecipando solo ai cortei), cosa va facendo, operando, muovendosi per frenare ciò che pu essere un pericolo grave della società italiana. L'abbiamo denunciato anche al nostro Comitato centrale, abbiamo detto: attenzione, quando si fosse di fronte a una situazione di galoppante crisi politica, anche quelli che volessero sbarcare dal cavallo non riuscirebbero più, anche quelli che cercassero all'ultimo minuto di salvarsi la coscienza sappiamo che poi determinate forze prendono la mano anche a coloro che si vogliono distinguere. Per cui paradossale, assurda, era la tesi di stamattina di qualche Consigliere che veniva qui a dire che bisogna isolare il Partito Comunista. Ma cosa credete di isolare il Partito Comunista? Noi non ci siamo mai spaventati di fronte a nessuna situazione. C'era uno che ci voleva distruggere appena eravamo nati ed è finito appeso giustamente per i piedi a un distributore di benzina. E' venuto poi l'altro che pensava di ridimensionare il Partito Comunista con i bastoni e mettendo in galera gli operai, o sparandogli addosso, ma siamo soltanto cresciuti; è venuto quello che voleva tagliarci l'erba sotto i piedi ed ha perso un milione di voti ed ha perso anche la presidenza del Consiglio. L'unica cosa che ci può succedere è che guadagniamo nuovamente dei voti; questa è l'unica cosa che ci può succedere. Noi non ci spaventiamo delle sfide politiche, dei giochetti di questa natura, siamo radicati nella società italiana, siamo profondamente radicati e queste radici sono nella storia del nostro Paese. E chi, tutti i momenti, fa delle citazioni, citi la storia nostra, studiatela come noi abbiamo cercato di studiare la storia del Partito popolare in Italia e la storia della DC. Se c'è stato un censore che ha saputo analizzare fino in fondo anche che cosa è stata la figura di De Gasperi in Italia (l'avete tanto citata voi oggi qui), ebbene il saggio migliore sulla figura di De Gasperi è ancora quello che ha scritto Palmiro Togliatti, perché anche voi che siete del suo partito avete scritto assai poco su di lui, perché a fare i conti con tutte le componenti del pensiero degasperiano vorrebbe dire persino, per voi, cambiare qualche cosa. Non siete interpreti del pensiero di De Gasperi quando fate queste cose, anche se lui ha avuto delle responsabilità tragiche nell'aprire crisi politiche nel nostro Paese, nel '47 e non soltanto nel '47.
Ma non voglio dilungarmi. Voglio soltanto dire a quelle componenti di sinistra che hanno preso posizione oggi, che chi non vuole essere travolto da questo meccanismo che si è aperto qui, che non si è chiuso qui qualunque sia la votazione di stasera, chi non vuole essere trascinato verso una avventura senza sbocchi reali, chi vuole salvarsi l'anima, la coscienza e la forza politica contrattuale all'interno del partito per cambiare le cose prenda atto anche dei risvolti positivi di questa situazione, alla convergenza delle forze di sinistra; ne prenda atto Consigliere Garabello, nel modo come lei ha detto anche, ma quella distinzione che lei ha voluto introdurre nel suo discorso onesto, coerente serio, dicendo "respingiamo la prospettiva dei comunisti". Ha sentito già dalle cose che ho detto che non siamo nemmeno noi a proporre quella prospettiva che lei respingeva. Non vogliamo strumentalizzare nessuno, vi sono profonde differenze, anche oggi, fra la politica del nostro partito e le concezioni della sinistra DC, lo sappiamo benissimo, la polemica con Donat Cattin è ininterrotta. Ma il discorso non è questo, sarebbe come dire che le forze politiche della sinistra italiana possono unirsi soltanto quando hanno un programma comune; ma questo è il discorso di La Malfa, se lui pensa di prima creare il programma comune e poi le forze della realtà del nostro Paese. Noi sappiamo che ci possono essere tappe intermedie approssimazioni, ma ci vuole una coerente linea politica che non scenda più a compromessi né con trasformismo, né con gli elementi degenerativi della società italiana, che sappia davvero essere fedele ai principi innovatori dello Statuto, che sappia essere fedele con le grandi masse che ci sono dietro alle nostre spalle. Dobbiamo avere questa corrispondenza ininterrotta, dobbiamo avvertire che quegli ordini del giorno che sono venuti dalle fabbriche, Presidente Calleri... Non c'è proprio nulla da sorridere, ma che cosa credete, che agli operai non costi fatica riunirsi discutere, impegnarsi su tutti i fronti politici e sindacali, che una fabbrica qualsiasi possa emettere un o.d.g. così per sport, per poi pensare che magari non viene nemmeno letto nel Consiglio Regionale? No, c'è sempre un lavorio, un impegno, se noi siamo quello che siamo nel nostro Paese lo siamo per la coerenza della nostra politica, ma anche per il sacrificio per la lotta tenace di milioni di uomini che non hanno forse cultura storica, non si saranno innamorati delle citazioni latine ma che però hanno la capacità di comprendere il corso della storia attraverso la loro esperienza diretta, attraverso la loro sofferenza e quindi hanno anche capito che cosa la Regione può essere e non saranno disposti facilmente ad abbandonare ciò che loro credono e noi dobbiamo credere e cioè che la riforma regionale è la riforma delle riforme, è la riforma dello Stato. E se vogliamo che sia la riforma dello Stato allora anche le forze politiche devono avere una dignità e una coerenza di atteggiamenti, non possono giocare sulla pelle delle istituzioni democratiche nell'interesse di nessuno, nemmeno di una corrente, nemmeno di un partito. Rimane vero quello che abbiamo scritto nello Statuto, nel capitolo pregiudiziale, nei punti programmatici, nelle discussioni che abbiamo fatto noi. Certo, nessuno pensa che si possa escludere una grande componente come la DC, ma nessuno può pensare in questo Consiglio Regionale che si possano fare le riforme che si possa difendere la democrazia, che si possa avviare il nostro Paese la nostra Regione su una strada nuova senza o contro il contributo dei comunisti. Non abbiamo mai detto noi, che cambieremo le cose in Piemonte e in Italia solo quando saremo il 50,1 per cento del nostro popolo, mai detto questo, abbiamo sempre soltanto detto che senza di noi, o contro di noi una politica di rinnovamento dello Stato, di una Regione non fa andare avanti la democrazia italiana; e se questo può essere un riconoscimento di fatto della realtà del nostro Paese meditino su questo le forze della sinistra si apra fra tutte le componenti della sinistra un discorso nuovo, e allora anche questa crisi potrà non concludersi con un nulla di fatto, o in modo totalmente negativo come invece chi l'ha aperta in realtà opera perché si concluda.



