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Dettaglio seduta n.257 del 26/09/74 - Legislatura n. I - Sedute dal 6 giugno 1970 al 15 giugno 1975

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Argomento:


PRESIDENZA DEL PRESIDENTE VIGLIONE


Argomento: Consulte, commissioni, comitati ed altri organi collegiali

Proposta di istituzione di una Commissione di indagine sul neofascismo in Piemonte


PRESIDENTE

La seduta è aperta.
Sono in congedo i Consiglieri: Armella, Carazzoni, Chiabrando, Conti Debenedetti, Ferraris, Gandolfi, Gerini, Giovana, Menozzi, Paganelli Rivalta, Petrini, Soldano.
L'ordine del giorno reca al punto sesto "Proposta di istituzione di una Commissione di indagine sul neofascismo in Piemonte".
A tal fine è giunta una deliberazione sottoscritta dai Consiglieri Sanlorenzo, Nesi, Bianchi, Cardinali: "Il Consiglio Regionale del Piemonte richiamato il solenne impegno assunto innanzi dal Capo dello Stato dai Consigli delle Regioni d'Italia di svolgere un'indagine sull'attività dei movimenti fascisti e parafascisti per la difesa della legalità costituzionale e repubblicana preso atto dell'appello rivolto al Consiglio Regionale nell'assemblea degli Enti locali del Piemonte, tenutasi a Palazzo Madama l'8 agosto e dal convegno dei Comitati Unitari Antifascisti Piemontesi, tenutosi a Novara l'8 settembre istituisce, a norma dell'art. 19 dello Statuto Regionale, una Commissione speciale di indagine conoscitiva con l'incarico di riferire al Consiglio sulle condizioni sociali e politiche da cui traggono origine e alimento le attività di eversione fascista e sulle organizzazioni che sostengono e svolgono tali attività, procedendo a questo fine alle opportune consultazioni dà mandato al Presidente del Consiglio Regionale di determinare sentiti i Gruppi, il numero dei componenti e la ripartizione dei seggi della Commissione assegna alla Commissione il termine di tre mesi per riferire al Consiglio i risultati dell'indagine allo scopo di consentire le necessarie valutazioni da parte del Consiglio stesso".
Ha chiesto di parlare il Consigliere Curci, ne ha facoltà.



CURCI Domenico

Signor Presidente, ho chiesto la parola per porre una domanda, anche se a qualcuno essa apparirà provocatoria: come sarà composta questa Commissione d'indagine? L'ordine del giorno mi pare che non lo dica, ma presumo che sarà composta dai rappresentanti di tutti i Gruppi, escluso il nostro. Perché escluso il nostro? Perché si ritiene che il nostro sia uno di quei movimenti neofascisti nei cui confronti la Commissione dovrà indagare, anzi, si ritiene che il nostro sia il Partito neofascista per antonomasia nei confronti del quale principalmente la Commissione dovrà indagare.
Ma, non vi sembra che proprio questa sia una buona ragione perché io o il collega Carazzoni se ne faccia parte? Potremmo fornire in tal modo i colleghi commissari di informazioni dirette di prima mano sull'attività del nostro Partito facendo risparmiare in tal modo, almeno per quelle informazioni che da noi potrebbero essere fornite alla Commissione, tempo e denaro.
Ma, lasciando da parte le iperboli riguardo ad una proposta che essendo risibile incoraggia appunto le osservazioni iperboliche come questa dobbiamo rilevare come nel clima di caccia alle streghe che i comunisti ancora una volta sono riusciti a creare contro di noi, era fatale che vi sarebbe stato qualcuno - e non ci interessa sapere chi - che per opportunismo o per esibizionismo, o per l'uno e l'altro insieme, avrebbe pensato di fare, anche nella nostra regione, quanto è stato fatto in Lombardia.
I colleghi dei partiti, definiamoli di centro, quando ci parlano a quattr'occhi ammettono che i comunisti strumentalizzano l'antifascismo per realizzare i loro piani, ma poi, per debolezza, o complicità, accorrono sempre, ogni volta che i comunisti lanciano l'appello alla lotta unitaria antifascista. Così è avvenuto anche in questi giorni; parecchi, direi molti colleghi della maggioranza ci hanno espresso il loro dissenso nei confronti di quest'iniziativa. Onestamente ci hanno detto: come democratici siamo contrari ad un'iniziativa chiaramente persecutoria, come anticomunisti siamo contrari all'iniziativa che mira a contrabbandare, sotto l'etichetta dell'antifascismo, la liquidazione definitiva dell'anticomunismo.
Ora questi colleghi, con l'esemplare coerenza, voteranno certamente per la Commissione d'indagine. Essendo questo il clima nel quale ci troviamo ad operare, signori, voi oggi fate pure la vostra Commissione, da domani noi ci appelleremo ai cittadini piemontesi perché contro le decisioni di questa assemblea rafforzino, con il loro consenso, la nostra battaglia contro le persecuzioni, perché tutelino i valori ideali e le finalità politiche che si intendono colpire colpendo appunto il nostro Partito.
Signor Presidente, se io continuassi a rimanere in quest'aula, correrei il rischio, di fronte all'opinione pubblica di coprirmi anch'io di ridicolo, perciò mi assenterò per il prosieguo di questa discussione.



PRESIDENTE

Ha chiesto di parlare il Consigliere Sanlorenzo.



SANLORENZO Dino

Signor Presidente, depurata l'assemblea da chi giustamente non doveva risiedervi in questo momento e auspicando che il M.S.I. utilizzi il tempo che gli è consentito dal pomeriggio molto gradevole per accogliere l'invito che i giornali e le riviste del nostro Paese stanno rivolgendo in questo periodo ai risparmiatori italiani di comprarsi un cavallo e di darsi all'ippica, noi possiamo finalmente occuparci di questioni che sono all'ordine del giorno e cioè del punto che riguarda l'istituzione della Commissione d'indagine sul fascismo.
Nell'incontro con il Capo dello Stato che si tenne a Roma nel mese di giugno, il Presidente del Consiglio ebbe a dire, a nome di tutte le Regioni italiane, delle parole che vennero pubblicate dai giornali ma che io vorrei ricordare qui: "Le Regioni intendono promuovere un'inchiesta sull'attività dei movimenti fascisti e para-fascisti. In questa azione, che dovrà avere il suo coordinamento a livello nazionale, le Regioni possono e vogliono dare un contributo che sarà certamente valido perché collegato direttamente alle popolazioni che oggi dinanzi a lei, signor Presidente, rappresentiamo".
In questi giorni le Regioni italiane stanno assolvendo a questo impegno, ieri la Campania ha approvato la delibera con la quale istituisce la Commissione di indagine, la Sardegna ha già affidato alla sua Commissione speciale l'incarico di concretare l'impegno assunto di fronte al Capo dello Stato, la Puglia ha insediato martedì il Comitato che condurrà l'inchiesta, la Calabria ha deliberato la Commissione già nel giugno, lunedì l'insediamento avverrà nella Regione Lazio e seguiranno (dalle informazioni che abbiamo) il Friuli e le altre Regioni italiane.
La Lombardia, come è stato in qualche modo ricordato qui, ne ha già condotta una e altre si propone di condurre per la consapevolezza che in quella Regione vi è uno dei centri di eversione fascista di carattere nazionale ed internazionale.
La nostra Regione giunge a discutere questo punto dopo una lunga preparazione che è avvenuta in un rapporto democratico con la Comunità regionale, che credo possa essere considerato esemplare rispetto a quello che dovrebbe essere il rapporto che dovremmo avere su tutti i problemi, non solo su questo, certo più facili, di carattere ideale. Fu infatti nell'incontro con i sindaci del Cuneese che questa proposta venne avanzata nel quadro delle celebrazioni del trentennale della Resistenza e molto tempo fa, non fu una proposta che scaturì subito dal nostro Consiglio. Il Consiglio comunale di Cuneo ebbe poi modo, il 21 giugno, di ribadire questo suggerimento che era stato dato in quell'occasione e all'unanimità ci invi un ordine del giorno dove chiedeva alla Regione Piemonte di avviare subito una grande inchiesta di massa sulle attività di tutte le organizzazioni fasciste e para-fasciste, sui loro complici, mandanti e finanziatori Noi raccogliemmo questa proposta, la elaborammo e la proponemmo nell'incontro del marzo '74 fra gli Uffici di presidenza di tutte le Regioni d'Italia che si tenne a Torino e in quella sede si raggiunse un'intesa di massima tra tutti i Consigli di Presidenza, per proseguire questa azione, per presentare la proposta ai Consigli Regionali, per arrivare anche ad un incontro con il Capo dello Stato. Questa proposta fu poi ribadita a Milano, dopo la strage di Brescia, anche su una sollecitazione del Presidente del Consiglio Regionale lombardo; fu ribadita, questa proposta, nella riunione di Brescia dei Comitati Unitari Antifascisti di tutta Italia; fu ripresa a Palazzo Madama l'8 agosto, dopo la strage dell'Italicus, in un documento molto chiaro che fu approvato dalle forze politiche e dall'assemblea degli eletti del popolo allora convocati dal Presidente del Consiglio Viglione; fu ribadita l'8 settembre a Novara da 9OO delegati di 200 e oltre comuni piemontesi, da decine di organizzazioni antifasciste e di partiti politici, rappresentanti a livello delle direzioni nazionali di questi partiti (ricordo gli interventi dell'On. Bodrato a nome di tutta la D.C., dell'On. Nicolazzi a nome della direzione nazionale del PSDI; del Vice segretario regionale del Partito repubblicano in Piemonte).
Se ho voluto ricordare le tappe di questa preparazione a questa decisione non è per puntiglio cronologico, è per un fatto politico. La proposta venne fatta prima dei delitti di Brescia e prima della strage di Bologna, fu avanzata prima degli sviluppi più recenti dell'inchiesta in Piemonte.
Che cosa vuol dire questo? Vuol dire che in qualche modo la Regione Piemonte ha avuto una coscienza persino autocritica di un certo ritardo che c'era stato nell'assumere iniziative di questo genere su questo problema.
Il mondo dell'antifascismo militante questo elemento autocritico deve averlo presente. Deve aver presente cioè di non aver saputo sempre tradurre iniziative concrete, articolate in strutture permanenti, in qualche cosa che andasse al di là della manifestazione di un giorno, la consapevolezza che pure c'era, che c'è, c'è sempre stata credo in questo Consiglio Regionale, della gravità dei pericoli che soprattutto dinanzi alla democrazia italiana incombono non da oggi, ma dal 1969. Di modo che questa assenza di un'iniziativa permanente, precisa, puntuale, di aiuto e di sostegno agli organi dello Stato, ha fatto sì che noi abbiamo avuto delle grandi fiammate di sdegno e di cordoglio nazionale sempre "dopo" che i delitti erano successi, sempre "dopo" che i fatti erano accaduti, Abbiamo avuto uno sviluppo anche della denuncia, spesso inascoltata. E abbiamo poi scoperto il perché (ce l'ha raccontato il Ministro degli Interni Taviani) di questa poca capacità, anche degli organi di Governo, di ascoltare le denuncie. Taviani ha detto recentemente e voglio ricordarlo qui: "E' vero ho creduto per molto tempo agli opposti estremismi, ma ho sbagliato, ora so che il terrorismo è soltanto fascista e so anche dove colpire". Ed ha anche aggiunto: "Negli anni decisivi per il problema di cui stiamo discutendo negli anni cioè nei quali il fenomeno è nato e quando era più facile estirpare la malapianta, i corpi di pubblica sicurezza non hanno sentito una volontà politica ferma dietro di loro".
Parole più chiare di così non erano state mai pronunciate purtroppo dai Ministri degli Interni e sappiamo anche quale prezzo abbiamo pagato per questa consapevolezza che ha tardato tanti anni a venire.
La denuncia non è mancata, persino la consapevolezza tardiva non è mancata; non sono certo mancate le manifestazioni antifasciste necessarie ed utili per ricordare i fatti del passato, per educare le nuove generazioni, ma tutto questo avvertivamo che era insufficiente a tradurre in concreto la parola d'ordine che pure veniva sempre detta quando i fatti luttuosi capitavano e cioè la necessità di una vigilanza puntuale, di massa, delle popolazioni del nostro Paese che non potevano delegare a nessuno quella funzione democratica, di salvaguardia delle stesse istituzioni, denunciando tempestivamente i fatti, gli atti, le provocazioni che sarebbero avvenute. E che continuano tuttora a svolgersi, perché non parliamo di qualcosa accaduto nel passato.
Tutto sommato, dicevo, un elemento di sottovalutazione.
Ritengo che dobbiamo superarla alla luce di ciò che è stata un'esperienza che il popolo italiano ha già vissuto, la sottovalutazione del pericolo fascista nelle forme in cui si presenta, diverse da periodo a periodo. Questa già travolse gli uomini che pure non volevano il fascismo.
Io ricordo molto bene le parole che il Presidente Oberto disse nella celebrazione a Palazzo Madama del 26 aprile: egli ricordò, con dovizia di citazioni, proprio questo elemento. Io ricordo, oltre a quelle, quanto abbiamo imparato sui libri di scuola o anche al di fuori della scuola spesso e sovente contro i libri di scuola, Nitti disse a suo tempo che il fascismo sarebbe caduto dopo tre mesi; Croce parlò di un fascismo come di una malattia; lo stesso movimento operaio erro nel giudizio perch considerò la equazione fascismo-capitalismo come risolvente del problema e più tardi Montale disse che il fascismo era la sopraffazione al posto della convinzione.
In ciascuna di queste dizioni, in ciascuno di questi giudizi c'era qualcosa di vero, ma non c'era l'essenziale, non c'era un'analisi precisa di quello che sarebbe stato, poi, il fascismo italiano E la carenza di questa analisi, comportò dei prezzi gravissimi per il popolo italiano.
Comportò per la Resistenza italiana un periodo di vent'anni prima di trovare la sua unità, perché sottovalutare o sbagliare nell'analisi portò a errori di sterilità, di settarismo, di attesa passiva. Se Nitti diceva che bisognava aspettare tre mesi non era il caso di darsi da fare in quei tre mesi per trovare il modo di farlo cadere, sarebbe caduto da solo; se il fascismo era una malattia, al massimo bisognava cercare un medico che la guarisse. Passarono vent'anni prima che l'Italia guarisse dal fascismo.



