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Dettaglio seduta n.276 del 23/12/74 - Legislatura n. I - Sedute dal 6 giugno 1970 al 15 giugno 1975

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Argomento:


PRESIDENZA DEL PRESIDENTE VIGLIONE


Argomento:

Ordine del giorno della seduta


PRESIDENTE

La seduta è aperta.
L'ordine del giorno reca: Dibattito su finalità ed obiettivi del piano regionale delle acque Esame disegno di legge n. 228: "Rendiconto generale della Regione Piemonte per l'esercizio finanziario 1973" Esame disegno di legge relativo all'esercizio provvisorio del Bilancio per l'anno 1975. Dichiarazioni Presidente Giunta Regionale sullo stato di attuazione del programma regionale Esame disegno di legge n. 235: "Seconda variazione al bilancio della Regione per l'anno finanziario 1974".
Se non vi sono osservazioni l'ordine del giorno si intende approvato.


Argomento:

Approvazione verbale precedente seduta


PRESIDENTE

Il processo verbale dell'adunanza 18 dicembre 1974 è stato distribuito ai Consiglieri prima dell'inizio della seduta odierna. Se nessuno chiede la parola anche il verbale si intende approvato.


Argomento:

Comunicazioni del Presidente

Argomento:

a) Congedi


PRESIDENTE

Sono in congedo i Consiglieri: Giovana, Armella, Gerini.


Argomento:

b) Disegni di legge - Presentazione e assegnazione a Commissioni


PRESIDENTE

Presentazione ed assegnazione disegni di legge: n. 232 relativo a "Bilancio di previsione per l'anno finanziario 1975" assegnato alla I Commissione n. 233 relativo a "Esercizio provvisorio per l'anno 1975"; assegnato alla I Commissione n. 234 relativo a "Provvedimenti per la promozione dello sport nella Regione Piemonte" presentato dalla Giunta Regionale ed assegnato alla VII Commissione n. 235 relativo a "Seconda variazione al bilancio della Regione per l'anno finanziario 1974" che è oggi in discussione, assegnato alla I Commissione.


Argomento: Organizzazione regionale: argomenti non sopra specificati

c) Attività svolta dal Consiglio Regionale nell' anno 1974


PRESIDENTE

L'odierna seduta del Consiglio Regionale del Piemonte dovrebbe essere l'ultima del 1974. Essa coincide anche con il compiersi di un anno di attività della Giunta Regionale e della Presidenza dell'assemblea. Ritengo perciò opportuno, nel porgere a tutti i Consiglieri gli auguri più sinceri per le imminenti festività, presentare all'assemblea un sintetico bilancio del lavoro svolto nel corso dell'anno.
Compendiare in pochi dati statistici un'attività come quella degli organi consiliari, che presenta soprattutto carattere di studio, di approfondimento, di elaborazione legislativa, non può dare un quadro esauriente e reale di tale lavoro. Alcuni di questi dati, comunque, pur nella loro aridità, bastano ad evidenziare come la nostra Regione, superata la fase di primo impianto e quella di organizzazione istituzionale e funzionale, abbia ormai una produzione legislativa numerosa e qualificata: in 87 sedute il Consiglio Regionale ha approvato 50 leggi, sei delle quali sono state rinviate dagli organi statali di controllo. Tra i provvedimenti adottati particolare significato hanno le leggi dei contributi ai Comuni per le opere di urbanizzazione primaria, per interventi nel settore dell'artigianato, per l'assistenza scolastica, per la zootecnia l'istituzione dell'Ente di sviluppo agricolo, per l'erogazione di contributi nel settore dei trasporti, per il personale regionale, per l'incentivazione turistica, per la promozione dell'assistenza domiciliare agli anziani e agli inabili.
Tra le ultime leggi approvate e in attesa del visto del Commissario di Governo mi sembra opportuno ricordare le leggi in materia di assistenza ospedaliera che il Consiglio piemontese ha approvato per primo tra le Regioni italiane, in vista dell'imminente passaggio dallo Stato alle Regioni delle competenze nel settore.
Ma il bilancio dell'attività conciliare, di quella svolta quotidianamente e con impegno dai Consiglieri, presenta altri elementi significativi: il numero dei progetti di legge presentati è 109; delle riunioni dell'Ufficio di Presidenza e dell'assemblea, 43; delle sedute delle otto Commissioni permanenti, 309; delle deliberazioni assunte, delle mozioni discusse da parte del Consiglio Regionale, 123.
Di particolare rilievo l'attività cosiddetta di controllo del legislativo sull'esecutivo, attraverso la presentazione di 223 interrogazioni ed interpellanze, alla maggior parte delle quali la Giunta ha già dato risposta. Inoltre il lavoro delle Commissioni, che costituisce momento estremamente importante e decisivo per l'elaborazione preventiva dei progetti di legge, è stato quest'anno particolarmente intenso: nelle oltre 300 sedute sopra ricordate le Commissioni hanno infatti licenziato 60 progetti di legge sui 146 complessivamente in esame, procedendo a tal fine in adempimento del dettato statutario, ad una serie di consultazioni (circa 50) con la partecipazione di oltre 800 Enti che hanno permesso di verificare, a livello dei più diretti destinatari, la rispondenza dei progetti legislativi alle esigenze che si intendono soddisfare.
Oltre all'esame e all'approvazione delle leggi che ho citato in precedenza, questa complessa attività ha consentito all'assemblea piemontese di assumere decisioni in ordine alla definizione ed acquisizione della nuova sede del Consiglio (Palazzo Lascaris), al parere sul decentramento universitario in Piemonte, agli statuti delle 44 Comunità montane, alla creazione del Centro di calcolo, a numerosi problemi occupazionali. A quest'ultimo riguardo, soprattutto, la costante presenza e gli interventi attuati, hanno dimostrato l'attenzione e la sensibilità degli organi della Regione ai problemi, particolarmente gravi in quest'ultimo scorcio dell'anno, dei lavoratori piemontesi.
Mi sembra giusto e doveroso, infine, ricordare che il Consiglio coerentemente all'impegno assunto un anno fa, ha portato avanti e potenziato nel corso del 1974 sia l'informazione della comunità circa l'attività consiliare, sia la propria decisa azione politica antifascista promuovendo oltre a numerose iniziative di carattere regionale nell'ambito delle celebrazioni del 30° anniversario della lotta di liberazione, alcune iniziative di più largo respiro e di importanza politica nazionale, come l'incontro con il Presidente della Repubblica e la recente Conferenza nazionale di Reggio Calabria sulle inchieste delle Regioni sull'eversione fascista; ha avviato in Piemonte, a fine settembre, mediante la nomina di un'apposita Commissione consiliare, un'indagine conoscitiva.
Credo in definitiva che il Consiglio Regionale, potendo presentare alla comunità piemontese questo ampio e positivo bilancio di attività, non sia venuto meno alle attese delle popolazioni che chiedevano all'istituto regionale decisioni operative e concrete, capaci di incidere sulle strutture economiche e sociali.
Se questo bilancio di attività regionale deve essere veramente realistico, dobbiamo anche constatare come la critica situazione economica generale del Paese e le difficoltà esistenti anche a livello internazionale, abbiano negativamente inciso sull'immediata operatività di alcuni dei più significativi interventi varati dal Consiglio Regionale, ma ritengo che proprio il dibattito della seduta odierna non mancherà di affrontare anche questi problemi. Un periodo particolarmente difficile ed intenso attende ora il Consiglio; l'avvicinarsi del termine di chiusura della prima legislatura regionale impone a tutti gli organi regionali un ulteriore impegno per far sì che la legislatura si concluda avendo alle spalle un proficuo bagaglio di decisioni legislative che possano costituire base di partenza per chi sarà chiamato a continuare il nostro lavoro.
Hanno così termine le comunicazioni del Presidente.
Ha chiesto di parlare il Consigliere Berti, ne ha facoltà.



BERTI Antonio

Devo manifestare tutta la mia sorpresa per queste dichiarazioni, per la forma, ma soprattutto per il contenuto.
Immagino che sia il saluto di fine d'anno, quello che di solito si consegna ai giornali perché lo pubblichino; rientra nello stile di ogni uomo politico consegnare determinati documenti, soprattutto quando riguardano attività di carattere personale di cui si è responsabili, e pu avere un senso, ma quando si presenta un bilancio del Consiglio Regionale bisogna stare attenti perché si tratta di un bilancio politico in cui non si possono commettere errori di carattere politico (almeno dal nostro punto di vista).
Per quanto riguarda il metodo, noi pensiamo che documenti di questo tipo debbano comunque essere presentati prima al Consiglio Regionale e iscritti all'ordine del giorno affinché il Consiglio sappia che verrà dato alla stampa un quadro dell'attività del Consiglio Regionale, e pertanto deve corrispondere, per quanto è possibile, al massimo di unitarietà del Consiglio stesso, oppure si evidenziano le differenze. Ed è quanto io sto facendo in questo momento.
Dal punto di vista del merito io credo che dare un quadro dell'attività del Consiglio Regionale così ampiamente positivo e per il tipo di partecipazione e di quantità del lavoro, e per la qualità del lavoro, non sia corrispondente al vero, ma sia un giudizio di carattere molto superficiale che non tiene conto della realtà del nostro Consiglio che ancora qui stamattina si evidenzia con l'assenza di molti Consiglieri.
Perché se è vero che le Commissioni hanno lavorato in quel modo, credo sia onesto aggiungere che ciò ha potuto verificarsi per lo sforzo di una parte dei Consiglieri e forse sarebbe opportuno dire quali sono i Consiglieri, di quali partiti, che hanno disertato le riunioni, certamente ne uscirebbe un quadro certamente positivo per qualche componente del Consiglio, ma non per tutti.
Fare un quadro dell'attività del Consiglio Regionale parlando solo della quantità delle cose fatte, prescindendo dal merito delle questioni affrontate e dalle conclusioni a cui si è giunti, vuol dire dare all'opinione pubblica un quadro sostanzialmente falso, perché non è vero che il Consiglio Regionale sia riuscito, con le sue leggi, a incidere nella realtà del Piemonte, vuoi per cause di carattere oggettivo, vuoi per cause di carattere soggettivo e la cosa è stata oggetto di ampio dibattito in questo Consiglio ancora recentemente.
Nella realtà, i miliardi accantonati presso le banche sono la testimonianza del fatto che non si riesce ad incidere e queste cose devono essere dette; non si può accettare un giudizio così superficiale.
Come si possono poi dare come acquisiti i Centri di calcolo, i comprensori, questioni di cui si è incominciato a parlare soltanto oggi, ma che non presentano ancora delle soluzioni efficaci? E come non dire (e saranno oggetto delle discussioni odierne) che importanti e qualificanti punti dell'attività del Consiglio regionale sono tuttora disattesi? E allora, quando ci si impegna a dare un giudizio politico, la cosa non può essere fatta in modo così frettoloso, deve essere ponderata, meditata deve porre in luce, certamente insieme ai problemi di carattere positivo anche le grandi carenze che ancora esistono nel lavoro del Consiglio Regionale e dei suoi organi. E la miglior cosa che possiamo fare nei confronti dell'opinione pubblica, è di impegnarci come uomini e come forze politiche a superare questi ritardi, perché la popolazione capisca che cosa è e che cosa deve essere il Consiglio Regionale.
Per questo dichiaro, a nome del mio Gruppo, che non possiamo condividere il saluto che qui è stato frettolosamente e superficialmente espresso.



PRESIDENTE

La parola al Consigliere Bianchi.



BIANCHI Adriano

Signor Presidente, le esigenze della puntuale rappresentazione della posizione di ogni Gruppo, l'esigenza di non sentirsi coinvolti in giudizi politici di carattere generale che totalmente non si condividono l'esigenza di presentare le carenze delle forze che si avversano, di mettere in evidenza gli aspetti positivi dei propri apporti sono tutte ragioni perfettamente legittime che sono state espresse poc'anzi, ma io credo di aver colto nella relazione che ci ha presentato il Presidente rapida, sintetica, fatta principalmente di numeri - le intenzioni, i propositi dell'Ufficio di Presidenza.
Il Presidente ha messo in evidenza un fatto che credo sia obiettivo e cioè che il 1974, che pure presenta sicuramente carenze e motivi di contrasto che saranno oggetto del dibattito che ci attende proprio oggi, è stato un anno estremamente fervido di attività del Consiglio; nel quale, si capisce, vi sono Consiglieri più presenti e alcuni meno, ci sono Assessori che sono stati chiamati, per la materia di competenza, ad impegnarsi di più ed altri di meno, ma rispettando e salvando l'esigenza che una forza di opposizione ha di non essere coinvolta in atteggiamenti che possono apparire trionfalistici, ritengo che sia legittimo, proprio in tempi in cui le istituzioni sono contestate, in cui a volte le forze politiche (ne abbiamo esempi abbastanza vicini) progressivamente vengono screditate, fare un esame retrospettivo.
Io credo che l'istituzione regionale in questo anno, con tante carenze con tante difficoltà, abbia compiuto una mole di lavoro che l'enunciazione quantitativa mette in evidenza, che le materie enunciate qualificano anche sotto il profilo dell'incidenza.
L'aver sentito la relazione del Presidente non mi ha portato a considerare che avessimo adempiuto a tutti i doveri e nei modi migliori che tutto sia stato fatto e che non resti null'altro da fare, che non si potesse fare di più e di meglio in quest'anno; lasciava lo spazio legittimo, alla vigilia della conclusione, secondo la prassi sempre seguita, di fare un esame retrospettivo, lasciava libera ogni parte politica all'interno di questi dati e di queste valutazioni, di assumere i propri atteggiamenti e di fare anche le proprie autocritiche.
Rimandando quindi a sede più opportuna l'esame di merito, ringrazio il Presidente per averci sommariamente ricordato che cosa si è fatto in quest'anno e lo ringrazio anche per gli auguri, che ricambio con tutta cordialità. Lo ringrazio anche per l'impegno, per la diligenza, per il fervore che egli e l'Ufficio di Presidenza hanno posto nel cercare di rendere più efficienti e puntuali possibile i lavori di questo Consiglio.



PRESIDENTE

La parola al Consigliere Cardinali.



CARDINALI Giulio

Signor Presidente, conoscendola personalmente e sapendo soprattutto come il suo entusiasmo sia molte volte anticipatore anche di fatti che sono in maturazione e non sono del tutto avvenuti, credo che il suo messaggio volesse mettere in risalto due aspetti: l'indubbia mole di lavoro che il Consiglio Regionale ha svolto attraverso tutte le sue componenti, ma soprattutto il fatto che il Consiglio non ha sostanzialmente disatteso ai propri compiti e alle aspettative delle popolazioni piemontesi.
E' evidente che se andiamo ad analizzare ogni singolo fatto potremmo vedere che in alcuni valgono più le intenzioni che le realtà, in altri ci sono solo degli avvii più che delle organizzazioni, però non c'è nessun dubbio che il 1974 ha rappresentato un anno di tensione che è partito dalle iniziative della Giunta integrato dalle iniziative del Consiglio Regionale e che ha visto tutto l'insieme degli organi regionali notevolmente impegnati in un'attività che noi ci auguriamo possa essere utile. E' un impegno che naturalmente si cala in una realtà che non è oggettivamente modificabile da noi se non nella misura in cui i nostri poteri, ancora piuttosto gracili, riescono ad incidere nella realtà stessa.
D'altra parte non credo che il Presidente del Consiglio, nel fare il suo messaggio augurale (perché in sostanza di questo si tratta) non è che abbia inteso distribuirci una pagella con i voti, dicendo Tizio merita 8 Caio merita 6, ma ha tratto a fattor comune (per usare un'espressione matematica) un lavoro generalizzato del Consiglio. Sotto questo punto di vista credo che l'aspetto positivo non possa certamente sfuggire e in questo senso non soltanto a nome del Gruppo accettiamo cordialmente l'augurio e l'invito che il Presidente del Consiglio ci fa, ma vogliamo confortarlo della nostra solidarietà in quella che, secondo me, rappresenta una rarità oggi, cioè in quel suo perseverare di entusiasmo e di positiva aspettativa che intendiamo condividere se non proprio a livello di certezza del presente per lo meno come impegno per il futuro.



PRESIDENTE

Non vi sono altri iscritti a parlare. Hanno così termine le comunicazioni del Presidente.


Argomento: Bilanci consuntivi (generale e del Consiglio Regionale)

Esame disegno di legge n. 228: "Rendiconto generale della Regione Piemonte per l'esercizio finanziario 1973"


PRESIDENTE

Il punto settimo dell'o.d.g. reca: "Esame disegno di legge n. 228: "Rendiconto generale della Regione Piemonte per l'esercizio finanziario 1973"".
Nella conferenza dei Presidenti di Gruppo si era concordato che al momento della presentazione dei tre provvedimenti legislativi - per l'esercizio provvisorio, di Rendiconto generale della Regione Piemonte per l'esercizio finanziario '73, ed infine di seconda variazione al bilancio per l'anno finanziario '74, si sarebbe aperto un dibattito sullo stato dell'economia nella nostra Regione e sul programma regionale. Riterrei, se non vi sono opposizioni, di far svolgere questo dibattito prima di porre in approvazione i tre provvedimenti legislativi.
Chiede di parlare il Consigliere Berti. Ne ha facoltà.



BERTI Antonio

Noi pensiamo che si debba svolgere il di battito sul consuntivo '73 che lo si approvi o lo si respinga, e poi iniziare il dibattito sull'esercizio provvisorio con annessa dichiarazione di carattere generale.



