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Dettaglio seduta n.26 del 19/02/71 - Legislatura n. I - Sedute dal 6 giugno 1970 al 15 giugno 1975

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Argomento:


PRESIDENZA DEL PRESIDENTE VITTORELLI


Argomento:

Approvazione verbale precedente seduta


PRESIDENTE

La seduta è aperta.
Prego un Segretario Consigliere di dare lettura del verbale della seduta precedente.



MENOZZI Stanislao, Segretario


Argomento: Varie

Comunicazioni del Presidente circa le violenze fasciste


PRESIDENTE

Signori Consiglieri, prima di procedere con le comunicazioni sugli incontri avuti a Roma con una delegazione della prima Commissione del Senato, mi corre l'obbligo di elevare ancora una volta una voce di solenne protesta contro i fatti di violenza che si verificano nel nostro Paese. Il ricordo è ancora cocente dei fatti di violenza verificatisi a Catanzaro che sono costati la v5ta di un uomo. Sono fatti che tendono a ricordarci che il fascismo è ancora annidato nel nostro seno....



CURCI Domenico

Ma cosa c'entra il fascismo?



PRESIDENTE

....e che dobbiamo, contro il fascismo, esercitare tutto il nostro senso di vigilanza. I fatti di Catanzaro sono estremamente qualificanti e probanti; il lancio delle bombe, di cui non sono ancora stati identificati i responsabili, è stato preceduto da una sassaiola che è caduta dalle finestre del M.S.I. .



CURCI Domenico

Contro la sede del M.S.I.! Voce da sinistra. Sta zitto!



PRESIDENTE

. del M.S.I. che certamente non aveva un deposito di sassi lì, per puro caso, ma attraverso la premeditazione di un'aggressione nei confronti di coloro che avrebbero potuto manifestare davanti alla sua sede.
Questi fatti si verificano in maniera troppo frequente in tutto il nostro Paese. Alcuni giorni fa, al Consiglio Comunale di Milano, è stata letta una statistica impressionante: nel corso dell'ultimo anno, dal gennaio 1970 alle bombe di Catanzaro, si sono verificate 63 aggressioni sono stati compiuti 54 attentati dinamitardi, 89 assalti a mano armata, 39 accoltellamenti, 35 sparatorie, 59 devastazioni, generalmente di sedi di partito e di sindacati, 32 incendi, 49 tumulti gravi con scontri. Questo il bilancio delle attività fasciste nel corso del 1970. E' un bilancio che ricorda le tragiche giornate del 1920 e del 1921, bilancio che si estende alla nostra Regione anche se dobbiamo compiacerci che nella nostra Regione coloro che altrove attentano continuamente alla vita dei cittadini ed alle sedi dei partiti, dimostrano minore spavalderia e minore coraggio, grazie alla tradizione partigiana e antifascista che caratterizza la Regione piemontese.
Contro tutti questi fatti credo di dovere elevare solenne protesta del Consiglio Regionale piemontese e questa volta non la elevo soltanto per deplorare gli ultimi fatti che si sono verificati, ma perché credo (come penso credano anche i due rami del Parlamento) che ormai non è più consentito ai poteri dello Stato rimanere inerti davanti al perpetuarsi di questi incidenti. Il nostro è un Paese che col sangue ha conquistato la Repubblica e la democrazia, è un Paese che intende difendere questa Repubblica e questa democrazia contro chiunque le minacci, è un Paese nel quale questo clima di violenza deve venire a cessare, è un Paese nel quale i liberi cittadini debbono avere il diritto e la possibilità di circolare senza correre il rischio, in qualunque momento, di essere aggrediti per cose che non hanno compiuto, nonché di manifestare sulle piazze senza correre il rischio che una bomba fascista venga gettata su di loro....



CARAZZONI Nino

Ma questo è falso.



(Proteste da tutti i banchi)



PRESIDENTE

La prego di tacere, la richiamo all'ordine.



CARAZZONI Nino

Ma non può...



PRESIDENTE

La richiamo all'ordine per la seconda volta.



CARAZZONI Nino

Ma non erano bombe fasciste!



PRESIDENTE

Consigliere Carazzoni, esca da quest'aula!



(Il Consigliere Carazzoni esce dall'aula protestando, fra il brusìo generale. Protesta anche il Consigliere Curci, ma non si afferra ciò che dice)



PRESIDENTE

Consigliere Curci, la richiamo all'ordine.



CURCI Domenico

Accetto il richiamo, però la prego di essere più imparziale.



PRESIDENTE

Non è possibile alcuna imparzialità in un Paese che ha già subito vent'anni di regime fascista, davanti al ripetersi di cause che possono condurre alle medesime conseguenze



(Il Consigliere Curci interviene, ma il baccano che si leva nell'aula impedisce di sentire con esattezza le sue parole)



NESI Nerio

Mascalzone!



VIGLIONE Aldo, Assessore regionale

Bastardo!



PRESIDENTE

I partiti che sono rappresentati .



FABBRIS Pierina

Se non ti piace la democrazia, esci di qui.



PRESIDENTE

I partiti che sono rappresentati in questo Consiglio Regionale, ad eccezione di uno, hanno fatto parte del Comitato di Liberazione Nazionale ed hanno tutti i titoli per elevare, attraverso la mia voce, la loro protesta collettiva contro questi fatti, per richiamare l'opinione pubblica, specialmente nella nostra Regione, al proprio senso di vigilanza perché la libertà che abbiamo riconquistato in Piemonte sia mantenuta con la nostra forza se necessario, contro chiunque attenti a questa medesima libertà.



(Applausi)



PRESIDENTE

Ha chiesto la parola il Consigliere Sanlorenzo; ha facoltà di parlare.



SANLORENZO Dino

Signor Presidente, signori Consiglieri, non è la prima volta che il nostro Consiglio deve occuparsi di fatti che per la loro gravità pongono tutti noi di fronte alla necessità di una presa di posizione ferma e risoluta, in difesa delle istituzioni repubblicane, della democrazia e della Costituzione. Questa è una necessità prioritaria, prima di svolgere i nostri lavori. Tuttavia oggi dobbiamo avere piena coscienza che la questione di cui stiamo trattando e che il Presidente ha così nobilmente e opportunamente introdotto, non rappresenta solo un episodio in più di quelli che abbiamo già vissuto e condannato in passato, ma un fatto marginale che abbisogna di una nuova testimonianza, di un nuovo atto, di un rinnovato impegno d'onore da consegnare a un ordine del giorno. Si tratta si deve trattare di qualcosa di qualitativamente diverso perché più netto più scoperto, più inequivocabile è il disegno di chi muove le fila della sovversione fascista.
E' passato più di un anno dall'eccidio di Milano alle bombe e all'operaio morto di Catanzaro. Certo, di Milano e di Catanzaro non si sa ancora tutto. Dell'eccidio di Milano non si sa se gli esecutori materiali siano davvero in galera, forse non ci sono quelli che dovrebbero esserci certo non ci sono tutti i responsabili e prima di tutto i mandanti. Ma chi può oggi fingere di non vedere, o più colpevolmente cercare di non capire che se ci sono state Catanzaro e Reggio Calabria è anche perché non si è voluto intervenire per colpire alle radici coloro che hanno usato e vogliono usare l'arma della strage come strumento di lotta politica. Guai a noi se pensassimo soltanto a episodi isolati di teppaglia fascista, a un fatto del passato, a rigurgiti di qualcosa che è stato definitivamente sradicato dalla società italiana e che non può, in nessun caso, ritornare.
Sarebbe un tragico errore anche quello di coloro che volessero credere o far credere che si tratta solo di un fenomeno di disgregazione sociale del Mezzogiorno, qualcosa di fronte al quale il nord è immunizzato perché qui tutti, invece, sono interessati alla difesa della democrazia. Se la storia non fosse sufficiente, se non fosse indispensabile ricordare che la base del fascismo del 1920 fu la Valle Padana, allora la cronaca deve ricordare a tutti che il disegno di provocazione, di sovversione, se oggi parte dal sud lì non si ferma; la ricerca del grande fatto reazionario catalizzatore è perseguita ogni giorno, al sud e al nord e non risparmia davvero nessuna regione d'Italia, cambia solo la tecnica che viene usata a seconda delle circostanze. Se a Reggio Calabria l'offensiva fascista ha avuto caratterizzazioni di massa, a Treviso c'é stata invece l'azione volante sporadica, delle bombe lanciate contro la Camera del Lavoro. Se a Milano c'è l'aggressione squadrista di tipo vecchio alla sede dell'UlL. A Napoli c'é invece un fatto nuovo: il gruppo di picchiatori specializzati nei confronti degli studenti, che si accaniscono contro una ragazza del liceo Umberto a colpi di randello.



CURCI Domenico

Perché non ci parli di Bari? Parla di Bari!



SANLORENZO Dino

E sta zitto, perché ti tiro anche questo! Voce da sinistra. Sei un provocatore!



SANLORENZO Dino

Dopo i fatti di ottobre e di novembre, dopo Cuneo ed Alba, dopo l'assalto alla sezione del Partito comunista di Fossano, pochi giorni fa (l'ultimo in ordine di tempo) c'é stata l'aggressione a Pinerolo, per strada, di un ex .



CURCI Domenico

Bugiardo!



PRESIDENTE

Consigliere Curci, non usi queste parole.



CURCI Domenico

Siamo stati aggrediti noi a Pinerolo.



SANLORENZO Dino

...di un ex partigiano e di due studenti, con la tecnica vile di sempre: ['aggressione proditoria e vigliacca di cinque contro uno, come sempre fanno le squadracce fasciste.



CURCI Domenico

Si, dieci di voi e cinque di noi!



SANLORENZO Dino

Ci sono cose vecchie che ritornano come strumenti e come tecnica, ma ci sono anche cose nuove: c'é una linea generale dietro a queste azioni diverse nella forma, c'è un disegno politico esplicitamente reazionario dichiarato, pubblicato sui giornali; ci sono quelli che eseguono e quelli che hanno indicato le linee da seguire, ci sono i mandanti e ci sono i finanziatori. Noi dobbiamo prima di tutto constatare che nei confronti di costoro che si conoscono non si interviene con le leggi dello Stato per stroncare alla radice questo disegno, per sciogliere le bande armate fasciste, per eliminare dall'apparato statale complici e favoreggiatori per stroncare l'aperta apologia del fascismo di ieri e la dichiarazione esplicita di guerra alla democrazia che oggi il fascismo fa nelle nuove forme. Sul settimanale pornografico fascista "Il Borghese" c'é il soccorso tricolore, che viene pubblicato tutte le settimane e che distribuisce da 50 a 200.000 lire ai neo squadristi responsabili dell'azione di aggressione sino al 24/12/1970 sono stati effettuati 299 interventi per un totale di 31.259.610 lire, ma nel 1971 sono già stati raccolti più di 51 milioni per finanziare altra teppaglia fascista, per premiare coloro che hanno aggredito e che hanno portato alle cifre che ha indicato il Presidente.



CURCI Domenico

Per aiutare le vittime delle vostre repressioni.



SANLORENZO Dino

E chi sono coloro che versano i finanziamenti? Gente che si firma con nome e cognome e che quindi conoscono tutti.



CURCI Domenico

C'é anche il mio e me ne vanto.



SANLORENZO Dino

Ah ecco, sappiamo allora bene le cose come stanno!



(Proteste da tutti i banchi)



SANLORENZO Dino

Sono la gente che si firma in memoria del nostro amato Benito Mussolini e ce n'è anche uno che ancora più esplicitamente ha scritto: "perché in Italia torni un duce senza macchia e senza paura, prima che sia troppo tardi". Queste cose vengono pubblicate, con nome e cognome sui giornali italiani. Ma indagini in questa direzione non si fanno. E questo è solo quello che viene allo scoperto. Sappiamo però che ben più decisivi finanziamenti ricevono gruppi di provocatori e di picchiatori da personaggi italiani e stranieri che non amano far sapere i loro nomi, che giocano ancora oggi su due, su tre tavoli della vita politica italiana, che sanno dove dosare i loro appoggi, che non giocano mai una carta definitiva in una sola direzione. Sono coloro che in questo momento seguono con crescente terrore la spinta e la lotta delle grandi masse popolari che hanno preso nelle loro mani la lotta per le riforme e la portano avanti irresistibilmente, pur fra contrasti e difficoltà, sono gli speculatori sui suoli urbani, i grandi proprietari fondiari, i rapinatori delle opere pubbliche, i figli d'oro della Cassa del Mezzogiorno, i trafficanti del sottogoverno, i baroni degli enti parastatali e delle Università. E sono anche presenti nella nostra città coloro che hanno in mente di giocare su tavoli diversi, che dividono gli operai o cercano di dividerli per portare avanti la loro politica padronale. Si sentono minacciati nel loro impero che dura da vent'anni e non vogliono mollare e sanno vedere, nei guasti provocati dal modo in cui si è diretto il nostro Paese, i margini che ci sono e che dobbiamo avere presenti di una massa di manovra per un disegno apertamente reazionario, intanto sanno di poter contare sulla complicità di certi settori dell'apparato statale, della magistratura, della burocrazia della polizia (non di tutta). E poi sanno che si può lavorare, che si possono reclutare persone fra i disoccupati disperati, fra i diplomati e laureati senza posto di lavoro, fra gli studenti senza prospettive, fra masse della popolazione esasperata come a Reggio Calabria da vent'anni di promesse non mantenute, da aggiungere a un'ingiustizia e a un'umiliazione secolare. Coloro che dirigono le fila al nord e al sud sanno poi di poter contare anche su quei Paesi che non sopportano una Italia che va a sinistra e che sono disposti a tutto pur di impedire che si arrivi, anche in Italia a cucinare i maccheroni in salsa cilena.
Ecco perché sarebbe tragico sottovalutare ciò che accade sotto i nostri occhi, ecco perché sarebbe colpevole sottrarsi al dovere dell'iniziativa ed alla presenza democratica vigilante e attiva. Ecco perché non può esserci spazio alla tesi degli opposti estremismi. Non ci sono due disegni di sovversione, uno di destra e uno di sinistra.



CURCI Domenico

C'è solo quello di sinistra.



SANLORENZO Dino

....ce n'é uno solo, reazionario, che colpisce ogni giorno: non c'è uno stato neutrale che deve isolare gli uni e gli altri e riportare l'ordine c'è la Costituzione repubblicana e antifascista da difendere con le leggi dello Stato. La tesi degli opposti estremismi non è nuova, ma è una trappola che forze democratico-borghesi in altri tempi cercarono di chiudere per salvare dal comunismo e riassorbire il fascismo, ma che scatt invece, non lo si dimentichi mai, uccidendo la democrazia. Oggi il fascismo si sconfigge estendendo le basi della democrazia e oggi (ecco la differenza rispetto al '21) le basi della democrazia sono prima di tutto le grandi forze democratiche del movimento operaio che tendono all'unità organica che sono state protagoniste della costruzione di questo Stato, che sono cresciute immensamente di numero e di forza organizzata. Sono i grandi partiti della classe operaia che hanno dietro di sé una storia un'esperienza politica e una forza che sa di essere unitaria e sa combattere ed emarginare politicamente quei gruppi assai sparuti che con la loro azione forniscono solo pretesti alla offensiva fascista e reazionaria.
Sono le forze della gioventù operaia e studiosa che nella loro grande maggioranza non solo non sono passive, o sono disponibili ad avventure reazionarie, ma sono invece divenute, negli ultimi anni, protagoniste della lotta democratica, sono oggi all'avanguardia della lotta proletaria e democratica del Paese. La base di massa che può stroncare, liquidare il nuovo squadrismo è quindi l'unità di sinistra, antifascista che si è realizzata in questi giorni in centinaia di comuni, nelle regioni italiane nelle fabbriche, nei comitati unitari che sono sorti ovunque, nelle manifestazioni, nelle risposte civili di massa, democratiche, che si sono avute anche nel nostro capoluogo, anche a Torino. Occorre però dare continuità e solidità alla risposta democratica. Se coloro che hanno agito in modo così terroristico perseguono un disegno generale, non si arrenderanno presto, e dobbiamo attenderci che la loro offensiva in qualche modo si potrà fare anche più criminale a mano a mano che le grandi lotte per le riforme andranno avanti.
Ecco perché noi proponiamo che parta da questa assemblea regionale l'invito a tutti i Comuni del Piemonte a farsi i promotori, i sostenitori gli organizzatori dei comitati permanenti di difesa della democrazia, della Costituzione, della legalità democratica, ecco perché proponiamo che la Regione Piemonte si faccia promotrice di una grande assise regionale degli eletti del popolo (da tenersi nel mese di marzo) non solo per rinnovare un patto che abbiamo già stabilito, ma per stabilire un coordinamento che possa salvare le istituzioni portandole ad essere protagoniste della battaglia antifascista.
Un o.d.g. non basta, il pericolo esiste e non svanirà da solo. Noi sappiamo, ha detto il Presidente, che c'è il sangue di centinaia dl migliaia di partigiani che ha scritto questa Costituzione, dobbiamo ricordare che c'è il sangue dell'Europa fra noi e il fascismo, non possiamo solo salvare la coscienza, bisogna operare e lottare e promuovere l'unità per andare avanti e togliere, a coloro che lo pensano, l'idea che si possa domani, tornare indietro.
Propongo che i Capigruppo delle forze democratiche antifasciste, al termine della riunione, concordino un o.d.g. unitario sulle dichiarazioni che il Presidente ha fatto all'assemblea.