ZANONE Valerio

Malattia morale.



SANLORENZO Dino

Si, morale, ma non era solo questo.
Se il fascismo era solo capitalismo allora non si spiegava perché certi regimi capitalistici potevano governarsi senza fascismo e certi capitalismi europei avessero bisogno del fascismo per andare avanti. E se il problema era soltanto della sopraffazione sulla convinzione, si poteva demandare a una funzione di educazione ideale il problema di risolvere le radici del fascismo.
Errori di questo genere sono stati compiuti nel passato e oggi il fenomeno non si presenta con le stesse caratteristiche, ne siamo ben consapevoli. Ma allora il problema di una analisi attenta di queste caratteristiche e il problema di liberarci dalla ricorrente tendenza a sottovalutare questo pericolo, quasi a sottovalutare le radici storiche profonde che il fenomeno fascista ha nel nostro Paese, quasi a dimenticarsi che la ricorrente tentazione è di gruppi differenti, legati però ad interessi storicamente determinati, precisi, nell'Italia nostra, ebbene questa questione noi dobbiamo cercare di risolverla. Anche al di la della votazione di un ordine del giorno, anche al di là dell'adesione critica o meno che possiamo dare a un'iniziativa che si colloca in questa direzione ma certo non e risolvente. Nessuno di noi, oggi, propone di risolvere il problema del fascismo con una Commissione d'inchiesta, ci mancherebbe altro! Si tratta però di capire che anche un'indagine in questa direzione anche uno studio approfondito dei fenomeni nuovi verso cui questo fenomeno si manifesta, in Piemonte diversamente da Reggio Calabria, in Piemonte diversamente dalla Campania è qualche cosa a cui davvero non ci si pu sottrarre in un momento come questo.
E credo che il Consiglio Regionale del Piemonte, nel suo complesso anche attraverso il confronto dialettico che c'è stato più volte su questo terreno, la sua funzione l'abbia assolta e direi non soltanto per quanto riguarda la sua tradizione, la popolazione che rappresenta, ma l'abbia assolta anche rispetto a quello che è il ruolo che può giocare su scala nazionale Ricordo ancora il discorso del Presidente Oberto a Palazzo Madama.
Aveva lucidamente la consapevolezza del fatto che non si trattava di una celebrazione, ma che si trattava di un grido d'allarme; allora avveniva persino in un momento in cui non erano successi, a breve scadenza, n sarebbero successi subito dopo dei gravi lutti Aveva consapevolezza Per che il richiamo da dare alle forze di Governo in quel momento era tale per cui si doveva compiere quella svolta nella puntualità dell'indagine, nello stroncamento della trama nera che era ancora tutto da compiere e io dir che è ancora da compiere, anche se dei passi avanti si sono compiuti.
Credo che quel vasto programma cui abbiamo dato vita come Consiglio Regionale, che non è ancora concluso ma che alle spalle già ci fa contare numerosi punti all'attivo, nasceva dalla consapevolezza del fatto che un Paese in crisi come il nostro, (una crisi che abbiamo già detto più volte non è soltanto economica, ma è anche politica e morale), non esce soltanto con una nuova politica economica di cui siamo i primi a rivendicare l'urgenza e l'indispensabilità. Questo Paese si evolve se assieme ad una nuova politica economica. C'è una grande mobilitazione delle riserve e delle energie intellettuali e morali del Paese. E quando noi abbiamo cominciato a contare con la puntualità del ragioniere quanta gente aveva partecipato alle iniziative di vario tipo che la Regione Piemonte aveva promosso ed abbiamo scoperto che si era già superato il limite del mezzo milione, abbiamo capito che non si trattava di fare una celebrazione di un giorno, di scrivere un articolo, di avere le parole giuste al momento giusto, ma che bisognava muoversi nella direzione coerente con questo disegno di vasta portata. Mezzo milione di piemontesi hanno già partecipato alle manifestazioni di varia natura e di vario genere che il Consiglio Regionale ha promosso: sto parlando della Mostra della Resistenza, di pellegrinaggi, del ciclo delle proiezioni di film che hanno interessato 32 Comuni capoluoghi di aree ecologiche, di tutta la multiforme attività che abbiamo portato avanti in questo campo. Sto parlando di corsi di qualificazione con insegnanti delle scuole medie e dell'Università, sto parlando di quelli che abbiamo fatto e di quelli che sono ancora in programma.
Tutto questo ha fatto sì che la nostra Regione oggi forse è un po' meno un oggetto misterioso di quello che potrebbe essere, per difficoltà obiettive, oggettive a farsi conoscere, per le cose che ha fatto e per quelle che non ha fatto; se ci sono oggi in Piemonte molti giovani e molti anziani che hanno conosciuto il Consiglio Regionale e la Regione, bene credo che possiamo dire che l'hanno conosciuta sotto una veste non certo discutibile e certo in una veste che deve essere fondamentale e prioritaria rispetto a qualsiasi altro problema perché le istituzioni si difendono intanto se sanno catalizzare attorno a sé quel punto di approdo ideale senza il quale non si conduce avanti nessun programma di rinnovamento economico e sociale, anche quello che abbiamo scritto nell'art. 4 dello Statuto.
Ma tutto questo, dicevo, è necessario e oggi constatiamo che in tutte le Regioni d'Italia sono venuti avanti programmi analoghi, tutte le Regioni italiane hanno ormai approvato o delibere o leggi regionali che hanno messo in campo queste energie e ricordo fra tutte l'enorme manifestazione che si è tenuta domenica a Firenze, che ha saldato un punto importante di questa unita nazionale necessaria ori, quella fra l'esercito che deve essere della Costituzione e quella fra i partigiani che fecero la Resistenza; ricordo questo come un punto significativo di questo momento. Se tutto questo dicevo, era necessario, abbiamo avvertito ad un certo punto che non era sufficiente ed io vorrei cercare di convincere le residue perplessità che eventualmente ci fossero ancora in qualche gruppo per dare coscienza di questa eventuale insufficienza.
Domenica sera sono stati scoperti dieci ordigni esplosivi in una valigia del deposito bagagli della stazione ferroviaria di La Spezia questi dieci ordigni, pronti per esplodere, dovevano passare da Alessandria e forse dovevano andare a finire a Milano. Sono già stati arrestati alcuni dei responsabili. A che cosa dovevano servire questi ordigni? Non lo dico io, lo dicono gli inquirenti i quali hanno detto: "Sappiamo che gli ordigni esplosivi avevano una precisa destinazione, dovevano colpire gli assembramenti di piazza, soprattutto quelli a carattere sindacale manifestazioni contro la disoccupazione, il carovita e via dicendo". Notate l'aggiornamento di questa dizione: manifestazioni contro la disoccupazione e il caro vita. Se fossero avvenute queste stesse scoperte un anno fa forse la dizione era diversa; vuol dire che queste parole le hanno dette coloro che sono stati arrestati, vuol dire che c'è un aggiornamento della strategia della tensione, vuol dire che si sa benissimo in quali condizioni versa il Paese e si sa benissimo che a breve scadenza si possono attendere fenomeni di disoccupazione diffusa, caro vita esasperato. E come non avvertire allora che la vicenda non è conclusa, che non si sta parlando di qualche cosa del passato, ma che si sta parlando di qualche cosa che è ancora di fronte a noi nella sua strategia complessiva ancora irrisolto.
Perché è una strategia che si gradua e si accompagna all'aggravarsi della situazione economica e politica generale del Paese e noi abbiamo coscienza piena, lo dicono anche i nostri governanti, che non ne siamo usciti fuori da questa situazione, che ci siamo dentro, che l'Italia attraversa la crisi più grave del dopoguerra, la più grave della sua storia. E quindi la puntualità con cui noi veniamo a deliberare oggi un'iniziativa del genere è perfettamente coerente con la situazione generale che l'Italia sta attraversando.
E voglio dire anche ai colleghi che non hanno avuto la possibilità negli ultimi 15/20 giorni di seguire tutti i giornali, che assieme alla documentazione che pure abbiamo consegnato loro e che dimostra come negli ultimi otto mesi le notizie dei giornali, una parziale raccolta di queste notizie dei fatti che sono successi in Piemonte, sono già rilevanti per farci capire che cosa stiamo trattando quando ci occupiamo di casa nostra voglio ricordare i fatti che sono successi negli ultimi venti giorni vicino a casa nostra, nella città di Torino. Il mio Capogruppo mi sta segnalando le notizie di "Stampa Sera" di stasera sull'esplosivo nascosto al Moncenisio. Ma voglio ricordare: l'assalto e la distruzione della sede del Comitato di quartiere di Pozzo Strada (quarta volta); l'attentato fascista alla Casa del Popolo del quartiere Mirafiori; l'insulto fascista al Monumento dei Caduti del Colle del Lys; le telefonate terroristiche ai sindaci della Valle di Susa riuniti per discutere un'iniziativa di protesta democratica rispetto a questo tipo di insulto; l'accertamento ormai evidente che la nostra regione è per lo meno una regione di transito e di smistamento del traffico di armi e del traffico di tritolo e di dinamite che proviene in parte dalla Svizzera e in parte dalla Spagna.
Ho citato questi fatti degli ultimi venti giorni, solo per ricordare a me stesso che se il M.S.I. Destra Nazionale e i terroristi neri sono oggi in difficoltà, (e lo sono e guai se non apprezzassimo questa diversità fra il clima di oggi e quello anche soltanto di un anno fa, per il sussulto democratico antifascista del Paese, anche per iniziative che la magistratura e se volete la consapevolezza nuova che il Governo dice di avere di fronte a questo fenomeno) il pericolo non è scomparso, la minaccia non è stata attenuata anche se tutte le energie sono pienamente disponibili per vincere questa battaglia e per spazzare via il pericolo di fronte a noi. Abbiamo tutte le carte da giocare in questo campo, ma apprezzare la situazione è sempre un elemento determinante per poi individuare gli strumenti e i mezzi per farvi fronte.
E ricordo ancora ciò che ho ricordato già nel dibattito sulla situazione economica che abbiamo svolto la scorsa settimana: è bastato che a Roma si aprisse una guerra fra poveri e un ragazzo morisse per effetto di questa guerra fra poveri avvenuti tra coloro che litigavano per le case, è bastato e basta che qualche cosa di questo genere si manifesti a Napoli in questi giorni e altrove nel sud d'Italia, che vi compare puntuale la parola d'ordine "boia chi molla", l'ombra di Ciccio Franco e di tutto il meccanismo nuovo, certo, ma è fascista nei contenuti, nella sostanza nell'ispirazione, nei metodi, nella direzione di marcia.
L'inchiesta ufficiale che è condotta nel nostro Paese in questo momento ha certo fatto dei passi avanti, ma non sono ancora decisivi perché non sono venuti alla ribalta tutti i principali mandanti, anche se è stato arrestato qualche complice, qualche manovale della strategia della tensione e anche qualche non manovale, qualche miliardario ha cominciato a lasciarci le penne, ma tutte le cose non sono ancora venute alla luce. L'orientamento nuovo del Governo si è palesato, almeno nella autocritica, ma non direi che è consolidato. Qualche colonnello, qualche generale è stato interrogato, ma io vorrei che voi apprezzaste anche il fatto che tutte le volte che si va vicino a scoprire un mistero sembra che toccandone uno se ne aprano cento.
