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Dettaglio seduta n.41 del 18/05/71 - Legislatura n. I - Sedute dal 6 giugno 1970 al 15 giugno 1975

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Argomento:


PRESIDENZA DEL PRESIDENTE VITTORELLI



PRESIDENTE

La seduta è aperta.
Comunico che sono state insediate le due ultime Commissioni: la quinta ha proceduto alla elezione del Consigliere Zanone a Presidente, del Consigliere Giletta a Vicepresidente; la settima ha proceduto alla elezione del Consigliere Benzi a Presidente e del Consigliere Bertorello a Vicepresidente.
In questo modo, le otto Commissioni sono ora insediate e possono iniziare a funzionare regolarmente.


Argomento: Problemi del lavoro e della occupazione - Trasporti e comunicazioni: argomenti non sopra specificati

Interpellanza dei Consiglieri Fabbris e Raschio sui problemi del settore dei trasporti


PRESIDENTE

Proseguiamo nello svolgimento dell'ordine del giorno. Prendiamo ora in esame l'interpellanza presentata dai Consiglieri Fabbris e Raschio relativa ai problemi del settore dei trasporti. Gli interpellanti hanno facoltà di illustrare, per non oltre quindici minuti, la loro interpellanza.
Ha facoltà di parlare il Consigliere Raschio.



RASCHIO Luciano

Signor Presidente, questa interpellanza reca la data del 12 febbraio e si richiama ad una nostra precedente interpellanza del novembre '70. Il fatto stesso che adesso, a maggio, noi discutiamo di un argomento dell'importanza di quello dei trasporti in senso lato ed in modo specifico il problema dell'ATA, dimostra indubbiamente che la Giunta è stata carente nell'affrontare il problema dei trasporti, o almeno, se non tutto il problema in senso lato, l'aspetto preoccupante dei trasporti ATA nel Biellese.
Il mio Gruppo ha sviluppato ampiamente, nel corso del dibattito sulla bozza di programma presentataci dalla Giunta, tutta una tematica riguardante il problema dei trasporti, con un intervento che non intendo qui riprendere, in quanto è agli atti dei lavori del Consiglio Regionale.
Mi limito a richiamare la Giunta, il suo Presidente e l'Assessore Gandolfi a quanto avemmo modo di dire in quella occasione.
Ci attendevamo di trovare, nella replica del Presidente della Giunta indicazioni precise per quanto concerne alcuni punti che questa nostra interpellanza aveva evidenziato. Ad esempio, sulla proposta della convocazione di una conferenza regionale dei trasporti, sulle misure da adottare in rapporto alla tragica situazione dei trasporti nel Biellese evidenziata dai Sindacati dei lavoratori della zona, situazione che, come certamente saprà l'Assessore, che se n'è interessato, si è ulteriormente aggravata, in quanto esiste attualmente un caos nell'ambiente dei trasporti, un supersfruttamento con relativa diminuzione del numero dei lavoratori addetti al ramo e assunzioni di lavoratori dirette a procrastinare la miserrima situazione dei dipendenti ATA, il loro stato di sottosalariati nei confronti di altri lavoratori. (Questa denuncia la faccio solo in questo momento perché si tratta di notizie delle quali solo in questa settimana siamo venuti a sicura conoscenza).
Orbene, noi che cosa chiediamo adesso? Che si riprendano, almeno nelle risposte della Giunta, e per essa del suo Assessore, le nostre proposte che tutta la questione venga riportata (oggi si è finalmente insediata la seconda Commissione permanente, che dovrà dare una sua regolamentazione nell'ambito dei trasporti) nel quadro del decreto delegato che ci è pervenuto, sul quale, è chiaro, noi formuliamo larghissime riserve ed ampi dissensi. Non è il caso di soffermarci ora su questo punto, che d'altronde non è compreso nella nostra interpellanza: ma lo proponiamo come tema di discorso in sede di Commissione e soprattutto poi in sede di Consiglio Regionale. Se non sbaglio, dovremo in proposito assumere una posizione molto netta, molto precisa, nel giro di sessanta giorni.
La situazione dei trasporti deve dunque essere affrontata come prima misura in rapporto al particolare caso dell'ATA, come seconda misura avviando una politica regionale chiara, precisa. Noi pensiamo di aver indicato alcune soluzioni, che possono essere opinabili, ma sulle quali abbiamo per ora fissato la nostra attenzione. Vagliamo pure tutti insieme ma facciamo sì che l'autonomia di una politica generale abbia finalmente larga accettazione e consenso, specie in collegamento con gli Enti locali e per i bacini di traffico.



PRESIDENTE

A nome della Giunta, ha facoltà di rispondere l'Assessore Gandolfi.



GANDOLFI Aldo, Assessore ai trasporti

L'interpellanza dei Consiglieri Fabbris e Raschio chiede chiarimenti e informazioni, con riferimento a precedenti dichiarazioni del Presidente della Regione, su due ordini di problemi: il programma e gli impegni di lavoro della Giunta nel campo dei trasporti la situazione in cui versa la Società ATA di Biella.
Per quanto riguarda il primo punto, dopo aver rilevato l'imprecisione con cui vengono riportate le precedenti dichiarazioni del Presidente, non posso non ricollegarmi al punto centrale di quelle dichiarazioni: allora il Presidente indicava essere obiettivo della Giunta quello di avviare gli studi per determinare al più presto l'adozione - sia in termini legislativi che in termini operativi - di una nuova e moderna politica dei trasporti.
La Giunta ha iniziato in questi mesi quest'azione di studio e di raccolta di dati avendo ben presenti due considerazioni: 1) che le linee operative di una politica regionale dei trasporti devono trovare coerente ed organica collocazione in un piano che metta il sistema dei trasporti piemontesi al servizio delle politiche di equilibramento del territorio e di sviluppo economico e sociale 2) che le caratteristiche di un piano dei trasporti e la sua articolazione operativa sono fortemente condizionate dai poteri che lo Stato trasferirà col decreto di trasferimento delle funzioni amministrative nel campo dei trasporti inviato in esame alla Regione in questi giorni.
La Giunta ha già espresso il proprio parere sullo schema di decreto sottolineandone l'interpretazione limitativa del dettato costituzionale e la conseguente inadeguatezza rispetto alle esigenze di intervento delle Regioni e Statuto ordinario.
In attesa che il Consiglio Regionale si pronunci, e nella speranza che il Governo accolga la rivendicazione di un complesso di competenze più ampio di quello previsto dal decreto, la Giunta non può non rinviare forme di iniziativa politica, quale la conferenza regionale, al momento in cui sarà chiaro e definitivo l'arco dei poteri di intervento della Regione.
La Giunta può peraltro essere più precisa ed esplicita sul settore delle linee automobilistiche, che verrà certamente trasferito alla Regione.
Il settore dei servizi automobilistici per trasporti collettivi è amministrato attualmente con il sistema delle concessioni dagli Ispettorati compartimentali per la Motorizzazione civile. Si tratta di un campo fino ad alcuni anni fa fiorente, che vedeva una concorrenza di imprese private vivace e tale da garantire sul territorio piemontese un quadro di servizi soddisfacente. La spinta concomitante di due fattori - l'aumento della motorizzazione individuale e l'aumento dei costi del personale - da qualche anno ha portato le aziende del settore ad una crisi irreversibile. La gestione è diventata quasi sempre antieconomica e molte aziende si reggono solo eliminando gli ammortamenti e riducendo i servizi, proprio nel momento in cui le esigenze più spinte di integrazione del territorio e di mobilità della popolazione pongono - al di là dei livelli della motorizzazione individuale - richieste di potenziamento della struttura dei trasporti collettivi. E' evidente che il settore in questione si presenta come un caso tipico nel quale l'iniziativa privata non è più in grado di assolvere ad una funzione di carattere pubblico. L'obiettivo della Regione non pu non essere quello di sviluppare sia pure con la dovuta gradualità, un tentativo di razionalizzazione delle strutture attraverso l'assunzione delle concessioni da parte di Enti pubblici che più direttamente ed efficientemente possano rispondere alle esigenze di carattere sociale che investono il settore.
Le linee di azione e di intervento della Giunta terranno conto, nella prospettiva sopra accennata: a) del fatto che la Regione deve puntare ad essere, più che organismo di gestione, organismo di indirizzo, coordinamento e controllo (anche mediante l'Ente regionale), evitando il più possibile la gestione diretta ed ampliando al tempo stesso la funzione legislativa anche all'emanazione di norme di gestione tecnica ed amministrativa b) degli obiettivi di carattere urbanistico e di assetto del territorio che la Regione vorrà darsi; c) della necessità di scegliere il decentramento amministrativo come scelta di indirizzo democratico e di esaltazione delle autonomie locali in linea con i principi sanciti dallo Statuto.
Sulla base di questi principi ispiratori, il programma che si intende realizzare per i trasporti su gomma è il seguente: 1) predisporre un'indagine conoscitiva che permetta di individuare la dimensione dei fenomeni nel contesto dei bacini di traffico esistenti nella Regione e in stretta connessione con l'articolazione comprensoriale della politica di programmazione regionale 2) sollecitare, previa ampia e democratica consultazione, la costituzione di enti di gestione pubblici aventi dimensioni di bacini di traffico (comprendente uno o più comprensori) attraverso il Consorzio o l'Associazione di tutti gli Enti locali interessati 3) graduale trasferimento delle concessioni agli enti di gestione (si dovrebbe arrivare ad un sistema comprendente 10-20 operatori) sulla base di piani di trasporti comprensoriali che tengano conto anche delle interconnessioni dei trasporti su gomma con quelli su ferro e della possibile coesistenza di enti a dimensione comunale 4) messa a punto di una legislazione che permetta alla Giunta di esercitare indirizzo e controllo con metodi moderni, vincolando la contribuzione finanziaria regionale a determinati standards di efficienza di gestione e ad indicazioni di priorità di servizio da definirsi nel quadro dei piani regionali di sviluppo.
L'ultimo punto è particolarmente importante. Preme sottolineare come, a trasferimento dei poteri avvenuto, compito primario della Regione sia quello di rivedere la complessa legislazione vigente per produrne una nuova, moderna e adeguata alle esigenze regionali. Questo, tra l'altro, è il terreno sul quale si dovrà realizzare lo stretto coordinamento, che tutti auspichiamo, tra la Giunta e la Commissione consiliare da poco insediata e competente in materia di trasporti, tra l'iniziativa amministrativa e la produzione legislativa della Regione.
Per quanto riguarda il complesso delle indicazioni espresse, la Giunta desidera ancora rilevare che gli obiettivi indicati valgono come ipotesi di lavoro che dovranno ovviamente: a) confrontarsi con la rispondenza che troverà presso gli Enti locali la prospettiva del decentramento b) trovare una gradualità di applicazione che non metta in crisi il settore e sappia utilizzare il potenziale che nei prossimi anni l'iniziativa privata può ancora offrire.
Nell'ambito delle linee politiche sopra esposte si colloca ovviamente anche la soluzione dei problemi dell'area biellese. Circa gli interventi effettuati, la Giunta è in grado di precisare che nei contatti avuti si è cercato di determinare condizioni tali per cui l'ATA: rinunciasse ad ogni licenziamento mantenesse per il 1971 il livello di servizi del 1970 pagasse gli arretrati al personale.
Questi obiettivi sono stati raggiunti senza assumere, come Regione impegni finanziari di sorta.
Le prospettive future dei trasporti nell'area biellese si collegano invece alla realizzazione degli indirizzi sopra enunciati.
Nelle prossime settimane la Giunta si propone di completare il quadro conoscitivo di analisi economica e di previsione del settore. Provvederà subito dopo a stabilire con gli Enti locali, innanzitutto con le Province i contatti necessari ad avviare quella comune concertazione di indirizzi da cui deve nascere una nuova situazione del settore.
In un contatto avuto con il Consiglio direttivo del Consorzio dei Comuni biellesi la Giunta ha già avuto modo, peraltro, di sottolineare come le prospettive di ristrutturazione dei servizi passano attraverso una esplicitazione di volontà politiche che deve avere nella Regione il momento di indirizzo ma negli Enti locali il momento di assunzione di responsabilità e di impegno.



PRESIDENTE

Gli interpellanti hanno facoltà di dichiararsi soddisfatti o meno. Ha facoltà di parlare il Consigliere Raschio.



