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Dettaglio seduta n.280 del 16/01/75 - Legislatura n. I - Sedute dal 6 giugno 1970 al 15 giugno 1975

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Argomento:


PRESIDENZA DEL PRESIDENTE VIGLIONE


Argomento:

Ordine del giorno della seduta


PRESIDENTE

La seduta è aperta. L'ordine del giorno reca: Interpellanze ed interrogazioni Comunicazioni del Presidente Esame deliberazione Giunta regionale relativa all'istituzione del Comitato regionale di coordinamento dell'attività degli Enti mutualistici dei lavoratori autonomi e dipendenti con la programmazione regionale e con l'attività degli Enti ospedalieri Esame disegno di legge n. 181: "Disposizioni per l'elaborazione dei piani pluriennali di sviluppo economico-sociale delle Comunità montane" Istituzione Commissione tecnica regionale (art. 6, L.R. 8/11/1974 n.
32): designazione di 5 esperti nelle materie chimiche o biologiche o di medicina igienistica o di ingegneria.
Si era già convenuto nella riunione di mar- tedi il rinvio del punto n.
3; quindi, l'esame è portato al disegno di legge n. 181 e alla istituzione della Commissione tecnica regionale.


Argomento:

Ordine del giorno della seduta

Argomento:

Interpellanze ed interrogazioni


PRESIDENTE

Passiamo ora al punto primo dell'o.d.g.: "Interpellanze ed interrogazioni".


Argomento: Norme generali sui trasporti

Interpellanza del Consigliere Sanlorenzo, sull'intensificazione e miglioramento del servizio sulle linee ferroviarie Novara-Varallo e Novara Borgomanero-Domodossola


PRESIDENTE

Interpellanza del Consigliere Sanlorenzo letta in Consiglio il 23 dicembre 1974 sull'intensificazione e miglioramento del servizio sulle linee ferroviarie Novara-Varallo e Novara-Borgomanero-Domodossola.



GANDOLFI Aldo, Assessore ai trasporti e alle comunicazioni

Sono in grado di assicurare all' interpellante che la Giunta ha preso atto di quanto egli ha esposto, e, rendendosi conto della gravità del problema e soprattutto del disagio che deriva dalle difficoltà di comunicazione fra Novara e Varallo e Novara e Domodossola, ha già fissato per la prossima settimana una riunione con le FF.SS. e con gli utenti e i rappresentanti degli Enti locali per vedere se sia possibile, quanto meno sul piano degli orari, dare una risposta adeguata alle sollecitazioni che sono state portate.



SANLORENZO Dino

Sarà forse per il fatto che questa mattina, per la prima volta dopo quattro anni, il pendolare Consigliere Sanlorenzo ha trovato posto in una vettura calda, di tipo civile, in cui tutti i passeggeri avevano posto a sedere, in un convoglio partito e arrivato in orario, che io, oltre a dichiararmi soddisfatto per la risposta dell'Assessore, formulo l'auspicio che si riesca a fare in modo che ci sia un treno in più a disposizione delle centinaia e migliaia di lavoratori che da quattro anni viaggiano come le mucche nei vagoni che portano il bestiame all'ammasso.
Spero che la riunione della prossima settimana sia accuratamente preparata, e si riesca ad aggiungere un altro treno a questo che ho esperimentato e che funziona bene.



PRESIDENTE

L'interpellanza è discussa.


Argomento: Linee elettriche

Interpellanza del Consigliere Rossotto sulla possibile sospensione della somministrazione dell' energia elettrica. Notizie circa le possibilità di elettrofornitura, sui consumi e sui programmi esecutivi dell'Enel


PRESIDENTE

Interpellanza presentata dal Consigliere Rossotto, letta in Consiglio il 23 dicembre relativa alla possibile sospensione della somministrazione dell'energia elettrica.
Notizie circa le possibilità di elettrofornitura, sui consumi e sui programmi esecutivi dell'Enel.
Non può essere discussa data l'assenza del presentatore, Consigliere Rossotto.



OBERTO Gianni, Presidente della Giunta regionale

Poiché è la seconda volta che non può essere discussa per questo motivo, deve essere considerata decaduta.



PRESIDENTE

Interpellanza Revelli-Besate, letta in Consiglio il 23 dicembre '74 concernente la riduzione del 20 del finanziamento dei corsi normali di formazione professionale rispetto a quanto concordato dalla Commissione III con la Giunta regionale e deliberazione sul piano dei corsi agricoli senza la preventiva conoscenza della predetta Commissione.
Dovrebbe rispondere l'Assessore Borando, ma è assente, e d'altronde è assente dall'aula anche il Consigliere Besate, impegnato in una riunione in questo stesso palazzo. Lo accantoniamo.
Passiamo allora all'interrogazione presentata dai Consiglieri Rivalta e Berti, letta in Consiglio il 17 ottobre '74 sull'estensione anche nelle ore notturne del servizio di trasporto in incubatrice dei neonati sofferenti ai centri specializzati.
Anche questa interrogazione dev'essere accantonata, poiché non è presente l'Assessore Armella, competente a rispondere.


Argomento: Problemi del lavoro e della occupazione

Interrogazioni del Consigliere Carazzoni e del Consigliere Bono entrambe concernenti le iniziative per fronteggiare la difficile situazione occupazionale dell'Alto Novarese ulteriormente aggravata a seguito di licenziamenti di lavoratori frontalieri e stagionali da parte di industrie svizzere


PRESIDENTE

Interrogazione presentata dal Consigliere Carazzoni, letta in Consiglio il 27 novembre '74, ed interrogazione del Consigliere Bono, letta il 12 dicembre '74, relativamente alle iniziative per fronteggiare la difficile situazione occupazionale nell'Alto Novarese, ulteriormente aggravatasi a seguito di licenziamenti di lavoratori frontalieri e stagionali da parte di industrie svizzere.
Risponde il Presidente della Giunta, avv. Oberto.



OBERTO Gianni, Presidente della Giunta regionale

Quella che darò sarà una risposta in un certo senso interlocutoria ed un poco raffazzonata, in quanto l'Assessore al Lavoro ha in corso di approfondimento la disamina, e sta pertanto raccogliendo dati anche di natura statistica che possano agevolare per quanto possibile la soluzione di questo problema, sollevato dai due Consiglieri interroganti.
E' un problema delicatissimo quello dei frontalieri, cui ho fatto cenno nelle mie comunicazioni nella seduta precedente, che tocca in particolare Domodossola, la valle dell'Ossola e il Verbano, e preoccupa vivamente anche per le gravissime difficoltà del porvi rimedio. In base ai primi elementi raccolti, da 4 a 6 mila persone (il numero dev'essere ancora esattamente stabilito) con le loro famiglie vi sarebbero direttamente interessate. Ad aggravare la situazione, è il fatto che il frontalierato non è esercitato soltanto da cittadini nativi della Valle dell' Ossola e del Verbano, oltre che ivi abitanti, ma anche, in una buona percentuale, da lavoratori del Sud trasferitisi in queste vallate con il fine precipuo di diventare frontalieri. Se il frontaliere originario di Domodossola, della Valle d'Ossola, del Verbano, può, in una certa misura, come numero e come qualità di impiego, trovare localmente un certo rimedio alla disoccupazione che deriverebbe, per tutti gli altri non vi sarebbe assolutamente alcun'altra possibilità di guadagnarsi di che vivere in loco.
Questa questione, che sono personalmente lieto che i due Consiglieri abbiano sollevato, formerà oggetto di uno studio e di una comunicazione specifica alla Conferenza sull'emigrazione che si svolgerà a Roma verso la fine di febbraio o gli primi di marzo, in cui sottolineeremo che ci sono degli aspetti che riguardano la vita regionale e pertanto la possibilità di un intervento regionale, ma rileveremo altresì che il problema investe valutazioni di carattere squisitamente nazionale, perché non interessa soltanto la Regione piemontese o soltanto la Regione lombarda recentemente ho avuto occasione di intrattenermi su questo argomento con il Presidente Golfari, e proprio in questi giorni al Consiglio regionale lombardo si svolge la discussione in proposito - ma interessa due Nazioni la Svizzera da una parte, l'Italia dall'altra, e quindi è molto complesso.
Che cosa si propone di fare la Regione, oltre a questa iniziativa di studio che è indispensabile per conoscere bene la questione (probabilmente anche attraverso le dichiarazioni di soddisfazione o meno che i Consiglieri vorranno dare alla mia risposta conosceremo altri elementi, che arricchiranno il quadro di quelle ricerche che andiamo facendo)? Non v'e dubbio che il problema ha una grossa complessità. C'è intanto per esempio, la questione che riguarda l'assistenza ospedaliera a queste persone, e non possiamo non tenerlo presente proprio in un momento in cui gli ospedali vengono fatti cadere sulle spalle della Regione, nel momento in cui questi lavoratori, licenziati finora in minima parte ma licenziabili, stando alle prospettive, in misura anche molto importante necessitano di una certezza di questa assistenza ospedaliera, sanitaria e farmaceutica, e questo argomento è allo studio della Regione, che naturalmente deve prendere contatti anche con altri organismi, come l'INAM ed altri enti che si interessano del problema.
Vi è poi il problema dell'assistenza a questi frontalieri sotto il profilo dell'intervento relativo a sussidi per aiutarli ad affrontare il periodo di disoccupazione. Vi è il problema della istituzione di cantieri scuola nell'Alto Novarese, e il problema riguarda l'Assessore ai lavori pubblici, che evidentemente dovrà tener presente questa situazione, perch nella scelta delle poche cose che possono esser fatte si dia preminenza all'impostazione in quella direzione. E sotto il profilo più vasto c'è la disamina, lo studio per la creazione di un piano di emergenza per il 1975 atto a fronteggiare i problemi posti dai licenziamenti degli emigranti di tutta Europa.
C'è poi un problema di natura fiscale che ha pure la sua rilevanza. C'è stato un accordo, nell'ottobre scorso, fra Italia e Svizzera, che deve ancora essere ratificato: la Regione farà quanto possibile presso gli organi governativi perché la cosa vada al più presto in porto.
In rapporto ad un altro aspetto contingente la Regione può forse ancora più che non per gli altri dire la sua, ed è la sollecitazione dell' attuazione degli investimenti della Montefibre a Mergozzo e della SIR Rumianca nell'Ossola, secondo impegni già in precedenza presi. A respiro più ampio vi è la elaborazione di un piano di forestazione e di provvedimenti per l'agricoltura, per alleggerire il peso a coloro che sono vittime di questa attività del frontalierato, e cercare così con qualche altro rimedio, che può essere quello del potenziamento della viabilità, del miglioramento del sistema stradale, in questo momento abbastanza disagevole, tenendo peraltro presente - e qui la scelta sarà difficile che vi sono, per quanto attiene all'autostrada, che potrebbe recepire un certo numero di lavoratori, eccezioni di carattere socio-politico che probabilmente non consentiranno di portare avanti il discorso in questa direzione.
Vi è sì il problema del potenziamento dello scalo ferroviario di Domodossola, e anche questo è un argomento che a livello nazionale cercheremo di portare innanzi, e infine iniziative di carattere turistico atte ad assorbire una parte almeno di questi frontalieri che si trovassero nella situazione di disagio che è enunciata e denunciata da parte degli interroganti.
Ad essi, peraltro avvertendoli che ho consapevolezza di aver dato una risposta soltanto approssimativa, che andrà approfondita ulteriormente nel quadro regionale e nel quadro nazionale, desidero fornire ampia assicurazione che il problema verrà seguito con attenzione della Regione la quale si impegna anche in questo settore con tutte le sue possibilità e le sue forze.



PRESIDENTE

La parola al Consigliere Carazzoni.



