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Dettaglio seduta n.42 del 27/05/71 - Legislatura n. I - Sedute dal 6 giugno 1970 al 15 giugno 1975

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Argomento:


PRESIDENZA DEL VICEPRESIDENTE OBERTO



PRESIDENTE

La seduta è aperta.


Argomento:

Congedi


PRESIDENTE

Informo i colleghi Consiglieri che hanno chiesto congedo per le sedute di oggi il Presidente Paolo Vittorelli che è all'estero, i Consiglieri Zanone, Paganelli e Armella.


Argomento:

Congedi

Argomento:

Annunzio di interrogazione e sua discussione


PRESIDENTE

E' stata presentata un'interrogazione con carattere di urgenza da parte del Consigliere Garabello in merito all'istituzione del corso di laurea in medicina odontostomatologica e l'Assessore Conti è pronto a rispondere.
Pregherei il Consigliere Segretario di leggere l'interrogazione.



MENOZZI Stanislao, Segretario

Dà lettura dell'interrogazione.



PRESIDENTE

La parola all'Assessore Conti per la risposta.



CONTI Domenico, Assessore all'Istruzione

Signor Presidente, signori Consiglieri, un problema fondamentale per la riforma sanitaria è quello del rinnovamento degli studi di medicina per fare in modo che il personale, sanitario, modernamente preparato, sia meglio al servizio della comunità, come richiede l'attuale sistema di sicurezza sociale. In questo quadro di rinnovamento, per quanto concerne l'assistenza odontoiatrica in particolare, è necessario un reclutamento rapido e adeguato di dentisti, preparati secondo un moderno ordinamento didattico odontostomatologico. Occorre venire incontro alle pressanti necessità della popolazione bisognosa di cure, modificando la legge Boselli, in questo campo rivelatasi piuttosto negativa in quanto sanciva l'obbligatorietà della laurea in medicina e chirurgia per coloro che intendevano dedicarsi all'odontoiatria. Tale legge è la causa principale della carenza di dentisti, che secondo i dati ufficiali non raggiungono le 6.000 unità per una popolazione di 54 milioni di italiani.
Perciò, in merito al ciclo di studi per la formazione del dentista, il nostro Paese deve varare con urgenza le riforme per gli studi odontoiatrici, poiché l'Italia detiene il più lungo curriculum di studi del mondo, come si rileva dal "Repertoire Mondial des ecoles dentaires" dell'Organizzazione Mondiale della Sanità: gli unici cinque Paesi in tutto il mondo che richiedono la laurea in medicina per la professione di dentista sono nell'ordine: Austria, Spagna, Portogallo, Madagascar e l'Italia.
In campo Comunitario siamo l'unico Paese membro per il quale il curriculum di studi è costituito dal corso di laurea in medicina anziché da un corso di laurea specifico per il dentista. Ciò ci pone al di fuori degli accordi raggiunti dagli altri cinque Paesi della Comunità per la libera circolazione ed insediamento di nostri professionisti nell'area comunitaria escludendoli pure dai benefici della C.E.E. La C.E.E. ha presentato al Parlamento Europeo della Comunità una direttiva preparata da una commissione sanitaria per uniformare le norme riguardanti i servizi sanitari, direttiva che contiene l'obbligo per gli stati membri di istituire facoltà di odontoiatria con un insegnamento teorico e pratico comune.
Le direttive della Comunità Europea sono state pubblicate dalla Gazzetta Ufficiale n. 54 C del 28.4.69. Sono stati fissati gli accordi relativi all'attuazione della libertà di stabilimento e di libera prestazione di servizi per l'attività di dentista; al reciproco riconoscimento dei diplomi; al coordinamento delle disposizioni legislative per le attività non salariate di dentista tra Germania, Belgio, Francia Lussemburgo e Olanda con l'adozione di un programma unico per l'insegnamento odontoiatrico e delle materie medico-biologiche, di cinquemila ore di cui 2800 riservate interamente alla cura dei denti e della bocca.
L'Italia è l'unico Paese membro che non abbia un ciclo di studi per l'odontoiatria; la Commissione C.E.E. ha formulato la raccomandazione, per tutti i paesi membri, di creare tale corso di laurea quinquennale e il Parlamento Europeo, in data 10.7.70, ha approvato tali direttive.
L'intervento degli organismi internazionali è stato raccolto dalle associazioni dell'Unione Studenti in Odontoiatria (U.S.O.) e dell'Unione per la Riforma dell'Insegnamento Odontoiatrico-URIO, le quali si sono fatte promotrici presso il sen. prof. Amato Berthet, membro effettivo del Consiglio d'Europa, perché presentasse alla Commissione del Senato per la Riforma Universitaria un emendamento all'art. 81 che preveda la creazione del corso di laurea in medicina odontostomatologica. Hanno sottoscritto l'emendamento proposto dal sen. Berthet i senatori: Baldini, Berlanda Dalvit, Mazzoli, Segnana e Bergamasco.
Pure alla Camera dei deputati per iniziativa della on. Ines Boffardi è stata presentata una proposta di legge intesa a conseguire la formazione di veri e propri dentisti con l'istituzione di un corso di laurea in odontostomatologia.
Per quel che riguarda la Regione posso assicurare che il Senato Accademico di Torino in data 27 gennaio 1971 ha espresso un parere favorevole per l'istituzione della facoltà di odontostomatologia e protesi maxillo-dentale. Pertanto la Giunta Regionale, anche se sarebbe da preferirsi, qualora fosse possibile, la via dell'istituzione di una scuola superiore per questo e per altri tipi di professione, darà tutto il suo appoggio affinché il corso di medicina odontostomatologica, come raccomandato dalla Comunità Economica Europea, inizi il più presto possibile presso l'Università degli studi di Torino.



PRESIDENTE

La parola all'interrogante Consigliere Garabello.



GARABELLO Enzo

Ringrazio vivamente l'Assessore Conti per la solerzia, che del resto gli è solita, nella risposta. Questa interrogazione, presentata in via d'urgenza, mi pare largamente giustificata dal fatto che il problema è di fronte al Parlamento durante la discussione sulla legge universitaria e si tratta, attraverso un appoggio della Regione all'emendamento che è stato citato, di favorire questa operazione la quale non dovrebbe avere altro scopo che quello di mettere l'Italia alla pari degli altri Paesi che chiameremo civili. L'elenco dei pochi Paesi che ancora non dispongono di una legislazione in materia è quello che di solito ci fa vergogna.
Pertanto ringrazio l'Assessore Conti sia per l'urgenza, sia per l'impegno della Giunta in proposito, dichiarando anche che ulteriori aperture sul problema dovranno essere opportunamente approfondite e saranno motivo di ulteriori contatti fra il Consiglio e la Giunta.



PRESIDENTE

L'interrogazione è discussa.


Argomento:

Approvazione verbali sedute precedenti


PRESIDENTE

Passiamo all'o.d.g.: Approvazione verbali delle precedenti sedute.
Invito uno dei Consiglieri Segretari a darne lettura.



MENOZZI Stanislao, Segretario

Dà lettura del processo verbale delle adunanze antimeridiana e pomeridiana del 18 maggio 1971 del Consiglio Regionale.



PRESIDENTE

Su questi processi verbali c'è qualche Consigliere che ha da fare delle osservazioni? Nessuno chiedendo la parola si intendono approvati all'unanimità.


Argomento:

Annunzio di interrogazioni e interpellanze


PRESIDENTE

Invito un Segretario a voler dare lettura delle interrogazioni che sono pervenute, da iscriversi al futuro o.d.g.



ROTTA Cesare, Segretario

Dà lettura di un'interrogazione e di un'interpellanza pervenute alla Presidenza.


Argomento: Lavoro - Movimenti migratori: argomenti non sopra specificati

Comunicazioni del Presidente del Consiglio Regionale


PRESIDENTE

Passiamo al secondo punto dell'o.d.g. "Comunicazioni del Presidente".
Informo che il giorno 24 maggio una delegazione unitaria CISL-CGIL-UIL dei sindacati dei pensionati della provincia di Torino, si è incontrata alla sede della Regione Piemonte con l'Assessore Vietti e con il Vicepresidente dell'assemblea Sanlorenzo e ha illustrato il contenuto di un documento, chiedendo che fosse portato a conoscenza del Consiglio Regionale. L'istanza mi è stata rinnovata questa mattina e io ritengo di poter aderire perché la conoscenza è sempre opportuna da parte dell'intero Consiglio, pur ravvisando che la competenza ad esaminare specificamente quello che possa essere un apporto da darsi, spetti alla Commissione che si occupa di questa materia.
I pensionati di tutte le categorie di Torino e Provincia aderenti alle Organizzazioni Sindacali unitarie della CGIL, CISL e UIL riuniti nella manifestazione di protesta del giorno 24 Maggio 1971, riaffermano l'esigenza di portare avanti l'azione unitaria assieme a tutti i lavoratori per le riforme sociali e per una politica di sviluppo economico che veda le masse popolari come vere protagoniste del rinnovamento del Paese.
Protestano vivamente contro la sordità finora mostrata dal Governo rispetto alle vive esigenze di milioni di pensionati nonostante la grande mobilitazione sviluppatasi da circa due anni attorno alla piattaforma rivendicativa posta a base della petizione nazionale unitaria presentata da circa un anno alla Presidenza del Consiglio dei Ministri assieme alle oltre due milioni di firme raccolte in tutta Italia tra pensionati e lavoratori.
Sollecitano l'immediata approvazione del disegno di legge per la concessione di una somma "una tantum" a tutti i pensionati della INPS a sanatoria della mancata applicazione della scala mobile nell'anno 1970 e l'esame delle proposte di legge presentate dai vari gruppi parlamentari democratici tendenti a superare i gravi limiti della legge 153 del 1969 e in particolare per affermare le seguenti rivendicazioni unitarie: 1) L'unificazione e l'aumento dei minimi di pensioni in modo da garantire a tutti la possibilità di vivere dignitosamente secondo il dettato dell'articolo 38 della Costituzione Democratica Repubblicana 2) un'adeguata rivalutazione delle pensioni contributive liquidate col vecchio sistema antecedentemente al maggio 1968 3) la modificazione del congegno di scala mobile affinché a tutti i pensionati sia garantito il collegamento dinamico dei loro trattamenti economici con la retribuzione media dei lavoratori dell'industria 4) il riconoscimento del diritto alla scala mobile anche per i titolari delle pensioni sociali 5) la concessione degli assegni familiari anche per gli ascendenti e collaterali a carico dei titolari di pensione diretta, nonché per i contitolari di pensione di riversibilità 6) l'estensione dei benefici acquisiti in materia di riversibilità, di scala mobile, di carico di famiglia e di servizio militare da parte dei pensionati INPS a tutti i pensionati dei fondi speciali e del pubblico impiego.
Per il conseguimento di questi obiettivi i pensionati e le pensionate di Torino e Provincia si sono battuti finora assieme a tutti i pensionati d'Italia. Per questi obiettivi essi confermano la loro ferma volontà di continuare la lotta con tutti i mezzi democratici di cui dispongono per piegare le resistenze dei pubblici poteri.
p. CGIL F.to Vieceli Abramo p. CISL F.to Accatino Mario p. UIL F.to Monaco Vincenzo


Argomento: Controlli amministrativi: argomenti non sopra specificati

Funzioni ed organizzazione degli organi di controllo: esame di proposte


PRESIDENTE

Passerei allora al terzo punto dell'o.d.g.: "Funzioni ed organizzazione degli organi di controllo. Esame di proposte". Vi è un allegato che è conosciuto dai singoli Consiglieri.
Il Presidente della Giunta ha, su questo argomento, da fare delle precisazioni del punto di vista della Giunta? No, allora la parola ad uno o a tutti i firmatari di questa mozione.
Ha chiesto di parlare il Consigliere Marchesotti, ne ha facoltà.



