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Dettaglio seduta n.5 del 23/07/70 - Legislatura n. I - Sedute dal 6 giugno 1970 al 15 giugno 1975

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Argomento:


PRESIDENZA DEL PRESIDENTE VITTORELLI


Argomento:

Comunicazioni del Presidente del Consiglio regionale


PRESIDENTE

Signori Consiglieri, devo comunicare con rammarico che su richiesta di uno dei Gruppi, che sta tenendo una riunione, anche per permettere un andamento più agile dei nostri lavori, sono costretto a ritardare l'inizio della seduta di qualche minuto. Ho voluto darne comunicazione affinché non apparisse che fin dalla prima sessione cominciamo i nostri lavori a qualunque ora. Questa va interpretata come sospensione di una seduta che teoricamente avrebbe dovuto cominciare alle 16.



(Dopo pochi minuti riprende la seduta)


Argomento: Statuto - Regolamento

Statuto regionale. Adempimenti (seguito della discussione)


PRESIDENTE

La seduta è aperta. Proseguiamo nella discussione del n, 4 dell'o.d.g.
che reca "Statuto regionale. Adempimenti". Ha facoltà di parlare il Consigliere Berti.



BERTI Antonio

Signor Presidente! Signori Consiglieri! Chiedo scusa se intervengo ancora, nonostante l'accordo fra i Capigruppo, che ha fissato non più di tre interventi per Gruppo. Non è che voglia a tutti i costi parlare anch'io. Mi è parso, però, di non poter tralasciare di sottolineare alcuni degli aspetti posti in luce dalla discussione, ed anche di prospettare alcune questioni di carattere operativo che è necessario dibattere, per il rapporto che si stabilisce con le competenze specifiche della Regione (queste devono infatti trovare una loro collocazione nello Statuto) dei problemi in questi giorni sul tappeto cui la opinione pubblica è interessata e che richiedono, a nostro giudizio il più tempestivo pronunciamento dell'Assemblea regionale.
Prima, però, di porre l'accento su tali questioni, vorrei riprendere alcuni aspetti del dibattito qui svoltosi, che è stato a mio avviso interessante ed ha fornito qualche elemento su cui lavorare.
In primo luogo, è stata da qualcuno rilevata una divisione nell'assemblea, tra i Consiglieri comunisti, che vorrebbero una gestione di tipo assembleare, ed altri Consiglieri che vorrebbero invece una preminenza dell'Esecutivo sull'Assemblea. A me pare non sia esatto porre la questione in questi termini, e non mi pare neppure lecito farci dire cose che noi non abbiamo detto, né in questo dibattito né tanto meno nel corso dei dibattiti elettorali che hanno preceduto la campagna per le elezioni. Che la Giunta sia "l'organo esecutivo del Consiglio regionale" non ce lo siamo certo inventato noi, lo stabilisce la Costituzione, all'art. 121; noi ci limitiamo a riprendere un concetto, che giudichiamo fondamentale, espresso dalla Costituzione, e ci adoperiamo perché sia applicato alla nostra Assemblea.
Forse che quando parliamo di gestione assembleare o parliamo di Giunta in funzione esecutiva dell'Assemblea vogliamo ridurre la Giunta a qualcosa che non abbia forma, non abbia sostanza, non conti niente? Credo che occorra essere più chiari. Sostanzialmente, per "gestione assembleare" intendiamo un metodo di formazione democratica delle scelte che la Regione deve compiere. L'abbiamo detto molto energicamente, fortemente, e non soltanto noi. Su questo punto i Gruppi si sono pronunciati positivamente nelle fasi che hanno preceduto la formazione dell'Assemblea, ed è stato solennemente riaffermato nella prima seduta che occorre fondare la Regione sulla partecipazione popolare. Quando noi parliamo di "gestione assembleare" - per porre la questione in termini molto concreti seppure schematici - parliamo di un modo di gestire il potere della Regione in forma democratica, vogliamo cioè affermare molto nettamente che le scelte fondamentali che la Regione è chiamata a compiere in ordine ai problemi dello sviluppo della condizione operaia, ai problemi che interessano le condizioni di vita dei cittadini piemontesi, non devono essere demandate ad un esecutivo composto da una Giunta che formula programmi e li sottopone ad una maggioranza che naturalmente li approva, ma ad esse si deve arrivare attraverso un metodo che si serva della massima utilizzazione degli strumenti di partecipazione popolare che sono gli organismi periferici della Regione, Comuni e Province, che sono gli organismi sociali sindacali dei lavoratori e dei cittadini. Quando, pertanto, noi affermiamo il metodo della "gestione assembleare" non poniamo in discussione l'esistenza o meno della Giunta: riaffermiamo con forza il metodo della partecipazione popolare, che non può essere un qualcosa di cui ci si riempie la bocca quando si parla all'uditorio durante i comizi elettorali, che non è neanche una moda - credo che il mio compagno Minucci questa mattina l'abbia fatto chiaramente e inconfutabilmente intendere -, ma una realtà oggettiva della situazione italiana di oggi, una tendenza irreversibile che la classe operaia ha avviato con la propria lotta, con le proprie forze, e con la quale occorre fare i conti. Respingere questo principio vuol dire respingere quello che la maggioranza dei cittadini italiani hanno chiesto con forza. Vedremo nel corso dell'attività del Consiglio come si esplicherà questa forma di partecipazione popolare. Ma perché non ci siano equivoci abbiamo voluto chiarire nettamente la nostra posizione; posizione che noi poiché parlo anche a nome dei miei compagni - difenderemo, porteremo avanti, perché crediamo fortemente a questo metodo.
Invece, qual è la prospettiva che ci si offre ai punti n. 6 e n. 7 dell'ordine del giorno? (E dalle voci che corrono la cosa pare definitivamente acquisita ai partiti che stanno per comporre la maggioranza dell'Assemblea). Ci si propone una Giunta formata da 16 Assessori più il Presidente della Giunta. Soffermiamoci un attimo a considerare che cosa significhi questa composizione. Sommando i 17 Assessori ai cinque Consiglieri entrati a far parte dell'Ufficio di Presidenza, ai tre Revisori dei conti, agli 8 Capigruppo, si ha che 33 Consiglieri su 50 sono investiti di responsabilità. Rimangono 17 Consiglieri praticamente senza incarichi di cui 10 comunisti, 2 liberali, 1 missino, 1 socialista, 1 socialdemocratico, 2 democratici cristiani. In sostanza, la maggioranza che si sta per comporre è di fatto trasferita tutta nell'organismo esecutivo. A questo punto, l'Assemblea che cosa conta? Da ciò nascono le nostre critiche, le nostre preoccupazioni, nel momento in cui ci si accinge a formare un esecutivo di questa ampiezza. Mi sembra ovvio - è la logica dei fatti, dei numeri, che lo comprova -: la Giunta così composta assume le caratteristiche di un esecutivo di fatto che esautorerà l'Assemblea regionale di quella funzione essenziale che così solennemente abbiamo affermato nel corso della prima riunione.
In sostanza, mi pare che la proposta del comitato di 16 Assessori risponda essenzialmente ad un problema di clientelismo interno, alla necessità di soddisfare le numerose richieste di posti che vengono dai vari partiti, più che alle esigenze di efficienza democratica dell'Assemblea.
Oppure qualcuno pensa di governare l'Assemblea con questo tipo di esecutivo dal momento che si forma la Giunta in modo diverso da quanto si è venuto fin qui affermando? Se qualcuno pensa che l'Ufficio di Presidenza e la Presidenza possano perdere il carattere fondamentale che sin qui hanno dimostrato di volersi dare, che possa essere interrotto quel dialogo che l'Ufficio di Presidenza ha aperto con le forze esterne al Consiglio e che deve essere reso permanente, codificato nello statuto, per dare garanzia ai cittadini ed ai lavoratori che ci si attiene al metodo della partecipazione popolare, ebbene, questo qualcuno sbaglia, è bene dirlo chiaramente. Noi invitiamo i partiti che stanno per formare la maggioranza ad esplicitare a tutte lettere, prima ancora del voto, con quale metodo, con quale sistema in quale maniera vogliono far lavorare questo esecutivo, come intendono rispettare quella funzione sovrana dell'Assemblea che è stata qui solennemente affermata nel corso della prima riunione e ripetutamente sostenuta dal Presidente e dall'Ufficio di presidenza. Se questa risposta non venisse preventivamente al voto, diciamo ben chiaro che, per quanto ci riguarda - ma noi pensiamo che questa sia anche la posizione di altre forze politiche presenti in questo Consiglio - difenderemo con forza le prerogative democratiche dell'Ufficio di Presidenza, riaffermando con questo il diritto di tutto il Consiglio a partecipare alle decisioni fondamentali, alle scelte che l'esecutivo poi dovrà portare avanti.
Ho voluto dire questo senza sottintesi perché non è ancora tutto ben definito, non tutte le forze si sono ancora pronunciate, in ordine a questa esigenza. Soprattutto, rivolgo un esplicito invito al dott. Calleri designato alla presidenza della Giunta, che parlerà subito dopo di me, a rispondere all'interrogativo che gli ho ora posto a nome del mio Gruppo: intende rispettare questo metodo o ritiene di fare della Giunta quello strumento esecutivo che andrà oltre ciò che è stato affermato? La risposta a questa domanda, che mi pare lecito rivolgere alla persona che sta per assumere la funzione importante di presidente della Giunta, è necessaria anche per avere la massima chiarezza di propositi. Sono d'accordo con l'avv. Bianchi: le unanimità, quando non sono fondate su posizioni chiare, sono equivoche. Noi siamo per la chiarezza delle posizioni, per le convergenze, quando però queste si rivelano capaci di portare avanti in modo nuovo, democratico quelle soluzioni che le maggioranze dei cittadini indicano in larghissima misura come corrispondenti ai loro problemi.
D'altra parte, il problema della Giunta, così come viene prospettato presenta quanto meno alcuni aspetti che sollevano perplessità. Ci si dice da una parte che la Giunta deve avere carattere provvisorio, e noi siamo d'accordo che questa debba essere chiamata ad una verifica al momento in cui si avrà lo statuto approvato. Si aggiunge inoltre che la Giunta non avrà incarichi specifici ma sarà un organismo collegiale. Cosa vuol dire questo? Avremo una Giunta che praticamente riassorbe tutta la maggioranza priva di competenze specifiche; un organismo politico evidentemente molto ampio, ma con carattere di provvisorietà. Credo sia pertinente la domanda: ma la Giunta, allora, in questo senso, che valore avrebbe? Che cosa potrebbe fare nei mesi precedenti la formazione dello statuto? Altra osservazione: dei 16 Assessori che qui si propongono ben quattro sono supplenti. Credo vada ricordato che proprio nella legge del '53, che conferisce agli Assessori supplenti una caratteristica ben precisa all'art. 26, ove si parla della Giunta regionale, si dice chiaramente che "gli Assessori supplenti sostituiscono gli effettivi in caso di assenza o di impedimento". A che cosa equivale questo, a nostro parere? A dire che potrebbe addirittura configurarsi un Assessorato che viene nominato, se esiste la volontà di farlo, ma cui non può essere demandata alcuna funzione che invece gli viene nel momento in cui si verifica un impedimento degli assessori effettivi. Direi che la cosa è valida persino ai fini amministrativi. E' materia discutibile, e non voglio qui sollevarla in termini ultimativi, me ne servo essenzialmente per una argomentazione di carattere politico: facciamo, cioè, un organismo collegiale, un esecutivo così vasto, così importante, che assorbe quasi tutta la maggioranza, ed in esso inseriamo anche assessori supplenti, che non solo non hanno ancora incarichi perché non ci sono leggi cornice ecc., perché non c'é lo statuto ma che addirittura non possono avere incarichi specifici. E allora a che cosa corrisponde questa composizione, quali sono i criteri cui si è ispirata la maggioranza che si sta per fare, per proporre 16 assessori? In proposito, è piuttosto probante il confronto - visto che di confronti qui se ne fanno, e noi siamo d'accordo sulla utilità di fare confronti, perch certe volte i confronti con le Regioni in cui amministrano in maggioranza i comunisti sono utili anche per migliorare le impostazioni, lo dico chiaramente - con Bologna e Firenze, con l'Emilia e la Toscana. L'Emilia elegge 10 assessori più uno, l'accordo toscano prevede 6 assessori più uno su 50 Consiglieri. Non sarà quella che si definisce un'assemblea presidenziale, ma è certamente un'assemblea. Io sono d'accordo, ad esempio che si riesamini la suddivisione degli assessorati nel momento in cui la definizione degli incarichi potrà anche indicare altri assessori; ma oggi in questa fase transitoria, quando ancora si devono costruire le attività i settori su cui iniziare immediatamente a lavorare, non penso sia necessario mettere in moto uno strumento così vasto. Se si insiste a voler fare una Giunta di 17 persone, allora non v'é possibilità di equivoco: lo si fa con gli intendimenti che ho detto prima e che vengono da noi decisamente combattuti, e contro i quali, è ovvio, noi voteremo.
A questo punto il discorso dovrebbe - poiché non voglio qui ripetere cose che gia sono state dette questa mattina - limitarsi essenzialmente alla indicazione di alcune questioni che a nostro avviso si impongono immediatamente all'attività del Consiglio. Noi pensiamo cioè che il Consiglio non debba riconvocarsi verso la metà di settembre per discutere ordini del giorno relativi allo statuto, che pure è necessario elaborare, o per dedicarsi ad altre incombenze che riguardano problemi di strutturazione dell'attività del Consiglio. Noi pensiamo che vi siano oggi davanti a noi problemi cui occorre dare una risposta e nei confronti dei quali la Regione deve manifestare la più pressante, tempestiva azione di dibattito e di iniziativa. Pensiamo non sia antitetico alla formazione democratica dello statuto operare in questo periodo anche in altri settori di attività; anzi nella misura in cui la elaborazione dello statuto si accompagna a dibattiti e ad iniziative democratiche che affrontano i problemi che oggi il movimento della popolazione dei lavoratori pone, verrà da questo dibattito dal confronto con questi problemi, una indicazione di metodo, una indicazione di contributo che permetteranno allo statuto di recepire queste indicazioni di metodo e di contributo e di essere reso garante che si applichi quel metodo popolare democratico di partecipazione che abbiamo detto di voler seguire in questa fase costituente della nostra attività.
Io prescindo qui dai compiti che la Regione potrebbe affrontare senza attendere lo statuto, senza attendere le leggi-cornice: sono i problemi come quelli che attengono alla istruzione professionale, alla caccia e pesca, su cui può immediatamente esplicarsi l'iniziativa anche legislativa della Regione. E non sarebbe fuori luogo, per esempio, vedere con quali strumenti andare ad esaminare iniziative e possibilità di decisioni che in ordine a questi problemi si possono assumere.
Mi limiterò a tre questioni essenziali: il problema della programmazione, il problema della salute, che oggi attende una risposta immediata, il problema dell'agricoltura in rapporto all'aumento del costo della vita, elemento su cui si esercita l'iniziativa di lotta delle masse lavoratrici e che tante preoccupazioni suscita per il valore che questo aumento ha di diminuzione del salario reale delle masse lavoratrici.
Prescindo anche, e dò per scontato, in quanto molto ampiamente lo ha tracciato questa mattina il mio collega Minucci, il quadro della situazione economica entro cui si pongono oggi i problemi della programmazione democratica, che noi comunisti giudichiamo un elemento importante, una delle condizioni per provocare quel tipo di espansione produttiva che si rende necessario in questo momento.
Del resto, le prese di posizione, le dichiarazioni del nostro partito in ordine a questi problemi sono note: il nostro partito ha responsabilmente preso posizione e ha indicate anche le condizioni che i lavoratori pongono per uscire da questo stato di pesantezza che pu diventare crisi qualora si intenda uscirne nel vecchio modo, quello cioè che consiste nel ricacciare indietro la spinta operaia, nel far ricadere sulle spalle del lavoratore il peso della congiuntura negativa, il peso di una situazione che dipende esclusivamente dalle scelte sbagliate, dalla incapacità delle classi dirigenti del nostro Paese di affrontare i problemi italiani anche in rapporto ai problemi internazionali.
Intervengo subito su una questione sollevata anche da altri Consiglieri: quella della programmazione, che definisce, per le varie dichiarazioni che sono state fatte - e che dò per scontate per brevità - il ruolo essenziale delle Regioni, dei Comuni, delle Province, ai quali va assegnato un ruolo determinante nell'elaborazione degli indirizzi dei programmi effettivi per la loro attuazione.
Lo diciamo tutti che la programmazione deve vedere assegnato alla Regione un compito importante, che compiti altrettanto importanti debbono essere assegnati a enti locali minori e che il tutto deve svolgersi con la partecipazione delle forze sindacali e sociali; ma la realtà è diversa.
Ancora recentemente si sono avute prese di posizione di talune forze del governo, ora dimissionarie, con il richiamo a quel famoso progetto 80 che non è ancora stato sconfessato dalle forze politiche del centro sinistra e relativo a studi, scelte, tendenze di gruppi capitalistici che dominano il Paese. In sostanza questo documento che, ripeto, rimane come linea fondamentale, che deve essere sconfessato, viene da alcune forze governative considerato definitivo, senza averlo mai sottoposto all'esame dei vari organismi sindacali e sociali, né tanto meno dei Comuni e delle Province. E' un'impostazione che, come ci ha detto stamani il compagno Minucci, non è affatto collegata ad una politica di riforme ed è sostanzialmente contraria al dichiarato proposito di mantenere elevato il saggio di sviluppo insieme con il superamento degli squilibri settoriali e nazionali. Anche l'assenza di una valida analisi circa le ragioni che hanno portato al fallimento del primo piano quinquennale dimostra che non esiste la volontà politica necessaria per superare la situazione grave. In Piemonte il fallimento del primo piano di sviluppo non può essere e non è contestato da nessuno. La non corrispondenza del piano alle esigenze dei lavoratori (e noi comunisti lo avevamo dichiarato in fase di discussione) ne è certamente la causa prima. Anche le proposte di assetto del territorio, come la realtà odierna si incarica di dimostrare, non si sono realizzate perché si ponevano in modo contraddittorio con le scelte economiche di fondo che venivano fatte. Noi comunisti pensiamo quindi che pressante e immediato deve essere l'impegno del Consiglio Regionale.
Per quanto riguarda il piano nazionale, sottolineo favorevolmente l'impostazione data dal Consigliere Simonelli. Il Parlamento ha il dovere di procedere inizialmente alla fissazione di alcune grandi opzioni e di affrontare i problemi del territorio nazionale e le Regioni, gli enti locali, le organizzazioni sindacali e sociali dei lavoratori (in rapporto dialettico con il Parlamento) devono contribuire a risolverli. La Regione deve sviluppare, allargare, integrare queste opzioni che devono ritornare al Parlamento e successivamente alle Regioni con un metodo di formazione della politica di programmazione che rovescia la piramide attuale dal basso al vertice. In questo modo la programmazione è democratica e corrisponde alle scelte, alle indicazioni che vengono dalle realtà oggettive costituite dai movimenti di lotta per le riforme, dal mondo del lavoro che così fortemente si è espresso nelle lotte che hanno visto impegnati molti di noi.
Per quanto concerne il Piemonte la nostra proposta è che si portino in assemblea non nel mese di ottobre o novembre, ma nel mese di settembre, i documenti del C.R.P.E. che è appena stato disciolto. Non entro nel merito della funzione che questo organismo ha svolto, ci sono limiti che a questo organismo sono stati imposti dalla procedura nazionale di formazione del piano. Tuttavia questi documenti che noi vorremmo fossero portati in assemblea, riguardano essenzialmente la verifica del primo piano quinquennale e l'impostazione del secondo piano. A noi pare che questa discussione sia essenziale e preliminare per quelle scelte economiche e sociali a cui la Regione, gli organismi esecutivi e assembleari, le commissioni dell'assemblea debbono ispirarsi per far corrispondere queste scelte alle prospettive di sviluppo economico che saranno determinate dal nuovo piano con il metodo della partecipazione e con il rapporto dialettico con il Parlamento.
Noi vogliamo discutere le linee di indirizzo nazionale e vorremmo fossero fissati gli obiettivi del piano regionale in armonia con i problemi di riforma posti dalle lotte dei lavoratori. Emergono già alcune linee essenziali (sottolineate questa mattina dal collega Minucci) che riguardano i problemi della congestione della città, dell'area metropolitana torinese dell'assetto del territorio piemontese e della politica agraria, del potere nelle fabbriche. Discuteremo anche della collocazione dell'IRES che a nostro giudizio non dovrebbe essere alle dipendenze della Regione, ma dovrebbe mantenere la sua posizione attuale, naturalmente inserito negli studi che la Regione gli conferirà per il nuovo piano, ma sempre autonomo scientificamente rispetto alle forze politiche e a disposizione di Comuni Province e Regioni. Ma è un discorso sugli strumenti che certamente approfondiremo nel corso del dibattito che riteniamo si debba svolgere come uno dei primi atti dell'assemblea regionale.
Una seconda questione che desidero sottoporre all'attenzione della assemblea è quella della salute pubblica ed in particolare le crisi esistenti negli ospedali e nelle mutue. La Regione ha, in materia, compiti precisi e dovrebbe assumere, a nostro giudizio, anche quelli di un altro organismo costituito in attesa della Regione, il C.R.P.O., il quale ha concluso la propria attività.
La cosa mi pare essenziale per due ordini di motivi. Il primo è che in questo modo la Regione esercita immediatamente la propria attività in un campo che le è demandato dalla Costituzione, estremamente importante e in questo modo dimostra di voler far veramente vivere questa assemblea; il secondo è la necessità di intervenire, di dire subito che cosa pensiamo si debba fare in relazione ai problemi che oggi si impongono.
Credo che tutti i capigruppo abbiano ricevuto o stiano per ricevere un invito di tutte le organizzazioni sindacali a partecipare ad un'assemblea che si terrà lunedì nell'Aula Magna delle Molinette, che ha appunto il compito di vedere come gli organismi pubblici intendono intervenire per sanare e avviare a soluzione nuova questo problema che ormai è drammatico.
La proposta che noi facciamo è che anche questo argomento sia posto all'o.d.g. e portato alla prossima assemblea. Vedrà l'ufficio di presidenza con i capigruppo, come fissare un calendario che consenta all'assemblea di aprire un dibattito che sarà costruttivo in quanto affronterà problemi concreti e che ci consentirà di portare il nostro contributo.
Io credo che tutti i Consiglieri presenti in quest'aula siano a conoscenza delle posizioni assunte in seguito alla vertenza aperta dai sindacati con il governo. E' noto che la commissione, costituita su indicazione del CIPE, si proponeva di discutere con le organizzazioni sindacali alla vigilia dello sciopero del 7 luglio, alla vigilia della crisi di governo la quale ha determinato la stagnazione di una discussione che si stava avviando e che poteva anche portare a fatti positivi. Occorre quindi dare alle forze sindacali e all'opinione pubblica la sensazione che la Regione, che i Consiglieri regionali intendono muoversi in questa direzione. Oggi viene respinta la proposta di un risanamento del deficit delle mutue, puramente e semplicemente. Esperienze di questo tipo di circa un anno fa hanno dato esito negativo: 600 miliardi non sono serviti a niente, un anno dopo il deficit è tornato su una cifra elevatissima. Le proposte della commissione di carattere governativo, che possono essere una base fertile di discussione, prevedono lo stanziamento di un fondo sanitario nazionale che abbia il compito di sanare il deficit degli ospedali, provvedimento che dovrebbe intanto assumere le caratteristiche di legge quadro e contenere alcune norme transitorie, per avviare concretamente il servizio sanitario nazionale che è stato sino ad oggi disatteso dai comitati dai CRPO, per una legge ospedaliera che limitava il campo d'azione del comitato stesso e che oggi affida alla Regione dei compiti specifici.
Si impone (e il documento lo afferma) una decisione che trasformi il compito attuale del CRPO, che è quello di fare un piano ospedaliero regionale in piano sanitario nazionale, che è una cosa qualitativamente nuova, di cui discuteremo se, come credo l'argomento verrà portato in assemblea. Si apre cioè concretamente la prospettiva di un piano sanitario che non ponga più l'ospedale al centro, ma che si proponga invece di istituire le attrezzature esterne di prevenzione e che abbia al centro i tre elementi fondamentali di una nuova politica sanitaria: la prevenzione la cura, il recupero.
In altri punti si afferma che il fondo sanitario nazionale viene ripartito fra le Regioni, fra le quali vengono divisi i fondi relativi al pagamento delle spese correnti per l'assistenza ospedaliera e specialistica e i fondi relativi agli investimenti assorbendo le funzioni attualmente espletate dal fondo ospedaliero riguardante il rinnovo, il miglioramento delle attrezzature tecnico-sanitarie degli ospedali e quelle espletate dal Ministero dei Lavori Pubblici, relative all'edilizia sanitaria. Sono due punti che potrebbero diventare realtà concreta nel volgere di pochi mesi e compatibilmente con la soluzione della grave crisi politica che si è aperta oggi nel nostro paese; ne abbiamo conferma dalle ultime notizie che potrebbero porre l'assemblea regionale di fronte a compiti specifici dal punto di vista politico e tecnico.
Come attrezziamo la Regione perché risponda immediatamente a queste esigenze? Noi pensiamo che le soluzioni non possano essere ricercate nell'ambito dell'esecutivo dei 17 assessori e del presidente, ma debbano uscire attraverso un dibattito con la partecipazione di strumenti esterni sindacali, ospedalieri e, se si vuole, con lo stesso Comitato ospedaliero attualmente esistente con funzioni consultive.
Sono compiti impellenti, possiamo noi lavorare in questi mesi soltanto per lo statuto, rinunciando ad operare concretamente per rispondere positivamente a questi problemi che non possono aspettare? Le nostre proposte di far lavorare subito la Regione rispondono non ad una nostra strumentalizzazione politica, ma ad un'esigenza reale. La gente di cui pare tutti ci preoccupiamo, comprenderà le ragioni di questo nostro impegno? Queste ragioni sono le stesse per le quali i lavoratori scioperano, per le quali i cittadini si trovano a disagio quando vanno negli ambulatori e che esigono una risposta.
Infine, ed è l'ultimo punto, il problema dell'agricoltura che noi pensiamo debba essere posto partendo non soltanto dalle esigenze delle rivendicazioni contadine, ma anche dalla esigenza dei consumatori e dalla distribuzione dei prodotti. E' necessario, a nostro parere, operare per la formazione di una politica agraria di zona per portare avanti la quale è necessario costituire l'ente di sviluppo agricolo; necessario per regolare e mutare profondamente il tipo di esodo dalle campagne, per passare alla gestione associata e democratica dei contadini, degli enti corporativi e del governo dell'irrigazione, infine per affrancare la produzione contadina dalle taglie dei monopoli della rendita e dell'intermediazione con una vigorosa azione pubblica di diminuzione dei costi, attraverso la promozione ed il sostegno dell'associazionismo e della cooperazione.
Noi pensiamo che, in tema di statuto, le competenze affidate alla Regione dall'art. 117 in materia di agricoltura siano già di per sé ampie e di carattere primario ed è pertanto in questo settore che è possibile operare subito. La nostra proposta è che si passi a forme di organizzazioni di lavoro, a gruppi di lavoro. Potrebbe per esempio essere costituita una commissione interrassessorile regionale che possa intanto coordinare le iniziative dei vari assessori alle province, affiancarle alle organizzazioni contadine esistenti con un tipo di strumentazione nuova che celermente operi per l'attuazione dell'ente di sviluppo agricolo.
Concludendo. Le nostre proposte sono di un'iniziativa immediata da parte dell'assemblea e della Giunta regionale. Ma il metodo dovrà essere diverso, diverse le funzioni, il numero degli assessori, le competenze.
Tutto ciò non mette minimamente in discussione le responsabilità della Giunta che sarà eletta in quest'assemblea al prossimo punto all'o.d.g.
Potrebbero prospettarsi per intanto altri tre gruppi di lavoro, oltre le due commissioni proposte e che saranno elette questa sera per il regolamento e per lo statuto: per la programmazione; per la tutela della salute; per l'agricoltura e la distribuzione dei prodotti. Questi gruppi di lavoro potrebbero riunirsi nei primi quindici giorni di settembre per portare alle assemblee che noi qui richiediamo, delle proposte che abbiano un valore costruttivo e non dispersivo.
Indicherei alla commissione per lo statuto l'esperienza della commissione per l'assistenza psichiatrica della Provincia di Torino che a me pare tra le più valide. Si tratta di una commissione del Consiglio affiancata da esperti e da rappresentanti sindacali, non troppo larga e non troppo ristretta, che ha però avuto il grande merito di discutere a fondo l'argomento e di portare in Consiglio Provinciale delle soluzioni a cui in generale ci si è adeguati, senza prevaricare la funzione della Giunta e dei vari assessori che in questa commissione hanno potuto espletare una funzione primaria in materia di coordinamento e anche di impostazione del lavoro.
Per queste nostre proposte noi ci rimettiamo alle prossime decisioni dell'ufficio di presidenza e alle dichiarazioni che la Giunta o il dr.
Calleri vorranno fare.