CARAZZONI Nino

Signor Presidente, la ringrazio per la sua risposta e preciso che non ho motivo di nasconderle la mia soddisfazione per quanto è stato detto almeno nella parte iniziale, circa l'affermata buona volontà della Regione di farsi onere e carico di questo problema che se era apparso con una certa urgenza e drammaticità allorquando ho presentato la mia interrogazione senza dubbio da allora è andato ulteriormente aggravandosi.
E' esatto - concordo con questa sua valutazione - che la questione dei frontalieri dell' Ossola e del Verbano si inquadra nel problema più vasto dei lavoratori italiani costretti all' emigrazione ed oggi, dalla contingenza di tipo internazionale, costretti a rientrare in Patria; ma mi si consenta di aggiungere che la vicenda dei frontalieri rende veramente preoccupante la ormai disastrosa situazione industriale ed occupazionale dell'Alto Novarese.
Io vorrei citare semplicemente qualche dato - frutto di un'indagine condotta tra le aziende del Verbano-Cusio-Ossola - e che prende in considerazione un periodo che va da fine agosto ai nostri giorni: nel periodo fine agosto - 15 settembre 1974 l'esito dell'analisi ha dato una situazione di stagnazione, occupazione di manodopera in stasi ordini di lavoro sul mercato interno con qualche eccedenza e una discreta tenuta sul mercato estero, quasi nulle le previsioni sul ricorso alla cassa integrazione. In complesso, diceva l'analisi, indicazioni non improntate ad un eccessivo pessimismo da quel momento la situazione occupazionale dell'Alto Novarese è caduta in verticale perché già nel mese successivo (15 settembre - 15 ottobre) l'esito dell'analisi ha dato sintomi di erosione: le indicazioni di tutti i settori sono allineate in un accentuato pessimismo 15 ottobre - 15 novembre: sintomi di crisi vanno delineandosi in modo sempre più evidente; 15 novembre - 15 dicembre: si nota una caduta quasi vertiginosa nell'afflusso di ordini di lavoro tanto per quanto riguarda il mercato interno che per quanto riguarda il mercato estero. La generalità delle aziende segnala un calo di ordini di circa il 70% rispetto al periodo novembre - dicembre 1973, in alcuni casi si hanno punte di discesa dell' 80 si hanno segnalazioni di interi settori che vendono non più del 10 % di quanto producono. I livelli di stoccaggio di quasi tutte le aziende, anche del comparto metalmeccanico, hanno superato livelli prudenziali o normali.
Ragioni di opportunità e di prestigio fino a questo momento hanno consigliato di non fare ancora ricorso massiccio alla cassa integrazione infine: 15 dicembre 1974 - 15 gennaio 1975. Purtroppo gli argini si sono rotti e già qualche piccola o media azienda fa ricorso alla cassa integrazione, così fatalmente provocando una reazione a catena che vedrà nei giorni prossimi una esplosione di fondatissime preoccupazioni in tutta la zona dell'Alto Novarese.
In questo quadro si inserisce il problema dei frontalieri e cade quella che io devo interpretare come una sua speranza o un suo auspicio, e cioè che taluni di questi frontalieri, originari della zona, abbiano a trovare alla disoccupazione un rimedio locale. Il rimedio non potrà essere trovato perché in questo momento l'Alto Novarese non è più, come ormai da anni, una zona di disinvestimento industriale, ma è ormai una zona di completa paralisi industriale.
In questa situazione le sue affermazioni che la Regione abbia ad intervenire con funzioni di stimolo nei confronti del Governo nazionale sono senza dubbio accettabili, così come sono accettabili gli impegni che sia pure ancora a livello di studio, la Regione, per sua bocca, dichiara di volere prendere a favore dell'assistenza ospedaliera sanitaria e farmaceutica, dando assicurazione di un sussidio di disoccupazione a questi lavoratori. Posso solo auspicare che la fase di studio non sia protratta a lungo nel tempo perché evidentemente il problema si pone con carattere di estrema urgenza.
Sono - e lo dico con chiarezza - meno soddisfatto invece della parte seconda della sua risposta perché lei ha fatto cenno ad una serie di problemi che purtroppo sono destinati forse a coltivare solo più delle illusioni, o a provocare nuove delusioni, a una popolazione che di queste cose da anni sente parlare senza che mai si sia giunti ad alcuna concreta soluzione. Lei ha citato, tra l'altro, la necessità di un intervento perch la Montedison dia corso agli impegni assunti. Io approfitto dell'occasione per richiamare l'attenzione sua, quella dell'Assessore al Lavoro e della Giunta sulle notizie gravissime che proprio stamane sono apparse sulla stampa e relative ad un colloquio tra il Presidente della Montedison Eugenio Cefis e il Ministro dell'Industria Donat-Cattin. Nel corso di questo incontro - se le notizie sono vere, ed io mi auguro che la Regione voglia accertarlo - sarebbe stato detto che in conseguenza di mancati interventi pubblici, la Montedison non è più in grado di fare fronte agli impegni assunti per Mergozzo ed ha introdotto l'altro grave motivo di preoccupazione circa una nuova minaccia di ricorso alla cassa integrazione soprattutto nel settore fibre e tessili che verrebbe a colpire oltre settemila lavoratori del Piemonte e che provocherebbe conseguenze pesantissime nei confronti delle popolazioni dell'Alto Novarese. Ed allora come si può dire a una popolazione che è disperata, che giorno dopo giorno si trova ad affrontare situazioni drammatiche e pesanti, che confidiamo nell'intervento della Montedison, che attendiamo la costruzione dell'autostrada, che facciamo cantieri di lavoro per la sistemazione delle strade? Io credo che occorra un impegno magari più ristretto, magari anche più ad personam, ma certamente preso con urgenza, con decisione, perché penso che sia veramente tempo che ai lavoratori ed alla popolazione in genere dell' Alto Novarese sia dato un motivo almeno di conforto, di speranza, di fiducia nella necessità di una sopravvivenza che è diventata per tutti un problema di fondo difficilmente superabile.



PRESIDENTE

Ha chiesto di parlare il Consigliere Bono, altro interrogante, ne ha facoltà.



BONO Sereno

Signor Presidente, prendo atto della sua dichiarazione che si tratta di una risposta interlocutoria e che il problema merita maggiore approfondimento, però mi pare che, proprio per la gravità dei fatti, questo maggiore approfondimento debba essere realizzato in termini brevissimi brucianti perché ci troviamo realmente di fronte ad un problema che investe 5/6000 lavoratori nell'Alto Novarese zona che, come lei ha già ricordato, è di vasto disinvestimento industriale. Di questi 5/6000 lavoratori la maggior parte sono stati costretti ad andare a lavorare all'estero non per libera scelta, ma perché non trovavano lavoro nella loro città; bisogna anche tenere presente che una buona parte dei 5/6000 è costituita da uomini partiti dal sud per trovare un posto di lavoro nelle industrie di fondo valle e non avendolo trovato sono stati costretti ad andare a lavorare in Svizzera. Quindi c'è una doppia emigrazione per questa gente: lo spostamento dal loro paese nel Novarese e un successivo spostamento in Svizzera.
Il problema è di una gravità enorme perché investe i lavoratori frontalieri e quelli stagionali, non sicuri di avere il rinnovo del contratto (in modo particolare gli edili).
Non dobbiamo poi dimenticare che proprio da questi lavoratori costretti a lavorare all'estero l'Italia ne ha sempre tratto profitto in quanto assieme a quella del turismo, l'entrata proveniente dalle rimesse dei lavoratori emigrati è una delle poche voci attive della nostra bilancia commerciale.
La sua risposta, signor Presidente, pur considerandone il carattere interlocutorio, non è soddisfacente; non è sufficiente l'impegno di intervenire unitariamente alla Regione Lombardia nei confronti del Governo affinché il rapporto a livello di Stati sia diverso e perché la stabilità del rapporto di lavoro e della uguaglianza dei lavoratori italiani e stranieri con i lavoratori svizzeri sia garantita in modo più efficace che nel passato, la discriminazione è stata ancora molto forte e l'umiliazione in molti casi notevole; come non vi è un impegno, me lo permetta signor Presidente, almeno io non l' ho recepito, per quanto si riferisce agli interventi che chiedevamo con la nostra interrogazione, come Gruppo comunista, al fine di garantire loro un posto di lavoro in patria.
L'istituzione di cantieri-scuola o il rimboschimento non sono problemi che possano essere accolti come elementi che ci aiutino a superare un fenomeno di questa gravità e dimensione, il ricordo dei cantieri-scuola è talmente tragico che non so neanche se sia di eccessivo buon gusto - me lo consenta signor Presidente - di fronte alla tragedia di tante famiglie richiamare questa possibilità come alternativa al posto di lavoro sicuro.
Per quanto riguarda il mantenimento delle strutture industriali esistenti ed il loro ripotenziamento, lei giustamente ha detto che la Regione è intenzionata ad intervenire sollecitamente sul Governo e sulla Montefibre perché siano realizzati tempestivamente gli investimenti per la ristrutturazione, che interessano la Montefibre e lo stabilimento Rumianca.
Però questa mattina, come è già stato ricordato, abbiamo appreso dai giornali che il Governo si è assunto la gravissima responsabilità di mettere in forse (se le cose stanno come riporta il giornale) questa speranza, questa possibilità. Dico gravissima responsabilità perché mentre il CIPE non ha mai assunto una decisione in merito, che invece si era impegnato ad assumere, la decisione è stata presa in senso contrario favorendo, si dice, nell'articolo, un'iniziativa alternativa per le stesse produzioni da parte di altre imprese.



BORANDO Carlo, Assessore

Nel Meridione.



BONO Sereno

Nossignore, non è nel Meridione, è nell'alta Italia.



BORANDO Carlo, Assessore

A Forlì.



BONO Sereno

Il discorso va quindi affrontato con serietà e non con lo spirito razzista o campanilista che si vuole insinuare sempre quando si parla di intervenire per riequilibrare l'economia del nostro Paese. Qui i giochi sono ben più grandi e pericolosi ed il Partito al quale lei appartiene copre larghe responsabilità, geom. Borando, me lo consenta. Io non so fino a quale punto c'entri tutta la discussione e la battaglia che si sta scatenando da parte del mondo imprenditoriale nei confronti della direzione Montefibre, con la ritardata convocazione del Comitato di controllo della Montedison; se vi sono delle battaglie interne, se vi sono delle manovre oscure bisogna smascherarle, ma non si può lasciare migliaia di lavoratori nell'orgasmo e nelle condizioni in cui fino ad oggi sono stati lasciati. Se si vuole che migliaia di lavoratori si riversino sulle piazze con tutta l'ira che hanno accumulato tirate ancora un po' la corda e vedrete quel che succederà.
Scusate lo sfogo, ma è un problema sul quale troppi giocano e scherzano senza rendersi conto che giocano sulla pelle di migliaia di lavoratori interessati.
Quindi dichiaro la mia insoddisfazione perché le argomentazioni che lei ha portato a sostegno dell'intervento della Regione se non sono sostanziate da impegni precisi non possono dare garanzie.
Mi auguro che l'interlocutorietà della risposta sia sciolta il più rapidamente possibile e che si possa avere una risposta precisa perché i problemi vanno avanti indipendentemente dagli studi che facciamo indipendentemente dalla nostra volontà; se vogliamo arginarli dobbiamo intervenire tempestivamente e con delle azioni concrete.



OBERTO Gianni, Presidente della Giunta regionale

In verità anch'io non sono soddisfatto della sua insoddisfazione perch questo argomento è stato portato all'attenzione del Consiglio prima ancora che ci fossero delle interrogazioni o interpellanze, il che sta a dimostrare che la Regione Piemonte è vigile in tutte le direzioni.



BONO Sereno

La questione è stata portata all'attenzione del Consiglio nell'ultima seduta e le interpellanze risalgono al mese di novembre.



OBERTO Gianni, Presidente della Giunta regionale

Anche prima ci siamo occupati di questo problema.
Ad ogni modo, insoddisfatto per insoddisfatto.


Argomento: Trasporti e comunicazioni: argomenti non sopra specificati

Interpellanza dei Consiglieri Bono, Besate e Fabbris in merito al crollo del ponte ferroviario sul torrente Cervo


PRESIDENTE

Interpellanza dei Consiglieri Bono Besate Fabbris relativa al crollo del ponte ferroviario sul torrente Cervo.
Risponde l'Assessore Gandolfi.



GANDOLFI Aldo, Assessore ai trasporti e alle comunicazioni

Sono in grado di assicurare ai presentatori che la Giunta regionale ha già fatto gli opportuni passi per sottolineare alla direzione generale delle FF.SS. non solo la gravità dell'incidente e quindi la necessità di provvedimenti che garantiscano una maggiore attenzione e prevenzione, ma anche la richiesta che vengano date assicurazioni perché al più presto si dia inizio ai lavori di ripristino del collegamento ferroviario.
Comunque nel quadro complessivo dei problemi di comunicazione della zona sono in grado di anticipare che la Giunta regionale ha pronto (e non appena potrà essere esaminata dalla Giunta nella sua collegialità sarà trasmesso al Consiglio) un progetto di ammodernamento del complesso delle linee ferroviarie che interessano il Biellese ed il Novarese, tra cui comprendiamo anche la ferrovia Arona-Santhià che è uno studio sul quale ci proponiamo di aprire un discorso con la direzione generale delle FF.SS. e avanzare una richiesta precisa di intervento che vada ben al di là del ripristino della linea, ma faccia di questa e di altre linee un sistema di trasporto di una certa efficienza, al servizio di ipotesi di equilibramento territoriale piemontese e di sostegno a esigenze di mobilità e alle attività produttive della zona. In questo quadro più generale saremo in grado di dare una risposta precisa e puntuale ed iniziare una azione politica di un certo rilievo.



PRESIDENTE

La parola al Consigliere Bono.



