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Dettaglio seduta n.284 del 06/02/75 - Legislatura n. I - Sedute dal 6 giugno 1970 al 15 giugno 1975

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Argomento:


PRESIDENZA DEL VICEPRESIDENTE FASSINO


Argomento: Tutela dagli inquinamenti idrici

Esame disegni di legge n. 191 e 241 relativi a "Provvidenze speciali per il risanamento delle acque a favore dei Consorzi e degli altri Enti locali previsti dal relativo piano regionale" (seguito)


PRESIDENTE

La seduta è aperta.
Hanno chiesto congedo i Consiglieri Conti, Debenedetti, Falco, Giovana.
Non devo dar lettura dell'ordine del giorno perché la seduta odierna è la prosecuzione di quella di ieri: si continua nell'esame dei disegni di legge relativi a "Provvidenze speciali per il risanamento delle acque a favore dei Consorzi e degli altri Enti locali previsti dal relativo piano regionale". Ieri ha parlato il relatore, Consigliere Calsolaro. Il dibattito è aperto. Non ho al momento iscritti a parlare. Prego i Consiglieri che lo desiderino di iscriversi.
Chiede di parlare il Consigliere Bono. Ne ha facoltà.



BONO Sereno

Signor Presidente, colleghi Consiglieri, il disegno di legge che stiamo esaminando affronta un problema che è di indiscutibile interesse: operare per il risanamento delle acque attraverso una riduzione dei tassi di inquinamento.
Il tasso di inquinamento, come tutti sappiamo, ha raggiunto ormai livelli preoccupanti, e tende, proprio per l'attuale Modello di sviluppo della nostra società, basato su una incontrollata politica dei consumi che è generatrice di enormi quantità di rifiuti, ad accentuarsi in modo preoccupante se non interverranno fatti nuovi, quali appunto la proposta intenderebbe introdurre. Prendendo in considerazione questo proponimento e per il carattere prioritario che l'intervento per il mantenimento della purezza delle acque viene ad assumere rispetto alla moltitudine di interventi che vanno sotto il nome di lavori pubblici, ci siamo subito accostati con estremo interesse all'esame del disegno di legge, in quanto esso operava una scelta precisa su di un problema di grande attualità ed interesse.
Purtroppo però dobbiamo oggi constatare che, nonostante le buone intenzioni e l'ampio dibattito che si è svolto nelle consultazioni ed in Commissione, dibattito che tra l'altro ha contribuito su alcuni punti al miglioramento del progetto originario, sul punto nodale che si sarebbe dovuto modificare, la posizione della Giunta è stata estremamente rigida.
L'impostazione che la Giunta ha dato al suo progetto, e che ha voluto a tutti i costi mantenere, nonostante che da diverse parti della Commissione fossero state avanzate numerose riserve, si basa sulla concessione di contributi a favore di consorzi di Enti locali per la costruzione di collettori ed impianti di depurazione. Il piano, da realizzarsi in un decennio, prevede un investimento globale presunto, ai valori del 31 dicembre '73, di 164 miliardi di lire; oggi, a causa dell'inflazione, si può calcolare che i 164 miliardi del 31 dicembre 1973 siano in effetti almeno 200.
La Regione interviene su questa massa di interventi con contributi che variano dall'80 al 90 per cento; il resto lo dovrebbero versare i Comuni e le Province interessate. L'esecuzione degli impianti, nel meccanismo della legge, è sottoposta ad una procedura burocratica che nel migliore dei casi occupa almeno un anno di tempo. Inoltre, la realizzazione dei singoli impianti e quindi la realizzazione dell'intera rete di depurazione, si attuerà sempre in base a questo disegno di legge, se vi sarà buona volontà se vi sarà spirito di iniziativa, se vi sarà infine un sufficiente grado di sensibilità degli Amministratori comunali, elementi questi tutti di estremo interesse ed importanza, ma elementi che noi riteniamo troppo precari di fronte alla vastità ed alla dimensione del piano.
Gli impianti si realizzeranno solamente se vi sarà la disponibilità di tutti i Comuni di realizzare tempestivamente i consorzi ed infine si realizzeranno questi impianti, particolare da tenere sempre ben presente se vi sarà la possibilità economica dei singoli Comuni a disporre e ad sborsare quel 10 o 20 per cento che dev'essere da loro integrato, che, non dimentichiamolo, su un importo anche solo di 164 miliardi ma che, per la lievitazione dei prezzi, salirà ulteriormente, rappresenta sempre una cifra considerevole.
Tutti questi sono elementi che nel migliore dei casi potrebbero portare a notevoli ritardi nell'esecuzione delle opere, ma che porteranno sicuramente ad agire senza l'osservanza di una graduatoria prioritaria, in quanto da parte della Giunta e della Commissione potranno essere esaminate solamente le domande che verranno presentate. Noi riteniamo invece che una graduatoria prioritaria è assolutamente indispensabile per opere di questa entità, per affrontare nei tempi giusti le situazioni di maggiore e più pressante interesse e per avere il massimo rendimento anche del denaro investito.
Noi riteniamo quindi che vi siano troppi elementi di indeterminatezza nell'impostazione data dalla Giunta e nello stesso meccanismo della legge.
Elementi che potrebbero anche far sì che una iniziativa che poteva essere buona non sia attuata in quanto qualcuno dei suoi troppi passaggi burocratici e che prima ho citato, intoppi il meccanismo. Un solo ingranaggio, in pratica, di una macchina troppo complessa, che non gira bene, può pregiudicare tutto il lavoro della macchina stessa.
A questo punto dobbiamo purtroppo dichiarare che alcune esperienze negative del recente passato, vedi alcune leggi fatte anche con le migliori intenzioni ma che avevano un meccanismo identico a quello di questo disegno di legge, basato sui contributi o sulle previdenze, se si preferisce chiamarle così, e che sono rimaste lettera morta o quasi, non hanno insegnato niente o quanto meno ben poco a coloro che anche in questa occasione hanno voluto insistere sulla medesima linea.
Il Gruppo comunista ha proposto un meccanismo molto più semplice, che avrebbe assicurato l'utilizzo pieno della legge con l'esecuzione degli impianti nei tempi stabiliti, con il massimo rispetto delle priorità nelle esecuzioni, corrispondendo contemporaneamente alle esigenze della situazione attuale, che è determinata dal grado di inquinamento delle acque, dalla densità della popolazione, dalla densità degli insediamenti industriali, dalle capacità autodepurative dei corsi che dovranno contenere le acque di scarico, puntando per queste priorità su alcune esigenze attuali ma puntando anche sugli obiettivi della programmazione regionale per il rapporto che gli impianti di depurazione hanno con gli insediamenti produttivi e residenziali nel territorio. La nostra proposta prevedeva che fosse elaborato un piano con precisi tempi di attuazione: dieci o anche dodici anni, se le esigenze finanziarie l'avessero imposto, che fosse stabilita una graduatoria prioritaria per la realizzazione delle opere, in quanto ci rendiamo perfettamente conto che non tutte hanno la medesima urgenza; che prevedesse l'attuazione del piano assunta direttamente dalla Regione, per garantire in questo modo l'assoluto rispetto dei tempi e delle priorità; che la Regione intervenisse con il 100 per cento nella realizzazione delle opere, per superare tutti gli ostacoli che si incontrano necessariamente con i consorzi.
Questo concetto, che tra l'altro è stato recentemente recepito anche dalla Giunta, nel disegno di legge per la costituzione delle aree industriali attrezzate, non è stato accolto dalla Giunta per il disegno di legge in esame: 100% per i Consorzi, 70% per i singoli Comuni...



BERTI Antonio

Ma la domanda dei Comuni esiste sempre, anche...



BONO Sereno

In questo modo, la procedura che si sarebbe dovuta seguire sarebbe sicuramente stata snellita, e la legge interamente utilizzata. Si sarebbe lesa con questa nostra proposta l'autonomia dei Comuni, come qualcuno ha voluto sostenere? Noi diciamo che sicuramente no, l'autonomia comunale non sì sarebbe lesa. Si sarebbe ugualmente promossa la costituzione dei Consorzi mentre la Regione preparava i progetti esecutivi degli impianti guadagnando in questo modo tempo prezioso. Ai Consorzi, con il danaro necessario, si sarebbe affidato il compito per la costruzione e la gestione degli impianti. L'autonomia viene sottratta ai Comuni dalla non attuazione delle promesse riforme della finanza locale, oppure dall'entrata in vigore di riforme fatte alla rovescia, come quella del Ministro Preti di qualche anno fa. Dare ad essi mezzi adeguati per l'assolvimento dei loro impegni non è certo menomare la loro autonomia.
La Giunta non ha colto, con la nostra proposta, l'occasione per fare una legge buona, importante, ed anche in modo nuovo. Ha deciso di ripercorrere una strada vecchia, e che ha ampiamente dimostrato di non condurre sempre al punto voluto. Noi consideriamo tutto questo un errore molto serio, che non aiuterà certo a risolvere bene e nei tempi stabiliti il grosso problema che abbiamo di fronte. Noi riteniamo che agendo in questo modo si sia voluto perdere un'altra ottima occasione con la quale dimostrare che si vuol operare rinnovando e tenendo conto delle esperienze del passato.
Fatta questa premessa di fondo, che ci fa giudicare negativamente la posizione della Giunta, affrontiamo alcuni aspetti particolari del testo che abbiamo di fronte.
Innanzitutto, come è detto nella relazione del collega Calsolaro, che in riferimento alle nostre posizioni nell'ambito della Commissione è stata puntuale ed obiettiva, la Regione è pienamente competente a legiferare nella materia. Questo lo dice l'art. 5 del nostro Statuto, lo dicono alcuni decreti di trasferimento dei poteri, che io non sto qui a richiamare.
Quindi, su questo piano il terreno è completamente libero e la Regione pu operare.
La prima osservazione e da farsi nel testo. Partiamo subito dall'art.
1. Esso dice che la Regione, in attuazione ecc. ecc. "provvede al risanamento delle acque nel proprio territorio secondo il piano 1974-1985 approvato con la presente legge e ad essa allegato". Ora, qui, la prima domanda che ci poniamo è: qual è il piano? Possiamo considerare questo allegato un piano? Signori Consiglieri e signor Presidente, noi riteniamo questa un'affermazione molto ardua. Si potrebbe, al massimo, definire il documento che è stato allegato come una relazione che accompagna uno studio di massima, studio in cui mancano ancora l'approfondimento e l'indicazione di alcuni elementi essenziali per trasformare questo studio in piano.
Infatti, un piano, per essere tale, oltre agli obiettivi che potrebbero essere individuati nelle 22 aree di intervento, nei 16 Comuni equiparati nei 122 impianti di depurazione, deve stabilire delle priorità articolandosi, poi, trattandosi di un piano decennale, in programmi di attuazione.
Le priorità vanno stabilite in primo luogo in rapporto alle scelte del piano di sviluppo, per collegare questo piano settoriale appunto ai suoi obiettivi globali, per fare uso degli oneri industriali anche per incentivare o disincentivare la presenza dell'industria in determinate aree. Le priorità devono tener conto, oltre che degli obiettivi già detti anche dello stato delle acque in rapporto alla densità della popolazione ed alla capacità autodepurativa dei corpi riceventi. La scala delle priorità deve inoltre tener conto, ad esempio, dell'esistenza o meno di una rete fognaria, perché potrebbe darsi il caso che si vadano a realizzare impianti di depurazione anche là dove magari la rete fognaria non è ancora stata completamente ultimata. E infine, nella prima fase di attuazione, per recuperare dei tempi preziosi, le priorità potrebbero tenere anche conto dell'esistenza di progetti e delle eventuali procedure già avviate dalle singole comunità locali.
Un piano vero avrebbe dovuto fissare, viste e stabilite le priorità, i tempi di attuazione. E qui è emersa la nostra richiesta di superare il momento delle domande da parte dei Comuni. Pertanto, le priorità, i tempi di attuazione ed i relativi interventi finanziari distribuiti nel tempo avrebbero dovuto costituire dei momenti unitari del piano, fatti questi che non emergono dal documento che abbiamo di fronte. Tutto questo noi non lo troviamo nemmeno nello studio di massima che ci è stato presentato, e per questo soprattutto non ci sentiamo di definire quello studio un piano.
Secondo elemento, che è poi stato in parte corretto, è costituito dalla individuazione dei comprensori, ora più opportunamente chiamati aree di intervento, non tanto solo per una questione nominalistica ma proprio per evitare confusioni pericolose. Aree di intervento che sono solo un momento di riferimento tecnico (bisogna essere molto precisi a questo proposito) mentre il momento della gestione politica ed amministrativa è costituito dal consorzio che opera all'interno di queste aree di intervento.
Però, anche in questa scelta dobbiamo sottolineare che non è stato tenuto in alcun conto il rapporto con i comprensori da istituire per il piano di sviluppo. Esistono a questo proposito, come punti di riferimento gli studi dell'Ires per le aree ecologiche, ma non sono stati minimamente considerati.
La terza questione è rappresentata dagli scarichi industriali. Questo problema ha due aspetti peculiari, a nostro parere. Il primo è determinato dalla necessità di un rigoroso controllo sulla quantità e sulla qualità degli scarichi, e questa è una questione estremamente delicata. E' delicata perché attraverso questo controllo si possono determinare gli oneri che devono essere addebitati alle singole aziende, ma è soprattutto delicata perché attraverso un mancato controllo della qualità degli scarichi industriali si potrebbe anche bloccare e far saltare la funzionalità degli stessi impianti di depurazione delle acque urbane. La legge a questo proposito non dice niente, e lascia tutta l'iniziativa e la responsabilità ai consorzi. A nostro parere, la legge avrebbe dovuto meglio precisare che per quelle aziende che intendono scaricare i propri liquami industriali nelle fognature urbane, e quindi convogliarli agli impianti di depurazione doveva esserci l'obbligo, con onere a carico delle aziende stesse, di installare delle apparecchiature automatiche per il controllo della qualità e della quantità degli scarichi.
Infine, l'altro aspetto del problema è rappresentato dagli oneri che vengono messi a carico delle attività produttive per le spese di costruzione degli impianti. Data la facoltà, prevista dalla legge, che viene data alle industrie di convogliare i propri liquami negli impianti di depurazione, si rende necessario che gli impianti stessi siano maggiorati nella loro dimensione in rapporto alla popolazione equivalente, che è rappresentata dalle industrie stesse. Il rapporto, colleghi Consiglieri non è indifferente, se si pone attenzione ai seguenti dati che sono stati forniti dallo stesso studio della Giunta: al 1985, su una popolazione presunta di 4 milioni e 50 mila abitanti, deve essere aggiunta una popolazione equivalente di circa 2 milioni e 900 mila abitanti; quindi, un dimensionamento degli impianti maggiore di quello che interesserebbe alla popolazione civile di circa il 41%. Al 2010 - perché è questo il punto di riferimento -, a confronto di una popolazione di circa 5 milioni di abitanti residenti e fluttuanti, si prevede una popolazione industriale equivalente, di circa 3 milioni e 700 mila abitanti, quindi un dimensionamento maggiorato del 43%.
Orbene, dopo una non indifferente battaglia condotta in Commissione, si è giunti alla formulazione di questo art. 9, che prevede che le aziende interverranno con una quota pari al 50%, per l'ammortamento del capitale investito. Noi consideriamo questo un passo in avanti compiuto rispetto al progetto originario, però vogliamo sottolineare che è un passo ancora insufficiente, perché non è giusto caricare sulla collettività degli oneri che dovrebbero essere a carico esclusivamente delle singole aziende. In tutte le legislazioni, persino in quella svizzera, viene applicato il principio che gli oneri per il disinquinamento sono a totale carico di chi inquina. Qui, il 50% degli oneri per le spese di impianto rimangono a carico della collettività e non di coloro che inquinano.
Veniamo infine all'ultima questione, che mi pare però sia già stata risolta, con la presentazione di una norma aggiuntiva, o meglio transitoria, riferita alla possibilità di applicazione della legge per il 1975, in quanto l'art. 4 stabilisce che le domande debbono essere presentate entro il 31 marzo, e con i tempi che abbiamo impiegato per l'approvazione di questa legge entro il 31 marzo non si potrebbero certamente raccogliere tutte le domande.
Per tutte le ragioni che abbiamo esposto, pur concordando sulla concretezza e sull'urgenza di dare valida soluzione al problema e quindi di procedere ad un rapido intervento per il disinquinamento delle acque della nostra Regione, esprimiamo parere negativo sull'impostazione che la Giunta nonostante gli argomenti ed i suggerimenti che sono stati da noi portati ripetutamente nel dibattito in Commissione, ha voluto mantenere conservando immutata la struttura del disegno di legge che è ora sottoposto al nostro esame.



