Sei qui: Home > Leggi e banche dati > Resoconti consiliari > Archivio



Dettaglio seduta n.265 del 28/10/74 - Legislatura n. I - Sedute dal 6 giugno 1970 al 15 giugno 1975

Scarica PDF completo

Argomento:


PRESIDENZA DEL PRESIDENTE VIGLIONE


Argomento:

Ordine del giorno della seduta


PRESIDENTE

La seduta è aperta.
L'ordine del giorno reca: Comunicazioni del Presidente del Consiglio regionale Nomine: nel Comitato tecnico consultivo di cui all'art. 7 L.R. 9.4.1974 n. 10 - tre esperti in materia di artigianato nel Consiglio di amministrazione dell'ESAP - nove esperti in problemi agricoli nella Commissione tecnico-consultiva - 5 esperti in materia turistica nel Consiglio di amministrazione dell'IRES - nove componenti nel Collegio sindacale dell'IRES nel Comitato regionale per gli studi sulla programmazione - nove componenti nella Commissione di controllo sull'amministrazione regionale: sostituzione di un membro supplente dimissionario nella terna degli esperti in discipline amministrative Costituzione Comitato regionale sui problemi della commercializzazione e del consumo Esame proposta di legge n. 161 relativa a "Istituzione e regolamentazione dei Comitati sanitari e sociali di zona" Esame disegno di legge della Giunta Regionale relativo a "Variazioni al bilancio della Regione per l'anno finanziario 1974" Progetto pilota per l'area metropolitana torinese, Approvazione del Consiglio Regionale Esame mozione RAI-TV


Argomento:

Comunicazioni del Presidente del Consiglio regionale


PRESIDENTE

Comunico che la VIII Commissione, che era convocata per oggi alle 16 causa i lavori del Consiglio è convocata per giovedì 31 ottobre alle ore 10.30.


Argomento: Problemi del lavoro e della occupazione

a) Interrogazione urgente in merito alla prossima liquidazione della società FORD (ex Vignale)


PRESIDENTE

E' pervenuta un'interrogazione urgente: "I sottoscritti Consiglieri regionali, vista la decisione della Soc. FORD ex Vignale di procedere, senza alcun preavviso, alla liquidazione dell'azienda stessa con il conseguente licenziamento di tutti i dipendenti in numero di 198 considerati gli accordi sottoscritti nel maggio 1974 e considerato che le decisioni odierne sono in contrasto con tali accordi interrogano il Presidente della Giunta e l'Assessore al lavoro per sapere quali iniziative intendano assumere perché sia garantito il posto di lavoro ai dipendenti nel rispetto degli accordi assunti".


Argomento:

a) Interrogazione urgente in merito alla prossima liquidazione della società FORD (ex Vignale)

Argomento:

b) Congedi


PRESIDENTE

Sono in congedo i Consiglieri Gerini e Giovana.


Argomento:

c) Progetti di legge - Presentazione e assegnazione a Commissioni


PRESIDENTE

Presentazione e assegnazione progetti di legge: disegno di legge regionale n. 206 "Variazioni al bilancio di previsione per l'anno finanziario 1974" proposta di legge regionale n, 207 "Centro regionale per la rieducazione e la riqualificazione professionale del lavoratore minorato e per il suo reinserimento lavorativo" presentata dai Consiglieri Curci e Carazzoni.


Argomento: Commemorazioni

d) Commemorazione di Carlo Enrico Galimberti


PRESIDENTE

E' scomparso, alcuni giorni or sono, un altro protagonista della Resistenza in Piemonte: Carlo Enrico Galimberti, Presidente dell'Associazione Nazionale perseguitati politici italiani antifascisti. E' mancato nella scorsa settimana dopo aver condotto fino all'ultimo la sua battaglia a testimonianza antifascista.
Si tratta pertanto di un'altra dolorosa perdita per questa Associazione dopo la morte di Giuseppe Longo, anche egli valoroso antifascista.
Carlo Enrico Galimberti, fratello di Duccio, fu anche egli una valorosa figura antifascista operando dapprima nella clandestinità e combattendo successivamente nelle formazioni partigiane durante la Resistenza.
Terminata la lotta di liberazione continuò il suo impegno antifascista con coraggio e fermezza praticamente fino alla morte: infatti lunedì 14 ottobre era ancora presente alla riunione del Comitato regionale antifascista ed in quell'occasione ribadì l'urgenza di iniziative atte a stroncare definitivamente il fascismo.
Ricordiamo pertanto la nobile figura di Carlo Enrico Galimberti che si è spento nel trentennale della morte del fratello Duccio e porgiamo ai famigliari, a nome di tutto il Consiglio Regionale, i sensi del più profondo cordoglio per la sua scomparsa.


Argomento: Problemi del lavoro e della occupazione

Interrogazione urgente in merito alla prossima liquidazione della società FORD (ex Vignale) (seguito)


PRESIDENTE

Apro la discussione sulle comunicazioni del Presidente ed in particolare sull'interrogazione con carattere di urgenza relativa alla Soc. FORD ex Vignale.



OBERTO Gianni, Presidente della Giunta Regionale

La Giunta dichiara di essere pronta a rispondere.



PRESIDENTE

La parola al Presidente della Giunta.



OBERTO Gianni, Presidente della Giunta Regionale

Signori Consiglieri, è un'interrogazione che ha chiaramente il carattere dell'urgenza, anche se ahimè, si aggiunge ad una serie ormai veramente troppo lunga per denunciare delle situazioni che turbano l'andamento della vita economica, sociale e politica della nostra Regione.
In realtà non passa più un giorno che non vi siano dei motivi di apprensione sempre più profondi perché aggiungendosi ad una serie già lunga di precedenti, questi grani di un rosario che dovrebbe avere rapidamente termine diventano veramente spinosi. Sono altre 200 persone che si vedono praticamente dalla sera alla mattina costrette ad abbandonare il posto di lavoro, la possibilità di procurare per sé e per le famiglie il pane necessario per il proprio sostentamento. E' una lunghissima catena ed il Consiglio Regionale credo faccia veramente bene a ribadire volta a volta questo suo stato di ansia ed insieme di protesta, perché non si ripara a quanto sta a monte da lungo tempo e che determina volontariamente, o involontariamente, il verificarsi di queste situazioni sempre più dolorose e sempre più tristi. Per dettagliare questa realtà, che si chiama oggi Vignale, è giusto che il Consiglio abbia, dal collega Assessore Conti, che ha portato innanzi le trattative fino al punto di oggi, ragguagli particolareggiati; spetta però al Presidente della Giunta, a nome della Giunta stessa, assumere ancora una volta il preciso e tassativo impegno di considerare come punto d'onore primo della propria attività programmatoria quello di sentirsi e di essere in realtà concretamente vicino ai problemi del mondo del lavoro nelle officine, nelle fabbriche, nell'attività agricola, nelle attività artigianali, cioè la difesa di quel lavoro che la carta costituzionale pone a fondamento della stessa Costituzione quando recita che l'Italia è una Repubblica democratica fondata sul lavoro, che ha quindi il dovere di dare a tutti gli italiani la possibilità di esercitare questo lavoro e il consentire che i lavoratori abbiano diritto alla difesa del loro posto di lavoro.
In questa duplice accezione mi pare debba essere interpretata la norma della carta costituzionale. Se il Presidente del Consiglio ed i signori Consiglieri me lo consentono, avendo la parola per dare questa testimonianza di solidarietà e l'impegno (la solidarietà ormai non la si dovrebbe nemmeno più esprimere essendo praticamente presupposto costante di quella che è la presa di posizione della Regione nei confronti di questo lavoro) di fare tutto quello che è possibile perché le cose abbiano rapidamente termine con un componimento che sia della maggiore possibile soddisfazione di coloro che sono portatori di queste istanze, che sono istanze di pane e di lavoro, avendo la parola - dicevo - vorrei ragguagliare il Consiglio di una situazione particolarmente difficile che si accentua anche per un complesso molto più grande (per quanto, ogni persona è un mondo in se stessa), intendo dire della Venchi Unica per la quale il posto di lavoro dei 1600 dipendenti si va ogni giorno più rendendo estremamente difficile e precario. Io avrei dovuto ricevere questa mattina delle indicazioni da parte di interessati allo scioglimento di questo nodo che si stringe sempre di più invece di allargarsi, avrei dovuto ricevere addirittura delle proposte di intervento da persona che si trova in questo momento negli Stati Uniti d'America e che si dice essere interessata al problema, avrei dovuto sentire dall'avv. Mulas le risposte relative all'impegno della Nuova Pantanella, avrei dovuto ricevere dal liquidatore della Banca Privata, un'indicazione chiara e precisa in ordine alla disponibilità del pacchetto azionario: nulla di tutto questo. E' un motivo di preoccupazione, di angustia per me in questo momento, anche perché - e approfitto della circostanza per informare ufficialmente il Consiglio domani partirò per un viaggio che cerco di contenere nel termine più breve possibile, per visitare le comunità piemontesi in Argentina e nel Brasile un milione e mezzo di piemontesi che restano legati e collegati alla vita del nostro Piemonte. E' una visita che era già stata prospettata negli anni trascorsi e che si è ufficializzata in questi giorni e che mi porta lontano da molti impegni che urgono in questo tempo alla Regione, ma soprattutto da quelli del mondo del lavoro che mi hanno sempre in modo particolare interessato. E stamattina in Giunta abbiamo convenuto che durante questi dieci giorni di assenza mi rappresenterà l'egregio collega ed amico Vicepresidente Debenedetti e che i problemi del mondo del lavoro siano seguiti don alacrità, con interesse, con passione dallo stesso Vicepresidente, dall'Assessore Conti nella sua qualità di delegato ai problemi del lavoro, integrato dalla partecipazione dell'Assessore Paganelli che è l'Assessore all'industria, per quel tanto di implicazione che i problemi possono avere sotto il profilo industriale. Voglio augurarmi che la fortuna li assecondi in questi dieci giorni, intanto per evitare che vi siano altre situazioni allarmanti, e poi perché si possano sviluppare delle circostanze abbastanza favorevoli per riuscire a risolvere i problemi grossi che sono attualmente sul tavolo.
A nome della Giunta, e prima che l'Assessore Conti eventualmente precisi quelli che possono essere i dettagli sui rapporti avuti con la Vignale, assumo l'impegno dinanzi a tutto il Consiglio di essere sempre costantemente presenti per la migliore soluzione dei problemi che interessano i lavoratori del nostro Piemonte.



PRESIDENTE

La parola all'Assessore Conti.



CONTI Domenico, Assessore ai problemi del lavoro e dell'occupazione

I sentimenti della Giunta sono già stati espressi dal Presidente ed io mi limiterò a precisazioni relative al tipo di intervento che fin qui si è fatto a proposito della Vignale e ai fatti che sono emersi.
Come Assessore al lavoro mi ero già dovuto occupare della Vignale nell'aprile di quest'anno e tutti ricordano la lotta dei lavoratori in difesa del loro posto, lotta che purtroppo non ha impedito alla azienda di licenziare un certo numero di dipendenti motivandolo con la necessità di razionalizzare la produzione. Furono presi degli impegni da parte dell'azienda, espressi in assessorato e poi confermati mediante accordo siglato in Prefettura, relativi alla prosecuzione dell'attività per tutto il 1975 e l'impegno a presentare all'esame dei lavoratori programmi alternativi che man mano si sarebbero andati delineando.
La sera dell'ultima seduta del Consiglio Regionale ho ricevuto la comunicazione formalmente cortese della messa in liquidazione della Vignale e la copia di un comunicato stampa e di un comunicato ai lavoratori.
Naturalmente ho provveduto a convocare l'azienda il giorno successivo. La riunione si è svolta non troppo serenamente perché innanzi tutto è stata contestata la gravità del provvedimento assunto, sono state rilevate le conseguenze gravissime per i lavoratori della Vignale anche in rapporto al sistema produttivo piemontese e per le caratteristiche peculiari di questo tipo di produzione. E' stato stigmatizzato il fatto anche perché, se andiamo avanti di questo passo, ci troveremo con un sistema produttivo notevolmente depotenziato. Fu deplorato il fatto che l'azienda ha proceduto a comunicarci il provvedimento assunto e non a presentarci prima le difficoltà per vedere se si poteva in qualche modo insieme prevenire un tipo di provvedimento di questo genere. Le motivazioni portate dall'azienda in sintesi rapidissima furono le seguenti: non si vende più la "Pantera" non si è più stati in grado di sviluppare programmi alternativi, il mercato si è fatto difficile nel settore automobilistico ed in particolare per le auto speciali, non mi hanno informato prima in quanto la decisione è stata assunta dal Consiglio di amministrazione al quale si poneva questa alternativa: o intervenire con un pesante finanziamento - che non si è ritenuto di poter fare - oppure mettere in liquidazione la società per salvarla dal fallimento.
A questo punto è stata commentata la dichiarazione della Carrozzeria Vignale S.p.A. fatta all'assessorato stesso il 18.4.1974. Il testo di quella dichiarazione è il seguente: "Il Presidente dichiara la volontà di continuare l'attività dell'azienda anche se, purtroppo, tale attività verrà proseguita con produzione ridotta rispetto alla precedente produzione, il che comporta la preannunciata riduzione di personale. L'attività continuerà con la produzione della "Pantera" per i mercati extra Stati Uniti fino ad almeno tutto il 1975 in quanto la società, considerata l'ottima qualità del prodotto, è certa che potrà trovare collocazione in nuovi mercati. Nel frattempo la società conferma di studiare nuovi programmi sostitutivi o alternativi alla produzione "Pantera" al fine di assicurare la continuità dell'attività aziendale e di conseguire il livello occupazionale dei restanti circa 200 lavoratori. Il Presidente dichiara (e questo è il punto grave) che nella riunione del 5 aprile, tenutasi in Roma dai responsabili della FORD internazionale, è stata riconosciuta la funzione della Vignale rispetto all'intero complesso, quale azienda destinata a produzione di avanguardia sul piano estetico e sul piano delle prestazioni, allo scopo di concorrere ad orientare la produzione del complesso offrendo sui mercati mondiali soluzioni più avanzate. Particolarmente sotto questo aspetto deve essere considerata la garanzia di prosecuzione nel futuro dell'attività della Carrozzeria Vignale".
Facendo perno su questa affermazione che mi pare alquanto rilevante, è stato chiesto se il gruppo FORD avesse rinunciato ad esercitare nel suo seno quella funzione di produzione di avanguardia sul piano estetico e sul piano delle prestazioni, allo scopo di concorrere ad orientare la produzione del complesso offrendo sui mercati mondiali soluzioni più avanzate.
Mi è stato risposto, non senza un certo imbarazzo, che questa funzione non è affatto rinunciata da parte del gruppo Ford, ma soltanto non è stato possibile mantenerla anche per la Vignale. Verrà portata avanti da altri stabilimenti che già concorrono a questa funzione, ma non è stato possibile mantenerla per la Vignale perché i programmi alternativi preparati da questa azienda sono risultati inaccettabili sul piano commerciale e sul piano del lancio produttivo della Ford.
Naturalmente a questo punto è stato ribadito che non è sufficientemente motivata né chiara la vicenda che ha portato alla liquidazione della Vignale con questo stato di incertezza che ha impedito di preavvisare la Regione, è stata sottolineata l'inaccettabilità di una logica che ha portato i gruppi multinazionali ad assumere tale decisione, è stato invitato il signor Hyde a rendersi interprete delle valutazioni che venivano esposte dai dirigenti della Ford internazionale. Sono state inoltre chieste delle garanzie per quel che attiene i livelli occupazionali. Siccome è stato comunicato che i responsabili della Vignale avevano già iniziato contatti e trattative per la cessione dello stabilimento, è stato chiesto che durante queste trattative fossero salvaguardati i livelli occupazionali e per questo è stata richiesta la disponibilità dell'azienda ad ulteriori incontri.
E' stato pure accennato, da parte della presidenza della società, la disponibilità ad interventi di tipo economico per recare in qualche modo sollievo alle conseguenze del provvedimento adottato.
Il discorso è arrivato fino a questo punto, attendevo anch'io di sentire il dibattito consiliare anche per poter insieme ai colleghi di Giunta esaminare quale altro tipo di provvedimento, oltre a quello di salvaguardia dei livelli occupazionali e di alleggerimento delle conseguenze veramente gravi a carico dei lavoratori si poteva prendere. Nel frattempo ho già preso contatto con le organizzazioni sindacali ed ho cominciato a registrare le richieste in direzione dell'appoggio e del sostegno che esse rivolgono alla Regione.



PRESIDENTE

Ha chiesto di parlare il Consigliere Berti, ne ha facoltà.