RASCHIO Luciano

Signor Presidente, mi sto domandando se le dichiarazioni che l'Assessore Gandolfi ha fatto a nome della Giunta nei riguardi della nostra interpellanza costituiscono un modo corretto di introdurre un tipo di discorso che noi oggi sentiamo con molto interesse, tanto più che in talune parti di esso concordiamo pienamente . Questo discorso avrebbe dovuto, a nostro giudizio, essere fatto in occasione del dibattito sul programma della Giunta. In quella circostanza, invece, solo tre parole hanno interessato nella relazione del Presidente della Giunta la materia dei trasporti: "Ente regionale dei trasporti" sono state le sole parole in riferimento ad un settore così importante, determinante quale quello dei trasporti nel quadro dell'assetto del territorio. E' stato portato invece oggi, quando noi, come lei, Presidente, mi insegna, non possiamo discuterne, dovendo in sede di interpellanza limitarci al contenuto della stessa, e gli altri Consiglieri Regionali delle varie parti politiche non hanno alcun modo di intervenire su quanto l'Assessore ha illustrato.
Fatto questo rilievo, che suona critico non già nei confronti dell'Assessore di per se stesso ma del Presidente della Giunta e di tutta la Giunta, perché quanto ci è stato esposto ora avrebbe dovuto essere esaminato in sede opportuna con la ricchezza di argomentazioni che il dibattito, almeno sotto questo aspetto, aveva introdotto, mi dichiaro solo parzialmente soddisfatto dell'intervento dell'Assessore Gandolfi, per le ragioni indicate e per altre che dirò.
L'altro fondamentale motivo di perplessità da parte mia è connesso alla convocazione di una conferenza regionale dei trasporti. Noi non crediamo che si debba attendere, per convocare la conferenza regionale dei trasporti, di avere davanti i risultati di tutti gli studi che il nostro Consiglio, sulla base dei decreti delegati a questo proposito intenderà promuovere. Dal momento che giustamente l'Assessore, a nome della Giunta ha espresso notevoli perplessità, se ho bene inteso, da parte del Presidente e della Giunta su questa bozza di decreto delegato sui trasporti, e dal momento che noi ravvisiamo una totale carenza di possibilità della Regione di attuare una politica nel campo dei trasporti quale veramente noi vorremmo che fosse, strutturale, di fondo, nell'ambito dell'assetto del territorio e dei servizi sociali, noi riteniamo che l'appello agli Enti locali, ai Sindacati, per discutere già oggi, e nella Commissione trasporti, con l'apporto della Giunta, il modo di far modificare secondo le nostre intenzioni la realtà che esiste nel nostro Piemonte, sia un elemento indispensabile per provocare, con l'intervento della partecipazione, una diversa sensibilizzazione da parte dello Stato, e se volete anche del Parlamento, su questo problema. Non a caso noi proponiamo una legge nazionale sull'insieme del problema dei trasporti, sia per via gomma che su rotaia, perché non a caso riteniamo che il problema abbisogni non solamente di un ritocco rinnovatore a livello regionale ma di una disamina a livello nazionale, sul dove e come collocare il problema dei trasporti ed i suoi riflessi nell'ambito della funzione della Regione. Noi pertanto ci preoccupiamo di nuovamente richiamare l'attenzione della Giunta, del suo Presidente e dell'Assessore preposto al campo specifico ed a non rinviare ad un domani (il che potrebbe essere gravemente lesivo) la conferenza, ed a preparare lo svolgimento di questa conferenza in una con l'attività della Giunta e della Commissione (ad esempio, in questo caso, la seconda Commissione permanente del Consiglio Regionale).
Inoltre, suggerirei all'Assessore, ed in questo caso evidentemente alla Giunta ed al suo Presidente, di prendere contatto con il Comitato regionale di coordinamento dei trasporti a livello sindacale. Sono già stati condotti in questa sede studi unitari molto apprezzabili.



GANDOLFI Aldo, Assessore ai trasporti

Abbiamo già avuto contatti, e contiamo di continuarli.



RASCHIO Luciano

Mi fa piacere sentirlo dire. Studi unitari, dicevo, in cui anche i problemi della pendolarità vengono esaminati con tutta la dovuta attenzione, al fine di raccogliere un ulteriore materiale che ci permetta un discorso concreto anche con le fabbriche, le prime ad essere interessate, dal punto di vista della forza lavoro, ad una soluzione razionale, di avere almeno un contatto sulla problematica strutturale anche con i grandi Comuni del nostro Piemonte che hanno qualcosa da dire e da affrontare nel campo dei trasporti.
L'orientamento dell'Assessore mi trova in gran parte consenziente per quanto concerne la promozione di consorzi per bacini di traffico: questa è la grossa risposta che non si era data in occasione della elaborazione del progetto di programma della Giunta attorno al quesito: è opportuna la creazione di un Ente regionale dei trasporti? Noi avevamo dato una risposta dialettica: un tempo era opportuno, oggi non più. La soluzione che ora ci viene prospettata, di consorzi per bacini di traffico, promuovendo quindi una assistenza tecnica amministrativa a questo proposito, è di notevole importanza. Sta a significare, se ben comprendo, caro amico Assessore, che noi abbiamo scelto non la strada dell'Ente regionale dei trasporti ma quella di una azione in prima persona come Regione, per un coordinamento generale a livello della Regione della politica dei trasporti, e nel contempo dei consorzi per bacini di traffico, riconoscendo agli Enti locali tutta l'autonomia e la potestà di autodecisione che in questa materia debbono avere.


Argomento: Problemi generali - Problemi istituzionali - Rapporti con lo Stato:argomenti non sopra specificati

Interpellanza dei Consiglieri Viglione e Nesi sulla trasformazione del sistema carcerario


PRESIDENTE

E' ora all'ordine del giorno una interpellanza dei Consiglieri Viglione e Nesi sulla trasformazione del sistema carcerario. Ha facoltà di illustrarla uno degli interpellanti.
Ha facoltà di parlare il Consigliere Viglione.



VIGLIONE Aldo

Signor Presidente, i recenti fatti delle carceri di Torino, che si ricollegano ad altri avvenuti circa un anno fa, ci hanno indotti a presentare questa interpellanza, evidentemente non allo scopo di muovere la Giunta in qualche direzione, direi, pratica, o comunque che le derivi da qualche norma di legge, ma perché il problema è particolarmente grave ed acuto qui, nella città di Torino.
Il Sindaco Porcellana, bontà sua, ha detto che le Nuove hanno fatto il loro tempo e che bisogna costruire le Nuovissime. L'on. Magliano, invece che spesso è un buontempone, ha detto che Torino ha bisogno di quattro edifici carcerari, uno per angolo della città, all'ingresso delle autostrade (forse con una sopraelevata interna, perché coloro che vengono a Torino meglio abbiano a comprendere immediatamente di essere giunti nella patria delle prigioni).
La nostra opinione è profondamente diversa. Noi riteniamo - e abbiamo detto anche nella nostra interpellanza - che non soltanto non si devono costruire le Nuovissime ma che bisogna distruggere le carceri Nuove. Perch il concetto di carcere, ormai, è superato. Il carcere non ha mai dato alcun risultato positivo, perché altrimenti non dovrebbe esservi più necessità di carceri.
I cosiddetti benpensanti sostengono, di fronte ai fatti delittuosi che si verificano oggi (e che, osservo, succedevano anche ieri: non è vero che l'indice di criminalità faccia registrare oggi punte più alte che in passato, perché le statistiche ci dicono che, per esempio, all'inizio del secolo, o anche successivamente, tale indice, rispetto alla densità della popolazione, non era difforme dall'attuale, e i reati di natura civilistica, per esempio, erano un tempo assai più numerosi di quanto siano oggi; mi riferisco agli ultimi anni dell'altro secolo e anche all'inizio di questo) che coloro che violano la Legge debbono essere subito incarcerati.
E' un concetto che si inserisce persino nell'educazione dei bambini: quante volte le mamme, inserite anch'esse in questo sistema, dicono ai loro figli di non fare una certa cosa se non vogliono finire in prigione! Ecco, la prigione è vista addirittura come ultimo obiettivo di educazione anche per coloro che ne sono fuori.
Noi diciamo che il problema va visto in modo diverso. Intanto, chi è che si pone fuori dalla legge? Noi andiamo oltre la teoria del Niceforo per il quale chi delinque lo fa perché è un malato, un tarato, ed affermiamo che è portato a commettere reati, oltre al malato, chi ha sofferto di particolari condizioni di vita, di certe condizioni sociali originarie, della mancanza di una assistenza adeguata negli anni dell'infanzia, chi è stato sradicato dall'ambiente in cui era cresciuto.
Ci lamentiamo della delinquenza a Torino. Ma pensiamo che Torino è passata da 700.000 abitanti a un milione e 198.000 unità? Abbiamo immesso in quest'area 500.000 nuovi immigrati, e da questa gente, appena arrivata a Torino, strappata alla sua terra, alla sua casa, alle sue abitudini, alla sua mentalità, pretendiamo un comportamento ineccepibile. Ai bambini degli immigrati non abbiamo saputo offrire aree verdi, campi di gioco possibilità di ricreazione, cosicché vediamo spesso frotte di ragazzi giocare a football per le strade, li abbiamo solo saputi soffocare con l'asfalto, con la speculazione urbanistica, con l'abitazione in enormi agglomerati. A questa gente osiamo dire: fa attenzione, non sbagliare, se no finirai in carcere, nelle Nuove, anzi dato che le Nuove non vanno più bene, nelle Nuovissime, che ci affretteremo a costruire, o nei quattro reclusori che vorrebbe l'on. Magliano. Vi pare che sia questa la teoria che si deve far avanzare? Io credo che il Consiglio Regionale debba prendere posizione su questo tema. Noi dobbiamo riconoscere anzitutto che la tendenza a delinquere pu derivare da una di queste due circostanze: l'essere tarati, nati con tare ereditarie (e non si può certo far colpa a coloro che hanno avuto questa disgrazia di non vedere esattamente la realtà in cui sono inseriti) e l'essersi trovati in condizioni sociali particolarmente debilitanti (neanche queste addebitabili ai singoli). Spesso, secondo me, il reato nasce da queste due condizioni, o dall'una o dall'altra, senza che vi sia neppure in chi lo commette la consapevolezza di delinquere, il più delle volte. Ed ancora è evidente che il rimedio non sta nel mettere in carcere chi sbaglia, nel rinchiuderlo in celle fredde ed umide quali quelle delle Nuove, che ben conosce chi, per professione, come me, vi è stato a parlare con i propri clienti. Ricordo di essere stato introdotto un mese fa, per un confronto, in una cella in cui c'era una bocca di lupo: mi sono veramente sentito soffocare, ed ho compreso la sofferenza, l'angoscia, di chi è costretto a viverci a lungo, ho capito come si possa uscirne dopo anni di detenzione più abbruttiti di quando ci si è entrati.
Il sistema carcerario, così com'è attualmente - mi pare che si sia fatto un solo esperimento innovativo, finora, nel carcere di Rebibbia, a Roma - deve essere abolito. Per chi è tarato o malato, occorre una cura di carattere ospedaliero specializzato, per chi invece non ha avuto la possibilità di ricevere una educazione, di seguire corsi scolastici occorre la frequenza di una apposita scuola per colmare tale lacuna. Non si potrà più, a mio giudizio, parlare, nel nuovo Codice, di reclusione o di arresto, ma si potrà parlare esclusivamente di un periodo di tempo trascorso in scuola di rieducazione, oppure in un istituto di carattere ospedaliero, per sottoporsi ad una certa cura. Questa mi pare sia la teoria ormai più consona al nostro tempo. D'altronde, abbiamo visto, nella recente sommossa alle Nuove, che due soli reparti dialogarono in un certo modo: quello di coloro che seguivano corsi scolastici e quello di coloro che lavoravano tecnicamente all'interno. Questa è stata la miglior riprova che rinchiudendo delle persone, che pure hanno sbagliato, per anni interi in celle dove sono costrette all'inattività completa, dove non hanno alcuna prospettiva per il domani, non si redime assolutamente: il carcere, così com'è stato finora concepito, non ha mai redento nessuno.
E' un problema, ovviamente, che non può essere risolto da noi. Però noi vorremmo proprio che oggi il Consiglio Regionale piemontese, che per altri problemi ha assunto posizioni veramente di avanguardia, facesse suoi questi concetti, e rendesse chiaramente e decisamente noto il suo punto di vista al legislatore, che oggi proprio sta approntando, per effetto delle leggi già emanate di delega al Governo, sia la riforma dei Codici di procedura che la riforma dei Codici penale e civile. Per preparare il condannato al reinserimento nella vita civile si dovrà giungere ad adottare non più un concetto esclusivamente carcerario, ma il metodo della scuola oppure quello delle cure ospedaliere.



PRESIDENTE

Ha facoltà di rispondere, a nome della Giunta, l'Assessore Cardinali.



CARDINALI Giulio, Assessore all'urbanistica

La Giunta è sensibile ad ogni richiesta che tenda a sollecitare iniziative per migliorare e trasformare il sistema carcerario, sul quale l'episodio di rivolta nelle carceri "Nuove" di Torino ha recentemente richiamato la preoccupata attenzione dell'opinione pubblica piemontese e nazionale.
Non vi è dubbio che occorra dare, in questa direzione, un senso preciso all'art. 27 della Costituzione. La Giunta, pertanto, pur nella coscienza dei limiti delle proprie competenze, non mancherà di ricercare motivi di presenza in tutte le sedi dove il problema verrà affrontato.
Nel caso particolare delle carceri "Nuove", il cui edificio non può più essere ragionevolmente ritenuto adattabile in modo idoneo ad istituti di pena, e sulla cui ricostruzione è stato presentato al Parlamento un disegno di legge dei parlamentari piemontesi onorevoli Magliano e Botta, la Giunta ritiene che il trasferimento altrove, su area prevista dal Piano regolatore di Torino, debba rappresentare il momento per una revisione degli stessi concetti costruttivi da subordinarsi alle finalità appunto del citato art.
27 della Costituzione.