PRESIDENTE

E' iscritto a parlare il Consigliere Giovana, ne ha facoltà.



GIOVANA Mario

Signor Presidente, colleghi Consiglieri, ho il dovere di ringraziare sentitamente il Presidente del Consiglio Regionale piemontese per la chiarezza e la fermezza delle sue parole. Credo di doverlo ringraziare a nome della mia parte politica e penso che le forze antifasciste qui presenti in larghissima maggioranza possano ringraziarlo nella memoria di uomini come Giacomo Matteotti, ucciso dai fascisti, Piero Gobetti massacrato di botte e mandato a morire in Francia dai fascisti, Amendola liberale, colpito dai fascisti e morto per le conseguenze di quelle percosse, e altresì a nome, se mi è consentito, di un modesto contadino calabrese che era mio partigiano nelle valli cuneesi e che morì perché la canaglia fascista della repubblica di Salò gli asportò ad una ad una le unghie delle mani e dei piedi.



CURCI Domenico

E quel che ha fatto Moranino?



GIOVANA Mario

....per essersi rifiutato di dare al comando repubblichino indicazioni sulla località ove stazionavano i suoi compagni.
Il collega Sanlorenzo ha espresso in modo dettagliato ed esauriente le ragioni di una insurrezione necessaria contro i fatti e le vicende di questi giorni che riportano alla ribalta le imprese dello squadrismo di triste memoria. Egli ha sottolineato perspicuamente il fatto che non ci troviamo soltanto di fronte alla necessità di condannare con degli o.d.g. o di colpire gli uomini di mano di forze che sono le vere agenti di questo ritorno neo-squadristico per fini estremamente chiari, in primo luogo per attuare un contropiede alle rivendicazioni e all'avanzata delle forze dei lavoratori nel Paese. Dobbiamo dire quindi con estrema chiarezza una cosa la dobbiamo dire in primo luogo a questi uomini di mano, a questi subalterni e gregari, a questi ascari della vecchia destra reazionaria capitalista del Paese, ma dobbiamo dirla con altrettanta fermezza e prontezza alle forze che dello Stato sono responsabili e che della democrazia e della Repubblica devono essere garanti. Dobbiamo dire loro che la legalità è l'antifascismo, dobbiamo dirlo agli squadristi di ritorno che vediamo oggi nelle piazze che lanciano le bombe, ma dobbiamo dirlo anche ai magistrati che per un ottuso e chiuso spirito reazionario non applicano la legge e si pongono contro la Costituzione. Dobbiamo dirlo a quella parte della polizia che si fa strumento di repressioni a sinistra ed è connivente con le forze della destra, dobbiamo dirlo anche e in primissimo luogo, a quegli uomini di governo i quali, mistificando la realtà, vanno parlando di opposti estremismi contro i quali si dovrebbe agire su un piano di eguale attività repressiva. Dobbiamo dire con fermezza e con chiarezza che non esistono opposti estremismi: esiste soltanto un estremismo di chiara tinta eversiva di destra organizzato con un piano e con un disegno di lunga data e con prolungamenti e connivenze sul piano internazionale.
Queste cose devono essere dette perché deve essere chiaro che chi si pone in complicità attiva o passiva con i fatti di squadrismo che avvengono nel Paese si pone fuori della legalità repubblicana; deve essere chiaro che di fronte a questi fatti la magistratura siamo noi, anche contro quei magistrati che non assolvono il loro dovere di garanti della legge della democrazia repubblicana.



CURCI Domenico

Rifacciamo i tribunali popolari.



PRESIDENTE

Consigliere Curci, mi permetto di ricordarle che il fascismo e fuori legge nel nostro Paese, che questa norma è scritta nella Costituzione e che è doppiamente fuori legge in questa Regione. Non permetterò, quindi, che in nessuna forma, diretta o indiretta, nel Consiglio Regionale del Piemonte si esalti il fascismo.



CURCI Domenico

D'accordo



PRESIDENTE

E' iscritto a parlare il Consigliere Viglione, ne ha facoltà.



(Il Consigliere Curci interviene ancora ma non si afferra ciò che dice)



PRESIDENTE

Consigliere Curci, la prego di smettere.



VIGLIONE Aldo, Assessore regionale

Colleghi Consiglieri, mi è caro in quest'aula e vorrei sottolinearlo parlare a nome della provincia di Cuneo, la provincia che pensiamo sia la più antifascista, quella che in questi 25 anni ha contrastato maggiormente qualsiasi passo che il fascismo ha tentato di fare.
E parlo anche a nome di quella che viene definita "l'Associazione Cuneo brucia ancora" che da lunghi anni sottolinea il problema.
Noi cuneesi ci vantiamo di non avere missini in alcuna amministrazione della provincia, a nessun livello di governo....



CURCI Domenico

Ci saranno alle prossime elezioni! L'ultima volta abbiamo raddoppiato i voti, la prossima li raddoppieremo ancora!



VIGLIONE Aldo, Assessore regionale

L'avete già detto tante volte.
Negli ultime due o tre mesi avete tentato due spedizioni, ne siete usciti invocando la mamma.



CURCI Domenico

Erano dei ragazzini che distribuivano dei volantini, ragazzi di quindici anni!



VIGLIONE Aldo, Assessore regionale

Ad Alba uno dei vostri si è nascosto in chiesa vicino a una donna e le ha detto: "Dì che sei mia mamma per salvarmi" e la donna buona della provincia di Cuneo cercò di prenderlo sotto il suo manto e di difenderlo ma per lui non fu sufficiente perché fu consegnato ai Carabinieri nonostante che ad Alba avessero pistole, coltellacci, manganelli, spranghe caschi.



CURCI Domenico

Ma che sta dicendo!



VIGLIONE Aldo, Assessore regionale

Hanno perduto tutti i bagagli, come l'antico esercito medioevale in fuga, li hanno lasciati cadere in Via Maestra.



CURCI Domenico

Ne hai di fantasia!



VIGLIONE Aldo, Assessore regionale

....e in Via Maestra la popolazione spontaneamente li ha circondati.
Hanno perduto tutto questi idealisti, hanno buttato via i coltellacci, le insegne del M.S.I., le bandiere, tutto quanto.



CURCI Domenico

Ma dove li hai visti?



VIGLIONE Aldo, Assessore regionale

E' stato tutto raccolto dai carabinieri di Alba, basta andare da loro per trovare tutto quanto; ne hanno arrestati ben cinque, gli altri si sono nascosti nelle fogne, nelle cantine, nelle chiese.



(Voce da sinistra. "Sono tornati nelle fogne!")



VIGLIONE Aldo, Assessore regionale

Sono tornati nelle fogne.
A Cuneo avete tentato una spedizione una notte, in un caffè sotto casa mia, erano circa le due e sono arrivati in venti, hanno sfondato la porta hanno trovato due poveretti che prendevano il caffè, li hanno bastonati e sono fuggiti.
Uno era il segretario della sezione locale del P.C.I. che.



CURCI Domenico

....che ha battuto la testa contro la porta.



VIGLIONE Aldo, Assessore regionale

No no, poveretto, prendeva il caffè, non pensava che arrivassero venti brutti ceffi con i manganelli e con i caschi e .



CURCI Domenico

C'era anche qualche bella ragazza!



VIGLIONE Aldo, Assessore regionale

Sono fuggiti subito perché l'ira della popolazione anche alle due di notte a Cuneo è sempre una cosa triste. Non soltanto, ma nella perquisizione che ne è seguita, stranamente, dalla sede del M.S.I. sono uscite pietre, bastoni, armi, un po' di tutto. Nelle sedi dei nostri partiti non abbiamo né bastoni, né pietre, né armi.



CURCI Domenico

Sono le nostre sedi che vengono assalite!



(Voce da sinistra. "Ma taci!")



VIGLIONE Aldo, Assessore regionale

Noi abbiamo delle idee e sono quelle che vogliamo portare avanti democraticamente. Non illuderti, se usassimo il vostro stesso metodo in due ore in Italia non esistereste più.



CURCI Domenico

Provateci!



VIGLIONE Aldo, Assessore regionale

Non vogliamo, non dobbiamo, perché la democrazia e la libertà non vogliono il sangue, non vogliono la violenza, contro questo abbiamo combattuto. Sono le istituzioni che debbono salvaguardarci. Il Consigliere di Milano, trovato casualmente sulla scala della Camera del Lavoro e arrestato, aveva detto "non dobbiamo provocare aggressioni". E poi, mentre arrivi a casa la sera per cena, ti aspettano con un bastone, ti rompono i denti e fuggono via. Questo è il coraggio di quelli che quando vengono in provincia di Cuneo se ne vanno invocando la mamma; ve la facciamo invocare noi la mamma, andrete via invocando anche la nonna, invocando i vostri antenati per uscire da Cuneo...



(Il Consigliere Curci interrompe ancora)



VIGLIONE Aldo, Assessore regionale

Venite a fare le azioni squadriste a Cuneo, venite, provateci ancora una volta se siete capaci, perché non si ripeterà più l'esempio di Alba.



CURCI Domenico

Verremo a svolgere la nostra attività di propaganda permessa dalla Costituzione anche a Cuneo!



PRESIDENTE

Consigliere Curci e Consigliere Viglione, vi prego di evitare i dialoghi. Prosegua Consigliere Viglione.



VIGLIONE Aldo, Assessore regionale

Ha ragione Presidente, non merita.
Io chiudo dicendo che dobbiamo fare appello a quell'unità antifascista che ci ha uniti. Eravamo insieme, Rotta, 26-27 anni fa, eppure tu sei su una trincea politica e io su un'altra. Nel ricordo di Verzone (è bene ricordare quelli che sono stati i nostri grandi che oggi, purtroppo, per tante ragioni, molte volte dimentichiamo) se allora siamo stati uniti anche se da opposte trincee, non vedo come oggi quest'unità antifascista proprio per la difesa delle istituzioni e delle libertà, non abbia nuovamente a concretizzarsi e a operare. Questo è l'invito che rivolgo: non dobbiamo reagire alla violenza con la violenza, dobbiamo isolare prima di tutto i provocatori, manganellatori, violenti e nello stesso tempo con la nostra unità scoraggiare qualsiasi tentativo che volesse riportare il nostro Paese sulle posizioni che abbiamo combattuto e liquidato.



PRESIDENTE

E' iscritto a parlare il Consigliere Gerini. Ne ha facoltà.



GERINI Armando

Signor Presidente, egregi colleghi, all'appello del Presidente del Consiglio on. Colombo, rivolto a tutte le forze politiche che si riconoscono nella Costituzione repubblicana nata dalla Resistenza, il Capogruppo del P.L.L. alla Camera on. Bozzi, testualmente rispondeva il 5 febbraio: "Noi liberali condanniamo la violenza, da qualunque parte venga perciò sollecitiamo dal Presidente del Consiglio il dibattito sulla nostra mozione, nella quale domandiamo che il Governo faccia luce su tutte le formazioni armate, di destra e di sinistra, e prenda le misure previste dalla legge per scioglierle. In questo senso, pur dall'opposizione, noi accogliamo l'appello dell'on. Colombo all'appoggio delle forze democratiche; e perciò stesso non possiamo accogliere l'appello del Capogruppo socialista on. Bertoldi ad un fronte che vada da noi ai comunisti, il quale non solo cancellerebbe contrapposizioni ideali e politiche per noi irrinunciabili, ma creerebbe una specie di secondo governo indebolendo gravemente il governo legittimo e solo responsabile".
Risulta chiara, signor Presidente, dalla lettura di questo passo dell'intervento dell'on. Bozzi, la ripulsa di noi liberali della violenza da qualsiasi parte venga ed è per questo che il nostro partito da più di un mese ha presentato al Parlamento una mozione che richiede lo scioglimento di tutte le formazioni paramilitari, siano di destra o di sinistra, siano direttamente o indirettamente collegate ad un qualsiasi partito, o siano invece espressione di forze extra parlamentari.
Da tempo, signor Presidente, si assiste a una spirale della violenza della quale sono colpevoli esecutori e mandanti, come pure passivamente colpevole, purtroppo, è lo Stato che non interviene compiutamente mediante l'organo esecutivo. I frutti della debolezza maturano oggi.
La discriminazione fra opposti estremismi, che è quella sostenuta da chi mi ha preceduto, a noi pare non possa essere ammessa perché è anche grave in linea di principio in quanto il Governo non ha diritto di scelta fra le violenze. La violenza è violenza in ogni caso e non ha colore; non esiste una violenza giusta e un'altra ingiusta nella vita sociale e si condanna da sé per il fatto di porsi contro le garanzie di libertà e di democrazia assicurate da uno stato di diritto.
L'uso della violenza, specie poi nelle forme dell'insurrezione e della guerriglia contro lo Stato, democratico, non è mai giustificabile.
La democrazia ha nelle sue leggi e nella Costituzione tutte le armi per difendersi dalla violenza, l'art. 18 della Costituzione è chiaro al riguardo.
Tutta la Costituzione repubblicana, nata dalla Resistenza, si fonda sul rifiuto della violenza. Questo governo, come i precedenti, si è dimostrato debole in materia e vuoto di autorità.
Occorre reagire dunque, prendere le iniziative necessarie, colmare il vuoto, colpire i responsabili anche perché la violenza organizzata ci porterebbe indietro di trent'anni, ci priverebbe della libertà conquistata con la Resistenza e soprattutto perché il Paese mostra una stanchezza ed una sfiducia crescente per questo silenzioso abdicare allo spirito della Costituzione.



PRESIDENTE

Ha chiesto di parlare il Consigliere Bianchi, ne ha facoltà.



