Sei qui: Home > Leggi e banche dati > Resoconti consiliari > Archivio



Dettaglio seduta n.291 del 21/02/75 - Legislatura n. I - Sedute dal 6 giugno 1970 al 15 giugno 1975

Scarica PDF completo

Argomento:


PRESIDENZA DEL PRESIDENTE VIGLIONE


Argomento: Bilanci preventivi

Esame disegno di legge n. 232 "Bilancio di previsione per l'anno finanziario 1975" (seguito)


PRESIDENTE

La seduta è aperta.
Sono in congedo i Consiglieri: Chiabrando, Debenedetti, Garabello Gerini, Giletta, Giovana, Nesi, Conti.
E' iscritto a parlare il Consigliere Falco, ne ha facoltà.



FALCO Giovanni

Signor Presidente, signori Consiglieri, il mio intervento ha principalmente lo scopo di sottolineare agli interessati ed alla stampa lo sforzo che il Consiglio regionale e la Giunta hanno sviluppato in questi anni a favore del mondo rurale.
Quando consideriamo che il bilancio preventivo del 1973 prevedeva cinque miliardi, mentre quello del 1974 stanziava 42 miliardi, cioè quasi un terzo del bilancio di quell'anno, dobbiamo prendere atto che gli operatori economici di quel settore hanno avuto dal Consiglio regionale la considerazione che meritavano.
Anche il bilancio del 1975 prevede numerosi stanziamenti che hanno lo scopo di incidere a favore dell'agricoltura di montagna e di pianura La prima legge regionale comparve nel 1972, quattro furono promulgate nel 1973 e nove nel 1974. Sono provvedimenti legislativi sotto forma di contributi negli interessi per prestiti e mutui concessi ad istituti ed enti esercenti il credito agrario per sviluppare la zootecnia, la cooperazione, la vitivinicoltura, le strutture di trasformazione e commercializzazione dei prodotti agricoli, nonché per migliorare le condizioni di vita nelle campagne con aiuto per case di abitazione per contadini, acquedotti rurali, strade ed elettrodotti.
Il settore zootecnico, che è quello che ha risentito di più della crisi agricola, è stato oggetto di particolare attenzione, e beneficerà di stanziamenti ammontanti a parecchi miliardi destinati ad interventi vari.
Le norme di attuazione relative agli interventi hanno richiesto un lavoro di molti mesi ed una vasta collaborazione, Nella elaborazione delle norme di attuazione si è cercato di semplificare le procedure, di valorizzare la collaborazione delle Organizzazioni sindacali e responsabilizzare gli agricoltori.
A completamento di quanto si è realizzato in passato dal Consiglio e dalla Giunta, quest' ultima e l'Assessore competente per il futuro della montagna e soprattutto per il futuro dei montanari dovrebbe esaminare l'opportunità di istituire un'azienda regionale forestale avente gli scopi: 1) di rifornire materiale vivaistico per l'allargamento del territorio destinato a foresta 2) aiutare i Comuni, le Province, le Comunità montane e quanti nel territorio svolgono una competenza specifica nel campo forestale 3) di cercare la difesa del suolo ed il ripristino dell'equilibrio tra l'uomo e la natura, rotto dall'indiscriminato taglio delle piante.
Sull'argomento - se mi fosse consentito - vorrei richiamare l'attenzione dei colleghi su un prezioso studio dell'ispettore regionale forestale dr. Salsotto il quale, a proposito del patrimonio forestale della nostra Regione, ha posto in evidenza le magnifiche essenze che vegetano in Piemonte ed ha sottolineato il problema sia dal punto di vista economico che dal punto di vista sociale.
L'azienda forestale dovrà assolvere l'impegno di elaborare un piano di acquisizione di vaste superfici, boscate e nude, di realizzare la sistemazione di terreni in proprietà e di quelli di nuova acquisizione.
A proposito di questi ultimi la priorità dovrà essere data ai terreni che assolvono a preminenti funzioni di interesse pubblico e cioè ai terreni già rimboschiti a totale carico dello Stato, ai terreni abbandonati ed a quelle proprietà polverizzate e frammentate, per pervenire ad unità di gestione più valide, dal punto di vista produttivo e sociale.
Contemporaneamente la Regione dovrebbe rivendicare il trasferimento da parte dello Stato, di tutte le foreste demaniali, così come è prescritto dall'art. 11 della legge 16.5 1960 m 281.
La proposta che mi permetto di avanzare dovrebbe dare vita ad un Ente che abbia capacità di intervento immediato e che sia in grado di sostituire lo Stato togliendo alla Regione compiti che probabilmente avrebbe avuto difficoltà ad assolvere. In altri termini, si dovrebbe istituire un Ente con capacità operativa e una sua autonomia attraverso la costituzione di aziende speciali che rispondano, fra l'altro, anche ai bisogni di partecipazione degli Enti locali.
Per la realizzazione delle opere previste negli interventi dell'azienda, sarà doveroso privilegiare, nell'assegnazione di tali opere le cooperative dei lavoratori, senza escludere gli organismi come i consorzi di bonifica che dispongono di personale tecnico e salariati. Il personale dell'azienda sarà reperito, attraverso l'istituto del comando tra quello della Regione e quello dello Stato. A questo proposito, ricordo l'anacronistico ed illogico disposto del decreto delegato n. 11 relativamente alla destinazione ed all'utilizzo del corpo forestale tecnico, amministrativo e di sorveglianza, il quale stabilisce che trattenendolo alle dipendenze dello Stato dovrebbe essere impiegato dalla Regione.
La gestione dell'azienda dovrà essere assegnata ad aziende speciali di natura consortile, assumendo la Regione il relativo onere. In altri termini, la gestione del patrimonio forestale sarà attuata secondo il principio della delega. Le linee di politica forestale, sulle quali si fonda il progetto istituito dall'azienda, dovranno costituire parte integrante del contesto socioeconomico regionale e del suo sviluppo.
Termino l'intervento rivolgendo una calda preghiera al Presidente della Giunta ed all'Assessore competente perché vogliano esaminare e considerare l'opportunità della proposta di costituire l'azienda regionale forestale la quale, oltre a ripristinare l'equilibrio tra l'uomo e la natura, darebbe un notevole beneficio alle zone di montagna dal punto di vista socio-economico e turistico e potrebbe risolvere in parte l'annoso problema della montagna.



PRESIDENTE

E' ora iscritto a parlare il Consigliere Revelli, ne ha facoltà.



REVELLI Francesco

Signor Presidente, credo che in merito a questo bilancio (in particolare per quanto concerne i capitoli del diritto allo studio, della formazione professionale, di tutta la politica di intervento nel campo della cultura e della scuola) si debba fare un consuntivo di questi cinque anni. E' necessario fare un consuntivo perché nel bilancio di quest'anno si riassumono non soltanto le cifre, ma la realtà del dibattito politico economico ed anche ideale che si è svolto in questo Consiglio ed in cui si sono intrecciati i vari temi, da quelli più generali della cultura, a quelli specifici della scuola, dei compiti che ha la Regione, della programmazione, del rapporto (questo è molto più importante, ne abbiamo discusso più volte ancora lo scorso anno, sull'assistenza scolastica) che deve stabilirsi fra la democrazia, la sua estensione, i momenti della partecipazione che sono statutari e lo sviluppo economico-sociale del come si realizza una spesa che ha un grosso peso nel nostro bilancio e nel rapporto con tutta la realtà regionale. E' un consuntivo, questo, che avendo come punto di riferimento lo Statuto regionale e la sua attuazione deve verificare come nella realtà sono andati avanti quei presupposti che noi avevamo fissato nella legge fondamentale della Regione, come siano stati tradotti questi impegni in tutte le leggi e in tutti gli atti amministrativi di questi cinque anni.
Voglio subito dire che quando si parla di questi temi all'interno del bilancio 1975 non possiamo non ricordare che c'é stata una politica miope centralistica dei Governi sul tema della scuola, nel rapporto con le Regioni, I Governi che si sono succeduti non hanno dato una lettura degli Statuti regionali, e se questo è stato un dato generale per la nostra Regione e per le altre, è stato però anche per il Piemonte un dato particolare, basti ricordare la legge sulla quantità dei libri ed il tipo di risposta che abbiamo avuto dal Governo: obiezioni di merito e di contenuto.
Lo stesso atteggiamento c'è stato nei confronti dei Comuni e di tutto il sistema delle autonomie locali. Su questo io credo che noi abbiamo già dato un chiaro giudizio generale, tra l'altro il nostro Partito sta facendo i suoi congressi e queste cose le ha dette ampiamente. Però io penso che al di là di tutti questi limiti non possiamo non cogliere la realtà delle forze politiche che si sono mosse in questo Consiglio regionale rispetto a questi temi specifici, di quelle forze che hanno governato e di come si sono mosse anche in tutte le realtà locali, nei Comuni, nelle Province nella nostra regione, vi erano e vi sono ancora oggi cose che, scontato il limite imposto dal centralismo dei Governi, dovevano essere fatte, potevano essere fatte ed in parte ancora possono essere fatte dalla Regione.
Considereremmo noi stessi degli irresponsabili, io penso, se non affrontassimo in questo modo la questione, se non cercassimo di cogliere nell'ambito pur ristretto delle competenze che ci erano concesse, la verifica di che cosa abbiamo fatto tutti insieme, di che cosa hanno fatto la maggioranza e le Giunte che si sono susseguite.
Qui mi pare che si colleghi il giudizio della relazione generale sul bilancio, svolta da Dotti per la I Commissione quando proprio a pagina 1 si parla della necessità di una riqualificazione della spesa e si citano questi capitoli: il diritto allo studio, la formazione professionale l'assistenza sociale che si intreccia con questi due temi, il problema stesso delle biblioteche, degli Enti locali. Un giudizio che non solo è stato trasfuso in quella relazione perché ricordato dalla consultazione popolare, ma che viene avanti nelle cose, nella realtà del movimento di lotta, che parte dagli obiettivi delle Organizzazioni sindacali su questi temi e che ha avuto conferma soprattutto nel grande fatto nuovo (che ha sorpreso non certo noi, ma che ha sorpreso la D.C. e le forze che governano la Giunta) rappresentato dalle elezioni degli organi collegiali della scuola che hanno luogo in questi giorni.
Una realtà quindi, che ci pone di fronte al fatto che malgrado si volesse incanalare per tutta un'altra strada il tema della partecipazione democratica e del rinnovamento della scuola, e la risposta è che la gente pone domande nuove e uno dei temi, degli argomenti, è la discussione sulla Regione, sulla politica che è venuta avanti con le leggi regionali, con i bilanci regionali, in merito al diritto allo studio. Sono questioni poste direttamente dalla gente, per il fatto che oggi molti cittadini sono stati chiamati in prima persona ad occuparsi di questi problemi e prendono la parola su queste questioni e le vogliono conoscere a fondo.
Ed allora occorrono due verifiche: la prima sul giudizio che ha dato Dotti su questi problemi e che ci rinvia direttamente poi alla relazione della Commissione dello scorso anno (e il giudizio si fa ancora più pesante credo che su tutti gli altri settori del bilancio, proprio perché le cose che ci eravamo dette sullo scorso bilancio, nell'altra discussione, che dovevano e potevano essere fatte e che molte altre Regioni hanno fatto, la Regione Piemonte non è stata in grado di affrontarle o le ha affrontate solo in parte o male); la seconda sulla collocazione delle forze politiche di governo della Regione.
In questo senso credo che si debba sgombrare il campo dall'affermazione secondo cui è difficile legiferare in questa materia. Ormai l'esperienza ci dice che un terreno sul quale l'intervento della Regione ed un contributo più diretto e più ampio alla democratizzazione pote va essere dato, esso è il terreno dei processi formativi scolastici ed extra scolastici, più ancora che l'urbanistica, anche perché l'unità creatasi a livello di tutte le Regioni, anche nei rapporti col Governo (malgrado quelle gravi lacune che denunciavo prima) avrebbe permesso di portare avanti una attività legislativa concreta che nonostante l'insufficienza degli stanziamenti poteva permettere di avere una qualità della spesa in grado di soddisfare tutta una serie di esigenze della comunità regionale.
Ecco perché io credo che se è possibile per la maggioranza trovare molte giustificazioni sul metodo seguito per la formazione delle leggi, non accettando le proposte positive che ha fatto l'opposizione, comunista questa mistificazione non può reggere al vaglio di una responsabile verifica degli obiettivi responsabili e corretti che il movimento sindacale ed i Comuni hanno posto alla stessa Regione.
E allora qual'è il limite più grande che viene avanti? Il fatto che noi abbiamo affrontato questi problemi (superando lo scontro e le resistenze che c'erano nelle forze politiche più conservatrici, più moderate, di quelle forze che avevano maggiori preoccupazioni di andare su questi problemi al confronto con gli Enti locali) ed è il risultato che siamo arrivati in aula con delle leggi che potevano essere unitarie e qualificanti con scelte di spesa prioritarie, come quelle sulla scuola dell'obbligo. Ma la maggioranza non ha voluto cogliere l'occasione dell'unità ed in primo luogo la D.C. In merito alla legge sulla assistenza scolastica, poi, il Partito repubblicano è stato la punta di lancia per creare queste difficoltà, non si è risposto alla questione né del finanziamento, né della domanda di democratizzazione, in senso generale degli interventi, né a quanto era maturato nel rapporto con la Comunità regionale, né alla domanda di partecipazione. Chiediamoci il perché. Se non diamo delle deleghe agli Enti locali in modo corretto e se questi Enti locali (e molti governati della D.C., dopo un primo momento di accordo sui temi generali sono stati richiamati dalla D.C. ad un'azione negativa che era quella che portava avanti la stessa Giunta e cioè di non richiedere la delega o di contestarla) non le esercitano in modo organico, come si pu arrivare ad estendere la democrazia e la partecipazione democratica? Credete che l'esperienza degli organi collegiali della scuola e domani, a breve scadenza, tra alcuni mesi, del distretto scolastico, possa essere fine a sé stessa? Il mancato ruolo degli Enti locali può essere un elemento che corrode questa stessa capacità di partecipazione degli organi collegiali. Se non c' è l'apertura sui problemi della società e se non c'e il ruolo efficiente e democratico dello stesso Ente locale attraverso i quartieri, attraverso le varie articolazioni o anche per gruppi di Comuni nella gestione delle deleghe, non si stabilisce un rapporto organico tra scuola e società, questo è il grande problema. Malfatti ha creduto di poter mettere il coperchio, o ha cercato di metterlo, ad una pentola che bolliva troppo e la stessa D.C. deve prendere atto che queste elezioni degli organi collegiali della scuola sono un grande fatto democratico e dimostra che si è andati più in là di chi voleva frenare le stesse esigenze della scuola o rinchiuderle in un nuovo corporativismo, anche a fini di partito. E' fallita alla prova dei fatti la linea dei gruppi dirigenti della D.C.
Ebbene, quando si è tentato di mettere il coperchio c'è stata una Regione in particolare, in cui il rapporto scuola-società non e stato colto nei fatti, negli atti legislativi: è la Regione Piemonte. Noi comunisti non possiamo associarci a questo giudizio che non può coinvolgere tutti, qui c'é una responsabilità diretta della D.C. e non di tutto quel Partito, ma di una linea politica che e passata e che ha costretto le forze più avanzate nel suo interno a tutto il dibattito, ideale, culturale, che si e svolto in questi quattro anni e che aveva caratterizzato il Consiglio regionale e la Commissione per una elaborazione avanzata di proposte che sono state utili anche ad altre Regioni.
Nei fatti c'è stato un passo indietro che ha fatto si che su questo terreno la maggioranza ha costretto tutta la Regione a registrare un ritardo grave e soprattutto continuare a costruire una piramide verticistica e chiusa anche rispetto ai problemi della scuola.
E' chiaro che in Consiglio regionale non c'é soltanto la D.C. Noi abbiamo dato una battaglia concreta, seria sui contenuti, sui problemi, di queste cose ed oggi di fronte ad un bilancio che la gente vuol discutere di più e che discuterà di più nei prossimi mesi, non per onore di pubblicità perché ci sono le elezioni, ma perché ci sono dei fatti nuovi dovuti alla partecipazione che, pur con i suoi limiti, ha però portato numerosi cittadini ad affrontare questi problemi; ormai nella scuola non possiamo andare a dire che gli stessi capitoli di spesa sono gestiti allo stesso modo (salvo l'eccezione di alcuni piccoli settori di delega come quello dei tra sporti per la scuola dell'obbligo e la delega manca rispetto alle mense) in cui li gestiva lo Stato nel 1970 e la Regione nel 1971/72/73 e così via.
Questa è una grossa questione e anche qui diventa un po' dell'aria fritta ribadire ancora una volta dei buoni propositi nella relazione della Giunta, mi permetta signor Presidente! Facciamo dei discorsi estremamente importanti, ma poi come ci collochiamo di fronte a queste cose? Come entriamo nella realtà dei problemi? Dobbiamo verificare, in concreto, se siamo un contributo per uscire dalla crisi e se siamo in grado di far porre dei problemi nuovi non soltanto alle forze politiche in questa sede sui problemi concreti, ma se riusciamo a farli porre anche alla Comunità regionale nei vari Comuni e in tutto l'insieme del sistema delle autonomie.
Io credo quindi che qui si segni una prima grave responsabilità, che non si rapporta neanche più alla discussione sulle cifre, ma che è nei fatti. L'efficienza della spesa è una cosa su cui il cittadino è estremamente sensibile oggi, lei stesso Presidente ieri mattina diceva: siamo a un punto di crisi grave nel Piemonte, come interveniamo, cosa possiamo fare? Intanto l'efficienza: non siete riusciti neanche a razionalizzare, a rendere funzionale la spesa in questo settore. Avete badato solo a conservare i sistemi di potere vostri e dei vostri Partiti alleati, mantenendo in piedi vecchi strumenti quali sono i patronati scolastici che esistono quasi sol tanto più in Piemonte.



OBERTO Gianni, Presidente della Giunta regionale

E' conservatore il Piemonte.



