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Dettaglio seduta n.39 del 28/04/71 - Legislatura n. I - Sedute dal 6 giugno 1970 al 15 giugno 1975

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Argomento:


PRESIDENZA DEL PRESIDENTE VITTORELLI


Argomento:

Approvazione verbale precedente seduta


PRESIDENTE

La seduta è aperta. Prego il Segretario Consigliere Rotta di dar lettura del verbale della precedente seduta.



ROTTA Cesare, Segretario

Dà lettura dell'adunanza 26 aprile 1971 ore 16.



PRESIDENTE

Se non vi sono osservazioni il verbale si può intendere approvato. Non vi sono osservazioni, quindi è approvato.


Argomento:

Approvazione verbale precedente seduta

Argomento:

Congedi


PRESIDENTE

Hanno chiesto congedo i Consiglieri Fonio, Franzi, Debenedetti Carazzoni e Menozzi.


Argomento: Ordinamento regionale

Comunicazioni del Presidente del Consiglio Regionale


PRESIDENTE

Prima di iniziare l'esame del nostro ordine del giorno debbo fare alcune comunicazioni.
Il Ministro per le Regioni ha indetto nei giorni 3 e 4 maggio a Venezia un Convegno sull'attuazione dell'ordinamento regionale. L'invito è inizialmente giunto al Presidente della Giunta e al Presidente del Consiglio Regionale. Telefonicamente - non so perché non sia avvenuto altrimenti - mi è stato comunicato che il Convegno è aperto a tutti i Consiglieri regionali. Mi riservo di indire successivamente una riunione dei Capigruppo per esaminare chi possa eventualmente andare a rappresentare il Consiglio, avvertendo tuttavia che, il Convegno essendo aperto a tutti i Consiglieri regionali, anche chi non facesse parte di una eventuale delegazione che eventualmente la Conferenza dei Capigruppo decidesse di formare ha il diritto di partecipare. Ciò significa purtroppo, però, che tutti dovremo andare a spese nostre a questo Convegno, che durerà due giorni.
Il Convegno sull'attuazione dell'ordinamento regionale tratterà i seguenti argomenti: 1) problemi connessi al passaggio organico delle funzioni amministrative dallo Stato alle Regioni 2) problemi concernenti la finanza regionale; applicazione dell'art.
119 della Costituzione e programmazione regionale.
Il Convegno riveste, come vedete, notevole importanza, e perciò sarebbe assai utile che la nostra Regione fosse efficacemente rappresentata. Mi risulta, del resto, che anche da parte della Giunta è stata esaminata la possibilità di una rappresentanza autorevole della Giunta stessa.
Desidero ora proporre al Consiglio un'inversione dell'ordine del giorno. Il primo punto che doveva essere preso in esame dopo le comunicazioni del Presidente era il seguito della discussione del programma della Giunta. Il Presidente della Giunta mi ha fatto sapere di essere in procinto di dare gli ultimi ritocchi alla sua replica, che, dovendo analizzare tutti gli interventi che ci sono stati in questi giorni, non era ancora definitivamente pronta. Il Consiglio, tuttavia, essendo convocato ed avendo parecchi punti all'ordine del giorno, proporrei di posporre il punto 3 in un punto qualunque dell'ordine del giorno, quando il Presidente sarà in grado di fare le sue comunicazioni. Ciò che ci consentirà di prendere in esame gli altri punti.


Argomento: Organizzazione regionale: argomenti non sopra specificati

Per l'inversione dell'ordine del giorno


PRESIDENTE

Proporrei, d'altra parte, di anticipare, ponendole subito in discussione, le norme di regolamento relative alla formazione delle Commissioni, in modo che il punto 5 venga a costituire il punto 3 dell'attuale ordine del giorno. Credo, d'altra parte, sia anche nell'interesse del Consiglio Regionale sapere che mi proporrei, se fosse possibile, di tentare di esaurire i nostri lavori in un'unica seduta, e cioè di andare avanti tutta questa mattina, eventualmente fino a tarda ora per una serie di ragioni logistiche, ed anche di altra natura, collegate con lo sciopero sia dei trasporti sia dei commercianti: i ristoranti essendo chiusi, credo sarebbe abbastanza disagevole per i Consiglieri regionali recarsi a digiunare in qualche giardino pubblico e tornare tre ore dopo. Se, pertanto, potessimo esaurire i nostri lavori verso le 13 o le 14 potremmo completare tutto l'ordine del giorno che è stato sottoposto l'altra sera alla vostra approvazione e quindi di chiudere la seduta del Consiglio per riconvocarla successivamente a domicilio.
Su questa inversione dell'ordine del giorno vi sono osservazioni? No.
Si può allora intendere approvata.


