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Dettaglio seduta n.25 del 02/02/71 - Legislatura n. I - Sedute dal 6 giugno 1970 al 15 giugno 1975

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Argomento:


PRESIDENZA DEL PRESIDENTE VITTORELLI


Argomento:

Approvazione verbale precedente seduta


PRESIDENTE

La seduta è aperta. Prego un Segretario Consigliere di dar lettura del verbale della seduta precedente.



MENOZZI Stanislao, Segretario

Dà lettura del processo verbale relativo alla seduta di lunedì 25 gennaio 1971.



PRESIDENTE

Se non vi sono osservazioni, il verbale si intende approvato. Non vi sono osservazioni. E' dunque approvato.


Argomento: Giunta, organizzazione e funzioni - Presidente della Giunta Regionale

Elezione del Presidente della Giunta e della Giunta regionale


PRESIDENTE

Passiamo all'esame del punto 2 dell'ordine del giorno: Secondo la procedura concordata, dovrebbe essere presentato da almeno un terzo dei Consiglieri un documento politico, ed a questo documento dovrebbe essere allegata la lista dei candidati alla presidenza della Giunta ed alla composizione della Giunta stessa. Fino a questo momento non mi è pervenuta alcuna comunicazione di questo genere.
Prima di dare la parola a chi eventualmente la voglia richiedere desidero informare il Consiglio che alcune notizie che sono circolate nei giorni scorsi circa intendimenti di chiedere il ritiro dello Statuto della Regione Piemonte per poterne modificare alcune norme relative al numero degli Assessori sono interamente destituite di fondamento. Questa mattina nella riunione dei Capigruppo, la questione è stata sollevata e da parte di tutti i Capigruppo sono stato incaricato di dare questa comunicazione al Consiglio ed agli organi di informazione, affinché l'opinione pubblica sia edotta che il Piemonte non ha l'intenzione di ritirare il proprio Statuto prima dell'approvazione da parte del Parlamento e che è unanime auspicio di tutti i Gruppi consiliari che lo Statuto possa essere sollecitamente approvato dai due rami del Parlamento.
I Consiglieri del MSI fanno rilevare che essi non concorrono in questo giudizio, ed io ne prendo atto: tutti i Gruppi, meno quello del MSI auspicano che lo Statuto possa essere sollecitamente approvato dal Parlamento, senza alcuna modifica.
Sulla questione all'ordine del giorno è iscritto a parlare il consigliere Bianchi. Ne ha facoltà.



BIANCHI Adriano

Signor Presidente! Signori Consiglieri! Ringrazio il Presidente innanzitutto per la dichiarazione preliminare sullo Statuto. Poiché si tratta del problema di importanza prioritaria in senso assoluto, per noi, essendo in questo documento espresso il meglio di quanto ogni Gruppo ha saputo apportare come indicazione dei modi, dei termini, degli istituti attraverso i quali e delle finalità verso le quali operare per rispondere alle attese del Piemonte e del nostro Paese, ritengo di dover aggiungere qualcosa per quanto riguarda la volontà e l'atteggiamento del mio Gruppo.
E' vero che in via di ipotesi qualcuno ha parlato - quando si fanno trattative e si discute si parla di molte cose - dei numeri attraverso i quali si potesse meglio realizzare una Giunta funzionale: ma dobbiamo ricordare che questo discorso si è potuto aprire in termini parentetici solo perché siamo in una fase particolare, quella che è stata aperta dalla legge Signorello-Pieraccini, che, sia pure in via transitoria, ripropone la piena validità dei titoli 3 e 4 della Legge Scelba e quindi ci mette, come ci ha messo, in difficoltà nella prospettiva di rispettare, come dobbiamo rispettare, insieme la legge, e di realizzare, come vogliamo insieme realizzare, i contenuti che avemmo ad esprimere con lo Statuto.
Comunque, il Presidente ha chiuso l'incidente, e per parte mia lo chiudo con questa dichiarazione: che non solo non vi è volontà di implicitamente o esplicitamente chiedere il rinvio dello Statuto all'assemblea per alcuna sua modifica ma che noi siamo pienamente impegnati a far sì che lo Statuto venga approvato così com'è, senza rinvii all'assemblea. Anzi, ho notizia che il presidente della Giunta, dott.
Calleri, è in questo momento a Roma, per una importante riunione che vede insieme i Gruppi parlamentari della D.C. ed i rappresentanti delle Regioni per formulare le linee d'azione a questo riguardo. Avrei dovuto parteciparvi anch'io, ma mi sono sottratto a questo impegno perché ho ritenuto che fosse nella contingenza nostro dovere dividerci nei ruoli che ci sono affidati.
Devo confermare pure che non è pronto il preannunciato documento contenente le linee programmatiche e politiche e l'indicazione dei nomi degli assessori sulla base del quale si sarebbe dovuto aprire prima la discussione per poi passare alla votazione, secondo la procedura che era stata elaborata e definita in incontri, nella conferenza dei Capigruppo, e della quale il Presidente ebbe già a dare la definizione completa. Mentre nella scorsa seduta, dalla quale solo una settimana è passata, io potei dichiarare che vi erano solo le difficoltà costituite dalla complessità della materia e dalla necessità di affrontare una serie di argomenti e di capitoli e su questi confrontare e definire la volontà dei partiti di maggioranza, devo onestamente, obiettivamente, dire e riconoscere che, pur sussistendo un amplissimo spettro di consenso, e pur sussistendo ancora una materia non trascurabile sulla quale la verifica non si è nemmeno potuta fare perché più ci si addentra, vi assicuro, e più (siamo in una fase creativa e costituente) questa materia si dilata, abbiamo verificato anche dei momenti di dissenso, per i quali occorre un ulteriore confronto.
Abbiamo peraltro verificato, in linea positiva, qualcosa di molto preciso: che sussiste intatto - io penserei addirittura proprio perché è attraverso le prove, le difficoltà, i dissensi, che si verificano i motivi di coesione il consenso politico sulla necessità, sulla opportunità, sui compiti sulle finalità che possono essere perseguite da una coalizione quale quella che assiste la maggioranza, che ha dato vita alla Giunta fino ad oggi e che io ritengo darà vita alla Giunta che prenderà l'avvio per l'attività in concreto della nostra Regione Sussiste il consenso politico sul significato della riforma regionale, espressa dallo Statuto come riforma dello Stato in tutto il suo significato di decentramento delle responsabilità politiche e non delle funzioni amministrative, di partecipazione, di diffusione del potere, di crescita culturale e di assunzione di responsabilità, di determinazione di gestione del proprio destino da parte di tutte le realtà sociali, in ogni sede e in ogni situazione in cui si realizza una vicenda umana: così nel mondo del lavoro, nel mondo della fabbrica, nel mondo della scuola, che oggi sono protagonisti di un momento particolarmente significativo della trasformazione della nostra società che non vogliamo certo frenare, certo arrestare, certo impedire, ma sollecitare a traguardi come dirò anche per altro, di sicura libertà e di democrazia; così nel mondo delle campagne, nel mondo che riguarda l'immigrazione; così per i problemi che le città presentano oggi, così per i problemi delle attività degli insediamenti che operano sul territorio e portano a tante conseguenze, che devono trovare una disciplina, un coordinamento, un aggiustamento.
Per questo, in questa linea, in questa prospettiva, nell'attuale fase di sviluppo economico, sociale e culturale, noi vediamo i nostri rapporti con gli altri partiti del Centro-Sinistra: partiti che hanno ricevuto, mi sembra, anche un mandato non equivoco da parte dell'elettorato nell'ultima consultazione. Quindi sentiamo anche la responsabilità di corrispondere, di non stravolgere questo mandato, che è chiaro per ciascuno; e ritengo sia chiaro anche per tutte queste forze politiche insieme, così come era stato richiesto l'assenso espresso dall'elettorato piemontese. Quindi, il nostro rapporto con queste forze politiche è un rapporto che non vede soltanto la forza delle singole rappresentanze in seno al Consiglio, ma vede dietro ciascuna di queste forze, prescindendo anche dalla rappresentanza numerica i retroterra culturali, le tradizioni, la storia, la carica di volontà politica, le aspirazioni di modificazione della situazione economica e sociale del nostro Paese.
Venendo concretamente ai problemi che ci riguardano più da vicino, alla sede nella quale esercitiamo - ed esercito io pure, con tanti limiti, le mie funzioni - le nostre personali responsabilità, noi concepiamo questo rapporto, in termini e modi che consentano a noi stessi ed a ciascuna delle altre forze di esprimere il massimo della propria incidenza politica, dare il massimo dell'apporto suggerito dal bagaglio di idee, di programmi, di esperienze, di aspirazioni sociali, ed anche di valutazioni tecniche di cui è portatrice. La difficoltà viene quando da questo desiderio, da questa volontà di comune arricchimento, di moltiplicazione delle virtualità e delle forze che è da esprimere dalla coalizione si deve venire ad una sintesi, ad ottenere la garanzia reciproca che sussista uno spazio per la dignità del contributo di ciascuno, cosicché i problemi non sono, qualche volta, troppo facili da risolvere.
Considerata, quindi, la piattaforma comune, le finalità comuni, che sono così prevalenti, così decisive, così cogenti, direi, rispetto al risultato da raggiungere, possono qualche volta apparire scoraggianti possono apparire, e lo sono, per quanto mi riguarda, mortificanti i dissensi, gli intoppi, gli ostacoli a realizzare le soluzioni e gli strumenti che aprono rapidamente la via ad un lavoro comune fervido e realizzatore.
La riduzione a dieci del numero degli assessori, che si realizzò in un contesto un po' difficile, in un momento anche di tensione, di stanchezza nell'assemblea (ciascuno di loro ricorda i particolari) comporta dei problemi, ma non problemi che scadano a livello, come direi, di anteposizione dei rapporti di forza ai rapporti di consenso che legano i partiti della maggioranza, che dovrebbero legare ogni coalizione. Il problema di rappresentare, di consentire ad ogni forza una massima incidenza e dignità politica nel rapporto, il problema di assicurare la massima funzionalità, il problema di assicurare il massimo di collegialità ed insieme la sintesi degli apporti politici, crea nella fase iniziale mentre tutto è da verificare, e perfino è da verificare la conoscenza reciproca delle persone, da varie parti venute ed espresse, crea questioni complesse. Però io sento di poter smentire che queste questioni scadano come è troppo facile qualche volta qualunquisticamente affermare, che essi siano meri problemi di rapporti di forza, meri problemi di posizioni e di posti a sedere. Perché non ci sono posti a sedere nel voler costruire la Regione, son tutti posti in piedi, tutti posti in movimento, tutti posti estremamente impegnativi...



FURIA Giovanni

Sono proprio tutti posti a sedere.



MINUCCI Adalberto

Sono tutti posti, in qualunque caso.



BIANCHI Adriano

Ho la sensazione che i posti, in quel senso, siano visti con eguale angolo visuale da ogni forza politica: ritengo, cioè, che ogni forza politica qualche volta faccia anche delle questioni di posti, di posizioni perché attraverso questi può esprimere il proprio apporto, la propria incidenza, la propria partecipazione, e quindi la realizzazione anche dei propri postulati politici. Posso smentire, ripeto, che i rapporti fra i partiti di maggioranza siano scaduti a questo livello: le difficoltà sono insieme tecniche e politiche, ma non sul piano del consenso, che è stato verificato, in ordine ai contenuti, alle finalità ed ai metodi fondamentali per raggiungerle. Certo, un'azione politica efficace si realizza anche per mezzo di questi equilibri che si devono realizzare all'interno degli organi. La Democrazia Cristiana valuta tutto il profondo significato dell'apporto e della collaborazione con gli altri partiti di Centro Sinistra: essa sa, o vuol sapere reprimere e far tacere ogni legittimo patriottismo di partito; ma anch'essa ha dei doveri che attengono alla legittima e proporzionata, diciamo meglio, soltanto adeguata rappresentanza del vasto mondo che la esprime. Sente soprattutto il dovere ed è qui la difficoltà, di assicurare una sintesi operativa e politica che abbia una validità tale poi nel tempo, sicché non sia minata troppo rapidamente dalla inefficacia o da fatti inizialmente mortificanti che proiettino poi la propria luce sull'avvenire.
Abbiamo già detto che in qualche modo è anomalo che si discuta sul corso di una crisi prima che essa sia ad uno sbocco, vuoi positivo, vuoi negativo. Ma, poiché stiamo iniziando ed innovando - penso che in tempi successivi, una volta dato un avvio alla prassi, dato un avvio definitivo alla certezza del diritto con l'approvazione dello Statuto, non si ripeterà questa fase, che peraltro credo sia storicamente interessante per quanto attiene ad una storia regionale limitata e, dal punto di vista dell'etica politica, anche molto significativa -, vedete con quale tranquillità e serenità affrontiamo in pubblico il discorso su questo momento, che è di disagio comune: un disagio, però, di natura fisiologica e non patologica rispetto alle istituzioni. Sappiamo bene, del resto, che nei sistemi, nei quali la decisione è concentrata in gruppi limitati ed oligarchici, la tentazione dell'immobilismo, la tentazione addirittura della pietrificazione è molto maggiore di quel che non sia nella più inefficiente delle democrazie, che è sempre un sistema di movimento. E quindi, abbiamo anche un pochino di pazienza, ciascuno di noi, nell'affrontare questi problemi, queste difficoltà, che attengono a questo nostro sistema, che riteniamo veramente valido.
Il documento, dunque, non è pronto. Siamo in un momento in cui puntigliosamente, magari, ogni parte sente di dover accentuare o definire i propri connotati e le proprie impostazioni, piuttosto che contemperarli e confrontarli. A questa fase ho però ragione di credere e di ritenere che stia seguendo, sia già in atto, quella della fusione, della sintesi e della risoluzione. In questa direzione sono impegnate tutte le nostre capacità tutta la nostra pazienza e volontà politica, così come sappiamo esserlo altrettanto, al di là di ogni momentanea durezza, quelle delle altre forze politiche che costituiscono la maggioranza, che si apprestano a dar vita ad una nuova Giunta.
Abbiamo già detto l'altra volta quanto ampio sia lo spettro dei colori che distinguono i vari compagni di lavoro della Giunta, i vari impegni di lavoro del Consiglio. Noi vogliamo una Giunta ed un Consiglio che esprimano il massimo di iniziativa, in una fase in cui l'iniziativa e la creatività sono essenziali. Quindi, i nostri rapporti, i rapporti all'interno della maggioranza, per noi, sono chiari: sono chiari nei loro contenuti politici sono chiari nella necessità di mettere a punto gli strumenti metodologici perché i contenuti politici trovino il massimo di efficacia e di realizzazione e di rappresentazione; così com'é chiara la visione che noi abbiamo dei nostri rapporti come maggioranza, come partito di maggioranza relativa, nei confronti delle altre forze di opposizione. I modi, i termini, gli strumenti dell'apporto di tutte le forze che sono presenti in Consiglio, così come sono presenti in Parlamento, così come sono presenti nel Paese, naturalmente mutano nel tempo, secondo le esigenze, secondo le temperie politiche, e consentono di innovare e di trovare modi più adeguati perché esse si esprimano.
Abbiamo già detto che per noi è di grande importanza consentire e operare in modo che il rapporto, che il dialogo, che il confronto con tutte le forze di opposizione sia tale da far esprimere il massimo di rappresentatività che queste forze hanno e il massimo di capacità di recepire gli apporti costruttivi che esse possono dare. Del resto, è una definizione che vale per le democrazie più consolidate che l'opposizione è un momento, ed una fase, del Governo, che è comune: sono i metodi e le responsabilità che sono distinti. Ora, in questa direzione noi non abbiamo preclusioni formali, abbiamo dei punti di riferimento, dei punti di aggancio, che, questi sì, non sono modificabili perché attengono alla visione, alla concezione della democrazia, perché essa non venga, anche con le migliori intenzioni, stravolta e portata su un piano inclinato lungo il quale, attraverso l'unanimismo, attraverso la fine del dialogo, attraverso una contrattazione che si svolge sostanzialmente più fuori che dentro, e i rapporti tra gli organi e tra i gruppi, venga mistificata arrivando ad approdi verso i quali noi non ci sentiamo di procedere.
Quindi, i modi e gli strumenti sono vari ed infiniti. Qualcuno fa i discorsi di se e come, in assemblea, in commissione, questi apporti possono essere garantiti. Ripeto, per noi c'è solo una linea non superabile: quella che riguarda il ruolo della maggioranza e il ruolo dell'opposizione, la responsabilità della maggioranza, la sua autonomia, la sua coerenza, la sua distinzione, la sua capacità di iniziativa, di presentazione dei suoi connotati, e il ruolo di confronto, di controllo, di critica, di apporto che può anche realizzarsi in tanti momenti costruttivi, senza creare confusione tra le posizioni e le carte, in una collaborazione costruttiva e creativa quale è quella che si è riscontrata in occasione dell'approvazione dello Statuto.
Io mi auguro che nella massima parte dei confronti che avverranno sulle singole leggi, che avverranno nelle commissioni d'inchiesta, di ricerca della verità, conosciuta la quale si possa meglio operare, vi sia questo allargamento, non dovuto ad una forma d'irenismo generale, ad un modo di far cadere ogni distinzione perché fastidiosa, ma veramente alla corresponsabilizzazione ed al confronto. Quando sia garantita la purezza e la chiarezza di questo confronto, la purezza delle responsabilità rispettive, che è garanzia assoluta di democrazia, ogni altra questione pu essere esaminata. Però non si intenda quello che andavo dicendo, su un terreno difficile e minato, in cui sono impegnate le responsabilità di tutti e di ciascuno, come un mutamento in ordine alle impostazioni fondamentali e di principio: il passato valga a stabilire delle linee anche per l'avvenire, E la verifica si ha anche attraverso questi dialoghi attraverso questi confronti, attraverso i giudizi che si portano, ai modi in cui si portano, in queste assemblee.
E' stato detto in altra sede che nessuno ha interesse a far scoppiare artificiosamente delle crisi che coinvolgano gli istituti regionali: noi stiamo operando perché attraverso la costituzione di una Giunta stabile e fornita di un programma ben definito, capace di iniziativa, la stessa assemblea ritrovi rapidamente la sua sovranità e tutta la sua capacità di iniziativa, la capacità di esprimere quanto ha da esprimere. E direi che è più sulla strada, è più nel confronto diretto e concreto che con operazioni di ripartizione del potere, che potrebbero essere interpretate in modo equivoco, che si potranno trovare le ragioni della convivenza dialettica e del confronto fra le forze politiche nella nostra assemblea.
Con questo concludo, assicurando ai signori Consiglieri che la Democrazia Cristiana compirà ogni sforzo, in questi giorni, perché le difficoltà di comprensione, le difficoltà che nascono dal confronto trovino rapido e chiaro sbocco. Noi abbiamo fatto oggi, come già la scorsa settimana, uno sforzo di totale sincerità, che credo sia apprezzabile almeno come tale, che ci espone completamente al giudizio ed alla critica degli altri Gruppi. Auspico che, superato questo momento, si arrivi rapidamente ad uno sbocco comune. Credo che l'opposizione abbia interesse a che la dialettica consiliare si svolga in termini chiari, in termini definiti, in termini nei quali ciascuno possa esprimere il ruolo che gli è stato affidato dalla volontà popolare.



PRESIDENTE

E' iscritto a parlare il Consigliere Nesi. Ne ha facoltà.



