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Dettaglio seduta n.253 del 12/09/74 - Legislatura n. I - Sedute dal 6 giugno 1970 al 15 giugno 1975

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Argomento:


PRESIDENZA DEL VICEPRESIDENTE FASSINO


Argomento: Commercio - Problemi del lavoro e della occupazione - Trasporti e comunicazioni: argomenti non sopra specificati

Comunicazioni della Giunta Regionale sullo stato dell'occupazione in Piemonte, sulla situazione dei prezzi, sulle tariffe dei trasporti (seguito)


PRESIDENTE

La seduta è aperta.
Sono in congedo i Consiglieri: Berti, Cardinali, Ferraris, Fonio Garabello, Gerini, Rivalta, Soldano, Viglione, Visone.
Prosegue il dibattito sul punto quarto dell'ordine del giorno "Comunicazioni della Giunta Regionale sullo stato dell'occupazione in Piemonte, sulla situazione dei prezzi, sulle tariffe dei trasporti.
Proposte e iniziative".
Ha chiesto di parlare il Consigliere Dotti, ne ha facoltà.



DOTTI Augusto

Signor Presidente, evidentemente incomincerò dai trasporti. Avete tutti sentito già interventi autorevoli dei Consiglieri e la relazione dell'Assessore che è stata la fedele riproduzione delle sue comunicazioni in seno alla II Commissione ieri mattina.
Devo dare atto alla Giunta di avere accolto l'indirizzo del Consiglio dei Ministri, che esprime fra l'altro una maggioranza che viene riprodotta anche in seno alla Giunta Regionale e quindi ritengo che anche politicamente la Giunta non poteva esimersi dall'accogliere questo indirizzo. Diamo atto che si è tenuto mediamente al di sotto del 30% già indicato come minimo di aumento tariffario nella delibera del Consiglio dei Ministri, per cui effettivamente l'onere a carico degli utenti risulta discretamente contenuto. Certamente di fronte alle dichiarazioni dell'Assessore di un aumento del 100% dei costi in quest'ultimo decennio abbiamo solo un moderato aumento che è stato preso nel novembre del '73 e in questo scorcio dell'ultimo mese di luglio e i due aumenti assommano complessivamente dal 35 al 37% sulle tariffe bloccate dal 1964.
Non ci nascondiamo anche noi della Commissione, alla unanimità, anche se sulle conclusioni possiamo differire, che questo è un notevole sacrificio per gli utenti in un momento difficile in cui tutti i prezzi aumentano. Evidentemente questo aumento tariffario solleva in buona parte le aziende dal pesante deficit che viene registrato per i trasporti extra urbani collettivi sia delle aziende private sia delle aziende pubbliche che rimane un deficit calcolato dall'Assessore di circa un miliardo e mezzo. Se da queste considerazioni si deve passare ad altre di politica economica generale, è difficile il discorso e si potrebbe anche dire stando a teorie economiche, che quanto viene speso in un settore non si pu spendere in altri settori.
Allargherò un po' queste considerazioni nella parte relativa al commento sulle dichiarazioni del Presidente, in quanto ritengo che effettivamente dobbiamo puntare più che su un aumento delle retribuzioni su un aumento dell'offerta dei beni di consumo. Del sacrificio che viene addossato agli utenti si era parlato in Commissione e anche se questa mattina l'Assessore sembra aver detto che non si trova una soluzione pratica, parlandone con aziende singole, in Commissione si era invece prospettato che di fronte ad avvenimenti di questo genere si può instaurare con i rappresentanti degli imprenditori, un largo e motivato discorso.
Forse è un discorso non di domani o di dopodomani, però si potrebbe fare con l'Associazione delle Unioni industriali in Piemonte, con i sindacati con il potere politico amministrativo regionale e con gli imprenditori e venire in un futuro a medio termine ad una conclusione.
Mi spiego: i due miliardi che vengono caricati agli utenti potrebbe darsi che abbiano a costare qualcosa di più alle aziende, forse anche quattro o cinque volte di più perché è indubbio che i sindacati porteranno le loro rivendicazioni salariali se non nel contratto nazionale, certamente negli istituti di fabbrica. Ed è qui che noi volevamo ieri convogliare l'attenzione della Giunta e dell'Assessore, cioè ad una verifica di tutto il corpo economico composto dal potere pubblico, dai sindacati e dagli imprenditori.
Personalmente sentirò anche il mio Gruppo, ma noi daremo l'assenso almeno io darò l'assenso a questo aumento di tariffe perché la Giunta Regionale non poteva disattendere le indicazioni del Consiglio dei Ministri, che poi in questa procedura si dovesse sentire prima la Commissione non ho nulla da dire, anzi, auspicherei che la Commissione (che praticamente rappresenta il Consiglio) potesse essere sempre prima interpellata, ma eravamo sotto le ferie, forse è mancato il tempo.
Per quanto riguarda le dichiarazioni del Presidente, ripeto che mi trovo un po' impreparato perché ho ricevuto solo questa mattina la relazione scritta....



PRESIDENTE

Chiedo scusa al Consigliere Dotti, prego i signori della tribuna di ritirare quel cartello perché debbo fare rispettare il regolamento che lo impedisce. Prego di non farmi ripetere queste cose per non costringermi a dover fare quanto non desidero fare. Se non viene ritirato il cartello la seduta non può proseguire.
Continui pure Consigliere Dotti.



DOTTI Augusto

Vorrei dare atto al Presidente della Giunta di avere sottolineato alcuni fenomeni che mi trovano e possono trovare anche il Consiglio perfettamente concorde. Io lo avevo già detto nella relazione sul bilancio mi pare che fosse anche il parere dell'intera Commissione, che una delle cose che possono preservare l'occupazione in questo difficile periodo è lo sviluppo dell'esportazione e ritengo che il Piemonte la cui produzione ha settori congeniti per esportare in concorrenza con le altre nazioni, sia una reazione particolarmente adatta. Avevo osservato che i saldi attivi del solo Piemonte, nei conti valutari, in questi ultimi anni erano stati cospicui, si parlava di una media intorno ai 600 miliardi in cui, ci tengo a sottolineare, il probabile concorso del settore automobilistico non era superiore ad un terzo. In Piemonte abbiamo altri settori importanti per l'esportazione, tipo il tessile, gli elettrodomestici, la meccanica in genere e anche le calzature, per cui si arrivava a questa cospicua rimanenza attiva delle esportazioni meno le importazioni. Ora, sviluppare l'esportazione non deve essere una parola vana e la Regione deve indicare al Governo che cosa intendiamo fare se vogliamo promuoverla.
E' evidente che un discorso di questo genere ci porta a delle implicazioni, in un futuro molto vicino, assai gravi, come potrebbe essere la richiesta di norme di salvaguardia alla CEE perché se vogliamo veramente esportare dobbiamo anche importare quelle materie prime che devono essere trasformate in Piemonte e in tutta Italia per essere poi oggetto di esportazione, quindi bisogna avere la valuta necessaria per le importazioni e limitare al minimo quelle dei generi voluttuari. Tutto ciò implica delle norme di salvaguardia perché se le disponibilità valutarie nel breve periodo non saranno sufficienti, bisognerà ricorrere a questi provvedimenti. Questo discorso è stato piuttosto sfumato sulla stampa economica e su quella politica, mentre secondo me va senz'altro affrontato se vogliamo potenziare i settori produttivi, sia per quanto riguarda il settore primario che concorre all'esportazione per quanto riguarda o vini il riso, la frutta, che per quanto riguarda quello secondario. Perch stiamo assistendo drammaticamente ai realizzarsi di fatti, di situazioni all'opposto di quanto prevedeva per l'autunno il Governatore della Banca d'Italia in relazione alla situazione monetaria ed economica in Italia cioè contenere le spese del settore pubblico e mantenere una certa incentivazione, allentare la stretta creditizia per quanto riguardava il settore economico, sia primario che secondario; invece tutte le previsioni sono per una disincentivazione, per una recessione del settore economico e già si prevede un contingente piuttosto importante di disoccupati che dovrebbero andare addirittura a trovare lavoro nel settore pubblico. Ma anche nel settore pubblico non possiamo non differenziare; e qui apprezzo la dichiarazione del Partito comunista che vanno evitati soprattutto gli sprechi.
Per quanto riguarda gli investimenti - do atto al Presidente della Giunta di averlo sottolineato questa mattina - questi vanno continuati soprattutto nei quattro settori della scuola, della sanità, della casa, dei trasporti che di per sé stessi, nella loro attuazione, sono una barriera contro l'inflazione. Perché è inutile dire che le retribuzioni dei lavoratori sono più o meno paragonabili a quello dello stesso settore all'estero, poiché non è tanto importante l'introito della retribuzione quanto l'onere della spesa che grava sui lavoratori e i lavoratori di quei paesi che hanno servizi come la casa, o trasporti, la sanità e la scuola a prezzi controllati o addirittura gratuitamente, non hanno da sopportare le spese che gravano invece sui lavoratori italiani.
Quindi, realizzando la casa noi sottraiamo una delle maggiori spese che il lavoratore affronta per avere un alloggio decoroso. La Regione quindi deve intervenire e d'altra parte il Presidente l'ha detto che vuole intervenire nel settore della casa. Però ripetiamo (non so se rivolgermi al Governo o al Governatore) per quanto riguarda il contenimento della spesa nel settore pubblico bisogna fare un'ampia distinzione: continuare con gli investimenti che garantiscono dei servizi al cittadino, tali da non invogliarlo continuamente a rimpinguare di carta moneta il suo salario perché i servizi invece di diminuire continuano ad aumentare.
Vorrei anche dire alla Regione, perché ne sia portavoce al Governo centrale, che si combatte l'inflazione combattendo la disoccupazione.
Questa idea dell'economia congelata (mi ricorda il film "Il nonno congelato") è assurda, non esiste l'immagine di un'economia congelata dalla recessione perché l'individuo continua a vivere e a consumare ed è un delitto non approfittare di questo periodo anche per produrre, - solamente con la produzione e con una maggiore offerta di beni si mantiene una barriera all'inflazione; è solo con l'inattività che si possono provocare delle gravi distorsioni nei prezzi perché l'Italia non è più concorrenziale nel settore dell'esportazione, non produce beni all'interno e abbiamo solamente la fabbrica della miseria.
La lotta all'inflazione non si fa col vecchio sistema di lasciare che una recessione si avvii mortificando il mondo del lavoro e mortificando anche l'imprenditore, perché quando ci si accorgerà di questo grave errore si vedrà che le disposizioni di allentamento della stretta creditizia saranno inutili perché non troveranno più chi potrà approfittarne; in un momento in cui la nostra economia nei primi sette mesi di quest'anno aveva avuto un ampio sviluppo, sarebbe veramente ingiusto mortificarla al punto di avere disoccupazione e addirittura rifiuto da parte del mondo imprenditoriale dopo aver distrutto il corpo operante nell'economia che è costituita da tutti i cittadini, dai ceti medi, dai lavoratori, dai risparmiatori - non dimentichiamo che esistono anche i risparmiatori che devono essere messi sulla retta e non cercare solo beni di rifugio, ma anche in impiego a costo di un certo rischio che sia per la nazione in progresso un passo avanti.
Per cui vorrei veramente richiamare la Giunta ad un intervento sul proprio bilancio che possa quantificare l'affermazione del Presidente che il Consiglio Regionale, la Regione Piemonte vuole intervenire per alleviare sul piano locale quella che potrebbe essere una crisi economica che forse è già incominciata, ma che minaccia di aggravarsi ogni giorno di più.
E qui vorrei richiamare la Giunta a mantenere l'impegno a bloccare quelle grosse infrastrutture, alcune anche di carattere faraonico ma non solamente per dilazionarle nel tempo, bensì per ridimensionarle e alcune anche sopprimerle. Perché se è vero che in questo Consiglio si è detto da tutte le parti che i finanziamenti per queste infrastrutture non si possono dall'oggi al domani trasferire su altri settori, è pur vero che ancor prima dell'erogazione di questi mutui il settore bancario interviene con delle anticipazioni, riducendo la liquidità bancaria e quindi riducendo l'aiuto che deve dare al sistema produttivo, cioè al settore primario e secondario.
Quindi anche senza ottenere che questi mutui siano trasferiti per esempio dal settore delle autostrade, o dal settore di una città satellite mostruosa, o da quello delle piste di Caselle che possono essere differite nel tempo o non essere idonee là dove si vogliono costruire, è certo che il sistema bancario interverrebbe in questo momento per finanziare una futura realizzazione dell'opera, sottraendo notevoli mezzi liquidi al mondo del lavoro. Questo impegno, che deve essere verificato tramite lo studio sul piano di coordinamento dell'area metropolitana, deve essere riaffermato dalla Giunta senza esitazione.
Per quel che riguarda i quattro punti mi trovo sempre d'accordo affinché le leggi regionali sull'artigianato, sul turismo, sull'agricoltura possano avere attuazione perché non solo non avremo la possibilità di aiutare questi settori, ma ci troveremo con dei fondi congelati senza la possibilità di utilizzarli.
Circa il potenziamento dei lavori pubblici mi trovo perfettamente d'accordo di aumentare il concorso della Regione in conto capitale per realizzare alcune opere che se non fossero terminate richiederebbero di diventare per sé stesse fatiscenti, quindi si perderebbe anche quello che abbiamo già investito, perché quando si parla di acquedotti o di fognature o di strade, in genere si tratta di aiuti in conto capitale che sono dati ad opere in parte iniziate.
Vorrei poi vedere la portata dell'intervento pilota nella edilizia convenzionata, la consistenza. Evidentemente qui, almeno sul piano torinese, dobbiamo avere una terza voce, che è quella degli imprenditori per la realizzazione del nostro progetto, così come nel passato la stessa FIAT aveva accordato per un certo numero di anni 700 milioni all'anno (in un momento in cui poteva anche accordare sette miliardi all'anno avrebbe avuto un ben altro significato e una ben altra portata) per realizzare una casa a basso costo, cosa che avrebbe avuto il riconoscimento sugli effetti salariali, da parte dei sindacati.
Per quanto riguarda l'intervento dei redditi di base il discorso forse rischia di rimanere sulla carta se pensiamo unicamente di favorire solo i pensionati nei trasporti e, se ho ben capito, nel riscaldamento. Credo che effettivamente il riscaldamento sarà un problema per tutti, purtroppo dovremo avere un certo coraggio e limitare i giorni del riscaldamento forse non ce ne accorgiamo ma a poco a poco siamo passati da un periodo che era ufficiale nell'anteguerra, a un periodo ristretto durante la guerra che poi si è continuamente allargato per cui le lettere inviate agli inquilini trovavano sempre l'assenso a prolungare i giorni del riscaldamento alla prima quindicina di aprile e ad anticiparlo.



RASCHIO Luciano

La meteorologia è cambiata, fa più freddo.



DOTTI Augusto

Non so, ma certo ci siamo abituati ad un certo benessere di cui non ci accorgiamo più.



MINUCCI Adalberto

Bisogna tornare a costumi spartani!



DOTTI Augusto

Non dico questo, ma molte volte mancando nell'immediato passato un confronto, non ci accorgiamo del miglioramento che abbiamo fatto. Non voglio ricordare episodi di coloro che ritornati dal fronte erano contentissimi finalmente di poter dormire fra due lenzuola, è successo anche a me, ma è un piacere di cui mi sono dimenticato. Non dico di tornare ai costumi spartani, ma sono pronto a battermi per preservare l'occupazione e per difendere la produzione. Questo è un discorso serio e non vorrei che quando la Regione, dice di voler difendere o redditi di base, facesse solo delle promesse.
Forse coloro che non approvano queste mie osservazioni non hanno capito il senso profondo della battaglia che io desidero sia condotta, cioè che l'inflazione la si combatta evitando la disoccupazione, questo sia ben chiaro che mi troverà sempre in prima linea con i lavoratori a cui non voglio dire assolutamente niente perché potrebbe darsi che non sia creduto ma credo che mai in un mio intervento in Consiglio Regionale non abbia difeso la piena occupazione e l'avvenire del Piemonte su un piano di progresso, su un piano che veda il Piemonte primo alla esportazione, senza diminuire quelli che sono all'interno del Piemonte i livelli di vita propri di una regione civile e di cultura ormai elevata.



PRESIDENTE

E' iscritto a parlare il Consigliere Sanlorenzo, ne ha facoltà.



