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Dettaglio seduta n.254 del 17/09/74 - Legislatura n. I - Sedute dal 6 giugno 1970 al 15 giugno 1975

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Argomento:


PRESIDENZA DEL VICEPRESIDENTE FASSINO


Argomento:

Ordine del giorno della seduta


PRESIDENTE

La seduta è aperta.
Ordine del giorno: 1) Approvazione verbali precedenti sedute 2) Interrogazioni ed interpellanze 3) Comunicazioni del Presidente 4) Comunicazioni della Giunta Regionale sullo stato dell'occupazione in Piemonte, sulla situazione dei prezzi, sulle tariffe dei trasporti.
Proposte ed iniziative.
5) Legge regionale concernente "Provvedimenti per la depurazione delle acque: disciplina degli scarichi delle attività produttive". Rinvio al Governo, determinazioni.
6) Proposta di istituzione di una Commissione di indagine sul neofascismo in Piemonte.
7) Proposta di ordine del giorno sull'estensione del diritto di voto ai diciottenni.
8) Parere in ordine alle nuove istituzioni e al riconoscimento di libere Università, ai sensi dell'art. 10 del decreto 1.10.73 n. 580, convertito con modificazione nella legge 30.11.73 n. 766.


Argomento:

Approvazione verbali precedenti sedute


PRESIDENTE

I processi verbali dell'adunanza del 12 settembre sono stati distribuiti ai Consiglieri prima dell'inizio della seduta. Se nessuno chiede la parola si intendono approvati. Interrogazioni e interpellanze.
Per accordi intervenuti con gli interroganti o interpellanti verrebbero rinviate alla seduta del 26 settembre.


Argomento:

Comunicazioni del Presidente

Argomento:

a) Congedi


PRESIDENTE

Sono in congedo i Consiglieri: Berti, Calleri di Sala, Cardinali Debenedetti, Ferraris, Fonio, Garabello, Germi, Giovana, Rivalta, Soldano Vera, Viglione, Visone, Menozzi.


Argomento:

b) Progetti di legge - Presentazione e assegnazione a Commissioni


PRESIDENTE

Presentazione ed assegnazione progetti di legge: n. 195 relativo a norme per l'assistenza dialitica domiciliare, presentato dalla Giunta Regionale in data 13 settembre 1974 e assegnato alla IV Commissione in data 16 settembre n. 196 relativo a anticipazioni per conto dello Stato di competenza e spettanti agli agenti delle autolinee in concessione del territorio regionale per l'estensione del trattamento economico e normativo degli auto ferrotranvieri, presentato dalla Giunta Regionale in data 16.9.1974 e assegnato alla II Commissione nella stessa data.


Argomento: Commemorazioni

c) Commemorazione a Dogliani del centenario della nascita di Luigi Einaudi


PRESIDENTE

Sabato 14 settembre è stato ufficialmente commemorato a Dogliani, per iniziativa di quel Comune e dell'amministrazione provinciale di Cuneo, il centenario della nascita di Luigi Einaudi. Il Governo era rappresentato dal Ministro Giolitti, la Giunta Regionale dal Presidente Oberto ed il Consiglio Regionale dal Vice Presidente Fassino.


Argomento: Problemi del lavoro e della occupazione

d) Situazione economica del Vercellese


PRESIDENTE

Si è svolta sabato scorso, a Vercelli, una riunione presieduta dal sindaco per esaminare la situazione degli operai sospesi dalla Pettinatura Lane. Erano presenti i Consiglieri Regionale Besate e Franzi.
A conclusione della riunione si è deciso di intervenire sia presso il Ministro del Lavoro, sia presso la Regione, allo scopo di risolvere il problema dei 200 sospesi a zero ore e dei 200 a 16 ore settimanali.
Alla situazione del vercellese fa specifico riferimento anche un documento adottato dalla Giunta municipale di Vercelli il 6 settembre 1974 con il quale, esaminata la preoccupante situazione occupazionale che investe quella città con la minacciata chiusura di un intero reparto della Pettinatura Lane, con la messa in cassa integrazione di decine e decine di operai di altre aziende cittadine del comprensorio, con al gravissimo ritardo dell'attuazione degli insediamenti sostitutivi della Montefibre con l'assoluta mancanza di reali alternative per un possibile e concreto rilancio economico di Vercelli e del suo comprensorio, si sollecita il Ministro del Lavoro e la Regione Piemonte ad un rapido, attivo intervento nella questione vercellese.


Argomento: Varie

e) Deturpazioni al sacrario eretto al valore partigiano sul Colle del Lys


PRESIDENTE

Comunico che lunedì 16 settembre è stata ricevuta, presso il Consiglio Regionale, dal Vice Presidente Sanlorenzo e dal Consigliere segretario Franzi, una delegazione composta dal Presidente dell'ANPI provinciale avv.
Negro, dal Presidente dell'ANPI di Avigliana, da un rappresentante del Comitato per le manifestazioni del Colle del Lys, dal Presidente della Comunità montana media e bassa Valle di Susa, dal sindaco di Sant'Ambrogio e da un Assessore, del Comune di Rubiana.
La delegazione ha consegnato alcune fotografie che rappresentano le deturpazioni e le scritte di vilipendio fatte al sacrario eretto al valor partigiano sul Colle del Lys nelle notti tra venerdì e sabato scorso. E' stato anche consegnato un documento di denuncia dell'avvenimento, documento approvato da un'assemblea svoltasi sabato 14 settembre a Sant'Ambrogio alla presenza dei rappresentanti dei Comuni della media e bassa Valle Susa dalle Associazioni ANPI di 21 Comuni della zona, dai rappresentanti di partiti e organizzazioni politiche e democratiche. Nel documento si richiede alla Regione, richiamandosi al convegno di Novara dell'8 settembre, di intervenire attivamente al fine di impedire che altri analoghi deplorevoli avvenimenti si verifichino nel Piemonte.
E' pervenuto altresì un telegramma a firma dell'Unione Donne Italiane (Comitato provinciale torinese) che denuncia quanto avvenuto sollecita provvedimenti immediati per evitare altri analoghi fatti che offendono lo spirito democratico e la tradizione antifascista della nostra Regione.
Colleghi Consiglieri, in altre occasioni abbiamo espresso a voce alta la condanna di tutta questa assemblea per episodi deplorevoli che, come la profanazione del sacrario del Lys, offendono la coscienza di ogni cittadino. La riconfermiamo oggi con sdegno ed in forma altrettanto solenne, a nome di tutti i Consiglieri, richiamando ed inchinandoci alla memoria di chi per la libertà ha saputo sacrificare la propria esistenza.
Poiché la seduta continua sul punto quarto Comunicazioni della Giunta Regionale, darei la parola al Consigliere Franzi che già la volta scorsa era iscritto a parlare, tuttavia, non essendo presente la Giunta perché c'è una riunione in corso dei Partiti della maggioranza al fine di definire alcune questioni sull'argomento dell'ordine del giorno, penso sia opportuno sospendere la seduta per dieci minuti, in attesa che i Gruppi riuniti concludano i loro lavori.
La parola al Consigliere Besate sulle comunicazioni del Presidente.



BESATE Piero

Quanto ha detto direi che dovrebbe essere rivolto alla Giunta, sono cose di diretto interesse dell'esecutivo.
Per quanto mi riguarda la parola sulle comunicazioni del Presidente del Consiglio mi riservo di prenderla quando ci sarà la Giunta.



PRESIDENTE

Prendo atto di quanto, giustamente, dice il Consigliere Besate sospendo per dieci minuti la seduta e la riprenderemo dando la parola al Consigliere Besate sulle comunicazioni del Presidente e a quanti altri intenderanno chiederla.
La seduta è sospesa per dieci minuti.



(La seduta, sospesa alle ore 10.30 riprende alle ore 10.40)



PRESIDENTE

La seduta riprende.
La parola al Consigliere Besate sulle comunicazioni del Presidente.



BESATE Piero

Nelle sue comunicazioni il Presidente del Consiglio ha toccato il problema della Pettinatura Lane di Vercelli dove 200 operai sono sospesi a zero ore, 200 sono a 16 ore settimanali e per altri cento non ci sono garanzie del mantenimento del posto di lavoro.
La gravità di questa situazione consiste, oltre che nel fatto specifico, umano, sempre doloroso, politico ed economico, anche nel fatto che si tratta di una città che ha visto i lavoratori della Montefibre ridursi da 3200 a 1800, la chiusura del maglificio Faini (400 occupati), la chiusura della Carrozzeria Lombardi (200 occupati) che vede la riduzione dell'orario alla Pirelli di Livorno Ferraris e altre decine di piccole e medie fabbriche tessili e maglifici chiudere o ridurre l'orario di lavoro.
Tutto ciò nell'arco di un anno, ma soprattutto da giugno in avanti. E' una situazione estremamente grave, pesante, tenuto conto che già nel 1971 i dati davano per Vercelli 16.000 posti di lavoro (tenuto conto anche dei lavoratori autonomi) contro 31.000 forze attive, con un'eccedenza effettiva di ben 500 unità, quasi il 10% della popolazione del capoluogo.
Per queste ragioni quanto ha detto il Presidente del Consiglio nelle sue comunicazioni circa l'iniziativa presa dal Comune di Vercelli e dai sindacati (presenti parlamentari di tutti i partiti, Consiglieri Regionali sindacati e amministratori della Provincia e del Comune, nonché operai della Pettinatura Lane) di investire la Regione e per essa la Giunta l'Assessorato al Lavoro ed il Ministero del Lavoro, è un fatto da tenere nel debito conto e da seguire con la solita diligenza, ma in modo particolare il fatto specifico della Pettinatura Lane va collocato nel contesto sociale ed economico del comprensorio di Vercelli che presenta quelle caratteristiche che ho illustrato e che purtroppo sono incontrovertibili.



PRESIDENTE

Sempre sulle comunicazioni del Presidente qualcuno chiede la parola? Nessuno.


Argomento: Commercio - Problemi del lavoro e della occupazione - Trasporti e comunicazioni: argomenti non sopra specificati

Comunicazioni della Giunta Regionale sullo stato dell'occupazione in Piemonte, sulla situazione dei prezzi, sulle tariffe dei trasporti (seguito)


PRESIDENTE

Passiamo allora al punto quarto Comunicazioni della Giunta Regionale sullo stato dell'occupazione, sulla situazione dei prezzi e sulle tariffe dei trasporti.
Erano ancora iscritti a parlare della seduta precedente i Consiglieri Franzi e Bianchi, salvo che si iscrivano altri.
Do la parola al Consigliere Franzi.