PRESIDENTE

Se non vi sono opposizioni a questo ordine di lavori dell'assemblea, si passerebbe allora all'esame del disegno di legge n. 228. Prima dell'approvazione dell'esercizio provvisorio e dell'altro disegno di legge si passerebbe al dibattito sullo stato dell'economia.
Ha facoltà di parlare il relatore, Consigliere Dotti.



DOTTI Augusto, relatore

Signor Presidente, questo disegno di legge n. 228 ha come titolo: "Rendiconto generale della Regione Piemonte per l'esercizio finanziario '73" ma si compone in realtà di due parti: il rendiconto vero e proprio e le disposizioni, all'art. 9, per l'applicazione dell'avanzo finanziario di questo esercizio.
Circa questo sistema abbiamo avuto molte perplessità, in quanto ci sembrava, che sarebbe stato più corretto prima precisare l'ammontare dell'avanzo, poi, con una seconda legge, approvare la destinazione dell'avanzo stesso. Le mie serie perplessità sono dovute anche all'impossibilità per il Consiglio, con questo sistema, di seguire la gestione dei residui passivi. Cioè, noi approviamo il bilancio, e, come voi vedete nel testo di legge, abbiamo una quota molto elevata di residui passivi, per somme non spese nel corso dell'esercizio (per esempio all'art. 3 risultano da pagare 68 miliardi di lire); poi perderemo questa possibilità di analisi, non sapremo negli anni successivi come questa somma sarà stata spesa e in quali periodi sarà stata spesa.
Quasi saremmo indotti a proporre che, se è giusto e indispensabile approvare questi rendi-conti secondo le leggi dello Stato, il Consiglio si fissi anche una sua norma regolamentare, nel senso di seguire la gestione dei residui passivi, affinché (e debbo dire che anche da parte dell'opposizione è stata più volte fatta presente questa richiesta) la Regione non assista passivamente all'applicazione né delle leggi dello Stato, cui noi ci riferiamo per quanto riguarda la spesa, né delle sue stesse leggi regionali. La Regione, dev'essere parte attiva nella spesa.
Gli stessi singoli Assessori non si devono accontentare di ricevere domande e poi impegnare le spese: devono anche sollecitare, evidentemente, la spesa da parte degli interessati, dei destinatari. Se noi applichiamo una spesa per esempio, per opere pubbliche, per acquedotti, per fognature, per inceneritori, per le strade, dobbiamo assicurarci che queste opere vengano eseguite, altrimenti per carenza di operatività lasceremo che il denaro rimanga in cassa a svalutarsi, specialmente in questi periodi, anche se ci può dare la soddisfazione di interessi discretamente o largamente attivi da iscrivere a bilancio nelle entrate.
Noi non possiamo più rimanere passivi: dobbiamo aver coraggio e seguire quello che avviene dei residui, per esempio, della spesa rispetto all'anno 1972, della spesa rispetto all'anno 1973, a quelle che saranno le spese dei prossimi anni, spese, cioè, impegnate e non pagate nel corso dell'anno.
Questo, ripeto, perché non vi è più alcun altro documento che ci permetta di seguire questa ripresa. Così, il Consiglio conosce solo per sentito dire, ma non esattamente, attraverso un documento ufficiale (queste cose potrebbero essere citate anche nella relazione al bilancio fatta dall'Assessore per il Bilancio) l'ammontare delle somme depositate in banca. Noi dovremmo poter seguire attraverso appunto un documento contabile molto probante anche i cicli della spesa, per vedere, cioè, là dove alcune somme si rendessero disponibili, se la spesa ha un ciclo lungo; cioè sapremmo dosarla più esattamente, in modo più redditizio per la stessa Regione, nei singoli capitoli di spesa.
Io mi auguro che effettivamente la Ragioneria possa elaborare e mettere a disposizione della Giunta un documento di questo genere, convinto come sono che ogni singolo componente la Giunta (ad eccezione del Presidente) non conosce la posizione degli altri Assessori in rapporto a questi residui passivi: per esempio, chi regge l'Assessorato al Turismo non sa se nel complesso del suo Assessorato ci si trovi più avanti quanto a spesa dell'Assessorato alla Sanità o di quello ai Lavori pubblici (non dico se egli stesso sia più diligente) e perché, in caso positivo, ci si trovi più avanti. Per esempio, noi abbiamo, nel corso di una delle ultime riunioni, a fine novembre o già in dicembre, nelle variazioni della spesa, destinato somme assai ingenti all'agricoltura, ma non avremo più modo di seguire la gestione di questi residui passivi, non sapremo quando e come saranno spesi: potrebbe darsi che, sollecitato ad una interrogazione, l'Assessore all'Agricoltura ce lo venga a dire, però non abbiamo previsto un documento ufficiale che ci permetta di seguire queste cose.
Alla Commissione, che pur approva a maggioranza questo bilancio consuntivo dell'anno 1973, e direi anche viene incontro alla Giunta per la pubblicazione dell'avanzo di 4 miliardi e 113 milioni, rimangono dunque alcune perplessità, proprio sull'applicazione di questa differenza. Se sui maggiori oneri per il personale non abbiamo nulla da obiettare, perché si tratta di spese accertate, e così anche per il trasporto degli alunni della scuola dell'obbligo non vi è alcun particolare rilievo da fare, perché si tratta indubbiamente di spese occorrenti per un servizio che è indispensabile ad assicurare il diritto allo studio, specialmente fra gli allievi di minore età, in merito ai 1300 milioni da destinare ad interventi per la cooperazione in agricoltura, che ci trovano certamente consenzienti osserviamo che non abbiamo in mano una documentazione sufficientemente efficace: sarà stato compito anche della Commissione Agricoltura accertarsi di queste cose, ma questo è un residuo certamente passivo che sarà evidentemente speso nel '75, di cui noi poi perderemo traccia in un documento ufficiale.
E' invero strano e singolare che si dica che queste cose non si potevano fare da parte dell'Assessore, venendo anche in Consiglio e dimostrando effettivamente l'urgenza di questa spesa; perché se questa spesa non avesse avuto un'urgenza immediata in questo momento poteva essere ripresa anche nell'anno 1975. E così anche dall'Assessore ai Lavori pubblici non siamo stati informati sulla misura dell'urgenza e la rapidità di applicazione. Quando saranno spesi i mille milioni per acquedotti e fognature in conto capitale? Noi ci auguriamo che lo siano, comunque si tratta di un residuo passivo la cui utilizzazione si protrarrà probabilmente anche nell'anno 1976, ma di cui noi non troveremo più traccia in un documento ufficiale.
Quindi, pur dando approvazione a questo rendiconto dell'anno 1973 rendiconto che, come ho detto, contiene anche indicazioni per l'applicazione dell'avanzo - la Commissione, credo unanime, prega il Consiglio di darsi un regolamento di carattere finanziario e contabile, che permetta, ripeto, la gestione dei residui passivi e faccia conoscere l'ammontare del denaro posseduto dalla Regione e come questo denaro viene speso.
Risulta che il nuovo Ministro alle Regioni abbia già in mano una traccia, che è stata distribuita, mi pare, alle Commissioni Finanza del Parlamento, sia per il Senato sia per la Camera dei Deputati, sulla contabilità delle Regioni. Sarebbe bene poter venire in possesso di questo progetto di legge, affinché il Consiglio stesso della Regione Piemonte possa dare il suo apporto migliorativo nella misura maggiore possibile.



PRESIDENTE

Dichiaro aperta la discussione.
Ha chiesto di parlare il Consigliere Rivalta. Ne ha facoltà.