SANLORENZO Dino

Signor Presidente della Giunta, signor Presidente del Consiglio, il giornale della sera riporta una notizia che non mi pare possa essere considerata tendenziosa o esagerata e cioè che il 70% della popolazione piemontese non è in grado di pagare il costo del riscaldamento.
I lavoratori che sono qui oggi hanno fatto bene a venire e se c'è qualche differenza di interpretazione del regolamento o non conoscenza del regolamento è un problema anche vero, il Presidente ha fatto bene a svolgere questa funzione educativa, la Regione è un ente dello Stato nuovo, noi vogliamo che i cittadini vengano a tutte le sedute del Consiglio ad esercitare una funzione che nello stesso tempo è di educazione e di controllo, a vedere come si comportano le forze politiche e se succede qualche lieve incidente procedurale è una questione del tutto marginale rispetto all'importanza delle cose che stiamo discutendo.
I lavoratori che sono qui, dicevo, sono venuti per polemizzare su un fatto che già è successo (non su un fatto che deve ancora succedere come quello del pagamento del prezzo del riscaldamento) e cioè l'aumento delle tariffe dei prezzi di trasporto. Ma fuori di qui vi sono decine di migliaia di lavoratori edili che sanno che può essere messo in discussione il loro posto di lavoro e vi sono migliaia di lavoratori dell'automobile, migliaia di pensionati, di commercianti, di consumatori che aspettano gli esiti di questo nostro dibattito.
Se ho voluto ricordare questo è perché il Presidente del Consiglio e il Presidente della Giunta ci perdoneranno se diciamo questo, intanto vediamo una discrepanza fra la sensibilità, l'attenzione con cui vengono sempre più seguiti i lavori del Consiglio e la disattenzione, la disaffezione di interi Gruppi del Consiglio, persino di quelli che qualche volta si preoccupano di essere scavalcati da noi in un rapporto che nessuno vuole di quel tipo con la D.C. E' già difficile pensare che si possano realizzare questi accordi di vertice a due, è difficilissimo realizzarli a tre se non c'è neanche più il terreno del confronto e del dialogo. E questa mancanza di attenzione quando i problemi sono di questo livello, dovrebbe comportare un adeguamento del Consiglio ad essere coerenti almeno fra la importanza delle cose che si discutono e le cose che si vorrebbero poi decidere.
Penso anche che c'è coerenza fra quello che abbiamo chiesto e cioè una riunione straordinaria del Consiglio Regionale e ciò che abbiamo fatto in Parlamento. Il nostro Partito ha chiesto che il Parlamento si riunisse subito, persino riducendo le ferie che pure i parlamentari si erano conquistati, questa volta senza alcun elemento di critica perché hanno lavorato duramente tutto il mese di agosto per contrastare gli esiti dei decreti delegati del Governo e anche conseguendo dei risultati. Coerenza dicevo, perché pensiamo che la situazione è di tale gravità che esiga una coerenza e una puntualità, una tempestività di proposte, di decisioni che investano tutti gli istituti elettivi del nostro paese e quindi le Regioni il Parlamento, lo Stato, il Governo.
Dirò ancora che credo che questo nostro dibattito in qualche misura dovrebbe differenziarsi da quello che pure qui tenemmo nel '72 e nel '73 anche allora in settembre, con richiesta nostra straordinaria, perché ormai nel nostro paese e direi persino nel mondo ci sono delle date ricorrenti per cui a settembre c'è il problema dei prezzi e dell'inflazione che incombe, così come a luglio e ad agosto ci sono le crisi di Governo, c'è ormai una periodizzazione che accompagna la vita del nostro paese e non solo del nostro. Ma direi maggior concretezza non perché non fossero concrete le discussioni di allora - chissà, in qualche modo avremo contribuito a far cadere Nixon perché una di queste discussioni prese proprio le mosse dalla decisione di Nixon di restringere le importazioni verso l'America per cercare di far fronte alla crisi del dollaro, - non dico questo, però la concretezza questa volta deve essere maggiore perch la situazione è più grave e anche perché la piattaforma che, tutto sommato la Giunta ci presenta, ha le caratteristiche di una discussione che pu essere più concreta. Dirò poi i limiti di questo apprezzamento, ma l'apprezzamento mi pare che possa essere fatto perché abbiamo chiesto un confronto di questo genere e questo confronto ci viene offerto.
Allora qui il discorso diventa delle cose che si dicono e delle cose che si decideranno al termine della seduta. E la prima proposta che faccio per entrare nel concreto, è che la discussione non si concluda questa sera perché un dibattito che si è aperto su un'azione di questo genere, con l'annuncio a priori che gli Assessori avranno ancora delle cose da precisare per quanto riguarda le proposte da fare, credo che meriti una conclusione alla prossima seduta di modo che la Giunta possa permettersi di verificare il significato del dibattito che si è svolto qui, non dare delle risposte affrettate, e quindi già in questo modo non compiere quell'azione di concretezza e di ripensamento che pure si dice di voler attuare e si possa quindi avere alcuni giorni di tempo, tutti quanti assieme, per concludere con una mozione ben precisa nel contenuto e nei termini ciò che sarà possibile concludere di unitario.
Detto questo, io credo che l'esigenza della concretezza delle decisioni significhi però qualche cosa di diverso da alcuni interventi che si sono sviluppati qui. Per esempio io rifiuto di entrare nel merito di un dibattito teorico che invece in qualche modo il Consigliere Rossotto cercava di proporci quando scopriva, con alcuni decenni di ritardo, che i comunisti non hanno mai proposto la collettivizzazione in Italia per risolvere i problemi del nostro paese, o diceva di scoprire in questo momento che noi scoprivamo l'economia di mercato. Eh! perdiana, questo farebbe riportare il dibattito in Consiglio Regionale alla questione di chi è per l'economia di mercato e chi per l'economia collettivistica, questioni che facevano parte della problematica ideologico-politica di fine '800; le questioni sono ben più complesse, caso mai avrei apprezzato di più un suo riconoscimento del fatto che noi sappiamo che c'è l'economia di mercato mentre il Consigliere liberale mostra di dimenticarsi di aver contribuito anche lui, assieme ad altri Partiti politici, a fare il mercato dell'economia, cioè di aver contribuito anche lui a far lottizzare ogni aspetto dell'economia italiana, sia quella pubblica, sia quella privata realizzando quella brillante situazione che abbiamo di fronte. Anche questa è una risposta polemica, ma ci porterebbe ad un discorso che potrebbe anche essere utile perché oggi c'è un ritardo culturale sui problemi di politica economica, ne sono profondamente convinto, il nostro paese non è all'altezza in questo momento di tener conto in modo equilibrato, giusto delle componenti internazionali, interne e di saper sempre prospettare una soluzione adeguata alle caratteristiche della situazione. Da questo punto di vista quindi questa esigenza c'è, ma non è questa forse la sede e comunque non credo sia l'occasione adatta. Noi vogliamo entrare nel merito avere un confronto serrato per vedere quello che si può fare nella Regione Piemonte per intervenire sui problemi di oggi, avendo ben coscienza dei limiti del nostro intervento, tuttavia non sottraendoci a questo dovere altrimenti diventa solo un discorso, un parlare e le parole si sprecano.
La relazione Oberto, dicevo, contiene un tentativo, ma contiene anche qualcosa di più, delle parole giuste, degli intendimenti apprezzabili formalmente la struttura della sua relazione è corretta, vi sono delle richieste da presentare al Governo e vi sono degli impegni ad operare in Piemonte, però manca una cosa che ritengo fondamentale cioè lei ad un certo punto fa un'analisi di situazioni che si sono realizzate nel nostro paese in questo periodo, però manca di una conclusione politica perché dice: "La stretta creditizia si proponeva altri obiettivi: stimolare un rientro in Italia dei capitali portati all'estero, ridurre manovre speculative favorendo lo smaltimento delle scorte e contrastando una tendenza che si veniva manifestando in alcuni settori a limitare l'offerta per realizzare plusvalenze di stock accumulati. Inoltre riducendo il credito anche alla pubblica amministrazione, in specie agli Enti locali si pensava di indurre ad una riqualificazione della spesa pubblica contenendone il disavanzo".
Già, ma che cosa è successo? Che il rientro in Italia dei capitali portati all'estero non è avvenuto, le manovre speculative altro che essere ridotte, hanno preso il largo in questi ultimi mesi con proporzioni mai viste, lo smaltimento delle scorte non c'è, anzi, c'è l'imboscamento, il credito ridotto alla pubblica amministrazione non riqualifica un bel niente della spesa pubblica e i primi a non riqualificare la spesa pubblica permettetemelo, cominciate ad essere voi, ragione per cui c'è una discrepanza assai rilevante tra ciò che erano gli intendimenti di una politica siffatta e i risultati concreti di questa politica.
Ma allora, se questo è in qualche modo anche il pensiero non espresso o espresso in forma di analisi dei fatti senza una conclusione politica, noi dobbiamo allora prima di tutto avvertire come Consiglio Regionale, che nella mozione conclusiva dovremo dire che così non va, che questa politica va cambiata e subito e se c'è qualcosa da chiedere a questo e ad altri Governi è che una politica di questo genere non potrà, se continuata in questa misura, che riportare ad ulteriori gravi conseguenze, stante il fatto che le conseguenze che abbiamo già accertato e che voi pure riconoscete sono quelle che abbiamo sotto gli occhi. Questa conclusione politica è indispensabile per capire il significato della modificazione che dobbiamo apportare.
La seconda questione, metodologica ma già di contenuto, è che se il giudizio politico di condanna ci vuole, non basta fare delle richieste ad un Governo pur così carente, che tutto fa salvo che governare, che non sappiamo se sta in piedi. Perché? Perché la proposizione di cose che un Governo qualsiasi deve fare in una situazione come questa, deve essere accompagnata da iniziative politiche che sappiano tradurre le nostre proposte nel modo più incisivo e rapido possibile, al livello a cui si riferiscono. Mi spiego: ho censito la somma di proposte che lei nella sua relazione ha fatto di politica generale, che riguardano una svolta della politica economica governativa e sono molte di più di quelle che lei ha enumerato (forse il mio sistema di numerazione è diverso), ma per l'economia generale del dibattito mi permetterei di ricordarle. Lei propone: di riprendere il dialogo fra Regioni e Governo; un rilancio dell'agricoltura italiana, di espandere la capacità produttiva del sistema interno rispetto all'esportazione; un superamento della stretta creditizia la riforma del CIP nazionale e degli organi locali; la piena attuazione dell'ordinamento regionale, considerando che invece la non piena attuazione dello stesso è una delle componenti delle difficoltà in cui siamo; la ripresa consistente dell'operazione della Cassa Depositi e prestiti; la definizione del piano di emergenza; la definizione del piano dei trasporti nazionali; la definizione dei meccanismi operativi del così detto "pacchetto Lauricella"; l'attuazione del piano petrolifero; una diversa attuazione del regime fiscale recentemente definito; un intervento sulle compagnie petrolifere; un'indennità straordinaria per le famiglie con redditi più bassi; una revisione della legislazione di sostegno dell'occupazione. Se non ho dimenticato niente, sono 17 le proposte che lei avanza e che riguardano questioni di carattere generale.
Molte cose che sono state dette, elencate, con le quali si può essere d'accordo, hanno delle formulazioni che in parte possono ancora essere considerate ambigue, ma il confronto potrebbe farsi su questo, lo dobbiamo fare. Non voglio però dilungarmi, la mozione conclusiva sarebbe opportuno che fosse quanto più chiara possibile rispetto a queste proposizioni tuttavia che cosa ne vogliamo fare di queste proposte al Governo? Metterle nei resoconti verbali del dibattito di questo Consiglio? Questa già avviene, i nostri funzionari lo faranno. Sistemare il tutto in una mozione? Lo propongo, è una cosa utile, è già un modo per concludere il dibattito.
Chiedere un incontro di tutte le Regioni con il Governo e con i Gruppi parlamentari perché nel prossimo dibattito che ci sarà in Parlamento si tenga conto delle cose che una Regione impegnata in un dibattito come questo intende presentare come proposta? Ecco, questa sì comincia a essere una cosa che non è soltanto una mozione, o un ordine del giorno. Questi incontri che sono sempre stati rivendicati, richiesti come un modo nuovo di avere un rapporto fra le Regioni in Parlamento e l'esecutivo, se c'è un'occasione per averli in tempi brevi è questa e non soltanto attraverso i canali normali, ordinari delle consultazioni fra le Regioni che poi presentano un documento di cui normalmente il Governo non tiene affatto conto, no, se vogliamo dare un significato, un rilievo politico particolare a ciò che andiamo discutendo, alle conclusioni cui arriveremo, allora ci sia un'iniziativa della Regione Piemonte promozionale in questa direzione per intervenire nel dibattito parlamentare che ci sarà e a cui il Governo non potrà sfuggire, per fare in modo che la pressione, se sarà unitaria sarà tanto più meritoria ed efficace.
E basterà questo? La consapevolezza delle forze che qui sono presenti deve arrivare al punto di capire che le cose sono così serie che se un Governo, un esecutivo non tenesse conto di quelle richieste che alla fine definiremo, dobbiamo avere il coraggio di schierare le Regioni all'opposizione, ma di schierarle non attraverso i partiti politici che già sono all'opposizione, Dotti ha detto: capisco l'atteggiamento di Gandolfi che è coerente, per quanto riguarda le tariffe dei trasporti, con l'orientamento del Governo, è una cosa che dovrebbe essere ovvia; ma se fosse ovvio ciò che dice il Presidente della Giunta e se fosse condiviso da tutti ciò che lui dice, la conclusione sarebbe una sola: o il Governo fa quello che noi alla fine diremo, oppure dà le dimissioni. La coerenza bisognerebbe vederla in due sensi.



OBERTO Gianni, Presidente della Giunta Regionale

Non mi accolli poi la colpa di una caduta di Governo!



