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Dettaglio seduta n.40 del 18/05/71 - Legislatura n. I - Sedute dal 6 giugno 1970 al 15 giugno 1975

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Argomento:


PRESIDENZA DEL PRESIDENTE VITTORELLI


Argomento:

Approvazione verbale precedente seduta


PRESIDENTE

La seduta è aperta.
Prego un Consigliere Segretario di dare lettura del verbale della precedente seduta.



MENOZZI Stanislao, Segretario

Dà lettura del verbale della seduta del 28 aprile 1971.



PRESIDENTE

Se non vi sono osservazioni sul processo verbale di cui è stata data testé lettura, si può intendere approvato. Non ve ne sono, è quindi approvato.


Argomento: Consiglio, organizzazione e funzioni

Comunicazioni del Presidente del Consiglio


PRESIDENTE

Desidero fare alcune comunicazioni.
Il Gruppo Liberale mi ha comunicato che intende sostituire alla prima Commissione il Consigliere Zanone con il Consigliere Fassino e nell'ottava Commissione il Consigliere Fassino con il Consigliere Zanone. Ne do atto al Gruppo Liberale e inserisco i nomi che mi sono stati indicati in queste due Commissioni.
Analogamente il Gruppo della D.C. ha proposto i seguenti spostamenti: il Consigliere Vittorio Beltrami dalla terza Commissione all'ottava, il Consigliere Chiaffredo Giletta dall'ottava alla terza. Di questo spostamento do pure atto al Gruppo della D.C. e provvedo quindi a sostituirli negli elenchi di queste due Commissioni.
Comunico al Consiglio di avere insediato, nelle giornate di venerdì 14 alle ore 10 e 11, venerdì 14 alle ore 16 e 17, martedì 18 alle ore 9,30 e 10 le seguenti Commissioni: seconda, ottava, prima, terza, quarta e sesta.
E' prevista la convocazione della quinta e della settima Commissione per le ore 15,30 e 16 di oggi per il loro definitivo insediamento.
Nella seconda Commissione sono stati eletti Presidente il Consigliere Dotti e Vicepresidente il Consigliere Rivalta; nell'ottava Commissione sono stati eletti Presidente il Consigliere Viglione, Vicepresidente il Consigliere Beltrami; nella prima Commissione sono stati eletti Presidente il Consigliere Garabello, Vicepresidente il Consigliere Fassino; nella terza Commissione sono stati eletti Presidente il Consigliere Besate Vicepresidente la Consigliera Soldano; nella quarta Commissione sono stati eletti Presidente il Consigliere Paganelli, Vicepresidente la Consigliera Fabbris; nella sesta Commissione sono stati eletti Presidente il Consigliere Chiabrando e Vicepresidente il Consigliere Ferraris.
Con l'insediamento delle due successive Commissioni, quinta e settima questo pomeriggio, saranno così state insediate tutte le Commissioni del Consiglio.
Siccome d'altra parte lo Statuto della Regione Piemonte è stato approvato definitivamente dalla Camera dei Deputati nei giorni scorsi e la sua pubblicazione sulla Gazzetta Ufficiale è imminente e da questa deriva la sua piena efficacia come legge dello Stato, da questo momento, che accadrà probabilmente nel corso della corrente settimana, il Consiglio Regionale del Piemonte è investito della sua piena potestà legislativa. Le stesse Commissioni dovranno quindi attenersi alle norme relative alle Commissioni che sono contenute nello Statuto e potranno altresì procedere nei loro lavori nell'esercizio della piena potestà che viene loro conferita dallo Statuto che è ormai legge dello Stato.
Comunico altresì al Consiglio di avere assegnato alla seconda Commissione, ai sensi dell'art. 6 del secondo stralcio di norme di Regolamento, lo schema di decreto delegato su tranvie e linee automobilistiche di interesse regionale, di navigazione e porti lacuali pervenuto in data 10 maggio 1971 alla Giunta Regionale, per il quale la Giunta medesima ha formulato, a norma dell'art. 39 comma primo dello Statuto, le proprie osservazioni relative a proposte di emendamento da sottoporre al Consiglio Regionale.
Comunico pure di avere assegnato alla prima Commissione, ai sensi degli artt. 22 lettera A),77 e 78 dello Statuto e 10 del secondo stralcio di norme di Regolamento ed in conformità con l'art. 6 del decreto del Ministro del Tesoro in data 5 giugno 1970, contenente norme per la gestione della contabilità speciale, per l'esame in sede referente da parte di questa Commissione, il rendiconto della gestione della contabilità speciale relativa all'anno 1970 con annessi gli elaborati giustificativi trasmessimi dal Presidente della Regione in data 19/4 u.s.
Comunico pure di avere trasmesso al Presidente dell'ottava Commissione ai sensi dell'art. 6 del secondo stralcio di norme di Regolamento, lo schema di decreto delegato su circoscrizioni comunali e polizia locale urbana e rurale pervenuto in data 10/5/1971 alla Giunta Regionale del Piemonte e per il quale la Giunta medesima ha formulato, a norma dell'art.
39 comma primo dello Statuto, le proprie osservazioni relative a proposte di emendamento da sottoporre al Consiglio Regionale.
Mi risulta che altri decreti delegati o progetti di legge sui quali è chiesto il parere delle Regioni, sono giacenti all'esame in questo momento della Giunta Regionale. Essendovi accordo pacifico circa la competenza del Consiglio Regionale ad esprimere il parere su decreti delegati o disegni di legge sui quali è richiesto parere delle Regioni, essendo quindi il Consiglio Regionale l'organo deliberante sovrano, chiamato ad esprimere questo parere, compete al Consiglio Regionale ed ai suoi organi di fissare i tempi previsti dallo Statuto o dal proprio Regolamento per l'esame di questi decreti delegati. Desidero quindi pregare il Presidente della Giunta o chi per lui di trasmettere immediatamente, dopo il ricevimento, tutti i progetti che sono destinati a ricevere il parere del Consiglio Regionale affinché il Presidente del Consiglio Regionale, secondo quanto è stato predisposto nel Regolamento del Consiglio stesso, sia in condizione di trasmetterli, con la stessa sollecitudine, ai Presidenti delle Commissioni competenti cui l'esame di questi decreti delegati viene assegnato dal Presidente del Consiglio Regionale onde costoro possano, nei termini piuttosto ristretti previsti dal nostro Regolamento e che sono di non oltre 30 giorni per quel che riguarda l'esame in sede referente o consultiva trasmettere le proprie conclusioni al Consiglio Regionale. E' evidente che i Presidenti delle Commissioni concorderanno, tramite la presidenza del Consiglio Regionale e con la Giunta, i tempi delle convocazioni per porre la Giunta in condizioni di portare le proprie conclusioni alle Commissioni medesime; però, del rispetto di questi termini, rispondono, per quel che riguarda l'esame in sede referente o consultiva, i Presidenti delle rispettive Commissioni, per quel che riguarda l'esame in aula il Presidente del Consiglio Regionale. E per poterne rispondere bisogna che sia messo in grado, attraverso l'immediata comunicazione dei testi da esaminare, di far decorrere questi termini con la piena utilizzazione dei termini medesimi.
Desidero pure comunicare al Consiglio Regionale che è pervenuto al nostro Consiglio, il testo di una lettera firmata dal Consiglio di fabbrica della ditta Magnadyne: "Al Consiglio della Regione Piemonte A nome di tutti i lavoratori della Magnadyne, il Consiglio di fabbrica nel comunicare che la prima fase di lotta si è conclusa favorevolmente con la firma dell'affittanza della INFIN da parte della SEIMART, ringrazia il Consiglio Regionale per gli impegni politici assunti e mantenuti per dare una soluzione positiva alla drammatica situazione in cui si erano venuti a trovare i 3000 lavoratori verso la fine dello scorso anno.
I lavoratori, visto l'impegno che la Regione Piemonte ha assunto con fermezza per dare una onorevole soluzione al loro problema, sono sicuri che Essa sarà al loro fianco anche durante la più delicata fase della riorganizzazione aziendale e del successivo rilievo della INFIN, affinché i nuovi amministratori Magnadyne agiscano nel pieno rispetto dell'Ordine del Giorno del 14 dicembre 1970 approvato da codesto Consiglio".


Argomento:

Comunicazioni del Presidente del Consiglio

Argomento:

Interrogazioni e Interpellanze


PRESIDENTE

Il terzo punto all'ordine del giorno reca: "Interrogazioni e interpellanze".
La Giunta mi ha comunicato di essere disponibile a rispondere, nelle sedute a tal fine previste, alle seguenti interrogazioni: dei Consiglieri Zanone, Fassino, Gerini, Rotta sulle vertenze relative all'inquinamento del fiume Po; dei Consiglieri Fabbris e Revelli sulla crisi della piccola e media industria; del Consigliere Bono sulle riunioni dell'Assessorato al turismo; dei Consiglieri Rivalta e Berti sulla riforma sulla casa; del Consigliere Nesi sullo scalo di smistamento nel territorio di Grugliasco del Consigliere Viglione sulla vertenza del Banco di Sicilia nei confronti del personale; dei Consiglieri Viglione e Nesi sulla crisi del servizio postale; del Consigliere Garabello sull'iniziativa Fiat nei confronti della SIMA di Busano Canavese.
Inoltre la Giunta è pure disponibile a rispondere alle interpellanze dei Consiglieri Fabbris e Raschio sui problemi del settore dei trasporti dei Consiglieri Curci e Carazzoni sui disincentivi limitazione costruzione nuovi impianti; dei Consiglieri Viglione e Nesi sulla trasformazione del sistema carcerario; dei Consiglieri Furia, Berti, Minucci, Revelli sull'insediamento della Soc. Indesit in località della provincia di Cuneo del Consigliere Viglione sull'esame della Commissione di controllo dei bilanci ospedalieri. Inoltre su un'interpellanza giunta quando il Consiglio era già chiuso, di cui verrà data lettura nel momento della discussione presentata dal Consigliere Giovana sul disservizio dell'INPS.
Desidero in tale occasione pregare la Giunta di dare comunicazione tempestiva alla Presidenza del Consiglio, circa la propria disponibilità a discutere interpellanze e interrogazioni con alcuni giorni di anticipo affinché la Presidenza del Consiglio Regionale sia posta in grado di comunicare agli interroganti o agli interpellanti la disponibilità della Giunta a rispondere alle loro interrogazioni e interpellanze, affinch nello stesso tempo essi siano pronti a parlare sulle questioni di pertinenza di tali interrogazioni e interpellanze, nella seduta che è fissata per discutere delle stesse. E' anche buona prassi dare comunicazione non soltanto generica, come viene fatto alla fine di una seduta, ma anche specifica, delle interrogazioni e interpellanze che verranno discusse in una specifica seduta nell'ordine del giorno della seduta medesima che viene distribuito ai Consiglieri Regionali. Ma tale adempimento non può essere effettuato dalla Presidenza del Consiglio Regionale, se questo non viene posto in grado dall'organo esecutivo della Regione di comunicare su quali temi si svolgerà il dialogo fra il Consiglio Regionale e la Giunta.


Argomento: Tutela dagli inquinamenti idrici - Difesa idrogeologica

Interrogazione dei Consiglieri Zanone ed altri sulla vertenza inquinamento fiume Po


PRESIDENTE

Passiamo quindi all'esame della prima di queste interrogazioni presentata dai Consiglieri Zanone, Fassino, Gerini e Rotta, sulla vertenza "inquinamento fiume Po". Secondo il nostro Regolamento alle interrogazioni risponde, a nome della Giunta, il Presidente della Giunta o un Assessore da lui delegato, e sulla risposta della Giunta l'interrogante ha il diritto in un breve periodo di tempo, di dichiararsi soddisfatto o insoddisfatto.
Risponde a questa interrogazione l'Assessore Fonio, che ha facoltà di parlare.