RIVALTA Luigi

Noi siamo venuti alla discussione di questa mattina, con i suoi punti all'ordine del giorno - esame del Consuntivo per il '73 e successivamente discussione sull'esercizio provvisorio - con l'intenzione di confrontarci sul piano politico, e non sul piano puramente contabile. Intendiamo pertanto dare a questa discussione il carattere del più ampio confronto. E' questo il nostro costume, a maggior ragione valido nel caso specifico, per il significato politico che questi punti all'ordine del giorno hanno.
Sembra anche a noi che sia venuto il momento di esprimere un giudizio consuntivo sull'attività della Regione, del Consiglio Regionale, della Giunta negli anni che sono trascorsi: un giudizio, quindi, che compete alle forze politiche. E sotto questo profilo abbiamo trovato quanto meno imprudente il giudizio formale che il Presidente del Consiglio ha voluto esprimere in apertura di questa seduta. Il nostro rifiuto di questo giudizio è legato al significato appunto politico che deve avere la discussione di oggi, che non può essere in alcun modo alterato, modificato ammorbidito da espressioni di carattere formale sull'attività della Regione.
Il nostro giudizio sul consuntivo vuol quindi essere essenzialmente un giudizio di carattere politico e non solo contabile, anche se, ovviamente i miei compagni ed io faremo riferimento alle cifre. Ed è un giudizio di carattere politico che deve necessariamente fondarsi su dati di conoscenza parziali, per la scarsità degli elementi di informazione che ci dà questo consuntivo.
Il consuntivo indica gli stanziamenti definitivi, entrata e uscita nella cifra di 98 miliardi e 700 milioni, e pone in evidenza gli accertamenti delle somme, che sono in entrata di 140 miliardi e in uscita di 135 miliardi. Di qui l'avanzo finanziario 1973 di 4 miliardi e 100 milioni, che il risultato contabile di cui questa mattina si discute, e che rappresenta la somma disponibile per nuove destinazioni di spesa.
Ma non è questo il modo in cui vogliamo esaminare il consuntivo: un'analisi siffatta ci porterebbe soltanto a verifiche aritmetiche, che non abbiamo fatto, poiché siamo fiduciosi che le macchine calcolatrici siano state fatte operare con esattezza. Vogliamo, invece, discutere dei contenuti che stanno dietro queste cifre. Intanto questo consuntivo richiama la nostra attenzione per le differenze fra le previsioni definitive e le somme accertate, che sono in una nota del consuntivo spiegate contabilmente in entrata con il reintroito dei fondi di esercizi passati tuttora depositati presso istituti di credito, e in uscita con il loro rideposito presso gli stessi istituti di credito. Questi fondi di cassa disponibili ammontano a circa 45 miliardi.
Si evidenzia, in sostanza, già qui, da questo confronto fra stanziamenti definitivi e accertamenti di somme, un primo fatto politico rilevante la presenza di 45 miliardi che costituiscono dei residui passivi degli esercizi precedenti, in particolare degli esercizi del 1971 e del 1972. Quindi, già un prima giudizio politico ci viene da questa esaltazione di cifre che si ha sul piano del bilancio di cassa (delle somme accertate rispetto al bilancio di competenza) e che è dovuto ad un residuo: 45 miliardi di somme non spese e depositate nelle casse, che giocano qui in entrata e in uscita. Non ci può essere che un giudizio negativo: si tratta di 45 miliardi, stanziati e a disposizione, che non sono stati spesi; 45 miliardi che sottolineano il ritardo dell'attività della Regione, e quindi la sua inefficienza e la sua incapacità a intervenire nella realtà economica e sociale regionale.
Un secondo dato che richiama l'attenzione che è la controfaccia del primo, è quello dei residui attivi: 60 miliardi. Anche qui, per 45 miliardi sono costituiti dal deposito presso gli istituti di credito dei soldi non spesi. Per questa parte, i residui attivi sono la dimostrazione dell'inefficienza della Regione. Gli altri 15 miliardi sono dovuti a ritardi nelle varie entrate, i più rilevanti dei quali, 4,7 miliardi, da entrate extra-tributarie e 7 dalla contabilità speciale. Ritardi che sono dovuti ad inadempienze di erogazione dei fondi previsti da leggi nazionali e per questa parte i residui attivi sono indicazione dell'inefficienza dello Stato.
Ma non è su questi aspetti e sui 45 miliardi dei residui passivi dei bilanci '71 e '72 che intendiamo soffermarci. Più degli altri rilevatore di un modo di condurre l'Amministrazione Regionale, di svolgere la politica regionale, è un terzo dato: quello che richiamava nella sua relazione introduttiva il collega Dotti, quello delle somme dell'esercizio '73 che al 31 dicembre '73 sono rimaste da pagare; cioè i residui passivi del solo bilancio '73, che ammontano a 68 miliardi e 416 milioni e che si aggiungono ai 45 miliardi di residuo passivo dei bilanci precedenti. Su un bilancio che comporta una previsione definitiva di spesa di 98,7 miliardi, ben 68,4 miliardi non sono stati erogati; ciò significa che nel corso dell'esercizio 1973 il 70% della previsione definitiva di spesa è rimasto inattuato.
Questa analisi diventa ancor più significativa se si scorporano alcune voci componenti la previsione di spesa definitiva. Le somme accertate per le spese correnti sono nel '73 di 41 miliardi e 246 milioni, di cui sono stati pagati 19 miliardi e 209 milioni; cioè, sono stati pagati solo il 47 ed è rimasto da pagare il 43% delle spese correnti.
Per quel che riguarda le spese in conto capitale, le somme accertate sono di 27 miliardi e mezzo, di cui sono stati pagati soltanto 3 miliardi e 170 milioni, cioè meno del 12%. Sono rimasti da pagare, invece, 24 miliardi e 247 milioni, cioè più dell'88%.
Per quanto riguarda la contabilità speciale, le somme accertate sono 22 miliardi e 323 milioni, di cui sono stati pagati soltanto 1 miliardo e 191 milioni, cioè soltanto il 5%. Sono rimasti da pagare 21 miliardi e 131 milioni, cioè il 95% delle somme accertate.
Ecco, quindi, che la lettura dei residui passivi, articolata secondo queste categorie, ci dice quanto grave sia l'inefficienza e l'incapacità della Regione ad essere tempestiva, in particolare per quello che riguarda le spese in conto capitale e per quanto riguarda la contabilità speciale. E noi ci associamo alla richiesta che qui ha fatto questa mattina il collega Dotti - il quale, peraltro, ha molto correttamente dichiarato che la stessa richiesta era stata più volte avanzata,e non soltanto negli ultimi tempi dal nostro Gruppo in seno alla I Commissione, come d'altra parte anche nei confronti dei singoli Assessorati abbiamo fatto qui in aula - di avere una possibilità di controllo continuo dell'andamento della spesa, e non solo in sede di consuntivo. Certo, una parte di quelle cifre che sono rimaste non spese nel '73, e che sono l'88% e più delle spese in conto capitale, che sono il 95% della spesa di contabilità speciale, sarà stata spesa, in una certa misura, nel corso del '74. Ma non è dato a noi di sapere in che misura ed in quale modo; non abbiamo alcuna dimostrazione. Sarebbe davvero il caso di avere mensilmente una documentazione e la possibilità di controllo e di confronto dell'andamento della spesa con l'andamento dell'entrata, e di valutare permanentemente in qual misura si sta divaricando la forbice fra queste voci. Abbiamo fondate ragioni di ritenere, sulla base delle cifre contenute nei consuntivi, e di altre che sono emerse discutendo dell'applicazione delle singole leggi o delle disponibilità di cassa della Regione, che questa forbice fra spesa ed entrate vada aprendosi sempre più, nonostante le entrate siano scarse e si realizzino con ritardo rispetto alle previsioni.
Quindi, ribadiamo anche in questa sede la nostra richiesta, fatta propria dal relatore, di avere d'ora in avanti - noi pensavamo che già ci sarebbe stata data possibilità nel '74 di avere informazioni di questa natura - una registrazione e una informazione che ci consenta di valutare e cogliere gli aspetti oggettivi di questi ritardi.
Questa modifica di metodo ci potrà dare, io spero, la possibilità di una analisi più completa dei consuntivi. Ma, al di là di questa valutazione parziale che siamo costretti a fare non avendo completa informazione sull'andamento della spesa, dobbiamo comunque dire che i dati che ho citato, e che, pur modificati in qualche misura nel corso del '74 certamente permangono, sono l'indicazione chiara e netta di una inefficienza della pubblica amministrazione e anche dell'Amministrazione Regionale. Sotto questo profilo il Presidente del Consiglio vorrà comprendere perché noi non possiamo essere assolutamente d'accordo con lui su una valutazione della capacità operativa della Regione basata sul numero delle sedute, sul numero delle leggi votate.
E' comprensibile, è naturale che la spesa abbia qualche sfasatura temporale e che alla fine di un esercizio rimangano da pagare alcune somme ma può trattarsi di uno, due, tre, quattro dodicesimi. Un dodicesimo equivale all'8%, e quindi dell'ordine dell'8, del 16, del 24, del 32 per cento può risultare la somma che alla fine dell'anno rimane da pagare, se la spesa è stata gestita in modo efficiente. Qui invece si tratta dell'88 per le spese in conto capitale e del 95% per le spese di contabilità speciale; quindi, non si tratta più di una naturale dilazione della spesa rispetto al bilancio, di una naturale coda degli investimenti previsti nell'anno, ma di un fatto patologico. E tutto ciò cade in un momento di gravissima crisi economica, in cui sarebbe necessario che la spesa pubblica fosse efficiente e ben orientata; in cui è indispensabile che proprio l'operatore pubblico sostenga la domanda di produzione e la qualifichi.
Ci accorgiamo invece che, a conferma di innumerevoli denunce da noi fatte su singoli e specifici argomenti, la spesa regionale, oltre a non risultare bene orientata, è inefficiente; e che l'Amministrazione Regionale, invece che essere un momento di innovazione, ripete e prolunga gli stessi mali di cui soffre la struttura dello Stato. Ci ritroviamo qui le stesse situazioni di residui passivi, nelle stesse dimensioni, se non addirittura in dimensioni maggiori in certi casi, che tutti, non soltanto noi del Gruppo Comunista, abbiamo denunciato nei confronti dello Stato, ed in cui abbiamo individuato una delle cause della difficile situazione economica, dei processi di inflazione, delle dispersioni e degli sprechi.
La Regione è quindi partecipe di un modo d'essere del potere pubblico dell'applicazione di metodi e di strumenti da parte dello Stato, che abbiamo ritenuto negativi, e che tutti abbiamo denunciato. Un modo di far politica, di usare gli strumenti amministrativi, mirante più ad un'azione clientelare, da bottega di partiti e di correnti, che non all'applicazione di linee programmatiche, ed al conseguimento di obiettivi precisi. E' una politica amministrativa basata su una pioggia di contributi dispersivamente e casisticamente orientati, che ha già arrecato gravissimi danni in passato al nostro Paese.
A livello programmatico si era, è vero, espresso il proposito di mutar sistema: nello Statuto, per esempio, ove si prevede l'utilizzo di metodi e strumenti diversi rispetto allo Stato; in qualche circostanza, nei momenti solenni di discussione all'interno di questo Consiglio, la maggioranza ha fatto professione verbale di impegno (le Giunte, quando si sono presentate o in qualche altro loro documento di maggioranza) ad affrontare la politica amministrativa attraverso i metodi della programmazione,attraverso lo strumento della delega, e così via. Ma di fatto si è andati avanti per la vecchia strada, senza attuare un solo strumento nuovo di programmazione: piani, comprensori, informazione ed elaborazione dei dati. La mancanza di questi strumenti di informazione ci rende in effetti difficile anche esaminare quel che sta avvenendo nella nostra Regione. Proprio la parzialità con cui questo consuntivo si presenta, denuncia ancora una volta che proprio l'assenza di strumenti di programmazione, l'assenza degli strumenti di informazione e di elaborazione dei dati si evidenzia come uno degli elementi politici di fondo che non possono non essere denunciati. E il fatto di non muoversi su questa strada ha un chiaro significato politico, comporta una gravissima responsabilità. Non è stato creato alcun elemento di partecipazione effettiva, non sono stati creati gli strumenti per rendere più efficiente, attraverso una politica di piano, attraverso i comprensori, attraverso le deleghe, l'effettuazione della spesa.
Neanche sul piano delle leggi si è innovato. Sono state qui imposte dalla maggioranza, in questi anni, specialmente nel '73, leggi che ricalcano la vecchia struttura legislativa del nostro Stato: da un lato contributi a pioggia, a carattere clientelare, e dall'altro, leggi di principio più ancora che di impegno, e di conseguenza prive di obiettivi (quando non si tratta addirittura di leggi prese di peso dallo Stato).
Ricorderete tutti le discussioni che noi abbiamo promosso su questi temi, i nostri rilievi, sistematicamente respinti dalla Giunta, in particolare dall'allora Presidente Calleri. Questi ha sempre sostenuto che la Regione non poteva non ricalcare la strada indicata dallo Stato; che le leggi nazionali anche nelle materie trasferite erano impositive, erano leggi-quadro che dovevano essere rispettate, e che quindi la Regione non aveva possibilità di modifica, non aveva possibilità di fare se non quello che lo Stato aveva fatto. E' stata, quella, una vera dimostrazione di ottusità e pervicacia conservatrice, di rifiuto di disconoscere gli errori del passato, di volontà di continuare ancora sulla strada degli errori, e far sì che la Regione non incidesse sull'andamento dello sviluppo economico avutosi nel passato.
Le conseguenze di ciò sono gravissime e si ripercuotono proprio sui settori attraverso i quali le Regioni avrebbero dovuto influire per una ripresa e qualificazione della domanda, per un allargamento delle forze produttive, per il miglioramento e il rinnovamento tecnologico settoriale per l'eliminazione degli sprechi e delle cause di improduttività e di inflazione. Cioè proprio nei settori di competenza della Regione attraverso i quali con una diversa prospettiva amministrativa, con una diversa prospettiva di azione, si sarebbe potuto e si potrebbe contribuire a costruire un nuovo assetto economico, una nuova condizione di risanamento della spesa pubblica e dell'economia del nostro Paese, è venuto a mancare l'apporto della Regione.
La cosa sotto questo profilo appare particolarmente esplicita quando si esaminano, all'interno dei grossi capitoli di bilancio, quali sono le spese rimaste inevase.
Alla Sezione IV, per esempio, delle spese in conto capitale, quella che riguarda gli investimenti per costruzioni (ospedali, mattatoi, asili nido) si trova che i 2 miliardi e 310 milioni di previsione definitiva sono rimasti del tutto inutilizzati nel '73; il 100% di quella voce del bilancio è disattesa.
Alla Sezione V, quella dei trasporti, su 3 miliardi e 405 milioni di spesa prevista necessaria, a fine '73 risultavano da effettuare spese per 3 miliardi e 396 milioni; cioè quasi il 100%. (Ci direte che molte di queste spese sono state poi fatte nel '74, ma noi rileviamo il ritardo: non è ammissibile che una spesa messa a bilancio per il '73 sia effettuata nel '74 o addirittura nel '75. Mi soffermerò più avanti anche sulle conseguenze di questo ritardo).
Altro dato significativo, quello che si rileva alla Sezione VI, "Azioni ed interventi in campo economico" una sezione importante di spesa, che riguarda "Viabilità, acquedotti, fognature, lavori pubblici", e "Agricoltura e foreste". Su un totale di spesa accertata di 18 miliardi e 692 milioni, a fine '73 sono rimaste in sospeso spese per 16 miliardi e 906 milioni, pari al 91%. In particolare, per quanto concerne "viabilità fognature, acquedotti ecc." è quasi totale l'inevasione della spesa nel '73; per "Agricoltura e foreste", su 5 miliardi e 67 milioni di somme accertate, nel '73 non sono stati spesi 3 miliardi e 559 milioni, cioè il 70%. Eppure, si tratta di un settore fondamentale per l'economia italiana così deteriorato da essere uno dei principali elementi di causa della crisi economica nazionale.
Sull'intero Titolo II, quello che riguarda le spese in conto capitale di 27 miliardi di somme accertate soltanto 3 miliardi sono stati spesi cioè l'88% a fine '73 è rimasto da utilizzare.
E, badate bene, questi ritardi, che costituiscono un fatto patologico (non possiamo assolutamente ammettere che le spese di un bilancio vengano effettuate un anno o due dopo: ciò e da considerare certamente abnorme anomalo), sono venuti ad incidere in una situazione politica caratterizzata da un elevato costo della vita, da un elevato costo dei materiali, da un intenso processo inflazionistico.
L'indice Istat del costo della vita, che dal gennaio all'ottobre '73 era passato da 116 a 125,6, con un aumento all'incirca dell'8%, dal gennaio all'ottobre '74 è passato da 130 a 157,9, con un aumento del 27%, facendo registrare punte particolarmente forti negli alimentari, nell'abbigliamento e nel combustibile. Insieme questi settori hanno fatto registrare un aumento, fra l'ottobre '73 e l'ottobre '74, di circa il 62%. Il saldo negativo della bilancia alimentare, che era cresciuto dal '71 al '73 di 13 volte, nel '73 ha fatto un balzo enorme: nel corso del '73 il deficit alimentare denunciato è passato da 1350 miliardi a 2300 miliardi. Si è andata allargando la forbice fra l'andamento dei consumi alimentari e della produzione lorda vendibile: queste due entità erano in pareggio nel '51 ora i consumi superano di una volta e mezzo la produzione, e l'incremento più forte si è avuto proprio in questi ultimi anni.
Per quanto concerne l'edilizia, le indicazioni non sono meno drammatiche. Tenete presente che una buona parte delle somme che non sono state spese nel '73, e che noi crediamo non siano ancora neanche state spese nel '74, riguardano opere che, direttamente o indirettamente confluiscono nel settore delle costruzioni: o attraverso gli ospedali o attraverso gli asili-nido, o attraverso le fognature, o attraverso la stessa agricoltura là dove sono tese a migliorare le strutture edilizie rurali. Ebbene, il numero indice del costo delle opere edilizie determinato in base ai parametri previsti dal decreto ministeriale del 22 giugno '68, e in base ai prezzi dei materiali fissati dalla Commissione costituita presso il Genio Civile di Torino, è passato, nel periodo dal marzo '73 al marzo '74, il periodo cioè cui ci si riferisce sostanzialmente con il bilancio consuntivo, da 156,94 a 228,56; cioè l'indice del costo delle costruzioni è salito di più del 45%.
Si potrebbe fare un conto economico per calcolare quanto si sono svalutati quei soldi che non sono stati spesi dalla Regione nel '73, e quanto in meno si potrà costruire per i ritardi che ciascuna di quelle spese ha subito. E' chiaro che il ritardo in agricoltura ha influito sia nell'accentuare i processi di inflazione sia sull'insufficienza quantitativa di produzione, e quindi sostanzialmente nell'allontanare una risposta positiva ad una domanda di consumi alimentari che si fa crescente.
Per quel che riguarda il settore delle costruzioni, con gli aumenti che si sono avuti, l'aver tenuto bloccati dei fondi nell'esercizio '73, senza utilizzarli neppure nel '74, comporterà una riduzione degli interventi.
Queste somme rischiano di rimanere come residui passivi non solo per mesi ma per anni, divenendo sempre più difficile l'appalto delle opere. Perdendo di valore nella misura del 20-30% annuo, e di conseguenza perdendo nella stessa misura di capacità di tradursi in costruzioni e in occupazioni nel settore, con quelle somme otterremo ora una produzione minore di quella che si sarebbe, a parità di capitale, incentivata se la spesa fosse stata efficiente e tempestiva.
In questo modo noi crediamo si debba giudicare l'attività della Regione. Del tutto insufficiente è l'enumerazione delle sedute: se volessimo farla questa valutazione, comunque, saremmo certamente noi ad esserne maggiormente avvantaggiati, dal punto di vista delle presenze. Ma non è il voto di presenza, collega Cardinali, che a noi interessa, bensì un giudizio di merito sui problemi. Perché è in questo senso che noi vogliamo costruire un rapporto con la comunità regionale; noi poniamo nei problemi della comunità regionale le radici della nostra azione politica. Non ci interessa di essere stati i più bravi in fatto di presenze, ma di aver saputo cogliere la realtà e di aver saputo influire su di essa modificandola. Ci dispiace che di fronte a maggioranze così sorde la nostra azione, pur assidua, tenace, sia riuscita a cambiare così poco dell'intervento della Regione, da lasciarlo ancora ad un livello tanto basso. Siamo tuttavia convinti che senza la nostra azione pressante, che su questi problemi, su questi contenuti ha imposto comunque alla Giunta il confronto, la situazione sarebbe ancor peggiore, sarebbe notevolmente più grave.
I dati oggettivi della situazione economico-finanziaria indicano che siamo giunti a livelli di gravità estrema, oltre i quali non è possibile andare. E' necessario porsi come obiettivo quello di evitare che la crisi si aggravi ulteriormente, che precipiti, con conseguenze che sarebbero terribili sull'occupazione, sul costo della vita, sull'avvenire economico e politico della nostra Regione e del nostro Paese.
Questa dunque l'azione che deve proporsi la Regione: evitare l'aggravarsi di questa situazione economica e politica. Non si pu rimandare allo Stato soltanto la responsabilità di sciogliere questi problemi; non ci si può rifugiare unicamente dietro i ritardi dello Stato.
Non consideriamo più sufficiente, anche se vogliamo siano fatte, le denunce nei confronti del Governo, che finiscono con il mascherare le responsabilità e la continuità politica, rappresentata dal fatto che le forze di maggioranza che sono al Governo alla Regione, lo sono al Governo dello Stato. E' necessaria un'azione concreta della Regione per far sì che la situazione si modifichi anche sul piano politico. Né possiamo addurre l'alibi di una situazione internazionale difficile, che certo ci condiziona. Noi vogliamo che la Regione intervenga in concreto per espandere la base produttiva, per ristrutturare l'apparato produttivo, per elevare la produttività generale, per eliminare l'inefficienza e qualificare l'intera struttura economica; per eliminare le distorsioni, gli squilibri accumulati nell'agricoltura, nel campo dei trasporti, della scuola e della sanità.
Vogliamo quindi che risulti - mentre non appare dal consuntivo '73 che l'attività della Regione è orientata in questa direzione di recupero di innovazione, di modifica della situazione strutturale economica. Le denunce nei confronti del Governo nazionale sono necessarie, le dobbiamo fare permanentemente, ma le dobbiamo accompagnare sul piano dell'iniziativa legislativa e amministrativa regionale svolta in coerenza.
Voi con questo consuntivo non ci date alcuna prova di procedere in questa direzione; anzi, la dimostrazione che ne viene fuori non può essere colta che in senso contrario. Voi direte: il bilancio '73 non l'ha fatto questa maggioranza. Questo è vero, ma non vale ad assolvervi, intanto perché questa maggioranza rispecchia in buona misura quella precedente, e poi perché si sarebbe potuto, in questo '74, se c'era una capacità e volontà di revisione critica rispetto al '73, apportare correttivi.
Correttivi che si sarebbe potuto promuovere, intanto, attraverso il rispetto delle scadenze statutarie, presentando il consuntivo entro il 30 aprile '74; in tal caso ci saremmo accorti subito, a quattro mesi, e non a dodici, dalla fine del '73, che la spesa in quell'anno era stagnata, ed avremmo potuto operare per modificarne le cause. Questa Giunta, non operando con tempestività, non rispettando le scadenze, non consentendo le discussioni e i confronti che su questi problemi sono necessari, si è resa anche direttamente corresponsabile degli errori commessi nel '73.
Questo stesso consuntivo, poi, dice che il vostro comportamento non è tale da assumere un impegno neanche sul piano del metodo. Proprio la richiesta del collega Dotti, che noi pure facciamo, di continuo controllo della spesa, ci dice che questa Giunta, in quest'anno, non ha operato con l'intenzione di valutare quel che è avvenuto e di apportarvi miglioramenti.
Perché la spesa è in ritardo? E' una domanda che noi vi abbiamo posto spesso, con riferimento a ciascun capitolo di spesa, e a ciascuna legge.
Una domanda che però ha avuto scarsissime risposte. Molto incomplete. Da ciò è emersa proprio anche l'incapacità di questa Giunta di procurare gli elementi di informazione. Gli stessi quesiti che noi ripetutamente abbiamo avanzato sull'attuazione del programma degli asili-nido, in merito ai quali abbiamo avuto una parziale risposta soltanto nella precedente seduta di Consiglio, dimostrano che questa Giunta non segue l'andamento della spesa degli investimenti promossi; non misura costantemente i risultati conseguiti.
Si tratta di ritardi dovuti a meccanismi legislativi-amministrativi statali? Mettiamolo in evidenza, diamo a noi stessi ed a tutta la comunità modo di conoscere gli intralci che ci sovrastano. Si tratta di difficoltà del credito, della politica bancaria? Certo. Lo abbiamo verificato con riferimento a singole situazioni. Le banche maggiori sono, direttamente o indirettamente, nelle mani del potere pubblico. Non è la Regione che possa intervenire; ma di nuovo qui è un rapporto Regione-Stato che deve essere modificato. Il potere pubblico può incidere nell'imporre una diversa politica del credito, e può promuovere modifiche nella struttura bancaria italiana. Si tratta di renderla coerente alle esigenze e alla qualità di spesa che oggi deve caratterizzarsi in modo nuovo per la presenza delle Regioni. Vogliamo, cioè, che anche quando le responsabilità non sono direttamente nostre, ma dipendono da meccanismi legislativi e amministrativi dello Stato, la Regione non sia passiva. Vogliamo una Regione che intanto sia notaio di queste situazioni; cosa che voi non fate e non vi mettete in condizioni di fare. Vogliamo, poi, una Regione che dalla lettura della situazione, tragga le condizioni per divenire strumento di organizzazione dell'azione rivendicativa per modificare i meccanismi legislativi nazionali. Ma se non c'è questo dato di conoscenza, se il Consiglio non lo conosce, se questa conoscenza non è data alla comunità ecco che la Regione non soltanto continua a muoversi rispetto a condizioni arretrate, ma diventa addirittura elemento che comprime le potenzialità di azione rivendicativa di rinnovamento.
Si tratta invece di difficoltà dovute al modo d'essere e di esprimersi della Regione e della sua Giunta? Le leggi non rispondono alle esigenze? Le si modifichino.
Questi sono temi di consuntivo. Sono queste le cose che dobbiamo discutere. Ciascuno di quei capitoli, ciascuna somma non spesa, corrisponde a leggi, anche regionali, inefficienti, che devono essere oggi valutate sulla base dell'esperienza. Esse non corrispondono all'esigenza di intervenire sul piano degli investimenti economici all'interno della nostra Regione. Ecco che allora le varie leggi sugli asili-nido, sull'agricoltura sui trasporti sono da riesaminare. Questo è il significato del consuntivo.
Noi non tollereremo più, d'ora in avanti, di avere il consuntivo in così grande ritardo e di averlo da discutere sul piano di poche giornate.
Vogliamo che anche il consuntivo sia un momento di confronto politico e che avvenga non come pura analisi contabile, ma come confronto di merito su quello che è stato fatto dai singoli Assessorati. Il consuntivo deve essere l'occasione per giudicare le leggi, e valutare l'opportunità di modificarle, o di abrogarle e di farne delle nuove. E', quindi, un momento politico importante, che non può più passare, come è passato finora, come voi lo volete far passare, per una pura verifica contabile, in merito alla quale non sarebbe neanche il caso di intervenire in aula. No, noi vogliamo che il documento contabile del consuntivo diventi un momento di confronto politico importante, da esercitare in primo luogo in Commissione, e vogliamo, proprio sulla base delle proposte fatte questa mattina da Dotti che rispecchiano quella che era già una nostra richiesta, che questo confronto avvenga permanentemente, mese per mese, come condizione sistematica di controllo e di verifica.
Vogliamo, per esempio, conoscere gli effetti della politica della Regione sul piano dei trasporti. Abbiamo considerato i trasporti uno dei settori di riconversione produttiva necessaria stante la situazione difficile del settore dell'auto e la funzione sociale del trasporto pubblico. Vogliamo misurare quale domanda di autobus la politica regionale ha provocato? E' misurando questi effetti che noi comprendiamo se veramente sosteniamo la riconversione produttiva dell'industria dell'auto.
Lo stesso ragionamento vale per gli asili-nido e per l'agricoltura.
Vogliamo capire quanto la politica della Regione nell'agricoltura sia capace di aumentare la produzione lorda vendibile, e renderla adeguata ai consumi. Vogliamo che il consuntivo serva a fare i conti in questo modo dei conti di politica economica. E' in questo modo che si deve gestire un istituto pubblico.
Un discorso analogo richiede l'edilizia: vogliamo sapere come si sviluppano le iniziative della Regione e quelle che lo Stato ha finanziato attraverso le Regioni in rapporto all'edilizia. A noi risulta che dei 63 miliardi del fondo CER per il triennio '71-'73 (badate, un triennio che è scaduto un anno fa) solo gli 8 miliardi dell'art. 68 a), per le case malsane si sono tradotti in appalti; una parte dei finanziamenti previsti dall'art. 68 b) sta andando in appalto adesso; ma per la gran parte quell'importo non è stato neanche erogato. Gli IACP ci hanno detto: la Cassa depositi e prestiti non ha queste somme da erogare. Quindi avremo ancora ulteriori ritardi, e se nel '73 avremmo potuto appaltare con quella cifra un certo numero di vani, oggi ne appaltiamo un numero assai più basso, con una forte flessione, quindi, sulla possibilità di sostenere l'occupazione, e di dare risposta al fabbisogno della casa.
Ecco una serie di questioni che devono essere fatte oggetto di discussione in sede di consuntivo, se si vuole svolgere un'azione politica capace di modificare la situazione.
Lo stesso mancato rispetto delle scadenze prefissate dallo Statuto è un elemento che denuncia il comportamento di questa Giunta. E' indicativo del fatto che questa Giunta non vuole verificare nel modo che io sto dicendo la politica amministrativa e legislativa della Regione. Il consuntivo va fatto entro il 30 aprile, il bilancio va presentato entro il 30 agosto: invece il consuntivo del '73 ci viene presentato alla fine del '74, il bilancio preventivo del '75 viene presentato oggi, non il 30 agosto, e soltanto per poter mettere in moto l'esercizio provvisorio; sarà discusso solo entro il 28 febbraio, se non ci saranno altre dilazioni.
Da ultimo, voglio ricordare, a maggiore sostegno della nostra denuncia che nulla è stato fatto da questa Giunta nel '74 (non mi riferisco, quindi alla Giunta che ha amministrato nel '73) per la costruzione di quegli strumenti che sono necessari per una corretta politica di spesa dell'Ente regionale: nulla è stato fatto per attuare la politica di programmazione.
Nulla si è mosso in questa direzione; nulla è stato fatto per la costituzione dei comprensori, che dovevano essere uno strumento base di questa politica di programmazione; non è stato elaborato il piano di sviluppo regionale; non sono stati formati i piani territoriali di coordinamento.
Anche se si è fatta professione di fede in direzione di questi strumenti, dell'introduzione di questi metodi - e questa Giunta lo ha fatto in misura maggiore di quelle passate - oggi, alla fine del '74, tirando le somme, dobbiamo concludere che questa Giunta nulla di concreto ha costruito in questa direzione. E quindi ci troveremo ancora nel '75, con un'erogazione di spesa non inquadrata in una politica di programmazione.
Nulla è stato fatto per la costruzione degli strumenti di informazione e di elaborazione dei dati, che sono un fatto fondamentale per costruire la stessa politica di programmazione, per quel sistema informativo regionale che stamattina il Presidente ha voluto citare come un impegno positivo della Giunta.