PRESIDENTE

E' chiusa la discussione generale sul documento sottoscritto da almeno un terzo dei Consiglieri assegnati alla Regione, con il quale si propongono al Consiglio le linee politiche e amministrative, il Presidente e l'intera lista degli Assessori.
Il Consigliere Revelli su che cosa vuole parlare?



REVELLI Francesco

Per fatto personale.



PRESIDENTE

A che cosa si riferisce?



REVELLI Francesco

A quanto è successo prima in aula durante la discussione oggi pomeriggio.



PRESIDENTE

Ha facoltà di parlare.



REVELLI Francesco

Il fatto personale si riferisce all'ingiuria che ritengo infamante che il Presidente della Giunta mi ha lanciato. Io ritengo che l'ingiuria sia grave di per sé in generale, ma suona maggiormente pesante per chi come me ha subito la repressione franchista al fianco di progressisti cattolici spagnoli, alcuni dei quali tuttora sono in carcere. Quindi anche per rispetto a costoro ed a tanti altri progressisti lavoratori cattolici comunisti e socialisti che stanno subendo le vessazioni franchiste, chiedo al Presidente della Giunta di ritirare quanto ha detto, così come io ritiro quanto posso aver detto in risposta.



PRESIDENTE

Ha facoltà di parlare il Presidente Calleri.



CALLERI Edoardo, Presidente della Giunta Regionale

Io avrei gradito che il Consigliere e collega che qui è intervenuto avesse specificato che l'ingiuria, che io ritengo sia tale, che gli ho indirizzato, veniva a seguito di un'ingiuria che egli ha indirizzato a me.
Prendo atto volentieri che egli la ritira e per quanto personalmente mi riguarda non ho nulla in contrario a ritirarla perché riconosco che la vis polemica che ci ha portato alle reciproche ingiurie si è collocata in un quadro di contestazione che oggettivamente ha fatto trascendere e l'uno e l'altro. Ma avrei desiderato, per la lealtà delle reciproche posizioni, che fosse stato specificato dal Consigliere Revelli che egli è stato il primo ad insultarmi. Comunque per quanto mi riguarda non ho nulla da eccepire rispetto al fatto di ritirare ciò che gli ho detto.



PRESIDENTE

Consigliere Revelli?



REVELLI Francesco

Prendo atto di quanto ha detto il Presidente della Giunta e se egli ha inteso un insulto prima di rivolgermi la sua ingiuria, io resto dell'avviso che avrà male inteso perché io mi sono alzato a rispondere solo quando ho sentito la frase che mi era stata rivolta.



PRESIDENTE

Dichiaro con soddisfazione che l'incidente è chiuso.
Ha ora facoltà di replica il Presidente della Giunta.