BONO Sereno

Noi abbiamo sollevato un problema che fortunatamente si è risolto con qualche lieve ferita, però c'è un fatto, quello accaduto, che avrebbe anche potuto risolversi con un gravissimo disastro. Il crollo di un ponte mentre passa un'automotrice è un fatto di una gravità estrema che non può passare sotto silenzio. Necessita che si indaghi per individuare le responsabilità specifiche. Ci sono degli organi preposti al controllo degli impianti e delle strutture di servizio pubblico (e tra queste vi sono anche i ponti) che devono esercitare con diligenza la loro attività. Purtroppo in Italia di tanto in tanto avvengono di crolli ma le responsabilità non vengono mai individuate, gli uffici non riescono mai a dare una spiegazione precisa del perché si sono verificate certe cose.
Da questo punto di vista sollecito vivamente l'Assessore ad accertare se i controlli sono stati e vengono effettuati con quella periodicità che la situazione richiede e che la legge, penso, imponga, tanto più che qui si tratta di un manufatto sul quale veniva esercitato un servizio pubblico di rilevante importanza e che da fatti del genere lo stesso servizio pubblico viene messo in discussione perché non dà quel grado di sicurezza che dovrebbe dare.
Noi prendiamo atto che vi è nell'animo della Giunta l'approntamento di progetti per l'ammodernamento di alcuni trasporti ferroviari "minori" che interessano la viabilità regionale, però ci pare che dovrebbero esserci degli interventi più tempestivi per garantire il ripristino immediato o il più rapidamente possibile della linea in quanto ci sono numerosi cittadini provenienti dall'Alto Novarese, sulla linea Domodossola-Arona-Santhià che sono costretti a dirottare verso Novara per venire a Torino; sono lavoratori sottoposti a dei continui disagi e perciò è necessario che in periodo di tempo molto breve il problema sia risolto.


Argomento: Formazione professionale

Interpellanza dei Consiglieri Revelli-Besate sulla riduzione del 20 % del finanziamento dei corsi normali di formazione professionale rispetto a quanto concordato dalla Commissione III con la Giunta regionale e deliberazione sul piano dei corsi agricoli senza la preventiva conoscenza della predetta Commissione


PRESIDENTE

Interrogazione dei Consiglieri Besate e Revelli sulla riduzione del 20 del finanziamento dei corsi normali di formazione professionale rispetto a quanto concordato dalla III Commissione con la Giunta regionale e deliberazione sul piano dei corsi agricoli senza la preventiva conoscenza della predetta Commissione.
Risponde l'Assessore Borando.



BORANDO Carlo, Assessore all'istruzione, formazione e qualificazione professionale

Signor Presidente, signori Consiglieri, in relazione all'interrogazione in oggetto, a nome della Giunta espongo quanto in appresso.
La notizia circa la riduzione del 20 % operata dalla Giunta regionale sui finanziamenti dei corsi di formazione professionale relativi all'attività 1974/1975, non risponde a verità, almeno alla verità relativa ad un piano predisposto e che nella sua quantità era stata comunicata alla Commissione, cioè un piano che oscillava intorno ai sette miliardi e mezzo otto miliardi. Ebbi a dare assicurazioni in tal senso anche alla III Commissione nella seduta del 31/12/1974 durante la quale sono state smentite le notizie di taglio operate dalla Giunta regionale ed ho confermato piuttosto che la Giunta regionale nella seduta del 24/12/1974 aveva approvato il finanziamento dei corsi di formazione professionale per l'attività 1974/75, così come proposto dall'Assessore sottoscritto e come presentato per l'esame alla III Commissione e che cumula sette miliardi e 700 milioni.
E' il caso di dire che la Regione Piemonte nel bilancio per l'anno 1975 affronta, nel settore della formazione professionale, un impegno notevole integrando convenientemente il finanziamento ministeriale per far fronte alle esigenze formative della Regione.
Anche per quanto concerne il piano dei corsi agricoli devo dire che la notizia non risponde al vero, infatti la Giunta regionale non ha ancora adottato alcun atto deliberativo per il finanziamento dei corsi agricoli 1974/75 il cui piano sarà pronto fra qualche giorno e sarà mia cura sottoporlo all'esame della III Commissione.
Assicurazioni in tal senso avevo date al collega Besate, Presidente della III Commissione, nella seduta del 31 dicembre scorso, quindi la settimana ventura ci troviamo e ne parliamo.



PRESIDENTE

La parola al Consigliere Besate.



BESATE Piero

In effetti, tra la presentazione dell'interpellanza e la discussione della stessa in aula, è intervenuta una riunione di Commissione l'ultimo giorno dell'anno nel corso della quale l'Assessore Borando ha detto press'a poco le cose che ha detto qui. Ho ritenuto di doverla comunque fare discutere in aula per avere una conferma più ufficiale ma anche per sentire, per quanto concerne i corsi agricoli, a che punto è il piano e quando se ne potrà parlare (come stabilito dal Consiglio Regionale nel 1972, in assenza di una legge regionale che riordini tutta la materia della formazione professionale per la quale si spendono miliardi e miliardi da parte della Regione).
Siamo in presenza di iniziative, come quella dell'albo professionale agricolo, di richieste di corsi di formazione professionale per i guardacaccia e altre cose ma non c'è una legge che regolamenti una materia così importante, delicata e costosa nello stesso tempo. Non più tardi di stamane è stato distribuito un disegno di legge concernente la sistemazione del personale docente, non di ruolo, degli Enti regionali per la formazione professionale; questa materia, invece di essere regolamentata organicamente, viene trattata con provvedimenti legislativi, con leggine con provvedimenti amministrativi che lasciano le cose come stanno.
Ma al di là di tutta l'argomentazione sul caso specifico, è giunto il momento di risolvere il problema al più presto possibile, senza di che ci troveremo a fare delle interrogazioni, interpellanze o riunioni di Commissione attorno a una materia così sfuggente che per mille rivoli disperde una decina e forse anche di più di miliardi del bilancio della Regione in spese correnti.


Argomento: Problemi del lavoro e della occupazione

Interpellanza dei Consiglieri Marchesotti-Raschio sui livelli di occupazione nell'Alessandrino, e precisamente alla Saiwa di Frugarolo, all' Ama ed alla Dellepiani di Tortona


PRESIDENTE

Interpellanza dei Consiglieri Marchesotti-Raschio: attacco ai livelli di occupazione ed ai salari nell'Alessandrino.
Risponde il Presidente della Giunta, avv. Oberto.



OBERTO Gianni, Presidente della Giunta regionale

Anche questa è una risposta parziale anche se impegnata, su quello che si intende fare e anche su quello che e già stato fatto personalmente da me e dall'Assessore Conti.
L'interpellanza, presentata con carattere di urgenza, si inserisce nel dialogo che questa mattina è stato portato innanzi, sia pure esorbitando dai termini della risposta del Presidente o dell'Assessore alle interrogazioni sul problema di carattere generale dell'occupazione in Piemonte.
Prendo lo spunto da questo per dire che questa mattina ho avuto occasione di ricevere (appena rientrato da Roma dove ho partecipato ai lavori della Commissione per la riforma dell' Amministrazione dello Stato) i rappresentanti sindacali regionali del Piemonte che mi hanno intrattenuto sul problema dei rapporti Fiat, lavoratori Fiat e Sindacati che li rappresentano. In risposta ad una loro richiesta, che era di adesione alla lettera scritta come Presidente della Regione di augurio per le trattative di offerta di collaborazione nei limiti delle cose che la Regione può fare oggi pomeriggio alle 15 avrò un incontro con il Presidente dell'Unione Industriale in maniera da portare innanzi il discorso, nei limiti delle nostre possibilità e competenze, anche in questa direzione.
E' indubbio che l'ambiente del lavoro in Piemonte è in questo momento in una situazione particolarmente delicata e preoccupante; la zona del Monregalese sollecita un intervento di retto; le zone del Vercellese e del Biellese hanno delle gravi situazioni di occupazione, l'Alessandrino viene alla ribalta oggi con questa interpellanza urgente che denuncia anche la un deterioramento del tessuto socio-economico del mondo del lavoro; Novara ha le sue preoccupazioni; di Asti ci siamo occupati nella seduta precedente e quindi possiamo veramente dire che la carta della Regione Piemonte, con l'indicazione dei posti di lavoro, dell'attività di lavoro porta un poco dappertutto ad uno stato di non tranquillità e non serenità nel guardarla.
L'Assessore al lavoro vigila su tutti questi problemi e vorrei fargli un elogio che è insieme un'amichevole e rispettosa istanza ad essere più bersagliere (non so se ha fatto il soldato e come l'abbia fatto), più rapido perché certi approfondimenti finiscono per indurre a dei ritardi nelle risposte che determinano dei solleciti costanti e continui essendo possibile rispondere tempestivamente e anche soltanto parzialmente, nei limiti delle cose che sono fattibili e possibili.
Ho detto, rispondendo a questa interpellanza, che la Regione non e stata con le mani in mano per alcune delle situazioni che vengono indicate: la Saiwa di Frugarolo, per esempio, è stato motivo dell'attenzione mia personale e dell'Assessore al lavoro; l'Ama è sotto vigile attenzione da parte nostra per vedere quali sono gli sviluppi di una crisi che è enunciata, ma che non è ancora manifestata e che sembra non dia ancora dei motivi di preoccupazione grave. E' un'attività che appartiene, come è scritto nella stessa interpellanza, al Gruppo Pacchetti che è praticamente il Gruppo ex Sindona; alla Montedison di Spinetta, per quanto ho potuto acquisire, non vi è una situazione di obiettiva preoccupazione, vi sono dei segnali di allarme che vengono tenuti in conto, osservati, seguiti. Si ha peraltro notizia di programmi di sviluppo, di ammodernamento, il che evidentemente contraddirebbe ad una situazione di crisi o per lo meno farebbe ritenere che si vogliono mantenere i livelli di occupazione, le retribuzioni.
Per la Savet invece il discorso è effettivamente delicato e difficile perché vi è la proposta di chiusura di questo stabilimento che fa parte di un grande complesso, la Saiwa. Questa azienda, che occupa da 30 a 40/50 persone (é una cifra già un pochino fluttuante) vorrebbe chiudere per incrementare il lavoro altrove, assicurando però il posto di lavoro.
E' certamente un problema molto grosso ed io condivido una delle affermazioni che è stata fatta qui che l'emigrazione anche interna deve essere un fatto volontario e non coatto, non costretto. Certo, ciascuno deve determinarsi se vuole lavorare a Genova piuttosto che ad Alessandria nella Valdossola o nel vicino Cantone, indubbiamente è un fatto di volontà ed allora l'emigrazione assume la sua caratteristica di scelta non imposta da una situazione cogente.
La questione della Saiwa è sotto controllo diretto (non da oggi) da parte dell'Assessore al lavoro Conti che l'ha seguita, oltre che da parte degli Enti locali (Comune e Provincia di Alessandria) che stanno facendo veramente il braccio di ferro nei confronti della dirigenza Saiwa per evitare questo trasferimento per il quale vengono avanzate, non ancora in termini definitivi e concreti, ma che debbono essere verificati, delle soluzioni alternative.
Dove il discorso diventa più amaro ancora è per il Cotonificio Dellepiane per il numero delle persone addette al lavoro (250 e forse più) è manodopera femminile di provenienza tortonese, alla quale si deve aggiungere un altro centinaio di donne che vengono da Novi Ligure, sono quindi due zone dell'Alessandrino dolorosamente toccate perché mi risulta che da alcuni mesi manca la corresponsione del salario. E' una situazione che non si deve esitare a definire grave. L'Assessore Conti l'ha seguita ha avuto degli incontri, ne ha sollecitati altri con interlocutori aziendali in maniera da poter esporre la situazione e insieme formulare e valutare delle proposte. Sono in corso delle iniziative dirette intanto ad ottenere il pagamento dei salari e degli stipendi arretrati.
L'interpellanza chiede al Presidente della Giunta se intenda o meno intraprendere un'iniziativa atta a coordinare e a sostenere, insieme con l'Amministrazione provinciale di Alessandria ed ai Comuni direttamente interessati, l' azione che i Sindacati e le forze politiche stanno portando avanti. La risposta è senz'altro sì per quanto mi riguarda personalmente ma soprattutto per quanto attiene all'impegno dell' Assessore al lavoro Conti vi sarà questa viva partecipazione alle iniziative locali al fine di sbloccare questo momento particolarmente difficile.



PRESIDENTE

La parola al Consigliere Marchesotti.



MARCHESOTTI Domenico

Credo sia giusto, come ha fatto il Presidente, mantenere la questione in via interlocutoria. Sono d'accordo quindi che si dovrà ancora parlarne in Consiglio regionale, approfondendo i vari aspetti. Probabilmente la Montedison arriverà ad una soluzione graduale, dico "probabilmente" conoscendo l' impegno della Montedison ad investire 29 miliardi circa a Spinetta Marengo, impegno del quale invito il Presidente e l'Assessore ad avere eventuale conferma, anche se i giornali degli ultimi giorni hanno dato notizie diverse, ma non sono probanti, occorrerà accertarsene.
L'intervento che noi chiediamo da parte della Giunta non è soltanto quello diretto a questa o a quell'altra fabbrica, noi chiediamo un intervento di carattere generale in particolare nel comprensorio dell'Alessandrino per portare avanti quegli obiettivi che il Consiglio regionale ha più volte sottolineato e sui quali le forze politiche, non solo dell'Alessandrino, sono impegnate.
Certo la posizione del Dellepiane e della Saiwa non è corretta ed io invito il Presidente della Giunta a respingerla decisamente soprattutto per sapere che cosa l'Unione industriale dell'Alessandrino, che cosa gli industriali, gli imprenditori intendono fare per affrontare concretamente il problema dell'occupazione.