BERTI Antonio

Signor Presidente, signori Consiglieri, la questione della Vignale si aggiunge alla serie di fabbriche in crisi, in una situazione di crisi istituzionale politica ed economica tale da determinare pericoli anche per la democrazia del nostro Paese in un contesto che mira a colpire la classe operaia, a farla indietreggiare rispetto ai punti che ha guadagnato con le proprie lotte in questi anni.
Si sottolinea il cinismo con il quale la proprietà ha proceduto alla comunicazione di liquidazione dell'azienda, cinismo ributtante, tipico del padrone americano che non viene in Italia soltanto per dettare la politica del tipo di governo che dobbiamo fare, ma che nei confronti della classe operaia si comporta nel modo che del resto qui è già stato illustrato.
Non volendo dire altro da questo punto di vista, aggiungo solo alcune considerazioni che sono illuminanti circa l'atteggiamento della proprietà e che propongono qualche altro punto di aggancio per l'azione che la Giunta Regionale dovrà e vorrà fare in questa direzione.
Noi ci siamo occupati della Vignale ai primi di maggio del 1974, in considerazione della richiesta allora avanzata di procedere ad una ristrutturazione della fabbrica che si concluse appunto con un licenziamento o messa in autolicenziamento di un centinaio di operai.
Quella fase si concluse con un accordo firmato nell'Ufficio della Prefettura di Torino alla presenza del dr. Michele De Fais, incaricato dal Prefetto, e del dr. Francesco Torretta funzionario dell'ufficio provinciale del lavoro, insieme con i rappresentanti della proprietà e delle organizzazioni sindacali, nel quale si diceva: "La azienda si impegna a sostituire eventuali dimissionari con licenziati per riduzione di personale, secondo le esigenze tecnico-produttive della ditta, fino alla copertura dei 208 posti di lavoro, salvo la rinuncia ecc.
a tutti i lavoratori licenziati che non saranno reintegrati nel posto di lavoro verrà riconosciuta un'erogazione una tantum l'azienda dichiara che è sua intenzione continuare l'attività mantenendo il livello occupazionale e quindi salariale per i restanti lavoratori, fino al 31.12.1975, salvo caso indipendente dalla volontà dell'azienda l'azienda, confermando la propria volontà di studiare nuovi programmi sostitutivi o alternativi all'attuale produzione "Pantera", si impegna a verificare con le organizzazioni sindacali ed i Consigli di fabbrica la situazione aziendale nel corso di tre incontri da effettuarsi entro il 31.12.1974, entro il 31.3.1975 ed entro il 30.6.1975".
Voi vedete quindi che 6/7 mesi fa questa azienda si era impegnata non soltanto ad intervenire per garantire l'occupazione nel numero allora convenuto, ma anche a verificare: il primo di questi termini di verifica scade appunto il 31.12.1974.
Il primo fatto negativo è che l'azienda interviene con questa messa in liquidazione un mese prima circa della prima verifica; non solo, ma l'azienda non ha in questi mesi proceduto alla riconversione eventuale o comunque alla messa in studio di un altro tipo di produzione tale da garantire un livello di produzione e livelli occupazionali quali appunto risultavano dall'accordo.
E' ben vero che oggi la proprietà può trincerarsi dietro il "salvo casi indipendenti dalla volontà dell'azienda" e questo caso sarebbe appunto il calo del mercato dell'auto, che del resto nella nostra provincia e in Piemonte ha proposto temi di dibattito che abbiamo svolto in questo Consiglio. Bisogna avere coscienza che quando la Ford ha firmato l'accordo il 22.05.1974, probabilmente già pensava alla liquidazione totale dell'azienda a tempi ravvicinati, poiché in questo frattempo non ha proceduto al minimo esperimento, non ha fatto nessuna esperienza che dimostrasse in pratica che la ditta voleva mantenere l'impegno assunto di modificare, eventualmente di convertire il tipo di produzione. Certo una macchina che costa sui dieci milioni può non avere mercato, specialmente in Italia, ma occorre dire che la volontà della Ford non era quella di produrre una macchina di largo consumo, ma di produrre prototipi attraverso i quali rispondere ad una certa domanda che nel frattempo si sarebbe dovuta creare.
Aggiungo ancora che la Ford, nel momento in cui oltre alla Vignale acquista anche la Ghia che è in crisi, scrive il 24.10.1974 ai dipendenti di quest'ultima assicurandoli che per quanto li riguarda non ci sono problemi di riduzione di personale, dice che la Ghia sta occupandosi della produzione di prototipi che hanno ottenuto nel mercato mondiale un notevole successo e aggiunge che in quell'azienda è nato il concetto base del prototipo che in seguito divenne la famosa "Mustang 11" e che è suo il disegno base della piccola vettura che la Ford costruirà in Spagna.
Io credo che si debba prendere in considerazione il fatto che si esperimenti sfruttando l'intelligenza del lavoratore, dei tecnici, dei progettisti italiani, un tipo di vettura che poi la Ford, per motivi anche troppo evidenti di politica di espansione mondiale dell'America, va a costruire in Spagna nel momento in cui chiude un'altra azienda in Piemonte.
Questo modo di procedere non può che essere classificato come il più cinico, quello che parte soltanto dalla propria efficienza aziendale, dai propri profitti perché nel momento in cui constata che per produrre nuovi tipi di macchine occorrono investimenti ad un certo livello, fatti i propri conti decide di non impegnare il suo denaro e di chiudere la fabbrica licenziando 200 operai che hanno tra l'altro, anche una notevole qualifica.
Io questo volevo dire perché di fronte all'opinione pubblica emergessero chiaramente le responsabilità dell'azienda, ma nello stesso tempo voglio sottolineare che ci sono almeno due punti di aggancio per sostenere questo: il primo è quello che ha detto l'Assessore, il secondo è il punto tre dell'accordo di maggio che ho letto qui nel quale l'azienda si impegna formalmente a non prendere nessuna iniziativa di licenziamenti sino al 1975.
Poiché l'accordo è sottoscritto anche dall'incaricato del Prefetto anche il Governo nazionale ne è investito quindi credo che dobbiamo chiedere al Prefetto, che rappresenta il governo, che cosa intende fare per indurre l'azienda a confermare un impegno recentemente sottoscritto e di cui la Prefettura si è resa garante.
Questa mattina io ed altri miei colleghi e parlamentari siamo stati dal Prefetto per la questione della casa e abbiamo colto l'occasione per sottolineare l'esigenza che il Prefetto si comportasse in questo modo nei confronti della Ford. La risposta in quella sede è stata piuttosto evasiva ci è stato soltanto detto che dopo di noi avrebbero incontrato i rappresentanti della Ford e avrebbero sentito il loro pensiero, ma credo debba essere riaffermato (e questo lo poniamo come un impegno per gli Assessori che seguiranno questa vicenda) cha anche il Prefetto debba essere coinvolto nella questione in modo tale da indurlo a chiedere alla Ford di rispettare l'impegno assunto.
Noi siamo coscienti che in questo momento non si può sostenere che questa azienda debba continuare a produrre la "Pantera", e se andiamo a monte di questa decisione vedremmo che era già sbagliata allora, ma affrontiamo il problema come si presenta in questo momento, avendo essenzialmente di fronte il fatto che la fabbrica non si può chiudere e che soprattutto gli operai non debbono essere licenziati.
Abbiamo saputo che l'azienda, che tra l'altro è a un livello tecnologico notevolmente avanzato, interessa altre ditte, non sappiamo quali (sono voci che sentiamo anche per la Venchi Unica); siamo in balia di questi gruppi privati, forti dal punto di vista finanziario che si contendono le nostre fabbriche, seguendo chissà quale gioco, ma allora credo che dovremmo chiedere come condizione, perché il discorso vada avanti, che la Ford ritiri la decisione che ha assunto recentemente.
Intanto gli operai, che continuano a lavorare, devono avere di fronte a loro un termine ragionevole di due, tre, quattro mesi, il tempo necessario perché si concretizzino iniziative in corso e che potrebbero portare ad un trapasso di proprietà e probabilmente ad una riconversione della produzione. Comunque, tutto quello che è possibile fare deve essere fatto per avere la continuità del lavoro dei diretti interessati, che sono gli operai.
Chiediamo quindi alla Giunta che sta seguendo la vicenda, di assumere questo impegno fondamentale. Il punto di partenza per me è questo: ritirare le lettere che sono state inviate ai lavoratori, prendere il tempo necessario per determinare le altre iniziative che si dovranno portare avanti.



PRESIDENTE

Ha chiesto di parlare il Consigliere Garabello, ne ha facoltà.



GARABELLO Enzo

Solo per aggiungere, signor Presidente, che questa interrogazione urgente che è stata firmata da tutti i Gruppi, trova il nostro Gruppo coerente con le cose che sono state dette dal Presidente e dall'Assessore Conti e anche secondo le indicazioni che molto dettagliatamente ha portato il Consigliere Berti. Non sfugge a nessuno, dopo le vicende dell'aprile scorso e io ricordo di essere stato presente alle assemblee di fabbrica tenute nel cortile in mezzo alle "Pantere" pronte per essere imbarcate l'impressione che la proprietà americana abbia in questo caso usato la tecnica di sfogliare il carciofo: ha fatto delle promesse nel mese di aprile poi, prima che le promesse portassero al frutto di incontri per l'esame di una ristrutturazione al mese di dicembre del '74, a ottobre ha preso una decisione di questo genere.
Rilevo anch'io il fatto che il Prefetto rappresenta il Governo e pertanto le dichiarazioni che si firmano in, sua presenza non possono non essere considerate serie per cui le autorità di Governo, il Prefetto in prima linea, debbono ricordare a chi ha firmato con loro e di fronte a loro le responsabilità che si sono assunte. Penso comunque che la Giunta debba intervenire, come ha già iniziato a fare, avendo di fronte la preoccupazione di un'eventuale effettiva chiusura dell'azienda, però è l'ultima trincea e credo che in questo senso anche le organizzazioni sindacali questa riserva di operatività se la vogliano sempre mantenere però non bisogna trascurare l'altro aspetto, opportunamente messo in rilievo dall'Assessore e ribadito da Berti e cioè che malgrado le sue limitate dimensioni questa azienda ha però un elevato contenuto tecnologico tanto che il prodotto ha un significato per il mercato internazionale più che non per il mercato interno e non può essere lasciata cadere così perch è arrivata la foglia del carciofo da staccare.
Mentre ringrazio per le notizie fornite, debbo ribadire che bisogna continuare, anche sottolineando la responsabilità del Prefetto e dell'Ufficio del lavoro che hanno sottoscritto con le parti l'accordo dell'aprile 1974 a richiamare l'azienda di fronte a questo strano dualismo che si verifica nell'ambito delle due aziende torinesi che appartengono al gruppo, ugualmente impegnate in una produzione di alta classe sul piano internazionale, una delle quali ad un certo momento piace e l'altra non piace più, senza ripararsi dietro alla dichiarazione che le proposte fatte dai tecnici della Vignale non sono soddisfacenti.
In questa situazione il Consiglio Regionale dà la sua adesione all'impegno assunto dalla Giunta, con la particolare indicazione che si ripete qui l'episodio, signor Presidente della Giunta, al di là del quadro certamente allarmante che abbiamo di fronte, che gruppi industriali importanti assumono precisi impegni con delle date sottoscritte e poi non li mantengono. Noi dobbiamo dire che questo sistema non può trovarci d'accordo e come lo abbiamo fatto sentire a gruppi nazionali ben più importanti della Vignale, comunque di alto livello dal punto di vista finanziario ed economico, dobbiamo dire anche alla Vignale e a chi vi sta dietro, cioè al gruppo della Ford internazionale, che oggi i poteri pubblici e nello stesso tempo le organizzazioni sindacali non possono più essere presi in giro al punto di firmare degli accordi con date di scadenza, mentre poi si fa tutto quello che si vuole magari giocando sul fatto che l'atto irreversibile accade prima della scadenza iniziale degli incontri.
Anche a nome del mio Gruppo credo di poter dare al Presidente della Giunta e all'Assessore Conti ogni conforto perché la loro azione si svolga con molta chiarezza, richiamando soprattutto questi principi sui quali basiamo la nostra attività e che non possono essere trascurati in questo modo dalle aziende e dalle forze economiche.



PRESIDENTE

La parola al Consigliere Calsolaro.



CALSOLARO Corrado

Signor Presidente, signori Consiglieri, abbiamo ascoltato quanto ha detto il Presidente della Giunta in merito alla solidarietà del Consiglio ai lavoratori della Vignale. Concordiamo sul fatto che queste attestazioni di solidarietà risultano purtroppo da tutte le sedute. Da un po' di tempo a questa parte siamo costretti a ripeterci e a riproporre iniziative ed interventi da parte della Giunta, del Presidente, dell'Assessore al lavoro.
Abbiamo ascoltato anche l'impegno altrettanto serio e responsabile esposto dal Presidente per arrivare ad una soluzione che consenta la salvaguardia dell'occupazione operaia; abbiamo ascoltato l'Assessore Conti fare il punto sulle vicende di questa azienda legata ad un gruppo multinazionale e sulle bugie - se mi è consentita la parola - che questa azienda ha detto nei mesi passati. Del resto io ricordo (c'era già l'Assessore al lavoro Conti) che in occasione della discussione su di un'altra azienda multinazionale, si era rilevato come la stessa avesse prospettato una situazione alcuni mesi prima e alcuni mesi dopo avesse completamente rivoltato le posizioni che aveva affermato di voler assumere in presenza del rappresentante della Giunta.
E' certo che il rapporto con queste aziende è molto difficile. Esse sfuggono non soltanto all'intervento dei poteri locali e quindi della Regione, ma sfuggono agli stessi poteri del governo nazionale, sfuggono alle linee della programmazione nazionale. Esse programmano (e mi richiamo a quanto diceva il collega Berti poco fa) se stesse su un piano meramente aziendale al di sopra delle frontiere, al di sopra dei governi; quando addirittura dei governi non ne determinano gli indirizzi, o non mutano le strutture democratiche di un paese per fini che interessano semplicemente la loro linea di politica aziendale.
Io dichiaro di consentire su quanto hanno detto sia il collega Berti sia il collega Garabello circa la richiesta di un preciso e rinnovato impegno - peraltro già assunto dalla Giunta - per un coinvolgimento delle responsabilità del Prefetto in quanto rappresentante del Governo e per l'invito da rivolgersi alla azienda perché ritiri le lettere di licenziamento che sono state inviate ai lavoratori.



PRESIDENTE

La parola al Consigliere Vera.



VERA Fernando

Anche noi abbiamo sottoscritto l'interrogazione assieme agli altri Capigruppo per sottolineare, attraverso questa forma unanime di intervento del Consiglio Regionale una duplice preoccupazione, quella per la sorte dello stabilimento ex Vignale e quella per la sorte dei lavoratori.
Quest'ultima particolarmente grave e pressante perché coinvolge dei problemi umani che non possono non essere drammatici in un momento di crisi come l'attuale. L'altra è ugualmente preoccupante perché ricordiamo come alcune di queste piccole industrie automobilistiche torinesi che svolgevano la loro attività in un settore al di là della produzione di serie abbiano rappresentato in passato, nei saloni internazionali, la vetrina dell'economia dell'industria automobilistica piemontese e quindi vedere la loro progressiva sparizione dalla scena automobilistica internazionale non può non rappresentarci in modo estremamente evidente la perdita di un patrimonio tecnologico ed un decadimento economico della nostra provincia e della nostra regione. La soluzione ottimale sarebbe quella di una reintegrazione dell'attività dello stabilimento e contemporaneamente quella del mantenimento del posto di lavoro. Se questa soluzione ottimale non è attuabile riteniamo comunque che vada perseguita con tutte le forze e con ogni impegno il mantenimento del posto dei lavoratori, sia pure in attività diversa che mi pare la Ford abbia nella nostra regione, risolvendo almeno il problema più pressante e più umano dei lavoratori.


Argomento: Telecomunicazioni

Esame mozione sulla Rai-Tv


PRESIDENTE

Non vi sono altri che intendono parlare? L'interrogazione è stata sottoscritta da quasi tutti i Gruppi del Consiglio, vi è stato l'impegno e della Giunta Regionale e dell'Assessore al lavoro di intervenire nella vicenda della Vignale, quindi nei prossimi giorni saranno assunte le iniziative che l'Assessore al lavoro riterrà di dover assumere.
Passiamo ora alla mozione sulla Rai-Tv. C'è uno schema di mozione firmato dai Consiglieri Bianchi, Vera, Besate, che è stato sottoposto ai Capigruppo ed al Presidente della Giunta, di cui do lettura.
Il Consiglio Regionale del Piemonte constatato che, a circa due anni dall'avvenuta scadenza della convenzione Stato-Rai-Tv, il Parlamento italiano non è stato posto in grado di approvare la riforma del servizio radiotelevisivo; considerato che le sentenze della Corte Costituzionale n. 225 e n. 226 del luglio 1974 dichiarano illegittimo l'assetto legislativo che regola il servizio radiotelevisivo, ed indicano i fondamenti istituzionali ai quali deve ispirarsi la riforma: 1) il servizio è da considerarsi "servizio pubblico essenziale" (articolo 43 della Costituzione) e come tale deve esserne fatta riserva allo Stato.
2) il monopolio pubblico deve essere inteso e configurato come necessario strumento di allargamento dell'area di effettiva manifestazione della pluralità delle voci presenti nella nostra società.
3) gli organi, direttivi dell'Ente gestore non devono essere costituiti "in modo da rappresentare direttamente o indirettamente espressione, esclusiva o preponderante, del potere esecutivo" e la loro struttura deve essere "tale da garantirne l'obiettività".
4) i programmi culturali nel rispetto dei valori fondamentali della Costituzione devono rispecchiare "la ricchezza e la molteplicità delle correnti di pensiero".
5) le TV - cavo "a dimensione locale" vanno disciplinate con norme, anche regionali, che salvaguardino "gli interessi pubblici che in varia guisa possano entrare in gioco" nel rispetto della libertà di manifestazione del pensiero e dell'iniziativa economica.
6) una diversa disciplina della pubblicità radiotelevisiva, volta a salvaguardare la libertà di stampa e a favorire gli scopi sociali e pubblici indicati dalla programmazione.
Rilevata la piena aderenza della proposta di legge delle Regioni (scaturita unitariamente dal Convegno di Napoli, ottobre 1972) ai principi espressi dalla Corte Costituzionale, ne riconferma la validità, esprime il proprio consenso alla linea scaturita al Convegno di Milano del 12/10/1974 e si impegna a sostenerla, unitamente con le altre Regioni e le forze che ne condividano i principi e i contenuti, al fine di ottenere l'approvazione della legge di riforma entro il 30 novembre p.v., data di scadenza dell'ulteriore e illegittima proroga della convenzione Stato-Rai-Tv.
Qualcuno chiede di illustrarla? La parola al Consigliere Besate.