FRANZI Piero

Signor Presidente, signori colleghi, ho ascoltato la brillante relazione del Presidente della Giunta sulla situazione economica che stiamo vivendo; nel suo contesto sono richiamati aspetti locali ed indicate linee di azione molto interessanti, che potrebbero essere seguite dalla Regione per stimolare certi compari ti produttivi.
Ho anche riascoltato la dichiarazione, già fatta qualche giorno fa da rappresentanti della Confindustria torinese, secondo la quale la situazione economica, seppure seria, tuttavia non è da considerare drammatica e che in ogni caso, bisogna essere molto attenti nell'esprimere giudi-zi e commenti per evitare di creare ingiustificati fenomeni di tensione.
Prendo atto con piacere di questa riconferma e nel contempo saggia raccomandazione, però mi pare altrettanto giusto essere estremamente realista di fronte alle situazioni economiche e sociali che vanno sempre più deteriorandosi. Mi riferisco in particolare a quei settori della piccola e media industria che subiscono i contraccolpi della recessione produttiva dei grossi complessi, mi riferisco agli artigiani, ai dettaglianti, al settore dell'edilizia, e, certamente non ultimo, al settore agricolo, purtroppo sempre all'ultimo posto in fatto di produzione di reddito.
Si dirà che tale fenomeno recessivo è ormai da tutti conosciuto perch si trascina avanti da mesi; ebbene, proprio perché è vecchio di mesi dobbiamo essere maggiormente attenti ed ancor più preoccupati, perché non siamo riusciti a dare soluzione a questo problema di estrema gravità per tutta la società. Non possiamo accettare inerti l'ulteriore degradamento dello stato occupazionale. Dev'essere in noi il vivo convincimento che ogni soggetto umano ha diritto di vivere; se il mezzo di vita per il lavoratore è il lavoro, bisogna perciò assicurare a ciascuno un lavoro continuativo.
Se questo deve essere il nostro principale impegno, quali rappresentanti di una società umana, è però anche vero che a volte si cozza contro realtà che non ne consentono la piena e totale realizzazione. Tali condizioni però, sia chiaro, non devono essere generalizzate a tutti i casi di difficoltà che di giorno in giorno si evidenziano, perché i "piagnistei" dei grossi complessi il più delle volte servono a coprire situazioni di comodo a vantaggio di pochi e sempre in danno di molti.
Se ci dobbiamo preoccupare delle difficili condizioni operative in cui versano molte imprese, questa nostra attenzione deve essere rivolta solo alle imprese di piccola e media dimensione perché sono proprio queste che subiscono il più pesante condizionamento sia dalla stretta creditizia che dal flusso inflazionistico. Nei confronti dei grossi complessi, non solo è necessaria una maggiore cautela, ma deve essere, almeno in alcuni casi esercitato un energico richiamo al rispetto degli impegni da tempo assunti nei confronti dei pubblici poteri e dei sindacati. Mi riferisco in particolare alla Montefibre, che oggi pare abbia dimenticato i propri impegni per la realizzazione di nuove attività produttive in sostituzione di quelle che dovrebbero cessare.
Circa la situazione occupazionale in Piemonte, mi sia consentito un inciso, forse campanilistico ma tuttavia necessario, per ricordare che in Piemonte non esistono soltanto i problemi di Torino e del Torinese, ma esiste anche Vercelli, con problemi di occupazione non certamente meno gravi e preoccupanti di quelli torinese.
Sarebbe estremamente importante fare una comparazione fra i dati del censimento '61 con quelli del '71. Oggi però purtroppo il tempo mi impedisce di fare tale analisi; avrò modo di farla quando si discuterà il d.d.l. della Giunta per l'urbanizzazione delle aree industriali. Tuttavia voglio precisare che nel corso degli ultimi dieci anni Vercelli è stata caratterizzata da una continua flessione di posti di lavoro e, in particolare nel settore industriale, da una ininterrotta chiusura di stabilimenti, con la perdita di un potenziale di circa 1.500 posti-lavoro.
Potrei fare un lungo elenco di aziende chiuse o fortemente ridimensionate.
La situazione, già pesante ieri, si sta in questi giorni ulteriormente aggravando con la parziale chiusura della "Pettinatura di lane". La situazione di Vercelli deve essere esaminata con la massima attenzione superando quella sorta di emarginazione di cui è stata posta nei confronti del capoluogo regionale e di altri centri.
E' un discorso che ho voluto fare per inciso e che non potevo trascurare in occasione di questo dibattito, ma che certamente riprender in altra occasione. Sono certo che la Giunta saprà assicurare la propria attenzione collaborando con le autorità locali e con i sindacati per sbloccare questa difficile situazione.
Seguendo ancora con il filo della memoria quanto dichiarato dal Presidente, prendo atto di quanto precisato circa lo slittamento dei prezzi nella misura del 41% a fine giugno per quelli all'ingrosso e del 16% per quelli al consumo. Però sarebbe stato interessante poter conoscere in via comparativa gli aumenti verificatisi all'origine, cioè alla produzione.
La situazione dei prezzi costituisce nel momento attuale uno dei fenomeni più difficili da affrontare e da risolvere. Giustamente il consumatore lamenta l'aumento dei prezzi dei generi alimentari, attribuendo però a volte la colpa ai produttori. Sarebbe stato perciò opportuno precisare di che entità è stato l'aumento dei prezzi del grano, del latte del bestiame, del vino, del riso, ecc. alla produzione.
Penso che alcuni dati siano quindi necessari per fornire un quadro di assoluta attendibilità.
Settembre Settembre Aumen.
1973 1974 perc.
Frumento L. 9.000 L. 9.500 +6 Vitelli piemontesi della coscia (CN) L. 1.700 L. 1.800 + 6 Buoi (Chivasso) L. 660 L. 650 - 8 Suini kg. 180/220 L. 597 L. 553 -10 Uova (Cuneo) L. 460 L. 420 - 8 Vino Barbera 11,50-12 L. 1.630 L. 1.640 __ Latte L. 95/105 L. 105 Sono dati che dimostrano come alla produzione i prezzi dei principali prodotti alimentari siano aumentati di pochissimi punti, ed in alcuni casi siano diminuiti. Quando si parla di prezzi, noi di parte agricola non consideriamo sufficiente dire che il costo della vita è in aumento vogliamo che si dica, e che tutti ne prendano atto, che la situazione in agricoltura sta precipitando, per cui si rendono necessari interventi strutturali e mercantili veramente capaci di tonificare l'impegno dei nostri produttori. Non si può restare inattivi di fronte al continuo aumento dei beni strumentali ed alla persistente stagnazione dei prezzi dei prodotti.
E' vero che e a livello regionale si è assunto quest'anno un rilevante impegno finanziario per incentivare il settore zootecnico, tuttavia deve essere pacifico che, anche per l'appesantimento burocratico nel disbrigo delle pratiche, eventuali risultati si potranno avere soltanto fra non meno di un anno. Durante questi prossimi 12 mesi, come si comporteranno i nostri produttori? In particolare, quali decisioni assumeranno i nostri allevatori? Continueranno a tenere in stalla le vacche lavorando in perdita, oppure smobiliteranno? Sono interrogativi che in un dibattito di carattere economico non solo devono essere posti, ma che, in una situazione di tensione come l'attuale chiedono una precisa ed impegnata risposta. Non si può restare passivi di fronte al fatto che i vitelli della coscia a Cuneo vengono pagati all'allevatore 1.800 lire al chilo mentre al consumo costano 4.000 e più lire al chilo; non si può accettare che i buoi di prima qualità vengano pagati all'allevatore a Chivasso 650 lire al chilo, mentre il consumatore paga la carne 2.500-3.000 al chilo; non si può accettare che il latte intero venga pagato alla stalla 105 lire al litro, mentre poi il consumatore paga 280 lire al litro il latte magro. Sono fenomeni anomali che devono essere risolti.
Lo scorso anno siamo intervenuti in favore della Cooperativa di Cussagno, nella speranza che quella iniziativa potesse tonificare il mercato bovino del cuneese. Ebbene, le mercuriali di mercato dimostrano che non è stato sufficiente. Bisogna quindi studiare qualcosa di nuovo. Questo qualcosa di nuovo potrebbe essere un impegno da parte degli enti pubblici della Regione, o comunque finanziati dalla Regione quali ospedali, asili ecc., di acquistare presso le cooperative di produttori agricoli. Inoltre si potrebbe sostenere tutte quelle iniziative di vendita diretta che vanno assumendo i nostri produttori, con grande successo, in più parti della regione. Infine si dovrebbe sollecitare ed aiutare gli Enti locali ad organizzare vendite collettive direttamente dalla produzione al consumo.
Queste iniziative saranno molto importanti, però la Giunta deve sviluppare anche una forte azione sia presso il Governo che presso la Comunità per eliminare tutte quelle storture che in questi ultimi mesi si sono ulteriormente aggravate rispetto al 1973. Aumento dei costi di produzione: anche qui alcuni dati, proprio per quella convinzione che le parole non sono sufficienti.
Costo dei concimi: aumenti dal 50 al 150%; macchine, aumenti del 50 sementi, aumenti del 15%; carburanti, aumenti del 180%; mangimi, aumenti del 50%. Più dettagliatamente si può dire che il valore delle unità di azoto della calciocinamide è passato da 400 a 880 lire; quello delle unità fosfatiche da 120 a 260 lire; quello delle unità potassiche da 74 a 109 lire; un trattore da 100 HP è passato da 5.500.000 a 9 milioni di lire; la crusca, sottoprodotto, costa più del grano. E le esemplificazioni potrebbero continuare. Sono dati molti significativi per dimostrare quanto urgenti siano certi interventi pubblici, per evitare che il fenomeno dei prezzi alla produzione abbia a degradare ulteriormente la già difficile situazione economica dell'agricoltura.
E' indispensabile ed urgente che la Giunta chiarisca con il Governo tutti quegli aspetti di politica agricola che lasciano perplessi o che turbano l'armonico sviluppo dei rapporti economici sia interni che esterni.
Mi riferisco all'importazione clandestina di carni. Infatti, nonostante sia vigente il regime di blocco deciso dalla Comunità il 17 luglio, pare accertato che in Italia entrano rilevanti quantitativi di prodotti da Paesi terzi. E' vero che ci sono state smentite da parte del Ministro per il commercio estero, però è anche vero che il Ministro dell'Agricoltura Bisaglia, in occasione dell'ultima sessione CEE, ha denunciato l'ingresso in Italia di rilevanti quantitativi di carne provenienti dalla Jugoslavia.
Pare che l'introduzione in Italia avvenga in zona franca doganale.
Ma il timore più grave è quello che alla scadenza del blocco delle importazioni, fissato per il 31 ottobre, si riversino sul libro mercato tutti questi quantitativi stoccati. Se tale fatto si verificasse, sarebbe la morte definitiva di tutta la zootecnia nazionale. A tal riguardo sarebbe opportuno chiedere una proroga del blocco.
E' pure necessario che la Giunta intervenga per chiarire l'equivoco dei concimi, per i quali, dopo gli aumenti di oltre il 50% dello scorso anno pare che il CIP abbia già predisposto un ulteriore aumento del 30%. Tale fatto, se dovesse verificarsi, sarebbe non solo ingiusto, ma anche immorale. I due colossi che fabbricano concimi sono uno dello Stato e l'altro quasi; sarebbe perciò dovere nazionale assicurare questi prodotti indispensabili affinché l'agricoltura possa produrre di più. Comunque stando ai si dice, pare che i magazzini delle industrie siano strabocchevoli di prodotto, in attesa. di prezzi migliori.
Sarebbe poi opportuno che la Giunta interi venisse a chiarire l'altro grosso equivoco, che è quello dell'agricoltura di Stato, o quantomeno pubblica, che l'EFIM intende attuare. Pare infatti che l'EFIM, grossa finanziaria a totale capitale pubblico che non ha problemi di finanziamenti, abbia già ottenuto dal CIPE l'autorizzazione per il varo di un grandioso programma zootecnico, per il quale avrebbe già anche ottenuto una "piccola" assegnazione di fondi per 290 miliardi di lire. Ebbene, è necessario che la Giunta chiarisca questo fatto, perché se per il commercio estero le competenze sono dello Stato, quelle sulla produzione sono state trasferite alle Regioni. Se lo Stato ha delle disponibilità finanziarie da destinare alla produzione agricola, queste devono essere destinate alle Regioni, unici e soli organi costituzionalmente legittimati a portare avanti la politica agricola.
Giustamente i produttori hanno diritto di protestare, perché vedono frustrati i loro sacrifici a solo vantaggio di iniziative sicuramente passive. L'esempio dell'azienda pubblica del Maccarese, che con soddisfazione denuncia una perdita, per il 1973, di appena 500 milioni contro il miliardo degli anni precedenti, dimostra come l'iniziativa pubblica nel delicato e difficile settore agricolo non sia in grado di fornire risultati positivi. Maccarese: un'azienda modello di 2.400 ettari denuncia una perdita di 200.000 lire ad ettaro! Se le nostre imprese agricole private avessero perdite secche di 200.000 lire ad ettaro come quella del Maccarese, chiuderebbero i battenti nel giro di un anno. E perché l'azienda del Maccarese non chiude? Perché anche in questo caso il denaro pubblico interviene, senza quel rigoroso controllo che almeno la logica, senza parlare di diritto, dovrebbe richiedere.
Ebbene, con il progetto EFIM ci troviamo di fronte ad una altra iniziativa sicuramente passiva, che assorbirà rilevanti capitali che potrebbero invece essere destinati, con ben maggiori profitti, alla iniziativa privata. Le ultime notizie ci informano che l'EFIM vorrebbe interessarsi anche di viticoltura!! Ho voluto richiamare alcuni concetti che riguardano l'agricoltura non solo per dimostrare come sia urgente una decisa ed impegnata politica delle strutture, ma anche perché la Regione Piemonte manifesti pressa il Governo il Parlamento italiano e presso la Comunità, la propria solidarietà ai produttori agricoli che in questi giorni sono in agitazione per ottenere una revisione dei prezzi comunitari per adeguarli ai mutati indici di costo.
Per quanto riguarda poi l'edilizia, mi richiamo a quanto già precisato da altri colleghi, insistendo perché l'Assessore all'urbanistica veda di snellire al massimo le procedure, contenendo entro tempi burocratici i più brevi possibili l'approvazione dei piani comunali. Più volte, infatti, si sentono i sindaci e gli impresari lamentarsi per i tempi troppo lunghi. La messa a punto dei piani comunali potrebbe significare dare la possibilità di attivare qualche iniziativa edilizia, cosa che oggi non è possibile per mancanza degli strumenti urbanistici.
Signor Presidente, signori colleghi, so di essermi dilungato forse troppo, ma l'argomento era quanto mai importante e meritava una adeguata trattazione. Sono certo che la Giunta saprà assumere tutte le iniziative necessarie per sostenere la nostra economia regionale, per assicurare un posto di lavoro a tutti coloro che oggi sono disoccupati o in cassa integrazione. In particolare, la Giunta dovrà seguire attentamente quelle aziende che minacciano pericolose battute di arresto; assumere precisi impegni per specifici interventi in favore di quelle zone e centri che più di, altri hanno accusato, e continuano a denunciare, fenomeni di recessione industriale, come, ad esempio, sta avvenendo nel Vercellese; intervenire nel settore della distribuzione alimentare per avvicinare il più possibile il produttore agricolo al consumatore, anche impegnando gli enti regionali (comunità, ospedali, ecc.) a rifornirsi direttamente presso i centri commerciali dei produttori agricoli; chiarire tutti gli aspetti negativi e dubbiosi di politica agricola, particolarmente per quanto riguarda il mercato delle carni e dei concimi e i finanziamenti pubblici; esprimere oggi stesso un voto di solidarietà verso i produttori agricoli, affinch siano accolte le loro giuste richieste in materia di prezzi dei prodotti agricoli.



PRESIDENTE

La parola al Consigliere Bianchi.



BIANCHI Adriano

Signor Presidente, parlerò molto brevemente per consentire di giungere a delle conclusioni concrete.
Una breve premessa: la Regione, per l'azione svolta da tutte le componenti politiche, ma per le responsabilità che in questo settore sono state assunte tempestivamente dalla Giunta e dalla maggioranza che la sostiene attenta peraltro sempre ai suggerimenti, alle collaborazioni e alle indicazioni che vengono dalle altre forze politiche e da tutte le componenti sociali che si muovono attorno a questa istituzione ha mostrato nell'ultimo anno, in modo particolarmente incisivo, di non volersi lasciar scavalcare dagli eventi pur tumultuosi e qualche volta con profili drammatici.
Il programma che la Giunta presentò, il dibattito che ne seguì, il bilancio che successivamente venne impostato ed approvato hanno offerto un profilo preciso della funzione che l'istituto regionale è chiamato a svolgere e della consapevolezza che le forze politiche hanno dell'importanza dell'azione di programmazione, di impulso, di investimento di riordino della pubblica amministrazione, di contatto permanente con le realtà economiche e sociali cui la Regione è chiamata. Pur nei dissensi parziali si è notato a questo riguardo una convergenza sostanziale delle forze politiche che costituiscono questo Consiglio.
La Regione non è un'istituzione che per la dimensione delle risorse finanziarie messe a sua disposizione, per i suoi compiti possa onerarsi a caricarsi di compiti vastamente assistenziali.
La Regione ha determinate e limitate competenze che non le hanno impedito di svolgere una funzione efficacissima nella difesa dell'occupazione e nell'intervento a difesa del lavoro e della sopravvivenza di aziende importanti, con una serie di successi che sono stati riconosciuti e quindi ha svolto la sua duplice funzione, da un lato quella di non stravolgere la propria fisionomia, dall'altro quella di non rifiutare, di non mostrarsi riluttante di fronte all'assunzione di tutte le responsabilità politiche e sociali che un compito di rappresentanza, di dialogo, di tutela, di presenza nella realtà regionale le impone.
Sono seguiti a questa dichiarazione di principio, a queste impostazioni programmatiche, una serie di atti concreti: a partire dal settore dei trasporti, oggi in discussione, con le leggi che dovevano consentire con la duplice azione di riforma e anticongiunturale il rinnovo del parco automezzi, con la legge che fornisce ampie disponibilità nei limiti delle competenze che sono consentite agli Enti pubblici per procedere alla pubblicizzazione dei trasporti, per venire al settore dell'agricoltura, con un vero piano zootecnico che va dalla bonifica sanitaria alle strutture, al sostegno a breve termine e all'incentivazione a lungo termine della attività di allevamento del bestiame, alle scelte nuove di indirizzo sul piano dell'assistenza scolastica, con interventi non di erogazione a pioggia di somma, anche se si rivelano oggi delle grosse difficoltà sul piano dell'attuazione. Tutto questo fa parte della riqualificazione della legge, della progressione con cui si deve passare da un'impostazione generale ad una impostazione concreta e alla modifica, alla correzione anche degli strumenti che non si rivelino del tutto efficaci a raggiungere gli scopi che ci si propone.
Noi possiamo sì lamentarci di un ruolo ancora insufficiente, di mezzi insufficienti, ma crediamo che in questa congiuntura politica e storica complessivamente l'istituto regionale risponde al bisogno di fiducia e di un rapporto diretto tra paese reale e paese legale e le istituzioni.
Su questa linea politica, sostanzialmente corretta, sostanzialmente aderente ai bisogni del tempo, volta a fare delle scelte prioritarie atte a predispone, a preparare nella modestia delle funzioni regionali (relative peraltro) anche il passaggio alla identificazione di nuovi modelli di vita di nuovi modelli di spesa, di nuovi modelli di consumi, è venuto il peso stravolgente dell'inflazione e della crisi economica nei suoi aspetti generali e nei suoi aspetti particolari, per le sue spinte di natura internazionale e nel manifestarsi secondo le condizioni di maggiore debolezza che il nostro paese presenta dopo aver conosciuto uno dei periodi di trasformazione la più rapida che il nostro paese abbia conosciuto.
Questi effetti hanno portato a constatare come, a distanza di mesi strumenti su cui sostanzialmente in gran parte questo Consiglio stesso conveniva, si trovano a dover essere rivisti perché la situazione del credito, l'indisponibilità dei capitali il costo del denaro e così via hanno messo parzialmente in crisi i meccanismi, sotto certi profili tradizionali, che erano stati identificati per intervenire in modo corretto a sostegno di determinati settori dove gli investimenti si rivelano più importanti e necessari.
In questa situazione, puntuale è venuta la richiesta dei Gruppi politici, puntuale è venuta la richiesta del maggiore Partito di opposizione perché si discutesse, ma puntuale è venuta la relazione oltre che la disponibilità della Giunta a riesaminare immediatamente la situazione e a fare una serie di proposte che sono state riconosciute molto serie e molto pertinenti anche se, come tutte le proposte, suscettibili di correttivi, di integrazioni e di specificazioni, perché gli interventi diventino efficaci.
Quindi un compiacimento, senza enfasi, per la puntualità di questo discorso che la Giunta ha fatto, per questa attitudine a modificare le cose camminando, con aderenza alla realtà. Aderisco integralmente alla linea espressa dalla relazione che il Presidente ha presentato al Consiglio a nome di tutta la Giunta con un'ampia analisi sulle cause generali e particolari della nostra crisi, per venire ai compiti, alle funzioni che la Regione deve svolgere. Il Presidente non ha trascurato le funzioni di rappresentanza di stimolo, di dialogo, di presenza politica, anche nei confronti dell'azione di Governo, al di là dell'interpretazione legislativa o giuridica delle competenze, per poi passare più concretamente alle proposte di revisione di tutta l'azione regionale per adattarla alle scottanti e brucianti necessità del momento.
La prima necessità presente per ciascuno di noi vedendo che, appena adottati alcuni importantissimi strumenti legislativi, questi trovano delle difficoltà all'applicazione concreta e pratica, è quella della revisione o ridefinizione degli strumenti, senza cadere nell'eccesso opposto, senza dare cioè per definitivamente superati quegli strumenti che sono validi in permanenza e che possono essere messi in quiescenza soltanto momentanea e temporanea. Quindi una revisione puntuale ed efficace dei meccanismi e dei mezzi di intervento di natura specialmente finanziaria, ma anche di natura amministrativa, tecnica, burocratica, con accelerazioni e riduzione dei tempi e semplificazione ulteriore di ogni procedura. Un problema che è stato ricordato e che voglio brevemente sottolineare, è quello della riqualificazione della spesa e del ricupero di una verità che è circolata per lungo tempo nei discorsi privati, ma che non è mai stata chiaramente toccata in sede pubblica, perché coinvolgeva la responsabilità di quanti stanno qui dentro e di molti che stanno fuori di qui e che vengono magari con seri motivi a premere o a protestare, volta a volta, per l'agricoltura trasporti o per altri problemi sociali che urgono. Sono i temi che il Consigliere Nesi, nella prima parte del suo discorso ha ampiamente esposto e cioè quelli dei modi di amministrare, degli sprechi, dei corporativismi che hanno distrutto e distruggono e assorbono risorse immense che dovrebbero essere in tempi come questi dedicate ad investimenti atti a rendere molto più efficiente il sistema. Io capisco il significato che voleva attribuire alla sua polemica il Consigliere Minucci, brillante come sempre, ma più irruente del solito nel suo intervento, apprezzato l'altra volta, quando diceva che non bisogna scendere a delle meschine considerazioni ragionieristiche. Io temo che la realtà italiana sia tale nel suo complesso per cui bisognerebbe andare tutti a fare un corso di ragioneria, i primi contabili del mondo sono ritenuti gli svizzeri. Certo che se imparassimo un po' di più a fare i conti anche con i paraocchi qualche volta....