MARCHESOTTI Domenico

Signor Presidente, signori Consiglieri, più volte il Consiglio si è occupato della questione dei controlli sugli atti degli Enti locali. Mi sembra giusto perciò richiamare qui, oggi, le importanti risposte dei Comuni e delle Province nell'elaborazione dello Statuto; il documento del Gruppo comunista pubblicato sul bollettino "Regione Piemonte P.C.I."; le discussioni svoltesi in occasione della presentazione della Giunta e del suo programma; la posizione della Giunta, sia pure sommaria, assunta con il programma stesso; la mozione del Gruppo comunista che mi accingo ad illustrare.
Avendo presente tutto ciò, sembra giusto dare per scontati molti problemi, nel senso che, o sono conosciuti o vi sono su di essi larghe convergenze ed accordi fra i Gruppi.
Posso quindi tentare, senza recare danno alla chiarezza e con profitto per gli obbiettivi, di affrontare le questioni che paiono, a questo punto le più importanti.
Non vi può essere dubbio che siamo in ritardo, sia rispetto alle attese dei Comuni e delle Province, sia in riferimento alla debolezza dell'azione della Giunta Regionale per la riforma dell'accentrato Stato italiano.
La Giunta può giustificare tale ritardo in molteplici modi. Tutti apparirebbero però superficiali e metterebbero in rilievo carenze di impegno e di volontà rinnovatrice.
Potete dire, colleghi della maggioranza e Assessori, che il ritardo è dovuto alla lunga crisi della maggioranza, oppure alla necessità di approfondire la materia, o, ancora, alla necessità di far bene, e che il bene e la fretta non vanno sempre d'accordo; potete persino dire che il ritardo aiuta le finanze della Regione. Ma tutto ciò non giustificherebbe per niente il ritardo, ma metterebbe in rilievo un preoccupante atteggiamento politico. Mi auguro, perciò, che la maggioranza non usi queste argomentazioni, oggi, in questo Consiglio.
L'elezione del Consiglio Regionale, il suo funzionamento, lo Statuto sono stati atti di riforma dell'autoritario Stato italiano. La responsabilità di non aver compreso, che conseguentemente, la costituzione dei Comitati di controllo sugli atti di tutti gli Enti locali, era ed è, un primo atto importante per rompere l'autoritarismo e la tutela sull'autonomia dei Comuni e delle Province, noi comunisti non l'abbiamo voluta e non la vogliamo: la lasciamo alla maggioranza. Anche perché il ritardo è già andato, e sempre più andrà, a sostegno di quelle forze conservatrici e reazionarie, che vorrebbero le Regioni svuotate di contenuti e di poteri reali, come si può verificare dai progetti dei decreti delegati. La D.C. piemontese dovrebbe lasciare queste posizioni al M.S.I., alla parte più arretrata dei suoi alleati, o del P.L.I.
Noi siamo del parere che il Consiglio Regionale debba impegnarsi ad attuare subito, fissando una data ben precisa, i Comitati di controllo nelle sei Province. Si può fare, come vedremo, presto e bene.
Avremmo desiderato che con la nostra mozione vi fosse oggi in discussione anche un documento della Giunta. Invece non c'è! Vuol dire che è d'accordo, che accetta la nostra mozione? Ce lo auguriamo! Dicevo che si può fare presto e bene. A questo fine le nostre proposte possono essere così sintetizzate: assumere con una mozione del Consiglio precise decisioni di merito e di tempo (ad esempio entro giugno) costituire le sei Sezioni, o Comitati, decentrate nelle Province andare ad una larga consultazione degli Enti locali, convocando gli Amministratori per comprensorio, o per zona, o per provincia, con la partecipazione di tutti i Gruppi consiliari regionali, comunali e provinciali preparare e discutere in Commissione lo strumento legislativo o amministrativo per fare subito i sei Comitati provinciali fare domani (e firmarlo subito) il decreto del Presidente della Regione che fissa la data d'inizio dell'invio degli atti delle Province al Comitato regionale di controllo (tale data potrebbe essere il 1° giugno 1971).
Noi sentiamo ancora il bisogno di discutere; ma a questo punto concordiamo con gli Amministratori degli Enti locali che ci chiedono di fare subito, di far bene, di decidere, di operare.
E' noto che noi sosteniamo che i controlli non debbono essere finalizzati agli obiettivi del Piano regionale. Questa affermazione è stata fatta in questo Consiglio più volte. Su tale principio sembra possibile una larga convergenza: ed è auspicabile, perché il contrario sarebbe anticostituzionale e lesivo dell'autonomia degli Enti locali.
Comuni, Province e Regioni, per la Costituzione repubblicana, sono Enti dotati di poteri autonomi. Pertanto, i Comitati di controllo della Regione devono servire a potenziare al massimo l'autonomia di base, e non al contrario. Da questo concetto noi partiamo per ottenere lo sviluppo della democrazia, l'organizzazione della partecipazione di massa e giusti rapporti nella elaborazione del Piano regionale di sviluppo.
Ne sorgeranno, come possono sorgere, contrasti tra Comuni, Province comprensori e Regioni, sugli obiettivi, sul metodo, nel merito del Piano: questi sono problemi politici e non di controllo, che riguardano i rapporti tra il Consiglio Regionale ed i suoi organi e gli Enti locali. I Comitati di controllo non possono e non debbono entrarci. Un modo diverso di vedere le cose porterebbe, a mio avviso, alla imposizione, all'autoritarismo, alla negazione dell'autonomia locale ed anche al ricatto. Se fosse così, i Comitati di controllo potrebbero dimostrarsi peggiori delle Giunte Provinciali Amministrative. Il nostro indirizzo deve andare, perciò, in tutt'altra direzione.
Da questa impostazione deriviamo le nostre proposte sui rapporti tra Regione (Consiglio e Giunta) e Comitati di controllo e dei Comitati tra loro. Pensiamo, cioè, che i Comitati, sia quello regionale che quelli provinciali, debbono essere autonomi, cioè non devono dipendere né dal Consiglio, né tanto meno dalla Giunta, né i provinciali dal regionale. I rapporti debbono essere regolati attraverso relazioni semestrali al Consiglio e con conferenze dei membri dei Comitati, insieme con la Giunta con le Commissioni competenti del Consiglio e con i Gruppi consiliari. In questo modo possono essere risolti i problemi politici, organizzativi, di rapporti che a volta a volta sorgeranno o si porranno. Non ho difficoltà ad ammettere che, fissati principi e orientamento, vi sono delle esperienze da fare come Regione, insieme e di comune accordo, in un rapporto dialettico con gli Enti locali.
I controlli atipici, in linea di principio, vanno eliminati, per dare il massimo di autonomia e di responsabilità all'amministratore ed agli uffici degli Enti locali. Dobbiamo fare in modo che la nuova legge sui controlli sancisca tale principio.
Ma oggi la legge Scelba non lo consente. Possono essere i Comuni che in via transitoria e temporanea, chiedono, se lo vorranno, il parere agli uffici decentrati dello Stato (Genio Civile, Ufficio tecnico erariale ecc.): così, l'atto arriverebbe ai Comitati già con un giudizio espresso.
Ciò consentirebbe di superare gli ostacoli e di non creare il principio della sudditanza dei Comitati di controllo agli uffici decentrati dello Stato.
Ritengo che i controlli ispettivi, da regolare anch'essi con la nuova legge, potrebbero essere temporaneamente assegnati al Presidente della Giunta, a condizione che li eserciti consultando la Giunta, la Commissione consiliare competente e il Consiglio. Il Presidente della Giunta, se è costretto oggi ad assumere poteri che erano dei Prefetti, non può e non deve sentirsi un prefetto, perché è un eletto, non un nominato. La materia è delicata, perciò l'accusa di clientela potrebbe diventare facile.
Sui bilanci in spareggio siamo del parere che debbono diventare esecutivi a seguito dell'approvazione dei Comitati di controllo. Devono essere sottratti, quindi, alla Commissione centrale della finanza locale.
Ciò dovrebbe essere fissato dal Regolamento dei Comitati di controllo e poi dalla legge nazionale e regionale, con un modo nuovo di copertura del deficit facente capo al CIPE ed alla Regione.
Mi sembra evidente, a questo proposito, che il Consiglio debba impegnarsi a sollecitare il Parlamento ed a seguire attentamente l'iter della nuova legge sui controlli e della nuova Legge comunale e provinciale.
L'esercizio del controllo da parte dei Comitati dovrebbe essere fissato da un regolamento o da una legge approvata dal Consiglio. E' probabile che il regolamento sia più tempestivo, comunque non è una questione. Occorre inoltre fissare gli atti sui quali riteniamo indispensabile il giudizio di merito (pochi ed essenziali, abbiamo detto); gli altri possono diventare esecutivi per scadenza di termini (venti giorni).
I Comitati possono funzionare bene se non copieranno in questo senso dalle Giunte Provinciali Amministrative, dando avvio ad una effettiva democrazia.
Delle proposte che avanziamo nella mozione, tutte confermate, ricordo solo quelle che ritengo le principali: a) la pubblicità delle sedute dei Comitati di controllo, in quanto gli atti che si discutono sono atti pubblici. Sappiamo che in questa direzione vi sono resistenze, ma poiché è il Consiglio Regionale che decide a maggioranza dei Gruppi, noi esprimiamo, per parte nostra il suddetto convinto parere b) che alle riunioni dei Comitati sia sempre assicurata la facoltà, agli Enti locali, agli Amministratori degli Enti locali, di essere presenti e di potervi prendere la parola, per un confronto, eventualmente anche in contraddittorio c) che si stabilisca, tra membri dei Comitati ed Amministrazioni degli Enti locali, un rapporto nuovo di collaborazione e democratico d) che gli apparati siano snelli e qualificati, questi a disposizione dei Comitati e non viceversa e) che i membri dei Comitati di controllo siano a tempo pieno e la Presidenza sia assunta a turno dai tre eletti dal Consiglio Regionale f) che si raggiunga un'intesa tra tutte le forze politiche, democratiche e regionaliste del Consiglio per la composizione degli organi decentrati.
Noi siamo del parere di fare subito (entro giugno) i sei Comitati provinciali. Gli strumenti possono essere una leggina o una delibera (forse è meglio una legge). Siamo del parere, cioè, di lasciare aperto il problema delle circoscrizioni, dei circondari o dei comprensori, impegnandoci in uno studio ed in una consultazione approfondita, che può anche concludersi tra diversi mesi. Siamo contrari a condizionare i Comitati provinciali ai circondari o ai comprensori.
Dobbiamo operare in modo da consentire che i bilanci di previsione dei Comuni per il 1972, siano discussi dai Comitati, non dalle Giunte Provinciali Amministrative.
La via da seguire a noi sembra questa: un'altra non ci assicurerebbe il raggiungimento dell'obiettivo. D'altronde, i comprensori riguardano non solo i controlli ma anche la partecipazione, la programmazione ed una nuova soluzione della crisi dell'Ente autarchico Provincia.
C'è chi propone che siano i Comitati provinciali a controllare gli atti delle Amministrazioni provinciali. Sono del parere che sia un errore per due motivi: per il carattere unitario regionale del giudizio che dev'essere dato sugli atti delle Province; per il carattere unitario regionale del giudizio da dare sugli atti delegati della Regione, che in prevalenza si vorrebbero dare alle Province o ai grandi Comuni.
E' stata anche avanzata la proposta di fare una divisione tra grandi Comuni (metropoli), Comuni medi e piccoli. La motivazione viene dalle esigenze particolari delle metropoli. Questa idea mi pare inquinata dalla tecnocrazia e da un falso efficientismo, che approderebbe ad un'ulteriore e sempre più negativa separazione tra città e campagna. Semmai il problema è quello opposto.
Quindi, i Comitati provinciali, e poi quelli comprensoriali, dovranno controllare gli atti dei piccoli, dei medi e dei grandi Comuni.
Il Gruppo Comunista ritiene di aver dato un positivo contributo alla discussione e con la sua elaborazione alla soluzione dei problemi che ci accingiamo a dibattere. E' disponibile a darlo e a riceverlo in questa discussione.
L'obiettivo che ci proponiamo, non solo nostro, è di costruire uno Stato più democratico, autonomistico e decentrato nel rispetto dell'unità nazionale, con l'applicazione coerente della Costituzione. Ieri sull'"Unità", il più arguto ed intelligente polemista, di derivazione cattolica, affermava: "Con i comunisti non si vuole ancora stare, ma senza di loro non si può più stare". Nel caso nostro si potrebbe aggiungere ritengo, che "senza i comunisti non si può operare presto e bene".



