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Dettaglio seduta n.293 del 25/02/75 - Legislatura n. I - Sedute dal 6 giugno 1970 al 15 giugno 1975

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Argomento:


PRESIDENZA DEL PRESIDENTE VIGLIONE



PRESIDENTE

La seduta è aperta.
Sono in congedo i Consiglieri: Chiabrando, Debenedetti, Giovana Sanlorenzo, Nesi.


Argomento:

Comunicazioni del Presidente

Argomento: Rapporti con altre Regioni

a) III Conferenza delle Regioni per il Mezzogiorno


PRESIDENTE

Nei giorni 10, 11 e 12 marzo si svolgerà a Napoli la terza Conferenza delle Regioni per il Mezzogiorno che fa seguito a quelle svoltesi precedentemente a Palermo e a Cagliari. Ho già provveduto a far pervenire ai Capigruppo la bozza del documento preparatorio per tale convegno, bozza che è stata predisposta dall'Ufficio di Presidenza del Consiglio regionale della Campania e che è stata discussa nel corso di un incontro che si è svolto a Napoli il 21 febbraio ed al quale ha partecipato, in rappresentanza del nostro Consiglio regionale, il Consigliere Segretario Gerini. Ritengo opportuno che alla Conferenza partecipi una delegazione del Consiglio regionale ed invito fin d'ora i Capigruppo a voler provvedere alle relative designazioni.
Nel corso dell'incontro svoltosi a Napoli si è altresì auspicato che il documento preparatorio formi oggetto, nelle forme che si riterranno opportune, di una discussione all'interno dei singoli Consigli regionali.
Sottopongo anche questa questione ai Presidenti dei Gruppi per le eventuali proposte che riterranno opportuno avanzare.


Argomento: Ordinamento regionale

b) Incontro Uffici di Presidenza sul tema: "Ordinamento regionale e riforma dello Stato. Consuntivi e prospettive"


PRESIDENTE

Con l'occasione segnalo altresì che il 14 di marzo si svolgerà a Firenze un incontro di Uffici di Presidenza sul tema: "Ordinamento regionale e riforma dello Stato. Consuntivi e prospettive".
Sono in attesa di ricevere l'invito ufficiale da parte del Presidente del Consiglio regionale della Toscana, invito che mi premurerò di far pervenire a tutti i Capigruppo.
La parola al Consigliere Vecchione.



VECCHIONE Mario

Per quanto attiene alla riforma della pubblica amministrazione solleciterei di nuovo il lavoro della Commissione che era stata istituita quando si dette il parere alla Commissione Oliva, perché studiato il punto sul quale si può portare un contributo a quel convegno, si approfondisca questo lavoro, che è un lavoro già avanzato nell'ambito del Consiglio regionale.



OBERTO Gianni, Presidente della Giunta regionale

Il Presidente della Giunta desidererebbe avere copia di questo documento combinato....



PRESIDENTE

Ma è fuor di dubbio!



OBERTO Gianni, Presidente della Giunta regionale

Siccome è stato preannunciato l'invio ai Capigruppo, rispettosamente chiedevo che anche al Presidente della Giunta si mandasse il testo.



PRESIDENTE

E' già stato dato il testo alla Giunta.



OBERTO Gianni, Presidente della Giunta regionale

Io non l'ho ancora ricevuto.



PRESIDENTE

L'avranno i suoi uffici, Presidente.



OBERTO Gianni, Presidente della Giunta regionale

Lei non ha detto che lo aveva mandato al Presidente della Giunta.



PRESIDENTE

Ai Capigruppo l'ho mandato oggi e al Presidente della Giunta l'ho mandato tramite il suo Capo gabinetto, che certamente l'avrà già elaborato.


Argomento: Bilanci preventivi

Esame disegno di legge n. 232 "Bilancio di previsione per l'anno finanziario 1975" (seguito)


PRESIDENTE

Passiamo quindi alla replica del Presidente della Giunta alla discussione sul bilancio di previsione per il 1975. Ha la parola il Presidente della Giunta.



OBERTO Gianni, Presidente della Giunta regionale

Chiedo alla cortesia del Presidente del Consiglio e dei colleghi del Consiglio di poter leggere la mia relazione stando seduto, nel massimo rispetto per tutti quanti i Consiglieri e per il Consiglio stesso.



PRESIDENTE

E' concesso.