PRESIDENTE

E' iscritto a parlare il Consigliere Cardinali. Ne ha facoltà.



CARDINALI Giulio

Signor Presidente, io credo che per la prima volta noi ci troviamo di fronte ad un disegno di legge presentato dalla Giunta che ha obiettive caratteristiche di una legge di programmazione completa: è una programmazione tecnica, obiettivamente, inserita però in un quadro generale.
Col prefiggersi di risolvere nel decennio l problema della depurazione delle acque, sia civili che industriali, il disegno di legge non fa che coprire tutto l'arco del territorio, delimitando il periodo. E non credo che, sotto questo punto di vista, si possa ritenere che l'attuazione del piano nei dieci anni possa dar luogo a forme di contestazione o di anticipazione nell'ambito delle priorità. Noi conosciamo tutti il grado di inquinamento dei corsi d'acqua della Regione, ma è evidente che sarebbe molto complicato, e soprattutto sarebbe da parte nostra estremamente direi, settoriale, andare alla ricerca delle situazioni di maggiore inquinamento, anche per le ragioni indotte che probabilmente trasformano da corso d'acqua a corso d'acqua situazioni parzialmente ancora buone in situazioni di grave deterioramento.
Mi pare, quindi, che questa legge di programmazione abbia questa caratteristica, che va sottolineata: è un piano organico che in un decennio si prefigge la risoluzione dell'annoso problema delle depurazioni.
So che l'Assessorato all'Ecologia ha già fatto predisporre studi completi, anche se si tratta di studi di massima, circa il problema generale delle strutture da eseguire; ma questi studi di massima sono stati elaborati sulla base, intanto, di confronti con gli Enti locali, i quali hanno messo in evidenza una caratteristica che secondo me va sottolineata e cioè la piena disponibilità degli Enti locali ad accettare un'indicazione precisa da parte della Regione quando questa indicazione è suffragata da una chiara visione di ordine tecnico; e io direi che potrebbe essere augurale per altri settori di intervento della Regione, certamente nelle materie di competenza della Regione, e potrebbe riguardare tutto questo anche il settore dell'urbanistica e della pianificazione generale, là dove io credo i Comuni e gli Enti locali sarebbero ben lieti di accettare questa azione giudicatrice da parte della Regione.
Si tratta, a mio modo di vedere, di una programmazione già sufficientemente calata dall'alto, anche se è avvenuta nell'ambito di un colloquio con gli Enti locali. Un passo più in là, come sembrava auspicare il collega Bono, equivarrebbe alla imprenditorialità della Regione, cioè la Regione che esegue: io credo che il riferimento con la legge che ci accingiamo a varare delle aree attrezzate industriali ci debba tenere lontani da questo tipo di rischio, anche perché il rischio che noi correremmo è quello di calare sì in un certo tipo di pianificazione, senza però avere il suffragio da parte degli Enti locali, soprattutto nella visione della loro particolare programmazione.
E' chiaro che non si può volere tutto nello stesso momento, e credo pertanto che la legge debba essere esaminata e vista per gli aspetti pratici di possibilità che offre di risolvere questo tipo di problema. E direi che il vantaggio è rappresentato anche e soprattutto dal fatto che si contribuisce a far superare agli Enti locali quelle grosse remore che sono rappresentate dalla tendenza che gli Enti locali hanno a soffermarsi, per ragioni evidenti, su tecnologie scarsamente avanzate, che sono, oltre tutto, costose, quando non inoperanti. Se questa legge avesse potuto, io dico, intervenire cinque , anni fa, al momento in cui ci costituimmo avremmo risparmiato parecchi di quei miliardi che l'Assessorato ai Lavori pubblici ha distribuito per l'attuazione di impianti che nella migliore delle ipotesi o non hanno funzionato o sono destinati ad essere superati.
Credo, quindi, che anche sotto questo profilo il problema sia certamente qualificante per l'intervento regionale. Si tratta da parte degli Enti locali di subordinare i loro programmi di fognatura al piano così come viene predisposto, e credo che da questo punto di vista il problema fondamentale sia anche rappresentato dal deterrente che ha in mano la Regione nel momento in cui non approva, o approva, programmi di questo tipo solo in quanto compatibili e coerenti con il piano di cui alla legge che stiamo trattando oggi. E' un aspetto positivo che mi pare vada sottolineato.
E' mia convinzione che gli Enti locali saranno ben lieti di rispondere in questo modo. E penso anche che l'entità dei contributi sia largamente sufficiente per mettere in moto i meccanismi atti a realizzare tutto questo. Non escludo che, per quello che concerne le quote di scoperto, in un modo o nell'altro i Comuni finiranno poi ancora con il riversare le loro richieste sulla Regione, ma potrà trattarsi di settori avulsi dalla grossa rete tecnica rappresentata dall'insieme del piano.
Per quello che riguarda gli scarichi industriali, penso sia giusto il principio che chi inquina deve pagare: però il nostro scopo è di eliminare gli inquinamenti. E' altrettanto ovvio che non possiamo ipotizzare la permanenza di impianti multipli, uno al servizio di questa industria l'altro al servizio di quest'altra: tutto deve confluire nell'impianto comprensoriale generale.
La quota del 50% mi pare equa, sotto questo profilo.
Ritengo, in aggiunta, non avendo in questo momento elementi di fatto per giudicare se la previsione è stata tenuta presente dall'Assessorato che per quello che riguarda particolari tipi di lavorazione, la depurazione specifica - mi riferisco, per esempio, alle industrie che usano prodotti al cromo o simili - non deve avvenire nell'impianto consortile, ma dev'essere predisposto con impianti tecnologicamente molto avanzati a monte dello scarico, cioè al momento stesso in cui l'acqua parte dalle industrie.
Credo non si debba aggiungere altro. La legge mi pare debba essere sottolineata per questo tipo di caratteristiche che possiede, e con questo è implicito il voto favorevole del Gruppo socialdemocratico in sede di approvazione della legge stessa.



PRESIDENTE

E' iscritto a parlare il Consigliere Zanone. Ne ha facoltà.



ZANONE Valerio

Signor Presidente, signori Consiglieri, il Gruppo liberale esprime, nel complesso, un giudizio favorevole su questa iniziativa della Giunta, che si ricollega ed integra con la legge normativa sulle acque di scarico delle attività produttive, e che viene quindi a costituire un intervento organico nell'importante settore dell'inquinamento delle acque.
Come è già stato fatto osservare poc'anzi dal Consigliere Cardinali , è forse questo il primo caso di una effettiva azione di programmazione regionale; una programmazione indubbiamente tecnica, come ha detto il Consigliere Cardinali, ed anche settoriale, ma di un settore che ha effetti di grande rilevanza sull'economia e sulla sistemazione del territorio piemontese.
Noi intendiamo, quindi, in primo luogo, dare atto alla Giunta, la quale ha compiuto, sotto la propria responsabilità, gli studi di comprensorio che sono serviti per l'elaborazione di questo piano, di aver provveduto a quanto occorre per avviare una politica di programmazione effettiva in questo settore, cioè di aver proceduto alle necessarie opzioni di priorità ed anche di aver destinato per questo piano risorse finanziarie che, nella proporzione del bilancio regionale, sono senza dubbio notevoli: si tratta di una scelta politica indubbiamente significativa.
Credo quindi che il Consiglio Regionale debba compiacersi del fatto che per la tutela dell'ambiente fisico si incomincia a far spendere del denaro alle industrie, alle attività produttive, e si comincia anche a spendere del denaro degli Enti pubblici, perché con questo l'ecologia, che era più che altro fino a poco tempo fa un soggetto di letteratura, diventa invece un capitolo di investimento sociale.
Il Consigliere Bono nel suo intervento ha mosso alcuni rilievi sul documento allegato a questa proposta di legge. Credo che egli sia d'accordo con me nel sottolineare come i lavori della Commissione non abbiano potuto e non si sia nemmeno ritenuto necessario, addentrarsi nei contenuti tecnici dei singoli studi comprensoriali, che per scelta dell'Assessorato risalente forse ad una fase di primo impianto dell'organizzazione della Giunta Regionale, sono stati affidati a società di consulenza privata, e sono stati poi fatti propri dall'Assessorato, il quale quindi ne trattiene la responsabilità. In realtà, l'allegato a questa legge è un piano da un punto di vista abbastanza circoscritto, cioè ha del piano essenzialmente il contenuto della delimitazione delle aree, con il corredo di alcune previsioni di carattere demografico, tecnico e finanziario; ma per quanto riguarda poi i progetti delle opere da eseguire, gli elaborati che sono stati prodotti a cura dell'Assessorato forniscono - come mi pare si dica anche nella presentazione del piano stesso allegato alla legge indicazioni più che altro di carattere preliminare, che quindi dovranno essere verificate in concreto con il concorso dei Comuni e dei Consorzi cioè degli Enti incaricati dell'attuazione di queste opere. Non si tratta quindi, di un documento vincolante sotto l'aspetto tecnico se non per quelle prescrizioni di larga massima che sono raccolte e che saranno votate come allegato alla legge.
Premesso, quindi, un giudizio complessivamente favorevole sull'iniziativa della Giunta, desidero anche dire che a mio avviso i lavori della Commissione, che si sono protratti per alcuni mesi, hanno apportato variazioni che credo si possano unanimemente considerare migliorative rispetto al testo originario, e che sono in gran parte dovute alle consultazioni con gli Enti locali, i quali hanno presentato una serie di richieste e di proposte recepite in misura notevole nel testo approvato in Commissione.
In primo luogo, si è venuti incontro ad una istanza degli Enti locali per quanto riguarda la Commissione tecnica cui spetta il giudizio di merito sugli impianti. La Commissione tecnica è stata alquanto ampliata, in modo da dare maggior rappresentanza agli esperti di nomina consiliare ma anche in modo da prevedere la presenza in essa di un rappresentante dei Comuni e uno delle Province attraverso le organizzazioni associative degli Enti locali. E' anche importante il fatto che si sia integrato l'articolo che stabilisce la struttura di questa Commissione richiamando in esso quei principi di competenza da un lato e di incompatibilità dall'altro che già erano stati inseriti nella legge 32, quella normativa sugli scarichi delle attività produttive.
In secondo luogo, si è venuti incontro alla domanda degli Enti locali per quanto riguarda l'iter delle procedure, con un articolo aggiuntivo che rende possibile un notevole sveltimento delle pratiche per quei Comuni sappiamo che sono numerosi e significativi - che hanno dei progetti esecutivi già apprestati.
Infine, vi è il grosso problema del contributo in conto capitale che la Regione riserva per le opere previste in questa legge. Con il testo approvato in Commissione, il contributo in conto capitale, originariamente del 75%, viene elevato in misura variabile dall'80 al 90% in ragione dell'urgenza delle opere, ma soprattutto delle condizioni finanziarie degli Enti attuatori.
Devo osservare, a questo proposito, una incongruenza, che non so se potrà essere eliminata quando si esaminerà la proposta di legge n. 239 in materia di opere pubbliche, proposta pure della Giunta. La proposta di legge n. 239 in materia di opere pubbliche, presentata in una fase molto successiva alla legge di cui stiamo discutendo, di fatto prevede un contributo fisso dell'80% in conto capitale per i Comuni e i Consorzi, che provvedono, fra l'altro, alla costruzione di fognature, ivi compresi gli impianti di depurazione. Ora, è ben chiaro che se noi facciamo un piano per stabilire delle priorità nell'esecuzione degli impianti di depurazione, e assegniamo al Consorzio incaricato di realizzare questo piano, un contributo capitale dell'80%, e poi presentiamo un'altra legge in cui diamo lo stesso contributo dell'80% a tutti coloro che fanno le fognature con l'impianto di depurazione, che sono presumibilmente i Comuni al di fuori di questo piano, noi sopprimiamo di fatto quell'elemento programmatorio di cui si compiaceva poco fa il Consigliere Cardinali, perché equipariamo il contributo finanziario della Regione per le opere, diciamo così, .di carattere occasionale a quello che è previsto per le azioni programmate.
Ecco perché, dopo riflessione, il Gruppo liberale concorda su quanto è stato detto dal Consigliere Bono poco fa, cioè che a questo punto era forse preferibile, anche con uno sforzo finanziario, oppure con una modesta dilazione nell'arco temporale di attuazione del piano, che la Regione si assumesse direttamente la totalità dell'investimento a proprio carico salvo naturalmente affidare ai Comuni o ai Consorzi dei Comuni la concessione per l'attuazione delle opere.
Poiché peraltro la Giunta ha frapposto a questa proposta di assunzione diretta a carico della Regione della totalità dell'investimento inderogabili ristrettezze di bilancio, al fine di evitare ulteriori ritardi nell'esame di questa legge, che già è stata trattenuta in Commissione per alcuni mesi, e quindi per sventare ogni pericolo che con l'approssimarsi della chiusura della legislatura questa importante proposta di legge restasse in sospeso, con il risultato, senza dubbio molto controproducente che si sarebbe verificato (perché in attesa dell'approvazione di questa legge si sono arrestate anche quelle iniziative autonome dei Comuni che già erano state preventivate) il Gruppo liberale non insisterà su questa proposta, ma preannuncia fin d'ora la propria astensione sull'art. 3.
Qualche parola voglio ancora spendere, perché il tema è stato introdotto dal Consigliere Bono nel suo intervento, sulla quota assegnata a carico delle attività produttive, cioè delle aziende industriali zoo agricole ed artigiane. Mentre il testo originario della Giunta lasciava fa materia ai regolamenti dei costituendi Consorzi, per quanto riguarda l'ammontare delle tariffe, si è ritenuto di fissare fin d'ora che gli utenti: industriali, artigiani e allevatori, debbano concorrere non solo al pagamento delle spese di gestione ma anche al rimborso della spesa di capitale nella misura del 50%.
Dobbiamo tener presente, anche se per ora non ci sono valutazioni molto precise in materia, l'addebito finanziario tutt'altro che lieve che con queste due leggi in materia di disinquinamento delle acque la Regione pone a carico delle industrie, delle aziende artigiane e degli allevatori, e che è presumibile susciterà senz'altro qualche protesta. E' pur vero Consigliere Bono, che la legislazione svizzera è un termine di riferimento utile per noi, ma può darsi che possiamo anche ogni tanto ricordarci della legislazione italiana; per esempio, possiamo ricordarci della proposta di legge 3193, la cosiddetta proposta di legge Merli, presentata in agosto alla Camera, con la firma di parlamentari di tutti i Gruppi, compreso il Gruppo comunista, in cui, per quanto riguarda l'esecuzione degli impianti di depurazione da parte delle attività produttive, si sceglie un criterio opposto, cioè addirittura si stabiliscono incentivi finanziari per le aziende che si mettono in regola con gli impianti di disinquinamento.
Quindi, pur dichiarando che noi accettiamo l'art. 9 nel testo concordato in Commissione, e quindi accettiamo che la Regione ponga a carico delle attività produttive quest'onere tutt'altro che indifferente credo si debba considerare che per quanto riguarda questo aspetto, si è seguito finora in materia di disinquinamenti una politica di imposizione più che di incentivazione, addebitando ai produttori oneri finanziari tutt'altro che lievi.
Nel complesso, comunque, si tratta di una iniziativa che si discosta qualitativamente, a nostro avviso, dall'ordinaria legislazione regionale sia per l'ampiezza dei lavori che hanno preceduto la preparazione di questo piano, sia per il respiro programmatorio che esso ha, e per appunto i miglioramenti in senso più favorevole alla collaborazione fra Regione ed Enti locali che sono stati apportati nel corso dei lavori della Commissione. Quindi, il voto del Gruppo liberale per questa proposta di legge sarà favorevole. Anche perché, tutto sommato, questa legge regionale coglie i principi direttivi della proposta di legge Merli dianzi citata coglie soprattutto le due indicazioni centrali di questa proposta di legge per quanto riguarda le competenze delle Regioni e dei Comuni. La proposta di legge 3193, com'è noto, assegna infatti alle Regioni la redazione dei piani regionali di risanamento delle acque, la direzione del sistema di controllo degli scarichi degli insediamenti, e il coordinamento e la verifica di coerenza dei programmi degli Enti locali, ed assegna poi ai Comuni, o ai Consorzi, o alle Aziende municipalizzate, l'esecuzione degli impianti di trattamento, stabilendo che i Consorzi intercomunali obbligatori siano istituiti con legge regionale, sentiti gli Enti locali interessati, e che le Comunità montane possano essere ad essi equiparate come anche prevede la legge di cui stiamo discutendo.
Ecco, quindi, che in questa circostanza la Regione ha seguito, a mio avviso, una positiva politica di anticipazione. Non va dimenticato che questa proposta di legge della Giunta venne presentata in Commissione press'a poco nei medesimi giorni (cioè nell'agosto '74) in cui si depositava alla Camera dei Deputati la proposta di legge Merli. Tanto che alcune perplessità sull'avvio di questa nostra legge regionale derivarono proprio dal fatto che la Commissione parlamentare per le acque dichiarava che la proposta di legge firmata da tutti i Gruppi parlamentari avrebbe seguito un iter rapidissimo e sarebbe stata senz'altro approvata al più tardi entro la fine del 1974. Come talvolta accade, di questa proposta che doveva essere approvata in quel termine non si sa più niente; è stata, pur trattandosi di una legge che doveva disciplinare le acque, sommersa, e non si sa quando potrà iniziarne la discussione alla Camera dei Deputati.
Questo, per concludere, comporta una valutazione qualitativa sulla legislazione regionale, nel senso che quando noi tireremo il bilancio della legislazione regionale piemontese ci accorgeremo, come d'altra parte ci accorgeremo anche per le altre Regioni, che gran parte dei provvedimenti prodotti in questo quinquennio hanno un carattere più integrativo ed accessorio della normativa statale che è veramente innovativo, mentre in questo caso, e quindi con una eccezione felice, la Regione ha svolto un compito anticipatore, che senza dubbio la colloca in una posizione di anticipo per quanto riguarda il problema dell'inquinamento.