REVELLI Francesco

No, non è conservatore, e una vostra linea. Come riusciremo a dire alla gente che si può essere efficienti nella spesa quando tre quarti della spesa della legge per la scuola dell'obbligo è bloccata e sarà bloccata fino alla fine di quest'anno? Me lo volete dire? Anche all'interno di queste scelte sbagliate non avete neanche accettato allora quando si discusse la legge sul diritto allo studio, le proposte razionalizzatrici.
Abbiamo sentito dire da lei, signor Presidente, che è una persona così corretta quando affronta temi di politica e si confronta con le altre forze, qui e fuori di quest'aula, che il Consiglio non e capace di fare le leggi, Io direi che quelle forze che hanno voluto quella legge non sono state capaci di farla, noi saremmo stati capaci di fare una legge e con le stesse forze all'interno della D.C. che a questi problemi in qualche modo credono senza essere per nulla rivoluzionari su altre questioni.
Si è voluto seguire un'altra strada perché sia conservato un sistema di potere, piccolo se vuole, fatto di piccole mance, di piccole cose, che unite al moderatismo fa sì che, ancor di più che nell'area torinese e nella Provincia di Torino nelle altre Province del Piemonte esso sia utile, o si crede che possa ancora essere tale, per le prossime elezioni.
Bisognava in qualche modo garantire che ognuno avrà la sua fetta e la torta sarà divisa sempre all'interno della D.C. Quindi noi avremo: che nell'orientamento professionale non si spenderanno i soldi, che le casse scolastiche non riusciranno a spendere bene i soldi e tra mille difficoltà per tutta la parte degli strumenti collettivi di studio all'interno delle scuole e tutta un'altra serie di interventi che abbiamo affidati ai distretti che non esistono ancora ai quali è necessario che la Regione faccia in questo prossimo mese al più presto il suo dovere e vada ad una definizione, soprattutto in rapporto ai comprensori.
Mi pare quindi che questo bilancio rifletta, e sarà sempre più chiaro alla gente, come si sia consumato, sul tema complessivo dei processi formativi, uno scontro tra i sistemi di potere della D C (sistemi di potere regionali e comunali) ed il travaglio ideale che c'è in questo Partito sulla concezione della scuola, del pluralismo, su tutto il tema che riguarda il diritto allo studio, E non avete accontentato neanche le scuole private con la vostra politica. Credete che con il vostro elettorato bisogna essere cinici perché intanto non capisce. Non avete accontentato neanche quelle scuole perché anche al loro interno vi sono fermenti che vengono avanti, c'è un dibattito, concezioni certo diverse dalle nostre, ma chi è all'interno dei problemi della realtà estremamente complessa e si fa più forte la coscienza della crisi che travaglia tutta la scuola del nostro Paese.
Nella secondaria superiore domenica mattina voteranno i genitori, gli studenti, gli insegnanti per gli organi collegiali. Ebbene, qui non è cambiato niente La Regione non ha mutato nulla, Ci siamo distinti, si è distinto il Consiglio, per un dibattito efficace e serrato sulla secondaria superiore Ha dato contributi ad altri, l'ha dato anche ad una Regione tutta governata dalla D.C. come il Veneto che ha saputo poi trarre delle giuste conclusioni (lo ripeto per l' ennesima volta, l'ho già detto altre volte in questo Consiglio) ma poi anche qui ci si è fermati e la maggioranza continua con la politica delle borse di studio, con l'intreccio tra un sistema e l'altro di intervento e di favori, con il rapporto diretto dell'Assessore regionale, con questo o quell'altro Assessore delle Province.



BORANDO Carlo, Assessore all'istruzione, formazione ed assistenza scolastica

Sono stato a Roma l'altro giorno e mi è stato detto che è una lamentela generale.



REVELLI Francesco

Faranno la riforma generale e certamente la Regione Piemonte avrà dato il suo contributo di idee a livello di dibattito consiliare, ma né tu n gli Assessori che ti hanno preceduto contributi non ne avete dati, anzi siete stati molto conservatori.
Quindi sul tema dell'assistenza scolastica e del diritto allo studio che è stato uno dei temi centrali dello scontro di questioni, noi segniamo dopo un'ampia discussione, dopo una grossa mobilitazione, un ampio confronto con i Sindacati, con le forze sociali, con la Comunità regionale noi segniamo una sconfitta, passatemi il termine, ma non come istituzione ma per le Giunte che si sono susseguite e in primo luogo per l'atteggiamento conservatore della D.C. Ed anche qui non facciamo di ogni erba un fascio, perché all'interno della D.C. forze importanti sono state mortificate dagli Assessorati, dalle centrali (chiamiamole cosi) del piccolo potere regionale in cui hanno prevalso gli interessi particolari su quelli generali, ecco la miopia di una politica, il non aver compreso quanto avveniva in Piemonte.
Sul secondo tema, la formazione professionale, la situazione è ancora più grave: il rapporto scuola e mercato del lavoro è stato costantemente e continua ad esserlo, soprattutto oggi, che siamo di fronte ai problemi di una riconversione produttiva, che abbiamo dibattuto sul terreno economico e della programmazione, mancata anche questa in Piemonte per come stata condotta da alcune forze. Ebbene, ci troviamo di fronte ad un altro capitolo enorme di spesa, anche se quest'anno è leggermente ridotto.
Possiamo dire che si sono spesi per ogni anno circa dieci miliardi. Come sono finiti questi miliardi? Sono andati ad alimentare vecchie strutture sono andati ad alimentare tutta una serie di piccoli feudi nell'agricoltura, mortificando anche le forze più attive e più vive che all'interno delle stesse organizzazioni di tipo e di origine cattolica che oggi respingono questo tipo di politica.
Ecco quindi che non si è voluto cogliere un avvertimento di Minucci e Berti alla fine dell'anno e all'inizio di questa legislatura, quando si è parlato della crisi economica. Si disse già allora che entravamo in una fase da cui non saremmo usciti senza una complessità di interventi anche graduali, utilizzando tutti i mezzi che aveva la Regione, si sottoline allora che era "strategica" la funzione della formazione professionale ed il ruolo della scuola, sia come spesa corrente, sia come spesa di investimento, sia come avvio di un processo di riforma. E mi richiamo alla relazione di quest'anno e dello scorso anno, della I Commissione consiliare, dove si diceva che diventa uno spreco, non è una spesa efficiente, efficace nella realtà della crisi che attraversiamo, quella per la formazione professionale se non si va anche ad una legge di riordinamento a livello regionale. Abbiamo dato soldi a tutti e non tutti hanno rendi- contato; cose che hanno rischiato addirittura il Codice penale. Abbiamo avuto delle truffe se non concrete, ideali, nei confronti dei giovani poiché abbiamo visto proprio l'altro giorno, con l'Assessore Borando, che dei giovani, guarda caso, iscritti al mio Partito, sono venuti a chiedere notizie di che cos'era un certo istituto di formazione professionale. Siamo al punto, signor Presidente, forse lei non lo sa anche se lo abbiamo ripetuto, tante volte qui (e non e solo un dialogo tra noi e la D.C. o tra due Consiglieri, ma è stato un dialogo in cui sono intervenuti tanti altri in questo Consiglio) che qualunque Ente scriva per fare una domanda alla Regione Piemonte, per chiedere un minimo di contributo, fosse anche una lira, non essendoci il regime di autorizzazione, ha diritto di mettere sul proprio manifesto "Regione Piemonte corsi regionali" anche se questi non sono finanziati. Si spreca anche il nome dell'istituto regionale in questo modo. Quante truffe si saranno consumate, Borando, su questo terreno, quanti giovani si sono illusi e ciò diventa grave quando sono dei giovani operai che pagano un loro prezzo per studiare alla sera, in ore di fatica che aggravano la loro già difficile condizione di lavoratori, che cercano un secondo lavoro o il modo di riciclarsi e su questo non e mai stato fatto nulla. Abbiamo, come Commissione, redatto pareri, elaborazioni; possiamo dire la realtà regionale la conosciamo, molto di più di quanto non possa conoscerla l'agenzia a cui tu hai dato da fare questa indagine per fare una legge Borando, ma i Governi della Regione, le maggioranze hanno mai avuto il coraggio, mentre noi l'abbiamo sempre avuto, nel denunciare e nel fare proposte positive, concrete, non massimalistiche, per cambiare qualche cosa. Alimentando i vecchi canali del sottopotere si e incoraggiato lo spreco delle risorse umane e materiali, uno spreco colossale che non sr e realizzato nelle stesse proporzioni neanche nelle zone meridionali. Avranno sbagliato a formare dei metalmeccanici quando non ne avevano bisogno in Calabria, può darsi che sia una scelta programmatica sbagliata, ma sul piano amministrativo sono stati certamente più corretti. E questo non avete voluto farlo? Perché? Anche se ne sei cosciente tu adesso, ne sono stati coscienti molti altri prima e non sono mancate le proposte, si è discusso insieme, siamo arrivati spesso alle soglie di portare questi progetti in Consiglio, perché non si è andato avanti? Perché e prevalso il criterio elettoralistico; è prevalsa la paura di distaccarsi da certe cose, oppure abbiamo visto addirittura che quando avete dovuto difendere l'Ente religioso che fa delle cose magari encomiabili e ben fatte avete praticato la stessa politica, avete difeso chi è venuto a chiedervi un favore. Questa e una cosa che deve essere detta alla gente e noi non possiamo stare al di fuori e al di sopra di queste realtà, soprattutto il mio Gruppo non può, al di là della prudenza, della responsabilità con cui affronta i temi politici, assumersi una responsabilità di silenzio su dei vuoti così gravi così importanti; quando parliamo della crisi della Fiat, dell'indotto, la crisi dell'agricoltura e vediamo il punto in cui è, ma soprattutto non possiamo non denunciare queste carenze per non essere politicamente complici di fronte a quegli stessi giovani molti dei quali D.C. della coltivatori diretti che sono andati a Montecatini a contestare Bonomi certo, ma proprio perché chiedono e vogliono cose diverse nel loro luogo di lavoro, nelle Province dove avete la maggioranza assoluta, ogni giorno, e che rappresentano, tutto sommato, una classe dirigente diversa da quella che siete stati voi.
Ecco che allora non è solo una questione di uomini. Abbiamo detto un modo diverso di governare. Non si vuole cominciare di qui, ma sempre dalle grandi cose o meglio dalle grandi affermazioni e poi sprechiamo i miliardi sulle piccole Si tratta soltanto di partire dalla impostazione con cui il movimento operaio ha affrontato queste questioni, dall'alleanza che è riuscito a creare intorno a sé, perché oggi sono tutti lì a chiedervi di cambiare queste. Quando dite per esempio e lo abbiamo visto ancora nell'ultima riunione della Commissione, che noi dobbiamo essere severi nel vagliare i casi, allora non possiamo avere lo scandalo di associazioni, le quali poi si richiamano a dei Partiti, come magari il Partito del nostro Presidente Viglione, che degenerino su questo terreno, e così dicasi di altre associazioni che si richiamano al Partito socialdemocratico, al Partito repubblicano e tutte quelle che si richiamano alla D.C. anche perché non si deve gettar discredito sui partiti, discredito sulle istituzioni oltre che sull'istituto regionale, Ma Presidente, lei è un uomo che ha la spina dorsale su queste cose, osservi di più nella sua Giunta che cosa succede e anche come si comportano certi funzionari, non possiamo gettare nessuna ombra sulla Regione Piemonte, come comunità oltre che come istituzione, su queste questioni.
Passi lo scontro politico, passi tutto, non siamo certamente noi a voler fare una polemica di questo tipo, noi chiamiamo invece alla responsabilità C'è ancora tempo per rimediare a queste cose, per offrire alla Comunità regionale un volto diverso, pur differenziato, in contrasto magari sul piano ideale, ne abbiamo discusso a lungo e mi richiamo a tutti gli interventi che abbiamo fatto in questi anni ed in particolare a quelli dello scorso autunno su questi temi, ma noi dobbiamo dare nel modo più unitario possibile, una risposta diversa perché la gente giudica su queste cose, giudicano gli giovani ed i lavoratori. Non mi è più possibile continuare sulla vecchia strada, anche perché è diminuito il finanziamento dello Stato, del Governo, la politica miope ci manda meno cose, meno fondi giusto, per certi aspetti sarebbe un bene se ne manda meno perché mette in crisi anche voi, fate meno politica clientelare, riuscite ad alimentare meno certi canali, ma pensate all'altro grande scandalo sui grandi temi uno scandalo ideale sempre, per carità, mai concreto Presidente il fondo sociale europeo. Lo hanno preso tutte le Regioni, anche quando sono arrivate male questi soldi sono riusciti in qualche modo a controllarli.
L'anno scorso ha polemizzato con una persona che stimo molto, Petrini, e gli ho chiesto: se sapevi qualcosa dei fondi che so no andati alla Lancia (eri tu Assessore all'industria lo scorso anno). Queste cose ci passano sotto il naso, noi diamo miliardi alla Fiat, ne diamo alla Lancia, per i corsi aziendali e poi ci passano sotto il naso ancora quelli del fondo sociale europeo. Le Regioni che cosa sono? Non c'è un'autorità che controlla queste cose, Presidente?



BORANDO Carlo, Assessore all'istruzione, formazione ed assistenza scolastica

Ma noi non diamo quattro miliardi.



REVELLI Francesco

Certo hai ragione ma io mi riferisco allo scorso anno, ai fondi del fondo sociale.



PETRINI Luigi, Assessore ai lavori pubblici ed infrastrutture

Il Ministero del lavoro...



REVELLI Francesco

Certo, ma chiedono un parere e il parere lo avete dato. Queste cose non le sapete? Che cosa discutete tanto di Montefibre, quando si spendono questi soldi che avrebbero dovuto riconvertire le operaie del Biellese mentre arrivavano invece gli emigrati e quel le non trovavano più il posto di lavoro Queste sono cose grosse. Avrete anche, e spesso, sul tema della formazione polemizzato con i Sindacati e così dicendo richiamati alla loro responsabilità, ma quali proposte avete fatto ai Sindacati? Li hanno posti questi problemi, mi ricordo il sindacalista Allasia ed altri che sono venuti più volte qui, prima quando c'era Conti Assessore e poi quando c'era Visone, sono venuti più volte a porre le questioni di una normativa che regolamentasse tutti i processi formativi e il fondo sociale europeo. E così dicasi per gli altri settori formativi per quanto riguarda le questioni della formazione dei servizi sanitari e sociali. Su questo terreno mentre per altri settori è stata la proposta di riforma non abbiamo mica dato un contributo,perché di questo settore non si è mai neanche potuto discutere proficuamente, qui c'è stata la gestione più chiusa, più gretta, più meschina anche sul piano culturale.
E dicevo prima che si è mortificato da parte della stessa D.C. quel tessuto organizzativo, democratico che è cresciuto in qualche modo, a cui partecipa una grossa parte della comunità regionale, soprattutto in settori che oggi diventano strategici per la riconversione produttiva del Piemonte in primo luogo l'agricoltura, certi settori industriali, tutta la questione degli apprendisti. Mi pare sia diventato emblematico il fatto delle famose migliaia e migliaia di lettere che ci hanno messo un mese a essere spedite e in pieno ferragosto e si aprivano i corsi per apprendisti (nel 1973) se lo ricorda signorina, in pieno agosto, lei andava in vacanza, anch'io e gli apprendisti avrebbero dovuto andare il 15 agosto ad iniziare i corsi per l'apprendistato! Ci ha messo sei mesi Visone a mandare via migliaia di lettere raccomandate quando lo Stato affiggeva i manifesti. La gente non le ha dimenticate queste cose, non le dimenticano neanche i DC, penso dovranno ricordarsene perché se vi deve essere un modo diverso di governare dovete meditare un pochino su queste cose, tirare le fila delle esperienze e capire che anche le teste d'uovo che ci sono nella Giunta su questi grandi problemi non hanno mai saputo ragionare.
L'ultimo punto è quello dei limiti imposti alla questione delle 150 ore. E' un'esperienza difficile. Certo, dovrò anche dire come giudizio complessivo che non è stato facile per tutte le Regioni affrontare il problema della formazione professionale, anche perché manca questo grande punto di riferimento che è la riforma della secondaria superiore unitaria in senso onnicomprensivo. Ma voglio anche dire che l'esperienza di alcune Regioni ha dimostrato che il Paese è più avanti, che non ci si può gettare su delle occasioni come quelle dei decreti delegati della scuola per credere che poi tutto possa essere risolto e ricondotto ai vecchi equilibri, è una questione che non scoppia nelle mani di un Partito ripeto, è una questione che scoppia nella società come fatto positivo di democrazia, di domanda nuova e che chiede che gli strumenti che già esistono, quale è lo Statuto regionale, tutto basato sulla partecipazione vengano applicati, di avere il coraggio di portare a compimento le decisioni che in altri momenti noi ci siamo assunti tutti in modo unitario.
La questione delle 150 ore va regolamentata con una legge. Pensate poi alle questioni delle biblioteche e dei musei di Enti locali. Dieci anni fa si diceva, dalla statistica, i dati sono quelli dell'Istat, non ci si può mai fidare, ma dieci anni fa le biblioteche di classe, quando ancora non si faceva questa politica, Borando, erano già decine di migliaia in Italia e dotate di qualche milione di volumi, oggi sono certamente molte di più pensate alle biblioteche degli Enti locali, allo sforzo che hanno fatto i Comuni per affrontare queste cose, ebbene, c'è un progetto di legge che aspetta da mesi e mesi, che è andato alla consultazione, su cui tutti si sono detti d'accordo anche per il taglio che ha rispetto ai problemi della programmazione, dei sistemi comprensoriali e sub-comprensoriali, per il fatto che si collega alla formazione professionale e al diritto allo studio: che cosa ne farete? Lo vorrete portare in aula, vi decidete a presentarne nuovi? Presentare una legge non è la fine del mondo, copiatela cambiatela due o tre articoli, spostate i numeri, fa lo stesso, ma si vada avanti, ce n'è necessità. Anche qui il capitolo di spesa previsto dal bilancio così com'è indica che non basta avere un buon Assessore, bisogna che ne capisca qualcosa di questi problemi, o per lo meno che tu sia circondato da gente che queste cose le capisce nel tuo Assessorato, invece è stato uno dei più arretrati dove sono passate tutte le politiche dei sistemi di potere. E anche su questo bisogna dare una risposta, subito Borando, guarda che l'abbiamo avuto l'esempio, non sono affermazioni gratuite, lo abbiamo avuto in tua presenza di fronte a 60 e più Comuni il modo con cui si sanno leggere anche le leggi, per sbagliate che siano, del Consiglio regionale.
Questo bilancio è estremamente povero rispetto alle idee, alle speranze che abbiamo suscitato, tutti insieme, alla grossa battaglia ideale e culturale che tutto sommato si è riusciti a fare qui e fuori di qui, in contatto corretto, mi pare con la comunità regionale nel suo complesso, con l'Università, con i lavoratori, con il mondo stesso dell'agricoltura, con i giovani e anche con le scuole. Che cosa abbiamo risposto? Avete risposto con la vecchia logica perché questa è stata la vostra scelta e oggi abbiamo che tutti quei Comuni che non hanno mai affrontato prima (perché avevano i bilanci sani, in pareggio, ed imputavano o Comuni rossi di averli in spareggio in tutta Italia oltre che nella cintura torinese per spese nel settore della scuola) i problemi dell'assistenza scolastica, hanno dovuto stanziare fondi quest'anno per poi affidarli in gestione ai Patronati scolastici alimentando un vecchio metodo caro a tutti i Partiti del centro sinistra, alimentando le piccole ragnatele della beneficenza che fa dire grazie. Qui c'è l'altro giudizio di Dotti di ieri: voi avete fatto beneficenza anche su questo e la gente non la accetta più. E su questo terreno non si va verso una politica culturale della Regione Piemonte perché quando noi parliamo di una politica culturale e dei suoi nessi con la programmazione, intendiamo la cultura nel senso più corretto e concreto.
La cultura come politica perché sa affrontare tutti i problemi e andare alla radice delle cose, dei fenomeni economici e sociali e sa portarli a soluzioni possibili, rapportarli a ciò che è possibile fare oggi. E in questo senso io credo che noi dobbiamo affrontare - ed è l'ultima questione che tocco rapidamente - il problema dei distretti scolastici. Certo, negli stanziamenti noi non mutiamo più nulla signor Presidente rispetto a questo bilancio. Cosa chiedere in più se comunque viene mal speso, anche se ce n'è molto bisogno? Noi chiediamo invece che si affrontino concretamente i problemi, perché dobbiamo lasciare non un'eredita di confusione, e di tale pesantezza anche al Consiglio che viene, bensì l'indicazione di una programmazione sapendo che essa poggia sugli strumenti quali i comprensori.
Proprio questi sono importanti e dovranno funzionare quando tra alcuni mesi si voterà per i distretti scolastici. E qui c'è già un'affermazione di Borando: Comunità montane come distretti scolastici, gli è sfuggito, forse perché non ha guardato la cartina? Oppure mi sbaglio e si vuole invece andare avanti speditamente?