NESI Nerio

Signor Presidente, Signori Consiglieri, abbiamo ascoltato la dichiarazione del Capo Gruppo della Democrazia Cristiana con l'interesse che merita il rappresentante di un grande Partito ed il collega Bianchi personalmente.
Riteniamo possa essere di qualche interesse per il Consiglio regionale avere un quadro globale della situazione vista dall'angolo di visuale del Partito Socialista Italiano proprio perché il nostro Partito - come è stato autorevolmente detto - è un Partito "di frontiera", di una frontiera che vogliamo mantenere rigorosamente aperta, intendendo questa definizione come quella di un partito di classe e contemporaneamente di un partito di Governo.
Ci muoviamo su questa linea; su questa linea il Partito Socialista italiano ha ritrovato la sua unità, e con la sua unità il suo rinnovato rapporto con la classe operaia: da questa linea non intendiamo deflettere per nessuna ragione.
Su questa linea abbiamo affrontato il problema dell'istituto regionale e per la creazione di questo istituto abbiamo fatto - a livello nazionale una notevole serie di sacrifici nei confronti degli altri partiti che a questo istituto non credevano o credevano meno.
Per queste ragioni siamo, vorrei dire, vitalmente interessati a che l'istituto regionale nasca vivo e vitale, e non trasposizione burocratica di organismi centrali che hanno fatto il loro tempo sul piano dell'efficienza e della funzionalità e che costituiscono ancora, d'altra parte, un obiettivo strumento di repressione e di condizionamento di tutta la vita politica e sociale del Paese.
Per queste ragioni il nostro Partito, anche qui in Piemonte, si è posto, nel momento della creazione dello Statuto regionale, su un piano di iniziativa e su un piano di collaborazione con tutte le forze democratiche e popolari presenti in questo Consiglio: e abbiamo così (credo concretamente) dato prova di una volontà unitaria, che nello Statuto regionale ha trovato la sua massima espressione, ma che riteniamo debba essere non un punto di arrivo, ma uno strumento idoneo a conseguire mete più ambiziose, equilibri più avanzati.
Per queste stesse ragioni abbiamo compiuto uno sforzo organizzativo notevole, per portare un contributo ideologico, ma non astratto, alla formazione di un programma strutturale per la nostra Regione, che abbiamo sottoposto a tutta la nostra organizzazione periferica, che abbiamo discusso in decine e decine di riunioni a livello di Sezione e che abbiamo infine approvato in una assise regionale del Partito che abbiamo avuto alcune settimane fa.
Questo nostro programma, queste nostre idee sulla Regione Piemonte e sui mezzi idonei ad attuarlo sono stati da noi portati a conoscenza dei partiti con i quali è ragionevolmente possibile costituire ora una maggioranza di Governo, ed anche degli altri partiti ai quali ci legano profondi rapporti di classe.
Si sono iniziate così lunghe e faticose trattative per la costituzione in Piemonte della Giunta quadripartitica, trattative fondate e sul programma e sulla struttura e sui comportamenti, perché riteniamo che governare insieme significhi avere un minimo di idee comuni e di propositi uniformi su questi tre aspetti fondamentali dell'azione di Governo.
Abbiamo posto come elementi fondamentali del modo di essere della Giunta regionale due pilastri: la partecipazione popolare ed il piano.
Riteniamo che questi elementi siano di importanza del tutto particolare in una Regione come la nostra nella quale la partecipazione assume aspetti concreti per la presenza di organismi elettivi che fondano la loro forza in una tradizione popolare che va al di là di momenti contingenti per assumere importanza politica e la pianificazione assume un significato di lotta quotidiana, per l'assenza nella nostra Regione di centri di potere pubblico sui quali fondare una alternativa al dilagante potere privato, che si manifesta in tutte le sue espressioni: da quella dello sfruttamento delle decine di migliaia di operai reclutati nell'Italia meridionale, a quella delle città circondate da ghetti e da dormitori, a quella di centri urbani il cui sviluppo è continuamente sovvertito da una speculazione urbanistica senza controlli e senza freni.
E' su queste basi (che riteniamo incontestabili), sulle quali si fonda secondo la stessa Costituzione italiana - il potere e la stessa ragion d'essere della Regione, che abbiamo chiesto agli altri partiti pronti a fare il Governo con noi di verificare il loro programma e la loro volontà politica. Al termine, che ci auguriamo non definitivo, delle defatiganti trattative, ho il compito di informare il Consiglio che il Comitato regionale del nostro Partito, riunito ieri sera, ha deliberato non esservi per ora (ed ancora) le condizioni programmatiche, strutturali e di comportamento tali da garantire che la partecipazione del nostro Partito alla Giunta regionale costituisca un fatto di tale importanza da giustificare la partecipazione stessa.
Non ho difficoltà ad informare il Consiglio Regionale che in una lettera inviata ieri ufficialmente alla Democrazia Cristiana il nostro Partito ha esposto quelle che ritiene debbano essere le basi di un duraturo e stabile accordo.
Queste basi hanno natura strutturale, essendo ovviamente difficile, in questo momento, enucleare un programma a lunga scadenza.
Esse si riferiscono in particolare al modo con il quale si deve concepire l'attività della Regione, e cioè, come ho già detto, non come semplice attribuzione burocratica di poteri ora esercitati dalle Amministrazioni centrali, ma come strumento suscitatore di energie nuove come sintesi politica di un territorio che, per la sua dimensione e per la sua importanza economica, condiziona largamente l'intera politica nazionale e l'economia anche super-nazionale.
E per queste ragioni abbiamo posto il problema di una urbanistica intesa nel senso globale del termine e comprendente quindi tutto l'assetto del territorio e le conseguenti infrastrutture; per queste ragioni poniamo il problema di una organizzazione sanitaria non limitata alla pura e semplice amministrazione degli ospedali, ma estesa, secondo i concetti più moderni anche di Paesi capitalistici, alla sicurezza sociale, vale a dire al diritto del cittadino di essere salvaguardato per tutta la sua vita; per queste ragioni abbiamo posto il problema della programmazione come metodo e del bilancio regionale non come strumento coercitivo e condizionante, ma (come affermato dallo Statuto) come mezzo di propulsione di tutta l'attività regionale; per queste ragioni poniamo l'esigenza di una politica regionale delle entrate come strumento di piano, in perfetta armonia con quanto ormai unanimemente va emergendo da una serie sempre più numerosa di organismi elettivi in tutto il nostro Paese contro un progetto di riforma tributaria, che tende a sottrarre al potere locale ogni possibilità politica.
E per queste ragioni abbiamo posto con forza il problema della creazione di una società finanziaria pubblica regionale, che attui, in collaborazione con gli Enti locali e con la partecipazione dei medesimi, le infrastrutture necessarie alla nostra regione; e contemporaneamente abbiamo posto il problema dei legami che la Regione deve avere con la società regionale finanziaria di partecipazioni già esistente, della quale vogliamo chiarire se si tratti di una azienda pubblica o privata, e perché riteniamo che entrambi questi strumenti (quello per le infrastrutture e quello per la partecipazione in certi tipi di piccole e medie imprese) possano e debbano costituire il braccio che l'organismo politico Regione deve utilizzare per far fronte agli impegni che lo Statuto regionale comporta per la Regione: mi riferisco in particolare all'art. 4 dello Statuto stesso, che impone alla Regione di esercitare la propria azione per indirizzare e guidare lo sviluppo economico e sociale del Piemonte.
E per le stesse ragioni abbiamo posto e poniamo il problema della rapida costituzione dell'ufficio del piano regionale e della trasformazione dell'IRES, come mezzi indispensabili affinché la programmazione regionale non sia semplicemente una dichiarazione di buone intenzioni o un libro dei sogni, ma una realtà viva e democratica.
Abbiamo già rilevato, e confermiamo, che a nostro avviso, la politica della Regione si manifesterà, nell'anno in corso, e quindi per una previsione a breve termine, soprattutto attraverso dei comportamenti. A questo scopo, per verificare i comportamenti stessi, abbiamo posto, e poniamo, il problema dell'atteggiamento della Regione Piemonte e dei suoi rappresentanti nei confronti della grave discussione in corso a livello nazionale sulla costituzionalità della Commissione di controllo sull'amministrazione regionale (nella quale questo Consiglio ha già designato i suoi rappresentanti, a norma dell'art. 125 della Costituzione) per sapere se, come ci auguriamo, siamo tutti d'accordo nello svolgere una azione politica nazionale per far sì che le assurde richieste della Corte dei Conti, che vorrebbe ancora accentrati i poteri di controllo, siano da noi unanimemente respinte.
Abbiamo posto, e poniamo, il problema del funzionamento della Commissione di controllo sulle Province, e della costituzione delle Commissioni decentrate di controllo degli enti locali, che sottragga al potere prefettizio il compito fondamentale, e politicamente rilevantissimo del diritto di veto sugli atti degli organismi elettivi della nostra Regione.
Poniamo infine il problema del funzionamento della Commissione mista sugli insediamenti industriali creata ormai da quattro mesi ma assolutamente inoperante, e chiediamo che vengano costituite tre altre importanti commissioni, per effettuare indagini conoscitive su situazioni che nel nostro Piemonte assumono ormai aspetti drammatici. Cito in particolare gli inquinamenti e le alterazioni ambientali, le condizioni di vita degli emigrati e la situazione finanziaria degli Enti locali.
Riteniamo che, come abbiamo unanimemente deliberato in sede di Statuto regionale, queste Commissioni non debbano lavorare nel loro ristretto ambito, ma debbano essere motivo di incontro e di scontro, di dibattito ed infine di sintesi dell'intera Regione nelle complesse articolazioni nelle quali si manifestano la volontà e l'attività popolare.
Abbiamo chiesto, e chiediamo, che la Regione si assuma tutte le responsabilità che le spettano in materia sanitaria ed ospedaliera, con la conseguente regionalizzazione degli enti ospedalieri via via che si manifestano le condizioni necessarie.
Per tutto questo occorrono, oltre alla volontà politica, mezzi: e conseguentemente abbiamo chiesto, e chiediamo, come già fatto da altre Regioni, che venga elaborato un bilancio preventivo provvisorio e definito un organico provvisorio del personale staccato alla Regione. Signor Presidente, signori Consiglieri, questa mole di lavoro che riteniamo debba assumersi la Giunta regionale non può ovviamente essere compiuto se - al di là degli accordi di maggioranza che pur debbono esservi per non cadere in una assemblearità inoperante - non vi sia il concorso di tutte le forze che nel Consiglio Regionale rappresentano importantissimi settori della classe lavoratrice del Piemonte.
E' per questo che assumono rilevante importanza gli apporti, diretti ed indiretti, che queste forze possono dare e le conseguenti assunzioni di responsabilità, il che, d'altra parte, non è un fatto nuovo nel nostro Paese, sia a livello di Parlamento nazionale sia a livello regionale.
Così come assumono particolare importanza i rapporti fra la Regione e lo Stato, rapporti che non possono essere né di acquiescenza né di preconcetta contestazione, ma che debbono essere caratterizzati da un dialogo quotidiano, da una presenza continua; il che, purtroppo, dobbiamo constatare non essere avvenuto in questi ultimi tempi, nei quali la nostra Regione è risultata troppo spesso assente dal dibattito che è in corso per concordare la definizione delle deleghe e le leggi quadro.
Ed infine assumono a questo riguardo importanza rilevante i rapporti interni alla Giunta, perché, se non crediamo alla assemblearità dei poteri siamo peraltro contrari ad ogni configurazione di una presidenzialità, che è estranea non solo al nostro sistema giuridico, ma soprattutto ai fondamenti costituzionali e politici sui quali poggia la nostra vita democratica.
Signor Presidente, signori Consiglieri, queste sono le ragioni per le quali il Comitato regionale del nostro Partito ha unanimemente e concordemente ritenuto non esservi in questo momento le condizioni necessarie e sufficienti per creare una Giunta quadripartita.
Mentre abbiamo il dovere di informare il Consiglio di quanto sopra dobbiamo anche dire che il nostro senso di responsabilità, la consapevolezza che una rottura della collaborazione in una fondamentale regione del nostro Paese potrebbe avere conseguenze a livello nazionale, ci inducono a tentare ancora ogni mezzo atto a dare al Piemonte un Governo che sia un interlocutore idoneo alle grandi attese che le classi lavoratrici e l'opinione pubblica hanno riposto in noi. Siamo quindi disposti ad accogliere la proposta che la Democrazia Cristiana ci rivolge di un ulteriore rinvio del Consiglio Regionale, che, per quanto ci riguarda peraltro, sarà ultimo e definitivo.
Mentre accogliamo, quindi, questa richiesta, sentiamo il dovere di rivolgere un appello alle altre forze della coalizione, ma in modo particolare alla Democrazia Cristiana, affinché non respinga l'ansia di rinnovamento che viene, in modo sempre più imponente, da strati sempre più larghi non solo della classe operaia ma anche dei ceti intermedi, che in questa città ed in questa Regione acquisiscono ogni giorno di più la coscienza della classe alla quale appartengono e che per questa classe sono pronti a combattere.
Se il mondo cattolico non respingerà questo appello, grandi possibilità si potranno aprire davanti a noi. Soltanto in questo modo potremo e s sere degni di chiamarci autenticamente antifascisti, non come reduci della Resistenza, ma come portatori, giorno per giorno, di esigenze nuove, come interpreti dei bisogni e delle aspirazioni di tutti coloro che ci hanno mandato qui perché tutti insieme collaborassimo nella strada lunga e difficile che deve condurre la classe lavoratrice al potere.



PRESIDENTE

E' iscritto a parlare il Consigliere Berti. Ne ha facoltà.