BIANCHI Adriano

Signor Presidente, a nome del mio Gruppo e mio personale devo innanzi tutto vivamente ringraziarla per il modo sempre nobile e perfettamente aderente alle situazioni col quale ella ha espresso i sentimenti del Consiglio. Noi ci sentiamo perfettamente interpretati dalle sue parole.
Devo poi dire che su un argomento di questo genere è molto facile che prevalgano le passioni. Si figuri signor Presidente se la passione non emerge facilmente in chi ha passato le esperienze che ho conosciuto io! Ma qui siamo in un'assemblea politica, qualificata, che vuole e deve essere qualificata, nella quale non basta esprimere sdegno ribollente, occorre applicarsi di più ad un'attenta analisi, per vedere se e quali siano le eventuali nostre responsabilità in determinate situazioni, se e quali siano i modi più appropriati per porvi rimedio, per salvaguardare le nostre libertà, per salvaguardare la libertà dei nostri figli, per continuare a costruire su quelle che credevamo fossero delle basi non discutibili della convivenza democratica nel nostro Paese.
Io dirò delle cose un po' estemporanee. Dico subito che ho scarsa simpatia per gli eroi dei tempi facili. E' facile fare lo spavaldo in un Paese ultra democratico dove anche gli organi dello Stato hanno, in tutte le direzioni, estremo rispetto ed estrema tolleranza per chi si appella alla violenza o per chi tenta di imporre proprie visioni particolari con la violenza o con l'intimidazione. Ho scarsa simpatia per tutti gli eroi dei tempi facili perché ho imparato a conoscere che i regali che questi eroi fanno ai loro Paesi, che si chiamano fascismo in tutte le forme che questo è andato assumendo e che non sempre ha lo stesso colore, scompaiono poi quando le esperienze si fanno veramente dure e allora tocca ai ragazzini timidi, tocca ai bravi ragazzi di famiglia, tocca ai giovani poveri operai tocca agli studenti che studiano, che si applicano, che vogliono contribuire al bene del proprio Paese, non in forme declamatorie, ricorrere all'offerta del sacrificio della propria vita. Noi l'abbiamo già fatta questa esperienza. Oggi sulle piazze in Italia ci sono troppi spavaldi da tempi facili, questi devono essere definitivamente scoraggiati. E non è problema di opposti estremismi. Oh, sì, sappiamo benissimo che non si possono mettere sullo stesso piano certe realtà; sappiamo benissimo cosa significhi il fascismo, fatto com'é innanzi tutto di incultura, di incomprensione della storia, di cieco romantico tentativo di impedire il corso naturale degli eventi storici. Quindi io non sono certo tra coloro che semplicisticamente mettono sullo stesso piano l'una e l'altra posizione, quasi a esonerarci da responsabilità. Non sono tra coloro che chiudono gli occhi. Innanzi tutto non posso chiudere gli occhi di fronte a certi comportamenti. A volte si è anche tiepidi perché sembra di sognare non si crede: di ottimismo si può morire, ha detto qualcuno in questi giorni; sembra impossibile a chi ha fatto l'esperienza che io ho fatto che si possa oggi in Italia, con quello che è avvenuto nel mondo, con quello che è costata l'avventura fascista e nazista all'umanità in decine di milioni di morti, in rovine immense, in dolori che fanno impallidire le gesta di Gengis Kan, sembra impossibile che si possa, con le stesse divise con le stesse tecniche, affermare la possibilità di fare qualche cosa.
Allora di fronte al fascismo, di fronte alle sue manifestazioni noi esprimiamo una condanna profondamente sentita, viva, noi esprimiamo anche l'impegno a mettere, se occorresse, nuovamente in rischio la nostra vita noi prendiamo l'impegno a sollecitare i nostri figli a continuare in questo atteggiamento, in questa azione se dovessimo arrivare (e non arriveremo) a punti estremi nei quali veramente la legalità repubblicana dovesse essere difesa contro questo tentativo, contro questa vergogna.
Quindi sollecitiamo innanzi tutto i cittadini a prendere coscienza che non si può essere indulgenti, che non ci sono situazioni penose, che non ci sono situazioni di disagio che possono storicamente, culturalmente moralmente, politicamente giustificare in alcun modo la ripresa e il ritorno di forme di azione fascista. E quindi esprimiamo la nostra solidarietà affettuosa, sincera, profonda verso quanti hanno potuto soffrire di questi atteggiamenti. Ma dobbiamo farci anche delle domande sul perché si vadano ampliando queste cose. E Sanlorenzo dal punto di vista suo, Giovana dal suo, hanno tentato di dare alcune risposte; evidentemente questo dibattito è sollecitato da fatti immediati di cronaca che richiedono di essere bollati e condannati e non consentono né il tempo né la serenità per ampliare lo sguardo, per dare un giudizio più completo e più profondo.
Indubbiamente, se questi episodi si producono, se trovano qua e là incertezza di giudizio, non sono giudicati con immediatezza e con prontezza condannati, è perché qualcosa che non va esiste nel nostro Paese. E la responsabilità di quello che non va, sta un pochino in tutti: fa carico allo Stato che è spesso timido, incerto, è messo in mora troppo sovente di fronte a manifestazioni di varia natura e di vario genere che non sono strettamente collegabili, che pensavamo anche queste non fossero da riprodursi in un Paese che aveva conquistato le sue libertà. Agli eroi dei tempi facili, è facile ricordare che si possono insultare i carabinieri che si può aggredire la polizia, che si possono disubbidire le ordinanze qualche volta anche non gradite, dell'autorità dello Stato in un Paese come il nostro, eccessivamente tollerante. Ma questi stessi eroi dei tempi facili si guarderebbero bene dal prendere degli atteggiamenti anche solo timidi in Paesi dove la polizia non ha bisogno né di scendere con migliaia di uomini nelle piazze, né di usare la violenza della pressione fisica perché gli oppositori li va a cercare a casa uno per uno, o li condanna come è avvenuto in Spagna, uno per uno a morte o all'esilio, o peggio, come è avvenuto in altri Paesi arrivando alle estreme conseguenze della necessità di una rivolta operaia.
E allora diciamo che le forze politiche devono avere il coraggio di vedere a questo punto la pericolosità della situazione, nella quale il fascismo si esprime nelle forme insopportabili, nelle forme che danno un senso anche di nausea, di profondo scoramento, tipiche e si esprime anche in altre forme più subdole, più nascoste, in stati d'animo che fanno pensare, a giovani e a non giovani, che solo con l'urto violento di minoranze si possono ottenere certe soluzioni. Allora, dicevo ieri sera al collega Nesi, dobbiamo riaffermare tutta una scala di atteggiamenti e di valori. Troppe cose non vanno, troppi eccessi, troppe dimissioni dalle responsabilità avvengono oggi in Italia e queste toccano il Governo, le forze politiche, i sindacati, i partiti, i gruppi, le associazioni che formano il tessuto del nostro Paese. Cosicché si può dire che oggi il problema degli ospedali è visto in funzione degli interessi degli infermieri e dei medici e non degli ammalati, e così i problemi della scuola sono visti in funzione dei problemi degli insegnanti, dei bidelli o degli studenti che non vogliono studiare e che trovano anche la veste ideologica per mettere tutto a soqquadro piuttosto che nell'interesse degli studenti e soprattutto di quelli che provenendo dalle famiglie più umili sentono più urgente il bisogno di crescere e di affermarsi e di acquisire una posizione sociale che realizza veramente la democrazia e la libertà; e così i problemi delle strade sono più in funzione dei cantonieri che non degli utenti e qualche volta anche quelli delle ferrovie sono più i problemi dei ferrovieri che non di coloro che devono viaggiare. E una quantità di queste cose, una serie di atteggiamenti di dimissione, il lassismo generale che si è andato introducendo nel nostro Paese, il disprezzo per ciò che è dovere. Nessuno ha più doveri. Tutti questi fatti creano uno stato d'animo di scontento, di disagio nell'opinione pubblica. A questo bisogna reagire, perché se ha riconosciuto obiettivamente Sanlorenzo che esistono vasti strati di scontenti, di gente che può essere vittima di avventure fasciste, noi sappiamo che non si riproduce mai nella storia due volte nello stesso modo un fenomeno. Quindi non commettiamo neanche l'errore di credere, combattendo come dobbiamo combattere, certi rigurgiti fascisti di tipo specifico, di poter salvare la democrazia, perché possiamo trovarcelo proveniente da altre strade, in altri Paesi ha preso altre colorazioni, ci sono infiniti modi populistici, demagogici per arrivare al fascismo. Quanti giovani dalla preparazione culturale o ideologica molto sommarie che vediamo navigare e fluttuare attraverso le varie forme di estremismo, passare in un anno dall'estrema destra all'estrema sinistra e così via! Quanta di questa gente non può essere, di fronte a un catalizzatore abile, di fronte a una situazione di emergenza, utilizzata per strangolare la nostra democrazia, se nel frattempo dovesse perdere il prestigio, la fiducia che i cittadini devono avere in essa! E allora nessuna equivalenza di opposti estremismi, ma presa di coscienza di una situazione che si va progressivamente deteriorando, che va divenendo progressivamente difficile e che non si risolve con atteggiamenti demagogici, che non si risolve con il timore di dire la verità a tutti e a ciascuno. Non si può mettere a soqquadro in una forma isterica tutto il Paese in un'agitazione delirante che non è giustificabile rispetto alle finalità delle grandi riforme che vogliamo e che si possono fare soprattutto nell'ordine, nell' aumento della produttività, nel coordinamento delle forze politiche. Perché se si spinge a disgregare in qualche modo il sistema democratico, noi non sappiamo chi ne sarà l'erede.
E questa occasione di fatti così gravi e così tragici, che non avremmo assolutamente pensato ripetibile a distanza di trent'anni, dopo il prezzo enorme che l'Europa e che l'Italia aveva pagato per l'avventura fascista deve farci meditare. Meditiamo su questo aspetto. Noi non crediamo che il fascismo possa tornare al potere ripercorrendo le vie di un tempo; noi pensiamo che le vie possono essere nuove e che ce lo possiamo trovare in casa proveniente da strade che non abbiamo sbarrate, proveniente da vie che non abbiamo vigilato.
E allora l'appello alla vigilanza vale per tutti, anche come impegno ad un profondo esame di coscienza: mi _sembra che abbiamo perduto il coraggio di dire le verità spiacevoli. Anche il fervore con cui oggi condanniamo il fascismo, ed è giusto, mi sembra che nasconda in noi (lo voglio dire per me, non lo dico per gli altri) anche un po' di cattiva coscienza, perch non abbiamo il coraggio civile ogni giorno di denunciare anche un'infinità di altre cose che non vanno e che non funzionano per colpa di tutti e non solo di questa o di quella forza politica. E allora, se vogliamo che il fascismo sia respinto indietro, che le tentazioni fasciste siano veramente allontanate dalle prospettive storiche del nostro Paese, se vogliamo che le riforme non siano riforme di parole, se vogliamo che l'antifascismo non sia un antifascismo di piazza e di parata, se vogliamo che il nostro Paese progredisca veramente sulla strada della democrazia, rinnoviamo quel patto di tolleranza, rinnoviamo quel patto di ordine, rinnoviamo quel patto fiducioso di lavoro comune, rinnoviamo quel patto di cui l'Italia ha bisogno per sanare le sue infinite piaghe, per rimediare ai suoi infiniti squilibri, per conquistare quelle posizioni che la Costituzione ci ha indicato dopo essersi ispirata al sacrificio, che sembrò quasi vano, che sembrò quasi un'ultima testimonianza, di coloro che sono stati citati ed ai quali aggiungo Don Minzoni, Don Sturzo e altri ancora. E queste conquiste ideali, sono state ispirate dal sacrificio di tanti umili bravi ragazzi che non avrebbero mai attaccato la polizia nelle strade coi sassi, in un paese democratico, ma che invece seppero morire di fronte alle SS, seppero morire di fronte alle brigate nere perché sapevano di farlo per un ideale nobile.
Non lasciamo che questo ideale possa essere tradito nei fatti, tradito con delle complicità, tradito con la cattiva coscienza di cui oggi è un pochino colpita la nostra democrazia, Credo che occorra una profonda reazione attraverso la verità, attraverso la sincerità. C'é tutta una mistificazione attorno a noi che deve cadere, sono dei veli che devono cadere dagli occhi dei cittadini perché sentono che la prospettiva delle riforme, del rinnovamento del Paese, di una giustizia più profonda, di un autogoverno di una partecipazione del mondo del lavoro, degli operai, degli studenti di tutti alla determinazione delle sorti comuni, avvenga in un contesto garantito, in un contesto civile nel quale (diciamo anche questa parola) un momento di pazienza, un momento di serietà ha il suo posto che è il posto della democrazia. Dio non voglia che domani tutti, per una o per l'altra reazione che possa venire, non si debba rimpiangere amaramente questo tempo di una democrazia che è stata pur molle. Perché ci sono molte sollecitazioni e non lo ripeterò letteralmente perché non voglio cadere in equivoco in un dibattito che ha per punto di riferimento la condanna al fascismo, ci sono molte sollecitazioni verso entità politiche perché faccia il castigamatti e metta a posto tutti. Noi lottiamo, noi lotteremo energicamente e con energia moltiplicata quanto più questo rischio, questo pericolo si dovesse avvicinare per il nostro Paese. Troppa gente nel mondo operaio, nel mondo della scuola, nel mondo dell'impiego, tra i pacifici cittadini, tra il ceto medio sente che c'è qualcosa di intollerabile nel modo come le cose vanno oggi in Italia. Diamo delle risposte anche in questo senso, non solo con vaghe denunce demagogiche, non solo accarezzando sempre anche coloro che sono qualche volta da condannare. Solo avendo il coraggio di riformarci dall'interno, avremo la forza più viva per opporci e la forza morale, la motivazione storica più valida per condannare e respingere il fascismo che il nostro Paese ha condannato e respinto credo una volta per tutte, portando nella propria storia un segno e un marchio che è stato riscattato dal sangue.



PRESIDENTE

E' iscritto a parlare il Consigliere Gandolfi, ne ha facoltà.



GANDOLFI Aldo, Assessore regionale

Signor Presidente, desidero associarmi a nome del P.R.I. alle dichiarazioni che ella ha fatto in apertura di seduta, ma desidero farlo cercando di portare un elemento di riflessione, una ricerca di unità nelle dichiarazioni che sono state rese dai partiti antifascisti per bocca dei Capigruppo che mi hanno preceduto. Abbiamo sentito, con quanta passione i rappresentanti del P.S.I., del P.C., del P.S.I.U.P., ci hanno richiamati agli ideali e alla tradizione antifascista nel respingere un certo tipo di squadrismo e di provocazione; abbiamo sentito i Capigruppo del partito D.C., del P.L.I., con quanta attenzione hanno collocato nella situazione attuale istituzionale del Paese questo fenomeno. Cosa ritengo di poter aggiungere? Che certamente il fenomeno più preoccupante è l'assenza di una politica precisa di sviluppo democratico da parte dello Stato e di una politica precisa di carattere istituzionale e dell'ordine da parte dell'amministrazione e del governo.
Il primo aspetto, cioè quello di una debolezza di spinta ideale e di azione politica che purtroppo abbiamo dovuto registrare in questi ultimi anni, in una situazione obiettivamente complessa e difficile, ha prodotto quello che dobbiamo registrare come un tipo di estremismo che io credo tutto l'arco dei partiti democratici deve pure respingere, cioè l'irrazionalismo dei Gruppi di opposizione extra parlamentare irrazionalismo che ha radici lontane nel tempo, che 30/40 anni fa si collocava a destra, che oggi si colloca obiettivamente a sinistra, ma in forme che non sono certamente quelle della convivenza democratica e della democratica pressione per le riforme e che tutti i partiti, anche quelli dell'estrema sinistra, penso possano stigmatizzare. Ma se questo irrazionalismo si è collocato al di fuori dello schieramento parlamentare ha dato però luogo a fenomeni e ad aspetti di violenza che è giusto stigmatizzare, io direi che è ingiusto collocare i fenomeni di violenza e di squadrismo di destra che abbiamo visto organizzarsi in questi ultimi mesi, alla stessa stregua e sullo stesso piano. E' ingiusto perché lo squadrismo di destra ha altre radici storiche, ha altre giustificazioni politiche e ha soprattutto un disegno politico alle spalle che noi dobbiamo riuscire a individuare, mentre i Gruppi di opposizione extra parlamentare che spesso sono violenti e antidemocratici, hanno alle spalle non un disegno politico, ma la mancanza di un adeguato sviluppo democratico e sociale.
Che disegno politico ha alle spalle lo squadrismo di destra? Quello di entrare nel vivo delle piaghe aperte nel Paese per accentuare lo stato di disagio, di divisione che esiste e spingere al parossismo le contrapposizioni e tentare nell'avventura e in uno stato di esasperazione un ritorno (che noi ci auguriamo impossibile, ma che può essere ipotizzato) a forme di autoritarismo e a convulsioni di carattere reazionario e autoritario. E allora, se così é, credo che possiamo trovarci tutti concordi nel rivolgere un appello, un richiamo pressante al Parlamento e agli organi dello Stato perché in questo Stato democratico che ha degli strumenti e delle leggi (che se sono usati e che se sono rispettate possono veramente determinare un clima diverso di convivenza e possono permettere di stroncare una volta per sempre questa spirale di violenze e di scontri che si sta realizzando nel Paese) si inizi una politica chiara, decisa e intransigente, volta a far sì che ci sia un'inchiesta rigorosa ed un perseguimento senza indulgenze di tutte queste forme di squadrismo organizzato, siano esse di destra o di sinistra, che portano chiaramente organizzazioni di tipo paramilitare a svolgere un'azione coordinata sul territorio nazionale; ma l'attenzione maggiore deve essere rivolta verso gli ambienti di destra, perché se verso, ripeto, la violenza extra parlamentare irrazionalista di sinistra, è sufficiente un richiamo alle leggi, verso opposizioni di destra e verso questo tipo di squadrismo di destra è necessario avere la consapevolezza dei legami storici e del significato politico che in prospettiva può assumere; deve esserci un'estrema attenzione volta a impedire che qualsiasi ritorno di violenze possa determinare un ribaltamento indietro dell'asse politico e delle tendenze di evoluzione del Paese che ci riporti a situazioni di autoritarismo, di forme reazionarie e autoritarie che non solo dobbiamo stigmatizzare, ma dobbiamo considerare nella possibilità concreta che queste, in un clima di disfacimento dello Stato, possano ripresentarsi.
O c corre che le istituzioni dell'ordine pubblico siano veramente democratiche e sappiano esprimere una linea politica. A questo dobbiamo richiamare il governo, le forze parlamentari e io credo che su questa linea possiamo trovare una unità e una convergenza tra tutte le forze antifasciste del Consiglio.



PRESIDENTE

E' iscritto a parlare il Consigliere Debenedetti, ne ha facoltà.



DEBENEDETTI Mario

Signor Presidente, signori Consiglieri, è sempre con profonda emozione personale che in queste circostanze in cui il Consiglio Regionale prende una chiara posizione di condanna verso i rigurgiti fascisti, sento ricordare le illustri e anche le modeste sconosciute vittime del fascismo.
E questo lo dico per essere stato toccato nei miei affetti familiari proprio dalla violenza fascista. Credo quindi che ciò che dirò a nome del mio Gruppo possa essere considerato un apporto, anche se modesto, di una persona che è stata toccata nel vivo da questi problemi. Io penso sia necessario un richiamo al senso di responsabilità di tutte le forze politiche, di fronte al fenomeno di rigurgiti fascisti che oggi veramente deve preoccupare chi ha lottato per la libertà e per le istituzioni democratiche.
Riallacciandomi a quanto è stato detto da chi mi ha preceduto devo dire che il discorso concreto da farsi, a mio avviso, oggi è uno solo: non dobbiamo analizzare o verificare le diagnosi diverse che possiamo dare di fatti storici, in ordine agli elementi che possono agevolare il fascismo ma è soprattutto necessario un richiamo fermo, deciso alle forze di governo, perché uno Stato democratico ha e deve avere i mezzi per impedire queste cose. E ricordando che la democrazia è soprattutto senso di responsabilità, ritengo che il nostro impegno di uomini eletti dal popolo debba farci vedere con serenità, con obiettività qual'è l'azione che dobbiamo svolgere: su questo insisto, il nostro impegno deve essere quello di far sì che lo Stato si ricordi di esistere e trovi i mezzi per garantire le libertà democratiche conquistate con la Resistenza.
A questo punto non vorrei sottrarmi ad una valutazione che già è affiorata nei diversi interventi sulle valutazioni della violenza da sinistra e da destra. A me pare che il problema di fondo sia questo: uno Stato democratico deve impedire ogni forma di violenza, perché la violenza ne genera altra, in un clima di disfacimento serve poco individuare chi è stato il primo e chi il secondo, lo Stato democratico deve tutelarsi contro ogni forma di violenza.
Certo non possiamo esimerci dal considerare che, come è già stato detto, le preoccupazioni che vengono dall'estrema destra, dal fascismo sono di tutt'altra natura di quelle che possono essere date da atti di violenza di quei giovani che molto opportunamente Bianchi ha definiti gli spavaldi dei tempi facili, ma ritengo che al punto in cui siamo arrivati pur valutando obiettivamente queste diverse impostazioni, questi diversi fenomeni, si debba chiaramente insistere sulla necessità improrogabile di un intervento deciso dello Stato.
Non a caso il partito al quale appartengo già da parecchi mesi richiamava l'attenzione dell'opinione pubblica sull'opportunità di rigenerare un pochino lo Stato. Stamane qui si è parlato di dissolvimento di classismo, di rilassatezza dello Stato. Allora noi eravamo accusati di volere lo Stato forte, strumentalizzando da parti politiche opposte questa nostra concezione di uno Stato che si rispetti, che sia presente nella società, quasi tenendo a configurarci come un partito di destra. No, quando si dice uno Stato forte si vuole semplicemente dire uno Stato che sia in grado di salvare le istituzioni democratiche. Questo è l'impegno, è la posizione che debbo prendere a nome del P.S.D.I. con un'azione decisa affinché la violenza venga bandita dal costume politico italiano.