SANLORENZO Dino

Presidente, qui il problema è che i Gruppi politici che sono in questa assemblea prendano coscienza che determinate proposte, determinate richieste comportano anche determinate assunzioni di responsabilità. E badi che io dico questo non perché mi prefigga o solleciti la caduta di questo Governo, io sollecito la presa di coscienza del fatto che certe cose vanno fatte immediatamente, da questo o da altri governi. Voi capite bene che un Partito all'opposizione come il nostro può avere tutti i sensi di responsabilità di questo modo, ma i sensi di responsabilità vanno commisurati alle cose che si dicono e a quelle che si fanno e se ha coscienza l'opposizione, vi rendete conto di quale coscienza possiamo imputare a quelli che hanno la maggioranza qui e al Governo? Detto questo sulle questioni di carattere generale contenute nella relazione del Presidente, qui c'è un altro rilievo critico da fare e cioè che mentre la richiesta che viene presentata al Governo, ancorché sia da verificare, da accogliere, è tuttavia demandata ad altri, mentre noi non possiamo sfuggire al fatto che invece ciò che comporta la responsabilità e l'assunzione di iniziative concrete da parte della Giunta si è mosso in una direzione alquanto differente nel recente passato da ciò che viene rivendicato al Governo centrale. Perché, è già stato detto stamattina in modo molto preciso dai miei compagni, per quanto riguarda i trasporti, il prezzo del latte, il prezzo del pane e della pasta o c'è stato un silenzio o c'è stata una vacanza di responsabilità, o c'è stata un'assunzione di responsabilità in direzione opposta alla politica economica che voi rivendicate al Governo, ma c'è stato soprattutto un ritardo fra le cose che vi siete impegnati a fare, non adesso, ma sei mesi or sono e cioè il Comitato di controllo sui prezzi, che pure compariva fra i primi impegni della Giunta, e che non potete spiegare soltanto con un dato tecnico, il dato tecnico ci sarà, certamente, noi siamo i primi ad avvertire la indispensabilità di avere gli strumenti a disposizione per attuare poi una politica, ma occorre costituire quel tipo di comitato che la Giunta aveva detto di voler costituire.
Io ho qui sotto gli occhi, e ve la risparmio, la dizione precisa del Presidente Oberto nella sua relazione, prendeva persino l'esempio della Lombardia, ma quella è una Regione dubbia perché sovente dice le cose e poi non le fa; gli portai invece l'esempio di Regioni che normalmente le cose le dicono e le fanno e allora mi disse: "In riferimento a questo dibattito nel corso degli incontri con gli Assessori competenti, in base a quanto posto in essere e sin qui sviluppato dalla Regione Lombardia, la Giunta si propone di dare vita ad un Comitato di iniziativa regionale in cui dovrebbero essere rappresentati gli Enti locali, i sindacati dei lavoratori, le organizzazioni dei commercianti con particolare riguardo alle forme associazionistiche, le cooperative di produzione e di consumo l'Unione delle Camere di commercio, le rappresentanze industriali". E c'erano tutti i punti di cui si doveva occupare questo comitato. Io vorrei capire perché non si è fatto.
Questo discorso io lo faccio a lei signor Presidente della Giunta perché ci comprendiamo molto bene, lo faccio all'Assessore Conti col quale ci comprendiamo altrettanto bene, perché alla fine di questo dibattito non possiamo dire facciamo il Comitato dopo che abbiamo studiato, no prima facciamo il comitato e poi studiamo assieme che cose c'è da fare. Le idee erano chiare sei mesi fa su quello che il Comitato doveva fare e qui ce n'è una pagina, ma ve la risparmio perché le cose mi paiono sufficientemente chiare dette nella normale lingua italiana dal Consigliere Raschio quando indica i problemi di carattere generale e particolare. C'è una serie di Regioni che si muovono in questa direzione e le consulte regionali sui prezzi le fanno, allora a questo punto si fanno le consulte e poi si discute come camminare, come procedere, come andare avanti. Se volete qualche indicazione di lavoro immediato una volta che la consulta è stata costituita, possiamo offrirvele.
Chi impedisce a una consulta di questo genere, presieduta autorevolmente dalla Giunta, di convocare i comitati prezzi del Piemonte che hanno operato in modo così difforme per esempio sul prezzo della pasta per chiedere loro conto del perché hanno operato in quella maniera? Ci raccontino il perché a Torino si sono comportati in un modo, a Cuneo in un altro, a Vercelli in un altro, con esiti assai differenti perché in qualche provincia la pasta è aumentata e poi è stato cambiato il prezzo, in qualche altra provincia la pasta non è aumentata ma è sparita; ci raccontino qual è stata la loro esperienza di lavoro da quando c'era il blocco dei prezzi ad ora che il blocco dei prezzi non c'è più; ci dicano quali sono le insufficienze che hanno riscontrato e che possiamo anche colmare. Abbiamo pochi funzionari, 1500, ma chi l'ha detto che non dobbiamo avere la fantasia sufficiente e necessaria per inventare delle forme che permettano all'apparato della Regione di dare dei contributi ad altri apparati dello Stato se per caso manca qualcosa? Siamo carenti noi, lo sappiamo, tuttavia non è detto che sia sempre e soltanto un problema di quantità, è un problema di idee, di conoscenza. Per esempio, la faccenda del prezzo della pasta non è vero che è venuta fuori casualmente, è venuta fuori quando attraverso uno spiraglio di partecipazione democratica, una di queste persone che sapeva le cose, ha potuto esibire il listino che gli industriali presentavano e con il quale cercavano di giustificare l'aumento. E' soltanto per il fatto che questi particolari sono venuti alla luce che si è potuto scoprire che vi erano due elementi speculativi ed è soltanto perché si sono conosciuti questi elementi speculativi che il prezzo imposto dal prefetto di Torino ha potuto essere cambiato.
Ma questo è stato un caso. Ma credete forse che in Piemonte non ci siano gli imboscamenti di materie prime, di approvvigionamenti forzosi coloro che fanno i furbi? In Piemonte è l'alfa e l'omega di tutto, abbiamo visto anche in queste settimane, i furbi si nascondono dietro le trame nere, di tutti i colori, qui il problema è di un controllo democratico ma dobbiamo creare gli strumenti per chiamare tutta la popolazione e tutte le forze responsabili, i commercianti, i rappresentanti delle organizzazioni dei commercianti e degli artigiani che sanno le cose e che possono dirle nei comitati prezzi sovente non ci sono perché vengono discriminati, non c'è soltanto il fatto che i comitati prezzi sono fatti in una maniera tale per cui non funzionano, non hanno gli strumenti, non hanno la volontà politica che li sorregge, si potrebbe dire per i comitati prezzi quello che ha detto recentemente Taviani per le trame nere. Ma il problema è anche un altro e cioè che sovente nella scelta dei partecipanti auditivi con poteri consultivi nei comitati, vengono discriminati quelli che invece le cose le sanno. C'è un nome che sta diventando famoso in Piemonte, Freiser naturalmente è un comunista e tutte le volte che c'è un elemento di speculazione salta fuori e dice dove sta la speculazione, la documenta e poi ha ragione, il fatto è che ha anche ragione.
Voi credete che non ce ne siano tanti in tutte le province che le cose le sanno? Ci sono persino i prefetti che le sanno, bisognerebbe sapere se il Governo per esempio ha chiesto ai prefetti un bilancio dell'andamento del controllo sui prezzi. Io sono convinto di no perché ho parlato con un prefetto del Piemonte il quale, come è successo ad un ambasciatore di una grande repubblica (grande perché ha delle grandi idee) recentemente, trova ormai più comodo parlare con i rappresentanti comunisti che con il Governo perché il Governo non si preoccupa nemmeno di chiedere ai suoi funzionari a coloro che lo rappresentano nelle province, qual è l'esperienza, quali sono le difficoltà. Questa gente non ha neanche gli strumenti per fare un controllo, però se c'è la volontà politica qualche cosa arriva per cui l'elenco dei grossisti che ci sono in Piemonte i prefetti (quelli che volevano farlo) l'hanno fatto, l'elenco dei posti dove è possibile che siano imboscate le merci (quelle che volevano farlo) l'hanno fatto. Poi si arrestano perché non c'è la spinta a fare certe cose. Ma è il prefetto che prende l'iniziativa di fare questo? L'autorità politica può spingerli a farlo, il controllo democratico può aiutarli a farlo, possono sentirsi sorretti dalla volontà del popolo piemontese di fare pulizia di tutte le speculazioni, di coloro che speculano sulla miseria della povera gente e su una situazione di questo genere. Ci può essere tutto questo e la fantasia politica vuol dire anche questo. Questo comitato che nascerà per il momento sarà fatto di gente che ha assai pochi poteri giuridici, quasi nessuno deve rivendicare la riforma del sistema del CIP nazionale e locale come ha detto il Presidente, ma intanto lavora a tenere queste riunioni anche nelle province attraverso un sistema partecipativo, collaborativo che non discrimina nessuno. Qui da discriminare ci sono solo il parassismo e la speculazione, coloro che producono e coloro che consumano, coltivatori diretti, consumatori e commercianti devono essere portati su una stessa piattaforma; la discriminante è la speculazione, è il parassismo, ma lì si colpisce, lì c'è la galera, bisogna che vadano a finire dentro, un miliardario c'è andato, la storia d'Italia era soltanto piena di braccianti e di operai che andavano a finire in galera tutte le volte che c'era qualcosa, adesso è andato un miliardario, chissà che non cominci ad andare qualcun altro, anche quelli che non sono miliardari, ma soltanto con alcune centinaia di milioni, ce ne sono tanti anche in Piemonte; senza questa pulizia non si cambia modo di governare, né si fa fronte alla situazione dell'inflazione, non si modifica niente perché ad un certo punto le parole volano e quando si devono colpire gli interessi tutto si ferma, tutto si arena se non ci sono la partecipazione ed il controllo democratico di tutte le forze interessate. E' chiaro che la scappatoia c'è sempre per sfuggire per addormentare una coscienza, per fare in modo che non si svegli e che quella che si è svegliata si riaddormenti con sistemi persuasivi e anche non persuasivi perché ormai viviamo in un momento in cui chi sa e sa troppo l'ammazzano, non ci sono querele, denunce, no, c'è chi si preoccupa di accopparla la gente quando sa troppo, abbiamo cinque anni di storia alle spalle che lo dicono.
Lei avrà visto come il nostro Gruppo si è atteggiato in questo dibattito, gli interventi su questioni specifiche e precise: il controllo dei prezzi e il comitato. Vogliamo il comitato, se qualcuno non lo avesse ancora capito vogliamo il comitato presto, lo vogliamo entro martedì, se non è proprio possibile martedì, mercoledì, ma non fra un mese perché la situazione è quella che è l'abbiamo individuata tutti e dobbiamo intervenire. Noi lo proponiamo, se non siamo d'accordo diciamolo, ma la contrapposizione sia netta, frontale, senza ambiguità, non andiamo a cercare consensi qualsiasi, andiamo a cercare chiarezza e decisione.
Fra le proposte che la Giunta ha avanzato e che concernono le forme di intervento che si propone di operare, ce ne sono quattro: la definizione dei meccanismi finanziari per dare attuazione alle leggi regionali per il credito agevolato; il potenziamento della spesa nel settore dei lavori pubblici; l'intensità degli interventi che si possono prevedere con una funzione pilota nel campo dell'edilizia; l'intervento per i pensionati, per i settori dei lavoratori e dei cittadini a reddito più basso.
Io vorrei soffermarmi, per essere coerente con le cose che ho detto prima, in modo specifico sulla questione del credito e su ciò che possiamo fare in questo campo.
Quando il Consiglio andò in ferie, noi ci lasciammo, se non erro, con questa situazione: una chiarezza sui residui passivi che la Regione Piemonte aveva e anche sui meccanismi che c'erano dietro; il riconoscimento della necessità di un rapporto ravvicinato della Regione con le banche; una richiesta e persino l'attuazione di un alleviamento dei tassi di interesse sui depositi della Regione presso queste banche (la Giunta ci annunci infatti che era riuscita ad avere dei tassi più elevati); una consapevolezza generale che la stretta creditizia andava affrontata immediatamente, con iniziative che partissero anche dalla Regione Piemonte ben consapevoli della limitatezza degli strumenti che avevamo nelle mani.
Non solo, ma abbiamo anche constatato allora e abbiamo continuato a constatare nelle settimane che sono venute dopo: 1) che le banche avevano fatto affari sui nostri residui passivi dandoci degli interessi dell'8% mentre prestavano in giro i soldi al 20 per molti mesi prima che intervenissimo qui e persino in Lombardia dove appunto come avevo già detto una volta, Giordano dell'Alore, più furbo ancora dei banchieri piemontesi, aveva trovato il modo di addormentare la Regione Lombardia per non farsi accorgere che ogni giorno che passava accumulava un po' di milioncini di interessi non elevando mai il tasso sui depositi passivi, se ne sono accorti in ritardo pure loro nella regione di Bassetti e sono poi riusciti a passare dal 5% all'8 2) che una serie di leggi regionali erano ferme nella loro attuazione perché le convenzioni con le banche si erano concluse negativamente.
L'Assessore Paganelli ci disse: "Non è vero che non abbiamo intavolato delle trattative con le banche, le abbiamo intavolate ma si sono concluse negativamente perché i prestiti a tasso agevolato in agricoltura erano bloccati e perché per l'artigianato dicevamo di non poter prestare dei soldi a un tasso inferiore a quello che riconoscevano agli altri altrimenti ci rimettevano".



PAGANELLI Ettore, Assessore alle finanze e patrimonio

Nei limiti della nostra legge.



SANLORENZO Dino

Nei limiti della nostra legge.
Ora dobbiamo fare il punto per vedere se siamo d'accordo. La prima questione è che gran parte delle cose che dicono le banche sono storie, noi dovremmo essere convinti di questo altrimenti non traiamo nemmeno fra di noi la forza sufficiente per fare le cose che dobbiamo fare; le banche hanno fatto un sacco di affari in questi mesi e non è affatto vero che siano prive di fondi, le banche hanno la liquidità, la usano in parte concedono dei prestiti al 20, solo che li concedono con un certo criterio fanno una certa politica, per esempio li concedono a coloro che hanno enormi garanzie e che chiedono grossi prestiti, non a quelli che chiedono i 10/15 milioni, non all'artigiano, non al piccolo operatore, vengono persino a dire che non sono disposti a fare gli accordi con la Regione perché un ente che fa delle leggi a vantaggio di piccoli operatori e queste piccole operazioni di banca costano care, costando care non si può fare in maniera che il tasso sia ridotto; sarebbero invece molto interessate a fare delle operazioni con gente che chiede 150/200 milioni, i costi sono più ridotti e gli interessi sono migliori per loro. Lo so anch'io che questa è una politica bancaria, si tratta di vedere se è nell'interesse generale della Regione Piemonte in una situazione come questa oppure no. E poi si tratta anche di vedere se è possibile che la gente faccia tutto questo senza nessun controllo pubblico. E qui c'è un problema che dobbiamo esaminare perché le banche con cui abbiamo dei rapporti, San Paolo, Banca Popolare di Novara, Cassa di Risparmio, sono in generale degli enti di diritto pubblico con consigli di amministrazione in cui sono presenti anche le forze politiche.
Allora io voglio chiarire una volta per sempre chi è che dirige la politica economica italiana. Se lo chiedo al Consigliere Nesi so già che cosa mi risponde: "Ma lo scopri adesso che non è il ministro del Tesoro ma Carli?". Però nei consigli di amministrazione di queste banche ci sono anche le forze politiche, allora il confronto sulla politica bancaria in Piemonte si fa soltanto fra la Giunta Regionale e le banche di modo che queste si sentono in dovere di rispondere soltanto a una parte delle forze politiche del Piemonte che esprimono una certa maggioranza e non tutta la comunità regionale, oppure sentono il peso di dover dare un rendiconto di quello che fanno e non fanno a tutta la comunità regionale. Se andate in fondo alla questione vedete che c'è un punto che chiarisce la prospettiva di nuovi rapporti fra le varie forze politiche, al di là delle chiacchiere sugli inserimenti comunisti al Governo. Il problema in sostanza è questo: se la Commissione programmazione e bilancio, assieme alla Giunta Regionale convoca una riunione con gli istituti bancari e il confronto avviene non solo fra la Giunta e le banche, ma fra la Giunta, le banche, le forze di opposizione e le forze economiche sociali della regione, non so se è tanto facile continuare la politica che si è fatta fino adesso e se non si riesce a sbloccare quello che fino a questo punto la Giunta non è riuscita a sbloccare.
Il Presidente della Giunta ci dice che Paganelli continua i contatti con le banche, io ho l'impressione che continuerà i contatti e le banche faranno quello che hanno sempre fatto, non si spaventano di Paganelli, io non so nemmeno se si spaventano di tutta la comunità regionale, non si spaventano neanche dei ministri, dei governi. Bisogna fare in maniera che la pressione che si esercita su questa politica sia tutta quella che si pu esercitare e che il controllo su questa politica venga fatto per tutti quelli che sono portatori di interessi generali, non di interessi settoriali e particolari.
Ecco il significato che in fondo presiede alla nostra proposta di controllo sui prezzi e alla proposta di convocazione immediata alla I Commissione per esaminare assieme la politica del credito. Chi l'ha detto che i banchieri hanno sempre ragione? Alcuni crac recenti dimostrano che a Torino, in Italia e all'estero le banche falliscono anche, persone che avevano la nomea di essere dei maghi della finanza si ritrovano da un giorno all'altro, come Sindona, non dico a pagare perché il problema è lì Nicola Adelfi sulla Stampa di questi giorni ha fatto un ragionamento che bisognerebbe inquadrare: diceva che i poveri in Italia sono benedetti perché i risparmiatori è vero che prendono solo il 6% se mettono i loro depositi sui libretti bancari, però la storia ci insegna che i poveri non si suicidano mai, mentre i ricchi (ce lo insegna il 1929) ogni tanto si buttano dalla finestra, io in Italia di gente che si sia buttata dalla finestra perché ha messo in crisi la banca non ne ho mai vista, normalmente diventano ministri, qualche volta possono sperare di diventare Presidente della Repubblica.
Il comportamento storico della classe dirigente italiana a questo proposito non ha nessun riferimento con qualche decina di episodi che pure nel '29 sono successi. Ma ancorché questo sia un fatto che sta succedendo sotto i nostri occhi, il problema è un altro, noi non vogliamo mica che faccia crac nessuno, intanto vogliamo evitare che facciano crac gli Enti locali, i Comuni, la Regione e lo Stato italiano, questo ci preoccupa sommamente, se poi qualcuno fa crac perché dopo aver rubato per tanti anni non riesce più a rubare ancora, l'unica cosa che posso auspicare è che vada a finire, giustamente, nelle patrie galere.
Detto questo il problema è di esercitare questa forma di controllo tempestivamente a breve periodo. La questione in ballo attraverso la politica delle banche, sono tante, ma ce n'è una che passa davanti a tutte ed è quella dell'edilizia. Qui abbiamo un giudizio diciamo pure universale circa il fatto che siamo in presenza di un blocco totale dell'esecuzione delle opere pubbliche (scuole, fognature, acquedotti, attrezzature ricreative, culturali, sportive) sia quelle finanziate dallo Stato, sia quelle finanziate dalla Regione o eseguite direttamente dal Comuni. Siamo alla paralisi e siamo al fermo anche rispetto ai soldi che abbiamo, non a quelli che rivendichiamo al Governo, lo avete visto, abbiamo fornito a tutti i Consiglieri la documentazione dello stato del lavoro, della distribuzione degli appalti, di quei 63 miliardi famosi che il Governo ci diede e che avrebbero potuto mettere in moto tutta una serie di lavori pubblici e che in realtà sono in gran parte fermi. Il blocco del credito ha frenato l'appalto di decine di miliardi di lavoro e non per opere voluttuarie, perché sono tutte opere sociali, quelle che a parole tutti quanti diciamo di volere, cioè consumi sociali di tipo diverso.
C'è stato un enorme aumento dei prezzi nel settore delle costruzioni quasi del cento per cento dal settembre del '72 al '74 e naturalmente questo ha reso impossibile l'appalto di tutta una serie di opere perch sono cambiati radicalmente i termini di giudizio sulle opere stesse. Qui è detto prima di tutto che la Giunta vuole concentrare l'attenzione su questa questione, però io dico che siamo in ritardo. Che cosa vuol dire concentrare l'attenzione? Noi auspichiamo che significhi da una parte premere sul Governo perché sia finita la politica del blocco indiscriminato, ma dall'altra occorre che la Regione promuova leggi regionali, leggi proprie per la concentrazione degli investimenti, per la modifica del meccanismo di questi investimenti, per giungere all'appalto immediato di quelle opere per le quali il progetto è pronto e l'area espropriata e per accelerare tutte le procedure di approvazione, di appalto, di esecuzione, di pagamento dei lavori. Bisogna abolire tutti i controlli durante l'iter delle pratiche, limitandoli alle opere eseguite e accelerando l'accreditamento agli enti pubblici degli importi necessari ad eseguirle per alleggerire il peso di anticipazioni insopportabili oggi da parte degli operatori del settore. La stessa iniziativa devono assumere i Comuni e Province e noi dobbiamo assumere un ruolo promozionale non direttivo, non attraverso circolari, anche qui attuando il principio della partecipazione che dobbiamo ricercare, meno riunioni su altre cose, meno circolari ai Comitati di controllo e più riunioni con i Comuni e le Province per vedere assieme a loro quali misure e quali progetti di legge la Regione Piemonte può presentare per accelerare questi iter, per sbloccare queste situazioni che altrimenti nessuno sblocca, nemmeno le leggi nazionali. C'è tutta una battaglia da fare in questo campo, ma anche qui dobbiamo conquistarci lo spazio della nostra autonomia attraverso una decisione concreta, anche qui occorre la fantasia politica.
Su questo terreno la Giunta Regionale piemontese non è molto fantasiosa, è carente, assente, c'è uno sforzo dell'Assessorato di rafforzare gli apparati interni per accelerare l'iter dell'approvazione dei progetti urbanistici, ma questo non risolve il problema, non si risolve portando altri dieci architetti, ingegneri più bravi di quelli che abbiamo per avere più gente che controlli. Bisogna invece modificare il sistema dei controlli, bisogna accelerare, snellire, rendere più sollecito tutto questo e qui ci vuole una fantasia politica che altre Regioni dimostrano di avere perché ci sono già delle Regioni che hanno presentato tutto questo; copiamo pure dagli altri, per certe cose, perché siamo noi all'avanguardia, per altre andiamo a vedere quelli che hanno fatto meglio di noi, andiamoli a cercare. Chi ha detto che le Regioni non devono cercare l'immediata circolazione delle idee sulle cose che funzionano? L'edilizia è di eccezionale importanza anche perché i giornali di questi giorni ci dicono che cosa può succedere a Torino, che cosa è già successo a Roma, una cosa non costa solo soldi, adesso costa vite umane, la guerra fra i poveri che si è avuta in questi giorni a Roma ci dice qualcosa che sapevamo già, che abbiamo già denunciato come un'ipotesi negativa, ma che abbiamo visto puntualmente verificarsi; e le parole che si sono accompagnate in questi giorni al morto di Roma, sono significative di che cosa sul piano politico può esserci dietro a tutto questo, perché boia chi molla è comparso a Roma durante questo tipo di lotta, come era comparso a Reggio Calabria. E badate che quando noi proponiamo e portiamo avanti, come Regione Piemonte (ecco un campo dove siamo all'avanguardia) l'indagine sulle trame nere, non è che pensiamo soltanto ai brigatisti neri provocatori, no, questi sappiamo che cosa sono nello schieramento politico italiano, il loro grado di pericolosità, ma coloro che imboscano le scorte di grano, il petrolio, il combustibile, coloro che hanno creato le condizioni perché la povera gente si sparasse fra di loro per andare alla ricerca di un alloggio, coloro che hanno creato le situazioni descritte dalla stampa delle 300 o 400 persone che andavano ad aspettare che il sorteggio finalmente gli desse quell'alloggio che aspettavano da anni coloro che hanno attizzato, coltivato e mantengono in piedi il sottogoverno, coloro che accendono la disperazione senza sbocchi, costoro sono brigatisti neri di prima qualità, costoro sono da individuare, da colpire come e quanto i manovali della provocazione nera. Allora c'è un nesso profondo tra l'iniziativa che la Regione Piemonte ha assunto in questo campo e la coerenza con cui deve impegnarsi a battersi per superare queste situazioni, per impedire che si creino, per sbloccarle quando si sono create perché poi fare appello ai sindacati perché dirigano sempre tutto, ogni sorta di protesta e la contengano e la rendano democratica e la mantengano democratica quando non c'è un impegno puntuale, tempestivo nel rimuovere le cause che generano questa esasperazione, allora diventa impossibile per chiunque. E sia ben chiaro, non c'è nessuna forza politica di sinistra che accetti di fare una parte di questo genere, non siamo n incendiari né pompieri, vogliamo dirigere un processo di rinnovamento democratico del nostro paese che porti a dei risultati che da anni il popolo italiano chiede e che non vengono ottenuti.
Io ho finito e mi scuso per la lunghezza dell'intervento.
Tutto sommato il senso delle proposte che avanziamo è quello di un controllo democratico (controllo democratico può essere definito ciò che unisce ogni sorta di nostre proposte) controllo democratico che le notizie di oggi sui giornali rendono necessario e angoscioso: ci siamo occupati in parecchie occasioni della vicenda della Montedison, quello che è successo ieri alla Montedison è una cosa che se un giovane conoscesse i meccanismi che ci sono dietro lo sforzo per mantenerlo in una prospettiva democratica dovremmo farlo noi comunisti, perché è uno degli scandali più vergognosi, è un insulto alla politica creditizia che viene detta e non fatta e la cui oggettività viene proclamata e poi mentre vengono dette tutte queste cose mentre gente come il Ministro del Tesoro si paluda come uomo responsabile che si preoccupa di tutto, mentre la classe politica si preoccupa di niente, mentre questa gente che dovrebbe controllare tutto non controlla sì, controlla i consumi della povera gente ma li controlla nel senso di renderli più gravi, si lascia che si compia una speculazione, un'iniziativa di 80/90 miliardi (non è nemmeno valuta straniera che ritorna in Italia perché probabilmente è valuta italiana uscita dall'Italia andata all'estero, che rientra in Italia come valuta italiana). C'è un grosso personaggio che copre tutto questo, un grande colosso dell'economia italiana si privatizza sempre di più, benché a suo tempo si parlasse di fare tutt'altre cose. Si fa la discussione dei due, tre miliardi che non ci sono, delle banche che non hanno liquidità, dell'impossibilità di aprire il credito mentre 80/90 miliardi vengono sottratti a qualsiasi controllo pubblico con una operazione di cui i giornali danno notizia, i giornali non il Parlamento che aveva una commissione d'indagine sulla Montedison non il Governo che lo annuncia, magari per dire che non è d'accordo, che ha fatto tutto il possibile per fare il contrario, sono i giornali, tu apri il giornale al mattino e ti trovi che un colosso dell'economia italiana ha cambiato natura, struttura, proprietario perché qualcuno è stato furbo e ha fatto quello che voleva.
Io ho voluto finire richiamando questo elemento di gravità per dire ancora alla Giunta, prima di concludere il dibattito, prima di preparare la mozione cui vogliamo dare il nostro contributo nel dissenso e nell'assenso su ciò che si può assentire e dissentire, di avvertire fino in fondo a questo dibattito il tono, la tensione ideale e morale che abbiamo voluto portare, consapevoli che abbiamo un collegamento, se decidiamo cose giuste con una comunità regionale e non è poca cosa; adesso che stiamo approntandoci ad imboccare l'ultima fase della vita della Regione, occorre recuperare, accrescere questo legame con la popolazione piemontese e fare quindi della Regione la cosa viva che abbiamo voluto tutti, abbiamo sognato tutti, che però dobbiamo ancora compiere e che in questi giorni è alla prova, una prova importante.