BERTI Antonio

Nella riunione dei Capigruppo, questa mattina noi abbiamo respinto con forza la richiesta che il Capogruppo democristiano ha fatto, senza motivazione, di un ulteriore rinvio del Consiglio Regionale; abbiamo sostenuto, invece, che occorreva discutere, perché fossero chiare all'opinione pubblica, ai lavoratori piemontesi, le responsabilità di quelle forze politiche che con il loro atteggiamento impediscono alla Regione piemontese di funzionare nel momento in cui, sia per la sempre più pericolosa manovra che avviene a livello nazionale di ritardarne la messa in funzione, sia per il ritardo con il quale si procede verso l'approvazione dello Statuto, si pone invece l'esigenza di operare con la massima tempestività, con la massima forza politica, per far invece vivere la Regione a fianco delle masse lavoratrici, così come abbiamo auspicato tutti e come per un certo periodo la Regione piemontese ha operato.
La tesi che abbiamo sostenuto stamattina, respingendo l'invito del Gruppo democristiano, ha trovato conferma oggi, più che nell'intervento del Consigliere Bianchi - che ha ripetuto una serie di concetti alcuni dei quali hanno anche un loro valore ma tuttavia sono un po' "aria fritta" insomma, e si concludono con la proposta di un ulteriore rinvio (a quando non lo ha precisato, né ha detto qualcosa sui contrasti che effettivamente sono emersi negli incontri svoltisi a livello delle forze che stanno ricomponendo la maggioranza) e pertanto lasciano l'assemblea, e quindi l'opinione pubblica, all'oscuro di problemi e di questioni che sono invece dei lavoratori, dell'opinione pubblica, sono, per intanto, di tutto il nostro Consiglio - ha trovato conferma, dicevo, nel discorso del Capogruppo socialista: un discorso serio, dove ai contenuti programmatici, che possono costituire una base importante di discussione per tutto il Consiglio, si uniscono anche elementi di giudizio politico, che dicono in modo molto esplicito di che natura è quella crisi che ci era stata presentata come di carattere tecnico mentre, alla luce di questo intervento, assume un carattere politico molto preciso.
Del resto, i compagni socialisti questo già l'avevano detto esplicitamente nei convegni che hanno fatto, nella mozione approvata al convegno di Viverone, in cui hanno affacciato anche l'ipotesi, come disse il Presidente Vittorelli, in quella sede come esponente socialista, che non vi sia più margine di tempo per formare la Giunta, sottolineando che "l'era dei centrismi aperti e sotto banco è finita, e fors'anche quella del Centro Sinistra. Dobbiamo dire ai nostri partners che il PSI è perfettamente unito nella linea e nel costume e che se la D.C. vuole una collaborazione con servi e vassalli si deve rivolgere altrove". Sono frasi che non ammettono equivoci e dimostrano chiaramente che alla base dei ritardi con i quali si procede alla formazione della Giunta stanno dei contenuti politici e programmatici estremamente seri, estremamente concreti, dei quali l'assemblea ha diritto di essere posta a conoscenza, e che devono diventare oggetto di dibattito, oltre che di conoscenza, per i cittadini e le masse dei lavoratori piemontesi.
Noi consideriamo questa situazione di crisi - lo ha detto l'altra volta il mio compagno Furia, ed io lo confermo ora - con rammarico e preoccupazione. Il nostro rammarico è per quello che avrebbe potuto fare la nostra Regione, che era partita molto bene, e non è stato fatto. La preoccupazione per i caratteri, per il metodo, per i contenuti che questa crisi sta assumendo, per il modo in cui essa viene portata avanti. Noi denunciamo in questa sede che la Regione Piemontese, che pure era partita con uno slancio interessante in occasione della elaborazione dello Statuto nei rapporti con le forze sindacali, nei rapporti con le forze degli enti locali, con una procedura certamente nuova, innovatrice rispetto al vecchio metodo di formazione delle Giunte e degli Esecutivi, ha poi via via assunto una caratteristica sempre più negativa, sempre più provincialistica; una chiusura che pone oggi la nostra Regione certamente in seconda linea rispetto a Regioni che ancora non hanno, per motivi noti, eletto neppure gli organismi dirigenti, certamente all'ultimo posto fra tutte le Regioni del centro e del nord Italia, che ormai da tempo operano attivamente, sia pure nei limiti consentiti dalle ristrettezze legislative che la situazione italiana, che il Governo di centro-sinistra ha posto ad esse.
Le nostre preoccupazioni nascono dai problemi che sono in atto, nascono dal fatto, per esempio, che oggi, 2 febbraio, a Bologna si tiene un convegno delle Regioni italiane, convocato dalle cinque Regioni - Emilia Lombardia, Liguria, Umbria, Toscana e mi sembra anche Puglia - che hanno di comune accordo elaborato una proposta al Governo per la riforma sanitaria con l'intenzione di presentarla a tutte le altre Regioni oggi per poterla unitariamente proporre al Governo nel momento in cui si stanno per concludere le discussioni relative alla riforma sanitaria. La Regione piemontese non solo non ha partecipato ai primi approcci nel corso dei quali si è giunti alla formulazione di un documento, ma è assente anche oggi; non soltanto perché l'assemblea di Bologna coincide con questa nostra riunione, ma assente di fatto, perché non ha contribuito minimamente a questo che non è soltanto uno sforzo interessante per la ricerca di contenuti, per una affermazione di autonomia della Regione alla ricerca dei contenuti delle riforme, ma è anche una manifestazione di una volontà regionalista che si esprime attraverso l'unità delle Regioni. Noi sentiamo la gravità di questa assenza quando riscontriamo, per esempio, come il nostro Statuto, unico, credo, fra tutti gli Statuti, abbia posto all'art. 6 problemi estremamente precisi, importanti e concreti per quanto riguarda ad esempio, l'intervento della Regione in materia di salute nelle fabbriche, e denunciamo questo modo di snobbare la volontà che si sta formando invece in tutte le altre Regioni italiane. Denunciamo l'assenza della Regione piemontese; anzi, consentitemi di essere anche più preciso non della Regione, perché la Regione, nei suoi organismi assembleari, in questo periodo ha comunque operato, e la cosa è fin troppo nota per ritornarvi sopra, ma della Giunta, e, per essere ancora più circostanziati del Presidente della Giunta, il quale non si è mai ritenuto in dovere di essere presente agli incontri che si sono svolti a livello di Governo per incominciare a mettere a punto alcune di quelle questioni sulle quali le Regioni possono già operare.
Sul primo incontro indetto dal ministro Giolitti per trattare i problemi della programmazione non è stata data, e già l'abbiamo detto alcuna comunicazione non dico agli Enti locali ma neppure all'Assemblea forse neppure alla Giunta. Al secondo incontro interregionale convocato dal ministro Giolitti la Giunta piemontese non ha ritenuto di dover partecipare. Era ormai in atto la crisi, è vero, ma per la verità di questo fatto si tiene conto in certe circostanze e non in altre: ad esempio, il Presidente della Giunta, nonostante la crisi in atto, si è sentito in dovere di inviare un telegramma al ministro Moro per sollecitare l'apertura del traforo del Frejus, in nome di quale politica regionale non si sa visto che di questo problema la nostra assemblea ancora non ha mai discusso. Con questa assenza ha rinunciato a svolgere quel ruolo che il nostro Statuto in materia di programmazione attribuisce in modo molto chiaro, in modo molto esplicito alla Regione.
Il Presidente della Regione piemontese, inoltre, mi consta, non ha ritenuto di dover partecipare ad un incontro che è avvenuto, sempre al Ministero dei Trasporti, per quanto riguarda il problema dei trasporti in generale, rinunciando anche in questo campo a svolgere un ruolo di informazione, cioè a dare e ricevere informazioni, e naturalmente rinunciando ad investire di questo problema l'assemblea, gli organismi, la Giunta, quanto meno (non parliamo ancora di organismi esterni, che sarebbe forse pretendere troppo).
Infine, la Giunta non ha partecipato al Convegno meridionalista svoltosi in questi giorni, a Palermo, mi pare, per quanto il suo intervento fosse stato richiesto esplicitamente dal mio compagno Furia, trattandosi di un incontro assai importante, soprattutto per il Piemonte visto il ruolo che con lo Statuto la Regione piemontese si è assunta nella politica del Mezzogiorno con l'assegnarsi una funzione specifica in materia di politica di piano nell'intento di sanare gli squilibri fra le aree territoriali e fra il Sud e il Nord. A quel convegno proprio la Regione piemontese è stata l'unica Regione la cui Giunta fosse assente: per fortuna, ha presenziato un rappresentante dell'Ufficio di Presidenza, a ciò espressamente delegato dalla Presidenza.
Noi cogliamo, in questo isolarsi, in questo strano modo di considerare la funzione nazionale che il Piemonte ha, non soltanto un segno di provincialismo deteriore, ma anche un segno delle difficoltà politiche, dei limiti con i quali si opera. Sono limiti che naturalmente non colpiscono soltanto le forze direttamente interessate - che al massimo, se noi fossimo per il "tanto peggio tanto meglio", come alcuni sostengono, potremmo denunciare alla opinione pubblica per lo squallore con il quale si pongono in questa fase costituente delle Regioni; ma noi non siamo per il "tanto peggio tanto meglio", bensì vogliamo una Regione che funzioni, e l'abbiamo ampiamente detto tante volte - ma squalificano l'intera Assemblea regionale piemontese, che in queste fasi, per quanto avesse la capacità di dare il suo contributo su ognuno di questi problemi, attingendo a quello che la classe operaia torinese ha suggerito al Paese, non è intervenuta nel momento in cui questi contributi dovevano venir dati.
E poi si viene qui a parlare di volontà di fare, di volontà di essere presenti, si fanno accenni alla classe operaia... E' "aria fritta", questa è menare il can per l'aia di fronte a problemi che, lo si voglia ammettere o no, sono esclusivamente problemi di posti nel senso più deteriore della parola. Non si sarebbe giunti a proporre, sia pure non in forma ufficiale un aumento del numero degli assessori da dieci a dodici se non fosse stato questo il problema essenziale al tavolo delle trattative. E fortuna che la reazione quanto meno di una parte dei componenti la maggioranza, e, per quello che è emerso stamattina, nella riunione dei Capigruppo, anche del rappresentante ufficiale della Democrazia Cristiana, collega Bianchi, è stata negativa.
Ma è certo che la richiesta riconduce immediatamente all'elemento fondamentale del ritardo a risolvere questa crisi: bisogna risolvere le richieste di posti. A questo proposito mi si consenta una domanda. E' conciliabile una posizione di questo tipo con la visione nuova della Regione? Forse che si governa bene oppure no la Regione nella misura in cui si ha un posto in più o un posto in meno in Giunta, in una situazione in cui l'Esecutivo ha certamente dei margini ridotti di potere, in cui con lo Statuto si afferma la volontà di operare a livello di partecipazione popolare, a livello di commissioni assembleari permanenti aperte all'esterno in rapporto costante con la gente, con i lavoratori? Data questa fondamentale esigenza ed impostazione, quale valore ha questa diatriba, questo scontro così grosso sul problema dei posti? Lo si misura in posti, lo si mette sulla bilancia, questo potere? Vi pare proprio che un partito sia più importante o meno, conti più o meno, a seconda che abbia cinque, o sei, oppure uno o due assessori? Il problema è un altro: il problema è che qui si deve tenere conto, oppure no, applicare, oppure no quello che è lo spirito del nostro Statuto, il che comporta un metodo diverso da quello ormai stantio che - noi denunciamo qui - in questa fase ricompare con tutte le sue più brutte componenti.
Ecco quello che c'é sotto questo ritardo nella soluzione della crisi, e che noi vogliamo denunciare. I lavoratori torinesi devono sapere che il rinvio non sarà di otto giorni, come richiesto, e neppure, in pratica, di quindici per il fatto che fra una settimana vi sarà il Congresso del PSU e la prassi vuole che in quelle circostanze non ci si riunisca, ma al giorno 20, se sarà sufficiente, praticamente ad una data che non è ancora possibile prevedere. Tenuto conto che nessuna legge, neppure il nostro Statuto, ha previsto limiti alla durata della crisi, si rischia di lasciarla diventare permanente se non si giunge, con il confronto in assemblea, a porre ad un certo momento un alt deciso a questa situazione.
Per questo noi vi chiediamo il confronto. Il nostro non è soltanto un richiamo al metodo, alla procedura che abbiamo seguito e vantato per la stesura dello Statuto, ma è anche un modo per chiudere positivamente una vertenza che, in quanto basata su questioni non politiche, non programmatiche, ma ancora del tipo che abbiamo denunciato prima, rischia di far perdere ulteriore tempo all'avvio dell'attività della nostra Regione.
Siamo preoccupati per questo ritardo, perché intanto avvengono al di fuori della Regione delle trasformazioni, o quanto meno dei tentativi di trasformazione, dell'area torinese, anzi dell'area piemontese, se aggiungiamo l'insediamento Fiat a Tortona. E' ben vero che la Regione ha costituito - e ne abbiamo dato atto come di un avvenimento positivo - una Commissione per gli insediamenti; ma questa, riunitasi due volte, ha poi fermato i suoi lavori. E noi respingiamo la risposta che il Presidente della Giunta ha dato ad una lettera dei nostri due commissari, Rivalta e Furia, che richiamavano l'esigenza di operare immediatamente tempestivamente, dicendo che è stato formulato un questionario e che la Fiat non ha risposto ancora, per cui tutto è fermo. Quando c'é un minimo di volontà politica queste questioni si seguono giorno per giorno e se dopo un certo lasso di tempo la Fiat non ha risposto si denuncia la mancanza di una risposta, anziché adagiarsi e attendere che intanto la Fiat vada avanti secondo i suoi programmi, come a Crescentino, ove è già stata completata ormai la parte muraria della fabbrica e la Gescal ha persino approntato i piani di costruzione delle case a Verolengo per gli insediamenti che si renderanno necessari.
Tutto, insomma, va avanti al di fuori dell'intervento dell'ente pubblico, costretto ancora una volta ad accodarsi alle decisioni altrui. E c'è dell'altro. In questi giorni si parla a Torino dello spostamento della Michelin dall'area in cui si trova all'area della vecchia Snia, laddove parte l'autostrada Torino-Milano. Si tratta di una industria vecchia certamente non rispondente a quanto non è più soltanto oggetto di richiesta ma è conquista del contratto degli operai della Pirelli in materia di ambiente di lavoro. Quindi, nessuna garanzia da questo punto di vista. Ma c'é il discorso: se la Michelin si deve spostare, è lì che deve andare. Si aggiunga il fatto - se la notizia è confermata - che essa acquisterebbe oltre ai capannoni della vecchia Snia, quasi un milione di metri quadrati attigui. Siamo dunque in presenza di un forte insediamento industriale, che richiamerà nuova mano d'opera.
La manovra in atto appare ancor più vasta se si considera che sull'area che la Michelin dovrebbe lasciar libera, lungo le sponde della Dora, si insedierebbero le Ferriere di Torino, con la costruzione di una nuova acciaieria. Si avrebbe, dunque, un secondo grosso insediamento in Torino nel più assoluto disinteresse per tutte le questioni del risanamento dell'ambiente atmosferico, per tutte le indicazioni che tutte le forze politiche pure dicono di condividere, oggi, per cui si deve andare verso un decentramento delle industrie, non soltanto al di fuori dell'area metropolitana ma verso le aree depresse del Piemonte e verso il Sud. E' dunque in atto una operazione delle grandi forze motrici del nostro Paese nella nostra provincia in particolare della Fiat, mentre noi indugiamo a costituire la Commissione d'inchiesta per gli insediamenti, a parlare di quella politica di piano che dovrebbe realizzare i presupposti che abbiamo tanto solennemente scritto nel nostro Statuto.
Se le sappiamo noi, queste cose, è possibile che non le sappia il Presidente della Giunta, o la Giunta, o i partiti che compongono il Centro Sinistra? E che non si veda, quindi, l'esigenza di intervenire immediatamente su queste questioni, per porre un alt, o almeno un freno? Abbiamo tanto criticato il Comitato regionale per la programmazione economica, accusandolo di assistere inerte, impotente, agli insediamenti Fiat ad Orbassano, abbiamo tanto detto che quando ci fosse stata la Regione queste cose non sarebbero più avvenute. Le sapete, queste cose, o non le sapete? Se non le sapete, vi domando, qual è il ruolo che svolgete oggi concretamente, in ordine all'assetto del territorio della nostra Regione? Se le sapete e non fate niente, poi, la cosa è ancor più grave. Ecco perch noi diciamo che la Giunta deve operare subito, che non si possono aspettare altri venti giorni. La Commissione d'inchiesta per gli insediamenti di Crescentino, di Albiano deve diventare immediatamente operante, allargare la sua zona d'influenza, investire queste zone, questi problemi che io qui ho posto, costatarne l'autenticità, perché potrebbero anche essere notizie sbagliate, ma intervenire comunque in merito, porre degli alt, per rispondere alle esigenze che ci sono e che i lavoratori chiedono di vedere soddisfatte.
Queste sono, collega Bianchi, le cose che noi vogliamo sentir dire: la politica e le buone intenzioni sono fatte di questioni concrete, ed è in ordine agli interventi su queste questioni che si misura la buona volontà di operare in favore dei lavoratori. E voi come rispondete? Con la richiesta di un altro rinvio. Per discutere che cosa? Noi vi diciamo invece che occorre che la Giunta deve comunque e può, anche in questa fase di crisi, far funzionare gli strumenti che ci sono. Nessuno di questi funziona, salvo quando si tratta di nominare il commissario Martini...
Certo, il pianto dei vari professori Biancalana eccetera ha smosso le acque e indotto qualcuno ad intervenire con l'atteggiamento di chi coraggiosamente risolve delle questioni. E' largamente noto che il Comitato, la Commissione amministratrice poteva comunque procedere, purch il Presidente, o il Vicepresidente, ambedue democristiani, avessero avuto il coraggio di affrontare la situazione che in parte essi stessi avevano contribuito a creare; ma nessuno di questi ha voluto farlo funzionare. Ed allora, ecco il commissario Martini. Chi è questo signore? Un tecnico dell'organizzazione sanitaria? Quali sono i suoi meriti? Con quali titoli viene nominato? Non abbiamo parlato, non abbiamo scritto nello Statuto, di una commissione consultiva per le nomine? Non si sarebbe allora dovuto, per adeguarsi allo spirito ed anche alla lettera dello Statuto, convocare, non essendovi ancora la Commissione ad hoc, almeno la conferenza dei Capigruppo, per discutere il problema, esporre le esigenze, sentire le varie opinioni, e procedere magari anche alla nomina di un Commissario, ma sulla base di una designazione che tenesse conto dei vari fattori necessari, o, meglio, ad invitare, come sarebbe stato possibile, il vecchio Consiglio di amministrazione ad operare comunque per intervenire in questa situazione, abbastanza difficile e complessa, oppure a nominare i sei rappresentanti della Regione e invitare il Comune di Torino a fare altrettanto per i suoi, così da avere nel giro di quindici giorni il Consiglio d'Amministrazione eletto, senza arrivare al Commissario? Invece questa Giunta - mi faceva notare questa mattina un mio compagno - che non si è mai tanto riunita come da quando è in crisi, ha ritenuto di essere presente per nominare il commissario.
Abbiamo voluto proporre queste questioni perché sono questi i problemi attorno ai quali occorre discutere, fissando chiaramente i tempi di discussione. Voi, invece, ci richiedete, come ha fatto stamattina il collega Bianchi, di rinviare. A prescindere qui da tutte le questioni di carattere politico e dai problemi concreti che ho posto a nome del mio Gruppo,che cosa dovremmo fare noi che siamo collocati con altri Gruppi all'opposizione, per il momento? (veramente i giornali parlano impropriamente di maggioranza, perché in realtà una maggioranza ancora non c'è; anzi, l'intervento del consigliere Nesi ha detto qualcosa di ancora molto più specifico su questa questione). In nome di che cosa dovremmo accettare un rinvio? Per rimanere a far da spettatori di una questione che altri risolvono fuori dell'assemblea, in separata sede, chissà quando mentre si tratta di problemi - quelli del carattere programmatico, della struttura della Giunta, di che cosa fare subito - che devono investire l'assemblea, l'opinione pubblica piemontese, su cui tutti dovrebbero essere aggiornati? Noi comunisti poniamo delle questioni molto precise, e lo abbiamo detto anche questa mattina, nella riunione dei Capi Gruppo. E' certo che noi comunisti non consentiremo che le cose vadano avanti con questo andazzo che dopo otto giorni ci si richieda un altro rinvio: e avverto che useremo di tutte le possibilità che le leggi in vigore oggi ci offrono per porre fine a questo scontro-incontro fra i partiti della maggioranza e arrivare al voto come è previsto all'ordine del giorno. E' un passo che valuteremo all'insegna e alla luce delle valutazioni che trarremo dagli interventi (già il compagno Nesi ha dato una risposta di carattere positivo alle questioni che noi poniamo, che ci induce a valutare in un certo modo la nostra proposta); ma è certo che non consentiremo che passi molto tempo ancora senza che questa questione si sia conclusa con la votazione necessaria per eleggere Presidente e Giunta.
A questo punto desidero porre, a nome del mio Gruppo, un'ultima questione, rivolgendomi a tutte le forze politiche. Noi abbiamo voluto questo dibattito perché ogni forza politica presente in Consiglio potesse dire chiaramente che cosa intende fare in ordine ad una serie di questioni e una parte di queste questioni sono già state citate da Nesi; noi ne aggiungeremo altre.
Poniamo il problema di una iniziativa immediata per quanto riguarda i problemi connessi alla salute. Intendono le forze politiche presenti in Consiglio, quelle che si accingono a formare una commissione, proporre entro limiti precisi una iniziativa del Consiglio regionale che collochi la nostra Regione al fianco di tutte le altre per rivendicare un ruolo autonomo e le funzioni specifiche che la Costituzione le affida in materia di riforma sanitaria? In caso affermativo, quando e in che modo intendono muoversi? Oppure le altre forze politiche - visto che i socialisti già lo hanno espresso - ritengono di doversi collocare comunque nell'ambito delle decisioni che verranno prese a livello di Governo? Sui problemi della riforma tributaria, su cui abbiamo approvato un ordine del giorno, ma su cui pare che forze del Governo intendano comunque andare avanti nel modo che abbiamo denunciato, e cioè esautorando di fatto le Regioni, intendono tutte le forze politiche presenti in questo Consiglio, fare con la necessaria sollecitudine, a prescindere dalla formazione della Giunta, tutti i passi necessari per far sentire al Governo che la Regione piemontese è contro questa riforma tributaria, che esclude gli Enti locali e la Regione e colpisce gravemente i lavoratori? E ancora, noi chiediamo a tutte le forze politiche presenti in Consiglio: come intendono i rapporti fra maggioranza e opposizione? Possiamo considerare valida per tutte la risposta del collega Bianchi, una risposta che accetta l'impostazione che già ha trovato piena rispondenza nell'Assemblea regionale emiliana, dove i rapporti maggioranza-opposizione si collocano in modo veramente innovativo, e alle opposizioni viene consentito di esprimere, se li hanno, i loro contributi positivi alla formazione delle scelte e della guida della Regione? In materia di controlli, noi dichiariamo qui che è gravemente negativo il fatto che la Regione piemontese non sia ancora nemmeno allo stadio di ricerca, di elaborazione, di impostazione - salvo forse il fatto che qualche funzionario stia facendo delle ricerche, ma certamente non a livello di assemblea -, mentre con il 15 febbraio prossimo, com'é noto tutte le Regioni di sinistra e la Lombardia eserciteranno compiutamente tutte le funzioni di controllo. Sarà, credo, noto a tutti che in Emilia mi consta solo questo, ma forse altre esperienze sono state fatte - non un bilancio dei Comuni è stato esaminato dalle G.P.A.: tutti i bilanci sono stati esaminati alla Regione. Questo, notate, in pieno accordo con i Ministri interessati; la nostra Regione, tra le altre carenze, ha avuto infatti anche quella di non partecipare agli incontri che altre Regioni dalla Lombardia alla Liguria all'Emilia all'Umbria alla Toscana e via dicendo, hanno avuto con i Ministri interessati per cominciare a fissare dei punti fermi.
Al Presidente della Giunta Calleri domandiamo personalmente, sia pure indirettamente, data la sua assenza alla seduta di oggi, cioè attraverso i rappresentanti della Democrazia Cristiana: quando la Giunta, o il Presidente della Giunta, che comunque questo atto può compiere, intende insediare il Comitato che già è stato nominato? Noi chiediamo l'impegno che l'insediamento ufficiale avvenga nel giro di pochi giorni. In secondo luogo, quando intende nominare il funzionario segretario per il funzionamento di questo Comitato? Si tratta, poi, di modesti atti politici a testimonianza, tuttavia, di una volontà di operare subito in questo campo. Quando intende, volendo fare come si è fatto in Emilia, per esempio convocare Sindaci delle città capoluogo e Presidenti di Amministrazioni provinciali, per concordare con essi sedi decentrate e sedi regionali personale, che, com'è noto, nelle altre Regioni già è a disposizione e funziona? Ci rendiamo conto che non potrà essere, questo, entro il 15 di questo mese, ma entro febbraio, comunque, anche in Piemonte si dovrebbe giungere a questo primo atto di riforma di struttura, importantissimo fondamentale, per tutto ciò che vi è collegato: non soltanto per il fatto che a svolgere il controllo è un ente elettivo, ma per il merito del controllo, che comporta certamente un altro tipo di politica e coinvolge Enti locali inferiori ed Enti locali superiori.
Mi avvio a concludere. Alla richiesta di accettare il rinvio (in ultima analisi, ce lo ha chiesto anche il collega Nesi) noi rispondiamo che qualora da questo dibattito, dal pronunciamento delle varie forze politiche, emergessero elementi tali da convincerci che l'attuale momento di crisi non si risolve soltanto nel superamento di contrasti all'interno dei partiti della maggioranza ma investe problemi di cui si intende far partecipi anche le altre forze del Consiglio, e che riguardano i rapporti maggioranza - opposizione, che riguardano i rapporti Giunta - Consiglio che riguardano le iniziative di carattere immediato su temi alcuni dei quali sono stati da me accennati in questo intervento; se da questo dibattito emergessero chiaramente i contenuti di quel confronto che Bianchi, oggi, come l'altra volta, ha detto che si vuol portare avanti in questo nostro Consiglio, forse un rinvio di otto, dieci, anche quindici giorni, potrebbe essere accettabile, in quanto consentirebbe a questo momento di crisi di evolvere verso una soluzione atta a far compiere grossi passi avanti alla Regione. Noi potremmo allora adattarci ad accettare questo rinvio, ma in quanto parte in causa, non parte estranea ai problemi in discussione, parte a cui si richiede effettivamente in questa fase un contributo. Altrimenti, noi, ripeto, eserciteremo, in questa ma sicuramente comunque nella prossima seduta del Consiglio, tutti i poteri che sappiamo di avere per chiudere questa discussione e questa crisi.



PRESIDENTE

E' iscritto a parlare il Consigliere Zanone. Ne ha facoltà.



ZANONE Valerio

Signor Presidente, signori Consiglieri nell'intervento, al solito assai apprezzabile, del collega Bianchi, è stato usato un aggettivo che mi ha colpito per la sua esattezza: l'aggettivo "mortificante", riferito all'attuale situazione regionale. Noi viviamo in una situazione che è davvero mortificante, perché, considerate anche le comunicazioni fatte poco fa dal Capogruppo socialista Nesi, che mi sembrano contrastare con l'ottimismo di cui si è fatto portavoce, forse per dovere di ufficio, il Capogruppo della Democrazia Cristiana, il dibattito odierno, come già quello della precedente seduta del 25 gennaio, è destinato a non avere una conclusione, a disperdersi nel vuoto, come quei responsi che la Sibilla Cumana scriveva sulle foglie affidate al vento. Un dibattito politico è infatti conclusivo quando perviene ad una deliberazione, ma nessuna deliberazione ci è consentita fino a che non si risolve la crisi della Giunta; crisi apertasi formalmente, come ricordava otto giorni fa il collega Fassino, dall'inizio dell'anno, ma che di fatto nei tempi politici reali, decorre quanto meno dal giorno dell'approvazione dello Statuto, cioè da circa tre mesi.
Il nostro Gruppo ha ritenuto corretto fino ad oggi prendere atto di questa situazione, che non investe sicuramente alcuna responsabilità dei liberali, e si è quindi astenuto dal proporre all'Esecutivo problemi ed interventi che esso non potrebbe adeguatamente e concretamente risolvere.
Tuttavia, per limitarmi ad un piccolo esempio, indicativo del costo di questa crisi in termini di funzionalità, voglio ricordare che una nostra interrogazione del 5 novembre su un tema che è poi diventato di particolare urgenza, quello dell'inquinamento del Po, attende tuttora la risposta dell'Esecutivo, sebbene il Regolamento prescriva che essa sia data entro il termine massimo di quindici giorni. Non e quindi inopportuno né indiscreto a nostro avviso, richiamare il Consiglio, e per esso la sua maggioranza all'impiego che stiamo facendo del mandato ricevuto dagli elettori; un impiego che è sempre più vicino allo spreco.
Io non sono personalmente in grado di valutare la portata effettiva dell'attivismo che si riscontra in altre Regioni, e che è stato qui ricordato dal collega Berti. Sta di fatto, per quello che compete a noi che nel primo semestre di attività la Regione Piemonte ha deliberato un solo atto politico di rilievo sostanziale e generale: quello Statuto che abbiamo varato vincendo una gara a cronometro, forse con il sacrificio di qualche più ponderata riflessione, e che è ora all'esame del Senato, dove autorevoli rappresentanti della maggioranza, a cominciare dal relatore democristiano, hanno fatto proprie le principali nostre obiezioni critiche a talune norme. Se i senatori di maggioranza vedranno soddisfatta la loro richiesta, di prendere visione dei nostri lavori preparatori sullo Statuto avranno il conforto di accertare che non è mancata alle loro attuali preoccupazioni l'adesione anticipata del Gruppo liberale.
Non a caso ho voluto concedermi questo accenno allo Statuto: la posizione di stallo in cui ci troviamo ora deriva appunto, tra le altre ragioni, dalla procedura che la maggioranza di Centro-Sinistra ha voluto adottare per l'elezione del Presidente e della Giunta. In base all'art. 32 fino a quando non si troverà almeno un terzo di Consiglieri che in conciliaboli privati, prima e fuori di questo Consiglio, siano concordi su un indirizzo politico, e, cosa forse un po' più difficile, su una lista di assessori, il nostro dibattito non si potrà avviare ad una qualsiasi conclusione. Il protrarsi della crisi, quindi, non deriva soltanto dall'errore che è stato commesso nel luglio del '70, contro il nostro esplicito avviso, con la costituzione di un Esecutivo pletorico di sedici assessori, rimasti in gran parte silenziosi ed inoperosi; non deriva soltanto dal metodo che direi neo-feudale ormai in uso per la spartizione delle cariche pubbliche fra i partiti e le correnti, ma deriva anche e soprattutto dall'aver legittimato, e quasi imposto, con l'art. 32 del nostro Statuto, la preminenza della trattativa al buio, fra le Segreterie dei partiti, alla discussione pubblica in questa sede, in cui si raccoglie e si esprime il mandato rappresentativo affidato dagli elettori della Regione.
Vorrei anche dire, anticipando una valutazione politica che avremo modo di sviluppare quando il dibattito per la elezione della Giunta e del Presidente potrà finalmente aprirsi, che questa situazione di incertezza e di inerzia in cui ci troviamo contrasta, a nostro avviso, con la effettiva situazione politica che è in atto. Noi siamo tutti parte di un sistema democratico per il quale, al livello nazionale come a quello locale, si potrebbe applicare il paradosso del volo del calabrone. Pare che, secondo le leggi aerodinamiche, questo insetto non potrebbe sollevarsi da terra, ma il calabrone, non essendo ingegnere, si permette egualmente di volare; allo stesso modo, secondo le leggi delle scienze sociali, il nostro sistema di democrazia basata sui partiti è troppo frammentario per sopravvivere, e tuttavia resiste alle ipotesi più infauste. Ma siccome la realtà può essere paradossale soltanto in superficie, l'ipotesi che a noi pare più verosimile è invece che la nostra democrazia sia meno incrinata e meno divisa di quanto non appaia. Noi crediamo, infatti, che anche in questo Consiglio Regionale, al di sopra delle divisioni di bandiera, di cui non sottovalutiamo l'importanza, esista una larga convergenza sulla politica delle riforme, cioè su una politica che tenda alla più ampia partecipazione popolare alla vita pubblica, che tenda alla programmazione di interventi in favore delle zone geografiche e delle fasce di popolazione in cui permangono più accentuati gli squilibri del sottosviluppo, che tenda, in una parola, a quella maggiore giustizia sociale in cui si riassume il fine del riformismo. E il nostro avviso è quindi che le distinzioni fra i gruppi democratici non vertano tanto sul "che fare" quanto sul "come farlo". E' su questo che noi dovremo confrontarci, in un confronto che non può dividere la nostra comune appartenenza al sistema democratico, perché coincide esattamente con il metodo della democrazia.
Avremo certamente ulteriori occasioni, in riferimento alla dichiarazione del collega Nesi, per dare e per chiedere ai colleghi socialisti qualche precisazione sul punto esatto in cui si colloca, a loro giudizio, la frontiera di questo schieramento democratico. Avremo modo, io credo, di accertare che la frontiera non si colloca sul merito dei singoli contenuti richiamati dal Capogruppo comunista Berti, ma a monte di essi, a un piano di scelte pregiudiziali che il richiamo alla politica delle cose non può eludere. Ma, per intanto, il confronto non può avvenire se i Gruppi che si sono attribuito il compito di essere maggioranza non si mostrano capaci di esercitarlo.
Per tutto questo, preso atto della difformità di tendenze che sono state qui esplicitamente enunciate negli interventi di Bianchi e di Nesi, e ribadendo la richiesta che è stata avanzata otto giorni fa dal nostro Capogruppo Fassino, noi invitiamo la maggioranza, visto che il collega Bianchi ci conferma che essa è tuttora tale, a produrre in questo Consiglio, nella sola sede autentica e legittima, la dimostrazione effettiva della sua esistenza.