BESATE Piero

Signor Presidente, colleghi Consiglieri, cercherò di essere il più conciso possibile, anche perché credo che l'argomento, essendo già stato dibattuto in Consiglio Regionale e, soprattutto, in dibattiti ampi in Piemonte e in ogni parte d'Italia, sulla stampa quotidiana e periodica, non abbisogni se non di alcune sottolineature che riguardano le particolarità dell'azione del nostro Consiglio e della Giunta Regionale in relazione alla battaglia che le Regioni hanno aperto fin dall'ottobre del 1972 per la riforma della Rai-Tv.
Il Gruppo comunista esprime la sua soddisfazione perché il tema è venuto finalmente in aula. E' veramente un fatto nuovo e ci auguriamo che apra un capitolo nuovo nella funzione e nel ruolo della Regione Piemonte nel campo della riforma della Radio/Televisione. Qual è il significato di questa mozione che porta anche la nostra firma? E' quello di un rilancio del progetto delle Regioni e di un impegno del Consiglio Regionale e della Giunta Regionale piemontese nello schieramento riformatore dell'informazione. Sono due fatti qualificanti e sostanziali che ci esimono dall'entrare nel merito di tutta la vasta problematica della riforma della Radio/Televisione, perché quando si richiama il progetto delle Regioni vuol dire fare piazza pulita di tutta la normativa esistente in materia, vuol dire altresì fare piazza pulita di ogni idea che si richiami al famigerato progetto Quartulli presentato nel periodo di centrodestra, vuol dire fare piazza pulita anche del progetto dell'attuale governo dimissionario il quale lasciava in vita le norme preesistenti. Il progetto delle Regioni oggi viene rinforzato dalle sentenze della Corte Costituzionale 225 e 226 del luglio 1974, che dichiarano illegittimo nella sua globalità l'intero assetto legislativo sul quale appoggia attualmente il servizio radiotelevisivo.
Abbiamo sentito un momento fa i colleghi intervenuti dibattere il grave problema della Vignale. Noi comunisti riteniamo che non sia affatto un lusso che in una situazione così grave - quando, ogni volta che si riunisce, il Consiglio Regionale si deve interessare di fabbriche che chiudono, dell'occupazione di centinaia di migliaia di lavoratori che si vedono ridotto (o addirittura perdono) il salario - la Regione si occupi anche di questo problema, tanto più che a Torino non c'è stata grande lotta da parte della Fiat, o dei lavoratori metalmeccanici che non si sia posto il collegamento con le grandi masse, e la funzione che l'informazione svolge in rapporto all'orientamento dell'opinione pubblica e delle forze politiche e sociali.
Noi tutti ricordiamo come i lavoratori torinesi nelle lotte del 1973 e del 1974 abbiano sentito il bisogno di manifestare in Via Verdi, al centro di produzione Rai-Tv, presso le redazioni giornalistiche dei quotidiani di Torino proprio perché si rendevano conto dell'importanza della informazione.
Noi arriviamo a questo dibattito dopo che il Consiglio Regionale ha votato l'ordine del giorno sulla situazione economica che comprende, tra i punti qualificanti, anche la necessità della riforma della Radiotelevisione italiana entro il 30 novembre 1974, che è la data di scadenza di ulteriori illegittime proroghe che vennero concesse alla convenzione Radiotelevisione Stato e che minaccia nella situazione politica attuale di assenza governativa, di procrastinarsi in un vuoto pericolosissimo e che potrebbe dare luogo a situazioni difficilmente controllabili. Per quanto la mozione richiede la legge di riforma approvata entro il 30.11.1974 (con ci sottintendendo il rifiuto allo scioglimento anticipato del Parlamento) e un governo che sia capace di varare riforme di fondo come appunto è quella della Radiotelevisione.
Noi non possiamo tuttavia non sottolineare le gravi responsabilità dei gruppi dirigenti della DC che in tutti questi anni hanno lasciato trascinare questa situazione nelle secche in cui si trova attualmente.
Abbiamo assistito ancora recentemente a cambi di guardia al vertice della Radiotelevisione che hanno coinvolte le forze politiche della maggioranza in quella sarabanda di scambio di posti e di poltrone che veramente ha fatto inorridire ancora una volta il Paese; quando si prendono determinate posizioni bisogna essere coerenti, altrimenti ci si trova nella condizione di non essere capaci di portare avanti un discorso e una conseguente lotta unitaria, come unitaria deve essere quella per la riforma della Rai-Tv. Noi riteniamo che i principi e le norme del progetto di legge delle Regioni siano coerenti con i principi delle sentenze della Corte Costituzionale cioè: la riserva del monopolio radiotelevisivo allo Stato in ogni sua parte; la gestione del servizio attraverso un ente pubblico (non S.p.A. più o meno private) con rappresentanti a maggioranza nominati dalle Regioni dal Governo, ma con assoluta preponderanza dal Parlamento e dai Consigli Regionali; la nomina dei Comitati regionali, in particolare da parte del Consiglio Regionale, per la gestione radiotelevisiva. Per quanto riguarda più precisamente la TV cavo, ci rendiamo conto che la sentenza della Corte Costituzionale pone problemi nuovi, ma questo ci richiama subito ad un diritto-dovere degli Enti pubblici: Regioni, Comuni, Province. Un momento fa abbiamo visto un operatore riprendere i lavori del Consiglio. Sappiamo che a Torino si fanno scavi per la posa di cavi che non si possono fare senza l'autorizzazione non so se del Comune, della Regione o della Provincia; quindi si stanno creando situazioni che diventeranno difficilmente controllabili. Come è scritto nella mozione, là Corte Costituzionale ha detto che per quanto riguarda le TV a dimensione locale cioè a raggio limitato, occorre salvaguardare l'interesse pubblico, cioè la pluralità della manifestazione di pensiero. Ma quando si parla di TV locali non vorrei che si facesse una gravissima confusione. Sono state dette molte inesattezze sulle Tv cavo americane che non è qui il caso di approfondire mentre sono stati scritti numerosi libri, anche da parte di amministratori e di esperti americani, che mettono in guardia contro le TV locali americane le quali o non funzionano, o, quando funzionano, cadono in mano a grosse concentrazioni finanziarie proprio perché manca una regolamentazione che riservi la concessione allo Stato o comunque alla mano pubblica.
Concludendo, mi pare che occorra sottolineare ancora una volta la funzione della pubblicità. La sentenza della Corte Costituzionale (è da rilevare ancora la coerenza del progetto delle Regioni) ne limita la presenza all'interno del servizio radiotelevisivo, ma pone il problema della riforma dell'intero settore, da una parte, per salvaguardare la libertà di stampa in modo che non spinga più verso la concentrazione delle testate, dall'altra per fare della pubblicità una funzione in rapporto alle scelte della programmazione e della pianificazione nazionale e regionale.
Diceva giustamente un lavoratore: mentre si fa tutto un gran parlare di scelta di consumi sociali, la Rai Tv con la pubblicità spinge a consumare da tutt'altra parte. Ricordo ancora che nel nostro Statuto abbiamo scritto all'art. 4, in analogia con quanto è detto nell'art. 43 della Costituzione che la Regione Piemonte opera per acquisire alla gestione ed al controllo pubblico i servizi di interesse generale. Non c'è dubbio che l'informazione radiotelevisiva via etere e via cavo sia un servizio pubblico di interesse generale per le funzioni che ha nei confronti della popolazione.
Non credo che in questa sede si debba ancora una volta fare l'analisi del processo di elaborazione del messaggio televisivo, considerato non solo giornalisticamente, ma nella sua globalità culturale e scientifica. Basti constatare che l'elaborazione centralinistica ha appiattito e degradato l'utente, passivo recettore di messaggi avulsi dalla ricchezza della vita sociale e mediati attraverso falsi, aprioristici modelli conformistici. In particolare poi non dobbiamo dimenticare che la lotta dei lavoratori della Radiotelevisione per il contratto di lavoro, più che i problemi salariali,pone problemi di riforma e di organizzazione dell'ente che siano coerenti con i principi sostenuti dalle Regioni, perché anche la migliore delle leggi di riforma può essere vanificata da una organizzazione dell'ente radio televisivo che non sia coerente appunto con le grandi scelte operate dalla legge. Per queste ragioni, tenendo conto che la sostanza della mozione è incentrata sulla riconferma del progetto di legge delle Regioni che contiene tutti quei principi generali più volte dibattuti, che questi principi hanno trovato la loro conferma, la loro rilevanza nelle due sentenze della Corte Costituzionale e che hanno fatto un po' da guida (lo dico forse presuntuosamente) al modo in cui la Corte Costituzionale ha affrontato il problema che richiama il Consiglio Regionale in tutte le sue espressioni a seguire con ruolo da protagonista d'ora in avanti, la lotta della Regione per la riforma della Radiotelevisione, per tutte queste ragioni il nostro Gruppo ha firmato e intende confermare la sua adesione alla mozione presentata.



PRESIDENTE

Ha chiesto di parlare il Consigliere Zanone, ne ha facoltà.



ZANONE Valerio

Signor Presidente, signori Consiglieri, davvero mi sono chiesto se sia la seduta di oggi l'occasione più opportuna per arrivare al voto di questa mozione.
E' vero, come ha ricordato poco fa il collega Besate, che il nostro Consiglio si è già ripetutamente occupato del problema; è anche vero che a suo tempo la Commissione presieduta dal Consigliere Besate, ha prodotto quattro voluminosi fascicoli che mi onoro di essere stato forse tra i pochi a leggere in questo Consiglio; ma è altrettanto vero, a mio avviso, che il momento politico di crisi del governo in cui ci troviamo fa della votazione della mozione un adempimento più rituale che sostanziale.
Non c'è dubbio che la riforma della Rai-Tv e il termine del 30 novembre per la scadenza della concessione, rappresenta un punto centrale nel programma del nuovo governo; ci chiediamo quindi, prima di tutto, in assenza di un governo e di una maggioranza parlamentare, come si possa colmare questo vuoto giuridico che certo, se non sarà colmato, prospetterà gravi incognite per la legittimità costituzionale delle trasmissioni radiotelevisive soprattutto nell'ipotesi di eventuali elezioni anticipate o comunque di un periodo politico di particolare tensione quale quello che sembra profilarsi.
Vorrei dire che la mozione presentata dal Consigliere Besate e dai Capigruppo della DC e del PSDI ci trova in parte consenzienti ed in parte perplessi, ma devo subito precisare che le formulazioni che ci trovano più facilmente consenzienti non sono - me ne scusino i colleghi - quelle che esprimono il loro diretto pensiero, bensì quelle che fanno riferimento ai principi delle due sentenze "liberali", n. 225 e 226, pubblicate il 10 luglio di quest'anno dalla Corte Costituzionale; le quali - a mio avviso sono state riprese in questo documento con un'interpretazione alquanto parziale, su cui potrei trattenermi a lungo se il calendario dei lavori di questa riunione non ci consigliasse invece di orientare tutti gli interventi alla massima brevità possibile.
Mi limito quindi a dire che in primo luogo condivido il giudizio negativo del Consigliere Besate sull'opera dell'ultimo Governo per quanto riguarda il progetto di riforma della RAI-TV e lo condivido essenzialmente per quello che ci riguarda in maniera diretta, cioè per il ruolo che il disegno di legge 2961 (se ben ricordo) del defunto governo Rumor assegnava alle Regioni. E' stato da altri osservata la stravaganza della collocazione che le Regioni venivano ad assumere nel disegno di legge presentato dal governo Rumor; la stessa Corte Costituzionale ha più volte insistito sulla garanzia pluralistica che sta alla base della riserva statale del monopolio delle trasmissioni radiotelevisive, ma questo pluralismo, se vogliamo correttamente intenderlo, si esprime in due manifestazioni: da un lato nel diritto di accesso che occorrerà riconoscere con la riforma alle formazioni sociali, alle organizzazioni politiche, alle confessioni religiose, al libero associazionismo e ai gruppi dei cittadini; dall'altro attraverso alla compresenza nella gestione dell'ente concessionario, quale esso sia di soggetti pubblici diversi fra i quali si collocano senza dubbio le Regioni; le quali hanno istituzionalmente il compito di rappresentare il pluralismo di un paese che va dalla Mitteleuropa al Mediterraneo, che comprende Merano e Pantelleria e che quindi dà luogo certamente ad una serie di manifestazioni sociali e culturali estremamente disparate. Per questa rappresentazione del pluralismo è stata organizzata dal disegno di legge 2961 in maniera del tutto abnorme in quanto le Regioni sono state collocate - per quanto riguarda il diritto di accesso - prima delle confessioni religiose e dopo i sindacati e i partiti, quasi che per il governo le Regioni fossero delle associazioni di cittadini o di lavoratori o di fedeli e non piuttosto delle articolazioni costituzionali dello Stato.
Quindi mi pare che le Regioni debbano anzitutto affermare questo concetto: che il pluralismo organizzativo della riforma dovrà collocare le Regioni per quanto loro compete, allo stesso livello degli altri organi costituzionali dello Stato.
Dicevo prima che la sintesi che in questa mozione si fa delle sentenze 225 e 226 è, a mio avviso, piuttosto parziale. Mi spiego brevemente. Quando nella vecchia sentenza del 1960 fu riconosciuto alla diffusione circolare dei messaggi radiotelevisivi il carattere di servizio pubblico di interesse generale che è stato richiamato dal Consigliere Besate, fu anche affermato che l'utilità generale giustificava il regime di monopolio pubblico per motivazioni tecniche, cioè per la scarsità di onde elettromagnetiche per cui il regime libero sarebbe fatalmente predestinato quanto meno all'oligopolio. Dobbiamo quindi ricordare che, mentre vi è una concordanza generale sul fatto che la trasmissione dei messaggi radiotelevisivi sia un servizio pubblico di interesse generale, d'altra parte sui fatto che sussistano ragioni tecniche che predestinino l'oligopolio vi è oggi una notevole discordanza, la quale non è stata dissipata dal parere tecnico che il Consiglio Superiore delle Telecomunicazioni ha consegnato all'avvocatura dello Stato e questa ha trasmesso alla Corte Costituzionale come documento preparatorio delle sentenze del luglio scorso.
Per non tediare ulteriormente i colleghi, mi limito a riprendere il tema forse più attuale che è stato richiamato anche nell'intervento che mi ha preceduto, delle televisioni via cavo, le quali erano state oggetto di un provvedimento restrittivo compiuto dal Ministero delle Poste attraverso un'interpretazione quanto meno esorbitante della delega a suo tempo ricevuta dal Parlamento. Ora la Corte Costituzionale, pur consentendo, come si dice nella mozione, che l'installazione e l'esercizio delle stazioni via cavo siano disciplinati da un regime di autorizzazione amministrativa, è stata però molto esplicita (mentre la mozione lo è assai meno, come dirò) nell'escludere questo tipo di trasmissioni dalla riserva statale, anzi, ha rintracciato proprio nel citato parere del Consiglio Superiore delle Telecomunicazioni, un argomento a sostegno della tesi della liberalizzazione.



BESATE Piero

No.



ZANONE Valerio

Si, caro collega. Il Ministero aveva infatti prospettato alla Corte Costituzionale, nel suo parere, il rischio che, lasciando le emittenti televisive via cavo ad un regime di libera iniziativa privata, questo desse...



BESATE Piero

No, per la dimensione locale la riserva statale dice che è legittima non la TV via cavo.



ZANONE Valerio

Televisioni via cavo che hanno - se me lo consentirai cercherò di esporlo - delle dimensioni locali perché quella è la loro dimensione economica, se no la TV via cavo è anche quella della RAI-TV che trasmette da Roma a Torino con un cavo coassiale.



BESATE Piero

Difatti la mozione parla di dimensioni locali.



ZANONE Valerio

Ed è a quelle a cui io mi riferisco.
Il pericolo di una proliferazione eccessiva di queste stazioni televisive via cavo di dimensioni locali, è stato addotto dal Ministero proprio a sostegno della necessità di una disciplina da parte dello Stato ma la Corte Costituzionale ha anche osservato che se vi è questo rischio di una proliferazione eccessiva di iniziative, cade, per la contraddizione che nol consente, il pericolo dell'oligopolio che è alla base della riserva allo Stato e quindi si impone il principio della liberalizzazione Qual è stata la scelta costituzionale compiuta dalla Corte? E' stata quella di esaminare il problema non alla luce dell'art. 43 della Costituzione che riserva allo Stato le attività di interesse pubblico suscettibili di regime di monopolio, ma di esaminarlo invece in base all'art. 41 che stabilisce la liberta dell'iniziativa economica privata.
Oggi vi sono stazioni televisive via cavo che, sfruttando un certo volontarismo, riescono a funzionare ad un costo di trasmissione oraria inferiore, mi pare, alle centomila lire e che in sostanza funzionano con un bilancio annuo assimilabile a quello di un medio periodico. Per cui non è fuori luogo prospettare l'eventualità, in un prossimo futuro, che queste emittenti, raccogliendo quella pubblicità locale che ovviamente sfugge al circuito nazionale della Radiotelevisione di Stato, possono raggiungere un'effettiva autosufficienza economica.
E' chiaro che per il momento le iniziative portate avanti in questo settore sembrano piuttosto ispirate da gruppi che hanno interesse ad una certa sperimentazione del mezzo, tuttavia noi non possiamo fermare la nostra attenzione a fatti di esclusivo rilievo casistico e dobbiamo porre il problema che sembra realistico - così almeno si è dichiarata la Corte Costituzionale - della possibilità che questo tipo di emissioni abbia una sua autosufficienza economica. Mi chiedo allora come si concili tutto questo ordinamento che la Costituzione ha stabilito per quanto riguarda ad esempio il settore delle trasmissioni televisive via cavo e che ancora nelle interruzioni di poco fa del Consigliere Besate dice essere recepito nel testo di questa mozione, con il rinvio alla legge di iniziativa della Regione Lombarda che, se non vado errato, mantiene invece una riserva allo Stato e alle Regioni di tutti i tipi di trasmissioni televisive. Ancora poco fa il Consigliere Besate ha parlato di una riserva totale, se ho bene inteso.
Mi meraviglia, che su questa mozione firmata dal Gruppo comunista e dal Capogruppo DC si siano fatte da parte del suo primo illustratore osservazioni che definiscono ad esempio famigerata la relazione dell'esimio prof. Quartulli e della Commissione da lui presieduta. Anche qui non si tratta di fare la difesa d'ufficio della relazione Quartulli, ma se questa relazione va riveduta in un certo modo, è anche perché essa parte da un esame del problema che è sostanzialmente superato proprio dalle sentenze della Corte Costituzionale poi intervenuta. La relazione Quartulli, non dimentichiamolo, partiva dall'affermazione che la sola alternativa è fra monopolio statale e monopolio privato; affermazione che i fatti tecnici successivi, le sentenze della Corte Costituzionale, gli orientamenti che oggi prevalgono in molti ambienti ci inducono a voler rivedere. Con questo è ben chiaro che per noi il punto centrale del dibattito sulla riforma resta quello di una corretta gestione della riserva statale che in ogni caso resterà preminente nel settore e che deve giustificarsi in base a quegli obiettivi di imparzialità e di partecipazione che sono stati esattamente definiti nella sentenza della Corte. Per queste ragioni, per una certa ambiguità che si ravvisa nel testo, per il momento politico in cui questa mozione viene posta in votazione, non avendola sottoscritta dichiaro che il Gruppo liberale si asterrà dalla votazione.