OBERTO Gianni, Presidente della Giunta regionale

Signor Presidente, signori Consiglieri, non c'era assolutamente bisogno dell'amplificatore per sentire, e del resto logicamente previste, non dico scontate, critiche, anche in termini pesanti, mosse a quest'ultimo bilancio del primo quinquennio della vita regionale.
Bilancio che, è stato detto e lo ripeto, si colloca in un momento di crisi non solo nazionale, che si fa sentire nel modo più pesante e crudo nel nostro Piemonte, investito da ogni parte da crescenti angosciose difficoltà. E' senza alcun dubbio la crisi più attanagliante che passi, dal 1945, il Piemonte: tutto il Piemonte, industriale, commerciale, agricolo artigianale, per mantenermi nel solo settore della produzione, e di conseguenza dell'occupazione lavorativa: anche se la crisi si fa molto pesantemente sentire pure in altri settori socio-culturali. E' quindi il momento più difficile, per circostanze obiettive infauste, di struttura e congiunturalmente contingenti, che sono presenti, in termini drammatici, ad ogni angolo di via del già non facile cammino di una realtà nuova, qual'è la Regione, in via di faticosa costruzione, nata male, dopo una gravidanza abnorme, durata oltre vent'anni, senza casa e senza strumenti per vivere per crescere, per operare. Nata con il segno del "toccasana"! Vanno pur ricordate queste cose a chi non le tiene presenti, nel loro giusto valore.
Nulla s'improvvisa, e i tempi, i tempi giusti, che per le Regioni vanno collocati al momento dei decreti delegati, aprile 1972, sono obiettivamente brevi. E tutto ciò ovviamente prescindendo da quelli che possono essere i limiti di ciascuno di noi, considerando il diverso onere del mestiere di chi, in buona fede critica, facendo la parte dell'opposizione, pur con propositi costruttivi e di chi, con buona volontà deve operare. E operare con mezzi finanziari inadeguati e insufficienti; con strumenti legislativi mi riferisco alle cosiddette leggi di principi che sciolgono il dilemma delle leggi quadro o cornice - mancanti o forniti con il contagocce, senza che si apra la valvola salvifica dell'art. 118 della Costituzione, che vorrebbe significare dare in concreto la prova del 9 dell'accreditamento da parte del potere centrale, alle nuove realtà regionali. Per il che manca non la volontà, certo il coraggio.
Si pensi, signori Consiglieri, che si opera nella incertezza che l'impostazione del bilancio, fatta nella previsione dell'attribuzione del 25% sul fondo globale, trovi conferma nei fatti. Si consideri che si opera avendo fatto il cassiere che anticipa allo Stato in materia di sanità ricorrendo ad onerose anticipazioni di cassa, e così in materia di trasporti, e si vedrà allora se, mossi con fermezza da parte del Governo regionale questi rilievi critici, obiettivi e reali, al potere centrale non si è poi disponibili a ricevere le critiche che ci sono venute, e ancora ci verranno, da quanti come noi hanno a cuore i problemi della vita regionale ed operano, voglio esserne certo, per la loro soluzione migliore.
Ed è per questo che, concesso quel che si ha da concedere al momento quasi elettorale in cui il dibattito si svolge surriscaldato, per ragioni interne, e con ovvie preoccupazioni esterne - intendo il termine nell'accezione di preoccupare, cioè occupare prima un certo spazio ritengo giusto, ritengo doveroso, al di là del rispetto puramente formale dovuto all'assemblea ed ai singoli suoi componenti, di ringraziare tutti per gli interventi, per i loro apporti: estendendolo alla stampa. Intendo a tutta la stampa, che ha echeggiato i risvolti critici del dibattito, per dovere d'informazione, tuttavia rimanendo nella linea che ha animato i Consiglieri, di non recare offesa e danno alle istituzioni; all'istituzione ancora tanto gracile che è la Regione. Anche se vi sono state delle titolazioni inquietanti, non certo per noi e per la Giunta (ma davvero qualcuno pensa che i primi ad esser critici con se stessi non siamo proprio noi, responsabili del governo regionale? Saremmo dunque così ciechi da non vedere i nostri limiti, e così presuntuosi da credere che tutto ciò che facciamo sia perfetto? Non saremmo dei democratici, e, per quanto mi riguarda, non sarei nemmeno un cristiano) quanto piuttosto per l'opinione pubblica, la quale attende con l' ansia così provocata, di sapere se davvero tutti i Partiti sono all'opposizione, come faccia a reggersi la Giunta, che è compatta, nonostante che le rovinino addosso plumbee colonne.
Ora, poi, ci si mette anche la dirigenza Fiat - che è a Torino! - cui fa bordone l'on. Marzotto, Presidente della Federtrasporti, altolocato pezzo di appoggio romano, sollevando un gran polverone sulla questione relativa al piano autobus, sparando indiscriminatamente a zero sulle Regioni, accusandole di inadempienza, determinando nell'opinione pubblica un giudizio globalmente negativo sulle Regioni, inette, incapaci sonnolenti, sì da giustificare pienamente la puntuale reazione di chi, come me, come la Giunta piemontese, con il diligente apporto dell'Assessore delegato ingegner Gandolfi, sa e conosce la verità, onde ristabilirla, la verità. Che era ben conosciuta ai vertici Fiat, avendo personalmente esaminata la questione già alcuni mesi addietro, con l'Amministratore delegato e con altri dirigenti Fiat. E così giustamente è intervenuto a precisare, respingendo il pesante giudizio, il Presidente Lagorio della Regione Toscana. Ma intanto l'opinione resta choccata e le Regioni subiscono, alla vigilia delle elezioni, un altro colpo ad effetto negativo.
Ed un organo di stampa assai vicino alla Fiat non trova spazio adeguato per informare, nemmeno rileggendo quanto già avevo in proposito scritto salvandosi in corner solo per l'apporto di un valoroso e attento redattore.
Certo l'avvicinarsi della scadenza elettorale impone a tutti un momento di riflessione critica che deve soprattutto tendere, a mio avviso, ad un rilancio del regionalismo e delle autonomie locali, superando le tensioni e mettendo a frutto l'esperienza fatta concretamente in questi anni. Ma attenti a non essere involontariamente dei sabotatori.
Mi conservi il buon Dio in vita per quel tanto di tempo - e spero che a questo fine non ne occorra molto - che mi consenta di vedere cresciuta e fattasi forte e vigorosa questa creatura alla quale mi è toccato di dare in diversi momenti e con diverse responsabilità, quanto mi è stato possibile; e alla quale credo, come credono loro.
Chi avrà ventura di presentare l'ultimo bilancio della seconda legislatura regionale possa mietere a piene mani dalla seminagione nostra arricchito anche dagli elementi stimolanti della critica.
Questa tragica bufera che ancor non resta, sarà allora placata, e il cammino sarà spedito.
Governare è sempre difficile, è in questo momento difficilissimo.
L'immagine della zattera tra i marosi, che è stata, forse con diverso proposito, raffigurata, è immagine terribilmente vera: tenere il mare in queste condizioni è già grande cosa, è la salvezza, è la via all'approdo per una più libera e sicura navigazione, per tutti.
E loro lo sanno bene, perché al di là della formulata ipotesi del compromesso, inattuale, tutti sostanzialmente vogliono che la zattera resti robustamente a galla, consentendo a chi la occupa un'azione volta a vantaggio di tutti, anche se taluno la vorrebbe spostata su un piano che è diverso da quello che anima i propositi e le opere della nostra Giunta, che pure in differenziate visioni e valutazioni ha tenuto e tiene fermo un programma, via via attuandolo, e, per quanto occorre, aggiornandolo realizzando la partecipazione che si fa sempre più viva.
E' stato qui detto che quando alcune soluzioni furono assunte con l'unanime consenso dell'assemblea è stato più agevole attingere la meta; e ciò è vero ed importante e lo ha dimostrato l'unanime scelta di campo squisitamente costituzionale e profondamente sentita, dell'antifascismo; ma in regime di democrazia, che è per sua natura pluralistica, e pertanto antiunanimista, anche se assume a guida il principio dell'in necessaris unibus - com'è per il bene supremo della libertà - con quel che segue; non si può fare dell'assemblearismo una bandiera da porre costantemente quale pennone in cima alla torre.
In democrazia si può e si deve scegliere: le convergenze possono portare ad una unità su un certo argomento che, ripeto, non è unanimismo a tutti i costi, e che non può essere imposto, poiché sarebbe o potrebbe essere allora prossima l'insidia dell'autoritarismo: che è la strada sulla quale si avvia la dittatura.
Del resto mi sembra anche giusto sottolineare, ed indirettamente taluno l'ha rilevato, che non si è giunti mai allo scontro decisionale con un colpo di maggioranza.
Si sono operate scelte: ciascuno ha creduto che la propria fosse la migliore. Tra poco il corpo elettorale esprimerà in proposito il suo giudizio. Noi lo attendiamo fiduciosi.
E per tornare adesso agli interventi, intendo innanzitutto ringraziare gli Assessori Paganelli e Simonelli, particolarmente impegnati, per le loro puntualizzazioni diligenti e valide. E ringrazio anche, perché no, il prof.
Gatti, consulente prezioso della nostra Regione, al quale il Consigliere Sanlorenzo ha attribuito la paternità della relazione ampia, di grande respiro, che accompagna il bilancio. Debbo privarlo di questo attributo di paternità, che rivendico responsabilmente alla Giunta, e in particolare ai due Assessori Simonelli e Paganelli. La relazione trova la sua paternità reale e sostanziale nella volontà e nelle scelte, proprie della Giunta, ed esprime quella volontà, e la responsabilità di quelle scelte, discusse limate contestate, contrastate, e poi placate dal linguaggio dei numeri che hanno forza cogente: il più delle volte tarpando i propositi di azione.
Al prof. Gatti è toccato, come sempre o quasi avviene, di redigere il testo nella stesura definitiva, il che gli dà la brillante maternità dell'opera.
E poi ringrazio il relatore della Commissione, il collega ed amico Dotti, assai più esperto di me in materia di programmi e di numeri.
Relatore di maggioranza che si schiera duramente contro la maggioranza che si esprime nella Giunta? Leggo in copertura ch'egli è il relatore della Commissione; come tale, dunque, portatore obiettivo, sereno, anche se stilisticamente duro ed a volte amabilmente umoristico (che ci sia ancora qualcuno che abbia il senso ed il gusto dell'humor è affidante per l'avvenire e per il presente)! Certamente alcuni giudizi critici sono anche suoi, personali, già espressi in altre circostanze, condivisi con altri membri della Commissione.
E che per questo? Al limite delle possibilità legislative ed operative al traguardo imminente della nostra corsa, il discorso non può assumere, e certo non assume, come pure è stato sussurrato, il senso ed il significato del discorso che si propone la successione alla corona.
Certo, scegliendo fior di fiore, nel serto ricco della relazione si trova qua e là anche qualche pungente ortica. Ed è facile per taluno farne un mazzolino, ed offrirmelo. Mi ricorda il mio Gozzano: "l'ortica più forte l'acciuffi e men ti punge". Ed io mi adeguo.
Comprensibile che si sia voluto cogliere un aspetto della relazione interpretandolo in modo distorto: lo spirito che ha mosso il Consigliere Dotti, relatore imparziale, ma componente autorevole della maggioranza, lo si ricava da una lettura pacata del passo in cui scrive: "La Commissione si fa carico delle scelte e delle mole di lavoro di competenza regionale" precisando poi, pur omesso un cenno a quanto è stato compiuto, - che altri come Cardinali, Falco, Menozzi, Soldano, Franzi, hanno egregiamente sottolineato - che coglie l'occasione per "rilevare quanto resta da fare".
L'indice delle cose fatte sarà sempre perdente rispetto a quello delle cose che restano da fare, anche perché dalle stesse cose fatte nascono esigenze per altre cose da fare. E siamo qui, con la titolazione del ricco periodico del Gruppo consiliare comunista, puntualmente distribuito, ancora in pieno linguaggio gozzaniano: "quel che si poteva fare e non si è fatto per uscire dalla crisi". Gozzano dice: "Non amo che le rose che non colsi" (e so io quanto ami ciò che non mi è stato di cogliere); "non amo che le cose che potevano essere e non sono state". (Cocotte) Qualcuno ha anche detto che talvolta accade al focoso e bizzarro cavaliere che volendo, frustino in pugno, percuotere il cavallo, batte invece la sella; la quale essendo un tutt'uno con il cavallo non pu esimersi dall'accusare il colpo.
Tocca così, all'ultimo anno di gestione e all'ultimo bilancio, di raccogliere l'insieme delle critiche del giudizio complessivo, globale che per fortuna non è ancora davvero quello definitivo della valle di Giosafat.
Ed è logico e naturale che sia così; e sarebbe illogica ed innaturale la pretesa che così non fosse. La continuità lega i diversi momenti e responsabilizza nella unità. Ecco perché siamo qui con sulle spalle il peso della gestione di un quinquennio, con un bilancio che consegniamo con tranquilla coscienza di aver operato, stando su quella zattera di tipo Kon tiki senza corona in testa, e senza mitrìe, tra marosi e bordate: manipolo se non di prodi, certo di convinti regionalisti, che hanno fatto tutto per creare un modo nuovo di governare, riuscendoci in parte, in piccola parte forse, per far della Regione "la rocca delle autonomie".
E' assai più difficile tenere il mare su di una zattera in momenti di burrasca che navigare in mare aperto su un grande transatlantico. E tutti questo lo possono capire; ma chi è al posto di pilotaggio lo vive e lo soffre. E si avventura a volte nel volo cieco, affrontando l'incognito.
Il che non esclude che ci possano essere, e anzi ci sono, errori e colpe anche nel macchinista, specie quando pur con volontà che si riconosce giovanissima, non è più tali di anni. Mi raffiguro nel macchinista perch la rivista del mio Gruppo. Tre colonne, ha pubblicato la fotografia di una delle ultime "vaporiere" in servizio nelle ferrovie piemontesi. Le altre sono in rimessa, dove "pensano " alla strada percorsa, ai viaggiatori, alle merci che hanno trasportato, alle sassate ricevute, per le quali non serban ira, al carbone che le ha annerite, al bene e al male di cui furono partecipi.
E senza alcun complesso freudiano, penso con tanta amarezza che le Regioni camminano ancora a carbone: e anche per questo non fanno i 300 chilometri all'ora di cui qualcuno va parlando.
Questo significa in soldoni che non abbiamo una autonomia finanziaria e sicché questa non ci sarà, non avremo nemmeno autonomia politica quell'autonomia che nei soli limiti del rispetto della Costituzione e delle leggi dello Stato, dev'essere piena, in aderenza alle esigenze crescenti della vita odierna.
Questa considerazione va tenuta presente nel dibattito, per le cose possibili, per le leggi fattibili. Non mitizziamo le Regioni, e non si tirino sassate contro di esse, come troppo spesso avviene da parte di monelli che abitano anche i piani alti: sono sassate che, a differenza di quelle dei cipresseti di Bolgheri, fanno male. Fa perdere credito all'Istituto regionale è scavarne la fossa; in essa sarebbe sepolta quella realtà che gli uomini della Resistenza attraverso il compromesso costituzionale hanno voluto, per costruire il modo nuovo di essere dello Stato, che è faticoso, e richiede tempo. La storia insegna quanto tempo occorra perché le rivoluzioni vedano realizzati i principi che le hanno ispirate.
Il terreno scelto dal più consistente Gruppo di opposizione, quello comunista, come motivo di fondo per il confronto con la Giunta, e la maggioranza che l'ha espressa, e la sostiene, è certamente il più attuale ed il più scottante. E' quello relativo ad una materia che non è affidata specificamente come compito di Istituto alla Regione, e tuttavia maggiormente e doverosamente l'impegna, quale momento socio-politico qualificante, caratterizzandola, specialmente in questi ultimi due anni quando il problema occupazionale e produttivo è venuto impetuosamente alla ribalta, dando ad ogni giorno la sua pena, richiamando ogni giorno un nuovo impegno.
E qui, signor Presidente, signori Consiglieri, si potrà esser tutti sinceramente dispiaciuti che i risultati non siano stati sovente quelli desiderati, ma nessuno potrà contestare l'impegno dato, senza riserve, da tutta la Giunta, da chi vi parla e dall'Assessore che ha la pesante delega ai problemi del lavoro, il dottor Conti.
La Regione Piemonte, se non avesse altro titolo di merito, ha sicuramente questo: di essere stata e di essere a fianco dei lavoratori in lotta per l'occupazione, per il salario, per la sicurezza, in un momento durissimo che dura da anni, e non accenna a flettere.
Non è questo il momento per un riepilogo di quanto è stato fatto, né ci si deve inorgoglire per aver compiuto quello che reputo essere un imperativo di dovere politico, che ha consentito, anche se faticosamente l'apertura di un dialogo con le forze sindacali e con quelle imprenditoriali, che si va facendo sempre più serrato, più sciolto, più agile e pertanto più proficuo; che renda sempre più agevole la capacità di assumere posizioni chiare ed impegni precisi. Ci sono stati dei successi: mi si lasci ricordare, tra gli altri, quello della Moncenisio, per la soluzione del cui problema la Regione ha giocato un ruolo di primo piano ottenendo il finanziamento di 4 miliardi, in tempi di stretta, dagli Istituti piemontesi di credito; ed ora della Venchi Unica che, rinsaldata cammina spedita, con i suoi 1700 lavoratori, verso traguardi che allontanano non solo i rischi occupazionali, ma anche quelli di compromissioni urbanistiche speculative.
Ci sono state e ci sono amarezze rattristanti: quest'ultima che ricordo, per tutte, della Montedison-Montefibre-Vallesusa, che tocca vari centri piemontesi, molti dei quali già colpiti dalla crisi occupazionale anche per altre aziende in difficoltà, è emblematica. Non ne riparlo dettagliatamente, avendo avuto occasione di intrattenere in proposito il Consiglio pochi giorni or sono. Assicuro però i richiedenti che il Gruppo interassessorile cui ho affidato il compito di seguire particolarmente gli aspetti di questo problema nulla trascura per essere al tavolo delle trattative previste per il 4 marzo, con idee e proposte concrete, anche se la competenza primaria è del Governo centrale. così come gli Assessori Conti, Paganelli e Simonelli danno la loro vigile e attenta presenza in direzione dei problemi Fiat, dell'indotto, dei finanziamenti, proseguendo il dialogo più aperto con le banche; e questo anche in relazione alla problematica della posizione bancaria, per una nuova politica finanziaria dalla quale la Regione non può essere estraniata. Nessuno certo si nasconde le difficoltà da superare e i muri da abbattere. Anche in questo settore sembra che qualcosa si muova, e la Regione concorrerà a far muovere di più e in fretta, avendo evidentemente presente, con l'esigenza di snellimento delle pratiche di attingimento e di finanziamento, eliminando eccessive bardature remoranti, altresì l'esigenza della garanzia di difesa del risparmiatore che dà con fiducia denaro alle banche attraverso i depositi.
E' il denaro del risparmiatore, del piccolo risparmiatore, che nonostante tutto ha ancora fiducia, e fa bene ad averla per insegnare a tutti che perduta la fiducia tutto è perduto, che deve essere difeso. E certe cautele che si vorrebbero eliminare, Consigliere Sanlorenzo, non garantendo il risparmio, inaridirebbe la fonte dell'accumulo e della raccolta, del denaro dei risparmiatori, piccoli rivoli che fanno i miliardi.
Si è chiesto che, attesa la situazione di emergenza del tutto particolare, si dia, in occasione di ogni seduta consiliare ragguaglio della situazione occupazionale. Sarà fatto per questi due ultimi mesi di attività consiliare, puntualmente, incominciando - e di questo ho richiesto espressamente l'Assessore Conti, sempre prodigo di energie - dalla presentazione di quella che ho definito la mappa della disoccupazione. E' una cosa necessaria, ma non agevole ad essere compilata, anche per la sua mobilità: ma sarà fatta. Sono dati conoscitivi importanti, utili per più di un profilo. Una mappa ci è stata fornita dall'irruente collega Consigliere Sanlorenzo, che si trova sempre più a suo agio, almeno così mi pare, quando parla dal banco di Consigliere, che non dallo scranno prestigioso di Vice Presidente. E lo capisco bene: sono tanto diversi gli angoli visuali, e gli atteggiamenti che si possono assumere. Egli è fatto per la battaglia dritto, a visiera alzata. La sua oratoria torrentizia la ricorderemo certo tutti, nelle venature dell'ironia e del sarcasmo, nella veemenza dell'invettiva, come nella suasione dove riesce meno, perché si scopre.
Mi duole di dargli un'amarezza, che è stata ed è, prima che sua, mia dicendogli che i dati da lui forniti peccano purtroppo per difetto. Almeno per quanto ho potuto acclarare. Ed è triste.
La situazione piemontese dei lavoratori in cassa integrazione che mi sono procurata presso fonti sindacali regionale è, al 21 febbraio, questa: Aziende Lavoratori Torino 288 184.692 Asti 105 7.500 circa Novara 70 19.770 Alessandria 52 3.000 circa Vercelli 39 5.011 Biella 97 11.000 circa 1.700 a zero ore Cuneo 25 3.900 ______________________________________ 676 234.873 Sono esclusi i lavoratori edili che, in una valutazione molto approssimata, sono circa 15.000 - 20.000.
Il discorso Sanlorenzo, il discorso comunista, che è insieme manifesto di denuncia e programma di proposte, ha da parte mia e da parte della Giunta, l'attenzione che si merita.
Non abbiamo mai respinto e non respingiamo questa importante voce.
Ma andando al di là della veemenza polemica guardiamo la sostanza.
La denunzia della gravità della crisi è stata fatta ancora nell'ultima riunione del Consiglio, assente Sanlorenzo per motivi più che giustificati che mi consentono anzi di formulargli auguri, da me, in termini categorici: ed è nella relazione al bilancio, ed è stata richiamata dagli Assessori Paganelli e Simonelli nei loro discorsi introduttivi.
Che si debba considerare questa come la più grave crisi socio-economica che il Piemonte attraversi dal 1945, e che essa determini per la nostra Regione un momento di eccezionale rigoroso impegno, anche a livello governativo centrale, presso il quale e nei confronti del quale debba assumersi una presa di posizione di pressione, in aderenza anche ad interventi delle forze sindacali, è stato da noi detto e fatto: e sarà fatto a fondo, ora, per il problema più grave che è sul tappeto: Montefibre Vallesusa.
Che la programmazione in generale e quella specifica relativa al discorso con le medie e piccole industrie sotto il profilo dell'acquisizione di elementi conoscitivi per noi e per le aziende, ai fini del loro programma, debba essere compiuto è certo, anche in direzione del discorso con le banche per i finanziamenti; così com'è certa l'esigenza di un intervento specifico e più ampio con le banche per mutare radicalmente il modo degli interventi, e quindi lo stesso modo di essere dell'esercizio del potere bancario e finanziario.
Problemi grossi, complessi, che la Regione affronta, per quanto di sua competenza, convinta che proprio con gli uomini della D.C. che sono ai vertici dei massimi complessi bancari piemontesi sarà possibile trovare intese risolutive, nel quadro di una generale riforma del sistema, che giova tenerlo presente, non è purtroppo competenza nostra anche se è interesse nostro promuoverlo. Che il ceto medio, che in larga misura s'identifica nella realtà delle piccole e medie industrie, debba costituire settore capace di determinare momento responsabile di una svolta, è pacifico. Le richieste che i problemi enunciati trovino esecuzione organica attraverso a due comitati interassessorili, sono già soddisfatte; e c'impegniamo a perfezionarne ed accelerarne l'operatività, attraverso appunto ai due comitati di cui si chiede la costituzione, e che già esistono. Il discorso richiederebbe un'analisi più minuta alla quale non ci si sottrae, ma che avrà risposta nell'azione che verremo svolgendo in quest'ultimo scorcio di attività.
E' verissimo che "oggi è invece proprio in crisi qualcosa che non lo doveva diventare mai, e ciò che più conta è che tutti convengono nel dire che alla stessa situazione di prima, volente o nolenti non si tornerà più".
Tutti perfettamente d'accordo: lo abbiamo detto in occasione dell'incontro promosso dalla Regione Piemonte con le Regioni del Sud avendo al tavolo del dibattito il Sindacato nazionale e la Confindustria lo abbiamo ripetuto al convegno promosso dall'Associazione degli immigrati in Piemonte svoltosi a Torino, sabato, a Palazzo Madama.
Convinte ne sono la stessa Fiat, la Confindustria, che cercano il dialogo con noi, con noi della Regione, come ente interlocutore immediato e diretto. In tal linea agiremo, come si chiede, in questi due mesi, di plenum, e nel tempo successivo, cosiddetto di ordinaria amministrazione pensando con tristezza al ritornello di una canzone che qualcuno tra i più anziani di questo Consiglio probabilmente ricorda, e che diceva "Evviva la Fiat che non si chiude mai" scongiuriamo che non si avveri, nemmeno in parte, il contrario.
Mi si consenta di non scendere in più minuti particolari di risposta assumendo tuttavia l'impegno di esaminare in Giunta, approfonditamente denunce e richieste, che costituiscono trama e ordito di un tessuto che la Giunta da tempo ha sul telaio: che richiede tuttavia del tempo, un tempo congruo, ragionevole.
Il controllo democratico sull'andamento delle ristrutturazioni aziendali, non è certamente agevole, così come non lo è l'istituzione dell'Ufficio regionale Marketing e del centro di ricerche tecnologiche utili e, come è stato detto, quasi indispensabili che richiedono oltretutto, un corpo di tecnici non facile da reperire.
L'Assessore Paganelli non mancherà comunque di proseguire i contatti e gli studi in corso, con riferimento anche alla consistenza delle aziende fornitrici della Fiat, ed al problema dei pagamenti delle forniture.
Io dirò quello che ha detto, discutendo il bilancio della sua Regione rispondendo agli interventi critici della minoranza, il Presidente della Regione Toscana, Lagorio. Lo traggo dalla Rivista di quel Consiglio: "Lagorio non ha quindi esitato ad affermare che poteva essere fatto di più e meglio, ma, ha detto, il rischio di fare di meno e peggio è stato grande.
Ci sono difetti, insufficienze, ritardi..."; " le proposte di incitamento che il documento contiene si collocano 'dentro' lo sforzo che è in atto".
E questo è un parlare onesto, che io accetto, e, nei limiti delle diverse realtà regionali, faccio mio.
Per rispondere ad obiezioni fatte desidero anzitutto sottolineare che la Giunta non intende lasciarsi condizionare dall'imminenza della scadenza elettorale, né per arroccarsi in una posizione di chiusura e di difesa pregiudiziale delle proprie scelte e del proprio operato, né per largheggiare in temi illusori e velleitari che si collochino al di là delle nostre reali possibilità di intervento.
Rimaniamo, come sempre, aperti al contributo positivo che può venire dall'opposizione e dalla sua funzione di controllo e di critica ed insieme ancorati al senso della realtà e delle nostre effettive possibilità di azione.
In questo spirito, se indubbiamente va riconosciuto lo sforzo ancora da compiere per riqualificare a fondo la struttura e la composizione della spesa regionale, soprattutto nei campi di competenza diretta - attraverso il progressivo subentrare della legislazione regionale a quella statale deve anche essere colto il miglioramento che già si è operato e soprattutto il passaggio, che abbiamo accelerato proprio con l'appesantirsi della situazione economica, da una spesa prevalentemente per trasferimento alla spesa diretta della Regione e dai contributi in conto interesse ai contributi in conto capitale.
Testimonianza esemplare di questa tendenza, che credo debba essere proseguita ed ampliata, nella sua portata, è il nuovo disegno di legge per le aree industriali attrezzate, approvato nei giorni scorsi in Commissione ove il contributo regionale è erogato in conto capitale e nella misura del 100% qualora sia indirizzato a Consorzi di Enti locali.
Questo diverso orientamento di spesa rende naturalmente più stringente l'esigenza di disporre sia di un bilancio di cassa - e come dir successivamente si stanno predisponendo gli strumenti per giungere a questo obiettivo - sia di rigorosi programmi pluriennali per i diversi settori in cui si esplica l'attività della Regione, ed anche in questa direzione si sta procedendo attivamente.
Per superare la crisi bisogna aver presente che nelle attuali circostanze la volontà politica rappresenta una condizione necessaria, ma non sufficiente e che dalla crisi non si esce con un' impostazione volontaristica, la quale finisce per sottovalutare lo spessore e la complessità dei problemi, ma con una più articolata manovra di politica economica.
Se si riconosce, del resto, il carattere eminentemente strutturale della crisi italiana e quindi la riconversione necessaria, non ci si pu poi porre nell'ottica congiunturale dei processi di breve periodo, ma si deve avere piena consapevolezza della vastità dello sforzo di ristrutturazione che il Paese deve intraprendere.
In questa direzione l'iniziativa della Regione trova naturalmente spazio, in termini di proposta e di orientamento; ed a ciò sono finalizzate le indagini promosse dall'Assessorato alla programmazione, quasi completamente terminate, sulla diversificazione produttiva della struttura industriale. Non si tratta solo di ricerche conoscitive, ma di studi diretti a fornire una solida piattaforma alla verifica che, anche in base a questi elementi, intendiamo condurre con tutte le forze economico-sociali del Piemonte, per indirizzare e guidare la costruzione di un nuovo assetto produttivo, giocando fino in fondo la funzione che può assolvere la quota di domanda espressa direttamente o coordinata dalla Regione.
Rimane certamente, in parallelo a questo impegno, il problema degli interventi immediati i quali però, se non vogliamo risolvere la nostra azione in una logica assistenziale e di mera solidarietà, debbono inquadrarsi nel confronto che le Regioni, nel loro insieme, debbono svolgere con il Governo per stimolare l'adozione di una vasta serie di iniziative di emergenza per sostenere la produzione e l'occupazione.
Il più stretto rapporto che si deve stabilire tra Regioni e Governo non deve essere inteso né come un ribaltamento totale di responsabilità sul Governo stesso, né come assunzione da parte delle Regioni di una posizione contrattualistica che snaturerebbe la corretta dialettica istituzionale, ma come volontà delle Regioni di partecipare alla gestione della recessione per recuperare uno sviluppo qualitativamente diverso.
Questo apporto delle Regioni pare oggi necessario per consentire alla stessa azione governativa di esprimersi secondo l'indirizzo ripetutamente espresso dal Presidente del Consiglio teso ad accelerare i tempi della ripresa rispetto all'andamento della congiuntura interna ed internazionale.
Non possono infatti destare preoccupazioni le difficoltà che si presentano nel tradurre queste indicazioni di politica economica sul terreno operativo, soprattutto avendo presente che la congiuntura esige interventi tempestivi, non solo nella loro definizione ma contemporaneamente nella loro attuazione.
Ora si deve riconoscere il Governo di aver operato tra dicembre e gennaio una prima significativa correzione diretta nella gestione della manovra creditizia. Ciò è stato reso possibile, come già ricordava nel suo intervento l'Assessore Paganelli, dagli effetti della stretta precedente i quali, nei loro risultati, sono stati più drastici di quanto prevedesse l'autorità monetaria. Ma resta il fatto positivo che a seguito delle misure assunte dal Comitato interministeriale per il credito ed il risparmio, gli istituti creditizi vengono modificando i tassi e si è dato maggior spazio al credito per l'agricoltura e per le esportazioni.
L'ultimo Consiglio dei Ministri ha quindi approvato un'ampia gamma di provvedimenti che rendono possibile un primo rifinanziamento di alcuni settori economici, in particolare appunto quelli volti all'esportazione, e la predisposizione di piani pluriennali per l'edilizia scolastica ed universitaria, i quali dovrebbero, per la loro definizione e gestione passare attraverso le Regioni.
Sono infine stati elevati di 300 miliardi gli stanziamenti per la finanza regionale, accogliendo quindi le richieste di adeguamento che le Regioni avevano avanzato, mentre è in fase di avanzata preparazione la revisione della legge 281 al fine di modificare i meccanismi di finanziamento dell'ordinamento regionale.
Nel loro complesso si tratta di misure nettamente positive che trovano il loro limite maggiore e preoccupante nei tempi esecutivi che richiedono i quali impediscono di volgere a breve, tali interventi, a fronteggiare i guasti della crisi.
Analoghe difficoltà si presentano per quanto concerne le misure di rilancio per l'edilizia alla quale da un lato si riconosce da tutti una notevole capacità di fungere da volano per l'occupazione, ma da un altro pare anche individuare canali di spesa che consentono un pronto avvio di lavori e quindi una rapida ricostituzione di domanda globale.
In questa situazione acquista ulteriore validità la proposta che da tempo abbiamo avanzato, e sulla quale ritengo doveroso ritornare, di riprendere in considerazione quel "pacchetto" di misure predisposto come piano di emergenza tra le Regioni e gli organi della Programmazione nazionale e che si fonda su di un complesso di opere di notevole rilevanza sociale in grado di entrare nel giro di poco tempo in fase esecutiva.
A questa indicazione si può aggiungere quella di indirizzare il massimo di finanziamenti possibili sugli investimenti degli Enti locali, bloccati dall'inflazione e dalla stretta creditizia e che parimenti presentino condizioni di immediata realizzazione.
Si corre altrimenti il rischio di perdere tempo prezioso alla ricerca delle misure più idonee, mentre intanto la recessione devasta il tessuto dell'economia e della società italiana. Se il Governo accetta queste proposte pare invece possibile operare un massiccio intervento che non solo risponde alle esigenze congiunturali, ma insieme soddisfa la domanda sempre più ampia di beni collettivi e quindi si pone nell'ottica di quella diversa qualità dei consumi e della produzione a cui riteniamo, con crescente convenzione, si debba mirare.
Agricoltura. L'agricoltura ha avuto larga presenza nel dibattito, ed e stato davvero un peccato che l'Assessore Chiabrando, la cui attività nel settore è senza limiti, sia rimasto lontano per motivi di salute. Gli rinnoviamo ogni miglior augurio di pronto ristabilimento.
Ebbene in questo campo vi sono stati larghi, premurosi, giusti apprezzamenti da parte del romagnolo-piemontese Consigliere Menozzi, dal sangue caldo, che lo fa a volte ribollente, sempre appassionato, del Consigliere segretario Rag. Franzi, attento e profondo conoscitore della materia anche nelle sue implicazioni europee; del Consigliere Ferraris al quale non so tacere la mia simpatia ed apprezzamento anche per la misurata disponibilità all'intesa di mediazioni profittevoli, pur senza cedimenti dell'altro Consigliere Segretario, che è tra i più migranti dei colleghi il comm. Gerini, il cui intervento mattutino mi ha interessato, per la critica e per i riconoscimenti. Da lui dissento radicalmente per il problema della caccia in genere, ma di quella primaverile in particolare.
Le loro osservazioni e critiche e suggerimenti e richieste di nuovi impegni hanno valore e sono dalla Giunta ascoltate attentamente per recepirne l'apporto, soprattutto nel momento in cui il mondo agricolo piemontese prende coscienza degli elementi della cooperazione dell'associazionismo come fattori della trasformazione sostanziale del modo di essere dell'agricoltura alla quale la Regione non ha atteso l'ultima ora per darle la parte che le spetta, con leggi e con finanziamenti.
Come, anche nel corso delle consultazioni è stato ampiamente riconosciuto.
Quando si rilevi, come è stato fatto, che nel bilancio 1975 all'agricoltura si attribuisce una spesa, che sarà tale anche mediante il provvedimento che fu oggetto preliminare di discussione proprio all'inizio dei lavori e che tornerà presto all'esame per l'approvazione per l'importo di 52 miliardi, si può ben dire, al di là di ogni critica, che non si è miopi e che la Regione dispone di mezzi capaci di determinare un massiccio rilancio produttivo specie se si consideri quanto si è già realizzato in questi primi anni operativi.
Ne è del tutto esatta la critica diretta a censurare come pretesa assenza nostra per quanto si riferisce ai problemi che trovano sede e soluzioni alla C.E.E.
Il Piemonte è stato inserito fra le Regioni svantaggiate, per decisione della C.E.E., che ha disposto appunto di recente l'elenco delle Regioni agricole svantaggiate, come previsto dall' art. 10 della direttiva C.E.E.
160/1972 che riguarda l'incoraggiamento alla cessazione dell'attività agricola e alla destinazione della superficie agricola utilizzata a scopi di miglioramento delle strutture.
Per l'attuazione della direttiva il F.E.O.G.A., sezione orientamento rimborsa agli Stati membri il 25 per cento delle spese, mentre nelle zone agricole svantaggiate rimborsa il 65 per cento delle spese stesse.
E' chiaro, pertanto, il vantaggio per la nostra Regione di aver ottenuto tale riconoscimento.
Ora si è in attesa che il nostro Parlamento recepisca la direttiva C.E.E. con un'apposita legge.
Abbiamo coscienza di aver operato e di operare per realizzare uno sviluppo civile nelle nostre campagne.
Artigianato. E veniamo ai problemi dell'artigianato, che con la consueta passione ed esperienza il Consigliere Raschio ha proposto: 1) Riforma della legge 25.7.1956, n. 860.
L'Amministrazione regionale concorda sull'urgenza di una riforma della legge 860.
Va considerato peraltro che oltre all'aggiornamento di alcuni principi ormai superati, è ormai indispensabile che il Governo individui anche i principi che condizionano l'attività legislativa delle Regioni.
La Giunta ritiene pertanto che la riforma della 860 deve essere effettuata solamente attraverso l'approvazione della legge cornice. A tale proposito sostiene che, per non intaccare l'autonomia e la competenza delle Regioni in materia, la legge quadro dovrebbe unicamente riguardare: la definizione giuridica di impresa artigiana; la necessaria costituzione dell'albo con procedura di iscrizione e relativo contenzioso; la necessaria presenza delle C.P.A. e C.R.A. quali organi di rappresentanza e tutela della categoria da eleggersi sulla base di un unico sistema elettorale.
La Giunta regionale si impegna a sviluppare coordinatamente con le altre Regioni ogni azione politica per una rapida ed appropriata definizione del problema a livello governativo.
2) Credito artigiano.
La legge regionale 9.4.1974, n. 10, in applicazione da circa due mesi ha già consentito di mobilitare investimenti per circa 5 miliardi.
Questa prima applicazione ha permesso altresì di individuare alcuni problemi che devono indubbiamente essere valutati e risolti al fine di consentire la migliore operatività della legge stessa.
La Giunta si impegna senz'altro in questo senso e si riserva di proporre, in occasione della prima relazione al Consiglio sullo stato di gestione della legge, ogni adeguata soluzione.
3) Ente di sviluppo dell'artigianato.
Una risposta concreta alle attese degli artigiani, soprattutto in materia di assistenza tecnica e commerciale, sarà data dall'Ente di sviluppo per l'artigianato.
Anche se non sarà possibile approvare la relativa legge di istituzione entro la fine della presente legislatura, la Giunta riesaminerà con urgenza il proprio disegno di legge, - già rassegnato in Consiglio - sentendosi impegnata a consentirne l'approvazione entro il 1975.
In materia di commercio, a quanto si è richiesto, dò queste informazioni: Azione di coordinamento dei piani di adeguamento e di sviluppo.
La Commissione di esperti appositamente costituita dalla Giunta ha proceduto, sulla base delle zone gravitazionali indicate dai lavori della Siteco, a realizzare incontri tra le rappresentanze delle Amministrazioni Comunali interessate, fornendo supporti tecnici adeguatamente predisposti per favorire il compito dei Comuni minori nella redazione dei piani. Il lavoro sta proseguendo con risultati soddisfacenti, anche se ci sono ancora numerosi Comuni che non si sono per ora interessati all'argomento.
Situazione adempimento legge n. 426 - quadro riassuntivo Provincia Comuni che Comuni che Comuni Totale hanno hanno il che non adottato piano allo hanno il piano studio iniziato il piano Alessandria 45 115 30 190 Asti 57 57 6 120 Cuneo 114 117 19 250 Novara 55 90 20 165 Torino 76 194 45 315 Vercelli 35 129 15 169 Tot. Reg. 382 702 135 1209 Legge sulla ristrutturazione della rete commerciale sull'associazionismo e cooperazione.
In merito alla legge per gli incentivi a favore della ristrutturazione del sistema distributivo e per l'associazionismo e la cooperazione è stato comunicato durante le consultazioni sul bilancio davanti alle Commissioni competenti l'aumento del finanziamento della legge fino a un massimo di 3 miliardi fra contributi in conto capitale e contributi in concorso interessi. Inoltre è stato perfezionato il dispositivo normativo sulla base degli elementi emersi durante le consultazioni in Commissione.
Comitato regionale per la commercializzazione ed il consumo.
Il Comitato è stato regolarmente nominato e verrà convocato nei primi giorni della prossima settimana.
Si deve rilevare che nel frattempo gruppi di categorie, già rappresentate nel Comitato stesso, sono state ricevute per l'esame dei problemi connessi con il settore del latte.
Mercati agricoli E' stato ricevuto il risultato dei lavori della Commissione Comunale di studi per la costituzione del Centro piemontese di commercializzazione concernente l'ipotesi di un nuovo mercato all'ingrosso dei prodotti ortofrutticoli.
Si ritiene si debba procedere con particolare riguardo ai centri di commercializzazione dei prodotti agricoli.
Lavori pubblici. Il settore dei lavori pubblici ha avuto in sostanza nel dibattito, quello che si dice una buona stampa, sottolineando come specie nell'ultimo periodo, si siano fatti molti passi per accelerare la spesa, e rilevando come, con la presentazione da parte della Giunta di un apposito disegno di legge, si proponga la ristrutturazione della legislazione statale con una normativa che tiene in particolare conto l'attuale difficoltà del mercato creditizio, rilanciando iniziative già in corso da parte degli Enti locali.
Bisognerà precisare, ad evitare equivoci, che il sistema delle anticipazioni tende a rendere economici gli appalti, in quanto solleva le imprese dall'onere del ricorso al prefinanziamento da parte di istituti di credito.
Non è del tutto esatto quanto la relazione della Commissione riferisce a proposito delle assegnazioni di contributi regionali nel 1972-1973.
Risultano infatti, appaltate per circa il 70% le opere assistite dal contributo regionale nel 1972, mentre per le altre, ove si elevasse al 6 il contributo regionale - e la possibilità è allo studio - è presumibile che anche queste opere troverebbero spianata la via per l'accensione dei necessari mutui. Per il 1973 - la promessa di contributo fu fatta solamente alla fine dell'anno-sono state appaltate il 30% delle opere finanziate. La proposta che la Commissione formula circa il mantenimento dello stanziamento in bilancio dei fondi destinati al contributo, trasferendoli se non utilizzati nell'anno in un bilancio successivo, appare non attuabile materialmente e non consentita sotto il profilo giuridico. E ciò perch all'atto dell'approvazione del progetto la Regione è tenuta ad assumere l'impegno della rata di rimborso del mutuo a proprio carico, senza di che la Cassa DD.PP. o gli altri Istituti di credito non concederebbero il mutuo stesso. Pertanto, qualora si volessero rendere disponibili le altre somme sui bilanci 1972 e 1973, non formalmente impegnate con decreto del Presidente della Giunta regionale, occorre tener presente che dette somme sono state assegnate a singoli enti in base alle delibere di Giunta di approvazione dei programmi, e non si vede perciò come potrebbero essere nel frattempo destinate all'esecuzione di altre opere, stante che detti Enti vengono inoltrando di mano in mano i relativi progetti esecutivi per ottenere il formale decreto di impegno delle somme promesse.
Da ultimo la Commissione, dato atto di un comportamento migliore di quello dello Stato, lamenta che non si sia sostanzialmente modificata la metodologia per accelerare i tempi che portano alla distribuzione dei fondi.
Ora si deve a questo proposito rilevare che la metodologia finora attuata appare giustificata dal fatto che la Regione ha inteso attribuire agli Enti la facoltà e la responsabilità di individuare e segnalare le proprie necessità di opere pubbliche in ordine prioritario.
La Regione si riserva il compito di selezionarle, operando delle scelte entro i limiti consentiti dal bilancio ed in applicazione di criteri selettivi stabiliti dalla Giunta e concordati con la competente Commissione consiliare che mirano a soddisfare anzitutto le richieste essenziali ed urgenti dei singoli Enti, senza trascurare iniziative di carattere collettivo, come quelle avanzate da consorzi esistenti od in via di costituzione, così da promuovere opere aventi riflessi benefici su una più vasta collettività.