Argomento: Statuto - Regolamento

Proposte di modifica allo Statuto


PRESIDENTE

Signori Consiglieri, il Consiglio è stato convocato oggi con un o.d.g.
diverso da quello dell'ultima volta. La ragione di questa modifica è attinente all'approvazione del nostro Statuto. Infatti, la prima Commissione del Senato, davanti alla quale si trovano tutti gli Statuti regionali fin qui trasmessi al Parlamento dal Presidente del Consiglio dei Ministri, ha preso in esame nel primo gruppo di tre Statuti, giunti per primi, quello della nostra Regione, insieme con gli Statuti del Lazio e della Lombardia.
La prima Commissione del Senato ha effettuato un esame estremamente meticoloso di ciascuno di questi Statuti, e anche ormai di alcuni altri.
Per accordo tra i Capigruppo del Senato e di concerto con i Capigruppo della Camera, è stato dalla prima Commissione del Senato concepito un modo procedurale nuovo per colmare il vuoto di procedura contenuto nella Costituzione e nella legge del 1953 in merito all'approvazione degli Statuti regionali. Infatti, la Costituzione della Repubblica prevede soltanto la possibilità, per il Parlamento, di approvare o respingere gli Statuti.
Ora, come accade tra organi di pari livello del Parlamento nazionale quali i due rami del Parlamento, non vi è sempre completo accordo fra questi due rami quando si tratta di elaborare ed approvare una legge dello Stato. Accade assai sovente infatti che un disegno od una proposta di legge presentati davanti alla Camera o davanti al Senato, vengano poi modificati dall'altro ramo del Parlamento. Si svolge così l'iter regolare dell'approvazione del disegno di legge e fino a quando i due rami del Parlamento non abbiano concordato un testo identico, questo testo non diventa legge dello Stato.
Nel caso della procedura di approvazione degli Statuti regionali, ci troviamo, come ebbi già occasione di dire al Consiglio, davanti ad una specie di bicameralismo verticale in cui il Parlamento è chiamato ad approvare dei progetti di Statuto che sono deliberati dai Consigli Regionali. Può accadere, nella competenza che la Costituzione affida al Parlamento, di verificare la costituzionalità... (prego chi voglia chiacchierare e non faccia parte del Consiglio, di allontanarsi dall'aula).
Può accadere che, nell'esame della costituzionalità o della legittimità degli Statuti regionali, il Parlamento riscontri vizi di forma o di sostanza, tali da non rendere possibile, da parte del Parlamento stesso l'approvazione degli Statuti. La Costituzione non prevedeva alcun modo di modificare gli Statuti in maniera da renderli approvabili da parte del Parlamento. Ci si trovava, d'altra parte, davanti ad un altro pericolo: che ciascuno dei due rami del Parlamento, nella propria autonomia, riscontrasse vizi diversi negli Statuti e che perciò, anche ritoccando uno Statuto secondo l'indicazione di uno dei due rami, il secondo ramo del Parlamento chiamato ad esaminare il progetto, potesse riscontrarne altri.
Si è dovuto quindi, con una procedura piuttosto pragmatistica, che è stata ideata dal Senato, inventare una procedura che consentisse, da un lato, di mettere la prima Commissione del Senato e successivamente il Senato in aula in condizione di approvare gli Statuti, e, dall'altro, di garantire che il secondo ramo del Parlamento, nella misura in cui una garanzia siffatta può essere data, non riscontrasse vizi diversi. Vi è stata perciò una consultazione tra i due rami del Parlamento e abbiamo fondati motivi di ritenere che le indicazioni date dal Senato siano accolte anche dalla Camera e che nuove indicazioni non vengano dalla stessa. E' evidente che, a norma della Costituzione, ciascuno dei due rami del Parlamento opera nella pienezza della sua autonomia e che perciò non vi è nessuna garanzia politica che possa sostituirsi ad una garanzia formale che potrebbe scaturire dopo dalla Costituzione o dalle leggi dello Stato.
Tuttavia, ci troviamo davanti a questo vuoto costituzionale e legislativo che obbliga il Parlamento e le Regioni a cercare di far fronte a questo vuoto nel migliore dei modi possibili.
Per questi motivi, la prima Commissione del Senato ha incaricato il proprio presidente ed una sottocommissione che ha esaminato i singoli Statuti, di procedere ad una serie di udienze informali con delegazioni rappresentative dei Consigli Regionali. Sono stati quindi invitati dalla prima Commissione del Senato, in questa sua sottocommissione, delegazioni dei Consigli Regionali, comprendenti i Presidenti delle Regioni, i Presidenti dei Consigli Regionali e un rappresentante per ciascun Gruppo politico. Per la nostra Regione, la delegazione materialmente ricevuta dalla prima Commissione del Senato era composta oltre che da chi vi parla anche dal Presidente della Regione Calleri, dal Capogruppo della D.C.
Bianchi e dal Consigliere Armella, dal Consigliere Simonelli in rappresentanza del P.S.I., dal Consigliere Gandolfi in rappresentanza del P.R.I., dal Consigliere Zanone in rappresentanza del P.L.I., dal Capogruppo del P.C.I. Berti, dal Vicepresidente dell'assemblea Sanlorenzo (l'altro Vicepresidente essendosi scusato) e dal rappresentante del M.S.I.
Carazzoni.
Nel corso di questo incontro, svoltosi la settimana scorsa, sono stati mossi rilievi che non toccano la sostanza dello Statuto piemontese e che là dove toccavano la sostanza, hanno consentito alla delegazione piemontese di esporre i motivi per i quali la Regione Piemonte aveva fatto quelle scelte statutarie, ottenendo quindi, senza modificare la sostanza delle norme contenute nel primo progetto di Statuto, di mantenere integre tutte le posizioni di principio contenute in questo Statuto. Vi è da rilevare a questo proposito, che, mentre, in una prima serie di rilievi mossi dal relatore della prima Commissione del Senato allo Statuto della Regione Piemonte, numerosi degli stessi si riferivano anche all'art. 4, relativo agli obiettivi della programmazione, cioè ad una serie di posizioni di principio che caratterizzavano il nostro Statuto, nell'incontro che la delegazione piemontese ha avuto con la prima Commissione del Senato tutti i rilievi di questo tipo sono caduti e all'art. 4 non ne è stato mosso alcuno.
Le osservazioni fatte dalla prima Commissione del Senato, che il Consiglio ha il diritto di conoscere, riguardano anzitutto l'art. 1, nel primo comma, dove si afferma che "il Piemonte è Regione autonoma nell'unità politica della Repubblica italiana secondo i principi della Costituzione e le norme dello Statuto". Si è sostenuto, da parte della prima Commissione del Senato, a proposito non soltanto dello Statuto del Piemonte, ma di tutti gli altri Statuti che contengono questa lacuna, che non viene fatto nessun cenno ai limiti della Costituzione, entro i quali il Piemonte è costituito in Regione autonoma, suggerendo che venga fatta questa aggiunta.
Abbiamo fatto rilevare, per parte nostra, che nel primo comma dell'art. 2 noi affermiamo che la Regione "opera nell'ambito dei poteri riconosciuti dalla Costituzione", formula che evidentemente è equivalente a quella che veniva suggerita. Purtuttavia, dal momento che qualche ritocco doveva essere apportato, abbiamo ritenuto di non dover insistere, anche perché non avevamo nessuna ragione di far nascere il sospetto che il Piemonte non volesse operare nei limiti della Costituzione della Repubblica. Le cose ripetute due volte in termini diversi possono valere meglio delle cose dette una volta sola quando non riescono a convincere tutti, come non erano riuscite a convincere interamente i membri della prima Commissione del Senato.
Un articolo che conteneva una posizione di principio e sul quale è stato mosso un rilievo è l'art. 7, sul quale vi era stata un'affermazione di principio ritenuta dal nostro Consiglio regionale assolutamente irrinunciabile. Vi era soltanto da persuadere il Senato delle intenzioni con le quali era stato scritto l'art. 7, che suona, nel testo del nostro Statuto: "La Regione tutela le comunità locali portatrici di un originale patrimonio linguistico, di cultura e di costume e ne favorisce la valorizzazione". La prima Commissione del Senato rilevava che rientra negli esclusivi poteri dello Stato, garantiti dall'art. 6 della Costituzione della Repubblica, la tutela delle minoranze linguistiche. Si temeva quindi da parte del Senato che lo Statuto della Regione Piemonte conferisse alla Regione stessa dei poteri esclusivi che la Costituzione riconosce soltanto allo Stato. Noi abbiamo chiarito che il nostro intento non era di sovrapporre una volontà sovrana e indipendente del Piemonte a quella dello Stato, ma quella di tutelare interessi e diritti legittimi che non sono tutelati dallo Stato e che non sono gli interessi ed i diritti delle minoranze in quanto minoranze e in particolare delle minoranze linguistiche, ma che sono di altra natura, poiché l'interesse principale che noi intendevamo tutelare non era quello delle minoranze in quanto tali che è tutelato dallo Stato, ma era viceversa il patrimonio che è portato da comunità che possono essere maggioranze ma anche minoranze e che non contiene esclusivamente valori di carattere linguistico, poiché per noi le espressioni "patrimonio linguistico, di cultura e di costume" sono inscindibili e rappresentano un complesso che serve a caratterizzare l'apporto che molte comunità della nostra Regione, in taluni casi la quasi totalità della comunità regionale, recano alla formazione del patrimonio linguistico, culturale e di costume della nostra Regione. Non vi è nessun dubbio che la Regione non può rinunciare, per esempio a difendere i valori linguistici, culturali e di costume proprii del Piemonte, quale per esempio il dialetto piemontese, che non è certamente il dialetto di una minoranza ma che è il dialetto della stragrande maggioranza della popolazione della nostra Regione. Così come vi sono valori linguistici, culturali e di costume che sono invece proprii di minoranze linguistiche che vivono e sopravvivono nella nostra Regione e che avremmo avuto il dovere per lo meno culturale di tutelare anche se non vi fossero stati collegati agli interessi culturali una serie di valori umani che la Regione non poteva disattendere. Per questa ragione, siamo venuti nell'idea di mantenere il principio contenuto nell'art. 7 in maniera integra, secondo un testo leggermente modificato che mette ancora maggiormente in evidenza i valori che noi intendiamo difendere attraverso questo testo.
Un altro rilievo riguardava l'art. 45, con riferimento al primo comma in particolare e anche ad altri comma dello stesso articolo, che erano stati approvati nel nostro Statuto partendo dal fondato presupposto che sarebbe stata modificata la legge del 1953. Orbene, la legge del 1953 è stata modificata, ma alcune delle sue norme, anche se arcaiche, sono state mantenute dopo l'approvazione della legge dell'8 gennaio 1971, mettendo quindi lo Statuto in contrasto con le norme sopravvissute della legge del 1953. Queste, fra l'altro sono norme di pura procedura, come quelle dei termini di comunicazione al commissario del governo per il visto delle leggi della Regione. Noi avevamo ritenuto di prolungare il termine da cinque a dieci giorni, poiché il lavoro di revisione e anche quello materiale di correzione delle leggi può esigere per la Regione, un termine maggiore rispetto a quello di cinque giorni previsto dalla legge. La legge avendo mantenuto il termine di cinque giorni è giocoforza adeguarsi, anche se la formulazione, che, come vedrete, è stata adottata nella riunione dei Capigruppo, lascia aperta la possibilità che, con una modifica della legge siano anche modificate le conseguenze da trarne in sede regionale.
Vi era poi un errore di stampa sfuggito nell'art. 50, comma primo, dove si afferma che "il popolo esercita l'iniziativa per la formulazione di leggi"; era evidente, e lo ha riconosciuto anche il Senato, che intendevamo dire "per la formazione di leggi", e un emendamento in questo senso sarà quindi proposto all'approvazione del Consiglio.
Una serie di osservazioni, su questioni di principio, riguardavano i limiti del referendum abrogativo. Vi è una divergenza di interpretazione costituzionale fra alcuni membri della prima Commissione del Senato e il nostro Consiglio Regionale, divergenza interpretativa che del resto sussiste non soltanto con la Regione Piemonte, ma con la Lombardia e con tutta una serie di altre Regioni che hanno introdotto analoghi limiti al referendum abrogativo. Si è sostenuto, da parte di alcuni membri della prima Commissione del Senato e da parte anche autorevole del suo Presidente, che in materia di referendum abrogativo, siano applicabili agli Statuti regionali, non soltanto le norme dell'art. 123, che regola il referendum in sede regionale, ma anche le norme dell'art. 75 della Costituzione che regola il referendum in sede nazionale. Si è sostenuto, da parte del Presidente della prima Commissione, che l'art. 75, pur non riferendosi alle Regioni, conterrebbe la normativa generale del diritto costituzionale italiano in materia di referendum abrogativo e che l'art.
123 demanderebbe alle Regioni il solo compito si regolare, nell'ambito dei principi posti nell'art. 75, l'esercizio di questo diritto. Tale non è il parere di questo Consiglio Regionale e questo parere è stato autorevolmente ribadito dal Presidente della Regione e da me stesso negli incomtri con la prima Commissione. Purtuttavia, non volendo correre il rischio che una maggioranza del Senato od eventualmente domani una maggioranza della Camera, su una questione di interpretazione costituzionale che è di spettanza della Corte Costituzionale e non del Parlamento, boccia lo Statuto piemontese, per sottrarre la competenza di questo giudizio a un organo che non è il supremo organo costituzionale, anche se ha competenza costituzionale per approvare gli Statuti, è stato ritenuto da parte della delegazione piemontese e successivamente da parte dei Capigruppo, che si potesse ovviare a questo ostacolo eliminando dallo Statuto la normativa relativa ai limiti del referendum abrogativo, tranne naturalmente l'esclusione del referendum abrogativo per le norme dello Statuto rinviandola a legge ordinaria della Regione. Che cosa significa questo? Che il nostro criterio interpretativo della Costituzione ci permetterà di formulare una legge regionale ordinaria che conterrà esattamente gli stessi limiti di improponibilità del referendum abrogativo contenuti nell'attuale art. 55.
Se il governo non fosse di questo parere, secondo la procedura prevista dalla Costituzione avrebbe il diritto di rinviare al Consiglio regionale l'esame di questa legge. Ma se il Consiglio regionale ritenesse di dover confermare la propria opinione, esso avrebbe il diritto di rivotare nel medesimo testo questa legge ordinaria. In tal caso il governo avrebbe solamente facoltà di rimettere l'esame della costituzionalità di questa legge, cioè della legittimità costituzionale di questa legge ordinaria alla Corte Costituzionale. Né in questo né in altri casi, vorremmo mai sottrarci al giudizio di legittimità costituzionale che è di competenza della Corte Costituzionale. Ma ci è parso che quella fosse la sede adatta per risolvere questa questione di principio, qualora il governo ritenesse di doverci rinviare una legge ordinaria che regola l'esercizio del diritto di referendum. Una modifica in questo senso sarà quindi proposta al Consiglio.
Era rimasto ancora qualche dubbio, nel Presidente della I Commissione sull'art. 55. Per risolvere questo dubbio, in un successivo colloquio, del quale informo soltanto ora anche i membri della Commissione, perché è avvenuto ieri, e dopo di esso non abbiamo avuto il tempo di consultarci, al Presidente della I Commissione, che ci aveva suggerito una formula da noi ritenuta inaccettabile anche perché incostituzionale (egli ci aveva proposto di subordinare l'improponibilità del referendum abrogativo nei casi da noi previsti all'approvazione delle leggi regionali di questo tipo da parte di una maggioranza qualificata dei due terzi: in tal caso, diceva è un compromesso, si può ammettere la improponibilità), abbiamo fatto rilevare: 1) che non ritenevamo che il Parlamento fosse autorizzato a sostituirsi alla volontà della Regione nel proporre istituti che la Regione stessa non aveva ideato 2) che ritenevamo - e questa era l'obiezione più grave e più rilevante che se sono incostituzionali alcuni dei limiti da noi posti alla proponibilità del referendum abrogativo, non può essere una maggioranza qualificata a modificare la natura incostituzionale di questi limiti.
D'altra parte, tale soluzione è ancor più incostituzionale in quanto la Costituzione prevede una maggioranza qualificata, quella della maggioranza assoluta dei componenti di questa assemblea, per un caso solo, cioè per l'approvazione della legge più solenne della Regione, che è lo Statuto: se per lo Statuto della Regione la Costituzione della Repubblica chiede che votino la metà più uno dei componenti il Consiglio, non può, a nostro giudizio - abbiamo risposto - il Consiglio regionale istituire una maggioranza più alta per difendere dal referendum abrogativo le proprie leggi ordinarie.
In tema di art. 58, dove si parla della procedura di ricevibilità e ammissibilità delle proposte di referendum, ci è stato fatto rilevare che forse non si sarebbe dovuto attribuire all'Ufficio di Presidenza la decisione sulla ricevibilità e ammissibilità formale delle proposte di referendum; giudizio che, ove manchi l'unanimità, spetta successivamente al Consiglio il quale delibera a maggioranza assoluta dei propri componenti.
Ci era stato suggerito, in primo luogo, di demandare questo esame ad un organo dello Stato, quale per esempio la Corte d'appello, per analogia con analogo giudizio che è demandato, per il referendum abrogativo delle leggi dello Stato, alla Corte di Cassazione. Abbiamo fatto rilevare che mentre la Corte di Cassazione è un organo dello Stato, cui lo Stato stesso pu demandare qualunque compito, le Corti d'appello non sono organi della Regione, e che perciò noi non ci ritenevamo autorizzati dal nostro Statuto ad invitare un organo dello Stato, che si trova ad un livello diverso da quello della Regione, ad esercitare un compito che la Regione deve esercitare per conto suo. Non vi è stata una eccessiva insistenza da parte del Senato su questa tesi.
Tuttavia nel colloquio anzidetto, il Presidente della I Commissione, mi ha richiesto, allo scopo di chiarire che non intendiamo sottrarre questo giudizio agli organi amministrativi competenti, di aggiungere, al termine dell'art. 58 del comma primo, le parole "salvo le impugnative previste dalla Costituzione e dalle leggi dello Stato". Non credo che questo modifichi la sostanza della competenza che noi ci attribuiamo, e mi permetterò quindi di suggerire al Consiglio anche questo emendamento, di carattere prettamente tecnico.
