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Dettaglio seduta n.268 del 21/11/74 - Legislatura n. I - Sedute dal 6 giugno 1970 al 15 giugno 1975

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Argomento:


PRESIDENZA DEL PRESIDENTE VIGLIONE


Argomento:

Ordine del giorno della seduta


PRESIDENTE

La seduta è aperta.
L'ordine del giorno reca: Approvazione verbale precedente seduta Interrogazioni e interpellanze Comunicazioni del Presidente Esame disegno di legge n. 206: "Variazioni al bilancio della Regione per l'anno finanziario 1974" Progetto pilota per l'area metropolitana torinese. Approvazione del Consiglio Regionale.
Esame disegno di legge n. 200: "Istituzione dell'Albo Regionale delle Associazioni Pro-Loco" Esame disegno di legge n. 169: "Istituzione del Comitato Regionale di coordinamento dei trasporti" Commissione di controllo sull'Amministrazione regionale: sostituzione di membro supplente dimissionario Esame disegno di legge n. 197: "Regolamentazione delle iscrizioni in appositi ruoli dei soggetti non assistibili da Enti o Casse mutue" Esame disegno di legge n. 203: "Disposizioni provvisorie concernenti le strutture e gli organici degli enti ospedalieri" Esame disegno di legge n. 204: "Norme in materia di assistenza ospedaliera" Esame disegno di legge n. 205: "Norme per il finanziamento della spesa per l'assistenza ospedaliera" Esame mozione presentata dai Consiglieri Berti, Ferraris, Marchesotti su "Norme di attuazione sugli interventi in agricoltura" Se nessuno ha delle osservazioni da fare l'ordine del giorno si intende approvato.


Argomento:

Approvazione verbale precedente seduta


PRESIDENTE

Approvazione verbale precedente seduta. Il processo verbale dell'adunanza del 14.11.1974 è stato distribuito ai Consiglieri prima dell'inizio della seduta odierna. Se nessuno ha delle osservazioni da fare i verbali si intendono approvati.


Argomento: Esercizio delle funzioni amministrative trasferite o delegate dallo Stato alle Regioni - Delega di funzioni regionali agli enti locali - Controlli amministrativi: argomenti non sopra specificati

Interpellanza dei Consiglieri Sanlorenzo, Berti, Marchesotti sul contenuto di una lettera dell'otto luglio 1974 inviata dal Commissario di Governo


PRESIDENTE

C'è un'interpellanza dei Consigliere Sanlorenzo, Berti, Marchesotti non iscritta all'ordine del giorno, ma alla quale il Presidente della Giunta Regionale si è dichiarato disposto a rispondere.
I sottoscritti Consiglieri regionali in relazione ad un accenno contenuto nel testo della lettera dell'8 luglio 1974 inviataci dal Commissario di Governo nella quale si poteva leggere tra l'altro: "Tale spirito di collaborazione, tra l'altro, non ha trovato rispondenza in quanto il Consiglio Regionale, nonostante sollecitato tramite l'On. Presidente della Regione, non ha ancora fatto conoscere il proprio punto di vista sulle competenze del Consiglio e della Giunta Regionale, richiesto dal Commissario del Governo con lettera 1 marzo 1974 per invito di questa Commissione, la quale, ciononostante, non ha mai sollevato eccezioni di incompetenza di uno o dell'altro organo regionale soprattutto con l'intento di non ritardare l'iter dei provvedimenti dei quali potesse sembrare dubbia la competenza dell'uno o dell'altro organo" mentre da un lato deve manifestare la sua più viva sorpresa perché in realtà il Consiglio Regionale non è mai stato sollecitato dal Presidente della Regione ad esprimere alcun parere nel merito della questione cui si accenna interrogano il Presidente della Giunta per conoscere 1) Per quali considerazioni il Presidente della Giunta non ha mai fatto conoscere il testo della richiesta spedita dal Commissario di Governo il 1 marzo 1974.
2) Quale sia il contenuto di tale lettera.
3) Quando il Consiglio sarà messo in grado di esprimere tale parere.
Desiderano illustrarla? La parola al Consigliere Sanlorenzo.



SANLORENZO Dino

Io ringrazio il Presidente della tempestività con cui ha inteso rispondere all'interpellanza, tempestività che mi coglie di sorpresa perch non sapevo che avrebbe risposto questa mattina; ad ogni modo il problema è di contenuto e non di forma.



OBERTO Gianni, Presidente della Giunta Regionale

Se lei vuole la possiamo rimandare.



SANLORENZO Dino

No no, siccome quando intervengo cerco di essere documentato e preciso questa volta devo argomentare a memoria.
Intanto vorrei illustrare com'è nata l'interpellanza: è nata da un contatto occasionale con il Commissario del Governo a Roma, nel corso del quale il Commissario rimproverò tutti i Consiglieri, ma in modo particolare il Gruppo comunista facendo cenno a ...



OBERTO Gianni, Presidente della Giunta Regionale

Al compromesso storico!!!



SANLORENZO Dino

...qualche misteriosa intesa fra il nostro Gruppo e la Giunta Regionale che sarebbe divenuta tale da rinunciare alle prerogative del Consiglio nel difendere le proprie attribuzioni, in una materia che ci ha visti invece qui battagliare dall'inizio delle Regioni ad oggi.
Sulla base di questo spunto siamo andati a vedere dove era contenuta questa affermazione e l'ho trovata appunto in questo documento dove tutto per me è oscuro perché c'è scritto: "Tale spirito di collaborazione, tra l'altro, non ha trovato rispondenza in quanto il Consiglio Regionale nonostante sollecitato tramite l'onorevole Presidente della Regione...".
A me pare che solleciti dal Presidente della Regione al Consiglio Regionale per chiarire le proprie competenze in materia di statuto e di prassi regionale non ne sono mai venuti, né da questo Presidente né da quello precedente, caso mai è venuta più di un'interrogazione da parte nostra per rivendicare delle competenze attribuite dallo Statuto che non venivano attuate.
Ma la cosa più interessante era questa: "parere richiesto dal Commissario del Governo con lettera 1° marzo 1974". A questo punto il problema sorgeva anche nella mia qualità di Vice Presidente perché giuro che questo parere del 1° marzo 1974 dal Commissario del Governo non è mai stato richiesto a noi, come Presidenza del Consiglio e quindi mi rimaneva oscura del tutto la lettera del 1° marzo 1974.
La conclusione era che il Consiglio non ha mai sollevato eccezioni di incompetenza di uno o dell'altro organo regionale, soprattutto con l'intento di non ritardare l'iter dei provvedimenti dai quali potesse sembrare dubbia la competenza dell'uno o dell'altro organo. In sostanza si evincono, da questa ultima frase, che il Commissario di Governo, che pure si accorgeva che certe cose venivano deliberate dalla Giunta invece che dal Consiglio, non sollevava la grana per non ostacolare l'iter dei provvedimenti che in qualche modo venivano presi della Giunta e dal Consiglio.
Io non so se il senso di quelle frasi è questo, ma se è così, e non pu che essere così, allora la mia interrogazione è tale da richiedere al Presidente della Giunta di conoscere per quali motivi egli non abbia mai fatto conoscere il testo della richiesta spedita dal Commissario di Governo il 1° marzo 1974 alla Presidenza del Consiglio, al Consiglio ed ai singoli Consiglieri, quale sia il contenuto di tale lettera e quando il Consiglio sarà messo in grado di esprimere il parere che il Commissario di Governo avrebbe sollecitato a suo tempo.



PRESIDENTE

La parola al Presidente della Giunta.



OBERTO Gianni, Presidente della Giunta Regionale

L'interpellanza del Vice Presidente del Consiglio Consigliere Sanlorenzo mi dà l'opportunità di fare alcune precisazioni in ordine ad un problema di indubbia rilevanza; quello della definizione delle competenze del Presidente della Regione, della Giunta Regionale, e del Consiglio Regionale.
Nel suo complesso il problema è stato già ampiamente dibattuto nel Consiglio Regionale con un intervento del collega Consigliere Vecchione di cui vi è resoconto amplissimo negli atti consiliari relativi ad un discorso sviluppato nel pomeriggio dell'8 giugno 1972. A quell'intervento era seguita una risposta in termini assolutamente antitetici da parte del Presidente della Giunta del tempo dr. Calleri che dissentiva dalla linea di impostazione portata innanzi dal Consigliere Vecchione circa la determinazione delle specifiche competenze degli organi regionali.
Tutto questo capitava nel luglio del 1972, dopo di che l'argomento rimase chiuso, almeno quanto ad esteriorizzazione del problema, non chiuso certamente per quel che si riferisce ad una valutazione concreta e a una determinazione che ha delle difficoltà di cui dirò successivamente. Tutti loro sanno che la responsabilità della mia conduzione di questa Giunta incomincia dalla fine di dicembre del 1973, praticamente dai primi di gennaio del 1974 con l'insediamento. L'argomento mi è stato subito innanzi intanto perché ricordavo quello che era accaduto nell'aula consiliare essendo allora io Presidente del Consiglio stesso, poi perché la materia del dibattito aveva una grandissima rilevanza e nella seduta di Giunta regionale del 5 febbraio 1974 - quindi pochissimo tempo dopo il mio insediamento - proponevo alla considerazione dei colleghi della Giunta questo problema per vedere come determinarci, in relazione anche a quelle che potevano essere le sollecitazioni da parte dei gruppi consiliari, a un dovere che avevamo noi stessi e all'interpretazione sino ad allora assunta da altre Regioni. Il problema di fondo era di stabilire quali fossero le competenze, successivamente di vedere se questo rapporto doveva seguire ad una specie di presa di contatto attraverso ad un atto, ordine del giorno mozione, convenzione da esporsi al Consiglio Regionale, o se invece dovesse trovare una sua soluzione correttamente in un testo legislativo che definisse queste competenze.
Nel marzo del 1974, quindi dopo che avevo prospettato alla Giunta il quesito, mi perviene la lettera, appunto datata 1° marzo, da parte del Commissario del governo, che intendo leggere nel suo testo perché si ricavi dalla lettura, l'interpretazione penso, che io le ho dato: "La Commissione di controllo ha avuto occasione di rilevare un'incertezza interpretativa da parte degli organi regionali sulle loro competenze e attribuzioni. La Commissione, attenuatesi le difficoltà connesse a problemi organizzativi ed interpretativi, conseguenti la prima fase di funzionamento degli organi regionali, mi ha rappresentata la necessità di sottoporre la questione alla cortese attenzione della S.V. per un'uniforme interpretazione da parte del Consiglio e della Giunta regionale, delle disposizioni dello Statuto regionale in ordine alle competenze, alle attribuzioni amministrative degli organi anche per quanto concerne le materie delegate alla Regione.
Sarò quindi grato alla S.V. se vorrà cortesemente far conoscere il Suo avviso al riguardo, tenendo conto soprattutto di quanto stabilito dall'art.
39 dello Statuto regionale che è quello che determina e regola le materie di competenza".
Io ho interpretato questa lettera come desiderio da parte del Commissario di governo di conoscere il pensiero, la interpretazione che il Presidente della Giunta regionale dava all'art. 39 senza che occorresse investire altro organo se non quello esecutivo di cui è Presidente e cioè la Giunta stessa.
Nella seduta di Giunta del 24.4.1974 (queste date devono sempre essere tenute presenti con le collocazioni delle diverse situazioni di impegno che intercorrono tra l'una e l'altra, che sono veramente molteplici, ormai i due terzi per lo meno del tempo di attività che personalmente e alcuni degli Assessori andiamo svolgendo sono totalmente assorbiti dall'assistenza a vertenze di carattere sindacale, a problemi occupazionali, a problemi ai quali siamo politicamente interessati, che non sono però attribuzioni specifiche che vengono a noi da una norma statutaria, per cui il tempo che resta per tutti gli altri grandi problemi che si verificano è infinitamente piccolo). Comunque, già nella seduta del 24 aprile 1974 (la lettera è del marzo 1974) l'argomento era nuovamente da me portato all'esame della Giunta regionale la quale vi ha dedicato la sua attenzione; vi sono state delle posizioni non conformi e non uniformi pensando taluno in un senso, altri in un senso diverso non tanto sull'oggettivazione di quelle che sono le competenze, quanto piuttosto per il modo con cui determinare, Presidente della Giunta, Giunta, Consiglio, attraverso ad un dibattito ove fosse stato necessario, quanto meno attraverso ad un incontro, l'interpretazione dell'art. 39 dello Statuto e la determinazione di queste competenze.
Il 3.6.1974 in altra seduta di Giunta l'argomento viene nuovamente preso in considerazione, ma nemmeno in quella occasione - molte volte le sedute di Giunta si interrompono anche perché bisogna ricevere rappresentanze di organismi sindacali - di rappresentanze operaie, per cui quello che dovrebbe essere un lavoro da svolgersi in tutta tranquillità e calma e con estrema ponderazione viene invece stravolto da queste interruzioni - non so che cosa sia esattamente capitato, comunque non si raggiunge un'intesa, un accordo.
Nel frattempo che cosa accade? Accade che il tribunale amministrativo regionale emette una sentenza - quella appunto del giugno 1974 - che interviene nel vivo del problema relativo alle competenze, dichiarando che per esempio il Presidente della Giunta regionale (forse in questo caso più il Presidente della Regione) non ha competenza ad emettere dei decreti in materia urbanistica. Io adesso non sto a fare la disquisizione, la sentenza è a tutti nota. Allora naturalmente ribalda un'altra volta all'esame della Giunta il 23.8.1974, sollecitati dalla decisione del tribunale amministrativo, se fosse opportuno adeguarci alle decisioni del tribunale o se fosse opportuno impugnarle per stabilire le valutazioni circa le competenze.
Nel frattempo interveniva una disposizione legislativa che attribuisce sempre in materia urbanistica, ma in una direzione diversa da quella attuale, al Presidente della Giunta Regionale determinate capacità funzionali proprie, in definitiva consente al Presidente della Giunta o al Presidente della Regione di esercitare monocraticamente una certa decisione. Analogicamente si dovrebbe pensare che questa interpretazione legislativa per questa materia comporti la possibilità di un'interpretazione diversa e difforme da quella espressa dal Tribunale Amministrativo Regionale di Torino per l'altra materia. Siamo rimasti in forse se impugnare o no questa sentenza. In una riunione recente, di 15/20 giorni fa (la data non me la sono esattamente segnata) la Giunta ha ripreso in considerazione il problema e si è venuti nella decisione di chiedere intanto dei pareri a eminenti studiosi del diritto amministrativo, del diritto costituzionale su quello che ormai possiamo chiamare il diritto regionale. La scelta è caduta su due dei componenti di quella Commissione di giuristi della quale avevo previsto la costituzione quando ero Presidente del Consiglio. Mi sono naturalmente fatto scrupolo di parlare con il Presidente del Consiglio perché non nascessero delle possibili situazioni di non chiarezza e aspettiamo da questi due consulenti una risposta precisa e concreta su questo specifico argomento, perché per poter stabilire esattamente e compiutamente i termini delle competenze dell'uno e dell'altro e del terzo organo, bisognerà incominciare da quello che è uno degli organi indicati dallo Statuto, indicato dalla Carta costituzionale come rappresentante della Regione per le sue attribuzioni, per le sue funzioni, per le sue capacità ecc.
Il problema è indubbiamente molto rilevante e molto importante, tant'è che nella seduta di cui non ricordo esattamente la data ma mi pare di due settimane addietro, è stato dato ulteriore incarico (era stato già genericamente dato) all'ufficio legislativo di esaminarlo alla luce di tutta quella che è l'esperienza, di quella che è anche la normativa di altre Regioni, per predisporre il testo che la Giunta esaminerà e proporrà all'attenzione e alla considerazione del Consiglio, ben lieti se potremo rapidamente risolvere un problema che è molte volte non dico motivo di conflitto, ma di indecisione, di imprecisione nelle determinazioni; ritengo che l'ufficio legislativo sia rapidamente pronto a presentare per l'esame della Giunta questo testo con le indicazioni e le delimitazioni.
Nel frattempo avremo il parere di questi giuristi su come comportarci in ordine all'impugnazione o meno della sentenza del Tribunale Amministrativo la cui rilevanza i Consiglieri regionali conoscono benissimo non soltanto per quella che può essere la definizione delle competenze proprie del Presidente della Giunta Regionale, ma per tutte le conseguenze che da un pronunciamento di questo genere possono derivare, caducando il decreto che era stato pronunciato in materia di 167 che ha dei rischi che anche il giornale della sua parte ha nei giorni passati particolarmente evidenziato e sottolineato.
Concludendo, la Giunta desidera chiudere questo capitolo che risale agli interventi Secchione-Calleri del 1972, in maniera da potere determinare esattamente le competenze.
Il non avere riferimento al Consiglio Regionale, dipende esclusivamente dall'interpretazione che io ho dato alla lettera nella quale il Commissario di Governo chiede di conoscere "il suo avviso al riguardo", nemmeno l'avviso della Giunta, l'avviso del Presidente della Giunta Regionale. L'ho considerata quindi come una di quelle situazioni nelle quali determinate persone che hanno delle responsabilità desiderano chiarirsi reciprocamente le idee e sono rimasto abbastanza sorpreso quando il Presidente del Consiglio Regionale - e la sorpresa gliel'ho manifestata verbalmente - in data 16 luglio mi trasmetteva con una lettera quanto il Commissario di Governo aveva scritto in relazione all'approvazione dello Statuto delle Comunità Montane dove si diceva che, avendo sollecitato tramite il Presidente della Regione l'intervento del Consiglio Regionale, questi non aveva fatto conoscere il suo punto di vista. Io non ho mai pensato che questa lettera fosse diretta a sollecitare l'intervento del Consiglio Regionale.
Le cose stanno in questi termini, penso che entro dicembre una presa di posizione definitiva della Giunta probabilmente con un documento normativo legislativo diverso, lo vedremo, lo concorderemo insieme, sarà presa chiudendosi così questa partita.