PRESIDENTE

Ha facoltà di parlare il Consigliere Calleri.



CALLERI Edoardo

L'impegno concordemente assunto da parte delle forze politiche rappresentate in questo Consiglio di discutere ed approfondire preventivamente insieme, nel corso di queste sedute, gli aspetti salienti della vasta e complessa problematica statutaria perciò politica ed operativa connessa alla costituzione ed al funzionamento dell'Ente Regione conferisce al presente dibattito un carattere particolarmente significativo che mi sembra importante sottolineare nell'esprimere compiacimento ed apprezzamento al Presidente del Consiglio, all'Ufficio di Presidenza ed ai Capigruppo per l'adozione di questo metodo di lavoro in sede assembleare.
Metodo che, non collegando specificatamente il dibattito ad alcuna particolare determinazione e decisione, consente alle diverse forze politiche di recare il proprio contributo e di esprimere le proprie tesi in un clima esente da pregiudiziali contrapposizioni e da precostituite chiusure, affinché venga costruttivamente esaltato il momento creativo del libero e stimolante confronto delle idee e delle impostazioni.
La Regione non è soltanto una grande occasione di autonomia e di libertà: prima ancora di ciò essa è una singolare occasione per creare ed elaborare spazi e dimensioni culturali autenticamente espressivi dei valori sociali, civili e morali emergenti dalla comunità da trasfondere compiutamente negli ordinamenti d quella "nuova civitas umana" che è nostra comune ambizione realizzare attraverso le istituzioni regionali.
Perché ciò concretamente avvenga appare non solo opportuno ma necessario che si ricerchino e si attuino con responsabile consapevolezza le condizioni idonee a favorire e a stimolare la disponibilità dei gruppi politici al costante ed attento approfondimento delle reciproche ragioni e motivazioni ed all'esame schietto e senza prevenzioni della compatibilità di esse con i lineamenti del disegno autonomo ed originale di cui ogni forza politica è portatrice.
Gli schieramenti di maggioranza e di minoranza, di governo e di opposizione, non sono contradditori rispetto all'esigenza di realizzare e perseguire questa disponibilità, obbedendo gli schieramenti alla logica delle responsabilità operative in cui si calano e si realizzano convergenze organicamente strutturate, obbedendo invece la disponibilità a valori filosofici ed etici che sostanziano le istituzioni democratiche. Dalle quali i ruoli di maggioranza e minoranza sono concepiti come funzioni essenziali ed inscindibili nella misura in cui maggioranza e minoranza sono reciprocamente disponibili ad ascoltarsi e a misurarsi sul terreno costruttivo delle idee e non già a scontrarsi sul terreno duro di irrigiditi rapporti di forza.
Noi auspichiamo vivamente che in questo Consiglio sia sempre possibile realizzare il rapporto tra maggioranza e minoranza nei termini costruttivi di cui oggi ci compiacciamo ed ai quali intendiamo improntare la nostra presenza recando il nostro contributo di analisi, di idee e di programmi.
Signor Presidente, Signori Consiglieri, la fase statutaria in cui si concreta il più immediato impegno dei nostri lavori ci propone innanzi tutto problemi normativi di organizzazione degli uffici regionali non certo politicamente secondari rispetto al tipo di Regione che intendiamo realizzare.
Pensando, nella concreta realtà piemontese, alla Regione come ad una espressione di autonomia preminentemente legislativa ed ordinatrice, mi pare che sia soprattutto in relazione all'espletamento di questa essenziale e qualificante funzione che debbono essere ordinati gli uffici e i servizi regionali assicurando funzionalità, efficienza, tempestività di guida e di intervento attraverso la più ampia ed articolata partecipazione possibile di responsabilità politica e di suddivisione di lavoro per specifici ed individuati settori di competenza da assegnare ai singoli assessori.
Il numero e l'importanza delle materie che la Costituzione consegna alla potestà legislativa della Regione sono tali da non far certo ritenere eccessiva la istituzione di sedici assessorati, quanti mi pare opportuno si debbano istituire, non solo per assicurare una accurata e responsabile presenza politica, ma anche per evitare i rischi di una frenante vischiosità burocratica quale necessariamente si verificherebbe riducendo il numero degli assessorati e concentrando troppe impegnative incombenze su pochi responsabili.
Non vi è dubbio che si renderebbero in questo modo scarsamente efficienti e piuttosto rarefatti i contatti tra i responsabili dei singoli settori e la realtà sociale ed umana affidata al loro impegno, stemperando fatalmente in un rapporto di carattere burocratico le potenzialità di effettiva e fisiologica partecipazione che solo la presenza politica pu assicurare.
Più responsabilità e partecipazione politica e meno diaframma burocratici mi pare debba essere il primo obiettivo da conseguire con la riforma regionale e ad esso mi sembra diventi essenziale improntare la struttura degli uffici della regione guardando ai compiti legislativi come a quelli più autenticamente in grado di produrre avanzate ed incisive modificazioni nel tessuto economico e sociale, nel meccanismo produttivo nell'assetto del territorio e nell'organizzazione dei servizi e dei consumi pubblici a livello regionale.
Ne discende che per quanto ha attinenza con le funzioni amministrative appare auspicabile la definizione statutaria di una norma di delega quanto più ampia possibile alle Province, ai Comuni ed agli altri Enti locali così da assicurare non solo un più esteso e funzionale decentramento amministrativo, ma anche una più ricca e vitale corresponsabilizzazione degli Enti locali alla realizzazione degli obiettivi prescelti in sede regionale.
Agli stessi criteri di partecipazione, di funzionalità e di efficienza mi pare debbano anche essere improntati i rapporti tra Consiglio, Giunta e Presidente in una definizione di competenze ed attribuzioni capace di dare positive soluzioni a due esigenze che, in modo particolare, le funzioni programmatorie della Regione rendono non eludibili; la stabilità cioè degli organi esecutivi, l'esercizio e le modalità del loro controllo da parte del Consiglio.
Si tratta come è noto di un tema largamente dibattuto e sul quale sicuramente avremo occasione di intervenire più compiutamente in future occasioni, fin d'ora peraltro riconoscendo che lo spazio lasciato dalla legge 10.2.1953, all'autonoma definizione statutaria è così esiguo da far ritenere che la soluzione del problema si trovi assai più affidata alla correttezza del costume politico che non alla possibilità di una precisa normativa.
Ci sembra, in sostanza, opportuno che lo statuto promuova una struttura operativa dell'Ente regione snella e garantita da una ampia responsabilizzazione politica capace di interpretare ed interessare le forze sociali, sindacali, professionali e culturali alla creazione ed alla realizzazione di un programma di sviluppo economico e di crescita sociale volto al conseguimento di più alti e più diffusi livelli di vita civile e di partecipazione democratica.
Non vi è dubbio tuttavia che più che la normativa statutaria sia preminente la volontà politica nella misura in cui è necessario per raggiungere questo obiettivo, modificare sostanzialmente il meccanismo che ha fin qui determinato lo sviluppo della nostra regione.
La localizzazione di impianti industriali cosiddetti trainanti e comunque destinati a provocare vistosi fenomeni di agglomerazione e di addensamento non può sicuramente più essere abbandonata a scelte, operate in base a criteri di mera convenienza aziendale, ma deve essere orientata verso obiettivi di ordinato ed equilibrato sviluppo territoriale.
Le cosiddette ragioni di competitività spesso addotte a giustificazione delle scelte aziendali in relazione alla esistenza di economie esterne, non sono un assoluto concettuale, né nella nostra concreta esperienza, sono apparse perseguibili in riferimento soltanto all'ambito dell'impresa: al contrario, le spinte inflazionistiche provocate dall'eccesso di addensamento hanno dimostrato che la tanto ricercata competitività pu essere rapidamente erosa se alle scelte di localizzazione non presiede un criterio globale di equilibrio che soltanto i pubblici poteri sono in grado di esprimere nell'interesse generale.
Tocca certo ad una appropriata legge urbanistica regionale prevenire alla radice i guasti provocabili da scelte di localizzazione errate, al contempo evitando il carico di sofferenza umana che nell'esempio concreto del Piemonte ed in particolare dell'area metropolitana torinese si è accompagnato e tuttora si accompagna ai vistosi e sregolati fenomeni immigratori.
Pensiamo che debba essere questo un nostro primo preciso impegno di carattere legislativo volto non soltanto ad evitare strozzature, squilibri e tensioni a livello regionale, ma anche a recare, sia pure indirettamente un nostro contributo allo sviluppo industriale del Mezzogiorno, che resta un problema aperto per tutta la nostra comunità nazionale come è stato qui correttamente ricordato in numerosi interventi.
Non è tuttavia rallentando o bloccando il processo di integrazione economica europea che si può risolvere il problema del decollo meridionale.
Al contrario è soltanto realizzando sempre più vaste ed efficienti ragioni di scambio a livello comunitario che appare possibile estendere la nostra struttura economica e produttiva ad un tasso di incremento sufficientemente elevato da consentire la realizzazione di consistenti livelli di investimenti. Spetterà poi agli organi della programmazione economica nazionale avviare una quota adeguata verso il Mezzogiorno, nel quadro di un organico ed equilibrante disegno politico di sviluppo.
Attraverso un valido strumento di pianificazione urbanistico regionale che evita l'indiscriminato uso del territorio ai fini della localizzazione delle grandi imprese e che organizzi una più equilibrata distribuzione territoriale delle occasioni di sviluppo e attraverso la creazione di infrastrutture che migliorino e rendano più agevoli e più economici i collegamenti con le aree forti francesi, noi riteniamo, tra l'altro, che diventi possibile realizzare anche l'auspicabile obiettivo di una diversificazione dell'apparato produttivo ed economico piemontese avviandolo verso un più consistente processo di sviluppo delle attività terziarie realizzabile soltanto se il Piemonte viene messo in condizione di diventare la cerniera di collegamento e punto di incontro tra gli spazi economici italiano e francese.
Una concreta e realistica politica di modificazione dei meccanismi di sviluppo economico passa necessariamente, per la regione piemontese attraverso la scelta di una diversificazione della sua struttura produttiva e questa non appare realizzabile se non incrementando e sviluppando pervenuti al presente indice regionale di industrializzazione, il settore terziario collocato nella dimensione di un grande spazio territoriale che lo renda possibile.
D'altronde solo da una struttura economica così articolata e con un settore agricolo che insieme al settore distributivo è indispensabile guidare risolutamente verso condizioni di maggiore produttività e redditività, sarà possibile per la pubblica Amministrazione reperire le risorse finanziarie necessarie a soddisfare in modo adeguato i fabbisogni regionali di infrastrutture sociali, scolastiche, ospedaliere e sportive calcolati per il prossimo decennio in un ordine di spesa di 1.000 miliardi.
Limito a questa breve annotazione l'enunciazione di quello che a nostro giudizio è il punto di partenza di una politica svolta alla realizzazione di un assetto e una struttura economica regionale territorialmente e settorialmente equilibrata, affiancata da una dotazione di infrastrutture sociali adeguate alle esigenze di una società democratica moderna.
Si dovranno conseguentemente approntare efficaci strumenti di intervento per realizzare una diversa e più giusta distribuzione tra investimenti privati ed investimenti pubblici, tra consumi privati e consumi pubblici.
Casa ed aree verdi, trasporti, istruzione professionale ed artigiana assistenza scolastica ed ospedaliera, sono i problemi più urgenti ai quali proprio la Regione sarà chiamata a dare una propria risposta.
Non sappiamo purtroppo quando saremo in grado di cominciare a legiferare ma fin dall'inizio della sua attività ci pare indispensabile che la Giunta che andremo ad eleggere, debba approntare tutte le indagini conoscitive necessarie per operare scelte coerenti e realizzare efficienti strumenti di intervento.
A questa prospettiva va prioritariamente collegata la realizzazione della Finanziaria Regionale che, opportunamente strutturata ed utilizzata può davvero rappresentare un grande strumento pubblico di propulsione e di sviluppo.
Signor Presidente, signori Consiglieri, il taglio informale del presente dibattito mi è sembrato richiedesse non tanto una trattazione sistematica come invece è opportuno per un intervento strutturato su un singolo, specifico argomento, quanto piuttosto una impostazione di linee e di temi generali, necessariamente sintetica e breve.
I contenuti di questa impostazione avranno modo di essere organicamente delineati in occasione di altri dibattiti.
Ci premeva per ora affermare in questa sede, da un lato la nostra volontà di improntare i rapporti tra maggioranza e minoranza alla pratica di un attento confronto di idee esente da rigide, preclusioni e prevenzioni e, d'altro canto ci premeva di prospettare alcuni temi di carattere statutario e programmatico rappresentativi di un nostro primo contributo politico alla impostazione ed alla elaborazione di una linea di intervento a livello regionale che uscirà certamente arricchita dal contributo che in questo e in altri dibattiti è venuto e verrà dalle varie componenti di questo Consiglio.