PRESIDENTE

E' iscritto a parlare il Consigliere Viglione. Ne ha facoltà.



VIGLIONE Aldo

Colleghi Consiglieri, intervengo con una certa riluttanza su questo problema, perché personalmente - non è una battuta velleitaria - sono contrario ad ogni genere di controlli. Diceva Einaudi, più di dieci anni fa, nel momento in cui chiedeva egli stesso l'abolizione dei Prefetti, che gli Enti locali - i Comuni, le Province, e in genere tutti gli Enti debbono essere lasciati liberi di fronte alle loro responsabilità.
Anche allora, dieci anni fa, come adesso, quando si sosteneva la necessità di sistemi di controllo, si arrivava sempre ad una conclusione: occorrono i controlli perché gli Enti locali non sono ancora politicamente maturi, capaci. Questa è la più chiara e diretta negazione della democrazia. Perché quando è la legge ad attribuire ad un ente, ad un istituto, direi ad un complesso democratico determinate funzioni evidentemente soltanto di fronte alla legge questi Enti devono rispondere: risponderanno di fronte al magistrato penale se delle somme risulteranno sottratte o utilizzate in direzioni diverse da quelle volute (e abbiamo il peculato per distrazione, che oggi è molto in uso, come si vede dai processi attualmente in corso). Non si vede, quindi, perché tutti questi atti debbano essere soggetti anche soltanto formalmente ad un controllo di legittimità. Si badi che anche sotto il termine "legittimità" si nasconde una serie infinita di trabocchetti: perché il rinvio di una deliberazione attraverso richiesta di chiarimenti, attraverso la messa in discussione in seno al Comitato di controllo, con il trattenerla, diventa poi in effetti un controllo di merito. Cosa fanno oggi, per esempio, i Prefetti, quando non possono dire di no? Archiviano una pratica, con l'appunto: "Parlarmene", ma il momento di parlarne non viene mai; i Comuni, così aspettano otto, dieci, dodici mesi, a volte anche due anni, proprio per deliberazioni che non vengono mandate avanti.
Parlo, ripeto, con riluttanza di questo argomento perché io sarei proprio per l'abolizione dei controlli, ed auspicherei se mai un ordine del giorno o una mozione che dicesse: "Il Consiglio Regionale auspica l'abolizione di tutte le Commissioni e i Comitati di controllo".
Perché un'assemblea, come la nostra, eletta democraticamente dalle popolazioni piemontesi, dovrebbe sottoporre i suoi atti al benestare del Commissario di Governo? Perché dovrebbe venire da Roma un Commissario di Governo a controllare la nostra attività? Siamo forse degli incapaci, dei minorati? Abbiamo forse dimostrato di voler buttare dalla finestra i finanziamenti che ci sono stati assegnati, di non saper operare? Ci saranno delle eccezioni, d'accordo, ma sostenendo la necessità di un organo di controllo sosteniamo una nostra minorità, una sorta di nostra incapacità ad operare bene, ad operare secondo la legge. Chi può dire che l'organo di controllo del Governo sia più capace di noi ad assodare la legittimità o meno di certi atti? Una tale tesi non l'ho mai assolutamente vista codificata in alcun documento scritto.
Badate bene, questi sono soltanto sfoghi personali miei, perché in effetti abbiamo una legge che prevede determinati controlli. Ieri mi sono recato al Genio Civile per perorare la causa relativa alla costruzione di una scuola materna, per chiedere che fosse finalmente riunita la Commissione prevista per l'edilizia scolastica, composta dal Provveditore dal Medico provinciale, dall'Ingegnere del Genio Civile. Il funzionario che aveva la pratica mi ha detto che la Commissione si era già riunita in gennaio, e che tornerà a riunirsi solo quando si sia messo insieme un certo numero di pratiche, il che probabilmente accadrà a novembre. Ecco a che cosa porta il sistema dei controlli! E' una illusione quella del Consigliere Marchesotti che tra gli organi di controllo si possano avere anche dei tecnici che diano consulenza legale gratuita, che si instauri un rapporto nuovo di collaborazione anche per quanto riguarda la parte tecnica. Io, sinceramente, non credo che questo possa essere: sostenerlo è un voler ragionare per assurdo. Dobbiamo dire che i Comuni, le Province gli Enti che avranno la delega - perché questo sarà il grande momento, per la Regione - degli atti che devono compiere non hanno bisogno di controllo da parte di alcuno.
Qualcuno si preoccupa della sorte del Genio Civile, del Provveditorato alle Opere Pubbliche? Perché non potremmo incorporarli nelle Province? Le Province avranno certamente una funzione esecutiva per gli atti e le deleghe che la Regione assegnerà loro. A questo livello verremo ad avere l'Ufficio tecnico del Comune, l'Ufficio tecnico della Provincia, l'Ufficio tecnico del Genio Civile, l'Ufficio tecnico del Provveditorato alle Opere Pubbliche, e, come non bastasse, il Ministero dei Lavori Pubblici si riserverà ancora l'ultima decisione. Siamo arrivati al punto che per costruire una scuola occorrono ventotto passaggi: così non è più possibile realizzare altre costruzioni.
Non bisogna chiedere gli organi di controllo dicendo: ci debbono essere. Bisogna dire invece che gli organi di controllo non debbono più esistere. E' questo il concetto nuovo. Altrimenti vedremo la burocrazia dire per giustificare la propria esistenza, che anche le Regioni non sanno operare, sono composte da gente incompetente, che non sa quello che fa, per cui vanno seguite, tutelate; e si creeranno nuovi organismi, perché si creeranno inevitabilmente. Se noi deleghiamo i Comuni a svolgere un'opera o deleghiamo le Province, che dispongono di attrezzati Uffici tecnici, di attrezzati Uffici di studio, queste Province, questi Comuni si faranno le loro opere: se sbaglieranno toccherà agli elettori additarli sulle pubbliche piazze come incapaci, e naturalmente non sceglierli più, se del caso infliggendo loro sanzioni penali.
I sistemi di controllo nei Paesi anglosassoni, a democrazia borghese più avanzata, non esistono affatto. Uno Stato americano con organi di controllo, emanazione del Governo di Washington, di questo genere, sarebbe impensabile in America, laddove veramente le Regioni e gli Stati si amministrano la giustizia, le prigioni, gli aeroporti, le strade, in una parola tutto.
E' un po' velleitario il mio discorso, e so bene che discorsi di questo tipo nel nostro Paese possono anche far sorridere. Come si fa, qualcuno pensa, a demolire l'impalcatura esistente, per cui un Comune per poter costruire una scuola deve passare il progetto al vaglio di ben ventotto uffici, ventotto organi di controllo? Certo, se anche noi, alla Regione cominciamo a dire che dobbiamo erigere un altro muro, sia pure diverso, sia pure con tutt'altro ordine di idee, ripetiamo lo stesso errore.
E' vero che la legge prevede questo controllo sugli atti di tutti gli Enti. Però, fortunatamente, ci sono Enti che finora sono stati esenti da controlli, per esempio per determinati atti, come gli Enti del turismo, le associazioni, altre istituzioni pubbliche. Per fissare dei controlli ad Enti che non vi sono mai stati assoggettati si vuol creare un nuovo organismo, che dovrebbe essere diverso ma che poi alla fine si rivelerebbe non tanto dissimile dagli altri.
Siamo d'accordo, pertanto, sul concetto ispiratore della mozione, ma con questo spirito: che l'organo di controllo, per intanto, abbia soltanto ed esclusivamente finalità di controllo di legittimità, non certo però su tutti gli atti bensì su atti determinati particolarmente importanti, quali possono essere, per esempio, i bilanci, le alienazioni o quelle quattro o cinque questioni che possono essere, direi, di natura veramente importante perché se si dovessero controllare tutti gli altri si istruirebbero pratiche a non finire; oggi, da parte degli Ospedali si subisserebbe di pratiche il Medico provinciale, o la nuova Commissione Regionale, pratiche per la cui definizione occorrerebbe attendere come minimo tre o quattro mesi, per cui nell'arco di un anno un ospedale non sarebbe in grado di programmare niente, Così come non sarebbe in grado di programmare niente nell'arco di un anno un Comune: si stende un bilancio grosso modo, poi alla fine, ottenuta l'approvazione a settembre, ottobre, novembre, o a fine anno, si fa un certo consuntivo e si rimanda all'anno dopo.
Non vorrei proprio che tornassimo indietro di una trentina d'anni, al periodo precedente le affermazioni di Einaudi che citavo poco fa, miranti ad ottenere l'abolizione dei prefetti, a far realizzare una democrazia diretta, lasciata agli Enti eletti democraticamente messi responsabilmente da soli di fronte ai propri atti. Cioè, l'organo di controllo dev'esserci esclusivamente perché la legge purtroppo ancora lo prevede - e noi rifiutiamo questa logica - ma soltanto per determinate materie, quelle specificamente indicate come importanti, non per tutte, perché altrimenti ricadremmo nell'errore di prima.