PRESIDENTE

Ha facoltà di parlare, per dichiararsi soddisfatto o meno, il Consigliere Viglione.



VIGLIONE Aldo

Se l'intendimento della Giunta, di cui l'Assessore si è fatto interprete nella sua risposta, è di costruire, per accogliervi coloro che si sono resi colpevoli di un reato, non più stabilimenti carcerari, ma una scuola, oppure un ospedale di tipo specializzato, mi dichiaro perfettamente d'accordo; però non si parli più di carcere, chiamiamolo scuola di rieducazione, o ospedale specializzato.


Argomento: Provvidenze per la costituzione di aree industriali ed artigiane attrezzate - Ristrutturazione industriale - Problemi del lavoro e della occupazione

Interpellanza dei Consiglieri Furia ed altri sull'insediamento della Società Indesit in provincia di Cuneo


PRESIDENTE

E' iscritta all'o.d.g. un'interpellanza dei Consiglieri Furia, Berti Minucci e Revelli relativa all'insediamento della Società Indesit in località della provincia di Cuneo. Ha facoltà di illustrare l'interpellanza uno dei presentatori. Ha facoltà di parlare il Consigliere Revelli.



REVELLI Francesco

Signor Presidente, colleghi Consiglieri, l'argomento che forma oggetto della nostra interpellanza, la questione dell'insediamento Indesit ad Aversa dirottato in una località del Cuneese che, non ben precisata in un primo tempo, è poi risultata essere Cavallermaggiore, è già stato discusso nel corso del dibattito sulle dichiarazioni programmatiche della Giunta e nel corso dell'intervento del compagno e collega Furia. Ribadivamo allora la nostra posizione di principio secondo cui le Regioni devono avere il potere di dire no, in accordo con gli Enti locali e con lo Stato, quando un dato insediamento risulta non collimante con gli interessi della collettività.
La Indesit ha assunto, in ordine al suo programma Indesit Sud, un atteggiamento che noi non esitiamo a definire ricattatorio nei riguardi di tutti: del Governo, degli Enti locali, delle comunità interessate, dei lavoratori. Poiché il CIPE tardava a far pervenire il suo parere favorevole che poi è giunto il 9 marzo -, la Indesit ha deciso di installare il suo stabilimento a Cavallermaggiore con un programma completo di lavorazione che prevede l'impiego di circa seimila operai ed una serie di stabilimenti ed ha acquistato un milione e 200 mila metri quadrati di terreno. Un insediamento di tal genere in un comune che comprende appena 4 mila abitanti si può immaginare quali problemi potrebbe sollevare. E noi abbiamo apprezzato il fatto che il Presidente della Giunta, nel corso del dibattito cui mi riferivo poc'anzi, abbia preso posizione dichiarando che la Giunta è contraria all'insediamento dell'Indesit a Cavallermaggiore. E abbiamo ribadito la nostra posizione su tutta questa questione. Abbiamo in primo luogo affermato che non possono essere contrapposti gli interessi dei lavoratori del Nord e del Sud, cioè che la pur necessaria industrializzazione del Cuneese non può essere vista in termini campanilistici, cioè, con il dirottamento degli insediamenti già previsti e concordati dall'Indesit con il CIPE ad Aversa, ed abbiamo chiesto che la Regione intervenisse per far rispettare la decisione del CIPE, convocasse la Direzione dell'Indesit per sapere come realmente stessero le cose.
Abbiamo anche chiesto, nel corso di quel dibattito, che venisse indetta una riunione - come era anche stato richiesto dalla Provincia di Cuneo -, a Cuneo o a Torino, tra la Regione, la Provincia, il Comune di Cavallermaggiore, gli altri Comuni interessati, le Organizzazioni dei lavoratori, operaie e contadine, perché non venisse presa dall'Azienda una decisione unilateralmente. Abbiamo anche detto che noi saremmo stati favorevoli, qualora la Indesit avesse rispettato completamente il suo piano di insediamento al Sud, ad eventuali insediamenti nella zona del Cuneese che corrispondesse però alle esigenze di sviluppo di questa provincia.
Stando alle ultime notizie che abbiamo avuto, la Indesit ha ottenuto in linea di massima, ricattando - poiché di ricatto si tratta evidentemente, dato il peso delle condizioni imposte al Governo -, che le venissero accordate tutte le facilitazioni, oltre agli incentivi previsti già nel primo accordo con il CIPE, di costruzione di varie infrastrutture per il suo insediamento ad Aversa. Ma a questo punto non si sa né di che entità sia l'insediamento ad Aversa, quanti operai il suo piano di sviluppo preveda realmente siano impiegati ad Aversa, né che cosa intenda ancora fare a Cavallermaggiore, visto che ha detto che si riprometteva il 1 settembre, qualora le condizioni poste al Governo non fossero state realizzate, di fatto, entro il 30 agosto, di dar corso alla realizzazione a Cavallermaggiore di tutto il suo programma previsto per il Sud e non di uno stabilimento di minore entità.
Sappiamo anche che ci sono stati vari tentativi, attorno a questa questione campanilistica, di "alzare il polverone", come si dice, sia ad Aversa che a Cuneo; tentativi operati da forze di destra, conservatrici interessate oggi a creare dei falsi diversivi per i lavoratori al loro impegno nelle lotte per le riforme: una campagna è stata condotta anche nella nostra provincia di Cuneo su questa questione, contrapponendo i lavoratori di Cavallermaggiore a quelli del Sud.
Pertanto, la situazione fino a questo momento ci sembra sia che la Indesit gioca liberamente ed impunemente sulla pelle di tutti i lavoratori facendo nascere illusioni a Cavallermaggiore, dopo aver fatto promesse ad Aversa, e ancora nulla vi è di deciso. Noi vogliamo sapere, ripetendo il nostro apprezzamento per le affermazioni fatte dal Presidente Calleri sulle questioni degli insediamenti industriali in generale e sulla questione della Indesit a Cavallermaggiore in particolare, se la Giunta ha convocato la Direzione della Indesit e che cosa è stato detto dalla Direzione della Indesit in merito ai suoi progetti, e quando intende realizzare l'incontro con la Provincia di Cuneo, con le Organizzazioni sindacali, con il Comune di Cavallermaggiore, con le popolazioni interessate, perché ogni decisione venga presa con le stesse.



PRESIDENTE

Ha facoltà di rispondere, a nome della Giunta, l'Assessore Petrini.



PETRINI Luigi, Assessore all'industria

In merito all'interpellanza dei Consiglieri Furia, Berti, Minucci e Revelli sul progettato abbandono dell'insediamento Indesit nel Comune di Aversa per altra località in provincia di Cuneo, si riferisce quanto segue.
La S.p.A. Indesit (Industria elettrodomestici italiana) - capitale sociale 13 miliardi - dispone attualmente di otto reparti produttivi localizzati in parte ad Orbassano ed in parte a None. L'Azienda, nonostante si sia parlato e si parli di crisi del settore, non risulta in difficoltà.
Una conferma di quanto sopra è data dall'utile netto (L. 401.923.570) registrato alla chiusura del bilancio 1970, che presenta un'attività di oltre 55 miliardi.
Per assicurare una produttività sufficiente a sopportare la sfrenata concorrenza del settore ed a mantenere i mercati internazionali, di notevolissima importanza per l'Azienda, in quanto l'esportazione interessa il 70 per cento circa della propria produzione, la Indesit, nel 1969 ritenne indispensabile prevedere un programma di investimenti futuri.
Data questa necessità, e considerata, peraltro, l'impossibilità di effettuare ulteriori massicce assunzioni in provincia di Torino, per la mancanza di mano d'opera disponibile, la Società ritenne di accogliere l'invito che già nell'anno precedente le era stato rivolto dal Ministero del Bilancio e della Programmazione, per la presentazione di un piano di sviluppo che prevedesse installazioni nel Sud.
Predispose, pertanto, un progetto decennale (successivamente abbreviato ad otto anni), da presentare al CIPE, per la costruzione di otto nuovi stabilimenti (unità lavorative) nella zona industriale di Aversa Nord, nei pressi di Napoli, per un investimento complessivo di 60 miliardi. Il progetto prevedeva di iniziare la costruzione del primo stabilimento destinato alla produzione di lavatrici nei primi mesi del 1971; la sua entrata in funzione doveva avvenire all'inizio del 1972, con una cadenza di 500 macchine al giorno. A sei mesi di distanza doveva seguire un secondo stabilimento per la produzione di frigoriferi, con una cadenza di 1000 al giorno.
Poiché il progetto doveva essere inoltrato al CIPE tramite un istituto finanziatore, la Società si rivolse all'IMI, il quale, verso la fine del 1969, inoltrò la pratica al CIPE per il prescritto parere di conformità.
Dalla relazione del Consiglio di Amministrazione accompagnatoria del bilancio 1970 si apprende che la Società venne in seguito ufficiosamente informata che il Comitato dei Ministri per gli interventi nel Mezzogiorno aveva espresso parere favorevole per il 50 per cento di finanziamento a tasso agevolato e il 12 per cento di contributo in conto capitale.
Dopo varie sollecitazioni, nel marzo 1970, la Società comunicò al CIPE che, in mancanza di una urgente autorizzazione, avrebbe dovuto necessariamente esaminare una soluzione di alternativa. Infatti, dovendosi assicurare, per il 1972, l'aumento di produzione programmato indispensabile per il mantenimento di alcuni mercati internazionali, la Indesit doveva poter immediatamente dare l'avvio al progetto con la costruzione dei primi due stabilimenti.
La Società attese ancora per qualche mese il pronunciamento del CIPE, e quindi, in assenza di notizie, decise di iniziare senza indugi le pratiche per l'insediamento di uno stabilimento a Cavallermaggiore, in provincia di Cuneo. In tale zona acquistò circa 400.000 mq di terreno, erogando una prima somma di 250 milioni. Presentò, quindi, istanza di licenza edilizia per la costruzione di due capannoni mediante copertura di un'area di circa 30.000 mq.
Il problema del nuovo insediamento industriale, che avrebbe dato occupazione ad oltre 1000 dipendenti, venne esaminato dagli Amministratori del Comune di Cavallermaggiore, i quali, pur rinviando la concessione della licenza edilizia alla definizione di alcune questioni di carattere tecnico dimostrarono subito la concorde volontà di vedere realizzata tale operazione.
Nell'attesa della definizione della pratica, intervenne intanto l'autorizzazione del CIPE per la realizzazione del progetto Indesit Sud.
L'Assessorato all'Industria, investito del problema, ha esaminato la situazione, e nel fondato timore che la Indesit, per la propria economia aziendale, abbia come obiettivo finale la realizzazione di tutti i suoi progettati investimenti a Cavallermaggiore, ha ritenuto di dover esprimere in merito il proprio contrario parere.
Bisogna infatti tener presente che la localizzazione di un grappolo di stabilimenti, che nel giro di pochi anni dovrà avere un'occupazione di circa 9.000 addetti, interesserà una popolazione diretta (occupati più inattivi a carico) di 20-25 mila persone. L'area di localizzazione di Cavallermaggiore può contare sulla popolazione del centro stesso e di Saluzzo, Savigliano, Bra, Fossano con il loro intorno per una popolazione complessiva dell'area di circa 140.000 abitanti; ma si tratta di una popolazione che è già occupata; di una zona ove non esiste, se non marginalmente, disoccupazione o sottoccupazione, mentre si alimenta un flusso pendolare verso l'area metropolitana di Torino, e l'agricoltura salvo fasce marginali ed ormai fortemente spopolate, è un'agricoltura a buon livello.
La mano d'opera eventualmente disponibile è quindi quella di una parte dei disoccupati e dei sottoccupati e quella di una parte dei pendolari. La mano d'opera necessaria dovrebbe dunque essere fornita attraverso flussi immigratori, soprattutto dall'esterno del Piemonte. Ed è noto che questi flussi, quando superano una certa entità, generano conseguenze negative sulle strutture sociali e sulle strutture territoriali.
La questione è stata esaminata, di recente, anche dal Presidente del Consiglio dei Ministri, che ha appositamente convocato a Roma l'Amministratore delegato della Società. Non si conosce ufficialmente l'esito del colloquio, mentre si sa ufficiosamente che sono state rivolte vive pressioni all'Amministratore delegato per il rispetto della deliberazione del CIPE, e sono state indicate determinate infrastrutture che la Società aveva già richiesto come indispensabili per l'insediamento dei propri stabilimenti ad Aversa.
Comunque, in attesa di avere più precise informazioni, la Regione ha preso contatti con il Sindaco di Cavallermaggiore, e, in occasione dell'incontro avvenuto sabato 24 aprile c.a., gli ha rivolto l'invito a sospendere, temporaneamente, ogni provvedimento relativo al rilascio della licenza edilizia.
Anche la Provincia di Cuneo si è, nel frattempo, espressa nel senso che l'insediamento di Cavallermaggiore non deve essere in alternativa con il programma di sviluppo che la Indesit ha concordato in sede di CIPE.
Conseguentemente, essa è contraria all'attuazione, a Cavallermaggiore dell'intero programma di sviluppo dell'impresa (circa 9.000 addetti), anche se, come risulta dalla lettera 26/4/1971, indirizzata a questa Regione considera favorevolmente un insediamento limitato a 1200-2000 operai perché in tal modo si potrebbe ridurre il numero dei pendolari della zona ed offrire una adeguata possibilità di impiego alla mano d'opera femminile ancora disponibile.
La questione è stata poi esaminata collegialmente dall'Assessore Regionale all'Industria, dall'Assessore alla programmazione della Provincia di Cuneo (in rappresentanza del Presidente) e dal Sindaco di Cavallermaggiore il 29 aprile u.s. Nel corso dell'incontro sono stati toccati i vari aspetti del problema, e, quindi, anche quello della legittimità della licenza edilizia, non avendo il Comune interessato gli strumenti urbanistici prescritti dalla Legge. Si deve infatti ricordare che ancora il 27 aprile il Provveditore alle Opere Pubbliche per il Piemonte sollecitato dal Presidente della Regione, dott. Calleri, aveva invitato il Sindaco a sospendere ogni determinazione al riguardo ed a trasmettergli copia del progetto della Indesit onde poter valutare l'entità dell'insediamento e l'ampiezza del comprensorio interessato.
In relazione a quanto è emerso nel corso della riunione, si è stabilita la seguente scala prioritaria per gli interventi concordati: 1) invio, urgente, di un telegramma al Ministro del Bilancio e della Programmazione per conoscere più dettagliate, precise informazioni in ordine alle decisioni del CIPE e per sollecitare la realizzazione del programma della Indesit nell'area di Aversa 2) intervento presso la S.p.A. Indesit per avere un definitivo chiarimento circa i propri piani di sviluppo (ad Aversa ed a Cavallermaggiore) 3) convocazione, non appena in possesso di precise notizie, di una riunione con la partecipazione dei Consiglieri Regionali del Collegio di Cuneo dell'Amministrazione provinciale di Cuneo, dei Comuni della zona interessata, delle Organizzazioni sindacali, onde concordare una soluzione definitiva ed ottimale.
Nella stessa giornata del 29 aprile u.s., è stato quindi inviato al Ministro del Bilancio e della Programmazione il seguente telegramma: "In relazione programma sviluppo Indesit area Aversa et a conoscenza che stessa Azienda habet acquistato 500.000 metri quadrati terreno in Comune Cavallermaggiore, provincia Cuneo, per insediamento nuove unità produttive questa Regione comunica che licenza edilizia est stata temporaneamente bloccata per verificare compatibilità insediamento Cavallermaggiore con progetto approvato dal CIPE. Regione Piemonte sollecita con massima urgenza dettagliate informazioni circa decisioni CIPE, auspicando pronta soluzione per insediamento ad Aversa".
Il ministro Giolitti ha risposto telegraficamente come segue: "Relazione suo telegramma 29 corrente desidero farle presente che programma Indesit est attualmente in corso di definizione per già prevista localizzazione Aversa secondo indicazioni CIPE. Riservandomi inviarle più dettagliate informazioni mediante lettera, mi est tuttavia particolarmente gradito apprezzare sensibilità sua et forze politiche locali per problemi insediamenti industriali in una visione globale di sviluppo economico del Paese e non meramente regionale. Cordiali saluti".
Mancando, ancora ad oggi, di notizie ufficiali, appare opportuno comunicare, a puro titolo di informazione, che un quotidiano romano ha dato notizia di una recente riunione presso il Ministero del Bilancio e della Programmazione.
Al termine dei lavori il Ministro Giolitti avrebbe sottolineato l'esito positivo dell'incontro, volendo con ciò significare che l'insediamento Indesit avverrà, secondo il programma iniziale stabilito, nella zona di Aversa Nord.