MINUCCI Adalberto

I conti li presentano sempre falsi, li sanno falsificare.



BIANCHI Adriano

Questo è un espediente polemico che non risponde all'argomento. Non si può svalutare una soluzione dicendo che è inutile, che sì i conti contabili aritmetici danno un certo risultato ma che poi sul piano politico il risultato deve essere trascurato. Io ritengo che una corretta azione politica, anche la più pertinente e capace di dare le migliori risposte alle esigenze, ai bisogni sociali del momento, non possa prescindere non possa sorvolare sui costi, e sui conti. Io penso che nel dialogo che auspichiamo sempre più serrato e responsabile con le forze sociali, con i sindacati, ci si dovrà abituare a parlare dei conti, a parlare dei costi.
Perché se, per esempio, oggi si discute di un miliardo, di due, di tre miliardi, di incidenze gravi per certi settori, per certe categorie, per certe fasce soprattutto, a prescindere da un discorso generale, chi li subisce gli oneri potrebbe non poterli sopportare e si crea quindi un problema che è politico, che è sociale e che dobbiamo risolvere comunque.
Nel discorso per esempio delle decine di miliardi che le pubbliche amministrazioni gettano via per delle cattive gestioni delle aziende dei trasporti, non si può solo parlare di pubblicizzazione. Nel momento in cui conduciamo avanti, in cui siamo disponibili a condurre nella maniera decisiva e finale il discorso della pubblicizzazione, dobbiamo fare un discorso responsabile di un riesame, di una revisione che coinvolga tutti su questo piano, altrimenti veramente facciamo soltanto della distruttiva demagogia. Qualcuno può pensare vada ad un certo sbocco questa situazione qualcuno sarà capace di assumerla e poi di rimediarla e allora gli interlocutori saranno in pochi e una regola la si darà. Noi riteniamo che nel permanere delle prospettive di un discorso democratico e pluralistico nel nostro paese, non si possa prescindere da questo discorso. Se certe ATM hanno delle aziende per la riparazione ad esempio degli automezzi che poi non riparano, se hanno una dotazione di personale che da solo sarebbe sufficiente ad un'azienda ben organizzata non per ripararli o verniciarli ma per costruire tutti gli autobus nuovi di cui ha bisogno il paese situazioni di questo genere sono delittuose se si proiettano nel tempo senza programmi che non incidano sulla occupazione immediata, che non mettano allo scoperto persone, ma programmi seri da tutti accettati perch questi costi non siano ulteriormente sostenuti.



MINUCCI Adalberto

Ma da trent'anni a questa parte da chi sono amministrate le aziende di trasporto? Le amministrate voi e la situazione di collasso....



BIANCHI Adriano

Sì, sì, noi non respingiamo le nostre responsabilità, certo, abbiamo avuto delle debolezze sotto questo profilo, nessuna delle forze politiche né di maggioranza, né di opposizione è esente, lo sappiamo, da responsabilità nell'amministrazione e conduzione, ma non sono esenti da responsabilità in questo settore neanche le forze sindacali. Io nutro grande rispetto e obiettiva considerazione per l'enorme valore che il sindacato ha ai fini della democrazia, del progresso nel mondo del lavoro però bisogna anche finirla con una situazione in cui non si può parlare male di Garibaldi, si può parlare male del Partito comunista, della D.C. (e ce ne sono mille ragioni perché è impegnata ogni giorno nelle cose sbaglia, è insufficiente, come volete voi) ma dei sindacati non si pu parlar male, cioè non si può mai avere come termine di riferimento il sindacato per dire che ha sbagliato, che ha sposato una questione settoriale, che ha sposato una questione corporativa magari, cercando di rivestirla di un interesse generale. L'ha denunciato il Consigliere Nesi stesso che non è sospetto. Quante volte assistiamo a questi atteggiamenti di tipo corporativo per cui si gabella per la tutela di un interesse generale un interesse particolare, corporativo, settoriale, categoriale che anche i sindacati a livello superiore confederale poi riconoscono tra le righe e cercano di comprimere....



MINUCCI Adalberto

Stai sfuggendo, hai incominciato con le aziende di trasporto in dissesto.



BIANCHI Adriano

E andiamo avanti. Nelle aziende di trasporto in dissesto si sono verificate queste pressioni di tipo corporativo, aziendalistico categoriale che hanno impedito il risanamento favorendo anche, se volete tutte le parcellizzazioni politiche di questo mondo. Parliamo pure chiaro i tempi sono tanto gravi che non ci si può nascondere dietro l'ombra del dito favorendo queste cose.
Ora ci siamo infatti, non voglio spingere polemica oltre, voglio dire che mi sembra che stia maturando un momento di grande serietà, di grande responsabilità nel quale non si può prescindere dai conti. Poi se sono conti che non tornano dal punto di vista aritmetico ed insieme dal punto di vista politico-sociale possono anche essere superati e certe prospettive considerate in una visione più generale. Questo io penso che fosse il significato della tua battuta polemica - non voglio inchiodare (non desidero che lo si faccia con me, non voglio farlo con altri) a una battuta che aveva sicuramente questo significato - ci possono essere ragioni morali, politiche, sociali, umane che fanno trascendere tutti i conti di questo mondo, si tratta però di conoscerli prima e poi di fare le valutazioni politiche quando sono da fare, per permettere il risultato dei conti.
Io penso che il discorso della pubblicizzazione verso la quale andiamo (anche perché il collasso delle aziende rischierà, anche sotto il profilo delle risorse di cui disponiamo, di stravolgere altri investimenti, altri programmi della Regione) è talmente vicino che deve essere realisticamente fatto con grande impegno e senza rinvii. Ma dovendolo fare facciamolo tutti insieme, radicalmente, riesaminando da capo tutta la situazione affinch gli interessi dei lavoratori, del popolo italiano, di tutti quanti noi sia tutelato non soltanto con qualche pannicello caldo e in un qualche momento ma sia tutelato nel complesso affinché tutte le risorse siano impiegate nel modo più efficace e migliore. E poiché siamo alla questione dei trasporti ho già accennato prima dicendo come la Giunta, con il riconoscimento quasi unanime del Consiglio, avesse impostato una linea politica e una serie di interventi in cui si rendeva esplicita la competenza regionale in questo settore. Il Consigliere Nesi ha dato atto della correttezza e della serietà (anche questa un po' anomala rispetto ad un costume generalizzato abbastanza tristemente nel nostro paese di non dar conto di come stanno obiettivamente le cose) con cui si sono affrontate le esigenze che portano a certe conclusioni impopolari. Noi prendiamo atto che ci sono dei momenti di impopolarità che devono essere affrontati serenamente, senza sfida e senza iattanza ma in cui si deve arrivare a delle decisioni. E se questo momento, quando si è ponderato, si è sentito, si è ascoltato e si è valutato, comporta, a breve termine, un'impopolarità che poi si traduce, a più lungo termine, nel riconoscimento che si è fatto per il meglio e secondo le migliori intenzioni, le responsabilità vanno assunte. Il Governo ha preso una decisione dopo consultazioni con sindacati, consultazioni tra forze politiche, un'elaborazione così lunga che porta a dire che non si riesce a governare perché si continua a consultare, a interconsultarsi.
Effettivamente il momento decisionale è molto difficile, è molto faticoso (lo diventa anche qui tra noi) però non possiamo rinunciare, per quanto mi riguarda non sono disposto a rinunciare a un mandato fondamentale che viene da una quantità di cittadini che non possono essere presenti in tribuna.
Siamo sensibilissimi alla tribuna, ma non lo siamo meno alla più vasta tribuna che è fuori di qui e che vuole vedere composti a sintesi corretta tutti gli interessi.
Dunque c'è la questione dell'aumento delle tariffe; poi vedremo quali correttivi, quali soluzioni, quali sforzi ulteriori sono da fare, perch noi non ci trinceriamo in una posizione di prestigio, dicendo è stata presa una decisione che riteniamo corretta e quindi andiamo avanti, no, perché è un volto del potere democratico che deve essere mostrato, quindi sempre comprensivo, sempre disposto a rivedere e ad esaminare le proprie posizioni, che non fa questioni formali di prestigio, fa questioni sostanziali di responsabilità, queste sì. E allora ci possono essere dei limiti che diventano invalicabili e vedremo che cosa si può fare e dar alcune indicazioni sulle quali si potrà trovare una soluzione. Affermiamo però che la decisione proposta veniva da un'indicazione corretta, non prevaricante da parte del Governo perché inquadrata correttamente nei l'ambito dei poteri di indirizzo, di coordinamento che proprio in un momento di grave crisi economica il Governo ha e deve esercitare. Noi abbiamo la responsabilità della decisione e la responsabilità di valutare le conseguenze dirette, le incidenze particolari che nella realtà regionale queste decisioni possono avere e quindi abbiamo il dovere di adattarle in modo da renderle meno pesanti, più accettabili ai fini che si vogliono raggiungere.
Innanzitutto diciamo che l'aumento di tariffe dopo un blocco decennale dopo i corsi monetari e i costi generali che vi sono stati era proposto (adopero già il verbo all'imperfetto) era proposto in termini che dal punto di vista dei conti era più che ragionevole, perché, addirittura rispondeva allora a metà dell'incremento dei costi dell'ultimo periodo, quindi un aumento delle tariffe che rispetto agli altri aumenti porterebbe ad una riduzione del costo relativo dei trasporti. Questo non cambia il fatto che alcune famiglie, che alcune migliaia di lavoratori possono trovare le 5/8/10.000 lire di aumento insopportabili. Sorge allora un altro problema che vediamo come correggere.
Si è soprattutto fatto presente, differenziando sotto un certo profilo gli aumenti, che l'incidenza maggiore e meno sopportabile è quella che tocca i lavoratori pendolari che hanno le percorrenze più lunghe perché gli aumenti, operando su una base più elevata, diventano, dal punto di vista obiettivo tali da costituire, al di là delle percentuali, al di là dei discorsi sul tasso dell'inflazione e sull'aumento dei costi, oneri difficilmente sopportabili. D'accordo che il Presidente, che la Giunta abbia identificato per esempio nel riscaldamento uno dei problemi più acuti dal punto di vista sociale in cui cercare di concentrare alcuni interventi perché siano efficaci, ma se la Regione si avvia a tentare di affrontare interventi sostitutivi di tipo assistenziale, esaurisce brevemente le proprie risorse, le sottrae alle politiche di investimento atte a produrre lavoro, a mantenerlo, a sviluppare una Regione più moderna e diluisce delle gocce edulcoranti in un mare senza modificarne assolutamente il sapore senza nulla mutare ed esaurendo le proprie funzione. Su questa strada ci sono dei limiti obiettivi che siamo disposti a discutere, ad esaminare, a verificare, a controllare con tutti coloro che vogliono affrontare questi problemi non in termini passionali, non in termini meramente contestativi ma in termini costruttivi.
Io penso che si possa applicare un'ulteriore riduzione alle tariffe degli abbonamenti riguardanti una certa fascia che io non sto a definire non conoscendo tecnicamente i particolari: la fascia più ampia di una pendolarità a percorrenze piuttosto lunghe e quindi con un aumento di costi, di esborsi settimanali o mensili piuttosto elevati, in modo da alleggerire obiettivamente il peso dei pendolari tutti, siano essi lavoratori o studenti o impiegati. Non farei distinzione perché in sostanza chi è sottoposto ad una pendolarità sistematica rientra in una sfera sicuramente di redditi non elevati e tali da subire l'incidenza della congiuntura. Quindi una riduzione della percentuale di aumento indicata e proposta dalla Giunta sulla scorta delle indicazioni e dei suggerimenti del Governo, su questa fascia, portandola ad una misura che obiettivamente sia sopportabile.
Poi l'avvio e l'accelerazione, raccogliendo le indicazioni che il Consiglio ha dato, degli studi e delle iniziative onde pervenire ad una unificazione tariffaria che può riguardare alcune alternative, pu riguardare i singoli bacini di traffico, le singole aree ecologiche o l'intera Regione o per approssimazione penso realisticamente che non si potrà che procedere per comprensori, occorre poi assumere tutte le iniziative necessarie per far sì che i contratti aziendali che prevedono le contribuzioni da parte delle aziende per gli oneri dei trasporti possano trovare una loro concreta attuazione, evitando di perdere contributi che sono stati assicurati in sede di trattative strutturali che poi non si ottengono perché non si riesce a trovare soluzioni con gli Enti locali, con le aziende dei trasporti.
Infine, disponibilità ad affrontare a livello comprensoriale, organismi che vedono presenti le forze interessate, le aziende, gli Enti locali, i sindacati, le organizzazioni che tutelano gli interessi di quanti sono utenti del trasporto, quel complesso di interventi sul piano dell'unificazione tariffaria per determinare le soluzioni e sul piano degli interventi da attuare o nuovi da sollecitare in modo magari più generalizzato e globale da parte delle aziende. Ciò che bisogna evitare è di ulteriormente gravemente onerare, senza sicure chiare contropartite, di servizi veramente più efficienti per i trasportati, di onerare ulteriormente gli Enti locali che non sono in condizioni di sopportare questi oneri perché dovrebbero sottrarre i mezzi a degli investimenti urgentissimi in altri settori.
La riaffermazione del corrente impegno a proseguire nella politica intesa a pervenire in termini nazionali e di efficienza alla pubblicizzazione dei trasporti, è stata attuata con le leggi regionali già adottate e viene qui riconfermata e potrà trovare le sue indicazioni più specifiche alla luce anche degli eventi che hanno portato ad una grossa accelerazione in questa direzione, quindi raccogliendo, sotto questo profilo, un dato che è obiettivo e storico che ci porta ad accelerare dei tempi, a vedere più concretamente e ravvicinati i traguardi.
Concludo sui modi con i quali potremo portare a conclusione questo nostro dibattito, cioè noi proponiamo - magari al termine delle repliche con una sospensione da dedicarsi all'esame dell'altro argomento all'ordine del giorno - di redigere un documento che, ispirato alle indicazioni fondamentali che la Giunta ha fornito, integrato da quelle altre che il dibattito ha suggerito, precisato nei suoi termini per quanto riguarda l'acuto problema dei trasporti, possa documentare anche all'opinione pubblica che segue con attenzione l'attività della Regione, la puntualità con la quale questa istituzione risponde, o cerca di rispondere, si affatica per rispondere ai problemi che la gravità della situazione ci propone.