PRESIDENTE

Del Consiglio.



RIVALTA Luigi

Da un anno e mezzo stiamo discutendo su questa questione: è uno strumento fondamentale per mettere in moto la politica di programmazione per costruirei comprensori e legarli fra di loro in una politica unitaria per dare a tutta la comunità regionale la possibilità di partecipare alle scelte politiche, di avere gli elementi di conoscenza necessari. Ebbene anche in questo settore nulla è stato fatto. Il '74 si chiude senza che si sia realizzato alcuno degli strumenti ritenuti fondamentali fin dallo Statuto per la politica di programmazione e partecipazione, quali i comprensori; né quell'altro richiamato all'attenzione del Consiglio dal nostro Gruppo, ormai da due anni, costituito dal sistema informativo per l'elaborazione automatica dei dati.
Quante cose, quindi, da fare! Una responsabilità grave, che noi lasciamo per intero a voi, a questa maggioranza, come a quelle passate.
Responsabilità nella quale non siamo assolutamente, minimamente coinvolti. Da tempo vi chiediamo di imboccare un'altra strada.
L'aver fatto dichiarazioni programmatiche non assolve ne la Giunta, n alcuno della maggioranza. Ad un convegno sull'antifascismo, a Settimo sabato, ho sentito componenti di questa maggioranza dire, giustamente, che l'antifascismo non è una cerimonia, ma si esprime in concreto attraverso il modo d'essere delle istituzioni. E' una concezione che noi condividiamo. Ma la realtà qual è? E' quella che emerge anche dal consuntivo '73. Dite di volere uno Stato efficiente, aperto ai problemi delle popolazioni, ma nulla di concreto si costruisce in questa direzione. Ed è quindi una responsabilità grave, che ricade su di voi. Una responsabilità grave, che non può essere assolutamente mascherata esaltando il numero delle sedute tenute, e il numero delle leggi votate.



PRESIDENTE

Ha chiesto di parlare il Consigliere Rossotto. Ne ha facoltà.



ROSSOTTO Carlo Felice

Signor Presidente, colleghi Consiglieri, il disegno di legge n. 228 che stiamo esaminando, si articola in due parti: una è il rendiconto generale del bilancio '73, bilancio che il mio Gruppo, allora forza di maggioranza, approvo; l'altra, all'art. 9, è l'utilizzazione dei fondi di avanzo finanziario.
Ho voluto ricordare, nel suo duplice aspetto, anche la partecipazione attiva che noi liberali abbiamo dato nel '73 alla formulazione di un bilancio perché nell'esame che oggi siamo chiamati ad effettuare vogliamo assolutamente scindere quelle che sono state responsabilità meditate assunte nella formulazione di quel bilancio dalla valutazione, che pu essere anche autocritica o critica, per quello che non era più di nostra competenza, dell'utilizzazione di quello strumento e delle conseguenze logiche che, in mutate situazioni, dovevano e devono sopportare le forze politiche di questo Consiglio, specialmente chi ha il dovere e la responsabilità di amministrare e di gestire la cosa regionale, cioè la maggioranza. In effetti, dall'ampio ed articolato intervento del collega Rivalta, espressione dell'opposizione comunista, ma sul quale nulla vi è da obiettare per quanto concerne l'individuazione dei dati, delle cifre dell'analisi, in quanto perfettamente riassume gli elementi forniti alla Commissione, da lui ricavati indubbiamente con assiduo ed attento lavoro nonché dalle dichiarazioni del relatore, si rileva un dato di fatto, che il Gruppo liberale, non so se per primo, ma comunque fra i primi mise in evidenza: che cioè, con riferimento al bilancio '74 allora in discussione i nostri bilanci, specialmente quello del '74, amplissimi come intenti come volontà di rispondere ad esigenze che la realtà regionale poneva avanti, erano però rigidi e avrebbero reso addirittura impossibile muoversi sui singoli settori. Questa era una intuizione, come è stato rilevato esattamente, come sintesi di un discorso sorto in Commissione, non improvvisata ma maturata attraverso la meditata valutazione delle vicende degli ultimi mesi e del rapporto di analisi e di critica dell'operato della Giunta, che nella Commissione stessa si evidenziava nella mancanza di corresponsabilità proprio per un certo tipo di comportamento da parte della Giunta nei riguardi delle forze politiche che in Commissione e poi in Consiglio devono valutare il suo operato, di quella possibilità cioè di conoscere con una certa periodicità l'utilizzo dei singoli impegni di spesa che i bilanci hanno determinato e che pertanto non soltanto all'esecutivo sia dato e consentito di poter intervenire ma esso stesso possa arricchirsi del valido apporto dei membri di tutto il Consiglio avendone suggerimenti che, sia chiaro, senza alcuna ambizione di emergere od immodestia, il più delle volte la Giunta recepisce in Commissione sui singoli disegni di legge, sulle singole iniziative, sulle singole proposte che vengono portate avanti, e che dimostrano l'utilità di questo continuo dialogo-scontro che porta ad una sintesi successiva a tutto vantaggio della validità delle nostre decisioni.
Ecco allora, come ricordava il relatore, l'importanza che la Giunta metta in grado tutte le forze qui rappresentate di esprimere un giudizio perché proprio questo giudizio non sia completamente di critica su certe cose che possono essere ovvie. Perché il fatto di avere 68 miliardi non spesi sui bilanci ben modesti che noi conosciamo crea grosse perplessità in noi, per i motivi di perdita di capacità di immediato intervento, di immediata risposta, e perdita anche in termini di numerario di questi 68 miliardi rispetto a due anni fa, dato che gli incrementi inflazionistici del costo della vita hanno indubbiamente ridotto sensibilmente in termini reali questa capacità. Indipendentemente da questo fatto, poi, esiste indubbiamente una situazione che deve ancora farci riflettere su quanto sia negativo questo tipo di gestione, questo tipo di risultato; gestione e risultato la cui responsabilità pesa totalmente sulla Giunta, che ha voluto gestire questo bilancio per conto suo, senza ascoltare i suggerimenti sui singoli punti per quella che poteva essere una diversa operatività. E anche quanto l'evidenziare questa entità di residui passivi attivi, di denari che esistono e che sono depositati, sia negativo visto che impedisce indubbiamente di dare maggiore credito a quella battaglia cui siamo chiamati tutti quanti a partecipare, di cui riparleremo fra poco, quando esamineremo il bilancio provvisorio, l'esercizio provvisorio per il '75 quel bilancio che porta, a titolo di battaglia politica, un incremento del 25% rispetto alla cifra che in effetti ci è stata erogata da parte dello Stato, tanto perché sia rafforzata la nostra posizione nei confronti di un Governo centrale avaro nei riguardi delle Regioni; il quale ci può di contro rispondere che Regioni così scarsamente operative, che si permettono di lucrare interessi attivi dell'entità di quelli che noi evidenziamo, non possono certo indurre il Governo centrale a concedere loro di più.
Quali comunque le cause di questo stato di cose? Indubbiamente vi è stata incapacità di volontà politica da parte della Giunta a sensibilizzarsi al processo di trasformazione che tutta la nostra economia nazionale, e di riflesso regionale, andava subendo. Sappiamo quali rovesciamenti di posizione sono avvenuti dal 1973 fino alle porte del '75 in campo finanziario, in campo economico e nello stesso campo sociale quali gravi preoccupazioni incombono su di noi. Da tempo siamo in una situazione che richiederebbe interventi urgenti, interventi massicci da parte di forze in grado di dare immediata risposta alle necessità. Certo man mano che si ritarda nel prendere decisioni, nell'intervenire, i risultati automaticamente perdono di efficacia ed in più si diffonde in noi un senso di incapacità nei riguardi di coloro che rappresentiamo, che amministriamo, un senso di sfiducia nei nostri stessi confronti.
Cosa c'è a monte? Indubbiamente, negli anni passati noi abbiamo agito secondo una logica che era classica del Governo centrale nei confronti degli Enti locali: abbiamo, nei nostri bilanci, deciso interventi per i quali facevamo continuamente riferimento ad una capacità operativa degli Enti locali. Questi invece - riscontriamo proprio dal rendiconto - hanno scarsamente risposto alle sollecitazioni della Regione ad intervenire, allo stesso modo in cui non avevano recepito le sollecitazioni quando queste venivano da parte del Governo centrale. Ma ora il risultato è ben diverso: se il Governo centrale poteva essere soddisfatto di trovare un alibi per i suoi risultati non negativi a livello finanziario nell'incapacità di spesa degli Enti locali (cosicché, nonostante i forti disavanzi che si potevano calcolare in via previsionale, in fase di consuntivo, attraverso i residui passivi che hanno costituito più volte nel giudizio della Comunità economica la salvaguardia prettamente machiavellica italiana di evitare gli effetti di una inflazione, i deficit venivano fatti rientrare, appunto con la giustificazione di questa incapacità di spesa su previsioni effettuate) noi, a livello regionale, che questi denari abbiamo avuto affidati perch fossero spesi al fine di modificare strutture per dare chiare risposte a dei problemi, e abbiamo sempre detto che la Regione doveva condurre una politica di piano, una politica capace di portare a trasformare certi tipi di rapporto negativi esistenti nel nostro tessuto sociale ed economico, ci sentiamo in grave difetto poiché abbiamo praticamente adottato la logica dello Stato centrale, mentre dovevamo condurre il discorso in modo esattamente opposto.
E allora è venuta meno la possibilità di utilizzare gli Enti locali come capacità di spesa; e questo lo avremmo potuto anche valutare prima pare che la Giunta questo non lo abbia valutato e che soltanto ultimamente abbiamo visto sorgere la possibilità di un tipo diverso di intervento non più in conto interessi, ma in conto capitale, grande intuizione avvenuta soltanto nel mese di ottobre o novembre, quando invece a questo si doveva essere preparati già da lungo tempo. Ma anche questo tipo di intervento in conto capitale presuppone da parte degli Enti locali la possibilità e la volontà di spendere. E se pensiamo che abbiamo 1209 Comuni nella nostra regione, quale è stata la nostra opera di attiva sollecitazione perch questi Enti locali potessero sfruttare la possibilità che mettevamo loro a disposizione? Ecco allora il sorgere della necessità di ripensare, di non affrontare ancora il bilancio 1975 né le variazioni di bilancio 1974 con la solita logica di andare a vedere dove è possibile fare il piccolo risparmio, di rivedere le spese già impegnate con leggi, di modificare le leggi bisognava cercare dove esistono queste sacche di arresto della nostra capacità decisionale.
Nel 1974 questo era ancora possibile con una variazione di bilancio con delle modificazioni veramente fondamentali, però noi sappiamo perfettamente che l'Assessore al Bilancio si ritrova in Commissione di fronte ad istanze precise che la realtà sociale della nostra regione pone avanti con evidenza e si parla per prima cosa dell'intervento nel settore dell'edilizia, nel settore della casa dove gli inadempimenti dello Stato non possono essere che ulteriore stimolo a fare di più; invece in base ad una logica di valutazione dei bilanci, con gli impegni di spesa che sono quelli che sono, si possono ricuperare in un primo tempo quattro miliardi dopo tutte le sollecitazioni fatte (e di questo parlerò valutando l'articolo alle variazioni di bilancio che pone l'utilizzo dell'avanzo finanziario) indipendentemente da una scarsa volontà politica di non premiare sufficientemente questo settore edilizio a favore invece di spese che potevano essere dilazionate come il miliardo per l'asfalto delle strade, come il miliardo che oggi viene destinato all'art. 1220.
Rappresentano indubbiamente spese importanti, anche utili, ma potevano essere dilazionate di fronte ad altre di maggiore esigenza, ma questo è ragionare nelle logiche di bilancio che sappiamo essere scarsamente operativo, scarsamente produttivo di risposta sociale nei confronti dei nostri elettori.
Bisognava avere, già operando sulle variazioni di bilancio del 1974, il coraggio di dire di no a delle decisioni che avevamo preso prima l'autocritica portava a questo, una diversa realtà che è emersa in questo ultimo periodo doveva portare anche noi ad un diverso modo di affrontare la situazione.
E allora è ancora possibile, se si entra in questa logica, rioperare sul bilancio del 1973 valutando quelle che ormai sono spese inutili da sostenere e trasformando certi tipi di investimenti che avevamo deciso nel 1973, e che per legge non possiamo più modificare, con una dichiarazione di errata indicazione in allora per quelle che sono le necessità di oggi trasformandoli in economie, averli come avanzo di bilancio e di nuovo rispendibili in una massiccia azione nel bilancio del 1975 o del periodo successivo.
Questo è il risultato di un'analisi che il rendiconto del 1973 ha dato era un bilancio da noi giudicato positivo, che ci sembrava avrebbe dato piccole ma concrete risposte che potevano essere un inizio di ripresa in infiniti settori, a partire da quella funzione che molte volte dimentichiamo, di ridotare le zone alpine di quella flora che anni, secoli di mancata concezione politica montana hanno trascurato.
Noi allora ritenemmo che era possibile avere da questo bilancio una risposta concreta, anche perché eravamo convinti di quel magnifico moltiplicatore che si sarebbe determinato per ogni nostro miliardo speso in conto interessi, agevolando mutui in conto interessi. Non è stato possibile invece perché è mancata la capacità effettiva di spesa e di impegno da parte degli Enti locali, è venuta meno nei loro confronti una possibilità di disponibilità finanziaria che gli ha impedito di operare. Ed è per questo che valutiamo il rendiconto del 1973, bilancio partito con rosee prospettive, nella sua assoluta inoperatività sapendo che questa inoperatività ricadrà nel bilancio del 1974 perché siamo ancora nello stesso tipo di logica, con piccole modificazioni, tipo quella di scegliere la strada di intervento in conto capitale, che è proprio la minima delle cose che potevamo attuare.
E' indubbio che la Giunta ha preso, nel corso del 1974, un grosso impegno finanziario nel campo dell'agricoltura e questa mattina all'art. 9 vediamo che i duemila milioni che erano previsti a favore della cooperazione agricola, in aggiunta ai 500 milioni già stanziati e che dovevano essere erogati con l'utilizzo dell'esercizio finanziario 1973 sono ridotti a 1300 milioni. Ma noi non sappiamo di tutte le somme che sono state destinate all'agricoltura, come e in che maniera sono operative. A noi giungono notizie che è in corso un testo unico regionale che prevede esborsi di 40/50/60 miliardi a favore dell'agricoltura, ma non abbiamo saputo nulla di quello che leggi dello Stato hanno determinato. Questo preoccupa altamente chi è all'opposizione, chi ha assunto ad un certo momento anche delle responsabilità di gestione e la nostra è una critica un'autocritica perché quelle che erano delle impostazioni allora oggi si sono dimostrate errate, però noi lo diciamo da oltre un anno e diamo anche la possibilità di trovare soluzioni a questi mali che si sono incancreniti.
Se avevamo scelto un tipo di politica alternativa che potesse modificare lentamente delle strutture regionali che si sono determinate in maniera negativa, come l'ha dimostrato quest'ultima crisi, è indubbio che per questo sarà possibile soltanto con un'operatività e non con bilanci che giustificano contabilmente la nostra inefficienza, la nostra incapacità.
Per questo motivo e con particolare riferimento al tipo di spesa che si è voluto approvare in base all'art. 9 sull'utilizzazione dell'avanzo finanziario, io ritengo che questo disegno di legge non possa essere approvato dal Gruppo liberale.