PRESIDENTE

La parola al Consigliere Berti.



BERTI Antonio

La nostra interpellanza consente al consiglio di venire a conoscenza che una cosa così importante è stata oggetto di dibattiti in ben tre o quattro sedute della Giunta; pare non ci siano dubbi che la questione attiene al Consiglio Regionale e che soltanto l'interpretazione data dal Presidente della Giunta l'ha ridotta a una questione di Giunta; a me pare proprio di capire che le osservazioni del Commissario di Governo in occasione di un giudizio sulle Comunità montane dimostri chiaramente che erano rivolte al Consiglio e non può che essere così, visto che il problema è già affrontato addirittura dallo Statuto Regionale, che, com'è noto all'art. 16 afferma: "Quando si parla di Regioni senza ulteriore precisazione, si intende sempre il Consiglio Regionale".
Partendo da questa premessa, mi pare non giusta la decisione di assegnare a degli esperti legislativi la questione, mi sorprende anche che ...



OBERTO Gianni, Presidente della Giunta Regionale

Non mi sono spiegato bene: gli esperti legislativi esaminano l'opportunità, la possibilità dell'impugnativa della decisione del Tribunale Amministrativo Regionale relativamente al punto che nega al Presidente della Regione determinate attribuzioni.



BERTI Antonio

Ho capito, lei però fa dipendere tutto il resto da quanto diranno questi due e se è giusto, come è giusto, quello che dice lei, dubito che il parere di questi esperti possa dare delle indicazioni valide sul complesso dei problemi che invece va al di là, che investe le competenze del Consiglio Regionale. La lettera del Commissario è molto esplicita, parla di competenze del Consiglio e della Giunta, quindi credo che il discorso vada riportato nella sede giusta, che è questa.
Considero non del tutto positivo lo scambio di opinioni tra il Presidente della Giunta e il Presidente del Consiglio sulla nomina degli esperti, il che mi consente di affermare che se il Presidente della Giunta ha dato una versione restrittiva, alle osservazioni fatte, il Presidente del Consiglio, messo al corrente di questo, non ha ritenuto a sua volta di correggere il tiro, di investire i Capigruppo, l'Ufficio di Presidenza anche soltanto per la scelta degli esperti; io non so chi sono, non mi permetto di dare giudizi, ma sarebbe stato opportuno cogliere almeno questa seconda occasione per investire l'Ufficio di Presidenza. La questione quindi va avanti ad un livello che non è giusto.
Non intendo fare un lungo discorso su questo perché credo che lo riprenderemo, mi interessa mettere in evidenza il fatto che la questione sollevata attiene a problemi di cui il nostro Consiglio si occupa praticamente dalla sua costituzione e il carteggio, lo scambio di opinioni tra il mio compagno Vecchione e Calleri (a cui lei si è rifatto) emerge in un momento in cui il contrasto tra gestione autoritaria dell'esecutivo e potere del Consiglio era probabilmente collocato nei punti più esplosivi della vita del Consiglio Regionale.
Io devo dire che qualcosa è mutato perché nella pratica abbiamo degli Assessori che hanno capito che è prima di tutto loro interesse operare con il conforto delle Commissioni, con il confronto con le forze politiche e quindi per certi tipi di attività di rapporto Assessori-Commissione è ormai diventato pratica corrente, al di là delle competenze effettivamente esercitate. Siamo arrivati in certi settori alla discussione dei criteri che determinano l'applicazione di certe leggi e anche alla presentazione degli atti esecutivi. Faccio l'esempio del rapporto con il settore dei lavori pubblici in cui ancora recentemente il problema è stato affrontato in un modo molto corretto tra Assessorato e Commissioni perché mi sembra il più interessante e per i lati positivi che presenta e per quello che ancora di carente è emerso e che secondo me dà un'indicazione sul modo come deve essere politicamente affrontato il problema. Voglio dare atto all'Assessore che qualcosa è cambiato, anche se non è stata eliminata completamente la politica clientelare che nel passato, soprattutto nel campo dei lavori pubblici, ha costituito una delle piaghe più infamanti nel modo di governare nel nostro paese; in Piemonte abbiamo un primato in questo settore per le esperienze che certi uomini politici della DC hanno fatto (mi riferisco a vecchi uomini ormai scomparsi di cui è meglio non parlare).
Ma alla scuola di questi sono cresciuti altri uomini DC che con questo metodo hanno creato le loro fortune politiche.
Il fatto che la Commissione abbia discusso i criteri di ripartizione per esempio delle somme per acquedotti, strade, ecc. che li abbia sostanzialmente approvati ritenendoli validi, che la Giunta abbia deciso la ripartizione in un incontro successivo con la Commissione, che l'Assessore abbia portato il Consiglio a conoscenza delle determinazioni a cui la Giunta era pervenuta, rispetto al passato è già un passo avanti.
Nell'esaminare i destinatari dei contributi poi abbiamo riscontrato una maggiore giustizia, il che ci dà da sperare per il futuro perché se non fosse così dovremmo veramente disperare nella bontà di questo nostro istituto e dare giudizi anche più severi sugli uomini che lo governano non sempre si può pretendere la capacità assoluta dagli uomini, ma l'onestà deve essere assolutamente pretesa.
Quali sono le osservazioni che noi abbiamo fatto? Sono osservazioni di merito e ancora di metodo, abbiamo preso atto come sia stato razionalizzato il lavoro dei dipendenti, dei funzionari in un campo in cui è difficile intervenire (Genio Civile, Provveditorato situazioni da tempo carenti, sclerotizzate ecc.). Ma prendendo atto di questo abbiamo fatto delle osservazioni che riteniamo di fondo e che consegno al Consiglio: razionalizzare gli uffici, cioè utilizzare meglio il personale; una delle considerazioni dell'Assessore è stata che il personale era limitato nel numero. Noi abbiamo osservato che può non essere vero perché se la razionalizzazione, se l'organizzazione degli uffici per essere più chiari, è un problema vero, reale che deve essere affrontato bene da chi si propone di affrontarlo, è anche vero che diversa è la conclusione se l'ottica da cui si parte è diversa. Se per esempio organizzare il lavoro degli uffici parte dalle considerazioni che in un prossimo futuro il lavoro della Giunta dovrà essere fatto per i dipartimenti, secondo l'impegno assunto con la legge dell'inquadramento del personale; che andiamo incontro alla costituzione dei Comprensori, all'interno dei quali ai Comuni associati ad essi saranno affidate delle competenze, delegati dei compiti che agli stessi Comuni, alle stesse Province potranno e dovranno essere delegate delle funzioni, se tutto questo rientra negli obiettivi primari della Regione (e forse abbiamo perso tempo) nessuno può non capire che organizzare gli uffici in rapporto a questa visione di lavoro e di futuro della Regione vuol dire dargli un certo assetto, altra cosa è organizzarli razionalizzare il loro lavoro nell'ottica attuale. Noi diciamo che occorre determinare l'organizzazione degli uffici e quindi le competenze in ragione del modo di operare della Regione Piemonte che tiene conto del fatto che deve delegare funzioni e che deve costituire i Comprensori.
A me pare che il problema delle competenze non debba essere esaminato soltanto da un punto di vista giuridico, l'articolo 16, ripeto, dice che quando si parla di Regione le competenze sono del Consiglio Regionale e su questo punto non ci possono essere dubbi. Quante sono le leggi statali che dicono "la Regione farà"? Quando le leggi diranno "la Giunta farà", sarà la Giunta a farlo, ma se dicono "la Regione farà", non può che essere il Consiglio Regionale, su questo non ci possono essere dubbi.
Avendo di fronte questo quadro quanto meno in prospettiva allora si determinano quali sono le competenze che possono essere delegate agli Enti locali, singolarmente o associati, quali sono le competenze di cui devono occuparsi la Giunta e il Presidente e quindi quali sono le funzioni che devono essere attribuite al Consiglio Regionale.
Questo è un modo politico di affrontare il problema delle competenze cioè a monte di pareri giuridici sta una volontà politica che è quella che si esprime appunto nell'essere della Regione in modo diverso. Per noi è un problema politico che credo vada affrontato con le varie componenti del Consiglio perché investe il futuro della nostra Regione, soprattutto in rapporto a ciò che si deve delegare all'esterno della Regione e che diventa un fatto politico di enorme importanza.
Concludendo, a noi pare di non aver fatto perdere del tempo al Consiglio Regionale, la questione è molto importante, può servire per la Giunta, visto che si è impegnata a darci una risposta; e questa non sia soltanto il parere degli esperti, ma sia una risposta politica e per questo l'invitiamo a prendere atto che ci sono delle Regioni che hanno risolto da tempo il problema delle competenze, sia quindi uno stimolo a prendere delle decisioni.



PRESIDENTE

L'interpellanza è discussa.
Se consente, Consigliere Berti, per quanto riguarda le Comunità montane le osservazioni e i chiarimenti del Commissario del Governo furono portati all'interno del Consiglio Regionale e si decise di rispondere nel modo in cui si è risposto e cioè che le competenze della Commissione di controllo erano puramente di legittimità e quindi non potevano intervenire nella questione di merito.
Per quanto riguarda invece il Comitato degli esperti, vorrei fare presente che furono solo due i professionisti incaricati dal Presidente della Giunta di dare un parere. Siccome non vi era contrasto tra Consiglio e Giunta, evidentemente non ho avuto obiezioni da fare.


Argomento: Pianificazione territoriale - Urbanistica: argomenti non sopra specificati - Tutela dagli inquinamenti atmosferici ed acustici

Interrogazione del Consigliere Sanlorenzo in merito all'insediamento a S. Martino di Trecate di un'industria per il trattamento di solventi aromatici da parte della ESSO Italiana. Controllo preventivo della Regione e garanzie in ordine al pericolo di inquinamento atmosferico


PRESIDENTE

Interrogazione del Consigliere Sanlorenzo: "Insediamento a S. Martino di Trecate di un'industria per il trattamento di solventi aromatici da parte della ESSO Italiana. Controllo preventivo della Regione e garanzie in ordine al pericolo di inquinamento atmosferico".