PRESIDENTE

La parola al Consigliere Vera.



VERA Fernando

A nome del mio Gruppo ho aderito alla mozione presentata dal collega Besate ritenendo che il problema che essa sottolinea, le Regioni e in specie la Regione Piemonte debbano portarlo all'attenzione dell'opinione pubblica e delle autorità di governo. Con questo dimostro che contrariamente a quanto molti pensano, non esiste difficoltà da parte di un esponente socialista democratico di porre la sua firma accanto a quella di un esponente del Gruppo comunista quando i problemi che vengono sollevati trovano una comune convergenza. Non è una questione di schieramenti, come dice La Malfa, ma di contenuti.
Abbiamo aderito (con alcune valutazioni interpretative dell'ordine del giorno che mi permetterò successivamente di esporre) perché riteniamo che la Regione sia in una situazione di informazione, come è stato più volte rilevato, che non sempre permette agli organi regionali un contatto immediato, preciso e documentato con l'opinione pubblica; è vero che il Consiglio Regionale, la Giunta, la Regione, hanno degli organi di stampa però possono toccare un numero limitato di cittadini e comunque una categoria molto politicizzata di cittadini, mentre la grande massa dell'opinione pubblica che viene quotidianamente informata dai mass media non hanno la possibilità di raggiungerla. Come molte volte abbiamo dichiarato, vediamo invece nella TV una possibilità di contatto con l'opinione pubblica al Consiglio Regionale e alle autorità locali.
Uno dei problemi sottolineati dalla mozione è quello che riguarda la TV via aria nei confronti della quale, recependo quello che è lo spirito delle sentenze della Corte Costituzionale, si chiede una maggiore possibilità di accesso da parte di tutte le varie correnti di pensiero e anche un decentramento, che è proprio quello che dovrebbe consentire alle Regioni di usufruire di questo mezzo.
Per questo ritengo che sarebbe stato forse meglio recepire alcuni punti molto bene esplicitati nella mozione votata a conclusione del convegno forze politiche - Regioni - sindacati di fronte all'imminente riforma del monopolio RAI-TV, tenutosi l'11 e 12 ottobre scorso a Milano. Probabilmente sono impliciti nella mozione presentata al Consiglio Regionale piemontese però vorrei che il recepimento dello spirito di alcune delle impostazioni contenute nella mozione lombarda fosse dichiarato nel momento in cui il Consiglio Regionale vota questo ordine del giorno. E mi riferisco particolarmente ai punti b) e c) del comma due della mozione lombarda: il punto b) chiede la garanzia di accesso per tutte le articolazioni e le espressioni democratiche della società, politiche e civili, affinché sia favorita la più ampia partecipazione popolare alla direzione pubblica. E' vero che anche noi al punto due, ripetendo le parole della Corte Costituzionale, diciamo che il monopolio pubblico deve essere inteso e configurato come necessario strumento di allargamento dell'area di effettiva manifestazione della pluralità delle voci presenti nella nostra società, però mi pare che al successivo punto tre non sia portato avanti abbastanza il discorso di accesso di tutte le voci, non soltanto, come detto oltre, sul piano dei programmi culturali, ma sul piano di tutti i programmi della televisione e faccio particolare riferimento ad un episodio che si è verificato recentemente, quello di un piccolo movimento non rappresentato politicamente nel Parlamento ma con una sua vitalità, quale il Partito radicale. Credo tutti conoscano le polemiche avvenute sulla esclusione del Partito radicale su un tema che questo movimento aveva particolarmente e sensibilmente sostenuto, quello del divorzio. Quindi non vorrei che si volesse sì un certo allargamento della partecipazione, ma non sul piano di una liberalizzazione a tutte le voci, bensì una parcellizzazione partitocratica dei programmi che evidentemente non è quello che noi vorremmo.
La lettera c) del punto due della mozione lombarda chiede (e non mi pare sia chiesto esplicitamente nella nostra) l'organizzazione decentrata della struttura produttiva della RAI-TV che valorizzi il ruolo e la responsabilità dei lavoratori dell'azienda nel contatto diretto ed autonomo con la realtà locale; il che in modo molto esplicito rappresenta proprio l'esigenza da noi sottolineata di una presenza e di un contatto, di una partecipazione all'elaborazione dei programmi da parte delle autorità regionali.
Esiste infine la questione della TV via cavo. La mia interpretazione del punto 5) è quella che, con una normativa che regoli i particolari tecnici dell'utilizzazione di questo tipo di informazione, non venga tuttavia concussa la libertà di informazione e di espressione e che non si creino altri monopoli, forse non di carattere statale, ma di carattere regionale o comunque locale e che questo mezzo, proprio per le caratteristiche tecniche che ne consentono facilmente l'accesso a gruppi di cittadini, sia lasciato su un piano di estrema liberalizzazione.
L'interpretazione che dava il Consigliere Besate di questo punto mi pare fosse leggermente difforme dalla mia, gradirei che fosse chiarito in quanto mi pareva invece che il Consigliere Besate rivendicasse una riserva di carattere locale, alla televisione, sottraendola a quel gioco della libertà di manifestazione del pensiero e della iniziativa economica che alla fine del punto 5) è detto volersi sostenere. Se l'interpretazione è quella che io colgo e che ritengo quella democraticamente corretta, non esistono da parte nostra difficoltà a votare la mozione nel suo complesso.
Se la interpretazione fosse invece quella che ho sentito fare dal Consigliere Besate, allora la nostra approvazione rimarrebbe con questa riserva sul punto 5).



PRESIDENZA DEL VICEPRESIDENTE FASSINO



PRESIDENTE

Ha chiesto di parlare il Consigliere Curci, ne ha facoltà.



CURCI Domenico

Signor Presidente, inizierò con una considerazione alla quale il nostro Gruppo attribuisce una certa importanza: è la prima volta che in questo Consiglio Regionale si parla della Radiotelevisione in un modo così ampio e in una maniera così solenne. Precedentemente se ne era parlato in modo quasi accidentale.
Da questa considerazione discende un rilievo: noi sappiamo che le forze politiche rappresentate in quest'aula hanno in sé la capacità di richiedere, a norma di regolamento e di imporre col peso della loro forza politica, dei dibattiti e delle discussioni sugli argomenti che ad esse più stanno a cuore. Ne abbiamo avuto varie esperienze anche in occasione di discussioni puramente accademiche quando non addirittura demagogiche. Mai però finora era stati richiesto, da parte di tali forze politiche, un dibattito sulla radiotelevisione. Eppure si tratta di un problema sul quale l'opinione pubblica nazionale di tutti i settori pone degli interrogativi trattandosi del più grave problema della formazione dell'opinione pubblica in Italia. Se malgrado ciò mai si è parlato della televisione in questo Consiglio, e un chiaro sintomo che in realtà, da parte di tali Partiti, non si voleva che si giungesse prima di oggi a questo dibattito.
Perché vi si giungesse, infatti, è stata necessaria la forte pressione effettuata dai dipendenti della RAI-TV alle cui insistenze evidentemente il Gruppo comunista non ha potuto sottrarsi.
E questo perché proprio a questi Partiti, dal Partito comunista a quello democristiano, l'attuale tanto deprecata gestione della televisione stava abbastanza bene, perché essi infatti sono penetrati all'interno dell'organismo radiotelevisivo per cui praticamente se ne sono impossessati e gestiscono con un condominio coperto, ma efficacissimo, anche se mascherato, questo determinante strumento di formazione e di orientamento dell'opinione pubblica nazionale. Questo dibattito, signor Presidente della Giunta, si svolge esattamente a due anni di distanza da quel convegno sulle Regioni e riforma della RAI-TV che si svolse a Napoli al quale lei, allora Presidente del Consiglio, io ed altri Consiglieri regionali appartenenti alle diverse parti politiche, partecipammo. In quel convegno, lei ricorderà, signor Presidente della Giunta, vi fu una nota concorde: quella dell'unanimità delle critiche, delle accuse e del dissenso nei confronti della RAI-TV. Si giunse da parte di tutti a questa considerazione negativa: che la RAI-TV così com'era organizzata ed impostata, nella sua strutturazione, nella sua composizione di organi dirigenti ed anche di personale, nel sistema di reclutamento del suo enorme personale non poteva andare avanti.
Sono trascorsi due anni durante i quali la concessione è stata più volte prorogata. Viene fatto di chiederci quale sia stato il motivo per cui due anni or sono tutte le Regioni insorsero contro la RAI-TV in un modo così corale. Quale fu quindi il motivo per il quale vi fu questa protesta? Quello della non rispondenza della RAI-TV alle condizioni essenziali perch questo servizio pubblico potesse considerarsi legittimo alla stregua del nostro ordinamento giuridico, della nostra Costituzione e della stessa concessione fatta inizialmente dal Governo.
La sistematica deformazione cioè, della verità storica che questo organismo di formazione dell'opinione pubblica e di trasmissione delle informazioni dava e dà nell'esercizio delle sue funzioni. Questa faziosità assoluta, la violazione continuata dei principi della obiettività e dell'imparzialità che la Corte Costituzionale in ripetuti suoi interventi aveva posto proprio come condizione che potesse legittimare questa abnorme situazione di monopolio di un servizio di informazione al quale dovrebbero trovare accesso, per i dettati tassativi degli artt. 21 e 49 della Costituzione, tutti i cittadini e tutti i gruppi sociali. Questa era la situazione fotografata allora dal convegno. In quel convegno vi furono poi anche delle altre accuse riguardanti la scarsa qualità della produzione televisiva, il progressivo decadimento di questa produzione e questa scarsa qualità possiamo constatarla ancora ogni giorno nell'unanime senso di disagio, di fastidio che pervade l'opinione pubblica e la massa dei telespettatori italiani.
In quel convegno furono sottolineate ancora, dalla nostra parte politica, la permanenza e anzi l'intensificazione di una spinta materialistica in tutta la produzione televisiva italiana, con la distorsione in senso materialista classista, di una certa sotterranea predicazione dell'odio, anche per quei documenti e quelle trasmissioni che non avevano nulla a che vedere con queste impostazioni e che venivano distorte e presentate nelle loro sfumature per la particolare prospettiva prescelta, in modo tale da sottolineare determinati aspetti, a tutto discapito dell'obiettività della trasmissione. Fu sottolineata soprattutto dalla nostra parte politica, la parzialità delle informazioni ed il mancato accesso di tutte le fonti e partì interessate.
Questa mancanza di obiettività rappresenta una violazione della Costituzione ed in particolare dell'art. 3 che stabilisce l'eguaglianza fra tutti i cittadini, eguaglianza che come la Corte Costituzionale ha ripetuto in varie sue sentenze e decisioni, si riferisce non soltanto ai singoli cittadini, ma ai gruppi sociali ed agli organismi creati per rappresentare i cittadini in campo politico, sindacale e culturale.
Vi è poi la violazione dell'art. 21 in base al quale tutti hanno il diritto di manifestare il proprio pensiero e quindi il diritto di accedere al mezzo televisivo.
Infine va tenuto presente l'art. 49, per cui i cittadini hanno diritto di associarsi in Partiti per concorrere a determinare la politica nazionale; ma quando lo strumento più valido, più efficace, più diffuso più incisivo, proprio al fine della determinazione della politica nazionale, qual è appunto lo strumento radiotelevisivo, viene tenuto in regime di monopolio e quindi riservato solo a taluni gruppi politici, viene in pratica sottratto agli altri cittadini l'esercizio di questo fondamentale diritto che condiziona l'intero ordinamento oligopolitico assolutamente in contrasto con l'impostazione ed i principi della nostra Costituzione.



PRESIDENTE

La parola al Consigliere Calsolaro.



CALSOLARO Corrado

Signor Presidente, signori Consiglieri, il Gruppo socialista esprime il proprio convincimento sulla opportunità di un voto del Consiglio Regionale che riconfermi la posizione della Regione in merito alla riforma della Rai Tv e al ruolo che le Regioni devono assumere nel quadro della riforma. E' un voto non disgiunto dalla preoccupazione per quanto potrà accadere dopo il 30 novembre se, come appare abbastanza probabile o facilmente prevedibile, entro tale termine il provvedimento per la riforma organica dei servizi radio-televisivi non verrà esaminato ed approvato dal Parlamento. Riesce infatti veramente difficile pensare che il Parlamento possa approvare una riforma che per intanto fonda i suoi presupposti su di un progetto che è stato praticamente cassato dalla sentenza n. 225 della Corte Costituzionale.
Progetto che, frutto di un laborioso e faticoso compromesso fra i Partiti della compagine governativa, non soddisfa le condizioni minime necessarie affinché il nuovo assetto del monopolio non riproduca i vizi del passato e diventi invece uno strumento al servizio della comunità.
Condizioni minime che devono prevedere che gli organi direttivi dell'ente televisivo non rappresentino in via esclusiva o preponderante il potere esecutivo; che i giornalisti televisivi siano garantiti giuridicamente da ogni forma di pressione politica; che sia limitata la pubblicità televisiva per non danneggiare la stampa quotidiana, e quindi la liberta di stampa che il diritto di accesso sia il più esteso possibile e sia regolato imparzialmente; che sia, infine, garantito il diritto di rettifica anche del singolo cittadino.
Nella "miniriforma" la preponderanza del potere esecutivo dell'ente che è il vero organo direttivo, in quanto dotato dei poteri di gestione, è molto evidente. Non vi sono norme per la tutela della professione giornalistica all'interno della TV; non ci sono chiare norme limitative della pubblicità; il diritto di accesso è regolato in modo da creare le condizioni per possibili discriminazioni; non vi è cenno del diritto di rettifica.
In secondo luogo c'è il problema delle Regioni. Il lavoro culturale politico e giuridico da esse svolto a partire - se vogliamo fissare un punto di inizio per così dire "storico" - dal Convegno di Napoli dell'ottobre 1972 è stato chiaramente riconosciuto dalla sentenza della Corte Costituzionale.
Un lavoro che ha avuto la prima rilevante conclusione con la presentazione al Parlamento della proposta di legge per la riforma organica della Rai-Tv. Questa proposta di legge risponde all'esigenza di una televisione non solo rispettosa delle specifiche norme dettate dalla Corte ma anche ancorata saldamente ai principi di una informazione libera e pluralistica.
Di questa proposta di legge, le forze politiche ed il Parlamento dovranno tener conto: è nostra opinione che la legge di riforma della RAI TV non potrà discostarsi di molto dal progetto delle Regioni, se vorrà avere chiari connotati di legittimità costituzionale.
In terzo luogo, il ruolo delle Regioni non può esaurirsi in un contributo alla legge di riforma. Esse dovranno essere in qualche misura protagoniste dell'attuazione della riforma. Da questo punto di vista la collocazione data alle Regioni dal progetto governativo è inaccettabile. In esso le Regioni sono del tutto assenti dalla direzione dell'ente, il che è in contrasto con la logica delle conclusioni della Corte. La designazione dell'organo direttivo della Rai da parte delle assemblee elettive non pu restringersi al solo Parlamento: i Consigli Regionali sono un'articolazione del potere legislativo dello Stato, e quindi hanno titolo per essere presenti sullo stesso piano del Parlamento.
Ci sono i problemi della Tv cavo e delle relative concessioni, quindi dei poteri delle Regioni in materia.
Pur ridimensionati l'euforia e l'entusiasmo che parlavano di costi ridotti per questo tipo di impianto, ci troviamo di fronte al rifiuto che la Federazione della TV via cavo ha fatto delle proposte delle Regioni di intervenire con un'azione di coordinamento nel settore, e che ha dato una sua interpretazione particolare della sentenza della Corte.
Da ciò deriva la necessità che prioritariamente, e in ogni caso simultaneamente alla legge di riforma, si provveda alla disciplina della TV cavo, se non si vuol portare al limite di rottura e di autodistruzione sia il monopolio sia l'intero sistema informativo del Paese, con una radicale riduzione, contrariamente a quanto ha ritenuto di affermare la Corte, dei margini di libertà dell'informazione pubblica.
La crisi del settore dell'informazione e un momento centrale della grave crisi politica che travaglia il Paese.
Di questa centralità si sono rese perfettamente conto le Regioni. O si riesce a far passare un certo tipo di riforma democratica e pluralistica, o si è perduta un'occasione fondamentale per il rinnovamento democratico.
Punto di riferimento di una riforma che difenda il monopolio è la sentenza della Corte Costituzionale, che, riconfermandolo, ne ha per dichiarata illegittima l'attuale forma di gestione. I socialisti non chiedono nulla di più, ma neanche nulla di meno, di ciò che la Corte ha indicato come indispensabile per dare legittimità al monopolio.
Le Regioni e i Sindacati hanno più volte confermato l'intesa sui contenuti essenziali, la cui realizzazione costituisce l'unica via per non dare agli avversari del monopolio lo strumento per rimetterlo in discussione anche giuridicamente fra qualche tempo, dopo averlo ulteriormente logorato. Una gestione dell'azienda in cui l'esecutivo sia in significativa minoranza e la maggioranza sia derivata dalle Assemblee elettive (Parlamento e Regioni); un potere di indirizzo generale e di controllo affidato al Parlamento; una organizzazione dell'azienda pluralistica, autonoma, decentrata; un diritto di accesso aperto a tutte le forze vive che si esprimono nel Paese.
Sulla base di questa volontà politica è possibile trovare i modi concreti per attuare e rendere irreversibile il processo di riforma democratica della Rai-Tv.
Il documento finale approvato il 12 ottobre dal Convegno organizzato a Milano dalla Regione Lombarda, contiene, quale indicazione di fondo, una profonda modificazione del documento Restivo, in coerenza con la sentenza della Corte Costituzionale e sulla base delle proposte unitarie avanzate dalle Regioni e dai Sindacati.
E' un documento che ci trova pienamente consenzienti e sul quale è opportuno che anche il nostro Consiglio assuma una posizione chiara. Lo stesso documento invita, testualmente, tutti i Consigli Regionali ad adottare le iniziative più efficaci per stimolare gli organi responsabili dello Stato all'approvazione tempestiva della riforma.
In questo quadro, pertanto, le iniziative politiche operative individuate al punto 5 del documento ci sembrano di urgente accoglimento: e cioè la richiesta per l'approvazione della legge di riforma entro il 30 novembre, con la conseguente ed immediata ripresa - immediatamente, e nonostante la crisi di Governo - dei lavori parlamentari sulla materia; la partecipazione della nostra Regione, con le altre Regioni, ad una azione di pressione sulle forze politiche, ad ogni livello, interessate ad una riforma democratica della Rai-Tv; uno stretto collegamento con il movimento sindacale: mentre esprimiamo il nostro pieno appoggio ai lavoratori impegnati nella lotta per il decentramento delle strutture, riteniamo essenziale l'apporto dei sindacati, coinvolti con le Regioni, nella proposta di rinnovamento della politica dell'informazione.
La riforma deve fare delle Regioni le cogestrici del potere radio televisivo. Ciò corrisponde allo spirito della pronuncia della Corte Costituzionale; ad un effettivo decentramento dei servizi d'informazione ad una concezione autenticamente pluralistica dello Stato democratico; ad una effettiva partecipazione della collettività, nelle sue diverse forze di espressione, alla gestione della cosa pubblica.
Il progetto elaborato dalle Regioni corrisponde in pieno, a nostro avviso, a queste esigenze, ed a questo disegno il Gruppo socialista dà la sua completa e convinta adesione.
In rapporto alla mozione presentata dai colleghi Berti, Bianchi e Vera ritengo di dover prospettare l'opportunità di un collegamento con la mozione votata nel Convegno Regioni e Sindacati (il convegno di cui parlavo prima, organizzato dalla Giunta Regionale lombarda), si è svolto senza la partecipazione della Regione Piemonte, perché, se "l'Avanti!" dice il vero ad esso partecipavano, oltre alla Lombardia, la Campania, il Veneto, la Valle d'Aosta, le Puglie, la Toscana, l'Abruzzo e l'Emilia-Romagna.