PRESIDENTE

Con l'intervento del Consigliere Bianchi, se nessun altro chiede di parlare, si esaurisce l'elenco degli iscritti ed io darei la parola agli Assessori per le repliche.
La parola all'Assessore Gandolfi.



GANDOLFI Aldo, Assessore ai trasporti

Signor Presidente, signori Consiglieri, non ho molto da aggiungere a quanto avevo già avuto occasione di dire giovedì nel corso del dibattito.
Molto brevemente cercherei di toccare alcuni punti che mi sembrano i più significativi e che sono stati oggetto del dibattito sulla materia specifica dei trasporti.
Il primo punto importante è il discorso che è stato sollecitato da più parti sull'unificazione tariffaria. Ho già avuto occasione di dire, nel corso del mio intervento, di giovedì che gli uffici dell'Assessorato stanno lavorando, che indubbiamente è una materia molto complessa e delicata per lo stato estremamente confuso e le disomogeneità che ci ha lasciato lo Stato nel '72. L'impegno che a nome della Giunta posso assumere è che entro la fine dell'anno ci sia pronta una proposta che quasi sicuramente prevederà un'unificazione tariffaria almeno per bacini di traffico.
Sul problema che è stato sollevato dalle organizzazioni sindacali ancora prima che in aula, delle contribuzioni industriali, io avevo già avuto occasione di dire nel corso della mia relazione che la dimensione logica nella quale andava collocato questo discorso era la dimensione comprensoriale, cioè arrivando alla formazione, sempre che i sindacati siano disponibili a questo tipo di discorso di organi comprensoriali che non solo su questa materia molto importante delle contribuzioni industriali, ma più in generale della organizzazione del miglioramento dei servizi di trasporto nell'ambito dei bacini di traffico, diventino gli interlocutori della Giunta Regionale che ovviamente, con le limitazioni che ha di organici e di uffici, non può fare rapidamente un lavoro esteso a tutto il territorio regionale. Quello che la Giunta Regionale può fare è approfondire il discorso, che del resto era già iniziato con i sindacati per quanto riguarda le aziende nelle quali si siano già definiti degli accordi per le contribuzioni sociali e in cui il terreno sia già preparato a un discorso di questo genere.
Un discorso più ampio su tutta la situazione regionale noi lo vedremmo risolto attraverso alla creazione di organi di rapporto tra la Regione, gli Enti locali, i sindacati, le organizzazioni imprenditoriali nell'ambito delle singole situazioni comprensoriali.
Sul problema che ha sollevato più polemiche, quello delle tariffe, la Giunta, lo ricordo brevemente, aveva assunto già la decisione di aumentare del 25% tutte le tariffe con cento lire di minimo tassabile su tratte più corte e l'unico provvedimento che si era ritenuto di dover adottare a favore di particolari categorie era il trasporto gratuito (e su questo c'era già una decisione della Giunta alla fine di luglio, che riconfermiamo) per i pensionati con un reddito inferiore alle 60.000 lire mensili e ovviamente ai disoccupati. Le considerazioni che sono state portate nel dibattito e che del resto ci sono state espresse anche dai sindacati e che riguardano l'incidenza che il costo di trasporto con questi nuovi aumenti è venuto ad assumere per i lavoratori pendolari, ci hanno indotto a riconsiderare ieri il problema e la Giunta, concordemente, ha deciso di adottare questo tipo di soluzione, cioè di mettere in atto un aumento inferiore al 25%, esattamente del 15% per gli abbonamenti con percorrenza superiore ai 25 Km. Noi riteniamo che questa decisione venga concretamente incontro a quelle famiglie operaie che dagli oneri di trasporto hanno ricavato con questo ultimo provvedimento degli aggravi di costo che obiettivamente ci rendiamo conto sono particolarmente alti mentre su percorrenze inferiori gli aggravi sono relativamente modesti e riteniamo sopportabili.
Il discorso complessivo tariffario, come ho detto, lo rivedremo prima della fine dell'anno, nell'ambito del discorso dell'unificazione tariffaria, riservandoci in quella sede di verificare sulle percorrenze lunghe che tipo di problemi in concreto si possono porre e quale sarà poi la situazione obiettiva delle aziende in quel momento.
L'ultimo punto che è stato toccato da tutti gli intervenuti è quello della pubblicizzazione. Io non sto a ripetere quello che avevo già dichiarato sui problemi che oggi hanno gli Enti locali, sul grossissimo problema che il collega Bianchi ricordava, cioè dei costi di gestione altissimi che presentano le aziende pubbliche. La Giunta si è impegnata, e lo avevo indicato al Consiglio, un piano di pubblicizzazione per il '74 ed il primo semestre del '75; piano che ha già visto, sta vedendo dei risultati concreti in alcuni casi, in altri dei ritardi che derivano dalle obiettive difficoltà nelle quali si trovano gli Enti locali. C'è una scadenza precisa che è quella della presentazione che sicuramente faremo prima della fine dell'anno, di una legge di rifinanziamento per il '75 della legge poliennale che avevamo presentato all'inizio di quest'anno, in quella sede noi potremo fare il bilancio degli obiettivi che è stato possibile raggiungere nel '74 e un piano preciso anche per il '75.
Siamo disponibili e ovviamente lo faremo con le organizzazioni sindacali, come avevamo già dichiarato negli incontri che abbiamo avuto nelle scorse settimane, a discutere le scelte prima di portare una proposta precisa al Consiglio per quanto riguarda i problemi che in questa materia sono aperti. Con questo riteniamo di avere complessivamente presentato un quadro realistico e preciso di quelli che sono i problemi nel campo dei trasporti su strada della Regione e di quelle che sono le iniziative che concretamente si possono assumere. Abbiamo fatto anche un tentativo di renderci conto delle difficoltà in cui si trovavano certe categorie di lavoratori e di venire incontro alle esigenze che ci sono state prospettate. Pensiamo che il Consiglio, le forze sociali possano considerare nella giusta portata questo tipo di provvedimenti e di impegni.



PRESIDENTE

La parola all'Assessore Paganelli.



PAGANELLI Ettore, Assessore alle finanze e patrimonio

Le dichiarazioni del Presidente Oberto e le indagini conoscitive che la Giunta ha condotto in ordine alla attuale situazione economico occupazionale hanno formato oggetto di attenta considerazione da parte dei colleghi intervenuti nella discussione.
Per i settori di mia diretta competenza desidero riprendere e puntualizzare - tenendo conto degli spunti del dibattito - tre argomenti riscaldamento, credito, situazione FIAT. Il cospicuo aumento del costo di questo servizio, in seguito all'aumento del gasolio e dell'olio combustibile, il cui prezzo è salito del 167% nel corso di un anno, e il rilievo che il riscaldamento presenta in una regione come la nostra, tra le più fredde del paese, impongono di considerare la questione sotto il duplice profilo dei costi e dell'approvvigionamento.
Abbiamo calcolato, con una stima necessariamente non esattissima ma credo neppure lontana dal vero, che quest'anno in Piemonte si spenderanno sui 140/150 miliardi per il riscaldamento, contro i 70/80 dell'inverno 1972/1973 ed i 110/120 dell'anno scorso. Per le famiglie questo significa passare da una spesa media per un alloggio sui 200 metri cubi di 60/65.000 lire ad un onere sulle 140.000 lire, con punte anche molto più elevate in relazione all'ubicazione dello stabile, al grado di dispersione termica che esso presenta, alle caratteristiche dell'impianto ed al combustibile usato. Siamo ben consapevoli dell'aggravio che questo aumento comporta per molti bilanci familiari già compressi da altri aumenti di generi di prima necessità e mentre quindi chiediamo al Governo un abbattimento consistente dell'IVA su questo servizio intendiamo anche svolgere come è stato annunciato un nostro specifico intervento a sostegno dei redditi più bassi.
Di più quanto al costo del riscaldamento non pare possibile fare, sia perché questa materia esula del tutto dalle nostre competenze, sia perch non sono emerse altre soluzioni realistiche. E ci ha fatto piacere notare su queste proposte il sostanziale consenso delle varie componenti del Consiglio.
Un certo spazio di azione la Regione può invece trovare nell'impegno per garantire la regolarità dei rifornimenti compatibilmente con i meccanismi di assegnazione che verranno predisposti dal Ministero dell'Industria ed a questo riguardo, insieme con l'Assessore Conti ho già preso contatto con il Sottosegretario on. Mazzarino.
In particolare poi abbiamo incontrato, unitamente con i sindacati l'AGIP e l'ITALGAS per esaminare il ruolo che la compagnia di bandiera poteva svolgere nella nostra regione per contribuire alla continuità ed alla sicurezza dei rifornimenti.
Si può valutare che nell'inverno 1973/1974 in Piemonte si siano consumate per riscaldamento circa 800 mila tonnellate di gasolio ed un 450.000 tonnellate di olio combustibile.
Per il gasolio la quota delle diverse compagnie è stata: Esso 21,6 Agip 17,5% Chevron 11,8%, Shell 7,9%, BP 7,1%, Montedison 6,9%, Amoco 6,9 mentre il rimanente 21,3% è stato distribuito da altre 10 società con quote dal 3,7% allo 0,2%.
Per l'olio combustibile abbiamo: Esso 24,6%, Agip 15,9%, Shell 12,5 Chevron 11,7%, BP 8,1% Total 6,9%, Texaco 4,7%, il 15,6% residuo distribuito dalle restanti 10 compagnie con quote dal 4,3% allo 0,2%.
Il peso dell'Agip, pur rilevante percentuali mente stante il funzionamento del mercato, era quindi secondario, anche se si deve dare atto all'Ente di Stato di aver svolto un ruolo decisivo nel garantire l'approvvigionamento con interventi d'emergenza.
In seguito all'acquisto della Shell da parte dell'ENI ed al potenziamento delle sue strutture, l'Agip quest'anno è in grado di assicurare il 30% dei consumi piemontesi per il riscaldamento, assumendo quindi una posizione di primo piano, e si è inoltre dichiarata disponibile su nostra richiesta, a perfezionare con la Regione un protocollo d'intesa per garantire i rifornimenti alle comunità di primaria importanza sociale scuole, istituti ospedali. Per definire questo accordo stiamo svolgendo un vero e proprio censimento su fabbisogni di queste comunità e sullo stato del loro approvvigionamento, per poter sviluppare l'iniziativa su basi certe e conosciute.
Per completare il quadro della situazione si deve anche ricordare l'espansione che ha avuto la metanizzazione degli impianti di riscaldamento, sicché oggi il metano concorre per circa il 7% a livello regionale ai consumi di prodotti per riscaldamento. Questo livello non è elevato se riferito all'intera regione, ma diventa di oltre il 20 nell'area di Torino e vi è una prospettiva di ulteriori notevoli incrementi nei prossimi anni, anche se non si deve coltivare l'illusione di poter sostituire il metano ai prodotti petroliferi oltre una certa misura, sia per difficoltà tecniche ed economiche di distribuzione al di fuori dei centri urbani, sia per l'opportunità di mantenere una diversificazione delle fonti energetiche.
Nella misura in cui è possibile si deve però certo puntare su di una larga diffusione del riscaldamento a metano, per i costi più contenuti che comporta ed in questo senso abbiamo invitato l'Italgas ad accelerare le trasformazioni al massimo delle sue possibilità operative. Problemi di credito.
L'importanza che presenta nell'attuale situazione economica la politica creditizia si è riflessa nello spazio che hanno avuto in questo dibattito i vari problemi che ad essa sono collegati.
A questo riguardo credo innanzi tutto opportuno ribadire una posizione che già altre volte la Giunta ha avuto motivo di esprimere e che trova una sua conferma proprio nelle vicende di questi mesi: abbiamo più volte rilevato come nel nostro paese le difficoltà che sempre presenta l'azione di controllo della congiuntura vengano aggravate dalla scarsità di strumenti di Governo del ciclo economico, strumenti che si riducono quasi esclusivamente alla manovra creditizia. Ultimamente da parte del Governo si è cercato di mettere in atto anche leva fiscale, ma il simultaneo entrare in vigore della riforma tributaria non consentiva ampi margini ad un intervento che modificasse in profondità un sistema ancora non definito nei suoi risultati, per cui ancora una volta il ruolo centrale nel Governo della congiuntura è stato assegnato alla politica creditizia.
Che lo strumento monetario, in particolare la restrizione o l'ampliamento della base monetaria e dell'offerta globale di moneta, sia sempre meno adeguato a stabilizzare l'andamento del ciclo nelle moderne economia industriali, è un'affermazione ripetuta negli ultimi anni dallo stesso Governatore della Banca d'Italia, ma ancora un volta dobbiamo constatare come non sia stata costruita un'articolata serie di strumenti anticongiunturali e stiamo così scontando l'inadeguatezza della manovra creditizia.
Le conseguenze di questa situazione rischiano però di contrarre fortemente la base produttiva del paese e comunque portano ad un sottoutilizzo delle nostre capacità produttive. Ecco allora l'esigenza, già sottolineata nella relazione del Presidente della Giunta, di costruire attraverso una coerente politica industriale un'alternativa che renda praticabile nel campo del credito una selezione che non può essere lasciata alla discrezione della dirigenza bancaria ma che deve discendere da precise scelte di programmazione nazionale e regionale in ordine ai diversi settori economici.
In questa prospettiva si pone allora il problema del rapporto tra le Regioni ed il Governo del credito e della liquidità, un tema che è stato richiamato con la consueta competenza dal collega Nesi, e sul quale peraltro non abbiamo mancato di pronunciarci, chiedendo in diverse occasioni una revisione della legge bancaria del 1936 che rispondeva allora ad una particolare situazione dell'economia e dell'assetto istituzionale del paese, mentre soddisfa sempre meno le esigenze attuali.
Per evitare equivoci è bene precisare che non si intende da parte nostra mettere in discussione l'unicità di guida della politica creditizia e che sarebbe assurdo creare dei mercati finanziari regionali: più limitatamente si vuole che le Regioni possano anche concorrere alla definizione della politica creditizia, e che nell'ambito di quel nuovo rapporto che deve essere stabilito tra autorità monetaria e programmazione nazionale trovi spazio e considerazione anche la programmazione regionale.
E' questo un discorso che necessariamente rimane sul piano delle proposte politiche che avanziamo al Governo e che al momento non pu tradursi sul terreno operativo, non per mancanza di volontà da parte nostra, ma per precisi e rigorosi limiti istituzionali. La necessità di un rapporto con gli istituti bancari non viene però meno per l'impossibilità di tradurli in un quadro istituzionalmente definito, né da parte nostra si intende trincerarsi dietro la mancanza di poteri e di competenze ed infatti questo rapporto abbiamo cercato di sviluppare anche se l'accentramento dell'indirizzo creditizio da un lato e le ristrette possibilità di azione che le banche denunciano da un altro ne limitano assai i risultati, che in alcuni casi, ricordo quello della Moncenisio, non sono però mancati.
E' certo che mentre dobbiamo proseguire l'impegno per rivedere la legge bancaria, dobbiamo anche intensificare il rapporto politico con gli istituti bancari e dobbiamo soprattutto cercare di coinvolgere le banche nella politica di programmazione regionale. A questo obiettivo dovrà rispondere la Finanziaria regionale, uno strumento che dobbiamo costruire rapidamente, considerato anche che sono caduti a livello nazionale certi ostacoli che si frapponevano alla sua istituzione.
Il collega Nesi ci ha poi esortati ad avere fantasia per stabilire questo rapporto nuovo: non vi è dubbio che una materia così rigidamente definita nel suo ordinamento normativo richieda anche uno sforzo d'inventiva per trovare un più ampio margine di manovra e posso dire onestamente che di ciò siamo pienamente consapevoli, ma occorre pure che un eguale impegno di fantasia creativa sia assunto dagli istituti bancari se vogliamo che questa ricerca di modi e forme nuove di collaborazione possa esprimersi positivamente.
Non sempre invece abbiamo trovato questa piena disponibilità, come testimoniano le difficoltà incontrate nel rendere operativa la legge sul credito agevolato alle imprese artigiane.
Già il Presidente della Giunta ha sottolineato il ruolo che può giocare questa legge nel momento attuale: si tratta già per il 1974 di non meno di 8 miliardi di investimenti e di 3 miliardi di credito di esercizio che possono essere attivati, un sostegno dunque non indifferente non solo all'artigianato ma anche alla produzione di beni d'investimento.
Ora da parte nostra si è valutato che per garantire l'operatività della legge fosse necessario contenere nell'attuale situazione e con la possibilità di revisione semestrale il tasso di interesse in misura non superiore al 15,5%, un livello che tenendo conto del concorso della Regione, che è del 4% costante e quindi pari ad un 6,5 effettivo (dato che questi prestiti hanno mediamente durata quinquennale) riduce per gli artigiani il costo reale dell'operazione al 9% annuo, un tasso significativo quindi rispetto a quelli correnti del 18-20%. Pur valutando tutte le difficoltà che incontrano oggi le banche, anche per una politica dei tassi attivi che andrebbe riconsiderata, ritenevamo realistica la nostra proposta, ma abbiamo incontrano non poche difficoltà che ora per altro possono considerarsi superate, e quindi nei prossimi giorni dovrebbe essere possibile perfezionare le convenzioni per rendere operativa la legge. Come ultima considerazione in ordine al credito, credo debba essere detto chiaramente che anche in questa materia è controproducente il sovrapporsi di iniziative.
Non è per questione puntigliosa di prestigio o di forma che non si ritiene opportuna un'iniziativa della Commissione bilancio nei confronti degli istituti bancari. Proprio perché la gestione di questi rapporti deve inserirsi in modo coerente con la conduzione della politica economica della Regione la stessa non può che far capo alla Giunta Regionale la quale è sempre pronta a rispondere del suo operato, come del resto ora sta facendo al Consiglio Regionale, ma deve disporre di quella certezza di competenze che è essenziale ad un'efficace azione di Governo.
Situazione della FIAT.
Il problema che viene a porsi per l'industria e l'economia piemontese in seguito alla crisi del mercato automobilistico che coinvolge anche la FIAT non può essere correttamente affrontato considerando unicamente l'andamento della domanda di automobili in Italia ed i conseguenti adeguamenti della produzione di auto.
Questa è certamente una componente del problema, ma non è l'unica.
Intanto anche nel settore automobilistico la FIAT si muove sempre più chiaramente nella logica delle società multinazionali, con produzione territoriale decentrata e come conseguenza di questo orientamento abbiamo una prima contraddizione data dalla riduzione delle produzioni in Italia e dal loro incremento all'estero solo nel periodo gennaio-aprile la consociata spagnola della FIAT, la SEAT ha incrementato la propria produzione di circa il 25%, passando dalle 120.000 vetture dei primi quattro mesi del 1973 alle 150.000 del corrispondente periodo del 1974.
Deve quindi essere posto alla FIAT il problema del ruolo che essa intende assegnare alla sua parte italiana, in termini quantitativi ed in termini qualitativi, considerando che gli aumenti di prezzo praticati e le scelte produttive compiute per gli stabilimenti torinesi lascerebbero intravedere la scelta di restringere la componente italiana del gruppo alle produzioni medio-superiori, spostando ali l'estero la fabbricazione delle cilindrate minori.
Solo in quest'ottica si delinea l'esigenza di ridurre la produzione italiana, quando, pur in presenza di una caduta di domanda che nessuno intende negare, quest'anno la FIAT italiana ha aumentato notevolmente le proprie esportazioni e praticato rilevanti aumenti di prezzo per mantenere l'equilibrio del proprio conto economico su di un più ristretto volume fisico di vendite, anche a scapito di una più marcata flessione del mercato. Vi è poi una seconda valutazione che deve essere compiuta e sulla quale si deve sviluppare il confronto con la FIAT e riguarda la strategia complessiva del gruppo non solo nel breve ma anche nel medio periodo. E' fuori discussione che al di là delle difficoltà attuali l'industria dell'automobile nei prossimi anni avrà un tasso di crescita più ridotto rispetto al passato e tanto più ridotto nel nostro paese quanto la maggiore impresa italiana punterà maggiormente sulla dimensione multinazionale. Lo spostamento di produzioni automobilistiche verso il Mezzogiorno accentua poi per il Piemonte le conseguenze di queste scelte e si tratta allora non di rimettere in discussione le scelte a favore delle Regioni meridionali ma di individuare attività diverse in cui la FIAT possa espandere una presenza già esistente e possa introdursi.
In tal modo l'esigenza di diversificazione produttiva propria della nostra regione può trovare una risposta che consente anche di superare gli effetti negativi di un declino dell'industria automobilistica.
Da parte della FIAT si è prospettato l'orientamento a sviluppare una propria attività nel campo della produzione di beni collettivi e di infrastrutture sociali e l'argomento è già stato trattato in questo dibattito. Senza respingere in assoluto e pregiudizialmente questa possibilità, non pare però questo il filone più rispondente ad una prospettiva di sviluppo dell'apparato produttivo piemontese ed italiano. Vi è certo la necessità nell'edilizia di avviare un processo di industrializzazione del settore, superando la dimensione artigianale che lo caratterizza, ma questo obiettivo può essere perseguito attraverso un'idonea politica promozionale senza ricorrere alla grande impresa, la quale potrebbe forse risolvere certe sue difficoltà occupazionali, ma ribaltandole sull'edilizia con un saldo complessivo che rimane negativo.
In secondo luogo nel nostro paese sono già troppo deboli i fattori d'imprenditorietà perché si possa tranquillamente consentire che le grandi imprese - è questo un discorso che non riguarda solo la FIAT, ma altrettanto la Montedison e le Partecipazioni statali si spingano sul terreno privo di rischi delle commesse pubbliche.
Infine si deve sottolineare la debolezza che presenta tutt'ora l'industria meccanica italiana nei comparti più evoluti ed in cui più intenso è il progresso tecnico; dalle macchine utensili alle macchine a controllo numerico alla macchina elettronucleare. E' questo un campo in cui la FIAT ha già una propria presenza e nel quale l'immissione di forte capacità produttiva potrebbe segnare un punto di svolta anche ai fini del riequilibrio della bilancia dei pagamenti.
Secondo dati e valutazioni il settore meccanico ad avanzata tecnologia pare essere il campo di sviluppo più rispondente alle esigenze regionali e nazionali: in questa direzione intende muoversi la Regione nel confronto che certamente si svilupperà con le Organizzazioni rappresentative industriali in ordine non solo alle prospettive immediate ma alle scelte di fondo che la FIAT intende perseguire.