Infine è da precisare che l'indagine avviata dall'Assessore Petrini validissimo e prezioso collaboratore, per accertare le opere esistenti quelle in corso di attuazione, quelle necessarie, di cui si sottolinea l'importanza ed il valore, si propone come finalità principale quella di ottenere un quadro generale e completo della situazione in materia di opere pubbliche in tutto il territorio regionale, e subordinatamente, quella di acquisire più concreti elementi per procedere ad una selezione maggiormente obiettiva delle future richieste, nonché di individuare situazioni di carenza nei confronti delle quali la Regione possa attribuirsi un ruolo promozionale autonomo e risolutivo.
Sono dati conoscitivi che in questo, come in altri settori consentiranno un più spedito cammino, con visione realistica e comparata della situazione.
Sarà certo un buon lavoro, molto utile.
Alle particolari notazioni fatte stamani nel suo ampio intervento dal Consigliere Rivalta, è giusto dare adeguata risposta, che così sintetizzerei: 1) una ripartizione della spesa favorevole alle opere prioritarie, come quelle igienico-sanitarie, risulta già dal bilancio 1975.
Oltre allo stanziamento di L. 2.100.000.000 - di cui al Cap. 1221 per contributi relativi ad opere acquedottistiche e fognarie (stanziamento superiore a quelli che si riferiscono ad altre opere pubbliche) vanno infatti, tenuti presenti altri stanziamenti per opere igienico-sanitarie ed in particolare il notevole impegno, lire 26.000.000.000 - nel triennio 1975/77 assunto per la depurazione delle acque.
2) E' già stato comunicato alla II Commissione consiliare - se ne dà atto nella relazione Dotti al bilancio 1975 - che è in corso una indagine che consentirà di procedere con maggior cognizione alla programmazione delle opere pubbliche.
E' inoltre da ricordare, per quanto riguarda i comprensori, il disegno di legge recentemente approvato dalla Giunta. Noi ci auguriamo che i comprensori divengano presto realtà: allora il discorso Rivalta assumerà concretezza.
3) Il disegno di legge n. 239 - attualmente all' esame delle competenti Commissioni consiliari - proponendosi di agevolare e sveltire l'esecuzione delle opere pubbliche, consentirà di evitare, almeno in parte, che si debbano rincorrere gli aumenti dei costi delle opere.
4) Infine si concorda con il Consigliere Rivalta in ordine all'azione di coordinamento dipartimentale spettante all'Assessorato ai LL.PP. al quale si ritiene debba quanto prima riconoscersi tale funzione.
Case di riposo. In merito a quanto è stato detto dal Consigliere Vecchione per le case di riposo devo rilevare che non vi è alcuna incoerenza nella politica di Giunta e, tanto meno, mancanza di impegno a quanto in precedenza sostenuto.
E' sì vero che abbiamo detto di voler privilegiare interventi volti all'assistenza domiciliare affinché le persone anziane possano continuare a vivere nel proprio ambiente; ma non abbiamo mai affermato che tali interventi potessero prevedere un assoluto superamento delle case di riposo; onde si rende necessario un adeguamento delle loro strutture.
Durante le discussioni dei bilanci 1973/74 non si è dichiarato di voler eliminare totalmente gli interventi favore delle case di riposo, ma di volerli gradualmente diminuire in corrispondenza dell'incremento dell'assistenza domiciliare.
Tale impegno è stato mantenuto. Infatti lo stanziamento passa dai 300 milioni del 1973 ai 200 milioni del 1974 e, tenendo conto dei contenuti del disegno di legge della Giunta regionale n. 239 relativo alle "norme per l'incentivazione di iniziative di Enti locali, di Enti ospedalieri e di Istituti di assistenza e beneficenza", che ha effetto retroattivo per il 1974, come è messo in rilievo nella relazione al bilancio di previsione 1975, pur avendo una disponibilità di 400 milioni, sono resi utilizzabili per il corrente anno solo 150 milioni.
Si ha pertanto una diminuzione in assoluto e soprattutto una notevole diminuzione dell'ammontare delle spese che possono essere finanziate riducendolo ad appena un terzo degli interventi possibili nel 1974.
Scuola e formazione professionale. Il dibattito sui problemi della scuola e della formazione professionale è stato particolarmente vivace ed ha avuto punte particolarmente dure anche come carica di espressione verbale.
Vi sono state prese di posizione e richieste illustrate con veemenza dal Consigliere Revelli - e non mancherò di meditare attentamente le sue considerazioni, - e con una ferma responsabile competenza e puntualità dal Consigliere Soldano, che arricchisce sempre i nostri dibattiti con apporti molto costruttivi. Occorrono ora da parte mia alcune puntualizzazioni e risposte che desumo dalla voce robusta dell'Assessore Borando, onerato da questo gravoso impegno al quale volonterosamente attende tra molte difficoltà.
Per quanto attiene al settore della scuola e della formazione professionale il bilancio prevede non solo la conferma dello sforzo già in atto per il 1974, ma una ulteriore accentuazione.
Nel campo dell'assistenza scolastica vengono confermati gli impegni, ed alcuni accentuati, già previsti nel bilancio 1974 per quanto concerne l'assistenza agli alunni frequentanti le scuole superiori - gli Istituti professionali di Stato - che in Piemonte sono numerosi e distribuiti su tutto il territorio della Regione.
Viene confermato lo stanziamento previsto per l'applicazione della Legge regionale n. 27 sull'assistenza scolastica. Sarà una legge non perfetta,qualcuno l'ha definita una "sconfitta". Bisogna stare attenti prima di fare affermazioni così drastiche. Nel Veneto, dove si è fatta una analoga legge e si sono fatte ampie deleghe, per quanto se ne sa, non sembra sia stato un apporto felice, poiché le doglianze sono anche superiori di quelle provocate dalla legge regionale piemontese.
Eppure quella veneta è una legge che il Gruppo comunista ritiene perfetta.
Pochissime altre Regioni si sono impegnate proporzionalmente nella misura in cui ci siamo impegnati noi.
Dopo di che esaminiamo pure i difetti denunciati: art. 2 - deleghe ai Comuni per mense e trasporti - L. 3.800.000.000 per soddisfare 400/500.000 alunni. E' evidente che le lire 7.200 per ogni alunno sono insufficienti.
Cosa si può fare - cambiare il meccanismo di assegnazione agli Enti locali? Dare di più a taluno e dare meno a certi altri? La verità è che sono venuti dal Presidente e dall'Assessore a chiedere di più sia la grande città, come Torino, sia i comunelli delle nostre Comunità montane.
Qui non si tratta di sconfitta o di vittoria; qui si tratta del fatto che per soddisfare tutte le esigenze dell'intera comunità piemontese nel settore dell'assistenza scolastica sono necessari ben più di quanto siamo in grado di disporre, anche se è doveroso dire che ai Comuni, oltre a quanto previsto dall'art. 2 della legge n. 27 - sono stati dati, e lo saranno, altri contributi vari (alle Comunità montane) ed ai Comuni per l'acquisto di scuolabus, che è pure una forma di aiuto del quale numerosi Comuni hanno beneficiato.
La stessa legge prevede fondi destinati alla scuola per L.
3.800.000.000 di cui il 10% (art. 4 della legge stessa) da destinarsi per l'assistenza psicomedico-pedagogica.
Questa destinazione di fondi dati alla "scuola", nonostante le critiche avanzate da chi avrebbe voluto questi fondi amministrati dai Comuni riteniamo sia la più coerente, anche e soprattutto perché sono destinati tali fondi ad essere amministrati in termini democratici e pluralistici quali sono, o dovrebbero essere, per l'appunto i nuovi Organi collegiali eletti in queste ultime tre domeniche.
Se mai, la legge va modificata proprio per quanto concerne l'art. 4 che prevede l'assegnazione alle casse scolastiche di 380.000.000 per l'assistenza psico-medico-pedagogica; e cioè va modificata nel senso che oltre a maggiorare la consistenza del contributo bisognerà effettuarne l'assegnazione in modo da migliorarne l'utilizzazione; piccole somme date ad ogni scuola potrebbero non servire molto, mentre invece una somma consistente data ad un organo che comprende più scuole, può servire ad istituire intere e razionali "equipes " di tecnici a disposizione di tutti.
Per quanto riguarda questi nuovi Enti destinatari dell'assistenza psico medico-pedagogica si può pensare ai Comuni o meglio ancora ai "Distretti scolastici".
E veniamo alla formazione professionale.
La Regione spende circa 10 miliardi e mezzo - non è poco - spende più di quanto riceve dallo Stato - circa 1 miliardo e mezzo in più. Impiegata bene, questa somma, ci consente di fare nella nostra Regione un ottimo lavoro: quando si dice impiegata bene, si intende dire "impiegata in termini di razionalità".
Oggi, è inutile nasconderlo, non lo é, poiché la falsa riga è quella adottata dal Ministero del lavoro, dal quale abbiamo ricevuto le competenze.
Per modificare le cose è necessario fare una legge apposita.
L'Assessore la sta preparando. Ciò è possibile dopo che siano recepiti e rilevati i dati necessari per uno studio aderente alla nostra realtà.
Bisogna però dire che non si può non essere perplessi nel preparare una legge di questo tipo ed in questo settore, poiché proprio qui, forse più che in altri settori, sarebbe necessaria una legge quadro nazionale, che indichi i confini entra i quali le varie leggi regionali debbano collocarsi.
E' così vero quanto affermo, che lo stesso Gruppo comunista che due anni fa (e lo prospetta anche sul giornale di gruppo) aveva annunciato la presentazione di un disegno di legge sulla Formazione Professionale in Piemonte, ancora non mi risulta lo abbia fatto: e certamente non per mancanza di volontà o per negligenza, ma, evidentemente perché le difficoltà cui ho accennato prima sono reali; e lo sono per tutti.
Non si dica che altre Regioni hanno già legiferato in materia, poich non è esatto.
Le leggi della Lombardia e della Toscana sono semplicemente delle norme che riordinano le funzioni prima esercitate dal Ministero, ed ora dalla Regione, senza modificare nulla nella sostanza.
Orbene in attesa di una nuova legge va intanto detto che la Giunta ha operato un graduale e progressivo sforzo per "affinare" la materia.
Le richieste per la Formazione Professionale avanzate dai vari Enti prevedevano 11 miliardi e mezzo; sono stati ridotti a 7 miliardi e 8 milioni.
Non sono state accolte numerose domande non ritenute utili, così come sono stati annullati e soppressi vari corsi non bene eseguiti.
Il lavoro di "depurazione" è stato fatto con gli unici mezzi che la Regione ha allo stato attuale, e cioè i reperti delle ispezioni ed i verbali di esame delle prove fatte alla fine dei corsi, oltre che dalle informazioni dirette di chiunque, ripeto chiunque, possa essere attendibile nel fornire le informazioni.
Nella assegnazione di fondi sono compresi gli Enti tradizionali già tenuti presenti dal Ministero, comprese le Organizzazioni sindacali di categoria dei lavoratori e degli imprenditori che abbiano dimostrato di saper fare un lavoro serio.
Si è detto che vengono dati fondi per corsi professionali anche alle imprese.
Per quanto ci riguarda non sono certamente miliardi dati alla Fiat ed alla Lancia; trattasi di circa 300 milioni alla Fiat e circa 100 alla Olivetti.
Ma si può escludere una azienda come l'Olivetti altamente qualificata in uno specifico settore, con personale seriamente preparato dalla Formazione Professionale della Regione? Non lo credo.
Per quanto concerne le assegnazioni fatte dal Piano che del resto sono state ampiamente e ripetutamente esaminate dalla III Commissione e dalla stessa discusse con l'Assessore Borando, la Giunta ha coscienza di aver fatto quanto è possibile fare oggi, senza precise norme legislative in materia.
L'Assessorato competente si è impegnato a svolgere ed a far svolgere controlli rigorosi sia per quanto concerne la parte amministrativa sia per quanto riguarda la parte didattica e sarà nostra cura dare le relative informazioni richiesteci.
Sanità. Qualche parola sull'argomento della sanità, della riforma ospedaliera. Bisognerà che sia chiaro che se inadempienze ci saranno non saranno addebitabili alla Regione che ha fatto e farà il suo dovere: ma non potrà sostituirsi allo Stato che deve, tassativamente deve, fornire, e tempestivamente, i mezzi finanziari in misura adeguata.
Le leggi conseguenti alla 386/74 sono state preparate dalla Giunta per tempo, dimostrando così la cura che al settore si è indirizzata. La Regione Piemonte è stata la prima ad approvarle. Vi sono Regioni (Emilia) che hanno tuttora da approvare la legge sui ricoveri.
Non dobbiamo confondere le leggi in vigore, tempestivamente attuate dalla Regione, con i progetti di legge, cui peraltro la Giunta ha lo sguardo attento: la Giunta ha proposto al Consiglio (nella sua ultima seduta) il piano di zonizzazione del territorio regionale. Sono raffigurate le circoscrizioni delle istituende Unità Sanitarie Locali.
Non ci nascondiamo che il problema degli anziani, cronici e lungodegenti, è uno dei più gravi, soprattutto a seguito della legge n. 386 che ha esentato i Comuni dal pagare le spedalità. Ciò sta provocando la riduzione dell'assistenza nelle Case di riposo, onde è facile prevedere aumenterà ancora la richiesta di ricoveri ospedalieri.
La Giunta, e per essa l'Assessore Armella, impegnatissimo, sta seguendo il fenomeno con particolare e vigile attenzione, ed assicuro che sarà pronta ad intervenire per garantire che la assistenza sia comunque erogata.
Il grosso problema è quello della spesa: con l'assegnazione alla nostra Regione di 198 miliardi, disponiamo soltanto di L. 44.000 per abitante (all'anno), contro le L. 64.000 del Veneto e le L. 60.000 dell'Emilia Regioni ove c'è da ritenere che l'assistenza ospedaliera sia stata più estesa (maggior numero di ricoveri, più vasti organici? ). Dovremo pertanto, insistere sia per l'aumento del fondo in cifra assoluta, sia per una revisione dei parametri, essendo evidente che le nostre necessità impongono di estendere l'assistenza ai lungodegenti, ai cronici che devono essere spedalizzati, oltre che affrontare i problemi dell'alta specializzazione.
Comunque va rilevato che il trasferimento dalle Mutue alla Regione è avvenuto senza rilevanti disagi, né ci è stata soluzione di continuità.
La Giunta ha assicurato l'erogazione dei primi finanziamenti con tassativi ordini di distinguere la gestione del 1975 da quella degli esercizi precedenti. Il problema è aperto per l'inadeguatezza del fondo nazionale e per i timori sulla regolarità dei pagamenti; ma quello che si vuole far rilevare è che le Amministrazioni ospedaliere possono ora contare su un impegno della Regione che, mi assicura a ragion veduta l'Assessore Armella, certamente ha migliorato e migliorerà la situazione.
Comunità montane. Sono state mosse critiche e rimproveri sulla politica montana sviluppata dalla Regione, in questo breve scorcio di vita delle Comunità montane, e sugli impegni di bilancio.
Certo, nulla si improvvisa, e tutto può essere fatto meglio. Ma non si può guardare settorialmente nessuno dei variegati aspetti problematici della complessa vita regionale; né si può fare perno sul particolare, senza una visione generale. E, mi si perdoni la fermezza del discorso; in questo settore, parte, e parte rilevante del tutto la Regione, quale organo esecutivo, non ha proprio nulla da rimproverarsi, non essendo ad essa imputabile, in una ragionevole valutazione delle circostanze, nemmeno qualche ritardo di fatto realizzatosi. Sono emersi, anche in questo dibattito, e ripetutamente, richiami a ciò che altre Regioni hanno fatto in determinati settori, ancora per noi scoperti. La casa del vicino è sempre più bella, e il giardino sempre più verde.
Ma qui mi si consenta di dire, ai critici della politica montana, e di ricordare alla stessa consulta regionale dell'Uncem, anima della mia anima che, avvenuta la istituzione delle Comunità montane, la Regione Piemonte prima in Italia, ha promulgato la legge 30.3.1974 n. 9 "Contributi nelle spese di funzionamento delle Comunità montane", con la quale eroga alle quarantaquattro Comunità montane 360 milioni annui, in pratica facendole vivere.
Nell'autunno scorso la Regione aveva già approvato tutti gli Statuti delle Comunità montane, con l'eccezione della Valle Orba e della Val Tanaro, le quali per loro vicissitudini - la prima ha avuto un'inclusione di due nuovi Comuni montani, la seconda non trovava un equilibrio interno non avevano ancora adottato lo Statuto. Tutte le quarantaquattro Comunità montane sono, ora, dotate di Statuto.
Con la circolare n. 1636 del 9.10.1974 del Presidente della Regione, si invitava ogni Comunità a presentare un piano di intervento per le opere più urgenti per il 1975, in attesa di adozione del piano di sviluppo economico sociale.
A tutt'oggi già venti Comunità hanno tale piano approvato e con lo stesso decreto di approvazione sono stati loro assegnati i fondi, messi a disposizione dall'art. 15 della legge 3.12.1971 n. 1102, per gli anni 1972 1973-1974.
La Regione ha quindi posto tutte le Comunità montane nella condizione concreta di poter operare scegliendo autonomamente i settori operativi che ciascuna di esse ha ritenuto più urgenti o più consoni alla propria realtà.
In gennaio, infine, il Consiglio regionale ha approvato il disegno di legge n. 181 che la Giunta regionale aveva presentato già il 10.7.1974, per la regolamentazione dei piani di sviluppo tendente a dare, nell'assoluto rispetto dell'autonomia decisionale di ogni singola Comunità un'impostazione omogenea.
Tale legge, tra l'altro, fissa un termine temporale (un anno dall'approvazione dello Statuto) per l'adozione del piano di sviluppo economico-sociale che, altrimenti, avrebbe dovuto essere redatto, a termine di legge nazionale, entro un anno dalla costituzione della Comunità montana.
Si è voluto, in tal modo, dare la possibilità alle Comunità montane di disporre del tempo necessario per la adozione di uno strumento che costituirà senz'altro la base operativa caratterizzante dell'Ente stesso.
Con questa serie di provvedimenti la Regione Piemonte, rispetto a tutte le altre Regioni, si pone certamente all'avanguardia per quanto concerne l'indirizzo generale della politica montana.
Soprattutto, però, ha fatto, in tempi ragionevolmente brevi, tutto quanto era nelle sue competenze per mettere le Comunità montane nella condizione concreta di operare dopo il superamento delle inevitabili difficoltà iniziali.
Ritengo che anche chi è stato critico vorrà consentire sulla positività dell'azione. Occorre, adesso, che le Comunità montane facciano presto e bene la loro parte.
A sottolineare il fatto che la Regione crede nella validità delle Comunità montane e, al di là delle schermaglie verbali, intende fattivamente considerare tali Enti unità di programmazione sui territori che le costituiscono, sta il proposito di questa giunta di verificare quanto prima la opportunità di presentare un disegno di legge che trasferisca i compiti di bonifica montana alle Comunità montane, proprio perché il Governo regionale considera la Comunità montana come uno dei livelli amministrativi operanti nel territorio regionale e l'unico che possa e debba programmare i vari interventi nelle zone montane, senza peraltro, ledere le autonomie comunali che, invece, proprio in essa possono trovare maggiore incisività e potere di azione.
Residui passivi. Una parola che non vuole essere aspra, ma ferma, va detta, anzi ripetuta, in ordine all'addebito che le opposizioni comunista e liberale ci muovono, di avere cioè, colpevolmente, dei residui passivi costituiti dai 100 miliardi (cito in cifra tonda) che non si riescono a spendere per cause assolutamente estranee alla volontà della Regione.
Mi sembra proprio di poter dire, anzi di ripetere, che non si può fare un'affermazione del genere senza recare offesa alla verità dei fatti. Sin che la cosa è detta qui é, in fondo, poca cosa. Mancando argomenti solidi per esigenza polemica si ricorre a speciose forme molestanti, come sempre molestano le cose non vere; e pazienza. Ma accusare all'esterno, come è stato fatto e verosimilmente si farà nel lungo corso della campagna elettorale, e pubblicare sui giornali "cento miliardi in banca e le opere non si fanno", senza spiegare perché non si fanno, senza dire che non tocca alla Regione farle, è in buona sostanza ingannare, non informare l'opinione pubblica, che in gran parte si ferma alla lettura del titolo del giornale.
Liberali e comunisti abbiano sull'argomento il buon gusto di dire che questo non accade in Piemonte soltanto, ma nella generalità delle Regioni comprese quelle degne di segnalazione e sempre citate, come prime della classe, Toscana ed Emilia Romagna, dove gli "allievi" sono particolarmente docili; ebbene nemmeno là, che io sappia, si è trovato modo, conforme a legge, di sbloccare questi fondi, che con tanto in veritiero candore, fa menar scandalo alle minoranze del Consiglio del Piemonte. Il che non esclude che il fatto sia deprecabile, deplorevole, da rimuoversi: e si stanno studiando ed escogitando tutti i sistemi per arrivarci.
Poiché si accusa la Giunta di una politica di contributi dati con il sistema dell'irrigazione e pioggia, qualificandoli anche clientelari, mi faccio, non ingenuamente, una domanda: "quale interesse ha mai allora la Regione a non provocare una larga caduta di pioggia benefica, ed a tenere invece in serbo, sia pure a frutto, tanti miliardi? ". Un poco di coerenza non starebbe male.
Asili-nido. Sul problema degli asili-nido il discorso potrà essere approfondito prossimamente, in occasione della discussione delle linee di piano pluriennale degli asili-nido e del conseguente disegno di legge per il rifinanziamento dei fondi a carico della Regione della legge 15 gennaio 1973 n. 3.
L'impegno finanziario della Regione è notevole: per i piani relativi agli anni 1972 e 1973 abbiamo impegnato 5.600.000.000; in base al piano stralcio relativo agli anni 1974-75-76 si prevede un impegno di L.
8.900.000.000- oltre ad un fondo di lire 2 miliardi per venire incontro ai Comuni inseriti nei piani annuali degli asili-nido con contributi suppletivi per la maggior spesa eventualmente necessaria in conseguenza di appalti in aumento e di revisione dei prezzi contrattuali.
Val la pena rilevare che sul bilancio in discussione la spesa prevista per gli asili-nido a carico della Regione è ben di 7.900.000.000 e che sia per i piani 1972-73 che per i piani futuri l'intervento della Regione è superiore ai fondi statali che per di più sono comprensivi dell'aliquota contributiva dovuta dai datori di lavoro.
La Regione inoltre ha avuto assicurazione che il Consorzio di Credito per le Opere Pubbliche di Roma concederà i mutui ai Comuni per la parte di spesa eccedente il contributo regionale.
Il Consigliere Rivalta ha accusato ritardi nell'attuazione dei piani 1972-73. Si tratta in realtà di piani relativi agli esercizi finanziari 1972-73, ma che sono stati approvati successivamente sia perché la legge regionale sugli asili-nido, pur essendo tra le prime ad essere state approvate in Italia, è del 15.1.73 e pertanto i progetti del primo piano finanziario dovevano essere presentati ai Geni Civili entro il 31.12.73 data in seguito prorogata, a richiesta di molti Comuni, al 31.3.74.
E' ingiusto accusare la Giunta della non immediata integrazione dei contributi statali poiché, al momento dell'approvazione della legge sugli asili-nido, tutte le forze politiche sono state concordi nel non integrare in contributi statali bensì nell'impegnare in fondi regionali per la costruzione di un maggior numero di asili-nido.
E' vero che non è stato ancora approvato il piano relativo all'esercizio finanziario 1974, ma la Giunta, da tempo, ha presentato il piano pluriennale degli asili-nido ed il conseguente disegno di legge di integrazione dei fondi e per di più, a tutt'oggi, il Ministero di Sanità non ha ancora comunicato l'ammontare dei fondi affluite tramite l'INPS nemmeno per il primo semestre 1974 e pertanto non si potrebbe che approvare un piano parziale.
Tenendo conto della situazione generale, la Regione Piemonte è tra le Regioni che hanno i programmi degli asili-nido in fase di più avanzata attuazione.
Lo stesso on. Triva (PCI) in occasione del Convegno indetto a Roma il 18.2.75 dalla fondazione Olivetti per la presentazione degli atti del Convegno sui servizi sociali, tenuto a Torino, ha dichiarato che, malgrado la migliore buona volontà, l'Emilia Romagna ha per ora realizzato un solo asilo-nido.
Il Consigliere Lo Turco ha in termini duri denunciata una carenza della Giunta nel settore specifico della occupazione femminile e sulla condizione della donna. E' argomento di rilevante importanza, non ignorato dalla Giunta, che ha avuto occasione di interessarsene attraverso all'appassionata ed intelligente opera dell'Assessore Anna Maria Vietti generosissima nel suo servizio, e dell'Assessore Conti.
E proprio in questi giorni la Giunta ha dato il patrocinio, nella ricorrenza dell'anno della donna, proclamato dall'ONU, ad una iniziativa promossa dalle Associazioni femminili piemontesi, diretta a compiere un rilevante studio, attraverso ad apposita Commissione, sulla condizione della donna in Piemonte, onde derivarne motivo per giungere a concrete realizzazioni.
L'intervento del Consigliere Curci ha in sostanza cautamente evidenziato il sentimento scarsamente regionalista di chi crede nella centralizzazione, ed ha timore che il volto regionale dello Stato possa assumere, come noi invece auspichiamo, caratteristiche decise e marcate.
Non condivido il suo addebito al bilancio, concretato nell'espressione "pareggio provvisorio". Il pareggio è reale nella misura in cui lo Stato centrale onorerà l'impegno assunto da un Ministro per la crescita doverosa del fondo globale.
Non ho bene inteso l'accenno al centro storico: mi riservo di leggere l'intervento e di dargli una precisa risposta.
Tutela dell'ambiente. Il Consigliere Rivalta ha lamentato l'assoluta mancanza di programmi per la sistemazione idrogeologica.
Dobbiamo replicare che ciò non corrisponde al vero.
Infatti, con delibera della Giunta in data 8 ottobre 1974, è stato dato incarico all'Ires di approntare un piano regionale per la sistemazione idrogeologica e forestale nel territorio piemontese; piano che dovrà essere pronto in parte per il prossimo mese di marzo ed in via definitiva per il mese di luglio prossimo.
Tale decisione della Giunta era già stata portata a conoscenza e sottoposta all'esame delle Commissioni II e V riunite nello stesso mese di ottobre 1974.
A ciò va aggiunto che la Giunta ha presentato il disegno di legge n.
250 volto alla strutturazione degli interventi regionali in materia e che prevede interventi già per il 1975 per la spesa di 5 miliardi.
Il tutto non senza ricordare che già nell'anno 1974 sono stati progettati interventi di sistemazione idrogeologica e forestale per un totale di 1 miliardo e 100 milioni di lire.
In merito poi all'accenno fatto dal Consigliere Rivalta sulla utilizzazione delle acque con particolare riguardo all'irrigazione e rispondendo anche al Consigliere Franzi che si è occupato in modo particolare delle acque dobbiamo ricordare che la Giunta ha già deliberato l'elaborazione del piano generale delle risorse idriche e che lo stesso è stato inviato da tempo alla V Commissione, stante l'impegno, a suo tempo assunto, di discuterne "le finalità e gli obiettivi" in sede di Consiglio.
Nella valutazione delle linee lungo le quali ha operato ed intende operare la Sezione Urbanistica Regionale, sia in ordine all'azione di promozione, controllo ed indirizzo delle iniziative di carattere urbanistico sia in ordine all'elevato numero di Comuni ed alle numerose proposte di pianificazione locale che vengono inoltrate non ne si pu connotare l'operato solo nell'ambito dell'ordinaria amministrazione.
In realtà si stanno concretamente sperimentando procedure ed indirizzi il cui obiettivo è: guidare e caratterizzare, con criteri omogenei, questa capillare, onerosa ma indispensabile opera di verifica ed, in molti casi di consulenza tecnica nei confronti dei 1209 Comuni della Regione.
Ovviamente tali criteri, finalizzati a chiarire portata e senso di iniziative esprimenti esigenze di dimensione comunale, vanno formulati facendo riferimento ad un ambito territoriale ed a dinamiche di natura più vasta, quali quelle che possono interessare ad esempio un comprensorio di Comuni.
Questo è il livello di pianificazione che la Sezione Urbanistica intende ricoprire elaborando sia la base tecnica per il primo esempio di piano territoriale di coordinamento, sia le linee di intervento nei settori che maggiormente interessano il riequilibrio territoriale con particolare riferimento a quello residenziale, pubblico in modo tale da configurare gli interventi e la conseguente ripartizione dei fondi sulla base di specifici programmi settoriali (introducendo così significative innovazioni proprio nel momento gestionale che è di determinante importanza all'interno del processo pianificatorio).
Pertanto il tono che poteva sembra trionfalistico, va in realtà interpretato come responsabile ottimismo derivante dalla coscienza di aver concretamente avviato un processo che è una ormai irreversibile conquista della nostra società e della consapevolezza di aver cercato di superare le indubbie difficoltà poste dal carattere sperimentale dei metodi e dei processi innescati.
Una tappa fondamentale di questo indirizzo promozionale e gestionale è rappresentata indubbiamente dalla formazione delle linee direttrici del piano territoriale di coordinamento dell'area metropolitana torinese, da allargarsi nel più breve tempo possibile alle altre aree ecologiche per ricoprire con strumenti pianificatori l'intera Regione.
Giustamente un giudizio definitivo è agganciato ai contenuti ed alle possibilità attuative che connoteranno questo strumento urbanistico; questo non significa che non debbano giungere già precedentemente, come d'altronde sta avvenendo, preziose indicazioni in ordine ad una formulazione di soluzioni che tenga conto, nel modo più completo possibile, delle esigenze già evidenziate nella fase attuale del lavoro.
In particolare c'è un impegno affinché giungano a realizzazione quelle che attualmente sono ancora ipotesi di riequilibrio, di contenimento dello sviluppo nelle parti più congestionate e di salvaguardia del patrimonio territoriale necessario allo sviluppo futuro dell'area torinese.
Come già è stato, affermato, un settore di fondamentale importanza per guidare il riequilibrio territoriale è indubbiamente quello residenziale.
In tale settore l'Amministrazione regionale, benché disponga di competenze ben delimitate, intende, mediante azione di stimolo, promuovere a tutti i livelli, ed in particolare nei confronti del Governo, o, in azione per introdurre modificazioni nei meccanismi che regolano i flussi dei finanziamenti e la gestione dei fondi.
In quest'ottica si era a suo tempo, orientato l'operato della Giunta con la convinzione di coprire uno spazio ben definito e a carattere straordinario, in attesa dell'iter parlamentare del d.d.l. n. 2949 che doveva garantire il rifinanziamento degli interventi di edilizia pubblica residenziale specie sovvenzionata.
Questa proposta di intervento avanzata dalla Giunta regionale, va pertanto ora giudicata e riformulata tenendo conto del significato insito nel ritardo dell'avanzamento del d.d.l. e della relativa ripresa dei finanziamenti.
In questa nuova considerazione, utilizzando peraltro anche le proposte e le indicazioni emerse al riguardo dal d.d.l. che il Gruppo comunista ha a suo tempo presentato, si è ritenuto di proporre una integrazione dei vari provvedimenti indispensabili per una prima risposta alla domanda di abitazioni ed alla rianimazione dell'attività edilizia.
Per tali provvedimenti inoltre si intende provvedere ad ampliare il ventaglio dei soggetti interessati e si intendono offrire le possibilità per un intervento non soltanto propedeutico al risanamento dei centri storici ma che porti l'intervento pubblico all'interno di queste zone così cariche di contraddizioni.
Si ritiene dunque con il d.d.l. di prossima presentazione di venire fattivamente ed organicamente incontro alle più pressanti esigenze che il settore residenziale ha così drammaticamente espresso, ed esprime tuttora purtroppo nelle more di ogni iniziativa.
Rilevata in particolare la ristrettezza dei tempi a disposizione per intervenire con qualche possibilità di successo sulla sempre più grave crisi del settore edilizio, così efficacemente ripresentata dal Consigliere Rivalta, e sulla sempre più ampia richiesta di case a basso prezzo, sarà cura particolare della Giunta operare, per quanto concerne la procedura applicativa della legge, per la massima riduzione dei tempi compatibile con una gestione che garantisca un'ottica di intervento correttamente coordinata.
In particolare, il momento altamente qualificante della ripartizione dei fondi non dovrà avvenire secondo meccanismi diffusi e generalizzanti ma dovrà passare attraverso un piano unitario coordinante le necessità del settore sul territorio regionale.
Conclusione. Signor Presidente, signori Consiglieri, com'era ovvio il discorso da piemontese che poteva essere s'è fatto più ampio, nazionale ed internazione: il nome del Giappone è risuonato più di una volta. E questo respiro grande l'ha dato dal resto la Giunta alla sua relazione.
Ma si è fatto soprattutto politico, politico partitico, partitico italiano, piemontese. I comunisti rivendicano loro esperienze di governo regionale e le additano a esempio, a modello. Sono realizzazioni o ipotesi di realizzazione, non a noi ignote, come non ignorate sono le critiche e le opposizioni che le accompagnano, da parte dei nostri amici democratici cristiani. Non è sempre tutto oro quel che luce. Spesso leggendo le critiche a quelle maggioranze troviamo negli argomenti della minoranza democristiana, come è documentato, assonanze a quelli adotti qui, nei nostri confronti, dall'opposizione comunista.
E' la logica che guida ancora il modo di essere di questa democrazia dove c'é chi governa e chi, nella regola del gioco, esprime non certo irresponsabilmente, ma anche senza assumere delle responsabilità, punti di vista diversi, avanzati, sempre più avanzati, però non realizzabili.
E mi sembra anche di poter aggiungere che vi sono poi circostanze obiettive esterne, ambientali, di uomini, che consentono in un luogo ci che non è possibile altrove.
Alludo anche alle posizioni di disciplina e di omogeneità.
Né può dimenticarsi, nello stabilire raffronti, quale è lo status nel quale da tre anni il Piemonte, la Regione Piemonte si trova ad agire. Metà e forse più del tempo di pur lunghe giornate di lavoro è assorbita dalla cura che viene data ai problemi della occupazione nel settore del lavoro.
Dicevo che il discorso si fa politico; dall'affermazione di Ferraris che rivolgendosi a Simonelli lo rimprovera dicendogli: "quand'eri in quell'altro banco parlavi diversamente" (e Simonelli non ha certo mutato le sue opinioni ideologiche), sino a quelle più clamorose del j' accuse di Sanlorenzo, che punta il dito imperativamente ciceroniano, tuona: usque tandem abuteris D.C. patiantiae mee! Dato certo, chi è in un Partito assume le responsabilità del Partito anche se non è personalmente in colpa.
Ma ha anche il dovere, chi è in un Partito, date a Cesare quel ch'è di Cesare, di ricordare quello che il Partito ha fatto. E questo che dico è merito essenziale, principale, fondamentale del Partito democratico popolare antifascista al quale appartengo: ha salvato e difeso la libertà e ancora la difende, con la collaborazione di altre forze. E questo è il primum. Meglio il pane solo, mangiato da uomo libero, o la sbobba del campo di concentramento, che il companatico mangiato da servo.
In Italia, nell'Italia libera, tutti possono liberamente esprimere a voce e per scritto le proprie opinioni, idee, giudizi.
Quando c'è la libertà c'é posto per tutto il resto. C'è modo, superato il momento difficile, che può anche travolgere in errori, dar luogo a scandali, da condannarsi senza pietà, severamente, di riprendere.
La D.C. non ha la vocazione dell'autoaffondamento, così come non ha la libidine di potere, e fu pur detto a De Gasperi, che resta bandiera democratica e libera, e cristiana, da non ammainare.
Ci sono uomini che hanno sbagliato, che sbagliano: ce ne sono in tutti i Partiti.
Ma il largo massiccio consenso di decine e decine di milioni di voti nonostante marginali smagliature, spiacevoli, ma non determinanti, conferma al Partito che a questo posto di alta responsabilità mi ha designato e che servo negli ideali col massimo disinteresse, dandogli tutto ciò che mi chiede e sino a che me lo chiede, il diritto-dovere di restare al posto di guida.
E ciò sicuramente non ignorando, ed anzi valutando nella dovuta misura quello che è l'arricchimento di consensi che vanno al maggior Partito di opposizione, ciascuno camminando all'ombra della propria bandiera.
No, collega Sanlorenzo, non è venuto il momento di abbandonare il campo, che si tiene per la difesa dei valori democratici degli italiani.
Si potranno cambiare dei cavalli, alcuni dei quali tirano dal 1945, o subito dopo; e può essere giunta l'ora del cambio; ma la vettura resta ancora quella, di posta ad ospitare quelle forze politiche che, con un pizzico di speranza e tanta buona volontà e buona fede, sono disposte a dare democraticamente leale collaborazione e cooperazione, nel pieno e completo rispetto reciproco.
Questo è avvenuto e avviene a livello di Giunta regionale piemontese com'è stato verificato, senza riserve, pochi giorni addietro, con tutti i Partiti. E la circostanza mi consente di ringraziare tutti gli Assessori ed i Consiglieri della maggioranza, e tra questi, non solo per patriottismo di Partito, l'ottimo mio Capogruppo Adriano Bianchi.
Dobbiamo fare della strada insieme.
Questo nostro sistema di società in rapida via di trasformazione, che è ad una svolta veramente storica, lo si avverte chiaramente, non può vedersi sbarrare la via da una pretesa di restaurazione; si cammina avanti, per dirla ancora con De Gasperi, guardando a sinistra, alle aspirazioni delle forze popolari la cui crescita civile e culturale è il fatto più importante e rilevante nel marasma della crisi, e a tutte le altre componenti della nostra società pluralistica.
Difatti, ritardi, insufficienze, anomalie sono superabili se si dispone di una chiara sensibilità ai problemi ed ai fenomeni della politica, come polis.
Che cosa possiamo fare insieme in questi ultimi due mesi? Oltre che rinnovare l'impegno della Giunta, in particolare attraverso agli Assessorati economici, per salvaguardare i livelli occupazionali e per orientare i processi di ristrutturazione, credo doveroso indicare anche al Consiglio regionale le iniziative legislative che realisticamente riteniamo debbano essere considerate prioritarie e che debbono essere quindi varate entro la legislatura.
In primo luogo vi sono due disegni di legge già all'esame del Consiglio, per l'istituzione dei Comprensori e per la creazione di quattro aree industriali attrezzate: è superfluo ribadire ora la rilevanza ed il significato di queste due leggi le quali si collocano entrambe nel quadro della politica di programmazione regionale.
Vi sono poi altri tre disegni di legge che, a tempi brevissimi, la Giunta potrà trasmettere al Consiglio, che parimenti richiedono un esame sollecito e che riguardano la costituzione del Consorzio tra la Regione l'Università degli studi e il Politecnico di Torino per la creazione del sistema informativo regionale; l'istituzione della società finanziaria regionale; l'intervento regionale nell'edilizia residenziale.
Anche per queste iniziative sono superflui i commenti: da tempo dibattiamo questi problemi, la cui complessità ha comportato un necessariamente lungo lavoro di predisposizione e di affinamento delle proposte e quindi dei disegni di legge; ma ormai, su ciascuno di questi temi, credo siamo in grado di dare una risposta adeguata alle esigenze della comunità regionale.
Senza entrare quindi nel merito di tali iniziative, sulle quali avremo occasione di soffermarci nelle prossime settimane, desidero solo informare il Consiglio che accanto alla presentazione del disegno di legge per la formazione del Consorzio per il trattamento automatico delle informazioni la Giunta procederà, sempre entro la legislatura, all'acquisizione delle competenze necessarie per avviare il sistema informativo interno alla Regione, e si procederà contemporaneamente al potenziamento del centro di calcolo dell'Ires, nel quale il Consiglio e la Giunta hanno ravvisato il primo nucleo del "sistema informativo sulla Regione".
Trova in tal modo completo adempimento l'ordine del giorno approvato dal Consiglio regionale nel luglio scorso a conclusione dei lavori che avevano preso spunto dalla situazione del Centro di calcolo dell'Università di Torino e che hanno poi portato ad individuare una più vasta prospettiva di sviluppo dell'informatica a livello dell'intera Regione.
Infine la Giunta si ritiene impegnata a concludere, quanto meno in termine di precisa definizione dei vincoli da imporre, il lungo lavoro che ci ha impegnati in questi mesi per l'elaborazione del piano territoriale di coordinamento dell'area torinese.
I Consiglieri che hanno personalmente seguito questa vicenda possono testimoniare come i ritardi che si sono registrati non siano imputabili a scarsa e tanto meno a cattiva volontà della Giunta, ma ad oggettive esigenze di approfondimento scientifico, ostacolate talora da cause esterne, ma guardando alle più solide basi di conoscenza e di previsione di cui ora disponiamo e della possibilità quindi di fondare su di un più solido terreno anche le scelte schiettamente politiche che dobbiamo compiere non penso possiamo rammaricarci del maggior tempo che è stato impiegato e comunque, allo stadio cui siamo arrivati, diviene certamente possibile trarre le prime, essenziali conclusioni.
Concludendo questa indicazione di scadenze e di impegni di lavoro che proponiamo al Consiglio, voglio ancora riaffermare che la Giunta presenterà a tempi brevi il piano regionale di sviluppo.
Anche in questo caso esistono valide ragioni per motivare il ritardo che dobbiamo registrare, a partire dalla gravità e dalla profondità della crisi in atto la quale richiede non vaghe e generiche esortazioni o la mera proposizione di obiettivi, ma l'enunciazione di una precisa ed articolata strategia di sviluppo, la quale ha comportato a sua volta ulteriori approfondimenti di studi e di ricerche.
Sarebbe d'altra parte errato ricondurre la politica di piano unicamente ad un documento: in realtà essa si fonda su alcune scelte centrali, che abbiamo chiaramente compiuto, e sulla creazione di una gamma di strumenti operativi, senza i quali rimaniamo alle enunciazioni ed alle esercitazioni accademiche.
Ora con la costituzione dell'Ires in Ente regionale, dei comprensori delle aree industriali, della finanziaria, del sistema informativo regionale, del piano territoriale dell'area torinese, si viene a formare la prima impalcatura della programmazione ed è in riferimento a questo complesso di iniziative che si può esprimere un giudizio oggettivo sullo stato della programmazione regionale, di cui in questi anni abbiamo iniziato la costruzione, mettendola in grado di acquistare un'incidenza crescente su tutta la realtà regionale.
Per fare questo, molto dipende dal lavoro che potranno fare le Commissioni entro il mese di marzo, in tempo per mandare i testi in Consiglio, il quale ha, per calendario, la disponibilità di otto sedute dei giovedì, che immagino dovrà essere aumentata.
E' molto, non è tutto: ma si è alla fine. Mi viene in mente quel soldatino che, capitato in un reggimento di cavalleria e costretto a saltare in groppa al cavallo per le esercitazioni, tutto spaventato si aggrappa al collo dell'animale, che mal cavalcato, lo sgroppava sempre più dalla sella, sino a che il povero cavalleggero si trovò con il mento tra le orecchie della cavalcatura: come perduto, guardandosi attorno spaventato gridò: "Capitano, questo cavallo è fornuto, datemene un altro! " Passando la mano ad altri o, per taluno, succedendo a se stesso, non daremo una Regione disastrata, ma una Regione che ha fatto, nel suo tempo quanto ha potuto: ed è certo un buon tratto di strada.
Quello di oggi, con l'approvazione del bilancio 1975, e un momento che si proietterà nell'azione della seconda legislatura. Quello che faremo nei due mesi restanti sarà ulteriore arricchimento per lo sviluppo regionale.
Signor Presidente, signori Consiglieri, in questi due mesi si collocano le ricorrenze trentennali della Resistenza, della Liberazione.
Saremo uniti, saremo insieme, senza rinfocolare odii o rinnovare dolori, come pur si dice da chi vorrebbe il silenzio; quel silenzio che sarebbe delitto, e che per prima la Regione Piemonte ha rotto con iniziative valide e provvide, da molti poi seguite. Ed anche questo è parte positiva del bilancio non contabile, ma politico. Uniti per ricordare, per onorare.
Idealmente, credo, noi muoveremo di lì, per camminare ancora avanti con lo spirito di coloro che credettero nella salvezza d'Italia; la vollero e la fecero libera, a prezzo di sangue; agendo anche noi con quello spirito: spirito che unì e non divise.