Si è capito qualcosa di più del SID, delle sue deviazioni e delle sue deformazioni. Le sapevamo già, le abbiamo conosciute meglio. Però si è interrogato Giannettini e qualcuno sa dire davvero perché Giannettini ad un certo punto è venuto alla ribalta e prima invece non lo era? Qualcuno è riuscito a stabilire con chiarezza se si è fatto arrestare o se l'hanno arrestato? E se malgrado tutto si capisse che l'hanno arrestato e non si è fatto arrestare, chi lo assoldò, chi lo pagò, chi decise di assumerlo come funzionario del SID quando era chiaro come il sole che era un fascista? E si mise un fascista ad indagare nel SID, cioè nel servizio che dovrebbe tutelare lo Stato dalle provocazioni e dai complotti contro lo Stato repubblicano antifascista? Voi vedete che tutte le volte che si tocca un generale saltano fuori misteri che sono tutti da chiarire e l'ambiguità e l'omertà fanno sì che ad un certo punto tutto si blocchi. Il pericolo di un riflusso, di una ricaduta c'è se non c'è una vigilanza, una tensione morale e politica di massa a cui l'inchiesta in qualche modo tenta di rispondere.
Questo pericolo c'è, è obiettivo, è di fronte a noi e se qualcuno pensa che abbiamo già superato la fase di questi pericoli di riflusso o la fase anche del terrorismo, ripeto qui che si sbaglia. Queste cose le abbiamo dette un anno fa, siamo stati facili profeti. Proponiamo questa Commissione d'indagine per gli scopi per cui è stata proposta, non per altro.
Le indagini che sono state fatte in Piemonte ci hanno anche detto qualcosa che non pensavamo, li hanno detto che la nostra Regione non era e non è marginale rispetto a questa fenomenologia, tutto ciò che era apparso in precedenza sui giornali dava la sensazione che la Lombardia e il Veneto fossero il cuore di tutto, mentre per altri versi il fenomeno si manifestava con caratteristiche sociologiche e politiche differenti. Nel sud, nella Calabria, a Roma, in Sicilia. Certo questo è ancora vero, ma che cosa abbiamo capito dopo 17 mandati di cattura, di cui 14 eseguiti negli ultimi due mesi, dopo 43 mandati di comparizione e indicazioni di reato rispetto a personaggi ben precisi? Vedremo, la giustizia deve fare il suo corso, non vogliamo dare a questi dati, a queste cifre un valore assoluto ma sono fatti e sembrano fatti che non hanno controindicazioni nella loro globalità. Può darsi che qualche personaggio abbia più o meno responsabilità, sarà la Magistratura a deciderlo non saremo certamente noi ma nel loro significato generale ci dicono soltanto che la nostra Regione era probabilmente un centro direzionale operativo e politico della trama nera. Anzi, di quel tipo di politica più raffinata e più abile che si pu davvero prevedere ed attendere da una Regione come la nostra, dove non a caso la classe dirigente lo e non da un mese, o da un anno, o da vent'anni ma da più di un secolo. Dove è potuto germogliare, apparire ed essere credibile un'ipotesi portata avanti da alcuni gruppi che tendeva ad utilizzare il MSI e anche gruppi terroristici come gli strumenti provocatori del caos per poi emergere con la veste paludata, magari coperta dalla dignità dell'ex partigiano, e apparire come protagonisti di un nuovo ordine sociale da portare nel nostro Paese all'insegna della seconda, o nuova Repubblica.
Anche questo, al di là delle responsabilità personali che tocca a ciascuna forza antifascista accertare intanto in sé stessa e prendere le decisioni che riterrà opportune, sono dati che emergono dai fatti, dai documenti, dalle cose che si sono scritte, denunciate.
E allora? E allora se le cose stanno così noi dobbiamo guardarci contro questo Piemonte che finisce di essere una centrale di tutto. Perché qui c'è il capitalismo più forte del Paese, ma c'è anche una media e piccola borghesia che non ha risolto una volta per sempre il suo consenso alla vita democratica. Storicamente non l'ha risolto una volta per sempre; quando abbiamo detto che il risorgimento nazionale aveva dei limiti non abbiamo solo fatto una constatazione. Abbiamo detto che aveva dei limiti perché chi ne furono i protagonisti furono certi strati sociali, certe classi dirigenti e sappiamo quali furono le classi dirigenti. Quelle del nostro Piemonte che ebbe un ruolo direzionale che mantenne per un lungo periodo del processo di unità nazionale, l'epoca di Giolitti. Ancora adesso il Piemonte è, volta a volta, se vediamo la storia politica degli ultimi 15/20 anni, la sede dove certe svolte politiche in un senso o in un altro avvengono, sovente prima che accadono nel resto dell'Italia, con un ruolo che ci viene dai fatti, che ci viene da quello che rappresentiamo, dal ruolo e dal peso sociale politico ed economico che la nostra Regione ha nel contesto nazionale.
L'inchiesta della magistratura quindi in Piemonte trova il nostro conforto perché c'è un'assunzione di responsabilità che va sostenuta. In fondo l'appello che abbiamo fatto in questi anni alla magistratura, al Governo qual'era? Di fare ciascuno il proprio mestiere, ma di farlo e di pagare se si sbaglia, ma non di abdicare. Non di lasciare che le cose andassero per conto loro e male, né di consentire che si lasciasse dal nostro Paese progressivamente venire avanti una concezione per cui tutto si poteva accettare. Il nostro Paese è così complicato, così contraddittorio così ricco e mutevole di suggestioni di vario tipo e natura per cui davvero che avvenga un attentato terroristico al mese, un'aggressione ogni giorno in qualche parte d'Italia è normale. In qualunque altro paese del mondo tutto ciò sarebbe potuto succedere senza che succedessero catastrofi politiche, in Italia invece può anche succedere. Può persino succedere (scusate, questa è l'unica battuta polemica che farò in questo discorso) che un Ministro degli Interni si accorga dopo cinque anni delle cose di cui la stragrande maggioranza del popolo italiano si era accorto subito e alla fine tragga tutte le conclusioni, compresa quella di aver capito adesso contro chi bisogna combattere e in che maniera. Ma l'unica cosa che non gli passa per la testa è di dare le dimissioni, voglio dire che a lui tutto viene in mente, che bisogna colpire i fascisti, che bisogna colpire la trama nera, che non è mai stata rossa, tutto gli viene in mente, adesso sa tutto quello che deve fare. Ma deve continuare a farlo lui. Perché nella sua testa c'è che lui deve dirigere l'Italia sempre, qualunque cosa abbia commesso. In qualunque paese di democrazia borghese un ministro dell'Interno che dica questo o dà le dimissioni o gliele fanno dare nel giro di 24 ore.
Qui noi dobbiamo valutare invece il fatto positivo di un ministro che capisce in ritardo di accertare questo come qualcosa che fa parte della nostra tradizione politica nazionale, noi rifiutiamo perché sappiamo che normalmente quando qualche governante capisce qualcosa lo cacciano via non perché capisce in ritardo ma perché capisce! Con questa iniziativa di oggi vogliamo anche dire che può anche darsi che un ministro si comporti così, ma vogliamo far crescere nel paese, in Piemonte, nella consapevolezza dei giovani, dei lavoratori, dei cittadini la sensazione che bisogna farla finita anche con un certo modo di concepire il rapporto di responsabilità nei confronti dello Stato, del Governo, del proprio Paese. E quindi la Commissione d'indagine.
Il testo che viene proposto all'attenzione del Consiglio ci pare che dica l'essenziale la dove dice "sulle condizioni sociali e politiche da cui traggono origine ed alimento le attività di eversione fascista e sulle organizzazioni che sostengono e svolgono tali attività". In queste due righe c'è l'orientamento e anche il mandato che viene dato al lavoro di questa Commissione, tuttavia la precisione, come contributo a qualcosa che la Commissione deve decidere, non noi, come orientamento che deve presiedere al licenziamento da parte di questo Consiglio della Commissione stessa, io penso che si possa dire che noi abbiamo le idee abbastanza chiare sul fatto, per esempio, che la Commissione non si contrappone alla magistratura o all'autorità di pubblica sicurezza, né che abbiamo intenzione di far diventare i nostri funzionari dei Sherlock Holmes per scoprire loro quello che non hanno scoperto i poliziotti. E' chiaro che non può essere questo il compito della Commissione, ma direi che si sfonda una porta aperta. Nessuno ha mai pensato ad altro. Tuttavia, quando si dice che la Commissione ha soltanto da redigere un rapporto che presenterà fra tre mesi, si dice solo un aspetto del suo lavoro.
Non è solo questo. Io credo che quando diciamo che non vogliamo dare deleghe a nessuno, non vogliamo dire che vogliamo sostituirci a quelli che le deleghe ce l'hanno istituzionalmente, vogliamo partecipare. E' in fondo il concetto della partecipazione che tiene a battesimo il nostro Statuto regionale e le Regioni tradotto sul problema cardine, principale prioritario, che viene davanti a tutto. Perché in un quadro di salvezza delle istituzioni democratiche ogni progresso del nostro Paese è garantito in un quadro di travolgimento di queste istituzioni democratiche tutto pu essere messo in discussione. Questa consapevolezza dobbiamo averla e quindi dobbiamo chiamare la comunità piemontese a dare un contributo a questa indagine di massa, A qualcuno ha fatto paura la parola "indagine di massa".
Cosa vuol dire? Vuol dire chiamare tutti i cittadini a dare il loro contributo, vuol dire al giovane studente, che prima ha creduto, deviato da propagande superficiali e da frasi scarlatte, che il problema non era il fascismo perché questo non c'era più, ma c'era il comunismo "revisionista" che forse studiare la storia significa anche prendere coscienza oggi di ci di cui non ha preso coscienza ieri anche se non per sua responsabilità. Ma certo è ora di svegliarsi. Vuol dire al sottotenente, al capitano che in una caserma della mia città ancora la scorsa settimana si è fatto legare le scarpe da un soldato, che l'esercito della Costituzione prevede un altro tipo di disciplina, prevede un altro orientamento dell'operare dentro e fuori delle caserme. Vuol dire che quei magistrati che si sono costituiti in Comitato unitario antifascista recentemente con un atto che ritengo doveroso, giusto, necessario, e che stanno dimostrando coi fatti di voler essere democratici e resistenti, che non devono fare loro, ma devono rivolgersi alla coscienza antifascista del Piemonte perché la loro opera sia sostenuta da simpatia, se volete da consenso, da vigile attesa.
Questo è anche il significato politico dell'atto che stiamo per compiere oggi, non certo risolutivo, ma uno strumento di organizzazione della vigilanza di massa in Piemonte. Le cose pare che siano chiare. Il Sindaco di Torino Picco, che io non commetterò certo l'errore di considerare particolarmente rivoluzionario, (non credo di offenderlo se dico che non è certamente un uomo che si sia fatto conoscere in Piemonte e nemmeno nella città come un Sindaco noto per le sue tesi eversive di sinistra) tuttavia ha capito questa questione e nel mettere a battesimo la Commissione d'inchiesta del Comune di Torino ha detto esattamente le cose che ho qui riportato adesso, come scopo, come obiettivo di questo lavoro e di queste sottocommissioni che sono state create al Comune di Torino per svolgere un'indagine in tutte queste direzioni.