FONIO Mario, Assessore agli inquinamenti

La Società SARPOM, concessionaria della raffineria di olii minerali in S. Martino di Trecate, ha chiesto nella primavera scorsa al Ministero dell'Industria l'autorizzazione ad installare ed esercire nell'ambito della propria suddetta raffineria un impianto per la produzione di 100.000 tonnellate annue di solventi alifatici, di acqua ragia e di solventi aromatici, mediante trattamento di prodotti semilavorati (tagli di benzina e di gasolio) della raffineria stessa, nonché ad installare ed esercire un nuovo parco serbatoi a servizio di detto impianto.
Il Ministero dell'Industria ha trasmesso nel luglio scorso a questa Amministrazione Regionale la domanda della SARPOM chiedendo, come è nella prassi, il parere degli Uffici regionali sotto gli aspetti urbanistici ecologici ed igienico-sanitari.
Dalla domanda suddetta risulta che l'impianto per la produzione di solventi sarebbe costruito nel perimetro dell'attuale stabilimento SARPOM di S. Martino di Trecate ed occuperebbe una superficie di circa 61.000 mq di terreno.
Il parco serbatoi, costituito da 13 serbatoi della capacità complessiva di mc 47.670, sorgerebbe in zona adiacente alla raffineria, occupando una superficie di circa altri 75.000 mq (non espressamente indicati nella domanda della SARPOM, ma ricavati dalla planimetria allegata alla domanda stessa).
Nell'ambito della zona destinata al parco serbatoi sarebbe realizzato anche un impianto di caricamento e spedizione prodotti con annesso sistema di denaturazione in linea.
Fatte queste premesse che servono ad inquadrare il problema, è necessario svolgere alcune considerazioni sugli aspetti urbanistici ed ecologici dell'eventuale nuovo insediamento.
Rilevanza particolare acquista in questo momento l'aspetto urbanistico in quanto il parco serbatoi, con annesso impianto di caricamento e spedizione prodotti, dovrebbe essere costruito in una area che dal Piano Regolatore Generale del Comune di Trecate, approvato con D.P.R. 28 giugno 1956, è destinata a zona agricola.
Il Consiglio Comunale di Trecate recentemente, il 31 agosto u.s., ha approvato, a maggioranza, la richiesta di autorizzazione alla variante al Piano Regolatore Generale e l'ha successivamente inoltrata alla Sezione Urbanistica Regionale per il parere preventivo. La richiesta propone la trasformazione da zona agricola a zona industriale di una fascia di territorio di 600 mila mq (l'area di cui si fa cenno nell'interrogazione) limitrofi all'attuale zona industriale in gran parte occupata dalla SARPOM.
Di questi 600.000 mq, soltanto 75.000, come sopra detto, interessano il parco serbatoi e annesso impianto di caricamento e spedizione prodotti della SARPOM.
La variante richiesta dal Comune di Trecate è ora all'esame della Sezione Urbanistica Regionale.
L'orientamento della Sezione Urbanistica è quello di proporre al Comune una variante organica al Piano Regolatore Generale - che ha già quasi venti anni di vita - che si configuri come un nuovo Piano Regolatore Generale del Comune, nell'ambito del quale può trovare un corretto inserimento nel contesto ambientale, urbanistico e di programmazione generale, anche un eventuale ampliamento dell'attuale zona industriale di S. Martino di Trecate.
Il parere che la Regione è chiamata ad esprimere al Ministero all'Industria è da intendersi pertanto rinviato ad un momento successivo quando la Sezione Urbanistica Regionale prenderà in esame e si pronuncerà sulla variante organica al Piano Regolatore Comunale, che risale al 1956.
Dal punto di vista degli inquinamenti e dei relativi controlli l'intervento della Regione è chiaramente disciplinato dall'articolo 4 della legge regionale 3 ottobre 1974 sugli scarichi delle attività produttive che è in corso di pubblicazione. Solo quando sarà risolto l'aspetto urbanistico dell'insediamento, la SARPOM potrà presentare domanda per il rilascio della licenza edilizia, allegando il progetto degli impianti di depurazione degli scarichi, sul quale esprimerà il proprio parere la Commissione tecnica regionale prevista dall'articolo 6 della predetta legge.
Finora, sulla base della documentazione trasmessa dal Ministero dell'Industria, si può dire che nel nuovo impianto per la produzione di solventi alifatici, di acqua ragia e di solventi aromatici la lavorazione avviene a ciclo chiuso e quindi senza scarichi inquinanti liquidi e con emissioni gassose non rilevanti che saranno comunque valutate in sede di comitato antismog.
Ci saranno invece acque di scarico nell'area occupata dal parco serbatoi e dall'impianto di caricamento e spedizione prodotti, per la quale nella domanda della Sarpom è previsto, in linea di larga massima, un sistema di smaltimento separato per le acque oleose, le acque chiare e le acque sanitarie. Il progetto operativo di depurazione di tali scarichi dovrà essere definito all'atto della presentazione della licenza edilizia e rientrare nell'esame e controllo previsto dall'articolo 4 della legge regionale sugli scarichi industriali.
Ritengo infine possano essere opportune per l'interrogante e per i Colleghi Consiglieri alcune osservazioni ed informazioni di carattere generale: l'investimento previsto per l'installazione dell'impianto per la produzione dei solventi, dei serbatoi e delle relative attrezzature si aggira sui 6 miliardi di lire.
La domanda della SARPOM non parla di mano d'opera impiegata che comunque dovrebbe essere di poche decine.
L'impianto potrebbe dare un contributo positivo nel contesto economico-industriale italiano, in quanto fornirebbe prodotti per i quali l'Italia deve ricorrere alle importazioni, sostenendo attività industriali quali l'industria delle vernici, degli adesivi, della gomma, delle materie plastiche e degli inchiostri.
Una parte dei prodotti (circa il 13%) potrebbe essere addirittura, una volta soddisfatto il mercato interno, destinata alle esportazioni.
La scelta della località di Trecate per la eventuale installazione dell'impianto di solventi sarebbe dovuta principalmente alla disponibilità di frazioni petrolifere adatte come carica all'impianto e di infrastrutture di base presso la raffineria in funzione.
Assicuro infine il Consigliere interrogante che gli Assessorati competenti prenderanno i necessari contatti con il Comune di Trecate, in modo che l'Amministrazione comunale non assuma eventuali comportamenti non conformi alla necessità di valutare il nuovo insediamento della SARPOM con l'attenzione che esso esige da punto di vista ecologico ed urbanistico e che in particolare l'Assessorato alla tutela dell'ambiente svolgerà i propri compiti in modo che ogni valutazione venga fatta in stretta relazione al carico complessivo di inquinamento, soprattutto atmosferico che pesantemente già grava sulla zona interessante, fra l'altro l'istituendo parco fluviale del Ticino.



PRESIDENTE

La parola all'interrogante Sanlorenzo.



SANLORENZO Dino

Sono parzialmente soddisfatto e molto preoccupato perché le cose che ha detto l'Assessore Fonio dimostrano e confermano tutte le preoccupazioni che hanno mosso l'interrogazione: siamo in presenza di una non intenzione della SARPOM di proporre la costituzione di un nuovo stabilimento; siamo di fronte a tutta una serie di atti già compiuti, acquisti di terreni modifiche proposte dalla maggioranza del Consiglio Comunale di Trecate per rendere possibile ciò che la SARPOM ha deciso di fare; siamo quindi in presenza di una serie di atti che tendono a mettere l'Amministrazione Regionale in una condizione assai difficile. E' la prassi seguita quasi sempre, ma proprio per questo è preoccupante. Qualche volta però essendo già riusciti come Regione a bloccare queste manovre, come per la zona di Borgo Valezzato dove abbiamo impedito il sorgere di una industria di piombo che sarebbe stata estremamente disastrosa per l'attività agricola circostante, credo che dobbiamo fare attenzione ai passi che verranno compiuti successivamente dai protagonisti di questa vicenda che mi pare che oltre alla SARPOM siano da configurarsi nel Sindaco di Trecate Antonini famoso per la sua lunga attività di oculato amministratore in proprio delle terre del Comune e anche delle sue. Sarebbe interessante sapere di chi erano i terreni che sono stati acquistati; e la richiesta di coinvolgere la Regione per fare approvare tutti questi atti preliminari mi fa porre l'attenzione sugli Assessori competenti che a questo punto sono tre, non due: l'Assessore all'Urbanistica, l'Assessore alla Programmazione e l'Assessore all'Ecologia, se non lo fossero ancora tutti e tre sarebbe opportuno che il terzo lo fosse per la rilevanza dell'impianto di cui si parla, in questo caso l'Assessore alla programmazione, perché...



FONIO Mario, Assessore agli inquinamenti

E anche l'Assessore all'Industria, perché le riunioni avvengono a quattro.



SANLORENZO Dino

Certo, anche l'Assessore all'industria, e che alla fine ci fosse rapidamente un parere politico complessivo della Giunta in ordine agli obiettivi della programmazione e del piano regionale, di modo che ci sia già un atteggiamento politico che tenda a bloccare ulteriori passi unilaterali che fossero compiuti senza che la controparte Regione sia in grado di esprimere una linea coerente che veda l'aspetto ecologico urbanistico, fusi e coordinati fra di loro.
Perché sono parzialmente soddisfatto della risposta? Perché l'Assessore Fonio dice: io darò il parere quando me lo darà la Sezione Urbanistica.
Tutti e due in fondo dicono: daremo un parere quando la programmazione esprimerà il suo. Io dico: procediamo con un meccanismo differente, i quattro Assessori si riuniscano, esprimano un parere politico vincolante per ciascun Assessore e gli atti che si compiono siano conseguenza di questo parere politico. Ma dico qualcosa di più: la produzione di cui si parla può anche darsi che abbia un interesse di carattere nazionale, ma è da verificare, è sicuramente fra le più inquinanti che possiamo avere nella zona, si svolge in prossimità del Ticino che costituisce uno degli oggetti e delle cure (o dovrebbe esserlo) dell'attività ecologica regionale piemontese, occupa poche decine di persone in una zona che ha qualche sciagura incombente ma non certamente quella della disoccupazione, almeno a breve scadenza, si configura piuttosto come una delle tante iniziative dei grandi gruppi internazionali, che vanno a cercare spari dato che sono cacciati sovente via e nessuno più li vuole.
Concludo dicendo che forse è opportuno che i quattro Assessori si facciano promotori di un convegno nella zona con le forze locali politiche, sindacali perché il loro parere sia messo a confronto con le popolazioni che dovrebbero subire eventualmente le conseguenze di un'iniziativa di questo genere, e l'occasione mi è propizia per sollecitare la Giunta nel suo complesso a dare risposta alle altre due interrogazioni che ha presentato e che hanno tutte il fine di salvaguardare il Ticino: vorrei sapere dalla Giunta Regionale (non chiedo la risposta immediatamente, ma per la prossima seduta del Consiglio) se ha intenzione di completare l'azione che i Comuni della fascia del Ticino stanno portando avanti, per definire le zone di salvaguardia con un provvedimento legislativo che rappresenti il pendant piemontese di quello che ha fatto la Regione Lombarda, anche perfezionandolo.
Le interrogazioni che ancora giacciono inevase si concludono quasi sempre con la richiesta di conoscere se la Giunta Regionale ha intenzione prima della fine della legislatura, di addivenire all'approvazione in Consiglio di uno strumento legislativo che regolamenti e disciplini tutta la materia nel suo complesso.


Argomento: Provvidenze per la costituzione di aree industriali ed artigiane attrezzate - Pianificazione territoriale - Urbanistica: argomenti non sopra specificati

Interrogazione del Consigliere Revelli sulle iniziative della Regione, in accordo con i Comuni interessati, per la costruzione di un nuovo stabilimento della CMB di Bra nell'area di Mondovì


PRESIDENTE

Interrogazione del Consigliere Revelli: "Iniziative della Regione, in accordo con i Comuni interessati, per la costruzione di un nuovo stabilimento della CMB di Bra, nell'area di Mondovì".



SIMONELLI Claudio, Assessore alla programmazione e bilancio

Come rileva giustamente l'interrogante, era intenzione della ditta CMB di costruire uno stabilimento industriale nel Comune di Cavallermaggiore infatti era stata presentata al Sindaco di Cavallermaggiore un'istanza in questo senso e c'è stato anzi un parere favorevole del Consiglio comunale del 18 ottobre scorso. Tuttavia in un secondo momento gli Enti locali cuneesi hanno esercitato una pressione sulla CMB e la Regione ha accompagnato questo intervento al fine di orientare la localizzazione nel Monregalese, che, come è noto, è zona particolarmente depressa con bassi coefficienti di sviluppo e nella quale si è verificata anche negli ultimi tempi una preoccupante caduta dei livelli occupazionali. Proprio negli ultimi giorni ci sono stati contatti a questo fine tra il Sindaco di Mondovì e i rappresentanti dell'azienda, anzi, il Comune di Mondovì ha messo a disposizione della CMB una fascia di territorio lungo la linea ferroviaria Cuneo-Mondovì e nei pressi della strada statale. A questo proposito l'amministratore delegato della azienda, pur senza assumere degli impegni definitivi, ma rinviando ad una successiva definizione del Consiglio di Amministrazione, ha espresso un'opinione di massima favorevole a verificare l'insediamento a Mondovì. Ora, questa soluzione delineata è certamente quella conforme agli indirizzi della programmazione, non c'è alcun dubbio che la soluzione di Mondovì è quella che va nella direzione del Piano regionale e quindi anche delle indicazioni di politica industriale che intendiamo dare alla Regione. Su questo c'è stata una consultazione anche con l'Assessore all'industria Paganelli e posso rispondere a nome di entrambi che la scelta di Mondovì è la migliore.
In questo senso quindi il discorso è avviato bene, non mancheremo nei prossimi giorni di seguirlo perché possa concludersi nel senso da tutti noi desiderato.



PRESIDENTE

La parola all'interrogante Consigliere Revelli.



REVELLI Francesco

Signor Presidente, mi dichiaro soddisfatto della dichiarazione dell'Assessore Simonelli. Un anticipo di questa dichiarazione c'era già stato dato nel corso della conferenza economico-provinciale sabato scorso dall'Assessore Paganelli e credo sia conforme alle indicazioni che anche il nostro Gruppo aveva dato sia qui che in sede locale.
Io solleciterei soltanto l'attenzione della Giunta, in questa ultima fase della trattativa, su alcuni scogli che eventualmente potessero ancora sorgere rispetto ai problemi sollevati e alle difficoltà che ha un Ente locale come quello di Mondovì, affinché possa trovare adeguata collocazione nelle iniziative della Giunta, sia a livello politico, sia a livello pratico, al di là di quanto abbiamo già approvato anche noi, l'intervento per l'area attrezzata di Mondovì.
Io credo che per sottolineare maggiormente la consapevolezza all'interno di tutti gli Enti locali della Provincia che questa è la linea di programmazione e che quindi non si va ad uno scontro municipalistico tra aree o Enti locali diversi (che pur presentano tutti delle necessità rispetto ai livelli occupazionali) fino all'ultimo sia necessario l'impegno della Giunta Regionale, della Regione anche sotto l'aspetto politico, di coordinamento di indirizzo e di informazione di tutte le popolazioni interessate. Quindi credo che rispetto alle iniziative che assumerà l'Amministrazione civica di Mondovì la presenza della Giunta - in modo qualificato con questo suo discorso - sia ampiamente rappresentativa della volontà di tutto il Consiglio Regionale.



PRESIDENTE

Interrogazione del Consigliere Calsolaro: "Protezione orario di chiusura delle pasticcerie" Non c'è il Consigliere Calsolaro, l'Assessore Conti manderà risposta scritta.


Argomento: Uso delle acque (regimazione, usi plurimi) - Difesa idrogeologica

Interrogazione dei Consiglieri Zanone - Giletta sul prosciugamento del Lago di Arignano (TO) senza alcuna preventiva consultazione con gli Enti locali interessati. Provvedimenti


PRESIDENTE

Interrogazione dei Consiglieri Zanone e Giletta: "Prosciugamento del Lago di Arignano (Torino) senza alcuna preventiva consultazione con gli Enti locali interessati. Provvedimenti".
Risponde l'Assessore Fonio.