PRESIDENTE

Hanno così termine le dichiarazioni del Presidente della Giunta.



BERTI Antonio

Chiederei dieci minuti di sospensione.



PRESIDENTE

Sospendo la seduta per alcuni minuti per concordare semmai gli ulteriori interventi. Il primo iscritto è il Consigliere Zanone.
La seduta è sospesa.



(La seduta, sospesa alle ore 17,25, riprende alle ore 17,50)



PRESIDENTE

La seduta è riaperta.
Avrei iscritti a parlare i Consiglieri: Zanone, Curci, Calsolaro, Vera Berti, Bianchi, Gandolfi.
Ha la parola il Consigliere Zanone, Capogruppo del Partito liberale per la dichiarazione di voto.



ZANONE Valerio

Signor Presidente, signori Consiglieri, il voto contrario che il Gruppo liberale darà al bilancio di previsione per l'anno 1975, non esclude il nostro apprezzamento per l'opera svolta dalla Giunta per la preparazione del bilancio e in particolare degli Assessori che, comunque siano stati assistiti, hanno la paternità ufficiale della relazione illustrativa.
Questa relazione, superando l'ottica amministrativa tipica dei bilanci degli Enti locali, affronta le variabili esterne, nazionali ed internazionali, che incidono sull'economia piemontese e contiene osservazioni certo di grande interesse.
Ma il bilancio della Regione (questa è la prima osservazione che vorrei fare) si differenzia nella forma e nella sostanza dai bilanci degli Enti locali non soltanto e non tanto perché contempli la situazione economica da un balcone più alto, quanto per la funzione tipica dell' Ente Regione, cioè la funzione di legislazione decentrata di coordinamento amministrativo e di programmazione degli interventi economici e sociali localizzabili sul territorio.
Non è questa la prima volta in cui noi ricordiamo che il bilancio regionale deve corrispondere ad una fondamentale prescrizione statutaria quella che stabilisce che la Regione adotta il metodo e gli strumenti della programmazione. E certo non mi soffermerò, dopo gli ultimi annunci che sono stati dati nella sua replica di poco fa dal Presidente della Giunta, sulla mancanza del piano di sviluppo; ho l'impressione - nonostante le conferme che si sono avute poco fa - che esso sia per noi quello che la Palestina era per Mosé e cioè una terra promessa, conosciuta per tradizione verbale ma in cui soltanto i successori avrebbero avuto la fortuna di mettere piede.
In mancanza quindi del piano, anzi, proprio per questa mancanza, in questo bilancio e nella relazione che lo illustra si avverte una lacuna che a mio avviso è di ostacolo alla valutazione del documento e che consiste nell'assenza di un quadro complessivo e dettagliato di stime e di previsioni, sulle domande della comunità regionale, nei campi di competenza dell'Ente Regionale.La relazione comprende alcune tabelle, che per forniscono un elenco di stanziamenti sostenuti da leggi in parte statali e in parte regionali (e noi prendiamo atto con compiacimento che la parte sostenuta da leggi regionali si è estesa); ma per valutare la congruità degli stanziamenti sarebbe stato utile conoscere la stima dei fabbisogni compiuta dalla Giunta, in modo da vedere in quale misura si sia cercata una risposta alle domande sociali e con quali criteri si siano allocate le priorità.
Può darsi ad esempio - per riferirmi ad un caso che mi pare sia emerso anche dalle consultazioni - che la Giunta abbia fatto bene a ridurre di 250 milioni lo stanziamento per la medicina scolastica e di aggiungere 250 milioni allo stanziamento per il risanamento della brucellosi del bestiame bovino; ma senza un riferimento ai rispettivi fabbisogni finanziari il criterio che la Giunta ha seguito nel compiere queste stime resta per noi oscuro e si ha l'impressione che i diversi servizi e i diversi Assessorati abbiano cercato una copertura alle loro necessità, stiracchiando le disponibilità finanziarie della Regione da una parte e dall'altra, come si farebbe con una coperta troppo corta.
Quindi la nostra valutazione complessiva e conclusiva in sede di dichiarazione di voto deve riferirsi non tanto alle singole poste, quanto alla proporzione fra gli obiettivi programmatici e la loro attuazione in sede di bilancio regionale.
Anche così si potrebbero rilevare alcune assenze in settori particolarmente qualificanti: nella stessa elencazione che il Presidente della Giunta regionale ha compiuto poco fa in sede di replica, a me pare che non emerga ad esempio una politica culturale adeguata all'Ente Regione (mi riferisco all'osservazione che è già stata fatta stamani nell'intervento del collega Gerini) né per quanto concernei musei, i monumenti, la tutela del patrimonio storico ed artistico, cioè per la cultura intesa come tradizione; né per quanto concerne le biblioteche, le strutture per il tempo libero, il paesaggio, cioè per la cultura intesa come servizio sociale; né per quanto concerne l'acquisizione e l'elaborazione dei dati, il rapporto con le istituzioni scientifiche, cioè per la cultura intesa come insieme di informazioni e capacità di conoscenza della realtà regionale. A me pare che in questo bilancio una politica regionale per la cultura non ci sia.
Altre analoghe osservazioni si potrebbero fare per altri settori, ma la dichiarazione di voto non è probabilmente la sede appropriata per osservazioni settoriali, anche se riguardano dei settori importanti. Mi atterrò quindi soltanto all'indicazione di quelli che, a nostro avviso....



BERTI Antonio

Avevamo concordato che era possibile.



ZANONE Valerio

Infatti, io mi sono permesso qualche divagazione proprio per l'ampiezza che si è ritenuto di dover dare a queste dichiarazioni di voto conclusive.
Vorrei permetterei di indicare, in estrema sintesi, quelli che a nostro avviso devono essere gli obiettivi prioritari degli interventi della Regione nel campo economico ed in quello sociale.
Nel campo economico vi sono alcune realtà note a tutti. Incominciamo dalla percentuale degli addetti all'agricoltura, che è ancora più elevata della media del triangolo industriale, e dall'età media degli agricoltori che continua a crescere perché il divario di produttività del lavoro agricolo rispetto agli altri settori induce i giovani a lasciare i campi.
Passiamo al settore industriale, dove si sconta la dominanza eccessiva del comparto automobilistico, mentre è del tutto insufficiente, ad esempio l'attività edilizia.
Veniamo al terziario, dove l'incidenza percentuale sulla formazione del prodotto regionale è inferiore a quella del triangolo industrializzato e anche alla media nazionale.
Se questi sono i dati, sui quali credo non vi sia discussione, ne consegue che gli obiettivi regionali in campo economico dovrebbero, a nostro avviso, consistere in una politica agraria indirizzata allo sviluppo dei valori imprenditoriali e non a semplici misure di carattere assistenziale; in una politica industriale, indirizzata ad una maggiore diversificazione produttiva; in una politica dei servizi, indirizzata all'espansione del terziario qualificato e non certo di quello parassitario che domina invece nelle Regioni sottosviluppate del Paese.
Passando dagli interventi economici a quelli sociali, anche qui in estrema sintesi vorrei dire che il problema più difficile che emerge dalla grande immigrazione del ventennio 1951/71, e dal fatto che per effetto della forza traente dei grandi insediamenti industriali la popolazione migrante si è localizzata sul territorio in un modo squilibrato, è quello insoluto della cintura torinese, dove le amministrazioni comunali sono scoppiate sotto la pressione demografica; il primo obiettivo quindi della politica regionale in campo sociale è quello del riequilibrio territoriale comprendendo in questa politica l'impegno per le dotazioni delle abitazioni, delle infrastrutture, dei servizi nelle aree congestionate unitamente a iniziative di sostegno nelle aree marginali e nei Comuni minori.
Noi riteniamo che nella ristretta possibilità oggi offerta dalla situazione della finanza e del credito, gli investimenti pubblici si debbano indirizzare prima di tutto ad accrescere la disponibilità di quei beni e di quei valori che non sono direttamente monetizzabili e che vanno a beneficio di tutti i cittadini. Ci pare che questa sia la definizione più concreta che oggi si può dare a livello regionale al concetto di politica della giustizia sociale. Ma vorremmo anche dire che, a nostro avviso questa priorità degli investimenti sociali non deve essere un limitato rimedio in funzione anticongiunturale, ma una politica di prospettiva a lungo periodo e che per essere realistica deve poter contare su una nuova formazione di flussi di reddito da parte dei settori produttivi.
Mi sono permesso di richiamare brevemente gli obiettivi prioritari che ad avviso del Gruppo liberale dovrebbe fare propri nella propria politica per stabilire un raffronto fra questi obiettivi e il grado di attuazione che essi hanno ricevuto. Penso che questi temi, costantemente richiamati nell'azione del Gruppo liberale alla Regione, trovino consensi in tutti i Gruppi consiliari. Tuttavia, qual'è stato il grado di attuazione? Mettiamo pure in conto le difficoltà solitamente richiamate dal Presidente della Giunta, e non a torto, nel rapporto fra lo Stato e le Regioni, difficoltà che non sfuggono ad un Partito come il nostro, che a suo tempo ha insistito con ostinazione, per là verità poco fortunata, sulla necessità di una legislazione di cornice che mettesse l'Istituto regionale in grado di operare in condizioni di certezza; mettiamo pure in conto la necessità inevitabile, del rodaggio iniziale per cui gli interventi sostanziali della Regione si sono avviati soltanto nella seconda metà della legislatura; con tutto questo dobbiamo constatare che questi obiettivi, anche i più urgenti sono tutti da iscrivere non nel rendiconto delle cose che si sono fatte, ma nel programma delle cose che si dovranno fare, non quindi nel rendiconto della prima legislatura, ma nel programma della seconda.
E, come ha osservato lo stesso relatore di maggioranza, Consigliere Dotti, si è di fatto seguita una politica per cui l'intervento della Regione si è disperso a pioggia, piuttosto di concentrarsi su progetti di priorità che avessero un'effettiva portata, come suol dirsi, riformatrice cioè che qualificassero l'intervento regionale magari in alcuni singoli settori, ma in modo più direttamente qualificante. Ma questa, a onor del vero, non è una qualifica esclusiva della politica regionale, è una caratteristica forse della politica nazionale di questo periodo; si cerca ad esempio, una risposta al malessere sociale non con una politica di insieme perequatrice, ma appunto con una pioggia di interventi a beneficio dei diversi interessi segmentali. Si cerca una risposta alla recessione economica non con una politica di insieme che valorizzi il superstite dinamismo delle forze produttive, ma piuttosto con interventi di protezione, soprattutto da parte degli Enti statali "pigliatutto" che sono chiamati, in realtà, a pigliarsi il più delle volte la gestione delle iniziative industriali in perdita. E questa dispersione dell'intervento politico, ha cause che non sono occasionali e di cui bisogna tener conto anche per arrivare a corrette imputazioni delle responsabilità politiche.
A nostro avviso questa è una caratteristica del regime, o per meglio dire dell'eclisse del regime che ha governato l'Italia negli anni '60 e che ormai sopravvive in attesa di un successore.
Noi siamo convinti, signori Consiglieri, che viviamo in questo periodo una fase di transizione politica, analoga a quella dell'inizio degli anni '60, come negli anni '60 si visse la fase della decadenza della formula del centrismo, all'inizio degli anni '70 si sta vivendo la fase della decadenza della formula del centro sinistra. E in questa fase di transizione fra i preallarmi golpisti e i dibattiti sul compromesso storico (il quale compromesso storico è al contempo oggetto di anatemi ideologici e di pratica quotidiana da parte del Partito di maggioranza relativa) noi abbiamo, restando all'opposizione, acquisita la persuasione che non convenga restare prigionieri di queste formule politiche così inadeguate ad offrire una prospettiva nuova per la politica di domani. Anche in questa Regione c'è una maggioranza di centro sinistra, ma se questa maggioranza dovesse dirci quali sono i suoi tratti inconfondibili e in che cosa la sua fisionomia si differenzia dalle altre formule politiche eventualmente possibili, io credo che anche un oratore così eloquente come il nostro Presidente entrerebbe in qualche difficoltà, perché l'impressione che noi abbiamo sempre avuto è che il centro sinistra alla Regione Piemonte non corrisponda ad una precisa scelta da parte delle forze politiche quanto piuttosto all'adozione di una formula del Governo centrale che gli organi dei Partiti vogliono ripetuta anche nelle sedi periferiche. Con le prossime elezioni di giugno si entrerà forse in una nuova fase in cui converrà uscire un poco da questi schematismi di schieramento e di bandiera per avviare una politica che sia più efficace come Governo effettivo della città e del territorio. Questo ci sembra essere un compito importante se vogliamo combattere lo spirito qualunquista che l'avv. Oberto spesso giustamente denuncia nei suoi discorsi; l'inefficienza del potere locale ha un peso non secondario nella crescente diffusione di intonazione e di sentimenti qualunquisti in certi strati dell'opinione pubblica.
Per questo, votando contro l'ultimo bilancio della legislatura, noi vorremmo invitare la Giunta a fare precedere i fatti alle parole che li celebrano, e a cercare di fare in modo che il consuntivo che si presenterà agli elettori sia meno deludente, più ricco di realizzazioni concrete; e sui fatti, sulle cose concrete che ancora si possono fare, misurare il confronto con le forze politiche.
Signor Presidente della Giunta, la sua conclusione di poco fa comprendeva essenzialmente tre elementi qualificanti: un'ampia citazione di quell'adorabile nemica che è per lei quella che lei stesso pudicamente chiama la maggior forza di opposizione; una vibrata apologia, quella della D.C.; un lungo catalogo, quello dei provvedimenti in lista di attesa. E' essenzialmente su questi che noi vorremmo si spendesse il tempo che resta.



PRESIDENTE

Ha chiesto di parlare il Consigliere Gandolfi, ne ha facoltà.



GANDOLFI Aldo

Signor Presidente, signori Consiglieri, nell'annunciare il mio voto favorevole al bilancio a nome del Partito repubblicano, vorrei fare alcune brevi considerazioni su quello che mi sembra debba essere inteso il significato, il senso dei molti interventi e dichiarazioni ascoltati in quest'aula in merito al bilancio e soprattutto alle difficoltà operative della Regione.
Direi che sia gli interventi dell'opposizione che hanno denunciato inadempienze, difficoltà e lentezze nello sviluppo dell'azione della Regione, come quelli della maggioranza e per ultimo l'appassionato documentato e preciso intervento del Presidente della Regione in fondo ci sembra che abbiano un comune denominatore, cioè la denuncia di una situazione di difficoltà operativa della Regione che ha fondamentalmente due aspetti: uno di carattere istituzionale e uno di carattere economico finanziario. E mi sembra che se una considerazione dobbiamo trarre da quanto è stato detto, questa debba investire questi dati di cornice dell'azione regionale.
Sul piano istituzionale ciò che noi riteniamo di dover trarre da questi cinque anni di vita regionale per consegnarlo al dibattito che ci accingiamo a intraprendere in sede locale e nazionale nella prospettiva delle elezioni amministrative, è che i limiti che incontriamo nell'azione della Regione oggi denunciano la crisi delle autonomie locali e della concezione delle autonomie così come c'è stata consegnata dalla carta costituzionale. Noi viviamo in una situazione nella quale gli interventi programmatori, quegli interventi strutturali significativi che il collega Zanone richiedeva poco fa, devono collocarsi necessariamente in una dimensione sovracomunale comprensoriale per il tramite di autorità politiche e amministrative che abbiano pienezza di poteri su una serie di materie estremamente importanti; sia gli interventi nel campo dei lavori pubblici, dei trasporti, della Sanità, sia quelli in campi nuovi e importantissimi come l'ecologia, il disinquinamento, sono tutti interventi che si possono realizzare se le strutture delle autonomie locali permettono non solo l' impostazione dei piani, ma la gestione dei piani di carattere sovracomunale. E questi interventi in molti casi oggi sono difficili da realizzare.
Noi continuiamo, nella nostra legislazione, a fare riferimento alla necessità di creare dei consorzi comunali, ma sappiamo benissimo che la costituzione di consorzi di Comuni per la gestione operativa di molti dei nostri interventi legislativi, è una strada difficile da battere, lenta che ci porta necessariamente o a una frammentazione di interventi nella dimensione esclusivamente comunale, o a una estrema lentezza nella realizzazione degli stessi, con tutti i fenomeni che siamo andati denunciando; a mancate realizzazioni degli interventi; a ritardi negli appalti delle opere; ad accumulo di residui passivi.
Questa condizione pone alle forze politiche l'esigenza di un ripensamento globale della struttura e dell'organizzazione delle autonomie che deve passare, ci sembra, necessariamente ormai, attraverso l'abolizione delle amministrazioni provinciali e alla creazione di una nuova realtà costituzionale, cioè di organismi di carattere sovracomunale aventi pienezza di poteri e carattere operativo.
Noi inizieremo nelle prossime settimane l'esame di quell'importantissimo disegno di legge che è il disegno istitutivo dei comprensori, ma sappiamo in partenza che lo facciamo avendo davanti dei limiti estremamente precisi, organizzeremo i comprensori come momenti di decentramento democratico della vita regionale, ma con dei poteri che non potranno andare al di là delle indicazioni politiche di organizzazione dei piani comprensoriali che poi dovranno necessariamente affidarsi alla limitatezza dei poteri dei singoli Comuni per l'attuazione degli interventi.
Questo è uno dei nodi fondamentali che il quadro politico istituzionale del nostro Paese deve invece riuscire ad affrontare a livello nazionale occorrono delle leggi costituzionali approvate dal Parlamento per innovare profondamente il quadro che abbiamo di fronte e per modificare le condizioni operative nelle quali la Regione è costretta oggi ad operare.
Se questo è uno dei limiti fondamentali che abbiamo di fronte e che le difficoltà che sono state denunciate ci inducono a considerare, c'è ovviamente l'altro limite che è stato ampiamente sottolineato, quello delle disponibilità finanziarie che oggi l'Ente regionale ha la possibilità di utilizzare per dispiegare la propria potestà legislativa e le proprie possibilità di intervento programmatorio e amministrativo. Sono limiti particolarmente pesanti che con molta difficoltà, ci sembra, il Governo oggi si dichiara disponibile a rivedere, limiti però molto ristretti e chiaramente non sufficienti a colmare il divario tra gli obiettivi che possiamo darci e fa concreta realtà imposta dalla finanza regionale.
Su questo terreno è fondamentale, è importantissimo che il Paese nel suo complesso, cioè attraverso le decisioni di politica economica nazionale, ritrovi le possibilità di accumulo di risorse che permettano poi il dispiegarsi di un'azione amministrativa a livello locale che abbia finalmente la dotazione che deve riuscire ad avere. E' fondamentale peraltro - e questa è un'indicazione che riteniamo di poter dare a conclusione di questa legislatura regionale - anche un tentativo di razionalizzazione della spesa della Regione nei prossimi anni. Noi abbiamo sicuramente dei margini di intervento in parecchi settori, direi in tutti i settori regionali, solo che si migliorino, attraverso le modifiche di carattere istituzionale, possibilità di intervento della Regione, noi abbiamo delle possibilità ancora da perseguire sul piano della razionalizzazione e della riqualificazione della spesa. Questo è certamente un lavoro che il prossimo Consiglio regionale dovrà accingersi a fare perché abbiamo tutti la consapevolezza che con questo bilancio diamo ai nostri successori una situazione estremamente rigida, cristallizzata che sicuramente non può permettere di continuare a ripetere interventi molto consistenti come sono quelli che siamo andati facendo in questi ultimi tempi nel campo dei lavori pubblici, dei trasporti, dell'agricoltura attraverso l'accensione di mutui; stiamo raggiungendo un tetto che porrà dei problemi gravissimi nei prossimi anni. E i provvedimenti che, pur nei limiti delle nostre possibilità, potremo assumere, sono certamente il terreno di scelte particolarmente delicate ed urgenti che già questa Giunta dovrà affrontare nei prossimi mesi, cioè scelte prioritarie di riqualificazione della spesa così come oggi l'abbiamo organizzata.
Questa è un'indicazione particolarmente importante che vorremmo fosse consegnata a conclusione di questo dibattito, perché è certamente il terreno sul quale si misurerà la capacità di piena utilizzazione delle risorse di questa e della prossima Giunta.
Con queste valutazioni io sottolineo ancora l'adesione del P.R.I. allo sforzo che la maggioranza ha fatto in questi ultimi mesi di vita della Regione per prospettare, per organizzare un quadro organico completo di interventi in tutti i campi di competenza della Regione avendo la coscienza, come ha già detto il Presidente della Giunta, che i limiti che abbiamo, le difficoltà che abbiamo dovuto affrontare, quelle che avremo ancora da affrontare certamente non possono permetterci di dichiarare né la nostra piena soddisfazione, né la consapevolezza di aver fatto delle cose particolarmente significative. Quello che tutti possiamo invece dichiarare è che abbiamo operato con impegno, con senso del dovere e con sacrificio per dare alla Regione delle possibilità operative concrete per impostare nel migliore dei modi ogni possibile azione amministrativa della Regione.
Riteniamo - io penso tutti assieme e perché questo è stato il lavoro comune della maggioranza come delle opposizioni - di poter consegnare a chi ci succederà in questo Consiglio regionale una costruzione non certo perfetta, ma perfettibile e degli strumenti di intervento amministrativi che avranno certamente la possibilità di operare per il meglio nei prossimi anni.



PRESIDENTE

La parola al Consigliere Curci.



CURCI Domenico

Signor Presidente, colleghi, la replica del Presidente della Giunta ci induce ad una prima rapida considerazione di massima e cioè che i tanti principi conclamati e a più riprese sviluppati nella relazione, a cominciare da quello dell'incentivazione della produzione per finire alla politica di programmazione, sono stati alquanto ridimensionati dallo stesso Presidente della Giunta nella sua replica.
Una seconda, altrettanto rapida considerazione, riguarda poi la lamentata mancanza di coordinamento fra il bilancio nazionale e la programmazione regionale che deve essere attribuita, lo abbiamo detto stamattina, agli stessi Partiti che detengono il potere sia in sede nazionale che in sede regionale; ed è questa la riprova della gravissima crisi in cui versa il sistema dei Partiti del cosiddetto arco costituzionale. Il sistema poi di risolvere giorno per giorno le crisi di questo o di quel settore, con provvedimenti poco meditati, decisi sotto l'assillo dell'urgenza, con l'unico scopo non di risolvere il problema, ma di dare un contentino ai protestanti (sistema che è proprio dello Stato) rischia di contaminare anche la nostra Regione.
Si parla di mancanza di fiducia come di un qualcosa che farebbe parte di un disdicevole pessimismo, ma a nostro avviso niente è più ingiusto. Il costo delle materie prime è in aumento, il costo del lavoro sempre maggiore, senza trovare compensi in una progressiva produttività, lo Stato e gli Enti pubblici dimostrano sempre più di non essere in grado di impedire il dilatarsi dell'intervento pubblico ai danni del settore privato, tutto lascia temere che si vada sempre di più verso soluzioni marxiste dell'economia ed è quindi logico, fatale che si determini nel settore privato, più ancora che sfiducia, un vero e proprio panico.
Ci illudevamo di ascoltare a questo proposito dal Presidente della Giunta l'affermazione, almeno una petizione di principio, che per restituire vitalità all'impresa privata, specie alla media e piccola impresa, alla media e piccola industria che rimane il fattore fondamentale della ripresa economica, occorre ripristinare un clima di fiducia e che per farlo occorre stabilire un'atmosfera di effettiva collaborazione tra le varie componenti della produzione: capitale, capacità scientifiche e tecniche, lavoro.
Il bilancio di quest'anno ha ampie dimensioni spaziali, investe milioni di cittadini e coinvolge tutta una serie di rapporti con gli Enti locali ha dunque un alto significato politico, dovrebbe avere quindi una sua sostanziale logica coerenza, ma questa coerenza noi non la troviamo nel bilancio del 1975, soprattutto non si trova nella relazione la consapevolezza di una linea non episodica di politica economica.
Per queste ragioni obiettive e per tutte quelle di carattere politico che si riassumono, signor Presidente della Giunta, in quella sua fase ripresa da De Gasperi "avanti andando verso sinistra" (ed è proprio andando verso sinistra che avete fatto precipitare il Paese dal miracolo economico degli anni '50 nella più grave crisi che il Paese sta attraversando) per tutte queste ragioni, dicevo, il Gruppo del M.S.I. Destra nazionale voterà contro il bilancio.