CALLERI Edoardo, Presidente della Giunta Regionale

Signor Presidente, signori Consiglieri, pochi minuti a conclusione di un dibattito che, se forse non è entrato molto nei contenuti del documento che abbiamo presentato, ha certamente inquadrato la posizione politica sulla quale si è incentrato il documento ed ha certamente chiarito alle forze presenti in questo Consiglio e all'opinione pubblica quali siano i motivi che ci hanno indotti a chiedere una chiarificazione. Come ho detto stamattina, e non ho nessuna difficoltà a ribadirlo, appunto perch trattasi di chiarificazione essa non vuole suonare affatto n prevaricazione, né tanto meno, trattandosi di partiti di grande tradizione storica, può minimamente suonare umiliazione per il PSI. E' semplicemente una chiarificazione che viene a seguito di fatti sottoscritti, rispetto ai quali non vi è nulla di male se il PSI ha ritenuto di dover assumere degli atteggiamenti diversi; nella pienezza del proprio diritto di giudicare i fatti politici, nella consapevolezza delle responsabilità che ciò comporta nell'interpretazione di questi fatti stessi il PSI ha ritenuto di dover scegliere una linea che obiettivamente si colloca al di fuori di ciò che era stato pattuito nel momento in cui si è parlato di globalità delle Giunte di Centro-Sinistra, ove ciò fosse stato numericamente possibile, e quindi si colloca al di fuori di ciò che la DC ritiene sia doveroso mantenere dichiarandosi, come si è dichiarata fin dall'inizio, disposta a rivedere là ove ci fossero (ma per la verità non ci è stato detto) delle situazioni che si collocassero al di fuori di questa linea di alleanza.
Certo, da parte di molti gruppi sono state fatte delle osservazioni di svolta a destra. Io credo di avere questa mattina detto in modo molto esplicito e chiaro che questa è un'interpretazione per noi inaccettabile e non mi sembra davvero che le motivazioni che questa sera il Consigliere e Vicepresidente dell'assemblea, Sanlorenzo, ci ha portato con il suo ampio excursus storico (volendo citare un antico proverbio piemontese potremmo chiamarlo "La storia d'l dotor 'dla Surbuna ") abbiano dimostrato che invece vi è qualche cosa di diverso, che si tratta di Casse, o di attaccamento o magari di una nuova devozione a qualche Madonna della Seggiola. Ci ha dipinto un quadro così triste che mi vorrà consentire che riferendomi alla Vergine venerata a Granada, gli dica che ci ha fatto un quadro che si avvicina molto alla "Virgen de las Angustias". Ebbene, ci sono molto meno fatti angustiosi in queste posizioni che con estrema consapevolezza la DC ha assunto, senza quelle drammatiche rotture che qui sono state esplicitate e che certamente non avverranno nonostante le indubbie doti profetiche del nostro Consigliere Sanlorenzo.
La DC ha molte correnti, ma ha anche molto il senso della responsabilità che le compete e certamente nella dialettica interna del nostro partito vi sono delle posizioni diversificate che derivano anche dalle diverse esperienze che un partito come il nostro, così articolato così diffusamente interprete di una realtà in movimento qual è quella del nostro Paese, può rappresentare. Ma vi è anche nella DC la consapevolezza profonda di ciò che noi continuiamo a chiamare la centralità della posizione democratica, una centralità che non deve patire ferite che provochino reazioni e che ha già patito troppe ferite nella storia che hanno provocato delle reazioni. E quando anche da parte di un nostro collega ed amico di partito, com'è l'amico Garabello, si parla di operazioni trasformistiche, vorrei dire che le stesse sono state tipiche delle sinistre italiane, non delle forze di centro della democrazia. Il trasformismo l'ha iniziato in Italia Depretis e l'hanno portato avanti Nicotera e Pelloux, non l'hanno iniziato né Giolitti né nessun'altra componente del centro o cattolico o liberale. E questo è bene che ce lo ricordiamo sul piano storico, perché è proprio ciò che noi vogliamo evitare. Sono proprio quei milioni di voti che in una situazione di scollamento, in una situazione politicamente non controllata, in una situazione in cui le forze politiche democratiche debbono essere molto attente, ci spingono a guardare con grande senso di responsabilità e a superare le molte difficoltà. Ed io credo che prima di tutto i colleghi del mio partito e poi gli altri colleghi sappiano che si superano; nel momento in cui sarebbe molto più facile stare comodamente seduti e dire che tutto va bene, noi abbiamo ritenuto di dovere responsabilmente ed in coscienza affrontarle, per dare una risposta a coloro che hanno depositato nella DC la loro fiducia nelle istituzioni democratiche e che credono nelle stesse come fondamento e come premessa per lo sviluppo e la crescita del nostro Paese. Uno sviluppo ed una crescita, caro Consigliere Giovana, che pu avvenire su dei modelli diversi da quelli che ella vorrebbe, ma uno sviluppo e una crescita che ci sono stati e di cui le forze popolari sono perfettamente consapevoli, che hanno portato la DC a delle grandi scelte di fondo come quella europeista che noi riteniamo sia una obiettiva scelta di civiltà nella misura in cui essa si ricollega alla grande cultura europea e dà all'Italia questa prospettiva di uscita da una sua logica e interna difficile vita economica e sociale. E' pressoché inutile 25 anni dopo, e cioè dopo De Gasperi (che nemmeno lui è quella maglia bernarda a cui si riferisce il Consigliere Sanlorenzo): è stato da noi studiato a fondo e noi l'abbiamo visto in tutto il suo dramma di uomo che ha combattuto, sofferto e patito e che ha dovuto anch'egli ad un certo momento della vita politica italiana fare una sua grande scelta che non è stata una scelta di comodità ma di difficoltà, per affermare ciò che ancora noi oggi riteniamo di dover richiamare all'attenzione del popolo italiano e del nostro elettorato.
Ebbene, la scelta che noi abbiamo fatto non è, non può e non vuole essere una scelta di destra né antiriformista né autoritaria, è e vuole rimanere una scelta democratica. E non a caso ci siamo rivolti, proprio per una logica ed una coerenza, a quelle forze democratiche che nel loro complesso costituiscono l'asse portante della democrazia nel nostro Paese, perch dessero l'appoggio a questo sforzo che noi in Piemonte intendiamo fare e che non è uno sforzo nella direzione né del trasformismo n dell'autoritarismo né della reazione, è uno sforzo nella direzione del rafforzamento della democrazia. E ci siamo loro rivolti riconoscendo questa qualifica e ciò che esse portano di vivo e di vitale nell'interno dell'arco democratico italiano tanto ai socialisti quanto ai liberali, non perch vogliamo uscire da una logica, ma perché vogliamo che la logica del rafforzamento delle istituzioni democratiche passi attraverso una politica in cui gli istituti democratici siano così forti da poter affrontare in modo valido e profondo quelle riforme che significano e devono significare spostamento del potere nel nostro Paese, spostamento del potere in senso popolare e democratico, nella direzione della democrazia e della crescita sociale.
Questo è il significato che, affermiamo, ha l'azione che abbiamo fatta questo è l'obiettivo che ci prefiggiamo di raggiungere con la formazione della nuova Giunta e questo è ciò che noi chiediamo all'assemblea regionale.