Ci era stato finalmente detto, a proposito dell'alt. 59, che nell'ultimo comma statuisce che "il Presidente può ritardare l'entrata in vigore dell'abrogazione per un termine non superiore a 60 giorni dalla data della pubblicazione", che non possiamo introdurre questo istituto. Abbiamo fatto rilevare che l'art. 37 della legge 25 maggio '70 n. 352, che regola il referendum per le leggi della Repubblica, prevede un istituto analogo per il ritardo della promulgazione della decisione del referendum abrogativo, per le stesse ragioni pratiche da noi ampiamente illustrate nel corso della discussione nella nostra assemblea sullo Statuto regionale che l'abrogazione di una legge comporta una serie di conseguenze che debbono essere affrontate dagli organi della Regione prima che l'abrogazione divenga effettiva.
Questa nostra osservazione è stata considerata pertinente: si è modificato allora il rilievo per sostenere che non è possibile conferire questo potere al Presidente. Abbiamo replicato che il Presidente della Regione ha in questo caso, in sede regionale, gli stessi poteri di cui dispone, in sede nazionale, il Presidente della Repubblica; perché, così come il Presidente della Repubblica ha potere di promulgare le leggi dello Stato, il Presidente della Regione ha l'analogo potere di promulgare le leggi della Regione. Perciò, così come il Presidente della Repubblica ha il potere di sospendere per 60 giorni gli effetti della abrogazione, il Presidente della Regione deve avere il potere di sospenderli per altrettanto tempo.
Purtuttavia, essendo arrivati ad un punto in cui non vi era più alcuna obiezione di rilievo, ed essendo stato suggerito di ottenere dal Presidente della Regione di sentire la Giunta, prima di sospendere gli effetti dell'abrogazione, ci è parso di non dovere ulteriormente insistere in una posizione che, come la nostra, era giuridicamente impeccabile, anche perch lo stesso Presidente in carica della Regione, lì presente, riteneva che questa procedura della consultazione della Giunta in casi eccezionalissimi come quelli di un referendum abrogativo che abbia successo era una procedura perfettamente accettabile e non tale da nuocere alle ragioni per cui avevamo introdotto questa norma.
Su un'altra questione di principio ci era stato mosso un rilievo. Al comma secondo dell'art. 73, relativo a "Regione e programmazione regionale", lo Statuto afferma: "La Regione nella politica di piano opera per superare gli squilibri territoriali, economici, sociali e culturali esistenti nel proprio ambito e fra le grandi aree del Paese, con particolare riferimento allo sviluppo del Mezzogiorno". Si era voluto vedere in questo accenno prima di tutto all'interesse della Regione per il superamento degli squilibri territoriali anche tra le grandi aree del Paese e in particolare all'interesse del Piemonte per il superamento degli squilibri relativi al Mezzogiorno, quasi quasi una interferenza in quelli che sono i poteri dello Stato in tema di programmazione economica, che noi naturalmente non disconosciamo, e in particolare quasi un accenno di carattere paternalistico nei confronti del Mezzogiorno. Ci siamo adoperati a lungo per spiegare che non soltanto questa nostra affermazione non partiva da intenzioni di carattere paternalistico ma che voleva invece rispecchiare nel nostro Statuto la consapevolezza di una Regione industriale avanzata come il Piemonte dei problemi di squilibrio esistenti non soltanto nel proprio seno ma anche sul piano nazionale; poiché non vi è alcun dubbio che, se le Regioni maggiormente sviluppate adottassero il cieco atteggiamento di mirare soltanto a programmare il proprio sviluppo ed a superare gli squilibri soltanto nel proprio seno, noi avremmo, attraverso la costituzione delle Regioni, non già un istituto che ci consente di giungere più agevolmente al superamento degli squilibri di carattere economico regionale ma arriveremmo anche ad una accentuazione degli squilibri economici che esistono sul piano nazionale. E' precisamente compito, a giudizio del nostro Consiglio, delle Regioni maggiormente sviluppate, l'operare con la consapevolezza del ruolo che esse hanno e del contributo che devono arrecare al superamento degli squilibri proprio con le Regioni meno sviluppate; e, naturalmente, fra queste vi è una massa di Regioni che compongono il nostro Mezzogiorno, il quale costituisce una questione tradizionale per il nostro Paese, per cui abbiamo voluto esprimere la nostra consapevolezza mediante questa affermazione statutaria.
Debbo anche ricordare che al recente Convegno di Palermo delle Regioni meridionali questa affermazione del nostro Statuto è stata dalle Regioni meridionali considerata una affermazione di avanguardia, che ha dato la conferma dello spirito che regna nella nostra Regione rispetto ai problemi proprio del Mezzogiorno.
Questa discussione è stata riaperta anche ieri, nel colloquio privato che ho avuto con il Presidente del I Commissione. Mi è corso l'obbligo dopo le argomentazioni che abbiamo sviluppato nell'incontro con la delegazione della I Commissione, di ribadire le stesse tesi e di riconfermare a nome vostro - spero di non essere smentito - che su questa questione di principio, l'unica rimasta in piedi, la Regione Piemonte era anche disposta a fare il braccio di ferro, mentre non lo era sulle questioni di procedura. Davanti a questa mia affermazione il Presidente della I Commissione ha rinunciato a sostenere ulteriormente le proprie argomentazioni.
Finalmente, vi era un ultimo rilievo, che riguardava, nell'art. 81 penultimo comma, "l'assunzione a contratto per periodi determinati e con incarichi specifici". Si è temuto da parte del Senato che con questa affermazione si volesse introdurre surrettiziamente un istituto suscettibile di violare la norma costituzionale delle assunzioni del personale di ruolo mediante concorso pubblico, che fra l'altro è anche una grande conquista sindacale, come ci ha a due o tre riprese ribadito il Presidente della I Commissione. Noi abbiamo tentato di dissipare i dubbi ed i sospetti che potevano gravare su questa affermazione, chiarendo che non intendevamo affatto assumere il personale della Regione in maniera surrettizia, sfuggendo alle norme del concorso pubblico; ciononostante, non abbiamo avuto alcuna difficoltà, dal momento che ci siamo dichiarati disponibili per alcuni ritocchi allo Statuto, a chiarirlo in modo definitivo, e un apposito emendamento verrà quindi sottoposto all'approvazione del Consiglio.
Da questo incontro e da alcuni altri incontri che si sono verificati a livello di Presidenti dei Consigli regionali sono scaturite nei giorni scorsi alcune conseguenze di carattere pratico, in primo luogo nell'incontro che si è svolto a Torino, su mia iniziativa, dei Presidenti dei Consigli Regionali, ho voluto avere la certezza che nel caso in cui il Piemonte si dichiarasse disponibile per eventuali ritocchi non sarebbe stato la sola o una delle poche Regioni, ad accettare i ritocchi, poiché in tal caso anche noi avremmo potuto avere il desiderio di difendere ad oltranza il nostro Statuto; anche perché, come mi è stato confidato autorevolissimamente, è considerato il migliore degli Statuti presentati all'approvazione del Parlamento. Non volevamo accadesse che mentre noi accettavamo di ritoccare uno Statuto che è definito il migliore qualche altra Regione facesse il braccio di ferro. Nel Convegno che si è svolto domenica, le Regioni convenute, rappresentate dai Presidenti dei Consigli Regionali, hanno riconosciuto l'opportunità, allo scopo di accelerare l'approvazione degli Statuti e di entrare quindi nel pieno esercizio della propria potestà legislativa, di accogliere la proposta del Senato; proposta che, come ho potuto constatare ieri, non era soltanto di alcuni Capigruppo o di alcuni parlamentari, ma era autorevolmente sostenuta anche dal Presidente del Senato.
Secondariamente - ed è questa la ragione degli incontri che ho promosso ieri fra i Presidenti dei Consigli regionali da una parte e il Presidente del Senato, i Capigruppo del Senato, il Presidente della I Commissione, il Ministro per le Regioni, il - Vicepresidente del Consiglio, che sostituisce in questo momento il Presidente del Consiglio, e il Presidente della Camera dall'altra -, abbiamo voluto avere il massimo di certezza possibile che questa procedura ci desse una serie di garanzie: prima di tutto che dopo l'accoglimento da parte dei Consigli Regionali delle modifiche apportate su indicazione del Presidente della I Commissione e della Sottocommissione che ha esaminato i vari Statuti, il testo emendato fosse approvato tale e quale dalla Commissione; in secondo luogo, che l'approvazione da parte della Commissione ci garantisse anche l'approvazione in aula; in terzo luogo, che l'approvazione in aula al Senato ci garantisse anche l'approvazione in Commissione e in aula alla Camera. E' vero che tutte queste cose non possono essere garantite con un contratto, ma è anche vero che, incontrando tutte queste personalità, si dovrebbe riuscire ad avere una idea un po' più completa degli affidamenti che già, del resto, ci erano stati dati dal Presidente della I Commissione del Senato. In seguito a questi colloqui, i quindici Presidenti dei Consigli Regionali che hanno partecipato a questi stessi colloqui ieri sono giunti alla conclusione che vi erano sufficienti garanzie che questa procedura avrebbe garantito l'approvazione degli Statuti entro termini brevissimi.
Per quello che riguarda il Senato, noi siamo il primo Consiglio Regionale ad elaborare in forma definitiva il proprio Statuto. Direi, anzi che in questo tempo supplementare il Piemonte è riuscito ad arrivare primo poiché le altre due Regioni che ci avevano superato di poche ore, Lombardia e Lazio, non convocheranno probabilmente i propri Consigli Regionali che la settimana prossima o fra due settimane, per cui il primo Statuto ad arrivare nella forma definitiva alla I Commissione del Senato, dopo le decisioni che prenderemo questa mattina, sarà lo Statuto piemontese.
Che cosa ci garantisce questo? Ciò che ha detto il Presidente del Senato nel colloquio che ha avuto ieri con noi: che, essendo la I C o m missione messa in grado di riferire immediatamente, il Senato in aula potrà procedere all'esame ed alla eventuale approvazione degli Statuti presentati entro questo termine fra il 15 e il 18 marzo. Non abbiamo avuto molte garanzie per la Camera, perché la Camera si troverà probabilmente davanti ad una valanga di Statuti da esaminare, giunti quasi contemporaneamente.
Purtuttavia, ritengo che, non dovendo essere gli Statuti i rimessi in discussione alla Camera, non ci debbano essere ulteriori difficoltà: abbiamo anche avuto affidamenti dei Capigruppo della Camera che i Gruppi che essi rappresentano, che sono i maggiori Gruppi della Camera, non intendono apportare modifiche o fare altri rilievi. Evidentemente, i singoli deputati dei singoli Gruppi conservano la facoltà di fare rilievi però la stragrande maggioranza della Camera, rappresentata dai Presidenti di Gruppo da noi consultati, è favorevole all'approvazione immediata, senza ulteriori rilievi, degli Statuti, e credo che, sebbene questa garanzia sia una garanzia politica e non formale, essa ci dia fondati motivi per confidare che, come mi è già accaduto di dichiarare, entro Pasqua, o subito dopo Pasqua se sorgessero complicazioni alla Camera, dovute non allo Statuto ma a cause connesse con il ritmo di lavoro della Camera, il Piemonte vedrà approvato il proprio Statuto.
Aggiungo, a titolo di informazione, che abbiamo fatto presente al Vicepresidente del Consiglio - al quale abbiamo riferito, nel colloquio avuto ieri mattina con lui, sulle prospettive relative all'approvazione degli Statuti, e quindi sulla probabilità per noi di essere fra poche settimane in grado di legiferare - che, dal momento che potremo fra non molto disporre della potestà legislativa, desidereremmo che da parte del potere esecutivo, delegato dal Parlamento ad emanare le apposite norme, ci si desse una materia su cui legiferare mediante la emanazione dei decreti delegati. Il Vicepresidente del Consiglio, che si è riservato naturalmente di riferire al Presidente del Consiglio, ci ha tuttavia assicurato, così come ci aveva assicurato in precedenza il Ministro per le Regioni, che la maggior parte dei decreti delegati dovrebbero essere pronti per l'emanazione entro l'estate. Si aprono, quindi, prospettive che fino a poco tempo fa non esistevano, per le Regioni: si andrà a finire non al '72, non al '73, ma al termine ragionevole, dopo un lasso di tempo di cui fra l'altro abbiamo bisogno per preparare la materia su cui legiferare, della prossima estate.
In base a tutti questi incontri e a queste discussioni, la stessa delegazione che ha partecipato all'incontro con la I Commissione, riunita immediatamente al Senato, ha deliberato di essere disponibile, e di proporre ai vari Gruppi consiliari la disponibilità del Consiglio regionale, a ritoccare lo Statuto. Fatta questa scelta politica, anche se non in maniera formale - ma erano rappresentati quasi tutti i Gruppi, e si presumeva che quelli non rappresentati non avessero dissensi da esprimere in materia -, si è proceduto, prima di tutto, attraverso un ristretto Comitato tecnico, alla elaborazione dei testi da sottoporre adesso alla vostra approvazione; successivamente questi progetti sono stati sottoposti ad una apposita conferenza dei Capigruppo. Gli emendamenti che ora saranno sottoposti alla vostra deliberazione sono stati sottoscritti dai Presidenti di sette su otto Gruppi consiliari. Il Gruppo del M.S.I. si era riservato di far conoscere la sua opinione successivamente: questa mattina il Consigliere Curci mi ha informato di essere costretto, con suo rammarico, a sciogliere la riserva in modo negativo, nel senso cioè che il Gruppo del M.S.I. ha deliberato di non partecipare alla votazione su questi emendamenti. I Gruppi di maggioranza hanno inoltre deciso di proporre un altro emendamento all'art. 31, che verrà illustrato, suppongo successivamente dagli stessi proponenti.
Vorrei adesso darvi rapidamente lettura del complesso degli emendamenti, e proporrei di adottare questa procedura: di discutere e deliberare prima di tutto sugli emendamenti proposti da tutti i Gruppi meno uno, e successivamente, anche se nell'ordine verrebbe prima sull'emendamento all'art. 31 proposto dalla maggioranza; anche perch potrebbero essere svolte considerazioni diverse dagli eventuali intervenuti ad un eventuale dibattito sul primo complesso di emendamenti e sull'altro emendamento.
Leggo prima di tutto la proposta di modificazioni agli articoli 1, 7 45, 50, 55, 59, 81, dello Statuto della Regione Piemonte approvato dal Consiglio Regionale nella seduta del 10 novembre '70.
"Il Consiglio Regionale udita la relazione del Presidente del Consiglio Regionale a seguito dell'incontro di una delegazione della Regione con il Presidente della I Commissione del Senato e con una rappresentanza di Senatori membri della Commissione stessa presa visione delle proposte concordate dai rappresentanti dei Gruppi consiliari riuniti nella conferenza dei Presidenti del 16 febbraio corrente approva le seguenti modificazioni dello Statuto della Regione".
Questo è il cappello di un ordine del giorno che proporrei di votare poi separatamente, così come separatamente, e riscontrando l'esistenza o meno della maggioranza prevista dalla Costituzione per le votazioni in merito allo Statuto, cioè della metà più uno dei componenti il Consiglio porrò in votazione gli emendamenti ai singoli articoli.
Prima di dar lettura di questi emendamenti, vorrei anche aggiungere che fra questi inserirò quell'emendamento di cui ho parlato prima all'art. 59 e, se approvato, l'emendamento all'art. 31 proposto dalla maggioranza, in modo che il testo da inviare al Senato comprenda il cappello e gli emendamenti approvati.
Non si procederà, e ne spiego subito la ragione, ad una votazione sul complesso. Vi è stata ieri una discussione tecnica procedurale al Senato prima con il Presidente del Senato, che però si è astenuto dal formulare pareri, ritenendo di non dover far conoscere la propria opinione su questa questione costituzionale, poi il Presidente della I Commissione, con i Capigruppo del Senato e con il Ministro per le Regioni, e si è giunti alla conclusione - questo è il parere del Governo - che non si dovesse approvare il complesso con una votazione finale, perché altrimenti ciò avrebbe costretto il Governo a ritirare il disegno di legge mandato al Parlamento con allegato lo Statuto della Regione Piemonte ed a rinviarne un altro dopo apposita convocazione e deliberazione del Consiglio dei Ministri, il che avrebbe allungato i tempi per la modifica.
Quindi, voteremo soltanto gli emendamenti ai singoli articoli, che ora leggo.
"art. 1 - comma primo: dopo le parole 'secondo i principi' sostituire la parte finale del comma con le seguenti parole: 'e nei limiti della Costituzione e secondo le norme dello Statuto'".
"art. 7 - invertire il periodo in modo che suoni come segue: 'La Regione difende l'originale patrimonio linguistico, di cultura e di costume delle comunità locali e ne favorisce la valorizzazione'".
"art. 45 - comma primo: sostituire alle parole 'ogni legge, entro 10 giorni dalla sua approvazione' le parole 'ogni legge, entro i termini prescritti da legge dello Stato'".
"art. 45 - comma terzo: aggiungere alla fine del comma le parole: 'nelle forme previste dalle leggi dello Stato'".
"art. 45 - comma quarto: sopprimere il comma, in modo che la formula della promulgazione sia quella della legge ma non sia contenuta nello Statuto perché se una legge ulteriore dovesse modificare questa formula la Regione possa adottare immediatamente la nuova formula di promulgazione senza essere costretta ad una revisione formale del proprio Statuto".
"art. 50 - comma primo: sostituire la parola 'formulazione' con la parola 'formazione' ".
"art. 55 - comma primo: sostituire il testo con il seguente: 'Il referendum abrogativo è improponibile per le norme dello Statuto regionale. La legge regionale determina (questo è il testo sottoscritto dai Capigruppo) nell'ambito delle norme della Costituzione, le materie per le quali non e ammesso referendum abrogativo'. Presidente della I Commissione preferirebbe che si dicesse 'a norma della Costituzione'. Credo che non cambi niente, e che se gli si può dare questa soddisfazione, avendo salvato tutti i principi, i Capigruppo non abbiano difficoltà a che il loro testo contenga questa piccola modifica formale: 'a norma' anziché 'nell'ambito delle norme'".
"art. 59 - ultimo comma: sostituire alle parole 'il Presidente' le parole 'il Presidente, sentita la Giunta'".
"art. 81 - comma quinto: sostituire le parole 'é ammessa l'assunzione a contratto per periodi determinati e con incarichi specifici' con le parole 'é ammesso il conferimento di incarichi specifici per periodi determinati'".
Il Consigliere Zanone propone analoga modifica al comma sesto, cioè di scrivere al posto di 'tali assunzioni' - 'tali incarichi'. Comunque, questo lo vedremo al momento di mettere in votazione i singoli articoli.
Vi è poi, all'art. 58 - comma primo, quel piccolo emendamento di cui vi parlavo, che propone di aggiungere alla fine del comma le parole: 'salvo le impugnative previste dalla Costituzione e dalle leggi dello Stato'.
Darò lettura successivamente dell'emendamento proposto dalla maggioranza.
Su queste proposte è aperta la discussione, prima a carattere generale, poi articolo per articolo. Ha facoltà di parlare il Consigliere Fassino.