PRESIDENTE

Ha chiesto di parlare il Consigliere Carazzoni. Ne ha facoltà.



CARAZZONI Nino

Signor Presidente, signori Consiglieri, in attesa che si faccia strada lo spirito nuovo testé auspicato dal Consigliere Viglione, noi non ci abbandoneremo a velleitari voli pindarici: accetteremo invece la realtà in atto e di fatto.



VIGLIONE Aldo

Allora, ci diamo la patente di incapaci.



CARAZZONI Nino

Lo dice lei.
Il 10 novembre '70 questo Consiglio Regionale, con l'astensione del nostro Gruppo, approvava un ordine del giorno impegnandosi alla sollecita nomina dei propri rappresentanti per la costituzione del Comitato di controllo sugli atti delle Province e degli Enti ospedalieri.
Successivamente, il 15 dicembre '70, il Consiglio Regionale provvedeva all'elezione dei membri effettivi e dei membri supplenti di questo Comitato. Infine, il 18 dicembre 1970, il Presidente della Giunta firmava il decreto di nomina del Comitato per il controllo sugli atti delle sei Province piemontesi.
Al di là, però, di questi momenti ricordati, che hanno una loro, per così dire, fredda meccanicità, mai ci era stata offerta l'occasione di un dibattito di fondo sullo spinoso e delicato problema dei controlli. Mai perché, a parte la esposizione sommaria fatta in sede di discussioni programmatiche e sottolineata prima dal Consigliere Marchesotti, la Giunta non ha ritenuto di presentarsi - meglio sarebbe dire che non ha avuto la sensibilità, il senso di responsabilità di farlo - innanzi al Consiglio Regionale con un documento, con una relazione, con un indirizzo programmatico che precisasse quale dovesse essere per la Giunta stessa l'obiettivo ottimale da raggiungere con l'attuazione del sistema dei controlli regionali.
Dibattiti di questo tipo sono stati fatti, crediamo, in quasi tutte le Regioni d'Italia. Ma sono mancati proprio qui in Piemonte, dove ogni giorno di più noi dobbiamo constatare la mortificante assenza da parte della Giunta di un impegnato spirito d'iniziativa, o, al limite, di una carica propulsiva o addirittura di fantasia, capace di imprimere a questa Regione un suo volto, e, soprattutto, un suo stile.
Non è paradossale che sia proprio la parte nostra ad avanzare queste critiche. Noi siamo stati, e lo ascriviamo a nostro merito, tenaci ed irriducibili avversari dell'ordinamento regionale, ma adesso che le Regioni esistono, e noi aggiungiamo "purtroppo", il nostro impegno dev'essere diversamente finalizzato, ed è infatti inteso a far sì che le Regioni stesse, dovendo funzionare, quanto meno abbiano a funzionare nel miglior modo possibile.
Ecco perché riteniamo di dover esprimere, con responsabilità e fondatamente, la nostra rammaricata denuncia per questa indifferenza della Giunta, rivelatasi una volta di più, in questa circostanza, che ci vede dibattere il problema dei controlli a seguito di una iniziativa che non è della Giunta medesima, come sarebbe stato lecito e doveroso attendersi, ma che parte da un altro Gruppo consiliare. Il che, sia chiaro, non torna tanto a merito dell'opposizione comunista che ha firmato la mozione oggi al nostro esame quanto invece suona a demerito per la maggioranza di centro sinistra, una maggioranza sempre a rimorchio di altrui iniziative e perci stesso destinata fatalmente a subire condizionamenti sempre più duri dall'esterno, incapace com'è di esprimere una sua autonoma ed originale linea di pensiero e di azione.
Ricordavamo prima che il problema dei controlli è stato affrontato con un ben diverso spirito da altre Regioni. Dalla Lombardia, ad esempio, la cui Giunta, tempestiva, se si vuole, nel non lasciare spazi vuoti nei quali si potessero inserire altre forze politiche, ha predisposto in argomento un'ampia relazione, guarda caso, ripresa nello spirito, e addirittura nella lettera, non dalla Giunta ma dalla mozione comunista.
Come già chiesto dalla Giunta lombarda, anche i comunisti piemontesi chiedono anzitutto che il nuovo controllo regionale sugli atti degli Enti sia globale, esclusivo e completo. Ora, noi vogliamo osservare che globalità, esclusività e completezza sono caratteristiche, per meglio dire sono obiettivi ottimali, certamente validi. Ma dobbiamo anche osservare che essi superano l'attuale ambito della legislazione positiva vigente e l'ordinamento così com'è in questo momento stabilito. Chiedere che i controlli siano "globali, esclusivi, completi" significa infatti presupporre profondi mutamenti legislativi di competenza del Parlamento nazionale, soprattutto per quanto attiene alla globalità auspicata dalla mozione comunista.
Ora, questi mutamenti sono in parte connessi alle leggi delegate di cui all'art. 117 della Costituzione e alla trasformazione di alcuni Enti, come ad esempio le Camere di Commercio e gli Enti provinciali per il turismo. In altra parte, poi, postulano una riforma della Legge comunale e provinciale che si sarebbe dovuta attuare prima della costituzione delle Regioni. Ed ecco allora che proprio l'assunto della mozione comunista ci permette di sottolineare una volta di più come la costituzione delle Regioni a Statuto ordinario, avvenuta dopo oltre vent'anni di disattesa del precetto costituzionale, sia stata fatta nel modo più frettoloso e meno previdente possibile.
Riscontriamo dunque che le difficoltà anche di ordine giuridico già di per sé connesse con una trasformazione di così vasta portata dell'ordinamento dello Stato quale indubbiamente viene implicata dal nuovo sistema dei controlli risultano ancora più aggravate da uno stridente contrasto, in fatto ed in diritto, tra l'Ente Regione, costituito con tanta sommarietà legislativa, e tutta una confusa e complessa ed arcaica legislazione che, non essendo stata né modificata né aggiornata, adesso fatalmente ne rallenta e ne inceppa il cammino, consentendo soltanto di abbandonarsi, come fa in fondo la mozione comunista, a sterili affermazioni di principio.
Non è solo, è chiaro, una carenza di rinnovamento legislativo, questa ma è una responsabilità di ordine politico le cui conseguenze già sono, ed ancor più saranno in futuro, gravide di conseguenze impegnate. Una civiltà si misura anche dalla sua capacità di rispettare il diritto che regola i propri ordinamenti, e il progresso consiste nel saper adeguare in tempo tale diritto ai mutamenti che avvengono nella società. E' questo, proprio questo, che l'attuale classe dirigente non ha saputo fare in un quarto di secolo di potere politico.
Ecco dunque che alla mozione comunista, la quale nella sua parte più qualificante chiede che i controlli siano globali, esclusivi, completi, noi rispondiamo, come già detto, che globalità, esclusività e completezza sono obiettivi accettabili, ma che per il momento altro non si può fare, altro non si deve fare se non rispettare le leggi vigenti, senza alcuna forzatura interpretativa, senza alcuna intemperanza, anzitutto nell'ossequio della norma costituzionale, che poi, nel caso in esame, non è solo l'art. 130 ma anche l'VIII disposizione transitoria.
Per cui, in tema di controlli, sia chiaro che, approvato adesso lo Statuto del Parlamento, noi riteniamo che l'attività regionale volta ai controlli medesimi non possa avvenire senza che il passaggio sia regolato da una legge della Repubblica. Pertanto, noi ci domandiamo che cosa esattamente intenda dire la mozione comunista - qualche anticipazione l'abbiamo avuta dal collega Marchesotti - quando, dopo avere elencato tutta una serie di richieste su quello che il Comitato di controllo dovrà essere e dovrà fare (richieste, aggiungiamo per inciso, che ci trovano in larga misura consenzienti, e che possiamo anche condividere nel loro spirito informatore, fatta eccezione per quella veramente discriminante e sciocca pretesa che gli organismi decentrati abbiano a costituirsi solo sulla base di una intesa ristretta alle forze politiche "democratiche e regionaliste" del Consiglio), afferma che il Comitato regionale per il controllo sugli atti degli Enti locali va messo subito in funzione. Dev'essere chiaro, e per noi almeno è chiaro, infatti, che il sistema dei controlli deve prima formare oggetto di una meditata e seria indagine, presupposto indispensabile di quella legge regionale sui controlli che, adesso che lo Statuto è stato approvato, la Regione Piemonte dovrà correttamente predisporre, approvare, deliberare. La Giunta Regionale, aggiungiamo ancora, non potrà prescindere da profonde innovazioni da parte del legislatore nazionale, a cominciare dalle Leggi comunale e provinciale che, arcaica e superata già prima della costituzione delle Regioni, è oggi un vero anacronismo ed una palese contraddizione.
Per concludere, ci sia consentito esprimere un'ultima osservazione, a commento dello spirito che informa tutta la mozione comunista e che ci sembra, d'altra parte, essere condiviso in larga parte da questo Consiglio Regionale. E' fuori di dubbio che i controlli sugli atti degli Enti locali siano di competenza delle Regioni, nel limiti e nei termini stabiliti dall'art. 130 della Costituzione. Tuttavia, noi crediamo che non sia avviando subito e senza indugi, cioè ad ogni costo, il controllo sugli atti degli Enti locali, in una condizione di incompletezza, di eterodossia giuridica , ossia forzando le leggi ed i tempi, che si possa ottenere il risultato di consolidare la credibilità della Regione. Crediamo invece che soltanto operando con un vero senso di rispetto della legge, nonché dei termini e dei modi fissati dalla norma costituzionale, cioè senza cedere a forzature né abbandonarsi ad intemperanze, sarà possibile ottenere quel rinnovamento degli ordinamenti e delle istituzioni che è nelle attese nelle speranze, nella volontà di tutti i cittadini.