PRESIDENTE

L'interpellante ha facoltà di dichiararsi soddisfatto o meno. Ha facoltà di parlare il Consigliere Revelli.



REVELLI Francesco

Signor Presidente e Consiglieri, prendiamo atto dell'attività svolta a favore del rispetto delle decisioni del CIPE da parte della Giunta Regionale, soddisfatti del modo in cui la questione è stata impostata. La nostra soddisfazione non può però essere completa perché ancora non si sono avute chiare indicazioni sulle decisioni dell'Indesit, e vorremmo che la cosa fosse chiarita al più presto possibile, anche in considerazione di quanto si è mosso nella provincia di Cuneo, nel Comune di Cavallermaggiore e in tutta la zona circostante. Sollecitiamo, quindi, la fissazione a data ravvicinata di un incontro fra la Regione e l'Amministrazione Indesit anche perché si faccia luce su tutta la serie di notizie che viene dai giornali, soprattutto al Sud, come citavo nella illustrazione della interpellanza prima, e a proposito della lettera del dott. Campioni, con condizioni evidentemente ricattatorie ed imperative, pubblicata il 10 maggio scorso dal quotidiano "Il Roma", in cui si diceva che l'Indesit non rinuncia affatto, qualora le sue condizioni non venissero accettate e realizzate, a riprendere i lavori nella zona di Cavallermaggiore il 1 settembre.
In secondo luogo, sollecitiamo la Giunta a indire il più presto possibile l'incontro con la Provincia di Cuneo e il Comune di Cavallermaggiore ed i Comuni interessati e le organizzazioni dei lavoratori. Sottolineo anche che, nell'incontro con le organizzazioni dei lavoratori, in particolare per quanto riguarda le organizzazioni contadine sono stati gli stessi coltivatori diretti della Bonomiana democristiani di Cuneo a caldeggiare questo incontro, vivamente preoccupati, come anche lei giustamente ha detto, in considerazione del fatto che l'agricoltura nella zona di Cavallermaggiore è a buon livello, mentre altrove, nella provincia di Cuneo, esistono gravi problemi, zone completamente abbandonate, zone danneggiate dalla crisi del settore tessile, che offrirebbero anche infrastrutture valide e mano d'opera per insediamenti del tipo di quelli previsti dalla Indesit nel Cuneese. Purtuttavia, riteniamo che soltanto in una riunione a livello di Provincia, di Comuni, delle popolazioni interessate e delle organizzazioni dei lavoratori possa essere presa una decisione. Questo chiediamo anche per una questione di coerenza con le dichiarazioni fatte dal Presidente Calleri, che le localizzazioni industriali, anche all'interno della Regione, pur essendo prioritarie quelle verso il Sud - ed abbiamo apprezzato questa affermazione -, devono però essere decise in un modo nuovo, non dall'alto ma dal basso, con la partecipazione di tutti e verificando anche il volere degli Enti locali.
In tutta questa vicenda la Società Indesit non ha neppure pensato di interpellare la Provincia di Cuneo, la Commissione programmazione insediata presso la stessa Provincia. E saremmo gravemente in difetto se non ci adoperassimo almeno noi della Regione per vivificare questi organismi di cui abbiamo bisogno ai fini di un progresso programmato della nostra Regione.
Ripeto che sono "parzialmente" soddisfatto, e sollecito le due riunioni che ho precisato.



PRESIDENZA DEL VICEPRESIDENTE OBERTO


Argomento: Bilancio - Finanze - Credito - Patrimonio: argomenti non sopra specificati - Sanita': argomenti non sopra specificati

Interpellanza del Consigliere Viglione sull'esame dei bilanci ospedalieri


PRESIDENTE

L'interpellanza è discussa. Viene ora in discussione l'interpellanza avanzata dal Consigliere Viglione: "Esame Commissione di controllo dei bilanci ospedalieri".
Il Consigliere Viglione ha facoltà di illustrare l'interpellanza.



VIGLIONE Aldo

Con la mia interrogazione ho voluto far presente che tutti gli ospedali del Piemonte sono in attesa dell'approvazione delle rette, e conseguentemente dei bilanci, del 1970 e del 1971, da parte della Commissione di controllo sugli atti delle Province, cui è stato affidato anche questo compito. A noi era parso che questa attività in analogia al carattere che doveva avere tutta l'attività della Regione, dovesse essere prorompente, antitradizionalista, antiburocratico, dovesse procedere più speditamente.
La notizia, che ci è giunta solo oggi, e che probabilmente ci sarà confermata dall'Assessore competente, che la Commissione ha già completato l'esame di numerosi bilanci del 1970, ci conforta. Rileviamo purtuttavia che la struttura attuale della Commissione di controllo sugli atti delle Province e degli ospedali è assai manchevole. E' assai manchevole perch non ha personale, perché non ha avuto ancora una certa definizione all'interno, e si riunisce un po' volontaristicamente e spontaneisticamente, come è uso dire, e al pensiero della massa ingente di lavoro che si abbatterà su quel tavolo ci sentiamo anche noi vivamente preoccupati, come sono preoccupati tutti gli amministratori ospedalieri del Piemonte. Perché? Oggi le mutue hanno qualche disponibilità finanziaria: il "decretone" ha ripianato, per un certo periodo del 1969, se non vado errato, il deficit, e in sede di Ministero del Tesoro mi è stato confermato che quanto era previsto dal "decretone" è stato versato, e quindi vi sono disponibilità, oggi, sul 1970 e 1971, anche se non troppe. Non ci facciamo illusioni, però, che queste disponibilità potrebbero essere versate sol che le rette fossero approvate: perché le mutue hanno corrisposto le rette ancora rapportate al 1969, senza adeguare l'esborso al 1970-'71; tal che le rette pagate sono, per esempio, per il nostro Ospedale di Cuneo, ancora 6.500 lire circa, quando le nuove, oggi, sia pure con una diversa accezione del termine "retta", che comprende oggi anche gli onorari medici, le medicine e tutti i servizi che prima invece venivano suddivisi in compensi fissi, ammontano a 12.500-13.000-14.000 lire, a seconda degli ospedali.
Da ciò deriva che gli ospedali, per operare, devono ricorrere al credito bancario al 10 per cento. Si verifica così questa paradossale situazione: le mutue oggi dispongono di una certa massa di danaro, e naturalmente lo tengono in banca, ad un interesse quasi nullo; invece gli ospedali fanno ricorso al credito per le necessità di gestione e corrispondono alle banche un interesse del 10 per cento. Se si tiene presente che il solo Ospedale di Cuneo, per fare un esempio, ha un'apertura di credito alla Cassa di Risparmio di circa un miliardo, e su questo miliardo corrisponde 100 milioni di puro interesse all'anno, il che equivale ad un esborso mensile di circa 8-9-10 milioni, e si rapporta questo a tutti gli ospedali del Piemonte, se ne deduce che gli ospedali del Piemonte corrispondono interessi bancari per un ammontare certamente non inferiore ai 150-200 milioni al mese; quindi, interessi bancari per una cifra complessiva certamente superiore ai due miliardi l'anno di cui dicevo. Se si provvedesse rapidamente - il che è possibile, io mi rifiuto di ammettere che non lo sia - all'approvazione delle rette congruamente adeguate e dei bilanci di tutti gli ospedali della nostra Regione entro un lasso di tempo che potrebbe essere anche assai breve, tutto questo verrebbe certamente almeno dimezzato, cioè gli ospedali in Piemonte potrebbero almeno guadagnare, non spendendolo, un miliardo l'anno di interessi.
Raccomando quindi vivamente all'Assessore ed alla Giunta di intervenire per dare alla Commissione un assetto che sia definitivo, che le consenta di potere finalmente svolgere i propri compiti. In secondo luogo, di procedere rapidamente all'approvazione non solo dei bilanci del 1970 ma anche di quelli del '71. Perché tutte le amministrazioni ospedaliere oggi non sono in grado di programmare nemmeno l'acquisto di nuove apparecchiature all'interno, non sanno che cosa mettere di ammortamento, non sanno come comportarsi per quanto riguarda le costruzioni ospedaliere anche di poco conto all'interno, addirittura non possono riparare gli ascensori provvedere a nuove piccole attrezzature all'interno, fino a quando non si procederà su questa nuova strada.
E' un punto nodale, un punto sul quale la Regione deve dimostrare la propria capacità operativa, la propria giovinezza, la propria forza, la propria coerenza. Ed anche, quanto si è detto, cioè che essa Regione avrebbe rappresentato qualcosa di finalmente antiburocratico, funzionale immediato. Per questa questione non ci sembra che si sia agito con immediatezza e con prontezza. E' per questo che richiamiamo sul problema l'attenzione della Giunta ed in particolare dell'Assessore competente.