Stanno per aprirsi le scuole. Perché non deve essere compito della Regione Piemonte, attraverso anche a questa Commissione, di studiare un po' di più ciò che si cerca di dare da studiare ai nostri ragazzi e che spesso sono assai - lo sapete anche voi - in ritardo rispetto a quella che è una qualsiasi interpretazione democratica antifascista della storia del nostro Paese? Chi dobbiamo aspettare per fare la riforma della scuola? Abbiamo detto al Presidente della Repubblica che abbiamo distribuito le lettere dei condannati a morte. Io ho ricordato le parole che Leone ha detto a noi a Varallo Sesia: "E' la terza volta che invito i Governi a distribuire e a fare diventare le "Lettere dei condannati a morte" un testo di studio delle scuole del nostro Paese e sono rimasto inascoltato" e io gli ho detto: "Senta Presidente, noi abbiamo cominciato a distribuire i libri nelle scuole, certo i nostri mezzi sono modesti, ma abbiamo cominciato a distribuirli". E lui ci ha detto "Avete fatto bene, non aspettiamo altro fatelo, continuate a farlo".
Chi l'ha detto che le riforme bisogna sempre aspettare che arrivino dall'alto? Dobbiamo batterci perché le faccia chi le deve fare. Nessuna riforma poi vive se non c'è un tessuto, una partecipazione, un sostegno un'invenzione, una fantasia politica che tenga a battesimo i piccoli e i grandi passi che possono andare avanti in questa direzione. Per 25 anni nelle caserme della Repubblica italiana non si è mai celebrato il 25 aprile. Il 4 aprile di quest'anno la Regione Piemonte ha realizzato questa novità. Sei mesi dopo, a Firenze, si è verificato ciò che doveva verificarsi il 26 aprile 1945, l'incontro tra le forze del movimento partigiano e l'esercito italiano. E non è mica stato facile sapete. Abbiamo avuto incontri con i comandanti militari e abbiamo dovuto intervenire su Andreotti e ad un certo punto si e sbloccata la situazione sul piano politico. Ci sono stati dei telegrammi che sono arrivati quando dovevano e nelle caserme la democrazia, la Costituzione è entrata. Certo, ancora soltanto per il momento sotto la distribuzione del "testo" della Costituzione, sotto il ricordo dei martiri che sono caduti perch l'esercito italiano fosse qualcosa di diverso. Nessuno scambia questo per una riforma, ma nessuno deve scambiare questo come un fatto insignificante che non ha valore, che non ha portata. Vogliamo anche capire, per esempio che cosa si legge, che cosa si studia, come vengono educati i quadri intermedi dell'esercito italiano. Dobbiamo farlo noi come Regione Piemonte? Probabilmente non abbiamo la competenza, non ci lascerebbero entrare, ma abbiamo i nostri parlamentari della Commissione di Difesa, si può stabilire una collaborazione d'intesa col Ministero della Difesa.
Si aprono le scuole fra pochi giorni. Il Ministro della scuola Malfatti, tempo fa, dichiaro che la scuola doveva essere improntata all'ideologia dell'antifascismo, ma l'ultima circolare che è stata emessa da tempo immemore o che regola tutte le procedure che all'interno della scuola devono ricordare i fatti dell'antifascismo, e vecchia non solo di data ma di contenuto, di proposizioni.
La riforma della scuola è tutta da fare, ma una nuova circolare si pu fare, per il primo giorno di scuola. L'Italia si governa ancora a circolari, ebbene, facciamone qualcuna azzeccata, una circolare che dica come devono comportarsi i presidi, gli insegnanti per uniformare l'insegnamento della scuola italiana ai principi della Costituzione. E' troppo tardi, o è troppo presto per fare questa circolare? E' tempo dì farla. E allora tutte queste cose credo che possano far parte di un'attività più generale, non certo della Commissione d'indagine, del Comitato antifascista presieduto dal Presidente del Consiglio.
E non solo questo, perché arrivare a definire la mappa del terrorismo nero in Piemonte è qualche cosa che non interessa soltanto le scuole, che non ha soltanto l'obiettivo di fare in maniera che l'anno scolastico che si apre non sia più contrassegnato dalle squadracce di picchiatori che davanti ai Licei classici di Torino hanno contrassegnato, purtroppo, la scuola dell'anno passato. C'è una associazione di genitori democratici che ha raccolto, senza aspettare la nostra Commissione d'inchiesta, la documentazione precisa dei fatti che sono successi al Liceo d'Azeglio e in altri licei di Torino. Solo che questa documentazione se l'è tenuta perch a chi l'andava a dare? All'autorità dI pubblica sicurezza? Va bene, ma noi vogliamo che questa documentazione diventi un fatto politico, un fatto istituzionale, venga consegnata alla Commissione d'indagine che stiamo per costituire. Diventerà uno strumento di pressione politica nei confronti anche di coloro che non hanno fatto quello che dovevano fare, cioè spazzare davanti alle sedi delle scuole questi centri di provocazione perché erano fatti di picchiatori, di gente che finalmente è andata in galera (almeno il capo, ma gli altri sono ancora in libera uscita).
Vogliamo arrivare, dicevo, alla mappa del terrorismo nero in Piemonte e alle sue connessioni di oggi e a quelle che potrebbero nascere domani in una situazione più aggravata, anche nelle fabbriche.
Il giorno dopo l'attentato di Brescia, alla Fiat Mirafiori, non all'assemblea dei commercianti del Lago Maggiore, no, alla Fiat Mirafiori comparvero delle scritte grosse così in cui era scritto "Viva il MSI, Viva Almirante, siamo solo agli inizi, comunisti, verrà la nostra ora". Questo era il senso della frase. Alla Fiat Mirafiori, dentro, non fuori.
Certe CISNAL che improvvisamente sorgono in certe fabbriche del Piemonte costituiscono dei fatti per lo meno da studiare perché non sgorgano da un rapporto corretto fra gli Ispettorati del Lavoro, la richiesta di lavoratori e l'impiego in quella determinata fabbrica. No nascono da altre fenomenologie, da altri tipi di rapporti, da altri interessi. E perché devono essere ignote a noi queste cose? Perché noi dobbiamo essere estranei a faccende di questo genere? Forse tutto questo non comporta necessariamente incriminazioni, comporta conoscenze di ciò che avviene sotto i nostri occhi, nelle fabbriche come nelle scuole.
La Commissione d'indagine non si prefigge di combattere le idee, anche le più aberranti, La democrazia deve avere in sé la forza per liquidare questa partita su un altro piano, su un confronto di ideali. Ma altra cosa è la difesa della possibilità di esprimere, di diffondere le idee, anche le più aberranti dal complotto eversivo, dalla provocazione armata, dalla strategia della tensione, dalla violazione delle leggi, dalla attività terroristica, Sono tutte altre cose che non hanno niente a che fare con il confronto delle idee.
Infine, c'è qualcuno che potrebbe ancora aver paura che dietro i Comitati Unitari Antifascisti ci sia qualche marchingegno dei comunisti per contrabbandare la loro politica attraverso questa iniziativa. Noi non nascondiamo la nostra politica, la nostra politica di unità nazionale non è di oggi, è da quando siamo nati, da quando abbiamo capito come vanno le cose nel nostro Paese, da quando la lezione del fascismo ce l'ha insegnato che portiamo avanti una politica di unità. Quindi non è che abbiamo bisogno di artifici e di strumenti, i Comitati unitari antifascisti sono una cosa che nascono quando vogliono. Noi auspichiamo che nascano ovunque, e pensiamo che sarebbe opportuno che tutti i Comuni lo costituissero e che il sindaco fosse a capo di questo Comitato perché le istituzioni devono essere in prima persona nella difesa di se stesse, rinnovandosi e svolgendo l'azione che devono svolgere.
La Commissione d'indagine è altra cosa, collegata e distinta. Certo noi vogliamo che l'una cosa si colleghi all'altra per far sì che la nostra Commissione d'indagine non sia soltanto un'operazione di vertice, ma questo lo decideranno intanto la Commissione e poi le forze politiche che danno vita ai Comitati Unitari Antifascisti. Ed è questione riservata alla autonomia delle forze politiche le quali hanno sufficiente maturità e intelligenza per sapere quello che vogliono, senza sentirselo dire dal Partito comunista, anche se noi non rifuggiamo dal dirlo sempre con molta chiarezza quello che vogliamo.
Ho detto delle proposizioni possibili della Commissione, degli obiettivi che potrebbe prefiggersi, di quello che nel documento scritto si pensa di assegnare. Credo infine che si potrebbe dire che è una Commissione che deve lavorare a tempi brevi; i tempi di fronte a noi sono tali da consigliare che tutto CIò che si fa abbia una conclusione che si possa verificare presto e che in Consiglio riferisca sui suoi lavori, sugli esiti, sui risultati positivi, su ciò che di buono ha fatto o sulle difficoltà che ha incontrato, quindi che ci sia un controllo, giudicherà poi il Consiglio l'esito dei lavori della Commissione.
Tuttavia anche qui, senza ambiguità, voglio dire con chiarezza: credo che questa attività non si esaurirà in tre mesi. La Commissione potrà esaurire i suoi lavori, ma proprio per le cose che abbiamo detto prima sulle quali credo conveniamo, almeno in gran parte, la questione che abbiamo di fronte a noi non si risolve né con le Commissioni d'indagine con un lavoro di tre mesi, né con quel tipo e quella portata di impegno che ho cercato di delineare. E' affidata alla capacita di operare bene con le nostre leggi, è affidata alla capacità di un rinnovamento sociale ed economico dello Stato italiano che ha ben altre tappe e appuntamenti di fronte a sé. Ma anche però il non vedere i collegamenti fra l'una cosa e l'altra e il rispondere sempre a questi problemi di portata più generale dicendo che la soluzione del problema fascista si avrà soltanto quando avremo risolto tutto questo, alla fine può essere un alibi perché questi problemi poi tardano, hanno i loro tempi per risolversi e intanto l'aggressività di questi gruppi si manifesta invece nella loro concretezza e nei loro tempi che non sono i tempi delle riforme, sono i tempi della reazione.
L'esperienza della Germania, l'esperienza della Grecia, la stessa esperienza cilena ci dicono come i tempi sono differenti, i tempi di chi costruisce per la democrazia e i tempi di chi costruisce invece per l'eversione.
E allora, se questa può essere una piattaforma su cui lavorare assieme io credo che la decisione che ci accingiamo a prendere in questa seduta e che abbiamo voluta il più solenne possibile del nostro Consiglio, in assenza di quelli che davvero non c'entrano in questo discorso, cioè i rappresentanti del MSI, mi permette di sperare che la decisione che prenderemo sarà produttiva e foriera di un nuovo passo in avanti nella coscienza antifascista del nostro Piemonte e quindi del contributo che possiamo e dobbiamo dare alla battaglia generale antifascista del nostro Paese.