Argomento: Consiglio, organizzazione e funzioni

Norme di regolamento relative alla formazione delle Commissioni


PRESIDENTE

Procediamo, quindi, per prima cosa all'esame delle norme di regolamento relative alla formazione delle Commissioni.
Desidero riferire brevemente sull'esito dei lavori della Commissione regolamento e sullo schema di ordine del giorno su un secondo stralcio di norme di regolamento relative alla formazione delle Commissioni del Consiglio.
La Commissione regolamento ha tenuto più sedute, nelle quali ha esaminato le varie norme relative alla formazione delle Commissioni del Consiglio ed al loro funzionamento. Non sono insorte difficoltà notevoli.
Vi è un accordo pressoché generale relativamente a queste norme. C'era soltanto, nel progetto sottoposto alla vostra attenzione, una questione controversa, del resto forse non di importanza sostanziale, relativa a chi dovesse avere il compito di comunicare agli enti convocati a partecipare a sedute di Commissione l'invito delle Commissioni medesime: se spettasse cioè, al Presidente del Consiglio Regionale, in ottemperanza alle deliberazioni delle Commissioni, o al Presidente della Regione, che rappresenta la Regione nei suoi rapporti con il mondo esterno. La questione è giuridicamente controversa: abbiamo ritenuto che, piuttosto che stare a disquisire su di essa e risolverla eventualmente con un voto di maggioranza, fosse assai meglio sentire i pareri autorizzati in materia giuridica, lasciare cioè risolvere ai giuristi una questione giuridica senza lasciarci intralciare nel nostro compito di formare le Commissioni.
Compito che, tra l'altro, è diventato estremamente urgente, perché come il Consiglio probabilmente sa, lo Statuto della Regione Piemonte è già stato approvato dalla Commissione Affari costituzionali della Camera. Non so esattamente in quale seduta plenaria della Camera esso verrà approvato ma credo che questa seduta sia imminente. Di qui a pochissimi giorni, la Camera avrà dato la sua approvazione definitiva alla legge relativa allo Statuto della Regione Piemonte. Da quel momento la Regione Piemonte non soltanto godrà della potestà legislativa, ma non potrà più non ottemperare a tutte le norme relative alle proprie deliberazioni che sono contemplate dallo Statuto. Una di queste norme sottopone all'esame preventivo in sede referente delle Commissioni permanenti del Consiglio tutte le questioni che possono essere oggetto di deliberazione da parte del Consiglio stesso ragion per cui, dal momento dell'approvazione dello Statuto, qualunque questione, anche di minore importanza, anche di quelle che si possono risolvere rapidamente, come quella che è al nostro ordine del giorno odierno, cioè la proposta di deliberazione sulla assunzione di un nuovo gruppo di diciotto funzionari, non potrebbe essere legalmente approvata se non dopo l'esame preventivo in Commissione, con rispetto del termine di trenta giorni per la relazione davanti al Consiglio, cioè con un ritardo abbastanza notevole se le Commissioni soprattutto non sono formate.
Oggi siamo in grado di approvare queste norme; mi riservo in un momento successivo della seduta di comunicare in base alle norme stesse il numero dei componenti ciascuna delle Commissioni e l'attribuzione dei seggi ai singoli Gruppi consiliari, e su indicazione dei Capigruppo la composizione nominale di ciascuna delle Commissioni. Da quel momento sarà possibile procedere, con tutta la sollecitudine necessaria, all'insediamento delle Commissioni, che dovranno essere convocate ad una ad una dal Presidente del Consiglio, procedere alla nomina del loro Ufficio di Presidenza e da quel momento essere in grado di funzionare regolarmente, secondo le norme di regolamento che verranno ora sottoposte alla vostra approvazione.
Desidero darvi una breve illustrazione di queste norme. Le norme stesse sono precedute da un "cappello" di ordine del giorno che riproduce testualmente, salvo le modifiche rese necessarie dal diverso oggetto, il "cappello" dell'ordine del giorno con il quale noi approvammo globalmente il regolamento. Segue poi il testo dello stralcio di norme di regolamento relative alla formazione delle Commissioni del Consiglio. Trattandosi di un ordine del giorno, è evidente che ciascun Consigliere, se lo ritenesse opportuno, potrebbe presentare emendamenti a singole parti di questo ordine del giorno, cioè a singoli articoli contenuti in questo ordine del giorno.
La differenza fra questo metodo di approvazione e il metodo normale di approvazione di qualunque disegno di legge è che, anziché esaminare articolo per articolo, come abbiamo esaminato lo Statuto, questo regolamento verrà approvato in blocco, salvo naturalmente la facoltà di proporre emendamenti preventivi e di votare preventivamente sugli emendamenti, come dice il nostro regolamento provvisorio, e successivamente in blocco. Naturalmente, se non vi fossero proposte di emendamento, si voterebbe immediatamente l'ordine del giorno sottoposto alla vostra approvazione.
Darò lettura di un testo che però è già sotto i vostri occhi credo... I Consiglieri non l'hanno avuto? Soltanto una copia per ogni Gruppo? Veramente questo non doveva accadere, è un contrattempo del quale mi rammarico molto. Non so se i Gruppi si accontentino di quell'unico esemplare Potrei adesso comunque leggerlo e illustrarlo: se poi venisse richiesto, si potrebbe sospendere la seduta per qualche minuto perch ciascun Consigliere possa esaminare il testo.
Nella elaborazione di questo schema ci siamo attenuti a norme che sono tradizionali nei regolamenti delle Camere e nei regolamenti delle Regioni a Statuto speciale nonché nei regolamenti dei vari Parlamenti europei, perch non vi è naturalmente nulla da innovare in questo campo, e invece abbiamo introdotto innovazioni notevoli, conformemente al nostro Statuto, per quel che riguarda la regolamentazione dell'istituto della partecipazione popolare. Mentre, quindi, ci poniamo sullo stesso piano di democraticità del funzionamento delle Commissioni per quello che riguarda le norme tradizionali, questo stralcio di norme di regolamento è certamente all'avanguardia rispetto ai regolamenti di tutte le altre assemblee in quanto l'istituto della partecipazione è qui regolato per la prima volta conformemente al nostro Statuto, in maniera assolutamente democratica.
L'art. 1 di queste norme fissa le competenze delle Commissioni permanenti e annuncia la loro costituzione e la ripartizione per ciascuna delle otto Commissioni permanenti di cui dovrebbe essere composto il Consiglio nella seguente maniera.
Sono istituite otto Commissioni permanenti del Consiglio, le quali hanno rispettivamente competenza nelle seguenti materie: 1^ Commissione - Programmazione, Bilancio, Finanze, Patrimonio.
Questa Commissione, la cui costituzione è anche prevista dallo Statuto è quella alla quale dovranno essere sottoposte per parere tutte le questioni che possano comportare spesa, oltre che, naturalmente, le questioni relative alla programmazione e al bilancio. Si sostituirà inoltre alla funzione che nella legge Scelba era attribuita alla Commissione dei Revisori dei Conti.
2^ Commissione - Problemi della pianificazione territoriale e urbanistica, infrastrutture, Trasporti e comunicazioni, Viabilità.
3^ Commissione - Problemi del lavoro e dell'occupazione - Formazione professionale - Cultura - Pubblica Istruzione - Assistenza scolastica.
4^ Commissione- Problemi della salute - Sanità - Igiene - Sicurezza sociale.
5^ Commissione - Problemi dell'ambiente - Difesa idrogeologica Sistemazioni idriche e forestali - Uso delle acque - Inquinamenti.
6^ Commissione - Problemi economici del settore agricolo, industriale ed artigianale - Cave e torbiere - Acque minerali e termali - Fiere e mercati.
7^ Commissione - Problemi economici del settore terziario - Turismo Industria alberghiera - Sport - Tempo libero - Caccia e pesca - Parchi naturali.
8^ Commissione - Problemi istituzionali - Affari generali e dell'organico - Enti locali.
L'art. 2 contempla la normativa relativa al metodo della loro composizione. Al primo comma esso recita: "Le Commissioni permanenti sono composte in relazione alla consistenza numerica delle forze politiche rappresentate in Consiglio".
E' la trasposizione della norma contenuta nel nostro Statuto. Essa ha posto, però, alla Commissione per il Regolamento problemi abbastanza delicati, perché i Consigli Regionali, compreso il nostro, essendo composti da un numero relativamente scarso di Consiglieri, tanto che alcuni di loro in base al nostro Regolamento, non possono nemmeno formare un vero e proprio Gruppo consiliare, abbiamo dovuto inventare i metodi necessari non soltanto per rispettare la norma del nostro Statuto relativa al tener conto della consistenza numerica delle forze politiche rappresentate in Consiglio, ma anche dei criteri tali da consentire a tutte le forze di essere rappresentate in Commissione, in modo che ogni Commissione rappresentasse, almeno idealmente, tutto l'arco politico del Consiglio.
Questo non soltanto per ragioni di equità ma anche per ragioni di efficienza: una Commissione, pur operando in sede referente, la quale rispetti tutto l'arco delle forze del Consiglio, molto probabilmente esaurirà una parte delle eventuali controversie che si possono riprodurre in Consiglio, perché verranno a livello tecnico di specialisti e di membri della Commissione a galla nei lavori della Commissione stessa; se viceversa la Commissione non raffigurasse tutto l'arco delle forze politiche del Consiglio, correremmo il rischio di ripetere con gli assenti un dibattito che più efficacemente si è già potuto svolgere nell'ambito del chiuso delle Commissioni.
Vedrete dalle norme successive che abbiamo cercato di risolvere questo problema con l'introduzione del cosiddetto "voto plurimo". Cioè attribuendo ai Consiglieri che fanno parte di una Commissione non soltanto il loro voto individuale, ciò che avrebbe determinato problemi difficili per quanto riguarda il rispetto sia della consistenza numerica sia addirittura della proporzionalità; ma abbiamo permesso a tutte le forze di trovarsi rappresentate in Consiglio per il loro peso reale, quale che fosse il numero dei Consiglieri, in modo da non essere costretti a fare delle Commissioni di cinquanta membri, cioè quanti i membri del Consiglio, per poter introdurre nelle Commissioni stesse anche quelle forze politiche che hanno un solo Consigliere in Consiglio.
Mentre delle Commissioni debbono far parte obbligatoriamente tutti i Consiglieri, tranne il Presidente della Giunta e il Presidente del Consiglio, e non in più di due Commissioni ciascuno, abbiamo consentito ai rappresentanti di forze politiche che non hanno la forza di formare un Gruppo di far parte di diritto di non più di due Commissioni ma di poter partecipare con voto deliberativo anche ai lavori delle altre, di modo che quando vi sia una votazione qualificante in sede di Commissione tutte le forze politiche rappresentate in Consiglio possano far pesare il loro voto in quella Commissione. In questo modo, se le controversie dividono la Commissione in due, o il Consiglio in due, si saprà già nell'ambito della Commissione qual è la maggioranza e quale la minoranza. Elemento di rilievo perché da questa divisione fra maggioranza e minoranza scaturisce il diritto di una o più minoranze di presentare relazioni di minoranza. E naturalmente è importante sapere anche qual è la consistenza di questa minoranza, perché la relazione ha più o meno peso se dietro la relazione di minoranza si conosce più o meno la consistenza esatta dell'arco di tutte le forze politiche del Consiglio che appoggiano la relazione stessa.
Al comma secondo, relativo alla composizione delle Commissioni si dice che: "Il Presidente del Consiglio, sentita la conferenza dei Presidenti determina il numero dei loro componenti e la ripartizione dei seggi tra le singole forze politiche".
Si è lasciata questa facoltà al Presidente del Consiglio e non la si è attribuita al Consiglio stesso perché, introducendo il voto plurimo diventa importante lasciare ad un organo arbitrale del Consiglio la facoltà di discutere con i Capigruppo per poter comporre le Commissioni in modo non soltanto da riflettere l'equilibrio politico delle forze rappresentate in Consiglio ma allo stesso tempo di mantenerle ad un livello numerico più o meno equivalente. Essendo facoltà dei Gruppi minori di designare i loro rappresentanti in due qualunque delle Commissioni, il Presidente del Consiglio può esercitare opera di persuasione perché tutti i rappresentanti dei Gruppi minori, cioè inferiori a quattro Consiglieri, non confluiscano nella stessa Commissione, in modo da fare di una Commissione una Commissione di dodici membri, di un'altra una Commissione di otto o nove membri. Anche così, del resto, la composizione numerica delle Commissioni non sarà assolutamente identica, perché è evidente l'interesse anche dei Gruppi minori di non essere assenti da alcuna delle Commissioni più importanti.
Al terzo comma dice ancora questa norma: "Ciascun Gruppo consiliare procede quindi alla designazione dei propri rappresentanti nelle Commissioni di cui all'articolo precedente e ne dà immediata comunicazione al Presidente del Consiglio".
Le designazioni nominative, quindi, sono fatte dal Presidente del Consiglio, ma su indicazione dei Gruppi. Non è quindi facoltà del Presidente nominare arbitrariamente i componenti delle Commissioni, ma avendo stabilito il numero dei componenti e la ripartizione dei seggi tra le forze politiche, successivamente spetta ai Gruppi dare le indicazioni necessarie perché il Presidente del Consiglio possa annunciare la composizione delle Commissioni.
Quarto comma: "Ciascun Consigliere, ad eccezione dei Presidenti della Giunta e del Consiglio, deve essere assegnato ad almeno una Commissione e non può far parte di più di due Commissioni".
Si considera, quindi, il lavoro delle Commissioni obbligatorio per tutti i Consiglieri. Non è consentito ad un Consigliere di essere un Consigliere che non sia un "full time", cioè non si può assistere a qualche seduta del Consiglio e non partecipare alle sedute di Commissione, o addirittura indicare il proprio desiderio di non partecipare alle sedute di Commissione. Il lavoro di Commissione è altrettanto importante - e potrebbe anche essere più importante - del lavoro in aula.
Nello stesso tempo, però, perché questa presenza sia piena, effettiva si stabilisce anche un limite al numero delle Commissioni di cui un Consigliere può far parte. Perché far parte di più di due Commissioni significherebbe non far parte di nessuna, non avere il tempo di partecipare ai lavori di tutte le Commissioni in cui si fosse chiamati ad operare. E questo è assai importante perché è evidente che otto Commissioni non si possono riunire successivamente, ma dovranno riunirsi contemporaneamente magari non tutte ed otto ma a gruppi di due o tre: se qualche Consigliere facesse parte di un numero eccessivo di Commissioni, la convocazione contemporanea di più Commissioni renderebbe materialmente impossibile a chi non fosse provvisto del dono di ubiquità di partecipare ai lavori delle due, tre, quattro o cinque Commissioni di cui fa parte. Sarà già difficile con il diritto a far parte di due Commissioni, partecipare ai lavori di ambedue queste Commissioni; però ritengo che ciascun Commissario darà priorità ad una delle due Commissioni, alle cui materie si interessa di più.
Quinto comma: "Delle Commissioni possono far parte, in veste di componenti, i membri della Giunta, ad eccezione del suo Presidente. In tal caso, essi non rappresentano la Giunta, ma il loro Gruppo consiliare".
Questa è una norma che discutemmo molto in sede di elaborazione dello Statuto: una norma che contrasta con i principi dei regolamenti parlamentari, ma che diventa indispensabile in una assemblea composta di soli cinquanta membri, una parte dei quali, anche limitatissima, magari, fa parte della Giunta. E difatti, anche se noi avessimo una Giunta formata dal minimo dei componenti previsti dallo Statuto, cioè di otto membri, o anche meno, perché nella nuova norma dello Statuto abbiamo detto "non più di dodici membri", tuttavia questi, come membri della Giunta, verrebbero sottratti al Consiglio e facendo tutti parte della maggioranza renderebbero assai difficile il funzionamento delle Commissioni. Deve però rimanere ben chiaro che l'Assessore che faccia parte di una Commissione in veste di Commissario partecipa ai lavori di questa Commissione non in rappresentanza della Giunta ma del proprio Gruppo politico. Perché la Giunta medesima, in ciascuna Commissione, sarà sempre rappresentata o dal suo Presidente o dall'Assessore competente per materia. Sarà abbastanza difficile, per gli Assessori che fanno parte di una Giunta nella veste di Commissari, scindere la loro veste di Commissari da quella di Assessori; però spetta alla coscienza di ciascuno dei Commissari che hanno questa duplice veste cercare di spogliarsi di quella di Assessori e di considerare che la Giunta in quella Commissione viene rappresentata dall'Assessore competente per materia.
Comma sesto: "Un Consigliere che non possa intervenire ad una seduta della propria Commissione può essere sostituito da un collega del suo stesso Gruppo appartenente ad altra Commissione, su designazione del proprio Capogruppo".
Questa norma è introdotta specialmente per i Gruppi che siano rappresentati da un solo Consigliere; quelli che ne hanno di più, con il principio del voto plurimo, evidentemente, anche se di tre Consiglieri membri della Commissione ne hanno presente uno solo riescono a votare per tutto il proprio Gruppo, ma chi ne ha uno solo dev'essere in grado di sostituirlo, sempre in base al principio che quanto più l'arco delle forze politiche presenti in Consiglio sia rappresentato in Commissione tanto più la Commissione sarà rappresentativa e prefigurativa della volontà del Consiglio. Questo, però, deve avvenire con l'accordo del proprio Gruppo, in maniera che il Consigliere non si possa considerare il titolare di una poltrona che cede ad un altro collega del proprio Gruppo quando gli paia poiché votando il membro di una Commissione con il numero di voti attribuito all'intero suo Gruppo, occorre che il rappresentante ufficiale di questo Gruppo abbia dato mandato ad un altro Consigliere del Gruppo di rappresentare il Gruppo stesso in Commissione.
Comma settimo: "Ove il primo firmatario di una proposta di legge non faccia parte della Commissione incaricata di esaminarla, può partecipare ai relativi lavori senza voto deliberativo".
Difatti le Commissioni prenderanno in esame non solo disegni di legge presentati dalla Giunta ma anche proposte di legge presentate da singoli Consiglieri. Il singolo Consigliere che presenti una proposta di legge in una materia che è di competenza di una Commissione di cui egli non faccia parte deve evidentemente essere in grado di illustrare tale proposta davanti alla Commissione competente. In tal caso, evidentemente, si presenta alla Commissione con voto consultivo e con il potere, quindi, di illustrare la proposta, ma non con il potere di partecipare in seguito alla votazione della sua proposta di legge.
Comma ottavo: "Ciascun Consigliere può trasmettere alle Commissioni emendamenti e articoli aggiuntivi ai progetti di legge e chiedere, o essere richiesto, di poterli illustrare. Le Commissioni ne danno notizia al Consiglio nelle loro relazioni".
Ciò consente ai Consiglieri che non facciano parte di una Commissione che non siano proponenti di una proposta di legge ma che abbiano tuttavia fin dalla fase del lavoro in Commissione da suggerire emendamenti ad una proposta di legge, che sarà loro nota perché sarà stata distribuita preventivamente a tutti i Consiglieri, di far conoscere alle Commissioni proprie proposte di emendamenti ed essere eventualmente invitati ad illustrarle o di poter far richiesta di illustrarle.
Queste due norme stanno però ad indicare che un Consigliere che non faccia parte di una Commissione non può partecipare ai lavori della medesima: può parteciparvi a titolo eccezionale, come proponente di una legge, come illustratore di un emendamento ad una proposta di legge, come sostituto di un Commissario del proprio Gruppo quando ne abbia ricevuto mandato dal Presidente del proprio Gruppo consiliare. Negli altri casi cioè di norma, non può partecipare. Anche perché occorre che nell'ambito delle Commissioni ci sia una composizione permanente e non un andirivieni di Consiglieri che farebbero ripetere il lavoro della Commissione già fatto in loro assenza. Garantendo viceversa la stabilità della composizione della Commissione, dato che le nostre Commissioni saranno relativamente ristrette, si garantirà anche la serietà dei loro lavori, la loro efficienza e la rapidità dei medesimi, che, come vedrete, è abbastanza necessaria, perché i termini per gli esami delle proposte di legge in Commissione sono relativamente brevi.
Comma nono: "Ai lavori delle Commissioni possono inoltre partecipare con voto deliberativo anche i Consiglieri di quelle forze politiche che non abbiano rappresentanza in quella Commissione". Ho già illustrato la ragione di questa norma: è diretta a consentire a tutte le forze politiche presenti in Consiglio di poter votare in Commissione. Non sarà facile per i Consiglieri di forze politiche che abbiano uno o due rappresentanti, e purtuttavia essi saranno certamente informati di sedute nelle quali possano avvenire votazioni qualificanti in Commissione, e in tal caso, essendone informati in anticipo, potranno far sentire il peso del loro Gruppo.
Passiamo ora all'art. 3 - Loro insediamento. "Il Presidente del Consiglio convoca ciascuna Commissione permanente per la propria costituzione, la quale ha luogo mediante l'elezione di un Presidente e di un Vicepresidente, con votazioni separate.
Le Commissioni permanenti restano in carica per la durata di due anni".
Il primo comma di questo articolo indica la composizione dell'Ufficio di Presidenza delle Commissioni. Tenendo conto del numero relativamente limitato dei membri delle Commissioni, abbiamo ritenuto nella Commissione Regolamento di non gravare le Commissioni medesime del peso di un Ufficio di Presidenza ampio quanto quello delle Commissioni parlamentari. In Parlamento le Commissioni hanno trenta e più membri al Senato, cinquanta e più membri alla Camera, cioè praticamente tanti quanti ne ha il nostro Consiglio Regionale, e quindi si possono permettere il lusso di avere un Presidente, due Vicepresidenti, due Segretari: se Commissioni di dieci componenti dovessero avere un Ufficio di Presidenza di cinque persone, la metà dei componenti della Commissione medesima avrebbero un incarico nell'Ufficio di Presidenza, e verrebbe alterato l'equilibrio fra l'Ufficio di Presidenza e il complesso della Commissione. Ci è sembrato sufficiente avere, oltre che il Presidente, com'è naturale, un solo Vicepresidente e non due, e di procedere alla elezione del Presidente e del Vicepresidente con votazioni separate.
Vorrei adesso dare una interpretazione della volontà della Commissione del Regolamento nell'indicare questa norma, perché evidentemente non esiste norma alcuna che possa garantire il rispetto della presenza delle minoranze in questi organi di Presidenza - non dico la rappresentanza delle minoranze perché le minoranze non potranno esserci dappertutto in tutte le vicepresidenze. Purtuttavia, i principi ispiratori di questa norma nell'ambito della Commissione Regolamento sono che alla elezione del Presidente e del Vicepresidente si proceda mediante un accordo politico fra tutti i Gruppi che fanno parte del Consiglio, in maniera da garantire com'era già nell'impegno assunto dalla Giunta al momento della sua formazione, l'attribuzione di presidenze di Commissione, contrariamente alla norma che prevale in tutti i regolamenti di tutte le assemblee del mondo, anche a membri dell'opposizione; e naturalmente di tentare, ove l'opposizione non abbia il Presidente, di attribuire il Vicepresidente all'opposizione. Siccome, tuttavia, dato il modo in cui è numericamente composto il nostro Consiglio, può anche accadere che l'opposizione non disponga di numeri sufficienti per ricoprire le vicepresidenze, o viceversa che la maggioranza non ne disponga, abbiamo ritenuto di non dovere stabilire qui il metodo della elezione contemporanea del Presidente e del Vicepresidente votando su un solo nome, perché in questo caso ci saremmo trovati davanti all'imbarazzo di far eleggere il Presidente di opposizione con l'astensione dei voti di maggioranza e di far eleggere i Vicepresidenti di opposizione con l'astensione dei voti di maggioranza, ciò che avrebbe complicato enormemente la materia. Abbiamo perciò pensato di procedere a votazioni separate, preannunciando però, come dichiarazione interpretativa questa che sta facendo il Presidente del Consiglio, in modo che appaia chiaro il senso della norma che abbiamo qui indicato.
Anche il secondo comma richiede un commento. Non abbiamo adeguato questa norma a quella della elezione dell'Ufficio di Presidenza del Consiglio Regionale per una ragione di carattere materiale. Noi procediamo alla formazione delle Commissioni adesso, cioè avendo già praticamente esaurito il primo anno del nostro mandato; il che significa che le Commissioni funzioneranno per quattro anni nel corso di questa legislatura.
Metà di quattro anni sono due anni: se avessimo scritto "due anni e mezzo" come certamente farà il prossimo Consiglio Regionale, noi avremmo eletto gli Uffici di Presidenza delle Commissioni in questa fase per due anni e mezzo e poi li avremmo sostituiti con altri Uffici di Presidenza per un solo anno e mezzo, che è il resto della durata della nostra legislatura. Ci è sembrato, dato il carattere transitorio di questa norma, che fosse più opportuno eleggere gli Uffici di Presidenza delle Commissioni, in questa legislatura, per un biennio, libero rimanendo il prossimo Consiglio, poi di stabilire norme anche di carattere diverso. Faccio anche presente che nelle assemblee parlamentari gli Uffici di Presidenza delle Commissioni quale che sia la durata del mandato parlamentare, sono in carica per due anni, non per mezza legislatura; quindi, Senato e Camera, quando eleggono i loro Uffici di Presidenza, li eleggono per i primi due anni, per altri due anni e poi per lo scorcio di legislatura quando si esaurisce il secondo biennio.
All'art. 4 si definisce la convocazione delle Commissioni: "Il Presidente convoca la propria Commissione, e, sentito di norma il Vicepresidente, ne fissa l'ordine del giorno, dandone comunicazione almeno ventiquattro ore prima di diramare le convocazioni al Presidente del Consiglio".
Egli sente di norma il Vicepresidente, in maniera da avere il parere della maggior parte dell'arco politico presente in Commissione, di sorta che l'ordine del giorno venga fissato con la estrema probabilità che quell'ordine del giorno non venga successivamente contestato in Commissione, ciò che è nello stesso interesse non soltanto del Presidente della Commissione ma anche della stabilità dei lavori della Commissione medesima.
La comunicazione preventiva al Presidente del Consiglio viene effettuata perché può accadere che la stessa materia sia iscritta all'ordine del giorno di più Commissioni. Spetta quindi al Presidente del Consiglio avvertire i Presidenti delle Commissioni di questa duplicità di iscrizione all'ordine del giorno, in maniera che essi possano eventualmente concordare le forme, già del resto previste in questo schema di stralcio di regolamento, per mettere le Commissioni in grado di non fare lo stesso lavoro in Commissioni diverse.
"In caso di assenza o di impedimento del Presidente, la Commissione è convocata dal Vicepresidente.
All'inizio di ogni seduta, ciascun Commissario può proporre modifiche all'ordine del giorno, per il cui accoglimento occorre una votazione qualificata nella quale i Commissari dei Gruppi e delle forze politiche che si pronunciano a favore delle modifiche debbono rappresentare almeno la maggioranza assoluta dei componenti il Consiglio Regionale".
Si vuole in questo modo garantire che l'ordine del giorno fissato dal Presidente della Commissione al momento della convocazione non possa essere contestato se non da una maggioranza qualificata della Commissione. Ma siccome prevale il principio del voto plurimo, qui lo definiamo per la prima volta e chiediamo non già la maggioranza assoluta dei componenti fisici della Commissione, che possono anche non rappresentare una maggioranza qualificata del Consiglio, ma un numero di Commissari che per rappresenti una maggioranza qualificata dei voti dei membri del Consiglio Regionale in base all'applicazione del principio del voto plurimo. "Se un numero di Commissari rappresentanti almeno un quarto dei componenti il Consiglio Regionale richieda la convocazione di una Commissione, il Presidente della Commissione, o, in caso di assenza o di impedimento, il Vicepresidente, provvede a riunirla entro il decimo giorno".