PRESIDENTE

Ha chiesto di parlare il Consigliere Sanlorenzo. Ne ha facoltà.



SANLORENZO Dino

Credo sia di qualche utilità per il Consiglio che si faccia anche il punto sulla situazione dei controlli così come si è venuta configurando in Italia e si compari la situazione nostra con quella delle altre Regioni perché vi sono problemi immediati, che dobbiamo risolvere, e sono quelli sollevati dalla mozione, che la Giunta, spero, affronterà nella replica, ma vi sono problemi anche di non lunga prospettiva, che riguardano la riforma generale del sistema dei controlli, sulla quale dobbiamo dire qualche cosa oggi, qui, perché vi sono iniziative anche del Governo che vanno in una direzione opposta, secondo noi, a quello che è lo spirito sia della mozione che del dibattito che finora qui è avvenuto.
La situazione attualmente è la seguente: in Piemonte sappiamo come stanno le cose in Liguria il Comitato di controllo, istituito il 14 dicembre '70 esercita dal 22 febbraio il controllo sugli atti delle Province e dei Consorzi a partecipazione provinciale in Lombardia il Comitato di controllo è stato istituito il 28 gennaio, ed esercita il controllo sugli atti delle Province, dei Consorzi a partecipazione provinciale e degli Enti ospedalieri dal 15 di febbraio in Emilia Romagna il Comitato di controllo, istituito il 9 ottobre 1970 esercita dall'8 febbraio il controllo sugli atti delle Province, dei Consorzi a partecipazione provinciale e degli Enti ospedalieri e dal 1 marzo, in via provvisoria, quello sugli atti dei Comuni, dei Consorzi comunali e degli Ospedali di zona in Toscana il Comitato di controllo è stato istituito il 19 di settembre del '70 ed esercita dal 1° febbraio il controllo sugli atti delle Province e dei Consorzi a partecipazione provinciale, dall'11 gennaio quello sugli atti degli Enti ospedalieri e dal 15 marzo quello sugli atti dei Comuni nelle Marche il Comitato di controllo è stato istituito il 5 dicembre '70 e non esercita ancora le funzioni di controllo in Umbria il Comitato di controllo è stato istituito il 5 ottobre 1970 esercita dal 16 gennaio il controllo sugli atti delle Province e dei Consorzi a partecipazione provinciale, dal 20 febbraio quello sugli atti degli Enti ospedalieri, dal 30 marzo quello sugli atti dei Comuni nel Lazio, il Comitato di controllo è stato istituito il 1° febbraio esercita il controllo sugli atti delle Province, dei Consorzi a partecipazione provinciale e degli Enti ospedalieri dal 15 marzo; - nel Molise il Comitato di controllo, istituito il 1° ottobre '70, esercita il controllo sugli atti degli Enti ospedalieri dal 1° gennaio del '71 il Comitato di controllo non è stato istituito ancora nelle Regioni Veneto, Abruzzi, Campania, Puglia, Basilicata e Calabria.
Come i Consiglieri vedono, la situazione è molto difforme e molto pericolosa, tutto sommato, per qualunque concezione autonomistica. Certo potrà far piacere ad una concezione centralistica, ma qualunque tendenza politica che veda le Regioni come una cosa seria non può prendere atto con soddisfazione del profondo dislivello esistente: c'è un gruppo di Regioni dove il sistema dei controlli, prendendo spunto dalla legge Scelba, è stato instaurato a tutti i livelli, Province e Comuni; c'è un altro gruppo di Regioni fra le quali la nostra, che finora l'hanno istituito essenzialmente sulle Province e sugli Enti ospedalieri: c'è infine un gruppo di Regioni piuttosto nutrito ove non è successo niente, né controllo sulle Province n controllo sui Comuni.
Contemporaneamente a questo, le forze fondamentali regionalistiche del nostro Paese hanno avanzato invece progetti di riforma generale del sistema dei controlli, che si sono concretizzati con la presentazione dei progetti di legge che portano i nomi di Vittorino Colombo, proposta Pieraccini e proposta Macarrone. Vedi, Viglione, io sono d'accordo con te su quello che dicevi prima, che bisognerebbe pensare alla eliminazione di tutti i controlli, ma il fatto è che c'è una Costituzione da rispettare. Adesso noi siamo qui per fare della politica e per cercare di spostare una situazione data verso una situazione più avanzata. Tra l'altro, le forze fondamentali Democrazia Cristiana, Partito Socialista e Partito Comunista - hanno presentato dei progetti di riforma molto simili tra di loro, con sottolineature differenti ma con un nucleo, tutto sommato, unitario. Questa riforma è necessario che sia approvata al più presto. Non possiamo per pensare di attendere, per muoverci nella costruzione di controlli decentrati sui Comuni, che questa riforma venga fatta: anche se non è del tutto irrilevante il fatto che il Presidente del Consiglio, nel suo ultimo discorso, se non erro, abbia annunziato la volontà del Governo di arrivare a tempi brevi anche ad una riforma della Legge comunale e provinciale.
Voi sapete benissimo che noi diamo un giudizio nettamente negativo a tutta una involuzione a destra che la Democrazia Cristiana ha avuto con il suo Consiglio nazionale e con tutta l'azione ritardatrice che questo esercita anche sulla costruzione delle Regioni. Tuttavia, non possiamo non prendere atto del fatto che nel mare di dichiarazioni negative che sono venute da quel Consiglio nazionale qualcosa si è salvato, tutto sommato.
Sul problema delle Regioni, che costituiscono oggettivamente un terreno avanzato costruito in questo anno di esperienza, questo impegno noi dobbiamo non solo prenderlo, ma lavorarci sopra, esercitare una pressione con tutte le altre Regioni perché a questo si arrivi. Avremo dei controlli democratici che si muovono nella direzione che auspicava Viglione, tutto sommato, solo quando avremo una riforma anche della Legge comunale e provinciale, e quando andranno in Parlamento e vi avranno approvazione quei progetti di legge delle tre componenti più conseguentemente autonomistiche del nostro Paese che potranno davvero dare un assetto nuovo. Oggi, per siamo sempre in condizioni di dover agire sulla base di una legge che c'è e dobbiamo agire rapidamente.
Dobbiamo agire rapidamente perché, quasi alla chetichella, il Governo ha presentato al Parlamento un progettino di legge fatto di un testo di un solo articolo, esattamente di questo tenore: "Le disposizioni dell'Art. 2 della Legge 28 marzo '68 n. 420 per l'integrazione dei bilanci comunali e provinciali deficitari (cioè l'unica vera grande cosa che interessa i Comuni) nonché le norme sulla copertura delle perdite di esercizio delle Aziende speciali di trasporto contenute nell'Art. 5 della Legge 22 dicembre '69 n. 964 sono prorogate fino all'entrata in vigore delle disposizioni che saranno emanate in esecuzione della delega legislativa al Governo della Repubblica per la riforma tributaria". Tradotto in pratica, questo vuol dire semplicemente che tutti i disavanzi comunali saranno ancora regolati da quella disposizione secondo la quale un decreto del Ministro dell'Interno provvede su proposta della Commissione centrale per la finanza locale a ripianare i disavanzi dei Comuni. Il problema è invece un altro che con questo articolino si ignora anche ciò che è stato finora fatto dalle Regioni per costruire un sistema di controlli diverso, perché qui si fa riferimento ancora una volta alla Commissione centrale per la finanza locale, mentre bisogna far riferimento ai Comitati di controllo regionali che sono stati insediati.
Certo, questa obiezione si potrebbe fare in modo molto più energico se in tutte le Regioni fossero stati insediati e fossero in funzione i Comitati regionali; ma questa è una ragione di più per spingere a fare in questa direzione, per collocare anche il Piemonte in questa direzione.
Infatti, questa leggina, che è passata in Parlamento quasi silenziosamente adesso, saggiamente, sta incontrando una reazione salutare in Senato, e probabilmente, quasi sicuramente, sarà modificata: è in atto una controffensiva che parte anche dalla Democrazia Cristiana, oltre che dal Partito Comunista e dal Partito Socialista, che tende a modificare questo articolino di questa leggina.
Il fatto che abbiamo ritardato a mettere in piedi i Comitati decentrati è stato privo di conseguenze? Bisogna che noi facciamo attenzione a questo perché ne possono scaturire situazioni difficilmente controllabili. Abbiamo ricevuto, come Consiglio Regionale, numerose mozioni e documenti che illustrano la volontà politica delle Province e dei Comuni di operare rapidamente. Il Consiglio Provinciale di Vercelli comunicava al Consiglio Regionale la necessità di costituire sollecitamente gli organi decentrati così ha fatto anche il Convegno dei Comuni che si è tenuto a Verbania mesi or sono, così ha riconfermato il Convegno dei Comuni che si è tenuto a Borgomanero.
Ma fin qui siamo alle espressioni di volontà positive. E' successo però, in questi mesi un caso molto serio e molto grave, che fa parlare tutta una intera zona del Piemonte, l'Alto Novarese, di cui avete certamente letto qualche cosa anche nei giornali. E' successo, cioè, che 39 Comuni dell'Alto Novarese hanno deciso di costituire una comunità e si sono dati uno Statuto, che hanno redatto in piena autonomia e poi hanno fatto approvare singolarmente da tutti 39 i Comuni. Questo statuto, mandato alla G.P.A., è stato da questa respinto, perché la G.P.A. e il Prefetto sono intervenuti nel merito dello Statuto ed hanno fatto le loro obiezioni dichiarandolo non conforme alla futura legge sulla montagna. In sostanza, è successo uno degli episodi classici in cui l'autonomia dei Comuni viene calpestata e ne sono derivate agitazioni vere e proprie, che si ripetono praticamente tutte le settimane, con la partecipazione di una popolazione che tra l'altro ha tradizioni autonomistiche di vario tipo, di vario genere, non esclusa quella di aver fatto la prima repubblica partigiana in Italia, e che quindi è in grado di governarsi autonomamente, di fare statuti, e di farli bene. Perché è successo questo? Perché mancava un Comitato decentrato di controllo a livello provinciale: altrimenti la G.P.A. non avrebbe più avuto alcun potere di intervenire su questa questione.
Non è comunque mai privo di conseguenze un qualsiasi nostro ritardo in questa materia: una materia in cui la Regione può fare, può operare.
Per concludere, io invito la Giunta, che ora risponderà a mezzo del suo Presidente, a darci la garanzia che i Comitati decentrati verranno costituiti sollecitamente. Io auspico una consultazione dei Comuni su questi Comitati, promossa dalla Giunta, perché nascano in modo partecipativo, collaborativo. Quando abbiamo insediato il Comitato sugli atti delle Province abbiamo dato una certa solennità all'evento. Ho per visto la fotografia di analogo insediamento in Toscana: c'erano almeno mille persone a quella cerimonia, c'erano i Sindaci di tutta la Regione.
Perché? Perché si è arrivati là all'insediamento del Comitato dopo aver tenuto decine di convegni con i Comuni, e quindi l'istituto è nato bene nonostante gli attuali limiti della legge, che consente di fare certe cose e non altro. Facciamo dunque questa consultazione, anche se essa comporterà un ritardo di qualche giorno: che si tratti, però, soltanto di qualche giorno, perché il nostro obiettivo dovrebbe essere di riuscire ad avere i Comitati decentrati insediati prima delle ferie. Studiamo quali forme di consultazione dovremo adottare, sia la Giunta a promuovere, con l'ausilio delle Commissioni competenti appena nominate, una leggina che definisca la questione; ma procediamo alla consultazione, in tempi rapidi, con l'intento di avere i Comitati decentrati insediati prima delle ferie estive.