PRESIDENTE

La parola al Consigliere Zanone.



ZANONE Valerio

Una ormai lunga tradizione di dibattiti in questa sede ci esonera da molte considerazioni che potrebbero essere superflue ed in particolare da tutte quelle enunciazioni di principi che trovano, almeno in questo momento, unanime la volontà e l'orientamento del Consiglio Regionale.
Il Consigliere Sanlorenzo ha citato un dato inedito e molto confortante, quando ha informato il Consiglio che le iniziative assunte dall'Ufficio di Presidenza del Consiglio Regionale per la celebrazione del trentennale della Liberazione, hanno fino ad oggi ottenuto la partecipazione di un largo numero di cittadini, di oltre mezzo milione di piemontesi. Noi quindi vogliamo in primo luogo ribadire che il Gruppo liberale, che si onora di avere suoi rappresentanti nell'Ufficio di Presidenza, ha dato una piena adesione ed un fattivo apporto alle celebrazioni del trentennale della Liberazione, così come del resto fu piena l'adesione e notevole l'apporto dei liberali all'antifascismo culturale e politico durante il ventennio, alla guerra di resistenza e alla lotta per la liberazione del Paese.
Il Gruppo liberale conferma il proprio impegno perché la Regione mantenga in tutte le circostanze viva e operante la tradizione piemontese dell'antifascismo, una tradizione che non è oggetto di celebrazioni storiche, ma è appunto un impegno operante sul piano politico e civile per quelli che parteciparono alla lotta contro il fascismo, per le generazioni successive che non hanno avuto questo onore, ma che traggono alimento nella propria formazione civile ed anche, se mi è consentito, per alcuni per così dire resistenti immemori che, talora anche per comprensibile delusione e sfiducia nel cattivo funzionamento del metodo democratico in questi anni sembrano voler abdicare ai valori per i quali hanno combattuto in anni lontani.
Ma qui oggi ci troviamo a discutere di un altro problema, di un nuovo fascismo che non è soltanto un fatto nostalgico; mi pare evidente che la connotazione nostalgica del movimento neofascista e una connotazione, tutto sommato, minoritaria e certamente di importanza non prevalente; il nuovo fascismo consiste in qualcosa di ben più profondo e pericoloso, consiste di trame eversive, come è stato ricordato dal Consigliere Sanlorenzo, consiste di cospirazioni che forse hanno agganci anche in ambienti insospettabili in atti di terrorismo e di criminalità di cui è molto difficile individuare gli esecutori, ma è soprattutto estremamente difficile individuare i mandanti.
Come democratici, come antitotalitari e di conseguenza come antifascisti, noi sosteniamo che le trame eversive, quelle che ci sono, se ci sono, valutate nella loro realtà e nella loro concretezza, devono essere denunciate e perseguite, indipendentemente dalla loro colorazione, che molte volte può anche essere una colorazione di comodo in un senso o nell'altro. E a tal fine anticipo che il Partito liberale, per quanto riguarda il testo dell'ordine del giorno presentato all'inizio di questa riunione, proporrà un emendamento affinché là dove si dice di formare "una Commissione speciale di indagine conoscitiva con l'incarico di riferire al Consiglio sulle condizioni sociali e politiche da cui traggono origine ed alimento le attività di eversione fascista e sulle organizzazioni che sostengono e svolgono tali attività" si sopprima in questo punto il richiamo al fascismo che peraltro compare all' apertura ed è la giustificazione principale di questo documento, non perché si vogliano stabilire delle equazioni fittizie, ma perché ciò che ci deve interessare non è il colore delle trame, ma è la loro finalità.
Questo non credo possa essere frainteso come un equilibrismo centralistico, non credo che possa essere frainteso come una riproposizione della così detta teoria degli opposti estremismi che, almeno a mio personale avviso, non è una teoria adeguata a comprendere la realtà politica di questo momento. A nostro avviso questo emendamento significa l'impegno di difendere la costituzione democratica dai suoi attentatori eventuali e possibili che non possono essere individuati soltanto nell'ambito del fascismo tradizionalmente e storicamente così definito.
Se noi volessimo fare anche delle considerazioni di opportunità , che non credo sia disdicevole fare in sede di assemblea visto che si fanno spesso e volentieri in privato, vorrei anche richiamare l'attenzione del Consiglio Regionale sul pericolo che certe operazioni, qualora fossero gestite per così dire a senso unico, finiscano per dare una rilevanza indebita proprio a quella parte politica che si intende invece combattere.
Non mi preoccupa, devo dirlo, la speculazione di tipo vittimistico che il Consigliere Curci ha preannunciato all'apertura di questa seduta e che a mio avviso è un modo inadeguato all'argomento che stiamo trattando. Qui non ci poniamo preoccupazioni per ciò che dirà o farà per reazioni emotive una certa opinione pubblica, o un certo elettorato, credo però che dobbiamo essere conformi a quelle che sono le posizioni politiche di ciascun gruppo.
E allora, a questo proposito, come liberali, noi sentiamo anche il dovere di richiamare la futura Commissione d'indagine ad una chiara distinzione tra quelle che sono le trame eversive come disegno criminoso e quella che è l'espressione di volontà antidemocratiche e certamente dal nostro punto di vista condannabili, ma condannabili attraverso gli strumenti della libera discussione e non attraverso le norme del Codice penale che per questa parte è ancora tipicamente un Codice fascista. Non credo che sarebbe una buona politica antifascista quella di richiamare le norme fasciste del Codice Rocco per aprire una caccia contro i reati di opinione.
L'adesione del Partito liberale a manifestazioni di Comitati unitari richiede, per essere un'adesione seria e non equivoca, alcune condizioni che non dipendono da incertezze, non dipendono da nostri complessi di inferiorità di alcun genere perché noi riteniamo, come Partito, che non occorra ripristinare un clima per così dire ciellenistico per restare coerenti alla determinazione liberale che è una determinazione democratica è una determinazione costituzionale, e una determinazione rigorosamente antifascista. La prima preliminare condizione è quella di tenere presente che in qualsiasi organismo unitario che si andrà a formare, ci troveremo accanto, di necessità, fra forze politiche che sono fra loro diverse e contrapposte e che quindi possono trovare un punto comune nella convergenza sulla motivazione antifascista, possono essere accomunate in un'indagine diretta a mettere a nudo i pericoli del risorgente fascismo, ma non possono essere, per altri aspetti, fra loro politicamente confuse. Questo significa anche che un organo della Regione, quale è una Commissione speciale d'indagine, costituito allo scopo di effettuare un'indagine sul neofascismo, deve funzionare secondo i principi di rappresentanza dei gruppi e di dialettica fra gruppi che sono propri di tutta questa assemblea e che sono rigidamente stabiliti dagli artt. 18 e 19 dello Statuto della Regione.
In secondo luogo una Commissione d'indagine conoscitiva della Regione ha un suo limite. Ho piacere che il Consigliere Sanlorenzo lo abbia già chiaramente individuato, affinché questo resti chiarito una volta per tutte: una Commissione regionale d'indagine potrà svolgere le consultazioni che riterrà necessarie, potrà venire alle determinazioni che riterrà opportune, ma sempre nel rispetto delle competenze dei diversi organi istituzionali dello Stato e in particolare nel rispetto dell'autonomia degli organi di giurisdizione.
Nel rispetto di queste esigenze preliminari il Gruppo liberale certo non può fare mancare il suo apporto ad una Commissione d'indagine conoscitiva che,come quella qui proposta, in un termine prestabilito informi il Consiglio sulle, condizioni economiche e sociali e politiche da cui traggono alimento le trame eversive in Piemonte. Ma assegnando al termine di "fascismo" il suo vero significato che non è più in questa sede un significato per così dire storico, ma è un significato politico, noi dobbiamo precisare , nel momento in cui poniamo l'indagine sul neofascismo al centro dei compiti di questa Commissione d'indagine, che cosa intendiamo per il fascismo di oggi. Se per fascismo intendiamo l'opera di coloro che si propongono di attentare ai principi di libertà della Costituzione, se per fascismo intendiamo l'opera di quanti cospirano contro la legalità delle istituzioni repubblicane, l'opera di quelli che armano il terrorismo per screditare lo Stato per sovvertire la convivenza pacifica dei cittadini, se per fascismo intendiamo l'azione intesa a diffondere nei ceti sociali fermenti di protesta irrazionale e aspettative responsabili di svolte autoritarie e totalitarie, se per fascismo intendiamo tutto questo allora certo noi individuiamo con il termine di "fascismo" quello che è illiberale e allora i liberali sono sempre pronti a collaborare ad una Commissione che indaghi sul fascismo in questo senso. E sono pronti a far parte di questa Commissione anche allo scopo, che non vogliamo nascondere per chiarezza, di evitare qualsiasi eventuale indebita strumentalizzazione di questo organo speciale e di garantire l'adesione ai principi costituzionali e statutari che disciplinano e che anche limitano la competenza della Regione.