FONIO Mario, Assessore alla tutela dell'ambiente e inquinamento

L'interrogazione che meglio andava definita "interpellanza" dei Consiglieri Zanone, Fassino, Gerini e Rotta, è stata presentata molto tempo prima della formazione dell'attuale Giunta e della presentazione del primo programma regionale.
Nella relazione programmatica del Presidente della Giunta, che ha dato grande spazio ai problemi dell'ecologia e degli inquinamenti, ponendoli anzi "prima di ogni altro problema di intervento settoriale", pensiamo che l'interrogazione abbia trovato una prima concreta risposta per quanto riguarda "l'attuazione dell'impegno statutario per lo sviluppo dei servizi attinenti alla salute dei cittadini", cui l'interrogazione fa riferimento.
Le carenze legislative in materia di inquinamenti, soprattutto delle acque, sono ormai note ed ampiamente dibattute. Proprio la vicenda giudiziaria dalla quale prende lo spunto l'interrogazione cui si risponde dimostra come sia difficile allo stato attuale, applicare il principio del "paghi chi deve", non solo sotto il profilo delle prevenzioni, ma anche sotto il profilo più ampio del diritto al non inquinamento ed alla risarcibilità dei danni. Il che non solo "urta col senso della giustizia" come scrive il Tribunale come ricordano i Consiglieri interroganti, ma si traduce in definitiva in quell'aumento dei costi sociali che noi vogliamo combattere come ulteriore ingiustizia a danno della collettività.
Già nelle dichiarazioni programmatiche del Presidente è stato posto in rilievo che "proprio su questi problemi la Regione, per quanto si conosce dai progetti di legge in discussione, risulta praticamente ignorata. Sono temi sui quali la Giunta ritiene debbano essere conferite alle Regioni competenze specifiche di intervento ed in tal senso avanzerà concrete proposte, cercando intanto di chiarire con esattezza la portata e la natura di tutti questi problemi, cercando intanto di indicare rimedi ed adeguati strumenti contro ogni forma di deterioramento ambientale". E' quindi chiaro l'impegno rivendicativo da affrontarsi con le altre Regioni di un quadro legislativo idoneo alla tutela delle acque da ogni forma di inquinamento.
Nell'attuale situazione intanto la Giunta, oltre a farsi portavoce autorevole della denuncia popolare, intende organizzare la propria attività di tutela contro gli inquinamenti anche delle acque, come segue: 1) sviluppare studi e ricerche per rilevare e chiarire fino in fondo la dimensione del fenomeno sul piano regionale, sino a pervenire alla formazione di una mappa degli inquinamenti. Le proposte operative in questo senso sono già state esposte alla Giunta che deciderà sulle stesse prossimamente 2) cercare i primi rimedi attraverso gli strumenti urbanistici di competenza regionale e degli altri Enti locali coordinati dalla Regione subordinando gli insediamenti industriali a precise garanzie in ordine alla installazione di impianti di depurazione ed eventualmente di riciclaggio cercando di utilizzare alcune esperienze straniere 3) fare opera di incentivazione e di coordinamento delle iniziative comunali e provinciali, al fine di rendere omogeneo l'intervento pubblico sull'intero territorio regionale, pur tenendo conto delle diverse esigenze 4) in un quadro più ampio pensiamo che si possa arrivare a promuovere la formazione di una rete di depurazione (anche per gli scarichi civili) favorendo la costituzione di consorzi tra Enti locali e tutte quelle iniziative che si dimostreranno utili 5) riteniamo di dover dare particolare importanza nell'ambito dei problemi che stiamo esaminando al trasferimento alle Regioni delle funzioni statali in materia di polizia locale urbana e rurale, trasferimento in ordine al quale è già qui pervenuto lo schema di decreto delegato e sul quale dobbiamo fare le nostre osservazioni.
A nessuno può sfuggire l'opportunità e la necessità che la Regione avvalendosi degli indiscussi suoi poteri in materia, prenda ogni iniziativa per adeguare e coordinare i regolamenti di polizia urbana e rurale di tutti i comuni piemontesi anche agli specifici e nuovi fini della prevenzione dell'accertamento e della repressione degli inquinamenti.
Per lo svolgimento delle attività sopra illustrate, sono in cantiere alcune iniziative a tempi brevi per l'organizzazione di conferenze regionali e provinciali, sia al fine di interpretare puntualmente e applicare con la massima severità gli strumenti contro ogni tipo di inquinamento delle acque, sia al fine di pervenire a ben precise e coordinate norme di polizia urbana e rurale in rapporto a quanto sopra esposto.



PRESIDENTE

Chi desidera rispondere a nome degli interroganti?



FASSINO Giuseppe

A nome del Gruppo mi dichiaro soddisfatto della risposta.



PRESIDENTE

Il Consigliere Fassino, a nome degli interroganti, si è dichiarato soddisfatto.


Argomento: Industria (anche piccola e media) - Problemi del lavoro e della occupazione

Interrogazione dei Consiglieri Fabbris e Revelli sulla crisi della piccola e media industria


PRESIDENTE

Passiamo ora alla discussione dell'interrogazione dei Consiglieri Fabbris e Revelli, sulla crisi della piccola e media industria.
Per la Giunta risponderà l'Assessore Petrini. Ha facoltà di parlare.



PETRINI Luigi, Assessore all'industria

L'interrogazione dei Consiglieri Fabbris e Revelli sulla situazione della piccola e media industria della regione giunge opportuna e ci consente di procedere, insieme, ad alcune puntualizzazioni, per ribadire precedenti impegni e per precisare meglio alcune linee operative.
Cominciamo da un giudizio sulla situazione delle imprese in esame, che giocano un rilevante ruolo nel nostro Paese, se è vero, come appare in un recente studio del CENSIS, che negli ultimi venti anni l'occupazione nelle piccole e medie imprese è aumentata del 45 per cento contro un aumento, nel medesimo arco di tempo di solo il 4 per cento nelle grandi imprese (considerando come tali le imprese con più di 1000 addetti). E' peraltro innegabile che nell'ultimo anno e a livello nazionale nella fascia fino a 100 addetti delle imprese medio-piccole c'è stato un non trascurabile calo occupazionale. In Piemonte le ricerche IRES per il primo piano regionale piemontese hanno messo in evidenza il peso della piccola e media impresa industriale, ma anche un loro marcato condizionamento da parte delle grandi imprese dominanti.
Leggiamo sempre nello studio CENSIS, con riferimento a tutto il Paese come le imprese minori sopravvivano, ed in misura rilevante, costituiscano sempre più "un corollario di necessaria integrazione con le imprese maggiori".
Una situazione di difficoltà nel settore è tuttavia manifesta soprattutto perché la stasi congiunturale generale si innesta su una debolezza strutturale che non consente alle imprese in esame di attingere le economie di scala e il progresso tecnico, di accedere in forme adeguate al mercato del credito (per non dire al mercato finanziario, difficile un po' per tutti) e di giovarsi dell'autofinanziamento per realizzare quegli investimenti necessari a riassorbire i maggiori costi, particolarmente di lavoro, intervenuti negli ultimi tempi. E' peraltro nostra impressione che la situazione di difficoltà sia nella nostra regione né di più né di meno marcata di quanto non lo sia a livello nazionale, se si eccettua il caso di particolari aree in difficoltà non da oggi, e per crisi di riconversione come il Biellese, l'Alto Novarese, la Valle Susa e lo stesso Casalese. Si tratta però di quantificare e di precisare meglio, con specifico riferimento alla nostra regione, gli aspetti accennati in termini generali e a ciò dovrebbe soccorrere il rapporto sull'evoluzione del settore industriale regionale nel periodo relativo al primo Piano regionale (1966 1970) sollecitato in sede di elaborazione del programma di questa Giunta e che dovrebbe riprendere e aggiornare analogo rapporto elaborato un paio di anni fa sempre dall'lRES per conto del CRPE del Piemonte. Il rapporto, che dovrà evidenziare soprattutto le aree in crisi e i settori in crisi, sarà redatto tenendo anche conto delle vaste consultazioni di cui alla mozione sulla piccola e media industria approvata dal Consiglio Regionale in data 15 dicembre 1970.
A questa necessaria e anche urgente indagine è stato possibile porre rimedio volgendosi all'esterno (dando cioè un incarico ad hoc all'IRES, il quale potrà avvalersi della collaborazione degli Uffici studi degli Enti locali periferici, più vicini alle situazioni da analizzare). Più arduo invece si presenta il problema di un intervento operativo diretto immediato, in carenza, come siamo, di strumenti di intervento nostri, quale la finanziaria regionale pubblica. Ciò non ci impedisce di delineare subito una nostra strategia di azione, di definire una nostra politica nei confronti della piccola e media industria, soprattutto accennando agli strumenti da costruire al servizio di tale politica.
Siamo essenzialmente di fronte a un problema finanziario e a un problema di rinnovamento tecnologico e di assistenza scientifica e tecnica.
Il primo problema è strumentale rispetto al secondo ed è strettamente connesso ad esso. Occorrono nuovi canali finanziari, nuove formule di finanziamento per dotare le piccole e medie imprese dei necessari strumenti di finanziamento degli investimenti. La banca tradizionale forse non basta più (d'altro canto non è con il credito ordinario che si pu ragionevolmente pensare di finanziare gli investimenti) e allora va non solo approfondito, ma concretamente sperimentato il campo di strumenti che si chiamano finanziaria pubblica, leasing immobiliare, credito industriale agevolato e selezionato secondo indicazioni di piano.
Ma al finanziamento deve accompagnarsi l'assistenza economica-tecnica alle aziende minori finanziate, va fornito a queste aziende un servizio di documentazione e di informazione che esse, a differenza delle grandi aziende, non sono in grado singolarmente di darsi. Il citato studio CENSIS annota bene a questo proposito: "Esse (le aziende minori) hanno bisogno di una migliore base di decisione, devono essere informate dei cambiamenti che si verificano nella società così da adeguare a ciò i propri piani". E ancora: "L'accento si pone attualmente sempre di più sulla trasmissione di conoscenze e di informazioni". Questa esigenza viene da noi vigorosamente sottolineata e per il suo soddisfacimento possiamo per ora accennare a queste possibilità: creazione di questo servizio di assistenza e di informazione all'interno della costituenda finanziaria pubblica creazione per questa funzione di una agenzia ad hoc.
Va inoltre indicata un'altra linea di intervento tendente a favorire associazioni tra le imprese minori per "consorziare" funzioni di ricerca ma anche gruppi di acquisto e di vendita in comune, soprattutto nei rapporti con i mercati internazionali.
Siamo sconfinati largamente in una linea di intervento non a brevissimo periodo, ma il tono della nostra risposta - ci richiama particolarmente alle affermazioni iniziali - riconferma di fatto tutti gli impegni di cui alla ricordata mozione sulla piccola e media industria del 15 dicembre scorso.



PRESIDENTE

Gli interroganti hanno il diritto di dichiararsi soddisfatti o insoddisfatti.
Ha facoltà di parlare il Consigliere Revelli.



REVELLI Francesco

Signor Presidente, colleghi Consiglieri, prendiamo atto delle informazioni che l'Assessore Petrini ci ha dato sulla situazione alla nostra regione della piccola e media industria. Ricordiamo infatti che nella interrogazione ci riferivamo ad un episodio specifico successo nel mese di febbraio, quando erano state pubblicate dall'Espresso e da vari altri giornali le dichiarazioni di Donat Cattin sullo stato della piccola e media industria.
Indubbiamente nella nostra regione, come nelle altre, questo settore è particolarmente in crisi o attraversa momenti di gravi difficoltà. Dal 19 febbraio, data in cui abbiamo presentato l'interrogazione, ad oggi, le cose si sono aggravate per molti aspetti e pur prendendo atto che alcune cose la Giunta si propone di fare con intervento immediato e che ha dato incarico all'IRES di preparare un nuovo rapporto sulla piccola e media industria avvalendosi per le consultazioni anche degli Enti locali, purtuttavia ci pare che, al di là della proposta di arrivare ad una finanziaria pubblica (dipende da come sorgerà, che cosa sarà) sarebbe il caso di prendere in esame le possibilità della regionalizzazione dell'IMI e quindi arrivare a una discussione più serrata su queste cose. Ricordiamo che non c'è stata alcuna risposta sull'aggravamento della situazione in questi mesi, nel Biellese e soprattutto nel Cuneese. A questo proposito avevamo riferito che c'erano state delle richieste da parte di Enti locali perché la Giunta andasse (mancando ancora le Commissioni consiliari) nelle zone in cui sono più colpite le piccole e medie industrie per avere una consultazione immediata con i lavoratori, con le organizzazioni sindacali, con gli Enti locali.
Alla lettera del Sindaco di Cuneo inviata il 10/2 per una conferenza di questo genere nella provincia di Cuneo e per altre iniziative che sono venute da altre province, non è stata data alcuna risposta, mentre sarebbe una condizione importante per esercitare un modo nuovo anche nella consultazione non solo degli Enti locali, ma per verificare le situazioni in loco.
Si propone pertanto che questo compito, che doveva svolgere la Giunta in un primo momento non essendoci le Commissioni, venga affidato sia alla Commissione industria, sia alla Commissione lavoro e occupazione perch possano esperire un'indagine conoscitiva, pur tenendo conto dei mezzi tecnici che la Giunta crede bene di approntare.
Nel quadro dell'aggravamento della crisi della piccola e media industria, sempre maggiormente condizionata dai monopoli, esiste una situazione contingente di cui è stato investito il Consiglio (avremmo avuto piacere che l'Assessore Petrini ce ne parlasse) quella della Manifattura Marta di Torino, con circa 200 operai. Non c'è nessuna ragione perché la fabbrica chiuda e trasferisca le sue lavorazioni nella provincia di Cuneo (pare a Bra), viste le dichiarazioni del padrone della fabbrica stessa il quale vuole chiudere semplicemente perché "gli dà noia il Consiglio operaio di fabbrica". Non vi è alcuna istanza di fallimento, alcuna richiesta di amministrazione controllata, anzi, continuano a pervenire ordinazioni di lavoro. Visto che sono presenti delle delegazioni operaie della Manifattura Marta in sala, chiediamo che nella mattinata l'Ufficio di Presidenza e la Giunta ricevano questi lavoratori per vedere come risolvere la situazione che è grave perché gli operai da circa venti giorni occupano la fabbrica e vogliono avere delle motivazioni precise sulle decisioni del padrone.
Per quanto concerne il resto insisto sul fatto che vengano investite di questi problemi: la Commissione Industria e la Commissione occupazione, le quali potranno recarsi nelle varie zone e verificare la situazione.