PRESIDENTE

E' iscritto a parlare il Consigliere Giovana. Ne ha facoltà.



GIOVANA Mario

Signor Presidente, colleghi Consiglieri se un impegno indifferibile non mi avesse costretto a mancare stamane alla riunione del Capigruppo, mi sarei anch'io espresso in modo drasticamente sfavorevole alla richiesta del collega Bianchi per un rinvio ulteriore della scadenza che già avevamo fissato la volta scorsa per la presentazione delle linee programmatiche dell'ipotetica maggioranza alla quale toccherebbe di formare il governo della Regione Piemontese.
Quando, nella seduta precedente, si era parlato di una disaffezione al lavoro da parte della Giunta, di una crisi che aveva motivi profondi in ragione di dissenso politico, in problemi di non convergenza per ciò che riguardava la spartizione dei posti all'interno della Giunta, era piovuta sull'opposizione l'accusa di voler drammatizzare, di voler ingrandire problemi che in realtà erano marginali, di voler creare uno stato di allarmismo del tutto immotivato. Oggi noi abbiamo la riprova che l'opposizione, sollevando queste questioni, non suscitava affatto un irragionevole allarmismo, non si attaccava affatto a gratuite e speciose ragioni di speculazione politica, ma ritraeva le sue considerazioni da una realtà esistente.
Devo dire francamente come abbia provato profondo stupore nel sentire svolgere qui dal collega Bianchi non già delle argomentazioni ma una concatenazione di concetti astratti. Il collega Bianchi sa quanto rispetto io abbia per la sua persona e per l'onestà, di cui non dubito menomamente delle sue convinzioni. Debbo però con altrettanta onestà dirgli che il suo intervento odierno mi ha richiamato alla memoria una serie di passaggi di un libro scritto tanto tempo fa ma che mantiene tutta la sua attualità, a partire dal titolo, "Le miserie della filosofia". Niente è più attuale e più pertinente di un richiamo a quel titolo e a quel volume nella misura in cui, dovendo rispondere su problemi e fatti concreti, su responsabilità che non sono più dilazionabili, si enunciano in perpetuo dichiarazioni di buona volontà, si dice che non bisogna essere impazienti, che occorre attendere che gli uomini lavorano per il meglio e che l'avvenire certamente ci darà questo "meglio".
A prescindere dal fatto che è un tempo molto lungo - non mi stancher mai di ripeterlo - quello che ha costretto gli italiani ad attendere l'adempimento del precetto costituzionale che postulava la creazione delle Regioni, questa richiesta di una nuova dilazione è a mio avviso rivelatrice, non già di fatti che sfuggono alla volontà degli uomini, ma della estrema fragilità, del grado di spappolamento che corre all'interno di quel patto di Centro-sinistra che nazionalmente regge il governo del Paese e che localmente dovrebbe riprodursi nel governo della Regione Piemonte.
Perché se io, anche soltanto limitandomi a considerare le cose che sono state qui dette dal collega Bianchi, e dopo di lui dal collega Nesi, metto a confronto questi due interventi, debbo dire quanto appaia evidente l'impossibilità di trovare un comune denominatore tra queste posizioni. Il collega Bianchi ha parlato, ripeto, per concetti astratti; il collega Nesi glie ne devo dare atto, ha fatto un lucido, serio, preciso discorso, col quale ha riportato la nostra attenzione su problemi specifici di impegno di programmazione e di lavoro su cui i compagni socialisti hanno preso delle decisioni e che vengono riproposti in modo molto responsabile all'attenzione di tutto il Consiglio. Ecco che, però, proprio quando prendo in esame i punti che, ripeto, molto lucidamente, molto seriamente, a mio avviso, il collega Nesi ha qui esposto come gli elementi "portanti ed irrevocabili" della piattaforma del Partito socialista italiano, devo vedere se vi è la possibilità di inserirli nel quadro generale di una realtà e di una dimostrata volontà politica delle forze con le quali il PSI ritiene di potere ancora effettuare un produttivo incontro di governo a livello locale, direi inaugurando una situazione che dovrebbe distaccarsi profondamente dalla sperimentata improduttività dell'incontro e del patto di governo realizzato a livello nazionale. Il collega Nesi è partito ricordando come il primo punto fermo del programma dei socialisti sia affermare nel concreto i temi della partecipazione popolare; e noi abbiamo una casistica, una serie infinita di atti concreti (non di dichiarazioni di volontà o di fatti verbali ma di atti concreti), nella storia passata recente e recentissima della Democrazia Cristiana che tendono in una direzione esattamente contraria; e non vedo in virtù di quale miracolo improvvisamente la Democrazia Cristiana potrebbe cambiare la sua natura dal momento che, se così avvenisse, essa non esisterebbe più in quanto partito, o dovrebbe in ogni caso trasformarsi profondamente ed affrontare questi problemi con la misura e con la forza che la realtà politica e sociale del Paese pretendono.
Il collega Nesi ha detto: noi siamo per una immediata e concreta realizzazione di quei presupposti della programmazione senza dei quali tutti gli elementi di crisi, di squilibrio, tutte le contraddizioni che si vanno verificando nello sviluppo economico e sociale del Paese risulterebbero sempre più accentuati, tutti i dati di sfruttamento, di disagio delle classi lavoratrici si acuirebbero sempre più. Ebbene, io invito i compagni e colleghi socialisti a valutare come anche qui ogni atto di politica economica, sia come intervento attivo sia come dato, come dire di diserzione dell'intervento attivo, che è pur sempre un fatto politico da parte della Democrazia Cristiana, abbia consentito e consenta, ogni giorno, nella realtà della vita economica e sociale del Paese, che vadano avanti scelte le quali sono in una direzione esattamente opposta a quelle di una programmazione che abbia riguardo agli interessi ed ai problemi generali della società italiana, e in primo luogo, ovviamente, delle forze dei lavoratori, che ne costituiscono il nerbo.
Il collega Nesi ha detto: noi siamo per una politica di programmazione capace di dare un assetto alle strutture dell'economia italiana e della società italiana tale da rompere i caratteri egemonici sempre più accentuati dei gruppi di capitalismo privato, all'interno e al di sopra di questa realtà. Ebbene, cari colleghi e compagni socialisti, guardate il comportamento della Democrazia Cristiana nella circostanza del dibattito per il voto al Parlamento sulla legge per i fitti rustici: è stato una dimostrazione lampante, di quali siano gli interessi reali, le volontà reali che si muovono all'interno delle forze che gestiscono politicamente la Democrazia Cristiana.
Il collega Nesi ha detto: noi vogliamo una sistemazione del territorio che impedisca il ricrearsi di situazioni esplosive nel quadro di queste già esplodenti condizioni urbane nelle quali viviamo: ebbene, anche qui, con molta chiarezza, il collega Berti prima ricordava come la programmazione dei grandi centri di potere capitalistico, e nella nostra situazione specifica della Fiat, proceda tranquillamente, senza minimamente tener conto delle cose che qui si dicono, e aggiungo neppure le cose che noi abbiamo scritto nello Statuto. Abbiamo scritto nello Statuto che uno dei compiti principali dell'Ente Regione è di assicurare la funzione sociale della proprietà privata: in flagrante violazione di tutto questo, la proprietà privata - è un dato oggettivo, questo, che io non sto qui a discutere, perché altrimenti farei soltanto del moralismo, è una logica della realtà di classe -, in assenza dell'intervento politico che la riporti ad una funzione sociale, svolge il suo ruolo storico e va avanti per il proprio cammino. Noi non abbiamo saputo opporre a questo metodo - lo ricordavo già nel mio precedente intervento in quest'aula - la modesta volontà di una indagine a fondo su un unico fatto, peraltro estremamente indicativo ed importante, che caratterizza lo sviluppo più recente degli atti di questa grande proprietà privata nel quadro della nostra realtà regionale. Mi viene detto, adesso, che la Fiat ha risposto stamane, collega e compagno Berti, a quel questionario che noi avevamo inviato, come Commissione di indagine promossa dalla Giunta sugli insediamenti a Crescentino. Voglio però ricordare che non solo quel questionario era stato compilato due mesi fa, ma che noi in quella Commissione, all'unanimità presente il Vicepresidente Benzi, avevamo deciso che si sarebbe dovuta convocare la Fiat, per un discorso preciso, Ebbene, noi solo oggi abbiamo ricevuto quel documento e non abbiamo visto collegialmente tutto il materiale di documentazione dei Comuni interessati agli insediamenti materiale che avevamo come Commissione richiesto. Siamo ancora in stato di disarmo anche di fronte a questo problema.
Ecco perché diventa estremamente difficile, compagni e colleghi socialisti, credere nell'esistenza di una disponibilità reale della Democrazia Cristiana per affrontare quei problemi che giustamente seriamente, voi indicate come cardini di una funzione innovatrice della Regione. Ciò non riguarda soltanto il passato, per il comportamento politico della Democrazia Cristiana rispetto ai problemi dello sviluppo sociale ed economico del Paese, che già nelle discussioni da noi svolte per esempio, sulla crisi della piccola e media industria, sui problemi dell'agricoltura piemontese abbiamo avuto modo di documentare quale sia stato, ma per il presente. Proprio il fatto che il collega Nesi abbia oggi qui così chiaramente esposto una serie di punti che costituirebbero i pilastri delle proposte con le quali i socialisti sono andati alla trattativa, mi fa pensare su ciascuna di queste proposte non si sia trovato l'accordo; e se non si è trovato l'accordo su ciascuna di queste proposte è evidente come cadano i presupposti minimi per avviare un qualunque discorso di patto di governo.
La verità della situazione è infatti questa e, ancora una volta, dalle realtà periferiche si risale alle realtà nazionali. Difficile immaginare che ciò che non funziona come patto di governo nazionale possa funzionare come patto di governo locale. Certo, ci sono indubbiamente (e non lo sottovalutiamo) anche nella Democrazia Cristiana delle volontà sincere e delle spinte genuine in senso diverso e contrario a quelle che caratterizzano e ipotecano l'atteggiamento della Democrazia Cristiana nel suo insieme, ma queste volontà non si manifestano, o si manifestano in modo timido, e non portano allo sbocco di un chiarimento preciso rispetto alle maggioranze di destra, conservatrici e reazionarie, che egemonizzano il partito di maggioranza relativa. E' impossibile un fatto politico operante in senso innovatore, laddove è presente una socialdemocrazia coinvolta nelle manovre le più scoperte per fare dell'Italia non soltanto un Paese in cui si rivedano determinati criteri di conduzione governativa ma in cui avanzino i peggiori elementi di un autoritarismo neppure strisciante; una socialdemocrazia che è coinvolta visibilmente anche negli aspetti più sbracati di carattere eversivo di destra che si vanno manifestando nello Stato (il caso di Reggio Calabria è a tutti noto). Dove esiste, mi consentano di dirlo gli amici repubblicani, un Partito repubblicano che innalza la bandiera di Mazzini, e nel quale, però, se si scende al di sotto di Roma, la faccia di Mazzini si confonde, molto spesso e da parecchi anni con la faccia di antichi amici dell'armatore Lauro.
Non è sufficiente, per giustificare una credibilità di forza politica innovatrice, una concezione "lamalfo-centrica" dell'universo, la quale insegni ogni giorno a ciascuna forza politica che cosa è la moralità, che cosa è l'intelligenza, quali sono le scelte da fare in ragione degli interessi che essa deve difendere Se mai, i fatti che avvengono nella realtà politica del Paese, lo ricordavo prima, testimoniano che il Partito repubblicano va retrocedendo giorno per giorno anche da certi postulati che costituivano il suo programma della Resistenza e degli anni immediatamente successivi alla Resistenza. E direi che basterebbe aver ascoltato oggi l'intervento svolto qui dal collega Zanone (dal quale io peraltro ho motivi di dissenso, del tutto ovvii), per rendersi conto che c'è un notevole respiro nelle affermazioni che il collega Zanone stesso svolgeva sui problemi di un processo nel quale la Regione abbia a divenire davvero un centro promotore, un centro di stimolo per il rinnovamento; ed è davvero straordinario che questo venga da una forza che si è sempre proclamata antiregionalista, mentre il Partito repubblicano, che si è fregiato fin dalle sue origini del blasone del regionalismo, direi che lo sta ora sprecando all'interno di un patto politico in cui si fa di tutto perché il regionalismo non dico viva ma neppure nasca.
Tutti questi motivi non mi fanno ritenere possibile che fra otto giorni esca una formula di alleanza di Centro-Sinistra la quale si presenti con delle linee programmatiche. E' possibile che nei patteggiamenti che ancora intercorreranno in questo frattempo si riesca a comporre il dissidio sulle poltrone e il dissidio sulle linee generiche di orientamento. Ma quello che è indubbio - perché questa è sempre la realtà della lotta politica - è che bisogna guardare alle forze come si muovono nel quadro generale di un contesto politico e sociale per rendersi conto se queste forze applicano la loro dichiarata volontà di rinnovamento, oppure se il loro comportamento come giustamente lo ha definito il collega Nesi, è un comportamento che fa disperare della loro effettiva possibilità di partecipare, in modo attivo e responsabile, ad una azione positiva in tal senso e, quindi, nel nostro caso, di concreto e coraggioso avvio della vita della Regione.
Devo dare ragione al collega Debenedetti, il quale la volta scorsa definì improprio il mio paragone del portatore d'acqua nelle corse ciclistiche, a proposito del nostro ritardo di "corridori" per ciò che riguarda la messa in movimento dello strumento Regione. Era improprio infatti; perché io parlai di portatori d'acqua mentre sarebbe stato più calzante il riferimento ad un personaggio particolarissimo della storia del ciclismo italiano, il gregario Malabrocca, il quale, a forza di arrivare ultimo, non costituì certo un caso sportivo bensì certamente un caso patetico. Anche noi, a forza di arrivare ultimi, può darsi si finisca con l'essere un caso patetico. Ma non c'è niente di peggio, di più irresponsabile, di meno serio, in politica, del costituire casi patetici invece di costruire fatti politici.
Questa, egregi colleghi impegnati a trattare per verificare se è possibile comporre una maggioranza, è la grossa responsabilità che pesa sulle vostre spalle. E' una situazione che, devo dirlo con tutta franchezza, non credo possa trovarvi ancora assieme in un patto di governo efficiente ed animato dalla volontà di agire concordemente per dar vita e forza alla Regione Piemonte. Ecco perché, a mio avviso, il processo che si apre è un processo di chiarificazione, nel quale ciascuna forza politica presente nel Consiglio Regionale deve assumersi a fondo le sue responsabilità.
Concludo con un appello ai colleghi e compagni socialisti, non solo perché mantengano fermi, come io credo sia loro intenzione ben precisa quei capisaldi qui esposti dal collega Nesi, e mantenendo fermi i quali a me pare estremamente difficile si possa giungere ad un patto quale quello che è prefigurato per l'ipotetica maggioranza di Centro-Sinistra; ma faccio appello anche a quei colleghi, a quei membri della Democrazia Cristiana che sappiamo animati dal desiderio, dalla volontà sincera di uscire dai limiti di un discorso che è sempre più un discorso il quale fa della Democrazia Cristiana medesima il fulcro, il centro di attrazione di tutte le forze conservatrici e reazionarie del Paese. Se si ha davvero volontà e sincerità politica, se ci si vuol collocare di fronte al Paese con chiarezza, ognuno per la parte che gli compete deve avere il coraggio di portare alle estreme conseguenze le proprie posizioni di fronte ai lavoratori e di fronte alla opinione pubblica. Allora forse si potranno rimescolare, come si suol dire le carte; allora si vedrà anche che molti degli steccati politici che ci dividono hanno forse degli aspetti artificiosi. Ma il problema è che tutto questo venga portato alla ribalta, nella discussione in queste sedi e non come dicevo nella precedente seduta, nel chiuso di una stanza. Portato avanti con molta sincerità, con molto coraggio, senza alcuna reticenza.
Esprimo quindi il mio estremo pessimismo sul fatto che il rinvio possa permettere di approdare a qualche cosa di utile. Non è certo la pochezza quantitativa (e, come mi è accaduto di dire la prima volta, anche qualitativa) della parte che qui rappresento a poter mutare una decisione di rinvio o di non rinvio del Consiglio. Ma per quello che mi compete, per quello che devo come testimonianza di una volontà e di una presenza politica, desidero ancora una volta sottolineare quanto sia grave dilazionare ulteriormente il momento in cui il Consiglio Regionale piemontese potrà agire nei modi e nei termini che il collega Berti poc'anzi indicava; e come non si possa tacere, di fronte ai lavoratori, la responsabilità di chi per queste dilazioni, direi, ha lavorato, magari anche con il suo atteggiamento di passività rassegnata.



PRESIDENTE

E' iscritto a parlare il Consigliere Gandolfi. Ne ha facoltà.



GANDOLFI Aldo

Signor Presidente, signori Consiglieri alcuni dei Capigruppo che mi hanno preceduto hanno definito "mortificante" la situazione in cui ci troviamo. E' una definizione obiettiva, e chi fa parte della maggioranza si deve certamente fare completo carico di questo tipo di responsabilità e deve accettare in pieno molti dei rilievi che da parte dei Gruppi di opposizione sono venuti.
Però, ritengo di dover prendere la parola a nome del mio partito perché vorrei che della maggioranza, per come si è espressa fino ad ora, o per lo meno delle componenti politiche che hanno tentato di dar vita ad una maggioranza, non rimanesse, date le dichiarazioni che sono state qui fatte una immagine inesatta e scoraggiante.
Inesatta perché? Devo ammettere obiettivamente che è abbastanza naturale che chi ha partecipato ad una trattativa difficile e lunga come questa, con i momenti di tensione che ci sono stati, ne abbia derivato un atteggiamento suo peculiare. E nel tipo di dichiarazioni che il Capogruppo socialista, l'amico Nesi, ha voluto fare, con estrema onestà e sincerità al Consiglio Regionale, ho rilevato alcuni aspetti che proprio perch ispirati probabilmente da particolari stati d'animo, dalla carica di tensione che in perfetta buona fede il Partito socialista ha portato in questa trattativa, lasciano una impressione poco aderente alla realtà, per lo meno per quello che riguarda il nostro punto di vista e la nostra interpretazione.
Innanzitutto, non vorrei che al Consiglio Regionale rimanesse l'impressione di una trattativa tutta polarizzata tra la delegazione del Partito socialista italiano e quella della Democrazia Cristiana che le dichiarazioni, ripeto, peraltro sincere e molto precise, dell'amico Nesi possono avere provocato. Non c'é dubbio che nella trattativa che si è svolta, le delegazioni della Democrazia Cristiana e del Partito socialista hanno avuto un peso politico maggiore del PRI, per la necessità di portare a livello di incidenza politica tensioni e rappresentanze politiche molto più ampie che non il Partito repubblicano. In una trattativa di questo genere il Partito repubblicano non può certamente porre delle condizioni attestarsi su posizioni rigide, ma deve evidentemente fare uno sforzo di ragionevolezza, di puntualizzazione di problemi, un tentativo di collegamento fra le forze politiche, un tentativo di trasfondere nel programma della Giunta regionale solo alcune sue peculiari impostazioni.
C'è stata, ripeto, una discussione molto ampia, che non ha certamente visto in contrapposizione le posizioni del Partito socialista italiano e della Democrazia Cristiana ma un confronto di posizioni tra quattro delegazioni ciascuna delle quali portava proprie peculiari indicazioni di lavoro, di metodo, e proposte programmatiche. Questo devo dire, e credo che l'amico Nesi vorrà accettare le mie considerazioni; perché anche quel tipo di lettera cui il Capogruppo socialista ha fatto riferimento, rivolta alla Democrazia Cristiana, proprio perché evidentemente nasce da un certo tipo di stato d'animo che è estremamente sincero, ci preoccupa, nel senso che riteniamo che per il prosieguo delle trattative ci debba essere un rapporto che investa con estrema chiarezza non solo due ma tutte quattro le componenti della maggioranza che si deve costituire.
Devo aggiungere anche qualche considerazione sulla discussione che si è svolta in merito ai contenuti. Perché anche a questo proposito, al di là delle impressioni che ciascuno di noi può consegnare oggi al Consiglio Regionale, mi sembra che non possiamo, in coscienza, parlare di grosse divergenze, Non ricordo che si sia parlato del grosso problema della partecipazione popolare: si è certamente parlato di tanti problemi, di assetto strutturale, organizzativo e programmatico della Regione, ma su questi mi sembra che se dovessimo elencare i punti di dissenso e i punti di consenso l'immagine che dobbiamo consegnare al Consiglio regionale sia una immagine che lascia, se non un bilancio positivo, certamente una certezza di possibilità di convergenza dei programmi.
Non starò ad addentrarmi nell'insieme di punti che molti Capigruppo delle minoranze hanno voluto toccare, in particolare il Capogruppo comunista. Perché, d'accordo che su ciascuno di questi ognuno dei Partiti può prospettare sue indicazioni programmatiche, ma direi che siamo ormai abbastanza disincantati per non renderci conto che non è più possibile accettare, oggi, con il dibattito così articolato che sta avvenendo nel nostro Paese sulle soluzioni da dare alle spinte che emergono dal Paese delle etichettature che sono veramente troppo facili, in termini di schieramenti, su problemi che esigono un serio approfondimento di contenuti. Direi che su tutti i problemi toccati noi possiamo individuare molti punti di convergenza, come anche molti punti di divergenza, con forze che possono stare tranquillamente alla nostra sinistra come con forze che lo schieramento tradizionale può catalogare anche alla nostra destra.
Ripeto, il problema non è un problema di etichettatura. Sulla riforma fiscale noi abbiamo una posizione che riteniamo, al di là delle etichette che si vogliono affibbiare ad un certo tipo di nostre proposte, una posizione moderna, democratica ed avanzata. Il discorso che si fa sulla necessità, ad esempio, che gli enti locali abbiano una possibilità di imposizione propria come garanzia della propria autonomia nei riguardi dello stato accentratore é, secondo noi, un discorso vecchio, al limite, un discorso medioevale, un discorso che oggi va, a nostro avviso, radicalmente modificato, L'autonomia dev'essere una autonomia di iniziativa politica per l' Ente locale, una autonomia, quindi, di spesa, in un quadro che vede le garanzie effettive di democraticità e di progresso e di politica progressista in un contesto più articolato di quello della politica di programmazione, per cui le forze politiche si devono qualificare in base agli obiettivi che danno alla propria politica di programmazione, alla autentica volontà di portarla avanti, ma che vede, ad esempio, in uno strumento fiscale moderno ed accentrato uno dei mezzi fondamentali attraverso cui il Parlamento ed il Governo possano garantire un gettito fiscale ed una manovra anticongiunturale veramente moderna, in grado di garantire successo alla programmazione.