PRESIDENTE

Ha chiesto di parlare il Consigliere Bianchi, ne ha facoltà.



BIANCHI Adriano

Signor Presidente, il Consigliere Sanlorenzo nel suo ampio intervento richiamando i vari momenti dell'impegno del Consiglio Regionale, ha fatto la storia di questo scottante argomento.
Purtroppo il Consiglio Regionale, al di là delle iniziative di carattere formativo, di testimonianza storica, di difesa dei valori della Resistenza, di riaffermazione dei principi su cui si fondano la nostra Costituzione, la nostra convivenza civile e le ragioni della nostra presenza e del nostro lavoro, ha dovuto più volte portare la sua attenzione su fatti tragici, drammatici, impensabili che in questi anni hanno turbato la vita del nostro Paese e la sicurezza delle nostre istituzioni.
Il Consiglio ha spiegato questi vari interventi spesso sull'onda del sentimento, dell'indignazione e dell'improvvisazione, trovando però sempre gli accenti giusti perché troppo forte è la matrice comune delle forze democratiche per non emergere nei momenti difficili con la convergenza sui valori essenziali.
I fatti che storicamente sono andati accadendo negli ultimi tempi hanno indubbiamente preso una colorazione, indicato l'esistenza di disegni che io ritengo siano principalmente di natura nichilista, di natura disperata e folle quali sono quelli di movimenti che si vedono preclusa dalla storia ogni possibilità di conquista delle coscienze, di conquista dell'adesione sul piano culturale e morale e sulla base dell'organizzazione sociale. Per anche se l'ispirazione è di natura disperata, il collegamento di questi fatti, in coincidenza con situazioni di tensione, di crisi, di difficoltà in cui la nostra democrazia si trova, possono costituire elemento connettivo politico utilizzabile anche a fini eversivi.
Sono convinto, peraltro, che i maggiori pericoli per la sopravvivenza ed il consolidamento di uno stato democratico e anche oggi per la sopravvivenza e lo sviluppo della nostra democrazia non consistono tanto in questi attacchi pur estremamente pericolosi e condannabili in sé, quanto nelle debolezze interne, nelle insufficienze o nelle inadempienze della democrazia. Sempre le democrazie sono cadute quando già si erano viste svuotate dall'interno e io riconosco che tra queste debolezze che possono anche essere quelle della sottovalutazione, della minimizzazione, della non considerazione dei pericoli e dei rischi collegati con certe azioni politiche, con certe azioni soprattutto che arrivano al delitto, al terrorismo, che non indietreggiano di fronte alla strage. Quindi, nessuna indulgenza e nessuna sottovalutazione, ma contemporanea riaffermazione della necessità che la democrazia si difenda dal suo interno attraverso un corretto funzionamento e con un costante collegamento col consenso e con la partecipazione popolare. Io credo che una riaffermata volontà antifascista nel senso di condanna del fascismo storico e di vigilanza contro le nuove forme di fascismo che possono risorgere ogni momento, sia un modo per riagganciare, per tenere legati alle istituzioni la volontà ed il consenso popolare.
Sono dell'avviso - l'ho detto altra volta - che, effettivamente, il fascismo è una malattia e una malattia permanente che minaccia costantemente la vita dei popoli. Abbiamo visto storicamente che neppure regimi a forte sostegno ideologico hanno saputo sottrarsi a delle forme politiche fondate sulla violenza e la sopraffazione a deviazioni che, se guardiamo la storia, non possono non essere considerate obiettivamente di natura fascista. Per questo, sono perfettamente d'accordo con il Consigliere Sanlorenzo che la Commissione non esaurirà i suoi lavori chiudendo il capitolo della lotta contro gli attentati alla democrazia contro le volontà eversive, contro la volontà di sopraffazione, contro la suggestione del ricorso alla violenza, per fare un gioco politico, questa è una lotta che ci impegna per tutta la vita e oggi storicamente assume un rilievo ed un carattere di una certa gravita e drammaticità.
Non vorrei minimizzare, ma non vorrei neppure compiere l'errore di presentare o di consentire che venga rappresentata questa nostra Repubblica che pure è in difficoltà come lo è il mondo intero - come una Repubblica assediata, vicina a cadere, prossima a subire gli assalti vittoriosi di forze eversive di marca fascista.
Certo, abbiamo dì fronte a noi gravissimi problemi, abbiamo ben presente l'inverno che avanza, i rischi di disoccupazione, i rischi connessi all'aumento del costo della vita, gli infiniti fermenti e disagi che possono circolare nel nostro corpo sociale; sappiamo che quando queste situazioni si determinano è facile deviare scontenti, proteste su terreni di natura irrazionale e quando interviene l'irrazionale ecco che il catalizzatore storico può essere di segno vario, magari non immediatamente identificabile. Ecco allora gli errori di Nitti che diceva trattarsi di un fatto transeunte e non vedeva il fiume sotterraneo che invece era ben più forte. Noi abbiamo presente come la Commissione d'indagine non ci assolve dal nostro impegno fondamentale, che è quello di sostenere dall'interno assicurandone il Corretto funzionamento, le istituzioni.
La Commissione d'indagine ha un significato, a mio avviso prevalentemente politico; anzitutto è una presa di coscienza di un pericolo che è permanente e che, nello stesso tempo, è oggi emergente con fatti gravi che non possono non essere considerati, descritti e studiati in modo che nessuno abbia l'alibi per dire: non ne avevamo colto il significato non c'era sembrato, erano fatti episodici. Condivido la descrizione che del fenomeno fascista ci ha dato il Consigliere Zanone, identificandolo dagli atti, "dai tuoi comportamenti ti giudico". E' difficile, infatti, giudicare solo dalle etichette, dai berretti o dalle camicie; noi giudichiamo e giudicheremo principalmente dai comportamenti, sapendo come ci sia un filone storico che il fascismo ha creato, alimentato, che il fascismo pu ripresentare anche con abili travestimenti rientrando da porte diverse da quelle da cui è uscito.
Questa Commissione dunque costituisce una presa di coscienza, è un atto politico che tende a fornire al Consiglio elementi di valutazione per i suoi atteggiamenti di carattere generale e per le sue decisioni di carattere particolare, sia all'interno delle sue responsabilità specifiche nelle materie di sua competenza, sia all'interno delle responsabilità che ha per la definizione del profilo di uno Stato democratico. Noi più volte abbiamo assunto, abbiamo preso delle posizioni che attenevano alla vita della società nel suo insieme, alla vita, all'indirizzo e alla linea politica dello Stato. La Regione è un momento dello Stato e in questo momento viene collocata la nostra azione nei confronti delle forze eversive che storicamente sono oggi evidentemente di natura fascista Che cosa non è la Commissione? La Commissione non è certo uno strumento di carattere istruttorio penale, non sostituisce la polizia, né sostituisce la magistratura. La Commissione non è sicuramente uno strumento di natura persecutoria come qualcuno vorrebbe che fosse per poter fare un certo gioco. La Commissione non è neanche un tribunale dove si giudicano le opinioni; può essere una sede in cui si studia dove portino certe impostazioni o l'affermazione di certe metodologie, ma sicuramente non vuole perseguire o identificare o elencare le persone solo per il fatto che hanno idee stravaganti o balorde.
La Commissione, infine, non tende a modificare la natura del confronto o della lotta politica esistente nel nostro Paese sulle basi democratiche.
La Commissione non serve, come qualcuno vorrebbe, a fare apparire come fascista chi sia in opposizione e in contrasto col Partito comunista e viceversa. La Commissione non è un momento di opportunismo o di esibizione come qualcuno vorrebbe far intendere perché credo che non sia per niente comodo dedicarsi a queste attività per nessuno.
Infine la Commissione non è il punto di riferimento per la creazione di organi permanenti che poi possano assumere altri ruoli od iniziative per fini politici di carattere generale. Se tutto questo la Commissione non è non possiamo non compiacerci che ci siano anche dei momenti unitari in cui salvaguardata una corretta dialettica politica si ritrovino dei momenti unificati.
Del resto, quale è lo scopo che perseguono tutti coloro che hanno a cuore una visione liberale, democratica della nostra Costituzione, del nostro Stato? E' quello di stabilire, come si è stabilito storicamente nelle grandi democrazie, un patto di fondo comune su valori, su principi su metodi sui quali non in modo contingente, ma in modo permanente e storico le forze politiche convengono. Qual è, infatti, la ragione della forza delle grandi democrazie? E' che i motivi del dissenso partono da una grande base, una grande piattaforma comune di principi, di valori, di modi di comportamento su cui le forze politiche fondamentali si riconoscono. E' per questo che esiste una società, esiste uno stato democratico, esistono una serenità e una garanzia e anche le possibilità delle alternative del gioco democratico.
Ecco quindi lo spirito con cui possiamo partecipare a queste o ad altre iniziative; quello di tendere a formare nel nostro Paese questa fondamentale, sostanziale unità, questo patto costituzionale non soltanto nei termini giuridici, ma nei profondi termini morali che danno base e fondamento ad una democrazia.
Se questo è lo spirito con cui ci accingiamo a questo lavoro nessuno che non sia veramente fascista, che non sia eversore, che non tenda a far venir meno le condizioni per una convivenza pacifica nel nostro Paese, ha nulla da criticare e nulla di serio da dire a questo proposito. So che vengono diffuse delle sensazioni, si lanciano le frasi come "caccia alle streghe". Nessuna caccia alle streghe. E' un esame di coscienza, un esame obiettivo, storico, è una ricognizione della nostra realtà regionale che ci proponiamo. Probabilmente verranno fuori situazioni, oltre a quelle di carattere qualche volta folcloristico che attengono al fascismo storico che interessano la condizione giovanile, la condizione della scuola, le condizioni per una più autentica democrazia in tanti organismi della nostra Regione, situazioni tali da suggerirci iniziative, progetti di legge azioni amministrative più efficaci perché questa società sia portata sempre più verso traguardi di autentica democrazia.
Essendo questo lo spirito con cui ci accingiamo a dare il nostro apporto, riteniamo che su queste basi si possa trovare larga convergenza.
Come si diceva una volta: le persone oneste non hanno nulla da temere quando vedono i carabinieri. Ebbene, le persone democratiche e oneste non avranno nulla da temere dai lavori di questa Commissione d'indagine.



PRESIDENTE

Ha chiesto di parlare il Consigliere Nesi.