PRESIDENTE

E' delegato a rispondere, a nome della Giunta, alla interpellanza l'Assessore Armella. Ne ha facoltà.



ARMELLA Angelo, Assessore alla sanità

Devo anzitutto ringraziare il Consigliere Viglione per aver richiamato l'attenzione del Consiglio e della Giunta su questo che è indubbiamente uno dei problemi più grossi e che richiede più immediata soluzione in relazione all'attività ospedaliera della nostra Regione.
In proposito va rilevato che con il decreto presidenziale 18/1/1971 n.
1 è stato costituito il Comitato di controllo sugli atti delle Province dei Comuni e degli altri Enti locali previsto dall'art. 55 della Legge 10/2/1953 n. 62, e con altro decreto, del 1^ febbraio 1971 n. 3, detto Comitato è stato integrato con il Medico provinciale perché potesse esercitare, ai sensi dell'art. 16 della Legge ospedaliera 10/2/1968 n. 132 il controllo sugli atti degli Enti ospedalieri.
La Giunta, infatti, ha ritenuto che per la corretta interpretazione dell'art. 34 del D.L. 26/10/1970 n. 715 convertito nella Legge 18/12/1970 n. 1034, fosse da attribuirsi alla competenza dello stesso Comitato, di cui all'art. 16 della Legge 132, anche il controllo di merito sulle deliberazioni concernenti le rette di degenza degli Enti ospedalieri. Si sono così superate le incertezze interpretative che volevano in un primo momento le speciali Commissioni presso i Medici provinciali, integrate con le nomine che avrebbero dovuto essere fatte da parte della Regione comprendenti un lungo elenco di partecipanti: questa interpretazione avrebbe certamente allontanato, in definitiva, la possibilità di valutare con una certa uniformità le rette ospedaliere.
Nell'insediare il predetto Comitato, il Presidente della Regione informò che sarebbe stata resa nota agli enti controllati la data in cui il Comitato stesso avrebbe iniziato ad esercitare le proprie funzioni e dalla quale, quindi, gli enti medesimi avrebbero potuto iniziare la trasmissione degli atti soggetti a controllo al Comitato; ciò perché al predetto organo era necessario disporre di un periodo di tempo indispensabile per organizzare i propri uffici con il personale occorrente ad esplicare la funzione.
I contatti avuti dall'Assessore con la F.I.A.R.O. e la indagine svolta sulla situazione finanziaria di ogni singolo ospedale della Regione, che hanno dimostrato che i crediti degli ospedali per rette arretrate ammontano a circa 38 miliardi, di cui circa la metà anticipata dai tesorieri, hanno reso più evidente la necessità di affrontare l'approvazione delle rette per consentire agli Enti ospedalieri di introitarne gli importi. Pertanto si è ritenuto di intervenire, con carattere di urgenza, per effettuare l'esame delle deliberazioni concernenti le rette in parola, al fine di permetterne la liquidazione da parte degli enti debitori.
Quanto sopra l'Amministrazione regionale ha fatto presente al Presidente del Comitato, il quale peraltro aveva già riunito il Comitato stesso nei giorni 10, 15 e 19 febbraio e 1, 10, 15 e 22 marzo, riunioni in cui, tra l'altro, venne disposta una bozza di regolamento.
E' stata prospettata in tali occasioni la necessità di superare indubbie difficoltà di funzionamento perché fosse effettuato l'esame delle deliberazioni in questione. Abbiamo avuto immediata e positiva risposta da parte del Comitato, che ha subito indirizzato la propria attività nel senso richiesto.
Nel contempo la Giunta ha sollecitato la collaborazione dei Medici provinciali perché tutti gli elementi istruttori già raccolti dai loro uffici venissero inviati al Comitato di controllo, al quale sono state trasmesse: a) deliberazioni relative all'anno 1970 per le Province di Torino in numero di 23, di Alessandria 8, di Asti 3, di Cuneo 7, di Novara 6, di Vercelli 5 per l'anno 1971, Torino 22, Alessandria 8, Asti 3, Cuneo, 7, Novara e Vercelli non ancora pervenute b) deliberazioni relative alle rette ospedaliere paganti in proprio per le Province di Torino, in numero di 10, di Alessandria 6, Asti non pervenute Cuneo 6, Novara 4, Vercelli 3.
Alla data odierna dobbiamo prendere atto che, come ci è stato comunicato dal Comitato stesso, sono già state esaminate tutte le deliberazioni e sono stati adottati i conseguenti provvedimenti interlocutori o decisionali a seconda dei casi. Più specificatamente, sono state approvate le rette di 21 ospedali. Per 24 ospedali sono state prese decisioni interlocutorie per richiesta di nuovi elementi istruttori, e 5 delibere sono state rinviate.
E' intenzione della Giunta, e in particolare dell'Assessorato, che non appena le rette saranno state interamente approvate, nel loro complesso riunire i rappresentanti degli ospedali e i rappresentanti delle mutue della Regione per chiarire le possibilità effettive dei pagamenti e in quali termini questo pagamento può essere fatto.
Nell'immediato futuro, man mano che avverranno i distacchi del personale, il Comitato inizierà la funzione di controllo anche sugli altri atti degli Enti ospedalieri e su quelli degli altri Enti locali.
La Regione, quindi, sciogliendo la riserva contenuta nella relazione del Presidente all'atto dell'insediamento del Comitato, darà comunicazione agli enti interessati della data dalla quale potranno essere trasmessi gli altri atti soggetti a controllo.



PRESIDENZA DEL PRESIDENTE VITTORELLI



PRESIDENTE

Ha facoltà di parlare, per dichiararsi soddisfatto o meno, il Consigliere Viglione.



VIGLIONE Aldo

Ringrazio l'Assessore Armella per le sue dichiarazioni. Devo però far presente ancora questo: è necessario ed urgente che si proceda all'esame anche per il 1971. Per il semplice fatto che, come già ho detto prima, gli Enti ospedalieri oggi sono soggetti all'esborso di non meno di due miliardi di interessi l'anno per esposizione bancaria. Parlando di "due miliardi" faccio una valutazione non per eccesso, ma se mai per difetto, perch dell'ammontare dei crediti che gli ospedali hanno nei confronti degli enti mutualistici, precisato dall'Assessore Armella, mi pare, in 38 miliardi almeno la metà, se non più, sono di esposizione bancaria (l'altra metà è lasciata in sospeso facendo attendere i creditori, per otto, nove, dieci mesi, alcuni perfino per un anno).
L'approvazione delle rette, intanto, consentirebbe agli ospedali di ottenere il pagamento di una quota già cospicua dalle mutue: mi risulta che alcune potrebbero pagare fino a 500 milioni sol che le rette fossero approvate, dato che hanno una disponibilità di tale cifra. Continuando con la vecchissima retta del '69, meno della metà di quella odierna, noi aggraviamo notevolmente il passivo degli ospedali.
Direi, quindi, che la Commissione dovrebbe compiere un atto di carattere rivoluzionario: prendere questi bilanci, fare un esame di carattere generale anche per località - perché Torino avrà forse problemi diversi da quelli della periferia, data la complessità della sua situazione ospedaliera, ma Asti, Cuneo, Alessandria, Novara, Vercelli hanno di certo presso a poco gli stessi problemi - e stabilire un principio ed un criterio.
Prendo quindi atto della lucida esposizione dell'Assessore Armella e per quanto riguarda il 1970 mi dichiaro soddisfatto della sua risposta mentre per quanto concerne il 1971, moderatamente.


Argomento: Problemi del lavoro e della occupazione - Assistenza sanitaria (prevenzione - cura - riabilitazione)

Interpellanza del Consigliere Giovana sul disservizio dell'I.N.P.S.


PRESIDENTE

La Giunta essendo disposta a discutere l'interpellanza, non ancora letta in Consiglio, del Consigliere Giovana, sul disservizio dell'INPS, do ora lettura della interpellanza. Darò poi la parola al Consigliere Giovana perché possa illustrarla.
"Il sottoscritto Consigliere Regionale interpella la Giunta per conoscere se essa abbia preso visione della delibera del Comitato provinciale dell'INPS sullo stato della sede di Torino dell'Istituto delibera approvata dallo stesso Comitato provinciale nella sua seduta del 13 aprile '71, e dalla quale emerge in tutta evidenza la grave situazione in cui si trovano i servizi di tale importante organismo a cagione di una più che decennale incuria della sede centrale dell'organismo medesimo nell'affrontare i problemi di adeguamento delle strutture locali in relazione ai compiti che esse sono chiamate ad assolvere.
Dalla delibera in oggetto risulta in modo dettagliatamente documentato e quanto mai allarmante la condizione di progressiva paralisi alla quale è esposta la sede provinciale dell'istituto per effetto di siffatta incuria e del costante prevalere, nei criteri direttivi e di assetto del servizio a livello nazionale, di chiusi e tardigradi metodi burocratici nonché di anacronistiche prassi nella selezione e destinazione del personale.
Una situazione di tale natura, come giustamente avverte la delibera del Comitato provinciale, reca conseguenze intollerabili, e talvolta irreparabili, alla vastissima categoria degli assistiti. Essa inoltre comporta disagio, dequalificazione professionale e mortificanti difficoltà per il personale addetto, sul quale, a causa dell'insufficienza dell'organico e dell'impossibilità di ordinamento del lavoro, gravano pesanti ritmi produttivi e vengono riversate immeritate accuse di scarso rendimento da parte degli assistiti, comprensibilmente irritati dalle disfunzioni contro le quali urtano le loro impellenti necessità.
Il sottoscritto Consigliere Regionale sollecita pertanto la Giunta a farsi parte attiva presso le autorità centrali e la Direzione generale dell'INPS affinché si provveda con la dovuta urgenza a sanare un così insostenibile stato di cose, che investe la sede dell'Istituto nel capoluogo della Regione e che torna a nocumento di decine di migliaia di persone.
Il sottoscritto Consigliere Regionale interpella altresì la Giunta per sapere se non ritenga opportuno in questo quadro agire facendo proprie le indicazioni fornite dal Comitato provinciale dell'INPS di Torino onde addivenire ad un mutamento delle presenti condizioni con la massima tempestività e nell'ambito di un organico piano di riassetto e di ampliamento dei summenzionati servizi nonché di radicale revisione delle norme che presiedono all'assunzione e alla dislocazione dei dipendenti presso sedi diverse da quelle dei loro luoghi di residenza".
Ha facoltà di illustrare la propria interpellanza il Consigliere Giovana.