PRESIDENTE

Signori Consiglieri, la discussione sul punto 4 del nostro ordine del giorno è chiusa. Saremo chiamati ora a prendere un certo numero di deliberazioni.
Vorrei ricordare che, in virtù dell'art. 21 della Legge 10 febbraio 1953 n. 62 il Consiglio regionale delibera con l'intervento di almeno la metà più uno dei Consiglieri in carica ed a maggioranza assoluta dei presenti, salvo i casi per i quali sia prescritta una maggioranza speciale.
Sono presenti attualmente 47 Consiglieri, e quindi è largamente superato il numero legale per prendere qualunque deliberazione.
Come conclusione di questa discussione sui principi informatori dello Statuto della Regione piemontese, credo di dover fare alcune proposte di carattere pratico.
Come è noto, ai sensi dell'art. 75 della legge 10 febbraio 1953, n. 62 entro 120 giorni dalla prima convocazione, il Consiglio regionale deve deliberare lo Statuto della Regione. Tale termine scade, per la Regione Piemonte, il 10 novembre. Occorre quindi procedere con speditezza alla elaborazione delle proposte per il testo dello Statuto, elaborazione che non può evidentemente essere compiuta dall'intero Consiglio, bensì deve essere demandata ad una Commissione consiliare ristretta.
La nostra Assemblea è tuttavia composta in modo tale che sarebbe assai difficile riflettere nella composizione delle sue commissioni speciali la composizione delle Commissioni dei due rari, del Parlamento: Commissioni queste ultime, che riflettono, per la loro composizione proporzionale esattamente gli equilibri politici delle Assemblee stesse. Per questa ragione, se noi, su materie che riteniamo essenziali, come la elaborazione dello statuto o del regolamento, vogliamo, anche nella prima fase elaborativa di questi documenti, consentire a tutti i Gruppi rappresentati in questo Consiglio di esprimere la loro opinione, non possiamo procedere nella formazione di commissioni di questa natura con i criteri che vengono adottati in assemblee che hanno una composizione molto più larga della nostra. Da ciò, però, derivano anche alcune conseguenze di carattere formale e di carattere sostanziale. Una commissione che costituisca una specie di microcosmo di un'assemblea può anche, come consente per il Parlamento italiano la Costituzione della Repubblica, ottenere, per determinati motivi, anche poteri di carattere deliberante, poiché tutti i Gruppi dell'assemblea sono proporzionalmente rappresentati in quella commissione. Anche quando le commissioni parlamentari operano in sede referente, il loro parere, pur non essendo vincolante per l'Aula, pur tuttavia costituisce una anticipazione di quello che potrà dire l'Aula. Nel caso nostro, se noi volessimo avere una composizione corrispondente a quella di questo Consiglio, dovremmo formare una commissione di cinquanta membri, cioè dovremmo rimettere all'Assemblea l'esame e la preparazione di questi documenti.
Quali conseguenze ne derivano, dunque? Che per ottenere la composizione di una commissione alla quale partecipino tutti i Gruppi non è possibile da un lato, garantire l'assoluta proporzionalità; ma di conseguenza non è nemmeno possibile considerare che i risultati ai quali giunge una siffatta commissione possano avere lo stesso carattere definitivo che hanno risultati analoghi raggiunti da commissioni perfettamente proporzionali. La Commissione per gli studi relativi alla elaborazione dello Statuto si troverà, dunque, a dover raccogliere tutte le proposte che possano venire da tutte le parti, a coordinarle, a raggiungere, anche, eventualmente accordi di larghissima maggioranza su alcuni problemi essenziali, ma a lasciare naturalmente impregiudicato non soltanto il diritto sovrano che l'Assemblea avrebbe comunque, ma anche il diritto dell'Assemblea e dei suoi singoli componenti di esaminare, una volta che questa Commissione abbia esaurito una prima fase dei proprii lavori, con quali procedure è possibile poi giungere alla deliberazione finale di un progetto di statuto. Può anche darsi che si giunga al risultato di considerare che solo l'Assemblea plenaria è in grado di raggiungere un risultato siffatto.
Per tutte queste ragioni io ho sentito, insieme al Consiglio di presidenza, la conferenza dei Capigruppo, e in tal sede si è addivenuti ad un accordo che consente la formazione di una commissione che può, forse, in materia di statuto, realizzare una gran parte di quel lavoro che un'assemblea più vasta non sarebbe certamente in grado di realizzare, anche perché, lo statuto essendo una specie di Costituzione della Regione occorre ricercare nella sua compilazione i più larghi consensi possibili allo scopo, poi, di operare nell'ambito di esso con la convinzione che maggioranze e minoranze siano tutte garantite nella difesa degli interessi che sono state chiamate a rappresentare in questa Assemblea.
A tal fine, sentita la conferenza dei Capigruppo, si è convenuto di proporre al Consiglio di nominare una Commissione presieduta dal Presidente del Consiglio regionale o da un vice Presidente da lui delegato e composta di dieci Consiglieri, due per i gruppi della Democrazia Cristiana e del Partito Comunista Italiano ed uno per ognuno degli altri gruppi.
Si è altresì concordato che non vi sia incompatibilità tra la posizione di membro dell'Ufficio di Presidenza del Consiglio regionale o qualunque altra carica assembleare, nonché la carica di Assessore regionale da un lato e di membro della Commissione, per poter utilizzare nei lavori di questa Commissione tutti quei Consiglieri che, per competenza specifica possono dare un contributo alle ricerche necessarie all'elaborazione dello Statuto. La Commissione potrà eventualmente avvalersi della consulenza e della collaborazione di esperti estranei al Consiglio regionale.
Quanto sopra premesso, propongo quindi che il Consiglio regionale deliberi: a) la costituzione, per i fini di cui sopra, di una Commissione consiliare i cui membri verranno designati dai gruppi consiliari secondo i criteri sopraesposti b) di delegare al Presidente del Consiglio regionale la composizione formale della Commissione, con possibilità di surroga nell'ambito delle designazioni dei gruppi consiliari e l'investitura della stessa, secondo le risultanze del dibattito consiliare c) di delegare altresì al Presidente l'eventuale nomina di esperti richiesti dalla Commissione stessa.
Il secondo punto, che contiene la possibilità di surroga, si riferisce alla eventualità che, nel corso dell'espletamento del suo mandato, un componente qualunque della Commissione designato da un Gruppo non possa per una ragione qualsiasi, partecipare al lavoro della Commissione stessa e che il suo Gruppo preghi la Presidenza di sostituirlo con altro membro dello stesso Gruppo. Essendo probabilmente durante quel periodo il Consiglio regionale in vacanza, si è ritenuto di proporre in questa delibera di conferire il mandato al Presidente del Consiglio regionale allo scopo di non lasciare vuoto il posto che sarebbe occupato da un Gruppo che in quel caso particolare non riuscirebbe, per ragioni di necessità, a farsi rappresentare dal Consigliere che verrà indicato questa sera.
Su queste proposte chiedo al Consiglio se qualcuno desidera prendere la parola.
Non essendovi alcuno che domandi la parola, pongo ai voti le predette proposte.
Chi approva, alzi la mano.
Le dichiaro approvate all'unanimità dei 46 Consiglieri presenti in aula al momento della votazione.
Avendo consultato, nella conferenza dei Capigruppo, i singoli partiti ed ottenuto da ciascuno degli otto gruppi rappresentati in questo Consiglio l'indicazione dei loro rappresentanti in questa Commissione di dieci membri relativa allo statuto, delibero senz'altro di designare a far parte della Commissione dello statuto i seguenti Consiglieri: per la D.C.: ARMELLA Angelo - BIANCHI Adriano per il P.C.I.: RIVALTA Luigi - SANLORENZO Bernardo per il P.S.I.:



SIMONELLI Claudio

per il P.S.U.:



DEBENEDETTI Mario

per il P.L.I.:



ZANONE Valerio

per il M.S.I.:



CARAZZONI Nino

per il P.R.I.:



GANDOLFI Aldo

per il P.S.I.U.P.:



GIOVANA Mario

Delibero anche di conferire la delega di presiedere questa Commissione al vice presidente anziano, Avv. Gianni OBERTO.


Argomento: Statuto - Regolamento

Regolamento interno del Consiglio Regionale. Adempimenti


PRESIDENTE

Passiamo al n' 5 dell'O.d.G. "Regolamento interno del Consiglio regionale. Adempimenti".
Ai sensi dell'art. 20 della legge 10 febbraio 1953, n. 62, il Consiglio regionale deve dotarsi di un regolamento interno. Anche per la formulazione di esso, si è concordato con la Conferenza dei Capigruppo di addivenire alla nomina di un'apposita Commissione presieduta dal Presidente del Consiglio regionale o da un vice Presidente da lui delegato e composta di dieci Consiglieri, due per i gruppi della Democrazia Cristiana e del Partito Comunista Italiano ed uno per ognuno degli altri gruppi.
Si è altresì concordato che non vi sia incompatibilità tra la posizione di membro dell'Ufficio di Presidenza del Consiglio regionale o qualunque altra carica assembleare, nonché la carica di Assessore regionale e di membro della Commissione. La Commissione potrà avvalersi della consulenza e della collaborazione di esperti estranei al Consiglio regionale.
Quanto sopra premesso, propongo quindi che il Consiglio regionale deliberi: a) la costituzione, per i fini di cui sopra, di una Commissione consiliare i cui membri verranno nominati con apposito provvedimento del Presidente del Consiglio regionale, con possibilità di surroga nell'ambito delle designazioni dei gruppi consiliari b) di delegare al Presidente l'eventuale nomina di esperti richiesti dalla Commissione stessa.
Non essendovi alcuno che domandi la parola, pongo ai voti le predette proposte.
Chi approva, alzi la mano.
Le dichiaro approvate all'unanimità dei 47 Consiglieri presenti.
Avendo consultato la conferenza dei Capigruppo e ottenuto le designazioni dei capi dei singoli gruppi consiliari, nomino a far parte della Commissione, sotto la mia personale presidenza, i Consiglieri: per la D.C.: CONTI Domenico - FALCO Giovanni per il P.C.I.: BERTI Antonio - MARCHESOTTI Domenico per il P.S.I.:



NESI Nerio

per il P.S.U.:



CARDINALI Giulio

per il P.L.I.:



GERINI Armando

per il M.S.I.:



CURCI Domenico

per il. P.R.I.:



GANDOLFI Aldo

per il P.S.I.U.P.:



GIOVANA Mario.

Il Consigliere Nesi chiede di parlare: ne ha facoltà.



NESI Nerio

Credo sarà opportuno che il Consiglio decida la immediata esecutività di queste deliberazioni, come ha fatto per tutte le altre precedenti.
In secondo luogo, prima di passare al successivo punto all'ordine del giorno, chiedo la sospensione della seduta per un quarto d'ora.



PRESIDENTE

A dire il vero, queste non sono deliberazioni, ma commissioni attraverso le quali il Consiglio intende affrontare la soluzione dei suoi problemi.
Se nessuno muove obiezioni alla richiesta di sospensione fatta dal consigliere Nesi, sospendo la seduta per quindici minuti.



(La seduta viene sospesa)



PRESIDENTE

La seduta è aperta.
Desidero fare innanzi tutto una breve comunicazione. Per ragioni di regolarità formale, ritengo opportuno dare atto che il dott. Cicotero Segretario Generale della Provincia di Torino, continua a svolgere, come ha fatto durante la prima seduta, le attribuzioni di Segreteria del Consiglio Regionale ai sensi dell'art. 25 della legge 17.2.1968 n. 108. Questo vale anche per la seduta di ieri e per la prima parte della presente.
Propongo al Consiglio di prendere atto di questa comunicazione. Nessuno ha obiezioni? Vedo che nessuno domanda la parola: si dà per approvato.


Argomento: Giunta, organizzazione e funzioni

Elezione del Presidente della Giunta Regionale. Elezione della Giunta Regionale, previa determinazione del numero degli assessori effettivi


PRESIDENTE

Abbiamo adesso all'o.d.g. il punto 6) Elezione del Presidente della Giunta Regionale; seguito da un punto 7) Elezione della Giunta Regionale previa determinazione del numero degli assessori effettivi.
Mi è pervenuto un o.d.g. relativo al numero degli assessori effettivi che essendo lasciato all'arbitrio del Consiglio Regionale entro le cifre di dieci o dodici dalla legge del 1953, richiede una delibera formale del Consiglio stesso per la determinazione degli assessori effettivi.
Nella conferenza dei capigruppo di questa mattina, mi è risultato che alcuni gruppi intendono, su questo problema, che riguarda quello della Giunta in generale, fare alcune dichiarazioni di voto. Prima di procedere all'elezione del Presidente della Giunta e successivamente all'elezione della Giunta, vi darei lettura dell'o.d.g. che è stato presentato da quattro gruppi consiliari, in maniera che le dichiarazioni di voto possano tenere conto di questo che è l'elemento deliberativo che è sottoposto all'esame del Consiglio Regionale col successivo punto all'o.d.g. Il che non significa che le votazioni previste ai punti 6) e 7) dell'o.d.g. vadano congiunte, significa soltanto che per agevolare e affrettare la conclusione dei nostri lavori, questo permetterà ai gruppi che intendono intervenire per dichiarazione di voto di tenere conto anche di questo elemento importante, ai fini delle scelte che dovranno poi essere compiute.
L'o.d.g., che mi è stato rimesso poco fa, suona in questi termini: "I gruppi consiliari della D.C., del PSI, del PSIUP e del PRI, raggiunto l'accordo per dare vita a tutti gli organi che realizzano la pienezza delle funzioni regionali, propongono al Consiglio di fissare nel numero di dodici gli assessori effettivi".
Questo o.d.g. reca le firme dei Consiglieri Bianchi, Gandolfi, Nesi e Benzi.
Su queste comunicazioni so che qualche Consigliere riteneva di dover chiedere la parola per dichiarazione di voto.
Chi domanda la parola? Ha facoltà di parlare il Consigliere Fassino.