PRESIDENTE

La parola al Consigliere Vera.



VERA Fernando

Giustamente si sono voluti unire in questo dibattito alcuni argomenti: prezzi, situazioni occupazionale, tariffe dei trasporti (che poi è soltanto uno degli aspetti del problema generale delle tariffe di alcuni servizi pubblici). Questo dibattito a sua volta si colloca nel quadro più generale della situazione estremamente critica dell'economia italiana nell'anno 1974.
Sui problemi dell'occupazione dobbiamo onestamente dare atto al Presidente Oberto e all'Assessore al lavoro Conti di una attività che va al di là dei compiti, dei poteri, direi delle capacità dell'Ente Regione nei confronti di situazioni che escono assolutamente dalla sfera dei poteri regionali, attività che ha permesso risultati se non miracolistici certamente estremamente positivi, quale quello che ha portato alla soluzione della vicenda Moncenisio.
E' impressione di tutti che nei prossimi mesi questo tipo di attività non soltanto continuerà ad essere richiesta (ricordo che il Collega Calsolaro quando si era parlato della Moncenisio aveva detto che si augurava che quella fosse l'ultima volta che il Consiglio Regionale era chiamato ad occuparsi di vicende di tal genere), ma si richiederà al Presidente Oberto ed all'Assessore Conti un maggiore impiego di tempo, di pazienza e di laboriose trattative con gli organi romani nei confronti di situazioni che purtroppo vediamo già profilarsi nell'imminenza dell'inverno, sull'occupazione nella nostra regione. A questo proposito ho sentito stamane una elencazione di situazioni fatta dal Presidente e vorrei richiamarne una che non so se sia a cognizione del Presidente e dell'Assessore, ma che giustamente preoccupa le popolazioni del vercellese ed in particolare i lavoratori coinvolti: quella della Società pettinature lane Vercelli. Si parla di licenziamenti massicci e, cosa particolarmente grave, senza possibilità di ricorso alla cassa integrazione, per cui questi lavoratori si troverebbero sul lastrico. E' una situazione che si inquadra in quella occupazionale del vercellese dove già c'è stato il caso Gaini dove c'è la crisi della Montefibre per cui ritengo che un intervento della Regione presso il Governo sia particolarmente urgente e pressante per evitare, se possibile, la chiusura dello stabilimento ed il licenziamento dei dipendenti o perché quanto meno essi usufruiscano dei benefici della legge 11.115, cioè della possibilità di ricorso alla Cassa integrazione. Io ho avuto delle sollecitazioni in questo senso da parte di lavoratori di questa azienda e di personalità del vercellese, richiamerei quindi l'attenzione del Presidente e dell'Assessore affinché intervengano immediatamente, organizzando un incontro con le organizzazioni sindacali e con i lavoratori e programmare al più presto un contatto con il Governo.
Il problema occupazionale, che minaccia migliaia e migliaia di lavoratori, è poi indubbiamente aggravato dall'aumento del costo della vita.
Quali iniziative possa prendere la Regione nei confronti di un meccanismo distributivo che logicamente (dico "logicamente" non perch approvi questa logica, ma nel senso che è una logica che esiste) tende a ricavare il massimo di redditività della attività distributiva, è difficile dire; il mio parere personale è che dei procedimenti coattivi che tendano a calmierare i prezzi imponendo e ai distributori e ai produttori di evitare degli aumenti, appare di dubbio risultato, lo dimostrano le vicende recenti della pasta alimentare, ma soprattutto le dimostra la storia, e quelli che come me hanno avuto la sfortuna di nascere parecchio prima della seconda guerra mondiale ricordano che anche un regime come quello fascista, che disponeva di strumenti coattivi di cui evidentemente una democrazia non dispone, non era riuscito ad attuare un sistema annonario, scontrandosi con delle forme di accaparramento, di mercato nero che rientrano nelle norme di comportamento umano che a loro volta diventano leggi economiche. Quindi l'intervento che si può richiedere allo Stato e che si richiede agli enti pubblici è di altro tipo, è un intervento che deve incidere direttamente sul meccanismo distributivo attraverso una partecipazione di questi enti attraverso delle iniziative che accantonino ed emarginino la grossa speculazione, evitando nello stesso tempo accanto a speculazioni economiche, speculazioni politiche, portino gli Enti locali ad essere loro stessi strumenti di distribuzione almeno per alcuni settori merceologici che sono poi quelli che maggiormente incidono sul bilancio della povera gente e che rappresentano veramente dei generi di vita e di sopravvivenza per i lavoratori e per i pensionati che sono le categorie economicamente più deboli.
E' indubbio che in questo discorso si inserisce anche quello delle tariffe dei servizi pubblici, quali quello dei trasporti, dell'energia elettrica, dell'acqua, del gas, ecc.
La misura che la Regione Piemonte ha preso nel quadro di decisioni governative che mirano a coordinare il problema delle tariffe dei servizi in tutta l'Italia, non è - e io l'ho detto anche nella riunione della II Commissione dell'altro giorno - una misura che possa entusiasmare, che si possa assumere a cuor leggero, è una di quelle misure che preoccupano, che pongono dei problemi di coscienza (quindi capisco i dubbi e le perplessità) perché vengono ad incidere soprattutto sui settori più deboli delle popolazioni, lavoratori e pensionati che sono poi quelli che prevalentemente utilizzano di questi servizi e che hanno meno possibilità di affrontare degli aumenti.
Questo discorso vale per le tariffe dei trasporti, ma si può fare per un'infinità di altre cose che vanno dall'energia elettrica, al gas, a tutta una serie di elementi che sono parte di una situazione economica che deve essere affrontata; e se si parla addirittura di gratuità non si vede perch questa debba essere limitata ai trasporti e non estesa a numerosi altri settori.
Noi chiamiamo in questo momento la popolazione italiana a fare dei sacrifici che però ricadono soprattutto sulla classe lavoratrice. A mio parere è importante che a questi sacrifici siano chiamate anche altre categorie di popolazione, quelle più privilegiate, altrimenti veramente attueremmo una discriminazione nei confronti dei lavoratori e ad essi soli faremmo pagare il peso della tragedia economico - sociale che attraversa oggi il Paese.
Occorre non dimenticare poi la situazione delle aziende di trasporto visto che parliamo di questo problema, situazione che è giunta veramente al suo momento più tragico, anche se seguendo una china che è incominciata non da oggi, ma da almeno 10/15 anni e alla quale non è certamente estraneo, lo si deve onestamente riconoscere (anche se vi sono fattori estranei quale può essere l'aumento del costo del carburante) un sistema corporativo di gestione delle aziende municipalizzate. Alla colpa (se vogliamo chiamarla così) di alcune delle organizzazioni sindacali, si accompagna una colpa assai più grande degli amministratori: sistema corporativo, costume corporativo di gestione di queste aziende che si è esplicato attraverso alla creazione di situazioni privilegiate per cui il lavoratore di una azienda municipalizzata ha dei rapporti retributivi che vanno da uno a tre da uno a quattro, da uno a cinque, e che certamente non sono giustificati né dalla produttività, né dalla fatica lavorativa; sistema corporativo che si è esplicato poi attraverso assunzioni discriminate, forse non tanto nella nostra regione, ma certamente in altre dove è più massiccia la pressione clientelare; sistema corporativo che si è esplicato attraverso al meccanismo delle promozioni che a loro volta incidono sul costo totale delle retribuzioni del personale. Questo ha portato ad una situazione deficitaria non soltanto cronica, ma che è aumentata in misura geometrica in tutti questi anni e che fa sì che oggi, specialmente per le aziende municipalizzate, legate agli Enti locali, vi sia un aggravamento del deficit. Il caso ad esempio del comune di Torino, non è che sia di competenza nostra perché la decisione dell'Assessore riguarda soltanto le tariffe extra urbane e quindi le aziende che esplicano il servizio extra urbano e l'ATM di Torino lo fa in misura minima, comunque vediamo il caso del Comune di Torino dove il deficit enorme dell'azienda municipalizzata rischia di travolgere il bilancio della città con conseguenze che non sono soltanto di carattere formale perché sappiamo benissimo che una grave situazione di deficit (l'abbiamo visto nell'amministrazione provinciale di Torino) dell'ente locale comporta la rinuncia, l'abbandono di scelte di carattere sociale che stanno a cuore alle popolazioni molto di più forse di quella del trasporto pubblico.
Quindi la soluzione proposta dall'Assessore appare per quanto doloroso l'unica per ridare a queste aziende un po' d'ossigeno e per evitarne il completo tracollo. Non dobbiamo però dimenticare che questa soluzione rischia di essere soltanto una boccata d'ossigeno che tiene provvisoriamente in vita il malato, ma non lo salva definitivamente dalla morte se non si accompagna (mi pare però che vi si accompagni perch l'Assessore l'ha enunciato) ad un piano di razionalizzazione, di ristrutturazione del trasporto pubblico che però non deve trascurare quell'aspirazione alla pubblicizzazione che non significa riduzione dei deficit, dei costi, significa un corrispettivo in miglior servizio, in maggior riscontro alle esigenze di carattere sociale che deve rappresentare il contrappeso a un onere che noi addossiamo con l'aumento delle tariffe agli utenti ed ai lavoratori. Questi problemi che abbiamo esaminato dell'occupazione, dei prezzi, delle tariffe dei servizi pubblici si collocano in una situazione generale che nessuno di noi si illude sia facile da risolvere, una situazione generale veramente vicina alla tragedia. Si è discusso qui a lungo delle responsabilità di tutta la classe politica ed in particolare di quella che ha avuto al Governo del paese in questi anni, si è discusso molto meno dei rimedi e delle possibili soluzioni, anche perché mentre è facile indicare delle responsabilità, è assai più difficile indicare dei rimedi. L'Espresso parlava questa mattina di questa attesa miracolistica che esiste oggi nel paese verso le soluzioni che il Partito comunista, se chiamato a compartecipare al potere, potrebbe offrire alla classe dirigente. Queste soluzioni non si sa bene quali siano non sono emerse dalle dichiarazioni dei dirigenti del Partito comunista certamente non per colpa loro, non per mancanza di idee in merito, alla situazione, ma perché è una situazione difficile da vedere.
Certamente occorre fare qualcosa, altrimenti anche le iniziative che ricordava prima l'amico Sanlorenzo, estremamente valide che ha assunto la Regione nei confronti di una richiesta delle popolazioni piemontesi che tradizionalmente antifasciste, vedono con preoccupazione il risorgere di minoranze faziose fasciste, rischiano di essere inutili nel senso che correlativamente ad esse viene a mancare quell'antifascismo concreto reale, effettivo che esiste nel dimostrare alle popolazioni che la democrazia è in grado di affrontare e risolvere i problemi del nostro paese.
Non possiamo noi Regione Piemonte, se non in misura relativa, influire sulla politica nazionale, però per quanto ci riguarda, per quanto è nelle nostre competenze, esiste la possibilità di far sì che la nostra Regione che purtroppo è oggi nell'occhio del tifone per quanto riguarda il problema occupazionale, per quanto riguarda il problema della crisi economica, con un intervento da parte degli Enti locali che limiti le conseguenze della crisi economica, possa aiutare la nostra economia, la nostra società a riprendersi.



PRESIDENTE

Mi è stata richiesta in questo momento dal Gruppo socialista una sospensione di cinque minuti. Se il Consiglio concorda concedo cinque minuti di sospensione, non di più, per l'economia dei nostri lavori.
La seduta è sospesa.



(La seduta, sospesa alle ore 17,25, riprende alle ore 17,50)



PRESIDENTE

La seduta riprende.
E' iscritto a parlare il Consigliere Nesi, ne ha facoltà.