PRESIDENZA DEL PRESIDENTE VIGLIONE



PRESIDENTE

Ha chiesto di parlare il Consigliere Berti. Ne ha facoltà.



BERTI Antonio

Mi domando spesso, allorché interi vengo nelle discussioni sulle leggi già esaminate in Commissione, se noi in aula compiamo una sorta di rito consistente nell'esposizione da parte dei Gruppi delle ragioni del loro voto, senza che dal dibattito possa più sortire mutamento alcuno. Devo ammettere che in alcune circostanze il dibattito in aula è valso ancora a produrre qualche modifica, quando sono risultate chiare ed efficaci le proposte che i vari intervenuti avevano espresso.
La domanda mi si ripresenta in occasione di questa legge. Il mio intervento non vuol essere l'adempimento di un rito - del resto, il compagno Bono ha già espresso chiaramente la posizione del nostro Partito ma è diretto a formulare una proposta che attiene a questioni concernenti questa legge. Mi spiace non sia in aula il Presidente della Giunta: non perché gli Assessori non siano in grado di assumere essi stessi delle responsabilità qualora fossero convinti della bontà della mia proposta, ma perché sarebbe importante che anch'egli potesse ascoltarla direttamente.
Le osservazioni che oggi riprendo, che erano già state fatte in Commissione, traducono in concreto considerazioni che insieme, in questo Consiglio, abbiamo già svolto circa il modo di legiferare delle Regioni in generale, e, per quanto ci tocca direttamente, della Regione Piemonte.
Mi pare che noi abbiamo già sufficientemente espresso - ma assumiamo questo come tema fondamentale anche del dibattito per il bilancio '75, che qui per certi versi anticipo almeno per questa parte - l'esigenza che tutti noi sentiamo di fare un consuntivo, come appunto stiamo facendo, per vedere quale effetto reale le leggi della Regione Piemonte hanno prodotto nella nostra realtà economica e sociale. Ripeto quanto già dissi altra volta: se non partiamo da questa domanda finiamo con il fare, con dati evidentemente sempre utili, con argomentazioni per lo più interessanti, essenzialmente l'elencazione delle leggi che sono state emanate dalla Regione Piemonte, ma non siamo poi, credo, quasi mai in grado di verificare in concreto che cosa queste leggi hanno prodotto nel tessuto economico e sociale del Piemonte. E uno degli elementi su cui abbiamo discusso molto, e che credo sia bene non dimenticare mai, non tanto per sterili polemiche ma perché ci richiama ad una verifica, è proprio il fatto che in varie Regioni si verificano giacenze di cassa (per la Regione Piemonte, l'ammontare è intorno ai cento miliardi). Al di là degli aspetti della pura polemica, che riguardano essenzialmente aspetti di inefficienza dell'attività e dei servizi della Giunta, esistono ragioni che potremmo definire oggettive, quali appunto la difficoltà dei contraenti delle nostre leggi per le limitazioni del credito e via dicendo; ma esistono anche motivi di carattere politico, nel senso che noi abbiamo riscontrato, e per quanto riguarda il nostro Gruppo noi riscontriamo, che le leggi non riescono ad operare. E il conto lo faremo poi, in modo particolare, ma per certi versi nel dibattito sul consuntivo '73 questo è già emerso dalle cifre che i nostri compagni hanno citato nel dibattito.
Ma noi non possiamo limitarci a prendere atto di questo ed al limite di promuovere iniziative, inoltrare ordini del giorno che richiedono al Governo lo sblocco della spesa pubblica, come tutte le Regioni hanno fatto l'altro ieri, cioè assumere posizioni valide sul piano politico, senza esaminare anche quali conseguenze derivano dalle leggi che facciamo. Io credo che si imponga alla riflessione di tutti l'esigenza di fare leggi diverse, capaci di operare, cioè che i soldi siano spesi. Poiché credo a nessuno interessi che si facciano delle leggi che stanziano centinaia di miliardi per poi ritrovarci dopo qualche anno a riscontrare che il denaro stanziato è rimasto inutilizzato: noi facciamo le leggi per intervenire nella realtà, questo almeno è l'intento di tutti quelli che qui propongono delle leggi. Secondo me, sarebbe profondamente sbagliato non porsi anche di fronte agli effetti che in pratica queste leggi producono.
Si tratta, per tornare alla legge in oggetto, di uno stanziamento di 166 miliardi in dieci anni: come Bono ha già rilevato, i prezzi sono stati calcolati al 31 dicembre '73, il che vuol dire che forse oggi si dovrebbe parlare già di 200 miliardi, e probabilmente fra dieci anni di 300. Si tratta, cioè, di una cifra non indifferente, che impegna i bilanci regionali per parecchi anni in modo abbastanza importante. Bilanci che siete voi ad affermarlo, ancora più di noi -, se non interverrà nulla a sbloccare la capacità finanziaria delle Regioni, sono e rimarranno piuttosto chiusi. Aveva ragione ieri sera il collega Calsolaro di ricordare al Consiglio, soprattutto per gli assenti, che si tratta di una legge che stanziando 166 miliardi, che oggi, ripeto, sono già assai di più, ha bisogno di un'attenzione particolare da parte nostra, e quindi non pu essere licenziata senza che siano state esaminate tutte le questioni che attengono a tale impostazione.
La seconda osservazione che noi sul piano generale vogliamo trarre invitando le altre forze politiche a riflettervi, è circa il ruolo che le Regioni hanno saputo e potuto assumere in questi cinque anni, anche perch questo, per parlarci chiaro, è argomento della prossima campagna elettorale. Noi ci presenteremo - dicendo noi intendo tutte le forze politiche - fra breve di fronte agli elettori e ci sentiremo domandare a che sono servite, che cosa hanno fatto le Regioni. Non potremo allora esimerci dal rispondere a questa domanda limitandoci ad argomentare su problemi di carattere generale, sulla validità storica di questi strumenti che sono indubbiamente essenziali per riformare lo Stato, ma che devono essere anche capaci di produrre risultati concreti nei singoli settori di competenza, e che comunque riguardano i settori più importanti della Regione.
Se ci poniamo da questo punto di vista, siamo in grado di definire il ruolo che abbiamo svolto e quello che dobbiamo svolgere? Per quanto riguarda il nostro Partito, noi vi abbiamo dedicato, e vi stiamo dedicando molto spazio, e abbiamo tratto questa conclusione: che, considerati tutti gli elementi di carattere positivo, negativo, di carattere soggettivo e di carattere oggettivo, le Regioni, in effetti, nel loro complesso, non sono riuscite a collocarsi come una alternativa ad una impostazione centralizzata, non sono riuscite ad imporre (il contrasto permanente fra Regioni e Governo ne è la dimostrazione) le loro scelte.
E' un fatto, dunque, che le scelte di cui le Regioni si fanno portatrici non prevalgono nei confronti di una impostazione centralizzata.
Ciò è dovuto a molti fattori. Sta bene, io dico, esaminare e discutere i fattori che dipendono dalla situazione politica generale, ma è bene esaminare anche, per vedere di modificarli, i fattori che dipendono da noi da quello che possiamo fare noi e dal ruolo che possiamo svolgere.
Da questo punto di vista, torniamo a proporre alla vostra attenzione questo quesito: possiamo continuare noi a disperdere le finanze della Regione in una miriade di interventi? Svolgendo una politica impostata essenzialmente sui contributi, dando contributi a tutti, per tutto; ai Comuni per opere di ordinaria amministrazione, come l'asfaltatura della piccola strada, il piccolo progetto di illuminazione, o che altro, nei vari campi, insomma. La Regione si comporta un po' come una mamma che ha i soldi e dà dieci a questo e dieci a quello per intervenire dappertutto.
Continuando in questo modo essa finirà con il non assumere alcuna caratteristica precisa.
La riflessione conclusiva cui noi siamo giunti è che forse per tutte le Regioni, non soltanto per la nostra, si imponga un esame di questo stato di cose e la definizione di nuovi modi di intervento. E la nostra proposta quella che noi vi sottoponiamo, è che la Regione, senza rinunciare a svolgere una funzione di coordinamento e ad essere attenta a tutto quanto avviene sul suo territorio (e non a caso scegliamo come elemento fondamentale il Piano regionale di sviluppo economico, che mira a coordinare i vari interventi, pubblici essenzialmente, ed anche, per quanto possibile, ad indirizzare gli interventi privati), per quanto riguarda le proprie risorse finanziarie si prefigga di fare alcune scelte di fondo, e intervenga in questi settori con quanto è possibile delle proprie disponibilità finanziarie, limitando o addirittura escludendo altri tipi di intervento. A noi pare che ai Comuni possa essere fatto un discorso di questo tipo: la Regione assicura determinati importanti servizi ai Comuni (vedi asili-nido, impianti di depurazione, nell'agricoltura impianti di irrigazione, così necessari per rendere più produttiva la resa dei terreni nel settore dei trasporti), cioè assume alcuni settori fondamentali, dal punto di vista dell'elaborazione, della loro collocazione all'interno di un contesto più ampio che è quello del piano, e ne assicura anche il finanziamento, per la massima parte dipendente dalle proprie disponibilità e per il resto coordinato con le banche, con gli istituti, con i privati che operano in questi settori.
Noi pensiamo che questa scelta debba essere fatta. Cardinali ha detto: la vostra proposta postula una imprenditorialità della Regione. Non mi pare sia proprio questo: la scelta è tra il continuare ad essere quello che tutti, noi per primi, abbiamo detto che deve essere, un organismo di indirizzo, di promozione e di coordinamento, o le sue leggi rimarranno inoperanti, come han dimostrato le esperienze negative, diciamocelo pure finora fatte.
Quella che si rileva dal secondo numero della rivista curata dal Gruppo della Democrazia Cristiana è, devo darne atto, una impostazione seria, che affronta i problemi (magari la Democrazia Cristiana si collocasse in generale così come appare da questa rivista). Però manca ancora la verifica di come ha operato la Regione, di come sono stati spesi i soldi. Da una tale verifica emergeranno responsabilità di carattere oggettivo, dovute a determinati elementi di inefficienza, ma anche esigenze nuove di studiare come intervenire.
Noi non possiamo attestarci su definizioni che abbiamo fatto cinque anni fa: la situazione politica del nostro Paese richiede una dialettica continua, uno sforzo continuo anche di fantasia per ricercare modi nuovi per uscirne fuori. E allora vi proponiamo di intervenire in maniera diversa, sulla base di programmi speciali - per non confondere con i progetti speciali di cui si parla a livello di Governo -, programmi speciali con progetti operativi, di cui la Regione si assume la completa responsabilità. Non so se riesco a dare un'idea chiara di quello che noi stiamo, come Gruppo, come Partito, elaborando, ma noi sentiamo l'esigenza di dare una risposta diversa. Dopo cinque anni la gente deve poter dire: si è finalmente risolto - nel caso specifico - il problema degli impianti di depurazione in tutto il Piemonte, e questo è dovuto alla Regione; il problema centenario dell'irrigazione in Piemonte, soprattutto in determinate zone, è in via di soluzione perché la Regione ha elaborato e sta attuando - vedremo come, e con il concorso di chi - un progetto specifico; e così per i trasporti la gente deve poter dire che un programma di pubblicizzazione graduale, integrato, ecc. ecc. per il Piemonte, basato sui bacini di traffico, si attuerà in dieci, o quindici, o cinque anni sempre 'ad opera della Regione. Ecco il modo nuovo, secondo me, di porre problema della Regione di fronte alla gente. Mentre il sistema della frantumazione in mille moli non ottiene risultati concreti e tangibili porta in effetti alla dispersione degli sforzi che la Regione compie.
Ecco, questo e il tema politico che noi vi proponiamo partendo da questo progetto di legge. Intervenendo altra volta, quando si discuteva della variazione di bilancio a proposito dell'utilizzazione dei fondi che avevamo a disposizione, io ebbi proprio a dire che ci trovavamo in Commissione in presenza di una proposta di legge della Giunta che rispetto alle altre presentava elementi di novità. Era questa legge: noi rilevavamo che interveniva su tutto il territorio regionale, che presentava proposte di piano - e dirò qualcosa a proposito di piano -, che presentava anche una quantità importante di finanziamenti. Cioè, la Regione si collocava, con questa legge, non più soltanto come organismo di impostazione di indirizzo salvo poi lasciare l'attuazione in mano di altri che, o per motivi di inefficienza, o per non volontà politica o altro ancora, in effetti questi programmi, queste leggi non attuano, ma si proponeva di operare in modo nuovo, cioè, oltre che della impostazione, elaborazione, costruzione della legge, si responsabilizzava alla sua attuazione. Nell'esporre in Commissione queste nostre considerazioni, noi comunisti ci siamo rivolti all'Assessore ed agli altri rappresentanti della Giunta, alle altre forze politiche, trovando in effetti in quella sede, accenti positivi (ricordo l'intervento di Zanone, quello di Vera, che erano piuttosto colpiti da questa proposta e ritenevano che meritasse di essere esaminata).
Io ho voluto portare in questo dibattito un argomento anche più ampio che non è più soltanto un intervento relativo alla legge sulla depurazione ma chiama in causa la Regione, come oggi deve essere, come può essere. Non posso escludere che questa impostazione sia sbagliata, che sia meglio invece che la Regione intervenga su tutto, tra l'altro non disponendo dei fondi necessari. Ma vogliamo compierlo questo esame? E se risultasse che è giusto scegliere strade di questo tipo, come si giustificherà l'atteggiamento negativo della Giunta di fronte alla nostra proposta condivisa in Commissione, sul piano dell'impostazione, anche da altre forze politiche? Come ha già rilevato Bono, abbiamo qui una prima occasione per fare questa verifica: la Regione prepari un programma speciale pluriennale per affrontare a fondo questo problema della depurazione delle acque assumendosene il 100 per cento della spesa. Che senso ha, infatti destinarvi l'85-90%, affidando la messa in moto del meccanismo della legge alle domande per i contributi, quindi ai Comuni? Con una legge così impostata a livello regionale noi ci mettiamo in condizioni di dover "auspicare", come del resto ha fatto Cardinali, che i Comuni rispondano in massa e sollecitamente, perché è evidente che questa legge si mette in movimento solo se i Comuni stanzieranno il 10% in aggiunta al 90% della Regione. Noi sappiamo di Comuni che in questo senso hanno già impegnato dei fondi, che sono prontissimi a contribuire. Ma non sarebbe meglio fare un discorso franco ai Comuni, in questi termini: "La Regione assume questo come una programmazione speciale ed un progetto operativo, e se ne prende a carico interamente l'onere di realizzazione, affidando l'attuazione di queste opere ai Comuni" (come ha detto Zanone, ed era d'altronde il succo della nostra proposta). I Comuni adopereranno i fondi che avrebbero dovuto costituire la loro quota per altre iniziative, di ordinaria o speciale amministrazione, ma la Regione assicura questo fondamentale servizio e se ne assume la responsabilità. In questo modo nulla potrà ritardare inceppare il meccanismo di attuazione della legge, perché tutto dipenderà solo dalla Regione. Non siamo poi d'accordo, per i motivi che ha espresso ieri Rivalta, sul fatto che l'esecuzione sia affidata ad aziende private ecc. ecc.