Argomento:

Interpellanza dei Consiglieri Marchesotti-Raschio sui livelli di occupazione nell'Alessandrino, e precisamente alla Saiwa di Frugarolo, all' Ama ed alla Dellepiani di Tortona

Argomento:

Comunicazioni del Presidente


PRESIDENTE

Passiamo ora alle comunicazioni del Presidente.


Argomento:

Comunicazioni del Presidente

Argomento:

a) Congedi


PRESIDENTE

Sono in congedo i Consiglieri Garabello, Beltrami, Cardinali Debenedetti, Giovana, Nesi, Visone, Rossotto.


Argomento:

b) Presentazione ed assegnazione disegni di legge


PRESIDENTE

Presentazione ed assegnazione disegni di legge: n. 242 relativo a "Inquadramento nei ruoli regionali del personale docente con incarico a tempo determinato presso o centri di formazione professionale".
n. 243 relativo a "Concessione di contributo alle sezioni dell'Unione italiana ciechi".


Argomento:

b) Presentazione ed assegnazione disegni di legge

Argomento:

c) Risposta scritta ad interrogazione


PRESIDENTE

Risposta scritta ad interrogazione da parte dell'Assessore Vietti ai Consiglieri Fabbris, Raschio e Vecchione.


Argomento: Assistenza sanitaria (prevenzione - cura - riabilitazione)

Ordine del giorno sul problema dell'aborto (Presentazione)


PRESIDENTE

Mi è pervenuto un ordine del giorno: "Il Consiglio della Regione Piemonte preso atto dell'arresto del Segretario Nazionale del Partito Radicale Gianfranco Spadaccia accusato di 'concorso in procurato aborto e associazione per delinquere', del mandato di cattura della militante radicale Adele Faccio, dell'incriminazione di Marco Pannella e di altri militanti radicali preso atto delle proporzioni oggi assunte a livello nazionale dal dibattito sui temi della riforma, del diritto di famiglia, della pianificazione familiare, dell'educazione sessuale, sanitaria e sociale che devono sempre più trovare spazio e definizione per un corretto sviluppo del nostro Paese con particolare riferimento alle giovani generazioni considerato che sia a livello nazionale che internazionale il tema dell'aborto si pone come uno degli elementi di maggiore dibattito in quanto fenomeno sociale largamente esistente, la cui diffusione ed i cui metodi di attuazione sono oggetto di viva attenzione ed hanno portato alla presentazione in Parlamento di un progetto di legge per rivedere un aspetto della nostra legislazione ancora ancorata a principi del regime fascista visto pertanto il contesto in cui si vengono a collocare il provvedimento di carcerazione assunto a carico del segretario di un partito politico e di incriminazione di esponenti radicali che hanno espresso opinioni ed individuato soluzioni pur opinabili su un tema di larghissimo dibattito nel Paese ritiene che tale episodio debba configurarsi quale grave tentativo di intimidazione ed impedimento della libera espressione di opinione e democratica informazione e pubblicazione su un problema che riguarda scelte individuali e la libertà personale stessa, per la soluzione del quale è necessario l'apporto costruttivo e democratico di tutte le forze politiche e sociali; manifesta pertanto la propria solidarietà con Gianfranco Spadaccia, Segretario Nazionale del Partito Radicale, e gli altri radicali incriminati che hanno subito provvedimenti che devono quanto prima essere sospesi, evitando pertanto che un dibattito su questioni di così grande rilevanza per lo sviluppo del Paese vengano ad inasprirsi ed a sconvolgere quella attenta e seria riflessione che la tematica della pianificazione familiare, intesa nel suo significato più ampio, richiede".
F.to ANTONIO BERTI, VALERIO ZANONE CORRADO CALSOLARO, FERNANDO VERA



ALDO GANDOLFI.

Al termine della seduta lo porremo in discussione e in votazione.


Argomento: Comunita' montane - Piani pluriennali - Interventi a favore dell'economia - normative organiche nei vari settori

Esame disegno di legge n. 181 "Disposizioni per l'elaborazione dei piani pluriennali di sviluppo economico-sociale delle Comunità montane" (seguito)


PRESIDENTE

Esame disegno di legge n. 181 "Disposizioni per l'elaborazione dei piani pluriennali di sviluppo economico-sociale delle Comunità montane".
La I Commissione si è riunita, ha elaborato alcuni emendamenti e altri mi sono pervenuti.
Il relatore non ha altro da aggiungere per cui possiamo procedere alla votazione.
Mi viene richiesto in questo momento di sospendere per qualche minuto la seduta perché o sindacalisti devono consegnare ed illustrare un documento relativo ad un problema assai grave.
Sospendo la seduta per dieci minuti.



(La seduta, sospesa, alle ore 12,40, riprende alle ore 13)



PRESIDENTE

La seduta riprende.
Art. 1 - Finalità. Le disposizioni della presente legge definiscono, in attuazione della legge 3.12.1971 n. 1102, le norme per l'elaborazione dei piani pluriennali di sviluppo economico-sociale e dei programmi stralcio annuali delle Comunità montane, previsti dagli articoli 5 e 6 della legge 3 dicembre 1971 n. 1102 e dagli articoli 11 e 12 della legge regionale 11 agosto 1973, n. 17.
Se nessuno chiede la parola si passi alla votazione.



(Si procede alla votazione per appello nominale)



PRESIDENTE

La votazione ha avuto il seguente esito: presenti e votanti : n. 32 hanno risposto sì : n. 24 Consiglieri si sono astenuti : n. 8 Consiglieri L'art. 1 è approvato.
Art. 2 - Requisiti del piano. Il piano di sviluppo economico-sociale della Comunità montana deve avere, pur nella più ampia visione di programmazione, una delimitazione temporale di 5 anni e contenere precise indicazioni di intervento atte ad individuare i contenuti operativi che saranno oggetto dei programmi stralcio annuali.
Poiché nessuno chiede la parola si passi alla votazione.



(Si procede alla votazione per appello nominale)



PRESIDENTE

La votazione ha avuto il seguente esito: presenti e votanti : n. 32 hanno risposto sì : n. 24 Consiglieri si sono astenuti : n. 8 Consiglieri L'art. 2 è approvato.
Art. 3 - Elaborazione del piano. Il piano pluriennale di sviluppo economico-sociale deve contenere i seguenti elementi: a) acquisizione conoscitiva che, ai sensi dell'art. 5 della legge 3 dicembre 1971 n. 1102, deve consentire l'analisi circostanziata di ogni settore della realtà economico-sociale della Comunità montana b) individuazione degli obiettivi generali del piano c) determinazione degli interventi di settore e delle necessarie interconnessioni per il conseguimento degli obiettivi del piano d) individuazione di metodi, mezzi e strumenti per la realizzazione degli interventi previsti. Si passi alla votazione.



(Si procede alla votazione per appello nominale)



PRESIDENTE

La votazione ha avuto il seguente esito: presenti e votanti : n. 32 hanno risposto sì : n. 24 Consiglieri si sono astenuti : n. 8 Consiglieri L'art. 3 è approvato.
Art. 4 - Piano urbanistico. Le Comunità montane, allo scopo di promuovere il coordinamento delle indicazioni urbanistiche contenute nei Piani Regolatori e nei Regolamenti Edilizi con annessi Programmi di Fabbricazione dei Comuni appartenenti al loro territorio, redigono un Piano Urbanistico esteso all'intero loro territorio, da adottarsi da parte del Consiglio delle Comunità stesse, formato in armonia ai contenuti di cui all'art. 12 della legge 17/8/1942 n. 1150 e successive modificazioni ed integrazioni.
Tali piani sono trasmessi all'Amministrazione regionale, la quale in armonia con le linee di programmazione regionale, elabora i piani territoriali di coordinamento da approvarsi da parte della Giunta regionale ai sensi e per gli effetti degli artt. 5 e 6 della legge del 17.8.1942, n.
1150.
Inoltre, al fine di conseguire gli scopi di cui al primo comma, i Comuni devono trasmettere alle rispettive Comunità montane gli strumenti urbanistici generali entro 20 giorni dalla data delle rispettive delibere di adozione; entro i successivi 60 giorni le Comunità montane possono formulare le loro osservazioni e trasmetterle ai Comuni ed all'Amministrazione regionale.
Vi sono due emendamenti entrambi soppressivi e sostitutivi. Il primo porta le firme di Rivalta, Berti e Ferraris: "Le Comunità montane, al fine di precisare l'organizzazione e l'uso del territorio corrispondente ai contenuti ed agli obiettivi del piano di sviluppo economico e sociale specificare le indicazioni del piano territoriale di coordinamento relativo al territorio di cui essa fa parte o di fornire alla Regione motivate proposte di assetto urbanistico da prendere in considerazione nell'elaborazione del piano territoriale di coordinamento nelle sue varianti promuovere il coordinamento delle direttive riguardanti l'assetto urbanistico dei Comuni; redigono il piano urbanistico di cui all'art. 7 della legge 3/12/71 n. 1102 nella forma del piano regolatore intercomunale previsto dall'art. 12 della legge 7/8/1942 n. 1150 e successive modificazioni ed integrazioni. Il P.R.I. adottato dal Consiglio e dalla Comunità montana è trasmesso alla Regione e per ottemperare alle procedure previste dal III e IV comma dell'art. 12 della legge 17/8/1942 n. 1150 e successive modificazioni e integrazioni deve, a cura delle Comunità montane, essere comunicato ai Consigli comunali e pubblicato in tutti i Comuni del territorio.
Il P.R. Intercomunale è approvato dalla Regione negli stessi modi stabilito dall'art. 10 della legge 17/8/1942 n. 1150 e successive modificazioni e integrazioni.
La Regione approva il P.R.I. anche se non tutti i Comuni hanno proceduto alla sua adozione. In questo caso le indicazioni del piano approvato avranno validità in forma di piano regolatore comunale, per quei Comuni che lo abbiamo adottato e lo adottino, salve restando le disposizioni del sopra citato art. 10 della legge 17/8/1942 n. 1150.
Il piano, approvato dalla Regione, è comunque vincolante nel definire i piani settoriali ed i programmi di intervento della Comunità montana e della Regione".
Il secondo emendamento soppressivo e sostitutivo è dei Consiglieri Garabello e Dotti: "I piani urbanistici delle Comunità montane, di cui all'art. 13 della Legge regionale 11 agosto 1973, n. 17, hanno il fine di: 1) precisare l'organizzazione e l'uso del territorio corrispondenti ai contenuti ed agli obiettivi del piano di sviluppo economico e sociale 2) fornire motivate proposte di assetto urbanistico da prendersi in considerazione nella formazione del piano territoriale di coordinamento e delle sue varianti, che la Regione elabora quale strumento di attuazione dei piani comprensoriali previsti dall'art. 75, II comma, dello Statuto della Regione 3) specificare le indicazioni del Piano territoriale di coordinamento 4) promuovere il coordinamento delle direttive riguardanti l'assetto urbanistico dei Comuni.
I piani urbanistici delle Comunità montane assumono la forma del piano regolatore intercomunale, previsto all'art. 12 della legge 17/8/1942, n.
1150 e successive modificazioni ed integrazioni.
I piani urbanistici adottati dal Consiglio della Comunità montana sono trasmessi alla Regione e, per ottemperare alle procedure previste al III e IV comma dell'art. 12 della legge 17/8/1942, n. 1150, e successive modificazioni ed integrazioni, devono, a cura della Comunità montana essere comunicati ai Consigli comunali e pubblicati in tutti o Comuni del territorio.
I piani urbanistici sono approvati dalla Regione negli stessi modi stabiliti dall'art. 10 della legge 17/8/1942, n. 1150, e successive modificazioni ed integrazioni.
La Regione approva detti piani anche se non tutti i Comuni hanno proceduto alla loro adozione.
In questo caso le indicazioni dei piani approvati avranno validità in forma di piano regolatore comunale, per quei Comuni che li abbiano adottati o li adottino, salve restando le disposizioni del sopra citato art. 10 della legge 17/8/1942, n. 1150.
I piani approvati dalla Regione sono comunque vincolanti nel definire gli piani settoriali ed i programmi di intervento della Comunità montana e della Regione".
La parola al Consigliere Rivalta.