MINUCCI Adalberto

Cosa vuol intendere con l'aggettivo "moderno"? Forse sarebbe più appropriato dire "democratico".



GANDOLFI Aldo

Voglio dire efficace: moderno in quanto a capacità di raggiungere degli obiettivi. Perché è ora di finirla di parlare di programmazione senza darsi strumenti che permettano di raggiungere gli obiettivi di programmazione. La qualificazione delle forze politiche - su questo sono d'accordo - nasce dalla precisazione degli obiettivi e da eventuali convergenze sugli obiettivi, ed inoltre dalla capacità di volere e di realizzare strumenti per programmare.
Quindi, se quello cui si tende è garantire agli Enti locali un effettivo volume di spesa ed una effettiva incidenza politica e di scelte politiche nello sviluppo delle comunità noi siamo perfettamente d'accordo e su questo riteniamo di poterci qualificare ampiamente a sinistra; l'altro tipo di discorso di qualificazione noi non riteniamo di poterlo accettare.
Lo stesso discorso potrei fare a proposito dell'assistenza sanitaria dove invece le nostre posizioni sono, direi, molto oltre quelle che la maggioranza a livello parlamentare ha fatto registrare nei dibattiti che ci sono stati in questi mesi. Noi siamo, sul terreno dell'organizzazione sanitaria e dei servizi sociali, per una organizzazione che riunisca saldamente il momento ospedaliero al momento ambulatoriale, in una dimensione più moderna, più efficiente e più democratica di quella delle unità sanitarie locali; cioè, pensiamo ad una organizzazione di carattere distrettuale, comprensoriale. In questo riteniamo di qualificarci in un modo che potrebbe, e secondo noi può, essere etichettato in un certo modo.
Ma, ripeto, in definitiva il problema non é, in questa sede, di fare un inventario di punti di carattere programmatico sulla base del quale dividere i buoni dai cattivi, i progressisti dai reazionari, le forze trainanti dalle forze ritardatrici: il problema, se abbiamo un serio e reale interesse allo sviluppo, al rafforzamento, al potenziamento di questa istituzione alla quale abbiamo affidato tante delle nostre speranze, è come già dicevo l'altra volta, quello di fare lo sforzo più serio e più produttivo per determinare delle convergenze attorno ad un programma operativo e per determinare la presentazione di una maggioranza all'interno del Consiglio Regionale.
Questo è l'impegno con il quale il PRI ha ritenuto di poter iniziare queste trattative e con il quale ha partecipato a queste trattative, e per il quale si assume oggi le responsabilità che è necessario assumersi per l'impasse al quale siamo giunti. Ma proprio per questo noi vorremmo invitare tutti i Gruppi di quella che è stata prima d'oggi la maggioranza e che secondo noi sarà senz'altro quella che si ripresenterà al Consiglio Regionale, vorremmo invitare tutte le componenti di tale maggioranza ad un atteggiamento, tutto sommato, più fiducioso, meno sfiduciato, atteggiamento più fiducioso che in fondo deriva dalla decisione che insieme abbiamo preso nella riunione di questa mattina fra i partiti di maggioranza di continuare le trattative dandoci anche delle scadenze di proseguimento; atteggiamento più fiducioso che deve significare soprattutto capacità di superare dei contrasti che derivano solo da esigenze precise di garanzie sul piano del peso politico e di una partecipazione che garantisca rilievo, peso incidenza a tutte le componenti della maggioranza all'interno di una combinazione di Governo. E proprio perché a noi sembra siano tali, o almeno la trattativa ce li ha consegnati come tali, noi riteniamo possano, debbano essere superate con uno sforzo di autentica buona volontà, che non è un richiamo, così, alla filosofia, alle dichiarazioni o alla buona volontà dei singoli, ma è, io credo, la consapevolezza della strada che i partiti di Centro-Sinistra possono e debbono continuare a percorrere a tutti i livelli nel Paese, superando le proprie contraddizioni interne, e direi anche però, sapendo superare e dare uno sbocco positivo alla crisi che tutto il Paese attraversa.
Detto questo, ritengo di dover aggiungere, a nome del mio partito, una ulteriore considerazione su un ordine di problemi ai quali ci ha richiamato in particolare il Gruppo comunista, in maniera questa volta molto misurata seria, quando ha sottolineato l'esigenza che i partiti della maggioranza si pronuncino e diano una soluzione al problema dei rapporti tra Giunta e Consiglio in questo discorso che si sta articolando.
Da questo punto di vista debbo ribadire quello che mi sembra di aver già detto in sede di dichiarazione conclusiva al termine, dopo l'approvazione dello Statuto in Consiglio regionale. A nostro avviso, le soluzioni che lo Statuto ha dato in termini di composizione della Giunta stanno a significare questo: una Giunta snella, estremamente ristretta, che lavori per impegno statutario, con il principio della collegialità e della programmazione, non può che avere, come punto di riferimento e di raccordo con il Consiglio, un lavoro estremamente serio e ricettivo di tutta una elaborazione consiliare nell'ambito delle Commissioni; però lo stabilire il modo, gli strumenti, i momenti in cui questo raccordo tra Giunta regionale e Consiglio si potrà realizzare, come concretamente realizzarlo e come quindi una maggioranza che si esprime attraverso il lavoro della Giunta possa recepire le istanze, le sollecitazioni, le proposte di una minoranza mi sembra che obiettivamente sia problema da lasciar risolvere alla maggioranza nel suo complesso. Gli amici comunisti mi vorranno quindi scusare se, non per sfuggire a delle responsabilità, ma direi per un atteggiamento di doverosa correttezza verso tutte le altre componenti della maggioranza, io dico che in questo momento dichiarazioni dei rappresentanti di singoli partiti di Centro-Sinistra su questo tema rischiano di diventare qualcosa di poco corretto in un contesto e in un meccanismo di composizione di una maggioranza, perché sarebbe troppo facile poi usare di un certo tipo di dichiarazioni di questo genere per un gioco di indicazioni di responsabilità o di scelte di buoni e cattivi all'interno di una maggioranza. Se una maggioranza si formerà, il Partito repubblicano, ove ne sia una componente, si addosserà in pieno tutte le responsabilità che questa maggioranza avrà voluto assumersi anche su questo ordine di problemi.
Richiamandomi a quelle dichiarazioni di principio che a nome del Partito repubblicano avevo fatto a suo tempo, io ritengo che la decisione più corretta che oggi le componenti la maggioranza possano adottare sia quella di rinviare la successiva articolazione di carattere operativo e di lavoro ad un tempo che venga dopo la definizione degli accordi stessi tra i partiti di maggioranza.
Ritorno a concludere con una dichiarazione di fiducia e rivolgo un invito in particolare a tutti i Gruppi di maggioranza affinché ritrovino e ricreino, ove in parte si fossero persi, tutti quegli elementi, che sono probabilmente anche psicologici, di reciproca fiducia nello sviluppo delle trattative, non interrotte ma che riprenderanno nei prossimi giorni, capaci di permettere che si porti veramente, la prossima volta, a questo Consiglio Regionale una soluzione di governo finalmente positiva, sollevandoci dal senso di responsabilità e di mortificazione che oggi certamente proviamo acutamente.



PRESIDENTE

E' iscritto a parlare il Consigliere Carazzoni. Ne ha facoltà.



CARAZZONI Nino

Signor Presidente, signori Consiglieri ci sia consentito innanzitutto ringraziare il Presidente dell'Assemblea per aver dato atto correttamente della posizione difforme che il MSI ha, in ordine al problema di sollecita approvazione dello Statuto da parte del Parlamento nazionale. Noi, infatti, condividiamo pienamente le osservazioni critiche che sono state formulate dalla Sottocommissione Interni del Senato (ove, ci sia permesso sottolinearlo, sono in maggioranza non certo le forze antiregionaliste), e che nel loro contenuto confermano la piena validità della impostazione sostenuta dal Movimento sociale italiano quando lo Statuto venne discusso dall'Assemblea regionale. Questo ci permette di far rilevare che noi non siamo, quindi, stati contrari allo Statuto in quanto tale ma a quel particolare tipo di Statuto; in altre parole che noi, pur essendo stati, e pur rimanendo, sotto molti aspetti, convinti antiregionalisti, riteniamo di prendere atto della realtà regionale quale oggi esiste e auspichiamo anche che questa realtà possa evolversi naturalmente nei limiti fissati dalla Costituzione e dalle leggi dello Stato, nel miglior modo possibile.
Questa dichiarazione ci consente di assumere un atteggiamento molto chiaro in ordine alla crisi che si è qui determinata e che si sta trascinando ormai da molto tempo. Noi abbiamo ascoltato lunghi discorsi che crediamo si possano riassumere in una brevissima conclusione: i giorni anzi, le settimane, se è vero, come è vero, che la crisi, ufficialmente aperta solo da pochi giorni, in realtà dura dal giorno stesso in cui si e approvato lo Statuto - sono trascorsi invano, poiché la situazione all'interno delle componenti della maggioranza di Centro-Sinistra è andata progressivamente deteriorandosi fino a giungere oggi, come cercheremo di dimostrare, al punto invalicabile di rottura. Se sette giorni fa, infatti era ancora possibile ai Capigruppo della Democrazia Cristiana, del Partito socialista, del PSU, del PRI minimizzare la gravità del contrasto tra loro apertosi, oggi noi abbiamo sentito esplicitamente dichiarare, ancora da ultimo dal Consigliere Gandolfi, che gli stessi partiti del Centro-Sinistra riconoscono grave e mortificante ciò che si sta verificando, anzi, abbiamo sentito esplicitamente, da parte del Capogruppo socialista, pronunciare quello che riteniamo essere l'atto di morte della formula di Centro Sinistra.
Noi diamo atto al consigliere Nesi di aver pronunciato in quest'aula un discorso dal suo punto di vista coraggiosamente apprezzabile, ma invitiamo anche l'assemblea a prendere atto che dopo quel discorso non vi è più spazio politico per ricomporre una coalizione quadripartita di Centro Sinistra. Quanto ha detto il Consigliere Nesi è stato di una tale durezza di una tale esplicita richiesta di mutamento di posizioni all'altro grosso partito della coalizione di maggioranza, cioè alla Democrazia Cristiana che noi riteniamo fondatamente che qualunque accordo dovesse in ipotesi verificarsi tra questi partiti nei giorni a venire non potrebbe essere altro che un compromesso; e riteniamo altresì che questa Regione non possa e non debba assolutamente restare in balia del compromesso. Questa è la prima, precisa conclusione politica che ci pare di dover trarre.
Ma ve n'è un'altra, ancora più grave, che noi desideriamo sottolineare: quanto si sta verificando tra i partiti di maggioranza lascia libero spazio all'inserimento comunista, Abbiamo rilevato con quanta interessata attenzione si sia preso atto oggi dai banchi del PCI e dello stesso rappresentante del PSIUP della disponibilità del Partito socialista italiano per equilibri più avanzati. E non poteva non essere così, perché è risaputo che i vuoti lasciati in politica vengono ovviamente coperti: sul vuoto lasciato dallo scollamento della formula di Centro-Sinistra oggi la sinistra estrema porta avanti le sue manovre di inserimento e di aggancio.
Di fronte alla dimostrata frattura della coalizione quadripartita di Centro-sinistra in quanto tale - frattura che d'altronde si va estendendo in tutta Italia, da Regioni a Statuto speciale a Regioni a Statuto ordinario, come abbiamo visto accadere nei giorni scorsi dalla Sardegna alle Puglie ed in questi giorni in Sicilia -, ed altresì nella consapevolezza di questa pericolosa manovra avvolgitrice dell'estrema sinistra, noi del Movimento Sociale italiano non possiamo che pronunciare ancora una volta una dura condanna verso chi ha la responsabilità di aver determinato questo stato di cose; non solo, ma dichiarare la nostra ferma opposizione a qualunque ulteriore rinvio. Noi ci domandiamo se, a fronte di questa carenza riscontrata nel nostro Statuto, per cui dobbiamo passare dall'uno all'altro rinvio, non sia venuto il momento di rimettere in discussione quell'accordo intervenuto fra tutti i Gruppi politici che prevedeva, per così dire, di seguire una procedura mista nella elezione della Giunta, e di passare immediatamente alle elezioni facendo ricorso al disposto della legge ancora in vigore, la cosiddetta legge Scelba, perch si prenda atto se esiste o non esiste la possibilità di formare una maggioranza, o quanto meno se esiste la possibilità di ricreare un determinato tipo di maggioranza.
Questa è la richiesta che noi riteniamo di formulare, facendo presente ancora una volta che a nostro modo di vedere in questa vicenda viene sempre a ridursi il margine di credibilità dell'istituto regionale. E' un fallimento che potrebbe da un certo punto di vista interessarci, ma del quale ovviamente noi non desideriamo avere responsabilità di alcun genere e di alcun tipo.



PRESIDENTE

Ha chiesto di parlare il Consigliere Debenedetti, ne ha facoltà.



DEBENEDETTI Mario

Signor Presidente, signori Consiglieri, cercherò di essere breve e di puntualizzare alcune osservazioni fondamentali, visto che l'aula è deserta per usare un termine di moda vorrei dire che c'è un po' di disattenzione a questo punto del dibattito.
Dirò subito che il partito al quale appartengo ci tiene a precisare una cosa: non è certamente il PSU che ha introdotto, nel corso delle trattative, la richiesta di modifica dello Statuto. Il Presidente del Consiglio ha riferito le dichiarazioni ufficiali rese in sede di conferenza di gruppo, ma personalmente tengo a precisare che da parte nostra non è mai stato avviato un discorso del genere.
Signori Consiglieri, mi pare evidente una certa anomalia in questo dibattito che non deriva soltanto da un imbarazzo apertamente denunciato da parte dei componenti di quella che dovrebbe essere (e che non è fino ad oggi) la maggioranza, ma che deriva da una ragione più profonda e cioè che si apre un dibattito quando una maggioranza non c'é, quando un programma definito non c'è. Questo è certamente un elemento di disordine nel dibattito, tant'è che tutti abbiamo constatato come, con questo sistema tutti i temi che riguardano la Regione, possono essere introdotti nella discussione. Questa osservazione pone un certo disagio nel richiamare quelle che debbono essere invece le posizioni responsabili di ogni singola parte politica su un problema preciso, specifico. Perché converrete con me che se affrontassimo in questa sede, in questa occasione, tutti i problemi attinenti al programma della Regione, certamente saremmo costretti a proseguire la discussione per parecchi giorni.
A questo proposito vorrei dire anche che come PSU non abbiamo alcuna difficoltà ad un confronto sui programmi, sui contenuti in questa sede. Ha fatto bene il Consigliere Nesi a ricordare alcuni impegni fondamentali che debbono incombere, penso, a tutte le forze politiche, per dare un governo un contenuto alla Regione. Egli ci ha ricordato per primo, credo, il problema della partecipazione e tutti sanno con quale impegno se ne sia parlato, anche da parte delle opposizioni. Ma mi pare che il discorso sia un altro; se vogliamo confrontare le posizioni delle singole componenti politiche su problemi concreti, al nostro dibattito dobbiamo dare un'altra struttura, se vogliamo viceversa limitarlo al problema specifico che ci riguarda, quello della constatazione che anche in questa convocazione del Consiglio Regionale non si è ancora costituita una maggioranza con un programma concreto, allora ripeto quel che ho detto l'altra volta: noi per primi avverti amo l'improrogabile necessità di dare al più presto un governo alla Regione Piemonte, conveniamo sulla validità di alcune osservazioni fatte dalle opposizioni e accusiamo il disagio di non essere in condizioni oggi di presentare compiutamente il programma al quale stiamo lavorando, ma con altrettanta tranquillità diciamo che la cosa non va drammatizzata. Vogliamo dire, da persone responsabili, che sono avvertite da tutti le difficoltà concrete, obiettive, che può comportare una coalizione di quattro partiti, ma non abbiamo neanche timore che attraverso un confronto si sia costretti a rimandare di sette-otto giorni la conclusione. A me pare che sia molto più importante, al punto in cui siamo arrivati, che da questa situazione scaturisca un impegno serio responsabile da parte della maggioranza di centro sinistra (se si realizzerà) ai fini del lavoro della Regione. Noi sentiamo, per quanto ci compete, la responsabilità di dare al più presto alla Regione Piemonte un governo di centro sinistra, perché noi crediamo nella validità di questa formula politica, E diciamo "al più presto" con profondo senso di responsabilità, assicurando che da parte nostra ci sarà tutto l'impegno perché si arrivi nel minor tempo possibile a questo traguardo, Quindi impegno politico di ciascuna componente della costituenda maggioranza e se e necessario, ripeto, confronto sui contenuti, sui programmi, anche in pubblica assemblea, non abbiamo alcuna difficoltà.
Questo lo diciamo perché mi sembra sia necessaria una puntualizzazione di questo tipo. Accusiamo, l'abbiamo detto, un certo disagio nell'essere costretti a chiedere al Consiglio un rinvio, ma non temiamo affatto una discussione sui contenuti, sui programmi, perché riteniamo che noi socialdemocratici non abbiamo nulla da temere dalle collocazioni che arbitrariamente ci si vogliono dare, collocazioni che possono essere utili per una certa strumentalizzazione, ma che non rispondono alla realtà dei fatti.
Per concludere, affermo che da parte nostra siamo disponibili per un discorso serio, soprattutto sui contenuti verificabili a qualsiasi livello e sentiamo il dovere di sollecitare noi stessi e le altre componenti politiche perché al più presto si arrivi alla formulazione di un programma concordato. Per quanto riguarda il PSU, ripeto, noi riaffermiamo la validità della coalizione di centro sinistra. Naturalmente questa è un'indicazione che parte da noi e che se sarà raccolta dagli altri partiti darà un risultato positivo, non dipenderebbe comunque da noi se la coalizione di centro sinistra non fosse in grado di esprimere una maggioranza.



PRESIDENTE

E' iscritto a parlare il Consigliere Armella, ne ha facoltà.