PRESIDENTE

Ha chiesto di parlare il Consigliere Calsolaro, ne ha facoltà.



CALSOLARO Corrado

Signor Presidente, signori Consiglieri, l'approvazione del bilancio conclude praticamente la prima legislatura regionale, anche se alcuni impegni di grande rilievo attendono di essere affrontati ed assolti nel breve spazio di tempo che ancora ci separa dallo scioglimento del Consiglio regionale.
Dalle relazioni della Giunta e del Consigliere Dotti emerge la constatazione di un vasto e gravissimo stato di crisi finanziaria, prima ancora che istituzionale, delle autonomie locali con effetti immediati e diretti sui dati sociali, economici e produttivi del Paese.
Proprio dalla constatazione di questo stato di crisi deriva la centralità delle autonomie locali e il rapporto assai stretto che passa tra la mancata soluzione di tale problema, o le diverse soluzioni possibili, e le contraddizioni produttive, e sociali nelle quali si trova coinvolta la nostra Comunità.
L'aspetto principale di tale crisi è quello finanziario. Nel giro di pochi anni il disavanzo globale delle finanze locali si è accresciuto vertiginosamente, con una passività talmente elevata da produrre essa stessa per suo conto ulteriori margini di esposizione debitoria pressoch incolmabili. Le cause di tale situazione, soprattutto quelle politiche hanno trovato fino a questo momento scarsa risposta, né si è potuto ottenere una adeguata mobilitazione dell'opinione pubblica, orientata nel senso giusto, anche per effetto di una sapiente compagna mirante a convalidare l'idea della passività e della totale improduttività delle istituzioni democratiche di base determinata dai comportamenti clientelari della classe dirigente a livello periferico.
Né il rapporto con le forze sindacali su tale questione si è mai potuto realizzare appieno, per stabilire quelle naturali alleanze che avrebbero potuto fare degli Enti locali una delle vertenze alle quali sono interessate principalmente le grandi masse lavoratrici, e non solo quelle che prestano la loro opera negli Enti locali stessi e nelle aziende da essi dipendenti.
La prima delle cause politiche della crisi finanziaria locale sta nella gestione politica della finanza locale a livello centrale. La riforma tributaria ha sottratto ogni potestà fiscale ai Comuni ed agli altri Enti locali con il risultato di interrompere il circuito tra la politica delle entrate e quella delle uscite indebolendo per ciò stesso ed anzi annientando del tutto la partecipazione degli enti locali all'applicazione dei principi della progressività dell'imposta e della lotta alle evasioni e del pari la responsabilità dell'Ente locale stesso, nei limiti ristretti di ciò che era possibile in rapporto alle entrate tributarie, di ripianare o quanto meno di diminuire il disavanzo di competenza.
La seconda causa è da ricercarsi in lunghi processi degenerativi che hanno lentamente disgregato buona parte della realtà amministrativa di base. La suggestione del procacciamento di clientele e anche alcuni momenti di debolezza verso pressioni corporative privilegiate, hanno dilatato la spesa improduttiva, essendo molto raro il caso di seri ed organici provvedimenti di riqualificazione della spesa corrente, per quanto riguarda il personale.
Gli aspetti deteriori di tale situazione non possono non essere denunciati e conseguentemente combattuti con uguale vigore, anche se si deve tenere conto che il peso dei loro effetti ha concorso, ma non determinato, a provocare il collasso degli Enti locali, la cui causa primaria, sia pure in tempi e in forme meno gravi, avrebbe comunque prodotto l'evento che oggi si deplora. Tale causa primaria sta nell'aumento progressivo dei compiti, dei volumi e della qualità dei servizi erogati delle funzioni di competenza degli Enti locali, a fronte di nessun corrispondente aumento delle entrate, né tanto meno di sostegni straordinari compensativi degli elevati tassi inflazionistici degli ultimi tempi. Ciò ha significato, a causa della condizione generale di rigidità dei bilanci, una effettiva contrazione delle entrate, rapportate all'effettivo potere di acquisto.
Questo stato di cose dal lato finanziario ha avuto ed ha un analogo risvolto negativo dal punto di vista istituzionale, con la conseguenza generale di rendere inoperante dal lato pratico il fenomeno di crescita costante delle attività degli Enti locali, grande illusione dell'impegno democratico di questi anni, ed anzi di contrarre progressivamente il volume e la qualità delle funzioni già di competenza degli Enti locali. Vanno ancora aggiunte le difficoltà insorgenti continuamente nella trasmissione dei poteri dello Stato alle Regioni, e le difficoltà ugualmente rilevanti registrate in merito alla delega dei poteri esecutivi dalle Regioni agli altri Enti locali.
E' fin troppo agevole esemplificare le gravi conseguenze del collasso finanziario degli Enti locali sulle attività da svolgere, sui servizi da erogare quando si arriva al punto che molti Comuni, grandi, medi e piccoli tanto nel Nord quanto nel Sud, hanno serissime difficoltà di corrispondere a fine mese salari e stipendi ai propri dipendenti, ed a quelli delle aziende municipali; non è difficile immaginare la pressoché totale paralisi degli Enti locali nella realizzazione delle opere ed infrastrutture sociali, e la progressiva contrazione dei servizi collettivi erogati.
Partendo dalla constatazione di questo stato si comprende come la crisi degli Enti locali - dei Comuni, delle Province, delle Regioni - si inserisca in modo centrale come uno degli effetti più gravi e delle manifestazioni più allarmanti nella crisi complessiva del Paese.
In primo luogo la crisi delle autonomie implica un continuo consistente aggravamento della finanza pubblica italiana, e così sarà sempre di più, se questa crisi sarà abbandonata a se stessa senza quell'energico provvedimento di contenimento e di risanamento che consenta il normale funzionamento dei Comuni, delle Province e delle Regioni; garantisca la comunità nazionale dal riaccendersi delle mai sopite tentazioni parassitarie e clientelari che provengono non dalla classe politica nel suo generico insieme, ma dalla parte di essa notoriamente responsabile di ci e consenta al tempo stesso l'autonoma gestione da parte dei presidi democratici di base del volume di beni e di servizi sociali che una scelta politica globale - di cui l'autorità monetaria sia la esecutrice e non abbia al contrario l'effettiva e personale responsabilità di decisione deliberi di autorizzare per il Paese, tenendo conto dei giusti problemi di ciascuna parte di esso.
In secondo luogo la crisi delle autonomie locali implica una serie di effetti sempre più incisivi e laceranti sia nei consumi sociali e popolari sia nella difesa e nel sostegno dei livelli occupazionali. Il sistema delle autonomie è posto in ginocchio e si crea un vuoto di potestà e di poteri.
Potrà venire allora in mente a qualcuno di delegare queste potestà e questi poteri ad altri, senza neppure la certezza di una migliore tenuta finanziaria né di un diverso e più elevato livello di efficienza, da giustificare una distorsione così grave del principio costituzionale che affida ai Comuni, alle Province e alle Regioni una parte principale nella gestione democratica dei beni e dei servizi di interesse generale e collettivo.
Ma naturalmente esiste a questo riguardo anche un aspetto assai preoccupante relativo allo stato dell'apparato produttivo del Paese, le cui risorse di mercato, che in alcuni settori chiave sono intimamente connesse all'attività degli Enti locali (come l'edilizia sociale e il relativo indotto, il trasporto collettivo, le varie forme di assistenza sociale) declinano rapidamente in conseguenza della progressiva paralisi dell'azione amministrativa degli Enti locali.
E ciò avviene soprattutto nelle zone depresse, accentuando in questo modo la crisi degli squilibri territoriali del nostro Paese.
Se poi si considera che la stessa piccola e media impresa produttiva è a sua volta attanagliata dalle morse intollerabili della stretta creditizia, il quadro è completo nei suoi principali elementi negativi.
I caratteri principali assunti dalla crisi degli Enti locali, in rapporto alla loro funzionalità, si raccordano infine con le caratteristiche che può assumere la crisi generale del Paese, con ulteriori e gravi distorsioni del sistema economico e produttivo e sulla stessa gestione degli effetti sociali della crisi.
La tendenza di intervenire con la politica di recessione e di contrazione brutale dei consumi sociali e di maggiore rilevanza delle grandi masse popolari si può così rafforzare. E sono queste le caratteristiche negative autorizzate e favorite in modo diffuso e capillare dalla crisi istituzionale finanziaria dei Comuni, delle Province e delle Regioni, quale si presenterà fra qualche mese al giudizio del corpo elettorale.
I Comuni non possono neppure impostare seriamente un programma bench ridotto di infrastrutture sociali; le Province non possono avviare alcuna iniziativa di qualche rilievo in materia di prevenzione e di assistenza sociale; le funzioni regionali sono pesantemente e negativamente condizionate dalle ristrettezze di bilancio, dalla decurtazione dei consumi sociali, dei beni disponibili e dei servizi erogati: questa e la realtà della quale, messa da parte l'illusione di interventi sostitutivi e straordinari di qualche valore, non si può non prendere atto.
Nel quadro di un impegno organico che da questo bilancio, e nel rapporto con il potere centrale e le collettività locali deve trovare opportune valutazioni e proposte, ci sembra di evidenziare alcuni aspetti.
Non appare dubbia la necessità del consolidamento del disavanzo del bilancio degli Enti locali, con intervento dello Stato per ripianare i tassi passivi della parte non ammessa a mutuo privilegiato, e relativa assunzione dell'onere scaglionato in più esercizi. A fronte di tali interventi, può accettarsi il principio di un blocco della spesa pubblica degli Enti locali realizzato in termini reali, per evitare la progressiva evasione determinata con i tassi inflativi. In tale blocco dovrebbe tuttavia consentirsi la riqualificazione della spesa corrente, e per quanto riguarda la erogazione di servizi e per quanto riguarda il monte salari e stipendi, introducendo per la prima il criterio della economicità per ci che attiene ai servizi non assistenziali, e per la seconda percentuali minime obbligatorie di personale qualificato, addetto alle funzioni tecniche e di concetto.
La riapertura della validità della partecipazione degli Enti locali alla determinazione e alla riscossione dei tributi, fino ad un massimo pari all'ammontare delle spese delle infrastrutture, non ha come alternativa che l'assunzione da parte dello Stato dell'onere globale rappresentato dalla spesa corrente per il personale dipendente degli Enti locali, con una parallela contrattazione tendente ad uniformare il trattamento e a diminuire il dislivello retributivo nei confronti degli altri settori del pubblico impiego e dello stesso apparato statuale.
Assicurate le minime condizioni di agibilità finanziaria della gestione delle autonomie locali, e del pari necessario l'impegno per interventi urgenti ed organici rivolti a rimuovere le cause di carattere istituzionale che soprattutto in questi ultimi anni ne hanno seriamente compromesso la funzionalità.
In questo quadro bisogna anche definire una soluzione corretta del problema concernente il rapporto tra l'attività degli Enti locali e le agenzie e le grandi imprese pubbliche e private nel settore delle infrastrutture e dell'edilizia sociale.
Non è certo da escludere l'utilità di un rapporto tra gli Enti locali e soprattutto per le opere di maggiore rilievo, e le agenzie e gli Enti in grado di fornire un valido supporto imprenditoriale e tecnico all'impegno ed ai programmi dei presidi democratici di base.Ma questo rapporto non si può collocare sul piano della confusione sostanziale delle competenze, in qualche caso aggiungendo alla espropriazione a danno degli Enti locali ed a vantaggio di quelli economici sia pure pubblici, delle principali potestà di scelta politica, con una pratica tendenza, accentuatasi in alcuni recenti casi, a concepire il rapporto stesso come un trasferimento puro e semplice di potestà, facendo in tal modo dell'Ente locale il committente non già delle opere, ma dell'intera regolazione degli equilibri sociali ed economici in cui le opere stesse, proprio a causa delle grandi dimensioni dalle quali sono generalmente caratterizzate, vanno ad inserirsi.
E' necessario un impegno politico a tutti i livelli per eliminare queste distorsioni, che con il tempo possono esercitare una influenza assai negativa sulle funzioni istituzionali dei Comuni, delle Province e delle Regioni, accentuandone latenti tendenze parassitarie, scoraggiandone la qualificazione tecnica e culturale, facilitando pericolosamente le aspirazioni speculative naturali in qualsiasi macro-struttura imprenditoriale.
La gestione delle grandi infrastrutture sociali realizzata dagli Enti locali attraverso grandi Enti ed agenzie qualificate deve salvaguardare tutte le potestà di scelta dei presidi democratici di base, per quanto riguarda il regime pubblico dei suoli, la localizzazione delle infrastrutture, la tipologia dei manufatti, la valorizzazione delle energie tecniche e professionali e al tempo stesso dell'apparato produttivo del territorio amministrato.
Questione istituzionale è quella relativa alla corretta e valida distinzione delle attribuzioni delle Regioni e degli Enti locali minori. Da questo lato l'attuazione dell'ordinamento regionale deve considerarsi al termine della sua prima legislatura assai carente nel complesso. Non tutte le Regioni infatti hanno attuato la delega delle funzioni esecutive agli Enti locali, e, nei casi in cui ciò è avvenuto, il passaggio si è realizzato in modo discutibile, e da verificarsi criticamente e per quanto riguarda l'oggetto e per quanto riguarda i soggetti destinatari della delega delle funzioni.
In questa materia non può che ribadirsi il fondamentale concetto per il quale alla Regione spettano i poteri di coordinamento e di indirizzo nelle materie previste dall'ordinamento, mentre gli organi di esecuzione non possono che essere gli Enti territoriali, a base democratica, ed essi soli.
L'impegno sui problemi istituzionali degli Enti locali deve condurre a predisporre entro questa legislatura il nuovo testo della legge sulle autonomie locali, che sostituisca il vecchio e superato strumento della legge comunale e provinciale, ed a conseguirne l'approvazione.
Alcuni elementi essenziali della legge di rifondazione delle autonomie locali sono noti. Si tratta di questioni sulle quali il dibattito delle forze democratiche ha già raggiunto la consapevolezza unitaria circa gli obiettivi da proporre. Alcuni di essi sono: la riorganizzazione della separazione tra spese obbligatorie e facoltative oggi soltanto negatrice delle naturali priorità nella spesa degli Enti locali; la revisione, del sistema di controllo con la restrizione di quelli di merito; una diversa tipologia della organizzazione del Governo degli Enti locali introducendo il criterio generale di flessibilità e domandandone le ulteriori specificazioni al potere regolamentare degli stessi presidi democratici di base, con particolare riguardo alla esigenza di forme autonome di Governo per le grandi aree metropolitane e sviluppando e perfezionando l'istituto del decentramento amministrativo; la soluzione dei problemi posti dalla inutile sopravvivenza così com'é dall'Ente Provincia che va invece sostituito con una diversa realtà intercomunale e comprensoriale ed a competenza rinnovata, comprensiva sia delle principali attribuzioni della vecchia Provincia sia delle nuove che hanno autonomamente determinato la necessità degli strumenti comprensoriali.
La crisi che il Paese e - in misura ancora più acuta - la nostra Regione stanno attraversando ha radici profonde. Non si configura come un semplice malessere congiunturale, per quanto ad aggravarla concorrano in questo momento fattori internazionali di tensione sui prezzi delle materie prime, l'indebolimento del sistema monetario occidentale, lo sconvolgimento nel sistema di distribuzione internazionale delle risorse. Si tratta, a tutti gli effetti, di una crisi strutturale, acutizzata dal concorso dei fattori indicati ma che trova la vera motivazione nelle carenze del sistema economico, frutto di una inadeguata e miope gestione dell'economia e del potere pubblico.
Le vere ragioni delle difficoltà degli anni '70 vanno rintracciate nella politica economica degli anni '50 e '60, anni in cui ad uno sviluppo sostenuto da una situazione di bassi salari, resa possibile dalla stessa distanza che ci separava dalle economie più sviluppate, non ha corrisposto alcun adeguamento sostanziale nella struttura sociale, nella distribuzione del reddito, nel funzionamento dello Stato. A lungo andare proprio questi elementi, che avevano favorito il "boom" disordinato della fine degli anni '50, si sono rovesciati come fattori bloccanti sul sistema economico inceppandone il funzionamento. Si è così dimostrato esatto, purtroppo, il principio secondo cui il mancato sviluppo sociale si trasforma prima o poi in mancato sviluppo economico.
In questi anni l'inadeguatezza e l'incapacità del livello politico hanno consentito che accanto alla crescita economica si generalizzassero fenomeni di spreco, di inefficienza, compatibili forse con una struttura arretrata e di economia stagnante, ma in aperta contraddizione con un processo anche soltanto di razionalizzazione capitalistica se non di trasformazione democratica della società.
L'industria pubblica, possibile motore di un processo di sviluppo razionale, si è trasformata progressivamente nel principale sostegno del parassitismo di Stato. Il capitale privato che non ha saputo raggiungere i successivi punti di equilibrio richiesti dallo sviluppo, e si presenta come un intreccio inestricabile di tendenze contrapposte, non ha trovato un adeguamento reale alla pressione operaia volta a creare le condizioni per una partecipazione sostanziale ai benefici dello sviluppo.
In questi due elementi soprattutto va rintracciata l'origine della crisi presente. Ci sembra in particolare di dover sottolineare come nel nostro Paese, e in particolare in Piemonte, ove l'esperienza vallettiana è di fresca memoria, l'inadeguatezza politica delle classi dirigenti da un lato, e dall'altro la stessa fragilità del capitale abbiano contrastato lo svilupparsi della dialettica di classe attraverso la quale operai e capitale si impongono reciprocamente livelli di risposta sempre più elevati; dialettica che è il motore stesso dello sviluppo.
Nel nostro Paese, da sempre, alla lotta operaia il capitale non sa rispondere che in termini repressivi, contrariamente a quanto accade in quasi tutti i Paesi capitalistici sviluppati, ove a fondamento della crescita tecnologica e produttiva in senso capitalistico sta proprio il riconoscimento del conflitto di classe come dato ineliminabile. In altri termini, il ciclo di lotte apertosi con il 1968-'69 non presenta alcun carattere di eccezionalità, bensì ha corrisposto logicamente al decollo dell'economia italiana da una situazione semi-industriale ad un assetto fondato essenzialmente sull'economia industriale, processo che si era realizzato nel decennio precedente. Eccezionale si è dimostrata, se mai l'incapacità del capitale a riconoscere il proprio stesso interesse nella spinta a riformare la società nazionale e le sue strutture, spinta che la classe operaia ha tenacemente guidato per anni. Parte del capitale, quello che si suol definire a carattere innovativo o che per sua natura richiede per accumulare ed acquisire profitto, proprio la crescita continua dello Stato e della struttura sociale, si è reso disponibile a rispondere in senso riformistico alla pressione operaia. Ciò, ripetiamo, non per scelta più o meno "illuminata", ma per ragioni di sopravvivenza. Non è un caso che a guidare tale parte dello schieramento capitalistico ritroviamo la Fiat che esige per svilupparsi il continuo ampliamento dei consumi di massa e la razionalizzazione delle strutture. Ma a contrastare ed a bloccare il passo com'é in realtà sino ad ora avvenuto - a questo settore del fronte del capitale si sono coalizzate le forze del capitale più arretrato, quelle per intenderci - che si chiamano Montedison e che rappresentano la sostanza stessa del parassitismo di Stato, che si chiamano Monti o si rifanno alla Confindustria dei Costa, al capitale speculativo e finanziario dei Sindona e dei Bonomi. Di quella parte dello schieramento capitalistico, cioè, che si è alimentata in funzione di un mercato del lavoro dominato da una scarsissima forza contrattuale dei lavoratori o del protezionismo finanziario dello Stato e che intravede la propria fine nell'affermarsi non del socialismo ma soltanto di un'economia e di una società modernamente capitalistica.
A testimoniare la gravità del momento e la difficoltà che il movimento operaio deve oggi affrontare sta il lungo elenco delle aziende in crisi delle aziende che hanno posto in cassa integrazione i lavoratori per periodi più o meno prolungati, di quelle che hanno licenziato o stanno licenziando i dipendenti. Basti citare il caso della Emanuel, dove una classe operaia esemplare per maturità e compattezza combatte da mesi contro il proposito di disperdere un patrimonio di competenza e produttività accumulato negli anni; il caso della Vignale che ha licenziato 130 dipendenti; della Tavella di Beinasco; i 1460 a cassa integrazione del Valle Susa; i lavoratori del settore accessori per auto, che stanno pagando in prima persona l'incapacità programmatica del padronato e delle classi dirigenti. Un cenno particolare meritano le vicende della "Gazzetta del Popolo", della Sipra e della Fonit Cetra; tre diversi aspetti di un problema che investe una delle libertà fondamentali, la libertà di espressione.
Il padronato tende in modo sempre più visibile a gestire la crisi economica secondo una linea che comporta l'arretramento della classe operaia dalle posizioni conquistate nell'ultimo quinquennio di lotte. Il progetto è chiaro: va dalla applicazione generalizzata della cassa integrazione alla minaccia sempre più pesante di massicce riduzioni di occupazione, alla ristrutturazione della produzione secondo criteri non contrattati con il Sindacato e tali da riproporre un rafforzato controllo del capitale sulla forza- lavoro.
La classe lavoratrice chiede alla Regione Piemonte due cose fondamentali: la sicurezza del posto di lavoro, come bene diffuso, non riservato a chi abita a Torino e nella sua area; il godimento dei servizi indispensabili, come rivendicazione generale per tutto il territorio regionale.
Ciò comporta una politica socio-economica e territoriale che deve tendere: a limitare i danni della monocoltura e della concentrazione industriale e ad incentivare sia lo sviluppo di taluni settori fino ad oggi trascurati (come l'agricoltura e l'edilizia economico- popolare, taluni comparti della media e piccola industria a carattere tecnologicamente avanzato), sia una più equa distribuzione delle risorse economiche e delle attività produttive sul territorio regionale a sviluppare, in modo equilibrato e che garantisca determinati livelli di efficienza, sia i servizi sociali che gli insediamenti abitativi.
I principali obiettivi concreti della programmazione regionale sono così: quello della differenziazione dell'attività produttiva in modo da garantire sempre i livelli occupazionali ed i redditi; e quello di una organizzazione del territorio che permetta il raggiungimento di sufficienti standards di vita per tutta la popolazione della Regione.
Da questi obiettivi che sono propri del piano regionale, e sui quali tutte le forze politiche democratiche si sono da tempo dichiarate teoricamente d'accordo, emergono le linee per una programmazione socio economica e territoriale anche dell'area di Torino.
Quest'area, in coerenza con il progetto approvato fin dall'epoca del Comitato regionale programmazione economica, che si fondava su un'articolazione del piano regionale per aree ecologiche (accolte poi nello Statuto regionale come "comprensori" socio-economici), va identificata appunto nell'area ecologica di Torino, proprio per evitare che la pianificazione riguardi soltanto i territori in sviluppo e trascuri, com'è sempre stato, le aree marginali, ad iniziare da quelle montane.
Così, quindi, come il piano regionale potrà garantire anche ai comprensori periferici di trovare proprie modalità di sviluppo (in correlazione tra loro e soprattutto con il maggiore comprensorio, che è quello di Torino), anche il piano dell'area ecologica di Torino potrà garantire uno sviluppo sociale, economico e territoriale equilibrato e diffuso su tutta l'area comprensoriale.
Per questi motivi la linea politica che riteniamo più adeguata a proposito delle iniziative che si vanno assumendo nella Regione Piemonte, e più particolarmente nell'area torinese, è sostanzialmente quella di una rivendicazione generale perché la pubblica amministrazione, confermati gli obiettivi generali, adotti per il loro raggiungimento il metodo della programmazione democratica, basato sostanzialmente sulla partecipazione determinante delle forze sociali.
Ciò significa che il compito primario della Regione è quello di darsi un "piano" regionale di sviluppo che vincoli tutta l'azione della pubblica amministrazione piemontese (e non soltanto la Regione) al raggiungimento degli obiettivi individuati. Sarà quindi opportuno, per sviluppare tale politica: pervenire ad un bilancio consolidato della pubblica amministrazione piemontese, sulla base del quale valutare le risorse disponibili e indicare le azioni e le opere effettuabili in un determinato periodo di tempo (il bilancio pluriennale programmato dovrebbe avere la durata del piano regionale, cioè cinque anni) istituire gli strumenti necessari per l'azione pubblica diretta all'incentivazione di determinati settori economici; è pertanto necessario che al più presto inizi ad operare l'Ente regionale di sviluppo agricolo e che si istituisca la finanziaria regionale. Accanto a queste si potranno pensare altri istituti che garantiscano l'efficienza del pubblico intervento in determinati settori istituire i comprensori socio-economici stabiliti dallo Statuto, in modo che garantiscano la reale partecipazione dei cittadini e degli Enti locali minori alla attuazione, e, prima ancora, alla formulazione della programmazione formulare il piano di sviluppo regionale, con apposita decisione della Regione, e la sua articolazione nei piani comprensoriali tra questi ultimi, dare la precedenza, come si sta d'altronde facendo, a quello dell'area ecologica torinese, senza il quale non pu darsi una seria politica urbanistica in quest'area accompagnare i piani di sviluppo socio-economico comprensoriali con un'adeguata strumentazione urbanistica, ed in particolare con i piani territoriali di coordinamento.
Fino a quando, pertanto, non sarà chiara la linea di tendenza dello sviluppo sociale, economico e territoriale, che soltanto potrà essere definita nel piano regionale e nei piani comprensoriali, non è ammissibile dare il via ad opere che sicuramente vincolano la scelta di tali piani in determinate direzioni, a danno di altre soluzioni che paiono più coerenti con gli obiettivi generali che, nelle prime battute della programmazione tutti si dichiarano d'accordo a perseguire.
Certamente, una serie di grandi iniziative e investimenti (autostrade tangenziali, aeroporti, città satelliti), così come sono stati proposti contrastano con tali obiettivi: perché verrebbero a concentrare in un'area già eccessivamente congestionata altri ulteriori investimenti, che verrebbero forzatamente sottratti ad altre aree perché accentuerebbero la concentrazione torinese e renderebbero più marcato il divario tra tale area e il resto del Piemonte perché sono logicamente in contrasto con l' ipotesi di una diversa più equilibrata e giusta distribuzione delle risorse in tutto il territorio regionale.
Tra le grandi scelte che consentono il raggiungimento degli obiettivi generali ci sembra opportuno accentuare l'essenzialità di una politica industriale, sino ad ora inesistente, ed alla quale si richiama la relazione di bilancio facendosi portavoce delle istanze dei movimenti democratici e sindacali, quali la diversificazione dell'apparato industriale, l'avvio di un nuovo modello di consumo, i criteri che debbono presiedere al coordinamento degli investimenti produttivi.
La nostra Regione è risultata quella maggiormente penalizzata dalla crisi che il Paese sta attraversando, e nell'ambito regionale proprio l'area di maggiore concentrazione industriale, cioè l'area metropolitana ha subito i contraccolpi più gravi.
E' sin troppo nota la distorsione strutturale che rende assai fragile il sistema economico piemontese: concentrazione produttiva e concentrazione territoriale fanno del Piemonte un'area industriale destinata a risentire gravemente di ogni rallentamento produttivo che interviene sia direttamente sull'industria automobilistica sia sull'intero sistema.
La stessa struttura dell'occupazione rende conto di una situazione gravemente compromessa. Degli 805.000 occupati nell'industria manifatturiera, oltre 186.000 risultano concentrati nelle quattro industrie motrici (Fiat, Riv, Olivetti, Lancia), e di questi oltre 150.000 sono concentrati nel settore dell'auto. Accanto a questi, 245.000 lavoratori occupati nel settore metalmeccanico operano in industrie largamente complementari all'industria automobilistica, come una forte quota degli occupati nel settore chimico e della gomma.
E' evidente che la prospettiva di garantire il mantenimento dell'occupazione ai livelli attuali dipende da un razionale e rapido programma di riconversione della struttura industriale, vale a dire dall'urgente laborazione e messa in opera di una politica industriale su scala in parte regionale e in parte nazionale. La lezione dell'attuale crisi è infatti chiara: non è più accettabile che oltre il 60% della produzione e dell'occupazione regionali graviti in modo esclusivo intorno all'auto. Peraltro, anche una politica che privilegi decisamente il trasporto pubblico e che si avvii immediatamente ha tempi di realizzazione e di diffusione valutabili ragionevolmente in un decennio.
Talune proposte semplicistiche emerse in questi mesi, quali quella di riconvertire il settore verso i mezzi di pubblico trasporto, mentre da un lato richiedono una volontà politica che è tuttora ben lontana dal manifestarsi (da un anno si parla a vuoto di una commessa pubblica di 30.000 autobus), aprono dall'altro pericoli da non sottovalutare in ordine ai livelli di occupazione. Si calcola, infatti, che una riduzione del 25 nella produzione di autovetture possa comportare una contrazione di occupazione, di- retta e indotta, di oltre 130.000 unità, mentre triplicare la produzione di autobus (attualmente di circa 5.000 unità annue) produrrebbe una occupazione aggiuntiva di sole 16-17.000 unità.
Qualsiasi processo di riconversione deve rispondere ad alcune precise condizioni: non deve penalizzare l'occupazione, e deve avviarsi allo sviluppo di quei settori di produzione dotati di competitività a livello europeo e che siano oggi fortemente deficitarii rispetto alla domanda interna, cioè soggetti ad elevate importazioni.
La strategia della Regione non può che essere quella di una opposizione ferma e decisa ad ogni prospettiva di ristrutturazione che si alimenti a spese dell'occupazione e del salario, per facilitare l'uscita dalla crisi cui va associata un'azione più elastica nei confronti di quelle forze che imbocchino la strada della ristrutturazione produttiva contrattata con il movimento operaio. In termini concreti: se occorre dire fermamente no alla Fiat che sceglie la strada della cassa integrazione e dei tentativi di riassorbimento delle conquiste sindacali, d'altro canto è necessario impostare la ricerca delle direttrici di diversificazione, considerando la Fiat, soprattutto su scala regionale,interlocutore necessario nell'ambito di una programmazione contrattata sullo sviluppo futuro.
Ho accennato all'inizio ad alcuni impegni che il Consiglio dovrà affrontare prima del suo scioglimento. Vorrei solo richiamare, e non solo per opportuna memoria, avendo già accennato ad alcuni di essi nel corso del mio intervento, a quelli che sono particolarmente legati all'azione dei componenti il Gruppo socialista in Giunta o in Consiglio. Mi riferisco alla legge istitutiva della Finanziaria Pubblica regionale e a quella dei Comprensori; al varo degli studi per la elaborazione del piano delle risorse idriche ed all'urgenza della legge sull'assetto idrogeologico.
Essendo stato designato quale relatore su iniziative legislative presentate da altri Gruppi, vorrei assumere anche personalmente l'impegno che deriva da un sollecito corso delle diverse proposte di legge sulle biblioteche degli Enti locali, sugli impianti sportivi, sui parchi. Per quest'ultima mi corre tuttavia il dovere di accennare ad alcune difficoltà si parte dai parchi per arrivare ad uno strumento di carattere generale quale quello rappresentato dai piani territoriali di coordinamento - che potrebbero ostacolare la presentazione nei termini utili della proposta in Consiglio.
Ritengo ancora opportuno ricordare due proposte di legge presentate dal Gruppo socialista e che è nostra ferma intenzione che vengano esaminate dal Consiglio, trattandosi di materia da lungo tempo giacente in Commissione e già opportunamente elaborata. Mi riferisco alla proposta di legge sui Patronati di assistenza sociale di emanazione sindacale - sulla quale si e già realizzata una larga convergenza delle forze politiche e sindacali - e destinata ad innovare profondamente i contenuti dell'attività degli Enti con un'accentuazione del momento promozionale di tutela della sicurezza e della salute nel posto di lavoro; ed alla proposta di legge sulla tutela del patrimonio linguistico-culturale della Regione in adempimento della norma statutaria.
Mi rendo conto della estrema brevità dei tempi, e del fatto che a tutto quanto ho accennato vanno ad aggiungersi altri impegni legislativi altrettanto importanti ed urgenti. Ma sono anche convinto della necessità che questa legislatura, che, mi sia consentito, ha considerevolmente aumentato, con la costituzione di questa Giunta, il ritmo dei suoi lavori e la serietà del suo impegno di attività, si possa chiudere con la presentazione di un consuntivo politico e legislativo destinato a qualificare non questa maggioranza ma lo stesso istituto regionale, al quale tutte le forze dell'arco costituzionale hanno dato il loro importante e determinante contributo.