RIVALTA Luigi

Con l'illustrazione dell'emendamento, intervengo sull'intera legge anticipando quello che sarà il nostro atteggiamento al momento del voto.
Noi ci siamo astenuti sui primi articoli della legge non per contrasto sul loro contenuto, ma piuttosto in considerazione della discussione che questa legge ha alle proprie spalle.
Nella proposta di legge per l'istituzione delle Comunità montane che a suo tempo noi presentammo, avevamo precisato in modo organico gli contenuti e le forme del piano di sviluppo economico-sociale e del piano urbanistico.
Avevamo cioè individuato quelle norme che la legge nazionale richiedeva fossero formulate dalla Regione, ai fini di dar vita all'attività di pianificazione e di programmazione delle comunità.
La legge istitutiva delle Comunità montane che è stata votata, fra altre pecche, di cui quella della dimensione delle Comunità è la più evidente, ha anche quella di non contenere la normativa riguardante il processo di pianificazione. La legge oggi in discussione non e altro che il tentativo di recuperare quanto doveva già essere fatto fin da allora; ed il ricupero, rispetto alla formulazione che allora avevamo dato nella nostra proposta di legge, si mostra carente. Lo stesso articolo che riguarda l'elaborazione del piano, in sostanza, ribadisce la necessità di individuare degli obiettivi: argomentazione che è ovvia. Non c'é stato nessuno sforzo di precisazione.
Non diciamo che queste cose non hanno un senso, non hanno valore diciamo che sono insufficienti rispetto all'esigenza di fornire norme metodologiche.
Per questa ragione generale la nostra posizione è di astensione sui vari articoli della legge e di astensione sulla legge.
E vengo all'illustrazione del nostro emendamento sostitutivo dell'art.
4.
L'argomento della pianificazione urbanistica è certamente scottante.
Quale carattere va attribuito alla pianificazione urbanistica delle Comunità montane? Questo emendamento, e la sua illustrazione in aula, ha lo scopo di superare la confusione che è emersa nei dibattiti in Commissione e anche nel Consiglio, martedì scorso.
La legge sulle Comunità montane (lo possiamo cogliere nonostante gli elementi di incertezza che presenta) attribuisce una funzione programmatoria e di pianificazione urbanistica alle Comunità montane. Pi chiaramente questo appare dal dibattito parlamentare dove si era inizialmente parlato di "piano di sviluppo urbanistico", e non già si era fatto riferimento agli strumenti previsti dalla legge del '42. Con ciò si intendeva attribuire compiti di pianificazione diversi rispetto a quelli previsti dalla legislazione urbanistica vigente. Quindi c'era il tentativo di assegnare alle Comunità un ruolo di innovazione nel campo della pianificazione economica e sociale e anche della pianificazione urbanistica, La legge urbanistica italiana è vecchia di più di 30 anni, e le trasformazioni culturali, le trasformazioni sociali, le esigenze emerse in questo periodo mostrano che, pur essendo una legge interessante per il periodo in cui è stata formulata, ora non corrisponde più alle necessità di intervento. Per questo in sede di dibattito parlamentare fu fatto ricorso all'indicazione di "piano di sviluppo urbanistico". Tale indicazione generica stava appunto ad indicare la propensione a configurare qualcosa di nuovo, senza però dire, per mancanza di volontà politica, che cosa in particolare questo qualcosa di nuovo doveva essere.
Si può presumere che nell'intenzione, il piano urbanistico delle Comunità montane non doveva essere un piano intercomunale, ma nello stesso tempo non poteva essere un piano territoriale di coordinamento. La conclusione del dibattito parlamentare ha portato ad una indicazione generica, derivante dalle incertezze politiche e culturali, da cui emergono elementi di confusione.
Noi abbiamo ereditato una legge che sotto questo profilo è molto imprecisa. Possiamo cogliere l'intenzione di dare funzioni programmatorie alla Comunità montana, ma dobbiamo anche dire che la legislazione urbanistica vigente presenta istituti urbanistici di carattere statico, che non hanno in sé una concezione programmatoria. Sostanzialmente dobbiamo dire che gli istituti della legge urbanistica del 1942 sono, sotto il profilo del conseguimento delle finalità che erano inizialmente nella proposta di legge parlamentare, del tutto inadatti.
Ma al di là di questo, si potrebbe dire che il piano territoriale di coordinamento, non avendo alle spalle nessuna sperimentazione, quindi non avendo ancora consolidato nessuna dottrina, nessuna giurisprudenza, essendo largamente da interpretare, può, tutto sommato, consentire all'esperienza regionale, all'esperienza degli istituti che lo formuleranno, di interpretarlo e di definirlo storicamente.
Considerazioni specifiche piemontesi ci fanno però dire che comunque nella nostra realtà, non è al piano territoriale di coordinamento che si deve fare riferimento. E una di queste prime considerazioni è legata al fatto - ormai consolidato nel Consiglio, altri lo hanno già indicato - che il piano territoriale di coordinamento sarà, nel rispetto della legislazione attuale, lo strumento urbanistico con il quale si interverrà a livello dei comprensori di aree ecologiche; quindi quell'istituto è già ipotecato per la pianificazione comprensoriale.
Ma c'è un'altra ragione, ancor più di fondo, che non ci consente comunque di attribuire alle Comunità montane il piano territoriale di coordinamento, ed è costituita dalla piccola dimensione di queste Comunità: in alcuni casi di 4/5 Comuni per un totale di 1500/2000 abitanti.
Territorialmente quindi poco vaste, sono poco interessanti dal punto di vista della pianificazione territoriale, Il piano territoriale di coordinamento, per i suoi contenuti, non può essere il piano coerente con le dimensioni delle Comunità montane. Il piano territoriale di coordinamento indurrebbe le Comunità soprattutto a guardare fuori del proprio territorio. Le Comunità montane, nel momento in cui fossero invitate a fare il piano territoriale di coordinamento, sarebbero spinte ad affrontare temi come la grande viabilità. Le Comunità montane sarebbero spinte a ricercare quale tipo di viabilità probabilmente autostradale potrebbe interessare il loro territorio; sarebbero invitate soprattutto a guardare ai trafori. In questo senso, qualche esperienza comincia già ad esserci. Abbiamo visto il documento elaborato dalla Comunità della Valle di Demonte. Il primo atto di questa Comunità è stato quello di promuovere la formulazione di un progetto di massima per un traforo di collegamento con la Francia. Gli intenti potrebbero essere semplicemente elettorali.
Ma al di là di queste questioni, pare veramente assurdo che le Comunità vogliano iniziare le loro attività dimostrando che è necessario un traforo.
Oggi il problema non è quello dei trafori. Si tratta di far guardare le Comunità ai problemi interni (anche di carattere urbanistico): ai problemi di carenza di servizi, alla degradazione della vita sociale, alla caduta occupazionale nelle attività agricole; alle disordinate e non controllate espansioni turistiche. Noi dobbiamo indurre le Comunità montane a guardare proprio a questi problemi, che sono proprii della comunità sociali che in esse vivono. Le Comunità devono partire da questi problemi, per integrarsi in una pianificazione più generale, che deve essere attuata a livello comprensoriale. Dobbiamo assolutamente evitare di promuovere un tipo di osservazione che le porterebbe invece a guardare soprattutto ai fatti esterni e non ai fatti interni. Ecco un altro motivo che, aggiungendosi a quella linea per cui l' istituto del piano territoriale è l'istituto proprio della pianificazione territoriale comprensoriale, sottolinea che non è il piano territoriale di coordinamento quello a cui dobbiamo far riferimento per le Comunità montane.
Si sarebbe potuto scegliere la strada di non ricorrere agli istituti attualmente previsti dalla legislazione urbanistica nazionale. Io credo che ci sia la possibilità per la Regione - sotto questo profilo ovviamente possono esserci dubbi, ma direi che dovremmo avere il coraggio di superarli di dettare norme urbanistiche che rispettino sì l'inquadramento della legislazione nazionale, ma che sotto molti profili introducano nuove norme rispondenti storicamente alla realtà sociale e culturale, ed alla stessa nuova di presenza dell'istituto regionale.
Noi questo tentativo innovativo l'avevamo fatto già nella proposta di legge per l'istituzione delle Comunità montane, e sotto questo profilo avevamo introdotto, insieme al capitolo della programmazione sociale ed economica, tre articoli riguardanti la pianificazione urbanistica. In essi non si faceva riferimento né al piano intercomunale, ma si indicavano i contenuti, le norme, le procedure di un nuovo strumento urbanistico.
Non si trattava né di un piano regolatore né di un piano territoriale.
Si collocava in una posizione intermedia fra quello che oggi costituisce il piano territoriale di coordinamento, e quello che oggi è un piano regolatore. Questo nuovo strumento urbanistico avrebbe dovuto specificare le indicazioni generali della pianificazione territoriale comprensoriale e regionale, dando delle precise direttrici, delle precise normative entro le quali i Comuni dovrebbero operare. Tale strada non è stata perseguita; si è rifiutato il dibattito su questo tipo di norme urbanistiche, sulla base dei dubbi di competenza. In realtà si è trattato di mancanza di volontà, di individuare delle norme di pianificazione urbanistica per le Comunità montane. Oggi ci si trova a dover colmare queste incertezze.
Noi comunisti, presentando l'emendamento all'art. 4 abbiamo avuto oggi presente, anche in relazione alle discussioni di questi ultimi giorni, la resistenza politica da voi mostrata a perseguire strade nuove. Le strade nuove noi vogliamo che si perseguano, ma tenendo conto delle difficoltà interne a questo Consiglio, pensiamo allora che esse debbano essere perseguite attraverso la formulazione di una organica legislazione urbanistica regionale generale . Rinunciamo quindi alla via, dimostratasi politicamente non praticabile, di introdurre alcune norme nuove all'interno di singole leggi. Accettato questo punto di partenza, non abbiamo potuto che far riferimento alla legislazione attuale, e, scartato, come dicevo prima, che il piano delle Comunità montane debba essere il piano territoriale di coordinamento, non rimane allora che l'istituto del piano regolatore intercomunale. Suffraga poi questo tipo di riferimento il fatto che, come dicevo prima, le Comunità montane presentano piccole dimensioni territoriali. In queste Comunità montane una parte consistente di Comuni (questa mattina in Commissione si diceva 132, su circa 400 Comuni interessati dalle Comunità montane) sono del tutto privi di uno strumento urbanistico, e per di più molti altri hanno soltanto deliberato di elaborarli (le deliberazioni sono spesso vecchie di anni, e lo strumento urbanistico continua a non essere portato all'adozione; in altri casi è stato adottato, ma non è stato mandato alla Regione per l'approvazione).
Una situazione, quindi, completamente deficitaria.
Cito un fatto che può essere significativo: durante una consultazione di membri di Comunità montane e di Sindaci, in relazione al problema degli strumenti urbanistici comunali, abbiamo ascoltato interessanti dichiarazioni. In particolare, un Sindaco che meglio di altri ha esplicitato il suo pensiero, ha detto: "Non sono in grado di fare la pianificazione comunale urbanistica, ne sento tutta la necessità, poich siamo in presenza di una espansione edilizia abnorme in Comuni che non hanno attività industriali, a causa della espansione dell'attività turistica; è in atto un disordinato sorgere di case, che verranno occupate magari soltanto un mese all'anno, e che comportano comunque costi e problemi per il Comune, ma non sono in grado di porre un freno a questo caos predisponendo uno strumento urbanistico, perché in un Comune come il mio, di trecento abitanti, il rapporto fra gli abitanti e il Sindaco, come fra gli abitanti e gli altri membri della Giunta, è un rapporto di tipo amicale, quando non addirittura di tipo parentale". Questa situazione sociologica, che è presente in molti Comuni, diventa un forte impedimento anche a chi vuol operare.
Sotto questo profilo c'è anche l'esigenza di individuare l'intervento della Comunità montana come un intervento che sia promozionale nei confronti dei Comuni, sia sul piano operativo, sia sul piano del dibattito politico e culturale e che consenta, allargando la sfera dell'attenzione ad una visione sovracomunale, ad aiutare questi stessi Comuni a prendere delle decisioni di pianificazione che senza una presenza attiva ed operativa della Comunità montana, come dimostra la chiara testimonianza di quel Sindaco, sarebbe impossibile.
Noi pensiamo allora all'attività urbanistica della Comunità montana come ad una attività di confronto sui problemi urbanistici dei vari Comuni in una visione sovracomunale. Un confronto da cui, e lo si è dimostrato anche quando queste iniziative non hanno avuto uno sbocco concreto, è derivata una coscienza urbanistica più qualificata di quella promossa dalle iniziative dei singoli Comuni; una maturazione che si è tradotta anche sul piano della azione politica. Per questo, nel nostro emendamento, con più chiarezza di quanto non fosse stato fatto nei giorni passati, abbiamo fatto riferimento al piano intercomunale: chiediamo che le Comunità montane facciano un piano intercomunale, che questo piano possa a tutti gli effetti diventare la base per la pianificazione comunale.
Abbiamo, in questo nostro emendamento, fissato dei fini, che sono quelli di: perseguire una pianificazione urbanistica corrispondente al piano di sviluppo economico sociale che la Comunità si dà; di fornire alla Regione, attraverso la proposta dell'assetto urbanistico della Comunità, un contributo alla pianificazione territoriale; di promuovere la adozione dei piani comunali. Lo strumento del piano intercomunale si giustifica allora anche sotto questo ultimo profilo: la procedura complessa prevista dalla legge urbanistica per l'adozione e l'approvazione dei piani intercomunali va perseguita dando alla Comunità montana il compito di svolgerla. Alcuni Comuni adotteranno questo piano per la parte di loro competenza, e in questa misura potremo aver ottenuto un risultato concreto. Se tutti i Comuni adotteranno la proposta della Comunità montana, ci troveremo in una situazione ottimale che è quella per cui il Piano regolatore intercomunale diventa valido: la Regione lo approva secondo le procedure previste dalla legge urbanistica. E se i Comuni non adotteranno il piano intercomunale? Proprio per non lasciare questi piani in aria, come aveva raccomandato il Presidente della Giunta martedì scorso, e dare loro uno sbocco, noi abbiamo previsto nel nostro emendamento che questo piano intercomunale, se non viene adottato da tutti i Comuni, viene comunque preso in considerazione dalla Regione; la Regione, per una politica sua interna, che non riguarda più la legislazione urbanistica nazionale, lo approva. I contenuti di quel piano diventano validi nella forma di Piano regolatore comunale per quei Comuni che lo hanno adottato, o che lo adottino in seguito. Sotto questo profilo, il lavoro fatto costituisce, concretamente un contributo ai singoli Comuni per la pianificazione comunale.
Ma anche nel caso più pessimistico, che nessun Comune adotti questo piano, esso ha comunque una funzione. Approvato dalla Comunità montana e dalla Regione esso deve costituire il riferimento, l'inquadramento per i piani settoriali e per i programmi di intervento sia della Comunità montana sia della Regione. La politica di piano, economico e sociale e urbanistico che questi due Enti dovranno fare, dovrà attenersi ai piani approvati.
Possiamo quindi dire che la discussione e le incertezze dell'altro giorno in Commissione e in Consiglio probabilmente hanno dato i loro frutti: ci hanno permesso di chiarire meglio l'impostazione e di acquisire maggiore concretezza. Noi abbiamo cercato attraverso questo emendamento di contribuire a migliorare la legge in discussione.
Questo emendamento sostitutivo è recepito largamente nell'emendamento presentato dai colleghi Dotti e Garabello che noi pertanto condividiamo e siamo disposti a ritenere sostitutivo anche del nostro. In esso rileviamo una sola pecca, che se non intacca tutto il contenuto normativo, le procedure e il rapporto fra Regione, Comunità ed Enti locali, intacca la efficacia di questa impostazione. Nel nostro emendamento è detto che "le Comunità montane 'redigono' con il significato di un impegno vincolante (se non configurabile giuridicamente, non essendo previsti poteri sostitutivi ma certo evidente dal punto di vista politico)". Nell'emendamento Dotti Garabello questo "redigono" non compare più. Noi consideriamo questo un elemento di debolezza. In generale, siamo per una linea che veda la Regione elemento attivo di pianificazione urbanistica e territoriale a tutti i livelli. Con l'emendamento Dotti-Garabello sarà possibile, alle Comunità montane sottrarsi al dovere di fare i piani.
E' stato osservato che noi non abbiamo l' autorità per stabilire che "devono", e quindi che, anche se ci fosse la volontà politica di imporre l'attività di pianificazione urbanistica alle Comunità montane, la legge nazionale non lo consentirebbe, perché all'art. 7 recita: "Le Comunità montane possono redigere". Abbiamo già detto altre volte, che noi attribuiamo a questo "possono" il significato di conferma di una competenza delle Comunità montane a svolgere un'attività di pianificazione, mentre nella legislazione italiana, gli Enti che finora erano stati individuati come responsabili di iniziativa urbanistica erano i Comuni e il Ministero.
Noi abbiamo interpretato - e credo che anche negli atti parlamentari risulti questa interpretazione - quel "possono redigere" come una conferma di una competenza attribuita a questi nuovi istituti a svolgere attività di pianificazione. Questa interpretazione ci consente di dire che le Comunità montane" "devono" svolgere Questa attività.
Concludendo, siamo favorevoli all'emendamento sostitutivo presentato dai Consiglieri della D.C. con il giudizio critico per l'assenza di un impegno vincolante delle Comunità all'adozione del Piano urbanistico. Ci proponiamo di votarlo, ritirando il nostro. Dichiaro che invece ci asterremo, per le ragioni generali che ho espresso, dalla votazione dell'art. 4 e dalla votazione della legge nel suo complesso.