PRESIDENTE

La parola al Consigliere Cardinali.



CARDINALI Giulio

Signor Presidente, accingendomi ad intervenire brevemente, com'è mia consuetudine, nel disegno di legge sul rendiconto generale dell'esercizio finanziario del 1973, andando indietro con la memoria al 1973 non posso esimermi dal ricordare le parole dantesche "nessun maggior dolore che ricordarsi dei tempi felici nella sventura". In realtà l'anno 1973, fu, al limite, un anno di una certa stabilità e fu anche l'anno in cui si cominciano a profilare le realizzazioni maggiori della nostra Regione. Io non so se sbagliammo tutto in quella circostanza, nel cercare i campi di intervento e le modalità di intervento, vero è che ci aggrappammo e seguimmo i filoni che erano naturali e fummo solo preoccupati di sollecitare nella nostra Regione tutte quelle iniziative che potessero portare a obiettivi non ancora pianificati in una programmazione che tuttora attendiamo, ma certamente già qualificati nelle loro intenzioni. Ed è evidente che in quell'anno le leggi che varammo avevano questi obiettivi purtroppo però cominciarono a calarsi in una realtà che è nota a tutti, una realtà che si accompagnò al profondo deterioramento delle finanze locali soprattutto di quelle degli Enti locali per cui le nostre proposte, i nostri interventi non hanno avuto che riscontri modesti nell'ambito delle possibilità lasciate agli Enti locali sollecitati ad intervenire. Ed era l'epoca in cui i tassi di interessi praticati dalle banche erano ancora discretamente alla portata delle accensioni di mutui, ora invece hanno raggiunto livelli insostenibili.
Ricordo che le prime avvisaglie di questa situazione, certamente anomala, l'avemmo nella votazione delle leggi per l'artigianato, quando ci rendemmo conto che i fondi che mettevamo a disposizione di quel settore non avrebbero potuto essere recepiti dagli interessati proprio per questa divaricazione, ormai divenuta insostenibile, fra i contributi in interesse offerti dalla Regione e i tassi praticati dalle banche. D'altra parte anche per le opere pubbliche la Cassa depositi e prestiti è stata molto lesta nel limitare le proprie possibilità di intervento e sono pochi i Comuni che anche nei confronti dei finanziamenti recentemente stanziati per l'anno 1974, sono stati in grado di avere l'impegnativa da parte della Cassa depositi e prestiti, la quale ha elevato il tasso di interesse per il prestito del denaro.
Io non interverrò nel merito del rendiconto vero e proprio, fedele per al detto che non è necessario essere una gallina per capire se un uovo è marcio; ma qui quando parlo di uovo marcio non c'è nessun riferimento al rendiconto, è solo per giustificare la mia incompetenza in questo settore della finanza. Mi limiterò invece ad alcuni aspetti politici che credo non possano essere tradotti in un "j'accuse" sistematico fatto alla Giunta quella precedente o quella attuale - ma rivolti ad un meccanismo che ci ha trovati tutti impreparati, del resto l'impreparazione è avvenuta a livello nazionale, di fronte ad una realtà che è andata molto rapidamente deteriorandosi.
D'altra parte le critiche del collega Rivalta sono state in buona parte accettabili sul piano delle indicazioni di ciò che è avvenuto, a mio modo di vedere però sono molto severe nella forma ma non sufficientemente motivate in una sostanza che egli stesso riconosce essere rappresentata da una realtà che fa chiedere ovviamente che l'incidenza regionale segua nuove strade. E io credo che questo delle nuove strade sia un impegno che è certamente fatale che ci si debba assumere; parto da un presupposto lapalissiano: se la Giunta del Piemonte ha inteso, ammettiamo per ipotesi effettuare stanziamenti di un certo tipo più per "epater le bourgeois" che per realizzare certi obiettivi, è nel suo interesse che tutto questo si realizzi, se non si realizza viene messo in gioco anche questo eventuale tipo di intervento.
La realtà è che ci troviamo di fronte ad una situazione su cui occorre che portiamo l'attenzione molto più profondamente di quanto non sia stato già fatto e credo che gli interventi effettuati, almeno a livello degli stanziamenti per l'agricoltura, e per i lavori pubblici, tesi a incidere più come contributi in conto capitale che come contributo in conto interessi, abbiano rappresentato e debbano rappresentare un passo in avanti. E' ovvio che gli interventi saranno molto più limitati di quanto non avremmo potuto supporre, il volano che si mette in moto è molto inferiore a quello che si sarebbe mosso in circostanze di finanza meno dilatata, meno esasperata e con tassi di interessi a livelli addirittura favolosi. Dirò però che c'è nella proposta - già anticipata dal Presidente della Commissione collega Dotti e ripresa dal Gruppo comunista - una salvaguardia di aggiornamenti; se noi potessimo, al posto di quell'arazzo avere un tabellone elettronico che ci dà la situazione giorno per giorno probabilmente saremmo più avvantaggiati e potremmo essere più preparati per intervenire in maniera differenziata.
Io non ho suggerimenti in questo momento da dare alla Giunta, ritengo che la Giunta stia predisponendo in termini concreti tutto ciò che è possibile fare per l'utilizzo dei residui passivi che non possono essere evidentemente la voce fondamentale del bilancio regionale, penso però che non mancherà un buon risultato se potremo sistematicamente avere un quadro (e credo che gli organi della finanza regionale, gli uffici siano in grado di farlo) che ci permetta di verificare volta per volta le varie possibilità.
Certo che se gli strumenti della programmazione fossero in atto, i nostri interventi potrebbero talora essere indirizzati in termini molto più incisivi e immediati e in settori dove probabilmente il coordinamento e l'erogazione della spesa potrebbe avvenire con maggiore facilità e con maggiore immediatezza, ma ritengo che questa metodologia non infici l'attività che la Giunta ha portato avanti e mentre credo che si possa richiedere e che sarà certamente ottenuta, credo che lo sforzo fatto dalla Giunta debba essere comunque riconosciuto e lo è certamente dal mio Gruppo con l'approvazione del rendiconto del bilancio finanziario del 1973 che ci è offerto oggi alla votazione.



PRESIDENTE

Ha chiesto di parlare il Consigliere Raschio, ne ha facoltà.



RASCHIO Luciano

Signor Presidente, colleghi, l'intervento del compagno Rivalta, così ampio, così articolato, così pregnante non solo di critiche, ma di constatazioni e di indicazioni che in tutti questi anni e particolarmente in occasione del dibattito sul Bilancio del 1973 abbiamo dato, poteva esimermi dall'intervenire.
Io non intendo ripetere dati e orientamenti politici già molto bene esposti dal Consigliere Rivalta, però ho sentito il dovere, signor Presidente, di prendere la parola dopo l'intervento del collega Cardinali: ho fatto un po' il notaio prima di intervenire e mi sono riletto il dibattito e la relazione sul bilancio della Regione per il 1973, perch cari colleghi, caro Cardinali, oggi è comodo fare il pesce in barile e dire che da bravi ragazzi ce l'abbiamo messa tutta, ma non eravamo pratici sul come condurre in porto il bilancio del 1973! Chiedo scusa se posso anche ridicolizzare con la battuta, ma in sostanza è questo il tuo dire: non eravamo pronti, non eravamo sufficientemente preparati.
Ebbene, questa dichiarazione autocritica di oggi la paragono a quella del Quaderno sui dibattiti in Consiglio per il Bilancio 1973 dove a pag.
292 riporta le dichiarazioni che hai fatto a nome del Gruppo socialdemocratico e ti rammento che ad un certo punto, dopo gli interventi di Berti, Sanlorenzo e altri compagni che chiedevano una documentazione sulle iniziative legislative che dovevano convalidare i vari stanziamenti del bilancio, in quella occasione (eri Vice Presidente della Giunta) dicesti: "Direi che questo bilancio ha una caratteristica certamente positiva, di avere evitato il pericolo di trasformarsi in un'elencazione di velleità usando questo termine in senso contabile, perché certe indicazioni che si possono dare rimangono pur sempre velleità, se non sono suffragate o dall'attività legislativa della Regione o dalla reperibilità effettiva dei fondi che si vorrebbero destinare. Si è dunque basato sulle realistiche possibilità di intervento che hanno, a mio modo di vedere, una funzione sia pure moderatamente, di tipo congiunturale".
Quindi vi era in allora, da parte della Giunta, una netta repulsione verso le esigenze di una legislazione autonoma della Regione Piemonte nei riguardi della zootecnia, della casa, della sanità, di tutta una serie di problemi indicati nei dibattiti (particolarmente dal Gruppo consiliare comunista) e venne detto anche esplicitamente dal Presidente Calleri, che ha addirittura teorizzato la sua posizione: noi qui in Piemonte applichiamo quelle leggi dello Stato che ci sono state delegate, al massimo le arricchiamo con stanziamenti ulteriori, così immediatamente possiamo intervenire sui problemi ed eviteremo in tal modo la formazione di residui passivi.
Un altro collega oggi, invece onestamente autocritico, il Consigliere liberale Rossotto, giustamente riconosce - e gliene diamo atto - di essere stato poco avveduto votando positivamente il bilancio del 1973, ma non dimentichiamo che Rossotto a pag. 223, sempre nel solito Quaderno già citato dice: "E' stato detto che questo bilancio è burocratico, arido e contabile e non indica obiettivi, consente però un'immediata spesa consente di evitare residui passivi...". Non voglio fare ulteriore propaganda "in senso negativo" ai due colleghi, però queste cose sono state da loro dette e rimangono agli atti del Consiglio.
Il collega Rivalta ha sottoposto all'attenzione del Consiglio Regionale dati che voglio un attimo ripetere per i colleghi giunti in ritardo: su 98 miliardi e 708 milioni (questo è il risultato del primo documento del bilancio 1973 unitamente alle variazioni della Giunta), 4 miliardi e 113 milioni sono l'avanzo finanziario di gestione, 8 miliardi e 418 milioni sono le economie di bilancio. Che cosa sono le economie di bilancio? Sono economie sulle spese non fatte mentre il bilancio le prevedeva nella parte corrente o di investimento. Sì, perché qui ci si riporta al R.D. del '23 n.
2440 art. 36 comma primo dove dice che per quanto riguarda le spese correnti non impegnate vi è la possibilità di utilizzarle, ripetendo la spesa non impegnata, nell'ambito di due anni; mentre al comma secondo, per le spese in conto capitale o di investimento non effettuate, c'è un tempo di cinque anni per ripeterle. Qui siamo nell'ambito della continua ripetizione della spesa.
Poi abbiamo 60 miliardi di residui passivi, che già molto bene Rivalta ha indicato. In totale 72 miliardi e rotti, su un bilancio di 98 miliardi che non sono stati spesi, o in parte impegnati, pari al 73,4%.
Allora, amico e collega Cardinali, uomo della maggioranza allora, uomo della maggioranza oggi, come puoi sostenere che questo bilancio non voleva essere velleitario e poneva problemi di immediata spesa quando il 73,4% non è stato speso? Ma non c'è solamente questo, se andiamo ad esaminare le spese in conto capitale vediamo ad esempio dichiarazioni di questo tipo da parte della Giunta di allora: "Parimenti di rilievo sono gli interventi nel settore dell'agricoltura e foreste che registra un'espansione complessiva del 138 (ascolta bene collega Menozzi, che sei un dirigente della Coldiretti) rispetto al bilancio del 1972 ed in particolare del 492% nella componente investimenti". Morale della favola, abbiamo, dagli articoli 1326 in avanti 5 miliardi e 10 milioni come contributi: per opere di bonifica e miglioramenti fondiari; per lo sviluppo della cooperazione agricola contributi trentacinquennali per spese e miglioramento fondiario e via di seguito. Su 5 miliardi e 10 milioni è stato pagato solamente un miliardo 508 milioni sulle leggi dello Stato e non su leggi autonome fatte dalla Regione Piemonte.
Per i lavori pubblici abbiamo 5 miliardi 934 milioni, neanche un soldo è stato speso in direzione delle opere pubbliche. Mi si potrà dire: nel 1973 li avevamo posti a bilancio, ma Calleri quotidianamente faceva una crisi e ci siamo trovati alla fine del 1973 con tutto il malloppo delle opere pubbliche da muovere e non lo abbiamo mosso, pertanto tutto questo è stato affrontato invece nel 1974 Certo, noi non siamo su Marte, siamo nel Consiglio Regionale Piemontese e queste crisi ricorrenti della maggioranza le ricordiamo, le abbiamo combattute e violentemente criticate, però è un fatto inoppugnabile, come ha detto giustamente Rivalta, che questi interventi nel campo dei lavori pubblici siano venuti poi nel 1974, quando purtroppo i prezzi e i costi delle opere pubbliche erano notevolmente saliti rispetto al 1973 e quando le possibilità di intervento economico mediante mutui erano ridotte se non bloccate dalla stretta creditizia e dalla situazione sempre più grave degli Enti locali.
Emblematico è a questo proposito un punto della relazione della Giunta di centro-destra che dice: "Si è cercato di mantenere il più possibile elevata la spesa per investimenti per poter soddisfare al massimo l'esigenza e la volontà di sostenere l'impegno degli Enti locali nella realizzazione delle opere pubbliche".
Su 29 miliardi previsti nel campo degli investimenti produttivi si sono spesi tre miliardi e 170 milioni, pari all'83% di spesa non effettuata, con tutto il settore dei Lavori pubblici completamente ignorato. Anni di fallimento su tutta la linea! Vi era poi, nella relazione della Giunta, un momento oltremodo qualificante che prendeva lo spunto dagli impegni presi dai compagni socialisti nel 1971 per quanto riguarda la difesa dell'ambiente e la politica forestale. Non si poteva non riconoscere, nella relazione del 1973, un discorso che era stato portato avanti dai comunisti all'opposizione e dai compagni socialisti quando erano al governo regionale prima della Giunta di centro-destra.
La V Commissione quando venne chiamata a dare il proprio parere sul bilancio del 1973, comunicò per iscritto "nonostante la politica per la difesa dell'ambiente e quella contro le calamità naturali fossero due delle quattro scelte specifiche indicate dalla Giunta nella sua relazione programmatica al bilancio del 1972, le cifre preventivate non sono state utilizzate". Se andiamo a prendere i risultati del consuntivo 1973 vediamo che ancora una volta gli impegni non sono stati mantenuti dalla Giunta: non si è speso un soldo! Così 420 milioni in materia di tutela dell'ambiente e 500 milioni per la costituzione di riserve naturali come premessa per la creazione di parchi sociali, sono rimasti lettera morta! Qui non andiamo a cercare tante cose, la vostra impreparazione pu essere un problema dovuto al salto qualitativo con la realtà regionale nei confronti dell'attività data nelle Amministrazioni Comunali e provinciali.
Siamo tutti d'accordo che davanti alla situazione regionale ci sono problemi enormemente più complessi in campo finanziario, perché derivano dalle stesse potestà legislative che ha la Regione e perché occorre rispettare determinate impostazioni legislative in campo finanziario, ma da questo a giungere come ha fatto Cardinali che siamo stati non sufficientemente capaci a gestire un bilancio finanziario, ci corre molto! Queste cose le avete volute come scelta politica conservatrice e lo voglio dichiarare esplicitamente.
Rivalta ha parlato del consuntivo. Il consuntivo (era già stato detto anche in questa sede attraverso intervento del nostro Capogruppo) è il momento più importante dell'esame del bilancio perché quello preventivo pu anche essere un bilancio (come lo è stato) burocratico, legnoso da un lato e dall'altro demagogico per quanto riguarda il 1973; mentre quello consuntivo ci permette di mettere i puntini sugli "i" e di evidenziare la non volontà politica, l'inerzia e determinati sbandamenti nell'ambito dell'amministrazione della cosa pubblica. Tant'è che il bilancio consuntivo del 1973, a nostro giudizio, è enormemente più deficitario, più grave di quello consuntivo del 1972 che fu oggetto poche settimane fa di ampio dibattito in questa sede consiliare.
E - mi si consenta - questo consuntivo del 1973 è l'ipotesi di un bilancio di "ordinaria amministrazione", fatto e voluto non per necessità ma, ho detto e ripeto chiaramente, per scelta politica precisa. La mancanza di un programma legislativo accanto alla presentazione del bilancio del 1973 della Giunta è la conseguenza della mancanza di un programma politico.
La Giunta Calleri ridusse all'osso, nelle previsioni di bilancio, le disponibilità per finanziare le leggi regionali da approvare nel corso dell'anno, preferendo invece distribuire tutti i fondi a disposizione sui singoli capitoli di spesa che vennero riportati su quelli statali e dimostrando in sostanza, come dicemmo allora, il rifiuto di fare della Regione un qualcosa di nuovo, a disciplinare in modo autonomo la materia trasferita dallo Stato. Si è giunti invece nel consuntivo ad avere persino un residuo del 47,1% sulla spesa corrente; altro che bilancio realistico altro che bilancio da realizzare senza lasciare passivi come viene prospettato dalla Giunta. La Giunta disse anche, nella sua relazione: "Nel dosaggio delle previsioni per gli investimenti, la Giunta si è fatta carico della preoccupazione dei residui passivi, essa ha perciò favorito le spese che sono apparse impegnabili e spendibili in un arco di tempo ragionevolmente breve e compirà ogni sforzo per ridurre i tempi burocratici".
Davanti alle critiche che vennero allora dal Gruppo comunista in particolare, la Giunta Calleri mise le mani avanti dicendo che aveva arricchito le postazioni di bilancio delle leggi trasferite dello Stato per rendere immediata la spesa e non avere dei residui passivi. Ecco invece il risultato! Oggi Rivalta denuncia, a nome del Gruppo comunista, quanto siano macroscopici questi residui passivi in ordine alle spese correnti, alle spese in conto capitale, alle spese per la contabilità speciale dove si raggiunge la punta massima dell'89,4% del non speso sul preventivato.
Badate che sulle contabilità speciali, se andiamo a vedere, ci troviamo davanti a spese di questo tipo: erogazione a Comuni ed a consorzi di Comuni di contributi per la costituzione, impianti ed arredamento degli asili nido; erogazione di fondi assegnati per la redazione e l'attuazione del piano di sviluppo della Comunità montana; erogazione di fondi assegnati per il finanziamento del programma regionale di sviluppo; erogazione relativa ad indennità per l'abbattimento degli animali affetti da tubercolosi; spese destinate ad interventi per la ricostruzione e la ripresa delle zone colpite dalle calamità naturali in agosto, settembre e ottobre del 1970 e nell'autunno del 1966; contributi per la riparazione di edifici comunali contributi per il ripristino delle strutture di aziende agricole colpite dalle calamità atmosferiche.
Ecco quindi, signor Presidente del Consiglio, signor Presidente della Giunta, quali sono in sintesi le così dette "contabilità speciali".
E' difficile oggi, anche per i compagni socialisti che lo ereditano parlare del consuntivo del 1973, perché se riprendo ad esempio - mi consenta il collega Simonelli - una parte del suo intervento in occasione del bilancio del 1973, vedo che egli ebbe a dire: "Il primo provvisorio rendiconto della spesa impegnata nel 1972 (si riferiva ad allora) è un cimitero di capitoli non toccati, di spese per le quali non si è neppure cominciato ad affrontare la procedura per il relativo impegno. Noi temiamo fortemente che anche il bilancio del 1973 sia destinato, in buona parte, a fare la stessa fine e per queste vie, contro la volontà e le intenzioni manifestate dalla Giunta, venga davvero alla fine a ridursi ad essere un bilancio simile a quello degli Enti locali (N.d.r.: di centro-sinistra, io aggiungo, o di centro-destra) con capitoli di spesa destinati a restare sulla carta, ma utili per far vedere che ci si occupa di tutti, dalle partorienti agli orfanelli, dall'industria all'artigianato, ai malati di lebbra. Non importa se poi, in pratica, non si riesce ad operare neppure sul terreno che si è scelto che è quello della pura gestione dell'attività regionale".
Ed ora parliamo noi, non facciamo più parlare i colleghi che si trovano per queste citazioni in grave imbarazzo, non parliamo più di quelli che chiudono gli occhi, la bocca e le orecchie per seguire la volontà della maggioranza del Governo regionale e che dalla maggioranza come Vice Presidenti passano poi all'attività di Consiglieri e dicono di non conoscere "per salvarsi in qualche modo" a fondo i problemi del bilancio di allora. Noi dicemmo allora in Consiglio che dalle consultazioni sul bilancio del 1973 era stata evidenziata l'esigenza di affrontare con leggi regionali, senza attendere il varo del piano regionale, i problemi della scuola, dei trasporti, dell'agricoltura, della casa, dell'assistenza sanitaria, dell'assistenza scolastica. Problemi assolutamente indilazionabili e che, per la loro pregnante attualità, avevano già allora una validità tale da imporsi come scelte obbligate per qualsivoglia piano che la Regione intendeva impegnare e varare nel 1973. Eravamo ottimisti anche noi pensando che le Giunte D.C. e dei socialdemocratici con il sostegno dei liberali portassero poi, al termine del 1973, il piano programmatico per la Regione Piemonte! Vorrei concludere, in quanto moltissimo è già stato detto dal mio collega Rivalta. Dobbiamo stare bene attenti alla risposta della Giunta attuale che intenderà dare alla gestione così pesantemente negativa del bilancio 1973. Essa tenterà ancora di riportare il discorso sulle difficoltà che la Regione, come istituto, ha incontrato (potranno trovarci solo in minimissima parte consenzienti). Sulle spese indicate e poste a bilancio preventivo del 1973 è caduto l'asino, cioè si è dimostrata fino in fondo quale era la concezione di dirigere e di amministrare, da parte della Democrazia Cristiana e dei suoi alleati, si è dimostrata la ripugnanza ad accentuare una politica di interventi autonomi della Regione nei campi della competenza strettamente regionale. Seguendo invece la strada dell'efficientismo calleriano attorno alla gestione delle leggi dello Stato e sulle leggi dello Stato la maggioranza si è dimostrata incapace addirittura ad amministrare il vecchio sistema; altro che volto nuovo di gestione. Quindi se dovessimo dare un voto sul come la maggioranza ha gestito il Bilancio 1973, al massimo daremmo un 4+, proprio a titolo di incoraggiamento. Non è stata in grado neanche di amministrare fondi che erano a disposizione e non aveva problema di ricerca finanziaria. Ed è proprio un 4+ e tale rimane per non aver voluto e saputo intervenire su problemi come l'agricoltura, la casa, l'assistenza sanitaria. Il non averli effettuati allora, oggi pregiudica gravemente qualsiasi iniziativa che vogliamo portare a termine a cavallo tra il 1974 ed il 1975.
Colleghi Consiglieri, signor Presidente, queste sono alcune cose, che mi sono permesso di aggiungere dopo l'intervento, a nome del Gruppo comunista, fatto dal collega Rivalta.
Una raccomandazione alla maggioranza: leggete di più le cose che nel passato avete detto, che avete scritto, non per essere notai di voi stessi ma per essere soprattutto coerenti con quanto dite e con quanto poco fate.