PRESIDENTE

La parola all'Assessore Conti.



CONTI Domenico, Assessore ai problemi del lavoro e del commercio

Signor Presidente, signori Consiglieri, mi trovo costretto, dal limitato tempo a disposizione e data la quantità e complessità dei temi posti all'ordine del giorno della seduta, ad una risposta piuttosto sintetica che nello stesso tempo spero esauriente agli interrogativi posti alla Giunta per settori di mia diretta competenza e per i quali rispondo a nome della Giunta stessa.
Circa la partecipazione della Regione ai Comitati prezzi provinciali sono stati espressi rilievi, critiche ed anche proposte, specialmente dal Consigliere Raschio, del quale in ogni caso in larga parte condivido le preoccupazioni sui riflessi economici, sociali e politici del gravissimo problema del forte rialzo dei prezzi riferito ai generi di largo e generale consumo che colpiscono più duramente i lavoratori, i pensionati e le persone con redditi più bassi.
Su questo argomento ritengo che più che non insistere nell'impegnare la Regione nella partecipazione al Comitato prezzi provinciali, occorrerebbe invece insistere perché al più presto e con tutta urgenza si produca la radicale ristrutturazione di tutto ciò che concerne la materia della disciplina dei prezzi. A sostegno di questa affermazione mi si consenta di ricordare alcuni fatti significativi: per ciò che attiene alla validità dell'attuale efficacie del CIP che, come e noto, è l'organo tecnico nazionale preposto all'analisi della formazione dei prezzi e alla loro conseguente determinazione, mi limito semplicemente a ricordare le stesse dichiarazioni dell'attuale Presidente del CIP prof. Lombardini, apparse sul numero di "24 Ore" del 10 maggio 1974 e che mettono in risalto come egli con la maggioranza della Commissione tecnica, ritenga che siano superati gli attuali strumenti legislativi, nonché l'attuale disciplina dei prezzi affermando che, con l'attuale meccanismo non è possibile contenere efficacemente gli incrementi dei prezzi e perciò ne propone la concreta ristrutturazione.
Per quanto attiene ai Comitati prezzi provinciali e la partecipazione ai medesimi della Regione, è sufficiente ricordare alcuni fatti e situazioni: 1) il disagio, la sfiducia e anche l'opposizione generalmente espressa dagli Assessori regionali al commercio, circa la partecipazione della Regione all'interno degli attuali Comitati prezzi provinciali, disagi e sfiducia espressi nelle riunioni interassessorili tenutesi proprio sul tema della ristrutturazione del CIP e dei C.P.P. esperendo anche un tentativo di proposta di legge al Parlamento in materia 2) quanto è capitato con le deliberazioni dei Comitati prezzi di Parma e di Perugia, nei quali è presumibile fossero presenti rappresentanti delle rispettive Regioni, rappresentanti nei confronti dei quali non ho elementi per dubitare che in quelle sedi essi abbiano tentato di sviluppare il massimo apporto, nell'interesse della comunità regionale che essi rappresentavano 3) circa i fatti di Perugia e di Parma occorre rilevare che la determinazione dei prezzi della pasta, siccome riguardava le massime aziende del settore, ha influenzato praticamente le decisioni dei Comitati prezzi assunte in tutta la penisola perché, come è noto, nei casi di prodotti, specie quelli industriali a diffusione nazionale, come nel caso della pasta, il prezzo determinato nella provincia di sede legale dell'industria autorizza l'applicazione del prezzo in tutto il territorio nazionale; questo solo fatto, anche se fosse stato contrastato da decisioni di altri C.P.P., non poteva risultare comunque che negativo. Infatti esso non poteva che tradursi in un'ulteriore sollecitazione al rialzo dei prezzi da parte dei produttori, inoltre va considerato il fatto che situazioni del genere possono eliminare la competitività di quelle industrie che praticando, per le diverse decisioni di altri Comitati prezzi, prezzi inferiori rispetto alla grande industria, hanno minori margini di manovra sull'intermediazione, da cui ne consegue la rarefazione di quei prodotti che permettono un minor margine di utile. A questo dobbiamo aggiungere l'influenza dell'impatto pubblicitario attuato dalle grandi marche 4) il Comitato prezzi provinciale, come oggi si presenta, è un organo del potere centrale, organo sostanzialmente tecnico e burocratico; circa la possibilità tecnica di verificare, da parte dei Comitati prezzi, la validità delle documentazioni presentate dai produttori, esprime un profondo scetticismo.
Esiste una pratica impossibilità di verificare, controdedurre ed invalidare la documentazione presentata. Tale impossibilità è stata addirittura messa in risalto non solo per i C.P.P. ma per l'attuale struttura e funzionalità dello stesso Comitato interministeriale prezzi da parte del suo attuale Presidente.
Con questa situazione di impotenza degli organi nazionali e provinciali deputati alla disciplina dei prezzi, mi pare insostenibile la richiesta di una qualificata partecipazione della Regione all'interno dei Comitati prezzi provinciali, tanto più che le Regioni intervengono come organo uditore. Senza contare che sottolineare e sollecitare una presenza più qualificata, peraltro assai problematica, dei rappresentanti regionali all'interno di ben sei Comitati prezzi della Regione, significa avallare una politica di diversificazione dei prezzi, in contrasto con le esigenze espresse a livello nazionale di una politica unitaria dei prezzi.
Lasciamo alla riflessione di ciascuno le conseguenze che possono derivare da tale difformità in una stessa regione.
A proposito degli attuali interventi della Commissione prezzi occorre rilevare che nei verbali della stessa Commissione consultiva, quella cioè che deve esprimere un parere tecnico ai membri dei Comitati prezzi, parere sia pure non vincolante, appare più volte ribadito da parte dei componenti la necessità di un'informazione preventiva, affinché il parere richiesto possa essere espresso con adeguate cognizioni di causa. A loro volta i membri dei Comitati prezzi vengono messi, nella maggior parte dei casi, in condizione di conoscere il parere espresso dalla Commissione consultiva nella seduta stessa in cui si decide. Le motivazioni d'urgenza che vengono portate avanti a giustificazione di questo fatto, dimostrano a mio avviso che non esiste un controllo continuativo sulla formazione dei prezzi che consenta di operare con sufficiente approfondimento e tempestività di intervento.
In questa situazione rimane impossibile, per qualunque rappresentante della Regione, di apportare un contributo sostanziale. Ritengo tuttavia che tale inconveniente sia da riferirsi sostanzialmente al sistema stesso relativo alla disciplina dei prezzi oggi in vigore.
A conclusione occorre rilevare quanto sia insostenibile la posizione della Regione all'interno dei Comitati prezzi provinciali, in posizione di uditore, in quanto rischia di essere coinvolta in determinazioni che comportano notevoli aspetti di scelta politica che potrebbero essere non coerenti con la linea stabilita dagli organi elettivi. L'attuale sistema di controllo dei prezzi, articolato attraverso alle funzioni del CIP e dei C.P.P. risponde ad una concezione politica ed economica che riteniamo superata in quanto espressione di una centralità decisionale alla quale intendiamo contrapporre la nuova concezione di partecipazione democratica regionale; infatti una nuova politica dei prezzi implica 1) l'abbandono di una concezione puramente repressiva e a posteriori circa l'aumento dei prezzi e delle sue conseguenze; l'attuazione l'adozione di una politica di intervento sulle alternative e sulle incentivazioni in funzione di una ristrutturazione del sistema economico e distributivo 2) la formulazione partecipata di una linea nazionale sui prezzi nell'ambito della quale collocare gli stessi interventi intesi a disciplinare i prezzi.
Ultima forse, come peso, delle osservazioni che si potrebbero fare e che tuttavia ritengo di richiamare al Consiglio Regionale , è l'attuale composizione del Comitato prezzi provinciale che verifica tra i suoi membri, con diritto di voto, due funzionari della Regione, l'Ingegnere capo del Genio civile ed il Capo dell'Ispettorato provinciale dell'agricoltura dei quali è coinvolta la responsabilità a titolo personale, in qualità di esperti. Per cui si può benissimo verificare - e si è già verificato - che anche semplicemente a livello di procedimento di lavori, l'Assessore presente formulasse una sua posizione e che funzionario si differenziasse da essa. Ciò è un'ulteriore conferma di un'interna contraddizione di organismi preesistenti all'istituzione delle Regioni e che non possono mantenere una funzione ormai in contrasto con la nuova realtà.
Inoltre il Comitato prezzi provinciale non può ritenersi un canale di per sé idoneo, favorire in modo costruttivo un dialogo con Governo, tra la base regionale ed il Governo i materia di prezzi perché, come è noto, è presieduto dal prefetto, che è il massimo responsabile periferico del Ministero dell'Interno - quindi di un altro Ministero, per cui diventa un tramite assai problematico tra la Regione ed il Ministero competente in materia.
Le riunioni dei Comitati prezzi, alle quali hanno partecipato i rappresentanti della Regione, hanno avuto, come è stato ricordato, per oggetto la determinazione delle quotazioni del latte e della pasta.
Per il primo ho partecipato personalmente alla seduta e non ho mancato di esprimere la mia marcata perplessità per il fatto che ci veniva sottoposto in pratica un accordo precostituito tra le categorie, rilevando peraltro l'esigenza di conoscere preventivamente e tempestivamente i dati tecnici necessari. Perciò che concerne il prezzo della pasta c'è stata una riunione improvvisa verso la fine di agosto, anche questa senza che all'Assessorato fossero stati inviati elementi, senza che fosse possibile decidere altra partecipazione se non quella del funzionario della Giunta disponibile al momento. Alla seconda riunione, sempre relativa al prezzo della pasta, erano presenti l'Assessore Vietti ed un funzionario dell'Assessorato al commercio. In quella seduta furono sospesi, su richiesta del CIP di Roma, i provvedimenti assunti nella precedente riunione, a motivo delle proteste suscitate. Nella terza riunione, tenutasi il 12 settembre e perciò durante il dibattito consiliare (e io dovevo essere presente) è avvenuta la fissazione definitiva del prezzo della pasta, anche questa nei termini imposti da Roma.
A nome dell'Assessore il funzionamento ha segnalato la necessità che il Comitato prezzi prosegua con indagini autonome, sia pure nel l'ambito di un coordinamento centrale. Circa la repressione degli atti di imboscamento e di accaparramento, bisogna riconoscere francamente che la Regione non ha poteri e nemmeno può organizzare la repressione pubblicamente: pu limitarsi a costituirsi come punto di raccordo per la raccolta delle informazioni da trasmettere al Governo ed agli altri organi competenti, ci rispetto alle distorsioni più rilevanti che si possono determinare sul mercato. Ma questo ritengo che più che non un compito di Comitato, è compito del Governo, della Giunta la quale dichiara la sua disponibilità sotto questo aspetto a raccogliere tutte queste segnalazioni e naturalmente ad inoltrarle, secondo quanto detto prima. L'idea prospettata di una convocazione dei prefetti in materia di controllo e di repressione dell'imboscamento e degli accaparramenti e di vendite a prezzi alterati, è inattuabile, poiché ciò significherebbe un'illegittima ingerenza in una funzione centrale e periferica dello Stato dotata di una precisa competenza e di responsabilità espressamente regolate dalle leggi vigenti.
Tutto ciò viene esposto per ribadire l'esigenza della già accennata ristrutturazione legislativa che ha visto e vede operanti gli Assessori regionali competenti. Tuttavia, pur con tutti i rischi che possono derivare per l'istituto regionale e per le persone che lo rappresentano in quella sede, si continuerà a prendere parte alle riunioni dei Comitati prezzi per ricavarne il massimo frutto possibile di esperienza e di orientamenti per gli interventi che già sono in atto e per gli altri ancora che dovranno essere decisi da parte della Giunta, ritenendo comunque sterile ed anche dannosa una mera contrapposizione e continuando a ricercare gli eventuali spazi di interventi a titolo collaborativo.
Mi corre l'obbligo, a questo punto, di entrare nel vivo del problema sollevato da numerosi interventi, specie da parte comunista - e mi riferisco ai Consiglieri Raschio, Sanlorenzo e Minucci - circa la costituzione da parte della Regione di un Comitato prezzi regionale costituzione alla quale peraltro si era impegnata la nuova Giunta di centro sinistra nelle sue dichiarazioni programmatiche. Affermo subito che tale impegno è sempre stato operante nella ricerca di una funzione che esprimesse una scelta nuova, tenuto conto delle esperienze fin qui maturate da alcune altre Regioni, esperienze che, dopo avere suscitato, come è spiegabile, vaste aspettative, sono state svuotate del loro significato da due fatti: il primo fatto più facile a comprendersi è stato il blocco dei prezzi i cui sviluppi hanno praticamente tolto ogni spazio di manovra per le iniziative in precedenza assunte dai Comitati regionali costituiti; il secondo fatto è rappresentato dalla più chiara consapevolezza che nel frattempo si è venuta evidenziando, presso le Regioni e soprattutto presso quelle che avevano già costituito questi organismi regionali, circa la pratica impossibilità di trovare ambiti di intervento autonomo con carattere congiunturale da parte delle Regioni e anche le difficoltà per quelli strutturali, la esigenza di una revisione delle leggi vigenti.