Argomento: Edilizia e norme tecnico-costruttive - Edilizia pubblica (convenzionata, sovvenzionata, agevolata)

Interrogazione dei Consiglieri Rivalta e Berti relativa alla riforma sulla casa


PRESIDENTE

Sull'interrogazione presentata dai Consiglieri Rivalta e Berti relativa alla riforma sulla casa, la Giunta ha designato a rispondere l'Assessore Cardinali, il quale ha facoltà di parlare.



CARDINALI Giulio, Assessore all'urbanistica

All'incontro del 15 febbraio tenutosi a Roma fra i rappresentanti delle Giunte Regionali ed il Governo con all'ordine del giorno il progetto di legge di riforma sulla casa, ha partecipato l'Assessore Armella a ci delegato dal Presidente della Giunta.
In quella sede il parere espresso dalla Regione Piemonte ha teso a mettere in evidenza soprattutto due esigenze, in primo luogo quella del decentramento politico nel settore della casa in relazione alle materie dell'urbanistica e dell'assetto territoriale da vedersi nel quadro delle competenze demandate alle Regioni ai sensi dell'art. 117 della Costituzione, in secondo luogo quella dell'immediato trasferimento alle Regioni a Statuto ordinario delle attribuzioni delle Amministrazioni dei LL.PP., relative ai regolamenti edilizi con annessi piani di fabbricazione ai piani di zona della legge n. 167, ai piani particolareggiati esecutivi ed ai piani di lottizzazione.
Tali attribuzioni devono essere trasferite alle Regioni senza attendere i decreti delegati di cui all'art. 17 della legge n. 281 e per il loro esercizio le Regioni devono essere in grado di avvalersi anche dei Provveditorati Regionali alle OO.PP. delle Sezioni Urbanistiche e della Sovrintendenza ai Monumenti.
Il parere di cui sopra è stato ribadito nel successivo incontro con i Sindacati al quale ha partecipato l'Assessore Armella il giorno 22 febbraio.
La presa di posizione della Regione Piemonte è stata ulteriormente riaffermata nella fase di passaggio del progetto di legge di riforma della casa alla Commissione dei Lavori Pubblici della Camera perfezionando, in altro incontro romano con le Regioni a cui ha partecipato l'Assessore Falco, la comune piattaforma di proposte e di indicazioni.
In data 6 maggio scorso è stato inviato al Governo, al Parlamento ed ai Sindacati un telegramma a firma dei Presidenti delle Regioni Piemonte Lombardia, Lazio, Umbria e Campania il cui testo afferma: "Le Regioni a Statuto ordinario assistono incredule alle vicende della legge di riforma della casa che vedono la strenua difesa di interessi di parte prevalere sui principi costituzionali che soli costituiscono il fondamento democratico del paese.
Le Regioni riaffermano la propria competenza costituzionale sulla politica della casa, ribadiscono i principi di efficienza nel decentramento e nella autonomia già sostenuti nei confronti del Governo e del Parlamento respingono i tentativi di salvaguardare interessi acquisiti a scapito della chiarezza e del rigore della riforma, auspicano la rapida approvazione della riforma stessa che il Paese attende con giustificata impazienza".



PRESIDENTE

Ha facoltà di rispondere il Consigliere Berti.



BERTI Antonio

La risposta alla nostra interrogazione è in parte positiva, in quanto si è unita la nostra alla voce delle altre Regioni per rivendicare quei poteri che la Costituzione consegna alle Regioni in materia di politica della casa. Tuttavia pensiamo che la risposta possa anche essere più articolata e dal punto di vista delle proposte che delle iniziative politiche che noi chiedevamo nella nostra interrogazione. In particolare non possiamo ignorare che oggi è aperto in Parlamento un dibattito di cui le conclusioni non sono ancora note, anche se si conoscono alcuni elementi non pare però che risponda a tutte quelle richieste che gli Assessori e le varie Regioni hanno esposto al Parlamento stesso. In particolare noi sottolineiamo l'esigenza che alle Regioni sia affidato il compito primario di intervenire nella politica del territorio entro il quale collocare il problema della casa in modo organico. Quando parliamo di "modo organico" ci riferiamo ad un modo adeguatamente armonizzato con le attuali zone congestionate ed in particolare con le previsioni di sviluppo economico tendenti a superare gli squilibri territoriali che dovranno essere fissati dal Piano regionale. Queste indicazioni si possono attuare esclusivamente con l'intervento della Regione, mancando il quale non avremo questo primo elemento essenziale di una nuova politica della casa.
Noi pensiamo che altri passi proprio in questi giorni debbano essere compiuti a proposito dell'unificazione di tutti gli Enti pubblici operanti nel settore, al fine di creare un unico centro a livello nazionale, con reperimento delle risorse e di ripartizione delle stesse fra le Regioni sulla base dei fabbisogni segnalati a livello regionale, il che implica un'iniziativa intanto conoscitiva e quindi anche operativa della Regione stessa.
Infine l'istituzione, a livello regionale, di un organo di coordinamento delle scelte riguardanti la localizzazione e la realizzazione dei piani; la democratizzazione degli istituti autonomi popolari e la loro utilizzazione in forma associata quali strumenti periferici a disposizione delle Regioni.
Pare a noi che questo non sia compreso, in quanto non è molto chiaro nell'attuale provvedimento di legge di cui si parla in Parlamento. Per quanto sta nelle nostre possibilità dovremmo in questi giorni ancora fare ulteriori passi per esprimere una posizione che noi auspichiamo sia della Regione più di quanto non sia stata esclusivamente dell'Assessore, per quanto interessante, per certi lati essa sia.
Vorrei ricordare, per concludere l'intervento che ha teso essenzialmente a riproporre alcune questioni che la risposta ha ignorato che alle Regioni debbono essere dati i 1700 miliardi della Gescal e i 700 miliardi stanziati per caso a totale carico dello Stato, con priorità ai baraccati e senza tetto, per utilizzarli celermente attraverso gli istituti delle case popolari, integrati e democratizzati con rappresentanze dei Consigli elettivi e degli inquilini.


Argomento: Turismo: argomenti non sopra specificati

Interrogazione del Consigliere Bono sulle riunioni assessorati al turismo


PRESIDENTE

Sull'interrogazione presentata dal Consigliere Bono, circa riunioni assessorati al turismo, la Giunta ha designato a rispondere l'Assessore Cardinali.



CARDINALI Giulio, Assessore all'urbanistica

La Regione Piemonte non ha partecipato alla riunione degli Assessorati al Turismo tenutasi in Milano il 10 febbraio, unicamente per disguidi relativi alle non ancora definite competenze assessorili (io ero impegnato nel congresso del mio partito e non sono stato in grado di partecipare).
Il successivo 20 febbraio, sempre in Milano, ho partecipato alla seconda riunione ed ho collaborato con i colleghi delle altre Regioni presenti, alla stesura di un documento per il decreto delegato in materia di turismo e di industria alberghiera. Dico per inciso che mi ero permesso di fare vedere il documento stesso al Consigliere Bono.
Detto documento precisava, per la materia in esame, il punto di vista delle Regioni su una bozza ufficiosa di decreto delegato ritenuta limitativa delle competenze assegnate dalla Costituzione alle Regioni. Sul documento vi era stata l'unanimità delle Regioni presenti, fra le quali oltre il Piemonte, la Lombardia, il Veneto, la Toscana, l'Emilia, il Molise per delega e la Campania.
Il documento venne successivamente perfezionato in un incontro assessorile a Napoli il 3 marzo a cui non ho partecipato, ma ho ribadito telegraficamente gli orientamenti critici della Regione Piemonte verso la bozza di decreto delegato, già affermati nella riunione di Milano.
In sostanza, nella riunione di Napoli non c'era che da concludere sulla bozza di documento delle Regioni.
Analogo atteggiamento è stato assunto nei confronti di una seconda bozza di decreto, ufficiosamente riportata da agenzie di stampa.
Ritengo nella presente risposta di dover aggiungere che fino ad ora non è stato presentato ufficialmente il decreto delegato in materia di Turismo ed Industria Alberghiera.



PRESIDENTE

Il Consigliere Bono ha facoltà di dichiararsi soddisfatto o insoddisfatto. Ha facoltà di parlare.



BONO Sereno

Signor Presidente, signori Consiglieri, debbo dichiarare la mia insoddisfazione alla risposta che mi è stata data dall'Assessore Cardinali in riferimento all'interpellanza presentata il 19 febbraio, insoddisfazione che è giustificata dalle ammissioni fatte dall'Assessore Cardinali stesso circa la non partecipazione a più riunioni che sono state convocate dagli Assessori al Turismo delle varie province, posizione forse questa assunta per riaffermare il carattere un po' antituristico di questa Giunta, come dalle dichiarazioni fatte dal suo Presidente in altra seduta.
La risposta comunque arriva con tre mesi di ritardo e se può sembrare superato l'argomento specifico della riunione di Milano, non è superato però nei suoi contenuti, anzi, va riaffermata la necessità di un discorso a mio parere il più rapido possibile, sulla volontà politica della Giunta e sul suo metodo e impegno nell'affrontare i problemi che sono di competenza della Regione.
La bozza di decreto delegato emanata dal Ministero del Turismo rappresenta un atto molto importante e molto grave, anche se non è ancora un decreto delegato licenziato. Esprimere una valutazione su quella proposta di decreto delegato è una cosa molto seria che non poteva essere affidata né alla Giunta (se questo l'ha mai fatto) né al suo Presidente e nemmeno all'Assessore designato (arrivato a questa designazione, tra l'altro, con molto ritardo). A nostro parere, come è stato fatto in altre Assemblee regionali il problema avrebbe dovuto investire interamente il Consiglio, perché si tratta di una materia che la Costituzione demanda interamente e senza possibilità di equivoci, alla Regione e anche perché il documento elaborato dal Ministro Matteotti rappresenta un tentativo grave di colpire un settore di esclusiva competenza regionale e la stessa autonomia della Regione prima ancora che questa sia messa in condizioni di funzionare.
I giudizi sulla proposta Matteotti sono stati severissimi sia negli incontri tra gli Assessori al turismo delle varie Regioni, culminati con il documento unitario stilato il 3 marzo a Napoli, già ricordato dall'Assessore Cardinali, sia dalle diverse parti politiche e dalla stessa maggioranza governativa che ha avuto parole molto dure e severe a commento della posizione del Ministro Socialdemocratico. Il giorno 14 il giornale cattolico "L'Avvenire" apriva un suo servizio con queste parole "sconcertante, inconcepibile, avvilente. Al Ministero ancora la parte del protagonista, alle Regioni poche ed insignificanti battute". Altrettanto severo è stato il giudizio espresso dal P.S.I., che fa pur parte di questa maggioranza governativa, in un convegno nazionale sul turismo e sul tempo libero tenuto alla fine di gennaio a Roma.
Mi dichiaro pertanto assolutamente insoddisfatto della risposta datami perché il comportamento della Giunta aiuta coloro che vorrebbero che con le Regioni si desse l'impressione che qualcosa è cambiato, mentre in realtà tutto rimane come prima, anzi, peggio di prima.
Mi auguro che con l'avvio delle attività delle Commissioni finalmente i problemi vengano affrontati con uno spirito nuovo, con una partecipazione nuova e che io possa modificare il giudizio negativo che do in questo momento nei confronti della posizione della Giunta, in un giudizio positivo con la verifica dei fatti futuri.


Argomento: Problemi del lavoro e della occupazione

Interrogazione del Consigliere Viglione sulla vertenza del Banco di Sicilia nei confronti del personale


PRESIDENTE

Dovrebbe essere discussa, a questo punto, l'interrogazione del Consigliere Nesi sullo scalo di smistamento nel territorio di Grugliasco.
L'Assessore Gandolfi si è fatto scusare perché in questo momento è trattenuto ad un'altra riunione. L'interrogazione sarà quindi discussa nel corso di questa giornata, non appena l'Assessore Gandolfi sarà presente.
Viene ora in discussione l'interrogazione del Consigliere Viglione sulla vertenza del Banco di Sicilia nei confronti del personale. La Giunta ha designato a rispondere l'Assessore Conti, il quale ha facoltà di parlare.