BORANDO Carlo, Assessore all'istruzione, formazione ed assistenza scolastica

No! !



REVELLI Francesco

Allora affrontiamole meglio queste questioni, Borando, perché non possiamo arrivare ultimi anche qui con i pareri della Giunta e soprattutto rinunciare ad un compito istituzionale che ci dà una legge, per quanto criticabile, essa sia. E di lì io credo sia possibile cominciare a ricostruire il tessuto della partecipazione. Le idee le abbiamo messe a confronto e ne abbiamo tante in comune che ci possono fare andare molto avanti ed in modo esemplare su questi problemi" Bisogna che ci sia una volontà politica Qui non c'é centralismo che tenga, burocrazia centrale od altro. Lo spazio ritagliato oggi nelle competenze della Regione, pur limitato che sia, può già provocare un grosso mutamento nella Regione affrontando bene due leggi concrete; formazione professionale e una nuova legge organica sul diritto allo studio da varare prima della fine della legislatura e che apra in modo nuovo, che rinnovi non solo le speranze, ma la realtà concreta del modo di essere della Regione nella prossima legislatura. Su questo daremo un giudizio politico anche in questi mesi, ma siamo profondamente convinti che sul terreno delle cose non assumiamo le stesse responsabilità e non possiamo che denunciarle fermamente - pur essendo sempre per una politica unitaria - sapendo che al vostro interno vi sono forze che sono state costrette a scelte sbagliate, e anche dai sistemi di potere, dalla linea che avete seguito, dal fallimento, tutto sommato, di una formula di un modo di governare, di un modo di essere della Regione che non ha disatteso lo Statuto ma potrà essere diversamente se avete un minimo di volontà, un minimo di coscienza e di comprensione di quanto avviene nel Paese, nella Regione nel 1975.



PRESIDENTE

Ha chiesto di parlare il Consigliere Franzi, ne ha facoltà.



FRANZI Piero

Signor Presidente, signori Consiglieri, l'impressione principale che si trae dalla lettura della relazione della Giunta al bilancio di previsione 1975, nonché dei documenti della consultazione, è quella della preoccupata ricerca di possibilità di interventi finanziari a favore dei settori produttivi e sociali che maggiormente richiedono un particolare sostegno pubblico.
Giustamente si precisa, nelle premesse, che il perdurare ed anzi l'aggravarsi dei fenomeni recessivi colpisce duramente l'economia piemontese ed incide negativamente sui livelli di occupazione, sul monte salari e sulle prospettive di sviluppo, di rinnovamento delle strutture produttive regionali.
E' una constatazione obiettiva che dimostra la serietà con cui vengono valutati i momenti di estrema difficoltà che stiamo attraversando e che deve richiamare il nostro più vigile ed attento impegno per ricercare soluzioni e metodi di interventi pubblici capaci di ricreare condizioni di maggiore fiducia.
Il bilancio sul dibattito di previsione ce ne offre la migliore occasione.
Non si tratta certamente di proporre una diversa impostazione, quanto invece di suggerire possibili iniziative per affrontare problemi che potrebbero offrire migliori o nuove condizioni di produzione, di lavoro e di reddito Mi riferisco essenzialmente ai settori della produzione per i quali la Regione, costituzionalmente, ha la potestà di intervento, Certo non si potranno correggere gli scompensi collegati alla più ampia recessione mondiale, tuttavia si potrebbero programmare interventi a dimensione regionale ugualmente capaci di realizzare quelle auspicate condizioni di maggior respiro suggerite nel corso della consultazione.
Al di la delle specifiche indicazioni settoriali merita attenzione la linea di impegno operativo che la Giunta intende assumere per portare avanti con visione programmata e capace di interessare una pluralità di anni di spesa.
Il bilancio di previsione del 1975 infatti, offre una prima indicazione di questo impegno pluriennale, il che dimostra la volontà politica ed operativa dell'attuale compagine governativa della Regione Piemonte.
Se alcune considerazioni si possono fare, queste riguardano unicamente la raccomandazione di accelerare al massimo i tempi di attuazione programmando il più sollecitamente possibile, la graduazione degli interventi compatibili con i mezzi disponibili.
Certo che quando le risorse sono scarse bisogna saper scegliere rifuggendo dalla comoda posizione di dare ad ogni richiesta una risposta positiva perché in tale caso si correrebbe il pericolo di fare solo delle promesse e di non poterle poi mantenere.
Il primo degli interventi che l'autorità regionale deve esaminare attentamente, è quello di utilizzare nel modo più economico possibile quanto ci offre la natura. Questo bene è il territorio. Ed è proprio dalla utilizzazione nel modo più razionale possibile del territorio della nostra Regione che si possono ricavare nuove condizioni di lavoro e di economia.
E' chiaro che la prima attività economica commessa al territorio è quella agricola. Già ieri il relatore Dotti e l'Assessore Simonelli, hanno richiamato alla nostra attenzione la difficile condizione in cui si trova il settore degli approvvigionamenti alimentari, per cui ricercare soluzioni per sfruttare meglio le risorse naturali del territorio della Regione pu contribuire a migliorare non sole le condizioni dei singoli, ma anche della intera collettività nazionale.
Il relatore Dotti ieri ci diceva che secondo l'Istat gli dati di approvvigionamento per il 1972/73 sono scesi al 47 % per i cereali foraggen, al 54 % per le carni bovine, al 75 % per lo zucchero, al 77% per le carni suine, al 60 % per il burro, all'84% per i formaggi, all' 80 % per l' olio di oliva.
Ho voluto fare una verifica comparando dati del 1961 con quelli del 1971, cioè il periodo che ha visto il maggior esodo di forze agricole dalla campagna verso la città e l'industria e si può constatare che nella Regione Piemonte abbiamo avuto dei grossi scompensi: per quanto riguarda la produzione di frumento da sette milioni è scesa a sei milioni; l'orzo è sceso da 16000 a 14.000 qui; le patate e altri prodotti alimentari sono quasi completamente scomparsi, come pure abbiamo avuto un pesante deficit nel settore dei bovini che da un milione e 2 6 7.0 00 capi sono scesi a un milione e 253.000 capi, mentre in Italia la perdita è stata ancora più rilevante scendendo da 9.827.000 capi a 8.600.000 capi.
Questo sta a significare che nella Regione Piemonte, di fronte alla forte diminuzione del patrimonio bovino verificatasi in Italia, gli allevatori hanno saputo resistere, seppure in condizioni di estrema difficoltà. Ma di fronte a questa diminuzione del patrimonio zootecnico nella Regione Piemonte abbiamo avuto invece un aumento della produzione di carne passando da un milione 126.000 q.li nel 1961 a un milione e 800.000 q.li. Questo dimostra che una delle vocazioni dell'agricoltura piemontese è proprio quella dell'allevamento da carne.
Come pure abbiamo avuto un aumento sensibile nella produzione di burro da 22000 a 56.000 tonnellate; dei formaggi da 146.000 a 402.000 q.li.
Sono dati che dimostrano come la zootecnia , nel settore dell'economia agricola nell' ambito della Regione Piemonte, rappresenti oggi uno dei settori portanti di tutta l'economia regionale.
Per dare quindi soluzione alla migliore utilizzazione delle risorse naturali si rende necessario affrontare due problemi, già oggi molto discussi: l'utilizzazione dei terreni incolti ed un più razionale sfruttamento delle risorse idriche.
Circa l'utilizzazione dei terreni incolti molte cose sono già state dette e scritte, tuttavia indicazioni serie ed attendibili non se ne sono ancora avute da nessuna fonte.
Per affrontare tale delicato argomento con la migliore serietà di idee è indispensabile conoscere in primo luogo l'entità delle superfici abbandonate e le zone ove più grave si presenta il fenomeno. Solo con questi elementi tecnici si potranno predisporre adeguati piani di utilizzazione sia ad indirizzo privato che pubblico. Molte zone della nostra Regione presentano territori abbandonati da tempo, ma chi concretamente può dire in che modo si possono utilizzare? Questa è una domanda alla quale bisogna dare una risposta.
Penso che questa sia una valida iniziativa che la Giunta, già in questo scorcio di legislatura, potrebbe, anzi, dovrebbe impostare.
Altro problema che merita attenzione è quello di un più razionale sfruttamento delle risorse idriche per scopi potabili, agricoli ed industriali. Ai fini produttivi non si può sperare in maggiori volumi di prodotti alimentari se non si migliorano le condizioni di irrigazione. E' già stato denunciato il deficit alimentare nazionale di oltre 2500 miliardi che aggrava fortemente il disavanzo della nostra bilancia dei pagamenti situazione che evidenzia la necessità di incrementare la produzione agricola in tutti i modi possibili. Ma per realizzare tali migliori condizioni produttive occorre un più significativo impegno politico economico e finanziario.
Circa la convenienza economica ad assicurare un'efficiente irrigazione basta precisare che i terreni irrigati possono mediamente triplicare i valori della produzione agricola. Studi in questo senso recentemente elaborati dall'Associazione nazionale delle bonifiche, dimostrano che si passerebbe da circa L. 300.000 di prodotto lordo per ettaro, per i terreni non irrigui, a L. 900.000 per quelli che possono essere razionalmente irrigati. Il costo medio per assicurare l'irrigazione viene oggi calcolato in ragione di due milioni per ettaro per cui, pur senza tener conto dei risultati migliori, ma solo prendendo a base un valore medio di incremento molto più contenuto, di appena 300.000 lire di prodotto netto per ettaro si può assicurare un incremento di circa il 15 % degli investimenti. Cifra molto alta se consideriamo che anche negli anni del boom economico l'industria era capace di assicurare un incremento di appena il 7/8% Ln questo settore già due anni fa la Giunta provvide a divulgare uno specifico studio sulle condizioni delle irrigazioni in Piemonte, per cui oggi, ancora più di ieri, è urgente portare avanti l'accertamento per le zone ove si deve assicurare più acqua per poter produrre di più.
E' appena il caso di raccomandare che la Giunta si impegni per sostenere anche finanziariamente quelle iniziative già iniziate e non ancora completate. A tal riguardo meritano considerazione i piani che interessano tutto il vasto comprensorio tra la Dora e il Ticino, per la quale già esiste un piano indicativo di interventi, che interessano le zone alte della Provincia di Novara e della Provincia di Vercelli.
Come pure merita considerazione l'iniziativa assunta dagli Enti locali del Cuneese per la costruzione della diga del Moiola.
Altra raccomandazione che si può fare alla Giunta è quella di lavorare in stretta collaborazione con gli Enti locali,i Consorzi di bonifica e di miglioramento fondiario, che già lavorano nello specifico settore da anni.
Ma nell'affrontare il problema dell'irrigazione non va dimenticato quello che più direttamente interessa i produttori, cioè quello del contenimento dei così detti "canoni irrigui" che anno dopo anno aumentano in misura veramente preoccupante.
A tale riguardo è perciò necessario intervenire con finanziamenti agevolati per la copertura dei costi di manutenzione ordinaria e straordinaria dei cavi di irrigazione.
Sarà pure necessario che sia sollecitamente avviato lo studio per realizzare un concreto ed efficace riordino delle utenze irrigue. E' pur vero che la legislazione sull'utilizzazione delle acque non rientra nelle specifiche competenze della Regione, tuttavia la Regione potrebbe farsi promotrice di un'iniziativa di legge, con lo scopo di eliminare tutte quelle condizioni anomale che oggi ancora regolano l'utilizzazione delle acque.
Sono appena alcune delle molte indicazioni che si potrebbero proporre per migliorare le condizioni di produzione in uno specifico settore purtroppo dimenticato da troppi anni.
Per la verità la Giunta, nella sua relazione, propone alcune sintetiche indicazioni di iniziative in questo specifico settore, tuttavia mi auguro che voglia dare un più ampio respiro così come la globalità dei produttori e dei problemi oggi richiede.



PRESIDENTE

La parola al Consigliere, professoressa, Soldano.