PRESIDENTE

Signori Consiglieri, abbiamo esaurito la prima parte del punto unico all'o.d.g. relativa agli adempimenti di cui all'art. 32 dello Statuto.
Abbiamo cioè esaurito la discussione sul punto 1a) del tenore "Presentazione e discussione del documento sottoscritto da almeno un terzo dei Consiglieri assegnati alla Regione con il quale si propongono al Consiglio le linee politiche ed amministrative, il Presidente e l'intera lista degli Assessori".


Argomento: Giunta, organizzazione e funzioni

Elezione del Presidente della Giunta Regionale


PRESIDENTE

Passiamo ora al punto 1b) dell'o.d.g. "Elezione del Presidente della Giunta Regionale".
Hanno facoltà di parlare, coloro che lo richiedono, per dichiarazione di voto ed esclusivamente per dichiarazione di voto.
E' iscritto a parlare il Consigliere Fassino, ne ha facoltà.



FASSINO Giuseppe

Signor Presidente, colleghi Consiglieri, già gli amici del mio gruppo che sono intervenuti nel corso di questo dibattito, hanno ampiamente illustrato il punto di vista liberale sia sul documento programmatico come sulle dichiarazioni ufficiali che lo hanno accompagnato unitamente alla lista dei componenti della nuova Giunta, che è stata letta stamane.
A me unicamente il compito di tirare le somme per giustificare, come d'altronde è doveroso, il voto che il mio Gruppo ha deciso di esprimere coerentemente peraltro con le posizioni già in precedenza assunte in analoghe occasioni. Quando si parla di coerenza naturalmente ci si richiama ai problemi fondamentali che sono poi quelli che realmente contano e per la positiva risoluzione dei quali occorre che tutti sappiano sacrificare qualche cosa del proprio "particulare", senza di che la risoluzione degli stessi diverrebbe impossibile.
Ricordo che già nel febbraio scorso avevamo espresso dei giudizi di dubbio fondati allora, e più fondati oggi, su quella solidale collaborazione di quattro gruppi consiliari della maggioranza che si presentavano candidati alla formazione della Giunta, avevamo allora considerato l'appello dei quattro gruppi un equivoco: sostenevamo allora e sosteniamo oggi che una democrazia pluripartitica che avesse una sola corda al suo arco sarebbe già alle soglie della sua rovina, tra il collasso e l'istituzione del regime, perché la democrazia, invece, vive di alternative. E il fatto che in questa occasione, a nostro avviso importante, venga meno quello che il collega Zanone definì "l'assurdo mito della irreversibilità" (superstizione che poteva essere, nel passato, di comodo ma che oggi scade) è senza dubbio da considerarsi fondamentale e prioritario per la formulazione obiettiva del nostro giudizio e la conseguente determinazione del nostro voto, soprattutto se si valuta che ad esso si accompagna un appello, fatto dal Presidente designato, rivolto a tutte le forze veramente democratiche, un appello senza allettamenti di potere, senza preclusioni anacronistiche ma volto unicamente al fine di evitare il ripetersi di continui compromessi, il ripetersi delle crisi che in un solo anno si sono susseguite e delle conseguenti, altrettanto numerose verifiche. Il tutto, secondo noi, causa di un persistente assedio della democrazia. Che poi questo appello sia nel contempo un invito ai socialisti affinché rivedano certe posizioni, è per noi altrettanto importante, fiduciosi come siamo che essi, o buona parte di essi almeno non abbiano perso la fede nella democrazia, in quella naturalmente senza aggettivi che per noi è l'unica, vera democrazia.
La riflessione quindi cui essi sono chiamati, non ci può trovare insensibili, anche perché se i liberali rimangono, come ha detto il tante volte citato oggi on. Mancini, onestamente e dignitosamente liberali anche dopo certi insuccessi elettorali, molti socialisti, noi confidiamo, che rimangano altrettanto onestamente, altrettanto dignitosamente socialisti malgrado le spinte e i richiami verso le sponde del comunismo. In una parola, non antifascismo filofascista, come ha detto Mancini, ma neppure antifascismo filocomunista, come ha replicato Malagodi. Il venir meno di questi due reciproci doveri aprirebbe unicamente la strada a sviluppi, a soluzioni antidemocratiche che non potrebbero mai trovare la nostra approvazione ed il nostro avallo, così come prima ha detto il collega Rossotto.
Al di là di queste osservazioni, va sottolineato che il nostro voto intende essere un voto costruttivo nel senso che esso non è diretto soltanto a coprire il vuoto lasciato dai socialisti in attesa di eventuali ritorni di fiamma, di amore o di odio, ma un voto per la continuità stabile dei compiti che la Costituzione affida alle Regioni. Non voto, quindi, di copertura, temporanea, provvisoria, di passaggio, qualcuno l'ha chiamata gelata, qualcun altro surgelata, ma voto di apertura sia per la soluzione delle crisi ricorrenti dovute ad una formula che noi consideriamo superata (probabilmente altri non ancora) ma che i fatti stessi dimostrano che è tale, sia per la soluzione dei problemi gravi e difficili, economici e sociali che investono la nostra Regione, sia per la restituzione all'opinione pubblica di quella fiducia che giorno per giorno è andata affievolendosi nei confronti dell'esperimento regionale. Voto che vuole essere, ad un tempo, anche il nostro, sia pure modesto, contributo e che il Presidente designato ha richiesto ufficialmente a tutti i partiti dell'arco democratico nell'intervento di stamane, proprio per una concreta, reale efficiente ripresa del nostro Piemonte, di quel Piemonte (mi auguro che non lo dimentichino il Presidente e la Giunta se saranno eletti) che in un articolo apparso su "La Stampa" due anni or sono, mi pare di Ricossa veniva suddiviso in cinque parti: Piemonte torinese con i suoi comuni Piemonte industriale non torinese, Piemonte dell'agricoltura evoluta Piemonte delle aree depresse, Piemonte infine non piemontese in senso stretto perché già legato alla Lombardia e alla Liguria. Su questi temi peraltro suggeriti allora, ma validi ancora oggi, avremo modo e tempo di soffermarci quando il Presidente e la Giunta ci presenteranno il loro programma, ma è bene richiamarsi sin d'ora a questi problemi e soprattutto alla realtà del nostro Piemonte nel contesto della situazione generale del nostro Paese, che deve necessariamente essere inserita (il Presidente Calleri l'ha ripetuto molto bene prima) nel contesto più ampio di quell'unità europea che è da sempre la nostra aspirazione più profonda e che riteniamo sia l'unica salvezza forse di tutta la civiltà occidentale.
Sì, quindi, diciamo noi liberali ed è la prima volta che diciamo "sì" e lo diciamo con un certo piacere, perché non ci piace fare gli oppositori per l'opposizione; sì quindi in linea di massima al documento programmatico che fa sue, oltre tutto, alcune nostre richieste espresse pubblicamente con il comunicato stampa del 15 luglio e cioè: la ripulsa di ogni concezione di tipo assembleare, la pronta attuazione degli adempimenti legislativi previsti dallo Statuto, le iniziative utili a fronteggiare la grave crisi economica che rischia di compromettere il reddito, l'occupazione della popolazione piemontese così come molto bene stamane il collega Oberto ha espresso.
Annuncio quindi il voto favorevole del Gruppo liberale, che in tal modo esercita un suo preciso diritto. Si può votare a favore e si può votare contro, così avviene in ogni democrazia. Se al collega Garabello questa nostra posizione non torna gradita, e l'ha detto lealmente, altrettanto lealmente gli ha replicato il collega Zanone; noi daremo il nostro voto nella fiducia che le realizzazioni necessarie corrispondano a quelle che sono oggi le nostre speranze. Se ciò non fosse è evidente che il Gruppo liberale riprenderebbe la sua posizione di sempre, con la coerenza che gli è sempre stata propria. Ma se invece si realizzassero, se finalmente la nostra Regione cominciasse ad operare senza essere ostacolata dagli screzi dai ripensamenti; dai personalismi, dalle ricorrenti crisi, ebbene, in tal caso noi lo diciamo con molta modestia, ci sentiremo orgogliosi di avere contribuito a creare, col nostro voto, nella Regione Piemonte, un clima veramente piemontese. E chi sa che cos'è il Piemonte, comprende anche il significato particolare di tale aggettivo.