CONTI Domenico, Assessore al lavoro e all'occupazione

Signor Presidente, signori Consiglieri, mi sia consentito, prima di rispondere direttamente all'interrogante, di fornire al Consiglio alcune spiegazioni.
Innanzi tutto prego i signori Consiglieri di non voler considerare la scarsità delle mie risposte in ordine alle interrogazioni presentate, come un fatto di disorganizzazione o comunque di non sensibilità verso il problema o di mancanza di riguardo verso di loro; la realtà è che tutti sappiamo qual è lo sviluppo degli uffici regionali, quali sono i problemi che investono l'Assessorato di cui sono incaricato e quindi la necessità di distribuire le energie disponibili di fronte a una massa di lavoro veramente imponente, vorrà dire che man mano che sarà arricchita la burocrazia regionale io sarò nella condizione di poter soddisfare tempestivamente tutte le richieste.
La seconda precisazione che vorrei fare è questa: non tratto dell'azienda Marta perché il rispondere a un'interrogazione significherebbe raccogliere tutta una massa di dati e ordinarli secondo un lavoro che richiede un certo tempo, tempo di cui in questo momento non dispongo tuttavia vorrei informare il Consiglio dello stato attuale di questa vertenza, anche perché sono presenti i lavoratori interessati.
Dal contatto avuto, finalmente, con i proprietari dell'azienda, mi risulta che non si tratta di una chiusura dello stabilimento di Torino, ma di una ristrutturazione dell'azienda che comporterebbe per Torino il licenziamento di 60 lavoratrici. Ho sollecitato la direzione dell'azienda a partecipare al più presto alle trattative, superando possibilmente la condizione messa dello sgombro dello stabilimento. Sto attendendo la risposta al fine di poter riunire le parti ed affrontare questo problema che a detta della direzione dovrebbe comportare questo gravissimo ed in qualche modo inaccettabile provvedimento del licenziamento di forze di lavoro.
Rifacendomi all'interrogazione rivolta dal Consigliere Viglione, in merito alla vertenza del personale del Banco di Sicilia, posso portare a conoscenza dell'interrogante e del Consiglio i seguenti elementi: le organizzazioni sindacali aziendali del Banco di Sicilia hanno rivendicato nell'aprile scorso, alcune modifiche alla normativa interna concernente i criteri di promozione e un premio di rendimento per il personale. La vertenza interessava il personale che il Banco ha sia nella sede centrale sia in quelle periferiche. Le trattative si sono svolte quindi presso l'Amministrazione centrale di Palermo. Sono stati effettuati scioperi articolati presso le varie sedi dell'istituto, della durata complessiva di quattro giorni.
In seguito ad incontri effettuati a Palermo tra la direzione centrale e le organizzazioni sindacali, le posizioni delle parti in contesa si sono avvicinate ed è stato praticamente concluso un accordo, di cui peraltro non si conosce ancora il preciso tenore perché non è pervenuta la relativa documentazione.
Per quanto concerne il comportamento della filiale durante la vertenza ho interrogato la direzione la quale ha dichiarato di avere scrupolosamente rispettato il diritto di sciopero e le vigenti norme in materia. Ha aggiunto di non avere esercitato alcuna pressione sul personale, pur essendosi preoccupata di garantire la libertà di lavoro. Ho anche sentito i Sindacati per vedere quale linea di condotta avrei dovuto tenere e i Sindacati mi hanno precisato che hanno avuto timore, in un primo tempo, di alcuni interventi illeciti della direzione nell'esercizio del diritto di sciopero, ma che in effetti non si sono realizzati fatti tali da essere denunciati.



PRESIDENTE

Ha facoltà di parlare, per dichiararsi soddisfatto o insoddisfatto, il Consigliere Viglione.



VIGLIONE Aldo

Mi dichiaro soddisfatto dell'intervento dell'Assessore Conti che è stato tempestivo; anche se non era risolutivo ma soltanto mediante dobbiamo dare atto che l'Assessore si è mosso.
Non siamo del tutto d'accordo sull'ultima parte, in quanto dei tentativi furono messi in atto per sopire la lotta dei lavoratori all'interno del Banco di Sicilia.
Comunque la questione è stata risolta e noi diamo atto di questo anche per quanto ha fatto l'Assessore Conti.


Argomento: Problemi del lavoro e della occupazione

Interrogazione dei Consiglieri Viglione e Nesi sulla crisi del servizio postale


PRESIDENTE

Ha facoltà di parlare ancora l'Assessore Conti per rispondere all'interrogazione presentata dai Consiglieri Viglione e Nesi sulla crisi del servizio postale.



CONTI Domenico, Assessore al lavoro e all'occupazione

La situazione dei sevizi postali di Torino e provincia, già insoddisfacente in condizioni normali, è precipitata, ed era molto grave con le agitazioni e gli scioperi dello scorso aprile.
Secondo la Direzione provinciale delle Poste, il funzionamento della corrispondenza epistolare si abbassò all'80 per cento e la consegna delle stampe al 30 per cento; secondo invece i Sindacati, rispettivamente si abbassò al 40-50 per cento e al 10 per cento. Comunque, si dovette registrare un preoccupante ristagno in tutto il settore.
I lavoratori avanzavano numerose rivendicazioni, che si sono sommate tra di loro; chiedevano modifiche alla recente legge sul riassetto delle carriere dei dipendenti civili dello Stato, rifiutando le prestazioni cottimizzate e straordinarie. Dopo una lunga agitazione, è stato raggiunto un accordo al Ministero delle Poste, anche se a Torino, fra Direzione e i Sindacati, sono state concordate le modalità circa le ore straordinarie da impegnare per smaltire la posta giacente.
Una seconda agitazione concerneva l'Ufficio dei conti correnti: i lavoratori del ramo chiedevano la settimana corta, ma interessavano specificatamente Torino e provincia le agitazioni riguardanti i ripartitori e i portalettere, a causa di particolari problemi sorti tra noi. Per quanto attiene ai ripartitori, è noto che prima dell'ultima agitazione il riparto della posta che affluiva a Torino avveniva in due fasi, di cui la prima consisteva nell'immediata divisione della corrispondenza in 14 caselle principali, interessanti la massima parte degli utenti, e 11 ausiliarie per i militari, le lettere tassate ecc.; la seconda fase riflette la suddivisione della posta in ogni casella in tanti settori quanti sono i relativi portalettere. L'aumento del numero di questi ultimi, chiesto ed ottenuto dai Sindacati, influiva sull'organizzazione della prima fase imponendo fra l'altro la crescita del numero delle caselle e dell'inerente fatica. I Sindacati, perciò, hanno proposto l'aggiunta di una terza fase di ripartizione. Ma il Ministero non la voleva accettare per vari motivi. Esso sosteneva che la terza fase avrebbe prodotto un ritardo nelle operazioni e quindi nei recapiti, che il maggior onere non avrebbe prodotto un adeguato miglioramento del servizio, che sarebbe bastato l'aumento di tre caselle senza affaticare molto i ripartitori, e che il nuovo sistema si sarebbe comunque ripercosso dannosamente su quello adottato negli altri centri (Milano, Roma ecc.), ove la prima fase sarebbe svolta con un numero di divisioni superiore a quello di Torino.
La Direzione provinciale, non avendo raggiunto l'accordo con i Sindacati, aveva proposto, con il consenso ministeriale, che le condizioni di cottimo dei ripartitori si allineassero con quelle praticate a Roma e a Milano e che si riducesse la resa oraria da 1100 a 1050 pezzi; oppure che fossero mantenute le ripartizioni vigenti nell'intesa che gli scarti relativi alle caselle modificate sarebbero stati lavorati a parte. Ma tutto ciò è stato respinto, per il peso che comportava per i lavoratori, per cui il personale continuava a limitare le prestazioni alla resa d'obbligo determinando così ingenti giacenze.
La Direzione, inoltre, aveva assunto agenti straordinari per la ripartizione delle corrispondenze munite del numero di codice postale, ma poi aveva impiegato i portalettere resi liberi dal diminuito flusso della corrispondenza nel settore recapito per la agitazione dei ripartitori.
Infine il Ministero aveva esaminato disposizioni per agevolare l'arrivo della posta a Torino dagli altri centri. I Sindacati contestavano tutte queste tesi a questa azione: essi affermavano che la terza fase a cui si riferivano era una operazione migliore del rimedio allora applicato consistente nell'attuare la seconda fase due volte obbligando ogni ufficio decentrato a scegliere la posta di propria competenza e a scartare quella non propria, eseguendo così ciascuno un doppio servizio. Ciò fra l'altro aumentava i costi. Affermavano pure che mentre le sedi di Milano e di Roma avevano avuto un progressivo adeguamento al crescere delle esigenze, non così era avvenuto a Torino, ove il problema sboccava improvviso ed esigeva una revisione radicale. Sostenevano che le assunzioni straordinarie di personale si risolvevano in atti sporadici per tamponare provvisoriamente le falle del servizio e non sempre nella immissione di personale preparato ed avente speranza di poter entrare in ruolo. Infine, aggiungevano che occorreva una visione più ampia dell'intero servizio.
Nonostante l'attuazione del servizio aero-postale notturno, che garantiva l'arrivo a Caselle alle ore 4,20 circa del mattino del materiale imbucato entro le ore 20 in qualunque città italiana, soltanto il 20 per cento di tale materiale veniva diffuso nella città, e la stessa percentuale valeva per i Comuni della provincia. Questo ovviamente nei mesi estivi poiché la nebbia invernale ostacola il servizio aereo. Le cause del ritardo consistevano nel mancato potenziamento dei collegamenti cittadini, nella riduzione dei servizi viaggianti per ferrovia, nella disorganizzazione dei servizi in genere e nella carenza di personale. L'impiego dell'aereo esige anche un parallelo potenziamento delle infrastrutture, che sono facilmente individuabili nel collegamento degli uffici con i furgoni postali, nella disponibilità di materiale automobilistico efficiente, nella idoneità dei locali, uffici e autorimesse, nell'uso di mezzi rapidi per il recapito dei telegrammi e degli espressi, in luogo delle biciclette ancora attualmente adoperate.
Quanto ai portalettere, le rivendicazioni dei Sindacati tendevano ad ottenere in primo luogo l'effettiva revisione delle zone, per diminuire il lavoro per singolo agente postale. Chiedeva, la CGIL, anche che le distribuzioni antimeridiane della posta fossero due, sia per migliorare il servizio, sia per ottenere una distribuzione aggiuntiva al salario.
Peraltro, la CISL precisava che si poteva anche stabilire una uscita sola un po' più tardi di quanto avviene ora, ma con tutta la posta, la quale sarebbe così arrivata a recapito anche prima della seconda. Infine, i Sindacati rivendicavano un compenso a favore dei commessi interni, cioè di coloro che coadiuvano i ripartitori.
In fatto di riorganizzazione, la Direzione dichiarava che era in corso una revisione parziale eccezionale delle zone e che attendeva istruzioni tecniche, che sono ancora allo studio a Roma, per generalizzarla. Tuttavia aveva adottato già da qualche anno provvedimenti che si riflettono anche a vantaggio dei portalettere. Per quanto riguarda la necessità dei locali per il decentramento, la Direzione affermava di avere istituito fin dal 1963 gli uffici periferici dei portalettere in corso Tassoni, via Lodi, via Madonna delle Rose, e corso Racconigi, per decentrarvi i servizi di recapito. Altri due decentramenti dichiarava di aver costituito nel 1971 in via Nizza 95 e in via Campiglia; altri due sarebbero entrati in funzione nel prossimo giugno in via Don Bosco e in via Altessano. Il vecchio Ufficio pacchi dogana fu ristrutturato nel 1964. Allo scalo ferroviario Vanchiglia la Direzione affermava che verrà costruito un apposito edificio, per una spesa di 5 miliardi di lire. E' pure prevista la prossima costruzione di una autorimessa per i 300 automezzi per il trasporto della posta, allo scopo di migliorare i servizi automobilistici. L'esercizio di via Nizza 10 verrà ammodernato, annunciava sempre la Direzione, con una spesa di 170 milioni.
Mi ha pure fatto presente la Direzione l'aumento del personale: dei portalettere applicati, che nel 1961 erano 457 e nel 1971 sono 785; dei ripartitori applicati, che nel '61 erano 99 e nel '71 119. Inoltre, la Direzione affermava che dal 1963 funziona, solo a Torino rispetto alle altre sedi, un servizio motorizzato per il recapito de "La Stampa", che impiega 24 automezzi. Ma la meccanizzazione e la motorizzazione, secondo la Direzione, non sono dunque ai primordi. Nel 1960 il trasporto e lo scambio degli effetti postali avveniva con 30 furgoni: ora sarebbero adoperati 150 automezzi oltre la scorta. Per raddrizzare e bollare la corrispondenza l'Ufficio ferrovia corrispondenze è dotato dal 1964 di due bollatrici elettroniche. Da alcuni anni funziona una moderna centrale telex, che ora viene ampliata.
I Sindacati, per parte loro, opponevano a tutto ciò il cospicuo costo dei locali, la mancata razionalizzazione del loro uso e il difetto di non usufruire degli strumenti legali consistenti in espropri urbani pianificati. Contestavano anche le statistiche del personale assunto. In particolare, rilevavano che occorrono a Torino almeno quattro palazzi per decentrare convenientemente i servizi postali, localizzandoli nelle direttrici di grande sviluppo economico e residenziale, al fine di garantire nell'intera giornata l'uso di sportelli aperti e vicini alla popolazione. Secondo i Sindacati, necessitava pure la attuazione del decentramento compartimentale, deferendo in Piemonte quei poteri burocratici che oggi sono accentrati nei Ministeri della capitale. Tale organizzazione, prevista dalla legge n. 325, non ha avuto alcun inizio.
Essa, a giudizio dei Sindacati, consentirebbe un decongestionamento dei servizi romani ed uno snellimento di quelli locali producendo vantaggi inestimabili agli utenti nel campo postale.
Quanto al lamentato atto di repressione, la Direzione ha disposto accertamenti ed ha ricostruito i fatti. Il 16 marzo la Direzione aveva disposto l'istituzione di nuove zone di recapito in via Giordano Bruno con 50 nuovi portalettere. A presiederle aveva destinato gli agenti Di Stefano e Alterino Giuseppe. Però, siccome aveva avuto inizio l'agitazione dei ripartitori e ciò non consentiva il regolare afflusso della posta ai portalettere, l'iniziativa fu troncata. Tuttavia, i due agenti rimasero a presiedere le due zone inesistenti fino al 14 aprile, data in cui l'Ufficio competente si accorse dell'errore. L'anomalia fu rilevata il giorno dello sciopero e fu eliminata ordinando il ritorno dei due agenti alle precedenti mansioni di portalettere. I Sindacati peraltro hanno anche accennato ad atti del genere che avvennero nell'ottobre '70, come tentativo di conoscere anticipatamente le intenzioni di sciopero dei lavoratori, il 12 marzo '71 per l'impiego di personale su furgoni oltre al numero di posti consentiti e il 14 aprile '71, ostacolando un'assemblea di lavoratori.
Dalla convocazione che il Ministero delle Poste ha effettuato a Roma il 27 e 28 aprile u.s. del Direttore provinciale postale di Torino, dei Sindacati centrali e provinciali della CISL, CGIL e UIL, e degli altri interessati alla nota vertenza, sono scaturite proposte e soluzioni positive. Anzitutto, sono cessate le agitazioni e per quanto concerne le rivendicazioni nazionali sul recente riassetto delle carriere e degli stipendi il Ministero ha promesso che presenterà al più presto al Consiglio dei Ministri un disegno di legge diretto a riequilibrare la posizione economica del personale postale ausiliario, che nelle Poste è il più numeroso, rispetto a quello esecutivo, il quale aveva ottenuto nel riassetto miglioramenti più cospicui. L'agitazione dell'Ufficio dei conti correnti, di carattere nazionale, e tendente ad ottenere la settimana corta, è stata sospesa: il Ministero ha scelto 14 sedi per sperimentare l'applicazione del nuovo orario a favore dei correntisti, i quali svolgono un servizio analogo a quello delle banche.
Interessavano specificatamente Torino le agitazioni riguardanti i ripartitori della posta e i portalettere. I primi di essi hanno ottenuto l'applicazione immediata della nota terza fase di ripartizione della posta in attesa che a Roma venga studiata la istituzione definitiva del nuovo sistema: infatti, solo dopo la revisione totale delle zone dei portalettere si potrà riformare tutta l'organizzazione del riporto. Però, intanto è in atto in via sperimentale la terza fase, che ha richiesto un aumento del numero delle unità che lavorano nel relativo servizio. I commessi interni che collaborano con i ripartitori sono stati ammessi a partecipare al cottimo di questi ultimi. Il Ministro ha anche disposto che si studi l'ampliamento dei locali postali dell'aeroporto torinese, allo scopo di migliorare il servizio di raccolta e di smistamento della corrispondenza che arriva con l'aereo.
Quanto ai portalettere, questi continuano ad effettuare una sola ripartizione giornaliera della posta, ma impiegano nove ore e non più otto.
Il problema di reperire, o costruire al più presto, i locali necessari per organizzare un efficace decentramento dei servizi postali in Torino è stato attentamente esaminato dal Ministero. Occorrerebbero almeno quattro fabbricati per un valido decentramento a favore della popolazione, cioè in Barriera di Milano, alla Pellerina, in corso Unione Sovietica e in Borgo San Dalmazzo. La Direzione provinciale delle Poste è stata impegnata al massimo a questo riguardo, e così si sono impegnati i Sindacati. E' stato anche chiesto l'interessamento dell'Assessorato regionale al lavoro, che svolgerà gli opportuni interventi, sentita la Giunta, presso gli uffici interessati (o comunque interesserà la Giunta di questo problema) presso il Comune di Torino per conoscere gli orientamenti chiedendo proposte concrete.
La vertenza è stata seguita con tutta la puntualità possibile. In primo luogo non ho mancato di sollecitare la pronta risoluzione della vertenza nell'interesse di tutta la cittadinanza, in grave difficoltà per le carenze e il mancato funzionamento di un servizio così importante come quello della posta. Non ho mancato di rilevare come all'origine di ogni cosa stiano la lentezza e l'episodicità con cui è stato fin qui affrontato il problema della ristrutturazione e della razionalizzazione di un settore di attività che l'immigrazione in primo luogo e gli sviluppi delle relazioni e degli affari hanno contribuito a dilatare in misura assai rilevante. Ho raccomandato e sostenuto la partecipazione del personale delle Poste alla riorganizzazione del servizio con l'insostituibile apporto della loro esperienza e della loro competenza, che ho avuto anche modo di accertare durante gli incontri che sono stati svolti. Non ho mancato di richiamare l'attenzione del Direttore delle Poste sulla esigenza che i servizi pubblici nella loro organizzazione e nel loro funzionamento, nella democraticità dei rapporti all'interno e all'esterno, nel rispetto dei diritti dei lavoratori, debbono costituirsi come soluzioni esemplari ed orientative, se non vogliamo cadere nella grave contraddizione di richiedere ai privati quello che come organismi pubblici non siamo in grado di realizzare.
Mi sembra pure che, nel rispetto della unitarietà del servizio su scala nazionale, debbano essere conferite agli uffici periferici più ampie responsabilità decisionali e i mezzi relativi, anche per evitare il prolungarsi di situazioni di disservizio locale e di vertenze che oltre che danneggiare i lavoratori danneggiano tutta la popolazione.
Infine, ho pure richiamato l'attenzione del Direttore delle Poste sulla necessità che i provvedimenti vengano deliberati dopo che si siano sentiti anche gli utenti del servizio. Non mancano oggi sistemi di rapida indagine significativa che possono consentire la consultazione dei cittadini, di coloro i quali sono i destinatari dei pubblici servizi, di coloro che il servizio postale condiziona sotto molteplici ed importanti aspetti economici, affettivi, sociali e civili.
Concludendo, ritengo che tutto il settore delle comunicazioni vada esaminato dalla Regione nell'ambito della programmazione regionale globale che, com'è noto, ha per oggetto tutte le interrelazioni e interdipendenze esistenti tra i molteplici fattori e le iniziative operanti nell'ambito regionale, considerati alla luce degli obiettivi prescelti. Ciò allo scopo di programmare gli interventi della Regione e per i settori di sua competenza e per quelli di diversa competenza. In questo modo si potrà tenere sotto controllo anche il servizio delle Poste e stabilire tutti quegli interventi di segnalazione, di pressione che saranno ritenuti necessari in ordine allo sviluppo socio-economico, culturale, sociale e politico della Regione.