NESI Nerio

Signor Presidente, signori Consiglieri, chiedo scusa innanzi tutto a nome del Gruppo socialista se abbiamo avuto questa sospensione che non è durata poco, ma credo che i problemi che abbiamo di fronte e che sono stati già messi in luce dagli interventi che mi hanno preceduto comportino una tale somma di responsabilità per tutti noi, a qualunque livello parliamo e operiamo, che un momento di meditazione può essere stato utile. D'altra parte è quel momento di meditazione che anche il Consigliere Sanlorenzo ci proponeva, quando dopo un suo, come sempre, brillante, intervento, ha fatto la giusta considerazione che, proprio per la vastità dei problemi, non sembrava giusto a lui ed al Gruppo comunista che si potesse chiudere questa sera una discussione che deve vedere ancora molti, io penso, interventi e che deve dar luogo a delle decisioni. Perché è vero quello che molti hanno detto: la popolazione del Piemonte non si aspetta più dal Consiglio Regionale, così come dai Consigli comunali e provinciali, molte parole, ma soprattutto pochi fatti.
Io concordo con molte delle osservazioni che sono state fatte anche dal maggior partito di opposizione in relazione ad alcuni problemi di carattere generale che sono alla base della gravità della situazione italiana e che hanno fatto dichiarare l'Italia, dalla Commissione Economica Europea, il grande malato del nostro continente, che comportano dei fatti gravi anche per il nostro prestigio nazionale perché veniamo continuamente declassati anche nelle grandi assise monetarie del nostro continente, del mondo, a livelli ai quali non eravamo più abituati; noi ritenevamo, per la nostra consistenza e anche per la potenza economica raggiunta dal nostro Paese, di avere diritto di intervenire in tutte le assise monetarie del mondo, mentre abbiamo visto proprio in questi giorni che si sono riuniti cinque grandi paesi del mondo capitalistico ma l'Italia è stata accuratamente esclusa e poi chiamata all'ultimo momento, probabilmente più per sentire il parere tecnico di un membro della delegazione che per l'importanza che si dava a quello che diceva la nostra delegazione nel suo complesso.
Abbiamo visto l'Italia dover accettare un umiliante prestito della Germania Federale, un prestito che - consentitemi questa deformazione professionale - un banchiere non darebbe neanche ad una azienda in fallimento dichiarato, cioè un prestito garantito in oro nella misura dell'80%, in oro vero e reale, non carta, e cioè in lingotti d'oro, un prestito dalla durata di due anni, quando normalmente prestiti di questa natura hanno durata ben più lunga, quando si danno, per una piccola casetta, mutui ipotecari per 25 anni anche al più modesto dei mutuatari.
Questo che cosa vuol dire? Vuol dire che il mondo finanziario internazionale non ritiene più il nostro Paese solvibile e quindi chiede oro, cioè una garanzia incontestabile, per poterci dare una somma piccola relativamente all'ampiezza dei nostri problemi, e chiede che entro due anni la restituiamo, perché ritiene che entro due anni il problema italiano o si risolve definitivamente, o possa essere risolto soltanto in altro modo; e l'altro modo noi abbiamo coscienza quale può essere: un grande prestito nordamericano garantito da basi americane in Italia, quelle basi americane che un piccolo paese come la Grecia ha rifiutato e rifiuta.
Io credo che questi piccoli, questi impliciti fatti diano la misura del basso livello a cui la nostra patria (scusate se uso questa parola, ma credo che ogni tanto bisogna usarla) è giunta. Io penso che molti di noi debbano recitare il mea culpa, mea massima culpa per quello che è successo per dove abbiamo trascinato il nostro Paese con un sistema di sprechi, di inefficienza, quando abbiamo ritenuto che la democrazia fosse sinonimo di inefficienza.
Io colgo la critica durissima che faceva il maggiore giornale italiano alla classe dirigente, che ha confuso la democrazia con l'inefficienza quando l'efficienza deve essere la difesa maggiore del sistema democratico proprio perché il sistema stesso si difende dimostrando alla gente che è il migliore dei sistemi possibile.
Noi partiamo da queste situazioni quindi e noi, modesti Consiglieri regionali però rappresentanti della seconda Regione industriale d'Italia e di una delle maggiori Regioni d'Europa, abbiamo alcuni doveri da assolvere doveri che sono stati a mio parere giustamente identificati, anche se in alcuni punti si può non essere d'accordo.
L'intervento del Consigliere Sanlorenzo è stato molto significativo, mi pare che anche dal maggior Partito di opposizione emergono la necessità di discussione nei confronti delle proposte che ha fatto il Presidente della Giunta io credo responsabilmente; quanto queste proposte abbiano poi la capacità di essere portate a livello di Governo e come il Governo nazionale abbia la volontà politica di accoglierle, di farle sue, di tramutarle in atti concreti è il grande problema che abbiamo di fronte, un problema che introduce un elemento non di carattere regionale, ma di carattere nazionale che è stato giustamente messo in evidenza; se il Governo nazionale abbia la capacità, diviso com'è con tante ragioni di diffidenza nel suo interno, di recepire la grave situazione del paese, di farla propria e di promuovere dei fatti nuovi che la modifichino nella sostanza.
Qui si introduce un terzo elemento, che è quello del perché questo Governo che si trascina lentamente, di verifica in verifica, sta in piedi.
E allora bisogna dire che sta in piedi perché non ha un'alternativa reale e anche perché il maggior Partito di opposizione opera (l'ha detto giustamente e responsabilmente il Consigliere Sanlorenzo) non per farlo cadere, ma per costringere a fare delle cose che, per inefficienza, diciamo pure la verità (quello dell'Assessore De Mita, dobbiamo dirlo con estrema chiarezza, è un caso di inefficienza dichiarata) o per mancanza di volontà politica, non riesce a fare.
Io credo quindi che dobbiamo valutare le osservazioni e le proposte del Presidente della Giunta e vedere sulla base delle stesse che cosa si pu realmente fare. Quando il Presidente della Giunta osserva che occorre avere un collegamento con i meccanismi finanziari per attuare le leggi regionali egli sa, per la sua competenza, e per la sua esperienza, di dire una cosa di straordinaria difficoltà. Quando egli propone di cambiare il tipo di contribuzioni che hanno dato finora la Giunta ed il Consiglio Regionale attraverso alle leggi, da contribuzioni in conto interessi a contribuzioni in conto capitale, non importa essere degli esperti finanziari per sapere che questo vuol dire mettere in moto una massa monetaria di gran lunga minore. Però vuol dire anche, signor Presidente, a mio parere, l'unico mezzo per mettere in moto la macchina, perché finché deliberava dei contributi in conto interessi per mutui che il sistema bancario non concede e le nostre deliberazioni e le nostre leggi non servivano a nulla.
Il collega Sanlorenzo ha detto alcune cose interessanti sul sistema bancario. Io voglio ricordargli che in Italia avremmo una strada molto semplice; sarebbe quella di ordinare alla Zecca di premere quel famoso bottone (cosa facile per i sistemi meccanizzati che abbiamo; è una delle poche cose che funzionino) e di cominciare a stampare moltissimi biglietti da centomila. Ci sono esperienze in questo senso che ci inducono a ritenere che questa è l'ultima delle decisioni da prendere; credo che si debbano tentare tutti gli altri mezzi prima di dare questo ordine alla Banca d'Italia e alla Zecca.
Per rispondere ancora al Collega Sanlorenzo, desidero prendere ad esempio un grande Istituto bancario del Piemonte che conosco abbastanza questo Istituto ha 1600 miliardi di depositi, una cifra imponente. Dove sono questi 1600 miliardi dei risparmiatori piemontesi? Soltanto due cifre circa 800 miliardi sono impiegati in obbligazioni che le autorità monetarie centrali nelle loro valutazioni globali delle necessità del Paese, hanno indotto questo istituto a sottoscrivere ed il Consigliere Sanlorenzo, sa come me, che le obbligazioni rendono il 6/7%; su una recente disposizione della Banca d'Italia, le banche debbono sottoscrivere un ulteriore 3% della loro massa amministrata in obbligazioni IRI, ENEL, ENI, opere pubbliche ecc.: ciò vorrà dire per questo istituto altri 50 miliardi che dovranno essere impiegati in questo modo entro il 31 dicembre di quest'anno, per cui si arriverà a 850 miliardi; 250 miliardi sono impiegati di mutui e anticipazioni di cassa ai Comuni, alle Province e agli ospedali del Piemonte (tutti sanno che gli ospedali del Piemonte non possono pagare gli stipendi dei dipendenti se gli Istituti bancari che gestiscono le tesorerie non aumentando le anticipazioni di cassa in misura congrua). Di questo passo i 200 miliardi diventeranno, nello spazio di sei mesi, 300 e arriviamo così a 1100 miliardi su 1600. E quindi la massa sulla quale il Consigliere Sanlorenzo puntava il suo dito accusatore, dalla quale certi istituti bancari ritraggono quel famoso 20%, in realtà si riduce di molto.
Non ho difficoltà ad aggiungere che le situazioni sindacali all'interno degli istituti bancari hanno raggiunto un alto grado di corporativismo e perché le centrali sindacali non hanno fatto interamento il loro dovere e per colpa di amministratori spesso troppo amanti del quieto vivere e cui ha comportato livelli retributivi sproporzionati alla situazione generale e alle capacità reali di questi istituti e anche sul piano morale ingiustificati rispetto a coloro che - e sono poi coloro i quali fanno il tondino di ferro - pagano sempre per tutti.
Il collegamento fra Regione e sistema bancario regionale è un problema serio sul quale io ebbi già occasione di intrattenere questo Consiglio a lungo alcuni mesi fa, quando richiamai l'attenzione sul rapporto organico che ci doveva essere fra la Regione Piemonte e gli istituti bancari locali anche per coinvolgerli nella politica regionale. Ma per far questo ci vuole fantasia. Quello che dobbiamo avere soprattutto è il senso della gravità del momento e la capacità di utilizzare il nostro cervello per creare strutture nuove. E' certo che per fare questo dovremo anche probabilmente interpretare in modo largo alcune leggi, crearne delle nuove, creare dei collegamenti nuovi. Non dobbiamo lasciare che gli istituti bancari a carattere regionale sentano soltanto la voce del centro. Il centro ha le sue ragioni, perché quando il Ministero del Tesoro ci dice ad esempio: "Sottoscrivete 50 miliardi di obbligazioni dell'istituto di credito per le opere pubbliche" questo che cosa vuol dire? Vuol dire chiedere ai risparmiatori piemontesi di pagare anche la situazione di Napoli, di Palermo, di Bari, di Roma. E possiamo noi, risparmiatori piemontesi sottrarci a questo fatto? Io penso che non possiamo sottrarci, lo possiamo fare però in modo dialettico attraverso una mediazione regionale.
Adesso due argomenti specifici. Una delle proposte che ha fatto il Presidente della Giunta è un'iniziativa pilota - egli ha detto - nel campo dell'edilizia pubblica, dell'edilizia convenzionata, quella che va sotto il nome di edilizia popolare nel suo complesso. Ci sono state molte proposte in questo senso, in questi giorni, proposte che vengono discusse a livello di sindacati nazionali e a livello di Governo con i maggiori Partiti, con il maggiore Partito di opposizione: nuova emissione di cartelle fondiarie (è una proposta di cui si parla molto) e loro collocazione nel sistema delle riserve obbligatorie delle banche; mobilitazione del risparmio postale elevando il relativo saggio di interesse; emissione di un prestito nazionale per l'edilizia abitativa; destinazione all'edilizia pubblica di una quota parte degli investimenti delle riserve tecniche delle Compagnie di assicurazione.
Questa proposte, tutte legittime, tutte serie a mio parere, non tengono conto però di un fatto che probabilmente ignorano (e richiamo l'attenzione del Presidente della Giunta su questo che è un problema nazionale che per potrebbe anche essere regionalizzato, comunque la Regione Piemonte potrebbe, in quella che egli giustamente propone come un'iniziativa pilota prendere spunto da questo); al 31 agosto di quest'anno giacciono inutilizzati presso la Cassa Depositi e Prestiti e presso il sistema bancario 1075 miliardi. E' una cifra ufficiale. Che cosa sono? Sono tutte le contribuzioni dei lavoratori e dei datori di lavoro che si sono accumulate nei fondi Gescal in questi anni e che non sono state mai utilizzate. Noi abbiamo un dato drammatico che viene denunciato in quel documento fondamentale che dovrebbe essere discusso a fondo e che è la relazione del Governatore della Banca d'Italia, il quale ci dice che mentre l'edilizia popolare nel 1957 era pari al 17% di tutta l'edilizia generale nel 1973 è pari al 3%. Questo basterebbe a giudicare molti ministri dei LL.PP. e molti Governi: l'edilizia popolare ha avuto una curva discendente e ci sono 1075 miliardi depositati presso le banche o presso la Cassa DD.PP.
Io credo, signor Presidente, che noi potremmo utilizzare questi miliardi e qui non si tratta di distogliere qualcosa che serva per qualcos'altro. Spesso noi facciamo fatica a spiegare ai nostri compagni che anche se non facciamo la Torino-Pinerolo, che non si deve fare - quei venti miliardi non possono però essere utilizzati, è difficile farlo capire all'opinione pubblica (anche perché forse non è così). Ma qui ci sono 1075 miliardi destinati istituzionalmente all'edilizia popolare, che debbono essere utilizzati, si tratta di trovare il meccanismo tecnico. Ecco a che cosa potrebbe servire la Finanziaria regionale per esempio, il primo compito della Finanziaria regionale potrebbe essere questo, il suo progetto pilota potrebbe estrinsecarsi in questo modo. Anche se facciamo la proporzione che si fa normalmente tra quello che è il Paese e quello che è il Piemonte, se 1075 miliardi appartengono a tutto il paese, diciamo la verità, cento miliardi appartengono al Piemonte e dico molto poco signor Presidente, perché lei mi insegna che la contribuzione dei lavoratori piemontesi è certamente di più proporzionale del 10%, per la grande concentrazione dei lavoratori che abbiamo qui. Io sollevo questo problema ufficialmente e lo sottopongo a lei e alla Giunta e sono pronto anche a presentare il progetto che ho predisposto.
La seconda considerazione è legata un po' a questa: si tratta di sveltire le competenze urbanistiche della nostra Regione. Io non voglio fare delle critiche specifiche all'Assessore competente, ma certo non possiamo fare a meno di dire che ci sono delle forti lamentele in questo senso e che l'accelerazione delle pratiche urbanistiche, nell'ambito della programmazione regionale, è un fatto di assoluta importanza proprio perch noi abbiamo una serie di Comuni che sono fermi in questo settore.
Gli strumenti anticongiunturali. Il Presidente della Giunta e gli Assessori con i quali ho avuto occasione di parlare ci dicono che sono tre a parte l'aumento dei generi alimentari di base - gli aumenti che hanno più colpito la classe lavoratrice: tariffe elettriche, trasporti e riscaldamento. E la Giunta ci ha informato (e io condivido questa impostazione) che è proprio sull'ultima di queste voci, sul riscaldamento che intende esercitare il massimo delle sue possibilità, destinando cifre cospicue alla creazione di un fondo regionale, con l'aiuto di tutti gli enti che possono farlo, che venga incontro ai maggiori oneri che la classe lavoratrice della nostra regione avrà per il riscaldamento. Ed è questa la ragione, dice la Giunta, per la quale ha fatto questa scelta rispetto a quella dei trasporti o a quella delle tariffe elettriche.
Io ho ascoltato con molto rispetto l'intervento dell'Assessore Gandolfi, rispetto che è dovuto a una relazione che egli ha fatto e sulla quale ci sono delle osservazioni da fare, ma che nel suo complesso testimonia di uno studio attento, ed è molto in un momento in cui il pressapochismo è diventata la linea generale di metodo di Governo, sia del Governo nazionale che di quelli locali. Ci sono però alcune osservazioni che voglio fare su quella relazione, a nome del Gruppo socialista osservazioni non marginali, sulle quali poi trarrò una conclusione.
La prima di queste riguarda il tipo di tariffe sulle quali la Giunta ha accolto l'aumento del 25%. L'Assessore ci ha detto che queste tariffe sono praticamente quelle del 1964 e ci ha colpito questa affermazione, in realtà un prezzo che sia fermo per dieci anni, se facciamo i conti di quale è stato, attraverso i dati normali, l'aumento dei prezzi in questo periodo lascerebbe pochi margini di discussione. Ho l'impressione però - ma vorrei verificare meglio - che la realtà non sia proprio questa, ho l'impressione che attraverso una serie di adeguamenti ufficiali o semiufficiali, le tariffe del '64 non siano più quelle di quell'anno, ma siano state, in certi casi, abbondantemente aumentate e che quindi l'aumento che viene proposto sia stato.



GANDOLFI Aldo, Assessore ai trasporti

Possiamo fornirvi tutta la documentazione.