FASSINO Giuseppe

Signor Presidente, Colleghi Consiglieri, credo che tutti i colleghi vorranno dare atto che il Gruppo liberale, nella discussione e nella votazione dello Statuto, è sempre stato mosso dalla più leale intenzione di contribuire, sia pure con le forze modeste di cui dispone, a fare della Regione uno strumento di rinnovamento non già a parole ma a fatti. E se anche preciso che l'approvazione a suo tempo data da noi allo Statuto nella sua globalità - ferme restando le nostre riserve di allora - non costituisce certamente un precedente che ci imporrebbe oggi, qualora fosse dal Presidente proposta la votazione globale dello Statuto stesso (il che il Presidente ha tuttavia escluso nella sua illustrazione di questi emendamenti), di confermare quel voto positivo su tutto lo Statuto ove intervenissero altre modifiche non previste e non comprese fra quelle concordate nella conferenza dei Capigruppo, devo dire che il Gruppo liberale, che ha sottoscritto la mozione di emendamenti, si associa a quanto esposto nella sua relazione dal Presidente e, in merito alle modifiche agli articoli citati: 1, 7, 45, 55, 59, 81.
Devo anche far rilevare che questo facciamo perché di fronte alla tendenza che si è andata via via manifestando di un conflitto fra lo Stato e la Regione (del che abbiamo avuto tutti coscienza dai molti articoli apparsi sui giornali in questo periodo) ritenevamo, e riteniamo più fermamente ancora in questo momento, che sia anche compito nostro ricercare l'equilibrio contemperando il momento unitario dello Stato e il momento autonomista, opponendoci di conseguenza a chi cerca di fare, se mai delle Regioni un elemento di rottura dello Stato stesso. E non v'è dubbio, questa è cosa certa per tutti, che lo strumento più importante per la realizzazione di tale equilibrio è lo Statuto.
Statuto a proposito del quale noi liberali vorremmo dire, per prima cosa, che i nostri "patres" non sono poi stati così severi come in un primo tempo si andava ipotizzando, se degli 82 articoli sulle norme transitorie hanno poi eccepito soltanto su 7 ed escogitato anche una procedura informale che ci offre oggi la possibilità di discutere in tempi brevi come tutti desideriamo, le modificazioni e permette conseguentemente un più veloce iter da Palazzo Madama a Palazzo Montecitorio di questo Statuto, di questo nostro figlio per ora ancora imperfetto anche se, dobbiamo riconoscerlo, giudicato uno degli Statuti più equilibrati sottoposti fino ad oggi al giudizio del Parlamento.
D'accordo, quindi, colleghi Consiglieri, con il relatore circa i rilievi sull'art. 1 per la mancanza di un riferimento preciso alle leggi dello Stato, e circa l'aggiunta, che, se non può di certo, per la forma richiamarsi al dolce stil novo - nella conferenza dei Capigruppo l'abbiamo rilevato ma non siamo riusciti a formularne una più elegante -, nella sostanza trova, secondo noi, logica giustificazione nel configurare la autonomia del nostro Piemonte nei limiti della Costituzione così come penso, e auguro, sarà deliberato per le altre Regioni, tutte create a suo tempo, come sono state create, senza definizione di funzioni, senza definizione di strutture, senza strumenti di coordinamento con lo Stato, e purtroppo neppure fra di loro: e non dico questo certo per una polemica retrospettiva, ma unicamente perché sono realtà di fronte alle quali tutti i democratici seri devono restare, o porsi, se non lo fossero, in guardia.
D'accordo, colleghi Consiglieri, anche sulle modifiche dell'art. 7 nato forse in un momento di particolare confusione, a Palazzo Madama quella notte, e per la cui formulazione forse non fummo felici, assegnando oltre tutto alla Regione una "tutela" che esorbita dalle competenze del 117 e che spetta invece costituzionalmente allo Stato e che oggi correggiamo sostituendo il termine "tutela" con il termine "difesa". L'articolo del nostro collega Vicepresidente Oberto, apparso proprio ieri su "La Stampa" mi pare chiarisca molto bene la posizione di quelle che si definiscono "minoranze linguistiche", nei confronti delle quali abbiamo cercato di dimostrare, come si poteva, la nostra simpatia. Non ci è dato di codificare questa nostra simpatia nello Statuto, ma concordiamo con quanto ha detto il collega Oberto, che dev'essere cioè consentito al nostro Statuto di attribuire, in senso più generale, la difesa e l'esaltazione di quei valori di cui il Piemonte, soprattutto nel suo patrimonio linguistico, è, "così ben dotato pur nelle sue diverse espressioni".
Le modifiche all'art. 45 riaffermano fra l'altro il valore e l'importanza delle leggi dello Stato, e quindi non ci possono non trovare concordi. Quella dell'art. 50, "formazione" anziché "formulazione", ci trova incerti se attribuirne la responsabilità all'astensore o al tipografo.
Per l'art. 55, invece, il relatore osserva che la Regione ha istituito limitazioni che vanno oltre i limiti dell'art. 75 della Costituzione "provocando un contrasto con detta disposizione e la conseguenza di una inammissibile compressione dei diritti del cittadino". Non già per rivestirci delle penne del pavone, e neppure per polemizzare, ma unicamente per omaggio alla verità, mi permetto di ricordare che durante la discussione dello Statuto il Gruppo liberale aveva proposto all'art. 55 un emendamento, sostenendo che in armonia con la Costituzione il referendum abrogativo regionale non avrebbe dovuto trovare un numero superiore di limiti, "per salvaguardare i diritti di tutti e non creare discriminazioni fra cittadini e cittadini". E' naturale, quindi, che le modificazioni richieste all'art. 55 ci trovino oggi pienamente d'accordo, avendo noi allora votato contro tale articolo e sentendo oggi avallato dai "patres" romani, quella stessa nostra tesi di incostituzionalità che la maggioranza aveva respinto nella votazione dello Statuto.
D'accordo, amici, sulle modifiche agli articolo 58, 59 e 81.
Aggiungiamo unicamente che se la Commissione senatoriale avesse mantenuto le altre obiezioni mosse in un primo tempo dal relatore forse sarebbero risultati convalidati alcuni nostri principali rilievi che a suo tempo avevamo illustrato, con spirito obiettivo e costruttivo.
L'ora è tarda: "di più direi ma di men dir bisogno", per cui concludo dichiarando che il voto del Gruppo liberale su queste modifiche, su questa mozione, e limitatamente a questa (sull'altra modifica proposta interverremo successivamente) sarà un voto favorevole.



PRESIDENTE

Nessun altro chiede la parola? Possiamo allora procedere alle votazioni.
Prego i Capigruppo di invitare i Consiglieri a ritornare in aula.
Occorre la maggioranza dei componenti di questa assemblea per approvare le modifiche.
Mi è venuto uno scrupolo: non vorrei che la votazione del "cappello" ci ponesse poi in condizione di dover votare il testo complessivo. Dato questo dubbio, direi che sia meglio saltare il "cappello": lo farò inserire nella lettera di trasmissione al Presidente del Consiglio, ma per intanto è forse meglio non correre alcun rischio di carattere procedurale. Allora, iniziamo ora le votazione: su ciascuna modifica ogni Consigliere può chiedere di parlare, naturalmente, se lo ritiene opportuno.
Ha facoltà di parlare il Consigliere Berti.



BERTI Antonio

La modifica all'art. 31 verrà posta in votazione a parte?



PRESIDENTE

Sì. Prima votiamo il blocco di quelle che sono state concordate da tutti.
"art. 1 - comma primo: Viene proposto di sostituire la parte finale del comma, dopo le parole 'secondo i principi', con le seguenti parole: 'e nei limiti della Costituzione e secondo le norme dello Statuto'".
Nessuno chiede la parola? Pongo in votazione quest'emendamento. Chi è favorevole è pregato di alzare la mano.
E' approvato all'unanimità dei 44 votanti.
"art. 7 - invertire il periodo in modo che suoni come segue: 'La Regione difende l'originale patrimonio linguistico, di cultura e di costume delle comunità locali e ne favorisce la valorizzazione'".
Ha chiesto di parlare il Consigliere Oberto, ne ha facoltà.



OBERTO Gianni

Signor Presidente, signori Consiglieri, molto brevemente, perché è stato detto che siamo nei "tempi supplementari". Avevo avuto la ventura di lavorare abbastanza nella fase iniziale, "di allenamento" per la preparazione dello Statuto, poi ebbi la disavventura di non poter partecipare a quella che è stata la "partita" per la sua approvazione. Mi sembra ora di dover prendere la parola, sia pur brevemente, anche perch sono state rivolte sollecitazioni in tal senso a me personalmente come credo a tutti i Consiglieri regionali, dalle forze che si fanno portatrici di istanze nel settore della tutela di questi valori, di questo patrimonio cui si riferiscono gli articoli 5 e 7 dello Statuto.
Ritengo valga la pena di dire che si accetta la modifica, nei termini proposti quali sono stati letti, in tanto in quanto è una proposta modificatrice non limitante ma in certa misura invece allargante il criterio che animò il Consiglio nell'approvare il concetto animatore della norma. Perché se per un momento ci mettessimo a cercare il significato dei termini attraverso i vari dizionari, troveremmo che l'espressione "difesa" è indubbiamente più ampia e più impegnativa di quanto non sia la semplice "tutela", che è cosa in parte diversa più attiva la prima e più impegnativa la seconda. D'altra parte, così facendo mi sembra che veramente noi ci adeguiamo anche tecnicamente a quella che è la formulazione dello Statuto.
La Carta Costituzionale stabilisce dei principi fondamentali e all'art.
6 afferma che la "Repubblica tutela con apposite norme le minoranze linguistiche". Ora, io ho cercato di documentarmi, ma non sono riuscito a trovare come l'esercizio del principio fondamentale stabilito dalla Carta Costituzionale abbia trovato fino a questo momento, dopo venticinque anni una concreta attuazione, almeno nella regione piemontese e mi sono anche dato una ragione ed un perché, in quanto ritengo che queste precise norme costituzionali siano quelle che possono e debbono essere dettate proprio alle Regioni, dato che soltanto a questo livello regionale si possono portare innanzi la soluzione, di specifici determinati problemi, nel settore della cultura locale, regionale.
D'altra parte, noi abbiamo nell'organigramma del nostro Statuto un articolo 5 che non può essere dissociato dall'art. 7, come l'art. 7 non pu essere dissociato dal 5. Il 5 ha come titolo (lo ricordo soprattutto per chi è abituato come me a leggere il contenuto degli articoli dei testi legislativi senza fermarsi più a guardare il titolo, mentre i titoli hanno la loro importanza e la loro rilevanza): "Tutela del patrimonio naturale e culturale", una intitolazione di carattere panoramicamente molto largo e ampio, per giungere, nel penultimo e nell'ultimo capoverso, ad affermazioni che richiamano proprio organicamente quanto noi facciamo questa mattina modificando la norma statutaria. Già all'art. 5 noi avevamo detto: "La Regione difende il patrimonio culturale anche nelle sue espressioni regionali", e a questi fini, e ai fini di cui nella prima parte dell'art.
5, "tutela del patrimonio naturale e culturale", "la Regione coordina ed indirizza gli strumenti e le iniziative esistenti e concorre allo sviluppo di adeguati mezzi educativi e di informazione". Quando noi legislatori ad un certo momento arriveremo a formulare disposizioni legislative evidentemente ci richiameremo a questo fondamentale principio di carattere generale contenuto nell'art. 5, e sarà nelle norme legislative che si darà attuazione ad esso.
La formulazione originaria dell'art. 7 sostituiva il termine "difende" di cui all'art. 5, richiamandosi invece alla Regione che "tutela" le comunità locali, o meglio, come diciamo adesso, "difende" le comunità in quanto sono portatrici di un originale patrimonio linguistico di cultura e di costume e ne favorisce la valorizzazione. Io direi che è soprattutto questa seconda parte che dà una esaltazione notevole al nostro Statuto. Non è tanto l'aspetto semplicemente della difesa, e quindi della conservazione di questo patrimonio, che è patrimonio linguistico, che è patrimonio artistico, è patrimonio musicale, è patrimonio artigianale, ma e la valorizzazione in termini concreti ed attuali di questa ricchezza.
Noi dobbiamo tener presente che approvando questa modifica facciamo cosa che risponde ad un dovere che ci siamo imposto con lo Statuto stesso che è quello di accogliere e recepire la partecipazione di coloro che sono fuori dall'ambito del Consiglio, e che hanno fatto sentire la loro voce attraverso le istanze, le lettere, gli ordini del giorno, i telegrammi che hanno mandato ai Consiglieri. Il grosso e grave impegno che il Consiglio dovrà prendere è quello di formulare a suo tempo le leggi che effettivamente traducano in concretizzazione pratica le affermazioni di carattere generale. D'altra parte, il Consiglio Regionale non era stato già in passato, quando aveva approvato la vecchia formula, che anche strutturalmente è meglio sostituire proprio con l'espressione "difende" attualmente portata innanzi, insensibile ai complessi motivi di risposta dati al questionario che avevamo inviato agli Enti locali ed agli organismi che si occupano della conservazione del patrimonio culturale regionale.
Quindi mi sembra di poter effettivamente affermare che la Regione Piemonte, con questa modifica, riafferma in pratica e ribadisce, ed in un certo senso anzi amplia, la portata della sua volontà di curare questo patrimonio, che non può assolutamente essere dimenticato, anche a somiglianza di quello che è avvenuto in Statuti di altre Regioni, come il Molise, la Basilicata, la Calabria, il quale ultimo va forse oltre tutti quelli che ho avuto sotto mano affermando che "la Regione, nel rispetto delle proprie tradizioni, tutela il patrimonio delle popolazioni di origine albanese e di altri gruppi allofoni e promuove l'insegnamento della lingua albanese nei luoghi dove essa è parlata".
Qui si è fatto anche un discorso per l'insegnamento del piemontese, che non è da respingere. Coloro i quali avranno la responsabilità dell'Esecutivo potranno avanzare in seguito opportuna proposta in maniera che tra qualche anno non abbiamo da fare la desolante constatazione che i nostri figli, non sappiano più comprendere un testo di questa espressione che si discute se sia lingua o se sia dialetto, ma che costituisce certamente un patrimonio notevole, imbastitosi come fatto di cultura e civiltà insieme alla crescita della storia del nostro Piemonte.