FONIO Mario, Assessore alla situazione idrogeologica

La risposta odierna alla interrogazione dei Colleghi Zanone e Giletta non può che essere interlocutoria, sia perché siamo in attesa di un abboccamento con i proprietari dei terreni (una società svizzera) interessati dall'invaso e sia perché sono emersi aspetti tecnici e giuridici connessi alle acque del lago che devono essere approfonditi.
Il lago di Arignano, come è noto, è un invaso collinare artificiale realizzato verso la metà del secolo scorso dai signori del luogo a scopo prevalentemente ricreativo e per azionare un mulino.
L'invaso è stato ottenuto sbarrando il rio Cremera con una diga in terra dotata di scarico di superficie per consentire lo sfioro delle piene.
L'intero complesso delle opere (terreno su cui si estende il lago opere di sbarramento, opere di derivazione, ecc.) è sempre stato ed è ancora di proprietà privata. Soltanto l'acqua del torrente Cremera è iscritta nell'elenco delle acque pubbliche della provincia di Torino. Non esiste inoltre alcuna concessione per l'uso dell'acqua.
Come è a conoscenza dei Consiglieri interroganti, la Amministrazione comunale di Arignano pone particolarmente l'accento sul fatto che il lago permetteva di irrigare alcune centinaia di ettari di prati nei Comuni di Arignano, Riva e Chieri, specialmente durante i periodi di siccità.
Parrebbe invece, ad una prima analisi del problema, che l'invaso collinare del Lago di Arignano non abbia particolare rilevanza ai fini del contenimento delle acque di carattere torrenziale che defluiscono dalle colline circostanti.
Lo svaso del lago è avvenuto a seguito della precaria stabilità della diga di sbarramento, il cui ripristino la ditta proprietaria sembra ritenere insostenibile.
In linea di prima indicazione di intervento si ritiene che la Regione possa assumere le seguenti iniziative: promuovere il vincolo paesaggistico sulla base della legge 29/6/1939 n. 1497. Ciò al fine di mantenere fede alla segnalazione inviata alla Commissione Senatoriale per i problemi ambientali, alla quale l'area interessata dal lago era stata indicata come zona umida da salvaguardare per i suoi caratteri naturalistici, vegetazionali e faunistici promuovere la costituzione di un consorzio irriguo per il miglioramento fondiario dei terreni irrigabili con la regolazione stagionale delle acque del lago.
Una volta costituito il consorzio, questi potrà inoltrare domanda di concessione dell'acqua ad uso irriguo, ai sensi del T.U. di legge n. 1775.
L'articolo 33 dello stesso T.U. stabilisce le eventuali modalità di esproprio dei terreni interessati dall'opera di presa, che in questo caso coincidono appunto con il lago.
L'eventuale contributo finanziario della Regione potrà aver luogo sulla base della legge 27/10/1966 n. 910 o della legge regionale 26/4/1973 n. 6.
Per una approfondita valutazione, delle più opportune iniziative, sto concordando per la prossima settimana una riunione tra i Comuni interessati (Arignano, Riva e Chieri), questo Assessorato e l'Assessorato all'Agricoltura, la sezione statale del Genio Civile per le opere idrauliche e le dighe e la Sovraintendenza ai Monumenti.
Spero anche di avere, entro la fine del mese, un incontro con la società proprietaria dell'area interessata dal lago.
Mi impegno pertanto a tenere informati i Consiglieri interroganti ed eventualmente riferire ancora in Consiglio sugli sviluppi dell'azione per ridare vita al Lago di Arignano, assicurando che finora nulla è compromesso in tal senso.



GILETTA Giuseppe Chiaffredo

Mi dichiaro soddisfatto della risposta.


Argomento:

Comunicazioni del Presidente


PRESIDENTE

Passiamo alle comunicazioni del Presidente.


Argomento:

a) Congedi


PRESIDENTE

Sono in congedo i Consiglieri: Calleri, Giovana, Lo Turco, Soldano Minucci, Nesi, Calsolaro.


Argomento:

b) Apposizione visto del Commissario del Governo


PRESIDENTE

Apposizione visto Commissario del Governo alla legge regionale 10.10.1974 "Rendiconto generale della Regione Piemonte per l'esercizio finanziario 1972".


Argomento:

c) Progetto di legge. Presentazione e assegnazione a Commissione


PRESIDENTE

Presentazione e assegnazione proposte di legge: n. 213 "Abolizione dei diritti esclusivi di pesca nelle acque piemontesi del Lago Maggiore" presentata dai Consiglieri Bono, Ferraris Raschio, Sanlorenzo, in data 12 novembre 1974 ed assegnata alla VII Commissione


Argomento:

d) Risposta scritta ad interrogazione


PRESIDENTE

Risposta scritta ad interrogazione dei Consiglieri Nesi, Calsolaro, da parte dell'Assessore Gandolfi.


Argomento: Problemi del lavoro e della occupazione

e) Situazione alla Gazzetta del Popolo


PRESIDENTE

Invitato dai lavoratori del quotidiano "Gazzetta del Popolo", sabato 9 novembre ho preso parte a un'assemblea aperta ai giornalisti e poligrafici alla quale sono intervenuti, fra gli altri, il segretario della Federazione nazionale della stampa Ceschia ed il segretario nazionale della Federazione unitaria poligrafici Arcese.
Nel corso della riunione, che ha fatto seguito ad un incontro delle organizzazioni sindacali regionali presso l'Associazione Stampa Subalpina è stato fatto il punto sulla situazione attuale del giornale dopo tre mesi di autogestione e sulle prospettive future di soluzione del problema.
Gli intervenuti hanno tutti sottolineato il significato dell'azione condotta dalle maestranze della Gazzetta, per un'informazione democratica e per la pluralità delle voci giornalistiche della Regione.
Ho personalmente assicurato ai lavoratori che avrei riferito al Consiglio Regionale circa la riunione di sabato e mi sono impegnato accogliendo una precisa richiesta di giornalisti e poligrafici, a portare all'attenzione dei Capigruppo la proposta di un nuovo dibattito consiliare sul problema della "Gazzetta del Popolo".


Argomento: Varie

f) Attentato a Savona


PRESIDENTE

Rileviamo in questi giorni che una città, Savona, è stata scelta dalle forze eversive per una colossale provocazione. E' una nuova strategia della tensione e del terrore portata innanzi dalle trame nere e fasciste.
Non vi sono parole che possano esprimere il nostro sdegno, ma arche la nostra terribile volontà di lotta contro l'eversione fascista che vuole mettere in ginocchio e il Paese e tutte le forze popolari. Rileviamo che la strategia della tensione, che aveva in questi ultimi anni colpito centri diversi (Milano, Brescia, Bologna, Roma, Napoli) oggi invece ha incentrato attraverso legami certo di natura internazionale come in questi giorni tutti i quotidiani hanno rilevato, ha incentrato la sua azione contro una sola città, onde creare il terrore e la tensione e direi la liquidazione di tutte le attività economiche attraverso la paura che tutti i cittadini savonesi hanno. Savona è già stata oggetto di cinque attentati, l'ultimo è di ieri sera che per fortuna non ha fatto vittime, vi sono però otto o nove feriti, di cui due pare abbastanza gravi.
Oggi esprimeremo al Sindaco di Savona, come Consiglio Regionale del Piemonte, al Presidente del Consiglio Regionale della Liguria, la solidarietà di tutte le forze democratiche piemontesi e l'impegno di contribuire, a mezzo della nostra opera, affinché tutte le azioni portate innanzi dalle trame nere abbiano a cessare.
Qualcuno desidera intervenire? La parola al Consigliere Besate.



BESATE Piero

Desidero esprimere il consenso del nostro Gruppo all'impegno del Presidente del Consiglio in relazione alla vicenda della "Gazzetta del Popolo".


Argomento: Norme generali sull'agricoltura

Esame mozione dei Consiglieri Berti, Ferraris, Marchesotti sulle norme di attuazione degli interventi in agricoltura


PRESIDENTE

Se il Consiglio non ha nulla in contrario, procederei con la mozione presentata dai Consiglieri Berti, Ferraris e Marchesotti.
La mozione dice: "Il Consiglio Regionale del Piemonte, preso atto del profondo malcontento suscitato nei coltivatori dalle norme di attuazione degli interventi in agricoltura e foreste per il 1974 predisposto dall'Assessorato Regionale all'agricoltura considerato che alcune disposizioni oltre a configurarsi come vere e proprie norme regolamentari, costituiscono in ogni caso una palese violazione dello spirito e della lettera della legislazione regionale e nazionale per il settore agricolo impegna la Giunta ad espungere da tali norme ogni disposizione di tipo regolamentare in quanto di stretta appartenenza alla sfera delle competenze proprie del Consiglio Regionale ed a rivedere in collaborazione con la competente Commissione consiliare, tutte le disposizioni che con riferimento alle dimensioni aziendali ed ai limiti di spesa escludono praticamente la stragrande maggioranza delle piccole aziende dalla possibilità di fruire, o di fruire in misura utile e conveniente delle provvidenze della Regione a favore dell'agricoltura regionale".
Darei ora la parola, per l'illustrazione della mozione, al Consigliere Ferraris.
Mi perviene in questo momento una richiesta: "Il Consiglio di fabbrica della Vignale di Grugliasco ed i rappresentanti sindacali chiedono un incontro con i Capigruppo consiliari da effettuarsi nel corso della seduta odierna del Consiglio Regionale per discutere i problemi inerenti alla chiusura della fabbrica".



SANLORENZO Dino

Si sta svolgendo in questo momento.



PRESIDENTE

Prendo atto che già si lavora in quella direzione.
La parola al Consigliere Ferraris per l'illustrazione della mozione.