E' il principio dell'autoconvocazione, che è già previsto per il Consiglio Regionale e che evidentemente dev'essere previsto anche per le Commissioni. Ma anche qui, ancora una volta, dato che le Commissioni sono composte tenendo conto che delibereranno secondo il principio del voto plurimo, anche per la richiesta di convocazione il quorum che è necessario raggiungere per ottenere il diritto alla convocazione è fissato non in base al numero fisico dei Consiglieri ma in base al numero di voti che i Consiglieri stessi rappresentano in Consiglio Regionale.
L'art. 5 contiene le norme relative alla discussione in Commissione.
Esso suona così: "Sugli oggetti discussi da ciascuna Commissione, questa nomina un relatore, il quale redige una relazione scritta da sottoporre al Consiglio. E' sempre ammessa la presentazione di relazioni di minoranza.
Le Commissioni possono dividersi in Sottocommissioni relativamente a determinati settori o problemi. E' però riservata la definitiva deliberazione alla Commissione plenaria.
In quanto applicabili, le norme di procedura per la discussione e le votazioni in Commissione sono quelle applicate dall'Assemblea".
Questo articolo succinto riproduce le norme che si trovano anche nei Regolamenti parlamentari, e in pratica la normativa che esso stabilisce suona in questo modo: quando una Commissione sia investita del compito di esaminare un progetto di legge o una qualsiasi questione, ma in particolare un progetto di legge, la Commissione, come l'aula, procede alla discussione generale, dove ciascuno esprime il proprio parere sulla proposta di legge in generale, poi passa all'esame degli articoli, ad uno ad uno. Come l'aula, essa ha facoltà di modificare gli articoli, di accogliere emendamenti proposti da ciascuno dei Commissari, di modificare cioè il testo del proponente, sia esso la Giunta, o un membro del Consiglio Regionale, o anche uno di quegli enti che in base al nostro Statuto hanno diritto di iniziativa legislativa. Il testo che viene poi mandato all'esame del Consiglio non è quello originario del proponente, ma quello modificato dalla Commissione, accanto al quale si trova il testo originale del proponente. Se il proponente fa parte del Consiglio, trattandosi della Giunta o di un Consigliere, evidentemente egli ha sempre piena facoltà in Consiglio di proporre come emendamento il ripristino del testo primitivo ma il lavoro preparatorio della Commissione in sede referente tende a risolvere questioni controverse che potrebbero porsi davanti al Consiglio fin dalla sede della Commissione, libero naturalmente rimanendo il Consiglio di tornare al testo primitivo o di sostituire addirittura altri testi a quelli elaborati dalla Commissione.
Sulla formazione del testo della Commissione si possono formare maggioranze e minoranze. Se si formano maggioranze e minoranze la Commissione nomina un relatore di maggioranza e la o le minoranze si nominano uno o più relatori di minoranza. Al Consiglio arriva, quindi, il progetto della Commissione corredato dalla relazione del Commissario di maggioranza o del Commissario che rappresenta tutta la Commissione (in generale non sarà necessario avere due relazioni, perché anche in Parlamento, quando non si tratta di divergenze di principio, che la minoranza tenga ad illustrarle con un proprio testo, il relatore della Commissione dà conto, in generale, anche dei motivi che sono stati addotti dalle minoranze). Ecco, quindi, come funziona la discussione in Commissione. Una volta che poi sia pronta la relazione, nei termini che poi vedremo, con il testo approvato dalla Commissione, relazione e progetto elaborato dalla Commissione arrivano davanti all'aula, sono pronti per l'esame: quando, cioè, l'aula è pronta per affrontare nel proprio ordine del giorno l'esame di una proposta di legge, questa è già stata largamente studiata dalla Commissione, e l'aula stessa, specialmente in un Consiglio di soli cinquanta componenti, è in grado di procedere con una certa celerità alla approvazione dei progetti di legge.
L'art. 6 si riferisce all'esame in sede referente e consultiva e specifica alcune delle indicazioni che vi ho dato testé. Esso suona così: "I disegni e le proposte di legge, e, in generale, ogni deliberazione su cui sia richiesta una relazione al Consiglio, nonché ogni affare sul quale una Commissione sia chiamata ad esprimere un parere, sono trasmessi dal Presidente del Consiglio alla Commissione o alle Commissioni da lui ritenute competenti".
Il Presidente del Consiglio riceve, quindi, sul suo banco tutti i progetti, ed è giudice definitivo della competenza, e li assegna alle varie Commissioni. Queste, a loro volta, si possono ritenere non competenti, e quindi deliberano in questo senso e rinviano il progetto al Presidente del Consiglio. Altre si possono ritenere competenti e quindi chiedere di essere investite anche esse in una forma che verrà successivamente indicata in queste norme dell'esame, o in sede referente o in sede consultiva, di un progetto di legge. Questa norma, tuttavia, sta ad indicare che un progetto non può essere sottoposto ad una discussione e ad una deliberazione improvvisata del Consiglio ma dev'essere preventivamente esaminato in sede referente da una Commissione.
E' una lunga prassi parlamentare, che consente alle aule parlamentari di prendere in esame progetti che siano già stati largamente sviscerati dalle Commissioni. Nel caso nostro, come vedrete, l'esame preventivo in Commissione consente anche, a questi organi del Consiglio, di entrare in contatto con gli organismi rappresentativi dell'opinione pubblica, secondo l'istituto della partecipazione; contatto che non sarebbe possibile direttamente tra il Consiglio e persone che non ne facciano parte, perch ciò potrebbe inficiare la costituzionalità delle discussioni e delle deliberazioni del Consiglio. Una assemblea elettiva, infatti, è formata in base ad una precisa legge elettorale e quelli, e quelli soli, che sono eletti a farne parte, hanno il diritto di procedere ai compiti che la Costituzione affida a quella assemblea. Ma questa assemblea, a sua volta si può dividere in queste Commissioni di lavoro e in queste apre le porte alla partecipazione popolare. Quindi è assai importante questa fase preparatoria del lavoro del Consiglio, ed è assai importante che tutto il lavoro del Consiglio sia preparato dalle Commissioni, perché a tutto il lavoro del Consiglio è, attraverso questo metodo, consentita la partecipazione popolare Il comma secondo dell'art. 6 suona: "Se all'ordine del giorno di una Commissione si trovano contemporaneamente proposte di legge identiche o vertenti su oggetto identico o in concorso con disegni di legge su identico oggetto, l'esame su richiesta unanime dei presentatori, deve essere abbinato".
Accade molto spesso, difatti, che oltre che il Governo anche uno o più gruppi non necessariamente e solamente di opposizione, abbiano una loro idea sul modo di regolare una materia e propongono quindi una loro proposta di legge. Trattandosi però di progetti, proposte, disegni che riguardano lo stesso soggetto totalmente o parzialmente, in Commissione i vari presentatori possono concordare di fondere questi loro testi anche se poi le norme distinte di ciascuno dei testi potranno essere esaminate separatamente, per consentire quindi alla Commissione di inviare all'aula e questo sottolinea l'importanza del lavoro preparatorio della Commissione un unico testo sul quale l'aula sarà poi chiamata a discutere e a deliberare.
L'art. 7 riguarda il parere obbligatorio della Commissione programmazione e bilancio. Questa Commissione è competente in materia di bilancio e di programmazione, è quindi quella che prepara in sede referente il disegno di legge sul bilancio e gli schemi con i quali verrà regolata la programmazione nell'ambito regionale. E' quella quindi che, in un certo senso, controlla i cordoni della borsa. Può quindi accadere, ad una Commissione che non sia specificamente interessata alle materie di bilancio, di essere chiamata a prendere in esame proposte o disegni di legge che comportano spesa. Non è che nelle altre Commissioni si sia portati necessariamente a scialacquare, però non si è portati a esaminare la parte onerosa di un disegno di legge; è bene che la Commissione programmazione e bilancio, essendo competente per materia, sia sempre chiamata a esprimere il proprio parere sul rispetto del principio costituzionale dell'art. 81, che è poi riportato tale e quale nel nostro Statuto, in modo che quando l'aula riceve un progetto di legge esaminato da una Commissione in sede referente, sia tranquilla circa la copertura delle spese che possono essere eventualmente previste in una proposta di legge approvata da una Commissione che non sia la Commissione bilancio e programmazione.
"Ogni Commissione - dice l'art. 7 - ha l'obbligo di chiedere il parere della Commissione Programmazione e Bilancio ogni qualvolta un progetto di legge implichi entrate o spese sia per le disposizioni contenute nel testo del proponente, sia per le modificazioni che allo stesso si intendessero apportare. Tale parere è dato per iscritto".
E qui viene fissato il termine entro il quale la Commissione deve dare il proprio parere. Questo termine è abbastanza ristretto, ma è fissato tenendo presente il termine che poi avrà la Commissione competente per materia per riferire, che di norma è di 30 giorni. Ora, se una Commissione deve riferire al Consiglio entro 30 giorni dalla presentazione del progetto di legge, bisogna dare un numero assai inferiore a 30 giorni alla Commissione programma e bilancio perché la Commissione competente per materia possa, edotta del parere della Commissione programmazione e bilancio, avere ancora il tempo necessario per riferire al Consiglio con propria relazione. E perciò è stabilito il termine contenuto nell'ultimo comma di questo articolo: "Qualora entro otto giorni dalla comunicazione, o quattro nei casi di urgenza, la Commissione Programmazione e Bilancio non abbia risposto, si intende che non abbia trovato nulla da eccepire. Questi termini possono essere prorogati dal Presidente del Consiglio per giustificato motivo".
Accadrà sovente, infatti, che la Commissione programmazione e bilancio non rilevando nulla da eccepire sui vari progetti che sono sottoposti al suo parere consultivo, non abbia il tempo di stendere un parere scritto.
Essa se ne assume naturalmente la responsabilità, ma in tal caso la Commissione competente a riferire non può essere bloccata nei suoi lavori dalla carenza della Commissione programmazione e bilancio, che se per avesse qualche cosa da eccepire si assumerebbe l'intera responsabilità di non aver comunicato tempestivamente, per iscritto, entro i termini stabiliti dal regolamento, il proprio parere.
L'art. 8 si riferisce alle Commissioni speciali e viene a sostituire l'art. 15 del Regolamento provvisorio che dovemmo scrivere a suo tempo perché vi erano parecchie proposte di formazione di Commissioni speciali.
L'abrogazione dell'art. 15 del Regolamento è contenuta al termine di queste norme. L'art. 8, che contiene la nuova normativa sulle Commissioni speciali, recepisce viceversa (ed è questa la ragione per la quale è stato introdotto a sostituire il precedente art. 15 del Regolamento) la norma dell'art. 19 dello Statuto, che conferisce al Regolamento il compito di fissare i modi di formazione e di funzionamento delle Commissioni medesime.
"Le Commissioni speciali - dice questo articolo - o di inchiesta previste dall'art. 19 dello Statuto, sono composte e funzionano secondo le medesime modalità previste dal Regolamento per le Commissioni permanenti".
Quando facemmo lo Statuto non pensammo al principio del voto plurimo e quindi ritenemmo che sia per la composizione, sia per il funzionamento delle Commissioni speciali, fossero necessarie delle norme diverse da quelle previste per le Commissioni permanenti. Avendo introdotto il principio del voto plurimo ed essendo sempre facoltà del Consiglio, quando forma una Commissione speciale, di indicare norme specifiche relative al funzionamento della Commissione, abbiamo ritenuto che il modo più semplice di assolvere il mandato che lo Statuto dava al Regolamento, fosse quello di applicare, alla formazione ed al funzionamento delle Commissioni speciali le medesime norme di quelle previste dal Regolamento stesso per le Commissioni permanenti.
L'art. 9 contiene l'applicazione in sede regolamentare della norma statutaria che prevede la formazione di una Commissione consultiva per le nomine.
"Una Commissione - dice questo articolo - di cui fanno parte Consiglieri rappresentanti di tutte le forze politiche presenti nel Consiglio in relazione alla loro consistenza, viene consultata dal Presidente della Giunta sui criteri di carattere generale in base ai quali la Giunta stessa e il suo Presidente provvedono alle nomine di loro competenza negli enti e negli organismi cui la Regione partecipa. Tale Commissione viene formata secondo le modalità previste per le Commissioni permanenti".
Il primo comma non è altro che la riproduzione letterale della norma statutaria.
Quanto al secondo comma, è l'esecuzione del mandato che lo Statuto conferisce al Regolamento. Valgono qui i principi che ho enunciato poco fa per le Commissioni speciali, in base ai quali si applicano, per la formazione della Commissione per le nomine, gli stessi principi che si applicano alla formazione delle Commissioni permanenti.
Art. 10 - Esame del bilancio.
Ci vuole un articolo speciale perché c'è un articolo dello Statuto che si riferisce proprio al funzionamento di questa Commissione. D'altra parte i termini per il funzionamento della stessa sono diversi da quelli delle Commissioni ordinarie.
"La Commissione Programmazione e Bilancio esamina in sede referente il bilancio della Regione ed esercita altresì il controllo sulla gestione patrimoniale e contabile della Regione medesima".
Qui c'è la riproduzione letterale delle norme statutarie. La seconda parte di questo primo comma è quella che, come dissi al principio di questa relazione, assorbe nei compiti della Commissione Programmazione e Bilancio i compiti che dalla legge Scelba erano stati conferiti alla Commissione dei revisori dei conti.
Comma secondo: "La relazione della Commissione sul bilancio deve essere presentata non oltre 45 giorni da quello dell'assegnazione. A tale relazione è allegato il rendiconto della Commissione sulla gestione patrimoniale e contabile della Regione, con le osservazioni della Commissione".
I termini, come vedrete, sono più lunghi di quelli previsti per le altre Commissioni permanenti, data la natura complessa del bilancio e dato che alla relazione sul bilancio deve essere anche allegato il rendiconto della Commissione sulla gestione patrimoniale e contabile della Regione.
"Quando la Commissione non abbia riferito entro quel termine - prosegue l'art. 10 - la discussione si potrà aprire in assemblea su disegno di legge presentato dalla Giunta Regionale".
Difatti, essendoci i termini di legge statutari per l'approvazione dei bilanci, la Commissione Programmazione e Bilancio non può insabbiare disegno di legge sul bilancio e scaduti i 45 giorni l'aula deve obbligatoriamente investirsi dell'esame di questo progetto.
Art. 11 - Termini.
Qui si tratta di termini che sono stabiliti per il funzionamento di tutte le altre Commissioni, quelli normali e quelli abbreviati.
"Le relazioni delle Commissioni devono essere presentate al Consiglio nel termine massimo di 30 giorni, prorogabile dal Presidente del Consiglio sino a 60. Il termine di 30 giorni sarà ridotto a 15 per i progetti di legge di cui il Consiglio abbia deliberato l'urgenza.
Tali termini sono ridotti da 30 a 15 giorni e da 15 a 7 quando le Commissioni sono investite dell'esame di un disegno o di una proposta di legge in sede consultiva".
C'è quindi una differenza nei termini per esprimere un parere in sede consultiva e per riferire invece in sede referente al Consiglio stesso.
"All'atto della presentazione di un progetto di legge, od anche successivamente, la Giunta Regionale o il proponente possono chiedere al Consiglio che si fissi il termine di urgenza o un termine speciale".
E' la così detta procedura di urgenza e la procedura urgentissima. Il Consiglio può anche stabilire, quando viene richiesta l'urgentissima, che le Commissioni abbiano un termine brevissimo e che non siano costrette a riferire per iscritto, in modo che la fase della Commissione sia pur sempre rispettata, ma, non avendo bisogno la Commissione di riferire per iscritto i termini possono essere abbreviati al minimo. Non si sono voluti indicare i termini minimi, lasciando facoltà al Consiglio di fissarli esso stesso quando venga richiesta la procedura urgentissima.
"Scaduti i termini, qualora il proponente ne faccia espressa domanda il disegno o la proposta di legge vengono iscritti all'ordine del giorno e discussi sul testo del proponente, salvo che il Presidente del Consiglio su richiesta della Commissione, non proroghi il termine ordinario o quello precedentemente fissato".
E' la norma che permette di evitare l'insabbiamento di una proposta in Commissione.
"Le relazioni delle Commissioni al Consiglio sono distribuite almeno 48 ore prima che si apra la discussione, tranne che il Consiglio non deliberi altrimenti".
E questo per permettere, contrariamente a quello che accade oggi, che ciascuno dei Consiglieri sia in grado non soltanto di conoscere una proposta, ma anche di conoscere il risultato del lavoro referente della Commissione con un congruo termine di 48 ore prima di essere chiamato a pronunciarsi su un progetto di legge in assemblea plenaria.
L'art. 12 si riferisce alla richiesta di rinvio ad altra Commissione o di parere.
"Se la Commissione ritiene che un argomento deferito al suo esame sia di competenza di altra Commissione, essa può richiedere al Presidente del Consiglio che sia rinviato all'esame della Commissione competente.
Se una Commissione, su di un argomento di sua competenza, ritiene utile sentire il parere di un'altra Commissione, essa può provocarlo prima di deliberare nel merito.
Sull'accordo di entrambe, due Commissioni possono deliberare in comune".
Sono le così dette riunioni comuni delle Commissioni, le Commissioni che si riuniscono in seduta congiunta.
"Qualsiasi questione di competenza, singola o comune, tra due o più Commissioni, è decisa dal Presidente del Consiglio, il quale può chiedere il parere della Commissione del Regolamento".
Questo parere può essere richiesto, questa facoltà viene specificamente indicata in questo progetto, perché il Presidente del Consiglio si pu trovare in imbarazzo nello stabilire entro quale categoria prevista dal Regolamento rientri un progetto di legge e quindi a quale Commissione esso vada attribuito. Il Presidente del Consiglio ha facoltà di decidere da solo. Però, trattandosi di questioni che richiedono il concorso dei gruppi e di un organo più qualificato dello stesso Presidente del Consiglio, egli può chiedere il conforto di una discussione in sede di Commissione Regolamento prima di procedere all'attribuzione definitiva.
L'art. 13 si riferisce alle deliberazioni, al modo di deliberare delle Commissioni. E qui viene definito in modo specifico il principio del voto plurimo.
"Le sedute di ciascuna Commissione non sono valide se non sono presenti almeno cinque membri effettivi della Commissione, rappresentanti almeno la metà più uno dei membri del Consiglio Regionale".
Questo quorum è stato stabilito per tener conto, nello stesso tempo e del principio del voto plurimo, ma anche di una certa consistenza fisica nella possibilità per la Commissione di procedere nelle sue deliberazioni.
Infatti, se non fosse richiesto il minimo di cinque membri effettivi, col principio del voto plurimo basterebbe la presenza di un solo Consigliere D.C. (nel caso di questo Consiglio) più un solo Consigliere comunista che insieme rappresenterebbero 33 voti di questo Consiglio Regionale, per consentire loro di permettere alla Commissione di funzionare sotto una forma che oggi si chiama "conciliare", cioè con due soli membri fisicamente presenti di questa Commissione che rappresentano la stragrande maggioranza del Consiglio. Si vuole quindi che anche il cervello dei Consiglieri che magari non rappresentano altri voti, sia portato alla formazione del quorum necessario per il funzionamento della Commissione, in modo che vi sia anche il concorso di almeno cinque membri della Commissione stessa, quale che sia il numero di voti che rappresentano, perché questa decentemente si possa chiamare una Commissione dove è presente il numero legale. "Le deliberazioni in Commissione avvengono attribuendo ai Commissari di ciascun Gruppo consiliare e di ciascuna forza politica un numero di voti pari a quello della totalità dei componenti i rispettivi gruppi in seno al Consiglio Regionale.
Le Commissioni deliberano quando i voti rappresentati dai Commissari presenti siano pari alla maggioranza relativa dei membri del Consiglio Regionale".
Sul secondo comma mi pare non ci siano altre spiegazioni da dare.
Sull'ultimo, quello relativo alla maggioranza relativa, viene richiesta la maggioranza semplicemente relativa perché può accadere che in una Commissione, come del resto al Consiglio, una parte dei Consiglieri votino contro, una parte si astenga e che non si possa quindi procedere nel lavoro della assemblea anche quando ci sia una maggioranza che non è quella assoluta, che non è quella qualificata, ma che tuttavia è pur sempre una maggioranza, semplicemente perché una parte dei Consiglieri, dei deputati o dei senatori non si vuole assumere la responsabilità di votare né in un modo né nell'altro.
Finalmente l'art. 14, quello che riguarda la partecipazione popolare Richieste o proposte di ascolto.
"Le Commissioni, con deliberazione presa da un numero di Commissari rappresentanti la maggioranza relativa dei componenti il Consiglio Regionale si avvalgono, per le materie di loro competenza, della consultazione dei rappresentanti di Enti locali, di sindacati dei lavoratori, di organizzazioni di categoria, di associazioni, di istituzioni scientifiche e culturali e di altre organizzazioni sociali per l'esame dei singoli argomenti o disegni di legge. Quando esse deliberano in tal senso ne fanno richiesta al Presidente del Consiglio".
Vi era qui un ultimo lembo di frase che si riferiva alla questione controversa, cui ho accennato all'inizio di questa relazione, che non viene proposta all'approvazione del Consiglio. Si lascia aperta la questione dell'organo al quale spetta di convocare gli enti aventi diritto a partecipare alla seduta della Commissione.
Questo primo comma riproduce testualmente una parte dello Statuto, che integra con l'indicazione del quorum che è necessario per poter procedere alla convocazione di questi enti, quorum che non è la maggioranza assoluta dei voti rappresentati, ma che è la semplice maggioranza relativa. Non abbiamo voluto ridurlo ad una minoranza, ma quando una parte della Commissione si astenga, una parte sia contraria, ma una maggioranza anche solo relativa sia rappresentata in Commissione e richieda la convocazione di organizzazioni esterne per dare libero corso alla partecipazione popolare, si ritiene che questa sia sufficiente a far funzionare l'istituzione della partecipazione.
Oltre che la Commissione anche altri organismi hanno diritto di provocare la partecipazione popolare. Difatti il comma secondo suona: "Analoga richiesta può essere fatta dalla Giunta".
Infine, terzo comma: "Il Presidente del Consiglio, sentita la Giunta, ha a sua volta facoltà di proporre alle Commissioni di ascoltare su materie di loro competenza i rappresentanti degli enti e organismi previsti dal comma primo, che ne abbiano fatto richiesta allo stesso Presidente del Consiglio".
In modo che la partecipazione scatti sia quando le Commissioni ritengano necessario di consultare gli enti previsti dallo Statuto, sia quando i medesimi enti ne facciano richiesta al Consiglio. Per evitare tuttavia un intasamento nel lavoro delle Commissioni, si è conferita in questo caso facoltà al Presidente del Consiglio di procedere a questa opera di smistamento, eliminando richieste che non abbiano una consistenza effettiva o che non rispondano ai criteri stabiliti dallo Statuto, o che provengano da associazioni ad hoc create come gruppi di pressione nel momento in cui si esamina una proposta di legge, per non metterle davanti a 300 richieste per esempio e esaurire i loro 30 giorni dati per poter riferire, nell'esame di richieste che non abbiano alcuna consistenza.
"In tal caso, (cioè nel caso in cui il Presidente del Consiglio abbia trasmesso questa richiesta) le Commissioni interessate deliberano sulla proposta del Presidente del Consiglio".
Sono quindi le Commissioni che sono sovrane, in ultima analisi, a decidere chi comparirà davanti alle Commissioni medesime. "Le Commissioni possono avvalersi della consultazione di esperti, sia mediante richiesta al Presidente del Consiglio, che delibera fissando le eventuali modalità, dopo aver sentito l'Ufficio di Presidenza, sia in seguito ad una deliberazione del Consiglio in tal senso".
Faccio presente che qui non si tratta di lavori da affidare ad esperti ma avendo previsto la possibilità di completare le informazioni a disposizione di una Commissione, interrogando gruppi o associazioni quali quelli che sono elencati nel comma primo, può anche accadere che le Commissioni, per completare le loro informazioni, ritengano utile di consultare anche persone esperte nella materia. Quindi non si tratta di commissionare lavori, si tratta di completare l'arco delle informazioni. E la richiesta fatta dal Presidente del Consiglio, che sente l'Ufficio di Presidenza, è fatta a quell'organo, cioè l'Ufficio di Presidenza, che ha competenza in materia di bilancio del Consiglio Regionale e che quindi sa se le eventuali spese di trasporto, non altre, che possano derivare dalla convocazione di esperti, possano rientrare nel quadro del bilancio dal Consiglio approvato nello stesso momento in cui viene approvato il bilancio della Regione e del corpo del bilancio della Regione medesima.
"La consultazione di cui al presente articolo, deve esaurirsi quando la Commissione delibera di passare all'esame degli articoli di un progetto di legge o alla stesura ed all'approvazione di documenti, relazioni e pareri".
La consultazione popolare quindi, è prevista per tutta la fase preparatoria di una proposta o di un disegno di legge. Quando questa fase preparatoria sia esaurita, da quel momento la Commissione esercita il potere che le è delegato dal Consiglio e non può più trasferirlo a componenti i quali non facciano parte del Consiglio o della Commissione secondo rigorose norme contenute nelle leggi elettorali. Ma la fase preparatoria la Commissione la può estendere a suo arbitrio per tutto il tempo che essa ritiene necessario. E quando perciò si ammette la possibilità per una Commissione di chiedere la proroga del termine necessario a riferire al Consiglio, tale proroga in taluni casi potrà anche derivare dal fatto che la Commissione intendendo procedere ad una larga consultazione popolare, non è in grado, nel termine di 30 giorni, di riferire al Consiglio.
Infine, ultimo comma: "Le Commissioni possono effettuare sopralluoghi o delegarvi alcuni dei propri componenti, secondo le modalità previste per la consultazione degli esperti".
Cioè previa richiesta al Presidente del Consiglio che consulta l'Ufficio di Presidenza; e questo sempre per la stessa ragione di bilancio.
Ecco qui quindi questo stralcio di norme di Regolamento, a cui abbiamo dato una numerazione apposita e che, quando sia stato approvato dal Consiglio, verrà stampato in allegato al Regolamento provvisorio, come secondo stralcio di norme di Regolamento, ad integrazione del primo. In una fase successiva, quando procederemo alla revisione del Regolamento e alla sua stesura definitiva, daremo una numerazione unitaria e integreremo queste norme nel corpo del Regolamento.
Sulla relazione che ho testé fatto è aperta la discussione prima di procedere a votazioni.
E' iscritto a parlare il Consigliere Gerini, ne ha facoltà.