PRESIDENTE

E' iscritto a parlare per dichiarazione di voto il Consigliere Curci ne ha facoltà.



CURCI Domenico

Signor Presidente, signori Consiglieri, il gruppo del MSI ribadisce la valutazione negativa già espressa nel mio precedente intervento. Prende atto di questo primo opaco tentativo di chiarimento, ma rileva come la DC non abbia avuto il coraggio di iniziare quell'inversione di tendenza imposta dalla spinta in senso nazionale dell'opinione pubblica.



PRESIDENTE

E' iscritto a parlare il Consigliere Garabello, per dichiarazione di voto. Ne ha facoltà.



GARABELLO Enzo

Signor Presidente, il quadro politico che si è evidenziato in Consiglio in rapporto alle posizioni da noi espresse, ci pone nella necessità di votare per disciplina di gruppo.
In merito alla dichiarata confluenza del voto determinante del Partito Liberale Italiano, al di fuori della linea ufficiale della DC e del documento programmatico presentato dalla maggioranza paritaria, ci riserviamo di sottoporre la questione ai competenti organi di partito.



PRESIDENTE

E' iscritto a parlare, per dichiarazione di voto, il Consigliere Berti ne ha facoltà.



BERTI Antonio

Noi votiamo contro il Presidente della Giunta, così come voteremo contro la Giunta.
Nell'annunciare il nostro voto contrario, che del resto era scontato noi denunciamo, nella votazione che sta per iniziarsi e che ha ottenuto il plauso, in parte, nonostante il voto negativo, del MSI, che ha considerato questo della DC un primo passo verso l'involuzione a destra, la conferma di quanto così ampiamente denunciato in questo dibattito dal nostro e da altri gruppi e denunciamo all'opinione pubblica, ai lavoratori, che con questo atto si tradisce lo spirito dello Statuto che abbiamo approvato.