FERRARIS Bruno

Signor Presidente del Consiglio, Signor Presidente della Giunta colleghi, la discussione che faremo si riallaccia agli argomenti che sono stati sollevati nella prima interpellanza in modo assai più grave ed incisivo e a grosse questioni di sostanza.
Noi abbiamo presentato questa mozione subito dopo che l'Assessore ha fatto pervenire ai Capigruppo il testo definitivo delle "Norme per l'attuazione degli interventi in agricoltura", per fare rilevare la situazione di malcontento che si è andata sviluppando (essendo questo il terzo testo, già note erano le disposizioni che venivano da parte dell'Assessore nel corso delle consultazioni) e per sollevare, di fronte al Consiglio, questioni di legittimità. Ma dopo una più attenta lettura di questo malloppo o zibaldone, se così lo vogliamo chiamare, ci siamo resi conto che il testo della nostra mozione non esprime adeguatamente la severità della censura che queste norme di attuazione comportano per quanto riguarda questioni di diritto, di legittimità, di competenze del Consiglio così come un più articolato contatto con le categorie interessate ci ha permesso di meglio accertare tutta la gravità del merito, consentendoci di affermare che se queste norme venissero applicate rigidamente, si potrebbe ipotizzare che il 50% delle aziende contadine della Regione Piemonte sarebbero tagliate fuori, emarginate, escluse da ogni intervento previsto nelle tre leggi fondamentali che abbiamo recentemente approvato, almeno per quanto riguarda gli interventi a favore delle strutture aziendali. Questo capiterebbe nell'astigiano, nell'albese, nell'alessandrino, ma credo anche nel vercellese e nelle altre province, dove in genere le aziende hanno dimensioni più ampie, ma quelle dei coltivatori diretti restano di dimensioni tali per cui si verificherebbe la situazione che ora ho denunciata.
E il marchingegno escogitato è stato semplice quanto illegittimo naturalmente, per produrre questo risultato: in queste norme si è stabilito che l'azienda - ad onta di tutti i discorsi sul coltivatore che quando fa comodo, come per l'albo, lo si contrappone all'azienda, - per fruire delle provvidenze delle nostre leggi deve comportare il pieno impiego di unità 1,5 di una persona e mezzo, per cui un coltivatore con la moglie sarta, o maglierista, o impegnata in altre attività, o con un figlio studente non può fruire delle provvidenze per i miglioramenti aziendali. Di conseguenza questa azienda a sua volta comporta un carico di almeno 430 giornate lavorative calcolate sulla base del sistema ettaro-coltura. Naturalmente si sono stabilite alcune eccezioni: una riguarda le aziende ubicate in montagna ove si prevedono 280 giornate lavorative, che è quanto compete grosso modo ad una unità lavorativa, l'altra opera se il titolare ha meno di 45 anni ed abbia dei figli giovani che si impegnino per iscritto a coltivare la terra per almeno dieci anni. Siamo tornati ai servi della gleba.
Le tabelle per coltura poi, fabbricate per l'occasione, sono assai diverse da quelle che conoscevo io quando facevo il sindacalista agricolo.
E' vero, da allora ad oggi le cose sono cambiate, è venuta avanti la meccanizzazione, si è ridotta la fatica dell'uomo, si sono ridotti anche i tempi di coltivazione, soprattutto nelle grandi aziende, meno nelle piccole e meno ancora in quelle di collina. Sta di fatto che per raggiungere queste 430 fatidiche giornate lavorative al limite non bastano venti ettari di riso (e chiedo conferma a Franzi) o di terra coltivata a mais, a frumento o a foraggiere avendo lor signori calcolato che per coltivare un ettaro a riso, a mais, a foraggio ecc. occorrono solo venti giornate lavorative. A questa stregua resterebbe esclusa ad esempio un'azienda di 10/12 ettari a foraggiere e con un carico di 50 capi di bestiame da ingrasso, avendo calcolato che per ogni capo ci vogliono tre giornate lavorative. Ma rischiano la esclusione le aziende da 4/5 ettari dell'astigiano dell'albese, dell'ovadese, le aziende collinari se avessero la sventura di avere meno di due ettari di vigneti (e sono molte) nell'ovadese, ma anche nell'astigiano. E così via seguitando.
Direi che siamo nel campo dell'astrazione o addirittura della vera follia, a meno che - e questa è un'ipotesi più probabile - si sia fatta una scelta cosciente, politica, di dar corpo a un certo discorso, discutibile sulle dimensioni aziendali, alle direttive di prefigurare la normativa che dovrà venire con le direttive comunitarie e via dicendo. A questo punto occorreva affrontare una discussione in sede di Consiglio, fare questa scelta e assumersene tutte le responsabilità e non inserirla surrettiziamente e illegittimamente attraverso una norma di attuazione.
Altra eccezione è quella che prevede il figlio che si impegna come servo della gleba, ma quando il titolare abbia meno di 45 anni. Ebbene anche quando si è stabilita una norma di questo tipo non si è tenuto conto dell'età media della gente, così come non si è tenuto conto di tutti i dati che pure conosciamo: che l'azienda coltivatrice diretta in Piemonte è di 5,18 ettari, che a Torino scende già a 4,80, che in collina (sempre a Torino è di 3,47, ad Asti è solo di 3,64, a Vercelli di 6,62, in collina nel Vercellese e nel Biellese di 3,39, a Novara 4,74 e in collina scende a 2,62). Le medie si sa, sono medie, ma questa è la media fra le aziende a conduzione diretta stando al censimento del 1971.
In ogni caso, a parte le statistiche, è possibile illustrare qui seduta stante, una serie di casi che dimostrano come la maggior parte delle aziende a conduzione diretta e soprattutto di quelle collinari, rischiano se queste norme saranno applicate, che si verifichi la situazione che ho prima denunciato.
Sul piano del merito ci sono altre osservazioni da fare, sempre in relazione a meccanismi introdotti per comprimere, per escludere, per ridurre l'intervento a favore delle piccole aziende, quale il limite di spesa per gli interventi fondiari, cinque milioni consentiti per la casa che viene finanziata soltanto per vani 1,25 per attivo o persona a carico per cui due giovani sposi dovrebbero avere il finanziamento per una casa di due vani e mezzo.
Non dico nulla per quanto riguarda la complessità delle pratiche, della documentazione, la duplicazione e certificazione dei documenti, montagne di carta, queste cose non rientrano nel discorso della illegittimità indubbiamente però qui ha operato il solito ufficio "complicazione cose semplici" ed ecco i risultati.
Sul piano della legittimità, invece, pur non essendo io un esperto in materia, e senza volermi impancare a impartire lezioni ad alcuno, credo di poter dire che dal complesso di questa circolare-fiume, o di questo zibaldone, balza subito all'evidenza che non poche fra le norme contenute esulano completamente dalla competenza dell'Assessore, del Presidente, o della Giunta (ma credo che questo atto sia un atto dell'Assessore firmato dal Presidente, neppure un atto della Giunta) per investire le competenze del Consiglio Regionale, e non solo competenze regolamentari, come è stato riconosciuto, almeno parlando con me, da diversi Colleghi, ma competenze legislative vere e proprie. Ecco perché dicevo, in senso autocritico, che il testo scritto della mozione è inadeguato ad esprimere la gravità della censura che queste norme meritano da parte del nostro Consiglio.
Ad esempio, la norma che si trova a pag. 4, e sulla quale ho già tanto insistito, quella cioè che recita testualmente: "L'azienda singola che viene presa in considerazione, deve richiedere almeno 1,5 unità lavorative calcolate sulla base di 2300 ore annue pari a giornate lavorative 430", non solo non trova alcun supporto giuridico nelle leggi regionali n. 17, 18 e 19, ma contrasta con la lettera e con lo spirito dell'art. 2 della legge n.
17, che recita testualmente: "Ai fini della presente legge, è considerato imprenditore agricolo chi esercita professionalmente l'agricoltura impegnando la propria attività in modo prevalente nell'azienda agricola che conduce".
Siamo qui in presenza, dunque, di una norma che va oltre la stessa potestà regolamentare, che, tra l'altro, è competenza propria del Consiglio, per cui, quindi, nemmeno il Consiglio poteva stabilire qualcosa del genere; siamo in presenza di una vera integrazione, o modificazione della norma di legge.
La stessa cosa, in termini di legittimità, vale per quanto riguarda l'obbligo imposto al giovane coltivatore diretto di impegnarsi a coltivare l'azienda per almeno dieci anni, pena la restituzione delle somme percepite. In base a quali norme di legge? La legge stabilisce che le strutture devono restare vincolate per almeno dieci anni ad una destinazione agricola, e non il coltivatore diretto. Se si riteneva di dover introdurre una norma di questo genere, occorreva farlo nella legge e assumersene tutte le responsabilità. Naturalmente, l'avreste approvata voi ma non noi.
Non includo in questo contesto i limiti di spesa, rientrando ciò, più che nel discorso di legittimità, in quello di merito, ma anche qui vi sarebbe di che riflettere, almeno per i modi e la forma in cui si è pervenuti a queste determinazioni. Ma includo certamente, fra le integrazioni alle leggi, la norma contenuta a pag. 8, per esempio, al punto 14, in merito ai ricorsi, relativo alla costituzione di una Commissione consultiva per l'esame dei ricorsi. E lo faccio proprio perché in merito ci fu una nostra proposta, avanzata in Commissione e in Consiglio, di istituire una Commissione, come si è accettato di fare nel caso di tutte o quasi le leggi (quella per l'artigianato, quella per il turismo), già varate è in un programma nel testo della Giunta per quella che si sta per varare sul commercio. Dopo aver respinto tale proposta, ora costituite la Commissione. Dovrei rendervene merito? No, tanto più che capisco benissimo perché avete agito così: volevate fare la Commissione a vostro piacimento includendovi chi sceglievate voi. E non mi si venga a raccontare per l'ennesima volta la storia che è stata inclusa anche l'Alleanza dei contadini: è esclusa, ad esempio, la Cooperazione, nonostante rimostranze vivaci. Ma lasciamo stare chi è incluso e ehi è escluso: era giusto che la Commissione fosse costituita, e prendo atto che vi siete resi conto anche voi che era giusto costituirla; però si doveva farlo attraverso la legge.
Altrettanto va detto per quanto concerne la costituzione di una Commissione tecnica in ogni provincia - anche per questo vi era stata una nostra richiesta - presso l'Ispettorato agrario per il coordinamento degli interventi nel settore della zootecnia (pag. 25), non prevista dalle leggi regionali approvate. La ritengo utilissima, necessaria, ma proprio per il fatto che si avvale di presenze esterne all'Amministrazione regionale esula dalla sfera interorganica o di organizzazione interna dei vari uffici dell'Assessorato e della Regione e pertanto non è legittima la sua costituzione attraverso una semplice norma di attuazione di una o più leggi regionali, senza il minimo supporto o aggancio alle leggi in questione.
Ma ci sono altre perle. A pag. 74 si stabiliscono due pesi e due misure per quanto concerne la base sociale delle cooperative. Può essere anche una scelta giusta, o una scelta obbligata, e quindi il meno peggio; ma una decisione di tale importanza, che avrebbe potuto, anzi dovuto, essere presa dal Consiglio Regionale, se si fosse discussa, come noi avevamo proposto, a luglio la legge sulla cooperazione, non può essere adottata dall'Assessore né dal Presidente. Se si fa riferimento alla cooperazione, non ci si deve discostare dalle leggi nazionali. Quando si vuole modificare, nel senso che noi possiamo dare alle cooperative le regole e la legge nazionale, noi possiamo decidere di finanziare questo o quell'altro fatto in un certo modo, allora lo decidiamo. C'era l'occasione per farlo, ma non si è voluto farlo. Non si può avere la botte piena e la moglie ubriaca. Non eravate disposti in luglio a discutere la legge sulla cooperazione: vi eravate per impegnati a discuterla subito alla ripresa dopo i mesi estivi; siamo ormai a fine novembre, e questa proposta di legge in Commissione non arriva ancora. Ma si è pensato di provvedere in anticipo: ciò è illegale, è inaccettabile, è una prevaricazione nei confronti del potere legislativo.
Lo stesso discorso si deve fare, anche se la questione rientra nelle cose ancora da chiarire, per quanto concerne l'intera partita dei premi CEE per le vacche da carne, e via di seguito. Anche lì, nelle ultime battute nella discussione della legge in applicazione della legge nazionale Marcora Artioli, si è accennato a cercar di unificare il provvedimento, ad andare ad una utilizzazione coordinata. Presentai persino una proposta di legge della Regione Emilia - non perché si debba continuamente prendere ad esempio quello che fanno l'Emilia e la Toscana -, in cui il problema era affrontato contestualmente. No, non si era pronti, non si doveva fare.
Adesso ci troviamo spiattellata questa materia, e io credo che un giorno o l'altro l'Assessore definirà per conto suo, senza interpellare il Consiglio, anche i premi e le provvidenze previsti dal Regolamento CEE n.
2502 del 1974, quello che prevede un altro tipo di premi che tra l'altro dovrebbero essere integrati dallo Stato per il 10 per cento (pare però che lo Stato intenda far sostenere questo onere alle Regioni, invitandole a provvedere con i residui passivi).
E' un discorso, anche in questo caso, di merito, ma da affrontare , e soprattutto di legittimità, di competenza, di stabilire una volta per tutte chi ha potere e dovere di intervenire. Perché di questo passo, quando arriveremo alle direttive comunitarie vere e proprie, l'Assessore all'Agricoltura si sentirà autorizzato a gestirle in proprio, o a gestirle con l'accordo della Giunta.
Accenno ancora ad una perla, a pag. 88, dove si parla delle "proprietà coltivatrici". Anche a questo proposito esisteva una nostra proposta, ma l'Assessore naturalmente non era pronto a discuterla. Si è deciso di rifinanziare con 500 miliardi una delle tante leggi ancora in vigore, o ancora finanziabili: la 454. Intanto, com'è noto, in questo settore opera pure la legge statale 817 n. 119 del 1971, che ancor prima che venissero emanati i decreti delegati consentiva alla Regione di stabilire sue proprie normative, criteri per la utilizzazione.
In merito i Colleghi ricorderanno anche un aspro scontro avvenuto allora fra chi parla e l'Assessore in carica, Franzi, scontro che si concluse poi con un accordo in Consiglio e in Commissione e con una circolare emessa appunto, dopo essere stata discussa in Commissione dall'Assessore Franzi, che veniva a prendere in considerazione e a mitigare i criteri precedenti del Ministero dell'Agricoltura, accogliendo quella che era una istanza di tutte le componenti della VI Commissione. In questo malloppo troviamo annullata quella circolare e troviamo un altro criterio inserito da parte dell'Assessore.
A questo punto, caro Chiabrando, a parte se qui è questione di legittimità o meno, in quanto si tratta nell'uno e nell'altro caso di circolari, di norme di attuazione - per noi è una di quelle questioni su cui deve intervenire il potere regolamentare del Consiglio -, ci voleva almeno indubbiamente un rapporto con la Commissione diverso. Richiamandomi al lungo discorso fatto dal mio compagno Berti in replica alla risposta del Presidente sulla prima interpellanza, circa un miglioramento nel comportamento di certi Assessori, nel rapporto stabilito con le Commissioni, devo osservare che quella constatazione non concerne l'Assessore Chiabrando, il quale preferisce discutere diversamente, non con la Commissione, questi problemi, arrivando persino ad annullare una decisione presa in Commissione senza chiederne il parere.
Colleghi, so perfettamente che non tutte le obiezioni che ho sollevato presentano la stessa gravità sul piano giuridico della legittimità. Certo tutti i punti delle norme sulle quali mi sono soffermato sono censurabili o sul piano del merito o sul piano della legittimità: alcuni sono censurabili per aperta violazione dello spirito e della lettera delle leggi approvate, o quanto meno quali integrazioni o interpretazioni, meglio riduttive, restrittive, intese a restringere, come ho già detto, il numero dei soggetti beneficiari, cioè ad escludere una parte dei beneficiari altri sono censurabili in quanto si configurano come vere e proprie integrazioni rispetto ai testi delle leggi emanate dal Consiglio; altri ancora, a mio parere, rappresentano un atto legislativo e sono sostitutivi di atti legislativi del Consiglio. Con riferimento ai primi due punti senza essere un avvocato, e quindi, meno che meno un giurista, credo di poter affermare che la dottrina e la giurisprudenza correnti escludono in modo tassativo la possibilità non solo per la Giunta ma anche per il Consiglio di emanare norme integrative di leggi regionali attraverso un atto diverso dalla legge formale.
Per questo, come ho già detto prima, il testo della mozione va riveduto, nel senso che alcune norme non solo invadono la sfera regolamentare del Consiglio, ma anche quella legislativa, e pertanto non potevano essere introdotte neppure attraverso un regolamento del Consiglio.
In secondo luogo, credo occorra chiarire una volta per tutte cosa si intende per norma di attuazione, e quindi le rispettive competenze; se si tratta di semplici e mere norme di esecuzione delle leggi regionali, nel senso che si limitano a disciplinare rapporti interorganici dell'Amministrazione regionale, ad esempio l'ordinamento e la competenza degli organi, la forma ed il procedimento per l'emanazione degli atti eccetera, non c'è dubbio che si tratta di competenze della Giunta: ma se queste norme incidono nei rapporti di soggetti estranei all'Amministrazione regionale, o, come si suol dire, hanno una efficacia esterna e non semplicemente interorganica, possono essere solo emanate dal Consiglio Regionale, in quanto, è naturale, è ovvio, in questo caso si configurano come veri e propri atti regolamentari.
Forse l'Assessore Chiabrando non ha ancora capito che, pur essendo il ministro dell'Agricoltura per la Regione Piemonte, non ha, perché la Costituzione glie lo nega, il potere regolamentare, che hanno invece i Ministri. E' una questione su cui già si è discusso, e mi spiace non sia in aula ora Bianchi, perché proprio lui si era poi incaricato di convalidare questa tesi, che del resto è palese, emerge, se non sbaglio, dall'art. 121 della Costituzione, ripreso dall'art. 16, lettera e, dello Statuto regionale. Anzi, vi è di più: la Giunta non solo (almeno, secondo la giurisprudenza di massima che va per la maggiore) non dispone costituzionalmente del potere di emanare norme regolamentari esterne, ma non può neppure essere delegata all'esercizio di questo potere da parte del Consiglio Regionale.
Per concludere, mi pare di aver dimostrato che le norme contenute in questo zibaldone sono censurabili, sia là dove si configurano norme integrative, o esecutive esterna, e più che mai in quelle parti che configurano veri e propri atti legislativi. Pertanto, noi chiediamo che il Consiglio Regionale, a tutela delle proprie prerogative, censuri tutte le parti censurabili e si pronunci per la cancellazione di queste parti dal testo e quindi per il suo ritiro dalla circolazione, e impegni la Giunta a provvedere alla emissione di una nuova edizione, che sarebbe poi la quarta riveduta e corretta, e infine, se lo ravvisasse necessario, chieda che siano sottoposte al suo voto quelle parti che si configurano come norme regolamentari e che si ritengono utili ed indispensabili.
Vorrei ancora rilevare l'assurdità della situazione - che interessa probabilmente il Commissario di Governo - per cui il regolamento, se l'avesse fatto il Consiglio, sarebbe stato sottoposto al controllo della Commissione di controllo, mentre, essendo stato preso senza deliberazione di Giunta, dall'Assessore e dal Presidente, non ha dovuto neppure essere sottoposto a quel controllo. Di qui emerge chiaramente la gravità della situazione che si è determinata.



RASCHIO Luciano

Però, un cittadino può ricorrere.



FERRARIS Bruno

Indubbiamente, e credo che i ricorsi non mancheranno.
Invito quindi il Consiglio a decidere fondamentalmente per quanto riguarda queste questioni di legittimità, ma lo invito anche a non dimenticare, sul piano del merito, l'assurdità che porta alla esclusione di migliaia, decine di migliaia, di piccole aziende, spesso validissime, da ogni provvidenza strutturale, per l'abitazione, ad esempio, sia in collina sia in pianura, o per altre strutture fondiarie, ed altre questioni del genere. Insomma, si tratta di riportare queste norme di attuazione nel loro ambito, si tratta di non consentire ad alcuno di stravolgere lo spirito e la lettera delle leggi che abbiamo qui approvato.



PRESIDENTE

Parlerà ora l'Assessore, come concordato: seguiranno gli interventi dei Consiglieri Gerini, Franzi, Menozzi, e di altri Consiglieri che ancora volessero iscriversi; quindi replicherà, se lo riterrà necessario l'Assessore.
La parola, dunque, all'Assessore Chiabrando.