FASSINO Giuseppe

Già il collega Zanone, in occasione del suo intervento sui principi informatori dello statuto, ebbe a dichiarare che il gruppo liberale si trovava pienamente d'accordo con quanto avevano, a suo tempo, deciso i Consiglieri Regionali del Partito Repubblicano, con l'approvazione di un documento in cui si afferma che "la proposta di procedere alle elezioni della Giunta dopo l'approvazione degli statuti regionali, é, dal punto di vista istituzionale, assolutamente valida e coerente con le esigenze di un'ordinata attuazione dell'ordinamento regionale". Se poi il PRI da questa primitiva posizione è passato ad altra e diversa, magari "cedendo", sia pure con fermezza, ciò non toglie che per noi liberali la proposta resti valida.
Noi infatti sosteniamo che: 1) o non si elegge la Giunta fino a quando non sia stato approvato lo statuto e, in conseguenza, fissato il preciso numero degli assessorati con relative attribuzioni; 2) o, volendola eleggere ad ogni costo, non si applichi alla lettera l'art. 26 della legge '53 - legge peraltro giudicata da quasi tutti i gruppi ormai superata o da doversi ridiscutere e che prevede un numero complessivo che va da 10 a 12 assessori effettivi, più i quattro assessori supplenti - ma si riduca invece, il numero degli stessi ad un massimo di sei, numero che peraltro secondo noi, è più che sufficiente nei limiti di un periodo che altri ha definito e che noi riconosciamo veramente transeunte sotto tutti gli aspetti; 3) comunque la Giunta, che oggi sarà eletta, senta il dovere preciso di dimettersi all'atto della approvazione dello statuto, che dovrà determinarne le attribuzioni ed i rapporti con il Consiglio stesso.
Prendendo atto, infine, di quanto è successo nella prima riunione di parecchi nuovi Consigli Regionali, sia pure per la elezione dei soli Consigli di presidenza, confermato il tutto da quanto in questi giorni sta accadendo a livello centrale (e le notizie di oggi sono le più preoccupanti) siamo più che mai convinti che le forze di centro sinistra non siano riuscite a raggiungere, a nessun livello, quegli accordi concreti di massima che sono indispensabili per un atteggiamento comune.
Se intendiamo restare nel campo che ci compete, e il caso di esaminare un po' il panorama offerto dalle elezioni dei consigli di presidenza: in Liguria, dove è stato eletto un presidente D.C. con i voti solo del proprio partito; in Campania, dove la D.C. ha espresso pregiudiziali di ordine procedurale per nascondere un vero e proprio caos politico; negli Abruzzi dove manca un punto di incontro per la formazione del quadripartito; in Lombardia dove si è trovata una soluzione di compromesso perché il candidato D.C. non riscuoteva l'unanime approvazione degli esponenti della coalizione stessa.
Premesso quindi quanto sopra, rileviamo come in questo Consiglio Regionale, che pure sotto altri aspetti è forse l'unico che abbia fino ad oggi saputo dare prova buona di sé, si stia cercando di resuscitare quelle che noi definiamo un "fantasma" onde eleggere, come espressione del centro sinistra, una Giunta nella quale l'accordo fra i partiti a nostro avviso non può essere né sostanziale né duraturo.
Ecco perché, per delle ragioni che sono ad un tempo procedurali e politiche, dichiaro che il gruppo liberale voterà scheda bianca, pur assicurando di operare, in seno a questo Consiglio Regionale, con la massima possibile obiettività e soprattutto senza prevenzioni di sorta sempre.



PRESIDENTE

Prego il Consigliere Magliano di non interrompere i discorsi degli altri.



MAGLIANO Terenzio

Ma lei sa, signor Presidente, che fra poco vado via.



PRESIDENTE

Ma finché abbiamo il piacere di averla fra noi si comporti come gli altri.
Ha facoltà di parlare il Consigliere Gandolfi.



GANDOLFI Aldo

Signor Presidente, signori Consiglieri, la dichiarazione che devo fare a nome del Partito Repubblicano, prima di accingerci a votare il Presidente e la Giunta, è una dichiarazione che è caratterizzata da giudizi fondamentalmente di politica generale. Ho già detto ieri e ripeto oggi che per quanto riguarda i problemi più particolarmente concernenti le attività che la Regione si avvia a svolgere, quello che caratterizza la fase iniziale della vita regionale essenzialmente il fatto istituzionale e cioè l'elaborazione dello Statuto. E quindi, mentre ci accingiamo a votare la Giunta, non ritengo di dover esprimere indicazioni programmatiche. Devo invece dare un quadro di valutazioni di carattere politico generale che sono quelle che mi portano ad esprimere, come rappresentante del P.R.I., un voto favorevole sull'esecutivo che ci accingiamo ad eleggere. Sono le considerazioni che dobbiamo fare sulla crisi che sta attraversando il Paese, che ha radici lontane e che sta assumendo aspetti sempre più preoccupanti, da almeno due o tre anni a questa parte; una crisi su cui già molti oratori si sono soffermati, anche in sede di discussione di problemi di carattere statutario, una crisi che secondo me va ricondotta a una valutazione precisa della fase di trasformazione del Paese, trasformazione di strutture, di valori che incide fortemente sulla realtà socio-economica della nazione e che non ha le ragioni politico-ideologiche che i Consiglieri comunisti hanno voluto attribuirle in questo dibattito. Perch se le avesse non c'é dubbio che il voto politico che avremmo registrato un mese e mezzo fa sarebbe stato fondamentalmente diverso, mentre è un voto che ha dimostrato di fatto un regresso delle forze di estrema sinistra che si richiamano più direttamente a impostazione di carattere politico massimalistico o di tipo rivoluzionario.
La realtà è che questa trasformazione che il nostro Paese sta attraversando sotto la spinta dell'innovazione tecnologica e dello sviluppo economico, fa registrare due crisi particolarmente gravi: una delle istituzioni pubbliche, cioè di un modello dello Stato che si rivela oggi estremamente inadeguato a seguire questo sviluppo con la plasticità, con la capacità di iniziativa che occorrerebbe; l'altra è la crisi generale dei partiti politici che non è solo una crisi dei partiti di centro sinistra ma di tutti i partiti dello schieramento italiano, perché obiettivamente dobbiamo rilevare un'incapacità e una inadeguatezza a tradurre questa crisi in programmi e in iniziative politiche non solo nei partiti di centro sinistra, ma anche del P.L.I. sulla destra come del P.C.I. sulla sinistra perché anche il P.C.I., ricordiamolo, attraversa una fase di revisione e deve ancora attraversare una lunga fase di revisioni politiche e ideologiche perché non ha, obiettivamente, una proposta politica adeguata al tipo di società che si va costruendo nel mondo occidentale.
E se questo è vero, direi che può spiegare le ragioni delle posizioni che il P.R.I. è andato assumendo da alcuni anni a questa parte, che sono un tentativo continuo di richiamare i partiti di centro sinistra a revisioni di carattere innanzi tutto culturali e ideologiche e poi di impostazioni politiche in grado di comprendere e di trasformare in iniziativa politica questo tipo di sollecitazioni che ci vengono dalla società. Noi abbiamo seguito con particolare preoccupazione le crisi che hanno travagliato il mondo socialista che va sempre più facendoci registrare una divergenza di impostazioni fra i due tronconi, come anche le crisi ricorrenti all'interno della D.C., considerandola fondamentalmente crisi di inadeguatezza, di mancanza di modernità rispetto ai problemi che pone il Paese.
E direi che se questa è l'analisi che dobbiamo fare, se come abbiamo detto e ripetiamo da un anno a questa parte, gli elementi di crisi interni al centro sinistra ci rendono molto pessimisti sulle possibilità future, è altrettanto vero che dobbiamo individuare e individuiamo nel centro sinistra ancora il massimo di omogeneità e di possibilità operativa che il Paese oggi sul piano politico può avere. La nostra politica non è stata non è e non sarà altro che il tentativo di realizzare il massimo di convergenza possibile tra le forze politiche, nell'ambito del centro sinistra, pur guardando molto allarmati a tutti gli sfilacciamenti, ai sintomi di divergenza che dobbiamo registrare; primo fra tutti, e lo diciamo molto francamente, il tipo di posizioni che in questi ultimi giorni il PSDI è andato assumendo ponendo dei problemi politici che devono essere prima analizzati alla luce della realtà sociale, economica e dei problemi istituzionali del Paese: prima di porre in maniera tanto drastica e così pericolosa per le istituzioni, dei problemi invece di schieramenti e di costituzioni di Giunte.
Detto questo, ripeto, la nostra posizione nasce dalla certezza che l'unica possibilità di omogeneità politica e di prospettive di sviluppo di una politica di trasformazione del Paese passa ancora attraverso il centro sinistra; il nostro obbiettivo è di realizzare quelle condizioni politiche che possono permettere al centro sinistra di dare al Paese sufficiente respiro, di trarre da se stesso e dall'interno dei partiti che lo costituiscono, le capacità e le spinte di revisione e di sviluppo necessarie a ridare una prospettiva politica alla nazione prima ancora che al centro sinistra stesso.
Per questa ragione noi abbiamo ritenuto che fosse determinante per il nostro partito tentare di realizzare le condizioni di accordo politico tra i partiti di centro sinistra, in Piemonte, a tutti i livelli, in maniera da portare avanti una politica istituzionale di correttezza e di rapida messa in funzione delle nuove istituzioni.
Per queste ragioni (sono le obiezioni che ci muove il P.L.I. noi abbiamo ritenuto di poter sacrificare una posizione che riteniamo corretta e che dobbiamo ribadire, cioè la convinzione che fosse opportuno rinviare l'elezione della Giunta a dopo l'approvazione dello statuto. L'abbiamo sacrificato, in coscienza, di fronte alle posizioni prese dagli altri tre partiti del centro sinistra, per garantire questa possibilità di sviluppo di avvio concreto e corretto delle attività della Regione che ha avuto la sua manifestazione più evidente nell'avvio estremamente rapido dei lavori del Consiglio, nell'immediata formazione della commissione statuto che noi riteniamo sia il fatto più importante e caratterizzante di questo inizio dei lavori del Consiglio Regionale.
Dobbiamo però ribadire qua le nostre posizioni: noi consideriamo la Giunta che si va a costituire, una Giunta con poteri limitati, collegiale libertà di giudizio e di azione in sede di discussione di statuto sul piano della determinazione delle attribuzioni e del numero degli assessorati. Su questo credo ci sia l'accordo dei partiti di centro sinistra, la Giunta dovrà necessariamente trarre, dopo che lo statuto sarà stato approvato tutte le conclusioni che si dovranno trarre dall'assetto che il Consiglio avrà deciso in sede di elaborazione di statuto.
Con questo credo di avere esaurito il tipo di dichiarazione che dovevo fare. Credo che le opposizioni debbano dare atto ai partiti di centro sinistra che almeno in Piemonte sui grandi problemi della vita regionale come sui problemi delle Giunte più importanti, prima fra tutte, Torino, si stanno raggiungendo degli accordi che possono rendere e renderanno sicuramente operativo e fruttuoso il lavoro degli enti locali nei prossimi mesi.
E' con questo augurio che noi ci accingiamo a votare il Presidente e la Giunta che saranno proposti al Consiglio.



PRESIDENTE

Ha facoltà di parlare il Consigliere Benzi.



BENZI Germano

Signor Presidente, signori Consiglieri, come firmatari dell'o.d.g.
testè letto dal Presidente, è chiaro che appoggiamo quanto abbiamo scritto e cioè che la Giunta del Piemonte ha diritto ad avere dodici assessori effettivi. Quali sono i motivi per ritenere valida questa nostra tesi? La legge prescrive che da tre milioni in poi si ha diritto a 10/12 assessori effettivi; oggi in Piemonte siamo più di quattro milioni, avremmo diritto a 60 consiglieri. Per analogia a Torino la Giunta comunale ha la bellezza di 18 assessori, di cui 14 effettivi e 4 supplenti.
Inoltre vorrei far notare un'altra cosa: quando nel 1947 venne redatta la Costituzione, all'art. 117 si diceva che la Regione si doveva occupare di caccia e pesca, di beneficenza, di ospedali (cose abbastanza modeste) ma nel frattempo il mondo ha fatto un grande balzo avanti. Esistono problemi nuovi di cui da tutte le parti si dice che noi dobbiamo occuparcene. Ecco perché il numero degli assessori è giusto, forse persino insufficiente.
Quando parliamo di decentramento industriale, di inquinamenti atmosferici, d'inquinamento delle acque, di case per i lavoratori, di verde pubblico, di distribuzione di generi di largo consumo, di consorzio acquisti, di tempo libero, di anziani o creiamo una burocrazia che va esattamente a inserirsi in tutte le altre burocrazie che abbiamo in Paese o mettiamo della gente che possa occuparsene. Non illudiamoci che un assessore con sette o otto assessorati possa fare molto, non può; e lo dico per esperienza personale avendo fatto per sei anni questo lavoro. Quando pensiamo che una sola persona possa fare troppe cose; vuol dire che chi fa tutto sono i funzionari (e su questo avremo molte cose da dire).
Noi dovremo darci un'organizzazione agile e per ogni singola materia bisogna specializzarsi, perché un uomo non può conoscere tutto lo scibile umano.
Noi dobbiamo dare una rappresentanza politica alla Regione. Il 7 giugno gli elettori hanno detto una cosa sola: che a Torino e in Piemonte si pu fare il centro sinistra e solo il centro sinistra. La Giunta e il Presidente che andremo a nominare hanno realmente poteri molto limitati però fra 120 giorni ci darà uno statuto compilato e approvato e allora faremo delle discussioni e le faremo anche sul programma della Giunta e vedremo se effettivamente questi assessori sono troppi o se il numero che richiediamo è giusto.
L'augurio non è che con un numero più o meno rilevante di assessori i lavori andranno avanti bene. In Piemonte noi siamo abituati da secoli a lavorare seriamente e l'augurio che io faccio è che questa Giunta e questo Consiglio lavorino con lena e con lo spirito dei nostri avi.



PRESIDENTE

Ha facoltà di parlare il consigliere Furia.