PRESIDENTE

Nessun altro chiede di parlare? Allora darei la parola al Presidente della Giunta.



CALLERI Edoardo, Presidente della Giunta Regionale

Volendo riassumere e commentare, se me lo consentite, la discussione che qui è avvenuta questa mattina, credo che potremmo dire che si è parlato della legge vigente e si sono guardati i controlli de iure condendo, cioè pensando a ciò che a ciascuno di noi, al limite, può piacere in termini di controllo.
E' evidente che, avendo la responsabilità dell'iniziativa dell'organizzazione, quanto meno dal punto di vista dell'approntamento delle sedi e dal punto di vista del reperimento e del reclutamento del personale, la Giunta non manifesta delle perplessità sul tipo o sulla rapidità nel mettere in movimento le Commissioni di controllo. Si è trovata di fronte a problemi da risolvere che non si vogliono assolutamente addurre a scusa ma che costituiscono, credo, un elemento obiettivo di riferimento.
Per quanto riguarda in particolare le Sezioni decentrate, non vi è alcun ritardo, in quanto noi riteniamo che, essendo lo Statuto che deve stabilirne la costituzione, fino ad approvazione avvenuta dello Statuto queste Sezioni si possono, forse, anche eleggere (come è capitato nell'Emilia Romagna e forse anche, se non vado errato, in Toscana), ma come fatto formale, perché sostanzialmente gli atti dei Comuni, per acquisire legittimità, debbono necessariamente essere mandati alla Commissione Regionale di controllo; la costituzione delle Commissioni periferiche insomma, acquisisce un aspetto meramente formale e sicuramente non è motivo di esecutorietà degli atti delle Amministrazioni comunali e delle aziende da esse dipendenti.
Ora, credo che un momento di meditazione - che non richiede solo pochi giorni, perché occorre un approfondimento, una esegesi, se volete, del tipo di controlli, delle modalità attraverso le quali attuarli, un ripensamento in fondo, dell'innovazione sostanziale che l'art. 130 della Costituzione ha apportato al sistema ed un riaggancio a tutto questo indirizzo - ci possa mettere nella condizione di formulare proposte che sotto molti profili ritengo consentano di vedere l'esercizio di questo controllo non soltanto più come un esercizio assolutamente non repressivo e non restrittivo delle autonomie locali ma come un esercizio di attività che si chiama ancora "di controllo", termine obiettivamente antipatico, che suscita la reazione di chi, come il Consigliere Viglione, vorrebbe vedere i controlli aboliti, ma in realtà è, direi, un "esercizio di pareri".
Il profondo carattere innovativo si ha nel controllo di merito. In realtà, credo che questo tipo di controllo si configuri come una abolizione di controlli proprio perché il controllo di merito, in realtà, non è che un parere che la Commissione di controllo, o le sezioni periferiche, danno sulle delibere, lasciando agli Enti locali la facoltà - che è concessa dalla Costituzione, peraltro, e ribadita nella Legge Scelba - non solo di non accettare il parere della Commissione centrale di controllo ma di rideliberare, soltanto con una maggioranza diversa, o comunque con la maggioranza assoluta, la stessa deliberazione sulla quale la Commissione di controllo ha espresso nel merito delle perplessità. E direi che questo cessa di essere un controllo per diventare un parere.
Per quanto riguarda i controlli di legittimità, credo che non si possano considerare dei veri e propri controlli. Il Parlamento ha sopra di sé un organo di controllo, che è la Corte Costituzionale; tutti gli ordinamenti hanno dei tribunali, di carattere, possiamo dire, giuridico amministrativo, in questo caso, che evidentemente correlano le leggi che i Parlamenti deliberano rispetto alle norme costituzionali e ne rilevano o meno la legittimità.
Direi che la Costituzione ha, in questo, prodotto un fatto fortemente innovativo. La Costituzione non ha purtroppo previsto, però, le modalità attraverso le quali si esercitano i controlli: cioè a dire, i punti di riferimento verso i quali occorre che gli Enti locali pongano attenzione perché le deliberazioni prese con la pienezza della validità nel momento in cui sono deliberate dall'organo dell'Ente locale acquisiscano anche validità ed efficacia. Purtroppo, per quanto riguarda la legittimità esiste nella legge comunale e provinciale non solo l'obbligo della pubblicità della deliberazione, che per se stessa dovrebbe già costituire elemento di efficacia, ma anche di spedire all'organo di controllo la deliberazione, che dopo venti giorni diventa esecutiva anche se l'organo al limite, non l'ha neppure esaminata, e quindi che sia o no legittima.
Invece, per quanto riguarda i controlli nel merito, è la stessa Legge comunale, così come nel campo degli ospedali la legge ospedaliera, la legge Mariotti, a determinare quali sono le materie sulle quali l'organo di controllo esercita il controllo di merito.
Certamente, un approfondimento di tutti questi problemi, di questi temi, e anche l'esperienza che nel corso di questo periodo le Regioni hanno potuto farsi credo inducano tutti noi, se vogliamo approfondire seriamente il problema, ad assumere precise linee di direzione e di indirizzo. Quella intanto, di respingere tutto ciò che è macchinoso, che rischia di diventare uno scambio inutile di corrispondenza, e quindi di auspicare che per quanto riguarda il controllo di legittimità lo scambio di corrispondenza non ci sia ma che quella deliberazione, avendo piena validità nel momento in cui è deliberata dal Consiglio, acquisisca esecutività ed efficacia soltanto con la pubblicità, cioè soltanto con il fatto di essere messa all'albo pretorio per un certo numero di giorni in modo che i cittadini ne vengano a conoscenza.
Certamente, questa è una cosa che noi non possiamo ancora fare oggi: possiamo auspicarla. Ma non era infondato supporre che, essendovi delle iniziative di carattere parlamentare in questa direzione, cioè nella direzione della modifica delle procedure di approvazione delle delibere qualche parlamentare puntasse la sua attenzione su questo piccolo particolare. Un particolare, peraltro, costoso: basterebbe pensare che soltanto per quanto riguarda gli atti dei Comuni nella Regione Piemonte ci troviamo di fronte ad una massa di deliberazioni che pervengono agli organi di controllo e che raggiungono, ad esempio, per quanto riguarda gli atti delle sei Amministrazioni provinciali, il volume di 20.000 deliberazioni all'anno, per quanto riguarda gli atti delle Amministrazioni ospedaliere 12.000 delibere, per quanto riguarda gli atti dei Comuni della Regione 230.000 delibere.
Se poi si tiene conto dei controlli atipici, quelli cioè che esigono tutte quelle lunghe procedure macchinose, defatiganti e spesso ritardatrici, si è costatato che vi è uno scambio di corrispondenza per ciascuna pratica dell'ordine di cinque volte ogni pratica; il che vuol dire una massa di corrispondenza che corre da un ufficio all'altro, e quindi organi macchinosi e costosi, con conseguenti ritardi che spesso si traducono anche in perdite non di efficienza ma di danaro. Noi tutti abbiamo una esperienza in proposito e sappiamo come opere pubbliche appaltate dopo un anno dal momento in cui sono state progettate non sono state assegnate perché i prezzi avevano subito nel frattempo sensibili modifiche. Questi ritardi hanno obiettivamente costituito, per l'esperienza che tutti abbiamo avuto, un grosso danno per le stesse finanze degli Enti locali.
Quindi se una prima indicazione possiamo esprimere, è certamente quella di esaltare l'autonomia degli Enti locali, cercando di rendere il meno macchinoso possibile il controllo. Fortunatamente nel nostro Paese tutte queste leggi sui controlli si sono sovrapposte le une alle altre e spesse volte vi sono contraddittorietà che possono essere interpretate non solo nel senso dell'appesantimento, come è stata la tendenza durante tutto il periodo del controllo, chiamiamolo repressivo, ma possono anche essere sfruttate nel senso dell'alleggerimento che la Costituzione ha apportato ai controlli. Di fatto lo spirito di questa norma costituzionale consente di dare un'interpretazione nel senso dell'alleggerimento, della diminuzione di questi controlli anche proprio dal punto di vista degli obblighi dei comuni di darne comunicazione agli organi di controllo.
Certo si pongono dei problemi di notevole importanza giuridica, perch ci troviamo di fronte al controllo sugli Enti ospedalieri di cui alla legge 132 la quale aumenta, rispetto alla legge del 1890, le materie sottoposte a controllo di merito. La disposizione della Costituzione parla di controlli di legittimità, sempre, mentre la legge del 1890, alla quale ci dovremmo riferire per quanto attiene ai controlli sugli Enti ospedalieri, li esclude. Credo siano argomenti importanti da approfondire se ci indirizziamo nella direzione che la Giunta certamente suggerisce, che è quella di utilizzare, tra i diversi dispositivi, quello che consente di raggiungere l'obiettivo del massimo alleggerimento.
Per quanto riguarda le sezioni decentrate, credo che possiamo in poco tempo approntare la legge attuativa di una norma statutaria ed approvarla con relativa rapidità, perché si tratta semplicemente di costituire le sezioni nei sei capoluoghi di provincia, per ora, in attesa che si possano formare i circondari e semmai istituire gli organi di controllo che più saranno decentrati, più risponderanno a quelle esigenze di rapidità e anche di contatto che sono nello spirito della Costituzione, nello spirito della riforma. Per adesso non possiamo fare altro che proporre la costituzione di queste sei sezioni.
Abbiamo approntato le sedi, abbiamo richiamato l'attenzione del Consiglio sull'opportunità di assumere del personale; ci apprestiamo a presentare la prossima settimana un disegno di legge della Giunta sull'ordinamento provvisorio degli uffici regionali che comprende anche il personale necessario per la costituzione degli organi di controllo decentrati. Assieme a questo la Giunta ha già pronto e presenterà alla presidenza del Consiglio per l'assegnazione alla Commissione competente, un progetto di regolamento dell'organo centrale e delle sezioni di controllo periferiche.
La prima attività che la Commissione di controllo ha espletato, con una certa difficoltà peraltro, proprio per la carenza del personale, è stata quella sulle rette ospedaliere che si è ravvisato fosse molto importante per la particolare situazione di difficoltà finanziarie nella quale versano gli ospedali e quindi fosse necessario l'adeguamento delle diarie per mettere gli ospedali in condizioni di avere delle disponibilità finanziarie maggiori.
Con la seconda decade del mese di giugno si inizieranno i controlli su tutti gli atti degli Enti ospedalieri regionali, ma con una posizione che credo potrà essere apprezzata: non chiederemo che vengano mandate le deliberazioni su cui si dovrebbe esercitare il controllo di legittimità perché la legge del 1890 non lo prevede, manderanno tutt'al più l'elenco trimestrale delle delibere assunte, mentre invieranno all'organo di controllo (questo è l'indirizzo che la Giunta propone) solo le deliberazioni sulle quali occorre esercitare il controllo di merito.
Se tutto il personale che dovrà essere attribuito a questo Comitato potrà prendere servizio entro il mese di giugno, è molto probabile che si potrà estendere rapidamente il controllo sugli atti delle Amministrazioni Provinciali.
Per quanto concerna gli atti dei Comuni, ritengo che non sia possibile senza avere il personale nelle sezioni periferiche le cui sedi (peraltro sono già state reperite e opportunamente attrezzate), iniziare seriamente il controllo. Noi abbiamo sentito molto la preoccupazione che nell'assumersi questa responsabilità la Regione non si trovasse costretta nel momento in cui diceva che avviava una grande riforma, cosa che è vera ad avere dei rapporti con gli Enti locali per quanto riguarda la rapidità del disbrigo delle pratiche, come è capitato in passato, il che avrebbe sicuramente comportato un giudizio negativo rispetto a questa nuova attività e avrebbe probabilmente vanificato la grande novità della riforma.
Credo che correre questo rischio sarebbe stato grave e ritengo che l'avere usato questo accorgimento di prudenza ci abbia consentito di verificare talune esperienze che non sono molto positive, proprio perché il Comitato di controllo è composto da rappresentanti elettivi dei Consigli Regionali e quindi è difficile presumere il tempo pieno da parte di questi commissari e se non si articola in modo estremamente decentrato il controllo, si possono appesantire le loro funzioni in modo tale da creare delle difficoltà nei rapporti con gli Enti locali controllati. Credo che le esperienze che altrove sono state fatte siano tali da suggerirci, come d'altronde mi pare emerga dalla serie di interventi, un approccio graduale, soprattutto nella pienezza della legalità.
E riferendomi a Viglione che è intervenuto sull'abolizione dei controlli, devo dire che senza tribunali amministrativi (questa è l'altra grande cosa che si dovrebbe fare se veramente vogliamo dare un contrappeso all'autonomia) l'errore dell'amministratore di un Ente locale può con estrema facilità passare da un errore amministrativo ad un reato penale e quindi ci assumeremmo davvero delle gravi responsabilità se non cercassimo di tutelare l'attività degli amministratori locali, collocandoli nel quadro giuridico che consente loro di operare al riparo di queste preoccupazioni e da questi rischi. E' un gesto di responsabilità che sento doveroso fare nel momento in cui, non essendovi tribunali amministrativi, non sapendo se il Consiglio di Stato ha facoltà di intervenire (si direbbe per talune cose sì e per altre no) essendo un organo distante e di non facile accesso, non è opportuno presumere di poterlo utilizzare sotto questo profilo; io credo che di questa preoccupazione ci dobbiamo fare carico completo mettendo gli amministratori degli Enti locali nella condizione di non correre rischi.