SOLDANO Albertina

Signor Presidente, signori Consiglieri, in sede preliminare, mi pare di dover precisare che il bilancio di previsione per l'esercizio 1975 viene a collocarsi in un contesto generale in cui i riflessi negativi della congiuntura appaiono ancora più gravi in confronto alla situazione piemontese dell'anno scorso. Inoltre è opportuno notare certi limiti di carattere economico-finanziario determinati dai fondi a disposizione.
D'altra parte, il bilancio è lo strumento indispensabile, pur nei limiti imposti dalle circostanze, per portare a compimento il programma a suo tempo predisposto dalla Giunta e successivamente dal Consiglio regionale. Pertanto e doveroso cogliere, nel documento in esame, la volontà di portare a compimento, da parte della Giunta, quei provvedimenti legislativi e amministrativi che sono indispensabili per segnare la presenza costruttiva della Regione nei settori più qualificanti, in correlazione con quanto riconosce la Costituzione, particolarmente l'art.
117, e altresì in rispondenza agli impegni assunti dalla Regione in applicazione di quanto sancito dallo Statuto regionale.
A mio avviso, occorre dunque comprendere nel bilancio alcuni interventi che dovranno essere portati a conclusione prima del termine della legislatura e che hanno una copertura finanziaria nel bilancio stesso interventi che costituiscono una risposta concreta a determinate esigenze o bisogni della nostra realtà regionale e che sono stati manifestati in varie circostanze, sia dalle forze politiche, sia dalle parti sociali interessate. Si tratta di leggi già presentate, o comunque in corso di presentazione da parte della Giunta, Alcune sono già oggetto di esame nell'ambito delle Commissioni consiliari competenti Ma non e da trascurare a mio avviso, che taluni adempimenti, nell'ambito della conclusione di attuazione del programma, pur essendo quantificanti, non si tradurranno in leggi per così dire, di spesa; perciò non trovano oggi un inserimento specifico nel bilancio stesso.
E in tal senso mi pare opportuno annoverare: il piano regionale di sviluppo che la Giunta, se non vado errata, sta predisponendo; il disegno di legge istitutivo dei comprensori, che presto sarà oggetto di esame da parte del Consiglio; il piano territoriale di coordinamento dell'area ecologica torinese; il disegno di legge, di cui si va parlando, che propone l'istituzione del Consorzio per la realizzazione e la gestione del sistema informativo regionale.
Mi pare dunque che si debba tener presente, nel corso di questa discussione, anche questo aspetto dell'attività regionale, per sottolineare convenientemente l'intenso lavoro svolto e quello che ci attende in questi ultimi mesi di legislatura, lavoro che potrà segnare una conclusione di attività, ma altresì dovrà già porre le premesse dell'attività del prossimo Consiglio regionale non solo per evitare interruzioni, ma altresì per assicurare, in un graduale crescendo d'impegno e di servizio, la continuità di una presenza incisiva ed efficace.
Il bilancio, dunque, mi sembra un punto di arrivo per ciò che e fatto o sta per essere compiuto, e un punto di partenza per ciò che resta da fare anche in prospettiva, in successivi, ulteriori sviluppi.
Mi sia quindi concesso di segnalare, in particolare, alcuni problemi che, per ragioni di lavoro nell'ambito di questo Consiglio regionale, ho avuto occasione di conoscere o approfondire; cioè mi siano permesse alcune considerazioni su materie che oggi assumono particolare importanza nel quadro generale dello sviluppo del Piemonte.
Vorrei, così, fare anzitutto un richiamo all'assistenza scolastica, che noi abbiamo sistematicamente considerata e affermata nel quadro generale della realizzazione del diritto allo studio, e come d'altra parte mi pare che in questa sede - anche se con diverse sfumature - sia già stato opportunamente ricordato.
Noi abbiamo cercato di esaminare l'entità delle varie esigenze di ordine formativo-educativo, secondo il tipo, il carattere di ogni scuola" Iniziando dalla scuola materna, abbiamo preso atto dell'antiquato criterio di custodia per superarlo decisamente, smo ad evidenziare il dovere della collaborazione tra scuola e famiglia, per garantire il pieno assolvimento del compito educativo-formativo nei confronti dei giovanissimi utenti tenendo presente un motivo fondamentale che e quello della centralità del soggetto-alunno nello sviluppo dei processi stessi Passando quindi alla scuola dell'obbligo, abbiamo evidenziato la necessità dell'aggiornamento dei metodi, delle strutture, della gestione, del graduale avvio del tempo pieno, per giungere ad auspicare quella forma di scuola integrata che si concretezza nella possibilità di vedere, ascoltare, verificare nella realtà quello che dovrebbe essere il rapporto tra scuola e società, cioè il rapporto che deve collegare la scuola col mondo esterno, facendola uscire da certe posizioni, quanto meno apparentemente, troppo chiuse o troppo legate ancora al passato.
Passando alla scuola secondaria superiore, si è evidenziata la necessità di continuare a perfezionare tali principi, secondo le necessita imposte dall'età nonché dallo sviluppo della personalità dei giovani utenti, salve evidentemente le competenze dello Stato. Soprattutto noi abbiamo evidenziato -e mi sia permesso ripeterlo ancora una volta - come l'assistenza scolastica debba significare, soprattutto, realizzare il de condizionamento socio-culturale, economico, territoriale, fisico psicologico e pedagogico, in modo da prevenire e, nei casi necessari recuperare il disadattamento e l'emarginazione rispetto ai processi formativi ed educativi scolastici.
Naturalmente, a questo riguardo, noi non possiamo disgiungere il discorso del problema della realizzazione del diritto allo studio dal complesso, delicato problema dell'edilizia scolastica. E per quanto concerne, in particolare, la competenza regionale, debbo richiamare qui l'importanza della cosiddetta edilizia scolastica minore che, in attesa di tempi migliori, dovrebbe essere incrementata sia per salvaguardare certi edifici di proprietà degli Enti locali che possono ancora essere utilizzati a certi scopi, sia per ragioni di economia oggi indispensabile, sia anche per migliorare le strutture esistenti, che tuttavia devono essere rese valide per corrispondere adeguatamente alle necessità.
Mi pare dunque che, nonostante i limiti della nostra azione, nonostante anche le difficoltà di comprensione dei problemi veri, noi abbiamo portato avanti un discorso che si potrebbe definire (mi sia permesso il termine) di programmazione scolastica, nell'ambito delle competenze regionali, tenendo conto delle spese, dei costi, degli interventi, della necessità di collaborazione fra Stato, Enti locali, Organizzazioni sindacali e di categoria, in una gradualità, in una progressione costante verso il raggiungimento di determinati obiettivi.
Anche relativamente alla stessa legge regionale ni 27 del 2/9/1974, se noi consideriamo il notevole sforzo finanziario che essa ha significato nell'ambito del bilancio del 1974 e quello che significa nell'attuale bilancio per ben 9.450.000.000, dobbiamo dire che tale legge ha voluto esprimere, in termini molto concreti, anche se, come taluno ci ha fatto notare, in modo ancora sperimentale, una precisa volontà della Giunta regionale tesa a valorizzare altresì quella che deve essere una vera e propria collaborazione tra Comuni, Scuole ai vari livelli e, non dimentichiamolo, i genitori che sono, per diritto-dovere, i primi responsabili nell'assolvimento del compito educativo.
Ho rilevato come, nelle proposte avanzate dalla relazione illustrativa e anche nello stesso schema di bilancio, si proponga lo spostamento di 200 milioni dai fondi prima destinati direttamente alle Scuole, ai fondi da destinare ai Comuni, al fine di assolvere determinati compiti, diciamo più chiaramente, di servizio, con specifico riguardo ai trasporti ed alle mense. Sostanzialmente sono d'accordo, anche perché oggi occorre prendere atto di talune economie che possono essere compiute dopo il primo sforzo finanziario compiuto per la conveniente dotazione alle scuole.
Indubbiamente occorrono dei ritocchi alla legge per realizzare una più razionale distribuzione dei fondi, ma anche per una migliore articolazione e - mi sia consentito precisare - per una migliore definizione delle singole responsabilità nell'interpretazione e nell'assolvimento dei compiti affidati ai vari livelli operativi, salvi i principi, cioè quei principi che hanno ispirato la legge stessa e che mi sembra debbano essere considerati oggi, tutti, nella loro piena validità.
In particolare, ritengo di dover evidenziare che quella legge, pur nei suoi limiti, ha assolto, prima in Italia, un dovere e altresì ha assunto un impegno particolarmente significativo; cioè essa è stata una prova di fiducia piena e incondizionata, in quanto ha significato un'autentica valorizzazione di quei nuovi organi collegiali per la gestione democratica della scuola, nell' ambito del vastissimo, recente fenomeno di partecipazione che sì, è vero, ci ha stupiti, ha stupito tutte le forze politiche. Nessuno avrebbe mai immaginato che ci sarebbe stata tanta partecipazione, quasi unanime da parte dei genitori; per quanto concerne gli insegnanti, la partecipazione poteva essere sottintesa, perché il problema da anni era sentito; ma, per quanto riguarda i genitori, io voglio vedere, in quanto è accaduto e in quanto, mi auguro, accadrà domenica prossima, una presa di coscienza e un' assunzione di responsabilità diretta: là, dove noi parliamo, come espressione di una determinata voce nel pluralismo italiano, di paternità e maternità responsabile. Potremmo parlare di sperimentazione, nella gradualità e nella progressiva assunzione di responsabilità; ma sarebbe un errore grave, anche in chiave politica, se noi, per eventuali preoccupazioni indubbiamente anche motivate, ci lasciassimo cogliere da qualche dubbio o da qualche motivo di sfiducia. Ad esempio, (proprio riferendomi alla legge regionale n. 27) noi parliamo della possibilità di distribuire i fondi assegnati alle scuole medie su tre voci: libri di testo in prestito d'uso (cito a memoria; quindi potrei anche non essere del tutto precisa); potenziamento o istituzione di biblioteche di istituto e biblioteche di classe; acquisto o rinnovo di sussidi e attrezzature didattiche.
Ma, vorrei precisare, non si tratta soltanto di distribuzione o di ripartizione più o meno proporzionale di fondi; qui si tratta di precise scelte d'indubbio valore dal punto di vista formativo ed educativo, con tutti i riflessi che, anche sul piano reale di un'autentica educazione civica, finiscono per coinvolgere genitori, insegnanti, studenti, perché, a livello di scuola media di primo grado, anche i ragazzi possono far giungere la loro voce attraverso i propri genitori.
Quindi ritengo di dovere insistere sull'importanza di queste tre voci ed anche perché agli organi collegiali della Scuola sia confermata, in sede di revisione, pur doverosa, della legge n. 27, tutta la responsabilità di cui essi sono capaci.
Se poi affrontiamo i problemi della scuola secondaria superiore, con particolare riguardo alla voce assistenza scolastica, penso si debba auspicare che quelle voci di bilancio che oggi vengono destinate ai buoni libro o all'assegnazione delle borse di studio, possano essere riprese in esame in modo che, se vi fosse ancora tempo prima della conclusione del nostro mandato si potesse giungere ad una ristrutturazione. In questa ristrutturazione, sommessamente, senza voler porre in discussione la validità di tutti gli aiuti sinora dati agli alunni frequentanti gli istituti professionali di ogni tipo, credo sia doveroso, quanto meno, porre in esame la differenza notevole, in senso concreto e anche in senso qualitativo, fra l'assistenza sinora fornita - anche secondo le direttive emanate in precedenza dallo Stato - agli alunni degli istituti professionali in confronto agli alunni, pur provenienti, a volte, da famiglie in condizioni economiche similari, frequentanti i licei scientifici e particolarmente gli istituti tecnici.
Qualcuno, a questo punto, potrebbe obiettare che, in vista della riforma della scuola secondaria superiore, questo aspetto dell'assistenza scolastica verrà ristrutturato in tale sede di riforma. Sinceramente poiché non è possibile oggi fare delle previsioni circa la riforma della secondaria superiore, penso che sarebbe opportuno quanto meno considerare una possibilità di riesame della materia almeno in senso transitorio.
Comunque, mi pare che si debba prendere atto del totale complessivo fissato nel bilancio preventivo del 1975 per l'assistenza scolastica: si tratta di 12 miliardi e 500 milioni, e questa è indubbiamente una scelta qualificante che testimonia la sensibilità della Giunta, la volontà di dare una risposta ai bisogni e, modestamente, forse anche un riconoscimento del contributo dato dai Consiglieri che nell'ambito della Commissione competente hanno portato avanti un certo discorso.
Certo, in relazione ai bisogni, alle esigenze e soprattutto alla qualità dei tipi di interventi, potremmo auspicare un impegno finanziario ancora maggiore; però è indubbiamente, questo, un notevole passo avanti sia in confronto al passato e, perché no?, anche in confronto a quello che le altre Regioni hanno attuato sinora.
Nel campo dell'assistenza scolastica, nel quadro generale della realizzazione del diritto allo studio, vorrei inoltre richiamare l'importanza, d'altronde già sottolineata, delle biblioteche e dei musei degli Enti locali, ricordando, se mi è lecito, che noi avevamo accettato di discutere (quando venne decretato il passaggio delle funzioni amministrative della materia dallo Stato alle Regioni) questa complessa materia globalmente, proprio perché vedevamo nei musei e nelle biblioteche degli strumenti indispensabili per realizzare l'assistenza scolastica in termini nuovi, cioè per favorire la realizzazione del diritto allo studio.
Pertanto, sì, taluno potrà pensare anche all'importanza di tali voci sul turismo e sullo sviluppo turistico; per parte mia, senza nulla togliere all'importanza del turismo nella vita del nostro Piemonte, credo sia mio dovere evidenziare soprattutto l'aspetto culturale, quindi l'aspetto strumentale delle biblioteche e dei musei, ai fini della realizzazione del diritto allo studio.
In questa prospettiva, in futuro credo che sarebbe auspicabile, anche sotto questo aspetto, la possibilità di aumentare gli stanziamenti; è altrettanto vero, però, che occorre una legge organica. Pertanto ci auguriamo di portare avanti un certo disegno e di concludere, almeno in questo settore, la nostra attività in chiave affermativa.
A questo punto, a mia volta ritengo di dover ribadire la necessità di giungere ad un riordinamento della formazione e della qualificazione professionale, ricordando che si tratta dell'asse portante per lo sviluppo di tutta l'economia regionale nei vari settori di competenza dall'artigianato all'industria, al commercio, all' agricoltura, alla sanità, al turismo, all'industria alberghiera, ecc. Sotto tutti gli aspetti della nostra realtà piemontese noi possiamo evidenziare che le varie attività lavorative, cioè quelle attività che possono essere particolarmente qualificanti della nostra realtà, devono essere collegate con la qualificazione professionale, in correlazione altresì con i problemi inerenti al lavoro, all'occupazione, ma anche e soprattutto al problema della qualità delle prestazioni che ad ogni livello possono essere offerte vale a dire, noi dobbiamo preoccuparci del tipo di servizio che ciascun cittadino può essere messo in grado di offrire nell'ambito della vita e dell'attività quotidiana.
E' vero che noi speravamo in una legge organica della formazione professionale, speravamo e ci auguriamo che ancora si possa giungere a concludere il lavoro in tal senso. Mi pare, però, che per dovere di obiettività si debba precisare che forse la stessa attività regionale è stata bloccata dalla promessa ripetutamente a noi pervenuta dallo Stato cioè dagli organi centrali, relativamente ad una legge-quadro che il Parlamento si era impegnato ad emanare. Forse, in questa attesa, abbiamo perso del tempo prezioso; tuttavia ritengo che non si debba sottovalutare lo sforzo, anche finanziario, compiuto dalla Regione in questa direzione.
D'altra parte, per quanto ci compete, credo che occorresse soprattutto verificare, sperimentare e controllare accuratamente la situazione di fatto e, quindi, agire di conseguenza.
Desidero, a questo punto, formulare un auspicio: che questo riordinamento possa ancora avvenire prima della conclusione della attività di questo Consiglio regionale, non soltanto per evitare sprechi di denaro ma soprattutto per non mortificare quelle energie che risultano disponibili, in capitale autenticamente umano prima ancora che professionale. Indispensabile, mi pare, sia provvedere e pensare seriamente in tale senso, anche per evitare dei gravi pericoli di emarginazione.
A questo punto, mi sia permesso ricordare in particolar modo il settore giovanile e quello femminile. Non è una visione settoriale, la mia; per desidero richiamare la loro attenzione su come l'emarginazione dei giovani e delle donne si traduca, di fatto, in un impoverimento progressivo di tutta la società, in senso umano, civico, economico e politico.
La questione femminile, in particolare, interessa forse oggi di più nel quadro dei vasti e complessi processi di liberazione che sono in atto nella società del nostro tempo. A mio avviso, questa vuole essere liberazione da tutto ciò che può ostacolare il pieno dispiegarsi della potenzialità umana: essere persona e non strumento mi pare, in ultima analisi, la profonda motivazione morale della resistenza, per tutti i cittadini, ma specialmente per le donne. Allora, come oggi, io credo si debba dire un "no" al femminismo di maniera, tenendo conto che si tratta piuttosto di una sofferta conquista di libertà da parte della donna, a tutti i livelli e nell'ambito di tutte le condizioni sociali. Allora, nell'immediato dopoguerra, il diritto di voto, a mio avviso, non fu soltanto una concessione più o meno benevola di talune forze politiche, ma fu invece un diritto pienamente conquistato. Ed allora, se di questione femminile vogliamo parlare, mi pare che furono tappe significative quelle che si identificarono nel riconoscimento dei diritti politici, nel valore della partecipazione della donna alla vita sociale e alla vita pubblica, nel diritto allo studio e al lavoro, sino a giungere, più recentemente, alla parità giuridica.
Ma oggi si richiede, vorrei dire da tutte le parti, indipendentemente in un certo senso, dalle qualificazioni di tipo politico, l'attuazione di una nuova condizione della donna; ma ciò significa riconoscere il suo essere persona, cioè riconoscere la sua libertà, la sua autonomia, la sua parità in ogni dimensione della vita ed in ogni rapporto. Occorre rilevare però, che l'elevazione culturale, la preparazione professionale, la qualificazione professionale sono il primo, irrinunciabile obiettivo da realizzare per la donna, nella fabbrica, nei campi, negli uffici, in tutti i settori della vita lavorativa. E per questo occorre anche il contributo della Regione, occorre cioè realizzare una seria politica di preparazione professionale.
E' vero, esistono alcuni problemi specifici che, in sintesi, potremmo definire: problemi della famiglia, problemi del lavoro, i loro rapporti; è tutta una realtà da approfondire Ma io credo che si debba porre in evidenza, in tutta questa complessità di problemi, la necessità, l' urgenza di riuscire ad esplicare qualità, doti, attitudini, in un autentico servizio ed in un progressivo arricchimento personale che sr ripercuoterebbe, in chiave positiva, nei confronti della società tutta e non soltanto nei confronti di un settore di essa.
Ritengo di dover ancora precisare che, a tutti gli livelli, è altresì doveroso salvaguardare la libertà di scelta; ma questa è condizionata proprio dalla preparazione professionale e, in senso lato, culturale.
Evidentemente tale aspetto del problema non è soltanto da riferire alla donna, ma a tutti i giovani. E allora mi sembra che una seria politica di elevazione culturale che la Regione potrebbe realizzare, in collaborazione con lo Stato e con tutte le forze disponibili, diventi un problema urgente vorrei dire incalzante nella nostra realtà, sulla base della conoscenza dei problemi concreti.
Mi sia permessa un'ultima precisazione, che forse può sembrare una ripetizione: non si tratta di visioni settoriali o, tanto meno individualistiche. Sono profondamente preoccupata di un certo tipo di emarginazione oggi in atto, quell'emarginazione che pone in grave rischio il rispetto dovuto alle persone e, nello stesso tempo, la necessità di garantire alla nostra società, in particolare alla società piemontese quell'apporto costruttivo, intelligente, capace, di tante forze disponibili. Oggi è indispensabile che ciascuno possa essere veramente s stesso e dare agli altri ciò che è capace di dare.
Oggi la scuola e la famiglia sono in grado di assumersi precise responsabilità educative e formative. La società tutta, gli Enti che esprimono la società sappiano acquisire e vivere il senso della solidarietà e della collaborazione, dell'aiuto vicendevole, disinteressato per il miglioramento della realtà regionale in senso umano, cioè autenticamente qualitativo. Desidero dunque auspicare che da quel disegno che noi andiamo più o meno consapevolmente, vagheggiando, possa veramente emergere una società della quale protagonisti siano i piemontesi, tutti i piemontesi cioè tutti gli abitanti del Piemonte, come uomini e come cittadini. La scuola in generale, la qualificazione e la preparazione professionale, in particolare, sono gli pilastri su cui poggia lo sviluppo presente e futuro del Piemonte.
Pertanto, mentre esprimo adesione sincera e convinta al documento presentato dalla Giunta per il bilancio preventivo 1975, auspico che i molteplici problemi che da tale bilancio emergono possano essere gradualmente affrontati e risolti in futuro, avendo la Regione come guida cioè come elemento propulsore nell'ambito delle linee caratteristiche della sua azione che è soprattutto azione di indirizzo e coordinamento; in altri termini: azione programmatoria in senso moderno, autenticamente umano civile e politico nel significato più vero e profondo della parola.



PRESIDENTE

La parola al Consigliere Vecchione.