D'altronde, l'impostazione di Moro al Consiglio della Democrazia Cristiana per quanto riguarda la casa prevede una assunzione diretta dello Stato dell'onere di costruzione di centomila abitazioni, passando sulla testa di tutti (in questo consiste l'errore del sistema proposto, perch occorre invece affidare responsabilità di programmazione agli Enti pubblici, anche se poi io non escludo - può essere un'opinione personale in concreto l'affidamento ad aziende di Stato ecc.).
Siamo in presenza, dunque, di un modo di intervenire dello Stato, che si assume la responsabilità di realizzare con i propri fondi centomila vani, senza chiedere ad altri un contributo. Possiamo noi Regione fare qualcosa di analogo? A me pare che questa debba essere una scelta, e non riesco a capire per quali motivi la Giunta si ostini a non accettare una proposta di questo genere. Che cosa cambierebbe in peggio se venisse accettata? Non dimentichiamo, poi, quello che ha già detto Zanone prima, e che io mi ero segnato come elemento, in ultima analisi, di contraddizione di impostazione della Giunta: noi parliamo di programmazione in questo settore, ci assumiamo una funzione dirigente, interveniamo con il 90% del contributo, e poi dall'altra parte abbiamo una proposta di legge per i lavori pubblici in base alla quale dovremmo intervenire per la costruzione ricostruzione o completamento di fognature, ivi compresi gli impianti di depurazione, in servizio del capoluogo, di frazioni o borgate, con l'80 del contributo. Questo vuol dire che qualsiasi Comune riceverà l'80% per un'opera che ha elaborato da solo, indipendentemente dal piano della Regione. Allora, dove va a finire questa programmazione? C'è una evidente contraddizione in tale impostazione. Occorre, quindi, intanto, rivedere queste anomalie; bisogna procedere in un'unica direzione, e le varie leggi devono essere coordinate ad un'unica strategia di intervento, altrimenti si opera in modo dispersivo, e in definitiva non si realizza l'intento programmatorio che è stato espresso in questa proposta di legge.
Ho voluto richiamare la Giunta e le altre forze politiche a riflettere ancora, per quanto possibile, sulla nostra proposta. Perché si tratta di fare una scelta che, io ne sono convinto, la gente comprenderà, perch caratterizzerà la Regione, e che comprenderanno prima di tutto i Comuni, i quali si troveranno liberi da oneri importanti e potranno impegnare le loro disponibilità in altre necessità. Non potremo certo intervenire su tutto data la limitatezza dei nostri fondi, ma facciamo delle scelte e su queste concentriamo tutto quanto possibile.
Da ultimo, la considerazione che noi sentiamo di dover fare, già avanzata dal Consigliere Bono, è che quello che noi approviamo insieme a questa legge non è un vero piano, così come viene definito, ma una metodologia di impostazione, con indicazione di criteri per la formazione del piano, e la delimitazione dei comprensori. Di quel che si deve intendere per piano io ho invece una concezione del tutto diversa. Dobbiamo allora domandarci: possiamo noi, con la legge, autorizzare un piano che non è un piano? Credo che l'autorizzazione debba riguardare gli orientamenti per la formazione del piano, ma il piano debba poi venire, perché, come è già stato detto, esso deve contenere scadenze, impegni di priorità, molti altri elementi, insomma, che portino alla realizzazione concreta dei principi qui espressi.
Queste le riflessioni ulteriori che il nostro Gruppo mi ha incaricato di fare, con la speranza che la Giunta e la maggioranza ne vogliano tenere conto.



PRESIDENTE

Dopo l'intervento del Consigliere Bianchi, ultimo iscritto a parlare si chiuderà la discussione generale e parlerà l'Assessore Fonio, in sede di replica.
Ha facoltà di parlare il Consigliere Bianchi.



BIANCHI Adriano

Signor Presidente, colleghi, non ho avuto la possibilità di seguire in modo particolare, in Commissione, i lavori preparatori di questa legge, ma ho avuto occasione di partecipare ad alcuni degli incontri, delle consultazioni, delle iniziative che la Giunta e l'Assessore ha pazientemente ed efficacemente seguito in fase di preparazione di questa legge, e mi son reso conto non solo della passione che l'Assessore poneva nell'affrontare un tema di tanta importanza, ma anche della comprensione e della rispondenza che il tema suscitava negli Enti locali, rendendoli pienamente disponibili alla collaborazione, pur con le riserve derivanti dalla limitatezza dei mezzi su cui possono contare, ancor più grave in questa contingenza di quella che affligge la Regione e che noi confidiamo possa essere superata, perché non ci rassegniamo, né come Consiglieri regionali né come forze impegnate sul piano politico, a che la Regione possa essere condotta in un vicolo cieco.
La legge, come ha detto bene, con l'efficacia che gli è propria, il collega Zanone, fa passare una questione di grande momento dalla fase della enunciazione culturale o letteraria alla fase della realizzazione concreta ed amministrativa, e sicuramente qualifica la Regione Piemonte, anche se questo provvedimento, come altri, suscita domande, suggestive proposte valutazioni che la rapidità, la velocità del tempo che viviamo, nel far maturare nuove questioni, nel far superare vecchi schemi, viene a sollecitarci.
La vastità del disegno, la chiarezza degli studi preparatori e delle indicazioni (consideriamolo piano esecutivo, o consideriamolo piano indicativo, linea di marcia, tabella di marcia della Regione) sono già un punto notevolmente positivo. Tutte le parti, sostanzialmente, convengono nel ritenere questo strumento come una grossa risposta ad un gravissimo grandissimo problema; grossa per le modalità di soluzione e grossa per l'impegno finanziario. E i dissensi, meglio direi le diverse valutazioni (che non sono poi tanto distanti come possono apparire, come potrebbero apparire nella fase della votazione), sono originati da una problematica che si è andata sviluppando in questo Consiglio ogni volta che abbiamo affrontato non temi particolarissimi ma temi che investono la vita della Regione, la sua funzione, il suo ruolo, il suo modo di operare, l'efficacia delle leggi, il dramma della inefficacia delle leggi in presenza di situazioni anche di natura monetaria ed amministrativa che hanno fatto "precipitare" una crisi di funzionalità della pubblica amministrazione in generale, mettendo quindi in evidenza l'esigenza di trovare e battere vie nuove.
Ora, mi sembra intanto che la scelta (non lo dico per voler difendere sempre tutto) del contributo in conto capitale, ed in misura così elevata metta nelle mani della Regione non solo un potere di coordinamento, di iniziativa, ma un potere di fatto di propulsione, di sollecitazione, che in presenza, come è per questa legge, di una rispondenza degli Enti locali, di una loro capacità di cogliere il significato che questi interventi hanno dovrebbe consentire di superare, almeno in gran parte, le preoccupazioni che ci accomunano in ordine all'efficacia ed all'incisività delle leggi che andiamo approvando.
Io penso che una delle ragioni che trattengono la Giunta dal compiere un passo decisivo quale quello cui viene sollecitata ad esempio dal rinnovato intervento di Berti oggi - già altra volta, in altra sede, su questi argomenti ci eravamo confrontati - sia anche quella della naturale prudenza, che vuole che una stessa pianificazione e programmazione di questa natura debba trovare delle verifiche nelle scelte, nelle iniziative nelle valutazioni locali, che sarebbero forse fortemente attenuate se gli interventi scaricassero sulla Regione la totalità della responsabilità e dell'iniziativa. In sostanza, si temono passività e minori capacità di partecipazione in concreto nelle scelte, e quindi rischi di taluni gravi errori.
Io non escludo che, una volta avviata questa legge, fatto un primo esame della rispondenza che essa determina, si possa fare un ulteriore passo, facile in quel caso e rapido, nella direzione che Berti oggi indica che altra volta, l'abbiamo detto, già avevamo cercato di identificare insieme. Credo però che in questa fase, forse, non sarebbe interamente compresa una tale forma di intervento; forse non abbiamo ancora neanche gli strumenti tecnici per caricarci di una responsabilità che potrebbe apparire addirittura presunzione da parte della Regione senza poi l'efficacia dell'intervento corrispondente. Ecco, quelle che ci frenano sono ragioni di prudenza, non di distinzione o di contrapposizione in linea di principio.
Penso che il mobilitare con una partecipazione finanziaria ridotta, in misura tale da non poter dissuadere, ma soprattutto con una partecipazione a titolo di prima persona, di dignità degli Enti locali, degli Enti interessati a questi interventi, costituisca ancora un modo di rispettare le autonomie locali. E' vero che se la Regione si qualifica in alcuni settori fondamentali in questi garantisce alcuni risultati, in questi essa assume delle responsabilità. E' molto suggestivo questo indirizzo. Ma credo che stiamo appunto muovendo verso questa direzione: se ci possiamo andare coinvolgendo, trascinando, sospingendo e facendo partecipare nel modo più efficace anche gli Enti locali, credo che compiremo un tentativo non sterile. Del resto, anche la mobilitazione parziale di ulteriori e maggiori risorse invece di liberarle magari perché poi vengano spese in direzioni meno efficienti ai fini di un'attività programmatoria, credo che valga la pena di essere ancora tentata. E non ci fa perdere tempo, perché la legge mette in moto una serie di meccanismi e mobilita una serie di impegni amministrativi, tecnici e finanziari sui quali potrà essere inserito un ulteriore passo avanti, con una ulteriore qualificazione dell'intervento da parte della Regione.
Quindi, credo che possiamo con tranquillità, con soddisfazione, senza trionfalismo, votare questa legge, possiamo continuare ad approfondire il discorso che oggi ha risuonato nuovamente in quest'aula, vedendo di applicarci anche in relazione ad altri settori per identificare in modo diretto, anche per assicurarci dell'esistenza degli strumenti tecnico operativi da parte della Regione per effettuare questi tentativi, per andare avanti con questi programmi speciali, con queste iniziative veramente qualificanti che concentrino i suoi mezzi e le sue risorse.
Intanto, diamo agli Enti locali la risposta che essi si attendono proponiamo un tipo di contributo atto a garantire il successo all'iniziativa. Mi sembra poi che il fatto di aver fissato tempi brevi per la domanda - questa domanda che è proprio il momento di responsabilità, il momento di verifica della rispondenza - e di aver scelto il tipo di contributo in conto capitale non equivalga a ricalcare pedissequamente una vecchia strada ormai troppo sfruttata, che ha portato appunto all'accumularsi dei residui passivi, caratterizzata da interventi frammentari (per cui un Ente locale diligente fa la domanda, mentre un altro Ente locale, meno efficiente, e le cui popolazioni avrebbero forse più bisogno dell'altro di una certa opera, non la presenta, per cui rimane senza intervento, cosicché il territorio viene interessato in modo diverso e discontinuo). La vastità dei comprensori che vengono investiti da queste opere, la già sollecitata partecipazione, la ristrettezza dei tempi fissati per l'iter di approvazione dovrebbero dare sufficienti garanzie. Comunque si tratta di appuntamento a breve termine, e credo che la Giunta possa raccogliere anche questa sollecitazione per verificare se, una volta avviato questo meccanismo, non si possa, dopo aver superato l'inerzia iniziale con la prima marcia di velocità, innestare una marcia diversa, a ritmo più rapido, per andare verso obiettivi che ci sono comuni.
Sulla legge, in particolare, ho solo una preoccupazione ancora da esternare, sulla quale penso potrebbe bastarmi qualche risposta tranquillante dell'Assessore. E' una preoccupazione già espressa in Commissione dal Consigliere Giletta: sul fatto che si coinvolgono allo stesso livello degli impianti industriali le aziende zoo-agricole. Io non dico e non sostengo che non si debbano sottoporre ad una disciplina, alla partecipazione a contributi le aziende zoo-agricole; ma la diversa natura sotto il profilo economico-finanziario, delle imprese che hanno attinenza con l'agricoltura potrebbe, in un caso come questo, creare problemi molto grossi. Non è una preoccupazione meramente settoriale: credo che si tratti proprio di una diversa qualità, di una diversa possibilità che non vorremmo diventasse un detenente ad iniziative nel settore zoo-agricolo, nel quale sappiamo quanto bisogno ci sia di fare qualcosa. Certo, si dovrebbe fare in modo da ottenere che siano pienamente ottemperate le norme di tutela di quei beni naturali che sono le acque, perché quello che si fa da una parte non venga poi disfatto dall'altra, ma mediante sistemi di accertamento e di determinazione non così rigidi come quelli già stabiliti nella legge.
Probabilmente, però, l'Assessore ha già pronte in rapporto a ci un'infinità di risposte pienamente soddisfacenti.
Concludo dicendo che ci siamo anche compiaciuti per l'ampiezza, la serietà e la dovizia di motivazioni portate dal relatore Calsolaro, il cui lavoro è stato all'altezza dell'importanza del provvedimento di legge, che votiamo con soddisfazione.