FURIA Giovanni

L'atto che ci accingiamo a compiere, signor Presidente, colleghi Consiglieri, è certamente della massima importanza nella vita dell'Ente Regione. A me pare che il dibattito che abbiamo da poco concluso sullo statuto, abbia già risposto all'interrogativo se fare o non fare la Giunta subito. Noi siamo tra coloro che hanno sostenuto la necessità di andare il più rapidamente possibile, previo un ampio dibattito precedente, alla elezione della Giunta e questa nostra posizione è scaturita da alcune valutazioni che abbiamo fatte e che i compagni del mio gruppo che mi hanno preceduto hanno già in parte espresso, ma che io vorrei ancora puntualizzare. Una prima valutazione è questa: noi ci rifiutiamo di considerare questa prima fase costituente della Regione come fase di semplice elaborazione dello statuto. L'abbiamo detto chiaramente e lo ripetiamo oggi, noi riteniamo che la Regione debba essere messa in condizione di decidere immediati interventi sia in ordine all'elaborazione di leggi nazionali, che in rapporto ai più pressanti problemi che sono aperti oggi in Piemonte, dimostrando così e solo così, fin dall'inizio, di sapersi collegare con il movimento di lotta dei lavoratori e con le esigenze di sviluppo del Piemonte e di tutta la società. Interventi subito Consigliere Calleri, ed io mi stupisco per le sue incertezze circa questo aspetto della questione, perché ci sono degli interventi che possono essere realizzati subito, dalla Regione, qualora ci sia quella volontà politica di cui lei parlava.
Se la Regione vorrà operare in questo modo, sarà necessario, come ha già sostenuto un altro Consigliere Regionale, avere un Consiglio Regionale attivissimo. Questa è la principale esigenza che sottolineiamo e da questo punto di vista credo che le proposte che sono venute dall'intervento del Consigliere Berti debbano, possano essere fatte proprie dall'assemblea regionale e dall'ufficio di presidenza. Sono state indicate alcune scelte prioritarie ed affrontando queste questioni, credo, possiamo dimostrare effettivamente come la Regione che è nata è cosa viva. Si è aperto, a questo riguardo, il discorso sulle illusioni o le disillusioni che andremo creando attorno all'istituto della Regione. Noi non vogliamo creare delle illusioni, ma lo diciamo francamente, che ci batteremo con tutte le nostre energie se qualcuno vorrà impedire che la Regione possa intervenire almeno in tutti quei campi ove può intervenire subito. Quindi Consiglio Regionale attivissimo; ma questo non basta. Noi siamo altresì convinti che per andare ad un'azione immediata della Regione occorra avere anche uno strumento esecutivo. Per questo noi siamo favorevoli alla costituzione immediata di una Giunta che operi sulla base di ciò che il Consiglio Regionale decide.
Ma qui interviene subito una seconda valutazione che concerne il carattere della Giunta ed anche su questo consentitemi di ritornare brevemente.
Noi prendiamo atto con soddisfazione che nessuno, neppure il Consigliere Calleri, che pure con molta passione aveva sostenuto questa tesi anche alla televisione, durante la campagna elettorale, nessuno qui ha sostenuto la possibilità di andare ad una Giunta di tipo presidenziale.
Consideriamo questo un passo in avanti, ma vogliamo nello stesso tempo, ci che vi ha già detto in parte il Consigliere Berti, che l'intero Consiglio Regionale prenda atto che noi non contrapponiamo affatto ad una soluzione di tipo presidenziale, una soluzione di tipo assembleare. Il sostenere ci alimenta soltanto degli equivoci e non ci aiuta ad individuare il terreno reale su cui deve essere costruito il rapporto tra la Giunta e la Regione.
Vi è chi ha parlato di stabilità, di efficienza, della necessità - diceva il Consigliere Cardinali - di scongiurare il pericolo che si crei uno stato di antitesi tra Giunta e Consiglio. Intanto, per ciò che concerne la stabilità. Il Consigliere Bianchi diceva noi non vogliamo un esecutivo stabile per mascherare eventuali crisi del domani. Prendiamo atto di questa dichiarazione. Ma allora, se vogliamo essere conseguenti, dobbiamo dire chiaramente che non c'é alcun bisogno di ricorrere a degli artifizi e non si giustifica né un voto solidale complessivo della Giunta, che qualcuno vorrebbe, su proposta del Presidente, né l'istituzione della fiducia o della sfiducia nei confronti della Giunta. E apro una parentesi per chiedere se tutti siamo informati che in Parlamento proprio in questi giorni si sta discutendo per ridimensionare l'uso dell'istituto della fiducia anche in sede parlamentare. E infine, a questo scopo, non serve neanche l'abolizione del voto segreto e l'adozione del voto palese nella votazione di questi organismi per una presunta necessità di moralizzazione come ci diceva il Consigliere Armella, che io respingo perché potrei considerarla offensiva per ciascuno di noi, perché chiunque di noi voti in modo segreto o in modo palese è sempre responsabile e opera secondo coscienza politica o secondo le decisioni del suo gruppo politico.
Sui possibili contrasti tra Giunta e Consiglio: non ci possiamo nascondere che questi contrasti potranno insorgere, ma l'auspicio che dobbiamo formulare in questo Consiglio Regionale è che quando questi contrasti insorgono essi debbono risolversi sempre nella prevalenza del Consiglio, nel pieno riconoscimento della sovranità del Consiglio. Non c'è solo un problema di efficienza nei rapporti tra la Giunta esecutiva e l'assemblea sovrana, c'é un problema di correttezza e di subordinazione totale da parte della Giunta esecutiva nei confronti del Consiglio Regionale. Vorrei a questo proposito aggiungere che nel Consiglio Regionale, in questa nostra assemblea - e mi pare che ci siamo mossi almeno fino ad ora, sul piano giusto, in una direzione giusta - non c' come ci diceva il Consigliere Calleri solo un problema di un corretto rapporto tra maggioranza e minoranza, le quali debbono confrontarsi e se del caso scontrarsi. No, c'é il problema di una vera dialettica del Consiglio Regionale, appunto come quella a cui abbiamo dato vita nel corso del dibattito sullo statuto e che tutti abbiamo sottolineato con estremo compiacimento.
In quanto poi all'efficienza dell'esecutivo, mi sia consentito di aggiungere alle molte cose che già sono state dette, poche considerazioni.
Io sono dell'avviso che l'efficienza dell'esecutivo ci sarà tanto più nella misura in cui l'esecutivo non andrà al di là delle sue competenze. Lo voglio dire ancora, se pure siamo al di là della discussione sullo statuto perché mentre ci accingiamo ad eleggere la Giunta bisogna che questa sappia che non può andare al di là di determinate competenze. E' una Giunta che si deve muovere nell'ambito delle elaborazioni del Consiglio Regionale. Anche qui però vorrei subito aggiungere qualcosa per sciogliere un equivoco.
Quando parliamo di sovranità del Consiglio, sia ben chiaro, noi non intendiamo affatto che il Consiglio Regionale debba affrontare, discutere esaminare, decidere su tutte, indistintamente, le questioni, anche le più minute; questo sarebbe pazzesco, noi andremmo rapidamente ad una stasi dei lavori del Consiglio. Non è questo che vogliamo, quello che vogliamo è che la Giunta, anche se potrà assumere talune decisioni, su taluni particolari problemi, si muova, però nell'ambito delle decisioni e delle scelte che ha assunto il Consiglio. E' per questo che noi riteniamo che sia persino improprio, in un'assemblea come la nostra, parlare come si è fatto di un programma di governo che dovrebbe esserci presentato.
Ma a proposito dell'efficienza, qualcosa vorrei dire ancora circa la composizione della Giunta. Debbo dire che il Consigliere Calleri non è stato per niente convincente nel sostenere l'ipotesi dei 16 assessori che arrivano a 17 col presidente. Potrei dire anzi che ci ha convinti ancora di più del contrario. Tralascio quel che diceva il Consigliere Benzi in quanto non mi pare davvero che il discorso oggi possa essere portato a quel livello e in quei termini. Vi è una profonda contraddizione. Non faccio una questione del costo maggiore, che pure deriverà alla Regione, se avremo parecchi assessori in più ed altri Consiglieri in meno. Mi voglio soffermare sull'efficienza della Giunta. Come può essere efficiente una Giunta di 17 persone, come può essere efficiente un organismo così macchinoso che quando si riunisce si ritrova nelle medesime condizioni della nostra assemblea regionale. Occorre vedere seriamente, inoltre alcuni pericoli: noi andremo inevitabilmente ad una separazione di fatto tra la Giunta esecutiva ed il Consiglio Regionale; le stesse tensioni interne, la dialettica del Consiglio cui facevo riferimento in precedenza rischierebbero di dissolversi nell'esercizio del potere da parte della stessa Giunta così numerosa. Qui, davvero, nel numero dei sedici assessori più il Presidente si ritrovano pericoli di vero burocratismo. Questo io vorrei che fosse avvertito. Abbiamo sentito anche da parte di altri Consiglieri della maggioranza di centro sinistra esprimere un parere discordante su questa questione. Ci stupisce anche un po' il fatto che si arrivi alla presentazione di un o.d.g. di questo tipo. Noi chiediamo: non è possibile fare diversamente? La legge del 1953 dice che si prevedono da 10 a 12 assessori, più quattro supplenti. Perché noi dovremmo andare al massimo e non fermarci invece al minimo? Inoltre, se è vero, come è vero che ci siamo detti che dovremo superare per molti aspetti la legge del 1953 se vorremo darci uno statuto corrispondente alle nostre esigenze di Regione autonoma, mi chiedo perché non possiamo superare la legge 1953 anche da questo punto di vista. Con lo statuto noi definiremo certamente la questione, ma mi chiedo però per quale motivo oggi dobbiamo procedere alla rovescia: incominciamo da 17 e poi dovremo andare con lo statuto a ridimensionare. Non crediamo che questa precostituzione di situazione finisca poi con l'influenzare le decisioni che dovremo prendere in occasione dello statuto? Io non ho la mania, come qualcun altro ha, di esaltare in modo qualche volta retorico, le qualità di concretezza, di parsimonia persino dei piemontesi; questa abitudine francamente non ce l'ho, ma siccome qualcuno di voi ce l'ha, vorrei chiedere come qualcuno di voi riuscirà a giustificare la scelta che oggi andiamo a compiere rispetto agli elettori ai cittadini, a questi piemontesi concreti che chiederanno conto di una scelta di questo tipo. Perciò su questa questione noi siamo decisamente contrari, esprimiamo chiaramente la nostra opposizione, ma ci chiediamo anche se non è possibile riconsiderarla, fermo restando che al di là dell'approvazione dello statuto sarà possibile forse andare ad una valutazione (allora sì, Consigliere Benzi), più accorta, più attenta, più puntuale di quelle che sono le effettive esigenze di fronte alle quali si troverà questo organismo. Oggi lavoriamo un po' al buio ed è proprio per questa ragione che riteniamo sia opportuno tenersi al di sotto che non al di sopra di quanto prevede la legge.
Infine, prima di concludere, alcune valutazioni sulla sostanza politica della proposta che viene avanzata e cioè quella di una maggioranza di centro sinistra che dovrebbe esprimere il Presidente e la Giunta. Nessuno di noi mette in dubbio il fatto che nel Consiglio debba e possa determinarsi una maggioranza. Ma il modo come ad essa si è pervenuti e si perviene e ciò che essa rappresenta nella nostra realtà piemontese secondo noi è materia tutta quanta in discussione. Voi capite, egregi Consiglieri che sentirci proporre una maggioranza di centro sinistra quadripartita nel momento in cui il centro sinistra è in completo disfacimento, lasciatecelo dire, ha davvero del sorprendente. Ci si guardi intorno, guardiamo al centro sinistra quadripartito nazionale che dopo l'apertura della crisi al buio da parte di Rumor e delle forze della destra che gli stanno dietro, ha cercato laboriosamente una soluzione con il tentativo di Andreotti, ma stamattina alle 11 Andreotti ha dovuto rinunciare al mandato. Sono intervenute le prese di posizione dei socialdemocratici, sono intervenute le prese di posizione di una parte, almeno, della destra della D.C.
Guardate a quello che avviene nelle Regioni, negli enti locali più periferici, province e comuni. Possiamo, credo, volendo sintetizzare, dire che siamo ormai giunti alla fine non solo della politica di centro sinistra, che è già finita da qualche anno, ma ormai anche alla fine della formula.
Quel che ci viene proposto non rappresenta neppure più soltanto la trasposizione meccanica del centro sinistra nazionale a livello periferico.
In realtà stiamo andando al di là, trasferendo meccanicamente qui nella Regione piemontese una formula che altrove si è dimostrata ormai vecchia logora, superata. E' qui che intervengono le interpretazioni sul voto del 7 giugno. Il Consigliere Oberto ci aveva cortesemente invitati a non fare dell'alchimia sui numeri espressi dal voto del 7 giugno e noi siamo perfettamente d'accordo, niente alchimia, ma a guardare solo ai numeri, me lo consenta il Consigliere Oberto, si può incorrere in brutte sorprese quale quella di ritrovarsi sì, magari con tanti numeri, ma con un conto che non torna mai, perché i voti non sono univoci, non sono omogenei. Avevamo visto chiaramente noi, all'indomani del voto del 7 giugno, quando abbiamo sottolineato che il Partito Socialista Italiano aveva realizzato un notevole ricupero di voti sulla base di una caratterizzazione orientata a sinistra e di lotta contro la socialdemocrazia, mentre la socialdemocrazia a sua volta si era caratterizzata sempre più come una forza di destra. I fatti sono lì a dimostrare la realtà di quanto noi dicevamo. Numeri magari però una profonda contraddizione interna alle forze del centro sinistra che si era andata accentuando con il voto del 7 giugno. Del resto, per ciò che riguarda la sinistra, vorrei ricordare al Consigliere Gandolfi che farebbe male ad ignorare che in realtà noi stiamo ancora vivendo una fase che è caratterizzata dallo spostamento a sinistra che si era determinato nelle elezioni politiche del 1968 e che il voto del 7 giugno ha largamente confermato. Qual'é dunque la sostanza del problema? E' che il centro sinistra non corrisponde alla spinta esistente nel nostro Paese ed in Piemonte. Quella realtà di cui ha parlato Minucci e che lo stesso Consigliere Bianchi questa mattina ha voluto fare oggetto del suo intervento quando ci ha detto di una realtà che gli stessi D.C. hanno contribuito a mettere in movimento. Ma io vorrei dire al Consigliere Bianchi che se vogliamo guardare obiettivamente le cose dobbiamo dare atto che una parte dei D.C. ha sicuramente influito nel determinare questo movimento nel nostro Paese ma che la maggioranza della D.C., che ha dominato la vita di questo partito in questi anni, non era certo schierata a favore del movimento ma caso mai (e potrei citare infiniti esempi) ha cercato sempre di ostacolalo in ogni modo. Non corrisponde il centro sinistra alla realtà che viviamo, per contrasti interni e per la debolezza intrinseca di questa formula.
Non c'é un problema di modernità dei partiti così come ce la prospetta il Consigliere Gandolfi, c'è un problema di volontà politica, di scelte politiche. Non è che i socialdemocratici siano più o meno moderni dei socialisti, o che la sinistra D.C. sia più moderna della destra D.C., no c'é un problema di scelte politiche concrete corrispondenti alla realtà che noi viviamo e queste scelte o vengono o non vengono compiute. Noi diciamo che con il centro sinistra non si compie una scelta giusta. Anche perch poi questo centro sinistra non esprime per niente - e questo lo vogliamo dire ai compagni del PSI - la realtà unitaria che esiste nel nostro Paese.
So benissimo come ci siano stati, prima, durante e anche dopo la campagna elettorale, coloro i quali volevano dividere gli italiani in comunisti e in anticomunisti; ne sono usciti ancora una volta scornati e ne usciranno certamente ancora scornati in futuro, perché la realtà del nostro Paese è un'altra, è una realtà fatta di lavoratori comunisti, socialisti, D.C. che lottano insieme nelle fabbriche, nelle campagne, nelle scuole, è una realtà fatta di quelle convergenze che si realizzano in molti comuni (con la disperazione, certo, dei socialdemocratici), tra comunisti socialproletari, socialisti, indipendenti di sinistra e in numerosi casi nel nostro stesso Piemonte, con rappresentanti cattolici e in qualche caso addirittura D.C. E' una realtà fatta di una forte spinta al processo di unità sindacale, è una realtà fatta di quei lavoratori cattolici e D.C. che non si vogliono più riconoscere e che in gran parte già non si riconoscono più nella D.C. Certo, la realtà non è fatta solo di queste cose, lo sappiamo benissimo. Fanno parte della realtà anche quelle forze che ispirano la loro azione all'anticomunismo viscerale ed al pregiudizio assoluto, ne fanno parte coloro che parlano sempre e in ogni caso di delimitazione. Il Consigliere Cardinali nel corso della discussione sullo statuto ha voluto sollecitare una chiarificazione tra le forze della maggioranza perché gli pareva di essere forse troppo incalzato dagli argomenti che venivano avanti unitariamente da tutto il Consiglio. Fanno parte della realtà anche le forze della crisi e dell'avventura che si annidano nella D.C. e nel PSU, fan parte della realtà infine anche quelle forze economiche e finanziarie che non guardano in faccia nessuno, ma solo ai loro interessi e si oppongono ad una svolta reale nella situazione del nostro Paese.
Ecco, signor Presidente, signori Consiglieri, noi siamo consapevoli che la Regione avrà un ruolo se farà davvero una politica nuova e siamo convinti che per fare una politica nuova occorrerà vincere resistenze colpire interessi privati. Tanto per fare un esempio, perché ciascuno abbia la dimensione del problema, occorrerà colpire gli interessi della Fiat che oggi domina la vita di Torino e dell'intero Piemonte per non dire dell'intera Italia. Non per niente "La Stampa", il giornale della Fiat riduce in tre o quattro righe, ogni giorno, la vita del nostro Consiglio Regionale, perché il modo come opera questo nostro Consiglio Regionale disturba alla Stampa perché disturba alla Fiat. Ma allora, se questa è la realtà, dobbiamo renderci conto davvero che occorrerà avere una forte volontà politica per poter vincere questi ostacoli. Ebbene, noi diciamo che il centro sinistra che voi ci proponete, se da un lato non corrisponde alla realtà, alla spinta che anima i lavoratori del nostro Piemonte, dall'altro lato non ha certamente la forza di portare avanti una politica capace di sconfiggere le pretese dei gruppi monopolistici. Si tratta d'altro canto di contribuire anche a risolvere in modo positivo la situazione nazionale.
Credete voi che la soluzione a cui andremo questa sera dia un contributo ad una soluzione positiva della crisi governativa nazionale? O non è invece di ostacolo? Questo è un interrogativo che ci dobbiamo porre.
Non si tratta dunque da parte nostra, e credo di averlo dimostrato, di un'opposizione preconcetta ad una formula, si tratta di un'opposizione che nasce dal riscontro tra la proposta che viene avanzata ed il processo in atto nel paese e le esigenze che ci stanno di fronte.
Per queste ragioni dichiaro, a nome del mio gruppo, che noi voteremo contro il Presidente, contro la Giunta espressi dalla maggioranza di centro sinistra perché rappresentano una soluzione sbagliata, negativa consentitemi di dire, allo stato attuale, un vero e proprio pateracchio politico.
Credo infine sia superfluo aggiungere che se la nostra sarà una opposizione severa, non di meno come lo è sempre stata nel passato, in altre sedi, sarà un'opposizione che tenderà alla soluzione dei problemi concreti ed a far maturare nel Consiglio le condizioni per nuove esperienze anche a livello delle forze politiche. Ricercheremo sistematicamente convergenze su tutte le questioni, ove queste saranno possibili, anche se non è affatto obbligatoria (certo, Consigliere Bianchi), l'unanimità. Sulla questione della Giunta di centro sinistra, certo, convergenze non ve ne possono essere, almeno da parte nostra, sia perché nessuno ce l'ha richiesto e del resto la cosa era abbastanza ovvia, ma anche perché noi respingiamo qualsiasi convergenza su una soluzione tanto screditata; noi lavoreremo come nel Paese, anche in questo Consiglio, per fare maturare le condizioni perché si crei un'alternativa al centro sinistra, perché si creino nuove maggioranze sul piano programmatico e negli schieramenti delle maggioranze che già si sono realizzate e che vanno ancor più maturando nel Paese, nello stesso nostro Piemonte. E non passerà molto tempo, credo, che anche in questo Consiglio ci si accorgerà che non sarà possibile affermare una politica nuova, corrispondente alle esigenze delle masse lavoratrici e vincere nello stesso tempo le resistenze delle destre economiche e politiche senza il contributo determinante dei comunisti senza il contributo determinante del nostro partito, per ciò che il nostro partito é, per ciò che esso rappresenta nella realtà del nostro Piemonte nella realtà del nostro Paese.



PRESIDENTE

Ha facoltà di parlare il Consigliere Carazzoni.