PRESIDENTE

Ha chiesto di parlare il Consigliere Vera. Ne ha facoltà.



VERA Fernando

Signor Presidente signori Consiglieri, cercherò di aggiungere solo alcune brevi notazioni a queste due lunghe tornate di discorsi sul bilancio regionale.
Inizio con il dire che mi ha colpito il commento apparso sabato scorso su "Stampa Sera" della giornalista Carla Fontana alla prima tornata del dibattito sul bilancio del Consiglio regionale, in particolare per il titolo: "Regione, tutti i Partiti all'opposizione". Questa ipotesi fantapolitica veniva affacciata con l'aggiunta prudenziale di un punto interrogativo.
E' indubbio che, più o meno, partendo da punti diversi, da considerazioni settoriali, da considerazioni di carattere generale, quasi tutti gli interventi sono stati notevolmente critici; a tal punto che in un passato più parlamentare e meno partitico di quello attuale (quando, che so, c'era la Camera fascista), probabilmente il Presidente Oberto avrebbe rassegnato le dimissioni, e il re - quello di Puck, magari, di cui leggiamo su "La Stampa" - avrebbe chiamato, immagino, l'amico Dotti, in quanto autore di una relazione pur essa densa di critiche, a formare il nuovo Governo. Ma anche questa è una ipotesi fantapolitica, perché viviamo in un sistema di tipo diverso.
Capisco che è più facile un discorso di opposizione a riguardo di un bilancio quale quello regionale che ci viene presentato, perché certamente esso può fare astrazione dagli argomenti di tutti i giorni e spaziare su grandi problemi che, non si può negarlo, alla fine della legislatura attendono ancora di avere soluzione: basta a confermarlo, l'elenco delle leggi che in questi ultimi mesi di attività del Consiglio regionale ci proponiamo di approvare, che vanno da quella organica per l'agricoltura che dovrebbe dare razionalità al sistema di interventi nel settore agricolo, alla legge per la Finanziaria, alla legge per i Comprensori (faccio grazia ai Consiglieri della elencazione completa di queste leggi che ci attendono in questi ultimi due mesi).
Se mi è consentito dire qualcosa a difesa di un modo di impostazione di azione che poi trova la sua enunciazione concreta nel bilancio regionale, la mia impressione è che la Giunta regionale abbia preferito la prosa alla poesia, la realtà alla fantasia qualche volta galoppante di altre Regioni italiane. Io non so se quello scelto sia un metodo sbagliato o giusto, però ritengo che un giudizio lo si possa dare considerando i punti d'arrivo all'anno 1975, cioè al quinto anno di legislazione regionale, delle varie Regioni italiane. E ritengo che questo giudizio quanto meno in un ideale match tra la Regione Piemonte e le altre Regioni in molti casi dia luogo ad un pareggio, nel senso che al rettilineo d'arrivo la Regione Piemonte non si trova poi molto indietro rispetto ad altre. Pensiamo, per esempio, alle grandi fumate che nell'anno 1970 si sono levate dalle pianure lombarde, quando sembrava che Milano dovesse proporsi a capitale morale dell'Italia delle Regioni, e pensiamo alla delusione ed all'amarezza di cui è principale testimone oggi proprio il Presidente Bassetti, allora esaltatore di quelle grandi speranze. Chi è partito con grandi propositi, si trova oggi allo stesso livello dei bougianen piemontesi, i quali hanno operato con una certa prudenza, forse difettando ripeto, di fantasia, o di poesia (non solo la grande poesia, ma anche quella minore, di un poeta, per esempio, come Gozzano, per citarne uno particolarmente caro al nostro Presidente). Ci si è limitati alla prosa.
Però, leggendo sui bollettini delle altre Regioni le normative che esse propongono alla vita sociale ed economica delle loro comunità, si ha l'impressione di desabutements, perché, tutto sommato, si tratta delle stesse leggi che abbiamo approvato noi nel Consiglio regionale del Piemonte. E' quindi un discorso più lato quello che occorre fare, più ampio, e che riguarda in generale tutte le Regioni italiane.
Io ritengo che si sia rincorso il mito della soluzione ottimale rappresentata dalla grande programmazione, la programmazione totale dell'economia e della vita delle società regionali, senza tener conto che già negli anni Settanta questo tipo di programmazione si era sbriciolato tra le mani dei programmatori nazionali. Quasi tutte le leggi nostre, come quelle di altre Regioni, si richiamano a questo tipo di programmazione che la Regione dovrebbe darsi. Epperò, manca qualcosa a chi legge la legge, a chi la deve applicare, a chi ad essa deve ricorrere: manca proprio quella programmazione cui continuamente ci si richiama e che finisce anche con l'essere una remora al fare, tal che alcune leggi sono state rinviate, sono state accantonate, sono state ritardate, in attesa che questo grande ponderoso libro dei sogni venisse alla luce e si potesse da esso attingere poi le linee per impostare l'attività legislativa della Regione.
Rincorrendo questa grande programmazione, si è in pratica trascurato un tipo di programmazione più realistica e più realizzabile, quale ci viene per esempio, da altre Nazioni, dalle Regioni di altre Nazioni. Pensiamo, ad esempio, al tipo di impostazione pianificatoria che si son dati molti lander tedeschi, con poche indicazioni di carattere generale e piani di settore estremamente concreti e realistici, che, tra l'altro, sono stati poi anche realizzati, portati avanti, se non al 100%, almeno all'80-90%.
Anche se siamo alla fine della legislatura, penso che ci sia ancora tempo per rovesciare il metodo, almeno come indicazione generale, cioè per cercare di trarre dall'esperienza di cinque anni di vita della Regione Piemonte alcuni orientamenti di carattere generale da lasciare alla seconda legislatura, accanto ad alcuni pilastri, ad alcune cose essenziali, quali sono evidentemente la Finanziaria, quale strumento operativo della politica regionale, e i Comprensori, inquadrati in una selezione delle funzioni degli Enti locali.
Quello che mi pare sia essenziale (l'hanno già detto altri Colleghi, ma vale la pena di ribadirlo) è una selezione della spesa. Perché mi pare che anche il Presidente Oberto abbia difeso il sistema a pioggia....



OBERTO Gianni, Presidente della Giunta regionale

Mi sono aperto l'ombrello, però.



BIANCHI Adriano

Meglio la pioggia della grandine....



VERA Fernando

Meglio certamente della grandine. Però, pur dando atto che non si è sprecato tempo e denaro, occorre porre mente al fatto che siamo veramente giunti al limite oltre il quale l'ombrello rischia di non ripararci più, o quanto meno rischiamo di trovarci immersi nell'acqua fino ai capelli.
Perché, più che un bilancio "anelastico", secondo la definizione data mi pare l'altro giorno dall'amico Cardinali, o un bilancio "rigido", a detta dell'amico Gandolfi, nei prossimi anni di vita regionale si rischierà di avere un bilancio in fortissimo deficit, con da una parte un aumento della domanda, di tutte le esigenze che varie categorie sociali ed economiche portano avanti nei confronti della Regione, ed una svalutazione pesantissima, anche se speriamo a livello minore di quella dell'anno passato e dell'anno in corso, e dall'altra un aumento degli stanziamenti dello Stato che non copre che in misura estremamente esigua questa svalutazione. Se si vuol evitare che la Regione Piemonte venga a trovarsi negli stessi guai che attraversano purtroppo gli Enti locali si dovrà arrivare ad una selezione della spesa.
Non è mancato nel dibattito, sia nell'intervento del Presidente Oberto sia in quelli di altri Consiglieri, il discorso sui rapporti con l'opposizione, intendendosi in genere per opposizione la opposizione comunista, in quanto è senz'altro la più forte e quella con la quale è in corso sul piano nazionale tutto il dibattito sul compromesso storico.
Questo discorso penso abbia, almeno per qualche settore della maggioranza rappresentato una remora, e rappresenta comunque un pericolo, non nel senso che non possa essere utile e valido un confronto con l' opposizione sui grandi temi ed anche sui temi concreti, ma proprio in quanto ci sia la paura di questo confronto da parte della maggioranza e ci sia d'altra parte la tentazione di fare della apposizione un supporto alla propria debolezza.
Concludendo, ritengo che esista ancora la possibilità, alla fine quasi della legislatura, considerando questo nostro bilancio, considerando l'attività svolta, di dare alcune indicazioni generali e alcune leggi essenziali alla comunità piemontese. Il tempo è estremamente limitato, ma occorre che ci sia questa volontà politica. Se la volontà farà difetto e non si provvederà almeno a questo, allora, come altre Regioni, lasceremo tanto per ritornare al paragone della prosa e della poesia - della prosa onesta, della prosa minore, ma senza grandi respiri, e molti, più o meno a seconda delle Regioni, sogni infranti ed una grossa delusione rispetto alle speranze che avevano accompagnato la nascita della Regione.
Con queste considerazioni annuncio il voto favorevole del Gruppo socialista democratico al bilancio presentato dalla Giunta regionale, che vede i nostri Assessori impegnati in compiti importanti e in questo ridottissimo lasso di tempo particolarmente essenziali.



PRESIDENTE

Ha chiesto di parlare il Consigliere Berti. Ne ha facoltà.



BERTI Antonio

Parlo con entusiasmo pari alla stanchezza che deriva da questi due anzi tre, giorni di dibattito, in cui più che ad un confronto e ad una verifica di quello che si è compiuto e di quello che si deve ancora fare in questi mesi abbiamo assistito alla esposizione da parte di alcuni di "discorsi della corona" - per usare una espressione dell'avv. Oberto di qualche anno fa -, più indicati come presentazione a scopo elettorale che a portare un contributo di questo tipo.
Riesce quindi piuttosto difficile - ma è compito del Capogruppo farlo ugualmente - intervenire a chiusura del dibattito per esprimere, oltre che un giudizio, alcune considerazioni critiche aggiuntive, tenuto conto che abbiamo concordato (e del resto già Calsolaro si è ampiamente avvalso di questo accordo) di dare alle dichiarazioni di voto un significato più estensivo.
Certo, il tema di fondo è, almeno per noi comunisti - ma era presente anche nelle introduzioni di Paganelli e Simonelli - quello dell'occupazione, che da tutti d'altronde è stato rilevato essere una delle questioni più drammatiche che noi ci troviamo di fronte in questa situazione, e che rischia di diventarlo ancor di più nel momento caldo del confronto elettorale, in cui noi riteniamo non debbano essere in gioco come sempre avvenuto, gli interessi elettorali degli uomini, ma programmi che dimostrino di affrontare concretamente i problemi grossi, enormi che ci stanno di fronte, e per i quali occorre, oltre che buona volontà intelligenza, serietà fantasia, e soprattutto fortissimo, davvero fortissimo impegno.
Devo aggiungere ai dati che sono stati forniti alcune considerazioni sullo stato di crisi, essenzialmente per richiamare l'attenzione del Consiglio su come anche le iniziative a suo tempo assunte per fronteggiare particolari congiunture non abbiano prodotto in realtà gli effetti che si diceva avrebbero dovuto produrre. Lo spunto per la trattazione di questo argomento mi viene da una risposta scritta ad una interrogazione da noi presentata sullo stato di applicazione della legge tessile, quella del 1973: la legge 1 dicembre 1971 n. 1101, che, come sapete, operava per piani di ristrutturazione e per piani di conversione. Da tale risposta, per la verità un po' ambigua - può darsi che la mia interpretazione non sia la più esatta ma è quella che riesco a ricavare dalla lettura - si rileva che furono presentate 204 domande. "Di esse ne sono state accolte 119 - dice la lettera - così suddivise: 23 di imprese artigiane, 37 di lanifici, 12 di industrie addette alla lavorazione di fibre artificiali e sintetiche, 10 di cotonifici, 11 di industrie tessili di finissaggio, 5 di maglifici, 3 di industrie del vestiario e dell'abbigliamento, 2 di industrie della seta e 16 di industrie tessili con produzioni miste di attività varia. I 119 piani di ristrutturazione e di riorganizzazione approvati, e quindi finanziati a tasso agevolato, sono in grado di attivare complessivamente investimenti per 99 miliardi di lire circa". "In linea generale - è detto più avanti si può ancora rilevare che la maggior parte degli interventi sono stati effettuati nell'area ecologica di Biella: 81 imprese, delle quali 61 industriali, con 9.494 addetti, e un saldo positivo occupazionale di 386 lavorativi e 38 miliardi di investimenti".
Quindi, nell'area ecologica di Biella, in virtù di questa legge sarebbero - uso il condizionale, nella lettera si dice "sono stati" - stati erogati 38 miliardi in piani di ristrutturazione e riorganizzazione delle industrie, così come sono state indicate.
Nell'area ecologica di Torino i piani di ristrutturazione interessano 12 aziende, tra le quali il Valle Susa, con 9 stabilimenti e circa 7.000 lavoratori, 24 miliardi circa di investimenti, e un saldo negativo di 533 unità lavorative.
Nelle aree di Vercelli e di Ivrea, 13 miliardi di investimenti nelle 6 aziende interessate creeranno a fine intervento 287 nuovi posti di lavoro mentre nella seconda, cioè Ivrea, con 5,5 miliardi di investimento, si offrirà occupazione a 186 lavoratori.
Il secondo tipo di intervento, quello riguardante i piani di conversione, doveva, a giudizio di questa Amministrazione, contribuire in modo certamente più rilevante a risolvere i problemi derivanti dalla crisi tessile, in particolare da quella dell'occupazione.
Ho voluto richiamare questi dati per invitare il Consiglio a considerare i risultati. Noi sosteniamo sempre che la nostra attività deve consistere anche nel controllo sulla efficacia degli interventi, e anzi a noi pare che la verifica dei cinque anni debba avvenire non tanto sul numero delle leggi presentate, sulla entità degli stanziamenti, ma essenzialmente sui risultati positivi che esse hanno prodotto nella realtà del Piemonte, e da questa verifica, che faremo, trarremo ulteriori elementi di giudizio, certamente molto più concreti di quanto non siano stati quelli finora acquisiti.
Dobbiamo concludere che, a quel che risulta da questa interrogazione circa 70 miliardi di lire sono stati dati ad aziende in crisi che hanno presentato piano di ristrutturazione; aziende che oggi presentano non un saldo negativo o positivo ma praticamente la stessa, se non peggiore situazione di qualche anno fa. Sorgono, quindi, pesanti interrogativi sulla validità dei piani di ristrutturazione, sulla loro credibilità, sul meccanismo della legge, e quindi pesanti interrogativi sulla efficacia dei rimedi che vengono presentati. Noi allora criticammo quella proposta di legge, che interveniva in rapporto ad un piano definito di ripresa del settore con l'intervento degli Enti pubblici, ma in rapporto all'iniziativa delle industrie. Ora se ne vedono i risultati.
Mi ricollego pertanto al giusto rilievo fatto stamani da Besate a proposito dei 500 miliardi che Donat-Cattin ha comunicato essere a disposizione della Montedison: il meccanismo, come egli ha osservato dev'essere invertito, non è logico reperire dei fondi e porli a disposizione delle aziende che ne facciano autonomamente richiesta, ma si devono dare in rapporto a piani di ristrutturazione e di intervento che si inquadrino in un contesto più ampio, regionale, nazionale, di settore, e i cui indirizzi e i cui risultati siano evidentemente fissati prioritariamente da quell'Ente, dallo Stato, dalla Regione, da chi appunto dà i fondi.
Questa una constatazione che noi intendevamo porre all'attenzione del Consiglio come elemento di giudizio non positivo. Non ci si può mettere l'animo in pace denunciando la situazione e magari facendo anche degli ordini del giorno: il problema è, come noi sosteniamo tenacemente da tempo di vedere il contesto, il meccanismo, il modo in cui i fondi vengono erogati. Altrimenti i risultati sono gravi, e per lo stesso stato dell'occupazione e anche per la finanza pubblica, che in effetti interviene a sostegno di settori o di aziende che non producono i risultati che avrebbero dovuto.
Diventa essenziale, quindi, l'impegno di scelta di impostazione, di operatività che il Consiglio regionale e la Giunta in particolare devono porre in questi mesi per intervenire in una situazione ancor più grave di come è stata qui esposta e sottolineata, già nella seduta precedente recepita in un ordine del giorno e in dichiarazioni del Presidente della Giunta, che si fa carico di tutto. La verifica, che noi faremo ancora avverrà, ripeto, sui risultati concreti che gli interventi avranno prodotto. Secondo me, è un punto di partenza serio, quello di esaminare gli effetti prodotti. Vediamo allora qual'è il giudizio che possiamo dare fino ad oggi, al di là dello scambio di battute di polemica elettorale, anche se poi le responsabilità vanno pur sempre ricercate (ma il nostro è un Paese in cui i responsabili, anche quando sono denunciati, in fin dei conti non rischiano nulla: responsabili di ben altro vi continuano a svolgere tranquillamente il proprio lavoro ed a godere di credito e di prestigio).
Il problema si impone proprio in ragione dell'amore, della passione, del modo in cui ognuno di noi crede all'esistenza dell'istituto regionale.
Nel suo intervento finale il Presidente ha fra le altre cose citato anche in rapporto alla denuncia, credo molto documentata e precisa pervenuta dal nostro Gruppo sulla situazione di crisi in particolare attraverso l'intervento di Sanlorenzo, le iniziative che il Governo ha posto in atto in questi giorni e che, secondo l'estensore della relazione sarebbero in grado di produrre effetti positivi. Secondo me, questa affermazione denota una certa superficialità, perché le osservazioni critiche agli interventi del Governo sono piuttosto ampie, e hanno investito anche larghi settori della maggioranza. Se noi volessimo cercare la coerenza delle dichiarazioni con quello che si scrive, dovremmo dire che la relazione presentata dalla Giunta, per l'analisi che fa della situazione e delle responsabilità a monte di questa, in quanto individua nel meccanismo delle leggi governative, nel modo di governare, nelle iniziative politiche che il Governo ha assunto, una delle cause, forse la più importante, dello stato attuale,per il giudizio positivo che in essa si dà di provvedimenti annunciati che ancora non si conoscono bene, che in effetti riproducono essenzialmente i vecchi meccanismi (si vedano i provvedimenti per l'agricoltura così come sono stati annunciati), non è in coerenza con quanto scritto nella relazione che accompagna il bilancio, che apre seri dubbi sulla valutazione da dare al modo in cui il Governo ha operato nel campo della politica estera, della lira ecc. ecc....
A fronte di questa situazione il Presidente della Regione, dicevo, ha fatto un intervento con il quale ha in effetti aperto la campagna elettorale per la Democrazia Cristiana. Noi dobbiamo dire che il nostro tentativo di ottenere un dibattito in questo Consiglio su problemi concreti è andato ancora una volta a vuoto. In realtà, il dibattito sul bilancio presenta ancora i difetti di sempre, semmai aggravati, diventa sempre più una esercitazione, ed è davvero deprimente la constatazione che, in prossimità di una scadenza elettorale, uomini che per anni hanno ignorato certi problemi, ritengono di doverli riassumere per presentarsi di fronte al corpo elettorale come elementi di alto intelletto e preparazione politica, capaci di esprimere la propria opinione su tutto l'arco degli interventi regionali. Se questo intervento conclusivo dell'uomo di punta della Democrazia Cristiana piemontese - tale credo si possa definire chi ricopre la carica di Presidente della Giunta regionale - rispecchia il modo con il quale la Democrazia Cristiana intende presentarsi al confronto elettorale, dobbiamo dire che si tratta di un modo che lascia aperti molti spazi al qualunquismo. La gente può anche credere nella Regione, a patto però che di questa le si mostrino tutti i difetti, in forma anche autocritica.
Si dice che è più facile fare l'opposizione. Direi che è più facile fare un certo tipo di opposizione. Nella realtà, in questi anni noi ci siamo confrontati sempre su delle proposte di Governo, ci siamo fatti carico sempre di tutte le situazioni, e per ogni problema abbiamo cercato risposte non demagogiche ma di contenuto. La nostra opposizione non è davvero la più facile. Più facile sarebbe fare l'opposizione aprioristicamente. Ma noi di volta in volta ci siamo calati dentro le singole realtà, dentro i singoli problemi, e abbiamo per ognuno cercato di dare un nostro contributo. Tale, del resto, è la nostra politica, che oggi si esprime in una proposta politica che, volenti o nolenti, è al centro del dibattito che impegna tutte le forze politiche e che è stata da taluni considerata inattuale, da altri assolutamente pericolosa e negativa, ma certamente dalla gran parte considerata, quella del compromesso storico assunta come linea strategica, come linea politica da condursi avanti con il concorso delle lotte operaie, delle lotte dei lavoratori, come una proposta politica, l'unica in grado di sbloccare la situazione.
Non possiamo dunque accettare un giudizio espresso con tanta faciloneria, senza tener conto del contributo che la nostra forza politica dà, anche in questo Consiglio regionale. Io sono pronto a confrontarmi sui contenuti con quelle parti della maggioranza del Consiglio regionale che hanno dato il giudizio di facile opposizione da parte nostra, per vedere chi è entrato più addentro alle questioni e chi invece si è salvato facendo di tanto in tanto una dichiarazione di adesione alle iniziative prese dagli altri. Questo è un confronto che noi vorremmo, che vogliamo, che cerchiamo e che non sempre - nemmeno questa volta ci siamo riusciti - otteniamo.
Lei, avvocato Oberto, ha detto e ripetuto le sue tesi sulla questione dei cento miliardi che sono in banca, affermando che noi non siamo coerenti e non siamo onesti ad assumere questo come argomento di polemica, perché in realtà anche le altre Regioni si trovano in analoga situazione. Questo è vero, anche se, a quanto mi risulta, sono in atto iniziative piuttosto interessanti miranti a sanare questa situazione. Ma se lei vuol essere coerente ed onesto deve ammettere che noi non abbiamo assunto il problema dei cento miliardi come tema di pura polemica con la Giunta: noi siamo partiti da questa situazione ed abbiamo da tempo richiamato il Consiglio regionale ad un confronto sull'opportunità di cambiare politica. E' vero o no che soprattutto nelle ultime due tornate di lavori del Consiglio regionale, ma già in occasione della variazione di bilancio, noi, partendo da questo stato di cose, e dandone carico in parte alla inefficienza della Giunta - è stato lei, avvocato Oberto, a vantarsi che questi soldi depositati in banca, fruttavano utili interessanti -, abbiamo osservato che il problema è di attivarle, le leggi, di renderle operanti; non solo, ma ci siamo posti seriamente il problema e vi abbiamo chiamati a dare una risposta? Mi rivolgo al Capogruppo della Democrazia Cristiana, non al Presidente della Giunta, che non ritengo in grado culturalmente di rispondere ad un quesito di questo tipo. Una risposta interlocutoria il Consigliere Bianchi me l'ha già data....



OBERTO Gianni, Presidente della Giunta regionale

I giudizi diamoli ciascuno per se stesso, per piacere, non impanchiamoci a darli sugli altri: guardiamoci dentro, specchiamoci bene.



BERTI Antonio

Il fatto che lei si inquieti è la dimostrazione che lei questo autogiudizio non se l'é dato.



OBERTO Gianni, Presidente della Giunta regionale

E' da questa mattina che lei fa del suo meglio per irritarmi.



BERTI Antonio

Mi dispiace farla arrabbiare..... Dategli una caramella, così si tranquillizza.....



OBERTO Gianni, Presidente della Giunta regionale

Bevo acqua, io.