VIGLIONE Aldo

Al riparo delle prigioni.



CALLERI Edoardo, Presidente della Giunta Regionale

Al riparo delle prigioni che tu vuoi distruggere. Peraltro, se tu distruggessi anche le prigioni io non avrei più nessuna obiezione da avanzare.
Per quanto riguarda le aziende municipalizzate, che a norma delle loro leggi istitutive e del regolamento attuativo, pur avendo autonomia gestionale e contabile sono di fatto organi delle amministrazioni comunali non vi è necessità di comunicazione delle delibere all'organo di controllo anche se tutte le deliberazioni delle aziende municipalizzate solitamente erano mandate alle prefetture. Quindi le sezioni di controllo sui Comuni per quanto riguarda le aziende municipalizzate (questa è la proposta della Giunta) non dovranno richiedere che le delibere relative a problemi di legittimità vengano inviate alla Commissione di controllo.
Ho richiamato l'attenzione del Consiglio su questi problemi di garanzia di legalità e di legittimità, che riguardano da vicino l'attività degli amministratori comunali, proprio per il particolare tipo di organo che la Costituzione ha creato per questi controlli sugli Enti locali, organo che è stato di fatto sganciato in modo esplicito dal controllo di carattere burocratico, ma appunto per questo sganciato di fatto da ogni organo amministrativo se non nel momento in cui viene nominato. Nel momento invece in cui deve esercitare il controllo di legittimità sugli atti degli Enti locali, anche in riferimento a leggi dello Stato, il rappresentante a livello regionale del potere esecutivo e quindi dello Stato, è il Presidente della Commissione di controllo sulla Regione ed esercita questa funzione anche sulle deliberazioni relative alle deleghe che le Regioni danno agli Enti locali. Il quadro giuridico ci dice allora che questo tipo di controllo non si può esercitare in modo contraddittorio con gli Enti locali, salvo che nel momento in cui su una delibera che deve essere controllata nel merito, venga espresso un motivato parere negativo, che peraltro può essere disatteso dall'Ente locale. Il contraddittorio di fatto presupporrebbe un ordinamento gerarchico, cioè una superiorità dell'organo di controllo rispetto all'Ente controllato, gerarchia che non esiste perch l'Ente controllato nella pienezza della sua autonomia può rispondere negativamente alla mozione dell'organo di controllo e può riadottare la deliberazione e farla diventare esecutiva, salvo vizi di legittimità che non suppongono un contraddittorio ma semplicemente una oggettiva interpretazione della legge.
Quindi io manifesto la mia perplessità sulla possibilità di questo tipo di contraddittorio al quale si è riferito Marchesotti, proprio perch ritengo che potrebbe essere una condizione di invalidità dell'atto dell'Ente locale innestare una procedura diversa da quella prevista dall'attuale legge vigente e conseguentemente creare un quadro giuridico rispetto al quale credo che si possano manifestare molte perplessità.
Facendomi sempre carico di quei problemi di tutela vera dell'autonomia degli amministratori e delle amministrazioni locali, credo sia opportuno l'approfondimento dell'argomento. Per quanto mi riguarda ho cercato di approfondirlo, consultando persone particolarmente esperte in materia amministrativa e devo dire che nella generalità dei casi questo deve essere il quadro procedurale previsto dalla legge a rischio di incorrere in vizi di legittimità e quindi di invalidamento. Occorre tenere conto che proprio perché molte delibere, man mano che andremo avanti, per il particolare tipo di politica che gli Enti locali dovranno fare in ordine a problemi e di programmazione e di pianificazione urbanistica, toccheranno interessi privati, la non perfezione di un atto deliberativo su argomenti di questo genere può mettere in movimento un contenzioso che non torna sicuramente a vantaggio degli Enti locali, di una razionale programmazione di interventi e di una tempestiva attuazione della programmazione di interventi.
Su questo terreno sarà magari affascinante muoversi sul piano del "de jure condendo", ma sul piano della legge vigente ritengo che sia molto difficile mettere in movimento una procedura ed un meccanismo di questo tipo. Così come lo stabilire con gli Enti locali le procedure dei controlli potrebbe essere un fatto interessante di consultazione qualora la legislazione su queste procedure fosse demandata a leggi regionali, ma allo stato attuale delle cose e anche secondo una corretta interpretazione della Costituzione, l'organo di controllo si forma ed esercita le sue funzioni sulla base di una legge dello Stato. Di conseguenza, questa consultazione con gli organismi locali sulle procedure, o rischia di essere un fatto informale che di fatto non le modifica perché sono procedure in fondo di pubblicità e di legittimità e non possono costituire un fatto innovativo o si modifica l'articolo della Costituzione nel senso che si assegna alle Regioni la facoltà di legiferare sulle procedure dei controlli ed allora il meccanismo della consultazione ha una sua legittimità statutaria oltre che essere una scelta politica, proprio perché si svolge nel momento in cui la Regione fa una legge e quindi si avvale della partecipazione, dell'apporto della consultazione degli Enti locali. Ma allo stato attuale delle cose io ritengo che questo tipo di consultazione reciproca sulle procedure non apporta, né è in grado di apportare, alcuna novità rispetto alle procedure che si possono mettere in atto e che sono definite dalla legge dello Stato che, come dice, la Giunta propone di interpretare nel senso della maggiore facilitazione, del maggiore snellimento per quanto riguarda i controlli degli Enti locali.
Ecco dunque quali sono le nostre preoccupazioni e come guardiamo con questo spirito che credo trovi un largo riscontro per quanto riguarda le modalità e i tempi che pensiamo di poter raggiungere per arrivare rapidamente e al controllo degli Enti ospedalieri e a quello delle Amministrazioni Provinciali, auspicando che la legge che approva lo Statuto venga pubblicata sulla Gazzetta Ufficiale e diventi legge vigente.
Conseguentemente ci sarà data la facoltà di fare entrare in vigore la nostra legge costitutiva delle sezioni di controllo sugli atti dei Comuni al fine di avere, a livello di ogni capoluogo di provincia, un punto di riferimento per il controllo dei Comuni della provincia. La Giunta intende camminare in questa direzione e condivide perfettamente la non strumentalizzazione degli organi di controllo ai fini della programmazione in quanto ritiene che questa strumentalizzazione non possa effettuarsi se non interpretando in modo repressivo i controlli. Infatti, se la programmazione è legge, è automatico il riferimento degli Enti locali che sono tenuti a rispettarla, ma se non è legge è chiaro che l'autonomia degli Enti locali non può essere soffocata, né può essere costretta da un organo di controllo in una direzione che non è quella che gli amministratori locali nella loro autonoma deliberazione hanno pieno diritto di assumere.
Quanto a finalizzare gli organi di controllo alla programmazione, credo ci sia un modo legale per farlo, quello della legge di programmazione per quanto riguarda certi fini, certi obiettivi; penso sia del tutto illegale il pretendere di finalizzarli là dove questa legge non c'è, o in spazi di possibilità di deliberazione che gli Enti locali hanno.
L'unica cosa che può unire i diversi organi di controllo, il Comitato di controllo centrale e le sezioni periferiche, è il regolamento, ma non penso che non possano muoversi nella pienezza della propria autonomia; essi devono essere assolutamente liberi, non avere nessun indirizzo di carattere particolare e questa autonomia è un fatto costituzionale e logico, poich si tratta di organi rappresentativi di un'autonomia più generale e più democratica che è quella che nasce dalle elezioni popolari. Ecco che dare ad essi una unità di indirizzo, quasi una costrizione di comportamento, sia pure sulla base di accordi fra di loro, è lesiva di questa autonomia che in ogni momento deve potersi esprimere e deve poter essere libera.