PRESIDENTE

Devo obiettarle che eravamo presenti.



CALSOLARO Corrado

La Regione si può considerare presente ad un Convegno se vi intervengono suoi Consiglieri, non semplici funzionari.



PRESIDENTE

Abbiamo già spiegato anche in altra sede che, essendo giunto l'invito soltanto il giorno prima, abbiamo avuto la possibilità, dati altri impegni già assunti, di mandare soltanto dei funzionari.



CALSOLARO Corrado

Ribadisco comunque il concetto che si possono considerare rappresentanti della Regione, almeno a mio avviso, soltanto i Consiglieri i membri della Presidenza e i membri della Giunta, non i funzionari. Per cui continuo a considerare assente la Regione Piemonte da quel Convegno. A mio avviso, dunque, la mozione che è stata presentata deve essere coordinata con la mozione approvata nel Convegno di Milano, che mi sembra affronti anche il nodo politico della questione, e nella sua globalità il problema, e quindi evidenzi appieno la posizione delle Regioni a fronte della riforma della Rai-Tv e della informazione del nostro Paese.



PRESIDENTE

Ha chiesto di parlare il Consigliere Bianchi. Ne ha facoltà.



BIANCHI Adriano

Signor Presidente, ripeto in questa sede una osservazione già fatta in una riunione dei Capigruppo: questi dibattiti reiterati, ripresentati in termini ed in momenti vari danno una sensazione di inutilità o di intempestività, che a volte si avverte in modo accentuato. Comunque, il mio sereno giudizio è che, in questo momento, quanto meno l'approvazione di questo ordine del giorno ci consente di formulare due auspici: quello fondamentale e principale è che la crisi di Governo trovi corretta e sollecita soluzione, il secondo è che, nell'ambito di tale soluzione questo problema, che non è di poco conto, trovi esso pure tempestiva soluzione. Già nel corso delle trattative - molto trasparenti, direi - sui temi fondamentali per la costituzione di un nuovo Governo, mi è sembrato che questo problema non fosse al centro dei dissensi fondamentali, e quindi che si fosse determinata già un'ampia convergenza delle forze politiche che si consultavano per la costituzione del Governo. Noi auspichiamo che questa convergenza, in corretta interpretazione delle indicazioni della Corte Costituzionale, in aperto ed ampio accoglimento delle sollecitazioni che sono venute dalle Regioni, che hanno dibattuto questo problema in modo approfondito, reiterato, consultandosi con le realtà periferiche, giunga alla risoluzione della questione tanto vessata.
L'ordine del giorno dice, in sostanza, che le indicazioni fondamentali fornite dalla Corte Costituzionale coincidono anche con le valutazioni fondamentali che le Regioni hanno espresso sulla definizione da dare a questo servizio pubblico, sul significato che ha il monopolio, sui modi di garantire il pluralismo informativo, sui modi di garantire l'accesso a questo fondamentale e straordinario strumento di comunicazione, di formazione, di cultura, ed infine sul ruolo che le Regioni devono avere a garantire non solo la presenza in un momento in cui si articola il nuovo Stato così importante, ma anche a garantire in concreto il pluralismo culturale e la sufficiente rappresentazione della realtà nazionale.
Io non credo che l'esigenza del monopolio radiotelevisivo nel nostro Paese discenda principalmente da valutazioni di ordine tecnico: credo che il giudizio sulla realtà sociale, economica, politica, culturale del nostro Paese indichi il monopolio, se oggettivamente inteso, se correttamente gestito, anche sotto il profilo economico; anche sotto il profilo della utilizzazione delle risorse e delle energie, come il mezzo più atto ad assicurare una autentica, effettiva pluralità di informazione, una compresenza delle varie componenti, una obiettività e vastità e completezza di informazione. In questo quadro trovano evidentemente collocazione tutti i problemi, anche dei rapporti tra i programmi e la pubblicità, lo spazio il peso, il significato della pubblicità, secondo le implicazioni che altri colleghi hanno ricordato. Intendendo in questo senso il significato che il monopolio deve avere, intendendo in questa direzione anche le cautele che devono essere adottate nei confronti delle manifestazioni minori locali dell'uso di questi strumenti, io esprimo il voto favorevole del mio Gruppo auspicando per me, e per i colleghi, che si sia chiamati, se mai, altra volta a discutere di questi problemi nella fase più direttamente operativa costruttiva, creativa di questo strumento in compresenza delle decisioni per la riforma o nella fase della sua articolazione e della sua realizzazione.



PRESIDENTE

Non ho altri iscritti a parlare, né mi sono pervenuti altri documenti.
Vorrei chiedere al Consiglio, pertanto, se posso procedere a mettere in votazione la mozione che mi è stata presentata all'inizio della seduta.
Chiede di parlare il Consigliere Berti. Ne ha facoltà.



BERTI Antonio

Signor Presidente, non sono del tutto d'accordo con il Consigliere Bianchi ed il Consigliere Zanone circa l'intempestività di questo nostro dibattito. Certo, le nostre discussioni hanno sempre la caratteristica di apparire in certi momenti anche tediose. Tuttavia, se è vero, come è vero che quello della Rai-Tv è uno dei nodi che stanno alla base, oltre a tanti altri di carattere anche più politico, di formazione di questo Governo pare a me non sia sbagliato fare il dibattito per questo motivo, ma anche per un dovere preciso che noi ci siamo assunti nell'assemblea che abbiamo avuto in via Maria Vittoria con i rappresentanti dei lavoratori in lotta, i quali ci sono venuti a chiedere il pronunciamento anche della Regione Piemonte, che vuoi per cause obiettive, come nell'ultimo caso, ma in un certo senso anche per responsabilità di carattere soggettivo, non era presente all'ultimo pronunciamento che le Regioni hanno assunto, e quindi era importante assumerlo adesso, affinché le forze politiche che stanno componendo il Governo sappiano che il problema della Rai-Tv si deve risolvere in questo modo. Se pertanto il voto che stiamo per esprimere è importante, come a me sembra, io solleciterei un voto unitario. Pare a me che se una componente importante come quella del PSI non ha apposto la sua firma, bisogna fare il possibile per ottenerla. Se ho ben capito, le osservazioni, i "distinguo" del Gruppo PSL non sono diversi nel merito dai contenuti della riforma, ma attengono proprio ad una posizione che è valida anche se è assunta e collocata in un contesto politico che per altri Consiglieri è servito per dire: non è opportuno che ci pronunciamo adesso.
Cioè, noi ci pronunciamo adesso, mentre c'è la crisi di Governo, e quindi la nostra mozione non può non fare riferimento anche a questo.
Mi sembra quindi giusta l'osservazione che ha fatto il Consigliere Calsolaro, riprendendo, del resto, il documento di tutte le Regioni e dei Sindacati di Milano, in cui c'è un periodo in cui si accenna al fatto che è in questo contesto che occorre pronunciarsi. Non soltanto, ma c'è un invito ad Presidente della Camera, in quel documento, a convocare la Commissione se ben ricordo, anche in periodo di crisi. Quindi - e mi rivolgo agli altri Gruppi -, se - fermo rimanendo il contenuto delle proposte che qui sono espresse nella mozione - si possono aggiungere due di quelle questioni che sono state qui richieste dal Consigliere Calsolaro, potremmo, credo arrivare ad un voto unitario, che senza cambiare alcunché del contenuto del documento, lo colloca in un contesto politico certamente più valido.
Se agli altri Gruppi politici questa nostra richiesta sembra giusta ed opportuna, potremmo fare una breve sospensione della seduta, per trovare sollecitamente un accordo, e poi votare.



PRESIDENTE

Non vi sono opposizioni alla richiesta? La seduta è allora sospesa per qualche minuto. Convoco i Capigruppo ed il Presidente della Giunta.



(La seduta, sospesa alle 17.25 riprende alle 17.40)



PRESIDENTE

La seduta riprende.
Nella riunione dei Presidenti dei Gruppi si è precisato ulteriormente il documento presentato all'inizio, così che questo ha poi trovato l'adesione anche del Gruppo socialista.
Al fondo, ove si legge: "Rilevata la piena aderenza della proposta di legge delle Regioni scaturita unitariamente dal Convegno di Napoli ottobre 1972 ai principi espressi dalla Corte Costituzionale, ne riconferma la validità", si è concordato di aggiungere: "La Giunta esprime il proprio consenso alla linea scaturita dal Convegno di Milano del 12/10/14".
Un'altra precisazione vorrebbe fosse inserita il Presidente della Giunta, avv. Oberto: al punto 5, ove si dice: "Le TV cavo a dimensione locale, quando queste non assumono posizioni di monopolio o di oligopolio vanno disciplinate con norme" aggiungere: "anche regionali", in quanto egli osserva che se si dà, nel quadro della riforma, la potestà anche alle Regioni, evidentemente deve essere anche con normativa regionale. Giudichi il Consiglio anche in rapporto a questa ulteriore aggiunta. Non vi sono difficoltà ad accettare questo testo così modificato? Il Consigliere Calsolaro lo condivide ed è disposto a sottoscriverlo? Allora, lo invito ad apporre la sua firma. Il documento ha così trovato l'adesione anche del Gruppo del PSI.
Qualcuno desidera fare dichiarazioni di voto prima che io ponga in votazione la mozione di cui ho dato lettura all'inizio, integrata con il richiamo al Convegno di Milano e con la precisazione richiesta dal Presidente della Giunta, avv. Oberto, che le norme siano anche di carattere regionale? Chiede di parlare il Consigliere Vera. Ne ha facoltà.



VERA Fernando

Poiché una parte delle osservazioni che avevo fatto nel mio intervento sono state rimosse con l'inserimento del richiamo al Convegno di Milano dove appunto alcuni di tali rilievi erano stati recepiti dagli intervenuti vorrei far presente, in rapporto all'altra questione che avevo sollevato quella riguardante la Televisione via cavo, che noi diamo il voto con la interpretazione che quello che dev'essere assicurato è il rispetto della manifestazione di pensiero e dell'iniziativa economica. Ha fatto osservare il collega Zanone, in aula prima e poi nella riunione dei Capigruppo, che per la verità, la proposta di legge delle Regioni approvata dal Convegno di Napoli contiene un punto che parrebbe mettere in dubbio questa libertà, ove si fa riserva, per quanto riguarda la Televisione via cavo, allo Stato e alle Regioni. Noi riteniamo che questo punto della proposta di legge regionale sia superato dalla sentenza della Corte Costituzionale: quindi la nostra approvazione di quella proposta di legge tiene conto di questo elemento e non è certo diretta ad approvare una norma che è ormai incostituzionale.



PRESIDENTE

Chiede di parlare il Consigliere Gandolfi. Ne ha facoltà.



GANDOLFI Aldo

Volevo precisare anch'io che la mia adesione alla mozione è nei limiti che sono già stati indicati dal Consigliere Vera, che cioè una eventuale regolamentazione della TV via cavo deve rispettare le indicazioni del resto contenute nella sentenza della Corte Costituzionale e comunque deve mantenere ampia libertà e di attività imprenditoriale e di espressione. In questo senso intenderei anche un eventuale riferimento ad una normativa regionale, in quanto riterrei estremamente pericolose normative regionali fra loro differenti: ci dovrebbe essere eventualmente una normativa nazionale molto chiara e la normativa regionale dovrebbe riferirsi ad aspetti più meramente di carattere amministrativo.



PRESIDENTE

La parola al Consigliere Simonelli.



SIMONELLI Claudio

E' una questione solo di forma, ma mi pare che al quinto punto della mozione, dove si parla delle TV via cavo, si presti ad equivoco di interpretazione l'espressione: "Le TV via cavo a dimensione locale, quando queste non assumano posizione di monopolio o di oligopolio, vanno disciplinate con norme anche regionali". E quelle che assumessero posizione di monopolio o di oligopolio non verrebbero controllate? Si direbbe che ce ne disinteressiamo.
Bisognerebbe adottare una formulazione più precisa, che tolga ogni dubbio in proposito



GARABELLO Enzo

Basterebbe cancellare l'inciso: "Quando queste non assumano posizione di monopolio o di oligopolio".



SIMONELLI Claudio

E' meglio limitarsi a dire: "Le TV cavo a dimensione locale vanno disciplinate con norme...".



BESATE Piero

Quelle parole sono riprese di sana pianta dalla sentenza della Corte Costituzionale. Quando si tratta di situazioni che possono configurare monopolio od oligopolio, infatti, la sentenza della Corte Costituzionale fa riserva dello Stato, perché non è che si disinteressi lo Stato, nella sentenza della Corte Costituzionale, della TV cavo: la TV cavo è anche nazionale, è anche regionale, interregionale, e quindi non ha solo dimensioni locali. Però nelle dimensioni locali possono anche configurarsi situazioni di monopolio, ed allora è evidente che la riserva è dello Stato e mi pare che abbia ragione il Presidente della Giunta a suggerire proprio per quanto è detto anche nelle leggi di iniziativa delle Regioni "anche regionali".



SIMONELLI Claudio

Allora, cancelliamo l'inciso.



PRESIDENTE

La dizione risulterebbe: "Le TV cavo a dimensione locale vanno disciplinate con norme, anche regionali, che salvaguardino gli interessi pubblici che in varia guisa possono entrare in gioco, nel rispetto della liberta di manifestazione del pensiero e di iniziativa economica".
Chiede di parlare il Consigliere Zanone. Ne ha facoltà.