ARMELLA Angelo

Signor Presidente, egregi Consiglieri non vorrei abusare della pazienza di un Consiglio già stanco per i molti interventi (di cui taluni egregi), ma credo doveroso prendere la parola perché il nostro gruppo è stato il primo ad intervenire e ha dato così occasione di tanti interventi, quasi tutti rivolti ad un interlocutore unico, cioè alla Democrazia Cristiana.
Io sono tra coloro che nell'ultima riunione del nostro gruppo consigliai l'amico Bianchi a parlare per ultimo e non per primo, ed altri più autorevoli di me dissero che e una tecnica professionale quando qualcuno sa che, anche se non vi sono ragioni per doversi difendere finisce però poi di dover fare quasi una replica, per ragioni di dialettica perché parla dopo.
E' avvenuto, in questo Consiglio, un tentativo di addossare alla D.C.
il ritardo nella soluzione della crisi, crisi tecnica che ha dovuto e deve verificare anche e soprattutto un approfondimento dei contenuti in ragione della funzionalità, dell'efficienza nell'espletamento dei compiti della Regione ed m relazione a questo particolare momento di trapasso dello Stato da un ordinamento centralizzato ad un ordinamento regionale. Il passaggio non avviene soltanto perché si sono indette le elezioni regionali e costituiti i Consigli regionali, il trapasso di fatto deve avvenire con una serie di provvedimenti che devono essere presi dal Parlamento, dal Governo e dai Consigli regionali. In questo tempo occorre anche assicurare una funzionalità e un'efficienza dell'organo esecutivo, tale che risponda alle esigenze che noi tutti, in modo talvolta diverso, con divergenze ma in ultimo quasi in un coro di consensi, abbiamo espresso nello Statuto della Regione Piemonte.
Questo tentativo mi pare ingiusto, perché non si articola in accuse specifiche, in argomenti concreti, ma rimane in una genericità, così da essere accolto più con fastidio che non con un minimo di possibilità di verifica e di confronto. Si dice in sostanza: noi sapevamo che la crisi non sarebbe stata breve perché ci sono delle divergenze tra i gruppi che si dicono della maggioranza, Ma se queste divergenze ci sono, io non ho difficoltà ad affermare che più che di sostanza si tratta di espressione dello sforzo di calare nella concreta strutturazione della Regione quei principi che sono stati immessi nello Statuto. Poiché siamo stati in larga parte autori dello Statuto, in compartecipazione con altre forze politiche riteniamo che questa strutturazione debba essere fatta in coscienza e libertà, con un necessario e non eliminatile confronto di posizioni e con la ricerca di quanto ogni gruppo deve dare nella responsabilità della direzione dell'esecutivo .
Col sistema che abbiamo ritenuto di adottare per la formulazione dello Statuto, abbiamo voluto superare la legge del 1953. Io ricordo che i primi interventi da parte del gruppo della D.C. furono espliciti su questo punto e con l'intento di superare gli elementi negativi del sistema che avevamo avuto modo, nella nostra esperienza amministrativa politica, di constatare nella direzione del Paese, nelle province, nei comuni, abbiamo ritenuto di fare due cose che i legislatori del 1953 non avevano previsto: essi avevano ricalcato il sistema della Regione sull'antica legge comunale e provinciale che è del 1915 ma che, affonda le sue radici al momento dell'unificazione del regno, avevano pensato al voto segreto disponendo il voto sulle persone e non su un documento politico. Abbiamo voluto risolvere il problema con accorgimenti nuovi, portando il voto palese su un documento politico abbiamo voluto sottolineare la collegialità con un voto su una lista di assessori congiunta con quella del Presidente e ad evitare lunghe le crisi constatate nel potere centrale e molto spesso anche nel sistema della legge Scelba, della legge comunale e provinciale, abbiamo fissato dei termini brevi per la soluzione.
Le due cose erano e sono evidentemente, come stiamo constatando alquanto antitetiche. Fu la somma dei nostri buoni propositi che portò a quella formulazione: oggi constatiamo come sia difficile, in termini molto brevi, fare quello che ci siamo proposti nello Statuto, provvedere all'una e all'altra delle due formulazioni che risolvevano due punti non già controversi ma certamente negativi del nostro sistema.
A questo punto la nostra volontà dove dovrebbe essere indirizzata se non a favorire tutto quello che consente di riuscire in quello che ci siamo proposti con lo Statuto della Regione? Se invece si minaccia l'applicazione della legge Scelba, il ritorno alla legge del 1953, vanifichiamo questo sforzo. Noi abbiamo sentito minacciare in forma esplicita a destra, in forma solo accennata, direi quasi con garbo (per altre cose non è stato parimenti cortese, ma pur sempre corretto) il collega Berti. E lo sforzo che è stato fatto dalla sempre giustamente e da ogni parte elogiata presidenza, di riuscire in questo periodo di transizione non dico a far coincidere, perché è impossibile, l'uno con l'altro sistema, ma almeno a non contraddire al nostro Statuto per arrivare alla formulazione che tutti abbiamo apprezzato, quella di essere coerenti col voto che abbiamo dato a fine della lunga notte del 10 novembre, fermando l'orologio. Questo sforzo dovrebbe adesso essere vanificato, perché tra le forze di una consistente ed evidente maggioranza (considerate le forze che ci sono nel Consiglio Regionale) non si riesce, in un termine brevissimo, a formare la Giunta? Affermare, come qui è avvenuto, che questa è soltanto aria fritta, mi pare esagerato con l'evidente intento di drammatizzare la situazione, cosa che nonostante otto giorni siano passati dall'ultima riunione, non corrisponde alla realtà dei rapporti tra le forze politiche, che vogliono costituire una maggioranza.
L'altro tentativo di cui mi pare si debba rilevare da parte nostra l'esistenza, è quello di inserirsi in questo discorso di formazione di maggioranza, tentativo espresso in termini espliciti: per non usare lo strumento che la legge Scelba ci offre, vogliamo un compenso. Dopo avere stigmatizzato chissà quali contrasti per il riparto delle così dette poltrone, dopo avere dichiarato che in definitiva, come ben si sa (e invece questa volta non si sa) si tratta soltanto di ripartizioni di posti del solito non mai abbastanza stigmatizzato mercato, ci troviamo di fronte ad una richiesta che ne ripete completamente le caratteristiche, possiamo ben dire deteriori: "in fondo è una questione di compensi e poi si può andare avanti". Noi abbiamo una certa coerenza tra le cose dette ora e quelle dette quando è stato formulato lo Statuto. E' stata da noi prevista una formazione di maggioranza su un accordo politico che non può che effettuarsi con un documento politico il quale dovrà venire discusso in Consiglio, certo non abbiamo previsto che durante la crisi di tanto in tanto ci si dovesse riunire; anche questa è un'esperienza che stiamo facendo quali costituenti della Regione; non tutto poteva prevedersi.
Occorre però rilevare che in occasione della presentazione del documento politico col programma della Regione, ci sarà ampio motivo di discussione con la possibilità di formulazione di una volontà che non può non essere la volontà del Consiglio.
Io non parlerei soltanto di maggioranza e di opposizione, questo è nell'ordine delle cose e le proposte della minoranza diventano, se accolte quelle della maggioranza. Qui non si vogliono respingere le proposte di nessuno e nessuno vuole che avvenga che pregiudizialmente non si possa dare un contributo di partecipazione, cosa d'altronde impossibile anche se qualcuno che non credesse alla democrazia volesse pensarlo, Ma tutto questo avverrà nella discussione, quando la crisi sarà risolta e gli strumenti previsti dallo Statuto potranno funzionare.
Vorrei ora rispondere ad alcune domande poste alla maggioranza e questo non perché mi lusinghi di poterla interamente rappresentare, ma perché sono uno dei tanti che fanno parte di questa ritenuta esistente maggioranza e anche di quella Giunta bistrattata che è stata un'esperienza nuova della nuova esperienza della Regione.
I controlli: la commissione non ha, in effetti, se non le possibilità di fare un controllo sugli atti delle province; lo Statuto ha previsto che quello sui comuni deve essere fatto in altra forma. Senza sollecitazioni la Giunta, riunitasi durante la crisi, ha esteso questo controllo agli atti degli ospedali, con la stessa Commissione, integrata dal medico provinciale di Torino, ricordando la discussione avvenuta in Consiglio quando si vot una mozione sulla riforma sanitaria, nella quale si rivendicò la competenza della Regione in questa materia, al di là degli intendimenti espressi nella prima stesura del decretone. Ricordiamo tutti che la prima stesura del decretone contemplava che l'approvazione delle rette fosse demandata ad organo che non avesse la partecipazione della Regione, mentre nella seconda stesura (ritengo per la presa di posizione delle Regioni) si introdusse il principio che la commissione fosse presieduta da un delegato della Regione e che tre rappresentanti della stessa partecipassero alle riunioni della commissione, che però ha ancora in larga misura la presenza di organi dell'amministrazione centrale, anche se si tratta di uffici periferici. In ottemperanza agli intendimenti espressi dal Consiglio, la Giunta ha rilevato e affermato che la commissione eletta dal Consiglio dovesse provvedere all'approvazione delle rette degli ospedali. E' noto inoltre che la Giunta in materia sanitaria, ha continuato l'attività encomiabile diretta dall'avv. Oberto, del Comitato Regionale della programmazione ospedaliera, il quale si sentiva ormai, per scrupolo di correttezza e proprio per la costituzione della Regione, nell'impossibilità di provvedervi ancora. Quantunque il Ministero della Sanità non abbia detto nulla a proposito delle rette, la Regione ha ritenuto suo dovere assumere le sue responsabilità. Certo che nel più breve tempo possibile questa commissione deve operare (basta considerare che anche in Piemonte i bilanci delle Province sono stati inviati all'esame della Regione), ad evitare che l'attività amministrativa degli Enti locali minori sia in qualche modo ritardata da nostre deficienze. Naturalmente occorrerà sollecitare l'amministrazione centrale perché provveda, per quanto di sua competenza al necessario trasferimento dell'idoneo personale.
Si è richiesta una presenza della Regione che non sia soltanto generica. Si è già parlato dell'impegno relativo alla sanità, si è parlato di riforma tributaria; non ci sarà che da riaffermare quello che il Consiglio ha già deliberato e mi pare di dover rilevare che si tratta di argomenti noti, già affrontati dal Consiglio Regionale e presenti alle forze che riteniamo esprimeranno la Giunta. La richiesta non vuole essere altro che un incitamento, uno stimolo; non dico che sfondi delle porte aperte, ma in definitiva non sono cose che abbiano il carattere della novità.
Questo continuo riferimento ad altre Regioni mi fa ricordare quello che mi dicevano quand'ero ragazzo; c'era sempre un primo della classe che aveva fatto meglio di me; primo della classe non sono diventato, pur cercando di fare il possibile, ma ero certo in cuor mio che anche se ci fossi riuscito mi avrebbero detto che ce n'era uno di un'altra classe che faceva ancora meglio.
Non vorrei sollevare un argomento già sfruttato e cioè che noi per primi applichiamo lo Statuto quando lo Statuto non è ancora approvato, ma di questo possiamo egualmente menar vanto.



MINUCCI Adalberto

Quale applicazione?



ARMELLA Angelo

Chi e male informato non può che rispondere peggio. E' evidente che lei si duole, o almeno i suoi colleghi si dolgono di non potere partecipare alle trattative per la formazione della Giunta, ma poi pretendere, non partecipandovi, di essere a conoscenza di tutto mi pare illogico, Comunque noi prendiamo questo incitamento che ci deriva dall'essere...



RIVALTA Luigi

Lei ha la virtù di travisare tutti i discorsi.



ARMELLA Angelo

Travisare no. Semmai le accuse di travisamento potrebbero essere reciproche, ma io non le raccolgo perché bisogna essere bravi e poi bisogna concludere in qualche modo Noi comunque accettiamo questo incitamento a fare quanto hanno fatto altre Regioni ritenute migliori, perché pensiamo sia lusinghiero per noi che riteniate la Regione Piemonte capace di raggiungere traguardi che si giudicano ottimi. Forse su un'attività concreta, seria su cui ci si sta avviando con la discussione per la formazione della Giunta, si potranno misurare meglio le nostre capacità che non con partecipazione a tutti i convegni dove molto spesso si fanno tante parole e che si concludono con ordini del giorno, ma dove l'impegno di contestazione è assai meno apprezzabile di quello delle pratiche e positive realizzazioni di cui sembra che il Piemonte e la sua gente abbiano sempre avuto una particolare ed elogiata caratteristica.
Noi vorremmo partire bene: questa è la sostanza e per partire bene abbiamo bisogno di fare certe cose che sono quelle che si stanno facendo in questo momento. Giovana ha fatto riferimento alle "Miserie della filosofia" di Marx dicendo: "Ma come, tu non sai che è un'opera di Marx?". Confesso che ho delle grosse lacune derivate da un momento in cui gli studi non erano così aggiornati come adesso; pensavo fosse di un autore più lontano che non ha conosciuto i difetti della democrazia, invece no, è di un autore che della democrazia si è espresso in termini totalmente e assolutamente negativi...



RIVALTA Luigi

Deve essere un'Università molto arretrata quella che ha frequentato.



ARMELLA Angelo

Non sono molto più anziano di lei, e quindi avrò frequentato l'Università all'incirca negli stessi anni in cui l'ha frequentata lei, se è stato all'Università.
Il nostro apporto allo Statuto dà la garanzia che noi non siamo assenti, non siamo insensibili, basta pensare all'attività da noi svolta prima di entrar e in questo Consiglio, nelle amministrazioni locali, nelle province e tutte a maggioranza di centro sinistra. Questa attività, che è stata preparatoria, in quel momento sembrava addirittura sostitutiva delle Regioni e noi abbiamo dato la pratica dimostrazione che questi problemi per noi costituivano motivo di preoccupazione, tale da auspicare la Regione come la sede in cui avrebbero trovato soluzione. Questa nostra larghissima partecipazione dà la certezza che la nostra assunzione di responsabilità non sarà seconda a nessuno. La nostra è una forza rilevante e il numero dei consensi che abbiamo ottenuto e dei Consiglieri che ci sono stati attribuiti in virtù di questi consensi lo dimostrano. Non è possibile, al di fuori di questa forza, formulare e realizzare un programma della Regione. Certo è che con noi sarà possibile percorrere una strada positiva e noi non mancheremo, con la dignità che corrisponde all'apporto che nel passato e attualmente diamo all'attività pubblica, di fare quanto di positivo si potrà fare perché il Paese e il Piemonte progrediscano come noi tutti abbiamo espresso la volontà che avvenga.



PRESIDENTE

Ha chiesto di parlare il Consigliere Minucci, ne ha facoltà.



MINUCCI Adalberto

Signor Presidente, signori colleghi io ho trovato addirittura commovente l'opinione espressa testè dal collega Armella che se ci fosse stato un certo ordine di lavori anziché un altro i problemi sarebbero stati forse meno acuti e drammatici di quanto sono apparsi agli occhi di tutti. Mi è sembrato di capire che il collega Armella riteneva che se il collega Bianchi anziché per primo avesse parlato per ultimo, saremmo stati in una condizione più felice e forse saremmo usciti da questa seduta senza quella serie di preoccupazioni che invece mi sembra tutto il Consiglio ha espresso.
Io capisco il vecchio principio al quale si ispira il collega Armella secondo cui gli ultimi sono i più beati perché hanno aperta la via del Paradiso, ma trovo che il Consigliere Armella, che pure ha parlato per ultimo, non ha contribuito a dare quella chiarezza che non avrebbe dato il collega Bianchi all'inizio. In effetti mi sembra che un elemento emerga con grande forza da questa discussione, che è stata, nel suo complesso, di grande interesse e anche, tutto sommato, di grande utilità. E' emersa dagli interventi dei colleghi Bianchi ed Armella (che in questo non si sono affatto differenziati) la precisa volontà del gruppo democristiano di non uscire dal guscio delle proprie riserve, delle proprie remore mentali di non affrontare a viso aperto un discorso sui problemi reali della Regione e questo non soltanto non recependo l'invito che era chiaro nelle parole del gruppo comunista e dell'opposizione di sinistra, ma non recependo neppure l'invito altrettanto chiaro nelle parole dei compagni socialisti.
Perché questa è la realtà, si fanno delle enunciazioni che in quanto puramente verbali sono anche verbose, non si pronuncia un giudizio chiaro su niente e si chiede il rinvio. Questo è l'atteggiamento di fondo del gruppo democristiano, sia che abbia parlato per primo, sia che abbia parlato per ultimo. Io credo che non sia soltanto un vizio culturale della D.C. e dei colleghi che sono intervenuti, a volte trovo che si abusa un po' troppo (e questo fa emergere anche un dato di cultura, ognuno ha le sue culture) nelle dichiarazioni di buone intenzioni, nel risolvere con un'attestazione di disagio, qualche volta di sofferenza, la mancata presa di posizione sui problemi reali; ma al di là di una formazione culturale mi sembra che sia emersa, con grande chiarezza, una volontà politica precisa di non muoversi, E qui veramente l'ironia sui posti a sedere o non a sedere mi sembra molto calzante, qui si vuole stare seduti, non si vuole un minimo di movimento, non si vuole dare nessuna linea dinamica alla Regione che andiamo a costituire. C'è anche un vizio di culture, se mi permette il collega Armella, molto preciso in certi suoi apprezzamenti. Fa sempre piacere una proclamazione di modestia quando si dice "io non ho letto quel libro", (per esempio "Miserie della filosofia" di Marx), ma poi dispiace moltissimo quando si trova insieme a questa ignoranza oggettiva la presunzione di giudicare l'opera di Marx dicendo che Marx è un nemico della democrazia, Almeno bisogna leggerlo prima e forse se ne ricaverebbe l'impressione che Marx è il maggiore teorico della democrazia moderna il quale ha riportato il termine di democrazia proprio alle sue radici etimologiche di governo di popolo e che anche sotto il profilo della democrazia istituzionale, parlamentare e così via, ha sempre assunto un atteggiamento di superamento in positivo, ha sempre visto la rivoluzione il socialismo, l'avvenire dell'umanità nel massimo della democrazia, mai come un tentativo di ridurre. Certo, se si ha l'impressione, come mi è sembrato dall'intervento del collega Armella (e devo confessare, sia pure a un livello molto diverso, anche nel discorso del collega Bianchi) che la democrazia sia lasciar fare ai manovratori, abbiate pazienza perché noi dobbiamo risolvere dei problemi e si aspetta che Armella armeggi nel chiuso delle Giunte o degli schieramenti così detti di maggioranza, allora su questo Marx certamente non era d'accordo. Abbiamo una concezione della democrazia molto diversa ma, ripeto, bisognerebbe avere almeno la modestia di attenersi ai testi che si conoscono prima di sparare dei giudizi che altrimenti non servono certo a dare maggiore contributo alla discussione che stiamo facendo. E in questo senso non credo affatto che l'intervento del collega Armella sia servito in qualche misura a scoprire quelle che egli stesso indicava come le responsabilità della D.C. quali sono emerse nel corso di questa vicenda e nel corso stesso del dibattito di oggi. Le responsabilità della D.C. sono chiarissime, semmai dispiace che vengano assunte in toto, da tutto il gruppo, che non ci sia neppure un tentativo di chiarire i termini di un dibattito politico che pure ci sarà, come mi auguro, come credo, all'interno stesso della D.C. Come non sono chiare le responsabilità? Ci troviamo di fronte a tutta una serie di vuoti, di rinvii, di assenze della Regione Piemonte su cui il collega Berti ha richiamato l'attenzione del Consiglio. Nessuno che abbia potuto dire che le contestazioni del collega Berti fossero inesatte, Siamo la Regione più interessata al grande dramma del sud, all'immigrazione, c'é stato un convegno a Palermo che senza dubbio avrà un peso nel dibattito politico nazionale e negli orientamenti del governo, invano sono andato a cercare sui giornali un intervento del Presidente della Regione Piemonte. E in tutta questa fase, che e importante perché sta a cavallo fra l'approvazione degli Statuti e l'avvio della programmazione reale delle Regioni (che per non possiamo considerare una fase vuota, ma di approfondimento di contenuti, di rapporti col governo e con le altre Regioni) abbiamo notizie ogni giorno sui giornali che molte Regioni si muovono, non certo per meritarsi l'attributo di prime della classe (anche queste sono polemiche che non hanno nessun valore) ma per lavorare, per assolvere ai loro compiti e ognuno di noi riceve ogni giorno documenti di assessori regionali sulla sanità e così via che testimoniano di un lavoro, di un impegno. L'unica Regione assente è la nostra. La cosa è tanto più grave perché, a mio avviso, anche in una certa impostazione propagandistica che viene data di questa assenza, di questo ritardo, c'é un elemento di grettezza politica che fa spavento. Ritardiamo per fare bene dopo, ma che senso ha? Cosa è questa saggezza piemontese che arriva sempre in ritardo? Ma chi l'ha detto? Siamo una delle Regioni più dinamiche economicamente e socialmente e più traumatizzate dalla dinamica della società italiana e ci vantiamo di essere in ritardo, ci vantiamo di aver bisogno di tanto tempo per pensare? Quando poi emerge con chiarezza dal dibattito che cosa si pensa, quali sono le ragioni vere del ritardo. Se ci trovassimo di fronte a una Giunta che sta elaborando, magari chissà con quali esperti, dei piani, un modo nuovo di lavorare, allora saremmo forse felici, concediamole un mese di più, chissà con quale meraviglioso programma si presenterà! Siate sinceri con voi stessi e con tutto il Consiglio, il vostro ritardo e davvero per partire bene? Io credo che nessun torinese, nessun piemontese, nessuno che segua appena appena la vita politica si illuda che questa è la vera ragione del ritardo che oggi si impone all'avvio di una politica regionale. Le altre Regioni si muovono, si può ironizzare sulle prime della classe, anche qui potete scegliere il "beati gli ultimi", ma il problema è politico, non si risolve con delle battute.
E io credo che da questa discussione siano emerse le ragioni tutt'altro che meritorie, del ritardo. E' venuto fuori, per prima cosa, che esistono problemi politici e noi abbiamo dato atto, ridiamo atto ai compagni del gruppo socialista di aver posto, nella discussione, i problemi politici che sono al centro del dibattito per la formazione della Giunta.
Se ne può discutere, ma sono stati i soli a porre il problema. Poi si intreccia, a questa questione, un dibattito sui posti, è un termine sgradevole ma è così. Si può dire: voi non siete informati dei dodici, ma anche qui non nascondiamoci dietro le parole. Io sono d'accordo col collega Bianchi, non faremo mai l'errore di attribuire ad un grande partito popolare come la D.C., la tentazione o la vocazione a distinguersi solo per la caccia ai posti, no, prenderemmo un abbaglio terribile che non ci farebbe capire nemmeno che cos'è la realtà italiana, però resta il fatto che soprattutto in certi momenti di crisi, di fronte alla non volontà politica di operare le scelte necessarie, puntualmente nella D.C. emerge con forza la questione dei posti come problema di sottogoverno, di rapporti non certo leali, non certo politicamente produttivi fra le correnti, come problema di malessere della democrazia.
Mi ha scandalizzato moltissimo la questione del Commissario del San Giovanni, non solo perché smentisce tutte le tiritere che si sono fatte in questi giorni secondo cui, non essendoci la Giunta, non si può fare questo non si può fare quest'altro, non si può andare a Palermo, non si può andare in qualsiasi altro posto dove la Regione può intervenire utilmente, ma perché c'è dietro, chiaramente, un problema di posti, di equilibri fra le correnti interne della D.C.. Non so se questo signor Martini è stato nominato Commissario del San Giovanni perché non ha avuto il posto di Assessore al Comune, ma certo non c'era un'esigenza per la riforma sanitaria italiana di avere questo signor Martini Commissario del San Giovanni poiché mi consta che gode solo di buona salute (e mia fa piacere) ma non credo che ciò gli attribuisca il merito o la possibilità di intervenire su problemi della salute collettiva e sulla riforma sanitaria.
Con quale titolo? Solo con quello di appartenere ad una corrente della D.C.! C'é un problema di scontro politico e ce n'è un altro di posti; io credo che il problema dei posti da un lato abbia, in questa fase della trattativa, soverchiato quello delle scelte politiche e dall'altro abbia anche contribuito a mistificarlo, perché bloccandosi sui sei o i dieci o gli otto Assessori, si è impedito di affrontare il vero dibattito politico e, ripeto, credo che abbiano fatto bene i compagni socialisti a porre la questione e penso che oggi non si potrà più fare a meno di partire dai temi che i colleghi socialisti hanno posto agli altri gruppi della maggioranza.
E' sempre difficile per noi vantare certe attitudini, che credo però siano sotto gli occhi di tutti.
Sulla questione dei posti ritengo che Berti abbia detto, con molto vigore, come sia inaccettabile una pratica come quella che purtroppo è venuta avanti in queste settimane- Io voglio far rilevare che noi siamo un partito che in molti casi, anche a livello delle Regioni, ma soprattutto a livello dei Comuni, dei gruppi regionali che spesso rappresentano la metà del Consiglio, come in Emilia o come in altre località, ha il Presidente della Regione, il sindaco, gli assessorati più importanti in mano a partiti alleati molto minori. Non mi risulta che ci sia un solo esempio in cui la D.C. faccia questo. Ma noi non lo facciamo perché abbiamo vocazione alla sofferenza ed al sacrificio, lo facciamo perché siamo convinti che quello che conta sono le scelte politiche, il modo in cui affrontiamo i problemi degli elettori che rappresentiamo e della collettività nel suo complesso.
Per questo diciamo che quello dei posti può diventare un elemento estremamente grave. Certo non lo scavalchiamo, esiste, diventa grave quando è un blocco, una remora da affrontare di fronte all'opinione pubblica, di fronte all'elettorato che ci ha così responsabilizzati.
E vorrei dire che se i colleghi Bianchi ed Armella non hanno risposto né ai socialisti, né a noi sul contenuto dei problemi, anche il tentativo del collega Gandolfi non mi ha del tutto convinto, lo dico con molta sincerità, anzi, su questo punto (é un giudizio del tutto personale, lo dico perché credo che sia giusto e doveroso far conoscere le proprie opinioni, soprattutto ad amici che si stimano e a una forza politica che ha delle idee come sostiene molto spesso) io credo che il P.R.I. proprio in questa fase, acquistando l'attitudine lamalfiana ad attenersi alla nomenclatura dei problemi e non a individuare contenuti concreti, rischia di giocare un ruolo estremamente equivoco nella vita politica italiana. E se permette il collega Gandolfi, quando mi viene a dire "noi siamo pronti a qualificarci sia a destra che a sinistra..".