PRESIDENTE

Non ho altri iscritti a parlare, pertanto dichiaro chiusa la discussione generale.
Prima di dare la parola all'Assessore chiedo solo cinque minuti di sospensione.



(La seduta, sospesa alle ore 12,15, riprende alle ore 12,30)



PRESIDENTE

La seduta riprende. La parola all'Assessore Paganelli.



PAGANELLI Ettore, Assessore alle finanze e patrimonio

Signor Presidente, signori Consiglieri, il mio sarà un intervento volutamente breve perché mi sembra che nella discussione sul conto consuntivo 1973 siano già stati introdotti argomenti di ampio respiro connessi con la discussione che si voleva fare nella giornata odierna e che ha come presupposto la relazione introduttiva del Presidente della Giunta.
Io mi limito ad alcune osservazioni, cogliendo gli argomenti emersi dall'interessante dibattito, non per cercare delle scusanti, ma per cercare di migliorare quei voti che il collega Raschio ha dato. Raschio ha già in certa misura premesso quelle che potevano essere osservazioni che affondano le loro radici in una obiettiva e reale situazione, ma mi sembra che non si possa dimenticare, discutendo del conto consuntivo 1973, e quindi nella valutazione retrospettiva della gestione di questo bilancio, che si trattava del primo bilancio vero della Regione e tutte le osservazioni e le obiezioni che sono state fatte in riferimento alla gestione di questo bilancio non possono sottacere quello che è il vero discorso di fondo che si deve fare.
Notiamo tutti che vi è una lentezza nell' erogazione della spesa pubblica o, meglio ancora, che vi è una lentezza in alcuni passaggi che devono avvenire tra le somme che vengono impegnate e quelle che vengono realmente spese. Sappiamo le difficoltà che ci sono per le spese che si impegnano in certi settori, ad iniziare da quello dei lavori pubblici: la effettiva erogazione di questa spesa deve avere come supporto tutta una procedura, una serie di pratiche, di visti, di passaggi tali che si giunge alla situazione attuale per cui bisogna cercare di trarre spunto da questi dibattiti per migliorare.
Questa non è una battuta, ma è evidente che se la Regione Piemonte ha temporaneamente eccedenti circa cento miliardi (grosso modo i miliardi che hanno altre Regioni non amministrate da maggioranze come questa) è perch questo meccanismo di spesa è una cosa che riguarda e travolge tutte le Regioni.
Se c'è un fatto (ne parlavamo prima con il collega Simonelli) che ci può far bene sperare, anche se non ha una sola matrice, è che l'eccedenza non si sta più verificando e questo è dovuto appunto a due motivi: ad un rallentamento dell'erogazione di fondi da parte dello Stato (tra l'altro stiamo ancora aspettando la rata dell'ultimo semestre di erogazione del fondo comune) e ad un'accelerazione nel meccanismo della spesa, per cui la situazione che aveva assunto nei mesi passati un'accelerazione notevole ha raggiunto una certa stabilizzazione, il che fa pensare che in qualche misura sono stati attuati correttivi.
Per quanto riguarda l'ammontare dei fondi, di cui il collega Dotti diceva di non essere a conoscenza, più volte in questo Consiglio - e una volta particolarmente con un'ampia relazione del Presidente - se n'è parlato: si tratta di somme di poco inferiori ai cento miliardi (99) qualcosa in più dei cento miliardi con gli interessi.
Circa la rendicontazione ed il controllo dei residui, devo osservare che quello del 1973 è un rendiconto di tipo particolare essendosi prorogata la gestione del 1972 al 31 dicembre '73, ma è evidente che nei successivi rendiconti, dal 1974 in poi, ci sarà senz'altro il riferimento alla gestione dei residui degli anni passati (due anni per quanto riguarda le spese correnti e cinque anni per quanto riguarda le spese in conto capitale).
Perché il miliardo e 300 milioni? E qui vengo all'articolo 9, quello che prevede l'utilizzazione della somma di oltre quattro miliardi. Devo ricordare che impegnando un miliardo e 300 milioni non si fa che dare attuazione al bilancio del 1974 perché il capitolo 1335 prevedeva appunto un finanziamento che doveva attingere alle somme emergenti da rendiconti di esercizi precedenti; così come quando si chiede il perché del miliardo in riferimento ai lavori pubblici (lo chiedeva il collega Rossotto) dobbiamo ricordare che questo è stato un indirizzo assunto proprio in occasione di dibattiti che si sono svolti per assegnare somme in conto capitale e che secondo quanto riferito dal collega Petrini in Giunta (mi spiace che oggi sia assente, ma è indisposto) viene proprio in direzione del conto capitale e per opere di assoluta necessità, come il contributo per la prosecuzione dell'acquedotto della città di Torino e della costruzione del grande collettore consortile fino a Settimo Torinese. Quindi, approvando questa legge sul consuntivo si tratta già di seguire determinati indirizzi che sono stati dibattuti anche in occasione di recenti discussioni in Consiglio Regionale.
E' evidente che, e lo dicevo già prima osservando questo meccanismo che le opposizioni sottolineano, ma che fa soffrire prima di tutti coloro che si trovano a gestire questi bilanci, bisogna trarre degli insegnamenti e fare qualche cosa per migliorare le cose nei limiti del possibile.
Per quanto riguarda i lavori pubblici la Giunta Regionale, su proposta dell'Assessore Petrini, dovrà quanto prima (non so se già nella seduta di domani) approvare un disegno di legge che oltre ad un diverso intervento relativo ai contributi, si propone uno snellimento delle procedure per rendere più rapida la spesa; così come devo dire che, anche se non nella misura richiesta dal Consigliere Rivalta, la Giunta è disponibile per fare quei confronti in ordine al flusso della spesa, in relazione ai programmi dei vari Assessorati. Evidentemente la Giunta non può assumersi l'impegno di un confronto mensile, per il numero limitato di personale a sua disposizione (altrimenti si apre il discorso conseguente di aumento del personale). La Giunta comunque non si sottrarrà a questo impegno e in un arco di tempo che potrà essere concordato trimestrale o semestrale a seconda degli Assessorati, potrà aver luogo questo confronto per controllare la celerità della spesa, perché è evidente che il tutto deve essere utile per una successiva attività legislativa del Consiglio.
Per quanto riguarda la volontà politica di migliorare, credo l'abbiamo anche dimostrata. Il Consigliere Rivalta ha detto: voi non potete limitarvi ad accusare il Governo centrale perché quelle forze politiche sono le stesse che avete in Regione, quindi non dovete limitarvi ad una semplice denuncia, ma dovete fare un'azione costruttiva. Noi riteniamo di aver fatto questa azione costruttiva con l'attività messa in atto in relazione ai finanziamenti ospedalieri ed in riferimento ad un timore che con il trasferimento delle competenze non ci fosse l'erogazione del denaro, il solo che può mettere in movimento correttamente questa competenza regionale; la Regione Piemonte si è fatta carico di questo ed ha esercitato un'azione di stimolo verso le altre Regioni assumendosi le proprie responsabilità nei confronti del Governo nazionale.
Vi è stata anche una riunione dei rappresentanti della Giunta con i delegati delle più grandi banche che operano nella Regione, ma che hanno riflessi non solo regionali, perché è evidente che oggi le forze non possono essere divaricanti, ma devono convergere.
Questi pochi esempi che ho citato credo dimostrino la volontà della Giunta Regionale di correggere discrasie, disfunzioni che ci sono e in questa direzione la Giunta intende proseguire.
Con queste brevi osservazioni chiedo al Consiglio Regionale di approvare il conto consuntivo del 1973.



PRESIDENTE

Hanno così termine le dichiarazioni della Giunta.
Ci troviamo ora di fronte a due possibilità: la prima è quella di passare al voto, però proporrei al Consiglio di sentire le dichiarazioni che il Presidente della Giunta deve fare sul dibattito economico, anche per dare modo ai Consiglieri, nel breve spazio delle due ore di intervallo, di esserne a conoscenza così il dibattito potrebbe essere maggiormente allargato.
La parola al Consigliere Berti.



BERTI Antonio

Vorrei sapere che rapporto c'è tra il voto consuntivo 1973 e il discorso che il Presidente deve fare, che è chiaramente un discorso di verifica del 1974 e di presentazione dell'esercizio provvisorio.



OBERTO Gianni, Presidente della Giunta Regionale

Non c'è nessun rapporto, è solo perché al pomeriggio prima delle 16 non posso essere presente e quindi non potrei leggere la mia relazione che verso le 16,30.



PRESIDENTE

Il sentirla adesso permette di riflettere, anche solo due ore, sulla relazione; potremmo ascoltare la relazione e poi votare, non sono molti gli articoli, nove.
Ha la parola il Presidente della Giunta.