PRESIDENTE

L'interrogante, Consigliere Viglione, ha diritto di dichiararsi soddisfatto o insoddisfatto della risposta.



VIGLIONE Aldo

Devo dichiararmi pienamente soddisfatto della esauriente relazione dell'Assessore Conti, che, come sempre puntuale e preciso, ha condensato in alcune cartelle le vicende che i lavoratori delle Poste di Torino hanno vissuto in questi ultimi anni.
Mi sia consentito aggiungere concisamente alcune considerazioni.
Ricordo che in un incontro avuto con i Sindacati, al quale partecipava anche il collega e compagno Nesi, un lavoratore rievocò un episodio assai interessante: Mussolini, venuto a Torino, non avendo ricevuto dagli operai l'accoglienza entusiastica che si attendeva, avrebbe espresso come ritorsione l'intenzione di ridurre Torino al rango di città di provincia; e bisogna dire che, oltre ad aver rovinato l'Italia, è riuscito in tale intento. (Rivolto ai Consiglieri missini, sbottati in una risata). Capisco che voi non condividiate quanto dico, com'è naturale data la vostra collocazione non proprio avanzata. Lo stesso lavoratore disse che in altre città, come Milano, Firenze, Roma, si erano inaugurati fin da allora procedimenti molto più moderni di disbrigo del servizio postale, in specie per quel che concerne il settore più interessante del servizio, quello della ripartizione della posta.
I lavoratori hanno, quindi, direi, condotto una lotta non di carattere salariale, ma una lotta che investiva un cambiamento di strutture: praticamente rivendicavano anche per Torino tutta quella fase tecnologica di miglioramento dei servizi, di mutamento delle strutture, atta a restituire Torino al rango che essa merita. Perché Torino è passata da 700.000 abitanti agli attuali un milione e 198.000, ma le strutture sono rimaste inalterate, non si sono adeguate ad un simile incremento. Tutta la zona periferica - come bene ha ricordato l'Assessore Conti -, dalla Madonna di Campagna alla Barriera di Milano e via dicendo, avrebbe meritato impianti, strutture adeguate alla ricezione e allo smistamento della corrispondenza, adeguati alla trasformazione subita dalla città per effetto della immissione di oltre 500.000 nuovi abitanti. Finora le Poste non hanno proceduto che a sporadiche rappezzature, affittando qua e là dei garages riducendosi a sistemare malamente la posta in corridoi, e purtuttavia pretendevano che i lavoratori fornissero un servizio regolare, il che non era certamente possibile in tali condizioni, con la città così gonfiata a dismisura. Dobbiamo essere quindi grati ai lavoratori delle Poste per avere essi posto non soltanto un problema meramente salariale, meramente di categoria, ma un problema che interessa, oltre che Torino, tutto quanto l'arco del Piemonte.
L'Assessore, ripeto, dopo aver puntualizzato, è andato addirittura al di là delle richieste degli interpellanti, ha cioè praticamente dichiarato la sua intenzione di seguire ancora la questione. Perché oggi è stato, sì raggiunto un accordo: però un accordo che prevede una certa fase di intervento immediato ma anche una fase di intervento futuro; e quindi potrebbe darsi che, in mancanza di opportune sollecitazioni, dopo una prima vittoria dei lavoratori, con le assicurazioni di disponibilità da parte dell'Amministrazione, la marcia verso l'acquisizione a Torino di moderne strutture postali, tecnologicamente avanzate, quali esistono già in altre città, si fermi nuovamente.
L'Assessore ha posto l'accento, nella sua relazione, su una esigenza di democraticità del servizio postale: ha detto, cioè, che le Poste devono anche sentire il parere degli utenti, interpellare i lavoratori, ciò che finora non hanno fatto. Mi diceva un lavoratore che a Napoli - non dimentichiamo che il Ministro Bosco è di quelle parti -, per adeguare il servizio, si sono reclutati duemila postini. Ma non è con un così massiccio ingaggio che si può porre rimedio al disservizio: occorre invece ristrutturare tutta la organizzazione in senso moderno, ascoltando anche democraticamente, i suggerimenti degli utenti, dei lavoratori; non puntare su duemila persone costrette ad operare in condizioni estremamente difficili, con una organizzazione tutt'altro che perfetta.
Ripeto che per tutto quanto ho detto la risposta dell'Assessore mi ha pienamente soddisfatto.


Argomento: Problemi del lavoro e della occupazione

Interrogazione del Consigliere Garabello sull'iniziativa Fiat nei confronti della SIMA di Busano Canavese


PRESIDENTE

Viene ora in discussione l'interrogazione presentata dal Consigliere Garabello sull'iniziativa Fiat nei confronti della SIMA di Busano Canavese.
La Giunta ha incaricato di rispondere a questa interrogazione l'Assessore Petrini, il quale ha facoltà di parlare.