CHIABRANDO Mauro, Assessore all'agricoltura

Era prevedibile che il voluminoso fascicolo emanato per l'attuazione delle leggi sull'agricoltura desse motivo a rilievi e critiche, anche perché è indubbiamente un documento piuttosto innovativo sul piano procedurale.
Dico subito che abbiamo fato male, probabilmente, ad intitolarlo: "Norme di attuazione": sarebbe stato più esatto parlare invece di "Istruzione agli uffici", visto che lo scopo non era di dettare norme nuove, e certamente non in contrasto con le leggi che il Consiglio Regionale ha approvato o con le leggi statali che abbiamo richiamato, ma unicamente di dare istruzioni a tutti gli uffici dell'Agricoltura periferici in rapporto ai tempi, alle procedure accelerate, a semplificazioni anche procedurali per una corretta, uniforme applicazione di queste leggi da parte degli uffici, fissando loro un metro di misura comune per valutare le varie situazioni nelle varie province, ad eliminare l'inconveniente per cui ogni ufficio provinciale aveva una certa autonomia ed usava sovente un suo metro particolare. Nell'interesse stesso degli agricoltori, per ragioni di serietà di lavoro, abbiamo voluto stabilire per i nostri uffici certe scadenze entro le quali si devono fare certe cose fissare certi criteri interpretativi delle leggi per una uniforme e corretta applicazione delle leggi stesse.
Secondo il Collega Ferraris, abbiamo interpretato le leggi in modo errato. Io sono pronto a considerare attentamente le sue valutazioni: sono però convinto, e con noi lo sono tutte le persone che hanno collaborato, a livello di funzionari ed anche di organizzazioni, con noi, di non aver interpretato male lo spirito delle leggi regionali e delle leggi statali che abbiamo voluto applicare. Però, ripeto, siamo a disposizione per verificare se vi sia stata veramente qualche interpretazione errata.
Comincerei con il contestare l'affermazione fatta da Ferraris che sulla base di queste norme il 50 per cento delle aziende rimarrebbero tagliate fuori dai benefici. Mi permetto di dire che questo non è vero: ci sono indubbiamente aziende tagliate fuori...



FERRARIS Bruno

Ho parlato per larga approssimazione, non ho approfondito se si tratti proprio del 50 per cento.



CHIABRANDO Mauro, Assessore all'agricoltura

Il fatto è che non si tratta neppure dell'1 per cento.
E le aziende tagliate fuori non sono quelle cui alludeva il Consigliere Ferraris, ma sono aziende non condotte da imprenditori agricoli, che una chiara norma di legge zootecnica esclude dalle agevolazioni: mi sono stati infatti segnalati dagli uffici ricorsi da parte di questi "non imprenditori" che si vedono esclusi; non abbiamo notizie invece, per ora di esclusioni di piccoli coltivatori, di piccoli imprenditori perché non raggiungono la superficie minima occorrente. Comunque, sono prontissimo come ho già avuto modo di dire a Ferraris in separata sede, ad esaminare più approfonditamente questo punto, Intanto, preciso che, essendo queste semplici istruzioni e non norme vincolanti, la Giunta si riserva un diritto che è della Giunta, cui nessuno, né l'Assessore né il Presidente, pu sottrarlo.



FERRARIS Bruno

Sii più esplicito. Di' piuttosto che, viste le conseguenze, hai dato disposizione perché le pratiche venissero ugualmente accolte. E' questa la realtà.



CHIABRANDO Mauro, Assessore all'agricoltura

Niente affatto. Fin dall'inizio ho pregato gli uffici, al fine di acquisire notizie per la Giunta e per il Consiglio, di registrare tutte le domande che non avessero potuto essere accolte. Per adesso, però, mi risulta che queste domande sono tutte di società per azioni, di società in accomandita, di industriali e di altri tipi di proprietari di aziende che non possono beneficiare dei provvedimenti. Comunque, gli uffici stanno registrando queste aziende escluse per valutare poi l'entità delle esclusioni.
Si tratta di norme, anzi istruzioni, che non pregiudicano l'inclusione di alcuna domanda, emanate soltanto per dare una indicazione orientativa perché a pronunciarsi in merito ad ogni domanda sarà la Giunta Regionale che verificherà se l'esclusione sia legittima o no, certamente verificando in quella sede se la legge è stata interpretata correttamente o meno. Dir anzi che queste istruzioni sono più elastiche addirittura delle norme statali precedenti, in quanto, considerando l'azienda globalmente, sia con i terreni di proprietà che con quelli in affitto, noi oggi veniamo ad aiutare aziende che in passato non potevano essere aiutate in quanto non avevano superficie sufficiente. Quindi, praticamente abbiamo migliorato la situazione per gli agricoltori e i coltivatori diretti.
Fatta questa premessa, permettetemi di leggere un appunto che mi ero preparato.
Le istruzioni per l'attuazione degli interventi in favore di Agricoltura e Foreste per il 1974 sono state predisposte con la collaborazione degli uffici, dell'Assessorato all'Agricoltura e alle Foreste. Sono stati effettuati molteplici incontri a livello tecnico, con le Associazioni provinciali allevatori, l'Ordine dei Veterinari, gli Uffici tecnici delle Camere di Commercio, delle Amministrazioni provinciali nonch delle organizzazioni agricole regionali più rappresentative, nei quali è stata principalmente presa in esame la disponibilità organizzativa dei vari enti ed organizzazioni a livello provinciale per la pratica attuazione degli interventi. Infatti, per l'applicazione degli interventi in campo zootecnico sono stati incaricati l'Ordine dei Veterinari, le Associazioni provinciali allevatori, gli Uffici tecnici delle Amministrazioni provinciali (per i premi di allevamento, la fecondazione, la monticazione eccetera).
Le istruzioni rispondono al criterio dello snellimento delle procedure burocratiche al fine di una sollecita attuazione degli interventi precisando tempi di presentazione delle richieste, uffici che eseguono l'istruttoria, la modulistica, documentazione, adempimenti degli uffici e degli istituti bancari. Vengono ricordate, inoltre, le fonti legislative e finanziarie per ogni agevolazione, la figura dei beneficiari, le preferenze dei criteri previsti espressamente dalla legge.
Scopo delle istruzioni impartite è inoltre quello di assicurare una uniforme applicazione degli interventi fornendo agli Ispettorati parametri tecnici di riferimento non vincolanti, ma soltanto orientativi, pertanto non configurabili come norme regolamentari. Tutte le richieste di finanziamento che non rientrano nel limite di tali parametri, infatti, non verranno escluse automaticamente ma saranno accantonate valutando entità e tipo delle richieste non accolte.



FRANZI Piero

Ma ci sono le lettere che respingono le domande. Questa è la realtà.



CHIABRANDO Mauro, Assessore all'agricoltura

E' tutto indicato chiaramente, quando e come devono ricorrere.
Dai primi dati in possesso dell'Assessorato emerge che tra le richieste accantonate non figurano casi non accolti per limitate dimensioni aziendali ecco la conferma di quanto dicevo prima - ma esistono invece casi opposti di aziende agricole di rilevanti dimensioni condotte da chi non possiede la qualifica di imprenditore agricolo: società per azioni, immobiliari eccetera. Volendo procedere ad un esame analitico degli interventi più importanti che figurano nel programma per l'Agricoltura e le Foreste, si ricorda che in particolare la legge di intervento alla zootecnia, la n. 17 che rappresenta la parte più consistente degli interventi, è abbastanza particolareggiata, per cui sono necessarie successive norme regolamentari.
Inoltre, la legge regionale n. 19, la Marcora, è essa stessa una norma regolamentare di una norma statale, e pertanto non richiede alcuna successiva norma regolamentare. Anche per tutte le altre leggi regionali che fanno riferimento a leggi statali - la 18, per esempio - ci si limita a precisazioni procedurali in armonia con le istruzioni valevoli per le leggi regionali citate nei commi precedenti e nel rispetto delle leggi statali di riferimento, per le quali già esistono consolidate procedure di applicazione.
Infine, non risulta che l'applicazione degli interventi abbia suscitato il presunto profondo malcontento a cui il Gruppo comunista fa riferimento.
Già dai primi dati che pervengono agli uffici delle organizzazioni agricole e dagli innumerevoli e costanti contatti che l'Assessorato ha con gli operatori agricoli è emersa una situazione nel complesso soddisfacente.
Certamente, le istruzioni per l'applicazione degli interventi non sono perfette e potranno essere migliorate nel corso della pratica attuazione sulla scorta dell'esperienza e dei suggerimenti che anche i Colleghi Consiglieri regionali vorranno dare in questa e altre sedi. Desidero sottolineare ancora che, trattandosi di istruzioni non vincolanti, che pertanto non possono determinare alcun diniego...



RASCHIO Luciano

Il fatto è che si parla di "norme", non di "istruzioni", c'è una bella differenza fra i due termini.



CHIABRANDO Mauro

Assessore all'agricoltura. Badiamo alla sostanza, non tanto alla forma.
Essendo giusto quel che diceva il Consigliere Ferraris, cioè che n l'Assessore né il Presidente hanno poteri per decidere in materia, abbiamo previsto espressamente che qualsiasi ricorso, qualsiasi giudizio in deroga alle norme venga sottoposto alla Giunta Regionale: è appunto questa ripeto, la sede alla quale spetta legittimamente accertare se queste istruzioni sono giuste o meno: è in potere della Giunta accettare i ricorsi o respingerli, anche in difformità da queste istruzioni, emanate dal Presidente e pertanto non vincolanti.
Per accennare ad uno dei punti toccati dal collega Ferraris, osservo che, dal momento che la legge sulla zootecnia stabilisce che le opere devono essere destinate per dieci anni eccetera non vedo quale differenza ci sia fra questa disposizione e il fissare in dieci anni il periodo di tempo durante il quale il richiedente dovrà operare in agricoltura, come abbiamo scritto. Se colui che chiede danaro per realizzare una casa dopo un anno l'abbandona, praticamente la casa cambia destinazione.
Comunque, al di là delle valutazioni che ognuno di noi può dare, è certo che in queste norme abbiamo contemplato una serie molto complessa di casi e di dati. La complessità dipende dal fatto che, come Ferraris sa bene, era necessario coordinare le varie leggi esistenti in materia uniformarle, per semplificare una buona volta un lavoro difficilissimo da eseguire da parte degli uffici. Ci si è adoperati, insomma, per creare interpretando nel modo giusto le leggi regionali e le leggi statali, una linea uniforme di condotta di attuazione, ad evitare di trovarci di fronte a difficoltà enormi nella realizzazione di questi interventi.
Concludo ripetendo e sottolineando per l'ennesima volta che queste sono semplicemente istruzioni, suscettibili di qualsiasi modifica e di qualsiasi diversa interpretazione, e dichiarandomi a completa disposizione per accertare quali casi in concreto, sulla base delle istruzioni, vengono ad essere esclusi dal diritto alle agevolazioni che secondo qualcuno la legge di per se stessa riconoscerebbe loro.



PRESIDENTE

Ha chiesto di parlare il Consigliere Gerini. Ne ha facoltà.



GERINI Armando

Mi permetta, signor Presidente, di muoverle un piccolo appunto. A me sembra che sarebbe stato più logico, onde evitare di snaturare il dibattito, che l'intervento dell'Assessore venisse collocato al termine degli interventi delle varie forze politiche che partecipano alla discussione. Per via del metodo seguito oggi, mi troverò infatti a svolgere considerazioni alle quali implicitamente l'Assessore ha già risposto, e penso che in situazione analoga si troveranno i colleghi Menozzi e Franzi essi pure iscritti a parlare in argomento.



PRESIDENTE

Scusi, Consigliere Gerini, ma all'inizio della seduta - forse lei non era in aula e non ha potuto dichiararsi su tale proposta. - si è concordato di seguire questo metodo di lavoro: l'Assessore avrebbe risposto alle osservazioni fatte dai presentatori, della mozione, dopo di che si sarebbe aperto il dibattito, con riserva del diritto di replica per l'Assessore e per uno dei presentatori della mozione.
Prosegua pure il suo intervento.



GERINI Armando

Ad ogni modo, le norme, o istruzioni, se così si preferisce chiamarle per la valutazione delle aziende agricole sulla base di giornate lavorative convenzionali rispetto alle colture e agli allevamenti, era preferibile venissero fissate dall'Assessorato previo parere della competente Commissione consiliare, come è già stato rilevato poc'anzi.
Infatti, la tabella ettaro-coltura contenuta a pag. 4 delle "Norme per l'attuazione degli interventi in agricoltura" è a mio parere, talmente tassativa da poter violare lo spirito delle ultime leggi regionali approvate che, per la loro provvisorietà (infatti, la legge sulla zootecnia ha la durata di tre anni) sono state emanate con spirito ben diverso. Lo stesso potrebbe dirsi per i limiti di spesa fissati e per il prezzario, di cui nulla è dato conoscere al Consiglio o alla Commissione competente.
Ho riscontrato poi, che l'azienda minima finanziabile nei territori montani è ridotta in modo sproporzionato rispetto ai territori collinari di cui non si fa cenno, e si dovrebbe quindi presumere che essi siano considerati alla stessa stregua dei territori di pianura. Ciò sarebbe in contrasto con lo spirito della legge, che voleva vedere privilegiate sì le zone montane ma anche quelle collinari.
Sulla base di una mia limitata indagine personale, fatta assumendo informazioni presso un Ispettorato provinciale agrario, il cui territorio è sito in prevalenza in zona collinare, dovrei dedurre, obiettivamente, che in rapporto alla legge n. 18 del luglio scorso, su circa 350 pratiche impostate a mutuo, circa 290 andrebbero a buon fine. Il rigetto per insufficienza di unità lavorative riguarderebbe il 7% (circa 20 domande) mentre il 9% sarebbero le domande (circa 25) per aziende condotte da persone non aventi la qualifica di imprenditore agricolo, e il 6% (6 domande) per aziende le cui opere sono risultate o irrazionali o già eseguite in precedenza. Non ho notizie di altre zone, anche perché non mi sono state ancora date.
E' vero che il malcontento non è così profondo come si configura nella mozione e non sembra corrispondere alla realtà che la stragrande maggioranza delle piccole aziende non potrebbe fruire delle provvidenze legislative. Tutto ciò vuol dire, però, probabilmente, che si è stati larghi di manica.



FERRARIS Bruno

Grazie all'adozione del sistema dell'affitto.



GERINI Armando

Se così fosse, le norme, o istruzioni, come le chiama Chiabrando sarebbero disattese, in quanto, stando alla tabella ettaro-coltura, gli esclusi dai benefici dovrebbero essere molti, specialmente fra gli agricoltori che conducono, per esempio, vigneti o colture ortofrutticole intensive. Infatti, mi è stato detto che per le domande respinte è stata aperta un'altra pratica, un'altra scheda, differente dalla prima. Allora, o si opera con manica larga, o con manica stretta, senza via di mezzo.



MARCHESOTTI Domenico

Ma sarà poi proprio questione di manica, o di altro?



GERINI Armando

Ne deriva che queste norme potrebbero essere, pro bono pacis - l'ha già anticipato poco fa l'Assessore Chiabrando, ed è proprio questa anticipazione che mi ha indotto a muovere quel rilievo sulla opportunità di dare la parola a lui prima che ai Consiglieri - rivedute e magari migliorate con l'accordo fra l'Esecutivo e il Consiglio, anche perché le responsabilità, diciamocelo pure, vengano equamente distribuite. In genere le direttive che accompagnano una legge tendono a rendere meno rigida, più largamente applicabile, la legge stessa. In questo caso si direbbe che esse siano di carattere restrittivo rispetto alla legge stessa, il che non è ammissibile.
Ho avuto modo ancora di capire che un gran numero di domande per miglioramenti fondiari sono dirette a conseguire benefici per miglioramento di case di abitazione, mentre in numero proporzionalmente più basso risultano le domande, per esempio, per la costruzione e il miglioramento di stalle.
Concludo esprimendo la convinzione che sarà bene procedere alla definizione delle varie leggi pendenti presso il Consiglio che mirano ai miglioramenti fondiari ed alle case di abitazione. In questo senso ricordo all'Assessore che esiste anche una risposta di legge del mio Gruppo.