VECCHIONE Mario

Signor Presidente, signori Consiglieri, il dibattito sull'ultimo bilancio di previsione della prima legislatura della Regione Piemonte pone in termini immediati una valutazione necessariamente complessiva dell'attività politica, legislativa ed amministrativa della Regione.
Si può affermare che oggi si tirano le somme, non contabili, ma politiche dell'azione della Regione, o meglio, delle maggioranze che hanno retto la Regione Piemonte. Nei settori della sanità e della sicurezza sociale, al di là delle enunciazioni verbali contenute nei programmi con i quali le varie Giunte si sono presentate al Consiglio, ben poco troviamo di innovatore, mentre o non si è fatto nulla o quel poco che si è fatto è stato posto all'interno di una logica conservatrice e clientelare, e ripeto clientelare, che ha caratterizzato la gestione del potere della D.C. in Italia in questi trascorsi decenni. A questo tipo di gestione del potere alla visione conservatrice ed antiriformatrice, hanno guardato tutte le Giunte, nessuna esclusa, che si sono avvicendate alla Regione Piemonte per quanto attiene alla politica sociale e sanitaria.
Venendo a trattare del settore della sanità, come ebbi modo di affermare allorché si svolse il dibattito sul programma dell'attuale Giunta, ci troviamo in presenza di un vuoto politico. Quando dico vuoto politico mi riferisco alla assenza di ogni iniziativa politica innovatrice di ogni apertura di codesta maggioranza verso le esigenze che il Paese, o lavoratori, le forze sociali e sindacali hanno portato avanti. Se questo vuoto politico va addebitato per gran parte alla D.C., non si può non dare un giudizio negativo sull'intera compagine della Giunta che non ha saputo o voluto cogliere le linee di riforma proposte da più parti e seguendo le quali certamente positivo avrebbe potuto essere il giudizio che, a cinque anni dall'istituzione delle Regioni, la comunità avrebbe espresso sullo stesso istituto regionale. Al vuoto politico di cui parlavo poc'anzi si contrappone, e questo in misura massiccia, un intervento politico conservatore, antiriformatore portato avanti dall' Assessorato alla sanità attraverso un modo di gestione del potere talmente rozzo, da impedire o respingere quel metodo di confronto, di rapporto collaborativo che, in parte, per altri settori è stato possibile fra maggioranza ed opposizione.
Nel settore della sanità l'unico momento nel quale la maggioranza ha dovuto scendere al confronto con l'opposizione si colloca nell'ottobre novembre dello scorso anno allorché si sono dovute emanare le leggi regionali di attuazione della legge 17 agosto 1974, n. 386.
Non sto qui a riprendere la tematica che sviluppammo allora se non per ricordare che la nostra battaglia, che certo condusse anche a sensibili miglioramenti sui disegni di legge presentati dalla Giunta, fu tutta tesa ad impedire che si consolidassero delle scelte antiriformatrici in quelle leggi di attuazione. Ma prima e dopo di quel periodo troviamo l'assenza completa di iniziative politiche in questo settore, tanto più grave dopo che alle Regioni venne trasferita l'assistenza ospedaliera che costituisce certo un momento rilevante nel quadro della riforma dei servizi sociali e sanitari.
Se si fa eccezione per la delibera sull'unità di base, nata sotto l'egida della precedente Giunta e recuperata alla logica centralizzatrice nell'intervallo della crisi fra questa e la precedente Giunta e definitivamente collocata nei termini della centralizzazione sotto l'egida di questa Giunta, se si fa eccezione per quella delibera, dicevo, non vi sono altri interventi politici innovatori espressi dall'Assessorato e dalla Giunta.
E' stata fortemente contestata e contrastata una politica sanitaria che veda nel territorio, nella zonizzazione, il punto dal quale partire per sviluppare una linea di intervento. Questa dimensione del discorso che vede nel territorio uno degli elementi portanti delle scelte d'intervento in questo, come in altri settori, è stata disconosciuta dalla Giunta regionale. La nostra proposta politica di stimolo all'operato della Giunta muoveva appunto e continuerà a muoversi in questa direzione in quanto, e non ci stancheremo di ripeterlo, solo attraverso una corretta articolazione nel territorio dei servizi sanitari e sociali si potrà innovare in questi settori ed aprire la strada alla riforma nell'interesse della popolazione del Piemonte.
Questa dimensione del problema, ne apre ovviamente altri di ben più ampia rilevanza e che in sintesi possiamo racchiudere nel più vasto problema politico, tuttora irrisolto, delle deleghe agli Enti locali in materia sanitaria, deleghe agli Enti locali che si accompagnino ad una riorganizzazione a livello di consorzi socio sanitari, a livello delle unità locali dei servizi sanitari e sociali, degli stessi servizi comunali ora esistenti.
Si pone in questa ottica il tema della realizzazione dei servizi extra ospedalieri, dei servizi sanitari e sociali nell'interesse della popolazione, dei lavoratori, degli anziani, di tutti quei presidi, cioè che siano funzionali a realizzare la globalità dell'intervento. Si pone il problema della capacità e volontà di assunzione in prima persona della gestione, anche politica, di tali servizi da parte degli Enti locali, sia in forma associata che decentrata, e la loro presenza politica della elaborazione propositiva delle linee di piano comprensoriale quale strumento essenziale per la sintesi del piano regionale di sviluppo. Si pone, al nocciolo, il problema del modo di gestire democraticamente, nel confronto con la gente, nel rispetto della partecipazione, il potere ed è qui che questa Giunta, come le precedenti, non ha inteso cambiare direzione e ciò hanno avvertito le comunità, hanno avvertito le forze sociali e sindacali.
Il giudizio, quindi, è di ferma condanna sul modo di gestire il potere da parte della D C., che, chiusa in una morsa di incapacità d'intervento politico, incapace di dare delle risposte positive alle richieste pressanti che la comunità amministrata pone sia a livello centrale che locale, si abbarbica al telaio del sottogoverno, della politica del contributo e del paternalismo denunciando, così, e la situazione di crisi profonda in cui si trova e la incapacità di uscirne, nonostante che le vie siano state tracciate in larga misura e siano agevolmente percorribili solo che vi sia la volontà di percorrerle. Né certo, per quanto attiene a questo settore la Giunta di centro sinistra ha saputo imprimere un diverso indirizzo denunciando o un'incapacità nell'affrontare i problemi o una assenza di collegialità nell'assumere le decisioni.
Una proposta di legge proveniente dalla comunità amministrata, mi riferisco all'iniziativa legislativa promossa dal Comune di Settimo seguita dal Comune di Nichelino ed ora anche dal Comune di Torino, è giunta in quest'aula sino alle soglie dello scontro frontale, della minaccia del voto per il non passaggio agli articoli del disegno di legge. Si raggiunse il compromesso del rinvio in Commissione ove tutt'ora la legge si trova e da quel momento è venuta allo scoperto in pieno la linea di questa maggioranza che contrasta ogni iniziativa che si muova sotto il segno dell'istituzione di comitati sanitari e sociali di base, della ripartizione del territorio tendente a prefigurare le unità sanitarie locali, della attribuzione delle deleghe agli Enti locali per la realizzazione degli interventi in materia sanitaria e sociale, della stessa riorganizzazione su base territoriale, di servizi sanitari e sociali attualmente di competenza degli Enti locali. Né si può affermare che un intervento legislativo, promozionale, riformatore non sarebbe possibile in quanto le competenze della Regione sono scarse.
Occorre contestare, e lo abbiamo contestato in ogni nostro dibattito sulla base delle esperienze legislative compiute in quelle Regioni che hanno saputo cogliere il nuovo e recidere il vecchio, una tale posizione politica in :forza della quale, alla negazione di ogni innovazione subentra la frenetica attività di gestire, in forma burocratica e priva di visuali un settore, quale quello sanitario, profondamente disastrato proprio in virtù di quella politica centralizzatrice, aziendalistica, settoriale, che per anni è stata seguita, ancorandola alla concezione meramente ospedaliera del sistema sanitario. Nell'ospedale si è visto, e si continua a vedere, il punto sul quale scaricare tutte le contraddizioni e sulla gestione dell'ospedale si sono accentrate tutte le contraddizioni. E' certamente questa visione del problema che si contrappone in modo assoluto alla richiesta di prevedere gli interventi in tre momenti: quello della prevenzione, quello della cura, quello della riabilitazione. Per affrontare sul serio questa tematica, realizzando una unitarietà e globalità dell'intervento, occorre superare proprio la visione settoriale centralizzata, ospedaliera che ha informato la linea portata innanzi dalla maggioranza che regge la Regione Piemonte. E non sarebbe certo sufficiente presentare un piano ospedaliero od una zonizzazione senza dire a che cosa l'una e l'altra servano, senza dire che occorre sviluppare sulla posizione di territorio un intervento globale, senza dire che tale intervento non pu non passare attraverso lo strumento della delega e la rottura della centralizzazione burocratica in atto, senza affrontare - in conclusione attraverso un rapporto politico diverso e con l'opposizione e con la comunità amministrata i gravi problemi che questo settore presenta per dare agli stessi una soluzione corretta. Ma questo metodo è ben lontano dal potersi instaurare. La vicenda della deliberazione attuativa dell'art. 20 della Legge 386 ha dimostrato che ciò è possibile solo quando la maggioranza recupera la collegialità. E ciò avviene troppo raramente in questo Consiglio. Ed allora cosa dobbiamo dire del bilancio della Regione per quel che si riferisce alla sanità? Che è un bilancio contabile privo di scelte politiche? Certamente sì, se poniamo mente alle scelte politiche innovatrici, certamente no se poniamo mente alle scelte politiche conservatrici. Non vi sono, infatti, spiragli attraverso i quali si possa intravedere una meccanica diversa, una spinta ad innovare. Ad esempio nella stessa previsione di spesa di cui ai capitoli 403 e 404, di nuova istituzione, relativi alla applicazione dell'art. 19 della legge 386, la logica che permea la dizione letterale del capitolo è quella di concentrare, presso l'Amministrazione regionale, il personale degli Enti mutualistici oggetto di comando, senza indicare come - e la relazione al bilancio tace su questo punto - una diversa visione avrebbe dovuto spingere l'amministrazione ad utilizzare la qualità e la quantità del personale anche nei servizi da ristrutturare e da decentrare nel territorio. Sul piano della dizione letterale, una scelta politica inserita nel bilancio che avesse detto "personale presso l' Amministrazione e presso presidi esterni", dava già un'apertura in questa direzione. Su questo punto abbiamo sollecitato con una interrogazione la Giunta, senza peraltro avere risposta alcuna.
Anche per questo aspetto manca una politica che sappia rivolgersi al personale degli Enti mutualistici per utilizzarlo in questa difficile fase conseguente al trasferimento alle Regioni della assistenza ospedaliera.
Siamo in presenza di un bilancio nel quale sono del tutto assenti momenti di riforma e ciò appare tanto più grave se si considera che ci accade nel momento in cui è stata trasferita alle Regioni tutta l'assistenza ospedaliera. Questa maggioranza non ha saputo andare al di là di una mera applicazione della legge 17 agosto 1974 n. 386, risolvendo sul piano strettamente amministrativo gli interventi che dovevano recepire, sul piano politico, i nuovi segni che la riforma, sia pure a livello di una razionalizzazione dei servizi ospedalieri, imponeva ed impone.
Occorre qui ricordare come nella discussione sulle leggi sanitarie i nostri emendamenti sulla istituzione dei dipartimenti di urgenza e accettazione vennero trasfusi in un ordine del giorno che impegnava la Giunta a predisporre ed istituire tali servizi essenziali al fine di individuare gli strumenti per la deospedalizzazione, per la razionalizzazione del sistema ospedaliero. Sono passati tre mesi da quel dibattito, dall'assunzione formale dell'impegno assunto dalla Giunta e mancano, ove vengano rispettati i termini del mandato regionale, poco meno di due mesi alla scadenza della legislatura regionale e non vi è traccia di alcuna iniziativa concreta da parte di questa maggioranza.
Ecco, quindi, un ulteriore grave limite che si riscontra nel settore che ci occupa, un limite che non si vuole superare e che consegue all' opposizione che la maggioranza frappone all'accoglimento dei due emendamenti.
Durante la consultazione sul bilancio alla I Commissione l'Assessore è venuto con cifre e numeri, con conti e sottrazioni, certo necessari, ma del tutto insufficienti per rispondere a chi, fra gli stessi Consiglieri della D.C., gli chiedeva con insistenza: "Ma se abbiamo la competenza legislativa in materia di assistenza ospedaliera dopo l'entrata in vigore della legge 17 agosto 1974 n. 386, come si vuole intervenire sulla gestione ospedaliera, sulla politica di gestione?". A queste domande, che provenivano da un Consigliere D.C., nessuna risposta, nessuna indicazione nessuna idea, ma di nuovo conti e per il resto anche errati (mi riferisco ai 16 miliardi di proventi di paganti non contabilizzati e che devono invece essere contabilizzati e che oggi la nota di variazione di bilancio iscrive per memoria), in un grigiore che denota, invece, come la linea che sta procedendo si muova ancora sul concetto dell'ospedale come azienda come centro del sistema sanitario, come struttura portante dell'indirizzo politico conservatore ed antiriformatore. Tutt'al più ci si comporta come dei manovali della 386, mentre noi abbiamo un ruolo politico da svolgere quello di andare oltre la 386! In questa ottica il problema che abbiamo sentito porre dall'Assessore è che negli ospedali gli anziani, i cronici, i lungo degenti rappresentano un problema che occorre risolvere per la funzionalità del sistema gestionale.
Se si aggredisce il problema da questo angolo di visuale, la soluzione non può che muoversi nel senso di considerare gli anziani come degli oggetti da trasferire. Da trasferire dove? Ovviamente nelle case di riposo, nelle strutture emarginanti e disumane che abbreviano nell'isolamento, nello squallore, nella disperazione l'esistenza di questi uomini, di queste donne che hanno lavorato l'intera vita. E questo sacrificio si consuma all' ombra triste della politica della D.C.
Questa linea ho ritenuto di afferrare dalle parole dell'Assessore e che questa linea politica esista nella Giunta lo testimonia una scelta che è presente nel bilancio dell'Assessorato all'assistenza sociale. Così, mentre viene fermamente negata la struttura dipartimentale dei due Assessorati quello della sanità e quello dei servizi sociali, e vi è qui una scelta politica di settorializzazione e di negazione stessa della riforma, il momento di contatto fra questi due settori si realizza al punto più basso nel minimo comun denominatore rappresentato da un lato dalla negazione delle scelte nuove, delle scelte di riforma che i lavoratori, le Organizzazione sociali e sindacali, le fresche istanze politiche che provengono dai quartieri hanno posto in forma unitaria e politicamente responsabile, dall'altro, dall'affermazione di voler andare alla costruzione di case di riposo.
Nel settore dell'assistenza sociale la visione settoriale, la negazione dell'intervento globale, la negazione della volontà di attuare le deleghe e l'attesa che la zonizzazione venga risolta in chiave di servizi sanitari rappresentano per sommi capi le linee e gli alibi che vengono avanzati dall'Assessorato alla assistenza sociale per sorreggere la politica portata avanti da questa Giunta.
E per garantire il collegamento con il settore della sanità, occorre soffermarsi sulla grave e dequalificante scelta dell'iscrizione del capitolo 1172. Si prevede un intervento di 400 milioni per contributi costanti 35ennali, per la costruzione da parte di Province, Comuni Consorzi, nonché IPAB di opere per l'istruzione e l'educazione dell'infanzia, nonché di opere per il soggiorno di invalidi anziani. Cioè per dirla in termini reali, lire 400 milioni annuali in conto interessi per 35 anni a favore delle IPAB per costruire case di riposo! Come siamo lontani dalle dichiarazioni programmatiche di questa Giunta allorché il suo Presidente, nella seduta del 15 gennaio 1974 affermava: "Tale intervento (quello dei servizi sociali) si colloca nello spirito di una moderna concezione dell'assistenza poiché è di incentivo ai servizi domiciliari ed aperti, gestiti dai Comuni e dai Consorzi di Comuni, in alternativa al facile ricorso all'istituzionalizzazione, in particolare per gli anziani".
Orbene, dall'esame del bilancio e dal capitolo di spesa citato, si rileva come si indichi alle IPAB la via per mettere in movimento tre miliardi e 600 milioni annui per 35 anni, ove consideriamo il tasso di interesse in copertura al 9%, e ciò non certo per la istituzione dei servizi alternativi al ricovero, ma per la costruzione, l'ampliamento delle case di riposo. Ed occorre notare che nel bilancio di previsione del 1974 il capitolo 1172 veniva sorretto dalle leggi dello Stato n. 589 del 1949 e n. 649 del 1954 e lo stanziamento venne ridotto da 300 milioni a 200 milioni, con l'impegno che sarebbe stato l'ultimo anno di esposizione di tale voce, o comunque che ci si sarebbe mossi verso fortissime riduzioni.
Nel bilancio attuale, invece, questo tipo di spesa non viene più sostenuto dalla legge dello Stato, ma con una precisa scelta politica attuata con legge regionale. Qui sta la scelta politica antiriformatrice che nega nella sostanza, ogni apertura verso le innovazioni di cui il settore abbisogna.
Ciò avviene in quanto manca una linea politica della Regione e si corre alla politica del contributo, della dispersione di ingenti risorse finanziarie che, in tal modo, appaiono del tutto improduttive.
Nella relazione della I Commissione si afferma come "l'assistenza sociale sia retta al più presto da un provvedimento legislativo organico che innovi in modo decisivo in tale settore, dove l'intervento della Regione si disperde in molti canali, spesso senza efficacia alcuna, spesso rimanendo paralizzato nei capitoli di bilancio proprio per non avere raggiunto dimensioni operative".
Giudizio severo questo, con il quale concordiamo, ma in ordine al quale occorre rilevare che esso proviene, in questo come in altri settori, dalla comunità regionale consultata che respinge l'impostazione del bilancio e la politica della Giunta. Raccogliere, come ha fatto la Commissione bilancio il segno delle consultazioni vuol dire fare emergere in quest'aula la contraddizione tra governo regionale e comunità, fra le stesse forze politiche della maggioranza. Ma ciò non ci esime dal rilevare come la maggioranza che ha espresso questo giudizio in sede di relazione al bilancio del 1975 non abbia mai saputo, nel corso di questi cinque anni porre freno alla dissennata e clientelare politica dei contributi e porre invece, mano a realizzare con scelte concrete l'avvio di una politica che veda il problema della sicurezza sociale in termini di globalità dell'intervento, di unitarietà dello stesso, di dimensione dipartimentale con il settore della sanità.
Riemergono, così, i problemi politici centrali, ma purtroppo irrisolti da questa maggioranza, che vedono nel territorio, nella ripartizione del medesimo, nella visione complessiva dell'intervento globale e nella gestione da parte degli Enti locali, attraverso lo strumento delle deleghe la soluzione unitaria delle scelte, degli interventi, della gestione dei servizi sociali e sanitari.
La maggioranza attuale e le precedenti Giunte non hanno voluto imboccare questa strada, conferendo così un ruolo innovatore all'istituto regionale, ma si sono arroccate sul vecchio metodo di gestione del potere ignorando le istanze sociali che la Comunità avanza.
E' con questo giudizio negativo che si conclude la prima legislatura della Regione Piemonte, giudizio negativo che certamente la comunità amministrata ha già dato nel corso della consultazione e saprà dare nei confronti delle Giunte tutte che si sono avvicendate al governo della Regione per quanto riguarda il settore dell'assistenza sociale e quello della sanità.



PRESIDENTE

Ha chiesto di parlare il Consigliere Menozzi, ne ha facoltà.