In altri termini è apparso quanto mai problematico un intervento congiunturale ed autonomo delle Regioni nel campo degli approvvigionamenti la mancanza di spazi in materia di disciplina dei prezzi, l'illusorietà e la negatività di un sistema di disciplina dei prezzi sganciato dalla politica economica generale e da una politica commerciale distributiva prima a livello nazionale e poi a livello regionale; tanto è vero che quelle Regioni che avevano affrontato il problema del contenimento dei prezzi (vedi la Lombardia con l'iniziativa Soveco) e iniziative promozionali di contrattazione, hanno ottenuto dei risultati che esse stesse hanno definito non adeguati alle aspettative. Ciò non toglie, e sia detto per inciso, che si debba considerare l'operato di dette Regioni con molta considerazione, se non altro per non ripercorrere itinerari che il lavoro di altri ha dimostrato non essere percorribili. Tanto più che è in atto un processo di ristrutturazione di tutte le strutture e organismi a livello nazionale e a livello periferico che potrebbero rischiare di verificare qualunque nuova iniziativa assunta nella direzione del contenimento dei prezzi.
Tra l'altro accenno al Consiglio l'impegno preso dal Sottosegretario Mazzarino, durante l'inaugurazione del SAMIA, di convocare quanto prima le Regioni per farle esprimere sul tema della ristrutturazione di tutto ci che attiene alla disciplina dei prezzi. Nel corso di questi mesi la Regione non è stata inerte, anche se gli uffici attendono una loro indifferibile ed organica ristrutturazione, ormai imminente, per la quale la Giunta si è impegnata e sta lavorando, al fine di presentare le sue proposte al Consiglio nei tempi stabiliti.
A questo punto mi si consenta di accennare al Consiglio l'ordine di riflessione che sta alla base degli interventi già adottati dalla Giunta e su quello specifico, che proporrò subito dopo, in ordine all'attuazione dell'impegno assunto in riferimento al problema dei prezzi. I prezzi, come è noto, sono la risultante di un processo produttivo e distributivo inserito in determinati sistemi economici, per giunta largamente interdipendenti tra loro. A tale processo concorrono pure le condizioni ambientali e comportamentistiche dei consumatori. Di per sé stesso il prezzo dovrebbe essere assunto non come pura e semplice sommatoria di voci di costo, ma come un indice attraverso cui si può valutare l'efficienza e la produttività dell'intero sistema economico. Perciò qualunque intervento sui prezzi che intenda agire esclusivamente o prevalentemente sulla fase finale della formulazione di essi, si traduce in un'azione distorta e distorcente dell'intero sistema.
Nelle dichiarazioni rese a nome della Giunta dal Presidente avv.
Oberto, si afferma che una delle cause endogene della lievitazione disordinata dei prezzi è da ricondursi all'inflazione. L'attuale inflazione galoppante, com'è noto, e come è stato osservato nella suddetta relazione ha fra le sue cause endogene l'attuale sistema distributivo che di per s tende a rendere patologico il modo e la misura di crescita del nostro tasso di inflazione. Infatti ci troviamo di fronte ad un sistema distributivo che vive del sistema economico e non interagisce con esso, per cui spesse volte le strutture distributive non riescono a trarre una sufficiente produttività e redditività che consentano l'evoluzione della loro attività in termini commerciali positivi e tendono a rimunerarsi a spese del sistema economico generale, per cui globalmente non solo non si riesce a rendere un servizio distributivo adeguato alle esigenze del consumatore, ma si finisce di erogarlo ad un costo superiore che si identifica in un aumento patologico dei prezzi con tutte le conseguenze che purtroppo oggi conosciamo. In questa situazione distorta vengono ad alimentarsi le spinte di speculazione le quali operano nello stesso tempo come cause ed effetto della lievitazione patologica dei prezzi; da qui l'esigenza di un'autentica e più valida pluralità di forme distributive convenientemente diffuse proprio allo scopo di evitare fenomeni inflattivi che possano derivare dalla distorsione del sistema distributivo. Ne consegue l'urgenza di provvedimenti strutturali e la riconsiderazione dei provvedimenti congiunturali, quali l'attuale disciplina dei prezzi, blocco, controllo ed amministrazione dei prezzi, bisogna che sia posta in relazione ai cambiamenti di strutture. Infatti ciò emerge anche da una sintetica analisi delle più recenti esperienze negli Stati Uniti, nella Finlandia nell'Austria, nella Francia, nel Belgio, nell'Olanda e nella stessa Italia.
Dalle esperienze sin qui maturate da parte di altre Regioni si possono trarre indicazioni di interventi che sono più relative agli itinerari che non si debbono percorrere, che non a quelli che non si possono percorrere.
Queste cose sono a tutti note e le conoscono bene anche i Consiglieri della minoranza che in Commissione ed in Consiglio sollecitano dalla Regione adempimenti che potrebbero correre il rischio, anche in Piemonte, di riprodurre situazioni di frustrazioni di energie e di delusioni di aspettative, senza avere ancora chiarito quali spazi e funzioni effettive ed efficaci dovrebbero essere affidati al Comitato regionale.
Conviene ribadire a questo punto che sarebbe politicamente disastroso porre in essere meccanismi per i quali è per lo meno dubbio che esista un fondamento giuridico che li legittimi e che legittimandoli consenta di acquisire poteri effettivi, strumenti e mezzi adeguati. Senza contare gli effetti parimenti disastrosi di interventi adottati rispetto al sistema economico.
L'impegno della Giunta è di dare vita a quello che è stato preannunciato come un Comitato regionale, per il controllo dei prezzi, che non poteva e non può estrinsecarsi in direzioni che si sono dimostrate non percorribili. I mesi sin qui trascorsi sono stati impegnati dalla Giunta nello studiare condizioni e modalità di intervento, tenendo come punto di riferimento la lievitazione dei prezzi. Il tempo è stato impiegato a ricercare spazi di manovra che risultassero in qualche modo efficienti ed in un certo senso garantiti da un punto di vista giuridico e funzionale.
Lo sviluppo dell'azione si è rivolto in primo luogo nella direzione dell'eliminazione delle strozzature e delle distorsioni del sistema distributivo piemontese e in questo ordine di idee è stato posto in essere una prima iniziativa per il coordinamento dei piani commerciali di sviluppo e di adeguamento dei Comuni ed è stata predisposta una proposta di legge ora all'esame d'ella Commissione competente, relativa agli interventi a favore degli Enti locali territoriali, delle categorie commerciali e della cooperazione di consumo, per lo sviluppo strutturale della rete distri butiva in Piemonte. Ed è proprio per l'attuazione di tali provvedimenti a medio e lungo termine che si rende oggi necessario per la Regione acquisire una capacità tecnica di analisi circa la formazione e la dinamica dei prezzi, almeno per i generi di largo consumo; tale necessità risulta ancora più evidente a sostegno dell'esercizio delle competenze trasferite e non soltanto delegate in materia di fiere e mercati.
Individuato il quadro di riferimento che può in qualche modo legittimare l'intervento della Regione in materia di prezzi, sarà più agevole studiare gli eventuali, per quanto sempre problematici, interventi di carattere congiunturale ed il loro collegamento con l'azione dei Comitati prezzi provinciali per meglio qualificare, se possibile, la partecipazione della Regione all'interno di essi.
In ogni caso rimaniamo convinti che la politica dei prezzi deve essere considerata una politica nazionale e non regionale; le Regioni debbono poter concorrere a formularle e ad attuarle, in stretta collaborazione coi poteri centrali. Per questo essi chiedono la più volte ricordata revisione della situazione legislativa.
A livello nazionale poi la politica dei prezzi deve essere un aspetto ed un fattore dell'intera politica economica nell'ambito della quale deve essere considerato il problema, anche a livello nazionale, della ristrutturazione del sistema distributivo, in modo da costituirsi come un quadro di riferimento per i provvedimenti regionali in materia. A conferma di ciò basta considerare il problema degli approvvigionamenti e quello della commercializzazione della produzione sia industriale che agricola. Le Regioni debbono essere considerate ed anche abilitate ad operare in modo adeguato nel concorrere a formare la politica nazionale dei prezzi mediante un rapporto continuativo ed organico tra centro e periferia, sia per quello che attiene più propriamente alla disciplina dei prezzi, sia per tutto ciò che si riferisce alla ristrutturazione dell'intero sistema della commercializzazione e del consumo. Secondo questa linea la Giunta non è stata inerte, ma dopo aver costituito, con i provvedimenti adottati, un primo quadro di riferimento per tutto ciò che concerne la ristrutturazione del settore distributivo nella nostra regione, esprime oggi al Consiglio la volontà di dare vita ad un Comitato regionale per i problemi della commercializzazione e del consumo che consenta la più larga partecipazione democratica da parte degli operatori più interessati, a cui proporrà di muoversi in relazione alle linee programmatiche approvate dal Consiglio.
Con questo si intende onorare l'impegno assunto nel momento della costituzione della nuova Giunta di centro sinistra. In attesa dell'urgente nuova regolamentazione legislativa sulla materia, relativa al controllo dei prezzi e più in generale a tutto il settore distributivo, la Giunta si propone di riunire i rappresentanti delle principali categorie interessate in un Comitato regionale per i problemi della commercializzazione e del consumo, i rappresentanti degli Enti locali, i sindacati dei lavoratori, le organizzazioni dei commercianti, con particolare riguardo alle forme associazionistiche, le cooperative di produzione e di consumo, l'Unione delle Camere di commercio e le rappresentanze industriali, a cui si ritiene di dover aggiungere le categorie artigianali di settore produttivo. Ci allo scopo non solo di confrontare continuamente le linee, gli indirizzi e le strutture in cui si concreta la politica commerciale regionale, ma di formarli attraverso alla più ampia e più qualificata consultazione possibile. Ripeto, da quanto sopra delineato emerge che il modo secondo cui si intende intervenire sul problema dei prezzi, non è principalmente nella repressione e nel contenimento sul momento finale del processo commerciale ma piuttosto una azione che si sviluppa lungo la struttura di meccanismi di formazione dei prezzi stessi, rimuovendo le inefficienze e le strozzature che concretamente intervengono nel determinare i prezzi e la qualità e la quantità delle merci.
La partecipazione attraverso il suddetto Comitato Regionale consente la conoscenza ed il confronto di tutte le componenti, favorendo una diretta conoscenza delle situazioni reali esistenti a livello di ciascuna fase del processo di trasferimento della produzione al consumo, utile non solo alla funzione coordinatrice della Regione, ma anche al superamento di incomprensioni e di pregiudizi tra le parti interessate, favorendo una più ampia ed armonica visione dei problemi e creando fra gli operatori le condizioni per poter risolvere insieme, non già separatamente, se non addirittura in contrapposizione. Detta partecipazione collegiale all'esame dei problemi e alla ricerca delle soluzioni, ha inoltre la grande prerogativa di rendere protagonisti dell'azione di riforma gli stessi operatori, nella consapevolezza dei loro problemi e del loro modo di collocarsi nel contesto più generale dell'insieme collettivo.
In definitiva l'attività del Comitato regionale prezzi si pone in termini di continuità, quale supporto costante di orientamento e verifica delle azioni a medio e lungo periodo che la Regione ha già avviato ed intende realizzare sul piano legislativo e del coordinamento. La Giunta peraltro ribadisce il suo impegno di intensificare e di approfondire, di concerto con le altre Regioni ed anche con eventuali interventi autonomi l'azione promozionale per l'urgente rinnovamento della legislazione relativa al problema della commercializzazione e del consumo e della politica dei prezzi.
Per ciò che riguarda le Regioni dovrebbe essere assicurata la partecipazione della Regione: come elemento essenziale nella programmazione economico-commerciale nazionale; come ente operativo e creativo nell'ambito del decentramento della programmazione nazionale. L'attuazione di queste linee comporta quindi: la revisione della legge 426 sui poteri di coordinamento e programmazione della Regione; la riforma della legislazione sul CIP e sui C.P.P. che persegue il collegamento della politica dei prezzi con la politica di commercializzazione, nel quadro della più ampia politica economica e con particolare riguardo al settore produttivo, specie se agricolo; la nuova politica di promozione del comportamento attivo e critico del consumatore; la definizione del nuovo ruolo strutturale e funzionale delle Camere di commercio, con particolare riguardo alle esigenze operative delle Regioni.
Mi corre l'obbligo di rispondere ad alcuni interrogativi che mi riguardano da vicino, sollevati dal Consigliere Franzi, in merito alla commercializzazione dei prodotti agricoli. Condivido l'esigenza che si debba ridurre la capacità di compressione del settore distributivo nell'agricoltura, aumentando l'efficienza del settore stesso e perciò la concorrenza interna. Sono favorevole al trasferimento di fasi industriali e commerciali all'agricoltura, in modo che si possa difendere il valore del prodotto agricolo; tutto ciò in quanto compatibile con gli interessi del consumatore che da parte sua richiede un mercato competitivo.
Ciò naturalmente verrà esaminato quanto prima dalla Giunta.
Per ciò che attiene alla Pettinatura Lane di Vercelli, dichiaro la del resto consueta - disponibilità della Giunta al problema, rassicurando il Consigliere Besate che la Giunta non ha cercato di essere soltanto diligente, come egli ha avuto la cortesia di riconoscere, ma ha anche tentato di cogliere, nei limiti del possibile, i singoli problemi aziendali nel quadro di situazioni locali. Basti ricordare quanto è stato fatto a favore della Moncenisio e della Coppo di Collegno. Signor Presidente signori Consiglieri, la Giunta, per mio tramite, annuncia e propone al Consiglio i suddetti interventi che oltre ad essere l'espressione dell'impegno sin qui svolto, sono convinto che possono costituire una risposta soddisfacente agli interrogativi che sono particolarmente emersi nell'attuale dibattito consiliare, reso ancor più pesante e preoccupato dalla difficile situazione che stiamo attraversando.