PRESIDENTE

Il primo emendamento è stato illustrato, e, se non vado errato ritirato, con le precisazioni fatte dal Consigliere Rivalta.
Passiamo all'emendamento, di cui ho già dato lettura, presentato dai Consiglieri Dotti e Garabello.
Il Consigliere Dotti chiede di parlare per illustrarlo. Ne ha facoltà.



DOTTI Augusto, relatore

Molto brevemente, perché la filosofia urbanistica è già stata ampiamente illustrata dal Consigliere Rivalta.
Mi pare che il nostro emendamento differisca da quello presentato dal Partito comunista solo per una diversa gradualità. L'urbanistica è un calice qualche volta piacevole, qualche volta amaro. Noi riteniamo che il nostro emendamento sia più graduale, in quanto lascia alle Comunità montane la facoltà di compilare il loro Piano territoriale, il loro Piano urbanistico, che dovrà essere adottato dai singoli Comuni. Noi pensiamo che la Regione, intervenendo per l'approvazione, effettivamente sancisce questo Piano urbanistico nei confronti di proprie direttive programmatiche.
Il "può redigere", evidentemente, anche nella legge nazionale ha il valore di competenza: se "possono redigere" è chiaro che hanno competenza a redigere. Ma questa è una questione evidentemente troppo difficile da determinare.
Noi riteniamo che un grosso passo in avanti sia stato fatto e che le Comunità montane apprezzeranno che la Regione sia disponibile a che le Comunità, se vogliono disporre del territorio, lo facciano nella articolazione del nostro art. 4. Poiché tutte le Comunità montane hanno chiesto di disporre del territorio, la Regione deve mettere i suoi "distinguo". Per cui, la Regione prende il formale impegno di arrivare al più presto possibile ai Piani territoriali di coordinamento, nei quali si dovranno coordinare i Piani urbanistici delle Comunità montane.



PRESIDENTE

Pongo in votazione per alzata di mano l'emendamento Dotti-Garabello.
Chi intende approvarlo e pregato di alzare la mano. L'emendamento è approvato all'unanimità.
Pongo ora in votazione per appello nominale l'art. 4 così emendato. Si proceda alla votazione.



(Si procede alla votazione per appello nominale)



PRESIDENTE

Comunico il risultato della votazione: presenti e votanti : n. 33 hanno risposto sì : n. 25 Consiglieri si sono astenuti : n. 8 Consiglieri L'art. 4 è approvato.
Art. 5 - Adozione ed approvazione dei piani pluriennali di sviluppo. Il piano pluriennale di sviluppo economico-sociale ed i programmi stralcio annuali devono essere adottati ed approvati con le modalità previste dagli articoli 11 e 12 della citata legge 11 agosto 1973 n. 17.
Non sono stati proposti emendamenti. Nessuno chiede di parlare. Si proceda alla votazione per appello nominale.



(Si procede alla votazione per appello nominale)



PRESIDENTE

Comunico il risultato della votazione: presenti e votanti : n. 33 hanno risposto sì : n. 25 Consiglieri si sono astenuti : n. 8 Consiglieri Anche l'art. 5 è approvato.
Art. 6 - Programmi di intervento. In attesa dell'approvazione dei piani di sviluppo economico-sociali, la Comunità montana, a richiesta dell'Amministrazione regionale, presenterà programmi per opere ed interventi ai sensi dell'art. 19 della legge 1102.
Vi è un emendamento soppressivo, a firma Garabello-Ferraris: "Sopprimere l'intero articolo".
Mi pare non vi sia motivo di discussione. Chi intende approvare questo emendamento è pregato di alzare la mano. La soppressione dell'articolo è approvata all'unanimità. L'art. 6 si intende pertanto soppresso.
Art. 7 - Decorrenza. Il termine di un anno, stabilito per l'elaborazione dei piani pluriennali di sviluppo economico-sociale dall'art. 5 della legge 3 dicembre 1971 n. 1102, decorre dalla data di emanazione del decreto del Presidente della Giunta regionale di approvazione dello Statuto della Comunità montana.
Non sono stati proposti emendamenti. Nessuno chiede di parlare. Si proceda alla votazione per appello nominale.



(Si procede alla votazione per appello nominale)



PRESIDENTE

Comunico il risultato della votazione: presenti e votanti : n. 34 hanno risposto sì : n. 26 Consiglieri si sono astenuti : n. 8 Consiglieri L'art. 7 è pertanto approvato.
Pongo ora in votazione l'intero disegno di legge.



(Si procede alla votazione per appello nominale)



PRESIDENTE

Comunico il risultato della votazione: presenti e votanti : n. 34 hanno risposto sì : n. 26 Consiglieri si sono astenuti : n. 8 Consiglieri Il Consiglio regionale approva.


Argomento: Nomine

Istituzione Commissione tecnica regionale (art. 6, L.R. 8/11/1974, n. 32): designazione di 5 esperti nelle materie chimiche o biologiche o di medicina igienistica o di ingegneria (rinvio)


PRESIDENTE

Il punto quinto dell'o.d.g. reca: istituzione Commissione tecnica regionale (art. 6, L.R. 8/11/1974 n. 32): designazione di 5 esperti nelle materie chimiche o biologiche o di medicina igienistica o di ingegneria.
La legge regionale 8 novembre '74 n. 32 prevede l'istituzione di una Commissione tecnica regionale circa gli scarichi delle attività produttive.
Devono farne parte cinque membri, che saranno scelti con scheda limitata a tre nomi.
I Capigruppo sono pregati di dichiarare se sono pronti per questa nomina oppure se la dobbiamo rinviare ad altra seduta.



BERTI Antonio

Noi siamo pronti, come sempre.



CALSOLARO Corrado

Noi no, non sapevo neanche che si votasse oggi.



PRESIDENTE

Visto che una parte non è pronta, riporteremo la questione alla prossima seduta, con preghiera però a tutti di mettersi in condizioni di effettuare questa votazione, che ha la sua importanza.


Argomento: Assistenza sanitaria (prevenzione - cura - riabilitazione)

Ordine del giorno sul problema dell'aborto (dibattito)


PRESIDENTE

Veniamo ora all'ordine del giorno del quale già ho dato lettura. La parola al primo firmatario, Consigliere Calsolaro, per la illustrazione.



CALSOLARO Corrado

Signor Presidente, signori Consiglieri, non occorre evidentemente che io spenda molte parole per esprimere le ragioni del voto favorevole del Gruppo socialista all'ordine del giorno tendente a manifestare la protesta dei socialisti di fronte alla iniziativa della Magistratura fiorentina dichiarando la solidarietà politica al Segretario del Partito radicale.
E' indubbio che la repressione giudiziaria è la via peggiore per affrontare una questione così delicata come quella dell'aborto, di carattere morale, sociale e giuridico, che si è venuta imponendo in tutti i Paesi dell'Europa contemporanea e fra questi, in tempi a noi vicinissimi in Francia, per iniziativa del Presidente Giscard d'Estaing e del Ministro alla Sanità, Simone Veil.
Il Gruppo socialista sottolinea la necessità per le forze politiche di affrontare la questione sul tenno proprio, che è quello di un organico regolamento legislativo diretto a promuovere l' educazione sanitaria preventiva e a porre a disposizione gli mezzi di contraccezione necessari per il controllo delle nascite, abolire l'attuale regime del Codice penale che considera reato tutti gli casi di aborto, introdurre una regolamentazione dei casi in cui esso sia consentito, e creare nell'ambito della riforma sanitaria le strutture necessarie.
E' quanto meno assurdo che in un Paese in cui vi sono tanti delitti impuniti, un Paese nel quale vengono tollerati sabotaggi alle istituzioni democratiche, un Paese nel quale la strategia del terrore ha potuto trovare terreno così fertile, nel quale le leggi della Repubblica vengono sistematicamente violate dalle squadre fasciste, nel quale gli omicidi bianchi rimangono regolarmente impuniti, si lanci una vera e propria sfida al mondo civile, con obiettivi di segno politico chiaramente arretrato, che nulla hanno a che fare con o principi di umanità e di giustizia.
L'aborto si inserisce fra i problemi essenziali da risolvere attraverso una opportuna regolamentazione, accanto a quello del diritto di famiglia del voto ai diciottenni, della riforma dell'ordinamento giudiziario, del riconoscimento dei diritti sindacali alle forze di polizia e dell'abrogazione di tutte le leggi fasciste che sopravvivono nel nostro ordinamento.
L'arresto di Spadaccia, in questo particolare momento della vita nazionale, così delicato e denso di incognite, è un arresto di carattere politico, e la risposta deve quindi essere politica. Si tratta di aprire un confronto. La lotta in difesa della democrazia deve essere una lotta attiva e non una condizione di passività permanente. Suo scopo essenziale dev'essere l'estensione delle libertà fondamentali, dei valori democratici essenziali a tutta la società. Giustamente il compagno Fortuna presentatore, assieme ad altri trentacinque deputati socialisti della proposta di legge in materia, ha fatto osservare che non c'è più tempo da perdere e che la Camera dei Deputati può e deve iniziarne l' esame nelle Commissioni Sanità e Giustizia fin dalle prossime settimane. "Il dibattito sulla depenalizzazione - ha detto l'on. Fortuna - può, dopo l'ultimo intervento di Fanfani, essere serio, e senza scontri preconcetti".
Il Gruppo socialista aderisce unanimemente a questa impostazione, che ritiene esattamente recepita nell'ordine del giorno.



PRESIDENTE

Chiede di parlare il Consigliere Bianchi. Ne ha facoltà.