MENOZZI Stanislao

Signor Presidente, colleghi Consiglieri, vi prego di non spaventarvi se vedete tanti fogli nelle mie mani, ma vi assicuro che lo scritto, che mi accingo a leggere, è assai più contenuto di quanto non possa apparire.
La relazione della Giunta al bilancio di previsione è così esauriente sia dal punto di vista di un esame della situazione generale economica del Paese e della nostra Regione, sia dal punto di vista analitico di ogni singola voce di entrata e di spesa, che ci può dispensare da ulteriori analisi e considerazioni.
Nel nostro intervento sul bilancio dello scorso anno, ci siamo permessi di fare alcune considerazioni generali in tema di indirizzi di politica economica. Il quadro delle condizioni del Paese non ci soddisfaceva affatto e oggi, purtroppo, la situazione non può dirsi migliorata. La fiducia nel futuro si è ancor più logorata e diffusa è l'incertezza sulle vie da seguire. Di fatto siamo all'arresto dell'incremento del reddito, quando non scontiamo addirittura una caduta.
L'interrogativo sulle vie da seguire, per uscire dal tunnel, dal buio nel quale siamo immersi, riguarda tutti. E' necessario uno sforzo congiunto, responsabile e consapevole, per gestire l'attuale stato di crisi e per promuovere la ripresa. In questo quadro è evidente l'opportunità ed anzi, la necessità di un rilancio della programmazione, ma una programmazione politicamente e tecnicamente seria, onde comprendere, in un quadro globale, articolato e realistico, le alternative e le scelte riguardanti la dinamica della struttura economica e sociale e la influenza congiunturale dei diversi comportamenti pubblici e privati. Ci troviamo infatti, di fronte ad una gravissima crisi sul piano economico, che sta diventando pericolosissima anche sul piano politico e istituzionale. La complessa natura del fenomeno inflazionistico, che ci affligge, non ci permette di pensare a soluzioni di tipo tradizionale. Il problema va affrontato con nuovi approcci, che consentano di conseguire immediatamente alcuni obiettivi.
Intanto il controllo della spesa pubblica, che dovrebbe venire sottoposta a verifiche in termini di costi-benefici, tenendo presente l'esigenza di un'equilibrata e graduale espansione dei programmi sociali.
Un'area chiave, in tema di politica antinflazionistica, è il contenimento dei consumi, attraverso politiche selettive, col mezzo dello strumento del credito, in funzione della destinazione verso gli investimenti e attraverso il mezzo fiscale, contemperato, onde attenuarne gli effetti sulle fasce a più basso reddito, da esenzioni per i beni di prima necessità.
Un terzo obiettivo deve riguardare l'incentivazione degli investimenti volti anche al fine di consentire la rivalutazione dei cespiti patrimoniali delle imprese, con particolare riferimento ai settori agricolo, artigianale e commerciale.
Infine, appare necessaria una migliore distribuzione delle risorse attribuendo un carattere prioritario agli investimenti destinati al conseguimento di obiettivi di tipo sociale.
A ciò si dovrebbe aggiungere anche una coraggiosa politica di risanamento di strutture pubbliche parassitarie ed improduttive, evitando sperperi delle risorse economiche, che è un fattore non trascurabile della crisi in corso, anche se alla Regione, fino ad ora, addebiti specifici in tal senso (salvo ....quelli mossi dai colleghi comunisti! ) non si possono muovere. Il peso dei redditi parassitari è diventato inaccettabile per i più autentici valori di una moderna società e, per l'economia nostra insopportabili. Soprattutto per i bilanci pubblici è necessario che gli investimenti siano veramente produttivi e corrispondano ad una struttura programmata della domanda futura, che rispecchi condizioni di equilibrio economico e sociale. Il fine deve essere quello di rapportare gli obiettivi, che si vogliono conseguire, alle risorse disponibili, facendo un inventario delle possibilità concrete e programmando concretamente la crescita del nostro Paese.
E' questa, a nostro parere, una strada obbligata, se si vuole, ancora e nonostante tutto, progredire e conservare libertà e democrazia. E' necessario imporre a tutti, pqi, sacrifici, che saranno più facilmente accettati, se avranno uno scopo ben preciso. Non assumere decisioni di questo tipo, perché impopolari, sarebbe la certezza di conseguenze molto più gravi per tutti. Ma, oltre a concrete, efficaci ed urgenti misure antinflazionistiche, occorre, per risorgere, anche una concreta e coerente politica di rilancio, in cui tutti dobbiamo responsabilmente sentirci coinvolti e partecipi. Il Governo, per parte sua, e le Regioni, per la parte che loro compete, debbono impegnarsi ad una politica di sviluppo nuova, più coerente con le esigenze della società. Le forze politiche e sindacali - non esclusa ovviamente quella alla quale io appartengo debbono essere coscienti, che tutti i sacrifici, che si richiedono e si dovranno richiedere, saranno inevitabilmente annullati da generalizzati aumenti della domanda interna, alimentati da rivendicazioni settoriali, e se non si aumenta la produttività.
Un'ulteriore considerazione deve essere quella, che o sacrifici da richiedere siano proporzionati al grado di sopportabilità di ognuno. In altre circostanze abbiamo avuto occasione di affermare che il popolo italiano necessita anche di esempi concreti da parte di tutta la classe dirigente, sia essa politica che imprenditoriale, nel sapere essa stessa imporsi i sacrifici, che la situazione richiede.
E' un dato di fatto, che, se si sommano le domande sul prodotto nazionale e particolarmente di quelle che posseggono i maggiori mezzi di pressione, si ottiene una grandezza superiore al prodotto nazionale.
L'inflazione riconduce la somma delle domande, espresse in termini monetari, entro i limiti del prodotto nazionale, espresso in termini fisici. Ma questo avviene a spese dei gruppi più deboli, anche se più numerosi. Bene si è espressa la Giunta regionale, quando in sostanza ha auspicato e si è proposta l'obiettivo di moderare la domanda delle parti.
Questo dovrebbe essere fatto anche dal Governo, proprio per rimanere entro i limiti del prodotto nazionale e cioè a vantaggio di tutti.
Per il settore pubblico è necessario il contenimento delle spese correnti, che comporti tagli in spese non produttive e rinvii spese in settori non prioritari. Gli indirizzi prioritari di azione nel campo della spesa sociale debbono individuarsi nella riorganizzazione del territorio e nella ristrutturazione del nostro sistema economico, dando all'agricoltura un ampio e nuovo spazio.
Il quadro di compatibilità macro-economica, all'interno del quale dovrà inserirsi la programmata e qualificata espansione della spesa sociale porrà la necessità di conciliare obiettivi meno ambiziosi di crescita di quelli degli anni decorsi, con l'esigenza della piena occupazione attraverso una riduzione delle quote di risorse destinate ai consumi privati. L'obiettivo programmatico dell'espansione della spesa sociale dovrà tener conto, nella scelta delle priorità, delle mutate condizioni esterne, vincolate da problemi di riequilibrio della bilancia dei pagamenti e dal permanere, nei prossimi anni, di tensioni inflazionistiche.
Nel contesto della crisi economica generale, l'agricoltura si colloca in una posizione tutta particolare: mentre l'industria trasferisce sul prezzo finale l'aumento dei costi e soffre di una crisi di sovrapproduzione, conseguente alla diminuita richiesta, causata a sua volta dall'aumento dei prezzi, l'agricoltura non riesce a trasferire sui prodotti l'aumento dei costi di produzione ed è incapace di far fronte alla crescente domanda di prodotti alimentari: testimone di questo fatto è la bilancia agricola alimentare, il cui saldo è pesantemente negativo Nella relazione che accompagna il bilancio si parla di 2000 miliardi, ma siamo più vicini ai 2500.
Inoltre, mentre i mezzi di produzione hanno subito aumenti di rilevantissima entità, i prezzi dei prodotti agricoli sono rimasti stazionari, quando non hanno registrato flessioni (e questo lo sosteneva anche il collega Franzi) Solo raramente e per brevi periodi si sono avuti leggeri aumenti.
Il 1974 sarà ricordato come un anno infaustamente memorabile per la nostra agricoltura, compressa nella morsa della stretta creditizia e mortificata da un andamento abnorme di mercato In queste condizioni è interesse della nostra intera economia puntare ad un rapido aumento della produzione agricola, aiutando in ogni modo il rilancio del settore e non tentando di contenere l'inflazione sulle sue gracili spalle, riducendo l'agricoltura a materasso dell' economia italiana.
E gli interventi, in agricoltura specialmente, ribadiamo che debbono venire inquadrati in una politica programmatoria di durata pluriennale, per fornire un minimo di certezza di scelta di una politica agraria, che possa consentire ai produttori agricoli, singoli ed associati, programmi operativi. Non siamo di fronte ad una fabbrica di manufatti, che può, al limite, programmare la sua attività mensilmente. Qui siamo di fronte ad un ciclo produttivo, che se non è proiettato in un determinato arco di anni non c'è tecnologia avanzata che abbia la possibilità di fare accorciare il ciclo di produzione.



BESATE Piero

Come no?



MENOZZI Stanislao

Mi risulta che nonostante tutto la riforma.



BESATE Piero

E la genetica?



MENOZZI Stanislao

Il vitello, per nascere, ha ancora bisogno di nove mesi, a meno che a Vercelli non nascano in quattro mesi e mezzo e a meno che non si introduca l'aborto anche in campo zootecnico.
Un programma di potenziamento ed orientamento dell'agricoltura piemontese deve trovare il suo supporto su di una valida legislazione regionale e non con provvedimenti particolari e dispersivi, magari richiamandosi alla legislazione statuale. In ciò concordiamo perfettamente con gli obiettivi che la Giunta si propone. La scelta di un testo legislativo unico fornirà indubbi vantaggi per tutti, affiancato da un'organica legge sulla cooperazione e l'associazionismo in agricoltura così come si viene delineando in sede di VI Commissione. In esso dovrà venire anche individuata, in modo chiaro ed inequivocabile, la figura dell'imprenditore agricolo, solo destinatario delle provvidenze del settore, principio, d'altro canto, già affermato da questo Consiglio almeno nella sua maggioranza.
Tutto ciò vorrà dire che la nostra Regione si pone sulla strada, sempre auspicata, dopo la ovvia fase di avviamento della propria attività, di operare in un quadro di programmazione regionale secondo una chiara e coerente linea di politica agricola.
Sono questi gli aspetti innovatori, generali e particolari, che emergono dal bilancio di previsione, preso in esame, e che ci inducono a riconoscere lo sforzo della Giunta regionale ad operare nella direzione più giusta e più valida, coerente alle dichiarazioni programmatiche espresse all'atto del proprio insediamento ed a rivolgerle un plauso sincero e convinto, anche per lo sforzo di chiarezza, che ha perseguito in merito alle motivazioni generali della politica di bilancio prescelta ed alle singole voci delle varie partite contabili.
In particolare, pur nelle obiettive difficoltà economiche del momento che affrontiamo, e della mancanza di un quadro di programmazione nazionale cui riferirsi, il bilancio, che esaminiamo, delinea già una programmazione regionale, cui si riferisce come aspetto attuativo di un futuro bilancio pluriennale.
Per gli aspetti particolari del documento al nostro esame, il giudizio e positivo in senso globale per la progressiva introduzione di elementi di programma e di ordine, con processi rilevabili di selezione ed organizzazione degli interventi, con sensibile riduzione dell'area della dispersione e della contraddittorietà.
Ciò vuol dire uno sforzo programmatorio di delineare alcune linee generali, alle quali ci si vuol attenere per iniziare una politica economica ordinata, anche se la Regione è ancora gravemente condizionata sul piano finanziario, da troppi se, quanto e quando, che dipendono dalla concreta volontà del Governo di dare finalmente completa attuazione all'ordinamento regionale, il quale ha dimostrato, nei fatti, sia pure in condizioni di particolari difficoltà, la propria ragion d'essere.
Ciò premesso, ci permettiamo di formulare alcune osservazioni.
Per il particolare settore dell'agricoltura, giustamente si persegue ancora il particolare fine di incrementare la zootecnia e per questo ribadiamo subito un valido concetto, fatto proprio dalla Giunta regionale fin dallo scorso anno, di incrementare l'attuazione del piano di risanamento, che valga a rendere compatibile con la media europea la particolare e gravosa "tassa", che paghiamo in termine di mortalità di capi bovini infetti. Siamo collocati all'ultimo posto e con percentuali veramente impressionanti di perdite.
Il particolare accento, che si pone sull'importanza della cooperazione e dell'associazionismo, ci trova ampiamente consenzienti, poiché è da sempre che andiamo sostenendo la convinzione che questa sia la strada giusta ed obbligata di un ordinato, vero e duraturo sviluppo dell'agricoltura, per inserirsi, con collegamenti non aleatori, nel processo di connessione tra momento produttivo ed i successivi momenti della trasformazione e commercializzazione dei prodotti agricolo zootecnici. Se si è potuto notare un particolare interesse della categoria agricola per la cooperazione, ciò non vuol dire, però, che l'individualismo è scomparso, contrariamente a quanto si è sostenuto nella più volte citata relazione che accompagna il bilancio. Esso ancora permane e molto dovrà essere fatto per dare nuova coscienza solidaristica agli operatori del settore, dando particolare rilievo al momento formativo e di preparazione per coloro che saranno chiamati a reggere le strutture associative. Ed è in questa ottica che, pur ribadendo la necessità di compiere qualsiasi sforzo si rende nel contempo indispensabile non lasciarsi trasportare dai facili ottimismi, consapevoli, come siamo e come dobbiamo essere, che "cooperazione ed associazionismo" sono, nella nostra Regione, in parte in una fase ancora embrionale e dall'altra tutti da riscoprire nei loro esatti valori e nella loro razionale concezione. Per cui bisogna evitare di correre il rischio di sottrarre mezzi all'impresa singola, la quale si è dimostrata e continua a dimostrarsi particolarmente interessata a rinnovarsi in senso produttivo e, in una certa qual misura, anche imprenditoriale e l'Albo degli imprenditori agricoli, di prossima approvazione, dovrà costituire valido strumento di stimolo e di incentivo per continuare sulla strada della vera imprenditorialità agricola.
Per il risanamento delle passività onerose delle cooperative, non ci possiamo dimenticare di essere stati promotori della particolare legge di intervento straordinario in favore delle Cantine sociali. La preoccupazione, però, deve essere quella di uno sforzo per riordinare il settore, con finalità anche selettive, onde trovi una giusta collocazione economica e finanziaria e per evitare nel futuro di essere costretti a premiare i cattivi amministratori e conseguentemente ad ingiustamente penalizzare coloro che si sono posti sul piano di una corretta attività gestionale.
Altro intervento, al quale la Giunta dovrà dedicare il massimo di attenzione, e quello della formazione, arrotondamento e accorpamento della proprietà coltivatrice. Come premessa va considerato che una valida azione di riordinamento fondiario è essenziale per una valida ristrutturazione, la quale deve trovare, anche in una nuova dimensione aziendale, la sua prima motivazione.
A tale proposito non possiamo esimerci dal far rilevare, che le varie leggi, varate allo scopo (vedi la 590 del '65, la 817 del '71 nonché il DPR 1390 del '65) in sede nazionale, non hanno sufficientemente contribuito a sostanziare la menzionata ristrutturazione nel senso prefigurato, come è dimostrato dal fatto che le superfici aziendali hanno fatto registrare incrementi trascurabili e, comunque, nella media generale, aggirantisi attorno all'ettaro, il che è troppo poco.
Tra le altre cose, le cause vanno ricercate in due particolari situazioni: 1) il diritto successorio vigente, che continuamente contribuisce a spezzettare e polverizzare quanto precedentemente era stato costruito 2) l'impossibilità di poter adeguatamente utilizzare tutti i terreni che sono stati abbandonati o posti in condizione di insufficiente coltivazione, per non parlare di quelli marginali e di quelli gravati da usi civici.
Quest'ultimo problema è talmente di viva attualità, che lo stesso Presidente del Consiglio, on. Moro, lo ha indicato tra gli impegni programmatici del Governo, recependo, così, indicazioni ed istanze, che da anni le Organizzazioni professionali agricole e specialmente la Coltivatori Diretti, vanno proponendo e che ultimamente sono state anche riscoperte dai Sindacati dei lavoratori dipendenti. Esistono anzi, a tal proposito proposte di legge di iniziativa di Consiglieri regionali e di parlamentari.
Ci sia consentito di citarne almeno una e cioè l'ultima in ordine di tempo quella presentata alla Camera dei Deputati il 15 gennaio 1975 dall' on.
Ferruccio Pisoni.
A questo proposito si potrebbe anche pensare ad una iniziativa legislativa sulla "minima unità culturale", di cui dovrebbe farsi carico il Parlamento nazionale ed al cui proposito esiste un interessantissimo studio portato avanti dalla Provincia autonoma di Bolzano.
In tema di coltivazioni erboree, ricordo ancora che, oltre ai problemi inerenti ai vivai, ai reimpianti dei vigneti, alla sostituzione di "cultivar superate" nel settore frutticolo e le specie di particolare interesse, riproponiamo quanto evidenziato nell'intervento dello scorso anno e cioè la sempre più preoccupante carenza di materiale legnoso, per tutti gli usi necessari, e per il quale varrebbe la pena di adottare un "piano legno", riferendoci anche a quanto autorevolmente il prof. Walter Vivani, Direttore dell'Istituto nazionale per le piante da legno "G.
Riccardo" di Torino, ha sostenuto in un suo articolo apparso sul n. 7 del 13/1/1975 de "L'Informatore agrario", nel quale ha posto l'interrogativo sul perché le Regioni non si danno maggiormente da fare. Il problema meriterebbe ben altre e più diffuse delucidazioni, ma ci limitiamo soltanto a ricordare a noi stessi ed a questo Consiglio che, a determinare il pauroso disavanzo di oltre 2000 miliardi della bilancia dei pagamenti subito dopo la carne, troviamo proprio il legno e per ben 550 miliardi.
Per il particolare settore del reimpianto dei vigneti si stanno addensando nubi all'orizzonte della politica comunitaria, in rapporto al calo verificatosi del consumo pro capite e alle conseguenti aumentate giacenze di prodotto vinoso, le quali minacciano di imporre il contenimento della coltura a vite in forma indiscriminata, per ammettere il puro e semplice reimpianto in misura eguale alle superfici dei ceppi abbattuti.
Accettando questo semplicistico criterio, non vi sarebbe una contemporanea politica di qualificazione del prodotto. Sarebbe auspicabile, invece, una politica di contenimento rigido delle superfici viticole in pianura e nelle zone a non specifica vocazione, per espandere invece la produzione, ove si produce la qualità. Con questo criterio si salverebbero anche zone in cui se la coltura a vite dovesse venire abbandonata, non rimarrebbero alternative di colture valide e ciò con specifico riferimento alla collina e alla montagna.
Per quanto attiene più propriamente al problema vivaistico, non possiamo non far rilevare quanto sia esso lacunoso nella nostra Regione, la quale è tuttora costretta ad attingere il rifornimento delle necessarie barbatelle da altre Regioni, lacuna che assume dimensioni macroscopiche, se pensiamo che, per quanto concerne la viticoltura, estesa in Piemonte su di una superficie di gran lunga superiore ai 90.000 ettari, abbiamo il 60% dei vigneti, che hanno superato o trent'anni di vita e la cui necessità di essere rinnovati è fuori discussione.
Altra lacunosità poi, di ordine generale, è data dalla inefficiente regolamentazione commerciale che diventa causa e motivo di innumerevoli disfunzioni (per non usare altri e più duri termini), individuabili in produzione vivaistica parecchie volte carente sotto ogni aspetto, per cui preoccupazione di questo Consiglio e della Giunta dovrà essere quella di favorire al massimo la creazione di vivai degni di questo nome, meglio se in forma associata, e di sentirsi impegnati a far sì che a livello nazionale e comunitario una nuova e più rigida normativa abbia a regolamentare l'immissione in commercio della produzione in questione.
Inoltre la Regione, attraverso appropriati organismi (vedi, per esempio l'Esap, che ci auguriamo inizi quanto prima la sua attività)dovrà anche favorire e potenziare la ricerca e la selezione del relativo materiale.
Per la difesa fitosanitaria, per la quale ci siamo battuti fin dall'inizio della effettiva operatività della Regione, non possiamo non esternare vivo compiacimento per quanto fatto in merito dalla Giunta, in generale, ed, in specie, dagli Assessori succedutisi all' agricoltura e finanze. E' stato un felice intervento, che ha dato ottimi frutti, anche perché per esso si sono riservati fondi nella misura più larga compatibilmente con le esigenze del bilancio.
Lo sforzo deve essere continuato in futuro e magari potenziato, per favorire ulteriormente l'espandersi delle iniziative associative e consortili in essere, contribuendo così, oltre alla diminuzione dei costi a carico dei produttori, anche all'alleggerimento della loro fatica fisica e non ultimo, all'incentivazione, anche in questo settore, di un sano spirito solidaristico. Andrebbero però accelerati i tempi burocratici occorrenti per la erogazione effettiva del contributo, evitando così agli organismi interessati di dover ricorrere al credito ordinario con il carico di interessi, che ancora attualmente sfiorano l'esosità e che vanificherebbero notevolmente i benefici ottenuti dalla Regione. Questo è un problema che investe, in generale, ogni settore di intervento e che ci proponiamo di riprendere in un successivo momento.
Problema, invece, tuttora irrisolto, sempre per quanto attiene ai trattamenti parassitari con mezzo aereo, e quello del carburante, il quale nonostante le svariate sollecitazioni effettuate in ogni sede e le proposte di legge giacenti presso il Parlamento, non gode ancora delle facilitazioni riconosciute per l'azionamento delle macchine agricole, cosa che comporta non indifferenti aggravi dei costi di gestione.
Sulla difesa dalle avversità atmosferiche, per quanto riguarda la difesa passiva, oltre all' impegno emergente nel predisposto disegno di legge n. 245 della Giunta regionale, riguardante "Interventi regionali per lo sviluppo dell'agricoltura e delle foreste negli anni 1975/76/77", di concedere contributi in conto interessi a favore degli appositi Consorzi sui prestiti necessari per anticipare le somme loro dovute da Stato e Provincia, per il periodo intercorrente tra il pagamento del premio alle società di assicurazione e l'incasso di quanto loro spettante, dovrebbe considerarsi l'opportunità di assegnare ai predetti Consorzi contributi in conto capitale sulle spese di gestione e forse meglio ancora sarebbe il poter prevedere non il concorso nel pagamento degli interessi, ma l'anticipazione, così come si è operato nei confronti degli operatori agricoli danneggiati da avversità atmosferiche e aventi diritto alle previdenze previste dagli artt. 5 e 7 della legge 25/5/70 n. 364, che regola la costituzione ed il funzionamento dei consorzi in questione.
Prevedendo poi, la citata legge, all'art. 15, oltre al concorso dello Stato, anche quello obbligatorio delle Province nella misura dell'1,5% del valore della produzione assicurata, una modifica legislativa si renderebbe opportuna e necessaria, perché anche la Regione venisse impegnata ad elargire la stessa percentuale oggi gravante sulle Province medesime ed anche questo favorirebbe il raggiungimento del primo e più importante scopo, che è quello di ridurre ulteriormente le quote a carico dei consorziati.
I consorzi in Piemonte sono, alla data odierna, in numero di sette ed interessano tutte le Province della nostra regione (anzi, in una ce ne sono due, Casale ed Alessandria); aiutandoli si favorirebbe un maggior numero di adesioni e quindi una maggiore copertura dai rischi che le avversità atmosferiche in generale...