CARAZZONI Nino

Non v'e dubbio, signor Presidente e signori Consiglieri, che a questo punto la discussione sulla predeterminazione del numero dei componenti la Giunta Regionale sia ormai per molta parte accademica. Questo numero infatti, è stato, al di fuori e al di sopra dell'assemblea, predeterminato dalle forze di maggioranza ed e ormai di ragione pubblica che la Giunta Regionale verrà ad essere composta dal numero massimo degli assessori previsto dall'art. 26 della legge 10.2.53. Pur tuttavia, nonostante che la decisione già presa svuoti in parte di significato il dibattito, noi riteniamo doveroso fare, senza indulgere allo stile comiziale, alcune brevi e sommesse considerazioni.
Parlando da un banco di opposizione sarebbe per noi facile commentare la scelta fatta con notazioni di costume, soffermandoci cioè su questa macroscopica composizione di una Giunta che prende vita con dodici assessori effettivi e con quattro assessori supplenti. Non v'e chi non vede e il rilievo è stato avanzato anche da qualche altra parte - come sarebbe estremamente facile ironizzare sul fatto che, in una coalizione di maggioranza che è forte di trenta Consiglieri, ben 17, cioè due più della metà vengono ad essere investiti di responsabilità nell'organo esecutivo della Regione.
Come pure sarebbe facile e giustificato da parte nostra cogliere in fallo quanti in quest'aula già più e più di una volta hanno affermato con solennità che la Regione dovrà essere un modello di snella funzionalità rinnovatrice e soprattutto innovatrice; ma che poi, dopo queste solenni affermazioni, all'atto pratico, nel momento della prima scelta decisionale concreta, optano per una soluzione che minaccia di attribuire alla neonata Regione la malformazione dell'elefantiasi. Ed è significativo (apriamo una breve parentesi) che tutti i partiti del centro sinistra abbiano concordato sulla piena applicabilità, in questa circostanza, della legge 1953, di quella legge cioè che si vorrebbe disattendere o addirittura dilacerare e che noi del MSI, come opportunamente ricordava già ieri l'amico e collega dott. Curci, pur non avendola votata, perché bisogna pur dire che furono i regionalisti a proporla e ad approvarla, adesso dovremo tenacemente difendere, ravvisando in essa gli ultimi elementi per la difesa del principio di autorità dello Stato contro ogni tentativo eversivo.
Come, infine, per continuare a dipanare il filo del discorso iniziato sarebbe anche facile per noi criticare questa già presa decisione con argomentazioni non addotte dalla parte nostra. Basterebbe per esempio leggere quanto la "Voce Repubblicana", non certo organo del MSI, è andata scrivendo a commento dell'accordo raggiunto in Piemonte per l'elezione di una Giunta con dodici assessori effettivi e quattro assessori supplenti.
Ma anche a voler prescindere da tutte queste considerazioni, che appartengono alla polemica spicciola, la anormalità di questa Giunta monstre è dimostrabile in altro modo. E va dimostrata anche per mettere a fuoco talune affermazioni che sono state fatte in quest'aula e sulle quali particolarmente ha indugiato il Consigliere comunista che mi ha preceduto.
Noi ci vediamo costretti, per giungere a questa dimostrazione, a ricordare a noi stessi, se non all'assemblea, alcune nozioni elementari. La Corte costituzionale, già con la sentenza n. 50 del 28.7.59, trattando di una grave questione che era insorta per la pretesa della Regione siciliana ad emanare decreti-legge, aveva fatto un'importante affermazione di principio generale, aveva cioè sostenuto che, con il sistema posto dalla Costituzione nel regolare la organizzazione delle Regioni dettando le norme sull'esercizio delle varie potestà, si è voluto osservare il principio della divisione dei poteri ancora più rigorosamente che nell'ordinamento costituzionale dello Stato. Conseguenza necessaria di una simile affermazione di ordine generale, è che ciascuno dei poteri inerenti alla Regione sia affidato ad un organo distinto, così come vuole il comune insegnamento. Quindi, la Giunta Regionale è l'organo esecutivo della Regione, mentre il Consiglio Regionale è l'organo genericamente titolare della potestà legislativa della Regione stessa, come previsto dall'art. 112 della Costituzione. Perché ci siamo permessi di esporvi queste che abbiamo definito noi stessi delle notazioni elementari e che, quindi, non dubitiamo siano ben conosciute dall'intera assemblea? Perché non ci è sembrato fuori luogo ricordarle al momento della elezione della Giunta Regionale: sempre infatti, le deliberazioni devono risultare giustificate da esigenze pubbliche, di pubblico interesse cioè; per cui, nel caso nostro, ecco la domanda, occorre chiederci: quali saranno o quali potranno essere le funzioni esercitate dalla futura Giunta? Posta la domanda, possiamo rispondere con tutta tranquillità che l'opera che la Giunta dovrà compiere, almeno a breve scadenza, sarà molto limitata, forse anche nulla. Sempre nella Costituzione - questa, quindi non è più una questione di interpretazione soggettiva - si precisa infatti che le funzioni amministrative delle Regioni sono di due categorie, le une proprie per le materie elencate nell'art. 117, le altre delegate per legge dello Stato. Ma nelle disposizioni transitorie e finali aggiunte alla Costituzione al n. VIII, si precisa che il passaggio delle funzioni amministrative dovrà avvenire solo mediante una legge dello Stato. E il principio risulta ribadito anche dall'art. 17 della recente legge 16.5.70 n. 281 relativa ai provvedimenti finanziari per l'attuazione delle Regioni a statuto ordinario. Qui si prevede che sarà non proprio una legge del Parlamento ma una legge delegata, posta con un decreto approvato dal governo, in forza della quale dovranno essere disposte le norme sul trasferimento.
Ancora al n. VIII delle citate disposizioni transitorie finali e ancora all'art. 17 della legge 281, si prevede poi che gli stessi criteri dovranno osservarsi per il trasferimento alle Regioni di dipendenti e di funzionari tratti dalla pubblica amministrazione dello Stato. L'importanza del trasferimento di personale statale agli istituenti uffici della Regione appare evidente ove si pensi che all'art. 65 della legge 10.2.53 n. 62 si fa divieto di reclutare impiegati e funzionari regionali in via diretta con la formazione di criteri nuovi, per così dire regionalisti. Nemmeno si può poi pensare ad una utilizzazione immediata del personale dei comuni e delle province che, sino a quando non sarà definito l'assetto amministrativo della Regione, dovranno continuare a svolgere le funzioni che esercitano attualmente, così come esattamente prevede il n. VIII delle disposizioni finali e transitorie della Costituzione.
Per il momento saranno anche ridotte le finanze regionali, perch sempre la legge n. 281 del 1970 prevede, all'art. 16, che per un certo periodo di tempo almeno si potrà provvedere soltanto alle spese di impianto e di funzionamento degli organi e degli uffici regionali.
Per tutte queste ragioni, la Giunta si ridurrà soprattutto all'affermazione di un principio politico; ma verrà forzatamente meno alla propria funzione esecutiva che, secondo la Costituzione, lo abbiamo prima ricordato, consiste essenzialmente nell'attività amministrativa. Per fare della pubblica amministrazione, mancheranno infatti gli elementi essenziali, cioè a dire: in primo luogo, l'attribuzione di una sfera, di un ambito di funzioni e di competenze proprie; in secondo luogo mancherà un apparato burocratico necessario e sufficiente; in terzo luogo mancheranno anche i mezzi adeguati a svolgere una vera attività di attuazione e di propulsione dei pubblici interessi secondo i caratteri proprii dell'amministrazione stessa. Lo stesso Presidente rilevava ieri che ci troviamo in una fase "in cui la Giunta non ha vasti poteri di governo"! In queste obiettive condizioni, appaiono persino giustificate le considerazioni di tutti coloro i quali hanno proposto e suggerito il rinvio della formazione della Giunta al momento successivo alla fase costituente della deliberazione dello statuto regionale. Infatti l'organo deve sorgere e svilupparsi in ragione delle esigenze poste dalla funzione, non viceversa.
Ma, anche volendosi ammettere che già in questo periodo di vita del Consiglio Regionale, nonostante che l'attività prevalente debba essere rivolta alla formazione dello statuto, possa insorgere e sussistere l'esigenza di una sia pure ridotta o ridottissima azione esecutiva e amministrativa; e non potendo farla questa il Consiglio Regionale, noi possiamo anche ammettere che si passi già in questa fase alla elezione della Giunta. Allora però, nelle condizioni che siamo andati sino qui evidenziando, condizioni di riduzione dell'attività amministrativa ai minimi termini, era logico attendersi che la Giunta, nella sua composizione, fosse mantenuta entro limiti quanto mai ristretti. Doveva prendersi a modello la figura del governo d'affari, del governo in carica per l'ordinaria amministrazione e per gli interventi solo più urgenti. E in pratica, l'interesse pubblico sarebbe risultato più che soddisfatto ove il numero dei membri della Giunta fosse stato il minimo anziché il massimo di quello previsto dall'art. 26 della legge 1953. Nella specie, cioè, ci si poteva benissimo accontentare dei dieci anziché dei dodici assessori effettivi, i quali noi crediamo sarebbero stati più che sufficienti per adempiere alle pubbliche necessità durante il periodo iniziale di vita e di attività della Regione.
Ora, l'avere deciso diversamente, l'avere cioè stabilito che nonostante il suo riconosciuto carattere di provvisorietà che ancora qui è stato ribadito e nonostante i ristretti limiti entro i quali la Giunta Regionale dovrà operare, tuttavia questa Giunta Regionale debba venire costituita con il numero massimo degli assessorati previsti dalla legge, rappresenta una decisione che non può certo incontrare l'approvazione nostra e che noi crediamo debba lasciare molto perplessa anche l'opinione pubblica. E' comunque una scelta di stile e di costume che, insieme ad altre ovvie ragioni di carattere più squisitamente politico, giustifica e sostanzia la nostra opposizione alla formula di centro sinistra e alla Giunta Regionale che ne diventerà l'espressione.
Sulle valutazioni politiche, non avendo noi il problema di aggancio del centro sinistra con sollecitazioni alle varie sinistre socialista o cattoliche, non abbiamo alcuna esitazione, alcun tentennamento nel dichiarare che la nostra opposizione a questa formula e un'opposizione preconcetta. D'altra parte sentire parlare, come abbiamo sentito fare in questa aula, con accenti del tutto trionfalistici, del centro sinistra proprio nel momento in cui lo stesso centro sinistra organico finisce a livello nazionale, e qualcosa che prima ancora di sorprenderci giunge a divertirci.
Noi riteniamo che sia finito il periodo del centro sinistra, noi riteniamo che sia in fase avanzata la crisi stessa del sistema come avevamo pronosticato e previsto molto tempo addietro.
Noi quindi continueremo nella nostra opposizione; e in sede di voto anche questo dobbiamo aggiungere per dovere di chiarezza, la manifesteremo con la scheda bianca che non deve peraltro intendersi come astensione o parziale accettazione della soluzione proposta, ma che viene invece a ribadire il carattere fermo e intransigente della nostra posizione.



PRESIDENTE

Ha facoltà di parlare il Consigliere Nesi.



NESI Nerio

Signor Presidente, signori Consiglieri, i compagni Fonio e Simonelli hanno espresso con molta chiarezza gli orientamenti programmatici del gruppo socialista sia per quanto riguarda l'attività del Consiglio, sia per quanto riguarda la creazione dello statuto regionale. Tocca a me, e ne sento la responsabilità, esprimere la sintesi politica della nostra azione futura e nell'assemblea e nella Giunta di questa Regione.
Il gruppo consiliare del PSI voterà la Giunta che si sta formando presieduta dal dott. Edoardo Calleri, le cui dichiarazioni abbiamo parzialmente apprezzato, nella ferma convinzione che il delicatissimo momento che il Paese sta attraversando sia sul piano politico generale, sia sul piano economico, impone la rapida costituzione di poteri eletti e rappresentativi. Il partito della crisi punta infatti su un'azione tesa al logoramento delle istituzioni e delle forze politiche. Tutto ciò rischia di concludersi in una involuzione profonda nell'equilibrio anche istituzionale dei poteri, se la sinistra nel suo complesso non sarà in grado di esprimere, nel modo articolato che la situazione attuale consente, una risposta adeguata. Il partito della crisi vuole emarginare il PSI dal governo del Paese, o provocare alternativamente il rallentamento del riconquistato voto di fiducia che dal luglio dello scorso anno si è instaurato fra il PSI e la classe lavoratrice. Affinché il partito della crisi non possa cogliere il Paese e, per quanto ci riguarda più direttamente, la nostra Regione, in un vuoto di potere politico che potrebbe essere colmato da altri poteri, occorre dare completezza di rappresentanza e di funzionalità alla nostra Regione. Questo chiedono le masse popolari, questo chiedono le grandi centrali sindacali (c'è proprio una deliberazione di oggi, della CGIL della CISL e della UIL) queste sono anche, al di là degli schieramenti, le preoccupazioni comuni a tutti i partiti della sinistra italiana, preoccupazioni che sono state autorevolmente espresse nei giorni scorsi in questa aula.
In tale quadro che l'assenza di alternative immediate rende nella nostra regione assai delimitato, si pone la nostra adesione a questa Giunta, alla quale attribuiamo le seguenti caratteristiche: compiti limitati nel tempo (sarà necessaria infatti una verifica al termine della discussione sullo statuto); funzioni precise, perché, mentre non possiamo condividere la tesi della totale assemblearità del potere, siamo contrari ad ogni super potere dell'esecutivo che configuri una presidenzialità che è estranea non solo al nostro sistema giuridico, ma soprattutto ai fondamenti costituzionali sui quali poggia la nostra vita democratica; significato collegiale nel senso che, anche quando la Giunta dovesse essere stabilmente costituita, i nostri compagni designati a ricoprire incarichi di responsabilità, non si potranno né si dovranno intendere collocati a presiedere settori limitati nettamente definiti da confini di competenza ma come attiva delegazione politica abituata a sviluppare un discorso politico su tutta la conduzione della Giunta in tutti i settori, sollecita a stimolare la più avanzata interpretazione programmatica a favore e a sostegno della classe lavoratrice piemontese, di cui, nella Giunta desideriamo essere autentica espressione, e rispetto alle istanze della quale ci poniamo fedeli interpreti.
Mentre diamo la nostra adesione a questa Giunta, dobbiamo anche lealmente affermare che il nostro gruppo sarà perfettamente autonomo nelle sue posizioni e nella formulazione e nella definizione dello statuto e del regolamento della Regione. Dobbiamo inoltre lealmente confermare, in armonia con la deliberazione unanime della direzione del nostro partito dell'8 luglio scorso, la piena autonomia delle nostre federazioni e delle nostre sezioni del Piemonte, per quanto riguarda la formazione di Giunte locali al di là e al di sopra della meccanica trasposizione di una formula quadripartitica che la direzione del nostro partito ha dichiarato ieri non esservi ora le condizioni politiche per essere attuata anche a livello di governo nazionale.
Signor Presidente, signori Consiglieri, nel corso della discussione sono emersi due grandi indirizzi non tecnici, non giuridici ma eminentemente politici: la partecipazione popolare e il piano. Sono due strade maestre dalle quali riteniamo non si possa prescindere, anche se esse si prestano a facili mistificazioni, come è stato giustamente osservato nel corso del dibattito. Partecipazione popolare al governo della Regione vuol dire, a nostro avviso, come è stato autorevolmente sancito nel documento programmatico fra la D.C. e il PSI nella provincia di Cuneo (che mi è caro qui ricordare), aprire un discorso globale teso, in una prospettiva democratica, alla costruzione di una società non puramente consumistica, ma rivolta essenzialmente alla soddisfazione dei bisogni sociali; di una società cioè, come è stato osservato nell'intervento del collega Lo Turco, che credo sia andato diritto alla mente ed al cuore di molti di noi, nella quale i lavoratori non vedano soltanto monetizzato il loro sacrificio quotidiano, ma traggano da questo sacrificio il diritto ed il dovere ad un nuovo e maggior potere nelle fabbriche e nella società civile. Pianificazione democratica vuol dire respingere ogni tentativo di riportare indietro le conquiste economiche, di libertà e di democrazia, ed i rapporti di potere che si sono creati e che si vanno creando sempre di più all'interno delle fabbriche. Pianificazione democratica vuol dire avviare il processo di riforme che competono alla Regione nei settori fondamentali dell'urbanistica, della salute e dei trasporti, rifiutando l'antitesi fra politica e congiuntura, fra politica congiunturale e riforme, tipica di ogni processo involutivo. Pianificazione democratica vuol dire infine eliminare anche a livello regionale tutte le connessioni che potrebbero essere stabilite già all'inizio della vita della Regione stessa, fra i vari centri dell'apparato statale, con i tradizionali centri della destra economica che si muovono nella logica del profitto privato.
La nostra partecipazione alla Giunta vuol dire quindi che noi intendiamo contribuire in modo determinante alla definizione di un quadro politico e programmatico che, pur esprimendosi oggi in una soluzione di compromesso, tenda ad avviare la crisi politica e sociale della nostra Regione verso sbocchi più avanzati, verso mete più ambiziose. In questo senso l'intero gruppo consiliare socialista intende muoversi, non come passivo strumento di preordinato e scontato consenso, ma come attore responsabile nella elaborazione degli atti essenziali, in tutte le fasi della loro formazione e come continuo elemento di riferimento nella valutazione politica globale di questi atti.
Per questa impostazione di partecipazione, il gruppo consiliare socialista ritiene necessario che i passi fondamentali dell'elaborazione politica della Giunta tengano conto in sede di Consiglio dei più ampi apporti che possono venire dai partiti, dalle forze reali della nostra Regione, dalle campagne, dalle fabbriche, dalle Province, dai Comuni, dai quartieri.
In questo quadro, signor Presidente, signori Consiglieri, il gruppo consiliare socialista voterà a favore del presidente Calleri di questa Giunta.



PRESIDENTE

Ha facoltà di parlare il Consigliere Bianchi.