NESI Nerio

...applicato su una tariffa che non è più quella di dieci anni fa.
Ripeto, sono pronto a discutere questo problema sulla base dei dati che ho in mio possesso.
La seconda osservazione è che, in qualche caso, le aziende avrebbero fatto degli aumenti, o si appresterebbero a farli, superiori al 25%, che è la norma generale. Gandolfi potrà osservare che il 25% è la media, per abbiamo notizie che le aziende si appresterebbero a fare aumenti di gran lunga maggiori.
C'è una terza osservazione: l'Assessore Gandolfi nella sua relazione ci ha detto che si è trovato di fronte ad un aumento reale di costi determinato e dall'aumento del prezzo carburante (e su questo non ci sono dubbi) e dal maggiore carico del personale. Ebbene, noi sappiamo, e lo sa anche l'Assessore Gandolfi, che i nuovi maggiori oneri per il personale non saranno a carico delle aziende, che li hanno rifiutati, ma saranno a carico della Regione, forse anche dello Stato, ma certamente della Regione.
Un'ultima osservazione: io non dubito, anche perché credo all'affermazione della Giunta e dell'Assessore ai trasporti in particolare che i bilanci delle aziende di questi anni, di questo anno in particolare siano deficitari, però noi ci siamo trovati troppe volte a riscontrare che anni come questo, o come il '73, nei quali i conti economici sono stati obiettivamente difficili, erano stati preceduti da anni in cui i conti economici non erano stati così difficili, erano anni nei quali le aziende attraverso tutto un sistema di rapporti privilegiati avevano potuto, a nostro parere, accantonare una serie di riserve che credo debbano essere ora utilizzate; sarebbe troppo facile fare gli industriali privati negli anni belli e fare gli industriali sovvenzionati negli anni brutti; se c'è qualcosa che nobilita la funzione imprenditoriale questo è il rischio, ma se alla funzione imprenditoriale togliamo anche il rischio, se l'industriale non può mai perdere perché negli anni belli incamera gli utili e negli anni brutti si fa pagare dalla Regione o dallo Stato le perdite, allora credo che anche i nostri bambini sarebbero capaci di fare gli industriali. Questa è la indagine sui bilanci reali delle aziende pubbliche e private, che dovrebbe essere fatta.
Il Gruppo socialista fa sua la proposta dell'Assessore ai trasporti quindi ho dichiarato che, essendosi trovata la Regione di fronte alla situazione di larghissimo disordine che lo Stato le ha lasciato, egli sente il bisogno di rivedere queste situazioni, una per una, e punta a una pubblicizzazione del sistema, anche se nel breve periodo questa pubblicizzazione non può portare ad una diminuzione dei costi e quindi non a una diminuzione delle tariffe.
Queste sono le perplessità che il Gruppo socialista si è trovato a dover affrontare e per questo in tutto l'arco di questa giornata abbiamo avuto una serie di contatti, di riunioni, di discussioni.
Noi dobbiamo prendere atto che l'Assessore Gandolfi aveva già invitato le aziende di trasporti a sospendere momentaneamente l'aumento delle tariffe in attesa di questa discussione; le organizzazioni sindacali e eventualmente i Comuni e la Regione come elemento coordinatore, debbono riprendere il discorso con le aziende industriali per la definizione del loro impegno relativo alle contribuzioni sociali, impegno che, come noi sappiamo, si identifica in due settori precisi che sono quelli del trasporto in modo prioritario e quello degli asili nido in modo altrettanto prioritario, anche per quantificare l'introito che potrebbe derivare ai Comuni per i nuovi insediamenti industriali e per vedere se quella cifra che l'Assessore al bilancio Simonelli ci dice che sarebbe necessaria per non applicare l'aumento (dell'ordine di grandezza di circa due miliardi) potrebbe essere scaglionata nel tempo e superata dalle contribuzioni sociali.
Io credo, signor Presidente, signori Consiglieri, che una riflessione in questo senso possa e debba essere fatta. Noi potremmo, senza smentire la Giunta che ha lavorato seriamente, senza ricevere l'aumento che la Giunta ha deliberato, sospendere questo aumento per una categoria soltanto, quella dei pendolari, che è quella più colpita dal provvedimento. Se noi andassimo verso questa decisione potremmo avere il tempo di fare un'analisi generale del problema. Non escludiamo che si possa arrivare, come le stesse organizzazioni sindacali responsabilmente ci dicono, ad un aumento, ma sulla base di motivazioni concordate, che tengano conto delle giuste osservazioni della Giunta ed in particolare dell'Assessore, ma che tengano anche conto che si può forse trovare una soluzione che per lo meno elimini da questo aumento gli operai pendolari. Questa è la proposta che fa il Gruppo socialista: sospensione, in attesa di una definizione per la parte che riguarda i pendolari.
Signor Presidente, ho finito. Un'ultima considerazione riguarda la situazione generale: io penso, che non sia questo il momento di attardarci in discussioni di carattere ideologico generale, né a livello nazionale, n a livello locale, questo, signor Presidente, è il momento di un Governo d'emergenza, è il momento in cui tutte le forze che hanno qualcosa da dire per salvare il Paese, al centro ed in periferia, debbono essere responsabilmente chiamate a farlo. Non è questo il momento di preclusioni l'arco costituzionale è talmente forte, perché rappresenta la democrazia del nostro paese, che è capace, a nostro parere, di trovare soluzioni idonee per portare avanti la democrazia stessa e salvare economicamente e politicamente l'Italia.



PRESIDENTE

E' iscritto a parlare il Consigliere Minucci, ne ha facoltà.



MINUCCI Adalberto

Signor Presidente, il Gruppo comunista ha sollecitato questa discussione, consapevole da un lato della gravità non soltanto e non tanto della situazione attuale, quanto delle prospettive che emergono dalla stessa, dall'altro lato però convinto - e ci fa piacere cha questa convinzione sia stata recepita anche nell'introduzione del Presidente della Giunta - che i giochi ancora non siano fatti, che vi sia molto spazio per un intervento dei poteri pubblici e che quindi si possano dare risposte a soluzioni positive ai problemi drammatici che si sono venuti aggrovigliando in questo periodo nell'economia piemontese ed in quella nazionale.
Ma si deve essere chiari e non credo che questa chiarezza sia ancora emersa dalle prese di posizione della Giunta, c'è ancora spazio per intervenire non solo per salvare il salvabile, ma per dare un nuovo corso all'economia italiana, a patto che si cambino gli indirizzi politici sostanziali che si sono seguiti finora. Non è con qualche pezza calda che si può uscire dalla crisi.
Per questo noi comunisti abbiamo presentato una piattaforma che è insieme dettagliata e organica, di interventi, di proposte su cui il Consiglio Regionale nel suo complesso, la Regione come istituto, la Giunta in particolare possono trovare materia non solo di riflessione, ma di deliberazione per provvedimenti urgenti, immediati.
Qui si è parlato del rinvio della riunione e del proseguimento a martedì prossimo. Io dico si tratta anche di giorni e di ore per cui se si va a martedì prossimo si deve uscire da quella seduta con un piano rigoroso, preciso e con decisioni su cui non vi siano né incertezza, n possibilità di fraintendimenti.
Noi abbiamo ascoltato con interesse la relazione introduttiva e abbiamo colto alcune prese di coscienza appunto dei dati reali della situazione e anche molte buone intenzioni, lo sforzo di stabilire alcune priorità per la politica economica della Giunta, una critica più implicita che esplicita ma in sé severa che la Giunta rivolga al Governo nazionale sia in ordine alla politica economica in generale, sia in ordine alla politica di controllo dei prezzi e così via e alcune scelte di intervento immediato ancora a nostro avviso generiche, non accompagnate da impegni, anche temporali, precisi, cosa del resto già rilevata dal mio Gruppo. Ma abbiamo colto anche alcune contraddizioni nell'atteggiamento generale nell'esposizione che ha fatto la Giunta e questa contraddizione è stata arricchita, se mi permetta il collega Gandolfi, dalla comunicazione che l'Assessore ai trasporti ha fatto.
La prima grave contraddizione è che, mentre si parla da un lato di necessità di sviluppare i servizi pubblici e in modo particolare i trasporti pubblici, poi si accetta come legittima la decisione dell'Assessore, presa all'insaputa del Consiglio, di aumentare le tariffe nel settore dei trasporti pubblici. E guardate che noi non poniamo qui soltanto un problema, pur sacrosanto, di difesa dei redditi dei lavoratori dei ceti a più basso reddito, che sono poi quelli che usano i mezzi pubblici, noi non poniamo soltanto un problema, pur sacrosanto, dei lavoratori pendolari (mi rifaccio alla proposta che faceva poco fa il collega Nesi) ma anche dei pensionati, degli studenti, dei contadini; non ne faccio soltanto una questione di intervento a cui la Regione è chiamata perché se no che cos'altro deve fare, non può certo ridursi a una concezione imprenditoriale dei costi e dei ricavi se non assolve in primo luogo ad una funzione sociale di sostegno di ceti sociali più diseredati soprattutto su problemi come questi, ma ne facciamo proprio una questione economica in primo luogo. Tutta l'esperienza di questi 30 anni ha dimostrato che quando si sceglie la via dell'aumento delle tariffe soprattutto nel settore dei trasporti, ma anche in altri servizi pubblici si sceglie la via dell'ulteriore debilitazione del servizio pubblico a favore, in questo caso, del trasporto privato. E' sempre stato così, il discorso che qui ha fatto Gandolfi, me lo sono sentito ripetere cento volte in questi vent'anni, ogni volta che si sono aumentate le tariffe e che è seguito ad ogni aumento di tariffa? Un'ulteriore rarefazione dell'utenza un'ulteriore debilitazione del servizio; si è fatto, del problemino da contabile di quart'ordine dell'equilibrio fra costi e ricavi, un alibi per colpire a morte il servizio pubblico, per disorganizzarlo, per non avere un ammodernamento e una riorganizzazione e una riforma. Così come, a parole tutti, riconosciamo quando si tratta di fare della propaganda elettorale.
In primo luogo gli enti pubblici non possono partecipare al galoppo generale del processo inflattivo, con un aumento delle tariffe di questo tipo; in secondo luogo non possiamo procedere ad aumenti di tariffe in un momento come questo in cui non è più soltanto in gioco la priorità fra trasporto pubblico e trasporto privato, non è più soltanto il problema di fare un favore alla FIAT (come pure in passato è stato fatto dagli Enti locali torinesi), si tratta di fare una scelta imposta dalla drammaticità delle cose che vedono oggi in crisi il settore automobilistico privato e che può avere un risvolto positivo, una possibilità di alternativa soltanto in un rilancio e in una riforma del trasporto pubblico.
Io invito i colleghi della maggioranza a riflettere su questo punto: guardate che ad un apparente sollievo dei bilanci delle aziende interessate, che durerà poche settimane o pochi mesi, si accompagnerà, per forza di cose, un ulteriore processo di degenerazione e di declino dei servizi e degli stessi bilanci di queste aziende.
Io ho fatto più volte, anche al collega Gandolfi, la critica di avere questa mentalità contabile. Io mi rendo conto che avendo l'Assessore Gandolfi prescelto di avere un profeta nell'on. La Malfa, sia prigioniero di vesta logica meschina; La Malfa si fa sempre banditore, si presenta sempre all'avanguardia del rigore amministrativo e finanziario, in realtà confonde la avanguardia con l'avanscena, sta facendo dei numeri che non hanno mai inciso del resto sulla stessa politica di quei governi in cui La Malfa puntualmente fa parte o sostiene, da 30 anni a questa parte. Ma se mi rendo conto che per chi ha un profeta è difficile cambiare opinione, mi rivolgo allora a quelle forze che non rispondono soltanto all'on. La Malfa ma rispondono a grandi porzioni dell'elettorato piemontese, ai colleghi DC ai compagni socialisti per dire è qui che voi dovete rispondere; è a chi usa il trasporto pubblico e all'intera collettività piemontese che voi dovete rispondere nel momento in cui vi accingete a una decisione così grave.
Ed è con questo senso di responsabilità che io chiedo ai colleghi di questi Gruppi di ripensarci ancora di rivedere la faccenda all'interno di un calcolo più complessivo politico, sociale ed economico assieme, al di là appunto dei giochi meschini di una politica economica che si riduce ad un puro calcolo di contabilità. Quindi qui trovo una contraddizione nella esposizione della Giunta e trovo poi alcuni elementi di genericità o di non precisazione di impegni concreti, come nel caso degli organismi per il controllo dei prezzi. Spero che l'Assessore Conti verrà ad esporci una posizione più precisa anche nelle scadenze temporali, di quanto abbia fatto il Presidente della Giunta.
Ma non è su queste questioni che voglio soffermarmi, anche perch l'hanno già fatto, con molta chiarezza, altri colleghi del mio Gruppo Marchesotti, Sanlorenzo, Raschio, esponendo i vari punti della piattaforma che abbiamo presentato.
Voglio invece soffermarmi - perché credo sia davvero il perno di tutta la situazione piemontese e quindi anche il richiamo più drammatico che oggi viene alla nostra istituzione, alla Regione circa la situazione economica sulle vicende attuali, sui fatti che ogni giorno sui giornali hanno titoli eclatanti e che riguardano l'industria maggiore della nostra regione.
L'avv. Oberto ha ragione di dire che si tratta di un settore strategico, di un'industria chiave non solo per l'economia piemontese ma per l'intera economia nazionale. E proprio perché così sono le cose, noi ci rendiamo conto quanta preoccupazione oggi esista fra le masse popolari e in tutta la cittadinanza piemontese, di fronte ai dati che vengono forniti, (sia pure a volte contradditori) di giorno in giorno, dagli interessati. Si dice che le prospettive di mercato dell'automobile sono sempre più nere, si prevede un calo produttivo nei prossimi mesi e un conseguente calo dell'occupazione.
Io richiamo il Consiglio Regionale su un punto che, a mio avviso, ha un grande valore politico; proprio perché l'industria automobilistica ha nella Regione Piemonte e in Italia, nell'economia nazionale, il peso che ha proprio perché è stata il cuore e al tempo stesso il segno distintivo di un meccanismo di sviluppo che è durato oltre vent'anni e che ha improntato di sé tutto il processo di formazione e di utilizzazione delle risorse nel nostro paese, proprio perché dall'industria automobilistica non dipende soltanto l'occupazione dei 200.000 lavoratori della FIAT o dei 700.000 connessi all'industria automobilistica direttamente, ma dipende grande parte dell'equilibrio economico del nostro Paese, io credo che dobbiamo decidere fin da adesso (e questa è la proposta che avanzo, a nome del Gruppo comunista) che qualsiasi decisione che riguardi i livelli produttivi od occupazionali alla FIAT non può essere lasciata all'arbitrio di una direzione aziendale e, se volete, neppure ad un confronto, pur necessario pur decisivo, tra le parti sindacali, sul terreno sindacale. Fin da adesso la Regione deve decidere e deve proclamare pubblicamente che come istituto democratico rappresentativo di tutta la collettività regionale, la Regione si assume una responsabilità di primo piano. Non vi può essere nessuna decisione che riguardi i livelli occupazionali della FIAT, senza che la Regione convochi qui e d'urgenza i responsabili della FIAT, li chiami a rispondere della situazione reale, esamini e approfondisca tutti i termini della produzione, dell'occupazione, delle prospettive e soltanto dopo questo confronto, che deve essere fatto alla luce del sole, si potrà discutere di eventuali provvedimenti, si potrà discutere delle prospettive reali che questa azienda ha di fronte a sé.
E dico di più: questo impegno la Regione, a mio avviso, deve assumerselo anche verso tutte le aziende di una certa consistenza, che in questi giorni, in queste settimane si sono rivolte o si accingono a rivolgersi alla cassa integrazione o a prendere altre misure che intacchino o livelli di occupazione e che devono essere chiamati a sospendere questa prassi. Non vi può essere oggi nessun provvedimento contro i livelli di occupazione che non sia esaminato prima, responsabilmente, dai poteri pubblici che sono responsabili di tutto l'andamento dell'economia regionale e nazionale.
E un'altra richiesta io faccio: che la Regione si rivolga direttamente al Governo nazionale, lo chiami direttamente in causa perché un'analoga responsabilizzazione abbia luogo da parte del Governo nazionale, non si pu continuare a giocare a nascondino come fanno i governanti in questo momento, di fronte alla prospettiva di un calo così grave del potenziale produttivo, e dei livelli di occupazione, quando sappiamo che proprio dalle scelte di politica economica del Governo dipendono anche le prospettive, le possibilità di ristrutturazione e di sviluppo delle singole aziende. E se questo è sempre stato vero, oggi lo è a maggior ragione nella situazione attuale. La Regione deve intervenire presso il Governo, rivendicare un'assunzione di responsabilità precisa ed essere chiamata a compartecipare a tutta la trattativa che deve aprirsi con le aziende e con il settore circa le prospettive della produzione e dell'occupazione.
Detto questo, io voglio anche entrare un po' nel merito - credo che non sia superfluo - della prospettiva di questa industria e in genere dell'apparato produttivo della nostra regione.
Il Presidente Oberto ha messo in luce, nella sua introduzione, alcuni caratteri e alcune cause delle difficoltà di oggi, della crisi e anche delle possibilità di collasso dell'industria e dell'economia italiana, quel complesso di situazioni di cui oggi è particolarmente colpita l'industria automobilistica.
Io su un punto divergo dalle posizioni che ha espresso l'avv. Oberto e che pure sono, in larga misura, corrette, quando si attribuisce la causa quasi esclusiva, se non esclusiva, della situazione di crisi del mercato automobilistico e più in generale del processo inflattivo, delle strozzature che in questo momento si presentano di fronte all'economia italiana ed internazionale, alla crisi petrolifera di un anno fa all'aumento di prezzo del petrolio e di altre materie prime. Io ritengo non che sia questione di puntiglio scientifico, ma questione pratica da cui discende poi la capacità o meno di capire come vanno i processi e quindi di capire quali interventi bisogna operare, ristabilire su questo punto la verità. Certo, la crisi del petrolio e l'aumento dei prezzi dei prodotti energetici ha avuto una funzione acceleratrice e aggravante della crisi generale, ma non ne è stata l'origine. Se andiamo a ricordare, fenomeni di malessere e direi qualcosa di più, fenomeni di inceppamento del meccanismo produttivo in tutta l'area occidentale capitalistica, si sono delineati ben prima dell'affare del petrolio; è dalla metà degli anni '60 che non solo assistiamo a questi sintomi di crisi, ma se ne parla apertamente e li si riconosce. Pensate all'economia americana, che pur sempre rimane la guida dell'economia capitalistica, che appunto dal '64/65 sta subendo, è costretta a fronteggiare una caduta nel saggio di utilizzazione degli impianti industriali e delle capacità produttive generali. E' proprio questa caduta dell'utilizzazione degli impianti che, se volete, per propaganda giornalistica passa sotto il nome di assenteismo, ma che in realtà corrisponde a un inceppamento del processo della produttività industriale, soprattutto negli Stati Uniti, è questa inutilizzazione degli impianti che è arrivata negli ultimi anni a dati gravi (70/75% massimo delle capacità produttive) che anticipa di molto la crisi petrolifera ed e alla base di tutti i processi conseguenti.
Perché in realtà, se andiamo a vedere la politica economica e finanziaria del Governo americano in questi ultimi dieci anni, è stata tutta protesa attraverso un aumento iperbolico spesso della spesa pubblica attraverso un aggravamento della politica di riarmo militare (e le vicende del Vietnam del '68/69 dipendono molto da questo) proprio per ridare slancio, per ridare fiato, per rimettere in moto queste capacità produttive inutilizzate: si è forzato la mano in questa direzione, ma per questa via non si è fatto che accelerare e rendere tumultuoso il processo di inflazione che oggi scuote gli Stati Uniti e li scuote da anni.
E allora poi abbiamo le conseguenze ulteriori che paghiamo direttamente noi; quando, nel 1971, Nixon proclama la inconvertibilità del dollaro con l'oro e svaluta il dollaro, non fa altro che far precipitare sull'economia europea e in primo luogo su quella italiana, il costo di questa crisi americana, il costo dell'aggressione nel Vietnam, il costo dell'incapacità delle classi dirigenti americane a dare una risposta nuova ai problemi della crisi. Questa è la realtà e noi oggi ci troviamo questa patata bollente che ci è stata gettata fra le mani.
E poi ci si lamenta che i paesi arabi hanno aumentato il prezzo del petrolio! Ma che cosa dovevano fare di fronte ad un aumento continuo dei prezzi dei prodotti finiti dell'industria? Di fronte all'inflazione che svalutava le monete che ricevevano in cambio del petrolio che cosa dovevano fare se non ricorrere all'aumento del petrolio? Avevano un'arma per reagire e hanno reagito, e a mio avviso giustamente. Il problema è di sapere se i paesi occidentali e l'Italia in primo luogo sono in grado di reagire a questo diktat americano, se sono in grado di difendere la loro autonomia e di indicare una prospettiva nuova anche di collaborazione internazionale.
Ma quello che mi preoccupa di mettere in rilievo, in tutto questo discorso, è che il problema vero che si è aperto negli anni '60 e che si sta aggravando ai nostri giorni è quello di una crisi di fondo della struttura e del modello industriale così come si sono venuti delineando in tutto questo periodo storico. E' il problema che si trova oggi di fronte la FIAT. I colleghi del Consiglio Regionale vorranno riconoscere a noi comunisti di aver posto questo problema assai prima della crisi del petrolio, tre-quattro anni fa, quando discutemmo qui per la prima volta del piano regionale, quando analizzammo, sulla base di dati reali e precisi che, inevitabilmente, l'industria automobilistica sarebbe andata ad un rallentamento del ritmo produttivo, ad un ridimensionamento del mercato.
Questo processo era inevitabile, bastava avere un po' di buon senso per capirlo. Certo che la questione del petrolio lo ha accelerato, lo ha anticipato di un anno o due forse, ma proprio per questo noi chiedemmo una nuova politica economica, un nuovo modello di sviluppo, una riconversione dell'industria capace di andare verso nuovi obiettivi: la industrializzazione del Mezzogiorno, la ripresa dell'agricoltura, i consumi pubblici al posto dei consumi privati; abbiamo avanzato in questa sede proposte concrete, e non solo in questa sede.
E credete, non ci piace fare la parte della Cassandra inascoltata perché su questi temi in questi anni abbiamo scatenato nel paese anche delle grandi lotte popolari, delle grandi lotte operaie.
Ecco il senso di responsabilità e la capacità di Governo della classe operaia italiana; pensate alle battaglie di questi anni per nuovi insediamenti industriali nel sud, per riforme che davvero dessero la priorità ai servizi pubblici rispetto a quelli privati e così via. Ecco la strada che abbiamo cercato di indicare e per la quale ci siamo battuti.
La crisi vera è di un'industria che ha degli sbocchi produttivi rigidi produce automobili e allora bisogna che copra di automobili ogni angolo della terra; produce frigoriferi, benissimo, a tutti il frigorifero, in America sono arrivati ad avere il 97% delle famiglie il frigorifero e qua a chi lo danno? In Italia siamo già all'80%.
Ecco l'esigenza di una struttura industriale nuova, differenziata, che risponda a una domanda nuova del mercato e risponda anche a nuovi mercati.
Faccio un esempio di cui si discute molto in questi giorni, del rapporto col mondo arabo e della famosa questione dei petrodollari, questi 36.000 miliardi di dollari dovuti all'aumento del petrolio e che vanno nella casse dei paesi arabi. Ci si lamenta del fatto che i paesi arabi si orienterebbero a indirizzare questa valanga di dollari verso gli Stati Uniti d'America, verso banche o buoni del tesoro o buoni di stato americani, ci si lamenta che non vengono invece sui mercati europei e sul mercato italiano in particolare, ma ci si dimentica di dire che quasi tutti i paesi arabi hanno rivolto domande precise alle industrie italiane, al Governo italiano per avere forniture industriali, certo non vogliono autovetture, non sanno che farsene, vogliono centrali nucleari, vogliono beni strumentali, vogliono mezzi di trasporto pubblico e l'industrie italiane sono state costrette a rispondere che non sono in grado di fornirli. Certo che poi si rivolgono agli americani.
Ma non è da anni che noi chiediamo una ristrutturazione dell'industria italiana che si metta in grado di rispondere a questa nuova domanda del mercato mondiale e anche alla domanda nuova del mercato interno, del Mezzogiorno, dell'agricoltura, del Piemonte stesso? Ecco il nodo che non si è voluto affrontare e su cui non si vuole fare chiarezza, si continua a chiacchierare inutilmente di sceicchi o a nascondersi dietro ai meschini calcoli tra costi e ricavi, senza capire che quando si dice fantasia occorre avere il coraggio di spezzare certe logiche, di avviare davvero una strada nuova, anche di rinunciare a certi apporti clientelari che le vecchie strade comportano per certe forze politiche.
E voglio fare un altro esempio: avete visto di questa imponente commessa che il Governo sovietico ha affidato alle industrie italiane produttrici di macchine per l'industria tessile. E' un'imponente commessa la più grande che questo settore abbia ricevuto nella sua storia e che permetterà a molte industrie italiane di andare avanti. Ebbene, colleghi vi ricordare che appena pochi mesi fa eravamo qui a discutere se bisognava salvare o no la Moncenisio, che oggi è una delle fabbriche che ricevendo queste commesse ha possibilità di espansione enorme di fronte a sé. Eppure quanti colleghi venivano a dirci: è un'aziende improduttiva, i costi e i ricavi non tornano, bisogna chiuderla e ci siamo battuti noi per non farla chiudere, per salvare questo patrimonio tecnologico e professionale che oggi si rivela produttivo.
Ecco le strade nuove che si possono battere, ecco la miopia, la cecità di chi non vuole affrontare il discorso nei termini complessivi organici in cui oggi si pone. E noi siamo oggi convinti che occorra andare a processi di ristrutturazione e di riconversione industriale. Le strade le abbiamo indicate più volte, c'è tutto lo spazio in Piemonte per uno sviluppo nuovo dell'industria dei beni strumentali, dell'elettronica, dei mezzi per le riforme cominciando dai trasporti pubblici e così via.
Ma quando si parla di ristrutturare, di riconvertire, bisogna fare un discorso serio e a mio avviso non è serio il discorso che proprio stamane sui giornali ci viene a fare l'amministratore delegato della FIAT quando dicendo (ed è una cosa tutta da vedere e vogliamo che anche la Regione vada a verificarla) dicendo che nel prossimo anno si avrebbe un'eccedenza di 200.000 vetture di capacità produttiva e un'eccedenza di 25.000 lavoratori alla FIAT, ci viene a proporre una riconversione industriale in effetti: il passaggio di questi 25.000 operai meccanici dall'industria meccanica all'edilizia!