BESATE Piero

Hai istituito la Provincia di Casale! !



MENOZZI Stanislao

Ho parlato di sette consorzi e ho detto che in una ce ne sono due.



BERTI Antonio

Hai detto "una in provincia di Casale".



MENOZZI Stanislao

Ho detto uno a Casale e uno ad Alessandria, è sottinteso che Casale è in provincia di Alessandria.



PRESIDENTE

Vi prego di non interrompere l'oratore.



MENOZZI Stanislao

Ma sono interruzioni simpatiche, non lo sono altrettanto per quanti desiderano vedermi terminare l'intervento.



RIVALTA Luigi

Tra l'altro ciò dimostra che ti stiamo ascoltando!



BERTI Antonio

Mi pare che ci siamo solo noi.



MENOZZI Stanislao

E' indubbio che quanto vado affermando (anche in piazza) non lo commisuro mai all'uditorio, bensì alla convinzione delle cose che dico e altrettanto faccio in questo Consiglio.



OBERTO Gianni, Presidente della Giunta regionale

Ma bisogna sempre parlare a quelli che sono fuori della chiesa!



MENOZZI Stanislao

Amico Presidente, o amici Presidenti, se fossimo anche soltanto noi tre, e vi trovereste in cattiva compagnia, io continuerei lo stesso!



PRESIDENTE

Consigliere Menozzi, continui non peggiori la situazione!



MENOZZI Stanislao

Dicevo che una maggiore copertura dai rischi che le avversità atmosferiche in generale e le grandinate in specie, vengono annualmente ad arrecare all'economia regionale, salvaguarderebbe anche il reddito agricolo che, in definitiva, è solo il salario del produttore.
I menzionati organismi consortili, per la loro consistenza, validità ed efficienza amministrativa ed organizzativa, si dimostrano già in grado anche di recepire e gestire la difesa attiva, facoltà legislativamente loro riconosciuta, tanto più che le due forme non costituiscono condizioni in contrapposizione, bensì complementari: un'unica gestione consentirebbe non solo l'uniformità del servizio, ma anche l'economicità gestionale.
L'organismo adatto si può configurare nella costituenda "Associazione regionale dei Consorzi di difesa" e ciò non vuole assolutamente costituire motivo di misconoscimento dell'attività svolta e che si sta svolgendo sotto l'egida di altri Enti, ben altrimenti impegnati.
Rimane sottinteso, concludendo l'esame di questo capitale, che è stato ed è apprezzabile lo sforzo che anche in questo particolare settore la Regione ha voluto responsabilmente e sensibilmente compiere indipendentemente dai risultati conseguiti, perché siamo, e per lungo tempo saremo ancora, di fronte ad un fatto meramente sperimentale.
Sul tema dell'assistenza tecnica, della formazione professionale e della contabilità agraria, mentre evidenziamo l'esigenza di destinare ad esse sempre più consistenti sforzi anche finanziari, considerandole momenti fondamentali e basilari dello sviluppo in agricoltura, e per le interdipendenti implicazioni che vengono ad avere con le direttive comunitarie e principalmente con la 159 e 161, che finalmente il Parlamento sta recependo, auspichiamo una normativa, nel limite del possibile differenziata in rapporto alle diverse realtà delle nostre Province e quanto meno all'abbassamento di certi parametri (vedi, ad esempio, il numero di aziende associate necessarie per beneficiare dei contributi previsti per o centri di assistenza tecnica in agricoltura), che sono astrattamente validi e solo per alcune zone di qualche Provincia, mentre in concreto, si rilevano decisamente inattuali in altre ben più vaste e depresse zone.
Vale anche la pena di prevedere più rigidi controlli, onde evitare dispersioni di fondi e, quel che è peggio, eventuali abusi, speculazioni e strumentalizzazioni in genere, tra le quali citiamo la possibile intercambiabilità di associati tra i vari organismi, rendendoli validi ad ogni uso e consumo, ad eccezione di quello, che ci si prefigge di raggiungere con l'intervento regionale.
Altro campo di intervento, che merita un' accentuata attenzione, è quello dell'irrigazione, essendo inconfutabilmente dimostrabile che l' acqua ad uso irriguo è da considerarsi veramente, per l'agricoltura, l'oro bianco. Non può diventare credibile e concreto il discorso sul potenziamento delle produzioni, prescindendo dall'insostituibile ruolo che primariamente, deve giocare l'invocato potenziamento irriguo. E noi in Piemonte, che abbiamo saputo fornire, con gli nostri predecessori, luminosi esempi, e che tutt'oggi disponiamo di quantità d'acqua utilizzabile per estendere l'irrigazione, sarebbe veramente deprecabile se non dedicassimo tutta l'attenzione che il caso richiede.
Dispensandoci dallo sviluppare questi ed altri importanti temi del settore primario, perché riserveremo loro particolare attenzione in sede di discussione in Commissione VI prima e in questo Consiglio poi, del più volte menzionato disegno di legge n. 245, della proposta di legge n. 83 e di altre proposte, per i quali la Commissione VI, cui sono preposto, ha già indetto le consultazioni statutariamente previste, ci soffermiamo, per ultimo, in ordine di elencazione e non di importanza, sul credito agrario riproponendo le esigenze di sempre, tanto più attuali, se rapportate all'attuale situazione, nella quale versa il settore, tra le quali primeggia il problema delle garanzie, a fronte delle quali l' intervento fidejussorio della Regione dovrà diventare una costante.
Un fatto, che va denunciato, che investe tutti i settori della produzione e gli stessi pubblici poteri, è l'atteggiamento veramente sorprendente assunto ultimamente, con decisione unilaterale, da parte del cartello bancario, adottato in queste ultime settimane, di ridurre di due punti i tassi passivi, lasciando inspiegabilmente immutati quelli attivi.
In merito, mentre l'autorità monetaria continua a tacere, il Governo e con esso il Ministero competente non si è ancora pronunciato con la dovuta chiarezza e decisione.
Come conclusione generale sul capitolo dell'agricoltura, emergente anche dalle considerazioni, sia pure sommarie e parziali, che ci siamo permessi di proporre, se doverosamente ci porta a prendere favorevolmente atto degli interventi, che il bilancio prevede, in riferimento anche alle difficoltà ed ai limiti finanziari, che lo stesso è costretto ad accusare deve pur essere responsabilmente osservato, che per la somma globale prevista in 39.554 milioni contro i 35.649 del bilancio precedente, in termini reali non può certamente dirsi che vi siano stati maggiori stanziamenti, ma, più realisticamente, che, in rapporto all'aumentato tasso di inflazione e conseguente aumento del costo del denaro e cioè della produzione e degli investimenti che esso comporta, tutto sommato si pu parlare, più ragionevolmente, di contrazione e non anche di dilatazione della spesa, come esigenza obiettiva imporrebbe.
Se pensiamo poi alla sia pur contenuta, ma valutabile, dilatazione della parte occorrente per le spese correnti, la somma destinata a spese di investimento, e cioè quella realmente produttiva, viene ancor più a comprimersi.
Riteniamo di avere espresso, oltre che un giudizio responsabile, anche obiettivo, poiché trova riscontro a pag. 131 della relazione della Giunta che accompagna il bilancio, ove, al quinto paragrafo, si afferma testualmente, che "dal primo quadro che si è tracciato risulta, con particolare evidenza, che in generale gli stanziamenti non sono adeguati alle esigenze segnalate dagli operatori agricoli ed in parte già accertate".
Del resto un esame del testo unico proposto, con il disegno di legge n.
245, richiede, già di per sé stesso, un impegno finanziario valutabile attorno ai 50 miliardi.
Si valuti che, per il 1974, sono state avanzate richieste per circa 56 miliardi, dato ricavato anche questo dalla menzionata relazione.
Pertanto è indispensabile che la Giunta si senta impegnata a rivedere magari con opportune e successive variazioni di bilancio, gli stanziamenti enunciati ed a garantire la pluriennalità degli interventi stessi, come analogamente fatto da altre Regioni (vedi quella del Veneto, che nel dicembre scorso approvava un testo unico avente validità triennale) anche sotto il profilo della copertura finanziaria.
Per l'artigianato, anche per il particolare aspetto dell'occupazione essendo in parte settore indotto dell'industria, va ribadita l'importanza del credito agevolato, già previsto nella legge regionale in fase di approvazione e l'attuazione celere dell'Ente di sviluppo proprio. Ci dispensiamo dal commentare l'importanza che l'artigianato riveste nella nostra Regione e nella nostra economia, gli rischi che esso sta correndo unitamente a tutte le restanti componenti del ceto medio e le conseguenze che una carente sensibilizzazione nostra sui suoi problemi inevitabilmente porterebbe, e non solo sul piano meramente economico. Se l'attuale cruciale momento, che sta attraversando tutto il Paese, richiede anche e soprattutto spirito di sacrificio, di laboriosità e di parsimoniosità, gli artigiani e tutti gli operatori dell'indicato ceto queste doti hanno da sempre concretamente dimostrato di possedere e tuttora possiedono.
Per il commercio prendiamo atto con legittima soddisfazione che la Giunta ha recepito l' istanza, avanzata lo scorso anno, sempre in sede di intervento sul bilancio, di facilitare ed aiutare i Comuni nella predisposizione ed adozione dei piani di sviluppo di cui alla legge 426 e della predisposizione di un disegno di legge, tendente a favorire ed incentivare la nascita prima, e la crescita poi, di un'efficace azione cooperativistica, tanto indispensabile anche in questo settore. Piani di sviluppo e cooperazione, che dovrebbe segnare l'inizio di una migliore e più efficiente rete di distribuzione. Trattandosi però di un processo, la cui risoluzione non può che essere vista a medio e lungo termine richiamiamo nuovamente il Consiglio e l' Esecutivo sull'opportunità, già prospettata in altre occasioni, di adottare un provvedimento legislativo per la concessione di "indennità" a favore di quegli operatori commerciali che venissero nell'augurabile determinazione di chiudere i loro esercizi e di rinunciare alle relative licenze.
Per quanto attiene al turismo, ricordiamo soltanto l'importanza che l'Agroturismo, già positivamente sperimentato in altre Regioni, pu assumere anche in alcune zone del nostro Piemonte, con particolare riferimento al Monferrato, non solo come aspetto complementare e non contrastante col turismo vero e proprio, ma anche e soprattutto come valorizzazione di parecchie comunità rurali e di sviluppo integrale delle possibilità che potrebbero emergere dalle zone interessate.
A tal proposito facciamo menzione alla proposta di legge che abbiamo a suo tempo presentato: Agroturismo, i cui finanziamenti potrebbero trovare indifferentemente spazio e collocazione nei capitoli dedicati al turismo, o in quelli dedicati all'agricoltura.
Se non abbiamo, come non abbiamo, trascurato l'apprezzabile esperimento che la Giunta intende porre in essere con un primo e provvisorio intervento limitato al 1975 e con uno stanziamento di un miliardo, di cui al disegno di legge presentato nel dicembre scorso, per la ricerca di un inizio di soluzione all'onerosa problematica dello sport, è bene in anticipo porre una domanda: come dotare di valide attrezzature sportive, oggi pressoch mancanti, anche le comunità rurali e in quali termini e modi. E' indubbio che la complessità della questione posta, la quale è interdipendente con tutti i restanti servizi sociali in genere, di cui le predette comunità sono spaventosamente carenti, non può non essere ricondotta alla politica del territorio e con essa ai circondari, ai comprensori e, a valle, con le nuove caratteristiche e dimensioni, che dovranno necessariamente avere le entità territoriali minori e cioè le circoscrizioni comunali, che non possono rimanere sicuramente quelle attuali. Logica conseguenza di argomenti agroturistici e di servizi sociali nelle comunità rurali, sono anche la necessita di creare idonee aree verdi attrezzate, piazze, strade panoramiche e quant'altro occorre per favorire l'accesso in luogo del turismo così detto popolare.
Per la caccia e pesca, pur con tutti i condizionamenti che la normativa statuale vigente impone, conteniamo il nostro pronunciamento all'invito a non abbandonare il discorso su di una migliore e più appropriata regolamentazione delle riserve, al fine di circoscrivere i contrasti, che esse suscitano, specie nelle popolazioni locali e, più in generale, sulla tutela e difesa dei produttori agricoli, i quali non possono continuare a sentirsi in eterno soggetti a subire lo sport venatorio senza beneficio alcuno ed anzi, molto spesso, con notevoli danni economici, tanto da aver provocato un'iniziativa di referendum, intesa ad abolire l'art. 842 del Codice Civile, che permette la introduzione del cacciatore in terreno altrui senza il consenso del legittimo proprietario.
Ed è anche per questo che abbiamo dato la nostra adesione, unitamente all'Organizzazione professionale agricola in cui svolgiamo attività all'iniziativa così intrapresa, anche come stimolo, onde il Parlamento assuma proprie iniziative legislative per regolamentare in forma più moderna e civile lo sport della caccia.
Il giudizio globale sull'istruzione, formazione e cultura, consci delle difficoltà incontrate, non può che essere positivo, anche se alcune riflessioni ci tornano d'obbligo.
Scuole materne. Nel settore, a parte un discorso di libertà e di pluralismo istituzionale, il cui riconoscimento non può essere assolutamente misconosciuto in un sistema veramente democratico, alle scuole private, rette da religiosi o laici, purché degne di questo nome, è opportuno che i pubblici poteri in generale e la Regione in particolare abbiano a riconoscerne la funzione e a recepirne, sempre più e sempre meglio, le esigenze, considerato anche il numero preponderante di esse nei confronti di quelle statali o comunali, favorendo così anche le famiglie libere di scegliere la scuola, alla quale avviare i loro bambini.
E' altresì necessario fare in modo che nei nuovi insediamenti delle scuole in parola abbiano ad evitarsi contrasti e soprattutto doppioni tra scuole materne pubbliche e private, attenendosi scrupolosamente al disposto dell'art. 3 del D.P.R. 444 del 18/3/1968.
Nell'invocare sempre maggiore comprensione alle benemerite scuole materne private, senza ignorare o sottovalutare quelle pubbliche, non deve essere dimenticata e nemmeno posta in second'ordine la minore dispendiosità che le prime comportano nei confronti delle seconde, che attualmente ospitano, a livello nazionale, quasi la metà dei bambini fra i tre ed i sei anni, media che in Piemonte, se non andiamo errati, è decisamente superiore.
Sarebbe veramente ingiusto, per non dire altro, non comprendere in tutta la sua portata lo spirito di sacrificio, lo zelo e l'altruismo di quanti si sono votati ad un così nobile quanto indispensabile servizio a tutta la collettività e senza remore di natura ideologica, politica o religiosa.
Altro aspetto degno di menzione è quello attinente all'assistenza da erogarsi agli alunni delle così dette classi speciali per handicappati subnormali e minorati psichici, che meglio sarebbe chiamarli soltanto emarginati sociali, come in verità sono ancor oggi considerati dall'attuale società e per i quali si impone ogni possibile sforzo anche per soddisfare delle vive e dolorose esigenze di natura sociale ed umana.
Per l'assistenza scolastica conteniamo il nostro dire, invocando nuovamente una sempre maggiore attenzione al grave problema del trasporto alunni, soprattutto nei confronti di quanti vivono in zone più svantaggiate, ove il problema sta diventando un dramma anche per le amministrazioni civiche locali, in quanto il contributo ad esse riservato è veramente inadeguato.
A tale proposito, limitandoci a denunciare il peccato e non il peccatore, siamo in grado di affermare che alcuni Comuni sono stati costretti a far pagare ai genitori degli alunni trasportati integrazioni di 50.000 lire per alunno, nello scorso anno, ed hanno già avanzato richiesta di lire 100.000 per l'anno scolastico in corso; d'altro canto è opportuno tener presente che ci sono alunni che, per raggiungere le scuole elementari, debbono percorrere giornalmente 8/10 km, tra andata e ritorno e per le scuole medie anche 50/60 km, il che, ovviamente, non succede per quanti abitano nelle grandi, medie e anche piccole città.
Per la formazione e qualificazione professionale ripetiamo quanto abbiamo avuto occasione di affermare parlando di assistenza tecnica: occorre una più equa e per altro verso rigida regolamentazione affinch attraverso una profonda rinnovazione di tutto il sistema, si abbia a stroncare sul nascere eventuali disapprovevoli deviazioni e speculazioni.
D'altro canto, in riferimento alle critiche piuttosto aspre, che, su questo punto, muoveva il collega Revelli, dobbiamo onestamente osservare che non è con un colpo di bacchetta magica - che fra l'altro nessuno possiede -, che si può risanare e regolamentare il pelago , che si è venuto a determinare nel corso dei decenni.
Caro Assessore Borando (che non vedo), nei giorni scorsi ricordavi che il precursore della formazione e qualificazione professionale è stato San Giovanni Bosco. Pensiamo quanto sarebbe bello ritornare alle origini e se i vari Enti gestori dei corsi sapessero agire in aderenza allo spirito, alla serietà ed al senso di responsabilità, che seppe infondere il Santo e che la sua istituzione così gelosamente ha saputo conservare sino ai nostri giorni e che è tuttora valida!