BIANCHI Adriano

Prendo la parola brevemente per due ragioni: perché ci siamo già dette molte cose e perché a questo punto, almeno per me, la stanchezza è tale che diventa difficile riesprimere compiutamente il proprio pensiero.
Io credo che sia consentito il fare intanto una constatazione positiva e cioè che la Regione piemontese si avvia a concludere per prima e in modo esemplare l'iter di realizzazione di tutti i suoi organi, della completezza delle sue funzioni come espressione innanzi tutto e prima di tutto della volontà di affrontare le responsabilità, i compiti e i pesi che su di essa gravano. E quindi la composizione di questa Giunta vuole dare immediatamente una risposta positiva alla richiesta che tutte quelle competenze e quelle possibilità che anche in questa fase di transizione esistono possono essere, con la misura e la serietà consentite a non fare degli atti meramente propagandistici o di facciata, attuate.
Mi sembra quindi che sia sproporzionato, di fronte a un fatto positivo di così alto rilievo, il discorso su un argomento opinabile dei due assessori in più o in meno. Non mi sembra che di fronte all'importanza della Regione, alla vastità dei problemi, al numero dei componenti, poich le coalizioni vengono in un senso e nell'altro invocate, sono una realtà e un'esigenza del nostro Paese, non mi sembra sia il caso di fare dei discorsi indiretti per dire cose che si possono dire anche direttamente.
Tutte queste realtà possono tranquillamente e sotto il profilo della funzionalità, della correttezza dei rapporti, ma anche delle forze giustificare questo piccolo divario. Ma la ragione principale è quella che il quadro che ci viene offerto è in questa fase di transizione della legge un quadro che potrà subire delle revisioni e dei riesami. Io non credo che si possa proporre un'impostazione di Giunta con un numero ristretto di membri se non si cade immediatamente in quella vera, effettiva presidenzialità che vuole allora il Presidente attorniato da un numero di aggiunti, di addetti (si chiamino come si vuole), i quali coprono tutti i vari settori di serio intervento e la Giunta nel suo numero ristretto risponda soltanto ai compiti di deliberazioni collegiali che vengono chiamati ad assistere le decisioni e le attuazioni presidenziali. Ma se si accetta, come si accetta, che non si faccia più un discorso presidenziale in senso puro, bensì un discorso di una Giunta che è espressione del Consiglio e che deve essere dotata di tutti i poteri (non di super poteri) e che sia garantita nell'esercizio di quei poteri, allora mi sembra che il gusto della dialettica porta lontano e porta anche a raggiungere dei traguardi sproporzionati mettendo in ombra gli aspetti sicuramente positivi che sono largamente prevalenti.
C'è poi l'aspetto della collegialità che è obiettivamente risultante non contestata per il lavoro in questo periodo. Naturalmente è una collegialità nella quale la ricerca, l'indagine, l'individuazione dei problemi, delle competenze, delle documentazioni atte ad anticipare i tempi, a preparare il lavoro futuro, potrà operare nel modo più organico e più efficiente. Certo, anche i nostri Consiglieri presenti in Giunta sono lì per portare la carica politica, la volontà della D.C., i suoi indirizzi le aspirazioni del mondo che le esprimono, ma sono lì in concreto per rappresentare tutte le aspirazioni secondo una visione che vuole che chi è investito di una nomina di carattere pubblico, non appena la riceve deve sostanzialmente non tradire, ignorare la propria provenienza, ma mettersi al totale servizio della comunità. Quindi questa collegialità è garanzia che la Giunta che ci apprestiamo ad eleggere, non comporta condizionamenti non comporta vincoli, non comporta predeterminazioni di nessuna sorta in ordine alla soluzione che vorrà essere data in totale libertà di discussione, di approfondimento e di studio della Giunta in sede statutaria, dei suoi compiti, dell'eventuale elencazione delle ripartizioni o meno ecc.
Dette queste poche cose, noi potremmo passare tranquillamente al voto se non dovessimo dire, d'accordo con la chiara, esplicita formulazione che a questo riguardo si è fatto carico di presentarci il Consigliere Gandolfi che esiste una solida base politica. Potrebbe esser vero che in tempi brevi la formula debba subire, a livello nazionale o non nazionale, delle usure e delle contraddizioni; è certo a mio avviso che non è la politica di centro sinistra che finisce; la politica di centro sinistra farà, in ogni caso,deve fare per il bene del nostro Paese, lungo cammino che se non dovesse essere così forse chi con accenti veramente un po' truculenti ne anticipa la fine e quasi ne gioisce, probabilmente avrebbe con noi a pentirsene perché assisteremmo forse ad una radicalizzazione della lotta politica che è stato il grande impegno della D.C. al fine di impedire che non si riproponessero alternative che avrebbero avuto come unico termine come unico prezzo da pagare quello della fine del sistema democratico. Io penso che il voto del 7 giugno sia stato, come volontà complessivamente espressa da parte di coloro che hanno votato per la D.C., per il PSI, per il PSU e per il PLI, un voto che voleva identificare in queste forze la possibilità e la capacità di collaborazione. E io non vorrei che la puntigliosità, che il limite che può essere nostro prima che di altri delle forze politiche e di coloro che le rappresentano, di vedere tempi brevi o di far prevalere sollecitazioni e sensibilità personali, possa rischiare di tradire questa aspirazione che è stata espressa in modo inequivocabile, anche dopo che è stato costituito un governo il quale aveva alla sua base questa identificazione dell'esistenza delle basi per una politica che dovesse essere comune.
E' un appello che non va al segno perché fatto qui, in una sede che è già ben autorevole, ma limitata. Non ci sono alternative, la formula pu subire usure, si può passare anche attraverso ai vari governi, ma questa realtà rimane: la politica di centro sinistra, una politica cioè che ha come termine di riferimento il più sicuro, il più coraggioso avanzamento sociale, l'inserimento della massima responsabilità nella partecipazione alla vita dello Stato, ma la libertà che non può essere barattata e senza la quale non si ha sicuro progresso civile, non può essere messa facilmente a dormire. E io penso che se non sapessero interpretarla le forze politiche così come esse si atteggiano e sono presenti sulla scena politica italiana ancor prima che altre forze di carattere eversivo saprebbero nella realtà trovare la possibilità sostitutiva.
Quindi questo fatto di convergenza anche faticosa, anche sofferta anche difficile per tante vicende, per tante contraddizioni e dilacerazioni che sembrano prevalere oggi a tutti i livelli, in tutti i partiti, persino in tutte le famiglie, questa convergenza ha anche per noi un profondo significato politico di buona volontà, di sforzo di ricercare la via per far prevalere una politica che sia al servizio del mondo del lavoro, che sia al servizio dei più umili, della libertà, di un progresso autentico che sia contro ogni avventura totalitaria di destra, o di sinistra, ogni possibilità di far tramontare a mezzogiorno il sole nel nostro Paese.
Io penso che questo fatto, altamente positivo del Piemonte che per primo si dà una Giunta, un esecutivo, una presidenza con quelle modalità che per primo si mette al lavoro per approfondire gli studi sullo statuto e che prende impegno di approvarlo nei termini, è un fatto positivo che possiamo serenamente, umilmente offrire al Paese come un esempio di buona volontà, di serietà, come una possibilità di meditare, di approfondire i termini della situazione politica, per non trarre affrettate conclusioni da nessuna parte, per assumere atteggiamenti più cauti, più misurati di fronte a decisioni così gravi.
Noi esprimiamo quindi la nostra soddisfazione nel votare questa Giunta non solo perché ci apprestiamo a votare per un Presidente che è espresso dalle nostre file e della cui capacità, della cui abilità, della cui dedizione noi ci onoriamo, ma ci compiacciamo soprattutto e principalmente per il significato politico costruttivo che ciascuno di noi, sia pure con qualche accento diverso, dà a questa realtà piemontese.



PRESIDENTE

Signori Consiglieri, abbiamo discusso, per la connessione che avevano i problemi posti dall'o.d.g. presentato dal Consigliere Bianchi e altri riferentisi al punto 7) all'o.d.g. La discussione è stata congiunta, ma torniamo di nuovo al punto 6 dell'o.d.g. "Elezione del Presidente della Giunta Regionale". Successivamente, con votazione preventiva, metterò in votazione l'o.d.g. proposto dal Consigliere Bianchi ed altri. E dopo che questo o.d.g. sia stato approvato o respinto dal Consiglio Regionale, si procederà di conseguenza alla elezione degli assessori effettivi e supplenti.
Non essendovi più alcuno che domandi la parola procediamo ora alla votazione per l'elezione del Presidente della Giunta Regionale.
Ai sensi dell'art. 23 della legge 10 febbraio 1953, n. 62, l'elezione ha luogo a scrutinio segreto con l'intervento di almeno due terzi dei Consiglieri assegnati alla Regione ed a maggioranza assoluta dei voti.
La verifica della presenza del numero di Consiglieri necessari, nonch la determinazione della maggioranza prescritta verranno effettuate in seguito allo scrutinio delle schede.
Prego distribuire le schede per l'elezione: trattasi di schede di colore verde.
Prego il Consigliere Segretario di procedere all'appello dei presenti per la votazione.



(Si procede alla votazione)



PRESIDENTE

Dichiaro chiusa la votazione. Procederò io stesso, coadiuvato dai Consiglieri Segretari, allo spoglio delle schede.
Comunico il risultato delle votazioni: Presenti e votanti: 48 Maggioranza: 25 Hanno ottenuto voti: CALLERI 30 BERTI 12 schede bianche 6 Proclamo quindi eletto Presidente della Giunta regionale il Consigliere Dott. Edoardo CALLERI di SALA, che ha ottenuto la prescritta maggioranza assoluta dei voti.
Propongo ora che la predetta deliberazione relativa all'elezione del Presidente della Giunta regionale sia dichiarata immediatamente eseguibile ai sensi dell'art. 49 della legge 10 febbraio 1953, n. 62.
Faccio presente che la predetta proposta deve essere approvata a maggioranza assoluta dei componenti il Consiglio regionale.
Chi approva alzi la mano.
Dichiaro approvata tale proposta, con il seguente esito: Presenti e votanti: 48 Favorevoli: 30 Astenuti: 18 Si sono astenuti i Consiglieri: BERTI, BESATE, BONO, CARAZZONI, CURCI FABBRIS, FASSINO, FERRARIS, FURIA, GERINI, MARCHESOTTI, MINUCCI, RASCHIO REVELLI, RIVALTA, ROTTA, SANLORENZO, ZANONE.
Invito il Consigliere dott. Edoardo Calleri di Sala, eletto Presidente della Giunta regionale, a prendere posto.
Passiamo al n. 7 dell'o.d.g. "Elezione della Giunta Regionale previa determinazione del numero degli Assessori effettivi". Ricordo ai colleghi Consiglieri che, ai sensi del 1 comma dell'art. 26 della legge 10 febbraio 1953, n. 62, "La Giunta regionale è composta del Presidente e di sei Assessori effettivi e due supplenti nelle Regioni con popolazione fino ad un milione di abitanti. Gli Assessori effettivi sono da otto a dieci in quelle con popolazione fino a tre milioni di abitanti, da dieci a dodici nelle altre. In tutti e due i casi il numero degli Assessori supplenti è di quattro".
Poiché la Regione Piemonte aveva, in occasione dell'ultimo censimento una popolazione di 3.914.250 abitanti, il numero degli Assessori effettivi potrà essere da 10 a 12. Occorre quindi procedere all'esatta determinazione di tale numero, in attesa che il numero e le competenze degli assessorati vengano organicamente regolati dalle norme dello Statuto regionale.
Dò lettura dell'o.d.g. presentato dai Consiglieri BENZI, BIANCHI GANDOLFI, NESI, in merito alla determinazione del numero degli Assessori effettivi: "I Gruppi consiliari della DC, del PSI, del PSU e del PRI, raggiunto l'accordo per dare vita a tutti gli organi che realizzano la pienezza delle funzioni regionali, propongono al Consiglio di fissare nel numero di dodici gli Assessori effettivi" F.to BENZI, BIANCHI, GANDOLFI, NESI.
Non essendovi alcuno che domandi la parola pongo ai voti la proposta contenuta nell'o.d.g. testé letto che la Giunta regionale sia composta da dodici Assessori effettivi.
Chi approva, alzi la mano.
La dichiaro approvata con il seguente esito: Presenti: 48 Votanti: 47 Favorevoli: 29 Contrari: 18 Propongo ora che, al fine di procedere immediatamente alla elezione degli Assessori, la predetta deliberazione relativa alla determinazione dei numero degli Assessori effettivi sia dichiarata immediatamente eseguibile ai sensi dell'art. 49 della legge 10 febbraio 1953, n. 62.
Faccio presente che la predetta proposta deve essere approvata a maggioranza assoluta dei componenti il Consiglio regionale.
Chi approva, alzi la mano.
La dichiaro approvata con il seguente esito: Presenti: 48 Votanti: 47 Favorevoli: 29 Astenuti: 18 (Si sono astenuti i Consiglieri: BERTI, BESATE, BONO, CARAZZONI, CURCI FABBRIS, FASSINO, FERRARIS, FURIA, GERINI, MARCHESOTTI, MINUCCI, RASCHIO REVELLI, RIVALTA, ROTTA, SANLORENZO, ZANONE).
Non ha partecipato alla votazione il Presidente VITTORELLI.
Questa mattina, nella conferenza dei rappresentanti dei gruppi, per rendere più spedite le operazioni di voto abbiamo ritenuto che si potesse procedere con due schede diverse alla votazione contemporanea degli Assessori effettivi e dei supplenti. Questa volta però, dato che abbiamo soltanto due urne e che è difficile farne circolare quattro in sala procederemo in un modo un po' diverso alla votazione, cioè lasceremo le urne su quel tavolo e i Consiglieri chiamati a votare per appello nominale ad uno ad uno, deporranno nell'urna che sta alla mia sinistra la scheda di colore giallo per l'elezione degli assessori effettivi, e deporranno nell'urna che sta alla mia destra, la scheda rosa per l'elezione dei quattro assessori supplenti. Ricordo che bisogna scrivere non più di dodici nomi nella scheda di colore giallo e non più di quattro in quella di colore rosa, perché se una scheda contenesse un numero superiore di nomi verrebbe annullata.
Procediamo ora alla elezione di 12 Assessori effettivi e di 4 Assessori supplenti.
La votazione avverrà contemporaneamente, ma con schede diverse e con scrutinio separato.
Ai sensi dell'art. 27 della legge 10 febbraio 1953, n. 62, gli Assessori sono eletti dal Consiglio regionale a scrutinio segreto, nel proprio seno, con l'intervento di almeno due terzi dei Consiglieri assegnati alla Regione. L'elezione ha luogo a maggioranza assoluta dei voti.
La verifica della presenza del numero di Consiglieri necessari, nonch la determinazione della maggioranza prescritta, verranno effettuati sulla base dei risultati dello scrutinio delle schede.
Prego distribuire le schede per l'elezione.
La votazione avverrà con le stesse modalità delle precedenti, con l'avvertenza che la scheda sarà di colore giallo per gli Assessori effettivi e di colore rosa per gli Assessori supplenti.
Ha chiesto di parlare il Consigliere Borello. Ne ha facoltà.



BORELLO Giovanni

Per incarico dei partiti della coalizione di maggioranza, mi permetto di dare lettura dei candidati assessori per la costituenda Giunta Regionale, candidati che sono stati concordati, secondo l'o.d.g.
sottoscritto e testé approvato. Si propone inoltre di votarli in blocco.
Leggo prima i nomi degli assessori effettivi e successivamente dei supplenti: Armella, Benzi, Borando, Cardinali....



PRESIDENTE

Scusi Consigliere, le proporrei di attendere un attimo che le schede siano state distribuite, perché questo permetterà, a chi intenda di votare in quel modo, di prenderne nota senza scriversi i nomi due volte.
La votazione è segreta, ma nessuno può impedire ai Consiglieri di proporre i nomi che vogliono. Se volete proporre altri nomi si deliberi di farlo. Se l'avesse fatto il Presidente della Giunta avremmo introdotto una norma statutaria che attualmente non abbiamo ancora approvata. Potremmo anche approvarla, se voi lo richiedete. Ma adesso non introduciamo precedenti che poi non vorremmo adottare.
Ha chiesto di parlare il Consigliere Bianchi. Ne ha facoltà.



BIANCHI Adriano

Vorrei precisare che abbiamo ritenuto di usare un atto di cortesia nei confronti dell'assemblea annunciando prima chi proponiamo di votare. Questa era la nostra intenzione.



PRESIDENTE

Parli pure ora il consigliere Borello.



BORELLO Giovanni

Ricomincio a leggere i nomi che proponiamo: Armella, Benzi, Borando Cardinali, Conti, Falco, Fonio, Franzi, Gandolfi, Petrini, Dotti, Viglione.
Per i quattro assessori supplenti sono stati indicati: Chiabrando Vietti, Paganelli, Garabello.



PRESIDENTE

Non essendovi più alcuno che domandi la parola, procediamo alla votazione Dichiaro chiusa la votazione.
Procederò io stesso, coadiuvato dai Consiglieri Segretari, allo spoglio delle schede relative all'elezione degli Assessori effettivi.
Comunico il risultato della votazione: Presenti: 48 Votanti: 48 Maggioranza: 25 Hanno ottenuto voti: Giovanni FALCO 30 Germano BENZI 30 Mario FONIO 30 Giulio CARDINALI 30 Aldo VIGLIONE 30 Angelo ARMELLA 30 Aldo GANDOLFI 30 Augusto DOTTI 29 Domenico CONTI 29 Pierino FRANZI 29 Carlo BORANDO 29 Luigi PETRINI 29 Anna Maria VIETTI 1 schede bianche: 18 Proclamo quindi eletti Assessori effettivi i Consiglieri: Giovanni FALCO, Germano BENZI, Mario FONIO, Giulio CARDINALI, Aldo VIGLIONE, Angelo ARMELLA, Aldo GANDOLFI, Augusto DOTTI, Domenico CONTI, Pierino FRANZI Carlo BORANDO, Luigi PETRINI, che hanno ottenuto la maggioranza assoluta dei voti.
Procediamo ora allo scrutinio delle schede per l'elezione di quattro Assessori supplenti.
Presenti e votanti: 48 Maggioranza: 25 Hanno ottenuto voti: Anna Maria VIETTI 30 Ettore PAGANELLI 30 Enzo GARABELLO 29 Mauro CHIABRANDO 29 schede bianche: 18 Proclamo quindi eletti Assessori supplenti i Consiglieri: Anna Maria VIETTI, Ettore PAGANELLI, Enzo GARABELLO, Mauro CHIABRANDO, che hanno ottenuto la maggioranza assoluta dei voti.
Propongo ora che le predette deliberazioni relative alla elezione di 12 Assessori effettivi e di quattro Assessori supplenti siano dichiarate immediatamente eseguibili, ai sensi dell'art. 49 della legge 10 febbraio 1953, n. 62.
Faccio presente che la predetta proposta deve essere approvata a maggioranza assoluta dei componenti il Consiglio Regionale.
Chi approva, alzi la mano.
Dichiaro approvata tale proposta con il seguente esito: Presenti: 48 Votanti: 47 Favorevoli: 28 Astenuti: 18 (Si sono astenuti i Consiglieri: BERTI, BESATE, BONO, CARAZZONI, CURCI FABBRIS, FASSINO, FERRARIS, FURIA, GERINI, MARCHESOTTI, MINUCCI, RASCHIO REVELLI, RIVALTA, ROTTA, SANLORENZO, ZANONE).
Non ha partecipato alla votazione il Presidente VITTORELLI.
Invito i Consiglieri eletti membri della Giunta Regionale a prendere posto ai banchi della Giunta


Argomento: Nomine

Elezione dei revisori dei conti.