BERTI Antonio

Il discorso va fatto con forze politiche coerenti, che non fanno dichiarazioni di carattere trionfalistico senza andare al fondo delle questioni.
Mi è parso offensivo che da parte del Presidente della Giunta si sia addebitata al Gruppo di opposizione una polemica puramente sulla giacenza dei cento miliardi. Mi appello alla onestà delle altre forze politiche degli altri uomini, perché dicano se è vero o no che noi da tre mesi a questa parte partiamo dall'attuale stato di cose per dire che occorre cambiar politica perché le leggi, così come sono fatte, non riescono ad operare. Questo va riconosciuto, se si vuol essere coerenti e polemizzare in modo onesto. Noi abbiamo detto che ciò avviene in parte per l'inefficienza della Giunta, in parte per la situazione del credito degli Enti locali, in quanto in molti casi i contraenti non sono in grado di attingervi. Ma abbiamo lanciato l'idea di promuovere leggi che impegnino la Regione ad intervenire in forma completa, e questa impostazione abbiamo ribadito ancora in occasione della legge sul piano per la depurazione delle acque, quando, a fronte di una proposta della Giunta ritenuta interessante ma con un meccanismo che finanzia a livello del 90%, abbiamo detto: la Regione deve compiere alcune scelte fondamentali, smetterla di intervenire attraverso un meccanismo che disperde i pochi fondi di cui la Regione pu disporre, concentrare il proprio sforzo in alcune direzioni, e qui assumersi la funzione non più soltanto di Ente coordinatore e promozionale ma di Ente che si impegna anche sul piano operativo, sul piano del finanziamento completo. Il che, abbiamo ribadito, non vuol dire che la Regione rinuncia ad intervenire sul complesso delle attività che si svolgono sul territorio regionale: attraverso la politica di piano e le decisioni che in ragione di questa si assumono la Regione coordina indirizza tutto quanto avviene sul suo territorio; ma per quanto riguarda le proprie finanze regionali essa le concentra su alcuni progetti, o programmi, speciali. Se volete, cerchiamo e rileggiamo i verbali relativi e vedrete che queste parole sono state da chi vi parla pronunciate, credo quasi testualmente.
E' questa la proposta politica che noi vi abbiamo lanciato: l'esigenza di adottare un modo nuovo di far politica, di governare alla Regione altrimenti, la Regione non riuscirà ad uscire fuori dalle secche di una situazione determinatasi vuoi per colpa delle leggi che sono inoperanti limitative, vuoi per la scarsità dei finanziamenti, vuoi per un quadro politico che è noto e che non consente di caratterizzarsi in modo preciso.
Noi abbiamo fatto una chiara proposta politica alla maggioranza. A questo punto il dibattito non può non cogliere la diversità di atteggiamento tra varie componenti del Consiglio regionale, della maggioranza, direi. La relazione di Dotti - che, si badi, non è di Dotti, è della I Commissione del Consiglio regionale, Commissione programmazione e bilancio - è, a nostro avviso, certamente la più interessante che si sia avuta finora, quella che ha proposto e che ha cercato di recepire in termini di confronto le questioni che noi avevamo prospettato. Certo, anche la relazione della Giunta è una relazione interessante, valida sul piano culturale, direi condotta ad un livello di notevole impegno culturale; ma pare a me essenzialmente da questo punto di vista. Non c'è un rapporto immediato fra l'analisi che si fa in questa relazione e il modo di intervenire della Regione, proprio anche per quanto risulta dalle ultime dichiarazioni, assolutamente incoerenti rispetto al disegno tracciato nella relazione iniziale. Quel disegno, quell'analisi, obbligava proprio a conclusioni cui la Giunta non è poi pervenuta ma cui è pervenuta la I Commissione bilancio e programmazione, che tra l'altro ha tradotto in relazione la consultazione. Si vuol dare tanto peso alla parola partecipazione, alle opinioni che gli altri esprimono? Ebbene, signori rileggetevi gli atti della consultazione e traduceteli onestamente in una relazione al bilancio, come qui è stato fatto, e vi ritroverete le cose che sono state scritte.
E questo riporta indubbiamente il discorso ad un livello politico, ma è un discorso che non intendo fare adesso, lo faremo più avanti; credo per occorra sottolineare che le Regioni sono in sé un fatto positivo perché al di là delle manchevolezze,delle carenze - che dipendono anche dalle varie gestioni - mancava poco che ci fosse la "maglia rosa" perché la Regione Piemonte è la prima in tutto, forse è la prima anche per le quattro crisi di Giunta che l'hanno caratterizzata ma questa "maglia rosa" non se l'è messa il Presidente della Giunta.
A prescindere dal fatto di essere sempre i primi e che il confronto con le altre diventa stucchevole, si potrebbe prendere ad esempio il bilancio della Regione Emilia il quale contiene i progetti speciali di cui si parla il modello di partecipazione che è stato costruito in quella Regione è al di fuori persino della mentalità della Regione Piemonte.
Ma se si parla tanto di partecipazione - mi riconduco a quello che dicevo prima - bisogna allora credere a quello che la gente dice e quello che la gente ha detto nella consultazione è quanto Dotti ha scritto nella sua relazione. E il giudizio che noi diamo della esperienza regionale è positivo perché la Regione ha assunto una posizione antifascista, ha agito nei confronti dei problemi nazionali più come elemento di qualificazione che di frantumazione (colgo gli elementi più positivi dell'esperienza regionale e ci facciamo carico delle difficoltà oggettive che questa comporta) ha anche avuto il merito di introdurre un confronto tra le forze politiche certamente diverso da quanto avviene a livello nazionale. Oggi a livello di Enti locali, di forze regionali il rapporto con la realtà e molto più vicino e tra le forze politiche, lo abbiamo più volte constatato c'è un discorso, un confronto che non a caso ha portato molte volte anche nella nostra Regione a dei risultati positivi. E una conseguenza di questo confronto credo si registri proprio in questa relazione. Io non sono un difensore né di Dotti, né di Garabello, né dei membri della maggioranza della I Commissione, a me interessa cogliere la posizione politica che si esprime in questo documento perché lo ritengo un metodo onesto di confronto tra le varie posizioni. E quando ci si colloca in questo quadro, in questo contesto, le conclusioni non possono essere molto diverse perché in quanto dice Dotti nella sua relazione (tant'é che sorge in noi il problema di porre in votazione separata la relazione della I Commissione da quella della maggioranza) noi ritroviamo una serie di osservazioni, un riferimento a quel tema di fondo di cui ho parlato prima e che costituisce il motivo ricorrente dei nostri interventi da un paio di mesi a questa parte.
"Operando tagli nei settori che presentano una minore utilità sociale riducendo costi per conseguire una maggiore produttività, entrando profondamente nelle strutture dei servizi pubblici sarà possibile eliminare le situazioni sempre più evidenti di maldistribuzione settoriale e territoriale della spesa".
"Il bilancio, nelle spese di investimento, può concorrere in maniera profonda alle soluzioni dei malanni solo se gli interventi sono concentrati in pochi obiettivi, ancora confermati dalla recente consultazione".
Che cosa è questo se non quanto noi andiamo dicendo da tempo? E' una debolezza dei rappresentanti della maggioranza della I Commissione verso i comunisti, o è invece una presa d'atto di una realtà da cui non si può più prescindere se si vuole qualificare l'Istituto regionale? E ancora: "Oggi, nella fase di decollo minacciata dalle gravi remore della recessione, è indispensabile per la Regione Piemonte attuare un programma di emergenza articolato in progetti nei settori delle infrastrutture collettive atti ad assorbire occupazione, ad avere implicazioni positive in termini di riduzione di consumo energetico, a provocare un rafforzamento delle retribuzioni reali dei lavoratori".
Quando si parla di progetti si indicano: abitazioni economico-popolari e riqualificazione del patrimonio edilizio, in particolare nei centri storici attrezzature sociali, cioè ospedali, ambulatori, scuole, aree per il tempo libero interventi in difesa del suolo e valorizzazione del patrimonio idrico e boschivo potenziamento dell'offerta dei servizi di trasporto pubblico collettivo.
Direi che manca l'agricoltura, che è uno dei settori primari che vi abbiamo proposto, ma ritroviamo una risposta alle scelte che abbiamo proposto al Consiglio regionale e che la Giunta, soprattutto nell'intervento finale del suo Presidente ha di fatto ignorato.
Ecco perché io ho parlato di incompetenza culturale, perché questo è anche un discorso culturale, si può dare una risposta negativa ad una proposta politica di questo tipo, una proposta graduale ed io non posso dimenticare l'intervento del Capogruppo della D.C., a conclusione di un dibattito, in cui, pur non recependo questa proposta, tuttavia ha affermato che ad essa si deve addivenire. E' una proposta interlocutoria, è una proposta che non ci può soddisfare, che lascia aperti molti problemi e impedisce di fatto alla Regione Piemonte di dare una risposta a quella esigenza di intervenire nella attuale situazione economica, tuttavia è una proposta con la quale si può riprendere un discorso. Direi che il documento della I Commissione risponde in forma più concreta a questa proposta.
Di qui la nostra insoddisfazione - al di là della stanchezza - per il modo nel quale il dibattito avviene, che ripropone ancora il discorso su un bilancio che praticamente non cambia più niente e quindi diventa un rito formale. Se fosse avvenuto in forme capaci di assicurare il confronto come noi abbiamo tentato di fare collocandoci all'interno di questa relazione per vedere quali settori scegliere, come tradurre in pratica le proposte che ci vengono da questo documento, probabilmente il discorso sarebbe stato più concreto, in grado di produrre soluzioni valide al di là di una polemica sterile ed essenzialmente elettorale.
Noi siamo certi, dalle notizie avute, che alle elezioni regionali andremo. Io non sono completamento convinto di questo, data la situazione ma l'accetto e mi muovo nell'indicazione politica, che viene anche dal mio Partito, che da questo confronto elettorale non si può più sfuggire, a meno che non cada il Governo, ma queste sono ipotesi che non è utile considerare.
Se è valida la data dell'8 giugno, vuol dire che il 20 di aprile il Consiglio dovrà sciogliersi, il tempo quindi a disposizione è estremamente limitato. Noi non abbiamo, con i nostri interventi, proposto una gamma enorme di questioni da affrontare, ma alcune riteniamo debbano essere affrontate in modo assoluto in questi due mesi.
La cosa più importante a nostro avviso, in questo momento, è il problema del credito o quali iniziative si intendono assumere per favorire il credito alle piccole e medie aziende? Con gli interventi di Sanlorenzo e di Raschio abbiamo fatto alcune proposte. Per quanto mi riguarda aggiungo che c'é ancora un problema che può sembrare marginale ma è di fondo, ed è il rapporto Regione-banche che si concretizza, si fa intanto la tesoreria della Regione e quindi il consorzio di banche. Ecco per esempio una cosa che le Regioni Emilia e Toscana hanno da tempo fatto, ottenendo crediti ingenti da questo consorzio e anche la legge per intervenire sulla piccola e media azienda che Sanlorenzo ha citato come possibilità concreta quando sussista la volontà politica. Noi diciamo che iniziative urgenti sono indispensabili perché il credito sia dato a condizioni possibili alla piccola e media azienda, nelle forme che noi abbiamo proposto, o nelle altre che la Giunta vorrà proporre. Ma noi aspettiamo dalla Giunta e per quanto ci riguarda opereremo affinché il Consiglio abbia, il più rapidamente possibile, ad intervenire e a decidere su queste questioni. E certamente la cosa più importante è la formazione della tesoreria della Regione, che è il punto di partenza per iniziare un discorso con le banche.
Da qui possono venire dei risultati estremamente validi, oltre a una legge sarà la Finanziaria, sarà un istituto tipo quello dell' Emilia, non lo so qualcosa che ci consenta effettivamente di intervenire in questo settore che, proprio per le cose che sono state dette, presenta delle caratteristiche di estrema drammaticità che potrebbero esser ancora più gravi nel prossimo futuro.
L'approvazione della legge dei comprensori è un impegno assunto, ma proprio per le considerazioni che facevo la volta precedente ancora incerto nella sua definizione. Noi riteniamo che la legge debba essere approvata affinché le nuove amministrazioni comunali sappiano che il contesto in cui si collocheranno subito dopo sarà quello comprensoriale e quindi il dibattito elettorale, per quanto riguarda le amministrazioni locali, deve avere un confronto sui temi della dimensione comprensoriale, sui poteri che questo comporta ai Comuni e quindi che si assume dal punto di vista politico perché probabilmente l'ostacolo più grosso è il superamento della dimensione municipalistica che può, forse, costituire un serio ostacolo.
Occorre, credo, far capire che il concetto di autonomia così come è stato applicato un po' da tutti sino ad oggi è superato; possiamo arroccarci sul Comune autonomo intoccabile, perché l'autonomia per l'autonomia è autarchia, bisogna convincere i Comuni che essi contano se si collocano in organismi che decidono su quanto avviene sul loro territorio, mentre sino ad oggi questo non è stato possibile.
Noi siamo alla conclusione dei lavori del piano di coordinamento dell'area metropolitana di Torino per motivi ovvi e di carattere politico le grandi infrastrutture sono state il punto di partenza per definire la posizione della Regione in ordine al piano di coordinamento. Noi proponiamo le leggi per l'agricoltura, quella sulla cooperazione così come le altre leggi inviate in consultazione. Non comprendiamo che cosa vuol dire intanto rafforzare il centro di calcolo dell'Ires, noi pensiamo che questo non possa che avvenire all'interno di un'unica decisione che riguardi il Centro di calcolo. Gli interventi sulla casa, le leggi sulla casa devono essere operanti entro questi due mesi.
Legge per il coordinamento dei lavori pubblici (mi sembra che si chiami così). Noi abbiamo esposto in Commissione e all'Assessore i nostri rilievi critici e le proposte che facciamo in ordine a questa legge, non sto ad illustrarli, ma riteniamo che la legge, che propone un tema positivo, abbia a subire delle modifiche sostanziali in ordine alle scelte che oggi intervengono su una gamma molto vasta di questioni e il contributo della Regione deve avvenire su alcune di queste che riteniamo di carattere prioritario. Inoltre pensiamo che la legge, così come formulata, demandando poteri addirittura al capo del Genio civile, debba essere rivista, perch può già contenere elementi di delega ai comprensori. Alcune funzioni devono essere trasferite e abbiamo anche proposto il meccanismo di una norma transitoria fino a che gli organi attualmente preposti esercitano questo mandato, ma la legge deve essere concepita in rapporto all'entrata in funzione dei comprensori a cui possono toccare tutta una serie di competenze che sono loro state assegnate, almeno in questa proposta che noi speriamo di poter discutere.
Infine verranno rapidamente in Consiglio la legge sulle aree attrezzate e la chiusura dell'inchiesta sull'antifascismo, che come iniziativa politica è la più qualificante della Regione Piemonte.
Queste sono le questioni di carattere prioritario a cui aggiungiamo anche per quanto è emerso in questo dibattito, la legge sulla formazione professionale. Per quanto ci riguarda noi ne presenteremo rapidamente una abbiamo sentito che la richiesta è venuta anche dal rappresentante della maggioranza, riteniamo che occorra chiudere la legislazione con questa legge. Abbiamo sentito che la Giunta presenterà il "piano di sviluppo economico regionale". Noi abbiamo dei dubbi che ciò possa avvenire, se avverrà ne prenderemo atto, ma per fare le cose che ho proposto a nome del mio Gruppo occorre che in questi due mesi tutti i Consiglieri lavorino a tempo pieno, il che vuol dire passare tutti i giorni alla Regione Piemonte le Commissioni possono lavorare due, tre, quattro giorni alla settimana se è il caso e il Consiglio deve riunirsi tutte le volte che è necessario. Se qualcuno pensa di fare tutte queste cose con il ritmo attuale si sbaglia perché non saranno fatte, tenuto conto che noi non possiamo accettare che provvedimenti richiesti da lungo tempo siano presentati alle Commissioni con un tempo così limitato da non consentire la più ampia disamina nostra e delle forze sociali e politiche esterne, quindi occorre lavorare senza rinunciare alla partecipazione del contributo che dall' esterno può venire ed è già venuto.
Queste sono alcune considerazioni che noi vogliamo fare. Riprenderemo il discorso, questa legislazione non finirà senza un vero e proprio consuntivo in cui gli schieramenti politici si confronteranno anche sulle prospettive aperte nel nostro Paese e che noi - proprio per non uscire da una concretezza che riteniamo necessaria, cioè quella concretezza che attiene ai compiti delle Regioni, alle questioni che sono sul tappeto e che sono coerenti con la scelta fondamentale, che è quella dell'occupazione non abbiamo voluto introdurre in questo dibattito. Riprenderemo il discorso, otterremo un confronto e verificheremo, la volontà delle forze politiche di realizzare le cose che sono state qui annunciate.



PRESIDENTE

Ha chiesto di parlare il Consigliere Bianchi, ne ha facoltà.