BESATE Piero

Il San Giovanni Bosco del 1975 non sarebbe certamente d'accordo con te!



MENOZZI Stanislao

Comunque riconoscerei anche a lui la possibilità di dissentire, come lo consento a te!



BERTI Antonio

Bisognerebbe sapere se qui esiste anche il Partito dei Coltivatori diretti, o se parla a nome della D.C.



OBERTO Gianni, Presidente della Giunta regionale

Parla come Consigliere regionale.



BERTI Antonio

Parla sempre in prima persona plurale, nella maggioranza c'è un altro Partito che è quello dei Coltivatori diretti?



MENOZZI Stanislao

Io direi che, al limite, simili osservazioni le accetterei soltanto dal mio Capogruppo, il quale saprebbe pormele con maggiore proprietà, con più delicatezza e in momenti più opportuni di quanto invece non sappia fare il Capogruppo del P.C.I.,Berti.



BERTI Antonio

Comunque tu non sai rispondere, o non vuoi: a nome di chi parli?



MENOZZI Stanislao

Parlo a nome del Partito al quale appartengo.



BERTI Antonio

Allora questo è l'intervento della D.C.



MENOZZI Stanislao

Parlo a nome dell'Organizzazione che è stata ed è orgogliosamente su posizioni collaterali alla D.C., parlo come democratico cristiano e come uomo, che ha 30 anni di milizia in una Organizzazione sindacale.



BERTI Antonio

A nome di un'altra Organizzazione.



MENOZZI Stanislao

Piaccia o non piaccia, guarda caso, si ispira proprio agli stessi principi, ai quali si ispira la D.C.



PRESIDENTE

Consigliere Menozzi, prosegua, il collateralismo è un problema ancora in discussione.



MENOZZI Stanislao

Io non so, ma ben raramente, per non dire quasi mai, mi è capitato di disturbare un collega e tanto meno i colleghi comunisti; invece, non so per quale esigenza, forse anche fisiologica, perché non trovo altre giustificazioni, i colleghi comunisti devono sempre intervenire per interrompere il sottoscritto.



BERTI Antonio

C'é un solo fatto, che iniziando lei ha detto "sarò brevissimo". Se voleva prenderci in giro non siamo d'accordo.



MENOZZI Stanislao

No, io non ho detto "sarò brevissimo".



BERTI Antonio

L'ha detto lei.



MENOZZI Stanislao

Senta, io la pregherei, anche se la provocazione è la sola sua arte e professione, di non insistere, altrimenti sarei costretto, nei suoi confronti, ad usare un linguaggio molto scurrile...



PRESIDENTE

No! La prego, lei non l'ha mai usato. Prosegua Consigliere Menozzi.



BERTI Antonio

Credo che non ti convenga molto. Vieni in un'altra sede e avrai la peggio.



MENOZZI Stanislao

Sia ben chiaro che sin quando parlo in un ambiente democratico, secondo la più sostanziale interpretazione e non secondo la tua, parlo sin quando il Presidente non mi toglierà la parola.



PRESIDENTE

Infatti, la invito a parlare.



BERTI Antonio

A parlare e a finire.



MENOZZI Stanislao

Quando mi pare e mi piace!



BERTI Antonio

Dai un'ennesima dimostrazione delle tue grandi capacità di elaborazione e di giudizio; siamo qui apposta per sentirti!



(Il Presidente scampanella)



MENOZZI Stanislao

Sul piano della sicurezza sociale e servizi sociali, ci compiacciamo per la volontà espressa di voler gradualmente procedere all'istituzione, in tutto il territorio regionale, di una adeguata rete di asili nido, alla costruzione di case di riposo e all'intensificazione dell'assistenza domiciliare, anche se, nostro malgrado, abbiamo dovuto constatare la riduzione di spesa per altri importanti capitoli.
In considerazione poi che lo specifico Assessorato è chiamato ad affrontare anche e soprattutto i problemi, che hanno risvolti di natura profondamente umana, oltre che sociale, ci auguriamo che questo Consiglio abbia ad essere quanto prima posto nelle condizioni di varare il disegno di legge presentato dalla Giunta per il finanziamento delle sezioni dell'Unione italiana ciechi, operanti in Piemonte, onde la Regione abbia a poter manifestare in concreto la propria sensibilità e solidarietà nei confronti di una così benemerita istituzione.
Ritornando ai due problemi fondamentali, asili nido e case di riposo siamo certi che si vorrà procedere, approfondendo maggiormente l'aspetto conoscitivo delle varie esigenze, con obiettive scelte di carattere prioritario.
Sulla "Sanità": pur nel vasto campo d'azione entro il quale è chiamata ad operare la Giunta, e con essa l'Assessore competente, ci limitiamo a sottolineare solo l'urgenza di vedere approvata la "proposta di legge", a suo tempo da noi presentata, e tutt'ora all'esame della competente Commissione permanente, per la concessione "dell'indennità giornaliera per gli infortuni sul lavoro ai coltivatori diretti". Pertanto, auspichiamo che questo Consiglio sia, quanto prima, posto nelle condizioni di varare il relativo provvedimento legislativo.
Sul piano dei "Lavori pubblici", ultimo per elencazione e non certamente per importanza, pur manifestando tutta la nostra comprensione per l'ampio, complesso e composito raggio operativo e pur riconoscendo le benemerenze acquisite, anche in questo settore, dalla Giunta e dall'Assessore, proprio in rapporto alle evidenziate e non invidiabili caratteristiche dello specifico Assessorato, con le cui difficoltà è alle prese tutto l'esecutivo ed in primis l'Assessore, insistiamo su quanto abbiamo avuto occasione di affermare, più volte, anche in passato e specificatamente: 1) portare celermente a compimento un adeguato studio ed una approfondita ricerca sulla fisionomia dei nostri 1209 Comuni, onde individuare, senza colpo ferire, quali realmente sono le loro sostanziali esigenze 2) effettuati detto studio e ricerca, procedere alla elencazione delle emerse necessità e degli impegni che il soddisfacimento delle medesime comportano 3) ricavati tutti gli elementi e dati sopra citati, procedere con scelte, chiaramente prioritarie, proprio in rapporto all'importanza delle riscontrate necessità e nel contesto della "programmazione" e del "riassetto territoriale".
In caso contrario, la sola sensibilità, senso di responsabilità ed impegno dell'esecutivo e dell'Assessore competente, immerso, tra l'altro in migliaia e migliaia di pratiche, non eviterebbe, comunque, interventi disorganici e in quanto tali dispersivi. Circa i finanziamenti dei vari lavori appaltati, condividiamo quanto espresso in proposito dal relatore Dotti e cioè l'opportunità di porsi nelle condizioni di poter corrispondere alle imprese appaltatrici congrui anticipi per i ben noti motivi inerenti innanzitutto, alla celerità nell'esecuzione di detti lavori, evitando così di dover soggiacere a revisioni di prezzi e a ricorsi al "credito ordinario"; revisioni che si ripercuoterebbero sulla Regione e ricorsi al credito, i cui esosi tassi di interesse sui Comuni contribuirebbero ad accrescere le loro macroscopiche difficoltà, d'altro canto, da tutti ben conosciute.
A tal proposito ci conforta il fatto di sapere che, oltre alle idee chiare, che ha l'Assessore, esiste, avanti a questo Consiglio, un "disegno di legge", col quale la Giunta intende innovare le procedure e anche la forma degli interventi per quanto fa riferimento alle quote contributive sia in conto capitale che in conto interesse. Sempre in riferimento alla "relazione" Dotti, condividiamo, altresì, il suggerimento fornito sulla procedura di un "bilancio di cassa" - indicazione da noi suggerita negli interventi effettuati in sede di discussione dei precedenti "bilanci" ritenendo detta procedura valida proprio per evitare la tradizionale lungaggine e con essa il formarsi dei fatidici "residui passivi" sulle gestioni. Bisogna compiere ogni possibile sforzo anche e soprattutto per comprendere sempre più le ansie e le preoccupazioni dei benemeriti amministratori degli Enti locali.
Signor Presidente, colleghi Consiglieri, avviandoci al termine del nostro dire, con buona pace anche del signor Berti...



BERTI Antonio

Per le cretinate che dici!!



MENOZZI Stanislao

Hai l'offesa facile, ma proprio per questo, direi che, se qui c'è un cretino, questi sei soltanto tu.



(Il Presidente scampanella)



MENOZZI Stanislao

Caro Presidente, se qualcuno intende portarmi su certi piani ha trovato il pane per i suoi denti.



BERTI Antonio

Sei solo un poveretto!



MENOZZI Stanislao

Avviandoci al termine del nostro dire, esprimiamo un giudizio globalmente positivo sul "bilancio" di discussione e, contemporaneamente confidiamo e ci auguriamo che alcune delle nostre osservazioni e richieste possano trovare favorevole accoglimento.
Al giudizio positivo aggiungiamo il nostro compiacimento ed aperto riconoscimento al Presidente e a tutta la Giunta per aver mantenuto fede agli impegni assuntisi al momento del loro insediamento e per aver coerentemente rispettato le promesse fatte ai rappresentanti sindacali di una ben nota Organizzazione, a noi assai cara e vicina, in occasione della "manifestazione di protesta" indetta dalla medesima Organizzazione il 5/11/73: al Presidente Oberto venne, in quella circostanza, presentato un pacchetto di "rivendicazioni" che hanno trovato, nella quasi totalità puntuale accoglimento.
Rivolgiamo poi una doverosa espressione di riconoscenza, oltre al Presidente, a tutti gli Assessori, per la sensibilità e premura sempre serbateci, ogni qual volta abbiamo avuto occasione di contattarli ed, in modo particolare, ad Armella, Borando, Chiabrando, Paganelli, Petrini e Vietti, coi quali i contatti sono stati più intensi.
All'Assessore Chiabrando formuliamo anche fervidi auguri di pronta e completa guarigione.
Concludiamo definitivamente con l'affermazione che se, in questi due mesi, che ci separano dalla scadenza della legislatura, sapremo, tutti assieme, nessuno escluso, fornire il necessario apporto per il varo di alcune importanti leggi, già da tempo calendarizzate, e in avanzato stadio di esame da parte delle relative Commissioni, potremo dimostrare, pur coi limiti derivanti da una operatività di poco superiore ai 3 anni, che la istituzione dell'ordinamento regionale ha avuto una sua positiva ragion d'essere e di aver conseguentemente offerto qualche cosa di concreto alla società civile piemontese.



PRESIDENTE

La parola al Consigliere Berti.



BERTI Antonio

Signor Presidente, io potrei chiedere la parola per fatto personale ma il livello del mio interlocutore è così basso che non ritengo di dovermi collocare al suo livello.
Chiedo però la riunione dei Capigruppo per vedere come procedere con i lavori del Consiglio che ha visto il nostro Gruppo sempre presente, portare dei contributi di contenuto e che adesso non vuole ridursi, per gli interventi che ancora ci sono, ad affrontarli in un'aula quale quella che abbiamo visto sino adesso.



MENOZZI Stanislao

Chiedo la parola per fatto personale.



PRESIDENTE

Spieghi però il fatto personale in che cosa consiste.



MENOZZI Stanislao

Per il riferimento che una volta ancora è stato fatto al sottoscritto.
Io invece rispondo con un semplice....



PRESIDENTE

Ma non è un fatto personale!



MENOZZI Stanislao

...osservazione, stavo per dire battuta, ma è una cosa estremamente seria.
Io non ho conosciuto, sino ad oggi, in questo Consiglio, persona più insensibile, più scortese e ineducata del Capogruppo Berti.



PRESIDENTE

Ma lasciamo perdere queste cose Consigliere Menozzi, lei ha fatto il suo intervento....



(Brusio e commenti in aula)



PRESIDENTE

La seduta è sospesa. I Capi gruppo sono convocati nella saletta.



(La seduta, sospesa alle ore 18,50 riprende alle ore 19,10)


Argomento:

Sull'ordine dei lavori


PRESIDENTE

La seduta riprende.
Comunico che o Capigruppo, unitamente al Presidente della Giunta, hanno così deciso di proseguire o lavori: abbandonata la giornata di lunedì, si riprendono martedì puntualmente alle ore 9,30. I Presidente dei Gruppi hanno indicato esattamente gli interventi che avranno luogo nella giornata di martedì.



CALSOLARO Corrado

Perché non si tiene seduta lunedì?



PRESIDENTE

Perché i Presidenti dei Gruppi e alcuni Consiglieri hanno degli impegni particolari e poiché l'argomento che viene discusso è molto importante tutti desiderano essere presenti.
Richiamo quindi tutti i Gruppi a voler essere presenti ai lavori, cosa già fatta in altre occasioni.
L'ordine degli interventi è il seguente: Gerini, Curci, Lo Turco Passino, Rivalta. La discussione si deve concludere entro mezzogiorno e comincia puntualmente alle ore 9.30. Nel pomeriggio alle ore 15,15 vi sarà l'intervento del Presidente della Giunta, quindi le dichiarazioni di voto e la votazione. E' presumibile quindi che nel pomeriggio di martedì, non certamente tardi perché la votazione non richiede molto tempo, si possa concludere la discussione sul bilancio.
Gli altri argomenti all'ordine del giorno sono stati esauriti, salvo due nomine.
Vi sono delle obiezioni? E' allora così concordato il programma dei lavori di martedì.
Diamo lettura delle interrogazioni ed interpellanze.


Argomento:

Interrogazioni ed interpellanze (annuncio)


FRANZI Piero, Consigliere Segretario

Interrogazione del Consigliere Calsolaro sull'eventuale municipalizzazione dei servizi di acquedotto.
Interrogazione dei Consiglieri Fabbris, Besate e Rivalta relativa alla cessione ad una società immobiliare torinese di terreni comunali nella zona dell'Alpe di Noveis, Comune di Ailoche.
Interrogazione dei Consiglieri Rivalta, Berti e Vecchione concernente presunte irregolarità edilizie nell'abitato di Exilles.
Interrogazione del Consigliere Besate relativa al Consiglio di Amministrazione dell'Istituto Autonomo per le case popolari della Provincia di Vercelli.
Interrogazione del Consigliere Calleri di Sala tesa a conoscere "l'utilizzazione dell'edificio costruito dall'Amministrazione provinciale di Torino a Grugliasco e che non risulta più destinato all'assistenza psichiatrica".
Interrogazione dei Consiglieri Revelli e Lo Turco sulla petizione di numerosi cittadini di Ceva relativa al percorso della progettata strada comunale "Costa-Canile".
Interpellanza del Consigliere Ferraris sulle iniziative da assumere presso la direzione della "Moda Massa" di Cocconato in merito al licenziamento delle maestranze.
Interpellanza dei Consiglieri Lo Turco e Revelli in merito all'opportunità di promuovere un incontro tra la Commissione consiliare competente e la ditta Ferrero di Alba per conosce re l'andamento produttivo e gli eventuali programmi.
Interpellanza del Consigliere Nesi sul gravissimo episodio, denunciato dal Cardinale Pellegrino, della bambina africana a cui è stata rifiutata l'iscrizione in numerose scuole elementari a causa del colore della pelle.



PRESIDENTE

Ricordo ancora che la seduta riprende martedì puntualmente alle ore 9,30.
Ringrazio i Consiglieri e chiedo scusa per la seduta così infuocata, ma a volte gli argomenti sono così importanti che portano ad una certa vivacità. Prego quanti devono ancora intervenire di tenere alto il livello del dibattito, come questo Consiglio merita.
La seduta è tolta.



(La seduta ha termine alle ore 19,15)



< torna indietro