Per quanto concerne i controlli atipici di cui si è parlato, è un problema che investe delle responsabilità che non so se ci sentiamo con tanta facilità di esporre agli amministratori locali. Senza il controllo di un organo esterno penso sia estremamente pericoloso darne la responsabilità agli amministratori degli Enti locali, soprattutto degli Enti locali più piccoli che non hanno la possibilità di avere né un ufficio tecnico, n probabilmente di utilizzare delle competenze professionali tali da garantire che l'opera sia conforme alle prescrizioni, alle leggi, ai regolamenti ed alla prudenza costruttiva. Io ho qualche dubbio che ci possa essere fatto con la legge vigente. Se dovessimo guardare in termini di prospettive è chiaro che il giorno in cui gli organi del Genio civile proprio per il trasferimento delle funzioni amministrative, passassero sotto l'amministrazione regionale, questo diventerebbe un fatto interno della Regione e quindi acquisterebbe un significato completamente diverso.
Riassumendo, credo sia molto facile muoversi in una prospettiva che faccia largo di tutti i controlli di tutte le procedure e di tutti i regolamenti. E' un atteggiamento prudenziale che attraverso l'esperienza che nasce la Regione avrà dei motivi concreti sui quali basare il proprio orientamento, anche per proporre una modifica di legge al Parlamento per quanto riguarda le procedure dei controlli ove questo non venga fatto dal Parlamento di sua iniziativa e ove i disegni di legge che sono giacenti in Parlamento, presentati dalla D.C., dal Partito Socialista (sen. Pieraccini ed altri) e dal Partito Comunista, non vadano avanti.
Riassumendo, la posizione della Giunta è quella di giungere, non appena approvato lo Statuto, con estrema rapidità a mettere in funzione i controlli sugli Enti locali secondo le procedure che vi ho descritto e che propongo al Consiglio; di mettere il più rapidamente possibile in piedi quanto è necessario per dare l'avvio alla costituzione dei circondari e poter quindi fare operare le sezioni di controllo a livello di circondari così come è previsto dalla legge attuale e così come potremo fare secondo le indicazioni del nostro Statuto.
Nella prossima settimana saremo in condizioni di presentare il disegno di legge sul regolamento degli organi di controllo. Credo che questo stia a significare come la Giunta abbia approfondito il problema, come l'abbia visto nell'ottica della massima autonomia degli Enti locali, garantito da un quadro di legittimità che consenta agli amministratori locali di potersi muovere nella certezza del diritto e non nell'incertezza e nella difficoltà e col rischio di trovarsi esposti a spiacevoli inconvenienti quali si possono verificare, soprattutto in assenza di tribunali amministrativi.
E da ultimo, credo che dovremmo approvare un o.d.g. (ed è ciò che la Giunta intende proporre) sulla costituzione dei tribunali amministrativi previsti dalla Regione che sono il fatto concomitante ed essenziale perch veramente la funzione di controllo si eserciti col massimo di libertà, di autonomia e di certezza giuridica sul piano dell'amministrazione degli Enti locali.
Credo che un o.d.g. lo possiamo presentare e lo potremo forse discutere nella fase successiva di questa seduta.



PRESIDENTE

Dopo l'enunciazione dei principi, dei propositi del programma che la Giunta ha in questa materia evidenziato, riterrei opportuno, invece di porre in votazione la mozione, che ci fosse un incontro tra i Capigruppo per vedere se non c'è la possibilità di concordare, tanto più che la Giunta stessa propone un o.d.g. in materia. Le istanze accoglibili mi pare che sono state tutte quante accolte, i propositi del divenire potranno essere controllati ed esaminati successivamente. Vorrei praticamente arrivare ad una conclusione positiva ancora nella riunione di stamattina.
Il Consigliere Bianchi chiede di parlare, ne ha facoltà.



BIANCHI Adriano

Se è consentito faccio mia la proposta del Presidente di una breve sospensione per consentire di giungere ad un chiarimento.


Argomento: Università

Ordine del Giorno sulla Riforma Universitaria


PRESIDENTE

Allora, per un certo ordine, prima che si riuniscano: sono arrivati dei documenti alla Presidenza, uno dei quali non chiede di essere discusso presentato con le firme di tutti i Gruppi: Revelli, Giletta, Viglione Giovana, Besate, Gandolfi, Soldano, Fassino, Bianchi, Rivalta, Vera sul problema della riforma dell'ordinamento universitario. Mi permetto di leggerlo: "Il Consiglio della Regione Piemonte preso atto che il Senato della Repubblica sta esaminando il progetto di riforma dell'ordinamento universitario ritiene opportuno sottolineare la necessità di intervento della Regione in momenti qualificanti della vita universitaria.
Il Consiglio della Regione Piemonte considererebbe infatti un limite obiettivo della riforma stessa l'esclusione di un intervento organico della Regione nei seguenti settori: diritto allo studio pianificazione universitaria e formazione di nuove università organizzazione della ricerca scientifica programmazione della politica di educazione permanente, di orientamento e formazione professionale anche superiore.
Il Consiglio della Regione Piemonte si fa quindi interprete presso i due rami del Parlamento affinché queste esigenze, che non derivano da una visione angustamente regionalistica, né da una contingente rivendicazione di potere verso gli organi centrali dello Stato, né da una contrapposizione di Regione ed Università, bensì dalla necessità che la Regione sia l'interlocutore politico a vari livelli dell'Università perché in un quadro di sviluppo programmato siano soddisfatte le istanze della comunità regionale, vengano recepite in modo adeguato nella legge di riforma dell'Università per adempiere le indicazioni del dettato Costituzionale e realizzare le aspirazioni del mondo della scuola e del lavoro.
Il Consiglio della Regione Piemonte si fa altresì interprete della esigenza che la riforma universitaria venga approvata entro il più breve tempo possibile dai due rami del Parlamento." Il documento è accolto dalla Presidenza, che si farà scrupolo di trasmetterlo ai Presidenti dei due rami del Parlamento come espressione della volontà del Consiglio Regionale che è così espressa attraverso al documento come sottoscritto.
Il Consigliere Curci ha chiesto di parlare, ne ha facoltà.



CURCI Domenico

Signor Presidente, noi non siamo stati interpellati in merito a quel documento, di cui abbiamo appreso il contenuto nella sua alquanto frettolosa lettura. Quindi la preghiamo di trasmetterlo pure alla Presidenza delle Camere, però con l'astensione del nostro Gruppo.



PRESIDENTE

Sarà esaudito.


Argomento:

Annunzio di mozioni


PRESIDENTE

Sono poi pervenuti altri due documenti relativi alla vertenza sindacale Fiat per cui c'è la mozione in discussione nel pomeriggio. Ho disposto perché siano tirate alcune copie da consegnare ai singoli Capigruppo in maniera che ne possano prendere visione prima della ripresa dei lavori alle 16. Tuttavia, per rispettare le norme regolamentari, chiederei alla cortesia di un Segretario di volerne dare lettura perché restino inserite nell'ordine del giorno.



ROTTA Cesare, Segretario

Dà lettura di due mozioni pervenute alla Presidenza.



PRESIDENTE

La seduta è sospesa per 10 minuti.



(La seduta, sospesa alle ore 12,40, riprende alle ore 13)


Argomento: Controllo sugli atti degli enti locali

Ordine del giorno sui controlli sugli atti degli Enti Locali


PRESIDENTE

La seduta è riaperta.
E' pervenuto alla Presidenza il seguente documento: "Il Consiglio regionale, udite le dichiarazione del Presidente della Giunta sull'esercizio delle funzioni di controllo sugli atti degli Enti Locali; preso atto dell'impegno di trasmettere alla Presidenza del Consiglio, per l'inoltro alle competenti Commissioni che effettueranno le consultazioni previste dallo Statuto, i disegni di legge: 1) di approvazione del regolamento interno degli organi di controllo; 2) di costituzione delle sezioni decentrate di controllo sugli atti dei Comuni.
Le approva".
Il documento reca le firme dei Consiglieri: Bianchi, Nesi, Berti, Vera Gandolfi, Fassino e Giovana.
Rammento ai Presidenti delle Commissioni consiliari che sono convocati per le 15,30 di questo pomeriggio in questa sede. Informo i consiglieri che i lavori saranno ripresi alle ore 16.
La seduta è tolta.



(la seduta ha termine alle ore 13)



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