PRESIDENTE

E' iscritto a parlare per dichiarazione di voto il Consigliere Nesi. Ne ha facoltà.



NESI Nerio

Signor Presidente, signori Consiglieri, il PSI voterà contro questa Giunta per le ragioni che ho già avuto l'onore di esprimere a questo Consiglio, ragioni che sono rafforzate dall'intervento del Capogruppo liberale, dal voto favorevole dello stesso gruppo, dalla dichiarazione di voto per disciplina di partito che la sinistra D.C. ha fatto qua e della quale diamo ampio riconoscimento alla corrente di "Forze nuove" e per la dichiarazione di inizio della lunga marcia che il gruppo fascista ha fatto in quest'aula.
La DC si è messa su una strada molto pericolosa; tutto il dibattito di oggi ha dimostrato che questa strada ci auguriamo non sia irreversibile.
Per parte nostra nessuno pensi seriamente in quest'aula - caro collega Fassino - che noi cambiamo parere. La nostra è stata una decisione meditata, abbiamo la coscienza di avere con noi la classe lavoratrice abbiamo la coscienza in questo momento di essere degni della lunga tradizione che rappresentiamo.
La DC si è messa su una strada difficile, dura, una strada che la porterà all'alleanza organica col MSI.



CURCI Domenico

Lei ci conforta!



PRESIDENTE

E' iscritto a parlare per dichiarazione di voto il Consigliere Gandolfi. Ne ha facoltà.



GANDOLFI Aldo

Al termine di questo dibattito e dopo le dichiarazioni finali del Presidente designato, oltre che riconfermare l'adesione del PRI al documento e alla proposta di Giunta che è stata fatta, mi sento in dovere di rifarmi alle dichiarazioni finali del Presidente e al tipo di ispirazione democratica europeista che ha voluto riaffermare. Avevo ricordato nelle dichiarazioni fatte la coincidenza, l'importanza di una coincidenza di visioni di carattere istituzionale di assetto dello Stato che ci aveva portati a una convergenza significativa in questo primo anno di vita della Regione e devo, proprio perché me n'ero dimenticato ricordare come sul piano di questa impostazione europeista che è tutt'uno con certe linee di una politica di sviluppo economico e sociale del Piemonte, con certe linee di programmazione regionale indicate in questi mesi, la convergenza del PRI con le posizioni della DC come sono espresse nelle dichiarazioni del suo Presidente, sia importante e significativa. E devo ricordare, proprio perché Sanlorenzo ha fatto molte citazioni a questo riguardo, che se c'è una scelta significativa che ha fatto De Gasperi (ma non solo De Gasperi, bensì De Gasperi, Sforza e Saragat assieme nel 1947) è stata la scelta che ha portato l'Italia verso la politica europeista, verso una certa scelta di collocazione internazionale. Questa è una scelta che noi non possiamo rinnegare, dobbiamo riuscire a rinnovare e a rivivificare ma per riuscire a collegare la democrazia italiana alle democrazie europee.
Questo è un grande disegno che io credo possa e debba trovare solidarietà tra le forze democratiche. Quello che di nuovo nel nostro Paese oggi si deve cercare di realizzare e che è stato il disegno ispiratore del centro sinistra, è quello di portare avanti certe istanze di rinnovamento nella vita del Paese, avendo come modello l'esperienza avanzata della sinistra democratica del mondo occidentale. Ciò che noi rifiutiamo e rifiuteremo anche qua, amico Sanlorenzo, senza nessuna paura di abbandonare dei posti o delle seggiole o delle posizioni di potere, è una prospettiva di sinistra che porti al populismo, al peronismo, o una prospettiva politica da parte della DC che porti semplicemente a una politica di potere senza scelte politiche, senza scelte ideali. Se questo si verificasse non abbiate timore che a livello nazionale come a livello locale il PRI dissocerà le sue responsabilità.
Oggi, al termine di questo dibattito, dobbiamo verificare una divaricazione di posizioni, una convergenza del PLI e una dichiarazione politica di tipo totalmente negativo del PSI. Io direi, amico Sanlorenzo che nel quadro delle osservazioni che sono state fatte sulle articolazioni delle forze del Consiglio, quello che dobbiamo rilevare è che il PSI ancora in questa circostanza ha portato una voce univoca, che è quella delle sue posizioni più massimaliste; non c'è stata mai un'articolazione di posizioni che ci permettesse di riconoscere - come ci auguriamo di poter riconoscere per il futuro - quel disegno di programmazione e di sviluppo di una politica democratica che è stata la base ispiratrice del Centro-Sinistra e sulla quale noi speriamo che una politica di sviluppo si possa realizzare.
Dobbiamo registrare, e l'abbiamo registrata, la convergenza del PLI in questa votazione. Non possiamo non far rilevare come la Giunta che si è proposta oggi in Consiglio ha (e nel documento era scritto) una sua maggioranza numerica, una sua possibilità di realizzarsi in Consiglio. E direi che la caratterizzazione politica del documento questo l'ha riaffermato e dal punto di vista politico è significativo. La convergenza del PLI se vuol significare una possibilità di articolazione, di discorsi politici in prospettiva che permettano di approfondire il significato di una politica di sviluppo regionale che trovi concorsi ampi e ulteriori possibilità di sviluppo, questo lo verificheremo nel futuro dalle posizioni che emergeranno in Consiglio.
Al termine di questa dichiarazione l'elemento che ancora a nome del PRI devo consegnare al Consiglio, è che il voto che diamo alla formazione della Giunta è un voto che si regge sulla speranza di ricreare possibilità di convergenza e di vita di un centro-sinistra organico che permetta a livello nazionale come a livello locale di uscire da questa situazione di crisi e trovare una via di progresso in senso europeista e in senso democratico.