PRESIDENTE

E' iscritto a parlare l'Assessore Simonelli, ne ha facoltà.



SIMONELLI Claudio, Assessore alla programmazione e bilancio

Signor Presidente, colleghi, quando, per incarico della Giunta, alcuni Assessori iniziarono con i rappresentanti delle organizzazioni sindacali dei lavoratori ed i rappresentanti delle organizzazioni del mondo imprenditoriale, una serie di incontri volti a verificare la situazione economica nella nostra Regione, il punto che ci ha, fin dall'inizio, più preoccupati e sul quale abbiamo esercitato la nostra attenzione con maggiore, è stato quello dei livelli occupazionali. E direi che non a caso la nostra attenzione è partita di lì, proprio perché le caratteristiche della crisi in atto, e soprattutto i rischi della crisi futura giocano sui livelli di occupazione in un modo determinante; la nostra attenzione deve essere incentrata su questo problema.
Ebbene, l'analisi che è stata svolta, i contatti che ci sono stati come ha evidenziato all'apertura di questo dibattito nella sua relazione il Presidente Oberto, ci hanno consentito di giungere ad una prima considerazione; allo stato attuale non esistono grossi problemi per il mantenimento dei livelli occupazionali, ma nel giro di alcuni mesi la situazione può diventare preoccupante. Occorre dunque metterci decisamente all'opera, per quanto possiamo, per impedire che la crisi acquisti questi caratteri. Anche perché questa crisi ha, almeno in Piemonte, alcune tendenze che sono ben precise; possiamo dire non essere ancora in atto una crisi di natura congiunturale, per effetto cioè della stretta creditizia e degli altri fenomeni di carattere congiunturale, abbiamo invece una serie di sintomi che denotano difficoltà o esigenze di intervento a livello strutturale. Poco fa il collega Paganelli ricordava, in modo ampio ed esauriente, i problemi della FIAT, altrettanto si può dire per altri settori: le caratteristiche di difficoltà dei comparti produttivi presenti in Piemonte sono di carattere strutturale e questo dà alla crisi un aspetto ancora più preoccupante perché quando a queste difficoltà si dovessero sommare nei prossimi mesi le difficoltà nascenti dalla stretta creditizia e dalla politica deflattiva, avremmo una crisi congiunturale di rilevanti dimensioni che si sovrappone a delle difficoltà di carattere strutturale con una moltiplicazione quindi degli effetti negativi e con un effetto trainante in basso verso i livelli di occupazione e i livelli produttivi.
Che la situazione della congiuntura non fosse peraltro, fino al momento in cui ha cominciato ad operare la stretta, dal punto di vista almeno industriale, preoccupante, lo dimostrano i dati generali di cui disponiamo sul livello della produzione industriale, che mostra nel secondo semestre del '73 e nel primo semestre del '74, una netta tendenza a riprendere.
In base ai dati globali dei diversi settori, fatto uguale a cento l'indice della produzione industriale del '70, noi eravamo nel giugno del '73 ad un indice di 113, ad ottobre avevamo raggiunto l'indice di 135,5 per arrivare, nel gennaio del '74, all'indice di 124. Successivamente la produzione nel primo semestre raggiungeva a maggio punti 127,5, cioè con un ulteriore incremento, per cadere però a giugno a 121,5.
Abbiamo così un primo semestre del '74 che rispetto al primo semestre del '73 mostra un indice medio di incremento del 12,2%, però alla fine del semestre cominciamo ad avvertire segni di cedimento in corrispondenza ad una politica di tipo deflattivo posta in essere dall'autorità monetaria.
Ora, se queste sono - e pare difficile contestarle - le caratteristiche dell'andamento della produzione, dobbiamo avvertire il rischio che una stretta indiscriminata produca effetti gravi di lungo respiro, produca delle ferite non facilmente sanabili nel tessuto industriale del nostro paese, ferite che evidentemente toccherebbero anche i comparti della media e della piccola industria che non hanno problemi di altro genere né di struttura, né di congiuntura.
Se a questi dati di carattere generale, noi uniamo anche i dati dai quali si suole - e non a torto - partire per individuare le difficoltà del paese in questo momento, cioè i dati della bilancia commerciale, vediamo che sotto questo profilo il punto di svolta negativo dovrebbe essere stato raggiunto e superato. Noi abbiamo un disavanzo della bilancia commerciale che tra gennaio e giugno di quest'anno presenta questo andamento: a gennaio meno 490 miliardi; a febbraio meno 714, a marzo meno 751; ad aprile meno 815, marcando il punto di svolta; a maggio meno 574, a giugno meno 597; a luglio meno 591 quindi con una tendenza al miglioramento. Nel complesso dei primi sette mesi, sul totale del disavanzo della bilancia commerciale che è di 4532 miliardi, il deficit dovuto ai prodotti petroliferi incide per il 60%. Quindi ci troviamo in una situazione che certamente non possiamo definire né rosea, né tranquillante, ma che tende ad essere su binari abbastanza chiari, cioè gran parte del disavanzo è dovuto al deficit petrolifero, per altro verso c'è un miglioramento della situazione della bilancia commerciale, miglioramento che evidentemente deve essere utilizzato non per una generica ed indiscriminata richiesta di riapertura delle disponibilità, dovunque siano indirizzate - come ricordava del resto anche Minucci nel suo intervento - ma per giustificare degli interventi selettivi che consentano di evitare le crisi più drammatiche della stretta creditizia e della politica deflattiva. Giacché i dati che noi abbiamo a disposizione ci dicono che in due direzioni è necessario procedere: da un lato nel sostegno dei livelli di produzione e di occupazione; dall'altro nel sostegno dei livelli di vita della popolazione ed in particolare delle classi sociali e dei ceti che più sono danneggiati dal costo crescente del livello della vita. E, sotto questo profilo giova indicare almeno un dato generale, cioè che nel periodo tra l'agosto '73 e l'agosto '74, con dati che arrivano fino a ieri praticamente, l'indice generale dei prezzi al consumo ha registrato un aumento generale medio del 19%, quando nel corrispondente periodo, che pure viene indicato come un periodo di miglioramenti salariali notevoli, l'aumento dei salari dell'industria è stato del 17%. In questo periodo quindi c'è stato un peggioramento nella condizione dei salari reali rispetto all'andamento dei prezzi al consumo.
E' dunque in entrambe queste direzioni che occorre muoversi, dando alla ripresa degli investimenti, alla difesa dei livelli di occupazione, alla ripresa del ritmo produttivo un carattere che sia di tipo selettivo, cioè che sappia indicare le priorità lungo le quali occorre muoversi.
Ora io direi che la Regione e la Giunta di centro sinistra hanno cercato in questi mesi di fare la loro parte con una politica che non sia a rimorchio della crisi, ma che sia di attacco alla crisi, una politica che cerchi di portare avanti un'autonoma capacità di incidenza per quanto possiamo fare sui fatti economici. E direi che questa scelta che abbiamo fatto e di cui il bilancio '74 è stata l'espressione determinante dopo l'indicazione programmatica, è una scelta che ci compete e che intendiamo ribadire e che del resto hanno ribadito tutti i colleghi, prima il Presidente introducendo il dibattito e poi tutti i colleghi che hanno parlato prima di me, e non solo per una scelta di campo sui temi della politica economica generale che abbiamo fatto, ma perché riteniamo che questa scelta di una Regione che non contiene, ma che mira ad espandere la spesa pubblica, è una scelta essenziale per la difesa dell'autonomia dell'istituto regionale, giacché una politica diversa, una politica deflattiva, una politica che ci imponesse un ruolo di contenimento, sarebbe una politica che confina la Regione ad un ruolo subalterno che impedisce lo sprigionarsi delle autonome capacità di iniziativa.
Ora, sotto questo profilo non vorrei ripetere le cose che sono già state indicate prima dai colleghi, mi vorrei soffermare soltanto su due punti. Tra le indicazioni programmatiche indirizzate al Governo, che ricordava il Presidente alla apertura del dibattito, c'era l'impegno per la ridefinizione con il Governo del piano di emer-genza, cioè di questo piano nel quale dovrebbero essere investiti in cinque anni 2500 miliardi, piano che le Regioni hanno già lungamente discusso con il Governo, contestandone i criteri di impostazione e le caratteristiche; era quel piano che avrebbe dovuto, nella primitiva formulazione, essere basato sui progetti speciali da affidare ai grandi gruppi e che invece per le Regioni deve essere un piano le cui priorità sono indicate dalle Regioni stesse, un piano cioè che consenta interventi nei settori che abbiamo indicato come prioritari (opere igienico-sanitarie, acquedotti, sistemi di depurazione, trasporti agricoltura ecc.).
Sotto questo profilo riescono persuasive le considerazioni che faceva il collega Paganelli poc'anzi, in relazione alla FIAT, ma più in generale a tutta la politica dei grandi gruppi. In un momento come l'attuale non pu essere vista con favore, ma deve essere contrastata la tendenza dei grandi gruppi industriali del paese anziché puntare su processi di rinnovamento tecnologico e di investimento in settori manifatturieri, a dirigere ingenti risorse nei settori dei grandi servizi pubblici. Noi non neghiamo che ci sia la necessità di rilevanti investimenti nel settore dei servizi pubblici, anche se le priorità non le indicano le imprese che eseguono i lavori, ma le deve indicare il potere pubblico, dopo le opportune consultazioni; però su questi interi venti non deve essere indirizzata e stornata.



MINUCCI Adalberto

Bisogna ammettere che riempiono un vuoto.



SIMONELLI Claudio, Assessore alla programmazione e bilancio

Certo, non c'è alcun dubbio, però sarebbe un grave errore se proprio i fabbisogni arretrati elevatissimi diventassero soltanto l'alibi per cui i grandi gruppi non fanno più gli industriali, ma fanno i realizzatori delle infrastrutture. Non escludiamo che in parte sia anche così, ossia che se ci sono grandi interventi da fare per esempio nel settore dei trasporti, o dell'edilizia, sia necessario ricorrere anche ad interventi di un certo tipo, però non è che i grandi gruppi si ritaglino questa fetta di competenza. Noi crediamo che la politica dei grandi gruppi debba essere destinata anche e soprattutto al rinnovamento tecnologico, alla scelta di nuovi campi di attività, al rilancio degli investimenti dei settori manifatturieri.
Per quanto riguarda in particolare le iniziative dirette dalla Regione ricordavano i colleghi poc'anzi tutte le iniziative che sono in corso. Io vorrei limitarmi ad illustrare il discorso della manovra di bilancio che è stata annunciata.
I settori che riteniamo possano essere direttamente investiti dall'attività della Regione sono quelli delle opere pubbliche dell'edilizia e degli interventi di carattere sociale per compensare l'aumento massiccio del riscaldamento ed eventualmente, in prospettiva, (lo vedremo) nel settore dei trasporti in relazione agli impegni che l'Assessore Gandolfi a nome della Giunta si è assunto, di una generale revisione del problema a tempi brevi.
Questo insieme di interventi, tra i quali deve essere sottolineato quello nel settore delle opere pubbliche, comporterà uno spostamento di risorse dal conto interessi al conto capitale. Noi riteniamo che uno sforzo in questa direzione debba essere fatto perché in questo modo si riesce a potenziare l'attività delle opere pubbliche, soprattutto opere igieniche acquedotti e fognature ed opere viarie, perché in questo modo si va incontro alle esigenze dei Comuni e si riesce ad avvicinare in una certa misura il numero delle opere realizzabili a quello delle opere richieste (che è elevatissimo) e perché ovviamente si attenuano gli effetti, si riducono le difficoltà che nascono dalla stretta creditizia. Però è una politica che incontra dei limiti precisi, che consistono nella quasi nulla capacità di moltiplicatore che ha l'investimento in conto capitale, che evidentemente deve essere dato o per il totale dell'opera, o per una percentuale altissima dell'opera, altrimenti rimette i Comuni nelle stesse condizioni di difficoltà del conto interessi. Quindi è chiaro che un intervento di questo tipo deve incontrare dei limiti, occorre andare in questa direzione fino ad un certo punto, senza esaurire tutte le possibilità della Regione nel conto capitale, in maniera che la riapertura che noi chiediamo del credito ed in particolare del eredito da parte della cassa depositi e prestiti, non rischi di essere poi vanificata ove si realizzasse, dal fatto che la Regione poi non ha più risorse da destinare in questo settore. E al limite, se noi puntassimo soltanto sull'intervento in conto capitale, sarebbe un intervento in contraddizione con la richiesta contemporanea che facciamo di riapertura del credito agli Enti locali.
Quindi è una manovra che va articolata in modo prudenziale su entrambi gli interventi.
Nel settore dell'edilizia è già stato ribadito che gli interventi dovranno essere quelli dell'edilizia nelle 167, anche con interventi pilota nel settore dell'edilizia convenzionata. L'insieme di queste manovre dovrebbe comportare una cifra complessiva che non siamo in grado di quantificare, di definire ancora, perché sarà oggetto di una nota di variazione al bilancio, ma che dovrebbe aggirarsi intorno ai 10/15 miliardi.
A questo punto credo sia opportuno spendere ancora due parole per anticipare al Consiglio i termini di una discussione che faremo nei prossimi mesi, sia quando discuteremo la nota di variazione, sia quando affronteremo il bilancio preventivo per il 1975 che è già in fase di avanzata elaborazione da parte della Giunta.
Il bilancio della nostra Regione è arrivato ai limiti delle possibilità di spesa, a parità di entrate non saremmo in grado di finanziare nessun intervento nuovo legislativo di spesa di un certo rilievo. Per la stessa manovra di emergenza che abbiamo annunciato dell'ordine dei 10/15 miliardi anche ripartita tra due esercizi '74/75, dovremmo fare ricorso all'individuazione di tutti i fondi non spesi sul bilancio '74, quindi non crediamo che siano nel frattempo nati talleri sulle piante della Regione perché questa operazione di storni dai capitoli della Regione non ci consente di coprire le esigenze che pongono gli interventi di emergenza sarà necessario vedere la loro distribuzione sul bilancio di due esercizi e comunque prevedere l'attività legislativa nell'ultimo scorcio di vita della Regione, secondo criteri di priorità estremamente rigidi e avendo di mira la possibilità di realizzare le cose che si decidono piuttosto che decidere un ventaglio di cose che non si possono realizzare al di là delle nostre possibilità di bilancio.
Da questo punto di vista è preoccupante la linea che emerge dal bilancio dello Stato per il 1975, nel quale il fondo comune destinato ad essere ripartito tra le Regioni aumenta dello 0,54% rispetto al fondo del '74, mentre per quanto riguarda il fondo di cui all'art. 9 della legge finanziaria regionale, cioè il fondo per i piani regionali di sviluppo, è prevista una diminuzione da 330 a 277 miliardi. Ora, se queste indicazioni dovessero essere conservate, le difficoltà che ho annunciato sarebbero addirittura aggravate.
Io credo che anche qui si aprirà un terreno di dura contestazione, a queste scelte compiute dal bilancio dello Stato. Venerdì a Bologna, in un convegno di Assessori al bilancio, questi dati sono stati analizzati e le indicazioni che emergono sono quelle di contrastare questa tendenza proponendo viceversa un aumento del fondo comune destinato ad essere ripartito tra le Regioni nell'ordine almeno del 25% rispetto al 1974, cioè un aumento che sia proporzionale all'aumento generale delle entrate tributarie che c'è stato tra i due esercizi; mentre per quanto riguarda il fondo per i piani di sviluppo è necessario garantire il suo mantenimento sui livelli '74 da considerare come livelli base, anche per i prossimi anni e quindi da garantire sul livello dei 330 miliardi come base dalla quale si può soltanto aumentare, consentendo anche che il fondo sia impegnato per il finanziamento di legge pluriennale, cioè valga ad essere assunto come limite di impegno per finanziare leggi pluriennali.
Anche questo è un terreno sul quale avremo modo di discutere presto e sul quale c'è un margine di azione della Regione nei confronti dei poteri centrali che deve essere occupato da adeguate iniziative, come del resto la Regione Piemonte non ha mancato di fare nell'ultimo anno.
In conclusione, le indicazioni che sono emerse dalla analisi della situazione e dal dibattito consiliare che è stato, mi pare, estremamente ricco di spunti e molto centrato sui temi di maggiore interesse, ci troviamo in presenza di una situazione non drammatica, che non deve essere drammatizzata, ma che deve essere attentamente controllata perché potrebbe portare a risultati estremamente gravi. Questa situazione non comporta delle modifiche nella linea di politica economica e finanziaria che la Regione ha adottato, anche se comporta certamente alcuni correttivi e in fondo la nota di variazione al bilancio deve testimoniare le novità, gli interventi correttivi che sono introdotti, ma la sua linea fondamentale era quella di una politica di espansione, di una politica non a rimorchio della crisi, di una politica che fa giocare alla Regione un ruolo attivo; questa politica, semmai, deve essere non solo confermata, ma sulla base dei dati della situazione piemontese deve essere ancora rafforzata per i prossimi mesi.