GERINI Armando

Molto brevemente signor Presidente, colleghi Consiglieri.
Nel secondo stralcio di norme di Regolamento relative alla formazione delle Commissioni del Consiglio, il Gruppo Liberale vede la distribuzione delle materie per Commissioni, anche se per motivi tecnici, in un modo che non è razionale. Infatti, i problemi dell'assistenza si trovano in più Commissioni, ad esempio, nella terza e nella quarta; i parchi naturali assegnati alla settima, non rientrano, come dovrebbero, nei problemi dell'ambiente, ma in quelli del terziario. Commissione quinta; la caccia e pesca poteva essere assegnata alla sesta e cioè ai problemi dell'agricoltura, come si può vedere in altri Regolamenti regionali.



BERTI Antonio

Potevate dirlo in Commissione questo.



GERINI Armando

L'avevo detto. Comunque, l'esperienza che andremo a fare consentirà di dare in un secondo tempo un assetto più organico.
Accogliere il voto plurimo vuol dire accogliere un principio che non può essere accettato, anche per ragioni di carattere costituzionale.
Tuttavia signor Presidente, trattandosi di Commissioni a carattere consultivo e referente, avuto riguardo ai temperamenti introdotti nell'art.
4 e nell'art. 13, il Gruppo Liberale aderisce nel suo complesso all'o.d.g.
di approvazione del secondo stralcio di Regolamento, con riserva di rivedere il proprio atteggiamento in sede di emanazione del Regolamento definitivo.