ZANONE Valerio

Desidero confermare, signor Presidente, che la nostra astensione su questa mozione è principalmente motivata da una contraddizione del testo: non si può nel medesimo testo manifestare la doverosa adesione del Consiglio Regionale alle sentenze della Corte Costituzionale, la quale ha specificamente trattato l'ipotesi dell'oligopolio e delle concentrazioni conseguenti agli impianti cavo ed ha stabilito una esplicita equiparazione di queste ipotesi con il regime attualmente in atto nel settore della stampa quotidiana e periodica; attività - sono le precise parole della sentenza - che "nessuno osa pretendere di riservare allo Stato", e poi stabilire la piena aderenza della proposta di legge delle Regioni con la sentenza della Corte Costituzionale, quando la proposta di legge delle Regioni si apre con un art. 1 che per l'appunto stabilisce la riserva allo Stato ed alla Regione delle Televisioni via filo.
Quindi, siamo di fronte ad un caso palese di contraddizione del testo che deriva dal tentativo di accomunare due indirizzi politici difformi.
Potrà essere anche recepibile l'interpretazione del collega Vera e del collega Gandolfi che, essendo la proposta di legge delle Regioni anteriore nella sua redazione, alla sentenza 226, quando essa verrà in discussione nel Parlamento verrà emendata per le parti che sono ormai cadute per palese illegittimità costituzionale, ma allora non parliamo, cari colleghi, di piena aderenza ad una proposta di legge il cui primo articolo è già sospettato di illegittimità costituzionale.



PRESIDENTE

Abbiamo già spiegato che nel testo si fa richiamo esplicito alla sentenza della Corte Costituzionale, esprimendo consenso alla linea in essa seguita. Esso è certo suscettibile di correzioni rispetto a questo, tanto è vero che è già stata modificata l'espressione "fa propria" in "esprime consenso" per quei punti che non risultino in contrasto. Il testo è già stato emendato più volte attraverso l'apporto di tutte le forze politiche.
Penso di poterlo finalmente porre in votazione.
Chi intende approvarlo è pregato di alzare la mano.
E' approvato a maggioranza.


Argomento: Programmazione e organizzazione sanitaria e ospedaliera

Esame proposta di legge n. 161 relativa all'istituzione e regolamentazione dei Comitati sanitari e sociali di zona (seguito)


PRESIDENTE

Nella scorsa seduta, data l'ora tarda e l'importanza degli argomenti, si erano rinviati ad oggi il punto terzo: "Costituzione Comitato regionale sui problemi della commercializzazione e del consumo".
E il punto quarto: "Esame proposta di legge n. 161 relativa alla 'Istituzione e regolamentazione dei Comitati sanitari e sociali di zona'".
Se il Consiglio non ha nulla in contrario comincerei con il porre in esame il punto quarto. Darei per primo la parola al Presidente della Giunta, che mi pare desideri fare qualche dichiarazione al riguardo.



OBERTO Gianni, Presidente della Giunta Regionale

La Giunta ha esaminato nella seduta di questa mattina, quasi appositamente convocata, il complesso di quanto emerso nella discussione della passata riunione, in ordine essenzialmente a due problemi, che hanno formato oggetto di discussione piuttosto ampia ed anche animata.
Per quello che si riferisce al criterio di zonizzazione dei servizi sanitari, la Giunta, attraverso il suo Presidente, confermando quanto il Presidente aveva detto a titolo personale, riconferma la precisa e tassativa volontà di attenersi a questa norma, procedendo con tutta la possibile rapidità al completamento di questo elemento di zonizzazione, da presentare a suo tempo all'esame del Consiglio per le decisioni che in proposito, e per quanto di competenza del Consiglio, dovranno essere adottate.
Ritengo che questa presa di posizione ferma indichi chiaramente il pensiero politico, la volontà politica della Giunta in questa direzione.
Per allontanare ogni ombra di dubbio la Giunta si è impegnata ad esaminare con la massima rapidità possibile questa soluzione, in maniera da non frapporre ulteriore indugio alla soluzione del problema stesso, con la presentazione all'esame del Consiglio.
Per quanto si riferisce alla nomina del Comitato, che è stata sollecitata, e che è richiesta da una tassativa disposizione di legge precisamente l'art. 20 del decreto legge 8 luglio '74, n. 386, la Giunta conformemente a quanto avevo avuto occasione di dichiarare, conferma la precisa volontà di passare immediatamente alla nomina della Commissione stessa, assumendo entro la settimana, e cioè nella prossima riunione di Giunta, che è prevista per martedì, l'impegno a presentare una regolare delibera con l'indicazione dei nomi che comporranno questo Comitato, in modo da sottoporre la delibera stessa all'approvazione del Consiglio, cioè presentare al Consiglio la designazione di questi nomi.
Il discorso si era allora molto ampliato. Si era cioè detto: vero che l'art. 20 finalizza la costituzione di questo Comitato al raggiungimento di scopi precisi, che sono quelli di un coordinamento dell'attività degli enti mutualistici, dei lavoratori autonomi e dipendenti, con la programmazione regionale e con l'attività degli enti ospedalieri; aggiungendo che il Comitato è nominato dalla Regione, per cui, seguendo quella che io ritengo sia una corretta interpretazione di una norma statutaria nostra, che afferma che quando vi possano essere delle indeterminazioni circa la competenza particolare e specifica, sia da intendersi che il termine Regione equivale a Consiglio Regionale, la Giunta, adempiendo alle proprie funzioni, presenterà al Consiglio la proposta per la scelta di alcuni nomi che il Consiglio approverà o disapproverà.
Si era detto, ricordavo, che era opportuno allargare i compiti e le competenze di questo art. 20 in relazione a quanto dispone un disegno di legge al quale avevamo fatto largo riferimento, l'art. 8, che prevede l'istituzione del consiglio sanitario regionale. Questo è indubbiamente altra cosa: il Comitato esprime la sua attività, il suo parere, i suoi giudizi, ha la facoltà di proposta nella direzione del problema particolare "sistemazione mutue"; il consiglio sanitario regionale, invece, è un organo consultivo e di proposta alla Regione in materia sanitaria, cioè nel complesso della materia, nella interezza della materia.
E' stato tuttavia rilevato da parte di qualche Consigliere regionale che, in attesa che questo disegno di legge si trasformi in legge, non sembrerebbe inopportuno, per non perdere ulteriormente tempo, che si facesse qualche cosa che sia idonea a prefigurare nella realtà concreta quello che dovrà diventare una realtà concreta e giuridica ad un tempo, di cui all'articolo 8 di questo disegno di legge.
La Giunta ha portato tutta la sua attenzione a questo problema ed è arrivata alla determinazione unanime di nominare, e di proporre al Consiglio per la nomina, il Comitato di cui all'art. 20, di presentare in quella sede di approvazione, prestissimo, anche il proprio avviso sulla opportunità, già ritenuta, che il Comitato, senza snaturare l'essenza e la struttura, che è quella legislativa e che non potrebbe essere diversamente strutturata, costituisca in embrione quel consiglio regionale di sanità che è previsto dall'art. 8, in modo che, eventualmente integrato - e questo dovrà promanare e dalla volontà della Giunta e dalla espressione dell'organo specifico, Assessorato alla sanità, e dal Consiglio stesso - da qualche altro elemento, in maniera che possa, questa funzione, distanata da quella fondamentalmente legata alla norma di legge, dare alla Regione quel tanto di proposta in materia sanitaria di carattere generale che possa soddisfare anche le esigenze partecipative del Consiglio all'Assessorato alla sanità e all'organo di Governo regionale.
Queste sono le conclusioni alle quali all'unanimità la Giunta è addivenuta questa mattina, nella convinzione che, così chiarite le cose, si possa procedere innanzi, e procedere rapidamente, perché già nella seduta di Giunta di martedì la delibera di proposta di nomina concreta verrà presentata, e pertanto nella seduta successiva di giovedì il Consiglio potrà essere investito delle decisioni.



PRESIDENTE

Ha chiesto di parlare il Consigliere Berti. Ne ha facoltà.



BERTI Antonio

Svolgendo i nostri interventi nella seduta precedente avevamo, fra le altre cose, fatto alcune proposte, che tenevano conto della particolare situazione politica generale ed anche del particolare tipo di discussione che su queste cose si svolge in Consiglio Regionale del Piemonte.
Rinunciando, al fine di condurre una politica costruttiva, cioè di ottenere dei risultati di costruzione di una politica, e non soltanto di avere dei "no" o dei "sì" - a speculare su un eventuale "no" alla proposta di legge di Settimo della maggioranza, eravamo interessati a che i punti tutti o in parte, di quella proposta di legge venissero accettati e avevamo proposto alla Giunta di decidere su cinque questioni.
La prima era indubbiamente quella del Comitato. Noi attribuiamo una grande importanza al Comitato, in quanto esso può, se bene organizzato cioè se esiste la giusta volontà politica, segnare, diciamo così, l'inizio di un modo diverso di operare nella politica sanitaria. E quindi siamo interessati alle proposte, all'impegno che adesso il Presidente della Giunta si è assunto circa la formazione di questo che io però chiamo già consiglio sanitario. Perché devo rilevare che l'impegno del Presidente della Giunta, per quanto più preciso che nella seduta precedente soprattutto nella seconda parte, contiene ancora alcuni elementi di genericità, comprensibili dato lo stato di disaccordo che pare esistere nella stessa maggioranza, visto che l'altra volta aveva detto di essere d'accordo a titolo personale per il consiglio sanitario, mentre oggi che ha portato il parere della Giunta lo ha fatto ancora in termini di studio.



OBERTO Gianni, Presidente della Giunta Regionale

Io parlavo di consiglio mai del nome, che non sarebbe possibile mutare perché si andrebbe contro la legge, che parla di Comitato.



BERTI Antonio

Lei sa quale passione io ponga in queste questioni. Parlo a titolo personale anche per spiegare al Consiglio certi stati di insofferenza che finiscono con lo sfociare in atti certamente riprovevoli, di cui mi scuso di fronte al Consiglio, ma che, a ben vedere, sono fondatamente motivati.
Chi invece che alla superficie delle cose, agli atti esteriori, guarda alla sostanza, e giudica soprattutto quello che si esprime in rapporto alla sostanza delle cose, al di là degli aspetti formali, e quindi non si scandalizza tanto di questi quanto di quelli che stanno a monte di questi atteggiamenti, si sarà reso conto che nella situazione politica in cui siamo c'è uno stato di insofferenza, che io non so chi può non sentire, mai possibile che nessuno provi insofferenza, che nessuno si senta ribollire qualcosa dentro nel vedere la situazione generale del Paese precipitare sempre più? Tutto sta andando a catafascio, non si riesce a formare un Governo, e si richiedono proposte precise. Questa insofferenza - certo, è anche questione di carattere - è comprensibile che possa ogni tanto esplodere, quando, soprattutto in una materia come questa della sanità sulla quale nel nostro Consiglio Regionale non si è mai riusciti ad approdare a risultati concreti, almeno per quanto riguarda il rapporto fra le proposte dell'opposizione e le proposte della maggioranza.
Di fronte ad una proposta che è ancora generica, mirante a prender tempo a tempo, a rimandare, io credo si possano anche tollerare e capire certe insofferenze.
In questo senso, quella di proporre un consiglio sanitario, non è, mi si consenta, una grossa questione, e sono ormai numerose le Regioni che l'hanno fatto, anticipando la riforma sanitaria. Non mi pare che questo possa essere un ostacolo serio alla gestione di questa Giunta, di questo Consiglio Regionale.
E allora, a me non sembra giusto fare la distinzione netta fra il Comitato previsto dall'art. 20 e funzioni diverse più politiche, che questo potrebbe assolvere se fosse debitamente integrato. E' una questione di volontà politica. Insomma, il dilemma è ancora sempre questo: vogliamo il settore della sanità - e abbiamo dei precedenti, l'ho detto l'altra volta e lo ripeto. Questa mattina, in II Commissione, abbiamo unanimemente approvato, salve alcune modifiche, le proposte per istituire un Comitato politico di gestione della politica dei trasporti. Il nodo è ancora e sempre quello: vogliamo andare ad un Consiglio sanitario che consenta una partecipazione alla formazione delle decisioni della Giunta? In tal caso si possono fare due Comitati: quello previsto dall'art. 20 della legge 386 e un altro Comitato del tipo di quello che si fa per i trasporti, che si fa per i prezzi. Il che, in parole povere, vuol dire soltanto attingere contributi all'esterno per arrivare alla formazione delle decisioni, che poi è un elemento fondamentale della nostra politica, anche dal punto di vista del nostro Statuto. Non vogliamo fare due Comitati, che naturalmente finirebbero con l'avere le stesse persone che si spostano dall'uno all'altro? Mi sembra giustissimo: facciamone uno solo. Allora, per diciamo chiaramente che facciamo un consiglio sanitario. Perché anche l'assegnare allo stesso Comitato previsto dall'art. 20 una funzione specificamente tecnica mi sembra un errore: la gestione della politica delle mutue non è un fatto tecnico.
Lei, oggi pomeriggio, avv. Oberto, ci ha invitati ad approvare rapidamente, possibilmente entro il 7 novembre, le quattro leggi proposte dalla Giunta proprio per l'applicazione della 386. Io affermo qui che se queste leggi - che non ho ancora avuto modo di leggere, avendole avute solo oggi - ci dimostrano che la Giunta intende gestire la 386 con il contributo delle forze politiche interne ed esterne, in modo cioè democratico, per usare un termine che fa capire molto bene le cose, le leggi passano rapidamente. Ma se noi ci ritroviamo ancora di fronte ad una gestione che tende a concentrare in un'unica direzione la gestione della politica sanitaria occorrerà più tempo, perché noi chiameremo le forze esterne a dire la loro su queste questioni. Ho voluto precisare questo perché anche chi non partecipa alle nostre riunioni di Commissione - che spesso sono più interessanti anche del Consiglio Regionale -, e quindi non conosce i termini esatti del confronto, dello scontro, delle ripetizioni dei "no" dei "ni" ecc. ecc., possa comprendere come ad un certo punto si possa anche esplodere.
Io la invito, signor Presidente, a sciogliere questo nodo: noi chiediamo che si faccia il consiglio sanitario, che la Giunta, quando presenterà la deliberazione per l'attuazione del disposto dell'art. 20, lo faccia con una proposta integrata. E' molto difficile accogliere questa richiesta? Si tratta di una posizione politica. In questo momento io non posso che prendere atto della sua dichiarazione, a cui ho aggiunto ancora qualcosa, nella speranza - mi rivolgo ancora e sempre alla maggioranza che si voglia riflettere su questo elementare obiettivo politico della Regione Piemonte, che può forse segnare una svolta nel modo in cui noi affrontiamo questo settore. La seconda questione era quella dei Comitati.
Qui c'è un impegno. Io devo aggiungere, signor Presidente, che un impegno a costituire i Comitati di zona nel senso proposto da alcune elaborazioni della Giunta è una base di partenza che può essere assunta solo se - e questo mi sembra fuor di dubbio, ma non l'ho sentito dichiarare - sarà poi possibile a tutte le forze del Consiglio contribuire con gli apporti specialistici che ognuno dei loro componenti è in grado di portare in questa direzione. Perché, ripeto, la zonizzazione non si programma semplicemente prendendo la carta geografica e dividendola in tante zone: la zonizzazione è programmazione dell'intervento, e quindi occorrono apporti di tipo diverso. Noi, quindi, accettiamo l'impegno che lei qui ha preso a nome della Giunta, fermo rimanendo però che le proposte che saranno passate alla Commissione devono - e noi lo proporremo - ottenere i contributi specialistici che noi pensiamo essere indispensabili affinché la proposta stessa abbia tutti i caratteri di organicità e di programmazione che essa deve avere. Ricordo ancora che la proposta di Settimo aveva un altro punto non meno importante: quello della formazione dei Comitati sanitari, che sono organismi di gestione democratica, di cui abbiamo valutato i limiti ed anche le potenzialità. I limiti sono certamente quelli dovuti al fatto che l'attuale struttura sanitaria non consente di assegnare molti poteri a questi Comitati, e noi siamo d'accordo. Ma i vantaggi sono intanto di creare strumenti di partecipazione alla formazione di una coscienza sanitaria che nel nostro Paese è così indispensabile, ottenibile appunto costituendo, invitando, sollecitando la gente in questi Comitati di zona in questi Comitati sanitari, ad assumersi le responsabilità, se volete anche sul piano soltanto della responsabilizzazione politica, dei contenuti e dell'apporto che questi possono dare alla formazione, nei quartieri nelle zone interessate, appunto di una coscienza sanitaria e di preparazione ai futuri compiti delle Unità sanitarie locali. Lei su questo punto non ha detto niente, ha lasciato il problema aperto.
Infine, vi sono altre due questioni proposte dalla legge di Settimo che noi abbiamo fatto nostre. Una è quella della gestione delle unità di base recuperando quel rapporto con i Comuni che a noi è parso essere vacillante, e comunque disatteso. Su questo non si dice niente: dobbiamo quindi ritenere che siamo fermi alle dichiarazioni dell'Assessore della seduta precedente, il quale affermava che la Giunta opera nello spirito di quella delibera, e di fronte a questo non resta che lo scontro, perché non c'è conciliabilità. Prendiamo atto di questo, e diremo ai lavoratori, ai Sindacati, che non si sposta niente rispetto al modo in cui si vogliono gestire queste unità di base. Infine, il problema delle deleghe, le quali pur nei limiti che sono stati descritti nella seduta precedente, possono tuttavia emergere come manifestazione di volontà politica. L'invito è quindi, per non fare delle questioni demagogiche, rendendoci ben conto che i poteri, fino a quando ci sono le mutue, i Consigli d'amministrazione negli ospedali, sono piuttosto limitati, a che sia assegnata alla IV Commissione, naturalmente con la presenza dell'Assessore, il compito di fare uno studio dei decreti delegati, per vedere che cosa è possibile delle funzioni che i decreti delegati danno alle Regioni, assegnare a Comuni singoli, ma, cosa più importante, a consorzi di Comuni ed a Comunità montane. In questo senso proponiamo uno studio per arrivare a stabilire a ragion veduta che tipo di delega è possibile conferire come manifestazione di volontà politica. Cogliamo, in definitiva, nella dichiarazione del Presidente della Giunta, la risposta, una più precisa, l'altra meno, a due delle questioni proposte; per le altre non c'è stata alcuna risposta. Noi non chiederemo il voto alla maggioranza, perché non ci interessa il suo "no": chiediamo che la legge, naturalmente, ritorni in Commissione, e chiediamo l'impegno di tutte le forze democratiche, dei Gruppi più democratici del Consiglio, ad operare perché quei contenuti, su cui non si è risposto oggi, possano avere anche essi un loro sviluppo ed infine una loro concretezza.