GIOVANA Mario

L'interpellanza da me presentata trae motivo dalla gravità delle condizioni in cui versa un servizio - che credo tutti quanti riteniamo di primaria importanza - qual è quello al quale è destinata la sede provinciale torinese dell'Istituto nazionale per la Previdenza Sociale.
Di tale situazione, che non è di oggi ma dura da parecchi anni, ci informa una delibera del Comitato provinciale dell'INPS stesso, approvata nella seduta del 13 aprile del Comitato, e che finalmente, direi meritoriamente, rende di pubblica conoscenza la realtà delle condizioni in cui si opera all'interno di tale Ente.
Credo che, intanto, in primo luogo, sia giusto compiacerci del fatto che l'entrata in funzione del Comitato provinciale per l'INPS, insediatosi nel gennaio scorso, ha dato modo appunto di prendere conoscenza di questa realtà, per l'addietro sempre nascosta, o conosciuta soltanto attraverso indicazioni sparse e frammentarie. Questo conferma che laddove si creano organismi in cui sono presenti le organizzazioni dei lavoratori si ha certamente più immediata e concreta possibilità di informazione, e quindi di intervento, sui problemi che interessano larghissimi settori dei lavoratori stessi.
La delibera del 13 aprile del Comitato provinciale dell'INPS ci indica una situazione, come dicevo, drammatica. Apprendiamo infatti dal testo del documento portato a conoscenza di tutti i colleghi del Consiglio che attualmente la sede di Torino dell'INPS è gravata da un numero enorme di pratiche. Se prendiamo l'elenco, molto dettagliato, di queste pratiche inevase, che la Commissione stessa ha preparato, possiamo misurare quanto grave sia la condizione nella quale si trovano decine di migliaia di lavoratori, la cui sopravvivenza è legata alla soluzione di questi loro problemi. Per esempio, ci dice il Comitato dell'INPS che sono inevase, nel settore della disoccupazione, 6600 pratiche e nel settore della tubercolosi 3300 pratiche; nel settore degli assegni familiari, vi sono domande di autorizzazione da definire in numero di 5600 e liquidazioni dirette di assegni familiari ancora da effettuare in numero di 2700. Non dirò poi nel reparto contributi, ove la situazione si presenta addirittura tragica perché vi sono 32.000 domande di pensioni inevase, ve ne sono 30.000 di ricostituzione e supplementi e vi sono 6100 ricorsi pendenti.
Penso non sia necessario un lungo discorso per dire come una situazione di questo genere porti progressivamente e rapidamente la sede dell'istituto alla paralisi, com'è giustamente detto nel documento.
Si fa rilevare da parte del Comitato provinciale dell'INPS che questa situazione è da addebitarsi in primo luogo all'assoluta insufficienza del personale addetto al disbrigo delle pratiche. Infatti, noi vediamo che una sede la quale ha il compito di servire un milione e 800.000 utenti del servizio, ha a sua disposizione un personale che supera di poco le 670 unità. Questo personale è costretto a lavorare in condizioni che rendono assolutamente impossibile una qualunque seria organizzazione del servizio.
La sede nella quale il personale svolge il suo lavoro è una sede che fu progettata prima della guerra, quando il servizio credo non valesse per più di 600-700.000 utenti, e quindi era già largamente insufficiente un decennio addietro. Oggi, poi, nella condizione di dover servire un milione e 800.000 utenti, dimostra tutta la sua insufficienza nel far fronte alle necessità dei cittadini che devono essere da essa serviti.
E' notorio che, in base alla Legge 153 all'art. 22, il diritto alla pensione di anzianità è ribadito a condizione che al momento della presentazione della domanda l'assicurato non risulti occupato. Ora, la Commissione provinciale ci attesta come l'attuale giacenza di nuove domande di pensione presso la sede torinese sia tale che vi sono domande irrisolte con sei mesi a datare dalla presentazione. Giustamente, i membri del Comitato provinciale si rivolgono, nel documento che hanno scritto, la domanda: che cosa fanno questi lavoratori in un così lungo periodo di attesa, prima di poter avere quanto loro spetta? D'altro canto, com'è anche notorio, le norme legislative dispongono che l'INPS ha sei mesi di tempo per liquidare una domanda di pensione e novanta giorni per decidere in merito ad un ricorso. Ora, il Comitato ci rende noto che, in base al carico delle pratiche inevase, vi e già una media di sei mesi di attesa da parte dei richiedenti, senza contare i due mesi circa occorrenti al reparto contabilità per effettuare i pagamenti; mentre per la quasi totalità di questi ricorsi, che, come dicevo prima, sono circa 3200, sono stati di fatto superati i 90 giorni utili per la loro presentazione, e quindi essi sono decaduti a tutti gli effetti, senza che il Comitato provinciale abbia neppure potuto prendere conoscenza della materia e deliberare in merito.
E' chiaro che questa è una situazione alla quale bisogna porre riparo con estrema urgenza, perché si tratta, come dicevo prima, di un servizio di eccezionale e fondamentale importanza. In primo luogo, il Comitato provinciale lamenta che la scarsezza del personale sia dovuta all'assoluto accentramento in materia di assunzioni praticato da sempre da parte dell'istituto. Le Direzioni provinciali non hanno alcuna autonomia, neppure per l'assunzione di qualche usciere. Ogni assunzione avviene attraverso concorsi; e qui si verifica un fatto che ci riporta un'altra volta direttamente in casa un riflesso molto chiaro del problema del Mezzogiorno: in un istituto in cui le retribuzioni partono da 80.000 lire e arrivano ad un massimo di 115.000 per i laureati, è chiaro che la massa dei concorrenti la si trova soltanto più là dove vi è scarsità di altri sbocchi di lavoro.
Cioè si va nei settori dello Stato e del Parastato, e soprattutto nelle zone del Mezzogiorno d'Italia. Ecco che quindi ci ritroviamo ancora il problema del Sud, anche in questa condizione del funzionamento della sede provinciale dell'INPS, con la conseguenza che i trasferimenti, che vengono praticati normalmente, del personale dal Mezzogiorno alle sedi del Nord sono soggetti, appena le norme interne lo consentono, alla richiesta di ritorno alle proprie residenze. Perché è assolutamente ovvio che dei lavoratori, in qualunque condizione, non vivono con 80.000 lire al mese; e tanto meno possono vivere in una città dove i costi della vita sono così alti come Torino. Senza poi voler prendere in considerazione il grave gravissimo problema di come ancora una volta, in questo caso, si sradicano cittadini dalle loro condizioni tradizionali, li si allontana dalle loro famiglie, non consentendo neppure il trasferimento del nucleo familiare presso di sé perché è evidente che con simili remunerazioni non è possibile mantenere un nucleo familiare, per piccolo che sia, nella sede torinese.
Credo, quindi, la Regione debba farsi carico sollecitamente di interventi in questa materia. Le possibilità di paralisi della sede provinciale denunciate dal Comitato provinciale INPS ci sono anche confermate dal fatto che da una richiesta interna i dipendenti testimoniano come, per l'espletamento di una pratica, oggi sia necessario il doppio del tempo che era necessario prima dell'entrata in vigore della legge del '68 n. 488. E, d'altro canto, ancora giustamente, a mio avviso, aggiungono i membri del Comitato provinciale, non c'è soltanto questa drammaticità della condizione della sede centrale, ma esiste sempre di più, in ragione proprio dell'aumento progressivo degli utenti del servizio, un problema di decentramento delle sedi. E' palese come non sia più possibile rimanere inattivi di fronte allo spettacolo indecoroso di centinaia e centinaia di lavoratori, spesso in età molto avanzata, i quali ogni giorno sono costretti a partire dalle località più lontane della provincia, per venire a fare lunghe "code" nelle sedi dell'Istituto senza poi riuscire a sapere se la loro pratica potrà essere anche solo avviata, date le condizioni di lavoro all'interno dell'istituto stesso. Quindi, si impone il problema di un rapido decentramento, di un intervento per ciò che riguarda le autonomie da conferire alle Direzioni provinciali in materia di assunzioni, si impone un intervento per ciò che riguarda il problema delle retribuzioni. Perch ripeto, è assurdo si possa sperare che un personale retribuito con le cifre denunciate sia un personale che si applichi per meglio qualificarsi nell'adempimento delle proprie mansioni.
Mi permetto, quindi di sollecitare la Giunta a compiere i passi opportuni nella direzione delle Autorità centrali, sia governative che dell'Istituto nazionale della Previdenza Sociale, perché si addivenga nei modi più rapidi ad una sanatoria della situazione. So bene - in questo probabilmente anticipo una risposta che l'Assessore competente forse mi vorrà dare - che a seguito di una riunione svoltasi a Roma il 4 maggio scorso fra il Comitato provinciale dell'INPS, la Direzione e il Consiglio d'amministrazione dell'INPS stesso, vi è stata una assicurazione di invio di personale. Le richieste del Comitato provinciale erano, per dell'ordine di 200 unità, e la risposta che si è avuta è per l'invio di 57 unità. Ora, in realtà, se però si va a vedere che cosa significano quelle 57 unità (le quali d'altra parte non equivalgono neppure ad un quarto della richiesta fatta), si vede che non sono 57 unità aggiunte, perché già sono previste 13 fuoruscite, diciamo così, a fine anno, e perché 38 di questi dipendenti verranno dislocati, entro tre-quattro mesi, ai servizi che devono anticipare le istruttorie di pensione a 59 anni. Inoltre, alcune di queste unità, provenienti dall'esterno della provincia di Torino e addirittura della Regione (mi risulta vi siano unità provenienti da La Spezia) sono in missione, sono sostanzialmente unità staccate, quindi direi in stato di precarietà rispetto ai problemi di organico di cui la sede torinese ha assoluto bisogno di definire i dati complessivi.
Ecco, quindi, che da questo punto di vista anche i provvedimenti assunti nell'ultimissima fase da parte degli organismi centrali dell'INPS per far fronte, in misura molto modesta, alle richieste del Comitato provinciale non coprono neppur lontanamente le esigenze di rimessa in funzione dell'organismo stesso. E' per questo, quindi, che si fa ancora più urgente l'intervento anche da parte della Regione, proprio perché soltanto un mese fa alle sollecitazioni del Comitato si è risposto in modo largamente carante rispetto alle esigenze denunciate.



PRESIDENTE

Ha facoltà di rispondere, a nome della Giunta, l'Assessore Vietti.



VIETTI Anna Maria, Assessore alla sicurezza sociale

L'interpellanza del Consigliere Giovana prende le mosse dalla deliberazione 13 aprile 1971 del Comitato provinciale dell'INPS, nella quale sono state denunziate l'inefficienza funzionale della sede provinciale di Torino, che presenta caratteristiche di inidoneità rispetto alle attuali esigenze, e le procedure di assunzione ed utilizzazione del personale, che per il continuo ricambio nella sede di Torino determinano conseguenze negative nei confronti dei cittadini assistiti.
In via preliminare - mi scusino se dovrò ripetere alcuni dei dati che già sono stati qui riferiti dal Consigliere Giovana - va osservato che i dati addotti nella deliberazione del Comitato provinciale a sostegno della inefficienza dei servizi corrispondono alla realtà e denunciano una situazione estremamente grave: il Comitato, che è stato costituito il 19 gennaio u.s., al momento dell'insediamento ha registrato l'esistenza di 7300 ricorsi vari da istruire e decidere, parte dei quali presentati fin dal 1967; 32.000 nuove domande di pensione da definire; 30.000 domande di ricostituzioni e di supplementi accantonate; 43.000 pratiche da riesaminare per variazione degli importi; ritardi di circa tre mesi nella erogazione dell'indennità di disoccupazione, di cui erano giacenti ben 6.000 domande.
Occorre tuttavia tener presente che per alcune voci tali dati possono essere considerati come riferiti ad un periodo di punta, anche se questo non diminuisce la gravità della situazione. E' noto infatti come il settore pensionistico sia stato rilevantemente ampliato dalle Leggi 27 aprile '68 n. 488 e 30 aprile '69 n. 153.
L'entrata in vigore delle suddette leggi ha incrementato il numero delle pratiche ed ha implicato una diversa e più approfondita istruttoria di esse. E come già il Consigliere Giovana ha messo in rilievo, oggi occorre il doppio di tempo per istruire una pratica di quanto ne occorreva prima dell'entrata in vigore delle suddette leggi.
Purtroppo a questo incremento quantitativo e qualitativo non ha corrisposto un coerente adeguamento delle strutture dell'Istituto.
Per quanto attiene al primo aspetto dell'interpellanza, ossia all'inadeguatezza della sede, va rilevato che la sua conformazione non risponde alle attuali esigenze di funzionalità. Per cause che non è stato possibile accertare, non è stato dato corso alla realizzazione di una nuova sede che era stata prevista in passato sull'area dell'Alleanza Cooperativa.
Da notizie attinte presso la sede locale dell'istituto risulta che la questione ha formato oggetto di esame da parte della Direzione generale, ed i vari aspetti sono stati trattati di recente in una riunione svoltasi il 4 maggio - quella di cui ha parlato il Consigliere Giovana - alla quale hanno partecipato il Direttore provinciale di Torino, l'Ispettore compartimentale, il Presidente ed alcuni componenti del Comitato provinciale, il Direttore generale ed alcuni componenti del Consiglio di amministrazione dell'Ente. In quella occasione sono stati concordati dei rimedi, tra i quali è stata ribadita la necessità della costruzione di una nuova sede per la quale sono già state individuate aree idonee allo scopo.
I vari aspetti non hanno potuto essere esaminati prima perché, com'è noto, ogni decisione in materia rientra nella competenza del Consiglio d'amministrazione, che è stato insediato soltanto nello scorso aprile anche se ha ragione il Consigliere Giovana quando dice che questa situazione è ormai cronica.
E' evidente, però, che la suddetta soluzione ottimale è realizzabile in tempi non immediati, per cui l'Istituto è venuto nella determinazione di ristrutturare l'utilizzazione degli ambienti attualmente occupati della sede provinciale; i relativi lavori avranno inizio a giorni. Tale rimedio non risolverà, naturalmente, nel suo complesso il problema; si ritiene per che possa, in una certa misura, snellire il lavoro burocratico.
A questo stesso fine sono stati adottati i sottoelencati ulteriori provvedimenti in corso di realizzazione: meccanizzazione, in collegamento con il centro elettronico di Roma, del controllo delle riscossioni dei contributi dovuti dalle aziende. Per la costruzione di tale impianto, che consentirà di perseguire con la dovuta tempestività le evasioni da parte delle ditte debitrici, sono già all'opera 58 persone.
Inoltre sono stati assunti altri provvedimenti che il Consigliere Giovana ha ragione di obiettare che non siano sufficienti per la sede di Torino: sono state assegnate alla sede di Torino 57 unità lavorative, di cui purtroppo soltanto di 10 sono stati comunicati i nominativi e soltanto 4 hanno già assunto servizio. Inoltre, in corrispondenza di tale incremento si verificherà nell'immediato futuro una riduzione di 13 unità per il collocamento in pensione di altrettanti dipendenti altri 5 elementi sono stati assegnati temporaneamente dall'Istituto compartimentale (vengono da La Spezia perché l'Ispettorato comprende il Piemonte e la Liguria) 38 dipendenti saranno poi inviati in missione presso la nostra sede sempre però per un periodo limitato.
Il Direttore della sede ha dichiarato che con tali iniziative l'Ufficio provinciale, anche se non potrà affrontare tutti i problemi, è in condizioni di aggiornare entro il prossimo giugno: a) le pratiche di liquidazione dell'indennità di disoccupazione che già oggi sono in fase di avanzato aggiornamento b) le pratiche relative alle prestazioni sanitarie ed economiche nell'ambito delle assicurazioni contro la tubercolosi.
Anche per quanto riguarda i ricorsi, va tenuto conto che, in base ad una recente disposizione, entro il 20 luglio prossimo saranno esaminati tutti i gravami presentati prima del 21 aprile del corrente anno.
Si concorda con l'interpellante nel riconoscere il disagio dei dipendenti che debbono lavorare in tale situazione. Essi, nonostante le note deficienze di sistemazione locativa e la loro esiguità numerica rispetto alle effettive esigenze, che avrebbero potuto determinare una deprecata paralisi nelle prestazioni dell'Istituto, con la dedizione al servizio e con il loro impegno sono riusciti a soddisfare, sia pure in misura limitata ed anche in modo non tempestivo, le esigenze di una vastissima categoria di cittadini nel settore dell'assistenza e della previdenza.
In proposito è bene evidenziare che dai dati statistici meccanograficamente rilevati dall'Istituto è risultato che presso la sede provinciale di Torino gli errori nella trattazione delle pratiche sono sempre inferiori a quelli delle altre grandi sedi, e in qualche caso inferiori addirittura del 50 per cento. Questo va detto a riconoscimento dell'impegno dei dipendenti.
Tra i vari problemi che dovranno essere presi in esame in sede di ristrutturazione del servizio per adeguarlo alle sempre più pressanti e giustificate richieste degli utenti vi è indubbiamente quello del reclutamento del personale. L'attuale sistema di assunzione su scala nazionale, che rimane tale anche se recentemente sono state espletate le prove d'esame in sede regionale, determina il continuo avvicendamento del personale nella sede, con le immaginabili conseguenze sulla funzionalità del servizio.
La Giunta Regionale, in relazione alla situazione denunciata, ha accolto la richiesta dell'interpellante ed ha interessato il Presidente nazionale dell'Istituto per la costruzione di una sede più razionale, per l'aumento del personale dipendente e perché si ovvii al continuo avvicendamento dello stesso, che ostacola in misura non lieve il sollecito espletamento delle pratiche.