PRESIDENTE

E' iscritto a parlare per dichiarazione di voto il Consigliere Vera. Ne ha facoltà.



VERA Fernando

Il nostro gruppo, conferma il suo voto favorevole al Presidente proposto, dott. Calleri, al documento politico che ripete il programma letto in quest'aula alcuni mesi or sono e alla Giunta che al Presidente e al documento è collegata.
Noi lo facciamo nella certezza di rispondere a un dovere verso i lavoratori democratici che hanno dato il loro voto al nostro partito. Il collega Sanlorenzo ha qui detto e non lo si può smentire, che attorno al suo partito è radicato un vasto movimento di lavoratori. Attorno al nostro partito, malgrado le sue lacune, malgrado i suoi errori, esiste una massa meno numerosa ma pur sempre di lavoratori che a questo partito ha conservato fedeltà attraverso le vicende della storia italiana di questo dopoguerra, ravvisando in esso l'erede del socialismo riformista che si richiama a Turati, a Matteotti e a Treves.
Sempre il collega Sanlorenzo ha ricordato, definendola una tragica scelta, quella di De Gasperi nel 1947, ma io voglio qui ricordare confutando quella definizione, che quella scelta non fu soltanto di De Gasperi ma fu anche di uomini che si chiamavano Saragat, Simonini Matteotti, Lombardo, uomini che avevano vissuto la lotta antifascista e si trovavano, a soli due anni dalla liberazione, a dover fare un'altra scelta in nome della libertà; e quella scelta non fu certamente, a nostro giudizio, tragica, ma certamente risparmiò a milioni di lavoratori italiani scelte ben più tragiche quali quelle che dovettero fare i lavoratori di Praga, di Budapest e di Varsavia.
Noi ci troviamo oggi in una situazione economica e sociale estremamente difficile, situazione che esige (e lo esigono i lavoratori piemontesi che hanno votato per il nostro partito) un Governo regionale a cui rivolgersi per un'opera di promozione, di ripresa di condizioni che permettano lo sviluppo ed il progresso nella libertà. Questo essi possono attendersi, e noi con essi, dalla Giunta che qui nasce, e lo garantiscono oltre l'opera passata del Presidente della Giunta e gli assessori che in essa rimangono le dichiarazioni odierne, il programma cui la Giunta rimane fedele, la presenza in essa di Assessori del nostro partito.
Il nostro partito assicura col voto la sua presenza attiva in Giunta e sui banchi del Consiglio per la realizzazione di un programma riformatore sul quale la Giunta si qualifica e si individua.



PRESIDENTE

Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto il Consigliere Bianchi.
Ne ha facoltà.



BIANCHI Adriano

Signor Presidente, noi esprimiamo il nostro voto favorevole secondo la lettera della dichiarazione che abbiamo sottoscritta e secondo lo spirito delle dichiarazioni che abbiamo espresse in quest'aula. Abbiamo ben presenti le ragioni, le motivazioni, i problemi, le preoccupazioni che il dibattito ha posto in evidenza, ma non crediamo che la situazione consenta previsioni apocalittiche, anche perché conosciamo la natura e la volontà delle forze che ci esprimono, perché bene avvertiamo la nostra decisione a procedere, a camminare affinché non si restringano gli ambiti della democrazia, non si restringano le possibilità di collaborazione, ma attraverso un travaglio che è nei fatti e che è sembrato inevitabile, un travaglio che comporta meditazione, attenzione, riflessione di ogni forza politica, si ritrovino più chiare, più nette e più sicure basi di ripresa di una più larga collaborazione di centro-sinistra.
Il voto favorevole che il PLI ha espresso, in sé come apporto di una forza democratica rispettabile non può certo essere respinto né considerato scortese. Io lo interpreto, così come ho interpretato ogni volta che siamo andati alla ricerca di una confluenza e di un apporto sulle questione fondamentali - ricordo in particolare i momenti statutari - come l'apporto di una forza democratica responsabile.
Mi richiamo poi, per le valutazioni di carattere generale, alle dichiarazioni che ho fatto in precedenza sull'opportunità e necessità che di fronte alla gravità della situazione generale tutte le forze politiche democratichc profondamente rielaborino e rivedano le proprie posizioni, al fine non di camuffare politiche, non di realizzare soluzioni trasformistiche, ma al fine di identificare una più costruttiva ed autentica linea di progresso democratico.