GANDOLFI Aldo

No!



MINUCCI Adalberto

Adesso estremizzo un po'! Sui problemi della riforma tributaria mi sembra proprio che tu abbia detto, grosso modo "io sono pronto a qualificarmi a sinistra per quel che riguarda la spesa, ma poi mi tengo a destra per quel che concerne il prelievo". Ora io contesto che si possa pensare alla politica tributaria come a un fatto tecnico, la riforma tributaria è un fatto politico anche sul piano del prelievo. Noi sappiamo che possiamo superare tutta una serie di gravissime remore a una politica tributaria moderna (anche se questo aggettivo lo trovo molto ambiguo soprattutto usato dai repubblicani) moderna e democratica, se si radica però a certe istituzioni, a certe forme di controllo democratico che non possono essere certo i cervelli elettronici degli on. Preti a esercitare ma soltanto le assemblee elette, i Comuni, le Regioni le quali devono avere il potere di esercitare un controllo anche dal lato del prelievo. E perch no?



GANDOLFI Aldo

Su questo siamo d'accordo.



MINUCCI Adalberto

E allora? D'altra parte tu stesso hai approvato un ordine del giorno del Consiglio che va in questa direzione. Ecco perché dico che si pu giocare un ruolo equivoco: qui c'è una riforma, un progetto che porta il nome dell'on. Preti che invece taglia fuori completamente i Comuni e le Regioni dalla determinazione di una politica tributaria. Non ci si deve pronunciare, non si ha il diritto, come ha fatto il compagno Berti, di chiedere alla maggioranza di esprimersi su questo punto? Apprezziamo il fatto che ci sia un cenno nell'intervento del collega Nesi. Non si ha il diritto di chiedere ai partiti, alle forze politiche che si pretendono maggioranza di dire la loro opinione? Siete d'accordo col progetto di Preti? Se siete d'accordo sia chiaro che tagliate fuori la Regione dalla nuova politica tributaria, se non siete d'accordo pronunciatevi, fate ciò che fanno altre Regioni che hanno dato luogo a iniziative vere e proprie.
Ecco perché ritengo che in questa fase sia estremamente colpevole il vuoto che si è determinato attraverso una lunga, prolungata crisi di Giunta. E' una fase in cui tutta una serie di nodi vengono al pettine su scala nazionale e noi abbiamo il dovere di far sentire il peso della Regione sulla riforma sanitaria, sulla riforma tributaria. Non mi ripeto perché non farei altro che dire le cose che con grande efficacia ha detto il mio collega di gruppo Berti.
Per concludere, trovo che si può essere più o meno cortesi nel dibattito e in ogni caso, anche quando la vera polemica porta ad attenuare certi aspetti della cortesia formale, si deve sempre fare uno sforzo per comprendere le ragioni degli altri, non credo invece che si possano mistificare le posizioni degli altri. Noi abbiamo detto che possiamo accettare dalla maggioranza, con grande lealtà, una discussione costruttiva che si fondi su certe garanzie che la maggioranza deve dare a proposito della soluzione della crisi e dei contenuti che si vogliono perseguire nessuno può arrogarsi non il diritto, non so nemmeno la pretesa di rovesciare talmente il nostro ragionamento da dire: voi in questo modo chiedete dei compensi. Ma compensi di che tipo? Siamo forse venuti a chiedervi degli assessorati, o qualche posto? Che cosa abbiamo chiesto? Noi abbiamo detto: se si tratta di rinviare ancora, ma con condizioni precise con un'assunzione piena di responsabilità per cui ci dite arriveremo a risolvere la crisi in questi termini, con questi contenuti, su questa linea, siamo disposti ad accettare ancora un rinvio. La chiamate una richiesta di compenso? Io credo sia una posizione che fa valere i diritti di tutto il Consiglio, di tutta l'opinione pubblica. Noi abbiamo solo da vantarci di una posizione di questo tipo, non c'è niente di ricattatorio niente scambio merci. Come si fa a cambiare le carte in tavola in questo modo? Ed è la richiesta con cui io concludo il mio intervento: noi vogliamo che stasera si esca da questa seduta con un impegno preciso da parte della maggioranza, di tutti i gruppi, chiamatela come volete; noi i nostri ce li assumiamo. Vogliamo che si esca di qui con tutte le garanzie formali che la crisi sarà risolta a una certa scadenza e su una certa linea. Non accettiamo più che si faccia come nelle settimane passate in cui con un vuoto discorso, con degli artifici verbali si è detto "vedremo, state tranquilli, fra otto giorni" e così si trascina per le lunghe, perch questo è il danno più grave che possiamo fare all'istituto regionale. E noi vi diciamo con molta franchezza che non potremmo assumerci la responsabilità di una crisi che si trascina alle lunghe con questi metodi non possiamo assumerci, come partito d'opposizione e come grande partito d'opposizione che ha una responsabilità enorme di fronte all'opinione pubblica, nemmeno una corresponsabilità limitata di una soluzione come quella che va avanti su questo binario, cioè con una crisi permanente strisciante che lascia la Regione in uno stato di carenza e di vuoto come quello in cui si trova oggi.
Ecco perché ribadiamo la richiesta che faceva Berti nel suo intervento: stasera noi vogliamo, prima di arrivare ad una qualsiasi conclusione del dibattito, che ci sia un pronunciamento preciso, cosa che a nostro avviso da parte della maggioranza e soprattutto del maggior partito dello schieramento di maggioranza non c'è stata. Ci sono state ancora delle dichiarazioni di buone intenzioni e molto fumo, senza offendere nessuno capisco che a volte, in certe situazioni difficili, anche il fumo pu servire a nascondere le realtà politiche, però non si è arrivati ancora a una formale garanzia data al Consiglio circa i modi e i termini con cui si vuole risolvere la crisi.



PRESIDENTE

Ha chiesto di parlare il Consigliere Cardinali, ne ha facoltà.



CARDINALI Giulio

Io vorrei assicurare il collega Minucci di aver chiesto la parola mentre lui stava parlando, prima ancora di sentire che cosa avrebbe detto.
Ma colgo l'occasione per portare l'accento su ciò che è stato giustamente sottolineato e cioè l'aspetto politico della crisi. Voi scuserete, se inesperto come sono nelle cose politiche, valuto un poco il tutto sul piano di una mia esperienza personale che ho acquisito nel momento in cui ho partecipato alle trattative per la formazione della nuova Giunta. E' evidente che in queste trattative ci siamo trovati nella necessità di formulare in primo luogo uno schema generale del funzionamento degli organi regionali, in modo particolare della Giunta, e soprattutto di dare dei contenuti, delle finalità, degli sbocchi a questa strutturazione. Io d atto ai partiti che hanno partecipato alle trattative, che il discorso è automaticamente corso sui contenuti e sul loro significato, ma soprattutto sull'esperienza acquisita nei mesi passati in cui molti dei problemi che abbiamo sul tavolo e molti di quelli che devono scaturire dalla nuova Giunta, sono stati affrontati, discussi e sui quali i partiti politici che fanno parte del Consiglio Regionale hanno avuto modo di esprimere il loro punto di vista. Ebbene, in queste trattative, su questi argomenti, non ritengo si possa parlare di contrasti sostanziali fra i partiti del centro sinistra, perché si è discusso sul fatto che un certo assessorato debba essere integrato da alcune specifiche caratteristiche, o un altro debba essere considerato più o meno distaccato da un certo contesto. Tutto ci infatti non rappresenta motivo di dissenso politico, bensì soltanto motivo di discussione e di elaborazione.
D'altra parte che contributo ha dato l'opposizione oggi a questa crisi? Ha richiesto una chiarezza politica (e su questo torneremo) ma soprattutto una chiarezza sugli obiettivi concreti ed ha lamentato, a mio modo di vedere, giustamente, alcuni ritardi che si sono verificati. Dobbiamo tutti ammettere, perché saremmo inopportuni se non lo facessimo, che in grandissima parte delle Regioni, che tuttavia già funzionano, molti degli atteggiamenti assunti, molte delle iniziative prese non escono ancora, per la limitatezza, per la ristrettezza dei loro poteri, dalla fase che caratterizza un centro di pressione per tendere a risolvere i problemi.
D'altra parte su questo mi pare che eravamo d'accordo e ricordo l'o.d.g.
relativo alla riforma tributaria, anche se sull'argomento ciascuno di noi ha dei propri punti di vista e del resto i partiti della maggioranza rappresentati attualmente nel governo lo dibattono proprio in questi giorni. Dove noi abbiamo sostanzialmente mancato è nell'impegno assunto di far sentire la voce della Regione al momento in cui a livello parlamentare veniva dibattuto il problema della riforma tributaria. Non entro nel merito del giudizio sulla riforma stessa per quel che riguarda gli Enti locali, in primo luogo perché non sono competente in materia e poi perché non intendo discostarmi da quello che è il punto di vista del mio partito..
Tornando agli aspetti politici della crisi, io non vorrei fare, salvo riprenderlo più tardi, il discorso con l'opposizione, ma con la maggioranza. Noi ci troviamo tutti in un notevole imbarazzo che scaturisce dal fatto che non siamo stati in grado di portarvi né il documento politico, né la lista della Giunta Le ragioni per cui questo non si è verificato sono dipese da tanti fatti, molti dei quali sono stati illustrati. Non vorrei però che tutto questo rappresentasse il pretesto per nascondere dietro cortine di fumo o dietro particolari intendimenti politici, il problema fondamentale. Io ho ascoltato con molta attenzione le dichiarazioni del Capogruppo del PSI Nesi che ha partecipato con noi alle trattative e che ha affrontato fino in fondo le lunghissime discussioni sui temi concreti ed ho notato nel suo intervento alcuni elementi di carattere politico che non possono essere sottaciuti. Si dice che il PSI è un partito di frontiera, d'accordo, ma siamo tutti, in un certo senso, partiti di frontiera, se mi consentite la boutade lo siete anche voi comunisti nei confronti dei vostri colleghi del Manifesto. Siamo tutti dunque partiti di frontiera, ma che significa "frontiera che intendiamo tenere aperta"? Facciamo una valutazione chiaramente politica.



MINUCCI Adalberto

La nostra frontiera non ha nemmeno bisogno di guardie di frontiera.



CARDINALI Giulio

Minucci Adalberto, sono fatti a cui risponde di solito l'elettorato non stiamo a parlare di problemi ideologici di partito in questo momento.
Alle parole "frontiera tenuta aperta" si aggiunga la frase: "Noi non dobbiamo avere una trasposizione automatica di modelli nazionali" e per di più si dice che occorre ottenere equilibri più avanzati; tutto questo merita un approfondimento, approfondimento che deve essere anche chiaramente espresso dalle forze che fanno parte di questo Consiglio.
Noi abbiamo detto tutto ciò che doveva essere detto sui contributi, sui contenuti programmatici, riconosciamo l'impegno che ci siamo assunti e nonostante il ritardo siamo sicuri che ne scaturirà un documento programmatico su cui l'opposizione potrà verificare la volontà di lavorare da parte della Giunta, ma è evidente che su questa posizione politica noi intendiamo avere a nostra volta dei chiarimenti che non ci possono ovviamente venire dal solo PSI ma da tutti i partiti che fanno parte della maggioranza.



SANLORENZO Dino

Quali chiarimenti?



CARDINALI Giulio

Su questa posizione. Abbiamo detto chiaramente (e ho avuto per due volte l'interessante risposta del collega Furia) che noi non abbiamo mai teorizzato la maggioranza delimitata in senso gretto, abbiamo detto per che una maggioranza è una coalizione di partiti che si prefigge determinati compiti, che risponde al proprio elettorato di quello che fa, che opera in senso democratico e che tende a raggiungere, attraverso la critica delle opposizioni, i propri obiettivi. Abbiamo anche chiarito quali sono i rapporti con l'opposizione, che per noi non sono affatto rapporti di numeri, di maggioranza e di minoranza che si escludono a vicenda, ma sono basati sul fatto che ciascuno deve assumere il proprio ruolo e il ruolo dell'opposizione in quanto tale è un ruolo fondamentale come quello della maggioranza. Questa è la risposta a una delle domande formulate dal Consigliere Berti, mentre su tutto il resto la nostra risposta non pu essere che questa: noi riconosciamo che nei banchi dell'opposizione il partito comunista rappresenta non soltanto un gruppo agguerrito, ma un gruppo portatore di interessi e presupposti della classe lavoratrice, della quale noi intendiamo in ogni momento essere anche gli interpreti. E' evidente che i gruppi dell'opposizione devono trovare nel Consiglio il giusto modo per portare il loro contributo di fondo, ma come ha detto chiaramente il collega Minucci, questo non significa tenere aperto il campo di delimitazione tra maggioranza e minoranza attraverso forme che oltre tutto non sono in grado di ipotizzare in termini concreti, significa invece un confronto costante che deve assegnare a ciascuna delle due parti il chiaro e preciso ruolo che le compete.
Io ho voluto mettere l'accento politico sull'aspetto particolare della crisi perché mi è parso ci fossero cose che non era il caso di sottacere.
Ripeto e concludo: alla maggioranza dico che noi, nella misura in cui superiamo l'impasse in cui ci siamo trovati (e che se analizziamo bene ha caratteristiche molto meno grandiose di quelle che forse si vogliono ricercare) siamo in grado di fornire, se l'obiettivo è questo, l'efficienza e la capacità per dare alla Regione la risposta che la Regione attende risposta che è stata già in parte anticipata da dichiarazioni nostre e anche da quelle pervenute dai banchi dell'opposizione. Ma la chiarezza deve essere il presupposto di questa maggioranza e soprattutto non si possono avanzare ipotesi che trascendano le possibilità numeriche attuali di esprimersi da parte della maggioranza stessa. Se si vogliono superare, se si intendono portare avanti si ha il dovere di esprimerle in termini molto chiari e di indicarle a questo Consiglio Regionale.



PRESIDENTE

Non ho altri iscritti a parlare, però sono state rivolte numerose domande, alcune anche di carattere personale, al Consigliere Bianchi e credo sia nell'interesse della chiarezza del dibattito che il Consiglio sia messo in condizioni di udire il collega Bianchi, nonostante abbia già parlato. Se non vi sono obiezioni e ritengo non ve ne debbano essere, darei la parola al Consigliere Bianchi.
Ha facoltà di parlare.