PRESIDENTE

Nessun altro si iscrive a parlare? Se non si iscrive nessun altro a parlare la discussione è chiusa.
La discussione quindi è chiusa.
Sono proposti emendamenti? Non è proposto nessun emendamento.
Ricordo che nel testo distribuito vi è da arrecare questa correzione che non è un emendamento, perché io stesso, nel proporre il testo a nome della Commissione, l'avevo stralciato: a pag. 12, alla quarta riga, dopo le parole "...al Presidente del Consiglio" punto e si sopprimono le parole "che provvede alla convocazione".
Il testo proposto all'approvazione del Consiglio, dunque, è quello del quale ho dato lettura e che è distribuito, con la soppressione di quelle quattro parole.
Se non ci sono osservazioni ulteriori possiamo procedere alla votazione, che si svolgerà per alzata di mano, a meno che non sia altrimenti richiesto. Pregherò il Consigliere Segretario e purtroppo anche il Vicepresidente perché non c'è segretario, oggi, di procedere alla conta perché è necessario in questo caso avere la maggioranza qualificata che partecipa alla votazione, cioè occorre che partecipino alla votazione almeno 26 Consiglieri.
Chi è favorevole allo schema di o.d.g. su un secondo stralcio di norme di Regolamento relative alla formazione delle Commissioni del Consiglio di cui ho dato lettura e che ho illustrato, è pregato di alzare la mano.
E' stato approvato all'unanimità con la partecipazione di 36 votanti.
In base agli accordi stipulati in sede di conferenza dei Capigruppo e in base alle norme che abbiamo testé approvato, ho avuto preventiva comunicazione, da ciascuno dei Gruppi, dei nomi dei Consiglieri che si designano a far parte delle singole Commissioni. Quindi, a norma dell'art.
2 del secondo stralcio di norme di Regolamento, sono in grado di procedere adesso agli ulteriori adempimenti.
Ricordo prima di tutto che il comma secondo dell'art. 2 stipula "che il Presidente del Consiglio, sentita la conferenza dei Presidenti, determina il numero dei loro componenti e la ripartizione dei seggi tra le singole forze politiche".
La prima Commissione (Programmazione bilancio finanze e patrimonio) sarà composta di dodici Consiglieri, tre per la D.C., uno per il Partito Socialista, uno per il Partito Socialdemocratico, tre per il Partito Comunista, uno per il P.S.I.U.P., uno per il Movimento Sociale, uno per il Partito Liberale e uno per il Partito Repubblicano.
La seconda Commissione (Problemi della pianificazione territoriale e urbanistica, infrastrutture, trasporti e comunicazioni, viabilità) sarà composta di dieci membri: tre per la D.C., uno per il P.S.I., uno per il P.S.D.I., tre per il Partito Comunista, uno per il Movimento Sociale, uno per il Partito Liberale.
La terza Commissione (Problemi del lavoro e dell'occupazione formazione professionale, pubblica istruzione, assistenza scolastica) sarà composta di dieci Consiglieri: tre per la D.C., uno per il P.S.I., uno per il P.S.D.I., tre per il Partito Comunista, uno per il Partito Liberale, uno per il Partito Repubblicano.
La quarta Commissione (Problemi della salute, sanità, igiene, sicurezza sociale) sarà composta di nove membri di cui: tre per la D.C., uno per il P.S.I., uno per il P.S.D.I., tre per il Partito Comunista, uno per il Partito Liberale.
La quinta Commissione (Problemi dell'ambiente, difesa idrogeologica sistemazioni idriche e forestali, uso delle acque, inquinamenti) sarà composta di nove Consiglieri: tre per la D.C., uno per il P.S.I., uno per il P.S.D.I., tre per il P.C.I., uno per il Partito Liberale.
La sesta Commissione (Problemi economici del settore agricolo industriale ed artigianale, cave torbiere, acque minerali e termali, fiere e mercati) sarà composta di nove Consiglieri di cui: tre per la D.C., uno per il P.S.I., uno per il P.S.D.I., tre per il P.C.I., uno per il Partito Liberale.
La settima Commissione (Problemi economici del settore terziario turismo, industria alberghiera, sport, tempo libero, caccia e pesca, parchi naturali) sarà composta di dieci membri di cui: tre per la D.C., uno per il P.S.I., uno per il P.S.D.I., tre per il P.C.I., uno per il Movimento Sociale, uno per il Partito Liberale.
L'ottava Commissione (Problemi istituzionali, affari generali e dell'organico, Enti locali) sarà composta di undici Consiglieri di cui: tre per la D.C., uno per il P.S.I., uno per il P.S.D.I., tre per il Partito Comunista, uno per il P.S.I.U.P., uno per il Movimento Sociale, uno per il Partito Liberale.
Desidero informare il Consiglio che in questo modo risultano assegnati alle Commissioni 41 Consiglieri regionali, di cui 39 che faranno parte di due Commissioni e due che faranno parte di una sola Commissione. Non sono assegnati a Commissioni, secondo il Regolamento, il Presidente della Giunta e il Presidente del Consiglio ed inoltre non sono neppure assegnati a Commissioni sette Assessori, che saranno soltanto Assessori, in modo da potere, nella pratica, cercare di dividere la responsabilità della Giunta da quella del Consiglio, quando non sia indispensabile, per la rappresentanza di qualche Gruppo, far partecipare anche in veste di Commissario un membro del Consiglio che sia in pari tempo membro della Giunta.
Comunico ora la composizione nominativa di ciascuna delle Commissioni.
Sono assegnati a far parte della prima Commissione i seguenti Consiglieri regionali: Garabello, Bertorello, Dotti, Nesi, Benzi, Furia, Sanlorenzo Raschio, Giovana, Curci, Zanone e Gandolfi.
Se ci tenete, prima della fine del Consiglio, perché non siate costretti a copiarli malamente, faccio fare la fotocopia per ciascun Consigliere della composizione delle Commissioni.
Seconda Commissione. Sono assegnati i Consiglieri Bianchi, Garabello Dotti, Fonio, Vera, Rivalta, Berti, Marchesotti, Carazzoni e Rotta.
Sono assegnati alla terza Commissione i Consiglieri: Beltrami, Menozzi Soldano, Nesi, Vera, Besate, Revelli, Rivalta, Fassino, Gandolfi.
Sono assegnati alla quarta Commissione i Consiglieri: Paganelli Beltrami, Menozzi, Viglione, Cardinali, Fabbris, Lo Turco, Berti, Rotta.
Sono assegnati alla quinta Commissione i Consiglieri: Oberto, Giletta Borello, Simonelli, Cardinali, Raschio, Fabbris, Bono, Zanone.
Sono assegnati alla sesta Commissione i Consiglieri: Chiabrando Borello, Bianchi, Fonio, Debenedetti, Ferraris, Minucci, Lo Turco, Gerini.
Sono assegnati alla settima Commissione i Consiglieri: Chiabrando Soldano, Bertorello, Simonelli, Benzi, Bono, Ferraris, Revelli, Carazzoni Gerini.
Sono assegnati all'ottava Commissione i Consiglieri: Paganelli, Oberto Giletta, Viglione, Debenedetti, Marchesotti, Sanlorenzo, Besate, Giovana Curci, Fassino.
Sono così composte le Commissioni. Per il loro funzionamento, a norma di Regolamento esse dovranno essere insediate. Mi riservo, nella competenza che mi è attribuita dal Regolamento, di convocare nel corso dei prossimi giorni, anzi, per essere più precisi, tra la fine della settimana prossima e l'inizio della successiva, ciascuna delle otto Commissioni per il proprio insediamento, in modo che esse possano procedere singolarmente alla elezione del proprio Ufficio di Presidenza e poter così cominciare a funzionare regolarmente, secondo le norme che abbiamo approvato stamattina Al successivo punto all'o.d.g. vi è la ricostituzione del Consiglio di amministrazione dell'Ospedale Maggiore San Giovanni Battista e della Città di Torino. Data l'ora e anche tenendo conto del fatto che dovrei convocare un momento la conferenza dei Capigruppo per esaminare questo argomento credo che si potrebbe stabilire una via di mezzo fra la sospensione lunga e la sospensione brevissima e sospendere il Consiglio per un'ora. Sono l'una meno cinque, di massima il Consiglio è convocato alle due precise.
La seduta è sospesa.



(La seduta sospesa alle ore 12,55 riprende alle ore 15,05)



PRESIDENTE

Sono presenti, alla ripresa dei lavori, i seguenti Consiglieri:



ARMELLA - BELTRAMI - BERTI - BERTORELLO - BESATE - BIANCHI - BONO

BORANDO - CALLERI - CARDINALI - CONTI - CURCI - DOTTI - FABBRIS - FALCO FASSINO - FERRARIS - FONIO - FURIA - GANDOLFI - GARABELLO - GERINI GILETTA - GIOVANA - LO TURCO - MARCHESOTTI - MINUCCI - NESI - OBERTO PAGANELLI- PETRINI - RASCHIO - REVELLI - RIVALTA - ROTTA - SANLORENZO SIMONELLI - SOLDANO - VIGLIONE - VITTORELLI - ZANONE.
Sono in congedo i Consiglieri: CARAZZONI - DEBENEDETTI - FRANZI - MENOZZI.
Sono assenti i Consiglieri: BENZI - BORELLO - CHIABRANDO - VERA.



PRESIDENTE

La seduta è aperta.
Mi rammarico che il Consiglio Regionale debba aprire con tanto ritardo mi rammarico anche avendo semplicemente sospeso la seduta per comune accordo fra gente civile, per consentire di mangiare un panino, ci sono alcuni nostri colleghi che viceversa hanno ritenuto di non dover rispettare l'accordo concluso e non essendoci il numero legale per procedere alle votazioni abbiamo dovuto ritardare finora l'apertura della seduta.
Procediamo ora nell'ordine dei nostri lavori.


Argomento: Programmazione: argomenti non sopra specificati

Discussione del programma della Giunta (seguito)


PRESIDENTE

All'ordine del giorno vi era un punto che avevamo rinviato a un momento successivo all'approvazione delle norme di Regolamento. Torniamo ora all'ordine del giorno e al punto terzo del vecchio o.d.g. "Seguito della discussione del programma della Giunta". Essendo chiusa la discussione generale, compete ora al Presidente della Giunta di prendere la parola per la replica.
Ha facoltà di parlare il Presidente della Giunta.