PRESIDENTE

Ha chiesto di parlare il Consigliere Franzi. Ne ha facoltà.



FRANZI Piero

Signor Presidente, colleghi, la mozione che il Consiglio è chiamato ad esaminare pone alla nostra attenzione essenzialmente due questioni, la prima di ordine tecnico, la seconda di ordine giuridico. Vedrò di soffermarmi ad esaminarle separatamente, dichiarando già in premessa che considero maggiormente meritevole di attenzione quella relativa agli aspetti tecnici, perché interessano direttamente i produttori agricoli piuttosto che non quella relativa agli aspetti giuridici, che riguarda una sottigliezza di ordine formale sulle competenze dell'Esecutivo.
Le "Norme per l'attuazione degli interventi in agricoltura per l'anno 1974" emanate dalla Giunta, se nella loro impostazione globale possono rispondere alle esigenze di coordinare alle leggi statali quelle regionali introducono però principi che, oltre a non essere previsti da alcuna legge né statale né regionale, possono anche tornare di danno agli stessi produttori agricoli.
Vediamo singolarmente i punti più opinabili, quelli che a mio parere richiedono una sollecita correzione.
Valutazione dell'azienda. L'indicazione di un limite minimo di unità lavorative una e mezzo per giornate lavorative 430 costituisce un elemento che crea non pochi scompensi e che merita di essere attentamente riconsiderato, anche perché non prevista da norme di legge né statali n regionali: l'unica condizione voluta dalle leggi è che il soggetto, cioè il richiedente, sia imprenditore agricolo o coltivatore diretto, a seconda dei casi. Il limite unità lavorative-giornate di lavoro crea quindi non poche difficoltà proprio per le aziende più piccole, che in più casi si vedono negati i finanziamenti previsti dalle leggi stesse.
L'Assessore Chiabrando ha dichiarato che queste domande non sono ancora state respinte, ma per la verità sono venuti da me martedì scorso dei coltivatori a portarmi a vedere le lettere dell'Ispettorato agrario con le quali si comunicava che la loro domanda non poteva essere accolta per difetto di unità lavorative. Ecco dove è già arrivato l'accertamento tecnico. Tale situazione si verifica in modo particolare in quelle zone a monocoltura intensiva (Novarese, Vercellese, Alessandrino) ove, grazie alla elevata meccanizzazione, con il numero di giornate-lavoro indicato nella circolare in parola, 430, si può coltivare una superficie almeno doppia di quella ammissibile. Con il meccanismo introdotto, basato sul rapporto fra i tre elementi unità lavorative - giornate di lavoro - ettaro-coltura vengono esclusi da ogni beneficio di legge tutti quei coltivatori diretti che coltivano fino a 21 ettari di grano, oppure di mais, oppure di riso. E se in Piemonte sarà forse difficile trovare aziende a monocoltura granicola o maisicola, le aziende a monocoltura risicola sono invece numerosissime.
Che queste siano aziende marginali non è affatto vero, perché in annate normali esse possono assicurare una produzione lorda vendibile di riso di circa 15 milioni ed un valore aggiunto di oltre 6 milioni, realizzando così quelle finalità economiche che lo stesso Assessore ha voluto indicare nelle sue premesse, cioè di permettere l'ottenimento di un reddito comparato pari a quello dei settori extra-agricoli. Sono quindi aziende efficienti, che non si possono escludere dai benefici soltanto per un errato meccanismo amministrativo. Se così fosse, bisognerebbe veramente accettare la critica che da più parti viene mossa, che con la Regione si sono peggiorate le condizioni a suo tempo assicurate dallo Stato.
Per quanto riguarda l'introduzione del limite di unità lavorative una e mezzo, proprio non so ricavarne né la ragione logica né la ragione economica, senza parlare di aspetti giuridici.
La salvaguardia, poi, introdotta nella circolare di ridurre il rapporto ad una unità lavorativa qualora fra i componenti la famiglia figuri almeno una unità agricola di età compresa fra i 18 e i 45 anni non elimina i motivi di doglianza e di critica, perché verrebbero ugualmente escluse aziende, altrettanto valide economicamente, con una produzione lorda vendibile di oltre 8 milioni e mezzo ed un valore aggiunto di circa 3 milioni e mezzo, e quindi anche in questo caso in condizioni di economia finale su livelli estremamente validi ed efficienti.
Sono perfettamente d'accordo che si debbano favorire ed aiutare gli imprenditori che possono assicurare continuità nelle aziende agricole tuttavia considero erroneo escludere in modo così ingiusto coltivatori diretti che invece, proprio secondo l'indicazione della legge, dovrebbero averne titolo prioritario, perché la legge dà carattere prioritario ai coltivatori diretti, e quelli che coltivano meno di 21 ettari sono dei coltivatori diretti. Le stesse direttive CEE non pongono alcuna indicazione circa i rapporti unità lavorative-giornate lavorative, limitandosi invece ad indicare il concetto dell'attività prevalente e del maggior reddito conseguito. Per cui si può ben dire che, anche alla luce delle norme comunitarie, le disposizioni amministrative della Regione sono quanto meno opinabili.
Altro punto di doglianza è quello del limite di spesa. L'introduzione del limite di spesa di dieci milioni in pianura ed in collina ed altrettanto in montagna lascia molto perplessi, perché può portare all'assurdo che proprio le aziende a più alta specializzazione, quindi più piccole come superficie, ma che comunque richiedono più elevati investimenti, risulterebbero le più danneggiate. In questo caso, ben modesti vantaggi, infatti, verrebbero ad avere le aziende floricole ed orticole, che devono essere attrezzate di serre riscaldate a temperatura costante (basti pensare che per mille metri di serra fissa si devono spendere oltre venti milioni). Anche le aziende frutticole non sarebbero certo molto avvantaggiate. Di contro, invece, verrebbero favorite le aziende che richiedono minori investimenti e di più ampia superficie.
Infatti, il correttivo di un milione ad ettaro incide solo a vantaggio delle aziende a più ampia dimensione, a maggior superficie.
Altra considerazione negativa è correlata al fatto che le Norme non pongono alcuna differenziazione fra aziende, nel senso che non tengono conto della reale condizione di bisogno che possono presentare le aziende stesse a seconda delle varie zone. Si chiede perciò l'abrograzione della norma, non solo perché essa può esser causa di gravi ingiustizie, ma perch non è prevista da alcuna norma di legge specifica.
Altro motivo: qualifica dei beneficiari. A questo riguardo devo purtroppo ripetere quanto già ebbi modo di dichiarare in occasione del dibattito sviluppatosi per l'approvazione delle leggi agricole regionali.
Considero quanto meno non perfetto l'accertamento della qualifica di imprenditore agricolo, così come e detto nella circolare, mediante la certificazione del sindaco oppure mediante la qualifica della iscrizione al servizio dei contributi agricoli unificati previsti dalla legge 22 novembre 1954, n. 1136 e 9 gennaio 1963 n. 9. L'art. 2 della Legge regionale 2 luglio 1974 n. 17 precisa che "è considerato imprenditore agricolo chi esercita professionalmente l'agricoltura impegnando la propria attività in modo prevalente nell'azienda agricola". Il fatto di essere iscritto negli elenchi dei contributi unificati per la mutua e la pensione costituisce solo una condizione di priorità ma non può da sé soltanto sostituire l'onere dell'accertamento della reale qualifica professionale del richiedente. E neanche la certificazione del sindaco può soddisfare l'onere dell'accertamento. E' vero che per essere iscritti nell'elenco dei contributi agricoli unificati per la mutua e la pensione si richiede la condizione dell'abitualità del lavoro nell'azienda agricola: tuttavia, tale condizione non può surrogare l'onere dell'accertamento, che compete solo e unicamente alla Regione, per accertare se l'imprenditore esercita o meno la propria attività agricola nell'azienda.
Infatti, se così non fosse, la Regione verrebbe meno ad un proprio dovere, e le sue decisioni potrebbero anche essere impugnate, che sugli elenchi dei contributi agricoli unificati siano iscritte persone che non rispondono al titolo giuridico di cui al citato art. 2 della legge 2/7/74 n. 17 è ormai cosa nota, per cui si potrebbe commettere anche l'irregolarità di erogare mezzi finanziari pubblici a soggetti senza titolo giuridico. Anche la certificazione del sindaco non può considerarsi sufficiente, non solo perché non sempre i sindaci dispongono di adeguati uffici tecnici, ma anche perché nessuna norma di legge li delega a tale tipo di accertamento. Ciò posto, chiedo pertanto l'abrogazione delle norme relative all'accertamento, richiedendo che vi provvedano, caso per caso gli uffici della Regione.
Altro motivo di doglianza riguarda le opere eccedenti. Non si giustifica la limitazione dell'investimento privato, qualora avvenga in concomitanza di quello pubblico. Tutti sostengono, e con ragione, che l'agricoltura ha sempre più bisogno di investimenti finanziari, per cui il volerli limitare costituisce quanto meno un non senso. Se vi sono imprenditori che direttamente vogliono investire in agricoltura, penso che non solo si debbano elogiare, ma anche sostenere, evidentemente nel limite di un loro possibile impegno.
Consideriamo poi la "graduatoria regionale", non meglio precisata, cui si fa riferimento in più capitoli delle norme. E' appena il caso di dichiarare il più assoluto dissenso, essenzialmente per i seguenti motivi: in primo luogo, perché non sono stati preventivamente indicati i criteri da seguire per la compilazione della graduatoria stessa; secondariamente perché non sono ancora state individuate a livello regionale le zone, o comprensori, ove si rendono più necessari singoli interventi pubblici.
Mancando una specifica indicazione di interventi, la graduatoria rimane alla esclusiva disponibilità amministrativa, e la decisione a favore di questa o di quella zona od opera può essere frutto di impressione personale senza alcun supporto di controllo. Tale normativa procedurale non pu essere accolta, perché non offre sufficienti garanzie di uguaglianza fra le diverse zone della Regione.
Ancora un punto: la documentazione. Tutti pensavano che la Regione potesse costituire il momento favorevole per sburocratizzare le procedure invece, almeno per quanto riguarda l'agricoltura, la documentazione è stata resa alquanto complicata, a tutto vantaggio dei liberi professionisti. I tecnici sindacali, ad esempio, non ritengono giustificata la richiesta della planimetria catastale dei terreni e dei fabbricati: ritengono che sarebbero sufficienti semplici certificati catastali, senza planimetrie.
Nelle zone montane, poi, evidentemente, per presentare le planimetrie sarebbe necessario presentare interi fogli.
Stalle sociali ed altra iniziative associate. Sono d'accordo sul fatto che non si pretenda tassativamente la società cooperativa. Tuttavia, mi pare logico almeno chiedere indicazioni circa il tipo societario, se società di fatto o società semplice o altro tipo di società; circa le modalità di costituzione, se con atto notarile o scrittura privata; circa la durata del vincolo sociale. La mancanza di tali precisazioni pu favorire il sorgere di società di comodo, create solo per lucrare i benefici riservati alle forme societarie e non concedibili invece ai singoli.
Premi di buon allevamento. Le norme impartite limitano il contributo ai bovini destinati all'ingrasso e alle femmine destinate alla rimonta: dovrebbero invece essere estese anche ai soggetti maschi riproduttori. Con l'introduzione del contributo di buon allevamento dei vitelli non si giustifica l'abolizione dei contributi concessi in base alle precedenti norme statali per il mantenimento dei tori capinucleo. E' opportuno in proposito chiarire che con le norme si fa riferimento alle leggi dello Stato inglobandole con le leggi regionali, per cui, avendo richiamato le norme dello Stato, parrebbe logico almeno mantenere in vigore le condizioni di maggior favore già erogate in base a quelle disposizioni di legge. Tali contributi, se non si vogliono concedere per tutte le zone, siano almeno riconosciuti per gli allevamenti di montagna.
Ho cercato di esporre in senso benevolmente critico al Presidente ed all'Assessore questi rilievi sugli aspetti di carattere tecnico che più mi hanno interessato, sull'insieme delle norme. Veniamo ora alla seconda questione, vediamo cioè se la Giunta sia incorsa in eccesso di potere nell'emanarla. E' una questione su cui i numerosi nostri colleghi avvocati avrebbero certo materia per disquisire a lungo. Oggetto di contestazione è se le norme emanate dalla Giunta siano norme giuridiche con implicanze esterne oppure se si tratti di semplice atto interno. La sostanziale differenza fra regolamento ed atto normativo, secondo me, dev'essere ricercato nella diversa sostanza giuridica, ove il regolamento, pur essendo atto amministrativo, pone in essere vere e proprie norme giuridiche, mentre l'atto normativo concretizza soltanto il pensiero dell'Amministrazione senza porre in essere un vero e proprio fatto giuridico. Tale accertamento si rivela importante per definire la competenza, perché, ove si trattasse di regolamento, ai sensi dell'art. 16 dello Statuto questa sarebbe del Consiglio Regionale.
L'Assessore Chiabrando ha già dichiarato che si tratta di semplici istruzioni, che possono essere modificate: è questa la qualificazione che ne dà la Giunta, in base alla quale l'atto formale è non da intendersi come atto regolamentatorio ma meramente interno, di istruzione. Anch'io ho ritenuto di interpretare il pensiero della Giunta in questo senso, cioè che si sia voluto unicamente chiarire, in termini diversi e più accessibili l'aspetto formale della legge, senza alcun'altra implicazione. Certo che se le norme emanate dalla Giunta vengono esaminate separatamente dal contesto legislativo, possono veramente far sorgere il dubbio che siano stati emanati nuovi indirizzi giuridici, specie là dove si fa riferimento alla capacità lavorativa. Tuttavia, penso che le norme stesse debbano essere inquadrate nella più ampia funzione o potestà legislativa della Regione ove si faccia riferimento ai limiti dei principi fondamentali stabiliti dalle leggi dello Stato e dall'art. 117 della Costituzione. Infatti, le leggi regionali, in particolare la n. 17, avendo fatto richiamo alle leggi statali n. 1136 del 1954 e n. 9 del 1963, che regolano l'iscrizione negli elenchi per la mutua e la pensione, ha implicitamente richiamato l'efficacia della legislazione relativa all'accertamento della capacità anche lavorativa attraverso il sistema induttivo dell'ettaro-coltura.
Non mi pare, quindi, che la Giunta sia andata oltre le sue competenze e credo che le norme si possano considerare semplice atto normativo, che forse sarebbe stato preferibile chiamare "circolare". In tal senso comunque l'Assessore Chiabrando ha già dato piena assicurazione. Sono tuttavia d'accordo che molte indicazioni, così come è stato dichiarato da me in premessa, meritano di essere corrette, per non danneggiare ulteriormente i produttori.
Signor Presidente, queste sono alcune delle molte eccezioni che hanno sollevato i produttori agricoli circa l'applicazione delle leggi sia regionali che statali, eccezioni che è assolutamente necessario accogliere già con effetto per il corrente anno 1974. Mi risulta che l'Assessore sta predisponendo il programma per le iniziative da prendere nel 1975. Ebbene in tale occasione sarebbe indispensabile non solo correggere la normativa 1974 ma assumere anche nuove iniziative capaci di incidere in modo maggiormente positivo in favore delle zone più disagiate: mi riferisco in particolare agli allevatori delle zone di montagna, a vantaggio dei quali bisogna ripristinare i contributi per l'acquisto del bestiame femminile, i contributi per il buon allevamento, introdurre contributi per il mantenimento in stato di efficienza di prati e pascoli, allargando il concetto della monticazione e quello dell'allevamento in zone di montagna così da premiare tutti gli allevatori di quelle zone, sia che portino il bestiame all'alpeggio sia che lo allevino in valle; ed ancora contributi per l'allevamento in montagna di ovini e caprini. Richieste in tal senso sono state avanzate da alcune comunità montane e meritano di essere accolte perché, così facendo, si interverrà a favore di zone e di popolazioni veramente bisognose di aiuto.