PETRINI Luigi, Assessore all'industria

In relazione all'interrogazione del Consigliere Garabello sull'iniziativa della Fiat nei confronti della SIMA, posso riferire quanto segue.
"Lo stabilimento di stampaggio della S.p.A. SIMA, posto in territorio del Comune di Busano Canavese, dà attualmente occupazione a circa 100-120 dipendenti. Da tale stabilimento, come dai vari altri localizzati nella zona, si fornisce abitualmente la Fiat per integrare la propria produzione interna di lamiere.
Pur risultando che, di recente, la Fiat è intervenuta nella Società acquistando parte del pacchetto azionario, nessun elemento è emerso a conferma della notizia secondo la quale la nuova SIMA sarebbe intenzionata a potenziare qualitativamente (ampliando il tipo di produzione) e quantitativamente l'attività dell'azienda, portando in tre anni il numero degli operai a circa 1500 unità".
E' stato infatti appurato a questo riguardo che non esiste né la intenzione né la possibilità di realizzare un programma di sviluppo nei termini indicati.
Anche il Sindaco di Busano, appositamente interpellato, ha fatto presente che la notizia, per quanto gli consta, è priva di fondamento. In particolare, ha voluto precisare che le dichiarazioni rilasciate si riferivano, in generale, alla situazione del Comune di Busano (che purtroppo, manca di indispensabili servizi sociali ed infrastrutture) e che non era sua intenzione di collegarle alla notizia riguardante la questione FIAT-SIMA.
Da informazioni avute recentemente, anche direttamente dalla Fiat, egli ha comunque potuto accertare che, se pure ci sarà un potenziamento, o meglio una ristrutturazione dell'azienda (si starebbe lavorando ad un progetto per l'ampliamento di un capannone per il deposito degli attrezzi di stampaggio), tale potenziamento potrà comportare al massimo, nell'arco di tre-quattro anni, il raddoppio degli attuali addetti, e, quindi l'occupazione, dai 120 attuali, salirebbe ai 200-220 dipendenti.



PRESIDENTE

Ha facoltà di parlare il Consigliere interrogante, Garabello, per dichiararsi soddisfatto o insoddisfatto della risposta.



GARABELLO Enzo

Ringrazio l'Assessore Petrini per le notizie che mi ha fornito.
Per la verità, esse sono tali da far cadere il motivo per cui avevo presentato l'interrogazione. Certo, è un po' strano che dichiarazioni così precise, riportate fra virgolette, di un Sindaco vengano successivamente smentite. Ne prendo comunque atto, ringraziando l'Assessore per la puntualità della sua risposta. Però, faccio presente che mi pare opportuno anche se il discorso in questo momento non trova rispondenza diretta nei fatti, si tenga d'occhio, agli effetti generali della programmazione del territorio, questa zona del Canavese.
Notoriamente, la zona attorno a Rivarolo Canavese, per quanto concerne in particolare alcuni Comuni, come Rivara, Favria, Busano, Salassa, è stata sempre tradizionalmente interessata ad una industria metalmeccanica di stampaggio di questo tipo. Di per sé, non sarebbe neanche fuori luogo pensare ad una sua ristrutturazione, ad un miglioramento, per cui è possibile che in sede di Piano regionale questa zona possa avere un inquadramento di questo genere. Naturalmente, ci auguriamo che il Sindaco di Busano possa vedere opportunamente approfonditi e risolti i problemi che riguardano la comunità da lui amministrata sotto il profilo urbanistico sotto il profilo dei servizi. Nella mia interrogazione io mi riferivo all'allarme che il Sindaco stesso aveva suscitato parlando di 3000 persone di cui 1000-1500 nuovi operai nell'industria nuova SIMA di Busano, e alle sue preoccupazioni, riportate sui giornali, che, non essendoci nella zona abitazioni disponibili, né scuole e servizi sociali adeguati, un tale incremento di mano d'opera dovesse risolversi con un fenomeno di pendolarità alla rovescia, con provenienza da Torino o dintorni, con ulteriore aggravamento della situazione nell'area più congestionata.
Un chiarimento era evidentemente opportuno. Ed io mi auguro che la Giunta, svolgendo un'attività non più di semplice constatazione ma di programmazione, tenga conto di questo fatto. Perché se risponde a verità quel che ci è stato comunicato, che la FIAT è entrata nella caratura della gestione della nuova SIMA, evidentemente qualche riserva sulle notizie appena avute e sulle intenzioni future è pur lecito averla: meglio averla in una fase di programmazione, di prospettazione concreta del problema, che non quando vi sia solo più tempo per tentare qualche salvataggio di situazioni compromesse.
Ringrazio, dunque, l'Assessore Petrini e rivolgo alla Giunta l'invito a quell'attività che ho or ora indicato.


Argomento: Rapporti Regioni - Enti pubblici nazionali

Interrogazione dei Consiglieri Rivalta e Sanlorenzo sui rapporti tra la Regione e gli organi della Programmazione nazionale


PRESIDENTE

Sulla questione della consultazione fra organi della programmazione nazionale e Regione Piemonte era stata presentata il 15 febbraio una interrogazione da parte dei Consiglieri Rivalta e Sanlorenzo. La Giunta è disposta a rispondere a questa interrogazione, per quanto in parte superata, ed ha delegato a farlo in suo nome l'Assessore Simonelli, che ha facoltà di parlare.



SIMONELLI Claudio, Assessore alla programmazione

Nell'interrogazione presentata il 15 febbraio dai Consiglieri Sanlorenzo e Rivalta si chiedeva se i rappresentanti della Giunta avessero partecipato alle prime riunioni indette dal Ministro del Bilancio e della Programmazione in seno alla Commissione interregionale per la Programmazione economica e quali fossero gli impegni che la Giunta stessa si assumeva per portare innanzi l'attività di consultazione in seno alla Commissione stessa. L'urgenza dell'interrogazione era, in parte, venuta a cadere nella misura in cui tutta la procedura di consultazione per la stesura del secondo Piano quinquennale è andata slittando e non aveva quindi dato luogo ad altri incontri dopo i primi due, che si erano svolti il 15 febbraio sui problemi della casa e il 17 marzo sui problemi della sanità, incontri ai quali aveva partecipato, in rappresentanza della Giunta, l'Assessore Armella. E' di ieri la notizia, riportata dai quotidiani di oggi, che il Ministro del Bilancio e della Programmazione nella sua periodica conferenza stampa, ha annunciato ufficialmente la prossima presentazione di una bozza del programma economico nazionale, da discutere appunto in seno alla Commissione per la Programmazione economica.
E' dunque da prevedere che in un prossimo futuro si rimetta in moto il processo di consultazione delle Regioni in ordine allo schema del Piano di sviluppo nazionale.
Sulla base di queste informazioni la Giunta non può che ribadire l'impegno, che è stato assunto prima, solennemente, dallo Statuto e successivamente dalle dichiarazioni programmatiche del Presidente della Giunta, e cioè che la Regione intende essere presente in questa fase di consultazione per il Piano economico nazionale, e pertanto provvederà a partecipare, attraverso il Presidente o un Assessore da lui delegato, a tutte le riunioni della Commissione consultiva interregionale per la Programmazione economica, e successivamente a portare in seno alla Commissione Bilancio e Programmazione e poi al Consiglio la discussione sulle linee del Piano.
E' ovvio, e vale soltanto la pena di ricordarlo di sfuggita, che il nostro Statuto Regionale attribuisce, con la solennità che abbiamo voluto dare a questa materia, alla Regione, ed in particolare al Consiglio Regionale, il compito di formulare proposte ed interventi per quanto riguarda la elaborazione dei documenti della programmazione nazionale. E' dunque questo un impegno cui la Giunta intende, per quanto le compete mantener fede fin dalla prima riunione.



PRESIDENTE

Gli interroganti hanno facoltà di dichiararsi soddisfatti o insoddisfatti. Ha facoltà di parlare il Consigliere Sanlorenzo.



SANLORENZO Dino

La formula parlamentare prevede la dichiarazione di soddisfazione o di insoddisfazione, ma io credo che non dovremmo avere difficoltà tutti quanti ad avvertire che è una formula che non rispecchia tutta la varietà delle situazioni in cui ci veniamo a trovare, perché in effetti noi tutti dovremmo trovarci nella condizione di essere preoccupati, più che non soddisfatti o insoddisfatti.



PRESIDENTE

Consigliere Sanlorenzo, ha facoltà di inventare tutta una gamma di espressioni, come del resto si fa in Parlamento, che va dalla totale soddisfazione alla totale insoddisfazione, per qualificare meglio lo stato di insoddisfazione che più le si attaglia nella specifica circostanza.



SANLORENZO Dino

Io credo che l'Assessore Simonelli sia del mio parere soprattutto quando usa il verbo "prevedere". Prevediamo pure, cominciamo con il prevedere quanto era stato scritto l'8 marzo su un giornale abbastanza serio, qualche volta, là dove si diceva che il Ministro del Bilancio annunziava che il primo documento del Piano di sviluppo economico '71-'75 sarebbe stato pronto entro pochi giorni e sarebbe stato inviato alle Regioni per l'avvio delle consultazioni. Dall'8 marzo sono passati quasi quattro mesi. E' vero che i ritardi del Governo sono andati di pari passo con il ritardo della Giunta, per cui la Giunta non ha fatto quel che doveva fare ma in compenso non l'ha fatto nemmeno il Governo, e quindi si è determinato un equilibrio fra i ritardi degli uni e degli altri.
Ma adesso pensar di "prevedere" credo che non sia sufficiente: dobbiamo prevenire, dobbiamo promuovere una iniziativa. Il Ministro del Bilancio ha dichiarato ieri che "nei prossimi giorni (ecco che ritorna la solita formula) verrà presentato un documento programmatico intermedio, costituito da una serie di dossiers su cui lavoreranno appositi gruppi nell'ambito dell'Amministrazione dello Stato per approfondire i vari temi contenuti in questo documento, e al tempo stesso avranno inizio le consultazioni con i rappresentanti regionali dei Sindacati e delle organizzazioni economiche": se le cose andranno come sono andate a febbraio, - "nei prossimi giorni" vorrà dire quest'autunno o a dicembre -. Si tratta, allora, non più di attendere, ma di promuovere.
La mia richiesta è questa: 1) la Giunta faccia i passi necessari per sapere a quale arco di tempo equivalga effettivamente la dizione "pochi giorni" riferita al tempo occorrente per l'arrivo dei documenti; questi documenti siano trasmessi davvero immediatamente - anche la locuzione "immediatamente" ha dietro di sé una storia, perché, per quanto riguarda i decreti delegati "immediatamente" ha voluto significare che il Ministero li ha spediti il 1 aprile, alla Regione Piemonte sono arrivati, pare, a metà maggio, e all'assemblea alcuni non sono arrivati ancor oggi -, nel senso che quando arrivano al Presidente della Giunta siano subito trasferiti al Presidente dell'assemblea perché questi li trasferisca con immediatezza al Presidente della Commissione per il Bilancio, il quale poi, immediatamente o meno, a seconda dei suoi calendari, li metterà all'ordine del giorno dei lavori 2) che il Presidente della Giunta Regionale piemontese chieda la convocazione della Commissione interregionale per la programmazione economica; perché non è detto che debba essere proprio sempre il Governo a decidere in merito: ci dev'essere una spinta per sollecitare la convocazione della Commissione, la quale Commissione esaminerà i progetti farà il punto della situazione, stabilirà anche dei tempi per la consultazione.
Mi pare del tutto evidente che sarà opportuno che la consultazione avvenga su parere della Giunta, che non potrà esimersi dal darlo, ma ci dev'essere un parere del Consiglio che illumina il Presidente della Giunta Regionale su quel che dovrà dire quando si recherà ad esporre il parere della Regione Piemonte sulle grandi opzioni su cui si fonda il Piano nazionale. Non deve più avvenire quel che è già avvenuto, che il Presidente della Giunta della Regione Piemonte partecipi ad una certa consultazione come il Convegno di Venezia, senza che il Consiglio abbia preventivamente discusso sulla posizione da assumervi, e quindi in una forma inaccettabile improduttiva, non conforme a quanto previsto dagli Statuti Regionali e neanche dallo spirito che ha informato la costituzione delle Regioni, e neppure riferisca al Consiglio su quanto ha sostenuto in quella sede a suo nome.