PRESIDENTE

Non ho altri iscritti a parlare, dichiaro pertanto chiusa la discussione generale e dò la parola all'Assessore Fonio.



FONIO Mario, Assessore alla tutela dell'ambiente ed uso delle acque

Io replico non senza aver prima consultato la Giunta ancora in rapporto agli argomenti portati nella discussione odierna.
La relazione del Consigliere Calsolaro è stata ampia, precisa e chiara tuttavia non può esimere che da questo banco, in rapporto soprattutto ai notevoli interventi che si sono verificati, si debbano aggiungere alcune cose su un provvedimento legislativo, e relativo piano, di così grande importanza e di tanto impegno per la nostra Regione.
Il Consiglio è chiamato a dare il suo voto su di un provvedimento che fuor di dubbio pone la nostra Regione all'avanguardia in campo nazionale nel campo del risanamento delle acque, ed in linea con le analoghe iniziative prese nelle nazioni europee più progredite, dalla vicina Svizzera alla più lontana Inghilterra.
Alla base di questo lavoro - è bene forse ricordarlo - sta l'iniziativa presa nel 1971, quando subito, nei primi momenti di vita della nostra Regione, prendemmo la decisione di svolgere un'indagine sullo stato di inquinamento del nostro territorio, indagine che si concluse con il noto "Rapporto sulla diffusione degli inquinamenti" elaborato, attraverso i dati che avevamo raccolto, dall'IRES.
Da tale rapporto emergeva la gravità dell'inquinamento nei suoi molteplici aspetti, da quello atmosferico sferico a quello delle acque a quello del suolo. Per quanto riguardava l'inquinamento atmosferico era già operante la legge 13 luglio 1966 n. 615 ed il CRIAP (Comitato regionale contro l'inquinamento atmosferico) previsto dalla stessa. Rimanevano da affrontare i problemi del suolo (rifiuti) e quello delle acque nel loro duplice aspetto: scarichi industriali e scarichi urbani (fognature).
Su questi temi si aprì un grosso dibattito in seno al Consiglio Regionale nella seduta del 25 maggio 1972, al termine del quale all'unanimità votammo una mozione che impegnava la Giunta a: 1) promuovere l'individuazione delle dimensioni ottimali per la progettazione e l'attuazione di impianti per la depurazione delle acque di scarico delle fogne urbane e per la creazione di un'efficiente rete di impianti per l'eliminazione dei rifiuti solidi urbani 2) favorire, nel più ampio rispetto dell'autonomia dei Comuni e delle Province, la creazione di consorzi intercomunali capaci di realizzare la progettazione e l'attuazione degli impianti di cui al punto 1).
E' in adempimento dei precisi impegni scaturiti da detta mozione e nello spirito della stessa che la Giunta ha operato; ed è proprio anche alla luce di tale mozione che vanno valutati alcuni interventi, critiche e riserve sollevate oggi dai banchi del Consiglio, che chiaramente a tale mozione sono meno aderenti di quanto lo è l'impostazione data dalla Giunta alla legge ed al piano in discussione, anche se è vero che il tempo cammina.
Il problema degli scarichi industriali l'abbiamo affrontato con la nostra legge 8 novembre 1974 n. 32 che disciplina tali scarichi imponendo una prima depurazione entro due anni e quella definitiva entro i successivi sei anni.
Parallelamente abbiamo affrontato il problema degli scarichi urbani con questo piano di risanamento delle acque, nelle aree più urbanizzate ed industrializzate che comprendono tutta la fascia pedemontana che va dal Lago Maggiore, attraverso l'area metropolitana di Torino, fino all'area dello Scrivia.
La scelta delle aree di intervento è anche scaturita dal "Rapporto sulla diffusione degli inquinamenti in Piemonte" commissionato dalla Regione all'IRES, La prima proposta, infatti, delle aree di intervento è già contenuta in tale volume, collega Bono. Questo piano interessa 278 Comuni raggruppati in 22 aree di intervento, oltre a 18 Comuni superiori ai 10.000 abitanti, equiparati alle aree di intervento, per un totale di 296 Comuni.
I Comuni interessati al piano di risanamento sono pertanto meno di un quarto dei Comuni del Piemonte, sui quali risiede però oltre il 75% della popolazione dell'intera regione (3.300.000 abitanti circa).
Per ciascuna area di intervento e per ciascun Comune equiparato tra l'ottobre 1973 ed il giugno 1974 è stato elaborato uno studio, i cui punti salienti possono essere sintetizzati come segue: a) indagine sulla popolazione, sulle attività industriali, sulle modalità e caratteristiche degli scarichi liquidi, con relative previsioni di sviluppo al 1985 e al 2010 b) indicazione degli elementi tecnici necessari a definire, in sede di progetto di massima, le canalizzazioni consortili nel loro percorso sviluppo, dimensioni, funzionamento idraulico, nonché gli impianti di depurazione in relazione al loro schema funzionale c) valutazione dei costi di costruzione delle canalizzazioni consortili e degli impianti di depurazione e dei relativi oneri di gestione.
La spesa è quella che è già stata qui più volte ricordata.
Ai fini dell'inquinamento biologico, circa 730.000 addetti all'industria nelle aree interessate dal piano sono stati considerati equivalenti a circa due milioni e mezzo di abitanti. Pertanto la popolazione equivalente totale (popolazione residente, popolazione fluttuante, addetti all'industria) è di oltre 6 milioni di abitanti.
Il disegno di legge sancisce il principio che una effettiva depurazione delle fognature urbane debba avvenire quanto più possibile a livello consortile, raggruppando gli scarichi di più Comuni contermini.
La Regione pertanto promuove consorzi fra Comuni, cui possono partecipare anche le Province, per la realizzazione e la successiva gestione delle opere di depurazione. Tali Consorzi possono anche essere coattivi (altra cosa che è bene ricordare).
Rilevanza particolare si è anche voluta dare alle Comunità montane riconoscendo loro, nell' ambito del disegno di legge, la possibilità di assumere le funzioni dei Consorzi.
Il disegno di legge è volto ad approvare il piano di risanamento che si sviluppa nel periodo 1974/1985 e che la Regione si impegna a finanziare in tale lasso di tempo in maniera nuova e consistente: nuova, perch l'intervento finanziario è tutto in capitale e non in interesse consistente, perché l'intervento avviene nella misura dell'80%, elevabile fino al 90% per i Consorzi di piccole dimensioni che non abbiano adeguate disponibilità finanziarie.
L'intervento finanziario della Regione dovrà essere pertanto di oltre 130 miliardi in 12 anni, per una spesa media annua di 10/12 miliardi. Nel triennio 1975/1977 si è un po' al di sotto di tale disponibilità annua che però, nel 1977, raggiunge già i 10 miliardi all'anno.
Da alcune parti è stato proposto (e oggi siamo stati invitati a rimeditare su questa proposta) di assumere a totale carico regionale gli oneri previsti dal piano di risanamento delle acque e proprio in rapporto alla mancata accettazione di tale principio, si sono fatte delle riserve sull'approvazione della legge. Potrebbe sì, verificarsi un nuovo modo di intervento da parte della Regione (quale è stato esposto dal Consigliere Berti) nelle opere pubbliche, con leggi che non rischino di rimanere inattive per la nuova situazione della finanza locale e per conseguente mancanza di iniziativa dei Comuni.
In verità tale soluzione era già stata da noi considerata in sede di preparazione del disegno di legge ed anche in seguito le facili suggestioni provocate da tali ipotesi hanno dovuto essere superate per le seguenti sostanziali considerazioni che vogliamo aggiungere a quelle già fatte in proposito dai Consiglieri Cardinali e Bianchi: a) la competenza relativa alla realizzazione di opere di urbanizzazione primaria, tra le quali si possono inquadrare le opere fognanti e di depurazione, spetta ai Comuni ed ai loro Consorzi che vi provvedono con contributi della Regione (dopo l'entrata in funzione dei decreti delegati) b) l'intervento previsto dal piano di risanamento delle acque, pur volendolo considerare un intervento speciale, rientra nel normale sostegno di realizzazione di opere pubbliche da eseguirsi da parte dei Comuni. Non ci pare pertanto che possa configurarsi come un intervento eccezionale come potrebbe essere quello di un intervento straordinario per il problema della casa o quello per le aree industriali c) pur nell'ambito di un piano che dà delle precise indicazioni e seleziona interventi in capo ad un certo numero di Comuni piuttosto che ad altri, si è ritenuto che nella materia abbia sempre prevalenza l'autonomia degli Enti locali, la quale ci era stata caldamente raccomandata nella mozione da cui è scaturita questa iniziativa d) la stessa mozione consiliare infatti, recitava: "favorire nel più ampio rispetto dell'autonomia dei Comuni e delle Province, la creazione di Consorzi intercomunali capaci di realizzare la progettazione e l'attuazione degli impianti".
A tali motivi di principio se ne aggiungono altri che sono già stati toccati da coloro che si sono pronunciati favorevolmente e cioè: e) la soluzione dell'onere finanziario a totale carico della Regione avrebbe gravato i bilanci regionali di un'ulteriore spesa difficilmente sostenibile f) la realizzazione, infine, delle opere a totale carico regionale poneva anche l'esigenza di un'organizzazione tecnica degli uffici diversa da quella attuale, volta al controllo su opere eseguite da Enti locali e non alla realizzazione diretta delle medesime.
Io direi che la preoccupazione espressa dal Consigliere Berti sulle leggi che rimangono inattive e sui pericoli che può correre anche questa oltre a quanto hanno già ricordato i Consiglieri Bianchi e Cardinali circa una spontanea adesione che si è già verificata da parte dei Comuni e di una loro disponibilità alla costituzione vera e propria di consorzi per i quali abbiamo fatto anche dei decreti, sia una preoccupazione inutile.
Io vorrei ricordare al collega Berti che siamo così poco lontani da una concezione come la sua, che recentemente abbiamo presentato una legge dove la Regione interviene al cento per cento, secondo i principi da lui espressi, ma ci pare che tra le due leggi ci sia una notevole differenziazione, anche quando ci si richiama per esempio al progetto di legge presentato in via generale per i lavori pubblici, non si tratta di incoerenza o di incongruenza, che semmai andrà verificato in seguito poiché dobbiamo ricordare che questo piano si riduce a 297 Comuni e ne rimangono fuori altri 900 ai quali bisognerà pure provvedere; si aggiunge poi il fatto che gli stanziamenti previsti nella proposta di legge per il riordino dei lavori pubblici sono abbastanza ridotti, per quanto riguarda gli acquedotti e le fognature, e quindi non si potrà avere un'alternativa vera e propria su questo piano che stiamo portando avanti, non senza dimenticare che al di là dei 900 Comuni che rimangono fuori da questo piano speciale ci sono anche le fognature interne, nell'ambito delle aree in cui ci preoccupiamo con il nostro piano, alle quali provvedere.
In merito poi alle critiche che vengono rivolte in particolare da Bono e da Berti, al piano allegato alla legge, che non sarebbe un piano, sulla scorta della già più volte citata mozione del 12 maggio 1973 del Consiglio che ci impegnava "a promuovere l'individuazione delle dimensioni ottimali per la progettazione e l'attuazione di impianti per la depurazione delle acque di scarico delle zone urbane", è appena il caso di osservare che: a) il piano opera una scelta di intervento, come ho appena avuto occasione di accennare, su meno di 300 Comuni raggruppati in 22 aree. Ne vengono lasciati fuori pertanto altri 900.
b) Esso indica i tempi di realizzazione delle opere: 1974/1985=12 anni.
c) Esso indica dei tracciati di collettori consortili e localizza gli impianti consortili di depurazione.
d) Valuta, attraverso progetti di massima, la spesa necessaria per la realizzazione delle opere di disinquinamento.
e) E' un piano settoriale che tiene conto delle linee del piano di sviluppo regionale indicate dall'IRES e delle sue articolazioni comprensoriali (le aree di intervento sono infatti ricavate normalmente nell'ambito delle aree programma indicate dall'IRES) e quindi ogni rilievo che nega questo, come è stato fatto da parte di Bono, ci pare assolutamente infondato.
E non è vero che il piano non indica delle priorità, come è stato pure eccepito, ma le contiene sufficientemente così definite: 1) Interventi prioritari nelle aree urbanizzate ed industrializzate con una popolazione equivalente da servire superiore ai 150.000 abitanti (aree di Torino - Torino Nord - Torino Ovest - Biellese - Novarese - Cuneese Valle Scrivia).
2) Aree interessate da bacini lacuali da salvaguardare (Lago Maggiore Lago d'Orta, Lago di Viverone, Lago di Avigliana).
3) Capoluoghi di Provincia (Asti - Alessandria - Vercelli).
La Regione nell'ambito dei progetti speciali che il Ministero del Bilancio e della Programmazione sta predisponendo per il potenziamento dei lavori pubblici e per il sostegno dell'occupazione, ha segnalato le opere di disinquinamento delle acque da realizzare nelle aree di intervento di Torino (39 miliardi), Valle Scrivia (10 miliardi), Lago Maggiore (6 miliardi ), per un totale di 55 miliardi.
Tali interventi vogliono rappresentare anche una priorità assoluta nell'ambito delle priorità prima indicate e va ricordato che - come ho già avuto occasione di riferire - esiste anche la necessità, in base alla convenzione Italo-Svizzera per il Lago Maggiore, di camminare parallelamente al piano di risanamento del Canton Ticino; cosa che, per la riva piemontese, noi stiamo facendo con perfetta puntualità.
Il relatore ha già messo in evidenza come il disegno di legge acceleri anche le realizzazioni delle opere, e su questo punto mi pare inutile attardarmi, specie con l'introduzione delle norme di cui all'art. 8 e perciò appaiono del tutto ingiustificate le preoccupazioni in questo senso sollevate soprattutto dal Consigliere Bono.
Il disegno di legge all'art. 9 affronta il problema della partecipazione delle industrie agli oneri del servizio di depurazione. E' senza dubbio un problema difficile, sia sul piano giuridico che sul piano sostanziale.
L'art. 9 stabilisce che le aziende industriali, artigianali e zoo agricole devono concorrere: alle spese di gestione all'ammortamento del capitale occorrente per la costruzione delle opere per una quota pari al 50% del capitale medesimo.
Per far concorrere le industrie potevano essere fatte due ipotesi, ne abbiamo fatte in verità molte di più: una di minima, quella del concorso alle spese di esercizio (spese di gestione più spese di ammortamento del capitale a carico degli Enti locali 20%), quella di massima: concorso alle spese di gestione più spese di ammortamento dell'intero capitale, anche quello messo dalla Regione, quindi 100%.
Si è in definitiva ritenuto di orientarsi su una soluzione intermedia (spesa di gestione più 50% dell'ammortamento del capitale) sulla base delle seguenti considerazioni: Le aziende industriali, artigianali e zoo-agricole sono sottoposte alla legge regionale n. 32 che obbliga tali aziende a realizzare, entro due anni, impianti di depurazione degli scarichi di lavorazione prima della loro immissione sia in corsi d'acqua che in fognatura. Finora la maggior parte degli scarichi delle aziende in fognatura non erano pretrattati. Tali impianti devono abbattere gli inquinamenti tossici e devono ridurre gli inquinamenti biologici contenuti nelle acque di lavorazione delle aziende entro i limiti di accettabilità fissati dalla legge 32.
Gli oneri che le industrie dovranno affrontare per tale depurazione presso ciascun stabilimento possono essere considerati abbastanza rilevanti.
Molte aziende già attualmente scaricano le loro acque di lavorazione nelle fognature urbane. La normativa attualmente in vigore impone loro solo l'onere delle spese vive di allacciamento dello scarico dell'azienda alla fognatura urbana.
Si ritiene che sia interesse delle comunità locali ricondurre quanto più possibile gli scarichi dell'industria, opportunamente pretrattati nelle fognature: ciò al fine di ridurre quanto più possibile gli scarichi diretti di singole aziende nei corsi d'acqua o in laghi e per evidenti ragioni di economia di scala.
Se alle aziende, oltre agli oneri di pretrattamento, venisse addebitato l'intero onere di depurazione finale, in molti casi non sussisterebbe la convenienza a scaricare in fognatura. Per altro verso i Consorzi hanno anche interesse che le aziende scarichino in fognatura per ridurre da una parte le spese di gestione e dall'altra parte per contenere gli oneri di ammortamento del capitale occorrente alla costruzione delle opere.
Sul piano giuridico si ritiene che il concorso delle industrie alle spese di gestione e di ammortamento delle opere di depurazione possa configurarsi, ai sensi dell'articolo 3, lettera e) del R.D. del 1925 (Testo Unico sull'assunzione diretta dei pubblici servizi da parte dei Comuni e delle Province) con la tariffa relativa al servizio che i Consorzi e le aziende consortili offrono alle aziende industriali, artigianali e zoo agricole.
Tali aziende, qualora il servizio non sia di loro convenienza, possono anche non utilizzarlo e scaricare direttamente in corsi d'acqua costruendo idonei impianti di depurazione.
L'uso facoltativo del servizio configura gli oneri delle aziende come tariffa e non già come tassa o contributo obbligatorio e quindi garantisce l'osservanza giuridica della norma vigente.
Mentre alcuni ritengono che la soluzione dell'articolo 9 sia troppo favorevole alle aziende industriali, altri sono preoccupati per il carico che può derivarne soprattutto alle aziende artigianali e zoo-agricole. E qui rispondo in particolare all'interrogativo posto dal Consigliere Bianchi La lotta all'inquinamento alla quale non possiamo rinunciare, ci pone di questi nodi che vanno rivelandosi difficili ed impegnativi soprattutto per l'attuazione della nostra legge 8 novembre 1974 n. 32.
Noi pensiamo che debbano essere affrontati con i regolamenti per l'attuazione delle leggi, che sono tanto necessari e per la soluzione pratica dei problemi che sorgono, specialmente in materie come quella in discussione in cui siamo in linea assoluta i primi a legiferare, e per una formale e corretta completezza dell'attività legislativa.
Tuttavia per quanto riguarda le attività artigianali e zoo-agricole sempre per dare un'assicurazione al Consigliere Bianchi - in rapporto alla legge che discutiamo oggi, va subito considerato che ogni preoccupazione è ingiustificata appena si consideri che, in base all'articolo 9, il concorso andrà valutato "in proporzione al grado di utilizzazione delle opere ed al carico di inquinamento prodotto da ciascuna azienda" ed ovviamente solo quando - specie per le zooagricole - si producano degli scarichi.
Il tutto da regolare anche attraverso i regolamenti dei Consorzi stessi ed apposite convenzioni con le aziende.
Ci pare quindi che la legge, mentre fa salvo il principio del "paghi chi deve", secondo equità, offra ogni garanzia ad evitare ingiustizie.
Signori Consiglieri con la legge ed il piano portati oggi alla vostra discussione ed al vostro voto, la Giunta ritiene di aver dato esatto e puntuale adempimento alla mozione 12 maggio 1972 e ad uno dei suoi principali impegni programmatici.
Ritegno di poter dire, come del resto è già stato detto, in particolare dal Consigliere Zanone, che sono una legge ed un piano che deporranno a favore di questa prima legislatura regionale piemontese e perciò, malgrado tutte le osservazioni che sono state fatte, confidiamo nel vostro voto.