PRESIDENTE

Nessun altro chiede di parlare? Pongo allora in votazione il nuovo testo dell'art. 7.
Chi è favorevole è pregato di alzare la mano.
E' approvato all'unanimità dei 44 partecipanti alla votazione.
"art. 45 - comma primo: sostituire alle parole ogni legge, entro 10 giorni dalla sua approvazione' le parole: 'ogni legge, entro i termini prescritti da legge dello Stato'".
Chi è favorevole è pregato di alzare la mano.
E' approvato all'unanimità dei 45 partecipanti alla votazione, essendo entrato in aula un Consigliere che prima non c'era.
"art. 45 - comma terzo: aggiungere alla fine del comma le parole 'nelle forme previste dalle leggi dello Stato'".
Chi è favorevole è pregato di alzare la mano.
E' approvato con 45 voti.
"art. 45 - comma quarto: sopprimere il comma." Chi è favorevole è pregato di alzare la mano.
E' approvato con 45 voti.
"art. 50 - comma primo: sostituire la parola 'formulazione' con la parola 'formazione'".
Chi è favorevole è pregato di alzare la mano.
E' approvato con 45 voti.
"art. 55 - comma primo: sostituire - è la modifica da me proposta - il testo originario con il seguente: 'Il referendum abrogativo è improponibile per le norme dello Statuto regionale. La legge regionale determina, a norma della Costituzione, le materie per le quali non è ammesso referendum abrogativo'".
Ha facoltà di parlare il Consigliere Armella.



ARMELLA Angelo, Assessore regionale

Questa diversità di formulazioni dà l'impressione che abbiamo avuto ancora dei dubbi. E difatti questi dubbi permangono. Perché il motivo per cui questa norma è stata censurata è in relazione al contenuto dell'art. 75 della Costituzione, che è l'unico articolo che preveda limiti al referendum.
Ora, io temo che, come la dizione precedente, "nell'ambito delle norme della Costituzione", anche quella ora proposta possa indurre a trasferire di peso la limitazione dell'art. 7 nella normativa dello Statuto. Quindi proporrei di limitarsi al testo costituzionale, con l'espressione "in armonia con la Costituzione", che consente il riferimento più generico e ci elimina ogni timore.



PRESIDENTE

A dire il vero, la Sottocommissione ed i Capigruppo hanno a lungo discusso di questa questione. Erano giunti a concordare quella terminologia, "nell'ambito delle norme", ritenendo che, date le osservazioni fatte dal Senato, questo riferimento tra esplicito e generico alle norme stesse della Costituzione fosse il più suscettibile di ottenere il consenso di tale ramo del Parlamento.
L'ultimo rilievo, mosso nel colloquio privato che ho avuto con il Presidente della I Commissione, perfino su questa terminologia, fa pensare che, rendendola ancora più elastica, si corra qualche rischio che altrimenti non ci sarebbe.
Penso che la questione qui vada posta in tutto il suo rigore costituzionale: o l'art. 75 si applica o non si applica; se si applica evidentemente è norma della Costituzione in questo campo anche per noi; se non si applica, non lo è. Noi riteniamo che non si applichi, e quindi possiamo dire addirittura: "Gli articoli della Costituzione relativi al referendum". Perché per noi ce n'é soltanto uno relativo al referendum regionale, che è il 123, e quindi non riusciremo a sfuggire a questo dilemma. Tanto vale, perciò, accogliere anche quest'ultimo rilievo e parlare esplicitamente della norma, cioè "a norma della Costituzione".
Altrimenti si corre qualche rischio per l'approvazione, e non vorrei proprio che si perdesse un'altra settimana a causa di una parola.



ARMELLA Angelo, Assessore regionale

"In armonia al dettato costituzionale del 123", per cui non ci pu essere dubbio.



PRESIDENTE

Già, ma è che con la I Commissione c'é questa specie di battaglia. Noi qui aggiriamo completamente il rilievo, riservandoci poi di considerarlo dopo.



ARMELLA Angelo, Assessore regionale

Demandiamo alla legge. E parlando di "norma della Costituzione" non possiamo che intendere l'art. 75, non essendovi nella Costituzione altra norma in materia.



PRESIDENTE

C'é l'art. 23. Noi ci riferiamo a quello. Comunque, spetta al Consiglio decidere se vuol correre il rischio che deriva dall'adozione di una formula che non è quella proposta, mentre approvando quella indicata non ci sarebbero più sorprese di ulteriori rinvii o ritardi, come mi è stato ribadito ancora ieri.
Ha facoltà di parlare il Presidente Calleri.



CALLERI Edoardo, Presidente della Giunta regionale

La dizione che è stata suggerita a correzione di quella concordata nell'ambito della riunione sembra anche a me quella più elastica, quella cioè che consente contemporaneamente di giocare sia sull'art. 75 della Costituzione, che esclude implicitamente alcune materie e quindi di fatto apre il diritto anche alla Regione di escludere delle materie dal referendum abrogativo, sia sull'art. 123, che demanda allo Statuto regionale la regolamentazione dell'esercizio del diritto di referendum.
Ora, noi nello Statuto rimandiamo ad una legge regionale la regolamentazione dell'esercizio del referendum; quindi, mi sembra che non vi sia dubbio che lo facciamo non più in riferimento all'art. 75 bensì all'art. 123. Ecco, l'unico mio dubbio, dato che avevo suggerito io la possibilità di uscire rimandando alla legge, è che noi, secondo la dizione qui proposta, "la legge regionale determina le materie per le quali..." demandiamo ad un'unica legge regionale la riserva rispetto alla possibilità di indire il referendum abrogativo.



PRESIDENTE

No, non necessariamente: se dicessimo "una legge" o "con legge" ci riferiremmo ad una specifica legge sul referendum, mentre dicendo "la legge.".



OBERTO Gianni

E' un termine generico.



CALLERI Edoardo, Presidente della Giunta regionale

Io ho l'impressione che dicendo così si possa lasciar capire che lo Statuto rimanda ad una specifica legge la determinazione delle materie per le quali non è ammesso il referendum abrogativo; quindi, nel caso di una legge regionale in materia urbanistica o di qualche provvedimento amministrativo diventi non legittimo, nel momento in cui si approva questa legge, l'escludere il referendum abrogativo di questa legge, in quanto così come è detto mi sembra si riferisca ad una lettera di carattere generale.
Quindi, credo che convenga fermarsi a meditare un poco sulla possibilità di fare una legge che regolamenti tutte le materie da escludersi dal referendum, lasciando la riserva che in caso di necessità nell'approvazione di una legge, nel dispositivo di questa legge stessa sia possibile escludere il ricorso al referendum per la sua abrogazione. Il mio intento è di estendere complessivamente il diritto del Consiglio Regionale di escludere non soltanto le materie elencate in una legge ma anche il ricorso al referendum abrogativo di una particolare legge o regolamento amministrativo.



PRESIDENTE

Credo che non occorra nemmeno un ritocco: basta prima di tutto dichiarare qui, come posso dichiarare, se il Consiglio non ha obiezioni, a nome di tutti, che noi interpretiamo questa dizione come riferentesi non ad una legge specifica destinata a regolare la materia del referendum ma a tutte le leggi che possono contenere disposizioni relative a questo; in secondo luogo, per chiarire definitivamente la materia, includere nella legge che regolerà l'esercizio del diritto di referendum una norma che consenta ad altre leggi di ammettere la improponibilità del referendum abrogativo.
Credo che in questo modo non corriamo alcun rischio.



CALLERI Edoardo, Presidente della Giunta regionale

Io proporrei di aggiungere le materie ed i casi in cui non e ammesso il referendum abrogativo. Perché allora i casi potrebbero essere l'approvazione di una singola legge.



ARMELLA Angelo, Assessore regionale

Allora si dice "l'esercizio". Non puoi pretendere che ogni singola legge funzioni.



PRESIDENTE

Signor Presidente, siamo sul filo del rasoio. Quello che ho proposto è un testo sul quale mi è stato formalmente dichiarato che non verranno più sollevate eccezioni.



CALLERI Edoardo, Presidente della Giunta regionale

Allora, approviamolo così.



PRESIDENTE

Rileggo il testo sottoposto alla vostra approvazione.
"art. 55 - comma primo: sostituire il testo con il seguente: 'Il referendum abrogativo è improponibile per le norme dello Statuto regionale. La legge regionale determina, a norma della Costituzione, le materie per le quali non è ammesso referendum abrogativo'".



ARMELLA Angelo, Assessore regionale

Vorrei risultasse a verbale che la nostra intenzione non è quella di trasferire nello Statuto i casi dell'art. 75 esclusivamente nei limiti del referendum regionale.



CALLERI Edoardo, Presidente della Giunta regionale

Tra l'altro, ci sono i trattati internazionali.



PRESIDENTE

Prendo atto del suo rilievo, e, come le ho già detto in precedenza, lo faccio mio, a nome, penso, di tutto il Consiglio.
Pongo in votazione l'emendamento proposto all'art. 55 comma primo dello Statuto.
Chi è favorevole è pregato di alzare la mano.
E' approvato all'unanimità dei 44 votanti.
E' ora la volta dell'emendamento proposto da me all'art. 58 comma primo: aggiungere alla fine del comma "salvo le impugnative previste dalla Costituzione e dalle leggi dello Stato".



OBERTO Gianni

E' del tutto pleonastico, per la verità.



ARMELLA Angelo, Assessore regionale

Vorrei un chiarimento, perché c'é una legge nella Carta Costituzionale che determina questo limite, ma nella Costituzione non lo ricordo.



PRESIDENTE

Sono previste non in materia di referendum ma per tutte le decisioni che sono prese dagli enti amministrativi, questo compreso.



ARMELLA Angelo, Assessore regionale

Se mi si consente una obiezione di carattere generale sull'art. 58 comma primo, noi abbiamo congegnato questo giudizio di proponibilità e di ammissibilità demandandolo ad un organo della Regione, dato che non avevamo la possibilità - la discussione in merito è già avvenuta - di demandarlo come sarebbe stato logico, ad un organo estraneo, la Corte d'Appello o comunque l'Autorità giudiziaria. Adesso noi aggiungeremmo una limitazione questo "salvo le impugnative previste dalla Costituzione o dalle leggi dello Stato "al primo comma, inentre il giudizio di ricevibilità e ammissibilità, nel testo dell'art. 58, si compone di due fasi: quella dell'esame dell'Ufficio di Presidenza, e, nel caso che manchi l'unanimità da parte dell'Ufficio di Presidenza, del Consiglio a maggioranza assoluta dei componenti.
Se ho bene inteso lo scopo di questa limitazione, essa andrebbe spostata inserendola nel secondo comma, o in un terzo comma che potrebbe essere aggiunto; perché "le impugnative previste dalla Costituzione e dalle leggi dello Stato" valgono sia nel caso che il referendum sia dichiarato proponibile, o improponibile, dall'Ufficio della Presidenza, come nel caso in cui, mancando l'unanimità nell'Ufficio di Presidenza, sia deciso dal Consiglio a maggioranza assoluta dei componenti.
A questa prima osservazione che mi vien fatto di sollevare ne faccio seguire una seconda in relazione al contenuto di questo emendamento aggiuntivo. A me non pare che nella Costituzione si prevedano propriamente delle impugnative, a parte l'impugnativa per qualsiasi legge della Regione mentre si prevede esplicitamente nella legge dello Stato, cioè nella legge costituzionale, la possibilità di impugnativa alla Corte Costituzionale che non so se possa essere estesa al nostro caso, per la stessa ragione per cui si è esclusa l'aggiunta dei due terzi. Nella legge della Corte Costituzionale si dice esplicitamente, al n.2: "Spetta alla Corte Costituzionale giudicare se le richieste di referendum abrogativo presentate a norma dell'art. 75 della Costituzione siano ammissibili ai sensi del comma secondo dell'articolo stesso"r Mi pare che questa sia l'unica norma, che non ci sia nella Costituzione una norma che determini una impugnativa specifica per quanto riguarda il referendum.
Quindi, a mio avviso, l'inciso dovrebbe essere posto dopo il secondo comma e dovrebbe essere formulato nel senso di limitare le impugnative previste dall'ordinamento giuridico dello Stato, o tutt'al più dalle leggi dello Stato, senza indicazione: "salvo le impugnative previste dalle leggi dello Stato".



PRESIDENTE

Mi sono limitato a portare un suggerimento che non è mio e che permetteva di chiudere con un compromesso il caso dell'art. 58. Posso anche accogliere i suoi rilievi sulla collocazione, cioè convenire con lei che caso mai l'inserimento va fatto dopo il secondo comma con un comma apposito. Quanto al contenuto, a mio parere è assolutamente superfetatorio perché anche se noi non scrivessimo nello Statuto che son fatte salve le impugnative previste dalla Costituzione dello Stato queste sussisterebbero ugualmente, perché sono stabilite da una volontà che è superiore a quella della Regione.



DEBENEDETTI Mario

L'osservazione del Consigliere Armella è giusta, sotto il profilo tecnico-giuridico, per cui la dizione da lui proposta, che non compromette direi, il contenuto concordato, non dovrebbe dar motivo a preoccupazione alcuna.
Tutti d'accordo che si tratta di un comma del tutto pleonastico, il cui contenuto opererebbe indipendentemente dalla dizione da noi usata; ma l'espressione "ordinamento giuridico o leggi dello Stato" è secondo me tecnicamente più perfetta, più rispondente alla realtà, perch effettivamente non vi è nella Costituzione una previsione specifica di questa impugnazione.



PRESIDENTE

Faccio rilevare ancora che quella formula è il frutto di un compromesso politico su basi giuridiche che per me sono inesistenti; quindi, o si accetta il compromesso politico o lo si respinge. Il Consiglio può anche decidere di respingerlo: però, ripeto, in questo caso si assume un rischio.



CALLERI Edoardo, Presidente della Giunta regionale

Ritiriamo la proposta Armella.



PRESIDENTE

Allora mettiamo in votazione la modifica così com'era stata da me proposta? Chi è favorevole è pregato di alzare la mano.
La modifica è approvata con 43 voti favorevoli ed una astensione (quella del Consigliere Armella).
"art. 59 - ultimo comma: sostituire alle parole 'il Presidente' le parole 'il Presidente sentita la Giunta'".
Nessuna osservazione? Chi è favorevole è pregato di alzare la mano.
E' approvato con 44 voti.
"art. 81 - comma quinto: sostituire le parole 'é ammessa l'assunzione a contratto per periodi determinati e con incarichi specifici' con le parole: 'è ammesso il conferimento di incarichi specifici per periodi determinati'".
Nessuna osservazione? Chi è favorevole è pregato di alzare la mano.
E' approvato con 44 voti.
"art. 81 - comma sesto: sostituire le parole: 'tali assunzioni' con le parole 'tali incarichi'".
Nessuna osservazione? Chi è favorevole è pregato di alzare la mano.
E' approvato con 44 voti.
Con questo si concludono gli emendamenti sottoscritti da sette Gruppi su otto. C'è ora un emendamento presentato dai quattro Capigruppo della maggioranza: "I sottoscritti Consiglieri propongono inoltre la seguente modifica dell'art. 31 comma secondo: al termine del comma sostituire le parole 'in numero da otto a dieci' con le parole 'in numero non superiore a dodici'".
I proponenti desiderano illustrarlo? Ha facoltà di parlare il Consigliere Bianchi.