Argomento: Problemi del lavoro e della occupazione

Interrogazioni dei Consiglieri Chiabrando e Bertorello, e Ferraris ed altri sullo sciopero della Centrale del latte


PRESIDENTE

Vi sono ora due interrogazioni che il Consiglio non conosce ancora sulle quali la Giunta è disposta a rispondere questa mattina. Riguardano entrambe lo sciopero della Centrale del latte. Sono presentate dai Consiglieri Chiabrando e Bertorello la prima e Ferraris-Besate-Berti Raschio la seconda.
Leggo prima di tutto la prima in ordine di tempo, quella presentata dai Consiglieri Chiabrando e Bertorello: "I sottoscritti Mauro Chiabrando e Domenico Bertorello interrogano il Presidente della Giunta in ordine al problema dello sciopero dei dipendenti della Centrale del latte di Torino, nell'intento di conoscere quali iniziative o provvedimenti intende attuare la Giunta Regionale per la pronta soluzione del conflitto sindacale attualmente in corso, in modo che nel più breve tempo possibile sia garantita la normalizzazione dei conferimenti alla Centrale onde evitare ulteriori disagi alla cittadinanza torinese e crescenti danni economici ai produttori, già in difficoltà economiche in dipendenza dell'attuale situazione del settore zootecnico".
Do ora lettura della seconda interrogazione: "Con riferimento alla lotta sindacale che da diversi giorni impegna i dipendenti della Centrale del latte, tenuto conto che tale vertenza investe, al di sopra delle pur importanti e giuste questioni di miglioramenti salariali e contrattuali, i più vasti e complessi problemi dell'intero settore lattiero-caseario, che ruotano attorno alla prevista scadenza per la cosiddetta liberalizzazione del latte, 31 marzo 1972, considerato che l'ostinata resistenza dei proprietari della Centrale ha già provocato gravissimi danni ai produttori notevole disagio ai consumatori di Torino ed ovviamente ai lavoratori in lotta, i sottoscritti Consiglieri Regionali chiedono di interpellare il Presidente della Giunta e gli Assessori ai problemi del lavoro dell'occupazione, dell'agricoltura, per conoscere: 1) quali passi siano stati compiuti o quali altre iniziative siano in atto per contribuire ad una rapida soluzione della vertenza; 2) il pensiero del Presidente della Giunta e dell'Assessore all'Agricoltura in ordine ai problemi di carattere strutturale ed ai necessari interventi che essi intendono proporre all'esame del Consiglio ed in particolare l'atteggiamento assunto in merito alle proposte già presentate sull'argomento da parte della CGIL, CISL, UIL con un proprio documento unitario presentato alla Regione in data 6 febbraio 1971".
La Giunta ha delegato a rispondere a queste due interrogazioni congiuntamente, data l'affinità del tema, l'Assessore Franzi. Ha dunque facoltà di parlare l'Assessore Franzi.



FRANZI Piero, Assessore all'agricoltura

La vertenza cui fanno riferimento gli interroganti ha avuto origine a seguito di alcune rivendicazioni di carattere salariale e normativo avanzate dai dipendenti della Centrale del latte di Torino, richieste che purtroppo sino ad oggi non hanno trovato soluzione, anche se si profilano possibilità di intesa (queste sono notizie che ho avuto ancora confermate questa mattina).
Nel corso della giornata di ieri, 17 maggio, c'è stato un incontro presso la sede della Regione con i rappresentanti dei Sindacati Lavoratori dei rappresentanti del Comune e della Provincia di Torino e dei rappresentanti delle Organizzazioni Produttori, sempre della provincia di Torino (Federazione Coltivatori Diretti e Alleanza Contadini).
Nel corso dell'incontro, oltre ad esaminare gli aspetti e le implicazioni della vertenza, ed in virtù della presenza degli enti pubblici torinesi (Comune e Provincia), e delle organizzazioni dei produttori, si è allargato il discorso a considerare gli aspetti della produzione, della raccolta, della lavorazione e distribuzione del latte destinato all'alimentazione, visto soprattutto nel quadro delle disposizioni comunitarie conseguenti alla piena applicazione del regolamento 804 del 1968.
Il discorso ha avuto, quindi, un aspetto molto ampio, sul quale ci si è assunti impegno di ritornare per delineare altri impegni che a livello pubblico si potranno assumere per integrare le iniziative private dei produttori, per assicurare ai lavoratori la continuità del lavoro ed ai consumatori un alimento sano e genuino.
L'interrogazione presentata dai signori Consiglieri Bertorello e Chiabrando e altri, pertanto, seppur riguardante una questione locale implica tuttavia considerazioni molto più vaste, connesse con l'esistenza delle Centrali del latte operanti in regime di monopolio. Infatti, le considerazioni sull'operatività delle Centrali del latte acquistano dimensioni diverse se viste alla luce dell'ultima proposta di Regolamento CEE per la liberalizzazione del mercato del latte, che prevede l'abolizione di questi istituti centralizzatori, con una diversa normativa per la commercializzazione del prodotto.
Le valutazioni sull'opportunità o meno di abolire le Centrali del latte sono diverse, e, se pur contrastanti, sono ugualmente valide, sia per quanto attiene gli interessi del consumatore che quelli del produttore. Le tesi favorevoli alle Centrali del latte si incentrano sulle migliori garanzie di igiene e sanità che possono offrire per il prodotto commerciato, assicurando anche la eliminazione di forme speculative al rialzo, possibili invece in regime di libero mercato, e, per quanto riguarda i produttori, la garanzia del prezzo assicurato per periodi abbastanza lunghi, e, soprattutto, determinato tenendo conto, anche, dei costi di produzione, il che non avverrebbe in regime di libero mercato. La tesi, invece, contraria alla Centrale, e quindi favorevole alla totale liberalizzazione, evidenzia gli aspetti più moderni di mercato, e soprattutto, quelli conseguenti all'attuazione delle norme comunitarie; in tal senso anche i produttori verrebbero stimolati a migliorare la produzione e le loro organizzazioni economiche per un diretto inserimento nel mercato dei consumi. Sono tesi ugualmente valide, che tuttavia meritano un più ampio dibattito per formulare scelte definitive ed inderogabili.
Alla luce dei fatti di Torino, dobbiamo assumere come insegnamento che oggi coloro che ne hanno scapito sono i produttori, che perdono sul loro prodotto dalle 20 alle 30 lire, i consumatori, che pagano il latte dalle 20 alle 25 lire il litro in più rispetto al prezzo fissato dal Comitato prezzi, ed i lavoratori, che perdono il loro salario giornaliero; mentre nessun danno, o poco danno, deriva alla Centrale.
Da ciò emerge evidente l'esigenza che gli Enti pubblici del Piemonte e la Regione esaminino il problema della produzione zootecnica nella sua globalità, per assicurare una diversa strutturazione di mercato, capace di eliminare le storture che si stanno verificando in questi giorni nella fascia bianca del Comune di Torino.
E' necessario porre i produttori in condizioni di poter rispondere alle esigenze comunitarie, che richiedono per il consumo alimentare un latte proveniente da bovine indenni da TBC e brucellosi, come pure è obbligo pubblico assicurare ai consumatori un prodotto fresco e genuino, e non certamente ultimo dovere assicurare ai lavoratori un giusto ed adeguato salario senza costringerli ad azioni rivendicative e contestative.
Il problema della zootecnia rappresenta uno dei più grossi impegni che la Regione dovrà affrontare per migliorare le condizioni economiche di vasti ambienti agricoli piemontesi.



PRESIDENTE

Hanno facoltà di dichiararsi soddisfatti o insoddisfatti, prima di tutto, i presentatori della prima interrogazione, poi quelli della seconda.
Ha facoltà di parlare il Consigliere Chiabrando.



CHIABRANDO Mauro

Noi ci dichiariamo soddisfatti della risposta data dall'Assessore. Per vogliamo invitare la Giunta a continuare nell'interessamento affinch questa vertenza possa concludersi al più presto. Sottolineiamo, a parziale precisazione di quanto ha detto l'Assessore, che noi non riteniamo che siano da mettere sullo stesso piano il danno risentito per questa situazione dai consumatori, che pagano il prodotto più del prezzo fissato dai lavoratori, che guadagnano meno, e dai produttori: secondo noi, sono gli allevatori, non parte in causa nella vertenza, a soffrire il danno maggiore, perché vedono andare in fumo una parte del ricavato della totale produzione delle loro stalle.
Vorrei poi aggiungere che a favore della eliminazione del sistema di monopolio ora vigente gioca un ulteriore elemento: quello della diversa situazione in cui vengono a trovarsi gli allevatori e i produttori che si trovano all'interno della "zona bianca" rispetto a quelli che ne sono fuori; per cui quelli che sono inseriti nella zona hanno la garanzia di un certo prezzo, gli altri che ne sono all'esterno si trovano in totale balia della speculazione e delle oscillazioni del mercato. Riteniamo che specialmente per le zone che vengono ad essere ai margini della "zona bianca" questa sia una situazione ingiusta, che vada superata con nuove impostazioni di tutto il problema.



PRESIDENTE

Ha facoltà di parlare il Consigliere Ferraris.



FERRARIS Bruno

Signor Presidente, signor Assessore, io non posso dichiararmi soddisfatto della risposta: prendo atto di alcuni elementi positivi, in relazione al problema complessivo e soprattutto di carattere strutturale ma per quanto riguarda la questione più contingente, cioè l'agitazione dei lavoratori della Centrale, voglio sperare che effettivamente nella riunione di ieri siano emerse prospettive di una pronta risoluzione. E' necessario se queste prospettive non si verificheranno a brevissima scadenza, nei prossimi giorni, un intervento della Regione, in accordo con il Comune di Torino e la Provincia di Torino, per dare in ogni caso una soluzione a questa vertenza, che coinvolge gli interessi di circa 300 lavoratori dipendenti, dei produttori, i quali sono danneggiati nella misura che qui è stato detto, 20-30 lire al litro (ci sono state nella scorsa settimana perché la vertenza è ormai in atto da venti giorni, giornate in cui i prezzi del latte sono scesi, mi è stato detto, addirittura di 30, 40 e anche 50 lire il litro), ed infine dei consumatori, che risentono disagio ed anche danno economico.
Se vogliamo arrivare ad una soluzione dobbiamo affrontare il problema organico nel suo complesso. L'Assessore ha citato il documento dei Sindacati. Ebbene, i Sindacati hanno previsto questa situazione, e si sono rivolti alla Regione, al Comune di Torino, all'Amministrazione provinciale in data 6 febbraio; però, dal 6 febbraio al 27 dello scorso mese, giorno in cui è iniziata l'agitazione, nessuno si è mosso. Io stesso ho più volte nel corso di interventi dedicati ad altri problemi, fatto cenno sia a questo documento sia ai problemi di questo settore. E adesso ci troviamo in questa situazione.
Se, come dicevo, le prospettive di risoluzione che l'Assessore ha intravisto non dovessero concretarsi nei prossimi giorni, ritengo che da parte del nostro Consiglio, e soprattutto da parte del Comune e dell'Amministrazione provinciale, ci si debba ritrovare per cercare una soluzione, direi, radicale, una soluzione che potrà dare sbocco all'agitazione attuale e porre subito le basi per una serie di altri interventi di carattere strutturale.
A me risulta che le posizioni dei dirigenti della Centrale, almeno al momento in cui ho partecipato alle riunioni tra loro, i produttori e i Sindacati, siano irremovibili. Se dovessero restare tali credo non vi sia altra soluzione che un provvedimento di requisizione di questo stabilimento da parte del Consiglio comunale di Torino; operato questo provvedimento che può dare sbocco immediato all'agitazione, nel senso che i dipendenti attraverso i loro rappresentanti sindacali, si sono impegnati a rientrare ed a riprendere immediatamente il lavoro, si tratterà di elaborare rapidamente un piano di intervento, necessario in ogni caso perché con il 31 marzo '72, entrando in vigore i regolamenti del Mec e quindi la liberalizzazione, noi ci troveremmo per tutta la zona bianca, ed in genere per tutti i produttori di latte, in una situazione che definire disastrosa credo sia dir poco. E' necessario, dunque, che si affronti un piano organico che veda i problemi della ristrutturazione a monte, cioè alla cascina, che veda quindi in modo nuovo i problemi dello sviluppo ulteriore della produzione ed anche le necessarie conversioni, trasformazioni, in parte a latte e in parte per produzione di carne, che investe i problemi del risanamento e della bonifica del bestiame, i problemi delle stalle sociali, e quindi, in forme che potremo approfondire, i problemi della raccolta e quindi della trasformazione del latte; operando in modo che la maggior parte dei profitti che oggi vanno a determinati imprenditori privati vengano incorporati nel reddito del produttore.
Noi vediamo, dunque, come soluzione finale di questo problema una soluzione a carattere misto, che consenta appunto, attraverso varie forme articolate, la partecipazione dei produttori associati e la partecipazione degli Enti pubblici, del capitale pubblico. In questo quadro credo riusciremo a dare una soluzione, una prospettiva ai problemi dei produttori ed a tutelare anche gli interessi dei consumatori e dei lavoratori dipendenti; a favore dei quali però è indispensabile in questo momento intervenire per il soddisfacimento delle loro rivendicazioni, perché tutti coloro che hanno avuto occasione, le stesse organizzazioni dei produttori di discutere, hanno dovuto riconoscere la validità delle rivendicazioni portate in campo da questa categoria, che si trova ridotta da 340 elementi a 300 e con la stessa mole di lavoro di tre-quattro mesi prima, che si trova cioè in una situazione di profondo disagio e per quanto riguarda i problemi di carattere normativo e soprattutto per quanto riguarda i problemi di carattere salariale.