NESI Nerio

Signor Presidente, non ho molte cose da aggiungere a quelle che sono state dette da altri colleghi, ma credo sia mio dovere ribadire alcune cose che ha detto il Capogruppo della D.C., Bianchi sulle quali consento e rilevarne alcune altre, che ha detto il Consigliere Zanone, sulle quali il Gruppo socialista dissente.
Il Consigliere Bianchi ha detto una cosa molto bella e anche molto seria e cioè che la Commissione che ci accingiamo a creare è soprattutto il punto di una presa di coscienza politica ed ha aggiunto che questa presa di coscienza nasce dal grande patto costituzionale che è stato alla base della Resistenza e che tuttora regge la vita politica del nostro Paese.
Vorrei rivolgere un appello ai colleghi del Partito Liberale Italiano: di non isolarsi da questo patto. Il Gruppo socialista è contrario all'emendamento suggerito dal Consigliere Zanone e si augura che il Consigliere Zanone non lo ponga come condizione per l'approvazione dell'ordine del giorno. Se ci sono delle considerazioni che fanno ritenere agli amici liberali che ci sia un tipo di eversione non fascista nelle origini, ma che essendo partito da posizioni diverse sia poi arrivato a posizioni fasciste, io sono pronto a discuterne pubblicamente con esponenti del Partito liberale, ma credo che in una situazione di questo genere non possiamo fare qui alcuna distinzione.
Le parole del Consigliere Zanone mi hanno poi confermato che abbiamo fatto bene a sollecitare questa Commissione e che hanno fatto bene i colleghi del Partito comunista a chiedere che se ne discutesse oggi pomeriggio. Io ho stima per Zanone, e proprio per questo il suo discorso mi ha fatto ritenere che bisogna fare presto, perché se la sua memoria e diventata, per queste cose, così labile, credo che sia necessario ricordare subito alcune cose: qui non si tratta di un'esegesi delle ragioni storiche del fascismo, si tratta di fare cose più modeste e più pertinenti, si tratta di fare una Commissione d'indagine conoscitiva che, partendo dalla pubblicazione del Consiglio Regionale "Le trame nere in Piemonte" e arricchendolo di altre considerazioni, di altri dati, di altri fatti (scorrendolo mi sono accorto che molti fatti non sono citati) arrivi a delle conclusioni. E mi sembra strano, ripeto, che una persona intelligente, colta e informata come Zanone si sia dimenticata di tutto quello che è successo in questi mesi. Non si può parlare della situazione così asetticamente e fare anche acute analisi giuridiche, dimenticando, da Brescia fino a questi giorni, che cosa sta succedendo, perché proprio questo fu l'errore storico probabilmente di alcuni democristiani cileni.
Questo non si può fare, noi dobbiamo esaminare e sulla base di questo esame agire. Quale caccia alle streghe? Io non voglio neanche polemizzare con chi non è degno di polemica, ma se c'è stata una caccia alle streghe, signor Presidente, tutti lo sappiamo, è stata al rovescio, in questi anni, basta pensare ai fatti di Milano di alcuni anni fa, basta pensare a Pinelli, a Valpreda, basta pensare che la suprema Corte di Cassazione è arrivata al punto di mettere insieme i processi ad una persona dichiaratamente innocente e a persone che sono ormai dichiaratamente colpevoli, per vedere in che modo si è agito.
Quale caccia alle streghe, se pensiamo che non più tardi di due anni fa il prefetto di Milano, il signor Mazza, che adesso è andato a presiedere un importante gruppo finanziario (e anche su questo si potrebbe andare a vedere molto a fondo) dichiarava che il vero pericolo della città di Milano veniva da sinistra? Sembra soltanto ridicolo, per un uomo che ha fatto il funzionario tutta la vita, ma cosa c'era dietro a queste cose? Quale caccia alle streghe se abbiamo assistito al fatto che un certo signor Giannettini, dichiaratamente fascista, veniva pagato dallo Stato italiano fino a qualche mese fa e partiva un ufficiale dei Carabinieri da Roma ogni mese per andare a Parigi a consegnargli lo stipendio? Io credo che molti purtroppo si siano comportati, senza averne l'intelligenza, come quell'altissimo dirigente di una grandissima azienda pubblica il quale sostenne pubblicamente che egli usava l'MSI, cioè il fascismo, come un taxi sul quale si sale, si paga e poi si scende. Ecco, io credo che su questo piano più nessuno può mettersi e bisogna riconoscere anche se condivido le considerazioni svolte in questo senso dal compagno Sanlorenzo, che quando il Ministro dell'Interno Taviani, dalla sua altissima autorità di responsabile della sicurezza interna del paese, dice che si è reso conto di com'è la situazione, a questo punto, visto quali fonti di informazioni ha il Ministro dell'Interno, credo che tutti debbano arrivare alle conclusioni alle quali egli è arrivato.
Quindi nessuna caccia alle streghe, nessuna lotta alle idee: io credo che mai sia venuto dalla parte politica che io rappresento, dai partiti di sinistra di questo Paese, una lotta alle idee degli altri che non sia stata civile, fatta sulle strade, sulle piazze, nei Consigli Comunali, in Parlamento; noi abbiamo l'onore e l'orgoglio di dire che le nostre lotte alle idee degli altri vengono e verranno fatte solo con le nostre idee e con le nostre ragioni.
Ecco, signor Presidente, questi sono i motivi per i quali il Gruppo socialista ritiene di dover mantenere assolutamente inalterato l'ordine del giorno, che è stato anche il frutto di un'elaborata discussione e, per certi aspetti, di un compromesso.



PRESIDENTE

La parola al Consigliere Vera.



VERA Fernando

Il mio Gruppo e il mio Partito hanno considerato con estrema attenzione la proposta, oggetto di discussione in questa seduta di Consiglio, della costituzione di una Commissione d'indagine, proposta che deriva da un impegno che hanno preso tutti quelli che erano presenti a Palazzo Madama l'8 di agosto nei confronti dei rappresentanti degli Enti locali e delle organizzazioni antifasciste colà riunite, impegno che mi pare sia intenzione di tutte le forze costituzionali antifasciste presenti in questo Consiglio di mantenere.
Si tratta naturalmente di definire esattamente i termini e i modi di realizzazione di questo impegno, ad evitare che l'obiettivo che si vuole raggiungere risulti controproducente rispetto alle intenzioni, ad evitare quindi di giovare con degli errori che talvolta sono possibili per eccesso di zelo, di buona volontà, proprio a quelle cause, a quelle idee eversive che vogliamo combattere. E' del resto già il collega Bianchi ha cercato di definire non solo ciò che deve essere la Commissione, ma ciò che non deve essere, proprio ad evitare questi errori. Anche il mio Partito intende evitare, attraverso il voto in Consiglio e attraverso la nostra presenza nella Commissione d'indagine che alcuni debordamenti della Commissione possano essere causa di errori ed equivoci.
Il Consiglio Regionale del Piemonte, costituendo questa Commissione conoscitiva d'indagine sull'attività eversiva fascista nella nostra regione, non intende instaurare una caccia alle streghe, l'indagine deve essere seria, non intende tener conto di segnalazioni anonime o delatorie né di fatti particolari, ma individuare quelle attività culturali di carattere generale che veramente possono portare ad un tentativo di eversione della legalità costituzionale. Né d'altra parte si intende colpire l'opinione politica instaurando un tipo di reato, quello d'opinione, che non è previsto ma anzi è espressamente escluso dalla nostra Costituzione. Noi sappiamo però benissimo che in generale non esiste, se non in vecchi nostalgici, questo reato d'opinione, questa esaltazione puramente verbale e intellettuale di ideologia fascista che invece purtroppo, ha preso piede nel nostro Paese e un'azione derivata da questa ideologia mira, attraverso la violenza, al rovesciamento delle istituzioni repubblicane. Ed è contro questa azione organica e strutturale che noi riteniamo che tutti gli organi politici elettivi debbano agire e debbano coordinare la loro azione per sollevare l'attenzione dell'opinione pubblica, sollevare soprattutto l'attenzione da quegli strumenti dello Stato non sempre assolutamente efficienti per far sì che questo tipo di attività trovi nella coscienza democratica e repubblicana del Paese una barriera invalicabile.
Noi riteniamo che dall'attività della Commissione non possa derivare proprio perché c'è questo comune spirito che ci anima, una strumentazione politica, riteniamo invece che attraverso alla Commissione tutte le forze politiche esprimano una disinteressata ed obiettiva attenzione ai pericoli che corrono le nostre istituzioni. Si osserverà certamente, da parte di qualcuno - mi pare che qualcosa ha già detto il collega liberale, anche se ho sentito solo parzialmente il suo intervento - che noi parliamo di eversione di un certo tipo e di un certo colore non tenendo conto che possono esistere dei motivi eversivi nei confronti di istituzioni che attengono a ideologie diverse da quella fascista. Ma noi pensiamo che nella situazione attuale questo pericolo sia quello maggiormente preoccupante per la vita democratica italiana. Non escludiamo evidentemente la possibilità di altri fatti, di altri elementi eversivi, però riteniamo che il Consiglio Regionale del Piemonte, limitando la sua indagine a questo tipo di eversione, abbia colto quello che è un momento contingente a particolarmente preoccupante della vita del Paese.
Il ripetersi di episodi di violenza in questi ultimi anni ha come elemento comune la fantomaticità (scusate l'espressione poco corretta come lingua) dei responsabili di questi avvenimenti che indubbiamente è comune al tipo di azione terroristica ed eversiva, perché vediamo che anche in altri paesi questo succede, però appare particolarmente sintomatico e grave che mai, nel nostro paese, salvo nel caso dell'attentato di Piazza Fontana dove addirittura abbiamo la vicenda paradossale di due gruppi di terroristi non associati tra di loro e processati per lo stesso reato, si sia riusciti a cogliere sul fatto i responsabili degli attentati.
Non è che io mi attenda, dalla Commissione d'indagine, dei miracoli tenuto conto anche della limitazione dei poteri delle Commissioni d'indagine del nostro Consiglio (abbiamo avuto modo di constatarlo per la Commissione di indagine sulla mafia a Bardonecchia) nei confronti delle Commissioni d'indagine parlamentari che possono convocare le persone e sentire i testi con l'obbligo a questi di comparire; tutti poteri che noi non abbiamo.
Non so quanto ampia potrà essere l'estensione di questa indagine quanto ampi e profondi potranno essere i risultati, sono però persuaso che in una situazione di difficoltà di trovare i colpevoli degli avvenimenti criminosi che si verificano nel nostro Paese, anche la piccola goccia che il Consiglio Regionale del Piemonte potrà portare all'accertamento della verità e al conoscimento di responsabilità, rappresenti un fatto positivo nei confronti di una comune lotta democratica in difesa delle nostre istituzioni.
Ed è in questo spirito, con questa speranza che il nostro Gruppo voterà a favore dell'ordine del giorno proposto e voterà a favore della costituzione della Commissione d'indagine.



PRESIDENTE

Se più nessuno chiede di parlare, ha la parola il Presidente della Giunta.