PRESIDENTE

A conclusione del dibattito parlerà il Presidente della Giunta. Ne ha facoltà.



OBERTO Gianni, Presidente della Giunta Regionale

Signor Presidente, colleghi Consiglieri, la prima indicazione che credo debba essere tratta da questo interessante dibattito, ampio ed approfondito, sulla situazione e sulle prospettive dell'economia piemontese, è la prima e matura consapevolezza del significato, della gravità e delle implicazioni del difficile momento che stiamo attraversando, che è emersa dagli interventi di tutte le forze politiche dell'arco costituzionale sul quale si regge, nella sua costituzione materiale, l'istituto regionale.
Ringrazio pertanto tutti i Consiglieri per i loro interventi.
Questa consapevolezza non si esaurisce nell'avvertire i pericoli di crisi profonda a cui può andare incontro la società italiana, ma si traduce in una contemporanea robusta assunzione di responsabilità per fronteggiare in modo adeguato un momento che è certo fra i più delicati di questi quasi 30 anni della nostra Repubblica. Le tensioni economiche cadono in un quadro in cui continuano ad operare quelle forze oscure di eversione che dal 1969 all'eccidio di Brescia, alla strage dell'Italicus hanno insanguinato il paese, cercando di intimidire la coscienza democratica e di spezzare il nerbo civile che anima le nostre istituzioni. Le trame nere, le reviviscenze del terrorismo fascista ci indignano ma non ci spaventano troppo forte è oggi il movimento democratico in Italia per dare spazio ad imprese ed a tentativi di sovversione. Piuttosto ci preoccupa che le difficoltà economiche alimentino spinte sostanzialmente corporative, in una cieca difesa di interessi particolari e di privilegi parassitari, a fronte di una necessaria redistribuzione del reddito che deve essere compiuta se vogliamo evitare che a pagare la crisi siano i ceti più deboli e meno garantiti. Non possiamo nasconderci che lo sviluppo economico degli anni passati, la stessa dilatazione della spesa pubblica negli anni che consentivano un largo margine di risorse, hanno favorito il consolidarsi e il dispiegarsi, anche in termini di influenza politica, di quella che con felice espressione il Governatore della Banca d'Italia, nella sua ultima relazione, ha definito "la borghesia parassitaria di Stato".
Queste posizioni di rendita oggettiva, che si sono formate, investono non soltanto ceti abbienti, ma anche categorie che singolarmente considerate non presentano redditi particolarmente elevati, ma che non fondando le proprie fortune su di un'attività produttiva, vengono a restringere il volume delle risorse disponibili.
Il Consigliere Nesi ha giustamente sottolineato come, all'interno stesso del movimento sociale, siano presenti spinte corporative che non a caso assai più che non nell'industria sono pressanti nell'impiego pubblico o parapubblico, in quel settore cioè dove maggiormente forte è l'esigenza di riqualificare la spesa ed il modo complessivo di operare.
Di queste tensioni, di questi rischi di disgregazione del tessuto sociale in una molteplicità di confederazioni di interessi, devono farsi carico oggi le forze politiche perché l'instaurarsi ed il prevalere di una logica degli interessi particolari sono di gran lunga più pericolosi delle bombe per le istituzioni democratiche.
Questa consapevolezza è necessaria proprio perché siamo convinti che dalla crisi non si esce senza un profondo rinnovamento delle strutture economiche e sociali e dello stesso modo di suscitare e di organizzare i consensi e quindi di fare politica. Ciò non riguarda soltanto l'assetto industriale del paese, nella misura in cui la lotta all'inflazione investe i criteri di gestione e la qualità della spesa pubblica, non vi può essere posto per posizioni parassitarie o clientelari, per interessi particolari di gruppi o di campanile e questo, pur nella diversa responsabilità di Governo della cosa pubblica, riguarda sia la maggioranza che l'opposizione come operatori politici, come rappresentanti della comunità regionale chiamati a gestire il potere pubblico in una sua espressione ancora nuova quale è la Regione e quindi con un carico di attese ancora fiduciose da soddisfare, il nostro ruolo non può ridursi ad una sterile denuncia delle difficoltà che si prospettano per i prossimi mesi.
Che la ripresa autunnale si presentasse foriera di gravi cedimenti per l'economia italiana e piemontese, soprattutto in ordine ai livelli occupazionali, era una sin troppo facile previsione (che da mesi infatti è stata formulata) per la presenza di rilevanti fattori di crisi strutturali e congiunturali e per la concomitante assenza di un rigoroso disegno di politica economica che potesse fronteggiare adeguatamente l'avversa congiuntura.
Sarebbe però profondamente errato tradurre la constatazione di questi pericoli in una fatalistica accettazione di uno stato di cose ineluttabile e quindi impossibile a modificarsi, o peggio, come pure da alcune parti si viene dicendo, di un male quasi necessario ed utile nel lungo periodo per risanare l'economia del paese ristabilendo insieme vecchi ed iniqui rapporti di potere tra le forze sociali. Più che cercare di profetare sulla gravità delle sciagure che ci attendono, il nostro compito deve essere quello di delineare una possibile manovra di politica economica, in grado di contenere la recessione e di ribaltare il ciclo della congiuntura.
In questa prospettiva, come ha efficacemente sottolineato nel suo forte intervento questa mattina il Consigliere Bianchi, si è posta la Giunta muovendosi nella duplice direzione di presentare al Governo indicazioni di carattere generale e proposte specifiche e di impostare una larga manovra di bilancio - alla quale ha fatto cenno abbastanza dettagliato l'Assessore Simonelli testé - per fare esercitare alla Regione una propria funzione anticongiunturale. Su questa impostazione quale ho delineato nelle sue linee generali nella mia relazione introduttiva e quale è stata completata dall'esposizione di questa mattina degli Assessori Gandolfi, Paganelli Conti e Simonelli, mi sembra di aver colto un sostanziale consenso del Consiglio, al di là di alcune divergenze, su problemi circoscritti ancorch indubbiamente rilevanti, ed anche in questi rilievi terremo certo il debito conto nello specificare ulteriormente la nostra azione.
Questo consenso, che non annulla la diversità e la autonomia di posizione, di giudizio e di ruolo propri di ogni forza politica, si fonda a mio avviso - su due elementi essenziali: una interpretazione largamente comune delle cause della crisi attuale ed il convincimento che dalla crisi si esce solo attraverso ad una profonda riconversione dell'apparato produttivo e di tutte le strutture economiche.
In ordine all'interpretazione della situazione economica italiana ed internazionale - me lo consenta il Consigliere Minucci - una precisazione: non per puntiglio scientifico (per usare le sue parole) ma perché, come egli ha giustamente detto, per le diverse conseguenze che se ne traggono, è questo un punto nodale.
Quando nella mia relazione ho detto che la riconversione produttiva dell'industria piemontese ed italiana è imposta dalla crisi energetica, non intendevo imputare all'aumento di prezzo dei prodotti petroliferi tutte le difficoltà che stiamo attraversando, ma piuttosto riassumere in quella che ne è una conseguenza ultima ed emblematica, la più ampia crisi del sistema economico internazionale; e non a caso del resto, accompagnavo questo richiamo a quello dell'anarchia monetaria che si è aperta nell'agosto del 1971 e ricordavo successivamente come sarebbe improprio scaricare tutti i problemi della bilancia dei pagamenti sul disavanzo petrolifero sottolineando che questo, pur nella sua ampiezza, è stato nel 1973 di gran lunga inferiore a quello agricolo-alimentare.
Questa interpretazione più complessa, che valuta appieno l'intrecciarsi di una molteplicità di fattori strutturali e congiunturali, è del resto già stata fornita dalla Giunta nella relazione al bilancio di previsione del 1974 ed in questa ottica che tiene presente non solo le dinamiche interne ma anche quelle internazionali, ci siamo mossi nell'affrontare la situazione attuale.
La piattaforma che la Giunta ha presentato a questo dibattito mi sembra dunque abbia trovato in Consiglio una positiva verifica; si è pertanto richiesto una maggiore e più particolareggiata specificazione della gamma di interventi che abbiamo appena indicato, debbo dire francamente che non ci è oggi possibile questa puntualizzazione non perché non abbiamo chiara la direzione in cui orientarci, ma perché diverse, tra le iniziative proposte (cito tra le più significative quella per l'edilizia convenzionata) richiedono la definizione di un meccanismo operativo non essendosi sinora mossa la Regione su questa strada ed anche perché, per praticarla, dobbiamo forzare alquanto le nostre competenze.
Dalla riunione di Giunta del 23 agosto in poi la Giunta stessa ha compiuto una larga ricognizione dei problemi, con lo sforzo e l'impegno di individuare gli interventi che era possibile compiere e sull'indirizzo complessivo che abbiamo delineato volevamo il dibattito e il giudizio delle forze politiche in Consiglio Regionale, come è avvenuto.
Una così spiccata impostazione anticongiunturale non era del resto sinora mai stata conferita al nostro bilancio, anche perché l'azione di Governo della congiuntura è solo marginalmente possibile agli Enti locali ed alle stesse Regioni, richiedendo un volume di spesa notevole per poterne ricavare una reale capacità di incidere sull'andamento del ciclo e la rigidità della finanza locale rende assai ardua, quasi impossibile questa manovra. Una verifica dell'indirizzo assunto era dunque necessaria.
Confortati dall'andamento di questo dibattito specificheremo ora, punto per punto, le nostre proposte le quali, come ho detto giovedì scorso, si tradurranno in un disegno di legge di variazione del bilancio che intendiamo presentare quanto prima e sarà allora possibile sviluppare il confronto sulla struttura dei singoli interventi.
Signor Presidente del Consiglio, signori Consiglieri i mesi che abbiamo innanzi saranno, per tutti, un duro banco di prova della nostra capacità di fare della Regione non solo un nuovo elemento dell'assetto istituzionale dello Stato, ma un protagonista della vicenda economica in grado di esercitare una sua funzione e di concorrere alla gestione della politica economica, modificando il quadro regionale con la sua azione politica e amministrativa.
I rapporti con le forze sindacali ed imprenditoriali che abbiamo intensificato in questi giorni dovranno rimanere praticamente costanti per seguire, passo passo, l'evolversi della situazione e tenerla, per quanto possibile, sotto controllo, influendo sul comportamento e sulle scelte di tutti gli operatori. In questo spirito e con questo impegno la Giunta intende procedere, sviluppando una strategia che nella sua definizione ha ricevuto l'apporto costruttivo anche nella critica di tutte le forze del Consiglio Regionale. Maggioranza ed opposizione, nella democratica differenza di ruoli, sono ora chiamate ad esercitare compiutamente la loro funzione affinché questo indirizzo possa essere efficacemente svolto per la ripresa e la crescita di tutta la comunità regionale.



PRESIDENZA DEL VICEPRESIDENTE SANLORENZO



PRESIDENTE

Il dibattito generale sul quarto punto dell'ordine del giorno è concluso nel senso che interventi e repliche dei Consiglieri e della Giunta si sono svolti. Tuttavia, perché il dibattito sia definitivamente concluso bi sognerà risolvere anche il problema delle mozioni e degli ordini del giorno che eventualmente siano stati presentati. Finora giacciono qui alla Presidenza: la mozione presentata dal Gruppo comunista e un progetto di ordine del giorno, sempre del Gruppo comunista, conclusivo di tutto il dibattito. Da quanto mi è parso di interpretare dalle parole del Capogruppo Bianchi, anche a nome della maggioranza, mi pare che la Giunta o la maggioranza stia preparando un documento che dovrebbe rappresentare la sintesi di tutto il dibattito e se non ho capito male ci vorrà un po' di tempo prima che sia redatto.
Aggiornerei quindi la seduta alle ore 15,30, invitando chi volesse ancora presentare documenti di questo genere, a farlo, in modo che alla ripresa dell'assemblea si potrebbe o concludere definitivamente, con la votazione di questi documenti, il punto all'ordine del giorno, oppure iniziare la trattazione degli altri punti.
Vi sono osservazioni a questa procedura? La parola al Consigliere Minucci.



MINUCCI Adalberto

Vorrei sapere, signor Presidente, se è prevista la possibilità di repliche o di dichiarazioni di voto.



PRESIDENTE

Non c'è il minimo dubbio, avendo giacenti qui alla Presidenza una mozione ed un ordine del giorno, ci sarà la possibilità, prevista dal regolamento, di intervento in sede di votazione, sui documenti.
Se nessun altro chiede la parola la seduta è aggiornata alle ore 15.30 precise.



(La seduta ha termine alle ore 13,15)



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