Argomento: Ristrutturazione industriale

Interpellanza dei Consiglieri Curci e Carazzoni sui disincentivi e la limitazione della costruzione di nuovi impianti


PRESIDENTE

Non essendo presente l'Assessore Gandolfi, non è possibile discutere questa mattina l'interrogazione del Consigliere Nesi e neppure l'interpellanza presentata dai Consiglieri Fabbris e Raschio sui problemi del settore dei trasporti.
Pregherei la Giunta di ricordare all'Assessore Gandolfi che è necessario sia presente questo pomeriggio, perché la procedura di controllo che consiste nel presentare interrogazioni ed interpellanze è uno degli atti essenziali della vita democratica di un Consiglio Regionale.
Prima di chiudere la seduta di questa mattina, direi di discutere adesso un'ultima interpellanza, quella dei Consiglieri Curci e Carazzoni sui disincentivi e la limitazione della costruzione di nuovi impianti.
Ha facoltà di illustrare la propria interpellanza uno dei due interpellanti, cioè il Consigliere Carazzoni.



CARAZZONI Nino

Signor Presidente, colleghi Consiglieri, il Gruppo del M.S.I. ha presentato questa interpellanza nel convincimento che il problema dei cosiddetti disincentivi meriti di essere attentamente valutato e renda necessaria una presa di posizione chiara da parte della Regione Piemonte.
Noi crediamo che il disegno di legge approvato recentemente dal Consiglio dei Ministri sia già sufficientemente noto a tutti perché si possa evitare di farne qui una esposizione dettagliata e particolareggiata.
Ci limitiamo pertanto a richiamare l'attenzione del Consiglio Regionale sull'art. 10 di questo disegno di legge, articolo nel quale vengono indicate le misure per evitare la congestione industriale.
Secondo questo articolo, sarà il CIPE a determinare zone omogenee di elevata concentrazione industriale nelle quali le imprese che realizzano nuovi impianti, o anche semplicemente ampliamenti di impianti già esistenti con un investimento che sia superiore ai 400 milioni e con l'assunzione di oltre 100 unità lavorative, dovranno provvedere al versamento di uno speciale contributo, pari a un milione di lire per ogni unità eccedente il menzionato numero di cento dipendenti. Ora, a noi sembra anzitutto che una misura di questo genere potrebbe addirittura, al limite, in ipotesi ritenersi non del tutto costituzionale. Infatti, se di disincentivi si pu parlare a livello microeconomico, quando cioè si vuol operare nei confronti di un settore preso nel suo complesso, a livello microeconomico il disincentivo potrebbe essere tacciato di incostituzionalità. Infatti osserviamo che, quando si rispettino i piani regolatori, l'insediamento non potrebbe o non dovrebbe essere proibito, almeno in questo nostro sistema.
C'era una legge che nel 1938 proibiva l'insediamento di aziende, o meglio stabiliva che senza particolare autorizzazione di legge non potessero sorgere nuove aziende; era una legge che poteva avere una sua ragion d'essere in quel determinato sistema politico-economico, ma non nel sistema oggi vigente in Italia; e noi non pensiamo proprio che si voglia ridar vita, adesso, a quel sistema. Ecco, allora, che a nostro avviso potrebbe verificarsi che quando una azienda rinuncia ad usufruire di un incentivo sia difficile costringere questa medesima azienda a non andare ad insediarsi in un'area metropolitana ritenuta valida, dove in precedenza si era permesso ad altre aziende di insediarsi.
Ma, oltre a questa ipotesi, che noi abbiamo sollevato al limite, c'è una seconda osservazione da aggiungere alla prima, che ci pare particolarmente importante. Noi pensiamo che sia illogico, che sia antiproduttivo nel quadro della economia generale del Paese, creare freni che sarebbero soltanto artificiosi, alle zone industrialmente sviluppate che sono poi le zone che in realtà devono da un lato sostenere il peso delle riforme - ammesso che queste riforme si vogliano veramente attuare e dall'altro sostenere anche il peso dell'industrializzazione del Sud. Noi pensiamo, al contrario, che non si possano in alcun modo risolvere i problemi del Mezzogiorno adottando un metodo che risulterebbe soltanto punitivo nei confronti del resto del Paese, in special modo nei confronti delle Regioni settentrionali. Come abbiamo sottolineato nella nostra interpellanza, non pensiamo che un'azienda disposta ad investire nel Nord sia altrettanto disposta a farlo nel Sud, e tanto meno pensiamo che un ampliamento già previsto in una certa zona possa, in virtù di questa legge diventare un nuovo insediamento a centinaia di chilometri di distanza. E temiamo che queste misure altro risultato non giungano a produrre se non quello di una ulteriore flessione degli investimenti.
Soprattutto per questi aspetti, il disegno di legge ci è sembrato fondatamente censurabile; ed è su questi aspetti che noi abbiamo sollecitato una presa di posizione da parte della Giunta Regionale.



PRESIDENTE

Ha facoltà di rispondere, a nome della Giunta, l'Assessore Petrini.



PETRINI Luigi, Assessore all'industria

In relazione all'interpellanza che i Consiglieri Curci e Carazzoni hanno rivolto alla Giunta per sapere se essa intenda compiere passi, e quali, affinché il Governo e il Parlamento rivedano la normativa sui disincentivi, abolendola del tutto o almeno limitandola alla costruzione di nuovi impianti nelle zone di reale eccessiva concentrazione industriale posso riferire quanto segue.
E' indubbio che il disegno di legge presentato dal Governo per il riequilibrio territoriale nazionale, prevedendo, a fianco di un nuovo sistema di incentivi per il Mezzogiorno, l'impiego di disincentivi per talune zone del Centro-Nord, è all'origine di varie nostre preoccupazioni in senso generale e per le influenze che può avere sull'economia del Piemonte.
Se, come impostazione generale di politica economica, l'applicazione dei disincentivi ci pare utile per sanare situazioni di congestioni che a volte non hanno nulla da invidiare a quelle delle zone più industrializzate d'Europa, e, quindi, non possiamo respingere ogni provvedimento in tal senso, specialmente per l'area metropolitana, è però altresì evidente che valutata a fondo la realtà industriale del Piemonte (che accanto ad alcuni punti di congestione presenta sacche di sottosviluppo di notevoli dimensioni), non possiamo indiscriminatamente dire: "ben venga qualsiasi disincentivazione".
Che le grandi industrie vadano al Sud è politica saggia, anche e soprattutto perché è indubbio che il problema delle immigrazioni dev'essere risolto a monte, ossia industrializzando le zone di esodo. Lo schema dei disincentivi proposto sembra però inadatto allo scopo.
Il progetto prevede, com'è noto, una individuazione delle zone da disincentivare in base a due parametri, qui richiamati dal collega rappresentati dal tasso di immigrazione degli ultimi anni e dal rapporto tra occupati nell'industria e popolazione attiva. E' indubbio però che applicando i due parametri proposti, si corre il rischio di mettere su uno stesso piano situazioni che, sotto altri profili, non meno importanti per la definizione della congestione, sono invece significativamente differenti. E molte zone della Regione sarebbero danneggiate da questo equivoco.
Inoltre, scendendo in esempi concreti, occorre aggiungere che la soglia dei 100 addetti, oltre la quale scattano i provvedimenti di disincentivazione, resta un criterio sommamente ristretto a quelle zone ed a quei settori industriali che dispongono di grandi impianti e di grandi produzioni, e che - al limite - potranno anche sostenere i costi per le infrastrutture pubbliche stabiliti e possono bene sperare nell'assenso del CIPE, avendo più di una giustificazione dalla loro parte.
Tuttavia, il problema resta aperto per tutta l'altra realtà industriale, fatta di piccole e medie aziende, non soggette a discipline di contenimento ma, sommate insieme, produttrici di fenomeni di concentrazione produttiva ed umana che con i provvedimenti di disincentivazione si vuol ovviare.
Ma il limite più grave del sistema proposto consiste, a nostro avviso nel fatto che esso non è adeguato per una politica più generale delle localizzazioni industriali nel territorio.
Noi riteniamo che solo un ruolo attivo delle Regioni nella politica di localizzazione industriale possa evitare gli errori passati ed aprire veramente nuove strade alla programmazione economica. Di qui la necessità non solo della partecipazione delle Regioni alle decisioni del CIPE, ma piuttosto della gestione, da parte delle Regioni stesse, della politica degli incentivi e dei disincentivi nel quadro dei rapporti tra programmazione nazionale e programmazione regionale; di qui la necessità per ora, di una politica di contrattazione con le grandi imprese, per la localizzazione, nelle zone depresse o nelle aree in crisi o in fase di trasformazione-ristrutturazione, di nuovi complessi industriali.
La nostra risposta ai disincentivi risiede dunque in un più organico intervento a livello di infrastrutture, in una più efficiente distribuzione dei tassi di industrializzazione nel raggio di ogni zona o di ogni comprensorio, nella stessa organizzazione interna delle grandi aree metropolitane, e, soprattutto, in una diversa politica urbanistica.
Questo è l'atteggiamento della Regione Piemonte nei confronti del disegno di legge governativo sui disincentivi della industrializzazione del Nord Italia.
D'altro canto, l'opinione ufficiale della Regione, come ricorderete, è già stata esposta dal Presidente dott. Calleri a questa assemblea il 28 aprile u.s. In tale occasione, riferendo della sua relazione all'udienza conoscitiva della Commissione Finanze e Tesoro del Senato, cui aveva partecipato, a Roma, il 23 aprile, il Presidente così si esprimeva: "La Regione Piemonte ritiene che tutti gli insediamenti industriali debbano essere sottoposti ad autorizzazione da parte della Regione secondo il dispositivo di una legge di pianificazione territoriale regionale che collegandosi a programmati, diversi tassi di sviluppo delle singole economie regionali, sia in grado di garantire, nell'ipotesi di un tasso di sviluppo globale nazionale del 6 per cento, un tasso di sviluppo nel Mezzogiorno del 7,2 per cento, considerato necessario per un consistente decollo della economia meridionale.
Attraverso l'autorizzazione e la pianificazione territoriale, e cioè attraverso la competenza legislativa urbanistica, la Regione potrebbe regolare con sufficiente approssimazione il proprio sviluppo in base al ritmo d'incremento previsto, e, non concedendo l'autorizzazione alle richieste in supero, potrebbe collocare se stessa e lo Stato in una posizione contrattuale molto più 'convincente' per indurre le industrie, a partire da determinate dimensioni, a localizzarsi nel Mezzogiorno, là supplendo con i necessari incentivi ai maggiori oneri di impresa dovuti alle diseconomie esterne.
La Regione Piemonte ritiene che i disincentivi, come sono stati previsti, non assicurano affatto né una automatica propensione ad accettare l'alternativa di insediamento nel Mezzogiorno né assicurano consistenti entrate per opere infrastrutturali, né in realtà sono sostanzialmente giusti, avendo il valore monetario di un milione per addetto un significato ben diverso a seconda che si tratti di aziende ad alto rapporto di capitale per addetto o di aziende che tale rapporto hanno invece molto basso.
Orbene, all'obiettivo dell'autorizzazione la Regione non arriverà certamente rivendicando solo di essere ammessa a partecipare con il CIPE all'esame delle domande di insediamento che per i grandi investimenti è previsto che debba essere il CIPE ad autorizzare, né servirà molto per il riequilibrio regionale che le Regioni determinino, insieme al CIPE, le zone di congestione industriale. Ciò che realmente servirà sarà la potestà legislativa in materia urbanistica".



PRESIDENTE

Gli interpellanti hanno facoltà di dichiararsi soddisfatti o insoddisfatti. Ha facoltà di parlare il Consigliere Carazzoni.



CARAZZONI Nino

Signor Presidente e colleghi Consiglieri, attingendo alla gamma cui proprio lei, Presidente, faceva poco fa riferimento, noi vorremmo dichiararci "temporaneamente soddisfatti", forse coniando con questo una espressione nuova nel gergo parlamentare.
"Temporaneamente soddisfatti" nel senso che ci soddisfa la risposta così come ci è stata presentata in questo momento dall'Assessore Petrini in quanto abbiamo sentite condivise dalla Giunta le preoccupazioni nostre in ordine a questo disegno di legge, che abbiamo addirittura sentito qualificare come inadatto allo scopo che ci si proponeva di raggiungere; la temporaneità sta nel fatto che attendiamo di vedere quali risultati pratici potranno essere raggiunti in questo delicato settore della politica che la Regione andrà svolgendo nel prossimo futuro.



PRESIDENTE

Com'è già stato preannunciato, il Consiglio si riunirà questo pomeriggio, in quest'aula, alle ore 17, per proseguire l'esame dello stesso ordine del giorno. La seduta è tolta.



(La seduta ha termine alle ore 13,30)



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