BIANCHI Adriano

Signor Presidente, signori Consiglieri, provo un certo imbarazzo oggi a parlare per ultimo perché, da un lato la cortesia impone di non approfittare di questa circostanza favorevole, ma dall'altro, l'attenzione per gli argomenti impone anche di non trascurare le cose importanti e stimolanti che i colleghi hanno portato alla nostra attenzione.
Cercherò di fare emergere chiaramente quanto era già stato appuntato come linea del mio intervento e quanto può essere frutto degli stimoli ricevuti nel corso della discussione.
La presentazione dell'ultimo bilancio di previsione della prima legislatura regionale, accentua la legittima e tradizionale disposizione ad allargare il discorso, a fare consuntivi, a gettare lo sguardo nel futuro preparando nuovi corsi, nuovi metodi e programmi aggiornati. Avviene così che il documento e la relazione presentati dalla Giunta (ci sono state delle riprese nel corso della discussione) più che il punto di riferimento per analisi, valutazioni e giudizi divengono quasi il presupposto, la base scontata per andare oltre.
L'ansia che tutti sollecita a far tesoro delle esperienze compiute, ad interpretare tempestivamente le esigenze del nostro tempo, a fare esprimere all'Istituto regionale tutte le sue potenzialità di governo democratico, di sviluppo e sostegno della società piemontese sottoposta in questo momento a così dura prova, caratterizza in modo marcato, a mio avviso, questo bilancio, e le relazioni che lo hanno accompagnato: la relazione fondamentale della Giunta, puntualizzata in modo efficace e pertinente dagli interventi in aula degli Assessori Paganelli e Simonelli e poi conclusa dall'amplissima replica del Presidente Oberto. Mi si permetta di ringraziarlo calorosamente per questo suo vasto impegno (per quanto vasto sia l'impegno, mai si riesce ad essere esaurienti rispetto a tutti i problemi che sono alla nostra attenzione), ringraziarlo anche per l'esempio che egli offre a me e al mio Gruppo, di impegno costante, quotidiano mirabile per dispendio di energie, perché la sua e la nostra coscienza politica, non solo quella personale, sia a posto di fronte a quanti ci hanno dato la loro fiducia. Questo apprezzamento quindi si rivolge anche ai contenuti del bilancio, alle indicazioni, al lavoro compiuto in questo periodo di sua Presidenza che ha degnamente proseguito il lavoro di chi lo ha preceduto.
L'esposizione dei fatti e degli antefatti economici, finanziari politici, amministrativi, ha offerto un quadro ampio, particolareggiato responsabile, con la coscienza dei limiti, dei pericoli, dei condizionamenti cui l'Istituto regionale è sottoposto nell'attuale situazione. Ma questo realismo doveroso di chi è alla stanga ed ha meno mobilità di chi impugna la frusta (e non faccio soltanto il discorso dell'opposizione, faccio il discorso di chi è, come vi sono anch'io, in questa posizione più comoda sotto certi profili, anche se è estremamente impegnativa se si vuole adempiere in modo corretto alla funzione che il Consiglio regionale ha rispetto alla Giunta, che pure ne fa parte) è ispirato da un ottimismo costruttivo e di fondo, che non deve lasciarsi scoraggiare di fronte alle difficoltà.
Prima fra queste la rigidità del bilancio che qualcuno ha chiamato "anelasticità" cui si contrappone la combattiva azione e la fiducia di ottenere innanzi tutto l'impostato aumento del 25% del fondo comune, la richiesta pressante di ottenere l'adeguamento dei fondi occorrenti per l'immane onere della gestione ospedaliera e della sanità, l'integrazione organica delle competenze con il trasferimento però degli stanziamenti relativi che sono presenti nel bilancio dello Stato.
A queste rivendicazioni vitali, fa da corollario la volontà di contenere la polverizzazione delle limitate risorse finanziarie (questo è un dramma che ognuno dal suo punto di vista porta qui e che Berti ancora una volta ha evocato poc'anzi; ci torneremo non per rispondergli soltanto ma perché questa era una delle questioni che mi proponevo di trattare) senza mortificare il ruolo e la capacità di rappresentanza, di supplenza democratica che l'Istituto regionale ha rivelato e coltivato. Eccoci dunque presi in questa morsa: da un lato, specificare e scegliere, nell'ambito delle pur limitate competenze, per essere incisivi, e, dall'altro rispondere alle infinite sollecitazioni e agli infiniti bisogni che salgono verso di noi dalla società nella quale siamo collocati.
Il proposito dunque di perseverare nel contenimento delle spese correnti, contro una falsa terziarizzazione burocratica. La Regione ha bisogno di funzionari, di dipendenti qualificati, pochi possibilmente, ma preparati, sereni per la certezza dell'inquadramento e della condizione giuridica e di lavoro, per la dignità del trattamento economico assicurata.
Occorre pertanto valorizzare i talenti e le capacità che ci sono, in così larga, non prevedibile misura evitando di affogarli nel livellamento di una crescente massa indistinta ed amorfa.
Puntuali paiono le indicazioni di prospettiva, di linea per un bilancio pluriennale, non ancora consentito formalmente, mi viene spiegato, dal quadro giuridico, mentre si ribadisce la scelta per l'impostazione di provvedimenti legislativi e di spesa a sviluppo pluriennale, anche se la Giunta adempie al dovere, ingrato, di ricordare che se non si assicura, nel confronto con lo Stato, una diversa ripartizione delle risorse finanziarie e quindi una loro espansione, il blocco e la paralisi sarebbero lo sbocco inevitabile e vicino.
A questo proposito - e si tratta di un punto delicato ed essenziale dobbiamo esprimere un giudizio che viene implicitamente sollecitato da parte della Giunta nei confronti del Consiglio ed un incoraggiamento che da parte mia ritengo sia dovuto. Quando sia verificata la coerenza della Regione (e raggiungere questa coerenza è un momento difficile che ci impegna tutti) rispetto alla scelta dei settori prioritari in cui operare investimenti, secondo una duplice indicazione, congiunturale, di rapidità e di efficacia e di attitudine a realizzare una compatibilità con le modificazione di struttura, di modello economico, di sistema di sviluppo ai quali abbiamo fatto in tanti dibattiti, in diversi modi, riferimento.
Pensiamo all'agricoltura, ai trasporti, all'assetto territoriale, ai servizi sociali, ecc.; rispetto alla produttività della spesa preventivata secondo un rigoroso principio di economicità di gestione e di utilizzo delle risorse.
Dunque, quando sia pacifico che non si incrementano settori parassitari, pseudo assistenziali, strutture burocratiche, non si deve aver timore che l'impegno pluriennale porti ad irrigidimenti e blocchi, o ad uno scorretto vincolo per le decisioni di chi ci dovrà seguire, poiché siamo alla conclusione di una legislatura. Nell' attuale fase di crisi ritengo che occorra assumere anche queste responsabilità, mi pare che la Giunta sia orientata nel senso più coraggioso ad assumere queste responsabilità, e se occorre, aggiungiamo la nostra spinta, la nostra sollecitazione perché si operi in questa direzione.
L'incremento delle disponibilità finanziarie per le Regioni può essere imposto in prospettiva e lo sarà sicuramente come fatto politico determinato da due condizioni, da due circostanze concomitanti: la rivelata capacità della Regione di spendere bene, tempestivamente, nei settori giusti, con risultati quindi tangibili e sollecitamente rilevabili dall'opinione pubblica, ottenendo anche un risultato politico di difesa del ruolo delle forze politiche, di difesa dell'istituto della rappresentanza politica; dall'altro lato, la costante ed in negativo congenita impossibilità per lo Stato di realizzare certi interventi diversificati rapidi, collocati a livello delle esigenze che si manifestano anche nelle comunità minori.
E' anche un modo questo, di anticipare il progettato ricorso a troppi progetti speciali di livello statale che spesso finiscono per essere solo enunciati, ma che costituiscono la confessione e il rimedio dell'inefficienza, dell'inettitudine (secondo il significato etimologico) dello Stato a dare determinate risposte. Per questo crediamo nelle autonomie, lo abbiamo recentemente affermato nel Convegno di Palazzo Madama, per questo crediamo che lo Stato regionale abbia una funzione da compiere. E' un modo di prendere in anticipo questo tipo di iniziative facendo della Regione non la contestatrice, per una specie di vizio italiano che porta a rivendicare competenze burocratiche, ma la naturale destinataria, per riconosciuta efficienza e per aderenza diretta alle situazioni.
Siamo così di fronte ad una dialettica delle istituzioni e fra le istituzioni, la cui motivazione non è quella della tentazione di sottrarci a giudizi di responsabilità globale, respingendo verso l'alto ogni onere e ogni colpa; è la via per una autentica collaborazione alla costruzione di uno Stato più solido.
Infine, mentre devono essere incessantemente sollecitate le leggi di principi, pare che a livello governativo o parlamentare (dico "pare" perch non vorrei essere smentito) stiano maturando decisioni e propositi importanti. Mi sembra che ci sia stato veramente un salto culturale, che si sia recepita ormai l'esistenza, il ruolo della Regione come un possibile fatto politico ed istituzionale risolutivo. Va dato atto, in proposito, che assistiamo ad un nuovo corso dei rapporti fra Stato e Regioni - mi riferisco ad esempio, tra gli altri, ad un discorso recente del Ministro per le Regioni; va dato atto che la Giunta ha utilizzato pienamente l'iniziativa legislativa di cui è portatrice per sostituire, nelle materie di competenza, strumenti legislativi regionali a quelli dello Stato.
Io penso che lasceremo necessariamente alla prossima legislatura come compito iniziale quello di riportare ordine, di fare una nuova sintesi di questo lavoro che necessariamente è stato di diversi livelli: in alcuni settori più organico, in altri ha provveduto sotto la spinta dell'urgenza della necessità, dell'improvvisazione, secondo l'avvio di tutte le cose nuove. La riorganizzazione sistematica, la finalizzazione pluriennale l'inquadramento a supporto del piano di sviluppo, l'ulteriore concentrazione in settori di primaria importanza, la adozione di nuove tecniche e modalità di spesa e di intervento sono avvertite, sono approssimate, sono avviate, la prossima legislatura ha un vasto orizzonte tracciato entro cui muoversi efficacemente.
Il Consigliere Lo Turco si è fatto ancora una volta portatore, con la vivacità e la simpatia carica umana che lo contraddistingue, delle aspirazioni espresse verso la Regione, dall'esterno, dai consultati. La vicinanza della Regione ai problemi ed alla gente, la sua credibilità (perché ritengo ci sia ancora vasto credito nei confronti della Regione) fanno sì che su di essa si riversino - ed è un autentico privilegio, che non respingiamo e vorremmo saper utilmente gestire, ma spesso abbiamo l'impressione di non essere pari al compito - tutte le doglianze, tutte le speranze, tutte le domande.
Il collega Dotti, relatore di maggioranza, nel momento in cui ci dibattiamo in una crisi sociale, politica, istituzionale gravissima, che tutti preoccupa, dalla quale vorremmo uscire in modo corretto, con la democrazia rafforzata, una società più giusta, prospettive di sviluppo più umane, mentre ha dato atto, specialmente nelle sue dichiarazioni verbali in aula, giustamente preoccupato di interpretazioni inesatte rispetto al significato e al taglio della sua relazione - ha espresso un atteggiamento in un certo senso nuovo, che ci coinvolge tutti, coinvolge me e ritengo coinvolga il Presidente della Giunta e gli Assessori che lo affiancano.
Questo atteggiamento nuovo non ci divide, non ci può dividere. Vi è chi, in Consiglio, si trova in una posizione ritenuta sotto certi aspetti più comoda - indubbiamente non è neppure comodo, collega Berti, fare l'opposizione volendo nello stesso tempo svolgere un ruolo politico secondo indicazioni ideologiche di principio a lungo termine e volendosi inserire costruttivamente, volendo questo contributo recare da posizioni esterne rispetto ai centri di documentazione, di contatto costante con la realtà amministrativa - e chi in Giunta è inchiodato ad una situazione rigida e scomoda. Tutti insieme però gestiamo, necessariamente, anche il quotidiano e l'esistente: con maggior realismo, ovviamente, per le sue funzioni, la Giunta, che non evade in prospettazioni mentre urge il quotidiano, urge l'esistente cui dare una risposta. Senza fughe.
Ma, come abbiamo già detto in altra sede, non accettiamo il ruolo di difensori d'ufficio di tutto ciò che appunto è esistente e va modificato.
Questo è l'atteggiamento politico che io ritengo di esprimere qui! Noi ci facciamo carico di tutto l'esistente, noi affrontiamo tutto il peso quotidiano dell'esistente, nei limiti delle nostre capacità - e ho dato atto al Presidente e dò atto ai colleghi della Giunta del lavoro che compiono in questa direzione -; ma non commettiamo, non vogliamo commettere, l'errore politico, in tempi di così vaste trasformazioni, di farci carico come difensori d'ufficio di un esistente che è largamente da modificare.
L'ansia che tu, Dotti, hai qui espresso - lo ha detto chiaramente anche il Presidente - è condivisa, per le responsabilità che ha, dall'intera Giunta, perché ogni giorno i suoi componenti si misurano con i problemi dell'occupazione - problema primo, è stato ricordato: e credo che sia davvero problema primo nella preoccupazione, nell'impegno costante del Presidente, dell'Assessore Conti, degli altri colleghi -, del lavoro, della crisi economica, del dialogo che ha portato la Regione ad un livello che non le era riconosciuto, anche con forze economiche di grande prestigio nazionale ed internazionale. Voglio dar atto anche di questo alla Giunta di avere elevato la dignità, il ruolo, il prestigio dell'istituzione in questo dialogo e in questo rapporto.
Le indicazioni meglio, le conferme programmatiche e l'intenso lavoro in corso davanti al Consiglio ed alle Commissioni sono fatti politici il cui rilievo non può essere trascurato se si vuol valutare una linea ed una prospettiva. E' vero ed è giusto che il giudizio finale e conclusivo si dà nel momento in cui le intenzioni vengono tradotte in leggi, le leggi vengono tradotte in iniziative, le iniziative si concretizzano, si incarnano nella realtà; ma non può essere in sede politica trascurato anche quell'altro impegno, che si realizza nei tempi intermedi e che non giustifica processi alle intenzioni, che, del resto, qui non ho ascoltato.
Dal piano territoriale di coordinamento, che deve trovare una sua conclusione, specie in alcuni aspetti di salvaguardia e tanto meglio quanto più ampi sono gli aspetti positivi di indicazione; alla legge sulle aree attrezzate, che ha un significato di indirizzo, di scelta, di modi di intervento, che serve di riferimento e di esempio per la costituzione di una serie di aree attrezzate, collega Raschio, per l'artigianato, come indicazione di soluzioni urbanistiche alle quali vengono sollecitati gli Enti locali; alla legge sulla programmazione delle opere pubbliche, che come tutte le iniziative, può essere perfezionata in continuazione, ma che è stata dettata dalla volontà di dare una risposta alle richieste, alle ansie che erano state qui, in questo Consiglio, manifestate in ordine all'efficacia e ai tempi degli interventi, e che è, mi pare, nel suo taglio già estremamente innovativa e potrà anche esserlo in modo maggiore se si abbrevieranno i tempi di esecuzione delle opere, il finanziamento in conto capitale, il coinvolgimento degli Enti locali in programmi di sicura realizzazione e non solo di realizzazione ipotetica e vagamente impostata alla Finanziaria Pubblica che diventa un supporto e che può forse essere lo strumento per dare una soluzione all'angoscioso problema di come realizzare iniziative regionali senza saltare sopra la testa degli Enti locali, senza fare il vuoto o senza lasciare prive di interventi una serie di esigenze e di necessità (ecco uno strumento, quindi, che può realizzare la conciliazione dell'intervento regionale in settori specifici e dell'apporto non ritardante degli Enti locali e delle comunità periferiche).
In campo agricolo abbiamo superato l'ostacolo politico del contrasto metodologico sugli strumenti da adottare. Io spezzo poi una lancia in favore della impostazione pluriennale. L'Assessore, preoccupandosi della dura realtà quotidiana, era stato indotto da prospettazioni e valutazioni realistiche sicuramente fondate e valide a rassegnarsi ad una soluzione annuale: io solleciterei la Giunta e ciascuno degli Assessori a rivedere questa impostazione nei limiti della tensione possibile. E', infatti, da ritenere che interventi in un settore come questo, se non devono essere soltanto di difesa per l'esistente - e la nostra Regione ha già fatto un ottimo lavoro, anche in senso psicologico, di cui dovrebbe esserle dato atto, per salvaguardare le aziende efficienti che ci sono -, per poter avere un minimo di incidenza strutturale devono avere una impostazione pluriennale.
Ripropongo qui (forse non sarà più possibile tenerne conto in questa legislatura, ma lo prospetto per i colleghi che ci seguiranno) l'esigenza di addivenire alla realizzazione di un piano regionale di identificazione salvaguardia e valorizzazione delle aree a vocazione agricola. Dovremmo poter ricostituire quel nobile tessuto del nostro ambiente agricolo di cui il rovesciamento del rapporto città-campagna ha portato al disfacimento.
Avrei ancora un suggerimento da dare in merito all'assistenza scolastica, e precisamente a quella attuata attraverso il prestito d'uso dei libri. Molte volte ci si innamora di formule e poi si constata, a contatto con la realtà che non hanno un contenuto molto valido. Dovremmo cioè lasciare definitivamente agli studenti i libri che abbiamo loro prestato: farli restituire dopo tre anni significa talvolta privare una casa degli unici libri che vi sono entrati, o di quei libri che possono significare l'avvio alla costituzione di una piccola biblioteca. Non mi pare che quel recupero sia operazione molto vantaggiosa, del resto, poich gli aspetti burocratici connessi già creano difficoltà virtualmente insuperabili.
Penso che il Presidente della Giunta nel suo intervento, abbia voluto dire, e non poteva essere diversamente, a proposito del piano di sviluppo che non si chiuderà la legislatura senza aver detto in merito una parola precisa. Così io interpreto egualmente le chiare parole dell'Assessore intervenuto specificamente su questo argomento, e credo sia impegno dell'intero Gruppo che rappresento far sì che questa legislatura si concluda con la consegna di una valutazione, di un giudizio politico, di una indicazione di cammino e di marcia.
Così pure per la legge sull'istituzione dei Comprensori. Noi impegniamo tutta la nostra volontà, le nostre capacità perché tempestivamente si giunga ad una conclusione, avvertendo però che anche qui si potrà avere una conclusione di massima ma anche una di minima: si potrà avere una conclusione di massima che già riesca a definire (sarebbe un'ambizione credo, un po' troppo alta) totalmente questo istituto che sta per nascere un'altra di minima che lo introduca, che lo avvii e lasci i perfezionamenti ulteriori a chi avrà tempo e possibilità di studiare e di definire la questione in modo più meditato. Perché se noi, credendo di fare qualcosa di nuovo, riempiendoci la bocca di una nuova nomenclatura, costituiremo nuovi Enti a contenuto territoriale, con i confini già precisi, già stabiliti già definiti, non faremo altro che seguire le orme di Napoleone Bonaparte che ha creato dal nulla le circoscrizioni amministrative. Ritengo invece che l'esigenza del Comprensorio sia proprio quella di contrapporre ad Enti artificiosi, statici, ad Enti rigidi che non seguono la realtà che si muove, qualcosa di agile, qualcosa di mutabile, qualcosa di adattabile ad una realtà che rapidamente scorre sotto di noi e che è sempre da inseguire affinché non si verifichi quel tale fenomeno di cui sono stati ricchi questi anni: che si continuano a fare piani e progetti non sempre realizzabili, perché gli strumenti sono di natura rigida e statica e non adattabili al mutar delle cose, all'evolversi della società.
In questa cornice istituzionale - ho dimenticato probabilmente cose importanti, ma il significato, il tono credo sia chiaramente comprensibile di nuovi strumenti, di nuovi metodi, si colloca il dibattito su una questione fondamentale: il problema angoscioso dell'utilizzazione tempestiva dei fondi stanziati, della scelta e della concentrazione nei settori di intervento, della programmazione e delle modalità di intervento diretto a totale carico della Regione (opere idrauliche, asili nido agricoltura e così via, come elencate anche da altri intervenuti).
Dotti ha ricordato la metodologia che abbiamo più volte discusso: approvazione di leggi che offrono incentivi e contributi, attesa delle richieste, selezione delle richieste, distribuzione dei fondi. Il problema sussiste. Ci si deve rivolgere sicuramente verso strade nuove, si deve aprire un corso nuovo, perché non possiamo rassegnarci alla logica di un tipo di pubblica amministrazione che arriva sempre in ritardo: che prende i soldi alla gente quando questa non ne ha più in tasca, effettua interventi anticongiunturali quando la congiuntura è superata, e così via. E quindi la mobilitazione delle risorse, gli strumenti tecnici, il rispetto fiducioso della varietà delle situazioni, dei bisogni, delle capacità autonome da parte delle realtà locali. Tutto ciò pone però molti interrogativi: ecco la strumentazione tecnica da parte della Regione, la validità dei tipi di intervento, che mobilitino anche le risorse periferiche ed abbiano in s quel correttivo in cui io credo, cui dobbiamo credere, se siamo democraticamente impostati e convinti, quel correttivo che viene non solo dagli studi di istituti attrezzatissimi sulle priorità (ci sono delle priorità che le comunità locali identificano con immediata intuizione sicura ed infallibile, e noi non possiamo privarci anche di questo tipo di apporto). Quindi, la strada verso investimenti finalizzati, certi e non eventuali, selezionati e collocati nel tempo e sul territorio, ma con strumenti che non svalutino le presenze molteplici di realtà che noi non possiamo e non intendiamo cancellare.
Avrei voluto soffermarmi con una certa ampiezza su un argomento che ha trattato diffusamente nel suo intervento il collega Sanlorenzo, quello della piccola e media industria, che ha poi collegato con il discorso sui ceti medi, portando l'esempio della Germania.
Quanto ai ceti medi, credo che ormai - forse la terminologia dovrebbe essere un po' più raffinata e precisa - a negare l'esistenza e il loro decisivo ruolo politico siano soltanto più i gruppi estremisti cosiddetti extra-parlamentari, i quali con l'occhio non vedono se stessi, perch essendo espressione di una malattia dei ceti medi, ed espressione essi stessi di una forma degenerativa di una incultura che si colloca come aspetto non fondamentale del ceto medio, risolvono il problema cancellandone l'esistenza.
Il discorso sulla Germania, poi, è un discorso molto stimolante, perch si tratta di uno dei pochi Paesi del mondo che dal secolo scorso ha risolto il problema della unificazione culturale del popolo. La forza e la grandezza della Germania, per gli aspetti positivi, sta in questa sua unificazione culturale, che l'ha portata a non subire neanche più, o a vedere come aspetti marginali, gli stessi rapporti di classe, per cui il momento economico non è stato più decisivo della contrapposizione essendoci stato, prima di questo, un momento unificante definitivo di carattere culturale. C'è poi un altro discorso che verrebbe voglia di fare a proposito della Germania, ed è quello che qualcuno propone in chiave umoristica (non se ne abbiano a male i colleghi): la Germania è riuscita a far funzionare bene il nazismo (quella aberrazione dal punto di vista politico, con la soluzione dei problemi pratici della classe operaia, del mondo operaio, che però aveva ottenuto una condizione economica sicuramente non disprezzabile); è riuscita a far funzionare bene il comunismo; è riuscita persino a far funzionare bene la democrazia parlamentare, che per definizione ha tante qualità e guarda lontano, ma in genere a scapito della efficienza. Le due Germanie sono infatti, una il modello più efficiente di comunismo, l'altra il modello più efficiente della democrazia occidentale e quando c'era il fascismo, era in Germania il modello più efficiente, in senso assoluto, anche di fascismo.
Ma torniamo ad un discorso più nostro. Credo si possa dire qualcosa sulla struttura della Giunta, dopo aver dato atto del forte impegno di tutti i suoi componenti. Vi sono i compiti amministrativi, largamente assorbenti, soprattutto in una fase iniziale, vi sono i compiti di iniziativa legislativa, e poi vi sono i compiti squisitamente politici o di sintesi, di indirizzo e di scelta. Qualcuno dice: ma questa esperienza ci spinge ad istituzionalizzare gli Assessorati, a dare ad essi una rilevanza esterna? Io risponderei: se noi interpretiamo la Regione come un grande Ente di gestione amministrativa, facciamo Ministeri e Assessorati, diamo la rilevanza esterna e assicuriamo una efficienza gestionale di questo tipo se riteniamo che invece debba essere perseguita la politica dei funzionari di alta competenza e capacità, i quali devono garantire, rispondendone poi verso gli Assessori e la Giunta , l'efficienza amministrativa, e vogliamo che sia come deve essere un organo politico, dotato d'iniziative legislative, dobbiamo accentuare - anche su questo vorremmo consegnare ai colleghi che verranno una indicazione - il momento collegiale, per la soluzione dei problemi essenziali. L'ottanta per cento del lavoro della Giunta non dovrebbe essere com'è, incentrato sulla valutazione dei singoli provvedimenti amministrativi: dovrebbe essere impegnato nella ricerca delle soluzioni politiche ai problemi fondamentali di guida e di indirizzo che sono ad essa affidati.
Nessuno pensa che si possa procedere facendo indietreggiare la classe operaia dalle sue conquiste: sarebbe una follia. Le differenze stanno forse nei modi con cui si intende andare avanti. Le elezioni sui decreti delegati danno luogo a molte interpretazioni. Io vorrei resistere a certe interpretazioni anche troppo suggestive che circolano, e cioè la constatazione che anche nel nostro Paese si palesa la presenza di un vasto strato sociale che si è emancipato, che è diventato maggiorenne - qualcuno lo chiama ceto medio, qualcun altro lo chiama ceto produttivo, ceto operaio, - con un tipo di comportamento non più determinato direttamente dal genere di attività economica cui è legato, ma anche qui già di cultura e di comportamento. Certi tipi di delega, certe manifestazioni di reciproca fiducia, che si sono verificati nelle elezioni per i decreti delegati fanno pensare a quanto sia sensibile e legato alla realtà sociale e politica il Partito comunista quando propone il discorso dei ceti medi, quando propone il discorso della piccola e media industria, quando propone il discorso di questo raccordo.
Ebbene, noi non abbiamo barriere da opporre sul piano dell'incontro tra le realtà sociali che si muovono: del resto, sarebbe illusorio, sarebbe presunzione antistorica tentare di impedire ciò che invece dobbiamo cercar di costruire, e cioè l'incontro autentico, la creazione di una cultura, di un costume politico che formi le basi di una unità quale il nostro Paese non ha mai raggiunto (e in questo è consistito il nostro dramma). Qui sta il vero compromesso storico, che non è un compromesso tra forze politiche che si vogliono reciprocamente garantire: è un discorso delle forze sociali, delle forze culturali che, spontaneamente, autonomamente lavorando insieme, vivendo insieme, affrontando insieme i problemi, si incontrano e riconoscono l' esistenza di un costume, di valori, di un nuovo patto sociale da osservare. Sono le forze politiche sotto questo profilo che vengono dopo, che si modificano e modificano la propria struttura modificano le proprie premesse, sconfessano proprie lontane superate impostazioni, e si adeguano ad un nuovo corso.
Noi non vogliamo confusioni storiche tra le forze politiche: vogliamo incontri storici tra le forze sociali e forze politiche.
Che val meglio dell'attenzione, del rispetto, della volontà e della capacità di affrontarsi sui problemi concreti, senza pregiudizi, senza timore di accogliere sollecitazioni, interventi ed integrazioni? E' per essenziale la chiarezza della propria origine, della propria impostazione della propria natura, per un efficace svolgimento del ruolo politico e del ruolo storico che ci è affidato.
Nessuno di noi può anticipare quali modificazioni la Democrazia Cristiana potrà subire in funzione di questa trasformazione storica, di questo mutamento di rapporti, quali trasformazioni subirà il Partito comunista di fronte al superamento di tutte le realtà, di tutte le contrapposizioni, di tutta la tematica e delle prospettive ideologiche elaborate nel secolo scorso. Oggi, abbiamo il dovere della chiarezza, della coerenza, dello stare ciascuno al proprio posto, ma in un modo nuovo questo sì, perché i problemi della realtà sociale che unitariamente bussa alle nostre porte richiede un modo di risposta che sia corretto nei due aspetti che ho enunciato.
Quanto alle maggioranze esistenti, tu dici, intelligente ed acuto collega Zanone, che è difficile definire i caratteri, l'identikit del Centro- Sinistra. Certo che è difficile, perché non si tratta di una persona sola. Ecco, noi possiamo fare una foto di gruppo - per usare una espressione di moda - dalla quale si desumono molto facilmente i caratteri.
Provate a confrontare una foto del Gabinetto britannico con la foto del Praesidium sovietico, o la fotografia di un Governo sud-americano con quella del Governo francese: vi renderete conto di una quantità di cose.
Oppure confrontate la fotografia del Caudillo che si affaccia solennemente al balcone e quella dell'on. Moro che sommessamente porge la mano ai suoi concittadini. C'è già tutta una indicazione. La definizione del Centro Sinistra qualcun altro l'ha forse già data. Vedo qualcuno che sorride, ma io ritengo che proprio la mitezza, la cultura, la gentilezza, il farsi sommesso, sentendosi non padrone ma servitore, sono grandi virtù, grandi valori, di cui noi riteniamo di essere portatori. Non sono cose da irridere: soltanto i presuntuosi, coloro che si ritengono investiti dalla Provvidenza, dalla storia, non hanno scrupoli a trascinare la gente alla rovina. Un uomo che ha l'animo e la cultura dell'on. Moro potrà arrivare un quarto d'ora dopo nel far asfaltare una strada, ma non ci condurrà sicuramente a catastrofi storiche.



BESATE Piero

E che ne pensa Fanfani di Moro?



BIANCHI Adriano

Credo tutto il bene possibile, e credo che anche Moro pensi tutto il bene possibile di Fanfani, perché la natura, sempre provvida, ha dato a ciascuno di essi i talenti che sono loro necessari per svolgere il ruolo suo proprio: all'uno la capacità di ideare e pensare, mediare e valutare all'altro l'energia costruttiva per spingere, per stimolare e per fare.
Comunque, non voglio lasciarmi sviare dal discorso perché è tempo che concluda, chiedendo scusa a tutti i colleghi per averli intrattenuti oltre il tempo che mi ero strettamente prefissato. Io credo che se tutti insieme in questi due mesi, contribuiremo a concentrare i nostri sforzi su una tematica elevata nei contenuti e nel modo di affrontarla, senza indulgere ad alcuna delle sollecitazioni elettorali tipiche delle vigilie di scioglimento del Parlamento, daremo un nostro contributo veramente decisivo al consolidamento dell'Istituto regionale.
Con questo spirito il mio Gruppo voterà con soddisfazione il bilancio che la Giunta ha presentato.



PRESIDENTE

Terminate così le dichiarazioni di voto, passiamo alla votazione del disegno di legge per l'approvazione del bilancio di previsione per l'anno finanziario 1975.
Art. 1 - E' approvato in lire 347.640.000.000, come dalla tabella n. 1 annessa alla presente legge, lo stato di previsione dell'entrata della Regione per l'anno finanziario 1975.
Sono autorizzati, secondo le leggi in vigore, l'accertamento e la riscossione dei tributi istituiti dalla Regione, la riscossione dell'imposta locale sui redditi con l'aliquota stabilita dalla Regione ed il versamento nella cassa della Regione, delle somme e dei proventi dovuti nell' anno finanziario 1975.
Non sono stati proposti emendamenti. Nessuno chiede di parlare. Si proceda alla votazione per appello nominale.



(Si procede alla votazione per appello nominale)



PRESIDENTE

Comunico il risultato della votazione presenti e votanti: n. 38 hanno risposto si: n. 25 Consiglieri hanno risposto no: n. 13 Consiglieri L'art. 1 è approvato.
Art. 2 - E' approvato in lire 347.640.000.000, come dallo stato di previsione di cui alla tabella n. 2, annessa alla presente legge, il totale generale delle spese della Regione per l'anno finanziario 1975.
E' autorizzato il pagamento delle spese, in conformità allo stato di previsione di cui al precedente comma.
Non sono stati proposti emendamenti. Nessuno chiede di parlare. Si proceda alla votazione per appello nominale.



(Si procede alla votazione per appello nominale)



PRESIDENTE

Comunico il risultato della votazione: presenti e votanti: n. 38 hanno risposto si: n. 25 Consiglieri.
hanno risposto no: n. 13 Consiglieri L'art. 2 è approvato.
Art. 3 - E' approvato il quadro generale riassuntivo del bilancio per l'anno finanziario 1975, annesso alla presente legge.
Non sono stati proposti emendamenti. Nessuno chiede di parlare. Si proceda alla votazione per appello nominale.



(Si procede alla votazione per appello nominale)



PRESIDENTE

Comunico il risultato della votazione: presenti e votanti: n. 38 hanno risposto si: n. 25 Consiglieri hanno risposto no: n. 13 Consiglieri L'art. 3 è approvato.
Art. 4 - Sono considerate spese obbligatorie e d'ordine, ai sensi e per gli effetti dell'articolo 40 del R.D. 18 novembre 1923, n. 2440, quelle descritte nell'elenco n. 1, annesso allo stato di previsione della spesa.
Il Presidente della Giunta regionale, su conforme deliberazione della Giunta, dispone con proprio decreto il prelevamento, dal fondo di riserva per le spese obbligatorie e d'ordine, di cui al capitolo n. 1014, delle somme da iscrivere nei capitoli di spesa indicati nell'elenco di cui al precedente comma.
Non sono stati proposti emendamenti. Nessuno chiede di parlare. Si proceda alla votazione per appello nominale.



(Si procede alla votazione per appello nominale)



PRESIDENTE

Comunico il risultato della votazione: presenti e votanti: n. 38 hanno risposto si: n. 25 Consiglieri hanno risposto no: n. 13 Consiglieri L'art. 4 è approvato.
Art. 5 - E' approvato l'elenco n. 2, annesso allo stato di previsione della spesa, dei capitoli relativi alla restituzione di somme avute in deposito o comunque introitate per conto di terzi.
Il Presidente della Giunta regionale, su conforme deliberazione della Giunta regionale, dispone con proprio decreto l'iscrizione, in corrispondenza con gli accertamenti delle entrate, delle somme occorrenti per la regolazione delle spese di cui al precedente comma.
Non sono stati proposti emendamenti. Nessuno chiede di parlare. Si proceda alla votazione per appello nominale.



(Si proceda alla votazione per appello nominale)



PRESIDENTE

Comunico il risultato della votazione: presenti e votanti: n. 38 hanno risposto si: n. 25 Consiglieri hanno risposto no: n. 13 Consiglieri L'art. 5 è approvato.
Art. 6 - Per provvedere ad eventuali deficienze nelle assegnazioni di bilancio, che non riguardino le spese di cui ai precedenti articoli 4 e 5 il Presidente della Giunta regionale, su conforme deliberazione della Giunta, provvede, con proprio decreto, in conformità dell'articolo 42 del R.D. 18 novembre 1923, n. 2440, al prelevamento di somme dal fondo di riserva per le spese impreviste, di cui al capitolo n. 1016, ed alla loro iscrizione nei capitoli da integrare od in capitoli nuovi.
I decreti del Presidente della Giunta regionale che dispongono i prelevamenti dal fondo di cui al comma precedente sono pubblicati sul Bollettino Ufficiale della Regione e sono presentati entro 30 giorni dalla pubblicazione al Consiglio per la convalida con legge regionale.
Non sono stati proposti emendamenti. Nessuno chiede di parlare. Si procede alla votazione per appello nominale.



(Si procede alla votazione per appello nominale)



PRESIDENTE

Comunico il risultato della votazione: presenti e votanti: n. 38 hanno risposto si: n. 25 Consiglieri hanno risposto no: n. 13 Consiglieri L'art. 6 è approvato.
Art. 7 -- Il Presidente della Giunta regionale, su conforme deliberazione della Giunta regionale, dispone con proprio decreto l'iscrizione, nei capitoli nn. 21-22-23-24-25-26-27-28 e 29 dell' entrata delle somme assegnate alla Regione dallo Stato, in base alle leggi richiamate nei capitoli stessi ed anche in eccedenza alle dotazioni ad essi conferite, nonché l'iscrizione di dette somme nei corrispondenti capitoli di spesa in conformità alle loro specifiche destinazioni.
Con analoga procedura si provvede all'iscrizione, nei capitoli appositi, di somme assegnate dallo Stato alla Regione nonch all'istituzione di nuovi capitoli di entrata e di spesa per le funzioni delegate e per altre eventuali assegnazioni disposte dallo Stato alla Regione.
Non sono stati proposti emendamenti. Nessuno chiede di parlare. Si proceda alla votazione per appello nominale.



(Si procede alla votazione per appello nominale)



PRESIDENTE

Comunico il risultato della votazione: presenti e votanti: n. 38 hanno risposto si: n. 25 Consiglieri hanno risposto no: n. 13 Consiglieri L'art. 7 è approvato.
Art. 8 - Il Presidente della Giunta regionale, su conforme deliberazione della Giunta, dispone altresì, con proprio decreto l'iscrizione nei capitoli nn. 18-19 e 20 dello stato di previsione dell'entrata, nonché nei corrispondenti capitoli dello stato di previsione della spesa, delle somme ripartite per l'anno 1975, in eccedenza a quelle stanziate nei capitoli medesimi, a favore della Regione Piemonte, sul fondo per il finanziamento dei programmi regionali di sviluppo di cui all'articolo 9 della legge 16 maggio 1970, n. 281, anche ai sensi di altre leggi statali che ne prescrivano l'incremento.
Le somme di cui al precedente comma verranno utilizzate per il finanziamento di spesa stabilite da provvedimenti legislativi statali o regionali e, ove prescritto, secondo gli indirizzi di cui alle deliberazioni del Comitato Interministeriale per la Programmazione Economica.
Non sono stati proposti emendamenti. Nessuno chiede di parlare. Si proceda alla votazione per appello nominale.



(Si procede alla votazione per appello nominale)



PRESIDENTE

Comunico il risultato della votazione.
presenti e votanti: n. 38 hanno risposto si: n. 25 Consiglieri hanno risposto no: n. 13 Consiglieri L'art. 8 è approvato .
Art. 9 - Il Presidente della Giunta regionale è autorizzato ad apportare, con proprio decreto, le variazioni al bilancio di previsione per l'anno 1975 derivanti da leggi regionali i cui oneri siano coperti in tutto od in parte, ai sensi dell'articolo 1 della legge 27 febbraio 1955 n. 64 con la disponibilità finanziaria ad essi riservata in appositi fondi del bilancio dell'anno 1974.
Non sono stati proposti emendamenti. Nessuno chiede di parlare. Si proceda alla votazione per appello nominale.



(Si procede alla votazione per appello nominale)



PRESIDENTE

Comunico il risultato della votazione: presenti e votanti: n. 37 hanno risposto si: n. 25 Consiglieri hanno risposto no: n. 12 Consiglieri L'art. 9 è stato approvato.
Art. 10 - La presente legge regionale è dichiarata urgente ed entra in vigore nel giorno della sua pubblicazione sul Bollettino Ufficiale della Regione Piemonte, ai sensi dell'articolo 45 dello Statuto regionale.
Non sono stati proposti emendamenti. Nessuno chiede di parlare. Si proceda alla votazione per appello nominale.



(Si procede alla votazione per appello nominale)



PRESIDENTE

Comunico il risultato della votazione: presenti e votanti: n. 37 hanno risposto si: n. 25 Consiglieri hanno risposto no: n. 12 Consiglieri L'art. 10 è approvato.
Pongo ora in votazione l'intero disegno di legge sul bilancio, per appello nominale.



(Si procede alla votazione per appello nominale)



PRESIDENTE

Comunico il risultato della votazione.
presenti e votanti: n. 37 hanno risposto si: n. 25 Consiglieri hanno risposto no: n. 12 Consiglieri Il Consiglio regionale approva.


Argomento: Varie

Comunicazione sullo stato dei lavori della Commissione di indagine conoscitiva sulle attività di eversione fascista in Piemonte


PRESIDENTE

Il Consigliere Bianchi, Presidente della Commissione per l'indagine sulle attività neo-fasciste in Piemonte, desidera fare al riguardo una breve comunicazione. Ne ha facoltà



BIANCHI Adriano

Signor Presidente, la Commissione di indagine conoscitiva sta avviando a conclusione i propri lavori. Attualmente, raccolto tutto il materiale attraverso i questionari compilati da circa 1000 Comuni ed Enti locali, gli apporti del gruppo di lavoro dei giornalisti, notevolmente importanti per gli apporti qualitativi e quantitativi, il materiale consegnato dalle Organizzazioni democratiche, i componenti della Commissione si sono divisi le varie parti di una pre-relazione, per fare delle valutazioni e dare indicazioni che dovrebbero essere consegnate entro la fine della settimana all'interno della Commissione. Sarebbe pertanto possibile, dopo la preparazione e la stesura collegiale della relazione finale, le cui difficoltà non mi nascondo e non nascondo al Consiglio, comunicare le conclusioni al Consiglio regionale in una seduta che la Commissione ritiene debba avere una certa solennità, secondo modalità che l'Ufficio di Presidenza ed il Consiglio stesso vorranno stabilire in modo da consentire le partecipazioni qualificate atte a sottolineare la serietà e l'impegno di questo lavoro.
La data prevista dalla Commissione per la possibile convocazione di questa seduta del Consiglio viene indicata nel 15 marzo. Forse difficoltà gravissime osteranno al completamento del lavoro; però la valutazione degli impegni successivi e degli slittamenti che si avrebbero se non riuscissimo a rispettare questa data ci deve indurre a sviluppare tutta la nostra diligenza perché essa sia osservata.
Ho voluto fare questa comunicazione per doverosa informazione del Consiglio su un argomento di questa importanza e perché il Presidente e l'Ufficio di Presidenza possano tenerne conto al momento della fissazione delle sedute e della distribuzione dei lavori.



PRESIDENTE

Passiamo alle ultime comunicazioni.
Ho ricevuto da parte delle Sezioni sindacali CGIL-CISL-UIL della Regione Piemonte il seguente testo: "In riferimento ai contenuti esposti nel comunicato del 24.2.'75, che si allega constatata l'inadempienza della Giunta in merito ai tempi concordati per l'approvazione delle deliberazioni di inquadramento proclamano lo sciopero di tutto il personale per i giorni 6 e 7 marzo".


Argomento:

Interrogazioni ed interpellanze (annuncio)


PRESIDENTE

Sono state presentate: una interpellanza dai Consiglieri Revelli-Rivalta-Lo Turco-Marchesotti in merito alla nuova situazione determinatasi in rapporto alla ricostruzione della Cuneo-Ventimiglia-Nizza a seguito di un voto negativo mentre un ulteriore stanziamento di fondi è stato deciso per l'autostrada Alemagna, pur non essendo questa compresa nel pacchetto degli interventi di Venezia; gli interpellanti chiedono quali iniziative si intenda assumere affinché la soluzione del collegamento ferroviario Cuneo-Ventimiglia-Nizza non sia ancora una volta rinviata una interrogazione urgente dei Consiglieri Rossotto-Zanone-Fassino Gerini, rivolta al Presidente della Giunta in relazione allo sciopero degli ufficiali giudiziari, in corso già da settanta giorni circa, con richiesta di intervento presso il Ministro di Grazia e Giustizia per protestare perché a distanza di un mese dalla proclamazione dello sciopero, il Ministro non ha ritenuto suo dovere ascoltare, conoscere e dirimere i motivi della protesta.
Dichiaro chiusa la seduta. Ringrazio tutti i Consiglieri. Vorrei consultarmi brevemente con i Capigruppo per fissare una riunione.



(La seduta ha termine alle ore 21,15)



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