(Ilarità fra il pubblico)



MINUCCI Adalberto

La risata è giusta secondo me, è l'unico commento possibile. Pensate in un momento in cui l'industria edilizia si avvia ad avere una disoccupazione di centinaia di migliaia di lavoratori, ammesso che fosse possibile, logico, razionale e non assurdo come è, dovremmo avere la possibilità che migliaia di lavoratori specializzati nella meccanica vadano a fare case, a prendere la cazzuola in mano (anche con il rischio di quelli che le abiteranno quelle case). Ma che cosa si vuole, fare di nuovo la guerra tra i poveri? Gli operai metalmeccanici che vanno a soffiare il posto agli edili e così via? Non è serio tutto questo, è indice di dilettantismo, sostituire proposte demagogiche e mirabolanti a un discorso serio.
E noi vogliamo dirlo ai signori Agnelli: le conversioni e le ristrutturazioni che noi abbiamo proposto da anni e per cui ci batteremo e per cui si batte il movimento sindacale, sono molto meno mirabolanti rispondono di più alla logica industriale, sono legate alla possibilità di utilizzare fino in fondo il patrimonio accumulato di conoscenze professionali, tecnologiche e anche imprenditoriali. La FIAT può fare ben altro che non mandare 25.000 operai meccanici a lavorare nell'edilizia, e sono i settori industriali che abbiamo indicato, sono le nuove prospettive le nuove frontiere dell'industrializzazione che il Mezzogiorno d'Italia l'agricoltura stessa e il mercato del terzo mondo aprono al nostro Paese.
E qui c'è un fatto di miopia, di incapacità della classe dirigente, ma anche, lo sappiamo, un'anteposizione degli interessi di gruppo e particolari agli interessi nazionali. Faccio un caso anche qui, andiamo alla documentazione. Voi avete visto che di fronte alla prospettiva di un calo della produzione di autovetture la FIAT annuncia un grande piano e di fatto sta già realizzando un grande piano di espansione della produzione di autocarri o di autoveicoli industriali e dice che fra quattro anni il fatturato in questo settore, che oggi è meno di 400 miliardi, raggiungerà il fatturato attuale delle autovetture, cioè circa 2000 miliardi.
Ma che cosa significa questo piano della FIAT? Significa in primo luogo colossali investimenti che sono stati realizzati e vengono realizzati all'estero (pensiamo ai nuovi stabilimenti vicino a Parigi), significa un incremento lievissimo (relativamente) dell'occupazione in Italia, qualche centinaio o qualche migliaio di lavoratori in più nelle fabbriche che producono autocarri in Italia a petto di migliaia e migliaia di lavoratori che si renderebbero eccedenti nel settore delle autovetture, significa rinuncia (e questo si evince con chiarezza dagli ultimi bilanci pubblicati in luglio dalla FIAT stessa) a quegli impegni di intervento nel settore delle ferrovie e degli alti trasporti pubblici su cui pure Agnelli quante volte ha dato solenne giuramento, anche qui in sede regionale. E quali conseguenze avrà tutto questo? Leggete le dichiarazioni del Presidente dell'Automobile Club che pure a quanto mi risulta, non è neppure troppo lontano o troppo astioso nei confronti dei massimi dirigenti della FIAT, il quale ha detto ieri che se si va avanti di questo passo e se alle autovetture si aggiunge questo immenso parco di autocarri privati, fra due o tre anni il traffico italiano già così congestionato sarà addirittura a livelli intollerabili.
Ecco quindi, i treni continueranno ad andare allo sfacelo, si aumenteranno le tariffe pubbliche, auspice anche l'amico Gandolfi, si andrà ad un disservizio sempre più grave e per di più avremo la sconsolazione di vedere le strade italiane delle città, delle campagne tormentate non soltanto da miriadi di automobili private, ma anche di autocarri privati.
Questa è la ristrutturazione, la riconversione? E su questo noi non abbiamo niente da dire? Ecco le responsabilità vere.
Io devo essere molto chiaro; sapete che alla mia parte politica i padroni privati non sono mai piaciuti, però io ritengo che sia giusto e leale affermare che la responsabilità principale di questo stato di cose non ricade sugli industriali privati, ma ricade sul Governo sulla mancanza di una politica economica adeguata alle esigenze di oggi. Lo sviluppo industriale è ormai arrivato ad un punto tale e le esigenze di ristrutturazione, di riforma dell'apparato produttivo sono ormai arrivate a un tale livello che nessuna prospettiva può essere aperta senza che il Governo nazionale non delinei con chiarezza un quadro di riferimento globale, all'interno del quale anche le singole industrie possono essere indotte e debbono essere indotte a fare delle scelte produttive con certezza, anche a cambiare il tipo di scelte produttive che sinora hanno seguito. Ma guardatelo questo Governo, si trascina di giorno in giorno, di mese in mese, con piagnistei a volte di un fariseismo incredibile, senza mai avere la capacità di delineare un minimo di priorità. Ma ci dicano almeno una cosa, se dicono trasporti pubblici vadano a fare i trasporti pubblici, no, anche solo una cosa facciano, non fanno niente, non c'è una scelta, non c'è capacità di governare.
E quando parliamo di questione comunista, di esigenza di una svolta politica poniamo questo problema qui. Il Paese non può continuare a non essere governato, non può andare avanti senza fare una scelta. Tutto questo può anche avvenire in momenti di vacche grasse, in un momento in cui il mercato, spontaneamente, come si dice, sorregge l'economia; ma in momento come questo non si può rinunciare ad avere un Governo capace di indicare delle priorità ben nette.
Ecco la vera colpa. Quando chiediamo per esempio e lo chiede tutto il Consiglio, almeno quelli che hanno parlato finora, lo chiede in modo espresso, gliene diamo atto, il Presidente della Giunta di rilanciare il credito, di andare ad un allentamento della stretta creditizia non si pu rispondere, come ha fatto il Ministro Colombo in un'intervista alla stampa di due giorni fa, con un volgare artificio polemico: "Non si può pensare che un allentamento indiscriminato del credito sia una soluzione". Ma chi chiede un allentamento indiscriminato? Gli unici che hanno sempre operato nel campo del credito come in altri campi in modo indiscriminato, sono stati proprio i Governi, i governanti che non hanno mai voluto rinunciare a nessuno spreco, a nessun canale clientelare, non hanno mai voluto discriminare quella che invece è una selezione rigorosa e anche ardua del credito, in base a scelte che oggi non possono non guardare ad un rilancio dello sviluppo, alla salvaguardia dell'occupazione, a una lotta reale contro il processo inflattivo.
Qui è stata delineata, da parte della Giunta, anche recependo alcune proposte nostre, una sorta di scala di priorità, alcune scelte da rivendicare in primo luogo verso il Governo e sono quelle (c'è poco da discutere): agricoltura, edilizia popolare, edilizia sociale in una Regione dove appunto la tragedia delle scuole e della mancanza di aule, di asili nido riscoppierà fra pochi giorni. In un settore come quello edilizio che può fare da volano a uno sviluppo più vasto dell'economia anche in altri settori industriali, si è detto: trasporti pubblici (e qui continua a rilevare la macroscopica contraddizione dell'aumento delle tariffe), si è detto piccola e media impresa (giusto), si è detto su un piano più vasto sociale, difesa dei redditi più bassi e si è detto politica di controllo dei prezzi, anche se si è rimasto in questo campo di genericità.
Ebbene, io credo che su questo terreno bisogna davvero andare e che la Regione non può pararsi dietro una tattica diplomatica o ipocrita nei confronti del Governo; se si è convinti che dalla crisi oggi si esce in primo luogo se il Governo nazionale fa delle scelte rigorose, ebbene, una Regione come il Piemonte che oggi sta vivendo più di qualsiasi altra il dramma della crisi di un meccanismo di sviluppo e l'esigenza di avviare in fretta un nuovo meccanismo di sviluppo, la Regione Piemonte deve avere il coraggio di prendere per la giacca il Governo e di porre con molta forza e col sostegno di tutte le forze popolari, di tutte le forze democratiche questa questione di fondo che è quella di una svolta, nello stesso senso che è stato, almeno sul piano critico, enunciato dal compagno Nesi a nome dei socialisti.
Ho già detto prima, noi non ci siamo limitati a presentare delle piattaforme, sia pure tecnicamente ineccepibili, siamo l'espressione e penso, in larga misura, la guida di un grande movimento di lotta che questi problemi, ancor prima di scriverli nei documenti li ha vissuti in grandi battaglie, in scioperi, in manifestazioni popolari, nel sacrificio e nella sofferenza quotidiana di centinaia di migliaia di lavoratori. Quando diciamo bisogna investire nel sud siamo anche quelli che questo problema l'hanno posto lottando; quando diciamo agricoltura siamo quelli che ogni giorno soffriamo più di ogni altro il problema dell'aumento dei prezzi, il deficit alimentare e ci battiamo a fianco dei contadini, a fianco degli operai perché questo problema sia risolto in modo radicalmente nuovo quando diciamo consumi collettivi ci crediamo, perché rappresentiamo quella gente che i consumi privati non può permetterseli nel modo in cui se lo possono permettere altri strati sociali.
Quindi continueremo a batterci, con più forza perché la drammaticità del momento è tale da imporci questo senso di responsabilità che non è soltanto di fronte a lavoratori che noi rappresentiamo, ma è di fronte a tutto il Paese, a tutta la collettivi nazionale; vogliamo che questa grande forza responsabile, matura che è emersa sulla scena di questi anni nel nostro Paese, non venga presa dalla sfiducia, non venga presa dalla demoralizzazione ma combatta e combatta con la convinzione e con la certezza che è possibile cambiare le cose, che è possibile avviare un nuovo indirizzo. E quando ci rivolgiamo a voi colleghi della D.C., compagni del Partito socialista, amici e colleghi di altri Partiti democratici, ci rivolgiamo a voi richiamando l'urgenza e la drammaticità di questi problemi, non lo facciamo affatto (sia ben chiaro) con pretese propagandistiche o, essendo dominati dalla preoccupazione che c'è una scadenza elettorale vicina per chiamarvi a pagare il fio delle colpe che avete. Non lo facciamo per questo, anzi, qualche volta abbiamo la sensazione che da questa fregola pre-elettorale siano animati esponenti di altri Partiti che già pensano ai loro rapporti clientelari in vista della prossima rielezione. Rinunciamo a questo modo di pensare. Lo facciamo noi quando ci rivolgiamo alle altre forze democratiche e lo facciamo appunto con grande senso di responsabilità e con la convinzione che vi è uno spazio comune, una possibilità di intesa per risolvere i problemi, per imprimere una svolta al Paese.
Ma sia chiaro che se le resistenze prevarranno, se su una nuova strada non si potrà andare, allora davvero vi chiameremo e sarete chiamati anche dagli stessi vostri elettori a rispondere alle responsabilità che vi assumete di fronte all'avvenire di tutti i cittadini.