PRESIDENTE

Ha chiesto di parlare il Consigliere Fassino. Ne ha facoltà.



FASSINO Giuseppe

Senza ritornare su quanto già il Gruppo liberale aveva espresso nella seduta scorsa, dichiaro che noi Consiglieri liberali concordiamo sulla prima parte delle comunicazioni del Presidente, là dove egli, richiamandosi all'art. 20 della legge 386, conferma la precisa volontà della Giunta di passare celermente alla nomina del Comitato, d'altronde in applicazione di una legge; ci riserviamo invece il giudizio sulla seconda parte, che indicheremo quando il Presidente della Giunta ci vorrà dire che cosa in concreto intende fare.
Desidero unicamente ricordare che per quanto concerne la seconda parte delle dichiarazioni ci si richiama ad un progetto di legge. Ora, applicare una legge va benissimo: ma il fatto che ci si riferisca ad un progetto di legge e si vogliano applicare i suoi dettami ancor prima che esso diventi legge ci lascia molto perplessi e ci fa dubitare della legittimità costituzionale della promessa fatta dal Presidente. Ci riserviamo comunque di pronunciarci in proposito quando il Presidente della Giunta ci avrà più approfonditamente informati.



PRESIDENTE

Chiede di parlare Consigliere Garabello. Ne ha facoltà.



GARABELLO Enzo

Visto che prendono la parola i vari Consiglieri intervenuti nel precedente dibattito, ritengo opportuno sintetizzare a mia volta il mio punto di vista rispetto alle dichiarazioni del Presidente della Giunta.
Prendo atto con soddisfazione delle dichiarazioni circa il Comitato di cui all'art. 20. Vorrei dire che nel mio intervento avevo però proposto - e mi pare che, tutto sommato, non ci si sottragga a questa logica nella risposta del Presidente - che questo Comitato dell'articolo 20 andasse al di là dei compiti meramente formali, peraltro importanti e gravi, secondo me, della legge per quanto riguarda le mutue.
Se non vado errato, il Presidente ha fatto presente la possibilità di integrare questo Comitato. Io vorrei rilevare che oggi la Regione, in particolare la Giunta Regionale, per i compiti che la legge e lo Statuto le assegnano, ha motivo di mettersi le mani nei capelli - l'abbiamo già detto nell'altra seduta - al pensiero di quello che recenti provvedimenti di legge le impongono di fare, con scarsi strumenti e con pochi.



OBERTO Gianni, Presidente della Giunta Regionale

Senza quattrini.



GARABELLO Enzo

Ora, ritengo che sia fondamentale, in un quadro come questo, che la Giunta ricerchi responsabilmente il massimo di adesione a quello che fa.
Quindi, la creazione del Comitato di cui all'art. 20, che ha funzioni formali rispetto alla legge, in applicazione della legge, ritengo possa costituire un concreto passo avanti. Per parte mia, ripeto quanto ho detto l'altra volta: deve avere contenuto politico, oltre che amministrativo.
In merito alla zonizzazione, prendo atto delle dichiarazioni. Io ho detto che esiste un progetto, che è a mani della Giunta: portiamolo avanti discutiamolo, spezzettiamolo, modifichiamolo ma avrei delle esitazioni a ricominciare daccapo: preferisco che si operi su qualche cosa che è certamente perfettibile, che però diventa un elemento concreto per affrontare il problema. In merito non aggiungo altro.
Qualcuno mi ha rimproverato, dopo il mio intervento, di aver abbandonato i Comitati di zona al loro destino. Voglio precisare il mio pensiero. Io avevo detto - e lo ha sottolineato anche stasera Berti - che in questo quadro di carenza di legislazione - quando i Comitati di zona rischiano di non avere funzioni gestionali ispirate ad un avanzamento del quadro sanitario nazionale e regionale: il fatto che avessero solo pochi compiti, o comunque compiti molto difficili da intravedere, mi faceva sorgere dubbi. Ecco, non correggo il mio punto di vista; però lo vorrei integrare in questo senso: i Comitati di zona sono un passo avanti quando esiste la zonizzazione, e allora possono essere considerati contenuto della zonizzazione. Quindi, non soltanto, giustamente, una carta geografica con qualche allegato, ma anche contenuti di gestione che potremo definire per il momento politica, augurandoci che presto diventi anche amministrativa.
In questo senso, senza dimenticare il quadro legislativo in cui ci troviamo, che è insoddisfacente, insufficiente, vediamo le cose con una prospettiva concreta: mentre vanno avanti le zone possono andare avanti anche i Comitati, individuando quei compiti di promozione che possono avere ed evidentemente, gradualmente, anche certi compiti di gestione. E veniamo da ultimo, alle unità di base. Il Presidente non ne ha parlato. Io avevo fatto presente la volta scorsa...



OBERTO Gianni, Presidente della Giunta Regionale

Ne aveva parlato amplissimamente l'Assessore.



GARABELLO Enzo

In effetti, ne aveva parlato l'Assessore Armella. Dicevo che il Presidente non ne ha parlato in questa circostanza. Che anche di fronte ai lavoratori io avevo sostenuto qualche volta un punto di vista che avevo sentito esprimere dall'Assessore, che vi fosse difficoltà d'intesa fra l'Assessorato e i Sindacati, in quanto i Sindacati, che hanno richiesto la deliberazione, poi, a detta dell'Assessore, non aderiscono ad un approfondimento concreto in sede operativa di questo discorso. Non so quanto questo sia esatto agli effetti strettamente storici: io comunque chiederei ancora alla Giunta che se vi è questo inciampo, almeno un tentativo serio, nonostante che per svariate ragioni non si sia potuto addivenire ad incontri già prefissati, lo faccia per dimostrare la propria buona volontà, richiamando ancora Sindacati ad un dibattito su questo problema, eventualmente avendo presente anche, ad esempio, la IV Commissione, o una sua rappresentanza, al fine di approfondire al massimo possibile il discorso, per renderlo comprensibile, eventualmente, anche a chi è all'esterno. Io credo che sia un fatto di responsabilità, che non ci sia la possibilità di ammettere sulla stessa cosa due versioni contrastanti. E' bene che ad un certo momento, anche se si dovesse prendere atto - io mi auguro di no - della difficoltà di un rapporto collaborativo questo venga però fuori da un dibattito molto chiaro, molto approfondito in cui nessuno tenti di nascondersi dietro il dito. In questo senso quindi, parzialmente soddisfatto delle dichiarazioni che sono state fatte delle cose dette, ed augurandomi che quelle non dette siano per sostanzialmente accolte, ringrazio per l'attenzione.



PRESIDENTE

Non ho alcun altro Consigliere iscritto a parlare. Mi pare che la conclusione potrebbe essere questa: in base ai chiarimenti che ha fornito il Presidente, la proposta di legge potrebbe ritornare in Commissione, in attesa di essere ulteriormente rivista e precisata nei suoi contenuti.
Se nessuno ha argomenti da opporre, si tornerà in Commissione, con i chiarimenti che sono stati dati.


Argomento: Commercio - Comitati Provinciali Prezzi

Costituzione del Comitato regionale sui problemi della commercializzazione e del consumo (seguito)


PRESIDENTE

Punto terzo dell'ordine del giorno: "Costituzione Comitato regionale sui problemi della commercializzazione e del consumo".
La discussione in proposito è già avvenuta nella scorsa seduta. Erano rimasti da precisare alcuni contenuti della deliberazione.
Vedo che c'è un emendamento, presentato dai Consiglieri Menozzi e altri, con il quale si chiede che i tre rappresentanti dei produttori agricoli designati dall'Associazione facciano parte senza soluzione di continuità del Corecom. I presentatori intendono mantenerlo?



OBERTO Gianni, Presidente della Giunta Regionale

Direi che sarebbe meglio adottare una denominazione diversa per questo Comitato, per non farlo già nascere male.



PRESIDENTE

Chiamiamolo semplicemente Comitato, rinunciando alle sigle abbreviative.
L'Assessore Conti ha chiesto di fare alcune dichiarazioni. Penso sia opportuno ascoltarlo per primo, poiché ci permetterà di sintetizzare al massimo questo prosieguo di discussione in quanto coloro che interverranno in rappresentanza dei Gruppi potranno tener conto di ciò che egli preciserà.
Poiché non vi sono obiezioni da parte di alcuno a questo ordine dei lavori, darei la parola all'Assessore Conti.



CONTI Domenico, Assessore al commercio

Signor Presidente, signori Consiglieri, prima di presentare gli emendamenti accettati ed anche proposti dalla Giunta, mi sia consentito come risposta al dibattito consiliare, richiamare l'attenzione di tutto il Consiglio su alcuni aspetti fondamentali della proposta di deliberazione che tra poco sarà posta in votazione. Essa rappresenta una risposta alla volontà del Consiglio espressa con precedenti ordini del giorno ed anche con il voto favorevole dato al programma di questa Giunta. Si tratta di una risposta data anche alle ulteriori sollecitazioni provenienti da membri del Consiglio e dai membri della VII Commissione competente, espressa proprio all'inizio della attuale sessione dei lavori consiliari.
La proposta di deliberazione che la Giunta presenta nasce da un lungo travaglio per fronteggiare in qualche modo gli ostacoli dovuti alla rilevante carenza legislativa nazionale ed alle conseguenti ripercussioni nell'ambito della struttura burocratica regionale. In ogni caso, con la proposta relativa alla costituzione del Comitato regionale per i problemi della commercializzazione e del consumo, la Giunta si propone, in primo luogo, di promuovere, anche in riferimento alla razionalizzazione del sistema commerciale regionale, quella che non può non essere l'espressione fondamentale di una vita democratica, vale a dire la possibilità dell'incontro, del dialogo, del confronto tra gli operatori più direttamente interessati, sia pubblici che associati.
Proprio per non pregiudicare con una normativa precostituita una realtà partecipativa che deve ancora potersi esprimere per poter poi essere coordinata, anche in base all'esperienza acquisita, si è preferito il ricorso alla semplice deliberazione.
Tale deliberazione dà luogo e mezzo, in via sperimentale, alla partecipazione democratica anche per il settore commerciale. Cosicché, in mancanza di esperienze acquisite che potessero suggerire strutturazioni ed articolazioni più funzionali, si è preferito, semplicemente, riunire le rappresentanze di tutti gli operatori direttamente interessati. La efficienza e la funzionalità democratica comportano una esigenza all'origine di confronto generale, in forza della quale ritrovare e confermare anche su di un piano funzionale ed istituzionale la distinzione e la differenza dei ruoli e delle responsabilità nella prospettiva del bene comune e collettivo a cui ogni componente deve concorrere e finalizzarsi.
La funzionalità non soltanto efficientistica ma altresì democratica del Comitato è riposta nella capacità delle sue varie componenti, certamente numerose e non omogenee, di non indulgere ad ottiche e logiche particolaristiche contrarie alla sostanza politica della partecipazione democratica, e di collocare i propri interventi nel rispetto dello Statuto regionale che insieme alla partecipazione democratica afferma altresì il diverso ruolo dello Stato, della Regione, degli Enti locali, delle formazioni sociali e delle associazioni di categoria.
La Giunta, pur essendo consapevole che per rispondere in modo soddisfacente alle attese della comunità regionale anche per il settore commerciale e in ordine al ruolo di rappresentanza politica e di programmazione propria della Regione sia essenziale una riforma legislativa globale, più volte auspicata e richiesta, che conferisca alle Regioni poteri normativi ed operativi chiari ed adeguati, in concorso con i poteri centrali dello Stato, nell'attesa ritiene di non doversi sottrarre alle sollecitazioni che le sono pervenute.
La gravità della crisi economica che colpisce soprattutto i lavoratori ed i ceti popolari, determinata dallo squilibrio della bilancia commerciale e dall'inflazione, alla quale peraltro concorre in maniera sensibile la stessa arretratezza del nostro sistema distributivo, esigono che si mobilitino comunque tutti gli apporti e le energie disponibili. Se è vero che la politica commerciale è in primo luogo una politica nazionale, la Regione non può non fare quanto le è possibile per sollecitarla e per prepararsi in qualche modo a partecipare. Per queste considerazioni, oltre che per quelle che facilmente si possono derivare dalla natura stessa del Comitato, la cui costituzione è proposta dal Consiglio, la Giunta rileva l'esigenza di un consenso e di un apporto democratico il più possibile ampio, affinché possano essere validamente affrontati e superati i rilevanti ostacoli che si frappongono al conseguimento di risultati significativi in materia di una programmazione e ristrutturazione commerciale capace di operare un giusto contenimento dei prezzi e di assicurare la piena tutela del consumatore.



PRESIDENTE

Chiede di parlare il Consigliere Zanone. Ne ha facoltà.



ZANONE Valerio

Per dichiarazione di voto.
Mi pare che questa proposta di deliberazione sollevi un problema di carattere generale quando giustifica l'istituzione di questo Comitato come una necessità della partecipazione democratica. Fermo il principio che la partecipazione democratica ci trova tutti concordi, è da stabilire se essa debba organizzarsi attraverso organi istituzionali permanenti di questo tipo o in altre forme. Ricordo, ad esempio, che quando si discusse in questo Consiglio, nelle sue primissime fasi, lo Statuto della Regione, il nostro Gruppo aveva ventilato la possibilità di costituire una Consulta regionale per i problemi economici e sociali che fosse un organo consultivo permanente della Regione, più o meno con funzioni analoghe a quelle richiamate nella relazione dall'Assessore Conti.
Quella proposta cadde perché la maggioranza del Consiglio Regionale si orientò verso l'opportunità che la partecipazione si attuasse in altri modi, cioè principalmente attraverso una consultazione diretta articolata flessibile, con le istanze economiche e sociali di volta in volta interessate all'esame dei singoli problemi. In questo caso mi pare si debba porre anche il problema di ciò che avverrebbe se per tutte le molteplici questioni di competenza regionale si andasse ogni volta a costituire un organo composto di una trentina o una quarantina di rappresentanti di associazioni, di categorie e di sindacati che sia l'interlocutore permanente non più della Regione nel suo complesso, ma, come in questo caso, di un singolo Assessorato. A me pare che questo tipo di strumento abbia una sua validità quando viene ad esso attribuita una funzione tecnica estremamente precisa e quando, quindi, i suoi compiti sono molto esplicitamente di carattere operativo. Se invece esaminiamo la relazione e il testo di questa deliberazione vediamo che l'istituendo Comitato per il commercio avrà il compito di esprimere pareri, promuovere studi, e interverrà in materia di prezzi interessando la struttura ed i meccanismi di formazione dei medesimi, cioè avrà delle funzioni alquanto nebulose, che non hanno quella precisione tecnica che dovrebbe avere, a mio avviso l'organo consultivo di un Assessorato. D'altra parte, il fatto che questo organismo possa funzionare con una certa efficienza (a parte l'eventualità del suo costo, per l'indennità contemplata nella primitiva formulazione che ora vedo essere stata soppressa), mi pare messo in forse dal criterio della sua costituzione, che è un criterio molto rappresentativo ma proprio per questo molto esteso.
Queste perplessità, che prospettiamo qui anche come anticipazione di casi analoghi che dovessero porsi per la costituzione di organi consultivi di altri Assessorati, ci inducono ad astenerci dall'approvazione di questa deliberazione.



PRESIDENTE

Chiede di parlare il Consigliere Carazzoni. Ne ha facoltà.



CARAZZONI Nino

Signor Presidente, colleghi, questa nostra sarà una dichiarazione di voto che varrà anche ad anticipare ed a chiarire la posizione che assumeremo in ordine ai diversi emendamenti qui presentati.
La proposta di delibera al nostro esame configura, per così dire, la costituzione di un Comitato sulle cui possibilità d'azione e sulla cui efficacia operativa ci sembrano essere legittime molte perplessità, le più rimarchevoli delle quali discendono e dalla sottolineatura della competenza limitatissima che la Regione ha nella materia e dalla constatazione del numero dei componenti che, salvo errori ed omissioni, come è bene precisare, dovrebbero risultare all'incirca una quarantina.
Che non si tratti di perplessità accademiche ci pare lo abbia dimostrato la stessa relazione illustrativa svolta nella precedente seduta dall'Assessore Consigliere Conti, il quale, pur con molti appelli, alla fiducia ed al coraggio, tuttavia non ha potuto fare a meno di riconoscere che, senza una opportuna revisione della legislazione vigente, la materia si presta ben poco a spazi operativi per la Regione, né ha potuto fare a meno di ammettere che l'attività del Corecom, se così si vorrà continuare a chiamarlo, risulterà forzatamente ed inevitabilmente macchinosa.
Ed allora sembra a noi che non ci si debba nascondere dietro il classico dito, e che valga la pena di dichiarare, al di là delle presentazioni ovattate e addomesticate che qui sono state fatte di questa iniziativa, che il Consiglio Regionale sta soltanto per dar vita ad un nuovo ente, un ente dal funzionamento complesso, dalle finalità velleitarie, dalle iniziative e dalle impostazioni demagogiche.
Confermano queste impressioni gli stessi criteri di scelta che sono stati seguiti per giungere alla composizione del Comitato e che lasciano facilmente prevedere che questo Corecom sarà condizionato nella propria attività da ben precise influenze partitiche di sinistra, soprattutto esercitate attraverso le rappresentanze sindacali che ne costituiscono la maggioranza. In sostanza, si tratta di un altro grazioso regalo che viene fatto all'opposizione comunista, dalla quale era partita (occorre ricordarlo e sottolinearlo) la richiesta iniziale di questo Comitato.
Richiesta che, come abbiamo veduto fare in molteplici altre occasioni, la maggioranza accetta passivamente, così addossandosi la responsabilità di mettere in piedi un altro "baraccone" inutile e demagogico, oltre che pesantemente costoso. Perché noi, contrariamente al collega Zanone, che ritiene si possa attribuire una importanza forse soltanto secondaria a questo aspetto del problema, pensiamo che sia invece da sottolineare anche e soprattutto il costo di questo ente, in quanto, pur essendosi esclusi nell'ultima versione i gettoni di presenza, siamo certi che continueranno ad essere presenti e retribuiti gli esperti e continueranno ad essere a carico del bilancio regionale tutti gli altri organi di funzionamento del Corecom.
Alla luce di tutte queste considerazioni, il voto della Destra Nazionale non può essere che motivatamente contrario.