CALLERI Edoardo, Presidente della Giunta Regionale

Signor Presidente, signori Consiglieri, l'ampiezza e l'articolazione del dibattito consiliare apertosi sulle dichiarazioni programmatiche da me presentate il 15 aprile scorso avrebbe richiesto, per una replica veramente completa ed esauriente, una disponibilità di tempo molto maggiore di quella che effettivamente ho avuto. Devo quindi preventivamente scusarmi con quei colleghi Consiglieri i cui interventi non hanno potuto essere raccolti e trovare collocazione nella presente replica nella misura che avrebbero veramente meritato, sia per l'interesse intrinseco della materia trattata che per le particolari indicazioni, spesso utili e condivisibili, e comunque sempre stimolanti.
Il punto centrale, il nucleo della mia replica deve necessariamente essere concentrato sugli aspetti fondamentali del dibattito, sulle linee più propriamente caratterizzanti che dalla maggioranza e dall'opposizione sono state poste in evidenza e lungo le quali si è dipanato il filo degli interventi e si è collocata la logica delle rispettive prese di posizione di fronte alle dichiarazioni da me presentate.
Di tali aspetti fondamentali del dibattito il primo che voglio evidenziare è l'ottica nella quale l'opposizione si è collocata rispetto all'ampiezza da me riservata alla trattazione dei temi istituzionali ed all'elaborazione, certamente discutibile ed opinabile ma sicuramente non inutile, di un disegno organico di costruzione della funzionalità e dei compiti degli organi regionali. A questo proposito, vorrei subito respingere il giudizio con il quale si è inteso quasi attribuire al Presidente della Giunta una linea diversa da quella dei propri colleghi della Giunta. Come se da una parte esistesse una ossessiva preoccupazione di accentuare e tutelare prerogative e competenze ed attribuzioni e dall'altra stesse una linea operativa arbitrariamente trascurata e taciuta dal Presidente.
Nulla di tutto questo, signori Consiglieri. Infatti, nel documento presentato dai quattro Partiti della coalizione di maggioranza nella seduta del 24 febbraio era affermato in modo esplicito, sotto il titolo "Collegamento con la realtà regionale", che la Giunta avrebbe orientato al conseguimento di questo obiettivo il proprio disegno, il quale, per essere organico, avrebbe comportato la preliminare soluzione di problemi costituenti sia all'interno che all'esterno dell'istituto regionale e che a tali problemi sarebbe stata dedicata un'ampia trattazione, nella presentazione vera e propria delle dichiarazioni politico-programmatiche.
Proprio dalla attenta valutazione di quel dibattito, così come dai documenti presentati negli incontri fin qui avvenuti in sede interregionale, e dalla valutazione della linea seguita dagli organismi ministeriali, si è venuta in me via via sempre più precisamente formando la convinzione di un grave rischio incombente sul nuovo istituto regionale: quello cioè di ridursi, e di essere ridotto, per due diverse contrastanti cause, nei fatti poi paradossalmente concomitanti, ad un istituto di ampio contenuto amministrativo, forse, ma fortemente limitato nella sua effettiva ed autentica potenzialità di sviluppo e di autonomia, sostanzialmente espressa nella potestà legislativa e regolamentare.
Per questo, e non per presunte altre intenzioni, avevo scelto di sviluppare con molta attenzione, e preferenzialmente, il discorso istituzionale. Questa è stata la scelta di campo. In questo periodo, a mio giudizio, è molto più importante, più decisiva, più condizionante per l'avvenire della Regione, di qualsiasi ipotesi di intervento operativo sulle materie di competenza regionale. Ipotesi che possono ben essere, che certamente sono manifestazioni di volontà e di linea politica, che possono ben essere, e certamente sono, interessanti e vivi argomenti di dibattito e di confronto, ma che allo stato attuale sono, e restano, in larghissima misura, pure e semplici ipotesi di lavoro, calandosi in una realtà in cui i legittimi ed operativi poteri regionali non sono ancora stati stabiliti e trasferiti dallo Stato.
Questa scelta di campo non significa affatto, collega Rivalta, eludere i problemi e prendere tempo con discorsi puramente teorici ed astratti: significa invece voler costruire l'istituto regionale così come la Costituzione l'ha previsto, come istituto di autonomia legislativa ed amministrativa nell'ambito delle leggi, organismo regolato nei suoi rapporti interni ed esterni dal diritto, nella sfera di uno stato di diritto qual è la Repubblica italiana, organismo, infine, capace di sollecitare e recepire le diffuse istanze partecipative.
Il momento costituente della costruzione dei rapporti fra organi regionali e funzioni non è una elucubrazione giuridica da accademici e politici della conservazione, che si rifanno a presunte interpretazioni della Costituzione; al contrario, è un momento essenziale di predisposizione e di organizzazione di strumenti ordinati a conseguire le finalità proprie dell'istituto, nel quadro delle proprie competenze, in un rapporto con il singolo e con tutti i cittadini fondato sulla certezza del diritto.
L'istituto regionale ed il rapporto giuridico fra i suoi organi e le loro attribuzioni non si possono costruire, soprattutto in una realtà costituzionalmente definita, come quella italiana, partendo da processi esterni o dalle lotte sociali, la cui pressione finirebbe certamente con il rendere indistinti i confini, incerti ed in continua dialettica contrapposizione i rapporti all'interno e all'esterno dell'istituzione.
Questa, d'altronde, del creare gli istituti partendo dai processi esterni è una tesi evolutiva che a livello delle istituzioni sembra tendere alla riproduzione della logica della conflittualità permanente quale si teorizza a livello di fabbrica; una tesi che così come può forse piacere a qualcuno e che nella sua versione non infantilmente rivoluzionaria e barricardiera ma in quella concettualmente matura del Gramsci dell'"Ordine nuovo" pu piacere magari anche ai colleghi del Gruppo comunista, ideologicamente portati a considerare le istituzioni in funzione del potere di classe e a volerle possibilmente modellare secondo questa logica. Ma per noi che a questa logica non crediamo la costruzione della Regione deve avvenire nel quadro della sovranità della legge, che non è un concetto puramente astratto o una potenziale truffa della buona fede e dell'innocenza popolare ma è un punto di riferimento valido e vincolante almeno fino a quando nuovi equilibri costituzionalmente esprimibili non la modifichino in rapporto ad una nuova realtà.
Ecco perché, Consigliere Berti, io ho dato largo spazio ai problemi della strutturazione interna della Regione, in conformità, d'altronde, al preciso impegno di Giunta già precedentemente ricordato. Non mi lusingo certamente di convincere lei e il suo Gruppo, che nella vostra, ma non solo nella vostra visione, di una articolazione degli organi regionali sostanzialmente simile a quella tradizionale degli Enti locali, sia il pericolo, certamente da voi non voluto, di dare spazio al larghissimo schieramento di coloro - ed i confini non sono solo tra i partiti - che non contemplano con eccessivo entusiasmo il trasferimento delle potestà legislative alle Regioni. Ma è da questa visione, da questo angolo visuale che è stata condotta frettolosamente da tanti Consigli Regionali la rivendicazione di poteri alla Regione, ed è in relazione a questo tipo di rivendicazione che i progetti di legge delegati, che sono leggi di semplice trasferimento di poteri amministrativi, vengono portati avanti a mano a mano, estendendosi nelle valutazioni ministeriali ad una vera e propria configurazione di leggi cornice.
So benissimo, come lei ha detto, che se fossi venuto in Consiglio con una relazione incentrata sui problemi della casa, della sanità, della scuola, del turismo - e le assicuro che mi sarebbe stato assai meno faticoso - avrei probabilmente verificato l'esistenza di ben altri consensi. Ma il problema, oggi, per la Regione, non è questo, non è semplicemente questo: il problema è di costruire una Regione che risponda veramente ai principi costituzionali del decentramento, che abbia davvero un suo ampio spazio legislativo; una Regione che nella consapevolezza che soltanto in questo modo, e non con surrogati amministrativi, potrà profondamente incidere nella realtà, e quindi sappia darsi strutture ed articolazioni conseguenti.
Vorrei, Consigliere Berti, fare un esempio che mi permette, fra l'altro, di darle una risposta in ordine al disegno di legge sugli interventi pubblici nel Mezzogiorno. La tesi che io ho espresso in proposito alla Commissione del Senato è che tutti gli insediamenti industriali debbano essere sottoposti ad autorizzazione da parte della Regione, secondo il dispositivo di una legge di pianificazione territoriale regionale e, collegandosi a programmati diversi tassi di sviluppo delle singole economie regionali, sia in grado di garantire, nell'ipotesi, ad esempio, di un tasso di sviluppo globale nazionale del 6 per cento, un tasso di sviluppo nel Mezzogiorno del 7,2 per cento, qual è considerato necessario per un consistente decollo della economia meridionale.
Attraverso l'autorizzazione e la pianificazione territoriale, e cioè attraverso la competenza legislativa urbanistica, la Regione potrebbe regolare con sufficiente approssimazione il proprio sviluppo in base al ritmo di incremento previsto, e non concedendo l'autorizzazione alle richieste in supero potrebbe collocare se stessa e lo Stato in una posizione contrattuale molto più convincente per indurre le industrie, a partire da determinate dimensioni, a localizzarsi nel Mezzogiorno là supplendo con i necessari incentivi ai maggiori oneri di impresa dovuti alle diseconomie esterne.
Per inciso, meritando l'argomento una ben più ampia trattazione, come avremo senz'altro modo di fare in Consiglio dopo l'esame della legge da parte della nostra apposita Commissione, ritengo anch'io, con Zanone, che i disincentivi come sono stati previsti non assicurino affatto né una automatica propensione ad accettare l'alternativa di insediamento nel Mezzogiorno né assicurano consistenti entrate per opere infrastrutturali n in realtà sono sostanzialmente giusti, avendo il valore monetario di un milione per addetto un significato ben diverso a seconda che si tratti di aziende ad alto rapporto di capitale per addetto o di aziende che tale rapporto hanno invece molto basso.
Orbene, per tornare all'esempio iniziale, all'obiettivo dell'autorizzazione la Regione non arriverà certamente rivendicando solo di essere ammessa a partecipare con il CIPE all'esame delle domande di insediamento che per i grandi investimenti è previsto che il CIPE debba autorizzare, né servirà molto, per il riequilibrio regionale, che le Regioni determinino insieme al CIPE le zone di congestione industriale. Ci che realmente servirà sarà la potestà legislativa in materia urbanistica. E questo vale per tutte le altre questioni: quelle della casa, della sanità della scuola, del turismo, per le quali le rivendicazioni di potere a livello regionale si arrestano necessariamente alla funzione amministrativa.
La via che intendiamo indicare per la rivendicazione della potestà legislativa passa attraverso la precisa coscienza dell'importanza del problema, passa soprattutto attraverso l'autonoma predisposizione da parte regionale di apposite proposte del Parlamento, di progetti di legge quadro per le materie previste all'art. 117; questa essendo, a mio giudizio l'arma di pressione più valida e più significativa per premere sul Parlamento e per dimostrare come la elaborazione legislativa trovi benissimo appropriata sede presso la Regione.
E' questo l'impegno che la Giunta ha inteso assumere dichiarando di proporsi di operare perché alle Regioni sia sollecitamente attribuita l'intera potestà legislativa costituzionalmente prevista.
Credo pertanto che non sia stato affatto fuori luogo né sia stato inutile esercizio accademico sottolineare come, in una prospettiva in cui la Regione guardi a se stessa in termini di creatività legislativa, come momento fondamentale, cioè, per un originale e autentico controllo del proprio sviluppo, diventi importante la definizione dei rapporti interni fra gli organi regionali. Non, colleghi Consiglieri, per meschine e peraltro non necessarie precisazioni sulla divisione di competenze, ma per definire invece un modello capace di assicurare il collegamento dei tre momenti decisionali che sono i più importanti per la vita regionale: la funzionalità legislativa, l'attività partecipativa, l'intervento esecutivo.
Per questo ho parlato di modello parlamentare: senza alcuna riserva mentale, né con il recondito disegno di cui il Consigliere Berti mi ha gratificato di voler esercitare in solitudine non si sa bene quale potere amministrativo, tenendo estraneo il Consiglio Regionale, con il mistificatorio ragionamento che, essendo questo organo legislativo e non potendo ora legiferare non dovrebbe "disturbare il manovratore". Nulla di tutto questo. Anzi, a questo proposito, dev'essere ben chiaro che come Presidente della Regione non ho assunto, né ufficialmente n ufficiosamente, alcuno degli impegni di cui ha parlato il Consigliere Nesi ed ai quali ha fatto riferimento il Consigliere Berti: nessun impegno n per la Metropolitana, né per la Finanziaria piemontese, né per la Zootecnica piemontese, né per la creazione di un potente centro di commercializzazione di cui non conosco né le dimensioni né la localizzazione (a meno che non si tratti del progetto di un gruppo francese a Rivoli, dove tuttavia i Consiglieri Nesi e Berti potrebbero attingere molte più notizie di quante possa averne o possa darne io, soprattutto interrogando in proposito i loro compagni Sindaco socialista ed Assessore all'Urbanistica comunista). Stia in ogni caso tranquillo il dottor Nesi: n le smilze finanze regionali, né i limitatissimi poteri amministrativi mi stimolano e confortano ad assumere impegni per conto della Regione, o a precostituire situazioni che possano recare pregiudizio a future determinazioni programmatorie.
Circa il Convegno sull'area ecologica torinese, di cui si è chiesto chiarimento, a me è semplicemente parso quanto meno opportuno che la Regione non fosse assente da un incontro, peraltro già deciso dalla Provincia, se non erro nell'autunno scorso, nel quale molti problemi di interesse anche regionale verranno discussi e prospettati dagli Enti locali. Non si tratta di andare al Convegno con una relazione di maggioranza ed una di minoranza, o con una relazione concordata: si tratta soprattutto, io credo, di andare a sentire, di andare a suscitare e stimolare spinte partecipative. Nessuna difficoltà pregiudiziale ad effettuare i convegni di cui il Capogruppo comunista ha avanzato richiesta: credo tuttavia di dover riservare a più precise specificazioni e determinazioni della Giunta la risposta circa le modalità ed i tempi.
Per quanto riguarda la mozione sui controlli, è opportuno, a mio avviso, promuovere un dibattito in Consiglio, per il quale dichiaro fin d'ora la mia piena disponibilità. Circa le Sezioni decentrate, mi limito per ora a precisare che l'Assessore al Bilancio e al Patrimonio sta trattando per l'apprestamento di idonee sedi.
Sul problema delle rivendicazioni sindacali dei lavoratori della Fiat i Consiglieri Berti e Furia vorranno consentirmi di rilevare come la loro proposta non trovi, allo stato attuale delle cose, alcuna probante motivazione: non la troverebbe per il Ministro del Lavoro costituzionalmente competente, non vedo davvero come la Regione potrebbe correttamente intervenire nella direzione indicata, La Regione non pu istituzionalmente essere qualcosa di diverso da quello che è né pu correttamente essere trasformata in uno strumento di supporto alla lotta sindacale in una fase, tra l'altro, in cui la contrattazione è aperta. Non ho, né ho mai avuto, alcuna difficoltà e alcuna reticenza a schierarmi a fianco dei lavoratori quando ciò si sia rivelato in qualche modo necessario, ma non mi pare davvero che l'attuale momento rivendicativo apra una problematica di questo tipo. Non mi pare che questo sia il caso della Magnadyne o dell'Eti, nei quali l'Ente pubblico è stato chiamato ad intervenire ed è doverosamente intervenuto, per evitare per quanto possibile drammatici casi di disoccupazione o di chiusura di aziende. Qui siamo in presenza della più potente organizzazione sindacale di settore italiana la quale ha deciso di aprire una vertenza che tutti comunque auspichiamo si possa presto concludere. Tuttavia, se i Sindacati vorranno essere sentiti è evidente la mia piena disponibilità.
Uno dei grossi vuoti delle dichiarazioni politico-programmatiche da me presentate pare fosse quello di non aver parlato della Fiat. Vorrei intanto, osservare che non è sempre necessario citare la marca per capire di quale prodotto si tratti. E' del tutto evidente che nella realtà piemontese il destinatario primo di una politica di pianificazione territoriale è proprio la Fiat; ed è altrettanto evidente che quando si parla di modificare il meccanismo di sviluppo del Piemonte si parla in primo luogo della Fiat. Ma ciò che mi preme ribadire è che la Giunta intende attuare una rigorosa politica di programmazione delle localizzazioni industriali, rigorosa e normativa, utilizzando l'istituto dell'autorizzazione regionale all'insediamento. Questi concetti ho avuto occasione di esporli al Consiglio nel mio primo intervento in questa sede.
Li ho espressi anche al Ministero del Bilancio, quando l'on. Giolitti formulò ai Presidenti delle Regioni le linee del nuovo tipo di programmazione regionale. Ma voglio anche precisare che una politica rigorosa e normativa non significa politica di discriminazione e di pregiudiziale contestazione: la Giunta intende collocarsi nei confronti delle imprese cercando di utilizzarle ai fini di una politica programmata di equilibrio territoriale, di coinvolgerle nella realizzazione di una organizzazione del territorio che risponda a quelle dimensioni e a quella fisionomia di civitas umana che la Giunta si propone di perseguire. In questa prospettiva, una impresa come la Fiat può recare un notevole apporto a diversi livelli: non solo in termini di quantificazione dello sviluppo regionale e nazionale, ma soprattutto in termini di sviluppo qualitativo.
Noi utilizzeremo tutta la nostra forza di persuasione, ma anche tutti gli strumenti di dissuasione, per far prevalere in ogni caso il momento della scelta e della decisione politica sul calcolo della mera convenienza privata. Lo faremo per quanto riguarda i problemi della salute all'interno delle aziende, lo faremo sui problemi dei pendolari, sugli inquinamenti sui problemi della scelta del territorio, di cui hanno ampiamente parlato i Consiglieri Dotti e Garabello. Lo faremo, cioè, sui problemi di qualità, in un rapporto dialettico che per la Fiat come per le altre aziende di rilevanti dimensioni conoscerà sicuramente i momenti difficili della tensione, del contrasto, ma che noi auspichiamo possa contribuire comunque a creare una coscienza nuova della presenza dell'industria nella società.
Il Consigliere Furia ha domandato quando verrà convocata la Commissione per l'insediamento di Crescentino, sul quale ha svolto il proprio intervento anche il Consigliere Besate. Se entro venerdì la Fiat mi avrà inviato, come promesso, tutta la documentazione che la Commissione ha richiesto, spero di essere in grado di convocare la Commissione per la prossima settimana.
Una risposta devo anche dare sul problema della Indesit. Per quanto ci risulta, sono stati ripresi i contatti fra la Indesit e gli organi nazionali e sembrerebbe che la Indesit abbia accettato di collocare il proprio insediamento nella zona di Aversa, cercando di sollecitare la costruzione delle infrastrutture necessarie per poter fare la localizzazione e poter entrare in produzione entro la fine del 1972.
Comunque, la Giunta, rispetto all'insediamento a Cavallermaggiore, esprime la sua opinione contraria e l'Assessore Petrini ha già provveduto ad avvisare il Sindaco di questo, anche perché in carenza di strumenti urbanistici è opportuno che il Sindaco e la stessa Impresa siano avvisati delle gravi conseguenze che potrebbero derivare da una eventuale concessione di licenza edilizia.
Ho parlato poc'anzi di sviluppo qualitativo. Ebbene, in questo contesto ritengo che debba trovare collocazione lo sviluppo di settori tradizionalmente ritenuti, e descritti, nel comparto economico, come l'agricoltura, il turismo e il settore terziario in generale e l'artigianato. La Giunta, tuttavia, li valuta sotto un profilo diverso questi settori, e ne sottolinea la funzione riequilibrante in senso personalistico della massificazione propria del settore industriale. Si tratta, insomma, di settori che sarebbe erroneo considerare nella unidimensionalità della produzione quantitativa di beni. Essi esplicano una grande funzione sociale, che per taluni è in parte ancora da scoprire, per altri, come per l'economia agricola e montana, è oggi sicuramente da riscoprire. Ma ciò che importa è che l'approccio ai problemi di questi settori non sia condizionato dall'esclusiva logica della produttività quantitativa, ma colga e comprenda la produttività di valori, la produttività cioè del non quantificabile che in essi risiede. La grande rivoluzione post-industriale, nella cui epoca l'Italia e noi siamo già entrati, forse molto più sotto il profilo culturale di quanto non appaia dallo stesso aspetto delle strutture produttive, evidenzia molto fortemente il problema del valore del non quantificabile. Non si tratta di effimeri ritorni romantici, ma piuttosto di una intima esigenza di riequilibrio a livello umano, dopo l'orgia dei riti dell'industrialismo e del produttivismo di cui appare saturo il mondo industriale moderno quell'orgia che ha fatto ironicamente dire a Galbraith che l'uomo dell'industrialismo crede realmente che quando si presenterà davanti a San Pietro ciò di cui gli verrà chiesto conto sarà il volume del suo personale contributo alla formazione del reddito nazionale medio.
La programmazione regionale degli interventi nei settori dell'agricoltura, della montagna, dell'artigianato, del turismo, si colloca, nelle intenzioni della Giunta, in questa prospettiva di valore, e da essa farà discendere la propria linea di interventi. I contributi che Oberto, Chiabrando, Menozzi, Ferraris, Viglione, Fassino e Gerini hanno recato con i loro interventi, pur nelle diverse e spesso contrapposte posizioni, sostengono questa visione e si collocano perciò in un quadro di riferimento che presenta ampie zone di convergenza. Quando gli ambiti dei poteri regionali saranno definiti si potranno più concretamente individuare gli obiettivi da raggiungere, ma non è poco e senza significato che a monte di essi appaia acquisito un preliminare comune giudizio di valori. Sviluppo di qualità, e poi tutto ciò che direttamente si collega e si collega all'insieme dei servizi sociali ed assistenziali (scuola, cultura assistenza, sanità). Certo, vi è una domanda crescente di essi, che testimonia la crescita della nostra società, l'avanzamento di esigenze che escono dalla zona di riserva di minoranze favorite per entrare nello spazio aperto all'utilizzazione di tutti. E' un impatto violento ma non distruttivo, e di esso occorre valorizzare ciò che vi è di stimolante, di nuovo, collocandolo in una linea di programmazione avanzata ed aperta, ma è anche necessario sottrarsi alla facile tentazione del tutto distruggere.
Questo ed altro non servirebbe che a prolungare una crisi e a trasformare in patologico ciò che invece è fisiologico.
In ordine a questi problemi non mi pare di avere molto da aggiungere alle valutazioni contenute negli interventi di Paganelli e della signora Soldano. E' invece rispetto all'intervento del collega Viglione che mi sembra vi siano molti aspetti, ed assai importanti, da chiarire assolutamente.
Nel quadro generale dei problemi della sanità, il collega Viglione molto giustamente, ha ritenuto ed auspicato la promozione da parte della Giunta di una azione di chiarimento all'interno dell'Ospedale San Giovanni e nei suoi rapporti con l'Università. Questa azione di chiarimento, per la verità, è già iniziata da qualche tempo, fin da quando, cioè, sciolto il Consiglio di amministrazione, la Giunta ha nominato un Commissario straordinario la cui opera si è sviluppata con grande impegno nella direzione di rivendicare all'Ospedale la propria piena competenza di direzione funzionale, amministrativa e finanziaria nei confronti delle cliniche e degli istituti in base alle norme stabilite dalla convenzione sulla cui interpretazione, peraltro, è sorta, proprio a seguito delle coerenti posizioni rivendicative assunte dal Commissario, una divergenza fra l'Ospedale e l'Università componibile ormai solo attraverso le modalità prescritte dalla legge.
Ciò premesso, mi lasci dire, tuttavia, il Consigliere Viglione che quando molto opportunamente si invoca chiarezza, la prima norma dovrebbe essere quella di chiarire, intanto, a se stessi la vera fisionomia dei problemi e delle questioni; cosa questa che il collega Viglione non sembra aver fatto con l'abituale precisione parlando dei rapporti fra Università ed Ospedale. Non è infatti assolutamente esatto dire, come ha detto il Consigliere Viglione, che non è ammissibile che l'Università giochi un ruolo ospedaliero, quando da sempre, per legge, le Facoltà di Medicina hanno svolto, e necessariamente debbono svolgere, il proprio insegnamento nell'ambito delle strutture ospedaliere, e quando ancora di recente, con il decreto presidenziale n. 129, in attuazione alla legge sanitaria, alla legge ospedaliera, è stato ribadito, per l'ordinamento delle cliniche universitarie, il concetto della ospedalizzazione, e lo si è anzi reso ancora più ampio e rigoroso. Dove crede mai, il Consigliere Viglione, che pure è notoriamente un esperto, che si possano insegnare le semeiotiche e le patologie, le terapie cliniche e tutta la vasta gamma delle specialità mediche e chirurgiche, se non in reparti ospedalieri ed in presenza di ammalati di cui sia possibile seguire l'intero decorso della malattia? Si tratta di studi che non si possono eseguire sui manichini o sulle bambole di plastica o di gomma. Non so poi davvero in base a quali dati si possa seriamente affermare che "le Cliniche e gli Istituti universitari hanno soffocato e soffocano all'interno dell'Ospedale convenzionato ogni anelito di studio e di ricerca". Nel caso del San Giovanni, poi, e della Facoltà medica torinese è obiettivamente capitato esattamente il contrario.
Chiunque conosca la realtà dei fatti e non parli semplicemente per il gusto di fare una sparata sa bene dove e da chi ha avuto inizio in Italia la cardiochirurgia e quale alto livello essa abbia raggiunto; sa bene dove e da chi hanno avuto inizio in Italia l'anestesiologia e la rianimazione dove e da chi la chirugia toraco-polmonare, la audiologia, la chirurgia maxilo-facciale, l'emodialisi, le unità coronariche, la neuro-chirurgia l'ematologia; dove e da chi sono state iniziate e portate avanti le ricerche sulla leucemia e le anemie emolitiche, che hanno approdato alla scoperta di una nuova emoglobina patologica riconosciuta e chiamata in tutto il mondo "emoglobina Torino", e da chi sono stati e sono largamente praticati gli studi sulla fisiologia del polmone e della circolazione polmonare, fra l'altro mediante l'attrezzatura di uno dei tre o quattro più progrediti laboratori esistenti nel mondo.
Chi conosce i fatti sa anche che sono decine e decine i giovani assistenti universitari inviati all'estero e quelli che dall'estero vengono inviati presso la Facoltà torinese di Medicina, la quale ha dato e continua a dare contributi di alta qualificazione a tutti i Congressi nazionali ed internazionali, ed è legata da vaste relazioni di scambi scientifici con i più avanzati laboratori ed istituti del mondo. I nomi dei vari Dogliotti Beretta, Ciocatto, Biancalana, Faletto, Fasano, Bergamini, Gavosto Molinatti e Vecchietti, per non citare che alcuni tra i cosiddetti "baroni" o aspiranti tali, non sono diventati improvvisamente noti per l'incivile e obiettivamente diffamatoria campagna che è stata montata nei loro confronti, così come è stata condotta nei confronti dell'intera Facoltà di Medicina di Torino, ma sono noti negli ambienti scientifici italiani e stranieri per il notevole contributo che essi ed i loro istituti hanno recato e recano all'avanzamento della Medicina. Non si possono e non si devono misconoscere queste cose, né per il gusto di compiere un sacrificio di rito ad una facile demagogia né per far credere di essere informati sparando frottole, come hanno fatto un paio di cronisti della "Gazzetta del Popolo", la cui nota e riconosciuta competenza in materia non è certo quella di aver consentito di discettare con tanto ardore sulla decadenza scientifica della Facoltà medica torinese.