PRESIDENTE

Ha così termine la discussione. Possiamo passare alle dichiarazioni di voto.
La parola al Consigliere Berti.



BERTI Antonio

Il nostro "no" alla legge - credo emerga già, lo ha detto prima Bono ed intendo confermarlo - è un "no" dato a malincuore proprio per le considerazioni che abbiamo fatto durante i lavori della Commissione soprattutto per l'adesione che in quella sede abbiamo riscontrato (anche quella nello stesso Assessore) all'impostazione nuova che noi davamo. E' una legge che poteva rappresentare veramente un primo passo essenziale.
Il "no" che viene, sia pure con delle considerazioni, dalla Giunta, è un "no" alla proposta politica che noi facciamo. Non è venuta né nelle dichiarazioni del Capogruppo della D.C., né dall'Assessore, a nome della Giunta, una risposta politica alle questioni che abbiamo posto che sono prima di tutto politiche e che attengono ad un modo nuovo di fare politica della Regione. Questo non è venuto e noi cogliamo nell'atteggiamento che Bianchi ha definito prudente, di cautela della maggioranza, della Giunta un ritardo che siamo convinti non sarà pagato, ci ritroveremo probabilmente tra un anno a fare un consuntivo di come hanno operato queste leggi; ma noi pensiamo che si tratti di una vera occasione perduta e il nostro no quindi va al di là dei contenuti della legge su cui abbiamo fatto delle osservazioni precise (Bono le ha fatte in modo particolareggiato). Una spiegazione precisa alle nostre domande circa i contenuti del piano non ci sembra sia venuta, probabilmente abbiamo una concezione diversa del piano e non mi pare che l'affermazione fatta dall'Assessore, che non si tratta che di 239 Comuni mentre altri 900 ne rimangono esclusi, sia valida; si tratta di una programmazione, come da varie parti qui si è sostenuto, il progetto deve riguardare tutti i Comuni del Piemonte, salvo poi fare stralci in fase di attuazione per una prima fascia. Semmai affermare che ci sono soltanto 239 Comuni è un limite ad un'impostazione che si pretende sia programmatica. Allora, preso atto che la legge ormai è in approvazione, si poteva assumere - sulla base di una linea che Bianchi dice non ci divide molto (a me non pare nei fatti che sia così) di una linea che si dichiara di voler quanto meno assumere come esame, come elemento di dibattito l'impegno di farlo diventare per lo meno un piano che comprende tutto il Piemonte, salvo stralci annuali.
Queste questioni non sono state recepite e questo ci convince a dire no alla legge.



PRESIDENTE

Vi sono altre dichiarazioni di voto? Qui è meglio precisare. Dice il regolamento: dopo le dichiarazioni di voto che precedono una votazione, non è ammessa nessun'altra richiesta di parola. La votazione si distingue in due momenti: uno quello degli articoli e mi pare sia corretta la richiesta del Consigliere Berti; l'altro quello della votazione finale su tutti gli articoli. Si può parlare sui singoli articoli ed alla votazione finale per dire perché si sono votati ad esempio tre articoli su quattro.
Poiché nessun altro chiede di parlare, possiamo passare alla votazione.
Disegni di legge n. 191 e 241 "Provvidenze speciali per il risanamento delle acque a favore dei Consorzi e degli altri Enti locali previsti dal relativo piano regionale" e successive modificazioni alle disposizioni finanziarie e contabili.
Leggo l'articolato della legge così come è stato approvato in Commissione.
Articolo 1.
La Regione, in attuazione dell'articolo 5 dello Statuto e nell'ambito delle funzioni regionali di cui all'articolo 2 del D.P.R. 15 gennaio 1972, n. 8 provvede al risanamento delle acque nel proprio territorio secondo il piano 1974-1985, approvato con la presente legge e ad essa allegato.
Si passi alla votazione per appello nominale.



(Si procede alla votazione per appello nominale)



PRESIDENTE

La votazione ha avuto il seguente esito: Presenti e votanti n. 36 Hanno risposto sì n. 27 Consiglieri Hanno risposto no n. 9 Consiglieri L'art. 1 è approvato.
Articolo 2.
Nell'ambito delle aree di intervento per il risanamento delle acque definite nel piano di cui all'articolo 1, la Regione promuove, anche coattivamente, la costituzione dei Consorzi di Comuni per la costruzione di collettori e di impianti di depurazione degli scarichi delle acque reflue.
Ai Consorzi possono partecipare le Province competenti per territorio.
I Consorzi sono Enti di diritto pubblico, ai sensi della legge comunale e provinciale; ad essi sono affidati il coordinamento e la gestione delle opere pubbliche attinenti ai servizi idraulici di igiene ambientale di cui alla presente legge. Questi servizi possono essere gestiti mediante aziende speciali a norma del R.D. 15 ottobre 1925, n. 2578.
La costituzione del Consorzio è approvata o disposta con decreto del Presidente della Giunta Regionale. Con lo stesso decreto è approvato lo Statuto.
Quando vi sia coincidenza tra le aree di intervento per il risanamento delle acque e singoli Comuni, le funzioni corrispondenti a quelle dei Consorzi sono esercitate dai Comuni.
I Comuni esercitano singolarmente dette funzioni anche nel caso in cui all'interno delle aree di intervento, è previsto che essi realizzino e gestiscano le opere in modo autonomo.
Le funzioni dei Consorzi possono essere assunte dalle Comunità montane.
Qualcuno chiede la parola? Nessuno. Si passi alla votazione.