(Applausi dal pubblico)



PRESIDENTE

E' iscritto a parlare il Consigliere Gandolfi. Preciso che stamane ha parlato in qualità di Assessore, adesso ha chiesto di parlare in qualità di esponente del proprio Gruppo.



GANDOLFI Aldo

Credo che i colleghi mi consentiranno di intervenire nel dibattito generale per portare la posizione del mio Partito su questi temi.
Mentre ascoltavo gli interventi con attenzione, mi veniva da osservare che in una discussione che ha affrontato problemi regionali e nazionali indicazioni di intervento nei confronti del Governo e sui problemi specifici che sono alla portata delle decisioni della Regione, una strana omissione si è avuta in quasi tutti gli interventi, anche se hanno puntualizzato molti aspetti della vita sociale ed economica del Paese: è stato omesso di prendere in esame come componente importantissima nei processi che stiamo affrontando e che dobbiamo affrontare, l'azione sindacale. E' una componente non indifferente che oggi pone al Paese, ad esempio sul problema della contingenza, un aumento globale di spesa di 6000 miliardi, 6000 miliardi, amici e colleghi, sono il 6% del prodotto nazionale del Paese, o un aumento di questo genere, a parità di produzione globale di beni, significa un potenziale inflazionistico del 6, è un modo come un altro per illudere i lavoratori di aumentare il loro potere di acquisto, ma per farli ritrovare, a distanza di un anno, con una inflazione ancora più accentuata e quindi in sostanza avendo in mano quella che oggi già hanno e niente di più.
Ora, possiamo ignorare, anche in discussioni di questo genere, la strategia sindacale? E' così irrilevante per cui il Consiglio Regionale non se ne debba interessare in un momento come questo? Noi non possiamo esimerci dal dire qualcosa al riguardo, non possiamo esimerci dal sottolineare che c'è una differenza di comportamento tra i sindacati italiani e quelli di altri paesi e ci sono valutazioni palesemente diverse che portano ad esempio la CISL a fare certe proposte nell'imbarazzo evidente delle altre organizzazioni sindacali e nell'imbarazzo delle forze politiche che mi sembra tutte abbiano delle perplessità di fronte a richieste di tipo massimalista.
Eppure nessuno osa dire niente, il Partito comunista non si pronuncia e in un dibattito di questo genere il problema della strategia sindacale viene ignorato; l'ha toccato, devo dire, il collega Nesi, incidentalmente ma ha sottolineato una cosa molto importante, che poi è tutt'uno con questi, quando ha sostenuto che il tipo di rivendicazione portato avanti dalle organizzazioni di categoria nel settore del credito ha messo, sia pure con la tacita e la comoda convivenza di molti amministratori, gli istituti di credito in difficoltà.
E allora, amici e colleghi, questo è un discorso che dobbiamo approfondire ed estrapolare anche in tutta una serie di altri settori.
Stamattina il Presidente, fra gli altri dati, ci indicava l'aumento della spesa pubblica. Sì, in effetti da due anni a questa parte la spesa pubblica complessiva rispetto al reddito nazionale è passata dal 38/39% al 44%, ma gli investimenti della pubblica amministrazione sono diminuiti nel contempo, questo è il problema. Io ho sentito fare da Sanlorenzo alcune considerazioni, poi riprese da Minucci, ad esempio per quanto riguarda i trasporti e le scelte che dobbiamo affrontare nel considerare i problemi dell'inflazione e dell'incidenza che la spesa pubblica ha sull'inflazione dobbiamo stare attenti a fare in modo che la spesa pubblica non sia finalizzata a sostenere delle spese improduttive, a colmare dei deficit dobbiamo assolutamente fare in modo che la spesa pubblica si riqualifichi.
E allora, se delle scelte dobbiamo fare e anche sul bilancio regionale la scelta non è quella di sostenere all'estremo un prezzo politico come quello del settore dei trasporti, che non ha più possibilità di reggersi ma piuttosto di fare degli investimenti come la Giunta ha proposto, ad esempio nei settori dell'edilizia popolare, dell'assistenza scolastica degli asili nido.



REVELLI Francesco

Nella legge avete fatto un pasticcio tale che adesso è costato tre volte....



GANDOLFI Aldo

La bella legge l'avete fatta voi, comunque, Revelli, è molto facile spostare il discorso con questi artifizi abbastanza superficiali.
Il problema è proprio la componente inflazionistica, una delle più forti che abbiamo avuto, determinante e che oggi casca pesantemente purtroppo, sulle spalle degli addetti all'industria, sul settore direttamente produttivo, è una spesa pubblica improduttiva che si va sempre più finalizzando sul piano delle spese correnti e sempre meno riesce a incidere strutturalmente sulle condizioni di investimento nel settore.
Il problema delle tariffe (mi spiace che il collega Minucci se ne sia andato) qual è? E' che a forza di tener compresse le tariffe per cui ad esempio il Tesoro deve sborsare tre miliardi al giorno per sostenere le spese correnti del sistema ferroviario, le Ferrovie non sono più state in condizioni, da 15 anni a questa parte, di fare gli investimenti necessari per mantenere un livello adeguato ai servizi per i pendolari, ai servizi merci. E allora bisogna stare bene attenti quando si fanno questi discorsi: se il collega Minucci stamattina avesse ascoltato con attenzione la mia relazione, avrebbe sentito che ho cercato di spiegare con molta chiarezza che un conto sono i costi di esercizio, la necessità di arrivare a costi di esercizio che non gettino in crisi il settore, un conto è la politica degli investimenti che gli enti pubblici devono fare e sui quali, per esempio nel campo dei trasporti, la Giunta ha fatto già alcune cose qualificate.
Per concludere, la considerazione che facevo in apertura è questa: le osservazioni che noi facciamo sulla speculazione, sui prezzi, ecc., tutte cose giustissime, non lo metto in dubbio, rischiano però di non arrivare a centrare la vera sostanza dei problemi che abbiamo di fronte. Se vogliamo porre un argine ad una componente importantissima dell'inflazione che sta creando delle condizioni difficilissime nel Paese, dobbiamo porci con estrema serietà in questa ottica, che non è ragionieristica, è un'ottica che cerca di far capire alle forze politiche e sociali che anche i conti del ragioniere in questi casi hanno una validità nella misura in cui permettono di mettere in luce che c'è stato un comportamento delle forze sindacali da un lato per tutte quelle che sono state le rivendicazioni del settore pubblico, e un comportamento della classe politica in generale (tutti responsabili egualmente) dall'altro, che hanno portato il Paese sull'orlo del tracollo perché l'amministrazione pubblica ha badato più a spendere in modo improduttivo destinando le somme soprattutto al personale e ha badato poco, invece, a fare degli investimenti che potessero incidere e modificare le condizioni strutturali.
E quindi, amico Minucci, questi non sono giochi meschini, giochi meschini semmai sono quelli di chi dietro discorsi di carattere ideologico ma poco concreti, nasconde agli operai, alla classe lavoratrice la sostanza dei problemi. Oggi i lavoratori dell'industria sono colpiti, da questo tipo di problemi ed è una meschinità cercare di nasconderlo. Il grosso sforzo che bisogna fare è un discorso di riqualificazione della spesa pubblica (e sono d'accordo) ma deve essere un discorso rivolto nel senso di una politica di investimenti per i trasporti, per l'edilizia popolare. Queste sono le cose veramente significative, mentre sono discorsi meschini quelli secondo i quali si vorrebbero indirizzare anche modestissime risorse al sostegno di pure e semplici condizioni di esercizio che non modificano assolutamente niente.
Detto questo - e scusate se riprendo un po' la veste di Assessore ai trasporti - replicherò, se la Giunta deciderà di concludere il dibattito in una certa maniera, se non sarà il Presidente a farlo, su altri temi generali.
Devo semplicemente alcuni chiarimenti all'amico Nesi perché nei prossimi giorni potranno anche essere utili per una migliore considerazione dei problemi. Il collega Nesi faceva il discorso delle tariffe che avrebbero subito degli aumenti: se si vuole lo verifichiamo, abbiamo tutti i dati, abbiamo tutta la documentazione del Ministero dei Trasporti, in qualche caso ci sono stati effettivamente degli aumenti più alti che in genere le aziende, con la scusa degli arrotondamenti alle 50, alle 100 lire, effettivamente in qualche caso sono andate più in là di quel limite massimo sugli abbonamenti che avevamo indicato.



(Proteste dal pubblico)



PRESIDENTE

Non vorrei tornare a ripetere quanto ho detto stamane: prego gli intervenuti di non disturbare la seduta che si prolungherebbe inutilmente.
Ricordo ancora - e chiedo scusa al Consigliere Gandolfi - che questa è un'assemblea democratica nella quale ognuno di voi ha i propri rappresentanti che sono liberi di intervenire, di contestare, di discutere.
Non è consentito dal regolamento ad altri che ai Consiglieri regionali. Vi prego di attenervi a queste disposizioni.
Consigliere Gandolfi, continui.



GANDOLFI Aldo

Un ultimo chiarimento lo devo al collega Nesi per quanto riguarda gli oneri del personale: effettivamente ce n'è stata una parte a carico dello Stato e non della Regione (ci auguriamo che lo Stato restituisca gli anticipi che la Regione ha fatto per suo conto) però il discorso dell'aumento del 30% sul personale io l'avevo fatto partendo dal 1.1.1972 a giugno del 1974, gli aumenti che dovrebbero essere coperti dallo Stato riguardano solo il 1973 e il primo semestre del q974, quindi c'è tutta la parte del 1972 che è scattata e che ha determinato questa valutazione dei nostri uffici. Spero che sia chiaro.



PRESIDENTE

La parola al Consigliere Bianchi per mozione d'ordine.



BIANCHI Adriano

In relazione alle varie proposte che sono venute nel corso di interventi di altri Consiglieri, in relazione alla vastità che il dibattito ha assunto, considerata anche l'opportunità che lo sbocco sia sintetico ed esauriente su ognuno di questi punti, senza esagerare magari il rilievo di alcuni a scapito di altri che forse sono meno pubblicizzati nel momento riterrei che si possa non strangolare la discussione e postergarla, per concluderla in modo adeguato anche con la preparazione che due giorno di interruzione consentono e ciò in relazione all'ampiezza dell'intervento del Presidente della Giunta e di altri che non sono stati svolti esclusivamente in risposta o a commento della presentazione di questo, che poi è un progetto di revisione stesso del programma della Giunta.
Io chiederei al Presidente se non ritenga ad un certo punto di concludere la seduta e farla riprendere martedì mattina.



PRESIDENTE

La mozione d'ordine presentata dal Consigliere bianchi è una proposta.
Io estendo questa proposta ai Consiglieri per sentire il loro parere.
La parola al Consigliere Nesi.



NESI Nerio

Il Gruppo socialista è favorevole a questa proposta, ma con la precisazione che ho prima fatto, cioè che nello spazio di tempo che parte da adesso, al momento in cui discuteremo definitivamente, in cui il Consiglio regionale prenderà delle decisioni definitive, l'Assessore Gandolfi ci consenta di ritenere sospeso l'aumento delle tariffe.
Sappiamo che l'Assessore Gandolfi aveva pregato le aziende di trasporto di tenerle in sospeso; propongo che questo aumento, per lo meno per la parte che riguarda i pendolari, venga rimandato fino al momento in cui non si prenderà una decisione definitiva.



PRESIDENTE

La parola all'Assessore Gandolfi.



GANDOLFI Aldo, Assessore ai trasporti

Mi ero dimenticato di dirlo prima: il provvedimento è in attuazione dappertutto, io ho preso accordi con le organizzazioni sindacali e ho fatto pressione sulle aziende perché, in attesa del dibattito, nelle zone dei servizi su Rivalta e Mirafiori le aziende non facciano pressioni per avere l'aumento delle tariffe, è questione di due giorni, quindi questa situazione continuerà anche nei prossimi due giorni.



PRESIDENTE

Qualcun altro chiede la parola? Il Presidente della Giunta.



OBERTO Gianni, Presidente della giunta Regionale

La Giunta è d'avviso che si possa anche chiudere la discussione questa sera per riprenderla martedì mattina. Fa presente che martedì dovrebbe essere iscritto all'ordine del giorno l'esame della proposta che la Giunta presenterà, in ordine al problema degli insediamenti universitari. Ho test conferito telefonicamente con l'Onorevole Ministro della P.I. il quale mi ha confermato che intende, nella giornata del 23 di settembre, come mi era stato detto in occasione di un incontro a Novara, presentare al Consiglio dei Ministri una proposta, un disegno di legge e quindi almeno un parere di massima dove, entro la giornata di martedì, essere preso dal Consiglio. Per cui, d'accordo per questo differimento della discussione, ma allora si dovrebbe evitare di fare delle discussioni sulle interrogazioni e interpellanze, incominciare puntualmente alle 9,30 in maniera da chiudere comunque in mattinata con le repliche che alcuni assessori certamente dovranno fare su argomenti specifici e dedicare il pomeriggio interamente alla disamina della proposta che la Giunta presenterà, sentito il parere anche dell'intercommissione universitaria, in maniera che il Consiglio possa esprimersi.



PRESIDENTE

La parola al Consigliere Marchesotti.



MARCHESOTTI Domenico

Noi concordiamo con la sospensione e con l'aggiornamento del Consiglio a martedì per continuare la discussione e per concludere con un documento come d'altra parte il nostro Gruppo ha già proposto.
Per quanto riguarda la richiesta che ha fatto il compagno Nesi di sospendere l'aumento degli abbonamenti per i pendolari, la risposta di Gandolfi è ridicola, oggi Gandolfi non è in vena evidentemente quando dice che per Rivalta si potrebbero lasciare le cose così, non è questa la richiesta. Noi abbiamo chiesto la sospensione dell'aumento delle tariffe e manteniamo la richiesta, vedremo martedì che cosa succede, ma se da adesso a martedì si vuole fare qualcosa di serio, occorre sospendere tutti gli aumenti non solo quelli dei pendolari, ma anche quelli degli studenti e tutti gli altri.



OBERTO Gianni, Presidente della Giunta Regionale

La Giunta non è in condizione di poter accettare una proposta di questo genere, le cose restano inalterate fino a che martedì si prenderà una decisione, non è possibile intervenire, per un brevissimo spazio di tempo oltre tutto, e intervenire e come? Attraverso ad una delibera che la Giunta dovrebbe prendere modificando la deliberazione che aveva già assunto. Non è competente il Consiglio certamente a far questo, potrebbe sollecitare la Giunta a farlo, a prescindere dalla questione di principio che assolutamente non consente alla Giunta di modificare il suo atteggiamento salva la verifica nella giornata di martedì, che la cosa riguarderebbe la sola giornata di venerdì, cioè domani e la sola giornata di lunedì essendo sabato e domenica praticamente non frequentato il mezzo pubblico di trasporto per i lavoratori perché non lavorano.
Noi riteniamo che la situazione debba essere ribaltata nelle condizioni in cui è alla mattina di martedì, in quella sede si deciderà.



PRESIDENTE

La parola al Consigliere Nesi.



NESI Nerio

Signor Presidente, ho il dovere di dire che la mia richiesta non è fatta a titolo personale, ma dopo essermi consultato con il segretario regionale del PSI; quindi ho il dovere di dire che questa è una richiesta ufficiale del PSI.



PRESIDENTE

Se più nessuno chiede la parola non mi resta che ricordare all'assemblea la comunicazione ufficiale che è già stata data che il Consiglio Regionale è convocato per martedì 17 settembre alle ore 9,30 e alle ore 15 per proseguire nell'esame dell'ordine del giorno della seduta odierna.
Su richiesta del Presidente della Giunta Regionale iscriverò altresì all'ordine del giorno di tale seduta il seguente punto: "Parere in ordine alle nuove istituzioni ed al riconoscimento di libera Università ai sensi dell'art. 10 del decreto 1.10.73 n. 580 conferito con modificazione della legge 30.11.73 n. 766".
La seduta è tolta.



(La seduta ha termine alle ore 19,30)



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