BERTI Antonio

Quando vuole, il Presidente entra nel merito delle cose, e ci si sofferma anche a lungo.



RIVALTA Luigi

... e dice panzane.



BERTI Antonio

Sulla Fiat sorvola, su questo punto invece insiste.



CALLERI Edoardo, Presidente della Giunta Regionale

Ho raccolto tutto quanto avete detto a proposito della Fiat, e dato le relative risposte. Comunque, queste affermazioni, caro Viglione, sanno troppo di pretesto ed appaiono come un troppo facile alibi per una certa classe politica amministrativa che ritarda a produrre i dovuti cambiamenti e ritiene di essere credibile imputando la colpa dei ritardi alla resistenza di un pugno di cosiddetti "baroni" facendoli apparire come rinchiusi in fortilizi inespugnabili. Si completino piuttosto le leggi, che in parte, per la verità, si sono fatte per merito, si può obiettivamente riconoscere, dallo spirito di iniziativa del Ministro Mariotti, ma in parte per esempio per quello che si riferisce al settore delle cliniche - dopo diversi anni sono ancora da emanare. Se queste leggi fossero state promulgate si sarebbe evitato al Consigliere Viglione di incorrere nell'errore di sentenziare nel suo intervento che l'Ospedale San Giovanni deve immediatamente denunciare la convenzione con l'Università, quasi che questa non fosse già stata denunciata da tre anni e semplicemente non continuasse a restare in vigore perché per legge è necessario attendere la nuova convenzione-tipo che dall'aprile del 1969 aspetta di essere decretata dal concerto dei Ministri della Sanità, della Pubblica Istruzione e del Tesoro.
Non si tratta, e non si è trattato, caro collega Viglione, di difendere istituzioni che personalmente reputo si debbano profondamente innovare e modificare: si tratta piuttosto di respingere la faciloneria di coloro che così tranquillamente qualificano le cliniche torinese come luogo di affossamento della scienza, della ricerca e dello studio e che discettano di baroni e di baronie con tanta stucchevolezza.



MINUCCI Adalberto

Lei non può ignorare che i clinici che lei ha citato sono compresi in un elenco di nomi che è ora in mano alla Magistratura.



CALLERI Edoardo, Presidente della Giunta Regionale

Questo non ha nulla e che fare con la capacità scientifica dei clinici.



MINUCCI Adalberto

Indica però che c'è qualcosa che non funziona.



CALLERI Edoardo, Presidente della Giunta Regionale

Che qualcosa non funzioni è altra questione. Io sto parlando della capacità scientifica di questi specialisti, come ho d'altronde detto chiaramente.



MINUCCI Adalberto

Dica anche queste cose, allora: che i nomi di questi scienziati fanno parte di un elenco che la Magistratura sta vagliando...



CALLERI Edoardo, Presidente della Giunta Regionale

Io ho risposto all'intervento del Consigliere Viglione.



MINUCCI Adalberto

...... Altrimenti le sue parole assumono il carattere di una difesa d'ufficio. Probabilmente questi clinici avranno già degli avvocati, che si saranno scelti essi stessi.



CALLERI Edoardo, Presidente della Giunta Regionale

Non hanno affatto bisogno di difesa d'ufficio, io credo. Io ho soltanto voluto fare una precisazione. Siccome penso che la Regione abbia qualche dovere di vigilanza sugli ospedali, e non a caso il Consigliere Viglione ha parlato dei rapporti fra l'Ospedale San Giovanni e l'Università, credo di non uscire dal seminato, cioè dagli specifici compiti della Regione parlando di un problema che concerne i rapporti fra l'Ospedale regionale e l'Università.
Molto schiettamente e serenamente le devo rispondere che dalla posizione che ho assunto, che è una posizione di verità, non ritengo in coscienza di dovermi spostare neppure di un millimetro, pur avendo preso atto di quanto ella ha affermato, sia pure con molti "se" e molti condizionali, che così facendo, potrei anche indurla a ritirare il suo appoggio al Governo regionale.
Possono essere certi questi modi fortemente condizionati di collocarsi rispetto alla Giunta e di esprimere la propria solidarietà che alle sensibili antenne politiche del collega Giovana fanno percepire vaste dissonanze dell'ambito della maggioranza. Per citare un filosofo pagano probabilmente molto più familiare al Consigliere Giovana di quanto non lo sia San Gerolamo, mi pare di poter dire con Eraclito che tuttavia l'armonia è frutto del contrasto del plettro con la lira e che pertanto si possono anche dare contrasti di rilevanti dimensioni senza sconquassare e distruggere una linea di alleanze che rivela invece insospettate doti di resistenza alla trazione, dati del tutto simili, appunto, a quelli del filo armonico. E' certo, tuttavia, che non bisogna abusarne lasciandosi prendere dal gusto di applicarsi all'invenzione di una nuova figura geometrica che potrebbe anche essere definita delle divergenze parallele, figura nella quale riuscirebbero persino ad incontrarsi nella valutazione sul centro sinistra i Consiglieri Giovana e Curci.



MINUCCI Adalberto

Curci ha fatto convergenza con lei sulla questione dei clinici, non con Giovana.



CALLERI Edoardo, Presidente della Giunta Regionale

Non c'entra proprio niente: quella è, se mai, non una convergenza parallela.
Signori Consiglieri, alcuni argomenti che avrebbero dovuto costituire oggetto del contenuto di questa replica ho necessariamente dovuto trascurare per la ristrettezza del tempo. Rientrano tra questi il problema dei comprensori ed il problema dell'Ufficio del Piano. Rispetto a questi temi la Giunta determinerà le proprie conclusioni e le sottoporrà alla discussione consiliare.
Comunque, la seconda fase costituente della Regione viene e verrà via via precisandosi, e con il contributo di tutti e di ciascuno di noi la Giunta potrà sempre meglio definire il proprio modo di essere e di operare nel contesto regionale.
Mi sia consentito, a conclusione di questa mia replica, di ringraziare tutti per l'apporto dato alla nostra discussione: i colleghi della minoranza per le critiche che obbligano comunque sempre ad opportune meditazioni, i colleghi della maggioranza, per lo stimolo e la spinta che pur sempre si devono configurare nel consenso e nel sostegno. In particolare, desidero ringraziare il Capogruppo del mio Partito, avv.
Bianchi, per il calore e la cordialità che mai vengono meno anche nella diversità di opinioni, di cui costruttivamente è costituita la nostra comune esperienza regionale, nutrita in ogni caso di fiducia e di speranza per l'avvenire della nostra comunità regionale.



PRESIDENTE

Signori Consiglieri, era stato convenuto, nella conferenza dei Capigruppo, che il dibattito non si dovesse concludere con una votazione.
Non è stato presentato alcun ordine del giorno sulla discussione relativa al programma del Presidente e della Giunta, e quindi si può considerare esaurito, a meno che non vi siano osservazioni in senso contrario, il terzo punto all'ordine del giorno, concernente la discussione del programma della Giunta. Se non vi sono obiezioni, procederemo ora nello svolgimento del nostro ordine del giorno.


Argomento: Nomine

Ricostituzione del Consiglio di amministrazione dell'Ospedale Maggiore San Giovanni Battista e della Città di Torino. Nomina dei membri di spettanza della Regione


PRESIDENTE

Passiamo allora al punto quarto dell'ordine del giorno: "Ricostituzione del Consiglio di amministrazione dell'Ospedale Maggiore San Giovanni Battista e della Città di Torino. Nomina dei membri di spettanza della Regione".
Faccio presente al Consiglio Regionale che, con legge 12 febbraio 1968 n. 132, relativa agli Enti ospedalieri e alla assistenza ospedaliera, art.
9, è stato così disposto: "Il Consiglio d'amministrazione dell'Ente ospedaliero che comprende almeno un Ospedale regionale, è composto: 1) da sei membri eletti dal Consiglio Regionale con schede limitate a quattro nomi".
Con Decreto del Presidente della Repubblica 14 ottobre 1970 n. 1198, si è provveduto alla modificazione al Decreto del Presidente della Repubblica 21 ottobre 1968 n. 1344 concernente la dichiarazione di Ente ospedaliero dell'Ospedale Maggiore San Giovanni Battista e della Città di Torino, con sede in Torino. Questo Decreto, che ha regionalizzato l'Ospedale Maggiore San Giovanni Battista, rende applicabile l'art. 9 della legge del 1968 che ho testé letta.
Do lettura di questo Decreto, in base al quale tra poco procederemo alla votazione iscritta al nostro ordine del giorno: "Il Presidente della Repubblica, vista la legge 12 febbraio 1968 n.
132, recante norme sugli Enti ospedalieri e sulla Assistenza ospedaliera visto il proprio Decreto 21 ottobre 1968 n. 1344 con il quale l'Ospedale Maggiore di San Giovanni Battista e della Città di Torino, con sede in Torino, è stato dichiarato Ente ospedaliero visto il Decreto del Medico provinciale di Torino in data 9 marzo 1970, con il quale, sentito il Consiglio Provinciale di Sanità, l'Ospedale Maggiore di San Giovanni Battista e della Città di Torino, in Torino, è stato classificato Ospedale generale regionale, ai sensi degli articoli 19, 20 24 e 54 della citata legge n. 132 considerato che, ai sensi dell'art. 9 della legge 12 febbraio 1968 n. 132 il Consiglio di amministrazione degli Enti ospedalieri dai quali dipende almeno un Ospedale regionale presenta una composizione differente da quella degli Enti ospedalieri che comprendono almeno un Ospedale provinciale considerato che occorre procedere alla modifica del proprio Decreto 21 ottobre 1968 n. 1344 per la parte che indica la composizione del Consiglio di amministrazione dell'Ospedale Maggiore di San Giovanni Battista e della Città di Torino, in Torino visti gli articoli 3, 4, 9 e 54 della legge stessa, sulla proposta del Ministro della Sanità, di concerto con il Ministro per l'Interno decreta: il secondo comma del Decreto del Presidente della Repubblica 21 ottobre 1968 n. 134, con il quale l'Ospedale Maggiore di San Giovanni Battista e della Città di Torino, con sede in Torino, è stato dichiarato Ente ospedaliero è sostituito dal seguente: ' Il Consiglio d'amministrazione dell'Ente ospedaliero suddetto è composto come segue: 6 membri eletti dal Consiglio Regionale del Piemonte 1 membro eletto dal Consiglio Comunale di Torino 2 membri, in rappresentanza degli originari interessi dell'Ente, designati e nominati ai sensi dello Statuto dell'Ente, approvato con Regio Decreto 15 febbraio 1906'.
Il presente Decreto, munito del sigillo dello Stato, sarà inserito nella raccolta ufficiale delle leggi e dei Decreti della Repubblica italiana. E' fatto obbligo a chiunque spetti di osservarlo e di farlo osservare".
Si deve deplorare che questo Decreto, che reca la data del 14 ottobre 1970, sia stato pubblicato sulla "Gazzetta Ufficiale" soltanto il 25 gennaio 1971. Analogo rilievo va fatto per Decreti dello stesso tipo che si riferiscono ad Ospedali regionali di altre Regioni. Ciò ha recato intralcio alla esecuzione della legge del 1968 e l'attribuzione anche degli scarsi poteri conferiti fin qui alle Regioni entro i tempi che sono previsti dalle leggi.
Procederemo, quindi, adesso, ad una votazione per la elezione di sei membri del Consiglio di amministrazione dell'Ospedale San Giovanni Battista e della Città di Torino votando soltanto per quattro nomi, come dispone la legge del 1968. Prego distribuire le schede. Ciascun Consigliere ha facoltà di scrivere sulla propria scheda soltanto quattro nomi. Saranno eletti Consiglieri di amministrazione i sei candidati che avranno riportato il maggior numero di voti.
Chiede di parlare il Consigliere Fassino. Ne ha facoltà.



FASSINO Giuseppe

Desidero fare una dichiarazione di voto.
A seguito anche della riunione che ha avuto luogo poco fa, il Gruppo Liberale, a nome del quale ho l'onore di parlare, presa conoscenza delle candidature non ancora proposte ufficialmente dalla Presidenza ma emerse nei colloqui intervenuti, sente di dovere esprimere il proprio rammarico per il fatto che sia stata esclusa la propria rappresentanza da un Consiglio di amministrazione importante qual è quello dell'Ospedale San Giovanni. Pur prendendo atto delle dichiarazioni fatte in sede di conferenza dei Capigruppo poc'anzi e delle conseguenti assicurazioni sul rispetto del diritto delle minoranze almeno per il futuro, deve dichiarare che non parteciperà alla votazione.



PRESIDENTE

Non vi sono altre dichiarazioni di voto? Procediamo allora alla votazione.
A sensi dell'art. 44 del Regolamento provvisorio, comma secondo, ad ogni Consigliere è stata consegnata una scheda da deporre nell'urna. Si darà ora corso all'appello in ordine alfabetico dei Consiglieri: ciascun Consigliere è pregato, quando sentirà pronunciare il proprio nome, di recarsi a deporre la propria scheda nell'urna.
Prego un Consigliere Segretario di procedere all'appello nominale dei membri del Consiglio Regionale.