PRESIDENTE

Ha facoltà di parlare il Consigliere Giovana, per dichiararsi soddisfatto o no.



GIOVANA Mario

Signor Presidente e colleghi Consiglieri, prendo atto della puntualità con la quale l'Assessore competente si è interessato al problema inerente alla sede provinciale dell'INPS.
Devo dire che, in realtà, le risposte fornite all'Assessorato competente lasciano ancora parecchi punti in sospeso nella questione.
Intanto, per ciò che riguarda il problema della sede, secondo le informazioni in mio possesso, i tecnici parlano di un tempo di sei-sette anni prima che la cosa possa essere realizzata; si parla invece di un paio d'anni per la ristrutturazione dell'attuale sede. Ristrutturazione la quale a mio modo di vedere, servirebbe solo ad accrescere la confusione già esistente perché, data la esiguità dello spazio nel quale già oggi si muovono i dipendenti per poter espletare le loro mansioni, l'avvio di lavori di riattamento (tanto che siano fatti piano per piano quanto per settori di piano) creerebbe ulteriori interferenze e confusione maggiore di quelle già oggi esistenti. E' quindi da deplorarsi che l'Istituto Nazionale della Previdenza Sociale e i suoi organi responsabili intervengano in questo modo, cercando di mettere, con estremo ritardo, delle pezze ad una situazione vecchia di anni, che certamente a questo punto li obbliga a rimedi, per così dire, di congiuntura.
Pure circa la possibilità che entro breve tempo vengano perfezionate una serie di pratiche oggi pendenti devo avanzare i miei dubbi, salvo si vogliano ancora appesantire i ritmi di lavoro, che almeno per una parte consistente del personale non sono affatto differenti dai più gravosi ritmi di lavoro esistenti in quelle fabbriche ove sono installate catene di produzione. E' questo un altro aspetto sul quale dobbiamo soffermare la nostra attenzione, perché non possiamo concedere alla Direzione dell'INPS di risolvere i suoi problemi in termini cosiddetti efficientistici, con lo sfruttamento almeno di una parte consistente, se non di tutto, il personale della sede provinciale dell'INPS stesso.
D'altro canto, devo rilevare - penso sia una dimenticanza dell'Assessore - che non mi è stata data una risposta per quanto riguarda l'altro aspetto che era contenuto nella mia interpellanza, e che è una delle richieste portanti del documento del Comitato provinciale dell'INPS: ossia, quello inerente il decentramento. Questo è un aspetto altrettanto urgente quanto quello della riattivazione del servizio torinese, proprio avendo riguardo al tipo di utente che esso deve servire. Su questo punto la Giunta, a mio avviso, deve farsi parte attiva, perché non soltanto non ci si accontenti delle soluzioni temporanee avanzate anche in quest'ultima fase dagli organismi centrali dell'INPS, ma perché si affronti in modo organico questo aspetto del decentramento delle sedi della provincia.


Argomento: Trasporti e comunicazioni: argomenti non sopra specificati

Interrogazione del Consigliere Nesi sullo scalo smistamento nel territorio di Grugliasco


PRESIDENTE

Rimane una interpellanza presentata dal Consigliere Nesi, che non è stata discussa questa mattina essendo assente l'Assessore Gandolfi. Adesso c'è l'Assessore ma è assente il Consigliere Nesi. Se vi è qualche altro Consigliere disposto a sostenerla, si potrebbe discuterla. La sostiene il Consigliere Viglione? Allora, ha facoltà di parlare l'Assessore Gandolfi sull'interrogazione presentata dal Consigliere Nesi in merito alla questione: "Scalo smistamento nel territorio di Grugliasco".



GANDOLFI Aldo, Assessore ai trasporti

La Giunta ha assunto informazioni in merito alla dislocazione del nuovo scalo di smistamento di Torino. Il livello di conoscenza e di analisi raggiunto permette di sostenere che: la costruzione di un nuovo scalo di smistamento è necessità urgente per l'insufficienza degli impianti esistenti e per il rapido incremento del traffico ferroviario un ritardo di anni nella soluzione del problema manderebbe in completa crisi il trasporto merci ferroviario è giustificabile l'ubicazione dello smistamento in prossimità del nodo ferroviario di Torino tra le tre possibili collocazioni, quella di Orbassano, con innesto sulla direttrice Torino-Modane, è tecnicamente la migliore, sia sotto il profilo ferroviario (nel quadro della ristrutturazione generale delle Ferrovie di Torino), sia sotto quello del servizio alle grandi industrie produttrici del maggior traffico di merci, sia, infine, sotto quello fondamentale dello sviluppo in atto del traffico commerciale con le aree industriali della Francia dagli elementi oggi disponibili, l'ipotesi di associazione allo scalo di smistamento dello scalo containers e il raccordo all'autoporto (con relativo scalo di "trasbordo" merci) sembra tecnicamente corretto.
Occorrerà però valutarne i riflessi sulla rete viaria (tangenziali penetrazioni), e tener presente che l'assetto territoriale del comprensorio torinese risentirà un contraccolpo maggiore dall'autoporto che dal solo scalo di smistamento.
Infatti, gli insediamenti concentrati di infrastrutture di trasporto con funzioni locali oltre che rivolte più in generale a più vasto territorio, favoriranno lo sviluppo di attività produttive e di servizio nelle zone viciniori e secondo l'asse Torino-Rivalta-Pinerolo.
In assenza di articolate indicazioni di pianificazione urbanistica è impossibile, per il momento, valutare l'influenza dello sviluppo dell'asse Torino-Pinerolo, che potrebbe peraltro configurarsi come strumento di decongestionamento dell'area metropolitana e come strumento per una diversificazione economica dell'area stessa, quale tutti auspichiamo gli oneri che graveranno sulle Amministrazioni comunali interessate in conseguenza del crearsi di posti di lavoro che richiameranno nuovi insediamenti potranno essere contenuti da una organica strutturazione dei servizi di trasporto collettivi (pensiamo in particolare alla metropolitana e alle autolinee) che ottimizzi i collegamenti residenza-lavoro l'Ospedale S. Luigi (facendo fede, peraltro con un certo sforzo, al parere espresso dagli organi direttamente interessati) non dovrebbe subire gravi riflessi i problemi sollevati dai Comuni interessati direttamente, specie Grugliasco, dovrebbero trovare soluzione sul piano economico e politico senza necessità di modifica di ubicazione.
Dagli elementi fin qui riportati non pare sostenibile una opposizione pregiudiziale all'ubicazione e la richiesta di sospensione del decreto 17/7/1970, tenuto conto che mancano proposte alternative, e che il rinvio ad una futura elaborazione di piani urbanistici regionali comporterebbe attese non più sopportabili dal sistema ferroviario.
Condivisibili appaiono peraltro le considerazioni esposte dall'interpellante in merito agli strumenti e ai metodi che dovrebbero essere utilizzati per decisioni del genere, anche se poco esatte appaiono le argomentazioni su cui poggiano. L'interpellante sembra dimenticare che la decisione in questione non è stata presa da poteri privati ma da organi dello Stato e da una pubblica amministrazione forte di una legislazione che permette allo Stato qualsiasi tipo di intervento, a danno anche degli Enti locali.
Sicché, in questo caso la Giunta può condividere le preoccupazioni e le proposte di metodo, riaffermando il ruolo della Regione come momento di coordinamento di tutti gli interventi sul territorio, compresi quelli dello Stato.
Fatte queste affermazioni, però, va dato atto alle Ferrovie dello Stato, per quanto riguarda lo scalo di Grugliasco, di avere scelto a suo tempo la localizzazione in accordo con gli uffici pubblici preposti alla progettazione del Piano regolatore intercomunale e in sintonia con gli obiettivi della programmazione nazionale in fatto di collocazione del sistema torinese rispetto al problema delle comunicazioni internazionali con particolare riferimento al Mercato Comune.
Per quanto riguarda, quindi, il problema oggetto della interpellanza la Giunta, in assenza ancora di poteri amministrativi e di strumenti di pianificazione urbanistica, non può non appoggiare e sostenere le determinazioni che scaturiranno dalla conferenza permanente sui trasporti e la viabilità dell'area metropolitana che la Provincia di Torino ha insediato questa mattina.



PRESIDENTE

Ha facoltà di parlare, per dichiararsi soddisfatto o meno l'interrogante.



VIGLIONE Aldo

Colleghi Consiglieri, dunque, ad Orbassano si costruisce il nuovo scalo ferroviario: lo chiamiamo scalo, ma è, direi, un porto ferroviario. Si articola, se non vado errato, su oltre un milione di metri quadrati di terreno, interessa cinque Comuni della cintura torinese, e Torino per i riflessi che ne ha, direi non solo per l'occupazione territoriale ma anche per tutto il sistema dei trasporti.
L'Assessore ha parlato di convenienza, cioè in sostanza ha detto: ormai l'opera è praticamente avviata, in quanto i progetti sono stati fatti, le autorizzazioni ministeriali e prefettizie sono state concesse, è stato approntato già un collettore per la raccolta delle acque, per tre miliardi di spesa, sono in corso altri appalti per la posa dei binari.
Su questo punto niente da dire, e nel convegno che abbiamo tenuto recentemente a Grugliasco, con la partecipazione dei Comuni e delle forze interessate, è stato rilevato anche questo.
Sulla convenienza hanno deciso le Ferrovie dello Stato: non hanno deciso assolutamente né gli organi regionali né tanto meno i Comuni interessati né tanto meno le forze che operavano in quella zona. Le Ferrovie dello Stato hanno ritenuto di dover costruire uno scalo ferroviario: giusto, perché Torino era soffocata e gli stessi sindacati richiedevano insistentemente questo dislocamento, anche perché incidenti assai gravi si verificano quasi quotidianamente, per la ristrettezza e l'insufficienza dei mezzi attualmente in funzione, e quindi lo scalo è veramente necessario. Però, il discorso che si è fatto, anche, direi unitariamente, in quella riunione di Grugliasco è stato un discorso non soltanto di metodo ma soprattutto di principio: si è affermato praticamente che debbono essere interpellate tutte le forze che sono interessate, gli Enti locali, le associazioni di categoria, direi tutte quelle forze economiche che muovono attorno e dentro questo problema. Questo sistema questo procedimento, non è stato seguito, e ciò costituisce un vizio grave di fondo. D'altronde, l'Assessore non ha potuto negare tutto questo, perch ha detto che le Ferrovie dello Stato hanno una preminenza rispetto a quelli che possono essere i piani locali, e questa preminenza appunto le Ferrovie dello Stato l'hanno esercitata, tal che.