BIANCHI Adriano

Signor Presidente, dichiaro che il mio Gruppo non sottoscrive e non approva l'ordine del giorno presentato, così come non partecipa alla votazione, ma non si sottrae al dovere di pronunciarsi in ordine ad un problema e ad una situazione che hanno rilevanza politica, morale e sociale.
Il Gruppo consiliare regionale della Democrazia Cristiana, di fronte all'arresto del Segretario nazionale del Partito radicale ed ai clamorosi fatti di Firenze connessi alla questione dell'aborto dichiara che l'aborto costituisce, dal punto di vista obiettivo, un fatto di dimensioni tali da costituire, in ogni caso, un grave problema sociale, e quindi politico, che tocca e riguarda in modo speciale la condizione femminile. Per le profonde questioni che involge in ordine alla vita, alla tutela della vita e della salute, per i problemi di coscienza che propone circa la condizione della donna, della famiglia e dei valori presenti nella società, richiede di essere affrontato senza esasperazioni passionali e senza strumentalizzazioni ad altri fini, specie nel difficile momento che il Paese attraversa.
E' ovviamente legittimo che ogni persona ed ogni Gruppo politico ponga, nei modi costituzionalmente corretti il problema delle soluzioni e dei mezzi di più adeguata tutela sociale da attuarsi sul piano legislativo e del diritto positivo.
Auspica che su un argomento tanto delicato, e per il quale ogni soluzione che non sia di prevenzione è sempre carica di conseguenze dolorose, sia consentito un dibattito composto e serio, per uno sbocco civile e responsabile.
Depreca i fatti che hanno determinato l'arresto del Segretario radicale Spadaccia, auspicando che il dibattito venga, con gli opportuni provvedimenti, integralmente riportato nei suoi canali naturali, che sono culturali e quindi morali e scientifici nonché politici, ai fini delle più adeguate soluzioni legislative.



PRESIDENTE

Ha chiesto di parlare il Consigliere Zanone. Ne ha facoltà.



ZANONE Valerio

Signor Presidente, signori Consiglieri, non sfugge al nostro Gruppo l'elemento politico principale della votazione che sta per avvenire, e che ha in qualche modo un carattere di eccezionalità dal momento che il maggior Gruppo rappresentato in questo Consiglio non parteciperà alla votazione della mozione sottoscritta dai rimanenti Capigruppo del Consiglio regionale.
Desidero quindi dichiarare, a nome del Gruppo liberale, che abbiamo ben presente la delicatezza di questa questione, la quale, per la sua natura coinvolge insieme la politica dei diritti civili, problemi acuti di giustizia sociale ed insieme i valori morali e religiosi della coscienza individuale.
Devo dire, però, che a nostro avviso, mentre la situazione legislativa in atto è chiaramente tale da non corrispondere alla attuale opinione comune in materia di diritti civili ed alle esigenze certo inderogabili della giustizia sociale, essa non è neppure tale da garantire i valori morali della coscienza individuale perché la situazione attuale è sostanzialmente fondata su una ipocrisia, e quindi su una immoralità, se l' ipocrisia è sempre, in qualche modo, immoralità. Oggi la normativa in materia di aborto è il caso più esemplare e più clamoroso del divario che si produce quando la norma di legge rispecchia i valori morali non nella loro concreta connessione con la realtà sociale di un Paese ma piuttosto con principi e regole astrattamente considerati.
Non attarderò certo o lavori del Consiglio richiamando quale sia oggi questa realtà sociale, che in base anche alle stime più prudenziali e più ufficiali si concreta in oltre un milione di aborti praticati annualmente in Italia, in una grande maggioranza di sanitari favorevoli o conniventi con questa pratica illegale, in decine di miliardi di proventi illeciti che ne conseguono, e, d'altra parte, in appena alcune centinaia di processi annualmente celebrati nelle Corti italiane per la persecuzione del reato di aborto. Se, quindi, si dovesse oggi applicare la legge, ho ragione di credere che una buona maggioranza dei ginecologi e delle ostetriche italiane si troverebbe assegnata alle carceri giudiziarie, alle quali è stato invece tradotto il Segretario del Partito radicale; caso forse unico nella storia italiana, anche perché il Segretario del Partito radicale, fra gli eventuali suoi demeriti, ha quello di non essere protetto, a differenza di tutti i suoi colleghi, dalla immunità parlamentare.
Sui giornali di oggi si leggono titoli come: "I socialisti favorevoli all'aborto", "I repubblicani, i liberali favorevoli all'aborto". Non mette conto, ma lo faccio ugualmente, dire che nessuna forza politica può essere favorevole all'aborto, che comporta sempre un trauma fisico e morale; il problema è nei rimedi. E il rimedio non può certo consistere nella persistenza di norme di origine fascista, legate non tanto ai diritti della persona quanto all'integrità della stirpe, e palesemente orientate ad una politica di assurdo espansionismo demografico. Il rimedio può essere soltanto quello di una politica di educazione demografica, sulla quale anche la Regione avrà, io spero, le sue competenze attraverso la riforma sanitaria, l'istituzione delle unità locali dei servizi sanitari e sociali la istituzione dei consultori che devono assicurare questo tipo di servizio.
Voglio ricordare che la legge francese citata dal Consigliere Calsolaro impone l'obbligo al medico il quale sia richiesto di praticare un aborto di consegnare in via preliminare alla richiedente una documentazione scritta contenente la lista e l'elenco dei servizi di pianificazione familiare esistenti nell'ambito della Prefettura. Mi domando che cosa potremmo consegnare noi se una analoga norma fosse adottata nel nostro Paese. Quindi, vi è anzitutto questo aspetto, della mancanza di una qualsiasi politica di pianificazione, di educazione demografica. D'altra parte, anche quando questa vi sarà, resterà il problema dell'aborto, come resta nei Paesi in cui la politica del controllo delle nascite è già in atto, e quindi resterà il problema di scegliere fra grandi questioni morali, come il diritto alla maternità responsabile e dall'altra parte il diritto alla vita. La posizione del Gruppo liberale è che, quando si parla di diritto alla vita, non si deve intendere soltanto il diritto di nascere ma occorre vedere se il diritto alla vita consista nel diritto di nascere in base ad un atto di volontà responsabile oppure soltanto per casualità per errore, per coercizione.
Certo, se la disputa su questi principi morali può proseguire all'infinito, perché è una disputa in se stessa insolubile, resta il problema politico. E' evidente che oggi esiste nel Paese una maggioranza di cittadini favorevoli a forme di legalizzazione e di regolamentazione dell' aborto, soprattutto in quei casi che si potrebbero chiamare, forse non elegantemente ma in riferimento al precedente del divorzio, di "giusto aborto", e che oggi non hanno un riconoscimento; come sono gli casi in cui vi siano pericoli per malformazione del nascituro, pericoli per la salute della donna, o casi anche di carattere morale e civile, come gli concepimenti conseguenti ad atti di violenza. Su tutte queste forme di legalizzazione e di riconoscimento dell'aborto esiste certamente oggi una maggioranza di opinioni favorevoli nella coscienza civile del Paese, ma esiste anche, io credo, una più larga propensione al fatto che occorra arrivare ad una disciplina liberale nella materia che affronti non soltanto questi casi, che sono pur sempre quelli di una piccola minoranza ma anche il problema in quella che è oggi la sua estensione sociale, la cui ampiezza non può sfuggire ad alcuno.
Per questo noi riteniamo di dover aderire al testo di questa mozione e all'auspicio in essa contenuto, che il caso provocato dall'arresto del Segretario del Partito radicale non metta in atto uno stridente episodio di ingiustizia ma piuttosto sia occasione, come si è verificato in altri Paesi, di un provvedimento immediato che rimuova le norme del Codice penale sulla integrità della stirpe tuttora vigenti e che solleciti le iniziative parlamentari già in corso per una diversa regolamentazione della materia.



PRESIDENTE

Ha chiesto di parlare il Consigliere Carazzoni. Ne ha facoltà.



CARAZZONI Nino

Signor Presidente, colleghi, alcune affermazioni che abbiamo udito fare dal Capogruppo socialista Calsolaro nella illustrazione di questo ordine del giorno ci solleciterebbero ad un intervento d'altro taglio. Ma non cederemo alla tentazione di fare della facile ironia in tanto in quanto, al di là dell'ora tarda nella quale si affronta questo argomento, il problema posto sul tappeto è indubbiamente serio e come tale va affrontato e trattato.
E' serio - è una considerazione che già ha fatto il collega Zanone, che mi ha preceduto, ma che desidero riprendere con maggior vigore - per il modo in cui viene portato avanti in quest'aula, modo cioè che vede una sostanziale spaccatura tra una maggioranza che pure è coagulata su altri principi e per altre ragioni. Credo sia la prima volta, se la memoria non mi tradisce in questo momento, che assistiamo ad una divergenza così accentuata di opinioni, di posizioni, fra il Gruppo di maggioranza relativa ed o suoi alleati minori.
Ma è serio soprattutto per quello che rappresenta in se il problema dell'aborto. Io credo che qui non si voglia - almeno penso che questa sia stata l'intenzione dei proponenti l'ordine del giorno, aprire la discussione sul fatto dell' aborto in sé, perché evidentemente allora dovrei far presente che un problema di questa dimensione va affrontato con tutt'altro spazio, con tutt'altro respiro, se vogliamo, con tutt'altra preparazione. Mesi addietro il nostro Gruppo aveva presentato una mozione proprio su questo specifico argomento, mozione che cadde poi nel dimenticatoio. Noi non abbiamo alcuna difficoltà a ripresentarla ed a riproporla, perché non ci sottrarremo certo alla responsabilità di fare in quest'aula un dibattito serio, approfondito fino in fondo su questo che è sicuramente un problema dei tempi nostri.
Più volte questo Consiglio regionale ha discusso, cercando di formulare un proprio indirizzo, una propria opinione, una propria sollecitazione. In occasione di progetti di legge giacenti innanzi al Parlamento. Ecco, oggi l'occasione si presenta: noi potremmo benissimo dedicare, tra gli argomenti da affrontare prossimamente, una discussione anche su questo tema. Credo che la mozione non si proponesse questo ora: penso che invece essa volesse fare riferimento al fatto immediato, specifico. E allora dico subito che fatte salve le posizioni nostre, che credo sufficientemente note, in materia di aborto, (e che comunque io ritengo di poter riassumere in questi termini: da un punto di vista morale, in quanto cattolico credente, è chiaro che si tratta di una scelta che spetta alla educazione che mi è stata data, che io non rinnego ma mantengo, e quindi non potrò mai accettare l'aborto; da un punto di vista sociale possiamo discutere possiamo esaminare il problema, possiamo vedere se sono delineati chiaramente, il che a me non pare, i confini fra una legalizzazione dell'aborto, che può essere accettata e accettabile, ed una liberalizzazione dell'aborto, che è ben altra cosa), il nostro Gruppo non può accettare questo ordine del giorno, non fosse altro che per questa condanna, che era stata formulata in termini ben più pesanti nella prima stesura dell'ordine del giorno, laddove si diceva che "l'episodio che ha dato origine all'arresto del Segretario del Partito radicale si deve configurare quale grave tentativo di intimidazione" (adesso ci si limita a dire, in modo più attenuato, che "deve configurarsi come impedimento della libera espressione di opinione e democratica informazione sul problema") nei confronti di un provvedimento preso da un magistrato, il quale altro non fa, e altro non potrebbe fare, e noi diciamo altro non dovrebbe fare non deve fare, che applicare delle leggi.
Leggi fasciste, si è detto. Certo, leggi che questa strana, stranissima repubblica democratica e antifascista in trent'anni non è riuscita ad abrogare. Per cui non si può certo oggi gettar la croce su un magistrato che finalmente, vivaddio, le applica. E io mi permetto, forse con un tantino di malizia, di citare all'attenzione dei colleghi una dichiarazione, che proprio ieri è stata ripresa dai giornali, di questo magistrato fiorentino, di cui in questo momento mi sfugge il nome...



BERTI Antonio

E' Calamari, ben noto... Sempre lui...



CARAZZONI Nino

Appunto, il magistrato Calamari, ben noto, ha dichiarato ieri: "Il non applicare le leggi lascia spazio al fascismo". Troverete forse strano incongruente, che questo richiamo vi venga fatto rilevare da questo banco da un rappresentante della Destra Nazionale. Io veramente credo che quando non si applica la legge si apre la strada non al fascismo ma certamente all'anarchia, al caos, al disordine, alla illegalità. Per questa ragione noi votiamo contro l'ordine del giorno.



PRESIDENTE

Ha chiesto di parlare il Consigliere Gandolfi. Ne ha facoltà.