BIANCHI Adriano

Signor Presidente, evidentemente il mio intervento non ha carattere formale di questione personale. Ho sentito con vivo interesse e attenzione il rilievo fatto, acuto, penetrante, magari un po' nel vivo, del caro amico e collega Giovana, in ordine all'astrattezza del mio intervento che si opporrebbe alla concretezza di quello fatto dal Consigliere Nesi. Sono molto lieto dell'apprezzamento positivo rivolto al Consigliere Nesi, ma credo di dovere qualche ulteriore precisazione, che magari non sarà sufficiente in questo contesto, per la mia pochezza, a pacificare tutti gli interlocutori.
E' vero, Nesi è stato concreto e coraggioso perché chi mette rigorosamente per iscritto e propone una serie di argomentazioni quali quelle che egli con tanto vigore ha voluto esporre, assume delle responsabilità politiche, mostra coraggio, chiarezza e lealtà nei confronti delle forze politiche nel momento stesso in cui viene accettato questo dibattito che, ripetiamo ancora una volta, è veramente anomalo perché in certi momenti pretenderebbe di anticipare la discussione su tutti i contenuti programmatici dell'attività regionale, in altri invece solo di portare un giudizio sulla fase della crisi, sui suoi sviluppi e sulle giustificazioni che sussistono o meno in ordine al ritardo della sua soluzione.
Nesi vi ha esposto tutta una serie di posizioni programmatiche che il partito socialista presenta e condivide ed ha fatto bene, ma dalla sua esposizione qualcuno può aver tratto l'impressione che questa sia la posizione del partito socialista, che non vi siano prese di posizione da parte di altri partiti e che il dissenso si sia verificato o si verifichi su tutto questo contesto; e questo Nesi non ha detto e non gliene attribuisco certo l'intenzione, ma poiché dal seguito della discussione ho avuto l'impressione che altri interlocutori avessero, con qualche forzatura, non voluta magari, tratto questa conclusione, cioè che i termini della discussione e delle difficoltà della crisi fossero questi, allora devo fare una rettifica. Noi non possiamo a quest'ora, per la stanchezza diffonderci a presentare ciascuno il proprio programma. Non sarebbe stato difficile amico Giovana, più facile sarebbe stato, non ci fossero le condizioni di tempo e le condizioni fisiche di stanchezza, stendere il programma della D.C. in ordine alle soluzioni da dare a questo e a quest'altro problema e portarlo qui anticipando ed allargando la discussione, ma vi basti la testimonianza degli altri colleghi con i quali abbiamo svolto le trattative, che abbiamo convenuto sull'opportunità e la necessità di costituire un ufficio del piano, questione che avevamo dibattuto al momento dello Statuto e che avevamo escluso in quella sede da una soluzione, mentre abbiamo fatto un passo avanti in questo senso. Ci siamo trovati in qualche momento anche di dissenso sul modo di strutturare questo ufficio del piano e al servizio di chi metterlo, se metterlo al servizio di un singolo assessorato facendone uno strumento con determinati significati, o se elevarlo a strumento a disposizione della collegialità della Giunta ed implicitamente a disposizione della collegialità se si vuole, dell'intero Consiglio nelle sue responsabilità. E poi è sopravvenuto il problema delle difficoltà dell'interpretazione: chi interpreta, in che modo interpreta questa collegialità: il Presidente, ma in quali limiti? Allora ecco le preoccupazioni, legittime in una fase di trattativa che non si è chiusa ancora e saldata, del partito socialista che dalla collegialità passiamo alla presidenzialità; ed ecco i chiarimenti dell'ultimo incontro dello stesso Presidente (che è assente e mi dispiace della coincidenza di questa situazione al riguardo, perché ognuno può dar meglio i chiarimenti in ordine alla parte che ha avuto). Ecco allora una discussione che è seria, che non è di posti. E poi il discorso sull'urbanistica. Benissimo l'assessorato all'urbanistica, ma integrato da certe attività che attengono anche ai servizi, a certe funzioni, visto dal punto di vista come preoccupazione e in una posizione opinabile, per esempio da chi parla: attenzione a non inquinare, ho detto (potevo sbagliarmi) l'attività di programmazione urbanistica facendola presiedere e prevenire da interessi concreti ed effettuali di realizzazione e di attuazione di alcune attività.
Un'impostazione voleva un assessorato unico d'affari economici e con determinate destinazioni e motivazioni serie, meditate e valide; un'altra impostazione (che è la nostra): non si può, in un momento di crisi del mondo agricolo, pur accettando le indicazioni del raccordo del mondo dell'agricoltura, della soluzione dei suoi problemi col resto, delle realtà sociali ed economiche, non si può non dedicargli un impegno specifico nel momento stesso in cui ribadiamo il concetto della collegialità.
E così per i problemi della istituzione degli enti regionali, l'accordo verificato sull'istituzione della finanziaria regionale pubblica, sulla costituzione dell'ente di sviluppo agricolo, sulla costituzione dell'ente dei trasporti, sull'utilizzazione corretta di tutti gli altri strumenti di ricerca, di informazione, centrali e periferici. Quindi il dibattito si è svolto su un piano programmatico, con un apporto reciproco netto e chiaro e non mi sembrava che in questa sede potesse andar oltre la testimonianza, la indicazione e la precisazione del come intendevamo i nostri rapporti con la maggioranza in un momento di crisi; si trattava di ribadire la validità delle forme di un dialogo e di confronto nel momento in cui magari la sfiducia per difficoltà personali, i temperamenti, i metodi di trattativa e dell'uno e dell'altro possono ad un certo momento anche, mentre ci stiamo formando, portarci a delle tensioni. E così assicurare le opposizioni che non era per disprezzo, per distacco, per indifferenza nei loro confronti che si conducevano avanti le cose e che si chiedeva un rinvio.
Per cui non è questione di posti, anche se è un problema di giusti rapporti e di giusta assunzione di responsabilità, proprio concependo i rapporti in termini di pari dignità, di pari adeguata possibilità di dare un contributo. Proprio là dove esistessero o dove fossero esistiti o dove fossero concepiti dei veri rapporti di tipo feudale o di tipo servile potrebbe avere, in ipotesi, nessuna importanza il problema del rapporto numerico, ma in democrazia, là dove si esprime in termini numerici, in quest'aula, anche nell'ambito di una Giunta di coalizione, qualche significato questo rapporto, fra le forze politiche, lo ha. Del resto, la concretezza e il senso pratico dei colleghi comunisti che sono intervenuti hanno dato atto che questi problemi esistono. Io volevo insistere sul fatto che non sono esistite in quei termini bruti, grezzi, di vero braccio di ferro, conquiste di poltrone o di posizioni specifiche.
Quanto al tema politico fondamentale della fiducia che deve legare le forze della maggioranza, che deve legare l'accettazione del ruolo che ogni forza politica ha da svolgere qui e fuori di qui, io capisco che il collega Nesi nella tensione di esprimere intera la posizione, nel desiderio di definire i connotati esatti della propria forza politica e le proprie responsabilità in questo confronto portandole in pubblico, solleciti in termini un pochino drammatici la D.C. affinché non respinga l'ansia di rinnovamento che viene, in modo sempre più imponente, da strati sempre più larghi non solo della classe operaia ma anche di altri ceti intermedi. Io ritengo che le trattative, pur nei loro aspetti, qualche momento defatiganti e sconcertanti, non abbiano potuto far dubitare, sotto questo profilo, ma direi che l'ansia di rinnovamento la D.C. ritiene, con tutte le insufficienze nel modo di esporre e di presentare le sue posizioni in questa assemblea, ritiene non di respingerla ma di interpretarla nel modo più vivo; e sentendosi radicata nelle aspirazioni fondamentali del nostro Paese, certo non le esprime in termini rigidamente classisti, perché questa non è la sua ispirazione. Ed è certo che colleghi intelligenti come Minucci e Berti riconoscono che un'accentuazione rigidamente classista della visione della società italiana oggi e della soluzione dei suoi problemi sarebbe un arretramento verso il sottosviluppo economico e verso il sottosviluppo civile e democratico. Io non contesto quella che è la figurazione ideologica, politica, la base sociale dei partiti socialisti del partito comunista, contesto che la D.C., ancorché le trattative possano essere difficili, debba essere sollecitata a non respingere l'ansia di rinnovamento che è nel nostro Paese. Potremo registrare dei dissensi sul modo di rispondere a quest'ansia, ma non sembra che si possa a noi muovere un appunto di questo genere. E questo discorso che ha aperto poc'anzi il collega Minucci mi sollecita moltissimo: mi interessa moltissimo, è un discorso che riprenderemo per condurlo a fondo. A farlo in modo monco c'è da rischiare di essere ingiusti verso le proprie tesi e sommari nel giudizio delle tesi altrui, avremo occasione presto qui e fuori di qui di riprenderlo, è un discorso che l'attuale fase di sviluppo e di evoluzione della situazione politica e sociale italiana merita; e nel mondo merita e impone un dibattito su questi temi. Noi non ci sottrarremo, nella modestia della mia preparazione sono a disposizione dei colleghi per questo confronto. La D.C. garantisce ai colleghi della maggioranza, garantisco ai colleghi del mio gruppo che sente l'ansia come sferza, non potrebbe non sentire le critiche naturali, ovvie, che vengono dall'opposizione, mentre si constata che una crisi di quindici giorni non è ancora risolta, ancorch respinga la sostanza del dubbio che investe quella che e la natura del suo mandato, del significato della sua presenza sulla scena politica del nostro Paese. Qualche volta si è inadeguati, incapaci di meglio interpretare queste cose.
Berti pone molti interrogativi e Minucci li ha ripresi ancora, certo a me è difficile rispondere a tante cose concrete, precise, su molte delle quali non ho conoscenza e preparazione specifica, ma mi sembra, quando si cita ad esempio la questione della sanità, che non sia certo la D.C. ad essere tentata da impostazioni o da vizi di tipo burocratico o centralistico; credo che la D.C., autorevolmente, a questo riguardo abbia accentuato (ed è il problema più grosso che c'è sul tappeto oggi) la sua impostazione regionalistica e partecipativa. Quindi riportiamo il dibattito ad un suo equilibrio, evitiamo delle posizioni manichee, sia nel giudicare la maggioranza da parte della opposizione, sia da parte della maggioranza nel giudicare le impostazioni e le richieste dell'opposizione. Certo io non posso, parliamoci schietto, non posso rispondere a Berti va bene, la questione delle commissioni la tratteremo. Io dico che noi non abbiamo un'impostazione manichea, che non abbiamo una impostazione per cui di qua c'é il bene e di là c'é il male, di qua c'è un rigore particolare, c' un'impostazione particolare che ha una sua autonomia, dall'altra c' un'altra impostazione, c'è un dialogo, c'é un discorso, c'è un confronto una verifica che si fa giorno per giorno. La maggioranza verifica prima le sue posizioni e si confronta poi con l'opposizione; il giudizio sul ruolo sul modo di lavorare insieme non può venire fuori da dichiarazioni, o da captazioni, o da espedienti dialettici, in una fase delicata come questa non può venire una risposta che sarebbe estremamente equivoca.
L'intelligenza dei miei interlocutori fa loro capire che una risposta anche la più gradita, data in questo momento, avrebbe un significato assolutamente stravolgente rispetto agli scopi limitati che tutte le opposizioni si pongono, che sono quelli di partecipare il più possibile. Io ho apprezzato l'intervento intelligente, puntuale di Zanone inteso a partecipare il più possibile, interamente alla vita della Regione inserendosi non per far saltare le maggioranze, non per ambizioni di potere, ma perché ogni forza politica vuole poter esprimere tutte le proprie potenzialità e andare fino al fondo dei problemi. Ti ha già in parte risposto Armella, caro Zanone, sulla questione dello Statuto. Quella norma, quell'art. 32 di cui mi sento in parte responsabile (a volte la via dell'inferno è lastricata di buone intenzioni) aveva l'intenzione di rendere possibile, anzi necessario, un dibattito politico preventivo l'esplicitazione delle ragioni delle crisi e l'esplicitazione delle modalità e dell'iter da percorrere per risolverle; non credo che quella norma serva neanche implicitamente a respingere, nel chiuso delle segreterie politiche, le trattative.
In questa fase siamo ancora al di qua della preparazione di un documento e allora certo che diventa difficile pretendere che non si discuta almeno nelle segreterie che si sentono responsabili di doverlo formulare. In ogni caso da questo dibattito (non inutile anche se qualche volta un pochino, per me, penoso, è stata una fatica non fisica ma d'altra natura - e non vorrei ridare campo all'ironia sul modo di difendersi mostrando una sincera sofferenza sulla situazione) si può prendere atto che noi non ci sottraiamo alle responsabilità e prendiamo l'impegno che venga rapidamente il momento del confronto chiaro, netto e deciso su tutte le posizioni programmatiche e certo non faremo dei discorsi di principi generali, degli appelli alla benevolenza o alla mozione degli affetti La posizione è garantita come mai lo è stata, come forse non lo è in nessun Paese democratico oggi dell'Europa continentale. Essa consente di dare tutti gli apporti più ampi e di stabilire anche dei rapporti con la maggioranza di tipo particolare, rapporti però che devono sempre avere un minimo di definizione, di chiarezza, di differenziazione, senza di che si scade rapidamente in equivoci o in ritirate poi che fanno fare dei balzi indietro clamorosi. Noi vogliamo andare, avanti sulla strada della democrazia, noi vogliamo che certi traguardi, che certe mete diventino un bagaglio comune Cos'é il dramma del nostro Paese? E' quello di avere ancora delle fratture che fanno sì che non vi sia alla base un patto comune; sì la Costituzione, lo Statuto regionale sono delle tappe, ma non c'è ancora la posizione ideale di un Paese come l'Inghilterra, come i paesi nordici, come l'Olanda e così via dove c'é una sostanziale convergenza, un sostanziale consenso sulle basi fondamentali su cui si regge lo Stato, sulle regole e sulle norme della lotta politica. La nostra meta è di raggiungere quel risultato tra tutte le forze politiche italiane, ma anche quel giorno esisterà, per l'efficienza dialettica del lavoro delle forze politiche, una delimitazione tra le maggioranze e le minoranze, una delimitazione che sarà soltanto a volte programmatica, a volte sulle cose, ma esisterà egualmente se la democrazia sopravvivrà. Dunque procediamo con la fiducia che deriva dalla serietà dell'impegno. Noi dichiariamo ai colleghi della maggioranza ai colleghi della Giunta che in questi giorni che ci separano dalla data che verrà fissata per la ripresa metteremo a disposizione tutta la nostra capacità di soluzione, tutto il nostro coraggio, tutta la nostra capacità di capire che una forza, un partito di maggioranza può fare anche dei sacrifici. Suppongo che non ci si vogliano chiedere dei sacrifici tali da snaturare, da far venir meno il significato di una collaborazione. In quel momento ognuno si assumerebbe le sue responsabilità e credo proprio che a questo punto non si sia per arrivare, che anzi da questo punto ci si sia allontanati, semmai qualcuno può avere pensato a uno sbocco di questo genere. Stia tranquilla l'opposizione, che ha diritto pur di sapere, quando il dibattito riprenderà non sarà in termini generici, vaghi e giustificativi quali quelli che sono stati qui portati, ma in termini positivi e concreti per chiarire in modo definitivo, io sono certo, con un documento comune, qual'è la proposta che facciamo al Consiglio. E se malauguratamente dovesse avvenire che ciò non si verifichi, verremo a chiarire le posizioni e le proposte che ogni partito fa per la soluzione dei problemi che sono sul tappeto della Regione Piemonte, perché se e in una posizione avanzata per lo Statuto, se ha affrontato con rischio questa posizione (e già Armella ha detto quale significato ha) se qualche carenza può esserci stata rispetto ad altre situazioni. Non andiamo ad esaminare quali sono le carenze di altre Regioni rispetto ai risultati che noi abbiamo raggiunto. Questa è una condizione obiettiva derivante dai modi di essere e di operare della nostra Regione, la quale riguadagnerà rapidamente, nella concretezza, la strada che per un attimo è stata interrotta, per preparare il lavoro comune di tutti in un avvenire che è prossimo.
Io sono certo che stabilire una coalizione robusta, con idee chiare con un programma preciso, l'avere già una visione della soluzione dei problemi fondamentali della Regione ci farà veramente guadagnare del cammino, nella maratona quasi sempre chi parte in testa e va di corsa finisce di crollare prima della meta. Quella della Regione è una lunga maratona, noi non pensiamo di farci distaccare da nessuno e se qualche insufficienza o qualche errore c'è stato, umilmente ci prendiamo le critiche che ci spettano, ma abbiamo anche tranquillità di coscienza nel capire qual'è la nostra volontà per affrontare le responsabilità che stanno davanti a noi.



PRESIDENTE

Non vi sono altri iscritti a parlare. Se nessuno chiede la parola dichiaro chiusa la discussione generale.
Ha chiesto di parlare il Consigliere Furia, ne ha facoltà.



FURIA Giovanni

Il nostro gruppo ha giudicato interessante questo dibattito, riteniamo tuttavia che esso non abbia fornito ancora, sino a questo punto, quei chiarimenti che avevamo richiesti, alcuni sono venuti, altri no. Prima di assumere un atteggiamento definitivo chiediamo che si vada ad una riunione dei Capigruppo e pertanto proponiamo una riunione breve che ci consenta di verificare ancora alcune cose prima di giungere ad una conclusione.



PRESIDENTE

A termini di Regolamento è consentito a ciascun gruppo di chiedere una riunione di presidenti di gruppo. E' quindi convocata immediatamente la conferenza dei Capigruppo nella sala attigua alla buvette e si avrà una breve - speriamo quanto più possibile - sospensione di seduta.
La seduta e sospesa.



(La seduta, sospesa alle ore 20,40, riprende alle ore 21,25)



PRESIDENTE

Prego i Consiglieri di prendere posto e di riprenderlo rapidamente per poter sciogliere la seduta.
La riunione dei Capigruppo ha consentito di raggiungere un accordo unanime attraverso un chiarimento su alcuni problemi che sono stati sollevati dai gruppi di opposizione e attorno ai quali la maggioranza ha espresso un'opinione che sarà ora riferita dal capo gruppo della D.C.
Consigliere Bianchi.
Il Consigliere Bianchi ha facoltà di parlare.



BIANCHI Adriano

Signor Presidente, signori Consiglieri, nel corso di questo dibattito sono emerse, tra l'altro, alcune esigenze ed alcune preoccupazioni alle quali riteniamo di dover dare risposta, così come l'abbiamo data una volta e ritenevamo che fosse già implicito o già chiaro dal dibattito. Nel breve incontro dei Capigruppo è stato ulteriormente reso esplicito quanto era oggetto della nostra volontà.
I tre punti sui quali si è definita la posizione di tutti i gruppi consiliari riguardano la sorte delle commissioni di controllo e l'esigenza che venga provveduto con tutta la possibile urgenza agli ulteriori adempimenti per renderle operanti, rispondendo così alla preoccupazione che lo stato attuale di vacanza della Giunta non costituisca impedimento. So di poter interpretare, sotto questo profilo, il pensiero personale del Presidente della Giunta (mi scuso col Vicepresidente, non è che parli in luogo suo, parlo del Presidente come membro autorevole del mio gruppo) la sua volontà che si è già manifestata nel momento in cui è stato emesso il decreto per la costituzione della commissione di controllo perché si dia il più rapido corso alla realizzazione di questa importante funzione della Regione.
In secondo luogo è emerso dal dibattito, come segnalazione venuta da alcuni Consiglieri, un problema concreto e specifico ignorato da alcuni per ragioni ovvie di dislocazione, che è quello di imminenti insediamenti aventi dimensioni, importanza e conseguenze notevoli, tali da richiamare la attenzione della Regione e sono quelli della Michelin e della Fiat nell'ambito del territorio di Torino. Aggiungo tra parentesi che non intendiamo con questo minimamente invadere il campo di competenze specifiche che l'amministrazione comunale di Torino ha al riguardo competenze che affronterà con le capacità di assunzione di responsabilità che sono proprie di questo grande ente. Per quanto riguarda la Regione sentiamo peraltro che essa non si può sottrarre e la vacanza della Giunta non l'impedirà. Noi rappresentiamo ancora qui ai membri della Giunta ed al suo Presidente, appena sarà disponibile, l'esigenza che venga aggiornata l'informativa su questo problema e che venga affrontato all'opportuno livello di Giunta e di gruppi consiliari.
Infine è stata rappresentata l'esigenza che mentre si lavora e si studia e ci si confronta da parte della maggioranza per definire i termini la struttura, l'organizzazione, i contenuti per il lavoro della Giunta, si ponga egualmente attenzione ai problemi della funzionalità del Consiglio e quindi delle commissioni consiliari. I Capigruppo hanno convenuto sulla opportunità, sull'utilità, sulla produttività ai fini del lavoro armonico di tutti gli organi regionali che, ancor prima che i gruppi di maggioranza si presentino alla prossima seduta con il documento programmatico sul quale aprire il dibattito e comunque prima della data di riconvocazione del Consiglio, a livello di tutti i gruppi consiliari, venga affrontata e discussa la questione della struttura, dell'organizzazione da dare alle commissioni consiliari in un confronto, libero di tutte le parti.



PRESIDENTE

Se non vi sono altre osservazioni, vorrei comunicare le ragioni delle decisioni che sto per prendere.
Il Consiglio Regionale e la conferenza deca Capigruppo hanno compiuto un grande sforzo per ricercare una procedura che riuscisse a conciliare l'applicazione della legge in vigore relativa all'organizzazione del Consiglio Regionale e le procedure previste dallo Statuto in merito all'elezione della Giunta. Questo è stato anche uno sforzo di coerenza con lo spirito che ha animato l'elaborazione dello Statuto e nello stesso tempo uno sforzo di serietà. Poiché la legge del 1953 non prevede nessuna procedura che impegni la maggioranza e la futura Giunta a dichiarare preventivamente quali sono le sue intenzioni programmatiche ed essendo viceversa tale condizione politica posta dallo Statuto come pregiudiziale alla formazione di una Giunta, ci siamo sforzati, non essendo con ciò in contraddizione con la legge del 1953, di applicare una procedura composita che prevedesse la presentazione di un documento politico e di una lista di candidati, in modo da consentire al Consiglio, prima di procedere all'elezione della Giunta, di discutere la politica proposta da un gruppo candidato alla maggioranza e alla formazione della Giunta e poi a ragion veduta, dopo che Consiglio e opinione pubblica fossero stati edotti delle ragioni di quella scelta politica, procedere all'elezione della Giunta. Da parte del gruppo del MSI era stata avanzata la richiesta formale che al termine della seduta si abbandonasse questa procedura che era stata confermata ancora nella riunione dei Capi gruppo stamattina. Ho fatto presente al rappresentante del gruppo del MSI, nel corso della riunione di questa sera, che l'applicazione della procedura della legge del 1953 avrebbe fatto constatare al Consiglio il fallimento degli sforzi che il medesimo nel suo complesso e non la sola maggioranza, sta compiendo per dotare la Regione Piemonte di una Giunta che, avendo precisato in anticipo con un documento politico le proprie impostazioni programmatiche, dia garanzie sia di serietà politica e programmatica, sia anche di stabilità perché tale è la condizione che lo Statuto pone alla validità di una Giunta. Infatti, se fossimo costretti ad eleggere una Giunta soltanto in base ai criteri della legge del 1953, questa Giunta avrebbe la durata del tempo posto dal Parlamento ad approvare il nostro Statuto. Non essendo soddisfatta una delle condizioni essenziali per la validità della Giunta il giorno in cui fosse approvato lo Statuto si dovrebbe procedere alla costituzione di una nuova Giunta che rispetti questa condizione e cioè di essersi presentata al suffragio del Consiglio Regionale dopo la presentazione di un documento politico seguito dal dibattito e dalla presentazione della lista dei candidati alla presidenza della Giunta e alla composizione della stessa.
Per tutte queste ragioni, che coinvolgono l'interesse comune di tutto il Consiglio, si è ritenuto nella riunione dei Capigruppo di fare un estremo tentativo di mantenere in vigore questa procedura. Ho pregato il gruppo del MSI di rinunciare a mantenere la propria richiesta questa sera.
Il gruppo del MSI ha accettato, riservandosi alla prima seduta in cui il Consiglio sarà convocato per l'elezione della Giunta, qualora non sia stato raggiunto un accordo programmatico, di ribadire la richiesta che si rinunci alla procedura finora concordata e che si passi di nuovo all'applicazione della legge del 1953. Credo del resto che tale riserva sia implicita nelle intenzioni di altri gruppi di opposizione, i quali sono disposti ad attendere un altro periodo di tempo non tanto per consentire alla maggioranza di ritrovare se stessa, quanto per consentire alla Regione Piemonte di varare una Giunta su una base programmatica, la quale dia pertanto garanzie di stabilità. Tali essendo gli intendimenti di quasi tutti i gruppi di opposizione, rimane inteso che si concederà un nuovo periodo di tempo ai gruppi che sono suscettibili di formare una maggioranza per tentare di mettere in esecuzione la procedura che è stata fin qui concordata.
Stante la convocazione del congresso nazionale del PSU, che si svolgerà dal 6 al 10 febbraio, cioè in date che sono a cavallo con i termini più ristretti previsti dallo Statuto di un minimo di otto giorni per la convocazione del Consiglio in vista dell'elezione della Giunta e stante anche il fatto che, durante il periodo dei lavori del congresso nazionale del PSU, che è uno dei partiti che partecipano alle trattative per la formazione della maggioranza, i suoi esponenti non saranno disponibili a Torino per parteciparvi, ho ritenuto di dover convocare il Consiglio non entro il termine rigido di otto giorni, ma il giorno di lunedì 15 febbraio alle ore 16 col medesimo ordine del giorno.
Il Consiglio è quindi convocato per l'elezione del Presidente della Giunta e della Giunta Regionale lunedì 15 febbraio alle ore 16.
La seduta è tolta.



(La seduta ha termine alle ore 21,45)



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