PRESIDENTE

Designazione di due terne di esperti nelle discipline amministrative per la costituzione della Commissione di controllo



PRESIDENTE

Passiamo ora al n. 8 dell'o.d.g. "Elezione dei revisori dei conti".
Faccio presente che abbiamo altre due elezioni alle quali dobbiamo procedere, alle quali forse potremmo procedere come per quelle degli assessori effettivi e degli assessori supplenti, utilizzando cioè, con l'appello nominale, il sistema delle due urne, anche perché questo ci permetterà di fare l'operazione una volta sola, anche se lo spoglio è doppio.
Preciso ora le norme relative alle due elezioni e anche al senso di queste elezioni.
Elezione dei revisori dei conti. Si tratta di procedere all'elezione, a scrutinio segreto, di tre revisori dei conti; ai sensi dell'art. 15, 4 e 5 comma della legge 10.2.1953 n. 62 i tre revisori debbono essere eletti dal Consiglio nel proprio seno, al di fuori dei membri della Giunta e ciascun Consigliere ha diritto di votare per due nomi.
Per quel che riguarda l'altra votazione, che è al punto 9 all'o.d.g.
si tratta di procedere alla designazione di due terne di esperti nelle discipline amministrative, per la costituzione della commissione di controllo sulla Regione. Occorre procedere quindi alla designazione di queste due terne di nomi, fra i quali verranno scelti due esperti nelle discipline amministrative quali membri effettivi della commissione di controllo, prevista dall'art. 41 della legge del 1953, nonché un esperto quale membro supplente. I designati dovranno essere iscritti nelle liste elettorali di un Comune della Regione, relativi ai cittadini chiamati ad eleggere la Camera dei Deputati. Ogni Consigliere Regionale vota per una sola terna. Questa mattina, nella conferenza dei capigruppo, allo scopo di interpretare questa norma e di procedere quindi in maniera spedita alla votazione, si è ritenuto concordemente che si dovessero proporre terne bloccate di nomi, che porteranno quindi un numero, allo scopo di non costringere i Consiglieri a riscrivere ogni volta i nomi. Mi risulta che verranno formulate proposte di terne. Vedo già il Consigliere Bianchi che vuole proporre una di queste terne. Ne ha facoltà.



BIANCHI Adriano

Propongo i nomi dei Signori: prof. avv. Ferreri Paolo Emilio, prof.
Franco Levi, prof. Marco Siniscalco.



PRESIDENTE

Ha chiesto di parlare il Consigliere Berti. Ne ha facoltà.



BERTI Antonio

Io propongo i nomi dei signori: avv. Mario Vecchione, avv. Giuseppe Scalvini e avv. Cansacchi prof. Giorgio.



PRESIDENTE

Vi sono altre proposte? Allora, essendovi soltanto due terne proposte daremo alla terna proposta per prima dal Consigliere Bianchi il n. 1; chi vuol votare per i tre nomi proposti dal Consigliere Bianchi iscriva sulla scheda relativa il n. 1; chi vuol votare, invece la terna proposta dal Consigliere Berti, voti la scheda n. 2. Le schede sono entrambe bianche, ma siccome anche senza procedere alla prova di alfabetismo, si presume che ogni Consigliere sappia leggere sulla scheda, quale che sia il suo colore a che cosa si riferisce, ripeto che una scheda porta chiaramente l'indicazione "Elezione di tre revisori dei conti" sulla quale ciascun Consigliere ha diritto di scrivere due soli nomi. Se ce ne fosse uno in più la scheda sarebbe annullata. La scheda per l'altra votazione porta il n. 9 o.d.g. "Designazione di due terne di esperti nelle discipline amministrative per la costituzione della commissione di controllo", terna numero e qui si scriverà il n. 1 o 2 secondo che si voti per la terna proposta dal Consigliere Bianchi o per la terna proposta dal Consigliere Berti.
Si proceda alla distribuzione delle schede. Prima però il Consigliere Curci ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto. Ne ha facoltà.



CURCI Domenico

Signor Presidente, poiché nella terna presentata da alcuni dei gruppi della minoranza figura il nome del prof. Cansacchi che anche il nostro gruppo avrebbe voluto proporre, dichiaro che voteremo quella terna.



PRESIDENTE

Ha chiesto di parlare il Consigliere Zanone. Ne ha facoltà.



ZANONE Valerio

Anche noi voteremo per la terna n. 2. Però, per la verità, io avevo chiesto di parlare per una precisazione relativa alla elezione dei revisori dei conti. Vorrei conoscere dalla presidenza se ritiene che questo organo abbia, come l'art. 15 prevede per il Consiglio di presidenza, durata annuale, oppure se la durata del Collegio dei revisori dei conti sia da determinarsi in sede di statuto.



PRESIDENTE

Intanto noi procediamo ad una nomina che naturalmente verrà poi regolata dallo statuto della Regione il quale stabilirà la durata del loro mandato.
Non essendovi più alcuno che domandi la parola, procediamo all'elezione a scrutinio segreto di tre revisori dei conti. Ai sensi dell'art. 15, 4 e 5 comma, della legge 10 febbraio 1953, n. 62, i tre revisori debbono essere eletti dal Consiglio nel proprio seno, al di fuori dei membri della Giunta.
Ciascun Consigliere vota due nomi.



(Si procede alla distribuzione delle schede per la votazione)



PRESIDENTE

Procederò io stesso, coadiuvato dai Consiglieri Segretari, allo spoglio delle schede.
Comunico il risultato delle votazioni: Presenti e votanti: 47 Hanno ottenuto voti: SOLDANO 29 SIMONELLI 29 RASCHIO 12 FABBRIS 7 CARAZZONI 6 BONO 5 GIOVANA 4 Proclamo eletti revisori dei conti i Consiglieri: SOLDANO, SIMONELLI e RASCHIO, che hanno riportato il maggior numero dei voti.
Occorre ora procedere alla designazione di due terne di nomi, fra i quali verranno scelti due esperti nelle discipline amministrative quali membri effettivi della Commissione di controllo, prevista dall'art. 41 della legge 10.2.1953, n. 62 (nonché un esperto quale membro supplente). I designati dovranno essere iscritti nelle liste elettorali di un Comune della Regione, relative ai cittadini chiamati ad eleggere la Camera dei Deputati.
Ogni Consigliere ragionale vota per una sola terna.
Ricordo che sono state proposte le due terne seguenti: Terna n. 1 prof. avv. Paolo Emilio FERRERI prof. Franco LEVI prof. Marco SINISCALCO Terna n. 2 avv. Mario VECCHIONE avv. Giuseppe SCALVINI avv. Giorgio CANSACCHI.
Procederò io stesso, coadiuvato dai Consiglieri Segretari, allo spoglio delle schede.
Comunico il risultato delle votazioni: Presenti e votanti: 47 Terna n. 1: voti 29 Terna n. 2: voti 18 Le due terne di esperti di cui all'art. 41 della legge 10.2.1953, n. 62 risultano quindi composte nel modo sopra indicato.


Argomento: Presidente della Giunta Regionale

Discorso del Presidente della Giunta Regionale


PRESIDENTE

Ha chiesto di parlare il Presidente della Giunta Regionale. Ne ha facoltà.



CALLERI Edoardo, Presidente della Giunta Regionale

Signor Presidente, signori Consiglieri; l'ora tarda, la lunghezza della durata di questa seduta, il caldo di quest'aula e credo ancora alcune incombenze che debbono essere espletate attraverso le dichiarazioni del Presidente del Consiglio mi suggeriscono di contenere questo mio intervento in limiti brevissimi di durata e credo che esso sarà tanto più apprezzato quanto più sarà breve.
E' un intervento esclusivamente per ringraziare i Consiglieri del mio partito che mi hanno proposto ed i Consiglieri della maggioranza di centro sinistra che mi hanno votato ed insieme a me hanno votato la Giunta il cui pensiero credo di interpretare porgendo il suo ringraziamento. Il ringraziamento va anche ai Consiglieri della minoranza per il contributo che essi hanno dato alla discussione, per l'approfondimento che hanno portato sui temi più qualificanti del nostro impegno politico a livello regionale e per il modo con cui tutto l'insieme della discussione è stata condotta, dimostrando un alto senso civico, un impegno comune che io credo debba essere sempre presente nei lavori di questo Consiglio come premessa per fare di questa nostra assemblea regionale ed in questi nostri organi regionali, veramente un elemento di propulsione, di stimolazione dello sviluppo democratico e civile del nostro Piemonte.
Un ringraziamento al Presidente del Consiglio ed all'ufficio di presidenza per l'impegno che pongono nel portare avanti con tanta solerzia i lavori di questo nostro Consiglio, con l'espletamento di tutte queste lunghe pratiche che pure dobbiamo fare per avviare l'organizzazione della nostra Regione.
Limito a questo mio intervento, rinviando, come credo possiate essere tutti d'accordo, alla prossima seduta del Consiglio che credo sia prevista intorno alla metà del mese di settembre e dopo avere evidentemente impostato con la Giunta lo studio e i problemi che ci stanno immediatamente di fronte, le dichiarazioni del programma di lavoro che la Giunta intende presentare all'esame del Consiglio per averne intanto il suo conforto, il suo suggerimento e per avviare così in modo più ampio e più articolato attraverso una distribuzione di responsabilità e quindi una maggiore incisività di presenza, il nostro lavoro.
Rinnovo a tutti, con cordialità, il mio ed il nostro saluto, rinviando alla metà del mese di settembre il nostro maggiore impegno di carattere politico.



PRESIDENTE

Signori Consiglieri, prima di chiudere questi lavori, sono lieto di comunicare che la Regione Piemonte, nella data odierna del 23 luglio 1970 è stata la prima, insieme con la Regione Emilia, a eleggere la propria Giunta e a venire incontro a tutti i suoi adempimenti costituzionali. Ciò è dovuto all'impegno col quale i Consiglieri Regionali piemontesi, di tutti i gruppi, senza alcuna eccezione, hanno partecipato con diligenza e con serietà ai lavori che erano necessari per arrivare a questi risultati.
Risultati che certamente costituiscono soltanto una prima tappa di questa specie di giro regionale ciclistico d'Italia in cui abbiamo la maglia rosa insieme con la Regione Emilia, prima tappa che ne comporta tutta una serie di altre che siamo in grado di affrontare dopo questi primi risultati, con la stessa solerzia e con lo stesso impegno. Ma vi è soprattutto un fatto del quale desidero, come Presidente di questo Consiglio Regionale esprimere il mio compiacimento, ed è il clima civile che si è instaurato nei rapporti tra i vari gruppi fin dalla prima sessione del Consiglio Regionale piemontese, clima che auspico possa sempre essere mantenuto anche quando gli oggetti in discussione creeranno, senza alcun dubbio come accade in qualunque democrazia, motivi di divergenza che quanto più seriamente e civilmente vengano affrontati, tanto più chiaramente offriranno all'opinione pubblica la possibilità di comprendere le tesi divergenti e di formulare in seguito le proprie scelte rispetto alle forze politiche che queste scelte avranno compiute.
Nelle comunicazioni che ho fatto all'inizio di questa serie di adunanze, avevo espresso alcune riserve circa la soluzione di alcuni problemi pratici che stanno certamente a cuore al Consiglio, fra i quali il problema dello studio e della scelta dell'emblema della Regione, dello studio e della scelta della sede della Regione e delle soluzioni provvisorie da dare al problema dell'indennità e dei rimborsi spese per l'attività che i Consiglieri svolgono nella loro funzione di Consiglieri o di membri di commissioni durante questo periodo in cui non abbiamo ancora un bilancio approvato. Desidero chiedere al Consiglio di darmi mandato di concordare con il Presidente della Giunta, testé eletto, i modi e le forme migliori e più sollecite per poter affrontare la soluzione di questi quesiti o risolvere quelli che viceversa, come l'ultimo, si possono anche risolvere immediatamente.
Circa i tempi futuri dei nostri lavori, grazie agli adempimenti di questa sessione e alla formazione di queste due commissioni, noi siamo già in grado di elaborare fin da questo momento i testi che poi nella forma in cui si sarà potuto elaborarli, verranno presi in esame dal Consiglio nella sua prossima sessione. Nello stesso tempo mi farò parte diligente nel comunicare al Consiglio di presidenza qualunque proposta sia già stata affacciata circa metodi di lavoro del Consiglio nel corso di questo dibattito; allo scopo di porre questi temi all'o.d.g. della prossima sessione del Consiglio o altre proposte eventuali che possano venire. E' evidente che il Consiglio di presidenza rimarrà poi in contatto con la Giunta per udire dalla Giunta stessa quali sono i suoi programmi di lavoro allo scopo di mettere il Consiglio in grado di venire incontro alle esigenze della Giunta stessa.
Io credo che stabilendo fin dal primo momento un clima di stretta cooperazione fra Consiglio ed i suoi organi di presidenza e Giunta e suo Presidente, sia possibile, nonostante i contrasti politici che certamente potranno emergere tra una parte del Consiglio e l'azione che la Giunta stessa svolgerà, o una parte del Consiglio e un'altra parte del Consiglio nelle delibere sottoposte al Consiglio stesso, tuttavia potremo procedere con metodi non molto frequenti forse, non soltanto nelle Regioni italiane ma nel nostro Paese, ma che non è affatto difficile poter introdurre nella Regione Piemonte, anche per tentare in questa Regione, con i metodi che abbiamo seguito fino a questo momento, di lavorare speditamente e di affrontare (perché non vanno dimenticati) non soltanto i problemi formali che abbiamo affrontato fino a questo momento, ma anche molti di quelli di fondo che sono già stati sollevati nel corso delle nostre discussioni.
Tengo a ricordare che in questa fase della nostra attività ed in particolare nelle adunanze che abbiamo avute, ci siamo preoccupati molto di questioni apparentemente procedurali e di forma, ma è molto importante quando ci si prepara ad affrontare la sostanza delle cose, stabilire prima con chiarezza i metodi, le procedure e le forme con cui questi temi verranno affrontati. Questi metodi già sperimentati nelle prime adunanze del Consiglio, ci permettono di rilevare che non appena affronteremo questioni sostanziali di fondo, con i medesimi metodi, probabilmente giungeremo a risultati molto importanti. Per poter giungere a questi risultati e creare le condizioni anche procedurali allo scopo di affrontare le questioni di fondo, convoco domani mattina alle ore 9, sotto la mia presidenza, la commissione per il regolamento; domani mattina alle ore 11 la commissione per lo statuto. Ciascuna delle due commissioni elaborerà poi il programma e il calendario dei propri lavori, autonomamente.
Desidero comunicare pure che ambedue queste commissioni, nelle ore anzidette, si svolgeranno nella sede provvisoria della Regione, nell'ala che alla Regione stessa è destinata a Palazzo Cisterna. Non voglio dimenticare, prima di concludere questa seduta, di esprimere personalmente a nome del Consiglio di presidenza, un plauso molto sentito ed un ringraziamento al dr. Cicotero il quale, nella sua veste di Segretario Generale della Provincia, destinato a fungere in questo momento da Segretario provvisorio generale della Regione, ha coadiuvato l'ufficio di presidenza allo scopo di rendere svelto, chiaro ed anche giuridicamente impeccabile il lavoro svolto dal Consiglio in questa sua sessione. Ci ha pure aiutati ad avere una collaborazione efficiente dai pochissimi funzionari che sono ancora attualmente a disposizione della Regione. Mi auguro che con l'elezione della Giunta si possano affrontare rapidamente i problemi del primo assetto amministrativo necessari ad affrontare con una maggiore collaborazione i quesiti della Regione.
Desidero, vedendo che è in aula, esprimere il mio augurio e le mie felicitazioni all'ing. Porcellana eletto Sindaco di Torino nella seduta di ieri sera.
E finalmente nel chiudere questa prima sessione del Consiglio Regionale piemontese, vorrei fare un'ultima osservazione. Non sempre i lavori di questo Consiglio sono stati presentati con quel senso della verità che andava rispettato davanti all'impegno con il quale noi abbiamo affrontato i nostri compiti. E' stato preannunciato ripetutamente, che il Consiglio Regionale piemontese avrebbe eletto la propria Giunta ieri quando era ben noto a tutti che il Consiglio Regionale aveva deciso durante due giornate intere di affrontare i problemi dell'indirizzo dello statuto e naturalmente, avendo annunciato che la Giunta sarebbe stata eletta ieri successivamente è stato necessario dire che l'elezione della Giunta era stata rinviata. E avendo poi annunciato che l'elezione della Giunta era stata rinviata, è stato necessario spiegare che erano sorti dei contrasti.
Noi stiamo concludendo questa sessione dei nostri lavori con mezza giornata di anticipo; il calendario fissato dai capigruppo prevedeva quattro sedute per la discussione dello statuto e una seduta supplementare, domani mattina per procedere all'elezione della Giunta e degli altri organi del Consiglio stesso. Siamo riusciti a concludere questi lavori con mezza giornata di anticipo, il che ci permette domattina di consacrare la mattinata all'insediamento delle commissioni. Desidererei che davanti all'impegno con cui la Regione Piemonte ha affrontato i suoi primi compiti, si trovi un riflesso più veritiero e più serio di questo stesso impegno, negli organi che sono il nostro unico canale di comunicazione con l'opinione pubblica piemontese.
Detto questo ringrazio tutti i Consiglieri per l'impegno con il quale hanno partecipato a questi lavori, per il fatto che da nessuna parte è mai giunta nessuna protesta né per il caldo atroce con il quale abbiamo lavorato, né per il fatto che abbiamo lavorato durante due sedute al giorno e durante parecchie ore. Il nostro lavoro successivo non sarà certamente così intenso ma avevamo adempimenti urgenti che avevamo bisogno di effettuare in questo breve periodo di tempo.
Ringrazio tutti quanti, auguro buone ferie, dichiaro chiusa la prima sessione del Consiglio Regionale piemontese ed annuncio la convocazione della prossima sessione per il 15 settembre p.v.



(La seduta ha termine alle ore 22,30)



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