PRESIDENTE

Essendo esaurite le dichiarazioni di voto, procediamo ora alla elezione del Presidente della Giunta Regionale. Ricordo che a' sensi dell'art. 32 dello Statuto, il Presidente e la Giunta sono eletti dal Consiglio nel suo seno con votazione per appello nominale. La votazione, quindi, a' sensi di questo comma primo, avverrà per appello nominale.
Ricordo inoltre che, a' sensi del comma quarto dell'art. 32 dello Statuto, è proclamato eletto Presidente il Consigliere che ha conseguito la maggioranza assoluta dei voti dei Consiglieri assegnati alla Regione.
Secondo il nostro sistema, è candidato soltanto chi sia stato presentato candidato da almeno un terzo dei Consiglieri assegnati alla Regione, insieme con la presentazione di un documento sottoscritto da questi Consiglieri. Essendovi un solo candidato, il dott. Edoardo Calleri di Sala, si procederà quindi in questo modo alla votazione: i Consiglieri verranno chiamati per appello nominale e per ordine alfabetico ad uno ad uno, essi dovranno rispondere "sì" se sono favorevoli all'elezione del dott. Calleri, "no" se sono contrari, "astenuto" se si astengono.
Procederò io stesso all'appello nominale e prego i due Segretari Consiglieri di prendere nota della risposta a questo appello.



(Si procede alla votazione)



PRESIDENTE

Comunico l'esito della votazione: presenti 48 votanti 47 (non partecipa alla votazione il Presidente Vittorelli) maggioranza richiesta 26 hanno risposto SI 29 Consiglieri hanno risposto NO 18 Consiglieri Essendo stata conseguita la maggioranza qualificata richiesta dall'art.
32 comma quarto dello Statuto, proclamo eletto Presidente della Giunta il dott. Edoardo Calleri di Sala.


Argomento: Giunta, organizzazione e funzioni

Elezione della Giunta Regionale


PRESIDENTE

Procediamo ora, con il medesimo sistema all'elezione della Giunta Regionale. A' sensi, del comma settimo dell'art. 32 dello Statuto, avvenuta l'elezione del Presidente, il Consiglio procede all'elezione della Giunta a maggioranza semplice, con votazione della lista ad esso collegata. D lettura della lista collegata al documento che è stato sottoscritto dal quorum richiesto di Consiglieri Regionali. Sono proposti come Assessori i seguenti Consiglieri: Armella Angelo, Borando Carlo, Cardinali Giulio Chiabrando Mauro, Debenedetti Mario, Falco Giovanni, Franzi Piero, Gandolfi Aldo, Paganelli Ettore, Petrini Luigi, Vietti Anna Maria, Visone Carlo.



(Si procede alla votazione)



PRESIDENTE

Comunico l'esito della votazione: presenti 48 votanti 47 (non partecipa alla votazione il Presidente Vittorelli) hanno risposto SI 29 Consiglieri hanno risposto NO 18 Consiglieri Risulta quindi eletta la lista degli Assessori proposti nel documento presentato da oltre un terzo dei Consiglieri Regionali.
Prego il Consigliere segretario di dare lettura delle interrogazioni che sono pervenute.


Argomento:

Interrogazioni. Annunzio


GERINI Armando

dà lettura di alcune interrogazioni pervenute alla Presidenza


Argomento:

Ordine del Giorno della prossima seduta


PRESIDENTE

Comunico ai signori Consiglieri che con la seduta odierna ha termine la seconda sessione quadrimestrale prevista dall'art. 25 dello Statuto.
E' stato concordato, nella riunione dei Capigruppo e dei Presidenti delle Commissioni permanenti, alla quale ha partecipato anche il Presidente della Giunta, che si è tenuta prima di questa seduta, che il Consiglio all'inizio della terza sessione ordinaria quadrimestrale di quest'anno prenderà in esame tutti i decreti delegati e i decreti presidenziali che sono pervenuti alla Regione Piemonte per l'espressione del suo parere.
Il Consiglio Regionale è quindi convocato nel palazzo delle Segreterie per il giorno 21 settembre p.v. alle ore 16 e nei giorni successivi con il seguente o.d.g.: 1) Approvazione dei verbali delle sedute precedenti 2) Comunicazioni del Presidente 3) Esame dello schema di osservazioni al decreto del Presidente della Repubblica relativo al riordinamento del Ministero dei Trasporti e dell'Aviazione Civile. Relatore Bianchi 4) Esame dello schema dì osservazioni al decreto delegato sulle fiere e mercati, acque minerali e termali, cave torbiere e artigianato. Relatore Chiabrando 5) Esame dello schema di osservazioni al decreto delegato sulla assistenza scolastica e musei e biblioteche di Enti locali. Relatore Soldano 6) Esame dello schema di osservazioni sul decreto del Presidente della Repubblica relativo al riordinamento del Ministero dell'Industria, del Commercio e dell'Artigianato. Relatore Ferraris 7) Esame dello schema di osservazioni al decreto delegato sul turismo e industria alberghiera. Relatore Soldano.
Ricordo che dobbiamo ancora procedere alla convalida dei Consiglieri Rossotto e Visone.
La Commissione non mi ha presentato nessuna relazione. Comunque i loro poteri rimangono integri e continueranno ad essere esercitati, a meno che la Giunta delle Elezioni non venga a proporne l'invalidazione. E' una mera formalità che potremo compiere, aggiungendo all'inizio di questo o.d.g.
"Comunicazioni della Giunta delle Elezioni circa la validità delle elezioni dei Consiglieri Rossotto e Visone".
Prima di lasciarci, desidero augurare a tutti i Consiglieri regionali e alle loro famiglie le migliori ferie estive.
La seduta è tolta.



(La seduta ha termine alle ore 20,55)



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