ROTTA Cesare, Segretario

Procede all'appello.



PRESIDENTE

Proclamo il risultato della votazione: presenti 41 votanti 36 non partecipanti alla votazione 5 schede bianche 1 Hanno riportato voti: MARTINI Walter 21 BERGOGLIO Emilio 21 MARZANO Marziano 21 CONTI Aldo 21 GRASSINI Walgan 14 MIRATE Aldo 14 VERONESE 8 ANTONELLI 8 ROSSA 6 SOLVAY Bruno 6 Proclamo pertanto eletti a far parte, in rappresentanza della Regione del Consiglio d'amministrazione dell'Ospedale di San Giovanni Battista e della Città di Torino i signori Martini, Bergoglio, Marzano, Conti Grassini e Mirate.


Argomento: Organizzazione degli uffici - Regolamento del personale

Proposta di deliberazione sul tema: prima costituzione degli Uffici regionali; determinazioni ai fini di un comando di un secondo contingente di impiegati


PRESIDENTE

Procediamo ora all'esame del punto settimo dell'ordine del giorno essendosi già provveduto agli adempimento relativi ai punti 5 e 6: "Proposta di deliberazione sul tema: prima costituzione degli Uffici regionali; determinazioni ai fini di un comando di un secondo contingente di impiegati".
La Giunta ha formulato in merito la seguente proposta di deliberazione: "Il Consiglio Regionale delibera: E' determinato come segue un ulteriore contingente di impiegati, con qualifiche corrispondenti a quelle di diversa natura dei rispettivi Enti di appartenenza, per cui si reputa necessario il comando ai fini della prima organizzazione e funzionamento del Comitato di controllo delle Province e degli Enti ospedalieri: carriera direttiva n. 3 carriera di concetto n. 6 carriera d'ordine n. 7 subalterni n. 2 per un totale di 18 unità".



BERTI Antonio

Vorrei fare una dichiarazione.



PRESIDENTE

Ha chiesto di parlare il Consigliere Berti. Ne ha facoltà.



BERTI Antonio

Noi approviamo la delibera, perché è nostro desiderio che la Commissione entri in funzione il più rapidamente possibile. Cogliamo per l'occasione per sollecitare che in una Commissione, non so quale sia la più idonea, lo preciserà il Presidente, si dia sollecitamente corso ad una discussione che porti a definire l'organigramma del Consiglio Regionale cioè a definire in linea di massima l'organico per il funzionamento del Consiglio Regionale. Non mi soffermo ad approfondire la questione: aggiungo soltanto che si tratta di vedere quali sono gli uffici ed il personale che occorrono al Consiglio, alla Giunta eccetera per lo svolgimento della loro attività.
Questo, naturalmente, non comporterebbe l'assunzione immediata di tutto il personale necessario, ma collocherebbe ogni assunzione in un quadro per la massima parte definito.



PRESIDENTE

Ha chiesto di parlare il Consigliere Curci. Ne ha facoltà.



CURCI Domenico

Pregherei il Presidente della Giunta o l'Assessore competente di precisare quali sono i criteri o i metodi che informeranno la scelta dei funzionari e degli impiegati che dovranno coprire i diciotto posti di cui alla delibera.



PRESIDENTE

Nessun altro chiede di parlare, per rivolgere domande o fare osservazioni? Ha facoltà di parlare il Presidente della Giunta.



CALLERI Edoardo, Presidente della Giunta Regionale

Come stabilisce la legge, si predeterminano le qualifiche dei dipendenti che occorrono per la costituzione di questo ufficio. Bisogna sempre avere a mente che si tratta di comandi da altre amministrazioni di Enti locali oppure dello Stato. La selezione viene fatta sulla base di domande che sono state avanzate: evidentemente, si cerca anche di assicurarsi preventivamente in certa misura che le persone di cui si chiede il distacco saranno poi effettivamente comandate dalle Amministrazioni di provenienza, il che molto spesso non capita quando si tratta di Amministrazioni dello Stato, è più facile ad ottenersi dagli Enti locali.



PRESIDENTE

Poiché non vi sono altre richieste di intervento, possiamo procedere alla votazione.
Pongo ai voti la proposta di deliberazione fatta dalla Giunta avente per oggetto: "Prima costituzione degli Uffici regionali; determinazioni ai fini del comando di un secondo contingente di impiegati". Chi è favorevole è pregato di alzare la mano.
E' approvato.
Ha chiesto di parlare il Consigliere Bianchi. Ne ha facoltà.



BIANCHI Adriano

Signor Presidente, poiché è stato elaborato, con il concorso di rappresentanti dei Gruppi presenti in Consiglio, un ordine del giorno che ha per oggetto il problema dell'assunzione da parte delle Regioni delle funzioni legislative e del trasferimento delle funzioni amministrative, e quindi il problema dei decreti delegati, solleciterei una sospensione di dieci minuti per verificare se sul testo elaborato l'accordo sia effettivamente così ampio da poterlo sottoporre alla votazione con la certezza di una approvazione pressoché unanime.
Mi sembra che, stante la natura del dibattito svolto, e stante il suo contenuto nelle parti fondamentali, emerso anche nella replica del Presidente della Giunta, sia importante concludere questa riunione del Consiglio con un pronunciamento su questi temi.



PRESIDENTE

Aderisco alla richiesta, sospendendo la seduta per una decina di minuti.



(La seduta sospesa alle ore 16,40 riprende alle ore 17,05)



PRESIDENTE

Mi è stata presentata una mozione, concordata fra i Gruppi, che concerne il passaggio dei poteri alle Regioni. Siccome il testo è abbondantemente costellato di annotazioni scritte a mano, pregherei uno dei presentatori di leggerlo, in maniera che il Consiglio possa ascoltare una lettura più scorrevole di quella che potrebbe fare il Presidente.
Ha facoltà di parlare il Consigliere Bianchi.



BIANCHI Adriano

Raccolgo l'invito del Presidente a dar lettura dell'ordine del giorno sul quale si sono trovati concordi tutti i Gruppi, fatta eccezione per il voto contrario del Consigliere Curci, in rappresentanza del M.S.I.: "Il Consiglio Regionale piemontese ribadito che l'assunzione delle funzioni legislative costituzionalmente previste realizza il momento più qualificante e decisivo della riforma regionale afferma: A) che è essenziale ed urgente che il Governo ed il Parlamento provvedano per l'approvazione delle leggi cornice sulle materie di competenza regionale condizionanti l'attività legislativa regionale e destinate a darle certezza, avendo riguardo di non interpretare, in funzione dell'interesse nazionale, in modo restrittivo l'ambito delle competenze costituzionali delle Regioni B) che l'interesse nazionale e quello delle altre Regioni, previsto come limite costituzionale all'attività legislativa di competenza regionale deve essere inteso in funzione di effettive esigenze unitarie e di equilibrio interregionale cui la Regione Piemonte è sensibile ed interessata secondo la lettera e lo spirito dello Statuto che si è data e non deve offrire l'occasione o il mezzo per limitare l'ambito dei suoi poteri legislativi C) che i principi fondamentali stabiliti dalle leggi dello Stato quale limite costituzionale alla potestà legislativa regionale saranno anche quelli che impronteranno l'ordinamento giuridico per effetto delle leggi di riforma che sono in discussione e di cui si sollecita conseguentemente l'approvazione, perché le Regioni possano dare il loro efficace contributo alla riforma dello Stato e della Società.
Il Consiglio Regionale considerato che il trasferimento delle funzioni amministrative dallo Stato alle Regioni, ai sensi dell'ottava disposizione transitoria e finale della Costituzione, rappresenta, dopo l'approvazione degli Statuti, un momento importante della fase costituente regionale preso atto degli impegni assunti dal Governo circa l'imminente trasmissione degli schemi di decreti delegati, sui quali il Consiglio Regionale sarà chiamato ad esprimere il proprio parere, ai sensi dell'art.
17 della legge 16 maggio 1970, n. 281 ritiene di dover indicare i seguenti criteri generali che, nello spirito della Costituzione, dovranno presiedere al trasferimento delle funzioni.
1. Il trasferimento delle funzioni relative alle materie di cui all'art.
117 della Costituzione deve essere disposto entro i termini del biennio previsto dall'art. 17 della legge 16 maggio 1970, n. 281 e tenendo conto dell'evoluzione e della maggiore ampiezza che le stesse hanno assunto della sempre più stretta connessione tra materie affini, complementari o strumentali e delle esigenze della programmazione.
2. La previsione dell'art. 17 della legge n. 281, relativa alla "riserva allo Stato della funzione di indirizzo e coordinamento delle attività delle Regioni che attengono ad esigenze di carattere unitario", deve essere di garanzia che tale funzione si eserciti per mezzo del piano di altre leggi di indirizzo o con deliberazioni collegiali del Governo. E' anche ammissibile un'attività di indirizzo e coordinamento da parte del Governo nei confronti delle Regioni, non come limite alle loro competenze, ma come attività politica di concertazione che non solo non viene rifiutata, ma anzi viene richiesta.
3. Il trasferimento degli uffici dello Stato, in ordine alle funzioni attribuite alla Regione, deve avvenire per branche dell'amministrazione pubblica, in maniera che: a) esso concerna tutti gli uffici quali risultano dalla ricognizione di tutte le funzioni statali da trasferire, in qualunque branca dell'amministrazione stessa siano svolte, anche in misura complementare b) per gli Enti, aziende, ecc. - che non costituiscono uffici in senso stretto dell'amministrazione, ma sono pur sempre strutture organizzative dell'apparato dello Stato - ci si determini, in sede di decreti delegati nel senso di attuare fin d'ora il passaggio alle Regioni delle funzioni proprie degli organi dello Stato rispetto ad essi (nomine degli organi indirizzo, controllo, vigilanza, tutela, ecc.).
4. I decreti di trasferimento debbono essere l'occasione per una contestuale ed ampia applicazione del disposto dell'art. 118 della Costituzione - delega alle Regioni, con leggi dello Stato, di funzioni statali concernenti materie non previste nell'art. 117 - in maniera che: a) si realizzi il decentramento ed il riassetto generale dell'amministrazione dello Stato, di cui la presente è la grande occasione storica b) si dia alla Regione la possibilità di ampio e organico intervento per settori, in specie attraverso la politica di piano, per la quale appare indispensabile che la competenza regionale possa estendersi a materie statali di confine con quelle di propria attribuzione c) si eviti, infine, il più possibile, l'insorgere di duplicazioni di uffici statali e regionali, di uffici ed enti con dipendenti tra Stato e Regioni e di altre figure anomale destinato a costituire inutile appesantimento burocratico o limitazione dell'autonomia regionale.
5. I decreti delegati devono essere altresì l'occasione per "provvedere al riordinamento ed alla distribuzione delle funzioni amministrative fra gli Enti locali" (disp. VIII), in maniera: a) da fondare su principi nuovi l'esplicarsi delle autonomie locali garantite dalla Costituzione (art. 128) e la funzionalità degli altri Enti locali, per la piena attuazione dei principi fondamentali dell'autonomia e del decentramento posti nell'articolo 5 della Costituzione, anche attraverso l'attribuzione ad essi di nuove funzioni amministrative relative a materie di interesse esclusivamente locali, ai sensi dell'art.
118, primo comma, della Costituzione b) da contribuire a quel generale riassetto dell'intero apparato dello Stato, per il cui ordinamento generale le autonomie locali sono di così grande momento c) da consentire, infine anche alla Regione il migliore esercizio delle proprie funzioni; 1) per ciò che rappresentano anche per essa le autonomie locali; 2) per i poteri che la Regione ha in ordine ad essa; 3) per il migliore impiego da parte della Regione delle possibilità previste dall'art. 118, terzo comma, di procedere all'esercizio delle proprie funzioni amministrative, attraverso la delega agli Enti locali od avvalendosi dei loro uffici.
6. I decreti delegati di trasferimento delle funzioni debbono curare che si realizzi l'autonomia finanziaria regionale voluta dalla Costituzione nell'armonico equilibrio tra tributi propri, quote di tributi erariali e contributi speciali, anche per il funzionamento del piano, evitando che i decreti divengano occasione per la previsione di concessioni da parte dei Ministeri di contributi di settore, interventi una tantum, finanziamenti di iniziative episodiche, incentivazione ad enti pubblici e privati ed altre forme anomale di interventi finanziari.
7. Infine, perché la Regione possa intervenire come soggetto autonomo della programmazione economica, orientando globalmente i processi economico sociali nel suo territorio, nel quadro del piano economico nazionale e delle direttive poste da questo per le grandi scelte e possa partecipare a tali scelte nelle sedi adatte ed all'attuazione del piano economico nazionale stesso, è necessario che: a) il trasferimento dei poteri di spettanza regionale avvenga nel modo pieno detto, perché sia chiara e dovutamente ampia la sfera nella quale la Regione può presentarsi come soggetto autonomo di programmazione b) lo Stato provveda fin d'ora alla delega alle Regioni delle funzioni proprie di confine, perché l'autonoma programmazione regionale possa svolgersi nella maniera più compiuta ed armonica.
Il Consiglio Regionale piemontese in conclusione sostiene ed auspica che Governo e Parlamento - ciascuno nell'ambito delle proprie responsabilità politiche - procedano in modo: che i poteri legislativi di cui all'art. 117 della Costituzione siano sollecitamente ed integralmente assunti dalle Regioni in un quadro di chiarezza e di certezza giuridica che il trasferimento delle funzioni statali previste dall'ottava disposizione transitoria della Costituzione sia effettuata in modo rapido pieno e senza riserve così da realizzare i principi costituzionali dell'autonomia e del decentramento".



PRESIDENTE

E' iscritto a parlare il Consigliere Zanone, ne ha facoltà.



ZANONE Valerio

Signor Presidente, noi ci rendiamo conto che particolari ragioni d'urgenza hanno consigliato la presentazione di questa mozione, affinché il Consiglio Regionale piemontese esprimesse un proprio indirizzo anche in vista del Convegno di Venezia.
Vorrei però far rilevare che una mozione di questo genere, che non è di poca importanza, e che avrebbe meritato in questa sede un esame molto più approfondito, è stata distribuita nei tempi strettamente necessari perch fosse possibile leggerla.
Noi siamo favorevoli, nel merito, al testo della mozione letta or ora dal collega Bianchi, anche per i sostanziali emendamenti che sono stati apportati rispetto alle bozze che ne erano state distribuite in precedenti riunioni. Però, nell'annunciare il nostro voto favorevole, desideriamo anche esprimere l'augurio che la costituzione delle Commissioni, poco fa avvenuta, renda possibile per il futuro un più ponderato svolgimento del processo deliberativo in questo Consiglio.



PRESIDENTE

Ha facoltà di parlare il Consigliere Curci.



CURCI Domenico

Signor Presidente, facendo mie tutte le riserve espresse or ora dal Consigliere Zanone, dichiaro, senza addentrarmi in una disamina che richiederebbe troppo tempo, che, non condividendo né lo spirito né la lettera né il tono né la sostanza del documento, darò voto contrario.



PRESIDENTE

Nessun altro chiede di parlare? Pongo allora in votazione la mozione che è stata letta dal Consigliere Bianchi. Chi è favorevole è pregato di alzare la mano.
E' approvata all'unanimità, con un voto contrario.


Argomento:

Interrogazioni e interpellanze (annuncio)


PRESIDENTE

Prego il Consigliere Segretario qui presente di dar lettura delle interrogazioni che sono pervenute alla Presidenza.



ROTTA Cesare, Segretario

Dà lettura di interrogazioni pervenute alla Presidenza.



PRESIDENTE

La seduta è tolta. Il Consiglio sarà riconvocato a domicilio.



(La seduta ha termine alle ore 17,15)



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