BIANCHI Adriano

Molto brevemente, in una precedente seduta avevamo fatto delle dichiarazioni a questo riguardo che riteniamo non vengano smentite dalla proposta ora avanzata. Non avremmo mai assunto iniziative, per quanto fondate e motivate, che potessero in qualche modo influire sull'iter di approvazione dello Statuto. Poiché questo ci è stato restituito con alcune osservazioni, della cui entità abbiamo potuto tutti renderci conto, insieme a valutazioni lusinghiere - si è parlato di "gioiello", di qualcosa di preciso, del più perfetto e così via -, noi riteniamo che l'utilizzare l'occasione che ci è così offerta per un breve riesame sia saggio ed opportuno, poiché, ripeto, non comporta alcun appesantimento e alcuna incertezza sull'iter di approvazione dello Statuto stesso.
Le ragioni che portano a proporre questa lieve modifica sono principalmente queste. Sappiamo che la popolazione del Piemonte consentirebbe già ora di avere 60 Consiglieri; e questa misura di 12 era già stata largamente ritenuta equilibrata, giusta ed opportuna dalla stragrande maggioranza dei Consiglieri regionali in sede di discussione dello Statuto; affrontando la distribuzione degli incarichi di Giunta e configurando gli Assessorati si è poi visto come gli Assessori venissero ad essere gravati e oberati di pesanti incarichi e si è riscontrata la necessità di ripartire questi compiti su un numero più equilibrato. Tutto ciò faceva prevedere che si dovesse poi, a breve scadenza, approvato lo Statuto, appena fosse consentito, riproporre una revisione del medesimo. Ma c'è di più: è in preparazione, e si discute, una revisione generale, una legge speciale che adegui il numero dei Consiglieri ai grandi compiti che verranno via via affidati alla Regione. Noi sappiamo che la città di Torino ha 80 Consiglieri e vedremo, appena ci ripartiremo in Commissioni e ci sarà la Giunta insediata, quali difficoltà di lavoro organico si determineranno per il numero ristretto dei componenti questo Consiglio. Quindi, anche in vista di una elevazione del numero dei Consiglieri al di là dello scatto che è certo in base ai dati attuali della popolazione, se si dovesse andare al livello di 80 membri, com'é per la Lombardia e com'è per il Comune di Torino - è evidente che la proporzione si sarebbe ugualmente ottenuta -.
Restare vincolati ad un numero così limitato e basso di Assessori con norma statutaria equivarrebbe, mi pare, a preparare difficoltà per il futuro.
Dico poi ancora, proprio per non dare l'impressione che vogliamo nasconderci dietro il dito, che tutte queste ragioni sono emerse in modo più evidente nel momento in cui si è dovuto effettuare una ripartizione organica dei compiti nella fase di formazione della Giunta che sta, come sappiamo, per concludersi.



PRESIDENTE

Ha facoltà di parlare il Consigliere Berti.



BERTI Antonio

E' davvero apprezzabile lo sforzo del Consigliere Bianchi per giustificare dal punto di vista politico la modifica dell'art. 31 che qui ci viene proposta. Peccato che arrivi molto tardi: credo sarebbe stato anche più onesto da parte della maggioranza - che del resto ha presentato come tale questo emendamento, già a significare che ci sono posizioni diverse, manifestatesi nella riunione del capi Gruppo - dire che effettivamente in questa situazione la modifica dell'aumento del numero degli Assessori costituisce essenzialmente una sanatoria per una situazione di contrasto che si è determinata all'interno della maggioranza.
Noi abbiamo già nella seduta precedente ampiamente motivato, credo, la nostra opposizione ad una modifica dell'art. 31, Riprenderemo l'argomento ancora in sede di discussione generale quando interverremo in merito ai problemi della struttura del Consiglio, delle Commissioni e quindi anche della Giunta, almeno per quanto riguarda le nostre concezioni. Per il momento vorrei soltanto sottolineare ancora che noi siamo contrari alla modifica di questo articolo. Intanto, perché, come abbiamo già sostenuto e ribadiamo, non approviamo il metodo con il quale la maggioranza ha proceduto a stabilire il numero degli Assessori.
Per quanto ci riguarda, noi siamo perché punto di partenza siano le finalità del Consiglio regionale, già stabilite dal nostro Statuto nei vari articoli, gli obiettivi che in ordine a queste finalità ci si propone perché da questi discenda la scelta degli strumenti organizzativi, degli strumenti di lavoro che la Regione deve darsi per conseguirli. Partendo dagli scopi che si vogliono raggiungere è certo anche più facile vedere poi quante devono essere e come devono essere composte le Commissioni, perch ognuno di questi strumenti è valido nella misura in cui si dimostra capace di affrontare compiutamente i problemi, che appunto sono gli obiettivi e le finalità stabiliti dallo Statuto.
E' chiaro che se una modifica di questo tipo ci venisse prospettata non in relazione alla crisi della Giunta probabilmente la considereremmo sotto una diversa luce. Del resto, tutto il dibattito statutario ha dimostrato che noi non abbiamo fissato a casaccio otto, dieci o dodici Assessori: già allora proponevamo un metodo che, ripeto, illustreremo anche più dettagliatamente nella discussione di carattere generale. La maggioranza ci viene adesso ad illustrare ipotesi e prospettive di lavoro che possono anche esser valide ma che non si verificheranno a breve distanza di tempo: soprattutto per quanto riguarda l'aumento del numero dei Consiglieri occorrerà attendere addirittura le prossime elezioni, e quindi abbiamo di fronte molto tempo, mentre problemi di operatività immediata si propongono adesso, in relazione ai compiti che ci toccano.
Le motivazioni addotte per la modifica non ci convincono, e pertanto noi restiamo fermi nella nostra opposizione e votiamo contro questa proposta di modifica dello Statuto. Preciso che la nostra è una opposizione di metodo, che tuttavia tiene conto anche di una dialettica che si è aperta all'interno della riunione dei Capigruppo circa la futura struttura del Consiglio e delle dichiarazioni, che mi sembra possano essere qui ricordate, e che noi abbiamo positivamente valutato, fatte dal Presidente della Giunta, sia pure a titolo personale, in tale sede, quando ha riconosciuto che il problema delle strutture del Consiglio, del funzionamento e della direzione delle commissioni, è di competenza del Consiglio, di cui bisogna discutere nell'ambito di quella fase costituente che tutti noi diciamo essere presente nei nostri lavori. Questa disponibilità a discutere nel Consiglio di queste questioni, a cercare nel Consiglio le soluzioni organizzative che occorre dare al funzionamento del nostro Consiglio, ci induce a motivare la nostra opposizione essenzialmente con le poche schematiche cose che ho detto.
Voteremo dunque contro la modifica che ci viene proposta dalla maggioranza.



PRESIDENTE

Ha facoltà di parlare il Consigliere Zanone.



ZANONE Valerio

Signor Presidente, signori Consiglieri, nel testo del Regolamento definitivo che approveremo sarà bene, ad evitare che quello che sta avvenendo in questo momento costituisca un pericoloso precedente, affermare con molta chiarezza il principio che non si debba e non si possa ritornare se non con la garanzia di determinate procedure, su decisioni già approvate e pubblicate.
Il caso degli emendamenti allo Statuto che abbiamo votato fino a poco fa è diverso; per lo meno ha una diversa giustificazione, in quanto corrisponde ad obiezioni pervenuteci da un ramo del Parlamento competente a valutare la legittimità costituzionale del nostro Statuto. L'emendamento proposto dalla maggioranza all'art. 31 costituisce un problema di tutt'altra specie: si chiede al Consiglio di tornare su una deliberazione circa il numero degli Assessori che a suo tempo e stata assunta in via che credevamo definitiva. L'art. 82 del nostro stesso Statuto stabilisce che per qualsiasi modifica debba decorrere almeno il termine di un anno. E' vero che in difetto dell'approvazione del Parlamento lo Statuto non è ancora giuridicamente in vigore, ma credo che dal punto di vista di una certa coerenza politica non sarebbe male se per intanto esso fosse ritenuto vincolante almeno dall'organo che a suo tempo l'ha votato.
Premessa la nostra risoluta opposizione alla modifica proposta all'art.
31, noi vorremmo comunque conoscere dalla maggioranza qualcosa di più rispetto a quello che ha detto il collega Bianchi circa le ragioni che motivano questa proposta. Perché non è pensabile che una crisi che sembrava interminabile e in alcuni momenti priva di vie d'uscita, anche per dichiarati evidenti contrasti politici insorti fra i Gruppi della maggioranza di centro-sinistra, si risolva prodigiosamente portando il numero degli Assessori da dieci a dodici. Oppure dobbiamo veramente credere che le disparità di vedute messe in rilievo in quest'aula la scorsa settimana con l'intervento del collega Nesi si risolvano e trovino composizione attraverso l'aggiudicazione di due Assessorati in più?



PRESIDENTE

Consigliere Zanone, mi consenta di richiamarla all'ordine del giorno: noi stiamo ora discutendo la modifica all'art. 31, non stiamo discutendo la formazione della Giunta. Le osservazioni che ella ha da muovere a questo proposito potrà farle ampiamente, con tutto il tempo a sua disposizione quando si discuterà appunto la formazione della Giunta.



ZANONE Valerio

Mi scuso e rientro immediatamente in argomento. Io credo quindi, per consentire una più corretta valutazione del voto che dobbiamo dare circa questo emendamento, che la maggioranza dovrebbe darci qualche ulteriore chiarimento sulle ragioni sostanziali che impongono di modificare lo Statuto prima ancora che esso sia entrato in vigore; e le chiediamo di meglio precisare dal punto di vista funzionale quali sono le inderogabili necessità di quella che il collega Bianchi ha definito poco fa, con casto eufemismo, "una lieve modifica".



PRESIDENTE

E' facoltà della maggioranza rispondere o non rispondere. Nessun altro chiede la parola? Pongo allora in votazione l'emendamento all'art. 31 comma secondo, che rileggo: al termine del comma sostituire le parole "in numero da otto a dieci" con le parole "in numero non superiore a dodici".
Chi è favorevole è pregato di alzare la mano.
La modifica è approvata con 27 voti favorevoli e 16 contrari.


Argomento:

Calendario dei lavori del Consiglio


PRESIDENTE

Nella conferenza dei Capigruppo era stato stabilito il seguente calendario dei lavori: dopo la seduta di questa mattina, che sarebbe stata dedicata alle revisioni statutarie, avremmo dovuto dedicare la seduta di lunedì mattina alla presentazione del documento politico e dell'elenco dei candidati alla carica di Presidente della Giunta e alla composizione della Giunta; la discussione generale sul documento politico con le successive votazioni sarebbe stata iniziata il venerdì.
Mi è però pervenuta richiesta, da parte del Capogruppo comunista motivata da riunioni politiche che interessano il suo Gruppo, di spostare la data d'inizio della discussione generale al lunedì successivo, 1" marzo.
Se non vi fosse consenso unanime a questa richiesta, potrei, per discutere in merito, convocare immediatamente la conferenza dei Capigruppo.
Ha facoltà di parlare il Presidente Calleri.



CALLERI Edoardo, Presidente della Giunta regionale

Il calendario che proporremmo noi è il seguente: impegnandosi la Giunta a far pervenire entro mercoledì 24 a tutti i Gruppi il documento programmatico della Giunta, rinviare la seduta a lunedì 1" marzo, per l'apertura del dibattito in sede di Consiglio, in modo che i Consiglieri abbiano la possibilità di riunirsi ed assumere posizioni in ordine al documento, peraltro elaborato secondo le indicazioni dello Statuto. In sostanza, la mia proposta sarebbe di rinviare al 1" marzo la presentazione in sede consiliare del documento, fatto pervenire ai Gruppi consiliari entro la giornata di mercoledì prossimo.



PRESIDENTE

Ci sono obiezioni a questa proposta? Ha facoltà di parlare il Consigliere Berti.



BERTI Antonio

Non abbiamo obiezioni da fare alla proposta del Presidente Calleri, in quanto essa non sposta la data da noi indicata per l'apertura del dibattito, e verrebbe ritardata solo di due giorni, da lunedì a mercoledì la presentazione del documento. Senonché sopraggiunge un impedimento che impone di richiedere un'altra variante al calendario: il Comitato centrale del nostro partito - questo non lo sapevo ancora quando ho proposto lo spostamento al 1" marzo - è stato convocato per il 2 marzo, e pertanto io inviterei i Gruppi, perché si possa avere una discussione non strozzata ma evidentemente entro certi limiti, più ampia possibile, ad adottare questo calendario: invio del documento ai Gruppi mercoledì 24, presentazione ufficiale del documento in Consiglio lunedì 1" marzo, discussione sul documento per tutto lunedì 1° marzo, ripresa del dibattito e chiusura venerdì 5.



PRESIDENTE

C'è una sola difficoltà: che tenendo conto del calendario che era stato fissato si era stabilito, nel convegno di Torino dei Presidenti dei Consigli Regionali, di svolgere a Milano il 5 e 6 marzo una riunione di tutti gli Uffici di Presidenza del Consigli Regionali delle Regioni a Statuto ordinario, per esaminare i problemi che erano stati affrontati per la prima volta al Convegno di Torino.



CALLERI Edoardo, Presidente della Giunta regionale

Non è possibile spostarne la data?



PRESIDENTE

Non dipende solo da noi, ma anche da altre Regioni. Noi avevamo fissato quei giorni tenendo conto delle nostre esigenze, convinti che per quella data la nostra discussione sarebbe stata esaurita.



BERTI Antonio

Possiamo fare ora una brevissima riunione dei Capigruppo?



PRESIDENTE

La seduta è sospesa per alcuni minuti, perché i Capigruppo possano riunirsi.



(La seduta è brevemente sospesa)



PRESIDENTE

La seduta è riaperta.
E' stato convenuto fra i Capigruppo il seguente calendario: rinviare il Consiglio a lunedì 1° marzo, con la intesa che, come comunicato prima dal Presidente della Giunta, la maggioranza farà pervenire entro mercoledì 24 il documento politico ai Gruppi di opposizione; nella giornata del 1" marzo, cominciando alle 10 e dedicando l'intero giornata, dovrebbe essere possibile concludere, senza strozzature, il dibattito, e giungere alla elezione del Presidente della Giunta e della Giunta; se però si rivelasse necessario proseguirlo in altra seduta o in altre sedute, si prenderanno le opportune decisioni a quel momento.


Argomento:

Interrogazioni


PRESIDENTE

Adesso il Segretario Consigliere Menozzi darà lettura delle interrogazioni e nel frattempo i rappresentanti dei vari Gruppi potranno concordare l'eventuale ordine del giorno sulle dichiarazioni da me fatte all'inizio della seduta.



MENOZZI Stanislao, Segretario


Argomento: Varie

Ordine del giorno sulle violenze fasciste


PRESIDENTE

La seduta è sospesa per qualche minuto, per dar tempo ai rappresentanti dei Gruppi di elaborare concordemente l'ordine del giorno comune.



(La seduta è brevemente sospesa)



PRESIDENTE

La seduta è riaperta.
Prima di dare la parola ai proponenti dell'ordine del giorno comunico che domani sera, sul II° Canale della Televisione, alle 19,15, avrà luogo la prima "Tribuna regionale del Piemonte".
Ha ora facoltà di parlare il Consigliere Nesi.



NESI Nerio

Signor Presidente, anche a nome di tutti i Gruppi rappresentati in questo Consiglio, con eccezione ovviamente dei fascisti, propongo il seguente ordine del giorno: "Il Consiglio della Regione Piemonte, interpretando il sentimento unanime di sdegno già manifestato dalla comunità regionale, condanna il criminale attentato di Catanzaro, le aggressioni e le violenze di squadracce fasciste che si susseguono in ogni parte d'Italia, e si unisce alla imponente manifestazione di volontà democratica che si leva dalle popolazioni della Repubblica nata dalla Resistenza.
Il Consiglio ritiene che l'offensiva fascista contro lo Stato repubblicano sia volta ad arrestare il progresso civile del Paese. Non si tratta quindi, soltanto di stroncare bande criminali e riportare l'ordine. La sedizione di Reggio Calabria, le bombe di Catanzaro sono legate da un filo diretto con le imprese squadristiche di Torino, di Genova, di Milano, di Trento. In Piemonte la risposta unitaria e antifascista ha trovato la sua larga base democratica nella manifestazione di Torino, nella civile e ferma reazione delle comunità di Cuneo, di Alba, di Pinerolo, di Verbania, di Rivarolo.
Il Consiglio della Regione Piemonte indica la necessità, per stroncare il disegno di sov versione antidemocratica, che i poteri pubblici intraprendano un'azione immediata per punire i responsabili dei crimini, per punire gli istigatori i finanziatori, i mandanti, per sciogliere le bande armate fasciste, per applicare la legge 20 giugno '52 n. 645 e le altre leggi della Repubblica contro l'apologia del fascismo.
Il Consiglio della Regione Piemonte sollecita tutti gli organi dello Stato ad una energica azione per ricondurre al rispetto della legalità repubblicana, che non tollera il ricorso alla violenza.
Il Consiglio della Regione Piemonte si impegna a prendere tutte le iniziative coerenti con quanto sopra solennemente affermato".



PRESIDENTE

Nessuno chiede la parola? Pongo ai voti l'ordine del giorno letto testé dal Consigliere Nesi a nome di tutti i Gruppi di questo Consiglio fuorché il Movimento Sociale Italiano.
Chi è favorevole è pregato di alzare la mano.
E' approvato all'unanimità.
Il Consiglio è riconvocato per lunedì 1 marzo alle ore 10 in questa sala con all'o.d.g.: "Elezione del Presidente della Giunta e della Giunta regionale".
La seduta è tolta.



(La seduta ha termine alle ore 14,40)



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