(Si procede alla votazione per appello nominale)



PRESIDENTE

La votazione ha avuto il seguente esito: Presenti e votanti n. 36 Hanno risposto sì n. 27 Consiglieri Hanno risposto no n. 9 Consiglieri L'articolo 2 è approvato.
Articolo 3.
Gli Enti di cui al precedente articolo 2 possono richiedere all'Amministrazione regionale la concessione di contributi in capitale per la costruzione di collettori e di impianti di depurazione degli scarichi di acque reflue, comprensivi del corto dei terreni necessari alle opere, nella misura dell'80% della spesa riconosciuta ammissibile.
La misura del contributo può essere elevata fino al 90%, in relazione alla capacità finanziaria degli Enti attuatori, per la realizzazione di collettori e di impianti di depurazione a servizio di una popolazione non superiore a 20.000 abitanti.
Qualcuno chiede la parola? Si passi alla votazione.



(Si procede alla votazione per appello nominale)



PRESIDENTE

La votazione ha avuto il seguente esito: Presenti e votanti n. 35 Hanno risposto sì n. 23 Consiglieri Hanno risposto no n. 8 Consiglieri Si sono astenuti n. 4 Consiglieri L'art. 3 è approvato.
Articolo 4.
Le domande dirette ad ottenere la concessione dei contributi di cui all'articolo 3 della presente legge devono essere presentate entro il 31 marzo di ogni anno al Presidente della Giunta Regionale.
Le domande devono essere corredate dai seguenti documenti: a) relazione generale che contenga una scelta tecnica-operativa compatibile con le linee indicate nel piano regionale di risanamento delle acque di cui all'articolo 1 della presente legge b) progetto di massima, approvato con deliberazione dei competenti organi corredato dal preventivo delle spese e dal piano di finanziamento dell'opera, contenente l'indicazione dei mezzi necessari per far fronte alla spesa eccedente il contributo regionale.
Si passi alla votazione.



(Si procede alla votazione per appello nominale)



PRESIDENTE

La votazione ha avuto il seguente esito: Presenti e votanti n. 35 Hanno risposto sì n. 28 Consiglieri Hanno risposto no n. 7 Consiglieri L'art. 4 è approvato.
Articolo 5.
Presso l'Amministrazione regionale è costituita, con decreto del Presidente della Giunta Regionale, una Commissione tecnica composta da: a) l'Assessore regionale alla tutela dell'ambiente che la presiede b) l'Assessore regionale ai lavori pubblici o un suo delegato c) tre funzionari della Regione di cui un medico dell'Ufficio del Medico Provinciale ed un Ingegnere dell'Ufficio del Genio Civile d) cinque esperti designati dal Consiglio Regionale con voto limitato a tre nominativi e) un esperto designato dall'Unione delle Province Piemontesi f) un esperto designato dall'Unione Piemontese dell'Associazione Nazionale dei Comuni d'Italia.
I membri di cui alle lettere d), e), f), devono essere prescelti fra esperti di igiene ambientale o di ingegneria civile.
Esercita le funzioni di Segretario della Commissione un funzionario addetto agli uffici regionali della tutela dell'ambiente.
La Commissione dura in carica 5 anni e scade comunque con lo scioglimento del Consiglio Regionale.
I membri della Commissione all'atto della nomina, devono dichiarare per iscritto di non avere rapporti di lavoro o di interessi diretti od indiretti con gli Enti di cui all'art. 2, né con aziende od Enti che progettano, costruiscono ed installano gli impianti di cui alla presente legge.
La Commissione subentra nella materia della presente legge al Comitato regionale tecnico-amministrativo di cui al D.Lgs.Lgt. 18 gennaio 1945, n.
16.
Qualcuno chiede la parola? Si passi alla votazione



(Si procede alla votazione per appello nominale)



PRESIDENTE

La votazione ha avuto il seguente esito Presenti e votanti n. 35 Hanno risposto sì n. 27 Consiglieri Hanno risposto no n. 8 Consiglieri L'art. 5 è approvato.
Articolo 6.
La Commissione tecnica procede all'esame delle domande ed esprime entro il termine del 15 maggio, il proprio parere motivato sulla loro conformità al piano regionale di risanamento delle acque, fornendo indicazioni alla Giunta Regionale per la predisposizione dei programmi annuali di finanziamento che tengano conto della priorità delle opere necessarie.
La Giunta delibera entro il 31 maggio successivo i programmi di intervento annuali, ed i relativi finanziamenti, con riferimento al piano regionale di sviluppo ed alle sue articolazioni in aree ecologiche.
I programmi annuali devono prevedere l'accantonamento di una quota pari al 10% dello stanziamento, da destinare al finanziamento di eventuali oneri suppletivo che potranno insorgere dopo approvazione dei progetti esecutivi.
La deliberazione della Giunta Regionale è comunicata entro dieci giorni agli Enti interessati.
Si passi alla votazione.



(Si procede alla votazione per appello nominale)



PRESIDENTE

La votazione ha avuto il seguente esito: Presenti e votanti n. 34 Hanno risposto sì n. 26 Consiglieri Hanno risposto no n. 8 Consiglieri L'articolo 6 è approvato.
Articolo 7.
Gli Enti ai quali è stata comunicata l'assegnazione dei contributi devono deliberare e presentare, entro il 30 novembre dello stesso anno, i progetti esecutivi delle opere, corredati da: a) l'indicazione della spesa per la progettazione, la direzione ed il collaudo delle opere, per gli imprevisti, per gli oneri fiscali b) la dimostrazione dei mezzi finanziari disponibili per far fronte alla quota di spesa a loro carico.
La concessione dei contributi è disposta dal Presidente della Giunta Regionale, con proprio decreto, contestualmente all'approvazione del progetto esecutivo delle opere, previo parere della Commissione di cui all'articolo 5, entro il 31 gennaio dell'anno successivo.
Il decreto di cui al precedente comma stabilisce anche le modalità di erogazione dei contributi.
L'approvazione dei progetti delle opere equivale a dichiarazione di pubblica utilità, nonché di urgenza ed indifferibilità dei relativi lavori.
Qualora gli Enti interessati debbano contrarre mutui a copertura della quota di spesa a loro carico, e non abbiano sufficienti cespiti da delegare, la Regione può intervenire con garanzia fidejussoria.
Poiché nessuno chiede la parola si passi alla votazione.



(Si procede alla votazione per appello nominale)



PRESIDENTE

La votazione ha avuto il seguente esito: Presenti e votanti n. 33 Hanno risposto sì n. 25 Consiglieri Hanno risposto no n. 8 Consiglieri L'art. 7 è approvato.
Articolo 8.
Gli Enti di cui all'articolo 2 possono presentare, entro il termine del 31 marzo, la domanda di concessione del contributo contenente la relazione generale di compatibilità delle opere con le linee indicate nel Piano regionale di risanamento delle acque ed il progetto esecutivo delle opere corredato ai sensi dell'articolo 7.
La Commissione tecnica procede all'esame della domanda e la Giunta Regionale delibera ai sensi dell'articolo 6.
Entro trenta giorni dalla deliberazione della Giunta Regionale il Presidente emette il decreto di cui al secondo e terzo comma dell'articolo 7.
Si passi alla votazione.



(Si procede alla votazione per appello nominale)



PRESIDENTE

La votazione ha avuto il seguente esito: Presenti e votanti n. 34 Hanno risposto sì n. 26 Consiglieri Hanno risposto no n. 8 Consiglieri L'articolo 8 è approvato.
Articolo 9.
Le aziende industriali, artigiane e zoo-agricole che immettono scarichi pretrattati a norma della legge regionale 8 novembre 1974, n. 32, nei collettori ed impianti di depurazione, devono concorrere alle spese di gestione del servizio di depurazione, nonché all'ammortamento dell'intero capitale investito nella realizzazione delle opere per una quota pari al 50% del capitale medesimo, in proporzione al grado di utilizzazione delle opere stesse ed al carico di inquinamento prodotto da ciascuna azienda.
La misura del concorso di cui al precedente comma e le relative modalità di applicazione sono stabilite dai Consorzi e dagli altri Enti di cui all'articolo 2, nei regolamenti dei consorzi o delle aziende speciali e formano oggetto di apposite convenzioni con le aziende di cui al primo comma.
La quota di ammortamento del capitale a carico delle aziende industriali artigiane e zoo-agricole è destinata, dagli Enti di cui al precedente comma, agli oneri di manutenzione e di sistemazione straordinaria delle opere.
E' pervenuto un emendamento modificativo a firma Menozzi, Giletta Bertorello e Franzi: "Al primo comma sostituire la parola 'zoo-agricola' con 'zootecniche ad indirizzo non agricolo'".
Desiderano illustrano? La parola al Consigliere Menozzi.



MENOZZI Stanislao

La definizione "zoo-agricole" è già stata adottata nella legge n. 32 ed è stata presentata un'interrogazione in merito: per coerenza abbiamo presentato questo emendamento anche per l'aspetto sostanziale che a nostro modesto modo di vedere il problema rappresenta; "zoo-agricole" è una definizione che abbraccia un campo assai vasto, mentre noi riteniamo che il discorso debba essere limitato alle aziende zootecniche, perché sono quelle che possono avere caratteristiche inquinanti. Meglio ancora sarebbe stato ed è un ripensamento dell'ultimo momento, modificare la frase in questo modo: la parola "Zoo-agricole" - per rendere più chiaro il riferimento sostituirla con "zootecniche a strutture ed indirizzi non agricoli". Perch l' azienda agricola in sé e per sé abbandonandosi pure all'allevamento zootecnico, è già regolata da una vecchia legge sull'igiene e sulla sanità che detta norme prescrittive sulle concimaie in platee di cemento e sui pozzi neri per la raccolta delle deiezioni liquide ed altre norme in cui invece in questi ultimi tempi si è verificato, non rientravano quelle aziende zootecniche a strutture ed indirizzi non agricoli perché non vincolate dalla vecchia legge e perché, guarda caso, spesso venivano appositamente costruite in zone dove, per evitare la costruzione delle concimaie e dei pozzi neri, trovavano facile lasciare andare gli scarichi lungo i torrenti e lungo i fiumi.
A ciò si ispira l'emendamento che è stato presentato.



PRESIDENTE

Scusi Consigliere, non ho capito se vuole aggiungere le parole "a struttura ed indirizzo"?



MENOZZI Stanislao

Se nulla osta alla Presidenza, proporrei anche a nome dei restanti firmatari, di aggiungere le parole "a strutture ed indirizzi non agricoli".



OBERTO Gianni, Presidente della Giunta Regionale

"A struttura e indirizzo non agricolo" caso mai, perché anche la lingua merita il suo rispetto.
Nel contenuto però io non sono ancora entrato.



PRESIDENTE

La parola al relatore, Consigliere Calsolaro.



CALSOLARO Corrado, relatore

Io non entro nel merito dell'emendamento, faccio però osservare che questa norma riproduce quella di cui alla legge regionale 8.11.1974 n. 32 che esplicitamente parla di "Aziende industriali, artigiane e zoo agricole". Se noi mutiamo la lettera della norma, mutiamo in realtà indirettamente, anche la legge 32 che parla di aziende industriali artigiane, zoo-agricole tenute, in quanto tali, a certi adempimenti.



PRESIDENTE

Ha chiesto di parlare il Consigliere Zanone.



ZANONE Valerio

Le conseguenze di questo emendamento non mi sono del tutto chiare. Mi riferisco al dubbio che è stato sollevato dal relatore per quanto riguarda la legge n. 32 la quale fa riferimento alle aziende industriali, artigiane e zoo-agricole senza distinguere se queste aziende zoo-agricole abbiano indirizzo zootecnico industriale o zootecnico agricolo. A me pare chiaro che l'obbligo del pretrattamento degli scarichi vale per tutte le aziende zoo-agricole, quale che sia il loro indirizzo.
Se poi le acque pretrattate in base alla legge 32 vengono immesse in un collettore, in un impianto di depurazione e se con questo emendamento si differenzia praticamente la tariffa nel senso che gli allevatori industriali pagano l'ammortamento del capitale nella misura del 50% e gli allevatori agricoli no, mi pare che la sostanza dell'emendamento venga a tradursi in un'incentivazione economica che noi diamo agli allevatori agricoli nei confronti degli allevatori industriali. Chiederei ai presentatori se questa è l'interpretazione autentica del loro emendamento e dichiaro qualche perplessità sulla distinzione che si viene ad aprire e che sarà poi fonte anche di altre richieste di distinzione, ad esempio potrebbero porsi problemi analoghi per le imprese artigiane nei confronti di quelle industriali; se entriamo in un rapporto di produttività dei vari tipi di aziende è chiaro che questo confronto può avere molte altre interpretazioni e analogie.



PRESIDENTE

La parola al Consigliere Bianchi.



BIANCHI Adriano

Anzitutto mi rendo perfettamente conto delle ragioni che hanno indotto i tre Consiglieri a presentare questo emendamento, il rischio cioè che piccole aziende zootecniche vengano gravate di oneri che mal sopportano e che comportino quindi l'eliminazione delle medesime. Entrando nello spirito dell'emendamento però mi preoccupa che sia efficace e ritengo che allo stato attuale dell'elaborazione della dottrina, della stessa giurisprudenza, se non si addiviene ad una formulazione molto precisa e molto ampia, diventi molto difficile la distinzione, perché sono piene le riviste di giurisprudenza di sentenze alterne che attribuiscono o meno all'attività agricola le attività di allevamento. Il rischio è, con questo emendamento, di escludere in sostanza anche grosse realtà zootecniche, come ad esempio porcilaie con migliaia di capi, legate a cooperative di lavorazione del latte, legate alle attività agricole per cui rientrano o in questa stessa voce e quindi con risultati non voluti da coloro che presentano l'emendamento.
Forse sarebbe stato più efficace, dopo l'enunciazione di principio lasciata così com'è, aggiungere un comma col quale si identificasse in positivo il tipo di aziende esclusivamente agricolo-zootecniche esonerate da alcuni di questi oneri. Questa potrebbe essere la via per arrivare alla soluzione, però, come capita spesso, ci troviamo al momento della votazione. Adesso vedano i proponenti e gli altri colleghi.



PRESIDENTE

Ha chiesto di parlare il Consigliere Chiabrando.