GANDOLFI Aldo, Assessore ai trasporti

A suo tempo hanno interpellato gli uffici.



VIGLIONE Aldo

....Nel piano regolatore di Grugliasco, per esempio, quando è stato dato parere favorevole da parte del Consiglio superiore dei Lavori Pubblici, è stata fissata questa condizione, che le Ferrovie dello Stato avrebbero dovuto dialogare con il Comune di Grugliasco proprio su questo ordine di problemi. Ma le Ferrovie non l'hanno assolutamente fatto. Per cui si è aperto oggi un conflitto non soltanto con Grugliasco ma con tutti gli altri Comuni; perché i Piani regolatori di questi Comuni, con l'inserimento di questo scalo, vengono a saltare tutti, cioè praticamente tutta quella che era la previsione del Piano urbanistico viene ad essere completamente distorta.
Nello stesso convegno si è rilevato inoltre questo fatto, che giudico gravissimo: che le Ferrovie non hanno trovato altra soluzione che quella di offrirsi di pagare le infrastrutture necessarie per evitare il sovvertimento totale di questi piani regolatori. Era certo il meno che potessero fare, dopo aver invaso l'area del piano regolatore, distrutto le strade, cancellato tutte le strutture esistenti, o previste, di sviluppo.
Le Ferrovie dello Stato, avvalendosi di una legislazione che dà loro una preminenza rispetto alle normative degli Enti locali, hanno preso la loro decisione unilateralmente, sia pure con una sorta di fair play, non lo neghiamo; e sono passate decisamente a dare inizio ai lavori per la realizzazione dello scalo.
Stando così le cose, ci dichiariamo insoddisfatti della risposta perché in questa occasione non è stato seguito l'indirizzo voluto dalla Regione: che cioè siano sentite tutte le forze interessate alla programmazione, all'assetto del territorio. Ed il precedente è a mio avviso gravissimo. Sottolineo poi, per terminare, la stranezza del fatto che, a parte questo tipo di fair play con i Comuni, questi piccoli convenevoli, si sia andati in una sola direzione per impiantare questo scalo, che è ancora una volta la direzione di favorire la Fiat.



CALLERI Edoardo, Presidente della Giunta Regionale

Forse anche perché è la maggior utente del servizio.


Argomento:

Sull'ordine dei lavori


PRESIDENTE

Abbiamo esaurito il terzo punto dell'o.d.g.
Ha chiesto di parlare il Consigliere Berti. Ne ha facoltà.



BERTI Antonio

Desidero fare una richiesta, signor Presidente.
E' presente in aula una delegazione di lavoratori della Eti, che deve incontrarsi con il Presidente della Giunta in rapporto ad alcune questioni che li preoccupano vivamente. Chiederei una sospensione della seduta per consentire questo incontro. Chiederei inoltre che si riunissero i Capigruppo per discutere di una questione che credo interessi moltissimo il lavoro del nostro Consiglio ed in particolare delle Commissioni.
Sappiamo, cioè, che questa mattina è arrivato alla Regione il terzo decreto delegato, che riguarda l'istruzione professionale, e vorremmo nella conferenza dei Capigruppo, assicurarci che questo venga immediatamente trasmesso alla Commissione interessata affinché questa possa iniziare a lavorare. Poiché nel merito pare vi siano divergenze di opinione, chiediamo che se ne discuta in conferenza dei Capigruppo, da tenersi immediatamente dopo che il Presidente abbia parlato con i dipendenti dell'Eti.



PRESIDENTE

Consigliere Berti, abbiamo quasi esaurito il nostro ordine del giorno perché mi risulta che dai presentatori della mozione sull'Università verrà avanzata una richiesta di rinvio alla Commissione competente.
Siccome la riunione dei Capigruppo non è legata a questa seduta del Consiglio, perché il Consiglio non è chiamato a prendere atto degli accordi che saranno conclusi in seno a tale Commissione, ritengo si possa esaurire l'ordine del giorno, e, anziché sospendere la seduta, togliere la seduta dopo di che potranno avvenire sia l'incontro che la riunione dei Capigruppo.


Argomento: Università

Mozione sull'Università


PRESIDENTE

Passiamo quindi al punto 4 all'o.d.g.
Ha chiesto di parlare il Consigliere Revelli, uno dei firmatari della mozione sull'Università; ne ha facoltà.



REVELLI Francesco

Signor Presidente, colleghi Consiglieri, a nome anche degli altri firmatari, ritiro la mozione presentata sull'Università già oltre sei mesi fa, sia perché la riteniamo in parte superata sia anche perché sui problemi urgenti che sono da esaminare anche in relazione alla riforma dell'Università in discussione al Senato si è raggiunto un accordo tra i Gruppi nel senso che verranno esaminate queste questioni dalla terza Commissione del Consiglio insieme all'Assessore sabato mattina, in una riunione su cui, se mai, si riferirà in Consiglio.


Argomento:

Interrogazioni e ordini del giorno (annunzio)


PRESIDENTE

La mozione viene quindi ritirata. L'o.d.g. è pertanto esaurito.
Prego un Consigliere Segretario di dar lettura delle interrogazioni interpellanze e ordini del giorno che sono stati presentati. Pregherei eventualmente il Presidente della Giunta e i Consiglieri che desiderino avere questo incontro con la Eti di tenerlo ora, mentre la lettura è in corso.



CALLERI Edoardo, Presidente della Giunta Regionale

Io sono disponibile per questo incontro, ma non ad assentarmi dall'aula consiliare mentre la riunione è in corso.



PRESIDENTE

Allora procediamo fino ad esaurimento dei lavori del Consiglio. Sarà data lettura delle interrogazioni e delle interpellanze; poi saranno riuniti i Capigruppo e successivamente potranno aver luogo tutti gli incontri che si vorranno tenere fuori dal Consiglio.
Prego un Consigliere Segretario di dar lettura dei testi.



ROTTA Cesare, Segretario



PRESIDENTE

Era stata presentata questa mattina una mozione sulla quale mi risulta che i Gruppi stanno cercando di raggiungere un accordo. Per consentir loro di perfezionarlo, la seduta è sospesa, per una pausa che raccomando sia veramente solo di pochi minuti.
(La seduta sospesa alle ore 19,20 riprende alle ore 19,35)


Argomento: Problemi del lavoro e della occupazione

Mozione sulla vertenza sindacale alla Fiat


PRESIDENTE

E' stata presentata una mozione, a firma dei Consiglieri Nesi, Viglione Minucci, Furia, Marchesotti, Revelli, Ferraris, Berti, Giovana, Bono Rivalta, Besate, Lo Turco, Fabbris, Raschio e Sanlorenzo, di cui prego il Segretario Consigliere di dar lettura.



ROTTA Cesare, Segretario

"Il Consiglio Regionale del Piemonte prende atto dell'importanza della vertenza sindacale aperta alla Fiat riguardante gli aspetti normativi che devono riguardare le modalità ed i ritmi di applicazione della forza lavoro, le qualifiche professionali, le condizioni ambientali di lavoro, i diritti sindacali, e rileva che essa esprime contenuti specifici, quali: diminuzione dei ritmi di lavoro ed acquisizione di determinati periodi di pausa nell'arco della giornata lavorativa, riconoscendo come causa di affaticamento anche la ripetitività e la monotonia del lavoro nelle officine di linea diritto di ogni gruppo di operai a contrattare i tempi della lavorazione sulla base della valutazione collettiva delle soglie di affaticamento sopportabili inversione della tendenza in atto diretta alla progressiva parcellazione del lavoro per procedere alla ricomposizione di fasi di lavoro e alla ricostituzione di mansioni professionalmente qualificate diritto di partecipare a corsi di formazione e di aggiornamento tecnico professionale e di svolgere mansioni adeguate alla capacità professionale del singolo eliminazione di ogni causa di nocività della salute connessa alle condizioni dell'ambiente di lavoro compilazione da parte degli Enti pubblici del registro dei dati ambientali, con misurazione del tasso di presenza della polvere, dei fumi dei solventi e di ogni sostanza nociva, e con rilevazione della temperatura, dell'intensità del rumore e di ogni altra causa di possibile disturbo compilazione, da parte dei medesimi Enti pubblici, del registro dei dati biostatistici, con annotazione del numero degli assenti, delle malattie e dei disturbi insorgenti diritto dei lavoratori al controllo permanente delle condizioni ambientali ed a verificarne e controllarne collettivamente gli effetti sulle condizioni di salute anche attraverso la consultazione dei dati ambientali del registro dei dati biostatistici compilazione del libretto sanitario e di rischio personale, con annotazione dei lavori svolti, delle malattie e disturbi subiti, delle sorgenti di nocività cui il lavoratore è sottoposto riconoscimento dei delegati del Consiglio di fabbrica quali organi di partecipazione democratica e di contrattazione dei lavoratori.
Il Consiglio Regionale del Piemonte riconosce che queste rivendicazioni tendono a salvaguardare la salute ed a impedire la progressiva dequalificazione delle mansioni e sviluppare le capacità professionali e culturali dei lavoratori, ed a realizzare le forme di partecipazione che eliminano la possibilità di decisioni unilaterali per conseguire una organizzazione di lavoro ed una capacità produttiva più elevate attraverso la piena utilizzazione del potenziale professionale ed intellettuale dei singoli e dei Gruppi.
Prende atto che questi obiettivi coincidono con quelli che la Regione Piemonte si è data con il proprio Statuto, ed in special modo all'art. 4 per quanto concerne la realizzazione delle condizioni atte a rendere effettivi il diritto allo studio, il diritto al lavoro, la piena occupazione e la tutela dei diritti dei lavoratori, dello sviluppo dei servizi sociali con particolare riguardo alla scuola e alla formazione professionale, all'art. 6 per quanto concerne gli interventi a tutela della salute dei cittadini e specificatamente la costituzione di organismi sanitari ed altri strumenti di intervento e di controllo nei luoghi di lavoro per tutelare la salute e prevenire le cause che le provocano danno e la partecipazione dei Comitati di fabbrica, dei lavoratori e delle categorie professionali alla gestione degli organismi e degli strumenti antinfortunistici, di medicina preventiva, di igiene generale, di igiene mentale, nonché di medicina curativa e riabilitativa.
Prende atto, altresì, del positivo impegno dei lavoratori e delle organizzazioni sindacali ad operare una saldatura fra i contenuti aziendali della vertenza alla richiesta di riforme sociali ed un piano di investimenti nelle regioni meridionali, al fine di eliminare le cause del fenomeno di congestione nell'area torinese e di avviare una nuova fase di sviluppo produttivo, economico, sociale nel Paese nel suo complesso, e riconosce anche che con questo c'è una rispondenza con quanto fissato all'art. 73 dello Statuto.
Il Consiglio Regionale del Piemonte riconosce l'esigenza ed afferma la propria conseguente volontà di operare affinchè vengano adottate, sulla base delle necessarie iniziative legislative ed amministrative comportanti la consultazione delle organizzazioni sindacali: a) i provvedimenti attraverso i quali sia possibile, nel quadro della riforma sanitaria e della costituzione dell'unità sanitaria locale realizzare gli interventi più efficaci a tutela della salute dei lavoratori nei luoghi di lavoro, secondo lo spirito dell'art. 6 dello Statuto b) i provvedimenti e gli strumenti di intervento in ordine ai problemi della formazione e dell'aggiornamento tecnico professionale secondo lo spirito dell'art. 4 dello Statuto; e invita a tal fine la Giunta ad assumere le tempestive iniziative di sua competenza.
Auspica che in ogni fase della vertenza sindacale alla Fiat venga rigorosamente rispettato lo statuto dei diritti dei lavoratori, senza ricorso a rappresaglie o intimidazioni che, oltre a violare i diritti sindacali costituzionali, non possono non inasprire la vertenza stessa e renderne più difficile la soluzione.
Si impegna a portare avanti una politica di programmazione che, risolvendo gli squilibri territoriali e sociali della nostra Regione nel quadro di uno sviluppo diffuso in tutto il Paese contribuisca al superamento delle attuali difficoltà economiche e respinga nei fatti le strumentali campagne allarmistiche tendenti a riversare sui lavoratori la responsabilità di situazioni che derivano in primo luogo dalla mancata attuazione delle riforme strutturali e sociali e della mancata soluzione della questione meridionale". Se guono le firme.



PRESIDENTE

Comunico che sono convocati per domattina alle ore 11,30 a Palazzo Cisterna i Presidenti delle otto Commissioni per esaminare insieme con l'Ufficio di Presidenza del Consiglio Regionale le condizioni di coordinamento del lavoro delle Commissioni. E' convocata per le ore 15 la conferenza dei Capigruppo, sempre a Palazzo Cisterna.
Il Consiglio sarà convocato a domicilio.
La seduta è tolta.



(La seduta ha termine alle ore 19, 40)



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