Argomento: Programmazione: argomenti non sopra specificati

Comunicazioni del Presidente della Giunta sullo stato di attuazione del programma regionale


OBERTO Gianni, Presidente della Giunta Regionale

Signor Presidente, signori Consiglieri, il finire di un anno e l'aprirsi di uno nuovo sono tradizionalmente ormai occasioni per trarre un bilancio di quanto si è fatto e per formulare un preventivo di quanto si intende fare.
E la tentazione di formulare un bilancio operativo è anche maggiore se si tiene conto che proprio in questi giorni cade la ricorrenza annuale dell'elezione della Giunta che presiedo, i cui componenti ringrazio per la collaborazione datami, come ringrazio cordialmente le forze consiliari della maggioranza con i loro Capigruppo, e non meno quelle delle minoranze che, pur con angolazioni diverse, assolvendo il loro compito di opposizione, hanno concorso a rendere efficace l'attività legislativa del Consiglio.
La consapevolezza che ciascuno di noi ha della propria funzione come rappresentanti della comunità regionale e delle forze politiche in cui essa si articola e si esprime, e l'alto sentire della Regione - dell'occasione irripetibile che questo istituto per molti versi rappresenta per un profondo rinnovamento civile ed ideale, prima ancora che istituzionale ed economico, della società italiana - che ci unisce e ci accomuna pur nella diversità delle posizioni e delle matrici ideologiche e culturali a cui ci riferiamo, questa consapevolezza dicevo ci porta a il momento formale e celebrativo dei rendiconti e delle enunciazioni rituali di buoni propositi per il futuro, per imporci una rigorosa e riflessione sullo stato attuale della Regione.
La costruzione di un edificio così complesso qual è l'ordinamento regionale, che investe e coinvolge gli assetti istituzionali ed amministrativi sociali ed economici, è necessariamente un processo di lungo periodo, nel quale conta assai più la direzione politica complessiva che si è assunta che non la quantità di atti che si sono compiuti.
Non intendo certo celebrare in tal modo l'elogio dell'inattività o dell'inefficienza, ma più propriamente sottolineare come il bilancio da farsi sull'operare della nuova Giunta di centro-sinistra, deve vertere anzitutto sulla linea politica assunta, e sui passi compiuti ancora sul terreno schiettamente politico per consolidare l'istituto regionale.
Solo collocandosi in questa ottica è corretto e significativo anche un riesame critico delle iniziative legislative e dell'azione amministrativa che debbono essere anzitutto misurate sulla loro coerenza e rispondenza agli indirizzi generali che sono stati assunti.
Dobbiamo allora considerare la vita della Regione Piemonte nell'ultimo anno in rapporto allo stato ed all'evoluzione di quello che può essere definita la sua "costituzione materiale", il patto associativo che con lo Statuto è stato stretto dalle forze politiche, indipendentemente dal loro ruolo di maggioranza o di opposizione, e loro tramite dall'intera collettività regionale.
L'ordinamento regionale viene necessariamente a modificare non solo l'articolazione dei rapporti giuridici-istituzionali dello Stato comunità ma parimenti lo svolgersi dei rapporti tra le forze politiche, per le quali la piena acquisizione di una fisionomia e di una dimensione regionale, non solo in termini organizzativi, ma di elaborazione e di proposta politica e culturale, è una evoluzione in corso, che ancora incontra vischiosità e resistenza al maturare ed all'esprimersi compiutamente.
Pure, questo è un passaggio obbligatorio per i partiti, come per le forze sindacali e sociali, se vogliamo qualificare e rendere vitale la Regione, intesa non come un mero decentramento, ma come organo di un autogoverno che ha una propria ragione ed una propria legittimazione storica ed ideale.
E' bene precisare questo passaggio, per non generare equivoci e fraintendimenti: la dimensione regionale non è il culto del particolarismo del municipalismo gretto ed egoista, non rinnega l'identità nazionale, n quella più larga comunanza sovranazionale ed internazionale che diviene un'esigenza sempre più pressante se vogliamo far corrispondere lo sviluppo dei processi politici ed istituzionali all'evoluzione di quelli socio economici.
Basterebbe del resto riandare al pensiero ed all'azione di quelli che possiamo ben chiamare i "padri fondatori" del regionalismo italiano, da Cattaneo a Sturzo ed a Emile Chanoux, per verificare come essi sapessero dissolvere ogni possibile contrapposizione tra la piccola patria regionale e la grande patria non solo italiana, ma europea a cui guardavano: e così anche noi guardiamo.
In questo spirito dobbiamo intendere la dimensione regionale delle forze politiche e sociali, come coscienza del ruolo proprio e specifico che ogni comunità regionale può assolvere in un disegno di avanzamento democratico e di crescita sociale che travalicano certamente l'ambito regionale.
Non si tratta insomma, per ciascuna di queste forze, di smarrire o tanto meno di rinnegare la propria identità nazionale ed internazionale, ma di definirsi in modo sempre più spiccato anche in confronto alle tematiche specifiche del contesto regionale.
Vengono in tal modo a porsi anche in modo diverso i rapporti tra le forze politiche, nel senso che gli elementi di convergenza o di distinzione che si presentano sul piano nazionale non sono sufficienti a sostenere la dialettica politica a livello regionale, la quale viene a qualificarsi oltre che sui temi generali, sulle problematiche che in modo più aderente e peculiare caratterizzano la vita della Regione, come comunità e come istituto.
Su questo terreno si sono indubbiamente compiuti dei passi innanzi stabilendo un corretto e costruttivo rapporto tra maggioranza ed opposizione, superando sia le facili contrapposizioni pregiudiziali sia la tentazione di un confuso assemblearismo il quale annega le responsabilità e favorisce assai più la logica degli interessi particolari, i quali si nascondono nelle pieghe delle sovrapposizioni di competenza e nei generici umanismi, che non il pieno dispiegarsi della democrazia, che è chiarezza e distinzione di poteri e di posizioni.
Insieme col tema dei rapporti tra le forze politiche si pone alla Regione, come elemento qualificante, il discorso dei rapporti tra la Regione e gli Enti locali e debbo dire subito, con franchezza, che a questo riguardo il bilancio è meno positivo, che ancora deve essere definito nella pratica, prima ancora che nella teoria, un rapporto che non si esaurisca nel dato burocratico amministrativo, e non riproponga tra Comuni e Regione la preesistente situazione tra Comuni e Stato.
Certo, agli Enti locali abbiamo assicurato un più elevato grado di partecipazione ai processi decisionali nell'ambito della nostra attività legislativa, attraverso le consultazioni svolte dalle Commissioni consiliari, ma il problema vero, quello ancora largamente irrisolto, è del coordinamento e della convergenza nelle linee d'intervento e nella gestione delle risorse.
La Regione non pretende nel modo più assoluto di porsi in termini autoritari e cogenti nei confronti dei Comuni e delle Province; ma neppure possiamo essere soddisfatti di un procedere in ordine sparso, senza un disegno unificante ed organico.
Un salto di qualità in questi rapporti potrà venire dagli sviluppi dell'attività di pianificazione, soprattutto a livello sub-regionale e dalla costituzione dei comprensori, che all'inizio del nuovo anno la Giunta proporrà all'esame del Consiglio; ma pure in questo caso poco valgono anche le migliori formule di ingegneria costituzionale o di programmazione economica, se queste non si fondano sul più solido terreno del consenso e del convincimento politico. All'azione ed all'impegno dei partiti in quanto tali ritengo quindi di poter proporre anche questo compito di indirizzo per una più operante collaborazione di tutti i poteri locali.
Vi è infine un terzo argomento da sollevare, in ordine ai rapporti tra le Regioni ed il Governo e più in generale le Amministrazioni dello Stato.
All'inizio del 1974 sembrò che il dialogo ed il confronto con il Governo toccasse un punto di svolta, con la richiesta avanzata alle Regioni di collaborare e all'elaborazione ed alla gestione di un piano di emergenza.
La difficile situazione economica, con tutti i suoi preoccupanti riflessi politici e sociali, sembrava aver portato ad un nuovo e più maturo livello il rapporto tra le Regioni e lo Stato.
Si è trattato purtroppo di una breve fiammata, che si è consumata nel volgere di tre mesi, per le tenaci resistenze opposte dalle Amministrazioni centrali ad ogni assunzione di maggiori responsabilità da parte delle Regioni, e per la mancata definizione di un preciso quadro di riferimento della politica economica.
Il precipitare della crisi di Governo a marzo e l'instabilità che ha accompagnato successivamente l'azione governativa, sino all'aprirsi nuovamente della difficile e travagliata crisi di ottobre, hanno praticamente interrotto il rapporto Regioni-Stato, che deve essere ora ripreso con sollecitudine e costanza.
Quest'esigenza ho già ritenuto di doverla proporre al nuovo Ministro per le Regioni, come condizione necessaria al raggiungimento di quegli obiettivi di ripresa e di crescita economica e democratica che il Governo si propone ed a cui verrà data la piena possibilità di esprimere il proprio impegno.
In una situazione in cui le difficoltà dell' economia investono il tessuto stesso delle istituzioni democratiche, è da richiamare una famosa pagina di Luigi Einaudi, scritta nel 1944, contro lo Stato accentratore.
Dove non esiste l'autogoverno in che consiste la democrazia? Così si interrogava Einaudi. Nei paesi dove la democrazia non è una vana parola egli aggiungeva - le locali non debbono attendere il "la" od il permesso del Governo. E concludeva: "che cosa ha dato all'unità d'Italia quell'armatura dello stato di polizia, preesistente, ricordiamolo bene, al 1922? Nulla. Nel momento del pericolo è svanita e sono rimasti i cittadini inermi e soli. Oggi essi si attruppano in bande di amici, di conoscenti, di borghigiani, e li chiamano partigiani. E' lo Stato il quale si rifà spontaneamente. Lasciamolo riformarsi dal basso, come è sua natura".
La riforma e la rifondazione dello Stato rimangono un problema attuale la cui soluzione oggi passa necessariamente attraverso l'espansione ed il rafforzamento dell'Istituto regionale.
La stessa crisi che travaglia il Paese, che è crisi di obiettivi prima ancora che di risorse finanziarie, impone questo ruolo nuovo delle Regioni e ciò noi tutti lo avvertiamo nella nostra esperienza quotidiana.
Mi sembra di poter affermare, alla luce anche dei colloqui avuti con il Ministro delle Regioni sen. Morlino, che la presa di posizione assunta, con toni che possono apparire forse, ad un ascoltatore distratto, sfocati, ed è invece pregevole e rassicurante, nel discorso pronunziato alle Camere dal Presidente del Consiglio, on. Moro, nei confronti dell'Istituto regionale sia affidante per l'immediato avvenire.
Il Presidente on. Moro, che a seguito di richieste di precisazione avanzate circa la scadenza elettorale delle elezioni amministrative e regionali ebbe a dichiarare che, a giudizio del Governo, esse debbono aver luogo nel periodo previsto - onde restano al Consiglio quattro mesi scarsi di possibilità operativa, sul piano legislativo, il che induce certo ad un attento ed oculato dosaggio dei lavori - ebbe a dire che quello delle Regioni rappresenta "il dato più rilevante del nostro ordinamento e la cui collaborazione è necessaria al Governo per far fronte ai gravi e complessi problemi del Paese".
Il Presidente Moro ha proseguito - mi consentano la testuale citazione dicendo: "la collaborazione tra Governo e Regioni richiede un dialogo continuo, leale e costruttivo, per assicurare, fuori da esasperanti conflitti, l'armonia della politica economica nazionale e la pur essenziale unità dell'ordinamento. Tale dialogo presuppone un quadro di certezze sui rispettivi ruoli, le rispettive competenze e le rispettive scelte di politica economica, sociale e civile, che nonostante gli importanti passi fin qui fatti, non può ritenersi ancora sufficientemente definito. E' perciò necessario proseguire ed intensificare il dialogo tra la Presidenza del Consiglio e, per essa ed in essa, il Ministro per le Regioni ed i Presidenti delle Giunte".
Oggetto più immediato di questo dialogo è l'impegno del Governo di completare, prima del rinnovo dei Consigli Regionali, la disciplina del trasferimento alle Regioni dei poteri dell'Amministrazione centrale e degli Enti pubblici nazionali, di riformare la legge finanziaria, di modificare la contabilità regionale, di sollecitare l'approvazione delle più importanti leggi-cornice e di risolvere infine le questioni più rilevanti delle Regioni a statuto speciale. Contemporaneamente si tratta di valorizzare la possibilità di coordinamento che a livello locale possono offrire i programmi regionali per la ripresa del modo più proprio ed immediato della programmazione economica nazionale.
Il Governo sa perciò di poter contare fin d'ora sui positivi risultati della collaborazione con le Regioni, per le quali giunge ormai il momento di spiegare tutte le loro capacità di governo e di amministrazione negli importanti settori ad esse affidati, per far fronte alle responsabilità politiche che loro competono rispetto a ciascuna realtà regionale".
E' un discorso chiaro, un impegno con delle scadenze che tutti ci auguriamo possano essere rispettate dal Governo, al quale auguro di superare tutti gli ostacoli di una perigliosa navigazione.
La prima di queste scadenze, l'incontro con i Sindacati, fondamentale ha avuto e sta avendo attuazione in questi giorni.
Dal canto nostro le responsabilità politiche le abbiamo assunte, e ci proponiamo di assumerle, piene, anche in avvenire.
Credo non sia necessario, tanto è evidente, affermare che il 1974 è stato sotto molti profili il più difficile dei 4 anni di vita della Regione, e nell'affrontare i molti e complessi problemi che la realtà regionale ha presentato e presenta, la Giunta in questi 12 mesi ha operato con il massimo impegno, e dico questo con piena ed avvertita coscienza dei limiti della nostra azione.
Riprendendo ed anticipando quanto, con maggior approfondimento e specificazione, verrà detto nella relazione che accompagnerà il Bilancio per il 1975, mi sembra opportuno soffermarmi sui problemi posti alla Regione dalla vicenda congiunturale, considerandoli sotto il profilo politico e del metodo, prima ancora che non in termini strettamente economici.
Nella relazione al Bilancio di previsione per il 1974, redatta nell'aprile scorso, si sottolineava il pericolo di un'entrata in recessione dell'economia italiana nella seconda metà dell'anno, in relazione al quadro complessivo, quale allora si delineava, delle linee di tendenza e delle manovre congiunturali messe in atto sul piano interno e su quello internazionale.
Gli indirizzi di politica economica a cui si faceva riferimento non hanno subito modifiche di rilievo nei mesi successivi, anzi è venuta accentuandosi la loro portata deflattiva, e la previsione di crisi allora formulata ha purtroppo ricevuto una puntuale conferma nel procedere della congiuntura.
I dati che la situazione italiana ci consegna registrano una crescente pressione inflazionistica, che da ottobre in poi supera il 25% su base annua; un più accentuato disavanzo nei conti con l'estero; una progressiva decelerazione della produzione industriale e le prime ripercussioni di questa caduta sui livelli di occupazione.
Le ripercussioni della crisi sono particolarmente pesanti in un sistema economico come quello piemontese, che per il suo elevato grado di industrializzazione costituisce una componente cospicua dell'apparato produttivo italiano e per il suo ampio orientamento verso le esportazioni risente in modo diretto ed immediato del trend della congiuntura internazionale.
Ad aggravare ulteriormente lo stato dell'economia generale concorre il ruolo dominante esercitato dall'industria dell'auto, un settore in cui i fattori di crisi sono particolarmente rilevanti e le cui difficoltà trasmettono impulsi negativi sul complesso della struttura socio-economica piemontese.
In questo contesto, e nella misura in cui gli elementi recessivi non si collocano se non in modo mediato ed indiretto a livello locale, ma discendono dalle dinamiche nazionali ed internazionali, la definizione di una adeguata linea di politica economica della Regione richiede anzitutto una corretta interpretazione delle tendenze più generali in atto, per poterne tempestivamente prevedere l'impatto sul sistema regionale. La stessa azione di orientamento e di riconversione delle strutture economiche e territoriali del Piemonte, pur muovendosi in un orizzonte temporale più ampio, deve confrontarsi costantemente con la situazione congiunturale per trarre tutte le sollecitazioni, come per contrastarne efficacemente le maggiori difficoltà che ne possono derivare.
Soddisfare la necessità che abbiamo più volte affermato di una costante saldatura tra manovra congiunturale ed interventi strutturali si presenta particolarmente arduo per l'Ente Regione, le cui possibilità di incidenza sulla congiuntura sono quanto mai limitate, mentre migliori prospettive presenta l'azione sulle strutture, se sorretta da coerenti ed adeguate politiche di settore.
Per evitare una pericolosa frattura tra questi due momenti della politica economica diviene quindi essenziale per la Regione stabilire un più stretto rapporto con gli organi e le forze che maggiormente influiscono con il loro comportamento sull'andamento congiunturale, quanto meno per la componente interna. Il tema dei rapporti tra Regione, Governo, sindacati ed imprese acquista in questa prospettiva una nuova valenza politico istituzionale, nella misura in cui occorre superare un potenziale squilibrio, derivante dall'attuale distribuzione dei poteri e delle competenze, tra la gestione della congiuntura e la riforma degli assetti strutturali Parimenti, si rende necessaria una più attenta e coerente qualificazione dell'azione delle Regioni, evitando una velleitaria dispersione delle iniziative per individuare il terreno su cui concentrare l'intervento regionale in relazione ad un disegno complessivo di riforme e di sviluppo della società italiana.
Più influenti dei Comuni e delle Province, più accessibili del Governo le Regioni tendono a divenire il punto di riferimento delle forze economiche e sociali a fronte dei problemi posti dall'attuale congiuntura.