OBERTO Gianni, Presidente della Giunta Regionale

Semplicemente per dire che esprimo la piena adesione al testo e soprattutto allo spirito che anima questo voto del Consiglio Regionale per l'istituzione della Commissione speciale di indagine conoscitiva, volendo sottolineare con questa mia dichiarazione una coerenza che mi sembra opportuna su quella che è stata la linea posta alla considerazione e all'attenzione del Consiglio sin da quando avevo l'onore e la responsabilità di presiedere il Consiglio stesso, come del resto è stato sottolineato, e la ringrazio, dal Vice Presidente Sanlorenzo.
In quest'aula, all'infuori del collega Falco, di poco meno anziano di me, all'infuori di lui e di me non c'è nessuno che ricordi che cosa è accaduto negli anni 1919/20/21/22 per conoscenza diretta ed io continuo a ripetere che quello che è stato nessuno credeva sarebbe stato commetteremmo un grosso errore se pensassimo oggi che quello che può essere ipotizzato non si verifichi. Ci sono stati degli errori di prospettiva gravissimi anche allora, vi sono state delle forme di adesione poi assolutamente ritrattate con un contrasto anche vivace e violento; quella adesione era stata data così, sulla corda del sentimento, forse spinti anche da una valutazione epidermica e superficiale di quella che era una situazione politica che si veniva creando in quel momento nel nostro Paese.
E se Saverio Nitti ebbe effettivamente ad affermare che sarebbe stato - con una valutazione assolutamente errata - un fenomeno transeunte che non avrebbe lasciato traccia nella storia del nostro Paese, mi piace di ricordare che proprio qui a Torino Don Luigi Sturzo, in un discorso che dovremmo rileggerci, pronunciato alla Camera di Commercio di Torino, poco prima di essere costretto ad essere esule per l'imputazione di delitto di pensiero, annunciava che invece ci saremmo trovati di fronte ad una realtà particolarmente delicata e grave indicando quelli che erano i pericoli che avremmo dovuto affrontare e significando che il rischio che si correva era veramente grave. La sua voce, purtroppo, si riconosce inascoltata in tutti gli ambienti, anche in quello del Partito che egli aveva fino a quel momento diretto come segretario politico, con quelle diversificazioni spiacevoli che sono venute là come sono venute in altri settori.
Certo, noi dobbiamo essere estremamente chiari nell'accettazione di questo ordine del giorno, nella costituzione di questa Commissione di indagine conoscitiva perché non si possa strumentalizzare all'esterno come l'istituzione di un processo investigativo da parte del Consiglio Regionale che non avrebbe nemmeno la possibilità di farlo, ma badino bene, per me c'è un'altra ragione per chiarire all'esterno che non è questa l'intenzione che anima i singoli Consiglieri del Consiglio stesso, se noi per un momento travalicassimo quelli che sono i limiti qui scolpiti "esaminare le condizioni sociali e politiche da cui traggono origine ed alimento le attività di eversione e delle organizzazioni che sostengono" ci collocheremmo esattamente sul piano fascista. Il fascismo ebbe questo profondo suo motivo di condanna: processò, condannò, mandò in galera costrinse all'esilio per dei delitti di opinione e di pensiero commetteremmo un gravissimo errore se consentissimo anche soltanto un'interpretazione distorta; questa Commissione ha la responsabilità di conoscere per riferire al Consiglio, allo scopo di consentire poi le necessarie valutazioni da parte del Consiglio stesso. Ed in questo spirito ritengo di dover esplicitare, anche nella mia qualità di Presidente della Giunta Regionale, l'adesione perché trovi conforto rapido, in questo spirito, la Commissione che il Presidente del Consiglio sarà chiamato a formare.



PRESIDENTE

All'ordine del giorno letto all'inizio della seduta, abbiamo un emendamento: "Alla 16ma riga, dopo la parola 'eversione' sopprimere la parola 'fascista'". Firmato da Rossotto, Fassino e Zanone.
Devo mettere in votazione l'emendamento, oppure viene ritirato?



ZANONE Valerio

No.



PRESIDENTE

La parola al Consigliere Bianchi.



BIANCHI Adriano

Signor Presidente, voterò contro questo emendamento, a malincuore nel senso che mi spiace contraddire l'ispirazione, la volontà del Gruppo liberale che, non nego, fonda la propria azione su principi, su metodi e su condotte schiettamente democratiche. Non nego che si potesse anche formulare in origine l'ordine del giorno così come risulterebbe da questo emendamento, ma nel momento che l'ordine del giorno è formulato, il sopprimere l'aggettivo "fascista" avrebbe un significato talmente stravolgente che non mi consente di seguire su questa strada il Gruppo liberale.



PRESIDENTE

La parola al Consigliere Zanone.



ZANONE Valerio

In risposta alla dichiarazione di voto del Consigliere Bianchi devo fare presente che il fatto che la Commissione abbia come mandato quello di svolgere un'indagine sull'attività dei movimenti fascisti e parafascisti, è contenuto nel primo comma rispetto al quale noi non abbiamo presentato nessuna proposta di emendamento, quindi gli scopi della Commissione risultano indicati nel modo più chiaro. Tuttavia mi pare illogico ed assurdo che, qualora nei lavori della Commissione emergessero documentazioni che riguardano attività di eversione, non definibile come fascista, queste non potessero essere oggetto dei lavori della Commissione.
Mi pare che per una ragione elementare di coerenza questa aggettivazione superflua possa essere tolta da questa parte del documento.



PRESIDENTE

Pongo in votazione l'emendamento presentato dal gruppo liberale per alzata di mano.
L'emendamento è respinto.
Metto ora in votazione il mandato, a sensi dell'art. 19 dello Statuto regionale, relativo alla costituzione della Commissione speciale, di cui ho dato lettura.
La parola al Consigliere Rossotto per dichiarazione di voto.



ROSSOTTO Carlo Felice

Signor Presidente, colleghi Consiglieri, è necessario ed opportuno proprio per la serietà e l'impegno di difesa dei valori democratici, che ognuno di noi quale esponente di forze politiche che hanno realizzato la carta costituzionale che regge il nostro Paese e dopo le chiare esaurientissime dichiarazioni del mio Capogruppo, dopo le sue precisazioni in ordine all'emendamento e alla necessità e all'importanza che gli attribuivamo, dopo le dichiarazioni ed alcuni sottendimenti emersi nelle dichiarazioni del collega Nesi in ordine a qualcosa di strano nell'atteggiamento che noi assumevamo con il richiedere una precisazione chiara sul significato dell'aggettivo "fascista", è ancora opportuno dicevo, che ognuno di noi precisi nettamente la propria posizione.
C'è una persona a cui la democrazia che oggi regge il nostro Paese molto deve per quello che ha fatto quando questa democrazia non c'era, per quello che ha scritto e per quello che ha continuato a dire in libera espressione di idee, di contestazione molte volte di quella che era la classe politica che governava ed è il sen. Emilio Russo il quale un giorno disse che antifascisti non lo si è perché lo si è stati, ma perch quotidianamente si affermano tali principi. E io ritengo che l'antifascismo del Partito liberale, l'antifascismo che anima il mio Capogruppo ed i colleghi del mio Gruppo ed il sottoscritto è emerso ancora chiaramente in questo atteggiamento chiaro e preciso che abbiamo voluto assumere, perché è opportuno ricordarsi che con le premesse che l'ordine del giorno aveva e come ha ribadito, in ordine all'emendamento, il collega Zanone, è bene che questa Commissione indaghi su tutte le attività eversive perché il fascismo è una cosa seria, il fascismo per vederlo cadere in Europa ha richiesto milioni e milioni di morti non soltanto italiani; il fascismo per cadere ha visto concentrare forze tali che dimostrano di quale serietà sia il fenomeno e quanto sia grave e serio ed imponga da parte di coloro che lo vogliono combattere il massimo impegno e la massima serietà.
Ed allora, quando noi diciamo che i termini di eversione hanno il significato e la portata data al termine fascista dal collega Zanone, non commettiamo quell'errore di mancanza di prospettiva che una certa classe democratica compì nel 1922 e che noi, che ne siamo gli eredi, incolpiamo di debolezze e visioni miopistiche; ma in allora il fascismo si poneva a tutela di una legalità di Stato e venivano tacciati di sovversione tutti coloro che erano per una modificazione di questo tipo di Stato.
Oggi vorrei ricordare che nella nostra situazione i termini si sono mutati e ad "eversione" è opportuno lasciare il termine "eversione" dato che il termine di "democrazia" è in mano a forze che, indipendentemente dalle ideologie che stanno portando avanti e che pongono come soluzione dei problemi reali del Paese e per gli scontri che queste forze fra di loro portano, si vedono collocate in questo tipo di costituzione. E allora è qualsiasi tipo di frangia, di colorazione che la motivazione fascista pu assumere perché a un comportamento violento, criminale, ma anche sciocco nel momento in cui si veste soltanto del colore nero. Se tale violenza si veste del colore rosso noi non indaghiamo più e se la matrice è la stessa e vuole trovare giustificazioni proprio per creare maggiore confusione, per portare maggiore smarrimento - se ciò è fascismo, se noi dobbiamo indagare su tutto quello che è eversione, il termine e l'aggettivo aggiunto chiaro e preciso andava a indicare un certo tipo di posizione. E' per difendere questi valori di legalità e di dignità che ci siamo conquistati, noi insieme agli altri che siedono in questo Consiglio Regionale, parteciperemo a questa Commissione e diamo in questo momento il nostro voto favorevole con il significato che faremo sì che l'indagine non sia soltanto condotta dietro ad evanescenti fole, ma per indagare alcune situazioni di malessere profondo che albergano nella nostra Regione. Perché non è soltanto sulla maleducazione che si può determinare la fonte del fascismo, sul sottotenente che si fa legare gli scarponi dall'attendente, perché questa è la profonda maleducazione che un Paese ancora dimostra dopo trenta anni, ma è su quello che ancora esiste di malcontento e di non risolto, di colpe e di inadempienze nostre, e dicendo "nostre" parlo prima di tutto di noi, è a un'autocritica che noi come forze democratiche dobbiamo fare per quello che non abbiamo fatto, per tutte le attese che abbiamo lasciato irrisolte nel Paese, per mancanza di quel senso di dignità di responsabilità che ci deve animare di più nel nostro lavoro.



PRESIDENTE

Se più nessuno chiede la parola metto in votazione per alzata di mano l'ordine del giorno di cui ho dato lettura, a firma dei Consiglieri Bianchi, Cardinali, Vera, Sanlorenzo, Nesi.
E' approvato all'unanimità.
Diamo lettura delle interpellanze ed interrogazioni.


Argomento:

Interrogazioni e interpellanze (annuncio)


FRANZI Piero, Segretario

Interpellanza in merito all'assistenza scolastica dei Consiglieri Besate, Raschio, Fabbris, Bono, Revelli ecc.
Interrogazione urgente con richiesta di risposta scritta dei Consiglieri Besate e Fabbris sull'applicazione della legge 1101 dell'1.12.1971.
Interrogazione urgente del Consigliere Rossotto in ordine alla legittimità dell'aumento delle tariffe.
Interrogazione del Consigliere Nesi relativa ai finanziamenti alla Cuneo-carne.



PRESIDENTE

Dichiaro chiusa la seduta.



(La seduta ha termine alle ore 18)



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