PRESIDENTE

Considerata l'ora - mancano pochi minuti alle 13 -, e considerata l'ampiezza che giustamente ha assunto il dibattito, proporrei di concludere i lavori della mattinata subito dopo che abbia svolto il suo intervento il Consigliere Menozzi, per riprendere la discussione alle 15.



BERTI Antonio

Vorrei però sapere che cosa si intende fare in relazione all'impegno preso nell'incontro con i lavoratori della Vignale.



OBERTO Gianni, Presidente della Giunta Regionale

Faccio presente l'esigenza di inserire subito il discorso sulla Vignale, perché alle 13 sarà qui un personaggio che viene da Roma appunto per discutere di tale questione.


Argomento: Problemi del lavoro e della occupazione

Situazione occupazionale della Vignale


PRESIDENTE

Allora, apriamo subito il discorso sulla Vignale. Consigliere Menozzi lei svolgerà il suo intervento per primo questo pomeriggio, alle 15.
Darei la parola al Consigliere Bianchi, che aveva espresso l'intenzione di dire qualcosa a proposito dell'incontro per la Vignale.



BIANCHI Adriano

Stiamo seguendo una procedura un po' insolita, ma ciò è giustificato dall'importanza e dalla natura dell'argomento. E' insolita la procedura nel senso che io avrei dovuto parlare con il Presidente della Giunta per informarlo compiutamente, mentre gli ho soltanto preannunciato che si sollecitava un certo tipo di intervento. Quanto dirò varrà contemporaneamente per il Consiglio e per il Presidente della Giunta, come informazione.
La situazione della Vignale è ad un punto di grave stallo, di cessazione di contatti costruttivi fra le parti, con la prospettiva, non accettabile, dello smantellamento dello stabilimento e quella della disoccupazione per le maestranze, che avrebbe i riflessi che sappiamo dal punto di vista umano, ma anche dal punto di vista sociale, economico generale, poiché si tratta di maestranze che svolgono un lavoro di alta qualificazione tecnica.
I rappresentanti dei lavoratori che hanno parlato questa mattina con l'Assessore Conti e con i rappresentanti dei Gruppi si collocano in una posizione estremamente responsabile e costruttiva. Com'è logico e naturale sollecitano innanzitutto la solidarietà, non generica, delle forze politiche, che è stata loro unanimemente ribadita. Nessuna critica viene mossa né all'Assessore al Lavoro né alla Giunta nel suo complesso per il modo in cui ha seguito finora questa vertenza: si riconosce che hanno fatto tutto il possibile.
Tutti sanno come ad un certo momento fosse stato raggiunto, fuori di questa sede, un tipo di accordo, come si fosse contato che i firmatari del medesimo potessero avere anche una capacità di intervento risolutiva, tale da vincolare in qualche modo l'autorità centrale. Pare che così non sia stato, e pertanto si ritiene necessario che con rinnovato vigore, con la piena consapevolezza della propria autorità, la Regione spieghi un nuovo intervento.
In sostanza, si propone che il Presidente della Giunta, da questo stesso banco, nella forma che riterrà più corretta, promuova la ripresa dei rapporti e dei contatti. I lavoratori si presentano qui non a chiedere genericamente che l'occupazione venga preservata, ma dicono: abbiamo coscienza della situazione in cui l'azienda si trova, abbiamo coscienza della situazione in cui si trova l'intero settore; ma abbiamo coscienza che, nonostante tutto questo, tenuto conto della qualità e del peso dell'imprenditore che sta dietro alla facciata e degli altri fattori che abbiamo denunciato, è possibile, se da parte del datore di lavoro c'è la volontà di farlo, attraverso una ristrutturazione dell'azienda, una riconversione della produzione - prospettive che, ancorché preoccupanti ragionevolmente accettiamo -, attraverso forme di soluzione, se necessario quali quelle adottate per la Castor, che sono conosciute dal Presidente (cioè forme di soluzione che garantiscano un periodo di passaggio, e cioè garantiscano in sostanza che il rapporto di lavoro non viene interrotto come tale e il gruppo dei lavoratori resta in una situazione di quiescenza le cui condizioni economiche sono da contrattare, da stabilire, ma non vengono quindi licenziati, non viene disperso, oltre tutto, il patrimonio che essi rappresentano) - giungere ad una ripresa e ad una normalizzazione dell'attività lavorativa.
Su questa base, e di fronte ad un atteggiamento così altamente responsabile - ci troviamo spesso invece di fronte ad atteggiamenti che denotano grande nervosismo da parte di lavoratori il cui posto di lavoro non è per nulla in discussione - di questi nostri concittadini che alla qualificazione professionale dimostrano così di unire un notevole grado di qualificazione anche sul piano, diciamo così, sociale e politico, credo che il Presidente della Giunta e la Giunta - l'Assessore ha già dichiarato il suo consenso personale su questo piano - possano fare un tentativo, sapendo di avere il pieno appoggio, anzi, la sollecitazione, di tutti i Gruppi politici, e richiamare ad una ripresa del confronto e del colloquio la dirigenza dell'azienda su un piano collaborativo e di responsabilità. Sono convinto che di fronte ad una impostazione di questo genere- sarà difficile a chiunque rispondere semplicemente: la cosa è passata agli atti, è superata, abbiamo ormai preso decisioni diverse.



PRESIDENTE

Qualcun altro desidera parlare? Il Consigliere Berti. Ne ha facoltà.



BERTI Antonio

Non ho nulla da aggiungere a quanto detto dal Capogruppo democristiano.
Insieme abbiamo rinnovato con i lavoratori della Vignale il discorso che in questa assemblea si era già svolto quindici-venti giorni fa.
Mi limiterò a sottolineare che i lavoratori ed anche la Regione hanno bisogno che problemi di questo tipo non vengano posti nel modo in cui sono stati posti. I lavoratori si rendono ben conto che la Regione non ha la bacchetta magica, ma hanno bisogno di sentirci dire che noi respingiamo il provvedimento di chiusura della fabbrica, che a questa soluzione estrema contrapponiamo una proposta ragionevole, quella esposta or ora dal Consigliere Bianchi, alla quale io mi associo e che pertanto deve essere riassunta, noi pensiamo, in una dichiarazione di impegno del Presidente della Giunta. In questo modo essi sapranno che non sono soli a condurre la loro battaglia, che è una battaglia drammatica perché essi lottano per lavorare, chiedono soltanto di lavorare.
Chiedo pertanto al Presidente della Giunta di voler fare, a nome di tutto il Consiglio, questa dichiarazione di assunzione di responsabilità.



PRESIDENTE

La parola al Presidente della Giunta.



OBERTO Gianni, Presidente della Giunta Regionale

Dovrei rifarmi a quanto, se la memoria non mi tradisce, dissi in occasione di una seduta recentissima del nostro Consiglio proprio in merito a questo specifico argomento della Vignale: che è cioè interesse della Regione, per questo caso come per tutti gli altri casi che approdano all'Assessore al Lavoro o al Presidente della Giunta o alla Giunta stessa dare tutta la possibile assistenza perché si arrivi ad una soluzione che sia la più vicina al massimo ottenibile.
Ancora ieri sera, è opportuno forse che il Consiglio lo sappia, uscito da una seduta di Commissione per recarmi ad un altro incontro per la Venchi Unica, in via Magenta, mi sono incontrato con un gruppo di lavoratori e sindacalisti della Vignale, che erano rimasti ad attendermi in piazza Castello. Il dialogo è stato estremamente aperto, chiaro, preciso, avendo il Presidente ribadito che sarebbe ritornato su posizioni che sembravano essere definitivamente chiuse.
Io capisco lo stato di esasperazione e pertanto le escandescenze che possono derivare da questo stato di esasperazione, come si è verificato ieri sera, ma non posso accettare certamente le minacce, anche quando queste si rivolgono al Presidente della Giunta e alla persona fisica di chi rappresenta il Presidente della Giunta. Debbo dare atto dell'altissimo senso di responsabilità dei Sindacati, in particolare del sindacalista che ha assistito a questa scena, il quale mezz'ora dopo il fatto mi ha telefonato per spiegare come si fosse determinato quel momento così delicato e così grave che aveva indotto il Presidente della Giunta a interrompere l'incontro, pur dichiarandosi pronto a garantire, quando si fosse ristabilito un clima di normale possibilità di colloquio, tutto l'impegno personale, che non è mai venuto meno d'altronde, dell'Assessore al Lavoro e del Presidente della Giunta.
Fatta questa precisazione unicamente per meglio chiarire al Consiglio la situazione, veniamo al discorso a monte. La vicenda Vignale giunge alla Regione di rimbalzo, perché era sempre stata trattata presso la Prefettura.
Noi ci troviamo frequentemente in una situazione di grossa difficoltà. Ieri sera ho assistito con l'Assessore ad una lunga riunione per la Venchi Unica in cui noi abbiamo avuto la parte di spettatori, di coloro che hanno messo semplicemente a disposizione una sede per evitare ai sindacalisti di dover correre a Roma per riprendere il discorso con il Ministro del Lavoro.
Questo perché? Perché quella vicenda aveva avuto la sua sede naturale sul piano nazionale, e le interferenze sono sempre dannose. Bisognerà che ad un certo momento si faccia una scelta: se si sceglie la via della Regione si segue la via della Regione fino in fondo, se si sceglie quella della Prefettura, si segue la via della Prefettura. Ma queste interferenze che collocano veramente in una situazione di profondo disagio e di grave difficoltà per risolvere i problemi sono quelle che poi creano, senza volontà di alcuno, situazioni che non possono che essere accettate da chi ripeto, anche per lo stato di esasperazione in cui si trova comprensibilissimo, non ha la mente in condizioni di poter ragionare obiettivamente.
Nonostante tutto questo, il Presidente della Giunta, che era stato informato dall'Assessore al Lavoro sulle trattative che si stavano svolgendo a livello di Prefettura, ha preso l'iniziativa di convocare personalmente il presidente della Società Vignale. Egli è venuto in Regione accompagnato da un interprete, poiché parla esclusivamente l'inglese - ed ha esposto quella che è la situazione secondo il suo punto di vista dicendo che aveva presentato al Prefetto, tramite il funzionario addetto alla trattazione di questa materia, delle proposte concrete, che mi aveva indicato (e che io ora citerò a memoria, perché il funzionario cui ho affidato la documentazione relativa si è assentato). Fermo restando che lo stabilimento sarebbe stato definitivamente chiuso, per l'impossibilità di continuare la produzione delle "Pantere", dal momento che non si trova il modo di collocarle in questo momento sul mercato italiano e neanche sul mercato estero, la proprietà ha dichiarato di voler garantire ai dipendenti che venivano a trovarsi così in uno stato tristissimo di disoccupazione la corresponsione del salario a tutto novembre (anche se la cessazione del lavoro era prevista per la data del 20 novembre) con integrazioni successive, con la corresponsione di emolumenti che valessero in certa guisa a rendere meno difficoltosa la vita a questi lavoratori; senza, con questo proporsi un aspetto meramente caritativo o assistenziale, perch questa corresponsione sarebbe stata valutata con criteri obiettivi relativi all'età del dipendente, al periodo di tempo in cui il dipendente aveva lavorato presso la Vignale, e via di questo passo.
Mi sono documentato presso la Prefettura su quelle che erano state le richieste, su quelle che concretamente erano state le controfferte: ho parlato con i rappresentanti della Vignale, soprattutto con un sindacalista, del quale ora mi sfugge il nome, di estrema obiettività, di estrema chiarezza, e mi è stato fatto presente che tutto ciò non appariva sufficiente. Ho preso l'impegno di riparlare con la Prefettura, senza sottrarre naturalmente ad essa il mandato che le era stato conferito per la trattativa. Poiché dalla Prefettura mi è stato riferito che le trattative dovevano considerarsi rotte, non ho niente in contrario a riprenderle su livello regionale al punto in cui sono per portarle avanti nella condizione di miglior successo.
Non so se sarà possibile, ma lo tenteremo ugualmente, ottenere un ritorno sulla decisione presa dalla proprietà di chiudere lo stabilimento: credo che sia logicamente difficile imporre che si lavori per realizzare un prodotto che non è vendibile, per cui è veramente come costruire per il re di Prussia. Proporremo però di considerare la possibilità di un ridimensionamento, di una riconversione di questo stabilimento, e prendo impegno di affrontare questo discorso con la maggior rapidità possibile. Si tenga conto, però, del fatto che queste tristi vicende si accavallano le une alle altre: parliamo della Vignale, ma continuiamo ad occuparci anche della Venchi Unica: ieri sera in proposito c'è stato un lungo discorso, si sarebbero dovute portare delle credenziali che non si sono avute; per quello che mi risulta, nemmeno alla società è stata presentata questa credenziale, per cui diventa estremamente fumoso l'intervento di quella forza, il barone Vassallo, che avrebbe alle spalle una immobiliare; e proprio questa mattina abbiamo ricevuto istanza di occuparci nuovamente del Valle Susa, che è in una situazione estremamente delicata. Vorrei, quindi proprio pregare i lavoratori, i sindacalisti che sono qui a voler considerare che le giornate di lavoro sono per tutti di ventiquattr'ore e i problemi sono moltissimi.
L'impegno preciso, categorico, che assumo è quello di accogliere l'istanza così com'è stata formulata dal Consigliere Bianchi e ripresa dal Consigliere Berti, nel senso di fare quanto è umanamente possibile perch il capitolo della Vignale si chiuda nel modo migliore. Me ne occuper personalmente, ed in termini di tempo estremamente brevi, avendo già in serata, se possibile, un incontro con una ristretta rappresentanza dei lavoratori dello stabilimento (mi lascino ribadire qui, in sede di Consiglio, che è impossibile colloquiare con venti, trenta, cinquanta persone tumultuanti: si mandino sei, otto, dieci rappresentanti, e con questi, seduti attorno ad un tavolo, si potrà ragionare concretamente costruttivamente). Questo è l'impegno che il Presidente della Giunta prende in questa circostanza.



PRESIDENTE

Ha così termine, con la dichiarazione del Presidente della Giunta in merito alla situazione occupazionale alla Vignale, la prima parte della seduta. La prosecuzione dei lavori avverrà con inizio alle 15,15.



(La seduta ha termine alle ore 13)



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