Ciò può contribuire a rafforzare la capacità di rappresentanza democratica dell'istituto regionale; ma occorre al tempo stesso che le Regioni sappiano superare le sollecitazioni che provengono proprio dalla crisi e che chiedono loro una molteplicità di iniziative, in relazione a problemi certo gravi e degni della massima considerazione, ma alla cui soluzione le Regioni non possono concorrere se non in termini di intervento politico, di pressione e di orientamento.
Operando diversamente si avrebbe solo una polverizzazione delle limitate risorse finanziarie ed operative di cui le Regioni dispongono, per cui mentre il loro apporto alla gestione della congiuntura sarebbe irrilevante verrebbe compromessa la possibilità di sviluppare i grandi interventi di cui debbono farsi carico in un corretto esercizio delle loro competenze.
Ciò non significa peraltro il disinteresse delle Regioni alla vicenda congiunturale, ma precisa solo il metodo con cui dev'essere stabilito il rapporto tra l'azione regionale e la gestione della congiuntura, a cui possono e debbono essere finalizzati anche cospicui interventi - come si è operato del resto da parte della Regione Piemonte con le note di variazione al Bilancio di previsione 1974 - ma rimanendo sul terreno delle competenze regionali, e soprattutto raccordando l'iniziativa congiunturale con la politica delle strutture.
Mentre vanno dunque scartati interventi episodici e frammentari, ed occorre che a questo riguardo tutte le forze politiche compiano una scelta difficile ma necessaria, deve invece ricevere maggiore rilievo ed ampiezza l'azione propriamente politica della Regione in relazione al governo della congiuntura, attraverso un più stretto e costante concerto con le altre Regioni e con una ripresa di confronto e di dialogo con il Governo, dialogo che, come ho detto, si era praticamente arenato dopo l'infruttuoso tentativo di costruire un "piano di emergenza" all'inizio dell'anno e che deve ora essere riattivato con reciproca disponibilità ed impegno. Il che ritengo possa avvenire muovendo dal previsto incontro del Presidente del Consiglio, on. Moro, con i Presidenti delle venti Regioni, verso la metà di gennaio.
A livello locale, per contro, pur con tutte le difficoltà di metodo prima rilevate, si è fatto più intenso negli ultimi mesi il rapporto fra la Regione e le forze sindacali ed imprenditoriali, uscendo da una certa genericità che ha viziato in passato questi confronti, per affrontare tematiche e problemi più definiti e concreti.
Questa dialettica deve ulteriormente svilupparsi, e ciò avverrà in incontri previsti per gennaio; ma si deve essere consapevoli che i grandi nodi della situazione economica non sono risolvibili sul piano piemontese: il superamento della crisi si pone a livello nazionale ed internazionale ed è con questo ordine di problemi che anche gli operatori regionali debbono confrontarsi.
L'iniziativa della Giunta di centro-sinistra, sul piano legislativo e di governo, si è sviluppata in questo suo anno di vita, seguendo appunto l'indirizzo che ho prima esposto, di saldatura tra gli interventi congiunturali e l'azione di rinnovamento delle strutture, secondo quelle linee generali di programmazione sulle quali si è manifestata una significativa convergenza di tutta la comunità regionale.
Ricordo soltanto, per grandi titoli, leggi di maggior rilievo che sono state varate o predisposte nel corso del 1974.
Per quanto riguarda i settori produttivi, l'obiettivo della diversificazione della struttura piemontese e del riequilibrio territoriale, vale a dire il rilancio delle aree esterne a quella torinese richiede non soltanto di guidare il processo di industrializzazione, ma contemporaneamente di operare sull'agricoltura per il suo ammodernamento ed il suo recupero e ad un equilibrato sviluppo complessivo della Regione.
A questi fini rispondono le leggi sull'agricoltura, dirette a sostenere l'avanzamento e la riqualificazione degli orientamenti produttivi a partire dalla zootecnia; ma soprattutto dev'essere ricordata l'istituzione dell'Ente di sviluppo per l'agricoltura piemontese, come momento di raccordo tra la politica agricola e la politica di programmazione e come elemento di promozione di un vasto rinnovamento del mondo agricolo.
Per il settore industriale, la Giunta, come è noto, ha presentato un disegno di legge per la creazione di aree industriali attrezzate, ed ora valuterà le proposte emerse dalla consultazione che vi è stata su questa iniziativa, definendo quanto prima la sua posizione.
Quanto all'artigianato, infine, sta entrando in piena fase operativa la legge per il credito agevolato all'ammodernamento tecnologico, il quale assolve una funzione particolarmente rimarchevole nell'attuale momento di stretta creditizia.
Una seconda serie di interventi riguardano la politica sociale e sanitaria, con la legge per l'assistenza domiciliare agli anziani, la nuova legge sugli asili-nido e le quattro leggi collegate all'avvio della riforma sanitaria.
Possiamo poi registrare positivamente le iniziative nel campo dei servizi sociali, con le leggi per il potenziamento del trasporto pubblico che anticipano quel "piano autobus" che dev'essere varato a livello nazionale, ed i disegni di legge per un intervento regionale nel settore della casa e la modifica della legge di sostegno alle opere di urbanizzazione.
Quanto poi alla tutela ed al recupero dell'ambiente, componente essenziale della politica di organizzazione del territorio, abbiamo la legge sulla depurazione delle acque ed il disegno di legge sul risanamento delle acque stesse.
Infine, debbono essere ricordati gli sviluppi che ha avuto la politica di programmazione regionale, al cui andamento contribuisce il nuovo assetto istituzionale conferito all'IRES, che è divenuto un Ente strumentale della Regione, posto al servizio di tutta la comunità. Sono state poste in cantiere quest'anno numerose ricerche, per lo più in fase conclusiva, o in avanzato stadio di elaborazione, le quali vengono a sorreggere il piano di sviluppo che si sta definendo.
Tra queste, debbono essere citate le indagini sulla possibilità e modalità della diversificazione produttiva, sulle strutture dell'industria produttrice di beni strumentali e quella sulle imprese ausiliarie della FIAT.
Sempre nell'ambito dell'attività di pianificazione si colloca la redazione del piano territoriale di coordinamento, sul quale ho avuto occasione di riferire recentemente in Consiglio.
Inoltre, per le connessioni che ha con la politica di programmazione posso assicurare che la Giunta sta procedendo nel dare attuazione all'o.d.g. del Consiglio relativo al sistema informativo regionale.
L'acquisizione di un primo nucleo interno alla Regione per il trattamento automatico dei dati e delle procedure, a partire dalla gestione del bilancio e del personale, potrà probabilmente aver luogo già nei primissimi mesi del prossimo anno, mentre nei prossimi giorni sottoporremo all'Università ed al Politecnico di Torino una bozza di disegno di legge relativo alla costituzione di un Consorzio per lo sviluppo ed il coordinamento di un sistema informativo su scala regionale.
Nel settore culturale è rilevante la legge a favore degli Istituti che possiedono alla raccolta, conservazione ed elaborazione, con criterio scientifico e storico, della documentazione relativa alle vicende della Resistenza in Piemonte.
Accanto all'attività propriamente legislativa ed a quella programmatoria, tutta l'azione amministrativa, dal settore delle finanze a quello dei lavori pubblici, ha poi ricevuto l'impulso richiesto sia dalla esigenza di rendere quanto più efficiente l'operare della Regione sia dalla situazione economica congiunturale, che ha in parte compromesso quella che era la politica e la volontà di fare della Giunta.
Parimenti, l'iniziativa politica è stata costantemente volta a garantire una presenza incisiva e significativa della Regione nei grandi problemi sociali ed occupazionali che si sono presentati in questi ultimi mesi in Piemonte.
Su questi argomenti, e sulla manovra congiunturale che ci siamo proposti di svolgere, abbiamo avuto ripetute occasioni di dibattito in Consiglio, da quello particolarmente rilevante di settembre a quello connesso alla prima nota di variazione del bilancio 1974.
L'aggravarsi della situazione conferma la validità non solo dell'analisi svolta ma soprattutto dell'indirizzo assunto, diretto a tutelare i redditi più bassi e maggiormente erosi dall'inflazione, a sostenere la domanda e quindi l'occupazione, mentre, come mi è parso doveroso evidenziare ancora, la Regione incontra limiti molto precisi nello sviluppare una propria azione anticongiunturale.
Quali gli impegni? Passiamoli in rassegna per sommi capi.
Comprensori. Li consideriamo pedina fondamentale della scacchiera operativa. Il testo che la Giunta ha esaminato, una volta perfezionato nella riunione di domani od in quella del 30 di questo mese, verrà prontamente passato alla Presidenza del Consiglio, perché questa a sua volta lo trasmetta alle Commissioni competenti, in modo che si possa affrontare il dibattito a fine gennaio od in principio di febbraio.
E' vero che molte volte è stato a questo proposito ricordato che un'altra Regione, la Regione Emilia, precorreva noi nei tempi, come noi abbiamo precorso in altri settori quella ed altre Regioni. E' altrettanto vero però che la ponderazione che i componenti di quel Consiglio Regionale hanno voluto mettere in essere li ha portati ad affrontare ed a discutere soltanto negli ultimi giorni della settimana passata il testo relativo alla formazione dei comprensori in quella Regione, che, forse, sotto un profilo tecnico, ha molte minori difficoltà di creare la compagine comprensoriale di quante ne abbia la Regione Piemonte.
Piano di sviluppo regionale. Sono stati lamentati dei ritardi.
Ripetiamo che sono stati dovuti all'approfondimento a cui si è proceduto sulla struttura economica del Piemonte. E' comunque prossima una riunione interassessorile e di tecnici, prevista per il 3 di gennaio ma che mi è stato chiesto di far slittare di qualche giorno perché alcuni Consiglieri altrimenti non vi potrebbero partecipare. Anche questo passerà poi al Consiglio per le scelte responsabili, che dovranno essere insieme, lo ripeto, in termini inequivoci, scelte di principio, anche se alcune di esse potranno apparire condizionate al momento della situazione economica e finanziaria.
Progetto pilota per l'area torinese, specificazione del piano territoriale di coordinamento. Non si attende se non che la convenzione fra Ministero del Bilancio ed Ires - attualmente all'esame del Consiglio di Stato, che dovrebbe pronunciarsi entro quest'anno - venga comunicata alla Regione.
Avvio dei piani territoriali di coordinamento in altre aree della Regione, tenendo presente in particolare che è stata già avanzata una richiesta in questo senso dai Comuni del Biellese e dell'Eporediese.
Costituzione del Comitato per gli studi sulla programmazione regionale.
E' stata sollecitata la designazione da parte delle Province e del Comune di Torino.
Altro impegno al quale annettiamo un'importanza decisiva è quello relativo alla costituzione della Finanziaria in modo che chi avrà la responsabilità del governo e della conduzione della Regione nella seconda parte dell'anno e successivamente per un quinquennio si trovi con uno strumento che a noi è mancato non per carenza di buona volontà, per inefficienza od incapacità, come alle volte poco generosamente viene detto ma proprio per la complessità della natura dell'istituzione di questo ente finanziario, in relazione soprattutto alla sopravvenuta situazione di crisi che induce molte volte il Presidente della Regione a sollecitare la cortesia personale di dirigenti di Istituti bancari perché intervengano all'ultimo momento, per esempio, per i settori ospedalieri, ad impedire che si verifichi anche in Piemonte quello che si è verificato nella Sardegna nei giorni scorsi. Difficoltà obiettiva, e le critiche in questa direzione sono accettabili soltanto quando sono veramente accompagnate da un motivo di stimolo, per impedire che di fronte alle difficoltà obiettive la Giunta il suo Presidente si arenino e non portino innanzi ulteriormente il discorso.
Vi sono poi gli impegni relativi alla costituzione dell'Ente di sviluppo per l'artigianato, del varo della legge sulle aree industriali attrezzate, alle quali ha presieduto con non poche difficoltà l'Assessore Paganelli, del varo della legge per il Consorzio per il sistema informativo regionale, al quale mi sono riferito nel contesto del discorso, delle deleghe, per cui si stanno avendo contatti con Comuni e Province raffrontando ipotesi che vengono proposte dagli uni e dagli altri, e il grosso impegno ospedaliero, che verrà a pesarci sulle spalle, come dono gradito sotto un certo aspetto ma certamente difficoltoso sotto un altro dal 10 gennaio 1975, per il quale - sono grato al collega Paganelli di averlo già ricordato - effettivamente la Regione Piemonte, anche stimolata dalle sollecitazioni venute da più parti in quest'aula, ha assunto veramente le funzioni di guida per tutte le altre Regioni, concludendo positivamente, attraverso le dichiarazioni che sono state fatte l'altro giorno agli Assessori alla Sanità, e anticipate la sera prima, in un colloquio avuto con me, dal Ministro delle Regioni. Non dovremo avere - il Ministro del Tesoro, già obiettivamente contattato, consentendolo - le preoccupazioni che in quest'aula erano state sollevate nell'intervento finale, al momento della discussione sulle leggi sanitarie, dall'Assessore Paganelli, e che io non ho mancato di rappresentare al Ministro delle Regioni, al Presidente del Consiglio, come mi era stato conferito incarico di fare.
In rapporto al problema relativo al personale, il 4 gennaio scade il termine, che deriva da una norma di legge, perché la Giunta presenti al Consiglio l'elaborazione della seconda parte dell'ordinamento legislativo del nostro personale. I lavori sono in stadio avanzatissimo. Avremo probabilmente qualche confronto nei prossimi giorni e sono convinto che il termine del 4 gennaio potrà essere rispettato, con slittamento al 5 essendo il 4 domenica.
C'è infine tutto il settore del commercio, al quale presiede l'Assessore Conti, in questo momento lontano, quello relativo alla seconda parte dell'esame dei problemi delle acque, e, non ultimo impegno, che la Giunta ha assunto e che intende portare innanzi nel mese di febbraio quello del convegno che sinteticamente chiamerei nord-sud relativo anche alla situazione occupazionale del nostro Piemonte, nello stesso contesto incontro al quale presiedono gli Assessori Conti, Paganelli, Simonelli, con il Presidente.
Signor Presidente, signori Consiglieri, quello che importa e conta è fare fino all'ultimo, con tutto l'impegno, il proprio dovere, compiendo ogni sforzo per comprendere il discorso nuovo che si viene facendo da forze diverse, che acquistano sempre di più chiarezza espressiva di linguaggio responsabile capacità di costruire.
A questo discorso nuovo le forze politiche debbono partecipare; e al dialogo sono più di ogni altro interessate le espressioni partitiche, che debbono scrollarsi di dosso incrostazioni che minacciano di lasciarle come soffocate su di una strada angusta e congestionata, mentre il mondo cammina: e guai se cammina senza di noi.
Non era certo nei miei propositi, né della Giunta, giungere anche quest'anno a dover avanzare la richiesta dell'esercizio provvisorio, ma sono convinto che il Consiglio, quando abbia valutato serenamente le ragioni che ci hanno portato a ciò, vorrà darci atto che a tanto si giunge non per colpevole volontà o per inazione colpevole della Giunta. Il che nulla toglie all'obiettiva incresciosità del fatto.
Il termine proposto dalla Giunta del 28 febbraio chiarisce di per s quali siano i propositi della Giunta stessa, la quale confida nella sperimentata celerità della Commissione consiliare che dovrà esaminare poi la legge di bilancio testé presentata all'Ufficio di Presidenza per consentirne il rapido, tempestivo passaggio all'aula.
Sarà l'ultimo bilancio di questa Giunta, un bilancio ancora molto condizionato, per il 1975 che non si preannunzia certo facile, al momento senza luci che dissipino il buio.
Facendo questa constatazione, che può anche sembrare superflua, tanto è ovvia, intendo soprattutto dire, a conclusione del discorso, che ciò che più conta di fronte a situazioni eccezionali, e di eccezionale responsabilità, è l'essere convinti di avere tuttavia operato, nei limiti delle capacità e delle disponibilità, con ferma volontà di raggiungere le mete proposteci, con impegno costante, che resta attuale, per il presente e per il futuro, avendo di mira il servizio da rendere alla comunità regionale.
Concesso quel che è da concedere alla discussione, che si sviluppa quando si è entrati ormai, se non nel tempo elettorale vero e proprio certo in un clima che già risente di quell'impegno, ritengo che non si respingerà, e non soltanto sotto il profilo della buona volontà operosa riconosciuta, un giudizio che la Giunta ha coscienza di poter chiedere che sia di apprezzamento positivo.
Gli errori, i ritardi, inevitabili, se non sono conseguenza di cattiva volontà, o di ignavia, rientrano nei limiti della fallibilità umana, che è di per sé grande, e che può essere ancora maggiore in circostanze come quelle del nostro anche troppo lungo momento di crisi generale, con aspetti, per noi, che ci hanno frequentemente distratti dal normale lavoro costringendoci ad impegni onerosi non propriamente di istituto, ma aventi tale carica umana e sociale da non consentire assolutamente di rimanere estranei ed insensibili, ed anzi da determinarci in senso di scelte prioritarie. Molte difficile situazioni sono tuttora motivo di preoccupazione e di angustie, per la Giunta e per il Consiglio.
Alla soluzione della crisi non possiamo essere indifferenti, adagiati in una specie di fatalistica attesa, ma, decisamente rifiutando il segno catastrofico di quanti puntano allo scalzamento delle istituzioni, dobbiamo dare generosamente tutto il nostro apporto, lavorando solo, per superarla presto, nel modo migliore, tutti insieme, nel ruolo che ci compete, per il bene comune.



PRESIDENTE

Hanno così termine le dichiarazioni del Presidente della Giunta. Nella seduta pomeridiana passeremo al voto sui singoli articoli del Rendiconto.
Il Consiglio è convocato per le ore 15,30.
La seduta è tolta.



(La seduta ha termine alle ore 13,30)



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