PRESIDENTE

Chiede di parlare il Consigliere Ferraris. Ne ha facoltà.



FERRARIS Bruno

Faccio conto, per brevità, che l'Assessore abbia già svolto le sue considerazioni in merito agli emendamenti, e dico pertanto che noi non siamo del tutto soddisfatti del modo in cui sono state accolte le osservazioni critiche e le proposte di emendamento che abbiamo presentato.
La nostra opinione è che la formazione di questo Comitato, che è indubbiamente una grande conquista, un organismo atteso dalle categorie interessate, un organismo che potrà indubbiamente assolvere una funzione importante (ciò dipenderà, naturalmente, da molti apporti), resti in gran parte non del tutto coerente alla realizzazione delle sue finalità.
Finalità, obiettivi, linee di intervento di cui il conseguimento e l'attuazione sono resi urgenti dalla gravità della situazione politica ed economica, sui quali da anni la Giunta della Regione Piemonte ha dichiarato di impegnarsi senza però concretamente approdare ad iniziative.
D'altra parte, da quelle osservazioni agli emendamenti noi deduciamo la intenzione fondamentale dell'Assessore: questo organismo dovrà essere, in ogni caso, almeno per un certo periodo, sperimentale. Persuasi di ciò, noi senza evidentemente sciogliere le riserve che abbiamo sollevato, ci sentiamo di dare voto positivo, con il proposito di riaprire la discussione su questo problema non appena questo periodo di sperimentazione avrà chiarito se il Comitato potrà svolgere utilmente la sua funzione rimanendo così come è stato congegnato, o se vi è l'esigenza di una diversa strutturazione perché l'organismo possa assolvere i compiti per i quali giustamente noi l'avevamo proposto oltre un anno fa e per i quali questa nostra proposta era stata accettata dalla maggioranza e presentata nella versione che tutti conosciamo da parte della Giunta.
Approfitto ancora dell'occasione per dire che all'immediato insediamento di questo Comitato occorrerà far seguire gli adempimenti relativi agli altri impegni, e particolarmente quello della presentazione e della discussione in Consiglio sulla legge per gli interventi di carattere finanziario a favore dell'associazionismo e della cooperazione di consumo.



PRESIDENTE

Chiede di parlare il Consigliere Franzi. Ne ha facoltà.



FRANZI Piero

Mi trovo nell'ingrata necessità di dover fare la dichiarazione di voto essendo al tempo stesso proponente di un emendamento.
Il mio Capogruppo mi ha lasciato un breve documento, in cui mi dice di essere d'accordo con l'Assessore per alcune modifiche, e precisamente: a pag. 5 - l'inserimento di un rappresentante dell'Ispettorato compartimentale dell'alimentazione; la riduzione a tre del numero dei rappresentanti delle organizzazioni dei Commercianti a posto fisso, ferma restando la presenza fra questi di un rappresentante della grande distribuzione a pag. 6 - la eliminazione del rappresentante dell'Associazione di categoria Agenti di commercio e Rappresentanti di commercio; e l'aggiunta dopo i rappresentanti delle Associazioni Artigiane, di un rappresentante dei Consorzi Agrari Provinciali designato dai medesimi.
Penso che questi emendamenti siano stati concordati, e che la Giunta abbia già dichiarato di accettarli.
Per quanto riguarda l'emendamento che reca le firme del collega Menozzi e mia, mi pare che esso abbia una motivazione un po' particolare. Non è un emendamento presentato in chiave corporativa, come forse da qualcuno si pu pensare, ma mira a responsabilizzare maggiormente i produttori a partecipare al processo che l'Assessorato intende portare avanti attraverso la costituzione di questo Comitato. Pare logico che i produttori, che costituiscono la fonte maggiore dell'offerta proprio per quanto riguarda i beni alimentari, partecipino non solo a realizzare quegli scopi che nella relazione stessa e nella delibera vengono indicati, cioè il contenimento dei prezzi e la tutela delle esigenze dei consumatori, ma anche a studiare quali soluzioni strutturali sia bene dare al sistema mercantile regionale per far sì che i prodotti alimentari possano giungere in modo più conveniente al consumatore; cioè che, in altre parole, lo scopo finale è quello di tutelare il consumatore, ma a monte bisogna creare tutta una struttura di carattere organizzativo di mercato per far sì che questi beni alimentari che vengono dall'agricoltura, possano giungere al consumatore senza passare attraverso quella pletorica intermediazione che è in definitiva quella che determina l'aumento in modo anomalo dei prezzi dei prodotti agricoli. E' evidente che, quando si riunisce il Comitato, anche se i produttori non sono interessati al commercio, che so?, del caffè e dello zucchero, sono ugualmente interessati a studiare con altre componenti commerciali le strutture commerciali.
In questa dimensione noi chiediamo che i produttori partecipino al Comitato stesso in via continuativa, e non solo quando si discute il problema del latte o della carne, ma anche quando si discute del problema della strutturazione del commercio.



PRESIDENTE

Quindi, mantiene l'emendamento, o lo ritira?



FRANZI Piero

Ritengo di doverlo mantenere.



PRESIDENTE

Per chiarezza, riepilogo: mi sono pervenute alcune proposte di emendamento, non so bene da chi formulate, che la Giunta riterrebbe si possano accettare: "a pag. 5 - inserimento di un rappresentante dell'Ispettorato compartimentale dell'alimentazione; riduzione a tre dei rappresentanti della organizzazione dei Commercianti a posto fisso a pag. 6 - eliminazione del rappresentante delle Associazioni di categoria Agenti e Rappresentanti di commercio; aggiunta, dopo i rappresentanti delle Associazioni artigiane, di un rappresentante dei Consorzi Agrari Provinciali designato dai medesimi".
Il Consiglio ha obiezioni da muovere rispetto a questi lievi spostamenti in fatto di nomine? Perché la votazione avverrebbe sulla delibera così integrata.
La Giunta per parte sua propone tre emendamenti: "eliminare i tre esperti nel settore della mercatistica dei prezzi; al termine del capitolo relativo alla composizione del Comitato aggiungere: 'Il Comitato verrà integrato con appositi provvedimenti della Giunta da esperti fino al numero di sei nelle materie inerenti la razionalizzazione del settore commerciale' sostituire il paragrafo terzo con il seguente testo: 'Il Comitato si riunisce su convocazione del Presidente'.
L'Assessorato regionale al Commercio ne assicura il servizio di segreteria.
Gli oneri per il funzionamento del Comitato, compresi i rimborsi per le spese di trasporto dei componenti, sono a carico del bilancio regionale e saranno impegnati con decreto del Presidente della Giunta. Alla spesa sarà fatto fronte con i fondi stanziati'".
Vorrei dal Consiglio sapere se rispetto agli emendamenti proposti dalla Giunta ed alle proposte di emendamenti che la Giunta ritiene di accettare il Consiglio ha qualcosa da dire. Nessuno chiedendo di parlare in proposito, resta inteso che il Consiglio è d'accordo sull'accettazione di questo documento con le varianti proposte dalla Giunta.
Chiede di parlare l'Assessore Conti. Ne ha facoltà.



CONTI Domenico, Assessore al commercio

In riferimento alla richiesta di emendamento avanzata dai Consiglieri Franzi e Menozzi, pregherei di voler considerare attentamente che l'inserimento dei rappresentanti degli agricoltori, proprio inerente al problema della commercializzazione dei prodotti dell'agricoltura, è proposto in forma massiccia, perché si è ritenuto che i produttori debbano partecipare a questo importantissimo momento della vita economica, che li riguarda tanto da vicino, in una posizione non soltanto da destinatari, ma di soggetti e di protagonisti. Alla Giunta è sembrato che ci siano tutte le garanzie possibili ed immaginabili sotto questo profilo, proprio per quello che si riferisce alle loro aspettative, di essere sentiti in merito alla commercializzazione, quindi con riferimento sostanziale alla produzione.
Se non valesse questo concetto, che sembra garantire una presenza larga, una partecipazione direi pressoché generale alle sedute del Comitato, se andassimo a ricercare altre motivazioni, allora dovremmo per forza di cose inserire, appesantire enormemente il Comitato, il funzionamento del Comitato, per esempio facendovi slittare dentro anche gli artigiani produttori, gli industriali produttori e via dicendo.
Mi pare che potrebbe essere sufficiente che la Giunta, se lo ritiene rinnovasse il suo impegno di porre una particolare attenzione alla partecipazione degli agricoltori per tutto il vasto campo della commercializzazione dei prodotti agricoli, riconoscendo loro una funzione ed offrendo una possibilità di intervenire in modo sostanziale per tutto ciò che attiene alla programmazione commerciale ed alla ristrutturazione del settore distributivo.



OBERTO Gianni, Presidente della Giunta Regionale

Devo essere rigorosamente preciso: si è deciso in Giunta di non operare alcuno spostamento, perché privilegiare una categoria rispetto alle altre non sta nella logica della legge. Lo stesso trattamento, allora, avrebbero motivo di rivendicare gli artigiani, i commercianti. Occorre essere coerenti. Questa mattina la Giunta si è espressa in questi termini.



PRESIDENTE

Chiede di parlare il Consigliere Menozzi, uno dei presentatori dell'emendamento.



MENOZZI Stanislao

Noi non intendiamo assolutamente creare difficoltà alla Giunta. Il suo intervento, signor Presidente, mi ha però offerto la possibilità di fare una precisazione. Non vogliamo discriminazioni a favore di un settore e a danno di altri. A me pare che nella fattispecie, le cose stiano decisamente all'inverso: qui una discriminazione si opera, ed in questo, Presidente, le do ragione, nei confronti dei lavoratori autonomi, in quanto soltanto in determinate circostanze, si dà loro la facoltà di partecipare ai lavori del Comitato e in altre ne sono esclusi, mentre altri rappresentanti sono inseriti senza soluzione di continuità. Proprio allo scopo di evitare ogni discriminazione sarebbe stato più opportuno, in linea di principio, qualora non si gonfiasse esageratamente di componenti il Comitato - perché non sono neppure io per i Comitati pletorici - inserire tutte le categorie. Noi abbiamo parlato in nome dei produttori agricoli, ma, saremmo ben lieti, che ci fosse possibilità di inserimento, anche per tutte quelle categorie, che sono invece inserite con "contratto a termine", solo in determinate circostanze.
In certo qual modo, quindi, signor Presidente della Giunta, concordiamo perfettamente: non vogliamo discriminazioni, perché il produttore agricolo se vogliamo vederlo in un'ottica più completa, di quella in rapporto alla quale l'ha vista il collega cofirmatario Franzi, direi che non è solo produttore di una grandissima fetta dei prodotti oggetto di commercializzazione, ma a sua volta è anche un lavoratore ed un consumatore.



PRESIDENTE

Mi precisi, Consigliere Menozzi: posso considerare ritirato l'emendamento?



MENOZZI Stanislao

Lo ritiriamo, sia pure a malincuore, per non creare difficoltà alla Giunta. Però ribadiamo che si compie una discriminazione.



PRESIDENTE

Ringraziamo il Consigliere Menozzi.
Rileggo la delibera integrata dalle proposte di emendamento di cui ho dato lettura e dalla proposta di emendamento che la Giunta ha fatto direttamente.
"I - Finalità Il Comitato è costituito come mezzo di partecipazione democratica per la soluzione dei problemi relativi alla programmazione del settore commerciale, nonché come strumento consultivo per la realizzazione di iniziative regionali intese a conseguire l'ammodernamento strutturale e funzionale del sistema distributivo regionale. Il Comitato opera nel quadro complessivo dello sviluppo socio-economico e con particolare riferimento al contenimento dei prezzi e alla tutela delle esigenze del consumatore.
In materia di prezzi l'azione del Comitato si sviluppa interessando la struttura e i meccanismi di formazione dei medesimi con l'intento di rimuovere le inefficienze e le strozzature che ne determinano gli squilibri.
Il Comitato esprime pareri sulle proposte presentate dall'Assessore regionale al Commercio o da membri del Comitato stesso, nonché da Comuni e Comunità montane. I pareri vengono trasmessi alla Giunta e alla competente Commissione del Consiglio Regionale.
In questa direzione il Comitato promuove altresì studi e ricerche ed eventuali accordi tra gli operatori interessati.
II - Composizione Il Comitato e composto come segue: presidente: l'Assessore regionale al Commercio 5 rappresentanti dei Comuni, designati dalla Sezione Regionale dell'ANCI un rappresentante delle Comunità montane designato dall'UNCEM Regionale un rappresentante delle Amministrazioni Provinciali designato dall'Unione Regionale Province del Piemonte un rappresentante dell'Ispettorato compartimentale dell'Alimentazione 3 rappresentanti delle Camere di Commercio designati dall'Unione regionale delle Camere di Commercio 3 rappresentanti delle Organizzazioni Sindacali dei Commercianti a posto fisso di cui uno della grande distribuzione 3 rappresentanti designati dalle Associazioni cooperative legalmente riconosciute e rappresentative delle tre centrali nazionali 3 rappresentanti dei gruppi d'acquisto o cooperative fra dettaglianti rappresentative dei supergruppi nazionali 2 rappresentanti delle Organizzazioni Sindacali regionalmente più rappresentative dei venditori ambulanti 3 rappresentanti delle Organizzazioni Sindacali dei lavoratori nazionalmente più rappresentative un rappresentante delle Unioni Volontarie operanti nella Regione.
Il Comitato verrà integrato con appositi provvedimenti della Giunta da esperti, sino al numero di sei, nelle materie inerenti la razionalizzazione del settore commerciale.
Per i problemi attinenti alla commercializzazione dei prodotti industriali artigianali ed agricoli, il Comitato viene integrato da: 3 rappresentanti dei produttori agricoli, designati dalle Associazioni di categoria 2 rappresentanti dei produttori industriali designati dalle Associazioni degli industriali 3 rappresentanti designati dalle Associazioni artigiani nazionalmente più rappresentative e operanti nella Regione relativamente al settore produttivo un rappresentante dei Consorzi Agrari Provinciali designato dai medesimi.
Il Comitato è nominato con decreto del Presidente della Giunta Regionale.
III Funzionamento ed oneri Il Comitato si riunisce su convocazione del Presidente. L'Assessorato Regionale al Commercio ne assicura il servizio di Segreteria.
Gli oneri per il funzionamento del Comitato, compresi rimborsi per le spese di trasporto dei componenti, sono a carico del bilancio regionale e saranno impegnati con decreto del Presidente della Giunta Regionale.
Alla spesa sarà fatto fronte con i fondi stanziati al capitolo 892 del bilancio regionale.
La presente deliberazione sarà pubblicata sul Bollettino Ufficiale della Regione ai sensi dell'art. 65 dello Statuto".
Chi intende approvarla è pregato di alzare la mano.
Comunico il risultato della votazione: presenti e votanti 33 27 voti favorevoli 2 contrari 4 astensioni.
La deliberazione è approvata a maggioranza.


Argomento: Nomine

Nomine nel Comitato tecnico consultivo di cui all'art. 7, L.R. 9/4/1974 n. 10 - Tre esperti in materia di artigianato


PRESIDENTE

Passiamo ora alle nomine.
Nel Comitato tecnico consultivo di cui all'art. 7 L.R. 9/4/1974 n. 10 3 esperti in materia di artigianato (di cui due della maggioranza, uno della minoranza).



(Si procede alla votazione a scrutinio segreto)



PRESIDENTE

Comunico il risultato della votazione: Presenti e votanti n. 33 Hanno riportato voti: Da Mario Giulio n. 20 Gallo Franco n. 20 Malan Marcello n. 10 Malan Francesco n. 1 Schede bianche n. 2 Proclamo eletti: Da Mario Giulio e Gallo Franco con voti 20, Malan Marcello con voti 10. Sono state consegnate due schede bianche, una è stata annullata perché anziché Malan Marcello recava il nome Malan Francesco.


Argomento: Nomine

Nomine nella Commissione tecnico-consultiva, di cui all'art. 5, L.R. 12/8/1974, n. 23 - 5 esperti in materia turistica


PRESIDENTE

Nella Commissione tecnico-consultiva di cui all'art. 5 L.R. 12/8/1974 n. 23 - 5 esperti in materia turistica (di cui tre della maggioranza e due della minoranza).



(Si procede alla votazione a scrutinio segreto)



PRESIDENTE

Comunico il risultato della votazione: Presenti e votanti n. 32 Hanno riportato voti: Regge Bruno n. 20 Rivetti Luciano n. 20 Borgogno Sergio n. 20 Perlasco Eros n. 10 Capra Vincenzo n. 10 Schede bianche n. 2 Proclamo eletti: Regge, Rivetti e Borgogno con voti 20, Perlasco Eros e Capra Vincenzo con voti 10; schede bianche 2.
Il Consiglio sarà convocato per giovedì 7 novembre.
Convoco per una breve riunione i Capigruppo e il Presidente della Giunta.
La seduta è tolta.



(La seduta ha termine alle ore 20.15)



< torna indietro