GANDOLFI Aldo

Signor Presidente, signori Consiglieri, è fuor di dubbio che dovere dei giudici è quello di applicare la legge, ma direi che nel caso dell'arresto del Segretario del Partito radicale dobbiamo rilevare (e mi sembra che opportunamente l'abbia detto il collega Zanone) prima di tutto il fatto che il giudice abbia usato una discrezionalità che aveva per assumere un grave provvedimento in riferimento a norme del Codice penale che in circostanze come queste avrebbe benissimo potuto far a meno di applicare, in secondo luogo - ed è l' aspetto più rilevante - la discrepanza tra la severità e la durezza di un intervento di questo genere e la consapevolezza, che credo sia ormai di tutti, per cui è lecito parlare di ipocrisia, che quella dell'aborto è una pratica ampiamente diffusa nel nostro Paese, e si conosce benissimo (ciascuno si può anche documentare in proposito) l'ubicazione delle cliniche dove, ad esempio, lo si pratica per cifre molto considerevoli.
Nell'intervento della Magistratura, che giustamente la mozione in questo caso depreca, non si può non rilevare - per gli aspetti, le forme la durezza con cui si è agito non solo nei riguardi del medico che faceva questo tipo di interventi ma nei confronti di un Segretario di Partito che in sostanza, rivendicava la paternità morale, l'ispirazione di interventi di questo genere - la severità, direi l'astiosità, con la quale si è voluto perseguire gli responsabili delle attività che si svolgevano nel Centro di Firenze. Questo in particolare stupisce, e al di là, direi, del rispetto che si deve alla Magistratura non può non portare a sottolineare che si è voluto, evidentemente, con questo tipo di intervento, dare anche una caratterizzazione ed un significato politico all'atto che si andava compiendo, che non è l'atto di un giudice che vuol far rilevare alla classe politica la discrepanza tra certe norme di legge e una prassi, e, direi, un atteggiamento morale che si sono consolidati nel Paese: è l'atto di un giudice, invece, che ha voluto scatenare un'azione che per il modo con cui è dita condotta e per le forme in cui si è articolata presenta aspetti che non si possono considerare accettabili.
Al di là di ciò, c'è la realtà di una legislazione che si richiama ancora a principi e ad impostazioni di carattere fascista, che evidentemente non corrisponde più alla realtà sociale così come è venuta evolvendosi nel Paese e a delle modificazioni anche del modo di sentire e percepire i problemi rispetto al modo in cui questi potevano essere considerati trenta o quaranta anni fa.
Ci troviamo di fronte a problemi particolarmente gravi e complessi, non ce lo nascondiamo, che vanno affrontati alla radice. Giustamente si parlava prima dell'azione di educazione, di illustrazione che dev'essere garantita consentita, diffusa, dei metodi anticoncezionali come modo serio e responsabile di affrontare questi problemi; al fondo ci deve essere anche quello di una regolamentazione nuova e più aperta delle pratiche abortive.
Questi sono provvedimenti che investono la classe politica, e il Governo e il Parlamento. Mi sembra che, al di là delle valutazioni che si possono dare di quello che è successo a Firenze, dell'iniziativa della Magistratura, vi sia un problema preciso di responsabilità e di iniziativa che investe i Partiti politici, che non si può più ignorare. Comunque si considerino questi problemi, questi fatti dimostrano che ci dev'essere un intervento legislativo nuovo, serio, responsabile, che risolva alcune delle discrepanze più macroscopiche che abbiamo dovuto registrare.
La discussione e il voto di una mozione di questo genere non toccano a mio parere problemi di rapporti politici o di alleanze, di convergenze o di solidarietà all'interno del Consiglio regionale o nel quadro politico nazionale, ma offrono l'occasione per sottolineare, ciascuno dalla propria angolatura, e sulla base della propria visuale ideologica, della propria fede, l' esigenza che il problema venga responsabilmente e rapidamente affrontato dal Parlamento.



PRESIDENTE

Chiede di parlare il Consigliere Vera. Ne ha facoltà.



VERA Fernando

L'ordine del giorno che viene presentato a questo Consiglio affronta due problemi distinti, anche se fra loro correlati: da un lato, quello dell'arresto del Segretario nazionale del Partito radicale, dall'altro quello della legge sull'aborto.
Indubbiamente, ci troviamo di fronte all'arresto di una personalità politica per un reato di opinione, anche se non si può negare che da parte degli esponenti del Partito radicale si sia cercato con spirito di provocazione (provocazione in senso buono, beninteso) proprio questo risultato, che poi il Procuratore della Repubblica di Firenze, Calamai, ha concretato con l'arresto del Segretario Spadaccia. Proprio per queste ragioni ci appare ancora più inopportuna l'iniziativa del magistrato fiorentino, tanto più strana se si considera, come già ricordato dal collega Zanone, che a fronte di un numero di casi di aborto che le statistiche indicano tra la cifra di 900 mila, ufficiale ministeriale, e quella di 1.200-1.300.000, dell'Unesco, e quella di altre fonti, che parlano addirittura di 3 milioni di casi, gli arresti e i processi sono in numero estremamente limitato, tal che un settimanale ha potuto parlare di tacita abrogazione della legislazione italiana sull'aborto. Per quanto riguarda il problema politico posto dall'arresto dell'esponente radicale noi siamo del parere che si è trattato di un grave errore, di un errore che va corretto, e chiediamo attraverso questo ordine del giorno agli organi a ciò competenti di voler provvedere.
Quanto al problema dell'aborto e della proposta di legge Fortuna, si tratta di una materia che è presente all'attenzione dell'opinione pubblica del Paese, anche se indubbiamente con opinioni di segno opposto, diverse differenziate, e che riteniamo non possa essere ignorata. Senza voler entrare troppo diffusamente nel merito, ritengo tuttavia, come hanno già fatto esponenti di altre forze politiche, di chiarire la posizione del mio Partito, che non è ovviamente favorevole alla 'liberalizzazione dell'aborto', per usare una espressione che ha introdotto il Consigliere Carazzoni, ma è favorevole ad una legislazione che, depenalizzandolo, tenga conto di quella che è una realtà sociale e ponga rimedio a certe situazioni impossibili, inaccettabili che oggi esistono.
Noi certamente non riteniamo l'aborto una soluzione ottimale al problema del controllo delle nascite. A prescindere dai dubbi, difficili da risolvere anche sul piano scientifico, sull'inizio della vita umana, cui corrispondono, poi, per chi crede, per chi ha una fede, i dubbi sull'inizio, come dire? di vita, di presenza dell' anima nella persona umana (questi dubbi esistono anche in campo cattolico: leggevo che nella "Summa" di San Tommaso si afferma, in contrasto con tesi oggi correnti nella dottrina della Chiesa, che l'anima entra nel corpo soltanto dopo il secondo mese, dal che parrebbe che l'Aquinate ritenesse che in questi primi due mesi, non essendo presente l'anima nel feto, sia possibile un intervento tecnico chirurgico che porti alla sua eliminazione), esiste poi il problema, che già è stato ricordato, di un trauma non soltanto fisico ma psichico per la donna. Tutti problemi tali da non consentirci di considerare, ripeto, l'aborto come una soluzione ideale alla pressione demografica. Giustamente il ministro della Sanità francese, Madame Simone Veil, nel momento dell'approvazione della legge che legalizza l'aborto in Francia, a chi si congratulava per la vittoria, rispose che non si poteva parlare di vittoria perché l'aborto è sempre una sconfitta.
Non possiamo però ignorare che in Italia milioni di persone sono costrette ad adottare ogni anno questa soluzione, e soprattutto lo sono in modo discriminato relativamente e alla situazione sociale e alla legge. Le statistiche dell' Unesco, per attenerci a quelle che credo possano essere da tutti accettate, venendo da un organismo internazionale, dicono che il 30-40 per cento degli aborti che avvengono in Italia si verificano non in studi medici ma presso praticone, o per autoaborto procurato dalla donna con mezzi estremamente rudimentali, in condizioni igieniche assolutamente primitive, mentre l'altro 30-40 per cento avviene in studi professionali si, ma clandestinamente, e sono precisamente quei casi che portano agli arricchimenti, già ricordati dal collega Zanone, di una certa categoria di professionisti, e soltanto il 30 per cento avviene in cliniche private, che naturalmente hanno l'abitudine di praticare tariffe particolarmente esose oppure in ambulatori, alla luce del sole e quindi in modo legale.
Il rifiutare di considerare la possibilità di una depenalizzazione e di una legalizzazione dell'aborto non significa scegliere la situazione ottimale, in cui a tutti i concepiti sia data la possibilità di vita, ma significa accettare, e voler continuare a perpetuare, la situazione nella quale il 30-40 per cento degli aborti avvengono in condizioni assolutamente inumane, il 30-40 per cento degli aborti avvengono in una situazione di lucro a favore di certe categorie professionali; significa, quindi, volere contemporaneamente il sistema del ferro da calza e volere l'arricchimento di certe categorie di professionisti che io non dico che siano al limite delinquenziale, perché indubbiamente c'e una pressione sociale a determinare questi interventi, ma che certamente da questi interventi traggono un lucro che verrebbe a cessare o ad essere notevolmente ridotto nel caso che si arrivasse ad una legalizzazione della materia.
Il mio Partito è poi del parere che sia assolutamente irrinunciabile una pianificazione delle nascite attraverso un intervento pubblico attraverso forme di educazione sociale, attraverso forme ambulatoriali e di organizzazione di consultori demografici che permette all'origine, alla radice del problema dell'incremento, della pressione demografica, di evitare che, oggi come oggi, sostanzialmente, il mezzo più efficace di controllo delle nascite esistente nel nostro Paese sia quello dell'aborto illegale.



PRESIDENTE

Ha chiesto di parlare il Consigliere Berti, Ne ha facoltà



BERTI Antonio

La nostra firma in calce a questo ordine del giorno tende ad ottenere in questo momento, essenzialmente, una presa di posizione contro l'atto del magistrato, che assume l'aspetto di tentativo di intimidazione e di impedimento dell'esercizio della libera informazione, essendo il tema dell'aborto di tale importanza politica e sociale da necessitare un dibattito certamente più ampio di quanto sia consentito in questo momento.
Noi siamo pertanto disponibili anche per una preparazione necessaria secondo me, ad affrontare il tema in modo concreto, disponendo di tutti i termini della questione. E poiché siamo convinti che, come è scritto nell'ordine del giorno, il problema dell'aborto va affrontato in un contesto in cui siano collocati i problemi collegati alla riforma del diritto di famiglia, alla pianificazione familiare, all'educazione sessuale, sociale ecc.ecc., direi che il problema va posto in un contesto molto più ampio, non può nemmeno prescindere dalla situazione economico sociale del Paese, per aspetti che qui sono del resto già emersi per le disparità, le disuguaglianze che esso comporta.
Mi limito quindi a dichiarare l'approvazione del nostro Gruppo a questo ordine del giorno, a sottolineare gli aspetti che denunciano la gravità dell'atteggiamento assunto dalla Magistratura, per il momento e il contesto in cui questo si colloca, tendente ad intimidire coloro che affrontano e si battono per istituire anche in Italia una regolamentazione dell'aborto.
Voglio tuttavia cogliere gli aspetti politici che una discussione pur così limitata ha portato in questo Consiglio regionale, rilevare come con il suo atteggiamento il Gruppo della Democrazia Cristiana, analogamente a quanto avvenne in occasione del referendum sul divorzio, dimostri di non riuscire a vedere l'esigenza impellente che hanno gli Partiti in Italia soprattutto il Partito di maggioranza relativa, che da tanto governa il Paese, di collocarsi positivamente rispetto ai problemi di crescita civile sociale e culturale che il Paese esprime. Non a caso - e la cosa non mi fa piacere -, anche in questa circostanza, come già per il divorzio, l' atteggiamento della Democrazia Cristiana finisce con il collimare con l'atteggiamento del Partito fascista. Il che non giova alla lotta che vede impegnate le forze democratiche del nostro Paese per una elevazione delle condizioni di vita non soltanto sociali ed economiche ma anche culturali del nostro Paese. Direi che questo atteggiamento è una ulteriore dimostrazione della crisi che il Partito della Democrazia Cristiana attraversa, e che, per ammissione di stessi suoi autorevoli esponenti, è una crisi di incultura. La difficoltà che chiaramente qui emerge è la dimostrazione del ritardo culturale della Democrazia Cristiana, che assume aspetti preoccupanti quando essa rifiuta di verificarsi con situazioni quali quelle espresse oggi, che mi pare anche da come i giornali scrivono veramente esprimano posizioni preoccupate e positive della stragrande maggioranza del popolo italiano.
Questo, credo, è uno degli aspetti politici che potrà non avere ripercussioni sulla maggioranza in atto ma certamente esprime una debolezza della Democrazia Cristiana, che rinuncia a misurarsi con gli problemi di cultura nuova, oltre che di larga importanza sociale, che emergono nel nostro Paese. Mi premeva dirlo, confermando l'atteggiamento positivo del nostro Gruppo per questo ordine del giorno.



PRESIDENTE

Non ho altri iscritti a parlare, e pertanto pongo in votazione, per alzata di mano, l'ordine del giorno che è stato discusso e di cui ho dato lettura. Chi intende approvare è pregato di alzare la mano.
L'ordine del giorno è approvato con il seguente esito: presenti : n. 32 favorevoli : n. 17 Consiglieri contrari : n. 2 Consiglieri Poiché mi è stato chiesto specificamente di contare anche quanti presenti, non partecipano al voto (il Regolamento non prevede che si dia un senso a chi resta in aula e non vota), informo che sono 13. La seduta è tolta.



(La seduta ha termine alle ore 14,30)



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