CHIABRANDO Mauro

Parlo come Consigliere e non entro nel merito della accettazione o meno del provvedimento perché non è di mia competenza. Desidero soltanto, dal punto di vista tecnico, precisare qual è lo spirito di questo emendamento che secondo me è quello di quando abbiamo iniziato a discutere e ad impostare queste leggi: quella citata da Calsolaro prima, quella che abbiamo già approvato e anche questa. Quando noi parliamo di aziende zoo agricole intendiamo le aziende zootecniche, non quelle agricole che hanno un carico di bestiame proporzionato alla produttività dell'azienda ed alla produzione foraggiera, queste sono aziende agricole normali che non sono interessate né dall'altra legge, né da questa che essendo il carico di bestiame ripartito, diluito in una superficie di terreno notevole, non sono e non saranno mai inquinanti.
Intendiamo invece, con il termine "zoo-agricole" le aziende che hanno un carico di bestiame, migliaia di suini, migliaia di bovini, o centinaia soltanto, senza terra o con poca terra, mantenuti non dall'agricoltura ma dall'industria; queste sono le aziende che inquinano e che devono ricadere in questa legge, non le aziende agricole normali. Questo era già lo spirito dell'altra legge che forse non è stato bene inteso, bene interpretato perché guai se l'altra legge e questa andassero ad interessare le nostre centomila aziende agricole normali. Lo spirito della legge è di colpire quelle concentrazioni di allevamenti senza terra o con poca terra che effettivamente inquinano e che devono seguire tutte queste discipline, e non le aziende agricole normali che non potranno mai immettersi in questi scarichi, in questi collettori. Basta precisare con le parole che si riterranno opportune questo principio che mi pare sia quello giusto.



PRESIDENTE

Ancora il Consigliere Menozzi.



MENOZZI Stanislao

Io ringrazio il signor Assessore per avere portato il suo contributo centrando lo spirito dell'emendamento, ma vorrei fare tre chiare distinzioni, con una premessa: a) l'azienda zootecnica a struttura e ad indirizzo agricolo è già...



OBERTO Gianni, Presidente della Giunta Regionale

Non agricolo.



MENOZZI Stanislao

E' una premessa. Le aziende zootecniche con strutture e indirizzi agricoli hanno già una loro regolamentazione e ogni Comune, attraverso gli ufficiali sanitari (è cosa che si verifica frequentemente) può indurre il titolare dell'azienda a regolarizzare ciò che il suo allevamento richiede 2) la definizione "zoo-agricolo" dice tutto e niente, perché se parliamo di zootecnica facciamo un riferimento anche al suo significato etimologico; difatti la zootecnia, o tecnica degli animali, si basa sull'allevamento, sulla riproduzione e sull'utilizzazione degli animali domestici utili all'agricoltura. Dire solo "zoo", fermarsi lì, si presta ad un'interpretazione diversa da quella a cui si deve tendere 3) c'è il discorso degli impegni che questa legge comporta, con gli impianti di depurazione ai quali necessariamente fa ricorso e dei quali si sente notevolmente la mancanza. E' da anni che questo fatto si va denunciando e denunce non solo verbali sono venute ad accrescere le pratiche sui tavoli dei magistrati competenti, per cui c'è anche il fatto che bisogna salvare quelle aziende che hanno determinate caratteristiche: quelle a strutture e ad indirizzi agricoli 4) quando la magistratura ha potuto muoversi, tra uno dei primi arrestati c'è stato un produttore zootecnico, niente po' po' di meno che il Presidente nazionale dell'AIA (Associazione Italiana Allevatori) il quale proprio per mancanza di chiarezza circa il tipo e la caratteristica dell'allevamento, è stato coinvolto nel vortice di quelle denunce che in Lombardia avevano raggiunto dimensioni veramente notevoli; è poi stato prosciolto perché ha potuto dimostrare che la sua azienda era rispondente alla legge preesistente per le aziende zootecniche ad indirizzo agricolo.
Qui manca una regolamentazione per le aziende zootecniche a strutture e ad indirizzi non agricoli e cioè per quelle industriali. Ecco lo spirito dell'emendamento. E' indubbio che l'emendamento non chiarisce il tutto, ma siccome ad ogni legge deve far seguito una normativa, disposizioni attuative (e non invidio l'Assessore perché sarà molto più difficile estendere le disposizioni attuative di quanto non sia stato il presentare il disegno di legge) questo emendamento, che reputiamo abbia un suo significato, dovrà essere meglio chiarito in sede delle citate disposizioni.



PRESIDENTE

Ha ancora chiesto di parlare il Consigliere Zanone.



ZANONE Valerio

Ringrazio il Presidente che con qualche interpretazione liberale del regolamento del Consiglio dà due volte la parola sullo stesso argomento.
Adesso comprendo meglio l'intenzione dei presentatori di questo emendamento e la condivido, ma mi pare che, tutto sommato, la loro preoccupazione abbia meno ragione di consistere perché in fin dei conti il principio richiamato poco fa dal Consigliere Chiabrando, è stato tradotto nella legge 32; la quale, non a caso, nel primo articolo, vieta gli scarichi liquidi provenienti dalle attività zoo-agricole nel suolo e nel sottosuolo, nel caso in cui possa derivarne pericolo di inquinamento.
Quindi, per quegli allevamenti agricoli che non producono inquinamento non c'è obbligo di pretrattamento e a maggior ragione non c'è nessuna necessità di immettere gli scarichi nelle fognature. Mi chiedo, fra l'altro, quanti siano gli allevamenti agricoli allacciati con una fognatura e con un impianto di depurazione; credo che questo caso sia piuttosto infrequente.
Penso quindi che anche mantenendo il testo così, com'è, il fatto che un allevatore agricoltore ricada nell'applicazione di questa legge sia un caso piuttosto improbabile. E sarei per mantenere il testo così com'è non per una ragione di interesse categoriale di nessun genere, ma soltanto per mantenere quella coerenza fra la legge 32 e quella che stiamo votando, che pure va a mio avviso mantenuta trattandosi di due provvedimenti strettamente coordinati. Diversamente noi introduciamo una distinzione che non era nella legge precedente.



PRESIDENTE

Vorrei chiarire che ho dato ancora la parola perché vi è stato un emendamento all'emendamento, un'aggiunta che lei non conosceva prima, l'ha conosciuta successivamente, quindi non è una violazione regolamentare perché vi è stato un successivo emendamento.
La parola al Consigliere Bianchi.



BIANCHI Adriano

L'intervento del Consigliere Chiabrando e le ulteriori valutazioni fanno ritenere che ci siano solo delle preoccupazioni più di interpretazione nella fase di applicazione che non relative al testo.
Pertanto penso che si potrebbe risolvere il problema lasciando il primo comma nella sua dizione attuale ed inserendo, quasi un inciso, quasi con finalità interpretative, una dizione che adesso leggo e che vale ad escludere comunque quelle aziende che già sarebbero escluse per ragioni di fatto, per ragioni di disciplina vigente.
Al secondo comma proporrei di aggiungere: "La misura del concorso (dal quale sono comunque escluse le aziende agricole ad indirizzo zootecnico previste e disciplinate dalla legge regionale n. 17 del 2.7.1974) di cui ecc.".
Con questo inciso si identificano le aziende ad indirizzo zootecnico che sono comunque escluse, sapendo che sono già di fatto nella loro quasi totalità certamente, naturalmente escluse, ma evitando conflitti interpretazioni, timori anche da parte di destinatari di essere un anno o l'altro soggetti a degli oneri sproporzionati.
Il penultimo comma dovrebbe quindi suonare: "La misura del concorso (dal quale sono comunque escluse le aziende agricole ad indirizzo zootecnico previste e disciplinate dalla legge regionale n. 17 del 2.7.1974)" che sono quelle aziende nelle quali l'allevamento del bestiame comporta proporzione tra terreno disponibile foraggi disponibili ecc. quindi sicuramente zootecniche, che sono condotte dai coltivatori, dagli agricoltori. In questi modo tutti gli allevamenti di bestiame, sia bovino, sia suino, polli, ecc. che non hanno quella natura e quella struttura che abbiamo descritto, sicuramente invece sono soggetti ai contributi.



PRESIDENTE

Vuole formalizzarlo?



BIANCHI Adriano

Sì, glielo porto firmato.



PRESIDENTE

La parola all'Assessore Fonio.



FONIO Mario, Assessore alla tutela dell'ambiente ed uso delle acque

Indubbiamente il problema è delicato e ce ne siamo occupati in tutta questa fase in cui stiamo formalizzando le norme di applicazione della legge n. 32, oltre che la definizione di quella che oggi abbiamo in discussione.
Sono stati toccati molti argomenti, molte cose che avevo da dire sono state anticipate nei loro primi interventi dai Consiglieri Bianchi e Zanone, tuttavia (ed è l'Assessore all'Ecologia che parla) secondo me era valido quanto avevo già detto nella mia replica: ci sono dei nodi da sciogliere che sono indubbiamente delicati e giustamente il Consigliere Menozzi ha detto che non è facile. Io l'avevo detto esplicitamente, bisogna abituarci a fare le leggi, specialmente leggi come queste che sono le prime in materia. Ed è proprio nell'ambito dello studio dei regolamenti che noi ritenevamo si potesse risolvere il problema. Io esprimo soltanto queste perplessità: in un certo senso - e il Consigliere Zanone l'ha già ricordato la legge n. 32 prevede solo i casi di inquinamento; il Consigliere Menozzi dice che in base a questa legge devono fare degli impianti, ecc.: questa legge non prevede nessun impianto, prevede soltanto che chi scarica determinate materie inquinanti ricade nell'applicazione della legge.
La mia perplessità nell'introdurre l'emendamento (come sempre ponderato e molto concreto) del Consigliere Bianchi, deriva non tanto per mantenerci fedeli alla terminologia usata per la legge 32, sarebbe un aspetto troppo formale, ma è chiaro che se non si verificano casi di inquinamento, se scarico non c'è la legge non opera.
Io non direi, sotto il profilo strettamente ecologico, che è quello che preoccupa chi è preposto a questo problema, di fare aprioristicamente una distinzione nel senso che eventuali aziende zoo-agricole impostate secondo la legge che proviene dall'Assessorato all'Agricoltura, non possono provocare degli inquinamenti. Il criterio dettato dalle leggi che vengono dall'Assessorato all'Agricoltura è ai fini di determinati finanziamenti, il carico di bestiame in rapporto alla quantità di terreno, ma ai fini del problema ecologico deve preoccuparci se c'è o se non c'è inquinamento poiché se venisse un inquinamento da una azienda zoo-agricola, cioè non da un'azienda industriale, la legge in tal caso sarebbe vanificata. Mi sembra perciò che sia meglio mantenerci in termini più vasti in cui può essere compreso tutto, anche il troppo, anche se poi questo troppo non lo vogliamo. Già con le circolari e con i regolamenti cerchiamo di definire in senso positivo la categoria agricola per togliere ogni preoccupazione, non in senso restrittivo, ma se l'inquinamento si produce e non si pu intervenire mi sembra in contrasto con lo spirito di tutte le cose che stiamo impostando.
Dobbiamo abituarci a fare i regolamenti alle leggi ed è quello che stiamo facendo, cercando di specificare tutte queste cose. Anche nella riunione che abbiamo avuto con i Presidenti delle Province e con i laboratori provinciali di igiene abbiamo già specificato queste cose e sarà la risposta che daremo al Consigliere Menozzi con l'intesa che non si vuole certo fare di ogni erba un fascio o addirittura commettere delle ingiustizie. Dove non esistono pericoli di inquinamenti, dove non esistono scarichi, le leggi sono inoperanti, però se ne esistessero sarebbero inoperanti verso quel tipo di azienda.



BIANCHI Adriano

E' solo un eventuale esonero finanziario, non sono sottratte alla disciplina.



PRESIDENTE

La parola al Consigliere Dotti.



DOTTI Augusto

Se l'emendamento Bianchi volesse dire che aziende normali agricole possono scaricare e non essere costrette a contribuire alle spese, io sarei d'accordo, ma questo emendamento è in senso migliorativo. L'agricoltura ha sempre vissuto senza particolari scarichi nei quali si poteva anche individuare, se ci fossero stati, dei miglioramenti per quel che riguarda non dico l'inquinamento, ma la gradevolezza del vivere in campagna, perch tutti noi sappiamo che in campagna ci sono delle acque stagnanti che potrebbero anche essere scaricate, che di per sé stesse non sono inquinanti, ma mandano dei cattivi odori. Se effettivamente si vuole sollevare l'agricoltura media a carattere strettamente agricolo, non industriale, da un carico che per poco che sia, è comunque oneroso l'emendamento Bianchi mi pare perfettamente rispondente, sarebbe una novità il facilitare comunque lo scarico migliorando l'ambiente, senza dover considerare sottoposte ad un onere, le aziende agricole normali.
L'emendamento Bianchi vuol dire questo, trova certamente il consenso da parte di tutti gli agricoltori, ma non che chi non scarica non paga, chi comunque scarica deve pagare.



FONIO Mario, Assessore alla tutela dell'ambiente ed uso delle acque

In relazione al carico di inquinamento prodotto...



DOTTI Augusto

Ma l'inquinamento è una cosa così sottile che si perde, da un grave inquinamento ad un inquinamento di disturbo per esempio soltanto all'olfatto, quello non è un vero inquinamento, però può essere utile che comunque si scarichi, se c'è la possibilità di farlo, la grande differenza è solamente lì, permettiamo alle normali e medie aziende agricole, qualora abbiano la possibilità, di scaricare detriti, liquami che non sono di per sé stessi inquinanti, ma sono sgradevoli. Se l'emendamento Bianchi vuol dire potersi immettere negli scarichi senza un onere credo che siamo tutti d'accordo.



PRESIDENTE

La parola al Consigliere Zanone.



ZANONE Valerio

Sono d'accordo con le dichiarazioni dell'Assessore perché l'emendamento Bianchi, se esclude dal concorso le aziende agricole di cui alla legge regionale sulla zootecnia, viene di fatto ad escludere tutte quelle aziende le quali abbiano una capacità produttiva del 60%, o 40%, a seconda dei territori, del fabbisogno alimentare del bestiame. Non mi pare che questo parametro di carattere economico debba essere richiamato per una questione di questo genere. E' vero che anche qui noi le escludiamo da un onere economico e quindi diamo un incentivo ulteriore ad un certo tipo di allevatori zootecnici, ma è anche vero che, come ha ricordato il Consigliere Bianchi, abbiamo già fatto una legge per questo, che è la legge regionale sulla zootecnia ; la quale, fra l'altro, prevede dei contributi per le strutture zootecniche, ivi compresi gli approvvigionamenti idrici e tutti gli impianti che servono per fare degli allevamenti zootecnici moderni.



PRESIDENTE

La parola all'Assessore Fonio.



FONIO Mario, Assessore alla tutela dell'ambiente ed uso delle acque

Io ho espresso a titolo personale, di Assessorato, le perplessità comunque penso sia il caso di fare una sospensione di cinque minuti perch ci sia una posizione precisa della Giunta. Ho già rivolto un invito al Presidente in tal senso.



PRESIDENTE

Essendo ormai le 13, se il Consiglio non ha difficoltà potremmo aggiornare alle 15,30 la seduta, così può essere risolto questo problema che io reputo molto importante.
La seduta è tolta.



(La seduta è tolta alle ore 13)



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